JRA��JEGNA 
AVV(Q)CA1r1LJJRA 
JJ]JEJLJL(Q) �1rA1r(Q) 



Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. 



ANNO XLV -N. 3-4 LUGLIO -DICEMBRE 1993 


~A��JECGNA 
AVV(Q)<C.h.1rlU~A 


IDJJEJLJL(Q) �JrAJr(Q) 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO S'.l:'ATO 
ROMA 1993 



ABBONAMENTI ANNO 1994 

ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 52.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 13.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

Direzione Marketing e Commerciale 
Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 lu111io 1966 


(6219022) Roma, 1993 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'
avv. Franco Favara) . . pag. 283 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura de/l'avv. Oscar Fiumara) ll 329 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 
(a cura degli avvocati Antonio Cingolo e 
Giuseppe Stipo) )) 357 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura dell'avv. 
Raffaele Tamiozzo) .. )) 411 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a c�ra de/l'avvocato 
Carlo Bafile) . � 426 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 


QUESTIONI ........ . 
pag. 79 


101

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
li 

li 113

CONSULTAZIONI 
..... . 

Comitato di redazione: Avv. D. Dei Gaizo -Avv. G. Mangia -
Avv. M. Saivatorelil -Avv. F. Sciafani 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


C. BAFILE: Nota sulla prescrizione dopo la riforma tributaria . . . . I. 444 
F. BASILICA: Brevi osservazioni sull'apparentia iuris in materia societaria 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 357 
F . .BASILICA: Note in tema di interessi sui debiti pecuniari della pubblica 
amministrazione . . II, 96 
I. F. CARAMAZZA: L'unicit� della giurisdizione: un mito ricorrente II, 89 
W. FERRANTE: Le linee principali della legge di riforma dell'arbitrato . II, .79 
O . .FIUMARA: Esercizio dell'azione civile in sede penale contro pubblico 
dipendente per fatto di servizio e riconoscimento della sentenza 
ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 . . . I, 333 
O. FIUMARA: Le sentenze della Corte di giustizia delle comunit� europee 
pronunciate nel corso dell'anno 1993 in cause alle quali ha partecipato 
l'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 329 
V. Russo: Note in tema di responsabilit� del conduttore per il ritardato 
rilascio dell'immobile locato e prova del danno . I, 382 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO...:. ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

-Trib'ilnale Superiore -Sentenza Impugnabilit� 
ex art. Ul Cost. -Vizio 
di motivazfone -Deducibilit� Limiti, 
con nota di. Russo, 362. 

BELLEZZE NATURALI 

-Protezione -Vincolo paesistico ed 
ambientale -Opere eseguite 1n zona 
vincolata --Sopravvenienza di autorizzazione 
paesistica e di concessione 
edilizia in sanatoria -Applicabilit� 
delle sanzioni -Legittimit� 
costituzionale, _ 313. 

-Vincolo paesaggistico imposto dallo 
Stato ex art. 82, secondo comma 
d.PR. n. 616 del 1977 ad integrazione 
degli elenchi di -bellezze naturali ap


-provati -dalle Regioni -�Applicabilit� 
alle zone di cui al comma sesto 
dell'art. 82 cit. -Sussistenza -Contestazione 
del vincolo -Giurisdizione 
amministrativa, 369. 

COMUNIT� EUROPEA 

) 


-Concorrenza � Monopolio fiscale Legittimit� 
---Limiti, 344. 

-Convenzione_ di Bruxelles sulla com


--petenza giurisdizionale e l'esecuzione 
delle decisioni in materia civile 
e commerciale � Competenza Materia 
� eivile � � Eservizio dell'azione 
civile in �sede penale -Fatti-
specie, con nota di O. FIUMARA, 333. 

-Convenzione di Bruxelles sulla competenza 
giurisdizionale e l'esecuzione 
delle decisiop.i in materia civile 
e commerciale � Provvedimenti 
di exequatur � Impugnazioni, con 
nota di O. FIUMARA, 333. 

,-Convenzione di Bruxelles sulla competenza 
giurisdizionale e l'esecu


zione delle decisioni in materia civile 
e commerciale � Riconoscimento di 
una decisione_ ~ Casi di diniego Fattispecie, 
con nota di O. FIUMARA, 
333. 

-Corte di giustizia delle Comunit� 
europee � Domandi;t di pronuncia 
pregiudiziale del giudice nazionale Presupposti 
� Contraddittorio -Com~ 
petenza, 349. 

-Sesta direttiva IV A -Liquidazione 
dell'importo netto dell'IVA � Acconto 
da pagare su tale importo, 349. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Ricorso avverso delibera legislativa 
regionale -Violazione dell'art. 97 
Cost. � Prospettazione delle finalit� 
della delibera e del contesto di politica 
economica -~ Ammissibilit�� delc 
la censura, 302. 

CORTE DEI CONTI 

-Controllo Enti � Esclusione dei magistrati 
della Corte dei conti dalle 
sedute degli organi di amministrazione 
e revisione � Omesso invio di 
documenti relativi alla gestione degli 
enti � Conflitto di attribuzione tra poteri 
dello Stato -Ammissibilit�, 289. 

CREDITO 

-Poteri pubblicistici di controllo Revoca 
dell'autorizzazione all'esercizio 
del credito -Lesione di interessi 
legittimi -Giurisdizione amministrativa 
� Superamento dei limiti 
esterni dei poteri dell'Amministrazione 
� Illecito civile -Lesione di diritti 
. soggettivi -Giurisdizione ordinaria, 

389. 
-Y. , -, , ---;::::; 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

VI 

DEMANIO 

-Successione delle province autonome 
di Trento e Bolzano nei beni 
dello Stato ex art. 68 d.P.R. 31 agosto 
1972 -Corrispondenza delle 
nuove materie di loro competenza 
come limite oggettivo al trasferimento 
-Esclusione del trasferimento 
di rete ferroviaria in disuso 
� Vindicatio rei� da parte dello Stato 
-Giurisdizione ordinaria -Esclusione 
di un conflitto di attribuzioni, 

398. 
ENTI PUBBLICI 

-Organi -Funzionario di fatto -Natura 
-Attivit� posta in essere -Efficacia 
� Condizioni, 411. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA 

-Occupazione d'urgenza -Termini Proroga 
legale -Legittimit� costituzionale, 
290. 

3IUDIZIO PENALE 

-Imputato irreperibile -Applicazione 
della pena concordata -Richiesta Legittimazione 
del difensore privo 
di procura speciale -Non sussiste Questione 
di legittimit� costituzionale 
-Manifesta infondatezza, 287. 

GIURISDIZIONE CIVILE 

-Enti pubblici -Automobile Club 
provinciale -Elezione alle cariche 
sociali -Controversie -Giurisdizione 
amministrativa -Sussistenza, 411. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Servizio militare di leva Cittadini 
residenti in zone terremotate 
-Esenzione su domanda -Diritto 
soggettivo -Esclusione, 378. 

-Pensioni -Domanda diretta ad ottenere 
il trattamento pensionistico 

C.P.D.E.L. -Giurisdizione esclusiva 
della Corte dei Conti -Sussistenza, 
con nota di V. Russo, 375. 
-Pensioni -Questioni sulla spettanza 
-Giurisdizione esclusiva della 
Corte dei Conti -Sussistenza, con 
nota di V. Russo, 375. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Crediti per interessi e rivalutazione 
-Prescrizione quinquennale, 422. 

-Crediti retributivi -Necessit� di 
specifici accertamenti di fatto da 
parte dell'Amministrazione -Prescrizione 
decennale, 422. 

-Ente di sviluppo agricolo -Immissione 
in ruolo � ope legis � -Osservanza 
del principio del buon andamento 
-Condizioni, 293. 

-Immissione in ruolo -Blocco delle 
assunzioni -Esclusione -Pu� essere 
consentita da legge regionale, 

293. 
-Rapporti di carattere provvisorio 
e temporaneo o stabilit� di fatto Incertezza 
soggettiva circa l'esistenza 
del diritto -Non incidenza sul 
decorso della prescrizione, 422. 

- 
Riserva dei posti a favore delle categorie 
privilegiate � L. n. 482 del 1968 Criteri 
di computo -Riservatari 
vincitori per merito -Non sono 
computabili, 419. 

LOCAZIONE 

-Immobili urbani adibiti ad uso non 
abitativo -Disciplina transitoria ex 
art. 69 legge 27 luglio 1978 n. 392 � 
Indennit� per la perdita dell'avviamento 
commerciale � Indennit� determinata 
dal giudice di primo grado 
-Eseguibilit� del provvedimento 
di rilascio, 315. 

-Mutamento della destinazione d'uso � 
Azione di risoluzione ex art. 80 legge 
27 luglio 1978 n. 392 -Termine trimestrale 
di decadenza -Sospensione 
feriale -Applicabilit�, con nota di 

V. 
Russo, 310. 
- 
Obbligazioni del conduttore -Danni 
da ritardata restituzione -Periodo 
compreso tra la scadenza contrattuale 
ed il rilascio fo�oso -Responsabilit� 
del conduttore -Sussiste, con 
nota di v, Russo, 382. 



INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

-Obbligazioni del C�nduttore � Restituzione 
dell'immobile locato � Inden� 
nit� di occupazione ex art. 1591 e.e. � 
Debito di valuta � Interessi corrispet� 
tivi � Decorrenza dalla domanda, con 
nota di V. Russo, 382. 

.....: 
Obbligazioni del conduttore � Restituzione 
dell'immobile locato � Inden� 
nit� di occ�pazione ex art. 1591 e.e. � 
Debito di val�t� -Rivalutazione 
monetaria -Non spetta, salvo maggior 
danno ex art. 1224 cpv e.e., con 
nota di V. Russo, 382. 

-Risarcimento del maggior danno ex 
art. 1591 e.e. � Quanitficazione del 
danno � Onere della prova in con� 
creta . Liquidazione equitativa . E� 
sclusione, salvo� possibilit� di con� 
dann.a generica, con nota di V. 
Russo, 382. 

OPERE PUBBLICHE 

-Appalto � Disciplina � Inadempi� 
mento della p.a. all'obbligo di pre� 
sentare il corrispettivo � Interessi 
moratori � Decorrenza, 365. 

PENSIONI 

-Pensione di reversibilit� -Figli maggiorenni 
infraventiseienni studenti 
od universitari con reddito proprio 
� Esclusione del diritto anche 
in caso di reddito insufficiente � Il� 
legittimit� costituzionale, 317. 

PREVIDENZA 

-Riscatto degli anni di studio universitario 
� Corso per assistente sociale 
svolto da scuola universitaria 
diretta a fini speciali � Non riscat� 
tabilit� degli anni di corso � Illegit� 
timit� costituzionale, 320. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Onere della prova -Richiesta di 
consulenza tecnica -Esonero della 
parte dal fornire la prova di quanto 
assume � Esclusione, 366. 

REATO 

...., 
Reato commesso da minorenne Applicazione 
della pena � Ergastolo 
� Applicabilit� -Questione di 
legittimit� costituzionale � Inam� 
missibilit�, 283. 

REGIONI 

-Conferenza di servizi � Esclusioni di 
limitazioni dell'autonomia regionale 
� Legittimit� costituzionale, 321. 

-Emigrazione . Consulta regionale per 
l'emigrazione � Oneri finanziari a 
carico della Regione -Violazione 
del principio del buon andamen� 
to amministrativo � Insussistenza, 

296. 
-Emigrazione � Contributi . Erogazioni 
a favore di enti privati � Inva� 
sione delle competenze statali -In� 
sussistenza, 296. 

-Regione Piemonte -Sanit� � Strut� 
ture di alta specialit� � Definizione 
della dotazione obbligatoria e fun. 
zioni erogabili � Decreto del Mini� 
stra della sanit� -Non invade le 
competenza regionale, 308. 

- 
Regione Piemonte � Sanit� -Tra. 
piani d'organo e coordinamento 
d�i prelievi multi-organici a fini di 
trapianto � Inserimento tra le at� 
tivit� di alta specialit� -Decreto 
del Ministro della sanit� � Non in� 
vade la competenza regionale ,308. 

SANIT� 

-Aumento di organici del personale Messa 
a disposizibne delle Univer� 
sit� � Competenza legislativa della 
Regione, 302. 

SICILIA 

-Competenza legislativa di attuazio� 
ne � Compatibilit� con lo Statuto 
speciale, 302. 

-Impiego pubblico . Immissione in 
ruolo � Anzianit� di carriera � De� 
correnza -Riconoscimento di servi� 
zio pre-ruolo � Illegittimit� costituzionale, 
293. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 

SOCIETA PER AZIONI 

-Immedesimazione organica -Rappresentanza 
apparente -Atti. negoziali 
posti in essere da dipendente 
-Inefficacia, con nota di F. BASILICA, 

357. 
TRENTINO-ALTO ADIGE 

- 
Bolzano Privatizzazione della 

A.S.S.T. -Relativa tabella dei ruoli 
locali del personale statale -Venir 
meno della concretabilit� di essa Violazione 
art. 89, 100 e 107 dello 
Statuto Trentino-Alto Adige -Insussistenza, 
con nota di F. FAVARA, 298. 
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Accertamento -Sanzioni -Omessa 
dichiarazione dei redditi -Fallimento 
-Responsabilit� del curatore, 455. 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Redditi di lavoro dipendente 
-Rivalutazione monetaria di 
retribuzione -Costituisce reddito 
imponibile da assoggettare a rite_
nuta, 436. 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche -Tassazione separata -Emolumenti 
arretrati -Compenso annuale 
di incentivazione per il personale 
delle aziende dipendenti dal Ministero 
delle Poste -Esclusione, 426. 

-Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria 
-Interessi -Disciplina anteriore 
all'art. 5 del d.l. 27 aprile 1990 

n. 90 -Esclusione, 459. 
- 
Sanzioni -Art. 98 d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 602 -Rappresentante del 
soggetto obbligato � Notifica del ruolo 
-Non � necessaria -Tutela giurisdizionale 
del rappresentante, 448. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta sul valore aggiunto -Accertamento 
� Prova -Perquisizioni 
a fini penali -Utilizzabilit� -Limiti, 

438. 
- 
Tasse radiofoniche e televisive -� Canone 
di abbonamento � Natura � 
Presupposto -Impossibilit� di ricezione 
dei programmi nazionali -Irrilevanza, 
449. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento -Sostituzione di nuovo 
accertamento a precedente gi� impugnato 
-Legittimit�, 457. 

-Contenzioso tributario -Definizione 
ex art. 15 legge 29 dicembre 1990 

n. 408 -Inapplicabilit� al giudizio di 
cassazione, 456. 
-Contenzioso trib�tario -Impugnazioni 
-Termini -Art. 327 c.p.c. -Applicabilit� 
alle decisioni delle commissioni 
-Impugnazione dinanzi alla 
Corte d'appello -� preclusa dalla 
decorrenza dell'anno, 435. 

-Sanzioni -Prescrizioni -Interruzione 
-Legge 7 gennaio 1929, n. 4 Ricorso 
al Ministro -Non interrompe 
la prescrizione, con nota di 

� C. BAFILE, 443. 

-Soggetti passivi -Impresa familiare � 
impresa individuale del titolare Trasformazione 
in societ� di Persone 
con conferimento dell'azienda -� 
soggetta all'imposta di registro, 433. 

- 
Soggetti passivi -Solidariet� -Provvedimento 
amministrativo definitivo 
-Giudicato pi� favorevole ottenuto 
da altro condebitore -Art. 1306 

e.e. -Si applica -Estensione del giudicato 
dalla imposta di registro all' 
INVIM -Ammissibilit�, 428. 

INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


.C::QRTE COSTITUZIONALE 

f aprile 1993, n. 140 . . . pag. 283 
'6 aprile 1993, n. 143 (ord.) � 287 
13 maggio 1993, n. 242 (ord.) � 289 
19 maggio 1993, n. 244 . � 290 
24 maggio 1993, n. 250 . � 293 
27 maggio 1993, n. 251 . � 296 
1 giugno 1993, n. 260 . � 298 
4 giugno 1993, n. 266. � 302 
4 giugno 1993, n. 267 . � 308 
4 giugno 1993, n. 268 . � 310 
4, giugno 1993, n. 269 . � 313 
4 giugno 1993, n. 271 . � 315 
10 giugno 1993, n. 274 . � 317 
10 giugno 1993, n. 275 (cam. cons.) � 320 
11 giugno 1993, n. 348 . . . . . . . � 321 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

Plenum, 21 aprile 1993 nella causa C-172/91 .. . pag. 333 
Plenum, 19 maggio 1993, nella causa C-320/91 . � 344 
Plenum, 20 ottobre 1993, nella causa C-10/92 . � 349 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 12 ottobre 1992, n. 11115 .. pag. 357 
Sez. Un., 3 dicembre 1992, n. 12888 � 362 
Sez. I, 11 marzo 1993, n. 2963 . . )) 365 
Sez. Un., 25 marzo 1993, n. 3574 . )) 369 
Sez. Un., 1� aprile 1993, n. 3884 . � 375 
Sez. Un., 28 aprile 1993, n. 4910 . 378

)) 

Sez. I, 3 giugno 1993, n. 6227 . . � 426 

))

Sez. I, 15 giugno 1993, n. 6638 . . 428 
Sez. Un., 23 giugno 1993, n. 6951 � 433 
Sez. I. 3 luglio 1993, n. 7311 . . � 435 
Sez. III, 12 luglio 1993, n. 7670 � 382 
Sez. I, 14 luglio 1993, n. 7771 � 436 
Sez. I, 16 luglio 1993, n. 7901 . � 438 

-



X RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 22 luglio 1993, n. 8181 pag. 389 


~ 

Sez. Un., 22 luglio 1993, n. 8186 

)) 398 

I�

Sez. I, 24 luglio 1993, n. 8299 

)) 443 
Sez. I, 26 luglio 1993, n. 8366 

� 448 
Sez. I, 3 agosto 1993, n. 8549 

)) 449 

I

Sez. I, 11 agosto 1993, n. 8594 . 

� 455 
Sez. I, 18 agosto 1993, n. 8756 . 

� 456 
Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8854 . 

� 457 
Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8855 . )) 

459 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 22 maggio 1993, n. 6 . pag. 411 
Ad. Plen., 1� luglio 1993, n. 7 . . 

)) 419 
Sez. VI, 7 dicembre 1993, n. 967 . )) 

422 

I

II
I


~ 



PARTE SECONDA 
QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 19 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: 
QUESTIONI DI LEGITTIMITA. COSTITUZIONALE: 
I � Norme dichiarate incostituzionali . 
Il.Questioni dichiarate non fondate . 
CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . 
" 
� 
lt 
101 
106 
113 

� , ,,_,__,_, � '� N , ��-. 

PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� aprile 1993, n. 140 -Pres. Casavola -Red. 
CaianiellO-Zagarella e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
Onufrio). 

Reato -Reato commesso da minorenne -Applicazione della pena 


Ergastolo -Applicabilit� -Questione di legittimit� costituzionale 


Inammissibilit�. 

(Cost., artt. 2, 3, 10, 27 e 31; artt. 22, 98, 65, 69 c.p.). 

Data la pluralit� di scelte possibili (che solo il legislatore � in grado 
di effettuare), � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale del 
combinato disposto degli artt. 22, 98, 65, e 69 c.p., laddove rende possibile 
la condanna all'ergastolo dell'imputato minorenne. 

Viene sottoposto a sindacato di costituzionalit� il combinato disposto 
degli artt. 22 (che definisce la pena dell'ergastolo)., 98 (che stabilisce 
i limiti di imputabilit� dei minori di anni diciotto e maggiori di anni 
quattordici, disponendo altres� che per questi soggetti �la pena � diminuita
�), 65 (il quale nel n. 2 stabilisce che, quando ricorre un'attenuante, 
la pena dell'ergastolo � sostituita con quella della reclusione da venti 
a ventiquattro anni) e 69 (che disciplina il giudizio di comparazione tra 
circostanze aggravanti e attenuanti) del codice penale. 

Il dubbio di costituzionalit� delle norme denunciate muove dal ri� 
lievo che esse rendano possibile, per i delitti punibili con la pena edittale 
dell'ergastolo, l'applicazione di detta pena anche ai minori, profilandosi 
in tal modo un contrasto con gli artt.: 2, 3, primo comma, 10, 
primo comma, 27, terzo comma e 31, secondo comma, della Costitu


zione. .~ i 

In particolare, relativamente all'art. 2 della Costituzione, per il venir 
meno del � dovere della Repubblica di garantire i diritti inviolabili 
dell'infanzia� nonch� dei �doveri inderogabili di solidariet� verso i minori
�; relativamente all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, perch� 
l'irrogazione della pena dell'ergastolo ad imputato minorenne da un lato 
comprometterebbe l'esigenza rieducativa ostacolando il trattamento pedagogico, 
peculiare per il condannato che versi nella speciale condizione 



284 :RASSJ;;GNA AWOCATl.JRA .DELLO STATO 

determinata dall'et�, e dall'altro contrasterebbe con il �corrente senso 
di umanit� fatto proprio dalla attuale coscienza sociale, ben interpreta� 

I

ta dalle numerosissime convenzioni internazionali a tutela dell'infanzia 
alle quali l'Italia ha prestato adesione�;� relativamente all'art. 31, secon� 
do comma, della Costituzione, perch� si viene meno al precetto costitu� 
zionale the;i:niponendo ���..~ ii dovere di. protezione. dell'infaili:ia ;,.; .. imped�� 
sce di poter equiparare il minore all'adulto per � un'apparente esigenza 
di formale uguaglianza�; relativamente all'art. 3, primo comma, della 
Costituzione, per la disparit� di trattamento che si determinerebbe tra 
il minore. imputato di un reato meno grave ma punibile, come nella 
specie, con l'ergastolo, a causa del concorso di una circostanza aggravante, 
ed il minore imputato di un delitto pi� grave punibile edittalmente 
con l'ergastolo, perch�, mentre il secondo si gioverebbe automa� 
ticamente della diminuente della minore et�, il primo potrebbe non giovarsene 
per effetto della comparazione con la circostanza aggavante; re� 
lativamente all'art. 10, primo comma, della Costituzione, per non essersi 
l'ordinamento giuridico italiano conformato a numerose norme pattizie 
del diritto internazionale vigente in materia che sono assurte a prin� 
cipi "generalmente riconosciuti dalla comunit� degli Stati�, i quali im� 
pongono un trattamento penalistico differenziato per i minori (Dichia� 

I razione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948; Dichiarazione 
di Ginevra del 24 �novembre 1924; Dichiarazione dei diritti del fanf 
ciullo del 20 novembre 1959, Risoluzione dell'O.N.U. 29 novembre 1985, 
cosiddette Regole di Pechino; Convenzione sui diritti del fanciullo del 
20 novembre 1989}. 

I 

Le questioni sono inammissibili. 

Si osserva difatti che, considerate nel loro complesso, esse pon� 
gono un quesito di carattere lef$islativo cui la Corte, in ragione dei suoi 
poteri, non pu� dare adeguata risposta con una sentenza di illegittimit� 

I 

costitu.ziona�e delle norme denunciate. 

Nell'ordinanza di rinvio si lamenta in sostanza che, quando la comparazione 
da compiersi ai sensi dell'art. 69 c.p. (come modificato dal� 
rart~ 6 del decreto-legge n. 99 del 1974, convertito dalla legge n. 220 del 
1974)) tra _circostanze aggravanti e circostanze attenuanti -fra le quali 
ultime � compresa (art. 69, quarto comma, in. relazione all'art. 70, secondo 
comma, c.p.) quella inerente alla minore et� -si concluda. con 
un giudizio di subvalenza di questa diminuente (prevista dall'art. 98, 
primo comma, c.p.) rispetto ad una o pi� aggravanti, anche il minore 
pu� essere assoggettato alla pena dell'ergastolo. Una previsione, q,uesta, 
che si assume in contrasto, sotto vari prof~li. con i parametri costituzionali 
invocati (artt. 2, 3, primo comma, 10, primo comma, 27, �terzo 
comma e 31, secondo comma, della Costituzione), on'de l'illegittimit� 
costituzionale delle norme da cui essa discende. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COST:tTUZIONALll 

Al riguardo . si deve ricordare che, prima della modifica introdotta 
dalla .riforma del 1974 all'art. 69 del codice penale, la diminuente prevista 
in ragione della minore et� dell'imputato trovava comunque -per 
la sua .autonomia. dal meccanismo di comparazione delle circostanze 
eterogenee -applicazione prima di ogni altra valutazione riguardante 
la determinazione della pena, il che escludeva 1a possibilit�, anche 
astratta,. ciella assoggettabilit� ciell'imputato minorenne ��alla .. pena dell'ergastolo. 


Interven1lta detta novella -ispirata peraltro ad. una linea di politica 
criminale cii minor rigore rispetto a quella precedente -che ha 
stabilito l'applicabilit� del meccanismo di ...� comparazione.� previsto dall'art. 
69 del co<lice penale fra tutte le circostanze aggravanti e tutte 
quelle attenuanti, ivi comprese le circostanze inerenti alla persona del 
colpevole, tra le quali, per chiaro dettato normativo (art. 70, secondo 
comma;. c.p.) e� per costante. giurisprudenza, . �. ricompresa la diminuente 
della minore et� prevista dall'art. 98 del codice penale, si � determinata 
l'applicabilit� al minore della pena dell'ergastolo. Ci� nell'ipotesi in cui, 
nel concorso fra aggravanti (tali da comportare la pena dell'ergastolo) 
ed attenuanti, la valutazione comparativa del giudice dovesse concludersi 
per la prevalenza delle prime, nonch�, quando si tratti di un reato 
gi� di per s� punibile con la pena edittale dell'ergastolo, qualora la valutazione 
si concluda con un giudizio di equivalenza. 

E' la prima delle sopra riferite ipotesi normative che il giudice 
a quo intende denunciare dovendone fare applicazione allo scopo di 
valutare i presupposti per l'ammissibilit� . del rito abbreviato che, come 
� noto, � escluso (sent ..n. 176 del 1991,.ord. n. 163 del 1992) quando il 
reato ascritto all'imputato � in astratto punibile con l'ergastolo, non potendo 
�il giudice per l'udienza preliminare effettuare il giudizio comparativo 
che. spetta al giudice del dibattimento. 

Ci� premesso, va considerato che, indipendentemente dall'incidenza 
che l'astratta previsione della punibilit� del minore con l'ergastolo assume 
sul piano processuale, ai fini dell'ammissibilit� del rito abbrevia� 
to, sul piano sostanziale tale previsione nella realt� giudiziaria assume 
un significato pi� teorico che effettivo. 

Indipendentemente dunque dalla finalit� che sembra essere perseguita 
dal giudice a quo -di consentire almeno all'imputato minore di 
accedere sempre al rito abbreviato ed agli annessi benefici, che sono 
preclusi in via generale nei processi con imputati per reati punibili con 
la pena dell'ergastolo -per quel che riguarda l'aspetto centrale della 
questione, che investe le norme di diritto sostanziale, il loro concreto atteggiarsi 
nella realt� giudiziaria � indicativo di una sostanziale diversit� 
di trattamento del minore adeguata alla sua condizione, anche per 
quel che riguarda l'irrogazione della massima pena. 


286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Tuttavia, nonostante tali considerazioni, resta pur sempre l'esigenza 
di adeguare l'ordinamento positivo a quella linea pi� volte messa in 
evidenza da questa Corte (sentt. n. 125 del 1992; n. 128 del 1987) di un 
sistema punitivo che per il minore risulti sempre pi� diversificato, sia 
sul piano sostanziale che su quello processuale. 

Una volta che ci si ponga di fronte a tale esigenza ci si avvede come 
varie potrebbero essere le soluzioni adatte a soddisfarla, data la pluralit� 
di scelte possibili che solo il legislatore � in grado di effettuare. 

Va difatti rilevato che, qualora ci si prospettasse il problema per 
esigenze di carattere processuale -come nel caso in esame, in cui esso 
� venuto in evidenza con esclusivo riferimento alla applicabilit� del rito 
abbreviato, con risvolti, come � noto, di diritto sostanziale, per l'incidenza 
sulla determinazione della pena -potrebbe apparire incongruo 
agire sul piano della disciplina dettata dal codice penale, dato che l'accennato 
problema potrebbe essere risolto con un intervento sulle norme 
processuali: una soluzione questa che, peraltro, a parte le serie difficolt� 
di pervenire al risultato al di fuori della sede legislativa, � pre~ 
clusa in questa sede, non essendo comunque stata impugnata la rela


II 

tiva disciplina, come derivante dalle pronunce di questa Corte (sent. 

n. 176 del 1991; ord. n. 163 del 1992), per effetto delle quali il rito abbreviato 
non � ammesso per i processi con imputati di reati punibili in 
astratto con la pena dell'ergastolo. 
Se invece si potesse prescindere dall'occasione e dal motivo che han


I 

no dato luogo all'incidente di costituzionalit� ed intervenire esclusivamente 
sulle norme di diritto sostanziale denunciate, una sentenza meramente 
caducatoria sarebbe inadeguata, occorrendo all'uopo un intervento 
normativo selettivo che definisca le ipotesi in cui l'esonero dal bilan


I

ciamento di circostanze possa avvenire; e ci� per evitare il prodursi 

! 

di effetti eccedenti la finalit� del quesito. Senza tale delimitazione, di


1 
fatti, la pronuncia produrrebbe l'effetto di assicurare la prevalenza della i 

' 

I 

diminuente in questione, anche quando non si sia in presenza di reati ' 
punibili con l'ergastolo, perch� si andrebbe ad incidere in generale sulla 
disciplina della comparazione di circostanze eterogenee in rapporto al 
minore. 


Come si vede il risultato che si intenderebbe raggiungere sul piano 
del diritto sostanziale rende necessario un intervento sostitutivo del legislatore, 
che definisca, nell'ambito di una pluralit� di scelte, la portata 
e l'ampiezza della modifica. 

Un intervento questo che, per le esigenze poste in evidenza, � auspicabile 
che venga assicurato quanto prima per adeguare la situazione normativa 
a quella linea, gi� posta pi� volte in evidenza da questa Corte, 

( 

di diversificare il pi� possibile il trattamento del minore dalla disciplina 

l 

punitiva generale. i 

I 

I 

I 

I 


PARTE I; SBZ: I, GIURISPRUDBNZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 19931 n. 143 (ord.) � Pres. Casa vola � 

Red. Caianiello-Giordano e Presidente del Consiglio dei ministri (avv. 

�Stato Arena); 

Giudizio.�l>enale � lmputa~o i)."reperiblle � Applieazione della �pena concor� 

��� d�ta ;;; Rl<~hiesta � Legittimazione del difensore privo di pr()cura spe


.� ctale .;;�.Non .�.sussiste �. � Questione di �legittimit� . costitUZional� � Mani� 

festa infondatezza. 

(Cost., � attt.: 3 �Il 24; art.. 446 c.p.p.). 

g .. manif �tarnente inf onda,ta .. [a .. questione di .. legittimit� .costituzionale. 
dell'art.� 446 c.p.p. nella parte in cui non prevede che,. in caso di irreperibilit� 
dell'imputato, lo stesso difensore,. a71corch� privo di procura 
spe�iale, possa richiedere l'applicazipne della pena cop�prdata .. ex art. 
444 c.p.p. 

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di �due 
imputati di violazione di domicilio aggravata e di furto; entrambi irreperibili, 
il Pretore di Camerino, con ordinanza del 10 aprile 1992, ha 
sollevato, in. ri{erimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione e � all'art. 6 
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo�, qu1;1stione di legitti� 
mit� costituzionale dell'articolo 446 del codice . di procedura penale; nella 
parte in cui non prevede che la facolt� di richiedere l'applicazione della 
pena a norina dell'art; 444 dello stesso codice possa essere esercitata dal 
difensore. dell'imputato irreperibile non munito di procura speciale; 

che1 premessa la rilev�nza della questione (avendo� il difensore degli 
imputati formulato la riehiesta di patteggiamento, ritenendola per essi 
vantaggiosa), il Pr�tore rimettente reputa che la norma impugnata contrasti 
con gli articoli: 

-3 della Costituzione, per il diverso .trattamento dell'imputato irreperibile 
rispetto � al � contumace non �irreperibile, in ragione del diverso 
grad� di � sicurezza di effettiva c�noscenza � del procedimento derivante, 
nei due casi, dalla disciplina delle notificazioni; 

....... 24 d�lla Costituzione, in quanto le facolt� esercitabili personal� 
mente dall'imputato, tra cui quella di richiedere il patteggiamento, di� 
vengono �impraticabili� per l'irreperibile s� non si ammette una concorrente 
facolt� del difensore (non procuratore speciale); 

che nessun argomento viene addotto dal giudice a quo in relazione 

al parametro dell'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei 

diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, ratificata e resa esecutiva 

in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848; 

Considerato che l'attribuzione in via esclusiva all'imputato della fa


colt� di richiedere l'applicazione -o di dare il consenso all'applicazio



288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ne -della pena concordata trova fondamento proprio nell'esigenza di 
piena e completa tutela della difesa della parte, sul rilievo della parti� 
colare natura dell'impegno che viene ad essere assunto nel concordare 
la pena, e dunque nel � rinunciare ad avvalersi della facolt� di contestare 
l'accusa� (sent. n. 313 del 1991), accettando le diverse conseguenze 
che discendono dalla pronuncia resa ex art. 444 c.p.p. (giudizio formulato 
in base agli elementi raccolti dall'accusa, inappellabilit�, applicazione 
della confisca, equiparazione a una sentenza di condanna); 

che la riserva esclusiva di tale facolt�, riconosciuta legittima in termini 
generali dall'art. 99, comma primo, c.p.p., risulta pertanto coerente 
con i connotati centrali dell'istituto del c.d. patteggiamento, strumento 
� negoziato � idoneo ad incidere sulla sfera della libert� personale e 
dei diritti patrimoniali dell'imputato medesimo, per tali ragioni ricompreso 
nella categoria degli atti � personalissimi � da questo esercitabili 
(Relazione ministeriale al progetto preliminare del c.p.p., Libro VI, 
titolo II), in linea del resto con la giurisprudenza formatasi sull'istituto 
-analogo, per questo specifico aspetto -dell'applicazione delle sanzioni 
sostitutive di pene detentive brevi a norma dell'art. 77 della legge 

n. 689 del 1981; 
I 

che l'attribuzione esclusiva all'imputato delle suddette facolt� � 
dunque conforme al parametro costituzionale ex art. 24 invocato, in 
quanto si tratta di un istituto in cui la scelta determina una non reversibile 
disposizione di fondamentali diritti, ond'� che l'eventuale concor


lrente attribuzione di quelle facolt� al difensore nell'ambito del generico 
potere di rappresentanza determinerebbe la possibilit� di opzioni, da 
parte di quest'ultimo, tali da consumare l'esercizio della facolt� per 

I

l'imputato, compromettendone la posizione (al pari di quanto gi� rilevato, 
riguardo alla facolt� di impugnazione della sentenza contumaciale, 
nella sentenza n. 315 del 1990); 

I

che la disciplina denunziata non appare in alcun modo lesiva neppure 
del principio di eguaglianza invocato, sia perch� in s� razionale 
in rapporto alle finalit� e ai � rischi � dell'istituto quali sopra enucleati, 
sia perch�, nel regolare il modo di espressione della volont� di accedere 
alla p�na concordata, essa non crea alcuna differenziazione in 
rapporto alla diversa situazione in cui versi l'imputato sul piano della 
presenza nel processo (imputato presente, considerato tale, contumace, 
irreperibile, latitante); 

I 

che in proposito � da ritenersi prevalente per tutti i casi l'esigenza 
di una formulazione di volont� riconducibile, direttamente o per il 

I

tramite di un procuratore speciale, alla persona dell'interessato, natu


i 

ralmente sul presupposto della validit� e legittimit� degli strumenti di 
conoscenza del processo adottati nei singoli casi (sent. n. 211 del 1991). 

(omissis) 

I 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 13 maggio 1993, n. 242 (ord.) � Pres. Casa


vola � Rel. Cheli � Corte dei Conti e Presidente del Consiglio dei 

Ministri, Ministro del bilancio e della programmazione economica, 

Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato; Ministro 

�delle partecipazioni statali. 

Corte dei conti � Controllo Enti � Esclusione dei magistrati della C<Jrte 

dei � conti �dalle sedute �degli organi. di amministrazione e . revisione � 

Omesso. invio di... documenti relativi alla gestione degli. enti. ~ Conflit


.to di. attrlbuziQne Jr1;1 poteri dello Stato � Ammissibilit�. 

Deve .. ritenersi aWi.rnissfbile il ricorso per conflitto di attril:Juzio'l1e tra 
i poteri..dello Stato proposto dalla Corte dei Conti nei c.onfronti del 
Governo per avere enti trasforma ti in societ� per azioni escluso dalle 
sedu.te dei propri organi di amministrazio_ne. e di controllo i magistrati 
dell� Corte dei conti ed omesso di inviare alla Corte stessa i. documenti 
inerenti la gestione degli enti medesimi. 

Riten1,1.to che, con ricorso depositato il 15 febbraio 1993, la Corte 
dei conti -a seguito della determinazione n. 45/92 del 15.. dicembre 
1992, adottata della Sezione del controllo sulla gestione finanziaria. degli 
enti. a .cui lo Stato �ontribuisce in via ordinaria -ha . sollevato conflitto 
di . attribuzione m~i c�mfronti del Governo della Repubblica nonch�. del 
Ministro del Tesoro, del Ministro del bilancio e della progranunazione 
economica,. del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 
e del Ministro delle partecipazioni statali in relazione � alla sottrazione 
dell'ENEL, dell'ENI, dell'IRI e dell'INA al controllo della Corte dei 
conti previsto dall'art. 100, secondo comma, della Costituziop.e, effettuata 
sia mediante l'esclusione dei magistrati della Corte dei conti. dalle sedute 
dei relativi organi. di amministrazione e revisione, sia. mediante l'oll1esso 
invio dei documenti concernenti la gestione di tali enti�, nonch� in 
relazione � al mancato riconoscimento, da parte del Governo, del preesi� 
stente obbligo di sottoporre a controllo della Corte dei conti gli enti 
trasformati in societ� per azioni e, comunque, alla mancata ottemperanza; 
da parte di esso, dell'obbligo di adottare i provvedimenti necessari 
al ripristino di tale controllo �; 

che con il ricorso in questione si chiede a questa Corte di voler: 
� 1) dichiarare che spetta alla Corte dei conti .....-. nella composizione 
della Sezione di controllo sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via 
ordinaria -l'esercizio del controllo, previsto dalla legge 21 marzo 1958, 

n. 259, sugli enti pubblici economici trasformati in societ� per azioni 
con partecipazione totalitaria o comunque prevalente dello Stato; 2) dichiarare 
il conseguente obbligo del Governo di adottare i necessari provvedimenti, 
con riferimento agli enti indicati in premessa, per il mante� 

�RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

290 

nimento od il ripristino del controllo della Corte dei conti; 3) disporre 
l'annullamento degli atti governativi eventualmente contrari�, 

Considerato che, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della 
legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte � chiamata a delibare, senza 
contraddittorio, se sussista la materia di un� conflitto la cui soluzione 
spetti alla sua competenza, in relazione all'esistenza dei presupposti 
soggettivi e oggettivi indicati nel primo comma dello stesso articolo; 

che con riferimento ai presupposti soggettivi, va riconosciuta alla 
Corte dei conti, nell'esercizio della sua funzione di controllo sulla gestione 
finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, 
la legittimazione a sollevare il conflitto di cui all'art. 134 della Costituzione, 
dal momento che tale funzione, se pur ausiliare, risulta caratterizzata 
dalla posizione di pieria autonomia dell'organo chiamato a esercitarla 
(v. sent. n. 406 del 1989); 

che il conflitto pu� essere proposto nei confronti del Governo e 
non dei singoli Ministri, in quanto attinente ad atti e comportamenti 
connessi all'interpretazione del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (convertito, 
con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359) e imputabili 
alla responsabilit� � collegiale del Governo rappresentato dal Presidente 
del Consiglio dei ministri; 

che, con riferimento ai presupposti oggettivi, la lesione lamentata 
con il ricorso attiene ad una sfera di attribuzione costituzionalmente 
garantita, . in quanto si riferisce ai poteri conferiti alla Corte dei conti 
dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, cos� come attuato dalla 
legge 21 marzo 1958, n. 259, in tema di �Partecipazione della Corte dei 
conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce 
in: via ordinaria�; 
. che, conseguentemente, il ricorso, in questa fase, va dichiarato ammissibile, 
salva e impregiudicata la facolt� delle parti di proporre, nell'ulteriore 
corso del giudizio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni. 


CORTE COSTITUZIONALE, 19 maggio 1993, n. 244 � Pres. Casavola � 
Red. Pescatore � Pascarella, Comune di Cervino e Presidente del 
Consiglio dei Ministri (vice avv.. gen. Stato Sacchetto). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza � Termini � 

Proroga -legale � Legittimit� costituzionale . 

. (Cost., artt. 24 e 42; d.l. 29 dicembre 1987, convertito con 1. 29 febbraio 1988, n. 47, 
art. 14, comma secondo; 1. 20 maggio 1991, n. 158, art. 22; 1. 22 ottobre 1971, n. 865, 
art. 20). 

Poich� la proroga del termine di durata dell'occupazione d'urgenza 
non vanifica il <i,iritto <i,el privato all'indennit� di esproprio ma ne dif� 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ferisce soltanto l'insorgenza, mentre � immediatamente conseguibile la 
indennit� di occupazione proporzionata al maggiore periodo della stessa, 
non contrastano con gli artt. 24 e 42 della Costituzione l'art. 14, secondo 
comma, del decreto legge 29 dicembre 1987, convertito con legge 
29 febbraio J988 n. 47 e l'art. 22 della legge 20 maggio 1991 n. 158, i quali 
hanno prorogato i termini di scadenza delle occupazioni temporanee 
a~torizzate ai sensi dell'art. 20 della legge 22 ottobre 1971 n. 865. 

Questa Corte � chiamata a decidere sulla legittimit� costituzionale 
dell'art, 14; s.econdo comma, del d.l. 29 dicembre 1987, n. 534, conv. nella 
t 29 febbraio 1988, n. 47 e dell'art. 22 della I. 20 maggio 1991, n. 158, i 
quali hanno prorogato i termini di scadenza delle occupazioni temporanee. 
autorizzate ai sensi dell'art. 20 della I. 22 ottobre 1971, n. 865. 

Secondo il giudice a quo dette proroghe violerebbero gli artt. 24 e 
42 della. Costituzione; costituendo un espediente per impedire ai proprietari 
dei beni .occupati di agire in giudizio per ottenere le indennit� 
d� espropriazione ed il risarcimento dei danni per il protrarsi del termine 
originariamente stabilito. 

La questione non � fondata. 

L'art. 20 della L 22 ottobre 1971, n. 865, dopo avere statuito al primo 
comma che l'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare perde 
efficacia se non � seguita, nel termine di tre mesi, dalla emanazione del 
relativo decreto, stabil�, . nel secondo comma, che � l'occupazione pu� 
essere protratta fino a cinque.� anni dalla data di immissione nel possesso
�. 

Tale ultimo termine � stato prorogato una prima volta (di un 
anno) dalla I. 29 luglio 1980, n. 385; poi, fino al 31 maggio 1982, dall'art. 1 
del d.l. 28 luglio 1981, n. 396, cos� come conv. dall'articolo unico della 

1. 25 settembre 1981, n. 535; successivamente, .fino al 31 dicembre 1982, 
dall'art. 1 del d.l. 29 maggio 1982, n. 298, conv. nella 1. 29 luglio 1982, 
n. 481, e fino al 31 dicembre 1983 dall'articolo unico della I. 23 dicembre 
1982, n. 943. Dette proroghe sono successive alla declaratoria d'illegittimit� 
costituzionale -pronunciata con la sentenza n. 5 del 1980 dei 
criteri di determinazione dell'indennit� di espropriazione delle aree 
a destinazione edificatoria, stabiliti dalla legge n. 10 del 1977. 
Questa Corte (sent. n. 223 del � 1983) ravvis� uno stretto collegamento 
fra quelle proroghe e la normativa dettata dall'art. 1 della legge n. 385 
del 1980, dichiarata incostituzionale per violazione degli artt. 42 e 136 
della Costituzione, in quanto diretta -tra l'altro -ad impedire la 
piena ed immediata operativit� della sentenza n. 5 del 1980. Fu pronunciata, 
pertanto, la illegittimit� dell'articolo unico della legge n. 535 del 
1981, nonch� quella conseguenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 
marzo 1953, n. 87, delle altre su menzionate norme di proroga, non impugnate 
dai giudici remittenti. (omissis) 


292 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

La nuova disciplina delle indennit� di espropriazione, pur essendo 
necessaria ed urgente, ha avuto un iter legislativo estremamente lento 
ed � stata attuata solo con la legge 8 agosto 1992, n. 359 (art. 5 bis aggiunto, 
in sede di conversione, al d.l. 11 luglio 1992, n. 333). Tale ritardo 
ha esplicato gravi riflessi sull'attivit� amministrativa, determinando 
situazioni di incertezza e di asseriti inadempimenti e creando un diffuso 
contenzioso. 

Le norme impugnate dai giudici remittenti -cos� come il precedente 
art. 1, comma 5-bis, aggiunto al d.l. 22 dicembre 1984, n. 901 dalla 
legge di conversione 1� marzo 1985, n. 42 -sono state emanate (secondo 
quanto si evince dai lavori parlamentari) al fine di protrarre la validit� 
delle occupazioni dei suoli connesse ai procedimenti espropriativi, 
in attesa che il Parlamento procedesse all'approvazione della nuova disciplina 
delle indennit� di esproprio. 

A tale scopo, ai sensi dell'anzidetto comma 5-bis, per le occupazioni 
di urgenza in corso alla data di entrata in vigore di quest'ultima, la scadenza 
del termine quinquennale di cui al secondo comma dell'art. 20 
della legge 22 ottobre 1971, n. 865, � stata prorogata di un anno e la proroga 
� stata successivamente protratta, complessivamente, di altri quattro 
anni dall'art. 14, secondo comma, del d.l. n. 534 del 1987 e dall'art. 22 
della legge 20 maggio 1991, n. 158. 

Trattasi di un periodo di tempo sicuramente lungo, che non ha 
consentito la tempestiva liquidazione ed il pagamento delle indennit� 
di espropriazione, nonch� l'esperibilit� delle azioni per il risarcimento 
dei danni da occupazione illegittima. Ma tali ritardi, determinati da riconosciute 
esigenze obiettive, sorrette da motivi di pubblico interesse, 
non possono essere considerati tali da compromettere i diritti del proprietario 
con lesione dell'art. 42 della Costituzione. 

Va osservato al riguardo che le norme di adozione delle proroghe 
in questione sono sorrette da una ratio diversa da quella posta a fondamento 
della disciplina dichiarata illegittima con la sentenza n. 223 
del 1983. Quest'ultima normativa era elusiva di una dichiarazione d'incostituzionalit�, 
mentre la disciplina in esame persegue lo scopo di dare 
attuazione all'invito di questa Corte volto a realizzare la sistemazione 
della materia in modo conforme ai principi dalla Corte stessa fissati. 

(� da rilevare poi, secondo quanto � stato affermato con la sentenza 
n. 365 del 1992, che l'art. 42, terzo comma, della Costituzione, nello 
statuire che la propriet� privata pu� essere, nei casi preveduti dalla 
legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale, 
� d� fondamento e disciplina, con le relative implicazioni costituzionali, 
non soltanto agli atti espropriativi in senso proprio, ma pure a quelli inerenti 
all'occupazione del bene, imponendo un giusto indennizzo anche 
per la durata di tale occupazione, che impedisce al proprietario la disponibilit� 
e il ~odimento �lel bene �, Tale indennizzo, dopo la declara� 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COStITUZIONALE 

toria d'illegittimit� costituzionale ""--contenuta nella sentenza n. 470 del 
1990 -dell'art. 20, quarto comma, della legge n. 865 del 1971 (nel testo 
modificato dall'art. 14 della 1. 28 gennaio 1977, n. 10), pu� essere, invero, 
richiesto dall'interessato sin dal momento dell'occupazione del bene. 

Ne deriva che le norme impugnate, pur protraendo la legittimit� 
d.ell� occupazioni, determinando alcune remore temporali nell'ambito 
del procedimento espropriativo, non producono lesione all'art. 42, terzo 
comma, della Costituzione, trovando la loro giustificazione nella peculiarit� 
della situazione alla q;uale hanno inteso provvedere. Ed � inoltre 
da osservare.� che alle anzidette remore, che. gravano iLproprietario, corrisponde 
il suo diritto a chiedere l'immediata .liquidazione dell'indennit� 
di occupazione. 

La legittimit� . delle proroghe preclude l'esistenza di un diritto al 
risarcimento del danno e la .conseguente tutela ex art. 24 della Costituzione. 
e pertanto infondata anche la questione di legittimit� costituzionale 
sollevata in riferimento a tale norma. 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1993, n. 250 -Pres. Casavola Re.
d. Guizzi -Commissario dello Stato per la Regione Sicilia (avv. 
Stato Laporta) e Regione Sicilia (avv. Pitruzzella, Castaldi). 

Impiego pubblico � Ente di svUuppo agricolo .. Immissione in ruolo � ope 
legis >> � Osservanza del principio del buon andamento � Condizioni. 

Impiego :t>Ubblico � Immissione in ruolo � B�occo delle assunzioni � Esclustone 
-Pu� essere cons�rttita da legge regionale. 

Sicilia � Impiego. publ;>lico -Immissione. in ruolo � Anzianit� di carriera Decorrenza 
� Riconoscimento di servizio pre-ruolo -Illegittimit� costituzionale. 
� 

(l.r. Sicilia 23 dicembre 1922, art. 1, commi 1 e 2; Cast., artt. 3, 81, 97, 119). 
L'immissione in ruolo di personale in precedenza assunto a tempo 
determinato non contrasta con gli artt. 3 e 97 Cost., se detto personale 
ha superato adeguate prove concorsuali ed a condizione che l'immissione 
non sia in soprannumero rispetto alla dotazione organica. 

L'esclusione del �blocco� delle assunzioni consentite da specifiche 
norme legislative si ha anche quando queste norme sono regionali. 

Il riconoscimento retroattivo di servizi pre-ruolo contrasta con 
l'art. 97 Cost. ogniqualvolta compromette la posizione di altri soggetti 
nel frattempo assunti a seguito di regolare concorso. 

Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione 
di legittimit� costituzionale della legge approvata dall'Assemblea 


RASSEGNA ~VVOCATURA DELLO STATO

294 

regionale siciliana nella seduta del 23 dicembre 1992, che reca norme 
per l'immissione in organico del personale tecnico dell'Ente di sviluppo 
agricolo assunto con contratto a termine. 

La questione sottoposta all'esame di questa Corte si scinde in due 
distinti profili. 

Il ricorrente denunzia, in primo luogo, l'illegittimit� costituzionale 
dell'immissione in ruolo dei tecnici laureati che hanno superato la prova 
concorsuale per essere assunti con contratto a tempo determinato. Tale 
immissione, disposta dal comma 1 dell'art. 1 della legge impugnata, recherebbe 
.violazione agli articoli 3, 97 primo e terzo comma, 81 quarto 
comma e 119 della Costituzione. 

E' impugnato, altres�, il comma 2 del citato art. l, che prevede il riconoscimento, 
ai fini della progressione in carriera, del servizio prestato 
dai contrattisti anteriormente all'immissione in ruolo. 

Sono infondate le censure mosse al comma 1 in esame, con riguardo 
agli articoli 3, 97 primo e terzo comma, della Costituzione. 

Secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, l'esame 
della costituzionalit� delle leggi sotto il profilo della pretesa violazione 
dei principi di imparzialit� e buon andamento delle amministrazioni pubbliche 
comporta la verifica della � non irragionevolezza � e della � non arbitrariet�
� della normativa denunziata (v. sentt. nn. 369, 295 e 187 del 
1990; 21 del 1989; 1130, 964 e 331 del 1988, 217 del 1987). 

Ora, con riguardo ai profili che attengono ai soggetti da inserire in 
ruolo, va rilevato che il personale in questione � stato assunto, con contratto 
a termine, a seguito di un regolare concorso pubblico, superando 
prove il cui oggetto non era circoscritto all'attuazione di finalit� particolari: 
non � quindi irragionevole la ponderazione effettuata dal legislatore 
regionale nel ritenere che tali prove concorsuali abbiano adeguatamente 
verificato attitudini e competenze necessarie; tanto meno pu� dirsi 
che la norma abbia assicurato un'ingiustificata posizione di privilegio a 
favore del personale in questione. 

Occorre poi considerare che l'immissione in ruolo dei tecnici non 
eccede l'organico dell'Ente, di cui la legge qui in esame non impone, d'altronde, 
l'integrale copertura (si veda, su tale punto, la sent. n. 197 
del 1992). 

E' dunque pienamente salvaguardato quel rapporto tra dotazione 
organica e servizi che � presupposto indispensabile al buon andamento 
delle pubbliche amministrazioni, di cui al primo comma dell'art. 97 
della Costituzione (secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa 
Corte, in particolare dalle sentenze nn. 1 del 1989 e 728 del 1988). 

Neppure pu� dirsi violato il principio del concorso pubblico (terzo 
comma dell'art. 97 della Costituzione), poich� sussistono nella fattispecie 
disciplinata dal legislatore regionale quei requisiti, soggettivi e og




PARTE :t, Silz. I, GlURlSPRtJDENZA COStlTUZIONALE 

gettivi( necessari. � garantire/finteresse pubblico �lla scelta dei sog


getti pi� idonei all'espletamento <delle funzioni amministrative (si ve 

dano, in special modo, le sentenze di questa Corte nn. 487 del 1991, 187 

e 161 del 1990). 
.._-�����---Si denwizl� poi($em.pxe �on rfguardcfal comma J,la violazione d�l
�rart. 119 della Costituzi�ne> � 

.. �... .. . . . ... 

-�-Ancb�: tale i::ensura ~infondata. 

---� Il�� rlcoii'ente :ritiene clitf fa norma impugnata comporti� una. sostan


ziale elusione della normativa statale che detta� il--�blocco-delle assun


zioni �: anzich� denunciare la violazione di tale normativa, si appella 

ci�ratt. � f9 dell� CH$t�-ttiifo:tie,_-sotfo-� ilprofifo del mancato�� coordinamento 

della politica fi:O:anzfafia focale con quell� nazionale. E va a tal propo


sito coristde:rato che, co:n iigtiardo al_ {(blocco delle asstirizfo;hi �, questa 

Corte-ha gia precisato che il-silenzio'-de1fa-legge � ri:On si puo �_interpretare 

ii.et se~s~J~~i�a Jliatidifa' )?re\tisfone i.'l�f poter� regfon�le di deroga,.--per 

q.all.t6'1aitiene af personafo��-dellaa regione"� stessa (sent. n: 407 del 1989). 

U � dt1qretorlegg~ 1f settembr~ 1992/ n. 3841 convertifo, con modificazioni, 
peUk' legge 14 no%rii"6te i992, n;> 43'8, escIUd� d'altronde -dal 
� bloc�o )) Ib assfulzfori� dbrisendte da specifich:� norme legislative; e, 
certo, --:fra __ le �norme legjsl~tive � �he vengono� in rilievo vi sono quelle 
adottate� dalla l{egJone P:~I�a disciplini:\ del proprio personale.� (omissis) 

Va invee~ ~ccplto.il Hc:9rso per quanto attiene. al corii.r:O:a 2� dell'art. 1, 
che fa decorrere l;anzianlt� di carriera del personale in questione �dalla 
data dell'avvenuta assunzione �. Con -tale formula, il legislatore regionale 
ha_ statuite> 'n ri�6nosdmenfo���ae1� serviiiopre-ruolo, non so1e>--ai fini_ eco_
noriiicf rii.a pur:e � ai fin.i della pfogressione in carriera, come -se� l'immissione 
in mol() potesse xetroagii'e nel tempo e rivalutare -anche per I'(( anzianit� 
di carriera � ~ il periC>�lo a contratto. 

Ch~sia q.esta ia fin~lit�� effettivar:riente�. perseguita dal comma 2 

~-f9pri d'og9i du~bio, �:oi.e -� dixp<:}strat() tlal ricorrere della parola as


s�nzi(;)ne s�a a1 -comma 1 ((( assufrt\---cori -contratto a termine �) -sia al 

comma 2! e dajla. considefazibne che, diversamente interpretando que


st'ultima norma, la si priverebbe di significato normativo, al punto da 

riqurll:l.. a. enunciato .:p~e(;was~icp.. __ _ ___ 

_c()sfletta eseg~ti�~merit�, la disposizione_ presenta un eVidente vizio 

di legittimit� costituiional�, alla -lu�e -dell'art. ___ 97, --primo comma, della 

CostiFuzione: essa compromette la posizione dei soggetti nel frattem� 

po assunti a seguito di regolare concorso pubblico e in generale deter


mina quelle anomalie rilevate dal Commissario dello Stato, recando 

cos� lesione al principio di buon andamento dell'amministrazione (v., da 

ultimo, la sent. n. 43 del 1993). 

Deve quindi dichiararsi l'illegittimit� costituzionale del comma 2 della 

legge in esame. 


296 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 maggio 1993, n. 251 � Pres. Casavola -Red. 
Cheli ~ Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta) e 
Regione. Liguria. 

Regioni � Emigrazione � (:ontributi � El'Ogazj.one a favore di enti privati � 
Invasione d�lle competenze statali � lnSU$slst~. 

Regioni � Emigrazione . Consulta regiolial� �per l'emigrazione � Oneri 
finanziari a carico.� della Regione � Violazione del principio del buon 
andamento . amministrativo � Insussistenza. 

E' infondata. la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2 lettera 
e), .�e dell'art, 3, terzo comma, della delibera legislativa della regione 
Liguria approvata il 22 dicembre 1992, laddove gli stessi prevedono l'assegnazione 
di. contributi regionali a sostegno di associazioni ed organizzazioni 
pi� rappresenta�ve .costit�ite all'estero per lo svolgimento di 
attivit� a favore di emigrati liguri, trattandosi di contributi diretti a sostenere 
attfvit4 di organizzazioni private non incluse nell'ambito delle 
relazioni intercorfrnti tra soggetti di diritto internazionale (1). 

E infondata l� questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 della 
del.ibera legislativa della regione Liguria approvata il 22 dicembre 1992, 
non potendosi ritenere che la composizione della .Consulta regionale dell'emigrazione 
ivi prevista, per gli oneri finanziari che comporta, contrasti 
con il principio di buon andamento dell'azione amministrativa. (2) 

(omissis) Le questioni sollevate neL ricqrso non sono fondate. 

La legge della Regione Liguria oggetto di contestazione -:---nel modificare 
la disciplina in precedenza posta per gli interventi a favore 
degli emigrati dalla legge regionale 15 novembre 1978, n. 59 -ha enunciato 
tra le. proprie finalit� generali la promozione di foiziative ed interventi 
� per la piena integrazione sociale dei lavoratori emigrati e 
delle loro famiglie�, nonch� di iniziative �volte a rinsaldare i rapporti 
con i lavoratori liguri emigrati e le loro co.munit� e ad assicurare la 
conservazione e lo sviluppo dell'identit� culturale della Regione� (art 1, 
primo e secondo comma). .... 

Con riferimento a tali obbiettivi la legge, all'art. 2, lett. e). ha previsto 
anche l'assegnazione di contributi a sostegno delle associazioni ed 
organizzazioni pi� rappresentative costituite sia in Italia che all'estero 
per lo svolgimento di attivit� a favore degli emigrati, dei frontalieri e 

(1�2) L'attenzione dedicata in questi ultimi anni agli� italiani all'estero pone 
delicati problemi anche quanto al riparto delle funzioni e delle competenze tra 
Stato e Regioni. Peraltro, la sentenza ha affrontato solo il tema circoscritto 
sottopostole: e non ha potuto non considerare che ben undici leggi regionali 
similari non avevano incontrato obiezioni da parte del Governo .. 



PAR'l'a l, SBZ; �:, C�tuRISPRUDENZA COSl'lTUZIONALE 

delle Jo:rn Ja:i:l)iglie. Ora, dbrers<1mente da q.anto si sPstiene nel ricorso, 
tale previsione. -:c-� quand'anche risulti riferita ad assqciazioni che non 
dispq1:1g;mo di una s~e.� nl\\l tl:lrritori() regionalt: ..~:rwn � tale. da incidere 
nella sfe~ .c:lelrapporti internaziom1.U riservati allo Stato dall'art. 4, 
primo ��l!lltna.>deLc.hl;l:~.n. ~Ut4el 1977., dal JllOtnento che. i C<lntributi 
f:W;~l)Z1!@'1: :Pt~vi~H ��. c!.l!ll~�l<����n~rtna.��l.m:P4gnata �s.Qn9��� 4ire1:ti� .a �s.QsJ<:1nf,lre..� atti


.� .. �. yit�t (~$$i$teti#~l~~ rjc~~t~ve 9'� 91,llt.ra]J/ di w~�g�.lwsmi Privati <as$()Ciaii0ni 
ecf drgart�ii~i9nL ciL ~tnigtati) che ..no11 .s,tJ;rqyano il.l�h;i.si �P.el � circmito 
delle :rel~i<:>:o.i inter�p:rren,ti tra i �.. soggetti di diritto . internazionale 
n~ :tisti.JtAA9� qqtli,l,t� cJi poJeri s.sce.ttibilidi impegnare la responsal;iilit� 
intel'llazio�'laie dello �� Stato�.. � � � 
.N:~ .� ~i p~� di~~ �b~ .le ~qrJllf,l . imp.gnate. � sianc~ Jali da .��sovrapporsi 
ad AAa competenza assegnata1 Jn via esch1i1iva, al.lo .Stato cialla legge 
n, 205. del J9~S�����e�� a:tt'4atl:I attraverso l'istituzione. pr<:isso� .gli .ffici e. !e 
a~ew;Je. c9u~9liiffi 4,t �qmitati..�.c:legii....�:i:tal~1:taj .. all'.es~~.ro�.Questa .legge, 
infa~ti~ )lei, wttl1t~e .l;lffic:4t !,'!; tl:tl~ c;omiti:ttijl compito .4~ p;roro,u,over~ ~.faia~ 
tive� di carattere so�iale,.culturale.e ricreativo a .favore. delia comunit� 

........... �� .........�.. ���) ... .... ...... .. ... . ..��. . ... ...� ..... . 


i~Uanli\... :t:fil!l~de:nte .� Mlla �irc;qscrizioi;le c()nsolart:; �. affeqna�.� a�:he J~ na� 
t.rlil .: noI); esclusiva di tale .� fwlziC>!le, � prevecl.tmdo una. c:ollal:>qraziol).e dei 
comitati )Jl. questf<me ... con <(enti, associazioni e .� comitati. operanti:. nell'aro,
bito della .tj.rcosc:i;izione � (art. ~; primo gomma), noncb,� la richiesta 
di C():rltdb.ti .al M~n,istero degli�� affari ~steri -..su cui .. i. comitati. dell'emigr~
ione .� sono .. chiamati�. a�. esprimere . U!l parere ... obbligatorio "":'.""� da 
:garte di � !l()daliz;i,.. asi;o�iazioni e �omitati c:he�. sy0lgono nella circoscrizione 
co]ls<>lare. attivit�. sociali, .. assii;tel\Ziali( cult.ral~ >.e .�ricreative .a 
f1wore <lelia . c9U@Wv$,t�. italiana ,, .� (art.. 3, .. primo comma). 

Infme, .non. pu� neppure valere la censura relativa alla violazione 
del limite territoriale sotteso,. alle competenze.� regi<:>nali, limite . che,. !lella 
specie, ac1 a.vviso del ricorrente, risulterebbe superato dalla previ,&ione 
di contributi regionali anche a favore di associazioni ed organizzazioni 
di emigrati liguri aventi la loro sede soltanto all'estero. In proposito 
~. mentre va ricordato che, gi� in .. precedenti pronunce; � stata affermata 
da questa Corte la legittimazione della Regio]le, quale ente politico 
esponenziale <.lelJa comunit� regionale; ad interv<:inire con provvedimenti 
di spesa �riguardo a tutte le questioni di interesse della comunit� regionale; 
�. anche $e :queste i;qrgonQ j.���settori estranc;ii .�. a}l~ singole .��materi~ 
indicat�nell'art 117 .. della:Costituzione e si proiett�Mal di .. l�.�dei confini 
territoriali della�� Regicine medesima� . (v, s�ntt �m1.��: 829 .. del 1988 e 
276 del 1991) -non pu� essere negata, rispetto al caso di specie, la 
presenza di un interesse regionale all'adozione di iniziative di sostegno 
sociale e culturale a favore delle popolazioni emigrate, interesse che, 
negli ultimi �anni, ha dato luogo ad una vai;ta legislazione delle Regioni 
con contenuti non dissimili da quelli della legge in. esame (cfr., tra le 
altre, L.R. Abruzzo 20 novembre 1980, n. 81; L.R. Calabria 16 maggio 


298'. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

1981, n. 5; L.R. Emilia-Romagna 21 febbr�io 1990, n. 14; L.R. Lombardia 
4 gennaio 1985, n. 1; L.R. Marche 2 novembre 1988, n. 40; L.R. Puglia 
23 ottobre 1979, n. 65; L.R. Sardegna 7 aprile 1965, n. 10; L.R. Sicilia 
4 giugno 1980, n. 55; L.R. Toscana 19 marzo 1990, n. 17; L.R. Umbria 
15 maggio 1987, n. 26; L.R. Veneto 19 giugno 1984; n. 28). 

Le censure formulate nei confronti degli artt. 2, lett. e), e 3, terzo 
comma, della legge impugnata per violazione degli artt. 117 e 118 della 
Costituzione vanno, pertanto,. riconosciute infondate. 

Del pari infondata si presenta la questione sollevata nei confronti 
dell'art. 4 della stessa legge, in relazione all'art. 97 della Costituzione. 

Almeno uno dei profili connessi a tale questione (qual'� quello 
relativo alla corretta composizione dell'organo, anche in relazione al 
possibile diverso accorpamento degli interessi da rappresentare) investe 
chiaramente valutazioni relative al merito politico della legge che non 
possono trovare ingresso in questa sede. Ma anche per quanto concerne 
i profili attinenti alla legittimit� costituzionale e connessi alla� asserita 
lesione del principio del � buon andamento � sanzionato dall'art. 97 della 
Costituzione ......: �n relazione agli oneri finanziari che il funzionamento 
d�lla Consulta regionale, nella composizione prevista dalla norma impugnata, 
verrebbe a comportare -l� questione non merita accoglimento. 
Detti oneri, infatti -anche all� luce dei dati relativi alle spese di 
fttnzionamento dell'organo per il periodo 1978-1992 esposti dalla Regione 
in sede di relazione successiva al rinvio governativo -non appaiono 
n� irragionevoli n� tali da pregiudicare il � buon andamento � dell'amministrazione 
regionale: e questo tanto pi� ove si consideri che la 
Regione Liguria, con la legge in esame, oltre � confermare l'esclusione 
di gettoni di presenza per i componenti la Consulta, ha anche ridotto, 
rispetto alla disciplina precedente, sia il numero di tali componenti sia 
il numero delle riunioni da tenere, di norma, nel corso dell'anno. 

CORTE COSTITUZIONALE, 1 giugno 1993, n. 260 -Pres. Casavola -Red. 
Mengoni -Provincia autonoma di Bolzano (avv. Riz, Panunzio) e 
Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). 

Trentino-Alto Adige -Bolzano -Privatizzazione della A.S.S.T. -Relativa 
tabella dei ruoli locali del personale statale � Venir meno della concretabilit� 
di essa -Violazione art. 89, 100 e 107 dello Statuto Trentino-
Alto Adige -Insussistenza. 
(Statuto Trentino-Alto Adige d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 89, 100 e 107; leg� 

ge 29 gennaio 1992, n. 58, artt. 1 e 4; d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). 

Quando una legge sottragga un pubblico servizio all'amministrazione 
diretta o indiretta dello Stato per affidarlo in concessione a societ� private, 
l'organico del personale di tali societ�, la cui libert� di organizza~ 



l>ARTB l, $�'!Z. 11 .Gi:UR�:SPRlll)l!N'ZA COStl'.'.l'UZIONALll 

zione del lavoro � �garantita�dall'art �. 41 primo comma����cost.,�.�fuoriesce 
dall'ambito ri.ormatiiio dell'art. 89 dello statuto speciale; concernente 
esclusivamente i ruoli (1.et personale degli uffici statali in provincia di 
lfolzano; �.��N� pu� adaufsi l'inosservanza �delta procedura prevista dal� 
ti4rt. JQ'J dello �tatuto iznzJ4etto;� fao5cf� che�� detta procedura�� tUJn �deve 
eS'.ser~ i#$�ita fiet casti m citi vei�g8no #i�no te> condizioni fattuati <d� 
cortcrAtiiP#i~~ <f.ftJ,tiit t<i;otrff# cti qttuazicme;. Insussistente infine �: Ja viotaziOrti 
delYaH. �1M de.Ub statuti> � niuMesimo �ogniqualvolta��� la ... modifica 
�rganizzatori� non� incidd sulla dttti:azidne det principio del bilinguismo (1). 

. . . . 

.�.. � LaJ�gge 29 ~e#tiai�)992, .. ~;���5s/h# dispt:lStcf1a�� pI'�\rafizia.zione dei 
s~:rvizi gi Jele9om1.�:liC!azi.orif ad�. 'Us(> .� J?ttbolko ge~titi. dall'Azienda di .Sfato 
P#( i �servizi �t~l~fqni9i�. (~tptii. t prevista J~�. s4pl'r~~$i()ne: ~t. .1. com� 
xna 3) e c:tillr.A.Il1D:lit1istra#one A�!Je .�poste �e delle fotecomwiJ.c�Zioni �cn 

91ll�.� #a1lll'e���~�����Jiitiv+~~�.� y~~#~.� R~~r~~gp~4e�~efile~~:�� ffcl?~tf>~������i~.�.. iW� J;~~mo

t.empO. l4et~i .servizi. S()l10 8.fijd)it� ih cqncessk>l1e�. e�c::lusivi;t a . una�. S(.)Cietl\ 
per aziolli apvositamente cpstitt:lita daJl'!~I,.qhe �.. ~e.� �.. l'1;t~io.ista1.\Dico, 
la quale �per. la durata della �concessione (~<:)n superi9r� ~<P:J'1 ~o) si 
ayy;:i,le cl.el Persop.a,le dell',!\;:pwf.istrazJone PC)st;:i,Ie aq�letto aLservizi tra


(1) La sentenza riveste notevole importanza, in quanto riconduce a giUste 
dimensioni .1a .peculiare �.� resistenza � delle norme .. di.�.attuazione degli. St1;1;t:uti 
speciali, e segnatamente delle tabelle allegate al d.P.R. 31 agosto J972 p.. 670. 
Vart. 89 dello<Statuto non. prescrive<. affatto .. che .i .e.cl.� ruoli Jocaji,. (�}le in 
realt� �� ruolk non sono) debbano' essere irrigiditi in norme aventi i co:nno~iiti 
delle notme di.�. attuazione.� dello. Statuto;.�. e, �.del.resto, la.� :mutevole~a clelle 
esigenze organizzative delle molteplici. ammini.l>trazioni statali ha reso nece$� 
.sarie numerosissime �sostituzioni. � delle tabelle formate nel 1976, con pregiudizio 
. della dignit� della normativa di. attuazione dello s.tatuto ridotta ad 
avere � contenuti sostanzialmente di livello �� regollillllentare (quanto non add�� 
rittura � ad personam �) �. l./ai::t� Jl9 co,t;rt~ primo; Period!.>. .� secon,do, . dello .. $ta. 
tuto S� limita a disporre <5 tali ruoli SOnQ .detel".l'nin,ati sulla, base degli orgarlici 
degli uffici;. quali<(gU .organici) stabiliti;/ ove occorl".a, con apposite norme.�. 
Gli. organici. devono �.. dunque.� es!lere . stabiliti solo �ove occorra � � ed. anche 
mediante atti. noi;mativi .d�,. Uv:ellc.t secondario.���.��� �� � 
�� �.� N� �r. POs!libile @'gomentat~. che po~ch~ oti:nai gli . qrg~ci. sono stati .!ltabiliti 
me~nte norm~<4�<i:i,tt.uazic;:ine, l'ol'.'ganico .�ove>9cC9rra))��. � di fatto 

abrogato e non � . pl�, possibile . proVv:ec::Iere con fo1;1te diversa c::lalla noi;ma,dva 
di � attu.azione. Per questa normativa non v:aje . e � comunque . �non pu�. seg1,1ir!li 
il criteno della c.d. �Preferenza. dt legge.�;� ��essa. deve� m .Qgni �tempo. solo 
attuare lo statuto, e non pu� discostarsene ~ppure � praeter statu.t:u,i:I\ �. 

N� va dimenticato �che l'attuazlone del criterio della c.d. propc;>rzionale 
all'interno clell'ammhtistra,zione� �� della Provincia (e . delle amministrazioni.. degli 
enti da essa dipe;n,denti e degli enti locali) non d~ luogo a norme � rigide � 
quali quelle di a,ttuazione dello Statuto.. 

In conclusione, le tabelle di che trattasi sono solo previsioni per cos� 
dire condizionate ad una generale clausola � rebus sic stantibus >>, e non 



300 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

sferiti alla societ� stessa, nonch� del personale dipendente dalla cessata 
Azienda di Stato per i servizi telefonici (art. 4, comma 2). 

A questo personale l'art. 4, comma 3, attribuisce il diritto di optare 
entro un certo termine, per la permanenza nel pubblico impiego secondo 
le procedure di mobilit� di cui al d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, 
e alla legge 29 dicembre 1988, n. 554. Entro la data di scadenza della 
concessione il personale non optante perde lo status giuridico di dipendente 
pubblico e passa alle dipendenze della detta societ� o di altre 
societ� concessionarie, che saranno in prosieguo determinate, a titolo 
di rapporto di lavoro privato. 

Tali disposizioni, contenute negli artt. 1 e 4 della legge, sono censurate 
dalla Provincia autonoma d� Bolzano perch� emanate col semplice 
procedimento di legge ordinaria, senza osservare il procedimento speciale 
previsto dall'art. 107 dello statuto per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 
31 agosto 1972, n. 670), anche per la parte in cui incidono sui principi 
della proporzionale etnica e del bilinguismo garantiti dagli artt. 89 e 
100 dello statuto medesimo e dalle relative norme di attuazione di cui 
al d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752. 

La questione non � fondata. 
La stessa Provincia ricorrente riconosce che le norme di autonomia 
da essa invocate non limitano il potere del Parlamento di procedere a 

anche precetti di attuazione dello statuto connotati da � resistenza � per 
cos� dire autonoma. 

La sentenza in rassegna ha, pervero, adottato una soluzione pi� morbida 
distinguendo lo � incidere sulla fattispecie astratta � dallo � incidere 
sulle condizioni fattuali di concretabilit� della medesima � (fattispecie astratta); 
e per� ha subito dopo aggiunto che � la legislazione di riforma della 
pubblica amministrazione � vincolata a far salve le attribuzioni dell'autonomia 
provinciale solo nella misura in cui le nuove forme organizzative e gestionali 
rientrino nelle rispettive fattispecie normative �. Il che, in sostanza, 
conferma la anzidetta clausola � rebus sic stantibus �. 

� appena il caso di ribadire che l'art. 89 dello Statuto certamente non 
ha � costituzionalizzato � implicitamente l'intera organizzazione amministrativa 
ed aziendale dello Stato quale di fatto esistente nel 1971. Non va trascurato 
che si � al di fuori dell'ambito delle competenze legislative ed amministrative 
autonome della Provincia (e l'Accordo di Parigi ulteriormente specifica 
che deve trattarsi di un � regional power �), e che si � nell'ambito delle 
attivit� � proprie � dello Stato. Deve quindi essere salvaguardato appieno il 
potere dello Stato di organizzare le � proprie � attivit�, a seconda delle 
mutevoli esigenze della collettivit� nazionale (la quale, tra l'altro, va divenendo
� porzione di una collettivit� europea). 

Comunque, la � telenovela � delle tabelle in questione dovrebbe ora 
esaurirsi: proprio in considerazione della sentenza in rassegna � stato raggiW�to 
un concorde orientamento a � delegificare � le tabelle stesse, e conseguentemente 
in tal senso ha disposto l'art. 2 del d.lgs. 6 luglio 1993 n. 291. 


(F.F.) 


PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

riforme organizzative della pubblica amministrazione, anche nel senso 
della privatizzazione di servizi pubblici. Data questa premessa, � inevitabile 
la conseguenza che, ove una legge sottragga un pubblico servizio 
all'amministrazione diretta o indiretta dello Stato per affidarlo 
in concessione a societ� private, l'organico del personale di tali societ�, 
la cui libert� di organizzazione del lavoro � garantita dall'art. 41 primo 
comma Cost., fuoriesce dall'ambito normativo dell'art. 89 dello statuto 
speciale, concernente esclusivamente i ruoli del personale degli uffici 
statali (nel senso ampio dell'art. 8 del d.P.R. n. 752 del 1976) in provincia 
di Bolzano. 

In ordirie alla soppressa Azienda di Stato per i servizi telefonici 
la detta conseguenza non implica un effetto abrogativo (in senso tecnico) 
della tabella n. 14 allegata al decreto, illegittimamente disposto senza 
l'osservanza della procedura indicata dall'art. 107 dello statuto. Altro 
� restringere il campo di applicazione di una norma con una legge modificativa 
della fattispecie normativa che escluda una categoria di soggetti 
dalla cerchia dei destinatari (ci� che nel nostro caso non accade), 
e altro incidere non sulla fattispecie astratta, ma sulle condizioni fattuali 
di concretabilit� della medesima. Il secondo caso � estraneo alla 
previsione del citato art. 107. La legislazione di riforma della pubblica 
amministrazione � vincolata a far salve le attribuzioni dell'autonomia 
provinciale solo nella misura in cui le nuove forme organizzative e gestionali 
rientrino nelle rispettive fattispecie normative. 

Pertanto, la questione dibattuta dalle parti in causa, se le tabelle 
allegate al d.P.R. n. 752 del 1976 siano fonti di diritto di rango pari a 
quello delle norme di attuazione dello statuto, � irrilevante ai fini del 
decidere. La legge n. 58 del 1992 non ha abrogato la tabella concernente 
la cessata Azienda di Stato per i servizi telefonici, ma piuttosto ha 
rimosso il presupposto di fatto per la sua applicazione: la tabella � 
divenuta inapplicabile per �1a stessa ragione pet cui alle societ� concessionarie 
del servizio, in quanto persone giuridiche private, non � applicabile 
l'art. 89 dello statuto. 

Infondata � pure la doglianza relativa al comma 3 dell'art. 4, che 
attribuisce al personale addetto ai servizi affidati in concessione alla 
societ� di cui all'art, l, comma 1, il diritto di opzione tra il mantenimento 
dello status giuridico di dipendente pubblico e il rapporto di lavoro privato 
alle dipendenze della societ� e delle altre concessionarie..Second� 
la ricorrente il passaggio del personale optante ad altre amministrazioni 
avverrebbe � al di fuori dei ruoli locali ex art. 89 statuto speciale 
per il Trentino-Alto Adige e art. 8 d.P.R. n. 752 del 1976 �, cio� mediante 
la creazione di posti in soprannumero. Al contrario, come precisa la 
disposizione in esame, i trasferimenti dei dipendenti optanti saranno 
attuati in conformit� delle procedure di mobilit� nell'ambito delle puti.: 
bliche amministrazioni utilizzando i posti di ruolo disponibili, e quindi, 


302 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


per quanto attiene alla Provincia di Bolzano, saranno effettuati nelle 
piante organiche locali delle amministrazioni statali col rispetto delle 
aliquote riservate ai gruppi linguistici e subordinatamente al possesso 
da parte degli interessati dell'attestato di conoscenza delle due lingue. 

Manifestamente insussistente �, infine, l'asserita violazione dell'art. 
100 dello statuto di autonomia, nel cui ambito normativo sono compresi, 
a differenza dell'art. 89, anche i concessionari privati di pubblici servizi 
operanti nel territorio della Provincia. La legge denunciata non tocca 
questa norma, in forza della quale la societ� di cui all'art. 1 e le altre 
concessionarie sono soggette al principio del bilinguismo secondo la 
disciplina degli artt. 1 ss. del d.P.R. n. 752 del 1976. 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 giugno 1993, n. 266 -Pres. Casavola -Red. 
Baldassarre -Commissario dello Stato per la regione Sicilia (avv. 
Stato G.O. Russo) e Regione Sicilia (avv. Torre). 

Corte costituzionale -Ricorso avverso delibera legislativa� regionale -Violazione 
dell'art. 97 Cost. -Prospettazione delle finalit� della delibera 

e del contesto di politica economica -Ammissibilit� della censura. 

Sanit� -Aumento di organici del personale -Messa a disposizione delle 
Universit� -Competenza legislativa della Regione. 

Sicilia . Competenza legislativa di attuazione � Compatibilit� con Io Statuto 
speciale. 

� ammissibile la censura nella qu�zle, per sostenere la violazione 
del principio del buon andamento (arf. 97 Cast.) ed in particolare la 
irragionevolezza di una scelta fatta dal legislatore regionale, si considerano 
le finalit� della legge contestata ed il quadro di politica economica 
entro cui essa si inserisce (1). 

(1-2) La prima massima evidenzia l'ampiezza del sindacato della Corte 
sulle disposizioni legislative regionali; del resto, rarissima � stata la proposizione 
della � questione di merito � davanti alle Camere. Giova altresi segnalare 
la utilizzabilit� della � ragionevolezza � anche con riguardo all'art. 97 
Cost. oltre che con riguardo all'art. 3 Cost.). 

L'ultima massima -che conferma precedente pronuncia della Corte 
presenta notevole interesse in questi giorni (fine 1993), nei quali una legislazione 
statale sovrabbondante e perci� non adeguatamente meditata sembra 
aver perso di vista alcuni punti di riferimento. Non di rado, per celare la 
omissione di doverosi approfondimenti, si fanno salve -con formule generiche 
-competenze regionali previste dagli Statuti � e dalle relative norme 
di attuazione � anche laddove tali competenze o non sussistono o sono modellat� 
in modo non coerente con la formula di � salvezza �; oppure addirittura 
-in assenza di competenze regionali od in presenza di competenze 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 303 

Pb�ch� la legislaziOne statale rende possibile la utilizzazione delle 
strutture delle U.S.L. da parte delle Universit� per esigenze di ricerca 
�e di insegnamento, si deve ri�onoscere alla Regione� la competenza ad 
aumentare gli organici del personale di dette $trutture, ancorch� al fine 
della� messa a disposizione delle --Universit�. 

L'art/47 della tegg'e n. 833 del 1978 rip�rtisce la competenza legislativa 
tra Stato e Regioni d�m�ndando a queste ultime soltanto una competenza 
di attuazione ai sensi dell'art. 117 ultimo comma Cost. Questa 
regola di riparto opera anche nei confronti della Regione Sicilia, ancorch� 
lo Statuto di. esso non preveda espressamente una competenza legislativa 
d� attuazione (2), 

Con ricorso r�golarmente notificato e depositato il Commissario 
dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato distinte qu�stioni di 
legittimit� costituzionale nei confronti della legge regionale, apptovata 
dall'Assemb�ea siciliana il 23 dicembre 1992, dal titol� �Norme integrative 
d�lla legge regionale 27 maggio 1987, concernente nuove norme in 
materia di personale e di organizzazione dei servizi delle Unit� sanitarie 
locali � norme in materia di personale dell'Istituto materno infantile 
del policlinico dell'Univetsit� di Palermo�. Secondo il ricorrente, tale 
legge, nei suoi singoli articoli, si porrebbe in contrasto con gli artt; 3, 

regionali solo concorrenti -si in~eris~ono disposizioni di qualificl!lzione della 
legge come. � di principio � o � di riforma economico-sociale�. 

Cos�, ad esempio, l'art. 20 del decreto legislativo 7 dicembre 1993 n. 517 
e l'art. 12 cott.inla 9 (secondo periodo) della legge 24 dicembre 1993 n. 537 
recano una (identica e quindi duplicata) disposizione palesemente erronea 
rispetto ai parametri statutari. 

Per la materia � igiene sanit��, tutte le Regioni a statuto speciale e le 
Province di Trento e cli Bolzano hanno solo una competenza concorrente 
(art. 9 n. 10 dello Statuto Trentino-Alto Adige, art. 4 lett. i dello Statuto 
Sardegna, art. 17 lett. b Statuto Sicilia, art. 5 n. 16 Statuto Friuli Venezia Giulia, 
e art. 3 lett. e Statuto Valle d'Aosta). Dunque, i predetti enti ad autonomia 
differenziata in realt� non si differenziano dalle Regioni_ a .statuto -ordinario 
per quanto attiene. alla materia � sanit� �. 

D'altro canto, parte degli articoli _richiamati nel comma 2 dell'art. 19 del 
d.lgs. n. 502 del 1992, come era sostituito, concernono argomenti che sembrano 
non di competenza regionale; ci� vale palesemente per l'arL l, commi 1 e 4, 
per l'art. 11, per l'art. 12 e per l'art; 17 del d.lgs. 30 dic;embre 1992 n. 502, 
come modificato dal d.lgs. 7 dicembre 1993 n. 517, e pu� valere anche peX: 
altre delle disposizioni ivi richiamate. N� pu� reputarsi che il predetto comma 
2 (o l'art. 12 comma 9 pure citato) abbiano m�dificato gli Statuti speciali, 
abbiamo promosso a primaria un competenza concorrente, o addirittura inte: 
gr�tiva, ed .abbiano trasferito implicitamente competeI;lZe statali � agli enti 
ad autonoi;nie differenziate e solo ad essi. D'altro canto, il testo originario 
dell'art. 19 citato lasciava indeterminato ed oscuro l'effettivo signific�to delle 
parole � provvedono ai sensi degli Statuti di autonomia e delle relative norme 
di attuazione�. 



304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

51, 81, quarto comma, 97, primo e terzo comma, della Costituzione, nonch� 
con l'art. 1.7 dello Statuto speciale per la regione siciliana,. che 
conferisce a quest'ultima competenze di tipo concorrente in materia 
di �igiene e sanit� pubblica� (lettera b), di �assistenza sanitaria� (lettera 
e) e di �istruzione media e universitaria� (lettera d) e, in particolare, 
con i principi fondamentali stabiliti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 
1978, n. 833 (istituzione del servizio sanitario nazionale), dall'art. 
12. del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale 
delle unit� sanitarie locali) e dall'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, 

n. 56 (nonne sull'9rganizzazione del mercato del lavoro). 
Non fondata � la questione di legittimit� costituzionale che il Commissario 
dello Stato ha sollevato nei confronti dell'art. l, primo comma, 
della legge impugnata per violazione del �. principio del buon andamento. 
della pubblica amministrazione stabilito dall'art. 97 della Costituzione. 


