JRA��JEGNA AVV(Q)CA1r1LJJRA JJ]JEJLJL(Q) �1rA1r(Q) Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO XLV -N. 3-4 LUGLIO -DICEMBRE 1993 ~A��JECGNA AVV(Q)<C.h.1rlU~A IDJJEJLJL(Q) �JrAJr(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO S'.l:'ATO ROMA 1993 ABBONAMENTI ANNO 1994 ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 52.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 13.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 lu111io 1966 (6219022) Roma, 1993 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/' avv. Franco Favara) . . pag. 283 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura de/l'avv. Oscar Fiumara) ll 329 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Antonio Cingolo e Giuseppe Stipo) )) 357 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura dell'avv. Raffaele Tamiozzo) .. )) 411 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a c�ra de/l'avvocato Carlo Bafile) . � 426 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI QUESTIONI ........ . pag. 79 101 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE li li 113 CONSULTAZIONI ..... . Comitato di redazione: Avv. D. Dei Gaizo -Avv. G. Mangia - Avv. M. Saivatorelil -Avv. F. Sciafani La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI C. BAFILE: Nota sulla prescrizione dopo la riforma tributaria . . . . I. 444 F. BASILICA: Brevi osservazioni sull'apparentia iuris in materia societaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 357 F . .BASILICA: Note in tema di interessi sui debiti pecuniari della pubblica amministrazione . . II, 96 I. F. CARAMAZZA: L'unicit� della giurisdizione: un mito ricorrente II, 89 W. FERRANTE: Le linee principali della legge di riforma dell'arbitrato . II, .79 O . .FIUMARA: Esercizio dell'azione civile in sede penale contro pubblico dipendente per fatto di servizio e riconoscimento della sentenza ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 . . . I, 333 O. FIUMARA: Le sentenze della Corte di giustizia delle comunit� europee pronunciate nel corso dell'anno 1993 in cause alle quali ha partecipato l'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 329 V. Russo: Note in tema di responsabilit� del conduttore per il ritardato rilascio dell'immobile locato e prova del danno . I, 382 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO...:. ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE -Trib'ilnale Superiore -Sentenza Impugnabilit� ex art. Ul Cost. -Vizio di motivazfone -Deducibilit� Limiti, con nota di. Russo, 362. BELLEZZE NATURALI -Protezione -Vincolo paesistico ed ambientale -Opere eseguite 1n zona vincolata --Sopravvenienza di autorizzazione paesistica e di concessione edilizia in sanatoria -Applicabilit� delle sanzioni -Legittimit� costituzionale, _ 313. -Vincolo paesaggistico imposto dallo Stato ex art. 82, secondo comma d.PR. n. 616 del 1977 ad integrazione degli elenchi di -bellezze naturali ap -provati -dalle Regioni -�Applicabilit� alle zone di cui al comma sesto dell'art. 82 cit. -Sussistenza -Contestazione del vincolo -Giurisdizione amministrativa, 369. COMUNIT� EUROPEA ) -Concorrenza � Monopolio fiscale Legittimit� ---Limiti, 344. -Convenzione_ di Bruxelles sulla com --petenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale � Competenza Materia � eivile � � Eservizio dell'azione civile in �sede penale -Fatti- specie, con nota di O. FIUMARA, 333. -Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisiop.i in materia civile e commerciale � Provvedimenti di exequatur � Impugnazioni, con nota di O. FIUMARA, 333. ,-Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecu zione delle decisioni in materia civile e commerciale � Riconoscimento di una decisione_ ~ Casi di diniego Fattispecie, con nota di O. FIUMARA, 333. -Corte di giustizia delle Comunit� europee � Domandi;t di pronuncia pregiudiziale del giudice nazionale Presupposti � Contraddittorio -Com~ petenza, 349. -Sesta direttiva IV A -Liquidazione dell'importo netto dell'IVA � Acconto da pagare su tale importo, 349. CORTE COSTITUZIONALE -Ricorso avverso delibera legislativa regionale -Violazione dell'art. 97 Cost. � Prospettazione delle finalit� della delibera e del contesto di politica economica -~ Ammissibilit�� delc la censura, 302. CORTE DEI CONTI -Controllo Enti � Esclusione dei magistrati della Corte dei conti dalle sedute degli organi di amministrazione e revisione � Omesso invio di documenti relativi alla gestione degli enti � Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato -Ammissibilit�, 289. CREDITO -Poteri pubblicistici di controllo Revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito -Lesione di interessi legittimi -Giurisdizione amministrativa � Superamento dei limiti esterni dei poteri dell'Amministrazione � Illecito civile -Lesione di diritti . soggettivi -Giurisdizione ordinaria, 389. -Y. , -, , ---;::::; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO VI DEMANIO -Successione delle province autonome di Trento e Bolzano nei beni dello Stato ex art. 68 d.P.R. 31 agosto 1972 -Corrispondenza delle nuove materie di loro competenza come limite oggettivo al trasferimento -Esclusione del trasferimento di rete ferroviaria in disuso � Vindicatio rei� da parte dello Stato -Giurisdizione ordinaria -Esclusione di un conflitto di attribuzioni, 398. ENTI PUBBLICI -Organi -Funzionario di fatto -Natura -Attivit� posta in essere -Efficacia � Condizioni, 411. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Occupazione d'urgenza -Termini Proroga legale -Legittimit� costituzionale, 290. 3IUDIZIO PENALE -Imputato irreperibile -Applicazione della pena concordata -Richiesta Legittimazione del difensore privo di procura speciale -Non sussiste Questione di legittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza, 287. GIURISDIZIONE CIVILE -Enti pubblici -Automobile Club provinciale -Elezione alle cariche sociali -Controversie -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza, 411. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Servizio militare di leva Cittadini residenti in zone terremotate -Esenzione su domanda -Diritto soggettivo -Esclusione, 378. -Pensioni -Domanda diretta ad ottenere il trattamento pensionistico C.P.D.E.L. -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Sussistenza, con nota di V. Russo, 375. -Pensioni -Questioni sulla spettanza -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Sussistenza, con nota di V. Russo, 375. IMPIEGO PUBBLICO -Crediti per interessi e rivalutazione -Prescrizione quinquennale, 422. -Crediti retributivi -Necessit� di specifici accertamenti di fatto da parte dell'Amministrazione -Prescrizione decennale, 422. -Ente di sviluppo agricolo -Immissione in ruolo � ope legis � -Osservanza del principio del buon andamento -Condizioni, 293. -Immissione in ruolo -Blocco delle assunzioni -Esclusione -Pu� essere consentita da legge regionale, 293. -Rapporti di carattere provvisorio e temporaneo o stabilit� di fatto Incertezza soggettiva circa l'esistenza del diritto -Non incidenza sul decorso della prescrizione, 422. - Riserva dei posti a favore delle categorie privilegiate � L. n. 482 del 1968 Criteri di computo -Riservatari vincitori per merito -Non sono computabili, 419. LOCAZIONE -Immobili urbani adibiti ad uso non abitativo -Disciplina transitoria ex art. 69 legge 27 luglio 1978 n. 392 � Indennit� per la perdita dell'avviamento commerciale � Indennit� determinata dal giudice di primo grado -Eseguibilit� del provvedimento di rilascio, 315. -Mutamento della destinazione d'uso � Azione di risoluzione ex art. 80 legge 27 luglio 1978 n. 392 -Termine trimestrale di decadenza -Sospensione feriale -Applicabilit�, con nota di V. Russo, 310. - Obbligazioni del conduttore -Danni da ritardata restituzione -Periodo compreso tra la scadenza contrattuale ed il rilascio fo�oso -Responsabilit� del conduttore -Sussiste, con nota di v, Russo, 382. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Obbligazioni del C�nduttore � Restituzione dell'immobile locato � Inden� nit� di occupazione ex art. 1591 e.e. � Debito di valuta � Interessi corrispet� tivi � Decorrenza dalla domanda, con nota di V. Russo, 382. .....: Obbligazioni del conduttore � Restituzione dell'immobile locato � Inden� nit� di occ�pazione ex art. 1591 e.e. � Debito di val�t� -Rivalutazione monetaria -Non spetta, salvo maggior danno ex art. 1224 cpv e.e., con nota di V. Russo, 382. -Risarcimento del maggior danno ex art. 1591 e.e. � Quanitficazione del danno � Onere della prova in con� creta . Liquidazione equitativa . E� sclusione, salvo� possibilit� di con� dann.a generica, con nota di V. Russo, 382. OPERE PUBBLICHE -Appalto � Disciplina � Inadempi� mento della p.a. all'obbligo di pre� sentare il corrispettivo � Interessi moratori � Decorrenza, 365. PENSIONI -Pensione di reversibilit� -Figli maggiorenni infraventiseienni studenti od universitari con reddito proprio � Esclusione del diritto anche in caso di reddito insufficiente � Il� legittimit� costituzionale, 317. PREVIDENZA -Riscatto degli anni di studio universitario � Corso per assistente sociale svolto da scuola universitaria diretta a fini speciali � Non riscat� tabilit� degli anni di corso � Illegit� timit� costituzionale, 320. PROCEDIMENTO CIVILE -Onere della prova -Richiesta di consulenza tecnica -Esonero della parte dal fornire la prova di quanto assume � Esclusione, 366. REATO ...., Reato commesso da minorenne Applicazione della pena � Ergastolo � Applicabilit� -Questione di legittimit� costituzionale � Inam� missibilit�, 283. REGIONI -Conferenza di servizi � Esclusioni di limitazioni dell'autonomia regionale � Legittimit� costituzionale, 321. -Emigrazione . Consulta regionale per l'emigrazione � Oneri finanziari a carico della Regione -Violazione del principio del buon andamen� to amministrativo � Insussistenza, 296. -Emigrazione � Contributi . Erogazioni a favore di enti privati � Inva� sione delle competenze statali -In� sussistenza, 296. -Regione Piemonte -Sanit� � Strut� ture di alta specialit� � Definizione della dotazione obbligatoria e fun. zioni erogabili � Decreto del Mini� stra della sanit� -Non invade le competenza regionale, 308. - Regione Piemonte � Sanit� -Tra. piani d'organo e coordinamento d�i prelievi multi-organici a fini di trapianto � Inserimento tra le at� tivit� di alta specialit� -Decreto del Ministro della sanit� � Non in� vade la competenza regionale ,308. SANIT� -Aumento di organici del personale Messa a disposizibne delle Univer� sit� � Competenza legislativa della Regione, 302. SICILIA -Competenza legislativa di attuazio� ne � Compatibilit� con lo Statuto speciale, 302. -Impiego pubblico . Immissione in ruolo � Anzianit� di carriera � De� correnza -Riconoscimento di servi� zio pre-ruolo � Illegittimit� costituzionale, 293. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO VIII SOCIETA PER AZIONI -Immedesimazione organica -Rappresentanza apparente -Atti. negoziali posti in essere da dipendente -Inefficacia, con nota di F. BASILICA, 357. TRENTINO-ALTO ADIGE - Bolzano Privatizzazione della A.S.S.T. -Relativa tabella dei ruoli locali del personale statale -Venir meno della concretabilit� di essa Violazione art. 89, 100 e 107 dello Statuto Trentino-Alto Adige -Insussistenza, con nota di F. FAVARA, 298. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento -Sanzioni -Omessa dichiarazione dei redditi -Fallimento -Responsabilit� del curatore, 455. -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi di lavoro dipendente -Rivalutazione monetaria di retribuzione -Costituisce reddito imponibile da assoggettare a rite_ nuta, 436. -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Tassazione separata -Emolumenti arretrati -Compenso annuale di incentivazione per il personale delle aziende dipendenti dal Ministero delle Poste -Esclusione, 426. -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria -Interessi -Disciplina anteriore all'art. 5 del d.l. 27 aprile 1990 n. 90 -Esclusione, 459. - Sanzioni -Art. 98 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 -Rappresentante del soggetto obbligato � Notifica del ruolo -Non � necessaria -Tutela giurisdizionale del rappresentante, 448. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Accertamento � Prova -Perquisizioni a fini penali -Utilizzabilit� -Limiti, 438. - Tasse radiofoniche e televisive -� Canone di abbonamento � Natura � Presupposto -Impossibilit� di ricezione dei programmi nazionali -Irrilevanza, 449. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento -Sostituzione di nuovo accertamento a precedente gi� impugnato -Legittimit�, 457. -Contenzioso tributario -Definizione ex art. 15 legge 29 dicembre 1990 n. 408 -Inapplicabilit� al giudizio di cassazione, 456. -Contenzioso trib�tario -Impugnazioni -Termini -Art. 327 c.p.c. -Applicabilit� alle decisioni delle commissioni -Impugnazione dinanzi alla Corte d'appello -� preclusa dalla decorrenza dell'anno, 435. -Sanzioni -Prescrizioni -Interruzione -Legge 7 gennaio 1929, n. 4 Ricorso al Ministro -Non interrompe la prescrizione, con nota di � C. BAFILE, 443. -Soggetti passivi -Impresa familiare � impresa individuale del titolare Trasformazione in societ� di Persone con conferimento dell'azienda -� soggetta all'imposta di registro, 433. - Soggetti passivi -Solidariet� -Provvedimento amministrativo definitivo -Giudicato pi� favorevole ottenuto da altro condebitore -Art. 1306 e.e. -Si applica -Estensione del giudicato dalla imposta di registro all' INVIM -Ammissibilit�, 428. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA .C::QRTE COSTITUZIONALE f aprile 1993, n. 140 . . . pag. 283 '6 aprile 1993, n. 143 (ord.) � 287 13 maggio 1993, n. 242 (ord.) � 289 19 maggio 1993, n. 244 . � 290 24 maggio 1993, n. 250 . � 293 27 maggio 1993, n. 251 . � 296 1 giugno 1993, n. 260 . � 298 4 giugno 1993, n. 266. � 302 4 giugno 1993, n. 267 . � 308 4 giugno 1993, n. 268 . � 310 4, giugno 1993, n. 269 . � 313 4 giugno 1993, n. 271 . � 315 10 giugno 1993, n. 274 . � 317 10 giugno 1993, n. 275 (cam. cons.) � 320 11 giugno 1993, n. 348 . . . . . . . � 321 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE Plenum, 21 aprile 1993 nella causa C-172/91 .. . pag. 333 Plenum, 19 maggio 1993, nella causa C-320/91 . � 344 Plenum, 20 ottobre 1993, nella causa C-10/92 . � 349 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 12 ottobre 1992, n. 11115 .. pag. 357 Sez. Un., 3 dicembre 1992, n. 12888 � 362 Sez. I, 11 marzo 1993, n. 2963 . . )) 365 Sez. Un., 25 marzo 1993, n. 3574 . )) 369 Sez. Un., 1� aprile 1993, n. 3884 . � 375 Sez. Un., 28 aprile 1993, n. 4910 . 378 )) Sez. I, 3 giugno 1993, n. 6227 . . � 426 )) Sez. I, 15 giugno 1993, n. 6638 . . 428 Sez. Un., 23 giugno 1993, n. 6951 � 433 Sez. I. 3 luglio 1993, n. 7311 . . � 435 Sez. III, 12 luglio 1993, n. 7670 � 382 Sez. I, 14 luglio 1993, n. 7771 � 436 Sez. I, 16 luglio 1993, n. 7901 . � 438 - X RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 22 luglio 1993, n. 8181 pag. 389 ~ Sez. Un., 22 luglio 1993, n. 8186 )) 398 I� Sez. I, 24 luglio 1993, n. 8299 )) 443 Sez. I, 26 luglio 1993, n. 8366 � 448 Sez. I, 3 agosto 1993, n. 8549 )) 449 I Sez. I, 11 agosto 1993, n. 8594 . � 455 Sez. I, 18 agosto 1993, n. 8756 . � 456 Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8854 . � 457 Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8855 . )) 459 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 22 maggio 1993, n. 6 . pag. 411 Ad. Plen., 1� luglio 1993, n. 7 . . )) 419 Sez. VI, 7 dicembre 1993, n. 967 . )) 422 I II I ~ PARTE SECONDA QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 19 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: QUESTIONI DI LEGITTIMITA. COSTITUZIONALE: I � Norme dichiarate incostituzionali . Il.Questioni dichiarate non fondate . CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . " � lt 101 106 113 � , ,,_,__,_, � '� N , ��-. PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 1� aprile 1993, n. 140 -Pres. Casavola -Red. CaianiellO-Zagarella e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Onufrio). Reato -Reato commesso da minorenne -Applicazione della pena Ergastolo -Applicabilit� -Questione di legittimit� costituzionale Inammissibilit�. (Cost., artt. 2, 3, 10, 27 e 31; artt. 22, 98, 65, 69 c.p.). Data la pluralit� di scelte possibili (che solo il legislatore � in grado di effettuare), � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale del combinato disposto degli artt. 22, 98, 65, e 69 c.p., laddove rende possibile la condanna all'ergastolo dell'imputato minorenne. Viene sottoposto a sindacato di costituzionalit� il combinato disposto degli artt. 22 (che definisce la pena dell'ergastolo)., 98 (che stabilisce i limiti di imputabilit� dei minori di anni diciotto e maggiori di anni quattordici, disponendo altres� che per questi soggetti �la pena � diminuita �), 65 (il quale nel n. 2 stabilisce che, quando ricorre un'attenuante, la pena dell'ergastolo � sostituita con quella della reclusione da venti a ventiquattro anni) e 69 (che disciplina il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti) del codice penale. Il dubbio di costituzionalit� delle norme denunciate muove dal ri� lievo che esse rendano possibile, per i delitti punibili con la pena edittale dell'ergastolo, l'applicazione di detta pena anche ai minori, profilandosi in tal modo un contrasto con gli artt.: 2, 3, primo comma, 10, primo comma, 27, terzo comma e 31, secondo comma, della Costitu zione. .~ i In particolare, relativamente all'art. 2 della Costituzione, per il venir meno del � dovere della Repubblica di garantire i diritti inviolabili dell'infanzia� nonch� dei �doveri inderogabili di solidariet� verso i minori �; relativamente all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, perch� l'irrogazione della pena dell'ergastolo ad imputato minorenne da un lato comprometterebbe l'esigenza rieducativa ostacolando il trattamento pedagogico, peculiare per il condannato che versi nella speciale condizione 284 :RASSJ;;GNA AWOCATl.JRA .DELLO STATO determinata dall'et�, e dall'altro contrasterebbe con il �corrente senso di umanit� fatto proprio dalla attuale coscienza sociale, ben interpreta� I ta dalle numerosissime convenzioni internazionali a tutela dell'infanzia alle quali l'Italia ha prestato adesione�;� relativamente all'art. 31, secon� do comma, della Costituzione, perch� si viene meno al precetto costitu� zionale the;i:niponendo ���..~ ii dovere di. protezione. dell'infaili:ia ;,.; .. imped�� sce di poter equiparare il minore all'adulto per � un'apparente esigenza di formale uguaglianza�; relativamente all'art. 3, primo comma, della Costituzione, per la disparit� di trattamento che si determinerebbe tra il minore. imputato di un reato meno grave ma punibile, come nella specie, con l'ergastolo, a causa del concorso di una circostanza aggravante, ed il minore imputato di un delitto pi� grave punibile edittalmente con l'ergastolo, perch�, mentre il secondo si gioverebbe automa� ticamente della diminuente della minore et�, il primo potrebbe non giovarsene per effetto della comparazione con la circostanza aggavante; re� lativamente all'art. 10, primo comma, della Costituzione, per non essersi l'ordinamento giuridico italiano conformato a numerose norme pattizie del diritto internazionale vigente in materia che sono assurte a prin� cipi "generalmente riconosciuti dalla comunit� degli Stati�, i quali im� pongono un trattamento penalistico differenziato per i minori (Dichia� I razione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948; Dichiarazione di Ginevra del 24 �novembre 1924; Dichiarazione dei diritti del fanf ciullo del 20 novembre 1959, Risoluzione dell'O.N.U. 29 novembre 1985, cosiddette Regole di Pechino; Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989}. I Le questioni sono inammissibili. Si osserva difatti che, considerate nel loro complesso, esse pon� gono un quesito di carattere lef$islativo cui la Corte, in ragione dei suoi poteri, non pu� dare adeguata risposta con una sentenza di illegittimit� I costitu.ziona�e delle norme denunciate. Nell'ordinanza di rinvio si lamenta in sostanza che, quando la comparazione da compiersi ai sensi dell'art. 69 c.p. (come modificato dal� rart~ 6 del decreto-legge n. 99 del 1974, convertito dalla legge n. 220 del 1974)) tra _circostanze aggravanti e circostanze attenuanti -fra le quali ultime � compresa (art. 69, quarto comma, in. relazione all'art. 70, secondo comma, c.p.) quella inerente alla minore et� -si concluda. con un giudizio di subvalenza di questa diminuente (prevista dall'art. 98, primo comma, c.p.) rispetto ad una o pi� aggravanti, anche il minore pu� essere assoggettato alla pena dell'ergastolo. Una previsione, q,uesta, che si assume in contrasto, sotto vari prof~li. con i parametri costituzionali invocati (artt. 2, 3, primo comma, 10, primo comma, 27, �terzo comma e 31, secondo comma, della Costituzione), on'de l'illegittimit� costituzionale delle norme da cui essa discende. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COST:tTUZIONALll Al riguardo . si deve ricordare che, prima della modifica introdotta dalla .riforma del 1974 all'art. 69 del codice penale, la diminuente prevista in ragione della minore et� dell'imputato trovava comunque -per la sua .autonomia. dal meccanismo di comparazione delle circostanze eterogenee -applicazione prima di ogni altra valutazione riguardante la determinazione della pena, il che escludeva 1a possibilit�, anche astratta,. ciella assoggettabilit� ciell'imputato minorenne ��alla .. pena dell'ergastolo. Interven1lta detta novella -ispirata peraltro ad. una linea di politica criminale cii minor rigore rispetto a quella precedente -che ha stabilito l'applicabilit� del meccanismo di ...� comparazione.� previsto dall'art. 69 del co<lice penale fra tutte le circostanze aggravanti e tutte quelle attenuanti, ivi comprese le circostanze inerenti alla persona del colpevole, tra le quali, per chiaro dettato normativo (art. 70, secondo comma;. c.p.) e� per costante. giurisprudenza, . �. ricompresa la diminuente della minore et� prevista dall'art. 98 del codice penale, si � determinata l'applicabilit� al minore della pena dell'ergastolo. Ci� nell'ipotesi in cui, nel concorso fra aggravanti (tali da comportare la pena dell'ergastolo) ed attenuanti, la valutazione comparativa del giudice dovesse concludersi per la prevalenza delle prime, nonch�, quando si tratti di un reato gi� di per s� punibile con la pena edittale dell'ergastolo, qualora la valutazione si concluda con un giudizio di equivalenza. E' la prima delle sopra riferite ipotesi normative che il giudice a quo intende denunciare dovendone fare applicazione allo scopo di valutare i presupposti per l'ammissibilit� . del rito abbreviato che, come � noto, � escluso (sent ..n. 176 del 1991,.ord. n. 163 del 1992) quando il reato ascritto all'imputato � in astratto punibile con l'ergastolo, non potendo �il giudice per l'udienza preliminare effettuare il giudizio comparativo che. spetta al giudice del dibattimento. Ci� premesso, va considerato che, indipendentemente dall'incidenza che l'astratta previsione della punibilit� del minore con l'ergastolo assume sul piano processuale, ai fini dell'ammissibilit� del rito abbrevia� to, sul piano sostanziale tale previsione nella realt� giudiziaria assume un significato pi� teorico che effettivo. Indipendentemente dunque dalla finalit� che sembra essere perseguita dal giudice a quo -di consentire almeno all'imputato minore di accedere sempre al rito abbreviato ed agli annessi benefici, che sono preclusi in via generale nei processi con imputati per reati punibili con la pena dell'ergastolo -per quel che riguarda l'aspetto centrale della questione, che investe le norme di diritto sostanziale, il loro concreto atteggiarsi nella realt� giudiziaria � indicativo di una sostanziale diversit� di trattamento del minore adeguata alla sua condizione, anche per quel che riguarda l'irrogazione della massima pena. 286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Tuttavia, nonostante tali considerazioni, resta pur sempre l'esigenza di adeguare l'ordinamento positivo a quella linea pi� volte messa in evidenza da questa Corte (sentt. n. 125 del 1992; n. 128 del 1987) di un sistema punitivo che per il minore risulti sempre pi� diversificato, sia sul piano sostanziale che su quello processuale. Una volta che ci si ponga di fronte a tale esigenza ci si avvede come varie potrebbero essere le soluzioni adatte a soddisfarla, data la pluralit� di scelte possibili che solo il legislatore � in grado di effettuare. Va difatti rilevato che, qualora ci si prospettasse il problema per esigenze di carattere processuale -come nel caso in esame, in cui esso � venuto in evidenza con esclusivo riferimento alla applicabilit� del rito abbreviato, con risvolti, come � noto, di diritto sostanziale, per l'incidenza sulla determinazione della pena -potrebbe apparire incongruo agire sul piano della disciplina dettata dal codice penale, dato che l'accennato problema potrebbe essere risolto con un intervento sulle norme processuali: una soluzione questa che, peraltro, a parte le serie difficolt� di pervenire al risultato al di fuori della sede legislativa, � pre~ clusa in questa sede, non essendo comunque stata impugnata la rela II tiva disciplina, come derivante dalle pronunce di questa Corte (sent. n. 176 del 1991; ord. n. 163 del 1992), per effetto delle quali il rito abbreviato non � ammesso per i processi con imputati di reati punibili in astratto con la pena dell'ergastolo. Se invece si potesse prescindere dall'occasione e dal motivo che han I no dato luogo all'incidente di costituzionalit� ed intervenire esclusivamente sulle norme di diritto sostanziale denunciate, una sentenza meramente caducatoria sarebbe inadeguata, occorrendo all'uopo un intervento normativo selettivo che definisca le ipotesi in cui l'esonero dal bilan I ciamento di circostanze possa avvenire; e ci� per evitare il prodursi ! di effetti eccedenti la finalit� del quesito. Senza tale delimitazione, di 1 fatti, la pronuncia produrrebbe l'effetto di assicurare la prevalenza della i ' I diminuente in questione, anche quando non si sia in presenza di reati ' punibili con l'ergastolo, perch� si andrebbe ad incidere in generale sulla disciplina della comparazione di circostanze eterogenee in rapporto al minore. Come si vede il risultato che si intenderebbe raggiungere sul piano del diritto sostanziale rende necessario un intervento sostitutivo del legislatore, che definisca, nell'ambito di una pluralit� di scelte, la portata e l'ampiezza della modifica. Un intervento questo che, per le esigenze poste in evidenza, � auspicabile che venga assicurato quanto prima per adeguare la situazione normativa a quella linea, gi� posta pi� volte in evidenza da questa Corte, ( di diversificare il pi� possibile il trattamento del minore dalla disciplina l punitiva generale. i I I I I PARTE I; SBZ: I, GIURISPRUDBNZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 19931 n. 143 (ord.) � Pres. Casa vola � Red. Caianiello-Giordano e Presidente del Consiglio dei ministri (avv. �Stato Arena); Giudizio.�l>enale � lmputa~o i)."reperiblle � Applieazione della �pena concor� ��� d�ta ;;; Rl<~hiesta � Legittimazione del difensore privo di pr()cura spe .� ctale .;;�.Non .�.sussiste �. � Questione di �legittimit� . costitUZional� � Mani� festa infondatezza. (Cost., � attt.: 3 �Il 24; art.. 446 c.p.p.). g .. manif �tarnente inf onda,ta .. [a .. questione di .. legittimit� .costituzionale. dell'art.� 446 c.p.p. nella parte in cui non prevede che,. in caso di irreperibilit� dell'imputato, lo stesso difensore,. a71corch� privo di procura spe�iale, possa richiedere l'applicazipne della pena cop�prdata .. ex art. 444 c.p.p. Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di �due imputati di violazione di domicilio aggravata e di furto; entrambi irreperibili, il Pretore di Camerino, con ordinanza del 10 aprile 1992, ha sollevato, in. ri{erimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione e � all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo�, qu1;1stione di legitti� mit� costituzionale dell'articolo 446 del codice . di procedura penale; nella parte in cui non prevede che la facolt� di richiedere l'applicazione della pena a norina dell'art; 444 dello stesso codice possa essere esercitata dal difensore. dell'imputato irreperibile non munito di procura speciale; che1 premessa la rilev�nza della questione (avendo� il difensore degli imputati formulato la riehiesta di patteggiamento, ritenendola per essi vantaggiosa), il Pr�tore rimettente reputa che la norma impugnata contrasti con gli articoli: -3 della Costituzione, per il diverso .trattamento dell'imputato irreperibile rispetto � al � contumace non �irreperibile, in ragione del diverso grad� di � sicurezza di effettiva c�noscenza � del procedimento derivante, nei due casi, dalla disciplina delle notificazioni; ....... 24 d�lla Costituzione, in quanto le facolt� esercitabili personal� mente dall'imputato, tra cui quella di richiedere il patteggiamento, di� vengono �impraticabili� per l'irreperibile s� non si ammette una concorrente facolt� del difensore (non procuratore speciale); che nessun argomento viene addotto dal giudice a quo in relazione al parametro dell'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848; Considerato che l'attribuzione in via esclusiva all'imputato della fa colt� di richiedere l'applicazione -o di dare il consenso all'applicazio 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ne -della pena concordata trova fondamento proprio nell'esigenza di piena e completa tutela della difesa della parte, sul rilievo della parti� colare natura dell'impegno che viene ad essere assunto nel concordare la pena, e dunque nel � rinunciare ad avvalersi della facolt� di contestare l'accusa� (sent. n. 313 del 1991), accettando le diverse conseguenze che discendono dalla pronuncia resa ex art. 444 c.p.p. (giudizio formulato in base agli elementi raccolti dall'accusa, inappellabilit�, applicazione della confisca, equiparazione a una sentenza di condanna); che la riserva esclusiva di tale facolt�, riconosciuta legittima in termini generali dall'art. 99, comma primo, c.p.p., risulta pertanto coerente con i connotati centrali dell'istituto del c.d. patteggiamento, strumento � negoziato � idoneo ad incidere sulla sfera della libert� personale e dei diritti patrimoniali dell'imputato medesimo, per tali ragioni ricompreso nella categoria degli atti � personalissimi � da questo esercitabili (Relazione ministeriale al progetto preliminare del c.p.p., Libro VI, titolo II), in linea del resto con la giurisprudenza formatasi sull'istituto -analogo, per questo specifico aspetto -dell'applicazione delle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi a norma dell'art. 77 della legge n. 689 del 1981; I che l'attribuzione esclusiva all'imputato delle suddette facolt� � dunque conforme al parametro costituzionale ex art. 24 invocato, in quanto si tratta di un istituto in cui la scelta determina una non reversibile disposizione di fondamentali diritti, ond'� che l'eventuale concor lrente attribuzione di quelle facolt� al difensore nell'ambito del generico potere di rappresentanza determinerebbe la possibilit� di opzioni, da parte di quest'ultimo, tali da consumare l'esercizio della facolt� per I l'imputato, compromettendone la posizione (al pari di quanto gi� rilevato, riguardo alla facolt� di impugnazione della sentenza contumaciale, nella sentenza n. 315 del 1990); I che la disciplina denunziata non appare in alcun modo lesiva neppure del principio di eguaglianza invocato, sia perch� in s� razionale in rapporto alle finalit� e ai � rischi � dell'istituto quali sopra enucleati, sia perch�, nel regolare il modo di espressione della volont� di accedere alla p�na concordata, essa non crea alcuna differenziazione in rapporto alla diversa situazione in cui versi l'imputato sul piano della presenza nel processo (imputato presente, considerato tale, contumace, irreperibile, latitante); I che in proposito � da ritenersi prevalente per tutti i casi l'esigenza di una formulazione di volont� riconducibile, direttamente o per il I tramite di un procuratore speciale, alla persona dell'interessato, natu i ralmente sul presupposto della validit� e legittimit� degli strumenti di conoscenza del processo adottati nei singoli casi (sent. n. 211 del 1991). (omissis) I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 13 maggio 1993, n. 242 (ord.) � Pres. Casa vola � Rel. Cheli � Corte dei Conti e Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio e della programmazione economica, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato; Ministro �delle partecipazioni statali. Corte dei conti � Controllo Enti � Esclusione dei magistrati della C<Jrte dei � conti �dalle sedute �degli organi. di amministrazione e . revisione � Omesso. invio di... documenti relativi alla gestione degli. enti. ~ Conflit .to di. attrlbuziQne Jr1;1 poteri dello Stato � Ammissibilit�. Deve .. ritenersi aWi.rnissfbile il ricorso per conflitto di attril:Juzio'l1e tra i poteri..dello Stato proposto dalla Corte dei Conti nei c.onfronti del Governo per avere enti trasforma ti in societ� per azioni escluso dalle sedu.te dei propri organi di amministrazio_ne. e di controllo i magistrati dell� Corte dei conti ed omesso di inviare alla Corte stessa i. documenti inerenti la gestione degli enti medesimi. Riten1,1.to che, con ricorso depositato il 15 febbraio 1993, la Corte dei conti -a seguito della determinazione n. 45/92 del 15.. dicembre 1992, adottata della Sezione del controllo sulla gestione finanziaria. degli enti. a .cui lo Stato �ontribuisce in via ordinaria -ha . sollevato conflitto di . attribuzione m~i c�mfronti del Governo della Repubblica nonch�. del Ministro del Tesoro, del Ministro del bilancio e della progranunazione economica,. del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del Ministro delle partecipazioni statali in relazione � alla sottrazione dell'ENEL, dell'ENI, dell'IRI e dell'INA al controllo della Corte dei conti previsto dall'art. 100, secondo comma, della Costituziop.e, effettuata sia mediante l'esclusione dei magistrati della Corte dei conti. dalle sedute dei relativi organi. di amministrazione e revisione, sia. mediante l'oll1esso invio dei documenti concernenti la gestione di tali enti�, nonch� in relazione � al mancato riconoscimento, da parte del Governo, del preesi� stente obbligo di sottoporre a controllo della Corte dei conti gli enti trasformati in societ� per azioni e, comunque, alla mancata ottemperanza; da parte di esso, dell'obbligo di adottare i provvedimenti necessari al ripristino di tale controllo �; che con il ricorso in questione si chiede a questa Corte di voler: � 1) dichiarare che spetta alla Corte dei conti .....-. nella composizione della Sezione di controllo sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria -l'esercizio del controllo, previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, sugli enti pubblici economici trasformati in societ� per azioni con partecipazione totalitaria o comunque prevalente dello Stato; 2) dichiarare il conseguente obbligo del Governo di adottare i necessari provvedimenti, con riferimento agli enti indicati in premessa, per il mante� �RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 290 nimento od il ripristino del controllo della Corte dei conti; 3) disporre l'annullamento degli atti governativi eventualmente contrari�, Considerato che, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte � chiamata a delibare, senza contraddittorio, se sussista la materia di un� conflitto la cui soluzione spetti alla sua competenza, in relazione all'esistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi indicati nel primo comma dello stesso articolo; che con riferimento ai presupposti soggettivi, va riconosciuta alla Corte dei conti, nell'esercizio della sua funzione di controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, la legittimazione a sollevare il conflitto di cui all'art. 134 della Costituzione, dal momento che tale funzione, se pur ausiliare, risulta caratterizzata dalla posizione di pieria autonomia dell'organo chiamato a esercitarla (v. sent. n. 406 del 1989); che il conflitto pu� essere proposto nei confronti del Governo e non dei singoli Ministri, in quanto attinente ad atti e comportamenti connessi all'interpretazione del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359) e imputabili alla responsabilit� � collegiale del Governo rappresentato dal Presidente del Consiglio dei ministri; che, con riferimento ai presupposti oggettivi, la lesione lamentata con il ricorso attiene ad una sfera di attribuzione costituzionalmente garantita, . in quanto si riferisce ai poteri conferiti alla Corte dei conti dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, cos� come attuato dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, in tema di �Partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in: via ordinaria�; . che, conseguentemente, il ricorso, in questa fase, va dichiarato ammissibile, salva e impregiudicata la facolt� delle parti di proporre, nell'ulteriore corso del giudizio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni. CORTE COSTITUZIONALE, 19 maggio 1993, n. 244 � Pres. Casavola � Red. Pescatore � Pascarella, Comune di Cervino e Presidente del Consiglio dei Ministri (vice avv.. gen. Stato Sacchetto). Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza � Termini � Proroga -legale � Legittimit� costituzionale . . (Cost., artt. 24 e 42; d.l. 29 dicembre 1987, convertito con 1. 29 febbraio 1988, n. 47, art. 14, comma secondo; 1. 20 maggio 1991, n. 158, art. 22; 1. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20). Poich� la proroga del termine di durata dell'occupazione d'urgenza non vanifica il <i,iritto <i,el privato all'indennit� di esproprio ma ne dif� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ferisce soltanto l'insorgenza, mentre � immediatamente conseguibile la indennit� di occupazione proporzionata al maggiore periodo della stessa, non contrastano con gli artt. 24 e 42 della Costituzione l'art. 14, secondo comma, del decreto legge 29 dicembre 1987, convertito con legge 29 febbraio J988 n. 47 e l'art. 22 della legge 20 maggio 1991 n. 158, i quali hanno prorogato i termini di scadenza delle occupazioni temporanee a~torizzate ai sensi dell'art. 20 della legge 22 ottobre 1971 n. 865. Questa Corte � chiamata a decidere sulla legittimit� costituzionale dell'art, 14; s.econdo comma, del d.l. 29 dicembre 1987, n. 534, conv. nella t 29 febbraio 1988, n. 47 e dell'art. 22 della I. 20 maggio 1991, n. 158, i quali hanno prorogato i termini di scadenza delle occupazioni temporanee. autorizzate ai sensi dell'art. 20 della I. 22 ottobre 1971, n. 865. Secondo il giudice a quo dette proroghe violerebbero gli artt. 24 e 42 della. Costituzione; costituendo un espediente per impedire ai proprietari dei beni .occupati di agire in giudizio per ottenere le indennit� d� espropriazione ed il risarcimento dei danni per il protrarsi del termine originariamente stabilito. La questione non � fondata. L'art. 20 della L 22 ottobre 1971, n. 865, dopo avere statuito al primo comma che l'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare perde efficacia se non � seguita, nel termine di tre mesi, dalla emanazione del relativo decreto, stabil�, . nel secondo comma, che � l'occupazione pu� essere protratta fino a cinque.� anni dalla data di immissione nel possesso �. Tale ultimo termine � stato prorogato una prima volta (di un anno) dalla I. 29 luglio 1980, n. 385; poi, fino al 31 maggio 1982, dall'art. 1 del d.l. 28 luglio 1981, n. 396, cos� come conv. dall'articolo unico della 1. 25 settembre 1981, n. 535; successivamente, .fino al 31 dicembre 1982, dall'art. 1 del d.l. 29 maggio 1982, n. 298, conv. nella 1. 29 luglio 1982, n. 481, e fino al 31 dicembre 1983 dall'articolo unico della I. 23 dicembre 1982, n. 943. Dette proroghe sono successive alla declaratoria d'illegittimit� costituzionale -pronunciata con la sentenza n. 5 del 1980 dei criteri di determinazione dell'indennit� di espropriazione delle aree a destinazione edificatoria, stabiliti dalla legge n. 10 del 1977. Questa Corte (sent. n. 223 del � 1983) ravvis� uno stretto collegamento fra quelle proroghe e la normativa dettata dall'art. 1 della legge n. 385 del 1980, dichiarata incostituzionale per violazione degli artt. 42 e 136 della Costituzione, in quanto diretta -tra l'altro -ad impedire la piena ed immediata operativit� della sentenza n. 5 del 1980. Fu pronunciata, pertanto, la illegittimit� dell'articolo unico della legge n. 535 del 1981, nonch� quella conseguenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, delle altre su menzionate norme di proroga, non impugnate dai giudici remittenti. (omissis) 292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La nuova disciplina delle indennit� di espropriazione, pur essendo necessaria ed urgente, ha avuto un iter legislativo estremamente lento ed � stata attuata solo con la legge 8 agosto 1992, n. 359 (art. 5 bis aggiunto, in sede di conversione, al d.l. 11 luglio 1992, n. 333). Tale ritardo ha esplicato gravi riflessi sull'attivit� amministrativa, determinando situazioni di incertezza e di asseriti inadempimenti e creando un diffuso contenzioso. Le norme impugnate dai giudici remittenti -cos� come il precedente art. 1, comma 5-bis, aggiunto al d.l. 22 dicembre 1984, n. 901 dalla legge di conversione 1� marzo 1985, n. 42 -sono state emanate (secondo quanto si evince dai lavori parlamentari) al fine di protrarre la validit� delle occupazioni dei suoli connesse ai procedimenti espropriativi, in attesa che il Parlamento procedesse all'approvazione della nuova disciplina delle indennit� di esproprio. A tale scopo, ai sensi dell'anzidetto comma 5-bis, per le occupazioni di urgenza in corso alla data di entrata in vigore di quest'ultima, la scadenza del termine quinquennale di cui al secondo comma dell'art. 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, � stata prorogata di un anno e la proroga � stata successivamente protratta, complessivamente, di altri quattro anni dall'art. 14, secondo comma, del d.l. n. 534 del 1987 e dall'art. 22 della legge 20 maggio 1991, n. 158. Trattasi di un periodo di tempo sicuramente lungo, che non ha consentito la tempestiva liquidazione ed il pagamento delle indennit� di espropriazione, nonch� l'esperibilit� delle azioni per il risarcimento dei danni da occupazione illegittima. Ma tali ritardi, determinati da riconosciute esigenze obiettive, sorrette da motivi di pubblico interesse, non possono essere considerati tali da compromettere i diritti del proprietario con lesione dell'art. 42 della Costituzione. Va osservato al riguardo che le norme di adozione delle proroghe in questione sono sorrette da una ratio diversa da quella posta a fondamento della disciplina dichiarata illegittima con la sentenza n. 223 del 1983. Quest'ultima normativa era elusiva di una dichiarazione d'incostituzionalit�, mentre la disciplina in esame persegue lo scopo di dare attuazione all'invito di questa Corte volto a realizzare la sistemazione della materia in modo conforme ai principi dalla Corte stessa fissati. (� da rilevare poi, secondo quanto � stato affermato con la sentenza n. 365 del 1992, che l'art. 42, terzo comma, della Costituzione, nello statuire che la propriet� privata pu� essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale, � d� fondamento e disciplina, con le relative implicazioni costituzionali, non soltanto agli atti espropriativi in senso proprio, ma pure a quelli inerenti all'occupazione del bene, imponendo un giusto indennizzo anche per la durata di tale occupazione, che impedisce al proprietario la disponibilit� e il ~odimento �lel bene �, Tale indennizzo, dopo la declara� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COStITUZIONALE toria d'illegittimit� costituzionale ""--contenuta nella sentenza n. 470 del 1990 -dell'art. 20, quarto comma, della legge n. 865 del 1971 (nel testo modificato dall'art. 14 della 1. 28 gennaio 1977, n. 10), pu� essere, invero, richiesto dall'interessato sin dal momento dell'occupazione del bene. Ne deriva che le norme impugnate, pur protraendo la legittimit� d.ell� occupazioni, determinando alcune remore temporali nell'ambito del procedimento espropriativo, non producono lesione all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, trovando la loro giustificazione nella peculiarit� della situazione alla q;uale hanno inteso provvedere. Ed � inoltre da osservare.� che alle anzidette remore, che. gravano iLproprietario, corrisponde il suo diritto a chiedere l'immediata .liquidazione dell'indennit� di occupazione. La legittimit� . delle proroghe preclude l'esistenza di un diritto al risarcimento del danno e la .conseguente tutela ex art. 24 della Costituzione. e pertanto infondata anche la questione di legittimit� costituzionale sollevata in riferimento a tale norma. CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1993, n. 250 -Pres. Casavola Re. d. Guizzi -Commissario dello Stato per la Regione Sicilia (avv. Stato Laporta) e Regione Sicilia (avv. Pitruzzella, Castaldi). Impiego pubblico � Ente di svUuppo agricolo .. Immissione in ruolo � ope legis >> � Osservanza del principio del buon andamento � Condizioni. Impiego :t>Ubblico � Immissione in ruolo � B�occo delle assunzioni � Esclustone -Pu� essere cons�rttita da legge regionale. Sicilia � Impiego. publ;>lico -Immissione. in ruolo � Anzianit� di carriera Decorrenza � Riconoscimento di servizio pre-ruolo -Illegittimit� costituzionale. � (l.r. Sicilia 23 dicembre 1922, art. 1, commi 1 e 2; Cast., artt. 3, 81, 97, 119). L'immissione in ruolo di personale in precedenza assunto a tempo determinato non contrasta con gli artt. 3 e 97 Cost., se detto personale ha superato adeguate prove concorsuali ed a condizione che l'immissione non sia in soprannumero rispetto alla dotazione organica. L'esclusione del �blocco� delle assunzioni consentite da specifiche norme legislative si ha anche quando queste norme sono regionali. Il riconoscimento retroattivo di servizi pre-ruolo contrasta con l'art. 97 Cost. ogniqualvolta compromette la posizione di altri soggetti nel frattempo assunti a seguito di regolare concorso. Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione di legittimit� costituzionale della legge approvata dall'Assemblea RASSEGNA ~VVOCATURA DELLO STATO 294 regionale siciliana nella seduta del 23 dicembre 1992, che reca norme per l'immissione in organico del personale tecnico dell'Ente di sviluppo agricolo assunto con contratto a termine. La questione sottoposta all'esame di questa Corte si scinde in due distinti profili. Il ricorrente denunzia, in primo luogo, l'illegittimit� costituzionale dell'immissione in ruolo dei tecnici laureati che hanno superato la prova concorsuale per essere assunti con contratto a tempo determinato. Tale immissione, disposta dal comma 1 dell'art. 1 della legge impugnata, recherebbe .violazione agli articoli 3, 97 primo e terzo comma, 81 quarto comma e 119 della Costituzione. E' impugnato, altres�, il comma 2 del citato art. l, che prevede il riconoscimento, ai fini della progressione in carriera, del servizio prestato dai contrattisti anteriormente all'immissione in ruolo. Sono infondate le censure mosse al comma 1 in esame, con riguardo agli articoli 3, 97 primo e terzo comma, della Costituzione. Secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, l'esame della costituzionalit� delle leggi sotto il profilo della pretesa violazione dei principi di imparzialit� e buon andamento delle amministrazioni pubbliche comporta la verifica della � non irragionevolezza � e della � non arbitrariet� � della normativa denunziata (v. sentt. nn. 369, 295 e 187 del 1990; 21 del 1989; 1130, 964 e 331 del 1988, 217 del 1987). Ora, con riguardo ai profili che attengono ai soggetti da inserire in ruolo, va rilevato che il personale in questione � stato assunto, con contratto a termine, a seguito di un regolare concorso pubblico, superando prove il cui oggetto non era circoscritto all'attuazione di finalit� particolari: non � quindi irragionevole la ponderazione effettuata dal legislatore regionale nel ritenere che tali prove concorsuali abbiano adeguatamente verificato attitudini e competenze necessarie; tanto meno pu� dirsi che la norma abbia assicurato un'ingiustificata posizione di privilegio a favore del personale in questione. Occorre poi considerare che l'immissione in ruolo dei tecnici non eccede l'organico dell'Ente, di cui la legge qui in esame non impone, d'altronde, l'integrale copertura (si veda, su tale punto, la sent. n. 197 del 1992). E' dunque pienamente salvaguardato quel rapporto tra dotazione organica e servizi che � presupposto indispensabile al buon andamento delle pubbliche amministrazioni, di cui al primo comma dell'art. 97 della Costituzione (secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, in particolare dalle sentenze nn. 1 del 1989 e 728 del 1988). Neppure pu� dirsi violato il principio del concorso pubblico (terzo comma dell'art. 97 della Costituzione), poich� sussistono nella fattispecie disciplinata dal legislatore regionale quei requisiti, soggettivi e og PARTE :t, Silz. I, GlURlSPRtJDENZA COStlTUZIONALE gettivi( necessari. � garantire/finteresse pubblico �lla scelta dei sog getti pi� idonei all'espletamento <delle funzioni amministrative (si ve dano, in special modo, le sentenze di questa Corte nn. 487 del 1991, 187 e 161 del 1990). .._-�����---Si denwizl� poi($em.pxe �on rfguardcfal comma J,la violazione d�l �rart. 119 della Costituzi�ne> � .. �... .. . . . ... -�-Ancb�: tale i::ensura ~infondata. ---� Il�� rlcoii'ente :ritiene clitf fa norma impugnata comporti� una. sostan ziale elusione della normativa statale che detta� il--�blocco-delle assun zioni �: anzich� denunciare la violazione di tale normativa, si appella ci�ratt. � f9 dell� CH$t�-ttiifo:tie,_-sotfo-� ilprofifo del mancato�� coordinamento della politica fi:O:anzfafia focale con quell� nazionale. E va a tal propo sito coristde:rato che, co:n iigtiardo al_ {(blocco delle asstirizfo;hi �, questa Corte-ha gia precisato che il-silenzio'-de1fa-legge � ri:On si puo �_interpretare ii.et se~s~J~~i�a Jliatidifa' )?re\tisfone i.'l�f poter� regfon�le di deroga,.--per q.all.t6'1aitiene af personafo��-dellaa regione"� stessa (sent. n: 407 del 1989). U � dt1qretorlegg~ 1f settembr~ 1992/ n. 3841 convertifo, con modificazioni, peUk' legge 14 no%rii"6te i992, n;> 43'8, escIUd� d'altronde -dal � bloc�o )) Ib assfulzfori� dbrisendte da specifich:� norme legislative; e, certo, --:fra __ le �norme legjsl~tive � �he vengono� in rilievo vi sono quelle adottate� dalla l{egJone P:~I�a disciplini:\ del proprio personale.� (omissis) Va invee~ ~ccplto.il Hc:9rso per quanto attiene. al corii.r:O:a 2� dell'art. 1, che fa decorrere l;anzianlt� di carriera del personale in questione �dalla data dell'avvenuta assunzione �. Con -tale formula, il legislatore regionale ha_ statuite> 'n ri�6nosdmenfo���ae1� serviiiopre-ruolo, non so1e>--ai fini_ eco_ noriiicf rii.a pur:e � ai fin.i della pfogressione in carriera, come -se� l'immissione in mol() potesse xetroagii'e nel tempo e rivalutare -anche per I'(( anzianit� di carriera � ~ il periC>�lo a contratto. Ch~sia q.esta ia fin~lit�� effettivar:riente�. perseguita dal comma 2 ~-f9pri d'og9i du~bio, �:oi.e -� dixp<:}strat() tlal ricorrere della parola as s�nzi(;)ne s�a a1 -comma 1 ((( assufrt\---cori -contratto a termine �) -sia al comma 2! e dajla. considefazibne che, diversamente interpretando que st'ultima norma, la si priverebbe di significato normativo, al punto da riqurll:l.. a. enunciato .:p~e(;was~icp.. __ _ ___ _c()sfletta eseg~ti�~merit�, la disposizione_ presenta un eVidente vizio di legittimit� costituiional�, alla -lu�e -dell'art. ___ 97, --primo comma, della CostiFuzione: essa compromette la posizione dei soggetti nel frattem� po assunti a seguito di regolare concorso pubblico e in generale deter mina quelle anomalie rilevate dal Commissario dello Stato, recando cos� lesione al principio di buon andamento dell'amministrazione (v., da ultimo, la sent. n. 43 del 1993). Deve quindi dichiararsi l'illegittimit� costituzionale del comma 2 della legge in esame. 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 27 maggio 1993, n. 251 � Pres. Casavola -Red. Cheli ~ Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta) e Regione. Liguria. Regioni � Emigrazione � (:ontributi � El'Ogazj.one a favore di enti privati � Invasione d�lle competenze statali � lnSU$slst~. Regioni � Emigrazione . Consulta regiolial� �per l'emigrazione � Oneri finanziari a carico.� della Regione � Violazione del principio del buon andamento . amministrativo � Insussistenza. E' infondata. la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2 lettera e), .�e dell'art, 3, terzo comma, della delibera legislativa della regione Liguria approvata il 22 dicembre 1992, laddove gli stessi prevedono l'assegnazione di. contributi regionali a sostegno di associazioni ed organizzazioni pi� rappresenta�ve .costit�ite all'estero per lo svolgimento di attivit� a favore di emigrati liguri, trattandosi di contributi diretti a sostenere attfvit4 di organizzazioni private non incluse nell'ambito delle relazioni intercorfrnti tra soggetti di diritto internazionale (1). E infondata l� questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 della del.ibera legislativa della regione Liguria approvata il 22 dicembre 1992, non potendosi ritenere che la composizione della .Consulta regionale dell'emigrazione ivi prevista, per gli oneri finanziari che comporta, contrasti con il principio di buon andamento dell'azione amministrativa. (2) (omissis) Le questioni sollevate neL ricqrso non sono fondate. La legge della Regione Liguria oggetto di contestazione -:---nel modificare la disciplina in precedenza posta per gli interventi a favore degli emigrati dalla legge regionale 15 novembre 1978, n. 59 -ha enunciato tra le. proprie finalit� generali la promozione di foiziative ed interventi � per la piena integrazione sociale dei lavoratori emigrati e delle loro famiglie�, nonch� di iniziative �volte a rinsaldare i rapporti con i lavoratori liguri emigrati e le loro co.munit� e ad assicurare la conservazione e lo sviluppo dell'identit� culturale della Regione� (art 1, primo e secondo comma). .... Con riferimento a tali obbiettivi la legge, all'art. 2, lett. e). ha previsto anche l'assegnazione di contributi a sostegno delle associazioni ed organizzazioni pi� rappresentative costituite sia in Italia che all'estero per lo svolgimento di attivit� a favore degli emigrati, dei frontalieri e (1�2) L'attenzione dedicata in questi ultimi anni agli� italiani all'estero pone delicati problemi anche quanto al riparto delle funzioni e delle competenze tra Stato e Regioni. Peraltro, la sentenza ha affrontato solo il tema circoscritto sottopostole: e non ha potuto non considerare che ben undici leggi regionali similari non avevano incontrato obiezioni da parte del Governo .. PAR'l'a l, SBZ; �:, C�tuRISPRUDENZA COSl'lTUZIONALE delle Jo:rn Ja:i:l)iglie. Ora, dbrers<1mente da q.anto si sPstiene nel ricorso, tale previsione. -:c-� quand'anche risulti riferita ad assqciazioni che non dispq1:1g;mo di una s~e.� nl\\l tl:lrritori() regionalt: ..~:rwn � tale. da incidere nella sfe~ .c:lelrapporti internaziom1.U riservati allo Stato dall'art. 4, primo ��l!lltna.>deLc.hl;l:~.n. ~Ut4el 1977., dal JllOtnento che. i C<lntributi f:W;~l)Z1!@'1: :Pt~vi~H ��. c!.l!ll~�l<����n~rtna.��l.m:P4gnata �s.Qn9��� 4ire1:ti� .a �s.QsJ<:1nf,lre..� atti .� .. �. yit�t (~$$i$teti#~l~~ rjc~~t~ve 9'� 91,llt.ra]J/ di w~�g�.lwsmi Privati <as$()Ciaii0ni ecf drgart�ii~i9nL ciL ~tnigtati) che ..no11 .s,tJ;rqyano il.l�h;i.si �P.el � circmito delle :rel~i<:>:o.i inter�p:rren,ti tra i �.. soggetti di diritto . internazionale n~ :tisti.JtAA9� qqtli,l,t� cJi poJeri s.sce.ttibilidi impegnare la responsal;iilit� intel'llazio�'laie dello �� Stato�.. � � � .N:~ .� ~i p~� di~~ �b~ .le ~qrJllf,l . imp.gnate. � sianc~ Jali da .��sovrapporsi ad AAa competenza assegnata1 Jn via esch1i1iva, al.lo .Stato cialla legge n, 205. del J9~S�����e�� a:tt'4atl:I attraverso l'istituzione. pr<:isso� .gli .ffici e. !e a~ew;Je. c9u~9liiffi 4,t �qmitati..�.c:legii....�:i:tal~1:taj .. all'.es~~.ro�.Questa .legge, infa~ti~ )lei, wttl1t~e .l;lffic:4t !,'!; tl:tl~ c;omiti:ttijl compito .4~ p;roro,u,over~ ~.faia~ tive� di carattere so�iale,.culturale.e ricreativo a .favore. delia comunit� ........... �� .........�.. ���) ... .... ...... .. ... . ..��. . ... ...� ..... . i~Uanli\... :t:fil!l~de:nte .� Mlla �irc;qscrizioi;le c()nsolart:; �. affeqna�.� a�:he J~ na� t.rlil .: noI); esclusiva di tale .� fwlziC>!le, � prevecl.tmdo una. c:ollal:>qraziol).e dei comitati )Jl. questf<me ... con <(enti, associazioni e .� comitati. operanti:. nell'aro, bito della .tj.rcosc:i;izione � (art. ~; primo gomma), noncb,� la richiesta di C():rltdb.ti .al M~n,istero degli�� affari ~steri -..su cui .. i. comitati. dell'emigr~ ione .� sono .. chiamati�. a�. esprimere . U!l parere ... obbligatorio "":'.""� da :garte di � !l()daliz;i,.. asi;o�iazioni e �omitati c:he�. sy0lgono nella circoscrizione co]ls<>lare. attivit�. sociali, .. assii;tel\Ziali( cult.ral~ >.e .�ricreative .a f1wore <lelia . c9U@Wv$,t�. italiana ,, .� (art.. 3, .. primo comma). Infme, .non. pu� neppure valere la censura relativa alla violazione del limite territoriale sotteso,. alle competenze.� regi<:>nali, limite . che,. !lella specie, ac1 a.vviso del ricorrente, risulterebbe superato dalla previ,&ione di contributi regionali anche a favore di associazioni ed organizzazioni di emigrati liguri aventi la loro sede soltanto all'estero. In proposito ~. mentre va ricordato che, gi� in .. precedenti pronunce; � stata affermata da questa Corte la legittimazione della Regio]le, quale ente politico esponenziale <.lelJa comunit� regionale; ad interv<:inire con provvedimenti di spesa �riguardo a tutte le questioni di interesse della comunit� regionale; �. anche $e :queste i;qrgonQ j.���settori estranc;ii .�. a}l~ singole .��materi~ indicat�nell'art 117 .. della:Costituzione e si proiett�Mal di .. l�.�dei confini territoriali della�� Regicine medesima� . (v, s�ntt �m1.��: 829 .. del 1988 e 276 del 1991) -non pu� essere negata, rispetto al caso di specie, la presenza di un interesse regionale all'adozione di iniziative di sostegno sociale e culturale a favore delle popolazioni emigrate, interesse che, negli ultimi �anni, ha dato luogo ad una vai;ta legislazione delle Regioni con contenuti non dissimili da quelli della legge in. esame (cfr., tra le altre, L.R. Abruzzo 20 novembre 1980, n. 81; L.R. Calabria 16 maggio 298'. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1981, n. 5; L.R. Emilia-Romagna 21 febbr�io 1990, n. 14; L.R. Lombardia 4 gennaio 1985, n. 1; L.R. Marche 2 novembre 1988, n. 40; L.R. Puglia 23 ottobre 1979, n. 65; L.R. Sardegna 7 aprile 1965, n. 10; L.R. Sicilia 4 giugno 1980, n. 55; L.R. Toscana 19 marzo 1990, n. 17; L.R. Umbria 15 maggio 1987, n. 26; L.R. Veneto 19 giugno 1984; n. 28). Le censure formulate nei confronti degli artt. 2, lett. e), e 3, terzo comma, della legge impugnata per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione vanno, pertanto,. riconosciute infondate. Del pari infondata si presenta la questione sollevata nei confronti dell'art. 4 della stessa legge, in relazione all'art. 97 della Costituzione. Almeno uno dei profili connessi a tale questione (qual'� quello relativo alla corretta composizione dell'organo, anche in relazione al possibile diverso accorpamento degli interessi da rappresentare) investe chiaramente valutazioni relative al merito politico della legge che non possono trovare ingresso in questa sede. Ma anche per quanto concerne i profili attinenti alla legittimit� costituzionale e connessi alla� asserita lesione del principio del � buon andamento � sanzionato dall'art. 97 della Costituzione ......: �n relazione agli oneri finanziari che il funzionamento d�lla Consulta regionale, nella composizione prevista dalla norma impugnata, verrebbe a comportare -l� questione non merita accoglimento. Detti oneri, infatti -anche all� luce dei dati relativi alle spese di fttnzionamento dell'organo per il periodo 1978-1992 esposti dalla Regione in sede di relazione successiva al rinvio governativo -non appaiono n� irragionevoli n� tali da pregiudicare il � buon andamento � dell'amministrazione regionale: e questo tanto pi� ove si consideri che la Regione Liguria, con la legge in esame, oltre � confermare l'esclusione di gettoni di presenza per i componenti la Consulta, ha anche ridotto, rispetto alla disciplina precedente, sia il numero di tali componenti sia il numero delle riunioni da tenere, di norma, nel corso dell'anno. CORTE COSTITUZIONALE, 1 giugno 1993, n. 260 -Pres. Casavola -Red. Mengoni -Provincia autonoma di Bolzano (avv. Riz, Panunzio) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Trentino-Alto Adige -Bolzano -Privatizzazione della A.S.S.T. -Relativa tabella dei ruoli locali del personale statale � Venir meno della concretabilit� di essa -Violazione art. 89, 100 e 107 dello Statuto Trentino- Alto Adige -Insussistenza. (Statuto Trentino-Alto Adige d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 89, 100 e 107; leg� ge 29 gennaio 1992, n. 58, artt. 1 e 4; d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). Quando una legge sottragga un pubblico servizio all'amministrazione diretta o indiretta dello Stato per affidarlo in concessione a societ� private, l'organico del personale di tali societ�, la cui libert� di organizza~ l>ARTB l, $�'!Z. 11 .Gi:UR�:SPRlll)l!N'ZA COStl'.'.l'UZIONALll zione del lavoro � �garantita�dall'art �. 41 primo comma����cost.,�.�fuoriesce dall'ambito ri.ormatiiio dell'art. 89 dello statuto speciale; concernente esclusivamente i ruoli (1.et personale degli uffici statali in provincia di lfolzano; �.��N� pu� adaufsi l'inosservanza �delta procedura prevista dal� ti4rt. JQ'J dello �tatuto iznzJ4etto;� fao5cf� che�� detta procedura�� tUJn �deve eS'.ser~ i#$�ita fiet casti m citi vei�g8no #i�no te> condizioni fattuati <d� cortcrAtiiP#i~~ <f.ftJ,tiit t<i;otrff# cti qttuazicme;. Insussistente infine �: Ja viotaziOrti delYaH. �1M de.Ub statuti> � niuMesimo �ogniqualvolta��� la ... modifica �rganizzatori� non� incidd sulla dttti:azidne det principio del bilinguismo (1). . . . . .�.. � LaJ�gge 29 ~e#tiai�)992, .. ~;���5s/h# dispt:lStcf1a�� pI'�\rafizia.zione dei s~:rvizi gi Jele9om1.�:liC!azi.orif ad�. 'Us(> .� J?ttbolko ge~titi. dall'Azienda di .Sfato P#( i �servizi �t~l~fqni9i�. (~tptii. t prevista J~�. s4pl'r~~$i()ne: ~t. .1. com� xna 3) e c:tillr.A.Il1D:lit1istra#one A�!Je .�poste �e delle fotecomwiJ.c�Zioni �cn 91ll�.� #a1lll'e���~�����Jiitiv+~~�.� y~~#~.� R~~r~~gp~4e�~efile~~:�� ffcl?~tf>~������i~.�.. iW� J;~~mo t.empO. l4et~i .servizi. S()l10 8.fijd)it� ih cqncessk>l1e�. e�c::lusivi;t a . una�. S(.)Cietl\ per aziolli apvositamente cpstitt:lita daJl'!~I,.qhe �.. ~e.� �.. l'1;t~io.ista1.\Dico, la quale �per. la durata della �concessione (~<:)n superi9r� ~<P:J'1 ~o) si ayy;:i,le cl.el Persop.a,le dell',!\;:pwf.istrazJone PC)st;:i,Ie aq�letto aLservizi tra (1) La sentenza riveste notevole importanza, in quanto riconduce a giUste dimensioni .1a .peculiare �.� resistenza � delle norme .. di.�.attuazione degli. St1;1;t:uti speciali, e segnatamente delle tabelle allegate al d.P.R. 31 agosto J972 p.. 670. Vart. 89 dello<Statuto non. prescrive<. affatto .. che .i .e.cl.� ruoli Jocaji,. (�}le in realt� �� ruolk non sono) debbano' essere irrigiditi in norme aventi i co:nno~iiti delle notme di.�. attuazione.� dello. Statuto;.�. e, �.del.resto, la.� :mutevole~a clelle esigenze organizzative delle molteplici. ammini.l>trazioni statali ha reso nece$� .sarie numerosissime �sostituzioni. � delle tabelle formate nel 1976, con pregiudizio . della dignit� della normativa di. attuazione dello s.tatuto ridotta ad avere � contenuti sostanzialmente di livello �� regollillllentare (quanto non add�� rittura � ad personam �) �. l./ai::t� Jl9 co,t;rt~ primo; Period!.>. .� secon,do, . dello .. $ta. tuto S� limita a disporre <5 tali ruoli SOnQ .detel".l'nin,ati sulla, base degli orgarlici degli uffici;. quali<(gU .organici) stabiliti;/ ove occorl".a, con apposite norme.�. Gli. organici. devono �.. dunque.� es!lere . stabiliti solo �ove occorra � � ed. anche mediante atti. noi;mativi .d�,. Uv:ellc.t secondario.���.��� �� � �� �.� N� �r. POs!libile @'gomentat~. che po~ch~ oti:nai gli . qrg~ci. sono stati .!ltabiliti me~nte norm~<4�<i:i,tt.uazic;:ine, l'ol'.'ganico .�ove>9cC9rra))��. � di fatto abrogato e non � . pl�, possibile . proVv:ec::Iere con fo1;1te diversa c::lalla noi;ma,dva di � attu.azione. Per questa normativa non v:aje . e � comunque . �non pu�. seg1,1ir!li il criteno della c.d. �Preferenza. dt legge.�;� ��essa. deve� m .Qgni �tempo. solo attuare lo statuto, e non pu� discostarsene ~ppure � praeter statu.t:u,i:I\ �. N� va dimenticato �che l'attuazlone del criterio della c.d. propc;>rzionale all'interno clell'ammhtistra,zione� �� della Provincia (e . delle amministrazioni.. degli enti da essa dipe;n,denti e degli enti locali) non d~ luogo a norme � rigide � quali quelle di a,ttuazione dello Statuto.. In conclusione, le tabelle di che trattasi sono solo previsioni per cos� dire condizionate ad una generale clausola � rebus sic stantibus >>, e non 300 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO sferiti alla societ� stessa, nonch� del personale dipendente dalla cessata Azienda di Stato per i servizi telefonici (art. 4, comma 2). A questo personale l'art. 4, comma 3, attribuisce il diritto di optare entro un certo termine, per la permanenza nel pubblico impiego secondo le procedure di mobilit� di cui al d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, e alla legge 29 dicembre 1988, n. 554. Entro la data di scadenza della concessione il personale non optante perde lo status giuridico di dipendente pubblico e passa alle dipendenze della detta societ� o di altre societ� concessionarie, che saranno in prosieguo determinate, a titolo di rapporto di lavoro privato. Tali disposizioni, contenute negli artt. 1 e 4 della legge, sono censurate dalla Provincia autonoma d� Bolzano perch� emanate col semplice procedimento di legge ordinaria, senza osservare il procedimento speciale previsto dall'art. 107 dello statuto per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), anche per la parte in cui incidono sui principi della proporzionale etnica e del bilinguismo garantiti dagli artt. 89 e 100 dello statuto medesimo e dalle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752. La questione non � fondata. La stessa Provincia ricorrente riconosce che le norme di autonomia da essa invocate non limitano il potere del Parlamento di procedere a anche precetti di attuazione dello statuto connotati da � resistenza � per cos� dire autonoma. La sentenza in rassegna ha, pervero, adottato una soluzione pi� morbida distinguendo lo � incidere sulla fattispecie astratta � dallo � incidere sulle condizioni fattuali di concretabilit� della medesima � (fattispecie astratta); e per� ha subito dopo aggiunto che � la legislazione di riforma della pubblica amministrazione � vincolata a far salve le attribuzioni dell'autonomia provinciale solo nella misura in cui le nuove forme organizzative e gestionali rientrino nelle rispettive fattispecie normative �. Il che, in sostanza, conferma la anzidetta clausola � rebus sic stantibus �. � appena il caso di ribadire che l'art. 89 dello Statuto certamente non ha � costituzionalizzato � implicitamente l'intera organizzazione amministrativa ed aziendale dello Stato quale di fatto esistente nel 1971. Non va trascurato che si � al di fuori dell'ambito delle competenze legislative ed amministrative autonome della Provincia (e l'Accordo di Parigi ulteriormente specifica che deve trattarsi di un � regional power �), e che si � nell'ambito delle attivit� � proprie � dello Stato. Deve quindi essere salvaguardato appieno il potere dello Stato di organizzare le � proprie � attivit�, a seconda delle mutevoli esigenze della collettivit� nazionale (la quale, tra l'altro, va divenendo � porzione di una collettivit� europea). Comunque, la � telenovela � delle tabelle in questione dovrebbe ora esaurirsi: proprio in considerazione della sentenza in rassegna � stato raggiW�to un concorde orientamento a � delegificare � le tabelle stesse, e conseguentemente in tal senso ha disposto l'art. 2 del d.lgs. 6 luglio 1993 n. 291. (F.F.) PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE riforme organizzative della pubblica amministrazione, anche nel senso della privatizzazione di servizi pubblici. Data questa premessa, � inevitabile la conseguenza che, ove una legge sottragga un pubblico servizio all'amministrazione diretta o indiretta dello Stato per affidarlo in concessione a societ� private, l'organico del personale di tali societ�, la cui libert� di organizzazione del lavoro � garantita dall'art. 41 primo comma Cost., fuoriesce dall'ambito normativo dell'art. 89 dello statuto speciale, concernente esclusivamente i ruoli del personale degli uffici statali (nel senso ampio dell'art. 8 del d.P.R. n. 752 del 1976) in provincia di Bolzano. In ordirie alla soppressa Azienda di Stato per i servizi telefonici la detta conseguenza non implica un effetto abrogativo (in senso tecnico) della tabella n. 14 allegata al decreto, illegittimamente disposto senza l'osservanza della procedura indicata dall'art. 107 dello statuto. Altro � restringere il campo di applicazione di una norma con una legge modificativa della fattispecie normativa che escluda una categoria di soggetti dalla cerchia dei destinatari (ci� che nel nostro caso non accade), e altro incidere non sulla fattispecie astratta, ma sulle condizioni fattuali di concretabilit� della medesima. Il secondo caso � estraneo alla previsione del citato art. 107. La legislazione di riforma della pubblica amministrazione � vincolata a far salve le attribuzioni dell'autonomia provinciale solo nella misura in cui le nuove forme organizzative e gestionali rientrino nelle rispettive fattispecie normative. Pertanto, la questione dibattuta dalle parti in causa, se le tabelle allegate al d.P.R. n. 752 del 1976 siano fonti di diritto di rango pari a quello delle norme di attuazione dello statuto, � irrilevante ai fini del decidere. La legge n. 58 del 1992 non ha abrogato la tabella concernente la cessata Azienda di Stato per i servizi telefonici, ma piuttosto ha rimosso il presupposto di fatto per la sua applicazione: la tabella � divenuta inapplicabile per �1a stessa ragione pet cui alle societ� concessionarie del servizio, in quanto persone giuridiche private, non � applicabile l'art. 89 dello statuto. Infondata � pure la doglianza relativa al comma 3 dell'art. 4, che attribuisce al personale addetto ai servizi affidati in concessione alla societ� di cui all'art, l, comma 1, il diritto di opzione tra il mantenimento dello status giuridico di dipendente pubblico e il rapporto di lavoro privato alle dipendenze della societ� e delle altre concessionarie..Second� la ricorrente il passaggio del personale optante ad altre amministrazioni avverrebbe � al di fuori dei ruoli locali ex art. 89 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e art. 8 d.P.R. n. 752 del 1976 �, cio� mediante la creazione di posti in soprannumero. Al contrario, come precisa la disposizione in esame, i trasferimenti dei dipendenti optanti saranno attuati in conformit� delle procedure di mobilit� nell'ambito delle puti.: bliche amministrazioni utilizzando i posti di ruolo disponibili, e quindi, 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO per quanto attiene alla Provincia di Bolzano, saranno effettuati nelle piante organiche locali delle amministrazioni statali col rispetto delle aliquote riservate ai gruppi linguistici e subordinatamente al possesso da parte degli interessati dell'attestato di conoscenza delle due lingue. Manifestamente insussistente �, infine, l'asserita violazione dell'art. 100 dello statuto di autonomia, nel cui ambito normativo sono compresi, a differenza dell'art. 89, anche i concessionari privati di pubblici servizi operanti nel territorio della Provincia. La legge denunciata non tocca questa norma, in forza della quale la societ� di cui all'art. 1 e le altre concessionarie sono soggette al principio del bilinguismo secondo la disciplina degli artt. 1 ss. del d.P.R. n. 752 del 1976. CORTE COSTITUZIONALE, 4 giugno 1993, n. 266 -Pres. Casavola -Red. Baldassarre -Commissario dello Stato per la regione Sicilia (avv. Stato G.O. Russo) e Regione Sicilia (avv. Torre). Corte costituzionale -Ricorso avverso delibera legislativa� regionale -Violazione dell'art. 97 Cost. -Prospettazione delle finalit� della delibera e del contesto di politica economica -Ammissibilit� della censura. Sanit� -Aumento di organici del personale -Messa a disposizione delle Universit� -Competenza legislativa della Regione. Sicilia . Competenza legislativa di attuazione � Compatibilit� con Io Statuto speciale. � ammissibile la censura nella qu�zle, per sostenere la violazione del principio del buon andamento (arf. 97 Cast.) ed in particolare la irragionevolezza di una scelta fatta dal legislatore regionale, si considerano le finalit� della legge contestata ed il quadro di politica economica entro cui essa si inserisce (1). (1-2) La prima massima evidenzia l'ampiezza del sindacato della Corte sulle disposizioni legislative regionali; del resto, rarissima � stata la proposizione della � questione di merito � davanti alle Camere. Giova altresi segnalare la utilizzabilit� della � ragionevolezza � anche con riguardo all'art. 97 Cost. oltre che con riguardo all'art. 3 Cost.). L'ultima massima -che conferma precedente pronuncia della Corte presenta notevole interesse in questi giorni (fine 1993), nei quali una legislazione statale sovrabbondante e perci� non adeguatamente meditata sembra aver perso di vista alcuni punti di riferimento. Non di rado, per celare la omissione di doverosi approfondimenti, si fanno salve -con formule generiche -competenze regionali previste dagli Statuti � e dalle relative norme di attuazione � anche laddove tali competenze o non sussistono o sono modellat� in modo non coerente con la formula di � salvezza �; oppure addirittura -in assenza di competenze regionali od in presenza di competenze PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 303 Pb�ch� la legislaziOne statale rende possibile la utilizzazione delle strutture delle U.S.L. da parte delle Universit� per esigenze di ricerca �e di insegnamento, si deve ri�onoscere alla Regione� la competenza ad aumentare gli organici del personale di dette $trutture, ancorch� al fine della� messa a disposizione delle --Universit�. L'art/47 della tegg'e n. 833 del 1978 rip�rtisce la competenza legislativa tra Stato e Regioni d�m�ndando a queste ultime soltanto una competenza di attuazione ai sensi dell'art. 117 ultimo comma Cost. Questa regola di riparto opera anche nei confronti della Regione Sicilia, ancorch� lo Statuto di. esso non preveda espressamente una competenza legislativa d� attuazione (2), Con ricorso r�golarmente notificato e depositato il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato distinte qu�stioni di legittimit� costituzionale nei confronti della legge regionale, apptovata dall'Assemb�ea siciliana il 23 dicembre 1992, dal titol� �Norme integrative d�lla legge regionale 27 maggio 1987, concernente nuove norme in materia di personale e di organizzazione dei servizi delle Unit� sanitarie locali � norme in materia di personale dell'Istituto materno infantile del policlinico dell'Univetsit� di Palermo�. Secondo il ricorrente, tale legge, nei suoi singoli articoli, si porrebbe in contrasto con gli artt; 3, regionali solo concorrenti -si in~eris~ono disposizioni di qualificl!lzione della legge come. � di principio � o � di riforma economico-sociale�. Cos�, ad esempio, l'art. 20 del decreto legislativo 7 dicembre 1993 n. 517 e l'art. 12 cott.inla 9 (secondo periodo) della legge 24 dicembre 1993 n. 537 recano una (identica e quindi duplicata) disposizione palesemente erronea rispetto ai parametri statutari. Per la materia � igiene sanit��, tutte le Regioni a statuto speciale e le Province di Trento e cli Bolzano hanno solo una competenza concorrente (art. 9 n. 10 dello Statuto Trentino-Alto Adige, art. 4 lett. i dello Statuto Sardegna, art. 17 lett. b Statuto Sicilia, art. 5 n. 16 Statuto Friuli Venezia Giulia, e art. 3 lett. e Statuto Valle d'Aosta). Dunque, i predetti enti ad autonomia differenziata in realt� non si differenziano dalle Regioni_ a .statuto -ordinario per quanto attiene. alla materia � sanit� �. D'altro canto, parte degli articoli _richiamati nel comma 2 dell'art. 19 del d.lgs. n. 502 del 1992, come era sostituito, concernono argomenti che sembrano non di competenza regionale; ci� vale palesemente per l'arL l, commi 1 e 4, per l'art. 11, per l'art. 12 e per l'art; 17 del d.lgs. 30 dic;embre 1992 n. 502, come modificato dal d.lgs. 7 dicembre 1993 n. 517, e pu� valere anche peX: altre delle disposizioni ivi richiamate. N� pu� reputarsi che il predetto comma 2 (o l'art. 12 comma 9 pure citato) abbiano m�dificato gli Statuti speciali, abbiamo promosso a primaria un competenza concorrente, o addirittura inte: gr�tiva, ed .abbiano trasferito implicitamente competeI;lZe statali � agli enti ad autonoi;nie differenziate e solo ad essi. D'altro canto, il testo originario dell'art. 19 citato lasciava indeterminato ed oscuro l'effettivo signific�to delle parole � provvedono ai sensi degli Statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione�. 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 51, 81, quarto comma, 97, primo e terzo comma, della Costituzione, nonch� con l'art. 1.7 dello Statuto speciale per la regione siciliana,. che conferisce a quest'ultima competenze di tipo concorrente in materia di �igiene e sanit� pubblica� (lettera b), di �assistenza sanitaria� (lettera e) e di �istruzione media e universitaria� (lettera d) e, in particolare, con i principi fondamentali stabiliti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (istituzione del servizio sanitario nazionale), dall'art. 12. del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle unit� sanitarie locali) e dall'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (nonne sull'9rganizzazione del mercato del lavoro). Non fondata � la questione di legittimit� costituzionale che il Commissario dello Stato ha sollevato nei confronti dell'art. l, primo comma, della legge impugnata per violazione del �. principio del buon andamento. della pubblica amministrazione stabilito dall'art. 97 della Costituzione. L'art. l, primo comma, della legge regionale contestata stabilisce che, .al fine di � soddisfare le esigenze delle strutture e unit� operative del policlinico dell'Universit� degli studi di Palermo�, il contingente aggiuntivo di medici e di biologi, istituito nell'ambito del ruolo unico del servizio sanitario regionale dalla legge della Regione siciliana n. 32 del .. 1987, va integrato con 206 unit� di personale appartt:mente all'area Ifunzionale socio-sanitaria. Secondo il ricorrente Commissario dello Stato, ~ tale incremento si porrebbe in contrasto con le esigenze del buon anda I mento dell'amministrazione pubblica, sia perch� sarebbe dettato da mo I ~ tivi di carattere meramente occupazionale anzich� da ragioni attinenti al funzionamento delle strutture universitarie, sia perch� comporterebbe un aumento di spesa pubblica in presenza di una congiuntura economicofinanziaria che richiede, invece, il contenimento delle erogazioni di denaro pubblico. Contro le ricordate censure la Regione siciliana ha, i innanzitutto, eccepito l'inammissibilit� del ricorso, trattandosi di osservazioni attinenti al merito delle scelte politiche proprie . del legislatore e, in secondo luogo, ha argomentato per l'infondatezza delle censure stesse, ritenendo eh.e l'incremento di personale disposto sia coerente tanto con il programma di ristrutturazione iniziato con� la precedente legge n. 32 del 1987, quanto con le esigenze di funzionalit� manifestate dal Ministro dell'universit� e della ricerca scientifica con specifico riferimento al numero dei dipendenti del policlinico dell'Universit� di Palermo. L'eccezione d'inammissibilit� formulata dalla Regione siciliana non pu� essere condivisa, poich� il riferimento operato dal ricorrente alle finalit� sociali della legge contestata e al quadro di politica economica nel quale s'inserisce la legge medesima � indubbiamente funzionale al tentativo di dimos_trare l'asserita violazione del principio del buon andamento e, in particolare, la pretesa arbitrariet� o irragionevolezza della J , PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE scelta effett\lat{l 4111 legislatore regionale in vista del persegubnento di obiettivi di efficienza e di razionalit� operativa. Quel riferimento, in altri t<1rJJ1ini, .. � necessario al fine . di. mettere in luce l'esistenza di e:ventuaH siJ;:tton;� di irragionevolezza. delll!l. .. c:lisposizione contestata; a,. Jn. effetti, corrisponde al consolidato orientamento di questa, Corte.; :rjte:i;iere . che, al. fine c:li accertl:J.re J'aase:dta violazione del principjq del bu~:>n andan: le)lt.o. cl.ella. �� J?1lbbli�1;1; amm~:ni~trazio.e�� (art. 91 �:della ,�q5tituzione ), �� oc� cor::re 4im9strare la patese arbit:rariet� <> la i:.anijesta irragionevolezza della disposizione �contestata.