ANNO XXXIV -N. 4-5-6 LUGLIO-DICEMBRE 1986 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1986 



ABBONAMENTI ANNO 1986 

ANNO L. 40.000 
UN NUMERO SEPARATO . � . � . � � . . � . . � . . . . . � � � . � 7.500 


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ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
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e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in ltal:1 
Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 lu111lo 1966 


(8219202) Roma, 1987 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



Discorso di S. E. Avv. Giuseppe Mam.ari 
in occasione dell'insediamento del Primo 
Presidente della Corte Suprema di Cassazione 
Prof. Antonio Branoaocio. 

Roma, 11 dicembre 1986 

Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente della Corte, 

Eccellenze, Signore, Signori. 

Questa cerimonia, resa pi� solenne dalla partecipazione del Capo 

dello Stato, al quale rivolgo il deferente saluto dell'istituzione che qui 

rappresento ed il mio personale, presenta aspetti peculiari che vorrei 

sottolineare per la loro obiettiva importanza e per trarne auspicio di 

felice e fecondo governo della funzione presidenziale che Antonio Bran


caccio, cui rinnovo il saluto e l'augurio che giorni fa in quest'aula gli ho 

rivolto, si accinge ad esercitare nel prossimo settennio. 

Il primo � quello, appena ricordato, e cio� la durata di lungo respiro 

del periodo di presidenza a lui riservato, che potr� consentirgli di dare un 

determinante contributo all'evoluzione di nuovi indirizzi volti ad assicu


rare alla diffusa, crescente e non di rado insoddisfatta domanda di giu


stizia, una risposta pi� e meglio adeguata alle esigenze dei tempi e al 

bisogno degli uomini. Ad essi, infatti, come individui e come vitali ele


menti che costituiscono, filo per filo, la trama della personificazione giu


ridica delle collettivit� sociali ed istituzionali � dovuto, quale primario 

diritto umano, il servizio della giustizia. Questo, �al livello della nostra 

civilt� giuridica, deve compiutamente e tempestivamente realizzarsi col 

presidio delle riforme ormai mature, come quelle processuali, e delle altre 

sostanziali che lo stesso Presidente Brancaccio ha ingegnosamente con


corso ad elaborare; ma soprattutto col presidio di quell'impegno, mate


riato di rigore e insieme di � humanitas �, cui Brancaccio continuer� sicu


ramente ad ispirare la sua azione di magistrato, sia in attuazione delle 

riforme, sia per quanto legalmente gi� possibile, in anticipazione di 

queste. 

Altro elemento di novit� assai importante � che, per la prima volta 

in occasione dell'insediamento del Presidente di questa Suprema Corte, 

il Capo dello Stato, intervenendo alla cerimonia, raccoglie, a guisa di 

solenne testimonianza e giuramento, le dichiarazioni e le promesse di 

impegno programmatico che l'altissimo magistrato da qui rivolge a tutto 

il Paese per il tramite della suprema autorit� che ne concreta e rappre'
senta l'unit� istituzionale. 

Ed infine mi sembra indice di una sensibilit� foriera di felici nuovi 

sviluppi il fatto che in questa occasione gli avvocati non siano relegati nel 

ruolo di muti testimoni, ma siano chiamati ad una partecipazione di 

parola, quasi a conferma e suggello che nessun rito nelle aule giudiziarie 

pu� validamente celebrarsi senza l'affiancamento alla funzione della magi


stratura di quella diversa, ma cospirante nei fini, dell'Avvocatura. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Mi riferisco ovviamente tanto all'Avvocatura qui rappresentata dal 
Presidente del Coruiglio nazionale dell'ordine degli avvocati e procuratori 
iscr.itti all'Albo professionale, quanto alla singolare figura di avvocato 
pubblico istituzionale che ho l'onore di rappresentare come avvocato generale 
dello Stato. Per la prima devo notare che l'accentuata divaricazione 
tra la funzione oggettiva di cos� detta � terziet� � del giudice e quella soggettiva 
sicuramente �parziale� dell'avvocato, nulla toglie alla dignit� di 
quest'ultima, alla sua insopprimibilit� e all'indissociabilit� di essa da 
un'azione di giustizia che voglia essere, come oggi si usa dire, veramente 
�giusta�. 

Ed anche per l'Avvocatura dello s�tato, che adempie ad una funzione 
di difesa per cos� dire, meno � parziale � ed anzi marcatamente � giustiziale 
� � del pari indispensabile la pienezza dialettica del giudizio per far 
valere, a parit� di condizione processuale con i colleghi della libera prof 
essione, le giuste ragioni dell'interesse pubblico che, riconoscibili come 
tali se conformate alle leggi che ne definiscono i modi, le forme ed i contenuti 
operativi, devono poter trovare tutela non meno rigorosa di quella 
spettante alle ragioni dell'interesse privato. 

2. Nell'attuale momento storico la Cassazione, alla quale la Corte 
Costituzionale ha conferito nelle sue pi� recenti pronuncie il pieno riconO: 
scimento di fonte autenticatrice del c.d. diritto � vivente �, esercita una 
funzione che solo in parte � quella di sempre. Essa vede il suo impegno 
fortemente accresciuto per quantit� e qualit� dalla complessit� e vastit� 
del sistema normativo, che diventa sempre pi� difficile dominare anche 
per l'intrecciarsi di problemi di costituzionalit� e per l'intersecarsi nel 
sistema dell'ordinamento interno della rilevanza di altri ordinamenti, da 
quello internazionale a quello sovranazionale della Comunit� Europea. 
Da ci� deriva, oltre alla rilevata necessit� dell'apporto dell'Avvocatura, 
la fondamentale importanza che oggi assume l'avvicendamento al 
vertice di questa altissima istituzione. Ho avuto la ventura, in un arco 
di tempo ormai uguale a quello che Antonio Brancaccio si appresta a 
coprire con la sua presidenza, di partecipare personalmente a ben quattro 
momenti di successione: da Novelli a Berri, a Mirabelli, a Tamburrino, 
ed ora ho la fortuna di vedere spuntare il tempo di Antonio Brancaccio, 
al cui felice compimento non potr� tra non molto direttamente partecipare 
se non con i voti dell'amicizia e con la solidariet� del servitore 
dello Stato. 

Come tale sento profondamente il valore della continuit� delle istituzioni, 
che si affida obiettivamente al patrimonio delle tradizioni che 
hanno saputo nel tempo accumulare; ma devo rilevare anche che la loro 
vitalit� dipende esclusivamente dagli uomini, perch� sono questi i porta� 
tori prometeici del soffio capace di rigenerarne lo spirito e le strutture. 

E solo 'il volume umano dell'intelligenza, dell'impegno, della fermezza, 
della capacit� d'azione, �he pu� sorreggere ci� che altrimenti non 
sarebbe che un vacuo e cascante, seppure prestigioso, mantello isti� 
tuzionale. 

E la Cassazione trova oggi in Antonio Brancaccio il pi� valido garante 
della sua vitale continuit�. 


NOTA REDAZIONALE 

3. Non ceder� alla tentazione di ripetere sfuocatamente quello che 
� stato gi� egregiamente detto sulle qualit� e sulla personalit� di Antonio 
Brancaccio, come giurista (in particolare nell'ambito degli studi del giure 
punitivo nel quale ha acquistato l'autorit� -mi si perdoni il bisticcio di 
chi pu� veramente definirsi un �autore�); come magistrato, per le 
numerose ed. importanti decisioni -antiche e recentissime -che portano 
il suo segno,� come � gran commis � dello Stato, per i servizi resi 
oltrech� sul piano nazionale anche su quello internazionale e sovranazionale, 
dove ha saputo con efficiente capacit� manageriale confrontarsi con 
esperienze pi� ricche e complete di altri Paesi, da lui acquisite a favore 
di una riorganizzazione evolutiva della realt� itaiiana. 
Vorrei, per concludere, provare a guardare il futuro come un tempo 
facevano gli aruspici chinandosi sui segni della viva realt� del presente. 

Questa ci rivela tre tendenze fondamentali nell'azione di magistrato 
di Antonio Brancaccio: il perseguimento di una giustizia rigorosa ed 
insieme umana; l'attenta ricerca e promozione di efficienza nell'apparato 
giurisdizionale; la proiezione aperta e convinta verso le necessarie riforme 
del nostro sistema normativo e verso le nuove forme d'integrazione del 
sistema giuridico a livello sovranazionale. 

A me sembra che queste tendenze possano identificarsi con i principali 
obiettivi verso cui deve indirizzarsi l'amministrazione della giustizia, avvalendosi 
dell'indispensabile, comune e concorde apporto di tutti gli operatori 
del settore: dalla Magistratura, all'Avvocatura, alla volont� politica 
di Governo e Parlamento per la realizzazione di un apparato pi� funzionale 
e di una legislazione pi� moderna. 

Occorre bandire le visioni apocalittiche nei giorni scorsi echeggiate 
dalla stampa ed imboccare insieme la via difficile che attende Antonio 
Brancaccio e noi tutti, a livello personale ed istituzionale, per poter raccogliere 
la sfida degli anni futuri e per assolvere al dovere di gestire la 
necessaria evoluzione del sistema giudiziario. 

Su questa via, dai segni augurali che ho richiamato, risulta felicemente 
avviata la presidenza di Antonio Brancaccio ed � facile profezia 
affermare che su quel cammino lo sorreggeranno, oltre al dono di un 
eccezionale ingegno giuridico, il suo senso di equilibrio, la sua passione 
civile, le sue qualit� morali, ed anche la sensibilit� e il tatto che vorrei 
chiamare politico e diplomatico di cui ha dato prova -se mi � consentita 
una testimonianza personale -risolvendo all'estero qualche situazione 
particolarmente difficile, importante e delicata. 

Concludo con l'augurio che Antonio Brancaccio, sull'esemplarit� dei 
servizi gi� resi e sulla linea dei suoi predecessori, possa restituire pienezza 
d'integrit� all'azione e all'immagine della giustizia durante il settennato 
della sua presidenza al quale oggi noi guardiamo con fiduciosa attesa 
ed io con sentimenti di solidariet� a nome dell'Istituto che rappresento e 
di sincera amicizia sul piano personale. 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del� 
favv. Franco Favara} . . . . . . . . . . . . . pag. 335 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE (a cura 
COMUNITARIA 
dell'avv. Oscar 
E INTERNA� 
Fiumara} . . � 422 
8ezlone terza: 
Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDI� 
ZIONE (a cura deg/f avvocati Carlo Carbone, Carlo 
Sica e Antonio Clnoolo} . . . . . . . . . . . . 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura de/l'avv. Anna 
Cenerini} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
� 
� 
464 
470 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de� 
gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Pollzzi) � 490 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a 
vocato Carlo Baflle} . . . . . 
cura de/l'av� 
� 524 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
Laporta. Piergiorgio Ferri} . . . . . . . . . . . � 563 
Parte seconda: QUESTIONI � RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � INDICE BIBLIOGRAFICO 
QUESTIONI 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
� 
� 
125 
128 
La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DEll.A RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILB, L'Aquila; Nicasio 
MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DB F'RANCHIS, 
Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANOO, Venezia. 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

M. 
CONTI, Legittimazione a proporre domanda di pronuncia pregiudiziale 
alla Corte ai sensi dell'art. 177 del trattato CEE . . . . . . . I, 435 
O. 
FIUMARA, Regimi previdenziali complementari in caso di trasferimento 
di impresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 455 
G. 
MANZARI, La giustizia amministrativa in Sicilia . Il, 125 

PARTE PRIMA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
PARTE PRIMA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
ACQUE 

-Canoni demaniali -Prescrizione . 
Domanda di concessione di utenza 
a sanatoria -Effetti, 566 

-Canoni per antiche utenze -Prescrizione 
-Decorrenza, 566. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Annullamento per illegittimit� da 
parte del giudice amministrativo Ritardo 
nell'espletamento di nuovo 
scrutinio -Diritto al risarcimento 
del danno e giurisdizione del giudice 
ordinario -Esclusione, 464. 

-Atto impugnabile -Provvedimento 
condizionato al pagamento di canone, 
497. 

-Contraddittoriet� di comportamento 
-Provvedimenti contrastanti sulla 
stessa istanza -Differenti competenze 
-Legittimit�, 517. 

BELLEZZE NATURALI 

-Tutela del paesaggio -Imposizione 
di vincolo paesistico ope legis Coerenza 
col dettato costituzionale 
-Rapporto con la disciplina urbanistica 
-Definizione, 345. 

CACCIA 

-Chiusura anno venatorio -Interesse 
al ricorso -Permanenza in relazione 
a successive attivit�, 5fJl. 

-Legge quadro -Principi di riforma 
economico-sociale -Tesserino venatorio 
-Potest� legislativa prov. di 
Trento, 510. 

-Parchi nazionali -Divieto di caccia Applicabilit� 
nella provincia di 
Trento, 5fJl. 

-Tesserino venatorio a pagamento Non 
costituisce tributo, 510. 

CITTADINANZA 

-Stranieri -�Esigenze di sicurezza ed 
ordine pubblico -Libert� di ingresso 
-Trattato italo-germanico, 504 

-Stranieri -Espulsione -Motivazione, 
504. 

-Stranieri -Libert� di ingresso -Poteri 
discrezionali della P. A. -Sindacato 
giurisdizione, 504. 

COMPETENZA CIVILE 

-Tribunale regionale delle acque oubbliche 
-Presupposti determinanti 
la competenza, 474. 

COMUNI 

-Compiti di provvista, manutenzione 
e custodia degli uffici giudiziari Legittimit� 
costituzionale, 341. 

COMUNITA EUROPEE 

-Corte di giustizia -Pronuncia pregiudiziale 
ai sensi dell'art. 177 del 
trattato CEE -Richiesta da parte 
della Commissione consultiva per 
le infrazioni valutarie presso il Ministero 
del tesoro (Italia) -Irricevibilit�, 
con nota di M. CONTI, 435. 

-Libera circolazione dei capitali -Misure 
di salvaguardia -Deposito bancario 
infruttifero, 445. 

-Libera circolazione dei lavoratori 
Previdenza sociale -Assegni familiari 
-Sospensione delle prestazioni, 

440. 
-Libera circolazione dei lavoratori Previdenza 
sociale -Assegni familiari 
-Sospensione delle prestazioni � 
Prestazione pi� favorevole -Diritto 
alla differenza, 440. 

- 
Libera circolazione dei lavoratori � 
Sicurezza sociale -Assegni familiari, 
con nota di G. PALMIERI, 425. 



INDICB DELLA GIURISPRUDENZA Xl 

-Ravvicinamento delle legislazioni .degli 
Stati membri � Salvaguardia� dei 
diritti dei lavoratori in caso di tra� 
sferimento di imprese .' Obbligo di 
informazione e di consultazione dei 
rappresentanti dei lavoratori, con 
nota di O. FIUMARA, 454 

-Ravvicinamento delle legislazioni 
degli Stati membri � Salvaguardia 
dei diritti dei lavoratori in caso di 
trasferimento di imprese � Regimi 
complementari di previdenza, con 
nota di O. FIUMARA, 454. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzioni fra Stato 
e Regione . Atto invasivo � Circolare 
interpretativa � Configurabilit�, 347. 

-Conflitto di attribuzioni fra Stato e 
Regione � Funzioni delegate con 
conservazione di poteri concorrenti 
al delegante . Inammissibilit�, 346. 

-Impugnazione diretta di legge sta� 
tale � Deduzione di violazioni non 
invasive � Inammissibilit� � Principio 
del giusto procedimento � Estraneit�, 
345. 

-Principio di eguaglianza � Disposizioni 
transitorie per la prima applicazione 
-Inammissibilit�, 341. 

CORTE DEI CONTI 

-Pensioni civili -Disapplicazione degli 
atti relativi al rapporto di impiego 
� Non � consentita, 401. 

DEMANIO 

-Bellezze natur:ili -Tutela � Sovrin� 
tendenza beni ambientali � Prescrizioni 
di tipo urbanistico � Ammissibilit�, 
521. 

-Destinazione ed utilizzazione beni 
del patrimonio indisponibile, 490. 

-Parchi nazionali � AIMA � Competenze 
-Provvedimenti autorizzazioni 
per ricerca mineraria � Provincia 
di Bolzano, 517. 

-Patti agrari, 490. 

-Spiagge lacuali � Regolamento � Canone 
concessione � Misura simboli� 
ca � Opere favorite, 4'1'1. 

-Spiagge lacuali � Sdemanializzazione 
tacita o espressa, 4'1'1. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Criteri di liquidazione dell'indenni� 
t� � Applicabilit� delle aree con destinazione 
agricola, 467. 

-Giudizio di opposizione alla stima � 
Criteri di liquidazione della inden� 
nit� � Delibera consiliare di perimetrazione 
dell'area urbana � Sindacato 
di legittimit� � Cognizione del 
giudice ordinario � Sussiste � Irrilevanza 
della questione � Declaratoria 
di incostituzionalit� dei criteri di 
stima � Limiti � Conseguenze � Jus 
superveniens � Applicabilit�, 467. 

-Terreni rimboschiti a cura della 

P. A. espropriante � Indennit� � Au� 
mento di valore derivato dal rim� 
boschimento � Computabilit�, con 
nota di s. LA.PORTA, 568. 
FALLIMENTO 

-Amministrazione controllata � Com� 
penso ai collaboratori della procedura 
. Reclamo al Tribunale � Termine 
� Decorrenza, 365. 

FAMIGLIA 

-Filiazione � Esercizio della potest� 
dei genitori � Esclusione o decadenza 
� Affidamento del minore � Decreto 
della Corte di appello � Ri� 
corso per cassazione � Inammissibi� 
lit�, con nota di G. PALMIERI, 475. 

GIURISDIZIONE CIVILE 

-Conflitto di attribuzione tra poteri 
dello Stato � Invasivit� di provvedi� 
menti pretorili sostitutivi di prov� 
vedimenti amministrativi rifiutati, 

407. 
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Intervento in giudizio � Soggetti legittimati 
� Interesse di fatto � Inter� 
vento. ad adiuvandum e ad opponendum, 
510. 

-Legittimazione a ricorrere � Caccia e pesca � Associazioni protezionisti� 
che, 507. 


Xll RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Concorso -Scrutinio per merito 
comparativo -Norma di azione Potere 
discrezionale della p.a. -Posizione 
tutelata -Natura -Interesse 
legittimo, 464. 

ISTRUZIONE E SCUOLE 

-Personale docente -Esercizio di attivit� 
professionale -Compatibilit�Limiti, 
413. 

OPERE PUBBLICHE 

-Efficacia triennale della dichiarazione 
di p.u. -Inizio delle opere -Decreto 
occupazione d'urgenza -Idoneit�, 
563. 

-Opere pubbliche statali -Compatibilit� 
urbanistica -Intesa con la 
Regione -Emanazione successiva all'approvazione 
del progetto esecutivo 
-Ammissibilit�, 563. 

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO 

-Giurisdizioni professionali -Consiglio 
nazionale dei geometri -Natura 
di organo giurisdizionale, 412. 

PREVIDENZA 

-Infortuni sul lavoro -Tutela del lavoro 
italiano all'estero -In Stati 
extra-CEE -Dipendenti da imprese 
italiane � Estensione della normativa 
previdenziale, 335. 

REGIONI 

-Leggi statali -Ambito naturale di 
efficacia � Deroghe � Devono essere 
esplicite, 366. 

-Piani paesistici ed altri provvedimenti 
connessi -Mancata adozione Poteri 
surrogatori dello Stato -Limiti, 
347. 

-Regioni a statuto speciale e province 
di Trento e Bolzano -Norme 
fondamentali di riforma economicosociale. 
Criterio intrinseco di discernimento 
� Nuova disciplina paesag


gistica � � normativa di riforma 
economico-sociale, 345. 

-Sardegna � Regolamenti di esecuzione 
di leggi regionali -Competenza 
della Giunta regionale � Illegittimit� 
costituzionale, 337. 

-Sicilia -Leggi-provvedimento regionali 
� Competenza della Giunta regionale 
� Illegittimit� costituzionale, 
337. 

-Vincoli di inedificabilit� a termine Competenza 
regionale esclusiva, 347. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Danno non patrimoniale � Danno 
biologico -Risarcibilit�~ 384. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Silenzio-rigetto -Sostituzione con 
silenzio-accoglimento -Non pu� essere 
disposta la legislazione regionale, 
403. �� 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

-Decorrenza dell'obbligazione -Dalla 
data della comunicazione dell'illecito, 
470. 

SICILIA 

-Opere d'interesse nazionale -Espropriazione 
per p.u. -Competenza, 563. 

-Urbanistica -Sanatoria delle opere 
abusive � Uniformit� della disciplina 
normativa � Necessit�, 378. 

TRENTINO ALTO ADIGE 

-Sviluppo della cooperazione e vigilanza 
sulle cooperative -� attribuzione 
della Regione -Legge stata. 
le di PI'.Omozione del settore -� invasiva 
-Attribuzioni delle province 
per l'incremento della produzione 
industriale ed in materia di turismo 
e commercio -Legge statale di 
promozione della cooperazione -Non 
� invasiva, 366. 

-Sviluppo della cooperazione -Intervento 
legislativo della provincia di 
Bolzano � Illegittimit� costituzionale, 
367. 



XllI

INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

-Tasse regionali sulle concessioni non 
governative -Licenza per arte tipografica 
e per agenzie di affari, 403. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Accertamento -Dichiarazione -Fusione 
di societ� -Dichiarazioni distinte 
ex art. 17 e 22 del t.u. 29 gennaio 
1958 n. 645 -Accertamenti distinti 
-Necessit�, 537. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Plusvalenze -Incorporazione 
senza cambio di azioni -Iscrizione 
in bilancio di differenze di fusione 
tra il costo di acquisizione delle 
azioni e il valore del patrimonio 
netto del'incorporata -Non costituisce 
plusvalenza, 537. 

-IRPEF -Indennit� di buonuscita ENPAS 
-il. imponibile -Quota a 
carico del pubblico dipendente Va 
detratta, 373. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro -Agevolazione 
per il Mezzogiorno -Acquisto di terreni 
o fabbricati per il primo impianto 
di stabilimenti industriali Trasferimento 
di stabilimento gi� 
realizzato -Inapplicabilit�, 524. 

-Imposta di registro -Presupposto Effetti 
potenziali dell'atto -Mancata 
realizzazione -Irrilevanza, 536. 

-Imposte doganali Convenzione 
TIR -Distruzione delle merci -Colpa 
grave del trasportatore e dei suoi 
agenti -Obbligazione tributaria del 
trasportatore, 544. 

-Imposte dog�nali -Distruzione delle 
merci -Fatto imputabile a colpa 
grave --Colpa grave del trasportatore 
-Non esclude il presupposto, 

527. 
TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento -Motivazione -Requisiti 
-Comunicazioni essenziali � 
Sufficienza -Richiamo a verbale 
della polizia tributaria � Legittimi� 
t� 551. 

-Contenzioso tributario � Giudizio di 
terzo grado -Accertamento del fatto 
-Limiti -Indagini dirette � Esclusione, 
555. 

-Contenzioso tributario � Giudizio di 
terzo grado � Caratteri, 554. 

-Contenzioso tributario � Opposizione 
ad ingiunzione doganale � Qualit� 
di attore dell'opponente � Deduzione 
di nuove ragioni basate su fatti 
non dedotti � Inammissibilit� � Qualificazione 
come eccezioni nuove � 
Esclusione, 527. 

-Contenzioso tributario � Termini di 
decadenza -Irretrattabilit� del provvedimento 
-Contestazione dell'esistenza 
del potere impositivo -Presupposti 
di ammissibilit�, 552. 

-Dichiarazione -Condono -Natura 
negoziale -Effetti, 550. 

URBANISTICA 

-Competenza -Regione -Trasferimento 
attribuzioni -Tutela paesaggistica 
-Potere Sovrintendente beni 
ambientali, 521. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

30 dicembre 1985, 
30 dicembre 1985, 

27 giugno 1986, 
27 giugno 1986, 
27 giugno 1986, 
27 giugno 1986, 
27 giugno 1986, 
1 luglio 1986, n. 
1 luglio 1986, n. 
7 luglio 1986, n. 
7 luglio 1986, n. 

n. 
n. 
n. 
n. 
n. 
14 luglio 1986, n. 
14 luglio 1986, n. 
14 luglio 1986, n. 
14 luglio 1986, n. 
23 dicembre 1986, 
23 dicembre 1986, 

n. 369 .. Pag. 335 
n. 371 . ,. 337. 
150 . ,. 341 
151 . ,. 345 
152 . ,. 346 
153 . ,. 347 
156 . ,. 365 
165 . ,. 366 
166 . ,. 367 
178 . 
" 373 

179 . 
" 378 

184 . . 
" 384 

186. . 
" 401 

190. . ,. 337 
191 . . ,. 403 
n. 283 . ,. 407 
n. 284 . 
" 412 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 

Sed. plen., 15 gennaio 1986, nella causa 41/84 ..... . Pag. 425 
Ordinanza 5 marzo 1986, nella causa 318/85 . ,. 435 
I sez., 23 aprile 1986, nella causa 153/84 . . . . ,. 440 
4a sez., 24 giugno 1986, nell� causa 157/85 . . 

" 445 
Sed. plen., 10 luglio 1986, nella causa 235/84 . ,. 454 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 30 novembre 1985, n. 5983 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 524 
Sez. I, 28 giugno 1986, n. 4335 . 527

" 

Sez. I, 3 luglio 1986, n. 4374. . � 536 

Sez. I, 3 luglio 1986, 
Sez. I, 10 luglio 1986, 
Sez. I, 19 luglio 1986, 
Sez. I, 24 luglio 1986, 
Sez. I, 24 luglio 1986, 

n. 4382. . � 537 
n. 4485 . . � 544 
n. 4655 . . � 550 
n. 4740 .. � 551 
n. 4741 . . ,. 552 



INDICE DELLA LEGISLAZIONE 

Sez. I, 31 luglio 1986, n. 4899. . . . 
Sez. I, 8 settembre 1986, n. 5472 . . 
Sez. Un., 13 ottobre 1986, n. 5978 . 
Sez. Un., 23 ottobre 1986, n. 6220 . 
Sez. Un., 5 dicembre 1986, n. 7213 . 
Sez. Un., 5 dicembre 1986, n. 7214 . 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE 


21 gennaio 1986, n. 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
28 novembre 1986, n. 65 . 
20 dicembre 1986, n. 67 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 3 luglio 1986, n. 7 . 

Ad. Plen., 8 luglio 1986, n. 8 . 

Sez. IV, 3 luglio 1986, n. 455 . 

Sez. VI, 7 luglio 1986, n. 486 

Sez. VI, 26 luglio 1986, n. 565 

Sez. VI, 1 agosto 1986, n. 603 . 

Sez. VI, 1 agosto 1986, n. 605 . 