L'art. l, primo comma, della legge regionale contestata stabilisce 
che, .al fine di � soddisfare le esigenze delle strutture e unit� operative 
del policlinico dell'Universit� degli studi di Palermo�, il contingente 
aggiuntivo di medici e di biologi, istituito nell'ambito del ruolo unico 
del servizio sanitario regionale dalla legge della Regione siciliana n. 32 
del .. 1987, va integrato con 206 unit� di personale appartt:mente all'area 

Ifunzionale socio-sanitaria. Secondo il ricorrente Commissario dello Stato, ~ 
tale incremento si porrebbe in contrasto con le esigenze del buon anda


I 

mento dell'amministrazione pubblica, sia perch� sarebbe dettato da mo


I ~ 

tivi di carattere meramente occupazionale anzich� da ragioni attinenti 
al funzionamento delle strutture universitarie, sia perch� comporterebbe 
un aumento di spesa pubblica in presenza di una congiuntura economicofinanziaria 
che richiede, invece, il contenimento delle erogazioni di denaro 
pubblico. Contro le ricordate censure la Regione siciliana ha, 

i

innanzitutto, eccepito l'inammissibilit� del ricorso, trattandosi di osservazioni 
attinenti al merito delle scelte politiche proprie . del legislatore 
e, in secondo luogo, ha argomentato per l'infondatezza delle censure 
stesse, ritenendo eh.e l'incremento di personale disposto sia coerente 
tanto con il programma di ristrutturazione iniziato con� la precedente 
legge n. 32 del 1987, quanto con le esigenze di funzionalit� manifestate 
dal Ministro dell'universit� e della ricerca scientifica con specifico riferimento 
al numero dei dipendenti del policlinico dell'Universit� di Palermo. 


L'eccezione d'inammissibilit� formulata dalla Regione siciliana non 
pu� essere condivisa, poich� il riferimento operato dal ricorrente alle 
finalit� sociali della legge contestata e al quadro di politica economica 
nel quale s'inserisce la legge medesima � indubbiamente funzionale al 
tentativo di dimos_trare l'asserita violazione del principio del buon andamento 
e, in particolare, la pretesa arbitrariet� o irragionevolezza della 

J 
, 

PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

scelta effett\lat{l 4111 legislatore regionale in vista del persegubnento di 
obiettivi di efficienza e di razionalit� operativa. Quel riferimento, in altri 
t<1rJJ1ini, .. � necessario al fine . di. mettere in luce l'esistenza di e:ventuaH 
siJ;:tton;� di irragionevolezza. delll!l. .. c:lisposizione contestata; a,. Jn. effetti, 
corrisponde al consolidato orientamento di questa, Corte.; :rjte:i;iere . che, 
al. fine c:li accertl:J.re J'aase:dta violazione del principjq del bu~:>n andan:
le)lt.o. cl.ella. �� J?1lbbli�1;1; amm~:ni~trazio.e�� (art. 91 �:della ,�q5tituzione ), �� oc� 
cor::re 4im9strare la patese arbit:rariet� <> la i:.anijesta irragionevolezza 
della disposizione �contestata.� in .. r!i)lazione � al r:i.spetto del valore .. dell'efficfenza 
<lell'az�on,e ammjt;tistrativa (v.) da ultimo., la 1>.e:1:iJwJ1. 250 del 

1:9~3). 

$otto quesfultimo: prQfilo; non� pu� essere.� accolta la prospettazione 
del Commissario dello : Stato relativa alla pretesa yiolazione dell'art. 97 
della Costituzi-0ne, poi�M 111 clisposizione contestata; no11 ris.lta manifestamente 
irragionevoie.; un11 .volta che si� con$ideri che,.� avenclo � istit.ito 
la .prece4ente legge,. regionaie n. 32 del 1~81 .n,. con,1ingente aggiuntivo 
di 2SQ unit�, composttj c:la 244 medici e da, 6 biqlog~, non pu� ritenersi 
arbitrario un. ampli11ment9 <iella pianta organica. <;qn ulteripri � 206.� unit�, 
c()mposto da, dipendenti <lestinati a f\lpgere da . collab.qratori del predetto 
personale medico presso il medesimo policlinico. 

N� pu� validamente 'a:t:goment;arsi in contrario sulla base di una 
pretesa effettiva finalit� Gl.ella Jegge v�lta a sQddisfare esigenze diverse 
da ql;lelle dell'efficienza .del servizio puhb}ico erogato, poich�, considerato 
che lo stesso art. 1, primo comma, c:lell11 legge . impugnata pqne � espres� 
samente,a base d,ella legge med,esima l'es,igenza cli :;tssicurare �un miglior 
funzionamento delle str:utturE) del policlinico dell'Universit� di Palermo 

e. c�nsiderato cll.e lo stesso Ministro responsabile per il l::>u,on an4arnento 
degli uffici e degli . istituti.� universitari . ammette . implicitamente: l'insufficienza 
della pianta organica del predetto policli.ico, l'eventuale con� 
trasto con le finalit� esplicitamente addotte .dal � legisl11tore e, in tal caso 
l'eventuale illegittimit� dL quelle effettivamente. perseguite, debbono 
avere a proprio fonc\amento dati certi e inequivoca,pili, cll.e in ipotesi non 
� dato riscontrare. 
Del pari non fondata � la questione che il ricwrente ha sollevato 
nei '.confronti dell'�rt.. 3, primo comma, della legge. regionale contestata;. 
per�violazione de��principi �foildamentali.pre.visti� dall'art..17 dello 
Statuto speciale per la Regione siciliana come limite all'esercizio della 
competenza legislativa di tipo concorrente. 

L'articolO. impugnato stabilisce che � al fine di garantire la continuazione 
della gestione sanitaria, e .tecnica e.. amministrativa dell'istituto 
materno infantile del poli:clinico dell'universit� degli studi di Palermo, 
il contingente di cui all'art. 1 � altres� incrementato di n. 39 unit�, di 
cui 16 medici specialisti, 13 biologi e 10 teunici-amministtativi �. Secondo 
il Commissario dello Stato, tale disposizione risulterebbe contrastante 


306 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

con i princ1p1 informatori deducibili dall'art. 39 della legge n. 833 del 
1978, � quali presuppongono che alle regioni � affidata la disciplina del� 
l'assistenza sanitaria, e non gi� della ricerca, mentre l'istituto beneficiari� 
dell'incremento di personale contestato opererebbe nel campo del" 
l� ricerca scientifica. 

I rilievi di" legittimit� costituzionale sollevati dal Commissario dello 
Stato non� possono �essere condivisi, considerato che l'ampliamento della 
pianta ;organica in contestazione � espressamente finalizzato dalla 
disposizione impugnata alla garanzia della � continuazione della gestione 
sanitarla, �tecnica e amministrativa � di un istituto che, proprio al fine 
anzidetto, risulta convenzionato con la Regione siciliana ai sensi dell'art. 
l della legge regionale 27 luglio 1988, n. 12, articolo adottato in 
attuazione dell'art. 39 della legge n. 833 del 1978. A parte i dubbi che 
si potrebbero nutrire sull'attuale vigenza dell'art. 39, appena citato, in 
presenza dell'art. 6 del� decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, � 
certo che tanto l'Uno quanto l'altro sistema legislativo mirano a stabilire 
strumenti di raccordo fra le universit� statali e le regioni al fine 
di coordinare' le rispettiVe funzioni istituzionali (ri�erca scientifica assistenza 
sanitaria). E se; in virt� di tali mezzi di raccordo, si deve 
render possibile l'utilizzai;ione delle strutture delle unit� sanitarie lo� 
cali da parte degli istituti univers�tari per esigenze di ricerca e di insegnamento, 
�no stesso modo dev'esser garantito l'apporto alle attivit� 
assistenziali dei predetti istituti in vista della realizzazione degli obiettivi 
della programma.Zfone sanitaria regionale. 

E' nell'ambito di quest'ultimo principio che si colloca, senza contraddirfo, 
la disposizione contestata. Nel provvedere a un aumento di 
personale di un'unit� Sanitaria locale al fine di metterlo a disposizione 
di un istituto universitario che collabora all'erogazione delle attivit� 
assistenziali di co�npeten:la regionale, l'art. 3, primo �::omtna, della legge 
impugnata non lede alcuno dei principi fondamentali posti dalle norme 
statali invocate, considerato che non pu� negarsi la competenza della 
Regione siciliana a porre in essere una disciplina sull'organico di personale 
che, bench� messo a disposizione di istituti universitari, � adibito 
a compiti di assistenza sanitaria. 

Meritano, invece, l'accoglimento le censure che il Commissario dello 
Stato ha sollevato nei confronti dell'art. 2 e dell'art. 3, secondo comma, 
della legge contestata. 

L'art. 2 prevede che � in sede di prima applicazione della presente 
legge, alla: copertura dei posti di cui all'art. 1, l'unit� sanitaria locale 

n. 58 di Palermo proceder� mediante utilizzo della graduatoria degli 
idonei' del concorso pubblico per esami a posti di agente socio-sanitario 
indetto dall'Universit� degli studi di Pal�rmo con decreto rettoriale del 
22 ottobre 1986, n. 90 e successive modificazioni�. L'art. 3, secondo 
comma, della stessa legge stabilisce che � in sede di. prima applicazione 

�O'Z 

zfonahuente �ltegitfi�Xlo poich�> si pone in dihett� ~oiltt~st~ con l'art. 16 

:f~e~~~ti~~ ff:Z1�:lc;:~:z~~~~~:ii~~6::t~~=~~:f;~fe:~; ;!e!!~~.a.:~ 


PJ:'imo <:!t:imn;ia; l'utilizzazione delle liste dj collocarri:ento< aifini� della se� 
J~iiQn� CJel p�ts6riale d� asswn�re>n�i posti per la cui copertura non 
~ �'icillesto un tlfolb dL stu~p. ~perlore a� quello . (Jella scuobt dell'obbligo
�.� (v., .�. ancora~�s�l1t.��n.�� 484��de1.�..1991); .Del���resto, rton��.���in,utlle.�. ricordare 

�.��he;'�al:�'di��l��ᥥgeno� s},1�cifii:lo.� tiit:itivtf�� d'illegittimit�� ora��.i11ustrato;�.�costi� 
t.:isce t;l.11 ptj.�.ipfo/d�l p�hblico impiegq iL�divietp di utiliizare � fa graduat�ria 
cU idonei .��di�� un>precedente . concorso in relazione a posti isti� 
tuiti. '�()�.. tt:asforll1Mi a,uc�essiv<lment~ ;;\ll'aPpJ:'~vazion~ dt::lla� gta<Juatoria 
rnedesil11a,poieh�,.se cos��.11or(fc>sse, la� selezione. per nuovi: posti non 
avrebbe ;pi�, l:cEsostanza~�� un�:carilttere cohcorsuaie; ma�a�quisterebbe 
r tratti di.� un'assunzione '. ad'pers6ni).m;. 

A.ila stesso modo, deve considerarsi �ostituzionalmente illegittimo 
anche>l'art: 3i secondo comma; della legge impugnata/ il� quale� autoriz~ 
za;'corrie 's'� gi� 'precisato, il b�hdodi�un con�orso riservato ai c;d; trien� 
nalisti per/la prima applicazione della medesima. 'legge .. Questa disposizione, 
infatti; si pciile 'iri diretto contrasto..con l'art; 47,. �quarto comma, 

n. 4;:'della legge: n; 833<del 1978, che, nel d�legare: aLGoverno l'esercizio 
della: funzione Iegislativ� ai: sensi dell'art< 76 deUai' Costituzione, : stabi~ 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

308 

lisce il principio del. concorso pubblico: principio che pu�, certo, essere 
derogato da norme di legge statale (come �, infatti, avvenuto con la 
legge 20 maggio 1985, n;.: 207), ma che non pu� subire eccezione da leggi 
regionali adottate in sede di attuazione-integrazione. (omissis) 

CORT~. CQSTITUZIQNALE, .sent. 4 giugno 1993, n. 267 -Pres. Casavola � 
Red. Baldassarre -Regione Piemonte (avv. Romanelli) c. Presidente 
Q.el Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta). 

R,egioni .. 1(a .. Statuto . oi;dinario) ~ Regione Plemonte -Sanit� � Trapianti 
� � d'organo e coordinainento dei prelievi multi-organici a fini di trapianto 
-Iris�riin�rito tra le attivit� di alta specialit� -Decreto del 

Ministr� della sanit� -Non invade la competenza regionale. 

Regf�ni (a Statuto ordinado) -Regione Piemonte � Sanit� � Strutture di 

alta specialit� " Definizione della dotazione obbligatoria e funzioni 

..er<>gabili -:Decreto. del . l\llinistro della . sanit� . � �Non invade la compe


tenza regionale. 

Sp�tta allo Stato �l potere di includere con decreto del Ministro della 
sanit& i trapianti d'organo, incluso il coordinamento dei prelievi mul'
tiorganici ai fini. trapianto;. fra le attivit� considerate di alta specialit� 

Spetta allo Stato 'il potere di individuare con decr�to del Ministro 
della sanit� la dotazione obbligatoria e le funzioni erogabili dalle strutt~
re di �lta �sp�datit�. � 

La' Regione Pienfoi:lte ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti 
�dello Stato in relazione. al decreto del Ministro della sanit� 29 gennaio 
1992 (elenco delle alte specialit� e fissazione dei requisiti necessari 
alle strutture sanitarie �per l'esercizio delle attivit� di alta specialit�); 
deducendo che gli artt. 1 e 5 e gli allegati A e B contenuti nello 
stesso decreto� sono lesivi delle competenze attribuite alla regione in 
materia di assistenza sanitaria dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, 
come attuati dalla legge 2 dicembre 1975; Il� 644 (Disciplina dei prelievi 
di parti di cadavere �a scopo di trapianto terapeutico e norme shl prelievo 
dell'ipofisi da cadavere a scop� di produzione di estratti ad uso 
terapeutico). 

� In particolare, la ricorrente contesta: a) l'art. 1, n. 7, che, nell'in


dividuare le attivit� di �alta specialit��, vi ricomprende anche !'atti~ 

vita di trapianto di �organo, incluso � � il coordinamento interregionale 

dei prelievi multiorgano a fini di trapianto >r; b) l'art. 5, n. 8, che, nel


l'individuare le strutture di (< alta specialit� � e i relativi bacini �di uten


za, ricomprende tra le prime anche il � coordinamento interregionale 

trapianti ,~, rinviando la determinazione del bacino di utenza a un suc


cessivo decreto attuativo della legge 13 luglio 1990, n. 198; c) le dispo


s�zib:tti, cori.tenute� al punto 8 � degli allegati �A" e � B �, concernenti, 



PARTE I;..SE:Z. :i;,� GlURISPRUD!lNZA .COSTIIUZIONALB 

rispett~vamentei .ma sellll?re�� con . riferimento ��al� cpord�natnento inter, 
r(lgionalf:l. dei trnpianti d'organo�, sia la detf:lrminazione della � dotazio, 
ne Qbbligatoria >di se;ntizi e � f\ul;zjpni �.. erogabili dalle . strutture ..di alta 
spedalit�, .e.� atthrit� affini. e colpplementari ad.�� esse� �bbligatoriamente 
<::()llegatr �, .. sia li;\ . definizione �lel~ $ 4otazi\Jne . e . spt:c;inc~e partioolari 

�aggil111tiV:e risp�ttq a qutille�diJ>ase �{ei servizLanaloghl, . inere�lti i .posti 
l!:ltt1:>; Je tecn<:>J<:>git: e le attrezzat\lre delfo . strutture.�. db 1,1lta specialit� �. 
Ilric(>rso .n.0,n pu� essere accolto � 

. � l prpfili di lesivit� delle proprie competem;e prospettatt �lalla ricorrentlili 
mu<>vono�.�dalla considerazfone� che, avendo��la� legge ~� 644�del 
197$ atm'bul.to �al!e regic::miv la . potest� ��� di .� individuare i centri. regionali 
e .interrf:lgionali di riferimento per i trapianti di organo, con:tra$tereb'be 
i::on�. tale assegnazione di competenza un .intervento dello.� Stato, come 
quello previsto daldecteto impugnato, v�lto �a discipllm�'e i . .centri s<>pra 
indfoati, SlffattOi �ssunto non pu<) .e~sel� co;n:di:viso. �. � .� 

Ouesta Corte Cv. sentenze ;nn;. 461��e�.. 55Q d�l � 1990) ha gi�.� affermato 
che nella materi;it esaminata la legge n� 644 del 1975 (art 13) ha affidato 
�ll~.�regioni. sia le oompe:tenze... relative alla promozione della costituzione 
dei centri regionali �o interregionali�. di riferimento, aventi .. il compito 
di individ�are i .soggettLidonei a ricevere l'organo da trapiantare e di 
effettuare le.� operazioni e gli accertamenti necessari per il compimento 
del trapianto/ sia .i poteri concernenti le attivit� operative diorganizzazion� 
e di er<>gazione dei relativi servizi. N� l'una, n� l'altra attribuzione 
risultano incise dal decreto ministeriale:impugn�to> poich� quest'Ultimo, 
� ancorch� con effica�ia � per ora � Umitat� ai soli trapianti renali
�. (art, 7; primo�.comma;� seconda� parte}, provvede, in puntuale attuazione 
dell'art. 5;>secondo e terzo comma, della legge .23 ottobre 1985, 

n: 595; per un verso, a includere nelle � alte specialit� � i trapianti di 
organo e a� ricomprendere nella relativa disciplina il coo:t'd:i;namento interregionale
�� dei .�prelievi multiotgano �. aJ. .. fini.� del trapianto .e, .Per��altro 
verso; si� limita a individuare . la/dotazi.one.. obbligatoria delle�� strutture 
di � alta specialit� w, 
Pi� in particolare, per quel che concerne il primo dei profili appena 
detti, occorreosservar.e che gli artt.l, n. 7, e 5, n'. 8,del decreto 
inipuJt#ato.. non comportarlo akun& �. l�siOn� �.delle c()mpetel1ze regionali 
attfoenti alla ptortx�zicine ~�11a� �ostituiiorte defc�ntd T�gionali .o interregionali 
� . alle cons�guei�i :furizioni � otgallizzat�v� . e operative, dal. momento 
.che l'inclusione in via :genetalizzatadi questi ultimi tra le strutture 
cii �alta �specialit� � non <p�� 'rlguarc!ar� in cpn�refo altfo Ch� i 
centri costi.tu:lti �su � illiziativa � del�e regiqni, . a(sens.t <:le.I ric()rd~tq ~rt. 13 
della legge n. 644 del 1975. Quest'ultimo articolo, infatti, deviesser � coordinato 
con il gi� citato art. 5 della legge n. 595 del 1985, che affida al 
Ministro della sanit� il compito di definire, con proprio decreto; l'elenco 
delle ���alte specialit��, vale a dire l'elenco di quelle attivit� di diagnosi, 


310 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO� 

di cura �e di riabilitazione che richiedono particolare impegno di qualificazione, 
di mezzi, di attrezzature e di personale specificamente for" 
mato. E non v'� dubbio che il trapianto di organi presenta tutte le caratteristiche 
che l'articolo di legge appena citato richiede per l'attribu


I 

zione 'della qualifica di � alta specialit� �. 

Ariche per quel che concerne il profilo relativo alla definizione della 
dbt�zione obbligatoria delle strutture di �alta specialit��, il decreto 
impugnato costituisce puntuale attuazione dell'art. 5 della legge n. 595 
del 1985, Tale articolo, infatt�, attribuisce al Ministro della sanit� (comma 
i:erz�) il potere di fissare con proprio decreto: a) i requisiti minimi di 
personale,: di attrezzature e di posti letto che le singole strutture, predisposte 
per l'esercizio delle attivit� di �alta specialit��, debbono obblig�tori�mente 
possedere; b) i collegamenti necessari con le attivit� 
specialistiche' affini o� complementari, che debbono esistere nella medesima 
struttura o nel pr�sidio nel quale si trova inserita 1'� alta specialit�
� c) fo caratteristiche di professfonalit� richieste per il personale. Ebbene, 
�gli allegati �A� e � B �, annessi al decreto impugnato, disciplinano 
proprio gli oggetti indicati: il primo, infatti, individua le funzioni 
e le attivit� collegate ali'� alta specialit�� concernente il � coordinamento 
interregi�nal� trapianto di organo�; il secondo, invece, definisce la 
�dotazione e.'�specifiche particolari aggiuntive rispetto a quelle di base 

Idei servizi' analoghi, inerenti i posti letto, le tecnologie e le attrezzature 
del1e struttur� 'di alta specialit��, reiative al �coordinamento interre


I

gionale trapianti �d'organo �. � 

in definitfoa, poich� le disposizioni del decreto ministeriale oggetto 
di censura costituiscono puntuale attuazione dell'art. 5 della legge n. 595 
del 1985 -articolo che, secondo la sentenza n. 294 del 1986 di questa 

I Corte, contiene fo norme sul coordinamento del servizio sanitario dirette 
((ad assicurare l'eguale fruizione di date prestazioni sanitarie (quelle 
�ppunto di alta specialit�) da parte di tutti i cittadini� -non si pu� 
nutrire alcun fondato dubbio sulla spettanza allo Stato, e per esso al 
Ministro della sanit�, delle attribuzioni in contestazione. 

CORTE COSTITUZIONALE, sent. 4 giugno. 1993, n. 268 � Pres. Casavola -
Red. Mirahelli � Fondo pensioni del personale di ruolo della. S.I.A.E. � 
Societ� Italiana Aut0ri ed Editori (avv. De Cesaris) e Albanese. 

Locazione � Mutamento dell.a destinazione d'uso � Azione di risoluzione ex 

art. 80 legge 27 luglio 1978 n. 392 � Termine trimestrale. di decadenza � 

Sospensione feriale -Applicabilit�. 

(Co.st., art. 24; legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 80). 

Il termine di decadenza di tre mesi dalla conoscenza da parte del 
locatore del mutamento di destinazione d'uso dell'immobile locato ope




311 

rata. dal�� ao~ctuttor�, pr~visto dall'ai'.t. 80. della.� legge 27 Jugtio 1978 n. 392, 
aS.�ggtttti:J '411'.'� sospensi<Jti.e feriale dei termini .di cui all'art �. 1 della legge 
l ottobt8: 1969 m 74Z, trattandosi dell'unico.strumento giuridico��a dispo� 
~Izione if,~i�Jqcqtare per ichiedere la .. risoluzion~ del�contratto.. (1): 

����� 
l~�z~;:~:~:;i=;~r~~d~
lo�atorei che chiede fa ris9Iuzione .. del contratto, quando il conduttore 
����a(:Ubi$~ l'itnrildbile ad 1.l.11 uso diverso d� quelfo�pattuifo/La brevit� .del 

!~TJ:~ ~e1f1~~i;r~~t~?d!:!3:~1aa~6~~~~~!a:!~::1~~a~::!~oa�ii1ae::~ 


cqesistente n~�9r~ sostanziale e processuale, sono stafo �cc�lte questioni 

~:11~~+=~ira~~?:1E,;:~'S


giudiziale. Difatti questa Corte ha affermato che lede il diritto di agire 
in giu,dizio1 perJi:i, tutela 4~lle proptie ragioni,. escludere la sospensione 

(1). An�ota una �volta la<Corte Costituzionale si occupa delJ::art. 1 della 
leg~e>1�ottobre�1969 n. 742 (sulla sospensione fei;iate ~ei .�termini �.processuali), 
che �non prevede espressamente . .anche la sospensione.� dei . termini per agil'e � jn 
gittdizio che � $iano stabiliti;. a/pena di . decadenza; da disposizioni. di carattere 
sostanziale. Non mancano precedenti in argomento. Si vedano: Corte. Co!�t. 
sent�� 13 febbraio 1985 n' 40 (in Faro n, �1988~ : k 2473) la quale ba. c.tichiarli\to 
l'illegittimit� costituzionale ��. d�ll'ad; 1 della legge 742 del<!969 cit;; nella parte 
in cui non dispone: c~e": la �9sl1ensione dei.� termini processuali.� nel p:erioclo 
ferfaie si applichi. anclte �ate termine: per l'opposizione .alla stima della inden� 
nit� � di esproprio di�. cui all'art. 51, 1� e 2� . comma .legge 25 �gjugp.o 1865 
n~ 2359; Cdrte Cost;�.13 luglio 1987 n. 255 �(in . Faro. It., .. 1987, J; '.2271) la quale, 
sempre in materia di espropriazioni, ha ritenuto l'illegittimit� costituzionale 
della� disposi:iione :Suddetta� laddove non prevede� che� Ja sospensione feriale si 
applichi ��anche' al':ternnne per l'opposizione alla stima 'della lndennit� �di 
espropriazione di cui �ll'art. 19;� .comma 1�, legge 22 �.ottobre 1971 n. 865, nel 
testo sostituito d�ll'art� 14 legge 28 gennaio 1977 n. JO; Corte .Cost., sent. 2. feb� 
braio 1990 n. 49 (in Fora lt., 1990, I, 2383). la quale, ha .dichiarato l'illegitti� 
Iilit� costittlzionale � del pi� volte citato art. 1, nella parte in cui non dispone 



312 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

del decorso dei termini nel periodo feriale, prevista in via� generale, nei 
casi in cui la possibilit� di agire in giudizio costituisca, per il �titolare 
del diritto, l'unico rimedio per fare valere il diritto stesso in� un ristretto 
termine fissato dalla legge (sent. n. 380 del 1992; n. 49 del� 1990; n. 255 
del 1987; n. 40 del 1985). 

L'illegittimit� costituzionale � stata dunque dichiarata solo quando 
il te;rmine di decadenza, che presentava le caratter~stic}le sopra descritte, 
non era stato considerato soggetto, quanto alla sospensione feriale, alla 
disciplina . dei termini processuali. 

L'enunciazic:>ne di questi principi ha concorso a determinare una 
complessiva rimeditazione interpretativa da parte della giurisprudenza 
ordinaria, che ha seguito anche le sollecitazioni di . parte della dottrina. 
Si � cos� pervenuti ad una ricostruzione della portata normativa dell'art. 
1 della legge n. 742 del 1969, tale da superare l'esigenza di ulteriori 
pronunce ...di .illegittimit�. costituzionale, dirette ad inserire via via 
altre singole fattispecie nel contesto della stessa disposizione. �I pi� 
recenti orientamenti della giurisprudenza ordinaria muovono in una 
prospettiva interpretativa, in precedenza seguita dalla sola giurisprudenza 
amministrativa, secondo la qu.ale la locuzione � termini processuali
�, ai fini della sospensione nel periodo feriale, comprende anche 
i brevi termini di decadenza fissati per la proposizione dell'atto introduttivo 
del giudizio. 

Si deve pertanto constatare come sia divenuta dominante, anche 
nella . giurisprudenza relativa al processo civile, una lettura della disposizione 
sottoposta al vaglio di legittimit� costituzionale che offre una 

che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine di 30 giorni di 
cui all'art. 1137 cod. civ. per l'impugnativa delle delibere dell'assemblea 
condominiale. 

Con riferimento al caso di specie, va ricordato che lo stesso art. 80 legge 
27 luglio 1978 n. 392, che nella sua originaria formulazione sottoponeva 
l'azione di risoluzione del contratto di locazione per mutamento di destinazione 
d'uso dell'immobile al termine decadenziale di tre mesi dalla sua conoscenza 
da parte del locatore, ovvero un anno dal mutamento medesimo, era 
gi� stato censurato dalla Corte Costituzionale. Questa, infatti, ton la sentenza 
18 febbraio 1988 n. 185 (in Foro It., 1988, I, 1739) aveva affermato l'illegittimit� 
�della norma per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui disponeva 
che la decadenza dall'azione avvenisse �comunque entro un anno dal 
mutamento di destinazione �, ritenendo che siffatta previsione impedisse un 
esercizio effettivo della tutela del locatore contro gli abusi posti in essere 
dal conduttore. 

Nella sentenza in esame la Corte Costituzionale � partita dal presupposto 

che la lettura� dell'art. � 1 anzidetto, quale emerge dall'indirizzo giurisprudenziale 
sopra riportato, costituisca ormai � diritto vivente �, .e pertanto, contrariamente 
ai precedenti citati, ha, con sentenza interpretativa, dichiarato la 
infondatezza della questione sottoposta al suo esame. 

(V. Russo) 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 313 

pm ampia e comprensiva nozione di termine processuale, tale da non 
limitarne la portata nell'ambito del compimento degli atti successivi 
all'introduzione del processo, ma idonea invece a comprendere il ristretto 
termine iniziale entro il quale il processo deve essere introdotto, quando 
ia proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela 
del diritto che si assume leso. 

Questa nuova. lettura della disposizione ha portato la Corte �di cassazione 
ad affermare che � soggetto alla sospensione nel periodo feriale 
il termine di trenta giorni previsto dall'art. 2527 del codice civile, a 
pena di decadenza e senza rimedio alternativo, per l'impugnazione giudiziale 
della delibera di esclusione del socio dalla cooperativa. 

Si �, quindi, in presenza di una ricostruzione del sistema normativo 
che adegua la lettura della disposizione denunciata al principio costituzionale 
di garanzia del diritto di agire in giudizio. Ne risulta una 
interpretazione del tutto appropriata anche al termine di tre mesi previsto 
dall'art. 80 della legge n. 392 del 1978 per la domanda giudiziale 
che il locatore pu� proporre come unico strumento per chiedere, . evitando 
la decadenza, la dsoluzione del contratto, quando il conduttore 
abbia adibito l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito. 

La corretta interpretazione della disposizione denunciata, nei sensi 
sopra indicati, consente di ritenere non fondata la questione di legittimit� 
costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione. 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 giugno 1993, n. 269 -Pres. Casavola -Red, 
Pescatore � Pozzoli e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
Ferri). 

Bellezze naturali -Protezione � Vincolo paesistico ed ambientale � Opere 
eseguite in zona vincolata -Sopravvenienza di autorizzazione paesistica 
e di concessione edilizia in sanatoria � Applicabilit� delle sanzioni 
� Legittimit� costituzionale. 
Cost., art. 3; legge 27 febbraio 1985 n. 47, art. 20; legge 8 agosto 1985 n. 431, .art. 1 sexies). 

E infondata la questione di legittimit� costituziOnale dell'art. 1 sexies 
aggiunto al decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 dalla legge 8 agosto 
1985 n. 431, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, laddove detta 
disposizione punisce anche gli interventi per i quali siano sopravvenute 
autorizzazione paesistica e concessione edilizia in sanatoria. (1) 

(1) Chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla legittimit� costituzionale 
dell'art. 1-sexies della legge 8 agosto 1985 n. 431, la Corte conferma l'orientamento 
gi� espresso con l'ordinanza 27 novembre 1991 n. 431 (in Foro It., 1992, 
I, 298) e con la sentenza 24 febbraio 1992 n. 67 (in Foro It., 1992, I, 2061), nel 

314 . RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 
L'art. 1-sexies aggiunto al d.r. 27 giugno 1985, n. 312 della 1egge di 
conversione 8 agosto 1985, n. 431 viene impugnato per violazione del~ 
l'art. 3 della Costituzione, sotto il� profilo della irragionevolezza, con 
riguardo al trattamento punitivo che deriva dal rinvio� fatto. dalla norma 
alle sanzioni previste dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. 

Per effetto di tale disciplina, si osserva, viene punito con severe 
sanzioni �nche il fatto che non lede pi� alcun interesse sostanziale, per 
essere intervenuta l'autorizzazione paesistica. 

In secondo luogo, mentre per le violazioni edilizie di cui all'art. 20, 
lett; �), della legge n. 47 del 1985 la concessione in sanatoria estingue 
il reato, ci�� non �� previsto per la violazione dell'art. 1-sexies. 

In �relazione ad entrambi i profili considerati la questione va dichiarata 
infondata. 

Con riguardo alla censura relativa al sussistere del reato, pur in 
presenza dell'autorizzazione in sanatoria successivamente concessa, va 
richiamato quanto si � gi� statuito con sentenza n. 67 del 1992. 

La Corte ha infatti affermato che la legge ha introdotto vincoli 
paesaggistici generalizzati, la cui ratio sta nella valutazione che l'integrit� 
ambientale � �un bene unitario, il quale pu� risultare compromesso 
anche d� interventi minori. � Non pu� quindi ritenersi irrazionale 
-statuiste la sentenza -che vengano sottoposte a sanzione penale 
tutte le modifiche e alterazioni attuate mediante opere non autorizzate, 
indipendentemente dalla presenza e dalla entit� di un danno 
paesistico concretamente sussistente nel caso specifico. Infatti, come 
viene affermato dalla giurisprudenza ordinaria di legittimit�, il reato 
previsto dall'art. 1-sexies ha carattere formale e di pericolo, proprio 
perch� il vincolo posto su certe parti del territorio nazional~ ha una 
funzione prodromica al suo governo �. 

Tali valutazioni, che hanno indotto alla dichiarazione di infondatezza 
della questione relativa alla applicabilit� delle sanzioni al compimento 
di qualsiasi opera non autorizzata in area sottoposta a vincolo, 
giustificano altres� la dichiarazione di infondatezza della questione relativa 
alla sottoposizione a sanzione penale di opere non autorizzate al 
tempo dell'esecuzione, pur se successivamente autorizzate in sanatoria. 

Il pretore di Sondrio trae ulteriore motivo di irragionevolezza della 
norma imp'Ugriata' dal raffronto con .la �disciplina prevista dall'art. 20 
della legge 28 febbr:,iio 1985, n. 47, per le violazioni alle norme edilizie. 

senso della legittimit� della norma nonostante la previsione di una identica 
sanzione penale per condotte di diversa gravit�, ci� giustificandosi in relazione 
alla rilevanza sociale �del bene-ambiente, ed all'esigenza di pres�ervarlo da 
danni irreparabili. Da ultimo, Corte Cost., 29 marzo 1993 n. 121, in questa 
Rassegna, 1993, I, 29. 

(V.R.). 



PARTE I, SEZ, 1, GIURISPRUDENZA COSTITVZIONALE 315 

.. Rileva . irtfatti �.che in relazi�nli( a queste ultime . vi-0lazioni la suc�es-' 
$iva cort�essione � in �sanatoria estingue il reato, mentre ci� non � previsto 
per Je 'opere eseguite in violazi�ne dei vincoli paesaggistici; � 

~er contro; la diversit� di scopi, di presupposti e. di oggetto dei 
due '�0mp!essi��� normatlvi non consente� di. porre utilmente a�� raffront�. 
singole pt:evls�oni �contenute negli stessi. Tanto pi� che, come si � �. gi� 
affe:rma~o l)roptfo con ;riferimento all'art. 1-sexies (sent~nza n. 122 del 
1993Ji l'ai:::oenfoata severit� di trattamento che pu� ris�ltare daIIa norma 
,ftrova gillstificaziorie nella ent�t� social� dei beni protetti e nel carat~ 
iere gen�rale, ini:tnedfato: e intef'inale della tutel� �he la legge ha inteso 
appt:estare; dif~nte alla urgente nece$$it� di comprimere comportamenti 
tali dapr�dm:re �all'integrit� ambientale danni gravi e talvolta irreparabiliȥ 

< La gi� "richiamata sentenza n. 122 del 1993 precisa anche che la 
st�tuizione resa sulrart. 1-sexies (( si fonda sui poteri attribuiti a questa 
Corte, cui' spetta. non gi� vab1tare nel merito le scelte fatte dal legisla, 
tote per la> d�sdpli:na della ' repressione . penale, ma considerare le me~ 
desinie sdtto il profilo della ragionevolezza �. 

Neltesercizio di questo potere la Corte ha gi� pronunciato ripetute 
dichiarazioni di info;ndateilZZa delle questioni di legittimit� costituzionale 
sollevate con riguardo all'art. 1-sexies (sentenze nn. 122 del 1993; 
n; 67 del 1992; ordinanza n;43:1 del 1991). Essa peraltro non ha mancato 
dL precisare di rieonoscere congruit� e ragionevolezza alla disciplina 
anche''�n: rel�zione .. al�. suo palese� carattere interinale. 

Non pu� .negarsi infatti che l'applicazione della normativa sulla 
protezione ambientale abbia post� .in evidenza alcuni problemi, segnalando 
in pa:rtico!are l'opportunit� di definire le previsioni sanzionatorie 
ili modo che consentano dLdiscriminare meglio il trattamento punitivo 
in relazione alla effettiva gravit� dei fatti. 

1S: dunque auspicabile. che, tenuto conto dell'ormai prolungata vigenza 
della disciplina, il legislatore provveda ad un adeguato rie$ame 
d�lla stessa aIIa luce delle.questioni che via via si sono andate ponendo. 

CORTE COSTITUZIO,N,A.LE., sent. 4 giugno 1993, n. 271 -Pres. Casa.vola . 
Red, tvUrabelli -Rizzelli t!d altri c. Presidenza del Consiglio dei Mi, 
~i!ltri (a"\TV. Stafo G,�. ~usso). 

L�cazi()I� � Jmmobil� urbani adibiti ad uso non abitativo � Disciplina tran


. �. � sitoria ex art; 69 fogge� 27 luglio 1978 n. 392 � Indennit� per la perdita 

. dell'avviamento cori:un�rciale � Indennit� determinata dal giudice di 

primo grado � Eseguibilit� del provvedimento � di rilascio . 

.(Co~t., � art. ,l; legge 27 luf!;lio 1978, n. 392, art. 69; d.!. 30 dicembre 1988, n. 551, con� 

vertito con legge 21 febbraio 1989, n. 61, art. 9).. . 

L'esecuzione del provvedimento di rilascio relativo ad un immobile 
adibito ad uso non abitativo, previa �cotresponsione della indennit� per 

--~ :.-:o




316 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

la perdita dell'avviamento commerciale, determinata dal giudice in primo 
grado e salvo conguaglio, ai sensi dell'art. 9 d.l. 30 dicembre 1988 n. 551, 

II 

conv. con legge 21 febbraio 1989 n. 61, � consentita anche ove si tratti 
di rapporto locativo sorto anteriormente all'entrata in vigore della legge 
27 luglio 1978 n. 392 e la relativa indennit� sia quantificata ai sensi dell'art. 
69 di tale legge. 

Il pretore di Lecce dubita della legittimit� costituzionale dell'art. 69 
della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui la disposizione, inserita 
nel conte$to della disciplina tran$itoria delle locazioni di immobili 
urbani, non prevede che il provvedimento di rilascio possa essere es& 
guito quando sia stata corrisposta l'indennit� per la perdita dell'avviamento 
commerciale, determinata con sentenza di primo grado e salvo 
conguaglio all'esito del giudizio. L'esecuzione sarebbe, difatti, consentita 
per i contratti stipulati successivamente alla entrata in vigore della legge 

n. 392 del 1978 (in forza clell'art. 9 del decretcrlegge 30 dicembre 1988, 
n. 551, che ha aggiunto un. comma all'art. 34 della legge n. 392, relativo 
alla disciplina dell'indennit� per la perdita di . avviamento da applicare 
ai contratti a regime), mentre non sarebbe permessa, alle stesse condizioni; 
per i contratti sottoposti alla disciplina transitoria, non essendo 
stato modificato l'art. 69 della legge n. 392 del 1978, che si riferisce .ad 
essi. Ne deriva, ad .avviso del giudice rimettente, un'irragionevole dispa� 
I

rit� di trattamento nella regolamentazione delle condizioni per l'esecu� 
zione del provvedimento .di rilascio di un immobile locato, e quindi un 

I 

contrasto fra la disposizione denunciata e l'art. 3 della Costituzione. 

L'innovazione legislativa introdotta dall'art. 9 del decreto-legge n. 551 
del 1988, pur mantenendo il principio che l'esecuzione del provvedi� 
mento di rilascio dell'immobile � condizionata al pagamento dell'inden� 
nit� per la perdita dell'avviamento, ha bilanciato gli interessi tra le 

I parti, quando vi sia controversia in ordine all'indennit� ..In tal caso il 
pagamento della somma pretesa a questo titolo o determinata dalla 
sentenza di primo grado, salvo conguaglio all'esito del giudizio, consente 
l'esecuzione. 

La nuova disciplina, formalment� inserita nell'art. 34 della legge 

n. 392 del 1978, destinata ad integrare la regolamentazione ordinaria 
dell'indennit� per la perdita dell'avviamento,� risponde ad una finalit� 
generale, che ricorre anche per i contratti soggetti alla disciplina transitoria. 
Se diversi sono i criteri di determinazione dell'indennit� per 
le locazioni stipulate prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 392 
del 1978, analoga � nei due casi l'incidenza del pagamento dell'indennit� 
(una volta che essa sia stata determinata) sull'esecuzione del provvedimento 
di rilascio dell'immobile) . 
.L'inserimento della nu�va regolamentazione, concernente una condizione 
di procedibilit�, �nel contesto della disciplina comune dell'inden



P;\RTE I, SEZ; I;GlURISPRUDEl\IZA COSTITUZIONALE l�'l 

nit;� per la �?~~ita dell'al'Viamento commerciale, pu� rispondete ad esi� 
genze : sist�maticbe. Non rispecchia, comunque, :una intenzione del.� leg�. 
slatore e1 ~sclWfere dal --relativo ambito 4i applicazione l'esecuzione del 
pp:;>v~4~~11to cii ruascio: quando esso riguardi immobili�. locati _,_ante� 

��i,=JiJ~ii5


dell~ q#ale<fa venir -men() le ragioni che gittstificano la ritenzione��.el. 
l'im1llob11e~ --; .. --...... 
,tlt.: .Ptetbesst\���delJ,a ....dh,rersit� .� -.91, �.. disciplina,.-_ dalla�.. q.~e-�� muove ...�il/giu� 
c'licE:l ti;Qletfenti;:,n9n appare<quindi_ .esatta� Quella.. premessa.. _�_._. stata 
contrastata da p~rte ddl� dottri11a e disattesa, .9a num~rose senteJ:lze dei 
giudi~ 41 w~~~t90Paultim0Ja_Corte di cass!:Wli<me 'ha sostenut9,. seguendo 

a!~�15ttS~~ 


in 1?�~ _aJJIAAt� �9deJ1aJegge ll.<392 del 197~; $i � cos� a~ierm;ata. un'inter, 
pretazione 1:1,deguata --ai._ princlpi--della __ CC>stituzipne~ yolta _ad evitare-la 
di!i!Parit~, -cli-trattamento che la_. lettur�it restrittiva:_ della.-npt.ia. d.eter. 
rrdp;erel:il)e, 
_-. i La -aliiposizione de..1:1ziata, se-. correttamell;te _jJ;lt(;!rpretata _.nei sensi 
sop:i;_;:ti~Q,icati,_ nort>~-�n <;01:ltt:1,t:sto cqn_ l'art.-_.3 della �qstit.zione. 


C�RTF: CO$tITUZ�()NALE, iogiUgno 1993�. ri..tl4. � Pres. Casav9la -~ed. 
-s11ritos\losso ' -Liaci ed altro (a-VV. Cabibbo), E.N.A:S,A,R.C.O. {avv. 
. . .. :~~~i?i?o~ .Preside.t~. del Corjsiglio ~ei. Ministri (yjce avv. geri. Stato 

P�risto:nt�--.,..�penst�ne --�dt�--�reversil>ilit� -�"' Ftgl�ᥥniaggioretmi�-�-wraventisefenni 
---stu~entfod universitari con .reddito proprio ~Jl;sclt1$ione Q.el diritto 
anche.in caso di red"i#> ins.fficlente -lllegittilll;it� _costituzie>nale. 

0 

(Cost., art� 3; legge _2 febl>~io 1973, n. 12, artt. j e 7 n. -3). -----


-�-� �-..--e� :b"d;t�~itbn(ltrnmtJ i�eglttirno it ~()ml)inato disp(J~to-. dei --commi 

3. ei n. j ef~ll;ari, zq 4~llg l~gge i f~b.~taio J973 n, -f2, ~ella v,arte in .cui 
pnwede fa perdita deC4iritto alla pensiOne di reversibilit� per t figli 
niaggiorenni infraventise~enrii che frequentirio scuole o universit�, quandO 
_a �qualsiasi_ titOlo _�abbiano un reddito_.proprio, .anzich�_ prevedere __ che 
tal� p�nslo:ne di reversibilit� sia decurtata della ntisura di tali reddito 
p(ojJria� (1>~�-


-(1) L'ultima parte della sentenza reca un invito al legislatore ad adeguare 
l� normativa esaminata all'art. 34 comma -terzo -Cost. 



318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
Dai Pretori di Lecce e di .Pescara � stata sollevata questione di legittimit� 
costituzionale del combinato disposto di cui all'art. 20, terzo e 
settimo comma, numero 3, dell'art. 20 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 
(Natura e compiti dell'Ente nazionale di �assistenza per gli agenti e rappresentanti 
di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico 
I 
~ 

integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio), 
nella p�rte in cui esclude il diritto alla pensione di reversibilit� E.N.A. 

S.A.R.C.O. per i figli maggiorenni infraventiseienni che siano iscritti ad 
un corso di studi universitari (Pretore di Lecce) ovvero anche di scuole 
professionali (Pretore di Pescara), quando a qualsiasi titolo abbiano un 
reddito proprio, ancorch� insufficiente per le necessit� di vita e di mantenimento, 
in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzione (secondo 
parametro invocato soltanto dal Pretore di Pescara). (omissis) 
La questione di legittimit� costituzionale, oltre che ammissibile, appare 
meritevole di accoglimento. 

Come primo approccio, potrebbe rilevarsi che l'espressione della 
norma impugnata circa la� condizione negativa della mancanza di un 
reddito proprio non pu� essere intesa in senso assoluto, dal momento 
che lo stesso carattere � integrativo � della pensione E.N.A.S.A.R.C.O. rispetto 
a quella prevista dalla legge n. 613 dei 1966 -non esclude, 
ma anzi contempla la possibilit� della coesistenza di detta pensione con 
altro seppur modesto introito pensionistico. Deve inoltre considerarsi 
che per altre affini categorie di orfani (di guerra e dei dipendenti pubblici), 
le corrispondenti norme (art. 70, primo comma, d.P.R. 23 dicembre 
1978, n. 915; art. 85, secondo comma, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) 
ritengono nullatenente anche chi risulti titolare di redditi minimi, nella 
misura in cui questi non sono assoggettabili all'imposta sul reddito delle 

persone fisiche. E lo stesso legislatore tributario considera viventi a 
carico anche i familiari con redditi propri inferiori ad una certa misura. 

D'altro lato, in una precedente occasione � stata messa in rilievo 
la valutazione operata dal legislatore della dedizione agli studi da parte 
degli orfani quale indice presuntivo della sussistenza della situazionf' 
di bisogno degli stessi (sentenza n. 366 del 1988). 

Ma questa Corte ritiene che l'accoglimento della questione di costituzionalit� 
discenda soprattutto dalla ratio sostanzialmente analoga 
a quella posta alla base della pronuncia �di accoglimento contenuta nella 
sentenza n. 145 del 1987 -pur senza negare le indubbie differenze tra i 
due casi -secondo cui il contrasto con i principi dell'art. 3 della Costituzione 
va ravvisato nell'incoerenza intrinseca della dispos�zione che, 
mentre riconosce il diritto alla pensione di reversibilit� nel presupposto 
della � vivenza a carico � di figli economicamente non autonomi, 
esclude poi dalla titolarit� di questo diritto quei figli che, non possedend� 
redditi sufficienti a renderli autonomi, neppure sono in grado di 



PARTE I, . SBZ. I, GIURISJ'RUDBNZA� COSTITUZIONALE 31:9 

procurarseli a motivo della. condizione.di inabili �ovvero (come nel presente 
caso) della loro dedizione agli studi. 

La rilevata ill�gicit� si riscontra altres� nel fatto che la norma. non 
fa alcuna distinzione fra i figli possessori cii ;redgiti propri inferiori 
alla misura della pensione di reversibilit� ed i figli che hanno redditi 
superiori .a detta pensione; mentre sarebbe stato ragionevole conservare 
il tai;ttamento pensionisHco .gradt:landolo nella .. misura. in cui esso 
vada ad integrare il reddito propr'.io, in modo da assicurare le stesse risorse 
economiche sia a coloro che � hanno diritto a perc�pire integr~lmente 
la pen~ione, sia ai Jig1Lche percepiscono un te4dito ad essa. inf~riore. 
� . . ~a .foJ;lcl:a,ti;;zza (�~lla�. qP,es~ione..sotto. il �prO(Ho .�..della . ragioJ;levolezza 
risulta rafforzata c;lal riferimento operato dal Pretore di Pescara all'art. 
34 della Costituzione poich�, i>e questa norma proclama il diritto 
allo studio e l'impegno della Repubblica a rend�rio effettivo fino al 
raggiungimento dt;i. gradi pi� alti, ci� pu� realizzarsi in modo efficiente 
ove .sia dedicato a tale impegno intellettuale. tru:ito tempo dalasciare 
ben poco (o addirittura nessuno) spazio �all'espletamento di altro lavoro. 
redditizio. Con la . conseguenza di rendere ancora pi� logico che, 
almeno fino al ventiseiesimo anno di et�, i figli i quali si impegnano a 
studiare possano effettivamente farlo solo. se il loro eventuale reddito 
insufficiente venga proporzionalmente integrato fino a raggiungere la 
stessa soglia della pensione di reversibilit� riconosciuta a coloro che 
sano nella condizione di in,tegrale vivenza a carico. 

Se la ratio del riconoscimento della pensione direversibilit� �, come 
si � osservato, il perdurare della vivenza. a . carico dei figli maggiorenni 
infraventiseienni per l'impossibilit� di . procurarsi un. sufficiente reddito 
proprio attraverso� un lavoro retribuito a. causa della dedizione del 
loro tempo disponibile agli studi, sarebbe peraltro logico esigere, da 
parte del legislatore, non soltanto l'iscrizione alle scuole o all'universit�, 
ma anche l'effettivit� della frequenza ed il profitto nel rendimento. 

Va rilevato infatti che la disposizione costituzi.onale (art. 34, terzo 
comma, della Costituzione) riconosce il diritto di raggiungere i gradi pi� 
alti degli studi ai �capaci e meritevoli�, la cui valutazione, come si 
ricava anche dai lavori preparatori della Costituzione, implica un riscontro 
relativamente al �profitto�. Ci� varrebbe ad escludere, fra 
l'altro, che la tutela finisca per incoraggiare i casi di tante formali 
iscrizioni seguite da un inadeguato (o nessuno) impegno. 

Per la scuola media e professionale, la disposizione impugnata richiede 
che i figli �frequentino�, mentre per gli universitari essa si limita 
a richiedere il requisito della mera �iscrizione�: altre norme, al 
contrario (ad esempio quella relativa al rinvio del servizio di leva, 
contenuta nell'art. 19, terzo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191) 
prevedono un agevole sistema di controllo dell'effettiva dedizione, sia 
pure limitata, agli studi universitari. 


320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


Tuttavia, non spetta alla Corte costituzionale, bens� al legislatore 
adottare soluzioni analoghe a quelle indicate; e del resto questo aspetto 
della norma sembra esulare dall'oggetto diretto della questione di costituzionalit� 
qui sollevata. 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1993, n. 275 (cam. cons.) -Pres. 
Casavola -Red. Santosuosso -Marilena e I.N.P.S. 

Previdenza -Riscatto degli anni di studio universitario -Corso per assistente 
sociale svolto da scuola universitaria diretta a fini speciali Non 
riscattabilit� degli anni di corso -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3 e 97; c.p. art. 2 novies inserito nel d.!. 2 marzo 1974, n. 30 dalla leggQ 

16 aprile 1974, n. 114). 

E' costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 97 
della Costituzione, l'art. 2 novies inserito nel d.l. 2 marzo 1974 n. 30 
dalla legge di conversione 16 aprile 1974 n. 114, nella parte in cui non 
prevede la possibilit� di riscattare i periodi corrispondenti alla durata 
degli studi per il conseguimento del diploma di assistente sociale, rilasciato 
da una scuola universitaria diretta a fini speciali. 

(Omissis). Viene riproposta a questa Corte la questione di legittimit� 
costituzionale, in riferimento aglii artt. 3 e 97 della Costituzione, 
dell'art. 2 novies del decreto legge 2 marzo 1974, n. 30 (Norme per il 
miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali), introdotto 
dalla legge di conversione 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in 
cui non prevede la riscattabilit� dei periodi corrispondenti alla durata 
legale dei corsi di studio per il conseguimento del diploma di assistente 
sociale. 

La questione � fondata. 

Il Pretore rimettente ritiene la norma impugnata costituzionalmente 
illegittima per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in 
quanto restano irragionevolmente esclusi dal beneficio della riscattabilit� 
corsi di studio a livello universitario conseguiti presso scuole dirette 
a fini speciali che abilitano all'esercizio della professione di assistente 
sociale. 

La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente evidenziato il 

principio di attribuire una sempre maggiore considerazione alla prepa


razione professionale acquisita anteriormente all'ammissione in servizio 

e richiesta per quest'ultima. � stata infatti gi� affermata l'illegittimit� 

delle norme che non consentivano la riscattabilit� del periodo corri


spondente ai corsi in riferimento a numerose categorie professionali. 

In particolare la sentenza n. 426 del 1990, ha dichiarato l'illegittimit� 

costituzionale dell'art. 69 del regio decreto legge 3 marzo 1938 n. 680, 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 321 

riconoscendo la riscattabilit� dei periodi corrispondenti alla durata legale 
dei corsi per assistente sociale svolti dalle scuole universitarie dirette 
a fini speciali. Nella fattispecie trattavasi di procedimento contro 

I.N.A.D.E.L. in quanto concernente dipendenti di enti locali. 
Inoltre con sentenza n. 27 del 1992, questa Corte ha gi� dichiarato 
l'illegittimit�. costituzionale dell'art. 2 novies del decreto legge 2 marzo 
1974, n. 30, convertito con legge 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui 
non prevedeva la facolt� di riscattare i periodi corrispondenti alla durata 
degli studi per il conseguimento del diploma di educazione fisica da parte 
di dipendenti assicurati presso l'I.N.P.S. 

La questione odierna, che si prospetta su un caso analogo, comporta 
pertanto una dichiarazione di illegittimit� costituzionale della norma 
impugnata; con riferimento ai gi� affermati principi circa le condizioni 
di riscattabilit� dei vari corsi professionali relativamente sia 
alla natura del corso, sia all'accertamento che il relativo diploma costituisca 
condizione necessaria per l'ammissione o la progressione in carriera. 
In particolare, per quanto riguarda la natura dei corsi, va ricordato 
che essi debbono, ai sensi del d.P.R. 10 marzo 1982 n. 162, essere 
svolti da scuole che richiedano come requisito per l'ammissione il possesso 
di un titolo di scuola media superiore. 

Non spetta a questa Corte accertare in concreto la sussistenza di 
tali elementi, valutare la proponibilit� della richiesta in base alla data 
della domanda, nonch� calcolare i contributi rapportandoli al fivello 
delle retribuzioni. 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1993, n. 348 -Pres. Casavola -Red. 
Caianiello -Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Fusco), Regione Emilia 
Romagna (avv. Predieri}, Provincia autonoma di Trento (avv. 
Onida) e Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). 

Regioni -Conferenza di servizi -Esclusioni di limitazioni dell'autonomia 
regionale -Legittimit� costituzionale. 

La �conferenza di servizi� prevista dall'art. 2 d.l. 386 del 1991, per 
l'alienazione dei beni immobili dello Stato e per la gestione di quelli 
suscettibili di gestione economica, cui partecipano tutti i rappresentanti 
delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici interessati, non 
rappresenta una limitazione delle competenze regionali o provinciali costituzionalmente 
garantite in materia di urbanistica e pianificazione territoriale 
(1). 

(1) I giudici della Consulta, con la sentenza in rassegna, tornano ad 
occuparsi dell'istituto della � conferenza di servizi � ribadendo la generale 

322 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Le Regioni Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna 
e la Provincia autonoma di Trento hanno impugnato alcune disposizioni 
dell'art. 2 del decreto legge n. 386 del 1991, convertito nella legge n. 35 
del 1992, che detta norme per la gestione economica ovvero per la alienazione 
dei beni patrimoniali dello Stato, prevedendo, una volta individuati 
detti beni, procedure semplificate per l'approvazione dei programmi 
e dei progetti esecutivi connessi con le anzidette finalit�. 

Le norme impugnate sono le seguenti: 

a) il comma 12 che prevede che �l'assessore regionale all'urbanistica, 
nel cui territorio sono dislocati i beni immobili �, integra � per le 
valutazioni urbanistiche� il comitato tecnico-consultivo chiamato ad 
esprimere pareri sull'attuazione dei programmi di gestione e di vendita 
degli immobili (solo il ricorso della Regione Emilia-Romagna); b) il 
comma 15, che istituisce una �conferenza�, convocata dal Ministro delle 
finanze, cui sono chiamati a partecipare i rappresentati delle amministrazioni 
dello Stato e degli enti pubblici comunque tenuti ad adottare 
atti di intesa, nonch� a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, 
nulla osta previsti da leggi statali o regionali (solo i ricorsi della Regione 
Emilia-Romagna e della Provincia di Trento); e) il comma 16, che 

stabilisce che tale conferenza -nel valutare �i programmi di aliena� 

zione;� di gestione e di valorizzazione � dei suddetti beni e gli � eventuali 
progetti esecutivi � -pu� apportarvi, ove occorra, � le opportune modifiche 
senza che ci� comporti la necessit� di ulteriori deliberazioni�, 
con riferimento agli interventi degli enti locali, in deroga all'art. 27, com� 
ma 5, della legge n. 142 del 1990 (tutti i ricorsi); d) il comma 17, che pre


valutazione �positiva (sentenze n. 62 del 93 � 37 del 91) di uno strumento 
collaborativo che, ben prima delle previsioni legislative, si era affermato nella 
prassi (si confronti in tal senso l'intervento di R. LucrFRBDI, ..Lineamenti generali 
di una indagine sul coordinamento o sulla collaborazione nella vita 
degli enti locali, al V Convegno di Varenna, Milano, 1961, 35 ss.). 

La Corte esclude che l'istituto si traduca in uno strumento di espropriazione 
di competenze regionali o provinciali costituzionalmente garantite, 
in contrasto con i principi posti dalla legge sulle autonomie locali poich� 
� proprio nell'art. 27 della legge n. 142 del 1990, oltre che nella disciplina sul 
procedimento amministrativo (art. 14 della legge n. 241 del 1990) che l'istituto 
trova espressa previsione come fondamentale strumento collaborativo, � mezzo 
di semplificazione e snellimento dell'azione amministrativa�. 

Sul collegamento tra l'art. 14 (che disciplina la conferenza di servizi) e 
l'art. 11 legge 241/1990 (sugli accordi tra privati e pubblica Amministrazi�ne), 
da un lato, e l'art. 24 legge 241/90 dall'altro, si veda: C. SALA, Accordi sul 
contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, 
in Dir. proc. amm., 1992, 206 ss. -Si segnalano inoltre: MERusr, Il coordinam1mto 
e la collaborazione degli interessi pubblici e privati dopo la riforma 

I


I 



PARTE l, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 323 

vede che �l'approvazione assunta all'unanimit��, da parte della conferenza, 
degli indicati programmi e dei progetti esecutivi, da .un canto 
sostituisce,-ad ogni effetto, tutti gli atti di partecipazione al procedimento 
arorriinistrativo (intese, pareri, autorizzazioni, -approvazioni, nulla 
osta, etc}. previsti da leggi statali e regionali, e dall'altro comporta, per 
quanto -occorra, variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici 
e ai piani territoriali (tutt�. i ricorsi). 

I parametri che si assumono violati sono diversificati in relazione 
alla sfera di autonomia di cui si lamenta la lesione, ed in particolare gli 
artt. 4 e 5 dello Statut� speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia, gli 
artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costittizione per la Regione EmiliaRomagna, 
e gli artt. 8 (nn. 3, 5 e 6), 9 (n. 10) e 16 dello Statuto per il 
Trentino-Alto Adige, per la Provincia autonoma di Trento. 

La� illegittimit� costituzionale delle norme denunciate deriverebbe 
dal fatto che: 

1) si attribuisce a una � conferenza di servizi � nella quale la prevista 
partecipazione di rappresentanti regionali non ha alcuna incidenza 
ai fini della salvaguardia dell'autonomia regionale -poteri, quelli appunto 
enunciati nei commi 16 e 17, che limitano la sfera di competenza costituzionalmente 
riservata in materia di urbanistica e pianificazione territoriale 
alle regioni, le cui gi� esistenti discipline possono essere � sostituite 
� o �variate�, cio� disapplicate, in base a una semplice deliberazione 
della conferenza stessa; 

2) la prevista possibilit� di deroga all'art. 27, comma 5, della legge 

n. 142 del 1990 sulle autonomie locali si traduce in una violazione del-
delle autonomie locali e del procedimento amministrativo, Relazione tenuta 
al Convegno di Varenna 19-21 settembre 1991; MARONGIU, La pubblica Amministrazione 
di fronte altaccordo -Considerazioni preliminari, in L'accordo 
nell'azione amministrativa, 1988, 15. 

Per una impostazione singolare del problema si veda; P. G. LIGNANI, La 
disciplina del procedimento e le sue contraddizioni, in Dir. proc. amm., 1992, 
516 ss., il quale sottolinea che pur introducendo l'art. 14 (in linea con gli 
artt.. 16 e 17) uiJ. espediente, diretto a garantire la definizione del procedimento 
in tempi rapidi, pu�. � risolversi in un sacrificio dell'interesse pubblico �. 

La sentenza in epigrafe ha anche superato la censura di irragionevolezza 
dei � rilev�ntissimi ,, poteri riconosciuti alla conferenza motivata in base all'assunto 
che, a differenza che nelle precedenti occasioni, mancano ragioni 
di urgenza (come per la legge sui mondiali di calcio: n. 205 dd 1989) on� si 
perseguirebbero interessi pubblici (come per la legge sulla lotta all'AIDS: 

n. 135 del 1990). 
La _norritativa c�nslirata si inser�sce, infatti; per i giudici della Consulta, 
in -�uri rilevante' disegno� di politica economica� che g�ustifica pienamente la 
deroga all'urdinario assetto delle competenze degli --enti pubblici. 

Per una recentissima rimeditazione dei vari problemi, si veda: A. PAJNO, 
Riflessioni e suggestioni a proposito della legge 7 agosto 1990 n. 241 a due anni 
�datla sua entrata' in vigore, in Dir. Proc, Amm., 1993, 4, 658 ss. 



324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 1, comma 3, della stessa legge n. 142 del 1990 e quindi dell'art. 128 
della Costituzione, di cui il primo � � norma interposta�, �sia perch�, sul 
piano formale, si tratta di una previsione di � deroga � e non di � modificazione 
� espressa, sia perch�, sul piano sostanziale, la possibilit� per la 
conferenza di introdurre modifiche agli strumenti urbanistici e ai piani 
territoriali, escludendo l'intervento dell'ente locale, si traduce nella impossibilit� 
per la regione di qualsivoglia intervento o controllo sulle modifiche 
deliberate� dalla conferenza stessa, con ci� venendosi inammissibilmente 
a incidere nei criteri di collaborazione e armonizzazione, dai 
quali l'art. 3 della stessa legge n. 142 del 1990 (collocato fra i principi 
generali) stabilisce siano regolati i rapporti fra comuni, province e 
regioni; 

3) non ha � parvenza di ragionevole giustificazione � aver utilizzato 
il metodo di una � conferenza di servizi � titolare dei rilevantissimi poteri 
in deroga sopra descritti, dal momento che non vi sono, a differenza 
che in altre oceasioni (legge n. 205 del 1989, sui mondiali di calcio), urgenze 
particolari e si perseguono non interessi pubblici (come nel caso 
della legge n. 135 del 1990 sulla lotta all'AIDS), bens� fini tipicamente 
privati in quanto I beni dello Stato sono alienati a privati o affidati a 
questi per gestioni di tipo imprenditoriale. 

Preliminarmente deve essere rilevato che, con decreto-legge del 
18 gennaio 1993, n. 8, convertito nella legge 19 marzo 1993, n. 68, si � 
disposto che all'art. 2, comma 16, che � una delle norme impugnate, le 
parole �senza che ci� comporti la necessit� di ulteriori deliberazioni per 
quanto concerne� gli interventi dell'ente locale, in deroga a quanto stabilito 
dall'art. 27 � siano sostituite con queste �nel rispetto di quanto disposto 
dall'art. 27 �. 

In relazione alla modifica legislativa int:i;odotta, deve essere dichiarata 
la cessazione della materia del contendere relativamente alle censure 
proposte in tutti i ricorsi che, nell'impugnare, fra gli altri, l'art. 2, comma 
16, cit., avevano appunto lamentato che la norma, prevedendo la deroga 
a quanto disposto dall'art. 27, comma 5, della legge n. 142 del 1990, travolgesse 
uno dei punti cardine dell'ordinamento delle autonomie locali 
che, pur indicando forme di coordinamento fra i vari livelli di governo, 
quale appunto la conferenza di servizi, conserva il potere di autonome 
determinazioni agli enti locali interessati, specie in materia urbanistica, 
disponendo che l'accordo debba essere ratificato dai loro organi competenti, 
sia pure entro un congruo termine a pena di decadenza. 

L'intervenuta modifica, ad opera del decreto-legge 18 gennaio 1993, 

n. 8 cit., nel senso anzidetto, fa cessare dunque la materia del contendere 
relativamente alla impugnativa della norma (art. 2, comma 16 cit.) che 
prevedeva tale deroga, rimandandosi al prosieguo della presente deci, 
, , , ,, Y. , , , 

Jffi1 


PARTE 1, sEZ. I, GIURISPRUDENZA cosnn.JZIONALE 

sione l'esame dell'ulteriore profilo della censura che investe lo stesso 
comma.16. in relazione alle altre disposizioni dell'art. 27 cit. della legge 

n. 
142 del 1990. 
Ai fini dell'esame deHe altre censure concernenti l'art. 2, commi 
12, 1:5 e 17 citt;, � importante ricordare che questa Corte (sentenze n. 62 
del 1993 e n. 31 del 1991) ha giudicato in via generale positivamente l'istituto 
della << conferenza di servizi >~, in quanto orientato verso la realizzazione 
del principio del buon andamento dell'azione amministrativa sancito 
dall'art .. 97 della Costituzione. In proposito si � sottolineato che � la 
previsione di un. organo misto in cui, nell'esercizio di funzioni amministrathfe, 
siano rappresentati tutti i soggetti portatori di interessi coinvolti 
nel . procedimento di realizzazione delle opere, in modo che tali 
soggetti possano confrontarsi direttamente ed esprimere le loro posizioni, 
trovando, in un. quadro di valutazione globale, soluzioni di corretto 
ed idorieC> contempe~ament~ delle diverse esigenze � si configuri quale 
�mezzo di semplificazione e di snellimento dell'azione amministrativa"� 
In relazione a tale orientamento, che deve essere anche in questa 
occasione ribadito, vanno disattese le censure, sulle quali tutti i ricorsi 
convergono,. tendenti a contestare la legittima esistenza dell'istituto, nell'assunto 
che esso esproprierebbe competenze regionali o provinciali costituzionalmente 
garantite e si porrebbe in contrasto con i principi 
espressi nella legge sulle autonomie locali (legge n. 142 del 1990 cit.) che 
assegnano alle regioni un ruolo centrale nei confronti degli enti locali 
minori. 
In proposito va osservato, in primo luogo, che la conferenza di servizi 
� un istituto espressamente previsto dallo. stesso ordinamento sulle 
autonomie locali (art. 27 della legge n. 142 del 1990 cit.), oltrech� dalla 
disciplina sul procedimento amministrativo (art. 14 della legge n. 241 
del 1990), U che costituisce indice di un orientamento ormai costante 
nella legi~lazione sia di carattere generale, sia relativa a discipline di 
settore (es. interventi per la lotta contro l'AIDS o in tema di mondiali 
di calcio) tendente a considerare l'istituto come strumento C()llaborativo 
utilmente inserito nel sistema pluralistico dei livelli di governo e che, 
come tale, � gi� stato oggetto, come si � ricordato, del positivo apprezzamento 
di questa Corte. 
In secondo luogo, il ruolo di centralit� delle regioni nel sistema delle 
autonomie locali (cfr. sent. n. 343 del 1991) non � neppure attenuato dalle 
norme impugnate e quindi non contrasta con tale ruolo la previsione di 
un organo misto nel quale siedono alla pari, per un confronto globale 
degli interessi curati da ciascuno, tutti i soggetti partecipanti. Centralit� 
significa unit� di indirizzo e non equivale a sovraordinazione, essendo 


326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATo 

questo un concetto estraneo al principio pluralistico che domina la distinzione 
delle competenze fra lo Stato e i vari soggetti pubblici, ivi 
compresi quelli esponenziali di autonomie. 

N� questa compresenza paritaria in un organo misto attenua le 

I competenze proprie degli enti che vi partecipano con propri rappresentanti, 
essendosi opportunamente chiarito (sentenza n. 62 del 1993 cit.) 
che questi ultimi � non potranno non disporre -o per competenza propria 
o per delega ricevuta dall'organo istituzionalmente competente dei 
p()tei;i corrispondenti all'atto del procedimento spettante alla sfera 
dell'amministrazione rappresentata �. 

Quanto,, poi, alla rispondenza .in concreto dell'attivit� esercitata dai 
componenti de.Ila conferenza agli interessi propri dell'ente rappresentato 
da ciascuno di essi, tale rispondenza pu� essere assicurata dalle direttive 
opportunamente _loro-impartite in via preventiva dagli organi competenti 
dell'ente i;appresentato e dalla verifica successiva della loro avvenuta osservanza, 
con le �onnesse �responsabilit� che potrebbero derivare da un 
comportamento ad esse contrario; oppure dal conferimento, da parte 
dell'ente, di una delega coridiiionata al suo rappresentante in seno alla 
conferenza, il che potrebbe influire su�l� stessa formazione della volont� 
dell'organo collegiale a caus� del mancato verificarsi della condiZione 

cui � su'Qordinato il conferimento della delega; dalla riserva, espressa 
nella delega al rappresentante dell'ente nell'organo misto, di un preventivo 
esame da parte �dell'ente rappresentato dello schema delle risoluzioni 
definitive verso cui la conferenza si orienti di volta in volta e ci� 
allo scopo di consentire all'ente predetto di dettare precise indicazioni 
a chi� partecipa alla conferenza, per orientarne ratteggiamerito da assumere 
in merito alle scelte definitive che in concreto dovranno essere 
adottate. 

In presenza di siffatte indicazioni non pu� parlarsi, come si sostiene 
invece dalle ricorrenti, �di una espropriazione delle competenze proprie 
degli enti ed in particolare delle regioni e del�e province autonome che 
partecipano alla conferenza attraverso propri rappresentanti, perch� 
l'istituto della conferenza realizza un giusto contemperamento fra la 
necessit� della con�entr�Zione delle funzioni in un'istanza unitaria e le 
esigenze connesse alla distribuzione delle competenze fra gli enti che vi 
partecipano. 

Tali considerazioni consentono di disattendere anche la censura, proposta 
dalla Provincia autonoma' di Trento, riferita al comma 16 dell'art. 2, 
nella parte in cui denunda n rrian�ato.rispetto� del comma 4 dell'art. 27 
della legge n. 142 del 1990, che prevede�l'approvazione da parte del pre


l 

sidente della regione (e quindi anche della provincia autonoma) dell'� acI


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cordo � raggiunto nell'ambito �delfa conferenza di ser:Vizi. 

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PARTE I;: SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Infondato � anche il profilo della questione che investe le nor� 
me denunciate nell'assunto che la previsione della conferenza di servizi, ti~ 
tolare di � rilevantissimi � poteri che��incidono sugli interessi delle regionie 
delle province autonome, non ha �parvenza di ragionevole giustificazione.
� perch�, ��a differenza . che in altre �occasioni, �come per la. legge 
sui mondialidi calcio (legge n. 205 del 1989), non vi sarebbero urgenze 
particolari; n�, come nel caso� della lotta all'AIDS (legge n. 135 del 1990), 
si perseguirebbero interessi pubbliei, bens�. �fini tipicamente privati, quali 
sono queHi che riguardano l'alienazione di beni o il loro .affidamento a 
gestioni di tipo imprenditoriale, che, in quanto tali, non giustificherebbero 
una deroga alle regole ordinarie in tema di competenze. 

Osserva in proposito la Corte che le disposizioni istitutive della conferenza 
di servizi, oggetto della questione, rientrano, come risulta dal 
titolo del decreto-legge di cui fanno parte, in un quadro di riassetto 
degli enti pubblici economici, nonch� di dismissione delle partecipazioni 
statali e di alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione 
economica. Si � dunque in presenza di un rilevante disegno di politica 
economica e quindi non pu� negarsi che la deroga all'ordinario assetto 
delle competenze degli enti pubblici, circondata da tutte le illustrate 
garanzie, riposi su evidenti ragioni di interesse pubblico che � certamente 
ravvisabile nel piano di dismissione di beni gi� appartenenti allo 
Stato; il che non consente di condividere il contrario assunto delle ricorrenti, 
che escludono invece ragioni giustificatrici delle norme istitutive 
di questa conferenza, nonostante gli obbiettivi che la legge per1;
egue. 

Quanto al rilievo secondo cui, per la Provincia autonoma di 
Trento, le delibere della conferenza finirebbero con l'incidere su materie 
riservate alla legge provinciale, va osservato che la partecipazione 
dell'assessore dell'urbanistica al comitato previsto dal comma 12, dell'art. 
2, da un lato, ha lo scopo di consentire a questi di rappresentare a 
detto organo consultivo quali siano le materie sulle quali la conferenza 
non potrebbe deliberare perch� riservate alla legge provinciale, e, dall'altro, 
serve come tramite per rendere la provincia edotta in anticipo 
delle determinazioni incidenti su dette materie onde metterla in condizione 
di predisporre opportune modifiche delle leggi provinciali in modo 
da agevolare, nel quadro della leale cooperazione fra i diversi livelli di 
governo, il coordinamento con quelle che saranno le determinazioni della 
conferenza. 

Al contrario � evidente che quando, nonostante tale mediazione nella 
fase preparatoria dinanzi al comitato, nella successiva sede della conferenza 
il rappresentante della provincia autonoma constati l'impossi



328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

bilit� di far recepire nell'ordinamento provinciale le deliberazioni che 
la conferenza intende adottare, ostandovi la disciplina prevista dalle leggi 
provinciali per non essersi provveduto o dato l'avvio ai necessari adattamenti 
di queste, egli potr� sempre negare l'assenso, cos� impedendo 
il formarsi della volont� della conferenza, che deve essere unanime. 

Permane ovviamente l'elasticit� del comportamento del rappresentante 
in tutte quelle ipotesi in cui le leggi provinciali in materia urbanistica, 
di approvazione di piani, lascino dei margini di apprezzamento 
e non costituiscano ostacoli assoluti. 

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
.<J3 .. JNT~R'.N'A.ZIONALiE:>> � 

��������ᥥ���������ᥥ��������������e����ᥥ���ᥥ���������ᥥᥥ���������������� �.� 

Le s~!e ~:1~ :~~e �d1� �Giusi:a���delle .ComunitQ eui~P~ pronuneiate nel 

�� ᥥ�� .� corso dell'anpt) 1993� in. cause.� alle � quali ba partecipato� l'Italia. .� 

> f'i~il'afu�o �� 1993 le s(liitenz� >della corte df giustizia pr�niindate . in � cause 
alitr l.lfu!.ll, ha vartecipatcfl'ltal�a��(su�unt�t�le d� 203 senteme) sonc> state 221 
7 su ricorsi diretti. della Commissfone contro 11rtalia, 2 su ricorsi diretti del� 
l'Italia( ctintro la Cott,!Mssfone, 12 su domande d� pronuncia . pregi�diziate ai 
sensi ci~Jl'al'fr 177 ~el r~.i;ttato CE.E (<;li cui 10 propqst~ da gittd�ei ftaliani) e 

rBiiilf~i~~~;~%:~


� � ~�2(Vgennafo 19931 nelle cause riwute C:.320; 321 e� 322/91, Telemarsicabruzzo 
s.p;a., � dove .fa Corte, investita � di��. questioni .preghldiziali vertenti ���sulla interpretazione 
del Trattato in materia �di concorre�fZai al fine di valutare la com� 
patibilit� con il diritto comunitario di taluni asp.etti di un sistema nazionale 
di ripartizione di frequenze con riguardo al servizio di radiodiffusione televisiva, 
�ha ritenuto ��di non potei-�� s.tatuire sulfe � questioni . proposte, non essendo 
stato 4efihito~ li� pal giudice; n� dalle parti della causa principale, l'ambito 
di fatto e di dfritto fu cui si inserivano le questfoni stesse. � 

�.. -.-l0 aprile 1993, nelle cause d~ri.ite C-31/91 >e C-44;9(.i,~geder, con 1a 
q..ale, la Corte: � ha dichia.rato che: �l� o...;o L'ari. 1 del regolamento 
(C~�) della Co~rnissfoile 16 maggio 1973, n� J311, :pelativo alla lista pr9vvisoda 
dtii y.q.J?.,r.d.. come pure alla jcte:�i#fi@Zione di questt vini nel d(lc:ument<> . di 
acC<>mpagnamerito :nel... settore. vitivfuicol<>,deve: .�. esi>ere: interpretato .nel senso 
�M solp i vini a cienominazione ..di od~e �o:ntr9lata . CPQC). e . a.�. c1e:n<>mina~ 
zione ��d.i oiigine ccmtrollata egarantita (I>QCQ)~ dur~te i(periodo m�.i detto 
testo era .in.vi&ore, vale.a dire. tr.a il� 22 rnaiiio. ect .. il 3l agosto .19731 potevl;lno 
aspirare:Jn Italia alla qualifica di v.q.p,r.d.; 2, --:-fu manc:a.za di non:Il,e comunitarie 
. aPPUc:a1'ili �� d.~a,nte il � perjodo iJ:t.�. cui �.� si �� sono sv<>}ti ���. i f�!ctti �. ctella ca.$a 
p.ri:ncipa~,. spetta al ~t'.idice: 1;1azionale.�. applkare � dispi>s�iicmi della :nor.mativa 
illtert.l �.�. relatiya ~a )'.�resc:;rizi<>1;1e .atc11;1zi a1J'i.mP9Xtazio1;1e: a torto. :no11 ;rec:la~ 
mati nei confto:nt1 detclebitoi,-e a seguito cii un errore commesso dall'ammi11istrazione 
nazionaie, . pui,-ch.� . dette nor.me si appiiChi.�o in � maniera non .. discri~ 
minatoria ai crediti nazion�li e ai crediti comunitari e non pregiudichino n� 
la .portata n� l'efficacia del.�diritto comunitario;. 3. ---!'.autorit� nazfonale incaricata 
di rilasciare i� documenti di accompagnamento. VA2 .per i vini meritevoli 
della menzione v;q.p;r.d. nel contesto. dell'organizzazione comune del� settore 
del vino � tenuta all'osservanza deLprincipio del .legittimo affidamento. Tuttavia, 
nell'ipotesi fu cui un. documento di accompagnamento VA2 sia stato 
emesso da un'autorit� nazionale non abilitata a tal fine e che; sulla base di 
un'erronea interpretazione della normativa comunitaria applicabile, non abbia 

330 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT& 

reclamato il pagamento degli ICM, �previsto da quest'ultima, non pu� essere 
sorto in capo alle parti interessate alcun legittimo affidamento, malgrado la 
loro buona fede �, 

-20 aprile 1993, nelle ca.se riunite . C.71/91 e C.178/91, Ponente Carni, 
dove la Corte ha statuito che: � 1. -L'art. 10 della direttiva del Consiglio 
17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di 
capitali, dev'essere interpretato nel senso che, fatte salve le disposizioni derogatorie 
dell'art. 12, esso vieta un tributo annuale dovuto in ragione dell'iscrizione 
delle societ� di capitali anche qualora il gettito d� tale tributo contribuisca 
�al�finanziamento. del' servizio incaricato �della� tenuta� del registro .in cui 
sono iscritte le societ�; 2. -l'art. 12 della direttiva dev'essere interpretato nel 
senso che i diritti d� carattere remunerativo d� cui al n. 1, lett. e), dello stesso 
articolo possono essere remunenajoni riscosse come corrispettivo di operazioni 
~ll1PoSte dalla h~gge per Ul10 scopo di interesse generale, come ad esempio 
l'iscrizione delle societ� d� capitali. L'entit� d� tali diritti, che pu� variare 
a seco1J.da della forma giuridica della societ�, dev'essere calcolata in base al 
costo del1'operazio11e, che pu� essere determinato forfettariamente�. 

.:...... 28 aprile 1993; nella causa C-364/90, Italia c. Commissione, con la quale 
la Corte, in tema di aiuti eccezionali a favore di talune zone sinistrate del Mezzagiorno, 
ha parzialmente accolto il ricorso italiano annullando la decisione 
della Commissione 91/175/CEE del 25 luglio 1990 nella parte in cui aveva di� 
chiarato incompatibili con il Trattato, senza adeguata motivazione, alcuni di 
d,etti aiuti (quelli indicati nell'art. 3), ed ha respinto invece il ricorso per la 
parte riguardante l'invito della Commissione a recuperai:e gli altri aiuti ove 
questi fossero stati effettivamente erogati (il che di fatto non era comunque 
avvenuto). 

-28 aprile 1993, nella causa C.306/91, Commissione c. Italia, con la 
quale, in tema d� fissazione del prezzo dei tabacchi lavorati, la Corte ha parzialmente 
accolto il ricorso della Commissione dichiarando, con richiamo a 
principi d� certezza del diritto e di tutela dei privati, che � la Repubblica italiana 
� venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art.� 5 della 
direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte 
diverse dall'imposta sulla cifra d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi 
manifatturati, mantenendo in vigore una normativa che non prevede espressamente 
e che non implica chiaramente l'obbligo dell'autorit� amministrativa 
competente di rispettare, alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla direttiva, 
il principio della libera determinazione, da parte dei fabbricanti e degli impor 
tatori, dei prezzi massimi dei tabacchi lavorati importati in Italia� (su tale 
punto con l'art. 27, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito 
con modificazioni in legge 29 ottobre 1993, n. 427, si � fatta definitiva chiarezza 
in sede nazionale); la Corte ha viceversa respinto il ricorso in relazione a varie 
e pi� consistenti altre contestazioni mosse dalla Commissione, fra le quali alcune 
relative alla fissazione dei prezzi dei tabacchi lavorati, con asseriti ritardi 
e a livelli ritenuti non conformi alle richieste degli operatori. 

~9 giugno 1993, nella causa C-95/92, Commissione c. Italia, dove � stato 
dichiarato che � non adottando le disposizioni� legislative, regolamentari ed 
amministrative necessarie per conformarsi agli artt. l, 2, nn. 1 e 2 ed agli 
artt. 3 e 5 della direttiva del Consiglio 3 settembre 1984, 84/466/Euratom, 
che stabilisce le misure fondamentali relative alla protezione radiologica delle 
persone sottoposte ad esami e a trattamenti medici, la Repubblica italiana 
� venuta meno agli obblighi che le incombono. in forza del Trattato CEEA �. 



PARTE I, SEZ:. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 331 

-l luglio 1993, nella causa c.312/91, Metalsa, ..con la quale la Corte ha 
statuito che �l'art.. 18, primo comma, dell'accordo tra la Comunit� economica 
europea e la Repubblica. d~Austria, firmato a .Bruxelles il 22 luglio 1972; 
concluso e app.rovat;o, a noill:e .c:le.a Con;iunit~, con U regolamento (CEJ;:) del 
Consiglio 19 dicembre 197i, n. 2836, dev'essere fate.rpretato, diversamente dall'art, 
.9~ .(j~l .�'f.rattatO. �EE, .nek sensq che: .I},a, I1-0rmativa. 11azionaje Iii, quale 
punisc�Je infr~z.iqnJ� �qf)(:erner�( fIV4. aj}'impor_tazione� pi�l. severamente �delle 
lJl.~i;a,ziorii �qnceriieiitt i'�VA sajle �essionL dei � beni all'interno�� del paese, � nou 
�. incompatibile con la detta �lisposizione _ctell'accordo, anch� se tale diffe� 
rei�za � sproporzionata. J;ispetto ll�ll diversit~. delle due categorie di infrazioni "� 

;..;.;, 2 agosfo 1993, nella fausa C-366/93, CommtssiOne c. Italia; con la qual� 
la c6rt�; fu� parziale accoglitnento deI ticors� della Commissione,� -ha dichiarato 
che �persistendo, nonostante la sentenza della Corte 17 dicembre 1981, 
Commissione c/ Repubblica italiana (cause riunite 30..34/81), a non adottare 
tutti i provvedimenti necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 
75/439/GEE, r:elativit affe#mirzaz.iqne 4egli 9li usati, e in partico~are agli 
artt. 6; 12 e 15 della stessa, la Repubblica italiapa � venuta menoagli obblighi 
impostile: dall'art. 171 del Trattato CEE �, Il ricorso � stato invece respinto nella 
parte ri~arciante l'.esclusion,e: de:ll'espo.rta.zione: ciegli ol~ usati verso altri 
Stati Jnernbrine!l'ambi~o del siste:ma nazionale di_ raccolta di .detti oli. 

-2 agosto 1993; nelle �cause riU:nite C-259/91, C~33i/91 e C-332/91, Allu� 
ed a., dove si .� statuito, in tema di libera circolazione dei lavoratori, che 
�l'art. 48, n. 2, del Trattato CEE osta a che la normativa di. uno Stato membro 
limiti nella generalit� dei c;asi ad un anno, con possibilit� di rinpovo, la durata 
dei contratti di lavoro dei let.tori di lingua stranier�, mentre una tale limitazione 
non esiste, in via di pr,irn:;ipi?, per quanto riguarda gli altri insegnanti �, 

-2 agosto 1993, nella causa 0107/92, Commissione c. Italia, con la 
quale la Corte ha dichiarato; in tema di procedure di aggiudicazione degli 
appalti di lavori pubblici, che �la Repubblica italiana, avendo omesso di in� 
viare all'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle. Comunit� europee, ai fini 
della pubblicazione nella Gazzetta. -Ufficiale delle Comunit� europee, un bando 
di gara per la costruzione di una diga paravalanghe in localit� Colle Isarco/ 
Brennero, � venuta meno agli. obblighi che le incombono ai sensi della direttiVa 
del Consiglio 26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di 
aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici�. 