� in .. r!i)lazione � al r:i.spetto del valore .. dell'efficfenza <lell'az�on,e ammjt;tistrativa (v.) da ultimo., la 1>.e:1:iJwJ1. 250 del 1:9~3). $otto quesfultimo: prQfilo; non� pu� essere.� accolta la prospettazione del Commissario dello : Stato relativa alla pretesa yiolazione dell'art. 97 della Costituzi-0ne, poi�M 111 clisposizione contestata; no11 ris.lta manifestamente irragionevoie.; un11 .volta che si� con$ideri che,.� avenclo � istit.ito la .prece4ente legge,. regionaie n. 32 del 1~81 .n,. con,1ingente aggiuntivo di 2SQ unit�, composttj c:la 244 medici e da, 6 biqlog~, non pu� ritenersi arbitrario un. ampli11ment9 <iella pianta organica. <;qn ulteripri � 206.� unit�, c()mposto da, dipendenti <lestinati a f\lpgere da . collab.qratori del predetto personale medico presso il medesimo policlinico. N� pu� validamente 'a:t:goment;arsi in contrario sulla base di una pretesa effettiva finalit� Gl.ella Jegge v�lta a sQddisfare esigenze diverse da ql;lelle dell'efficienza .del servizio puhb}ico erogato, poich�, considerato che lo stesso art. 1, primo comma, c:lell11 legge . impugnata pqne � espres� samente,a base d,ella legge med,esima l'es,igenza cli :;tssicurare �un miglior funzionamento delle str:utturE) del policlinico dell'Universit� di Palermo e. c�nsiderato cll.e lo stesso Ministro responsabile per il l::>u,on an4arnento degli uffici e degli . istituti.� universitari . ammette . implicitamente: l'insufficienza della pianta organica del predetto policli.ico, l'eventuale con� trasto con le finalit� esplicitamente addotte .dal � legisl11tore e, in tal caso l'eventuale illegittimit� dL quelle effettivamente. perseguite, debbono avere a proprio fonc\amento dati certi e inequivoca,pili, cll.e in ipotesi non � dato riscontrare. Del pari non fondata � la questione che il ricwrente ha sollevato nei '.confronti dell'�rt.. 3, primo comma, della legge. regionale contestata;. per�violazione de��principi �foildamentali.pre.visti� dall'art..17 dello Statuto speciale per la Regione siciliana come limite all'esercizio della competenza legislativa di tipo concorrente. L'articolO. impugnato stabilisce che � al fine di garantire la continuazione della gestione sanitaria, e .tecnica e.. amministrativa dell'istituto materno infantile del poli:clinico dell'universit� degli studi di Palermo, il contingente di cui all'art. 1 � altres� incrementato di n. 39 unit�, di cui 16 medici specialisti, 13 biologi e 10 teunici-amministtativi �. Secondo il Commissario dello Stato, tale disposizione risulterebbe contrastante 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO con i princ1p1 informatori deducibili dall'art. 39 della legge n. 833 del 1978, � quali presuppongono che alle regioni � affidata la disciplina del� l'assistenza sanitaria, e non gi� della ricerca, mentre l'istituto beneficiari� dell'incremento di personale contestato opererebbe nel campo del" l� ricerca scientifica. I rilievi di" legittimit� costituzionale sollevati dal Commissario dello Stato non� possono �essere condivisi, considerato che l'ampliamento della pianta ;organica in contestazione � espressamente finalizzato dalla disposizione impugnata alla garanzia della � continuazione della gestione sanitarla, �tecnica e amministrativa � di un istituto che, proprio al fine anzidetto, risulta convenzionato con la Regione siciliana ai sensi dell'art. l della legge regionale 27 luglio 1988, n. 12, articolo adottato in attuazione dell'art. 39 della legge n. 833 del 1978. A parte i dubbi che si potrebbero nutrire sull'attuale vigenza dell'art. 39, appena citato, in presenza dell'art. 6 del� decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, � certo che tanto l'Uno quanto l'altro sistema legislativo mirano a stabilire strumenti di raccordo fra le universit� statali e le regioni al fine di coordinare' le rispettiVe funzioni istituzionali (ri�erca scientifica assistenza sanitaria). E se; in virt� di tali mezzi di raccordo, si deve render possibile l'utilizzai;ione delle strutture delle unit� sanitarie lo� cali da parte degli istituti univers�tari per esigenze di ricerca e di insegnamento, �no stesso modo dev'esser garantito l'apporto alle attivit� assistenziali dei predetti istituti in vista della realizzazione degli obiettivi della programma.Zfone sanitaria regionale. E' nell'ambito di quest'ultimo principio che si colloca, senza contraddirfo, la disposizione contestata. Nel provvedere a un aumento di personale di un'unit� Sanitaria locale al fine di metterlo a disposizione di un istituto universitario che collabora all'erogazione delle attivit� assistenziali di co�npeten:la regionale, l'art. 3, primo �::omtna, della legge impugnata non lede alcuno dei principi fondamentali posti dalle norme statali invocate, considerato che non pu� negarsi la competenza della Regione siciliana a porre in essere una disciplina sull'organico di personale che, bench� messo a disposizione di istituti universitari, � adibito a compiti di assistenza sanitaria. Meritano, invece, l'accoglimento le censure che il Commissario dello Stato ha sollevato nei confronti dell'art. 2 e dell'art. 3, secondo comma, della legge contestata. L'art. 2 prevede che � in sede di prima applicazione della presente legge, alla: copertura dei posti di cui all'art. 1, l'unit� sanitaria locale n. 58 di Palermo proceder� mediante utilizzo della graduatoria degli idonei' del concorso pubblico per esami a posti di agente socio-sanitario indetto dall'Universit� degli studi di Pal�rmo con decreto rettoriale del 22 ottobre 1986, n. 90 e successive modificazioni�. L'art. 3, secondo comma, della stessa legge stabilisce che � in sede di. prima applicazione �O'Z zfonahuente �ltegitfi�Xlo poich�> si pone in dihett� ~oiltt~st~ con l'art. 16 :f~e~~~ti~~ ff:Z1�:lc;:~:z~~~~~:ii~~6::t~~=~~:f;~fe:~; ;!e!!~~.a.:~ PJ:'imo <:!t:imn;ia; l'utilizzazione delle liste dj collocarri:ento< aifini� della se� J~iiQn� CJel p�ts6riale d� asswn�re>n�i posti per la cui copertura non ~ �'icillesto un tlfolb dL stu~p. ~perlore a� quello . (Jella scuobt dell'obbligo �.� (v., .�. ancora~�s�l1t.��n.�� 484��de1.�..1991); .Del���resto, rton��.���in,utlle.�. ricordare �.��he;'�al:�'di��l��ᥥgeno� s},1�cifii:lo.� tiit:itivtf�� d'illegittimit�� ora��.i11ustrato;�.�costi� t.:isce t;l.11 ptj.�.ipfo/d�l p�hblico impiegq iL�divietp di utiliizare � fa graduat�ria cU idonei .��di�� un>precedente . concorso in relazione a posti isti� tuiti. '�()�.. tt:asforll1Mi a,uc�essiv<lment~ ;;\ll'aPpJ:'~vazion~ dt::lla� gta<Juatoria rnedesil11a,poieh�,.se cos��.11or(fc>sse, la� selezione. per nuovi: posti non avrebbe ;pi�, l:cEsostanza~�� un�:carilttere cohcorsuaie; ma�a�quisterebbe r tratti di.� un'assunzione '. ad'pers6ni).m;. A.ila stesso modo, deve considerarsi �ostituzionalmente illegittimo anche>l'art: 3i secondo comma; della legge impugnata/ il� quale� autoriz~ za;'corrie 's'� gi� 'precisato, il b�hdodi�un con�orso riservato ai c;d; trien� nalisti per/la prima applicazione della medesima. 'legge .. Questa disposizione, infatti; si pciile 'iri diretto contrasto..con l'art; 47,. �quarto comma, n. 4;:'della legge: n; 833<del 1978, che, nel d�legare: aLGoverno l'esercizio della: funzione Iegislativ� ai: sensi dell'art< 76 deUai' Costituzione, : stabi~ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 308 lisce il principio del. concorso pubblico: principio che pu�, certo, essere derogato da norme di legge statale (come �, infatti, avvenuto con la legge 20 maggio 1985, n;.: 207), ma che non pu� subire eccezione da leggi regionali adottate in sede di attuazione-integrazione. (omissis) CORT~. CQSTITUZIQNALE, .sent. 4 giugno 1993, n. 267 -Pres. Casavola � Red. Baldassarre -Regione Piemonte (avv. Romanelli) c. Presidente Q.el Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta). R,egioni .. 1(a .. Statuto . oi;dinario) ~ Regione Plemonte -Sanit� � Trapianti � � d'organo e coordinainento dei prelievi multi-organici a fini di trapianto -Iris�riin�rito tra le attivit� di alta specialit� -Decreto del Ministr� della sanit� -Non invade la competenza regionale. Regf�ni (a Statuto ordinado) -Regione Piemonte � Sanit� � Strutture di alta specialit� " Definizione della dotazione obbligatoria e funzioni ..er<>gabili -:Decreto. del . l\llinistro della . sanit� . � �Non invade la compe tenza regionale. Sp�tta allo Stato �l potere di includere con decreto del Ministro della sanit& i trapianti d'organo, incluso il coordinamento dei prelievi mul' tiorganici ai fini. trapianto;. fra le attivit� considerate di alta specialit� Spetta allo Stato 'il potere di individuare con decr�to del Ministro della sanit� la dotazione obbligatoria e le funzioni erogabili dalle strutt~ re di �lta �sp�datit�. � La' Regione Pienfoi:lte ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti �dello Stato in relazione. al decreto del Ministro della sanit� 29 gennaio 1992 (elenco delle alte specialit� e fissazione dei requisiti necessari alle strutture sanitarie �per l'esercizio delle attivit� di alta specialit�); deducendo che gli artt. 1 e 5 e gli allegati A e B contenuti nello stesso decreto� sono lesivi delle competenze attribuite alla regione in materia di assistenza sanitaria dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dalla legge 2 dicembre 1975; Il� 644 (Disciplina dei prelievi di parti di cadavere �a scopo di trapianto terapeutico e norme shl prelievo dell'ipofisi da cadavere a scop� di produzione di estratti ad uso terapeutico). � In particolare, la ricorrente contesta: a) l'art. 1, n. 7, che, nell'in dividuare le attivit� di �alta specialit��, vi ricomprende anche !'atti~ vita di trapianto di �organo, incluso � � il coordinamento interregionale dei prelievi multiorgano a fini di trapianto >r; b) l'art. 5, n. 8, che, nel l'individuare le strutture di (< alta specialit� � e i relativi bacini �di uten za, ricomprende tra le prime anche il � coordinamento interregionale trapianti ,~, rinviando la determinazione del bacino di utenza a un suc cessivo decreto attuativo della legge 13 luglio 1990, n. 198; c) le dispo s�zib:tti, cori.tenute� al punto 8 � degli allegati �A" e � B �, concernenti, PARTE I;..SE:Z. :i;,� GlURISPRUD!lNZA .COSTIIUZIONALB rispett~vamentei .ma sellll?re�� con . riferimento ��al� cpord�natnento inter, r(lgionalf:l. dei trnpianti d'organo�, sia la detf:lrminazione della � dotazio, ne Qbbligatoria >di se;ntizi e � f\ul;zjpni �.. erogabili dalle . strutture ..di alta spedalit�, .e.� atthrit� affini. e colpplementari ad.�� esse� �bbligatoriamente <::()llegatr �, .. sia li;\ . definizione �lel~ $ 4otazi\Jne . e . spt:c;inc~e partioolari �aggil111tiV:e risp�ttq a qutille�diJ>ase �{ei servizLanaloghl, . inere�lti i .posti l!:ltt1:>; Je tecn<:>J<:>git: e le attrezzat\lre delfo . strutture.�. db 1,1lta specialit� �. Ilric(>rso .n.0,n pu� essere accolto � . � l prpfili di lesivit� delle proprie competem;e prospettatt �lalla ricorrentlili mu<>vono�.�dalla considerazfone� che, avendo��la� legge ~� 644�del 197$ atm'bul.to �al!e regic::miv la . potest� ��� di .� individuare i centri. regionali e .interrf:lgionali di riferimento per i trapianti di organo, con:tra$tereb'be i::on�. tale assegnazione di competenza un .intervento dello.� Stato, come quello previsto daldecteto impugnato, v�lto �a discipllm�'e i . .centri s<>pra indfoati, SlffattOi �ssunto non pu<) .e~sel� co;n:di:viso. �. � .� Ouesta Corte Cv. sentenze ;nn;. 461��e�.. 55Q d�l � 1990) ha gi�.� affermato che nella materi;it esaminata la legge n� 644 del 1975 (art 13) ha affidato �ll~.�regioni. sia le oompe:tenze... relative alla promozione della costituzione dei centri regionali �o interregionali�. di riferimento, aventi .. il compito di individ�are i .soggettLidonei a ricevere l'organo da trapiantare e di effettuare le.� operazioni e gli accertamenti necessari per il compimento del trapianto/ sia .i poteri concernenti le attivit� operative diorganizzazion� e di er<>gazione dei relativi servizi. N� l'una, n� l'altra attribuzione risultano incise dal decreto ministeriale:impugn�to> poich� quest'Ultimo, � ancorch� con effica�ia � per ora � Umitat� ai soli trapianti renali �. (art, 7; primo�.comma;� seconda� parte}, provvede, in puntuale attuazione dell'art. 5;>secondo e terzo comma, della legge .23 ottobre 1985, n: 595; per un verso, a includere nelle � alte specialit� � i trapianti di organo e a� ricomprendere nella relativa disciplina il coo:t'd:i;namento interregionale �� dei .�prelievi multiotgano �. aJ. .. fini.� del trapianto .e, .Per��altro verso; si� limita a individuare . la/dotazi.one.. obbligatoria delle�� strutture di � alta specialit� w, Pi� in particolare, per quel che concerne il primo dei profili appena detti, occorreosservar.e che gli artt.l, n. 7, e 5, n'. 8,del decreto inipuJt#ato.. non comportarlo akun& �. l�siOn� �.delle c()mpetel1ze regionali attfoenti alla ptortx�zicine ~�11a� �ostituiiorte defc�ntd T�gionali .o interregionali � . alle cons�guei�i :furizioni � otgallizzat�v� . e operative, dal. momento .che l'inclusione in via :genetalizzatadi questi ultimi tra le strutture cii �alta �specialit� � non <p�� 'rlguarc!ar� in cpn�refo altfo Ch� i centri costi.tu:lti �su � illiziativa � del�e regiqni, . a(sens.t <:le.I ric()rd~tq ~rt. 13 della legge n. 644 del 1975. Quest'ultimo articolo, infatti, deviesser � coordinato con il gi� citato art. 5 della legge n. 595 del 1985, che affida al Ministro della sanit� il compito di definire, con proprio decreto; l'elenco delle ���alte specialit��, vale a dire l'elenco di quelle attivit� di diagnosi, 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO� di cura �e di riabilitazione che richiedono particolare impegno di qualificazione, di mezzi, di attrezzature e di personale specificamente for" mato. E non v'� dubbio che il trapianto di organi presenta tutte le caratteristiche che l'articolo di legge appena citato richiede per l'attribu I zione 'della qualifica di � alta specialit� �. Ariche per quel che concerne il profilo relativo alla definizione della dbt�zione obbligatoria delle strutture di �alta specialit��, il decreto impugnato costituisce puntuale attuazione dell'art. 5 della legge n. 595 del 1985, Tale articolo, infatt�, attribuisce al Ministro della sanit� (comma i:erz�) il potere di fissare con proprio decreto: a) i requisiti minimi di personale,: di attrezzature e di posti letto che le singole strutture, predisposte per l'esercizio delle attivit� di �alta specialit��, debbono obblig�tori�mente possedere; b) i collegamenti necessari con le attivit� specialistiche' affini o� complementari, che debbono esistere nella medesima struttura o nel pr�sidio nel quale si trova inserita 1'� alta specialit� � c) fo caratteristiche di professfonalit� richieste per il personale. Ebbene, �gli allegati �A� e � B �, annessi al decreto impugnato, disciplinano proprio gli oggetti indicati: il primo, infatti, individua le funzioni e le attivit� collegate ali'� alta specialit�� concernente il � coordinamento interregi�nal� trapianto di organo�; il secondo, invece, definisce la �dotazione e.'�specifiche particolari aggiuntive rispetto a quelle di base Idei servizi' analoghi, inerenti i posti letto, le tecnologie e le attrezzature del1e struttur� 'di alta specialit��, reiative al �coordinamento interre I gionale trapianti �d'organo �. � in definitfoa, poich� le disposizioni del decreto ministeriale oggetto di censura costituiscono puntuale attuazione dell'art. 5 della legge n. 595 del 1985 -articolo che, secondo la sentenza n. 294 del 1986 di questa I Corte, contiene fo norme sul coordinamento del servizio sanitario dirette ((ad assicurare l'eguale fruizione di date prestazioni sanitarie (quelle �ppunto di alta specialit�) da parte di tutti i cittadini� -non si pu� nutrire alcun fondato dubbio sulla spettanza allo Stato, e per esso al Ministro della sanit�, delle attribuzioni in contestazione. CORTE COSTITUZIONALE, sent. 4 giugno. 1993, n. 268 � Pres. Casavola - Red. Mirahelli � Fondo pensioni del personale di ruolo della. S.I.A.E. � Societ� Italiana Aut0ri ed Editori (avv. De Cesaris) e Albanese. Locazione � Mutamento dell.a destinazione d'uso � Azione di risoluzione ex art. 80 legge 27 luglio 1978 n. 392 � Termine trimestrale. di decadenza � Sospensione feriale -Applicabilit�. (Co.st., art. 24; legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 80). Il termine di decadenza di tre mesi dalla conoscenza da parte del locatore del mutamento di destinazione d'uso dell'immobile locato ope 311 rata. dal�� ao~ctuttor�, pr~visto dall'ai'.t. 80. della.� legge 27 Jugtio 1978 n. 392, aS.�ggtttti:J '411'.'� sospensi<Jti.e feriale dei termini .di cui all'art �. 1 della legge l ottobt8: 1969 m 74Z, trattandosi dell'unico.strumento giuridico��a dispo� ~Izione if,~i�Jqcqtare per ichiedere la .. risoluzion~ del�contratto.. (1): ����� l~�z~;:~:~:;i=;~r~~d~ lo�atorei che chiede fa ris9Iuzione .. del contratto, quando il conduttore ����a(:Ubi$~ l'itnrildbile ad 1.l.11 uso diverso d� quelfo�pattuifo/La brevit� .del !~TJ:~ ~e1f1~~i;r~~t~?d!:!3:~1aa~6~~~~~!a:!~::1~~a~::!~oa�ii1ae::~ cqesistente n~�9r~ sostanziale e processuale, sono stafo �cc�lte questioni ~:11~~+=~ira~~?:1E,;:~'S giudiziale. Difatti questa Corte ha affermato che lede il diritto di agire in giu,dizio1 perJi:i, tutela 4~lle proptie ragioni,. escludere la sospensione (1). An�ota una �volta la<Corte Costituzionale si occupa delJ::art. 1 della leg~e>1�ottobre�1969 n. 742 (sulla sospensione fei;iate ~ei .�termini �.processuali), che �non prevede espressamente . .anche la sospensione.� dei . termini per agil'e � jn gittdizio che � $iano stabiliti;. a/pena di . decadenza; da disposizioni. di carattere sostanziale. Non mancano precedenti in argomento. Si vedano: Corte. Co!�t. sent�� 13 febbraio 1985 n' 40 (in Faro n, �1988~ : k 2473) la quale ba. c.tichiarli\to l'illegittimit� costituzionale ��. d�ll'ad; 1 della legge 742 del<!969 cit;; nella parte in cui non dispone: c~e": la �9sl1ensione dei.� termini processuali.� nel p:erioclo ferfaie si applichi. anclte �ate termine: per l'opposizione .alla stima della inden� nit� � di esproprio di�. cui all'art. 51, 1� e 2� . comma .legge 25 �gjugp.o 1865 n~ 2359; Cdrte Cost;�.13 luglio 1987 n. 255 �(in . Faro. It., .. 1987, J; '.2271) la quale, sempre in materia di espropriazioni, ha ritenuto l'illegittimit� costituzionale della� disposi:iione :Suddetta� laddove non prevede� che� Ja sospensione feriale si applichi ��anche' al':ternnne per l'opposizione alla stima 'della lndennit� �di espropriazione di cui �ll'art. 19;� .comma 1�, legge 22 �.ottobre 1971 n. 865, nel testo sostituito d�ll'art� 14 legge 28 gennaio 1977 n. JO; Corte .Cost., sent. 2. feb� braio 1990 n. 49 (in Fora lt., 1990, I, 2383). la quale, ha .dichiarato l'illegitti� Iilit� costittlzionale � del pi� volte citato art. 1, nella parte in cui non dispone 312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO del decorso dei termini nel periodo feriale, prevista in via� generale, nei casi in cui la possibilit� di agire in giudizio costituisca, per il �titolare del diritto, l'unico rimedio per fare valere il diritto stesso in� un ristretto termine fissato dalla legge (sent. n. 380 del 1992; n. 49 del� 1990; n. 255 del 1987; n. 40 del 1985). L'illegittimit� costituzionale � stata dunque dichiarata solo quando il te;rmine di decadenza, che presentava le caratter~stic}le sopra descritte, non era stato considerato soggetto, quanto alla sospensione feriale, alla disciplina . dei termini processuali. L'enunciazic:>ne di questi principi ha concorso a determinare una complessiva rimeditazione interpretativa da parte della giurisprudenza ordinaria, che ha seguito anche le sollecitazioni di . parte della dottrina. Si � cos� pervenuti ad una ricostruzione della portata normativa dell'art. 1 della legge n. 742 del 1969, tale da superare l'esigenza di ulteriori pronunce ...di .illegittimit�. costituzionale, dirette ad inserire via via altre singole fattispecie nel contesto della stessa disposizione. �I pi� recenti orientamenti della giurisprudenza ordinaria muovono in una prospettiva interpretativa, in precedenza seguita dalla sola giurisprudenza amministrativa, secondo la qu.ale la locuzione � termini processuali �, ai fini della sospensione nel periodo feriale, comprende anche i brevi termini di decadenza fissati per la proposizione dell'atto introduttivo del giudizio. Si deve pertanto constatare come sia divenuta dominante, anche nella . giurisprudenza relativa al processo civile, una lettura della disposizione sottoposta al vaglio di legittimit� costituzionale che offre una che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine di 30 giorni di cui all'art. 1137 cod. civ. per l'impugnativa delle delibere dell'assemblea condominiale. Con riferimento al caso di specie, va ricordato che lo stesso art. 80 legge 27 luglio 1978 n. 392, che nella sua originaria formulazione sottoponeva l'azione di risoluzione del contratto di locazione per mutamento di destinazione d'uso dell'immobile al termine decadenziale di tre mesi dalla sua conoscenza da parte del locatore, ovvero un anno dal mutamento medesimo, era gi� stato censurato dalla Corte Costituzionale. Questa, infatti, ton la sentenza 18 febbraio 1988 n. 185 (in Foro It., 1988, I, 1739) aveva affermato l'illegittimit� �della norma per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui disponeva che la decadenza dall'azione avvenisse �comunque entro un anno dal mutamento di destinazione �, ritenendo che siffatta previsione impedisse un esercizio effettivo della tutela del locatore contro gli abusi posti in essere dal conduttore. Nella sentenza in esame la Corte Costituzionale � partita dal presupposto che la lettura� dell'art. � 1 anzidetto, quale emerge dall'indirizzo giurisprudenziale sopra riportato, costituisca ormai � diritto vivente �, .e pertanto, contrariamente ai precedenti citati, ha, con sentenza interpretativa, dichiarato la infondatezza della questione sottoposta al suo esame. (V. Russo) PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 313 pm ampia e comprensiva nozione di termine processuale, tale da non limitarne la portata nell'ambito del compimento degli atti successivi all'introduzione del processo, ma idonea invece a comprendere il ristretto termine iniziale entro il quale il processo deve essere introdotto, quando ia proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso. Questa nuova. lettura della disposizione ha portato la Corte �di cassazione ad affermare che � soggetto alla sospensione nel periodo feriale il termine di trenta giorni previsto dall'art. 2527 del codice civile, a pena di decadenza e senza rimedio alternativo, per l'impugnazione giudiziale della delibera di esclusione del socio dalla cooperativa. Si �, quindi, in presenza di una ricostruzione del sistema normativo che adegua la lettura della disposizione denunciata al principio costituzionale di garanzia del diritto di agire in giudizio. Ne risulta una interpretazione del tutto appropriata anche al termine di tre mesi previsto dall'art. 80 della legge n. 392 del 1978 per la domanda giudiziale che il locatore pu� proporre come unico strumento per chiedere, . evitando la decadenza, la dsoluzione del contratto, quando il conduttore abbia adibito l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito. La corretta interpretazione della disposizione denunciata, nei sensi sopra indicati, consente di ritenere non fondata la questione di legittimit� costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione. CORTE COSTITUZIONALE, 4 giugno 1993, n. 269 -Pres. Casavola -Red, Pescatore � Pozzoli e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri). Bellezze naturali -Protezione � Vincolo paesistico ed ambientale � Opere eseguite in zona vincolata -Sopravvenienza di autorizzazione paesistica e di concessione edilizia in sanatoria � Applicabilit� delle sanzioni � Legittimit� costituzionale. Cost., art. 3; legge 27 febbraio 1985 n. 47, art. 20; legge 8 agosto 1985 n. 431, .art. 1 sexies). E infondata la questione di legittimit� costituziOnale dell'art. 1 sexies aggiunto al decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 dalla legge 8 agosto 1985 n. 431, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, laddove detta disposizione punisce anche gli interventi per i quali siano sopravvenute autorizzazione paesistica e concessione edilizia in sanatoria. (1) (1) Chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla legittimit� costituzionale dell'art. 1-sexies della legge 8 agosto 1985 n. 431, la Corte conferma l'orientamento gi� espresso con l'ordinanza 27 novembre 1991 n. 431 (in Foro It., 1992, I, 298) e con la sentenza 24 febbraio 1992 n. 67 (in Foro It., 1992, I, 2061), nel 314 . RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO L'art. 1-sexies aggiunto al d.r. 27 giugno 1985, n. 312 della 1egge di conversione 8 agosto 1985, n. 431 viene impugnato per violazione del~ l'art. 3 della Costituzione, sotto il� profilo della irragionevolezza, con riguardo al trattamento punitivo che deriva dal rinvio� fatto. dalla norma alle sanzioni previste dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Per effetto di tale disciplina, si osserva, viene punito con severe sanzioni �nche il fatto che non lede pi� alcun interesse sostanziale, per essere intervenuta l'autorizzazione paesistica. In secondo luogo, mentre per le violazioni edilizie di cui all'art. 20, lett; �), della legge n. 47 del 1985 la concessione in sanatoria estingue il reato, ci�� non �� previsto per la violazione dell'art. 1-sexies. In �relazione ad entrambi i profili considerati la questione va dichiarata infondata. Con riguardo alla censura relativa al sussistere del reato, pur in presenza dell'autorizzazione in sanatoria successivamente concessa, va richiamato quanto si � gi� statuito con sentenza n. 67 del 1992. La Corte ha infatti affermato che la legge ha introdotto vincoli paesaggistici generalizzati, la cui ratio sta nella valutazione che l'integrit� ambientale � �un bene unitario, il quale pu� risultare compromesso anche d� interventi minori. � Non pu� quindi ritenersi irrazionale -statuiste la sentenza -che vengano sottoposte a sanzione penale tutte le modifiche e alterazioni attuate mediante opere non autorizzate, indipendentemente dalla presenza e dalla entit� di un danno paesistico concretamente sussistente nel caso specifico. Infatti, come viene affermato dalla giurisprudenza ordinaria di legittimit�, il reato previsto dall'art. 1-sexies ha carattere formale e di pericolo, proprio perch� il vincolo posto su certe parti del territorio nazional~ ha una funzione prodromica al suo governo �. Tali valutazioni, che hanno indotto alla dichiarazione di infondatezza della questione relativa alla applicabilit� delle sanzioni al compimento di qualsiasi opera non autorizzata in area sottoposta a vincolo, giustificano altres� la dichiarazione di infondatezza della questione relativa alla sottoposizione a sanzione penale di opere non autorizzate al tempo dell'esecuzione, pur se successivamente autorizzate in sanatoria. Il pretore di Sondrio trae ulteriore motivo di irragionevolezza della norma imp'Ugriata' dal raffronto con .la �disciplina prevista dall'art. 20 della legge 28 febbr:,iio 1985, n. 47, per le violazioni alle norme edilizie. senso della legittimit� della norma nonostante la previsione di una identica sanzione penale per condotte di diversa gravit�, ci� giustificandosi in relazione alla rilevanza sociale �del bene-ambiente, ed all'esigenza di pres�ervarlo da danni irreparabili. Da ultimo, Corte Cost., 29 marzo 1993 n. 121, in questa Rassegna, 1993, I, 29. (V.R.). PARTE I, SEZ, 1, GIURISPRUDENZA COSTITVZIONALE 315 .. Rileva . irtfatti �.che in relazi�nli( a queste ultime . vi-0lazioni la suc�es-' $iva cort�essione � in �sanatoria estingue il reato, mentre ci� non � previsto per Je 'opere eseguite in violazi�ne dei vincoli paesaggistici; � ~er contro; la diversit� di scopi, di presupposti e. di oggetto dei due '�0mp!essi��� normatlvi non consente� di. porre utilmente a�� raffront�. singole pt:evls�oni �contenute negli stessi. Tanto pi� che, come si � �. gi� affe:rma~o l)roptfo con ;riferimento all'art. 1-sexies (sent~nza n. 122 del 1993Ji l'ai:::oenfoata severit� di trattamento che pu� ris�ltare daIIa norma ,ftrova gillstificaziorie nella ent�t� social� dei beni protetti e nel carat~ iere gen�rale, ini:tnedfato: e intef'inale della tutel� �he la legge ha inteso appt:estare; dif~nte alla urgente nece$$it� di comprimere comportamenti tali dapr�dm:re �all'integrit� ambientale danni gravi e talvolta irreparabiliȥ < La gi� "richiamata sentenza n. 122 del 1993 precisa anche che la st�tuizione resa sulrart. 1-sexies (( si fonda sui poteri attribuiti a questa Corte, cui' spetta. non gi� vab1tare nel merito le scelte fatte dal legisla, tote per la> d�sdpli:na della ' repressione . penale, ma considerare le me~ desinie sdtto il profilo della ragionevolezza �. Neltesercizio di questo potere la Corte ha gi� pronunciato ripetute dichiarazioni di info;ndateilZZa delle questioni di legittimit� costituzionale sollevate con riguardo all'art. 1-sexies (sentenze nn. 122 del 1993; n; 67 del 1992; ordinanza n;43:1 del 1991). Essa peraltro non ha mancato dL precisare di rieonoscere congruit� e ragionevolezza alla disciplina anche''�n: rel�zione .. al�. suo palese� carattere interinale. Non pu� .negarsi infatti che l'applicazione della normativa sulla protezione ambientale abbia post� .in evidenza alcuni problemi, segnalando in pa:rtico!are l'opportunit� di definire le previsioni sanzionatorie ili modo che consentano dLdiscriminare meglio il trattamento punitivo in relazione alla effettiva gravit� dei fatti. 1S: dunque auspicabile. che, tenuto conto dell'ormai prolungata vigenza della disciplina, il legislatore provveda ad un adeguato rie$ame d�lla stessa aIIa luce delle.questioni che via via si sono andate ponendo. CORTE COSTITUZIO,N,A.LE., sent. 4 giugno 1993, n. 271 -Pres. Casa.vola . Red, tvUrabelli -Rizzelli t!d altri c. Presidenza del Consiglio dei Mi, ~i!ltri (a"\TV. Stafo G,�. ~usso). L�cazi()I� � Jmmobil� urbani adibiti ad uso non abitativo � Disciplina tran . �. � sitoria ex art; 69 fogge� 27 luglio 1978 n. 392 � Indennit� per la perdita . dell'avviamento cori:un�rciale � Indennit� determinata dal giudice di primo grado � Eseguibilit� del provvedimento � di rilascio . .(Co~t., � art. ,l; legge 27 luf!;lio 1978, n. 392, art. 69; d.!. 30 dicembre 1988, n. 551, con� vertito con legge 21 febbraio 1989, n. 61, art. 9).. . L'esecuzione del provvedimento di rilascio relativo ad un immobile adibito ad uso non abitativo, previa �cotresponsione della indennit� per --~ :.-:o 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO la perdita dell'avviamento commerciale, determinata dal giudice in primo grado e salvo conguaglio, ai sensi dell'art. 9 d.l. 30 dicembre 1988 n. 551, II conv. con legge 21 febbraio 1989 n. 61, � consentita anche ove si tratti di rapporto locativo sorto anteriormente all'entrata in vigore della legge 27 luglio 1978 n. 392 e la relativa indennit� sia quantificata ai sensi dell'art. 69 di tale legge. Il pretore di Lecce dubita della legittimit� costituzionale dell'art. 69 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui la disposizione, inserita nel conte$to della disciplina tran$itoria delle locazioni di immobili urbani, non prevede che il provvedimento di rilascio possa essere es& guito quando sia stata corrisposta l'indennit� per la perdita dell'avviamento commerciale, determinata con sentenza di primo grado e salvo conguaglio all'esito del giudizio. L'esecuzione sarebbe, difatti, consentita per i contratti stipulati successivamente alla entrata in vigore della legge n. 392 del 1978 (in forza clell'art. 9 del decretcrlegge 30 dicembre 1988, n. 551, che ha aggiunto un. comma all'art. 34 della legge n. 392, relativo alla disciplina dell'indennit� per la perdita di . avviamento da applicare ai contratti a regime), mentre non sarebbe permessa, alle stesse condizioni; per i contratti sottoposti alla disciplina transitoria, non essendo stato modificato l'art. 69 della legge n. 392 del 1978, che si riferisce .ad essi. Ne deriva, ad .avviso del giudice rimettente, un'irragionevole dispa� I rit� di trattamento nella regolamentazione delle condizioni per l'esecu� zione del provvedimento .di rilascio di un immobile locato, e quindi un I contrasto fra la disposizione denunciata e l'art. 3 della Costituzione. L'innovazione legislativa introdotta dall'art. 9 del decreto-legge n. 551 del 1988, pur mantenendo il principio che l'esecuzione del provvedi� mento di rilascio dell'immobile � condizionata al pagamento dell'inden� nit� per la perdita dell'avviamento, ha bilanciato gli interessi tra le I parti, quando vi sia controversia in ordine all'indennit� ..In tal caso il pagamento della somma pretesa a questo titolo o determinata dalla sentenza di primo grado, salvo conguaglio all'esito del giudizio, consente l'esecuzione. La nuova disciplina, formalment� inserita nell'art. 34 della legge n. 392 del 1978, destinata ad integrare la regolamentazione ordinaria dell'indennit� per la perdita dell'avviamento,� risponde ad una finalit� generale, che ricorre anche per i contratti soggetti alla disciplina transitoria. Se diversi sono i criteri di determinazione dell'indennit� per le locazioni stipulate prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 392 del 1978, analoga � nei due casi l'incidenza del pagamento dell'indennit� (una volta che essa sia stata determinata) sull'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile) . .L'inserimento della nu�va regolamentazione, concernente una condizione di procedibilit�, �nel contesto della disciplina comune dell'inden P;\RTE I, SEZ; I;GlURISPRUDEl\IZA COSTITUZIONALE l�'l nit;� per la �?~~ita dell'al'Viamento commerciale, pu� rispondete ad esi� genze : sist�maticbe. Non rispecchia, comunque, :una intenzione del.� leg�. slatore e1 ~sclWfere dal --relativo ambito 4i applicazione l'esecuzione del pp:;>v~4~~11to cii ruascio: quando esso riguardi immobili�. locati _,_ante� ��i,=JiJ~ii5 dell~ q#ale<fa venir -men() le ragioni che gittstificano la ritenzione��.el. l'im1llob11e~ --; .. --...... ,tlt.: .Ptetbesst\���delJ,a ....dh,rersit� .� -.91, �.. disciplina,.-_ dalla�.. q.~e-�� muove ...�il/giu� c'licE:l ti;Qletfenti;:,n9n appare<quindi_ .esatta� Quella.. premessa.. _�_._. stata contrastata da p~rte ddl� dottri11a e disattesa, .9a num~rose senteJ:lze dei giudi~ 41 w~~~t90Paultim0Ja_Corte di cass!:Wli<me 'ha sostenut9,. seguendo a!~�15ttS~~ in 1?�~ _aJJIAAt� �9deJ1aJegge ll.<392 del 197~; $i � cos� a~ierm;ata. un'inter, pretazione 1:1,deguata --ai._ princlpi--della __ CC>stituzipne~ yolta _ad evitare-la di!i!Parit~, -cli-trattamento che la_. lettur�it restrittiva:_ della.-npt.ia. d.eter. rrdp;erel:il)e, _-. i La -aliiposizione de..1:1ziata, se-. correttamell;te _jJ;lt(;!rpretata _.nei sensi sop:i;_;:ti~Q,icati,_ nort>~-�n <;01:ltt:1,t:sto cqn_ l'art.-_.3 della �qstit.zione. C�RTF: CO$tITUZ�()NALE, iogiUgno 1993�. ri..tl4. � Pres. Casav9la -~ed. -s11ritos\losso ' -Liaci ed altro (a-VV. Cabibbo), E.N.A:S,A,R.C.O. {avv. . . .. :~~~i?i?o~ .Preside.t~. del Corjsiglio ~ei. Ministri (yjce avv. geri. Stato P�risto:nt�--.,..�penst�ne --�dt�--�reversil>ilit� -�"' Ftgl�ᥥniaggioretmi�-�-wraventisefenni ---stu~entfod universitari con .reddito proprio ~Jl;sclt1$ione Q.el diritto anche.in caso di red"i#> ins.fficlente -lllegittilll;it� _costituzie>nale. 0 (Cost., art� 3; legge _2 febl>~io 1973, n. 12, artt. j e 7 n. -3). ----- -�-� �-..--e� :b"d;t�~itbn(ltrnmtJ i�eglttirno it ~()ml)inato disp(J~to-. dei --commi 3. ei n. j ef~ll;ari, zq 4~llg l~gge i f~b.~taio J973 n, -f2, ~ella v,arte in .cui pnwede fa perdita deC4iritto alla pensiOne di reversibilit� per t figli niaggiorenni infraventise~enrii che frequentirio scuole o universit�, quandO _a �qualsiasi_ titOlo _�abbiano un reddito_.proprio, .anzich�_ prevedere __ che tal� p�nslo:ne di reversibilit� sia decurtata della ntisura di tali reddito p(ojJria� (1>~�- -(1) L'ultima parte della sentenza reca un invito al legislatore ad adeguare l� normativa esaminata all'art. 34 comma -terzo -Cost. 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Dai Pretori di Lecce e di .Pescara � stata sollevata questione di legittimit� costituzionale del combinato disposto di cui all'art. 20, terzo e settimo comma, numero 3, dell'art. 20 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di �assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico I ~ integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio), nella p�rte in cui esclude il diritto alla pensione di reversibilit� E.N.A. S.A.R.C.O. per i figli maggiorenni infraventiseienni che siano iscritti ad un corso di studi universitari (Pretore di Lecce) ovvero anche di scuole professionali (Pretore di Pescara), quando a qualsiasi titolo abbiano un reddito proprio, ancorch� insufficiente per le necessit� di vita e di mantenimento, in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzione (secondo parametro invocato soltanto dal Pretore di Pescara). (omissis) La questione di legittimit� costituzionale, oltre che ammissibile, appare meritevole di accoglimento. Come primo approccio, potrebbe rilevarsi che l'espressione della norma impugnata circa la� condizione negativa della mancanza di un reddito proprio non pu� essere intesa in senso assoluto, dal momento che lo stesso carattere � integrativo � della pensione E.N.A.S.A.R.C.O. rispetto a quella prevista dalla legge n. 613 dei 1966 -non esclude, ma anzi contempla la possibilit� della coesistenza di detta pensione con altro seppur modesto introito pensionistico. Deve inoltre considerarsi che per altre affini categorie di orfani (di guerra e dei dipendenti pubblici), le corrispondenti norme (art. 70, primo comma, d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915; art. 85, secondo comma, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) ritengono nullatenente anche chi risulti titolare di redditi minimi, nella misura in cui questi non sono assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche. E lo stesso legislatore tributario considera viventi a carico anche i familiari con redditi propri inferiori ad una certa misura. D'altro lato, in una precedente occasione � stata messa in rilievo la valutazione operata dal legislatore della dedizione agli studi da parte degli orfani quale indice presuntivo della sussistenza della situazionf' di bisogno degli stessi (sentenza n. 366 del 1988). Ma questa Corte ritiene che l'accoglimento della questione di costituzionalit� discenda soprattutto dalla ratio sostanzialmente analoga a quella posta alla base della pronuncia �di accoglimento contenuta nella sentenza n. 145 del 1987 -pur senza negare le indubbie differenze tra i due casi -secondo cui il contrasto con i principi dell'art. 3 della Costituzione va ravvisato nell'incoerenza intrinseca della dispos�zione che, mentre riconosce il diritto alla pensione di reversibilit� nel presupposto della � vivenza a carico � di figli economicamente non autonomi, esclude poi dalla titolarit� di questo diritto quei figli che, non possedend� redditi sufficienti a renderli autonomi, neppure sono in grado di PARTE I, . SBZ. I, GIURISJ'RUDBNZA� COSTITUZIONALE 31:9 procurarseli a motivo della. condizione.di inabili �ovvero (come nel presente caso) della loro dedizione agli studi. La rilevata ill�gicit� si riscontra altres� nel fatto che la norma. non fa alcuna distinzione fra i figli possessori cii ;redgiti propri inferiori alla misura della pensione di reversibilit� ed i figli che hanno redditi superiori .a detta pensione; mentre sarebbe stato ragionevole conservare il tai;ttamento pensionisHco .gradt:landolo nella .. misura. in cui esso vada ad integrare il reddito propr'.io, in modo da assicurare le stesse risorse economiche sia a coloro che � hanno diritto a perc�pire integr~lmente la pen~ione, sia ai Jig1Lche percepiscono un te4dito ad essa. inf~riore. � . . ~a .foJ;lcl:a,ti;;zza (�~lla�. qP,es~ione..sotto. il �prO(Ho .�..della . ragioJ;levolezza risulta rafforzata c;lal riferimento operato dal Pretore di Pescara all'art. 34 della Costituzione poich�, i>e questa norma proclama il diritto allo studio e l'impegno della Repubblica a rend�rio effettivo fino al raggiungimento dt;i. gradi pi� alti, ci� pu� realizzarsi in modo efficiente ove .sia dedicato a tale impegno intellettuale. tru:ito tempo dalasciare ben poco (o addirittura nessuno) spazio �all'espletamento di altro lavoro. redditizio. Con la . conseguenza di rendere ancora pi� logico che, almeno fino al ventiseiesimo anno di et�, i figli i quali si impegnano a studiare possano effettivamente farlo solo. se il loro eventuale reddito insufficiente venga proporzionalmente integrato fino a raggiungere la stessa soglia della pensione di reversibilit� riconosciuta a coloro che sano nella condizione di in,tegrale vivenza a carico. Se la ratio del riconoscimento della pensione direversibilit� �, come si � osservato, il perdurare della vivenza. a . carico dei figli maggiorenni infraventiseienni per l'impossibilit� di . procurarsi un. sufficiente reddito proprio attraverso� un lavoro retribuito a. causa della dedizione del loro tempo disponibile agli studi, sarebbe peraltro logico esigere, da parte del legislatore, non soltanto l'iscrizione alle scuole o all'universit�, ma anche l'effettivit� della frequenza ed il profitto nel rendimento. Va rilevato infatti che la disposizione costituzi.onale (art. 34, terzo comma, della Costituzione) riconosce il diritto di raggiungere i gradi pi� alti degli studi ai �capaci e meritevoli�, la cui valutazione, come si ricava anche dai lavori preparatori della Costituzione, implica un riscontro relativamente al �profitto�. Ci� varrebbe ad escludere, fra l'altro, che la tutela finisca per incoraggiare i casi di tante formali iscrizioni seguite da un inadeguato (o nessuno) impegno. Per la scuola media e professionale, la disposizione impugnata richiede che i figli �frequentino�, mentre per gli universitari essa si limita a richiedere il requisito della mera �iscrizione�: altre norme, al contrario (ad esempio quella relativa al rinvio del servizio di leva, contenuta nell'art. 19, terzo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191) prevedono un agevole sistema di controllo dell'effettiva dedizione, sia pure limitata, agli studi universitari. 320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Tuttavia, non spetta alla Corte costituzionale, bens� al legislatore adottare soluzioni analoghe a quelle indicate; e del resto questo aspetto della norma sembra esulare dall'oggetto diretto della questione di costituzionalit� qui sollevata. CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1993, n. 275 (cam. cons.) -Pres. Casavola -Red. Santosuosso -Marilena e I.N.P.S. Previdenza -Riscatto degli anni di studio universitario -Corso per assistente sociale svolto da scuola universitaria diretta a fini speciali Non riscattabilit� degli anni di corso -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3 e 97; c.p. art. 2 novies inserito nel d.!. 2 marzo 1974, n. 30 dalla leggQ 16 aprile 1974, n. 114). E' costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, l'art. 2 novies inserito nel d.l. 2 marzo 1974 n. 30 dalla legge di conversione 16 aprile 1974 n. 114, nella parte in cui non prevede la possibilit� di riscattare i periodi corrispondenti alla durata degli studi per il conseguimento del diploma di assistente sociale, rilasciato da una scuola universitaria diretta a fini speciali. (Omissis). Viene riproposta a questa Corte la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento aglii artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 2 novies del decreto legge 2 marzo 1974, n. 30 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali), introdotto dalla legge di conversione 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui non prevede la riscattabilit� dei periodi corrispondenti alla durata legale dei corsi di studio per il conseguimento del diploma di assistente sociale. La questione � fondata. Il Pretore rimettente ritiene la norma impugnata costituzionalmente illegittima per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto restano irragionevolmente esclusi dal beneficio della riscattabilit� corsi di studio a livello universitario conseguiti presso scuole dirette a fini speciali che abilitano all'esercizio della professione di assistente sociale. La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente evidenziato il principio di attribuire una sempre maggiore considerazione alla prepa razione professionale acquisita anteriormente all'ammissione in servizio e richiesta per quest'ultima. � stata infatti gi� affermata l'illegittimit� delle norme che non consentivano la riscattabilit� del periodo corri spondente ai corsi in riferimento a numerose categorie professionali. In particolare la sentenza n. 426 del 1990, ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 69 del regio decreto legge 3 marzo 1938 n. 680, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 321 riconoscendo la riscattabilit� dei periodi corrispondenti alla durata legale dei corsi per assistente sociale svolti dalle scuole universitarie dirette a fini speciali. Nella fattispecie trattavasi di procedimento contro I.N.A.D.E.L. in quanto concernente dipendenti di enti locali. Inoltre con sentenza n. 27 del 1992, questa Corte ha gi� dichiarato l'illegittimit�. costituzionale dell'art. 2 novies del decreto legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito con legge 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui non prevedeva la facolt� di riscattare i periodi corrispondenti alla durata degli studi per il conseguimento del diploma di educazione fisica da parte di dipendenti assicurati presso l'I.N.P.S. La questione odierna, che si prospetta su un caso analogo, comporta pertanto una dichiarazione di illegittimit� costituzionale della norma impugnata; con riferimento ai gi� affermati principi circa le condizioni di riscattabilit� dei vari corsi professionali relativamente sia alla natura del corso, sia all'accertamento che il relativo diploma costituisca condizione necessaria per l'ammissione o la progressione in carriera. In particolare, per quanto riguarda la natura dei corsi, va ricordato che essi debbono, ai sensi del d.P.R. 10 marzo 1982 n. 162, essere svolti da scuole che richiedano come requisito per l'ammissione il possesso di un titolo di scuola media superiore. Non spetta a questa Corte accertare in concreto la sussistenza di tali elementi, valutare la proponibilit� della richiesta in base alla data della domanda, nonch� calcolare i contributi rapportandoli al fivello delle retribuzioni. CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1993, n. 348 -Pres. Casavola -Red. Caianiello -Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Fusco), Regione Emilia Romagna (avv. Predieri}, Provincia autonoma di Trento (avv. Onida) e Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Regioni -Conferenza di servizi -Esclusioni di limitazioni dell'autonomia regionale -Legittimit� costituzionale. La �conferenza di servizi� prevista dall'art. 2 d.l. 386 del 1991, per l'alienazione dei beni immobili dello Stato e per la gestione di quelli suscettibili di gestione economica, cui partecipano tutti i rappresentanti delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici interessati, non rappresenta una limitazione delle competenze regionali o provinciali costituzionalmente garantite in materia di urbanistica e pianificazione territoriale (1). (1) I giudici della Consulta, con la sentenza in rassegna, tornano ad occuparsi dell'istituto della � conferenza di servizi � ribadendo la generale 322 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO (omissis) Le Regioni Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento hanno impugnato alcune disposizioni dell'art. 2 del decreto legge n. 386 del 1991, convertito nella legge n. 35 del 1992, che detta norme per la gestione economica ovvero per la alienazione dei beni patrimoniali dello Stato, prevedendo, una volta individuati detti beni, procedure semplificate per l'approvazione dei programmi e dei progetti esecutivi connessi con le anzidette finalit�. Le norme impugnate sono le seguenti: a) il comma 12 che prevede che �l'assessore regionale all'urbanistica, nel cui territorio sono dislocati i beni immobili �, integra � per le valutazioni urbanistiche� il comitato tecnico-consultivo chiamato ad esprimere pareri sull'attuazione dei programmi di gestione e di vendita degli immobili (solo il ricorso della Regione Emilia-Romagna); b) il comma 15, che istituisce una �conferenza�, convocata dal Ministro delle finanze, cui sono chiamati a partecipare i rappresentati delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici comunque tenuti ad adottare atti di intesa, nonch� a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta previsti da leggi statali o regionali (solo i ricorsi della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Trento); e) il comma 16, che stabilisce che tale conferenza -nel valutare �i programmi di aliena� zione;� di gestione e di valorizzazione � dei suddetti beni e gli � eventuali progetti esecutivi � -pu� apportarvi, ove occorra, � le opportune modifiche senza che ci� comporti la necessit� di ulteriori deliberazioni�, con riferimento agli interventi degli enti locali, in deroga all'art. 27, com� ma 5, della legge n. 142 del 1990 (tutti i ricorsi); d) il comma 17, che pre valutazione �positiva (sentenze n. 62 del 93 � 37 del 91) di uno strumento collaborativo che, ben prima delle previsioni legislative, si era affermato nella prassi (si confronti in tal senso l'intervento di R. LucrFRBDI, ..Lineamenti generali di una indagine sul coordinamento o sulla collaborazione nella vita degli enti locali, al V Convegno di Varenna, Milano, 1961, 35 ss.). La Corte esclude che l'istituto si traduca in uno strumento di espropriazione di competenze regionali o provinciali costituzionalmente garantite, in contrasto con i principi posti dalla legge sulle autonomie locali poich� � proprio nell'art. 27 della legge n. 142 del 1990, oltre che nella disciplina sul procedimento amministrativo (art. 14 della legge n. 241 del 1990) che l'istituto trova espressa previsione come fondamentale strumento collaborativo, � mezzo di semplificazione e snellimento dell'azione amministrativa�. Sul collegamento tra l'art. 14 (che disciplina la conferenza di servizi) e l'art. 11 legge 241/1990 (sugli accordi tra privati e pubblica Amministrazi�ne), da un lato, e l'art. 24 legge 241/90 dall'altro, si veda: C. SALA, Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, in Dir. proc. amm., 1992, 206 ss. -Si segnalano inoltre: MERusr, Il coordinam1mto e la collaborazione degli interessi pubblici e privati dopo la riforma I I PARTE l, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 323 vede che �l'approvazione assunta all'unanimit��, da parte della conferenza, degli indicati programmi e dei progetti esecutivi, da .un canto sostituisce,-ad ogni effetto, tutti gli atti di partecipazione al procedimento arorriinistrativo (intese, pareri, autorizzazioni, -approvazioni, nulla osta, etc}. previsti da leggi statali e regionali, e dall'altro comporta, per quanto -occorra, variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici e ai piani territoriali (tutt�. i ricorsi). I parametri che si assumono violati sono diversificati in relazione alla sfera di autonomia di cui si lamenta la lesione, ed in particolare gli artt. 4 e 5 dello Statut� speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia, gli artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costittizione per la Regione EmiliaRomagna, e gli artt. 8 (nn. 3, 5 e 6), 9 (n. 10) e 16 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige, per la Provincia autonoma di Trento. La� illegittimit� costituzionale delle norme denunciate deriverebbe dal fatto che: 1) si attribuisce a una � conferenza di servizi � nella quale la prevista partecipazione di rappresentanti regionali non ha alcuna incidenza ai fini della salvaguardia dell'autonomia regionale -poteri, quelli appunto enunciati nei commi 16 e 17, che limitano la sfera di competenza costituzionalmente riservata in materia di urbanistica e pianificazione territoriale alle regioni, le cui gi� esistenti discipline possono essere � sostituite � o �variate�, cio� disapplicate, in base a una semplice deliberazione della conferenza stessa; 2) la prevista possibilit� di deroga all'art. 27, comma 5, della legge n. 142 del 1990 sulle autonomie locali si traduce in una violazione del- delle autonomie locali e del procedimento amministrativo, Relazione tenuta al Convegno di Varenna 19-21 settembre 1991; MARONGIU, La pubblica Amministrazione di fronte altaccordo -Considerazioni preliminari, in L'accordo nell'azione amministrativa, 1988, 15. Per una impostazione singolare del problema si veda; P. G. LIGNANI, La disciplina del procedimento e le sue contraddizioni, in Dir. proc. amm., 1992, 516 ss., il quale sottolinea che pur introducendo l'art. 14 (in linea con gli artt.. 16 e 17) uiJ. espediente, diretto a garantire la definizione del procedimento in tempi rapidi, pu�. � risolversi in un sacrificio dell'interesse pubblico �. La sentenza in epigrafe ha anche superato la censura di irragionevolezza dei � rilev�ntissimi ,, poteri riconosciuti alla conferenza motivata in base all'assunto che, a differenza che nelle precedenti occasioni, mancano ragioni di urgenza (come per la legge sui mondiali di calcio: n. 205 dd 1989) on� si perseguirebbero interessi pubblici (come per la legge sulla lotta all'AIDS: n. 135 del 1990). La _norritativa c�nslirata si inser�sce, infatti; per i giudici della Consulta, in -�uri rilevante' disegno� di politica economica� che g�ustifica pienamente la deroga all'urdinario assetto delle competenze degli --enti pubblici. Per una recentissima rimeditazione dei vari problemi, si veda: A. PAJNO, Riflessioni e suggestioni a proposito della legge 7 agosto 1990 n. 241 a due anni �datla sua entrata' in vigore, in Dir. Proc, Amm., 1993, 4, 658 ss. 324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 1, comma 3, della stessa legge n. 142 del 1990 e quindi dell'art. 128 della Costituzione, di cui il primo � � norma interposta�, �sia perch�, sul piano formale, si tratta di una previsione di � deroga � e non di � modificazione � espressa, sia perch�, sul piano sostanziale, la possibilit� per la conferenza di introdurre modifiche agli strumenti urbanistici e ai piani territoriali, escludendo l'intervento dell'ente locale, si traduce nella impossibilit� per la regione di qualsivoglia intervento o controllo sulle modifiche deliberate� dalla conferenza stessa, con ci� venendosi inammissibilmente a incidere nei criteri di collaborazione e armonizzazione, dai quali l'art. 3 della stessa legge n. 142 del 1990 (collocato fra i principi generali) stabilisce siano regolati i rapporti fra comuni, province e regioni; 3) non ha � parvenza di ragionevole giustificazione � aver utilizzato il metodo di una � conferenza di servizi � titolare dei rilevantissimi poteri in deroga sopra descritti, dal momento che non vi sono, a differenza che in altre oceasioni (legge n. 205 del 1989, sui mondiali di calcio), urgenze particolari e si perseguono non interessi pubblici (come nel caso della legge n. 135 del 1990 sulla lotta all'AIDS), bens� fini tipicamente privati in quanto I beni dello Stato sono alienati a privati o affidati a questi per gestioni di tipo imprenditoriale. Preliminarmente deve essere rilevato che, con decreto-legge del 18 gennaio 1993, n. 8, convertito nella legge 19 marzo 1993, n. 68, si � disposto che all'art. 2, comma 16, che � una delle norme impugnate, le parole �senza che ci� comporti la necessit� di ulteriori deliberazioni per quanto concerne� gli interventi dell'ente locale, in deroga a quanto stabilito dall'art. 27 � siano sostituite con queste �nel rispetto di quanto disposto dall'art. 27 �. In relazione alla modifica legislativa int:i;odotta, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere relativamente alle censure proposte in tutti i ricorsi che, nell'impugnare, fra gli altri, l'art. 2, comma 16, cit., avevano appunto lamentato che la norma, prevedendo la deroga a quanto disposto dall'art. 27, comma 5, della legge n. 142 del 1990, travolgesse uno dei punti cardine dell'ordinamento delle autonomie locali che, pur indicando forme di coordinamento fra i vari livelli di governo, quale appunto la conferenza di servizi, conserva il potere di autonome determinazioni agli enti locali interessati, specie in materia urbanistica, disponendo che l'accordo debba essere ratificato dai loro organi competenti, sia pure entro un congruo termine a pena di decadenza. L'intervenuta modifica, ad opera del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 cit., nel senso anzidetto, fa cessare dunque la materia del contendere relativamente alla impugnativa della norma (art. 2, comma 16 cit.) che prevedeva tale deroga, rimandandosi al prosieguo della presente deci, , , , ,, Y. , , , Jffi1 PARTE 1, sEZ. I, GIURISPRUDENZA cosnn.JZIONALE sione l'esame dell'ulteriore profilo della censura che investe lo stesso comma.16. in relazione alle altre disposizioni dell'art. 27 cit. della legge n. 142 del 1990. Ai fini dell'esame deHe altre censure concernenti l'art. 2, commi 12, 1:5 e 17 citt;, � importante ricordare che questa Corte (sentenze n. 62 del 1993 e n. 31 del 1991) ha giudicato in via generale positivamente l'istituto della << conferenza di servizi >~, in quanto orientato verso la realizzazione del principio del buon andamento dell'azione amministrativa sancito dall'art .. 97 della Costituzione. In proposito si � sottolineato che � la previsione di un. organo misto in cui, nell'esercizio di funzioni amministrathfe, siano rappresentati tutti i soggetti portatori di interessi coinvolti nel . procedimento di realizzazione delle opere, in modo che tali soggetti possano confrontarsi direttamente ed esprimere le loro posizioni, trovando, in un. quadro di valutazione globale, soluzioni di corretto ed idorieC> contempe~ament~ delle diverse esigenze � si configuri quale �mezzo di semplificazione e di snellimento dell'azione amministrativa"� In relazione a tale orientamento, che deve essere anche in questa occasione ribadito, vanno disattese le censure, sulle quali tutti i ricorsi convergono,. tendenti a contestare la legittima esistenza dell'istituto, nell'assunto che esso esproprierebbe competenze regionali o provinciali costituzionalmente garantite e si porrebbe in contrasto con i principi espressi nella legge sulle autonomie locali (legge n. 142 del 1990 cit.) che assegnano alle regioni un ruolo centrale nei confronti degli enti locali minori. In proposito va osservato, in primo luogo, che la conferenza di servizi � un istituto espressamente previsto dallo. stesso ordinamento sulle autonomie locali (art. 27 della legge n. 142 del 1990 cit.), oltrech� dalla disciplina sul procedimento amministrativo (art. 14 della legge n. 241 del 1990), U che costituisce indice di un orientamento ormai costante nella legi~lazione sia di carattere generale, sia relativa a discipline di settore (es. interventi per la lotta contro l'AIDS o in tema di mondiali di calcio) tendente a considerare l'istituto come strumento C()llaborativo utilmente inserito nel sistema pluralistico dei livelli di governo e che, come tale, � gi� stato oggetto, come si � ricordato, del positivo apprezzamento di questa Corte. In secondo luogo, il ruolo di centralit� delle regioni nel sistema delle autonomie locali (cfr. sent. n. 343 del 1991) non � neppure attenuato dalle norme impugnate e quindi non contrasta con tale ruolo la previsione di un organo misto nel quale siedono alla pari, per un confronto globale degli interessi curati da ciascuno, tutti i soggetti partecipanti. Centralit� significa unit� di indirizzo e non equivale a sovraordinazione, essendo 326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATo questo un concetto estraneo al principio pluralistico che domina la distinzione delle competenze fra lo Stato e i vari soggetti pubblici, ivi compresi quelli esponenziali di autonomie. N� questa compresenza paritaria in un organo misto attenua le I competenze proprie degli enti che vi partecipano con propri rappresentanti, essendosi opportunamente chiarito (sentenza n. 62 del 1993 cit.) che questi ultimi � non potranno non disporre -o per competenza propria o per delega ricevuta dall'organo istituzionalmente competente dei p()tei;i corrispondenti all'atto del procedimento spettante alla sfera dell'amministrazione rappresentata �. Quanto,, poi, alla rispondenza .in concreto dell'attivit� esercitata dai componenti de.Ila conferenza agli interessi propri dell'ente rappresentato da ciascuno di essi, tale rispondenza pu� essere assicurata dalle direttive opportunamente _loro-impartite in via preventiva dagli organi competenti dell'ente i;appresentato e dalla verifica successiva della loro avvenuta osservanza, con le �onnesse �responsabilit� che potrebbero derivare da un comportamento ad esse contrario; oppure dal conferimento, da parte dell'ente, di una delega coridiiionata al suo rappresentante in seno alla conferenza, il che potrebbe influire su�l� stessa formazione della volont� dell'organo collegiale a caus� del mancato verificarsi della condiZione cui � su'Qordinato il conferimento della delega; dalla riserva, espressa nella delega al rappresentante dell'ente nell'organo misto, di un preventivo esame da parte �dell'ente rappresentato dello schema delle risoluzioni definitive verso cui la conferenza si orienti di volta in volta e ci� allo scopo di consentire all'ente predetto di dettare precise indicazioni a chi� partecipa alla conferenza, per orientarne ratteggiamerito da assumere in merito alle scelte definitive che in concreto dovranno essere adottate. In presenza di siffatte indicazioni non pu� parlarsi, come si sostiene invece dalle ricorrenti, �di una espropriazione delle competenze proprie degli enti ed in particolare delle regioni e del�e province autonome che partecipano alla conferenza attraverso propri rappresentanti, perch� l'istituto della conferenza realizza un giusto contemperamento fra la necessit� della con�entr�Zione delle funzioni in un'istanza unitaria e le esigenze connesse alla distribuzione delle competenze fra gli enti che vi partecipano. Tali considerazioni consentono di disattendere anche la censura, proposta dalla Provincia autonoma' di Trento, riferita al comma 16 dell'art. 2, nella parte in cui denunda n rrian�ato.rispetto� del comma 4 dell'art. 27 della legge n. 142 del 1990, che prevede�l'approvazione da parte del pre l sidente della regione (e quindi anche della provincia autonoma) dell'� acI I I I cordo � raggiunto nell'ambito �delfa conferenza di ser:Vizi. I I I l PARTE I;: SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Infondato � anche il profilo della questione che investe le nor� me denunciate nell'assunto che la previsione della conferenza di servizi, ti~ tolare di � rilevantissimi � poteri che��incidono sugli interessi delle regionie delle province autonome, non ha �parvenza di ragionevole giustificazione. � perch�, ��a differenza . che in altre �occasioni, �come per la. legge sui mondialidi calcio (legge n. 205 del 1989), non vi sarebbero urgenze particolari; n�, come nel caso� della lotta all'AIDS (legge n. 135 del 1990), si perseguirebbero interessi pubbliei, bens�. �fini tipicamente privati, quali sono queHi che riguardano l'alienazione di beni o il loro .affidamento a gestioni di tipo imprenditoriale, che, in quanto tali, non giustificherebbero una deroga alle regole ordinarie in tema di competenze. Osserva in proposito la Corte che le disposizioni istitutive della conferenza di servizi, oggetto della questione, rientrano, come risulta dal titolo del decreto-legge di cui fanno parte, in un quadro di riassetto degli enti pubblici economici, nonch� di dismissione delle partecipazioni statali e di alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica. Si � dunque in presenza di un rilevante disegno di politica economica e quindi non pu� negarsi che la deroga all'ordinario assetto delle competenze degli enti pubblici, circondata da tutte le illustrate garanzie, riposi su evidenti ragioni di interesse pubblico che � certamente ravvisabile nel piano di dismissione di beni gi� appartenenti allo Stato; il che non consente di condividere il contrario assunto delle ricorrenti, che escludono invece ragioni giustificatrici delle norme istitutive di questa conferenza, nonostante gli obbiettivi che la legge per1; egue. Quanto al rilievo secondo cui, per la Provincia autonoma di Trento, le delibere della conferenza finirebbero con l'incidere su materie riservate alla legge provinciale, va osservato che la partecipazione dell'assessore dell'urbanistica al comitato previsto dal comma 12, dell'art. 2, da un lato, ha lo scopo di consentire a questi di rappresentare a detto organo consultivo quali siano le materie sulle quali la conferenza non potrebbe deliberare perch� riservate alla legge provinciale, e, dall'altro, serve come tramite per rendere la provincia edotta in anticipo delle determinazioni incidenti su dette materie onde metterla in condizione di predisporre opportune modifiche delle leggi provinciali in modo da agevolare, nel quadro della leale cooperazione fra i diversi livelli di governo, il coordinamento con quelle che saranno le determinazioni della conferenza. Al contrario � evidente che quando, nonostante tale mediazione nella fase preparatoria dinanzi al comitato, nella successiva sede della conferenza il rappresentante della provincia autonoma constati l'impossi 328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO bilit� di far recepire nell'ordinamento provinciale le deliberazioni che la conferenza intende adottare, ostandovi la disciplina prevista dalle leggi provinciali per non essersi provveduto o dato l'avvio ai necessari adattamenti di queste, egli potr� sempre negare l'assenso, cos� impedendo il formarsi della volont� della conferenza, che deve essere unanime. Permane ovviamente l'elasticit� del comportamento del rappresentante in tutte quelle ipotesi in cui le leggi provinciali in materia urbanistica, di approvazione di piani, lascino dei margini di apprezzamento e non costituiscano ostacoli assoluti. I I I I II ! ~ ! ! GIURISPRUDENZA COMUNITARIA .<J3 .. JNT~R'.N'A.ZIONALiE:>> � ��������ᥥ���������ᥥ��������������e����ᥥ���ᥥ���������ᥥᥥ���������������� �.� Le s~!e ~:1~ :~~e �d1� �Giusi:a���delle .ComunitQ eui~P~ pronuneiate nel �� ᥥ�� .� corso dell'anpt) 1993� in. cause.� alle � quali ba partecipato� l'Italia. .� > f'i~il'afu�o �� 1993 le s(liitenz� >della corte df giustizia pr�niindate . in � cause alitr l.lfu!.ll, ha vartecipatcfl'ltal�a��(su�unt�t�le d� 203 senteme) sonc> state 221 7 su ricorsi diretti. della Commissfone contro 11rtalia, 2 su ricorsi diretti del� l'Italia( ctintro la Cott,!Mssfone, 12 su domande d� pronuncia . pregi�diziate ai sensi ci~Jl'al'fr 177 ~el r~.i;ttato CE.E (<;li cui 10 propqst~ da gittd�ei ftaliani) e rBiiilf~i~~~;~%:~ � � ~�2(Vgennafo 19931 nelle cause riwute C:.320; 321 e� 322/91, Telemarsicabruzzo s.p;a., � dove .fa Corte, investita � di��. questioni .preghldiziali vertenti ���sulla interpretazione del Trattato in materia �di concorre�fZai al fine di valutare la com� patibilit� con il diritto comunitario di taluni asp.etti di un sistema nazionale di ripartizione di frequenze con riguardo al servizio di radiodiffusione televisiva, �ha ritenuto ��di non potei-�� s.tatuire sulfe � questioni . proposte, non essendo stato 4efihito~ li� pal giudice; n� dalle parti della causa principale, l'ambito di fatto e di dfritto fu cui si inserivano le questfoni stesse. � �.. -.-l0 aprile 1993, nelle cause d~ri.ite C-31/91 >e C-44;9(.i,~geder, con 1a q..ale, la Corte: � ha dichia.rato che: �l� o...;o L'ari. 1 del regolamento (C~�) della Co~rnissfoile 16 maggio 1973, n� J311, :pelativo alla lista pr9vvisoda dtii y.q.J?.,r.d.. come pure alla jcte:�i#fi@Zione di questt vini nel d(lc:ument<> . di acC<>mpagnamerito :nel... settore. vitivfuicol<>,deve: .�. esi>ere: interpretato .nel senso �M solp i vini a cienominazione ..di od~e �o:ntr9lata . CPQC). e . a.�. c1e:n<>mina~ zione ��d.i oiigine ccmtrollata egarantita (I>QCQ)~ dur~te i(periodo m�.i detto testo era .in.vi&ore, vale.a dire. tr.a il� 22 rnaiiio. ect .. il 3l agosto .19731 potevl;lno aspirare:Jn Italia alla qualifica di v.q.p,r.d.; 2, --:-fu manc:a.za di non:Il,e comunitarie . aPPUc:a1'ili �� d.~a,nte il � perjodo iJ:t.�. cui �.� si �� sono sv<>}ti ���. i f�!ctti �. ctella ca.$a p.ri:ncipa~,. spetta al ~t'.idice: 1;1azionale.�. applkare � dispi>s�iicmi della :nor.mativa illtert.l �.�. relatiya ~a )'.�resc:;rizi<>1;1e .atc11;1zi a1J'i.mP9Xtazio1;1e: a torto. :no11 ;rec:la~ mati nei confto:nt1 detclebitoi,-e a seguito cii un errore commesso dall'ammi11istrazione nazionaie, . pui,-ch.� . dette nor.me si appiiChi.�o in � maniera non .. discri~ minatoria ai crediti nazion�li e ai crediti comunitari e non pregiudichino n� la .portata n� l'efficacia del.�diritto comunitario;. 3. ---!'.autorit� nazfonale incaricata di rilasciare i� documenti di accompagnamento. VA2 .per i vini meritevoli della menzione v;q.p;r.d. nel contesto. dell'organizzazione comune del� settore del vino � tenuta all'osservanza deLprincipio del .legittimo affidamento. Tuttavia, nell'ipotesi fu cui un. documento di accompagnamento VA2 sia stato emesso da un'autorit� nazionale non abilitata a tal fine e che; sulla base di un'erronea interpretazione della normativa comunitaria applicabile, non abbia 330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT& reclamato il pagamento degli ICM, �previsto da quest'ultima, non pu� essere sorto in capo alle parti interessate alcun legittimo affidamento, malgrado la loro buona fede �, -20 aprile 1993, nelle ca.se riunite . C.71/91 e C.178/91, Ponente Carni, dove la Corte ha statuito che: � 1. -L'art. 10 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, dev'essere interpretato nel senso che, fatte salve le disposizioni derogatorie dell'art. 12, esso vieta un tributo annuale dovuto in ragione dell'iscrizione delle societ� di capitali anche qualora il gettito d� tale tributo contribuisca �al�finanziamento. del' servizio incaricato �della� tenuta� del registro .in cui sono iscritte le societ�; 2. -l'art. 12 della direttiva dev'essere interpretato nel senso che i diritti d� carattere remunerativo d� cui al n. 1, lett. e), dello stesso articolo possono essere remunenajoni riscosse come corrispettivo di operazioni ~ll1PoSte dalla h~gge per Ul10 scopo di interesse generale, come ad esempio l'iscrizione delle societ� d� capitali. L'entit� d� tali diritti, che pu� variare a seco1J.da della forma giuridica della societ�, dev'essere calcolata in base al costo del1'operazio11e, che pu� essere determinato forfettariamente�. .:...... 28 aprile 1993; nella causa C-364/90, Italia c. Commissione, con la quale la Corte, in tema di aiuti eccezionali a favore di talune zone sinistrate del Mezzagiorno, ha parzialmente accolto il ricorso italiano annullando la decisione della Commissione 91/175/CEE del 25 luglio 1990 nella parte in cui aveva di� chiarato incompatibili con il Trattato, senza adeguata motivazione, alcuni di d,etti aiuti (quelli indicati nell'art. 3), ed ha respinto invece il ricorso per la parte riguardante l'invito della Commissione a recuperai:e gli altri aiuti ove questi fossero stati effettivamente erogati (il che di fatto non era comunque avvenuto). -28 aprile 1993, nella causa C.306/91, Commissione c. Italia, con la quale, in tema d� fissazione del prezzo dei tabacchi lavorati, la Corte ha parzialmente accolto il ricorso della Commissione dichiarando, con richiamo a principi d� certezza del diritto e di tutela dei privati, che � la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art.� 5 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte diverse dall'imposta sulla cifra d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi manifatturati, mantenendo in vigore una normativa che non prevede espressamente e che non implica chiaramente l'obbligo dell'autorit� amministrativa competente di rispettare, alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla direttiva, il principio della libera determinazione, da parte dei fabbricanti e degli impor tatori, dei prezzi massimi dei tabacchi lavorati importati in Italia� (su tale punto con l'art. 27, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni in legge 29 ottobre 1993, n. 427, si � fatta definitiva chiarezza in sede nazionale); la Corte ha viceversa respinto il ricorso in relazione a varie e pi� consistenti altre contestazioni mosse dalla Commissione, fra le quali alcune relative alla fissazione dei prezzi dei tabacchi lavorati, con asseriti ritardi e a livelli ritenuti non conformi alle richieste degli operatori. ~9 giugno 1993, nella causa C-95/92, Commissione c. Italia, dove � stato dichiarato che � non adottando le disposizioni� legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli artt. l, 2, nn. 1 e 2 ed agli artt. 3 e 5 della direttiva del Consiglio 3 settembre 1984, 84/466/Euratom, che stabilisce le misure fondamentali relative alla protezione radiologica delle persone sottoposte ad esami e a trattamenti medici, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono. in forza del Trattato CEEA �. PARTE I, SEZ:. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 331 -l luglio 1993, nella causa c.312/91, Metalsa, ..con la quale la Corte ha statuito che �l'art.. 18, primo comma, dell'accordo tra la Comunit� economica europea e la Repubblica. d~Austria, firmato a .Bruxelles il 22 luglio 1972; concluso e app.rovat;o, a noill:e .c:le.a Con;iunit~, con U regolamento (CEJ;:) del Consiglio 19 dicembre 197i, n. 2836, dev'essere fate.rpretato, diversamente dall'art, .9~ .(j~l .�'f.rattatO. �EE, .nek sensq che: .I},a, I1-0rmativa. 11azionaje Iii, quale punisc�Je infr~z.iqnJ� �qf)(:erner�( fIV4. aj}'impor_tazione� pi�l. severamente �delle lJl.~i;a,ziorii �qnceriieiitt i'�VA sajle �essionL dei � beni all'interno�� del paese, � nou �. incompatibile con la detta �lisposizione _ctell'accordo, anch� se tale diffe� rei�za � sproporzionata. J;ispetto ll�ll diversit~. delle due categorie di infrazioni "� ;..;.;, 2 agosfo 1993, nella fausa C-366/93, CommtssiOne c. Italia; con la qual� la c6rt�; fu� parziale accoglitnento deI ticors� della Commissione,� -ha dichiarato che �persistendo, nonostante la sentenza della Corte 17 dicembre 1981, Commissione c/ Repubblica italiana (cause riunite 30..34/81), a non adottare tutti i provvedimenti necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 75/439/GEE, r:elativit affe#mirzaz.iqne 4egli 9li usati, e in partico~are agli artt. 6; 12 e 15 della stessa, la Repubblica italiapa � venuta menoagli obblighi impostile: dall'art. 171 del Trattato CEE �, Il ricorso � stato invece respinto nella parte ri~arciante l'.esclusion,e: de:ll'espo.rta.zione: ciegli ol~ usati verso altri Stati Jnernbrine!l'ambi~o del siste:ma nazionale di_ raccolta di .detti oli. -2 agosto 1993; nelle �cause riU:nite C-259/91, C~33i/91 e C-332/91, Allu� ed a., dove si .� statuito, in tema di libera circolazione dei lavoratori, che �l'art. 48, n. 2, del Trattato CEE osta a che la normativa di. uno Stato membro limiti nella generalit� dei c;asi ad un anno, con possibilit� di rinpovo, la durata dei contratti di lavoro dei let.tori di lingua stranier�, mentre una tale limitazione non esiste, in via di pr,irn:;ipi?, per quanto riguarda gli altri insegnanti �, -2 agosto 1993, nella causa 0107/92, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato; in tema di procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, che �la Repubblica italiana, avendo omesso di in� viare all'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle. Comunit� europee, ai fini della pubblicazione nella Gazzetta. -Ufficiale delle Comunit� europee, un bando di gara per la costruzione di una diga paravalanghe in localit� Colle Isarco/ Brennero, � venuta meno agli. obblighi che le incombono ai sensi della direttiVa del Consiglio 26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici�. -2agosto 1993, nella causa C-139/92, Commissione c. Italia, dove si � statuito che �non comunicando, allo stato di progetto, il decreto ministeriale 5 novembre 1987, n. 514, la Repubblica italiana � venuta meno agli. obblighi che le incombono a norma degli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che. prevede una procedura d'informazione nel settore delle n()rme e delle regolamentazioni tecniche �. ~ 6 ottobre 1993, nella causa C-55/91, Italia c. Commissione, con la quale � stato respinto il �ricorso italiano contro la decisione della Commissione relativa alla liquidazione dei conti del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (F.E.A.O.G.) per l'anno 1988, riguardante il rifiuto di imputare al fondo alcune spese relative al prelievo di corresponsabilit� supplementare 332 RASSEGNA� AVVOCATURA DELLO STATO n�l settdre lattiero e caseario; a premi per i produttori di carni avine e caprine, al tabacco giacente all'intervento, all'olio di oliva, ad aiuti per la trasformazione di semi di soia, ad aiuti alla produzione per il frumento duro. ..;. 7 dieembre 1993, nella causa 83/92, Piert�l, dove, in tema di direttive sui medicinali, fa Cdrte ha statuito che: d; ....; l'art. 21 della direttiva del Consiglio :ur gennaio 1965; 65/65/CEE, per il ravvicinal:nento delle disposizioni legislative,. regoiamentari. e amministrative .�relative .a)Ie . speci�lit� .�medicinali, deve elis�re interpretato nel senso �he �ia sospensione�� o la �revoca �di \ln'autorizzazione .. all'immissione in commercio pu� es.sere disposta solo per i motivi previsti da eletta direttiva o da altre dispds�zioni applicabili di diritto comunita~ io; 2; -le disposizioni della .direttiva . del Consiglio 65/65/CEE., emendata, impediscono alle autorit� nazionali non soltanto .di introdurre cause di sospensione o di revoca diverse da quelle stabilite dal diritto comunitario, ma anche di prevedere ipotesi .di decadenza delle autorizzazioni all'immissione in commercio�. -15 dicembre 1993, nella causa C�292/92, Hunermund, dove, iri tema di liber� �circolazione dell� �merci�� e in �particolare �di prodotti paraf ilrmaceutici, si � statuito che l'art 30 del Trattato CEE deve essete interpretato nel senso che esso rton si applica ad una norma deontologica, emanata dall'ordine professionale dei farmacisti di uno Stato membro, che vieta a costoro di fare la pubblicit�, i;i.l di fuori della farmacia;� di prodotti parafarmaceutici�. -15 dicembre 1993, nelle cause riunite C-277/91, C-318/91 e C-319/91, Ligur Carni s.r.l. ed a., con la quale, in tema di �ontrolli sanitari all'importazione, la Corte ha dichiarato che: �� 1. -la direttiva del Consiglio 26 giugno 1964, 64/433/CEE, relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di carni fresche, come modificata con la direttiva del Consiglio 7 febbraio 1983, 83/90/CEE, dev'essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale in materia di ispezioni sanitarie che assoggetti le merci importate, gi� .munite di un certificato sanitario redatto dalle autorit� dello Stato membro speditore conformemente alla normativa comunitaria, a controlli sanitari obbligatori, sistematici e permanenti, non alla . frontiera, ma nel comune di transito o di destinazione delle merci, ed imponga agli opera. tori economici interessati il. pagamento �di. un diritto come corrispettivo; 2. l'onere pecuniario imposto all'importatore interessato a titolo di diritto di ispezione sanitaria, nel contesto di una normativa nazionale come quella in discussione nelle cause principali, non � giustificato in quanto corrispettivo di servizi resi all'importatore stesso; 3. -l'art. 30 del Trattato dev'essere interpretato nel senso che esso osta al divieto, imposto dalla normativa di un comune di uno Stato membro agli importatori di carri.i fresche, di provvedere in proprio nel territo�"io comunale al trasporto e alla consegna delle loro merci, a meno che essi non versino ad un;impresa locale l'importo corrispondente ai servizi che essa presta nell'ambito di una concessiOne esclusiva in materia di movimentazione nel macello comunale, di trasporto e . di consegna delle �merci di cui trattasi. L'art. 30 del Trattato ha efficacia diretta ed attri� buisce ai singoli diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare �. OSCAR FIUMARA PARTE I, SEZ.:. II;. GlllRIS. ;COMWU,TARIA B JN'reRNAZIONALE CORTE Dl� OlUSTIZIA DELLE �COMUNIT� EUROPPE. Plenum;. 21 aprile 199.3 nella. caus� .C-172/91-Pres. Due � Avv. Gen. Darmon -Domanda . di .pronuncia pregiudiziale poposta dal .Bundesgerichtshof nella causa Sonntag e; Waidmann -Interv.: Governi .tedeseo.(ag .. Bohmer) e italiano~( �vv~ .Stato .Eiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Van Nuffel e aw.:Krane-Ablass); Comu1lwi:� e~Ol)�� .