� 554 
� 470 
� 474 
� 475 
� 464 
� 467 

.Pag. 563 

" 566 
� 568 

Pag. 490 
� 497 
)) 504 
� 507 
� 510 
� 517 
� 521 


PARTE SECONDA 

Questioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 125 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

I -Questioni dichiarate incostituzionali . Pag. 128 
II -Questioni dichiarate non fondate . � 133 
III -Questioni proposte . . . . . . . . . � 140 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1985, n. 369 -Pres. Roehrssen � 

Rel. Ferrari -l.N.A.l.L. (avv. Monaco) e Presidente Consiglio dei Mi~ 

nistri (vice avv. gen. Stato Zagari). 

Previdenza -Infortuni sul lavoro -Tutela del lavoro italiano all'estero 


In Stati extra-CEE -Dipendenti da imprese italiane -Estensione della 

normativa previdenziale. 

(Cost. artt. 3, 35 e 38; r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, art. 1; d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, 

artt. 1 e 4). 

Contrastano con l'art. 35 Cast. le disposizioni che non prevedono le 
assicurazioni obbligatorie a favore del lavoratore italiano operante all'estero 
alle dipendenze di impresa italiana (1). 

(omissis) In base al principio della territorialit� della legislazione 
sociale, ohe � un portato della natura pubblicistica delle relative norme, 
la disciplina italiana in tema di previdenza e di assicurazione obbligatoria 
contro gli infortuni sul Lavoro e le malattie professionali � pacificamente 
ritenuta operativa solo neWambito del territorio nazionale. Reputando 
i giudici a quibus ohe questo sistema si risolva in violazione degli 
artt. 3, 35 e 38 Cost. ed individ.urunido tale violazione negli artt. 1 rJCl.1. 
4 ottobre 1935, n. 1827 (�perfezionamento e coordinamento legislativo 
della previdenza sociale�) ed 1 e 4 d.P.R. 30 gi'll!gno 1965, n. 1124 (�testo 
unico delle disposizioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro 
e le malattie professionali �), chiedono che ne sia dichiairata l'illegittimit� 
costituzionale, nonostante che n� il !I'.d.l. 1827/1935, n�, meno ancora, il 

d.P.R. 1124/1965, risultino formulati in maniera da impedire una interpretazione 
meno rigida. Ma poich� le O!I'dinanze iin esame, adeguandosi al 
diritto vivente, imputa1110 a!ll'impugnata disciplina di limitar7 la sfera di 
azione dell'Istituto nazionale per la previden:zia sodale (lnps) al territorio 
della Repubblica e di non avere previsto, a favore dei lavoratori italiani 
(1) La sentenza merita consenso. Tuttavia la nozione di � lavoro italiano 
all'estero� ha oggi contenuti ben diversi da quelli pensati dal costituente 
nel 1948. 



336 R<\SSEGNA DELL'AVVOCATURA D�LLo STATO 
operanti all'estero alle diipendenre di impresa italiana, l'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, questa Corte 
� tenuta a pronunciarsi sulla asserita violazione degli invocati princ�pi 
costituzionali da parte delle norme impugnate. 
� testualmente scritto in Costituzione {art. 35, u.c.) che �la Repubblica... 
tutela il lavoro italiano a'll'es_tero �. La chiairezza e perentoriet� del 
dettato non si prestano ad ailcuna elusione, ald 1a:lcuna distorsione, ad 
alcuna dilazione, e non lasciano perci� alcun margine di dubbio sulla 
fondatezza della questione in esame. Del resto, :il problema � ammesso 
ed anche pienamente avvertito dal potere politico. Sollevato gi� nel 1970 
dal Consiglio nazionale dell'ecom~mia e del lavoro in seguito ad una 
indagine conoscitiva sull'emigrazione ita'liana, se ne � tentata varie volte 
la soluzione in sede legi:slativa, sia su iniziativa paTliamentare, sia su 
iniziativa governativa. Una di queste era �stata ,addirittura apiproviata, H 
27 aprile 1983, dalle commissioni riunite �affari esteri� e �lavoro� della 
Camera dei deputati in sede �referente, ma decadde in seguito aUo scioglimento 
atnticipato delle Camere. E nella presente legiS'latura, oltre a 
tre proposte di legge, Tisulta presentato, il 4 marzo 1985, un disegno di 
lji!!gge governativo, -recante appunto �norme per la tutela dei lavoratori 
italiani dipendenti da imprese operanti all'estero nei paesi extracomunitari 
� -, nella cui relazione si legge, fra l'altro, che la � regolamentazione 
della materia � ivi prevista ha lo scopo di permettere � U!lla pi� ampia 
tutela -nello 1spirito dei valori fondamentali affermati dalla Costituzione 
-di tale categoria di lavoratori � e che l'appartenenza allo Stato italiano, 
sia del datore di lavoro, sia del lavoratore, sembra sufficiente per 
� esigere l'osservanm di condizioni di lavoro conformi a quelle inderogabili 
stabilite � nel nostro oi:dinamento. 

Il principio della tutela del lavoro italiano all'estero � uno dei valori 
fondamentali proclamati in Costituzione, da cui dipende l'inderogabilit� 
delle condizioni di lavoro, come del resto riconosce il citato disegno di 
legge governativo. La questione deve, quindi, dirsi fondata. 

� bens� vero -lo mostra con tutta evidenza il pi� volte menzionato 
disegno di legge governativo -che solo il legislatore � in grado di 
dettare una compiuta disciplina del lavoro italiano all'estero -stanti la 
complessit� ed il tecnicismo dei problemi ohe ne nascono -, ma � altrettanto 
vero che questa Corte, istituita a garanzia dell'osservanza del 
sistema costituzionale, rnon pu� sottrarsi, quando sia denunciata la violazione 
di un valore fondamentale, al suo indeclinabile dovere di riconoscerla 
e sanzionarla. La Corte non ignora che sono numerosi e tutt'altro 
che semplici gli inconvenienti i quali hanno sinora ritardato la soluzione 
del problema in �sede legislativa, nonch� impedito di .stipulaire convenzioni 
di sicuTezza sociale rispettose dei precetti costituzionali con tutti 
gli Stati, ove prestano la loro opera lavoratori italiani, e tuttavia, a fronte 
del :precetto cosdtuzionale, non pu� dichia11are che gli inconrvenienti giu



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

stifiohino 1ia carenza di protezione sociale per il lavoratore italiano che 
presti la sua opera all'estero alle dipendenze di un'impresa italiana. 
Ovviamente, esulano dai thema decidendum le situazioni di lavoratori 
itaHani, dipendooti da ditte italiane, operanti iJil. Stati esteri con i quali 
La Repubblica italiana ha stipulato apposite convenzioni di protezione 
sociale; impregiudicato restando, altrettanto ovviamente, il giudizio suHa 
confoI'Illit� delle convoozioni medesime al dettato costituzionale. 

p.q.m. 
dichiara l'illegittimit� costituzionale degli artt. 1 �r.d.1. 4 ottobre 1935, 

n. 1827 (� perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza 
sociale�) ed 1 e 4 d.P.R. 30 gi�gno 1965, n. 1124 (�testo unico delle dispo-� 
sizioni per l'assicocazione obblilgatoria contro gli infortuni sul Jiavoro e 
le malattie professionali�), nelle parti in cui non prevedono le assicurazioni 
obbligatorie a favore del lavoratore italiano operante all'estero 
alle dipendenze di impresa italiana. 
I 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1985, n. 371 -Pres. e rel. Paladin 
-Regione Sardegna e Musu (n.p.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). 

Regioni -Sardegna -Regolamenti di esecuzione di leggi regionali � Competenza 
della Giunta regionale � Illegittimit� costituzionale. 
(Statuto Sardegna, art. 27; d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, art. 4). 

L'esercizio delle potest� regolamentari attribuite alla Regione spetta 
al Consiglio regionale e non alla Giunta regionale. 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1986, n. 190 -Pres. Paladin -Rel. 
Gallo -Coniglio (avv. Sorrentino) e Regione Sicilia (avv. Stato Vittoria). 


Regioni � Sicilia � Leggi-provvedimento regionali -Riserva di provvedimento 
amministrativo della Giunta � Non sussiste. 

S da escludere che l'art. 20 dello Statuto siciliano, oltre a prevedere 
l'ordinaria attribuzione alla Giunta regionale delle funzioni amministra



338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATI' 

tive, crei altres� una riserva di provvedimento amministrativo a favore 
di detto organo ed impedisca l'emanazione di leggi-provvedimento (1). 

-I-

La questione che la Corte � chiamata a risolvere interessa -del 
pari -una norma legislati\na regionale della Savdegna ed una norma 
statale per l'attuazione dello Statuto speciale di quella Regione. 

Da un lato, cio�, il T.A.R. per �la Sa:rdegna impugna l'art. 2 n. 3 della 
legge locale 7 marzo 1956, n. 37 (attributivo all'Amministrazione regionale 
della potest� di � derogare temporaneamente a norme regolamentari vigenti 
od attuare nuove norme con deliberazione della Giunta..., .relativamente 
alla distanza dalla costa, alle modalit� d'impiego, ai tempi ed 
agli strumenti di pesca... �), sul quale si basa il decreto che forma l'oggetto 
del ricorso proposto al Tribunale stesso. D'altro lato H T.A.R. osserva 
che a fondamento di tale decreto, come pure della contestata norma 
legislativa regionale, si pone altres� l'art. 4, �secondo comma, del d.P.R. 
19 maggio 1950, n. 327, concernente appunto l'attuazione dello Statuto 
speciale per la Sardegna (ai sensi del quale � i regolamenti di esecuzione 
delle leggi regionali sono approvati con deliberazione della Giunta regionale... 
�); ed � a questo titolo che anche la seconda delle dette norme 
viene coinvolta nell'impugnazione. In entrambi i casi, infatti, il giudice 
a quo ravvisa un patente contrasto con la previsione dell'art. 27 dello 
Statuto speciale, che invece riserva al Consiglio regiooale non soltanto le 
funzioni legislative ma anche le funzioni regolamentari attribuite alla 
Regione. (omissis) 

Nel merito, l'impugnativa dev'essere accolta. 

Non convincono, infatti, le obiezioni dell'Avvocatura dello Stato, per 
cui le funzioni regolamentari spettanti al Consiglio regionale, in base 
all'art. 27 dello Statuto speciale, �si risolverebbero in quelle destinate 
all'integrazione ed all'attuazione di leggi �Statali, ai �sensi dell'art. 5 dello 
Statuto medesimo; mentre i regolamenti ,di esecuzione delle leggi regionali 
non potrebbero non .ricadere nella competenza della Giunta, secondo 
il principio di separazione dei poteri. In realt�, quella stessa dottrina 
che ha difeso la <legittimit� dell'impug1t1ata norma di attuazione statutaria 
sostiene che la normazione previista dal citato art. 5 rappresenti il frutto 
di un terzo tipo di potest� legislativa regionale; ed in questo senso 

(1) Il rapporto tra potere legislativo regionale e potere giurisdizionale 
dello Stato � molto pi� problematico di quanto appaia dalla breve sentenza 
qui in rassegna. In realt�, nell'ambito regionale la pi� agevole �maneggiabilit�" 
dello strumento legislativo pu�, nel concreto, determinare un equilibrio tra 
detti poteri sensibilmente diverso da quello cui si � adusi. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dispone espressamente l'art. 4, primo comma, del d.P.R. n. 327 del 1950, 
dove appunto si precisa che � le norme per l'integrazione e l'attuazione 
di leggi della Repubblica, in applicazione dell'art. 5 dello Statuto spedale 
per la Sardegna, sono emanate con legge regionale �. Cos� stando le 
cose, tuttavia, ne deriva che le sole funzioni regolamentari esercitabili 
da parte della Giunta sono quelle basate sulle disposizioni legislative 
regionali: con il che si dimostra evk:lente ed insanabile il contrasto fra la 
disciplina in discussione e l'art. 27 dello Statuto. 

Del resto, non � ca:suale �che l'art. 27 riproduca quasi pootualmente 
l'airt. 121, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui si riserva 
al Consiglio regionale -senza distinzioni di sorta -l'esercizio delle 
�potest� legislative e regolamentari attribuite alla Regione�. Con quel 
fondamento, gli Statuti delle Regioni oroinarie sono univocamente concordi 
nel senso di consentire al solo Consiglio l'adozione di regolamenti. 
Cos�, nell'art. 8 dello Statuto del Veneto si afferma che �il Consiglio regionale... 
esercita tutte le potest� legislative e regolamentari attribuite alla 
Regione�; neH'art. 7, quairto comma n. l, dello Statuto dell'Emilia-Romagna 
si presotive che � �spetta in ogni oaso al Consiglio adottare le norme 
legislative e regolamentari necessarie al perseguimento delle finalit� 
indicate all'art. 3 � (mentre il medesimo art. 7, quarto comma n. 2, detta 
un'apposita e distinta disposizione per chiarire che spetta mcora al 
Consiglio� deliberare, ai sensi dell'art. 117, ultimo comma, della Costituzione, 
le norme per l'attuazione delle leggi della Repubblica... �); e 
nell'art. 51, primo comma, dello Statuto delle Marche -per limitarsi a 
citare i soli disposti ricordati dall'atto di intervento dell'Avvocatura dello 
Stato -si pUIIltualizza che � i regolamenti iregionali e quelli contenenti 
le norme di attuazione di leggi della Repubblica, previsti dal secondo 
comma dell'art. 117 deUa Cosituzione e da singole leggi statali, sono emanati 
con deoreto del Presidente della Giunta regionale entro dieci giorni 
dalla loro approvazione da parte del Consiglio regionale ... �, 

N� si pu� dire che la Savdegna rimanga ilil tal senso isolata da tutte 
le restanti Regioni differenziate. Al contrario, l'esame degli altri Statuti 
speciali dimostra con chiarezza che, per consentire alla Giunta l'esercizio 
della potest� regolamentare, si � ritenuto necessario disporlo espressamente: 
come si evince dall'art. 12, terzo comma, dello Stauto siciliano, 
dall'art. 46 dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia, dagli artt. 44 n. 1 e 
54 nn. 1 e 2 del vigente Statuto per il Trentino-Alto Adige. Sul fronte 
opposto rsi colloca1I10, invece, �sia la Sardegna, visto il citato art. 27 St., sia 
la Valle d'Aosta, dato l'art. 26 del rispettivo Statuto. Ed i lavori preparatori 
dello Statuto sardo conf~mano, comunque, che l'art. 27 trova la 
sua origine in una consapevole e deliberata opzione dell'Assemblea Costituente. 



340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

p.q.m. 
dichiara l'illegitt�IIllit� costituzionale dell'art. 4, secondo comma, del 

d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, nella parte in cui si prevede che i regolamenti 
di esecuzione delle leggi regionali siano approvati con deliberazione 
della Giunta regionale, e dell'art. 2 n. 3 della legge regionale della Sardegna 
7 marzo 1956, n. 37. 
-II-

Come esposto in na:miativa, il T .A.R. per la Sicilia denunzia l'art. 10 
della legge regionale siciliana 30 dicembre 1976, n. 90, che dispone la decadenza 
ipso jure dei consigli di amministrazione degli Enti di cui all'art. 2 
della precedente legge regionale 21 dicembre 1973, n. 50 (Ente siciliano per 
la promozione industriale, Ente minerario siciliano, Azienda asfalti siciliana), 
anooroh� siano stati adottati provvedimenti di scioglimento dei 
medesimi. 

A motivo dell'impugnazione si sostiene l'incompetenza del legislatore 
regionale ad emanare leggi provvedimento -e tale sarebbe quella in 
questione -con riferimento all'art. 20 dello Statuto siciliano, che attribuirebbe 
in via esclusiva alla Giunta regionale funzioni esecutive ed amministrative, 
nonch� agli artt. 24, 25 e 113 della Costituzione che imporrebbero 
alla Regione l'adozione di provvedimenti amministrativi per 
limitare diritti dei cittadini (come nella specie lo jus ad officium) a conclusione 
di un procedimento nel cooso del quale i privati siano posti in 
condizione di esprimere le proprie ragioni: provvedimenti e procedimento 
a loro volta passibili di riesame di legittimit� in sede giurisdizionale. 


La legge denunziata, nonostante sia suscettibile di applicazione ad 
un intero complesso di enti, � certo priva dei requisiti dell'astrattezza. e 
della ripetibilit�. 

Del primo, in quanto essa, sovrapponendosi a precedenti decreti di 
scioglimento dei consigli di amministrazione per confermame sostanzialmente 
il tenore, esegue in definitiva la legge regiona:J.e 14 maggio 1976, 

n. 74, che modificava l'originaria composizione degli organi degli enti in 
esame. Del secondo, .in quanto il precetto da essa recato si esaurisce in 
un unico contesto. 
Ma, pur potendo il contenuto dell'atto in questione assumere la 
forma propria dei provvedimenti, la Corte non accede alla tesi di una 
riserva a favore dell'esecutivo regionale siciliano della potest� amministrativa 
quand'anche esercitata nella forma della legge, cosi risultando 
non fondate le censure mosse dal giudice a quo. 

Infatti, in tutte le precedenti occasioni in cui sono state sottoposte a 
sindacato leggi regionali siciliane prive di astrattezza o della rripetibiiit� 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 341 

(sent. n. 61 del 1958 in materia di istituzione di borgate, sent. n. 29 del 
1966 in materia di commis,sione di inchiesta, sent. n. 90 del 1966 in materia 
di espropriazione delle aree necessarie al costruendo palazzo della Regione, 
sent. n. 95 del 1966 ancora in materia di espropriaziooe, sent. n. 80 
del 1969 ill1 materia di proroga di. contratto di esercizio di miniera), la 
Corte non ha mai enunziato un divieto generalizzato di leggi provvedimento, 
ma con diversi esiti ha sempre esercitato un controllo sostanziale 
sull'atto, sia pure con le particolarit� richieste dal suo specifico 
oggetto. 

� quindi da escludere che l'art. 20 dello Statuto della Regione Sicilia, 
oltre a prevedere l'ordinaria attribuzione delle funzioni amministra-� 
tive, orei altres� una riserva a favore dell'esecutivo nei confronti delle 
stesse leggi-provvedimento adottate dall'Assemblea; riserva che irrigidirebbe 
ingiustificatamente solo per la Sicilia, la forma di governo delle 
regioni. 

Consentita cos� dallo Statuto, l'adozione della legge regionale, per 
disporre la decadenza dei Consigli di amminista-azione, rende estraneo al� 
giudizio il parametro costituito dall'art. 113 della Costituzione, il quale, 
a tutto ammettere, riguaroa il procedimento amministrativo regionale 
(ofr. sent. run. 13 del 1962 e 23/1978) ma non quello legislativo, n� incide 
sul riparto di competenze. Del pari deve dirsi delle garenzie di cui agli 
artt. 24 e 25 della Costituzione, apprestate per l'impugnazione di atti 
diversi da quelli legislativi, il sindacato sui quali � riservato alla Corte 
costituziooale. 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1986, n. 150 � Pres. Paladin � Rel. 
Ferrari -Comune di Milano (avv. Marchese e Pirocchi) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). 

Comuni � Compiti di provvista, manutenzione e custodia degli uffici giudiziari 
-Legittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3, 5, 110 e 128; r.d. 3 marzo 1934 n. 383, art. 91 lett. D n. 1; legge 24 

aprile 1941 n. 392, artt. 1, 2 e 3). 

Corte costituzionale -Principio di eguaglianza -Disposizioni transitorie 
per la prima applicazione � Inammissibilit�. 
(Cost. art. 3; legge 24 aprile 1941 n. 392, artt. 2 e 3). 

Lo Stato pu� amministrare, sia direttamente, cio� attraverso propri 
organi, sia indirettamente, cio� attraverso enti, fra i quali in primo luogo 
quelli territoriali, che sono ripartizioni della complessiva struttura della 
Repubblica. L'affidamento ai Comuni del compito di fornire, arredare, 
custodire i locali per gli uffici giudiziari, provvedendo anche ai servizi 
necessari per il funzionamento di questi, non viola gli artt. 5 e 128 Cast.. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Detti articoli non risulano violati neppure in conseguenza dell'accollo ai 
Comuni delle spese all'uopo occorrenti: a questo proposito occorre considerare 
anche che la legge esaminata obbliga lo Stato a corrispondere 
annualmente ai Comuni un contributo e che allo stato attuale dell'ordinamento 
la finanza locale � in gran parte finanza derivata. 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata in 
relazione al principio di eguaglianza, quando la disposizione denunziata 
rivesta carattere transitorio essendo stata adottata per operare esclusivamente 
nel primo periodo di applicazione della legge. 

(omissis) Con ordinanza emessa nel giudizio d'appello avverso la 
decisione del Tribunale amministrativo regionale della Lomba11Clia che 
aveva annullato, su ricorso del Comune di Milano, il decreto ministeriale 
con il quale era stato determinato in lire 440.550.000 il canone annuo di 
locazione dovuto dal Comune per i locali demaniali adibiti ad uffici 
giudiziari per il periodo dal 1� gennaio al 31 dicembre 1977 nonch� la delibernziOID.
e dell'intendente di finanza con la quale lo stesso Comune era 
stato invitato a pagare la somma di lire 2.202.750.000 per canoni complessivamente 
dovuti dal 1� gennaio 1972 al 31 dicembre 1976, il Consiglio di 
Stato, 1su eccezione del Comune di Milano, ha sollevato questione di 
legittimit� costituzionale degli artt. l, 2 e 3 della stessa legge n. 392 
del 1941, in riferimento agli artt. 5, 110 e 128 della Costituzione. (omissis) 

Le stesse norme, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, 
sono state denunciate dalla Corte d'appello di Milano, su eccezione 
del Comune di Milano, con ordinanza emessa nel giudizio d'appello avverso 
la sentenza del Tribunale di Milano che aveva condannato il Comune 
di quella citt� a pagare all'ammimstrazione delle finanze una 
somma di denaro a titolo di pigione per l'uso, e di indennizzo per l'occupazione, 
di locali adibiti ad uffici giudiziari. Con la stessa ordinanza 
� stata altres� sollevata, �sempre in riferimento agli artt. 5, 110 e 128 
Cost., questione di legittimit� costituzionale dell'art. 91, lettera D, n. 1, 
del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con r.d. 
3 marzo 1934, n. 383, nella parte in cui stabilisce che le spese relative 
all'ufficio del conciliatore sono obbligatoriamente a carico dei 
Comuni. (omissis) 

La legge 24 aprile 1941, n. 392, recant� �trasferimento ai Comuni del 
servizio dei locali e dei mobili degli uffici giudiziari�, :stabilisce: all'art. 1, 
che sono � obbligatorie � per i Comuni le spese necessarie, oltre che 
�per il primo stabilimento � di tutti gli oxgani giuris.dizionali ordinari 
di merito -dalle Corti d'appello alle Preture -, anche �per i locali ad 
uso degli uffici giudiziari e per le pigioni, riparazioni, manutenzione, illuminazione, 
riscaldamento e custodia dei locali medesimi, per le provviste 
di acqua, il servizio telefonico, la fornitura e la riparazione dei mobili e 
degli impianti �, nonch� �per la pulizia dei locali innanzi indicati �; all'art. 2, 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZloNALE 

che tali �spese � sono a carico esclusivo dei Comuni nei quali hanno sede 
gli uffici giudiziari, senza alcun conco~so nelle stesse da parte degli altri 
Comuni componenti la circoscrizione giudiziaria�; che ai detti Comuni 
viene corrisposto �un contributo annuo alle spese medesime nella misura 
stabilita nella tabella allegata � alla stessa legge; che, � quando 
ricor;rono particolari esigenze�, i contributi in parola �potranno essere 
riveduti ed eventualmente modificati annualmente, e comunque in ogni 
momento � con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con 
quelli del tesoro e dell'interno, mentre � nel caso di costruzione, ricostruzioni, 
.sopraelevazioni, ampliament[ o restauri generali... e relativo 
nuovo arredamento�, � potrrunno essere �aumentati con legge�; all'art. 3 
(terzo ed ultimo comma), che i Comuni di che trattasi �dovranno corrispondere 
allo Stato la pigione nella Inisura che verr� indicata dal Ministro 
delle finanze & concerto con quelli della giustizia e dell'interno, 
su parere dell'ufficio tecnico erarfaiJe � per i locali demaniali adibiti ad 
uso di uffici giudiziari e che sono a loro carico � in ogni caso la manutenzione 
ordinaria e le piccole riparazioni � dei detti locali. A sua 
volta, poi, l'art. 91, lettera D, n. 1 del testo umco della legge comunale 
e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, richiamando 
la distinzione fra spese obbligatorie e facoltative, recentemente 
abolita (art. 7 decreto legge 10 novembre 1978, n. 702), pone a carico 

del Comune anche le spese concernenti l'� ufficio del� conciliatore �. 

Tanto il Consiglio di Stato, quanto la Corte d'appello di Milano, 
impugnano gli artt. l, 2 e 3 legge n. 392 del 1941 -e quest'ultima anche 
l'art. 91, lettera D, n. 1, testo unico n. 383 del 1934 -in riferimento 
agli artt. 5, 110, 128 Cost., ritenendo che le relative norme costituiscono 
fondamento dell'accollo ai Comuni, nei quali hanno sede uffici giudi� 
ziari, delle spese necessarie per fa provvista e la manutenzione dei 
locali ad uso dei detti uffici. Ed al riguardo cos� argomentano: 

a) l'art. 128 Cost. affida la determinazione delle funzioni dei Comuni 
(e delle Province) a �leggi generali�, che ne garantiscono l'autonomia 
nell'ambito dei princ�pi, e degli artt. 5 e 128 Cost., riconoscendo il 
Comune come circoscrizione territorfale autonoma, danno rilievo costituzionale 
alle relazioni tra le funzioni ed il territorio e, quindi, alla 
competenza locale, nel senso che l'autonomia � gamntita per ciascun 
Comune nei limiti territoriali che gli son propri. Il legislatore, insomma, 
nel deteJ:1Illinare le funzioni dei Comuni, trova �la sua naturale e logica 
dimensione in quei limiti territoriali � e non pu�, conseguentemente, attribuire 
loro � funzioni o, pi� genericamente, compiti eccedenti in tutto 

o in parte i limiti della sua autonomia �. 
b) Gli invocati artt. 5 e 128 Cost. risultano violati altres�, sia per 
il fatto che l'accollo delle spese per attivit� estranee priva l'autonomia 
comunale �dell'autodeterminazione circa la ripartizione della spesa e la 


JH RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~ 

provvista delle cordspondenti entrate in ordine al complesso delle fun. 
zioni determinate in altra sede legislativa �, nonch� � della possibilit� del J.: 
controllo sulle risorse necessarie per l'assolvimento del complesso delle li 
funzioni istituzionalmente tiipiohe �, sia per il fatto che a tali spese non i= 
f: 

f� 

siano chiamati a partecipare gli altri enti � nella cui sfera... abbiano f: 
rilevanza � le funzioni ed i compiti in discorso, cio� gli altri Comuni 

I

compresi nella circoscrizione giudiziaria. 