-2agosto 1993, nella causa C-139/92, Commissione c. Italia, dove si � 
statuito che �non comunicando, allo stato di progetto, il decreto ministeriale 
5 novembre 1987, n. 514, la Repubblica italiana � venuta meno agli. obblighi 
che le incombono a norma degli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 
28 marzo 1983, 83/189/CEE, che. prevede una procedura d'informazione nel 
settore delle n()rme e delle regolamentazioni tecniche �. 

~ 6 ottobre 1993, nella causa C-55/91, Italia c. Commissione, con la 
quale � stato respinto il �ricorso italiano contro la decisione della Commissione 
relativa alla liquidazione dei conti del Fondo europeo agricolo di orientamento 
e garanzia (F.E.A.O.G.) per l'anno 1988, riguardante il rifiuto di imputare 
al fondo alcune spese relative al prelievo di corresponsabilit� supplementare 



332 

RASSEGNA� AVVOCATURA DELLO STATO 

n�l settdre lattiero e caseario; a premi per i produttori di carni avine e caprine, 
al tabacco giacente all'intervento, all'olio di oliva, ad aiuti per la trasformazione 
di semi di soia, ad aiuti alla produzione per il frumento duro. 

..;. 7 dieembre 1993, nella causa 83/92, Piert�l, dove, in tema di direttive 
sui medicinali, fa Cdrte ha statuito che: d; ....; l'art. 21 della direttiva del 
Consiglio :ur gennaio 1965; 65/65/CEE, per il ravvicinal:nento delle disposizioni 
legislative,. regoiamentari. e amministrative .�relative .a)Ie . speci�lit� .�medicinali, 
deve elis�re interpretato nel senso �he �ia sospensione�� o la �revoca �di \ln'autorizzazione 
.. all'immissione in commercio pu� es.sere disposta solo per i motivi 
previsti da eletta direttiva o da altre dispds�zioni applicabili di diritto comunita~
io; 2; -le disposizioni della .direttiva . del Consiglio 65/65/CEE., emendata, 
impediscono alle autorit� nazionali non soltanto .di introdurre cause di sospensione 
o di revoca diverse da quelle stabilite dal diritto comunitario, ma 
anche di prevedere ipotesi .di decadenza delle autorizzazioni all'immissione in 
commercio�. 

-15 dicembre 1993, nella causa C�292/92, Hunermund, dove, iri tema di 
liber� �circolazione dell� �merci�� e in �particolare �di prodotti paraf ilrmaceutici, si 
� statuito che l'art 30 del Trattato CEE deve essete interpretato nel senso che 
esso rton si applica ad una norma deontologica, emanata dall'ordine professionale 
dei farmacisti di uno Stato membro, che vieta a costoro di fare la 
pubblicit�, i;i.l di fuori della farmacia;� di prodotti parafarmaceutici�. 

-15 dicembre 1993, nelle cause riunite C-277/91, C-318/91 e C-319/91, 
Ligur Carni s.r.l. ed a., con la quale, in tema di �ontrolli sanitari all'importazione, 
la Corte ha dichiarato che: �� 1. -la direttiva del Consiglio 26 giugno 
1964, 64/433/CEE, relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari 
di carni fresche, come modificata con la direttiva del Consiglio 
7 febbraio 1983, 83/90/CEE, dev'essere interpretata nel senso che essa osta ad 
una normativa nazionale in materia di ispezioni sanitarie che assoggetti le 
merci importate, gi� .munite di un certificato sanitario redatto dalle autorit� 
dello Stato membro speditore conformemente alla normativa comunitaria, a 
controlli sanitari obbligatori, sistematici e permanenti, non alla . frontiera, ma 
nel comune di transito o di destinazione delle merci, ed imponga agli opera. 
tori economici interessati il. pagamento �di. un diritto come corrispettivo; 2. 
l'onere pecuniario imposto all'importatore interessato a titolo di diritto di 
ispezione sanitaria, nel contesto di una normativa nazionale come quella in 
discussione nelle cause principali, non � giustificato in quanto corrispettivo 
di servizi resi all'importatore stesso; 3. -l'art. 30 del Trattato dev'essere interpretato 
nel senso che esso osta al divieto, imposto dalla normativa di un comune 
di uno Stato membro agli importatori di carri.i fresche, di provvedere 
in proprio nel territo�"io comunale al trasporto e alla consegna delle loro 
merci, a meno che essi non versino ad un;impresa locale l'importo corrispondente 
ai servizi che essa presta nell'ambito di una concessiOne esclusiva in 
materia di movimentazione nel macello comunale, di trasporto e . di consegna 
delle �merci di cui trattasi. L'art. 30 del Trattato ha efficacia diretta ed attri� 
buisce ai singoli diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare �. 

OSCAR FIUMARA 



PARTE I, SEZ.:. II;. GlllRIS. ;COMWU,TARIA B JN'reRNAZIONALE 

CORTE Dl� OlUSTIZIA DELLE �COMUNIT� EUROPPE. Plenum;. 21 aprile 
199.3 nella. caus� .C-172/91-Pres. Due � Avv. Gen. Darmon -Domanda 

. 
di .pronuncia pregiudiziale poposta dal .Bundesgerichtshof nella causa 
Sonntag e; Waidmann -Interv.: Governi .tedeseo.(ag .. Bohmer) e italiano~(
�vv~ .Stato .Eiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Van Nuffel 
e aw.:Krane-Ablass); 

Comu1lwi:� e~Ol)�� .�. C~nvJJUione .di Br1JXellell sulla c~mpetenza giurisdi~ 
zioriale. e resecuzlone �delle . dedsioni in materia '�ivile e corfunertjal� Competenza 
� Materia civile �-Es�reizio dell'azion� civile in sede penale 
�' F�tti5p�cie~ � � � 

{Conv~rizibne �di' Brttx�lles� 27: settembre� 1968,~ e� st�:c> mod., art. 1, �collima 1). 

Comunit� europee -Convenzione di Bruxelles sulla competenza gi�risdi� 
zionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ProvV'�di�llentidi
�. exequatur�� -' lmpugnazioni; 
(Convenzione dfBruxelles'.27 s�ttembre 1968; e succ; m�d., artt. 36 e 37, collltila 1). 

Comuriit~... europe~. ����collvenziorie. di. Bruxettes ��sulla competenz~ giurisdi� 

. . 
46nite e ��~secuZione delle. decisioni . in materia. Civile . e �olrimereial� .� 
Ricori�scim�ilto �di Uria d�cisiorie ��~ Casi di diniego . Fattispecie. 
(Cortven~ion� 'di: Bruxelles 2{ s�ttembr~ 1968, e succ. mod., art. 27, �oriuna 2). � 

La �materia civile�, ai sensi dell'art. 1, primo comma, prima frase, 
della Convenzione, comprende l'azione� per.� il� risarcimento del danno intentata 
dinanzi ad un giudice penale nei confronti dell'inseghante di una 
scuola c~, in .occasione di� una gita scolastica, essendo illegittimamente 
e colposamente venuto meno ai propri obblighi di vigilanza, abbia causato 
un danno ad un allievo, anche laddove le conseguenze dell'evento dannoso 
si'arto t,operte da un regime di assicurazione di .diritto pub.blico (1). 

L'art. 37, secondo. comma, della Convenzione dev'essere interpretato 
nel senso� che � esclusa q1,1.alsiasi impugnazione di terzi interessati avverso 
la decisione pronundata nell'ambito di urta opposizione proposta ai 

(1-3) Rispoi>'te indiscutibili ai .q.esiti posti dal giudice tedesco, nei sensi 
indicati nelle osserv.~zioni scritt~ presentate in. causa dal Governo italiano, che 
qui di seguito si trascrivono. 

EserciZio �dell'azione civile in sede penale contro pubblico dipendente per 
. fatto .di servizio e riconoscimento de,la sentenza ai sensi della convenzione 
di '.Bruxelles del 27 settembr� 1968. 

(omissis) 4. -Con il i;econdo quesito il giudice tedesco chiede � a) se 
l'azione diretta al risarcimento del danrto. intentata personalmente nei. confronti 
del titolare di un ufficio pubblico che, venendo illecitamente e colposamente 
meno ai propri doveri, abbia cagionato un danno ad altri costituisce un'azione 
civile ai sensi dell'art. t, priino comma, della convenzione, e b) .in caso affer




RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

334 

sensi dell'art; 36 della Conventione, anche laddove un'impugnazione sia 

consentita �ai detti terzi dalla legge nazionale dello Stato di esecuzione (2). 

Il diniego di riconosCimento di. una decisione per i motivi indicati 
all'art. 27, n. 2, della Convenzione �. consentito solamente in caso di contilma�ia 
idel convenuto nel procedimento di origine. Tale disposizionei 
non pu� essere quindi invocata qualora il convenuto si sia� costituito. Un 
convenuto si considera costituito, ai sensi dell'art. 27, n. 2, della Convenzione, 
qualora questi, nell'am,bito di una domanda risarcitoria .dedotta 
nei pro�ed�mento�pei:tale mediante c9stituiione .di parte civile, abbia svoltp 
dif~s~ q.tl'itdienz<:i di dibq.ttimento, per mezzo del proprio difensore, in 
ordin~ 'alla pubblica accusa ma non in ordine alla domanda civile, anch'essa 
oggetto del dibattimento cui il difensore medesimo abbia assi� 
stito (3). 

(omissis) 1. -Par orc1@nanoe. du 28 maJ 1991, .parvenure � la Cour 
le ler juillet .suivant, le Bundesgerichtshof a pos�, en vertu du protocole 
d1,1} juin 197~ relatif � l'i:nterpr�tation. par 1a. Cour de justice de fa conv~
nti(>. ci.. 27 sepwmbre 1968, co11cernant la comp�terice judiciail'e et 
l~ex�cuti9n 4es .. d�cisions en�mati�re. civile et commerciale (JO .. 1972, L. 
299, p. 32),telle.que modifi�e par la convention du 9 octobre 1978 relative 
� l'adh�sion du Royaume de Danemark, de l'Irlande et du Royaume-Uni 

madvo, se ci� valga anche. nell'ipotesi in cui l'infortunio sia coperto da un'assicurazione. 
pubblica �. 

La risposta .non pu� �he essere positiva. 

La� convenz�one si applica esclusivamente alla materia civile e commerciale, 
con esclusione della materia fiscale, doganale e amministrativa. Per 
interpretare la nozione di 111ateria civile e commerciale ... si deve aver riguardo 
..., da .un lato agli obiettivi e al sistema della convenzione e, dall';;�tro, ai 
principi generali �desumibili dal complesso degli ordinamenti giuridici nazio


nali�� (sentenza della Corte 14 ottobre 1976, nella causa 29/76, in Racc. 1541). 
Orbene, se � pacifico che � � esclusa dal campo di applicazione della convenzioni: 
la decisione emessa in una causa fra la pubblica amministrazione e un 
privato, qualora la prima abbia agito nell'esercizio della sua potest� d'imperio
� (sentenza citata), appare altrettanto pacifico, in tutti gli ordinamenti 
giuridici degli Stati membri, che rientri invece nell'ambito della convenzione la 
controversia che vede il danneggiato rivolgersi ad tina . pubblica amministra� 
zfone e/o ad un suo dipendente per sentir affermare la sua responsabilit� 
ex delicto (cfr. relazione SchlOsser alla � convenzione di adesione� del 9 ottol:>
r~ 1978, h:i G.U.C.E. 5. m.arzo 1979 n. C/59, � 25 e. segg., pag. 83), non venendo 
in rilievo il rapporto di diritto pubblico, ma piuttosto la violazione� del generale 
. principiO �del neminem la�dere. Nella faftis;1Jecie in causa si discute, 
appunto, di una sentenza emessa in occasione di un'azione di risarcimento 
danni promossa contro un pubblico dipendente per' violazione da parte sua 
del generale principio suddetto, e non hanno rilievo i rapporti di manleva fra 
pubblica amministrazione e pubblico funzionari� o l'esistenza di una eventuale 
copertura assicurativa, n� i limiti di responsabilit� personale del pubblico 
dipendente nello Stato cui esso appartiene, posto che l'azione civile pro




PARTE I, SEZ. II, GlURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 335 

de Grande-Bretagne. et d'Irlande du Nord (JO L. 304, p. l, ci-apr�s �convention
�), plusieurs �questions pr�judicielles relatives � l'interpr�tation 
des. articles ie~, premier alin�a, 27, point 2, et 37, deuxi�me alin�a, de cette 
convention. 

2. -Ces questions ont �t� soulev�es dans 1e cadre d'un ~itige opposant 
M; V; Sonntag (ci~apr�s le � d�biteU!r �), soutenu' par le Land BadenWtirtteinbe:
rg; � M. et Mme H. Waidmartri, et leuf' fils Stefan Waidmal:in 
(ci�apr�ifles �cr�ariders �), au sujet de l'ex�cution en R�pt�blique f�d�� 
rale d'Allemagne, dans ses dispositions civiles, d'un jugement rendu par 
une juridictiori p�nMe italienne. 
3. -Il ressort du dossier que les cr�anciers solit les parents� et le 
fir�re de . Thomas Waidmann, �l�ve . d'une �cole pub1ique Q\l Land de 
Baden-Wurttem'Qerg, q.i a ~t� victi111~.,le 8 jum 1984, lors d'une ex�ur!
lion scolaire en Italie, ,d'un acciQ,ent l1lorteL en montagne. L'enseigna,.t 
accompagnateur, M. Volker Sonntag, a fait l'objet d'une proc�dure p�na1e 
devant le tribuna! r�pressif de Bolzano pour homicide par imprudence. 
posta attiene esclusivamente all'obbligazione ex delicto per un fatto commesso 
in altro� Stato membro e, secondo le comuni norme. di diritto in~rnazionale 
privato, �le obbligazioni non contrattuali sono regolate. dalla legge del luogo 
ove � avvenuto il fatto dal quale esse derivanoȥ (art. 25, co. 2, delle disposizioni 
sulla legge in generale, che precedono il codice civile italiano; cfr. anche, 
ai fini della competenza, l'art. 5 n. 3 della convenzione). 

5. -Il� terzo quesito pone alla Corte il problema � se possa considederarsi 
domanda giudiziale, ai sensi dell'art. 27 della Convenzione, la notificazione 
al convenuto di un atto in cui si esprima la volont� di richiedere, 
nell'ambito di un procedimento penale, anche la sua condanna al risarcimento 
<lei .danni materiali .e morali senza che in tale atto sia, per�, specificata 
l'entit� della richiesta risarcitoria�. 
~ pacifico che la materia delle azioni civili proposte davanti a giudici 
penali rientra nel campo �di applicazione della convenzione sia per quanto 
riguarda. la disciplina della competenza sia per quanto concerne il riconoscimento 
e .l'esecuzione delle . sentenze pronunciate, in seguito a siffatte azioni, 
dai giudici penali (art. 5 n. 4 della convenzione; cfr. relazione .Jenard. alla 
convenzione originaria, in Boll. C.E. suppl. 12/72, �apo III-III, pag. 18). Si 
chiede. solo se. possa considerarsi� rispondente ai requisiti minimi implicitamente 
richiesti dall'art. 27 n. 2 della convenzione una domanda giudiziale che 
non specifichi. esattamente l'entit� della richiesta risarcitoria. 

Non par dubbio .che anche a .questo quesito debba darsi risposta affermativa, 
considerato che, secondo le norme che regolano l'azione civile nel 
processo penale indicate sommariamente nel pre�edente �paragrafo 2, � l'azione 
civile pu� essere proposta solo per ottenere il risarcimento del� danno patrimoniale 
o non :patrin:loniale conseguente �l reato per il quale si procede e che 
la parte civile � tenuta a .esporre, sia pur sommariamente, i motivi a sostegno 
della sua domanda e infine a precisare le proprie conclusioni: il quantum 



336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

4. --Dans le cadre de cette proc�dure p�nale les cr�anciers se sont 
cons1Ji.tu�s, le 22 septembre 1986, partie civile contre l'enseignant accus�, 
afin d'obtenfr sa condamriation � fa r�parations des dommages caus�s 
par l'accident. L'acte judiciaire r�dig� � cet effet a �t� signifi� �U d�biteur 
le 16 f�vrier 1987. 
5. -L'audience au fond. devant le tribuna! r�prei;sif de )3olzano a eu 
li~u le 25 janvier 1988. Au cours de cette auclience le d��iteur �tait 
repr�sent� par un avocat. Dans l~ j"ugement rendu le me;me jqurj le d�biteur 
a �t� recunnu coupable d'homicide par imprudence et condamn� 
� verser �ne provision de 20 millions de lires � la famiUe Waidmann ai.si 
qu'� supporter les d�pens. Le jugement Jui a �t� signifi� et est pass� 
en force de chose jug�e. 
6. �;..;.. SUI' demande des cr�anciers, le Landgericht d'~Hwangen a, sur 
la base d'une oi'donnano� 'du 29 septembre 1989, appos� la formule ex�cutofr� 
sur i:e jugement du tribuna! de Bolzano, pour ce qui �onoerne ses 
dispositiorts civiles. 
7. -Le d�biteur a alors form� un recouvs contre cette d�cision devant 
l'Oberlandesgericht et a appel�, dans Je cadre de cette proc�dure, 
debeatur pu� non essere esattam�i1te precisato (cos� come del resto non � 
necessario che sia precisato in un'ordinaria �azione civile dinanzi al giudice 

I

civile}," posto che la sua liquidazione � conseguenziale e va fatta nei limiti 
di quanto effettivamente spettante secondo l'azione proposta ed esattamente 
specificata. 

6. -Con il quarto quesito il Bui:J.desgerichtshof chiede, infine, � se il 
I

convenuto possa considerarsi costituito in giudizio ai sensi dell'art. 27, secondo 
comma, della Convenzione qualora, nell'ipotesi di una domanda risarcitoria 
proposta nell'ambito di un procedimento penale promosso d'ufficio 

I 

(art. 5, quarto comma, della Conv�nzione), il responsabile civile abbia presentato 
le proprie difese, nel corso del dibattimento per mezzo di un difensore 
ili propria scelta, in ordine alla� pubblica accusa ma non anche in ordine alla 
domanda civile discussa oralmente in presenza dello stesso difensore�. 

�, , Secondo l'art. Il, primo� comma, del proto'collo annesso alla convenzione, 
�salvo disp0sizioni nazionali pi� favorevoli, le persone domiciliate in uno 
Stato contraente, cui v�nga contestata un'infrazione non volontaria davanti 
alle giurisdizioni penali di un altro Stato contraente di clii non sono cittadini 
possono �anche se non compaiono personalmente farsi difendere dalle persone 
a tale fine abilitate�. E la rel�Zione Jenard alla convenzione originaria (loc. 
cit., pag. 19) ha precisato in proposito quanto s�gue: � Per rispondere tuttavia 
all� obiezioni secondo le quali la parte contro la quale � stata intentata 
l'azione Civile rischi�.di trovarsi in difficolt� riella difesa quando con lo stesso 
processo pu� essergli 'comminata una condanna penale, il Comitato ha scelto 
una soluzione identica �a quella ammessa dal trattato Benelux. Il protocollo 
prevede all'art. 2 che detta persona potr� farsi difendere o rappresentare 
davanti al gi�dice penale. Non sar� dunque costretta a comparire personalmente 
�quanto� alla difesa dei suoi interessi civili�; 



PARTE 1, SE2); �U1 GlURIS. COMlJNl'l'ARIA E INTERNAZIONALE 337 

l~.Land Baden~Wil,rttemberg en... d�claraticm�de jugement �commun, en 
faisa.fllt va'loh~ qu'iLavait un ��dr.oit .� statut!*ire � .. ~��Que le Land 1'exon�:re 
de s9n obUgation de.�t�pam le pr�judi9e au> cas o� 1'iss:.;e dela proc�dure 
~aj �erait q�~a.vorable.~ ie Lan:d Ba4en,~W4rttemben~ est imerv�nu � l'in#;#~:~~ 
~9itu~n, si~~ c;9ii�l.siqils �41t 4~6it~ur. >� 
���� � � 
��� � 

��.�.�.�.�.�.�,�.�.�.�.��.��.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.��.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�. �.�.�.�.�.�.�.� .�.��.� �.�.�.� .�.�..�.�..��� .. �.�.�.�.�.�.�.�..�.�.�..�.�. 

Jk i i�obetl~�1dEisgericht��a teJet� le tec�ttrs le 20 juillet 1990 au motif, 

.� nofamment, qu� 1e>jugement p�rtal �du tliibunal de Bol2iliiin6 portait .sur 
~mati�te: ��vile att� giens de�l'article !Ler; :premier "aliln�a; premi:�re phrase, 
de' dl!)>C())l;'.\l"�ntl<>rt et que' J'action. civile .avait �t� .signifi�e >au .. d�biteur 
en temps �utile, 

9.. -r~� d�biteur ain~i. que _le 'La,riq.. ~~c;le.n~Wur~temberi.ont. <�.()rf� introduit. 
un !'eCOurs�.�.contre .cette d~cisio!f dev~t le �. Bundesgerichtshof. 

fg~~o~~fu,�.�~1iwaf1~!9~~r!hX:!~~~�����~~~g;m,1rJ.���-~~f~~,e~~a~~itU:!! 

des �l�ves par le d�b�teur, en sa qualit� de foncHoi:uiaii'e, rel�vedl.ldroit 
administratif/Ils :�'$timent �galementqite.Je cantenu del'intervent:ion des 
cr�anorers du 22 �s�ptetnbre�1986 �st trop va~ pour qu'.elte< puiS:se. et!t'� 
conSid�r�e comme: un aete ittittoductif d'�nstanee au sens de l'artkle 27, 
p�int -Ztde ~a-convention. 

�. �OJ:'he.ne; si � i:ic:<i>rcl�:l,to .�.cl:ie. nell'cu:c!Jllilme.ntp .� giutj.cjjcq )tajian0: a}l'impu1:
ato .� J\Ss!c:.r11fo. lA ogni ca~o la dite.sa~ 'anc;he ~e rhnruiga contumace e/o non 
i?rb\TVeda �a� iu:irilitiare�� un difensore ��di. fiducia,�_ e_ sf � altresi�. precisato� che, 
aw�riiita rituahriente la C�stittiziorie di parte civile; no:il� � richiesta una specifica 
costituzione. agli�. effetti civili dell'imputaito; sicch�. il difensore .di fidu~ 
c:ia 0: 4':1.dl:l:icio ~i>tUlleJa dife$a .4ell'imputat<;i �sia per gli .interessi penali che, 
aut<>mi:ttic11m,ente, Per gli interessi civili, senz~�� bisogno .di specifico mandatoper'.q\�esto. secOndo �.aspetto: La disposizione.� c;leU'�rt. Ii,_� prlmO _�comma, del 
protocollo non ha; cj_uiridl; gfan rilievo per l'�fdi.tiamentO giuric;lfoo italiano in 
quanto l'interesse dell'imputato � gi� parimenti tutelato. 
, Posto;dunque, che; .,..-.come del resto J>t.esuppone.il-quesito 4el Bundesgerichtshof 
"7 , l'imputata. aveva la. possibilit� giui:idi.ca _di. c;life;ndei;si .idoneamente 
iilJche reiativamente all'~ione �� C�.vile �.contro di lui prOmos~a iieI processo 
penale, ribi:f sembra �:�0tet �ssuiri�r� alcun rilievo, ai fini dell'eiequatur, la 
citcostam:� che, di fatto; il�� difensore.. -4ell'hnputato .non�abbia .svolto specifiche 
difese riguardo alla suddetta azione civile. Devesi,�� con;1,unque, ��� rilev;:tre, che 
appare non correttamente esposta e verificata fa" .circostanza: trattandosi, 
invero,_ di._. un'azi9f1-C:: civile .�.risarcitoria _limitata _. essenziaJmente .<tll'an ldebl!atur, 
sembra evidente .che la difesa civilistica sfa stata cOni;eguenzi�fo e coincidente 
con .quella sV�lta sotfo 11aspetfo penale, -� rfgiiardO �ai profili� della �sussistenza 
del fatto illecito e alla riferibilit� dello .stesso all'imputatoi' la c::ondanna al 
pagamento della :provvisionale e delle spese legaji � meramente conseguenziale 
alla pronuncia di responsabHit� penale e civile. � �� � 
Anche all'ultimo quesito si potr�, dunque, dare risposta affermativa. 
(omissis) �� � 

(O.F.) 



338 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

10. -Estimant que le litige soulevait, d�s lors, des questions d'interpr�tation 
de la convention, le Bundesgerichtshof a d�cid� de surseoir � 
statuer et de saisir la Cour des questions pr�judicielles suivantes: 
1) L'article 37, second al�n�a, de la convention exclut-il �galement 
tout recours de tiers int�ress�s contre la d�cision rehdue sur le recours 
form� au titre de l'article 36 cie la convention lorsque le droit interne 
de l'Etat d'ex�cution ouvre � ces tiers une voie de recours? 

a) la mati�re civile au sens de l'article ler, premier alin�a, premi�re 
phrase, de la convention� recouvre-t-elle le cas dans lequel le titulaire 
d'une charge publique, qui a caus� un pr�judice � une autre personne 
par la violation fautive et ill�gale des devoirs de sa charge, est actionn� 
personnellement en dommages-int�rets par la victime? 

b) en cas de r�ponse affirmative � la question pos�e sous a): 
en est-il de meme lorsque l'accident est couvert par un r�gime d'assurance 
sociale de droit public? 

2) Y a-t-il 'acte introductif d'instance' au sens de l'article 27, point 
2, de la convention lorsque le d�fendeur est inform� par un acte del 
proc�dure �crit de ce qu'il lui sera demand�, dans le cadre d'une 
proc�dure p�nale, de r�parer le pr�judice tant mat�riel que mora!, sans 
que l'acte n'indique l'importance de la cr�ance de droit dvii qui lui sera 
oppos�e? 

3) Un d�fendeur a-t-il comparu au sens de l'article 27, point 2, 
de la convention lorsqu'il s'agit d'une demande en indemnisation qui 
se greffe sur l'action publique pendante devant le tribuna! (article 5, 
point 4, de la convention) et que le d�biteur, par l'interm�diaire du 
d�fenseur qu'il a choisi, a certes pris position, lors de l'audience au 
fond, sur l'action publique mais non sur l'action civile, qui a �galement 
fait l'objet de d�bats oraux en pr�sence du d�fenseur �. 

11. -Pour un plus ample expos� des faits du litige au principal, du 
d�roulement de la proc�dure ainsi que des observations �crites pr�sent�es 
� la Cour, il est renvoy� au rapport d'audience. Ces �l�ments du 
dossier ne sont repris ci-dessous que dans la mesure n�cessaire au 
raisonnement de la Cour. 
12. -Dans. la mesure o� les questions pos�es par la juridiction 
nationale portent sur l'interpr�tation de plusieurs dispositions de la convention, 
il y a lieu d'examiner d'abord si l'action en r�paration de dommages 
qui se trouve � l'or:igine du litige, telle que d�crite dans l'ordonnance 
de renvoi, rel�ve du champ d'application de cette convention. Il 
convient donc de r�pondre en premier lieu � la deuxi�me question pr�judicielle. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Sur la deuxi�me question 

13 -Il r�sulte des termes de la question pos�e et des motifs des 
l'ordonnance de renvoi que la juridiction natioriale demand�, en substan


cc. � savoir si la �mati�re civile� au sens de. l'article 1er, premier ali 
n�a, premi�re phrase,. de la convention,. recouvre l'action en r�pa;ration 
des.. dq:inmages port�e. <Ievant une juridiction p�nal contre l'enseignant 
d'une �cole publique, . qui, lors d'une .excursion scolaire, a caus� un pr�judice 
� un �l�ve, du fait de la violation fautive et ill�gale des devoirs1 
de vigilance, et ceci meme en cas de garantie par un r�gime d'assurance 
sociale de droit public. 
14. -Afin de r�pondre � cette question, il convient d'examiner 
tout d'abord si une action en r�paration des. dommages port�e devant 
une juridiction p�nale peut relever du champ d'application de la con� 
venti on. 
15. -A cet �gard, il y a lieu de rappeler qu'aux termes de son article 
1er, premier alin�a, la convention �s'applique en mati�re civile et 
commerciale, et quelle que soit la nature de la juridiction �, 
16. -Il r�sulte ainsi des termes memes de cette disposition que la 
convention s'applique �galement aux d�cisions rendues en mati�re civi~ 
le par une juridiction p�nale. 
17 -Il convient ensuite de v�rifier si l'action en r�paration des 
dommages exerc�e contre un enseignant d'une �cole publique ayant oc~ 
casionn�, lors d'une excursion scolaire, un pr�judice � un �l�ve, du fait 
de la violation des devoirs de sa charge, rel�ve de la � mati�re civile� 
au sens de l'article 1er, premier alin�a, premi�re phrase, de la convention. 


18. -A cet �gard, il y a lieu de rappeler que, selon une jurisprudence 
constante (voir, not�mment, arret du 14 octobre 1976, LTU, 29/76, Ree. 
p. 1541, attendus 3 et 4; arret dti 22 f�vrier 1979, Gourdain, 133/78, Recp. 
733, attendu 3; arret du 16 d�cembre 1980, Ri.iffer, 814/79, Ree. p. 3807, 
points 7 et 8) la notion de � mati�re civile� utilis�e � l'article 1er de la 
convention, pr�cit�, doit-etre consid�r�e comme une notion autonome 
qu'il faut interpr�ter en se r�f�rant, d'une part, aux objectifs et au syst�me 
�-e la convention et, d'autre part, aux principes g�n�raux qui se 
d�gagent de l'ensemble des syst�mes de . droit nationaux. 
19. -Sur ce point, il importe de constater que, meme si elle se greffe 
sur une instance p�nale,� l'action civile, exerc�e en r�paration du �pr�judice 
caus� � �un particulier par suite d'une infraction p�nale, revet un 
caract�re civil. En effet, dans les syst�mes juridiques des Etats con" 
tractants, le droit � obtenir r�paration du dommage subi � la suite d'un 

RASSEGNA 'AVVOCATURA DELLO STATO

340 


comportement jug� r�pr�hensible au regard du droit p�nal est generalement 
reconnu comme �tant de nature civile. C'est de cette conception 
que part d'ailleurs l'article 5, point 4) de la convention. 

20. -Il r�sulte des art�ts LTU et Rliffer, pr�cit�s, qu'une telle 
action n'�chappe au champ d'application de la convention que lorsque 
le :responsable � l'encontre duqu�l elle est intent�e doit �tre consid�r�
1

comme une autorit� publique ayant agi dans l'exercice de la puissance 
publique. 

21. -A cet �gard, il convient de relever en premier lieu que la circonstance 
que l'enseignant ait le statut. de fonctionnaire et agisse en 
tant quel tel ne saurait �tre d�terminante. En effet, m�me s'il agit 
pour le compte de� l'Etat�, uri fonctionnaire n'exerce pas toujours la 
puissance publique. 
22. -Il convient de constater en deuxi�me lieu que, dans la majorit� 
des syst�mes juridiques des Etats membres, le comportement 
d'un enseignant d'une �cole publique, dans sa fonction d'encadrement 
des �l�ves lors d'une excursion scolaire, ne constitue pas une manifestation 
de la puissance publique, en ce que ce comportement ne correspond 
pas � l'exercice de pouvoirs exorbitants par rapport aux r�gles applicables 
dans les relations entre les particuliers. 
23. -Il y a lieu de constater en troisi�me lieu que l'enseignant d'une 
�cole publique assume � l'�gard des �l�ves, dans un cas similaire � 
celui de l'esp�ce au principal, des fonctions identiques � celles d'un 
enseignant d'une �cole priv�e. 
24. -Il importe de rappeler en quatri�me lieu que la Cour a 
d�j� constant�, bien que dans un contexte de fait et de droit diff�rent, 
dans l'arr�t du 3 juillet 1986, Lawrie;Blum (66/85, Ree. p. 2121, 
point 28 en rapport avec le point 24), qu'un enseignant ne fait pas 
usage de pr�rogatives de puissance publique m�me lorsqu'il note les 
�l�ves et participe � la d�cision sur leur passage � la c1asse sup�rieure. 
Cette constatation s'impose � plus forte raison lorsqu'il s'agit, � 
propos de l'encadrement des �l�ves, du devoir de surveillance que doit 
remplir l'enseignant lors d'une excursion scolaire. 
25. -Enfin, il convient d'ajouter que, m�me si le droit interne 
de l'Etat contractant d'origine de l'enseignant concern� qualifie l'activit� 
de surveillance dudit enseignant envers ses �l�ves comme un exercice 
de puissance publique, cette circostance demeure sans incidence 
sur la qualification du litige au principal au regard de l'article 1er de la 
convention. � 
I 
t 
I 



PARTE l, SEZ<'<ll; GI.IJJUS./COl'i!U:Nl'l'ARlA-E �INTERNAZIONALE 

26<-~'u r�st�tede�. l'ensemble: de eonsid�rations qui pr�c�dentque 
raction en.. ~paration. de dommages intent�e> en l'esp�ce au .principal 
pa�:'. .Jes �r�anciets contre l.'ens~ignant d'une ecole publique tel�ve de 
l~ 'matj�r� ciyile\��'au semi���de<l'artkle i~r,. premier>�alin�a, premi�re 
Pl.J.rase; d.eJa wnventl�n;.<.� � 

-i~tii~~f-~~~,��r~�~ti~~~?ce�_q~a7-i~~fa:~t�~~f :;ti!~:~ttl0i�~~i:!e�t~: 

cette action est couvert par un r�gime d'assurance sociale de droit 
public� � 

j~, ;! ~ ~~~ �gard1.U � ... l;~lli~tence �ventuelle 
.cl'Ul'le �ouvert.re d'assurance -ne rev~t a11cune impQrtance pui5que . la 
-bAse. <.le .la pr�tentio11 �ivilei: c'esk~w:lire la� responsal::>-ilit� e~,d~jeto, .ne 
se t:rq.y1:t Pas aJ'fect�e par Xe~isJenee 4e <~ette>g;.'antie p.ul::>llq.e.� 

29. -n convient, .d�s lors,' a~�-repondre . �'" �a d.el.txi�ll1~ qtl.~stion 
pos�e: par la juridictioq <le_ renyoi .l:J.:ue la � mati�re �civile �; �au� sens de 
!'artici e 1~~ premier' alin�a/ pretni�r� phrase; �� de fa ��convention �� reco�vre 
l'action en r�paration des dommages port�e devant une .juridiction p�nale 
contre l'enseignantd'une �oole publique��qui,lors� d'oune� ex.cursion.� scolaire; 
a . caus� un. pr�judice .� � � un �l�ve., du. �fait de la . violation. fautive 
.et�ill�gale:.�des�devoirs de vigilance,�et�ceci� m�i:ne �en cas de garantie 
par un r�gime .d'.;:tssurance sociale de. d:roit public~ 
S~r/.la.-pr.emi~re��questiQn 

�;;it -Par. cette.questiQn-�la._juridiction de_ renv9Lvise, en.substance, 
� savoir sC Ya.rtic1e 37,. <ieuxi�m~�._. aUn�a,�.. de .. la c~nv~ntiol;l doit.� etre 
intel'pr�t� en �e sells qu'il e](cl.t tout rec9urs de .tiers int�ress�s con: 
tre fa.�_.� d�dsiOn. rend.e ��_.� dans .. le .... cadre .� cl'un recotl.rs .formi . au . titre 
de l'article 36 de '1a convention, . y compris lorsque . le clroit interne de 
l'Etat d'ex�cution ouvre � ces tiers une voie de recours. 
31. -En vue de r�pondre� cette question, il convient de relever 
d'abord que' selori I'artide36/ premier� aliri�a,_ de��ra�convention; c'est 
fa. .� partie ccintfe laquelle >rex�ctitioif est deiriand�� qui peut. f�rmer Uh 
rec6ufs c�rifre 1a d�cisfon �par laquelle l'e:X:�cution est 'at1tor�s�e. D'apr�s 
l'article 37, deux�l11e iiliri�a, de cette���converttion,�� en R�publique f�d�rale 
d'Allemagne, la d�dsiOti reildue dails le cadre de ce recoti.rs ne peut faire 
l'objet que d'une Re�htsheschwerde. 
32. ..-.. 11 y a lieu de rappeler ensuite que la Cour s'est prononc�e. 
en fave�r d'une interpr�tation resttictive de la :notion �de � d�cision 
rendue sur le recours �, � figurailt � L'article 37, deuJli�me alin�a, de la 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

342 


convention, en disant� pour droit que, dans le cadre de l'�conomie g�n�rale 
de la convention et � la hlmi�re de l'un de ses objectifs principaux, 
qui est de simplifier les proc�dures dans l'Etat o� l'ex�cution 
est demand�e, cette disposition ne saurait etre �tendue de fa�on � 
permettre un pourvoi contre une autre d�cision que celle statuant 
sur le recours (arret du 27 novembre 1984, Brennero, 258/83, Ree. 

p. 3971, point, 15; arret du 4 octobre 1991, Van Dalfren, C-183/90, Ree. 
p. I � 4743, point 19). 
33. -Il convient de constater enfin que la Cour dans l'arret du 
2 juillet �1985, Deutsche Genossenschaftsbank (148/84, Ree. 1981, point 
17),' a pr�cis� que la convention a cr�� une proc�dure d'exequatur qui 
constit�e un syst�me autonome et c�mplet, y compris dans le domaine 
des voies de rec�urs, et qu'il en r�sulte que l'article 36 de la convention 
exclut� les 're�ours que le droit interne ouvre aux tiers int�ress�s 
� l'encontre d'une d�cision d'exequatur. 
34. -Ce principe doit �galement etre appliqu� au recours introduit 
ult�rieurement, conform�ment � l'article 37, deuxi�me alin�a, de la 
convention. Le fait d'interdire � un tiers int�ress� de former un 
recours au titre de l'article 36, tout en lui permettant d'intervenir au 
stade ult�rieur de la proc�dure, en formant un recours au titre de 
l'article 37, irait en effet � l'encontre du syst�me susmentionn� ains~ 
que de l'un des objectifs principaux de la convention, qui est de simplifier 
la proc�dure dans l'Etat d'ex�cution. 
35. -Il convient donc de r�pondre � la premi�re question pos�e 
par la juridiction de renvoi que l'article 37, deuxi�me alin�a, de la convention 
doit etre interpr�t� en ce sens qu'il exclut tout recours de tiers 
int�ress�s coiltre la d�cision rendue dans le cadre d'un recours form� au 
titre de l'article 36 de la convention, y compris lorsque le droit interne de 
l'Etat d'ex�cution ouvre � ces tiers une� voie de recours. 
Sur les troisi�me et quatri�me questions 

36. -Par ces deux derni�res questions, qu'il convient d'examiner 
ensemble et qui visent l'interpr�tation de l'article 27, point 2, de la convention, 
la juridiction de renvoi cherche � savoir, en premier lieu, 
s'il y a � acte introductif d'instance �, au sens de cet article, lorsque 
le d�fendeur est inform�, par un acte de proc�dure �crite, qu'il lui 
sera demand�, dans le cadre d'une proc�dure p�nale, de r�parer un 
pr�judice tant mat�riel que moral, sans que cet acte n'indique l'importance 
de la cr�ance de droit civil qui lui sera oppos�e. Elle vise � 
savoir, en second lieu, si un d�fendeur a comparu, au sens de la disposition 
pr�cit�e, lorsque, dans le cadre d'une demande en indemnisation 

PARTB. I, SBZ; II, GIURlS. CO~UNl'rARlA B IN1'BRNAZIONALB 

qtii se gr�ffevsur l'action publique devant le tribtinal; celui-ci a pris position, 
par l'interm�diaire du .d�fenseur qu/il a choisi, sur l'actiori publi� 
que, lors de l'audience au fond, .mais non sur l'action civile, qui a 
�galement faiL l'objet de d�bats ~ oraux auxquels ce dernie:r a assist�. 

� ..<:��:..: -::::..�.:<::-::�:::<:::��:::�:::..� .:::::� :.::::-::.::� ::..� ::-.�.:����::�::-. : 

.................. 


� 37'; �~�l �oh\ii~hj d.(;j: rappele~�. tQtit d~abotd que l'articl� 27 .� de la 
c�,nyel),tj,6n ~i:tl:l.fil�re les e<>nditfoils awcqu!!llles sont subordonn��s; dans 
un :Etat contractant, la reconnaissance de d�cisions rendues<dans un 
autre Etiat contractant.. Selon le point. 2 dudit article, la reconnaissance 
cioi.t. ~#�\ fehr:s�~ <( sfJiact� introductif d'iqstan�� n;a pas �t� notifi� 
aff d�fehde�f \'l�failiari.t, r�guli�l;ehl�nt. ef. �n terriJ?s utile, pour . qu'll 
pilllise li~ d�f�ri&e �. 

38. -Il y a l�eu de relever ensuite que, selon une jurisprudenc� con� 
$~.te; l'~~ticle 27, p�ij).t 2, de fa c(>hv�rtt�otl a pour. but . d'assurer 
quitih� a�~tsion he soit p1�i���rec�nnue��.81J; ex�ctit�.� s�fon��1a.��c9nvention, 
si l� d�fbhdeuf nfa j)as eff fa p�bibil.it� � de .. s� def�ridre . d�vartt le. jugej 
d'tn;"ig�ile (arr~t dit 16 juin 198t Kioihps/MiclM, 166/80, Ree. }'.), 1593, 
pbl�ff 9; arrM d.U �12 rioven1.1:>hf1992, Ffrfua :Mib:almet �Gmbll, t12S/91, 
no�l ericdte publi� au R�cueil, poirit �� 18). 
39~�...... Il en r�sulte que la �nort reconnaissance de�la d�cisiOrt; pour 
les raisons ind�qu�es � l'article 27; poirtt 2; d� la convention; n'esf possi� 
ble ;que <si le d�fendeur �tait d�fa�llant lors de la proc�dure d'origine, 
Cette dispositiort. ne saurait donc �tre invoqti�e Iotsque le d�fendeur 
a comparo, du moins s'il a �t� inform� des �l�ments du litige et 
s'il~a �t� mis en mesure de se d�fendre. 

40, -Eu �gard aux. faits du litige au principal, �� il y a li�u de 
rappeler que selon l'article II, premier alin�a, cl.u protocole annex� � 
la .coI:Wel;ltion, �� � sans pr�judi�e �� de � dispositions :ilationales �plus�� favara� 
bl~. les personnes. domicili�es dans un .Etat contra�tant et poursuivies 
PPUt' lll:te infraction involontaire devant Jes juridictions r�pressives d'un 
autre Etat contractant, dont elles ne sont pas les nationales, peuvent 
se fa4:'e cl,�fendre par des .. personnes habilit�es � cette fin, m�me si 
elles ne .comparaissent pas personnellement�. 

41. -Il convient de constater que lorsqu'un d�fendeur, par l'inter� 
m�diaire de son d�fensem::, prel1d position � l'audien�e....sur les... griefs 
qui lui so:ilt faits, fout en COM~issant fa cr�ance de droit civil qui lui 
est oppos�e dans le cadre de l'action p�nale, cette prise de pos�tion doit 
par principe �tre consid�r�e camme une comparution � la proc�dure 
dans son ensemb}e, sans qu'il y ait lieu de faire une distin�tion 
entre les .. poursuites p�nales et� la cr�ance de droit civil. Cela n'exclut 
cependant pas la possibilit� pour le d�fendeur de refuser la comparu~ 

344 RASSEGNA AWOCATURA -DELl.,O STATO . 

tion � l'action civil~. Si toutefois le d�fendeur n'agit pas ainsi, sa prise 
de position sur les griefs au p�nal a .�galement valeur de comparution au 
civil. 

42. -Il ressort de l'ordonnance de renvoi que le d�fenseur, choisi 
par le .q�fen<;leur au principal, n'a pas 5011lev� d'objections contre l'action 
civile, y .. compris pendant les d�bats oraux qui ont port� sur 
cette actiqn civile. 
43. -Il en r�sulte, en . ce cas, que le d�fendeur est consid�r� comme 
comparant et que )'article 27, point, i .. d.e la convention, doit etre, 
par cons�quent, d�c1ar� inapplicable. D�s lors, il n'y a pas lieu .d'examiner 
si, au sens de cette disposition, il y a eu acte introductif d;instance. 
44. -Il convient donc c1e. r�pondre � la juridiction de renvoi que 
la non ...reconnaissance..�de la ..d�cisio. pour le.s raisons indiqu�es � 
l'article 27, point 2, dela convention n'est PQssible que sj le �l�fendeur est 
d�faillant. lors de la proc�dur~ cJ'origine. Cette disp9sition ne saurait donc 
etre invoqu�e lorsque le q�efendeur a .comp~u:u. Un .d�fendeur est r�put� 
avoii comparn, au sens de . farticle 27, point 2, de la convention, 
lorque dans le cadre d'une demande en indemnisation qui se greffe 
J 

sur l'action publique pendante devant le tribuna!, celui-ci a pris position, 
par l'interm�diaire du q�fenseur qu'il a choisi, sur l'action publique, 
lors .de l'audii:mce au fond, .mais non sur l'action civile, qui a 
�galement fait l'objet des d�bats oraux auxql,lels ce dernier a assist�. 

II

(omissis). 

I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Plenum, 19 maggio 
1993, nella causa C-320/91 -Pres. Due ~ Avv. Gen. Tesauro -Domanda 
in pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribuna! � correctionnel 
di Liegi nella causa Corbeau c. R�gie des postes -Interv.: Governi 
spagnolo (ag; Navarra Gonzales �e Bravo-Ferrer Delgado), del 
Regno unito �(ag. Cochrane), irlandese (ag. Dockery), greco (ag. 
Koutolaitnos e Athanassou1is) e italiano� (avv. � Stato Braguglia) c. 
Commissione delle comunit� europee�� (ag. Marenco, Drijber e Gonzalez 
Diaz). 

Comunit� europee -Concorrenza � Monopolio fiscale . Legittimit� Limiti. 


(Trattato CEE, �rtt. 86 e 90). 

Un organismo, quale l'Amministrazione delle poste belga, a cui la 
legge ha attribuito il monopolio generale. dei servizi postali che copre 
l'insieme del territorio nazionale, costituisce un'impresa che occupa una 



PARTE I, ssz-; ,IJ,-Gitra:rs. COMllNlTAIUA B lNTBRNAZIONALE 

posizione dominante su �ti.na �parte; s�stanziale d�l mer�ato comune ai 

sensi dell'art1. 86 del Ttattatb. Il combinato disposto degli artt. 90, n. J, 
e 86 del Trattato osta a� 'Olie uno Stato membro applichi il monopolio 
legqJe, istitt,tito per il cservizio postale di base, anche ad attivit� di posta 
�elere; che presentq,nq yri '.reale valore aggiunto rispetto alle attivit� di 
rac�olta edist.ribuzion13 4ella corrispondenza proprie ,del �servizio postale 
<:li base ... :.,. 

(omissis) 1'.>,,_ J>ar jugement <lu 13 novembre 1991, parvenu � la Cour le 11 
d�ce:mbre suiy@t,. le tribl,lnal � correct.ionnel de Li�ge a pos�, en vertu de 
l'~rtidy �1n (;l\J ti;aJt�. CEE, quatre questions pr�judkielles sur l'interpr�t1;
ttio:ri de.s �rticles,,86 et 90 ,du trait�, en vue d'appr�der la compatibilit� 
�avec..ces, dispositions de la� r�glementation beige sur le monopole 
postai. 

,Z :'"'.' Qes questions ont �:t� soulev�es clans le cadre d'~e proc�dure 
p�nale porsuivie clev~t.� ,cette � juridictio:ri contre M. Paul. Corbeau, commer�ant 
� Li�ge, pr�ven:u, d,'avoir . co:ritrevenu � la l�gislation beige sur 
le monopole postai. 

3; _.. En Bdgiq\ie; les lois d.u i6 d�cembre 1956 sur le servke 
des p&stes (M6niteU.r du 30~31 cl�cetnbte 1956, p. 8619) et du 6 juillet 
1971 portanf cr�ation de la R�gie des postes (M�niteur du 14 aout 
1911, p. 9510) investissent la R�gie des postes, persorine morale de dfoit 
public, d'un droit ex:dusif en . ce qtti concerne la collecte, le transport 
et .la distribution, dans toute l'�tendue du Royaume, de toute correspondance, 
'quelle qu'elle soit, et pr�voient des sanctions p�nales pour 
toute i~fraction � ce droit exdusif. 

4. ~ Il ressort clu dossier de l'affaire� au pr�ncipal transmis � la 
Cour, des ol;>servations.�crites .d�pos�es ainsi que des d�bats .� l'audience 
qtie M. Cor:beau f�ournit; dans ~e secteur g�ographique de la ville de 
Li�ge et des 21ones lin.:titropl:les, . un servke consistant dans la collecte 
du courrier au domioile de l'exp�cliteur et dans. la distribution de ce 
courrier avant le lendemain � midi, pour autant que les destinataires 
se situent � l'int�rieur du secteur concern�. En ce qui concerne le 
�ourrier adress� � des destinataires r�sidant � l'ext�rieur de ce secteur, 
M; Co.rbeau proc�de � une. �collecte de la � cotrespondance au domicile 
j:ile l'exp�diteur -et � l'.envoi de celle-ci par la poste. 
5. -�Saisi par la R�gie des postes, le tribuna! correctionnel de 
Li�ge a d�eid�, eu� �gard� � ses doutes sui la compatibilit� de la r�glementation 
beige en cause' avec le dr6�t ~ommuhautaire, de surseoir � 
statuer et de poser � la Cour les questions pr�juclkielles suivantes: 
a) Dans quelle mesure un mortopole postal, tel que celui org�.nis� 
par la loi belge du 26 d�cembre 1956 sur le mGmopole postal, est-il con




RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O STATO

346 

forme, .en l'�tat actuel du droit communautaire,. aux normes du trait� 
de Rome (et notamment aux articles 90, 85 e 86) et aux normes de I 
droit d�riv� en vigueur, applicables en la mati�re? 

I

b) Dans q�elle mesure un tel manopole doit-il �ventuellement m 
etre r�am�nag� afin d'etre conforme aux obligations communautaires 
impos�es aux Etats membres en cette mati�re, et notamment � l'article 
90, paragraphe 1, et aux normes de droit d�riv� applicables en la 
mati�re? 

e) Une entreprise, investie d'un manopole l�gal et jouissant de 
droits exclusifs analogues � ceux d�crits dans la loi belge du 26 d�cembre 
1956, est-elle soumise aux r�gles de droit europ�en de la concurrence 
(et notamment aux articles 7 et 85 � 90 inclus) en vertu de 
l'article 90, paragraphe 2, du trait� CEE? 

d) Une telle entreprise jouit-elle d'une position dominante sur 
une partie substantielle du march� commun, au sens de l'article 86 
du trait� de Rome, position dominante qui r�sulterait soit d'un monopole 
l�gal, soit des faits particuliers de l'esp�ce? 

6. -Pour un plus ample expos� du cadre r�glementaire et des 
faits du litige au principal, du d�roulement de la proc�dure ainsi que 
des observations �crites pr�sent�es � la Cour, il est renvoy� au rapport 
d'audience. Ces �l�ments du dossier ne sont repris ci-dessous que dans 
la mesure n�cessaire au raisonnement de la Cour. 
7. -Au regard de la situation de fait du litige au principal, les 
qtiestions pr�judicielles doivent etre comprises en ce sens que la juridiction 
nationale cherche, en substance, � savoir si l'article 90 du trait� 
doit etre interpr�t� en ce sens qu'il s'oppose � ce qu'une r�glementationj 
d'un Etat membre, qui conf�re � une entit�, telle que la R�gie 
des postes, le droit exclusif de collecter, de transporter et de distribuer 
le courrier, interdise, sous peine de sanctions p�nales, � un op�rateur 
�conomique �tabli dans cet Etat d'offrir certains services sp�cifiques 
sur ce march�. 
8. -Pour r�pondre � cette question, telle qu'elle a �t� reformul�e, 
il convient de relever d'abord qu'une entit�, telle que la R�gie des 
postes, � laquelle a �t� accord�e l'exclusivit� en ce qui concerne la collecte, 
le transport et la distribution du courrier, doit etre consid�r�e comme 
une ,entreprise investie par l'Etat membre concern� de droits exclusifs, 
au sens de l'article 90, paragraphe l, du trait�. 
9. -Il convient de rappeler ensuite qu'il est de jurisprudence constante 
qu'une entreprise qui b�n�ficie d'un monopole l�gal sur une 
partie substantielle du march� commun peut etre consid�r�e comme 

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

�ccupant une position dominante au sens de l'article 86 du trait� 
(voir arrets du 10 d�cembre 1991, �Merci convenzionali porto di Genova 
SpA, point 14, C-179/90, Ree., p. I-5889, et du 13 d�cembre 1991, RTT, 
point 17,. C-18/88, Ree., p. I-5941). 

�10.. -'routefois l'article< 86 ne vise que les comportements anticoncurreiitiels 
qui ont �t� adopt�s . par Ies entreprises de leur propre 
initiative et non pas les mesures �tatiques (voir arret RTT, pr�cit�, 
point 26). 
11. -La Cour a eu l'occasion de prec1ser � cet �gard que si le simple 
fa�t, pour un Etat membre, de cr�er �ne position dominante par l'octroi 
de droits exclusifs n'est pas en tant que tel incompatible avec 
l'article 86, il n'en dem�ur� pas moins que le trait� impose aux Etats 
llie:tnbres de ne pas prendre ou maintenir en vigueur des mesures 
susceptibles d'�liminer l'effet utile de cette d�sposition (voir arret du 
18 juin 1991, ERT, point 35, C-260/89, Ree., p. 1~2925). 
12. -C'est ainsi que l'article 90, paragraphe l, pr�voit que les 
Etats . membres, en ce qui concerne les entreprises auxquelles ils 
accordent des droits sp�ciaux ou exclusifs, n'�dictent ni ne maintiennent 
aucune mesure contraire notamment aux r�gles du trait� en mati�re 
de concurrence. 
13. -Cette disposition doit etre lue en combinaison avec celle du 
paragraphe 2 du meme article qui pr�voit que les entreprises charg�es 
de la gestion de services d'int�ret �conomique g�n�ral sont soumises 
aux r�gles de concurrence dans les limites o� l'application de ces r�gles 
ne fait pas �chec � l'accomplissement en droit ou en fait de la mission 
particuli�re qui leur a �t� impartie. 
14. -C�tte. derni�re disposition permet ainsi aux Etats meinbres 
de conf�rer � .des entreprises, qu'ils chargent de la gestiori de services 
d'int�ret ��onomique g�n�ral, des droits exclusif qui peuvent faire 
obstacle � l'applieation des r�gles du trait� sur la concurrence, dans la 
mesure o� des. restrictions � la concurrence, voire une excl�sion de toute 
concu,rr�nc�, de la part d'autres op�rateurs �conomiques, sont n�cessaires 
pour assurer l'accomplissement de la mission particuli�re qui a 
�t� impa:rtie aux .entreprises titulaires des droits exclusifs. 
15. -En ce qui concerne les services en cause dans l'affaire au 
principal, il ne saurait etre contest� que la R�gie des postes est 
charg�e d'un service d'int�ret �conomique g�n�ral consistant dans 
l'obligation d'assurer la collecte, le transport et la distribution du courrier, 
au profit de tous les usagers, sur l'ensemble du territoire de l'Etat membre 
concern�, � des tarifs uniformes et des conditions de qualit� simi

348 ': MSSEGNA: AVVOCATURA DBLLO. STATO 

laires, sans �gard �aux situations particuli�res et au degr� de rentabilit� 
�conofuique de chaque op�ration individuelle. 

16. -En cons�quence, il s'agit d'examiner dans quelle mesure une 
restriction � la concurrence, voire l'exclusion de toute concurrence, 
de la part d'autres op�rateurs �conomiques, est n�cessaire pour per�nettr� 
au tit�laire du droit exclusif d'accomplir sa mission d'int�ret 
g�n�tal, et en partic�lier de b�ri�ficier de conditioris �conomiquement 
acceptables. 
� 17. -A l'effet de. c~t .,examen, il faut partir de la pr�misse que 
l'obligation, pour �le titulair~ de cette mission, d'assurer ses services 
dans des conditions d'�quilibre �conomique pr�suppose la .possibilit� 
�l'une compensation entre les secteurs d'activit�s rentables et des secteurs 
mpins rent�:lbles et justifie, d�s lors, une limitation de la concurrence, 
de la part d'e1:it~reneurs particuliers, au niveau des secteurs 
�~onomiquement rentables. 

18~ -'-En effet, autoriser des entrepreneurs particuliers de fa�re concurren�e 
au titulaire dei; 'droits exclusifs dans les secteurs de leur 
choix correspondant � ces droits les mettrait en mesure de se concentrer 
sur les activit�s �conomiquement rentables et d'y offrir des 
tarifs plus avantageux que ceux pratiqu�s par les titulaires des droits 
exclusifs, �tant donh� que, � la diff�rence de ces derniers, ils ne sont 
pas �conomiquement tenus .d'op�rer une cornpensati�n entte les pertes 
r�alis�es dans les' secteurs non rentables et les b�n�fices r�alis�s dans 
les secteurs plus rentables. 

19. -L'exclusion de la concurrence ne se justifie cependant pas 
d�s lors que sont en cau.se. des services sp�cifiques, dissociables du service 
d'int�ret g�n�ral, qui r�por;ident � des besoins particuliers d'operateurs 
�conomiques et. qui exigent certaines prestations suppl�mentaires que 
le service postai traditionnel. n'offre pas, telles que la collecte � domicile, 
une plus gr_ande rapidit� ou fiabilit� dans la distr�bution ou encore 
la possibilit� de modifier la destination en cour~ rl.'f!.cheminement, 
et dans la. mesi.ire o� ces services, de par leur nature et� les cc,mditions 
dans lesquelles ils sont offerts, .� telles que l� secteur, g�ographique dans 
lequel ils interviennent, ne mettent pas en cause l'�quilibre �conomique 
du service d'int�ret �conomique g�n�ral assum� par le tit�laire du 
droit exclusif. 
20. -Il appartien � la juridiction de renvoi d'examiner si les servi:
ces qui sont en cause d�ns le litige dont elle est saisie r�pondent � 
ces� crit�res. 

PARTE I, SEZ. -n, GIURIS. COMUNITARIA-E INTERNAZIONALE 349 

21.-Il y a d�s lors Iieu de r�pondre aux questions pos�es par le 
tribunal correctionnel de Li�ge que l'article 90 du trait� CEE s'oppose 
� ce qu'une r�glementation d'un Etat membre qui conf�re � une entit� 
. telle .. que la R�gie des postes le droit exclusif de collecter, de 
transporter et de distribuer le courrier interdise, sous� peine de sanctions 
p�nales, � un. op�rateur �conomique �tabli dans � cet Etat d'offrir certains 
services sp.�cifiques, dissociables du service d'int�ret g�n�ral; qui r�pondent 
� des besoins .particuliers des op�rateurs �cononiiques et 
qui exigent certaines prestations suppl�mentaires que le. service postal 
traditionnel n,'offre pas, dans la mesure o� ces services ne mettent pas 
en cause l'�quilibre �conomique du service d'int�ret �conomique g�n�ral 
assum� par le titulaire du droit exclusif. Il appartient � la juridiction 
de renvoi d'examiner si les services qui sont en cause dans le litige 
dont elle est saisie r�pondent � ces crit�res. (omissis) 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 20 ottobre 
1993, nella causa ~10/92 � Pres. Due � Avv. Gen. Jacobs � Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Genova nella 
causa Balocchi c. Min. finanze� lnterv.: Govetnoitaliano (avv. Stato 
Favara) e Commissione delle C.E. (ag. Traversa, avv. Dal Ferro). 

Comunit� Europee � Corte di giustizia delle Comunit� eurQPee � Domanda 

di pronuncia pregiudiziale del giudice nazionale � Presupposti � Con


traddittorio -Competenza. 

(Trattato CEE, art. 177). 

Comunit� EurQPee � Sesta direttiva. IVA �Liquidazione dell'importo netto 

dell'IVA� Acconto da pagare su tale importo. 

(direttiva. del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, artt. 10 e 22; _d.P.R. 2.6 ottobre 

1972, n. 633, art. 33; legge 29 dicembre 1990, n. 405, art. 6). 

Spetta� solo al giudice nazionale valutare la necessit� di sentire il 
convenuto prima di emettere un'ordinanza di rinvio pregiudiziale ai sensi 
dell'art. 177 Trattato CEE. Non spetta alla Corte accertare se il provvedimento 
con cui � stata adita, non revocato a seguito dell'esperimento 
di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale, sia 
stato adottato in modo conforme alle norrne nazionali in materia di organizzazione 
giudiz�aria e di procedura (1). 

(1) Massime conformi ai precedenti della Corte (nella specie la pronuncia 
della Corte di cassazione nazionale -Sez. Un. 6 novembre 1993, n. 10999/93, che 
ha di�hiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario che aveva proposto 
la domanda pregiudiziale nel corso di un procedimento di urgenza, � intervenuta 
dopo 'la pronuncia del giudice comunitario): cfr., in questa Rassegna 1987, I, 
296; '1986, I, 435 (con nota di CONTI); 1983, I, (con nota di LAPORTA); 1982, 
I, 70 e 675 (con nota di FERRI); 1976, I, 199; 1974, I, 354 (con nota di MARZANO). 
6 



350 Ri\.SSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 
1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli 

I

@

Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune 
di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ostano a che I 
norme del diritto nazionale impongano ai soggetti passivi di versare un �: 
importo di IVA pari al 65% dell'importo totale esigibile per un periodo 
che non � ancora trascorso. I soggetti passivi a cui tale obbligo � imposto 
possono invocare dinanzi al giudice nazionale le disposizioni direttamente 
efficaci della direttiva, vale a dire gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5 (2). 

(omissis) -1. -Con ordinanza 18 dicembre 1991, pervenuta in cancelleria 
il 9 gennaio 1992, il presidente del Tribunale di Genova, ha sottoposto 
a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, diverse questioni 
pregiudiziali relative all'interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 
17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni 
degli Stati membii relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema 
comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme 
(GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la �sesta direttiva�). 

2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una lite tra 
I

il signor Balocchi, cittadino italiano, ed il ministero italiano delle Finanze 
a proposito del pagamento di un acconto provvisorio sull'imposta sul I 
valore aggiunto (in prosieguo: 1'� IVA�). 

I

3. -La normativa italiana in materia di IV A fissa in un anno (1� gen~ 
naio-31 dicembre) la durata del periodo d'imposta. I soggetti passivi 
devono presentare una dichiarazione annuale per ogni periodo d'imposta 
entro il 5 marzo dell'anno successivo. Tale dichiarazione annuale ha natura 
riepilogativa. Infatti, nel corso di tale periodo i soggetti passivi 
sono tenuti ad effettuare versamenti mensili o trimestrali, in base all'entit� 
del loro volume d'affari. Quando presentano all'amministrazione 
tributaria la loro dichiarazione annuale i soggetti passivi, a seconda dei 
casi, versano il saldo dell'IVA dovuto per l'attivit� dell'intero periodo 
oppure recuperano l'ammontare pagato in eccesso. 
4. -Prima del 1991 l'importo dell'IVA dovuto per l'ultimo trimestre 
dell'anno era versato di regola all'atto della dichiarazione annuale del 
mese di marzo dell'anno successivo. Tale norma � stata modificata nel 
(2) I principi affermati dalla Corte riguardano l'IVA, la cui disciplina � 
armonizzata a livello comunitario, e perci� non possono essere estesi tout 
court ad altre fattispecie normative, non armonizzate, quali quelle dei versamenti 
in acconto dell'IRPEF, dell'IRPEG e dell'ILOR, di cui all'art. 1 legge 
23 marzo 1977, n. 97, e successive modificazioni. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 351 

1991 dall'art. 6, secondo comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (in 
prosieguo: la �legge n. 405/90 �, suppl. ord. GURI n. 303 del 31 dicembre 
1990), che � entrata in vigore il 1� gennaio 1991. 

5. -In forza del nuovo regime i soggetti passivi tenuti ad effettuare 
versamenti mensili devono corrispondere entro il 20 dicembre di ogni 
anno, a titolo di acconto sull'IVA dovuta per lo stesso mese, un importo 
pari al 65% del versamento che hanno effettuato (o che avrebbero dovuto 
effettuare) per il dicembre dell'anno precedente. Se prevedono che l'importo 
dovuto. per il mese di dicembre dell'anno iri corso sar� inferiore 
a quello versato per lo stesso mese l'anno precedente, i soggetti passivi 
hanno la facolt� di versare, entro lo stesso termine, un importo pari al 
65 % dell'importo dell'IVA che essi stimano di dover assolvere per il 
mese di dicembre in corso. 
6. -Dal canto loro, i contribuenti soggetti all'obbligo di effettuare 
versamenti trimestrali devono versare, sempre entro il 20 dicembre, a 
titolo di acconto sul versamento da effettuare all'atto della dichiarazione 
annuale, un importo pari al 65 % dell'importo versato (o che avrebbe 
dovuto essere versato) per il quarto trimestre dell'anno precedente o, 
se � inferiore, di quello dovuto per il quarto trimestre dell'anno in corso. 
7. -Pr calcolare l'acconto da versare entro il 20 dicembre dell'anno 
in corso il contribuente, tanto se soggetto all'obbligo di effettuare versamenti 
mensili, quanto se tenuto a versamenti. trimestrali, pu� quindi 
scegliere. fra due possibilit�. Egli pu� basare il suo calcolo sulla somma 
pagata l'anno precedente con l'ultimo versamento (mensile o trimestrale) 
oppure basarsi sull'importo dell'IVA che prevede di dover pagare alla 
fine �ell'anno in corso con l'ultimo versamento (mensile o trimestrale). 
In questo secondo caso fart. 6, quinto comma, della legge n. 405/90 dispone 
tuttavia che il contribuente che non versi del tutto o in parte 
l'importo dovuto � soggetto ad una soprattassa del 20 % sulle somme 
non corrisposte. 
8. -Il signor Balocchi esercita la professione di amministratore. di 
beni immobili in Italia ed � quindi soggetto passivo IV A. Rientrando nella 
categoria dei contribuenti il cui volume di affari annuo � inferiore a 
360 milioni di LIT, egli fruisce del regime dei versamenti trimestrali, il 
cosiddetto � regime semplificato �. Pertanto, in forza dell'art. 33 del decreto 
del Presidente della Repubblica n. 633/72 (suppl. ord. GURI n. 292 
del 1� novembre 1972), egli deve effettuare versamenti periodici entro 
il quinto giorno del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre 
trimestri dell'anno. Dal 1991 egli � tenuto, per il quarto trimestre, a 
versare entro il 20 dicembre l'acconto di cui all'art. 6, secondo comma; 
della legge n. 405/90. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

352 

9. -Il signor Balocchi contesta quest'ultima disposizione. per il motivo 
che impone il pagamento, entro la fine dell'ultimo trimestre dell'anno, 
di un accontO sull'IVA relativa all'intero trimestre. In tal modo, 
una. parte. dell'acconto IVA da versare all'erario si riferirebbe a presta.
zibni non ancora etfetttiate ed a corrispettivi non ancora riscossi. 
10, ...,. Il citato art, 6, secondo comma, sarebbe in contrasto con gli 
artt. 10 e 11 della. sesta direttiva che, secondo il signor Balocchi, consentirebbero 
di esigere l'IVA solo dal momento in cui � stata realizzata Topera:
zione imponibile .. Per far valere il suo assunto il signor Balocchi ha 
proposto dinanzi al Tribunale di Genova un ricorso diretto a far dichiarare 
l'incompatibilit� . della detta disposizione italiana con il diritto comunitario 
ed ha chiesto al Presidente del Tribunale -che ha accolto la 
sua domanda -la sospensione, nei suoi confronti ed in via provvisoria, 
dell'obbligo di pagare l'acconto previsto dalla stessa disposizione. Il Presidente 
del Td'bunale, ritenendo peraltro che la pronuncia nel merito 
della lite dipenda dall'interpretazione del diritto comunitario, ha sottoposto 
alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 

� 1) se le norme di cui agli artt. 10 e 11 della VI direttiva del Consiglio 
CEE del ri maggio 1977 n. 388 (in GU CEE del 13 giugno 1977 

n. 145) abbiano armonizzato le nozioni cli � fatto generatore di imposta� 
e di � momento di � esigibilit� � della stessa e, in caso positivo, se dette 
norme attribl.liscano ai singoli diritti che possono essere fatti valere di 
fronte ai Giudici Nazionali; 
2) in caso di risposta positiva al primo quesito, cosa debba considerarsi 
per fatto generatore di imposta e per momento di esigibilit� 
dell'imposta � se gli artt. 10 e 11 della direttiva precitata, cos� come 
interpretati dalla Corte di giustizia, ostino ad una normativa nazionale 
(art. 6 1. 405/90) che imponga ai prestatori di servizi l'obbligo del versamento 
dell'imposta IVA in relazione a prestazioni non ancora effettuate 
e a corrispettivi non riscossi �. 

11. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa 
principale del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla 
Corte si fa rinvio alla relazione d'udienza; Questi elementi del fascicolo 
sono richiamati ��solo nella misura necessaria alla comprensione del �ragionamento 
della Corte. 
SULLA RICEVIBILIT�. 

12. -Il governo italiano sostiene anzitutto che la questione pregiudiziale 
� stata proposta nell'ambito di un procedimento in cui non 
vi � stato contraddittorio, poich� il ministero delle Finanze non ha 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

353 

avuto l'occasione di intervenire e di presentare le sue osservazioni in 
ordine agli argomenti addotti dal signor Balocchi. Essa dovrebbe essere 
quindi considerata irricevibile. 

13. -Dalla giurisprudenza della Corte si ricava che, indubbiamente, 
pu� risultare necessario, nelrinteresse di una buona amministrazione 
della giustiZia, � che una questione pregiudiziale venga sollevata solo a 
seguito di�.un contraddittorio tra le parti. 
14. -Si deve tuttavia rilevare che l'esistenza di un previo contraddittorio 
non �figura tra i presupposti prescritti per l'instaurazione del 
procedimento previsto dall'art. 177 del Trattato e che spetta al solo 
giudice nazionale valutare la necessit� di sentire il convenuto prima di 
emettere un'ordinanza di rinvio (v. sentenza 28 giugno 1978, causa 70/77, 
Simmenthal, Racc. pag. 1453). 
15. -Il governo italiano contesta inoltre la ricevibilit� della domanda 
pregiudiziale per il motivo che il giudice di rinvio non � competente 
in materia tributaria. 
16. -Questo argomento attiene al diritto nazionale e pertanto non 
pu� essere accolto. La Corte, nella sentenza 14 gennaio 1982 (causa 
65/81, Reina, Racc. pag. 33, punto 7 della motivazione), ha infatti stabilito 
il principio che non le spetta accertare se il provvedimento con 
cui � stata adita sia stato adottato in modo conforme alle norme nazionali 
in materia di organizzazione giudiziaria e di procedura. 
17. ---La Corte deve quindi attenersi al provvedimento di rinvio 
emesso dal giudice di uno Stato membro fintantoch� esso non sia stato 
revocato a seguito dell'esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente 
previsti dal diritto nazionale. 
NEL MERITO. 

Sui presupposti di legittimit� di un sistema di acconti. 

18. -L'ordinanza di rinvio mira in sostanza a far accertare, in 
primo luogo, se le pertinenti disposizioni della sesta direttiva ostino 
a che una normativa nazionale imponga ai soggetti passivi l'obbligo 
di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale esigibile 
per un periodo di imposta che non � ancora trascorso. 
19. -La norma italiana controversa, che figura nell'art. 6 della 
legge n. 405/90, obbliga i soggetti passivi a versare, in un momento 
in cui l'ultimo mese o trimestre dell'anno non � ancora trascorso, un 
-



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

354 

acconto del 65 % sull'IVA dovuta per l'intero periodo. Il ricorrente 
nella causa principale e la Commissione sostengono che tale acconto 
ha l'effetto di obbligare i contribuenti ad assolvere l'IVA su operazioni 
non ancora realizzate e che la disposizione che prevede detto acconto 
� quindi contraria all'art. 10, n. 2, della sesta direttiva. 

20. -L'IVA � un'imposta sulla cifra d'affari realizzata mediante 
la cessione di un bene (fornitura di una merce) o la prestazione di un 
servizio. Come giustamente sottolinea l'avvocato generale, dal sistema 
della sesta direttiva emerge che in via di principio la detta imposta 
dev'essere pagata solo a posteriori. 
21. -Va infatti ricordato che le disposizioni dell'art. 10 della sesta 
direttiva hanno armonizzato le nozioni di fatto generatore e di esigibilit� 
dell'imposta. 
22. -Ai sensi dell'art. 10, n. l, della sesta direttiva � considerato 
fatto generatore dell'imposta � il fatto per il quale si realizzano le 
condizioni di legge necessarie per l'esigibilit� dell'imposta �. L'esigibilit�, 
a sua volta, designa � il diritto che l'Erario pu� far valere a norma 
di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento 
dell'imposta �. 
23. -L'art. 10, n. 2, dispone che � il fatto generatore dell'imposta 
si verifica e l'imposta diventa esigibile all'atto della cessione di beni o 
della prestazione di servizi �. 
24. -Occorre tuttavia sottolineare che si deve fare una distinzione 
tra, da un lato, le nozioni di fatto generatore e di esigibilit� dell'imposta, 
di cui all'art. 10, e, dall'altro, la nozione di pagamento dell'imposta. 
L'ordinanza di rinvio non fa riferimento alle disposizioni della sesta 
direttiva concernenti il versamento dell'IVA. Esse sono per� pertinenti 
nel caso di specie. La norma generale, che figura nell'art. 22, n. 5, della 
stessa direttiva � che � ogni soggetto passivo deve pagare l'importo 
netto dell'imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione 
della dichiarazione periodica �. Ai sensi del n. 4 dello stesso articolo la 
dichiarazione va presentata dopo la fine del periodo fiscale, entro un 
termine stabilito dagli Stati membri, che non pu� superare due mesi. 
25. -Tuttavia, tenuto conto del fatto che, nel campo dell'IVA, i 
soggetti passivi agiscono come collettori d'imposta per conto dello Stato, 
e per evitare che si accumulino nelle loro mani, nel corso di un periodo 
d'imposta, somme rilevanti di denaro pubblico, l'art. 22, n. 5, della sesta 
direttiva autorizza gli Stati a derogare alla norma che prescrive il pagamento 
al momento della presentazione della dichiarazione periodica 
ed a riscuotere acconti provvisori. 

PARTE I, SBZ/ ll, GttJlUS. tlO:MtJNtt'ARI� � �! U!ltllRNAZIONALB 355 

�� �26/~ Poich�, in genere, al momento del pagamento di tali acconti 
i� conti del periodo in esame. non sono stati aricora liquidati; gU� .. stati 
membri possono prevedere come punto di riferimento il volume d'affari 
:i;eaij;l~?to :llel ce>rso. .<iel Pei:ioqg . Q()p;ispoll:dente. <:leU';;i,nn() precedente. 

~e~~t�~~:1tq~~i.t~~~~~~


dente.che ili $.tat� .memb(� a�rib.isc!;\llO .al s()ggette>.passiV(;) la fac9lt� di 
determinare l'acconto da versare in base al vohtme d'affari. che, secondo 
la sua stima, �egli dovrebbe . effettivamente . realizzare al. termine del periodo 
ccinside.i:lito; e hoh glf iil�pohgano Il paga:tnento di soprattasse riel 
caso . il1 cui .. sottov;;iluti in buona �fede. �l::t somma effettivamente dovuta . 

. 27....�.�. Ltl particolar�t� deUa . nottriativa . italiana . consiste nel fatto 
di. iiripofre.�ars6g~ett�. pai;sivi eh.e .�.nori intendaM .assumere c()me �rife� 
Hiri�rito .1'1:VA pagati .� rtef peri6do � corrisp�l�dente. dell'arino precedente 
di versare mi accont6 talcolato in base al volume d'affari che sar� rea� 
lizzato�. 11.el c&sb d� . hif pe:fiOd� .che .�non �.� l:lricora trascorso. trn simile 
sistema pu� far s� eh.e l soggetti passivi che realizzano una parte rilevante. 
delloro volume d'affari nel corso degli ultimi undici giorni del� 
l'anno, come ncl caso (lell!it1dustria alberghiera, debbano corrispondere 
l'IVA su operazioni non ancora effettuate. Nel caso di tali soggetti pas� 
sivi � 1a .. criticat��cl'.lspdsizione�.�� delik legge italiana���� porta a �trasformare 
gli acconti in anticipi contrastanti con la regola, . sancita dalla direttiva, 
secondo cui gl� .Statf i:ri~mbri. possono esigere n pagamento dell'IVA 
solo per opetazfolli�� realizzate. �� 

28. -Che gli acconti divengano in tal modo degli anticipi risulta 
con � particolare � evidenza nel �caso dei soggetti passivi �tenuti a versa� 
irie~ti ... rnensm.�� Per costoro l'importo detfiacconto cornsponde, in proporzione 
pressoch� identica, al ntl.triero � dei� gior;ni del � mese trascorsi 
tra il 1� ed il 20 dicembre, vale li. dire M,5 %. Pertanto, la minillia diminuzfone 
del volume d'affari rispetto all'anno precedente, come il mi� 
nimo errore nella stima del volume d'affari che verr� realizzato alla 
fille ..cl,el:l'anno in corso, d.etermina, come conseguenza; fobbligo di ver� 
sare un acconto . ma.nifestamente superiQre �alla so:tn:tna �� effettivamente 
esigibileil 20 dicembre dell'armo in corso, Invece, per i soggetti passivi 
tenuti a versamenti trimestrali il rischio � . minore in quanto � gi� tra� 
scorso 1'88 �10 del trimestre quando, il 20 dicembre, deve essere versato 
l'acconto del 65% dovuto per l'ultimo trimestre dell'anno in corso. 
29. -Il governo italiano fa notare, a tale proposito, che il soggetto 
passivo ha la facolt� di assumere come riferimento il suo volume d'af� 
fari effettivo per il mese o il trimestre in corso anzich� riferirsi a quello 
realizzato l'anno precedente nel mese o nel trimestre corrispondente. 

356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

30. -Tal facolt� non � rilevante, poich� il problema inerente alla 
normativa italiana sussiste comunque, tanto se il punto di riferimento 
sia l'anno in corso, quanto se sia l'anno precedente. 
31. -Alla luce delle osservazioni che precedono, la prima questione 
pregiudiziale dev'essere risolta nel senso che gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, 
della sesta direttiva ostano a che una normativa nazionale imponga ai 
soggetti passivi l'obbligo di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo 
totale esigibile per un periodo che non � ancora trascorso. 
Sull'efficacia diretta delle disposizioni pertinenti della direttiva. 

32. -Risulta poi dall'ordinanza di rinvio che il giudice nazionale 
mira, in secondo luogo, a far accertare se le disposizioni della sesta 
direttiva pertinenti al caso di specie ostino all'applicazione dell'art. 6 
della legge n. 405/90, il quale impone ai prestatori di servizi l'obbligo 
di versare l'IVA su prestazioni non ancora effettuate, e conferiscano ai 
singoli diritti che possono essere fatti valere dinanzi al giudice nazionale. 
33. -Per risolvere tale questione basta rinviare alla costante giurisprudenza 
della Corte relativa all'efficacia diretta delle direttive (v. 
sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53). 
34. -Da tale giurisprudenza risulta che, nonostante il margine di 
discrezionalit� relativamente ampio di cui gli Stati membri dispongono 
per l'attuazione di talune disposizioni della sesta direttiva, i singoli possono 
far valere dinanzi al giudice nazionale le disposizioni della direttiva 
che siano sufficientemente chiare, precise e incondizionate. 
35. -Gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, possiedono tali caratteristiche e 
pertanto conferiscono ai singoli dei diritti che essi possono far valere 
dinanzi al giudice nazionale per opporsi ad una normativa nazionale 
incompatibile con le dette disposizioni. 
36. -Le questioni sollevate dal presidente del Tribunale di Genova 
vanno quindi risolte come segue: 
1) gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva del Consiglio 
17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni 
degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema 
comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, 
ostano a che norme del diritto nazionale impongano ai soggetti 
passivi di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale 

I 

esigibile per un periodo che non � ancora trascorso; 

~ 

2) i soggetti passivi a cui tale obbligo � imposto possono invocare ~ i: 
dinanzi al giudice nazionale le disposizioni direttamente efficaci della t 
direttiva, vale a dire gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5. (omissis) 

Ii

'

�I, 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE, 
GIURISDIZIONE E APPALTI 


CORTE DI CASSAZIONE; Sez. 1�; 12 ottobre 1992, n. 11115, Pres. Favara; 
Est. Lupo; P.M. Lo Cascio (concl. conf.): Societ� Italiana Assicurazione 
Crediti (avv. Nicol�) c. Societ� Benn (avv. Tornabuoni). 

Societ� � Societ� per azioni � Immedeshnazione organica � Rappresentanzii 
apparente � Atti negoziali posti in essere da dipendente � Inefficacia. 

Gli atti negoziali conclusi da un dipendente non amministratore 
sono da considerare inefficaci nei confronti della Societ�. (1) 

1. -Con il prhno motivo del ricorso la societ� Siac. deduce la violazione 
dell'art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 2697 e.e., per erronea applicazione 
dei principi sull'onere della prova. La societ� ricorrente osserva 
che la assicurata Benn Club ha asserito di avere ricevuto � l'affidamento 
� della Siac per le sue vendite alla societ� francese Intercom, 
� affidamento � necessario per la copertura assicurativa; spettava, quindi, 
Brevi osservazioni sull'apparentia iuris in materia societaria. 

(1) Il caso in questione offre un valido spunto per approfondire il � complesso 
� rapporto trilatero Societ� -amministratori -terzo, soprattutto in 
relazione alle problematiche legate alla tutela del terzo contraente nei confronti 
dei rappresentanti della Societ�. 
Ponendo in secondo piano l'accertamento, spettante al giudice di merito, 
della qualificazione del c;d. benestare all'interno della disciplina contrattuale, 
soprattutto per verificare se si tratti (come affermava la �ricorrente Siac) di 
atto avente natura negoziale, la nostra analisi si muover� su due linee-guida:; 

1) Analizzare il suddetto rapporto alla luce. dell'art. 2384, congiuntamente 
con l'art. 2383, ponendo l'accento in special modo sulla pubblicit� che accompagna 
le attivit� delle S.p.A.; 

2) ampliare il ragionamento, usando il �filtro� degli artt. 1388-1398, 
sulla rappresentanza senza potere e le conseguenze sugli atti posti in essere 
dal falsus procurator. 

Secondo un. indirizzo giurisdizionale, non pu� essere invocato il principio 
dell'apparentia iuris ed � perci� precluso qualsiasi strumento di tutela per 
il terzo contraente, in tutti quei casi in cui. la legge prescriva specifici mezzi 
di pubblicit�, idonei all'accertamento dei poteri rappresentativi, come ac.cade 
appunto per gli organi, ed in particolar modo per gli amministratori, delle 
Societ� di capitali regolarmente costituite. 

In tali casi anche una assoluta carenza di potere rappresentativo da parte 
di colui che agisce in nome e per conto della Societ� rappresentata non po




358 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

alla Benn Club l'onere di provare tale fatto, validamente compiuto in 
quanto proveniente da un organo della Siac, tenuto conto che essa Siac 
aveva negato per iscritto il chiesto affidamento (risposta di �fido zero�). 
La corte d'appello ha ritenuto di individuare l'atto di concessione del fido 
in una �immaginosa telefonata� fatta da un dipendente della societ� 
assicuratrice (Giancarlo Sorbello) che la societ� ricorrente ha sempre 
negato essere abilitato ad impegnare la Siac. senso alla copertura assicurativa, 
secondo il tenore espresso dalla polizza assicurativa. E' rimasto 
perci� sfornito di prova il fatto costitutivo della pretesa fatta valere dalla 
societ� Benn Club. 

Con il secondo motivo del ricorso la societ� Siac deduce la violazione 
degli artt. 2226, 2384 e 1325 e.e., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. 
Secondo la societ� ricorrente, la concessione di fido sulla:. singola operazione 
di esportazione non costituisce, come ha affermato la corte d'appello, 
un semplice elemento integrativo della efficacia dell'assicurazione, ma 
un elemento del contratto di assicurazione, che riempie il �contrattoquadro 
�. Consegue che la comunicazione della concessione di fido sulla 
singola operazione � manifestazione di volont� contrattuale, che compete 
solo a chi ha la rappresentanza della societ�. Non pu� ritenersi che tale 
potere spetti ad ogni dipendente della societ� assicuratrice, sulla base di 
un rapporto di immedesimazione organica ravvisato dalla sentenza impugnata 
tra il Sorbello e la Siac. 

trebbe essere invocata dal terzo, poich� infatti questi, usando l'ordinaria dili� 
genza, avrebbe potuto ben conoscere l'identit� dei legittimi rappresentanti. Se 
� innegabile l'importanza della certezza riguardo l'identit� suddetta non ne 
discende tuttavia la certezza della validit� del contratto stipulato: ben potrebbe 
infatti l'oggetto del contratto stesso eccedere i limiti della rappresentanza 
conferita. 

Tali preoccupazioni hanno indotto il Consiglio CEE (con la direttiva 
9 (marzo 1968, n. 151) e quindi il legislatore italiano ad apprestare un'ampia 
tutela dei terzi contraenti di una S.pA., come si evince dall'art. 2384 secondo 
comma che recita: � le limitazioni al potere di rappresentanza che risultano 
dall'atto costitutivo o dallo statuto, anche se pubblicate, non sono opponibili 
ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno 
della societ� �. 

La tutela giunge a rendere inopponibili anche gli atti che eccedono i 
limiti dell'oggetto sociale ai terzi, purch� in buona fede (art. 2384 bis). 

Se la disciplina che riguarda gli amministratori che potremmo definire 
� statutari� � chiara ed univoca, dubbi possono invece sorgere nel momento 
in cui ci si chieda quale possa essere la disciplina applicabile ai casi in cui 
gli amministratori abbiano ricevuto la titolarit� della rappresentanza tramite 
vie diverse, come il caso, ad esempio, degli amministratori delegati (i cui poteri 
derivano da una delibera del CDA). 