�. C~nvJJUione .di Br1JXellell sulla c~mpetenza giurisdi~ zioriale. e resecuzlone �delle . dedsioni in materia '�ivile e corfunertjal� Competenza � Materia civile �-Es�reizio dell'azion� civile in sede penale �' F�tti5p�cie~ � � � {Conv~rizibne �di' Brttx�lles� 27: settembre� 1968,~ e� st�:c> mod., art. 1, �collima 1). Comunit� europee -Convenzione di Bruxelles sulla competenza gi�risdi� zionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ProvV'�di�llentidi �. exequatur�� -' lmpugnazioni; (Convenzione dfBruxelles'.27 s�ttembre 1968; e succ; m�d., artt. 36 e 37, collltila 1). Comuriit~... europe~. ����collvenziorie. di. Bruxettes ��sulla competenz~ giurisdi� . . 46nite e ��~secuZione delle. decisioni . in materia. Civile . e �olrimereial� .� Ricori�scim�ilto �di Uria d�cisiorie ��~ Casi di diniego . Fattispecie. (Cortven~ion� 'di: Bruxelles 2{ s�ttembr~ 1968, e succ. mod., art. 27, �oriuna 2). � La �materia civile�, ai sensi dell'art. 1, primo comma, prima frase, della Convenzione, comprende l'azione� per.� il� risarcimento del danno intentata dinanzi ad un giudice penale nei confronti dell'inseghante di una scuola c~, in .occasione di� una gita scolastica, essendo illegittimamente e colposamente venuto meno ai propri obblighi di vigilanza, abbia causato un danno ad un allievo, anche laddove le conseguenze dell'evento dannoso si'arto t,operte da un regime di assicurazione di .diritto pub.blico (1). L'art. 37, secondo. comma, della Convenzione dev'essere interpretato nel senso� che � esclusa q1,1.alsiasi impugnazione di terzi interessati avverso la decisione pronundata nell'ambito di urta opposizione proposta ai (1-3) Rispoi>'te indiscutibili ai .q.esiti posti dal giudice tedesco, nei sensi indicati nelle osserv.~zioni scritt~ presentate in. causa dal Governo italiano, che qui di seguito si trascrivono. EserciZio �dell'azione civile in sede penale contro pubblico dipendente per . fatto .di servizio e riconoscimento de,la sentenza ai sensi della convenzione di '.Bruxelles del 27 settembr� 1968. (omissis) 4. -Con il i;econdo quesito il giudice tedesco chiede � a) se l'azione diretta al risarcimento del danrto. intentata personalmente nei. confronti del titolare di un ufficio pubblico che, venendo illecitamente e colposamente meno ai propri doveri, abbia cagionato un danno ad altri costituisce un'azione civile ai sensi dell'art. t, priino comma, della convenzione, e b) .in caso affer RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 334 sensi dell'art; 36 della Conventione, anche laddove un'impugnazione sia consentita �ai detti terzi dalla legge nazionale dello Stato di esecuzione (2). Il diniego di riconosCimento di. una decisione per i motivi indicati all'art. 27, n. 2, della Convenzione �. consentito solamente in caso di contilma�ia idel convenuto nel procedimento di origine. Tale disposizionei non pu� essere quindi invocata qualora il convenuto si sia� costituito. Un convenuto si considera costituito, ai sensi dell'art. 27, n. 2, della Convenzione, qualora questi, nell'am,bito di una domanda risarcitoria .dedotta nei pro�ed�mento�pei:tale mediante c9stituiione .di parte civile, abbia svoltp dif~s~ q.tl'itdienz<:i di dibq.ttimento, per mezzo del proprio difensore, in ordin~ 'alla pubblica accusa ma non in ordine alla domanda civile, anch'essa oggetto del dibattimento cui il difensore medesimo abbia assi� stito (3). (omissis) 1. -Par orc1@nanoe. du 28 maJ 1991, .parvenure � la Cour le ler juillet .suivant, le Bundesgerichtshof a pos�, en vertu du protocole d1,1} juin 197~ relatif � l'i:nterpr�tation. par 1a. Cour de justice de fa conv~ nti(>. ci.. 27 sepwmbre 1968, co11cernant la comp�terice judiciail'e et l~ex�cuti9n 4es .. d�cisions en�mati�re. civile et commerciale (JO .. 1972, L. 299, p. 32),telle.que modifi�e par la convention du 9 octobre 1978 relative � l'adh�sion du Royaume de Danemark, de l'Irlande et du Royaume-Uni madvo, se ci� valga anche. nell'ipotesi in cui l'infortunio sia coperto da un'assicurazione. pubblica �. La risposta .non pu� �he essere positiva. La� convenz�one si applica esclusivamente alla materia civile e commerciale, con esclusione della materia fiscale, doganale e amministrativa. Per interpretare la nozione di 111ateria civile e commerciale ... si deve aver riguardo ..., da .un lato agli obiettivi e al sistema della convenzione e, dall';;�tro, ai principi generali �desumibili dal complesso degli ordinamenti giuridici nazio nali�� (sentenza della Corte 14 ottobre 1976, nella causa 29/76, in Racc. 1541). Orbene, se � pacifico che � � esclusa dal campo di applicazione della convenzioni: la decisione emessa in una causa fra la pubblica amministrazione e un privato, qualora la prima abbia agito nell'esercizio della sua potest� d'imperio � (sentenza citata), appare altrettanto pacifico, in tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, che rientri invece nell'ambito della convenzione la controversia che vede il danneggiato rivolgersi ad tina . pubblica amministra� zfone e/o ad un suo dipendente per sentir affermare la sua responsabilit� ex delicto (cfr. relazione SchlOsser alla � convenzione di adesione� del 9 ottol:> r~ 1978, h:i G.U.C.E. 5. m.arzo 1979 n. C/59, � 25 e. segg., pag. 83), non venendo in rilievo il rapporto di diritto pubblico, ma piuttosto la violazione� del generale . principiO �del neminem la�dere. Nella faftis;1Jecie in causa si discute, appunto, di una sentenza emessa in occasione di un'azione di risarcimento danni promossa contro un pubblico dipendente per' violazione da parte sua del generale principio suddetto, e non hanno rilievo i rapporti di manleva fra pubblica amministrazione e pubblico funzionari� o l'esistenza di una eventuale copertura assicurativa, n� i limiti di responsabilit� personale del pubblico dipendente nello Stato cui esso appartiene, posto che l'azione civile pro PARTE I, SEZ. II, GlURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 335 de Grande-Bretagne. et d'Irlande du Nord (JO L. 304, p. l, ci-apr�s �convention �), plusieurs �questions pr�judicielles relatives � l'interpr�tation des. articles ie~, premier alin�a, 27, point 2, et 37, deuxi�me alin�a, de cette convention. 2. -Ces questions ont �t� soulev�es dans 1e cadre d'un ~itige opposant M; V; Sonntag (ci~apr�s le � d�biteU!r �), soutenu' par le Land BadenWtirtteinbe: rg; � M. et Mme H. Waidmartri, et leuf' fils Stefan Waidmal:in (ci�apr�ifles �cr�ariders �), au sujet de l'ex�cution en R�pt�blique f�d�� rale d'Allemagne, dans ses dispositions civiles, d'un jugement rendu par une juridictiori p�nMe italienne. 3. -Il ressort du dossier que les cr�anciers solit les parents� et le fir�re de . Thomas Waidmann, �l�ve . d'une �cole pub1ique Q\l Land de Baden-Wurttem'Qerg, q.i a ~t� victi111~.,le 8 jum 1984, lors d'une ex�ur! lion scolaire en Italie, ,d'un acciQ,ent l1lorteL en montagne. L'enseigna,.t accompagnateur, M. Volker Sonntag, a fait l'objet d'une proc�dure p�na1e devant le tribuna! r�pressif de Bolzano pour homicide par imprudence. posta attiene esclusivamente all'obbligazione ex delicto per un fatto commesso in altro� Stato membro e, secondo le comuni norme. di diritto in~rnazionale privato, �le obbligazioni non contrattuali sono regolate. dalla legge del luogo ove � avvenuto il fatto dal quale esse derivanoȥ (art. 25, co. 2, delle disposizioni sulla legge in generale, che precedono il codice civile italiano; cfr. anche, ai fini della competenza, l'art. 5 n. 3 della convenzione). 5. -Il� terzo quesito pone alla Corte il problema � se possa considederarsi domanda giudiziale, ai sensi dell'art. 27 della Convenzione, la notificazione al convenuto di un atto in cui si esprima la volont� di richiedere, nell'ambito di un procedimento penale, anche la sua condanna al risarcimento <lei .danni materiali .e morali senza che in tale atto sia, per�, specificata l'entit� della richiesta risarcitoria�. ~ pacifico che la materia delle azioni civili proposte davanti a giudici penali rientra nel campo �di applicazione della convenzione sia per quanto riguarda. la disciplina della competenza sia per quanto concerne il riconoscimento e .l'esecuzione delle . sentenze pronunciate, in seguito a siffatte azioni, dai giudici penali (art. 5 n. 4 della convenzione; cfr. relazione .Jenard. alla convenzione originaria, in Boll. C.E. suppl. 12/72, �apo III-III, pag. 18). Si chiede. solo se. possa considerarsi� rispondente ai requisiti minimi implicitamente richiesti dall'art. 27 n. 2 della convenzione una domanda giudiziale che non specifichi. esattamente l'entit� della richiesta risarcitoria. Non par dubbio .che anche a .questo quesito debba darsi risposta affermativa, considerato che, secondo le norme che regolano l'azione civile nel processo penale indicate sommariamente nel pre�edente �paragrafo 2, � l'azione civile pu� essere proposta solo per ottenere il risarcimento del� danno patrimoniale o non :patrin:loniale conseguente �l reato per il quale si procede e che la parte civile � tenuta a .esporre, sia pur sommariamente, i motivi a sostegno della sua domanda e infine a precisare le proprie conclusioni: il quantum 336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 4. --Dans le cadre de cette proc�dure p�nale les cr�anciers se sont cons1Ji.tu�s, le 22 septembre 1986, partie civile contre l'enseignant accus�, afin d'obtenfr sa condamriation � fa r�parations des dommages caus�s par l'accident. L'acte judiciaire r�dig� � cet effet a �t� signifi� �U d�biteur le 16 f�vrier 1987. 5. -L'audience au fond. devant le tribuna! r�prei;sif de )3olzano a eu li~u le 25 janvier 1988. Au cours de cette auclience le d��iteur �tait repr�sent� par un avocat. Dans l~ j"ugement rendu le me;me jqurj le d�biteur a �t� recunnu coupable d'homicide par imprudence et condamn� � verser �ne provision de 20 millions de lires � la famiUe Waidmann ai.si qu'� supporter les d�pens. Le jugement Jui a �t� signifi� et est pass� en force de chose jug�e. 6. �;..;.. SUI' demande des cr�anciers, le Landgericht d'~Hwangen a, sur la base d'une oi'donnano� 'du 29 septembre 1989, appos� la formule ex�cutofr� sur i:e jugement du tribuna! de Bolzano, pour ce qui �onoerne ses dispositiorts civiles. 7. -Le d�biteur a alors form� un recouvs contre cette d�cision devant l'Oberlandesgericht et a appel�, dans Je cadre de cette proc�dure, debeatur pu� non essere esattam�i1te precisato (cos� come del resto non � necessario che sia precisato in un'ordinaria �azione civile dinanzi al giudice I civile}," posto che la sua liquidazione � conseguenziale e va fatta nei limiti di quanto effettivamente spettante secondo l'azione proposta ed esattamente specificata. 6. -Con il quarto quesito il Bui:J.desgerichtshof chiede, infine, � se il I convenuto possa considerarsi costituito in giudizio ai sensi dell'art. 27, secondo comma, della Convenzione qualora, nell'ipotesi di una domanda risarcitoria proposta nell'ambito di un procedimento penale promosso d'ufficio I (art. 5, quarto comma, della Conv�nzione), il responsabile civile abbia presentato le proprie difese, nel corso del dibattimento per mezzo di un difensore ili propria scelta, in ordine alla� pubblica accusa ma non anche in ordine alla domanda civile discussa oralmente in presenza dello stesso difensore�. �, , Secondo l'art. Il, primo� comma, del proto'collo annesso alla convenzione, �salvo disp0sizioni nazionali pi� favorevoli, le persone domiciliate in uno Stato contraente, cui v�nga contestata un'infrazione non volontaria davanti alle giurisdizioni penali di un altro Stato contraente di clii non sono cittadini possono �anche se non compaiono personalmente farsi difendere dalle persone a tale fine abilitate�. E la rel�Zione Jenard alla convenzione originaria (loc. cit., pag. 19) ha precisato in proposito quanto s�gue: � Per rispondere tuttavia all� obiezioni secondo le quali la parte contro la quale � stata intentata l'azione Civile rischi�.di trovarsi in difficolt� riella difesa quando con lo stesso processo pu� essergli 'comminata una condanna penale, il Comitato ha scelto una soluzione identica �a quella ammessa dal trattato Benelux. Il protocollo prevede all'art. 2 che detta persona potr� farsi difendere o rappresentare davanti al gi�dice penale. Non sar� dunque costretta a comparire personalmente �quanto� alla difesa dei suoi interessi civili�; PARTE 1, SE2); �U1 GlURIS. COMlJNl'l'ARIA E INTERNAZIONALE 337 l~.Land Baden~Wil,rttemberg en... d�claraticm�de jugement �commun, en faisa.fllt va'loh~ qu'iLavait un ��dr.oit .� statut!*ire � .. ~��Que le Land 1'exon�:re de s9n obUgation de.�t�pam le pr�judi9e au> cas o� 1'iss:.;e dela proc�dure ~aj �erait q�~a.vorable.~ ie Lan:d Ba4en,~W4rttemben~ est imerv�nu � l'in#;#~:~~ ~9itu~n, si~~ c;9ii�l.siqils �41t 4~6it~ur. >� ���� � � ��� � ��.�.�.�.�.�.�,�.�.�.�.��.��.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.��.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�. �.�.�.�.�.�.�.� .�.��.� �.�.�.� .�.�..�.�..��� .. �.�.�.�.�.�.�.�..�.�.�..�.�. Jk i i�obetl~�1dEisgericht��a teJet� le tec�ttrs le 20 juillet 1990 au motif, .� nofamment, qu� 1e>jugement p�rtal �du tliibunal de Bol2iliiin6 portait .sur ~mati�te: ��vile att� giens de�l'article !Ler; :premier "aliln�a; premi:�re phrase, de' dl!)>C())l;'.\l"�ntl<>rt et que' J'action. civile .avait �t� .signifi�e >au .. d�biteur en temps �utile, 9.. -r~� d�biteur ain~i. que _le 'La,riq.. ~~c;le.n~Wur~temberi.ont. <�.()rf� introduit. un !'eCOurs�.�.contre .cette d~cisio!f dev~t le �. Bundesgerichtshof. fg~~o~~fu,�.�~1iwaf1~!9~~r!hX:!~~~�����~~~g;m,1rJ.���-~~f~~,e~~a~~itU:!! des �l�ves par le d�b�teur, en sa qualit� de foncHoi:uiaii'e, rel�vedl.ldroit administratif/Ils :�'$timent �galementqite.Je cantenu del'intervent:ion des cr�anorers du 22 �s�ptetnbre�1986 �st trop va~ pour qu'.elte< puiS:se. et!t'� conSid�r�e comme: un aete ittittoductif d'�nstanee au sens de l'artkle 27, p�int -Ztde ~a-convention. �. �OJ:'he.ne; si � i:ic:<i>rcl�:l,to .�.cl:ie. nell'cu:c!Jllilme.ntp .� giutj.cjjcq )tajian0: a}l'impu1: ato .� J\Ss!c:.r11fo. lA ogni ca~o la dite.sa~ 'anc;he ~e rhnruiga contumace e/o non i?rb\TVeda �a� iu:irilitiare�� un difensore ��di. fiducia,�_ e_ sf � altresi�. precisato� che, aw�riiita rituahriente la C�stittiziorie di parte civile; no:il� � richiesta una specifica costituzione. agli�. effetti civili dell'imputaito; sicch�. il difensore .di fidu~ c:ia 0: 4':1.dl:l:icio ~i>tUlleJa dife$a .4ell'imputat<;i �sia per gli .interessi penali che, aut<>mi:ttic11m,ente, Per gli interessi civili, senz~�� bisogno .di specifico mandatoper'.q\�esto. secOndo �.aspetto: La disposizione.� c;leU'�rt. Ii,_� prlmO _�comma, del protocollo non ha; cj_uiridl; gfan rilievo per l'�fdi.tiamentO giuric;lfoo italiano in quanto l'interesse dell'imputato � gi� parimenti tutelato. , Posto;dunque, che; .,..-.come del resto J>t.esuppone.il-quesito 4el Bundesgerichtshof "7 , l'imputata. aveva la. possibilit� giui:idi.ca _di. c;life;ndei;si .idoneamente iilJche reiativamente all'~ione �� C�.vile �.contro di lui prOmos~a iieI processo penale, ribi:f sembra �:�0tet �ssuiri�r� alcun rilievo, ai fini dell'eiequatur, la citcostam:� che, di fatto; il�� difensore.. -4ell'hnputato .non�abbia .svolto specifiche difese riguardo alla suddetta azione civile. Devesi,�� con;1,unque, ��� rilev;:tre, che appare non correttamente esposta e verificata fa" .circostanza: trattandosi, invero,_ di._. un'azi9f1-C:: civile .�.risarcitoria _limitata _. essenziaJmente .<tll'an ldebl!atur, sembra evidente .che la difesa civilistica sfa stata cOni;eguenzi�fo e coincidente con .quella sV�lta sotfo 11aspetfo penale, -� rfgiiardO �ai profili� della �sussistenza del fatto illecito e alla riferibilit� dello .stesso all'imputatoi' la c::ondanna al pagamento della :provvisionale e delle spese legaji � meramente conseguenziale alla pronuncia di responsabHit� penale e civile. � �� � Anche all'ultimo quesito si potr�, dunque, dare risposta affermativa. (omissis) �� � (O.F.) 338 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 10. -Estimant que le litige soulevait, d�s lors, des questions d'interpr�tation de la convention, le Bundesgerichtshof a d�cid� de surseoir � statuer et de saisir la Cour des questions pr�judicielles suivantes: 1) L'article 37, second al�n�a, de la convention exclut-il �galement tout recours de tiers int�ress�s contre la d�cision rehdue sur le recours form� au titre de l'article 36 cie la convention lorsque le droit interne de l'Etat d'ex�cution ouvre � ces tiers une voie de recours? a) la mati�re civile au sens de l'article ler, premier alin�a, premi�re phrase, de la convention� recouvre-t-elle le cas dans lequel le titulaire d'une charge publique, qui a caus� un pr�judice � une autre personne par la violation fautive et ill�gale des devoirs de sa charge, est actionn� personnellement en dommages-int�rets par la victime? b) en cas de r�ponse affirmative � la question pos�e sous a): en est-il de meme lorsque l'accident est couvert par un r�gime d'assurance sociale de droit public? 2) Y a-t-il 'acte introductif d'instance' au sens de l'article 27, point 2, de la convention lorsque le d�fendeur est inform� par un acte del proc�dure �crit de ce qu'il lui sera demand�, dans le cadre d'une proc�dure p�nale, de r�parer le pr�judice tant mat�riel que mora!, sans que l'acte n'indique l'importance de la cr�ance de droit dvii qui lui sera oppos�e? 3) Un d�fendeur a-t-il comparu au sens de l'article 27, point 2, de la convention lorsqu'il s'agit d'une demande en indemnisation qui se greffe sur l'action publique pendante devant le tribuna! (article 5, point 4, de la convention) et que le d�biteur, par l'interm�diaire du d�fenseur qu'il a choisi, a certes pris position, lors de l'audience au fond, sur l'action publique mais non sur l'action civile, qui a �galement fait l'objet de d�bats oraux en pr�sence du d�fenseur �. 11. -Pour un plus ample expos� des faits du litige au principal, du d�roulement de la proc�dure ainsi que des observations �crites pr�sent�es � la Cour, il est renvoy� au rapport d'audience. Ces �l�ments du dossier ne sont repris ci-dessous que dans la mesure n�cessaire au raisonnement de la Cour. 12. -Dans. la mesure o� les questions pos�es par la juridiction nationale portent sur l'interpr�tation de plusieurs dispositions de la convention, il y a lieu d'examiner d'abord si l'action en r�paration de dommages qui se trouve � l'or:igine du litige, telle que d�crite dans l'ordonnance de renvoi, rel�ve du champ d'application de cette convention. Il convient donc de r�pondre en premier lieu � la deuxi�me question pr�judicielle. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Sur la deuxi�me question 13 -Il r�sulte des termes de la question pos�e et des motifs des l'ordonnance de renvoi que la juridiction natioriale demand�, en substan cc. � savoir si la �mati�re civile� au sens de. l'article 1er, premier ali n�a, premi�re phrase,. de la convention,. recouvre l'action en r�pa;ration des.. dq:inmages port�e. <Ievant une juridiction p�nal contre l'enseignant d'une �cole publique, . qui, lors d'une .excursion scolaire, a caus� un pr�judice � un �l�ve, du fait de la violation fautive et ill�gale des devoirs1 de vigilance, et ceci meme en cas de garantie par un r�gime d'assurance sociale de droit public. 14. -Afin de r�pondre � cette question, il convient d'examiner tout d'abord si une action en r�paration des. dommages port�e devant une juridiction p�nale peut relever du champ d'application de la con� venti on. 15. -A cet �gard, il y a lieu de rappeler qu'aux termes de son article 1er, premier alin�a, la convention �s'applique en mati�re civile et commerciale, et quelle que soit la nature de la juridiction �, 16. -Il r�sulte ainsi des termes memes de cette disposition que la convention s'applique �galement aux d�cisions rendues en mati�re civi~ le par une juridiction p�nale. 17 -Il convient ensuite de v�rifier si l'action en r�paration des dommages exerc�e contre un enseignant d'une �cole publique ayant oc~ casionn�, lors d'une excursion scolaire, un pr�judice � un �l�ve, du fait de la violation des devoirs de sa charge, rel�ve de la � mati�re civile� au sens de l'article 1er, premier alin�a, premi�re phrase, de la convention. 18. -A cet �gard, il y a lieu de rappeler que, selon une jurisprudence constante (voir, not�mment, arret du 14 octobre 1976, LTU, 29/76, Ree. p. 1541, attendus 3 et 4; arret dti 22 f�vrier 1979, Gourdain, 133/78, Recp. 733, attendu 3; arret du 16 d�cembre 1980, Ri.iffer, 814/79, Ree. p. 3807, points 7 et 8) la notion de � mati�re civile� utilis�e � l'article 1er de la convention, pr�cit�, doit-etre consid�r�e comme une notion autonome qu'il faut interpr�ter en se r�f�rant, d'une part, aux objectifs et au syst�me �-e la convention et, d'autre part, aux principes g�n�raux qui se d�gagent de l'ensemble des syst�mes de . droit nationaux. 19. -Sur ce point, il importe de constater que, meme si elle se greffe sur une instance p�nale,� l'action civile, exerc�e en r�paration du �pr�judice caus� � �un particulier par suite d'une infraction p�nale, revet un caract�re civil. En effet, dans les syst�mes juridiques des Etats con" tractants, le droit � obtenir r�paration du dommage subi � la suite d'un RASSEGNA 'AVVOCATURA DELLO STATO 340 comportement jug� r�pr�hensible au regard du droit p�nal est generalement reconnu comme �tant de nature civile. C'est de cette conception que part d'ailleurs l'article 5, point 4) de la convention. 20. -Il r�sulte des art�ts LTU et Rliffer, pr�cit�s, qu'une telle action n'�chappe au champ d'application de la convention que lorsque le :responsable � l'encontre duqu�l elle est intent�e doit �tre consid�r� 1 comme une autorit� publique ayant agi dans l'exercice de la puissance publique. 21. -A cet �gard, il convient de relever en premier lieu que la circonstance que l'enseignant ait le statut. de fonctionnaire et agisse en tant quel tel ne saurait �tre d�terminante. En effet, m�me s'il agit pour le compte de� l'Etat�, uri fonctionnaire n'exerce pas toujours la puissance publique. 22. -Il convient de constater en deuxi�me lieu que, dans la majorit� des syst�mes juridiques des Etats membres, le comportement d'un enseignant d'une �cole publique, dans sa fonction d'encadrement des �l�ves lors d'une excursion scolaire, ne constitue pas une manifestation de la puissance publique, en ce que ce comportement ne correspond pas � l'exercice de pouvoirs exorbitants par rapport aux r�gles applicables dans les relations entre les particuliers. 23. -Il y a lieu de constater en troisi�me lieu que l'enseignant d'une �cole publique assume � l'�gard des �l�ves, dans un cas similaire � celui de l'esp�ce au principal, des fonctions identiques � celles d'un enseignant d'une �cole priv�e. 24. -Il importe de rappeler en quatri�me lieu que la Cour a d�j� constant�, bien que dans un contexte de fait et de droit diff�rent, dans l'arr�t du 3 juillet 1986, Lawrie;Blum (66/85, Ree. p. 2121, point 28 en rapport avec le point 24), qu'un enseignant ne fait pas usage de pr�rogatives de puissance publique m�me lorsqu'il note les �l�ves et participe � la d�cision sur leur passage � la c1asse sup�rieure. Cette constatation s'impose � plus forte raison lorsqu'il s'agit, � propos de l'encadrement des �l�ves, du devoir de surveillance que doit remplir l'enseignant lors d'une excursion scolaire. 25. -Enfin, il convient d'ajouter que, m�me si le droit interne de l'Etat contractant d'origine de l'enseignant concern� qualifie l'activit� de surveillance dudit enseignant envers ses �l�ves comme un exercice de puissance publique, cette circostance demeure sans incidence sur la qualification du litige au principal au regard de l'article 1er de la convention. � I t I PARTE l, SEZ<'<ll; GI.IJJUS./COl'i!U:Nl'l'ARlA-E �INTERNAZIONALE 26<-~'u r�st�tede�. l'ensemble: de eonsid�rations qui pr�c�dentque raction en.. ~paration. de dommages intent�e> en l'esp�ce au .principal pa�:'. .Jes �r�anciets contre l.'ens~ignant d'une ecole publique tel�ve de l~ 'matj�r� ciyile\��'au semi���de<l'artkle i~r,. premier>�alin�a, premi�re Pl.J.rase; d.eJa wnventl�n;.<.� � -i~tii~~f-~~~,��r~�~ti~~~?ce�_q~a7-i~~fa:~t�~~f :;ti!~:~ttl0i�~~i:!e�t~: cette action est couvert par un r�gime d'assurance sociale de droit public� � j~, ;! ~ ~~~ �gard1.U � ... l;~lli~tence �ventuelle .cl'Ul'le �ouvert.re d'assurance -ne rev~t a11cune impQrtance pui5que . la -bAse. <.le .la pr�tentio11 �ivilei: c'esk~w:lire la� responsal::>-ilit� e~,d~jeto, .ne se t:rq.y1:t Pas aJ'fect�e par Xe~isJenee 4e <~ette>g;.'antie p.ul::>llq.e.� 29. -n convient, .d�s lors,' a~�-repondre . �'" �a d.el.txi�ll1~ qtl.~stion pos�e: par la juridictioq <le_ renyoi .l:J.:ue la � mati�re �civile �; �au� sens de !'artici e 1~~ premier' alin�a/ pretni�r� phrase; �� de fa ��convention �� reco�vre l'action en r�paration des dommages port�e devant une .juridiction p�nale contre l'enseignantd'une �oole publique��qui,lors� d'oune� ex.cursion.� scolaire; a . caus� un. pr�judice .� � � un �l�ve., du. �fait de la . violation. fautive .et�ill�gale:.�des�devoirs de vigilance,�et�ceci� m�i:ne �en cas de garantie par un r�gime .d'.;:tssurance sociale de. d:roit public~ S~r/.la.-pr.emi~re��questiQn �;;it -Par. cette.questiQn-�la._juridiction de_ renv9Lvise, en.substance, � savoir sC Ya.rtic1e 37,. <ieuxi�m~�._. aUn�a,�.. de .. la c~nv~ntiol;l doit.� etre intel'pr�t� en �e sells qu'il e](cl.t tout rec9urs de .tiers int�ress�s con: tre fa.�_.� d�dsiOn. rend.e ��_.� dans .. le .... cadre .� cl'un recotl.rs .formi . au . titre de l'article 36 de '1a convention, . y compris lorsque . le clroit interne de l'Etat d'ex�cution ouvre � ces tiers une voie de recours. 31. -En vue de r�pondre� cette question, il convient de relever d'abord que' selori I'artide36/ premier� aliri�a,_ de��ra�convention; c'est fa. .� partie ccintfe laquelle >rex�ctitioif est deiriand�� qui peut. f�rmer Uh rec6ufs c�rifre 1a d�cisfon �par laquelle l'e:X:�cution est 'at1tor�s�e. D'apr�s l'article 37, deux�l11e iiliri�a, de cette���converttion,�� en R�publique f�d�rale d'Allemagne, la d�dsiOti reildue dails le cadre de ce recoti.rs ne peut faire l'objet que d'une Re�htsheschwerde. 32. ..-.. 11 y a lieu de rappeler ensuite que la Cour s'est prononc�e. en fave�r d'une interpr�tation resttictive de la :notion �de � d�cision rendue sur le recours �, � figurailt � L'article 37, deuJli�me alin�a, de la RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 342 convention, en disant� pour droit que, dans le cadre de l'�conomie g�n�rale de la convention et � la hlmi�re de l'un de ses objectifs principaux, qui est de simplifier les proc�dures dans l'Etat o� l'ex�cution est demand�e, cette disposition ne saurait etre �tendue de fa�on � permettre un pourvoi contre une autre d�cision que celle statuant sur le recours (arret du 27 novembre 1984, Brennero, 258/83, Ree. p. 3971, point, 15; arret du 4 octobre 1991, Van Dalfren, C-183/90, Ree. p. I � 4743, point 19). 33. -Il convient de constater enfin que la Cour dans l'arret du 2 juillet �1985, Deutsche Genossenschaftsbank (148/84, Ree. 1981, point 17),' a pr�cis� que la convention a cr�� une proc�dure d'exequatur qui constit�e un syst�me autonome et c�mplet, y compris dans le domaine des voies de rec�urs, et qu'il en r�sulte que l'article 36 de la convention exclut� les 're�ours que le droit interne ouvre aux tiers int�ress�s � l'encontre d'une d�cision d'exequatur. 34. -Ce principe doit �galement etre appliqu� au recours introduit ult�rieurement, conform�ment � l'article 37, deuxi�me alin�a, de la convention. Le fait d'interdire � un tiers int�ress� de former un recours au titre de l'article 36, tout en lui permettant d'intervenir au stade ult�rieur de la proc�dure, en formant un recours au titre de l'article 37, irait en effet � l'encontre du syst�me susmentionn� ains~ que de l'un des objectifs principaux de la convention, qui est de simplifier la proc�dure dans l'Etat d'ex�cution. 35. -Il convient donc de r�pondre � la premi�re question pos�e par la juridiction de renvoi que l'article 37, deuxi�me alin�a, de la convention doit etre interpr�t� en ce sens qu'il exclut tout recours de tiers int�ress�s coiltre la d�cision rendue dans le cadre d'un recours form� au titre de l'article 36 de la convention, y compris lorsque le droit interne de l'Etat d'ex�cution ouvre � ces tiers une� voie de recours. Sur les troisi�me et quatri�me questions 36. -Par ces deux derni�res questions, qu'il convient d'examiner ensemble et qui visent l'interpr�tation de l'article 27, point 2, de la convention, la juridiction de renvoi cherche � savoir, en premier lieu, s'il y a � acte introductif d'instance �, au sens de cet article, lorsque le d�fendeur est inform�, par un acte de proc�dure �crite, qu'il lui sera demand�, dans le cadre d'une proc�dure p�nale, de r�parer un pr�judice tant mat�riel que moral, sans que cet acte n'indique l'importance de la cr�ance de droit civil qui lui sera oppos�e. Elle vise � savoir, en second lieu, si un d�fendeur a comparu, au sens de la disposition pr�cit�e, lorsque, dans le cadre d'une demande en indemnisation PARTB. I, SBZ; II, GIURlS. CO~UNl'rARlA B IN1'BRNAZIONALB qtii se gr�ffevsur l'action publique devant le tribtinal; celui-ci a pris position, par l'interm�diaire du .d�fenseur qu/il a choisi, sur l'actiori publi� que, lors de l'audience au fond, .mais non sur l'action civile, qui a �galement faiL l'objet de d�bats ~ oraux auxquels ce dernie:r a assist�. � ..<:��:..: -::::..�.:<::-::�:::<:::��:::�:::..� .:::::� :.::::-::.::� ::..� ::-.�.:����::�::-. : .................. � 37'; �~�l �oh\ii~hj d.(;j: rappele~�. tQtit d~abotd que l'articl� 27 .� de la c�,nyel),tj,6n ~i:tl:l.fil�re les e<>nditfoils awcqu!!llles sont subordonn��s; dans un :Etat contractant, la reconnaissance de d�cisions rendues<dans un autre Etiat contractant.. Selon le point. 2 dudit article, la reconnaissance cioi.t. ~#�\ fehr:s�~ <( sfJiact� introductif d'iqstan�� n;a pas �t� notifi� aff d�fehde�f \'l�failiari.t, r�guli�l;ehl�nt. ef. �n terriJ?s utile, pour . qu'll pilllise li~ d�f�ri&e �. 38. -Il y a l�eu de relever ensuite que, selon une jurisprudenc� con� $~.te; l'~~ticle 27, p�ij).t 2, de fa c(>hv�rtt�otl a pour. but . d'assurer quitih� a�~tsion he soit p1�i���rec�nnue��.81J; ex�ctit�.� s�fon��1a.��c9nvention, si l� d�fbhdeuf nfa j)as eff fa p�bibil.it� � de .. s� def�ridre . d�vartt le. jugej d'tn;"ig�ile (arr~t dit 16 juin 198t Kioihps/MiclM, 166/80, Ree. }'.), 1593, pbl�ff 9; arrM d.U �12 rioven1.1:>hf1992, Ffrfua :Mib:almet �Gmbll, t12S/91, no�l ericdte publi� au R�cueil, poirit �� 18). 39~�...... Il en r�sulte que la �nort reconnaissance de�la d�cisiOrt; pour les raisons ind�qu�es � l'article 27; poirtt 2; d� la convention; n'esf possi� ble ;que <si le d�fendeur �tait d�fa�llant lors de la proc�dure d'origine, Cette dispositiort. ne saurait donc �tre invoqti�e Iotsque le d�fendeur a comparo, du moins s'il a �t� inform� des �l�ments du litige et s'il~a �t� mis en mesure de se d�fendre. 40, -Eu �gard aux. faits du litige au principal, �� il y a li�u de rappeler que selon l'article II, premier alin�a, cl.u protocole annex� � la .coI:Wel;ltion, �� � sans pr�judi�e �� de � dispositions :ilationales �plus�� favara� bl~. les personnes. domicili�es dans un .Etat contra�tant et poursuivies PPUt' lll:te infraction involontaire devant Jes juridictions r�pressives d'un autre Etat contractant, dont elles ne sont pas les nationales, peuvent se fa4:'e cl,�fendre par des .. personnes habilit�es � cette fin, m�me si elles ne .comparaissent pas personnellement�. 41. -Il convient de constater que lorsqu'un d�fendeur, par l'inter� m�diaire de son d�fensem::, prel1d position � l'audien�e....sur les... griefs qui lui so:ilt faits, fout en COM~issant fa cr�ance de droit civil qui lui est oppos�e dans le cadre de l'action p�nale, cette prise de pos�tion doit par principe �tre consid�r�e camme une comparution � la proc�dure dans son ensemb}e, sans qu'il y ait lieu de faire une distin�tion entre les .. poursuites p�nales et� la cr�ance de droit civil. Cela n'exclut cependant pas la possibilit� pour le d�fendeur de refuser la comparu~ 344 RASSEGNA AWOCATURA -DELl.,O STATO . tion � l'action civil~. Si toutefois le d�fendeur n'agit pas ainsi, sa prise de position sur les griefs au p�nal a .�galement valeur de comparution au civil. 42. -Il ressort de l'ordonnance de renvoi que le d�fenseur, choisi par le .q�fen<;leur au principal, n'a pas 5011lev� d'objections contre l'action civile, y .. compris pendant les d�bats oraux qui ont port� sur cette actiqn civile. 43. -Il en r�sulte, en . ce cas, que le d�fendeur est consid�r� comme comparant et que )'article 27, point, i .. d.e la convention, doit etre, par cons�quent, d�c1ar� inapplicable. D�s lors, il n'y a pas lieu .d'examiner si, au sens de cette disposition, il y a eu acte introductif d;instance. 44. -Il convient donc c1e. r�pondre � la juridiction de renvoi que la non ...reconnaissance..�de la ..d�cisio. pour le.s raisons indiqu�es � l'article 27, point 2, dela convention n'est PQssible que sj le �l�fendeur est d�faillant. lors de la proc�dur~ cJ'origine. Cette disp9sition ne saurait donc etre invoqu�e lorsque le q�efendeur a .comp~u:u. Un .d�fendeur est r�put� avoii comparn, au sens de . farticle 27, point 2, de la convention, lorque dans le cadre d'une demande en indemnisation qui se greffe J sur l'action publique pendante devant le tribuna!, celui-ci a pris position, par l'interm�diaire du q�fenseur qu'il a choisi, sur l'action publique, lors .de l'audii:mce au fond, .mais non sur l'action civile, qui a �galement fait l'objet des d�bats oraux auxql,lels ce dernier a assist�. II (omissis). I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Plenum, 19 maggio 1993, nella causa C-320/91 -Pres. Due ~ Avv. Gen. Tesauro -Domanda in pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribuna! � correctionnel di Liegi nella causa Corbeau c. R�gie des postes -Interv.: Governi spagnolo (ag; Navarra Gonzales �e Bravo-Ferrer Delgado), del Regno unito �(ag. Cochrane), irlandese (ag. Dockery), greco (ag. Koutolaitnos e Athanassou1is) e italiano� (avv. � Stato Braguglia) c. Commissione delle comunit� europee�� (ag. Marenco, Drijber e Gonzalez Diaz). Comunit� europee -Concorrenza � Monopolio fiscale . Legittimit� Limiti. (Trattato CEE, �rtt. 86 e 90). Un organismo, quale l'Amministrazione delle poste belga, a cui la legge ha attribuito il monopolio generale. dei servizi postali che copre l'insieme del territorio nazionale, costituisce un'impresa che occupa una PARTE I, ssz-; ,IJ,-Gitra:rs. COMllNlTAIUA B lNTBRNAZIONALE posizione dominante su �ti.na �parte; s�stanziale d�l mer�ato comune ai sensi dell'art1. 86 del Ttattatb. Il combinato disposto degli artt. 90, n. J, e 86 del Trattato osta a� 'Olie uno Stato membro applichi il monopolio legqJe, istitt,tito per il cservizio postale di base, anche ad attivit� di posta �elere; che presentq,nq yri '.reale valore aggiunto rispetto alle attivit� di rac�olta edist.ribuzion13 4ella corrispondenza proprie ,del �servizio postale <:li base ... :.,. (omissis) 1'.>,,_ J>ar jugement <lu 13 novembre 1991, parvenu � la Cour le 11 d�ce:mbre suiy@t,. le tribl,lnal � correct.ionnel de Li�ge a pos�, en vertu de l'~rtidy �1n (;l\J ti;aJt�. CEE, quatre questions pr�judkielles sur l'interpr�t1; ttio:ri de.s �rticles,,86 et 90 ,du trait�, en vue d'appr�der la compatibilit� �avec..ces, dispositions de la� r�glementation beige sur le monopole postai. ,Z :'"'.' Qes questions ont �:t� soulev�es clans le cadre d'~e proc�dure p�nale porsuivie clev~t.� ,cette � juridictio:ri contre M. Paul. Corbeau, commer�ant � Li�ge, pr�ven:u, d,'avoir . co:ritrevenu � la l�gislation beige sur le monopole postai. 3; _.. En Bdgiq\ie; les lois d.u i6 d�cembre 1956 sur le servke des p&stes (M6niteU.r du 30~31 cl�cetnbte 1956, p. 8619) et du 6 juillet 1971 portanf cr�ation de la R�gie des postes (M�niteur du 14 aout 1911, p. 9510) investissent la R�gie des postes, persorine morale de dfoit public, d'un droit ex:dusif en . ce qtti concerne la collecte, le transport et .la distribution, dans toute l'�tendue du Royaume, de toute correspondance, 'quelle qu'elle soit, et pr�voient des sanctions p�nales pour toute i~fraction � ce droit exdusif. 4. ~ Il ressort clu dossier de l'affaire� au pr�ncipal transmis � la Cour, des ol;>servations.�crites .d�pos�es ainsi que des d�bats .� l'audience qtie M. Cor:beau f�ournit; dans ~e secteur g�ographique de la ville de Li�ge et des 21ones lin.:titropl:les, . un servke consistant dans la collecte du courrier au domioile de l'exp�cliteur et dans. la distribution de ce courrier avant le lendemain � midi, pour autant que les destinataires se situent � l'int�rieur du secteur concern�. En ce qui concerne le �ourrier adress� � des destinataires r�sidant � l'ext�rieur de ce secteur, M; Co.rbeau proc�de � une. �collecte de la � cotrespondance au domicile j:ile l'exp�diteur -et � l'.envoi de celle-ci par la poste. 5. -�Saisi par la R�gie des postes, le tribuna! correctionnel de Li�ge a d�eid�, eu� �gard� � ses doutes sui la compatibilit� de la r�glementation beige en cause' avec le dr6�t ~ommuhautaire, de surseoir � statuer et de poser � la Cour les questions pr�juclkielles suivantes: a) Dans quelle mesure un mortopole postal, tel que celui org�.nis� par la loi belge du 26 d�cembre 1956 sur le mGmopole postal, est-il con RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O STATO 346 forme, .en l'�tat actuel du droit communautaire,. aux normes du trait� de Rome (et notamment aux articles 90, 85 e 86) et aux normes de I droit d�riv� en vigueur, applicables en la mati�re? I b) Dans q�elle mesure un tel manopole doit-il �ventuellement m etre r�am�nag� afin d'etre conforme aux obligations communautaires impos�es aux Etats membres en cette mati�re, et notamment � l'article 90, paragraphe 1, et aux normes de droit d�riv� applicables en la mati�re? e) Une entreprise, investie d'un manopole l�gal et jouissant de droits exclusifs analogues � ceux d�crits dans la loi belge du 26 d�cembre 1956, est-elle soumise aux r�gles de droit europ�en de la concurrence (et notamment aux articles 7 et 85 � 90 inclus) en vertu de l'article 90, paragraphe 2, du trait� CEE? d) Une telle entreprise jouit-elle d'une position dominante sur une partie substantielle du march� commun, au sens de l'article 86 du trait� de Rome, position dominante qui r�sulterait soit d'un monopole l�gal, soit des faits particuliers de l'esp�ce? 6. -Pour un plus ample expos� du cadre r�glementaire et des faits du litige au principal, du d�roulement de la proc�dure ainsi que des observations �crites pr�sent�es � la Cour, il est renvoy� au rapport d'audience. Ces �l�ments du dossier ne sont repris ci-dessous que dans la mesure n�cessaire au raisonnement de la Cour. 7. -Au regard de la situation de fait du litige au principal, les qtiestions pr�judicielles doivent etre comprises en ce sens que la juridiction nationale cherche, en substance, � savoir si l'article 90 du trait� doit etre interpr�t� en ce sens qu'il s'oppose � ce qu'une r�glementationj d'un Etat membre, qui conf�re � une entit�, telle que la R�gie des postes, le droit exclusif de collecter, de transporter et de distribuer le courrier, interdise, sous peine de sanctions p�nales, � un op�rateur �conomique �tabli dans cet Etat d'offrir certains services sp�cifiques sur ce march�. 8. -Pour r�pondre � cette question, telle qu'elle a �t� reformul�e, il convient de relever d'abord qu'une entit�, telle que la R�gie des postes, � laquelle a �t� accord�e l'exclusivit� en ce qui concerne la collecte, le transport et la distribution du courrier, doit etre consid�r�e comme une ,entreprise investie par l'Etat membre concern� de droits exclusifs, au sens de l'article 90, paragraphe l, du trait�. 9. -Il convient de rappeler ensuite qu'il est de jurisprudence constante qu'une entreprise qui b�n�ficie d'un monopole l�gal sur une partie substantielle du march� commun peut etre consid�r�e comme PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE �ccupant une position dominante au sens de l'article 86 du trait� (voir arrets du 10 d�cembre 1991, �Merci convenzionali porto di Genova SpA, point 14, C-179/90, Ree., p. I-5889, et du 13 d�cembre 1991, RTT, point 17,. C-18/88, Ree., p. I-5941). �10.. -'routefois l'article< 86 ne vise que les comportements anticoncurreiitiels qui ont �t� adopt�s . par Ies entreprises de leur propre initiative et non pas les mesures �tatiques (voir arret RTT, pr�cit�, point 26). 11. -La Cour a eu l'occasion de prec1ser � cet �gard que si le simple fa�t, pour un Etat membre, de cr�er �ne position dominante par l'octroi de droits exclusifs n'est pas en tant que tel incompatible avec l'article 86, il n'en dem�ur� pas moins que le trait� impose aux Etats llie:tnbres de ne pas prendre ou maintenir en vigueur des mesures susceptibles d'�liminer l'effet utile de cette d�sposition (voir arret du 18 juin 1991, ERT, point 35, C-260/89, Ree., p. 1~2925). 12. -C'est ainsi que l'article 90, paragraphe l, pr�voit que les Etats . membres, en ce qui concerne les entreprises auxquelles ils accordent des droits sp�ciaux ou exclusifs, n'�dictent ni ne maintiennent aucune mesure contraire notamment aux r�gles du trait� en mati�re de concurrence. 13. -Cette disposition doit etre lue en combinaison avec celle du paragraphe 2 du meme article qui pr�voit que les entreprises charg�es de la gestion de services d'int�ret �conomique g�n�ral sont soumises aux r�gles de concurrence dans les limites o� l'application de ces r�gles ne fait pas �chec � l'accomplissement en droit ou en fait de la mission particuli�re qui leur a �t� impartie. 14. -C�tte. derni�re disposition permet ainsi aux Etats meinbres de conf�rer � .des entreprises, qu'ils chargent de la gestiori de services d'int�ret ��onomique g�n�ral, des droits exclusif qui peuvent faire obstacle � l'applieation des r�gles du trait� sur la concurrence, dans la mesure o� des. restrictions � la concurrence, voire une excl�sion de toute concu,rr�nc�, de la part d'autres op�rateurs �conomiques, sont n�cessaires pour assurer l'accomplissement de la mission particuli�re qui a �t� impa:rtie aux .entreprises titulaires des droits exclusifs. 15. -En ce qui concerne les services en cause dans l'affaire au principal, il ne saurait etre contest� que la R�gie des postes est charg�e d'un service d'int�ret �conomique g�n�ral consistant dans l'obligation d'assurer la collecte, le transport et la distribution du courrier, au profit de tous les usagers, sur l'ensemble du territoire de l'Etat membre concern�, � des tarifs uniformes et des conditions de qualit� simi 348 ': MSSEGNA: AVVOCATURA DBLLO. STATO laires, sans �gard �aux situations particuli�res et au degr� de rentabilit� �conofuique de chaque op�ration individuelle. 16. -En cons�quence, il s'agit d'examiner dans quelle mesure une restriction � la concurrence, voire l'exclusion de toute concurrence, de la part d'autres op�rateurs �conomiques, est n�cessaire pour per�nettr� au tit�laire du droit exclusif d'accomplir sa mission d'int�ret g�n�tal, et en partic�lier de b�ri�ficier de conditioris �conomiquement acceptables. � 17. -A l'effet de. c~t .,examen, il faut partir de la pr�misse que l'obligation, pour �le titulair~ de cette mission, d'assurer ses services dans des conditions d'�quilibre �conomique pr�suppose la .possibilit� �l'une compensation entre les secteurs d'activit�s rentables et des secteurs mpins rent�:lbles et justifie, d�s lors, une limitation de la concurrence, de la part d'e1:it~reneurs particuliers, au niveau des secteurs �~onomiquement rentables. 18~ -'-En effet, autoriser des entrepreneurs particuliers de fa�re concurren�e au titulaire dei; 'droits exclusifs dans les secteurs de leur choix correspondant � ces droits les mettrait en mesure de se concentrer sur les activit�s �conomiquement rentables et d'y offrir des tarifs plus avantageux que ceux pratiqu�s par les titulaires des droits exclusifs, �tant donh� que, � la diff�rence de ces derniers, ils ne sont pas �conomiquement tenus .d'op�rer une cornpensati�n entte les pertes r�alis�es dans les' secteurs non rentables et les b�n�fices r�alis�s dans les secteurs plus rentables. 19. -L'exclusion de la concurrence ne se justifie cependant pas d�s lors que sont en cau.se. des services sp�cifiques, dissociables du service d'int�ret g�n�ral, qui r�por;ident � des besoins particuliers d'operateurs �conomiques et. qui exigent certaines prestations suppl�mentaires que le service postai traditionnel. n'offre pas, telles que la collecte � domicile, une plus gr_ande rapidit� ou fiabilit� dans la distr�bution ou encore la possibilit� de modifier la destination en cour~ rl.'f!.cheminement, et dans la. mesi.ire o� ces services, de par leur nature et� les cc,mditions dans lesquelles ils sont offerts, .� telles que l� secteur, g�ographique dans lequel ils interviennent, ne mettent pas en cause l'�quilibre �conomique du service d'int�ret �conomique g�n�ral assum� par le tit�laire du droit exclusif. 20. -Il appartien � la juridiction de renvoi d'examiner si les servi: ces qui sont en cause d�ns le litige dont elle est saisie r�pondent � ces� crit�res. PARTE I, SEZ. -n, GIURIS. COMUNITARIA-E INTERNAZIONALE 349 21.-Il y a d�s lors Iieu de r�pondre aux questions pos�es par le tribunal correctionnel de Li�ge que l'article 90 du trait� CEE s'oppose � ce qu'une r�glementation d'un Etat membre qui conf�re � une entit� . telle .. que la R�gie des postes le droit exclusif de collecter, de transporter et de distribuer le courrier interdise, sous� peine de sanctions p�nales, � un. op�rateur �conomique �tabli dans � cet Etat d'offrir certains services sp.�cifiques, dissociables du service d'int�ret g�n�ral; qui r�pondent � des besoins .particuliers des op�rateurs �cononiiques et qui exigent certaines prestations suppl�mentaires que le. service postal traditionnel n,'offre pas, dans la mesure o� ces services ne mettent pas en cause l'�quilibre �conomique du service d'int�ret �conomique g�n�ral assum� par le titulaire du droit exclusif. Il appartient � la juridiction de renvoi d'examiner si les services qui sont en cause dans le litige dont elle est saisie r�pondent � ces crit�res. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 20 ottobre 1993, nella causa ~10/92 � Pres. Due � Avv. Gen. Jacobs � Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Genova nella causa Balocchi c. Min. finanze� lnterv.: Govetnoitaliano (avv. Stato Favara) e Commissione delle C.E. (ag. Traversa, avv. Dal Ferro). Comunit� Europee � Corte di giustizia delle Comunit� eurQPee � Domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice nazionale � Presupposti � Con traddittorio -Competenza. (Trattato CEE, art. 177). Comunit� EurQPee � Sesta direttiva. IVA �Liquidazione dell'importo netto dell'IVA� Acconto da pagare su tale importo. (direttiva. del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, artt. 10 e 22; _d.P.R. 2.6 ottobre 1972, n. 633, art. 33; legge 29 dicembre 1990, n. 405, art. 6). Spetta� solo al giudice nazionale valutare la necessit� di sentire il convenuto prima di emettere un'ordinanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 Trattato CEE. Non spetta alla Corte accertare se il provvedimento con cui � stata adita, non revocato a seguito dell'esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale, sia stato adottato in modo conforme alle norrne nazionali in materia di organizzazione giudiz�aria e di procedura (1). (1) Massime conformi ai precedenti della Corte (nella specie la pronuncia della Corte di cassazione nazionale -Sez. Un. 6 novembre 1993, n. 10999/93, che ha di�hiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario che aveva proposto la domanda pregiudiziale nel corso di un procedimento di urgenza, � intervenuta dopo 'la pronuncia del giudice comunitario): cfr., in questa Rassegna 1987, I, 296; '1986, I, 435 (con nota di CONTI); 1983, I, (con nota di LAPORTA); 1982, I, 70 e 675 (con nota di FERRI); 1976, I, 199; 1974, I, 354 (con nota di MARZANO). 6 350 Ri\.SSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli I @ Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ostano a che I norme del diritto nazionale impongano ai soggetti passivi di versare un �: importo di IVA pari al 65% dell'importo totale esigibile per un periodo che non � ancora trascorso. I soggetti passivi a cui tale obbligo � imposto possono invocare dinanzi al giudice nazionale le disposizioni direttamente efficaci della direttiva, vale a dire gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5 (2). (omissis) -1. -Con ordinanza 18 dicembre 1991, pervenuta in cancelleria il 9 gennaio 1992, il presidente del Tribunale di Genova, ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, diverse questioni pregiudiziali relative all'interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membii relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la �sesta direttiva�). 2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una lite tra I il signor Balocchi, cittadino italiano, ed il ministero italiano delle Finanze a proposito del pagamento di un acconto provvisorio sull'imposta sul I valore aggiunto (in prosieguo: 1'� IVA�). I 3. -La normativa italiana in materia di IV A fissa in un anno (1� gen~ naio-31 dicembre) la durata del periodo d'imposta. I soggetti passivi devono presentare una dichiarazione annuale per ogni periodo d'imposta entro il 5 marzo dell'anno successivo. Tale dichiarazione annuale ha natura riepilogativa. Infatti, nel corso di tale periodo i soggetti passivi sono tenuti ad effettuare versamenti mensili o trimestrali, in base all'entit� del loro volume d'affari. Quando presentano all'amministrazione tributaria la loro dichiarazione annuale i soggetti passivi, a seconda dei casi, versano il saldo dell'IVA dovuto per l'attivit� dell'intero periodo oppure recuperano l'ammontare pagato in eccesso. 4. -Prima del 1991 l'importo dell'IVA dovuto per l'ultimo trimestre dell'anno era versato di regola all'atto della dichiarazione annuale del mese di marzo dell'anno successivo. Tale norma � stata modificata nel (2) I principi affermati dalla Corte riguardano l'IVA, la cui disciplina � armonizzata a livello comunitario, e perci� non possono essere estesi tout court ad altre fattispecie normative, non armonizzate, quali quelle dei versamenti in acconto dell'IRPEF, dell'IRPEG e dell'ILOR, di cui all'art. 1 legge 23 marzo 1977, n. 97, e successive modificazioni. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 351 1991 dall'art. 6, secondo comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (in prosieguo: la �legge n. 405/90 �, suppl. ord. GURI n. 303 del 31 dicembre 1990), che � entrata in vigore il 1� gennaio 1991. 5. -In forza del nuovo regime i soggetti passivi tenuti ad effettuare versamenti mensili devono corrispondere entro il 20 dicembre di ogni anno, a titolo di acconto sull'IVA dovuta per lo stesso mese, un importo pari al 65% del versamento che hanno effettuato (o che avrebbero dovuto effettuare) per il dicembre dell'anno precedente. Se prevedono che l'importo dovuto. per il mese di dicembre dell'anno iri corso sar� inferiore a quello versato per lo stesso mese l'anno precedente, i soggetti passivi hanno la facolt� di versare, entro lo stesso termine, un importo pari al 65 % dell'importo dell'IVA che essi stimano di dover assolvere per il mese di dicembre in corso. 6. -Dal canto loro, i contribuenti soggetti all'obbligo di effettuare versamenti trimestrali devono versare, sempre entro il 20 dicembre, a titolo di acconto sul versamento da effettuare all'atto della dichiarazione annuale, un importo pari al 65 % dell'importo versato (o che avrebbe dovuto essere versato) per il quarto trimestre dell'anno precedente o, se � inferiore, di quello dovuto per il quarto trimestre dell'anno in corso. 7. -Pr calcolare l'acconto da versare entro il 20 dicembre dell'anno in corso il contribuente, tanto se soggetto all'obbligo di effettuare versamenti mensili, quanto se tenuto a versamenti. trimestrali, pu� quindi scegliere. fra due possibilit�. Egli pu� basare il suo calcolo sulla somma pagata l'anno precedente con l'ultimo versamento (mensile o trimestrale) oppure basarsi sull'importo dell'IVA che prevede di dover pagare alla fine �ell'anno in corso con l'ultimo versamento (mensile o trimestrale). In questo secondo caso fart. 6, quinto comma, della legge n. 405/90 dispone tuttavia che il contribuente che non versi del tutto o in parte l'importo dovuto � soggetto ad una soprattassa del 20 % sulle somme non corrisposte. 8. -Il signor Balocchi esercita la professione di amministratore. di beni immobili in Italia ed � quindi soggetto passivo IV A. Rientrando nella categoria dei contribuenti il cui volume di affari annuo � inferiore a 360 milioni di LIT, egli fruisce del regime dei versamenti trimestrali, il cosiddetto � regime semplificato �. Pertanto, in forza dell'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/72 (suppl. ord. GURI n. 292 del 1� novembre 1972), egli deve effettuare versamenti periodici entro il quinto giorno del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre trimestri dell'anno. Dal 1991 egli � tenuto, per il quarto trimestre, a versare entro il 20 dicembre l'acconto di cui all'art. 6, secondo comma; della legge n. 405/90. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 352 9. -Il signor Balocchi contesta quest'ultima disposizione. per il motivo che impone il pagamento, entro la fine dell'ultimo trimestre dell'anno, di un accontO sull'IVA relativa all'intero trimestre. In tal modo, una. parte. dell'acconto IVA da versare all'erario si riferirebbe a presta. zibni non ancora etfetttiate ed a corrispettivi non ancora riscossi. 10, ...,. Il citato art, 6, secondo comma, sarebbe in contrasto con gli artt. 10 e 11 della. sesta direttiva che, secondo il signor Balocchi, consentirebbero di esigere l'IVA solo dal momento in cui � stata realizzata Topera: zione imponibile .. Per far valere il suo assunto il signor Balocchi ha proposto dinanzi al Tribunale di Genova un ricorso diretto a far dichiarare l'incompatibilit� . della detta disposizione italiana con il diritto comunitario ed ha chiesto al Presidente del Tribunale -che ha accolto la sua domanda -la sospensione, nei suoi confronti ed in via provvisoria, dell'obbligo di pagare l'acconto previsto dalla stessa disposizione. Il Presidente del Td'bunale, ritenendo peraltro che la pronuncia nel merito della lite dipenda dall'interpretazione del diritto comunitario, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: � 1) se le norme di cui agli artt. 10 e 11 della VI direttiva del Consiglio CEE del ri maggio 1977 n. 388 (in GU CEE del 13 giugno 1977 n. 145) abbiano armonizzato le nozioni cli � fatto generatore di imposta� e di � momento di � esigibilit� � della stessa e, in caso positivo, se dette norme attribl.liscano ai singoli diritti che possono essere fatti valere di fronte ai Giudici Nazionali; 2) in caso di risposta positiva al primo quesito, cosa debba considerarsi per fatto generatore di imposta e per momento di esigibilit� dell'imposta � se gli artt. 10 e 11 della direttiva precitata, cos� come interpretati dalla Corte di giustizia, ostino ad una normativa nazionale (art. 6 1. 405/90) che imponga ai prestatori di servizi l'obbligo del versamento dell'imposta IVA in relazione a prestazioni non ancora effettuate e a corrispettivi non riscossi �. 11. -Per una pi� ampia illustrazione degli antefatti della causa principale del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte si fa rinvio alla relazione d'udienza; Questi elementi del fascicolo sono richiamati ��solo nella misura necessaria alla comprensione del �ragionamento della Corte. SULLA RICEVIBILIT�. 12. -Il governo italiano sostiene anzitutto che la questione pregiudiziale � stata proposta nell'ambito di un procedimento in cui non vi � stato contraddittorio, poich� il ministero delle Finanze non ha PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 353 avuto l'occasione di intervenire e di presentare le sue osservazioni in ordine agli argomenti addotti dal signor Balocchi. Essa dovrebbe essere quindi considerata irricevibile. 13. -Dalla giurisprudenza della Corte si ricava che, indubbiamente, pu� risultare necessario, nelrinteresse di una buona amministrazione della giustiZia, � che una questione pregiudiziale venga sollevata solo a seguito di�.un contraddittorio tra le parti. 14. -Si deve tuttavia rilevare che l'esistenza di un previo contraddittorio non �figura tra i presupposti prescritti per l'instaurazione del procedimento previsto dall'art. 177 del Trattato e che spetta al solo giudice nazionale valutare la necessit� di sentire il convenuto prima di emettere un'ordinanza di rinvio (v. sentenza 28 giugno 1978, causa 70/77, Simmenthal, Racc. pag. 1453). 15. -Il governo italiano contesta inoltre la ricevibilit� della domanda pregiudiziale per il motivo che il giudice di rinvio non � competente in materia tributaria. 16. -Questo argomento attiene al diritto nazionale e pertanto non pu� essere accolto. La Corte, nella sentenza 14 gennaio 1982 (causa 65/81, Reina, Racc. pag. 33, punto 7 della motivazione), ha infatti stabilito il principio che non le spetta accertare se il provvedimento con cui � stata adita sia stato adottato in modo conforme alle norme nazionali in materia di organizzazione giudiziaria e di procedura. 17. ---La Corte deve quindi attenersi al provvedimento di rinvio emesso dal giudice di uno Stato membro fintantoch� esso non sia stato revocato a seguito dell'esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale. NEL MERITO. Sui presupposti di legittimit� di un sistema di acconti. 18. -L'ordinanza di rinvio mira in sostanza a far accertare, in primo luogo, se le pertinenti disposizioni della sesta direttiva ostino a che una normativa nazionale imponga ai soggetti passivi l'obbligo di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale esigibile per un periodo di imposta che non � ancora trascorso. 19. -La norma italiana controversa, che figura nell'art. 6 della legge n. 405/90, obbliga i soggetti passivi a versare, in un momento in cui l'ultimo mese o trimestre dell'anno non � ancora trascorso, un - RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 354 acconto del 65 % sull'IVA dovuta per l'intero periodo. Il ricorrente nella causa principale e la Commissione sostengono che tale acconto ha l'effetto di obbligare i contribuenti ad assolvere l'IVA su operazioni non ancora realizzate e che la disposizione che prevede detto acconto � quindi contraria all'art. 10, n. 2, della sesta direttiva. 20. -L'IVA � un'imposta sulla cifra d'affari realizzata mediante la cessione di un bene (fornitura di una merce) o la prestazione di un servizio. Come giustamente sottolinea l'avvocato generale, dal sistema della sesta direttiva emerge che in via di principio la detta imposta dev'essere pagata solo a posteriori. 21. -Va infatti ricordato che le disposizioni dell'art. 10 della sesta direttiva hanno armonizzato le nozioni di fatto generatore e di esigibilit� dell'imposta. 22. -Ai sensi dell'art. 10, n. l, della sesta direttiva � considerato fatto generatore dell'imposta � il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l'esigibilit� dell'imposta �. L'esigibilit�, a sua volta, designa � il diritto che l'Erario pu� far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell'imposta �. 23. -L'art. 10, n. 2, dispone che � il fatto generatore dell'imposta si verifica e l'imposta diventa esigibile all'atto della cessione di beni o della prestazione di servizi �. 24. -Occorre tuttavia sottolineare che si deve fare una distinzione tra, da un lato, le nozioni di fatto generatore e di esigibilit� dell'imposta, di cui all'art. 10, e, dall'altro, la nozione di pagamento dell'imposta. L'ordinanza di rinvio non fa riferimento alle disposizioni della sesta direttiva concernenti il versamento dell'IVA. Esse sono per� pertinenti nel caso di specie. La norma generale, che figura nell'art. 22, n. 5, della stessa direttiva � che � ogni soggetto passivo deve pagare l'importo netto dell'imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione della dichiarazione periodica �. Ai sensi del n. 4 dello stesso articolo la dichiarazione va presentata dopo la fine del periodo fiscale, entro un termine stabilito dagli Stati membri, che non pu� superare due mesi. 25. -Tuttavia, tenuto conto del fatto che, nel campo dell'IVA, i soggetti passivi agiscono come collettori d'imposta per conto dello Stato, e per evitare che si accumulino nelle loro mani, nel corso di un periodo d'imposta, somme rilevanti di denaro pubblico, l'art. 22, n. 5, della sesta direttiva autorizza gli Stati a derogare alla norma che prescrive il pagamento al momento della presentazione della dichiarazione periodica ed a riscuotere acconti provvisori. PARTE I, SBZ/ ll, GttJlUS. tlO:MtJNtt'ARI� � �! U!ltllRNAZIONALB 355 �� �26/~ Poich�, in genere, al momento del pagamento di tali acconti i� conti del periodo in esame. non sono stati aricora liquidati; gU� .. stati membri possono prevedere come punto di riferimento il volume d'affari :i;eaij;l~?to :llel ce>rso. .<iel Pei:ioqg . Q()p;ispoll:dente. <:leU';;i,nn() precedente. ~e~~t�~~:1tq~~i.t~~~~~~ dente.che ili $.tat� .memb(� a�rib.isc!;\llO .al s()ggette>.passiV(;) la fac9lt� di determinare l'acconto da versare in base al vohtme d'affari. che, secondo la sua stima, �egli dovrebbe . effettivamente . realizzare al. termine del periodo ccinside.i:lito; e hoh glf iil�pohgano Il paga:tnento di soprattasse riel caso . il1 cui .. sottov;;iluti in buona �fede. �l::t somma effettivamente dovuta . . 27....�.�. Ltl particolar�t� deUa . nottriativa . italiana . consiste nel fatto di. iiripofre.�ars6g~ett�. pai;sivi eh.e .�.nori intendaM .assumere c()me �rife� Hiri�rito .1'1:VA pagati .� rtef peri6do � corrisp�l�dente. dell'arino precedente di versare mi accont6 talcolato in base al volume d'affari che sar� rea� lizzato�. 11.el c&sb d� . hif pe:fiOd� .che .�non �.� l:lricora trascorso. trn simile sistema pu� far s� eh.e l soggetti passivi che realizzano una parte rilevante. delloro volume d'affari nel corso degli ultimi undici giorni del� l'anno, come ncl caso (lell!it1dustria alberghiera, debbano corrispondere l'IVA su operazioni non ancora effettuate. Nel caso di tali soggetti pas� sivi � 1a .. criticat��cl'.lspdsizione�.�� delik legge italiana���� porta a �trasformare gli acconti in anticipi contrastanti con la regola, . sancita dalla direttiva, secondo cui gl� .Statf i:ri~mbri. possono esigere n pagamento dell'IVA solo per opetazfolli�� realizzate. �� 28. -Che gli acconti divengano in tal modo degli anticipi risulta con � particolare � evidenza nel �caso dei soggetti passivi �tenuti a versa� irie~ti ... rnensm.�� Per costoro l'importo detfiacconto cornsponde, in proporzione pressoch� identica, al ntl.triero � dei� gior;ni del � mese trascorsi tra il 1� ed il 20 dicembre, vale li. dire M,5 %. Pertanto, la minillia diminuzfone del volume d'affari rispetto all'anno precedente, come il mi� nimo errore nella stima del volume d'affari che verr� realizzato alla fille ..cl,el:l'anno in corso, d.etermina, come conseguenza; fobbligo di ver� sare un acconto . ma.nifestamente superiQre �alla so:tn:tna �� effettivamente esigibileil 20 dicembre dell'armo in corso, Invece, per i soggetti passivi tenuti a versamenti trimestrali il rischio � . minore in quanto � gi� tra� scorso 1'88 �10 del trimestre quando, il 20 dicembre, deve essere versato l'acconto del 65% dovuto per l'ultimo trimestre dell'anno in corso. 29. -Il governo italiano fa notare, a tale proposito, che il soggetto passivo ha la facolt� di assumere come riferimento il suo volume d'af� fari effettivo per il mese o il trimestre in corso anzich� riferirsi a quello realizzato l'anno precedente nel mese o nel trimestre corrispondente. 356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 30. -Tal facolt� non � rilevante, poich� il problema inerente alla normativa italiana sussiste comunque, tanto se il punto di riferimento sia l'anno in corso, quanto se sia l'anno precedente. 31. -Alla luce delle osservazioni che precedono, la prima questione pregiudiziale dev'essere risolta nel senso che gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva ostano a che una normativa nazionale imponga ai soggetti passivi l'obbligo di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale esigibile per un periodo che non � ancora trascorso. Sull'efficacia diretta delle disposizioni pertinenti della direttiva. 32. -Risulta poi dall'ordinanza di rinvio che il giudice nazionale mira, in secondo luogo, a far accertare se le disposizioni della sesta direttiva pertinenti al caso di specie ostino all'applicazione dell'art. 6 della legge n. 405/90, il quale impone ai prestatori di servizi l'obbligo di versare l'IVA su prestazioni non ancora effettuate, e conferiscano ai singoli diritti che possono essere fatti valere dinanzi al giudice nazionale. 33. -Per risolvere tale questione basta rinviare alla costante giurisprudenza della Corte relativa all'efficacia diretta delle direttive (v. sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53). 34. -Da tale giurisprudenza risulta che, nonostante il margine di discrezionalit� relativamente ampio di cui gli Stati membri dispongono per l'attuazione di talune disposizioni della sesta direttiva, i singoli possono far valere dinanzi al giudice nazionale le disposizioni della direttiva che siano sufficientemente chiare, precise e incondizionate. 35. -Gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, possiedono tali caratteristiche e pertanto conferiscono ai singoli dei diritti che essi possono far valere dinanzi al giudice nazionale per opporsi ad una normativa nazionale incompatibile con le dette disposizioni. 36. -Le questioni sollevate dal presidente del Tribunale di Genova vanno quindi risolte come segue: 1) gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ostano a che norme del diritto nazionale impongano ai soggetti passivi di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale I esigibile per un periodo che non � ancora trascorso; ~ 2) i soggetti passivi a cui tale obbligo � imposto possono invocare ~ i: dinanzi al giudice nazionale le disposizioni direttamente efficaci della t direttiva, vale a dire gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5. (omissis) Ii ' �I, SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE; Sez. 1�; 12 ottobre 1992, n. 11115, Pres. Favara; Est. Lupo; P.M. Lo Cascio (concl. conf.): Societ� Italiana Assicurazione Crediti (avv. Nicol�) c. Societ� Benn (avv. Tornabuoni). Societ� � Societ� per azioni � Immedeshnazione organica � Rappresentanzii apparente � Atti negoziali posti in essere da dipendente � Inefficacia. Gli atti negoziali conclusi da un dipendente non amministratore sono da considerare inefficaci nei confronti della Societ�. (1) 1. -Con il prhno motivo del ricorso la societ� Siac. deduce la violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 2697 e.e., per erronea applicazione dei principi sull'onere della prova. La societ� ricorrente osserva che la assicurata Benn Club ha asserito di avere ricevuto � l'affidamento � della Siac per le sue vendite alla societ� francese Intercom, � affidamento � necessario per la copertura assicurativa; spettava, quindi, Brevi osservazioni sull'apparentia iuris in materia societaria. (1) Il caso in questione offre un valido spunto per approfondire il � complesso � rapporto trilatero Societ� -amministratori -terzo, soprattutto in relazione alle problematiche legate alla tutela del terzo contraente nei confronti dei rappresentanti della Societ�. Ponendo in secondo piano l'accertamento, spettante al giudice di merito, della qualificazione del c;d. benestare all'interno della disciplina contrattuale, soprattutto per verificare se si tratti (come affermava la �ricorrente Siac) di atto avente natura negoziale, la nostra analisi si muover� su due linee-guida:; 1) Analizzare il suddetto rapporto alla luce. dell'art. 2384, congiuntamente con l'art. 2383, ponendo l'accento in special modo sulla pubblicit� che accompagna le attivit� delle S.p.A.; 2) ampliare il ragionamento, usando il �filtro� degli artt. 1388-1398, sulla rappresentanza senza potere e le conseguenze sugli atti posti in essere dal falsus procurator. Secondo un. indirizzo giurisdizionale, non pu� essere invocato il principio dell'apparentia iuris ed � perci� precluso qualsiasi strumento di tutela per il terzo contraente, in tutti quei casi in cui. la legge prescriva specifici mezzi di pubblicit�, idonei all'accertamento dei poteri rappresentativi, come ac.cade appunto per gli organi, ed in particolar modo per gli amministratori, delle Societ� di capitali regolarmente costituite. In tali casi anche una assoluta carenza di potere rappresentativo da parte di colui che agisce in nome e per conto della Societ� rappresentata non po 358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO alla Benn Club l'onere di provare tale fatto, validamente compiuto in quanto proveniente da un organo della Siac, tenuto conto che essa Siac aveva negato per iscritto il chiesto affidamento (risposta di �fido zero�). La corte d'appello ha ritenuto di individuare l'atto di concessione del fido in una �immaginosa telefonata� fatta da un dipendente della societ� assicuratrice (Giancarlo Sorbello) che la societ� ricorrente ha sempre negato essere abilitato ad impegnare la Siac. senso alla copertura assicurativa, secondo il tenore espresso dalla polizza assicurativa. E' rimasto perci� sfornito di prova il fatto costitutivo della pretesa fatta valere dalla societ� Benn Club. Con il secondo motivo del ricorso la societ� Siac deduce la violazione degli artt. 2226, 2384 e 1325 e.e., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. Secondo la societ� ricorrente, la concessione di fido sulla:. singola operazione di esportazione non costituisce, come ha affermato la corte d'appello, un semplice elemento integrativo della efficacia dell'assicurazione, ma un elemento del contratto di assicurazione, che riempie il �contrattoquadro �. Consegue che la comunicazione della concessione di fido sulla singola operazione � manifestazione di volont� contrattuale, che compete solo a chi ha la rappresentanza della societ�. Non pu� ritenersi che tale potere spetti ad ogni dipendente della societ� assicuratrice, sulla base di un rapporto di immedesimazione organica ravvisato dalla sentenza impugnata tra il Sorbello e la Siac. trebbe essere invocata dal terzo, poich� infatti questi, usando l'ordinaria dili� genza, avrebbe potuto ben conoscere l'identit� dei legittimi rappresentanti. Se � innegabile l'importanza della certezza riguardo l'identit� suddetta non ne discende tuttavia la certezza della validit� del contratto stipulato: ben potrebbe infatti l'oggetto del contratto stesso eccedere i limiti della rappresentanza conferita. Tali preoccupazioni hanno indotto il Consiglio CEE (con la direttiva 9 (marzo 1968, n. 151) e quindi il legislatore italiano ad apprestare un'ampia tutela dei terzi contraenti di una S.pA., come si evince dall'art. 2384 secondo comma che recita: � le limitazioni al potere di rappresentanza che risultano dall'atto costitutivo o dallo statuto, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della societ� �. La tutela giunge a rendere inopponibili anche gli atti che eccedono i limiti dell'oggetto sociale ai terzi, purch� in buona fede (art. 2384 bis). Se la disciplina che riguarda gli amministratori che potremmo definire � statutari� � chiara ed univoca, dubbi possono invece sorgere nel momento in cui ci si chieda quale possa essere la disciplina applicabile ai casi in cui gli amministratori abbiano ricevuto la titolarit� della rappresentanza tramite vie diverse, come il caso, ad esempio, degli amministratori delegati (i cui poteri derivano da una delibera del CDA). Le tesi formulate sono principalmente due o sono dirette a verificare quale sia l'ambito di applicabilit� dell'art. 2384 secondo comma, e soprattutto 5e PARTE I, SEZ.. III, (lI{.JRISPRUDENZA CIVILE, .Git.JRISDIZIONE E APPALTI 359 2. � l due motivLd�l ricorso, che. vanno esaminati. congit1ntamente per la. stretta. connessione delle censure. con. essi prop�ste, �s�no fondatt ��La sentenza impugnata, ravvisato un� rap):)orto .di immedesimazione organica tra il dott�. GJanc~Io .. Se>rbello � e la � societ� . per azioni Siac, ba ritenuto...�c!le�.��ǥ�il�ᥥ�&orMUo.�.foss~����abiUtato.����.ad�.. impegnare�. la� �siac ȥ����nella �cc:>:ncessidn.e �efl:ienestare>~ s�lta c6pertuia� assieurativa del credito derivantedalla'. esphrtaiione effettuata dalla Benn Club alla francese Intercom, Tale b:ri�l1edesim~fone organica � stata fatta discendere dal solo fatto che ildott��sorbell� erapadfkatnente un dipendente della Siac. V� per� osservato che non sussiste�� coincidenza . tra �dipendente� (o anche ntnZionario) di �uria societ� per� azfoni ed organi.della stessa. Nella s�eiet�< per azioni/ gli organi deputati �all'azione esterna (forniti ci�� di ci� che la legge qualifica come potere d� rappresentanza: �art. 2384 �c;c.) sono gli amministratori... Solo con riferimento� a tali soggetti � applicabile ta te9#~ c)rglll)lc;a..ri�lji~ata gajl~ corte . d'appello, JJ) vlrtu ..della quale la persona tisica che agi~ perd'ente. non �.>un. rappresentante (soggetto div�e:t:so. clal rappresentato); ma. � .10 �strumento dL diretta !imputazione dell'attivit� giuridica ad 'Un>ente (onde. non si ha. uno sdoppiamento di soggetti);������� esso> vada escluso )n..tutti quei � casUn cui la rappresentanza trovi il suo . titolo in una procura, am;icli� .eUo statuto. . . . . . . A favore dell'ai)plicabil~t� si schiera ad esempio ilBoneHi argomentando 1, tra l'altrb, che tale dlsc�pUna riguarda tutti i i:ipi di limitazioni volontarie, pr�sdiidendo ��� da�l'Origin� �di�� esse;��.� che � le norme . � generali in t�ma: di �� rappresentanza non �sono. applicabili> alla �materia della rappresentanza: societaria, che ha: una specifica regolamentazione ( ...) e che, non ultimo, l'accoglimento della tesi opposta renderebbe possibile vanificare la tutela cos� apprestata semplicemente � operando � sul modo di conferire i poteri rappresentativi. Pe:rtifufo a niaggi�r ragione non sarebbero �. opponibili le limltationi che non provengano dall'atto eostitutfoo o dalfo statuto, bens� da un atto interno, quale ufof prodfra; �. � .� � � � � La tesi crlt�cafa invece iliudve dalla constatazione che l'art. 2380 dispone la: possibilit� che� 11ai:nfuiriistrazfone della societ��� possa essere affidata anche a . non soci; essendo pacificamerit� a:ccoltO il principio per cui a�. terzi possono essere. cotii'erlti .. anche mandati �. � pr�wre. gerier�li ad negotia ..�(purch� . ci� n�n 5vuotf eccessiVamente. la fuifai()ne e la . posizione �� di potere degli. aniministra: tori). Dato ch�i iri simili casi, risiilta: pacifica: l'applicazfon� della nOnriale disciplina sulla rappresentanza, si viene cOsl: a ctear� la possibilit� per la Societ� di poter opporre tui:te �le �limitazioni � previste��� nella procura . conferita al terzo non amministratore, rendendo.� efficaci �quindi � solo gli atti rientranti nell'oggetto e rispettosi delle liniita:zfont Quando al contrari� si attribuissero le �stesse limitaz�Oni, � tramite � procura, a:d un amministratore esse non sarebbero operative (conformando il (1) F. BoNEU.I, Gli amministratori di societ� per azioni, Milano, 1985, 106. 360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'applicazione della teoria organica da parte del giudice del merito presuppone pertanto l'accertamento che il dott. Sorbello era un amministratore della Siac, o per tale si presentava (considerato che la corte d'appello fa riferimento anche alla buona fede della controparte). Ma da tale accertamento la sentenza impugnata ha del tutto prescisso. La qualit� del Sorbello di mero dipendente della Siac -alla quale la corte d'appello ha attribuito rilevanza -pu� assumere rilievo nella presente controversia solo in quanto ad essa si accompagni un inserimento di detto dipendente nell'impresa assicuratrice tale da conferirgli, in forza di legge (art. 2203-2213), determinata sfera di potere rappresentativo, dovendo in tale persona ravvisarsi un procuratore o un commesso. t:. erronea, quindi, l'applicazione della teoria organica fatta dalla corte d'appello sulla base della sola prova che il Sorbello era un dipendente della societ� assicuratrice Siac. 3. -L'accertamento sulla idoneit� del comportamento del Sorbello a determinare la copertura assicurativa del credito derivante dalla esportazione effettuata dalla Benn Club a favore della Intercom non pu� prescindere dalla qualificazione giuridica del particolare contratto di assicurazione tra le parti, in cui l'assicurazione del rischio � fatta dipendere da un'ulteriore attivit� delle parti riferita a ciascuna operazione di esportazione, e in particolare dal c.d. benestare (con indicazione del limite di fido) dell'istituto assicuratore. La corte d'appello ha ritenuto di prescindere dall'esaminare come le parti hanno regolato i rapporti tra il contratto iniziale e la successiva attivit� necessaria per la copertura assicurativa del singolo credito; e, poich� tale esame va compiuto sulla base dell'analisi del contratto, questa corte di legittimit� non pu� procedere ad esso direttamente. ragionamento alla tesi dell'applicabilit� dell'art. 2384 secondo comma), ren� dendo quell'atto esternamente valido come una procura generale. Se quindi si restringe il campo d'applicazione del suddetto articolo, rifacendosi alla normale disciplina in tema di rappresentanza, per quanto concerne gli amministratori non statutari ed i terzi rappresentanti, per i terzi contraenti nasce il dovere di verificare la consistenza e la giustificazione dei poteri dei rappresentanti, avendo quindi, come autorevolmente evidenziato da Calandra Buonaura 2, � la possibilit� di regolarsi di conseguenza, sapendo di non poter godere, nei confronti del delegato, di quella tutela che la legge gli accorda nei confronti del rappresentante statutario �. Posta in questi termini la questione, si dovr� verificare allora se la Societ� avr� indotto in errore la controparte, per negligenza, tutte le volte in cui non sar� stato possibile con l'ordinaria diligenza individuare, in positivo, la precisa consistenza dei poteri e delle funzioni delegate, ed, in negativo, le limitazioni e le aree dell'amministrazione senz'altro sottratte al rappresentante. (2) CALANDRA BuoNAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, in Trattato delle societ� per azioni, a cura di G. E. COLOMBO -G. B. PORTALE. Torino, 1991, 4�, 143. PARTE I, SBZ. III, GIURISPRl:Jl)BNU CIVIUl, GIVRISDIZIONE E APPALTI .361 Il.git:J.dice.(lelmedto dc:we, in particolare, ,accertare se il c.d. benestare dell'istituto assicnratore in ordine alla singola esportazione costituisce un elemento del contratto diassicurazione (come s.ostiene la societ� ricori; ente con affermazione peraltro contestata . da controparte, la quale osserva elle per tl:)le atto non � dchi~ta la f.orma scritta di cui all'art. 1888 c;,c;.) ovv:ero si >PC>ne coroe condizionante l'efficacia o addirittura atto esecntivo dell'.originario co.utratto (come sostiene la� socie~� controricorrente). Tale qualificazione assume rilievo in ordine all'indivi<luazione dei poteri rappresentativi necessari per porre in essere l'attivit� necessaria a determi!la.re la c;opertura assicurativa del singolo credito. Diverso, invero, � il potere di lllani:ff;!stare \llla volont� che concorre a formare l'accordo contrattuale rispetto al pqtere dicl.are attuazione (sia pure mediante dichiar~ zioni negoziali) ad� un contratto gi� com~leto. 4. -Poich� l'a�coglimento della domanda della Benn Club �, nella sentenz� impugnata; fondato,� essenzialmente, sul . benestare all'operazione comunicato attraverso la telefonata del dott. Sorbello, non � idonea a sorreggere detta pronunzia -una volta venuta meno l'efficacia di tale comportamento, in assenza di elementi sulla posizione del Sorbello nell'ambito della Siac �-'-la i,parte finale della sentenza, in cui si indicano altri elementi di fatto solo come rafforzativi della prova del benestare Argomenta iti tal senso Pederzini 3 che � la possibilit� di negare (...) l'effettivo conferimento della rappresentanza, � legata ( ...) alla positiva espressione di una volont� contraria: la formulazione di un preciso divieto iti tal senso o l'esplicita. esclusione dal novero dei poteri delegati contenuti nell'atto consiliare di . delega�. � � � � � Qi.:titidi in tutti i casi suddetti, ed ancor pi� nei casi di cosiddetta rappresentanza tollerata, riscontrabile generalmente quando il rappresentato, pur consapevole del fatto che il falsus procurator agisce in nome suo, non ititerviene attivamente per impedire che tale itigerenza contitiui, come evidenziato � da Bianca, sar� applicabile la disciplina della rappresentanza apparente, con la. consegmmza c:he, co.me. recita l'art. 13881. l'atto. produrr� gli effetti direttamente nei confronti del rappresentato (e qi.:titidi della Societ�). La sertfortza iti esrune non manca quindi di evidenziare la sciisione della tutela del terzo contraente in due casi differenti, a seconda che l'ammitiistratore abbia ricevuto i suoi poteri tramite delega del CDA o sia invece un am� ininistratOre << statutario �: sokl in qi.:test'i.:tltimo caso itifatti tutta la: disciplina verr� assorbita. interamente nell'orbita .dell'art. 2384 secondo comma, ben potendo la Societ� itivece, nel primo caso, affermare l'inefficacia degli atti negoziali eventualmente posti in essere, se avr� provato che il terzo, avendo agito in malafede, conos�eva, o avrebbe potuto conoscere con l'ordi' Jaria diligenza, le limitazioni imposte. FEDERICO BASILICA (3) E. PEDERZINI, Investitura rappresentativa dell'amministratore delegato di societ� ed apponibilit� delle relative limitazioni ai sensi dell'art. 2384 e.e., in Giur. comm., 1990, 1�, 629. (4) C. M. BIANCA, Il contratto, Milano, 1987. 