.I

e) Ma � violato anche l'art. 110 Cost., il quale, attribuendo al Mini� 
stro della giustizia � l'organizzazione... dei servizi relativi alla giustizia � 
-e . provvista e manutenzione dei locali per gli uffici giudiziari rien� 

I 

trano nella � organizzazione � -indica che spetta allo Stato di provve


I 

dere ai locali per detti UJffici, con conseguente esclusione di ogni onere 
a carico dei Comuni. 

La questione non pu� dirsi fondata. 

Lo Stato pu� amministrar-e, sia direttamente, cio� attraverso propri 
organi, sia indirettamente, cio� attraverso enti, fra i quali in primo 
luogo quelli territoriali, che sono ripartizioni della complessiva struttura 
della Repubblica. E che questo possa, per l'esercizio delle sue funzioni 
amministrative, valersi degli uffici dei Comuni (oltre che delle Province 
e degli altri enti locali), � nella logica e nella tradizione dello 
Stato unitario, il quale �, per espresso dettato costituzionale (art. 5), 
tenuto ad attuare, � nei servizi che dipendono � da esso � il pi� ampio 
decentramento amministrativo� e che altrimenti dovrebbe creare, anche 
ne11e localit� pi� decentrate, propri ed appositi organi tecnici, costi� 
tuendo cos� un doppione di quelli degli enti territoriali. La Costituzione 
ha enunciato espressamente tale principio, rispondente altresl a quello 
dell'onere di buona amministrazione (art. 97 Cost.), solo a riguardo delle 
regioni, trattandosi di entit� di nuova istituzione, cui ha ritenuto opportuno 
segnare l'indirizzo nell'esercizio dell'attivit� amministrativa. Ne 
consegue che -a parte la non pertinenza nella specie dell'art. 110 Cost., 
dettato per segnare il confine tra le competenze del Consiglio superiore 
della magistratura e quelle del Ministro della giustizia -l'affidamento 
ai Comuni del compito di fornire, arredare, custodire i locali per gli 
uffici giudiziari, provvedendo anche ai servizi necessari per il funzionamento 
di questi, non viola gli artt. 5 e 128 Cost. 

Detti articoli non risultano violati neppure in conseguenza dell'accohlo 
ai Comuni delle spese all'uopo occorrenti. Va tenuto, infatti, presente: 
in primo luogo, ohe la legge impugnata obbliga lo Stato a corrispondere 
annualmente ai Comuni un contributo, che di regola copre la 
maggior parte delle spese; in secondo luogo, che allo stato attuale dell'ordinamento 
ormai la finanza locale � in gran parte finanza derivata; 
da ultimo, che presentemente lo Stato provvede al risanamento dei 
bilanci comunali. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 34~ 

Deve dichiararsi inammissibile la � questione di legittimit� costituzionale 
delle norme degli artt. 2, commi terzo e quarto, e 3, comma 
terzo, della legge 24 aprile 1941, n. 392, per contrasto coll'art. 3 della 
Costituzione �, sollevata dal Tribunale di Roma nel corso della controversia 
tra l'ammini1Strazione finanziaria ed il Comune di Frosinone. Secondo 
il giudice a quo, il principio d'eguaglianza sarelbbe violato, perch� 
mentre nel caso di immobi!li demaniali gi� adibiti a sede �di uffici giudiziari 
� riconosciuto ai Comuni il diritto soggettivo all'automatico adeguamento 
al contributo, tale diritto � negato, quando trattisi, come nella 
specie, di palazzi di giustizia costruiti successivamente alla legge de qua. 
Senonch�, sembra essere sfuggito al Tribunale di Roma che la disposizione 
dalla quale in effetti deriverebbe da disparit� di trattamento 
(art. 3, terzo comma) in relazione all'art. 2 (terzo e quarto comma) aveva. 
carattere contingente, cio� era stata adottata iper operare esclusivamente 
nel primo periodo di applicazione della legge, come esattamente 
rileva l'Avvocatura dello Stato. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1986, n. 151 -Pres. Paladin -Rel. 
Corasaniti -Regioni Veneto, Valle d'Aosta (avv. Romanelli), Friuli 

V. G. (avv. Pacia), provincie di Bolzano (avv. Guarino) e Trento (avv. 
Potoschnig) e Presidente del Consiglio dei ministri (avv. Stato Ferri). 
Corte costituzionale � Impugnazione diretta di legge statale � Deduzione 

di violazioni non invasive � Inammissibilit� � Principio del giusto pro


cedimento � Estraneit�. 

(Cost., artt. 97, 117 e 118; I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 2; legge 8 agosto 1985, 

n. 431, di conversione, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1). 
Bellezze naturali � Tutela del paesaggio � Imposizione di vincolo paesi


stico � ope Iegis �. Coerenza col dettato costituzionale � Rapporto con 

la disciplina urbanistica � Definizione. 

(Cost., artt. �9, 97, 117 e 118; ~.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 1; legge 22 luglio 1985, 

n. 
382, art. 1; d.P.R. 24 lugho 1977, n. 616, artt. 80, 81, 82 e 83; legge 8 agosto1985, n. 431, di conversione del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1). � 
Regioni -Regioni a statuto speciale e province di Trento e Bolzano Norme 
fondamentali di riforma economico-sociale. Criterio intrinseco 
di discernimento � Nuova disciplina paesaggistica. � E' normativa di 
riforma economico-sociale. 
(Cost., art. 9; I. cost. 26 agosto 1948, n. 4, artt. 2, 3 e 4; d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, 

artt. 3, 8 e 16; legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1, art. 4; d.l. 27 giugno 1985, n. 312; 

legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 2). 

Mediante l'impugnazione di una legge statale la Regione pu6 soltanto 
richiedere la salvaguardia delle proprie competenze costituzionalmente 


346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

garantite, e non pu� anche dedurre la violazione di qualsivoglia precetto 
costituzionale, ancorch� attinente all'organizzazione amministrativa. Per 
la salvaguardia delle competenze anzidette la Regione non pu� invocare 
il principio del giusto procedimento (prescindendo� dal riconoscimento 
costituzionale o meno di detto principio). 

La tuteta del paesaggio assume valore primario, insuscettivo di essere 
subordinato a qualsiasi altro ed in particolare ai valori urbanistici. 
La tutela del paesaggio si proietta sull'urbanistica, la quale � limitata 
dal rispetto del valore estetico-culturale e piegata a realizzarlo. Ci� determina 
problemi di raccordo tra competenze statali e competenze regionali, 
problema cui la normativa introdotta con d.l. n. 312 del 1985, come 
convertito con legge n. 431 del 1985, fa fronte istituendo fra esse un rapporto 
di concorrenza, strutturato in modo che quelle statali sono esercitate 
(solo) .in caso di mancato esercizio di quelle regionali e (solo) in 
quanto ci� sia necessario per il raggiungimento dei fini essenziali della 
tutela. 

I commi aggiunti all'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 dall'anzidetta 
legge n. 431 del 1985 contengono norme da qualificarsi di grande riforma 
economico-sociale, le quali operano anche negli ambiti territoriali delle 
Regioni e Province a statuto speciale. Peraltro tali norme forniscono una 
protezione minimale e non escludono normative regionali di maggiore o 
pari efficienza. 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1986, n. 152 -Pres. Paladin -Rel. 
Corasaniti -Regioni Lombardia (avv. Onida), Emilia-Romagna, Toscana, 
Umbria, Molise e Puglia (avv. Predieri) e Presidente Consiglio 
dei Ministri. 

Corte costituzionale -Conflitto di attribuzioni fra Stato e Regione � Fun


zioni delegate con conservazione di poteri concorrenti al delegante � 

Inammissibilit�. 

(Cost., artt. 117 e 118; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 39; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, 
art. 82; legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 32; d.!. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1; 
legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1). 

L'art. 32 della legge n. 47 del 1985 non attribuisce, quanto al parere 
ivi previsto per la sanatoria di opere abusive in zane soggette a vincolo 
paesistico, alcuna nuova competenza alle Regioni, cui le funzioni amministrative 
di difesa dell'ambiente sono delegate ai sensi dell'art. 82 del 

d.P.R. n. 616 del 1977. Il conflitto di attribuzione non pu� essere esperito 
a salvaguardia di competenze solo delegate alla Regione; � a fortiori� il 
rimedio non pu� ammettersi in relazione ad una delega caratterizzata 
dalla conservazione allo Stato di poteri concorrenti. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

III 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1986, n. 153 -Pres. Paladin -Rel. 
Corasaniti " Regione Lombaiidia (avv. Onida), Bmilia-Romagna, Toscana, 
Umbria, Molise e Puglia (avv. Predieri) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Ferri). 

Corte costituzionale -Conflitto di attribuzioni fra Stato e Regione � Atto 
invasivo � Circolare interpretativa � Configurabilit�. 
(Cost., artt. 117, 118; I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 2; legge 11 marzo 1953, n. 87, 
art. 39). 

Regioni � Plani paesistici ed altri provvedimenti connessi � Mancata adozione 
� Poteri surrogatori dello Stato � Limiti. 
(Cost., artt. 117, 118, 125; d.J".R. 15 gennaio 1972, n. s.. art. 1; d.P.R. 24 luglio 1977, 

n. 616, artt. 80, 82; d.l. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1 bis; legge 8 agosto 1985, n. 312, 
art. 1). 
Regioni � Vincoli di inedificabilit� a termine � Competenza regionale 
esclusiva. 

(d.I. 27 giugno 1985, n. 312, artt. 1-ter, 1-quinquies; legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1). 
L'impugnazione ex art. 39 legge 11 marzo 1953, n. 87 pu� ben essere 
proposta contro l'interpretazione o l'applicazione, che si assumono invasive, 
di una legge non ritenuta invasiva se rettamente interpretata ed 
applicata, e pertanto non impugnata ex art. 2 legge cost. 9 febbraio 1948, 

n. 1: ricorre l'attualit� del conflitto quando l'atto impugnato realizza una 
chiara manifestazione di volont� dell'autorit� emittente in ordine all'af� 
fermazione della propria competenza relativa a date attivit�, anche se 
meramente eventuali. 
Spettano allo Stato, in aggiunta ai poteri inibitori connessi al vincolo 
paesistico, poteri surrogatori comprensivi dell'adozione, in luogo della 
Regione rimasta inerte, di piani paesistici o di altri interventi previsti 
dal'art. 1 bis, comma secondo, aggiunto al d.l. n. 312 del 1985 dalla legge 
d1 conversione, in relazione ai beni ambientali contemplati dall'art. 82, 
comma quinto, del d.P.R. n. 616 del 1977. 

Spetta in via esclusiva alla Regione individuare le aree coperte dai 
vincoli di inedificabilit�, ai sensi degli artt. 1-ter ed 1-quinquies aggiunti 
al d.l. n. 312 del 1985 dalla legge di conversione. 

I 

I giudizi introdotti con i ricorsi di cm m epigrafe si prestano ad 
essere definiti con unica decisione. Infatti il ricorso proposto dalla Regione 
Veneto ha per oggetto l'impugnazione diretta del decreto-legge 


348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

27 giugno 1985, n. 312 (recante disposizioni urgenti per la tutela delle 
zone di particolare interesse ambientale) mentre i ricorsi proposti rispet� 
tivamente dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, dalla Regione Val d'Aosta, 
dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Provincia autonoma di Trento 
hanno per oggetto l'impugnazione diretta della legge 8 agosto 1985, n. 431, 
di conversione, con modificazioni, del decreto-legge sopra indicato. 

� noto ohe, annullato con sentenza del TAR del Lazio 31 maggio 
1985, n. 1548 l'art. 1 del decret�> del Ministero dei beni ambientali e 
culturali 21 settembre 1984 (c.d. decreto Galas.so) -con cui era stato 
imposto vincolo paesistico su una >Serie di zone e di localit� indivi� 
duate ed elencate per categorie -l'imposizione � stata sostanzialmente 
recepita nel decreto-legge n. 312 del 1985, ora impugnato dalla Regione 
Veneto. 

Poich� l'art. 1 del decreto in cui � racchiusa la detta imposizione, 
oggetto precipuo delle censure della Regione, � stato sostituito in sede 
di convel'Sione, le censure vengono ad appuntarsi contro la norma contenuta 
nella disposizione sostitutiva -art. 1 della legge n. 431 del 1985 
-con la quale sono riprodotte l'imposizione stessa e l'elencazione, pur 
ampliata, delle zone e localit� protette; norma, questa, che ha, come 
gi� nel decreto-legge, carattere centrale e qualificante nella legge di 
conversione, e che costituisce la chiave di volta dell'intera nuova normativa. 


Deduce appunto la Regione Veneto che la sottoposizione a vincolo 
paesistico -con atto avente forza formale di legge, ma sostanza di 
provvedimento plurimo -di beni e luoghi, costituenti anche notevoli 
porzioni del territorio nazionale, individuati per categorie, e quindi 
indipendentemente da una valutazione specifica del loro pregio estetico, 
da un lato viola H princ�pio del giusto procedimento, dall'altro costituisce 
un intervento statale non solo in materia paesaggistica, ma anche 
in materie diverse, di competenza propria della Regione. Tale intervento, 
per la penetrazione e l'ampiezza, importerebibe la compressione 
delle dette competenze regionali e comunque lo sconvolgimento dell'as� 
setto del riparto delle competenze fra Stato ~ Regione, anche per le inevitabili 
interferenze reciproche. Lo sconfinamento dello Stato riguanlerebbe 
la materia urbanistica, nonch� -per la connessione di tale 
materia, .siccome inerente al governo globale del territorio, con altre 
interessanti quest'ultimo -le materie della protezione ambientale, dei 
parchi, dell'agricoltura ~ foreste, degli usi civici: materie tutte attribuite 
alla competenza amministrativa della Regione dalla legislazione di tra� 
sferimento (d.P.R. n. 616 del 1977, artt. 80, 83, 66, in relazione alla legge 
delega 22 luglio 1975, n. 382, e ancor prima d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8). 


i 

! 

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I 

l 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 3'49 

Trattandosi di legislazione di attuazione degli artt. 117 e 118 Cost., fin� 
tervento normativo denunciato -sempre secondo la ricorrente -si 
risolverebbe nella violazione di queste ultime norune costituzionali ed 
altres� dell'art. 97 Cost. 

Specificamente la Regione sembra sostenere ohe quando sia intervenuto 
un trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni e cos� 
un assetto normativo dell'ordine delle competenze dei due enti, tanto 
pi� se rispondente (come quello disposto con la legge n. 382 e con il 
decreto n. 616) a dichiarate esigenze di completamento, e perci� stesso 
di tendenziale definitivit� o almeno stabilit�, � configurabile una violazione 
degli artt. 117 e 118 Cost .. se intervenga un �improvviso� mutamento, 
non rispettoso almeno del nucleo di quello preesistente (nella 
specie, il oriterio della preordinazione di un esercizio organico delle 
funzioni trasferite). 

L'introdotta modificazione �si sarebbe anzi risolta -con ancor pi� 
evidente violazione degli indicati precetti costituzionali -in un sostan� 
ziale riassorbimento da rparte dello Stato delle competenze regionali 
trasferite nella materia urbanistica e nelle altre connesse come sopra 
menzionate, nelle quali si concreta la protezione ambientale. 

E, �sotto altro aspetto, la denunciata violazione sarebbe perpetrata, 

o resa pi� manifesta, dalla arbitrariet� della modificazione riappropriativa 
da parte dello Stato, modificazione non giustificata da criteri 
razionalmente correlati alla natura obbiettiva dei beni protetti, ma rife� 
ribile al tentativo dello Stato di ritagliare (a proprio favore) un'autonoma 
materia ambientale da quelle ...,.. in cui la prima, invece, sempre 
secondo la ricorrente, necessariamente si risolve -dell'urbanistica e 
delle altre connesse. 
I vizi sarebbero infine aggravati dalla mancata previsione di stru


menti procedimentali di coordinamento, idonei a prevenire o a com


porre le interferenze fra le competenze statali e quelle regionali, inter


ferenze rese inevitabili dall'estensione delle prime. 

Va premesso che il richiamo all'art. 97 Cost. non � idoneo a so


stanziare un'autonoma censura quando, come nel caso, si tratti di 

impugnazione diretta' di una legge dello Stato da parte della Regione 

ai sensi dell'art. 2, 1. cost. 9 febbraio i948, n. i. Tale impugnazione, in


fatti, � istituzionalmente destinata a far valere non gi� la violazione 

di qualsiasi precetto costituzionale (e neppure di quelli che attengono 

all'organizzazione ammin~strativa in s� considerata) ma soltanto di 

quelli che individuano la sfera delle competenze regionali costituzio


nalmente garantite. 

Va premesso altres� che � analogamente fuori luogo il r1petuto 
richiamo alla violazione del princ�pio del giusto procedimento. Il prin


� 


3SO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

clpio, infatti, a parte la questione se esso abbia natura costituzionale, 
� strettamente collegato con la tutela delle situazioni dei cittadini nei 
confronti dei pubblici poteri (in tal senso, con riferimento all'art. 42 
Cost., la sentenza di questa Corte n. 13 del 1962 lo ha definito un principio 
generale dell'ordinamento giuridico dello Stato), ma non concerne 
la tutela di competenze regionali costituzionalmente garantite, che 
� oggetto del giudizio di impugnazione diretta. 

Ci� detto, per dare adeguata soluzione alle questioni pertinentemente 
poste in riferimento alla violazione degli artt. 117 e 118 Cost., 
� necessario considerare che la norma impugnata si discosta nettamente 
dalla disciplina delle bellezze naturali contenuta nella legislazione 
precostituzionale di settore (legge 29 giugno 1939, n. 1497). Infatti 
quella disciplina prevede una tutela diretta alla preservazione di cose 
e �di localit� di particolare pregio estetico isolatamente considerate. La 
normativa impugnata, invece, proprio per l'estensione e la correlativa 
intensit� dell'intervento protettivo -imposizione del vincolo paesistico 
(e quindi preclusione di sostanziali alterazioni della forma del territorio) 
in ordine a vaste porzioni e a numerosi elementi del territorio 
stesso individuati secondo tipologie paesistiche ubicazionali o morfo.� 
logiche rispondenti a criteri largamente diffusi e consolidati nel lungo 
tempo -introduce una tutela del paesaggio improntata a integralit� 
e globalit�, vale a dire implicante una riconsiderazione assidua dell'intero 
territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore esteticooulturale. 


Una tutela cos� concepita � aderente al precetto dell'art. 9 Cost., 
il quale, secondo una scelta operata al pi� alto livello dell'ordinamento, 
assume il detto valore come plimario (o&. sentenze di questa Corte 

n. 94 del 1985 e n. 359 del 1985), cio� come insuscettivo di esse:re subordinato 
a qualsiasi altro. 
Essa non esclude n� asso11be la configurazione dell'urbanistica quale 
funzione ordinatrice, ai fini della reciproca compatibilit�, degli usi e 
delle trasformazioni del suolo nella dimensione spaziale considerata e 
nei tempi ordinatori previsti: funzione attribuita, con l'art. 80 del 

d.P.R. n. 616 del 1977, in attuazione degli artt. 117 e 118 Cost., alla 
Regione (cfr. sentenze di questa Corte n. 239 del 1982 e n. 359 del 1985). 
Peraltro, i problemi concernenti il rapporto fra competenze statali 
e competenze regionali ohe una siffatta tutela paesaggistica pone all'interno 
di s� medesima e nei confronti dell'urbanistica, e, tramite questa, 
di altre discipline, non sono ignorati dalla nuova normativa, la quale, 
come si vedr� meglio in prosieguo, accoglie in proposito soluzioni correttamente 
atteggiate, nella direttrice della primariet� del valore estetico-
culturale e della esigenza di una piena e pronta realizzazione di 
esso, secondo un modello inspirato al princ�pio di leale cooperazione 
(ofr. sentenza di questa Corte n. 359 del 1985): princ�pio che, quando si 



PARTE I, SEZ. I, GIUltISPl.UDENZA COSTITUZIONALI! 3!51 

tratti di attuare un valore primario, pu� acl:):uistare, in ordine al raccordo 
suindicato, pi� ampie possibil.it� di applicazione. 

Ci� posto, � agevole scendere alla confutazione particolareggiata 
delle censure dedotte col ricorso, censure che traggono origine da altrettante 
problematiche poste dalla dottrina regionalistica. 

Anclle ad ipotizzare -crune sostanzialmente fa la ricorrente -una 
sorta di tutela dell'affidamento della Regione ordinaria nella stabilit� 
almeno relativa dell'assetto delle sue competenze derivante da operazioni 
devolutive compiute dichiaratamente in attuazione degli artt. 117 
e 118 Cost. e secondo criteri di completezza e di 011ganicit�, non pu� 
ovviamente esc1ude:rsi la legittimit� (quanto all'an) dell'adozione di 
un nuovo assetto che risponda ad adeguata conceziOne o a pi� pronta 
ed efficace realizzazione di un valore costituzionale primario. 

Rispetto al contestato .riassorbimento delle competenze regionali 
in materia uVbanistica ed in altre .contermini, e all'asserita intrinseca 
arbitrariet� (quanto al quomodo) del denunciato nuovo assetto, � sufficiente 
osservare che il modo stesso in cui le censure sono prospettate 
dimostra che esse muovono da un presupposto erroneo. E cio� della negazione 
-in contrasto con quanto ritenuto dalle precedenti sentenze 
di questa Corte dianzi richiamate -della configurabilit� di un'autonoma 
disciplina dell'intero territorio dall'angolo visuale e per l'attuazione 
del valore estetico culturale come valore primario, e della sua 
compatibilit� con la nozione lata di urbanistica ai sensi dell'art. 80 

d.P.R. n. 616 del 1977. 
Quanto all'esigenza di raccordare competenze regionali e competenze 
statali, la nuova normativa, mentre ridisciplina le prime e incrementa 
le altre in vista dell'allargamento e potenziamento della tutela 
paesistica, vi provvede istituendo ifra esse un rapporto di concorrenza, 
strutturato in modo che quelle stataJi sono esercitate (solo) in caso di 
mancato esercizio di quelle regionali e (solo) in quanto ci6 sia necessario 
per il raggiungimento dei fini essenziali della tutela. 

In particolare, da un canto l'esercizio delle competenze regionali 
in tema di autorizzazioni alle modificazioni del territorio � assoggettato 
all'osservanza dei termini (comma nono aggiunto all'art. 82 del d.P.R. 

n. 616 del 1977 dall'art. 1 del decreto-legge, come sostituito dall'art. 1 
della legge n. 431 del 1985). Dall'altro la partecipazione delio Stato, 
dalla mera vigilanza sull'osservanza del vincolo (gi� prevista dal comma 
quarto del testo originario dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 e ribadita 
dal comma tredicesimo aggiunto a questo nel modo sopra indicato), 
� estesa al momento autorizzatorio (comma nono citato). Ma l'int&
vento statale ;soccorre in caso di inerzia della Regione, ovvero (salva 
l'ipotesi di difforme valutazione di interessi legati all'esecuzione di opere 
statali) ad estrema difesa del vincolo (comma nono citato). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

352 

� inoltre regolato (art. 1-bis aggiunto al decreto legge dalla legge 
di conversione) l'esercizio qualificato,� e teleologicamente orientato in 
senso estetico-culturale, di competenze regionali in tema di urbanistica 
(formazione entro un dato termine, in ordine al territorio inerente alle 
zone protette, di piani territoriali paesistici o di "piani urbanisticoterritoriali 
con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali). 
Momento, questo -di proiezione della tutela del paesaggio sul 
piano dell'urbanistica -di grande rilevanza, perch�, pur non obliterando 
la distinzione fra le due materie e le :relative discipline (l'urbanistica 
viene soltanto limitata dal rispetto del valore estetico-culturale 
e piegata a realizzarlo), fa emergere della tutela del paesaggio il carattere 
non pi� conservativo e statico, ma gestionale e dinamico (l'intervento 
umano � valutato positivamente se controllato e mirato). E correlativamente 
sono previsti anche in ordine a tale momento interventi 
statali. Ma anche questi interventi soccorrono in caso di mancato esercizio 
delle competenze regionali. 

Certo, nel quadro cos� tracciato, il rapporto fra competenze statali 
e competenze regionali non pu� essere valutato alla stregua di moduli 
di netta separazione, le cui disfunzioni si tratti di prevenire o di comporre 
mediante rigidi correttivi procedimentali. Il detto raipporto va 
invece ricostruito alla luce del principio cooperativo, cui si adegua appunto 
lo strumento della concorrenza di poteri ordinata nel modo 
suindicato. 

Le questioni sollevate dalla Regione Veneto sono dunque non 
fondate. 

* * * 

Sulla premessa che, con l'art. 2 aggiunto al decreto legge dalla 
legge di conversione della quale si tratta, le disposizioni di cui all'articolo 
1 come sopra sostituito, atteggiate come altrettanti commi aggiunti 
all'art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977, sono dichiarate costitutive di 
norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e 
cos� di limiti operanti nei confronti della stessa autonomia speciale, 
hanno impugnato la legge in wgomento (e particolarmente il detto articolo 
2): la Regione Friuli-Venezia Giulia, la Regione Valle d'Aosta, la 
Provincia autonoma di Bolzano, la Pmvincia autonoma di Trento. 

L'assunto di fondo, comune a tutte le ricorrenti, � che le disposi


zioni suindicate -le quali racchiudono: l'elenco dei beni vincolati 

(comma quinto aggiunto); l'indicazione di limiti oggettivi del vincolo 

(esclusione delle zone comprese negli abitati o di prevista espansione 

dei medesimi: comma �sesto aggiunto) e di eccezioni a tali limiti (comma 

settimo aggiunto); l'indicazione di limiti del vinc�lo in relazione alla 

natura degli interventi modificativi o del loro oggetto (commi ottavo. e 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dodicesimo aggiunti); la previsione di poteri regionali e statali concorrenti 
nella gestione del vincolo quanto alle autorizzazioni relative ad 
interventi modificativi (commi nono, decimo e undicesimo aggiunti) e 
quanto alla vigilanza sull'osservanza di esso (comma tredicesimo aggiunto) 
-non costituiscono norme fondamentali di grande riforma 
economico-sociale, malgrado la definizione della legge, la quale non 
sarebbe vincolante in proposito (sent. di questa Corte n. 219 del 1984). 