Le tesi formulate sono principalmente due o sono dirette a verificare quale 

sia l'ambito di applicabilit� dell'art. 2384 secondo comma, e soprattutto 5e 



PARTE I, SEZ.. III, (lI{.JRISPRUDENZA CIVILE, .Git.JRISDIZIONE E APPALTI 359 

2. � l due motivLd�l ricorso, che. vanno esaminati. congit1ntamente per 
la. stretta. connessione delle censure. con. essi prop�ste, �s�no fondatt 
��La sentenza impugnata, ravvisato un� rap):)orto .di immedesimazione 
organica tra il dott�. GJanc~Io .. Se>rbello � e la � societ� . per azioni Siac, ba 
ritenuto...�c!le�.��ǥ�il�ᥥ�&orMUo.�.foss~����abiUtato.����.ad�.. impegnare�. la� �siac ȥ����nella 
�cc:>:ncessidn.e �efl:ienestare>~ s�lta c6pertuia� assieurativa del credito derivantedalla'. 
esphrtaiione effettuata dalla Benn Club alla francese Intercom, 
Tale b:ri�l1edesim~fone organica � stata fatta discendere dal solo fatto che 
ildott��sorbell� erapadfkatnente un dipendente della Siac. 

V� per� osservato che non sussiste�� coincidenza . tra �dipendente� (o 
anche ntnZionario) di �uria societ� per� azfoni ed organi.della stessa. Nella 
s�eiet�< per azioni/ gli organi deputati �all'azione esterna (forniti ci�� di 
ci� che la legge qualifica come potere d� rappresentanza: �art. 2384 �c;c.) 
sono gli amministratori... Solo con riferimento� a tali soggetti � applicabile 
ta te9#~ c)rglll)lc;a..ri�lji~ata gajl~ corte . d'appello, JJ) vlrtu ..della quale 
la persona tisica che agi~ perd'ente. non �.>un. rappresentante (soggetto 
div�e:t:so. clal rappresentato); ma. � .10 �strumento dL diretta !imputazione 
dell'attivit� giuridica ad 'Un>ente (onde. non si ha. uno sdoppiamento di 
soggetti);������� 

esso> vada escluso )n..tutti quei � casUn cui la rappresentanza trovi il suo . titolo 
in una procura, am;icli� .eUo statuto. . . . . . . 

A favore dell'ai)plicabil~t� si schiera ad esempio ilBoneHi argomentando 1, 
tra l'altrb, che tale dlsc�pUna riguarda tutti i i:ipi di limitazioni volontarie, 
pr�sdiidendo ��� da�l'Origin� �di�� esse;��.� che � le norme . � generali in t�ma: di �� rappresentanza 
non �sono. applicabili> alla �materia della rappresentanza: societaria, 
che ha: una specifica regolamentazione ( ...) e che, non ultimo, l'accoglimento 
della tesi opposta renderebbe possibile vanificare la tutela cos� apprestata 
semplicemente � operando � sul modo di conferire i poteri rappresentativi. 

Pe:rtifufo a niaggi�r ragione non sarebbero �. opponibili le limltationi che 
non provengano dall'atto eostitutfoo o dalfo statuto, bens� da un atto interno, 

quale ufof prodfra; �. � .� � � � 
� La tesi crlt�cafa invece iliudve dalla constatazione che l'art. 2380 dispone 
la: possibilit� che� 11ai:nfuiriistrazfone della societ��� possa essere affidata anche 

a . non soci; essendo pacificamerit� a:ccoltO il principio per cui a�. terzi possono 
essere. cotii'erlti .. anche mandati �. � pr�wre. gerier�li ad negotia ..�(purch� . ci� 
n�n 5vuotf eccessiVamente. la fuifai()ne e la . posizione �� di potere degli. aniministra:
tori). Dato ch�i iri simili casi, risiilta: pacifica: l'applicazfon� della nOnriale 
disciplina sulla rappresentanza, si viene cOsl: a ctear� la possibilit� per la 
Societ� di poter opporre tui:te �le �limitazioni � previste��� nella procura . conferita 
al terzo non amministratore, rendendo.� efficaci �quindi � solo gli atti rientranti 
nell'oggetto e rispettosi delle liniita:zfont 
Quando al contrari� si attribuissero le �stesse limitaz�Oni, � tramite � procura, 
a:d un amministratore esse non sarebbero operative (conformando il 

(1) F. BoNEU.I, Gli amministratori di societ� per azioni, Milano, 1985, 106. 

360 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

L'applicazione della teoria organica da parte del giudice del merito 
presuppone pertanto l'accertamento che il dott. Sorbello era un amministratore 
della Siac, o per tale si presentava (considerato che la corte 
d'appello fa riferimento anche alla buona fede della controparte). Ma da 
tale accertamento la sentenza impugnata ha del tutto prescisso. 

La qualit� del Sorbello di mero dipendente della Siac -alla quale la 
corte d'appello ha attribuito rilevanza -pu� assumere rilievo nella presente 
controversia solo in quanto ad essa si accompagni un inserimento 
di detto dipendente nell'impresa assicuratrice tale da conferirgli, in forza 
di legge (art. 2203-2213), determinata sfera di potere rappresentativo, dovendo 
in tale persona ravvisarsi un procuratore o un commesso. 

t:. erronea, quindi, l'applicazione della teoria organica fatta dalla 
corte d'appello sulla base della sola prova che il Sorbello era un dipendente 
della societ� assicuratrice Siac. 

3. -L'accertamento sulla idoneit� del comportamento del Sorbello 
a determinare la copertura assicurativa del credito derivante dalla esportazione 
effettuata dalla Benn Club a favore della Intercom non pu� prescindere 
dalla qualificazione giuridica del particolare contratto di assicurazione 
tra le parti, in cui l'assicurazione del rischio � fatta dipendere da 
un'ulteriore attivit� delle parti riferita a ciascuna operazione di esportazione, 
e in particolare dal c.d. benestare (con indicazione del limite di fido) 
dell'istituto assicuratore. La corte d'appello ha ritenuto di prescindere 
dall'esaminare come le parti hanno regolato i rapporti tra il contratto 
iniziale e la successiva attivit� necessaria per la copertura assicurativa 
del singolo credito; e, poich� tale esame va compiuto sulla base dell'analisi 
del contratto, questa corte di legittimit� non pu� procedere ad esso direttamente. 
ragionamento alla tesi dell'applicabilit� dell'art. 2384 secondo comma), ren� 
dendo quell'atto esternamente valido come una procura generale. 

Se quindi si restringe il campo d'applicazione del suddetto articolo, rifacendosi 
alla normale disciplina in tema di rappresentanza, per quanto concerne 
gli amministratori non statutari ed i terzi rappresentanti, per i terzi 
contraenti nasce il dovere di verificare la consistenza e la giustificazione dei 
poteri dei rappresentanti, avendo quindi, come autorevolmente evidenziato da 
Calandra Buonaura 2, � la possibilit� di regolarsi di conseguenza, sapendo 
di non poter godere, nei confronti del delegato, di quella tutela che la legge 
gli accorda nei confronti del rappresentante statutario �. 

Posta in questi termini la questione, si dovr� verificare allora se la Societ� 
avr� indotto in errore la controparte, per negligenza, tutte le volte in 
cui non sar� stato possibile con l'ordinaria diligenza individuare, in positivo, 
la precisa consistenza dei poteri e delle funzioni delegate, ed, in negativo, le 
limitazioni e le aree dell'amministrazione senz'altro sottratte al rappresentante. 

(2) CALANDRA BuoNAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, 
in Trattato delle societ� per azioni, a cura di G. E. COLOMBO -G. B. PORTALE. 
Torino, 1991, 4�, 143. 

PARTE I, SBZ. III, GIURISPRl:Jl)BNU CIVIUl, GIVRISDIZIONE E APPALTI .361 

Il.git:J.dice.(lelmedto dc:we, in particolare, ,accertare se il c.d. benestare 
dell'istituto assicnratore in ordine alla singola esportazione costituisce un 
elemento del contratto diassicurazione (come s.ostiene la societ� ricori;
ente con affermazione peraltro contestata . da controparte, la quale osserva 
elle per tl:)le atto non � dchi~ta la f.orma scritta di cui all'art. 1888 
c;,c;.) ovv:ero si >PC>ne coroe condizionante l'efficacia o addirittura atto 
esecntivo dell'.originario co.utratto (come sostiene la� socie~� controricorrente). 
Tale qualificazione assume rilievo in ordine all'indivi<luazione dei 
poteri rappresentativi necessari per porre in essere l'attivit� necessaria a 
determi!la.re la c;opertura assicurativa del singolo credito. Diverso, invero, 
� il potere di lllani:ff;!stare \llla volont� che concorre a formare l'accordo 
contrattuale rispetto al pqtere dicl.are attuazione (sia pure mediante dichiar~
zioni negoziali) ad� un contratto gi� com~leto. 

4. -Poich� l'a�coglimento della domanda della Benn Club �, nella 
sentenz� impugnata; fondato,� essenzialmente, sul . benestare all'operazione 
comunicato attraverso la telefonata del dott. Sorbello, non � idonea a 
sorreggere detta pronunzia -una volta venuta meno l'efficacia di tale 
comportamento, in assenza di elementi sulla posizione del Sorbello nell'ambito 
della Siac �-'-la i,parte finale della sentenza, in cui si indicano 
altri elementi di fatto solo come rafforzativi della prova del benestare 
Argomenta iti tal senso Pederzini 3 che � la possibilit� di negare (...) 
l'effettivo conferimento della rappresentanza, � legata ( ...) alla positiva espressione 
di una volont� contraria: la formulazione di un preciso divieto iti tal 
senso o l'esplicita. esclusione dal novero dei poteri delegati contenuti nell'atto 
consiliare di . delega�. � � � 

� � Qi.:titidi in tutti i casi suddetti, ed ancor pi� nei casi di cosiddetta rappresentanza 
tollerata, riscontrabile generalmente quando il rappresentato, pur 
consapevole del fatto che il falsus procurator agisce in nome suo, non ititerviene 
attivamente per impedire che tale itigerenza contitiui, come evidenziato � 
da Bianca, sar� applicabile la disciplina della rappresentanza apparente, con 
la. consegmmza c:he, co.me. recita l'art. 13881. l'atto. produrr� gli effetti direttamente 
nei confronti del rappresentato (e qi.:titidi della Societ�). 

La sertfortza iti esrune non manca quindi di evidenziare la sciisione della 
tutela del terzo contraente in due casi differenti, a seconda che l'ammitiistratore 
abbia ricevuto i suoi poteri tramite delega del CDA o sia invece un am� 
ininistratOre << statutario �: sokl in qi.:test'i.:tltimo caso itifatti tutta la: disciplina 
verr� assorbita. interamente nell'orbita .dell'art. 2384 secondo comma, 
ben potendo la Societ� itivece, nel primo caso, affermare l'inefficacia degli 
atti negoziali eventualmente posti in essere, se avr� provato che il terzo, 
avendo agito in malafede, conos�eva, o avrebbe potuto conoscere con l'ordi'
Jaria diligenza, le limitazioni imposte. 

FEDERICO BASILICA 

(3) E. PEDERZINI, Investitura rappresentativa dell'amministratore delegato di societ� 
ed apponibilit� delle relative limitazioni ai sensi dell'art. 2384 e.e., in Giur. comm., 1990,
1�, 629. 

(4) C. M. BIANCA, Il contratto, Milano, 1987. 

362 

RASS�GNA AVVOCATURA DELLO STATO 

costituita dalla detta telefonata. Si tratta, in particolare, dell'incasso dei 
premi da parte della Siac del silenzio dalla stessa serbato inizialmente 

I

sulle richieste di indennizzo inviate dalla Benn Club. 
Si tratta di circostanze di fatto che, secondo il contenuto della sen


I 

tenza impugnata, non forniscono la prova, da sola sufficiente, dell'avvenuto 
benestare della Siac all'operazione di esportazione, tenuto anche 
conto che, secondo l'art. 13 della polizza assicurativa, l'incasso dei premi 
non pu� essere interpretato come assenso alla copertura dell'operazione 
di esportazione. 

5. �Le osservazioni che precedono sono idonee a respingere l'eccezione 
della parte controricorrente, secondo cui il ricorso non avrebbe investito 
tutti i motivi �posti a fondamento della sentenza impugnata. 
In particolare, l'affermazione di buona fede della Benn Club in ordine 
alla insussistenza dei poteri del dott. Sorbello � fatta dalla corte d'appello 
in una breve parentesi riferita alla tesi del rapporto organico, che la ricorrente 
ha censurato in tutte le sue implicazioni, negando che il dipendente 
1Sorbello fosse o anche solo si presentasse alla Benn Club come 
organo della Siac. 

Per quanto attiene, invece, all'avvenuta ratifica da parte della Siac 
del comportamento del Sorbello, si tratta di argomento che la sentenza 
impugnata non ha recepito, n� poteva recepire, avendo inquadrato la fattispecie 
nella immedesimazione organica tra Sorbello e societ� Siac. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 3 dicembre 1992, n 12888; Pres. Montanari 
Visco, Est. Sammartino, P. M. Di Renzo (conci. conf.); Provincia 
di Terni ed altri (avv. Predieri) c. Consorzio Acquedotto del Nera (avv. 
Lubrano, Calzolaio, Felici), Ministero dei Lavori Pubblici e Ministero 

dell'Ambiente (avv. Stato Imponente). 

Acque pubbliche . Tribunale Superiore � Sentenza � Impugnabilit� ex 
art. 111 Cost. � Vizio di motivazione � Deducibilit� � Limiti. � 

E inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sen� 
tenza del Tribunale superiore delle Acque pubbliche in grado di appello 

o in unico grado, ove venga dedotto il vizio di insufficienza di motivazione 
della sentenza stessa, essendo tale impugnativa esperibile unicamente in 
caso di motivazione inesistente, ovvero apparente o contraddittoria (1). 
(1) Ancora una volta le Sezioni Unite si pronunciano sulla vexata quaestio 
dei limiti alla deducibilit� in Cassazione ex art. 111 Cost. dei vizi di motivazione 
delle sentenze. 
Con la sentenza 16 maggio 1992 n. 5888 (in Foro It., 1992, I, 1737), richia� 
mata :nella motivazione della decisione che si annota, le stesse SS.UU. ave




PARTE I, SEZ. III, Gil!RlSPRUPENZA �IVIJ;.a, ()IURISPIZIONB B APPALTI ,?63, 

(omissis). I ricorsi principali sono infondati. 

6. l � L'interpretazione di un atto amministrativo -al� pari dell'interpretazione 
di un contratto ...,-concreta una � quaestio facti �.(C. n. 2740/62 
e 3309/87, fra. le altre) e l'accertamento effettuato in proposito dal Tribunale 
superiore.delle acque pubbliche � censurabile in cassazione per difet� 
to.� di motivazione, ex artt. 111 Cost.; soltanto se la .� motivazi�:ne manchi 
del tutto (} sia contraddittoria o sia. solo apparente (C. S;U. n. 5388/92). 
Nella spe1:;ie deve negarsi che il Tribunale fornisca. sul punto una 
motivazione contraddittoria, come assumono i ricorrenti, poich� l'avere 
il Tribunale spiegato. lc;i ragioni. per cui nel. decreto � de quo � il Ministro 
d~i lavori pubblici sL e.ra occupato anche della portata della. derivazione 
d'.acqua e dell'impatto ambientale (esse si fondavano su un principio di 
corrette;z:za amministrativa che imponeva, in vista della futura conces� 
sione, ilna preventiva valutazione di massh:na e la constatazione di serie 
possibilit� di realiz~1;1Zione a fronte del costo notevole dei lavori da h1izia~
e) non toglieva supporto logico. alla statuizione interpretativa del decreto, 
per cui questo aveva soltanto autorizzato l'�ilizio dei lavori e non 
si era inteso con esso concedere direttamente e definitivamente la derivazione 
d'acqua. 

Con ci� stesso deve escludersi che il Tribunale violasse le norme indicate 
dai ricorrenti. 

vano infatti iniziato �un revirement giurisprudenziale, verso la restrizione delle 
ipotesi di ricorribilit� ex art. lU Cost. per vizio di motivazione, avverso le decisioni 
del T.S.A.P., ai soli casi di motivazione inesistente o viziata da contraddittoriet� 
risultante dallo stesso testo della . sentenza impugnata, analogamente a quanto 
disposto dall'art. 606 lett. e del vigente c.p.p. per il ricorso per cassazfone in 
materia penale. 

Le linee ispiratrici della suddetta �decisione sono state poi ulteriormente 
elaborate da SS.UU. 2 settembre 1992 n. 12871, (in questa Rassegna, 1993, I, 210, con 
nota di commento) la quale postt.!-la addirittura una (discutibile) 'rilettura' 
dell'art. 111 della Carta, alla luce ... della nuova disciplina processualpenalistica 
(art. 606 lett. e cit;) la quale, appunto, ne esprirtJ.erebbe l'attuale portata. In 
quest'ultima, invero, la S. C. non si era occupata dei casi di motivazione 
'apparente' o 'contraddittoria', limitandosi invece ad estendere la disciplina 
e:x:tracodicistica della motivazione .. inesistente alla sua � manifesta illogicit� ... 
quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato� (disp. cit.). 

La decisione in commento si limita dunque a ribadire le affermazioni 
contenute nella cit. Cass. 5888/92 (erroneamente citata, dalla sentenza in commento, 
come 5388) senza ripercorrere l'iter logico, come a considerare ormai 
alla stregua di ius receptum la nuova impostazione interpretativa (che innova 
un precedente indirizzo quarantennale, il quale riteneva pacificamente applicabile 
alle decisi�ni del T.S.A.P. l'art. 360 n. 5 c.p.c., a norma del quale � 
censurabile l'� omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un 
punto decisivo della controversia� (Cass. 1837/54; 195/57; 260/60; 315/73; 5693/81, 
in Foro It., 1982, I, 75; 13/86, ivi, 1986, I, 1351). 

VITTORIO Russo 



RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

364 

6. II. VI. L'art. 91 (�Competenze dello Stato�) del D.P.R. n. 616/1977 
(�Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22. 7 .1975 n. 382 �) 
-col quale il Governo fu delegato ad emanare decreti aventi valore di 
legge ordinaria diretti, fra l'altro, a completare il trasferimento alle Regioni 
delle funzioni amministrative inerenti alle materie indicate nell'art. 
117 Cost. ;.,.-riserva allo Stato, fra le altre, �le funzioni relative 
all'istruttoria e al rilascio delle concessioni di grandi derivazioni � nonch� 
le funzioni concernenti � gli aggiornamenti e le modifiche del piano 
generale degli acquedotti che comportino una diversa distribuzione delle 
riserve idriche tra le Regioni�, e dispone, subito dopo: 
�Nell'esercizio di tali funzioni lo Stato dovr� sentire le Regioni 
interessate e tener conto delle esigenze da queste espresse per l'attuazione 
di programmi o per il raggiungimento di speciali obiettivi stabiliti nell'esercizio 
di funzioni trasferite o delegate; dovr� comunque pronunciarsi sulle 
proposte avanzate da una o pi� Regioni ed indicare in qual modo dovranno 
realizzarsi le esigenze prospettate�. 

A norma del combinato disposto di detto articolo e del precedente 
art. 90 (con cui sono delegate alle Regioni, fra le altre, �le funzioni concernenti: 
A) gli aggiornamenti e le modifiche del piano regolatore generale 
degli acquedotti -P.R.G.A. -e le riserve idriche destinate dal piano 
a soddisfare esigenze e bisogni dei rispettivi territori regionali ... � devono 
ritenersi riservate allo Stato l'iniziativa del procedimento d'istruttoria e 
decisione delle domande di concessione di grandi derivazioni (come deve 
considerarsi quella di specie -ex art. 6 T. U. n. 1775 -in quanto eccedente 
'1a portata di lt/sec. 100 d'acqua potabile) cos� come l'iniziativa 
del procedimento di aggiornamento e modifica del P.R.G.A. 

Quando lo Stato intende esercitare dette funzioni ad esso riservate, 
ha l'obbligo di sentire le Regioni interessate e, se esse prospettino particolari 
esigenze dei propri territori, deve indicare -implicitamente o, se 
le Regioni abbiano avanzato specifiche proposte di realizzazione, esplicitamente 
-in quale modo, eventualmente diverso da quello proposto, tali 
esigenze dovranno realizzarsi. 

Pertanto le proposte che, nei procedimenti in cui lo Stato esercita le 
funzioni ad esso riservate dalla legge in via esclusiva, sono avanzate 
dalle Regioni, sono semplicemente sollecitatorie dell'esercizio delle funzioni 
medesime, ma non impegnano lo Stato a promuovere i relativi procedimenti. 


Nella specie si trattava appunto del procedimento d'istruttoria e rilascio 
d'una concessione di utenza d'acqua pubblica ad uso potabile avente 
ad oggetto una grande derivazione, e la proposta della Regione Umbria sentita 
dal ministro -di modificare il P.R.G.A. a soddisfazione delle esigenze 
del proprio territorio, non poteva, per le ragioni anzidette, sortire 
una puntuale decisione di accoglimento o di rigetto (che avrebbe postu� 


PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

lato l'inizio di un separato, diverso procedimento amministrativo) e tuttavia 
il Ministro aveva l'obbligo di pronunciarsi su tale proposta ma nei 
limiti in cui la soddisfazione delle esigenze che con essa la Regione 
esprimeva erano compatibili con la natura del procedimento in corso. 

Ed � proprio a tali principi che il Tribunale si attenne nello statuire 
che nel �provvedimento impugnato il Ministro si era pronunciato sulla 
proposta di variante �senza deciderla�, cio� aveva tenuto conto delle 
esigenze idroelettriche, con tale proposta espresse dalla Regione Umbra, 
che potevano essere soddisfatte in quella sede, soddisfacendole, in questi 
limiti, col ridurre a 550 lt/sec. la portata d'acqua che il Consorzio aveva 
domandata in misura di lt/sec. 800. 

Non trattandosi di una decisione vera e propria sulla proposta di 
variante, il P.R.G.A. essendo rimasto invariato, non era a parlare di necessario 
concerto col Ministro dell'ambiente. 

6. IIL Queste censure -in quanto con esse si denunzia soltanto un 
difetto di motivazione (punto 5.Il) -sono inammissibili -poich� si � 
al di fuori di una motivazione inesistente ovvero apparente o contrad� 
dittoria: -e perci� non rientrano fra le censure proponibili ex art. 111 
Cost., secondo la recente giurisprudenza. (C. S. U. n. 5388/92 cit.) tenuto 
conto che le ricorrenti non negano l'esistenza della delibera citata dal 
Tribunale, la cui conoscenza era -in ipotesi -acquisibile per impulso 
di ufficio ex art. 162 T. U. cit. 
6. IV. Non � riscontrabile alcuna violazione dell'art. 13 da parte 
del Tribunale che, peraltro, nel motivare il rigetto della censura -contro 
il decreto di autorizzazione -avanzata sotto il profilo del difetto. 
di motivazione sul requisito dell'urgenza, statu� -punto 5. III -che tale 
decreto, emesso nell'esercizio del potere attribuito al Ministro dall'art. 13 
cit., era da ritenersi adeguatamente motivato �per relationem � (in conformit� 
alla giurisprudenza: Cons. St. n. 227/76) con riferimento al voto 
del consiglio superiore dei lavori pubblici. 
Poich� la motivazione sul punto esiste e non � contraddittoria essa 
� incensurabile sotto ogni altro profilo: 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. , 11 marzo 1993 n. 2963 -Pres. Sensale � 
Rel. Carbone -P. M. Lo Cascio -Amministrazione provinciale di Catania 
(avv. Mirti della Valle e Morana) c. Impresa Farsura Costruzioni 
S.p.a. (avv. Salemi) e Agenzia per la promozione dello sviluppo 
del Mezzogiorno (avv. gen. Stato Onufrio). 

Opere pubbliche -Appalto -Disciplina -Inadempimento della p. a. all'obbligo 
di presentare il corrispettivo � Interessi moratori � Decorrenza. 


(Capitolato della Cassa per il Mezzogiorno, art. 38). 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

366 

Procedimento civile � Onere della prova � Richiesta di consulenza tecnica � 
Esonero della parte dal fornire la prova di quanto assume � Esclusione. 
(Art. 2697 e.e.). 

Gli interessi moratori per il ritardato pagamento da parte della P.A., 

in favore dell'appaltatore, del corrispettivo stabilito dal contratto d'appalto 
stipulato a seguito di licitazione privata e soggetto alla disciplina prevista 
dell'art. 38 del Capitolato Generale della Cassa (ora Agenzia) per il Mezzagiorno 
decorrono dal 91� giorno successivo a quello stabilito per l'emissione 
del certificato di pagamento, elevando il periodo di franchigia (45 
giorni) ritenersi compreso nel ritardo tollerabile (1). 

(1) Vexata quaestio quella relativa alla natura giuridica e alla disciplina 
del contratto di appalto di opere pubbliche. La dottrina meno recente ha 
escluso che l'appalto di opere pubb�iche sia riconducibile allo schema privatistico 
del contratto di appalto, in virt�, sopratutto, della posizione di preminenza 
che la P. A. conserva nelle varie fasi di svolgimento del rapporto 
(RESTA, Sulla natura speciale del contratto di appalto per la esecuzione di 
opere pubbliche e sulla proponibilit� dell'azione giudiziaria di adempimento 
dell'Amministrazione, in Foro Amm., 1932, II, 185). Ci� comporta, sul piano 
disciplinatorio, che all'appalto di opere pubbliche devono essere applicate, in 
quanto lex specialis, esclusivamente le norme dettate dal legislatore per la 
* 


disciplina specifica di questa figura contrattuale. L'appalto di opere pubbliche, 
in altri termini, avrebbe, alla stregua di tale interpretazione, una dimensione 
esclusivamente pubbblicistica. Diversamente, la dottrina pi� recente ha assimilato 
l'appalto di opere pubbliche alla corrispondente figura di diritto comune 
(CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche. Milano, 1985; precedente 
STOLFI, voce Appalto, in Enc. del dir., Milano, 1958, 692 ss.) con la conseguenza 

di ritenere applicabili, per quanto non disposto dai capitolati richiamati dai 
contraenti nel contratto, le norme poste dal codice civile per la disciplina del 
suddetto schema contrattuale. La tendenza dominante sembra per� orientata a 
porre in luce le differenze strutturali tra le due figure e a fare dell'appalto 
pubblico una figura a parte, contraddistinta dalla denominazione � contratto 
amministrativo � (VIRGA, Contratto, dir. amm., Enc. dir., IX, Milano, 1961, 

980; GIANNINI, Corso di diritto amministrativo, III, Milano, 1967, 2). 

I contrasti in ogni caso permangono. Ci� con particolare riguardo alla 
materia dell'adempimento della P. A. agli obblighi derivanti dal contratto. Un 
primo problema, in concreto, si pone con riguardo al momento in cui il credito 
dell'appaltatore diventa liquido ed esigibile. Secondo la tesi privatistica 
tale momento coincide con la .data di scadenza del credito. L'altra impostazione 
ritiene invece che l'esigibilit� sia connessa all'emissione, da parte della P. A., 
del titolo di spesa previsto dalle norme sulla contabilit�. 

Altro problema riguarda l'applicabilit� dell'art. 1282 e.e. che sancisce il 
diritto alla corresponsione degli interessi corrispettivi. Diverso � anche il problema 
relativo alla configurabilit� dell'adempimento, da parte della P. A., all'obbligo 
di corrispondere il corrispettivo. Risolvendo il problema in termini 
privatistici l'adempimento viene necessariamente a coincidere con l'effettivo 
pagamento da parte dell'ente appaltante. Diversamente, in un'ottica pubblicistica, 
viene ad acquistare rilievo determinante l'emissione del titolo di spesa. 

Altra questione discussa � quella dell'applicabilit�, all'appalto pubblico, 
dei rimedi previsti nell'art. 1460 e 1461 e.e. nel caso di ritardo imputabile al




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 367 

La consulenza tecnica non pu� essere utilizzata al fine di esonerare 
la parte dal fornire la prova di quanto assume, gravando il relativo onere, 
e le connesse conseguenze, solo su di essa (2). 

(omissis) Con il primo motivo del proposto ricorso si censura l'impu� 
gnata sentenza con violazione delle norme sull'interpretazione ed in particolare 
dell'art. 38 del capitolato generale della Cassa, nonch� insufficiente 
e contraddittoria motivazione, per aver, da un lato, riconosciuto che 
l'appaltatore non ha diritto ad alcuna indennit� per il ritardo nei pagamenti 
;entro 45 giorni dalla domanda o dalla data in cui doveva essere 
certificato l'importo prescritto, ma dall'altro, stabilito che qualora l'emissione 
dei certificati di pagamento ritardi di novanta giorni dal giorno successivo 
a tale scadenza, il dies a quo di questi 90 giorni sarebbe comprensivo 
anche dei 45 giorni di franchigia. 

La censura non � fondata. 
I giudici di merito nell'interpretare la pattuizione contenuta nell'art. 
38 del capitolato della cassa per il Mezzogiorno, richiamato nel 

l'amministrazione committente (sul problema CATAUDELLA, Inadempimento della 

P. A. nelle obbligazioni pecuniarie e tutela dell'appaltatore, in Il corrispettivo 
nell'appalto di opere pubbliche, Atti del convegno C.E.R.l.S.O.P., Roma 17-18 ottobre 
1984, Milano, 1985, 51 ss.; PITTALIS, voce Appalto pubblico, in Digesto delle 
discipline pubblicistiche, 310 ss.). 
Nella controversia in oggetto viene in rilievo la disciplina dell'inadempimento 
della P. A. all'obbligo di prestare il corrispettivo. La materia dell'inadempimento, 
con specifico riferimento al problema degli interessi moratori, 
costituisce oggetto di specifica disciplina da parte degli artt. 35 e 36 del capitolato 
generale delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei 
Lavori Pubblici e dell'art. 38 del Capitolato della Cassa per il Mezzogiorno. 

Le norme citate hanno posto notevoli problemi di coordinamento per c10 
che riguarda la determinazione del dies a quo ai fini della decorrenza degli 
interessi moratori nel caso di ritardo della P. A. nella corresponsione del corri� 
spettivo stabilito per l'appalto. Va detto che la decisione della Suprema 
Corte appare ineccepibile in quanto suffragata dal dato incontestabile, in 
questo caso, della lettera della legge e dell'art. 1370 e.e. che legittima un'interpretazione 
contra stipulatorem della norma contenuta nell'art. 38 del regolamento 
generale della Cassa per il Mezzogiorno. Rimane il problema della 
ratio legis. C'� da chiedersi, infatti, quale sia la ragione del diverso regime 
disciplinatorio delle conseguenze giuridiche dell'inadempimento da parte della 
P.A., posto che la posizione dell'appaltatore, alla stregua della disciplina del 
capitolato generale del Ministero dei lavori pubblici, viene a subire un ingiustificato 
aggravamento derivante dalla posticipazione del dies a quo per la 
decorrenza degli interessi moratori (su problemi connessi all'appalto pubblico 
cfr. CATTANEO-FURNO, voce Appalto, II, in Enc. giur. Roma, anche per indicazioni 
bibliografiche). 

(2) Principio pacifico che deriva, direttamente, dalla struttura del regime 
dell'onere della prova delineato nell'art. 2697 e.e. (cfr. PAVARIN-MANTOVANI, in 
Commentario breve al codice civile, art. 2697, Padova, 1988, 206 ss.). 
-

RASSEGNA AVVOCATURA DBLLO STATO

368 

contratto di appalto di cui si controverte, hanno tenuto ben presente 
la diversa formulazione rispetto a quella dell'art. 35 del Capitolato generale 
d'appalto per la opere di competenza del Ministero dei lavori 
pubblici (d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063). Ed infatti, quest'ultima disposizione, 
prevede espressamente. la decorrenza degli interessi di mora � qualora 
l'emissione ritardi ancora per oltre 90 giorni� In altri termini, secondo 
il capitolato generale delle 00.PP. che ha natura normativa nei 
rapporti tra Stato e privati, il dies a quo degli interessi moratori che decorrono 
dopo 90 giorni, non va identificato con la scadenza del termine 
fissato nel capitolato, ma dopo che sono gi� decorsi i primi 45 giorni 
di �franchigia �. E' questo e non altro il senso dell'espressione qualora 
l'emissione del certificato di pagamento ritardi ancora per oltre novanta 
giorni. 

Del tutto diversa � la formulazione del regolamento della Cassa per 
il Mezzogiorno approvato il 20 gennaio 1965. Cronologicamente successiva 
al capitolato la disposizione dell'art. 38 della Cassa per il Mezzogiorno 
riprende sia la franchigia di 45 giorni che l'esclusione del maggior 
danno previsto nel co. 2 dell'art. 1224 e.e., ma non ,riproduce la rilevanza 
del ritardo dopo 135 giorni e cio� 90 giorni dopo lo spirare 
della franchigia di 45 giorni. Nella disposizione dell'art. 38, infatti, � 
scomparso l'avverbio � ancora�, che avrebbe consentito di sommare 

I & 

l'ulteriore ritardo di 90 giorni rispetto alla franchigia di 45 giorni, per cui 

correttamente i giudici del merito hanno interpretato che il ritardo 
consentito per 90 giorni decorra dal termine previsto per l'emissione 

I

del certificato e non dallo spirare della franchigia, perch� � prevista 
soltanto una tolleranza di 90 e non di 135 giorni, come vorrebbe il ricorrente. 
La disposizione, non riproducendo l'espressione �ancora�, impedisce 
che il ritardo di 90 giorni vada sommato alla franchigia di 45 
giorni, portando il periodo in cui non decorrono interessi di mora fino 
a 135 giorni, in quanto assegna un valore assoluto al ritaTdo tollerato, 
ai fini degli interessi moratori, che � solo di 90 e non di 135 giorni. 

A questa interpretazione di carattere logico -letterale, occorre aggiungere 
che la disposizione predisposta dalla Cassa costituisce una limitazione 
di responsabilit� per cui va interpretata contra stipulatorem, 
ai sensi dell'art. 1370 cc. Di fronte ad un'espressione letterale inequivoca, 
che consente un ritardo tollerabile di soli 90 e non di 135 giorni, non si 
pu�, n� ipotizzare un'interpretazione estensiva, n� richiamarsi alla diversa 
formulazione del capitolato del Ministero dei LL.PP. non applicabile 
alla fattispecie. 

Ne consegue che, interpretando correttamente le pattuizioni del contratto 
di appalto, i giudici di merito hanno stabilito che gli interessi, 
moratori vanno computati dal 91 giorno successivo a quello stabilito 
per l'emissione del certificato, dovendo il periodo di franchigia ritenersi 
compreso nel ritardo tollerabile. 

. i 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 369 

Con il secondo motivo del proposto ricorso diretto nei confronti non 
dell'appaltatore ma della Cassa, l'Amministrazione provinciale censura 
l'impugnata sentenza che ha respinto la domanda di rivalsa per non 
aver fornito la prova della asserita solerzia e dell'imputabilit� alla Cassa 
dei ritardi. 

Anche questa doglianza non � fondata. 

Cortie �ha� rilevato �il giudice del merito, con una motivazione che per 
essere immune da vizi si sottrae al sindacato .di legittimit� in questa 
sede, la ricorrente Amministrazione provinciale non pu� dolersi di non 
aver visto accogliere la richiesta di consulenza tecnica al fine di dimostrare 
la tempestivit� della propria condotta ed il ritardo della Cassa. 
Ed infatti, era onere dell'Amministrazione fornire la prova della propria 
asserita solerzia e dell'imputabilit� del ritardo alla Cassa, prova non 
richiesta n� fornita. Inoltre, la richiesta consulenza tecnica su una mole 
di documenti non producibili in giudizio, non � un mezzo di prova posto 
nella disponibilit� della parti, n� pu� supplire l'inattivit� delle stesse, 
perch� � rimessa -quanto all'opportunit� di disporla -al criterio 
discrezionale del giudice di merito, la cui decisione non � censurabile 
in cassazione (Cass. 24 gennaio 1980 n. 565). La consulenza tecnica, 
pertanto, non pu�� essere chiesta come mezzo per esonerare la parte dal 
fornire la prova di quanto assume, gravando il relativo onere, e le connesse 
conseguenze, solo su di essa (Cass. 13 ottobre 1986 n. 5990). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez Un., 25 marzo 1993, n. 3574. Pres. Brancaccio 
-Rel. Sgroi (coni. conf.). -Consorzio obbligatorio tra i proprietari 
del Casalone (avv. Lavitola) c. Ministero per i beni culturali ed 
ambientali (avv. Stato Ferri). 

Bellezze naturali -Vincolo paesaggistico imposto dallo Stato ex art. 82, 
seconc;J.o comma d.P.R. n. 616 del 1977 ad integrazione degli elenchi 
di bell.ezze naturali approvati . dalle Regioni -Applicabilit� alle zone 
di cui al comma sesto dell'art. 82 cit. -Sussistenza -Contestazione 
del vincolo � Giurisdizione amministrativa. 

Il vincolo paesaggistico imposto dall'amministrazione statale ex 
art. 82, secondo comma d.P.R. n. 616 del 1977 ad integrazione degli elenchi 
di bellezze naturali approvati dalle regioni � applicabile alle zone di 
cui al comma sesto art. 82 cit; la controversia relativa alla contestazione 
del vincolo appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo. (1) 

(1) La Corte di Cassazione con la sentenza in esame analizza la portata 
dell'art. 1 legge n. 431 del 1985, che ha modificato l'art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977, 
il quale prevedeva la competenza delle regioni ad approvare gli elenchi di 

370 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Col primo motivo i ricorrenti deducono che il Consiglio di 
Stato, decidendo la controversia di cui si tratta, ha implicitamente affermato 
la propria giurisdizione su una vertenza che pone in giuoco 
diritti soggettivi e che pertanto doveva essere devoluta al G. O. 

Secondo i ricorrenti, il d.m. 22 maggio 1985 trovava una .preclusione 
assoluta nell'art. 1 comma 2 legge n. 431/85, che esclude dal vincolo 
(previsto in via generale dal comma precedente per alcune categorie di 
beni) le aree ricadenti nella zona A e B di cui al d.m. 1448/68 ovvero 
quelle inserite nei programmi pluriennali di attuazione, esenti dal vincolo; 
con costituzione di un diritto soggettivo, non degradabile dalla P.A. per 
legge. 

L'efficacia recuperatoria di cui all'art. 1 quinques della legge deve 
commisurarsi ai parametri fissati dalla medesima legge ed ai suoi limiti. 
Le aree ed i beni non rientranti nell'elencazione del 1� comma del� 
l'art. 1 della legge n. 431/85 restano estranei ai piani paesistici, al par1 
delle aree che, pur astrattamente rientranti nell'elencazione del comma 
precedente, ricadono tuttavia nelle zone A e B di cui al d.m. n. 1444/68 
(come l'area di cui � causa). La salvaguardia di cui all'art. 1 quinques 
(meramente strumentale rispetto ai piani paesistici) � inapplicabile nei 
confronti di aree e beni che non possono formare oggetto di disciplina 
da parte dei cennati piani (ai sensi dell'art. 1bis). 

Sempre secondo i ricorrenti, il secondo comma dell'art. 82 d.P.R. 

n. 616/77, unitamente al 7, 8 e 12� comma del citato art. 82, costituiscono 
limitazioni all'intervento normativo-innovativo di cui al primo comma 
del citato art. 1 della legge (Corte Cost., sent. n. 151 del 1986), allo 
scopo di tutelare le esigenze di carattere urbanistico-edilizio. 
bellezze naturali e il potere del Ministero per i beni culturali. ed ambientali di 
integrare tali elenchi; con l'art. 1 legge n. 431 del 1985 � stato infatti aggiunto 
un comma quinto, con cui sono individuate alcune categorie di beni sottoposti 
ex lege a vincolo paesaggistico, ed un comma sesto, in cui si esclude il vincolo 
di cui sopra rispetto ad alcune zone comprese nei piani pluriennali di attuazione 
e in genere alle zone urbanizzate o in corso di urbanizzazione. La Suprema 
Corte chiarisce che la limitazione introdotta da questo comma deve intendersi 
riferita al solo vincolo paesaggistico imposto ex lege, di cui al comma 5, e 
non al vincolo imposto con provvedimento amministrativo discrezionale e puntuale 
su localit� concretamente individuate (nella specie, il d.m. 22 maggio 1985) 
ex comma 2 dell'art. 82 d.P.R. cit. 

Ci� in quanto la I. 431 del 1985 mira a limitare la presunzione per legge 
di fattispecie generali e astratte di zone di interesse paesistico, che possono 
concretamente essere state compromesse da insediamenti urbani, preesistenti o 
in corso (in quest'ottica v. T.A.R. Campania, 7 aprile 1989, n. 173, in Foro lt., 1991, 
III, p. 126 ss. con nota di CozzuTo QUADRI: non � viziato da eccesso di potere 
per illogicit� l'annullamento di un'autorizzazione ex art. 7 I. 29 giugno 1939 

n. 1497 motivato con l'inserimento dell'opera autorizzata in una: zona gi� degradata 
dalla presenza di altri manufatti di carattere precario e scadente qualit� 
estetica, dovendo il giudizio sulla compatibilit� ambientale dell'opera tener 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPllUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI .)71 

I ricorrenti concludono affermando che il Ministero difettava in toto 
del potere di inserire nel d.m. 22 maggio 1985 l'area del Casalone, inclusa 
nel P.P.A. di Viterbo, per la preclusione posta dalla legge; l'assoluta 
carenza di potere lasciava integro il diritto del Consorzio e dei consorzianti 
a godere dell'esclusione, senza degradarlo ed affievolirlo ad interesse 
legittimo con conseguente competenza a conoscere della questione 
del G.O. 

II ricorso � infondato, in quanto � basato su un'interpretazione 
della normativa contraria alla sua lettera ed alla sua ratio. 

L'art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977 al comma 1� prevedeva la delega 
alle Regfoni delle funzioni amministrative in materia di beni ambientali. 
Al comma 2 lettera a) stabiliva il potere del Ministero di integrare gli 
el�nchi delle bellezze naturali approvate dalle Regioni. Seguivano un terzo 
ed tiri: quarto comma (che qui non interessano); per effetto dell'art. 1 
legge n. 431 def 1985 sono stati aggiunti: 

un comma quinto, che dispone che sono sottoposti a vincolo paesaggistico 
determinati beni (fra cui i territori costieri, i territori contermini 
ai h1ghi, i fiumi, i ghiacciai, i parchi, le foreste, i vulcani, etc.); 

un comma sesto, che dispone: � Il vincolo di. cui al precedente comma 
non si applica alle zone A, B e ,..... limitatamente alle parti comprese 
nei piani pluriennali di attuazione ,..... alle altre zone, come delimitate 
negli strumenti urbanistici ai sensi del d.m. 2 aprile 1986 n. 1444, 
e, ne� Comuni sprovvisti di tali strumenti, ai centri edificatori perimetrali 
ai sensi dell'art. 18 legge 22 ottobre 1971 n. 865 �. 

necessariamente conto della situazione esistente); ma la legge del 1985 tende 
d'altro canto ad una maggiore valorizzazione dell'ambiente, e non esclude certo 
la possibilit� di sottoporre a vincolo paesistico qualsiasi localit� urbanizzata 
e .. tuttavja di valore estetico tale da .giustificarne l'incl'.sione .da parte dell'amministrazione 
statale negli elenchi di cui al comma 2 del d.P.R. n. 616 del 1977. 
La Corte Costituzionale del resto, con sentenza 27 giugno 1986, n. 151, (in Foro It., 
1986, I, p. 2690, con nota di CozzuTO QUADRI, � Stato, regioni e tutela ambientale: 
la l. 431/85 supera il vaglio della Corte Costituzionale�), ha affermato che proprio 
a seguito dell'intervento legislativo del 1985 � l'urbanistica viene limitata 
da! rispetto del valore estetico-culturale e piegata a realizzarlo �; tanto che � 
stato affermato in dottrina (R. Fuz10, � verso un ridimensionamento dei piani 
paesistici?�, nota a Corte Cost. 13 luglio 1990, n. 327, in Foro It., I, 2010 ss.) che 
� se fino al 1985 la materia del paesaggio era, per cos� dire, integrata in quella 
urbanistica, attraverso anche le espresse previsioni normative relative al . contenuto 
dei piani regolatori generali ed alle legislazioni generali, oggi deve affermarsi 
che il rapporto risulta capovolto giacch� � nell'ambito della pianificazione 
paesaggistica che si pongono le direttive di massima entro cui dovranno inserirsi 
le specifiche discipline urbanistiche�. 

Tra la vastissima dottrina sulla 1. 431 del 1985, v. M. LIBERTINI, Tutela dell'ambiente, 
legge 8 agosto 1985, n. 431, in Nuove leggi civ., 1986, 936 ss.; FAMI




372 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

L'eccezione prevista dal citato comma sesto si riferisce testualmente 
al vincolo imposto direttamente ex lege su alcune categorie di beni, 
e non al vincolo imposto dalla P.A. statale, a seguito dell'esercizio del 
potere di integrazione di cui al comma secondo. Secondo la testuale 
espressione usata dalla legge, quella prevista dal. comma sesto � un'eccezione 
al vincolo di cui al precedente comma e pertanto non pu� estendersi 
ai vincoli che non derivano direttamente dalla legge, ma sono imposti 
secondo il procedimento previsto dalla legge n. 1497 del 1939, ovvero 
dal Ministero nell'esercizio del potere di integrazione di cui al 
secondo comma. 

La ratio della norma non � quella di far prevalere, in ogni caso, 
l'interesse allo sviluppo edilizio sull'esigenza primaria -tutelata dall'art. 
9 Cost. -della tutela del paesaggio, ma va individuata nella necessit� 
di apportare un correttivo ad un modo astratto e presuntivo 
di definizione dei beni sottoposti a vincolo paesistico. Una volta adottato 
un modo che prescinde dall'accertamento in concreto del valore paesaggistico 
delle singole localit�, da parte della P.A., � stata temperata la presunzione 
di legge introdotta, con la previsione di fattispecie, ,;:i.nche esse 
generali, in cui il valore paesistico doveva presumersi compromesso da 
insediamenti urbani preesistenti od in corso. 

Allorquando per� si � al di fuori del vincolo imposto ex lege sulle m 
categorie di beni indicate dal quinto comma, si � anche necessariamen


I

te al di fuori dell'ambito dell'eccezione prevista dal sesto comma. 
Invero, di fronte all'imposizione del vincolo su una localit� concretamente 
individuata, in forza di atto amministrativo discrezionale e puntuale 
per quella data localit�, non ricorre l'esigenza di introdurre tem-

I 

GLIETTI-GIUFFR�, Il regime delle zone di particolare interesse ambientale, Napoli 
1989; Fuz10, I nuovi beni paesistici, Manuale di tutela del paesaggio, Rimini, 
1990. 

La Cassazione evidenzia ancora come le zone individuate dall'art. 1-quinques 
della legge del 1985 non hanno recuperato, tra le aree sottoponibili a vincolo ai 
sensi del d.m. 21 settembre 1984, annullato in sede giurisdizionale, soltanto 
quelle delle cateorie generali indicate nell'art. 1, 1� comma della legge del 1985, 
bens� tutte le aree di beni individuati dal d.m. di cui sopra. In questo senso � 
il costante orientamento del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione: 
cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 6 aprile 1987, n. 242, in Giur. Cons. Stato, 19871 I, 

p. 593; Cons. Stato, Sez. VI, 31 dicembre 1988, n. 1351, in Giur. Cons. Stato, 
1988, I, p. 1679; Cons. Stato, Sez. VI, 15 gennaio 1992, n. 1, in Giur. Cons. 
Stato, 1992, I, p. 81. 
Di fronte all'esistenza in capo alla P. A. del potere di includere in tali 
elenchi anche zone urbanizzate, e di fronte alla natura discrezionale del provvedimento 
di individuazione delle aree da sottoporre a vincolo paesistico, il privato 
non gode di un diritto soggettivo, ma soltanto di un interesse legittimo 
al corretto svolgimento del procedimento amministrativo, che fonda quindi 
in caso di contestazione del vincolo la sussistenza della giurisdizione generale 
di legittimit� del giudice amministrativo. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 373 

peramenti alla presunzione generale, connessa con il vincolo ex lege. Sarebbe, 
infatti, non solo illogico, ma contrario all'art. 9 Cost., comma 2, 
escludere che una localit�, anche se urbanizzata od in corso di urbanizzazione, 
abbia valori estetici tali da giustificarne l'inclusione negli elenchi 
di cui al comma 2 lettera a) del d.P.R. n. 616. 

Con tale interpretazione non contrasta l'art. 1-bis della legge del 
1985, il quale si riferisce � ai beni ed alle aree elencati dal quinto comma� 
e cio� a quelli sottoposti a vincolo ex lege, nei cui confronti il piano paesistico 
� puramente attuativo di un vincolo obbligatorio. Resta ferma la 
disciplina del vincolo che segue ad un provvedimento di individuazione 
discrezionale di un altro bene o di un'altra area, anche urbanizzata, 
secondo la legge n. 1497 del 1939, come si argomenta anche dall'art. 1-ter 
che estende le misure di salvaguardia sia alle zone elencate dal quinto 
comma dell'art. 82, sia alle altre comprese negli elenchi redatti ai sensi 
della legge del 1939. 

Inoltre, per quel che riguarda il decreto ministeriale oggetto della 
causa, si deve aggiungere che esso � regolato dall'art. 1-quinques della 
legge del 1985, il quale dispone misure di salvaguardia per le aree e 
beni individuati ai sensi dell'art. 2 del d.m. 21 settembre 1984 (annullato 
in sede giurisdizionale, per cui la legge ne ha operato un recupero, nei 
sensi indicati dalla decisione impugnata). Orbene, l'art. 2 del d.m. comprendeva 
fra le aree che potevano essere vincolate, in aggiunta a quelle 
ricomprese in una delle categorie generali di cui all'art. 1 ed a quelle 
incluse negli elenchi redatti ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497, 
anche quelle ricomprese in altre zone di interesse paesistico, da individuare 
discrezionalmente dalla P.A. E, contrariamente a quanto, senza 
alcuna ragione, sostiene il ricorso, il recupero operato dall'art. 1-quinques 
della legge del 1985 non � stato limitato alle aree afferenti alle catego7 
rie generali indicate nell'art. 1, 1� comma, della legge del 1985, ma hll; 
riguardato tutte le aree ed i beni, nessuno escluso, individuati ai sensi 
dell'art. 2 del d.m. 21 settembre 1984. 

Nei sensi suesposti � la costante giurisprudenza del Consiglio di 
Stato (decisioni sez. VI, 6 aprile 1987 n. 242; 31 dicembre 1988 n. 1351;\ 
15 gennaio 1992 n. 1). Si tratta di interpretazione corretta, come hanno 
ritenuto anche le Sezioni Unite penali di questa Corte, con sentenza 
15 marzo 1989, Graziani. 

Invero, se si dovesse accedere all'interpretazione suggerita dal ricorso, 
priva di riscontri logici e letterali, si arriverebbe alla conclusione 
'Che la maggior parte del territorio nazionale sarebbe sottratta alla 
tutela imposta dall'art. 9 comma 2 Cost., per cui dovrebbe sollevarsi una 
questione di incostituzionalit� della legge, per contrasto con la suddetta 
norma, nonch� con l'art. 3 Cost. (i vincoli preesistenti, su zone urbanizzate 
resterebbero in vigore, ma non potrebbero esserne imposti altri). 



RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

374 

La ratio della legge del 1985 � stata, invece, quella di estendere e non 
gi� di limitare la tutela paesaggistica ed ambientale. 

I 

Sulla base delle esposte considerazioni, si deve concludere che il 
Consiglio di Stato ha deciso su una materia che coinvolge esclusivamente 

I 

la tutela dell'interesse legittimo del proprietario dell'area al giusto pro~ 
cedimento di imposizione del vincolo, da parte della P.A. fornita di potere, 
:per cui pu� essere in giuoco soltanto il sindacato sul legittimo: 
esercizio del potere stesso, devoluto alla giurisdizione generale di legittimit� 
del Giudice amministrativo. 


Col secondo motivo i ricorrenti deducono che una posizione di diritto 
soggettivo pieno si era determinata in corso di giudizio a seguito delle 
statuizioni del T.A.R. divenute definitive ed irrevocabili, per non essere 
state impugnate dal Ministero. Invero, il TAR non si era limitato ad 
annullare il d.m. 22 maggio 1985 per il motivo formale dell'omessa 
audizione del Consiglio Nazionale dei Beni culturali ed ambientali, bens� 
aveva riconosciuto che 1e aree del Casalone, in quanto inserite nel PPA 
di Viterbo, non potevano ritenersi assoggettate ape legis al vincolo paesaggistico 
ed inoltre aveva dichiarato illegittima la procedura di integrazione 
degli elenchi operata dal d.m. 22 maggio 1985 in quanto, prima della 
legge del 1985, non era possibile assoggettare a vincolo in forza del 

d.m..21 settembre 1984 intere categorie di beni, essendo tale facolt� rimessa 
al legislatore. 
Secondo i ricorrenti, tali statuizioni, non gravate d'appello, avevano 
ormai consolidato la situazione del Consorzio e dei proprietari in una 
posizione inattaccabile di diritto soggettivo pieno, con la conseguenza 
che il Consiglio di Stato avrebbe dovuto prendere atto di ci� e dichia


I

rare il proprio difetto di giurisdizione. ~ 
Il motivo � inammissibile, in quanto le sentenze del Consiglio di 

I

Stato sono impugnabili per cassazione solo per motivi inerenti alla giurisdizione 
(art. 111 comma 3 Cost.). 

Si deve premettere che -per quanto attiene alla giurisdizione, che � 
l'unico .profilo in ordine al quale si pu� proporre il ricorso per cassarzione 
,_ ammesso, e non concesso, che la sentenza del T .A.R. sia passata 
in giudicato su alcuni capi di merito, perch� la rationes decidendi 
favorevoli ai privati non sarebbero state impugnate, la conseguenza 
sarebbe contraria all'assunto dei ricorrenti. 

Infatti, il giudicato sulla giurisdizione (nella specie, del giudice amministrativo) 
si pu� formare, nell'ambito dello stesso processo, a seguito 
del passaggio in giudicato di un capo della pronuncia di merito, 
(da ultimo, v. Sez. un. 18 novembre 1988 n. 6242; 12 aprile 1990 n. 3159). 
Di conseguenza, l'assunto dei ricorrenti, che lamentano che il giudice di 
secondo grado abbia preso nuovamente in esame le questioni gi� decise 
in senso favorevole ai privati (con effetto ripristinatorio del loro diritto 
soggettivo) e non rimesse in discussione dall'Amministrazione, si dimo




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 375 

stra irrilevante, perch� non si potrebbe trascurare la premessa di quell'assunto, 
e cio� che essa si basa non sull'originaria posizione di diritto 
sogg,ettivo tutelata dinanzi al T.A.R., ma sugli effetti della pronuncia di 
primo grado. Se tali effetti, si vogliono far valere, si deve accettare la 
premessa, e cio� il giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice amministrativo, 
connaturato al giudicato sul merito. 

Quanto al preteso vizio della sentenza del Consiglio di Stato, esso non 
attiene alla giurisdizione e non � pertanto deducibile, perch� la violazione 
del giudicato (di merito) sarebbe un errar in procedendo sottratto 
al sindacato di questa Corte (S.U. n. 5468/88; n. 317/87). 

Invero, secondo l'assunto, il Consiglio di Stato, per effetto di un'er� 
ronea interpretazione della decisione di primo grado, nonch� dell'omesso 
esame di un'eccezione dei privati e dell'omesso rilievo d'ufficio di una 
preclusione formatasi nel processo, e cio� per vizi di carattere processuale 
che non incidono sui limiti esterni dei suoi poteri giurisdiziona... 
li -avrebbe giudicato direttamente una seconda volta sulla legittimit� 
dell'atto amministrativo che ha inciso sul diritto di propriet�, nell'ambito 
di un potere conferito dalla legge alla P.A., prendendo in esame l'interesse 
legittimo del proprietario tutelato da norme di azione. t!. quindi 
irrilevante stabilire se effettivamente quel giudicato si era formato e se 
il Consiglio di Stato sia incorso in quegli errori in procedendo, perch� 
la sua decisione � sottratta -sotto i suddetti profili -al sindacato di 
questa S.C. 

In conclusione, il ricorso si deve rigettare nel suo complesso e i ricorrenti 
devono essere condannati in solido, stante il loro interesse comune, 
alle spese del giudizio di cassazione. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 1� aprile 1993 n. 3884; Pres. Santosuosso, 
Est. Giustiniani; P.M. Grossi (concl .conf.) -A. Crosta (avv. Villani) 
c. Ministero del Tesoro -Direzione Generale Istituti di Previdenza 
(avv. Stato Nucaro). 

Giurisdizione civile -Pensioni -Questioni sulla spettanza -Giurisdizione 
esclusiva della Corte dei Conti -Sussistenza. 

Giurisdizione civile -Pensioni -Domanda diretta ad ottenere il tratta


mento pensionistico C.P.D.E.L. -Giurisdizione esclusiva della Corte 

dei Conti -Sussistenza. 

(R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 3, 12, 62; R.D. 3 marzo 1938, n. 680, artt. 60, 
71; art. 360, n. 1 c.p.c.). 
Spetta alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti la cognizione 
delle questioni relative alla spettanza ed alla quantificazione del trattamento 
pensionistico. La giurisdizione della Corte dei Conti in materia di 


376 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

pensioni non � circoscritta al sindacato di legittimit� del provvedimento 
pensionistico impugnato ed al suo eventuale annullamento, ma copre 
l'intero rapporto controverso dedotto in giudizio. 

Conseguentemente il giudice delle pensioni ha cognizione piena di 
tutte le .possibili questioni inerenti al rapporto� �suddetto, indipendentemente 
dalla motivazione del provvedimento impugnato. (1) 

Sussiste la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in ordine 
alle domande dirette a conseguire il trattamento pensionistico a carico 
della Cassa di Previdenza per i Dipendenti degli Enti Locali (C.P.D.E.L.) (2). 

(Omissis). �La ricorrente censura la decisione della Corte dei Conti 
con la quale .�� stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto, osser� 
vando che se � vero che durante il rapporto di lavoro le questioni relative 
alla iscrizione alla Cassa di Previdenza vanno proposte e risolte! 
prima con ricorso alla Direzione Generale II.PP., poi al Ministero dell'Interno 
e quindi al TAR del Lazio ai sensi dell'art. 28 R.D. n. 680 del 
1938 in materia di ordinamento della Cassa di Previdenza Dipendenti Enti 
Locali (C.P.D.E.L.), � pur vero che, una volta cessato detto rapporto per 
collocamento a riposo, le questioni afferiscono al trattamento pensionistico, 
sicch�, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte dei Conti, oggetto 
del giudizio non � pi� il diritto o meno di iscrizione alla C.P.D.E.L., 
bens� la negazione da parte del Ministero del Tesoro del diritto di essa 
ricorrente a percepire il trattamento pensionistico definitivo, rispetto al 
quale la questione della titolarit� o meno di essa ricorrente in ordine al 
diritto alla iscrizione alla Cassa si pone come mero presupposto logico. 
Ad avviso della ricorrente, �, quindi, il giudice della Corte dei Conti a doversi 
pronunciare sul suo diritto alla pensione in quanto detto giudice 
� chiamato a pronunciarsi su ogni questione che venga comunque ad in~ 
cidere sul diritto o sulla liquidazione della pensione o sul tipo di trattamento 
al quale debba farsi luogo. 

Ci� posto, la ricorrente assume che -a suo avviso -la Corte dei 
Conti ha erroneamente pronunciato sotto un duplice profilo, in quanto 

(1-2) La sentenza in esame si colloca nel consolidato indirizzo giurisprudenziale, 
affermatosi con Cass. 23 ottobre 1979 n. 5507 che, interpretando estensivamente 
l'art. 62 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, ha ritenuto che la giurisdizione 
esclusiva spettante alla Corte dei Conti in materia pensionistica non possa 
rimanere limitata alle controversie relative al provvedimento che liquida (o 
nega) la pensione, ma debba necessariamente estendersi ad ogni controversia 
presupposta e finalizzata all'accertamento del diritto a pensione, ovvero, alla 
misura del trattamento. 

Tre le molte pronunzie conformi v. Cass. 7 novembre 1979 n. 5731, in Foro 
lt., Mass.; Cass. 7 gennaio 1981 n. 77, ibid.; Cass. 24 novembre 1982 n. 6350, ibid.; 
Cass. 6 giugno 1983 n. 3815, ibid.; Cass. 10 gennaio 1984 n. 168, in Foro lt., 1984, 
I, 1304. Aderiva infine al suddetto indiri:t.zo, dopo alcune titubanze, anche il Con� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 377 

ha, da un lato, unilateralmente interpretato e limitato l'ambito della 
controversia sottoposta alla sua attenzione ritenendola relativa alla declaratoria 
del mero diritto (o meno) alla iscrizione della ricorrente alla 
C.P.D.E.L., sottratta alla sua giurisdizione, dall'altro lato ha omesso di 
giudicare sul rapporto sub judice avente ad oggetto il diritto alla pensione 
di essa ricorrente. 

Il rilievo � fondato e va accolto, con la conseguente declaratoria di 
giurisdizione, nella fattispecie in esame, della Corte dei Conti. 

Invero, la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensioni 
non � circoscritta al sindacato sulla legittimit� del provvedimento pensionistico 
impugnato ed al suo eventuale annullamento, ma copre l'intero 
rapporto controverso dedotto in giudizio. Ne consegue che il giudice 
delle pensioni ha cognizione piena di tutte le possibili questioni, con 
l'effetto che la sua decisione pu� essere contenutisticamente difforme dal 
provvedimento amministrativo impugnato, indipendente dalla motivazione 
di esso e dagli eventuali errori commessi dalla amministrazione. In particolare, 
l'intempestivit� della domanda dedotta in decreto -come nel 
caso di specie -non preclude al giudice delle �pensioni la disamina della 
domanda stessa e degli altri eventuali requisiti rilevanti ai fini pensionistici, 
e quindi una pronunzia di merito, favorevole o meno alla pretesa 
attrice, che -viceversa -nella fattispecie in esame � stata aprioristicamente 
negata con la declaratoria di inammissibilit� del ricorso per difetto 
di giurisdizione. 

Oggetto della giurisdizione della Corte dei Conti � cio� il rapporto 
obbligatorio in cui si sostanzia il diritto alla pensione; essa �, quindi, 
chiamata a pronunciarsi su ogni questione che venga, comunque, ad 
incidere sul diritto o sulla liquidazione della pensione o sul tipo di trattamento 
al quale debba farsi luogo. 

Se ne deve concludere che il giudice delle pensioni, una volta investito 
della controversia, ha il potere di accertare l'esistenza o la inesi


siglio di Stato, con l'A.P. 5 dicembre 1984, n. 21. Indi, sempre sulla stessa linea: 
Cass. 24 giugno 1985 n. 3798, in questa Rassegna, 1985, 784, con nota di richiami; 
Cass. 13 giugno 1989 n. 2847, ivi, 1990, 192; Cass. 18 agosto 1990 n. 8847, ibid., 50. 

Pi� in particolare, sulla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di 
pensioni dei dipendenti degli enti locali o degli enti per i quali � consentita 
l'iscrizione alla C.P.D.E.L. (per il cui caso, peraltro, lo stesso ordinamento della 
Cassa di cui al r.d. 3 marzo 1938 n. 680, agli artt. 60 e 71 devolve alla Corte dei 
Conti ogni questione concernente il rapporto previdenziale con� la Cassa stessa) 
v., oltre a Cass. 24 giugno 1985 n. 3798, cit., Pret. Roma, Sez. Lav., 21 maggio 1986, 
in questa Rassegna, 1988, 82 con nota di richiami; Cass. 22 aprile 1988 n. 3134, 
ivi, 1990, 152 con nota di commento; Cass., 18 febbraio 1989 n. 956, ibid., 163, 
con nota; Cons. Stato, V, 3 aprile 1990 n. 315, ivi, 1990, 290; Cass., 15 maggio 1990 

n. 4186, ibid., 257. 
V. R. 

378 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO S'l'A'.rO 

stenza del diritto invocato. (il diritto a pensione) .attraverso la verifica 
di tutti gli elementi che concorrono a formarlo e di emettere pronuncia 
in rapporto alla pretesa attrice. 

Al' riguardo la Corte Costituzionale, con la senti:mza 21 luglio 1981 

n. 141, ba affermato: �La Corte dei Conti non si limita a conoscere dell'atto 
amministrativo dappoich� il vero oggetto del giudizio � il riconosc�:
nento {o il disc:;o:noscime11to) d� un diritto soggettivo imprescrittibile, 
inserito in un rapporto paritetico, a fronte del quale l'atto amministra~ 
tivo (sia quello conclusivo, .sia quello presupposto) si pone solo come 
sintomo di un atteggiamentq contestativo. (o favorevole) dell'amministra� 
zione�. 
Ed ha soggiunto; � Proprio perch� la controversia riguarda la spettanza 
del diritto, .al giudizio pensionistico non possono applicarsi i limiti 
propri del giucl.izio di impugnazione dell'atto amministrativo in sede di 
giti;risd,izione generale di legittimit�. Ci� non solo in relazione all'atto 
impugnato, ma anche con riguardo all'atto presupposto che, sotto il 
profilo sostanziale, viene inco!l'orato nel riconoscimento o nel diniego 
della posizione soggettiva >>. � 

Ci� posto e scendendo. alla fattispecie in esame, � dato, quindi, rile� 
vare che la Corte dei Conti .I10n poteva esimersi dal pronunciare, in via 
incidentale, sulla questione relativa alla iscrizione della ricorrente Crosta 

alla Cassa, delibando poi sul rapporto pensionistico nella sua interezza, 
attesa la condizione di pensionata della Crosta medesima. 
Va, dunque, dichiarata }a giurisdizione della Corte dei Coniti. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 28 aprile 1993, n. 4910; Pres. Ruperto, 

Est. Paolucci; P. M. di Renzo (concl. conf.) . Di Taranto C. (avv. D'Ales


sio) c. Ministero della Difesa (avv. Stato V. Russo). 

Giurisdizione civile . Giurisdizione ordinaria ed amministrativa � Servizio 
militare di leva � Cittadini residenti in zone terremotate � Esenzione 
su domanda � Diritto soggettivo � Esclusione. 
(L/ 22 dicembre 1980, n. 324, art. �14-decies). 

Il cittadino residente in zone terremotate, soggetto all'obbligo del servizio 
militare di leva, non pu� vantare, in base all'art. 14 decies L. 22 di� 
cembre 1980 n. 874,. alcun diritto soggettivo perfetto all'esenzione su domanda 
dal predetto servizio, 

Compete infatti all'Autorit� militare la valutazione delle condizioni di 
legge ulteriori allo status di residente e, in particolare l'entit� del pregiudizio 
subito dal nucleo familiare del chiamato alle armi, per concedere 
l'esenzione. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 379 

Rispetto alla valutazione operata dall'Amministrazione, nell'ambito del 
suo potere discrezionale, pertanto, il cittadino vanta una posizione di 
mero interesse legittimo (1). 

(Omissis). Procedendo quindi all'esame della questione sollevata dal 
ricorrente, osserva il Collegio che la stessa concerne la sfera dei doveri 
inderogabili di solidariet� politica, economica e sociale che l'art. 2 della 
Costituzione impone al cittadino, il quale esprime la sua personalit� sia 
singolarmente che quale parte di formazioni sociali. E tra tali doveri rientra 
appunto quello previsto dal successivo art. 52, che definendo sacra 
la difesa della Patria, afferma che il servizio militare, nei limiti e modi 
stabiliti dalla legge, � obbligatorio. 

Al riguardo questa Corte ha avuto modo di affermare che il complesso 
di norme di azione dirette a regolamentare, in vista del cennato fine, 
l'attivit� dello Stato non tende a salvaguardare specifiche posizioni soggettive 
del cittadino, di talch� la violazione o disapplicazione di tali nor� 
me pu� concretare solo una lesione di interessi legittimi, azionabili nella 
competente sede giurisdizionale amministrativa, e non una lesione di 
diritti soggettivi, che possono configurarsi -ai fini del riparto di giurisdizione 
-unicamente nell'ipotesi in cui venga dedotta una specifica e 
concreta violazione da parte dell'Amministrazione del generale obbligo 
del � neminem laedere � (cfr. sent. n. 1616/69) o la commissione di atti 
illeciti dei suoi organi. 

Quando invece venga prospettata la non conformit� a legge dell'operato 
della P.A., ossia l'illegittimit� del comportamento di questa nell'e� 
spletamento di una attivit� disciplinata da norme di azione, la posizione 

(1) La sentenza in esame costituisce un'interessante applicazione dei criteri 
di riparto della giurisdizione, in materia di servizio militare di leva. 
Ribadisce la S. C., richiamandosi alla propria precedente sentenza 13409/91 
che, laddove non si ponga una questione di cittadinanza, domicilio, et�, diritti 
civili o filiazione, ex art. 25 d.P.R. 12 febbraio 1964 e di competenza del 
giudice ordinario, ma si censuri l'operato dell'Amministrazione militare, assumendo 
che la stessa non avrebbe correttamente applicato la normativa in 
materia di dispensa dalla chiamata alle armi, si versa in ipotesi di controversia 
sulla lesione di interessi legittimi. Nel caso in esame, infatti, l'arruolato aveva 
richiesto all'A.G.O. la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni 
ex art. 2043 e.e., per l'illegittima chiamata alle armi. E per�, a sostegno della 
sua domanda egli aveva dedotto non gi� carenza di potere dell'Amministrazione 
in ordine all'avvio alle armi, ma cattivo esercizio del potere medesimo 
(come aveva ben evidenziato il Tribunale di Napoli, nel declinare la sua giurisdizione). 


il. invero indiscusso che la chiamata alle armi incide su posizioni sogget� 
tive perfette dei destinatari, e la dottrina pi� autorevole ha collocato tale provvedimento 
tra quelli riduttivi di diritti, e pi� specificatamente lo ha ricon� 
dotto al binomio ordine-obbligo', ovvero tra quelli ablatori, in quanto dotato 

(1) A. SANDULLI, Manuale, 1989, I, p. 628. 

380 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'interessato non pu� che avere, appunto, consistenza e natura di interesse 
legittimo. 

Occorrendo dunque aver riguardo alla reale consistenza della situazione 
giuridica posta a fondamento della domanda, va osservato che come 
esattamente rilevato dal T:i:�bunale -l'azione risarcitoria promossa 
dal Di Taranto � fondata sul mancato riconoscimento d� parte d.ell'Amm�aj~
tr�iione militare del diritto all'esenzione dal servizio di leva, deducendosi 
in sostanza l'illegittimit� del comportamento di detta amministrazione, 
che non avrebbe applicato fa normativa in tema di chiamata alle 
armi. 

Ed invero, a fondamento dell'azione proposta il Di Taranto ha dedotto 
la violazione dell'art. 14-decies Legge 22 dicembre 1980 n. 874, che cosi recita: 
�I cittadini soggetti agli obblighi di leva per gli anni dal 1980 al 1982, 
residenti alla data del 23 novembre 1980 nei Comuni indicati nel D.P.C. 
previsto dall'art. 4, 5� comma, del presente decreto, le cui famiglie abbiano 
subito darini che hanno gravemente inciso sulle loro condizioni economiche, 
possono, a domanda, essere esentati dal servizio militare di leva�. 

di carattere impositivo ed incidente sulla libert� individuale, in vista alle 
esigenze di difesa della collettivit�.2. 

L'arruolamento determina pertanto una potenziale compressione della 
sfera soggettiva del giovane il quale, se in concreto danneggiato dall'illegittimo 
provvedimento di chiamata alle armi, non potr� azionare alcuna pretesa risarcitoria 
se non previa . eliminazione di questo dal mondo del diritto, da parte 
del g.a., ovvero previa disapplicazione dello stesso da parte dell'A.G.O. di� 

rettamente adita. Ma in entrambi i casi, per farsi luogo al risarcimento del 
danno, occorrer� che il provvedimento invalido sia stato emesso in carenza 
di potere, che solo avrebbe determinato l'affievolimento del contrapposto di� 

ritto individuale, sicch� la sua esecuzione abbia finito col realizzare un fatto 
illecito .(avvio alle armi in radicale mancanza di presupposti, come nel caso 
di et� inferiore al minimo di legge, o di mancanza della cittadinanza italiana). 

Nel caso di specie, invece, il complesso delle norme di azione che regola� 
menta il servizio militare di leva � finalizzato non gi� a salvaguardare la 
sfera personale del cittadino, come pur esattamente precisa la S. C., quanto 
piuttosto interessi della collettivit�, rispetto al quale quello del singolo � tutelato 
soltanto di riflesso. Ed � certamente nell'ambito di tali norme di azione 
che rientra la disciplina delle esenzioni (ascrivibili alla categoria dei provvedimenti 
autorizzatori di dispensa), previste in favore dei residenti nelle zone 
terremotate, con riguardo. al grave pregiudizio sofferto dalle loro famiglie, e 
dunque dalle comunit� pi� direttamente colpite dall'evento sismico 3� La valutazione 
dei relativi presupposti, confermano le SS.UU., resta riservata alla 
stessa P. A., nel normale esercizio della sua discrezionalit� amministrativa che, 

non imbattendosi in posizioni soggettive perfette, incontra soltanto il sindacato 
di legittimit��. 
VITTORIO Russo 

(2) Cosi, M. S. GIANNINI, Manuale, Milano, 1988, p.1219 ss.; V. CAIANIBLLO, Il Processo ammi� 
nistrativo, Milano, 1984, I, p. 126 ss. 
(3) V., sulla classificazione di tali provvedimenti M. S. GIANNINJ, op. cit., p. 1052. 
(4) V. A. SANDULLI, op. cit., p. 115. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E AP.t'ALTI 381 

A conforto del proprio assunto il ricorrente sostiene di aver presentato 
domanda di esenzione e di aver prodotto i certificati di residenza 
richiestigli dal Distretto Militare di Napoli; ma tali circostanze sono palesemente 
insufficienti per la configurazione di una posizione di diritto 
soggettivo, ossia di un interesse del singolo tutelato in via diretta ed esclusiva: 
ci� in quanto il preteso diritto a non prestare il servizio militare 
di leva non discende automaticamente dal mero elemento oggettivo costitutivo 
dello � status � di residente in determinati Comuni ma � correlato 
ad altre particolari condizioni (danni derivati dal sisma e gravemente 
incidenti sulle condizioni economiche familiari), il cui accertamento 
e la conseguente valutazione � affidata all'Autorit� militare, cui spetta, 
come si desume dal chiaro tenore della norma, l'emanazione di un provvedimento 
inerente alla posizione del singolo arruolato e diretto alla verifica 
in concreto delle reali condizioni personali e della famiglia di costui, 
entrambe integranti la 'fattispecie astratta normativamente prevista ed 
insuscettibili di previa determinazione mediante un atto generale. 

Va ulteriormente osservato che nel caso sottoposto all'esame di queste 
Sezioni Unite non si verte in tema di discrezionalit� tecnica (come 
nel caso di accertamento della idoneit� fisica dell'arruolato), ma di valutazione 
del pregiudizio subito dal nucleo familiare del chiamato/ alle armi,

1 

in dipendenza del mancato apporto economico da parte di costui nel 
periodo di servizio militare. 

La norma invocata dal Di Taranto si colloca quindi in un sistema 
caratterizzato da poteri autoritativi della P.A. esercitati nel preminente 
interesse pubblico, rispetto al quale quello del singolo a fruire del beneficio 
non pu� avere altra natura che quella di interesse legittimo; sicch� 
la verifica della legittimit� della decisione in proposito adottata (o del 
silenzio sull'istanza) compete al giudice amministrativo. 

Giova rammentare che queste Sezioni Unite, con la sentenza n. 13409/91, 
hanno rilevato che in tema di dispensa dal servizio di leva (di cui l'art. 14 decies 
cit. � un esempio) non ricorre alcuna delle ipotesi previste dall'art. 
25 D.P.R. 14 febbraio 1964, dove il giudice ordinario � chiamato a 
provvedere su questioni di controversa cittadinanza, di domicilio, di et�, 
e di contesi diritti civili o di filiazione, del tutto estranee alla fatti~ 
specie in esame. 

La ravvisata natura di interesse legittimo della posizione del Di Taranto 
rende infine privo di rilevanza il problema se in materia di leva posi 
sano ipotizzarsi solo interessi legittimi o se ricorrano anche ipotesi di 
diritti soggettivi, ed ancora se la tutela assicurata in sede giurisdizionale 
innanzi al giudice amministrativo sia o meno in contrasto con l'art. 113, 
2� comma, Cost. 

Conclusivamente, va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo 
a provvedere sulla controversia de qua. 


382 

RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ..0 STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III civ. 12 luglio 1993, n. 7670; Pres. Bile; 
Rel. Fiduccia; P. M. Tondi (concl. conf.). -S.a.s. Germano Baratelli e 

C. (avv. Ludovici) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Sica). 
Locazione � Obbligazioni del conduttore � Danni da ritardata restituzione � 
Periodo compreso tra la scadenza contrattuale ed il rilascio forzoso Responsabilit� 
del conduttore -Sussiste. 

Locazione � Risarcimento del maggior danno ex art. 1591 e.e. � Quantificazione 
del danno -Onere della prova in concreto � Liquidazione equitativa 
-Esclusione, salvo possibilit� di condanna generica. 

Locazione -Obbligazioni del conduttore � Restituzione dell'immobile locato 
-Indennit� di occupazione ex art. 1591 e.e. -Debito di valuta Rivalutazione 
monetaria � Non spetta, salvo maggior danno ex articolo 
1224 cpv. e.e. 

Locazione -Obbligazioni del conduttore � Restituzione dell'immobile locato 
� Indennit� di occupazione ex art. 1591 e.e. -Debito di valuta Interessi 
corrispettivi � Decorrenza dalla domanda. 

Posto che il conduttore deve considerarsi in mora, nella restituzione 
dell'bn,mobile locato, alla data di scadenza del contratto, ancorch� 'il 
provvedimento di rilascio non sia stato in concreto eseguibile, egli � 
tenuto al risarcimento dei danni da ritardato rilascio dell'immobile. 

Nella determinazione del �maggior danno� ex art. 1591 e.e., non pu� 
per� configurarsi un'automaticit� del risarcimento con riferimento al 
valore locativo o di vendita dell'immobile, dovendo invece quel danno essere 
concretamente provato in relazione alle condizioni dell'immobile, 
alla sua utilizzazione, alla sua ubicazione, al pregiudizio derivato al locatore 
dall'impossibilit� di utilizza diretto di esso. 

L'obbligazione del conduttore, ai sensi dell'art. 1591 e.e. avente per 
oggetto la c.d. � indennit� di occupazione � sino al rilascio dell'immobile 
locato, costituisce un debito di valuta di natura contrattuale, analogo al 
canone di locazione, e non d� luogo pertanto a rivalutazione monetaria 
(salvo la possibilit� del maggior danno ex art. 1224 cpv. e.e., se allegato 
e dimostrato). 

Stante la detta natura di debito di valuta, spettano invece, sull'indennit� 
medesima, gli interessi legali dal giorno della domanda. 

Note in tema di responsabilit� del conduttore per il ritardato rilascio dell'immobile 
locato e prova del danno. 
La sentenza che si commenta offre spunti notevoli in materia di risarcimento 
del danno da ritardato rilascio dell'immobile locato, con riferimento al 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA. CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI JS.3 

(Omissis) Con il primo motivo del ricorso la s.a.s. �Germano Barattelli 
e C.� (gi� S.a.s. �Germano e Giuseppe Barattelli e C.�) denuncia 
� violazione art. 360 n, 3 e� 5 c.p.c. -art. 1226 e.e. �; sostenendo che la 
mancata riconsegna dell'immobile costituiva un fatto doloso e che durato 
per sette anni con impossibilit� materiale di farsi assistere dalla Forza 
pubblica nonch� con impedimento per fatto e dolo dell'Amministrazione di 
intavolare trattative per locare ad altri l'immobile occupato e di conseguenza 
con impossibilit� di fornire la specifica prova richiesta, per cui 
avrebbe dovuto liquidarsi il danno a norma dell'art. 1226 cod. civ. 

Ancora, con il secondo motivo la ricorrente lamenta � violazione dell'art. 
306 n. 3 e 5 c.p.c., 1591 e.e., 2727 e.e., 115 e 116 c.p.c. � sostenendo di 
aver fornito la prova del maggior danno a seguito della crisi edilizia 
per l'avvento della Regione, nonch� delle richieste di costruzione, ed in� 
oltre deducendo in proposito le indicazioni del consulente tecnico e l'ac� 
certaniento dell'UTE in ordine al compenso giornaliero di L. 220.000, che 
costituiva riconoscimento dell'Amministrazione di tale risarcimento dovuto, 
non esaminato dai giudici di appello. 

periodo intercorrente tra la scadenza contrattuale ed il momento dell'eseguibilit� 
del provvedimento giudiziale di rilascio. 
La questione si era agitata, in dottrina e giurisprudenza, gi� nel vigore 
dell'abrogata disciplina vincolistica ex l. 23 maggio 1950 n. 253. 

Dopo aver questa disposto, infatti, all'art. l la proroga legale sino al 
31 dicembre 1951 dei contratti. di locazione e sublocazione gi� prorogati ai 
sensi della legge 30 dicembre 1948 n. 1471, al successivo art. 3 erano �stati 
previsti i casi di decadenza del conduttore dalla proroga (1). Il successivo 
art. 33 invece, con riguardo alla fase esecutiva del provvedimento di rilascio; 
aveva previsto la possibilit� per il giudice di graduare l'esecuzione degli 
sfratti in relazione alle ragioni del provvedimento ed alle condizioni personali 
del conduttore e del lcicatore. 

Accertata giudizialmente la scadenza contrattuale, e condannato il conduttore 
dell'immobile al suo rilascio, in caso di decadenza dalla proroga legale 
ovvero di proroga del termine di esecuzione, si poneva allora il �problema 
della determinazione del momento in cui il conduttore medesimo avrebbe dovuto 
ritenersi in mora nella restituzione del bene locato, con conseguente responsabilit� 
per l'inadempimento, ai sensi del combinato disposto degli', artt. 1591 
e 1218 e.e. 

La giurisprudenza di legittimit� era stata fin dall'inizio pressoch� concorde, 
nel ritenere che gli eventuali provvedimenti di decadenza dalla proroga 
producevano l'effetto di costituire in mora il conduttore gi� dal momento 
della domanda diretta a far cessare la proroga stessa; mentre la dilazione nel 
termine di esecuzione, e/o la graduazione degli sfratti, assumevano \�lla rilevanza 
meramente processuale, non incidendo in alcun modo swla determinazione 
della scadenza contrattuale, che era e rimaneva quella patdzia, con 

(1) Ossia: a) disponibilit� di altra abitazione idonea; b) destinazione dell'immobile 
ad uso diverso da quello abitativo, o cessazione dell'attivit� per lo svolgimento dell� 
quale il contratto era stato stipulato; c) sublocazione totale o parziale dell'immobile o sua 
mancata occupazione. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

384 

Gli esposti motivi -che vanno esaminati congiuntamente per la loro 
sostanziale connessione -non sono fondati. I 

Invero, in tema di responsabilit� del conduttore per il ritardo nella 
ricorn;;egna della cosa locata ed in particolare con riguardo al risarci


I 
mento del.� maggior danno� l'indirizzo di questa Corte � nel senso che 
lo stesso, avente natura contrattuale, deve essere concretamente provato 
dal locatore (v. sent. 19.8.1991 n. 8867) e che il mero fatto del ritardo 
pu� legittimare soltanto una generica condanna al suo risarcimento 
richiedendosi per contro in sede di liquidazione la specifica prova del!'
esistenza del dann.o medesimo (v. Sent. 8.3.1991 n. 2460; sent. 17.9.1983 

n . .5613). 
In tale direzione si � anche specificamente indicato che l'obbligo di 
risarcire il suddetto maggior danno ex art. 1591 cod. civ. non comporta 
un'automaticit� del risarcimento in corrispondenza del valore locativo 
ricavabile presumibilmente dalla locazione .. o dall'eventuale vendita dell'immobile, 
dovendo invece quel danno essere provato dal locatore nella 

conseguente responsabilit� del conduttore per il ritardato rilascio, ancorch� 
consentito di fatto dalla stessa proroga (2). .. 
Con l'entrata in vigore della legge 27 I�glio 1978 n. 392 e delle successive 
normative di proroga (legge 25 marzo 1982 n. 94; legge 25 novembre 1987 n. 478; 

I legge 21 febbraio� 1989 n. � 61), la questione . assumeva connotati esegetici� in parte 
nuovi, e vedeva contrapposta alla S. C. una parte della giurisprudenza di 
merito. 

Quest'ultima infatti, argomentando dal disposto dell'art. 56 legge 392/78 
cit. (per il quale � col provvedimento che . dispone il rilascio, il giudice, tenuto 
conto delle condizioni del conduttore ,e del locatore e delle ragioni per le 
quali viene disposto il rilascio stesso, fissa anche la data dell'esecuzione entro 

Iil termine massimo di mesi .sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla 
data del provvedimento �). ha spesso ritenuto cl:l.e la data fissata dal giudice 
per il rilascio avesse natura di termine dell'adempimento dell'obbligazione 

Irestitutoria del conduttore (3). 