362 RASS�GNA AVVOCATURA DELLO STATO costituita dalla detta telefonata. Si tratta, in particolare, dell'incasso dei premi da parte della Siac del silenzio dalla stessa serbato inizialmente I sulle richieste di indennizzo inviate dalla Benn Club. Si tratta di circostanze di fatto che, secondo il contenuto della sen I tenza impugnata, non forniscono la prova, da sola sufficiente, dell'avvenuto benestare della Siac all'operazione di esportazione, tenuto anche conto che, secondo l'art. 13 della polizza assicurativa, l'incasso dei premi non pu� essere interpretato come assenso alla copertura dell'operazione di esportazione. 5. �Le osservazioni che precedono sono idonee a respingere l'eccezione della parte controricorrente, secondo cui il ricorso non avrebbe investito tutti i motivi �posti a fondamento della sentenza impugnata. In particolare, l'affermazione di buona fede della Benn Club in ordine alla insussistenza dei poteri del dott. Sorbello � fatta dalla corte d'appello in una breve parentesi riferita alla tesi del rapporto organico, che la ricorrente ha censurato in tutte le sue implicazioni, negando che il dipendente 1Sorbello fosse o anche solo si presentasse alla Benn Club come organo della Siac. Per quanto attiene, invece, all'avvenuta ratifica da parte della Siac del comportamento del Sorbello, si tratta di argomento che la sentenza impugnata non ha recepito, n� poteva recepire, avendo inquadrato la fattispecie nella immedesimazione organica tra Sorbello e societ� Siac. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 3 dicembre 1992, n 12888; Pres. Montanari Visco, Est. Sammartino, P. M. Di Renzo (conci. conf.); Provincia di Terni ed altri (avv. Predieri) c. Consorzio Acquedotto del Nera (avv. Lubrano, Calzolaio, Felici), Ministero dei Lavori Pubblici e Ministero dell'Ambiente (avv. Stato Imponente). Acque pubbliche . Tribunale Superiore � Sentenza � Impugnabilit� ex art. 111 Cost. � Vizio di motivazione � Deducibilit� � Limiti. � E inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sen� tenza del Tribunale superiore delle Acque pubbliche in grado di appello o in unico grado, ove venga dedotto il vizio di insufficienza di motivazione della sentenza stessa, essendo tale impugnativa esperibile unicamente in caso di motivazione inesistente, ovvero apparente o contraddittoria (1). (1) Ancora una volta le Sezioni Unite si pronunciano sulla vexata quaestio dei limiti alla deducibilit� in Cassazione ex art. 111 Cost. dei vizi di motivazione delle sentenze. Con la sentenza 16 maggio 1992 n. 5888 (in Foro It., 1992, I, 1737), richia� mata :nella motivazione della decisione che si annota, le stesse SS.UU. ave PARTE I, SEZ. III, Gil!RlSPRUPENZA �IVIJ;.a, ()IURISPIZIONB B APPALTI ,?63, (omissis). I ricorsi principali sono infondati. 6. l � L'interpretazione di un atto amministrativo -al� pari dell'interpretazione di un contratto ...,-concreta una � quaestio facti �.(C. n. 2740/62 e 3309/87, fra. le altre) e l'accertamento effettuato in proposito dal Tribunale superiore.delle acque pubbliche � censurabile in cassazione per difet� to.� di motivazione, ex artt. 111 Cost.; soltanto se la .� motivazi�:ne manchi del tutto (} sia contraddittoria o sia. solo apparente (C. S;U. n. 5388/92). Nella spe1:;ie deve negarsi che il Tribunale fornisca. sul punto una motivazione contraddittoria, come assumono i ricorrenti, poich� l'avere il Tribunale spiegato. lc;i ragioni. per cui nel. decreto � de quo � il Ministro d~i lavori pubblici sL e.ra occupato anche della portata della. derivazione d'.acqua e dell'impatto ambientale (esse si fondavano su un principio di corrette;z:za amministrativa che imponeva, in vista della futura conces� sione, ilna preventiva valutazione di massh:na e la constatazione di serie possibilit� di realiz~1;1Zione a fronte del costo notevole dei lavori da h1izia~ e) non toglieva supporto logico. alla statuizione interpretativa del decreto, per cui questo aveva soltanto autorizzato l'�ilizio dei lavori e non si era inteso con esso concedere direttamente e definitivamente la derivazione d'acqua. Con ci� stesso deve escludersi che il Tribunale violasse le norme indicate dai ricorrenti. vano infatti iniziato �un revirement giurisprudenziale, verso la restrizione delle ipotesi di ricorribilit� ex art. lU Cost. per vizio di motivazione, avverso le decisioni del T.S.A.P., ai soli casi di motivazione inesistente o viziata da contraddittoriet� risultante dallo stesso testo della . sentenza impugnata, analogamente a quanto disposto dall'art. 606 lett. e del vigente c.p.p. per il ricorso per cassazfone in materia penale. Le linee ispiratrici della suddetta �decisione sono state poi ulteriormente elaborate da SS.UU. 2 settembre 1992 n. 12871, (in questa Rassegna, 1993, I, 210, con nota di commento) la quale postt.!-la addirittura una (discutibile) 'rilettura' dell'art. 111 della Carta, alla luce ... della nuova disciplina processualpenalistica (art. 606 lett. e cit;) la quale, appunto, ne esprirtJ.erebbe l'attuale portata. In quest'ultima, invero, la S. C. non si era occupata dei casi di motivazione 'apparente' o 'contraddittoria', limitandosi invece ad estendere la disciplina e:x:tracodicistica della motivazione .. inesistente alla sua � manifesta illogicit� ... quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato� (disp. cit.). La decisione in commento si limita dunque a ribadire le affermazioni contenute nella cit. Cass. 5888/92 (erroneamente citata, dalla sentenza in commento, come 5388) senza ripercorrere l'iter logico, come a considerare ormai alla stregua di ius receptum la nuova impostazione interpretativa (che innova un precedente indirizzo quarantennale, il quale riteneva pacificamente applicabile alle decisi�ni del T.S.A.P. l'art. 360 n. 5 c.p.c., a norma del quale � censurabile l'� omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia� (Cass. 1837/54; 195/57; 260/60; 315/73; 5693/81, in Foro It., 1982, I, 75; 13/86, ivi, 1986, I, 1351). VITTORIO Russo RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 364 6. II. VI. L'art. 91 (�Competenze dello Stato�) del D.P.R. n. 616/1977 (�Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22. 7 .1975 n. 382 �) -col quale il Governo fu delegato ad emanare decreti aventi valore di legge ordinaria diretti, fra l'altro, a completare il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative inerenti alle materie indicate nell'art. 117 Cost. ;.,.-riserva allo Stato, fra le altre, �le funzioni relative all'istruttoria e al rilascio delle concessioni di grandi derivazioni � nonch� le funzioni concernenti � gli aggiornamenti e le modifiche del piano generale degli acquedotti che comportino una diversa distribuzione delle riserve idriche tra le Regioni�, e dispone, subito dopo: �Nell'esercizio di tali funzioni lo Stato dovr� sentire le Regioni interessate e tener conto delle esigenze da queste espresse per l'attuazione di programmi o per il raggiungimento di speciali obiettivi stabiliti nell'esercizio di funzioni trasferite o delegate; dovr� comunque pronunciarsi sulle proposte avanzate da una o pi� Regioni ed indicare in qual modo dovranno realizzarsi le esigenze prospettate�. A norma del combinato disposto di detto articolo e del precedente art. 90 (con cui sono delegate alle Regioni, fra le altre, �le funzioni concernenti: A) gli aggiornamenti e le modifiche del piano regolatore generale degli acquedotti -P.R.G.A. -e le riserve idriche destinate dal piano a soddisfare esigenze e bisogni dei rispettivi territori regionali ... � devono ritenersi riservate allo Stato l'iniziativa del procedimento d'istruttoria e decisione delle domande di concessione di grandi derivazioni (come deve considerarsi quella di specie -ex art. 6 T. U. n. 1775 -in quanto eccedente '1a portata di lt/sec. 100 d'acqua potabile) cos� come l'iniziativa del procedimento di aggiornamento e modifica del P.R.G.A. Quando lo Stato intende esercitare dette funzioni ad esso riservate, ha l'obbligo di sentire le Regioni interessate e, se esse prospettino particolari esigenze dei propri territori, deve indicare -implicitamente o, se le Regioni abbiano avanzato specifiche proposte di realizzazione, esplicitamente -in quale modo, eventualmente diverso da quello proposto, tali esigenze dovranno realizzarsi. Pertanto le proposte che, nei procedimenti in cui lo Stato esercita le funzioni ad esso riservate dalla legge in via esclusiva, sono avanzate dalle Regioni, sono semplicemente sollecitatorie dell'esercizio delle funzioni medesime, ma non impegnano lo Stato a promuovere i relativi procedimenti. Nella specie si trattava appunto del procedimento d'istruttoria e rilascio d'una concessione di utenza d'acqua pubblica ad uso potabile avente ad oggetto una grande derivazione, e la proposta della Regione Umbria sentita dal ministro -di modificare il P.R.G.A. a soddisfazione delle esigenze del proprio territorio, non poteva, per le ragioni anzidette, sortire una puntuale decisione di accoglimento o di rigetto (che avrebbe postu� PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI lato l'inizio di un separato, diverso procedimento amministrativo) e tuttavia il Ministro aveva l'obbligo di pronunciarsi su tale proposta ma nei limiti in cui la soddisfazione delle esigenze che con essa la Regione esprimeva erano compatibili con la natura del procedimento in corso. Ed � proprio a tali principi che il Tribunale si attenne nello statuire che nel �provvedimento impugnato il Ministro si era pronunciato sulla proposta di variante �senza deciderla�, cio� aveva tenuto conto delle esigenze idroelettriche, con tale proposta espresse dalla Regione Umbra, che potevano essere soddisfatte in quella sede, soddisfacendole, in questi limiti, col ridurre a 550 lt/sec. la portata d'acqua che il Consorzio aveva domandata in misura di lt/sec. 800. Non trattandosi di una decisione vera e propria sulla proposta di variante, il P.R.G.A. essendo rimasto invariato, non era a parlare di necessario concerto col Ministro dell'ambiente. 6. IIL Queste censure -in quanto con esse si denunzia soltanto un difetto di motivazione (punto 5.Il) -sono inammissibili -poich� si � al di fuori di una motivazione inesistente ovvero apparente o contrad� dittoria: -e perci� non rientrano fra le censure proponibili ex art. 111 Cost., secondo la recente giurisprudenza. (C. S. U. n. 5388/92 cit.) tenuto conto che le ricorrenti non negano l'esistenza della delibera citata dal Tribunale, la cui conoscenza era -in ipotesi -acquisibile per impulso di ufficio ex art. 162 T. U. cit. 6. IV. Non � riscontrabile alcuna violazione dell'art. 13 da parte del Tribunale che, peraltro, nel motivare il rigetto della censura -contro il decreto di autorizzazione -avanzata sotto il profilo del difetto. di motivazione sul requisito dell'urgenza, statu� -punto 5. III -che tale decreto, emesso nell'esercizio del potere attribuito al Ministro dall'art. 13 cit., era da ritenersi adeguatamente motivato �per relationem � (in conformit� alla giurisprudenza: Cons. St. n. 227/76) con riferimento al voto del consiglio superiore dei lavori pubblici. Poich� la motivazione sul punto esiste e non � contraddittoria essa � incensurabile sotto ogni altro profilo: CORTE DI CASSAZIONE, sez. , 11 marzo 1993 n. 2963 -Pres. Sensale � Rel. Carbone -P. M. Lo Cascio -Amministrazione provinciale di Catania (avv. Mirti della Valle e Morana) c. Impresa Farsura Costruzioni S.p.a. (avv. Salemi) e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (avv. gen. Stato Onufrio). Opere pubbliche -Appalto -Disciplina -Inadempimento della p. a. all'obbligo di presentare il corrispettivo � Interessi moratori � Decorrenza. (Capitolato della Cassa per il Mezzogiorno, art. 38). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 366 Procedimento civile � Onere della prova � Richiesta di consulenza tecnica � Esonero della parte dal fornire la prova di quanto assume � Esclusione. (Art. 2697 e.e.). Gli interessi moratori per il ritardato pagamento da parte della P.A., in favore dell'appaltatore, del corrispettivo stabilito dal contratto d'appalto stipulato a seguito di licitazione privata e soggetto alla disciplina prevista dell'art. 38 del Capitolato Generale della Cassa (ora Agenzia) per il Mezzagiorno decorrono dal 91� giorno successivo a quello stabilito per l'emissione del certificato di pagamento, elevando il periodo di franchigia (45 giorni) ritenersi compreso nel ritardo tollerabile (1). (1) Vexata quaestio quella relativa alla natura giuridica e alla disciplina del contratto di appalto di opere pubbliche. La dottrina meno recente ha escluso che l'appalto di opere pubb�iche sia riconducibile allo schema privatistico del contratto di appalto, in virt�, sopratutto, della posizione di preminenza che la P. A. conserva nelle varie fasi di svolgimento del rapporto (RESTA, Sulla natura speciale del contratto di appalto per la esecuzione di opere pubbliche e sulla proponibilit� dell'azione giudiziaria di adempimento dell'Amministrazione, in Foro Amm., 1932, II, 185). Ci� comporta, sul piano disciplinatorio, che all'appalto di opere pubbliche devono essere applicate, in quanto lex specialis, esclusivamente le norme dettate dal legislatore per la * disciplina specifica di questa figura contrattuale. L'appalto di opere pubbliche, in altri termini, avrebbe, alla stregua di tale interpretazione, una dimensione esclusivamente pubbblicistica. Diversamente, la dottrina pi� recente ha assimilato l'appalto di opere pubbliche alla corrispondente figura di diritto comune (CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche. Milano, 1985; precedente STOLFI, voce Appalto, in Enc. del dir., Milano, 1958, 692 ss.) con la conseguenza di ritenere applicabili, per quanto non disposto dai capitolati richiamati dai contraenti nel contratto, le norme poste dal codice civile per la disciplina del suddetto schema contrattuale. La tendenza dominante sembra per� orientata a porre in luce le differenze strutturali tra le due figure e a fare dell'appalto pubblico una figura a parte, contraddistinta dalla denominazione � contratto amministrativo � (VIRGA, Contratto, dir. amm., Enc. dir., IX, Milano, 1961, 980; GIANNINI, Corso di diritto amministrativo, III, Milano, 1967, 2). I contrasti in ogni caso permangono. Ci� con particolare riguardo alla materia dell'adempimento della P. A. agli obblighi derivanti dal contratto. Un primo problema, in concreto, si pone con riguardo al momento in cui il credito dell'appaltatore diventa liquido ed esigibile. Secondo la tesi privatistica tale momento coincide con la .data di scadenza del credito. L'altra impostazione ritiene invece che l'esigibilit� sia connessa all'emissione, da parte della P. A., del titolo di spesa previsto dalle norme sulla contabilit�. Altro problema riguarda l'applicabilit� dell'art. 1282 e.e. che sancisce il diritto alla corresponsione degli interessi corrispettivi. Diverso � anche il problema relativo alla configurabilit� dell'adempimento, da parte della P. A., all'obbligo di corrispondere il corrispettivo. Risolvendo il problema in termini privatistici l'adempimento viene necessariamente a coincidere con l'effettivo pagamento da parte dell'ente appaltante. Diversamente, in un'ottica pubblicistica, viene ad acquistare rilievo determinante l'emissione del titolo di spesa. Altra questione discussa � quella dell'applicabilit�, all'appalto pubblico, dei rimedi previsti nell'art. 1460 e 1461 e.e. nel caso di ritardo imputabile al PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 367 La consulenza tecnica non pu� essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, gravando il relativo onere, e le connesse conseguenze, solo su di essa (2). (omissis) Con il primo motivo del proposto ricorso si censura l'impu� gnata sentenza con violazione delle norme sull'interpretazione ed in particolare dell'art. 38 del capitolato generale della Cassa, nonch� insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver, da un lato, riconosciuto che l'appaltatore non ha diritto ad alcuna indennit� per il ritardo nei pagamenti ;entro 45 giorni dalla domanda o dalla data in cui doveva essere certificato l'importo prescritto, ma dall'altro, stabilito che qualora l'emissione dei certificati di pagamento ritardi di novanta giorni dal giorno successivo a tale scadenza, il dies a quo di questi 90 giorni sarebbe comprensivo anche dei 45 giorni di franchigia. La censura non � fondata. I giudici di merito nell'interpretare la pattuizione contenuta nell'art. 38 del capitolato della cassa per il Mezzogiorno, richiamato nel l'amministrazione committente (sul problema CATAUDELLA, Inadempimento della P. A. nelle obbligazioni pecuniarie e tutela dell'appaltatore, in Il corrispettivo nell'appalto di opere pubbliche, Atti del convegno C.E.R.l.S.O.P., Roma 17-18 ottobre 1984, Milano, 1985, 51 ss.; PITTALIS, voce Appalto pubblico, in Digesto delle discipline pubblicistiche, 310 ss.). Nella controversia in oggetto viene in rilievo la disciplina dell'inadempimento della P. A. all'obbligo di prestare il corrispettivo. La materia dell'inadempimento, con specifico riferimento al problema degli interessi moratori, costituisce oggetto di specifica disciplina da parte degli artt. 35 e 36 del capitolato generale delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici e dell'art. 38 del Capitolato della Cassa per il Mezzogiorno. Le norme citate hanno posto notevoli problemi di coordinamento per c10 che riguarda la determinazione del dies a quo ai fini della decorrenza degli interessi moratori nel caso di ritardo della P. A. nella corresponsione del corri� spettivo stabilito per l'appalto. Va detto che la decisione della Suprema Corte appare ineccepibile in quanto suffragata dal dato incontestabile, in questo caso, della lettera della legge e dell'art. 1370 e.e. che legittima un'interpretazione contra stipulatorem della norma contenuta nell'art. 38 del regolamento generale della Cassa per il Mezzogiorno. Rimane il problema della ratio legis. C'� da chiedersi, infatti, quale sia la ragione del diverso regime disciplinatorio delle conseguenze giuridiche dell'inadempimento da parte della P.A., posto che la posizione dell'appaltatore, alla stregua della disciplina del capitolato generale del Ministero dei lavori pubblici, viene a subire un ingiustificato aggravamento derivante dalla posticipazione del dies a quo per la decorrenza degli interessi moratori (su problemi connessi all'appalto pubblico cfr. CATTANEO-FURNO, voce Appalto, II, in Enc. giur. Roma, anche per indicazioni bibliografiche). (2) Principio pacifico che deriva, direttamente, dalla struttura del regime dell'onere della prova delineato nell'art. 2697 e.e. (cfr. PAVARIN-MANTOVANI, in Commentario breve al codice civile, art. 2697, Padova, 1988, 206 ss.). - RASSEGNA AVVOCATURA DBLLO STATO 368 contratto di appalto di cui si controverte, hanno tenuto ben presente la diversa formulazione rispetto a quella dell'art. 35 del Capitolato generale d'appalto per la opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici (d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063). Ed infatti, quest'ultima disposizione, prevede espressamente. la decorrenza degli interessi di mora � qualora l'emissione ritardi ancora per oltre 90 giorni� In altri termini, secondo il capitolato generale delle 00.PP. che ha natura normativa nei rapporti tra Stato e privati, il dies a quo degli interessi moratori che decorrono dopo 90 giorni, non va identificato con la scadenza del termine fissato nel capitolato, ma dopo che sono gi� decorsi i primi 45 giorni di �franchigia �. E' questo e non altro il senso dell'espressione qualora l'emissione del certificato di pagamento ritardi ancora per oltre novanta giorni. Del tutto diversa � la formulazione del regolamento della Cassa per il Mezzogiorno approvato il 20 gennaio 1965. Cronologicamente successiva al capitolato la disposizione dell'art. 38 della Cassa per il Mezzogiorno riprende sia la franchigia di 45 giorni che l'esclusione del maggior danno previsto nel co. 2 dell'art. 1224 e.e., ma non ,riproduce la rilevanza del ritardo dopo 135 giorni e cio� 90 giorni dopo lo spirare della franchigia di 45 giorni. Nella disposizione dell'art. 38, infatti, � scomparso l'avverbio � ancora�, che avrebbe consentito di sommare I & l'ulteriore ritardo di 90 giorni rispetto alla franchigia di 45 giorni, per cui correttamente i giudici del merito hanno interpretato che il ritardo consentito per 90 giorni decorra dal termine previsto per l'emissione I del certificato e non dallo spirare della franchigia, perch� � prevista soltanto una tolleranza di 90 e non di 135 giorni, come vorrebbe il ricorrente. La disposizione, non riproducendo l'espressione �ancora�, impedisce che il ritardo di 90 giorni vada sommato alla franchigia di 45 giorni, portando il periodo in cui non decorrono interessi di mora fino a 135 giorni, in quanto assegna un valore assoluto al ritaTdo tollerato, ai fini degli interessi moratori, che � solo di 90 e non di 135 giorni. A questa interpretazione di carattere logico -letterale, occorre aggiungere che la disposizione predisposta dalla Cassa costituisce una limitazione di responsabilit� per cui va interpretata contra stipulatorem, ai sensi dell'art. 1370 cc. Di fronte ad un'espressione letterale inequivoca, che consente un ritardo tollerabile di soli 90 e non di 135 giorni, non si pu�, n� ipotizzare un'interpretazione estensiva, n� richiamarsi alla diversa formulazione del capitolato del Ministero dei LL.PP. non applicabile alla fattispecie. Ne consegue che, interpretando correttamente le pattuizioni del contratto di appalto, i giudici di merito hanno stabilito che gli interessi, moratori vanno computati dal 91 giorno successivo a quello stabilito per l'emissione del certificato, dovendo il periodo di franchigia ritenersi compreso nel ritardo tollerabile. . i PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 369 Con il secondo motivo del proposto ricorso diretto nei confronti non dell'appaltatore ma della Cassa, l'Amministrazione provinciale censura l'impugnata sentenza che ha respinto la domanda di rivalsa per non aver fornito la prova della asserita solerzia e dell'imputabilit� alla Cassa dei ritardi. Anche questa doglianza non � fondata. Cortie �ha� rilevato �il giudice del merito, con una motivazione che per essere immune da vizi si sottrae al sindacato .di legittimit� in questa sede, la ricorrente Amministrazione provinciale non pu� dolersi di non aver visto accogliere la richiesta di consulenza tecnica al fine di dimostrare la tempestivit� della propria condotta ed il ritardo della Cassa. Ed infatti, era onere dell'Amministrazione fornire la prova della propria asserita solerzia e dell'imputabilit� del ritardo alla Cassa, prova non richiesta n� fornita. Inoltre, la richiesta consulenza tecnica su una mole di documenti non producibili in giudizio, non � un mezzo di prova posto nella disponibilit� della parti, n� pu� supplire l'inattivit� delle stesse, perch� � rimessa -quanto all'opportunit� di disporla -al criterio discrezionale del giudice di merito, la cui decisione non � censurabile in cassazione (Cass. 24 gennaio 1980 n. 565). La consulenza tecnica, pertanto, non pu�� essere chiesta come mezzo per esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, gravando il relativo onere, e le connesse conseguenze, solo su di essa (Cass. 13 ottobre 1986 n. 5990). CORTE DI CASSAZIONE, Sez Un., 25 marzo 1993, n. 3574. Pres. Brancaccio -Rel. Sgroi (coni. conf.). -Consorzio obbligatorio tra i proprietari del Casalone (avv. Lavitola) c. Ministero per i beni culturali ed ambientali (avv. Stato Ferri). Bellezze naturali -Vincolo paesaggistico imposto dallo Stato ex art. 82, seconc;J.o comma d.P.R. n. 616 del 1977 ad integrazione degli elenchi di bell.ezze naturali approvati . dalle Regioni -Applicabilit� alle zone di cui al comma sesto dell'art. 82 cit. -Sussistenza -Contestazione del vincolo � Giurisdizione amministrativa. Il vincolo paesaggistico imposto dall'amministrazione statale ex art. 82, secondo comma d.P.R. n. 616 del 1977 ad integrazione degli elenchi di bellezze naturali approvati dalle regioni � applicabile alle zone di cui al comma sesto art. 82 cit; la controversia relativa alla contestazione del vincolo appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo. (1) (1) La Corte di Cassazione con la sentenza in esame analizza la portata dell'art. 1 legge n. 431 del 1985, che ha modificato l'art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977, il quale prevedeva la competenza delle regioni ad approvare gli elenchi di 370 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO (omissis) Col primo motivo i ricorrenti deducono che il Consiglio di Stato, decidendo la controversia di cui si tratta, ha implicitamente affermato la propria giurisdizione su una vertenza che pone in giuoco diritti soggettivi e che pertanto doveva essere devoluta al G. O. Secondo i ricorrenti, il d.m. 22 maggio 1985 trovava una .preclusione assoluta nell'art. 1 comma 2 legge n. 431/85, che esclude dal vincolo (previsto in via generale dal comma precedente per alcune categorie di beni) le aree ricadenti nella zona A e B di cui al d.m. 1448/68 ovvero quelle inserite nei programmi pluriennali di attuazione, esenti dal vincolo; con costituzione di un diritto soggettivo, non degradabile dalla P.A. per legge. L'efficacia recuperatoria di cui all'art. 1 quinques della legge deve commisurarsi ai parametri fissati dalla medesima legge ed ai suoi limiti. Le aree ed i beni non rientranti nell'elencazione del 1� comma del� l'art. 1 della legge n. 431/85 restano estranei ai piani paesistici, al par1 delle aree che, pur astrattamente rientranti nell'elencazione del comma precedente, ricadono tuttavia nelle zone A e B di cui al d.m. n. 1444/68 (come l'area di cui � causa). La salvaguardia di cui all'art. 1 quinques (meramente strumentale rispetto ai piani paesistici) � inapplicabile nei confronti di aree e beni che non possono formare oggetto di disciplina da parte dei cennati piani (ai sensi dell'art. 1bis). Sempre secondo i ricorrenti, il secondo comma dell'art. 82 d.P.R. n. 616/77, unitamente al 7, 8 e 12� comma del citato art. 82, costituiscono limitazioni all'intervento normativo-innovativo di cui al primo comma del citato art. 1 della legge (Corte Cost., sent. n. 151 del 1986), allo scopo di tutelare le esigenze di carattere urbanistico-edilizio. bellezze naturali e il potere del Ministero per i beni culturali. ed ambientali di integrare tali elenchi; con l'art. 1 legge n. 431 del 1985 � stato infatti aggiunto un comma quinto, con cui sono individuate alcune categorie di beni sottoposti ex lege a vincolo paesaggistico, ed un comma sesto, in cui si esclude il vincolo di cui sopra rispetto ad alcune zone comprese nei piani pluriennali di attuazione e in genere alle zone urbanizzate o in corso di urbanizzazione. La Suprema Corte chiarisce che la limitazione introdotta da questo comma deve intendersi riferita al solo vincolo paesaggistico imposto ex lege, di cui al comma 5, e non al vincolo imposto con provvedimento amministrativo discrezionale e puntuale su localit� concretamente individuate (nella specie, il d.m. 22 maggio 1985) ex comma 2 dell'art. 82 d.P.R. cit. Ci� in quanto la I. 431 del 1985 mira a limitare la presunzione per legge di fattispecie generali e astratte di zone di interesse paesistico, che possono concretamente essere state compromesse da insediamenti urbani, preesistenti o in corso (in quest'ottica v. T.A.R. Campania, 7 aprile 1989, n. 173, in Foro lt., 1991, III, p. 126 ss. con nota di CozzuTo QUADRI: non � viziato da eccesso di potere per illogicit� l'annullamento di un'autorizzazione ex art. 7 I. 29 giugno 1939 n. 1497 motivato con l'inserimento dell'opera autorizzata in una: zona gi� degradata dalla presenza di altri manufatti di carattere precario e scadente qualit� estetica, dovendo il giudizio sulla compatibilit� ambientale dell'opera tener PARTE I, SEZ. III, GIURISPllUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI .)71 I ricorrenti concludono affermando che il Ministero difettava in toto del potere di inserire nel d.m. 22 maggio 1985 l'area del Casalone, inclusa nel P.P.A. di Viterbo, per la preclusione posta dalla legge; l'assoluta carenza di potere lasciava integro il diritto del Consorzio e dei consorzianti a godere dell'esclusione, senza degradarlo ed affievolirlo ad interesse legittimo con conseguente competenza a conoscere della questione del G.O. II ricorso � infondato, in quanto � basato su un'interpretazione della normativa contraria alla sua lettera ed alla sua ratio. L'art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977 al comma 1� prevedeva la delega alle Regfoni delle funzioni amministrative in materia di beni ambientali. Al comma 2 lettera a) stabiliva il potere del Ministero di integrare gli el�nchi delle bellezze naturali approvate dalle Regioni. Seguivano un terzo ed tiri: quarto comma (che qui non interessano); per effetto dell'art. 1 legge n. 431 def 1985 sono stati aggiunti: un comma quinto, che dispone che sono sottoposti a vincolo paesaggistico determinati beni (fra cui i territori costieri, i territori contermini ai h1ghi, i fiumi, i ghiacciai, i parchi, le foreste, i vulcani, etc.); un comma sesto, che dispone: � Il vincolo di. cui al precedente comma non si applica alle zone A, B e ,..... limitatamente alle parti comprese nei piani pluriennali di attuazione ,..... alle altre zone, come delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del d.m. 2 aprile 1986 n. 1444, e, ne� Comuni sprovvisti di tali strumenti, ai centri edificatori perimetrali ai sensi dell'art. 18 legge 22 ottobre 1971 n. 865 �. necessariamente conto della situazione esistente); ma la legge del 1985 tende d'altro canto ad una maggiore valorizzazione dell'ambiente, e non esclude certo la possibilit� di sottoporre a vincolo paesistico qualsiasi localit� urbanizzata e .. tuttavja di valore estetico tale da .giustificarne l'incl'.sione .da parte dell'amministrazione statale negli elenchi di cui al comma 2 del d.P.R. n. 616 del 1977. La Corte Costituzionale del resto, con sentenza 27 giugno 1986, n. 151, (in Foro It., 1986, I, p. 2690, con nota di CozzuTO QUADRI, � Stato, regioni e tutela ambientale: la l. 431/85 supera il vaglio della Corte Costituzionale�), ha affermato che proprio a seguito dell'intervento legislativo del 1985 � l'urbanistica viene limitata da! rispetto del valore estetico-culturale e piegata a realizzarlo �; tanto che � stato affermato in dottrina (R. Fuz10, � verso un ridimensionamento dei piani paesistici?�, nota a Corte Cost. 13 luglio 1990, n. 327, in Foro It., I, 2010 ss.) che � se fino al 1985 la materia del paesaggio era, per cos� dire, integrata in quella urbanistica, attraverso anche le espresse previsioni normative relative al . contenuto dei piani regolatori generali ed alle legislazioni generali, oggi deve affermarsi che il rapporto risulta capovolto giacch� � nell'ambito della pianificazione paesaggistica che si pongono le direttive di massima entro cui dovranno inserirsi le specifiche discipline urbanistiche�. Tra la vastissima dottrina sulla 1. 431 del 1985, v. M. LIBERTINI, Tutela dell'ambiente, legge 8 agosto 1985, n. 431, in Nuove leggi civ., 1986, 936 ss.; FAMI 372 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO L'eccezione prevista dal citato comma sesto si riferisce testualmente al vincolo imposto direttamente ex lege su alcune categorie di beni, e non al vincolo imposto dalla P.A. statale, a seguito dell'esercizio del potere di integrazione di cui al comma secondo. Secondo la testuale espressione usata dalla legge, quella prevista dal. comma sesto � un'eccezione al vincolo di cui al precedente comma e pertanto non pu� estendersi ai vincoli che non derivano direttamente dalla legge, ma sono imposti secondo il procedimento previsto dalla legge n. 1497 del 1939, ovvero dal Ministero nell'esercizio del potere di integrazione di cui al secondo comma. La ratio della norma non � quella di far prevalere, in ogni caso, l'interesse allo sviluppo edilizio sull'esigenza primaria -tutelata dall'art. 9 Cost. -della tutela del paesaggio, ma va individuata nella necessit� di apportare un correttivo ad un modo astratto e presuntivo di definizione dei beni sottoposti a vincolo paesistico. Una volta adottato un modo che prescinde dall'accertamento in concreto del valore paesaggistico delle singole localit�, da parte della P.A., � stata temperata la presunzione di legge introdotta, con la previsione di fattispecie, ,;:i.nche esse generali, in cui il valore paesistico doveva presumersi compromesso da insediamenti urbani preesistenti od in corso. Allorquando per� si � al di fuori del vincolo imposto ex lege sulle m categorie di beni indicate dal quinto comma, si � anche necessariamen I te al di fuori dell'ambito dell'eccezione prevista dal sesto comma. Invero, di fronte all'imposizione del vincolo su una localit� concretamente individuata, in forza di atto amministrativo discrezionale e puntuale per quella data localit�, non ricorre l'esigenza di introdurre tem- I GLIETTI-GIUFFR�, Il regime delle zone di particolare interesse ambientale, Napoli 1989; Fuz10, I nuovi beni paesistici, Manuale di tutela del paesaggio, Rimini, 1990. La Cassazione evidenzia ancora come le zone individuate dall'art. 1-quinques della legge del 1985 non hanno recuperato, tra le aree sottoponibili a vincolo ai sensi del d.m. 21 settembre 1984, annullato in sede giurisdizionale, soltanto quelle delle cateorie generali indicate nell'art. 1, 1� comma della legge del 1985, bens� tutte le aree di beni individuati dal d.m. di cui sopra. In questo senso � il costante orientamento del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione: cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 6 aprile 1987, n. 242, in Giur. Cons. Stato, 19871 I, p. 593; Cons. Stato, Sez. VI, 31 dicembre 1988, n. 1351, in Giur. Cons. Stato, 1988, I, p. 1679; Cons. Stato, Sez. VI, 15 gennaio 1992, n. 1, in Giur. Cons. Stato, 1992, I, p. 81. Di fronte all'esistenza in capo alla P. A. del potere di includere in tali elenchi anche zone urbanizzate, e di fronte alla natura discrezionale del provvedimento di individuazione delle aree da sottoporre a vincolo paesistico, il privato non gode di un diritto soggettivo, ma soltanto di un interesse legittimo al corretto svolgimento del procedimento amministrativo, che fonda quindi in caso di contestazione del vincolo la sussistenza della giurisdizione generale di legittimit� del giudice amministrativo. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 373 peramenti alla presunzione generale, connessa con il vincolo ex lege. Sarebbe, infatti, non solo illogico, ma contrario all'art. 9 Cost., comma 2, escludere che una localit�, anche se urbanizzata od in corso di urbanizzazione, abbia valori estetici tali da giustificarne l'inclusione negli elenchi di cui al comma 2 lettera a) del d.P.R. n. 616. Con tale interpretazione non contrasta l'art. 1-bis della legge del 1985, il quale si riferisce � ai beni ed alle aree elencati dal quinto comma� e cio� a quelli sottoposti a vincolo ex lege, nei cui confronti il piano paesistico � puramente attuativo di un vincolo obbligatorio. Resta ferma la disciplina del vincolo che segue ad un provvedimento di individuazione discrezionale di un altro bene o di un'altra area, anche urbanizzata, secondo la legge n. 1497 del 1939, come si argomenta anche dall'art. 1-ter che estende le misure di salvaguardia sia alle zone elencate dal quinto comma dell'art. 82, sia alle altre comprese negli elenchi redatti ai sensi della legge del 1939. Inoltre, per quel che riguarda il decreto ministeriale oggetto della causa, si deve aggiungere che esso � regolato dall'art. 1-quinques della legge del 1985, il quale dispone misure di salvaguardia per le aree e beni individuati ai sensi dell'art. 2 del d.m. 21 settembre 1984 (annullato in sede giurisdizionale, per cui la legge ne ha operato un recupero, nei sensi indicati dalla decisione impugnata). Orbene, l'art. 2 del d.m. comprendeva fra le aree che potevano essere vincolate, in aggiunta a quelle ricomprese in una delle categorie generali di cui all'art. 1 ed a quelle incluse negli elenchi redatti ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497, anche quelle ricomprese in altre zone di interesse paesistico, da individuare discrezionalmente dalla P.A. E, contrariamente a quanto, senza alcuna ragione, sostiene il ricorso, il recupero operato dall'art. 1-quinques della legge del 1985 non � stato limitato alle aree afferenti alle catego7 rie generali indicate nell'art. 1, 1� comma, della legge del 1985, ma hll; riguardato tutte le aree ed i beni, nessuno escluso, individuati ai sensi dell'art. 2 del d.m. 21 settembre 1984. Nei sensi suesposti � la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (decisioni sez. VI, 6 aprile 1987 n. 242; 31 dicembre 1988 n. 1351;\ 15 gennaio 1992 n. 1). Si tratta di interpretazione corretta, come hanno ritenuto anche le Sezioni Unite penali di questa Corte, con sentenza 15 marzo 1989, Graziani. Invero, se si dovesse accedere all'interpretazione suggerita dal ricorso, priva di riscontri logici e letterali, si arriverebbe alla conclusione 'Che la maggior parte del territorio nazionale sarebbe sottratta alla tutela imposta dall'art. 9 comma 2 Cost., per cui dovrebbe sollevarsi una questione di incostituzionalit� della legge, per contrasto con la suddetta norma, nonch� con l'art. 3 Cost. (i vincoli preesistenti, su zone urbanizzate resterebbero in vigore, ma non potrebbero esserne imposti altri). RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 374 La ratio della legge del 1985 � stata, invece, quella di estendere e non gi� di limitare la tutela paesaggistica ed ambientale. I Sulla base delle esposte considerazioni, si deve concludere che il Consiglio di Stato ha deciso su una materia che coinvolge esclusivamente I la tutela dell'interesse legittimo del proprietario dell'area al giusto pro~ cedimento di imposizione del vincolo, da parte della P.A. fornita di potere, :per cui pu� essere in giuoco soltanto il sindacato sul legittimo: esercizio del potere stesso, devoluto alla giurisdizione generale di legittimit� del Giudice amministrativo. Col secondo motivo i ricorrenti deducono che una posizione di diritto soggettivo pieno si era determinata in corso di giudizio a seguito delle statuizioni del T.A.R. divenute definitive ed irrevocabili, per non essere state impugnate dal Ministero. Invero, il TAR non si era limitato ad annullare il d.m. 22 maggio 1985 per il motivo formale dell'omessa audizione del Consiglio Nazionale dei Beni culturali ed ambientali, bens� aveva riconosciuto che 1e aree del Casalone, in quanto inserite nel PPA di Viterbo, non potevano ritenersi assoggettate ape legis al vincolo paesaggistico ed inoltre aveva dichiarato illegittima la procedura di integrazione degli elenchi operata dal d.m. 22 maggio 1985 in quanto, prima della legge del 1985, non era possibile assoggettare a vincolo in forza del d.m..21 settembre 1984 intere categorie di beni, essendo tale facolt� rimessa al legislatore. Secondo i ricorrenti, tali statuizioni, non gravate d'appello, avevano ormai consolidato la situazione del Consorzio e dei proprietari in una posizione inattaccabile di diritto soggettivo pieno, con la conseguenza che il Consiglio di Stato avrebbe dovuto prendere atto di ci� e dichia I rare il proprio difetto di giurisdizione. ~ Il motivo � inammissibile, in quanto le sentenze del Consiglio di I Stato sono impugnabili per cassazione solo per motivi inerenti alla giurisdizione (art. 111 comma 3 Cost.). Si deve premettere che -per quanto attiene alla giurisdizione, che � l'unico .profilo in ordine al quale si pu� proporre il ricorso per cassarzione ,_ ammesso, e non concesso, che la sentenza del T .A.R. sia passata in giudicato su alcuni capi di merito, perch� la rationes decidendi favorevoli ai privati non sarebbero state impugnate, la conseguenza sarebbe contraria all'assunto dei ricorrenti. Infatti, il giudicato sulla giurisdizione (nella specie, del giudice amministrativo) si pu� formare, nell'ambito dello stesso processo, a seguito del passaggio in giudicato di un capo della pronuncia di merito, (da ultimo, v. Sez. un. 18 novembre 1988 n. 6242; 12 aprile 1990 n. 3159). Di conseguenza, l'assunto dei ricorrenti, che lamentano che il giudice di secondo grado abbia preso nuovamente in esame le questioni gi� decise in senso favorevole ai privati (con effetto ripristinatorio del loro diritto soggettivo) e non rimesse in discussione dall'Amministrazione, si dimo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 375 stra irrilevante, perch� non si potrebbe trascurare la premessa di quell'assunto, e cio� che essa si basa non sull'originaria posizione di diritto sogg,ettivo tutelata dinanzi al T.A.R., ma sugli effetti della pronuncia di primo grado. Se tali effetti, si vogliono far valere, si deve accettare la premessa, e cio� il giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice amministrativo, connaturato al giudicato sul merito. Quanto al preteso vizio della sentenza del Consiglio di Stato, esso non attiene alla giurisdizione e non � pertanto deducibile, perch� la violazione del giudicato (di merito) sarebbe un errar in procedendo sottratto al sindacato di questa Corte (S.U. n. 5468/88; n. 317/87). Invero, secondo l'assunto, il Consiglio di Stato, per effetto di un'er� ronea interpretazione della decisione di primo grado, nonch� dell'omesso esame di un'eccezione dei privati e dell'omesso rilievo d'ufficio di una preclusione formatasi nel processo, e cio� per vizi di carattere processuale che non incidono sui limiti esterni dei suoi poteri giurisdiziona... li -avrebbe giudicato direttamente una seconda volta sulla legittimit� dell'atto amministrativo che ha inciso sul diritto di propriet�, nell'ambito di un potere conferito dalla legge alla P.A., prendendo in esame l'interesse legittimo del proprietario tutelato da norme di azione. t!. quindi irrilevante stabilire se effettivamente quel giudicato si era formato e se il Consiglio di Stato sia incorso in quegli errori in procedendo, perch� la sua decisione � sottratta -sotto i suddetti profili -al sindacato di questa S.C. In conclusione, il ricorso si deve rigettare nel suo complesso e i ricorrenti devono essere condannati in solido, stante il loro interesse comune, alle spese del giudizio di cassazione. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 1� aprile 1993 n. 3884; Pres. Santosuosso, Est. Giustiniani; P.M. Grossi (concl .conf.) -A. Crosta (avv. Villani) c. Ministero del Tesoro -Direzione Generale Istituti di Previdenza (avv. Stato Nucaro). Giurisdizione civile -Pensioni -Questioni sulla spettanza -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Sussistenza. Giurisdizione civile -Pensioni -Domanda diretta ad ottenere il tratta mento pensionistico C.P.D.E.L. -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Sussistenza. (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 3, 12, 62; R.D. 3 marzo 1938, n. 680, artt. 60, 71; art. 360, n. 1 c.p.c.). Spetta alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti la cognizione delle questioni relative alla spettanza ed alla quantificazione del trattamento pensionistico. La giurisdizione della Corte dei Conti in materia di 376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO pensioni non � circoscritta al sindacato di legittimit� del provvedimento pensionistico impugnato ed al suo eventuale annullamento, ma copre l'intero rapporto controverso dedotto in giudizio. Conseguentemente il giudice delle pensioni ha cognizione piena di tutte le .possibili questioni inerenti al rapporto� �suddetto, indipendentemente dalla motivazione del provvedimento impugnato. (1) Sussiste la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in ordine alle domande dirette a conseguire il trattamento pensionistico a carico della Cassa di Previdenza per i Dipendenti degli Enti Locali (C.P.D.E.L.) (2). (Omissis). �La ricorrente censura la decisione della Corte dei Conti con la quale .�� stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto, osser� vando che se � vero che durante il rapporto di lavoro le questioni relative alla iscrizione alla Cassa di Previdenza vanno proposte e risolte! prima con ricorso alla Direzione Generale II.PP., poi al Ministero dell'Interno e quindi al TAR del Lazio ai sensi dell'art. 28 R.D. n. 680 del 1938 in materia di ordinamento della Cassa di Previdenza Dipendenti Enti Locali (C.P.D.E.L.), � pur vero che, una volta cessato detto rapporto per collocamento a riposo, le questioni afferiscono al trattamento pensionistico, sicch�, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte dei Conti, oggetto del giudizio non � pi� il diritto o meno di iscrizione alla C.P.D.E.L., bens� la negazione da parte del Ministero del Tesoro del diritto di essa ricorrente a percepire il trattamento pensionistico definitivo, rispetto al quale la questione della titolarit� o meno di essa ricorrente in ordine al diritto alla iscrizione alla Cassa si pone come mero presupposto logico. Ad avviso della ricorrente, �, quindi, il giudice della Corte dei Conti a doversi pronunciare sul suo diritto alla pensione in quanto detto giudice � chiamato a pronunciarsi su ogni questione che venga comunque ad in~ cidere sul diritto o sulla liquidazione della pensione o sul tipo di trattamento al quale debba farsi luogo. Ci� posto, la ricorrente assume che -a suo avviso -la Corte dei Conti ha erroneamente pronunciato sotto un duplice profilo, in quanto (1-2) La sentenza in esame si colloca nel consolidato indirizzo giurisprudenziale, affermatosi con Cass. 23 ottobre 1979 n. 5507 che, interpretando estensivamente l'art. 62 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, ha ritenuto che la giurisdizione esclusiva spettante alla Corte dei Conti in materia pensionistica non possa rimanere limitata alle controversie relative al provvedimento che liquida (o nega) la pensione, ma debba necessariamente estendersi ad ogni controversia presupposta e finalizzata all'accertamento del diritto a pensione, ovvero, alla misura del trattamento. Tre le molte pronunzie conformi v. Cass. 7 novembre 1979 n. 5731, in Foro lt., Mass.; Cass. 7 gennaio 1981 n. 77, ibid.; Cass. 24 novembre 1982 n. 6350, ibid.; Cass. 6 giugno 1983 n. 3815, ibid.; Cass. 10 gennaio 1984 n. 168, in Foro lt., 1984, I, 1304. Aderiva infine al suddetto indiri:t.zo, dopo alcune titubanze, anche il Con� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 377 ha, da un lato, unilateralmente interpretato e limitato l'ambito della controversia sottoposta alla sua attenzione ritenendola relativa alla declaratoria del mero diritto (o meno) alla iscrizione della ricorrente alla C.P.D.E.L., sottratta alla sua giurisdizione, dall'altro lato ha omesso di giudicare sul rapporto sub judice avente ad oggetto il diritto alla pensione di essa ricorrente. Il rilievo � fondato e va accolto, con la conseguente declaratoria di giurisdizione, nella fattispecie in esame, della Corte dei Conti. Invero, la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensioni non � circoscritta al sindacato sulla legittimit� del provvedimento pensionistico impugnato ed al suo eventuale annullamento, ma copre l'intero rapporto controverso dedotto in giudizio. Ne consegue che il giudice delle pensioni ha cognizione piena di tutte le possibili questioni, con l'effetto che la sua decisione pu� essere contenutisticamente difforme dal provvedimento amministrativo impugnato, indipendente dalla motivazione di esso e dagli eventuali errori commessi dalla amministrazione. In particolare, l'intempestivit� della domanda dedotta in decreto -come nel caso di specie -non preclude al giudice delle �pensioni la disamina della domanda stessa e degli altri eventuali requisiti rilevanti ai fini pensionistici, e quindi una pronunzia di merito, favorevole o meno alla pretesa attrice, che -viceversa -nella fattispecie in esame � stata aprioristicamente negata con la declaratoria di inammissibilit� del ricorso per difetto di giurisdizione. Oggetto della giurisdizione della Corte dei Conti � cio� il rapporto obbligatorio in cui si sostanzia il diritto alla pensione; essa �, quindi, chiamata a pronunciarsi su ogni questione che venga, comunque, ad incidere sul diritto o sulla liquidazione della pensione o sul tipo di trattamento al quale debba farsi luogo. Se ne deve concludere che il giudice delle pensioni, una volta investito della controversia, ha il potere di accertare l'esistenza o la inesi siglio di Stato, con l'A.P. 5 dicembre 1984, n. 21. Indi, sempre sulla stessa linea: Cass. 24 giugno 1985 n. 3798, in questa Rassegna, 1985, 784, con nota di richiami; Cass. 13 giugno 1989 n. 2847, ivi, 1990, 192; Cass. 18 agosto 1990 n. 8847, ibid., 50. Pi� in particolare, sulla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensioni dei dipendenti degli enti locali o degli enti per i quali � consentita l'iscrizione alla C.P.D.E.L. (per il cui caso, peraltro, lo stesso ordinamento della Cassa di cui al r.d. 3 marzo 1938 n. 680, agli artt. 60 e 71 devolve alla Corte dei Conti ogni questione concernente il rapporto previdenziale con� la Cassa stessa) v., oltre a Cass. 24 giugno 1985 n. 3798, cit., Pret. Roma, Sez. Lav., 21 maggio 1986, in questa Rassegna, 1988, 82 con nota di richiami; Cass. 22 aprile 1988 n. 3134, ivi, 1990, 152 con nota di commento; Cass., 18 febbraio 1989 n. 956, ibid., 163, con nota; Cons. Stato, V, 3 aprile 1990 n. 315, ivi, 1990, 290; Cass., 15 maggio 1990 n. 4186, ibid., 257. V. R. 378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO S'l'A'.rO stenza del diritto invocato. (il diritto a pensione) .attraverso la verifica di tutti gli elementi che concorrono a formarlo e di emettere pronuncia in rapporto alla pretesa attrice. Al' riguardo la Corte Costituzionale, con la senti:mza 21 luglio 1981 n. 141, ba affermato: �La Corte dei Conti non si limita a conoscere dell'atto amministrativo dappoich� il vero oggetto del giudizio � il riconosc�: nento {o il disc:;o:noscime11to) d� un diritto soggettivo imprescrittibile, inserito in un rapporto paritetico, a fronte del quale l'atto amministra~ tivo (sia quello conclusivo, .sia quello presupposto) si pone solo come sintomo di un atteggiamentq contestativo. (o favorevole) dell'amministra� zione�. Ed ha soggiunto; � Proprio perch� la controversia riguarda la spettanza del diritto, .al giudizio pensionistico non possono applicarsi i limiti propri del giucl.izio di impugnazione dell'atto amministrativo in sede di giti;risd,izione generale di legittimit�. Ci� non solo in relazione all'atto impugnato, ma anche con riguardo all'atto presupposto che, sotto il profilo sostanziale, viene inco!l'orato nel riconoscimento o nel diniego della posizione soggettiva >>. � Ci� posto e scendendo. alla fattispecie in esame, � dato, quindi, rile� vare che la Corte dei Conti .I10n poteva esimersi dal pronunciare, in via incidentale, sulla questione relativa alla iscrizione della ricorrente Crosta alla Cassa, delibando poi sul rapporto pensionistico nella sua interezza, attesa la condizione di pensionata della Crosta medesima. Va, dunque, dichiarata }a giurisdizione della Corte dei Coniti. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 28 aprile 1993, n. 4910; Pres. Ruperto, Est. Paolucci; P. M. di Renzo (concl. conf.) . Di Taranto C. (avv. D'Ales sio) c. Ministero della Difesa (avv. Stato V. Russo). Giurisdizione civile . Giurisdizione ordinaria ed amministrativa � Servizio militare di leva � Cittadini residenti in zone terremotate � Esenzione su domanda � Diritto soggettivo � Esclusione. (L/ 22 dicembre 1980, n. 324, art. �14-decies). Il cittadino residente in zone terremotate, soggetto all'obbligo del servizio militare di leva, non pu� vantare, in base all'art. 14 decies L. 22 di� cembre 1980 n. 874,. alcun diritto soggettivo perfetto all'esenzione su domanda dal predetto servizio, Compete infatti all'Autorit� militare la valutazione delle condizioni di legge ulteriori allo status di residente e, in particolare l'entit� del pregiudizio subito dal nucleo familiare del chiamato alle armi, per concedere l'esenzione. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 379 Rispetto alla valutazione operata dall'Amministrazione, nell'ambito del suo potere discrezionale, pertanto, il cittadino vanta una posizione di mero interesse legittimo (1). (Omissis). Procedendo quindi all'esame della questione sollevata dal ricorrente, osserva il Collegio che la stessa concerne la sfera dei doveri inderogabili di solidariet� politica, economica e sociale che l'art. 2 della Costituzione impone al cittadino, il quale esprime la sua personalit� sia singolarmente che quale parte di formazioni sociali. E tra tali doveri rientra appunto quello previsto dal successivo art. 52, che definendo sacra la difesa della Patria, afferma che il servizio militare, nei limiti e modi stabiliti dalla legge, � obbligatorio. Al riguardo questa Corte ha avuto modo di affermare che il complesso di norme di azione dirette a regolamentare, in vista del cennato fine, l'attivit� dello Stato non tende a salvaguardare specifiche posizioni soggettive del cittadino, di talch� la violazione o disapplicazione di tali nor� me pu� concretare solo una lesione di interessi legittimi, azionabili nella competente sede giurisdizionale amministrativa, e non una lesione di diritti soggettivi, che possono configurarsi -ai fini del riparto di giurisdizione -unicamente nell'ipotesi in cui venga dedotta una specifica e concreta violazione da parte dell'Amministrazione del generale obbligo del � neminem laedere � (cfr. sent. n. 1616/69) o la commissione di atti illeciti dei suoi organi. Quando invece venga prospettata la non conformit� a legge dell'operato della P.A., ossia l'illegittimit� del comportamento di questa nell'e� spletamento di una attivit� disciplinata da norme di azione, la posizione (1) La sentenza in esame costituisce un'interessante applicazione dei criteri di riparto della giurisdizione, in materia di servizio militare di leva. Ribadisce la S. C., richiamandosi alla propria precedente sentenza 13409/91 che, laddove non si ponga una questione di cittadinanza, domicilio, et�, diritti civili o filiazione, ex art. 25 d.P.R. 12 febbraio 1964 e di competenza del giudice ordinario, ma si censuri l'operato dell'Amministrazione militare, assumendo che la stessa non avrebbe correttamente applicato la normativa in materia di dispensa dalla chiamata alle armi, si versa in ipotesi di controversia sulla lesione di interessi legittimi. Nel caso in esame, infatti, l'arruolato aveva richiesto all'A.G.O. la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni ex art. 2043 e.e., per l'illegittima chiamata alle armi. E per�, a sostegno della sua domanda egli aveva dedotto non gi� carenza di potere dell'Amministrazione in ordine all'avvio alle armi, ma cattivo esercizio del potere medesimo (come aveva ben evidenziato il Tribunale di Napoli, nel declinare la sua giurisdizione). il. invero indiscusso che la chiamata alle armi incide su posizioni sogget� tive perfette dei destinatari, e la dottrina pi� autorevole ha collocato tale provvedimento tra quelli riduttivi di diritti, e pi� specificatamente lo ha ricon� dotto al binomio ordine-obbligo', ovvero tra quelli ablatori, in quanto dotato (1) A. SANDULLI, Manuale, 1989, I, p. 628. 380 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dell'interessato non pu� che avere, appunto, consistenza e natura di interesse legittimo. Occorrendo dunque aver riguardo alla reale consistenza della situazione giuridica posta a fondamento della domanda, va osservato che come esattamente rilevato dal T:i:�bunale -l'azione risarcitoria promossa dal Di Taranto � fondata sul mancato riconoscimento d� parte d.ell'Amm�aj~ tr�iione militare del diritto all'esenzione dal servizio di leva, deducendosi in sostanza l'illegittimit� del comportamento di detta amministrazione, che non avrebbe applicato fa normativa in tema di chiamata alle armi. Ed invero, a fondamento dell'azione proposta il Di Taranto ha dedotto la violazione dell'art. 14-decies Legge 22 dicembre 1980 n. 874, che cosi recita: �I cittadini soggetti agli obblighi di leva per gli anni dal 1980 al 1982, residenti alla data del 23 novembre 1980 nei Comuni indicati nel D.P.C. previsto dall'art. 4, 5� comma, del presente decreto, le cui famiglie abbiano subito darini che hanno gravemente inciso sulle loro condizioni economiche, possono, a domanda, essere esentati dal servizio militare di leva�. di carattere impositivo ed incidente sulla libert� individuale, in vista alle esigenze di difesa della collettivit�.2. L'arruolamento determina pertanto una potenziale compressione della sfera soggettiva del giovane il quale, se in concreto danneggiato dall'illegittimo provvedimento di chiamata alle armi, non potr� azionare alcuna pretesa risarcitoria se non previa . eliminazione di questo dal mondo del diritto, da parte del g.a., ovvero previa disapplicazione dello stesso da parte dell'A.G.O. di� rettamente adita. Ma in entrambi i casi, per farsi luogo al risarcimento del danno, occorrer� che il provvedimento invalido sia stato emesso in carenza di potere, che solo avrebbe determinato l'affievolimento del contrapposto di� ritto individuale, sicch� la sua esecuzione abbia finito col realizzare un fatto illecito .(avvio alle armi in radicale mancanza di presupposti, come nel caso di et� inferiore al minimo di legge, o di mancanza della cittadinanza italiana). Nel caso di specie, invece, il complesso delle norme di azione che regola� menta il servizio militare di leva � finalizzato non gi� a salvaguardare la sfera personale del cittadino, come pur esattamente precisa la S. C., quanto piuttosto interessi della collettivit�, rispetto al quale quello del singolo � tutelato soltanto di riflesso. Ed � certamente nell'ambito di tali norme di azione che rientra la disciplina delle esenzioni (ascrivibili alla categoria dei provvedimenti autorizzatori di dispensa), previste in favore dei residenti nelle zone terremotate, con riguardo. al grave pregiudizio sofferto dalle loro famiglie, e dunque dalle comunit� pi� direttamente colpite dall'evento sismico 3� La valutazione dei relativi presupposti, confermano le SS.UU., resta riservata alla stessa P. A., nel normale esercizio della sua discrezionalit� amministrativa che, non imbattendosi in posizioni soggettive perfette, incontra soltanto il sindacato di legittimit��. VITTORIO Russo (2) Cosi, M. S. GIANNINI, Manuale, Milano, 1988, p.1219 ss.; V. CAIANIBLLO, Il Processo ammi� nistrativo, Milano, 1984, I, p. 126 ss. (3) V., sulla classificazione di tali provvedimenti M. S. GIANNINJ, op. cit., p. 1052. (4) V. A. SANDULLI, op. cit., p. 115. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E AP.t'ALTI 381 A conforto del proprio assunto il ricorrente sostiene di aver presentato domanda di esenzione e di aver prodotto i certificati di residenza richiestigli dal Distretto Militare di Napoli; ma tali circostanze sono palesemente insufficienti per la configurazione di una posizione di diritto soggettivo, ossia di un interesse del singolo tutelato in via diretta ed esclusiva: ci� in quanto il preteso diritto a non prestare il servizio militare di leva non discende automaticamente dal mero elemento oggettivo costitutivo dello � status � di residente in determinati Comuni ma � correlato ad altre particolari condizioni (danni derivati dal sisma e gravemente incidenti sulle condizioni economiche familiari), il cui accertamento e la conseguente valutazione � affidata all'Autorit� militare, cui spetta, come si desume dal chiaro tenore della norma, l'emanazione di un provvedimento inerente alla posizione del singolo arruolato e diretto alla verifica in concreto delle reali condizioni personali e della famiglia di costui, entrambe integranti la 'fattispecie astratta normativamente prevista ed insuscettibili di previa determinazione mediante un atto generale. Va ulteriormente osservato che nel caso sottoposto all'esame di queste Sezioni Unite non si verte in tema di discrezionalit� tecnica (come nel caso di accertamento della idoneit� fisica dell'arruolato), ma di valutazione del pregiudizio subito dal nucleo familiare del chiamato/ alle armi, 1 in dipendenza del mancato apporto economico da parte di costui nel periodo di servizio militare. La norma invocata dal Di Taranto si colloca quindi in un sistema caratterizzato da poteri autoritativi della P.A. esercitati nel preminente interesse pubblico, rispetto al quale quello del singolo a fruire del beneficio non pu� avere altra natura che quella di interesse legittimo; sicch� la verifica della legittimit� della decisione in proposito adottata (o del silenzio sull'istanza) compete al giudice amministrativo. Giova rammentare che queste Sezioni Unite, con la sentenza n. 13409/91, hanno rilevato che in tema di dispensa dal servizio di leva (di cui l'art. 14 decies cit. � un esempio) non ricorre alcuna delle ipotesi previste dall'art. 25 D.P.R. 14 febbraio 1964, dove il giudice ordinario � chiamato a provvedere su questioni di controversa cittadinanza, di domicilio, di et�, e di contesi diritti civili o di filiazione, del tutto estranee alla fatti~ specie in esame. La ravvisata natura di interesse legittimo della posizione del Di Taranto rende infine privo di rilevanza il problema se in materia di leva posi sano ipotizzarsi solo interessi legittimi o se ricorrano anche ipotesi di diritti soggettivi, ed ancora se la tutela assicurata in sede giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo sia o meno in contrasto con l'art. 113, 2� comma, Cost. Conclusivamente, va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo a provvedere sulla controversia de qua. 382 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ..0 STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III civ. 12 luglio 1993, n. 7670; Pres. Bile; Rel. Fiduccia; P. M. Tondi (concl. conf.). -S.a.s. Germano Baratelli e C. (avv. Ludovici) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Sica). Locazione � Obbligazioni del conduttore � Danni da ritardata restituzione � Periodo compreso tra la scadenza contrattuale ed il rilascio forzoso Responsabilit� del conduttore -Sussiste. Locazione � Risarcimento del maggior danno ex art. 1591 e.e. � Quantificazione del danno -Onere della prova in concreto � Liquidazione equitativa -Esclusione, salvo possibilit� di condanna generica. Locazione -Obbligazioni del conduttore � Restituzione dell'immobile locato -Indennit� di occupazione ex art. 1591 e.e. -Debito di valuta Rivalutazione monetaria � Non spetta, salvo maggior danno ex articolo 1224 cpv. e.e. Locazione -Obbligazioni del conduttore � Restituzione dell'immobile locato � Indennit� di occupazione ex art. 1591 e.e. -Debito di valuta Interessi corrispettivi � Decorrenza dalla domanda. Posto che il conduttore deve considerarsi in mora, nella restituzione dell'bn,mobile locato, alla data di scadenza del contratto, ancorch� 'il provvedimento di rilascio non sia stato in concreto eseguibile, egli � tenuto al risarcimento dei danni da ritardato rilascio dell'immobile. Nella determinazione del �maggior danno� ex art. 1591 e.e., non pu� per� configurarsi un'automaticit� del risarcimento con riferimento al valore locativo o di vendita dell'immobile, dovendo invece quel danno essere concretamente provato in relazione alle condizioni dell'immobile, alla sua utilizzazione, alla sua ubicazione, al pregiudizio derivato al locatore dall'impossibilit� di utilizza diretto di esso. L'obbligazione del conduttore, ai sensi dell'art. 1591 e.e. avente per oggetto la c.d. � indennit� di occupazione � sino al rilascio dell'immobile locato, costituisce un debito di valuta di natura contrattuale, analogo al canone di locazione, e non d� luogo pertanto a rivalutazione monetaria (salvo la possibilit� del maggior danno ex art. 1224 cpv. e.e., se allegato e dimostrato). Stante la detta natura di debito di valuta, spettano invece, sull'indennit� medesima, gli interessi legali dal giorno della domanda. Note in tema di responsabilit� del conduttore per il ritardato rilascio dell'immobile locato e prova del danno. La sentenza che si commenta offre spunti notevoli in materia di risarcimento del danno da ritardato rilascio dell'immobile locato, con riferimento al PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA. CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI JS.3 (Omissis) Con il primo motivo del ricorso la s.a.s. �Germano Barattelli e C.� (gi� S.a.s. �Germano e Giuseppe Barattelli e C.�) denuncia � violazione art. 360 n, 3 e� 5 c.p.c. -art. 1226 e.e. �; sostenendo che la mancata riconsegna dell'immobile costituiva un fatto doloso e che durato per sette anni con impossibilit� materiale di farsi assistere dalla Forza pubblica nonch� con impedimento per fatto e dolo dell'Amministrazione di intavolare trattative per locare ad altri l'immobile occupato e di conseguenza con impossibilit� di fornire la specifica prova richiesta, per cui avrebbe dovuto liquidarsi il danno a norma dell'art. 1226 cod. civ. Ancora, con il secondo motivo la ricorrente lamenta � violazione dell'art. 306 n. 3 e 5 c.p.c., 1591 e.e., 2727 e.e., 115 e 116 c.p.c. � sostenendo di aver fornito la prova del maggior danno a seguito della crisi edilizia per l'avvento della Regione, nonch� delle richieste di costruzione, ed in� oltre deducendo in proposito le indicazioni del consulente tecnico e l'ac� certaniento dell'UTE in ordine al compenso giornaliero di L. 220.000, che costituiva riconoscimento dell'Amministrazione di tale risarcimento dovuto, non esaminato dai giudici di appello. periodo intercorrente tra la scadenza contrattuale ed il momento dell'eseguibilit� del provvedimento giudiziale di rilascio. La questione si era agitata, in dottrina e giurisprudenza, gi� nel vigore dell'abrogata disciplina vincolistica ex l. 23 maggio 1950 n. 253. Dopo aver questa disposto, infatti, all'art. l la proroga legale sino al 31 dicembre 1951 dei contratti. di locazione e sublocazione gi� prorogati ai sensi della legge 30 dicembre 1948 n. 1471, al successivo art. 3 erano �stati previsti i casi di decadenza del conduttore dalla proroga (1). Il successivo art. 33 invece, con riguardo alla fase esecutiva del provvedimento di rilascio; aveva previsto la possibilit� per il giudice di graduare l'esecuzione degli sfratti in relazione alle ragioni del provvedimento ed alle condizioni personali del conduttore e del lcicatore. Accertata giudizialmente la scadenza contrattuale, e condannato il conduttore dell'immobile al suo rilascio, in caso di decadenza dalla proroga legale ovvero di proroga del termine di esecuzione, si poneva allora il �problema della determinazione del momento in cui il conduttore medesimo avrebbe dovuto ritenersi in mora nella restituzione del bene locato, con conseguente responsabilit� per l'inadempimento, ai sensi del combinato disposto degli', artt. 1591 e 1218 e.e. La giurisprudenza di legittimit� era stata fin dall'inizio pressoch� concorde, nel ritenere che gli eventuali provvedimenti di decadenza dalla proroga producevano l'effetto di costituire in mora il conduttore gi� dal momento della domanda diretta a far cessare la proroga stessa; mentre la dilazione nel termine di esecuzione, e/o la graduazione degli sfratti, assumevano \�lla rilevanza meramente processuale, non incidendo in alcun modo swla determinazione della scadenza contrattuale, che era e rimaneva quella patdzia, con (1) Ossia: a) disponibilit� di altra abitazione idonea; b) destinazione dell'immobile ad uso diverso da quello abitativo, o cessazione dell'attivit� per lo svolgimento dell� quale il contratto era stato stipulato; c) sublocazione totale o parziale dell'immobile o sua mancata occupazione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 384 Gli esposti motivi -che vanno esaminati congiuntamente per la loro sostanziale connessione -non sono fondati. I Invero, in tema di responsabilit� del conduttore per il ritardo nella ricorn;;egna della cosa locata ed in particolare con riguardo al risarci I mento del.� maggior danno� l'indirizzo di questa Corte � nel senso che lo stesso, avente natura contrattuale, deve essere concretamente provato dal locatore (v. sent. 19.8.1991 n. 8867) e che il mero fatto del ritardo pu� legittimare soltanto una generica condanna al suo risarcimento richiedendosi per contro in sede di liquidazione la specifica prova del!' esistenza del dann.o medesimo (v. Sent. 8.3.1991 n. 2460; sent. 17.9.1983 n . .5613). In tale direzione si � anche specificamente indicato che l'obbligo di risarcire il suddetto maggior danno ex art. 1591 cod. civ. non comporta un'automaticit� del risarcimento in corrispondenza del valore locativo ricavabile presumibilmente dalla locazione .. o dall'eventuale vendita dell'immobile, dovendo invece quel danno essere provato dal locatore nella conseguente responsabilit� del conduttore per il ritardato rilascio, ancorch� consentito di fatto dalla stessa proroga (2). .. Con l'entrata in vigore della legge 27 I�glio 1978 n. 392 e delle successive normative di proroga (legge 25 marzo 1982 n. 94; legge 25 novembre 1987 n. 478; I legge 21 febbraio� 1989 n. � 61), la questione . assumeva connotati esegetici� in parte nuovi, e vedeva contrapposta alla S. C. una parte della giurisprudenza di merito. Quest'ultima infatti, argomentando dal disposto dell'art. 56 legge 392/78 cit. (per il quale � col provvedimento che . dispone il rilascio, il giudice, tenuto conto delle condizioni del conduttore ,e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso, fissa anche la data dell'esecuzione entro Iil termine massimo di mesi .sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla data del provvedimento �). ha spesso ritenuto cl:l.e la data fissata dal giudice per il rilascio avesse natura di termine dell'adempimento dell'obbligazione Irestitutoria del conduttore (3). Da tale impostazione discendeva, a corollario, come non potesse ritenersi il conduttore responsabile del danno da ritardato rilascio, in relazione al periodo intercorrente tra la. scadenza contrattuale e la data fissata dal giudice per la' sua esecuzione coattiva. � Di diverso avviso la Cassazione ed altra parte della giurisprudenza di merito, le quali, sulla medesima linea seguit�i. sotto l'impero della previgente normativa vincolistica, ribadivano invece che la statuizione del giudice ex (2) Tra le tante, v. Cass. 21 marzo 1962, n. 584, in Foro It., mass; Cass. 22 giugno 1962, n. 1678, ivi; Cass. 18 luglio 1962, n. 1884, ivi; Cass. 22 giugno 1963, n. 1675, ivi; Cass. 14 settembre 1963, n. 2508, ivi; Cass. 11 giugno 1964, � n. 1448; Cass. 15 ottobre 1968, n. 3299; C!\ss. 18 febbraio 1969, n. 560; Cass. 2 ottobre 1973, n. 2468, ivi; Cass. 13 novembre 1979, n. 5903, ivi; Cass. 22 maggio 1980, n. 3372, ivi; Cass. 3 aprile 1981, n. 1902, ivi; Cass. 15 maggio 1982, n. 3012. (3) ex multis, v. Trib. Milano, 17 marzo 1986, in Foro lt., 1987, I, 2196; Pret. Roma, 18 aprile 1988 e 30 aprile 1988, in Foro It., 1989, I, 3514; Trib. Napoli, 25 febbraio 1989, in Arch. Loc. e Cond., 1990, p. 84; Trib. Firenze 24 giugno. 1991, in Arch. Loc. e Cond., 1992, p. 381; in dottrina v. G. TRIFONE, La locazione, disposizioni generali e locazione di fondi urbani, in Tratt. dir. priv. dir. da Rescigno, III, 11, Torino, 1984; E. FIORE, P. Lo CASCIO, L. PIGNATELLI, La morosit� del conduttore, Milano, 1990, p. 230 ss.; F. LAzZARO, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 1991, p. 473. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 385 sua esistenza e nel suo ammontare in relazione alle condizioni dell'immobile stesso; alla sua ubicazione ed alle possibilit� di utilizzazione, dalle quali emerga il verificarsi di una lesione effettiva nel patrimonio del locatore (v/ Cass. 13/IOcl986 n. 5990); e gi� in precedenza si era esemplificata quella concreta conseguenza dannosa nel pregiudizio dipendente dal non avere potuto dare in lo�azi�ne il bene per un canone pi� elevato, ovvero nel non avere potuto utilizzare direttamente e tempestivamente lo stesso bene� od anche nel non averlo potuto alienare per un prezzo pi� conveniente (v. Cass. 12.11.1981 n. 5984). Orbene esattamente ispirata a tali criteri appare la impugnata decisione >laddove,.� per disattendere 1a pretesa risarcitoria della societ� locatrice in ragione della mancata dimostrazione della ricorrenza in concreto di quel pregiudizio, ha fatto riferimento agli .specifici dati di ben determinate proposte dilocazione ed altres� dei canoni effettivamente concordati con i relativi aspiranti, coerentemente deducendo finconferenza a tal fine sia della espletata consulenza tecnica, indirizzata da considera- art..56 Iegge 39Z/78 (cos� ccn:tl.� un'eventuale dilazione legale del prowedimento di rilascio) abbia natura essenzialmente processuale (4). E tale interpretazione parrebbe avere trovato di recente anche l'avallo della Corte .costituzionale la quale, con la sentenza 1� aprile 1922 n. 149 (5), ha difatti dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 2 d.l. 25 settembre . 1987. n. 393, convertito con. legge 25 settembre 1987 n. 478 6, nella parte in cui esonera il conduttore da responsabilit� per i danni cagionati al locatore dal ritardo nella restituzione dell'immobile, senza eccettuare il caso di comprovata insus� sistenza della difficolt� per il conduttore di reperire �ltro immobile idoneo. Invero, pur avendo sinora sempre ritenuto legittime le proroghe dell'esecuzione forzata degli . sfratti 7, con. il ridimensionamento� d.ella. poJ'.'tata normativa dell'art. 2 cit,, la stessa Corte costituzionale :parrebbe dar segno di un suo avallo� di quella impostazione del giudice di legittimit�, secondo la quale il conduttore.� beneficia delle proroghe � a proprio rischio e :pericolo � �, con la (4) Cos�, Cass. 7 maggio 1981, n. 2996, in Foro lt., Mass; Cass. 20 aprile 1982, n, 2452, ivi; Ca.ss. 30. o1;tobre 1984, n. 5566, ivi; Cass. 26 ottobre 1989, n. 4429, in Foro. It., 1990, I, 2567; Cass. 9 agosto 1991, n. 8.842, in� Foro It., Rep. 1992, voce Locazion.e, 197; Ca5s. 17 ottobre 1992, n;. 11415, in Foro It. Mass.; Cass. 13 febbraio 1993, n. 1832, in Foro lt.; Mass. Contra1 Cass.. 10 maggio 1993, n. 5341, in Foro It., Ma~s.; Cass. 21 luglio 1933, n. 8134, in Foro� t., Mass. Nella @urisprudenza di merito aderiscono alla impostazione della Cassazione: Trib; Piacenza, 5 dicem)mi 1984, in Ar�h Loc', e:= Cond., 1985, p. 82; Trib. Firenze, 25 giugno. 1986, .n..1409, in .Arc.h. Loc. e Cond . .1987,. 141; .Trib. Bari, 21 gennaio 1987, in Foro It., 1987, I, 2195; Trib. '.Bari, 27 febbr�i.o 1987, li.. 845, in Arch Loc. e Cond., 1987, 144;. Trib. Sanremo, 20 marzo 1989, in Arch. Loc.. e Cond., 1990, p. 84; Trib. Roma, 18 apri� le 1990, in Arch. Loc. e Cond., 1990, p. 751; Trib. Sanremo, 21 marzo 1991, in Arch. Loc. e Cond., 1992, p. 316; Trib. Milano, 23 dicembre 1992, in Foro It., 1992, p. 3065. (5) In Foro It., 1992, I, 1329. (6) L'art. 2 d.l. 393/87 prevede che � Il conduttore, per il periodo di occupazioneintercorso tra la data di scadenza del regime transitorio previsto dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 e successive modificazioni ed integrazioni e la data di stipulazione del nuovo contratto... non � tenuto a corrispondere al locatore alcun aumento di canone... n� il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 1591 del codice civile �. (7) v. tra le tante Corte Cast. 15 g!)nnaio 1976 nn. 3 e 4, in questa Rassegna, 1976, p. 3 ss.; Corte Cost. 18 novembre 1976, n. 225, ivi, p. 893; Corte Cast., 6 maggio 1976, n. 109, ivi, 665; Corte Cost. 5 aprile 1985, n. 89, ivi, 1984, p. 427. (8) Cos� A. BARBIERI, in Temi Romana, 1992, p. 101 ss., sulla ritardata riconsegna del� l'immobile in locazione non abitativa, ove il conduttore ha diritto all'indennit� ex art. 34 e 69 legge 392/78 con riferimento al diritto risarcitorio ex art. 1591 e.e. 386 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zioni afferenti alle locazioni e canoni della zona e non attinente alla con I ~ creta sorte dell'immobile locato dalla ricorrente, sia dell'articolata prova testimoniale, genericamente formulata con riguardo alla crisi degli alloggi ovvj;lro alla del p~i equivoca e non determinata ricerca di aspiranti locatari.. Non senza doversi aggiungere che identica sorte negativa quanto alla sua rilevanza non pu� non attribuirsi alla invocata valutazione dell'U .T.E. del configurabile canone dell'immobile, ove si consideri che tale sua valenza non � certamente esaustiva sul piano probatorio del concreto verificarsi del corrispondente effettivo pregiudizio del locatore in relazione ad una. determinata e specifica evenienza di locazione non conclusa in dipendenza del ritardo di riconsegna del locatario. Infine, in tale debita prospettiva -senza rilevanza per il nocumento per un preteso mancato uso proprio, che si � inammissibilmente dedotto ex novo nella memoria illustrativa -, cio� in assenza della specifica prova da parte del locatore, deve concludersi che il preteso maggior danno non � risarcibile -come si pretende dalla societ� ricorrente -neppure con il ricorso a criteri equitativi, non essendo sufficiente la dimostra- I conseguente responsabilit� per i danni da ritardato rilascio, ancorch� in presenza � di un provvedimento ineseguibile. I E d'altro canto lo stesso legislatore, se per il caso di proroga ha previsto sempre un aumento della indennit� di occupazione da corrispondere al loca� tore (v. art. 12 legge 253/50; art~ 3 legge 1521/60; art. 15 bis legge 94/82; art. 2 I legge 15/87; art. 7 legge 61/89), non ha d'altra parte mai escluso, salvo che all'art. 2 del citat9 dl. 393/87 (prima dell'intervento della Corte costituzionale), l'obbligazione risarcitoria a carico del conduttore in mora nella restituzione dell'immobile. Argomento questo, da cui pu� ricavarsi �a contrario � l'opera� tivit� nella specie dei principi . generali della responsabilit� contrattuale, con la conseguenza che il conduttore dovr� ritenersi in mora dalla data di proposizione della domanda volta ad ottenere il rilascio dell'immobile locato. Una volta, dunque, accertato che la mancata restituzione dell'immobile locato alla scadenza del contratto comporta la responsabilit� del conduttore per gli eventuali danni, fa ingresso il problema della loro quantificazione. La giurisprudenza di legittimit�, nel cui solco si colloca anche la sen� tenza in commento, e parte di quella di merito citate, non hanno in punto mancato di precisare come il conduttore in mora nel rilascio dell'immobile locato sia passibile di condanna generica al risarcimento dei danni 9; e che, d'altra parte, la determinazione del quantum dovr� in ogni caso essere rigorosamente provata dal locatore, senza alcuna possibilit� di ricorso all'art. 1226 cod. civ. 10� (9) v., tra le Jli� recenti, Cass. 13 giugno 1980, n. 3770, in Foro It., Mass.; Cass. 15 gennaio 1981, n. 352, ivi;. Cass. 17 marzo 1983, n. 5613, ivi; Cass. 17 marzo 1983, n. 5613, ivi; Cass. 27 agosto 1984, n. 4707, ivi; Cass. 5 aprile 1991, n. 3533 cit. (10) Sul punto, in dottrina v. G. B. PETTI, L'inadempimento nella locazione di immobili urb.ani, Milano 1989, p. 237 ss., A. Buccr, E. MAI.PICA, R. REDIVO, Manuale delle locazioni, Padova, 1989, p. 137 ss. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 387 zione di un danno solo potenziale ma richiedendosi la prova di un danno certo nella sua esistenza ontologica (v. Cass. 24.11.1979 n. 6157). Con il terzo motivo la ricorrente lamenta ancora � violazione dell'art. 360 n. 3 e 5, 1951 e.e., 1223 e.e.