Con una tesi pi� avanzata (Provincia autonoma di Bolzano) -rilevato 
il contrasto fra la contestata qualificazione legislativa e l'atteg. 
giamento assunto dal Governo in relazione al contenuto del d.m. 21 settembre 
1984 anche in occasione di un conflitto davanti a questa Corte, 
nonch� in relazione al contenuto del decreto-legge n. 312 del 1985 con 
la riconosciuta salvezza delle autonomie speciali -si sostiene che non 
sarebbe ravvisabile nelle (o a base delle) disposizioni in parola neppure 
una riforma, non trattandosi di una innovazione sostanziale rispetto 
alla disciplina delle bellezze naturali contenuta nella legge n. 1497 del 
1939. A questa tesi pu� essere accostata quella, secondo la quale l'esclusione 
del carattere di grande riforma deriverebbe dalla previgenza di 
normative regionali nella stessa materia pi� organiche ed avanzate 
(ricorso stessa Provincia). 

La natura di grande riforma economico-sociale della normativa 
in esame sarebbe peraltro obbiettivamente esclusa: da ci�, che essa 
si presenta come un'integrazione dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, 
e cio� di una disciplina istituzionalmente destinata a regolare una competenza 
delegata delle Regioni ordinarie (ricorsi Regione Valle d'Aosta, 
Provincia autonoma di Trento); da ci�, che la normativa ha carattere 
provvisorio, temporaneo e d'urgenza, come sarebbe dimostrabile dagli 
artt. 1-ter e 1-quiquies aggiunti al decreto legge dalla legge di conversione 
(ricorso Regione Valle d'Aosta); da ci�, che la normativa 
stessa � costituita non solo da nuovi princ�pi, ma anche da una serie 
di norme applicative concernenti la competenza e il procedimento (ricorsi 
Province autonome di Bolmno e di Trento); da ci�, che la legge 
impugnata costituisce violazione sostanziale del princ�pio del giusto 
procedimento (ricorso Regione Friuli-Venezia Giulia). 

Secondo alcune tesi pi� caute, espresse in via subordinata, dovrebbe 
negarsi natura di norme fondamentali di grande riforma economico-
sociale almeno: alle disposizioni di dettaglio; a quelle concernenti 
le competenze e il procedimento (ricorsi Regione Val d'Aosta e Provincia 
autonoma di Bolzano); a quelle dirette a delimitare l'ambito della 
riforma, precludendo cos� una disciplina pi� rigorosa da parte degli 
enti dotati di autonomia speciale, o ad escludere la partecipazione della 
medesima alla gestione del vincolo, particolarmente per quanto concerne 
le attivit� di ricerca ed estrattive (ricorso Provincia autonoma di 
Trento). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In ogni caso, si dovrebbero ritenere assolutamente inconciliabili 
con l'autonomia speciale,� e quindi non estensibili validamente ad essa 
neppure sotto il titolo di norme di grande riforma, le limitazioni derivanti 
dalla previsione da parte della legge, peraltro 'Senza specifica predisposizione 
di strumenti di coordinamento fra discipline statali e discipline 
regionali e di collaborazione fria Stato e Regione, di ulteriori 
interventi del Ministero dei beni culturali e ambientali, e addirittura 
di poteri sostitutivi dello stesso, poteri questi ultimi finora configurati 
anche rispetto alle Regioni ordinarie con riferimento a competenze 
soltanto delegate e con la garanzia formale dell'intervento del Consiglio 
dei ministri. 

Le norme impugnate -secondo le Regioni e le Province ricorrenti 
-violerebbero dunque le discipline statutarie ad esse risipettivamente 
attributive di competenze legislative primarie e, nei congrui casi, di 
competenze amministrative esclusive in materia di tutela del paesaggio 
e in .altre, attinenti al territorio (artt. 2, 3 e 4 della legge cost. 26 febbraio 
1948, n. 4, recante lo Statuto speciale della Valle d'Aosta; art. 3, 
comma terzo, art. 8, nn. 3, 5, 6, 7, 16, 21 e 24, e art. 16 del d.P.R. 31 agosto 
1972, n. 670, recante lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, 
con relative norme di attuazione; art. 4, n. 12, della legge cost. 31 gennaio 
1963, n. l, recante lo Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia, 
e relative norme di attuazione. 

In ordine al ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia va rilevato 
che lo Statuto speciale (legge costituzionale n. 1 del 1963) le conferisce 
competenza soltanto integrativa e di attuazione in materia paesaggistica 
(art. 6, n. 3) e competenza primaria limitatamente all'urbanistica 
(art. 4, n. 12). Ci� concorre, in una con la valutazione della distinzione, 
fra tutela del paesaggio e urbanistica e dei reciproci rapporti nella 
nuova normativa -quale operata con la presente sentenza iin riferimento 
gli artt. 117 e 118 Cost., relativamente al ricorso della Regione 
Veneto, ma che non vi � ragione di mutare in riferimento al detto Statuto 
speciale -a far ritenere che le censure prospettate dalla Regione 
FriUJl.i-Venezia Giulia, nella massima parte coincidenti con quelle sollevate 
dalla Regione Veneto, rimangono confutate dalle considerazioni 
svolte dalla presente sentenza a proposito delle medesime. 

Conviene aggiungere che vanamente la Regione Friuli-Venezia Giu1ia 
prospetta in particolare: 

a) che la normativa impugnata � ad essa inapplioabile in conseguenza 
dell'inutilizzabilit� dei criteri previsti dal d.m. 2 aprile 1968 
-e assunti dall'art. 1 del decreto legge, come sostituito dall'art. 1 della 
legge n. 431 del 1985 (nel punto in cui aggiunge un comma sesto alIlart. 
82 d.P.R. n. 616 del 1977), per !'.individuazione di zone eccettuate 
dal vincolo, e quindi per la limitazione della propria operativit� 




PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALI! 

essendo i detti criteri sostituiti, per essa Regione, secondo la legge 
regionale 22 dicembre 1969, n. 42, da quel1i indicati nel piano urbanistico 
regionale; 

b) che essa Regione ha gi� posto in essere una legislazione ed 
una pianificazione ur:banistica con valenze di tutela paesistica, e che 
la nomiativa impugnata: modifica i poteri regionali cosl esercitati; 
compromette, turba le scelte ohe di tale esercizio sono il risultato, o ne 
impone la rivisitazione; crea seri ostacoli alle iniziative edilizie pubbliche 
e private; altera (moltiplicando gli interventi ministeriali concorrenti 
e consegnandoli a guisa di controlli di merito sui medesimi 
oggetti) 1'011dine dei controlli stabilito dall'art. 58 dello Statuto. 

Al riguardo � sufficiente osservare: 

che l'inutilizzabilit� dei criteri dettati dal d.m. 2 aprile 1968 non 
esclude l'applicabilit� alla Regione Friuli-Venezia Giulia della normativa 
impugnata, se il ruolo svolto ai fini di questa dal decreto pu� essere assolto, 
per detta Regione, da una fonte sostitutiva di esso; 

che gli aspetti delLa normativia denunciata riflettono il fine, proprio 
della legge, di influire sulle scelte, da adottare anche in sede regionale, 
sia urbanistiche che economiche (edilizie, industriali, agricole ecc.) 
in funzione della primariet� del valore estetico-culturale; 

che l'eventuale conformit� e compatibilit� con il fine suindicato di 
scelte gi� adottate preserva le scelte adottate dalle temute conseguenze 
tanto perturbatrici quanto caducatoci.e; 

che la visuale della concorrenza di poteri fra Stato e Regione secondo 
un modello inspirato al principio di cooperazione rende non utile 
neppure in riferimento alla nonna statutaria invocata, il richiamo alla 
tematica dei controlli. 

Anche le questioni sollevate dalla Regione Friuli-Venezia Giulia sono 
dunque non fondate. 

Passando alla questione di fondo come sopra individuata, con riferimento 
alle censure sollevate dalla Regione Val d'Aosta e dalle Province 
autonome di Trento e �di Bol2lano (munite di competenza legislativa 
primaria ed amministrativa esclusiva in tema di tutela del paesaggio), 
va preliminarmente rilevato che la natura di grande riforma economico-
sodale di una normativa non dipende dalla qualificazione che ne 
dia qualsiasi autorit� (l'atteggiamento dell'autorit� statale, se di negazione 
.di fronte a un'impugnativa regionale in sede di conflitto di attribuzione, 
pu� solo far venire meno l'interesse a coltivare il rimedio, 
come nel caso deciso �da questa Corte con la sentenza n. 358 del 1985) 
n� dalla stessa qualificazione che la normativa dia a s� medesima, ma 
dalla sua obbiettiva natura, accertabile da questa Corte (sentenza n. 219 
del 1984). 


356 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Ci� posto, � sufficiente osservare� che il carall:tere di grande riforma Ir 
economico-sociale � del tutto evidente nella nuova concezione della 
~ 

~ 

tutela paesaggistica che sta a base del decreto legge n. 312 del 1985, 

l

convertito, con modif�oazioni, nella legge n. 431 del 1985. 

f 

Con le considerazioni gi� svolte nella presente sentenza, a proposito 
del ricol'so della Regione Veneto, � stato chiarito come tale concezione 
si discosti nettamente dalla concezione della tutela delle bellezze 
naturali assunta dalla legislazione precostituzionale di settore, impH� 
cando una tutela paesaggistica che si sostanzia di una riconsiderazione 

I 

assi4ua dell'intero territorio nazionale alla luce della primariet� del 

l

valore estetico-culturale. 

l

Per 'altro verso, � proprio tale pr,imariet� -la quale impedisce di 

I

subordinare l'interesse estetico-culturale a qualsiasi altro, ivi compresi I 
quelli economici, nelle valutazioni concernenti i reciproci rapporti -a 

costituire la scelta di fondo della normativa e a manifestarne la rile� 
vanza economico-sociale. Va a quest'ultimo proposito ricordato come, 
secondo quanto si � gi� cennato, e secondo quanto si deve ribadire 
anche in riferimento a considerazioni espresse nei lavori preparatori a 
proposito di inversioni di tendenza manifestatesi nella coscienza sociale 
circa i rapporti fra interesse alla qualit� de1la vita e ad altri interessi, 
la legge appare diretta e idonea a influire profondamente su scelte 

d'ordine economico-sociale. 

Quanto detto appare incontrovertibile per la norma contenuta nel 
primo comma dell'art. 1 del decreto-legge, come sostituito� dall'art. 1, 
comma primo, della legge .di conversione, aggiuntivo di un quinto 
comma all'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, recante l'imposizione del 
vincolo e l'elencazione dei beni protetti, norma la quale costituisce im� 
mediata espressione della nuova concezione delila tutela paesaggistica e 
prima attuazione della tutela stessa come innovativamente concepita, e 
per quelle (contenute nei successivi commi sesto, settimo, ottavo e dodi� 
cesimo del detto art. 82) recanti varie limitazioni all'mtervento norma� 
tivo considerato, norme le quali delineano la fisionomia della innovazione. 

A ci� non osta che tutte le relative disposizioni (quelle appunto 
dichiarate norme fondamentali di grande riforma economico-sociale dal� 
l'art. 2 della stessa legge di conversione) siano atteggiate come commi 
aggiunti all'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, rigual'dante le Regioni or:di� 
narie, trattandosi di una collocazione formale non incompatibile n� con 
da volont� (come sopra espressa) del legislatore di considerarle norme di 
grande riforma economico-sociale, n� con la loro obbiettiva natura di 
nonne del genere ora indicato. 

N� vi osta, per quanto concerne l'elencazione dei beni protetti, il 
fiatto che questa possa apparire una norma di dettaglio, un~ volta tenuto 
conto che essa incarna ed attua immediatamente il princ�pio basilare 
della riforma. 



PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

E neppure W. osta l'asserito carattere di non definitivit� della normativa, 
che (peraltiro con riferimento espresso a disposizioni non comprese 
nel suindicato art. 1 ed implicito a definizioni di � normativa ponte � 

o di � nonnauiva di salvaguardia � enunciate nei lavori preparatori) alcUll1e 
delle ricOl['renti oppongono. Una noI1IIlativa che, come quella di cui si 
tratta, apra una svolta di cos� grande momento e si proietti naturalmente 
nell'avvenixe, non perde il carattere di grande riforma economico-sociale 
per iJ. solo fatto di non essere conclusiva (dato, questo, significante 
-cfr. sent. di questa Corte n. 219 del 1984 -e tuttavia non necessario), 
purch� sia risolutamente e univocamente introduttiva di U111a linea di 
tendenza dell'ordinamento, soprattutto quanto questa sia, come nel caso 
�, attuativa (o pi� energicamente attuativa) di un precetto costituzionale, 
oltrech� profondamente avvertita nella coscienza sociale. 
Non vi osta, infine, la previgenza di normative dell'autonomia speciale 
in materia pi� organiche o avanzate (ricorso Provincia di Bolzano) 

o la esigenza di interventi della detta autonomia anche pi� incisivi a 
tutela del.l'interesse paesaggistico (ricorso Provincia di Trento), essendo 
evidente che la proteziooe fornita o preordinata con la normativa in 
argomento � pur sempre minimale, e non esclude n� preclude normative 
regionali di maggiore o di pari efficienza (salva, come � ovvio, la verifica 
in concreto della effettiva compatibilit� di esse con gli scopi e con le 
carattenistiche di foll.do della riforma). 
Le considerazioni svolte valgono, ad avviso della Corte, anche per le 
norme di competenza e procedimentali racchiuse nelle residue disposizioni 
dell'art. 1 del decreto-legge, come �Sostituito da1l'art. 1 della legge 

n. 431 (commi nono, decimo, undicesimo e tredicesimo, aggiunti all'art. 82 
del d.P.R. n. 616 del 1977). 
Premesso che norme del genere non sono insuscettive di essere riguardate 
come norime fondamentali di grande riforma economico-sociale in 
relazione al loro contenuto, quante volte esse siano essenziali a una 
siffatta :r�forma (ofr., per le norme procedimentali, � 1a stessa sentenza 

n. 219 del 1984), la Corte ritiene che tale ipotesi [',icorra nel caso concreto. 
Ci� viene qui affermato per le norme suhla competenza, in quanto sanciscono 
la partecipazione cos� de1lo Stato come della Regione (o del.fa 
Provincia autonoma) in ogni momento della gest�ooe del v.i.ncolo: quello 
assiduo e generico della vigilanza e quello eventuale e specifico della 
autorizzazione alle modificazioni del territorio protetto (� infondata la 
preoccupazione della Provincia di Trento che tale partecipazione sia 
esclusa per le attivit� idi ricerca o estrattive, giacch� iii comma undicesimo 
aggiunto all'art. 82 �del d.P.R. n. 616 del 1977 con l'art. 1 de:l decretolegge, 
come sopra sostituito dalla legge di conversione, si limita a prescrivere 
che l'autorizzazione del Ministero dei beni culturali e ambientali 
sia rilasciata, quando si tratti delle �dette attivit�, sentito i:l Ministro del-
1'.industria, del commercio e dell'artigianato). 


ltASsEGMA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

'ss 

J 

E viene afferniato per le norme sul procedimento, in quanto pre1scrivono 
che la suddetta partecipazione si atteggi in forma di conoorrenza 
di poteri, peraltro secondo un modello inspirato a:l prindpio di_ leale 

cooperaz�one (cfr. sentenza di questa Corte n. 359 del 1985 e considerazioni 
svolte nella presente sentenza). 

Infondatamente pertanto, a giudizio della Corte, le Regioni ricorrenti 
si dolgono della previsione normativa di poteri statali concorrenti (da 
intendere quelli prevdsti da:ll'art. 1 del decreto-legge, come sopra sostituito 
dailla legge di conversione, ai quali soltanto si riferisce, qualificando 

lIle relative disposizioni come norme fondamentali di ruforma economicosociale, 
l'art. 2 aggiunto dalrla legge, impugnata in relazione a tale qualificazione) 
I� dove lamentano una irrilevante inosservanza dell'ambito 
sostanmaile e dei requisiti di competenza e formali prescritti .in via generale 
per la diversa ipotesi dei poteri sostitutivi statali rispetto alle competenze 
delegate aille Regioni ord�;tarie. 

Anche le questioni sollevate dalla Regione Valle d'Aosta, dalla Provincia 
autonoma di Bolzano e dail.rla Provincia autonoma di Trento sono 
dunque, non fondate. 

II 

I ricorsi in esame sono diretti tutti contro la circolare 16 ottobre 
1985, n. 3786 del Ministero per i beni culturaJJi e ambientalli, pubblicata 
sulla Gazzetta Ufficiale n. 250 del 23 ottobre 1985, avente per oggetto 
l'interpretazione e J'a;pplicazione della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme 
in materia di controllo dell'attivit� edilizia, sanmoni, recupero e sanatoria 
deJ1le opere abusive), in quanto tale circolare: 

a) afferma che spetta al Ministero per i beni culturali e ambientali, 
e non alla Regione, rhlasciare, ai sensi deU'airt. 32 della legge n. 47 
del 1985, il parere sulila concessione o autorizzazione .in sanatoria per le 
opere eseguite su aree sottoposte a vincolo paesistico; 

b) afferma che, nelle zone :sottoposrte a vincolo paesistico, spetta al 
Ministero per i beni culturali e ambientali, e non alla Regione, ai sensi 
dell'art. 82, comma decimo, d.P.R. 24 luW.io 1977, n. 616, integrato dal� 
fart. l, d.1. 27 giugno 1985, !Il. 312, come sostituito dall'art. 1 della legge 
di conversione 8 agosto 1985, n. 431, rilasciare ['autorizzazione di cui 
all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 rela1liviamente alle opere da 
eseguirsi da parte di amministrazioni statali; 

e) afferma che, nelle zone suindicate, spetta al Ministero per i beni 
culturali e ambientali, e non alfa Regione, ad sensi dell'art. 82, comma 
undicesimo, d.P.R. n. 616 del 1977, come sopra integrato, autorizzare, 
sentito iJ Ministro deU'industria, commercio e artigianato, le attivit� di 
ricerca e di estrazione. (omissis) 



PAltTE I, Sl!Z. I, GlUIISPl.UDENZA COSTITUZIONALE 

Le Re~oni contestano, .in pI.1imo luogo, che la competenza a formulare 
il parere di cui all'art. 32 della <legge n. 47 del 1985 spetti al Mmi.stero 
per i beni culturali e ambientaili, in quanto �l'autorit� preposta alla 
tutela del vincolo�, al1a quaile 1a suindicata disposizione si riferisce, va 
individuata nella Regione, :iJn forza della delega del1e funzioni amministrative 
in tema di protezione delle bellezze naturali conferita con 
['art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977. 

Ne deriva che, facoodos<i questione di riparto di competenze � deleaate 
�, i confil:itti vanno dichiarati inammissibili. Al riguardo, infatti, questa 
Corte ha espressamente statuito che le attribuzioni soltanto delegate 
alla Regione non sono, in linea di pr.incipio, defendibili col rimedio del 
confJitto di attribuzione (sent. n. 97 del 1977), e che, in pairticolare, non lo 
sono le attribuzioni devolute alla Regione con l'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 
1977, in quanto caratterizzate daUa conservazione allo Stato di poteri 
concorrenti. La previsione di questi ultimi, a fini di estensione e di 
effettivit� della tutela del paesaggio, esclude infatti la garanzia costituzionale 
dehl.e competenze delegate (sent. n. 359 del 1985). 

Non valgono a supe11aire la suddetta preclusione le argomentazioni 
svolte, in memoria, da1la Regione Lombardia. ' 

Anliitutto, non rileva l'asserita cirrcostanza che nel caso deciso con 
la se!lJtenza n. 359 del 1985 si facesse questione di �cattivo esercizio di 
poteri�, mentre nella specie � in discussione la stessa �spettanza del 
potere�. Infatti, a prescindere dall'esattezza o no dell'assunto, la pi� 
recente giurisprudenza di questa Corte � orma<i decisamente orientata nel 
senso che, al fine di ritenere esperibile un conflitto di attribu:llione, � 
idonea non soltanto la prospettazione di una vindicatio potestatis, ma 
anche quella dell'esercizio scorretto di un potere, purch� tale eserci71io 
ridondi in sostanziale menomazione di attribuzioni costituzionalmente 
garantite (v. sentt. nn. 110 del 1970, 211 del 1972, 191 del 1976). 

Quanto, poi, all'iaissurnto, peraltro non dimostrato, che ['dnesperibilit� 
del conrntto di attribuzione, in riferimento alle competenze solo � delegate
�, possa implicare una carenza completa di tutela giurisdizionale, 
esso non vale a determinare l'ampliamento dell'ambito dd operativit� del 
detto conflitto, come def�DI�to da questa Co11te (s.entt. n .. 111 del 1976, 97 
del 1977, 359 del 1985). 

Neppure merita adesione, d'altra parte, l'1assurnto in base al quale 
la competenza a formulare il parere per la sanatoria delle opere abusive 
in zone sottoposte a vincolo paesistico non sarebbe stata � delegata �, 
bens� espressamente attrilbuita ail.la Regione dall'art. 32 della legge n. 47 
del 1985: quest'ul1lilllla disposizione si risolve, infatti, in una norma di 
mero rinvio, che <individua l'organo competente medioote il riferimento 
alla legislazione di settore. 

Quanto 1alla tesi sulla presunta peculiarit� della � delega ,. nehla materia 
della tutela del paesaggio, che sarebbe da considerare � necessaria � 


360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(e quindi idonea a conferire competenze difendibili mediante conflitto di 
attribuzione) per l'intreccio tra materia 1.JJI'banistica e tuteLa del paesaggio, 
essa risllllta gi� disattesa da questa Corte con la sentenza n. 359 del 1985, 
neLla parte in cui questa affe:runa la distinzione tra J'una e l'altra materia, 
distinzrl.one che, per le ragioni espresse con la sentenza n. 151/1986, non !~ 
pu� ritenersi obliterata dalla legge n. 431 del 1985. 


Residua la tesi secondo la quale la rilevanza costituzionale e la pertinenza 
aLl'autonomia regionale della delega in qurusi:asi caso (anche di 

I

~

delega �libera�) e della correlativa revoca (quantomeno se generaliizzata) 
sarebbero dimostrate da!lla necessit� di provvedere per entrambe con i 
legge (art. 118, comma secondo, Cost.). 


I

Anche questa tesi non appare persuasiva. La necessit� di regolare ! 
con legge l'ordine delile competenze regionali non toglie la distinzione 
fra competenze proprie, costituenti 'il patrimonio e ira ragione di identit� 

I

dell'autonomia regionale, e competenze meramente delegate: distinzione 

!

che sta anzi a fondamento defilo stesso concetto di delega (riguardante 
competenze �altre� da quelle proprie), qua!l � posto a base della stessa 
norma costitu:llionale che discipHna J'istituto (art. 118, comma secondo, 
Cost.). 

Ed � sulla detta distinzione che � costruito dalla legge 11 marzo 
1953, n. 87 fil rimedio del conflitto di attribuzione, riservato, come � noto, 
alla sola tutela dell'autonomia costitiuzionailmente garantita. Cosicch� . 
se un atto amministrativo (nelJa specie una circolare) si discosti dall'ordine 
stabilito con legge, esso � suscettivo di_ dar luogo all'esperimento 
del confilitto di attl'ibuzione solo se, in tal modo, finisca con l'invadere 
una competenza regionale propria. (omissis) 

III 

I ricorsi per conflito di attribuzione in epigrafe, proposti contro lo 
Stato da altrettante Regioni ordinarie, sono rivolti contro la stessa parte 
della circolare 31 agosto 1985, n. 8 del Ministero per i beni culturali e 
ambientali, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 266 del 12 novembre 
1985, concernente l'applicazione della legge 8 agosto 1985, n. 431 (tutela 
delle zone di particolare interesse ambientale), prospettando identiche o 
analoghe ragioni; uno di essi � diretto contro a!ltre parti delJa stessa 
circolare e prospetta ragioni connesse aLle prime. 

In ordine ai detti ricorsi l'intervenuta Presidenza del ConsigJ.io dei 

ministri nega l'idoneit� deLl'atto impugnato a dar luogo a un conflitto 

attuale di attribuzione. E ai� in quanto: a) la lamentata violazione di 

competenze discenderebbe diirettamente dail.Ja !legge, non impugnata dalle 

ricorrenti in via diretta; b) la circoJare impugnata, indirizzata unicamente 

ad uffici interni del Ministero, conte!'rebbe, conformemente alla sua :natu


ra, non alterata dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, soltanto 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 361 

delle considerazioni di carattere integrativo della legge n. 431 del 1985 e 
una previisione di larga massima delle attivit� ammimstrative necessarie 
per eseguirne il dettato; e) le dette attivit� amministrative si realizzerebbero 
solo in caso di inosservanza da parte dellle Re!�ioni di adempimenti 
ad esse imposti dalJl:a legge, n� d'altronde sarebbe necessario impugnare 
la circolate all fine di censurare in prosieguo gli atti dei quali si componessero 
le temute attivit�. 

A tutto ci6 � sufficiente opporre: a) che l'impugnazione ex art. 39 
della legge 11 marzo 1953, n. 87 pu� ben essere proposta contro l'interpretazione 
o l'applicazione, che si assumono invasive, di una legge non 
ritenuta invasiva se rettamente interpretata ed applicata, e pertanto 
non impugnata ex art. 2 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1; b) che, secondo 
la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 187 del 1984 ed altre da essa 
richiamate), ricorre :l'attualit� del coniilitto quando l'atto impugnato 
consista in una chiara manifestazione di volont� de1l'autorit� emittente 
in ord�ID.e a1l'affermazione delJa propria competenza relativa a date attivit� 
o a dati atti e che, nelle partii della aircoilare impugnata, ad eccezione 
di una dehla quale sar� detto in prosieguo, talle ohiara manifestazione 
� ravvisabile; e) che dalla considerazione ora svolta rimane assorbita 
l'obiezione concernente il carettere meramente eventuale delle atti� 
vit� amministrative previste dalla circolare come necessarie per eseguire 
la legge (l'impugnazione non si rivolge contro le dette attivit�, o contro 
gtli atti di cui esse si componessero, .bens� contro la manifestazione della 
volont� di compiere le une o gli altri �su!l.la base delila propria ritenuta 
competenza). 

La parte della circolare che tutti i ricorsi impugnano contiene l'affer


mazione secondo la quale, nel caso che le Regioni non sottopongano 

-ai sensi dell'art. 1-bis, comma primo, del decreto legge n. 312 del 1985, 

aggiunto, in sede di conversione, da1la legge n. 431 del 1985, entro il 

termine ivi stabilito del 31 dicembre 1986 -il territorio relativo alle 

localit� e ai beni protetti con vincolo paesistico per effetto del precedente 

art. 1, ad una specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale 

mediante la reda7Jione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali 

con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali ,alla forma� 

zione dei piani potr� e dovr� provvedere il Ministero dei beni culturald e 

ambientali. 