Da tale impostazione discendeva, a corollario, come non potesse ritenersi 
il conduttore responsabile del danno da ritardato rilascio, in relazione al 
periodo intercorrente tra la. scadenza contrattuale e la data fissata dal giudice 
per la' sua esecuzione coattiva. � 

Di diverso avviso la Cassazione ed altra parte della giurisprudenza di 
merito, le quali, sulla medesima linea seguit�i. sotto l'impero della previgente 
normativa vincolistica, ribadivano invece che la statuizione del giudice ex 

(2) Tra le tante, v. Cass. 21 marzo 1962, n. 584, in Foro It., mass; Cass. 22 giugno 1962, 
n. 1678, ivi; Cass. 18 luglio 1962, n. 1884, ivi; Cass. 22 giugno 1963, n. 1675, ivi; Cass. 
14 settembre 1963, n. 2508, ivi; Cass. 11 giugno 1964, � n. 1448; Cass. 15 ottobre 1968, n. 3299; 
C!\ss. 18 febbraio 1969, n. 560; Cass. 2 ottobre 1973, n. 2468, ivi; Cass. 13 novembre 1979, 
n. 5903, ivi; Cass. 22 maggio 1980, n. 3372, ivi; Cass. 3 aprile 1981, n. 1902, ivi; Cass. 
15 maggio 1982, n. 3012. 
(3) ex multis, v. Trib. Milano, 17 marzo 1986, in Foro lt., 1987, I, 2196; Pret. Roma, 
18 aprile 1988 e 30 aprile 1988, in Foro It., 1989, I, 3514; Trib. Napoli, 25 febbraio 1989, 
in Arch. Loc. e Cond., 1990, p. 84; Trib. Firenze 24 giugno. 1991, in Arch. Loc. e Cond., 
1992, p. 381; in dottrina v. G. TRIFONE, La locazione, disposizioni generali e locazione di 

fondi urbani, in Tratt. dir. priv. dir. da Rescigno, III, 11, Torino, 1984; E. FIORE, P. 
Lo CASCIO, L. PIGNATELLI, La morosit� del conduttore, Milano, 1990, p. 230 ss.; F. LAzZARO, Le 
locazioni per uso abitativo, Milano, 1991, p. 473. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 385 

sua esistenza e nel suo ammontare in relazione alle condizioni dell'immobile 
stesso; alla sua ubicazione ed alle possibilit� di utilizzazione, dalle 
quali emerga il verificarsi di una lesione effettiva nel patrimonio del 
locatore (v/ Cass. 13/IOcl986 n. 5990); e gi� in precedenza si era esemplificata 
quella concreta conseguenza dannosa nel pregiudizio dipendente dal 
non avere potuto dare in lo�azi�ne il bene per un canone pi� elevato, 
ovvero nel non avere potuto utilizzare direttamente e tempestivamente lo 
stesso bene� od anche nel non averlo potuto alienare per un prezzo pi� 
conveniente (v. Cass. 12.11.1981 n. 5984). 

Orbene esattamente ispirata a tali criteri appare la impugnata decisione 
>laddove,.� per disattendere 1a pretesa risarcitoria della societ� locatrice 
in ragione della mancata dimostrazione della ricorrenza in concreto 
di quel pregiudizio, ha fatto riferimento agli .specifici dati di ben determinate 
proposte dilocazione ed altres� dei canoni effettivamente concordati 
con i relativi aspiranti, coerentemente deducendo finconferenza 
a tal fine sia della espletata consulenza tecnica, indirizzata da considera-

art..56 Iegge 39Z/78 (cos� ccn:tl.� un'eventuale dilazione legale del prowedimento 
di rilascio) abbia natura essenzialmente processuale (4). 

E tale interpretazione parrebbe avere trovato di recente anche l'avallo 
della Corte .costituzionale la quale, con la sentenza 1� aprile 1922 n. 149 (5), ha 
difatti dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 2 d.l. 25 settembre . 1987. 

n. 393, convertito con. legge 25 settembre 1987 n. 478 6, nella parte in cui esonera 
il conduttore da responsabilit� per i danni cagionati al locatore dal ritardo 
nella restituzione dell'immobile, senza eccettuare il caso di comprovata insus� 
sistenza della difficolt� per il conduttore di reperire �ltro immobile idoneo. 
Invero, pur avendo sinora sempre ritenuto legittime le proroghe dell'esecuzione 
forzata degli . sfratti 7, con. il ridimensionamento� d.ella. poJ'.'tata normativa 
dell'art. 2 cit,, la stessa Corte costituzionale :parrebbe dar segno di un suo 
avallo� di quella impostazione del giudice di legittimit�, secondo la quale il 
conduttore.� beneficia delle proroghe � a proprio rischio e :pericolo � �, con la 

(4) Cos�, Cass. 7 maggio 1981, n. 2996, in Foro lt., Mass; Cass. 20 aprile 1982, n, 2452,
ivi; Ca.ss. 30. o1;tobre 1984, n. 5566, ivi; Cass. 26 ottobre 1989, n. 4429, in Foro. It., 1990, 
I, 2567; Cass. 9 agosto 1991, n. 8.842, in� Foro It., Rep. 1992, voce Locazion.e, 197; Ca5s. 17 ottobre 
1992, n;. 11415, in Foro It. Mass.; Cass. 13 febbraio 1993, n. 1832, in Foro lt.; Mass. 
Contra1 Cass.. 10 maggio 1993, n. 5341, in Foro It., Ma~s.; Cass. 21 luglio 1933, n. 8134, in 
Foro� t., Mass. Nella @urisprudenza di merito aderiscono alla impostazione della Cassazione: 
Trib; Piacenza, 5 dicem)mi 1984, in Ar�h Loc', e:= Cond., 1985, p. 82; Trib. Firenze, 
25 giugno. 1986, .n..1409, in .Arc.h. Loc. e Cond . .1987,. 141; .Trib. Bari, 21 gennaio 1987, in 
Foro It., 1987, I, 2195; Trib. '.Bari, 27 febbr�i.o 1987, li.. 845, in Arch Loc. e Cond., 1987, 
144;. Trib. Sanremo, 20 marzo 1989, in Arch. Loc.. e Cond., 1990, p. 84; Trib. Roma, 18 apri�
le 1990, in Arch. Loc. e Cond., 1990, p. 751; Trib. Sanremo, 21 marzo 1991, in Arch. Loc. 

e Cond., 1992, p. 316; Trib. Milano, 23 dicembre 1992, in Foro It., 1992, p. 3065. 

(5) In Foro It., 1992, I, 1329. 
(6) L'art. 2 d.l. 393/87 prevede che � Il conduttore, per il periodo di occupazioneintercorso tra la data di scadenza del regime transitorio previsto dalla legge 27 luglio 1978, 
n. 392 e successive modificazioni ed integrazioni e la data di stipulazione del nuovo contratto... 
non � tenuto a corrispondere al locatore alcun aumento di canone... n� il risarcimento 
dei danni ai sensi dell'art. 1591 del codice civile �. 
(7) v. tra le tante Corte Cast. 15 g!)nnaio 1976 nn. 3 e 4, in questa Rassegna, 1976, 
p. 3 ss.; Corte Cost. 18 novembre 1976, n. 225, ivi, p. 893; Corte Cast., 6 maggio 1976, 
n. 109, ivi, 665; Corte Cost. 5 aprile 1985, n. 89, ivi, 1984, p. 427. 
(8) Cos� A. BARBIERI, in Temi Romana, 1992, p. 101 ss., sulla ritardata riconsegna del� 
l'immobile in locazione non abitativa, ove il conduttore ha diritto all'indennit� ex art. 34 e 
69 legge 392/78 con riferimento al diritto risarcitorio ex art. 1591 e.e. 

386 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

zioni afferenti alle locazioni e canoni della zona e non attinente alla con


I ~ 

creta sorte dell'immobile locato dalla ricorrente, sia dell'articolata prova 
testimoniale, genericamente formulata con riguardo alla crisi degli alloggi 
ovvj;lro alla del p~i equivoca e non determinata ricerca di aspiranti locatari.. 


Non senza doversi aggiungere che identica sorte negativa quanto alla 
sua rilevanza non pu� non attribuirsi alla invocata valutazione dell'U .T.E. 
del configurabile canone dell'immobile, ove si consideri che tale sua valenza 
non � certamente esaustiva sul piano probatorio del concreto verificarsi 
del corrispondente effettivo pregiudizio del locatore in relazione ad 
una. determinata e specifica evenienza di locazione non conclusa in dipendenza 
del ritardo di riconsegna del locatario. 

Infine, in tale debita prospettiva -senza rilevanza per il nocumento 
per un preteso mancato uso proprio, che si � inammissibilmente dedotto 
ex novo nella memoria illustrativa -, cio� in assenza della specifica 
prova da parte del locatore, deve concludersi che il preteso maggior danno 
non � risarcibile -come si pretende dalla societ� ricorrente -neppure 
con il ricorso a criteri equitativi, non essendo sufficiente la dimostra-

I

conseguente responsabilit� per i danni da ritardato rilascio, ancorch� in presenza
� di un provvedimento ineseguibile. 

I

E d'altro canto lo stesso legislatore, se per il caso di proroga ha previsto 
sempre un aumento della indennit� di occupazione da corrispondere al loca� 
tore (v. art. 12 legge 253/50; art~ 3 legge 1521/60; art. 15 bis legge 94/82; art. 2 

I 

legge 15/87; art. 7 legge 61/89), non ha d'altra parte mai escluso, salvo che 
all'art. 2 del citat9 dl. 393/87 (prima dell'intervento della Corte costituzionale), 
l'obbligazione risarcitoria a carico del conduttore in mora nella restituzione 
dell'immobile. Argomento questo, da cui pu� ricavarsi �a contrario � l'opera� 
tivit� nella specie dei principi . generali della responsabilit� contrattuale, con 
la conseguenza che il conduttore dovr� ritenersi in mora dalla data di proposizione 
della domanda volta ad ottenere il rilascio dell'immobile locato. 

Una volta, dunque, accertato che la mancata restituzione dell'immobile 
locato alla scadenza del contratto comporta la responsabilit� del conduttore 
per gli eventuali danni, fa ingresso il problema della loro quantificazione. 

La giurisprudenza di legittimit�, nel cui solco si colloca anche la sen� 
tenza in commento, e parte di quella di merito citate, non hanno in punto 
mancato di precisare come il conduttore in mora nel rilascio dell'immobile 
locato sia passibile di condanna generica al risarcimento dei danni 9; e che, 
d'altra parte, la determinazione del quantum dovr� in ogni caso essere rigorosamente 
provata dal locatore, senza alcuna possibilit� di ricorso all'art. 1226 
cod. civ. 10� 

(9) v., tra le Jli� recenti, Cass. 13 giugno 1980, n. 3770, in Foro It., Mass.; Cass. 
15 gennaio 1981, n. 352, ivi;. Cass. 17 marzo 1983, n. 5613, ivi; Cass. 17 marzo 1983, n. 5613, ivi; 
Cass. 27 agosto 1984, n. 4707, ivi; Cass. 5 aprile 1991, n. 3533 cit. 
(10) Sul punto, in dottrina v. G. B. PETTI, L'inadempimento nella locazione di immobili 
urb.ani, Milano 1989, p. 237 ss., A. Buccr, E. MAI.PICA, R. REDIVO, Manuale delle locazioni, 
Padova, 1989, p. 137 ss. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 387 

zione di un danno solo potenziale ma richiedendosi la prova di un danno 
certo nella sua esistenza ontologica (v. Cass. 24.11.1979 n. 6157). 

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta ancora � violazione dell'art. 
360 n. 3 e 5, 1951 e.e., 1223 e.e.� sostenendo che i canoni per il 
periodo di ritardata consegna erano dovuti a titolo di danno e pertanto! 
erano soggetti a rivalutazione anche d'ufficio. 

Anche questo motivo non � fondato. 

Al riguardo � sufficiente ribadire il costante indirizzo di questa Corte 

(v. Sent. 7.4.1989 n. 1681; sent. 20.7.1979 n. 4353) che l'obbligo del conduttore 
a norma dell'art. 1591 cod. civ. di dare il corrispettivo convenuto 
fino alla data della riconsegna della cosa locata -salvo il maggior danno 
che il locatore deduca e .dimostri di aver subito -integra un debito 
di valuta di natura contrattuale, analogo a quello di pagamento del canone 
di locazione, con la conseguenza che come tale non � suscettibile di 
Giover� in proposito ricordare che, sino a qualche anno fa, la S. C. aveva 
consentito al locatore di quantificare il danno da ritardato rilascio dell'immobile, 
proprio col ricorso ai dati del mercato locatizio ed alla disciplina 
legale in materia 11� La stessa Cassazione aveva inoltre, pressoch� costantemente, 
ritenuto possibile il ricorso alla liquidazione del danno ex art. 1226 

e.e. nel caso in cui fosse mancata la prova del danno nel suo preciso ammontare, 
per l'impossibilit� della parte di fornire congrui e idonei elementi 
al riguardo, ovvero nell'ipotesi in cui, pur avendo questa diligentemente assolto 
ai suoi oneri processuali, per la notevole complessit� ed aleatoriet� degli 
elementi di quantificazione, il giudice non li abbia tuttavia ritenuti di sicura 
affidabilit� 12 ( ci� anche quando la difficolt� o l'impossibilit� di provare il 
danno sia dipesa dal ritardo con cui il danneggiato ha fatto valere il proprio 
diritto 18). 
Con la pronuncia che si commenta, la S. C. esige invece dal locatore la 
prova positiva e concreta di non aver potuto dare in locazione il bene per 
un canone pi� elevato, o di non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, 
ritenendo per il resto inconferente il richiamo ai canoni di 
locazione praticati sul mercato della zona, e respingendo qualsiasi ipotesi di 
valutazione equitativa dell'ammontare del danno, ex art. 1226 cod. civ. 

Questo orientamento potrebbe forse apparire eccessivamente rigoroso, ove 
applicato nel campo delle locazioni abitative in regime di equo canone nel 
quale, per l'ormai generalizzata pressione della domanda sull'offerta, almeno 
di regola manca una vera e propria � fase delle trattative �, e quindi l'agevole 
possibilit� di dimostrare il mancato perfezionamento di un nuovo e 
pi� remunerativo contratto di locazione attraverso l'esibizione di un preliminare 
non adempiuto, o di (documentate) proposte rimaste senza seguito, 

o altri negozi prodromici comunque estranei alla quotidiana pratica di questi 
rapporti locatizi (... notoria non egent probatione). Ma sicuramente opportuna 
appare invece, la nuova linea di stretta ortodossia processuale, oltre che 
nei rapporti locatizi ordinari, ossia quelli regolati interamente dal codice, 
(11) v. Cass. 3090/88, in Foro lt., mass. 
(12) Cass. 19 marzo 1991, n. 2934, in Foro It., mass. 
(13) Cos� Cass. 3791/69 in Foro lt., mass. 

388 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

rivalutazione monetaria, bens� produce interessi dal giorno della� domanda 
(salvo ,il maggior danno a norma del secondo comma dell'art. 1224 cod. 


civ. ove allegato 
e dimostrato). 
:Infine con il quarto motivo la ricorrente si duole per �violazione! 
I

~

dell'art. 360 <Il; 3 e 5 c.p.c., 1591 e 1223 e 1224 e.e. � per la reiezione della. 
richiesta rivalutazione ed interessi moratori per m�llcanza di presunzioni, 
mentre si era articolata prova circa la necessit� di essa impresa nel campo 
edile del ricorso al credito bancario con i relativi alti tassi nonch� si 
era pr.odotto attestato al riguardo della Cassa di Risparmio. 

L'esposto motivo non pu� trovare accoglimento. 

Invero, la de'c:isione del giudice del merito in ordine al denegato ri� 
conoscimento del maggior danno ex art. 1224 cod. civ. si fonda su pi� 
ragioni autonome, fra loro cos� chiaramente distinte ed indipendenti �ome 
quelle �ondti.c�nti in via primaria alla rilevazione della mancanza 
nelle conclusioni definitive della parte interessata nel giudizio di primo 
grado di una istanza di rivalutazione delle somme dovute e cos� all'esatto 
adempimento del precetto ex art. 112 cod. proc. civ. ed in via secondaria, 
e non equivocamente concessiVa, al negativo riscontro nel merito di 
quella pretesa in ragione della mancanza di prova presuntiva con i requisiti 
disposti dall'art. 2729 cod. civ. -ciascuna di esse giuridicamente e 

I 

~ 

altres� nelle locazioni. ad uso non abitativo �che, per non essere vincolate dalla 
legge nell'ammontare iniziale del canone, almeno in linea di massima non 
dovrebbero �dar luogo a rilevanti sbilanciamenti economici delle controprestazioni, 
durante il loro arco temporale (come nel caso di specie, di locali 
adibiti a caserma dei CC). 

:El. infatti la stessa comune esperienza ad escludere che, nel caso di immobili 
di particolare grandezza e vocazione commerciale, nelle more del rilascio 
si riescano facilmente a reperire nuovi= locatari, di pari affidabilit�, e prontamente 
disposti a corrispondere il nuovo canone � di mercato �; ed anzi la 
stessa obiettivizzazione di un canone di mercato, in relazione alle concrete 
possibilit� �di conseguirlo, appare in questi casi� piuttosto aleatoria~ 

Resta comunque assicurata la possibilit�, per il locatore che non possa 
raggiungere la rigorosa prova del �maggior danno� ex art. 1591 cod. civ., 
di ripiegare verso il ristoro �del pi� ragionevole maggior danno ex a:rt. 1224 
cpv. cod. civ., che gli fosse derivato dall'eventuale ritardo nel pagamento 
dell'indennit� (c.d. �di occupazione sine titulo �). 

Anche al di fuori del caso del locatore-imprenditore, per il quale la 

dimostrazione di questo �danno maggiore � (di indole strettamente finan


ziaria);� sarebbe del tutto agevole, resta comunque aperta: a tutti la via degli 

�interessi legali� previsti dal primo comma della disp. cit. che, ammontando 

al tasso (attualmente di tutto rispetto) del 10 %, appaiono medio tempore 

idonei a conservare l'equilibrio di due contropartite economiche che, almeno 

nella loro entit� iniziale, erano state frutto di una libera valutazione � di 

mercato�, 

VITTORIO Russo 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 389 

logicamente sufficiente a sorreggere quella decisione ora avversata dalla 
ricorrente. 

Orbene, l'omessa impugnazione della prima di tali ragioni, non avendola 
il ricorso, nel mezzo in esame, investita in alcun modo, :rende inammissibile 
per difetto d'interesse la doglianza con cui nel detto ricorso ci 
si � rivolti esclusivamente alla seconda e succedanea ragione della decisione 
con riguardo alla prova negativamente apprezzata, in quanto anche 
l'eventuale fondatezza e cos� l'accoglimento dri siffatta doglianza non pu� 
toccare la decisione impugnata, che non pu� che restare ferma in base 
a quella primaria � ratio decidendi � non investita dall'impugnazione e, 
quindi, non pi� sindacabile (v. Cass. 20.10.1988 n. 5804; Cass. 18.2.1983, 

n. 1248; Cass. 5.1.83 n. 3). 
CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 22 luglio 1993, n. 8181; Pres. Ruperto; Rel. 
Sensale; P. M. Grossi -(conf.) Costa (avv. Berardi) c. Ministero 
del Tesoro (avv. Stato Ferri) e Banca d'Italia (avv. Clementi e Lorenti). 


Credito -Poteri pubblicistici di controllo -Revoca dell'autorizzazione 
all'esercizio del credito � Lesione di interessi legittimi � Giurisdizione 
amministrativa � Superamento dei limiti esterni dei poteri dell'Am� 
ministrazione � Illecito civile -Lesione di diritti soggettivi -Giurisdizione 
ordfuaria. 

L'imprenditore, il quale. eserciti la raccolta del risparmio e l'attivit� 
creditizia, � soggetto ai poteri pubblicistici di controllo e repressione della 
Banca d'Italia, ivi compreso il potere di adottare provvedimenti sanzionatori, 
quali la revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito e la 
sottoposizione dell'imprenditore a liquidazione coatta amministrativa, s� 
che le sue posizioni, a fronte degli atti di esercizio di quei poteri, hanno 
consistenza di interessi legittimi, eccezion fatta per il caso di travalicamento 
dell'Amministrazione nell'illecito civile a causa del superamento 
dei limiti esterni del suo potere discrezionale con conseguente lesione di 
diritti soggettivi (1). 

(1) La sentenza in esame traccia le linee di confine della giurisdizione civile 
rispetto a quella amministrativa con riferimento ai limiti esterni della discrezionalit� 
amministrativa. 
Dalla natura pubblicistiea dei poteri di controllo e repressione della Banca 
d'Italia, e in particolare nella fattispecie del potere di adottare,� come sanzione, 
la revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito e la sottoposizione dell'imprenditore 
a liquidazione coatta amministrativa, discende la qualificazione delle 
posizioni degli imprenditori come interessi legittimi, i quali non danno luogo 
a risarcimento del danno nemmeno dopo l'annullamento dell'atto illegittimo. 



390 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis) I. Ai sensi dell'art. 335 c.p.c., deve procedersi alla riunione 
dei ricorsi proposti contro la stessa sentenza da Vincenzo Costa (principale 
n. 9906/90) e dalla Banca d'Italia (incidentale n. 11226/90), nonch� 
da Giacomo Costa (n. 10165/90). 


II. 1. In relazione ai ricorsi, principale di Vincenzo Costa e inciden� 
tale dellaJ3anc~ d'Italia, si osserva che quest'ultimo, in quanto prospet� 
ta una questione rilevabile d'ufficio e idonea, se fondata, a definire il 
giudizio fra le suddette parti, va esaminato con priorit� logica, pur se 
proposto in forma condizionata. 
Con esso si denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 342 

c.p.c. e il vizio di omesso esame su un punto decisivo della controversia, 
sostenendosi che la Corte d'appello non abbia dato conto 'delle ragioni 
in base alle quali ha superato l'eccezione di nullit� dell'atto di appello 
di Vincenzo Costa per assoluta mancata specificazione dei motivi. 
La . deduzione del lamentato errar in procedendo consente a questa 
Corte, com'� noto, l'esame degli atti al fine di accertarne la sussistenz~ 
e di stabilire se vi sia stata violazione dell'art. 342 c.p.c.; di modo che � 
di per s� irrilevante che la Corte del merito abbia dato, oppure no, 

I

adeguata risposta all'eccezione formulata nel giudizio d'appello della 

I ~ 

Banca d'Italia. 

II. 2. Vincenzo Costa aveva impugnato la sentenza di primo grado, 
sostenendo che mancavano le condizioni richieste dalla legge perch� si 
potesse procedere alla liquidazione coatta amministrativa della Banca Popolare 
di Fabrizia, in pregiudizio della quale era stata perseguita una 
politica di concentrazione delle banche di minore rilevanza, per giunta 
senza la sua� volont�, e che si era coartato il diritto di alcuni soci di det-
Su queste basi la sentenza in esame nega, rispetto al tipo di violazione lamentata 
da uno dei ricorrenti principali (sia pure dietro le spoglie di una domanda 
risarcitoria), l'esistenza della giurisdizione del giudice ordinario. 

Viene invece affermata la giurisdizione ordinaria rispetto al petitum del� 
l'altro ricorrente, poich� si riconosce che questi ha prospettato non una illegittimit�, 
ma un'ipotesi di tra~�alicamento dell'Amministrazione nell'illecito 
civile, a seguito del superamento dei limiti esterni della discrezionalit�. 

Sebbene la dottrina tenda a dare all'art. 2043 cod. civ. una portata gene� 
rale di norma in bianco, e conseguentemente a ricomprendervi anche situazioni 
diverse dai diritti soggettivi, la giurisprudenza si mostra di contrario av� 
viso. La sentenza in esame si colloca infatti nel ben consolidato filone di 
giurisprudenza secondo il quale gli interessi legittimi non sono tutelabili ex 
art. 2043 cod. civ. (cos�, tra le tante, Cass., Sez. Un., 313/72, in Foro it., Rep. 
1972, voce Edilizia ed Urbanistica, nn. 294 e 511; Cass., Sez. Un., 1867/73, in Foro 
lt., Rep. 1973, voce Responsabilit� civile, nn. 46 e 47; Cass., Sez. Un., 5813/85, in 
Foro it., Rep. 1985, voce Responsabilit� civile, n. 130; Cass., Sez. Un., 2579/88, 
in Foro it., Rep. 1988, voce Responsabilit� civile, nn. 133 e 134; Cass., Sez. Un., 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 391 

ta banca di procedere liberamente all'alienazione delle proprie quote, 
costituente esercizio di un loro diritto soggettivo. 

L'appellante aveva, quindi, contestato l'intero impianto sul quale era 
stata fondata, da parte del primo giudice, la declinatoria della giurisdizione 
ordinaria sulla domanda da lui formulata contro il Ministero del 
Tesoro e la Banca d'Italia, ed aveva riproposto, con sufficiente specificit�, 
le ragioni, gi� prospettate nell'atto introduttivo del giudizio, quali motivi 
diretti a censurare la sentenza impugnata. 

Ci� soddisfa l'esigenza avuta di mira dall'art. 342 c.p.c., il quale non 
richiede l'impiego di formule sacramentali n� una rigorosa enunciazione 
dei punti e dei motivi dell'appello, quando appaia evidente, come nel 
caso concreto, la volont� della parte d'impugnare in toto la sentenza di 
primo grado, e, sia pure sommariamente, siano spiegate le ragioni del� 
l'impugnazione al fine di consentire al giudice d'identificare i punti da 
esaminare e di. vagliare le ragioni .di fatto e di diritto per le quali s1 e 
formulato il gravame (in tal senso: sent. 5 giugno 1987 n. 4917, 26 gen� 
naio 1989 n. 449). 

III. 1. La censura �, dunque, infondata ed il rigetto del ricorso incidentale 
apre la via all'esame del ricorso principale, con il quale Vincenzo� 
Costa denunzia � violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omessa 
insufficiente e contraddittoria motivazione, nullit� della sentenza in 
relazione alla mancanza d'istruttoria� (1� motivo), �al ritenuto difetto 
di giurisdizione� (2� motivo) ed �alla coercizione del diritto di cessione 
delle. quote � (3� motivo). 
La sentenza impugnata viene censurata, sotto il primo profilo, nella 
parte in cui d� atto di avere provveduto alla necessaria istruttoria, nonostante 
che la causa fosse stata trattenuta in decisione senza che questa vi 
fosse stata, e per non aver dato ragione del mancato accoglimento delle 

13171/91, in Foro it., Rep. 1991, voce Concorso e Pubblico Impiego, n. 137; 
Cass., Sez. Un., 3357/92, in questa Rassegna, 1992, 262 e ss.). 

Diverso problema, tuttora oggetto di contrastanti tendenze giurisprudenziali, 
� invece se la non risarcibilit� dei danni per lesione dell'interesse 
legittimo comporti l'improponibilit� della domanda, e quindi il difetto assoluto 
di giurisdizione (in questo senso, oltre alla sentenza in esame, v. Cass., 
Sez. Un., 2491/83, in Giust. civ., 1983, I, 1683), oppure la reiezione nel merito 
della domanda (cos� Cass. 5449/1987, in Giust. civ., 1988, I, 749, con nota di S. 
SoTGIU, Difetto di giurisdizione e improponibilit� assoluta della domanda nelle 
controversie tra privati; Cass., Sez. Un., 367/92, in For. it., 1992, I, 1421; queste 
ultime �,decisioni attengono, per�, pi� che altro alla configurabilit� in astratto 
e alla sussistenza in concreto di posizioni di diritto soggettivo, suscettibili 
di tutela risarcitoria, anche in considerazione della non inclusione di quei privati 
tra i destinatari dei poteri autoritativi in questione). 

Sul principio del neminem laedere come limite generale esterno alla discrezionalit� 
della pubblica amministrazione, cfr. Cass. 772/88, in Giust. civ., 
Mass. 1988, 722; Cass. 605/81, ivi, 1981, 235; Cass. 3387/79, ivi, 1979, 1483. 



392 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

richieste \formulate al riguardo; sotto il secondo profilo, nella parte in 
cui ha negato la giurisdizione del giudice ordinario, senza valutare se ili 
gli atti e i comportamenti portati al suo esame esulassero dal potere di~ 

I 

screzionale della P.A. e senza motivare in ordine alla collocazione nell'ambito 
dello sviamento di potere di quegli atti e comportamenti (dedotti, 

I 

invece, come fatti illeciti) ed al mancato esame della domanda dir risarcimento 
dei danni da essi prodotti, incentrando erroneamente l'attenzione 
sulla valutazione dell'atto amministrativo pi� che sulla osservanza delle 
comuni norme di prudenza e diligenza imposta dal principio del neminem 
laedere a tutela dell'incolumit� dei cittadini e della integrit� del loro 
patrimonio, specialmente nell'ambito della discrezionalit� tecnica, nonch� 
sull'esistenza della eccezionale gravit� che potesse giustificare la liquidazione 
coatta; sotto il terzo profilo, infine, nella parte in cui ha ritenuto 
la mancata vendita o il mancato perfezionamento della vendita delle 
quote di propriet� della banca, da parte di alcuni soci, conseguenza indiretta 
dell'esercizio dei poteri discrezionali della Banca d'Italia, erroneamente 
negando anche su ci� la giurisdizione del giudice ordinario e violando 
il principio in base al quale, una volta rispettati i limiti interni; 
insindacabili, del potere discrezionale della P.A., il giudice ordinario ben 
pu� indagare se i mezzi discrezionalmente scelti siano stati messi in 
opera in mod~ adeguato e corretto o, invece, con imperizia, negligenza o 
imprudenza. 

II 

Tali censure sono infondate. 

III. 2. Quanto alla prima, � sufficiente osservare che l'istruttoria, che 
si assume omessa, pu� consistere anche nelle sole acquisizioni documentali 
che il giudice ritenga necessarie e sufficienti al fine del decidere, 
~ 

I ~ 

s� che non � ravvisabile quel difetto di attivit� che il ricorrente sembra. 
addebitargli. N� � censurabile il mancato accoglimento della richiesta di 
acquisizione di tutta la documentazione relativa alla Banca Popolare di 
Fabrizia in possesso della Banca d'Italia, in quanto priva delle necessarie 
specificazioni, indispensabili al fine d'identificare i documenti davvero 
rilevanti per la decisione e di consentire al giudice di effettuare 
il necessario vaglio e di esprimere il relativo giudizio di rilevanza. 

III. 3. All'esame della seconda censura occorre premettere che l'imprenditore, 
il quale eserciti la raccolta del risparmio e l'attivit� creditizia, 
� soggetto ai poteri pubblicistici di controllo e repressione dell'Amministrazione, 
compreso il potere di adottare, tramite la Banca d'Italia, provvedimenti 
sanzionatori, quali la revoca dell'autorizzazione all'esercizio 
del credito e la sottoposizione dell'imprenditore a liquidazione coatta 
amministrativa, s� che le posizioni di detto imprenditore (e, conseguentemente,. 
;dei soci di una impresa societaria), a fronte degli atti di eserc1z10 
di quei poteri, hanno sin dall'origine consistenza d'interessi legit� 
timi, essendo protetti solo occasionalmente, nei limiti in cui coincidano 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

con l'interesse pubblico generale; con la ulteriore conseguenza che, perfino 
dopo che gli atti amministrativi, tempestivamente impugnati davanti 
al giudice amministrativo, siano stati annullati, deve negarsi la 
facolt� di esperire l'azione risarcitoria davanti al giudice ordinario, stante 
la configurabilit� di un diritto al ristoro del danno solo in pr�senza 
di una lesione di diritti soggettivi (v. sent. 25 marzo 1988 n. 2579). 

:S vero che l'attivit� della P .A., anche nel campo della pura discrezionalit�, 
deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge ma anche 
dalla norma primaria del neminem laedere (sent. 21 giugno 1966 n. 520), 
cos� che � consentito al giudice ordinario di accertare se vi sia stato, da 
parte della P.A.; un comportamento colposo tale che, in violazione della 
suindicata norma primaria, abbia determinato la lesione di un diritto 
soggettivo, essendo configurabile la risarcibilit� di una lesione che si assuma 
inferta alla integrit� del patrimonio e, pi� specificamente, al diritto 
di determinarsi liberamente nello svolgimento dell'attivit� negoziale 
relativa al patrimonio (sent. 4 maggio 1982 n. 2765); ed � pur vero che ai 
tale orientamento si sono conformate recenti decisioni di questa Corte 

(v. 
sent. 11 gennaio 1988 n. 35, 27 gennaio 1988 n. 722, 24 maggio 1991 
n. 
5883, 2 giugno 1992 n. 6667). 
A tal fine �, tuttavia, necessario che l'attivit� della P.A. abbia superato 
i limiti esterni della sua discrezionalit� per travalicare nell'illecito civile; 
che ci� sia specificamente dedotto e che il giudice del merito abbia 
accertato che: tale situazione si sia verificata di fatto. 
Orbene, nella sentenza impugnata si � esclusa una condotta (nel 
senso sopra precisato) degli organi preposti alla vigilanza ed al controllo 
dell'attivit� creditizia e si � accertato che le doglianze dell'appellante 
Vincenzo Costa miravano a dimostrare l'illegittimit� del decreto del 
Ministro del Tesoro, la cui emanazione sarebbe stata determinata da 
comportamenti fuorvianti della Banca d'Italia. Si � per ci�, correttamente 
concluso che si trattava di una prospettazione classica di sviamento 
di potere, da proporsi davanti al giudice amministrativo. In altri 
termini, sotto le spoglie di una domanda risarcitoria, l'appellante aveva 
in realt� direttamente censurato l'atto amministrativo, che non aveva 
a suo tempo. impugnato nella sede propria della giurisdizione amministrativa. 


III. 4. Esclusa la configurabilit� di un'ipotesi risarcitoria per violazione 
di un diritto soggettivo, derivante dal superamento dei limiti 
esterni del potere discrezionale della P .A., perde rilievo anche la terza 
censura, concernente la impedita vendita o il mancato perfezionamento 
della vendita delle quote da parte dei soci, trattandosi di conseguenze 
indirette della revoca dell'esercizio del credito, disposta in virt� di attivit� 
(nella prospettazione del ricorrente) illegittima della P.A., lesiva, 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

394 

in tesi, di una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo. 


III 5. Pertanto, vanno rigettati sia il ricorso principale di Vincenzo 
Costa, sia quello incidentale della Banca d'Italia; e ci� giustifica che, 
fra dette parti, le spese del gfodizio di cassazione siano compensate., 

IV. 1. Resta da esaminare il ricorso proposto da Giacomo Costa. 
Con il primo motivo il ricorrente censura la mancata affermazione, 
da parte della Corte d'appello, della giurisdizione del giudice ordinario 
sulla . domanda da lui proposta nei confronti della Banca d'Italiru 
e ;dei funzionari, nonch� dello Striccagnolo, e la contraddittoriet� della: 
motivazione della sentenza impugnata. Con tale domanda si erano denunciate, 
oltre a fatti di contorno, le minacce subite dalla Banca Popolare 
di Fabrizia, la dichiarata connivenza dei dirigenti della Banca d'Italia 
della sede di Catanzaro, in concorso con il capo dell'ufficio di vigilanza, 
al fine di pervenire all'assorbimento della Banca Popolare di Fabrizia 
da parte della Banca Popolare di Crotone (che fortemente lo propugnava), 
l'inesistenza di concreti addebiti al momento della liquidazione, la 
creazione delittuosa di un saldo passivo nel bilancio di liquidazione 
ad opera di un commissario liquidatore di comodo, gi� dipendente della 
Banca d'Italia ed apparentato con persone organi della Banca Popolare 
di Crotone, nominato allo scopo di suggellare, con le sue asseverazioni, 
la presunta legittimit� di un �colossale imbroglio�: aveva, cio�, 
denunciato atti illeciti idonei a ledere posizioni di diritto soggettivo e a 
determinare la giurisdizione del giudice ordinario. N� la Corte, sostiene 
pure il ricorrente, poteva correttamente affermare che il disegno 
preordinato per danneggiare il ricorrente (rectius: la Banca Popolare di 
Fabrizia) � sarebbe rimasto , allo stato di semplice enunciato non suffragato 
da specifiche allegazioni�, dal momento che erano state formulate 
richieste istruttorie al riguardo, alle quali il tribunale non aveva dato 
alcuna risposta. Nota infine il ricorrente , che, se i giudici di merito avevano 
ritenuto la propria giurisdizione (voluta dalla Banca d'Italia, con 
il suo intervento, nella controversia instaurata nei confronti del Marvaso), 
rigettando la domanda proposta contro quest'ultimo per gli stessi 
fatti, non si spiega che l'abbiano poi declinata nei confronti della Banca 
d'Italia. 

Con il secondo motivo lo stesso ricorrente denunzia l'insufficienza 
e contraddittoriet� della motivazione su un punto decisivo in ordine alla 
negata responsabilit� del Marvaso, nominato commissario liquidatore 
della Banca Popolare di Fabrizia, dolendosi che non sia stata disposta 
l'invocata consulenza tecnica sul conto finale della liquidazione. 

Con il terzo motivo denunzia i medesimi vizi di motivazione, contestando 
la negata responsabilit� della Banca Popolare di Crotone, giu~ 
stificando la mancata formulazione di specifiche richieste istruttorie 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 395 

al riguardo con l'immediata rimessione della causa al Collegio in'. primo 

grado. 

Infine, con il quarto motivo, denunziando la violazione o falsa appli


cazione dell'art. 91 c.p.c., censura la, sentenza impugnata per averlo con


dannato al pagamento di tutte le spese processuali, pure avendone ac~ 

colto il primo motivo d'appello, con il quale era stato dedotto che nel


l'epigrafe della sentenza di primo grado il convenuto Striccagnolo era 

indicato come contumace, pur essendo regolarmente costituito, e non 

erano riportate le conclusioni delle parti. 

IV. 2. Il primo motivo va accolto, con la precisazione che, nei 
confronti dello Striccagnolo, presidente all'epoca della Banca Popolare 
di Crotone, e nei confronti di quest'ultima, la Corte d'appello ha pronunziato 
nel merito, ritenendo infondata la domanda. Questo punto 
della decisione � in'.vestito dal terzo motivo, infondato, come si dir�, a1 
pari del secondo motivo, concernente la posizione del Marvaso. Gli 
stessi motivi, secondo e terzo, in quanto proposti anche nei confronti delle 
parti (Banca d'Italia e funzionari di essa), interessate dal primo motivo, 
rimangono privi di autonoma rilevanza per effetto dell'accoglimento del 
primo motivo e, quindi, assorbiti. Per diversa ragione, ossia perch� sulle 
spese processuali dovr� pronunciarsi il giudice di rinvio, per effetto 
� dell'accoglimento del 
primo motivo, � assorbito il quarto, il quale va, 
invece rigettato nei confronti del Marvaso, della Banca Popolare di Crotone 
e dello Striccagnolo, osservandosi che la Corte d'appello ha accolto 
il primo motivo d'appello, al solo fine di correggere irregolarit� meramente 
formali nell'epigrafe della sentenza di primo grado, non incidenti 
sul contenuto della decisione, ritenendo, per ci�, sostanzialmente soccombente 
Giacomo Costa ed escludendo, com'era nel suo insindacabile potere 
discrezionale, che vi fossero ragioni per la compensazione delle spese. 

IV. 3. In ordine al primo motivo, deve osservarsi che la Corte d'appello, 
a differenza di quanto affermato nel rigettare il gravame proposto 
da Vincenzo Costa (e cio� che le censure dell'appellante miravano a dimostrare 
l'illegittimit� del decreto del Ministero del Tesoro, in quanto 
fuorviato dalla Banca d'Italia, e prospettavano,. quindi, una classica ipotesi 
di sviamento di potere, denunciabile quale vizio di legittimit� dell'atto 
davanti al giudice amministrativo), esaminando il quarto motivo 
dell'appello proposto da Giacomo Costa, ha individuato un diverso petitum 
ed una diversa causa petendi. Ha, infatti, osservato che l'appellante 
aveva dedotto, a fondamento dell'instaurata azione risar~itoria, la preordinazione 
e la realizzazione, a danno della Banca Popolare di Fabrizia e 
dei soci di essa, di una dolosa macchinazione, con la partecipazione dei 
funzionari della Banca d'Italia, sostanzialmente al fine di eliminarla dal 
mercato creditizio e di provocarne l'ingiustificata incorporazione in altra 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

396 

azienda di credito, negando, tuttavia, che ci� fosse idoneo, sia pure in 
astratto, a ledere posizioni di diritto soggettivo. 

Dopo avere elencato le circostanze dedotte dall'appellante come fat� 
ti illeciti (fra i quali, � la connivenza dei dirigenti della Banca d'lta~ 
lia di Catanzaro e del Capo dell'ufficio di vigilanza finalizzata all'attuazione 
.dell'incorporazione in questione; le minacce non velate alle quali 
la Banca Popolare di Fabrizia � stata sottoposta; il rifiuto opposto dalla 
Banca d'Italia alla proposta di deposito di somme adeguate da parte 
della Banca Popolare di Fabrizia a 1 garanzia di eventuali sofferenze; 
il contraddittorio atteggiamento della Banca d'Italia che prima ha esteso 
la zona operativa della Banca Popolare di Fabrizia in ben otto Comuni 
'e poi ha ritenuto che la Banca Popolare dovesse essere dichiarata. 
insolvente; il fatto delittuoso di avere artatamente creato il passivo 
di L. 6.286.641 nel bilancio di chiusura della liquidazione; la mancata! 
�pprovazione preventiva del provvedimento d'inibizione all'esercizio del 
credito da parte del C.I.C.R. �), la Corte d'appello ha affermato che 
l'appellante non aveva indicato fatti o comportamenti illeciti specificamente 
addebitabili ai funzionari ed alla stessa Banca d'Italia e che le 
circostanze indicate erano state riunite in un presunto disegno criminoso, 
rimasto allo stato di semplice enunciato non suffragato da specifiche 
allegazioni. 

Dalla motivazione della sentenza impugnata appare chiaro che 
Giacomo Costa non aveva denunciato mere illegittimit� di atti amministrativi 
(dei quali coerentemente non aveva chiesto neppure la disap� 
plicazione nell'ambito dell'azione risarcitoria proposta ed i cui effetti 
si erano, del resto, irreversibilmente prodotti), ma aveva rappresentato una 
serie di comportamenti personali illeciti, che avevano fiancheggiato l'attivit� 
provvedimentale propriamente amministrativa e che erano direttamente 
lesivi del diritto all'integrit� del patrimonio della Banca PopO" 
lare di Fabrizia, e dei quotisti di essa, e del diritto alla libera esplicazione 
di una consentita attivit� negoziale relativa al patrimonio. 

Negando la propria giurisdizione e confermando la sentenza di primo 
grado che l'aveva anch'essa declinata, la Corte non si � avveduta che 
quella proposta da Giacomo Costa era una tipica domanda risarcitoria, 
fondata sulla deduzione di fatti illeciti compiuti all'ombra di un'attivit� 
amministrativa svolta secondo schemi formali di cui non si contestava, 
in s�, la (sia pure apparente) legittimit�; e che quest'azione era riservata 
alla cognizione del giudice ordinario, che non era stato chiamato a ve� 
rificare, neppure incidenter tantum, la legittimit� di atti amministrativi, 
bensi ad accertare se alle spalle di essi non vi fosse un'illecita macchinazione 
esplicata attraverso le circostanze dettagliatamente allegate dall'appellante 
(per cui non appare logica, sul piano della congruit� della 
motivazione, l'affermazione della Corte d'appello che il denunciato il� 
lecito disegno fosse rimasto privo delle necessarie allegazioni). 



J.>ARTB I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA �IVILB, GIURISDIZIONE B APPALTI 397 

Che i fatti allegati, poi, fossero, oppur no, provati � ci� che i giudici 
del merito avrebbero dovuto accertare in base ai loro normali poteri 
di cognizione e costituisce il merito della controversia; che r�:ffe:nnazione 
della giurisdiziolle la~cia impregiudicato, e non. incide sulla qualificazione 
dell'azione;. da� �ompiersi. iri un hfomento logfoo .. ruiteriore. � � �. � . � �. 
�����, ��. Ifi ~tO .terril�rii, la �� s:ntenza�� � itnp'Ugrtata ha hpetato � tin'indebita sovrapposizione 
di piani tra ei� che. avi:ebb� .dovuto. verifica.re �.ai fmi della 
giuHsdizfone . (se, cfo�, i. fatt�~legati fos~ero . astrattamente. idonei . a configurare 
Ia. lesione di diritti soggettivi, hi relazione ad un petitum e ad 
Urta causa petendi ~oerenti. all'azione intrapresa) e ci� che.� costituiva il 
contenuto. d�f. giudizio .. di. merito al quale.� .avrebbe . do"Vuto . prqcedere . i�i 
conctetO; fra l'allegazione di fatti illeciti, che vi era stata, e la valutazione 
che . ne avrebl:>e do"Vuto compiere nell'ambito della propria . giurisdiziOne. 


�>lV,4, Ouei>ta .. ��. stata, inve�, esattamente .ritenu.ta. dalla Corte d'appello�.
con,;riferimento alla domanda proposta .contro H. Maryaso e quella 
f<m:tnulata. ne~ confronti d,ella B.anca Popolare . di.� Crotone . ed il suo presidente 
Striccagnolo. �La. declaratoria d'inammissibiljt� della p;rima e di 
rigetto della secomla sono investiti, come si �. detto, rispettivamel)te 
dal secondo e dal t(llrzo. n;mtivo �del � rico:rso proposto da Giacomo Costa, 
che. sono . entrambi infondati. 
IV. 5. In ordine al primo, la Corte d'appello, dop� a.vere premesso 
che la. condotta. del. Matvaso era stata censurata . sia. p�r .�avere egli�� redatto 
un �conto fin�:le �di liquidazione non rispondente alla realt� e sia 
per avere fatto ci� in esecuzione di un �disegno pr�otdin.ato al fine d1 
rendere possibile l'incorporazione della B.anca di Fabrizia nella B.anca 
Popolare di Crotone, ha osservato in punto di fatto, da un lato, che il 
Costi;\ non aveva !li;>ecificato quale sarebbe .i;tato l'interesse del Marvaso 
nelia,�� vicenda e,.in p~rticolare,�quale ut�lit� avesse tratto.. nell'assecon~ 
d�re ildisegno della B.anca d'Italia; dall'altro, �he . il �conto finale della 
�iquid~ione, chiuso in data ti febbraio 1980, era intervenuto dopo il decreto 
di revoca de)l'autorizzazione all'esercizio del credito, pubblicato 
nella Gazzetta Ufficiale .clel25 gen:naio 1978~ per cui non era.dato cotrt� 
p~enc,lere. quale rjlev~a p;;f�sse avere. avut.o .. Ja pretesa c;�mc1()tta Jraudole:
nta ~l Marvaso . nel diseg;po �he si asswn�va orditq cl~ ij~ca 
d1Italia e <;lai suoi dipel1c1enti, pqsto che. la ~essa in. liqUidaz~ope .~folla 
Banca di Fabrizia era stata disposta prima della nomina del Marvaso a 
commissario liquidatore. Ha poi rilevato che l'appellante, con la domanda 
proposta in relazion� al� conto di liquidazione redatto dal Marvaso. 
aveva cercato di eludere la decadenza prevista dall'art. 213 della legge1 
fallimentare, non avendo tempestivamente impugnato il conto; ..con la 
conseguenza che l'inammissibilit� della domanda dispensava la Corte 
dal pronunziarsi sulla richiesta di consulenza tecnica. 
9 



398 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Trattasi di un apprezzamento di merito, che sfugge al sindacato di 
legittimit�; perch� sorretto da adeguata motivazione, immune da errori 
giuridici e cla vizi logici. 

IV. 6. Quanto alla posizione assunta dalla Banca Popolare di CroJ 
tone (e: c;l,al ~uo presidente Striccagnolo) nella vicenda, la Corte ha ritenuto 
/che nessuna prova della co:nciotta illecita di tali soggetti era stata 
fornita, osservando che la volont� della Banca Popolare di Crotone di 
J?rO~eclere all'incorporazione della Banca Popolare di Fabrizia, oltre ad 
essere un'aspirazione assolutamente lecita, in quanto .diretta ad attuare 
un'operazione economica regolata dal vigente ordinamento, era nota 
agli organi della Banca Popolare di Fabrizia da epoca non sospetta; in 
!?articolare, mancava la prova sia di una loro connivenza con gli organi 
responsabili della sede di Catanzaro della Banca d'Italia e del capo dell'ufficio 
di vigilanza nella preordinazione di una macchinazione ai danni 
della Banca di Fabrizia; si��di minacce da questa subite da parte della 
Banca Popolare di Crotone; sia di una volont�, da parte di quest'ultima, 
di non rispettare l'accordo di fusione gi� siglato, in previsione del buon 
fine del disegno ideato dalla Banca d'Italia. Trattasi, anche qui, di apprezzamenti 
di fatto insindacabili in sede di legittimit�, osservandosi 
che la Corte d'appello ha giustificato, inoltre, il rigetto dell'istanza di 
acquisizione di tutta la documentazione relativa alla Banca Popolare di 
F.abFizia in possesso della Banca Popolare di Crotone e della Banca 
d'ItaUa, con il rilievo della mancata specificazione dei documenti ritenuti 
rilevanti e della impossibilit� di effettuarne, quindi, il dovuto vaglio 
ed il necessario controllo di. rilevanza. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1993 n. 8186 -Pres. Ruperto -
Rel. Favara -P. M. Grossi (conf.). -Provincia Autonoma di Bolzano 
(avv. Panunzio e Drioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amato). 

Demanio � Successione delle province autonome di Trento e Bolzano nei 
� beni dello Stato ex art. 68 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 � Corrisponden� 
za delle nuove materie di foro competenza come limite oggettivo al I 

' trasferimento � Esclusione del trasferhriento di rete ferroviaria in 
diSuso � � Vindicatio rei � da parte dello Stato � Giurisdizione ordinaria 
� Esclusione di un conflitto di attribuzioni. 


I 

La successione delle province autonome di Trento e Bolzano nei 

I

1

beni demaniali e patrimoniali dello Stato stabilita dall'art. 68 d.P.R. j 
31 agosto 1972, n. 670 avviene col limite oggettivo della corrispondenza !Idei beni� con le nuove materie di loro competenza; pertanto non � oggetto 
di trasferimento, in quanto manca tale vincolo finalistico, una rete 

I

! 
lI 

�I 

� 



PARTE I, SEZ, III; GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 399 

ferroviaria in disuso;: poiCh� la relativa azione da parte. dello� Stato � una 
� vindicatio rei � e non una � vindicatio pot�statis �, essa non 'd� �luogo 
ad .un .confZitto di attribuzioni .e�quindi la .giurisdizione�� spetta al �giudice 
ordinario (1). 

(omissis) 1. .....;;. Con i.Iprim�l motivo di rkorso si deduce che err�nearriertte 
� stafo ritenuto il�Miriisforo <delte Finanze �� 1egittimato � � � �d� ptocessum 
� iri una vertenza ll:f cui<il tfasferiment() di propriet� del bene 
conboverso � frutto. di. un'intesa raggiunta tra fo Stato e la� Provincia 
ia:iitdrioma df B�lzarto, o meglio di un accord� complesso; ai sensi dell'art. 
s�D.'.Pl~.. n.115/13, �tra le��c:ompetenti��.Amtrl.inisthtzfoni statati� e la 
pfovinci� interessata)>; accord� la cui modific� non >pu� avvemre che 
atfr�vers� un'azione proposta dal � Governo della � Repubblica. '.Pertanto 
l'Avvocatura dell� Stato riori aveva che la rappteseritanz� processuale 
del Mirii.st�to deile Firfa&e, hia ri�n certo quell� sostanz��le d�1fo Stato e 
per esso� del� Consiglio del Ministri. . 

Con il secondo motivo si insiste sull'eccezione di difetto di giurisdizione 
del . giudice ordi:n.~rfo �a dM111ere.�conflitti di attribU.Z�on� tra organi 
dello Stato e :PtoV�nCia a\ltonoina di Bolzano. �Si sostiene, contrariamente 
a qmmto ritenuto .�dalla Corte di ApJ?ello -�che cio� ricorre� una � vindieat�o 
rerum � e nori una � vindic�tio potestatis � -e affermando invece 
la . sussistenza di .. un � coriflitto di attribuziori.i., che la �richiesta . di resti tu~ 
zione di un ben�dallo Stato alla Provincia autonoma comport� sostanzialmente 
rivendicazfone �da parte dello�� Stato ��della titofarit� delle f�nziom 
amministrative sul bene stess� contest�ndole alfa provincia, con v�olazione 
dell'art. 68 dello Statuto speciale� di autonomia (D.P.R. 31 agosto� 1972 

n. 670) � e delle compet�nze � legislative e amministrative in specifiche materie; 
cosich� si determina un conflitto tra due soggetti costituzionali. 
che deve essete risolto dalla Corte C�stituziortale, che avrebbe dC>wto esser~
� :adita in caso di rifiuto della :Provincia di modifica dell'intesa in 
(1) La Corte di Cassazione ribadisce il consolidato orientamento, proprio 
anche .del Consiglio di Stato, secondo il quale le questioni relative. alla natura 
demaniale o patrimoniale (disponibile o indisponibile) & d�terminati�beni attengono 
comunque a diritti soggettivi; e quindi possono essere decise dal giudice 
amministrativo solo incidenter tantum (Cons. Giust. Amm. Sic., Tl febbraio 1991, 
n, 27, in Cons. Stata, 19911, I, 309). In generale nessun dubbio c'� in giurisprudenza 
circa la facolt� della pubblica amministrazione di agire non solo contro privati 
ma anche contro diversi soggetti pubblici con le normali azioni possessorie e 
petitorie riguardanti beni.del patrimonio indisponibile. 
Ai fini del trasferimento alle Proviince autonome di Trento e Bolzano, dei 
beni corrispondenti o connessi a funzioni di loro competenza, viene ora. affermato 
dalla Cassazione che tale. corrispondenza o connessione non possano ipotizzarsi 
rispetto ad una destinazione �futura (nella specie: in caso di successiva 
riattivazione della linea ferroviaria), poich� la destinazione pubblica deve essere 



400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


base alla quale era stato effettuato il trasferimento del bene ai sensi 
dell'�rt. 2 c. d.P.R. n. 115173). 

Con il terzo motivo si deduce poi il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario in favore del giudice amministrativo. Rileva la Provincia ricorrente 
che soltanto l'autorit� amministrativa a ci� deputata dall'art. 8 

d.P.R. n. )15-73 pu� valutare quali funzioni sia in grado di assolvere 
un bene pubblico e quali destiI1~i.onLdi Ptl.bblico interesse possano es7 
sergli utilmente conferite, in relazione ai diversi settori d'intervento della 
P.A. Sostiene inoltre la ricorrente che eventuali errori di valutazione 
te�nica .e di apprezzamento discrezionale amministrativo, di cui fossero 
inficiati gli � elenchi descrittivi � e i � verbali di consegna � dei beni tra� 
sferiti, vanno semmai sottoposti al vaglio del giudice amministrativo, ma 
non mai di quello ordinario. Ci� in quanto I'� errore � di cui -a detta 
di controparte ""'." sarebbero inficiati, tanto da aver causato il trasferimen� 
to .dei beni� contra legem �, altro non � se non un asserito vizio di 
legittimit� (eccesso di potere) dell'atto. amministrativo complesso adot� 
tato dallo Stato e dalla Provincia. 
Colquarto motivo di ricorso si dequce la violazione e falsa applicazione 
delle gi� richiamate norme di diritto, oltre che il vizio di motivazione 
insufficiente e contraddittoria..Si sostiene che la titolarit� delle 
attribuzioni nelle nuove materie gi� di competenza statale o regionale 
spetta alla Provincia con decorrenza dalla data di entrata in vigore della 
legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, ossia il 20 gennaio 1972. Dopo 
tale� data, Stato e Regione non potevano pi� legittimamente disporre dei 
beni corrispondenti alle nuove materie di competenza provinciale, n� mutarne. 
la destinazione (v. art. 10, d.P.R. n. 115/73). 

Si sostiene inoltre che anche per i beni immobili disponibili, sussiste 
fa �corrispondenza>>, ossia la �limitazione oggettiva�, in quanto possono 
essere destinati di diritto o di fatto -in termine di ragionevole potenzialit� 
se non di immediatezza -a soddisfare gli interessi pubblici, e 

quella attuale. Peraltro la giurisprudenza � concorde nell'adottare criteri sostanziali 
nella determinazione della destinazione di un bene; tuttavia viene negato 
che per la cessazione. del vincolo di indisponibilit� basti una temporanea inutilizzazione 
dei beni da parte della pubblica amministrazione (sia pure di notevole 
durata), occorrendo invece provvedimenti positivi della stessa, inequivocabilmente 
volti al passaggio del bene �l patrimonio rindisponibile attraverso la 
sottrazione del bene ad uso pubblico, con rinuncia definitiva al ripristino di 
tale funzione (Cons. Giust. Amm. Sic. 27 febbraio 1991, n. 27 cit.; Trib. Cagliari, 
19 settembre 1989, in Rep. Foro It., 1992, voce Demanio e patrimonio dello Stato, 
n, 14). In particolare, proprio con riguardo ad una linea ferroviaria, si � ritenuto 
che il venir meno della destinazione pubblicistica non sia ravvisabile nella mera 
cessazione dell'esercizio della linea medesima, fino a quando siano mantenuti. 
i� relativi impianti e sia quindi ancora possibile il ripristino di tale esercizio 
(Cass., sez. II, 22 aprile 1992, n. 4811, in Rep. Foro It., 1992, voce Demanio e pa� 
trimonio dello Stato, n. 13). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 401 

che tale eventuale destinazione non poteva pi� essere modificata dalla 
data di entrata in vigore delle norme che hanno disposto la successione 
della Provincia autonoma allo Stato. Per quelli, tra essi, funzionali alle 
nuove competenze dell'ente, si era dunque verificato il trasferimento 
ope legis, non potendosi del resto considerare esaustiva (come si desume 
dalla lettura dei successivi articoli 10 e 11) l'elencazione di cui all'art. 8 

d.P.R. 115/73. 
Col quinto motivo si deduce infine la violazione dell'art. 7 d.P.R. 
19 novembre 1987 n. 527 e dell'art. 8, 1� c. cifre a), c), d) e), 100 e 
11� comma d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, oltre che il vizio di omessa, 
insufficiente e contraddittoria motivazione e di omessa pronunzia su 
specifici motivi di gravame. 

Si sostiene che erroneamente la Corte di Trento ha ritenuto inapplicabile 
l'art. 7 del d.P.R. n. 527/87, secondo il quale le Provincie di 
Trento e di Bolzano succedono, in corrispondenza delle competenze loro 
trasferite in materia di comunicazione e di trasporti, nei beni e nei diritti 
rdi natura immobiliare dello Stato e in particolare in quelli conness'i 
all'esercimo di linee ferroviarie in concessione, ancorch� svolte mediante 
servizi automobilistici sostitutivi, in atto alla data in vigore del d.P.R. 

Ci� sull'erroneo presupposto che i beni inerenti alla ferrovia OraPredazzo 
fossero stati dismessi ed erano passati, dopo il 1963 e fino alla 
emanazione del citato d.P.R. n. 115/1973, al patrimonio disponibile dello 
Stato senza alcuna destinazione o limite idonei a farli rientrare nell~ 
categorie elencate nell'art. 8 di tale d.P.R. Essendo invece il servizio 
ferroviario in concessione svolto mediante servizio automobilistico sostitutivo 
al momento dell'entrata in vigore di detta disposizione di legge, 
il corpo ferroviario -costituito peraltro da una serie di beni di natura 
diversa (edifici, fabbricati viaggiatori, uffici, condotte e prese d'acqua, 
serbatoi, prati, boschi, improduttivi e strade) -doveva considerarsi solo 
provvisoriamente non utilizzato, tanto che la Provincia ben potrebbe 
riattivarlo previa revoca della concessione del servizio automobilistico. 
Deduce altres� la ricorrente che la Corte di merito ha omesso di esaminare 
il motivo di appello relativo alla condanna al pagamento del controvalore 
dei beni alienati in buona fede a terzi, per i quali in ogni caso 
potrebbe disporsi solo la restituzione degli importi incassati e non il 
pagamento del valore attuale degli stessi. Parimenti errati � la pronunzia 
relativa alla decorrenza degli interessi, dovuti solo dalla data della do� 
manda giudiziale, e cos� pure la pronunzia relativa alla svalutazione monetaria, 
non avendo l'Amministrazione finanziaria proposto azione di risarcimento 
del danno sotto tale profilo; motivi tutti che gi� erano stati dedotti 
in secondo grado e che la Corte non ha esaminato. 

2 -I primi tre motivi di ricorso -tra loro collegati logicamente sono 
privi di fondamento. 



402 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Viene in rilievo il disposto dell'art. 8 secondo e terzo comma de~ 

d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 che, nel dare attuazione allo Statuto speciale 
della Regione Trentino-Alto Adige approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 
n. 670, dopo avere indicato (negli artt. 1-4) i beni dello Stato e dell~ 
Regione direttamente trasferiti alle Provincie autonome di Trento e Bolzano 
(per i quali era necessaria la sola consegna ad opera dell'Intendenza 
di Finanza), elenca poi nell'art. 8 una serie di categorie di beni soggetti 
invece ad �individuazione�, da effettuare, �mediante elenchi descrittivi 
che saranno formati d'intesa tra le competenti Amministrazioni statali 
e la provincia interessata� (secondo comma) e da consegnarsi poi alle 
stesse Provincie, sempre ad opera dell'intendenza di Finanza (terzo comma). 
La formazione degli elenchi descrittivi ha chiaramente valore ricognitivo 
e di accertamento, da effettuarsi nel contraddittorio dei rappresentanti 
dei soggetti pubblici interessati al trasferimento (Stato e Provincia 
autonoma); trasferimento che tuttavia avviene � ope legis �,anche se i beni 
da trasferire sono indicati solo nel � genus � (categorie) e determina un 
passaggio dei beni e diritti demaniali e patrimoniali dal demanio o dal 
patrimonio dello Stato a quello della Provincia. Segue da ci� che il trasferimento 
interessa in via diretta quel ramo dell'amministrazione statale 
-il Ministero delle Finanze -cui � affidata la cura del demanio e 
del patrimonio dello Stato ed � perci� titolare delle funzioni relative: 
all'amministrazione e a tutte le vicende che concernono i beni che ne. 
formano oggetto. 

Pu� a questo punto rispondersi perci� al primo motivo di ricorso, 
ponendo in rilievo che l'Amministrazione delle Finanze dello Stato correttamente 
dette inizio al presente giudizio, quale legittimata � ad ca� 
usam �, oltre che �ad processum �, unica essendo la personalit� dello 
Stato in tutte le manifestazioni del suo agire ed unica essendo comunque 
la rappresentanza processuale dell'Avvocatura erariale a favore di qualsiasi 
ramo di detta Amministrazione statale agente in giudizio, come 
esattamente ricordato nella sentenza impugnata, con riferimento alla costante 
giurisprudenza di questa Suprema Corte sul punto. Per altro 
verso va considerato che l'intervento ex art. 8 d.P.R. n. 11sn3 dei rappresentanti 
dei singoli competenti Ministeri in sede di formazione degli 
elenchi descrittivi d'intesa con i rappresentanti della Provincia � funzionale 
all'individuazione dei beni da trasferire e avviene in via attuativa 
della successione per categorie disposta � ope legis � e non per effetto 
di accordo tra enti pubblici e di espressione di potest� e di volont� da 
parte della Provincia; ferma cio� restando la titolarit� del Ministero delle 
Finanze -infatti incaricato anche della � consegna � dei beni individuati 
-di tutti i diritti, compreso quello di revindicare i beni erronea1. 
mente trasferiti, che concernono il demanio e il patrimonio dello Stato. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 403 

3 -Anche le due censure riguardanti il denunciato difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario -a conoscere dei conflitti di attribuzione 
tra Stato e Provincia autonoma e della legittimit� di un provvedimento, 
quale quello di � individuazione �, che sarebbe di natura discrezionale .sono 
prive di consistenza. 

Sotto il primo profilo, va considerato che la tesi della Provincia .._, s.econdo 
c;ui quando lo Stato, rivendica la propriet� di un bene gi� trasfe~ 
rito alla Provincia (od il suo controvalore, se gi� ritrasferito a terzi al 
momento della domanda giudiziale) rivendica �in primis � la titolarit� 
delle funzioni amministrative sul bene stesso contestandole alla: Provincia 
e ponendo in discussione l'�inresa � in precedenza raggiunta (da intendersi 
come .atto complesso e di coordinamento di poteri, regolante i~ 
trasferimento di funzioni) -� chiaramente .erronea ed inappagante. 

La nozione di � conflitto di attribuzioni �, infatti, quale precisata dal. 
la giurisprudenza: della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 111 del 
1976, non contrastata dalla pi� recente sentenza 10 ottobre 11991 n. 383 
richiamata in memoria, relativa ad un'ipotesi in cui. vi era;stato un atto 
formale di destinazione del quale si chiedeva l'annullament�, pur se non: 
limitata alla sola ipotesi in cui venga contestata l'appartenenza del potere 
concretamente esercitato ma estesa all'ipotesi in cui sia contestato l'esercizio 
del potere stesso, postula pur sempre che uno dei soggetti costituzionali 
assuma che un atto dell'altro ha invaso la propria sfera di competenza 
(art. 134 Cost. e 39-41, quest'ultimo richiamante il precedente art. 38; 

L. 11 maggio 1953 n. 87); e oggetto della decisione deve essere (art. 38 ora 
citato), perch� si abbia conflitto, l'accertamento della spettanza di una 
competenza, con l'eventuale annullamento dell'atto adottato dal soggetto 
ritenuto privo del relativo potere o responsabile di invasione . o menomazione 
della sfera di ,competenza propria dell'altro. Nel caso in esame; 
la domanda dello Stato non pone in discussione n� . il potere in astratto 
della Provincia di svolgere i propri compiti istituzionali attraverso i 
beni del proprio , demanio e patrimonio o l'esercizio del potere, . sempre 
in via generale, sui beni stessi; n� pone in discussione un atto, unilateralmente 
adottato dalla Provincia che fosse espressione di una delle attribuzioni 
ad essa devolute. La domanda di rivendita investe infatti il verbale 
!descrittivo ex art. 8 L. n. 115/73 e la ricognizione dei beni trasfe~ 
ribili in esso contenuta ed � quindi una � vindicatio rerum � e non una 
� vindicatio potestatis �. La natura ricognitiva del detto atto, proprio perch� 
formato � d'intesa � tra le amministrazioni interessate, � attuazione 
di una norma, sia pure di livello costituzionale (tale essendo sia lo Statuto 
sia, come esattamente osserva la Provincia, la legge di attuazione 
n. 115/73), operata dai soggetti interessati alla successione in sede di accertamento 
tecnico. N� � l'intesa � di cui all'art. 8 � da intendersi come 
strumento negoziale di diritto pubblico di risoluzione di un conflitto tra 

404 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

enti pubblici, trattandosi piuttosto di una formula che descrive il risultato 
ctii l'indagine ricognitiva deve pervenire. E se � vero che era esperibile 
(la controricorrente sostiene che era stato anche esperito, con esito 
negativo) il tentativo di risolvere nuovamente in via di revisione concor


I 
data � inter partes � il problema insorto, non � meno vero che tale 
esperimento non costituiva un presupposto necessario e una riserva in 
sede. amministrativa che . precludesse il giudizio di revindica, per una 
contestazione d� diritti soggettivi tra soggetti pubblici. Neppure � esatto 
quanto si sostiene dalla Provincia nella memoria di udienza, e cio� che la 
rivendicazione menoma le attribuzioni di una competenza perch� pone 
in discussione il presupposto per l'esercizio delle stesse stii singoli beni 
in contestazione gi� assegnati ed entrati nella sua disponibilit�, ponendo 
rimedio ad una � omissione � dello Stato: un trasferimento operato � contra 
legem �, perch� in realt� esteso a beni non trasferibili, � infatti in 
s� un non trasferimento e richiede un mero accertamento dell'errore 
contenuto nel verbale descrittivo, facendo venire meno gli effetti di esso 
e ponendo termine in conseguenza ad una situazione di abusiva detenzione 
da parte della Provincia, dovuta non ad un'omissione ma ad un 
errore bilaterale verificatosi in sede amministrativa e ricognitivo-attuativa 
c\ella norma di legge. 

4. _.., Le considerazioni sopra fatte valgono anche per respingere il 
terzo� motivo di ricorso, concernente la giurisdizione verso il giudice amministrativo. 
� .� La Corte di merito ha esattamente osservato che la domanda con


I Isiste in una � vindicatio rerum � e che quindi la controversia, in base al 
criterio del � petitum � sostanziale, concerne diritti soggettivi, sia pure 
fatti valere da un soggetto costituzionale (lo Stato) verso altro soggetto 
costituzionale (la Provincia autonoma di Bolzano); essa non involge 
accertamenti sulla legittimit� di un atto amministrativo (il verbale 
descrittivo dei beni da trasferire ex art. 8. d.P.R. n. 115-73), bens� l'accertamento. 
che taluni beni vennero trasferiti �contra legem � e che essi 
sono perci� da restituire allo Stato, in natura o nell'equivalente pecuniario 
(in caso di trasferimento a terzi). Il fatto stesso del resto che il trasfer�� 
mento � frutto di un'intesa tra i due soggetti predetti (operante, come si 

I � detto, su un piano tecnico-ricognitivo . in attuazione di un trasferimento 
gi� disposto dalla legge per quanto riguarda la categoria) dimostra che 

I 

non vi � un atto espressione unilaterale di una potest� della Provincia e 

I

che si possa perci� valutare come atto affetto da eccesso di potere. Cos� i 

I ~ 

pure � vano spostare l'accento della linea difensiva sulla circostanza che 
sarebbero pregiudicati gli effetti gi� in atto e le funzioni concretamente 
esercitate sul bene in questione, poich� -come pure si � detto -! 
l'azione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato nega in radice che 1 

I 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 405 

potesse instaurarsi � jure � un potere ed uno svolgimento di funzioni da 
parte della Provincia. 

La sentenza impugnata su tutti i punti sopra riesaminati risulta 
perci� corretta giuridicamente. E la motivazione svolta si sottrae alle 
censure di contraddittoriet� e illogicit� che le vengono mosse, essendo 
invece ampia e conforme a logica e al diritto. 

5. -Il ricorso � infondato poi anche nel quarto motivo, concernente 
l'ambito della successione disposta dall'art. 68 dello Statuto e dagli 
artt. 8 e 9 della relativa legge di attuazione. 
Il trasferimento alla Regione Trentino Alto Adige e alle province 
autonome di Trento e Bolzano di beni e diritti demaniali e patrimoniali 
di natura immobiliare � regolato (oltre che dagli art. 1-4 che qui non 
rilevano) dagli artt. 8 e 9 del d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 gi� sopra citati, 
che hanno dettato le norme di attuazione degli art. 68 e 67 dello 
Statuto (approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670), preannunciate all'art. 
108 stesso d.P.R. L'art. 8 contiene un elenco di categorie di beni, di 
varia natura (demaniale e patrimoniale), da individuare mediante (i su 
ricordati) elenchi descrittivi, formati d'intesa tra le competenti amministrazioni 
statali e la Provincia autonoma interessata. L'art. 9 dispone poi 
il trasferimento alla regione dei beni e diritti di natura immobiliare, 
costituenti il patrimonio � disponibile � dello Stato alla data di entrat~ 
in vigore della legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 5, �che non siano 
trasferibili ai sensi dei precedenti articoli alle province di Trento e Bolzano
�. Gli art. 8 e 9 ora riportati vanno ricollegati (rispettivamente), 
agli artt. 68 e 67 del d.P.R. n. 670/72 ai quali danno attuazione. 

Ne risulta, per quanto attiene al trasferimento di beni e diritti demaniali 
e patrimoniali alle province, che questo avviene �in corrispondenza 
delle nuove materie attribuite alla loro competenza �. E ci�, secondo 
l'interpretazione data dalla Corte Costituzionale (con la sentenza 20 
marzo 1978 n. 22 che ha negato trattarsi di successione generale, escluso 
il solo demanio militare), comporta una �oggettiva limitazione� della 
successione a quei soli beni e diritti rispetto ai quali le province possono 
emanare norme legislative ed esercitare le corrispondenti potest� amministrative 
gi� spettanti allo Stato o alla regione nell'ordinamento preesistente. 
Tale precisazione, in sede di applicazione e di interpretazione 
dell'art. 8 del d.P.R. n. 115/73, consente subito di escludere dalla successione 
i beni e diritti demaniali e patrimoniali immobiliari privi della 
suddetta �corrispondenza�, la quale funziona perci� come limite esterno 
della fascia di beni trasferibili alle province autonome. Avendo tuttavia 
il d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, nel dettare le norme di attuazione dirette 
a determinare (art. 108 d.P.R. n. 670/72) i beni di cui all'art. 68 dello 
Statuto che passano alle province, elencato una serie di categorie di beni 
(soggetti a concreta individuazione con precisazioni che a volte risul



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

406 

tano limitative rispetto alla materia �corrispondente� assunta nella sua 
massima ampiezza, si deve osservare altres� che l'esigenza di � corrispondenza 
� tra beni trasferibili ex art. 8 della legge (avente pari rango e. 
valore costituzionale rispetto allo Statuto) di attuazione e materia attribuita 
alla competenza della provincia ex art. 8-9 del del d.P.R. n. 670/72 
non significa che si possa disattendere, in sede interpretativa, la portata 
della disposizione, speciale e di attuazione, contenuta nel d.P.R. n. 115173 
al quale in definitiva lo Statuto aveva rimesso la concreta determinazione 
dell'ambito dei beni soggetti a trasferimento in favore delle province. Basti 
pensare, come esempio di attuazione riduttiva, al disposto dell'art. 67, 
2� c. dello Statuto, (che prevedeva il trasferimento alla regione di tutti 
i beni immobili patrimoniali dello Stato, senza distingure tra disponibili 
e indisponibili e tra patrimonio precedente e susseguente allo Statuto del 
1948), rispetto al disposto dell'art. 9 d.P.R. n. 115/73 gi� sopra citato (che 
invece limita il trasferimento ai soli beni del patrimonio disponibile 
dello Stato alla data di entrata in vigore della legge n. 5/1948 e sempre 
che non si tratti di beni indicati come trasferibili alle province negli 
artt. 1, 2 e 8 stesso d.P.R.) Tenendo presente che in definitiva l'art. 8 

d.P.R. n. 115/73, in attuazione dell'art. 68 dello Statuto del 1972, aveva 
lo scopo di regolare la costituzione del demanio e patrimonio provincia� 
le (in sede di successione allo Stato o alla regione) indicando quali dei' 
beni e diritti gi� facenti parte del demanio e patrimonio di tali enti( 
dovevano passare alle province e che gli art. 8 e 9 dello StatutQ 
avevano il diverso scopo di fissare la nuove materie di competenza legislativa 
attribuite aile province, si comprende come non debba esserci necessariamente 
perfetta coincidenza anche tra le predette nuove materie 
e le categorie di beni trasferibili ad esse corrispondenti, nel senso cio� 
che <non si pu� mutare dal (maggior) ambito della materia attribuita, 
alla competenza della Provincia una estensione della categoria del bene 
o diritto demaniale o patrimoniale trasferito. 
Deve pertanto ritenersi che, al fine di individuare i beni trasferibili 
alla provincia ex art. 8 D.P.R. n. 115/73 (la cui elencazione risult~ 
fatta, in sede di attuazione, tenendo presente la corrispondenza richiesta 
dall'art. 68 dello Statuto), occorre ricercare il significato e la portata 
delle singole voci dell'elenco di beni contenuto in detta norma, tenendo 
presente che si tratta di beni che gi� facevano parte del demanio o dei 
patrimonio dello Stato, cosicch� anche l'attinenza ad una determinata 
( 
materia o la destinazione ad un uso pubblico o privato vanno riscon� 
trati , (anche) in relazione al regime proprio dell'ente di pertinenza originario 
del bene in questione. 

Nella sentenza impugnata si legge la considerazione secondo cui 
solo per i beni indisponibili, per quanto attiene ai beni del patrimonio~ 
si pu�� ipotizzare una � corrispondenza � alla materia di attribuzione, poi




PARl'E I, SEZ. llif �GIURISPRUDENZA. CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALl'I 407 

ch�Anveced beni patrimoniali disponibili sono liberi� da ogni� destinazione 
a ��finalit� pubbliche e ��quindi non� suscettibili di detta . corrispondenza. 
L'osservazione; indubbiamente esatta, �si �.r\!!aa necessaria nella .presente 
ca.sa) ~l pat� della precisazfone (pure. fatta dalla Corte d'Appello) che 
hl,ttf'l.V�a potrel:lbe r�~co11trarsi anche una destinazione a �USO pubblico im.. 
J?i'�$sa dallo? Stato prima del 1973 a beni sdemanializzati>e trasferiti nel 


�pam:tll()nio�dia}(onib!le.���statalet���he����renderebbe�� ugualmente�� trasferibili��. i 
benifn questione alla provincia se corrispondenti ad �UnadeUe�.categorie di 
cui��alUarb 8 d;P;l~:/m 115/13 �.;..;...;�� perch��la Provincia��.sostiene �Che per �i 
berti patrimoniali disponibili �. sufficiente; al �fine �. dL renderli trasferibili, 
la mera; potenziale attitudine ,.... in .terminidi ragionevolezza . .,.,,... .ad essere 
destmati ad�.�un uso pubblico corrispondente ad�.una� delle. materie 
attribmte; La formula proposta .�,.. in. tutta� evidenza, inaccettabile perch�, 
essendo qu:antoniai. va:.ga.�e incerta, porterebbe .al.�trasferimento alla provirici~ 
di tutti/beni del pa:.trirnonio .disponibile dello.��Stato; �laddove il 
d;P{R>rt. 115173 li attribuisce alla regione se anteri�ri al 1948 (art. 9) e 
alla prov�ncia solo se riconduc1bill ad una delle categorie di cui agli art. 
t 2 e 8, tutti Frimanenti restando invece di �propriet� dello �Stato~ 
��Altra questione risolta� correttamente dalla Corte�di Trento � .. quella 
relativa: alla data alla quale occorre riferirsi per stabilire quali siano i 
beni� trasferibili,� secondo� la consistenza e la destinazione .concretamente 
ad essa �onferita; Tale data � quella di entrata in vigore della legge di: 
attuazione (il d.P.R. n. 115/73) che dette concretezza al nuovo .assetto del 
denlanio e� del patrimonio degli enti in considerazione; non certo (come 
sostiene la ricorrente) quella deUlentrata in. vigore della legge costituzionale 
l'.l. 1/'11che attribU� � regione e province autonome le nuove fun. 
zioni legislative e amministrative, che ancora non potevano esplicarsi 
relativa:hierite ai beni in questione perch� ancora rion era stata disciplinata 
la�� successione� dallo Stato; 

.sr d()v� pertahto c6ncltisivanient� affermare che sono trasferibili 
alle province autonome, ai seftsi dell'art; 8 d..P.R. n'. itS/73, che conti�ne 
un elenco� tassativo di categorie di beni e diritti immobiliari demaniali e 
pa1rimori�ali �lello Stato, . elenco oggettivamente .. limitato in corrispondenza 
d~lle.~i:i:terie di nuova ~ttribuzione agli entipredetti, tutti e soltanto i1 
beni ~h~ sipqssaho �onside~are.appaitenentiag uha. delle indicate categorie; 
secondo la natU~a. co~sisJeriza e destiliaziorie di fatto riscontrabili 
al . momento della ell.trafa in vigore del cl.:P.R.. n. �US/73. E . pertanto 
debbono ritenersi sott.ratti al trasferimento i beni . del demanio o del 
patrimonio dello Stato n~n riconducibili ad un11 dt!Pe qette categorie, ove 
abbiano conservato la natura, consistenza e destinazione originaria; ma 
anche ove, essendo stati sdemanializzati (tra il 1948 e il 1973, date rispettivamente 
dell'originario ordinamento statutario e della legge di attuazione 
del nuovo Statuto �in parte qua�), presentino alla data del d.P.R. 



408 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 115/73 natura di beni del patrimonio disponibile e risultino destinati 
ad un uso diverso da quello di pubblico generale interesse. E ci� anche 
se esistano altri beni di uguale o analoga natura che invece abbiano! 
conservato l'originaria destinazione pubblica, quali beni demaniali o patrimoniali 
indisponibili; cosicch�, esemplificativamente, un terreno gi� 
facente parte di un alveo di fiume (e cio� appartenente al demanio 
idrico), una strada, un edificio del demanio militare, se sdemanializzati 
e ridotti a terreno, strada privata o casa e non destinati nuovamente a 
uso pubblico -in quanto beni divenuti patrimonio disponibile dello 
Stato -sono�� intrasferibili alla provincia. E ci� anche se esistono beni 
analoghi che invece abbiano conservato la natura .e destinazione pubblica 
originaria, o la� abbiano ricevuta � ex novo � dallo Stato, nel periodo compreso 
tra lo Statuto del 1948 e la legge attuativa del nuovo Statutq 
e cio� prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 115/73. Come pure 
priva' di rilevanza � la circostanza che eventualmente beni similari o 
anche della stessa natura -ma specificamente indicati -risultino 
compresi negli Allegati al d.P.R. n. 115/73 quali beni dichiarati direttamente 
trasferibili alla Provincia ai sensi degli art. 1-4 della legge, senza 
necessit� di � individuazione � ex art. 8; poich� anzi la espressa menzione 
-� nominatim � -di beni di uguale natura vale ad escludere, anche 
sul piano logico-ermeneutico, la volont� del legislatore di disporre il fil 
trasferimento alla Provincia anche degli altri beni similari non indicati 
nello stesso modo, ma per categoria. 
6. -Sulla base dei principi di diritto sin qui enunciati, � possibilei 
procedere ora all'esame delle censure proposte con riferimento al merito 
con il quinto motivo di ricorso. 
II

In relazione alla individuazione della data di sdemanializzazione del 
bene (demaniale nel 1948), va osservato che � decisiva la circostanza che 

~ 

il bene in questione (o meglio, il complesso di beni singoli che costituivano 
la ferrovia Ora-Predazzo), alla data di entrata in �vigore del D.P.R. 

n. 115/73 (che � quella di riferimento al fine di stabilire se esso era 
compreso tra i beni trasferibili) era privo di destinazione pubblica, quale 
bene ex demaniale passato al patrimonio disponibile dello Stato. Sul 
punto esiste accertamento in fatto della Corte di merito, l� dove afferma 
la circostanza -peraltro non controversa tra le parti -che dopo il 1948 
e alla data di entrata in vigore del d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, il predetto 
complesso di beni, dopo lo smantellamento della strada ferrata e la 
soppressione della linea ferroviaria, aveva perso ogni destinazione a uso !
I

di pubblico interesse, idonea a farla rientrare in una delle categorie indicate 
nell'art. 8 del d.P.R. n. 115/73 ed era divenuto un complesso immoI 
biliare vendibile (e di fatto poi ..:.--in parte -venduto). Come tale, in 1i 
concreto, non trasferibile alla Provincia, appunto perch� non riconducibi! 
j 
le ad una delle categorie di cui all'art. 8 ora citato. 1 

I

! 

.1 

I 

I 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 409 

Per quanto riguarda il punto centrale della censura, concernente la 
applicabilit� dell'art. 7 del d.P.R. n. 527/87 e la potenziale riattivabilit� 
della linea ferroviaria (previa revoca del servizio automobilistico sostitutivo), 
non pu� condividersi la tesi secondo cui, pur se si esclude che 
quale bene relativo a � comunicazione e trasporti di interesse locale o 
provinciale il complesso di beni ferroviari di cui � causa rientri nella 
previsione della lettera d) dell'art. 8 d.P.R. n. 115/73, la fattispecie sarebbe 
regolata dagli artt. 1 (comma 2) e 7 commi 1 e 2) del d.P.R. n. 527/87, 
con i quali sono stati trasferiti alla competenza delle Province di Trento 
e Bolzano i servizi di comunicazione e di trasporto � ancorch� svolti> 
mediante servizi automobilistici sostitutivi�, e si � poi disposto che in 
corrispondenza di tali materie i detti enti territoriali succedono nei beni 
e nei diritti immobiliari dello Stato. 

La Corte di Trento ha infatti osservato giustamente che anche ai sensi 
di tale normativa regolamentare di cui al d.P.R. del 1987 � 1richiesta la 
� corrispondenza � e cio� quella limitazione oggettiva di cui gi� si � 
trattato a proposito dell'analoga previsione del d.P.R. n. 115/73, con la conseguenza 
che, essendosi accertato in punto di fatto che detta limitazione e 
la destinazione alle comunicazioni o trasporti non esistevano pi� gi� dal 
1963, non era ravvisabile la predetta corrispondenza. Inoltre, anche a 
volere considerare l'ampliamento della materia comunicazione e trasporti 
all'ipotesi del servizio automobilistico sostitutivo della linea ferroviaria 
(che pure consente la trasferibilit�), ha osservato la Corte di Appello, 
ancora una volta esattamente, che avvenendo -ai sensi dell'art. 7 D.P.R. 

n. 527/87 -la successione nei beni e nei diritti � connessi � all'esercizio 
delle ferrovie o dei servizi automolistici sostitutivi, si ribadisce ancora 
una volta dal legislatore che � essenziale la destinazione oggettiva di 
cui gi� parlava il d.P.R. n. 115/73, nella specie da escludersi in quanto 
la stessa Provincia di Bolzano ha escluso simile connessione ed ha provato 
:che non esisteva quando ha ammesso di avere trasformato la stazione 
ferroviaria di detta linea in Ufficio della Guardia forestale, di avere 
venduto al Comune di Ora altro fabbricato ferroviario, e di avere 
venduto tratti di terreno appartenenti alla ex strada ferrata ad agricoltori. 
Detta corrispondenza e detta connessione non possono comunque 
ipotizzarsi rispetto ad una destinazione futura, per l'ipotesi (da 
accertarsi in termini di ragionevole previsione) in cui si volesse riattivare 
la linea ferroviaria predetta con le sue pertinenze immobiliari: 
la destinazione deve essere infatti quella attuale e non hanno valore 
quelle ipotetiche non realizzate in tempo utile. Quanto al valore dell'inciso 
�ancorch�� sopra riportato (a proposito dei servizi automobilistici 
sostitutivi), � agevole osservare che l'estensione opera solo nel caso in 
cui esista il collegamento su menzionato tra la materia delle comunicazioni 
e trasporti a mezzo linea ferroviaria, nella specie escluso. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

410 

Non hanno infine fondamento le censure riguardanti l'omessa considerazione, 
da parte della Corte tridentina, di buona parte dei beni appartenenti 
al complesso ferroviario, nella loro consistenza al momento 
del trasferimento, quali beni riferibili alle diverse materie dell'agricoltura 
e foreste, compresi i terreni improduttivi, della viabilit�, degli acquedotti 
e dei lavori pubblici, alcuni dei quali di fatto utilizzati come strada 
forestale. 

La riferibilit� a tali ulteriori categorie indicate nel sopra citato art. 
8 ~� da escludersi perch� il bene del cui trasferimento si discute � un 
bene che originariamente costituiva una entit� immobiliare unitaria, anche 
se complessa ed anche se formata da pertinenze di varia natura (e perci� 
bene la Corte di merito non li ha considerati distintamente). 