� sostenendo che i canoni per il periodo di ritardata consegna erano dovuti a titolo di danno e pertanto! erano soggetti a rivalutazione anche d'ufficio. Anche questo motivo non � fondato. Al riguardo � sufficiente ribadire il costante indirizzo di questa Corte (v. Sent. 7.4.1989 n. 1681; sent. 20.7.1979 n. 4353) che l'obbligo del conduttore a norma dell'art. 1591 cod. civ. di dare il corrispettivo convenuto fino alla data della riconsegna della cosa locata -salvo il maggior danno che il locatore deduca e .dimostri di aver subito -integra un debito di valuta di natura contrattuale, analogo a quello di pagamento del canone di locazione, con la conseguenza che come tale non � suscettibile di Giover� in proposito ricordare che, sino a qualche anno fa, la S. C. aveva consentito al locatore di quantificare il danno da ritardato rilascio dell'immobile, proprio col ricorso ai dati del mercato locatizio ed alla disciplina legale in materia 11� La stessa Cassazione aveva inoltre, pressoch� costantemente, ritenuto possibile il ricorso alla liquidazione del danno ex art. 1226 e.e. nel caso in cui fosse mancata la prova del danno nel suo preciso ammontare, per l'impossibilit� della parte di fornire congrui e idonei elementi al riguardo, ovvero nell'ipotesi in cui, pur avendo questa diligentemente assolto ai suoi oneri processuali, per la notevole complessit� ed aleatoriet� degli elementi di quantificazione, il giudice non li abbia tuttavia ritenuti di sicura affidabilit� 12 ( ci� anche quando la difficolt� o l'impossibilit� di provare il danno sia dipesa dal ritardo con cui il danneggiato ha fatto valere il proprio diritto 18). Con la pronuncia che si commenta, la S. C. esige invece dal locatore la prova positiva e concreta di non aver potuto dare in locazione il bene per un canone pi� elevato, o di non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, ritenendo per il resto inconferente il richiamo ai canoni di locazione praticati sul mercato della zona, e respingendo qualsiasi ipotesi di valutazione equitativa dell'ammontare del danno, ex art. 1226 cod. civ. Questo orientamento potrebbe forse apparire eccessivamente rigoroso, ove applicato nel campo delle locazioni abitative in regime di equo canone nel quale, per l'ormai generalizzata pressione della domanda sull'offerta, almeno di regola manca una vera e propria � fase delle trattative �, e quindi l'agevole possibilit� di dimostrare il mancato perfezionamento di un nuovo e pi� remunerativo contratto di locazione attraverso l'esibizione di un preliminare non adempiuto, o di (documentate) proposte rimaste senza seguito, o altri negozi prodromici comunque estranei alla quotidiana pratica di questi rapporti locatizi (... notoria non egent probatione). Ma sicuramente opportuna appare invece, la nuova linea di stretta ortodossia processuale, oltre che nei rapporti locatizi ordinari, ossia quelli regolati interamente dal codice, (11) v. Cass. 3090/88, in Foro lt., mass. (12) Cass. 19 marzo 1991, n. 2934, in Foro It., mass. (13) Cos� Cass. 3791/69 in Foro lt., mass. 388 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO rivalutazione monetaria, bens� produce interessi dal giorno della� domanda (salvo ,il maggior danno a norma del secondo comma dell'art. 1224 cod. civ. ove allegato e dimostrato). :Infine con il quarto motivo la ricorrente si duole per �violazione! I ~ dell'art. 360 <Il; 3 e 5 c.p.c., 1591 e 1223 e 1224 e.e. � per la reiezione della. richiesta rivalutazione ed interessi moratori per m�llcanza di presunzioni, mentre si era articolata prova circa la necessit� di essa impresa nel campo edile del ricorso al credito bancario con i relativi alti tassi nonch� si era pr.odotto attestato al riguardo della Cassa di Risparmio. L'esposto motivo non pu� trovare accoglimento. Invero, la de'c:isione del giudice del merito in ordine al denegato ri� conoscimento del maggior danno ex art. 1224 cod. civ. si fonda su pi� ragioni autonome, fra loro cos� chiaramente distinte ed indipendenti �ome quelle �ondti.c�nti in via primaria alla rilevazione della mancanza nelle conclusioni definitive della parte interessata nel giudizio di primo grado di una istanza di rivalutazione delle somme dovute e cos� all'esatto adempimento del precetto ex art. 112 cod. proc. civ. ed in via secondaria, e non equivocamente concessiVa, al negativo riscontro nel merito di quella pretesa in ragione della mancanza di prova presuntiva con i requisiti disposti dall'art. 2729 cod. civ. -ciascuna di esse giuridicamente e I ~ altres� nelle locazioni. ad uso non abitativo �che, per non essere vincolate dalla legge nell'ammontare iniziale del canone, almeno in linea di massima non dovrebbero �dar luogo a rilevanti sbilanciamenti economici delle controprestazioni, durante il loro arco temporale (come nel caso di specie, di locali adibiti a caserma dei CC). :El. infatti la stessa comune esperienza ad escludere che, nel caso di immobili di particolare grandezza e vocazione commerciale, nelle more del rilascio si riescano facilmente a reperire nuovi= locatari, di pari affidabilit�, e prontamente disposti a corrispondere il nuovo canone � di mercato �; ed anzi la stessa obiettivizzazione di un canone di mercato, in relazione alle concrete possibilit� �di conseguirlo, appare in questi casi� piuttosto aleatoria~ Resta comunque assicurata la possibilit�, per il locatore che non possa raggiungere la rigorosa prova del �maggior danno� ex art. 1591 cod. civ., di ripiegare verso il ristoro �del pi� ragionevole maggior danno ex a:rt. 1224 cpv. cod. civ., che gli fosse derivato dall'eventuale ritardo nel pagamento dell'indennit� (c.d. �di occupazione sine titulo �). Anche al di fuori del caso del locatore-imprenditore, per il quale la dimostrazione di questo �danno maggiore � (di indole strettamente finan ziaria);� sarebbe del tutto agevole, resta comunque aperta: a tutti la via degli �interessi legali� previsti dal primo comma della disp. cit. che, ammontando al tasso (attualmente di tutto rispetto) del 10 %, appaiono medio tempore idonei a conservare l'equilibrio di due contropartite economiche che, almeno nella loro entit� iniziale, erano state frutto di una libera valutazione � di mercato�, VITTORIO Russo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 389 logicamente sufficiente a sorreggere quella decisione ora avversata dalla ricorrente. Orbene, l'omessa impugnazione della prima di tali ragioni, non avendola il ricorso, nel mezzo in esame, investita in alcun modo, :rende inammissibile per difetto d'interesse la doglianza con cui nel detto ricorso ci si � rivolti esclusivamente alla seconda e succedanea ragione della decisione con riguardo alla prova negativamente apprezzata, in quanto anche l'eventuale fondatezza e cos� l'accoglimento dri siffatta doglianza non pu� toccare la decisione impugnata, che non pu� che restare ferma in base a quella primaria � ratio decidendi � non investita dall'impugnazione e, quindi, non pi� sindacabile (v. Cass. 20.10.1988 n. 5804; Cass. 18.2.1983, n. 1248; Cass. 5.1.83 n. 3). CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 22 luglio 1993, n. 8181; Pres. Ruperto; Rel. Sensale; P. M. Grossi -(conf.) Costa (avv. Berardi) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Ferri) e Banca d'Italia (avv. Clementi e Lorenti). Credito -Poteri pubblicistici di controllo -Revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito � Lesione di interessi legittimi � Giurisdizione amministrativa � Superamento dei limiti esterni dei poteri dell'Am� ministrazione � Illecito civile -Lesione di diritti soggettivi -Giurisdizione ordfuaria. L'imprenditore, il quale. eserciti la raccolta del risparmio e l'attivit� creditizia, � soggetto ai poteri pubblicistici di controllo e repressione della Banca d'Italia, ivi compreso il potere di adottare provvedimenti sanzionatori, quali la revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito e la sottoposizione dell'imprenditore a liquidazione coatta amministrativa, s� che le sue posizioni, a fronte degli atti di esercizio di quei poteri, hanno consistenza di interessi legittimi, eccezion fatta per il caso di travalicamento dell'Amministrazione nell'illecito civile a causa del superamento dei limiti esterni del suo potere discrezionale con conseguente lesione di diritti soggettivi (1). (1) La sentenza in esame traccia le linee di confine della giurisdizione civile rispetto a quella amministrativa con riferimento ai limiti esterni della discrezionalit� amministrativa. Dalla natura pubblicistiea dei poteri di controllo e repressione della Banca d'Italia, e in particolare nella fattispecie del potere di adottare,� come sanzione, la revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito e la sottoposizione dell'imprenditore a liquidazione coatta amministrativa, discende la qualificazione delle posizioni degli imprenditori come interessi legittimi, i quali non danno luogo a risarcimento del danno nemmeno dopo l'annullamento dell'atto illegittimo. 390 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis) I. Ai sensi dell'art. 335 c.p.c., deve procedersi alla riunione dei ricorsi proposti contro la stessa sentenza da Vincenzo Costa (principale n. 9906/90) e dalla Banca d'Italia (incidentale n. 11226/90), nonch� da Giacomo Costa (n. 10165/90). II. 1. In relazione ai ricorsi, principale di Vincenzo Costa e inciden� tale dellaJ3anc~ d'Italia, si osserva che quest'ultimo, in quanto prospet� ta una questione rilevabile d'ufficio e idonea, se fondata, a definire il giudizio fra le suddette parti, va esaminato con priorit� logica, pur se proposto in forma condizionata. Con esso si denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c. e il vizio di omesso esame su un punto decisivo della controversia, sostenendosi che la Corte d'appello non abbia dato conto 'delle ragioni in base alle quali ha superato l'eccezione di nullit� dell'atto di appello di Vincenzo Costa per assoluta mancata specificazione dei motivi. La . deduzione del lamentato errar in procedendo consente a questa Corte, com'� noto, l'esame degli atti al fine di accertarne la sussistenz~ e di stabilire se vi sia stata violazione dell'art. 342 c.p.c.; di modo che � di per s� irrilevante che la Corte del merito abbia dato, oppure no, I adeguata risposta all'eccezione formulata nel giudizio d'appello della I ~ Banca d'Italia. II. 2. Vincenzo Costa aveva impugnato la sentenza di primo grado, sostenendo che mancavano le condizioni richieste dalla legge perch� si potesse procedere alla liquidazione coatta amministrativa della Banca Popolare di Fabrizia, in pregiudizio della quale era stata perseguita una politica di concentrazione delle banche di minore rilevanza, per giunta senza la sua� volont�, e che si era coartato il diritto di alcuni soci di det- Su queste basi la sentenza in esame nega, rispetto al tipo di violazione lamentata da uno dei ricorrenti principali (sia pure dietro le spoglie di una domanda risarcitoria), l'esistenza della giurisdizione del giudice ordinario. Viene invece affermata la giurisdizione ordinaria rispetto al petitum del� l'altro ricorrente, poich� si riconosce che questi ha prospettato non una illegittimit�, ma un'ipotesi di tra~�alicamento dell'Amministrazione nell'illecito civile, a seguito del superamento dei limiti esterni della discrezionalit�. Sebbene la dottrina tenda a dare all'art. 2043 cod. civ. una portata gene� rale di norma in bianco, e conseguentemente a ricomprendervi anche situazioni diverse dai diritti soggettivi, la giurisprudenza si mostra di contrario av� viso. La sentenza in esame si colloca infatti nel ben consolidato filone di giurisprudenza secondo il quale gli interessi legittimi non sono tutelabili ex art. 2043 cod. civ. (cos�, tra le tante, Cass., Sez. Un., 313/72, in Foro it., Rep. 1972, voce Edilizia ed Urbanistica, nn. 294 e 511; Cass., Sez. Un., 1867/73, in Foro lt., Rep. 1973, voce Responsabilit� civile, nn. 46 e 47; Cass., Sez. Un., 5813/85, in Foro it., Rep. 1985, voce Responsabilit� civile, n. 130; Cass., Sez. Un., 2579/88, in Foro it., Rep. 1988, voce Responsabilit� civile, nn. 133 e 134; Cass., Sez. Un., PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 391 ta banca di procedere liberamente all'alienazione delle proprie quote, costituente esercizio di un loro diritto soggettivo. L'appellante aveva, quindi, contestato l'intero impianto sul quale era stata fondata, da parte del primo giudice, la declinatoria della giurisdizione ordinaria sulla domanda da lui formulata contro il Ministero del Tesoro e la Banca d'Italia, ed aveva riproposto, con sufficiente specificit�, le ragioni, gi� prospettate nell'atto introduttivo del giudizio, quali motivi diretti a censurare la sentenza impugnata. Ci� soddisfa l'esigenza avuta di mira dall'art. 342 c.p.c., il quale non richiede l'impiego di formule sacramentali n� una rigorosa enunciazione dei punti e dei motivi dell'appello, quando appaia evidente, come nel caso concreto, la volont� della parte d'impugnare in toto la sentenza di primo grado, e, sia pure sommariamente, siano spiegate le ragioni del� l'impugnazione al fine di consentire al giudice d'identificare i punti da esaminare e di. vagliare le ragioni .di fatto e di diritto per le quali s1 e formulato il gravame (in tal senso: sent. 5 giugno 1987 n. 4917, 26 gen� naio 1989 n. 449). III. 1. La censura �, dunque, infondata ed il rigetto del ricorso incidentale apre la via all'esame del ricorso principale, con il quale Vincenzo� Costa denunzia � violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, nullit� della sentenza in relazione alla mancanza d'istruttoria� (1� motivo), �al ritenuto difetto di giurisdizione� (2� motivo) ed �alla coercizione del diritto di cessione delle. quote � (3� motivo). La sentenza impugnata viene censurata, sotto il primo profilo, nella parte in cui d� atto di avere provveduto alla necessaria istruttoria, nonostante che la causa fosse stata trattenuta in decisione senza che questa vi fosse stata, e per non aver dato ragione del mancato accoglimento delle 13171/91, in Foro it., Rep. 1991, voce Concorso e Pubblico Impiego, n. 137; Cass., Sez. Un., 3357/92, in questa Rassegna, 1992, 262 e ss.). Diverso problema, tuttora oggetto di contrastanti tendenze giurisprudenziali, � invece se la non risarcibilit� dei danni per lesione dell'interesse legittimo comporti l'improponibilit� della domanda, e quindi il difetto assoluto di giurisdizione (in questo senso, oltre alla sentenza in esame, v. Cass., Sez. Un., 2491/83, in Giust. civ., 1983, I, 1683), oppure la reiezione nel merito della domanda (cos� Cass. 5449/1987, in Giust. civ., 1988, I, 749, con nota di S. SoTGIU, Difetto di giurisdizione e improponibilit� assoluta della domanda nelle controversie tra privati; Cass., Sez. Un., 367/92, in For. it., 1992, I, 1421; queste ultime �,decisioni attengono, per�, pi� che altro alla configurabilit� in astratto e alla sussistenza in concreto di posizioni di diritto soggettivo, suscettibili di tutela risarcitoria, anche in considerazione della non inclusione di quei privati tra i destinatari dei poteri autoritativi in questione). Sul principio del neminem laedere come limite generale esterno alla discrezionalit� della pubblica amministrazione, cfr. Cass. 772/88, in Giust. civ., Mass. 1988, 722; Cass. 605/81, ivi, 1981, 235; Cass. 3387/79, ivi, 1979, 1483. 392 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO richieste \formulate al riguardo; sotto il secondo profilo, nella parte in cui ha negato la giurisdizione del giudice ordinario, senza valutare se ili gli atti e i comportamenti portati al suo esame esulassero dal potere di~ I screzionale della P.A. e senza motivare in ordine alla collocazione nell'ambito dello sviamento di potere di quegli atti e comportamenti (dedotti, I invece, come fatti illeciti) ed al mancato esame della domanda dir risarcimento dei danni da essi prodotti, incentrando erroneamente l'attenzione sulla valutazione dell'atto amministrativo pi� che sulla osservanza delle comuni norme di prudenza e diligenza imposta dal principio del neminem laedere a tutela dell'incolumit� dei cittadini e della integrit� del loro patrimonio, specialmente nell'ambito della discrezionalit� tecnica, nonch� sull'esistenza della eccezionale gravit� che potesse giustificare la liquidazione coatta; sotto il terzo profilo, infine, nella parte in cui ha ritenuto la mancata vendita o il mancato perfezionamento della vendita delle quote di propriet� della banca, da parte di alcuni soci, conseguenza indiretta dell'esercizio dei poteri discrezionali della Banca d'Italia, erroneamente negando anche su ci� la giurisdizione del giudice ordinario e violando il principio in base al quale, una volta rispettati i limiti interni; insindacabili, del potere discrezionale della P.A., il giudice ordinario ben pu� indagare se i mezzi discrezionalmente scelti siano stati messi in opera in mod~ adeguato e corretto o, invece, con imperizia, negligenza o imprudenza. II Tali censure sono infondate. III. 2. Quanto alla prima, � sufficiente osservare che l'istruttoria, che si assume omessa, pu� consistere anche nelle sole acquisizioni documentali che il giudice ritenga necessarie e sufficienti al fine del decidere, ~ I ~ s� che non � ravvisabile quel difetto di attivit� che il ricorrente sembra. addebitargli. N� � censurabile il mancato accoglimento della richiesta di acquisizione di tutta la documentazione relativa alla Banca Popolare di Fabrizia in possesso della Banca d'Italia, in quanto priva delle necessarie specificazioni, indispensabili al fine d'identificare i documenti davvero rilevanti per la decisione e di consentire al giudice di effettuare il necessario vaglio e di esprimere il relativo giudizio di rilevanza. III. 3. All'esame della seconda censura occorre premettere che l'imprenditore, il quale eserciti la raccolta del risparmio e l'attivit� creditizia, � soggetto ai poteri pubblicistici di controllo e repressione dell'Amministrazione, compreso il potere di adottare, tramite la Banca d'Italia, provvedimenti sanzionatori, quali la revoca dell'autorizzazione all'esercizio del credito e la sottoposizione dell'imprenditore a liquidazione coatta amministrativa, s� che le posizioni di detto imprenditore (e, conseguentemente,. ;dei soci di una impresa societaria), a fronte degli atti di eserc1z10 di quei poteri, hanno sin dall'origine consistenza d'interessi legit� timi, essendo protetti solo occasionalmente, nei limiti in cui coincidano PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI con l'interesse pubblico generale; con la ulteriore conseguenza che, perfino dopo che gli atti amministrativi, tempestivamente impugnati davanti al giudice amministrativo, siano stati annullati, deve negarsi la facolt� di esperire l'azione risarcitoria davanti al giudice ordinario, stante la configurabilit� di un diritto al ristoro del danno solo in pr�senza di una lesione di diritti soggettivi (v. sent. 25 marzo 1988 n. 2579). :S vero che l'attivit� della P .A., anche nel campo della pura discrezionalit�, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge ma anche dalla norma primaria del neminem laedere (sent. 21 giugno 1966 n. 520), cos� che � consentito al giudice ordinario di accertare se vi sia stato, da parte della P.A.; un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la lesione di un diritto soggettivo, essendo configurabile la risarcibilit� di una lesione che si assuma inferta alla integrit� del patrimonio e, pi� specificamente, al diritto di determinarsi liberamente nello svolgimento dell'attivit� negoziale relativa al patrimonio (sent. 4 maggio 1982 n. 2765); ed � pur vero che ai tale orientamento si sono conformate recenti decisioni di questa Corte (v. sent. 11 gennaio 1988 n. 35, 27 gennaio 1988 n. 722, 24 maggio 1991 n. 5883, 2 giugno 1992 n. 6667). A tal fine �, tuttavia, necessario che l'attivit� della P.A. abbia superato i limiti esterni della sua discrezionalit� per travalicare nell'illecito civile; che ci� sia specificamente dedotto e che il giudice del merito abbia accertato che: tale situazione si sia verificata di fatto. Orbene, nella sentenza impugnata si � esclusa una condotta (nel senso sopra precisato) degli organi preposti alla vigilanza ed al controllo dell'attivit� creditizia e si � accertato che le doglianze dell'appellante Vincenzo Costa miravano a dimostrare l'illegittimit� del decreto del Ministro del Tesoro, la cui emanazione sarebbe stata determinata da comportamenti fuorvianti della Banca d'Italia. Si � per ci�, correttamente concluso che si trattava di una prospettazione classica di sviamento di potere, da proporsi davanti al giudice amministrativo. In altri termini, sotto le spoglie di una domanda risarcitoria, l'appellante aveva in realt� direttamente censurato l'atto amministrativo, che non aveva a suo tempo. impugnato nella sede propria della giurisdizione amministrativa. III. 4. Esclusa la configurabilit� di un'ipotesi risarcitoria per violazione di un diritto soggettivo, derivante dal superamento dei limiti esterni del potere discrezionale della P .A., perde rilievo anche la terza censura, concernente la impedita vendita o il mancato perfezionamento della vendita delle quote da parte dei soci, trattandosi di conseguenze indirette della revoca dell'esercizio del credito, disposta in virt� di attivit� (nella prospettazione del ricorrente) illegittima della P.A., lesiva, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 394 in tesi, di una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo. III 5. Pertanto, vanno rigettati sia il ricorso principale di Vincenzo Costa, sia quello incidentale della Banca d'Italia; e ci� giustifica che, fra dette parti, le spese del gfodizio di cassazione siano compensate., IV. 1. Resta da esaminare il ricorso proposto da Giacomo Costa. Con il primo motivo il ricorrente censura la mancata affermazione, da parte della Corte d'appello, della giurisdizione del giudice ordinario sulla . domanda da lui proposta nei confronti della Banca d'Italiru e ;dei funzionari, nonch� dello Striccagnolo, e la contraddittoriet� della: motivazione della sentenza impugnata. Con tale domanda si erano denunciate, oltre a fatti di contorno, le minacce subite dalla Banca Popolare di Fabrizia, la dichiarata connivenza dei dirigenti della Banca d'Italia della sede di Catanzaro, in concorso con il capo dell'ufficio di vigilanza, al fine di pervenire all'assorbimento della Banca Popolare di Fabrizia da parte della Banca Popolare di Crotone (che fortemente lo propugnava), l'inesistenza di concreti addebiti al momento della liquidazione, la creazione delittuosa di un saldo passivo nel bilancio di liquidazione ad opera di un commissario liquidatore di comodo, gi� dipendente della Banca d'Italia ed apparentato con persone organi della Banca Popolare di Crotone, nominato allo scopo di suggellare, con le sue asseverazioni, la presunta legittimit� di un �colossale imbroglio�: aveva, cio�, denunciato atti illeciti idonei a ledere posizioni di diritto soggettivo e a determinare la giurisdizione del giudice ordinario. N� la Corte, sostiene pure il ricorrente, poteva correttamente affermare che il disegno preordinato per danneggiare il ricorrente (rectius: la Banca Popolare di Fabrizia) � sarebbe rimasto , allo stato di semplice enunciato non suffragato da specifiche allegazioni�, dal momento che erano state formulate richieste istruttorie al riguardo, alle quali il tribunale non aveva dato alcuna risposta. Nota infine il ricorrente , che, se i giudici di merito avevano ritenuto la propria giurisdizione (voluta dalla Banca d'Italia, con il suo intervento, nella controversia instaurata nei confronti del Marvaso), rigettando la domanda proposta contro quest'ultimo per gli stessi fatti, non si spiega che l'abbiano poi declinata nei confronti della Banca d'Italia. Con il secondo motivo lo stesso ricorrente denunzia l'insufficienza e contraddittoriet� della motivazione su un punto decisivo in ordine alla negata responsabilit� del Marvaso, nominato commissario liquidatore della Banca Popolare di Fabrizia, dolendosi che non sia stata disposta l'invocata consulenza tecnica sul conto finale della liquidazione. Con il terzo motivo denunzia i medesimi vizi di motivazione, contestando la negata responsabilit� della Banca Popolare di Crotone, giu~ stificando la mancata formulazione di specifiche richieste istruttorie PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 395 al riguardo con l'immediata rimessione della causa al Collegio in'. primo grado. Infine, con il quarto motivo, denunziando la violazione o falsa appli cazione dell'art. 91 c.p.c., censura la, sentenza impugnata per averlo con dannato al pagamento di tutte le spese processuali, pure avendone ac~ colto il primo motivo d'appello, con il quale era stato dedotto che nel l'epigrafe della sentenza di primo grado il convenuto Striccagnolo era indicato come contumace, pur essendo regolarmente costituito, e non erano riportate le conclusioni delle parti. IV. 2. Il primo motivo va accolto, con la precisazione che, nei confronti dello Striccagnolo, presidente all'epoca della Banca Popolare di Crotone, e nei confronti di quest'ultima, la Corte d'appello ha pronunziato nel merito, ritenendo infondata la domanda. Questo punto della decisione � in'.vestito dal terzo motivo, infondato, come si dir�, a1 pari del secondo motivo, concernente la posizione del Marvaso. Gli stessi motivi, secondo e terzo, in quanto proposti anche nei confronti delle parti (Banca d'Italia e funzionari di essa), interessate dal primo motivo, rimangono privi di autonoma rilevanza per effetto dell'accoglimento del primo motivo e, quindi, assorbiti. Per diversa ragione, ossia perch� sulle spese processuali dovr� pronunciarsi il giudice di rinvio, per effetto � dell'accoglimento del primo motivo, � assorbito il quarto, il quale va, invece rigettato nei confronti del Marvaso, della Banca Popolare di Crotone e dello Striccagnolo, osservandosi che la Corte d'appello ha accolto il primo motivo d'appello, al solo fine di correggere irregolarit� meramente formali nell'epigrafe della sentenza di primo grado, non incidenti sul contenuto della decisione, ritenendo, per ci�, sostanzialmente soccombente Giacomo Costa ed escludendo, com'era nel suo insindacabile potere discrezionale, che vi fossero ragioni per la compensazione delle spese. IV. 3. In ordine al primo motivo, deve osservarsi che la Corte d'appello, a differenza di quanto affermato nel rigettare il gravame proposto da Vincenzo Costa (e cio� che le censure dell'appellante miravano a dimostrare l'illegittimit� del decreto del Ministero del Tesoro, in quanto fuorviato dalla Banca d'Italia, e prospettavano,. quindi, una classica ipotesi di sviamento di potere, denunciabile quale vizio di legittimit� dell'atto davanti al giudice amministrativo), esaminando il quarto motivo dell'appello proposto da Giacomo Costa, ha individuato un diverso petitum ed una diversa causa petendi. Ha, infatti, osservato che l'appellante aveva dedotto, a fondamento dell'instaurata azione risar~itoria, la preordinazione e la realizzazione, a danno della Banca Popolare di Fabrizia e dei soci di essa, di una dolosa macchinazione, con la partecipazione dei funzionari della Banca d'Italia, sostanzialmente al fine di eliminarla dal mercato creditizio e di provocarne l'ingiustificata incorporazione in altra RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 396 azienda di credito, negando, tuttavia, che ci� fosse idoneo, sia pure in astratto, a ledere posizioni di diritto soggettivo. Dopo avere elencato le circostanze dedotte dall'appellante come fat� ti illeciti (fra i quali, � la connivenza dei dirigenti della Banca d'lta~ lia di Catanzaro e del Capo dell'ufficio di vigilanza finalizzata all'attuazione .dell'incorporazione in questione; le minacce non velate alle quali la Banca Popolare di Fabrizia � stata sottoposta; il rifiuto opposto dalla Banca d'Italia alla proposta di deposito di somme adeguate da parte della Banca Popolare di Fabrizia a 1 garanzia di eventuali sofferenze; il contraddittorio atteggiamento della Banca d'Italia che prima ha esteso la zona operativa della Banca Popolare di Fabrizia in ben otto Comuni 'e poi ha ritenuto che la Banca Popolare dovesse essere dichiarata. insolvente; il fatto delittuoso di avere artatamente creato il passivo di L. 6.286.641 nel bilancio di chiusura della liquidazione; la mancata! �pprovazione preventiva del provvedimento d'inibizione all'esercizio del credito da parte del C.I.C.R. �), la Corte d'appello ha affermato che l'appellante non aveva indicato fatti o comportamenti illeciti specificamente addebitabili ai funzionari ed alla stessa Banca d'Italia e che le circostanze indicate erano state riunite in un presunto disegno criminoso, rimasto allo stato di semplice enunciato non suffragato da specifiche allegazioni. Dalla motivazione della sentenza impugnata appare chiaro che Giacomo Costa non aveva denunciato mere illegittimit� di atti amministrativi (dei quali coerentemente non aveva chiesto neppure la disap� plicazione nell'ambito dell'azione risarcitoria proposta ed i cui effetti si erano, del resto, irreversibilmente prodotti), ma aveva rappresentato una serie di comportamenti personali illeciti, che avevano fiancheggiato l'attivit� provvedimentale propriamente amministrativa e che erano direttamente lesivi del diritto all'integrit� del patrimonio della Banca PopO" lare di Fabrizia, e dei quotisti di essa, e del diritto alla libera esplicazione di una consentita attivit� negoziale relativa al patrimonio. Negando la propria giurisdizione e confermando la sentenza di primo grado che l'aveva anch'essa declinata, la Corte non si � avveduta che quella proposta da Giacomo Costa era una tipica domanda risarcitoria, fondata sulla deduzione di fatti illeciti compiuti all'ombra di un'attivit� amministrativa svolta secondo schemi formali di cui non si contestava, in s�, la (sia pure apparente) legittimit�; e che quest'azione era riservata alla cognizione del giudice ordinario, che non era stato chiamato a ve� rificare, neppure incidenter tantum, la legittimit� di atti amministrativi, bensi ad accertare se alle spalle di essi non vi fosse un'illecita macchinazione esplicata attraverso le circostanze dettagliatamente allegate dall'appellante (per cui non appare logica, sul piano della congruit� della motivazione, l'affermazione della Corte d'appello che il denunciato il� lecito disegno fosse rimasto privo delle necessarie allegazioni). J.>ARTB I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA �IVILB, GIURISDIZIONE B APPALTI 397 Che i fatti allegati, poi, fossero, oppur no, provati � ci� che i giudici del merito avrebbero dovuto accertare in base ai loro normali poteri di cognizione e costituisce il merito della controversia; che r�:ffe:nnazione della giurisdiziolle la~cia impregiudicato, e non. incide sulla qualificazione dell'azione;. da� �ompiersi. iri un hfomento logfoo .. ruiteriore. � � �. � . � �. �����, ��. Ifi ~tO .terril�rii, la �� s:ntenza�� � itnp'Ugrtata ha hpetato � tin'indebita sovrapposizione di piani tra ei� che. avi:ebb� .dovuto. verifica.re �.ai fmi della giuHsdizfone . (se, cfo�, i. fatt�~legati fos~ero . astrattamente. idonei . a configurare Ia. lesione di diritti soggettivi, hi relazione ad un petitum e ad Urta causa petendi ~oerenti. all'azione intrapresa) e ci� che.� costituiva il contenuto. d�f. giudizio .. di. merito al quale.� .avrebbe . do"Vuto . prqcedere . i�i conctetO; fra l'allegazione di fatti illeciti, che vi era stata, e la valutazione che . ne avrebl:>e do"Vuto compiere nell'ambito della propria . giurisdiziOne. �>lV,4, Ouei>ta .. ��. stata, inve�, esattamente .ritenu.ta. dalla Corte d'appello�. con,;riferimento alla domanda proposta .contro H. Maryaso e quella f<m:tnulata. ne~ confronti d,ella B.anca Popolare . di.� Crotone . ed il suo presidente Striccagnolo. �La. declaratoria d'inammissibiljt� della p;rima e di rigetto della secomla sono investiti, come si �. detto, rispettivamel)te dal secondo e dal t(llrzo. n;mtivo �del � rico:rso proposto da Giacomo Costa, che. sono . entrambi infondati. IV. 5. In ordine al primo, la Corte d'appello, dop� a.vere premesso che la. condotta. del. Matvaso era stata censurata . sia. p�r .�avere egli�� redatto un �conto fin�:le �di liquidazione non rispondente alla realt� e sia per avere fatto ci� in esecuzione di un �disegno pr�otdin.ato al fine d1 rendere possibile l'incorporazione della B.anca di Fabrizia nella B.anca Popolare di Crotone, ha osservato in punto di fatto, da un lato, che il Costi;\ non aveva !li;>ecificato quale sarebbe .i;tato l'interesse del Marvaso nelia,�� vicenda e,.in p~rticolare,�quale ut�lit� avesse tratto.. nell'assecon~ d�re ildisegno della B.anca d'Italia; dall'altro, �he . il �conto finale della �iquid~ione, chiuso in data ti febbraio 1980, era intervenuto dopo il decreto di revoca de)l'autorizzazione all'esercizio del credito, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale .clel25 gen:naio 1978~ per cui non era.dato cotrt� p~enc,lere. quale rjlev~a p;;f�sse avere. avut.o .. Ja pretesa c;�mc1()tta Jraudole: nta ~l Marvaso . nel diseg;po �he si asswn�va orditq cl~ ij~ca d1Italia e <;lai suoi dipel1c1enti, pqsto che. la ~essa in. liqUidaz~ope .~folla Banca di Fabrizia era stata disposta prima della nomina del Marvaso a commissario liquidatore. Ha poi rilevato che l'appellante, con la domanda proposta in relazion� al� conto di liquidazione redatto dal Marvaso. aveva cercato di eludere la decadenza prevista dall'art. 213 della legge1 fallimentare, non avendo tempestivamente impugnato il conto; ..con la conseguenza che l'inammissibilit� della domanda dispensava la Corte dal pronunziarsi sulla richiesta di consulenza tecnica. 9 398 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Trattasi di un apprezzamento di merito, che sfugge al sindacato di legittimit�; perch� sorretto da adeguata motivazione, immune da errori giuridici e cla vizi logici. IV. 6. Quanto alla posizione assunta dalla Banca Popolare di CroJ tone (e: c;l,al ~uo presidente Striccagnolo) nella vicenda, la Corte ha ritenuto /che nessuna prova della co:nciotta illecita di tali soggetti era stata fornita, osservando che la volont� della Banca Popolare di Crotone di J?rO~eclere all'incorporazione della Banca Popolare di Fabrizia, oltre ad essere un'aspirazione assolutamente lecita, in quanto .diretta ad attuare un'operazione economica regolata dal vigente ordinamento, era nota agli organi della Banca Popolare di Fabrizia da epoca non sospetta; in !?articolare, mancava la prova sia di una loro connivenza con gli organi responsabili della sede di Catanzaro della Banca d'Italia e del capo dell'ufficio di vigilanza nella preordinazione di una macchinazione ai danni della Banca di Fabrizia; si��di minacce da questa subite da parte della Banca Popolare di Crotone; sia di una volont�, da parte di quest'ultima, di non rispettare l'accordo di fusione gi� siglato, in previsione del buon fine del disegno ideato dalla Banca d'Italia. Trattasi, anche qui, di apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimit�, osservandosi che la Corte d'appello ha giustificato, inoltre, il rigetto dell'istanza di acquisizione di tutta la documentazione relativa alla Banca Popolare di F.abFizia in possesso della Banca Popolare di Crotone e della Banca d'ItaUa, con il rilievo della mancata specificazione dei documenti ritenuti rilevanti e della impossibilit� di effettuarne, quindi, il dovuto vaglio ed il necessario controllo di. rilevanza. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1993 n. 8186 -Pres. Ruperto - Rel. Favara -P. M. Grossi (conf.). -Provincia Autonoma di Bolzano (avv. Panunzio e Drioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amato). Demanio � Successione delle province autonome di Trento e Bolzano nei � beni dello Stato ex art. 68 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 � Corrisponden� za delle nuove materie di foro competenza come limite oggettivo al I ' trasferimento � Esclusione del trasferhriento di rete ferroviaria in diSuso � � Vindicatio rei � da parte dello Stato � Giurisdizione ordinaria � Esclusione di un conflitto di attribuzioni. I La successione delle province autonome di Trento e Bolzano nei I 1 beni demaniali e patrimoniali dello Stato stabilita dall'art. 68 d.P.R. j 31 agosto 1972, n. 670 avviene col limite oggettivo della corrispondenza !Idei beni� con le nuove materie di loro competenza; pertanto non � oggetto di trasferimento, in quanto manca tale vincolo finalistico, una rete I ! lI �I � PARTE I, SEZ, III; GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 399 ferroviaria in disuso;: poiCh� la relativa azione da parte. dello� Stato � una � vindicatio rei � e non una � vindicatio pot�statis �, essa non 'd� �luogo ad .un .confZitto di attribuzioni .e�quindi la .giurisdizione�� spetta al �giudice ordinario (1). (omissis) 1. .....;;. Con i.Iprim�l motivo di rkorso si deduce che err�nearriertte � stafo ritenuto il�Miriisforo <delte Finanze �� 1egittimato � � � �d� ptocessum � iri una vertenza ll:f cui<il tfasferiment() di propriet� del bene conboverso � frutto. di. un'intesa raggiunta tra fo Stato e la� Provincia ia:iitdrioma df B�lzarto, o meglio di un accord� complesso; ai sensi dell'art. s�D.'.Pl~.. n.115/13, �tra le��c:ompetenti��.Amtrl.inisthtzfoni statati� e la pfovinci� interessata)>; accord� la cui modific� non >pu� avvemre che atfr�vers� un'azione proposta dal � Governo della � Repubblica. '.Pertanto l'Avvocatura dell� Stato riori aveva che la rappteseritanz� processuale del Mirii.st�to deile Firfa&e, hia ri�n certo quell� sostanz��le d�1fo Stato e per esso� del� Consiglio del Ministri. . Con il secondo motivo si insiste sull'eccezione di difetto di giurisdizione del . giudice ordi:n.~rfo �a dM111ere.�conflitti di attribU.Z�on� tra organi dello Stato e :PtoV�nCia a\ltonoina di Bolzano. �Si sostiene, contrariamente a qmmto ritenuto .�dalla Corte di ApJ?ello -�che cio� ricorre� una � vindieat�o rerum � e nori una � vindic�tio potestatis � -e affermando invece la . sussistenza di .. un � coriflitto di attribuziori.i., che la �richiesta . di resti tu~ zione di un ben�dallo Stato alla Provincia autonoma comport� sostanzialmente rivendicazfone �da parte dello�� Stato ��della titofarit� delle f�nziom amministrative sul bene stess� contest�ndole alfa provincia, con v�olazione dell'art. 68 dello Statuto speciale� di autonomia (D.P.R. 31 agosto� 1972 n. 670) � e delle compet�nze � legislative e amministrative in specifiche materie; cosich� si determina un conflitto tra due soggetti costituzionali. che deve essete risolto dalla Corte C�stituziortale, che avrebbe dC>wto esser~ � :adita in caso di rifiuto della :Provincia di modifica dell'intesa in (1) La Corte di Cassazione ribadisce il consolidato orientamento, proprio anche .del Consiglio di Stato, secondo il quale le questioni relative. alla natura demaniale o patrimoniale (disponibile o indisponibile) & d�terminati�beni attengono comunque a diritti soggettivi; e quindi possono essere decise dal giudice amministrativo solo incidenter tantum (Cons. Giust. Amm. Sic., Tl febbraio 1991, n, 27, in Cons. Stata, 19911, I, 309). In generale nessun dubbio c'� in giurisprudenza circa la facolt� della pubblica amministrazione di agire non solo contro privati ma anche contro diversi soggetti pubblici con le normali azioni possessorie e petitorie riguardanti beni.del patrimonio indisponibile. Ai fini del trasferimento alle Proviince autonome di Trento e Bolzano, dei beni corrispondenti o connessi a funzioni di loro competenza, viene ora. affermato dalla Cassazione che tale. corrispondenza o connessione non possano ipotizzarsi rispetto ad una destinazione �futura (nella specie: in caso di successiva riattivazione della linea ferroviaria), poich� la destinazione pubblica deve essere 400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO base alla quale era stato effettuato il trasferimento del bene ai sensi dell'�rt. 2 c. d.P.R. n. 115173). Con il terzo motivo si deduce poi il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo. Rileva la Provincia ricorrente che soltanto l'autorit� amministrativa a ci� deputata dall'art. 8 d.P.R. n. )15-73 pu� valutare quali funzioni sia in grado di assolvere un bene pubblico e quali destiI1~i.onLdi Ptl.bblico interesse possano es7 sergli utilmente conferite, in relazione ai diversi settori d'intervento della P.A. Sostiene inoltre la ricorrente che eventuali errori di valutazione te�nica .e di apprezzamento discrezionale amministrativo, di cui fossero inficiati gli � elenchi descrittivi � e i � verbali di consegna � dei beni tra� sferiti, vanno semmai sottoposti al vaglio del giudice amministrativo, ma non mai di quello ordinario. Ci� in quanto I'� errore � di cui -a detta di controparte ""'." sarebbero inficiati, tanto da aver causato il trasferimen� to .dei beni� contra legem �, altro non � se non un asserito vizio di legittimit� (eccesso di potere) dell'atto. amministrativo complesso adot� tato dallo Stato e dalla Provincia. Colquarto motivo di ricorso si dequce la violazione e falsa applicazione delle gi� richiamate norme di diritto, oltre che il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria..Si sostiene che la titolarit� delle attribuzioni nelle nuove materie gi� di competenza statale o regionale spetta alla Provincia con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, ossia il 20 gennaio 1972. Dopo tale� data, Stato e Regione non potevano pi� legittimamente disporre dei beni corrispondenti alle nuove materie di competenza provinciale, n� mutarne. la destinazione (v. art. 10, d.P.R. n. 115/73). Si sostiene inoltre che anche per i beni immobili disponibili, sussiste fa �corrispondenza>>, ossia la �limitazione oggettiva�, in quanto possono essere destinati di diritto o di fatto -in termine di ragionevole potenzialit� se non di immediatezza -a soddisfare gli interessi pubblici, e quella attuale. Peraltro la giurisprudenza � concorde nell'adottare criteri sostanziali nella determinazione della destinazione di un bene; tuttavia viene negato che per la cessazione. del vincolo di indisponibilit� basti una temporanea inutilizzazione dei beni da parte della pubblica amministrazione (sia pure di notevole durata), occorrendo invece provvedimenti positivi della stessa, inequivocabilmente volti al passaggio del bene �l patrimonio rindisponibile attraverso la sottrazione del bene ad uso pubblico, con rinuncia definitiva al ripristino di tale funzione (Cons. Giust. Amm. Sic. 27 febbraio 1991, n. 27 cit.; Trib. Cagliari, 19 settembre 1989, in Rep. Foro It., 1992, voce Demanio e patrimonio dello Stato, n, 14). In particolare, proprio con riguardo ad una linea ferroviaria, si � ritenuto che il venir meno della destinazione pubblicistica non sia ravvisabile nella mera cessazione dell'esercizio della linea medesima, fino a quando siano mantenuti. i� relativi impianti e sia quindi ancora possibile il ripristino di tale esercizio (Cass., sez. II, 22 aprile 1992, n. 4811, in Rep. Foro It., 1992, voce Demanio e pa� trimonio dello Stato, n. 13). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 401 che tale eventuale destinazione non poteva pi� essere modificata dalla data di entrata in vigore delle norme che hanno disposto la successione della Provincia autonoma allo Stato. Per quelli, tra essi, funzionali alle nuove competenze dell'ente, si era dunque verificato il trasferimento ope legis, non potendosi del resto considerare esaustiva (come si desume dalla lettura dei successivi articoli 10 e 11) l'elencazione di cui all'art. 8 d.P.R. 115/73. Col quinto motivo si deduce infine la violazione dell'art. 7 d.P.R. 19 novembre 1987 n. 527 e dell'art. 8, 1� c. cifre a), c), d) e), 100 e 11� comma d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, oltre che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e di omessa pronunzia su specifici motivi di gravame. Si sostiene che erroneamente la Corte di Trento ha ritenuto inapplicabile l'art. 7 del d.P.R. n. 527/87, secondo il quale le Provincie di Trento e di Bolzano succedono, in corrispondenza delle competenze loro trasferite in materia di comunicazione e di trasporti, nei beni e nei diritti rdi natura immobiliare dello Stato e in particolare in quelli conness'i all'esercimo di linee ferroviarie in concessione, ancorch� svolte mediante servizi automobilistici sostitutivi, in atto alla data in vigore del d.P.R. Ci� sull'erroneo presupposto che i beni inerenti alla ferrovia OraPredazzo fossero stati dismessi ed erano passati, dopo il 1963 e fino alla emanazione del citato d.P.R. n. 115/1973, al patrimonio disponibile dello Stato senza alcuna destinazione o limite idonei a farli rientrare nell~ categorie elencate nell'art. 8 di tale d.P.R. Essendo invece il servizio ferroviario in concessione svolto mediante servizio automobilistico sostitutivo al momento dell'entrata in vigore di detta disposizione di legge, il corpo ferroviario -costituito peraltro da una serie di beni di natura diversa (edifici, fabbricati viaggiatori, uffici, condotte e prese d'acqua, serbatoi, prati, boschi, improduttivi e strade) -doveva considerarsi solo provvisoriamente non utilizzato, tanto che la Provincia ben potrebbe riattivarlo previa revoca della concessione del servizio automobilistico. Deduce altres� la ricorrente che la Corte di merito ha omesso di esaminare il motivo di appello relativo alla condanna al pagamento del controvalore dei beni alienati in buona fede a terzi, per i quali in ogni caso potrebbe disporsi solo la restituzione degli importi incassati e non il pagamento del valore attuale degli stessi. Parimenti errati � la pronunzia relativa alla decorrenza degli interessi, dovuti solo dalla data della do� manda giudiziale, e cos� pure la pronunzia relativa alla svalutazione monetaria, non avendo l'Amministrazione finanziaria proposto azione di risarcimento del danno sotto tale profilo; motivi tutti che gi� erano stati dedotti in secondo grado e che la Corte non ha esaminato. 2 -I primi tre motivi di ricorso -tra loro collegati logicamente sono privi di fondamento. 402 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Viene in rilievo il disposto dell'art. 8 secondo e terzo comma de~ d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 che, nel dare attuazione allo Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, dopo avere indicato (negli artt. 1-4) i beni dello Stato e dell~ Regione direttamente trasferiti alle Provincie autonome di Trento e Bolzano (per i quali era necessaria la sola consegna ad opera dell'Intendenza di Finanza), elenca poi nell'art. 8 una serie di categorie di beni soggetti invece ad �individuazione�, da effettuare, �mediante elenchi descrittivi che saranno formati d'intesa tra le competenti Amministrazioni statali e la provincia interessata� (secondo comma) e da consegnarsi poi alle stesse Provincie, sempre ad opera dell'intendenza di Finanza (terzo comma). La formazione degli elenchi descrittivi ha chiaramente valore ricognitivo e di accertamento, da effettuarsi nel contraddittorio dei rappresentanti dei soggetti pubblici interessati al trasferimento (Stato e Provincia autonoma); trasferimento che tuttavia avviene � ope legis �,anche se i beni da trasferire sono indicati solo nel � genus � (categorie) e determina un passaggio dei beni e diritti demaniali e patrimoniali dal demanio o dal patrimonio dello Stato a quello della Provincia. Segue da ci� che il trasferimento interessa in via diretta quel ramo dell'amministrazione statale -il Ministero delle Finanze -cui � affidata la cura del demanio e del patrimonio dello Stato ed � perci� titolare delle funzioni relative: all'amministrazione e a tutte le vicende che concernono i beni che ne. formano oggetto. Pu� a questo punto rispondersi perci� al primo motivo di ricorso, ponendo in rilievo che l'Amministrazione delle Finanze dello Stato correttamente dette inizio al presente giudizio, quale legittimata � ad ca� usam �, oltre che �ad processum �, unica essendo la personalit� dello Stato in tutte le manifestazioni del suo agire ed unica essendo comunque la rappresentanza processuale dell'Avvocatura erariale a favore di qualsiasi ramo di detta Amministrazione statale agente in giudizio, come esattamente ricordato nella sentenza impugnata, con riferimento alla costante giurisprudenza di questa Suprema Corte sul punto. Per altro verso va considerato che l'intervento ex art. 8 d.P.R. n. 11sn3 dei rappresentanti dei singoli competenti Ministeri in sede di formazione degli elenchi descrittivi d'intesa con i rappresentanti della Provincia � funzionale all'individuazione dei beni da trasferire e avviene in via attuativa della successione per categorie disposta � ope legis � e non per effetto di accordo tra enti pubblici e di espressione di potest� e di volont� da parte della Provincia; ferma cio� restando la titolarit� del Ministero delle Finanze -infatti incaricato anche della � consegna � dei beni individuati -di tutti i diritti, compreso quello di revindicare i beni erronea1. mente trasferiti, che concernono il demanio e il patrimonio dello Stato. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 403 3 -Anche le due censure riguardanti il denunciato difetto di giurisdizione del giudice ordinario -a conoscere dei conflitti di attribuzione tra Stato e Provincia autonoma e della legittimit� di un provvedimento, quale quello di � individuazione �, che sarebbe di natura discrezionale .sono prive di consistenza. Sotto il primo profilo, va considerato che la tesi della Provincia .._, s.econdo c;ui quando lo Stato, rivendica la propriet� di un bene gi� trasfe~ rito alla Provincia (od il suo controvalore, se gi� ritrasferito a terzi al momento della domanda giudiziale) rivendica �in primis � la titolarit� delle funzioni amministrative sul bene stesso contestandole alla: Provincia e ponendo in discussione l'�inresa � in precedenza raggiunta (da intendersi come .atto complesso e di coordinamento di poteri, regolante i~ trasferimento di funzioni) -� chiaramente .erronea ed inappagante. La nozione di � conflitto di attribuzioni �, infatti, quale precisata dal. la giurisprudenza: della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 111 del 1976, non contrastata dalla pi� recente sentenza 10 ottobre 11991 n. 383 richiamata in memoria, relativa ad un'ipotesi in cui. vi era;stato un atto formale di destinazione del quale si chiedeva l'annullament�, pur se non: limitata alla sola ipotesi in cui venga contestata l'appartenenza del potere concretamente esercitato ma estesa all'ipotesi in cui sia contestato l'esercizio del potere stesso, postula pur sempre che uno dei soggetti costituzionali assuma che un atto dell'altro ha invaso la propria sfera di competenza (art. 134 Cost. e 39-41, quest'ultimo richiamante il precedente art. 38; L. 11 maggio 1953 n. 87); e oggetto della decisione deve essere (art. 38 ora citato), perch� si abbia conflitto, l'accertamento della spettanza di una competenza, con l'eventuale annullamento dell'atto adottato dal soggetto ritenuto privo del relativo potere o responsabile di invasione . o menomazione della sfera di ,competenza propria dell'altro. Nel caso in esame; la domanda dello Stato non pone in discussione n� . il potere in astratto della Provincia di svolgere i propri compiti istituzionali attraverso i beni del proprio , demanio e patrimonio o l'esercizio del potere, . sempre in via generale, sui beni stessi; n� pone in discussione un atto, unilateralmente adottato dalla Provincia che fosse espressione di una delle attribuzioni ad essa devolute. La domanda di rivendita investe infatti il verbale !descrittivo ex art. 8 L. n. 115/73 e la ricognizione dei beni trasfe~ ribili in esso contenuta ed � quindi una � vindicatio rerum � e non una � vindicatio potestatis �. La natura ricognitiva del detto atto, proprio perch� formato � d'intesa � tra le amministrazioni interessate, � attuazione di una norma, sia pure di livello costituzionale (tale essendo sia lo Statuto sia, come esattamente osserva la Provincia, la legge di attuazione n. 115/73), operata dai soggetti interessati alla successione in sede di accertamento tecnico. N� � l'intesa � di cui all'art. 8 � da intendersi come strumento negoziale di diritto pubblico di risoluzione di un conflitto tra 404 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO enti pubblici, trattandosi piuttosto di una formula che descrive il risultato ctii l'indagine ricognitiva deve pervenire. E se � vero che era esperibile (la controricorrente sostiene che era stato anche esperito, con esito negativo) il tentativo di risolvere nuovamente in via di revisione concor I data � inter partes � il problema insorto, non � meno vero che tale esperimento non costituiva un presupposto necessario e una riserva in sede. amministrativa che . precludesse il giudizio di revindica, per una contestazione d� diritti soggettivi tra soggetti pubblici. Neppure � esatto quanto si sostiene dalla Provincia nella memoria di udienza, e cio� che la rivendicazione menoma le attribuzioni di una competenza perch� pone in discussione il presupposto per l'esercizio delle stesse stii singoli beni in contestazione gi� assegnati ed entrati nella sua disponibilit�, ponendo rimedio ad una � omissione � dello Stato: un trasferimento operato � contra legem �, perch� in realt� esteso a beni non trasferibili, � infatti in s� un non trasferimento e richiede un mero accertamento dell'errore contenuto nel verbale descrittivo, facendo venire meno gli effetti di esso e ponendo termine in conseguenza ad una situazione di abusiva detenzione da parte della Provincia, dovuta non ad un'omissione ma ad un errore bilaterale verificatosi in sede amministrativa e ricognitivo-attuativa c\ella norma di legge. 4. _.., Le considerazioni sopra fatte valgono anche per respingere il terzo� motivo di ricorso, concernente la giurisdizione verso il giudice amministrativo. � .� La Corte di merito ha esattamente osservato che la domanda con I Isiste in una � vindicatio rerum � e che quindi la controversia, in base al criterio del � petitum � sostanziale, concerne diritti soggettivi, sia pure fatti valere da un soggetto costituzionale (lo Stato) verso altro soggetto costituzionale (la Provincia autonoma di Bolzano); essa non involge accertamenti sulla legittimit� di un atto amministrativo (il verbale descrittivo dei beni da trasferire ex art. 8. d.P.R. n. 115-73), bens� l'accertamento. che taluni beni vennero trasferiti �contra legem � e che essi sono perci� da restituire allo Stato, in natura o nell'equivalente pecuniario (in caso di trasferimento a terzi). Il fatto stesso del resto che il trasfer�� mento � frutto di un'intesa tra i due soggetti predetti (operante, come si I � detto, su un piano tecnico-ricognitivo . in attuazione di un trasferimento gi� disposto dalla legge per quanto riguarda la categoria) dimostra che I non vi � un atto espressione unilaterale di una potest� della Provincia e I che si possa perci� valutare come atto affetto da eccesso di potere. Cos� i I ~ pure � vano spostare l'accento della linea difensiva sulla circostanza che sarebbero pregiudicati gli effetti gi� in atto e le funzioni concretamente esercitate sul bene in questione, poich� -come pure si � detto -! l'azione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato nega in radice che 1 I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 405 potesse instaurarsi � jure � un potere ed uno svolgimento di funzioni da parte della Provincia. La sentenza impugnata su tutti i punti sopra riesaminati risulta perci� corretta giuridicamente. E la motivazione svolta si sottrae alle censure di contraddittoriet� e illogicit� che le vengono mosse, essendo invece ampia e conforme a logica e al diritto. 5. -Il ricorso � infondato poi anche nel quarto motivo, concernente l'ambito della successione disposta dall'art. 68 dello Statuto e dagli artt. 8 e 9 della relativa legge di attuazione. Il trasferimento alla Regione Trentino Alto Adige e alle province autonome di Trento e Bolzano di beni e diritti demaniali e patrimoniali di natura immobiliare � regolato (oltre che dagli art. 1-4 che qui non rilevano) dagli artt. 8 e 9 del d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 gi� sopra citati, che hanno dettato le norme di attuazione degli art. 68 e 67 dello Statuto (approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670), preannunciate all'art. 108 stesso d.P.R. L'art. 8 contiene un elenco di categorie di beni, di varia natura (demaniale e patrimoniale), da individuare mediante (i su ricordati) elenchi descrittivi, formati d'intesa tra le competenti amministrazioni statali e la Provincia autonoma interessata. L'art. 9 dispone poi il trasferimento alla regione dei beni e diritti di natura immobiliare, costituenti il patrimonio � disponibile � dello Stato alla data di entrat~ in vigore della legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 5, �che non siano trasferibili ai sensi dei precedenti articoli alle province di Trento e Bolzano �. Gli art. 8 e 9 ora riportati vanno ricollegati (rispettivamente), agli artt. 68 e 67 del d.P.R. n. 670/72 ai quali danno attuazione. Ne risulta, per quanto attiene al trasferimento di beni e diritti demaniali e patrimoniali alle province, che questo avviene �in corrispondenza delle nuove materie attribuite alla loro competenza �. E ci�, secondo l'interpretazione data dalla Corte Costituzionale (con la sentenza 20 marzo 1978 n. 22 che ha negato trattarsi di successione generale, escluso il solo demanio militare), comporta una �oggettiva limitazione� della successione a quei soli beni e diritti rispetto ai quali le province possono emanare norme legislative ed esercitare le corrispondenti potest� amministrative gi� spettanti allo Stato o alla regione nell'ordinamento preesistente. Tale precisazione, in sede di applicazione e di interpretazione dell'art. 8 del d.P.R. n. 115/73, consente subito di escludere dalla successione i beni e diritti demaniali e patrimoniali immobiliari privi della suddetta �corrispondenza�, la quale funziona perci� come limite esterno della fascia di beni trasferibili alle province autonome. Avendo tuttavia il d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, nel dettare le norme di attuazione dirette a determinare (art. 108 d.P.R. n. 670/72) i beni di cui all'art. 68 dello Statuto che passano alle province, elencato una serie di categorie di beni (soggetti a concreta individuazione con precisazioni che a volte risul RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 406 tano limitative rispetto alla materia �corrispondente� assunta nella sua massima ampiezza, si deve osservare altres� che l'esigenza di � corrispondenza � tra beni trasferibili ex art. 8 della legge (avente pari rango e. valore costituzionale rispetto allo Statuto) di attuazione e materia attribuita alla competenza della provincia ex art. 8-9 del del d.P.R. n. 670/72 non significa che si possa disattendere, in sede interpretativa, la portata della disposizione, speciale e di attuazione, contenuta nel d.P.R. n. 115173 al quale in definitiva lo Statuto aveva rimesso la concreta determinazione dell'ambito dei beni soggetti a trasferimento in favore delle province. Basti pensare, come esempio di attuazione riduttiva, al disposto dell'art. 67, 2� c. dello Statuto, (che prevedeva il trasferimento alla regione di tutti i beni immobili patrimoniali dello Stato, senza distingure tra disponibili e indisponibili e tra patrimonio precedente e susseguente allo Statuto del 1948), rispetto al disposto dell'art. 9 d.P.R. n. 115/73 gi� sopra citato (che invece limita il trasferimento ai soli beni del patrimonio disponibile dello Stato alla data di entrata in vigore della legge n. 5/1948 e sempre che non si tratti di beni indicati come trasferibili alle province negli artt. 1, 2 e 8 stesso d.P.R.) Tenendo presente che in definitiva l'art. 8 d.P.R. n. 115/73, in attuazione dell'art. 68 dello Statuto del 1972, aveva lo scopo di regolare la costituzione del demanio e patrimonio provincia� le (in sede di successione allo Stato o alla regione) indicando quali dei' beni e diritti gi� facenti parte del demanio e patrimonio di tali enti( dovevano passare alle province e che gli art. 8 e 9 dello StatutQ avevano il diverso scopo di fissare la nuove materie di competenza legislativa attribuite aile province, si comprende come non debba esserci necessariamente perfetta coincidenza anche tra le predette nuove materie e le categorie di beni trasferibili ad esse corrispondenti, nel senso cio� che <non si pu� mutare dal (maggior) ambito della materia attribuita, alla competenza della Provincia una estensione della categoria del bene o diritto demaniale o patrimoniale trasferito. Deve pertanto ritenersi che, al fine di individuare i beni trasferibili alla provincia ex art. 8 D.P.R. n. 115/73 (la cui elencazione risult~ fatta, in sede di attuazione, tenendo presente la corrispondenza richiesta dall'art. 68 dello Statuto), occorre ricercare il significato e la portata delle singole voci dell'elenco di beni contenuto in detta norma, tenendo presente che si tratta di beni che gi� facevano parte del demanio o dei patrimonio dello Stato, cosicch� anche l'attinenza ad una determinata ( materia o la destinazione ad un uso pubblico o privato vanno riscon� trati , (anche) in relazione al regime proprio dell'ente di pertinenza originario del bene in questione. Nella sentenza impugnata si legge la considerazione secondo cui solo per i beni indisponibili, per quanto attiene ai beni del patrimonio~ si pu�� ipotizzare una � corrispondenza � alla materia di attribuzione, poi PARl'E I, SEZ. llif �GIURISPRUDENZA. CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALl'I 407 ch�Anveced beni patrimoniali disponibili sono liberi� da ogni� destinazione a ��finalit� pubbliche e ��quindi non� suscettibili di detta . corrispondenza. L'osservazione; indubbiamente esatta, �si �.r\!!aa necessaria nella .presente ca.sa) ~l pat� della precisazfone (pure. fatta dalla Corte d'Appello) che hl,ttf'l.V�a potrel:lbe r�~co11trarsi anche una destinazione a �USO pubblico im.. J?i'�$sa dallo? Stato prima del 1973 a beni sdemanializzati>e trasferiti nel �pam:tll()nio�dia}(onib!le.���statalet���he����renderebbe�� ugualmente�� trasferibili��. i benifn questione alla provincia se corrispondenti ad �UnadeUe�.categorie di cui��alUarb 8 d;P;l~:/m 115/13 �.;..;...;�� perch��la Provincia��.sostiene �Che per �i berti patrimoniali disponibili �. sufficiente; al �fine �. dL renderli trasferibili, la mera; potenziale attitudine ,.... in .terminidi ragionevolezza . .,.,,... .ad essere destmati ad�.�un uso pubblico corrispondente ad�.una� delle. materie attribmte; La formula proposta .�,.. in. tutta� evidenza, inaccettabile perch�, essendo qu:antoniai. va:.ga.�e incerta, porterebbe .al.�trasferimento alla provirici~ di tutti/beni del pa:.trirnonio .disponibile dello.��Stato; �laddove il d;P{R>rt. 115173 li attribuisce alla regione se anteri�ri al 1948 (art. 9) e alla prov�ncia solo se riconduc1bill ad una delle categorie di cui agli art. t 2 e 8, tutti Frimanenti restando invece di �propriet� dello �Stato~ ��Altra questione risolta� correttamente dalla Corte�di Trento � .. quella relativa: alla data alla quale occorre riferirsi per stabilire quali siano i beni� trasferibili,� secondo� la consistenza e la destinazione .concretamente ad essa �onferita; Tale data � quella di entrata in vigore della legge di: attuazione (il d.P.R. n. 115/73) che dette concretezza al nuovo .assetto del denlanio e� del patrimonio degli enti in considerazione; non certo (come sostiene la ricorrente) quella deUlentrata in. vigore della legge costituzionale l'.l. 1/'11che attribU� � regione e province autonome le nuove fun. zioni legislative e amministrative, che ancora non potevano esplicarsi relativa:hierite ai beni in questione perch� ancora rion era stata disciplinata la�� successione� dallo Stato; .sr d()v� pertahto c6ncltisivanient� affermare che sono trasferibili alle province autonome, ai seftsi dell'art; 8 d..P.R. n'. itS/73, che conti�ne un elenco� tassativo di categorie di beni e diritti immobiliari demaniali e pa1rimori�ali �lello Stato, . elenco oggettivamente .. limitato in corrispondenza d~lle.~i:i:terie di nuova ~ttribuzione agli entipredetti, tutti e soltanto i1 beni ~h~ sipqssaho �onside~are.appaitenentiag uha. delle indicate categorie; secondo la natU~a. co~sisJeriza e destiliaziorie di fatto riscontrabili al . momento della ell.trafa in vigore del cl.:P.R.. n. �US/73. E . pertanto debbono ritenersi sott.ratti al trasferimento i beni . del demanio o del patrimonio dello Stato n~n riconducibili ad un11 dt!Pe qette categorie, ove abbiano conservato la natura, consistenza e destinazione originaria; ma anche ove, essendo stati sdemanializzati (tra il 1948 e il 1973, date rispettivamente dell'originario ordinamento statutario e della legge di attuazione del nuovo Statuto �in parte qua�), presentino alla data del d.P.R. 408 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO n. 115/73 natura di beni del patrimonio disponibile e risultino destinati ad un uso diverso da quello di pubblico generale interesse. E ci� anche se esistano altri beni di uguale o analoga natura che invece abbiano! conservato l'originaria destinazione pubblica, quali beni demaniali o patrimoniali indisponibili; cosicch�, esemplificativamente, un terreno gi� facente parte di un alveo di fiume (e cio� appartenente al demanio idrico), una strada, un edificio del demanio militare, se sdemanializzati e ridotti a terreno, strada privata o casa e non destinati nuovamente a uso pubblico -in quanto beni divenuti patrimonio disponibile dello Stato -sono�� intrasferibili alla provincia. E ci� anche se esistono beni analoghi che invece abbiano conservato la natura .e destinazione pubblica originaria, o la� abbiano ricevuta � ex novo � dallo Stato, nel periodo compreso tra lo Statuto del 1948 e la legge attuativa del nuovo Statutq e cio� prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 115/73. Come pure priva' di rilevanza � la circostanza che eventualmente beni similari o anche della stessa natura -ma specificamente indicati -risultino compresi negli Allegati al d.P.R. n. 115/73 quali beni dichiarati direttamente trasferibili alla Provincia ai sensi degli art. 1-4 della legge, senza necessit� di � individuazione � ex art. 8; poich� anzi la espressa menzione -� nominatim � -di beni di uguale natura vale ad escludere, anche sul piano logico-ermeneutico, la volont� del legislatore di disporre il fil trasferimento alla Provincia anche degli altri beni similari non indicati nello stesso modo, ma per categoria. 6. -Sulla base dei principi di diritto sin qui enunciati, � possibilei procedere ora all'esame delle censure proposte con riferimento al merito con il quinto motivo di ricorso. II In relazione alla individuazione della data di sdemanializzazione del bene (demaniale nel 1948), va osservato che � decisiva la circostanza che ~ il bene in questione (o meglio, il complesso di beni singoli che costituivano la ferrovia Ora-Predazzo), alla data di entrata in �vigore del D.P.R. n. 115/73 (che � quella di riferimento al fine di stabilire se esso era compreso tra i beni trasferibili) era privo di destinazione pubblica, quale bene ex demaniale passato al patrimonio disponibile dello Stato. Sul punto esiste accertamento in fatto della Corte di merito, l� dove afferma la circostanza -peraltro non controversa tra le parti -che dopo il 1948 e alla data di entrata in vigore del d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, il predetto complesso di beni, dopo lo smantellamento della strada ferrata e la soppressione della linea ferroviaria, aveva perso ogni destinazione a uso ! I di pubblico interesse, idonea a farla rientrare in una delle categorie indicate nell'art. 8 del d.P.R. n. 115/73 ed era divenuto un complesso immoI biliare vendibile (e di fatto poi ..:.--in parte -venduto). Come tale, in 1i concreto, non trasferibile alla Provincia, appunto perch� non riconducibi! j le ad una delle categorie di cui all'art. 8 ora citato. 1 I ! .1 I I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 409 Per quanto riguarda il punto centrale della censura, concernente la applicabilit� dell'art. 7 del d.P.R. n. 527/87 e la potenziale riattivabilit� della linea ferroviaria (previa revoca del servizio automobilistico sostitutivo), non pu� condividersi la tesi secondo cui, pur se si esclude che quale bene relativo a � comunicazione e trasporti di interesse locale o provinciale il complesso di beni ferroviari di cui � causa rientri nella previsione della lettera d) dell'art. 8 d.P.R. n. 115/73, la fattispecie sarebbe regolata dagli artt. 1 (comma 2) e 7 commi 1 e 2) del d.P.R. n. 527/87, con i quali sono stati trasferiti alla competenza delle Province di Trento e Bolzano i servizi di comunicazione e di trasporto � ancorch� svolti> mediante servizi automobilistici sostitutivi�, e si � poi disposto che in corrispondenza di tali materie i detti enti territoriali succedono nei beni e nei diritti immobiliari dello Stato. La Corte di Trento ha infatti osservato giustamente che anche ai sensi di tale normativa regolamentare di cui al d.P.R. del 1987 � 1richiesta la � corrispondenza � e cio� quella limitazione oggettiva di cui gi� si � trattato a proposito dell'analoga previsione del d.P.R. n. 115/73, con la conseguenza che, essendosi accertato in punto di fatto che detta limitazione e la destinazione alle comunicazioni o trasporti non esistevano pi� gi� dal 1963, non era ravvisabile la predetta corrispondenza. Inoltre, anche a volere considerare l'ampliamento della materia comunicazione e trasporti all'ipotesi del servizio automobilistico sostitutivo della linea ferroviaria (che pure consente la trasferibilit�), ha osservato la Corte di Appello, ancora una volta esattamente, che avvenendo -ai sensi dell'art. 7 D.P.R. n. 527/87 -la successione nei beni e nei diritti � connessi � all'esercizio delle ferrovie o dei servizi automolistici sostitutivi, si ribadisce ancora una volta dal legislatore che � essenziale la destinazione oggettiva di cui gi� parlava il d.P.R. n. 115/73, nella specie da escludersi in quanto la stessa Provincia di Bolzano ha escluso simile connessione ed ha provato :che non esisteva quando ha ammesso di avere trasformato la stazione ferroviaria di detta linea in Ufficio della Guardia forestale, di avere venduto al Comune di Ora altro fabbricato ferroviario, e di avere venduto tratti di terreno appartenenti alla ex strada ferrata ad agricoltori. Detta corrispondenza e detta connessione non possono comunque ipotizzarsi rispetto ad una destinazione futura, per l'ipotesi (da accertarsi in termini di ragionevole previsione) in cui si volesse riattivare la linea ferroviaria predetta con le sue pertinenze immobiliari: la destinazione deve essere infatti quella attuale e non hanno valore quelle ipotetiche non realizzate in tempo utile. Quanto al valore dell'inciso �ancorch�� sopra riportato (a proposito dei servizi automobilistici sostitutivi), � agevole osservare che l'estensione opera solo nel caso in cui esista il collegamento su menzionato tra la materia delle comunicazioni e trasporti a mezzo linea ferroviaria, nella specie escluso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 410 Non hanno infine fondamento le censure riguardanti l'omessa considerazione, da parte della Corte tridentina, di buona parte dei beni appartenenti al complesso ferroviario, nella loro consistenza al momento del trasferimento, quali beni riferibili alle diverse materie dell'agricoltura e foreste, compresi i terreni improduttivi, della viabilit�, degli acquedotti e dei lavori pubblici, alcuni dei quali di fatto utilizzati come strada forestale. La riferibilit� a tali ulteriori categorie indicate nel sopra citato art. 8 ~� da escludersi perch� il bene del cui trasferimento si discute � un bene che originariamente costituiva una entit� immobiliare unitaria, anche se complessa ed anche se formata da pertinenze di varia natura (e perci� bene la Corte di merito non li ha considerati distintamente). Va inoltre osservato che non � stato mai prima di ora dedotto, n� accertato, che fosse intervenuta una nuova destinazione dell'ex strada ferrata a strada forestale (cosicch� la relativa prospettazfone � inammissibile in questa sede perch� nuova); e che comunque un bene che � divenuto terreno coltivabile, tanto da essere posto sul mercato come bene alienabile, non pu� essere compreso tra i beni attinenti ad una delle ricordate categorie, le quali debbono consistere in terreni o opere, o strade gi� appartenenti come tali al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato per assolvere ai corrispondenti usi pubblici e non beni divenuti singolarmente suscettibili di tali usi dopo la sdemanializzazione per una destinazione successiva. E lo stesso � a dirsi per l'assegnazione alla categoria residuale degli �improduttivi�, che peraltro � ricompresa (nell'art. 8 lett. c d.P.R. n. 115/73) in unico gruppo con pascoli e rocce nude per significare una comune appartenenza ai territori montani, poich� tali non possono considerarsi terreni divenuti improduttivi per mancata destinazione a usi agricoli dopo la sdemanializzazione. Per quanto riguarda infine l'ultimo gruppo di censure in ordine alla determinazione del valore dei beni alienati, alla decorrenza degli interessi e alla svalutazione monetaria, fondatamente la Amministrazione finanziaria resistente eccepisce che trattasi di domanda e di prospettazioni non formulate ;con l'atto di appello, n� nel corso ulteriore del giudizio di secondo grado e perci� non deducibili per la prima volta in questa fase. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO � Ad. Plen., 22 maggio 1993, n. 6 � Pres. Crisci � Est. Baccarini . Cosentino ed altri (avv. Moscarini) c. De Santis ed altri (avv. Russo), A.C.I. (n.c.) e Ministero del Turismo e dello Spet� tacolo (Avv. Stato Sica). Giurisdizione civile � Enti pubblici -Automobile Club provinciale � Elezione alle cariche sociali � Controversie � Giurisdizione amministra� tiva � Sussistenza. Enti pubblici � Organi � Funzionario di fatto � Natura � Attivit� posta in essere � Efficacia . � Condizioni. In tema di elezioni per il rinnovo del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori dei conti �di un Automobile Club provinciale, deve af. fermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo, considerata la natura pubblicistica dell'Automobile Club d'Italia -A.C.I. -e rilevato che, in una struttura pubblicistica, gli associati non hanno un diritto perfetto al legittimo svolgimento delle operazioni elettorali o all'adozione delle deliberazioni attinenti alle elezioni, ma solo, eventualmente, un interesse protetto a tutelare proprie situazioni particolari, denunciando in sede giurisdizionale la violazione di norme e di principi posti a di� fesa dell'interesse pubblico generale. Gli atti compiuti dal funzionario di fatto sono legittimi nella mi� sura in cui garantiscono i diritti dei terzi che vengono a contatto col funzionario predetto: gli effetti giuridici degli atti posti in essere da tale funzionario, quindi, sono ristretti a quei provvedimenti che, per loro natura e finalit�, riguardano terze persone e debbono avere efficacia immediata e diretta; in applicazione di tale principio, non pu� riconoscersi giuridica efficacia agli atti del funzionario di fatto contro i quali l'interessato insorge negando il potere di chi li ha emessi (1). Con il primo motivo gli appellanti principali ripropongono l'eccezione, per la cui soluzione il ricorso � stato devoluto a questa Adunanza plenaria, di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia, concernente le elezioni per il rinnovo del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori dei conti di un Auto (1) Cfr., sull'argomento, Cons. Giust. Amm. 24 marzo 1960, n. 170, in Il Cons. Stato, 1960, I, 527. 412 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mobile Club provinciale, nella specie quello di Pescara, sostenendo la giu risdizione del giudice ordinario. Il motivo� � infondato. Non � esatto, anzitutto, diversamente da quanto dedotto dagli ap pellanti principali, che al riguardo vi sia una giurisprudenza ormai pa cifica della Corte di cassazione. E' vero che vi sono, in termini, due recenti sentenze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, la 26 ottobre 1989, n. 4396 e la 6 novembre 1989, n. 4615, di identico contenuto, deliberate, peraltro, alla stessa udienza .e in due giudizi vertenti tra le stesse parti ed aventi analogo oggetto, s� da costituire fenomeno unitario. Di segno diverso, invece, sono le acquisizioni di risalenti pronunce della stessa Corte, come si vedr� meglio in seguito; il che rende ulteriormente opportuna una globale riconsiderazione della materia. L'itinerario argomentativo attraverso cui le menzionate sentenze della Corte di cassazione pervengono alla conclusione della sussistenza della giurisdizione dell'A.G.O. �, in sintesi, il seguente: A) dalla disciplina statutaria dell'elettorato e dell'accesso, alle cariche sociali sorgono diritti soggettivi degli associati, qualificati dalla base volontaristica e dalla struttura associativa dell'ente e immanenti alla sua organizzazione, costituendo questa il substrato permanente dell'attribuzione normativa della personalit� giuridica pubblica e imponendo una serie di rapporti intersoggettivi paritetici; B) lo statuto dell'ACI garantisce la partecipazione degli associati alla realt� associativa attraverso l'esercizio del potere deliberativo riservato all'assemblea e l'esercizio dell'elettorato attivo e passivo per l'accesso alle cariche sociali, senza attribuire all'ente altro potere in materia che quello di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni all'uopo prescritti; C) n� la presenza dell'interesse collettivo facente capo alla comunit� organizzata, n� quello superiore di carattere generale perseguito dall'ente valgono ad attrarre i suoi atti e provvedimenti in materia elettorale nell'area organizzativa in cui esso esercita i poteri di supremazia tipici dell'ente pubblico ed a sottoporre gli associati a poteri discrezio. nali che possano incidere autoritativamente sulle loro posizioni di diritto soggettivo. Osserva al riguardo l'Adunanza Plenaria che, indubbiamente, lo specifico della categoria degli enti pubblici associativi, a cui appartengono per comune opinione gli A.C. provinciali, � la compresenza degli elementi pubblicistici propri dell'ente pubblico e degli elementi privatistici correlati al fatto che i componenti del gruppo sociale di riferimento determinano, direttamente o indirettamente, una serie di decisioni riguardanti l'attivit� dell'ente; attivit�, peraltro, diretta a fini pubblici. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ~13 In prima approssimazione, quindi, appare evidente che la qualificazione delle situazioni soggettive implicate dipende dalla precisa individuazione dell'oggetto del giudizio e dalla sua esatta riconduzione allo specifico profilo cui si riferisce, entro la struttura organizzativa dell'ente. Ora, l'individuazione nell'ambito dell'ente di situazioni di diritto soggettivo degli associati correlate alla base volontaristica dell'ente stesso, non significa necessariamente che le posizioni degli associati in ordine all'organizzazione dell'ente pubblico siano soltanto di diritto soggettivo. Lo statuto dell'A.C.I., approvato con d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881, riconosce ai soci degli A.C. provinciali, � vero, il diritto alle prestazioni sociali del proprio A.C. (art. 41 ult. co.), dell'A.C.I. (art. 42) e degli altri A.C. nella cui circoscrizione territoriale essi vengono a trovarsi (art. 44). Ma qui non si fa questione del diritto alle prestazioni sociali. Il medesimo statuto garantisce altres� i diritti degli associati, inerenti all'Amministrazione dell'ente pubblico, in particolare il diritto di voto nell'assemblea (art. 48 comma 1) e, quindi, il diritto di concorrere alla nomina dei componenti del �onsiglio direttivo e dei revisori dei conti, nomina che dell'assemblea medesima costituisce attribuzione primaria (art. 48 comma 2 lett. b), cos� come il diritto di concorrere alle predette cariche sociali. Ma, anche volendo considerare il solo profilo volontaristico dell'ente, come se esso fosse un'associazione privata, si identificano comunque situazioni soggettive, non riconducibili ai soli diritti. A parte il caso della radiazione dell'associato (art. 43 dello statuto), sul quale si � soffermato il primo giudice, va rilevato pi� in generale che, come in qualsiasi comunione di interessi, tutti i diritti che esprimono la posizione dell'associato nell'ambito dell'organizzazione sociale sono soggetti all'efficacia generale delle deliberazioni dell'assemblea, che, se prese a maggioranza di voti e in conformit� alla legge; all'atto costitutivo ed allo statuto, vincolano tutti gli associati. Il conflitto fra l'interesse particolare dell'associato e l'interesse sociale dell'associazione cos� come realizzato dai suoi organi, dunque, si risolve secondo il criterio della supremazia del secondo sul primo, con l'ovvio limite della immodificabilit� unilaterale dei caratteri propri della comunione di interessi. L'interesse particolare dell'associato, da parte sua, � protetto indirettamente dall'ordinamento in ordine ai vizi attinenti alla formazione o al contenuto dell'atto con la tecnica del sindacato giurisdizionale di legittimit� in riferimento alle violazioni della legge, dell'atto costitutivo e dello statuto (art. 23 e.e.); nella qual cosa i pi� ravvisano per l'appunto una situazione di interesse legittimo di diritto privato. 