T.ale in effetti � l'inte:ripretazione che la circolare impugnata d� 

all'art. 1-bis, comma secondo, del:lo stesso decreto fogge n. 312 del 1985, 

come sopra aggiunto, ove � testualmente prescritto che, nell'eventualit� 

ora indicata, il Ministero esercita i poteri di cui agli artt. 4 e 82 del 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. E di tale interpretazione la ricorrente Regione 
Lombardia, contestata 1in primo luogo l'esattezza, deduce comunque la 
lesiviit� nei confronti di proprie competenze costituzionalmente garantite. 
Analogamente ne Jamentano l'invasivit� le altre Regioni ricorrenti. 

362 RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO 

In particolare, osserva la Regione Lombarrdiia ohe il rinvio dell'art. 
1-bis, comma secondo, agli artt. 4 e 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 
non potrebbe essere inteso che limitatamente al�. poteri ministeriali inibitori 
(art. 82, comma quarto, del decreto n. 616) e di impulso de1la fu:nmone 
statale governativa di mdirizzo e di cooroinamento, e non gi� a poteri 
sostitutivi. E ci� perch� tali ultimi poteri (art. 4, comma terzo, del 
decreto n. 616 e art. 2, legge 22 luglio 1975, n. 382) oltre ad essere affidati 
ail Governo, sono previsti soltanto rispetto all'ipotesi di (inosservanza di 
puntuali adempimenti da eseguire entro termim perentori nell'esercizio 
di) competenze regionali delegate. Laddove qui si tratta di competenza 
(in materia di pianificazione territoriale, cio� di urbanistica) propria 
della Regione ai sensi degili artt. 117 e 118 Cost., e ad essa trasferita, con 
specifico riferimento alla formazione dei piani paesistici (artt. 5, legge 
29 giugno 1939, n. 1497, e 23, ir�golamento di attuazione approvato con 

r.d. 3 giugno 1940, n. 1357) dal d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8. IJ pi� ampio 
assunto interpretativo della circolare, se esatto, porrebbe l'art. 1-bis, 
comma secondo, del deoreto legge n. 312 del 1985, come sopra aggiunto, 
in contrasto (oltre che con le dii.anzi richiamate di5posizioni del decreto 
n. 616 e della fogge n. 382 del 1975) con gli indioati precetti costituzionali. 
Non diversamente argomentano, quainto all'invasivit� de1la impugnata 
affermazione delJ.a circolare, le altire Regioni ricorrenti (Emilia� 
Romagna, Toscana, Umbria, Molise, Puglia), le quali sottolineano: rf) la 
parziale inesattezza de1l'assunto (contenuto nelle parti della circolare 
sopra indicata e costituente il presupposto degli asserliti poteri sostitl.ltiivi) 
circa l'obbligatoriet� della pianificazione territoriale e/o paesistica 
entro il 1term1ne stabilito dalll'art. 1-bis, comma primo, del decretb legge 

n. 312 del 1985, come sopra aggiunto, obbligatoriet� che ricorrerebbe 
soltanto relativamente al territorio relativo alle zone protette per effetto 
del vincolo posto con. l'art. 1 del decreto legge stesso, come sostituito 
con l'art. 1 della fogge n. 431 del 1985; b) il caratte:re della detta legge, 
in quanto prevede la formazione di piani paesistici e di piani urbanisticoterritoriali 
con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali, 
confermativo e conalusivo di una linea di tendenza della legislazione 
statale nel senso dell'interconnessione fra tutela paesistica e regolazione 
urbanistica (artt. 3, 5 e 12, legge n. 765 del 1967; art. l, legge n. 1187 del 
1968); e) la realizzazione e l'ulteriore sviluppo della detta tendenza gi� 
operati da parte di esse Regioni -ed in particolare delila Puglia e dell'Umbria 
(il cui Statuto gi� conteneva la nozione di piano urbanisticoterritoriale) 
-con la previsione legislativa e con l'adozione di strumenti 
di pianificazione territoriale provvisti di valore di piani paesistici. 
Le censure, a giudizio della Corte, non sono fondate, e ci� per considerazioni 
che �n �parte si identificano con quelile espresse ne11a sentenza 

n. 151 del 1986, e in parte costituiscono lo svolgimento di esse. 

i'ARTE I, SEZ. I, GIURlSPRUDENZA COSTITUZIONALE 

L'innegabile obbligatoriet� della formazione da parte della Regione 
degli strumenti urbanistici in funzione di tutela paesistica entro il termine 
fissato dalla legge -almeno per il territorio relativo alle zone 
protette ai sensi delll'art. 82, comn.1a quinto, d.P.R. n. 616 del 1977, agii.unto 
da:M'aa:t. 1 del decretofogge n. 312 del 1985, quale sostituito dall'art. 1 
della legge n. 431 del 1985 -e la stessa sancita obbligatoriet� degli interventi 
statali previsti per la mancata fo:rnnazione dei detti strumenti inducono 
la Corte a interpretare l'implicito e pur improprio riferimento, 
operato dall'mrt. 1-bis, comma secondo, suindicato, ai poteri sostitutivi 
previsti per le funzioni regionali delegate dahl'art. 4 del d.P .R. n. 616 del 
1977 (oltre che ai poteri inibitori previsti dall'art. 82 stesso decreto) in 
um senso pregnante, E cio� nel senso della attribuzione allo Stato (in 
aggiunta ai poteri inibitori connessi al vincolo paesistico) di poteri surrogatori 
comprensivi dell'adozione, in Luogo della Regione rimasta inerte, 
sempre per il territorio come sopra considerato, di piani paesistici, con 
il contenuto prewsto nel:la suindicata normativa che Li riguarda, ovvero 
di altri interventi, anche questi limitati alla specifica considerazione e 
tutela dei valori paesistici ed ambientali. 

L"interpretazione trae argomento dahla valutazione dei caratteri della 
tutela paesistica introdotta con la legge, cos� come descritti nella sentenza 
di questa Corte n. 151 del 1986 e, in paa:ticolare, dal rilievo che nella detta 
tutela assume il momento dinamico, momento costituito dalla proiezione 
urbanistica secondo il detto art. 1-bis, comma primo. 

Tenuto conto di ci�, e delJl'esigenza, fortemente avvertita e chiaramente 
espressa d~l:la legge, che la tutela cos� come da essa congegnata 
-in relazione alJla primariet� ed essenzialit� del valore che ne � 
oggetto -trovi pronta e piena realizzazione, 1a Corte ritiene giustificato 
lo ,spessore dei poteri cos� attribuiti allo Stato. 

Ma il necessario riferimento al principio di leale cooperazione, che 
informa la no:mnativa relativamente al raccordo fra competenze regionali 
e competenze statali, esige che, ai fini della legittimit� del proprio intervento, 
lo Stato si faccia preventivamente carico nei confronti de11a Regione 
delle imformazioni (passive e attive) e delle sohlecitazioni, che, per i 
momenti, i livelli, le modalit�, siano idonee, nel concreto, a qualificare 
l'intervento stesso ,per un veI1So come necessitato dall'inerzia regionale, 
per altro verso pur sempre come improntato alla detta leale cooperazione 
e non ad emulativit� o a prevaricaziooe. 

Quanto aitl'.adozione asseritamente gi� avvenuta, ad opera delle Re� 
gioni ricorrenti, di strumenti urbanistico-territoriali muniti di adeguate 
valenze paesistiche, � appena il caso di osservare che la compatibilit� 
delle ,scelte regionali anzidette con i fini e con le caratteristiche essenziali 
deLla nuova normativa preserva le scelte stesse dalle temute conseguenze 
tanto perturbatrici quanto caducatorie. 


.36.. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Regione Lombardia impugna altra parte della ciocolare, nella 
quale, a suo giuidizio, si afferma che spetta al Ministero per i beni culturaili 
e ambientali, ai sensi dell'art. 82, comma decimo, d.P.R. n. 616 del 
1977 (aggiunto dall'art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985, come sostituito 
dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985) rilasciare o negare l'autorizzazione 
di cui a11'airt. 7 della legge n. 1497 del 1939, in relazione alle opere da 
esegui11si da parte delle ammimstrazioni stataili, anche prima del decorso 
del termine dato alla Regione, per pronunciarsi in merito, dal comma 
nono del citato art. 82, come sopra integrato. 

Osserva al riguardo la ricorrente che il Ministro noo ha il potere 
cld proounciarsi in via atlternativa rispetto a:lla Regione, ma sdlo quello 
di intervenire dopo la scadenza del termine in caso di inerzia della mede-� 
sima, ovvero, oltre al potere di annull!lare le autorizzazioni :regionali, come � 
per le ailtre opere, quello di autorizzare le dette opere statali malgrado 
il cldniego opposto dalla Regione. L'attribUZJi.one al MiI;tistro deil potere di 
pronunciarsi in via alternativa lederebbe, sempre secondo la Regione, le 
competenze spettanti alla medesima ex art. 82 del d.P.R. !Il. 616 del 1977. 

Tali censure sono inammrissibiJli sotto il profilo della ricorrenza dei 
presupposti di sperimentabilit� del conflitto di attriibuzione, in quanto 
dirette a far vatlere la lesione di una competenza meramente delegata alla 
Regione. Infatti, questa Corte ha espressamente statuito che le attribuzioni 
soltanto delegate alla Regione non sono, in linea di princ�pio, difendibili 
col rimedio del COiliflitto di attribuzione (cfr. sent. n. 97 del 1977), 
e che, in particolare, non lo sono le att:rtibuzioni devolute alla Regione 
dal!l.'�art. 82 del d.P.R. n. 616 dcl 1977, in quanto caratterizzate dal!la conservazione 
allo Stato di pote11i concorrenti (ofr. sent. n. 359 del 1985). N� la 
legge n. 431 del 1985, ridiscipBtnando e integrando, in sede di conversione 
del d.l. n. 312 del 1985, il contenuto dell'art. 82, ha alterato la configurazione 
della delega con esso trasferita. (omissis) 

La Regiooe Lombardia impugna, infine, ai.tra parte dell:a circolare 

con la quale si stabilisce che i vdncoli di inedificabilit� previsti dalla 

legge n. 431 del 1985 (art. 1-quinquies, aggiunto al decreto legge n. 312 

del 1985) per le aree e i beni. gi� incldviduati dalle sopraintendenze ai 

sensi del decreto ministeriale 21 settembre 1984 (decreto Galasso) com


prendono quelli indiviiduati con provvedi.menti non ancora pubhlicati sulll.a 

Gazzetta Ufficiale al momeDJto di entrata in vigore della legge. 

Sostiene la ricorrente che l'estensiooe, cos� disposta, dell'operativit� 

del detto art. 1-quinquies -concernente i soli provvedimenti delle 

sopraintendenze pubblicati suil.la Gazzetta Ufficiale prima dell'entrata in 

vigore della legge stessa -ai provvedimenti in corso di pubblicazione, 

e quindi pubblicati o da pubblicare dopo tale data, [ede la competenza 

regionale in tema di vincoli di salvagua11dia, istituita con carattere di 

esclusivit� dall'art. 1-ter in riferimento agH artt. 80 e 82 del d.P.R. n .. 616 

del 1977. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

La censura � fondata. 

Questa Corte (sent. n. 358 del 1985) ha ritenuto che con l'art. 1-ter � 
stato introdotto un nuovo procedimento per la costituzione dei vincoli 
di inedificabilit� su 'aree assistite da protezione paesistica gi� previsti 
dail d.m. 21 settembre 1984 e che tale procedimento � sitato affidato aille 
Regioni, mentre con J'art. 1-quinquies � stato operato (mediante sostituzione 
di un meccarnismo produttivo ex lege a quello per atto ammini'
strativo preV1is'to con il d.m. 21 settembre 1984) soltanto il recupero deglii 
effetti degli atti amministrativi emanati in attuazione dell cennato deore. 
to, limitatamente agli effetti prodottisi, mediante pubblicaziione degli 
atti stessi nella Gazzetta Ufficiale, anteriormente aiM'eintrata in vigore 
della legge n. 431 del 1985. 

Speta dunque in via esclusiva alla Regione imporre i detti vincoli 
di inedificabilit� successivamente alla data ora indicata, restando preclusa 
allo Stato, dalla detta data, analoga imposizione, anche mediante la pubblicazione 
nella Gazzetta Ufficiale di provvedimeinti amministrativi ex 
decreto 21 ,settembre 1984 adottati anteriormeinte. 

p.q.m. 
-... spetta allo Stato (in caso di mancata redazione entro ii 31 dicembre 
1986 da parte deillle Regioni dei piani di cui aill'art. 1-bis, comma primo, 
del d.l. 27 giugno 1985, n. 312 aggiunto dalla legge 8 agosto 1985, 

n. 431) provvedere, sohl.ecitate e 1sentite le Regioni stesse, a:ll'aidozione, 
in ordine al territorio di cui all'art. 82, comma quill!to, d.P.R. 24 luglio 
1977, n. 616, aggiunto dahl'art. 1 dell decretodegge 27 ~ugno 1985, n. 312, 
quale sostituito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, dei piani paesistici o 
degli altri interventi previsti dailil'art. 1-bis, come sopra indicato, comma 
secondo; 
-...spetta in via esclusiva alla Regione individuare aree coperte dai 
vincoli di inedificabilit� ai sensi degli artt. l�ter e 1-quiquies del decreto 
legge 27 giugno 1985, n. 312, aggiunti dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, 
successivamente all'entrata in vigore della legge 8 agosto 1985, n. 431. 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1986, n. 156 -Pres. Paladin -Rel. 
Anidrioli -Boiardi (n. p.). 

Fallimento �-Amministrazione controilata -Compenso ai coilaboratorl 
deila procedura -Reclamo al Tribunale � Termine � Decorrenza. 
(Cost., art. 24; cod. proc. civ., artt. 739, 741; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 23, 138, 
164, 167, 188). 

Sono costituzionalmente illegittime, perch� inidonee ad assicurare lo 
svolgimento del giusto processo, le disposizioni che -per il reclamo al 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

366 

tribunale avverso il decreto del giudice delegato che determina il compenso 
per il prestatore d'opera incaricato nell'interesse della procedura 
di amministrazione controllata -prevedono la decorrenza del termine 
di tre giorni dalla data del decreto, o da quella del deposito di esso, 
anzich� .dal giorno della comunicazione �dello stesso all'interessato. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 1 luglio 1986, n. 165 -Pres. Paladin -Rel. 
Pescatore -Province di Bolzano e di Trento (avv. Pannumio), regione 
Trentino-Alto Adige (avv. Lorenzoni) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato Vittoria). 

Regioni -Leggi statali � Ambito naturale di efficacia � Deroghe � Devono 
essere esplicite. 

Trentio Alto Adige � Sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative 
� ~ attribuzione della Regione � Legge statale di promozione 
del settore � ~ invasiva � Attribuzioni delle province per l'incremento 
della produzione industriale ed in materia di turismo e commercio � 
Legge statale di promozione della cooperazione � Non � invasiva. 

(Statuto Trentino Alto Adige, artt. 3, 8, 9, 15, 16 e 78; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 472, 
artt. 1 e 2; d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017, art. 5; legge 27 febbraio 1985, n. 49). 

L'ambito naturale di efficacia delle fonti normative statali coincide 
con l'intero territorio nazionale, a meno che particolari dispo~izioni derogatorie 
ne circoscrivano l'efficacia soltanto ad una parte dello spazio al 
quale esse sono astrattamente riferibili; in mancanza di queste ultime, 
non pu� dunque desumersi l'applicazione di leggi dello Stato solo a determinate 
parti del suo territorio, con, esclusione di altre ad ordinamento 
caratterizzato da particolare autonomia. 

Appartiene alla competenza primaria della Regione Trentino-Alto 
Adige regolare la �promozione e lo sviluppo della cooperazione�; sono 
invasive di detta competenza le disposizioni contenute nella legge statale 

n. 49 del 1985 volte a dare impulso alla cooperazione per farne strumento 
di programmi economici di eme1geinza. L'anzidetta legge non lede le 
competenze delle province di Trento e Bolzano per � l'incremento della 
produzione industriale � ed in materia di turismo, industria alberghiera 
e commercio. 

PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 1 luglio 1986, n. 166 -Pres. PaJ.adin -Rel. Pe


scatore -Provincia di Bolzano (avv. PannU1DZio) e Presidente Con


siglio dei Ministri (arvv. Stato Vittoria). 

Trentino Alto Adige � Sviluppo della cooperazion~ � Intervento legislativo 
della provincia di Bolzano � Illegittimit� costituzionale. 

La provincia di Bolzano non pu� legiferare in materia di sviluppo 
della cooperazione, di competenza della Regione Trentino-Alto Adige. 

I 

la Provtincia autonoma di Bolzano, la Provtincia autonoma di Trento 
e la Regione autonoma T!l'entino-Alto Adige, con tre ricovsi in data 4 
aprille 1985, hanno propOSlto distinte impugnazioni contro da !legge 27 febbraio 
1985, n. 49 (�Provvedimenti per il credito alla cooperazione e misure 
urgenti a salvaguardia dei live11i di occupazione�), in quanto invasiva 
di proprie competenze staitutariamente garantite. 

La Provincia autonoma di Bo17Jano ha conoluso per la dichiarazione 
di iJHegittimit� costituzionale detla legge netl suo complesso, compreso il 
titolo I, se ed in quanto applicabile anche a1 territorio di quella Provincia, 
ovvero, se e in quanto il titolo I non sia aipplicabile, ha chiesto 
che siano dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. da 14 a 20 della 
suddetta legge, per violazione degli artt. 3, terzo comma; 8, n. 20; 9, nn. 3 
e 8; 15; 16 e 78 dello Statuto speciale approvato con d.P .R. 31 agosto 1972, 

n. 670 e dell'art. 5 delle norme di attuazione emanate con d.P.R. 31 lu� 
glio 1978, n. 1017. 
la Provincia autonoma di Trento ha chiesto che la legge n. 49 del 
1985 venga dichiarata costituzionalmente illegittima nel suo complesso 
e, in particolare, che talle sia dichiarato l'art. 19, primo e terzo comma, 
per violazione degli artt. 3, terzo comma; 8, n. 20; 9, illlll.. 3 e 8; 15; 16 e 78 
dello Statuto speciale approvato con d.P.R. n. 670 del 1972 e dell'art. 5 
del d.P..R. di attu,azione 31 ruglio 1978, n. 1017. 

La Regione Trenrtino-Afto Adige ha chiesto che ne siano dichiarati 
itlegittimi gli artt. 1-14, 17, 20 e 23 per violazione delil.'art. 4, punto 9 
dello Statuto e degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 472, con culi 
sono state dettate le norme di attuaztlone delilo Statuto speciale in materia 
di cooperazione. (omissis) 

Ai fini di stab:ill.ire l'oggetto e i limiti dli incidenza defila [egge 27 febbraio 
1985, n. 49, nella sfera delle competenze degli enti ricorrenti, occorre 
precisare in via preliminare [I contenuto e gli effetti della norma� 
tiva con essa posta. 


368 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Gi� la enunciazione del titolo I (J,stituzioni e funzionamento del 
Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione) 
� significativa nell'indicarne l'operativit� nel settore della cooperazione, 
confermata dal complesso normativo e dail:le singole norme che fanno 
leva .sull:l'impiego delle cooperative per reailizzare progetti volti a incrementare 
la produttivit� e ~�occupazione. 

Del pari II'iferita alla materia defila cooperazione � la disciplina conteI11Uta 
nel titolo II (Istituzioni e funzionamento del fondo speciale per 
~1i interventi a salvagua11dia dei livehli di ocCUJpazioo.e), bench� tale riferimento 
non sia reso evidente dalla enunciazione dell'epigrafe. 

La normativa regola, infatti, il contenuto e le modalit� del sostegno 
ad interventi di �particolari � cooperative, qualificate da propri requisiti 
rispetto a quelli previsti dall'art. 1: la costituzione degli organismi 
da par.te di laivoratori ammessi al trattamento della Cassa integrazione 
guadagni oppure arpparte.nenti a imprese ilil via di ristrutturazione o di 
conversione, sottoposte a procedure concorsuali ovvero, infine, ilicenziati 
per riduzione delle attivit� o per riduzione di personale. 

Il compito affidato a queste cooperative � diretto ad elidere o ad_ 
attenuare le conseguenze della situazione precaria dehle imprese, alle 
quali appartengono i favor�tori (che ne sono soci), attraverso l'aoquisto, 
l'affitto, Ja gestione anche parzia:le delle aziende o di singoli rami di 
azienda o gruppi di beni, oppure mediante iniziative imprenditoria:li 
sostitutive (dir. [ett. b, primo comma, art. 14). 

� riconosciuto alle cooperative diritto di prelazione ne!l.l'acquisto di 
queste aziende (art. 14, n. 2), mentre sono determdinati l'ammontare 
della quota di conferimento del sooio lavoratore e le modalit� di versamento 
di ess1a (art. 15) e, in deroga alla normativa viwente, � prescritto 
che aiJ. capitale dehle cooperative possono partecipare societ� finanziarie, 
anch'esse a struttura mutuailistioa (a11t. 16). 

Questi essendo i tratti essenziali della disciplina del titolo II della 
legge n. 49, il suo contenuto -valutato alla stregua anche di quello del 
titolo I -appare caratterizzato d~a definizione dei compiti, attribuiti 
alla cooperazione allo scopo di perseguire il potenziamento dell'attivit� 
produttiva, dei mezzi per realizzare l'incremento o il mantenimeruto dei 
livelli di ocrupazione. 

Questa funzione (di emergenza) della cooperazione � posta in 11ilievo 
nella relazione ministeriale al disegno di legge n. 1522 presentato il 
4 aprile 1984 (IX Leg1s'latura, Camera dei deputati, Atti parlamentari, 

p. 1-3); da esso affiora ill fine del provvedimento, inteso a dare � sostegno 
e stimolo alla iniziativa imprendirtoriale cooperativa�, attraverso 
appropriati incentivi finanmari, per superare le remore � di run sii:stema 
creditizio che non � in grado di offrire adeguate risposte alle particolari 
esigenze e alle funzioni dell'imipresa cooperativa ,. nonostante ~a � pro. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

clamata opportunit� di favorire la cooperazione (art. 45 della Costituzione)
�. 

Il complesso degli elementi descritti pone in 1uce il particolare contributo 
che la legge n. 49 affida al[e oooperative, rafforzandone e quaJitficandone 
la struttura e agevolandone l'azione soprattutto con il pi� 
facile accesso al credito. 

Oggetto della legge �, in definitiva, !'.impulso strutturale e funzionale 
impresso alla cooperazione per farne strumento di attuazione di programmi 
economici di emergenza. 

Daill'oggetto della normativa, cos� individuato, deriva la fondatezza 
della censura, dedotta nel riooriso dclla Regione, di illegittimit� costituzionale 
della I. n. 49 per contrasto con l'art. 4, n. 9 dello Statuto speciale 
per il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. 

Tale articolo � stato invocato a fondamento della censura congiuntamente 
con la dedotta violazione degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 28 marzo 
1975, n. 472 (Norme per l'attuazione dell'arnzidetto Statuto in materia di 
sviluppo della cooperazione e di vigilanza sulle cooperative). 

L'art. 4, n. 9 attribuisce alla potest� normativa primaria della Regione 
autonoma T,rentino-A!lto Aidige la materia deMo � svi:luppo della cooperazione 
� e della � vigilanza sulle cooperative �. Tale attribuzione � definita 
e precisata illn tutta fa 1sua ampiezza dagli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 472 
del 1975. Il primo di questi articoli indiviidua nella Regione ['ente a1 quale, 
nehl'airnbito del suo territorio, sono conferite � le attiribuzioni delle amminlistrazioni 
dello Stato in matenia di cooperazione, esercitate direttamente 
dagli organi centrali e periferici dello Stato, 1sia per il tramite di 
enti e di istituti pubblici a carattere nazionale o sovraproVJinciale �. L'rurticolo 
2 devolve a:Ua Regione � fra l'altro � la oompetenza ad � assumere 
le iniziative e svolgere le attivit� dirette a promuovere e sviluppare la 
cooperazione. l'educazione cooperativa ed a favorire e realizzare studi 
e ricerche nel settore cooperativo �. 

Alla stiregua del criterio della identificazione dell'ambito delJe materie, 
oggettto della competenza norimativa regionale, in base al contenuto 
proprio di esse ed alla conseguente stretta inerenza dehle m1sure adottabili 
dail:Ia Regiione (cfr. Corte cost. 7 giugno 1962, n. 46), aprpare chiaro che 
appartiene alla competenza primaria della Regione TJ."entino-Alto Adige 
regolare la � promozione e lo sviluippo della cooperazione � (art. 4, n. 9 
Statuto; art. 2 d.P.R. n. 472 del 1975 dt.). 

La forza del riferimento non � attenuata dail precetto dell'art. l, 

n. 2 lett. b) dellJ.a fogge n. 49, seoondo il quale i finanziamenti del fondo 
per la promozione e lo sv.Nuippo della cooperazione hanno per destinatarie 
cooperative iscritte nei registri delle rprefettme e nello schedario 
generaile della cooperazione, soggette ana vigilanza del Ministero del 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

[avoro e della previdenza sociale. !matti ii d.P.R. 28 marzo 1975, n. 472 

conferma che la vigilanza sugli enti cooperativi 1spetta alla Regione 

(artt. 1 e 3), la quale provvede alla tenuta del registro di tali enti e 

notifica al mimstero del Javoro e della previdenza sociale le ~scrizioni 

e le successive variazioni, a:l fine dell'aggiornamento dello schedario 

generale. Ed � il registro regionale che sostituisce ad ogni effetto quel.J.o 

prefettizio (art. 4). 

N� l'impostazione della fogge n. 49, n� i compiti affidati da essa 

a!lla cooperazione consentono di proiettare taile attivit� in una dimen


sione nazionale -o wtraregionale, dimensione ohe potrebbe legittimare 

l'intervento deMo Stato (cfr. sent. n. 356 del 21 dicembre 1985). 

Si � gi� osservato (ofr. n. 6) che l'unk:o momento di rilevanza nazio


nale rinvenibile nell.a legge � dato dahla facOllt� delle associazioni nazio


nali, riconosciute dal ministero del J.avoro, di partecipare alle coopera


tive di produziione e lavoro previste dall'art. 14 (ofr. art. 16, n. 2) attra


verso la costituzione di societ� finanziarie; momento che non pu� 

valere a qualificare in senso nazionale la funzione cooperativistica, dato 

il carattere eventuale e limitato di tale iparteciipazione, che, oltre tutto, 

non pu� superare il venti per cento del capitale appartenente alle coo


perative stesse (cfr. art. 16 cit.). (omissis) 

� fondata, quindi, la censura d'illegittimit� costituzionale degli 

artt. 1-13, 14, 17, 20, 23 della legge n. 49 del 1985, poich� sussiste la viola


tlone del:la competenza normativa primaria della Regione Trentino-Alto 

Adige. 

Non sono fondaiti, invece, i ricorsi proposti contro la legge n. 49 

del 1985 dalle Province autonome di Trento e di Bdlzano. 