Va inoltre osservato che non � stato mai prima di ora dedotto, n� 
accertato, che fosse intervenuta una nuova destinazione dell'ex strada 
ferrata a strada forestale (cosicch� la relativa prospettazfone � inammissibile 
in questa sede perch� nuova); e che comunque un bene che � divenuto 
terreno coltivabile, tanto da essere posto sul mercato come bene 
alienabile, non pu� essere compreso tra i beni attinenti ad una delle 
ricordate categorie, le quali debbono consistere in terreni o opere, o 
strade gi� appartenenti come tali al demanio o al patrimonio indisponibile 
dello Stato per assolvere ai corrispondenti usi pubblici e non beni 
divenuti singolarmente suscettibili di tali usi dopo la sdemanializzazione 
per una destinazione successiva. E lo stesso � a dirsi per l'assegnazione 
alla categoria residuale degli �improduttivi�, che peraltro � ricompresa 
(nell'art. 8 lett. c d.P.R. n. 115/73) in unico gruppo con pascoli e rocce 
nude per significare una comune appartenenza ai territori montani, 
poich� tali non possono considerarsi terreni divenuti improduttivi per 
mancata destinazione a usi agricoli dopo la sdemanializzazione. 

Per quanto riguarda infine l'ultimo gruppo di censure in ordine alla 
determinazione del valore dei beni alienati, alla decorrenza degli interessi 
e alla svalutazione monetaria, fondatamente la Amministrazione finanziaria 
resistente eccepisce che trattasi di domanda e di prospettazioni non 
formulate ;con l'atto di appello, n� nel corso ulteriore del giudizio di 
secondo grado e perci� non deducibili per la prima volta in questa fase. 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO � Ad. Plen., 22 maggio 1993, n. 6 � Pres. Crisci � 
Est. Baccarini . Cosentino ed altri (avv. Moscarini) c. De Santis ed 
altri (avv. Russo), A.C.I. (n.c.) e Ministero del Turismo e dello Spet� 
tacolo (Avv. Stato Sica). 

Giurisdizione civile � Enti pubblici -Automobile Club provinciale � 

Elezione alle cariche sociali � Controversie � Giurisdizione amministra� 

tiva � Sussistenza. 

Enti pubblici � Organi � Funzionario di fatto � Natura � Attivit� posta in 
essere � Efficacia . � Condizioni. 

In tema di elezioni per il rinnovo del Consiglio direttivo e del Collegio 
dei revisori dei conti �di un Automobile Club provinciale, deve af. 
fermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo, considerata la natura 
pubblicistica dell'Automobile Club d'Italia -A.C.I. -e rilevato che, 
in una struttura pubblicistica, gli associati non hanno un diritto perfetto 
al legittimo svolgimento delle operazioni elettorali o all'adozione 
delle deliberazioni attinenti alle elezioni, ma solo, eventualmente, un 
interesse protetto a tutelare proprie situazioni particolari, denunciando 
in sede giurisdizionale la violazione di norme e di principi posti a di� 
fesa dell'interesse pubblico generale. 

Gli atti compiuti dal funzionario di fatto sono legittimi nella mi� 
sura in cui garantiscono i diritti dei terzi che vengono a contatto col 
funzionario predetto: gli effetti giuridici degli atti posti in essere da tale 
funzionario, quindi, sono ristretti a quei provvedimenti che, per loro 
natura e finalit�, riguardano terze persone e debbono avere efficacia 
immediata e diretta; in applicazione di tale principio, non pu� riconoscersi 
giuridica efficacia agli atti del funzionario di fatto contro i quali 
l'interessato insorge negando il potere di chi li ha emessi (1). 

Con il primo motivo gli appellanti principali ripropongono l'eccezione, 
per la cui soluzione il ricorso � stato devoluto a questa Adunanza 
plenaria, di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine 
alla presente controversia, concernente le elezioni per il rinnovo 
del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori dei conti di un Auto


(1) Cfr., sull'argomento, Cons. Giust. Amm. 24 marzo 1960, n. 170, in Il 
Cons. Stato, 1960, I, 527. 

412 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

mobile Club provinciale, nella specie quello di Pescara, sostenendo la giu


risdizione del giudice ordinario. 

Il motivo� � infondato. 

Non � esatto, anzitutto, diversamente da quanto dedotto dagli ap


pellanti principali, che al riguardo vi sia una giurisprudenza ormai pa


cifica della Corte di cassazione. 

E' vero che vi sono, in termini, due recenti sentenze delle Sezioni 
Unite della Corte di cassazione, la 26 ottobre 1989, n. 4396 e la 6 novembre 
1989, n. 4615, di identico contenuto, deliberate, peraltro, alla stessa 
udienza .e in due giudizi vertenti tra le stesse parti ed aventi analogo 
oggetto, s� da costituire fenomeno unitario. 

Di segno diverso, invece, sono le acquisizioni di risalenti pronunce 
della stessa Corte, come si vedr� meglio in seguito; il che rende ulteriormente 
opportuna una globale riconsiderazione della materia. 

L'itinerario argomentativo attraverso cui le menzionate sentenze 
della Corte di cassazione pervengono alla conclusione della sussistenza 
della giurisdizione dell'A.G.O. �, in sintesi, il seguente: 

A) dalla disciplina statutaria dell'elettorato e dell'accesso, alle 
cariche sociali sorgono diritti soggettivi degli associati, qualificati dalla 
base volontaristica e dalla struttura associativa dell'ente e immanenti 
alla sua organizzazione, costituendo questa il substrato permanente dell'attribuzione 
normativa della personalit� giuridica pubblica e imponendo 
una serie di rapporti intersoggettivi paritetici; 

B) lo statuto dell'ACI garantisce la partecipazione degli associati 
alla realt� associativa attraverso l'esercizio del potere deliberativo riservato 
all'assemblea e l'esercizio dell'elettorato attivo e passivo per l'accesso 
alle cariche sociali, senza attribuire all'ente altro potere in materia 
che quello di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni 
all'uopo prescritti; 

C) n� la presenza dell'interesse collettivo facente capo alla comunit� 
organizzata, n� quello superiore di carattere generale perseguito 
dall'ente valgono ad attrarre i suoi atti e provvedimenti in materia elettorale 
nell'area organizzativa in cui esso esercita i poteri di supremazia 
tipici dell'ente pubblico ed a sottoporre gli associati a poteri discrezio. 
nali che possano incidere autoritativamente sulle loro posizioni di diritto 
soggettivo. 

Osserva al riguardo l'Adunanza Plenaria che, indubbiamente, lo specifico 
della categoria degli enti pubblici associativi, a cui appartengono 
per comune opinione gli A.C. provinciali, � la compresenza degli elementi 
pubblicistici propri dell'ente pubblico e degli elementi privatistici 
correlati al fatto che i componenti del gruppo sociale di riferimento 
determinano, direttamente o indirettamente, una serie di decisioni riguardanti 
l'attivit� dell'ente; attivit�, peraltro, diretta a fini pubblici. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ~13 

In prima approssimazione, quindi, appare evidente che la qualificazione 
delle situazioni soggettive implicate dipende dalla precisa individuazione 
dell'oggetto del giudizio e dalla sua esatta riconduzione allo 
specifico profilo cui si riferisce, entro la struttura organizzativa dell'ente. 


Ora, l'individuazione nell'ambito dell'ente di situazioni di diritto soggettivo 
degli associati correlate alla base volontaristica dell'ente stesso, 
non significa necessariamente che le posizioni degli associati in ordine 
all'organizzazione dell'ente pubblico siano soltanto di diritto soggettivo. 

Lo statuto dell'A.C.I., approvato con d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881, 
riconosce ai soci degli A.C. provinciali, � vero, il diritto alle prestazioni 
sociali del proprio A.C. (art. 41 ult. co.), dell'A.C.I. (art. 42) e degli altri 

A.C. 
nella cui circoscrizione territoriale essi vengono a trovarsi (art. 44). 
Ma qui non si fa questione del diritto alle prestazioni sociali. 
Il medesimo statuto garantisce altres� i diritti degli associati, inerenti 
all'Amministrazione dell'ente pubblico, in particolare il diritto di 
voto nell'assemblea (art. 48 comma 1) e, quindi, il diritto di concorrere 
alla nomina dei componenti del �onsiglio direttivo e dei revisori dei 
conti, nomina che dell'assemblea medesima costituisce attribuzione primaria 
(art. 48 comma 2 lett. b), cos� come il diritto di concorrere alle 
predette cariche sociali. 

Ma, anche volendo considerare il solo profilo volontaristico dell'ente, 
come se esso fosse un'associazione privata, si identificano comunque 
situazioni soggettive, non riconducibili ai soli diritti. 

A parte il caso della radiazione dell'associato (art. 43 dello statuto), 
sul quale si � soffermato il primo giudice, va rilevato pi� in generale 
che, come in qualsiasi comunione di interessi, tutti i diritti che esprimono 
la posizione dell'associato nell'ambito dell'organizzazione sociale 
sono soggetti all'efficacia generale delle deliberazioni dell'assemblea, che, 
se prese a maggioranza di voti e in conformit� alla legge; all'atto costitutivo 
ed allo statuto, vincolano tutti gli associati. 

Il conflitto fra l'interesse particolare dell'associato e l'interesse sociale 
dell'associazione cos� come realizzato dai suoi organi, dunque, si 
risolve secondo il criterio della supremazia del secondo sul primo, con 
l'ovvio limite della immodificabilit� unilaterale dei caratteri propri della 
comunione di interessi. 

L'interesse particolare dell'associato, da parte sua, � protetto indirettamente 
dall'ordinamento in ordine ai vizi attinenti alla formazione 

o al contenuto dell'atto con la tecnica del sindacato giurisdizionale di 
legittimit� in riferimento alle violazioni della legge, dell'atto costitutivo 
e dello statuto (art. 23 e.e.); nella qual cosa i pi� ravvisano per l'appunto 
una situazione di interesse legittimo di diritto privato. 
10 



414 WSBGNA, AW(!Ci\TURA DELLO STATO 

Gi� nella patologia delle deliberazioni associative, quindi, e in una 
prospettiva ancor esclusivamente privatistica, a fianco dei diritti sog



I

gettivi emergono interessi legittimi. 
Il profilo volontaristico della influenza determinante degli associati 

I

sulla vita e sull'attivit� dell'ente attraverso la partecipazione all'assem!::! 
blea non toglie per� che, per tutto il resto, la struttura organizzativa 
dell'ente medesimo, in quanto riconosciuto dalla legge come pubblico 
e sussunto, quindi, nella sfera di operativit� delle disposizioni di cui 
all'art. 97 Cost., abbia in s� carattere pubblicistico. 

L'ente, infatti, a prescindere dalla sua formazione a base associativa, 
risponde. a finalit� ed esercita funzioni sostanziali che la legge considera 
espressamente pubblicistiche. . 

La sua struttura organizzativa � sottratta alla contrattazione collettiva 
(art. 2.1 lett. e) nn. 2 e 3 legge 23 ottobre 1992, n. 421). 

Ai sensi dell'art. 63 dello statuto, si provvede con appositi regolamenti,. 
predisposti dal Consiglio direttivo, approvati dall'Assemblea e sottoposti 
all'approvazione del Consiglio generale dell'A.C.I., per tutte le 
materie non contemplate dallo statuto medesimo e riflettenti le modalit� 
di funzionamento dei singoli organi sociali e la determinazione 
delle varie categorie di soci e dei servizi a ciascuna di esse riservati. 

Ai sensi dell'art. 55 comma 2 lett. d) dello statuto, poi, il Consiglio 
direttivo delibera norme, e non atti di natura negoziale, in ordine all'assunzione, 
allo stato giuridico ed al trattamento economico e di quiescenza 
del personale dipendente. 

Ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 8-9-1950, n. 881, il Ministro del Turismo 
pu�, per gravi motivi, sciogliere gli organi dei singoli A.C. e nominare 
un commissario straordinario. 

Ne consegue che gli atti di organizzazione degli organi associativi ed 
in ispecie del Consiglio direttivo e del Presidente, in quanto diretti a 
disciplinare l'attivit� dell'ente pubblico e ad assicurare il buono ed imparziale 
andamento della sua gestione (art. 97 Cost.), sono qualificabili 
come atti amministrativi di carattere autoritativo. 

All'organizzazione pubblicistica dell'ente appartengono tipicamente 
la costituzione del rapporto organico e del rapporto di servizio dei dipendenti. 
E rientrano del pari nell'ambito organizzativo le elezioni dei componenti 
del Consiglio direttivo e dei revisori dei conti, preordinate alla 
rigida costituzione degli organi amministrativi e di controllo. 

In senso conforme, per di pi� in fattispecie di ente pubblico economico, 
sono, in buona sostanza, le sentenze delle Sezioni unite della 
Corte di cassazione 26 novembre 1990, n. 11355 e 5 dicembre 1990, n. 11675, 
che avvertono: �La domanda dell'iscritto alla S.I.A.E., volta a conseguire 
il riconoscimento della qualifica di socio, introduce una controversia 
che � devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, non 
rientrando fra le questioni di stato, che l'art. 8, secondo comma, della 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034 riserva alla competenza giurisdizionale del 
giudice ordinario, bens� essendo attinente ad atti di autorganizzazione 
del detto ente pubblico economico, atteso che la richiesta qualit� di 
socio, permettendo di concorrere alla nomina dei suoi organi, implica 
un'intima partecipazione all'organizzazione pubblicistica dell'ente medesimo, 
mentre � irrilevante che l'atto di ammissione, in quanto consistente 
nella valutazione di requisiti predeterminati, non sia discrezionale, 
atteso che anche di fronte ad un atto vincolato, purch� funzionale 
alla tutela di un interesse pubblico, pu� rinvenirsi una posizione di interesse 
legittimo�. 

Nella specie, lo statuto degli A.C. stabilisce che l'assemblea � costi� 
tuita da tutti i soci, ciascuno dei quali dispone di un solo voto (art. 48) 
ed � a sua volta eleggibile a componente del Consiglio direttivo o del 
Collegio dei revisori dei conti. 

Cos� operando, lo statuto indubbiamente costituisce in capo agli associati 
situazioni di elettorato attivo e passivo aventi consistenza di 
diritto soggettivo, intangibili da parte degli organi associativi. 

Ci� non toglie, per�, che, nel concreto dell'esperienza giuridica, siano 
ravvisabili, in materia, anche poteri discrezionali e correlati interessi 
legittimi. 

In primo luogo, nel caso dell'art. 51 comma 3 dello statuto, a mente 
del quale � in casi eccezionali, tenuto conto del numero dei soci, il Consiglio 
direttivo pu� disporre che l'Assemblea dei soci si pronunci mediante 
referendum �. 

Al riguardo, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ripetutamente 
avvertito che: � La deliberazione con la quale l'assemblea dei 
soci di un Automobile Club provinciale abbia provveduto, avvalendosi 
del potere discrezionale di scelta, accordatogli dagli artt. 50 e 51 dello 
Statuto A.C.I., approvato con d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881, mediante 
referendum (anzich� mediante il normale sistema di votazione) alle elezioni 
delle cariche sociali ed all'approvazione dei bilanci, non importa 
lesione di diritti soggettivi dei soci, chiamati ad esprimere il loro voto 
mediante un sistema diverso da quello normale, ma lesione di interessi 
legittimi tutelabili dinanzi al giudice amministrativo� ( Cass., 30 
maggio 1966, n. 1415; 18 giugno 1962, n. 1527). 

Va rilevato soprattutto che, nel complesso dell'ordinamento relativo, 
un'elezione non � caratterizzata soltanto dai diritti elettorali attivo e 
passivo che in essa si attuano, ma da tutto il complesso di operazioni, 
dichiarazioni �ed atti preordinati procedimentalmente a regolare le modalit� 
di esercizio di tali diritti, e l'accertamento della loro regolare 
esplicazione: presentazione delle candidature, costituzione dell'ufficio 
elettorale, votazione, scrutinio, proclamazione dei risultati elettorali. 

Orbene, la garanzia statutaria dei diritti di elettorato attivo e passivo 
nori contempla tale settore, la cui disciplina � rimessa al potere 


416 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di autorganizzazione, mediante atti generali a contenuto discrezionale o 
atti puntuali, degli organi direttivi dell'ente. 

A fronte di detti atti, si pongono interessi legittimi e non diritti sog� 
gettivi. Infatti, in una struttura pubblicistica, gli associati non hanno 
un diritto perfetto al legittimo svolgimento delle operazioni elettorali 

o all'adozione delle delibazioni attinenti alle elezioni, ma solo, eventual 
mente, un interesse protetto, a tutelare proprie situazioni particolari, 
denunciando in sede giurisdizionale la violazione di norme e di principi 
posti a difesa dell'interesse pubblico generale. 
Nella materia elettorale, vale ricordare, quanto ai criteri per il ri� 
parto della giurisdizione, la sentenza della Corte di cassazione 22 ~icembre 
1987, n. 9569: �I criteri di riparto della giurisdizione in tema 
di contenzioso elettorale amministrativo (artt. 1 e 2 della legge 23 dicembre 
1966, n. 1147), secondo i quali sono devolute al giudice ordinario 
le cause sull'eleggibilit�, compatibilit� e decadenza, mentre spettano al 
giudice amministrativo quelle inerenti alle operazioni elettorali, esprimono 
principi generali, ricollegandosi alla natura e consistenza delle 
posizioni rispettivamente dedotte in giudizio (diritti soggettivi ed interessi 
legittimi �, 

A nulla rileva che, come dedotto dagli appellanti principali, negli 
enti territoriali e negli enti associativi sia diversa la rappresentativit�, 
giacch� quel che conta � la differenza tra eleggibilit� e operazioni elettorali 
e tra le correlative situazioni soggettive; e questa situazione � 
identica nelle due categorie di enti, proprio perch� espressiva di un 
principio generale. 

In questo �territorio popolato sia da diritti soggettivi che da interessi 
legittimi�, i ricorrenti in primo grado, in concreto, non hanno 
lamentato la lesione di diritti soggettivi loro garantiti dallo statuto e 
cio� la violazione delle loro pretese attinenti all'elettorato attivo o a 
quello passivo. 

Al contrario, come gi� rilevato nelle premesse in fatto, essi hanno 
lamentato il difetto di legittimazione del Consiglio direttivo ad indire 
le elezioni; l'illegittimit� di norme regolamentari non approvate dall'assemblea 
e concernenti la spedizione degli avvisi di convocazione dell'assemblea 
e la verbalizzazione della loro ricezione; l'irregolarit� della 
predisposizione da parte del Consiglio direttivo della lista orientativa; 
la disparit� di trattamento posta in essere in ordine alla conoscenza 
dei nomi dei soci a detrimento della lista concorrente; l'illegittimit� 
del provvedimento presidenziale di sostituzione di alcuni componenti 
dell'ufficio elettorale e, conclusivamente, della proclamazione degli 
eletti. 

L'oggetto di tale impugnazione, dunque, non concerne direttamente 
il diritto di elettorato attivo o passivo, bens� i presupposti per lo svolgimento 
e le modalit� di esercizio, delle attivit� elettorali; cio� il pro




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

cedimento che, nell'interesse pubblico, deve essere seguito per condurre 
ad una legittima organizzazione e gestione dell'ente. 

Ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo e passando al 
merito dell'appello, infondato appare il secondo ed ultimo motivo, con 
il quale gli appellanti principali censurano la sentenza di primo grado 
per aver ritenuto carenti i presupposti della � prorogatio � del Consiglio 
direttivo e, pertanto, viziati da difetto di legittimazione del medesimo 
gli atti impugnati. 

Vero � che la questione della eventualit� della gestione commissariale 
dell'A.C.. di Pescara, in relazione al passaggio in giudicato dell'annullamento 
giurisdizionale delle precedenti elezioni per il rinnovo delle 
cariche sociali, era stata devoluta dall'A.C.I. al Ministero del Turismo, 
e che una nota in data 11-12-1987, n. 6353 a firma del Capo di Gabinetto, 
di detto Dicastero, aveva escluso la necessit� e l'opportunit� della nomina 
di un commissario straordinario per la gestione dell'ente. 

Peraltro tale atto, proveniente da organo non legittimato ad impegnare 
la volont� del Ministero, appare meramente preliminare, e, comunque 
privo di carattere decisionale. 

Esso, pertanto, non poteva determinare una lesione attuale dell'interesse 
protetto (conforme, in fattispecie di parere ministeriale a comitati 
provinciali della caccia in materia di rilascio di autorizzazione di 
polizia al porto d'armi, Sez. VI, 14 luglio 1981, n. 413) e non era, quindi, 
impugnabile ex se. La sua mancata impugnazione, pertanto, non rendeva 
inammissibile il ricorso. 

Nemmeno sotto il profilo dei presupposti della � prorogatio � la 
sentenza appellata � censurabile. 

Come si evince dalle deliberazioni 17-3-1986, n. 222 e 23-6-1986, n. 225, 
il Consiglio direttivo, nell'indire le elezioni, per il rinnovo delle cariche 
sociali, aveva altres� approvato una lista elettorale che prevedeva, tra 
le altre, le candidature di tre nuovi aspiranti consiglieri e di un nuovo 
aspirante revisore dei conti. 

La lista aveva vinto sul campo, ma le elezioni erano state successivamente 
annullate con sentenza del T.A.R. di Pescara 14 maggio 1987, 

n. 251, confermata dalla decisione della VI Sezione del Consiglio di 
Stato 25 febbraio 1989, n. 173. 

Nelle more, avevano funzionato e agito i nuovi organi sociali. 

Ci� posto, va osservato che la � prorogatio � degli organi amministrativi 
scaduti ha a suo fondamento l'esigenza di evitare dannose interruzioni 
nell'esercizio della funzione pubblica. 

La retroattivit� dell'annullamento giurisdizionale, da parte sua, trova 
un limite nell'impossibilit� di eliminare tutti gli effetti irretrattabilmente 
prodotti dagli atti annullati. 

L'annullamento giurisdizionale dei risultati delle elezioni per il rin� 
novo delle cariche sociali, pertanto, non poteva eliminare il fatto che, 


418 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


con l'elezione dei nuovi componenti, era venuta meno la continuit� dell'esercizio 
delle funzioni da parte degli organi scaduti. 
Questi, infatti, non solo erano scaduti, ma avevano cessato di operare, 
essendo stati sostituiti da altri. 

Mancava, quindi, a tacer d'altro, con il fatto della cessazione dall'esercizio 
delle funzioni, il presupposto stesso della � prorogatio � e, conseguentemente, 
mancavano gli estremi perch�, dopo l'annullamento delle 
elezioni, si ripristinasse in capo agli organi scaduti la legittimazione 
a provvedere, come se essi avessero continuato ad operare. 

Unica misura idonea ad assicurare la regolare gestione amministrativa 
dell'ente restava dunque, la nomina del commissario straordinario 
previsto dall'art. 3 del d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881. 

Nemmeno ha pregio l'ulteriore rilievo degli appellanti principali 
secondo il quale gli atti impugnati sarebbero comunque validi in base 
al principio del funzionario di fatto. 

Qui non si fa questione di un titolo all'investitura il cui annullamento 
per illegittimit� non travolge gli atti frattanto adottati dall'investito, 
bens� della reviviscenza di organi che, storicamente, hanno cessato di 
agire e sono stati sostituiti da altri, quali hanno amministrato e 
gestito. 

Ci� premesso, basta osservare che il fondamento del principio del 
funzionario di fatto, nella misura in cui esso � vigente e in quanto 
comporta una deroga ai normali criteri organizzativi degli apparati pubblici, 
risiede nell'esigenza di non turbare le posizioni giuridiche acquisite 
da tutti coloro che in buona fede sono entrati in rapporto con il fun. 
zionario e di evitare ai privati continue e difficoltose indagini sulla regolarit� 
della posizione dei pubblici dipendenti: � quindi un principio 
posto a favore del privato ed a tutela del suo affidamento. 

Qui invece, si fa questione di situazioni soggettive non di terzi di 
buona fede, ma di soggetti che sono stati lesi nei propri interessi dall'operato 
di organi ormai cessati, e quindi privi di legittimazione ad 
indire nuove elezioni. 

Tali enunciati, del resto, corrispondono a precedenti acquisizioni 
giurisprudenziali di questo Consiglio: � La teoria dottrinaria che riconosce 
legittimi gli atti compiuti dal funzionario di fatto, e cio� dal 
funzionario che abbia esercitato un pubblico potere malgrado che il 
titolo della di lui investitura fosse viziato, si fonda sulla esigenza di 
garantire i diritti dei terzi che vengono a contatto col funzionario predetto; 
gli effetti giuridici degli atti posti in essere da tale funzionario, 
quindi, sono ristretti a quei provvedimenti che, per loro natura e fi. 
nalit�, riguardano terze persone e debbono avere efficacia immediata e 
diretta; in applicazione di tale principio, non pu� riconoscersi giuridica 
~fficacia agli atti del funzionario di fatto contro i quali l'interessato 



PARTE I, SEZ. IV, CllURlSPRtJDENZA AMMINISTRATIVA 419 

insorge negando il potere di chi li ha emessi� (Csi., 24 marzo 1960, n. 170; 

Sez. IV, 13-4-1949, n. 145). 
Per le suesposte considerazioni, l'appello principale va respinto. 
Resta conseguentemente assorbito l'appello incidentale. 

CONSIGLIO DI STATO -Ad. Plen. -1� luglio 1993, n. 7 -Pres. Crisci Est. 
Reggio d'Aci -Tropea (avv. Grillo) c. Ministero Pubblica Istruzione 
ed altro (n.c.). 

Impiego pubblico -Riserva dei posti a favore delle categorie privilegiate � 

L. n. 482 del 1968 � Criteri di computo � Riservatari vincitori per merito 
� Non sono computabili. 
L'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 deve essere interpretato nel 
senso che fra i soggetti destinatari della riserva dei posti appartenenti 
alla carriera direttiva ed a quella di concetto non sono da comprendere 
i concorrenti che siano risultati vincitori di concorso in base al solo 
merito (1). 

1. -La questione portata all'attenzione dell'Adunanza Plenaria concerne 
l'interpretazione dell'art. 12, ultimo comma della legge 2 aprile 
1968, n. 482. In particolare si discute se nella percentuale del 15 % dei 
posti di organico, ivi prevista nei concorsi pubblici a posti delle carriere 
direttive e di concetto in favore degli appartenenti alle categorie 
c.d. privilegiate che siano risultati idonei, debbano essere computati 
solo coloro che siano stati assunti sulla base di siffatto titolo, ovvero 
anche chi, pur appartenendo alle categorie in esame, abbia tuttavia con� 
seguito la nomina per essersi classificato, per merito proprio, tra i 
vincitori. 
2. -Osserva l'Adunanza che la legge 2 aprile 1968, n. 482, ha per 
oggetto la disciplina delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche 
amministrazioni e le aziende private e si propone in maniera evidente 
il fine di favorire, al di l� delle normali regole, il concreto collocamento 
al lavoro di coloro che siano stati sfavoriti dalla sorte in conseguenza di 
menomazioni fisiche contratte in particolari circostanze (invalidi di 
guerra, civili, per servizio o del lavoro, privi della vista e sordomuti) 
(1) La questione era stata rimessa all'Adunanza Plenaria del Consiglio 
di Stato con l'ord. della sesta sezione 7 gennaio 1993, n. 7, in questa Rassegna 
1993, I, 96, con ampia nota redazionale, alla quale si rinvia per l'indicazione
� dei precedenti in base ai quali si era formato il contrasto gitirispruden-1 
ziale sull'interpretazione della legge 2 aprile 1968, n. 482. 

420 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ovvero degli orfani o . delle vedove di deceduti per fatti. o infermit� di 
analogo genere; ci� nel presupposto che costoro abbiano particolari difficolt� 
nel� reperire una occupazione e in adesione a tradizionali e con


I 

solidati prin�ipi di solidariet� umana e sociale. 

I 

L'intervento preferenziale � per� circoscritto in ambiti ben definiti, 
poich� � previsto che l'obbligatoria assunzione di costoro avvenga previo 
giudizio di idoneit�. e con riferimento ad una complessiva aliquota dell'organico 
dell'azienda o della amministrazione (fissata per lo pi� nel 
15 %) da ripartire poi tra le singole categorie di riservatari. 

In tale quadro di riferimento, l'art. 11 della legge riguarda le aziende 
private e stabilisce giustappunto l'obbligo per le medesime di assumere 
lavoratori appartenenti alle categorie protette per una aliquota complessiva 
del 15 % del personale in servizio. 

Il successivo art. 12 contempla, invece, gli Enti pubblici, prescrivendo 
quanto segue: per il personale operaio e per quello delle categorie 
atisiliari� od �secutive (per le quali, come � noto, non � di regola 
necessaria l'assunzione a mezzo di pubblico concorso) � imposta l'assunzione 
obbligatoria diretta di lavoratori appartenenti alle categorie 
protette, nel limite del 15 % o del 40 % (quest'ultima percentuale vale 
per il personale ausiliario) della consistenza organica, subordinatamente 

l

a:l verificarsi delle vacanze e dell'accertamento della idoneit� professionale 
(primi tr� commi dell'art. 12).� 
Diverso �, invece, il sistema previsto dalla legge per le assunzioni 

I 

nell'ambito delle categorie direttive e di concetto. Poich� per queste � 

I

dall'ordinamento prescritto in via generale e pregiudiziale che tutte le 
assunzioni avvengano di regola per pubblico concorso, non sarebbe .stato 
possibile �statuire in quest'ambito la nomina per chiamata diretta di 
appartenenti alle categorie priVi:Iegiate; allora il legislatore ha optato 
per la disposizione (contehuta nell'ultimo comma dell'art. 12) secondo 
la quale nei concorsi in parola gli appartenenti alle note categorie che 
vi conseguano l'idoneit� debbono essere inclusi nell'ordine di graduatoria 
tra i vincitori � fmo a che non sia raggiunta la percentuale del 15 % dei 
posti .iri organico>>. 

� 3. -Ci� posto; appare evidente che il disegno complessivo della 
normativa in esame � quello di attribuire un concreto e tangibile bei).
eficio agli appartenenti alle categorie� prese in considerazione, consentendo 
loro il pi� facile reperimento di una occupazione entro i limiti di 
un contingente prefissato e rapportato all'organico del personale in 
servizio. 

Se cos� �, non possono per� interpretarsi le disposizioni di cui 
sop~~ in maniera tale che esse non producano gli effetti voluti ovvero 
li producano in misura attc::nuata o ridotta. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Questo �, invero, quello che si verificherebbe ove nel contingente di 
cui all'ultimo comma dell'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 si ricomprendessero 
non solo coloro che siano stati assunti in forza del titolo 
di preferenza fatto valere (nella specie chi, pur non risultando vincitore, 
s� sia tuttavfa classificato fra gli idonei del concorso ed abbia 
conseguito la homirta proprio in quanto invalido o cieco o sordomuto 
ovvero orfano o vedova di questi nei casi previsti), ma anche quei soggetti 
che pur appartenendo alle categorie privilegiate, si siano direttamente 
classificati tra i vincitori, per merito proprio, e, quindi, non 
abbiano mai avuto bisogno di avvalersi, ai fini della nomina, della propria 
qualit� di invalido o simile. 

Costoro, invero, hanno dimostrato di essere in grado di conseguire 
con le sole proprie forze e capacit� un posto di lavoro e di non avere 
affatto bisogno del sostegno pubblico in merito, n� quindi, possono in 
alcun modo ritenersi beneficati dalla legge od essere inclusi nell'aliquota 
relativa. In realt� essi sono al di fuori, per particolari positive, favorevoli 
attitudini e circostanze, dalla operativit� della legge, di cui non si giovano 
n� hanno mai pensato o richiesto di giovarsi; tant'� che avrebbero pot�to 

o potrebbero tacere tranquillamente della loro appartenenza ad una delle 
categorie in via di principio tutelate, senza che da ci� derivi o possa 
derivare alcuna conseguenza sul piano dell'accesso all'impiego e dell'instaurazione 
del. relativo rapporto. 
Se dunque costoro fossero computati nel novero dell'aliquota del 
15 % prevista, la norma non conseguirebbe, per questa parte, il suo 
scopo, poich� non esplicherebbe i suoi effetti, per quel che si � detto, 
n� nei confronti dei vincitori per merito proprio e neppure con riguardo 
a quegli invalidi (od equiparati) che si sono classificati tra i 
semplici i�lonei. Questi ultimi sarebbero di fatto pregiudicati dall'occupazione 
dei posti del contingente riservato ad opera dei primi. Altrettanto 
� a dirsi ovviamente, per coloro che sono stati nominati quali 
normali vincitori di concorso, e solo nel corso del rapporto sono diventati 
invalidi, o altro. Ci si domanda, infatti, che senso possa attribuirsi 
alla citata disposizione, in particolare se si pensa che tutte le altre, 
contenute nel medesimo contesto normativo e riferite alle aziende private 
ovvero al personale operaio, ausiliario od esecutivo della pubblica 
Amministrazione, sono, invece, puntualmente operative ed efficaci, 
sulla base di criteri omogenei, con riferimento ai relativi destinatari e 
tontingenti. 

In altri termini, scopo della legge non � quello di ottenere, oggettivamente, 
la presenza nella pubblica Amministrazione di una certa aliquota 
di appartenenti alle categorie protette (quale che sia il modo 
con cui essi hanno avuto accesso al rapporto), bens� quello di assicurare 
che i medesimi, in ragione della loro particolare qualifica, possano 


422 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

avere ingresso nel pubblico impiego avvalendosi in concreto ed effettivamente 
del trattamento preferenziale loro riservato. 

4. -Ne consegue l'illegittimit� di una interpretazione dell'art. 12 
della legge 2 aprile 1968, n. 482 la quale, consentendo l'inclusione, nell'aliquota 
dei riservatari, dei vincitori per merito proprio, ne vanifichi 
in tutto od in parte la portata e la potenzialit�. 
L'appello va pertanto accolto con annullamento degli atti impugnati 
nella parte in cui disconoscono il principio di cui sopra, che va invece 
nel caso concreto applicato anche in favore della ricorrente. 

CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 7 dicembre 1993, n. 967 -Pres. Gessa -
Rel. Bagarotto -Aracri ed altri (avv. Cariati e Recca) c. Min. Trasporti 
(avv. Stato Stipo). 

Impiego pubblico -Rapporti di carattere provvisorio e temporaneo o stabili 
di fatto -Incertezza soggettiva circa l'esistenza del diritto � 
Non incidenza sul decorso della prescrizione. 

Impiego pubblico -Crediti per interessi e rivalutazione -Prescrizione 
quinquennale. 

Impiego pubblico -Crediti retributivi -Necessit� di specifici accertamenti 
di fatto da parte dell'Amministrazione -Prescrizione decennale. 

La prescrizione dei diritti inerenti a rapporti di natura pubblicistica 
decorre anche allorch� i rapporti stessi siano di carattere provvisorio o 
temporaneo e gli ostacoli di fatto, quali si atteggiano lo stato di ignoranza 
o di incertezza soggettiva circa l'esistenza del proprio diritto e 
l'opportunit� di farlo valere in sede contenziosa, non incidono sul delcorso 
del termine prescrizionale ai sensi dell'art. 2935 cod. civ. (1). 

I crediti per interessi e rivalutazione monetaria dedotti in giudizio 
si prescrivono nel termine di cinque anni, secondo la disciplina cui sono 
sottoposti i diritti in materia di pubblico impiego (2). 

La prescrizione decennale si applica ai crediti in materia di pubblico 
impiego solo nei casi in cui le pretese dei ricorrenti non derivino diret


(1-2-3) La sentenza in rassegna riassume i princ1p1 della giurisprudenza 
amministrativa in materia di prescrizione dei diritti di credito dei pubblici 
dipendenti vantati nei confronti deli'amministrazione di appartenenza. 

Al riguardo � da osservare che nella specie, trattandosi di diritti soggettivi, 
non pu� che applicarsi l'art. 2948 n. 4, secondo cui si prescrivono in 
cinque anni � gli interessi� e, in generale, tutto ci� che deve pagarsi periodicamente 
ad anno o in termini pi� brevi� (v. C. S. VI, 12 dicembre 1992, n. 1062). 

In particolare, poi, per quanto riguarda gli interessi, a parte l'esplicita 
lettera della -legge, � stato ritenuto -come il credito per interessi si pone, 



PARTE I, SEZ. IV,'GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 423 

tamente ed immediatamente dalla legge e, per la loro definizione quantitativa, 
richiedano da parte dell'Amministrazione specifici accertamenti 
di fatto circa la posizione giuridica degli aventi diritto (3). 

(omissis). I ricorsi in appello in epigrafe debbono essere riuniti e 
decisi con un'unica sentenza, in quanto sono soggettivamente ed oggettivamente 
connessi. 

Vengono all'esame del Collegio le questioni relative al momento di 
decorrenza della prescrizione ed alla durata del periodo prescrizionale 
relative ai crediti per interessi e rivalutazione monetaria delle differenze 
stipendiali riconosciute in favore del personale dipendente per l'applicazione 
del contratto ANAC, anzich� di quello FENIT, nel periodo agosto 
1970-gennaio 1975, in cui le Ferrovie Calabro-Lucane avevano esercitato 
a titolo provvisorio la gestione, poi assunta in via definitiva, di 
autolinee in precedenza gestite da privati concessionari. 

A tale proposito si deve premettere che il diritto alla corresponsione 
delle differenze stipendiali cui accedono gli interessi e la rivalutazione 
monetaria di cui si tratta � stato riconosciuto e soddisfatto dall'Amministrazione 
in esecuzione di precedenti giurisdizionali fondati sull'assimilazione 
del servizio prestato sulle Autolinee in argomento rispettivamente 
durante la gestione provvisoria e durante quella definitiva da 
parte delle Ferrovie Calabro-Lucane. 

Nella sostanza, secondo l'assunto dei giudici amministrativi recepito 
dall'amministrazione, l'applicazione del contratto ANAC, anzich� di 
quello FENIT, fin dall'agosto 1970, dipende dalla natura pubblicistica 
che ha fin dall'inizio caratterizzato il rapporto d'impiego fra le Ferrovie 
Calabro-Lucane ed il personale precedentemente alle dipendenze di privati 
concessionari. 

rispetto al debito di capitale, su di un piano autonomo, per cui � soggetto 
ad autonoma prescrizione quinquennale (v. Cass. 21 luglio 1981, n..4682, Cass. 
29 gennaio 1980, n. 687, in Foro lt., 1980, I, 1691; Cass. 13 maggio 1977, n. 1884, 
in Giust. Civ. 1977, I, 1563). 

La sentenza in rassegna ha poi puntualizzato che il termine iniziale della 
prescrizione dei crediti retributivi inizia a decorrere dalla data di esercizio 
provvisorio delle linee di trasporto da parte della Gestione Governativa e 
non gi� dalla data in cui ha avuto inizio l'esercizio definitivo. 

Al riguardo � da osservare come le SS.UU. della Cassazione, nella sentenza 
22 luglio 1970 n. 3657 (Colacino c. Gestione FCL), nel ritenere la giurisdizione 
amministrativa anche per il periodo di esercizio provvisorio, cos� 
si erano espresse: 

� Invero, essendo il cosiddetto rilievo provvisorio meramente strumentale 
rispetto a quello definitivo, esso deve ritenersi assorbito da quello definitivo, 
cosicch� il periodo del rapporto riferibile all'esercizio provvisorio si 
configura come una , fase del medesimo rapporto che � riferibile all'esercizio 
definitiv� "� , , � 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

424 

Orbene, se la causale del credito per differenze retributive cui accedono 
quelli controversi va individuata nell'unitariet� del rapporto di 
pubblico impiego fra le Ferrovie Calabro-Lucane ed i dipendenti di cui 
si tratta, si deve escludere che il diritto di questi ultimi all'applicazione 
del contratto ANAC si sia formato progressivamente o sia stato sottoposto 
a condizione sospensiva durante il periodo della gestione provvisoria. 


Pertanto la natura, in un primo tempo provvisoria, della gestione 
assunta dalle Ferrovie Calabro-Lucane non ha costituito una causa 
giuridica impeditiva all'esercizio del diritto di pretendere l'immediata 
applicazione del contratto ANAC, e ci� in quanto la riserva dell'Amministrazione 
di rilevare definitivamente o di restituire ai precedenti concessionari 
la gestione di cui si tratta si ri.ferisce ai rapporti fra l'Amministrazione 
e i concessionari stessi e non a quelli fra la stessa Amministrazione 
ed il personale. 

Ne consegue che, diversamente da quanto si deduce a sostegno dei 
ricorsi in appello n. 1837/1990 e n. 2055/1990, la provvisoriet� della gestione 
in un primo tempo assunta dalle Ferrovie Calabro-Lucane, non 
implicando l'esistenza di una condizione sospensiva pendente o di un 
termine non ancora scaduto impeditivi rispetto all'esercizio delle pretese 
all'esame, assume il carattere di un semplice ostacolo di fatto. 

Peraltro, secondo un insegnamento giurisprudenziale condiviso dalla 
Sezione (cfr. Cons. Stato Sez. VI 24-10-1991, n. 1711), gli ostacoli di 
fatto, quali si atteggiano lo stato di ignoranza o di incertezza soggettiva 
circa l'esistenza del proprio diritto e l'opportunit� di farlo valere in 
sede contenziosa, non incidono sul decorso del termine prescrizionale 
ai sensi dell'art. 2935 Cod. civ. 

Inoltre, secondo un altro precedente della giurisprudenza amministrativa 
(cfr. Cons. St. Sez. V 11-1-1991, n. 7), la prescrizione dei diritti 
inerenti a rapporti di natura pubblicistica decorre anche allorch� i rapporti 
stessi siano di carattere provvisorio o temporaneo, come quelli cui 
si riferiscono i diritti in controversia, per cui, sul punto relativo al 
momento di decorrenza della loro prescrizione, le sentenze appellate si 
palesano immuni dalle censure dedotte. 

Va quindi esaminata la questione relativa alla durata del periodo 
prescrizionale relativo ai crediti controversi, che sarebbe quinquennale 
e non decennale, secondo quanto detto a sostegno del ricorso in appello 

n. 1857/1990, proposto dall'Amministrazione avverso la sentenza del TAR 
Calabria-Catanzaro 14-7-1989 e 7-2-1990, n. 93, e decennale e non quinquennale, 
secondo quanto dedotto a sostegno del ricorso in appello n. 2055/1991, 
proposto dai privati avverso la sentenza dello stesso TAR 22-11-1991 e 
6-5-1992, n. 240). 
Secondo precedenti giurisprudenziali consolidati (cfr. Cons. St. Sez. 
IV 5-5-1987, n. 216 e Sez. V 29-4-1991, n. 706) il cui insegnamento viene 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 425 

condiviso dalla Sezione, la prescrizione decennale prevista dall'art. 2948 
Cod. civ. si applica ai crediti in materia di pubblico impiego nei casi in 
cui le pretese dei ricorrenti non derivino direttamente ed immediatamente 
dalla legge e, per la loro definizione quantitativa, richiedono da 
parte dell'Amministrazione, specifici accertamenti di fatto circa la posizione 
giuridica degli aventi diritto. 

Orbene la controversia all'esame attiene esclusivamente all'individuazione 
delle norme che disciplinano il trattamento del personale in argomento 
e non implica alcun accertamento di fatto che si riferisce a posizioni 
giuridiche individuali rilevanti ai fini della determinazione quantitativa 
delle pretese dedotte in giudizio. 

Di conseguenza i crediti per interessi e rivalutazione monetaria dedotti 
in giudizio sono da ritenersi prescrivibili nel termine di cinque 
e non in quello di dieci anni, secondo la disciplina cui sono sottoposti i 
diritti in materia di pubblico impiego. (omissis) 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 giugno 1993, n. 6227 -Pres. Sensale � 
Est. Baldassarre -P. M. Martone (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Polizzi) c. De Ambrogi. 

Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle persone fisiche � 
Tassazione separata � Emolumenti arretrati � Compenso annuale di 
incentivazione per il personale delle aziende dipendenti dal Mini� 
stero delle Poste � Esclusione. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12 e 13; d.P.R. 22 dicembre 1980, n. 873, art. 4). 
Poich� � arretrato ai fini della tassazione separata l'emolumento 
corrisposto successivamente rispetto al momento stabilito per la percezione 
e non rispetto all'epoca della prestazione del servizio, il compenso 
annuale di incentivazione a favare del personale delle aziende dipendenti 
dal Ministero delle Poste di cui all'art. 4 del d.P.R. 22 dicembre 
1980, n. 873, che � erogato nel mese di giugno di ogni anno con riferimento 
alla retribuzione dell'anno precedente, non � assoggettabile a tassazione 
separata (1). 

(omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e 
falsa applicazione dell'art. 12 d.P.R. n. 597/73 e della legge 22 dicembre 
1980, n. 873, nonch� insufficiente motivazione, assume che il compenso 
annuale di incentivazione previsto dalla legge n. 873/80, che, per 
espressa previsione dell'art. 4, comma terzo, viene corrisposto nel meJe 
di giugno di ogni anno e, quindi, non episodicamente, ma con scadenza 
annuale, non costituisce arretrato, poich� viene pagato nei tempi previsti 
dalla normativa che lo regola; mentre � il fatto che sia parametrato 
ad indici riferiti all'anno precedente dipende dalla sua natura di 
riconoscimento dell'operosit� pregressa, ma non lo trasforma in un arretrato 
nel senso giuridico del termine �, atteso che il concetto di arretrato 
va visto in relazione al corrispettivo e non alla prestazione lavorativa, 
per cui non � arretrato il pagamento effettuato nel momento in cui 
sorge l'obbligazione. 

La doglianza, alla stregua delle ragioni esposto nel ricorso, � fondata. 

(1) Esatta definizione del concetto di emolumento arretrato: cfr. Cass. 
22 gennaio 1987, n. 564, in Riv. leg. fisc., 1987, 842. 

PARTE t, :SEZ.� V; GIURlSPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'art, 12; lettera d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, applicabile 
nella specie, nel prevedere. (al pari dell'art. 16, primo comma, �ettera b), 
del� d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). che l'imposta sul �reddito delle persone 
fisiche si applica separatamente su,gli emolumenti arretrati relativi 
ad anni precedenti .percepiti. per� prestazioni di lavoro dipendente emoltunenti 
assog~ttatia1 .pi�� favorevole. trattamento.. di cui al successivo 
art; 13 (9ra art. 18 ti.P.R,. n. 917/86) -fa preciso riferimento al 
momento stabil~to perla percezione del compenso imponibile, che, per 
qualsivoglia ragione non addebitabile al> contribuente, sia corrisposto 
in un momento successivo {conf'. sent.. nn, 564/87, 4423/86, 3019/86), non 
gi�, come rit�nuto dalla C.T.C., all'epoca della prestazic>ne lavorativa. 

Tanto si ricava. dalla formulazione lessicale della norma, l� dove, al 
fine�. di indicare � gli emolumenti non�. pagati tempestivamente nel corso 
dell'anno in cui il relativo diritto � mat.rato, ne sottolinea .la qualificazione
�di �arretrati>~, mentre per. il riferimimto alla.preg:ressa Prestazione 
sarebbe stata appropriata la semplice indicazione di � rel<:itivi�. 

D'altra parte l'interpretazione letterale ben si inquadra nel sistema 
della tassazione separata, la quale tende ad evitare imposizioni rese ingiustamente. 
gravose dal. sommarsi ai redditi propri .. 4ell'anno,. a cui si 
rifeds~e la denuncia, di redditi prodotti in modo.� non periodico, 11� regolare, 
l� dove� � l'incolpevole posticipazione del pagamento determina, 
appunto, l'anomalo accavallarsi di proventi. 

n (( compenso annuale d'incentivazione �, istituito, a. favore del personale 
cl.elle. Mfond.e � dipendenti dal Ministero . delle poste e . delle telecomuriicazi�ni,. 
cl.all'art. 4 della legge. 22 dic�thbre 1980, n. 873 a decorrere 
dall;esercizio f980, � erqgato nel mese 4i giugno di ogni anno iri II1�sura 
percentuale dello stipendio e dell'indennit� integrativa speciale, �in godimento 
al 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui il compenso 
stesso � pagato, e secondo criteri rapportati alle effettive ed anteriori 
prestazioni di servizio. 

Tali . prestazioni, oltre a fornire il concreto parametro di determinazione, 
costituiscono se:nza d.ubbio l'oggetto della speciale voce retri1:\
utiva, che premia l'assiduit� ed il rendimento del lavoratore. 

Il . diritto . a percepire . il corrispettivo matura per� solo nel giugno 
dell'anno succt:ssivo, rispetto al quale concorre, quindi, �a formare la 
base imponibile, pote11do divenire � arretrato � solo se dovesse essere 
pagato ne! corso dell'anno ancora seguente. 

Non corrobora la tesi contraria l'argomento che la C,T.C. vorrebbe 
trarre dal fatto che il compenso � dovuto anche al dipendente cessato 
dal servizio nell'anno anteriore a quello di erogazione, atteso che anche 
in siffatta ipotesi il pagamento, in proporzione al periodo di servizio 
effettivamente prestato e senza che sia previsto un diverso termine per 
il pagamento, costituisce :reddito del periodo d'imposta corrispondente 
all'anno nel quale � prescritta l'erogazione. 


428 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Va piuttosto notato che nel caso in esame il compenso d'incentivazione 
� stato corrisposto, come si desume dal � fatto � della decisione, 
il 6 giugno 1980, ossia, tempestivamente, nell'anno stesso della sua istituzione, 
e, se si aderisse all'opposta tesi, dovrebbe essere definito, pur 

I

in assenza di qualsiasi supporto normativo, arretrato per legge. 

Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e la decisione 
impugnata deve essere cassata con rinvio alla C.T.C., la quale, procedendo 
a nuovo esame della causa dovr� applicare il seguente principio 
di diritto: �Non costituisce emolumento arretrato relativo all'anno precedente 
e non � soggetto, quindi, al pi� favorevole trattamento della 
tassazione separata, a norma dell'art. 12, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597, il compenso annuale di incentivazione istituito dall'art. 
4 della legge 22 dicembre 1980, n. 873 a favore del personale delle 
Aziende dipendenti dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni 
e da erogarsi nel mese di giugno di ogni anno secondo criteri correlati 
al servizio prestato nell'anno precedente�. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1993, n. 6638 -Pres. Rossi � 
Est. Olla -P. M. Lo Cascio (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Fiorilli) c. Giacobbe. 

I 
~ 

ITributi in genere � Soggetti passivi � Solidariet� � Provvedimento amministrativo 
definitivo � Giudicato pi� favorevole ottenuto da altro con


debitore � Art. 1306 e.e. � Si applica � Estensione del siudicato dalla 

imposta di registro all'INVIM � Ammissibilit�. 

(e.e. art. 1306; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 20). 
Poich� la definitivit� del provvedimento amministrativo che definisce 
il rapporto di imposta non equivale al giudicato, il condebitore che 
non ha proposto impugnazione pu� giovarsi degli effetti pi� favorevoli 
conseguiti da altro condebitore, nell'ambito dell'imposta di registro, in 
applicazione dell'art. 1306 e.e.; e poich�, a norma dell'art. 6 del d.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 643 il valore a fini INVIM � automaticamente e incontestabilmente 
fissato nella stessa misura che risulta accertata in 
modo definitivo ai fini dell'imposta di registro, il giudicato favorevole 
si estende dal compratore al venditore e quindi dalla imposta di registro 
all'INVIM (1). 

(1) Il princ1p10 della estensione del giudicato affermato, non senza forzatura, 
con la sent. 3 luglio 1991, n. 7321, in questa Rassegna, 1991, I, 367 viene ora 
esteso ulteriormente dalla imposta di registro all'INVIM. Sarebbero lecite riserve, 
ma si deve prendere �tto della statuizione confermata con la sent. 27 
agosto 1993, n. 9097. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(omissis). 1. -Nell'unico motivo d'annullamento, la ricorrente Amministrazione 
finanziaria dello Stato, richiamando l'art. 360 n. 3 Cod. 
proc. civ., denuncia la violazione degli artt. 4 e 6 del d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 643, 49 e 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, e 1306 Cod. civ.; 
inoltre dei principi generali in materia di obbligazione solidale. 

Infatti, sostiene la ricorrente, tre momenti essenziali della costruzione 
seguita dalla Corte d'appello di Messina contrastano con le disposizioni 
avanti richiamate in quanto: 

I) In tema di INVIM, il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria 
� il venditore, mentre l'acquirente � soltanto responsabile dell'imposta 
nella sua veste di proprietario dell'immobile assoggettato al pri� 
vilegio che garantisce il credito erariale per tal tributo. 

Perci� si deve escludere che l'acquirente sia condebitore solidale di 
imposta con il venditore, con la conseguenza che manca il presupposto 
di base perch� la posizione tributaria del venditore possa modificarsi 
in funzione della posizione in cui viene a trovarsi il compratore in applicazione 
delle regole proprie delle obbligazioni solidali. 

Pertanto, il giudice d'appello ha errato allorch� ha affermato che 
la determinazione del valore dell'immobile trasferito in misura ridotta rispetto 
a quella portata nell'avviso di rettifica, pur se era stata definita 
nei confronti del compratore, estendeva i suoi effetti anche al venditore 
in applicazione della disciplina delle obbligazioni solidali. 

II) In tema di accertamento tributario, la determinazione dell'imponibile 
in misura ridotta rispetto all'avviso di rettifica che sia divenuta 
definitiva nei confronti di uno dei condebitori solidali dell'imposta che 
abbiano impugnato la rettifica davanti alle commissioni tributarie, non 
estende i suoi effetti in favore del condebitore solidale che non abbia, a 
sua volta, impugnato la rettifica. Ci� perch� la definitivit� dell'accertamento 
per mancata impugnazione si deve assimilare al giudicato; ed � 
principio affatto incontestato che il condebitore solidale non pu� opporre 
la situazione pi� favorevole conseguita da altro condebitore solidale, 
allorquando il proprio rapporto con il creditore sia stato definito 
con sentenza passata in giudicato, anche se in senso meno favorevole. 

Ne deriva, ad avviso della ricorrente, che in tema di INVIM, al 
venditore che non abbia impugnato l'avviso di accertamento in rettifica 
degli elementi che concorrono alla determinazione dell'incremento im� 
ponibile, � precluso opporre la sopravvenienza di situazioni giuridiche 
pi� favorevoli, ivi compreso il giudicato riduttivo del valore finale dell'immobile 
ottenuto dall'altro contraente ai fini dell'imposta di registro. 

Perci� la Corte del merito � incorsa in una distinta violazione di 
legge, posto che ha disatteso detto principio. 
III) Si deve escludere che nell'ipotesi in cui il trasferimento di un 
immobile sia assoggettato all'imposta di registro ed all'INVIM, l'accer



430 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

tamento definitivo del valore dell'immobile trasferito formatosi in sede 
di determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro, sia in alcun 
modo vincolante in sede di determinazione del valore finale dello stesso 
immobile nell'ambito dell'accertamento dell'imponibile INVIM. 

N� pu� opporsi che l'art. 6 del d.P.R. n. 643/1972 introduce una correlazione 
tra le due imposte, posto che tale correlazione � solo � tendenziale 
e non necessitata�, sicch�, come � ribadito dall'art. 20 della 
stessa fonte normativa, v'� la concreta possibilit� che le due imposizioni 
si diversifichino in ordine alla valutazione dei singoli elementi dell'imponibile. 


2. -Nessuna delle censure pu� essere condivisa. 
3. -In ordine alla prima occorre procedere, preliminarmente, alla 
ricostruzione della ratio decidendi della sentenza impugnata. 
Risulta, cos�, che la Corte del merito ha premesso che per quanto 
attiene all'imposta di registro, il vincolo di solidariet� passiva esistente 
tra i contraenti del negozio assoggettato al tributo, fa s� che in ordine 
alla determinazione dell'imponibile il venditore possa giovarsi degli effetti 
favorevoli conseguiti dal compratore-condebitore solidale a seguito 
del ricorso proposto da quest'ultimo avverso l'accertamento di maggior 

I 
I ~

valore del bene trasferito. 
Ne ha tratto che, in concreto, la riduzione della misura del valore 
del bene rispetto� alla misura indicata nell'accertamento fiscale che sia 

I ~ 

stato conseguito dall'acquirente a seguito della sua impugnazione dell'accertamento 
stesso _si propaga al venditore, anche quando, nei suoi confronti, 
l'accertamento di maggior valore sia divenuto definitivo per mancata 
impugnazione. Ossia, che secondo il regime dell'imposta di registro, 
il valore del bene trasferito rimane fissato, in via definitiva, nella mi


I sura (ridotta) venutasi a determinare in favore dell'acquirente che abbia 
impugnato l'accertamento stesso, anche nei confronti del venditore non 
impugnante l'avviso di accertamento. 

Ha osservato, poi, che in base alla disciplina dell'art. 6 c. 2 d.P.R. 

n. 643/1972, ai fini della determinazione dell'imponibile INVIM si deve 
assumere quale valore finale del bene trasferito, quello accertato in via 
definitiva in funzione della determinazione dell'imponibile dell'imposta 
di registro sul trasferimento assoggettato anche al primo dei detti tributi. 
Cio�, che secondo il mezzo tecnico previsto dalla disciplina positiva, 
I 
ai fini della determinazione dell'imponibile INVIM e dell'individuazione 
del valore finale del bene trasferito, fa stato il valore dello stesso bene 

I 

I

accertato in via definitiva ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro 
sul medesimo trasferimento. l 

I

Perci�, ha concluso -fermo restando che nell'ambito dell'imposta 

I 

di registro il valore dell'immobile rimane accertato in via definitiva 

II 

.I 

I 

I 



PAR'l!B I; SEZ~ WGIURISPRUDENZA TR!BUTARIA 431 

nella misur� ridott1;1; conseguita dal contribuente che abbia proposto 
impugp:azione. avversol'avviso di :rettifica�anche nei confronti.dei condebi� 
todche non abbiano.�proposto analoga.impugnazione -.�la trasposizione, 
vincolante per legge; della deterniinazione del valore delfimmobile tra� 
sferito � come: �definito in> sede di � accertamento dell'imponibile dell'ira. 
ro~ta ..� d������ registra,.�� X!,ell'.artiJ?iw���della;procedura.��di� accertamento.� del�. va� 
~or~ fjn,~le dellQ ~te$so i~oqjJe ai� fini d�H'impos~ioneINVIM,..f�. si 
� . cl'i.e, in� ortUne a questo tributo, al!lche quando� il��solo cqmpratore �abbia 
impugnato l'avviso di rettifica ottenendo una riduzione dell'acc�rtan:ien� 
to, il val?re .fim:tle dell'itl1mobile. non possa. che .venir determinato nella 
d�ltt~ �'P:lisitra.� ridotta;���aryche.�11e1���c()rifr�ritl��d�l 'v.eridifore�� n<>n ��.iinpttgnante. 
��... Etib�ne, mailifestame:rifo/nhrf� vfiro ch�, c6:rrie sostiene ia tkorrente,
se26nd�. la s~ntenza ��d;appelid;.aFfini dell'imponibile INVIM, >fa . deter~ 
n:iinazione, .anche. in favore del venditore���non. impugnante, d�l valore 
firiaiei d�ll'irilmobile � nella: .. fui$Jlia �ifd<)tta div�nuta defiilitiva . ne.i���. con� 
fro!ltir del �ompr.�tore impugnante l'aWi$o :di�.. accertametito ���discende nel� 
l'�sisteriZ� di. mi virtcold di solidarlet� passiva tra �. v�nditOr� e . compratdre 
in ordine alla�.. deberiza deH'lNVll\it .. ~� vero; /invece; . che��� per � fa 
Corte messinese la conclusi6ne � impdst� dal sistema positivo, attraverso 
la correlazione da esso introd6tfa��trale �imposte di registro��ed. lNVIM 
lrl ordin�.. ail~.�.. deterrrffttaziort� del.� valore finale d�ll'iriirifobile trasferito. 

Quindi,� la:� censi.rr� prestippbl�e una rati�� decidendi diversa� da quella 

effetdv�ntente actotfata. dall� sentenza iriipugnata~����� . 

Pertanto, .� �iiatrlmissibi�e post0 ch� si sViltiJ>pa� sul�a base di faJ 

erroneo. prestippostd~ . .� ... �... 

� � 4. �--Le Sezi6ni�. u.nite�.di questa Corte, �nell'affrontare la.� questione riproposta 
con l� seconda censura ...;;;. relativa all'identificazione degli effetti 
d�ll� manc�ta impugnazione degli avvisi di a���rtamento nei suoi 
riflessi s�lt�gime della solidariet� passiva� in materia tributaria, hanno 
affermato che l'efffoifoia preclusiva dell'atto . amministrativo definitivo, 
quale � l'acc�rta:tnento tributario noti impugnato davanti alle commis~ 
s�oni t:i:ibutarie1 non ��. equip�ra:bile all'efficacia�. di cosa giudicata propria 
delle decisioni degli organi giudiziari; Infatti, si concreta unicamente 
nella perdita del potere da� parte del coi:ldebitore��inerte di tutelare>la 
propr�a pos!Zione sostanzia1e mediante l'h1staurazione�� del �.giudizio di� 
rtanzi . alle. commissioni � tributarie�� sulla �pretesa dell'amministrazione. ( OS� 
sia rtel vertii meno �del .pot�i:'e di�.esetcitare.�validamente �Una� immediata 
tutela della sua posizione. sostanziale per essere scaduto il termine pre� 
visto per quel tipo di tutela), il che comp�lrta �che non interferisce c:on 
la facolt� concessa a quel condebitore di ottenere l'estensione, nei propri 
confronti, degli effetti favorevoli cortseguitl da altro <:ondebitote che 
abbia impugnato .l'avviso di accertamento (v., Cass., S.U. 22 giugno 1991, 

n. 7053). 

432 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Il principio deve essere ribadito non ravvisandosi ragioni per an 
dare in contrario avviso. D'altra parte, la ricorrente si � limitata ad 

I

enunciare che la mancata impugnazione dell'accertamento determina ili 
una situazione giuridica totalmente identica a quella nascente dal giu


I 

dicato; sicch� l'accertamento diventa intangibile anche sul piano sostanziale, 
senza giustificare in alcun modo siffatta conclusione. 

Pertanto, nell'uniformarsi a detto principio, la pronuncia impugnata 
non � incorsa nella violazione di legge denunciata dalla ricorrente, sicch� 
anche questa censura deve essere disattesa. 

.5. _,... Questa Corte ha pi� volte esaminato la questione sollevata nel 
terzo �profilo del motivo, e l'ha.� risolta nel senso -recepito dal giudice 
del merito -che in virt� del sistema introdotto dal d.P.R. n. 643/1972 
il valore finale dell'immobile in funzione della determinazione dell'imponibile 
INVIM, resta automaticamente ed incontestabilmente fissato 
nella stessa misura che risulta accertata in modo definitivo quale valore 
dello stesso i1Ilmobile ai fini della determinazione dell'imponibile 
dell'imposta di registro sullo stesso trasferimento (Cass., 2 aprile 1992, 

n. 
4024; 29 marzo 1990, n. 2575; 21 luglio 1988, n. 4725). 
L'orientamento deve essere confermato. 
Invero, la disposizione dell'art. 6 c. 2 del d.P.R. n. 643/1972 (per la 
quale ai fini dell'applicazione dell'INVIM � si assume quale valore finale 
(dell'immobile) quello dichiarato o quello maggiore definitivamente 
accertato per il trasferimento del bene ai fini dell'imposta di registro o 
di successione�) non pu� che essere intesa nel senso che in sede di determinazione 
dell'imponibile INVIM, il valore finale del bene viene individuato 
non gi� a seguito di un autonomo giudizio sul punto, ma per 
relationem, attraverso la mera trasposizione del risultato del giudizio 
sul valore dello stesso immobile �compiuto ai fini della determinazione 
dell'imponibile dell'imposta di registro sul medesimo trasferimento. 

Nel contempo, risulta inaccoglibile l'obiezione del ricorrente, secondo 
il quale. la lettura della richiamata �disposizione � resistita dalla disciplina 
dettata dal secondo comma dell'art. 20 dello stesso Decreto presidenziale 
n. 643/1972, alla cui stregua, �l'accertamento, se riguarda anche 
la determinazione del valore ai fini dell'applicazione dell'imposta 
di registro o di successione pu� essere notificato con un unico avviso �. 

Per vero, tal prescrizione attiene esclusivamente alla disciplina del 
momento procedimentale dell'accertamento INVIM, e non riguarda quello 
sostanziale afferente ai criteri ed alle modalit� per l'individuazione 
del valore finale dell'immobile. 

Quindi, denota che l'imposizione INVIM � autonoma rispetto a quella 
di registro; e che i procedimenti di accertamento dei detti tributi sono 
autonomi tra loro. Non giustifica, invece, la deduzione della ricorrente 
(tra l'altro non illustrata in alcun modo) circa l'esistenza anche di una 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 

autonomia decisionale sul punto relativo alla determinazione del �valore 
finale dell'immobile, di modo che l'accertamento di quel valore � svincolato 
dalle risultanze dell'accertamento definitivo ai fini dell'imposta 
di registro. 

A tanto infatti, conduce oltre che il dettato letterale della norma, 
il .dovuto coordinamento tra le disposizioni degli artt. 6. e 20 del d.P.R. 
che legittima soltanto la conclusione qui accolta. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 giugno 1993, n. 6951 -Pres. Montanari 
Visco -Est. Baldassarre -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Carrara 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone). 

Tributi in genere -Soggetti passivi -Impresa familiare -E' impresa individuale 
del titolare � . .Trasformazione in societ� di persone con conferimento 
dell'azienda -E' soggetto all'imposta di registro. 

(e.e.., art. 230-bis; d,P.R. 29 settembre 19H, n. 597, art. 5; d.!. 19 dicembre 1984, 
n. 853, art. 3). 
L'impresa familiare � una impresa individuale che appartiene al suo 
titolare che la esercita assumendo 1.n proprio diritti ed obbligazioni 
fermo restando il diritto dei familiari che partee�pano soltanto ad una 
quota degli utili; conseguentemente se l'impresa familiare si trasforma 
in una societ� di persone si realizza un conferimento dell'azienda nella 
societ� soggetto all'imposta di registro se non agevolato, nei limiti temporali 
stabiliti dall'art. 3 del d.l. 19 dicembre 1984, n. 853 (1). 

(omissis). Con il secondo motivo i ricorrenti principali, denunciano 
violazione degli artt. 230 bis cod. civ. e 5, comma 4, d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597, per non avere la Corte d'appello considerato che l'impresa 
familiare ha natura (civilistica e comunque) tributaria di impresa 
collettiva e che, in conseguenza, la sua trasformazione in societ� di 
persone non implica alienazione d'azienda e non esprime la capacit� 
contributiva del conferimento di azienda operato dall'imprenditore individuale; 
mentre l'art. 3 del d.l. n. 853/1984, convertito in legge 17 febbraio 
1985, n. 17, �norma recante un'esclusione e non un'esenzione tributaria
�, codifica il principio, gi� enucleato, secondo cui l'impresa familiare 
� fenomeno associativo. 

Il motivo, non � fondato. 
Questa Corte, chiamata a qualificare, ad altri fini, l'impresa familiare, 
ha costantemente affermato che essa ha natura individuale e non 

(1) Sulla base di quanto affermato con la sent. 10 agosto 1992, n. 9459 (in 
questa Rassegna, 1992, I, 506), viene correttamente chiarito, a tutti gli effetti 
tributari, che l'impresa familiare non � un soggetto collettivo. 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

434 

collettiva ed appartiene, anche dopo la trasformazione dell'originaria 
impresa individuale, al suo titolare, che la esercita, assumendo in proprio 
diritti e obbligazioni, oltre che la piena e personale responsabilit� 
verso i terzi, fermo restando il diritto dei familiari partecipanti (soltanto) 
ad una quota degli utili (conf. sent. nn. 8959/92, 4710/92, 40030/92, 
2270/92, 6559/90), oltre che il diritto di partecipare alla gestione straordinaria; 
che, per tanto, l'imprenditore, che presenta la dichiarazione ed 
� il soggetto passivo dell'accertamento, rimane il centro di riferimento 
del reddito prodotto ed � fiscalmente responsabile (conf. sent. S.U. n. 
9459/92 .in motivazione). 

Dall'appartenenza dell'azienda, quale complesso di beni e diritti destinati 
all'esercizio dell'impresa, al suo titolare, pure se l'abbia gestita 
nella forma dell'impresa familiare, discende che -ove egli conferisca 
la medesima azienda al fine della costituzione con i familiari partecipanti 
di una societ� personale -il conferimento non pu� farsi risalire 
all'intero gruppo; n� pu� considerarsi la costituzione della societ� come 
mera trasformazione di un soggetto o centro d'imputazione collettivo 
(tale non essendo l'impresa familiare rispetto ai terzi) in un altro soggetto 
collettivo (la societ� di persone). 

E ci� vale anche ai fini dell'imposizione tributaria. 

Il sedicesimo comma dell'art. 3 del d.l. 19 dicembre 1984 n. 853, 
convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17, su cui si fonda la decisione 
impugnata, cos� dispone: �Se tra l'imprenditore e i collaboratori familiari 
di cui al quarto comma dell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 597, indicati nell'atto pubblico o nella scrittura privata ivi previsti, 
venga costituita, con atto sottoposto a registrazione entro il 30 settembre 
1985, una societ� in nome collettivo o in accomandita semplice con 
contestuale conferimento dell'azienda da parte dell'imprenditore, il conferimento 
stesso � soggetto alle imposte di registro, ipotecarie e catastali 
nella misura fissa e non � considerato cessione agli effetti dell'imposta 
sul reddito; ... Il riferimento al quarto comma del suddetto art. 5 
si intende fatto al testo vigente anteriormente alla data di entrata in 
vigore del presente decreto� (quarto comma aggiunto dall'art. 9 della 
legge 2 dicembre 1975, n. 576 e sostituito, una prima volta, dall'art. 2 bis 
del d.l. 1� luglio 1877, n. 351 e poi dall'art. 3, comma 12, d.l. n. 853/84). 
La norma trascritta -che fornisce, per altro, una testuale individuazione 
dell'imprenditore nell'impresa familiare, escludente che tale 
qualit� possa riconoscersi ai � collaboratori familiari � -ribadisce che 
il conferimento de quo costituisce, in via generale, cessione d'azienda, 
dal momento che solo per operazioni poste in essere in un circoscritto 
periodo di tempo (sino al 30 settembre 1985) il conferimento (oltre a 
godere delle agevolazioni in materia di imposte indirette) non � considerato 
cessione agli effetti delle imposte sul reddito. 

Il motivo deve essere, per tanto, rigettato. (omissis) 


PARTE I, SEZ. V1 GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 

CORTE Dl CASSAZIONE; Sez. I, 3 luglio 1993, n. 7311 -Pres. Rossi Est. 
Cicala -P. M. Aloisi (conf.). -Soc. Marmarole (avv. Biamonti) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). 
Tributi ii1 genere ..� Contenzioso tributarlo -Impugnazioni -Tennini� � 
Art. 327 c.p;c, -Applicabilit� alle decisioni delle commissioni -Impugnazione 
diilanzi @Ua Corte d'appello.~.� E' .preclusa dalla decorrenza 
dell'anno. 

(c.p.c. art. 327; d.P.R. 26 ottobre ~972, n. 636, a:t;tt. 22 e 40). 
L'applicabilit� dell'art. 327 c.p'.c. al processo tributario comporta 
che la decorrenza del tefrnine annuale preclude l'ammissibilit� della 
impugnazione sia innanzi alla Commissione centrale che innanzi alla 
Corte d'appello (1). 

(omissis). La sentenza impugnata si regge su un duplice ordine 
di argomentazioni alternative, per cui appare sufficiente verificare se 
una di esse sia fondata; e questa Corte. ritiene opportuno considerare 
preliminarmente se debba esser condiviso il profilo della motivazione 
della Corte di Milano incentrato sull'art, 327 c.p.c. 

Giova, in proposito, ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte 
con sentenza 10 gennaio 1992, n. 202, hanno sconfessato l'orientamento 
espresso nella decisione della prima sezione civile 29 ottobre 1990, 

n. 10456 ed hanno affermato che il primo comma dell'art. 327 del codice 
di procedura civile enuncia un principio di carattere generale applicabile 
in tutto l'ordinamento processuale; perci� anche le sentenze delle 
commissioni tributarie di primo e secondo grado non possono pi� essere 
impugnate ove sia decorso un anno dalla loro pubblicazione (che si 
perfeziona con il deposito della sentenza senza che occorra la comunicazione 
dell'avviso di cancelleria di cui al 2� comma dell'art. 133 
(1) Conseguenza rigorosa del principio affermato dalle Sez. Un. con la sentenza 
10 g<:)nnaio 1992, n. 202, in questa Rassegna, 1992, I, 113, e ormai consolidato. 
Resta il problema di conciliare con questa regola l'art. 40 del d.P.R. n. 636/1972 
secondo il quale l'impugnazione � proponibile innanzi alla Corte d'appello soltanto 
dopo che � decorso dnfruttuosamente per tutte le parti il termine per 
ricorrere alla Commissione centrale. Poich� l'art. 40 � diretto ad escludere la 
possibilit� di duplice impugnazione, la preclusione dell'impugnazione innanzi 
alla Commissione centrale � da considerare una condizione di sola procedibilit� 
che pu� maturare anche dopo la proposizione del ricorso e prima della 
decisione; nel caso l� preclusione maturerebbe ben presto proprio per effetto 
dell'art. 327 ove la Corte d'appello venga adita sullo spirare del termine. La 
situazione pu� per� complicarsi se a ridosso della scadenza una delle parti 
ricorre alla Commissione centrale ed altra innocentemente alla Corte d'appello; 
in tal caso dovrebbe ammettersi che l'impugnazione tempestiva innanzi alla 
Corte d'appello debba convertirsi in impugnazione incidentale innanzi alla 
Commissione centrale. 

436 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

c.p.c.). Ed a questo insegnamento delle Sezioni Unite il Collegio ritiene 
di uniformarsi. Il contribuente sostiene, per altro, che �l'inutile decorso 
del termine di cui all'art. 327 c.p.c. avrebbe solo determinato la improponibilit� 
di una eventuale impugnazione alla Commissione Tributaria 
Centrale, mentre per il ricorso alla Corte d'Appello egli avrebbe 
avuto a disposizione, in �base all'art. 40 del d.P.R. 636/1972, altri novanta 
giorni. Ed a sostegno di questa tesi � possibile invocare un passo, 
che costituisce per altro un � obiter dictum �, della gi� citata sentenza 
202/1992 delle Sezioni Unite. Il Collegio non ritiene per� di condividere 
siffatta opinione. 

La applicazione in ogni ambito dell'ordinamento, e perci� anche 
nel processo tributario, dell'art. 327 c.p.c. costituisce infatti riconoscimento 
del carattere generale di tale norma, che prevale su tutti i meccanismi, 
previsti nei differenti settori, e che possono far s� che una 
sentenza acquisisca il carattere di definitivit� in un termine superiore 
all'anno dal deposito. 

Sarebbe perci� incongruo, dopo aver applicato l'art. 327 c.p.c. in 
ordine alle impugnazioni alla Commissione Tributaria Centrale, consentire, 
scaduto il termine annuale (prorogato in base alla legge sulla 
sospensione feriale), la presentazione del ricorso alla Corte d'appello. 

I Non vi � infatti motivo per ritenere che l'art. 327 c.p.c. costituisca un 
limite all'art. 22 del d.P.R. 636/1972 e non anche all'art. 40 del mede


I 
Ifil

simo d.P.R. (omissis) 

~ 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1993, n. 7771 -Pres. Beneforti 
-Est. Baldassarre -P. M. Amirante (conf.). Ministero delle 
finanze (avv. Stato Cingolo) c. Soc. Italcementi. 

Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi 
di lavoro dipendente -Rivalutazione monetaria di retribuzioni -Costituisce 
reddito imponibile da assoggettare a ritenuta. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46 e 48; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 
art. 23; c.p.c. art. 429). 
La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. 
civ., quale componente essenziale del credito di lavoro tardivamente 
soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e 
trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivit� lavorativa. 
Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte 
le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di 
cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597, in forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, 
costituito da " tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, 
percepiti nel periodo di imposta in dipendenza del lavoro prestato �, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 

� soggetto alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro � 
obbligato ad operare all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo 
comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 �. (1) 

(omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunziando violazione e 
falsa applicazione degli artt. 11, 46 e 48 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 
e art. 429 cod. proc. civ., nonch� vizio di motivazione, assume che la 
rivalutazione monetaria costituisce una componente del complessivo 
credito di lavoro, strettamente connessa al credito originario, e trae 
origine dal rapporto di lavoro, con la conseguenza che sull'ammontare 
della medesima il datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, deve operare 
la ritenuta d'acconto. 

Il ricorso � fondato. 

Nella specie non � controverso che la societ� intimata, rimasta fi)ccombente 
nel giudizio intentato dal proprio ex-dipendente per la corresponsione 
di competenze lavorative, ha provveduto, in esecuzione della 
pronuncia di condanna, al pagamento, tra l'altro, di somma liquidata 
a titolo di rivalutazione monetaria dei crediti del lavoratore. Non rilevano, 
per tanto, le successive vicende, di cui � cenno nella narrativa della 
decisione impugnata, alle quali la parte interessata, onerata della prova 
di eventuale giudicato esterno, e la stessa decisione non hanno ricollegato 
(e non avrebbero potuto collegare, trattandosi di giudizi a cui � 
rimasta estranea l'Amministrazione finanziaria) alcun effetto preclusivo. 

Ne deriva che deve trovare applicazione il seguente, puntuale prin


cipio di diritto -che si enuncia anche agli effetti dell'art. 384 cod. proc. 

civ. -affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 
n. 5441/91 (conf. le sent. di questa Sezione nn. 3543/90, 4924/89, 621/89, 
tra altre), superando il contrasto creato dalla sentenza n. 498/89: 
�La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. 
civ., quale componente essenziale del credito di lavoro tardivamente 
soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e 
trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivit� lavorativa. 
Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le 
norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui 
agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597, n forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito 
da � tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti 
nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro prestato �, � soggetto alla 
ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro � obbligato ad operare 
all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 
29 settembre 1973, n. 600 �. (omissis) 

(1) Giurisprudenza ormai costante. 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO

438 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1993, n. 7901 -Pres. Sensale Est. 
Lupo -P. M. Iannelli (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 

II

Laporta) c. Sabino. 

Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Accertamento Prova 
" Perquisizioni a fini penali -Utilizzabilit� � Limiti. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51, 52, 54, 55 e 63). 
La documentazione acquisita legittimamente in una perquisizione penale 
operata dalla Guardia di finanza su ordine della Procura della Repubblica 
pu� essere utilizzata dall'ufficio IVA ai fini dell'accertamento 
tributario disciplinato negli artt. 54 e 55 del d.P.R. 633/72, nei limiti previsti 
da queste disposizioni. L'utilizzabilit� va affermata anche nel regime 
anteriore al d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, nei casi in cui essa non comportava 
violazione del segreto istruttorio. (1) 

(omissis) In data 11 luglio 1980 ufficiali di polizia giudiziaria del 
nucleo di polizia tributaria, su ordine del sostituto procuratore della Repubblica 
di Varese emanato nel corso delle indagini conseguenti a denunzia 
per ricettazione, eseguirono una perquisizione domiciliare nel1'
abitazione di Vito Antonio Sabino e negli uffici della societ� di fatto 
G.A.V., di cui il Sabino era socio. Nell'abitazione del Sabino furono rinvenuti 
alcuni brogliacci e bolle di consegna pertinenti all'attivit� commerciale 
della societ� G.A.V. 

I

Il 18 novembre 1981 l'Ufficio I.V.A. di Varese notific� alla G.A.V. 
separati avvisi di rettifica delle dichiarazioni IVA relative, per quel che 
qui interessa, agli anni 1977, 1978 e 1979, a seguito dell'accertamento di 

I vendite effettuate in evasione dell'IVA, risultanti dall'esame dei menzionati 
brogliacci e bolle di consegna. 

Avverso detti avvisi di rettifica Giovanni e Vito Antonio Sabino, quali 
soci della societ� G.A.V., proposero ricorso alla Commissione tributaria 
di primo grado, sostenendo che gli accertamenti erano illegittimi perch� 
fondati su elementi documentali acquisiti in violazione delle norme vigenti. 


Il ricorso fu respinto dalla Commissione di primo grado e dalla 
Commissione di secondo grado, ma � stato accolto dalla Corte di appello 
di Milano, con la sentenza depositata il 9 maggio 1989. La Corte ha 
osservato che l'ordine di perquisizione non integrava la specifica autorizzazione 
prevista dall'art. 52, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 633, la quale, quando concerne abitazioni, � subordinata all'esi


(1) Decisione di grande rilievo di cui va segnalata la completezza della mo� 
tivazione, Di particolare interesse la precisazione che non � necessaria l'autorizzazione 
dell'autorit� giudiziaria, quando il segreto istruttorio sia venuto meno. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

stenza di gravi indizi di violazioni della legge sull'IVA. La Corte ha, perci� 
ritenuto che l'acquisizione dei brogliacci avvenne in violazione dei 
diritti di difesa del contribuente e che tale materiale probatorio � inutilizzabile 
per l'accertamento tributario. 

Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano l'amministrazione 
delle finanze ha proposto ricorso per cassazione; Giovanni .e Vito 
Antonio Sabino hanno resistito con controricorso, 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

1. -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione delle finanze 
deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 54 e 55 del d.P.R. 
26 ottobre 1972 n. 633, nonch� l'omessa motivazione su punto decisivo 
(art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.). La �Amministrazione ricorrente censura la premessa 
di fondo della sentenza impugnata, e cio� la ritenuta illegittimit� 
della perquisizione domiciliare. Tale atto -compiuto dalla guardia di 
finanza quale organo di polizia giudiziaria in esecuzione di ordine emesso 
dal Procuratore della Repubblca nell'esercizio della funzione giurisdizionale 
penale -era incontrovertibilmente legittimo, onde � irrilevante 
la inosservanza dell'art. 52 del d.P.R. n. 633/1972, che regola gli accessi 
e le ispezioni fiscali. A seguito di tale legittima perquisizione fu redatto 
il processo verbale di constatazione del 31 ottobre 1980, richiamato negli 
avvisi di rettifica, ma ignorato dalla sentenza impugnata. Siffatto accertamento 
tributario, traendo motivo dalle ripetute e gravi omissioni e 
irregolarit� constatate nelle registrazioni contabili della societ� G.A.V. 
ad esito del confronto eseguito tra tali scritture ed i brogliacci acquisiti 
nel corso della perquisizione, deve ritenersi legittimo in applicazione dell'art. 
55 del d.P.R. n. 633/72, che consente all'ufficio tributario di procedere 
� sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti 
a conoscenza dell'ufficio �. 
2. -Il motivo di ricorso � fondato nei limiti di seguito precisati. 
� esatta l'osservazione di fondo della parte ricorrente, in ordine 
alla non pertinenza del richiamo che la Corte di appello ha effettuato 
all'art. 52 del d.P.R. n. 633/72, che disciplina gli accessi e le ispezioni 
compiuti a fini fiscali. Nel caso di specie si � avuta, come si � detto in 
narrativa e come � esplicitamente affermato nella sentenza impugnata, 
una perquisizione penale, compiuta su ordine della Procura della Repubblica 
di Varese per indagini relative a reati. Nessuna contestazione 
risulta insorta sulla legittimit� di tale atto di perquisizione e del conseguente 
sequestro delle cose nel corso di essa rinvenute (art. 336 vecchio 
c.p.p., vigente all'epoca di tale attivit�). 

Si tratt�, quindi, di attivit� legittimamente compiute sulla base dell'unico 
parametro legale per esse rilevante. � perci� erronea la sen



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

440 


tenza impugnata, che ha affermato la illegittimit� di tali attivit� alla luce 
di una disposizione (l'art. 52 del d.P.R. n. 633/72) estranea alla disciplina 
normativa sulla base della quale esse furono compiute. 

Il problema, come osserva la parte ricorrente, � solo quello di stabilire 
se gli effetti degli atti penali pienamente legittimi possono o meno 
assumere rilevanza nell'ordinamento tributario, e cio� se i risultati della 
perquisizone e del sequestro penali sono o meno utilizzabili ai fini dell'accertamento 
tributario. 

Ma si tratta di problema tutto affatto diverso da quello che si � 
posto la sentenza impugnata. 

3. -Il quesito relativo alla utilizzabilit�, nei termini precisati nel 
precedente paragrafo, va risolto sulla base del disposto degli artt. 54 e 
55 del d.P.R. n. 633/72 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche 
apportate dal d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, trattandosi di accertamento 
compiuto anteriormente a quest'ultimo testo normativo). 
In questa sede non pu� stabilirsi quale tipo di accertamento sia 
stato effettuato dall'amministrazione finanziaria, e cio� se quello analitico-
contabile disciplinato dall'art. 54 citato (come sembrerebbe far ritenere 
la denominazione di � avviso di rettifica � adottata nel caso di specie) 
ovvero quello induttivo-extracontabile previsto dal successivo art. 55 
(come ha affermato l'amministrazione finanziaria, nel ricorso per cassazione). 
Tale punto di fatto rientra nelle attribuzioni del giudice del 
merito, e dovr� essere stabilito dal giudice di rinvio, essendo mancato 
al riguardo ogni accertamento da parte della Corte di appello. 

Questa Corte di legittimit� deve limitarsi ad affermare sul piano giuridico 
(e agli effetti della formulazione del principio di diritto al quale 
il giudice di rinvio dovr� attenersi) che i risultati di una perquisizione 
e di un sequestro penali legittimamente compiuti sono utilizzabili nell'applicazione 
sia dell'art. 54 sia dell'art. 55 citati. Tale affermazione va 
adeguatamente esplicitata in relazione a ciascuno dei due detti articoli. 

4. -L'art. 54, nel secondo comma, prevede che l'infedelt� della dichiarazione 
IV A pu� essere accertata � mediante il controllo della completezza, 
esattezza e veridicit� delle registrazioni sulla scorta ... degli altri 
dati e notizie raccolti nei modi previsti nell'art. 51 �. 
L'art. 51 richiamato, nel cpv. n. 5, prevede che gli uffici dell'imposta 
sul valore aggiunto, per l'adempimento dei loro compiti, possono 
� richiedere la comunicazione di dati e notizie alla guardia di finanza �. 
Alla richiesta dell'ufficio finanziario va parificato l'invio spontaneo di 
dati e notizie allo stesso ufficio da parte della guardia di finanza. 