10 414 WSBGNA, AW(!Ci\TURA DELLO STATO Gi� nella patologia delle deliberazioni associative, quindi, e in una prospettiva ancor esclusivamente privatistica, a fianco dei diritti sog I gettivi emergono interessi legittimi. Il profilo volontaristico della influenza determinante degli associati I sulla vita e sull'attivit� dell'ente attraverso la partecipazione all'assem!::! blea non toglie per� che, per tutto il resto, la struttura organizzativa dell'ente medesimo, in quanto riconosciuto dalla legge come pubblico e sussunto, quindi, nella sfera di operativit� delle disposizioni di cui all'art. 97 Cost., abbia in s� carattere pubblicistico. L'ente, infatti, a prescindere dalla sua formazione a base associativa, risponde. a finalit� ed esercita funzioni sostanziali che la legge considera espressamente pubblicistiche. . La sua struttura organizzativa � sottratta alla contrattazione collettiva (art. 2.1 lett. e) nn. 2 e 3 legge 23 ottobre 1992, n. 421). Ai sensi dell'art. 63 dello statuto, si provvede con appositi regolamenti,. predisposti dal Consiglio direttivo, approvati dall'Assemblea e sottoposti all'approvazione del Consiglio generale dell'A.C.I., per tutte le materie non contemplate dallo statuto medesimo e riflettenti le modalit� di funzionamento dei singoli organi sociali e la determinazione delle varie categorie di soci e dei servizi a ciascuna di esse riservati. Ai sensi dell'art. 55 comma 2 lett. d) dello statuto, poi, il Consiglio direttivo delibera norme, e non atti di natura negoziale, in ordine all'assunzione, allo stato giuridico ed al trattamento economico e di quiescenza del personale dipendente. Ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 8-9-1950, n. 881, il Ministro del Turismo pu�, per gravi motivi, sciogliere gli organi dei singoli A.C. e nominare un commissario straordinario. Ne consegue che gli atti di organizzazione degli organi associativi ed in ispecie del Consiglio direttivo e del Presidente, in quanto diretti a disciplinare l'attivit� dell'ente pubblico e ad assicurare il buono ed imparziale andamento della sua gestione (art. 97 Cost.), sono qualificabili come atti amministrativi di carattere autoritativo. All'organizzazione pubblicistica dell'ente appartengono tipicamente la costituzione del rapporto organico e del rapporto di servizio dei dipendenti. E rientrano del pari nell'ambito organizzativo le elezioni dei componenti del Consiglio direttivo e dei revisori dei conti, preordinate alla rigida costituzione degli organi amministrativi e di controllo. In senso conforme, per di pi� in fattispecie di ente pubblico economico, sono, in buona sostanza, le sentenze delle Sezioni unite della Corte di cassazione 26 novembre 1990, n. 11355 e 5 dicembre 1990, n. 11675, che avvertono: �La domanda dell'iscritto alla S.I.A.E., volta a conseguire il riconoscimento della qualifica di socio, introduce una controversia che � devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, non rientrando fra le questioni di stato, che l'art. 8, secondo comma, della PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA legge 6 dicembre 1971, n. 1034 riserva alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario, bens� essendo attinente ad atti di autorganizzazione del detto ente pubblico economico, atteso che la richiesta qualit� di socio, permettendo di concorrere alla nomina dei suoi organi, implica un'intima partecipazione all'organizzazione pubblicistica dell'ente medesimo, mentre � irrilevante che l'atto di ammissione, in quanto consistente nella valutazione di requisiti predeterminati, non sia discrezionale, atteso che anche di fronte ad un atto vincolato, purch� funzionale alla tutela di un interesse pubblico, pu� rinvenirsi una posizione di interesse legittimo�. Nella specie, lo statuto degli A.C. stabilisce che l'assemblea � costi� tuita da tutti i soci, ciascuno dei quali dispone di un solo voto (art. 48) ed � a sua volta eleggibile a componente del Consiglio direttivo o del Collegio dei revisori dei conti. Cos� operando, lo statuto indubbiamente costituisce in capo agli associati situazioni di elettorato attivo e passivo aventi consistenza di diritto soggettivo, intangibili da parte degli organi associativi. Ci� non toglie, per�, che, nel concreto dell'esperienza giuridica, siano ravvisabili, in materia, anche poteri discrezionali e correlati interessi legittimi. In primo luogo, nel caso dell'art. 51 comma 3 dello statuto, a mente del quale � in casi eccezionali, tenuto conto del numero dei soci, il Consiglio direttivo pu� disporre che l'Assemblea dei soci si pronunci mediante referendum �. Al riguardo, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ripetutamente avvertito che: � La deliberazione con la quale l'assemblea dei soci di un Automobile Club provinciale abbia provveduto, avvalendosi del potere discrezionale di scelta, accordatogli dagli artt. 50 e 51 dello Statuto A.C.I., approvato con d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881, mediante referendum (anzich� mediante il normale sistema di votazione) alle elezioni delle cariche sociali ed all'approvazione dei bilanci, non importa lesione di diritti soggettivi dei soci, chiamati ad esprimere il loro voto mediante un sistema diverso da quello normale, ma lesione di interessi legittimi tutelabili dinanzi al giudice amministrativo� ( Cass., 30 maggio 1966, n. 1415; 18 giugno 1962, n. 1527). Va rilevato soprattutto che, nel complesso dell'ordinamento relativo, un'elezione non � caratterizzata soltanto dai diritti elettorali attivo e passivo che in essa si attuano, ma da tutto il complesso di operazioni, dichiarazioni �ed atti preordinati procedimentalmente a regolare le modalit� di esercizio di tali diritti, e l'accertamento della loro regolare esplicazione: presentazione delle candidature, costituzione dell'ufficio elettorale, votazione, scrutinio, proclamazione dei risultati elettorali. Orbene, la garanzia statutaria dei diritti di elettorato attivo e passivo nori contempla tale settore, la cui disciplina � rimessa al potere 416 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di autorganizzazione, mediante atti generali a contenuto discrezionale o atti puntuali, degli organi direttivi dell'ente. A fronte di detti atti, si pongono interessi legittimi e non diritti sog� gettivi. Infatti, in una struttura pubblicistica, gli associati non hanno un diritto perfetto al legittimo svolgimento delle operazioni elettorali o all'adozione delle delibazioni attinenti alle elezioni, ma solo, eventual mente, un interesse protetto, a tutelare proprie situazioni particolari, denunciando in sede giurisdizionale la violazione di norme e di principi posti a difesa dell'interesse pubblico generale. Nella materia elettorale, vale ricordare, quanto ai criteri per il ri� parto della giurisdizione, la sentenza della Corte di cassazione 22 ~icembre 1987, n. 9569: �I criteri di riparto della giurisdizione in tema di contenzioso elettorale amministrativo (artt. 1 e 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147), secondo i quali sono devolute al giudice ordinario le cause sull'eleggibilit�, compatibilit� e decadenza, mentre spettano al giudice amministrativo quelle inerenti alle operazioni elettorali, esprimono principi generali, ricollegandosi alla natura e consistenza delle posizioni rispettivamente dedotte in giudizio (diritti soggettivi ed interessi legittimi �, A nulla rileva che, come dedotto dagli appellanti principali, negli enti territoriali e negli enti associativi sia diversa la rappresentativit�, giacch� quel che conta � la differenza tra eleggibilit� e operazioni elettorali e tra le correlative situazioni soggettive; e questa situazione � identica nelle due categorie di enti, proprio perch� espressiva di un principio generale. In questo �territorio popolato sia da diritti soggettivi che da interessi legittimi�, i ricorrenti in primo grado, in concreto, non hanno lamentato la lesione di diritti soggettivi loro garantiti dallo statuto e cio� la violazione delle loro pretese attinenti all'elettorato attivo o a quello passivo. Al contrario, come gi� rilevato nelle premesse in fatto, essi hanno lamentato il difetto di legittimazione del Consiglio direttivo ad indire le elezioni; l'illegittimit� di norme regolamentari non approvate dall'assemblea e concernenti la spedizione degli avvisi di convocazione dell'assemblea e la verbalizzazione della loro ricezione; l'irregolarit� della predisposizione da parte del Consiglio direttivo della lista orientativa; la disparit� di trattamento posta in essere in ordine alla conoscenza dei nomi dei soci a detrimento della lista concorrente; l'illegittimit� del provvedimento presidenziale di sostituzione di alcuni componenti dell'ufficio elettorale e, conclusivamente, della proclamazione degli eletti. L'oggetto di tale impugnazione, dunque, non concerne direttamente il diritto di elettorato attivo o passivo, bens� i presupposti per lo svolgimento e le modalit� di esercizio, delle attivit� elettorali; cio� il pro PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA cedimento che, nell'interesse pubblico, deve essere seguito per condurre ad una legittima organizzazione e gestione dell'ente. Ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo e passando al merito dell'appello, infondato appare il secondo ed ultimo motivo, con il quale gli appellanti principali censurano la sentenza di primo grado per aver ritenuto carenti i presupposti della � prorogatio � del Consiglio direttivo e, pertanto, viziati da difetto di legittimazione del medesimo gli atti impugnati. Vero � che la questione della eventualit� della gestione commissariale dell'A.C.. di Pescara, in relazione al passaggio in giudicato dell'annullamento giurisdizionale delle precedenti elezioni per il rinnovo delle cariche sociali, era stata devoluta dall'A.C.I. al Ministero del Turismo, e che una nota in data 11-12-1987, n. 6353 a firma del Capo di Gabinetto, di detto Dicastero, aveva escluso la necessit� e l'opportunit� della nomina di un commissario straordinario per la gestione dell'ente. Peraltro tale atto, proveniente da organo non legittimato ad impegnare la volont� del Ministero, appare meramente preliminare, e, comunque privo di carattere decisionale. Esso, pertanto, non poteva determinare una lesione attuale dell'interesse protetto (conforme, in fattispecie di parere ministeriale a comitati provinciali della caccia in materia di rilascio di autorizzazione di polizia al porto d'armi, Sez. VI, 14 luglio 1981, n. 413) e non era, quindi, impugnabile ex se. La sua mancata impugnazione, pertanto, non rendeva inammissibile il ricorso. Nemmeno sotto il profilo dei presupposti della � prorogatio � la sentenza appellata � censurabile. Come si evince dalle deliberazioni 17-3-1986, n. 222 e 23-6-1986, n. 225, il Consiglio direttivo, nell'indire le elezioni, per il rinnovo delle cariche sociali, aveva altres� approvato una lista elettorale che prevedeva, tra le altre, le candidature di tre nuovi aspiranti consiglieri e di un nuovo aspirante revisore dei conti. La lista aveva vinto sul campo, ma le elezioni erano state successivamente annullate con sentenza del T.A.R. di Pescara 14 maggio 1987, n. 251, confermata dalla decisione della VI Sezione del Consiglio di Stato 25 febbraio 1989, n. 173. Nelle more, avevano funzionato e agito i nuovi organi sociali. Ci� posto, va osservato che la � prorogatio � degli organi amministrativi scaduti ha a suo fondamento l'esigenza di evitare dannose interruzioni nell'esercizio della funzione pubblica. La retroattivit� dell'annullamento giurisdizionale, da parte sua, trova un limite nell'impossibilit� di eliminare tutti gli effetti irretrattabilmente prodotti dagli atti annullati. L'annullamento giurisdizionale dei risultati delle elezioni per il rin� novo delle cariche sociali, pertanto, non poteva eliminare il fatto che, 418 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO con l'elezione dei nuovi componenti, era venuta meno la continuit� dell'esercizio delle funzioni da parte degli organi scaduti. Questi, infatti, non solo erano scaduti, ma avevano cessato di operare, essendo stati sostituiti da altri. Mancava, quindi, a tacer d'altro, con il fatto della cessazione dall'esercizio delle funzioni, il presupposto stesso della � prorogatio � e, conseguentemente, mancavano gli estremi perch�, dopo l'annullamento delle elezioni, si ripristinasse in capo agli organi scaduti la legittimazione a provvedere, come se essi avessero continuato ad operare. Unica misura idonea ad assicurare la regolare gestione amministrativa dell'ente restava dunque, la nomina del commissario straordinario previsto dall'art. 3 del d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881. Nemmeno ha pregio l'ulteriore rilievo degli appellanti principali secondo il quale gli atti impugnati sarebbero comunque validi in base al principio del funzionario di fatto. Qui non si fa questione di un titolo all'investitura il cui annullamento per illegittimit� non travolge gli atti frattanto adottati dall'investito, bens� della reviviscenza di organi che, storicamente, hanno cessato di agire e sono stati sostituiti da altri, quali hanno amministrato e gestito. Ci� premesso, basta osservare che il fondamento del principio del funzionario di fatto, nella misura in cui esso � vigente e in quanto comporta una deroga ai normali criteri organizzativi degli apparati pubblici, risiede nell'esigenza di non turbare le posizioni giuridiche acquisite da tutti coloro che in buona fede sono entrati in rapporto con il fun. zionario e di evitare ai privati continue e difficoltose indagini sulla regolarit� della posizione dei pubblici dipendenti: � quindi un principio posto a favore del privato ed a tutela del suo affidamento. Qui invece, si fa questione di situazioni soggettive non di terzi di buona fede, ma di soggetti che sono stati lesi nei propri interessi dall'operato di organi ormai cessati, e quindi privi di legittimazione ad indire nuove elezioni. Tali enunciati, del resto, corrispondono a precedenti acquisizioni giurisprudenziali di questo Consiglio: � La teoria dottrinaria che riconosce legittimi gli atti compiuti dal funzionario di fatto, e cio� dal funzionario che abbia esercitato un pubblico potere malgrado che il titolo della di lui investitura fosse viziato, si fonda sulla esigenza di garantire i diritti dei terzi che vengono a contatto col funzionario predetto; gli effetti giuridici degli atti posti in essere da tale funzionario, quindi, sono ristretti a quei provvedimenti che, per loro natura e fi. nalit�, riguardano terze persone e debbono avere efficacia immediata e diretta; in applicazione di tale principio, non pu� riconoscersi giuridica ~fficacia agli atti del funzionario di fatto contro i quali l'interessato PARTE I, SEZ. IV, CllURlSPRtJDENZA AMMINISTRATIVA 419 insorge negando il potere di chi li ha emessi� (Csi., 24 marzo 1960, n. 170; Sez. IV, 13-4-1949, n. 145). Per le suesposte considerazioni, l'appello principale va respinto. Resta conseguentemente assorbito l'appello incidentale. CONSIGLIO DI STATO -Ad. Plen. -1� luglio 1993, n. 7 -Pres. Crisci Est. Reggio d'Aci -Tropea (avv. Grillo) c. Ministero Pubblica Istruzione ed altro (n.c.). Impiego pubblico -Riserva dei posti a favore delle categorie privilegiate � L. n. 482 del 1968 � Criteri di computo � Riservatari vincitori per merito � Non sono computabili. L'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 deve essere interpretato nel senso che fra i soggetti destinatari della riserva dei posti appartenenti alla carriera direttiva ed a quella di concetto non sono da comprendere i concorrenti che siano risultati vincitori di concorso in base al solo merito (1). 1. -La questione portata all'attenzione dell'Adunanza Plenaria concerne l'interpretazione dell'art. 12, ultimo comma della legge 2 aprile 1968, n. 482. In particolare si discute se nella percentuale del 15 % dei posti di organico, ivi prevista nei concorsi pubblici a posti delle carriere direttive e di concetto in favore degli appartenenti alle categorie c.d. privilegiate che siano risultati idonei, debbano essere computati solo coloro che siano stati assunti sulla base di siffatto titolo, ovvero anche chi, pur appartenendo alle categorie in esame, abbia tuttavia con� seguito la nomina per essersi classificato, per merito proprio, tra i vincitori. 2. -Osserva l'Adunanza che la legge 2 aprile 1968, n. 482, ha per oggetto la disciplina delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private e si propone in maniera evidente il fine di favorire, al di l� delle normali regole, il concreto collocamento al lavoro di coloro che siano stati sfavoriti dalla sorte in conseguenza di menomazioni fisiche contratte in particolari circostanze (invalidi di guerra, civili, per servizio o del lavoro, privi della vista e sordomuti) (1) La questione era stata rimessa all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con l'ord. della sesta sezione 7 gennaio 1993, n. 7, in questa Rassegna 1993, I, 96, con ampia nota redazionale, alla quale si rinvia per l'indicazione � dei precedenti in base ai quali si era formato il contrasto gitirispruden-1 ziale sull'interpretazione della legge 2 aprile 1968, n. 482. 420 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ovvero degli orfani o . delle vedove di deceduti per fatti. o infermit� di analogo genere; ci� nel presupposto che costoro abbiano particolari difficolt� nel� reperire una occupazione e in adesione a tradizionali e con I solidati prin�ipi di solidariet� umana e sociale. I L'intervento preferenziale � per� circoscritto in ambiti ben definiti, poich� � previsto che l'obbligatoria assunzione di costoro avvenga previo giudizio di idoneit�. e con riferimento ad una complessiva aliquota dell'organico dell'azienda o della amministrazione (fissata per lo pi� nel 15 %) da ripartire poi tra le singole categorie di riservatari. In tale quadro di riferimento, l'art. 11 della legge riguarda le aziende private e stabilisce giustappunto l'obbligo per le medesime di assumere lavoratori appartenenti alle categorie protette per una aliquota complessiva del 15 % del personale in servizio. Il successivo art. 12 contempla, invece, gli Enti pubblici, prescrivendo quanto segue: per il personale operaio e per quello delle categorie atisiliari� od �secutive (per le quali, come � noto, non � di regola necessaria l'assunzione a mezzo di pubblico concorso) � imposta l'assunzione obbligatoria diretta di lavoratori appartenenti alle categorie protette, nel limite del 15 % o del 40 % (quest'ultima percentuale vale per il personale ausiliario) della consistenza organica, subordinatamente l a:l verificarsi delle vacanze e dell'accertamento della idoneit� professionale (primi tr� commi dell'art. 12).� Diverso �, invece, il sistema previsto dalla legge per le assunzioni I nell'ambito delle categorie direttive e di concetto. Poich� per queste � I dall'ordinamento prescritto in via generale e pregiudiziale che tutte le assunzioni avvengano di regola per pubblico concorso, non sarebbe .stato possibile �statuire in quest'ambito la nomina per chiamata diretta di appartenenti alle categorie priVi:Iegiate; allora il legislatore ha optato per la disposizione (contehuta nell'ultimo comma dell'art. 12) secondo la quale nei concorsi in parola gli appartenenti alle note categorie che vi conseguano l'idoneit� debbono essere inclusi nell'ordine di graduatoria tra i vincitori � fmo a che non sia raggiunta la percentuale del 15 % dei posti .iri organico>>. � 3. -Ci� posto; appare evidente che il disegno complessivo della normativa in esame � quello di attribuire un concreto e tangibile bei). eficio agli appartenenti alle categorie� prese in considerazione, consentendo loro il pi� facile reperimento di una occupazione entro i limiti di un contingente prefissato e rapportato all'organico del personale in servizio. Se cos� �, non possono per� interpretarsi le disposizioni di cui sop~~ in maniera tale che esse non producano gli effetti voluti ovvero li producano in misura attc::nuata o ridotta. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Questo �, invero, quello che si verificherebbe ove nel contingente di cui all'ultimo comma dell'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 si ricomprendessero non solo coloro che siano stati assunti in forza del titolo di preferenza fatto valere (nella specie chi, pur non risultando vincitore, s� sia tuttavfa classificato fra gli idonei del concorso ed abbia conseguito la homirta proprio in quanto invalido o cieco o sordomuto ovvero orfano o vedova di questi nei casi previsti), ma anche quei soggetti che pur appartenendo alle categorie privilegiate, si siano direttamente classificati tra i vincitori, per merito proprio, e, quindi, non abbiano mai avuto bisogno di avvalersi, ai fini della nomina, della propria qualit� di invalido o simile. Costoro, invero, hanno dimostrato di essere in grado di conseguire con le sole proprie forze e capacit� un posto di lavoro e di non avere affatto bisogno del sostegno pubblico in merito, n� quindi, possono in alcun modo ritenersi beneficati dalla legge od essere inclusi nell'aliquota relativa. In realt� essi sono al di fuori, per particolari positive, favorevoli attitudini e circostanze, dalla operativit� della legge, di cui non si giovano n� hanno mai pensato o richiesto di giovarsi; tant'� che avrebbero pot�to o potrebbero tacere tranquillamente della loro appartenenza ad una delle categorie in via di principio tutelate, senza che da ci� derivi o possa derivare alcuna conseguenza sul piano dell'accesso all'impiego e dell'instaurazione del. relativo rapporto. Se dunque costoro fossero computati nel novero dell'aliquota del 15 % prevista, la norma non conseguirebbe, per questa parte, il suo scopo, poich� non esplicherebbe i suoi effetti, per quel che si � detto, n� nei confronti dei vincitori per merito proprio e neppure con riguardo a quegli invalidi (od equiparati) che si sono classificati tra i semplici i�lonei. Questi ultimi sarebbero di fatto pregiudicati dall'occupazione dei posti del contingente riservato ad opera dei primi. Altrettanto � a dirsi ovviamente, per coloro che sono stati nominati quali normali vincitori di concorso, e solo nel corso del rapporto sono diventati invalidi, o altro. Ci si domanda, infatti, che senso possa attribuirsi alla citata disposizione, in particolare se si pensa che tutte le altre, contenute nel medesimo contesto normativo e riferite alle aziende private ovvero al personale operaio, ausiliario od esecutivo della pubblica Amministrazione, sono, invece, puntualmente operative ed efficaci, sulla base di criteri omogenei, con riferimento ai relativi destinatari e tontingenti. In altri termini, scopo della legge non � quello di ottenere, oggettivamente, la presenza nella pubblica Amministrazione di una certa aliquota di appartenenti alle categorie protette (quale che sia il modo con cui essi hanno avuto accesso al rapporto), bens� quello di assicurare che i medesimi, in ragione della loro particolare qualifica, possano 422 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO avere ingresso nel pubblico impiego avvalendosi in concreto ed effettivamente del trattamento preferenziale loro riservato. 4. -Ne consegue l'illegittimit� di una interpretazione dell'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 la quale, consentendo l'inclusione, nell'aliquota dei riservatari, dei vincitori per merito proprio, ne vanifichi in tutto od in parte la portata e la potenzialit�. L'appello va pertanto accolto con annullamento degli atti impugnati nella parte in cui disconoscono il principio di cui sopra, che va invece nel caso concreto applicato anche in favore della ricorrente. CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 7 dicembre 1993, n. 967 -Pres. Gessa - Rel. Bagarotto -Aracri ed altri (avv. Cariati e Recca) c. Min. Trasporti (avv. Stato Stipo). Impiego pubblico -Rapporti di carattere provvisorio e temporaneo o stabili di fatto -Incertezza soggettiva circa l'esistenza del diritto � Non incidenza sul decorso della prescrizione. Impiego pubblico -Crediti per interessi e rivalutazione -Prescrizione quinquennale. Impiego pubblico -Crediti retributivi -Necessit� di specifici accertamenti di fatto da parte dell'Amministrazione -Prescrizione decennale. La prescrizione dei diritti inerenti a rapporti di natura pubblicistica decorre anche allorch� i rapporti stessi siano di carattere provvisorio o temporaneo e gli ostacoli di fatto, quali si atteggiano lo stato di ignoranza o di incertezza soggettiva circa l'esistenza del proprio diritto e l'opportunit� di farlo valere in sede contenziosa, non incidono sul delcorso del termine prescrizionale ai sensi dell'art. 2935 cod. civ. (1). I crediti per interessi e rivalutazione monetaria dedotti in giudizio si prescrivono nel termine di cinque anni, secondo la disciplina cui sono sottoposti i diritti in materia di pubblico impiego (2). La prescrizione decennale si applica ai crediti in materia di pubblico impiego solo nei casi in cui le pretese dei ricorrenti non derivino diret (1-2-3) La sentenza in rassegna riassume i princ1p1 della giurisprudenza amministrativa in materia di prescrizione dei diritti di credito dei pubblici dipendenti vantati nei confronti deli'amministrazione di appartenenza. Al riguardo � da osservare che nella specie, trattandosi di diritti soggettivi, non pu� che applicarsi l'art. 2948 n. 4, secondo cui si prescrivono in cinque anni � gli interessi� e, in generale, tutto ci� che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi� brevi� (v. C. S. VI, 12 dicembre 1992, n. 1062). In particolare, poi, per quanto riguarda gli interessi, a parte l'esplicita lettera della -legge, � stato ritenuto -come il credito per interessi si pone, PARTE I, SEZ. IV,'GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 423 tamente ed immediatamente dalla legge e, per la loro definizione quantitativa, richiedano da parte dell'Amministrazione specifici accertamenti di fatto circa la posizione giuridica degli aventi diritto (3). (omissis). I ricorsi in appello in epigrafe debbono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza, in quanto sono soggettivamente ed oggettivamente connessi. Vengono all'esame del Collegio le questioni relative al momento di decorrenza della prescrizione ed alla durata del periodo prescrizionale relative ai crediti per interessi e rivalutazione monetaria delle differenze stipendiali riconosciute in favore del personale dipendente per l'applicazione del contratto ANAC, anzich� di quello FENIT, nel periodo agosto 1970-gennaio 1975, in cui le Ferrovie Calabro-Lucane avevano esercitato a titolo provvisorio la gestione, poi assunta in via definitiva, di autolinee in precedenza gestite da privati concessionari. A tale proposito si deve premettere che il diritto alla corresponsione delle differenze stipendiali cui accedono gli interessi e la rivalutazione monetaria di cui si tratta � stato riconosciuto e soddisfatto dall'Amministrazione in esecuzione di precedenti giurisdizionali fondati sull'assimilazione del servizio prestato sulle Autolinee in argomento rispettivamente durante la gestione provvisoria e durante quella definitiva da parte delle Ferrovie Calabro-Lucane. Nella sostanza, secondo l'assunto dei giudici amministrativi recepito dall'amministrazione, l'applicazione del contratto ANAC, anzich� di quello FENIT, fin dall'agosto 1970, dipende dalla natura pubblicistica che ha fin dall'inizio caratterizzato il rapporto d'impiego fra le Ferrovie Calabro-Lucane ed il personale precedentemente alle dipendenze di privati concessionari. rispetto al debito di capitale, su di un piano autonomo, per cui � soggetto ad autonoma prescrizione quinquennale (v. Cass. 21 luglio 1981, n..4682, Cass. 29 gennaio 1980, n. 687, in Foro lt., 1980, I, 1691; Cass. 13 maggio 1977, n. 1884, in Giust. Civ. 1977, I, 1563). La sentenza in rassegna ha poi puntualizzato che il termine iniziale della prescrizione dei crediti retributivi inizia a decorrere dalla data di esercizio provvisorio delle linee di trasporto da parte della Gestione Governativa e non gi� dalla data in cui ha avuto inizio l'esercizio definitivo. Al riguardo � da osservare come le SS.UU. della Cassazione, nella sentenza 22 luglio 1970 n. 3657 (Colacino c. Gestione FCL), nel ritenere la giurisdizione amministrativa anche per il periodo di esercizio provvisorio, cos� si erano espresse: � Invero, essendo il cosiddetto rilievo provvisorio meramente strumentale rispetto a quello definitivo, esso deve ritenersi assorbito da quello definitivo, cosicch� il periodo del rapporto riferibile all'esercizio provvisorio si configura come una , fase del medesimo rapporto che � riferibile all'esercizio definitiv� "� , , � RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 424 Orbene, se la causale del credito per differenze retributive cui accedono quelli controversi va individuata nell'unitariet� del rapporto di pubblico impiego fra le Ferrovie Calabro-Lucane ed i dipendenti di cui si tratta, si deve escludere che il diritto di questi ultimi all'applicazione del contratto ANAC si sia formato progressivamente o sia stato sottoposto a condizione sospensiva durante il periodo della gestione provvisoria. Pertanto la natura, in un primo tempo provvisoria, della gestione assunta dalle Ferrovie Calabro-Lucane non ha costituito una causa giuridica impeditiva all'esercizio del diritto di pretendere l'immediata applicazione del contratto ANAC, e ci� in quanto la riserva dell'Amministrazione di rilevare definitivamente o di restituire ai precedenti concessionari la gestione di cui si tratta si ri.ferisce ai rapporti fra l'Amministrazione e i concessionari stessi e non a quelli fra la stessa Amministrazione ed il personale. Ne consegue che, diversamente da quanto si deduce a sostegno dei ricorsi in appello n. 1837/1990 e n. 2055/1990, la provvisoriet� della gestione in un primo tempo assunta dalle Ferrovie Calabro-Lucane, non implicando l'esistenza di una condizione sospensiva pendente o di un termine non ancora scaduto impeditivi rispetto all'esercizio delle pretese all'esame, assume il carattere di un semplice ostacolo di fatto. Peraltro, secondo un insegnamento giurisprudenziale condiviso dalla Sezione (cfr. Cons. Stato Sez. VI 24-10-1991, n. 1711), gli ostacoli di fatto, quali si atteggiano lo stato di ignoranza o di incertezza soggettiva circa l'esistenza del proprio diritto e l'opportunit� di farlo valere in sede contenziosa, non incidono sul decorso del termine prescrizionale ai sensi dell'art. 2935 Cod. civ. Inoltre, secondo un altro precedente della giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. Sez. V 11-1-1991, n. 7), la prescrizione dei diritti inerenti a rapporti di natura pubblicistica decorre anche allorch� i rapporti stessi siano di carattere provvisorio o temporaneo, come quelli cui si riferiscono i diritti in controversia, per cui, sul punto relativo al momento di decorrenza della loro prescrizione, le sentenze appellate si palesano immuni dalle censure dedotte. Va quindi esaminata la questione relativa alla durata del periodo prescrizionale relativo ai crediti controversi, che sarebbe quinquennale e non decennale, secondo quanto detto a sostegno del ricorso in appello n. 1857/1990, proposto dall'Amministrazione avverso la sentenza del TAR Calabria-Catanzaro 14-7-1989 e 7-2-1990, n. 93, e decennale e non quinquennale, secondo quanto dedotto a sostegno del ricorso in appello n. 2055/1991, proposto dai privati avverso la sentenza dello stesso TAR 22-11-1991 e 6-5-1992, n. 240). Secondo precedenti giurisprudenziali consolidati (cfr. Cons. St. Sez. IV 5-5-1987, n. 216 e Sez. V 29-4-1991, n. 706) il cui insegnamento viene PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 425 condiviso dalla Sezione, la prescrizione decennale prevista dall'art. 2948 Cod. civ. si applica ai crediti in materia di pubblico impiego nei casi in cui le pretese dei ricorrenti non derivino direttamente ed immediatamente dalla legge e, per la loro definizione quantitativa, richiedono da parte dell'Amministrazione, specifici accertamenti di fatto circa la posizione giuridica degli aventi diritto. Orbene la controversia all'esame attiene esclusivamente all'individuazione delle norme che disciplinano il trattamento del personale in argomento e non implica alcun accertamento di fatto che si riferisce a posizioni giuridiche individuali rilevanti ai fini della determinazione quantitativa delle pretese dedotte in giudizio. Di conseguenza i crediti per interessi e rivalutazione monetaria dedotti in giudizio sono da ritenersi prescrivibili nel termine di cinque e non in quello di dieci anni, secondo la disciplina cui sono sottoposti i diritti in materia di pubblico impiego. (omissis) SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 giugno 1993, n. 6227 -Pres. Sensale � Est. Baldassarre -P. M. Martone (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi) c. De Ambrogi. Tributi erariali diretti � Imposta sul reddito delle persone fisiche � Tassazione separata � Emolumenti arretrati � Compenso annuale di incentivazione per il personale delle aziende dipendenti dal Mini� stero delle Poste � Esclusione. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12 e 13; d.P.R. 22 dicembre 1980, n. 873, art. 4). Poich� � arretrato ai fini della tassazione separata l'emolumento corrisposto successivamente rispetto al momento stabilito per la percezione e non rispetto all'epoca della prestazione del servizio, il compenso annuale di incentivazione a favare del personale delle aziende dipendenti dal Ministero delle Poste di cui all'art. 4 del d.P.R. 22 dicembre 1980, n. 873, che � erogato nel mese di giugno di ogni anno con riferimento alla retribuzione dell'anno precedente, non � assoggettabile a tassazione separata (1). (omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 12 d.P.R. n. 597/73 e della legge 22 dicembre 1980, n. 873, nonch� insufficiente motivazione, assume che il compenso annuale di incentivazione previsto dalla legge n. 873/80, che, per espressa previsione dell'art. 4, comma terzo, viene corrisposto nel meJe di giugno di ogni anno e, quindi, non episodicamente, ma con scadenza annuale, non costituisce arretrato, poich� viene pagato nei tempi previsti dalla normativa che lo regola; mentre � il fatto che sia parametrato ad indici riferiti all'anno precedente dipende dalla sua natura di riconoscimento dell'operosit� pregressa, ma non lo trasforma in un arretrato nel senso giuridico del termine �, atteso che il concetto di arretrato va visto in relazione al corrispettivo e non alla prestazione lavorativa, per cui non � arretrato il pagamento effettuato nel momento in cui sorge l'obbligazione. La doglianza, alla stregua delle ragioni esposto nel ricorso, � fondata. (1) Esatta definizione del concetto di emolumento arretrato: cfr. Cass. 22 gennaio 1987, n. 564, in Riv. leg. fisc., 1987, 842. PARTE t, :SEZ.� V; GIURlSPRUDENZA TRIBUTARIA L'art, 12; lettera d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, applicabile nella specie, nel prevedere. (al pari dell'art. 16, primo comma, �ettera b), del� d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). che l'imposta sul �reddito delle persone fisiche si applica separatamente su,gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti .percepiti. per� prestazioni di lavoro dipendente emoltunenti assog~ttatia1 .pi�� favorevole. trattamento.. di cui al successivo art; 13 (9ra art. 18 ti.P.R,. n. 917/86) -fa preciso riferimento al momento stabil~to perla percezione del compenso imponibile, che, per qualsivoglia ragione non addebitabile al> contribuente, sia corrisposto in un momento successivo {conf'. sent.. nn, 564/87, 4423/86, 3019/86), non gi�, come rit�nuto dalla C.T.C., all'epoca della prestazic>ne lavorativa. Tanto si ricava. dalla formulazione lessicale della norma, l� dove, al fine�. di indicare � gli emolumenti non�. pagati tempestivamente nel corso dell'anno in cui il relativo diritto � mat.rato, ne sottolinea .la qualificazione �di �arretrati>~, mentre per. il riferimimto alla.preg:ressa Prestazione sarebbe stata appropriata la semplice indicazione di � rel<:itivi�. D'altra parte l'interpretazione letterale ben si inquadra nel sistema della tassazione separata, la quale tende ad evitare imposizioni rese ingiustamente. gravose dal. sommarsi ai redditi propri .. 4ell'anno,. a cui si rifeds~e la denuncia, di redditi prodotti in modo.� non periodico, 11� regolare, l� dove� � l'incolpevole posticipazione del pagamento determina, appunto, l'anomalo accavallarsi di proventi. n (( compenso annuale d'incentivazione �, istituito, a. favore del personale cl.elle. Mfond.e � dipendenti dal Ministero . delle poste e . delle telecomuriicazi�ni,. cl.all'art. 4 della legge. 22 dic�thbre 1980, n. 873 a decorrere dall;esercizio f980, � erqgato nel mese 4i giugno di ogni anno iri II1�sura percentuale dello stipendio e dell'indennit� integrativa speciale, �in godimento al 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui il compenso stesso � pagato, e secondo criteri rapportati alle effettive ed anteriori prestazioni di servizio. Tali . prestazioni, oltre a fornire il concreto parametro di determinazione, costituiscono se:nza d.ubbio l'oggetto della speciale voce retri1:\ utiva, che premia l'assiduit� ed il rendimento del lavoratore. Il . diritto . a percepire . il corrispettivo matura per� solo nel giugno dell'anno succt:ssivo, rispetto al quale concorre, quindi, �a formare la base imponibile, pote11do divenire � arretrato � solo se dovesse essere pagato ne! corso dell'anno ancora seguente. Non corrobora la tesi contraria l'argomento che la C,T.C. vorrebbe trarre dal fatto che il compenso � dovuto anche al dipendente cessato dal servizio nell'anno anteriore a quello di erogazione, atteso che anche in siffatta ipotesi il pagamento, in proporzione al periodo di servizio effettivamente prestato e senza che sia previsto un diverso termine per il pagamento, costituisce :reddito del periodo d'imposta corrispondente all'anno nel quale � prescritta l'erogazione. 428 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Va piuttosto notato che nel caso in esame il compenso d'incentivazione � stato corrisposto, come si desume dal � fatto � della decisione, il 6 giugno 1980, ossia, tempestivamente, nell'anno stesso della sua istituzione, e, se si aderisse all'opposta tesi, dovrebbe essere definito, pur I in assenza di qualsiasi supporto normativo, arretrato per legge. Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla C.T.C., la quale, procedendo a nuovo esame della causa dovr� applicare il seguente principio di diritto: �Non costituisce emolumento arretrato relativo all'anno precedente e non � soggetto, quindi, al pi� favorevole trattamento della tassazione separata, a norma dell'art. 12, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, il compenso annuale di incentivazione istituito dall'art. 4 della legge 22 dicembre 1980, n. 873 a favore del personale delle Aziende dipendenti dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e da erogarsi nel mese di giugno di ogni anno secondo criteri correlati al servizio prestato nell'anno precedente�. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1993, n. 6638 -Pres. Rossi � Est. Olla -P. M. Lo Cascio (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiorilli) c. Giacobbe. I ~ ITributi in genere � Soggetti passivi � Solidariet� � Provvedimento amministrativo definitivo � Giudicato pi� favorevole ottenuto da altro con debitore � Art. 1306 e.e. � Si applica � Estensione del siudicato dalla imposta di registro all'INVIM � Ammissibilit�. (e.e. art. 1306; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 20). Poich� la definitivit� del provvedimento amministrativo che definisce il rapporto di imposta non equivale al giudicato, il condebitore che non ha proposto impugnazione pu� giovarsi degli effetti pi� favorevoli conseguiti da altro condebitore, nell'ambito dell'imposta di registro, in applicazione dell'art. 1306 e.e.; e poich�, a norma dell'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 il valore a fini INVIM � automaticamente e incontestabilmente fissato nella stessa misura che risulta accertata in modo definitivo ai fini dell'imposta di registro, il giudicato favorevole si estende dal compratore al venditore e quindi dalla imposta di registro all'INVIM (1). (1) Il princ1p10 della estensione del giudicato affermato, non senza forzatura, con la sent. 3 luglio 1991, n. 7321, in questa Rassegna, 1991, I, 367 viene ora esteso ulteriormente dalla imposta di registro all'INVIM. Sarebbero lecite riserve, ma si deve prendere �tto della statuizione confermata con la sent. 27 agosto 1993, n. 9097. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis). 1. -Nell'unico motivo d'annullamento, la ricorrente Amministrazione finanziaria dello Stato, richiamando l'art. 360 n. 3 Cod. proc. civ., denuncia la violazione degli artt. 4 e 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, 49 e 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, e 1306 Cod. civ.; inoltre dei principi generali in materia di obbligazione solidale. Infatti, sostiene la ricorrente, tre momenti essenziali della costruzione seguita dalla Corte d'appello di Messina contrastano con le disposizioni avanti richiamate in quanto: I) In tema di INVIM, il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria � il venditore, mentre l'acquirente � soltanto responsabile dell'imposta nella sua veste di proprietario dell'immobile assoggettato al pri� vilegio che garantisce il credito erariale per tal tributo. Perci� si deve escludere che l'acquirente sia condebitore solidale di imposta con il venditore, con la conseguenza che manca il presupposto di base perch� la posizione tributaria del venditore possa modificarsi in funzione della posizione in cui viene a trovarsi il compratore in applicazione delle regole proprie delle obbligazioni solidali. Pertanto, il giudice d'appello ha errato allorch� ha affermato che la determinazione del valore dell'immobile trasferito in misura ridotta rispetto a quella portata nell'avviso di rettifica, pur se era stata definita nei confronti del compratore, estendeva i suoi effetti anche al venditore in applicazione della disciplina delle obbligazioni solidali. II) In tema di accertamento tributario, la determinazione dell'imponibile in misura ridotta rispetto all'avviso di rettifica che sia divenuta definitiva nei confronti di uno dei condebitori solidali dell'imposta che abbiano impugnato la rettifica davanti alle commissioni tributarie, non estende i suoi effetti in favore del condebitore solidale che non abbia, a sua volta, impugnato la rettifica. Ci� perch� la definitivit� dell'accertamento per mancata impugnazione si deve assimilare al giudicato; ed � principio affatto incontestato che il condebitore solidale non pu� opporre la situazione pi� favorevole conseguita da altro condebitore solidale, allorquando il proprio rapporto con il creditore sia stato definito con sentenza passata in giudicato, anche se in senso meno favorevole. Ne deriva, ad avviso della ricorrente, che in tema di INVIM, al venditore che non abbia impugnato l'avviso di accertamento in rettifica degli elementi che concorrono alla determinazione dell'incremento im� ponibile, � precluso opporre la sopravvenienza di situazioni giuridiche pi� favorevoli, ivi compreso il giudicato riduttivo del valore finale dell'immobile ottenuto dall'altro contraente ai fini dell'imposta di registro. Perci� la Corte del merito � incorsa in una distinta violazione di legge, posto che ha disatteso detto principio. III) Si deve escludere che nell'ipotesi in cui il trasferimento di un immobile sia assoggettato all'imposta di registro ed all'INVIM, l'accer 430 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO tamento definitivo del valore dell'immobile trasferito formatosi in sede di determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro, sia in alcun modo vincolante in sede di determinazione del valore finale dello stesso immobile nell'ambito dell'accertamento dell'imponibile INVIM. N� pu� opporsi che l'art. 6 del d.P.R. n. 643/1972 introduce una correlazione tra le due imposte, posto che tale correlazione � solo � tendenziale e non necessitata�, sicch�, come � ribadito dall'art. 20 della stessa fonte normativa, v'� la concreta possibilit� che le due imposizioni si diversifichino in ordine alla valutazione dei singoli elementi dell'imponibile. 2. -Nessuna delle censure pu� essere condivisa. 3. -In ordine alla prima occorre procedere, preliminarmente, alla ricostruzione della ratio decidendi della sentenza impugnata. Risulta, cos�, che la Corte del merito ha premesso che per quanto attiene all'imposta di registro, il vincolo di solidariet� passiva esistente tra i contraenti del negozio assoggettato al tributo, fa s� che in ordine alla determinazione dell'imponibile il venditore possa giovarsi degli effetti favorevoli conseguiti dal compratore-condebitore solidale a seguito del ricorso proposto da quest'ultimo avverso l'accertamento di maggior I I ~ valore del bene trasferito. Ne ha tratto che, in concreto, la riduzione della misura del valore del bene rispetto� alla misura indicata nell'accertamento fiscale che sia I ~ stato conseguito dall'acquirente a seguito della sua impugnazione dell'accertamento stesso _si propaga al venditore, anche quando, nei suoi confronti, l'accertamento di maggior valore sia divenuto definitivo per mancata impugnazione. Ossia, che secondo il regime dell'imposta di registro, il valore del bene trasferito rimane fissato, in via definitiva, nella mi I sura (ridotta) venutasi a determinare in favore dell'acquirente che abbia impugnato l'accertamento stesso, anche nei confronti del venditore non impugnante l'avviso di accertamento. Ha osservato, poi, che in base alla disciplina dell'art. 6 c. 2 d.P.R. n. 643/1972, ai fini della determinazione dell'imponibile INVIM si deve assumere quale valore finale del bene trasferito, quello accertato in via definitiva in funzione della determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro sul trasferimento assoggettato anche al primo dei detti tributi. Cio�, che secondo il mezzo tecnico previsto dalla disciplina positiva, I ai fini della determinazione dell'imponibile INVIM e dell'individuazione del valore finale del bene trasferito, fa stato il valore dello stesso bene I I accertato in via definitiva ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro sul medesimo trasferimento. l I Perci�, ha concluso -fermo restando che nell'ambito dell'imposta I di registro il valore dell'immobile rimane accertato in via definitiva II .I I I PAR'l!B I; SEZ~ WGIURISPRUDENZA TR!BUTARIA 431 nella misur� ridott1;1; conseguita dal contribuente che abbia proposto impugp:azione. avversol'avviso di :rettifica�anche nei confronti.dei condebi� todche non abbiano.�proposto analoga.impugnazione -.�la trasposizione, vincolante per legge; della deterniinazione del valore delfimmobile tra� sferito � come: �definito in> sede di � accertamento dell'imponibile dell'ira. ro~ta ..� d������ registra,.�� X!,ell'.artiJ?iw���della;procedura.��di� accertamento.� del�. va� ~or~ fjn,~le dellQ ~te$so i~oqjJe ai� fini d�H'impos~ioneINVIM,..f�. si � . cl'i.e, in� ortUne a questo tributo, al!lche quando� il��solo cqmpratore �abbia impugnato l'avviso di rettifica ottenendo una riduzione dell'acc�rtan:ien� to, il val?re .fim:tle dell'itl1mobile. non possa. che .venir determinato nella d�ltt~ �'P:lisitra.� ridotta;���aryche.�11e1���c()rifr�ritl��d�l 'v.eridifore�� n<>n ��.iinpttgnante. ��... Etib�ne, mailifestame:rifo/nhrf� vfiro ch�, c6:rrie sostiene ia tkorrente, se26nd�. la s~ntenza ��d;appelid;.aFfini dell'imponibile INVIM, >fa . deter~ n:iinazione, .anche. in favore del venditore���non. impugnante, d�l valore firiaiei d�ll'irilmobile � nella: .. fui$Jlia �ifd<)tta div�nuta defiilitiva . ne.i���. con� fro!ltir del �ompr.�tore impugnante l'aWi$o :di�.. accertametito ���discende nel� l'�sisteriZ� di. mi virtcold di solidarlet� passiva tra �. v�nditOr� e . compratdre in ordine alla�.. deberiza deH'lNVll\it .. ~� vero; /invece; . che��� per � fa Corte messinese la conclusi6ne � impdst� dal sistema positivo, attraverso la correlazione da esso introd6tfa��trale �imposte di registro��ed. lNVIM lrl ordin�.. ail~.�.. deterrrffttaziort� del.� valore finale d�ll'iriirifobile trasferito. Quindi,� la:� censi.rr� prestippbl�e una rati�� decidendi diversa� da quella effetdv�ntente actotfata. dall� sentenza iriipugnata~����� . Pertanto, .� �iiatrlmissibi�e post0 ch� si sViltiJ>pa� sul�a base di faJ erroneo. prestippostd~ . .� ... �... � � 4. �--Le Sezi6ni�. u.nite�.di questa Corte, �nell'affrontare la.� questione riproposta con l� seconda censura ...;;;. relativa all'identificazione degli effetti d�ll� manc�ta impugnazione degli avvisi di a���rtamento nei suoi riflessi s�lt�gime della solidariet� passiva� in materia tributaria, hanno affermato che l'efffoifoia preclusiva dell'atto . amministrativo definitivo, quale � l'acc�rta:tnento tributario noti impugnato davanti alle commis~ s�oni t:i:ibutarie1 non ��. equip�ra:bile all'efficacia�. di cosa giudicata propria delle decisioni degli organi giudiziari; Infatti, si concreta unicamente nella perdita del potere da� parte del coi:ldebitore��inerte di tutelare>la propr�a pos!Zione sostanzia1e mediante l'h1staurazione�� del �.giudizio di� rtanzi . alle. commissioni � tributarie�� sulla �pretesa dell'amministrazione. ( OS� sia rtel vertii meno �del .pot�i:'e di�.esetcitare.�validamente �Una� immediata tutela della sua posizione. sostanziale per essere scaduto il termine pre� visto per quel tipo di tutela), il che comp�lrta �che non interferisce c:on la facolt� concessa a quel condebitore di ottenere l'estensione, nei propri confronti, degli effetti favorevoli cortseguitl da altro <:ondebitote che abbia impugnato .l'avviso di accertamento (v., Cass., S.U. 22 giugno 1991, n. 7053). 432 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il principio deve essere ribadito non ravvisandosi ragioni per an dare in contrario avviso. D'altra parte, la ricorrente si � limitata ad I enunciare che la mancata impugnazione dell'accertamento determina ili una situazione giuridica totalmente identica a quella nascente dal giu I dicato; sicch� l'accertamento diventa intangibile anche sul piano sostanziale, senza giustificare in alcun modo siffatta conclusione. Pertanto, nell'uniformarsi a detto principio, la pronuncia impugnata non � incorsa nella violazione di legge denunciata dalla ricorrente, sicch� anche questa censura deve essere disattesa. .5. _,... Questa Corte ha pi� volte esaminato la questione sollevata nel terzo �profilo del motivo, e l'ha.� risolta nel senso -recepito dal giudice del merito -che in virt� del sistema introdotto dal d.P.R. n. 643/1972 il valore finale dell'immobile in funzione della determinazione dell'imponibile INVIM, resta automaticamente ed incontestabilmente fissato nella stessa misura che risulta accertata in modo definitivo quale valore dello stesso i1Ilmobile ai fini della determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro sullo stesso trasferimento (Cass., 2 aprile 1992, n. 4024; 29 marzo 1990, n. 2575; 21 luglio 1988, n. 4725). L'orientamento deve essere confermato. Invero, la disposizione dell'art. 6 c. 2 del d.P.R. n. 643/1972 (per la quale ai fini dell'applicazione dell'INVIM � si assume quale valore finale (dell'immobile) quello dichiarato o quello maggiore definitivamente accertato per il trasferimento del bene ai fini dell'imposta di registro o di successione�) non pu� che essere intesa nel senso che in sede di determinazione dell'imponibile INVIM, il valore finale del bene viene individuato non gi� a seguito di un autonomo giudizio sul punto, ma per relationem, attraverso la mera trasposizione del risultato del giudizio sul valore dello stesso immobile �compiuto ai fini della determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro sul medesimo trasferimento. Nel contempo, risulta inaccoglibile l'obiezione del ricorrente, secondo il quale. la lettura della richiamata �disposizione � resistita dalla disciplina dettata dal secondo comma dell'art. 20 dello stesso Decreto presidenziale n. 643/1972, alla cui stregua, �l'accertamento, se riguarda anche la determinazione del valore ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro o di successione pu� essere notificato con un unico avviso �. Per vero, tal prescrizione attiene esclusivamente alla disciplina del momento procedimentale dell'accertamento INVIM, e non riguarda quello sostanziale afferente ai criteri ed alle modalit� per l'individuazione del valore finale dell'immobile. Quindi, denota che l'imposizione INVIM � autonoma rispetto a quella di registro; e che i procedimenti di accertamento dei detti tributi sono autonomi tra loro. Non giustifica, invece, la deduzione della ricorrente (tra l'altro non illustrata in alcun modo) circa l'esistenza anche di una PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 autonomia decisionale sul punto relativo alla determinazione del �valore finale dell'immobile, di modo che l'accertamento di quel valore � svincolato dalle risultanze dell'accertamento definitivo ai fini dell'imposta di registro. A tanto infatti, conduce oltre che il dettato letterale della norma, il .dovuto coordinamento tra le disposizioni degli artt. 6. e 20 del d.P.R. che legittima soltanto la conclusione qui accolta. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 giugno 1993, n. 6951 -Pres. Montanari Visco -Est. Baldassarre -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Carrara c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone). Tributi in genere -Soggetti passivi -Impresa familiare -E' impresa individuale del titolare � . .Trasformazione in societ� di persone con conferimento dell'azienda -E' soggetto all'imposta di registro. (e.e.., art. 230-bis; d,P.R. 29 settembre 19H, n. 597, art. 5; d.!. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 3). L'impresa familiare � una impresa individuale che appartiene al suo titolare che la esercita assumendo 1.n proprio diritti ed obbligazioni fermo restando il diritto dei familiari che partee�pano soltanto ad una quota degli utili; conseguentemente se l'impresa familiare si trasforma in una societ� di persone si realizza un conferimento dell'azienda nella societ� soggetto all'imposta di registro se non agevolato, nei limiti temporali stabiliti dall'art. 3 del d.l. 19 dicembre 1984, n. 853 (1). (omissis). Con il secondo motivo i ricorrenti principali, denunciano violazione degli artt. 230 bis cod. civ. e 5, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per non avere la Corte d'appello considerato che l'impresa familiare ha natura (civilistica e comunque) tributaria di impresa collettiva e che, in conseguenza, la sua trasformazione in societ� di persone non implica alienazione d'azienda e non esprime la capacit� contributiva del conferimento di azienda operato dall'imprenditore individuale; mentre l'art. 3 del d.l. n. 853/1984, convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17, �norma recante un'esclusione e non un'esenzione tributaria �, codifica il principio, gi� enucleato, secondo cui l'impresa familiare � fenomeno associativo. Il motivo, non � fondato. Questa Corte, chiamata a qualificare, ad altri fini, l'impresa familiare, ha costantemente affermato che essa ha natura individuale e non (1) Sulla base di quanto affermato con la sent. 10 agosto 1992, n. 9459 (in questa Rassegna, 1992, I, 506), viene correttamente chiarito, a tutti gli effetti tributari, che l'impresa familiare non � un soggetto collettivo. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 434 collettiva ed appartiene, anche dopo la trasformazione dell'originaria impresa individuale, al suo titolare, che la esercita, assumendo in proprio diritti e obbligazioni, oltre che la piena e personale responsabilit� verso i terzi, fermo restando il diritto dei familiari partecipanti (soltanto) ad una quota degli utili (conf. sent. nn. 8959/92, 4710/92, 40030/92, 2270/92, 6559/90), oltre che il diritto di partecipare alla gestione straordinaria; che, per tanto, l'imprenditore, che presenta la dichiarazione ed � il soggetto passivo dell'accertamento, rimane il centro di riferimento del reddito prodotto ed � fiscalmente responsabile (conf. sent. S.U. n. 9459/92 .in motivazione). Dall'appartenenza dell'azienda, quale complesso di beni e diritti destinati all'esercizio dell'impresa, al suo titolare, pure se l'abbia gestita nella forma dell'impresa familiare, discende che -ove egli conferisca la medesima azienda al fine della costituzione con i familiari partecipanti di una societ� personale -il conferimento non pu� farsi risalire all'intero gruppo; n� pu� considerarsi la costituzione della societ� come mera trasformazione di un soggetto o centro d'imputazione collettivo (tale non essendo l'impresa familiare rispetto ai terzi) in un altro soggetto collettivo (la societ� di persone). E ci� vale anche ai fini dell'imposizione tributaria. Il sedicesimo comma dell'art. 3 del d.l. 19 dicembre 1984 n. 853, convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17, su cui si fonda la decisione impugnata, cos� dispone: �Se tra l'imprenditore e i collaboratori familiari di cui al quarto comma dell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, indicati nell'atto pubblico o nella scrittura privata ivi previsti, venga costituita, con atto sottoposto a registrazione entro il 30 settembre 1985, una societ� in nome collettivo o in accomandita semplice con contestuale conferimento dell'azienda da parte dell'imprenditore, il conferimento stesso � soggetto alle imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura fissa e non � considerato cessione agli effetti dell'imposta sul reddito; ... Il riferimento al quarto comma del suddetto art. 5 si intende fatto al testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto� (quarto comma aggiunto dall'art. 9 della legge 2 dicembre 1975, n. 576 e sostituito, una prima volta, dall'art. 2 bis del d.l. 1� luglio 1877, n. 351 e poi dall'art. 3, comma 12, d.l. n. 853/84). La norma trascritta -che fornisce, per altro, una testuale individuazione dell'imprenditore nell'impresa familiare, escludente che tale qualit� possa riconoscersi ai � collaboratori familiari � -ribadisce che il conferimento de quo costituisce, in via generale, cessione d'azienda, dal momento che solo per operazioni poste in essere in un circoscritto periodo di tempo (sino al 30 settembre 1985) il conferimento (oltre a godere delle agevolazioni in materia di imposte indirette) non � considerato cessione agli effetti delle imposte sul reddito. Il motivo deve essere, per tanto, rigettato. (omissis) PARTE I, SEZ. V1 GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 CORTE Dl CASSAZIONE; Sez. I, 3 luglio 1993, n. 7311 -Pres. Rossi Est. Cicala -P. M. Aloisi (conf.). -Soc. Marmarole (avv. Biamonti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). Tributi ii1 genere ..� Contenzioso tributarlo -Impugnazioni -Tennini� � Art. 327 c.p;c, -Applicabilit� alle decisioni delle commissioni -Impugnazione diilanzi @Ua Corte d'appello.~.� E' .preclusa dalla decorrenza dell'anno. (c.p.c. art. 327; d.P.R. 26 ottobre ~972, n. 636, a:t;tt. 22 e 40). L'applicabilit� dell'art. 327 c.p'.c. al processo tributario comporta che la decorrenza del tefrnine annuale preclude l'ammissibilit� della impugnazione sia innanzi alla Commissione centrale che innanzi alla Corte d'appello (1). (omissis). La sentenza impugnata si regge su un duplice ordine di argomentazioni alternative, per cui appare sufficiente verificare se una di esse sia fondata; e questa Corte. ritiene opportuno considerare preliminarmente se debba esser condiviso il profilo della motivazione della Corte di Milano incentrato sull'art, 327 c.p.c. Giova, in proposito, ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 10 gennaio 1992, n. 202, hanno sconfessato l'orientamento espresso nella decisione della prima sezione civile 29 ottobre 1990, n. 10456 ed hanno affermato che il primo comma dell'art. 327 del codice di procedura civile enuncia un principio di carattere generale applicabile in tutto l'ordinamento processuale; perci� anche le sentenze delle commissioni tributarie di primo e secondo grado non possono pi� essere impugnate ove sia decorso un anno dalla loro pubblicazione (che si perfeziona con il deposito della sentenza senza che occorra la comunicazione dell'avviso di cancelleria di cui al 2� comma dell'art. 133 (1) Conseguenza rigorosa del principio affermato dalle Sez. Un. con la sentenza 10 g<:)nnaio 1992, n. 202, in questa Rassegna, 1992, I, 113, e ormai consolidato. Resta il problema di conciliare con questa regola l'art. 40 del d.P.R. n. 636/1972 secondo il quale l'impugnazione � proponibile innanzi alla Corte d'appello soltanto dopo che � decorso dnfruttuosamente per tutte le parti il termine per ricorrere alla Commissione centrale. Poich� l'art. 40 � diretto ad escludere la possibilit� di duplice impugnazione, la preclusione dell'impugnazione innanzi alla Commissione centrale � da considerare una condizione di sola procedibilit� che pu� maturare anche dopo la proposizione del ricorso e prima della decisione; nel caso l� preclusione maturerebbe ben presto proprio per effetto dell'art. 327 ove la Corte d'appello venga adita sullo spirare del termine. La situazione pu� per� complicarsi se a ridosso della scadenza una delle parti ricorre alla Commissione centrale ed altra innocentemente alla Corte d'appello; in tal caso dovrebbe ammettersi che l'impugnazione tempestiva innanzi alla Corte d'appello debba convertirsi in impugnazione incidentale innanzi alla Commissione centrale. 436 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO c.p.c.). Ed a questo insegnamento delle Sezioni Unite il Collegio ritiene di uniformarsi. Il contribuente sostiene, per altro, che �l'inutile decorso del termine di cui all'art. 327 c.p.c. avrebbe solo determinato la improponibilit� di una eventuale impugnazione alla Commissione Tributaria Centrale, mentre per il ricorso alla Corte d'Appello egli avrebbe avuto a disposizione, in �base all'art. 40 del d.P.R. 636/1972, altri novanta giorni. Ed a sostegno di questa tesi � possibile invocare un passo, che costituisce per altro un � obiter dictum �, della gi� citata sentenza 202/1992 delle Sezioni Unite. Il Collegio non ritiene per� di condividere siffatta opinione. La applicazione in ogni ambito dell'ordinamento, e perci� anche nel processo tributario, dell'art. 327 c.p.c. costituisce infatti riconoscimento del carattere generale di tale norma, che prevale su tutti i meccanismi, previsti nei differenti settori, e che possono far s� che una sentenza acquisisca il carattere di definitivit� in un termine superiore all'anno dal deposito. Sarebbe perci� incongruo, dopo aver applicato l'art. 327 c.p.c. in ordine alle impugnazioni alla Commissione Tributaria Centrale, consentire, scaduto il termine annuale (prorogato in base alla legge sulla sospensione feriale), la presentazione del ricorso alla Corte d'appello. I Non vi � infatti motivo per ritenere che l'art. 327 c.p.c. costituisca un limite all'art. 22 del d.P.R. 636/1972 e non anche all'art. 40 del mede I Ifil simo d.P.R. (omissis) ~ CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1993, n. 7771 -Pres. Beneforti -Est. Baldassarre -P. M. Amirante (conf.). Ministero delle finanze (avv. Stato Cingolo) c. Soc. Italcementi. Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi di lavoro dipendente -Rivalutazione monetaria di retribuzioni -Costituisce reddito imponibile da assoggettare a ritenuta. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46 e 48; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23; c.p.c. art. 429). La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., quale componente essenziale del credito di lavoro tardivamente soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivit� lavorativa. Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, in forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da " tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo di imposta in dipendenza del lavoro prestato �, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 � soggetto alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro � obbligato ad operare all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 �. (1) (omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 46 e 48 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e art. 429 cod. proc. civ., nonch� vizio di motivazione, assume che la rivalutazione monetaria costituisce una componente del complessivo credito di lavoro, strettamente connessa al credito originario, e trae origine dal rapporto di lavoro, con la conseguenza che sull'ammontare della medesima il datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, deve operare la ritenuta d'acconto. Il ricorso � fondato. Nella specie non � controverso che la societ� intimata, rimasta fi)ccombente nel giudizio intentato dal proprio ex-dipendente per la corresponsione di competenze lavorative, ha provveduto, in esecuzione della pronuncia di condanna, al pagamento, tra l'altro, di somma liquidata a titolo di rivalutazione monetaria dei crediti del lavoratore. Non rilevano, per tanto, le successive vicende, di cui � cenno nella narrativa della decisione impugnata, alle quali la parte interessata, onerata della prova di eventuale giudicato esterno, e la stessa decisione non hanno ricollegato (e non avrebbero potuto collegare, trattandosi di giudizi a cui � rimasta estranea l'Amministrazione finanziaria) alcun effetto preclusivo. Ne deriva che deve trovare applicazione il seguente, puntuale prin cipio di diritto -che si enuncia anche agli effetti dell'art. 384 cod. proc. civ. -affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 5441/91 (conf. le sent. di questa Sezione nn. 3543/90, 4924/89, 621/89, tra altre), superando il contrasto creato dalla sentenza n. 498/89: �La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., quale componente essenziale del credito di lavoro tardivamente soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivit� lavorativa. Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, n forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da � tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro prestato �, � soggetto alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro � obbligato ad operare all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 �. (omissis) (1) Giurisprudenza ormai costante. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 438 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1993, n. 7901 -Pres. Sensale Est. Lupo -P. M. Iannelli (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato II Laporta) c. Sabino. Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Accertamento Prova " Perquisizioni a fini penali -Utilizzabilit� � Limiti. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51, 52, 54, 55 e 63). La documentazione acquisita legittimamente in una perquisizione penale operata dalla Guardia di finanza su ordine della Procura della Repubblica pu� essere utilizzata dall'ufficio IVA ai fini dell'accertamento tributario disciplinato negli artt. 54 e 55 del d.P.R. 633/72, nei limiti previsti da queste disposizioni. L'utilizzabilit� va affermata anche nel regime anteriore al d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, nei casi in cui essa non comportava violazione del segreto istruttorio. (1) (omissis) In data 11 luglio 1980 ufficiali di polizia giudiziaria del nucleo di polizia tributaria, su ordine del sostituto procuratore della Repubblica di Varese emanato nel corso delle indagini conseguenti a denunzia per ricettazione, eseguirono una perquisizione domiciliare nel1' abitazione di Vito Antonio Sabino e negli uffici della societ� di fatto G.A.V., di cui il Sabino era socio. Nell'abitazione del Sabino furono rinvenuti alcuni brogliacci e bolle di consegna pertinenti all'attivit� commerciale della societ� G.A.V. I Il 18 novembre 1981 l'Ufficio I.V.A. di Varese notific� alla G.A.V. separati avvisi di rettifica delle dichiarazioni IVA relative, per quel che qui interessa, agli anni 1977, 1978 e 1979, a seguito dell'accertamento di I vendite effettuate in evasione dell'IVA, risultanti dall'esame dei menzionati brogliacci e bolle di consegna. Avverso detti avvisi di rettifica Giovanni e Vito Antonio Sabino, quali soci della societ� G.A.V., proposero ricorso alla Commissione tributaria di primo grado, sostenendo che gli accertamenti erano illegittimi perch� fondati su elementi documentali acquisiti in violazione delle norme vigenti. Il ricorso fu respinto dalla Commissione di primo grado e dalla Commissione di secondo grado, ma � stato accolto dalla Corte di appello di Milano, con la sentenza depositata il 9 maggio 1989. La Corte ha osservato che l'ordine di perquisizione non integrava la specifica autorizzazione prevista dall'art. 52, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, la quale, quando concerne abitazioni, � subordinata all'esi (1) Decisione di grande rilievo di cui va segnalata la completezza della mo� tivazione, Di particolare interesse la precisazione che non � necessaria l'autorizzazione dell'autorit� giudiziaria, quando il segreto istruttorio sia venuto meno. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA stenza di gravi indizi di violazioni della legge sull'IVA. La Corte ha, perci� ritenuto che l'acquisizione dei brogliacci avvenne in violazione dei diritti di difesa del contribuente e che tale materiale probatorio � inutilizzabile per l'accertamento tributario. Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano l'amministrazione delle finanze ha proposto ricorso per cassazione; Giovanni .e Vito Antonio Sabino hanno resistito con controricorso, MOTIVI DELLA DECISIONE 1. -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione delle finanze deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 54 e 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, nonch� l'omessa motivazione su punto decisivo (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.). La �Amministrazione ricorrente censura la premessa di fondo della sentenza impugnata, e cio� la ritenuta illegittimit� della perquisizione domiciliare. Tale atto -compiuto dalla guardia di finanza quale organo di polizia giudiziaria in esecuzione di ordine emesso dal Procuratore della Repubblca nell'esercizio della funzione giurisdizionale penale -era incontrovertibilmente legittimo, onde � irrilevante la inosservanza dell'art. 52 del d.P.R. n. 633/1972, che regola gli accessi e le ispezioni fiscali. A seguito di tale legittima perquisizione fu redatto il processo verbale di constatazione del 31 ottobre 1980, richiamato negli avvisi di rettifica, ma ignorato dalla sentenza impugnata. Siffatto accertamento tributario, traendo motivo dalle ripetute e gravi omissioni e irregolarit� constatate nelle registrazioni contabili della societ� G.A.V. ad esito del confronto eseguito tra tali scritture ed i brogliacci acquisiti nel corso della perquisizione, deve ritenersi legittimo in applicazione dell'art. 55 del d.P.R. n. 633/72, che consente all'ufficio tributario di procedere � sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio �. 2. -Il motivo di ricorso � fondato nei limiti di seguito precisati. � esatta l'osservazione di fondo della parte ricorrente, in ordine alla non pertinenza del richiamo che la Corte di appello ha effettuato all'art. 52 del d.P.R. n. 633/72, che disciplina gli accessi e le ispezioni compiuti a fini fiscali. Nel caso di specie si � avuta, come si � detto in narrativa e come � esplicitamente affermato nella sentenza impugnata, una perquisizione penale, compiuta su ordine della Procura della Repubblica di Varese per indagini relative a reati. Nessuna contestazione risulta insorta sulla legittimit� di tale atto di perquisizione e del conseguente sequestro delle cose nel corso di essa rinvenute (art. 336 vecchio c.p.p., vigente all'epoca di tale attivit�). Si tratt�, quindi, di attivit� legittimamente compiute sulla base dell'unico parametro legale per esse rilevante. � perci� erronea la sen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 440 tenza impugnata, che ha affermato la illegittimit� di tali attivit� alla luce di una disposizione (l'art. 52 del d.P.R. n. 633/72) estranea alla disciplina normativa sulla base della quale esse furono compiute. Il problema, come osserva la parte ricorrente, � solo quello di stabilire se gli effetti degli atti penali pienamente legittimi possono o meno assumere rilevanza nell'ordinamento tributario, e cio� se i risultati della perquisizone e del sequestro penali sono o meno utilizzabili ai fini dell'accertamento tributario. Ma si tratta di problema tutto affatto diverso da quello che si � posto la sentenza impugnata. 3. -Il quesito relativo alla utilizzabilit�, nei termini precisati nel precedente paragrafo, va risolto sulla base del disposto degli artt. 54 e 55 del d.P.R. n. 633/72 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, trattandosi di accertamento compiuto anteriormente a quest'ultimo testo normativo). In questa sede non pu� stabilirsi quale tipo di accertamento sia stato effettuato dall'amministrazione finanziaria, e cio� se quello analitico- contabile disciplinato dall'art. 54 citato (come sembrerebbe far ritenere la denominazione di � avviso di rettifica � adottata nel caso di specie) ovvero quello induttivo-extracontabile previsto dal successivo art. 55 (come ha affermato l'amministrazione finanziaria, nel ricorso per cassazione). Tale punto di fatto rientra nelle attribuzioni del giudice del merito, e dovr� essere stabilito dal giudice di rinvio, essendo mancato al riguardo ogni accertamento da parte della Corte di appello. Questa Corte di legittimit� deve limitarsi ad affermare sul piano giuridico (e agli effetti della formulazione del principio di diritto al quale il giudice di rinvio dovr� attenersi) che i risultati di una perquisizione e di un sequestro penali legittimamente compiuti sono utilizzabili nell'applicazione sia dell'art. 54 sia dell'art. 55 citati. Tale affermazione va adeguatamente esplicitata in relazione a ciascuno dei due detti articoli. 4. -L'art. 54, nel secondo comma, prevede che l'infedelt� della dichiarazione IV A pu� essere accertata � mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicit� delle registrazioni sulla scorta ... degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti nell'art. 51 �. L'art. 51 richiamato, nel cpv. n. 5, prevede che gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, per l'adempimento dei loro compiti, possono � richiedere la comunicazione di dati e notizie alla guardia di finanza �. Alla richiesta dell'ufficio finanziario va parificato l'invio spontaneo di dati e notizie allo stesso ufficio da parte della guardia di finanza. Tale parificazione non � esclusa dal successivo art. 63, che prevede in generale la collaborazione della guardia di finanza con gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto. La espressa previsione, contenuta nel PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 primo comma di detto art. 63, della trasmissione ai detti uffici dei � verbali e rapporti � delle sole attivit� compiute dalla guardia di finanza in applicazione del precedente art. 52 � conseguente alla menzione del compimento delle stesse attivit�, ma non pu�� essere intesa come impeditiva della trasmissione all'ufficio finanziario di dati e notizie comunque raccolti dalla guardia di finanza, e quindi anche per effetto di attivit� diverse da quelle indicate nell'art. 52, purch� si tratti di attivit� legittimamente effettuate. Vanno, ovviamente, esclusi i soli dati e notizie che l'art. 51 n. 5 tutela in modo particolare, ponendo espresse eccezioni alla facolt� degli uffici finanziari di richiederne la comunicazione. Tra i dati e notizie che la guardia di finanza pu� comunicare agli uffici IVA, in applicazione della espressa previsione dell'art. 51 cpv. n. 5 e del generale principio di cooperazione posto dall'art. 63, vanno inclusi i risultati acquisiti nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, salvi i limiti del segreto istruttorio (art. 230 e 307 vecchio c.p.p., vigente all'epoca dei fatti per cui � causa). Siffatta affermazione non trova ostacolo nel fatto che -come si sottolinea nel controricorso -il legislatore � intervenuto, con il gi� citato d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463 (successivo ai fatti di causa), per aggiungere, nell'originario primo comma del citato art. 63, la espressa previsione che la guardia di finanza, �previa autorizzazione dell'autorit� giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri e facolt� di polizia giudiziaria e valutaria �. La trascritta disposizione normativa � innovativa solo per quanto riguarda la previsione dell'autorizzazione dell'autorit� giudiziaria idonea ad accertare che l'utilizzazione a fini tributari dell'atto del procedimento penale non arreca nocumento all'esercizio della funzione giudiziaria. Ma l'utilizzazione per l'accertamento tributario di tali atti, ogni qualvolta non si poneva un problema di violazione del segreto istruttorio (perch�, per esempio, la segretezza interna sugli stessi atti era gi� venuta meno o perch� il procedimento penale era concluso), doveva ritenersi consentita dall'ordinamento anche prima del d.P.R. n. 463 del 1982. Nel caso di specie, nell'atto di impugnazione davanti alla Corte di appello i contribuenti hanno affermato che l'indagine penale si concluse con il loro proscioglimento istruttorio, e quindi nessun problema di segreto istruttorio sembra porsi, anche a prescindere da ogni considerazione sull'interesse dei contribuenti a lamentarne la violazione. 5. -Anche rispetto alla rettifica prevista dal terzo comma dell'art. 54 sono utilizzabili i documenti acquisiti nella perquisizione domiciliare penale compiuta dalla guardia di finanza contro il Sabino. La RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 442 I citata disposizione consente all'ufficio finanziario di utilizzare, per la rettifica, gli � altri atti e documenti in suo possesso �, indicati in modo fil generico e senza alcuna limitazione in ordine alla provenienza. Peraltro, per l'applicazione della norma in discorso, da atti e documenti in possesso dell'ufficio IVA deve risultare � in modo certo e diretto, e non in � via presuntiva �, �l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione� (ovvero l'inesattezza delle indicazioni relative alle detrazioni). 6. -Per quanto attiene all'accertamento induttivo, disciplinato dall'art. 55, questo consente di utilizzare i dati e le notizie � comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio �, e quindi nessun dubbio pu� porsi sulla utilizzabilit� dei risultati della perquisizione, come esattamente ha osservato la parte ricorrente. Va, peraltro, tenuto presente che in tanto l'ufficio pu� procedere all'accertamento induttivo in quanto sussistano determinati e tipizzati presupposti, previsti in via alternativa nei primi due commi dell'art. 55. Nel presente caso pu� assumere rilievo il solo secondo comma, seconda parte, che, in tre numeri, prevede quattro situazioni (il n. 3 contiene due situazioni). Di tali quattro situazioni, tre presuppongono che sia avvenuta una ispezione a norma del precedente art. 52, onde non possono ricorrere nel presente caso, in cui, come si � detto (v. retro par. 2), � avvenuta una perquisizione penale, e non una ispezione fiscale. N� la prima pu� essere equiparata alla seconda, perch� in tal modo si produrrebbe una elusione delle specifiche garanzie previste dall'art. 52, secondo comma, per la ispezione fiscale in abitazione. Sotto questo limitato aspetto le preoccupazioni garantistiche espresse dalla Corte di appello sono fondate. Nel presente caso pu� ricorrere, quindi, una sola di dette quattro situazioni, e precisamente quella prevista all'inizio del n. 3, e cio� il caso di � omissioni� e di � false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell'art. 54 �, e che siano � cos� gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilit� del contribuente �. Il richiamo dell'art. 54 rende rilevanti, anche a proposito dell'accertamento induttivo, le considerazioni formulate in relazione alla rettifica contabile, ed alla utilizzazione a tal fine dei dati e notizie � raccolti nei modi previsti nell'art. 51 � (v. retro, par. 4). 7. -L'utilizzabilit� ai fini fiscali dei documenti acquisiti legittimamente nel corso della perquisizione domiciliare penale non si pone in contrasto con la inviolabilit� del domicilio, garantito dall'art. 14 Cost., come si afferma nella sentenza impugnata. . ' ...Ht~r���f::i$~~==~�~�-fiiP@.lf${Ml;!PiiH'.f?-.'.f:1wnN-WP1FffJ@W�� ffo/@ll:~�-�f.::W?Wf:~ .J@L.JllL.. .v�f:fi.fr.m��,,.&, .x.ffJt.'~�~�-=��'�'dfF4.JI i.hx.��,. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 La legittimit� della perquisizione penale e del conseguente sequestro esclude ogni violazione del bene costituzionalmente protetto, dato che il mezzo di ricerca della prova � stato legalmente posto in essere. L'utilizzazione che della prova legittimamente acquisita si faccia successivamente a fini fiscali non ha pi� alcuna attinenza alla tutela del domicilio, perch� non comporta altra incidenza su detto bene. Infine, va avvertito che la presente pronunzia non si pone in contrasto con la� serttenz� di questa sezione n. 10918 del 5 ottobre 1992, che ha ritenuto inutilizz�bile per l'accertamento tributario la documentazione bancaria sequestra:ta in via penale prima del d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463. La documentazione �dei rapporti tra gli istituti ed aziende di credito e i loro clienti ha un regime di tutela particolare, e rientra quindi nelle eccezioni espressamente poste dall'art. 51 cpv. n. 5 alla generale acquisibilit� di dati e notizie sancita da detta norma (v. retro, par. 4). 