� da affermare preliminarmente -risolvendo in senso positivo il 

dubbio prospettato dalle ricororenti -che la normativa del titolo I 

della legge � operante nel territorio di entrambe le Province. 

L'efficacia territoriale di atti normativi, che emanino da enti (co


me ~e province) a dimensioni circoscritte, opera cmne '1imite spaziale 

di tale cmnpetenza normativa. Riguardo alle fonti normative statali � 

il territorio nazionale che designa l'ambito naturale della loro efficacia, 

in quanto elemento normale, nel quale tali fonti sono destinate ad ope


rare, a meno che particolari disposizioni derogatorie ne circoscrivano 

l'efficacia soltanto ad una parte dello spazio, al quale esse sono astrat


tamente rjferibiJi. 

In mancanza di deroghe, non appare corretta la formulazione dubitativa, 
che, come nel presente giudizio, non infrequentemente � proposta 
avanti questa Come circa la possibile (o eventuale) applicazione 
. di leggi dello Stato soltanto a determinate parti del suo territorio, con 
esclusione di altre, ad ordinamento caratterizzato da particolare auto


nomia. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

N� � fondato d'argomento spedfico tratto, a sostegno ,della tesi territoriaJ.
mente limitativa, dall'art. 19, n. 1, poich� tale norma, che fa. 
espressa menzione delle province autonome di Trento e di Bolzano, 
ha carattere rprooedimenrtale ed attuativo, giustificato da ragioni di coordinamento, 
attesi i vari momenti di interferenza tra le diverse agevolazioni 
imputabili allo Stato, alla Regione ed a:Ne predette province autonome. 


Connesso con taile competenza � anche l'intervento di queste province 
in talune fasi dell'attivit� di finanziamento (cfr. art. 19, n. 3); ma 
siffatti specifici riferJmenti, per ila particolare loro ragione, confermano 
che -in mancanza di apposite olaiusole limitative -tutta la normativa 
cleJlla legge � operante nel territorio delle province sopra indicate. 

Le considerazioni gi� svolte con riferimento alil'oggetto, ai destinatari 
e al funzionamento deHa normativa consentono di affermare che 
essa non invade la sfera della competenza delle province, . in materia di 
� incremento dehla produzione industriale � (viol:ando gli artt. 3, terzo 
comma, 9 nn. 3 e 8, 16 deHo Statuto .speciale). 

� da escludere, poi, che la rilevata app1icahllit� alle province autonome 
di Trento e di Bolzano comporti la illegittimit� del titolo I dehla 
legge per violazione degli artt. 3, terzo comma; 8, n. 20, 9, nn. 3, 8; 
16 dello Statuto speciale, in quanto lesivo delta competenza provinciale 
in materia di turismo, di industria ailberghiera e di commercio. 

Le osservazioni svolte circa l'oggetto della legge escludono anche 
che [e ora ricordate materie di competenza provinciale si pongano, 
nella economia della legge stessa, come elemento qualificante. Esse individuano 
soltanto momenti e attribuzioni strumentali rispetto al contenuto 
cooperativistico della normativa, in quanto toccano settori nei quali 
l'attivit� delle cooperative � destinata ad esplicarsi. 

E ci� spiega anche !l'attribuzione dei compiti �consultivi e istruttori 
� a:Me province autonome nell'avvio e nella valutazione delle iniziative 
(art. 19, n. 3). 

L'affermata competenza della Regione esclude la fondatezza dei 
profili di violazione dell'art. 3, terzo comma, 9, n. 8, 15 e 78 delfo Statuto 
speciale ad opera dell'art. 19, primo comn:ia, n. 1 della 1. n. 49. 

Non �, poi, fondata la censura, secondo ila quale il C.I.P.I. agirebbe 
come organo di indirizzo e di ooo:ridinamento di interessi rlocali, poich� 
questa autorit� determina e coordina, con apposite direttive, le modalit� 
di attuazione della legge, avuto riferimento ai diversi soggetti pubblici, 
nazionali e locali, e privati interessati. 

Quanto, infine, alla violazione degli artt. 3, terzo comma, 15 e 78 dello 

Statuto e delle relative norme di attuazione (art. 5 d.P.R. 31 ~uglio 1978, 

n. 1017), merita adesione l'argomento addotto dal Presidente del Con� 
sigllio. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

372 

La riduzione ,di 180 miliardi apportata dall'art. 20 della legge n. 49 
alle disponibilit� esistenti sul Fondo, previsto dalJa 1. 12 agosto 1977, 

n. 675, corr~sponde agli stanziamenti di 180 miliardi complessivi, di 
cui agli artt. 59 '1. 7 agosto 1982, n. 526 e 19 iJ.. 26 aprile 1983, n. 130, 
richiamati dallo stesso art. 20. 
La destinazione di questi fondi concerneva interventi � a favore di 
imprese cooperative di produzione e di lavoro costituite dai lavoratori 
collocati in cassa integrazione guadagni da imprese in crisi �. 

La riserva alle Province autonome di Trento e di Bolzano di una 
quota di taJ.i fondi, determinata in base alle norme, di cui si assume la 
violazione, presupporrebbe il ~ancato esercizio da parte deMo Stato 
del potere di variazione, ma, trattandosi di stanziamenti che -secondo 
l'affermazione del Presidente del Consiglio -non erano stati impegnati, 
era pienamente legittima, nel rispetto dei procedimenti prescritti, la 
nuova destinazione, che, o1'tre tutto, perseguiva finalit� identiche a 
quella originaria. 

p.q.m. 
dichiara la illegittimit� costituziona<le degli artt. 1-14, 17, 20 e 23 
della legge 27 febbraio 1985, n. 49 (Provvedimenti per il credito aHa 
cooperazione e misure urgenti a salvaguardia dei livelli di occupazione) 
nella parte in cui la disciplina in essi prevista concerne la Regione 
Trentino-Alto Adige. (omissis) 

II 

(omissis) SuJla base dei medesimi principi (cfr. sent. n. 165 del 1986) 
il ricorso del Presidente del Consiglio deve pertanto dichiararsi fondato, 
avendo Ja Provincia autonoma di Bolzano -con la legge impugnata 
-legiferato in materia di svil1.lJPpO della cooperazione, riservata 
alla competenza della Regione, dall'art. 4, n. 9 del d.P.R. 31 agosto 
1972, n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Mto Adige), come dedotto 
tra i motivi d'impugnazione dello Stato (ancorch� H ricorso menzioni, 
nel 1suo preambofo, tra ~e norme di :riferimento, i soli artt. 8, 9 e 10 
dello Statuto). 

L'aocogUmento del ricorso -comporta la dichiarazion� di illegittimit� 
costituzionale deHa legge della Provincia autonoma di Bolzano, 
riapprovata dal Consiglio neMa seduta del 26 giugno 1985, �recante 
interventi finanziari della Provincia autonoma a salvaguardia dei livelli 
di occupazione �. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1986, n. 178 -Pres. Paladin -Rel. 

Pescatore -Cordova (avv. Pascasio) ed altro (n.p.) e Presidente 

Consiglio dei Ministri {avv. Stato Laporta). 

Tributi erariali diretti -IRPEF � Indennit� di buonuscita ENPAS -� 

imponibile � Quota a carico del pubblico dipendente -Va detratta. 

(Cost. artt. 3, 38 e 53; legge 26 settembre 1985, n. 482, artt. 1, 2 e 4; d.P.R. 29 set� 

tembre 1973, n. 597, artt. 12 e 46). 

Le indennit� di buonuscita corrisposte dall'ENPAS, quale che sia 
l'opinione circa la natura di esse, costituiscono flusso di ricchezza assoggettabile 
ad IRPEF. Peraltro, per ricondurre il sistema di tassazione 
stabilito dagli artt. 2 e 4, commi primo e quarto, della legge n. 482 del 
1985 al rispetto dell'art. 53 Costi, � indispensabile che l'imponibile ivi 
previsto sia preceduto anche dalla detrazione di una. somma pari alla 
percentuale dell'indennit� di buonuscita corrispondente al rapporto esistente 
(alla data del collocamento a riposo) tra il contributo del 2,50 
per cento posto a car__ico del pubblico dipendente e la aliquota complessiva 
del contributo previdenziale obbligatorio versato al Fondo di previdenza 
dell'E.N.P.A.S. 

(omissis) Ci� premes'So, deve passMsi all'esame della questlone di 
legittimit� costituzionale degli artt. 1 della legge 26 settembre 1985, n. 482 
-nelJa pa:rte in cui modifica l'art. 12, lett. e) del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597 -2 e 4 della stessa legge, in quanto applicabili alle indennit� 
di buonuscita corrisposte dall'E.N.P.A.S.; dell'art. 46 del d.P.R. 

n. 597 del 1973, sollevate sotto il profilo ohe tali norme, considerando 
� reddito� le indennit� di buonuscita corrisposte da1l'E.N.P.A.S. ed assoggettandole 
ad imposizione fisc~le, violerebbero gli artt. 38 e 53 della 
Costituzione, avendo dette indennit� natura previdenziale o indennitaria 
e, pertanto, non essendo adeguato indice di capacit� contributiva. 
La questione non � fondata. 

I giudici a quibus partendo dall'affermazione di una sostanziale 
diversit� giuridica tra le indennit� di buonuscita erogate daLl'E.N.P.A.S. 
e la indennit� di fine rapporto erogata ai dipendenti privati, accentuano 
~a natura previdenziale delle prime o -in alternativa -ne allegano 
la natura indennitaria, rivendicandone la intassabNit� in quanto non 
costituirebbero reddito. 

Peraltro, questa Corte ha costantemente affermato che per capacit� 
contributiva, ai sensi de1l'art. 53 Cost., deve intendersi l'idoneit� del 
soggetto all'obbligazione d'imposta, desumibile dal presupposto economico 
al �quale la prestazione risulta collegata, presupposto che consiste 
in quailisiasi indice rivelatore di ricchezza, seoondo valutazioni riservate 
al legislatore, salvo il controllo di costituzionalit� sotto il profilo dclla 


374 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aJ;"bitrariet� o drrazionaHt� (da ultimo sentt. 15 febbraio 1984, n. 25; 
~0 aprile 1982, n. 63 e 20 aprile 1977, n. 62). 

In tale ottica, pur tenendosi conto della garan;l)ia apprestata in 
materia previdenziale daU'art. 38 della Costituzione, l'allegata natura 
della indennit� di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S., 1I1on ne esclude la 
tassabilit�, se non nei lim~ti minimi mdispensabNi aid assicurarne le 
finalit� previdenziali, secondo valutazioni che competono al legislatore 
e risultano nel caso di specie imllllUIIli da �irrazionalit�. Infatti -come 
sopra si � detto -i!1 congegno impositivo previsto dall'art. 2 della legge 

n. 482 del 1985, tenendo conto delle caratteristiche delle indennit� di 
fine raipporto, esenta da imposizione una la11ga fascia di tali indennit�, 
d'importo crescente in relazione alla durata del rapporto di lavoro, 
secondo una scelta ragionevole nella sua discrezionalit�, ed assicura 
per tutte le liquidazioni, di qualsiasi importo, lllila quota esente. 
N� pu� trovare accoglimento la tesi del carattere indennitario delle 
liquidazioni erogate dall'E.N.P.A.S., non essendo il diritto a percepirle 
ricollegato dal legislatore ad un danno bens� unicamente aJ.la ces.sazione 
del rapporto di lavoro dopo il trascorrere di un periodo minimo, restando 
giuridicamente indifferente che la cessazione comporti per il 
pubblico dipendente un danno o un vantaggio (come nel caso di cessazione 
per il passaggio ad altra attivit� pi� remunerata). 

Del pari non fondata � la questione di legittimit� costituzionale 
della normativa risultante dai suddetti articoli, sollevata sotto il profilo 
della violazione dell'art. 3 Cost., in quanto le buonuscite erogate dall'E.
N.P.A.S. sono assoggettate ad un diverso e meno favorevole trattamento 
fiscale rispetto ai capitali percepiti in relazione a contratti di 
assicurazione sulla vita, per i quali l'art. 6 deLla t 26 settembre 1985, 
n.. 482 cos� dispone: � Sui capitali corrisposti in dipendenza di contratti 
di assicurazione sulla vita, esclusi queNi corrisposti a seguito di decesso 
dell'assicmato, le imprese di assicurazione devono operare una ritenuta, 
a titolo di imposta e con obbligo di rivalsa, del 12,5 per cento. La ritenuta 
va commisurata alla differenza tra l'ammontare del capitale corrisposto 
e quello dei premi riscossi, ridotta del 2 per cento per ogni anno 
successivo al decimo se il capitale � corrisposto dopo almeno dieci 
anni dalla conclusione del contratto di assicurazione�. 

Invero tale censura � certamente inconferente riguardo a11'art. 46 
del d.P.R. n. 597 del 1973, il quale -nello stabilire che costituiscono 
redditi di lavoro dipendente anche le indennit� di cui alla lett. e) delf'art. 
12 dello stesso d.P.R. -non attiene alle modalit� della tassazione 
delle indennit� idi fine rapporto. Parimenti lo � riguardo aM'art. 1 della 
legge n. 482 del 1985 -nella parte in cui ha modificato l'art. 12 lett. e) 
del d.P.R. n. 597 del 1973 -che si limita a stabilire, per quanto interessa 
in questa sede, che le indennit� di fine rapporto �sono soggette a 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

tassazione separata, restando demandata ad altra norma di determinare 
il quomodo di tale tassazione. 

Quanto agli artt. 2 e 4 della legge n. 482 del 1985, essi effettivamente 
disoiplinano la tassazione dehle indennit� di fine rarpporto in modo meno 
vantaggioso di quanto preV'isto dall'art. 6 de1la stessa legge per i capitali 
percepiti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita. Deve 
ritenersi, pemltro, ohe trattasi di �somme percepite in base a titoli completamente 
diversi ed in relazione a fattispecie che presentano -al 
di l� di alcune analogie -elementi di differenziatlone tali da renderle 
non comparabili ai fini del giudizio di costituzionalit� alla stregua del 
principio di uguaglianza. Infatti, i capitali percepiti in base a contratti 
di assicurazione sulla vita, lo sono in conseguenza di un atto previdenziale 
volontario -il contratto di assicurazione -retto da una particolare 
disciplina, caratterizzata, per quel che in questa sede interessa, 
da!lla proporzionalit� tra premio e rischio e da1l'essere il premio pagato 
dall'assicurato e il rischio assunto dall'impresa assicuratrice, secondo 
una logica che rapporta il capitale assicurato al premio pagato, in base 
al calcolo di prdbabilit� de1l'evento. 

L'impresa assicuratrice si obbliga ad inserire, secondo le regole 
della tecnica e secondo le norme che ne qualificano l'esercizio, il rischio 
singolo di una massa di rischi, attraverso un procedimento di 
omogeneizzazione e di neutralizzazione. Si profila ed assume rilievo, 
dunque, l'attivit� imprenditoriale come strumento di realizzazione del 
contenuto dell'operazione economica pel'seguita dalle parti contraenti. 

Le 1buonuscite erogate dall'E.N.P.A.S. sono prestazioni previdenziali 
obbligatorie, caratterizzate dall'automaticit� e dalla mancanza di un 
rapporto sinallagmatico tra �contributi versati e indennit� di buonuscita, 
non essendo i primi rapportati ad un rischio, bens� alla retribuzione 
del pubblico dipendente. Inoltre -e ci� vale a togliere ogni dubbio 
.su1la non comparabilit� delle situazioni -il fondo per 'le liquida


0

zioni erogate dall'E.N.P.A.S. � costituito dacontributi erogati dallo Stato, 
con obbligo di rivalsa per una quota imputalbile al pubblico dipendente. 

Gi� J'art. 1 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 759, stabili infatti che dall'l 
marzo 1966 dl contributo a carico di ogni iscritto al Fondo di previdenza 
fosse dovuto ne11a misura del 5,10 % di cui il 2,50 % a carico dell'iscritto 
e :la parte restante a carico dell'Amministrazione di appartenenza. 
Stabil�, inoltre, che a partire dall'l gennaio 1968 e successivamente 
ogni due anni ,fil. contributo fosse maggiorato, a carico dell'Amministrazione, 
in ragione dello 0,50 % fino a raggiungere l'aliquota 
complessiva del'8,10 %. In seguito, J'art. 37 del d.P.R. n. 1032 del 1973 
determin� la s�ala crescente dei contributi previdenziali obbligatori in 
favore dell'E.N.P.A.S., nella misura del 7,10 % della base contributiva 
sino al 31 dicembre 1975, deJ 7,60 % sino al 31 dicembre 1977, dell'8,10 
per cento sino al 31 dicembre 1983. Infine, l'art. 18 della 1. 20 marzo 1980, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

376 

n. 75 elev� detti contributi dall'l gennaio 1984 al 9,60 %. La rivalsa a 
carico dell'isc11itto all'E.N.P .A.S. sulle somme, sempre direttamente corrisposte 
dalla Pubblica Amminist;razione, invece, � sempre rimasta fissa 
alla percentuale del 2,50 % della base imponibile. 
La dive11Sit� delle situa2ioni ilegittima quindi il differente regime 
tributario e rientra nella discrezionalit� del� legislatore prevedere per i 
premi assicurativi e per i capitali percepiti in relazione a con1lratti di 
assicurazione sulla vita, forme di totale o parziale esenzione fiscale, 
quali mezzi d'incentivazione della p;revidenza volontaria, secondo i propri 
dndirizzi di politica legislativa. 

Le ordinanze di rimessione prospettano infine, come s1 e detto, 
questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 
Cost., dell'art. 1 della legge 26 settembre 1985, n. 482 -nelila parte in 
culi ha modificato l'art. 12, Iett. e) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 2 
e 4 della stessa legge, m quanto applicabili all'indennit� di buonuscita 
corrisposta dall'E.N.P.A.S., nonch� dell'art. 46 del d.P.R. n. 597 
del 1973, sotto il profilo che illegittimamente sottoporrebbero ie indennit� 
di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. allo stesso trattamento tributario 
delle indennit� di fine rapporto dovute in relazione al contratto 
di lavoro p11ivato, nonostrunte che solo Je indel1[lit� di buonruscita sono 
formate anche con il contributo degli aventi diritto. 

La censura � inconferente rispetto ai!I'art. 46 del d.P.R. n. 597 del 
1973 che, come si � gi� detto, non attiene alle modalit� di tassazione 
delle indennit� di fine rapporto e all'art. 1 della I. n. 482 del 1985 -nella 
parte in cui ha modificato l'art. 12, lett. e) del d.P.R. n. 597 del 1973, 
il quale -come pure si � visto -si limita a disporre che le indennit� 
di fine rapporto sono soggette a tassazione separata. 

La questione � invece fondata, nei Umiti che si diranno, per quanto 
attiene agli artt. 2 e 4, commi primo e quarto, della legge n. 482 del 
1985. 

Infatti l'elemento indicato nelle oroinanze di rimessione (la contribuzione 
degli aventi diritto) � necessariamente rilevante al fine di assicurare 
il principio del rispetto della capacit� contributiva, giacch� non 
appare razionale la tassazione anche di quella pwte delle indennit� di 
buo:rruscita erogate dall'E.N.P.A.S. percepite in correlazione ai contributi 
versati dallo Stato che gravano sui dipendenti statali. 

Invero, se la capacit� cont;ributiva deve essere intesa come idoneit� 
soggettiva all'obhligazione tributa11ia (cfr. sent. 15 febbraio 1984, n. 25 
cit.), ne deriva che il legislatore, insieme all'osservanza del principio 
di non imporre prestazioni che siano in contirasto con le garanzie fondamentali 
sancite dalla Costituzione a tutela della persona, � tenuto a 
commisurare il carico fiscale in modo tale da colpire effettive manifestazioni 
di capacit� contiributiva. Nel caso in esame, invece, ha sottoposto 
ad imposizione somme affluite al Fondo gestito dall'E.N.P.A.S., 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 377 

in base a contribll2lioni, gravanti sul dipendente e corrisposte direttamente 
dallo Stato. S� che, lo Stato, verrebbe a colpire col tributo un 
esborso da se stesso effettuato (ma con incidenza diretta sul pubblico 
d]pendente a seguito de1la riva:lsa), trascurando anche la circostanza 
che le somme ve11sate sono affidate alla esclusiva ed a1Utonoma gestione 
di un apposito ente con relativi redditi ed incrementi, dei quali nessun 
meccanismo assioura i favorevoli riflessi sul soggetto inciso al momento 
della percezione della indennit� di liquidazione. 

Per la ;parte afferente in via virtuale a tale contribuzione � illogico 
e arbitrario ritenere che la indennit� di buonuscita si profili come 
reddito, quale che �sia la concezione econom.�ICa e giuridica che !l'l riguardo 
si segue. Il che priva di fondamento il rilievo che il vizio impositivo 
potrebbe essere superato dalla circostanza che non � prevista alcuna 
tassazione n� al momento del versamento dei contributi (che, come si 
� detto, viene effettuato direttamente dallo Stato all'E.N.P.A.S., in esecuzione 
di una obbligazione ex lege, sia pure con diritto a rivalsa) n� 
in quello della percezione dell'indennit�. 

Ne deriva che le indennit� di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S., 
limitatamente alla quota relativa ai versamenti a carico del dipendente, 
non doveva.no essere sottoposte a tassazione. L'imposizione di essa, infatti, 
ha leso il principio di capacit� contributiva; tenuto anche conto 
che l'art. 53, primo comma, Cost. va interpretato nel senso che a situazioni 
uguali debbono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, 
a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale: 
cosicch� il legislatore avrebbe potuto e potrebbe legittimamente trattare 
in modo unitario il regime tributario dell'indennit� di fine rapporto, 
soltanto in assenza, tra le diverse indennit�, di sostanziali elementi di 
differenziazione. La circostanza che le indennit� erogate dall'E.N.P.A.S. 
siano formate anche con contributi del pubblico dipendente, oltre che 
dello Stato, � un elemento che conferisce ald esse struttura e fisionomia 
differenziate; che dovevano essere congruamente valutate e trattate dal 
punto di vista fiscale. 

Al fine di ricondurre il sistema di tassazione previsto dagli artt. 2 
e 4, commi primo e quarto, dalla 1. n. 482 del 1985 al rispetto di quel 
principio, � dunque indispensabile tener conto, nella determinazione 
delfimponibile, anche dell'ammontare dei contributi gravanti sul puibblico 
dipendente. 

Ancorch� -come sopra si � visto -trattasi di situazioni giuridica


mente differenziate, non � inopportuno osservare, al riguardo, che nella 

tassazione delle indennit� percepite in relazione ai contratti di assicu


razione sulla vita, il legislatore -con un'operazione impositiva merite


vole di considerazione -ha disposto la detrazione dall'imponibile del 

coacervo dei premi versati (art. 6 1. n. 482 del 1985), sebbene (a differenza 

di quello che avviene per i contributi previdenziali versati all'E.N.P.A.S.), 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

378 

tali premi, per i meocani:smi collegati al rapporto assicurativo, siano protetti 
e accresciuti con particolare e:l�ficacia (ad es. cointeressenza all'operazione 
di investimento della riserva matematica, ecc.). 

Tenuto conto del contributo del lavoratore, deve, dunque, ritenersi 
che, per ricondurre il sistema di tassazione,stabilito dagli arrtt. 2 e 4, commi 
primo e quarto, della legge n. 482 del 1985 al rispetto dell'art. 53 
Cost., � indispensabile che 'l'imponibile ivi previsto sia preceduto anche 
dalla detrazione di una somma pari alla percentuale dell'indennit� di 
buonuscita corrispondente al rapporto esistente (alfa data del collocamento 
a riposo) t;ra il contributo del 2,50 % posto a carico del pubblico 
dipendente e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio 
versato al Fondo di previdenza dell'E.N.P .A.S. 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1986, n. 179 -Pres. e rel. Paladin Presidente 
. Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti) e 
regione Sicilia (avv. Calabretta). 

Sicilia � Urbanistica � Sanatoria delle opere abusive � Uniformit� della 
disciplina normativa � Necessit�, 

Nella disciplina legislativa statale dell'attivit� urbanistico-edilizia sanzioni 
penali e sanzioni amministrative sono interdipendenti tra loro; tale 
nesso non pu� essere validamente interrotto per mezzo di leggi regionali 
le quali verrebbero a ledere l'indispensabile uniformit� del trattamento 
in tutto il territorio dello Stato. 

Con ricorso notificato il 10 aprile 1986, il Commissario dello Stato 
per la Regione siciliana ha impugnato la legge approvata il 2 aprile dalla 
stessa Regione, in tema di � Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 
10 agosto 1985, n. 37 �; e ci� per asserita interferenza nella materia 
penale e per violazione dell'art. 14 lett. f) dello Statuto speciale, in relazione 
ai limiti posti dalla legge statale 28 febbraio 1985, n. 47. 

Il ricorrente premette ohe il legislatore nazionale avrebbe iin tal senso 
dettato � una propria organica disciplina � sull'abusivismo edilizio, finalizzata 
al duplice scopo di risolvere un problema di �ampio risalto sociale� 
e di � ireperire consistenti mezzi finanziari � da utilizzare nel quadro della 
manovra economica ~erale: strutturando la d�sciplina stessa nei termini 
di una sanatoria delle opere abusive ultimate entro il 1� ottobre 
1983, connessa e conseguente aHa depenalizzazione delle corrispondenti 
infrazioni, subordinatamente al pagamento di un'apposita oblazione; e 
prevedendo che, in mancanza di un tale adempimento, vengano applicate 
-fra il'a!ltro -le sanzioni penali previste dall'art. 20 della legge n. 47 e 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

venga disposta dal giudice penale la demolizione dell'opera, ai sensi dell'art. 
7 della legge medesima. 

Viceversa, l'art. 1 della legge impugnata tendereblbe a stravolgere la 
detta disciplina, in relazione ai suoi profili penalistici, indissociabili da 
quelli amministrativi, l� dove consente di concedere la sanatoria delle 
opere abusive indiipendentemente dal pagamento oblativo e dalla depenalizzazione 
delle relative infrazioni. Del pari, analogamente illegittimo risulterebbe 
l'art. 2, dal momento che esso estende al ,16 marzo 1985 il confine 
temporale della sanatoria, cos� ,sottraendo le costruzioni abusive effettuate 
dopo il 1� ottobre 1983 al regime sanzionatorio penale per esse previsto 
dalla legge n. 47. 

N� gioverebbe :iJDvocare la competenza esolusiva della Regione in 
tema di urbanistica, riconosciuta dallo Statuto speciale ed esercitata mediante 
le leggi n. 7 del 1980 e n. 70 del 1981. Infatti, la stessa potest� 
legislativa primaria della Sicilia sarebbe destinata a cedere ad un intervento 
legislativo statale ispirato � a criteri di omogeneit� e univocit� di 
indirizzo e generailit� di applicazione su tutto il territorio nazionale, con 
specifiche norme attinenti ai risvoliti penali del problema � ed avente 
comunque � lo spessore ,di legge di riforma economico-sociale �. 