Tale parificazione non � esclusa dal successivo art. 63, che prevede 
in generale la collaborazione della guardia di finanza con gli uffici dell'imposta 
sul valore aggiunto. La espressa previsione, contenuta nel 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 

primo comma di detto art. 63, della trasmissione ai detti uffici dei � verbali 
e rapporti � delle sole attivit� compiute dalla guardia di finanza 
in applicazione del precedente art. 52 � conseguente alla menzione del 
compimento delle stesse attivit�, ma non pu�� essere intesa come impeditiva 
della trasmissione all'ufficio finanziario di dati e notizie comunque 
raccolti dalla guardia di finanza, e quindi anche per effetto di attivit� 
diverse da quelle indicate nell'art. 52, purch� si tratti di attivit� 
legittimamente effettuate. Vanno, ovviamente, esclusi i soli dati e notizie 
che l'art. 51 n. 5 tutela in modo particolare, ponendo espresse eccezioni 
alla facolt� degli uffici finanziari di richiederne la comunicazione. 

Tra i dati e notizie che la guardia di finanza pu� comunicare agli 
uffici IVA, in applicazione della espressa previsione dell'art. 51 cpv. n. 5 
e del generale principio di cooperazione posto dall'art. 63, vanno inclusi 
i risultati acquisiti nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, 
salvi i limiti del segreto istruttorio (art. 230 e 307 vecchio c.p.p., vigente 
all'epoca dei fatti per cui � causa). 

Siffatta affermazione non trova ostacolo nel fatto che -come si 
sottolinea nel controricorso -il legislatore � intervenuto, con il gi� 
citato d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463 (successivo ai fatti di causa), per aggiungere, 
nell'originario primo comma del citato art. 63, la espressa previsione 
che la guardia di finanza, �previa autorizzazione dell'autorit� 
giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il segreto istruttorio, 
utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti nei 
confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri e facolt� di polizia giudiziaria 
e valutaria �. 

La trascritta disposizione normativa � innovativa solo per quanto 
riguarda la previsione dell'autorizzazione dell'autorit� giudiziaria idonea 
ad accertare che l'utilizzazione a fini tributari dell'atto del procedimento 
penale non arreca nocumento all'esercizio della funzione giudiziaria. 
Ma l'utilizzazione per l'accertamento tributario di tali atti, ogni 
qualvolta non si poneva un problema di violazione del segreto istruttorio 
(perch�, per esempio, la segretezza interna sugli stessi atti era 
gi� venuta meno o perch� il procedimento penale era concluso), doveva 
ritenersi consentita dall'ordinamento anche prima del d.P.R. n. 463 
del 1982. 

Nel caso di specie, nell'atto di impugnazione davanti alla Corte di 
appello i contribuenti hanno affermato che l'indagine penale si concluse 
con il loro proscioglimento istruttorio, e quindi nessun problema di 
segreto istruttorio sembra porsi, anche a prescindere da ogni considerazione 
sull'interesse dei contribuenti a lamentarne la violazione. 

5. -Anche rispetto alla rettifica prevista dal terzo comma dell'art. 
54 sono utilizzabili i documenti acquisiti nella perquisizione domiciliare 
penale compiuta dalla guardia di finanza contro il Sabino. La 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

442 I

citata disposizione consente all'ufficio finanziario di utilizzare, per la 

rettifica, gli � altri atti e documenti in suo possesso �, indicati in modo 

fil 

generico e senza alcuna limitazione in ordine alla provenienza. Peraltro, 
per l'applicazione della norma in discorso, da atti e documenti in possesso 
dell'ufficio IVA deve risultare � in modo certo e diretto, e non in 

� 

via presuntiva �, �l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare 
superiore a quello indicato nella dichiarazione� (ovvero l'inesattezza 

delle indicazioni relative alle detrazioni). 

6. -Per quanto attiene all'accertamento induttivo, disciplinato dall'art. 
55, questo consente di utilizzare i dati e le notizie � comunque raccolti 
o venuti a conoscenza dell'ufficio �, e quindi nessun dubbio pu� 
porsi sulla utilizzabilit� dei risultati della perquisizione, come esattamente 
ha osservato la parte ricorrente. 
Va, peraltro, tenuto presente che in tanto l'ufficio pu� procedere all'accertamento 
induttivo in quanto sussistano determinati e tipizzati 
presupposti, previsti in via alternativa nei primi due commi dell'art. 55. 
Nel presente caso pu� assumere rilievo il solo secondo comma, seconda 
parte, che, in tre numeri, prevede quattro situazioni (il n. 3 contiene 
due situazioni). 

Di tali quattro situazioni, tre presuppongono che sia avvenuta una 
ispezione a norma del precedente art. 52, onde non possono ricorrere 
nel presente caso, in cui, come si � detto (v. retro par. 2), � avvenuta 
una perquisizione penale, e non una ispezione fiscale. N� la prima 
pu� essere equiparata alla seconda, perch� in tal modo si produrrebbe 
una elusione delle specifiche garanzie previste dall'art. 52, secondo comma, 
per la ispezione fiscale in abitazione. Sotto questo limitato aspetto 
le preoccupazioni garantistiche espresse dalla Corte di appello sono 

fondate. 

Nel presente caso pu� ricorrere, quindi, una sola di dette quattro 

situazioni, e precisamente quella prevista all'inizio del n. 3, e cio� il caso 

di � omissioni� e di � false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate 

ai sensi dell'art. 54 �, e che siano � cos� gravi, numerose e ripetute da 

rendere inattendibile la contabilit� del contribuente �. 

Il richiamo dell'art. 54 rende rilevanti, anche a proposito dell'accertamento 
induttivo, le considerazioni formulate in relazione alla rettifica 
contabile, ed alla utilizzazione a tal fine dei dati e notizie � raccolti 
nei modi previsti nell'art. 51 � (v. retro, par. 4). 

7. -L'utilizzabilit� ai fini fiscali dei documenti acquisiti legittimamente 
nel corso della perquisizione domiciliare penale non si pone 
in contrasto con la inviolabilit� del domicilio, garantito dall'art. 14 Cost., 
come si afferma nella sentenza impugnata. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 

La legittimit� della perquisizione penale e del conseguente sequestro 
esclude ogni violazione del bene costituzionalmente protetto, dato che 
il mezzo di ricerca della prova � stato legalmente posto in essere. 

L'utilizzazione che della prova legittimamente acquisita si faccia 
successivamente a fini fiscali non ha pi� alcuna attinenza alla tutela 
del domicilio, perch� non comporta altra incidenza su detto bene. 

Infine, va avvertito che la presente pronunzia non si pone in contrasto 
con la� serttenz� di questa sezione n. 10918 del 5 ottobre 1992, che 
ha ritenuto inutilizz�bile per l'accertamento tributario la documentazione 
bancaria sequestra:ta in via penale prima del d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463. 
La documentazione �dei rapporti tra gli istituti ed aziende di credito e 
i loro clienti ha un regime di tutela particolare, e rientra quindi nelle 
eccezioni espressamente poste dall'art. 51 cpv. n. 5 alla generale acquisibilit� 
di dati e notizie sancita da detta norma (v. retro, par. 4). 

8. -In conclusione, la sentenza impugnata va cassata e la causa 
va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che stabilir� 
quale tipo di accertamento si � avuto nel caso di specie (se ex art. 54 
o ex art. 55 d.P.R. n. 633/72) e decider� sul ricorso dei contribuenti attenendosi 
al seguente principio di diritto: �La documentazione acquisita 
legittimamente in una perquisizione penale operata dalla guardia 
di finanza su ordine della Procura della Repubblica pu� essere utilizzata 
dall'ufficio IVA ai fini dell'accertamento tributario disciplinato negli 
artt. 54 e 55 del d.P.R. n. 633/72, nei limiti previsti da queste disposizioni. 
L'utilizzabilit� va affermata anche nel regime anteriore al d.P.R. 
15 luglio 1982, n. 463, nei casi in cui essa non comportava violazione del 
segreto istruttorio�. (omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1993, n. 8299 -Pres. Corda Est. 
Lupo ~ P. M. Lupi (diff.) -Miccoli c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Polizzi). 

Tributi in genere � Sanzioni � Prescrizione � Interruzione � Legge 7 gen


naio 1929, n. 4 � Ricorso al Ministro � Non interrompe la prescrizione. 

(legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 17 e 56; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141; cod. 

civ. artt. 2943 e 2945). 
A seguito della riforma tributaria del 1972 � stata eliminata la regola 
desumibile dall'art. 141 della legge di registro del 1923, e alla prescrizione 
� stata sostituita la decadenza; conseguentemente dopo la notifica 
dell'ordinanza dell'intendente di finanza inizia subito a decorrere 



444 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

un nuovo termine di prescrizione che non � interrotto dalla proposizione 
del ricorso al Ministro a norma dell'art. 56 della legge 7 gennaio 1929 

n. 4 (1). 
(Omissis) 2. -Con l'unico motivo del ricorso il Miccoli deduce la 
violazione dell'art. 2943 cod. civ., che elenca gli atti interruttivi della 
prescrizione, tra i quali non � compresa la proposizione di un ricorso 
amministrativo da parte del debitore. N� tale atto pu� essere incluso 
nella categoria generale prevista dall'ultimo comma dello stesso art. 2943, 
che si riferisce agli atti di costituzione in mora provenienti dal creditore, 
mentre nel presente caso fu il debitore Miccoli a proporre il ricorso 
amministrativo. 

Il ricorrente lamenta, altres�, un vizio logico di motivazione della 
sentenza impugnata, non avendo il Tribunale censurato gli argomenti 
giuridici che avevano condotto il pretore ad una conclusione opposta, 
condivisa anche da una sentenza emessa poco prima dallo stesso Tribunale 
di Bari. 

3. -Il motivo di ricorso � fondato nella censura che denunzia violazione 
di legge. 
I 

Il Tribunale ha escluso che sia maturato il termine quinquennale 
di prescrizione del diritto alla riscossione della pena pecuniaria, pre-

I 

I I

(1) Nota sulla prescrizione dopo la riforma tributaria. 
I -Abbandonando esplicitamente l'orientamento giurisprudenziale passato, 
la sentenza riconosce maturata la prescrizione attraverso i seguenti enunciati: 
a) il principio che la domanda del contribuente interrompe la prescrizione 
a favore di entrambe le parti, desumibile dall'art. 141 della legge 
di registro del 1923, non esiste pi�; b) attualmente la decadenza ha sostituito 
la prescrizione e questa comincia a correre solo dopo che l'accertamento � 
divenuto definitivo; e) il ricorso al Ministro ex art. 56 della legge 7 gennaio 

I1929 n. 4 non interrompe la prescrizione non essendo n� un atto con cui si 
inizia un giudizio, n� un atto di messa in mora, provenendo dal debitore. 

II -Il principio che il ricorso contenzioso amministrativo (al pari della 
domanda giurisdizionale) interrompe la prescrizione che non corre fino alla 
definitivit� della decisione che definisce il procedimento si fondava, e si 

I

fonda tuttora, sull'art. 2945 e.e. -Mentre pende una controversia, la prescrizione 
non pu� correre per nessuna delle parti che stanno in posizione di 
legittima attesa e non possono essere tenute a compiere atti generici di 
interruzione che non potrebbero essere seguiti da manifestazioni concrete di 

I esercizio del diritto. La stessa ratio che l'art. 2945 riferisce all'� atto con il 
quale si inizia il giudizio � vale per il ricorso amministrativo che, quando � 

I 

regolato dalla legge, � un tipico strumento contenzioso che instaura un rapl


I

porto procedimentale nel quale l'organo amministrativo ha il dovere di de


j

cidere (tale � indubbiamente il ricorso gerarchico al Ministro delle finanze 

f 

disciplinato dall'art. 56 della legge 7 gennaio 1929 n. 4). I 
I 

In relazione a questo procedimento la giurisprudenza, con approfondita l 
indagine, ha posto una distinzione fra procedimenti amministrativi nei quali I 

I 

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�I 

I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 

visto dall'art. 17 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, facendo richiamo ad 
un orientamento interpretativo in precedenza affermato da questa Corte, 
secondo cui il ricorso al Ministro delle finanze -presentato dall'interessato 
avverso l'ordinanza dell'intendente di finanza che determina la 
pena pecuniaria (art. 56 della citata legge n. 4 del 1929) -ha efficacia 
di �atto interruttivo permanente� della prescrizione, nel senso che 
il corso della prescrizione � sospeso sino alla decisione ministeriale sul 
ricorso stesso. 

L'orientamento interpretativo applicato dal Tribunale � stato affermato 
dalle sentenze di questa Sezione n. 624 del 17 febbraio 1975 e 

n. 2944 del 15 maggio 1984, le quali hanno desunto un principio generale 
in materia tributaria dall'art. 141 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 
(1egge del registro) e dall'art. 90 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 (legge 
tributaria sulle successioni). Tali due articoli, nel primo comma, contengono 
una disposizione di uguale contenuto, del seguente tenore: � La 
domanda del contribuente in via amministrativa sia per rimborso di 
tassa, sia per opposizione a richiesta di tassa complementare o suppletiva, 
interrompe la prescrizione in favore di ambe le parti. La prescril'Amministrazione 
� parte titolare del diritto di credito, da procedimenti amministrativi 
contenziosi nei quali l'Amministrazione ha funzione giustiziale 
ed � terzo rispetto all'Amministrazione attiva; solo in quest'ultimo caso trova 
applicazione la regola della interruzione con effetto durevole. Di conseguenza 
applicando questi criteri al procedimento di repressione delle violazioni degli 
artt. 55 e segg. della legge 7 gennaio 1929, n. 4, si ha che il verbale di contestazione 
interrompe la prescrizione soltanto con effetto istantaneo, perch� 
il procedimento che segue fino alla emanazione dell'ordinanza dell'intendente 
non � giustiziale; successivamente il ricorso al Ministro, che � un vero e 
proprio ricorso gerarchico, interrompe la prescrizione a favore di entrambe 
le parti fino al momento della decisione (Cass., 15 maggio 1984 n. 2944, in 
Boll. trib., 1984, 1814). 

� appena necessario precisare che il ricorso del contribuente contro un 
atto dell'ufficio tributario che, con inversione della posizione processuale delle 
parti, introduce il procedimento (o anche il processo giurisdizionale), interrompe 
la prescrizione anche a vantaggio della Amministrazione, essendo questo 
il modo generalizzato (l'Amministrazione non � mai attrice o ricorrente) 
di proposizione della domanda che segue (non diversamente dalla ingiunzione 
ordinaria seguita da opposizione) l'atto dell'ufficio conferendo ad esso, che 
aveva gi� effetto interruttivo istantaneo, l'effetto interruttivo durevole. 

Non si vede come questa regola basata su un principio generale, valido 
per tutti i ricorsi amministrativi contenziosi in ogni materia, possa risultare 
modificata dalla riforma tributaria. L'art. 141 della legge di registro del 1923, 
oltre ad assorbire questo principio di per s� valido nell'ordinamento, aveva 
un contenuto pi� ampio; prevedeva una interruzione � per tutta la materia 
tassabile>>, al di l� dell'oggetto controverso, e per tutte le parti, anche diverse 
da quelle presenti nel procedimento. In questa pi� estesa previsione l'art. 141 
pu� ritenersi non pi� presente nell'ordinamento; ma non � giustificata la 

12 



446 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

zione rimane sospesa fino a che l'amministrazione finanziaria non abbia 
notificato al ricorrente la propria decisione�. 

La disposizione ora trascritta, per�, non si rinviene pm nella normativa 
emanata in applicazione della legge-delega per la riforma tributaria 
del 9 ottobre 1971 n. 825. Per l'imposta di registro il d.'.P.R. 26 otto


I

V,

bre 1972 n. 634 ha sostituito i preesistenti termini prescrizionali con 

termini di decadenza (artt. 74-75), non soggetti ad interruzione, mentre 
la prescrizione � stata prevista soltanto per il diritto a riscuotere l'imposta 
definitivamente accertata (art. 76). Non vi � quindi possibilit� 
di applicazione di una regola come quella dedotta dal previgente art. 90 
del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270. Modifiche analoghe, e cio� sostituzioni 
di termini di decadenza ai previgenti termini prescrizionali, sono 
state operate dal d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637 nella disciplina dell'imposta 
sulle successioni. 

Deve quindi ritenersi che le disposizioni normative dalle quali � 
stato tratto il principio giuridico applicato dalla sentenza impugnata 
erano ormai abrogate quando � stata commessa la violazione per la 
quale � stata applicata al Miccoli la pena pecuniaria della cui prescrizione 
si discute (dicembre 1972-gennaio 1973). Tale principio non pu� 

I 

J 

affermazione che la riforma tributaria abbia escluso l'applicabilit� dell'art. 
2945 e.e. 

Peraltro la riforma del 1972 ha generalizzato e unificato la disciplina 
dei ricorsi amministrativi costruiti come necessariamente pregiudiziali alla 
azione innanzi all'AGO per i tributi rimasti assoggettati a tale giurisdizione 
(art. 38, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 640 per l'imposta sugli spettacoli; artt. 11 e 
12 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641 per l'imposta sulle concessioni governative; 
art. 33 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 per l'imposta di bollo; art. 20 d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 638 per i tributi comunali; art. 24 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 639 
per l'imposta sulla pubblicit�; art. 3 legge 24 gennaio 1978 n. 27 sulle tasse 
automobilistiche). In queste materie il ricorso amministrativo occupa un 
tempo necessariamente intermedio tra l'accertamento e la domanda in sede 
ordinaria, s� che sarebbe veramente inconcepibile che si verifichi la prescrizione 
(per l'una o per l'altra parte) mentre si � in attesa della decisione amministrativa 
che � il presupposto della proponibilit� della domanda giudiziale. 

III � � vero che un indirizzo prevalente della riforma � consistito nel 
sostituire la decadenza alla prescrizione pur in riferimento a termini lunghi 
che per la decadenza sono inconsueti. Ma ci� non avvalora affatto quanto 
affermato nella sentenza in esame. 

Si dovrebbe innanzi tutto considerare nel suo insieme la portata della 
riforma; alla decadenza, anche per quanto concerne le sanzioni, si accompagna 
la concentrazione nello stesso ufficio del potere di accertamento e del 
potere sanzionatorio, esercitabili anche con unico atto, s� che le vicende 
processuali che seguono e che riguarderanno sia il tributo che la sanzione 
provocano sempre l'effetto di impedire la decadenza. 

Il procedimento sanzionatorio degli artt. 55 e segg. della legge n. 4 del 
1929, ormai ridotto ad un campo assai limitato, si differenzia profondamente 



448 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

parificata all'atto di costituzione in mora indicato nell'ultimo comma 
dell'art. 2943, che � posto in essere dal titolare del diritto (mentre il 
ricorso al Ministro � presentato dal contribuente, che � debitore della 
pena pecuniaria pretesa dallo Stato). 

Non � ravvisabile, poi, nella pendenza del ricorso amministrativo 
la sussistenza di una causa di sospensione della prescrizione, rientrante 
tra quelle elencate negli artt. 2941-2942 cod. civ. 

Deve quindi affermarsi che dopo la notifica al trasgressore dell'ordinanza 
dell'intendente di finanza che determina l'amontare della pena 
pecuniaria (notifica che ha effetto di atto interruttivo della prescrizione, 
ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2943 cod. civ.), inizia subito a decorrere 
un nuovo termine di prescrizione quinquennale, che non � interrotto 
dalla presentazione del ricorso al Ministro previsto dall'art. 56 della 
legge n. 4 del 1929. (omissis) 

della legge n. 4/1929. Come si � accennato l'atto introduttivo di un ricorso am� 
ministrativo tipico ha gli stessi effetti dell'� atto con il quale si inizia un giu� 
dizio �. L'ufficio tributario, che non pu� riscuotere il credito, non pu� subire� 
la prescrizione nell'attesa della decisione, cos� come non pu� subirla il contri� 
buente quando con il ricorso tutela un suo diritto. E si � anche visto che il 
ricorso del contribuente che segue un atto dell'ufficio col quale si manifesta 
la pretesa al tributo (nella specie ordinanza) equivale ad una azione promossa 
dall'ufficio. 

Sarebbe esatto dire che il ricorso non vale come atto di costituzione in 
mora, perch� proviene dal debitore; ma il ricorso va considerato come atto 
introduttivo di un giudizio che bench� provenga dal debitore prolunga l'effetto 
interruttivo del provvedimento dell'ufficio. 

CARLO BAFILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1993, n. 8366 -Pres. Rossi Est. 
Cicala -P. M. Amirante (conf.) -Ministero delle finanze (avv. 
Stato Braguglia) c. Giusti. 

Tributi erariali diretti -Sanzioni -Art. 98 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 � 
Rappresentante del soggetto obbligato -Nofitica del ruolo � Non � 
necessaria -Tutela giurisdizionale del rappresentante. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98). 
Il rappresentante del soggetto obbligato per la sanzione dell'art. 98 
del d.P.R. 602/1973 � tenuto in solido al pagamento e contro di esso 
l'Amministrazione pu� rivolgersi non appena abbia la prova dell'inadempimento 
dell'obbligato principale senza che occorra la notifica del 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 

provvedimento sanzionatorio; tuttavia il rappresentante ha piena tutela 
giurisdizionale per contestare sia il rapporto fra s� e l'obbligato sia la 
sussistenza della violazione a carico del debitore principale (1). 

(Omissis). L'unico motivo di ricorso d�lla Amministrazione merita 
accoglimento. 

Coloro che hanno la rappresentanza del soggetto obbligato sono 
tenuti al pagamento di soprattasse e pene pecuniarie in solido cori 
il soggetto passivo inadmpiente (art. 98, 6� comma del d.P.R. 602/73): 
e la amministrazione pu� rivolgersi al rappresentante non appena abbia 
la prova della inadempienza dell'obbligato principale, senza che occorra 
la notifica al rappresentante del provvedimento motivato previsto dal 
primo comma del citato art. 98, e di cui � prescritta la notifica solo 
al contribuente principale. 

Questa procedura non impedisce al rappresentante di esercitare pienamente 
i diritti di difesa: egli pu� adire alla giustizia tributaria contestando 
sia il rapporto fra s� e l'obbligato sia la sussistenza della 
infrazione a carico del debitore principale. Inoltre pu� chiedere all'intendente 
di finanza la sospensione della esecuzione: con la entrata in 
vigore del nuovo contenzioso tributario simile istanza potr� poi essere 
rivolta alla commissione tributaria (art. 47 del D.L. 31 dicembre 1992, 

n. 546). (Omissis). 
(1) Si riconferma la precisazione che per agire contro il rappresentante dell'obbligato 
principale non occorre la notifica del provvedimento sanzionatorio 
(che non sempre esiste) e nemmeno del ruolo; � infatti sufficiente la notifica 
dell'avviso di mora (art. 46 d.P.R. 602/1973). Sono da fare delle riserve sulla 
ampiezza della tutela g;iurisdizionale riconoscibile al rappresentante. Cfr. sulla 
intera questione C. B.'IFILE, Alcune riflessioni sui limiti della giurisdizione speciale 
tributaria, in Riv. dir. trib., 1991, I, 721; ID., Alcune osservazioni sulla pluralit� 
soggettiva e sulle societ� di persone, ivi, 1993, Il, 340. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 agosto 1993, n. 8549 -Pres. Borr� Est. 
Bibolini -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Caramazza) e RAI (avv. Pace) c. Treccani. 

Tributi erariali indiretti -Tasse radiofoniche e televisive -Canone di 
abbonamento -Natura -Presupposto -Impossibilit� di ricezione dei 
programmi nazionali -Irrilevanza. 

(r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, artt. 1-13; I. 14 aprile 1975, n. 103, art. 15). 
Poich� in forza dell'art. 15 della legge 14 aprile 1975, n. 103, il "canone" 
di abbonamento televisivo � da qualificarne come imposta, nella 
quale non esiste nesso necessario tra la prestazione del servizio nazio




450 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

nale e l'obbligo di pagamento, presupposto della obbligazione tributaria 
� la detenzione di apparecchio atto o adattabile alla ricezione di qualsiasi 
emittente radiofonica o televisiva, italiana o straniera, pubblica o 
privata. Non esclude l'obbligo di pagamento del canone l'impossibilit� 
di ricezione dei programmi nazionali della RAI per mancanza di ripetitori 
(1). 

(Omissis) -1. R,ICORSO 677/85 DEL MINISTERO DELLE FINANZE. 

Con l'unico motivo di ricorso il Ministero delle Finanze deduce 
la violazione e la falsa applicazione degli artt. l, 10 e 12 del R.D.L. 
21 febbraio 1938, n. 246 convertito in legge 4 giugno 1938, n. 880, oltre 
a contraddittoriet� di motivazione su punto decisivo della controversia, 
dolendosi del fatto che la Corte del merito, pur riconoscendo la natura 
tributaria del c.d. canone di abbonamento, abbia ravvisato il presupposto 
d'imposta, non gi� nella mera detenzione di un apparecchio astrattamente 
atto alla ricezione, ma nella detenzione di un apparecchio concretamente 
idoneo a captare l'emittenza del servizio pubblico. 

Il ricorrente rileva che, invece, secondo l'art. 1 e 19 del citato R.D.L. 

n. 246/38 il presupposto del pagamento del canone � costituito dalla 
detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione, indipendentemente 
dalla effettiva ricezione di questa o di quella emittenza. 
2) RICORSO N. 1533/85 DELLA S.P.A. R.A.I. 

Con l'unico motivo di ricorso la S.p.A. R.A.I. deduce la violazione e 
la falsa applicazione degli artt. 1-13 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246 
conv. in L. 4 giugno 1938, n. 880, dell'art. 1 della L. 10-12-54, n. 1150 e dell'art. 
15 comma 2� della L. 14 aprile 1975, n. 103, oltre a motivazione 
perplessa e contraddittoria su un punto decisivo della controversia. 

La ricorrente rileva, innanzi tutto, che l'art. 10 del R.D.L. 246/38 e 
l'art. 17 della L. n. 103/75 hanno affermato la sussistenza di una presunzione 
legale in ordine all'utilizzabilit� dell'apparecchio acquistato e 
denunciato, con riferimento a qualsiasi emissione radiotelevisiva captabile, 
quale che sia la natura dell'emittente e quale che sia il mezzo 
di trasmissione utilizzato, salva l'ipotesi della chiusura. 

In secondo luogo rileva che i riferimenti normativi richiamati dalla 
Corte d'Appello in ordine ai termini � canone� ed � abbonamento� non 
hanno carattere significativo, in quanto costituiscono un retaggio sto


(1) La natura tributaria del � canone � � sempre stata affermata (Cass. 
1� febbraio 1983 n. 866, in questa Rassegna, 1983, I, 373). Di grande interesse 
l'approfondita analisi che ha portato a definire il canone come imposta. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

rico risalente all'art. 3 del R.D. 1� maggio 1924, n. 655 quando la trasmissione 
radiofonica aveva connotati di carattere privatistico. 

In terzo luogo, rileva che la migliore smentita della tesi seguita 
dalla Corte torinese deriva dall'art. 15, 2� comma della L. n. 103/75 in 
quanto, il fatto che i canoni si delle emittenti estere, dimostra che non 
vi � affatto correlazione tra l'obbligo del pagamento del canone e l'erogazione 
del servizio pubblico. L'articolo ora citato, infatti, si � limitato 
a confermare l'obbligo del canone in tutte le ipotesi diverse dalle emissioni 
R.A.I. concepibili nel 1975. 

Essendo, �quindi, l'obbligatoriet� del canone collegata alla detenzione 
di un apparecchio che si presume atto alla ricezione fino a sigillatura 
e poich� la ricezione presunta non � solo quella delle trasmissioni 
erogate dalla R.A.I. quale concessionaria di pubblico servizio, ma anche 
quella di trasmissioni straniere o private, nessuna deduzione nel senso 
voluto dalla Corte del merito deriverebbe dalla considerazione della 
equivalenza tra sigillatura e zona d'ombra, volta che la zona d'ombra 
era relativa alle trasmissioni R.A.I. e non a quelle private o straniere 
via etere. 

Superata l'alternativa se l'obbligazione al pagamento del canone 
radiotelevisivo inerisca ad un rapporto di diritto privato o ad un rapporto 
di natura tributaria, e superata nel senso per ultimo indicato, 
secondo la giurisprudenza di questa Corte, uniforme alle indicazioni 
emergenti da pronunce della Corte Costitozionale (v. Cass. 16 gennaio 
1975, n. 164; Corte Cost. 8-6-1963, n. 81, richiamata da Corte Cost. 12-5-1988, 

n. 535) che individua nel � canone � natura tributaria con presupposto 
meramente reale e con base imponibile sottratta alla discrezionalit� della 
P. A., � necessario valutare quale sia, per parte dell'utente, il presupposto 
oggettivo del debito tributario, nonch� se vi sia, e quale, un 
presupposto oggettivo da parte dello Stato per la nascita del relativo 
credito. 
La Corte del merito, qualificando il rapporto tributario come �tassa�, 
individua il presupposto da parte dello Stato nella erogazione, sia pure 
tramite concessionario, del servizio pubblico nazionale per cui, di conseguenza, 
individua il presupposto oggettivo del debito, come descritto 
dall'art. 1 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 46 conv. nella L. 4 giugno 1938, 

n. 880, nella detenzione di uno o pi� apparecchi radiotelevisivi atti o 
adattabili alla ricezione delle radioaudizioni, intendendo per tali solo 
i programmi erogati, dal servizio pubblico nazionale. 
Nell'incontro possibile, ma concretamente possibile, tra l'emittente 
pubblica (diffusione di programmi in determinate zone), e la ricettivit� 
dell'utente in quanto detentore di uh apparecchio atto o adattabile alla 
ricezione di detta emissione, viene individuato il presupposto dell'obbligazione 
del canone come �tassa�; nozione nella quale, pur senza fare 


452 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

del tributo un vero e proprio corrispettivo del servizio, si individua una 

relazione fra il tributo ed un atto dell'autorit� che apporta al privato 

un vantaggio. 

Dal presupposto, logica � la conseguenza che qualora, per qualsiasi 
motivo, l'erogazione dei servizi da parte d�lla R.A.I. non copra stabilmente 
determinate zone del territorio nazionale (nella specie per mancanza 
di ripetitori), il possesso di apparecchi astrattamente idonei a 
ricevere detti programmi, ma concretamente non utilizzabili al fine per 
la mancata stabile erogazione in zona dei programmi del servizio nazionale, 
farebbe venire meno il presupposto dell'obbligazione tributaria, 
essendo indifferente l'utilizzabilit� degli stessi apparecchi per la ricezione 
nel territorio dello Stato di programmi di stazioni straniere ovvero 
di emittenti private. 

Il problema, peraltro, posto dal dibattito tra le parti attiene proprio 
all'individuazione del presupposto reale del debito tributario, nell'alternativa 
se esso sia costituito dalla detenzione di un apparecchio 
atto o adattabile essenzialmente alla ricezione dei programmi del servizio 
nazionale, ovvero se l'attitudine o l'adattabilit� alla ricezione costituisca 
presupposto sufficiente ancorch� delimitato alla ricezione di 
emittenti straniere o private. 

Sul punto � opportuno ricordare due interventi nella materia della 
Corte Costituzionale la quale, con sentenza 12 maggio 1988, n. 535, dichiar� 
inammissibile la questione di legittimit� costituzionale degli 
artt. l, 10 e 25 del R.D.L. n. 246/38 conv. in L. n. 880/38, sul presupposto 
che il regime del canone non � delineato solo dalla predetta legge, ma 
anche, ed in maniera qualificante, dall'art. 15 della L. 14 aprile 1975, 

n. 103, sul quale la questione di legittimit� non era stata sollevata e che 
assumeva rilievo determinante, potendosi ipotizzare, in base a quest'ultima 
norma, che nella specie si vertesse in un'ipotesi di � imposta � 
anzich� di � tassa �, 
Utile �, inoltre, il richiamo sul punto anche dell'ordinanza 12-20 
aprile 1989 n. 219 con la quale la questione di legittimit� degli articoli 1, 
10 e 25 del D.L. n. 246/88 e dell'art. 15 L. n. 103/75, sollevata dalla Corte 
d'Appello di Torino che aveva qualificato il canone come �imposta�, 
veniva ritenuta manifestamente infondata sia sotto il profilo dell'art. 53 
della Costituzione, in quanto la capacit� contributiva � correlata al 
presupposto economico al quale l'obbligazione � collegata, risultando 
del tutto irrilevante il conseguimento in concreto da parte del contribuente 
dell'utilit� sperata, sia sotto il profilo dell'art. 3 Cost., in quanto 
la costruzione del presupposto di imposta, anche come indice della 
capacit� contributiva, tiella mera det�nzione di un apparecchio radiotelevisivo, 
non � irragionevole �se comparata alla modestia del tributo 
che l'utente � tenuto a pagare. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La Corte Costituzionale, � vero, non ha con dette due pronunce 
qualificato espressamente il canone come � imposta�, qualificazione che 
nel primo caso � stata ipotizzata in relazione ad una questione non posta, 
ma essenziale per la qualificazione della fattispecie, e nel secondo 
caso derivava dalla Corte d'Appello di Torino nella sua autonomia di 
giudizio, di cui la Corte Costituzionale ha dato atto. 

Nell'un caso e nell'altro, peraltro, si evidenzia un problema inerente 
al quadro normativo nel quale si inserisce la questione dell'individuazione 
del presupposto reale del � canone �, di cui non pu� non tenersi 
conto. 

Ed invero, se da un lato lo schema dei rapporti tra lo Stato e l'utente 
rimane ancorato alle disposizioni del pi� volte citato R.D.L. n. 246/38, 
non pu� non tenersi conto, nell'interpretazione, sia della evoluzione tecnica 
che evidenzia situazioni non previste dalla legge n� in allora prevedibili 
(non si poneva ovviamente, in allora, il problema della copertura 
del territorio nazionale con ripetitori, in virt� della diversa modalit� 
di propagazione delle radioonde e delle onde di diffusione dell'immagine), 
sia dell'evoluzione normativa che alle nuove possibilit� 
tecnologiche si � accompagnata. 

In particolare, in un quadro normativo modificato a seguito delle 
sentenze n. 225 e 226/74 della Corte Costituzionale, il legislatore del 
1975 (L. 14 aprile 1975 n. 103, art. 15), previde espressamente che il canone 
di abbonamento ,oltre che la tassa di concessione governativa, fossero 
dovuti � anche dai detentori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione 
di trasmissioni sonore o televisive via cavo o provenienti dall'estero 
�. In via ermeneutica la norma ora richiamata non pu� interpretarsi 
nel senso che le nuove possibilit� ricettive debbano aggiungersi alla 
ricezione del servizio nazionale per potere costituire presupposto del 
tributo, ch� in tale caso, esistendo comunque la previsione del presupposto 
originario, la specificazione normativa sarebbe stata del tutto inutile. 
Essa, per contro, deve essere interpretata nel senso che anche l'attitudine 
alla ricezione delle emissioni via cavo o provenienti dall'estero 
pu� costituire, da sola, presupposto reale dell'obbligazione tributaria. 

In tale senso la legge del 1975 citata scinde la correlazione tra la 
prestazione del pubblico servizio radiotelevisivo e l'obbligo del pagamento 
del canone, precludendo la ravvisabilit� non solo del carattere di corrispettivit� 
del secondo rispetto alla prestazione, ma quella relazione 
tra il tributo e l'atto dell'autorit� vantaggioso per il privato che delinea 
un minimo carattere distintivo del tributo come �tassa�, qualora la 
prestazione vantaggiosa si individui nell'espletamento del pubblico servizio 
radiotelevisivo. 

N� varrebbe rilevare che l'art. 15 citato, disponendo specificamente 
per le trasmissioni � sonore o televisive via cavo o provenienti dal



454 RASSEGNA AVVOCATURA DELW STATO 

l'estero�, avrebbe lasciato fuori da previsione particolare le trasmissioni 
private italiane via etere, che interessano il caso di specie. La disposizione 
specifica ineriva, in un quadro tecnico e normativo in evoluzione, 
a situazioni esistenti e prevedibili nel 1975, quadro che si � poi 
ulteriormente modificato con la sentenza della Corte Costituzionale 

n. 202/76 in riferimento alla ricezione di programmi di c.d. networks o 
emittenti locali via etere privati. Ci� che rileva � il fatto che il legislatore, 
adottando una terminologia analoga a quella dell'art. 1 del 
R.D.L. n. 246/38 nell'individuazione del presupposto reale (detenzione di 
apparecchi atti o adattabili alla ricezione), ha precisato la doverosit� 
del pagamento del canone quale che fosse l'emittente e quale che fosse 
il mezzo in allora possibili, svincolandolo dalla prestazione, da un lato, 
e dalla ricezione, dall'altro, del servizio radiotelevisivo nazionale, situazione 
che, nella disciplina di principio derivantene, pu� comprendere 
in linea estensiva anche la ricezione delle emittenti private via etere. 
In tale linea la giustificazione per l'esistenza del tributo pu� trovarsi 
in riferimento alla polizia ed all'amministrazione dell'etere su cui 
lo Stato � sovrano, con riferimento a servizi gestiti dallo Stato per la 
generalit�, che escludono quel rapporto fra tributo ed atto dell'autorit� 
vantaggioso per il singolo proprio della tassa, e trasferendo l'interpretazione 
normativa nell'ampio campo dei tributi � imposte�. 

La disciplina del 1975 citata, peraltro, non costituisce eccezione all'originaria 
lettera dell'art. l, in riferimento anche all'art. 19, del R.D.L. 

n. 246/38, ma ne costituisce la naturale evoluzione in presenza di nuove 
situazioni tecniche e giuridiche, nell'ambito di una linea logica costante. 
Infatti, l'art. 1 citato, nel prevedere il presupposto reale del tributo, come 
detenzione di apparecchi atti o adattabili alle radioaudizioni, non d� 
ulteriore specificazione, per cui detta attitudine o adattabilit� doveva 
interpretarsi con riferimento alle ricezioni in allora possibili, fossero esse 
soltanto ricezioni di emittenti straniere, p. es. in zone di confine. 
Quand'anche, comunque, l'uso di terminologie non sempre precise 
(canone, abbonamento) possano avere portato ad incertezze sulla natura 
del canone nell'evoluzione e nell'espansione di mezzi tecnici essenziali 
nelle trasmissioni, e ad interpretazioni diverse, il chiarimento emergente 
dalla L. n. 103 del 1975, non lascia adito a dubbi sulla scissione 
tra la prestazione del servizio nazionale, e la sua ricezione, da un lato, 
e l'obbligo di pagamento del �canone�, ancorato all'attitudine o alla 
adattabilit� di un apparecchio alla ricezione di qualsiasi emittente radiofonica 
o televisiva, italiana o straniera, pubblica o privata. 

In conseguenza delle svolte osservazioni, non avendo i contribuenti 
il diritto di non pagare il � canone � per il fatto di abitare in zone non 
coperte, per mancanza di idoneo ripetlitore, dalle trasmissioni del servizio 
pubblico nazionale, pur potendo essi ricevere altre emissioni ra




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 

diotelevisive, il ricorso principale e . quello incidentale della S.p.A. R.A.I. 
debbono trovare accoglimento, con il rigetto dei ricorsi incidentali proposti 
dal sig. Treccani unitamente ad altre 62 persone allineate sulla posizione
� del predetto. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 agosto 1993, n. 8594 -Pres. Corda Est. 
Cicala -P. M. Martinelli (diff.) -Pinalli (avv. Panariti) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato De Stefano). 

Tributi �erariali diretti -Accertamento -Sanzioni -Omessa dichiarazione 
dei redditi -Fallimento � Responsabilit� del curatore. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 10 e 46). 
Il curatore del fallimento � personalmente responsabile della omessa 
dichiarazione dei redditi del fallito relativi al periodo compreso tra 
l'inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento, essendo 
l'obbligo a suo carico a norma dell'art. 10 del d.P.R. 600/1973. (1) 

(Omissis). Con il secondo motivo di ricorso il dott. Pinalli contesta 
che il curatore fallimentare possa esser ritenuto responsabile della omessa 
denuncia di redditi dell'impresa fallita. Anche questo motivo non 
merita accoglimento. 

In caso di fallimento il curatore ha l'obbligo, in conformit� del precetto 
normativo dell'art. 10, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 600, di presentare la dichiarazione dei redditi relativa al periodo fino 
alla data di dichiarazione del fallimento, entro quattro mesi dalla 
nomina. 
A sua volta, l'art. 46 dello stesso testo di legge, nello stabilire le 
sanzioni per omessa, incompleta o infedele dichiarazione, non pone 
alcuna eccezione esonerativa per le dichiarazioni che debbono essere 
presentate da chi non riveste, nello stesso tempo la condizione di soggetto 
passivo dell'imposta. 

Cosicch� la rettifica che compie l'Ufficio sulle dichiarazioni dei red


diti, presentate dal curatore, in adempimento dell'obbligo di legge, del 

quale egli � l'unico destinatario, ha effetto solo nei confronti del fallito. 

Mentre il medesimo curatore, pur non essendo soggetto passivo dell'imposta 
n� responsabile del carico tributario, non pu� essere dispensato 
dalle conseguenze sanzionatorie, derivanti dagli inadempimenti imputabili 
al suo comportamento, quale soggetto obbligato a dichiarare 
i redditi conseguiti dal fallito, anteriormente alla dichiarazione di fal


(1) Decisione ineccepibile. 

456 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

limento. In sostanza le pene pecuniarie e le soprattasse per violazioni 
in materia di tributi normalmente vanno poste a carico del soggetto passivo 
dell'imposta; tuttavia esistono norme derogative, nel sistema, che 
sanciscono ipotesi di responsabilit� personali di amministratori, rappresentanti, 
curatori, organi di controllo per violazioni commesse da 
loro stessi, nella osservanza degli adempimenti di ordine tributario. 

Il curatore � quindi soggettto passivo delle sanzioni previste dagli 
artt. 46 ,e 56 del d.P.R. n. 600/73, nei casi di omessa, infedele o incompleta 
dichiarazione, la cui presentazione incombe a lui personalmente, 
a norma dell'art. 10. 

Si tratta, come si vede, di una costruzione normativa razionale che 
sfugge ai sospetti di incostituzionalit� sollevati con il terzo ed il sesto 
motivo di ricorso. In riferimento a quest'ultimo motivo si deve poi osservare 
che non � affatto illogico che le sanzioni di cui si discute facciano 
capo al curatore e non ai falliti, dal momento che sul curatore grava 
l'obbligo di provvedere alla denuncia dei redditi. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 agosto 1993 n. 8756 -Pres. Corda 


I 

Est. Pannella -P. M. Martinelli (conf.) -Azienda Castello (avv. Pao~ 


I 
I
te 

letti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). 

Tributi in genere . Contenzioso tributario � Definizione ex art. 15 leg


ge 29 dicembre 1990 n. 408 � Inapplicabilit� al giudizio di cassazione. 

(legge 29 dicembre 1990, n. 408, art. 15). 

I

La speciale definizione dei processi concernenti tributi erariali sop� 
pressi regolata dall'art. 15 della legge 29 dicembre 1990 n. 408 non trova 
applicazione nel giudizio di Cassazione (1). 

I 

(omissis). 1. -Prima dell'esame del ricorso, � pregiudiziale la riflessione 
sull'istanza, depositata in questa sede dalla ricorrente, con la quale 
essa, dichiarando di avvalersi della disposizione dell'art. 15 della legge 
29 dicembre 1990 n. 408, chiede declaratoria dell'estinzione del processo. 

L'istanza non � pertinente e va perci� disattesa. 

L'art. 15 succitato sancisce che �i processi concernenti i tributi erariali 
soppressi ... pendenti dinanzi alle commissioni tributarie (e all'amministrazione 
finanziaria) ... si estinguono e la controversia si intende 
definita sulla base dell'ultima decisione di merito ... con riduzione del 
10 % del Tributo risultante dovuto e senza applicazione di sanzioni ed 
interessi .... L'estinzione del processo, dichiarata con ordinanza del Pre


(1) Decisione da condividere. Non constano precedenti. 

PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 

sident~ della commissione tributaria ... � � comunicata alle parti a cura 
della segreteria e diventa definitiva ove, entro iLtermine di 60 giorni, 
non venga richiesta da una delle parti. la riassunzione del giudizio ... �. 

Dalla lettera della norma si evince, con evidenza, che il legislatore 
ha volutamente Umitata l'applicazione delle regole dell'estinzione processuale 
alle controversie pendenti davanti ai giudici del merito tributario, 
con esclusione di quelle�. pendenti davanti.. alla Suprema Corte di Cassazione, 
che; adita in virt� dell'art. '111 della Costituzione, � chiamata a 
decidere su sole questioni di legittimit�.. 

Tale. volont�. .(legislativa) mostra, altres�, una chiara � ratio legis � 
informata al rispetto del giudizio di .legittimit�: sia in relazione all'interesse 
delle patti e sia riguardo all'interesse dell'ordine superiore di 
giustizia sulla retta applicazione della legge. 

E cos�: mentre il rigetto del ricorso per Cassazione lascia inalterata 
l'ultima. decisione di merito, l'accoglimento pu� determinare, in conseguenza 
del contenuto della� � cassazione �, la mutazione dell'ultima decisione 
di merito. Di modo che il giudice �ad quem �, se costretto dalla 
volont� di una o di entrambe le parti colla. riassunzione del giudizio, 
sar� chiamato� a decidere la controversia sulla base del principio fissato 
dalla Suprema Corte regolatrice. (omissis) 

CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8854 -Pres. Salafia . 
Est. Sotgiu -P. M. Tondi (conf.) -Cappilli c. Min. Finanze (avv. Stato 
Favara). 

Tributi in genere�-Accertamento -Sostituzione di nuovo accertamento a 
precedente gi� impugnato -Legittimit�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n,. 600, a:rt, 42). 
In forza del sud potere di autotutela, l'Amministrazione pu� annui.
lare un accertamento, anche se gi� impugnato, e sostituirlo con altro 
finch� non sia maturato il termine di decadenza, sempre che ci� non 
costituisca elusione dell'eventuale giudicato formatosi sul precedente 
atto (1). 

(omissis). Col primo motivo del ricorso principale, adducendo la 
violazione dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, nonch� difetto 
di motivazione, il ricorrente censura la decisione impugnata, per aver 

(1) Giurisprudenza ormai pacifica. Resta il dubbio sulla affermazione che 
il nuovo accertamento comporterebbe una eluSlione del giudicato se basato sulle 
stesse ragioni del precedente: v. pi� ampiamente Cass. 20 marzo 1990 n. 2576 in 
questa Rassegna, 1990, I, 354 con nota di C. BAFILE, ma v. anche 20 marzo 1991 
h. 3003 in Boll. trib., 1991, 886. 

458 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ritenuto annullabile e sostituibile un atto vincolato, gi� acquisito al processo, 
quale l'avviso di accertamento impugnato, che la stessa Amministrazione 
Finanziaria (Risoluzione Min. 4 luglio 1988 n. 301389) ha ritenuto 
non rinnovabile, allorch� l'accertamento sia � sub judice �. Secondo 
il ricorrente, l'esercizio del potere di autotutela, oltre a presupporre 
un provvedimento legittimo, pu� essere azionato soltanto se la nullit� 
dell'avviso non � stata dichiarata, o per dichiarare l'inesistenza del presupposto 
impositivo, o per ridurre il reddito originariamente accertato; 
viceversa, la modificazione in aumento dell'accertamento presuppone, ai 
sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, la sopravvenuta conoscenza 
di nuovi elementi, mentre l'art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972 e succ. modif. 
dispone che non pu� procedersi alla rinnovazione dell'atto impugnato, 
quando il vizio consista nel difetto di motivazione, postoch�, in caso 
contrario, sarebbe vanificato il diritto di difesa del contribuente. 

Col secondo motivo del ricorso principale, adducendo la violazione 
dell'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonch� vizio di motivazione, il ricorrente 
contesta che sia stata ritenuta legittima la rinnovazione dell'avviso 
di accertamento impugnato, allorch� il legislatore del 1972/73 non ha 
ripristinato neppure la norma (art. 2 della legge 5 gennaio 1956 n. 1) 
che prevedeva l'integrazione dell'avviso nel corso del giudizio di merito 
avanti alle Commissioni, norma abrogata dall'art. 288 lett. b) del T.U. 

n. 645 del 1958. L'annullamento di un atto impugnato, peraltro, non pu� 
significare, nell'ambito del procedimento di impugnazione, che il riconoscimento 
della fondatezza dell'impugnazione stessa. 
Se l'avviso impugnato fosse in ogni caso rinnovabile, non avrebbero 
senso le prescrizioni contenute negli artt. 42 e 43 della legge n. 600 del 
1973, che impongono la proposizione dell'eccezione di nullit� dell'avviso, 
a pena di decadenza, nel corso del giudizio di primo grado: l'Ufficio, 
al contrario, esaurisce, con l'emanazione dell'avviso, il suo potere impositivo, 
che pu� nuovamente esercitare soltanto in caso di mancata notifica 
dell'avviso stesso. 

Il ricorso � infondato. 

Secondo la tesi del contribuente, variamente articolata nei due 
motivi di ricorso, fra loro connessi, l'Amministrazione finanziaria non 
avrebbe, in presenza di un avviso inficiato di nullit�, potuto notificare 
altro avviso in sostituzione di quello nullo, ancorch� fossero ancora 
aperti i termini d'accertamento; ci� sarebbe possibile soltanto in presenza 
delle condizioni previste dall'art. 43 3� comma del d.P.R. n. 600 
del 1973, cio� ove ricorrano �nuovi elementi, atti o fatti�, venuti a conoscenza 
dell'Ufficio impositore, dopo la notifica del primo avviso. 

La disciplina dell'art. 43 del cit. d.P.R. non �, tuttavia, nella specie 
applicabile, poich� essa attiene all'integrazione o alla modificazione di 
un precedente avviso, gi� valido o completo di per s�, ma non all'an




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nullamento o all'integrale sostituzione di un atto giuridico nullo, quale 
l'atto privo di motivazione (nella specie ricorrente) poich� l'atto giuridico 
nullo � insuscettibile di integrazione o modificazione (Cass. 2576/90); 
la sua rinnovazione, o meglio, la sua integrale sostituzione con un atto 
valido, � dunque avvenuta, nel caso in esame, nell'ambito del potere accertativo 
assegnato all'Ufficio impositore dall'art. 42 del d.P.R. n. 600/73, 
in applicazione del potere di autotutela dell'Amministrazione, facoltizzata 
a correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, 
semprech� l'atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell'eventuale 
giudicato, formatosi in ordine al precedente atto nullo. In tal 
senso � la prevalente giurisprudenza di questa Corte: sent. 2647/84, 
1333/89, 3004/91, 4303/92, oltre alla sent. n. 2576/90 citata. 

La proposizione del ricorso non si pone, dunque, di per s�, come 
fattore ostativo alla rimozione dell'avviso nullo e alla successiva emissione 
di altro avviso valido, non sussistendo ancora, in assenza di giudicato, 
alcun diritto definitivamente acquisito dal contribuente, e proponendosi 
l'atto rinnovato, correttamente motivato secondo i parametri 
vincolanti di cui al cit. art. 42 del d.P.R. n. 600/73, di soddisfare l'interesse 
del ricorrente a conoscere l'esatta portata della contestazione 
dell'Ufficio impositore, al fine di potersi convenientemente difendere. 

N� vale ulteriormente invocare il dispositivo dell'art. 21 del d.P.R. 

n. 636 del 1972, nel testo corretto dal d.P.R. n. 739 del 1981, che vieta 
alla Commissione Tributaria di disporre la rinnovazione della notificazione 
di un avviso privo di motivazione; tale norma, infatti, oltrech� 
inopportunamente richiamata dal ricorrente rispetto ad una fattispecie 
maturata in epoca precedente alla novella del 1981, che ha introdotto 
il divieto di sanatoria nella ipotesi menzionata, attiene alla fase strettamente 
processuale e al diverso potere attribuito, in tale sede, alla Commissione 
Tributaria; non incide per� sul diverso e sostanziale potere 
di sanatoria proprio dell'ufficio impositore (Cass. 1333/cit.). (Omissis) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8855 -Pres. Rossi Est. 
Cicala -P. M. Lupi (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Palatiello) c. Egalini. 

Tributi erariali diretti -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria 


Interessi -Disciplina anteriore all'art. 5 del D.L. 27 aprile 1990 n. 90 � 

Esclusione. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15 e 20; D.L. 27 aprile 1990, n. 90, art. 5). 
Anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 5 comma 9 del d.l. 27 
aprile 1990 n. 90, l'iscrizione a ruolo provvisoria di una quota dell'im



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

460 

posta ex art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 non poteva comprendere 
gli interessi (1). 

(Omissis). Il ricorso dell'Ufficio � infondato e va, pertanto, respinto. 
Le disposizioni contenute nell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 
(anteriormente alle modifiche introdotte dall'art. 5, comma 9, del D.L. 
27 aprile 1990, n. 90 convertito nella legge 26 giugno 1990, n. 165) che 
prevedono l'iscrizione nei ruoli d'imposta in base ad accertamenti non 
definitivi, sono norme di carattere eccezionale, in quanto derogatorie 
al principio generale per il quale l'imposta pu� essere pretesa solo 
quando � certa l'esistenza dei suoi presupposti giustificativi. 

Il carattere eccezionale della norma, legato alla precariet� della 
pretesa, esclude pertanto l'applicabilit� dell'art. 20, primo comma, del 

d.P.R. n. 602/73, che aspirandosi al principio civilistico enunciato dall'art. 
1282 Codice civile, � norma di portata generale e quindi non estensibile 
alla norma eccezionale di cui all'art. 15 citato sopra. 
Infatti l'art. 20, prevede il pagamento di interessi remuneratori soltanto 
in caso di ritardato pagamento delle �imposte dovute�, cio� di 
quelle imposte accertate defiriitivamente. Tale non � l'ipotesi disciplinata 
dall'art. 15, che, nell'intento cautelativo di assicurare tempestivamente 
entrate erariali per comprensibili necessit� finanziarie e di scoraggiare 
interessati comportamenti dilatori dei contribuenti nel pagamento 
delle imposte, ha previsto la possibilit� di iscrivere a ruolo, in 
tutto o in parte, anche imposte non definitivamente accertate; conseguentemente 
l'intrinseca precariet� della pretesa tributaria -la quale 
potrebbe poi rivelarsi perfino del tutto infondata -rende evidente l'illegittimit� 
della riscossione coattiva degli interessi. Se cos� non fosse, 
avrebbe poco senso il terzo comma dello stesso art. 20, che facultizza 
il contribuente, e non l'Amministrazione finanziaria, a chiedere che l'imposta 
accertata, ma da lui contestata, sia iscritta provvisoriamente, in 
tutto o in parte, nei ruoli con l'interesse gi� maturato. 

Il legislatore ha voluto cos� riconoscere al solo contribuente la fa


colt� di iniziare provvisoriamente il pagamento dell'imposta e degli in


teressi, a conferma che questi ultimi non sono ancora esigibili fino a 

quando il debito d'imposta non sia definitivamente certo. 

La non definitivit� delle somme iscritte provvisoriamente a ruolo, 

ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 602/73, non comporta quindi la possi


bilit� di iscrivere a ruolo anche gli interessi. 

Conferma tale interpretazione la nuova disposizione, innovativa, di 
cui all'art. 5, comma 9�, del menzionato D.L. n. 90/90 (conv. in legge 

(1) Un chiarimento di cui deve prendersi atto. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 461 

n. 165/90), entrato in vigore il 1� maggio 1990, secondo cui -per 
espresso dettato del legislatore -oltre le somme indicate nella richiamata 
norma dell'art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 602/73, �devono 
essere iscritti a ruolo e pagati anche i relativi interessi� (il principio 
� ribadito dall'art. 68 del recente Decreto Legislativo Delegato 31 dicembre 
1992, n. 546). 
Pertanto, relativamente ai periodi d'imposta in esame, (anno 1974) 
e per il periodo di morosit� preso in considerazione nella presente causa 
la decisione impugnata deve essere confermata. (Omissis). 

13 



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PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


LE LINEE PRINCIPALI DELLA LEGGE DI RIFORMA DELL'ARBITRATO 

Premessa 

La legge n. 25 del 5 gennaio 1994, recante � Nuove disposizioni in ma� 
teria di arbitrato e disciplina dell'arbitrato internazionale ,, si propone di dare 
un nuovo assetto -organico ed al passo con le esigenze manifestatesi nella 
pratica -alla� materia arbitrale, tenendo conto in larga misura di una pro� 
posta elaborata dall'Associazione Italiana per l'Arbitrato (A.I.A.). 

La proposta venne presentata al Ministro Guardasigilli Vassalli che la 
sottopose al vaglio dell'Ufficio Legislativo .del Ministero di Grazia e Giustizia. 
All'esito di un lavoro di precisazione ed integrazione, fu redatto un disegno 
di legge presentato al Parlamento nella X legislatura il 10 aprile 1989 (Senato 

n. 1686). L'esame del disegno di legge non fu per� completato a caus� dello 
scioglimento anticipato delle Camere. 
Nella XI legislatura, ad iniziativa del senatore Covi ed altri, � stata presen� 
tata una proposta di legge (Senato n. 633) che ha sostanzi�lmente riprodottQ 
il decaduto disegno di legge, introducendovi alcuni degli emendamenti nel frat� 
tempo elaborati. . 

Era, infatti, emersa l'esigenza di apportare alcune modifiche alle norme 
del codice civile in materia di prescrizione e di trascrizione e di operare un 
coordinamento con le nuove norme del processo civile (1). 

Il principale obiettivo della riforma � quello di promuovere, superando 
le incertezze e le difformit� interpretative, il principio innovatore introdotto 
dalla legge 9 febbraio 1983 n. 28 secondo il quale � il lodo ha efficacia vinco� 
lante tra le parti dalla data della sua sottoscrizione� (art. 823 ult. c. c.p.c.). A 
completamento ed ulteriore chiarimento della riforma gi� avviata, si � reso 
necessario un coordinamento tra le modifiche introdotte dalla novella del 
1983 e il restante tessuto normativo, allo scopo di riaffermare il principio dell'ef� 
ficacia del lodo come pronuncia assimilabile a quella giudiziale, svincolata dall'in� 
tervento dell'autorit� giudiziaria, lasciando all'omologazione pretorile l'unico ruolo 
di attribuire .al lodo il � quid pluris � necessario per l'esecuzione forzata. 

La maggiore innovazione. della legge in rassegna, rispondente ad una esigenza 
legata al notevole incremento del commercio internazionale, consiste 
nella previsione ex novo di una disciplina speciale per l'arbitrato internazionale 
-anche se il termine pi� consono alla realt� del fenomeno sarebbe 
quello di � arbitrato transnazionale ,, -caratterizzata dall'attenuazione del formalismo, 
d�lla limitazione dell'intervento del giudice togato e dalla fissazione 
di uh criterio per la determinazi6n� della l�gge applicabile al giudizio. Questa 
via: � stata preferita� rispetto a quella di recepire nell'ordinamento italiano la 
� legge modello � elaborata nel 1985 dalla Commissione delle Nazioni Unite per 
il diritto commerciale -U.N.C.I.TRA.L. -in tema di arbitrato commerciale 
internazi�nale, nell'intento di indicare ai Paesi membri, che non abbiano una 
legislazione in materia, la normativa ritenuta pi� adeguata. Le linee direttive 

(1) Il disegno di legge � stato approvato dalla Commissione Giustizia del Senato il 
22 luglio 1993 e dall'assemblea del Senato il 3 agosto 1993. La Commissione Giustizia della 
Camera dei Deputati ha esaminato, in sede legislativa (Camera n. 3031), il testo trasmesso 
dal Senato e lo ha approvato con alcuni emendamenti il 17 d~cembre 1993. L'approvazionedei'initiva della Commissione Giustizia del Senato, in sede deliberante, � avvenuta il 
22 dicembre 1993. 

80 RAS~EGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

di tale testo, che riflettono principi generalmente accolti nel settore, hanno 
comunque ispirato le disposizioni della nuova legge dedicate alla disciplina 
dell'arbitrato internazionale. 

Sembre nell'ambito dell'adeguamento al contesto internazionale, si colloca 
l'abrogazione dell'art. 800 c.p.c. relativo al riconoscimento delle sentenze arbitrali 
straniere (art. 24, secondo comma). Tale norma, che rendeva applicabile 
il giudizio di delibazione anche ai lodi stranieri, era infatti in contrasto con 
l'art. 3 della Convenzione di New York del 1958 (ratificata con legge 19 gennaio 
1968 n. 62), in base al quale il riconoscimento e l'esecuzione dei lodi stranieri 
non debbono essere sottoposti a condizioni pi� rigorose ed onerose ri� 
spetto a quelle previste per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali 
nazionali. 

I. Del compromesso e della clausola compromissoria. 
1. -In relazione all'accordo compromissorio, le modifiche sono essenzial� 
mente tre: l'enunciazione esplicita del principio dell'autonomia della clausola 
compromissoria, che, pur essendo pacifico in dottrina e giurisprudenza, non 
j:!ra espressamente previsto dalla legge (art. 808, 3� c.); la negazione della 
natura di atto eccedente l'ordinaria amministrazione della clausola compromis� 
soria, non essendo necessaria una speciale e diversa abilitazione rispetto a 
quella prevista per la stipulazione del contratto al quale essa si riferisce (arti� 
colo 808, 3� c.); la �onservazione dell'accordo compromissorio che contenga la 
indicazione di un numero pari di arbitri o che non preveda affatto il numero 
e la modalit� di nomina degli stessi -che in base alla norma previgente era 
colpito da nullit� -con la predisposizione, nel primo caso, di un meccanismo 
di nomina dell'ulteriore arbitro affidato al Presidente del Tribunale, salvo 
che le parti non abbiano diversamente stabilito, e con la prescrizione, nel secondo 
caso, che, in mancanza di un accordo tra le parti, gli arbitri siano tre 
(art. 809, 3� c.). La previsione di un sistema di integrazione del patto compromisI


sorio permette cos� di non frustrare l'inequivoca volonta delle parti -bench� 
non espressa in conformit� di legge -di deferire ad arbitri la risoluzione della 
controversia. 

I

2. -Meri perf((zionamenti sono proposti per i primi due commi dell'art. 808: 
il primo sostituisce, all'inclusione della clausola compromissoria in atto � successivo 
�, la stipulazione in atto � separato � e quindi, potenzialmente, anche 
coevo rispetto alla conclusione del contratto, come accade di norma nella pra� 
tica; il secondo precisa che la nullit� della clausola che prevede un arbitrato se� 
condo equit� o un lodo ID.oppugnabile � limitata agli arbitrati in materia di 
lavoro. 
3. -Non ha avuto seguito, invece, la proposta dell'A.l.A. -non riprodotta 
nel disegno di legge�-di aggiornare la disciplina della forma dell'accordo compromissorio, 
tenendo conto dei progressi della tecnica e delle esigenze di 
speditezza del commercio, mediante l'introduzione della �.d. forma elettronica 
che, pur �non essendo assimilabile allo scritto e sottoscritto, consenta comunque 
la� � conservazione del messaggio �. ! 
I !

Nella nuova formulazione si fa riferimento solo al telegrafo ed alla telescrivente, 
strumenti attualmente gi� superati da altre pi� celeri ed idonee forme 
di trasmissione. Al riguardo, va tenuto presente il valore probatorio delle comu� 

nicazioni via telefax riconosciuto, a determinate condizioni, sia. dalla legge si� 

! 

dalla giurisprudenza. 

I 

I 

-1 



PARTE li, QUESTIONI 

U. Degli arbitri. 
Nel capo relativo . agli arbitri sono state apportate tre modifiche concer 
nenti, rispettivamente, la nomina, la sostituzione e la riq1sazione degli stessi. 

1 ~ Circa la ilotriina degli arbitri, nel caso che la patte a ci� invitata non 
vi abbia provveduto entro il termine assegnatole, � previsto il ricorso al Presi� 
dente del.Tribunale. affinch� proceda alla designazfone in luogo dell� parte rimasta 
irte1:te. L'innovazione si riferisce alla competenza per territor�O; irt relazione 
alla quale il previgente criterio del� iuogo di stipulazione del patto compromissorio 
� diveiitat� sussidiario rispetto >a quello d�lla sede dell'arbitrato ed 
� rimasto�applieabile solo quando� quest'ultima non sia ancora stata determinata 
dalle parti (�rt. 810:; secondo comma). Tale emendamento � in linea con l'uso 
invalso nella .� prati�a degli affari di indicare nella clausola, oltre ai criteri 
di nomina degli arbitri, anche la sede� dell'arbitrato, coine viene, tra l'altro, 
previsto nel primo comma aggiunto al successivo art. 816. Il riferimento alla 
sede dell'arbitrato, quale criterio di individuazione della competenza territo� 
riale, si estende ad ogni altra ipotesi di intervento dell'Autorit� giudiziaria nel 
giudizio arbitrale. 

2. -Quanto alfa sostituzione degli arbitri, viene dl�idplinata, accanto all'ipotesi, 
prevista dall'art. 811, dell'arbitro che venga a mancare, quella del; 
l'arbitro che si astenga da urta qualsiasi att�vh� ch� fo renda inadempiente 
all'obbligo assunto con l'accettaziOn� della nomfua. � In tal�� caso -s� le parti 
non ha.no diversamente �convenuto -ciascuna di esse, decorsi inutilmente 
quindici. giorni dalla diffida a provvedere comunicata all'arbitro, pu� chiedere 
aL Tribunale competente la dichiarazione di decadenza dell'arbitro medesimo 
e la sua sostituzi�ne (art. 813, terzo comma). 

3. -Infine, il termine� per la proposizione dell'istanza di ricusazione, che 
prima decorreva esclusivamente dalla notifica della nomina, vien� collegato 
anche all'eventuale successiva con�scenza della causa di ricusazione (art. 815, 
secondo comma). Si � cos� resa effettiva la tutela delle parti in ordine ai requisiti 
ai imparzialit� e di indipendenza degli arbitri, senza peraltro permettere 
il prolungamento del termine a fini meramente dilatori. 
Ili. �Del procedimento. 

Per quanto attiene allo svolgimento del procedimento arbitrale, oltre alla 
soppressione dell'equivoca indicazione temporale -� prima della pronuncia del 
lodo � -per� l'emissione dei provvedimenti ordinatori (art. 816, sesto comma), 

i. tre emendamenti principali riguardano i provvedimenti cautelari, le questioni 
incidentali e il dibattuto tema della connession�. 
1. -Circa il.primo punto, si rammenta ch� l'art. 89 legge 353/90 ha abrogato 
il secondo comma dell'art. 819 c.p.c., introducendo la norma di cui all'art. 
669-quinquies, in base alla quale la competenza ad adottare misure cautelari, in 
caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio 
arbitrale, spetta al giudice cbe sarebbe_stato competente a conoscere del merito. 
Anche con la legge in commento � stato conservato il principio, tradizionale del 
nostro 'ordinamento ma non per questo esente da critiche, della carenza di 
potere cautelare in capo agli arbitri. 
La novella al codice di procedura civile ha disciplinato anche i casi in cui 
il provvedimento cautelare perde. efficacia; l'art. 669-novies, quarto comma, n. 1, 
in particolare, sanziona con Ja perdita di efficacia del provvedimento medesimo 
la mancata richiesta di 'esecutoriet� del lodo arbitrale. Come era stato da pi� 


82 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

parti rilevato (2), tale disposizione aveva fatto fare un balzo indietro rispetto 
alla legge n. 28 del 1983 che aveva gettato le basi per assicurare autonoma rilevanza 
giuridica al lodo arbitrale, a prescindere dal deposito. 

L'art. 1 della legge di riforma dell'arbitrato ha aggiunto all'art. 669-octies che 
stabilisce un termine perentorio di trenta giorni dall'accoglimento della 
domanda cautelare per iniziare il giudizio di merito -un ultimo comma in 
base al quale, in presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria, 
entro il predetto termine, deve essere notificato l'atto con il quale si promuove 
il procedimento arbitrale o si nominano gli arbitri. 

:t> stato mantenuto, invece, il citato art. 669-novies, quarto comma n. 1, 
che aveva prestato il fianco a numerose perplessit�; per�, poich� non esiste 
pi� un termine annuale perentorio per il deposito del lodo -come si dir� 
pi� avanti -tale norma potrebbe non trovare pi� pratica applicazione. Al legislatore 
� peraltro sfuggito l'art. 156-bis att., sempre introdotto dalla legge 
353/90, che prevede, sussidiariamente alla mancanza di termini per la richiesta 
di esecutoriet� -ipotesi allora gi� ricorrente per il lodo straniero -l'onere 
per il sequestrante di domandare comunque l'omologazione entro il termine 
perentorio di sessanta giorni, decorrente dal momento in cui tale domanda � 
proponibile. Tale norma, decisamente in controcorrente rispetto alle manifestazioni 
di ape1tura degli ultimi interventi legislativi in materia di arbitrato, dovr� 
senz'altro essere interpretata restrittivamente e quindi limitatamente all'ipotesi 
del sequestro conservativo in essa contemplato. 

2. -Quanto alle questioni incidentali, il legislatore, intervenendo sulla 
norma dell'art. 819, delinea con pi� rigore il criterio per valutare la pregiudizialit� 
di questioni non compromettibili che comportino la sospensione del 
giudizio arbitrale in attesa della loro risoluzione ad opera del giudice statale. 
In luogo del generico requisito della � rilevanza � della questione incidentale, 
insorta nel corso del procedimento arbitrale, si fa riferimento alla � di,:>
endenza � dell'intero giudizio arbitrale dalla definizione della questione stessa 
(art. 819, primo comma). 

Si sopprime, inoltre, l'inciso che prevedeva, a seguito della sospensione, 
la proposizione della domanda davanti al giudice competente, essendo possibile 
che il giudizio relativo sia gi� pendente. 

Sulla base delle esperienze maturate nella pratica, si � rilevata poi l'inadeguatezza 
del termine di venti giorni per la pronuncia del lodo dopo la sospensione 
per accertamento incidentale, ampliandolo a sessanta giorni (art. 819, terzo 
comma). 

Muove, infine, da un'esigenza di coordinamento e di completezza il rinvio, 
per l'individuazione dell'oggetto delle questioni incidentali, a tutte le ipotesi 
di incompromettibilit� previste dalla legge e non solo a quelle contenute nell'art. 
806, che non ne esaurisce la gamma (art. 819, primo comma). Si pensi ad 
esempio all'art. 54 legge 392/78 che esclude il deferimento ad arbitri delle controversie 
concernenti la determinazione dell'equo canone. 

Esaurisce la disciplina delle questioni pregiudiziali la disposizione che ribadisce 
espressamente la competenza degli arbitri a decidere ogni altra questione 
diversa da quelle contemplate nella norma in esame (art. 819, secondo comma). 

(2) F. CARPI, I procedimenti cautelari e l'esecuzione del disegno di legge per la riforma 
ur1<ente del c.p.c.: la competenza e il procedimento, in Riv. trim. dir. e proc.
civ., 1990, 1259; F.P. Lurso: Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo
civile, in Riv. Arb. 1991, 2, 253. 

Per un panorama comparatistico sul tema, cfr. W. F. �Seminario su "Le misure 
d'urgenza e l'arbitrato ", Bologna 19 aprile 1991 �. in Riv. Arb. 1991, 2, 475. 



.i'ARTE II, QUESTiONI BJ 

3. -Del tutto innovativo � l'art. 819-bis che, colmando una lacuna legislativa, 
capovolge l'orientamento giurisprudenziale in materia di connessione. Sino 
a tempi non molto lontani, la giurisprudenza guardava all'arbitrato con sfavore 
e diffidenza, vedendovi pi� che la libera esplicazione dell'autonomia privata 
una eccezionale deroga alla giurisdizione statale, che minacciava di sottrarre ai 
giudici quanto di loro esclusiva spettanza. Un sintomo di questo atteggiamento 
� riscontrabile ancora oggi nella consolidata tendenza giurisprudenziale (3) criticata 
dalla dottrina prevalente (4) -di rinvenire una vis attractiva a favore 
della giurisdizione ordinaria in caso di pendenza, anche sopravvenuta, davanti 
al giudice statale di causa connessa a quella oggetto del giudizio arbitrale. 
Senza considerare che spesso la proposizione di una domanda connessa 
dinanzi al giudice ordinario � frutto di intenti meramente defatigatori e di 
dubbia correttezza per non prestare fede all'impegno assunto con la sottoscrizione 
della convenzione compromissoria, rimane il fatto che l'interesse delle 
parti alla rapidit� e all'adeguatezza tecnica della decisione arbitrale viene frustrato. 
Un temperamento a questo orientamento par:.ticolarmentc rigoroso � stato 
apportato dalla stessa giurisprudenza con l'affermazione di due principi: l'irrilevanza 
della connessione nelle ipotesi di cause s� connesse, ma ritenute fittizie 
perch� introdotte al solo scopo di ostacolare la cognizione arbitrale; la distinzione 
tra connessione e continenza, per cui, qualora la causa �contenente � sia 
all'esame dell'arbitro e la causa �contenuta� all'esame del giudice ordinario, 
la competenza arbitrale non � in alcun modo limitata. 

Con l'art. 819-bis, si accoglie finalmente la regola opposta a quella costruita 
dalla giurisprudenza, sancendo che la competenza degli arbitri non � esclusa 
dalla connessione con controversie pendenti dinanzi al giudice ordinario. 

4. -L'art. 819-ter, aggiunto alla proposta di legge Covi, e modificato dalla 
Camera dei Deputati, disciplina l'assunzione delle testimonianze ispirandosi 
alla pi� ampia informalit� affinch� eventuali distanze non ostacolino la ricerca 
della verit�. 
IV. Del lodo. 
Nel capo IV, sono stati introdotti alcuni cambiamenti terminologici, tre 
importanti emendamenti nella disciplina della pronuncia, del deposito e della 
correzione del lodo ed alcune modifiche di coordinamento. :f:!. stato, inoltre, 
abrogato l'art. 824, in base al quale la deliberazione del lodo doveva avvenire 
nel territorio della Repubblica. Cade quindi ogni vincolo geografico in ordine 
a tale aspetto, in linea con quanto gi� in essere per l'arbitrato irrituale. 

1. -Le precisazioni lessicali si riferiscono alla sostituzione del termine 
�sentenza� con quello di �lodo�, a cominciare dalla rubrica del capo IV, in 
coerenza con la distinzione concettuale che si vuole promuovere attribuendo al 
fodo rilievo autonomo anche prima ed a prescindere dall'exequatur. 
La parola � pronuncia� viene poi sostituita con quella di � deliberazione � 
nella rubrica dell'art. 822. 

2. -Il termine per la pronuncia del lodo � stato elevato a centottanta 
giorni (art. 820), sempre che le parti non stabiliscano diversamente, e ci� al 
(3) Cfr. da ultimo Cass., 9 giugno 1987, n. 5041, in Rass. Arb., 1987, 226; Cass., 21 marzo 
1989, n. 1411, in Rass. Arb. 1989, 306. 
(4) Cfr. D. CoRAPI, Effetti della incompetenza degli arbitri rituali di equit� per .connessione 
della causa con altra pendente davanti al giudice ordinario, in Riv. Arb., 1991, 157;
A. GIARDINA, Continenza e connessione di cause fra arbitro e giudice ordinario, in Riv. 
Arb., 1991, 141; C. SELVAGGI, Invito ad ulteriore meditazione sull'assorbimento della competenza 
arbitrale per motivi di connessione, in Riv. Arb., 1991, 353. 

RASSEGNA �AVVOCATURA DELLO STATO 

fine di rendere pi� realistica la scadenza imposta all'arbitro anche se, grazie 
al disposto dell'art. 821, raramente l'inosservanza del termine si traduce in una 
causa di nullit� della pronuncia. 

3. -Le integrazioni a fini di coordinamento si riferiscono, in primo luogo, 
alle ipotesi di proroga del termine -anch'esso esteso a centottanta giorni per 
la decisione definitiva, proroga prevista oltre che in presenza di un'ordinanza 
che ammette mezzi istruttori, anche in caso di pronuncia di un lodo 
non definitivo (art. 820, secondo c�inma); in Secondo luogo all'inserimento, tra i 
requisiti del lodo, dell'indicazione della sede dell'arbitrato (art. 823, primo comma 
n. 5)che, tra l'altro, determina la competenza per territorio del giudice 
dell'impugnazione; Privo di giustificazione � invece il riferimento al � modo in 
cui �. stato de�iberato � il lodo, sopravvissuto inavvertitamente malgrado la 
decisfone di non ammettere, come era stato suggerito, il sistema della videoconferenza, 
accolto invece per l'arbitrato internazionale. 
4. -Passando alla nuova diSciplina del deposito del lodo, si rileva come 
l'innovazione ivi contenuta sia tra le pi� significative della riforma: essa consiste 
-come si � gi� detto -nell'abolizione del termine perentorio di un 
anno per la richiesta di esecutoriet�, riducendo, di conseguenza, il ruolo del 
pretore ad un accertamento della Sola regolarit�: formale del lodo e non anche 
della tempestivit� del deposito (art. 825, secondo e terzo comma). Tale emendamento 
vale �a risolvere polemiche rion ancora completamente sopite in dottrina 
circa la natura e il � destino � del lodo non omologato decorso il termine annuale 
per la richiesta di exequatur. Il pretore competente per l'omologazione 
� individuato, come gi� evidenZiato, non pi� in relazione al luogo in cui il lodo 
� stato deliberato, bens� a quello della sede dell'arbitrato. 
Finalizzata a rendere possibile l'esecutoriet� anche in altri paesi �, poi, 
l'integrazione che pennette il deposito di �copia conforme� del lodo, in alternativa 
all'originale. 

:�. stato, inoltre, introdotto l'onere di trascrivere il lodo omologato laddove 
� necessaria la trascrizione di una sentenza di pari contenuto. 

Infine, si � ritenuto opportuno assimilare l'impugnazione del decreto pretorile 
che nega l'esecutoriet� ai procedimenti in camera di consiglio, attribuendo 
cos� la competenza �al Tribunale e non al presidente di questo e prolungando 
altres� il termine da quindici a trenta giorni, a decorrere dalla comunicazione, 
per la proposizione del reclamo (art. 825, quinto comma). Viene abrogato pertanto 
l'art. 196 disp. att. c.p;c. Si � respinta invece la possibilit�, prospettata in 
dottrina, di permettere l'impugnazione anche avverso il decreto che concede 
l'exequatur, in quanto i motivi adducibili si configurerebbero come vizi di 
nullit� del lodo pi� cbe di erroneit� del decreto, con la conseguente esperibilit� 
dell'impugnazione di cui all'art. 828. 

5. -Il procedimento di correzione del lodo � stato interamente ridisci� 
plinato in modo da rend.erlo possibile anche quando non .si sia richiesta l'esecutoriet�. 
In questo caso, gli stessi arbitri provvedono aUa correzione con un 
procedimento modellato sulla falsariga di quello previsto per i provvedimenti 
giudiziari di. correzione; se, invece, il lodo � stato omologato, � competente il 
pretore del luogo in cui � avvenuto il deposito (art. 826). 
V. Delle impugnazioni. 
Gli emendamenti,. in tale materia, riguardano sia i mezzi di impugnazione 
in generale sia l'impugnazione per nullit� sia la revocazione. Viene, inoltre, 
introdotta l'impugnazione straordinaria dell'opposizione di terzo (art. 827, primo 
comma). 


PARTE II, QUESTIONI 

1. -Quanto alla disciplina dei mezzi di impugnazione in generale, l'innovazione 
di maggior rilievo concerne l'espressa impugnabilit� del lodo non depositato 
(art. 827, secondo comma) che non era prevista nella legislazione previ� 
gente e che era stata negata dalla giurisprudenza (5). Nello stesso articolo 
� disciplinata inoltre l'impugnazione del lodo non definitivo, immediatamente 
esperibile quando questo decida parzialmente sul merito e da proporsi unita� 
mente a quella del lodo definitivo quando il lodo parziale risolva questioni 
pregiudiziali senza definire il giudizio arbitrale. 
Questa soluzione di compromesso tenta di comporre un orientamento giurisprudenziale 
tendenzialmente contrario all'impugnabilit� immediata del lodo 
non definitivo (6) ed una posizione della dottrina maggioritaria favorevole ad 
essa (7), conformemente al regime positivamente previsto dal codice per le 
sentenze non definitive del giudice ordinario. 

Un'altra modifica, concernente tutte le impugnazioni, riguarda l'attribuzione 
della relativa competenza alla sola Corte d'appello, in aderenza alla tendenza 
di concentrare in un unico organo la competenza per il giudizio di secondo 
grado. La competenza per territorio, come si � gi� detto, viene fissata in relazione 
alla sede dell'arbitrato. 

2. -Per quanto concerne l'impugnazione per nullit� in particolare, il termine 
breve � portato a novanta giorni e il termine lungo annuale viene fatto 
decorrere non dal deposito ma dall'ultima sottoscrizione, proprio in virt� dello 
sganciamento operato tra exequatur e impugnazione. Viene inoltre precisato 
che l'istanza di correzione non sospende il termine per l'impugnazione, mentre 
il termine per impugnare il lodo, relativamente alle parti corrette, decorre 
dalla notifica della pronuncia di correzione (art. 828). 
Tra i motivi di nullit� sono state aggiunte due ipotesi: quella della contrariet� 
ad altro precedente lodo non pi� impugnabile o a precedente sentenza 
passata in giudicato, purch� tale contrariet� sia stata eccepita nel corso del giudizio 
arbitrale (art. 829 n. 8) e quella dell'inosservanza del principio del contraddittorio 
(art. 828 n. 9). Viene poi trasferita nell'ultimo comma dell'art. 829 
la norma contenuta nel previgente terzo comma dell'art. 808, che prevede l'impugnabilit� 
del lodo in materia di lavoro per violazione e falsa applicazione di 
contratti e accordi collettivi. Quanto al motivo di nullit� di cui al n. 5 dell'art. 
829, che rinvia ai requisiti di validit� dell'art. 823, viene fatto salvo, anche 
se la precisazione appare ultronea, il disposto del terzo comma di quest'ultimo 
articolo relativo alla validit� del lodo sottoscritto dalla maggioranza degli 
arbitri. 

Due importanti innovazioni sono contenute nell'art. 830: la prima concerne 
la possibilit� di annullamento parziale del lodo, quando il vizio incida solo su un 
capo scindibile dagli altri, in omaggio alla massima �utile per inutile non 
vitiatur �. La norma parla infatti di dichiarazione di nullit� parziale del lodo, 

(5) Cfr. App. Genova 3 gennaio 1986 con nota adesiva di C. PuNzI e nota contraria di 
E. F. Rrccr, Rass. Arb., 1985, 251. Si segnala che una certa corrente giurisprudenzialeriteneva esperibili contro il lodo non omolo11ato le azioni negoziali, anche se solo dopolo spirare del termine annuale previsto per 11 deposito. Cfr. Trib. Milano 14 luglio 1986, 
con nota di C. PuNzr. 
(6) Cass., 7 agosto 1950, n. 2419; Cass., 8 marzo 1951, n. 569; Cass., 12 luglio 1979, 
n. 4020; Cass., 9 agosto 1983, n. 5311; Cass., Sez. Un., 9 giugno 1986, n. 3835. 
(7) Cfr. V. ANDRIOLI, Commentario al codice di procedura civile, Napoli, 1964; T. 
CARNACINI, Arbitrato rituale, in Nss. dig. lt., I, 2, Torino, 1958; E. FAZZALARI, Istituzioni 
di diritto processuale, Padova, 1986, A. LEVONI, La controversa impugnabilit� della sentenza 
arbitrale non definitiva, Giur. lt., 1980, I, 1; S. SATTA, Questioni in tema d'fmpugnazioni 
di lodo arbitrale non definitivo, in Riv. not., 1967; G. ScmzzEROTTO, Dell'arbitrato, 
.\filano, 1988, 553; T. SEGR�, Divisibilit� della sentenza arbitrale, in Riv. dir. proc., 1972; 

G. TARZIA, Efficacia del lodo e impugnazione nell'arbitrato rituale e irrituale, in Riv. 
dir. proc., 1987, 49. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

evitarido cos� la distruzione di tutta l'attivit� degli arbitri, quando ci� non sia 
necessario. Tale emendamento capovolge l'orientamento giurisprudenziale che 
era in senso nettamente contrario (8). 

La seconda innovazione riguarda �la possibilit� che il giudizio di nullit�, 
in caso di concorde volont� delle parti; resti di competenza degli arbitri. Non 
� stata,. invece, recepita .la proposta dell'AIA che, all'opposto, riservava automatican:
iente l'impugnazione .per nullit� agli �rbitri, salvo contraria concorde 
volont� delle parti. 

Tale� principio � stato invece �fortunatamente adottato per quanto riguarda 
l'arbitrato internazionale (art. 838). 

3. -La . legge reca infine diverse modifiche alla norma di. cui. all'art. 831: 
innanzitutto viene eliminata la previsione secondo ctii il lodo � soggetto� a revocazione 
solo qtJ,ando non sia esperibile l'impugnazione per nullit� poich�, come 
aveva posto in luce la dottrina, se si giustifica l'esclusione della revocazione di 
una sentenza appellabile, in considerazione del fatto che l'appello � �ln mezzo 
illimitato d'impugnazione, non altrettanto pu� stabilirsi rispetto all'impugnazione 
per nullit�, che � un mezzo �limitato. Si � reso pertanto necessario disciplinate 
il coordinamento tra i . due mezzi d'impugnazione, sancendo che, ove sia pendente 
il giudizi� di nullit�, il termine per domandare la revocazione rimanga 
sospeso fino alla comunicazione della sentenza che abbia concluso tale ghtdizio. 
1i: stata, inoltre, introdotta, come gi� acc;ei;mato, l'opposizione .di terzo,. sia 
quella semplice che quella revocatoria. La. legge ha altres� previsto una facolt� 
di riunione delle tre impugnazioni, a meno che lo stato della causa preventivamente 
proposta non sia d'ostacolo alla trattazione �delle altre. 

. Non � stato invece accolto il suggerimento di estendere la proponibilit� 
della revocazione a tutti i casi elencati dall'art. 395 c.p.c. e quindi, oltre alle 
ipotesi di revocazione straordinaria (art. 395 nn. l, 2, 3, 6), anche a quelle di 
revocazione ordinaria (art. 395 nn. 4 e 5)..Quanto all'art. 395, n. 5, si ricorda 
che la contrariet� a precedente giudicato �. stata introdotta come nuovo motivo 
di nullit�, anche se limitatamente ai c;asi in c:ui detto contrasto �, stato eccepito 
nel corso del giudizio arbitrale (art. 829, n. 8). 