8. -In conclusione, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che stabilir� quale tipo di accertamento si � avuto nel caso di specie (se ex art. 54 o ex art. 55 d.P.R. n. 633/72) e decider� sul ricorso dei contribuenti attenendosi al seguente principio di diritto: �La documentazione acquisita legittimamente in una perquisizione penale operata dalla guardia di finanza su ordine della Procura della Repubblica pu� essere utilizzata dall'ufficio IVA ai fini dell'accertamento tributario disciplinato negli artt. 54 e 55 del d.P.R. n. 633/72, nei limiti previsti da queste disposizioni. L'utilizzabilit� va affermata anche nel regime anteriore al d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, nei casi in cui essa non comportava violazione del segreto istruttorio�. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1993, n. 8299 -Pres. Corda Est. Lupo ~ P. M. Lupi (diff.) -Miccoli c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi). Tributi in genere � Sanzioni � Prescrizione � Interruzione � Legge 7 gen naio 1929, n. 4 � Ricorso al Ministro � Non interrompe la prescrizione. (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 17 e 56; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141; cod. civ. artt. 2943 e 2945). A seguito della riforma tributaria del 1972 � stata eliminata la regola desumibile dall'art. 141 della legge di registro del 1923, e alla prescrizione � stata sostituita la decadenza; conseguentemente dopo la notifica dell'ordinanza dell'intendente di finanza inizia subito a decorrere 444 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO un nuovo termine di prescrizione che non � interrotto dalla proposizione del ricorso al Ministro a norma dell'art. 56 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 (1). (Omissis) 2. -Con l'unico motivo del ricorso il Miccoli deduce la violazione dell'art. 2943 cod. civ., che elenca gli atti interruttivi della prescrizione, tra i quali non � compresa la proposizione di un ricorso amministrativo da parte del debitore. N� tale atto pu� essere incluso nella categoria generale prevista dall'ultimo comma dello stesso art. 2943, che si riferisce agli atti di costituzione in mora provenienti dal creditore, mentre nel presente caso fu il debitore Miccoli a proporre il ricorso amministrativo. Il ricorrente lamenta, altres�, un vizio logico di motivazione della sentenza impugnata, non avendo il Tribunale censurato gli argomenti giuridici che avevano condotto il pretore ad una conclusione opposta, condivisa anche da una sentenza emessa poco prima dallo stesso Tribunale di Bari. 3. -Il motivo di ricorso � fondato nella censura che denunzia violazione di legge. I Il Tribunale ha escluso che sia maturato il termine quinquennale di prescrizione del diritto alla riscossione della pena pecuniaria, pre- I I I (1) Nota sulla prescrizione dopo la riforma tributaria. I -Abbandonando esplicitamente l'orientamento giurisprudenziale passato, la sentenza riconosce maturata la prescrizione attraverso i seguenti enunciati: a) il principio che la domanda del contribuente interrompe la prescrizione a favore di entrambe le parti, desumibile dall'art. 141 della legge di registro del 1923, non esiste pi�; b) attualmente la decadenza ha sostituito la prescrizione e questa comincia a correre solo dopo che l'accertamento � divenuto definitivo; e) il ricorso al Ministro ex art. 56 della legge 7 gennaio I1929 n. 4 non interrompe la prescrizione non essendo n� un atto con cui si inizia un giudizio, n� un atto di messa in mora, provenendo dal debitore. II -Il principio che il ricorso contenzioso amministrativo (al pari della domanda giurisdizionale) interrompe la prescrizione che non corre fino alla definitivit� della decisione che definisce il procedimento si fondava, e si I fonda tuttora, sull'art. 2945 e.e. -Mentre pende una controversia, la prescrizione non pu� correre per nessuna delle parti che stanno in posizione di legittima attesa e non possono essere tenute a compiere atti generici di interruzione che non potrebbero essere seguiti da manifestazioni concrete di I esercizio del diritto. La stessa ratio che l'art. 2945 riferisce all'� atto con il quale si inizia il giudizio � vale per il ricorso amministrativo che, quando � I regolato dalla legge, � un tipico strumento contenzioso che instaura un rapl I porto procedimentale nel quale l'organo amministrativo ha il dovere di de j cidere (tale � indubbiamente il ricorso gerarchico al Ministro delle finanze f disciplinato dall'art. 56 della legge 7 gennaio 1929 n. 4). I I In relazione a questo procedimento la giurisprudenza, con approfondita l indagine, ha posto una distinzione fra procedimenti amministrativi nei quali I I I I i �I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 visto dall'art. 17 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, facendo richiamo ad un orientamento interpretativo in precedenza affermato da questa Corte, secondo cui il ricorso al Ministro delle finanze -presentato dall'interessato avverso l'ordinanza dell'intendente di finanza che determina la pena pecuniaria (art. 56 della citata legge n. 4 del 1929) -ha efficacia di �atto interruttivo permanente� della prescrizione, nel senso che il corso della prescrizione � sospeso sino alla decisione ministeriale sul ricorso stesso. L'orientamento interpretativo applicato dal Tribunale � stato affermato dalle sentenze di questa Sezione n. 624 del 17 febbraio 1975 e n. 2944 del 15 maggio 1984, le quali hanno desunto un principio generale in materia tributaria dall'art. 141 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 (1egge del registro) e dall'art. 90 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 (legge tributaria sulle successioni). Tali due articoli, nel primo comma, contengono una disposizione di uguale contenuto, del seguente tenore: � La domanda del contribuente in via amministrativa sia per rimborso di tassa, sia per opposizione a richiesta di tassa complementare o suppletiva, interrompe la prescrizione in favore di ambe le parti. La prescril'Amministrazione � parte titolare del diritto di credito, da procedimenti amministrativi contenziosi nei quali l'Amministrazione ha funzione giustiziale ed � terzo rispetto all'Amministrazione attiva; solo in quest'ultimo caso trova applicazione la regola della interruzione con effetto durevole. Di conseguenza applicando questi criteri al procedimento di repressione delle violazioni degli artt. 55 e segg. della legge 7 gennaio 1929, n. 4, si ha che il verbale di contestazione interrompe la prescrizione soltanto con effetto istantaneo, perch� il procedimento che segue fino alla emanazione dell'ordinanza dell'intendente non � giustiziale; successivamente il ricorso al Ministro, che � un vero e proprio ricorso gerarchico, interrompe la prescrizione a favore di entrambe le parti fino al momento della decisione (Cass., 15 maggio 1984 n. 2944, in Boll. trib., 1984, 1814). � appena necessario precisare che il ricorso del contribuente contro un atto dell'ufficio tributario che, con inversione della posizione processuale delle parti, introduce il procedimento (o anche il processo giurisdizionale), interrompe la prescrizione anche a vantaggio della Amministrazione, essendo questo il modo generalizzato (l'Amministrazione non � mai attrice o ricorrente) di proposizione della domanda che segue (non diversamente dalla ingiunzione ordinaria seguita da opposizione) l'atto dell'ufficio conferendo ad esso, che aveva gi� effetto interruttivo istantaneo, l'effetto interruttivo durevole. Non si vede come questa regola basata su un principio generale, valido per tutti i ricorsi amministrativi contenziosi in ogni materia, possa risultare modificata dalla riforma tributaria. L'art. 141 della legge di registro del 1923, oltre ad assorbire questo principio di per s� valido nell'ordinamento, aveva un contenuto pi� ampio; prevedeva una interruzione � per tutta la materia tassabile>>, al di l� dell'oggetto controverso, e per tutte le parti, anche diverse da quelle presenti nel procedimento. In questa pi� estesa previsione l'art. 141 pu� ritenersi non pi� presente nell'ordinamento; ma non � giustificata la 12 446 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zione rimane sospesa fino a che l'amministrazione finanziaria non abbia notificato al ricorrente la propria decisione�. La disposizione ora trascritta, per�, non si rinviene pm nella normativa emanata in applicazione della legge-delega per la riforma tributaria del 9 ottobre 1971 n. 825. Per l'imposta di registro il d.'.P.R. 26 otto I V, bre 1972 n. 634 ha sostituito i preesistenti termini prescrizionali con termini di decadenza (artt. 74-75), non soggetti ad interruzione, mentre la prescrizione � stata prevista soltanto per il diritto a riscuotere l'imposta definitivamente accertata (art. 76). Non vi � quindi possibilit� di applicazione di una regola come quella dedotta dal previgente art. 90 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270. Modifiche analoghe, e cio� sostituzioni di termini di decadenza ai previgenti termini prescrizionali, sono state operate dal d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637 nella disciplina dell'imposta sulle successioni. Deve quindi ritenersi che le disposizioni normative dalle quali � stato tratto il principio giuridico applicato dalla sentenza impugnata erano ormai abrogate quando � stata commessa la violazione per la quale � stata applicata al Miccoli la pena pecuniaria della cui prescrizione si discute (dicembre 1972-gennaio 1973). Tale principio non pu� I J affermazione che la riforma tributaria abbia escluso l'applicabilit� dell'art. 2945 e.e. Peraltro la riforma del 1972 ha generalizzato e unificato la disciplina dei ricorsi amministrativi costruiti come necessariamente pregiudiziali alla azione innanzi all'AGO per i tributi rimasti assoggettati a tale giurisdizione (art. 38, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 640 per l'imposta sugli spettacoli; artt. 11 e 12 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641 per l'imposta sulle concessioni governative; art. 33 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 per l'imposta di bollo; art. 20 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 638 per i tributi comunali; art. 24 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 639 per l'imposta sulla pubblicit�; art. 3 legge 24 gennaio 1978 n. 27 sulle tasse automobilistiche). In queste materie il ricorso amministrativo occupa un tempo necessariamente intermedio tra l'accertamento e la domanda in sede ordinaria, s� che sarebbe veramente inconcepibile che si verifichi la prescrizione (per l'una o per l'altra parte) mentre si � in attesa della decisione amministrativa che � il presupposto della proponibilit� della domanda giudiziale. III � � vero che un indirizzo prevalente della riforma � consistito nel sostituire la decadenza alla prescrizione pur in riferimento a termini lunghi che per la decadenza sono inconsueti. Ma ci� non avvalora affatto quanto affermato nella sentenza in esame. Si dovrebbe innanzi tutto considerare nel suo insieme la portata della riforma; alla decadenza, anche per quanto concerne le sanzioni, si accompagna la concentrazione nello stesso ufficio del potere di accertamento e del potere sanzionatorio, esercitabili anche con unico atto, s� che le vicende processuali che seguono e che riguarderanno sia il tributo che la sanzione provocano sempre l'effetto di impedire la decadenza. Il procedimento sanzionatorio degli artt. 55 e segg. della legge n. 4 del 1929, ormai ridotto ad un campo assai limitato, si differenzia profondamente 448 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO parificata all'atto di costituzione in mora indicato nell'ultimo comma dell'art. 2943, che � posto in essere dal titolare del diritto (mentre il ricorso al Ministro � presentato dal contribuente, che � debitore della pena pecuniaria pretesa dallo Stato). Non � ravvisabile, poi, nella pendenza del ricorso amministrativo la sussistenza di una causa di sospensione della prescrizione, rientrante tra quelle elencate negli artt. 2941-2942 cod. civ. Deve quindi affermarsi che dopo la notifica al trasgressore dell'ordinanza dell'intendente di finanza che determina l'amontare della pena pecuniaria (notifica che ha effetto di atto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2943 cod. civ.), inizia subito a decorrere un nuovo termine di prescrizione quinquennale, che non � interrotto dalla presentazione del ricorso al Ministro previsto dall'art. 56 della legge n. 4 del 1929. (omissis) della legge n. 4/1929. Come si � accennato l'atto introduttivo di un ricorso am� ministrativo tipico ha gli stessi effetti dell'� atto con il quale si inizia un giu� dizio �. L'ufficio tributario, che non pu� riscuotere il credito, non pu� subire� la prescrizione nell'attesa della decisione, cos� come non pu� subirla il contri� buente quando con il ricorso tutela un suo diritto. E si � anche visto che il ricorso del contribuente che segue un atto dell'ufficio col quale si manifesta la pretesa al tributo (nella specie ordinanza) equivale ad una azione promossa dall'ufficio. Sarebbe esatto dire che il ricorso non vale come atto di costituzione in mora, perch� proviene dal debitore; ma il ricorso va considerato come atto introduttivo di un giudizio che bench� provenga dal debitore prolunga l'effetto interruttivo del provvedimento dell'ufficio. CARLO BAFILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1993, n. 8366 -Pres. Rossi Est. Cicala -P. M. Amirante (conf.) -Ministero delle finanze (avv. Stato Braguglia) c. Giusti. Tributi erariali diretti -Sanzioni -Art. 98 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 � Rappresentante del soggetto obbligato -Nofitica del ruolo � Non � necessaria -Tutela giurisdizionale del rappresentante. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98). Il rappresentante del soggetto obbligato per la sanzione dell'art. 98 del d.P.R. 602/1973 � tenuto in solido al pagamento e contro di esso l'Amministrazione pu� rivolgersi non appena abbia la prova dell'inadempimento dell'obbligato principale senza che occorra la notifica del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 provvedimento sanzionatorio; tuttavia il rappresentante ha piena tutela giurisdizionale per contestare sia il rapporto fra s� e l'obbligato sia la sussistenza della violazione a carico del debitore principale (1). (Omissis). L'unico motivo di ricorso d�lla Amministrazione merita accoglimento. Coloro che hanno la rappresentanza del soggetto obbligato sono tenuti al pagamento di soprattasse e pene pecuniarie in solido cori il soggetto passivo inadmpiente (art. 98, 6� comma del d.P.R. 602/73): e la amministrazione pu� rivolgersi al rappresentante non appena abbia la prova della inadempienza dell'obbligato principale, senza che occorra la notifica al rappresentante del provvedimento motivato previsto dal primo comma del citato art. 98, e di cui � prescritta la notifica solo al contribuente principale. Questa procedura non impedisce al rappresentante di esercitare pienamente i diritti di difesa: egli pu� adire alla giustizia tributaria contestando sia il rapporto fra s� e l'obbligato sia la sussistenza della infrazione a carico del debitore principale. Inoltre pu� chiedere all'intendente di finanza la sospensione della esecuzione: con la entrata in vigore del nuovo contenzioso tributario simile istanza potr� poi essere rivolta alla commissione tributaria (art. 47 del D.L. 31 dicembre 1992, n. 546). (Omissis). (1) Si riconferma la precisazione che per agire contro il rappresentante dell'obbligato principale non occorre la notifica del provvedimento sanzionatorio (che non sempre esiste) e nemmeno del ruolo; � infatti sufficiente la notifica dell'avviso di mora (art. 46 d.P.R. 602/1973). Sono da fare delle riserve sulla ampiezza della tutela g;iurisdizionale riconoscibile al rappresentante. Cfr. sulla intera questione C. B.'IFILE, Alcune riflessioni sui limiti della giurisdizione speciale tributaria, in Riv. dir. trib., 1991, I, 721; ID., Alcune osservazioni sulla pluralit� soggettiva e sulle societ� di persone, ivi, 1993, Il, 340. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 agosto 1993, n. 8549 -Pres. Borr� Est. Bibolini -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Caramazza) e RAI (avv. Pace) c. Treccani. Tributi erariali indiretti -Tasse radiofoniche e televisive -Canone di abbonamento -Natura -Presupposto -Impossibilit� di ricezione dei programmi nazionali -Irrilevanza. (r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, artt. 1-13; I. 14 aprile 1975, n. 103, art. 15). Poich� in forza dell'art. 15 della legge 14 aprile 1975, n. 103, il "canone" di abbonamento televisivo � da qualificarne come imposta, nella quale non esiste nesso necessario tra la prestazione del servizio nazio 450 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nale e l'obbligo di pagamento, presupposto della obbligazione tributaria � la detenzione di apparecchio atto o adattabile alla ricezione di qualsiasi emittente radiofonica o televisiva, italiana o straniera, pubblica o privata. Non esclude l'obbligo di pagamento del canone l'impossibilit� di ricezione dei programmi nazionali della RAI per mancanza di ripetitori (1). (Omissis) -1. R,ICORSO 677/85 DEL MINISTERO DELLE FINANZE. Con l'unico motivo di ricorso il Ministero delle Finanze deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. l, 10 e 12 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246 convertito in legge 4 giugno 1938, n. 880, oltre a contraddittoriet� di motivazione su punto decisivo della controversia, dolendosi del fatto che la Corte del merito, pur riconoscendo la natura tributaria del c.d. canone di abbonamento, abbia ravvisato il presupposto d'imposta, non gi� nella mera detenzione di un apparecchio astrattamente atto alla ricezione, ma nella detenzione di un apparecchio concretamente idoneo a captare l'emittenza del servizio pubblico. Il ricorrente rileva che, invece, secondo l'art. 1 e 19 del citato R.D.L. n. 246/38 il presupposto del pagamento del canone � costituito dalla detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione, indipendentemente dalla effettiva ricezione di questa o di quella emittenza. 2) RICORSO N. 1533/85 DELLA S.P.A. R.A.I. Con l'unico motivo di ricorso la S.p.A. R.A.I. deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1-13 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246 conv. in L. 4 giugno 1938, n. 880, dell'art. 1 della L. 10-12-54, n. 1150 e dell'art. 15 comma 2� della L. 14 aprile 1975, n. 103, oltre a motivazione perplessa e contraddittoria su un punto decisivo della controversia. La ricorrente rileva, innanzi tutto, che l'art. 10 del R.D.L. 246/38 e l'art. 17 della L. n. 103/75 hanno affermato la sussistenza di una presunzione legale in ordine all'utilizzabilit� dell'apparecchio acquistato e denunciato, con riferimento a qualsiasi emissione radiotelevisiva captabile, quale che sia la natura dell'emittente e quale che sia il mezzo di trasmissione utilizzato, salva l'ipotesi della chiusura. In secondo luogo rileva che i riferimenti normativi richiamati dalla Corte d'Appello in ordine ai termini � canone� ed � abbonamento� non hanno carattere significativo, in quanto costituiscono un retaggio sto (1) La natura tributaria del � canone � � sempre stata affermata (Cass. 1� febbraio 1983 n. 866, in questa Rassegna, 1983, I, 373). Di grande interesse l'approfondita analisi che ha portato a definire il canone come imposta. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rico risalente all'art. 3 del R.D. 1� maggio 1924, n. 655 quando la trasmissione radiofonica aveva connotati di carattere privatistico. In terzo luogo, rileva che la migliore smentita della tesi seguita dalla Corte torinese deriva dall'art. 15, 2� comma della L. n. 103/75 in quanto, il fatto che i canoni si delle emittenti estere, dimostra che non vi � affatto correlazione tra l'obbligo del pagamento del canone e l'erogazione del servizio pubblico. L'articolo ora citato, infatti, si � limitato a confermare l'obbligo del canone in tutte le ipotesi diverse dalle emissioni R.A.I. concepibili nel 1975. Essendo, �quindi, l'obbligatoriet� del canone collegata alla detenzione di un apparecchio che si presume atto alla ricezione fino a sigillatura e poich� la ricezione presunta non � solo quella delle trasmissioni erogate dalla R.A.I. quale concessionaria di pubblico servizio, ma anche quella di trasmissioni straniere o private, nessuna deduzione nel senso voluto dalla Corte del merito deriverebbe dalla considerazione della equivalenza tra sigillatura e zona d'ombra, volta che la zona d'ombra era relativa alle trasmissioni R.A.I. e non a quelle private o straniere via etere. Superata l'alternativa se l'obbligazione al pagamento del canone radiotelevisivo inerisca ad un rapporto di diritto privato o ad un rapporto di natura tributaria, e superata nel senso per ultimo indicato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, uniforme alle indicazioni emergenti da pronunce della Corte Costitozionale (v. Cass. 16 gennaio 1975, n. 164; Corte Cost. 8-6-1963, n. 81, richiamata da Corte Cost. 12-5-1988, n. 535) che individua nel � canone � natura tributaria con presupposto meramente reale e con base imponibile sottratta alla discrezionalit� della P. A., � necessario valutare quale sia, per parte dell'utente, il presupposto oggettivo del debito tributario, nonch� se vi sia, e quale, un presupposto oggettivo da parte dello Stato per la nascita del relativo credito. La Corte del merito, qualificando il rapporto tributario come �tassa�, individua il presupposto da parte dello Stato nella erogazione, sia pure tramite concessionario, del servizio pubblico nazionale per cui, di conseguenza, individua il presupposto oggettivo del debito, come descritto dall'art. 1 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 46 conv. nella L. 4 giugno 1938, n. 880, nella detenzione di uno o pi� apparecchi radiotelevisivi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni, intendendo per tali solo i programmi erogati, dal servizio pubblico nazionale. Nell'incontro possibile, ma concretamente possibile, tra l'emittente pubblica (diffusione di programmi in determinate zone), e la ricettivit� dell'utente in quanto detentore di uh apparecchio atto o adattabile alla ricezione di detta emissione, viene individuato il presupposto dell'obbligazione del canone come �tassa�; nozione nella quale, pur senza fare 452 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO del tributo un vero e proprio corrispettivo del servizio, si individua una relazione fra il tributo ed un atto dell'autorit� che apporta al privato un vantaggio. Dal presupposto, logica � la conseguenza che qualora, per qualsiasi motivo, l'erogazione dei servizi da parte d�lla R.A.I. non copra stabilmente determinate zone del territorio nazionale (nella specie per mancanza di ripetitori), il possesso di apparecchi astrattamente idonei a ricevere detti programmi, ma concretamente non utilizzabili al fine per la mancata stabile erogazione in zona dei programmi del servizio nazionale, farebbe venire meno il presupposto dell'obbligazione tributaria, essendo indifferente l'utilizzabilit� degli stessi apparecchi per la ricezione nel territorio dello Stato di programmi di stazioni straniere ovvero di emittenti private. Il problema, peraltro, posto dal dibattito tra le parti attiene proprio all'individuazione del presupposto reale del debito tributario, nell'alternativa se esso sia costituito dalla detenzione di un apparecchio atto o adattabile essenzialmente alla ricezione dei programmi del servizio nazionale, ovvero se l'attitudine o l'adattabilit� alla ricezione costituisca presupposto sufficiente ancorch� delimitato alla ricezione di emittenti straniere o private. Sul punto � opportuno ricordare due interventi nella materia della Corte Costituzionale la quale, con sentenza 12 maggio 1988, n. 535, dichiar� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale degli artt. l, 10 e 25 del R.D.L. n. 246/38 conv. in L. n. 880/38, sul presupposto che il regime del canone non � delineato solo dalla predetta legge, ma anche, ed in maniera qualificante, dall'art. 15 della L. 14 aprile 1975, n. 103, sul quale la questione di legittimit� non era stata sollevata e che assumeva rilievo determinante, potendosi ipotizzare, in base a quest'ultima norma, che nella specie si vertesse in un'ipotesi di � imposta � anzich� di � tassa �, Utile �, inoltre, il richiamo sul punto anche dell'ordinanza 12-20 aprile 1989 n. 219 con la quale la questione di legittimit� degli articoli 1, 10 e 25 del D.L. n. 246/88 e dell'art. 15 L. n. 103/75, sollevata dalla Corte d'Appello di Torino che aveva qualificato il canone come �imposta�, veniva ritenuta manifestamente infondata sia sotto il profilo dell'art. 53 della Costituzione, in quanto la capacit� contributiva � correlata al presupposto economico al quale l'obbligazione � collegata, risultando del tutto irrilevante il conseguimento in concreto da parte del contribuente dell'utilit� sperata, sia sotto il profilo dell'art. 3 Cost., in quanto la costruzione del presupposto di imposta, anche come indice della capacit� contributiva, tiella mera det�nzione di un apparecchio radiotelevisivo, non � irragionevole �se comparata alla modestia del tributo che l'utente � tenuto a pagare. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La Corte Costituzionale, � vero, non ha con dette due pronunce qualificato espressamente il canone come � imposta�, qualificazione che nel primo caso � stata ipotizzata in relazione ad una questione non posta, ma essenziale per la qualificazione della fattispecie, e nel secondo caso derivava dalla Corte d'Appello di Torino nella sua autonomia di giudizio, di cui la Corte Costituzionale ha dato atto. Nell'un caso e nell'altro, peraltro, si evidenzia un problema inerente al quadro normativo nel quale si inserisce la questione dell'individuazione del presupposto reale del � canone �, di cui non pu� non tenersi conto. Ed invero, se da un lato lo schema dei rapporti tra lo Stato e l'utente rimane ancorato alle disposizioni del pi� volte citato R.D.L. n. 246/38, non pu� non tenersi conto, nell'interpretazione, sia della evoluzione tecnica che evidenzia situazioni non previste dalla legge n� in allora prevedibili (non si poneva ovviamente, in allora, il problema della copertura del territorio nazionale con ripetitori, in virt� della diversa modalit� di propagazione delle radioonde e delle onde di diffusione dell'immagine), sia dell'evoluzione normativa che alle nuove possibilit� tecnologiche si � accompagnata. In particolare, in un quadro normativo modificato a seguito delle sentenze n. 225 e 226/74 della Corte Costituzionale, il legislatore del 1975 (L. 14 aprile 1975 n. 103, art. 15), previde espressamente che il canone di abbonamento ,oltre che la tassa di concessione governativa, fossero dovuti � anche dai detentori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni sonore o televisive via cavo o provenienti dall'estero �. In via ermeneutica la norma ora richiamata non pu� interpretarsi nel senso che le nuove possibilit� ricettive debbano aggiungersi alla ricezione del servizio nazionale per potere costituire presupposto del tributo, ch� in tale caso, esistendo comunque la previsione del presupposto originario, la specificazione normativa sarebbe stata del tutto inutile. Essa, per contro, deve essere interpretata nel senso che anche l'attitudine alla ricezione delle emissioni via cavo o provenienti dall'estero pu� costituire, da sola, presupposto reale dell'obbligazione tributaria. In tale senso la legge del 1975 citata scinde la correlazione tra la prestazione del pubblico servizio radiotelevisivo e l'obbligo del pagamento del canone, precludendo la ravvisabilit� non solo del carattere di corrispettivit� del secondo rispetto alla prestazione, ma quella relazione tra il tributo e l'atto dell'autorit� vantaggioso per il privato che delinea un minimo carattere distintivo del tributo come �tassa�, qualora la prestazione vantaggiosa si individui nell'espletamento del pubblico servizio radiotelevisivo. N� varrebbe rilevare che l'art. 15 citato, disponendo specificamente per le trasmissioni � sonore o televisive via cavo o provenienti dal 454 RASSEGNA AVVOCATURA DELW STATO l'estero�, avrebbe lasciato fuori da previsione particolare le trasmissioni private italiane via etere, che interessano il caso di specie. La disposizione specifica ineriva, in un quadro tecnico e normativo in evoluzione, a situazioni esistenti e prevedibili nel 1975, quadro che si � poi ulteriormente modificato con la sentenza della Corte Costituzionale n. 202/76 in riferimento alla ricezione di programmi di c.d. networks o emittenti locali via etere privati. Ci� che rileva � il fatto che il legislatore, adottando una terminologia analoga a quella dell'art. 1 del R.D.L. n. 246/38 nell'individuazione del presupposto reale (detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione), ha precisato la doverosit� del pagamento del canone quale che fosse l'emittente e quale che fosse il mezzo in allora possibili, svincolandolo dalla prestazione, da un lato, e dalla ricezione, dall'altro, del servizio radiotelevisivo nazionale, situazione che, nella disciplina di principio derivantene, pu� comprendere in linea estensiva anche la ricezione delle emittenti private via etere. In tale linea la giustificazione per l'esistenza del tributo pu� trovarsi in riferimento alla polizia ed all'amministrazione dell'etere su cui lo Stato � sovrano, con riferimento a servizi gestiti dallo Stato per la generalit�, che escludono quel rapporto fra tributo ed atto dell'autorit� vantaggioso per il singolo proprio della tassa, e trasferendo l'interpretazione normativa nell'ampio campo dei tributi � imposte�. La disciplina del 1975 citata, peraltro, non costituisce eccezione all'originaria lettera dell'art. l, in riferimento anche all'art. 19, del R.D.L. n. 246/38, ma ne costituisce la naturale evoluzione in presenza di nuove situazioni tecniche e giuridiche, nell'ambito di una linea logica costante. Infatti, l'art. 1 citato, nel prevedere il presupposto reale del tributo, come detenzione di apparecchi atti o adattabili alle radioaudizioni, non d� ulteriore specificazione, per cui detta attitudine o adattabilit� doveva interpretarsi con riferimento alle ricezioni in allora possibili, fossero esse soltanto ricezioni di emittenti straniere, p. es. in zone di confine. Quand'anche, comunque, l'uso di terminologie non sempre precise (canone, abbonamento) possano avere portato ad incertezze sulla natura del canone nell'evoluzione e nell'espansione di mezzi tecnici essenziali nelle trasmissioni, e ad interpretazioni diverse, il chiarimento emergente dalla L. n. 103 del 1975, non lascia adito a dubbi sulla scissione tra la prestazione del servizio nazionale, e la sua ricezione, da un lato, e l'obbligo di pagamento del �canone�, ancorato all'attitudine o alla adattabilit� di un apparecchio alla ricezione di qualsiasi emittente radiofonica o televisiva, italiana o straniera, pubblica o privata. In conseguenza delle svolte osservazioni, non avendo i contribuenti il diritto di non pagare il � canone � per il fatto di abitare in zone non coperte, per mancanza di idoneo ripetlitore, dalle trasmissioni del servizio pubblico nazionale, pur potendo essi ricevere altre emissioni ra PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 diotelevisive, il ricorso principale e . quello incidentale della S.p.A. R.A.I. debbono trovare accoglimento, con il rigetto dei ricorsi incidentali proposti dal sig. Treccani unitamente ad altre 62 persone allineate sulla posizione � del predetto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 agosto 1993, n. 8594 -Pres. Corda Est. Cicala -P. M. Martinelli (diff.) -Pinalli (avv. Panariti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano). Tributi �erariali diretti -Accertamento -Sanzioni -Omessa dichiarazione dei redditi -Fallimento � Responsabilit� del curatore. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 10 e 46). Il curatore del fallimento � personalmente responsabile della omessa dichiarazione dei redditi del fallito relativi al periodo compreso tra l'inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento, essendo l'obbligo a suo carico a norma dell'art. 10 del d.P.R. 600/1973. (1) (Omissis). Con il secondo motivo di ricorso il dott. Pinalli contesta che il curatore fallimentare possa esser ritenuto responsabile della omessa denuncia di redditi dell'impresa fallita. Anche questo motivo non merita accoglimento. In caso di fallimento il curatore ha l'obbligo, in conformit� del precetto normativo dell'art. 10, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, di presentare la dichiarazione dei redditi relativa al periodo fino alla data di dichiarazione del fallimento, entro quattro mesi dalla nomina. A sua volta, l'art. 46 dello stesso testo di legge, nello stabilire le sanzioni per omessa, incompleta o infedele dichiarazione, non pone alcuna eccezione esonerativa per le dichiarazioni che debbono essere presentate da chi non riveste, nello stesso tempo la condizione di soggetto passivo dell'imposta. Cosicch� la rettifica che compie l'Ufficio sulle dichiarazioni dei red diti, presentate dal curatore, in adempimento dell'obbligo di legge, del quale egli � l'unico destinatario, ha effetto solo nei confronti del fallito. Mentre il medesimo curatore, pur non essendo soggetto passivo dell'imposta n� responsabile del carico tributario, non pu� essere dispensato dalle conseguenze sanzionatorie, derivanti dagli inadempimenti imputabili al suo comportamento, quale soggetto obbligato a dichiarare i redditi conseguiti dal fallito, anteriormente alla dichiarazione di fal (1) Decisione ineccepibile. 456 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO limento. In sostanza le pene pecuniarie e le soprattasse per violazioni in materia di tributi normalmente vanno poste a carico del soggetto passivo dell'imposta; tuttavia esistono norme derogative, nel sistema, che sanciscono ipotesi di responsabilit� personali di amministratori, rappresentanti, curatori, organi di controllo per violazioni commesse da loro stessi, nella osservanza degli adempimenti di ordine tributario. Il curatore � quindi soggettto passivo delle sanzioni previste dagli artt. 46 ,e 56 del d.P.R. n. 600/73, nei casi di omessa, infedele o incompleta dichiarazione, la cui presentazione incombe a lui personalmente, a norma dell'art. 10. Si tratta, come si vede, di una costruzione normativa razionale che sfugge ai sospetti di incostituzionalit� sollevati con il terzo ed il sesto motivo di ricorso. In riferimento a quest'ultimo motivo si deve poi osservare che non � affatto illogico che le sanzioni di cui si discute facciano capo al curatore e non ai falliti, dal momento che sul curatore grava l'obbligo di provvedere alla denuncia dei redditi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 agosto 1993 n. 8756 -Pres. Corda I Est. Pannella -P. M. Martinelli (conf.) -Azienda Castello (avv. Pao~ I I te letti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). Tributi in genere . Contenzioso tributario � Definizione ex art. 15 leg ge 29 dicembre 1990 n. 408 � Inapplicabilit� al giudizio di cassazione. (legge 29 dicembre 1990, n. 408, art. 15). I La speciale definizione dei processi concernenti tributi erariali sop� pressi regolata dall'art. 15 della legge 29 dicembre 1990 n. 408 non trova applicazione nel giudizio di Cassazione (1). I (omissis). 1. -Prima dell'esame del ricorso, � pregiudiziale la riflessione sull'istanza, depositata in questa sede dalla ricorrente, con la quale essa, dichiarando di avvalersi della disposizione dell'art. 15 della legge 29 dicembre 1990 n. 408, chiede declaratoria dell'estinzione del processo. L'istanza non � pertinente e va perci� disattesa. L'art. 15 succitato sancisce che �i processi concernenti i tributi erariali soppressi ... pendenti dinanzi alle commissioni tributarie (e all'amministrazione finanziaria) ... si estinguono e la controversia si intende definita sulla base dell'ultima decisione di merito ... con riduzione del 10 % del Tributo risultante dovuto e senza applicazione di sanzioni ed interessi .... L'estinzione del processo, dichiarata con ordinanza del Pre (1) Decisione da condividere. Non constano precedenti. PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 sident~ della commissione tributaria ... � � comunicata alle parti a cura della segreteria e diventa definitiva ove, entro iLtermine di 60 giorni, non venga richiesta da una delle parti. la riassunzione del giudizio ... �. Dalla lettera della norma si evince, con evidenza, che il legislatore ha volutamente Umitata l'applicazione delle regole dell'estinzione processuale alle controversie pendenti davanti ai giudici del merito tributario, con esclusione di quelle�. pendenti davanti.. alla Suprema Corte di Cassazione, che; adita in virt� dell'art. '111 della Costituzione, � chiamata a decidere su sole questioni di legittimit�.. Tale. volont�. .(legislativa) mostra, altres�, una chiara � ratio legis � informata al rispetto del giudizio di .legittimit�: sia in relazione all'interesse delle patti e sia riguardo all'interesse dell'ordine superiore di giustizia sulla retta applicazione della legge. E cos�: mentre il rigetto del ricorso per Cassazione lascia inalterata l'ultima. decisione di merito, l'accoglimento pu� determinare, in conseguenza del contenuto della� � cassazione �, la mutazione dell'ultima decisione di merito. Di modo che il giudice �ad quem �, se costretto dalla volont� di una o di entrambe le parti colla. riassunzione del giudizio, sar� chiamato� a decidere la controversia sulla base del principio fissato dalla Suprema Corte regolatrice. (omissis) CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8854 -Pres. Salafia . Est. Sotgiu -P. M. Tondi (conf.) -Cappilli c. Min. Finanze (avv. Stato Favara). Tributi in genere�-Accertamento -Sostituzione di nuovo accertamento a precedente gi� impugnato -Legittimit�. (d.P.R. 29 settembre 1973, n,. 600, a:rt, 42). In forza del sud potere di autotutela, l'Amministrazione pu� annui. lare un accertamento, anche se gi� impugnato, e sostituirlo con altro finch� non sia maturato il termine di decadenza, sempre che ci� non costituisca elusione dell'eventuale giudicato formatosi sul precedente atto (1). (omissis). Col primo motivo del ricorso principale, adducendo la violazione dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, nonch� difetto di motivazione, il ricorrente censura la decisione impugnata, per aver (1) Giurisprudenza ormai pacifica. Resta il dubbio sulla affermazione che il nuovo accertamento comporterebbe una eluSlione del giudicato se basato sulle stesse ragioni del precedente: v. pi� ampiamente Cass. 20 marzo 1990 n. 2576 in questa Rassegna, 1990, I, 354 con nota di C. BAFILE, ma v. anche 20 marzo 1991 h. 3003 in Boll. trib., 1991, 886. 458 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ritenuto annullabile e sostituibile un atto vincolato, gi� acquisito al processo, quale l'avviso di accertamento impugnato, che la stessa Amministrazione Finanziaria (Risoluzione Min. 4 luglio 1988 n. 301389) ha ritenuto non rinnovabile, allorch� l'accertamento sia � sub judice �. Secondo il ricorrente, l'esercizio del potere di autotutela, oltre a presupporre un provvedimento legittimo, pu� essere azionato soltanto se la nullit� dell'avviso non � stata dichiarata, o per dichiarare l'inesistenza del presupposto impositivo, o per ridurre il reddito originariamente accertato; viceversa, la modificazione in aumento dell'accertamento presuppone, ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, mentre l'art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972 e succ. modif. dispone che non pu� procedersi alla rinnovazione dell'atto impugnato, quando il vizio consista nel difetto di motivazione, postoch�, in caso contrario, sarebbe vanificato il diritto di difesa del contribuente. Col secondo motivo del ricorso principale, adducendo la violazione dell'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonch� vizio di motivazione, il ricorrente contesta che sia stata ritenuta legittima la rinnovazione dell'avviso di accertamento impugnato, allorch� il legislatore del 1972/73 non ha ripristinato neppure la norma (art. 2 della legge 5 gennaio 1956 n. 1) che prevedeva l'integrazione dell'avviso nel corso del giudizio di merito avanti alle Commissioni, norma abrogata dall'art. 288 lett. b) del T.U. n. 645 del 1958. L'annullamento di un atto impugnato, peraltro, non pu� significare, nell'ambito del procedimento di impugnazione, che il riconoscimento della fondatezza dell'impugnazione stessa. Se l'avviso impugnato fosse in ogni caso rinnovabile, non avrebbero senso le prescrizioni contenute negli artt. 42 e 43 della legge n. 600 del 1973, che impongono la proposizione dell'eccezione di nullit� dell'avviso, a pena di decadenza, nel corso del giudizio di primo grado: l'Ufficio, al contrario, esaurisce, con l'emanazione dell'avviso, il suo potere impositivo, che pu� nuovamente esercitare soltanto in caso di mancata notifica dell'avviso stesso. Il ricorso � infondato. Secondo la tesi del contribuente, variamente articolata nei due motivi di ricorso, fra loro connessi, l'Amministrazione finanziaria non avrebbe, in presenza di un avviso inficiato di nullit�, potuto notificare altro avviso in sostituzione di quello nullo, ancorch� fossero ancora aperti i termini d'accertamento; ci� sarebbe possibile soltanto in presenza delle condizioni previste dall'art. 43 3� comma del d.P.R. n. 600 del 1973, cio� ove ricorrano �nuovi elementi, atti o fatti�, venuti a conoscenza dell'Ufficio impositore, dopo la notifica del primo avviso. La disciplina dell'art. 43 del cit. d.P.R. non �, tuttavia, nella specie applicabile, poich� essa attiene all'integrazione o alla modificazione di un precedente avviso, gi� valido o completo di per s�, ma non all'an PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nullamento o all'integrale sostituzione di un atto giuridico nullo, quale l'atto privo di motivazione (nella specie ricorrente) poich� l'atto giuridico nullo � insuscettibile di integrazione o modificazione (Cass. 2576/90); la sua rinnovazione, o meglio, la sua integrale sostituzione con un atto valido, � dunque avvenuta, nel caso in esame, nell'ambito del potere accertativo assegnato all'Ufficio impositore dall'art. 42 del d.P.R. n. 600/73, in applicazione del potere di autotutela dell'Amministrazione, facoltizzata a correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, semprech� l'atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell'eventuale giudicato, formatosi in ordine al precedente atto nullo. In tal senso � la prevalente giurisprudenza di questa Corte: sent. 2647/84, 1333/89, 3004/91, 4303/92, oltre alla sent. n. 2576/90 citata. La proposizione del ricorso non si pone, dunque, di per s�, come fattore ostativo alla rimozione dell'avviso nullo e alla successiva emissione di altro avviso valido, non sussistendo ancora, in assenza di giudicato, alcun diritto definitivamente acquisito dal contribuente, e proponendosi l'atto rinnovato, correttamente motivato secondo i parametri vincolanti di cui al cit. art. 42 del d.P.R. n. 600/73, di soddisfare l'interesse del ricorrente a conoscere l'esatta portata della contestazione dell'Ufficio impositore, al fine di potersi convenientemente difendere. N� vale ulteriormente invocare il dispositivo dell'art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972, nel testo corretto dal d.P.R. n. 739 del 1981, che vieta alla Commissione Tributaria di disporre la rinnovazione della notificazione di un avviso privo di motivazione; tale norma, infatti, oltrech� inopportunamente richiamata dal ricorrente rispetto ad una fattispecie maturata in epoca precedente alla novella del 1981, che ha introdotto il divieto di sanatoria nella ipotesi menzionata, attiene alla fase strettamente processuale e al diverso potere attribuito, in tale sede, alla Commissione Tributaria; non incide per� sul diverso e sostanziale potere di sanatoria proprio dell'ufficio impositore (Cass. 1333/cit.). (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8855 -Pres. Rossi Est. Cicala -P. M. Lupi (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Egalini. Tributi erariali diretti -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria Interessi -Disciplina anteriore all'art. 5 del D.L. 27 aprile 1990 n. 90 � Esclusione. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15 e 20; D.L. 27 aprile 1990, n. 90, art. 5). Anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 5 comma 9 del d.l. 27 aprile 1990 n. 90, l'iscrizione a ruolo provvisoria di una quota dell'im RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 460 posta ex art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 non poteva comprendere gli interessi (1). (Omissis). Il ricorso dell'Ufficio � infondato e va, pertanto, respinto. Le disposizioni contenute nell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, (anteriormente alle modifiche introdotte dall'art. 5, comma 9, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90 convertito nella legge 26 giugno 1990, n. 165) che prevedono l'iscrizione nei ruoli d'imposta in base ad accertamenti non definitivi, sono norme di carattere eccezionale, in quanto derogatorie al principio generale per il quale l'imposta pu� essere pretesa solo quando � certa l'esistenza dei suoi presupposti giustificativi. Il carattere eccezionale della norma, legato alla precariet� della pretesa, esclude pertanto l'applicabilit� dell'art. 20, primo comma, del d.P.R. n. 602/73, che aspirandosi al principio civilistico enunciato dall'art. 1282 Codice civile, � norma di portata generale e quindi non estensibile alla norma eccezionale di cui all'art. 15 citato sopra. Infatti l'art. 20, prevede il pagamento di interessi remuneratori soltanto in caso di ritardato pagamento delle �imposte dovute�, cio� di quelle imposte accertate defiriitivamente. Tale non � l'ipotesi disciplinata dall'art. 15, che, nell'intento cautelativo di assicurare tempestivamente entrate erariali per comprensibili necessit� finanziarie e di scoraggiare interessati comportamenti dilatori dei contribuenti nel pagamento delle imposte, ha previsto la possibilit� di iscrivere a ruolo, in tutto o in parte, anche imposte non definitivamente accertate; conseguentemente l'intrinseca precariet� della pretesa tributaria -la quale potrebbe poi rivelarsi perfino del tutto infondata -rende evidente l'illegittimit� della riscossione coattiva degli interessi. Se cos� non fosse, avrebbe poco senso il terzo comma dello stesso art. 20, che facultizza il contribuente, e non l'Amministrazione finanziaria, a chiedere che l'imposta accertata, ma da lui contestata, sia iscritta provvisoriamente, in tutto o in parte, nei ruoli con l'interesse gi� maturato. Il legislatore ha voluto cos� riconoscere al solo contribuente la fa colt� di iniziare provvisoriamente il pagamento dell'imposta e degli in teressi, a conferma che questi ultimi non sono ancora esigibili fino a quando il debito d'imposta non sia definitivamente certo. La non definitivit� delle somme iscritte provvisoriamente a ruolo, ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 602/73, non comporta quindi la possi bilit� di iscrivere a ruolo anche gli interessi. Conferma tale interpretazione la nuova disposizione, innovativa, di cui all'art. 5, comma 9�, del menzionato D.L. n. 90/90 (conv. in legge (1) Un chiarimento di cui deve prendersi atto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 461 n. 165/90), entrato in vigore il 1� maggio 1990, secondo cui -per espresso dettato del legislatore -oltre le somme indicate nella richiamata norma dell'art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 602/73, �devono essere iscritti a ruolo e pagati anche i relativi interessi� (il principio � ribadito dall'art. 68 del recente Decreto Legislativo Delegato 31 dicembre 1992, n. 546). Pertanto, relativamente ai periodi d'imposta in esame, (anno 1974) e per il periodo di morosit� preso in considerazione nella presente causa la decisione impugnata deve essere confermata. (Omissis). 13 @ f:�: f:=� ~ I ~ ~ I I ~ I I PARTE SECONDA QUESTIONI LE LINEE PRINCIPALI DELLA LEGGE DI RIFORMA DELL'ARBITRATO Premessa La legge n. 25 del 5 gennaio 1994, recante � Nuove disposizioni in ma� teria di arbitrato e disciplina dell'arbitrato internazionale ,, si propone di dare un nuovo assetto -organico ed al passo con le esigenze manifestatesi nella pratica -alla� materia arbitrale, tenendo conto in larga misura di una pro� posta elaborata dall'Associazione Italiana per l'Arbitrato (A.I.A.). La proposta venne presentata al Ministro Guardasigilli Vassalli che la sottopose al vaglio dell'Ufficio Legislativo .del Ministero di Grazia e Giustizia. All'esito di un lavoro di precisazione ed integrazione, fu redatto un disegno di legge presentato al Parlamento nella X legislatura il 10 aprile 1989 (Senato n. 1686). L'esame del disegno di legge non fu per� completato a caus� dello scioglimento anticipato delle Camere. Nella XI legislatura, ad iniziativa del senatore Covi ed altri, � stata presen� tata una proposta di legge (Senato n. 633) che ha sostanzi�lmente riprodottQ il decaduto disegno di legge, introducendovi alcuni degli emendamenti nel frat� tempo elaborati. . Era, infatti, emersa l'esigenza di apportare alcune modifiche alle norme del codice civile in materia di prescrizione e di trascrizione e di operare un coordinamento con le nuove norme del processo civile (1). Il principale obiettivo della riforma � quello di promuovere, superando le incertezze e le difformit� interpretative, il principio innovatore introdotto dalla legge 9 febbraio 1983 n. 28 secondo il quale � il lodo ha efficacia vinco� lante tra le parti dalla data della sua sottoscrizione� (art. 823 ult. c. c.p.c.). A completamento ed ulteriore chiarimento della riforma gi� avviata, si � reso necessario un coordinamento tra le modifiche introdotte dalla novella del 1983 e il restante tessuto normativo, allo scopo di riaffermare il principio dell'ef� ficacia del lodo come pronuncia assimilabile a quella giudiziale, svincolata dall'in� tervento dell'autorit� giudiziaria, lasciando all'omologazione pretorile l'unico ruolo di attribuire .al lodo il � quid pluris � necessario per l'esecuzione forzata. La maggiore innovazione. della legge in rassegna, rispondente ad una esigenza legata al notevole incremento del commercio internazionale, consiste nella previsione ex novo di una disciplina speciale per l'arbitrato internazionale -anche se il termine pi� consono alla realt� del fenomeno sarebbe quello di � arbitrato transnazionale ,, -caratterizzata dall'attenuazione del formalismo, d�lla limitazione dell'intervento del giudice togato e dalla fissazione di uh criterio per la determinazi6n� della l�gge applicabile al giudizio. Questa via: � stata preferita� rispetto a quella di recepire nell'ordinamento italiano la � legge modello � elaborata nel 1985 dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale -U.N.C.I.TRA.L. -in tema di arbitrato commerciale internazi�nale, nell'intento di indicare ai Paesi membri, che non abbiano una legislazione in materia, la normativa ritenuta pi� adeguata. Le linee direttive (1) Il disegno di legge � stato approvato dalla Commissione Giustizia del Senato il 22 luglio 1993 e dall'assemblea del Senato il 3 agosto 1993. La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha esaminato, in sede legislativa (Camera n. 3031), il testo trasmesso dal Senato e lo ha approvato con alcuni emendamenti il 17 d~cembre 1993. L'approvazionedei'initiva della Commissione Giustizia del Senato, in sede deliberante, � avvenuta il 22 dicembre 1993. 80 RAS~EGNA AVVOCATURA DELLO STATO di tale testo, che riflettono principi generalmente accolti nel settore, hanno comunque ispirato le disposizioni della nuova legge dedicate alla disciplina dell'arbitrato internazionale. Sembre nell'ambito dell'adeguamento al contesto internazionale, si colloca l'abrogazione dell'art. 800 c.p.c. relativo al riconoscimento delle sentenze arbitrali straniere (art. 24, secondo comma). Tale norma, che rendeva applicabile il giudizio di delibazione anche ai lodi stranieri, era infatti in contrasto con l'art. 3 della Convenzione di New York del 1958 (ratificata con legge 19 gennaio 1968 n. 62), in base al quale il riconoscimento e l'esecuzione dei lodi stranieri non debbono essere sottoposti a condizioni pi� rigorose ed onerose ri� spetto a quelle previste per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali nazionali. I. Del compromesso e della clausola compromissoria. 1. -In relazione all'accordo compromissorio, le modifiche sono essenzial� mente tre: l'enunciazione esplicita del principio dell'autonomia della clausola compromissoria, che, pur essendo pacifico in dottrina e giurisprudenza, non j:!ra espressamente previsto dalla legge (art. 808, 3� c.); la negazione della natura di atto eccedente l'ordinaria amministrazione della clausola compromis� soria, non essendo necessaria una speciale e diversa abilitazione rispetto a quella prevista per la stipulazione del contratto al quale essa si riferisce (arti� colo 808, 3� c.); la �onservazione dell'accordo compromissorio che contenga la indicazione di un numero pari di arbitri o che non preveda affatto il numero e la modalit� di nomina degli stessi -che in base alla norma previgente era colpito da nullit� -con la predisposizione, nel primo caso, di un meccanismo di nomina dell'ulteriore arbitro affidato al Presidente del Tribunale, salvo che le parti non abbiano diversamente stabilito, e con la prescrizione, nel secondo caso, che, in mancanza di un accordo tra le parti, gli arbitri siano tre (art. 809, 3� c.). La previsione di un sistema di integrazione del patto compromisI sorio permette cos� di non frustrare l'inequivoca volonta delle parti -bench� non espressa in conformit� di legge -di deferire ad arbitri la risoluzione della controversia. I 2. -Meri perf((zionamenti sono proposti per i primi due commi dell'art. 808: il primo sostituisce, all'inclusione della clausola compromissoria in atto � successivo �, la stipulazione in atto � separato � e quindi, potenzialmente, anche coevo rispetto alla conclusione del contratto, come accade di norma nella pra� tica; il secondo precisa che la nullit� della clausola che prevede un arbitrato se� condo equit� o un lodo ID.oppugnabile � limitata agli arbitrati in materia di lavoro. 3. -Non ha avuto seguito, invece, la proposta dell'A.l.A. -non riprodotta nel disegno di legge�-di aggiornare la disciplina della forma dell'accordo compromissorio, tenendo conto dei progressi della tecnica e delle esigenze di speditezza del commercio, mediante l'introduzione della �.d. forma elettronica che, pur �non essendo assimilabile allo scritto e sottoscritto, consenta comunque la� � conservazione del messaggio �. ! I ! Nella nuova formulazione si fa riferimento solo al telegrafo ed alla telescrivente, strumenti attualmente gi� superati da altre pi� celeri ed idonee forme di trasmissione. Al riguardo, va tenuto presente il valore probatorio delle comu� nicazioni via telefax riconosciuto, a determinate condizioni, sia. dalla legge si� ! dalla giurisprudenza. I I -1 PARTE li, QUESTIONI U. Degli arbitri. Nel capo relativo . agli arbitri sono state apportate tre modifiche concer nenti, rispettivamente, la nomina, la sostituzione e la riq1sazione degli stessi. 1 ~ Circa la ilotriina degli arbitri, nel caso che la patte a ci� invitata non vi abbia provveduto entro il termine assegnatole, � previsto il ricorso al Presi� dente del.Tribunale. affinch� proceda alla designazfone in luogo dell� parte rimasta irte1:te. L'innovazione si riferisce alla competenza per territor�O; irt relazione alla quale il previgente criterio del� iuogo di stipulazione del patto compromissorio � diveiitat� sussidiario rispetto >a quello d�lla sede dell'arbitrato ed � rimasto�applieabile solo quando� quest'ultima non sia ancora stata determinata dalle parti (�rt. 810:; secondo comma). Tale emendamento � in linea con l'uso invalso nella .� prati�a degli affari di indicare nella clausola, oltre ai criteri di nomina degli arbitri, anche la sede� dell'arbitrato, coine viene, tra l'altro, previsto nel primo comma aggiunto al successivo art. 816. Il riferimento alla sede dell'arbitrato, quale criterio di individuazione della competenza territo� riale, si estende ad ogni altra ipotesi di intervento dell'Autorit� giudiziaria nel giudizio arbitrale. 2. -Quanto alfa sostituzione degli arbitri, viene dl�idplinata, accanto all'ipotesi, prevista dall'art. 811, dell'arbitro che venga a mancare, quella del; l'arbitro che si astenga da urta qualsiasi att�vh� ch� fo renda inadempiente all'obbligo assunto con l'accettaziOn� della nomfua. � In tal�� caso -s� le parti non ha.no diversamente �convenuto -ciascuna di esse, decorsi inutilmente quindici. giorni dalla diffida a provvedere comunicata all'arbitro, pu� chiedere aL Tribunale competente la dichiarazione di decadenza dell'arbitro medesimo e la sua sostituzi�ne (art. 813, terzo comma). 3. -Infine, il termine� per la proposizione dell'istanza di ricusazione, che prima decorreva esclusivamente dalla notifica della nomina, vien� collegato anche all'eventuale successiva con�scenza della causa di ricusazione (art. 815, secondo comma). Si � cos� resa effettiva la tutela delle parti in ordine ai requisiti ai imparzialit� e di indipendenza degli arbitri, senza peraltro permettere il prolungamento del termine a fini meramente dilatori. Ili. �Del procedimento. Per quanto attiene allo svolgimento del procedimento arbitrale, oltre alla soppressione dell'equivoca indicazione temporale -� prima della pronuncia del lodo � -per� l'emissione dei provvedimenti ordinatori (art. 816, sesto comma), i. tre emendamenti principali riguardano i provvedimenti cautelari, le questioni incidentali e il dibattuto tema della connession�. 1. -Circa il.primo punto, si rammenta ch� l'art. 89 legge 353/90 ha abrogato il secondo comma dell'art. 819 c.p.c., introducendo la norma di cui all'art. 669-quinquies, in base alla quale la competenza ad adottare misure cautelari, in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale, spetta al giudice cbe sarebbe_stato competente a conoscere del merito. Anche con la legge in commento � stato conservato il principio, tradizionale del nostro 'ordinamento ma non per questo esente da critiche, della carenza di potere cautelare in capo agli arbitri. La novella al codice di procedura civile ha disciplinato anche i casi in cui il provvedimento cautelare perde. efficacia; l'art. 669-novies, quarto comma, n. 1, in particolare, sanziona con Ja perdita di efficacia del provvedimento medesimo la mancata richiesta di 'esecutoriet� del lodo arbitrale. Come era stato da pi� 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO parti rilevato (2), tale disposizione aveva fatto fare un balzo indietro rispetto alla legge n. 28 del 1983 che aveva gettato le basi per assicurare autonoma rilevanza giuridica al lodo arbitrale, a prescindere dal deposito. L'art. 1 della legge di riforma dell'arbitrato ha aggiunto all'art. 669-octies che stabilisce un termine perentorio di trenta giorni dall'accoglimento della domanda cautelare per iniziare il giudizio di merito -un ultimo comma in base al quale, in presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria, entro il predetto termine, deve essere notificato l'atto con il quale si promuove il procedimento arbitrale o si nominano gli arbitri. :t> stato mantenuto, invece, il citato art. 669-novies, quarto comma n. 1, che aveva prestato il fianco a numerose perplessit�; per�, poich� non esiste pi� un termine annuale perentorio per il deposito del lodo -come si dir� pi� avanti -tale norma potrebbe non trovare pi� pratica applicazione. Al legislatore � peraltro sfuggito l'art. 156-bis att., sempre introdotto dalla legge 353/90, che prevede, sussidiariamente alla mancanza di termini per la richiesta di esecutoriet� -ipotesi allora gi� ricorrente per il lodo straniero -l'onere per il sequestrante di domandare comunque l'omologazione entro il termine perentorio di sessanta giorni, decorrente dal momento in cui tale domanda � proponibile. Tale norma, decisamente in controcorrente rispetto alle manifestazioni di ape1tura degli ultimi interventi legislativi in materia di arbitrato, dovr� senz'altro essere interpretata restrittivamente e quindi limitatamente all'ipotesi del sequestro conservativo in essa contemplato. 2. -Quanto alle questioni incidentali, il legislatore, intervenendo sulla norma dell'art. 819, delinea con pi� rigore il criterio per valutare la pregiudizialit� di questioni non compromettibili che comportino la sospensione del giudizio arbitrale in attesa della loro risoluzione ad opera del giudice statale. In luogo del generico requisito della � rilevanza � della questione incidentale, insorta nel corso del procedimento arbitrale, si fa riferimento alla � di,:> endenza � dell'intero giudizio arbitrale dalla definizione della questione stessa (art. 819, primo comma). Si sopprime, inoltre, l'inciso che prevedeva, a seguito della sospensione, la proposizione della domanda davanti al giudice competente, essendo possibile che il giudizio relativo sia gi� pendente. Sulla base delle esperienze maturate nella pratica, si � rilevata poi l'inadeguatezza del termine di venti giorni per la pronuncia del lodo dopo la sospensione per accertamento incidentale, ampliandolo a sessanta giorni (art. 819, terzo comma). Muove, infine, da un'esigenza di coordinamento e di completezza il rinvio, per l'individuazione dell'oggetto delle questioni incidentali, a tutte le ipotesi di incompromettibilit� previste dalla legge e non solo a quelle contenute nell'art. 806, che non ne esaurisce la gamma (art. 819, primo comma). Si pensi ad esempio all'art. 54 legge 392/78 che esclude il deferimento ad arbitri delle controversie concernenti la determinazione dell'equo canone. Esaurisce la disciplina delle questioni pregiudiziali la disposizione che ribadisce espressamente la competenza degli arbitri a decidere ogni altra questione diversa da quelle contemplate nella norma in esame (art. 819, secondo comma). (2) F. CARPI, I procedimenti cautelari e l'esecuzione del disegno di legge per la riforma ur1<ente del c.p.c.: la competenza e il procedimento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1990, 1259; F.P. Lurso: Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb. 1991, 2, 253. Per un panorama comparatistico sul tema, cfr. W. F. �Seminario su "Le misure d'urgenza e l'arbitrato ", Bologna 19 aprile 1991 �. in Riv. Arb. 1991, 2, 475. .i'ARTE II, QUESTiONI BJ 3. -Del tutto innovativo � l'art. 819-bis che, colmando una lacuna legislativa, capovolge l'orientamento giurisprudenziale in materia di connessione. Sino a tempi non molto lontani, la giurisprudenza guardava all'arbitrato con sfavore e diffidenza, vedendovi pi� che la libera esplicazione dell'autonomia privata una eccezionale deroga alla giurisdizione statale, che minacciava di sottrarre ai giudici quanto di loro esclusiva spettanza. Un sintomo di questo atteggiamento � riscontrabile ancora oggi nella consolidata tendenza giurisprudenziale (3) criticata dalla dottrina prevalente (4) -di rinvenire una vis attractiva a favore della giurisdizione ordinaria in caso di pendenza, anche sopravvenuta, davanti al giudice statale di causa connessa a quella oggetto del giudizio arbitrale. Senza considerare che spesso la proposizione di una domanda connessa dinanzi al giudice ordinario � frutto di intenti meramente defatigatori e di dubbia correttezza per non prestare fede all'impegno assunto con la sottoscrizione della convenzione compromissoria, rimane il fatto che l'interesse delle parti alla rapidit� e all'adeguatezza tecnica della decisione arbitrale viene frustrato. Un temperamento a questo orientamento par:.ticolarmentc rigoroso � stato apportato dalla stessa giurisprudenza con l'affermazione di due principi: l'irrilevanza della connessione nelle ipotesi di cause s� connesse, ma ritenute fittizie perch� introdotte al solo scopo di ostacolare la cognizione arbitrale; la distinzione tra connessione e continenza, per cui, qualora la causa �contenente � sia all'esame dell'arbitro e la causa �contenuta� all'esame del giudice ordinario, la competenza arbitrale non � in alcun modo limitata. Con l'art. 819-bis, si accoglie finalmente la regola opposta a quella costruita dalla giurisprudenza, sancendo che la competenza degli arbitri non � esclusa dalla connessione con controversie pendenti dinanzi al giudice ordinario. 4. -L'art. 819-ter, aggiunto alla proposta di legge Covi, e modificato dalla Camera dei Deputati, disciplina l'assunzione delle testimonianze ispirandosi alla pi� ampia informalit� affinch� eventuali distanze non ostacolino la ricerca della verit�. IV. Del lodo. Nel capo IV, sono stati introdotti alcuni cambiamenti terminologici, tre importanti emendamenti nella disciplina della pronuncia, del deposito e della correzione del lodo ed alcune modifiche di coordinamento. :f:!. stato, inoltre, abrogato l'art. 824, in base al quale la deliberazione del lodo doveva avvenire nel territorio della Repubblica. Cade quindi ogni vincolo geografico in ordine a tale aspetto, in linea con quanto gi� in essere per l'arbitrato irrituale. 1. -Le precisazioni lessicali si riferiscono alla sostituzione del termine �sentenza� con quello di �lodo�, a cominciare dalla rubrica del capo IV, in coerenza con la distinzione concettuale che si vuole promuovere attribuendo al fodo rilievo autonomo anche prima ed a prescindere dall'exequatur. La parola � pronuncia� viene poi sostituita con quella di � deliberazione � nella rubrica dell'art. 822. 2. -Il termine per la pronuncia del lodo � stato elevato a centottanta giorni (art. 820), sempre che le parti non stabiliscano diversamente, e ci� al (3) Cfr. da ultimo Cass., 9 giugno 1987, n. 5041, in Rass. Arb., 1987, 226; Cass., 21 marzo 1989, n. 1411, in Rass. Arb. 1989, 306. (4) Cfr. D. CoRAPI, Effetti della incompetenza degli arbitri rituali di equit� per .connessione della causa con altra pendente davanti al giudice ordinario, in Riv. Arb., 1991, 157; A. GIARDINA, Continenza e connessione di cause fra arbitro e giudice ordinario, in Riv. Arb., 1991, 141; C. SELVAGGI, Invito ad ulteriore meditazione sull'assorbimento della competenza arbitrale per motivi di connessione, in Riv. Arb., 1991, 353. RASSEGNA �AVVOCATURA DELLO STATO fine di rendere pi� realistica la scadenza imposta all'arbitro anche se, grazie al disposto dell'art. 821, raramente l'inosservanza del termine si traduce in una causa di nullit� della pronuncia. 3. -Le integrazioni a fini di coordinamento si riferiscono, in primo luogo, alle ipotesi di proroga del termine -anch'esso esteso a centottanta giorni per la decisione definitiva, proroga prevista oltre che in presenza di un'ordinanza che ammette mezzi istruttori, anche in caso di pronuncia di un lodo non definitivo (art. 820, secondo c�inma); in Secondo luogo all'inserimento, tra i requisiti del lodo, dell'indicazione della sede dell'arbitrato (art. 823, primo comma n. 5)che, tra l'altro, determina la competenza per territorio del giudice dell'impugnazione; Privo di giustificazione � invece il riferimento al � modo in cui �. stato de�iberato � il lodo, sopravvissuto inavvertitamente malgrado la decisfone di non ammettere, come era stato suggerito, il sistema della videoconferenza, accolto invece per l'arbitrato internazionale. 4. -Passando alla nuova diSciplina del deposito del lodo, si rileva come l'innovazione ivi contenuta sia tra le pi� significative della riforma: essa consiste -come si � gi� detto -nell'abolizione del termine perentorio di un anno per la richiesta di esecutoriet�, riducendo, di conseguenza, il ruolo del pretore ad un accertamento della Sola regolarit�: formale del lodo e non anche della tempestivit� del deposito (art. 825, secondo e terzo comma). Tale emendamento vale �a risolvere polemiche rion ancora completamente sopite in dottrina circa la natura e il � destino � del lodo non omologato decorso il termine annuale per la richiesta di exequatur. Il pretore competente per l'omologazione � individuato, come gi� evidenZiato, non pi� in relazione al luogo in cui il lodo � stato deliberato, bens� a quello della sede dell'arbitrato. Finalizzata a rendere possibile l'esecutoriet� anche in altri paesi �, poi, l'integrazione che pennette il deposito di �copia conforme� del lodo, in alternativa all'originale. :�. stato, inoltre, introdotto l'onere di trascrivere il lodo omologato laddove � necessaria la trascrizione di una sentenza di pari contenuto. Infine, si � ritenuto opportuno assimilare l'impugnazione del decreto pretorile che nega l'esecutoriet� ai procedimenti in camera di consiglio, attribuendo cos� la competenza �al Tribunale e non al presidente di questo e prolungando altres� il termine da quindici a trenta giorni, a decorrere dalla comunicazione, per la proposizione del reclamo (art. 825, quinto comma). Viene abrogato pertanto l'art. 196 disp. att. c.p;c. Si � respinta invece la possibilit�, prospettata in dottrina, di permettere l'impugnazione anche avverso il decreto che concede l'exequatur, in quanto i motivi adducibili si configurerebbero come vizi di nullit� del lodo pi� cbe di erroneit� del decreto, con la conseguente esperibilit� dell'impugnazione di cui all'art. 828. 5. -Il procedimento di correzione del lodo � stato interamente ridisci� plinato in modo da rend.erlo possibile anche quando non .si sia richiesta l'esecutoriet�. In questo caso, gli stessi arbitri provvedono aUa correzione con un procedimento modellato sulla falsariga di quello previsto per i provvedimenti giudiziari di. correzione; se, invece, il lodo � stato omologato, � competente il pretore del luogo in cui � avvenuto il deposito (art. 826). V. Delle impugnazioni. Gli emendamenti,. in tale materia, riguardano sia i mezzi di impugnazione in generale sia l'impugnazione per nullit� sia la revocazione. Viene, inoltre, introdotta l'impugnazione straordinaria dell'opposizione di terzo (art. 827, primo comma). PARTE II, QUESTIONI 1. -Quanto alla disciplina dei mezzi di impugnazione in generale, l'innovazione di maggior rilievo concerne l'espressa impugnabilit� del lodo non depositato (art. 827, secondo comma) che non era prevista nella legislazione previ� gente e che era stata negata dalla giurisprudenza (5). Nello stesso articolo � disciplinata inoltre l'impugnazione del lodo non definitivo, immediatamente esperibile quando questo decida parzialmente sul merito e da proporsi unita� mente a quella del lodo definitivo quando il lodo parziale risolva questioni pregiudiziali senza definire il giudizio arbitrale. Questa soluzione di compromesso tenta di comporre un orientamento giurisprudenziale tendenzialmente contrario all'impugnabilit� immediata del lodo non definitivo (6) ed una posizione della dottrina maggioritaria favorevole ad essa (7), conformemente al regime positivamente previsto dal codice per le sentenze non definitive del giudice ordinario. Un'altra modifica, concernente tutte le impugnazioni, riguarda l'attribuzione della relativa competenza alla sola Corte d'appello, in aderenza alla tendenza di concentrare in un unico organo la competenza per il giudizio di secondo grado. La competenza per territorio, come si � gi� detto, viene fissata in relazione alla sede dell'arbitrato. 2. -Per quanto concerne l'impugnazione per nullit� in particolare, il termine breve � portato a novanta giorni e il termine lungo annuale viene fatto decorrere non dal deposito ma dall'ultima sottoscrizione, proprio in virt� dello sganciamento operato tra exequatur e impugnazione. Viene inoltre precisato che l'istanza di correzione non sospende il termine per l'impugnazione, mentre il termine per impugnare il lodo, relativamente alle parti corrette, decorre dalla notifica della pronuncia di correzione (art. 828). Tra i motivi di nullit� sono state aggiunte due ipotesi: quella della contrariet� ad altro precedente lodo non pi� impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato, purch� tale contrariet� sia stata eccepita nel corso del giudizio arbitrale (art. 829 n. 8) e quella dell'inosservanza del principio del contraddittorio (art. 828 n. 9). Viene poi trasferita nell'ultimo comma dell'art. 829 la norma contenuta nel previgente terzo comma dell'art. 808, che prevede l'impugnabilit� del lodo in materia di lavoro per violazione e falsa applicazione di contratti e accordi collettivi. Quanto al motivo di nullit� di cui al n. 5 dell'art. 829, che rinvia ai requisiti di validit� dell'art. 823, viene fatto salvo, anche se la precisazione appare ultronea, il disposto del terzo comma di quest'ultimo articolo relativo alla validit� del lodo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri. Due importanti innovazioni sono contenute nell'art. 830: la prima concerne la possibilit� di annullamento parziale del lodo, quando il vizio incida solo su un capo scindibile dagli altri, in omaggio alla massima �utile per inutile non vitiatur �. La norma parla infatti di dichiarazione di nullit� parziale del lodo, (5) Cfr. App. Genova 3 gennaio 1986 con nota adesiva di C. PuNzI e nota contraria di E. F. Rrccr, Rass. Arb., 1985, 251. Si segnala che una certa corrente giurisprudenzialeriteneva esperibili contro il lodo non omolo11ato le azioni negoziali, anche se solo dopolo spirare del termine annuale previsto per 11 deposito. Cfr. Trib. Milano 14 luglio 1986, con nota di C. PuNzr. (6) Cass., 7 agosto 1950, n. 2419; Cass., 8 marzo 1951, n. 569; Cass., 12 luglio 1979, n. 4020; Cass., 9 agosto 1983, n. 5311; Cass., Sez. Un., 9 giugno 1986, n. 3835. (7) Cfr. V. ANDRIOLI, Commentario al codice di procedura civile, Napoli, 1964; T. CARNACINI, Arbitrato rituale, in Nss. dig. lt., I, 2, Torino, 1958; E. FAZZALARI, Istituzioni di diritto processuale, Padova, 1986, A. LEVONI, La controversa impugnabilit� della sentenza arbitrale non definitiva, Giur. lt., 1980, I, 1; S. SATTA, Questioni in tema d'fmpugnazioni di lodo arbitrale non definitivo, in Riv. not., 1967; G. ScmzzEROTTO, Dell'arbitrato, .\filano, 1988, 553; T. SEGR�, Divisibilit� della sentenza arbitrale, in Riv. dir. proc., 1972; G. TARZIA, Efficacia del lodo e impugnazione nell'arbitrato rituale e irrituale, in Riv. dir. proc., 1987, 49. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO evitarido cos� la distruzione di tutta l'attivit� degli arbitri, quando ci� non sia necessario. Tale emendamento capovolge l'orientamento giurisprudenziale che era in senso nettamente contrario (8). La seconda innovazione riguarda �la possibilit� che il giudizio di nullit�, in caso di concorde volont� delle parti; resti di competenza degli arbitri. Non � stata,. invece, recepita .la proposta dell'AIA che, all'opposto, riservava automatican: iente l'impugnazione .per nullit� agli �rbitri, salvo contraria concorde volont� delle parti. Tale� principio � stato invece �fortunatamente adottato per quanto riguarda l'arbitrato internazionale (art. 838). 3. -La . legge reca infine diverse modifiche alla norma di. cui. all'art. 831: innanzitutto viene eliminata la previsione secondo ctii il lodo � soggetto� a revocazione solo qtJ,ando non sia esperibile l'impugnazione per nullit� poich�, come aveva posto in luce la dottrina, se si giustifica l'esclusione della revocazione di una sentenza appellabile, in considerazione del fatto che l'appello � �ln mezzo illimitato d'impugnazione, non altrettanto pu� stabilirsi rispetto all'impugnazione per nullit�, che � un mezzo �limitato. Si � reso pertanto necessario disciplinate il coordinamento tra i . due mezzi d'impugnazione, sancendo che, ove sia pendente il giudizi� di nullit�, il termine per domandare la revocazione rimanga sospeso fino alla comunicazione della sentenza che abbia concluso tale ghtdizio. 1i: stata, inoltre, introdotta, come gi� acc;ei;mato, l'opposizione .di terzo,. sia quella semplice che quella revocatoria. La. legge ha altres� previsto una facolt� di riunione delle tre impugnazioni, a meno che lo stato della causa preventivamente proposta non sia d'ostacolo alla trattazione �delle altre. . Non � stato invece accolto il suggerimento di estendere la proponibilit� della revocazione a tutti i casi elencati dall'art. 395 c.p.c. e quindi, oltre alle ipotesi di revocazione straordinaria (art. 395 nn. l, 2, 3, 6), anche a quelle di revocazione ordinaria (art. 395 nn. 4 e 5)..Quanto all'art. 395, n. 5, si ricorda che la contrariet� a precedente giudicato �. stata introdotta come nuovo motivo di nullit�, anche se limitatamente ai c;asi in c:ui detto contrasto �, stato eccepito nel corso del giudizio arbitrale (art. 829, n. 8). VI. Dell'arbitrato internazionale. Nei rapporti contrattuali che si svolgono tra parti appartenenti a Stati differenti o che trovano attuazione, in tutto o in parte, nei territori di pi� Stati, l'arbitrato trova maggiore espansione, poich� a nessun contraente � gradito essere assoggettato alla giurisdizione di uno Stato al quale non appartiene. Per tale motivo si � palesata l'esigenza di apprestare una disciplina ad hoc per tale categoria di arbitrati, come gi� � stato fatto in numerosi ordinamenti stranieri. La legge in rassegna, ispirandosi alla legge modello dell'U.N.C.I.TRA.L., accoglie; quale criterio di � internazionalit��, la residenza �ll'�stero d� almeno una delle parti o l'attuazione all'estero di una parte rilevante del rapporto (art. 832). (8) Cfr. Cass., 13 luglio 1954, n. 2453, in Giur. it., 1955, I, 159; Cass., 21 ottobre 1961, n. 2276, in Rass. uff. cass.; Cass., 24 febbraio 1964, n. 386, in Foro it., 1964, I, 490; Cass., Cass., 23 maggio 1984, n. 3144, in Rass. uff. cass.; Cass., 15 dicembre 1987, n. 9291, in Foro it., 1971, I, I, 140; Cass., 23 novembre 1971, n. 3398, in Foro it., 1972, I, 2, 2207; Cass., 23 inaggio 1984, n. 3144, in Rass. uft. cass.; Cass., 15 dicembre 1987, n. 9291, in Rass. uff. cass. PARTE II, QUESTIONI 87 La disciplina dell'arbitrato internazionale si caratterizza, come si � gi� detto, sotto diversi profili: quello dell'attenuazione del formalismo, quello della limitazione dell'intervento del giudice statale, quello della determinazione di un criterio di individuazione delle norme applicabili al merito e quello della lingua dell'arbitrato. 1. -Quanto al primo aspetto, la snellezza della procedura si riscontra innanzitutto con riferimento alla clausola compromissoria che, pur richiedendo ancora la forma scritta, non necessita pi�, in deroga agli artt. 1341 e 1342 cc., l'approvazione specifica, regola ignota ad ogni altro ordinamento e gi� disapplicata dalla giurisprudenza per gli arbitrati regolati dalla Convenzione di New York. Viene, inoltre, ammessa la c.d. clausola per relationem, che si ha quanto il contratto rinvia a pattuizioni contenute in condizioni generali, a patto che le parti conoscano o avrebbero dovuto conoscere, spiegando l'ordinaria diligenza, la presenza, in dette condizioni, di una clausola compromissoria (art. 833). Sempre nell'ottica di semplificazione delle norme processuali e di considerazione per le peculiarit� e le esigenze dell'arbitrato internazionale, si colloca la facolt� degli arbitri di deliberare �l lodo anche in conferenza videotelefonica come pure per corrispondenza nonch� con criteri diversi da quello della maggioranza dei voti, al fine di evitare rallentamenti e costi eccessivi (art. 837). 2. -Quanto alla limitazione dell'intervento dell'autorit� giudiziaria, vengono in considerazione, fatta salva la diversa volont� delle parti, l'esclusione dell'impugnazione per inosservanza di regole di diritto, l'inapplicabilit� della revocazione e della opposizione di terzo, mezzi d'impugnazione per lo pi� ignoti agli ordinamenti stranieri, e l'esclusione della competenza del giudice statuale per il giudizio di merito quando sia dichiarata la nullit� del lodo (art. 838). Inoltre, la valutazione delle cause di ricusazione viene, su accordo delle parti, sottratta all'autorit� giudiziaria (art. 836). Tale apprezzamento rester� quindi attribuito, nei casi di arbitrati amministrati, ai Centri di Arbitrato, che decideranno in base alle regole dagli stessi stabilite. 