Si � costituito il Piresidente della Regione ,siciliana, per chiedere la 

declaratoria d'infondatezza del ricorso. 

Secondo il resistente non sarebbe sosteni.lbile che la normativa impu


gnata travolga la corrispondente disciplina statale, � in quanto la prima 

opera sul piano strettamente urbanistico-amministrativo, mentre la se


conda spazia anche nel campo penale dove la Regione non pu� incidere 

e non ha affatto inciso ed ai cittadini � lasciata la pi� ampia libert� di 

scelta �. N� srurebbe esatto che le due materie, della sanatoria urbanistico


amministrativa e dell'estinzione degli inerenti reati edilizi, siano fra loro 

inseparabhli: poich� lo smentirebbero sia le numerose leggi statali che 

hanno estinto i soli reati urbanistici senza incidere sugli illeciti amini


nistrativi; sia le precedenti norme regionali della stessa Sicilia, che hanno 

gi� attuato il rio:rdino Ull'banistico senza interessare il campo penale. Ed 

anzi tali norme ,sono state poi riconosciute costituzionalmente legittime 

da questa Corte, con sentenza n. 13 del 1980: tra l'altro, in base al rilievo 

che le licenze in sanatoria non si risolvono in esimenti delle sanzioni 

penali. 

Del resto, contrasterebbe con la logica, prima ancora che con le norme 

costituzionali, ritenere che basti il collegamento di effetti penali alle 

disposizioni statali incidenti sulle stesse materie riservate alla legislazione 

esclusiva de1la Regione siciliana, per impedilre a quest'ultima di legiferare 

in maniera diversa, nell'amlbii.to della sua competenza. 

Quanto allo specifico diisposto dell'art. 2 della legge in esame, an


drebbe del pairi escluso -secondo la Regione -che esso ammetta a sana



380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

toria costruzioni abusive dea.denti nell'ambito temporale di cui aJl capo 

primo della legge statale n. 47. In vero -sosrtJiene la difesa regionale 


tale sanatoria riguarda le opere realizzate sino al 16 marzo 1985 e perci� 

antecedenti all'entrata in vigore della legge n. 47, le cui previsioni penali 

non potrebbero applicarsi che per il futuro. 

Infine, sarebbe fuor di luogo il richiamo al limite delle leggi di 

riforma economico-sociale, perch� questo atterrebbe, relativamente alla 

Sicilia, alle sole riforme agrarie ed industriali; perch�, comunque, la 

legge :n. 47 non awebbe �per contenuto la formulazione di programmi o 

piani economici o sociali per lo sviluppo dell'intero territorio nazionale�, 

essendosi � 1limitata a disciplinare alcuni aspetti della complessa materia 

urbanistica�; e perch�, d',altra parte, lo stesso art. 1 di detta legge man


tiene espressamente saJlva la competenza delle Regioni a statuto speciale, 

esclusi i soli profili penali di cui al capo quarto. {omissis) 

Ora, anche la Regione siciliana ha, in un primo tempo, dettato un 

organico complesso di � nuove norme in materia di controllo dell'atti� 

vit� urbanistico-edilizia, ri011dino uTbanistico e sanatoria delle opere abu


sive �, conformandosi al sistema configurato dalla legge statale n. 47 del 

1985 (cos� come si � conformata alla legge statale la Regione Lazio, me


diante la !legge 21 maggio 1985, n. 76, che ha modificato ed integrato la 

precedente legge di sanatoria urbanistico-edilizia 2 maggio 1980, n. 28). 

La legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, ha infatti previsto -nell'art. 1, 

primo comma -che la fogge n. 47 si applichi in Sicilia, sia pure � con le 

sostituzioni, modifiche ed -integrazioni � contestualmente stabilite. In 

particolare, l'air.t. 3 della citata legge regionale, dopo aver precisato che i 

provvedimenti di vigilanza 1sull'attivit� urbanistico-edilizia e di conse


guente demolizione delle opere abusive �sono atti dovuti per il sindaco�, 

aggiunge che, �nel caso di ineI'2Jia comuna<le �, il competente assessore 

della Regione � provvede a diffidare il 1sindaco � e a darne � comunica


zione � aill'autorit� giudiziaria, per rpoi intervenire in wa sostitutiva � nella 

ipotesi di grave danno urbanistico�; l'art. 23 ridisciplina le �condizioni 

di applicabilit� della sanatoria�, sulla falsariga della corrispondente nor


mativa statale; l'art. 26, nel regolare il �procedimento per la ~anatoriia �, 

mantiene fermi �il termine perentorio del 30 novembre 1985 �, quanto alla 

presentazione delle relative domande ed al versamento dell'oblazione, e 

la data del 1� ottobre 1983, quanto all'ultimazione delle opere abusive in 

esame; e l'art. 39 abroga, coerentemente, una serie di precedenti no:rnne 

regionali, come quelle dettate dalle leggi n. 7 del 1980 e n. 70 del 1981, in 
� tema di � rioroino urbanistico edilizio �. 

A questo punto, per�, ila Regione sicili!ana � nuovamente intervenuta 

in materia, mediante una leggina approvata il 2 aprile 1986, che nominal


mente contiene modifiche ed integrazioni alla citata legge regionale 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

n. 37 del 1985, ma in realt� si propone di pregiudicare l'iapplica21ione degli 
stessi prmc�pi informatori della legge statale n. 47, ci.J:ica ta sanatoria delle 
pregresse opere abusive. L'art. 1 di quest'ultimo atto legislativo faroltizza 
an2litutto i soggetti che domandino il rilascio di concessioni od autorizzazioni 
in sanatoria a farne istanza al~egando un'� esplicita dichiarazione � 
di rinuncia a � conseguire gli effetti discendenti dalla correspoosione dell'oblaZJione 
prevista dall'art. 34 della legge 28 .febbraio 1985, n. 47 �; senza 
che il mancato pagamento sia ostativo -come preci:sa la frase seguente 
del medesimo articolo -alla sanatoria disposta dalle competenti autorit� 
amministrative. Malgrado siffatte previsioni vengano inserite entro un 
apposito a:rt. 26-bis della legge regionale n. 37, l'iistanza e la dichiarazione 
delle quali si tratta non .sono pi� sottoposte a termini di sorta, 
essendo da �tempo tiraiscoI1sa '1a data del 30 novemb['e 1985, gi� ribadita 
dall'originario art. 26 (anche se, a colmare la lacuna, � poi sopravvenuto 
l'art. 1 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26). E, parallelamente, lo 
stesso termine di ultimaZJione delle � opere albusive, gi� fissato allo scadere 
del 1� ottobre 1983, viene spostato dal!l'�airt. 2 della legge impugnata 
alla data del 16 marzo 1985. 
Di qui il ricorso del Commissario dello Stato, nel qua:le si contesta 
la legittillllit� di tutte queste disposiziond: da un lato, perch� esse produrrebbero 
un'� inte:riferenza � nella �materia penale� riservata alla legislazione 
statale; d'altro lato, pe:rich� esse violerebbero una �legge di riforma 
economico-sociale�, come quella disciplinante il cosiddetto condono edilizio, 
esorbitando in tal modo dai limiti che l'art. 14 lett. f) dello Statuto 
siciliano pone a carico della legislazione regionale � esclusiva � in tema 
di urbanistica. 

Va preliminairmente ruffrontato il problema se la Regione siciliana sia 
competente a legiferare nei termini previsti dalle disposizioni in esame; 

o se, viceversa, la legge approvata dall'Assemblea regionale debba considerarsi 
invasiva o lesi"a delle attribuzioni spettanti allo Stato per tutto 
ci� che attiene al diritto penale. Questa Corte ha infatti chiarito -sm 
dalla sentenza n. 58 del 1959 -che �fa preclusione non sussiste soltanto 
nel senso... che le Regioni non possono n� areare D1Uove figure di reati, 
n� richiamare, per violazione di norme regionali, sanzioni penali gi� 
comminate da leggi dello Stato�; ma opera anche quando �il provvedimento 
� regiona:le � � inteso a rendere lecita un'attivit�..., che dalla legge 
dello Stato � considerata i11ecita e passibile dii sanzione penale �. Ed �, 
precisamente, nella seconda di tali prospettive che il ricorso risulta del 
tutto fondato. 
� stato gi� evidenziato, nel ricostruire i tiratti essenziali della legge 

n. 47 del 1985, come sanzioni peml!li e sanzioni ammin:Lstrrative siano interdipendenti 
fra di loro, tanto agli effetti del capo primo quanto agli 
effetti del capo quarto della legge stessa. Per contro, l'impugnata legge 

382 

regionale, ponendosi sul medesimo piano della disciplina del cosiddetto 
condono edilizio, si propone di separare la prevista estinzione dei pregressi 
reati urbanistici dalla relativa sanatoria delle opere abusive (senza 
affatto tener conto che la prima rappresenta, nell'ambito di tale normativa, 
la necessaria premessa della seconda); e, cos� facendo, interferisce 
nen�ii.pplieazione delle stesse norme penalmente rilevanti, dettate dalla 
legge n. 47. 

Comunque si voglia configurare la richiesta di concessione o di 
autorizzazione in sanatoria, regolata dagli artt. 31 e seguenti 1. cit., e 
l'� oblazione � che la deve accompagnare o seguire secondo l'ordinamento 
generale dello Srtato, � certo che si tratta di condizioni indispensabili per 
estinguere -in base al testuale disposto dell'art. 38, secondo comma 
-tutta una serie di reati. In luogo di ci�, vicevers�a, l'art. 1 della legge 
regionale in discussione introduce l'anomala previsione di una vera e 
propria autodenuncia dei soggetti interessati, intesa ad ottenere -fermi 
restando i rearti predetti -il beneficio della sola sanatoria ammimistrativa 
di altrettanti illeciti penali permanenti; senza che il rilascio delle 
necessarie concessioni od autorizzazioni venga subordinato ad alcuna 
condizione alternativa e senza che si garantisca in aloun modo il recupero 
urbanistico degli insediamenti abusivi, da parte della Regione e 
dei Comuni, secondo i criteri fissati nel capo terzo della legge n. 47. 

In questa paradossale situazione -che verrebbe a determinarsi ove 
entrasse in vigore la legge approvata dall'Assemblea regionale il 2 aprile 
1986 -sono messi in forse, di riflesso, anche i reati e le pene previsti o 
presupposti dalla legislazione statale, quanto ai pubblici amministratori 
che abusino dei loro poteri od omettano di adempiere agli obblighi del 
proprio ufficio nel settore urbanistico-edil!izio. Sono destinati a venir 
meno, in particolar modo, i doveri imposti ai sindaci dall'art. 7 della 
legge n. 47; sono posti in dubbio, parallelamente, i rapporti all'autorit� 
giudiziaria competente, di cui al settimo ed all'ottavo comma del medesimo 
articolo (come modificato dall'art. 3 della legge regionale siciliana 

n. 37 del 1985). Di pi�: finanche la demolizione delle opere abusive ordinata 
dal giudice penale con la sentenza di condanna cui si riferisce l'ultimo 
comma dell'art. 7 (richiamato dall'art. 40, primo comma, della legge 
n. 47), appare incompartibile -secondo gli insistiti rilievi della difesa 
regiooale -con la sanatoria di opere che a questo punto dovrebbero 
dirsi legittime. 
Ci� conferma che le scelte sanzionatorie della legge n. 47, considerate 
con particolare riguardo ai disposti del capo quarto, fanno parte 
di un sistema entro il quale non si possono introdurre arbitrarie distinzioni, 
senza sconvolgerme la complessiva logica. Il nesso fra sanzioni 
penali e sanzioni amministrative non si presta, pertanto, ad essere vali-

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

damente interrotto per mezzo di leggi regionali, che verrebbero a ledere 
l'indispensabile uniformit� del trattamento in tutto il teiriritorio del Paese. 

S'impone dunque, ad un tempo, l'annuMamento dell'art. 1 e dell'art. 2 
della legge dmpugnata; mentre rimangono assorbite le a1tre questioni 
prospettate dal ricorso del Commissario dello Stato. 

Non giova replicare -come fa la difesa regionale -ohe non basta 
�il collegamento dei pi� svariati effetti penali... alle disposizioni... delle 
leggi statald sulle srtesse materie di cui a1la legislazione esclusiva della 
Regione siciliana per impedire a quest'ultima di legiferare... in maniera 
diversa�. Lungi dall'essere assmide ed incostituzionali, conseguenze del 
genere discendono natma1mente daii condizionamenti che l'esercizio della 
competenza spettantegli in campo penale, da parte del legislatore statale, 
non pu� non produrre nelle materie regionali oui si riferiscono i reati e 
le pene in questione. 

N� si dimostra pertinente il J.1iohiamo della sentenza n. 13 del 1980, 
con la quale questa Co11te ha respinto i ricorsi commissariali avverso le 
norme regionali siciliane gi� dettate -in tema di � rioroino u11banistico 
edilizio� -dal titolo settimo della legge approvata ii 15 dicembre 1978 
(e poi promulgate mediante la legge 29 febbraio 1980, n. 7). La problematica 
e le discipline normative, statale e regionale, che la Corte aveva 
allora di mira, ristdtano ben �diverse da quelle che formano oggetto dell'attuale 
decisione: sia perch� non era ancora sopraggiunta la legge n. 47. 
del 1985, che nel capo quarto ba vincolato, configurando fattispecie penalmente 
rilevanti, le stesse Regioni a statuto speciale; sia perch� dl predetto 
capo quarto s'impernia sulla richiesta di sanatoria delle opere abusive 
e sulla conseguente estinzione dei pregressi reati, laddove la legge statale 

n. 10 del 1977, in vdsta deHa quale si svolse il sindacato delle norme alloca 
impugnate, assumeva a fattispecie -secondo la sentenza IIl. 13 cit. -� i 
provvedimenti (permissivi e) sanzionatori, se ed in quanto adottati dalle 
competenti autorit�, non gi� le infrazi:ioni perpetrate, sanzionate oppur 
no�; sia perch�, in quel caso, il legislatore regiooale siciliano aveva avuto 
cura -come avvertiva la Corte -di collegare la sanatoria � aHa revisione 
globale degli �strumenti urbanistici generali �, entro un anno dalla 
� perimetrazione � delle zone interessate da insediamenti che caiusasseizo 
un � particolare disordine u'l:'lbrunistico-edilizio �, E vale la pena di ricordare, 
�ancora una volta, che sanatorie siffatte non sono del tutto precluse 
neanche dalla legge n. 47, dati i disposti del citato capo terzo. 
p.q.m. 
dichiara l'illegittimit� costituzionale della legge aipprovata dall'Assemblea 
regionale siciliana il 2 aprile 1986, intitolata �Modifiche ed integrazioni 
alla legge regionale 10 agosto 1985, n. 37 �. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

384 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1986, n. 184 -Pres. Paladin -Rel. 
Dell'Andro -Azienda Municipalizzata Trasporti di Genova (n. p.). 

Responsabilit� civile � Danno non patrimoniale � Danno biologico � Risar� 
cibilit�. 

(Cost., artt. 2, 3, 24 e 32; cod. civ., art. 2059). 

Nella nozione di danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 cod. civ. 
vanno compresi soltanto i danni morali subiettivi; il danno non patrimoniale 
� un altro effetto dell'illecito (�, cio�, danno-conseguenza, al pari di 
quello patrimoniale) ed il risarcimento dei danni non patrimoniali per


segue scopi di pi� intensa repressione e prevenzione, certamente estranei 
al risarcimento degli altri tipi di danno. � razionale che la responsabilit� 
civile da atto illecito sia in grado di provvedere non soltanto alla 
reintegrazione del patrimonio del danneggiato ma fra l'altro, a volte, 
anche ed almeno in parte, ad ulteriormente prevenire e sanzionare l'illecito, 
come avviene appunto per la riparazione dei danni non patrimoniali 
da reato. Il danno biologico costituisce l'evento del fatto lesivo della 
salute mentre il danno morale subiettivo (ed il danno patrimoniale) 
appartengono alla categoria del danno-conseguenza in senso stretto. L'articolo 
2043 cod. civ. � una sorta di �norma in bianco�: mentre nello stesso 

' !i 

articolo � espressamente e chiaramente indicata l'obbligazione risarcitoria, 
che consegue al fatto doloso o colposo, non sono individuati i 
beni giuridici la cui lesione � vietata: l'illiceit� oggettiva del fatto, che 
condiziona il sorgere dell'obbligazione risarcitoria, viene indicata unicamente 
attraverso l'� ingiustizia� del danno prodotto dall'illecito. Il collegamento 
tra l'art. 32 Cost. e l'art. 2043 cod. civ., come si dir� meglio oltre, 
imponendo una lettura � costituzionale � di quest'ultimo articolo, consente 
di interpretarlo come comprendente il risarcimento, in ogni caso, del 
danno biolqgico (1). 

(1) Sentenza accurata e di grande interesse. La problematica della risarcibilit� 
dei pregiudizi sia economici che �non patrimoniali� sub�ti dallo Stato 
e in genere dai soggetti pubblici non � stata specificamente esaminata. Peraltro, 
la nozione di � danno-conseguenza � sembra consentire il superamento di taluni 
dei limiti concettuali e normativi dell'illecito civile quale tratteggiato, con 
disposizione giustamente definita �in bianco�, dall'art. 2043 cod. civ.; si pensi, 
ad esempio, ai pregiudizi economici (oltre che �d'immagine�) sofferti per il 
� salvataggio � di aziende di credito operato mediante � discrezionale � manipolazione 
-per vero di molto dubbia legittimit� -del tasso sulle anticipazioni 
della Banca d'Italia (tasso che dovrebbe essere unico per tutte le banche). 
Anche la problematica del danno ambientale � rimasta sullo sfondo, la 
sentenza avendo focalizzato piuttosto l'evento danno biologico che le molteplici 
possibili condotte causatrici di detto evento (e di altri). 

Merita segnalare, oltre alle sentenze n. 87 e n. 88 del 1979 della Corte costituzioi:
iale, BusNEILI, Nuove frontiere della responsabilit� civile, Jus, 1976, 54, e 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 385 

(omissis) Poich� ie predette 011dinanze chiedono la diohiarazione di 
illegittimit� costituzionale dell'art. 2059 e.e., nella parte in cui prevede la 
risarcibilit� del danno non patrimoniale derivante dalla lesione d'un 
diritto costituzionalmente tutelato (salute) soltanto in conseguenza di 
reato, � doveroso qui esaminare qua'le nozione di danno non patrimoniale 
il diriftto vivente trae dall'inte11pretazione dell'art. 2059 e.e. Soltanto 
precisan:do l'ambito di comprensione della predetta nozione, secondo 
l'esiperienza della sua applicazione, � dato chiarire se, ed in quali limiti, 
al danno biologico sia applicabile l'art. 2059 e.e. 

L'esame della legislazione e dei relativi lavori preparatori nonch� 
della giurisprudenza e della dottrina, precedenti e successive all'emanazione 
del vigente codice dvile, induce a ritenere che nella nozione di 
danno non patrimoniale, dii cui all'art. 2059 e.e., vadano compresi soltanto 
i danni morali subiettivi. 

A queste conclusioni si giunge (tenuto conto che il pi� rilevante dei 
�casi determinati dalla legge�, ex art. 2059 e.e., � costituito da:Il'art. 185, 
secondo comma, c.p. e che l'espressione �danno non patrimoniale� � 
stata impiegata appunto in quest'ultimo articolo, pi:rima che nell'art. 2059 
e.e.) sottolineando anzitUJtto i �precedenti legis'lativi � del risarcimento 
del danno noo patrimoniale ex art. 185 c.p. e la pi� che esplicita 
dichiai:razione, contenuta nella relazione ministeriale al codice penale del 
1930, in ordine al mutamento della locuzione �danno mora'le � in quella 
di �danno non patrimoniale �. 

La prima sottolineatura va fatta ricordando che l'immediato � precedente 
� legislativo del :risardmelllto del danno non patrimoniale ex secondo 
comma dell'art. 185 c.p. � da .rintracciarsi negli artt. 38 del codice 
penale del 1889 e 7 del codice di procedura penale del 1913. Questi ultimi 
articoli, nel prevedere la riparazione pecuniaria per alcuni reati, prescindono 
dalla causa2lione del danno .(da intendersi: pati:rimoniale). L'art. 38 
del codice pemde Zanardelli recita: � 01tre alle restituzioni e al risarcimento 
dei danni, il giudice, per ogni delitto che offenda l'onore della 
persona e della famiglia, ancorch� non abbia cagionato danno, pu� 
assegnare alla parte offesa, che ne faccia domanda, una somma determinata 
a titolo di riparazione �. E l'art. 7 del codice di procedura penale del 

Verso una riscoperta delle pene private?, Resp. 'Civ., 1984, 26, ALPA, Danno biologico 
e dirito alla salute davanti alla Corte costituzionale, Giur. it. 1980, I, l, 
9, DE CUPIS, Il diritto alla salute tra Cassazione e Corte costituzionale, ivi, 
1980, I, 1, 535, e Danno biologico e danno-dolore, ivi, 1984, I, 1, 1519, MASTROPAOLO, 
Tutela della salute, risarcimento del danno biologico e difesa dalle 
immissioni, ivi, 1984, I, l, 537, in nota a Cass. 6 aprile 1983, n. 2396, GIUSTI, Due 
sentenze della' Corte di Cassazione sul danno alla salute, in Resp. civ. 1985, 
210, in nota a Cass. 11 febbraio 1985, n. 1130, e Commento, in Le nuove leggi 
civili commentate, 1986, 613. 



386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1913, allargando l'ambito dei delitti per i quali � �consentita la riparazione 
pecuniaria a sua volta recita: �Ii reato rpu� produrre azione civile 
per il risarcimento del danno e per le restituzioni. I delitti contro la 
persona e quelli che offendono Ja libert� individuale, l'onore della persona 
o della famigliia, l'inviolabilit� del domicilio o dei segreti, anche se 
non abbiano cagionato danno, possono produrre azione civile per riparazione 
pecuniaria �. 

L'art. 185 c.p., al secondo comma, seguendo l'orientamento, gi� 
accolto dal codice di procedura penale del 1913, teso all'allargamento 
delle ipotesi di riparazione pecuniaria, estende a tutti i reati (e non soltanto 
ad alcuni delitti) la precitata riparazione, includendola nella generale 
nozione di risarcimento e definendo � non patrimoniale � lil damJ.o 
morale subiettivo. 

La seconda sottolineatura � relativa, appunto, alle ragioni del cambiamento 
dell'espressione �danno morale� con quella di � danno non 
patrimoniale�: tali ragioni vengono chiarite, in maniera inequivocabile, 
dalla stessa Telazione ministeriale al progetto definitivo del codice penale 
del 1930, ove si fa riferimento, anzitutto, alla scelta operata in sede di 
risarcimento di danni morali ( � Il carattere generale di tale principio, 
incompatibile con una enunciazione di casi tassativi di applicabilit�, mi 
ha indotto a non limitare la risarcibilit� del danno morale a casi particolari, 
come taiuno aveva <Suggerito�) e si offre, successivamente, la 
ragione della nuova locuzione usata per indicare il danno morale subiettivo: 
� Quanto alla designazione del concetto, ho creduto che la locuzione 
' danno non patrimoniale , sia preferibile a quella di ' danno morale 
, tenuto conto che spesso nella terminologia corrente la locuzione 
di ' danno morale , ha un valore equivoco e non riesce a differenziare 
il danno morale puro da quei danni che, sebbene abbiano radice in 
offese alla personalit� morale, direttamente od indirettamente menomano 
il patrimonio �. 

Da ci� s'evince che, almeno nelle intenzioni del legislatore penale del 
1930, il danno non patrim0111iale, di cui al secondo comma dell'art. 185 
c.p., costituisce l'equivalente del danno morale subiettivo e che i danni 
direttamente od indirettamente incidenti sul patrimonio non possono 
essere compresi nei danni non patrimoniali ex art. 185 c.p. 

Se a itutto ci� s'aggiunge che gi� la dottrina precedente al 1930, contraria 
alla risarcibilit� dei danni morali, era partita da una nozione 
ristretta dei medesimi ed aveva sottolineato che l'ansia, l'angoscia, le 
sofferenze fii.siche o psichiche eoc., appunto perch� effimere e non durature, 
non sono compensabili con equivalenti monetari e non possono, 
pertanto, costituire oggetto di risarcimenito; se si aggiunge ancora che la 
giurisprudenza precedente a:l 1930, sensibile alle gi� citate critiche di 
una parte della dottrina, aveva finito con il ritenere esclusa, in via di 
principio, la risarcibilit� dei danni morali subiettivi, sempre partendo 



PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

da una nozione ristretta di questi ultimi, s'intende appieno l'ambito di 
comprensione della nozione di � danno non patrimoniale � ex art. 185 c.p. 

I lavori .preparatori. del vigente codice civile. confermano quanto ora 
precisato: la relazione della commissione Reale al progetto del libro 
� Obbligazioni e contratti � definisce il danno morale � quello che in nessun 
modo tocca il patrimonio ma arreca solo un dolore morale alla 
vittima � e la relaZJione ministeriale al vigente codice civile cos� si esprime: 
� Circa il risarcimento dei danni cosiddetti morali, ossia circa la 
riparazione o compensazione indiretta di queglri effetti dell'illecito che 
non hanno natura patrimoniale, si � ritenuto di non estendere a tutti la 
risarcibil1t� o la compensabilit� che l'art. 185 del codice penale pone 
soltanto per i reati �. Il legislatore chiarisce, poi, le ragioni della scelta 
contraria all'ulteriore (rispetto a quella gi� operata dal codice penale del 
1930) estensione della risarcibilit� dei danni morali, con queste parole: 
� La resistenza della girurisprudenza a tale estensione pu� considerarsi 
lrimpida espressione della nostra coscienza giuridica. Questa avverte che 
soltanto nel caso di reato � pi� intensa 'l'offesa all'ordine giuridico e 
maggiormente sentirto il bisogno di una pi� energica repressione con 
carattere anche preventivo �. Dalle quali dichiaraZJioni si detrae che il 
danno non patrimoniale � un altro effetto dell'illecito (e, cio�, dannoconseguenza, 
al pari di quello patrimoniale) e che il risarcimento dei 
danni non patrimoniali perseg.e scopi di pi� intensa repressione e prevenzione, 
certamente estranei al risarcimento degli altri tipi di danno. 

Ed � da ricordare altres� da un canto che la giurisprudenza successiva 
all'emanazione del vigente codice civile identifica quasi sempre il 
danno morale (o non patrimoniale) con l'ingirusto perturbamento dello 
stato d'animo del soggetto offeso e dall'altro ohe ancor oggi la prevalente 
dottrina riduce il danno non patrimoniale alla sofferenza fisica (sensazione 
dolorosa) o psichica. 