VI. Dell'arbitrato internazionale. 
Nei rapporti contrattuali che si svolgono tra parti appartenenti a Stati 
differenti o che trovano attuazione, in tutto o in parte, nei territori di pi� 
Stati, l'arbitrato trova maggiore espansione, poich� a nessun contraente � 
gradito essere assoggettato alla giurisdizione di uno Stato al quale non appartiene. 
Per tale motivo si � palesata l'esigenza di apprestare una disciplina ad 
hoc per tale categoria di arbitrati, come gi� � stato fatto in numerosi ordinamenti 
stranieri. 

La legge in rassegna, ispirandosi alla legge modello dell'U.N.C.I.TRA.L., 
accoglie; quale criterio di � internazionalit��, la residenza �ll'�stero d� almeno 
una delle parti o l'attuazione all'estero di una parte rilevante del rapporto 
(art. 832). 

(8) Cfr. Cass., 13 luglio 1954, n. 2453, in Giur. it., 1955, I, 159; Cass., 21 ottobre 1961, 
n. 2276, in Rass. uff. cass.; Cass., 24 febbraio 1964, n. 386, in Foro it., 1964, I, 490; Cass., 
Cass., 23 maggio 1984, n. 3144, in Rass. uff. cass.; Cass., 15 dicembre 1987, n. 9291, in 
Foro it., 1971, I, I, 140; Cass., 23 novembre 1971, n. 3398, in Foro it., 1972, I, 2, 2207; 
Cass., 23 inaggio 1984, n. 3144, in Rass. uft. cass.; Cass., 15 dicembre 1987, n. 9291, in 
Rass. uff. cass. 

PARTE II, QUESTIONI 87 

La disciplina dell'arbitrato internazionale si caratterizza, come si � gi� detto, 
sotto diversi profili: quello dell'attenuazione del formalismo, quello della limitazione 
dell'intervento del giudice statale, quello della determinazione di un 
criterio di individuazione delle norme applicabili al merito e quello della lingua 
dell'arbitrato. 

1. -Quanto al primo aspetto, la snellezza della procedura si riscontra innanzitutto 
con riferimento alla clausola compromissoria che, pur richiedendo 
ancora la forma scritta, non necessita pi�, in deroga agli artt. 1341 e 1342 cc., 
l'approvazione specifica, regola ignota ad ogni altro ordinamento e gi� disapplicata 
dalla giurisprudenza per gli arbitrati regolati dalla Convenzione di 
New York. Viene, inoltre, ammessa la c.d. clausola per relationem, che si ha 
quanto il contratto rinvia a pattuizioni contenute in condizioni generali, a patto 
che le parti conoscano o avrebbero dovuto conoscere, spiegando l'ordinaria 
diligenza, la presenza, in dette condizioni, di una clausola compromissoria 
(art. 833). 
Sempre nell'ottica di semplificazione delle norme processuali e di considerazione 
per le peculiarit� e le esigenze dell'arbitrato internazionale, si colloca 
la facolt� degli arbitri di deliberare �l lodo anche in conferenza videotelefonica 
come pure per corrispondenza nonch� con criteri diversi da quello della maggioranza 
dei voti, al fine di evitare rallentamenti e costi eccessivi (art. 837). 

2. -Quanto alla limitazione dell'intervento dell'autorit� giudiziaria, vengono 
in considerazione, fatta salva la diversa volont� delle parti, l'esclusione 
dell'impugnazione per inosservanza di regole di diritto, l'inapplicabilit� della 
revocazione e della opposizione di terzo, mezzi d'impugnazione per lo pi� 
ignoti agli ordinamenti stranieri, e l'esclusione della competenza del giudice 
statuale per il giudizio di merito quando sia dichiarata la nullit� del lodo 
(art. 838). Inoltre, la valutazione delle cause di ricusazione viene, su accordo 
delle parti, sottratta all'autorit� giudiziaria (art. 836). Tale apprezzamento 
rester� quindi attribuito, nei casi di arbitrati amministrati, ai Centri di Arbitrato, 
che decideranno in base alle regole dagli stessi stabilite. 
3. -Di notevole rilievo � anche la previsione di un criterio di determinazione 
della normativa applicabile alla controversia. Tra la tesi restrittiva 
che impone agli arbitri di applicare le norme di conflitto di leggi stabilite 
dall'ordinamento italiano, la tesi che affida alla discrezionalit� degli arbitri 
la scelta della legge applicabile e la tesi estrema che svincola gli arbitri dall'osservanza 
di una qualunque legge statuale, ammettendo la decisione in base 
a principi di diritto generalmente riconosciuti -c.d. lex mercatoria -si � 
optato per una soluzione intermedia. Si � riconosciuto, in primo luogo, all'autonomia 
delle parti il potere di fissare, di comune accordo, le norme che gli 
arbitri debbono applicare; in difetto, � stato attribuito a questi ultimi il compito 
di individuare � la legge con la quale il rapporto � pi� strettamente collegato '" 
fermo restando che, agli effetti della prommcia, gli arbitri devono tener conto 
delle disposizioni contrattuali e degli usi del commercio (art. 834). La stessa 
disposizione prevede che le parti possano disporre che gli arbitri pronuncino 
secondo equit�. 
La scelta della lingua dell'arbitrato avviene prendendo in considerazione le 
circostanze del caso, quali la lingua utilizzata nel contratto e nella corrispondenza 
tra le parti (art. 835). 

V Il. Dei lodi stranieri. 

Per il riconoscimento e l'esecuzione dei lodi arbitrali stranieri � stato 
adottato un procedimento -nell'ambito del quale � conservata la competenza 



88 RASSEGNA AVVOCATURA DELW STATO 

funzionale della Corte d'appello -rispondente alle esigenze di semplificazione 
richieste dalla Convenzione di New York e allo stesso tempo conforme ai 
lineamenti fondamentali dell'ordinamento processuale italiano. La Corte d'appello 
oltre a verificare la regolarit� formale del lodo deve accertare la compromettibilit� 
dell'oggetto della lite nonch� la non contrariet� all'ordine pubblico 
(art. 839). L'art. 840 prevede poi un procedimento di opposizione contro il decreto 
che accorda o nega efficacia al lodo straniero, modellato sulla falsariga 
dell'opposizione al decreto ingiuntivo, quale prototipo dei procedimenti a contraddittorio 
differito. Segue un elenco dei motivi in base ai quali l'opposizione 
deve essere accolta. 

VIII. Modifiche in materia di prescrizione e di trascrizione. 
La legge ha inoltre introdotto alcune innovazioni in tema d'interruzione 
della prescrizione e di trascrizione. 

1. -Quanto al primo punto, l'integrazione colma una lacuna legislativa 
in ordine all'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dall'instaurazione 
del giudizio arbitrale. All'art. .2943, quarto comma, viene aggiunto il disposto 
secondo cui la prescrizione � altres� interrotta dall'atto che promuove l'arbitrato 
e all'art. 2945 viene aggiunto un altro comma disciplinante la durata 
dell'interruzione, che va dal momento della notificazione dell'atto appena citato 
sino al momento in cui il lodo non � pi� impugnabile. 
2. -Le integrazioni in materia di trascrizione riguardano gli artt. 2652, 
2653, 2690 e 2691 del codice civile nei quali, per le domande relative ad atti soggetti 
a trascrizione, viene equiparato alla domanda giudiziale l'atto notificato 
con il quale una parte promuove l'arbitrato, propone la domanda o provvede 
alla nomina degli arbitri. 
I 

A tale proposito, si rileva che mentre la previsione dell'art. 825, terzo com� 
ma, che ha reso il lodo omologato soggetto a trascrizione, si giustifica considerando 
che, a seguito del deposito, il lodo acquista tutti gli effetti e gli attributi 

I di una sentenza del giudice togato, meno evidente risulta la necessit� di stabilire 
espressamente che anche la domanda di arbitrato debba soggiacere al regime 
della trascrizione. Tale strumento non pu� che appesantire il procedimento 

Iarbitrale, ispirato all'opposto principio di informalit�, senza contare che le 
parti, ove lo avessero ritenuto opportuno, avrebbero comunque potuto tra� 
scrivere, ai fini della sua � opponibilit�, la domanda di arbitrato. 

Wally FERRANTE 



L'UNICIT� DELLA GIURISDIZIONE: UN MITO RICORRENTE (*) 

Una delle tante bizzarre caratteristiche della tormentata storia della giustizia 
amministrativa in Italia � quella che deriva dal suo condizionamento ad 
opera di un mito ricorrente. Il mito ricorrente del giudice unico, che fu, anzi, 
contraddittoria causa della nascita del nostro giudice amministrativo. 

Il tradizionale modello inglese, mediato attraverso la costituzione belga 
del 1831, ispir� infatti, come � noto -anche a seguito di una polemica anti 
francese -il legislatore del 1865 che, ripudiando qualunque sistema di giudice 
amministrativo, devolvette al giudice ordinario tutte le cause nella quali si 
facesse questione di diritti, comunque vi potesse essere interessata la p.a. e 
quand'anche fossero stati emanati atti amministrativi. 

Allo stesso mito doveva, poi, inchinarsi, un quarto di secolo dopo, il legislatore 
del 1889, il quale, nel constatare il fallimento della riforma del 1865 e 
nell'apportarne i rimedi, ribadiva tuttavia il principio dell'unicit� della giurisdizione 
in capo al giudice ordinario, limitandosi a istituire, con la IV sezione 
del Consiglio di Stato, un organo amministrativo deputato ad un controllo 
interno di legalit�. 

In quella occasione, come sappiamo, il mito non riusc� a divenire realt�, 
perch�, per effetto di una singolare eterogenesi, da un corpus normativo che 
affermava l'unicit� della giurisdizione in capo al giudice ordinario e, istituendo 
un procedimento amministrativo contenzioso quasi giudiziale interno all'Amministrazione, 
negava la ipotizzabilit� stessa di un giudice amministrativo, 
nacque un giudice amministrativo incardinato nell'Amministrazione sull'esempio 
del modello francese. Un modello la cui evoluzione doveva essere imitata 
bruciando le tappe: quella trasformazione da organo amministrativo in organo 
giurisdizionale che aveva chiesto tre quarti di secolo al Consiglio di Stato 
transalpino doveva consumarsi, infatti, per la IV Sezione di quello italiano, nel 
breve volgere di pochi anni. 

� noto infatti che la Cassazione di Roma a Sezioni Unite, con sentenza 
21 marzo 1993, n. 177 riconobbe natura giurisdizionale alla IV Sezione del 
Consiglio di Stato. 

Il sistema di doppia giurisdizione evolvette per oltre mezzo secolo ed il 
mito si ripresent� per�, puntualmente, in sede di Assemblea Costituente al 
momento di fondare la nuova forma repubblicana dello Stato: Calamandrei, 
in seno alla c.d. Commissione � Forti� sostenne appassionatamente il principio 
dell'unit� della giurisdizione, propugnando per� -� bene sottolinearlo -la 
conservazione dell'individualit� oggettiva degli organi di giustizia amministrativa 
da incorporare nella giurisdizione ordinaria. In particolare le sezioni 
giurisdizionali del Consiglio di Stato, nell'idea di Calamandrei, avrebbero dovuto 
essere conservate come sezioni della Cassazione. 

Come � noto, nella Commissione dei 75 e poi in sede plenaria prevalse invece 
la tesi della conservazione delle giurisdizioni c.d. � storiche �, anche se nel testo 
della Carta fondamentale compare una enunciazione di unicit� che costituisce 
quasi la proclamazione di un � valore fine � 1 da assumersi come meta tendenziale 
e futuribile e che sembra rappresentare una omaggio -anche se solo 
formale -a quel mito ricorrente. 

(*) Relazione tenuta al Consiglio di Stato in occasione del Premio Sorrentino 1993. 

(1) G. SILVESTRI, Unit� della giurisdizione, in Scritti in onore di Massimo Severo 
Giannini, Giuffr�, Milano, 1988, III, 718. 



90 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Siamo adesso alla vigilia di un grande rinnovamento istituzionale, la prima 
repubblica, ormai agonizzante, sta per cedere il passo alla seconda e, puntuale, 
il mito si ripresenta al suo storico e ricorrente appuntamento. La Commissione 
parlamentare per le riforme istituzionali, fra i principi direttivi approvati per 
le riforme della parte seconda della Costituzione, quanto alla funzione giurisdizionale 
ha dettato infatti il seguente: � ritiene che si debba procedere ad 
una revisione delle norme costituzionali vigenti sulla base del principio dell'uni� 
cit� della giurisdizione, al fine di giungere ad una progressiva parificazione 
di tutti i magistrati che in posizione imparziale siano chiamati ad applicare la 
legge al caso concreto. La competenza sar� ripartita tra i magistrati per blocchi 
di materie�. 

Il testo cos� licenziato risulta dall'approvazione di un emendamento presentato 
dall'On.le Rodot�, mentre il testo originario del principio, predisposto 
dal relatore del comitato � garanzie �, sen. Acquarone correva come segue: 

�La Commissione ritiene si debba procedere ad una revisione delle 
norme costituzionali sulla base di una parificazione di tutti i magistrati che 
in posizione imparziale siano chiamati ad applicare la legge al caso concreto; 

La Commissione ritiene inoltre si debba procedere: a modificare l'attuale 
riparto di giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo, affidando a 
questo tutta la materia relativa alla pubblica amministrazione, all'attribuzione 
ai giudici contabili di tutta la materia riguardante responsabilit� per maneggio 
di denaro pubblico o di provenienza pubblica; alla costituzione di un giudice 
autonomo ed indipendente per il contenzioso tributario �. 

La differenza fra i due testi � notevole poich� la proposta originaria fa 
sicuramente salva la dualit� di giurisdizioni, mentre il testo emendato, anche 
se in maniera non del tutto esplicita, sembra orientato in senso opposto. Ancora 
pi� notevole � la differenza fra le interpretazioni �autentiche � che i due 
redattori danno, poi, al testo licenziato, quali si possono desumere dalla lettura 
dei lavori preparatori e da interventi svolti in recenti convegni e che danno una 
curiosa impressione di � dej� vu � sol che si colleghino i nomi ora citati a quelli 
dei Mancini e dei Minghetti da una parte, dei Crispi e dei Cordova dall'altra, 
che illustrarono i dibattiti parlamentari del secolo scorso, quasi che il tema 
della giustizia amministrativa generi irrimediabilmente confusioni di linguaggio 
ed incomprensioni. 

Ha sostenuto, infatti, il senatore Acquarone -e con lui anche altra autorevole 
dottrina -che il principio di unicit� affermato dalla Commissione 
parlamentare per le riforme istituzionali non va riferito alla giurisdizione 
sibbene alla funzione giurisdizionale, al fine precipuo di superare l'infelice e 
riduttiva formula del richiamo alla legge sull'ordinamento giudiziario operato 
dall'art. 102 della Costituzione 2� 

Unicit� di funzione giudicante dunque ed unicit� di garanzie nel rispetto 
della dualit� storica di giurisdizioni, ordinaria ed ammnistrativa, con l'unica 
innovazione, sotto il profilo organizzativo, del riparto di competenze per blocchi 
di materie invece che per discriminazione delle situazioni soggettive tutelate e 
con l'unica concessione di non escludere la possibilit� in un lontanissimo futuro 
della possibilit� di configurare un giudice unico con funzioni specializzate come 
meta ultima asintotica 3 
� 

(2) Cfr. Verbale della riunione del Comitato garanzie, Seduta 14 ottobre 1992 e rapporto 
allegato.
(3) Cfr. nello stesso senso M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Il Mulino, Bologna,
1983, 354. 

PARTE II, QUESTIONI 9.1 

Per contro, l'onorevole Rodot� ha propugnato con estrema chiarezza l'istituzione 
di un giudice unico -ed in tal senso ha interpretato autenticamente 
il proprio emendamento -accettando l'idea di una temporanea sopravvivenza 
di una giurisdizione amministrativa solo per un periodo transitorio. Cito te 
stualmente dal resoconto parlamentare: 

� .�� La scelta nel senso della unit� deve essere radicale, ed in tal senso non 
potrebbero pi� coesistere diversi corpi giudicanti salvo la possibilit� di prevedere 
una norma transitoria. Si pu� pensare ad un corpo giurisdizionale al 
cui interno, messa da parte la distinzione tra diritti e interessi, si operi una 
distinzione di materie, prevedendo altres� che il Consiglio di Stato ritorni alla 
sua funzione propriamente consultiva e per la Corte dei Conti si rafforzi la sua 
funzione di braccio secolare del Parlamento nel senso quindi del controllo 
finanziario � �. 

Nella stessa direzione si � mosso !'on.le Barbera, affermando: 

� Si tratta non di attentare all'autonomia della magistratura ordinaria 
ma di superare quell'insufficiente terziet� e quell'indipendenza che attualmente 
sono proprie della giurisdizione amministrativa e che sono un riflesso del 
medievale consilium regis, per cui soltanto il consulente dell'amministrazione 
poteva poi occuparsi degli interessi o delle aspettative del cittadino nei confronti 
dell'amm�Jlistrazione � �. 

Ha infine ribadito !'on.le Rodot�: 

� Colgo l'occasione per rassicurare i colleghi intervenuti con tanta ampiezza 
di argomenti, dicendo che proprio l'affermazione del principio dell'unit� della 
giurisdizione e la sottolineatura del carattere imparziale della funzione da 
svolgere liberano il Consiglio di Stato e la Corte dei conti dalle funzioni giurisdizionali 
attualmente esercitate, restituendo l'uno alla funzione di consulenza 
e l'altra a quella di controllo, funzioni che dovranno essere partitamente disciplinate 
da questa Commissione �6� 

Come in tale situazione di acuto ed assoluto contrasto, i portatori delle due 

contrapposte opinioni abbiano potuto concludere di versare in un sostanziale 

accordo 7 � un mistero risolvibile soltanto con l'ipotesi di un eccesso di fair 

play parlamentare o con quella della fatidica confusione di lingue che da sem


pre accompagna i dibattiti sul tema della giustizia amministrativa. 

Insomma, quale giustizia amministrativa sar� sancita nella costituzione pros


sima ventura sulla base del principio direttivo approvato dalla Commissione 

bicamerale, quella del giudice unico o quella della doppia giurisdizione? 

Sopravviver� il Consiglio di Stato come giudice alla fine della prima Re


pubblica? 

Vorrei subito dire -e non certo per dovere di cortesia verso l'Istituto che 

oggi ci ospita -che io mi auguro questa sopravvivenza, che mi auguro quindi 

il mantenimento della doppia giurisdizione, e credo che in questo non mi faccia 

velo il misoneismo tipico degli operatori del diritto. 

(4) Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, verbale della riunione del 
Comitato garanzie del 28 ottobre 1992. 
(5) Commissione cit. seduta 27 novembre 1992, Atti parlamentari, 686. 
(6) Commissione ult. cit. stessa seduta, 691. 
(7) Commissione ult. dt. stessa-seduta, 673 e 674. 
14 


92 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

Ben venga l'affermazione esplicita della unicit� della funzione giurisdizionale, 
forse gi� rinvenibile nello spirito dell'attuale Costituzione al di l� della 
infelice formulazione dell'art. 102, come ha gi� scritto autorevole dottrina 8� 


Ben venga l'unificazione delle garanzie di indipendenza e di imparzialit� 
per tutti i magistrati, anche se quelle attualmente godute dalla magistratura 
amministrativa (ex lege 27 aprile 1982 n. 186) sembrano tutt'altro che insufficienti. 
In realt�, come insegnava Nigro, nessuna norma potr� mai garantire 
l'indipendenza e l'imparzialit� del giudice e potr� invece soltanto assicurare le 
condizioni perch� il giudice che voglia e sappia essere indipendente e imparziale 
possa esserlo 9� 

Ben *nga il discrimine della competenza per blocchi di materie: l'innovazione 
costituir� il coronamento e la costituzionalizzazione di un processo 
evolutivo fa atto da tempo per effetto di una sinergica azione del legislatore 
e della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa. 

Ben vengano, ancora, le conseguenziali innovazioni in materia di conflitti 
e di competenze della Cassazione. In effetti, una volta costituito il giudice amministrativo 
come giudice generale della pubblica amministrazione non sembrerebbe 
razionale privare le relative liti di un grado di giurisdizione (cos� 
come ne sono private oggi -ma in via di eccezione -quelle su diritti in 
sede di giurisdizione esclusiva). 

Occorrerebbe allora istituire il Consiglio di Stato in Corte regolatrice del 
contenzioso amministrativo equiordinata alla Cassazione, eventualmente con 
l'istituzione di Corti d'Appello amministrative ed istituire un Tribunale dei 
Conflitti, oppure estendere la competenza regolatrice della Corte di Cassazione 
anche alle decisioni del Consiglio di Stato. 

Personalmente propendo per la prima soluzione, non a caso adottata 
in quella Francia dalla cui giustizia amministrativa, piaccia o non piaccia, la 
nostra ha sempre tratto ispirazione. 

Occorrerebbe anche, naturalmente, attribuire ai Tribunali Amministrativi 
(e alle eventuali Corti di appello) nuovi poteri istruttori, cautelari e decisori 
congruenti con le nuove competenze ed anche con le innovazioni introdotte 
in sede comunitaria e la conseguente estensione dell'area della tutela aquiliana 
agli interessi 10� 

Non mi sentirei invece affatto di dare il benvenuto ad una soppressione 
del giudice amministrativo e ad una istituzione del giudice unico. 

Un tale tipo di riforma, sperimentato nel .1865 fu, come tutti oggi sappiamo, 
un errore. Continuerebbe ad essere un errore oggi, anche se per ragioni 
in parte diverse. 

Fu allora una fuga in avanti perch� innovazione troppo in anticipo sui 
tempi in quello che era uno Stato borghese accentrato, fortemente autoritario 
ed a regime amministrativo. 

Sarebbe oggi, in un paese che con tutti i suoi spaventosi difetti � purtuttavia 
una grande potenza industriale ed ha sul piano istituzionale connotazioni 
di democrazia, di socialit�, di pluralismo, di partecipazione, l'antistorica 
imitazione di un istituto orma:i scomparso anche nella sua celebratissima culla 
di oltremanica. 

(~) s. SATTA, Giurisdizione, Nozioni Generali, voce dell'E.d.D., 224; E. CANNADA BARTOLI, 
Giurisdizione, Conflitti, voce dell'E.d.D., 301; M. S. GIANNINI -A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa, 
voce dell'E.d.D., 229 -230. 

(9) M. NIGRO, op. cit. 353. 
(10) Vedasi segnatamente artt. 12 e 13 L. 19 febbraio 1992, n. 142. 

PARTE II, 'QUESTIONI 91 

Nel 1969, il prof. Giannini ci� fece conoscere, con una famosa prefazione, 
la traduzione italiana di un trattato intitolato Diritto Amministrativo inglese, 
scritto dal pi� prestigioso esponente della Scuola di Londra, il prof. Wade. (11). 

Ci spieg� allora il prof. Giannini come l'ordinamento inglese non conoscesse 
il diritto amministrativo, attesa rinesistenza di un qualunque sistema di diritto 
pubblico intermedio fra il costituzionale ed il privato, posto che le 
pubbliche autorit� agivano in quel Paese in regime di diritto comune ed in 
regime di diritto comune venivano giudicat�. Il c.d. diritto amministrativo 
inglese altro non era, quindi, che la prospettazione del come i problemi che 
in paesi a regime amministrativo vengono risolti con istituti di diritto amministrativo 
vengano invece col� risolti con istituti di diritto costituzionale o civile 

o processuale. 
Ebbene, l'ultima edizione del volume del Wade 12 si apre, in prefazione, 
con l'annuncio di una rivoluzione copernicana: la Gran Bretagna � diventata un 
Paese a regime amministrativo ed � nato, a Londra, un giudice amministrativo 
chiamato a giudicare di situazioni giuridiche soggettive nascenti dal diritto 
pubblico secondo una procedura diversa da quella ordinaria e che prevede 
in particolare: la competenza devoluta alla Divisional Court, in composizione 
specializzata con giudici tratti. da un elenco apposito, (Crown Office list), una 
procedura a termini brevi (tre mesi) da seguire in via esclusiva, una particolare 
competenza decisoria di tipo cassatorio (iudicial review) sulle decisioni amministrative 
adottate dalle numerosissime autorit� di quel tipo istituite in 
questo dopoguerra. Il tutto � a protezione delle pubbliche autorit� contro litiganti 
irresponsabili �. 

La rivoluzionaria novit� � stata naturalmente introdotta pretoriamente con 
una sentenza della House of Lords, resa a conclusione della causa O'Reilly 

v. Mackman 13, una sentenza che � stata valutata dalla dottrina comparatista 
come paragonabile a quel famoso � Arret Bianco� che segn� la nascita del 
diritto amministrativo in Francia 14� 
La verit� � che il giudice unico pu� costituire una. adeguata soluzione in 
una struttura statale semplice e con compiti limitati: la struttura di quel 
mitico Paese dei buon tempo andato dove il bravo cittadino non si sarebbe accorto 
dell'esistenza dello Stato se non fosse stato per i poliziotti e per gli uffici 
postali 15� 

Il moltiplicarsi e l'articolarsi dei compiti affidati alla mano pubblica hanno 
reso inadeguato il sistema in qualsiasi stato sociale avanzato: il Belgio, come 
� noto, ha gettato la spugna nel 1946. La mitica Gran Bretagna ha resistito un 
quarantennio in pi�, forte del fatto di non essere un paese a regime amministrativo, 
e dando per� finalmente ragione anch'essa a Giorgio Berti quando af. 
fermava che � dovunque ci sono giudici amministrativi accanto a giudici ordinari 
e dove non ci sono, si tende ad istituirli� 16 � 

In tale situazione mi pare che rinunciare adesso al nostro giudice amministrativo 
sarebbe quindi veramente antistorico. 

(11) H. W. R. WADE, Diritto amministrativo inglese, traduzione a cura di C. GERACI,
Giuffr�, Milano, 1969. 

(12) H. W. R. WADB, Administrative Law, Clarendon Oxford, 1988. 
(13) (1983) 2 AC 237. --. 
(14) J. BELL, Droit public et droit priv�: une nouvelle distinction en droit anglais(l'arret O'Reilly V. Mackman: un arret Branco?) in Revue fran�aise de droit adminisfratif, 
1985, 399. 

(15) A. J. P. TAYLOR, English history. 1914-1945, cit. in H. W. R. WADE, cit. 3. 
(16) G. BERTI, Commento alla costituzione a c11ra di G. BRANCA, Zanichelli, Bologna,
1987, Tomo IV, 88. 



94 

RASSEGNA AVVOCATURA .DELLO STATO 

D'altronde le ragioni che militerebbero a sostegno della sua soppressione e 
che normalmente vengono addotte non convincono affatto. 

Tali ragioni si appuntano, in genere, sulle nomine politiche, sulla connessione 
.delle funzioni ccmsulenti con quelle giudicanti e sullo stretto legame che 
si instaura fra i giudici amministrativi il Governo e l'alta burocrazia attraverso 
i gabinetti e gli ufficj legislativi: circostanze tutte che, secondo i suoi 

critici, appannerebbero l'indipendenza e l'imparzialit� del giudice amministrativo. 
La critica non appare fondata e quand'anche lo fosse viene portata a 
.conseguenze ultronee. 

:� pacifico, infatti, che la nomina politica del giudice non incide minimamente 
sulle sue garanzie di indipendenza come posto in rilievo dalla nostra 
Corte Costituzionale 17 e come dimostrato proprio dalla tanto celebrata esperienza 
inglese. Altrettanto certo � che la imbricazione fra giudice amministrativo 
e amministrazione assicura al primo quella perfetta conoscenza dei meccanismi 
della cosa pubblica che gli consentono, come � stato acutamente detto, di 
leggere tra le righe dell'atto amministrativo, con tutti i vantaggi che ne conseguono 
per la giustizia sostanziale. 

Un autore non certo sospetto di simpatie autoritarie, Mario Nigro, scriveva 
nell'ultima edizione della sua Giustizia Amministrativa: 

�N� l'esercizio di funzioni consultive (del resto voluto dalla Costituzione) 
n� le forme di partecipazione ora ricordate alla vita amministrativa vulnerano, 
in s� e per s�, l'indipendenza del giudice amministrativo (si tr�tta di attivit� 
comuni anche al Conseil d'Etat francese e che sollevano l� gli stessi problemi). 
Nell'ambito del sistema di giustizia amministrativa adottato nel nostro ordinamento, 
tali attivit� giovano alla conoscenza da parte dei giudici amministrativi 
della vita amministrativa e quindi concorrono al miglior svolgimento della 
funzione giurisdizionale; inoltre, rafforzano il prestigio dell'organo e, quindi, 
di fatto la sua stessa indipendenza � (18). 

Certo � che una giurisdizione amministrativa strettamente collegata con 
l'Amministrazione qual'� la nostra attuale corrisponde -comportando una 
qualche ambiguit� -al duplice ruolo di un giudice che �, da un lato, garante 
dei diritti del cittadino contro gli abusi della amministrazione, dall'altro pro


II

tettore delle prerogative di un potere pubblico 19 che � non solo parte da 

giudicare, ma anche apparato, da dirigere e da consigliare 20� 

Questo secondo le migliori tradizioni del modello francese, sul quale il 
nostro si � conformato e che conserva, pur nelle pi� recenti evoluzioni, le 
sue connotazioni caratteristiche. 

D'altra parte le critiche sopra ricordate, quand'anche fossero fondate, dovrebbero 
indurre non gi� a caldeggiare l'istituzione di un giudice unico, (istituzione 
non solo non pi� attuale, come si � visto, ma che potrebbe addirittura 
alterare l'equilibrio costituzionale dando luogo ad un potenziamento soggettivo 
della giurisdizione come potere, una volta venuto meno il � chek and 
balance � di pi� ordini giudiziari 21) ma a propugnare l'istituzione di una giurisdizione 
amministrativa di tipo tedesco, cio� di un giudice omologo a quello 
civile e senza rapporti privilegiati con il potere esecutivo. 

(17) Corte Cost. 19 dicembre 1973, n. 177. 
(18) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, Il Mulino, Bologna 1983, 352. 
(19) A. MESTRE, Le Conseil d'Etat, protecteur des pr�rogatives de l'Administration, 
Parigi, 1974. 
(20) M. HAURIOU, Principes de droit public, Parigi, 1910, 491. 
(21) G. BERTI, Commentario della Costituzione a cura di G. BRANCA, Zanichelli, Bo� 
logna, 1987, Tomo IV, 91. 

PARTE Il, QUESTIONI 9J 

Ma questa sarebbe una rinuncia alla ricchezza di una tradizione storica 
che ha dato tanti buoni frutti e che ha, come suo dato caratteristico, la continuit� 
di una evoluzione costante. 

La storia del nostro processo amministrativo dimostra d'altronde come la 
forza della matrice giurisprudenziale, fedele interprete di valori giuridici, sociopolitici 
e culturali ben precisi, abbia sempre prevalso sul dato normativo sia 
quando un legislatore troppo innovatore abbia cercato di forzare la mano, 
trapiantando nel nostro sistema istituti non compatibili con esso perch� 
estranei alle sue tradizioni, sia quando un legislatore conservatore a tutti i costi 
abbia troppo tardato ad introdurre le innovazioni che i tempi esigevano. 

La creazione giurisprudenziale di un giudice amministrativo di modello 
francese di fronte ad una riforma legislativa (quella del 1865-1889) che ne negava 
l'esistenza ed introduceva un modello inglese di giudice unico � un esempio 
della prima ipotesi. 

Le tumultuose evoluzioni giurisprudenziali degli ultimi venti anni di fronte 
ad una costituzione ed una legislazione che -a parte l'introduzione del doppio 
grado -si erano limitate a recepire con precisione notarile le conquiste 
giurisprudenziali della prima met� del secolo, sono un esempio della seconda. 

Auguriamoci che la saggezza del costituente della seconda repubblica, facendo 
tesoro di questa esperienza, accolga e razionalizzi i segnali di rinnovamento 
nella direzione indicata dal Comitato garanzie della Commissione bicamerale, 
cio� nel senso della unicit� della giurisdizione intesa solo come unit� 
delle funzioni e delle sue garanzie ed abbandoni invece quel ricorrente mito 
del giudice unico che non solo � estraneo alla nostra tradizione ma che appare 
ormai anche in ritardo sui tempi. 

IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 

15 



NOTE IN TEMA DI INTERESSI SUI DEBITI PECUNIARI 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 


Volendo svolgere una riflessione di sintesi sulle prospettive che sono venute 
emergendo dal dibattito dottrinale e giurisprudenziale in terna di riconoscimento 
degli interessi sui debiti pecuniari della Pubblica Arnrninistrazione ci 
si accorge dell'opportunit� di una meditazione -che pu� e deve giovarsi delle 
analisi settoriali gi� svolte anche in sede di giurisdizione arnrninistrativa sui 
rnodi, e dunque sui metodi pi� appropriati per lo studio scientifico del pro


blema, con sguardo orientato agli aspetti civilistici delle questioni implicate. 

Alcune premesse di carattere generale sembrano in tal senso indispensabili 
per la corretta impostazione del problema, lungamente dibattuto, su cui si � 
registrata una lenta evoluzione della dottrina e della giurisprudenza verso il 
progressivo accostamento della posizione della Pubblica Amministrazione a 
quella del comune debitore. 

1. Il legislatore del '42 ha dovuto risolvere il difficile compito di dettare 
una nuova disciplina degli interessi ed � pervenuto alla soluzione fondata su 
due disposizioni di carattere generale (artt. 1224 e 1282), accentuando la contrapposizione 
funzionale tra le due categorie fondamentali (gli interessi moratori e 
gli interessi corrispettivi) alle quali dottrina e giurisprudenza ne hanno presto 
affiancato un'altra (quella degli interessi compensativi) anch'essa caratterizzata 
da un distinto connotato tipologico. 
2. Nella corrente tripartizione, la categoria degli interessi compensativz 
viene solitamente presentata corne una figura residuale, di cui la norma dell'art. 
1499 in terna di vendita costituirebbe l'ipotesi paradigmatica; rna si 
guarda anche agli interessi in materia di mutuo (art. 1815) e di conto corrente 
(art. 1825) mentre la giurisprudenza utilizza la figura soprattutto per qualificare 
gli interessi sulla sornrna liquidata a titolo di risarcimento danni. 
Sono tutte ipotesi caratterizzate dal principio del cd. post numerario, 
implicito in tutte le obbligazioni restitutorie di sornrne di danaro, dove per una 
evidente fw1Zione equitativa, si compensa il differimento della restituzione di 
una cosa fruttifera al legittimo titolare con la corresponsione degli interessi, 

per ci� stesso qualificati � compensativi �. 

A prescindere da ogni rilievo sulla contestata configurazione dogmatica 
degli interessi compensativi (si veda al riguardo la chiara presa di posizione 
di Cass. 22 luglio 1977, n. 3272, in Foro lt., 1978, I, 2029, che parla di �residuo 
storico� sulla scia del RUBINO, La Compravendita, in Tratt. civ. Messineo, 1962, 
569) va escluso che i debiti pecuniari della pubblica Arnrninistrazione determinino 
la maturazione degli interessi compensativi che presuppongono il godimento 
di una cosa fruttifera di cui costituiscono il compenso e, quindi, � un 

trattenere � una sornrna di danaro, mentre nel nostro caso viene in rilievo 
� un'erogazione � di una sornrna, che tra l'altro non pu� avvenire subito per la 
complessit� degli adernpirnenti previsti dalla normativa di contabilit� pubblica. 

3. Esclusa dunque quest'ultima categoria, la quale pi� che nella sua 
prospettiva legislativa, viene usualmente utilizzata per legittimare sul piano 
terminologico la risposta � pretoria � al problema degli interessi sul risarci� 
mento del danno, resta allora la distinzione tra interessi moratori e interessi 
corrispettivi, la cui accentuazione dal punto di vista teleologico � avvenuta 
ad opera della giurisprudenza in vista della soluzione di problemi specifici. 
Gli interessi moratori, sintetizzando la loro corrente giustificazione, avrebbero 
w1a tipica funzione risarcitoria, essendo destinati a riparare il � danno � 


PARTE II, QUESTIONI 

subito dal creditore per l'ingiustificato ritardo del debitore nell'adempimento 
di un'obbligazione pecuniaria. Gli interessi corrispettivi, invece, si fonderebbero 
sul principio della naturale fecondit� del danaro ed avrebbero perci� 
una tipica funzione remunerativa, essendo dovuti per il � vantaggio � della 
disponibilit� dell'altrui denaro (naturalmente fruttifero), che altrimenti determinerebbe 
un ingiustificato arricchimento del debitore. 

Tale impostazione � stata vivacemente criticata dalla dottrina pi� attenta 
(GIORGIANNI, L'inadempimento, 1975, 161 e ss. e LIBERTINI, voce �Interessi'" 
in Enc. Dir. 1972) e dalla stessa giurisprudenza (Cons. Stato, Ad Plen. 7 ottobre 
1981, n. 2 in Foro It., 1981, III, 427), in base alla considerazione che il 
�vantaggio � del creditore e il �danno � del debitore sono � fenomeni speculari 
�. Risulterebbero cio� come i due lati di una stessa medaglia, essendo entrambi 
gli �spetti riconducibili al principio della naturale fecondit� del 
danaro, che naturalmente crea �un danno � per il creditore ed �un vantaggio � 
per il debitore. 

Sebbene tale critica sia stata recentemente condivisa dalla Suprema 
Corte (Cass. Sez. I, 16 gennaio 1991, n. 4035, in Foro It., 1992, I, 1277 e ss.), 
prevale la tesi secondo cui la distinzione in questione non rappresenti un 
inutile omaggio alla tradizione (che nel codice abrogato aveva portato alla 
distinzione tra interessi � civi�i � dovuti per la mora e interessi � commerciali � 
dovuti per la naturale fecondit� del danaro) poich� innanzi tutto essa trova 
un riscontro nella norma dell'art. 1224 capoverso. 

Solo infatti il creditore che faccia valere la mora pu� pretendere il risarcimento 
del maggior danno, di cui infatti � presupposto il colpevole ritardo 
nell'adempimento del debitore, che invece non rileva a norma dell'articolo 
1282. 

Ma vi � di pi�. La distinzione assume per esempio rilevanza nel caso di 
debiti pecuniari � querables �, quando cio� � convenzionalmente stabilito che il 
debito va adempiuto al domicilio del debitore. 

In tal caso, infatti, si spiega che prima della richiesta di adempimento 
decorrono gli interessi corrispettivi, che si trasformano in interessi moratori 
dal momento in cui l'intimazione viene formalizzata. 

Non vi � dubbio allora che la distinzione assuma rilevanza anche in 
relazione ai debiti pecuniari della Pubblica amministrazione, che rientrano 
nella categoria delle obbligazioni � querables � in deroga alla regola generale. 

La riconducibilit� del caso alla categoria ora richiamata non significa 
peraltro che possa essere per ci� solo riconosciuta l'ammissibilit� della decorrenza 
di interessi corrispettivi e/o moratori sui debiti pecuniari della P.A. 

1'. ben noto infatti come l'orientamento tradizionale abbia sempre escluso 
l'ammissibilit� degli interessi (comunque qualificati) su tali obbligazioni. 

A fondamento della tesi veniva solitamente addotta la diversa situazione 
dell'Amministrazione tenuta all'osservanza della complessa procedura che governa 
i pagamenti dello Stato e degli altri enti pubblici. Il carattere norma� 
tivamente vincolante di questa procedura porterebbe a ritenere che il credito 
verso l'Amministrazione non sia esigibile prima che la stessa abbia emesso il 
mandato di pagamento. 

Si afferma cio� che la procedura contabile di erogazione delle spese 
pubbliche determini un caso di esecuzione temporalmente prolungata della 
prestazione, implicante un termine necessario. 

Poich� i pagamenti della pubblica Amministrazione si configurano non 
come atti ma come procedimenti, ne deriverebbe che la relativa esecuzione 
non pu� avvenire �statim � e dunque essi non sono immediatamente esigibili. 

Tra l'altro, finch� il credito non diviene esigibile con il superamento delle 
procedure di pagamento, non � neanche ammissibile configurare la mora, 


98 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


e perci� un ritardo colpevole dell'Amministrazione inteso come �iniusta 
dilatio �. 
Sicch� sulle obbligazioni pecuniarie della P. A. non maturerebbero n� 
gli interessi corrispettivi, n� gli interessi moratori. 

Le ripetute obiezioni della dottrina, tendenti a ridimensionare la portata 
delle deroghe al diritto comune (GIANNINI, Le obbligazioni pubbliche, 1964, 
86 e ss.) hanno spinto la giurisprudenza verso il graduale superamento della 
tesi tradizionale. 

Del resto la stessa legislazione speciale si era chiaramente mossa nella 
medesima direzione. Particolare interesse assumevano al riguardo la normativa 
sugli appalti pubblici (artt. 35 e 36 D.P.R. 16 luglio 1962 n. 6063), quella 
in materia tributaria (art. 5, legge 26 gennaio 1961, n. 29) e quella in tema di 
espropriazione per pubblico interesse (art. 14, 1. 28 gennaio 1977, n. 10), che riconoscevano 
la decorrenza degli interessi indipendentemente dall'emissione del titolo 
di spesa, articolando il livello degli interessi, in modo diverso rispetto al tasso 
legale generale dell'art. 1284. 

Sul piano giurisprudenziale, invece, il superamento della tradizionale posizione 
di chiusura ha fatto registrare due distinti orientamenti. 

Secondo un indirizzo pi� moderato, � possibile configurare una � mora 
debendi � della P. A., fonte di interessi moratori, tutte le volte in cui la pur 
doverosa osservanza delle norme di contabilit� pubblica non sia avvenuta 
con diligenza e tempestivit� valutate alla stregua del principio di ragionevolezza. 

Come ha infatti recentemente chiarito la Suprema Corte (sent. 22 ottobre 
1991, n. 11189) per giustificare il ritardato pagamento con la mancata 
formazione del titolo di spesa, la P. A. deve dimostrare che il ritardo dipende 
da ragionevoli dilazioni del procedimento e non sia una conseguenza della 
propria inerzia. 

Quanto alla colpevolezza di tale ritardo, occorre tra l'altro sottolineare 
che la natura di debito � qu�rable � (cio� esigibile al domicilio del debitore) 
dell'obbligazione pecuniaria della P A. rende necessaria la formale intimazione 
di pagamento ex art. 1219 pri. co., che evidenzi l'attualit� dell'interesse del 
creditore all'adempimento. 

Ma � allora chiaro che quando si richiede l'intimazione di pagamento si 
presuppone l'esigibilit� del credito ex art. 1183, di cui pertanto si riconosce 
la sussistenza anche a prescindere dall'ultimazione della procedura di pagamento, 
che pertanto cessa di essere considerata presupposto dell'esigibilit�. 

Sicch� appare allora giustificato l'indirizzo giurisprudenziale, per cos� 
dire, pi� evoluto, che nel quadro di una globale riconsiderazione del problema 
degli interessi ha riconosciuto che il credito che l'Amministrazione � 
tenuta a soddisfare ad una data scadenza � produttivo di interessi corrispettivi, 
ai sensi dell'art. 1282, a prescindere dall'impegno e dall'ordinazione 
della spesa (in tal senso, Cons. Stato, Ad. PI., 7 aprile 1981, n. 2 cit.). 

D'altro canto sin dalla prima met� degli anni Settanta la giurisprudenza ha 
cominciato a negare che alla P A. competa una posizione privilegiata rispetto al 
privato (ritenuta del tutto ingiustificata), che le consenta di scegliere il tempo 
dell'adempimento delle proprie obbligazioni. 

La dottrina pi� attenta si era del resto incaricata di spiegare che continuare 
a condizionare l'esigibilit� del debito pecuniario della P. A. all'emissione 
del mandato di pagamento significava riconoscergli il potere di differire � sine 
die � la possibilit� di esercizio del diritto, quasi come una condizione potestativa 
e come se perci� le obbligazioni della P.A. fossero obbligazioni �condizionate
� e le norme di contabilit� potessero derogare alle norme codicistiche 



PARTE II, QUESTIONI 99 

(cosa che invece viene generalmente esclusa trattandosi di fonte subordinata 
rispetto alla legge). 

Tra l'altro, da tempo nessuno se la sente pi� di giustificare la mancata 
corresponsione degli interessi corrispettivi dal punto di vista di una � presunta 
� carenza di vantaggio dello Stato per la ritenuta del danaro. 

:� infatti di generale applicazione il principio della c.d. fecondit� naturale 
del danaro, per cui neanche la P. A. pu� sottrarsi all'obbligazione di compensare 
con la corresponsione degli interessi legali il vantaggio della disponibilit� 
della somma di danaro spettante al creditor~. 

Appare pertanto giustificato concludere che i crediti pecuniari, certi e 
liquidi, diventano senz'altro esigibili alla scadenza del termine a prescindere 
dalla circostanza che sia stata ultimata la procedura di pagamento, in conformit� 
alle norme comuni del codice civile (secondo quanto espressamente 
riconoscono le SS.UU. della Cass., sent. 8 giugno 1985 n. 3481 in Foro It., 
1985, I. 1619). 

Dal momento dell'intimazione di pagamento corrispettivi si convertono in 
moratori, se a ci� si accompagna una ingiustificata dilazione del procedimento, 
consentendo al creditore di chiedere il maggior danno, di cui tuttavia dovr� 
dare prova secondo quanto previsto dalla norma dell'art. 1224 capoverso. 

Va comunque respinta la frequente affermazione secondo cui sulla somma 
rivalutata (di solito in base agli indici ISTAT) decorrono pure gli interessi 
legali. 

Le SS.UU. Cass. 89/5289 hanno infatti confermato l'orientamento della 
Prima Sezione, anche di recente ribadito (Cass. sentt. 16 aprile 1991 n. 4035 e 
8 maggio 1992, n. 5490) secondo cui quando il creditore, allegando un pregiudizio 
superiore all'importo complessivo degli interessi, chieda il risarcimento 
del maggior danno, fornendo elementi anche presuntivi di prova, vuol dire che 
egli non ha ritenuto sufficiente il � minimo � forfettariamente determinato 
dalla legge. 

In tal caso al danno presunto, costituito dagli interessi moratori (che 
oggi il legislatore ha portato come � noto al 10 %), si sostituisce la rivalutazione, 
quale espressione del danno totale subito in concreto e sulla somma 
gi� rivalutata non possono essere riconosciuti ulteriori interessi. 

La cumulabilit� della svalutazione con gli interessi legali � pacificamente 
riconosciuta per i cd. debiti di valore, tra i quali spicca l'obbligazione risarcitoria, 
dove al danneggiato vengono solitamente riconosciuti non solo la 
rivalutazione della somma ma anche gli interessi compensativi. 

Ci� aveva suscitato l'illazione, concretatasi in una miriade di domande 
che riproponevano lo stesso schema anche per i c.d. debiti di valuta. 

Il problema, risolto come si � visto in senso negativo dalla giurisprudenza, 
� stato illustrato con grande chiarezza da Adolfo Di Majo (in Casi e questioni 
di diritto privato, collana diretta da Mario Bessone, V -Obbligazioni e Con� 
tratti, 1993, 300 ss.). 

L'autorevole studioso ha evidenziato la debolezza della tesi del cumulo, 

facendo leva sulla stessa lettera dell'art. 1224, che parlando di � ulteriore � 

risarcimento e di � danno maggiore � lascia intendere � che tanto gli interessi 

legali come il danno da svalutazione hanno la funzione di reintegrare il patri


monio del creditore per il ritardato uso della somma, trattandosi, per�, nel 

caso degli interessi, di un danno presunto, mentre, nel caso della svalutazione, 

deve parlarsi di un danno effettivo (onde il danno presunto � destinato a 

sparire ove venga fornita la prova del danno effettivo) �. 

Del resto, il divieto del cumulo, ha ricevuto di recente l'autorevole avallo 

della Corte Costituzionale, che, nella notissima sentenza n. 156 del 1991, nel 



1.00 RASSEGNA AWOCA'fURA DELLO STATO 
riconoscere l'estensibilit� ai pensionati del trattamento normativo previsto 
dall'art. 429 c.p.c. (che appunto sancisce il cumulo), ha tenuto fermo, a livello 
di obiter dictum, il divieto del cumulo per i creditori ordinari. 

E tale divieto rimane fermo anche a seguito della recentissima sentenza 
19-20 aprile 1993 n. 196 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 442 c.p.c. � nella parte in cui non prevede, quando 
il giudice pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro 
per crediti relativi a prestazioni di assistenza sociale obbligatoria, il medesimo 
trattamento dei crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale in ordine 
agli interessi legali e al risarcimento del maggior danno sofferto dal titolare 
per la diminunzione di valore del suo credito �. 

FEDERICO BASILICA 

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RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

codice di procedura penale, art. 34, secondo cOJllllla, nella parte in cui non 
prevede l'incompatibilit� a partecipare al giudizio abbreviato del giudice per 
le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena 
concordata di cui all'art. 444 dello stesso codice. 

Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

codice di procedura penale, art. 427, primo comma, nella parte in cui 
prevede, nel caso di proscioglimento dell'imputato perch� il fatto non sussiste 
o per non aver commesso il fatto, che il giudice condanni il querelante 
al pagamento delle spese anticipate dallo Stato anche in assenza di qualsiasi 
colpa a questi ascrivibile nell'esercizio del diritto di querela. 

Sentenza 3 dicembre 1993, n. 423, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. 

codice penale militare di pace, art. 27, nella parte in cui consente che 
la conversione della pena della reclusione comune in quella della reclusione 
militare possa avvenire in relazione alla sanzione penale comminata per il 
reato previsto nell'art. 8, secondo comma, della legge 15 dicembre 1972, 

n. 772. 
Sentenza 30 luglio 1993, n. 358, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 11, secondo comma, ultima parte, nella parte 
in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta. 
Sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 43, secondo comma, nella parte in cui pone 
a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta. 
Sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

combinato disposto r.d.l. 30 marzo 1938, n. 680, art. 38, primo comma, 
e legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 7, secondo comma, nella parte in cui 
esclude il diritto a pensione a favore della vedova di impiegato iscritto alla 

C.P.D.E.L. che sia separata legalmente per sentenza passata in giudicato pronunziata 
per di lei colpa, allorch� a questa fosse stato riconosciuto il diritto 
agli alimenti verso il coniuge deceduto, riconoscendo alla stessa soltanto il 
diritto alla corresponsione di un assegno alimentare ove sussista lo stato 
di bisogno. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 346, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 38, secondo comma, nella parte in cui, ai 
fini del trattamento pensionistico di riversibilit�, non equipara ai minorenni 

102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

gli orfani maggiorenni iscritti ad universit� o ad istituti superiori pareggiati 

per tutta la durata del corso legale e, comunque, non oltre il ventiseiesimo 
anno di et�. 

Sentenza 23 dicembre 1993, n. 454, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 7, primo comma, lettera a). 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 344, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

combinato disposto legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 24, e legge 8 marzo 
1968, n. 152, art. 12, nella parte in cui prevedono la riscattabilit� ai fini dell'indennit� 
premio di servizio del biennio corrispondente al corso di studi 
presso la scuola convitto anzich� dell'intero periodo corrispondente al corso 
legale di studi necessario per il conseguimento del diploma di vigilatrice 
d'infanzia. 

Sentenza 21 luglio 1993, n. 321, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. 

legge 6 ottobre 1967,. n. 949, art. 9. 

Sentenza 7 ottobre 1993, n. 369, G. U. 13 ottobre 1993, n. 42. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 12, nella parte in cui non consente la 
facolt� di riscattare, ai fini della liquidazione dell'indennit� premio di servizio, 
i periodi corrispondenti alla durata legale del corso di studi per il 
conseguimento del diploma di vigilatrice di infanzia. 

Sentenza 21 luglio 1993, n. 321, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. 

combinato disposto legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 12 e legge 22 novembre 
1962, n. 1646, art. 24, nella parte in cui prevedono la riscattabilit� ai fini 
dell'indennit� premio di servizio del biennio corrispondente al corso di studi 
presso la scuola convitto anzich� dell'intero periodo corrispondente al corso 
legale di studi necessario per il conseguimento del diploma di vigilatrice 
d'infanzia. 

Sentenza 21 luglio 1993, n. 321, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 16, secondo comma, nella parte in cui non 
prevede la rivalutazione, con riguardo alla data di cessazione definitiva del 
rapporto, della retribuzione sulla quale si computa l'indennit� per cessazione 
dal servizio non di ruolo prestato anteriormente all'entrata in vigore della 
legge medesima. 

Sentenza 18 novembre 1993, n. 401, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. 

legge 15 febbraio 1972, n. 772, art. 8, terzo comma, nella parte in cui non 
prevede l'esonero dalla prestazione del servizio militare di leva a favore di 
coloro che, avendo in tempo di pace rifiutato totalmente la prestazione del 
servizio stesso, anche dopo averlo assunto, sulla base di motivi diversi da 

I 

quelli indicati nell'art. 1 della legge n. 772 del 1972 o senza aver addotto motivo 
alcuno, abbiano espiato per quel comportamento la pena della reclusione 

I 

quantomeno in misura complessivamente non inferiore alla durata del servizio I 
militare di leva. 

Sentenza 3 dicembre 1993, n. 422, G. U. 9 dicembre 1993, n. SO. 

I 

l

I 

I 

I 

I 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, art. 33, ultimo comma, nella parte in cui 
non prevede, in materia di rimborsi d'imposta, l'esperibilit� dell'azione giudiziaria 
anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. 
Sentenza 23 novembre 1993, n. 406, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, terzo comma, in connessione con 
l'art. 148 c.p.m.p., nella parte in cui non prevede l'esonero dalla prestazione 
del servizio militare di leva a favore di coloro che, avendo rifiutato totalmente 
in tempo di pace la prestazione del servizio stesso dopo aver addotto 
motivi diversi da quelli indicati nc;>ll'art. 1 della legge n. 772 del 1972, o senza 
aver addotto motivo alcuno, abbiano espiato per quel comportamento la 
pena della re�lusione in misura complessivamente non inferiore a quella del 
servizio militare di leva. 

Sentenza 28 luglio 1993, n. 343, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 42, primo comma, nella parte in cui 
stabilisce che la vedova di militare deceduto per causa bellica perde il diritto 
a pensione se contrae nuove nozze con chi fruisca, o venga a fruire 
successivamente al matrimonio, di un reddito annuo superiore al limite previsto 
dall'art. 70 della stessa legge. 
Sentenza 30 luglio 1993, n. 361, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, art. 104, nella parte in cui dispone l'abrogazione 
dell'art. 17, lett. c) del r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328. 
Sentenza 18 novembre 1993, n. 400, G.U. 24 novembre 1993, n. 48. 

legge reg. Lombardia 8 febbraio 1982, n. 12, art. 8, primo comma, nel 
testo modificato dall'art. 4 della legge della regione Lombardia 20 marzo 
1990, n. 16, nella parte in cui dispone che gli atti soggetti a controllo devono 
pervenire all'ufficio dell'organo di controllo entro i termini perentori previsti, 
anzich� essere spediti da parte dell'ente controllato entro tali termini. 

Sentenza 28 luglio 1993, n. 345, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

dP.R. 24 aprile .1982, n. 340, art. 12, nella parte in cui non prevede il potere 
di valutazione, da parte dell'amministrazione interessata, ai fini dell'ammissione 
al concorso, della riabilitazione conseguita dal candidato. 

Sentenza 23 novembre 1993, n. 408, G.U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 16, nella parte in cui non prevede che 
anche nei confronti del titolare di due pensioni, di cui una a carico della 
Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei geometri, pur restando vietato 
il cumulo delle indennit� integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo 
corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo 
pensioni lavoratori dipendenti. 

Sentenza 9 luglio 1993, n. 307, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. 


1.04 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
legge reg. Liguria, 14 aprile 1983, n. 11, art. 4, nella parte in cui individua 

quale organo competente all'esercizio delle funzioni di cui alla legge regionale 
2 dicembre 1982, n. 45, il sindaco del comune nel cui territorio la violazione � 
stata accertata, anzich� il sindaco del comune in cui la violazione � stata 
conimessa. 

Sentenza 14 ottobre 1993, n. 375, G.U. 20 ottobre 1993, n. 43. 

I 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 14 giugno 1983, n. 54, art. 24, quinto 
comma. 

Sentenza 23 luglio 1993, n. 333, G.U. 28 luglio 1993, n. 31. 

d.l. 6 novembre 1989, n. 357, art. 2, comma 23 [convertito in legge 27 dicembre 
1989, n. 417], nella parte in cui non prevede che si applichi il disposto 
dell'art. 18 della legge 25 agosto 1982, n. 604 anche ai docenti nominati in 
ruolo a seguito dell'espletamento di concorsi per titoli ed esami, qualora 
abbiano fatto valere il servizio prestato nelle istituzioni scolastiche italiane 
all'estero. 
Sentenza 15 luglio 1993, n. 315, G.l!. 21 luglio 1993, n. 30. 

legge reg. Calabria, 5 maggio 1990, n. 55, art. 5, nella parte in cui non 
ha previsto la presenza in seno alle commissioni giudicatrici per l'avanzamento 
a dirigente di 2� qualifica, di membri esperti dotati di specifica competenza 
tecnica rispetto alle materie previste per le selezioni concorsuali. 

! 

Sentenza 25 novembre 1993, n. 416, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 11, primo comma, nella parte in cui 
prevede che � la prova dell'avvenuto pagamento deve essere fornita in sede 

Ipenale mediante quietanza del portatore con firma autenticata o attestazione 
del pubblico ufficiale che ha ricevuto il pagamento ovvero attestazione della 
azienda di credito comprovante l'effettuazione del deposito vincolato �. 

Ii

Sentenza 23 novembre 1993, n. 407, G.U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

I 

d.l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 15, secondo comma [convertito con la legge 
7 agosto 1992, n. 356], nella parte in cui prevede che la revoca delle misure 
alternative alla detenzione sia disposta, per i condannati per i delitti indicati 
nel primo periodo del primo comma che non si trovano nella condizione 
per l'applicazione dell'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, anche 
quando non sia stata accertata la sussistenza di collegamenti attuali dei medesimi 
con la criminalit� organizzata. 
Sentenza 8 luglio 1993, n. 306 G. U. 14 luglio 1993, n. 29. 

legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 2, primo comma, lett. d). 

Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, sesto e dodicesimo comma, nella 
parte in cui prevede che i poteri sostitutivi ivi previsti siano esercitati dal 
Ministro della Sanit� anzich� dal Consiglio dei ministri, previa diffida. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 105 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 3, sesto comma (prima e decima 
proposizione), e 4, ottavo comma (terza proposizione), nella parte in cui prevedono 
che le competenze ivi stabilite siano esercitate, rispettivamente, dal 
Presidente della Giunta regionale, su conforme delibera della Giunta medesima 
e dalla Giunta regionale, anzich� dalla Regione. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 4, terzo comma, nella parte in cui 
definisce come ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione i presidi 
ospedalieri in cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio 
clinico delle facolt� di medicina e chirurgia e, a richiesta dell'universit�, i 
presidi ospedalieri che operano in strutture di pertinenza dell'universit� medesima. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, quarto comma. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 13, primo comma, nella parte in cui, 
nello stabilire l'esonero immediato e totale dello Stato da interventi finanziari 
volti a far fronte ai disavanzi di gestione delle unit� sanitarie locali e delle 
aziende ospedaliere, non prevede una adeguata disciplina diretta a rendere 
graduale il passaggio e la messa a regime del sistema di finanziamento previsto 
nello stesso decreto legislativo n. 502 del 1992. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 35, quarto comma, nella parte in cui 
non prevede, per i processi di mobilit� da e verso le Regioni, la consultazione 
delle stesse. 
Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 3 febbraio 1993; n. 29 artt. 45, settimo e nono comma; 47; 49, secondo 
comma, 50, secondo, terzo, quarto, ottavo e decimo comma; 51, primo 
comma, nella parte in cui disciplinano la contrattazione nazionale relativa ai 
rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle Regioni a statuto ordinario 
e degli enti regionali. 
Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, art. 4, primo 
comma, lett. a) e lett. b). 

Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, art. 6, nella 
parte in cui non prevede l'incompatibilit� a far parte del comitato di controllo 
del parlamentare europeo, del senatore e del deputato, ovunque eletti, 
nonch� di coloro che abbiano ricoperto le cariche di amministratori di enti 
soggetti a controllo del comitato nell'anno precedente alla costituzione del 
comitato stesso. 

Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 



1.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
legge reg. siciliana 11 maggio 1993, n. 15, artt. 67 e 72. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 356, G. V. 4 agosto 1993, n. 32. 

I 

legge reg. Emilia-Romagna riapprovata dal Consiglio regionale il 20 lu� 
glio 1993, art. 1. 

Sentenza 20 dicembre 1993, n. 447, G.U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

I

' 

II - 
QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice penale, art. 205 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1993, n. 319, G.U. 21 luglio 1993, n. 30. 


codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, (artt. 3, 25 e 101 della 
Costituzione). 

Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

codice di procedura penale artt. 34 e 444 (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

codice di procedura penale, artt. 34, secondo comma, e 446 (artt. 25, 97 e 

112 
della Costituzione). 
Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

codice di procedura penale, art. 314 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Sentenza 3 dicembre 1993, n. 426, G.U. 9 dicembre 1993, n. 50. 

codice di procedura penale, art. 409, secondo comma (art. 24 della Co� 
stituzione). 
Sentenza 25 novembre 1993, n. 418, G.U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

codice di procedura penale, artt. 438, 439 e 440 (artt. 3, 24, secondo comma, 
25 e 101, secondo comma della Costituzione). 

Sentenza 7 luglio 1993, n. 305, G. V. 21 luglio 1993, n. 30. 

__codice di procedura penale, art. 544, secondo comma (artt. 3, 24, 72 e 77 
della Costituzione). 

Sentenza 30 luglio 1993, n. 364, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

r.d. 27 giugno 1933, 11. 703, art. 14 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e terzo 
comma, 97 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. V. 9 dicembre 1993, n. 50. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r.d. 13 agosto 1933, n. 10381 art. 72 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e 
terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. 

r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 13 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e 
terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. 

r.d. 30 gennaio 19411 n. 12, art. 72, primo e secondo comma [come sostituito 
dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449] (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1993, n. 299, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 2671 art. 54, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 350, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 
d.P.R. 10 gennaio 19571 n. 31 art. 68 (art. 3, secondo [recte primo] comma, 
24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. 

legge 5 dicembre 19591 n. 1077, art. 16, secondo comma. 
Sentenza 16 dicembre 1993, n. 441, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 


legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 28 ottobre 1993, n. 381, G. U. 3 novembre 1993, n. 45. 


legge 8 marzo 1968, 11. 152, art. 4, secondo comma, lett. b) (art. 36 della 
Costituzione). 

Sentenza 21 luglio 1993, n. 322, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. 

legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 14 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1993, n. 297, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. 


d.P.R. 27 marzo 19691 n. 1281 artt. 16 e 23 (artt. 33, quinto comma, e 97 della 
Costituzione). 
Sentenza 23 dicembre 19931 n. 456, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, secondo comma, nella parte in cui 
esclude che il reato ivi configurato si realizzi per il solo fatto del rifiuto del 
servizio militare di leva. 

Sentenza 3 dicembre 1993, n. 422, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. 

d.P.R. 29 dicembre 19731 n. 1092, art. 851 secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1993, n. 405, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. 



108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, prima parte, nella parte in cui riferisce 
la disciplina ivi contenuta alle misure alternative alla detenzione previste 
dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n. 354, �fatta eccezione per la liberazione 
anticipata � (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, primo comma, lettera a), prima parte, 
primo e secondo periodo (artt. 27, terzo comma, 24, secondo comma, 25, primo 
e secondo comma e 3 della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, secondo comma (artt. 3, 24, primo 
comma e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 23 novembre 1993, n. 410, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

legge 26 luglio 1975,. n. 354, art. 41-bis, secondo comma (artt. 13, primo e 
secondo comma, 15, secondo comma, 27, terzo comma, 97, primo comma, e 
113, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 28 luglio 1993, n. 349, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

I 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

I ~ 

Sentenza 14 dicembre 1993, n. 429, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma (artt. 3, primo e secondo 
comma e 97 della Costituzione). 

I

Sentenza 14 dicembre 1993, n. 430, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53 (artt. 3 e 38, secondo comma, della 
i

Costituzione). 

I

Sentenza 23 dicembre 1993, n. 459, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

I

legge 3 gennaio 1981, n. 6, art. 21, quinto comma (artt. 3 e 38, secondo 
comma, della Costituzione). 

I

Sentenza 20 dicembre 1993, n. 450, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 

Sentenza 18 novembre 1993, n. 404, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. 

legge reg. Lombardia 8 febbraio 1982, n. 12, art. 8, primo comma, come 
modificato dall'art. 4 della legge della reg. Lombardia 20 marzo 1990, n. 16 
(artt. 117, 128 e 130 della Costituzione). 

Sentenza 28 luglio 1993, n. 345, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge 14 agosto 1982, n. 590, art. 20, terzo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). 


Sentenza 15 luglio 1993, n. 317, G. U. 21 luglio 1993, n. 30. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 

legge reg. Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91, art. 1, secondo comma (art. 117 
della Costituzione). 

Sentenza 28 luglio 1993, n. 347, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge reg. Sicilia 21 agosto 1984, n. 55, artt. 5 e 6 (artt. 3 e 4 della Costi� 
tuzione). 
Sentenza 25 novembre 1993, n. 419, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

legge reg. Puglia 11 dicembre 1984, n. 52, art. 14, primo comma, ultimo 
periodo (artt. 3, 18 e 117 della Costituzione). 
Sentenza 25 novembre 1993, n. 417, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1-sexies, secondo comma (art. 97 della Costituzione). 
Sentenza 14 ottobre 1993, n. 376, G. U. 20 ottobre 1993, n. 43. 

legge 29 gennaio 1986, n. 23, art. 22 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 20 dicembre 1993, n. 448, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 5 (art. 76 della Costituzione). 

Sentenza 1� luglio 1993, n. 299, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. 

legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 22, secondo comma, terzo periodo (artt. 3 
e 97 della Costituzione). 

Sentenza 23 novembre 1993, n. 409, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. 

legge reg. sic. 15 giugno 1988, n. 11, art. 16, nella parte in cui sostituisce 
l'art. 9, secondo comma, della legge reg. siciliana 27 dicembre 1985, n. 53 
(artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Sentenza 3 dicembre 1993, n. 424, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. 

legge 12 luglio 1988, n. 270, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1993, n. 318, G. U. 21 luglio 1993, n. 30. 

� legge 19 febbraio 1991, n. 50, artt. 1 e 3 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 dicembre 1993, n. 460, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

d. legislativo 22 giugno 1991, n. 230, tariffa allegata, note alle voci 1, 2, 4, 
5, 7, 8, 9, 10, 15, 16 sub 1, 17, 18, 23, 25, 28, 32, 33, 35, 38, 39, 40, 42, 43, 46 (artt. 
76, 117 e 118 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1993, n. 295, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. 

decreto-legge 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, commi 12, 15 e 17 (artt. 3, 5, 
97, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione). 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 



110 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, commi 15, 16 e 17 (artt. 8, nn. 3, 5 e 6; 
9 n. 10; 16 dello Statuto prov. aut. di Trento). 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, comma 17 (artt. 4 e 5 dello statuto reg. 
Friuli-Venezia Giulia). 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, settimo comma (artt. 3, 4, 32 e 35 
della Costituzione). 

Sentenza 23 dicembre 1993, n. 457, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

d.I. 7 gennaio 1992, n. 5, art. 1, primo comma e art. 2, primo comma [convertito 
in legge 6 marzo 1992, n. 216] (artt. 3 e 136 della Costituzione). 
Sentenza 23 dicembre 1993, n. 455, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. 

d.l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 15, secondo comma, nella parte in cui prevede 
che il tribunale di sorveglianza dispone la revoca delle misure alternative 
alla detenzione � accertata la insussistenza della suddetta condizione � (artt. 25, 
primo comma, 101, secondo comma, e 109 della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. 

d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] 
(artt. 42, terzo comma, e 97 della Costituzione). 
Sentenza 16 dicembre 1993, n. 442, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, primo e secondo comma [convertito 
nella legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 16 dicembre 1993, n. 442, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. 

d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 6, quarto comma [convertito in legge 8 agosto 
1992, n. 359] (artt. 3, 24, 101. 102 e 104 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1993, n. 402, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. 

d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 11, comma 2, 2-bis [convertito in legge 8 agosto 
1992, n. 359] (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1993, n. 323, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. 

d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 13 [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] 
(art. 36 statuto reg. Sicilia). 
Sentenza 30 luglio 1993, n. 362, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d.I. 19 settembre 1992, n. 384, artt. 13 e 13-ter, secondo comma [convertito 
in legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 116 e 119 della Costituzione e 7, 8 
54 dello statuto reg. Sardegna). 

Sentenza 30 luglio 1993, n. 363, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 

d.l. 19 settembre 1992, n. 384; art. 13, primo comma [convertito in legge 
li! novembre 1992, n. 438] (art. 36 statuto reg. Sicilia). 
Sentenza 30 luglio 1993, n. 362, G. V. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2, .primo comma, lett. b) (artt. 39, 97, 76, 
117, 118-, 119 e 124 della Costituzione). 

Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge prov. aut. di Bolzano, 4 dicembre 1992, artt. 1, 2 (commi da 1 a 4), 
3, 4, 5 e 7 (artt. 8, n. 29, e 9, n. 10, dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 15 luglio 1993, n. 316, G.U. 21 luglio 1993, n. 30. 

legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 8, comma 1, (artt. 3, 5, 81, quarto comma, 
della Costituzione e 8, 9 n. 10, 16, primo comma, t�tolo VI, 104 e 107 statuto 
prov. aut. di Trento). 

Sentenza 28 luglio 1993, n. 357, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 12, terzo comma, (artt. 3, 117, 118 e 119 
della Costituzione). 

Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. 

legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 15, quinto comma (artt. 3, 117, 118 e 119 
della Costituzione). 

Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 1, 3, sesto comma, 4, primo e decimo 
comma, 6, primo, terzo e quarto comma, 7, primo e quarto comma, 8, quinto 
e sesto comma, 9, 10, terzo e quarto comma, 14, primo e secondo comma. 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3 (artt. 76, 77, 116, 117 e 118 della 
Costituzione e artt. 2, 3, 4 statuto reg. Valle d'Aosta). 
Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

d. Lgs. 30 gennaio 1993, n. 27, artt. 2, primo comma, lett. b) e c); 8, secondo 
comma, lett. b); allegato A e allegato B, pnnto 4 (artt. 76, 117 e 118 
della Costituzione). 
Sentenza 28 ottobre 1993, n. 382, G.U. 3 novembre 1993, n. 45. 

d. Lgs. 30 gennaio 1993, n. 28, artt. 2, primo comma, lett. f) e g), e 5, secondo 
comma (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). 
Sentenza 28 ottobre 1993, n. 382, G.U. 3 novembre 1993, n. 45. 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

d. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, artt. 1, terzo comma; 13; 15, secondo comma; 
18, primo comma; 26, 27, secondo e quarto comma; 28, 30, secondo comma; 
31; 32; 33; 34; 35, primo, secondo, terzo, quinto, sesto e ottavo comma; 41, primo 
e terzo comma; 42, secondo comma; 43; 45, primo, secondo, terzo, quarto, 
quinto, sesto e ottavo comma; 50, primo, quinto, sesto, settimo e nono comma; 
51, secondo, terzo e quarto comma; 52; 54; 60; 61, secondo comma; 63, secondo 
comma; 64; 65; 67; 70, secondo comma (artt. 39, 97, 76, 117, 118, 119 e 124 della 
Costituzione). 
Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, artt. 3, secondo 
comma, 16, 22, 24, 35 e 36 (artt. 3 e 97 della Costituzione e art. 43 statuto spec. 
Valle d'Aosta). 

Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

legge reg. siciliana 11 maggio 1993, n. 15, art. 19 (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). 


Sentenza 28 luglio 1993, n. 356, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. 

delibera leg. reg. Toscana n. 53 del 1993, riapprovata il 18 maggi.o 1993 
(artt. 3, 97 e 117 della Costituzione). 

Sentenza 20 dicembre 1993, n. 449, G.U. 29 dicembre 1993, n. 53. 


CONSULTAZIONI 


ANTICHIT� e BELLE ARTI -Alienazione a titolo oneroso di immobili di in 
teresse storico e artistico -Posticipazione dell'effetto traslativo � 
Decorrenza del termine di esercizio della prelazione da parte dello 
Stato -Computo del quinquennio entro il quale l'alienazione da parte 
dell'erede fa venir meno i benefici relativi all'imposta di successione. 

Se nel caso di alienazione a titolo oneroso di immobile di interesse 
storico o artistico, per la quale sia previsto il differimento dell'effetto 
traslativo, si debba far riferimento alla data in cui si produrr� l'effetto 
ai fini: 

a) della decorrenza del termine per l'esercizio della prelazione da 
parte del Ministero dei Beni Culturali; 

b) del computo del quinquennio dall'apertura della successione 
entro il quale la alienazione del bene da parte dell'erede determina la 
decadenza dai benifici fiscali ex art. 4 1. 512/82 (esclusione dall'imposta 
di successione e riduzione dell'imposta di successione) (es. 5990/93). 

CALAMIT� PUBBLICHE -Esplosione motonave Haven -Atto con il quale il 
dipartimento della protezione civile e il Ministero della Marina Mercantile 
hanno affidato all'A.T.I. Eni Iri compiti di tutela e recupero 
dell'ambiente marino -Natura -Contratto di appalto -Esclusione Conseguenze. 


Se l'esecuzione dei lavori di disinquinamento, svolti dalle imprese 
incaricate dall'Associazione temporanea di imprese IRI-ENI, sul relitto 
della motocisterna Haven, dovesse essere previamente autorizzata dall'Amministrazione 
(es. 3214/93). 

COMUNIT� EUROPEA -Aiuti comunitari alla produzione agricola -Regolamento 
che ne esclude la corresponsione dichiarato invalido -Interessi 
sulle somme perci� dovu~e ai produttori -Decorrenza. 

Se il pagamento di aiuti comunitari (nella specie alla produzione del 
tabacco) effettuato dall'AIMA solamente dopo la dichiarazione di invalidit� 
del Regolamento CEE del Consiglio, che escludeva la corresponsione 
di tale aiuto, comporti la decorrenza di interessi, e da quale momento, 
a favore del produttore (es. 3643/92). 

CONTABILIT� PUBBLICA -Beni immobili dello Stato -Locazioni di immobili 
ad uso diverso da quello di abitazione -Aumento dei canoni disposto 
dall'art. 12 quinto comma d.l. 27 aprile 1990 -Applicabilit� ai contratti 
in corso alla data di entrata in vigore del ridetto d.l. 27 
aprile 1990. 

Se l'aumento dei canoni per l'utilizzazione dei beni immobili del demanio 
o del patrimonio disponibile dello Stato, disposto dall'art. 12 
quinto comma d.l. 27 aprile 1990, n. 90, si applichi anche ai contratti di 



1.1.4 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

locazione (eccettuati quelli riguardanti immobili locati ad uso abitazione) 
in corso al momento della entrata in vigore del ridetto d.l. 27 aprile 
1990, n. 90 (es. 1724/92). 

ENTI PUBBLICI -Agensud -Soppressione -Debiti -Pagamento -Soggetto 
legittimato -Crediti di appaltatori e concessionari di opere di cui 
alla delibera CIPE 157/87. 

Se il commissario liquidatore della soppressa Agenzia per la promozione 
dello sviluppo del Mezzogiorno debba procedere al pagamento 
delle somme spettanti all'appaltatore o al concessionario di opere di cui 
alla delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 157 (es. 19481/93). 

ENTI TEATRALI -Spese di pubblicit� ex art. 5 l. 67/87 -Spese per locandine 
e manifesti. 

Se le spese che i teatri pubblici (nella specie Teatro Regio di Torino) 
sostengono per le locandine e i manifesti rientrino nelle spese pubblicitarie 
previste dal primo comma dell'art. 5 I. 67/87 (secondo il quale: 
� le amministrazioni statali e gli enti pubblici non territoriali, con esclusione 
degli enti pubblici economici, sono tenuti a destinare alla pubblicit� 
su quotidiani e periodici una quota non inferiore al cinquanta per cento 
delle spese per la pubblicit� iscritte nell'apposito capitolo di bilancio�) 
(es. 8913/92). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE (O UTILIT�) -Interventi previsti 
dalla l. 396/1990 (Roma capitale) -Espropriazioni necessarie per la 
realizzazione degli stessi -Fattispecie. 

Se, da parte di chi ed in quali termini, possano essere espropriate 
le aree che il Comune di Roma ha l'obbligo, in forza dell'art. 9 quarto 
comma I. 396/1990, di trasferire all'Amministrazione della Difesa in permuta 
delle aree, site nel centro della citt�, occupate dalla Caserma Sani 
e dal magazzino vestiari e viveri dell'Esercito (es. 6092/93). 

IGIENE E SANIT� PUBBLICA -Delegazioni di gestione preposte ai policlinici 
universitari -Consigli di amministrazione delle universit� -Rapporti 
-Competenze in materia di bilancio dei policlinici. 

Se la predisposizione e gestione del bilancio, nonch� la predisposizione 
del conto consuntivo, di un Policlinico Universitario, siano di esclusiva 
competenza della Delegazione di Gestione del Policlinico stesso 
(es. 6365/92). 

IMPIEGO PUBBLICO -Sanit� -Indennit� di rischio da radiazioni -Sentenza 
7-20 luglio 1992 n. 343 della Corte Costituzionale -Accoglimento in 
sede giurisdizionale di domande proposte da personale ospedaliero 
non di radiologia -Presupposti -Accertamento del rischio -Modalit�. 

Se i Tribunali amministrativi regionali possano accogliere la domanda 
di un lavoratore ospedaliero che non appartenga al personale 
medico e tecnico di radiologia ed intesa ad ottenere l'indennit� di rischio 
radiologico prevista dall'art. 1 I. 460/88 senza aver accertato -per il 


PARTE II, CONSULTAZIONI 1.1.f 

tramite della Commissione di cui all'art. 58 d.P.R. 270/87 -l'esposizione 
del lavoratore stesso ad un rischio non minore per continuit� e intensit� 
di quello normalmente sostenuto dal personale di radiologia (es. 6959/92). 

ISTRUZIONE E SCUOLE -Contributi statali per la costruzione di edifici per 
le scuole materne -Riscatto delle quote di detti edifici di compropriet� 
statale -Prescrizione del diritto -Fattispecie. 

Se sia possibile la restituzione in una unica soluzione del contributo 
concesso dallo Stato per la costruzione di una scuola materna (ex art. 
15 legge 24 luglio 1962 n. 1073), dopo che l'edificio sia stato conservato 
alla sua destinazione per un ventem1io dalla costruzione dell'immobile 
stesso. e dalla fruizione del contributo (es. 5359/92). 

Docenti universitari eletti al Parlamento o nei Consigli regionali -Collocamento 
in aspettativa senza assegni -Se decorra dal 31 marza 1993. 

Se per i professori e ricercatori universitari, che siano eletti al Parlamento 
o nei Consigli Regionali, il divieto di cumulo fra l'indennit� parlamentare 
e il trattamento economico di impiego sia operante dal 31 
marzo 1993 oppure dal 1� giugno 1994 (es. 2611/93). 

Scuola materna, elementare e media inferiore -Idonei nei concorsi banditi 
in prima applicazione della legge 270/82 -Domanda di immissione 
in ruolo mediante l'utilizzazione di posti DOA previsti in cifra fissa 
non utilizzati per il riassorbimento di soprannumerari. 

Se debba escludersi la possibilit� che venga a mutare l'indirizzo giurisprudenziale 
del Consiglio di Stato secondo il quale l'Amministrazione 
della Pubblica Istruzione ha l'obbligo di provvedere sulle domande -presentate 
da coloro che sono risultati idonei nei concorsi banditi in sede 
di prima applicazione della legge 270/82 e che non hanno proposto ricorso 
avverso i provvedimenti di riassorbimento dei posti di dotazione organica 
aggiuntiva (DOA) della scuola materna, elementare, media di primo 
grado, previsti per la prima applicazione della ridetta legge 270/82 e non utilizzati 
per il riassorbimento degli insegnanti soprannumerari o per i trasferimenti 
-domande con le quali i ridetti idonei chiedono (in virt� 
della loro utile posizione nella graduatoria) di essere nominati in ruolo 
quali vincitori dei concorsi mediante l'utilizzazione dei posti DOA summenzionati; 
e se vadano impugnate le sentenze dei Tribunali Amministrativi 
Regionali che affermano l'obbligo della amministrazione di procedere 
alla nomina dei surriferiti idonei (es. 2022/91). 

Veterinari docenti universitari -Quota di utili derivanti da prestazioni 
rese dall'Universit� in base a convenzioni con enti -Sottoponibilit� 
al contributo previdenziale integrativo ex art. 12 legge 136/91. 

Se i veterinari docenti universitari che abbiano titolo alla ripartizione 
dei proventi derivanti da contratti o convenzioni stipulati dalle Universit� 
con enti, debbano corrispondere all'ENPAV, sulle somme percepite, 
il contributo integrativo previsto dall'art. 12 legge 12 aprile 1991 n. 136 
(es. 1873/93). 


116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

NAVIGAZIONE -Opere portuali -Da costruire e gestire in concessione -Aggiudicazione. 


Se siano affidabili a trattativa privata, senza il rispetto delle forme 
di pubblicit� previste dalla normativa comunitaria in materia di appalti, 
le costruzioni di opere portuali (nel caso di specie in Civitavecchia) che 
debbano poi essere gestite, in concessione, dall'impresa costruttrice (es. 
3251/93). 

ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA -Agente della polizia di Stato -Uso da parte 
sua delle armi per evitare la commissione di un reato, mentre non 
si trova in servizio -Procedimento penale per fatti conseguenti al 
ridetto uso delle armi -Spese sostenute dall'agente per la difesa nel 
giudizio -Rimborso da parte dell'Amministrazione -Se spetti. 

Se l'agente di polizia, che abbia fatto uso delle armi per impedire la 
commissione di un reato, che vedeva perpetrato in un momento in cui 
egli non era in servizio, abbia diritto al rimborso -da parte della Amministrazione 
-delle spese da lui sostenute per difendersi nel giudizio 

I 

penale promosso nei suoi confronti per fatti conseguenti al ridetto uso 

~ 

delle armi (nella specie decesso di colui che voleva compiere una rapina) 
(es. 3299/93). ~ 

j 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Contratti della P.A. -Misure antimafia . Divieto 
di cessione del contratto di appalto -Estensione -Appalti di 
servizi. 

I 

I 0 

Se il divieto di cessione del contratto di appalto sancito dall'art. 22 
legge 12 luglio 1991 n. 203 si applichi anche agli appalti di servizi (nella 


I ~ 

specie, trasporti postali) (es. 5881/91). 

RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Crediti per imposte e di rimborso di imposta 


I

Interessi -Prescrizione -Decorrenza. ~ 

Se la prescrizione degli interessi relativi a un credito dell'erario per 
imposta (o del contribuente per rimborso di imposta) contestato in sede 
giudiziale, inizi a decorrere solamente con il passaggio in giudicato della 
sentenza che accerta l'esistenza e l'ammontare del credito per tributo 


I 

(o di rimborso) (es. 339/93). 

I

SICUREZZA PUBBLICA -Beni immobili di propriet� di indiziato di appartenere i 
alla mafia -Confisca ex legge 575/65 -Diritti reali, ipoteche, pignora!
i 
menti gravanti sugli immobili -Sorte. 


! 

1

Se la confisca esecutiva (ex. legge 575/65) dei beni immobili di proI 
priet� di persona sospettata di appartenere ad associazione mafiosa, 
comporti l'estinzione dei diritti reali di godimento, delle ipoteche, dei 
pignoramenti gravanti sui ridetti immobili (es. 4106/93). 


I 

! 

I 

I 

I 

I 


PARTE II, CONSULTAZIONI 117 

Disposizioni contro la mafia -Contratti di appalto di opere pubbliche o/e 
contratti di pubbliche forniture -Imprese estere -Certificazione antimafia 
-Acquisizione -Necessit�. 

Se l'amministrazione abbia l'obbligo di acquisire il certificato antimafia 
relativamente a imprese estere che intendano partecipare ad un 
appalto di opere pubbliche (es. 6421/93). 

TRASPORTI -Linea ferroviaria gestita da commissario governativo -Lavori 
di ammodernamento -Affidamento in concessione e affidamento in 
appalto, da parte del concessionario, a trattativa privata -Collaudo 
in corso di opera -Nomina di un ente quale direttore dei lavori Possibilit�. 


Se i lavori di ammodernamento di linee feJ:1roviarie gestite da Com� 
missari Governativi (nella specie Ferrovia Centrale Umbra); 

1) possano essere affidati in concessione a trattativa privata e se 
il concessionario possa a sua volta affidare i lavori stessi in appalto a 
trattativa privata; 

2) se relativamente a detti lavori possa procedersi al collaudo in 
corso d'opera mediante apposita commissione; 
3) se la direzione dei lavori possa essere svolta da un ente (es. 
1630/93). 

URBANISTICA -Programma pluriennale di attuazione scaduto -Proroga Possibilit�. 


Se possa essere prorogato il Piano Pluriennale di Attuazione scaduto, 
evitandosi cos� l'applicazione dei vincoli del piano paesistico regionale 
(es. 3833/93). 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Violazioni in 
materia di emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale Sanzioni 
-Sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio 
dell'attivit� svolta -Pi� applicazioni della sanzione per infrazioni commesse 
nel medesimo quinquennio -Possibilit�. 

Se possa applicarsi pi� volte, per infrazioni commesse nel medesimo 
quinquennio, la sanzione della sospensione della licenza commerciale prevista, 
per l'ipotesi di commissione di tre distinte violazioni dell'obbligo 
di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, dal d.l. 46/76 e dalla 
legge 18/83 (es. 8573/89). 

Tasse automobilistiche -Consegna di veicolo per la rivendita ad impresa 
autorizzata -Mancata annotazione della susseguente vendita nei registri 
del P.R.A. -Soggetto passivo. 

Chi sia tenuto al pagamento della tassa automobilistica relativa a 
un veicolo consegnato per la rivendita ad impresa autorizzata o comunque 
abilitata al commercio dei veicoli, quando la susseguente vendita 
del veicolo stesso non sia stata annotata nei registri del P.R.A. (es. 2936/92). 



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I 


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I ~ 
I 

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