3. -Di notevole rilievo � anche la previsione di un criterio di determinazione della normativa applicabile alla controversia. Tra la tesi restrittiva che impone agli arbitri di applicare le norme di conflitto di leggi stabilite dall'ordinamento italiano, la tesi che affida alla discrezionalit� degli arbitri la scelta della legge applicabile e la tesi estrema che svincola gli arbitri dall'osservanza di una qualunque legge statuale, ammettendo la decisione in base a principi di diritto generalmente riconosciuti -c.d. lex mercatoria -si � optato per una soluzione intermedia. Si � riconosciuto, in primo luogo, all'autonomia delle parti il potere di fissare, di comune accordo, le norme che gli arbitri debbono applicare; in difetto, � stato attribuito a questi ultimi il compito di individuare � la legge con la quale il rapporto � pi� strettamente collegato '" fermo restando che, agli effetti della prommcia, gli arbitri devono tener conto delle disposizioni contrattuali e degli usi del commercio (art. 834). La stessa disposizione prevede che le parti possano disporre che gli arbitri pronuncino secondo equit�. La scelta della lingua dell'arbitrato avviene prendendo in considerazione le circostanze del caso, quali la lingua utilizzata nel contratto e nella corrispondenza tra le parti (art. 835). V Il. Dei lodi stranieri. Per il riconoscimento e l'esecuzione dei lodi arbitrali stranieri � stato adottato un procedimento -nell'ambito del quale � conservata la competenza 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELW STATO funzionale della Corte d'appello -rispondente alle esigenze di semplificazione richieste dalla Convenzione di New York e allo stesso tempo conforme ai lineamenti fondamentali dell'ordinamento processuale italiano. La Corte d'appello oltre a verificare la regolarit� formale del lodo deve accertare la compromettibilit� dell'oggetto della lite nonch� la non contrariet� all'ordine pubblico (art. 839). L'art. 840 prevede poi un procedimento di opposizione contro il decreto che accorda o nega efficacia al lodo straniero, modellato sulla falsariga dell'opposizione al decreto ingiuntivo, quale prototipo dei procedimenti a contraddittorio differito. Segue un elenco dei motivi in base ai quali l'opposizione deve essere accolta. VIII. Modifiche in materia di prescrizione e di trascrizione. La legge ha inoltre introdotto alcune innovazioni in tema d'interruzione della prescrizione e di trascrizione. 1. -Quanto al primo punto, l'integrazione colma una lacuna legislativa in ordine all'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dall'instaurazione del giudizio arbitrale. All'art. .2943, quarto comma, viene aggiunto il disposto secondo cui la prescrizione � altres� interrotta dall'atto che promuove l'arbitrato e all'art. 2945 viene aggiunto un altro comma disciplinante la durata dell'interruzione, che va dal momento della notificazione dell'atto appena citato sino al momento in cui il lodo non � pi� impugnabile. 2. -Le integrazioni in materia di trascrizione riguardano gli artt. 2652, 2653, 2690 e 2691 del codice civile nei quali, per le domande relative ad atti soggetti a trascrizione, viene equiparato alla domanda giudiziale l'atto notificato con il quale una parte promuove l'arbitrato, propone la domanda o provvede alla nomina degli arbitri. I A tale proposito, si rileva che mentre la previsione dell'art. 825, terzo com� ma, che ha reso il lodo omologato soggetto a trascrizione, si giustifica considerando che, a seguito del deposito, il lodo acquista tutti gli effetti e gli attributi I di una sentenza del giudice togato, meno evidente risulta la necessit� di stabilire espressamente che anche la domanda di arbitrato debba soggiacere al regime della trascrizione. Tale strumento non pu� che appesantire il procedimento Iarbitrale, ispirato all'opposto principio di informalit�, senza contare che le parti, ove lo avessero ritenuto opportuno, avrebbero comunque potuto tra� scrivere, ai fini della sua � opponibilit�, la domanda di arbitrato. Wally FERRANTE L'UNICIT� DELLA GIURISDIZIONE: UN MITO RICORRENTE (*) Una delle tante bizzarre caratteristiche della tormentata storia della giustizia amministrativa in Italia � quella che deriva dal suo condizionamento ad opera di un mito ricorrente. Il mito ricorrente del giudice unico, che fu, anzi, contraddittoria causa della nascita del nostro giudice amministrativo. Il tradizionale modello inglese, mediato attraverso la costituzione belga del 1831, ispir� infatti, come � noto -anche a seguito di una polemica anti francese -il legislatore del 1865 che, ripudiando qualunque sistema di giudice amministrativo, devolvette al giudice ordinario tutte le cause nella quali si facesse questione di diritti, comunque vi potesse essere interessata la p.a. e quand'anche fossero stati emanati atti amministrativi. Allo stesso mito doveva, poi, inchinarsi, un quarto di secolo dopo, il legislatore del 1889, il quale, nel constatare il fallimento della riforma del 1865 e nell'apportarne i rimedi, ribadiva tuttavia il principio dell'unicit� della giurisdizione in capo al giudice ordinario, limitandosi a istituire, con la IV sezione del Consiglio di Stato, un organo amministrativo deputato ad un controllo interno di legalit�. In quella occasione, come sappiamo, il mito non riusc� a divenire realt�, perch�, per effetto di una singolare eterogenesi, da un corpus normativo che affermava l'unicit� della giurisdizione in capo al giudice ordinario e, istituendo un procedimento amministrativo contenzioso quasi giudiziale interno all'Amministrazione, negava la ipotizzabilit� stessa di un giudice amministrativo, nacque un giudice amministrativo incardinato nell'Amministrazione sull'esempio del modello francese. Un modello la cui evoluzione doveva essere imitata bruciando le tappe: quella trasformazione da organo amministrativo in organo giurisdizionale che aveva chiesto tre quarti di secolo al Consiglio di Stato transalpino doveva consumarsi, infatti, per la IV Sezione di quello italiano, nel breve volgere di pochi anni. � noto infatti che la Cassazione di Roma a Sezioni Unite, con sentenza 21 marzo 1993, n. 177 riconobbe natura giurisdizionale alla IV Sezione del Consiglio di Stato. Il sistema di doppia giurisdizione evolvette per oltre mezzo secolo ed il mito si ripresent� per�, puntualmente, in sede di Assemblea Costituente al momento di fondare la nuova forma repubblicana dello Stato: Calamandrei, in seno alla c.d. Commissione � Forti� sostenne appassionatamente il principio dell'unit� della giurisdizione, propugnando per� -� bene sottolinearlo -la conservazione dell'individualit� oggettiva degli organi di giustizia amministrativa da incorporare nella giurisdizione ordinaria. In particolare le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, nell'idea di Calamandrei, avrebbero dovuto essere conservate come sezioni della Cassazione. Come � noto, nella Commissione dei 75 e poi in sede plenaria prevalse invece la tesi della conservazione delle giurisdizioni c.d. � storiche �, anche se nel testo della Carta fondamentale compare una enunciazione di unicit� che costituisce quasi la proclamazione di un � valore fine � 1 da assumersi come meta tendenziale e futuribile e che sembra rappresentare una omaggio -anche se solo formale -a quel mito ricorrente. (*) Relazione tenuta al Consiglio di Stato in occasione del Premio Sorrentino 1993. (1) G. SILVESTRI, Unit� della giurisdizione, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, Giuffr�, Milano, 1988, III, 718. 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Siamo adesso alla vigilia di un grande rinnovamento istituzionale, la prima repubblica, ormai agonizzante, sta per cedere il passo alla seconda e, puntuale, il mito si ripresenta al suo storico e ricorrente appuntamento. La Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, fra i principi direttivi approvati per le riforme della parte seconda della Costituzione, quanto alla funzione giurisdizionale ha dettato infatti il seguente: � ritiene che si debba procedere ad una revisione delle norme costituzionali vigenti sulla base del principio dell'uni� cit� della giurisdizione, al fine di giungere ad una progressiva parificazione di tutti i magistrati che in posizione imparziale siano chiamati ad applicare la legge al caso concreto. La competenza sar� ripartita tra i magistrati per blocchi di materie�. Il testo cos� licenziato risulta dall'approvazione di un emendamento presentato dall'On.le Rodot�, mentre il testo originario del principio, predisposto dal relatore del comitato � garanzie �, sen. Acquarone correva come segue: �La Commissione ritiene si debba procedere ad una revisione delle norme costituzionali sulla base di una parificazione di tutti i magistrati che in posizione imparziale siano chiamati ad applicare la legge al caso concreto; La Commissione ritiene inoltre si debba procedere: a modificare l'attuale riparto di giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo, affidando a questo tutta la materia relativa alla pubblica amministrazione, all'attribuzione ai giudici contabili di tutta la materia riguardante responsabilit� per maneggio di denaro pubblico o di provenienza pubblica; alla costituzione di un giudice autonomo ed indipendente per il contenzioso tributario �. La differenza fra i due testi � notevole poich� la proposta originaria fa sicuramente salva la dualit� di giurisdizioni, mentre il testo emendato, anche se in maniera non del tutto esplicita, sembra orientato in senso opposto. Ancora pi� notevole � la differenza fra le interpretazioni �autentiche � che i due redattori danno, poi, al testo licenziato, quali si possono desumere dalla lettura dei lavori preparatori e da interventi svolti in recenti convegni e che danno una curiosa impressione di � dej� vu � sol che si colleghino i nomi ora citati a quelli dei Mancini e dei Minghetti da una parte, dei Crispi e dei Cordova dall'altra, che illustrarono i dibattiti parlamentari del secolo scorso, quasi che il tema della giustizia amministrativa generi irrimediabilmente confusioni di linguaggio ed incomprensioni. Ha sostenuto, infatti, il senatore Acquarone -e con lui anche altra autorevole dottrina -che il principio di unicit� affermato dalla Commissione parlamentare per le riforme istituzionali non va riferito alla giurisdizione sibbene alla funzione giurisdizionale, al fine precipuo di superare l'infelice e riduttiva formula del richiamo alla legge sull'ordinamento giudiziario operato dall'art. 102 della Costituzione 2� Unicit� di funzione giudicante dunque ed unicit� di garanzie nel rispetto della dualit� storica di giurisdizioni, ordinaria ed ammnistrativa, con l'unica innovazione, sotto il profilo organizzativo, del riparto di competenze per blocchi di materie invece che per discriminazione delle situazioni soggettive tutelate e con l'unica concessione di non escludere la possibilit� in un lontanissimo futuro della possibilit� di configurare un giudice unico con funzioni specializzate come meta ultima asintotica 3 � (2) Cfr. Verbale della riunione del Comitato garanzie, Seduta 14 ottobre 1992 e rapporto allegato. (3) Cfr. nello stesso senso M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Il Mulino, Bologna, 1983, 354. PARTE II, QUESTIONI 9.1 Per contro, l'onorevole Rodot� ha propugnato con estrema chiarezza l'istituzione di un giudice unico -ed in tal senso ha interpretato autenticamente il proprio emendamento -accettando l'idea di una temporanea sopravvivenza di una giurisdizione amministrativa solo per un periodo transitorio. Cito te stualmente dal resoconto parlamentare: � .�� La scelta nel senso della unit� deve essere radicale, ed in tal senso non potrebbero pi� coesistere diversi corpi giudicanti salvo la possibilit� di prevedere una norma transitoria. Si pu� pensare ad un corpo giurisdizionale al cui interno, messa da parte la distinzione tra diritti e interessi, si operi una distinzione di materie, prevedendo altres� che il Consiglio di Stato ritorni alla sua funzione propriamente consultiva e per la Corte dei Conti si rafforzi la sua funzione di braccio secolare del Parlamento nel senso quindi del controllo finanziario � �. Nella stessa direzione si � mosso !'on.le Barbera, affermando: � Si tratta non di attentare all'autonomia della magistratura ordinaria ma di superare quell'insufficiente terziet� e quell'indipendenza che attualmente sono proprie della giurisdizione amministrativa e che sono un riflesso del medievale consilium regis, per cui soltanto il consulente dell'amministrazione poteva poi occuparsi degli interessi o delle aspettative del cittadino nei confronti dell'amm�Jlistrazione � �. Ha infine ribadito !'on.le Rodot�: � Colgo l'occasione per rassicurare i colleghi intervenuti con tanta ampiezza di argomenti, dicendo che proprio l'affermazione del principio dell'unit� della giurisdizione e la sottolineatura del carattere imparziale della funzione da svolgere liberano il Consiglio di Stato e la Corte dei conti dalle funzioni giurisdizionali attualmente esercitate, restituendo l'uno alla funzione di consulenza e l'altra a quella di controllo, funzioni che dovranno essere partitamente disciplinate da questa Commissione �6� Come in tale situazione di acuto ed assoluto contrasto, i portatori delle due contrapposte opinioni abbiano potuto concludere di versare in un sostanziale accordo 7 � un mistero risolvibile soltanto con l'ipotesi di un eccesso di fair play parlamentare o con quella della fatidica confusione di lingue che da sem pre accompagna i dibattiti sul tema della giustizia amministrativa. Insomma, quale giustizia amministrativa sar� sancita nella costituzione pros sima ventura sulla base del principio direttivo approvato dalla Commissione bicamerale, quella del giudice unico o quella della doppia giurisdizione? Sopravviver� il Consiglio di Stato come giudice alla fine della prima Re pubblica? Vorrei subito dire -e non certo per dovere di cortesia verso l'Istituto che oggi ci ospita -che io mi auguro questa sopravvivenza, che mi auguro quindi il mantenimento della doppia giurisdizione, e credo che in questo non mi faccia velo il misoneismo tipico degli operatori del diritto. (4) Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, verbale della riunione del Comitato garanzie del 28 ottobre 1992. (5) Commissione cit. seduta 27 novembre 1992, Atti parlamentari, 686. (6) Commissione ult. cit. stessa seduta, 691. (7) Commissione ult. dt. stessa-seduta, 673 e 674. 14 92 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO Ben venga l'affermazione esplicita della unicit� della funzione giurisdizionale, forse gi� rinvenibile nello spirito dell'attuale Costituzione al di l� della infelice formulazione dell'art. 102, come ha gi� scritto autorevole dottrina 8� Ben venga l'unificazione delle garanzie di indipendenza e di imparzialit� per tutti i magistrati, anche se quelle attualmente godute dalla magistratura amministrativa (ex lege 27 aprile 1982 n. 186) sembrano tutt'altro che insufficienti. In realt�, come insegnava Nigro, nessuna norma potr� mai garantire l'indipendenza e l'imparzialit� del giudice e potr� invece soltanto assicurare le condizioni perch� il giudice che voglia e sappia essere indipendente e imparziale possa esserlo 9� Ben *nga il discrimine della competenza per blocchi di materie: l'innovazione costituir� il coronamento e la costituzionalizzazione di un processo evolutivo fa atto da tempo per effetto di una sinergica azione del legislatore e della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa. Ben vengano, ancora, le conseguenziali innovazioni in materia di conflitti e di competenze della Cassazione. In effetti, una volta costituito il giudice amministrativo come giudice generale della pubblica amministrazione non sembrerebbe razionale privare le relative liti di un grado di giurisdizione (cos� come ne sono private oggi -ma in via di eccezione -quelle su diritti in sede di giurisdizione esclusiva). Occorrerebbe allora istituire il Consiglio di Stato in Corte regolatrice del contenzioso amministrativo equiordinata alla Cassazione, eventualmente con l'istituzione di Corti d'Appello amministrative ed istituire un Tribunale dei Conflitti, oppure estendere la competenza regolatrice della Corte di Cassazione anche alle decisioni del Consiglio di Stato. Personalmente propendo per la prima soluzione, non a caso adottata in quella Francia dalla cui giustizia amministrativa, piaccia o non piaccia, la nostra ha sempre tratto ispirazione. Occorrerebbe anche, naturalmente, attribuire ai Tribunali Amministrativi (e alle eventuali Corti di appello) nuovi poteri istruttori, cautelari e decisori congruenti con le nuove competenze ed anche con le innovazioni introdotte in sede comunitaria e la conseguente estensione dell'area della tutela aquiliana agli interessi 10� Non mi sentirei invece affatto di dare il benvenuto ad una soppressione del giudice amministrativo e ad una istituzione del giudice unico. Un tale tipo di riforma, sperimentato nel .1865 fu, come tutti oggi sappiamo, un errore. Continuerebbe ad essere un errore oggi, anche se per ragioni in parte diverse. Fu allora una fuga in avanti perch� innovazione troppo in anticipo sui tempi in quello che era uno Stato borghese accentrato, fortemente autoritario ed a regime amministrativo. Sarebbe oggi, in un paese che con tutti i suoi spaventosi difetti � purtuttavia una grande potenza industriale ed ha sul piano istituzionale connotazioni di democrazia, di socialit�, di pluralismo, di partecipazione, l'antistorica imitazione di un istituto orma:i scomparso anche nella sua celebratissima culla di oltremanica. (~) s. SATTA, Giurisdizione, Nozioni Generali, voce dell'E.d.D., 224; E. CANNADA BARTOLI, Giurisdizione, Conflitti, voce dell'E.d.D., 301; M. S. GIANNINI -A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa, voce dell'E.d.D., 229 -230. (9) M. NIGRO, op. cit. 353. (10) Vedasi segnatamente artt. 12 e 13 L. 19 febbraio 1992, n. 142. PARTE II, 'QUESTIONI 91 Nel 1969, il prof. Giannini ci� fece conoscere, con una famosa prefazione, la traduzione italiana di un trattato intitolato Diritto Amministrativo inglese, scritto dal pi� prestigioso esponente della Scuola di Londra, il prof. Wade. (11). Ci spieg� allora il prof. Giannini come l'ordinamento inglese non conoscesse il diritto amministrativo, attesa rinesistenza di un qualunque sistema di diritto pubblico intermedio fra il costituzionale ed il privato, posto che le pubbliche autorit� agivano in quel Paese in regime di diritto comune ed in regime di diritto comune venivano giudicat�. Il c.d. diritto amministrativo inglese altro non era, quindi, che la prospettazione del come i problemi che in paesi a regime amministrativo vengono risolti con istituti di diritto amministrativo vengano invece col� risolti con istituti di diritto costituzionale o civile o processuale. Ebbene, l'ultima edizione del volume del Wade 12 si apre, in prefazione, con l'annuncio di una rivoluzione copernicana: la Gran Bretagna � diventata un Paese a regime amministrativo ed � nato, a Londra, un giudice amministrativo chiamato a giudicare di situazioni giuridiche soggettive nascenti dal diritto pubblico secondo una procedura diversa da quella ordinaria e che prevede in particolare: la competenza devoluta alla Divisional Court, in composizione specializzata con giudici tratti. da un elenco apposito, (Crown Office list), una procedura a termini brevi (tre mesi) da seguire in via esclusiva, una particolare competenza decisoria di tipo cassatorio (iudicial review) sulle decisioni amministrative adottate dalle numerosissime autorit� di quel tipo istituite in questo dopoguerra. Il tutto � a protezione delle pubbliche autorit� contro litiganti irresponsabili �. La rivoluzionaria novit� � stata naturalmente introdotta pretoriamente con una sentenza della House of Lords, resa a conclusione della causa O'Reilly v. Mackman 13, una sentenza che � stata valutata dalla dottrina comparatista come paragonabile a quel famoso � Arret Bianco� che segn� la nascita del diritto amministrativo in Francia 14� La verit� � che il giudice unico pu� costituire una. adeguata soluzione in una struttura statale semplice e con compiti limitati: la struttura di quel mitico Paese dei buon tempo andato dove il bravo cittadino non si sarebbe accorto dell'esistenza dello Stato se non fosse stato per i poliziotti e per gli uffici postali 15� Il moltiplicarsi e l'articolarsi dei compiti affidati alla mano pubblica hanno reso inadeguato il sistema in qualsiasi stato sociale avanzato: il Belgio, come � noto, ha gettato la spugna nel 1946. La mitica Gran Bretagna ha resistito un quarantennio in pi�, forte del fatto di non essere un paese a regime amministrativo, e dando per� finalmente ragione anch'essa a Giorgio Berti quando af. fermava che � dovunque ci sono giudici amministrativi accanto a giudici ordinari e dove non ci sono, si tende ad istituirli� 16 � In tale situazione mi pare che rinunciare adesso al nostro giudice amministrativo sarebbe quindi veramente antistorico. (11) H. W. R. WADE, Diritto amministrativo inglese, traduzione a cura di C. GERACI, Giuffr�, Milano, 1969. (12) H. W. R. WADB, Administrative Law, Clarendon Oxford, 1988. (13) (1983) 2 AC 237. --. (14) J. BELL, Droit public et droit priv�: une nouvelle distinction en droit anglais(l'arret O'Reilly V. Mackman: un arret Branco?) in Revue fran�aise de droit adminisfratif, 1985, 399. (15) A. J. P. TAYLOR, English history. 1914-1945, cit. in H. W. R. WADE, cit. 3. (16) G. BERTI, Commento alla costituzione a c11ra di G. BRANCA, Zanichelli, Bologna, 1987, Tomo IV, 88. 94 RASSEGNA AVVOCATURA .DELLO STATO D'altronde le ragioni che militerebbero a sostegno della sua soppressione e che normalmente vengono addotte non convincono affatto. Tali ragioni si appuntano, in genere, sulle nomine politiche, sulla connessione .delle funzioni ccmsulenti con quelle giudicanti e sullo stretto legame che si instaura fra i giudici amministrativi il Governo e l'alta burocrazia attraverso i gabinetti e gli ufficj legislativi: circostanze tutte che, secondo i suoi critici, appannerebbero l'indipendenza e l'imparzialit� del giudice amministrativo. La critica non appare fondata e quand'anche lo fosse viene portata a .conseguenze ultronee. :� pacifico, infatti, che la nomina politica del giudice non incide minimamente sulle sue garanzie di indipendenza come posto in rilievo dalla nostra Corte Costituzionale 17 e come dimostrato proprio dalla tanto celebrata esperienza inglese. Altrettanto certo � che la imbricazione fra giudice amministrativo e amministrazione assicura al primo quella perfetta conoscenza dei meccanismi della cosa pubblica che gli consentono, come � stato acutamente detto, di leggere tra le righe dell'atto amministrativo, con tutti i vantaggi che ne conseguono per la giustizia sostanziale. Un autore non certo sospetto di simpatie autoritarie, Mario Nigro, scriveva nell'ultima edizione della sua Giustizia Amministrativa: �N� l'esercizio di funzioni consultive (del resto voluto dalla Costituzione) n� le forme di partecipazione ora ricordate alla vita amministrativa vulnerano, in s� e per s�, l'indipendenza del giudice amministrativo (si tr�tta di attivit� comuni anche al Conseil d'Etat francese e che sollevano l� gli stessi problemi). Nell'ambito del sistema di giustizia amministrativa adottato nel nostro ordinamento, tali attivit� giovano alla conoscenza da parte dei giudici amministrativi della vita amministrativa e quindi concorrono al miglior svolgimento della funzione giurisdizionale; inoltre, rafforzano il prestigio dell'organo e, quindi, di fatto la sua stessa indipendenza � (18). Certo � che una giurisdizione amministrativa strettamente collegata con l'Amministrazione qual'� la nostra attuale corrisponde -comportando una qualche ambiguit� -al duplice ruolo di un giudice che �, da un lato, garante dei diritti del cittadino contro gli abusi della amministrazione, dall'altro pro II tettore delle prerogative di un potere pubblico 19 che � non solo parte da giudicare, ma anche apparato, da dirigere e da consigliare 20� Questo secondo le migliori tradizioni del modello francese, sul quale il nostro si � conformato e che conserva, pur nelle pi� recenti evoluzioni, le sue connotazioni caratteristiche. D'altra parte le critiche sopra ricordate, quand'anche fossero fondate, dovrebbero indurre non gi� a caldeggiare l'istituzione di un giudice unico, (istituzione non solo non pi� attuale, come si � visto, ma che potrebbe addirittura alterare l'equilibrio costituzionale dando luogo ad un potenziamento soggettivo della giurisdizione come potere, una volta venuto meno il � chek and balance � di pi� ordini giudiziari 21) ma a propugnare l'istituzione di una giurisdizione amministrativa di tipo tedesco, cio� di un giudice omologo a quello civile e senza rapporti privilegiati con il potere esecutivo. (17) Corte Cost. 19 dicembre 1973, n. 177. (18) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, Il Mulino, Bologna 1983, 352. (19) A. MESTRE, Le Conseil d'Etat, protecteur des pr�rogatives de l'Administration, Parigi, 1974. (20) M. HAURIOU, Principes de droit public, Parigi, 1910, 491. (21) G. BERTI, Commentario della Costituzione a cura di G. BRANCA, Zanichelli, Bo� logna, 1987, Tomo IV, 91. PARTE Il, QUESTIONI 9J Ma questa sarebbe una rinuncia alla ricchezza di una tradizione storica che ha dato tanti buoni frutti e che ha, come suo dato caratteristico, la continuit� di una evoluzione costante. La storia del nostro processo amministrativo dimostra d'altronde come la forza della matrice giurisprudenziale, fedele interprete di valori giuridici, sociopolitici e culturali ben precisi, abbia sempre prevalso sul dato normativo sia quando un legislatore troppo innovatore abbia cercato di forzare la mano, trapiantando nel nostro sistema istituti non compatibili con esso perch� estranei alle sue tradizioni, sia quando un legislatore conservatore a tutti i costi abbia troppo tardato ad introdurre le innovazioni che i tempi esigevano. La creazione giurisprudenziale di un giudice amministrativo di modello francese di fronte ad una riforma legislativa (quella del 1865-1889) che ne negava l'esistenza ed introduceva un modello inglese di giudice unico � un esempio della prima ipotesi. Le tumultuose evoluzioni giurisprudenziali degli ultimi venti anni di fronte ad una costituzione ed una legislazione che -a parte l'introduzione del doppio grado -si erano limitate a recepire con precisione notarile le conquiste giurisprudenziali della prima met� del secolo, sono un esempio della seconda. Auguriamoci che la saggezza del costituente della seconda repubblica, facendo tesoro di questa esperienza, accolga e razionalizzi i segnali di rinnovamento nella direzione indicata dal Comitato garanzie della Commissione bicamerale, cio� nel senso della unicit� della giurisdizione intesa solo come unit� delle funzioni e delle sue garanzie ed abbandoni invece quel ricorrente mito del giudice unico che non solo � estraneo alla nostra tradizione ma che appare ormai anche in ritardo sui tempi. IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 15 NOTE IN TEMA DI INTERESSI SUI DEBITI PECUNIARI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Volendo svolgere una riflessione di sintesi sulle prospettive che sono venute emergendo dal dibattito dottrinale e giurisprudenziale in terna di riconoscimento degli interessi sui debiti pecuniari della Pubblica Arnrninistrazione ci si accorge dell'opportunit� di una meditazione -che pu� e deve giovarsi delle analisi settoriali gi� svolte anche in sede di giurisdizione arnrninistrativa sui rnodi, e dunque sui metodi pi� appropriati per lo studio scientifico del pro blema, con sguardo orientato agli aspetti civilistici delle questioni implicate. Alcune premesse di carattere generale sembrano in tal senso indispensabili per la corretta impostazione del problema, lungamente dibattuto, su cui si � registrata una lenta evoluzione della dottrina e della giurisprudenza verso il progressivo accostamento della posizione della Pubblica Amministrazione a quella del comune debitore. 1. Il legislatore del '42 ha dovuto risolvere il difficile compito di dettare una nuova disciplina degli interessi ed � pervenuto alla soluzione fondata su due disposizioni di carattere generale (artt. 1224 e 1282), accentuando la contrapposizione funzionale tra le due categorie fondamentali (gli interessi moratori e gli interessi corrispettivi) alle quali dottrina e giurisprudenza ne hanno presto affiancato un'altra (quella degli interessi compensativi) anch'essa caratterizzata da un distinto connotato tipologico. 2. Nella corrente tripartizione, la categoria degli interessi compensativz viene solitamente presentata corne una figura residuale, di cui la norma dell'art. 1499 in terna di vendita costituirebbe l'ipotesi paradigmatica; rna si guarda anche agli interessi in materia di mutuo (art. 1815) e di conto corrente (art. 1825) mentre la giurisprudenza utilizza la figura soprattutto per qualificare gli interessi sulla sornrna liquidata a titolo di risarcimento danni. Sono tutte ipotesi caratterizzate dal principio del cd. post numerario, implicito in tutte le obbligazioni restitutorie di sornrne di danaro, dove per una evidente fw1Zione equitativa, si compensa il differimento della restituzione di una cosa fruttifera al legittimo titolare con la corresponsione degli interessi, per ci� stesso qualificati � compensativi �. A prescindere da ogni rilievo sulla contestata configurazione dogmatica degli interessi compensativi (si veda al riguardo la chiara presa di posizione di Cass. 22 luglio 1977, n. 3272, in Foro lt., 1978, I, 2029, che parla di �residuo storico� sulla scia del RUBINO, La Compravendita, in Tratt. civ. Messineo, 1962, 569) va escluso che i debiti pecuniari della pubblica Arnrninistrazione determinino la maturazione degli interessi compensativi che presuppongono il godimento di una cosa fruttifera di cui costituiscono il compenso e, quindi, � un trattenere � una sornrna di danaro, mentre nel nostro caso viene in rilievo � un'erogazione � di una sornrna, che tra l'altro non pu� avvenire subito per la complessit� degli adernpirnenti previsti dalla normativa di contabilit� pubblica. 3. Esclusa dunque quest'ultima categoria, la quale pi� che nella sua prospettiva legislativa, viene usualmente utilizzata per legittimare sul piano terminologico la risposta � pretoria � al problema degli interessi sul risarci� mento del danno, resta allora la distinzione tra interessi moratori e interessi corrispettivi, la cui accentuazione dal punto di vista teleologico � avvenuta ad opera della giurisprudenza in vista della soluzione di problemi specifici. Gli interessi moratori, sintetizzando la loro corrente giustificazione, avrebbero w1a tipica funzione risarcitoria, essendo destinati a riparare il � danno � PARTE II, QUESTIONI subito dal creditore per l'ingiustificato ritardo del debitore nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria. Gli interessi corrispettivi, invece, si fonderebbero sul principio della naturale fecondit� del danaro ed avrebbero perci� una tipica funzione remunerativa, essendo dovuti per il � vantaggio � della disponibilit� dell'altrui denaro (naturalmente fruttifero), che altrimenti determinerebbe un ingiustificato arricchimento del debitore. Tale impostazione � stata vivacemente criticata dalla dottrina pi� attenta (GIORGIANNI, L'inadempimento, 1975, 161 e ss. e LIBERTINI, voce �Interessi'" in Enc. Dir. 1972) e dalla stessa giurisprudenza (Cons. Stato, Ad Plen. 7 ottobre 1981, n. 2 in Foro It., 1981, III, 427), in base alla considerazione che il �vantaggio � del creditore e il �danno � del debitore sono � fenomeni speculari �. Risulterebbero cio� come i due lati di una stessa medaglia, essendo entrambi gli �spetti riconducibili al principio della naturale fecondit� del danaro, che naturalmente crea �un danno � per il creditore ed �un vantaggio � per il debitore. Sebbene tale critica sia stata recentemente condivisa dalla Suprema Corte (Cass. Sez. I, 16 gennaio 1991, n. 4035, in Foro It., 1992, I, 1277 e ss.), prevale la tesi secondo cui la distinzione in questione non rappresenti un inutile omaggio alla tradizione (che nel codice abrogato aveva portato alla distinzione tra interessi � civi�i � dovuti per la mora e interessi � commerciali � dovuti per la naturale fecondit� del danaro) poich� innanzi tutto essa trova un riscontro nella norma dell'art. 1224 capoverso. Solo infatti il creditore che faccia valere la mora pu� pretendere il risarcimento del maggior danno, di cui infatti � presupposto il colpevole ritardo nell'adempimento del debitore, che invece non rileva a norma dell'articolo 1282. Ma vi � di pi�. La distinzione assume per esempio rilevanza nel caso di debiti pecuniari � querables �, quando cio� � convenzionalmente stabilito che il debito va adempiuto al domicilio del debitore. In tal caso, infatti, si spiega che prima della richiesta di adempimento decorrono gli interessi corrispettivi, che si trasformano in interessi moratori dal momento in cui l'intimazione viene formalizzata. Non vi � dubbio allora che la distinzione assuma rilevanza anche in relazione ai debiti pecuniari della Pubblica amministrazione, che rientrano nella categoria delle obbligazioni � querables � in deroga alla regola generale. La riconducibilit� del caso alla categoria ora richiamata non significa peraltro che possa essere per ci� solo riconosciuta l'ammissibilit� della decorrenza di interessi corrispettivi e/o moratori sui debiti pecuniari della P.A. 1'. ben noto infatti come l'orientamento tradizionale abbia sempre escluso l'ammissibilit� degli interessi (comunque qualificati) su tali obbligazioni. A fondamento della tesi veniva solitamente addotta la diversa situazione dell'Amministrazione tenuta all'osservanza della complessa procedura che governa i pagamenti dello Stato e degli altri enti pubblici. Il carattere norma� tivamente vincolante di questa procedura porterebbe a ritenere che il credito verso l'Amministrazione non sia esigibile prima che la stessa abbia emesso il mandato di pagamento. Si afferma cio� che la procedura contabile di erogazione delle spese pubbliche determini un caso di esecuzione temporalmente prolungata della prestazione, implicante un termine necessario. Poich� i pagamenti della pubblica Amministrazione si configurano non come atti ma come procedimenti, ne deriverebbe che la relativa esecuzione non pu� avvenire �statim � e dunque essi non sono immediatamente esigibili. Tra l'altro, finch� il credito non diviene esigibile con il superamento delle procedure di pagamento, non � neanche ammissibile configurare la mora, 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO e perci� un ritardo colpevole dell'Amministrazione inteso come �iniusta dilatio �. Sicch� sulle obbligazioni pecuniarie della P. A. non maturerebbero n� gli interessi corrispettivi, n� gli interessi moratori. Le ripetute obiezioni della dottrina, tendenti a ridimensionare la portata delle deroghe al diritto comune (GIANNINI, Le obbligazioni pubbliche, 1964, 86 e ss.) hanno spinto la giurisprudenza verso il graduale superamento della tesi tradizionale. Del resto la stessa legislazione speciale si era chiaramente mossa nella medesima direzione. Particolare interesse assumevano al riguardo la normativa sugli appalti pubblici (artt. 35 e 36 D.P.R. 16 luglio 1962 n. 6063), quella in materia tributaria (art. 5, legge 26 gennaio 1961, n. 29) e quella in tema di espropriazione per pubblico interesse (art. 14, 1. 28 gennaio 1977, n. 10), che riconoscevano la decorrenza degli interessi indipendentemente dall'emissione del titolo di spesa, articolando il livello degli interessi, in modo diverso rispetto al tasso legale generale dell'art. 1284. Sul piano giurisprudenziale, invece, il superamento della tradizionale posizione di chiusura ha fatto registrare due distinti orientamenti. Secondo un indirizzo pi� moderato, � possibile configurare una � mora debendi � della P. A., fonte di interessi moratori, tutte le volte in cui la pur doverosa osservanza delle norme di contabilit� pubblica non sia avvenuta con diligenza e tempestivit� valutate alla stregua del principio di ragionevolezza. Come ha infatti recentemente chiarito la Suprema Corte (sent. 22 ottobre 1991, n. 11189) per giustificare il ritardato pagamento con la mancata formazione del titolo di spesa, la P. A. deve dimostrare che il ritardo dipende da ragionevoli dilazioni del procedimento e non sia una conseguenza della propria inerzia. Quanto alla colpevolezza di tale ritardo, occorre tra l'altro sottolineare che la natura di debito � qu�rable � (cio� esigibile al domicilio del debitore) dell'obbligazione pecuniaria della P A. rende necessaria la formale intimazione di pagamento ex art. 1219 pri. co., che evidenzi l'attualit� dell'interesse del creditore all'adempimento. Ma � allora chiaro che quando si richiede l'intimazione di pagamento si presuppone l'esigibilit� del credito ex art. 1183, di cui pertanto si riconosce la sussistenza anche a prescindere dall'ultimazione della procedura di pagamento, che pertanto cessa di essere considerata presupposto dell'esigibilit�. Sicch� appare allora giustificato l'indirizzo giurisprudenziale, per cos� dire, pi� evoluto, che nel quadro di una globale riconsiderazione del problema degli interessi ha riconosciuto che il credito che l'Amministrazione � tenuta a soddisfare ad una data scadenza � produttivo di interessi corrispettivi, ai sensi dell'art. 1282, a prescindere dall'impegno e dall'ordinazione della spesa (in tal senso, Cons. Stato, Ad. PI., 7 aprile 1981, n. 2 cit.). D'altro canto sin dalla prima met� degli anni Settanta la giurisprudenza ha cominciato a negare che alla P A. competa una posizione privilegiata rispetto al privato (ritenuta del tutto ingiustificata), che le consenta di scegliere il tempo dell'adempimento delle proprie obbligazioni. La dottrina pi� attenta si era del resto incaricata di spiegare che continuare a condizionare l'esigibilit� del debito pecuniario della P. A. all'emissione del mandato di pagamento significava riconoscergli il potere di differire � sine die � la possibilit� di esercizio del diritto, quasi come una condizione potestativa e come se perci� le obbligazioni della P.A. fossero obbligazioni �condizionate � e le norme di contabilit� potessero derogare alle norme codicistiche PARTE II, QUESTIONI 99 (cosa che invece viene generalmente esclusa trattandosi di fonte subordinata rispetto alla legge). Tra l'altro, da tempo nessuno se la sente pi� di giustificare la mancata corresponsione degli interessi corrispettivi dal punto di vista di una � presunta � carenza di vantaggio dello Stato per la ritenuta del danaro. :� infatti di generale applicazione il principio della c.d. fecondit� naturale del danaro, per cui neanche la P. A. pu� sottrarsi all'obbligazione di compensare con la corresponsione degli interessi legali il vantaggio della disponibilit� della somma di danaro spettante al creditor~. Appare pertanto giustificato concludere che i crediti pecuniari, certi e liquidi, diventano senz'altro esigibili alla scadenza del termine a prescindere dalla circostanza che sia stata ultimata la procedura di pagamento, in conformit� alle norme comuni del codice civile (secondo quanto espressamente riconoscono le SS.UU. della Cass., sent. 8 giugno 1985 n. 3481 in Foro It., 1985, I. 1619). Dal momento dell'intimazione di pagamento corrispettivi si convertono in moratori, se a ci� si accompagna una ingiustificata dilazione del procedimento, consentendo al creditore di chiedere il maggior danno, di cui tuttavia dovr� dare prova secondo quanto previsto dalla norma dell'art. 1224 capoverso. Va comunque respinta la frequente affermazione secondo cui sulla somma rivalutata (di solito in base agli indici ISTAT) decorrono pure gli interessi legali. Le SS.UU. Cass. 89/5289 hanno infatti confermato l'orientamento della Prima Sezione, anche di recente ribadito (Cass. sentt. 16 aprile 1991 n. 4035 e 8 maggio 1992, n. 5490) secondo cui quando il creditore, allegando un pregiudizio superiore all'importo complessivo degli interessi, chieda il risarcimento del maggior danno, fornendo elementi anche presuntivi di prova, vuol dire che egli non ha ritenuto sufficiente il � minimo � forfettariamente determinato dalla legge. In tal caso al danno presunto, costituito dagli interessi moratori (che oggi il legislatore ha portato come � noto al 10 %), si sostituisce la rivalutazione, quale espressione del danno totale subito in concreto e sulla somma gi� rivalutata non possono essere riconosciuti ulteriori interessi. La cumulabilit� della svalutazione con gli interessi legali � pacificamente riconosciuta per i cd. debiti di valore, tra i quali spicca l'obbligazione risarcitoria, dove al danneggiato vengono solitamente riconosciuti non solo la rivalutazione della somma ma anche gli interessi compensativi. Ci� aveva suscitato l'illazione, concretatasi in una miriade di domande che riproponevano lo stesso schema anche per i c.d. debiti di valuta. Il problema, risolto come si � visto in senso negativo dalla giurisprudenza, � stato illustrato con grande chiarezza da Adolfo Di Majo (in Casi e questioni di diritto privato, collana diretta da Mario Bessone, V -Obbligazioni e Con� tratti, 1993, 300 ss.). L'autorevole studioso ha evidenziato la debolezza della tesi del cumulo, facendo leva sulla stessa lettera dell'art. 1224, che parlando di � ulteriore � risarcimento e di � danno maggiore � lascia intendere � che tanto gli interessi legali come il danno da svalutazione hanno la funzione di reintegrare il patri monio del creditore per il ritardato uso della somma, trattandosi, per�, nel caso degli interessi, di un danno presunto, mentre, nel caso della svalutazione, deve parlarsi di un danno effettivo (onde il danno presunto � destinato a sparire ove venga fornita la prova del danno effettivo) �. Del resto, il divieto del cumulo, ha ricevuto di recente l'autorevole avallo della Corte Costituzionale, che, nella notissima sentenza n. 156 del 1991, nel 1.00 RASSEGNA AWOCA'fURA DELLO STATO riconoscere l'estensibilit� ai pensionati del trattamento normativo previsto dall'art. 429 c.p.c. (che appunto sancisce il cumulo), ha tenuto fermo, a livello di obiter dictum, il divieto del cumulo per i creditori ordinari. E tale divieto rimane fermo anche a seguito della recentissima sentenza 19-20 aprile 1993 n. 196 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 442 c.p.c. � nella parte in cui non prevede, quando il giudice pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di assistenza sociale obbligatoria, il medesimo trattamento dei crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale in ordine agli interessi legali e al risarcimento del maggior danno sofferto dal titolare per la diminunzione di valore del suo credito �. FEDERICO BASILICA I II l l i 1 I I �I! I I RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice di procedura penale, art. 34, secondo cOJllllla, nella parte in cui non prevede l'incompatibilit� a partecipare al giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all'art. 444 dello stesso codice. Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. codice di procedura penale, art. 427, primo comma, nella parte in cui prevede, nel caso di proscioglimento dell'imputato perch� il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, che il giudice condanni il querelante al pagamento delle spese anticipate dallo Stato anche in assenza di qualsiasi colpa a questi ascrivibile nell'esercizio del diritto di querela. Sentenza 3 dicembre 1993, n. 423, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. codice penale militare di pace, art. 27, nella parte in cui consente che la conversione della pena della reclusione comune in quella della reclusione militare possa avvenire in relazione alla sanzione penale comminata per il reato previsto nell'art. 8, secondo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772. Sentenza 30 luglio 1993, n. 358, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 11, secondo comma, ultima parte, nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta. Sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 43, secondo comma, nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta. Sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. combinato disposto r.d.l. 30 marzo 1938, n. 680, art. 38, primo comma, e legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 7, secondo comma, nella parte in cui esclude il diritto a pensione a favore della vedova di impiegato iscritto alla C.P.D.E.L. che sia separata legalmente per sentenza passata in giudicato pronunziata per di lei colpa, allorch� a questa fosse stato riconosciuto il diritto agli alimenti verso il coniuge deceduto, riconoscendo alla stessa soltanto il diritto alla corresponsione di un assegno alimentare ove sussista lo stato di bisogno. Sentenza 28 luglio 1993, n. 346, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 38, secondo comma, nella parte in cui, ai fini del trattamento pensionistico di riversibilit�, non equipara ai minorenni 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO gli orfani maggiorenni iscritti ad universit� o ad istituti superiori pareggiati per tutta la durata del corso legale e, comunque, non oltre il ventiseiesimo anno di et�. Sentenza 23 dicembre 1993, n. 454, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 7, primo comma, lettera a). Sentenza 28 luglio 1993, n. 344, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. combinato disposto legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 24, e legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 12, nella parte in cui prevedono la riscattabilit� ai fini dell'indennit� premio di servizio del biennio corrispondente al corso di studi presso la scuola convitto anzich� dell'intero periodo corrispondente al corso legale di studi necessario per il conseguimento del diploma di vigilatrice d'infanzia. Sentenza 21 luglio 1993, n. 321, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. legge 6 ottobre 1967,. n. 949, art. 9. Sentenza 7 ottobre 1993, n. 369, G. U. 13 ottobre 1993, n. 42. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 12, nella parte in cui non consente la facolt� di riscattare, ai fini della liquidazione dell'indennit� premio di servizio, i periodi corrispondenti alla durata legale del corso di studi per il conseguimento del diploma di vigilatrice di infanzia. Sentenza 21 luglio 1993, n. 321, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. combinato disposto legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 12 e legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 24, nella parte in cui prevedono la riscattabilit� ai fini dell'indennit� premio di servizio del biennio corrispondente al corso di studi presso la scuola convitto anzich� dell'intero periodo corrispondente al corso legale di studi necessario per il conseguimento del diploma di vigilatrice d'infanzia. Sentenza 21 luglio 1993, n. 321, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 16, secondo comma, nella parte in cui non prevede la rivalutazione, con riguardo alla data di cessazione definitiva del rapporto, della retribuzione sulla quale si computa l'indennit� per cessazione dal servizio non di ruolo prestato anteriormente all'entrata in vigore della legge medesima. Sentenza 18 novembre 1993, n. 401, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. legge 15 febbraio 1972, n. 772, art. 8, terzo comma, nella parte in cui non prevede l'esonero dalla prestazione del servizio militare di leva a favore di coloro che, avendo in tempo di pace rifiutato totalmente la prestazione del servizio stesso, anche dopo averlo assunto, sulla base di motivi diversi da I quelli indicati nell'art. 1 della legge n. 772 del 1972 o senza aver addotto motivo alcuno, abbiano espiato per quel comportamento la pena della reclusione I quantomeno in misura complessivamente non inferiore alla durata del servizio I militare di leva. Sentenza 3 dicembre 1993, n. 422, G. U. 9 dicembre 1993, n. SO. I l I I I I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, art. 33, ultimo comma, nella parte in cui non prevede, in materia di rimborsi d'imposta, l'esperibilit� dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. Sentenza 23 novembre 1993, n. 406, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, terzo comma, in connessione con l'art. 148 c.p.m.p., nella parte in cui non prevede l'esonero dalla prestazione del servizio militare di leva a favore di coloro che, avendo rifiutato totalmente in tempo di pace la prestazione del servizio stesso dopo aver addotto motivi diversi da quelli indicati nc;>ll'art. 1 della legge n. 772 del 1972, o senza aver addotto motivo alcuno, abbiano espiato per quel comportamento la pena della re�lusione in misura complessivamente non inferiore a quella del servizio militare di leva. Sentenza 28 luglio 1993, n. 343, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 42, primo comma, nella parte in cui stabilisce che la vedova di militare deceduto per causa bellica perde il diritto a pensione se contrae nuove nozze con chi fruisca, o venga a fruire successivamente al matrimonio, di un reddito annuo superiore al limite previsto dall'art. 70 della stessa legge. Sentenza 30 luglio 1993, n. 361, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, art. 104, nella parte in cui dispone l'abrogazione dell'art. 17, lett. c) del r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328. Sentenza 18 novembre 1993, n. 400, G.U. 24 novembre 1993, n. 48. legge reg. Lombardia 8 febbraio 1982, n. 12, art. 8, primo comma, nel testo modificato dall'art. 4 della legge della regione Lombardia 20 marzo 1990, n. 16, nella parte in cui dispone che gli atti soggetti a controllo devono pervenire all'ufficio dell'organo di controllo entro i termini perentori previsti, anzich� essere spediti da parte dell'ente controllato entro tali termini. Sentenza 28 luglio 1993, n. 345, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. dP.R. 24 aprile .1982, n. 340, art. 12, nella parte in cui non prevede il potere di valutazione, da parte dell'amministrazione interessata, ai fini dell'ammissione al concorso, della riabilitazione conseguita dal candidato. Sentenza 23 novembre 1993, n. 408, G.U. 1� dicembre 1993, n. 49. legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 16, nella parte in cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due pensioni, di cui una a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei geometri, pur restando vietato il cumulo delle indennit� integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Sentenza 9 luglio 1993, n. 307, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. 1.04 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Liguria, 14 aprile 1983, n. 11, art. 4, nella parte in cui individua quale organo competente all'esercizio delle funzioni di cui alla legge regionale 2 dicembre 1982, n. 45, il sindaco del comune nel cui territorio la violazione � stata accertata, anzich� il sindaco del comune in cui la violazione � stata conimessa. Sentenza 14 ottobre 1993, n. 375, G.U. 20 ottobre 1993, n. 43. I legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 14 giugno 1983, n. 54, art. 24, quinto comma. Sentenza 23 luglio 1993, n. 333, G.U. 28 luglio 1993, n. 31. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, art. 2, comma 23 [convertito in legge 27 dicembre 1989, n. 417], nella parte in cui non prevede che si applichi il disposto dell'art. 18 della legge 25 agosto 1982, n. 604 anche ai docenti nominati in ruolo a seguito dell'espletamento di concorsi per titoli ed esami, qualora abbiano fatto valere il servizio prestato nelle istituzioni scolastiche italiane all'estero. Sentenza 15 luglio 1993, n. 315, G.l!. 21 luglio 1993, n. 30. legge reg. Calabria, 5 maggio 1990, n. 55, art. 5, nella parte in cui non ha previsto la presenza in seno alle commissioni giudicatrici per l'avanzamento a dirigente di 2� qualifica, di membri esperti dotati di specifica competenza tecnica rispetto alle materie previste per le selezioni concorsuali. ! Sentenza 25 novembre 1993, n. 416, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 11, primo comma, nella parte in cui prevede che � la prova dell'avvenuto pagamento deve essere fornita in sede Ipenale mediante quietanza del portatore con firma autenticata o attestazione del pubblico ufficiale che ha ricevuto il pagamento ovvero attestazione della azienda di credito comprovante l'effettuazione del deposito vincolato �. Ii Sentenza 23 novembre 1993, n. 407, G.U. 1� dicembre 1993, n. 49. I d.l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 15, secondo comma [convertito con la legge 7 agosto 1992, n. 356], nella parte in cui prevede che la revoca delle misure alternative alla detenzione sia disposta, per i condannati per i delitti indicati nel primo periodo del primo comma che non si trovano nella condizione per l'applicazione dell'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, anche quando non sia stata accertata la sussistenza di collegamenti attuali dei medesimi con la criminalit� organizzata. Sentenza 8 luglio 1993, n. 306 G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 2, primo comma, lett. d). Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, sesto e dodicesimo comma, nella parte in cui prevede che i poteri sostitutivi ivi previsti siano esercitati dal Ministro della Sanit� anzich� dal Consiglio dei ministri, previa diffida. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 105 d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 3, sesto comma (prima e decima proposizione), e 4, ottavo comma (terza proposizione), nella parte in cui prevedono che le competenze ivi stabilite siano esercitate, rispettivamente, dal Presidente della Giunta regionale, su conforme delibera della Giunta medesima e dalla Giunta regionale, anzich� dalla Regione. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 4, terzo comma, nella parte in cui definisce come ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione i presidi ospedalieri in cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico delle facolt� di medicina e chirurgia e, a richiesta dell'universit�, i presidi ospedalieri che operano in strutture di pertinenza dell'universit� medesima. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, quarto comma. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 13, primo comma, nella parte in cui, nello stabilire l'esonero immediato e totale dello Stato da interventi finanziari volti a far fronte ai disavanzi di gestione delle unit� sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, non prevede una adeguata disciplina diretta a rendere graduale il passaggio e la messa a regime del sistema di finanziamento previsto nello stesso decreto legislativo n. 502 del 1992. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 35, quarto comma, nella parte in cui non prevede, per i processi di mobilit� da e verso le Regioni, la consultazione delle stesse. Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 3 febbraio 1993; n. 29 artt. 45, settimo e nono comma; 47; 49, secondo comma, 50, secondo, terzo, quarto, ottavo e decimo comma; 51, primo comma, nella parte in cui disciplinano la contrattazione nazionale relativa ai rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle Regioni a statuto ordinario e degli enti regionali. Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, art. 4, primo comma, lett. a) e lett. b). Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, art. 6, nella parte in cui non prevede l'incompatibilit� a far parte del comitato di controllo del parlamentare europeo, del senatore e del deputato, ovunque eletti, nonch� di coloro che abbiano ricoperto le cariche di amministratori di enti soggetti a controllo del comitato nell'anno precedente alla costituzione del comitato stesso. Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 1.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. siciliana 11 maggio 1993, n. 15, artt. 67 e 72. Sentenza 28 luglio 1993, n. 356, G. V. 4 agosto 1993, n. 32. I legge reg. Emilia-Romagna riapprovata dal Consiglio regionale il 20 lu� glio 1993, art. 1. Sentenza 20 dicembre 1993, n. 447, G.U. 29 dicembre 1993, n. 53. I ' II - QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice penale, art. 205 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1993, n. 319, G.U. 21 luglio 1993, n. 30. codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, (artt. 3, 25 e 101 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. codice di procedura penale artt. 34 e 444 (artt. 3 e 24 della Costituzione) Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. codice di procedura penale, artt. 34, secondo comma, e 446 (artt. 25, 97 e 112 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. codice di procedura penale, art. 314 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 426, G.U. 9 dicembre 1993, n. 50. codice di procedura penale, art. 409, secondo comma (art. 24 della Co� stituzione). Sentenza 25 novembre 1993, n. 418, G.U. 1� dicembre 1993, n. 49. codice di procedura penale, artt. 438, 439 e 440 (artt. 3, 24, secondo comma, 25 e 101, secondo comma della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1993, n. 305, G. V. 21 luglio 1993, n. 30. __codice di procedura penale, art. 544, secondo comma (artt. 3, 24, 72 e 77 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1993, n. 364, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. r.d. 27 giugno 1933, 11. 703, art. 14 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. V. 9 dicembre 1993, n. 50. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r.d. 13 agosto 1933, n. 10381 art. 72 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 13 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. r.d. 30 gennaio 19411 n. 12, art. 72, primo e secondo comma [come sostituito dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449] (art. 76 della Costituzione). Sentenza 1� luglio 1993, n. 299, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. r.d. 16 marzo 1942, n. 2671 art. 54, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 350, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.P.R. 10 gennaio 19571 n. 31 art. 68 (art. 3, secondo [recte primo] comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. legge 5 dicembre 19591 n. 1077, art. 16, secondo comma. Sentenza 16 dicembre 1993, n. 441, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 ottobre 1993, n. 381, G. U. 3 novembre 1993, n. 45. legge 8 marzo 1968, 11. 152, art. 4, secondo comma, lett. b) (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1993, n. 322, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 14 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 1� luglio 1993, n. 297, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. d.P.R. 27 marzo 19691 n. 1281 artt. 16 e 23 (artt. 33, quinto comma, e 97 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 19931 n. 456, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, secondo comma, nella parte in cui esclude che il reato ivi configurato si realizzi per il solo fatto del rifiuto del servizio militare di leva. Sentenza 3 dicembre 1993, n. 422, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. d.P.R. 29 dicembre 19731 n. 1092, art. 851 secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1993, n. 405, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, prima parte, nella parte in cui riferisce la disciplina ivi contenuta alle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n. 354, �fatta eccezione per la liberazione anticipata � (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, primo comma, lettera a), prima parte, primo e secondo periodo (artt. 27, terzo comma, 24, secondo comma, 25, primo e secondo comma e 3 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, secondo comma (artt. 3, 24, primo comma e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 23 novembre 1993, n. 410, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. legge 26 luglio 1975,. n. 354, art. 41-bis, secondo comma (artt. 13, primo e secondo comma, 15, secondo comma, 27, terzo comma, 97, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 349, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. I legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma (art. 3 della Costituzione). I ~ Sentenza 14 dicembre 1993, n. 429, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma (artt. 3, primo e secondo comma e 97 della Costituzione). I Sentenza 14 dicembre 1993, n. 430, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53 (artt. 3 e 38, secondo comma, della i Costituzione). I Sentenza 23 dicembre 1993, n. 459, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. I legge 3 gennaio 1981, n. 6, art. 21, quinto comma (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). I Sentenza 20 dicembre 1993, n. 450, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1993, n. 404, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. legge reg. Lombardia 8 febbraio 1982, n. 12, art. 8, primo comma, come modificato dall'art. 4 della legge della reg. Lombardia 20 marzo 1990, n. 16 (artt. 117, 128 e 130 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 345, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge 14 agosto 1982, n. 590, art. 20, terzo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1993, n. 317, G. U. 21 luglio 1993, n. 30. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 legge reg. Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91, art. 1, secondo comma (art. 117 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 347, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Sicilia 21 agosto 1984, n. 55, artt. 5 e 6 (artt. 3 e 4 della Costi� tuzione). Sentenza 25 novembre 1993, n. 419, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. legge reg. Puglia 11 dicembre 1984, n. 52, art. 14, primo comma, ultimo periodo (artt. 3, 18 e 117 della Costituzione). Sentenza 25 novembre 1993, n. 417, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1-sexies, secondo comma (art. 97 della Costituzione). Sentenza 14 ottobre 1993, n. 376, G. U. 20 ottobre 1993, n. 43. legge 29 gennaio 1986, n. 23, art. 22 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 20 dicembre 1993, n. 448, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 5 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 1� luglio 1993, n. 299, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 22, secondo comma, terzo periodo (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 23 novembre 1993, n. 409, G. U. 1� dicembre 1993, n. 49. legge reg. sic. 15 giugno 1988, n. 11, art. 16, nella parte in cui sostituisce l'art. 9, secondo comma, della legge reg. siciliana 27 dicembre 1985, n. 53 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 424, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. legge 12 luglio 1988, n. 270, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1993, n. 318, G. U. 21 luglio 1993, n. 30. � legge 19 febbraio 1991, n. 50, artt. 1 e 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1993, n. 460, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. d. legislativo 22 giugno 1991, n. 230, tariffa allegata, note alle voci 1, 2, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 15, 16 sub 1, 17, 18, 23, 25, 28, 32, 33, 35, 38, 39, 40, 42, 43, 46 (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 1� luglio 1993, n. 295, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. decreto-legge 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, commi 12, 15 e 17 (artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 110 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, commi 15, 16 e 17 (artt. 8, nn. 3, 5 e 6; 9 n. 10; 16 dello Statuto prov. aut. di Trento). Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, comma 17 (artt. 4 e 5 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, settimo comma (artt. 3, 4, 32 e 35 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1993, n. 457, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. d.I. 7 gennaio 1992, n. 5, art. 1, primo comma e art. 2, primo comma [convertito in legge 6 marzo 1992, n. 216] (artt. 3 e 136 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1993, n. 455, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. d.l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 15, secondo comma, nella parte in cui prevede che il tribunale di sorveglianza dispone la revoca delle misure alternative alla detenzione � accertata la insussistenza della suddetta condizione � (artt. 25, primo comma, 101, secondo comma, e 109 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 42, terzo comma, e 97 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 442, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, primo e secondo comma [convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 442, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 6, quarto comma [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 24, 101. 102 e 104 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1993, n. 402, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 11, comma 2, 2-bis [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). Sentenza 24 luglio 1993, n. 323, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 13 [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (art. 36 statuto reg. Sicilia). Sentenza 30 luglio 1993, n. 362, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.I. 19 settembre 1992, n. 384, artt. 13 e 13-ter, secondo comma [convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 116 e 119 della Costituzione e 7, 8 54 dello statuto reg. Sardegna). Sentenza 30 luglio 1993, n. 363, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 d.l. 19 settembre 1992, n. 384; art. 13, primo comma [convertito in legge li! novembre 1992, n. 438] (art. 36 statuto reg. Sicilia). Sentenza 30 luglio 1993, n. 362, G. V. 4 agosto 1993, n. 32. legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2, .primo comma, lett. b) (artt. 39, 97, 76, 117, 118-, 119 e 124 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge prov. aut. di Bolzano, 4 dicembre 1992, artt. 1, 2 (commi da 1 a 4), 3, 4, 5 e 7 (artt. 8, n. 29, e 9, n. 10, dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 15 luglio 1993, n. 316, G.U. 21 luglio 1993, n. 30. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 8, comma 1, (artt. 3, 5, 81, quarto comma, della Costituzione e 8, 9 n. 10, 16, primo comma, t�tolo VI, 104 e 107 statuto prov. aut. di Trento). Sentenza 28 luglio 1993, n. 357, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 12, terzo comma, (artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 15, quinto comma (artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 1, 3, sesto comma, 4, primo e decimo comma, 6, primo, terzo e quarto comma, 7, primo e quarto comma, 8, quinto e sesto comma, 9, 10, terzo e quarto comma, 14, primo e secondo comma. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3 (artt. 76, 77, 116, 117 e 118 della Costituzione e artt. 2, 3, 4 statuto reg. Valle d'Aosta). Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 gennaio 1993, n. 27, artt. 2, primo comma, lett. b) e c); 8, secondo comma, lett. b); allegato A e allegato B, pnnto 4 (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 28 ottobre 1993, n. 382, G.U. 3 novembre 1993, n. 45. d. Lgs. 30 gennaio 1993, n. 28, artt. 2, primo comma, lett. f) e g), e 5, secondo comma (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 28 ottobre 1993, n. 382, G.U. 3 novembre 1993, n. 45. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO d. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, artt. 1, terzo comma; 13; 15, secondo comma; 18, primo comma; 26, 27, secondo e quarto comma; 28, 30, secondo comma; 31; 32; 33; 34; 35, primo, secondo, terzo, quinto, sesto e ottavo comma; 41, primo e terzo comma; 42, secondo comma; 43; 45, primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e ottavo comma; 50, primo, quinto, sesto, settimo e nono comma; 51, secondo, terzo e quarto comma; 52; 54; 60; 61, secondo comma; 63, secondo comma; 64; 65; 67; 70, secondo comma (artt. 39, 97, 76, 117, 118, 119 e 124 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, artt. 3, secondo comma, 16, 22, 24, 35 e 36 (artt. 3 e 97 della Costituzione e art. 43 statuto spec. Valle d'Aosta). Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. siciliana 11 maggio 1993, n. 15, art. 19 (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 356, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. delibera leg. reg. Toscana n. 53 del 1993, riapprovata il 18 maggi.o 1993 (artt. 3, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 20 dicembre 1993, n. 449, G.U. 29 dicembre 1993, n. 53. CONSULTAZIONI ANTICHIT� e BELLE ARTI -Alienazione a titolo oneroso di immobili di in teresse storico e artistico -Posticipazione dell'effetto traslativo � Decorrenza del termine di esercizio della prelazione da parte dello Stato -Computo del quinquennio entro il quale l'alienazione da parte dell'erede fa venir meno i benefici relativi all'imposta di successione. Se nel caso di alienazione a titolo oneroso di immobile di interesse storico o artistico, per la quale sia previsto il differimento dell'effetto traslativo, si debba far riferimento alla data in cui si produrr� l'effetto ai fini: a) della decorrenza del termine per l'esercizio della prelazione da parte del Ministero dei Beni Culturali; b) del computo del quinquennio dall'apertura della successione entro il quale la alienazione del bene da parte dell'erede determina la decadenza dai benifici fiscali ex art. 4 1. 512/82 (esclusione dall'imposta di successione e riduzione dell'imposta di successione) (es. 5990/93). CALAMIT� PUBBLICHE -Esplosione motonave Haven -Atto con il quale il dipartimento della protezione civile e il Ministero della Marina Mercantile hanno affidato all'A.T.I. Eni Iri compiti di tutela e recupero dell'ambiente marino -Natura -Contratto di appalto -Esclusione Conseguenze. Se l'esecuzione dei lavori di disinquinamento, svolti dalle imprese incaricate dall'Associazione temporanea di imprese IRI-ENI, sul relitto della motocisterna Haven, dovesse essere previamente autorizzata dall'Amministrazione (es. 3214/93). COMUNIT� EUROPEA -Aiuti comunitari alla produzione agricola -Regolamento che ne esclude la corresponsione dichiarato invalido -Interessi sulle somme perci� dovu~e ai produttori -Decorrenza. Se il pagamento di aiuti comunitari (nella specie alla produzione del tabacco) effettuato dall'AIMA solamente dopo la dichiarazione di invalidit� del Regolamento CEE del Consiglio, che escludeva la corresponsione di tale aiuto, comporti la decorrenza di interessi, e da quale momento, a favore del produttore (es. 3643/92). CONTABILIT� PUBBLICA -Beni immobili dello Stato -Locazioni di immobili ad uso diverso da quello di abitazione -Aumento dei canoni disposto dall'art. 12 quinto comma d.l. 27 aprile 1990 -Applicabilit� ai contratti in corso alla data di entrata in vigore del ridetto d.l. 27 aprile 1990. Se l'aumento dei canoni per l'utilizzazione dei beni immobili del demanio o del patrimonio disponibile dello Stato, disposto dall'art. 12 quinto comma d.l. 27 aprile 1990, n. 90, si applichi anche ai contratti di 1.1.4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO locazione (eccettuati quelli riguardanti immobili locati ad uso abitazione) in corso al momento della entrata in vigore del ridetto d.l. 27 aprile 1990, n. 90 (es. 1724/92). ENTI PUBBLICI -Agensud -Soppressione -Debiti -Pagamento -Soggetto legittimato -Crediti di appaltatori e concessionari di opere di cui alla delibera CIPE 157/87. Se il commissario liquidatore della soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno debba procedere al pagamento delle somme spettanti all'appaltatore o al concessionario di opere di cui alla delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 157 (es. 19481/93). ENTI TEATRALI -Spese di pubblicit� ex art. 5 l. 67/87 -Spese per locandine e manifesti. Se le spese che i teatri pubblici (nella specie Teatro Regio di Torino) sostengono per le locandine e i manifesti rientrino nelle spese pubblicitarie previste dal primo comma dell'art. 5 I. 67/87 (secondo il quale: � le amministrazioni statali e gli enti pubblici non territoriali, con esclusione degli enti pubblici economici, sono tenuti a destinare alla pubblicit� su quotidiani e periodici una quota non inferiore al cinquanta per cento delle spese per la pubblicit� iscritte nell'apposito capitolo di bilancio�) (es. 8913/92). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE (O UTILIT�) -Interventi previsti dalla l. 396/1990 (Roma capitale) -Espropriazioni necessarie per la realizzazione degli stessi -Fattispecie. Se, da parte di chi ed in quali termini, possano essere espropriate le aree che il Comune di Roma ha l'obbligo, in forza dell'art. 9 quarto comma I. 396/1990, di trasferire all'Amministrazione della Difesa in permuta delle aree, site nel centro della citt�, occupate dalla Caserma Sani e dal magazzino vestiari e viveri dell'Esercito (es. 6092/93). IGIENE E SANIT� PUBBLICA -Delegazioni di gestione preposte ai policlinici universitari -Consigli di amministrazione delle universit� -Rapporti -Competenze in materia di bilancio dei policlinici. Se la predisposizione e gestione del bilancio, nonch� la predisposizione del conto consuntivo, di un Policlinico Universitario, siano di esclusiva competenza della Delegazione di Gestione del Policlinico stesso (es. 6365/92). IMPIEGO PUBBLICO -Sanit� -Indennit� di rischio da radiazioni -Sentenza 7-20 luglio 1992 n. 343 della Corte Costituzionale -Accoglimento in sede giurisdizionale di domande proposte da personale ospedaliero non di radiologia -Presupposti -Accertamento del rischio -Modalit�. Se i Tribunali amministrativi regionali possano accogliere la domanda di un lavoratore ospedaliero che non appartenga al personale medico e tecnico di radiologia ed intesa ad ottenere l'indennit� di rischio radiologico prevista dall'art. 1 I. 460/88 senza aver accertato -per il PARTE II, CONSULTAZIONI 1.1.f tramite della Commissione di cui all'art. 58 d.P.R. 270/87 -l'esposizione del lavoratore stesso ad un rischio non minore per continuit� e intensit� di quello normalmente sostenuto dal personale di radiologia (es. 6959/92). ISTRUZIONE E SCUOLE -Contributi statali per la costruzione di edifici per le scuole materne -Riscatto delle quote di detti edifici di compropriet� statale -Prescrizione del diritto -Fattispecie. Se sia possibile la restituzione in una unica soluzione del contributo concesso dallo Stato per la costruzione di una scuola materna (ex art. 15 legge 24 luglio 1962 n. 1073), dopo che l'edificio sia stato conservato alla sua destinazione per un ventem1io dalla costruzione dell'immobile stesso. e dalla fruizione del contributo (es. 5359/92). Docenti universitari eletti al Parlamento o nei Consigli regionali -Collocamento in aspettativa senza assegni -Se decorra dal 31 marza 1993. Se per i professori e ricercatori universitari, che siano eletti al Parlamento o nei Consigli Regionali, il divieto di cumulo fra l'indennit� parlamentare e il trattamento economico di impiego sia operante dal 31 marzo 1993 oppure dal 1� giugno 1994 (es. 2611/93). Scuola materna, elementare e media inferiore -Idonei nei concorsi banditi in prima applicazione della legge 270/82 -Domanda di immissione in ruolo mediante l'utilizzazione di posti DOA previsti in cifra fissa non utilizzati per il riassorbimento di soprannumerari. Se debba escludersi la possibilit� che venga a mutare l'indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato secondo il quale l'Amministrazione della Pubblica Istruzione ha l'obbligo di provvedere sulle domande -presentate da coloro che sono risultati idonei nei concorsi banditi in sede di prima applicazione della legge 270/82 e che non hanno proposto ricorso avverso i provvedimenti di riassorbimento dei posti di dotazione organica aggiuntiva (DOA) della scuola materna, elementare, media di primo grado, previsti per la prima applicazione della ridetta legge 270/82 e non utilizzati per il riassorbimento degli insegnanti soprannumerari o per i trasferimenti -domande con le quali i ridetti idonei chiedono (in virt� della loro utile posizione nella graduatoria) di essere nominati in ruolo quali vincitori dei concorsi mediante l'utilizzazione dei posti DOA summenzionati; e se vadano impugnate le sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali che affermano l'obbligo della amministrazione di procedere alla nomina dei surriferiti idonei (es. 2022/91). Veterinari docenti universitari -Quota di utili derivanti da prestazioni rese dall'Universit� in base a convenzioni con enti -Sottoponibilit� al contributo previdenziale integrativo ex art. 12 legge 136/91. Se i veterinari docenti universitari che abbiano titolo alla ripartizione dei proventi derivanti da contratti o convenzioni stipulati dalle Universit� con enti, debbano corrispondere all'ENPAV, sulle somme percepite, il contributo integrativo previsto dall'art. 12 legge 12 aprile 1991 n. 136 (es. 1873/93). 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO NAVIGAZIONE -Opere portuali -Da costruire e gestire in concessione -Aggiudicazione. Se siano affidabili a trattativa privata, senza il rispetto delle forme di pubblicit� previste dalla normativa comunitaria in materia di appalti, le costruzioni di opere portuali (nel caso di specie in Civitavecchia) che debbano poi essere gestite, in concessione, dall'impresa costruttrice (es. 3251/93). ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA -Agente della polizia di Stato -Uso da parte sua delle armi per evitare la commissione di un reato, mentre non si trova in servizio -Procedimento penale per fatti conseguenti al ridetto uso delle armi -Spese sostenute dall'agente per la difesa nel giudizio -Rimborso da parte dell'Amministrazione -Se spetti. Se l'agente di polizia, che abbia fatto uso delle armi per impedire la commissione di un reato, che vedeva perpetrato in un momento in cui egli non era in servizio, abbia diritto al rimborso -da parte della Amministrazione -delle spese da lui sostenute per difendersi nel giudizio I penale promosso nei suoi confronti per fatti conseguenti al ridetto uso ~ delle armi (nella specie decesso di colui che voleva compiere una rapina) (es. 3299/93). ~ j PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Contratti della P.A. -Misure antimafia . Divieto di cessione del contratto di appalto -Estensione -Appalti di servizi. I I 0 Se il divieto di cessione del contratto di appalto sancito dall'art. 22 legge 12 luglio 1991 n. 203 si applichi anche agli appalti di servizi (nella I ~ specie, trasporti postali) (es. 5881/91). RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Crediti per imposte e di rimborso di imposta I Interessi -Prescrizione -Decorrenza. ~ Se la prescrizione degli interessi relativi a un credito dell'erario per imposta (o del contribuente per rimborso di imposta) contestato in sede giudiziale, inizi a decorrere solamente con il passaggio in giudicato della sentenza che accerta l'esistenza e l'ammontare del credito per tributo I (o di rimborso) (es. 339/93). I SICUREZZA PUBBLICA -Beni immobili di propriet� di indiziato di appartenere i alla mafia -Confisca ex legge 575/65 -Diritti reali, ipoteche, pignora! i menti gravanti sugli immobili -Sorte. ! 1 Se la confisca esecutiva (ex. legge 575/65) dei beni immobili di proI priet� di persona sospettata di appartenere ad associazione mafiosa, comporti l'estinzione dei diritti reali di godimento, delle ipoteche, dei pignoramenti gravanti sui ridetti immobili (es. 4106/93). I ! I I I I PARTE II, CONSULTAZIONI 117 Disposizioni contro la mafia -Contratti di appalto di opere pubbliche o/e contratti di pubbliche forniture -Imprese estere -Certificazione antimafia -Acquisizione -Necessit�. Se l'amministrazione abbia l'obbligo di acquisire il certificato antimafia relativamente a imprese estere che intendano partecipare ad un appalto di opere pubbliche (es. 6421/93). TRASPORTI -Linea ferroviaria gestita da commissario governativo -Lavori di ammodernamento -Affidamento in concessione e affidamento in appalto, da parte del concessionario, a trattativa privata -Collaudo in corso di opera -Nomina di un ente quale direttore dei lavori Possibilit�. Se i lavori di ammodernamento di linee feJ:1roviarie gestite da Com� missari Governativi (nella specie Ferrovia Centrale Umbra); 1) possano essere affidati in concessione a trattativa privata e se il concessionario possa a sua volta affidare i lavori stessi in appalto a trattativa privata; 2) se relativamente a detti lavori possa procedersi al collaudo in corso d'opera mediante apposita commissione; 3) se la direzione dei lavori possa essere svolta da un ente (es. 1630/93). URBANISTICA -Programma pluriennale di attuazione scaduto -Proroga Possibilit�. Se possa essere prorogato il Piano Pluriennale di Attuazione scaduto, evitandosi cos� l'applicazione dei vincoli del piano paesistico regionale (es. 3833/93). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Violazioni in materia di emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale Sanzioni -Sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivit� svolta -Pi� applicazioni della sanzione per infrazioni commesse nel medesimo quinquennio -Possibilit�. Se possa applicarsi pi� volte, per infrazioni commesse nel medesimo quinquennio, la sanzione della sospensione della licenza commerciale prevista, per l'ipotesi di commissione di tre distinte violazioni dell'obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, dal d.l. 46/76 e dalla legge 18/83 (es. 8573/89). Tasse automobilistiche -Consegna di veicolo per la rivendita ad impresa autorizzata -Mancata annotazione della susseguente vendita nei registri del P.R.A. -Soggetto passivo. Chi sia tenuto al pagamento della tassa automobilistica relativa a un veicolo consegnato per la rivendita ad impresa autorizzata o comunque abilitata al commercio dei veicoli, quando la susseguente vendita del veicolo stesso non sia stata annotata nei registri del P.R.A. (es. 2936/92). ~ I I I!~ I ~ I Ii ~ I I II j