Se, dunque, secondo il diritto vivente, l'art. 2059 e.e., che, peraltro, 
pone so1tanto una riserva di 'legge, fa riferimento, con l'espressione � danno 
non patrimoniale�, al solo danno morale subiettivo, lo stesso articolo 
si applica soltanto quando all'illecito civile, costituente anche reato, 
conseg.e un danno morale subiettivo. 

La scelta legislativa operata con l'emanazione dell'art. 2059 e.e. ~tra 

le opposte tesi della totale irrisarcibilit� del danno morale sulbiettivo e 

della risardbilit�, in ogni caso, del medesimo) discende dall'oppor.tunit� 

di sanzionare in modo adeguato chi si � comportato in maniera vietata 

dalla legge. 

Certo, rirtenere che la responsabilit� civile abbia carattere esclusi


vamente o prevalentemente sanzionatorio sarebbe oggi infondato oltrec


ch� �antistorico. Ma dopo l'attenta lett~a .della precitata relazione mini


steriale al codice civile � impossibile negare o ritenere irrazionale che 

la responsabilit� civile da atrto illecito sia in grado di provvedere non 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

soltanto alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato ma fra l'altro, 
a volte, anche ed almeno in parte, ad ulteriormente prevenire e sanzionare 
l'illecito, come avviene appunto per la riparazione dei danni non 
patrimondali da reato. Aocanto alla responsabilit� penale (anzi, forse meglio, 
insieme ed �ulteriormente � alla pena pubblica)� la responsabilit� 
civile ben pu� assumere compiti preventivi e sanzionatori. N� pu� essere 
vietato al legislatore ordinar.io, ai fini ora indicati, prescrivere, anche a 
parit� di effetto dannoso (danno morale subiettivo) il risarcimento soltanto 
in relaziOltle a fatti illeciti particolarmente qualificati e, pi� di altri, 
da prevenire ed ulteriol1mente sanzionare. 

E per giungere a queste conclusioni non � neppur necessario aderire 
alla tesi che sostiene la natura di pena privata del risarcimento del danno 
non patrimoniale, essendo sufficiente sottolinare la non arbitrariet� di 
una scelta discrezionalmente operata, nei casi pi� gravi, d'un particolare 
rafforzamento, attraverso la riparazione dei danni non patrimoniali, del 
carattere preventivo e sanzionatorio della responsabilit� penale. 

Per poter distinguere il danno biologico dai danni morali subiettivi, 
come dai danni patrimoniali in senso stretto, occorre chiarire la struttura 
del fatto realizzativo della menomazione dell'integrit� bio-psichica 
del soggetto offeso. 

Ed a tal fine va premessa la distinzione tra evento dannoso o pericoloso, 
al quale appartiene il danno biologico, e danno-conseguenza, al 
quale appartengono il danno mocale subiettivo ed il danno patrimoniale. 

Vale, infatti, distinguere da un canto il fatto costitutivo dell'illecito 
civile extracontrattuale e dall'altro le conseguenze, in senso proprio, dannose 
del fatto stesso. Quest'ultimo si compone, oltrech� del comportamento 
(l'illec\to �, anzitutto, atto) anohe dell'evento e del nesso di causalit� 
ohe lega il comportamento all'evento. Ogni danno �, in senso ampio, 
conseguenza: anche l'evento dannoso o pericoloso �, infatti, c;:onseguenza 
dell'atto, del comportamento illecito. Tuttavia, vale distinguere, anche 
in dirhto privato (specie a seguito del riconoscimento di diil"itti, inviolabili 
costituzionalmente, validi anche nei rapporti tra privati) l'evento 
materiale, naturalistico, che, pur essendo conseguenza del comportamento, 
� momento od aspetto costitutivo del fatto, da'lJe conseguenze dannose, in 
senso proprio, di quest'ultimo, legate all'intero fatto illecito {e quindi 
anche all'evento) da un ulteriore nesso di causalit�. Non esiste comportamento 
senza evento: il primo � momento dinamico ed il secondo momento 
statico del fatto costitutivo dell'ii11ecito. Da quest'ultimo vanno 
nettamente distinte le conseguenze, in senso proprio, del fatto, dell'.intero 
fatto illecito, causalmente connesse al medesimo da un secondo 1I1esso di 
causalit�. 

Il danno biologico costituisce l'evento del fatto 'lesivo della salute 
mentre il danno morale subiettivo (ed il danno patrimoniale) appartengono 
alla categoria del danno-conseguenza in senso stretto. La menoma



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

zione dell'integrit� psico-fisica dell'offeso, che trasforma in patologica la 
stessa fisiologica integrH� (e che non � per nulla equiparabile al momentaneo, 
tendenzialmente transeunte, turbamento psicologico del danno morale 
subiettivo) costituisce l'evento ~da provare in ogni caso) interno al 
fatto illecito, legato da un canto all'al:tra componente interna del fatto, 
il comportamento, da un nesso di causa1it� e dall'a1tro, alla (eventuale) 
componente esterna, danno morale subiettivo (o danno patrimoniale) da 
altro, diverso, ulteriore rapporto di causalit� materiale. In senso largo, 
dunque, anche l'evento-menomazione dell'integirit� fisico-psichica del soggetto 
offeso, � conseguenza ma tale � rispetto al comportamento mentre 
a sua volta � causa (ove in concreto esistano) delle ulteriori conseguenze, 
in 'senso proprio, dell'intero fatto illecito, conseguenze morali subiettive 

o patrimoniali. 
Il danno morale subiettivo, che si sostanzia nel transeunte turbamento 
psicologico del soggetto offeso, � danno-conseguenza, in senso proprio, 
del fatto illecito lesivo della salute e costituisce, quando esiste, 
condizione di risarcibilit� del medesimo; il danno biologico �, invece, 
l'evento, interno al fatto lesivo della salute, deve necessariamente esistere 
ed essere provato, non potendosi avere crilevooza delle eventuali 
conseguenze esterne all'intero fatto (morali o patrimoniali) senza la completa 
realizzazione di quest'ultimo, ivi compreso, ovviamente, l'evento 
della menomazione dell'integrit� psiccN�sica del soggetto offeso. 

Il danno biologico (o fisiologico) � danno specifico, � un tipo di 
danno, identificandosi con un t�!pO di evento. Il danno morale subiettivo 
�, invece, un genere di danno-conseguenza, che pu� derivare da 
una serie numerosa di tipi di evento; cos� come genere di danno-conseguenza, 
condizione obiettiva di risarcibilit�, � il danno patrimoniale, che, 
a sua volta, pu� derivare da diversi eventi .tipici. 

Nel distinguere il danno biologico dal danno morale subiettivo 
sono state poste anche le premesse per un'indiv,idruazione precisa dei 
contenuti semantici delle varie espressioni usate in materia dalla giurisprudenza 
e dalla dottrina. 

Per la precisione: possono essere indifferentemente usate (come fa la 
giurisprudenza) le espressioni � danno biologico � e � danno fisiologico >>, 
giacch� entrambe pongono l'accento sull'evento, naturalistico, interno 
a1la struttura del fatto lesivo della salute. Certo, ove s'intenda anche 
quest'ultima come naturalistica condizione d'integrit� :psico-fisica del soggetto 
offeso, la locuzione � danno alla salute � � equivalente alle precedenti 
espressioni. 

Senonch�, come � 'stato gi� osservato, il termine salute evoca, in 
questa sede, primieramente il bene giuridico, costitiuziona'lmente tutelato 
dall'art. 32 Cost., ed offeso dal fatto realizzativo della menomazione 
dell'integrit� psico-fisica del soggetto passivo. In questo senso, 
la lesione della salute, del bene-giuridico salute, � l'intrinseca antigiu



390 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ridicit� obiettiva del danno biologico o fisiologico: essa appartiene ad 
una dimensione valutativa, distinta da quella naturalistica, alla quale 
invece fanno rifer:imento le 'locuzioni � danno biologico � e � danno fisiologico 
�. D'altra parte, la menomazione dell'integrit� psico-fisica d~ 
soggetto �, come si � innanzi precisato, evento, naturalistico, effettivo, 
da provare in ogni caso; la lesione giuridica al bene salute si concreta, 
invece, nel momento stesso in cui si realizza, in interezza, il fatto costitutivo 
dell'illecito; e non va provato, come la giurisprudenza insegna, 
che la menomazione hio-psichica del soggetto offeso in concreto abbia 
impedito le manifestazioni, le attivit� extralavorative non retribuite,� ordinarie 
che, accanto alle attivit� lavorative retribuite, esprimono, realizzandola, 
la salute in senso fisio-psichico. 

�, pertanto, innanzi tutto, pi� corretto parlare di �lesione della 
salute� (e cio� dcl bene giuridico-salute, costituzionalmente garantito) 
e non di �danno alla salute�, lasciando al termine �danno� l'accezione 
naturalistica che di regola, assume in sede privatistica. Tale 
lesione, come si � detto, � l'essenza antigiuridica dell'intero fatto realizzativo 
del danno-biologico. Se, peraltro, si desideri continuare a parlare 
di � danno alla salute � occorre, per evitare equivoci, precisare che, 
con tale locuzione, o si usa il termine salute nel significato naturalistico 
d'integrit� fisio-psichica del soggetto offeso (ed in questo caso 
danno alla salute � il perfetto equivalente di � danno biologico � o di 
�danno fisiologico�) oppure si usa il termine� salute nella dimensione 
giuridico-costituzionale innanzi indicata, di bene giuridico, ed in tal 
caso il �danno alla salute� � un danno giuridicamente valutato, costituente 
l'essenza antigiuridica dell'intero fatto illecito, danno presunto, 
se � vero che non va provato alcun .effettivo impedimento delle attivit� 
realizzative del soggetto offeso. 

Tenuto conto di quanto ora precisato, mentre il danno biologico 
risulta nettamente distinto dal danno morale subiettivo, ben pu� applicarsi 
l'art. 2059 e.e., ove dal primo (e cio� dalla lesione alla salute) 
derivi, come conseguenza ulteriore (~ispetto all'evento della menomazione 
delle condizioni psico-fisiche del soggetto offeso) un danno morale 
subiettivo. Ci� semprech� il fatto realizzativo del danno biologico costituisca 
anche reato. 

Se nell'ordinamento non esistesse;ro altre norme o non fossero rin-� 

venibili altri principi relativi al danno biologico e, pertanto, quest'ultimo 

fosse risarcibile solo ai sensi dell'art. 2059 e.e. e cio�, salve pochissime 

altre ipotesi, soltanto nel caso che il fatto costituisca (anche) reato e 

relativamente ai soli (conseguenti) danni morali subiettivi, si porrebbe 

certamente il problema della costituzionalit� dell'art. 2059 e.e. Come lo 

stesso problema si porrebbe ove, allar:gando l'ambito di comprensione 

della nozione di danno non patrimoniale, fino ad �includere nella mede


sima ogni tipo di lesione d'un bene non patrimoniale, si ritenesse che 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

il risal'cimento del danno alla salrute fosse riconducibile esclusivamente 
al combinato disposto degli artt. 2059 e.e. e 185, secondo comma, c.p. 
L'art. 32 Cost., come si preciser�� meglio oltre, verrebbe vanificato da 
una normativa ordinaria che riconducesse il danno alla salute ai soli 
artt. 2059 e.e. e 185 c.p. 

Esiste, ~tuttavia, certamente, altra strada per adeguatamente soddisfare 
le esigenze poste dalla giurisprudenza in ordine al danno biologico. 
Va, tuttavia, in particolare, rilevato che gravi problemi nascono, nel 
momento in cui le prevalenti giurisprudenza e dottrina riconducono il 
danno biologico all'art. 2043 e.e. La scelta legislativa di cui all'art. 2059 e.e. 
getta luce (od ombre) S1U1l'art. 2043 e.e.: non ci si pu�, �infatti, senza 
necessari approfon!dimen:ti, sbarazzare della scelta legislativa chiaramente 
espressa dall'art. 2059 e.e. e ricondurre senz'altro all'art. 2043 e.e. 
il ri:saircimento del da!llllo biologico. 

Il problema dei rapporti, in tema di responsabilit� civile extracontrattuale, 
tra una norma generale ed una particolare, relativa (quest'ultima) 
al danno morale subiettivo, si pose, in tempi anteriori al 
vigente codice civile e, pertanto, prima dell'emanazione dell'art. 2059 
e.e., tra l'art. 1151 dell'abrogato codice civile e la riparazione pecuniaria, 
di oui ai gi� citati artt. 38 del codice penale del 1889 e 7. del codice di 
procedura penale del 1913. Si pose, dopo il 1930 e prima del 1942, il 
quesito se l'obbligo di risarcire i danni morali (e non patrimoniali) trovasse 
la sua ragion d'essere nel principio generale stabilito dall'art. 1151 

� dell'allora vigente codice civile o soltanto nell'art. 185, secondo comma, 
c.rp. Si chiari, da autorevole dottrina, che, essendo il principio generale 
del risarcimento del danno sancito dal precitato art. 1151 e.e. e, comprendendo 
concettualmente tale danno sia il danno patrimoniale sia 
quello non patrimoniale, il risarcimento di quest'ultimo discendeva appunto 
dall'art. 1151 e.e. Si aggiunse essere stata la riparazione pecumana 
(immediato precedente dell'art. 2059 e.e.) di cui agli artt. 38 
del codice penale del 1889 e 7 del codice di procedura penale del 1913 
(provvedendo essa alla riparazione dei danni morali) a sottrarre questi 
ultimi dalla comprensione dell'art. 1151 e.e. e, pertanto, a ridurre l'applicabilit� 
dello stesso articolo al solo risarcimento del danno � patrimoniale; 
con l'emanazione del vigente codice penale, riferendosi l'art. 185 

c.p. a tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, ed essendo stato 
abrogata la riparazione pecuniaria, il pi� volte citato art. 1151 e.e., secondo 
la ricordata dottr.ina, aveva ripreso l'estensibilit� di cui era 
capace, riferendosi a tutte le specie di danni. 
Certo, anche il vigente art. 2043 e.e. (che corrisponde all'art. 1151 
dell'abrogato e.e.) ove non esistesse altra disposizione relativa ai danni 
non patrimoniali (a parte, per un momento, il sistema di cui al titolo IX 
del libro IV del e.e.) potrebbe ritenersi estensibile a tutte le specie di 
danni: ma l'art. 2059 e.e., operando una precisa scelta, sancendo che i 


392 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

danni non patrimoniali, corrispondenti ai soli danni morali subiettivi, 
vanno risarciti �in ben precisati limiti e cio� solo nei casi determinati 
dalla legge, non soltanto esclude, almeno nelle intenzioni del legislatore 
del 1942, la risarcibilit� di altri danni non patrimoniali ma sottrae questi 
ultimi alla comprensione dell'art. 2043 e.e. Se 1a ci� s'aggiunge il sistema 
del titolo IX del libro IV del codice civile, s'intende appieno che l'interpretazione 
letterale del solo art. 2043 e.e. non pu�, senza approfondite 
considerazioni, tranquillizzare in ordine al riferimento al danno 
biologico, che lede pur sempre un bene immateriale, dell'articolo in 
discusisione. 

Gli sforzi della dottrina e della giurisprudenza, ai fini d'inquadramento 
sistematico del danno biologico, si sono infatti, coerentemente 
orientati verso una lettura dell'art. 2043 e.e. diversa da quella tradizionale: 
il problema del danno biologico si �, in definitiva, risolto nel 
problema d'una particolare lettura dell'art. 2043 e.e. Soltanto la tesi 
(oggi, peraltro, quasi del tutto respinta) secondo la quale, poich� l'integrit� 
psico-fisica dell'uomo � sempre impiegata per realizzare attivit� 
volte all'acquisizione od alla conservazione di !beni patrimoniali, la 
stessa integrit� costituisce bene patrimoniale e, conseguentemente, ogni 
riduzione della medesima reailizza un deficit patrimoniale, lascia inalterata 
la lettura tradizionale dell'art. 2043 e.e. Allorch�, invece, si � sostenuto 
rientrare il danno biologico nella categoria dei danni economici 
(questi sarebbero caratterizzati dall'obiettiva e dfu:'etta valutabilit� in 
danaro) ed allorch� si � assunto che lo stesso danno consiste nell'effetto 
dannoso della lesione dell'integrit� psico-fisica del soggetto offeso, che 
rende il medesimo incapace, anche solo in parte, di ricevere utilit� dalla 
propria attivit� o dal mondo esterno, si � offerta, in definitiva, nel sottoporre 
a revisione la nozione di danno, una lettura deH'art. 2043 e.e. 
diversa da quella tradizionale. 

~Senonch�, soltanto il collegamento tra l'art. 32 Cost. e l'art. 2043 e.e., 
come si dir� meglio oltre, imponendo una lettura �costituzionale� di 
quest'ultimo articolo, consente di interp1retarlo come comprendente il 
risarcimento, in ogni caso, del danno biologico: � la lettura � costituzionaile 
� dello stesso a:riticolo, correlato con l'art. 32 Cost., che soddisfa 
le esigenze sottostanti a tutte le tesi proposte in materia. 

Va, intanto, precisato che in questo giudizio � stato invocato l'art. 32, 
primo comma, Cost., quale parametro di riferimento delle questioni di 
costituzionalit� relative all'art. 2059 e.e. (nell'ordinanza del Tribunale di 
Padova, promotrice del procedimento concluso con sentenza di questa 
Corte n. 87 del 26 lu~io 1979, erano stati invooati, invece, quale fondamento 
della richiesta dichiarazione d'incostituzionalit� dello stesso 
art. 2059 e.e., gli artt. 3 e 24 Cost.) e che, conseguentemente, soltanto 
in questo giudizio, e non in quello concluso con la predetta sentenza, 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

� consentito (e doveroso) rivolgere particolare attenzione all'art. 32, primo 
comma, Cost. 

D'altm parte, da un canto la sentenza ora citata, nel dichiarare 
rientrante nella discrezionalit� del legislatore adottare trattamenti differenziati 
in relazione alle differenti situazioni, per presupposti e gravit�, 
del fatto costituente reato e del fatto dannoso integ~ante esclusivamente 
illecito civile, esclude 1daJJla predetta discrezionalit� le �situazioni soggettive 
costituzionalmente garantite>>, dall'altro, la sentenza di questa 
Corte n. 88 del 1979, nel riaffermare che il bene afferente alla salute 
� tutelato, come diritto fondamentale deihla persona, direttamente dalla 
Costituzione, dichiara che la violazione di tal diritto, nel costituire 
illecito civile, determina, per s�, il sorgere dell'obbligazione riparatoria. 

La lettera del primo comma deWart. 32 Cost., che non a caso fa 
precedere il fondamentale diritto della persona umana alla salute all'interesse 
della collettivit� alla medesima, ed i precedenti giurisprudenziali, 
inducono a ritenere sicuramente supemta l'originaria lettura in 
ohiave esclusivamente pubblicistica del dettato costituzionale in materia. 

Il riconoscimento del diritto alla sailute come diritto pienamente 
operante anche nei rapporti di diritto privato, non � senza conseguenza 
in ordine ai collegamenti tra lo stesso art. 32, primo comma, Cost. e 
l'art. 2043 e.e. 

L'art. 2043 e.e. � una sorta di �norma in bianco�: mentre nello 
stesso articolo � espressamente e chiaramente indicata l'obbligazione 
risarcitoria, che consegue al fatto doloso o colposo, non sono individuati 
i beni giuridici la cui lesione � vietata: l'illiceit� oggettiva del 
fatto, che condiziona U sorgere dehl'dbbligazione risarcitoria, viene indicata 
unicamente attraverso 1'� ingiustizia� del danno prodotto dall'illecito. 
� stato affermato, quasi all'inizio di questo secolo (l'osservazione 
era riferita all'art. 1151 dell'abrogato codice ciVIie ma vale, ovviamente, 
anche per il vigente art. 2043 e.e.) che l'articolo in esame �contiene 
una no:r:ma giuridica secondaria, la cui applicazione sUJppone l'esistenza 
d'una no:r:ma giuridica primaria, perch� non fa che statuire le 
conseguenze dell'iniuria, dell'atto contra ius, cio� della violazione della 
norma di diritto obiettivo �. 

Il riconoscimento del diritto alla salute, come fondamentale diritto 

della persona umana, comporta il riconoscimento che l'art. 32 Cost. in


tegra l'art. 2043 e.e., completandone il pr�cetto primario. 

� il collegamento tra gli artt. 32 Cost. e 2043 e.e. che ha permesso 

a questa Corte d'affermare che, dovendosi il diritto alla salute certa


mente ricomprendere tra le posizioni subiettive tutelate dalla Costitu


zione, � non sembra dubbia la sussisten:m dell'illecito, con conseguente 

obbligo della riparazione, i:n caso di violazione del diritto stes1so �. L'in


giustizia del danno biologico e la conseguente sua dsarcibilit� discen


dono direttamente dal collegamento tra gli artt. 32, pirimo comma, Cost. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

394 

e� 2043 e.e.; pi� precisamente dall'integrazione di quest'ultima disposi� 
zione con la prima. 

Senonch�, leggendo l'art. 2043 e.e. nel sistema dell'intero titolo IX 
del libro IV del codice civile, il danno biologico dovrebbe ritenersi 
risarcibile soltanto quando il medesimo produca danni patrimoniali, comunque 
intesi. 

� ben vero che l'interpretazione letterale del solo art. 2043 e.e.. 
che non menziona la patrimonialit� delle conseguenze dannose risar 
dbili ma fa' espresso riferimento esclusivamente all'ingiustizia del danno, 
potrebbe condurre, come ha sostenuto una parte della giurisprudenza, a 
ritenere il danno biologico rientrante, quale species, nel genus � danno 
ingiusto�: l'interpretazione letterale del solo art. 2043 c;c. non p.�, tutl:
avia, prevalere sull'interpretazione sistematica dello stesso articolo, nel 
quadro dell'intero titolo IX del libro IV del codice civile. 

Ed � per queste ragioni che ad altra parte della dottrina e della 
giurisprudenza non � restato che allargare la nozione di danno ex 
art. 2043 e.e., fino a comprendere tutte le menomazioni direttamente 
ed obiettivamente valutabili in danaro (e quindi anche il danno biologico) 
oppure assumere quest'ultimo come comprensivo di tutti i pregiudizi 
che riducono la capacit� del soggetto a produrre e ricevere utilit� derivanti 
dalla sua attivit� o dal mondo esterno. 

Tuttavia, il danno biologico, come s'� gi� avvertito, �, in ogni caso, 
un tipo di fatto (menomazione dell'integrit� psico-fisica del soggetto) 
ed un tipo di lesione della salute, sempre presente, nel doloso o colposo 
Hlecito realizzativo della predetta menomazione. Tale tipo di fatto e di 
lesione non vanno in alcun modo confusi con l'eventuale presenza, in 
concreto, di danni patrimoniali od economici, conseguenti aJ fatto ed 
alla lesione ora specificati. Basterebbe, ancora una volta, ribadire che 
uno speciale tipo di danno ed �uno specifico bene tutelato, leso da un fatto 
tipico (la predetta menomazione) non possono confondersi con una oategor.
ia generale di danni che conseguono, eventualmente (ed in ogni caso 
devono esser provati) al danno biologico, sempre presente, invece, nella 
predetta menomazione e sempre lesivo, senza bisogno di alcuna prova, 
del bene-giuridico salute. 

Certo, la lesione della salute non coincide con la lesione di un 
arto o, in generale, dell'integrit� fisio-psichica, per s� considerata (si 
� gi� avvertito che tale lesione � l'evento naturalistico del fatto offensivo 
del bene giuridicamente tutelato -salute: e l'evento naturalistico, 
per s�, avulso dal significato giuridico dell'intero fatto, del quale � 
elemento, non ha significato). Ma non � neppur vero che la lesione 
dell'arto o della generale integrit� bio-psichica venga perseguita, attraverso 
il risarcimento ex art. 2043 e.e., solo se e nei limiti in cui rende, 
in concreto, il soggetto passivo dell'illecito incapace, in tutto od in parte, 
di produrre o ricevere le utilit� derivanti dal mondo esterno o dalla 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sua attivit�. � l'ingiustizia (lesione del diritto alla �salute) insita nel 
fatto menomativo dell'integrit� bi0<psi�chica, il fondamento giuridico del 
risarcimento del danno biologico ed eventualmente, ove esistano, anche 
di altre conseguenze dannose. Non �, l'esistenza, in concreto, di con� 
seguenze dannose (quali che siano) a costituire il fondamento dell'ingiustizia 
del fatto illecito e, pertanto, anche della menomazione biopsichica. 
In tanto le ulteriori (oltre l'evento) conseguenze dannose sono 
rilevanti e risarcibili in quanto, prima, gi� esiste un'ingiustizia dell'illecito 
~determinata dalla violazione della norma primaria desunta 
dal combinato disposto degli artt. 32 Co~t. e 2043 e.e.) ed una lesione, 
presrun:ta, del bene-giuridico salute. 

N� vale sostenere che, allorch� s'identifichi il danno con l'illecito, 
il risarcimento perde la sua funzione risarcitoria per assumere la natura 
di pena privata. Anzitutto, il danno non s'identifica con l'illecito; 
questo (che, peraltro naturalisticamente considerato, non ha il bench� 
minimo significato) intanto sostanzia e concreta la lesione al bene giu� 
ridico-salute in quanto � oggettivamente antigiuridico, � in contrasto con 
il divieto primario (di oui al combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 
2043 e.e.) che lo investe d'un autonomo disvalore giuridico. 

P.recipuo compito della norma di diritto privato �, appunto, la tutela 
di tipici beni, di specifici interessi, costituenti l'oggetto garantito dal 
predetto divieto primario. Si osservi: antiche, consolidate indagini di 
teoria generale, nel distinguere l'illecito civile extracontrattuale dagli 
illeciti di diritto pubblico, hanno sostenuto che, violando sempre il fatto 
antigiuridico un duplice ordine di interessi, immediati (diretti) e mediati 
(indiretti), l'illecito civile extracontrattuale viene considerato dall'ordinamento 
soprattutto in funzione della lesione di interessi immediati 
(oggetto sostanziale specifico: ad esempio, nel nostro caso, la 
salute, come bene del privato) a differenza dell'illecito di diritto pubblico, 
riguardato dallo stesso ordinamento precipuamente in funzione 
della lesione di interessi mediati (danno o pericolo sociali ecc.). Ed allorch� 
�il fatto oggettivamente antigiuridico costituisce anche reato, la doppia 
conseguenza giuridica � il pi� evidente segno del diverso profilo 
dal quale viene considerato il medesimo illecito: come precipuamente 
lesivo dell'interesse specifico immediato o come principalmente lesivo 
di interessi sociali indiretti. �Il risarcimento del danno, sanzione riparatoria 
(appartenente alla categoria delle sanzioni esecutive del precetto 
primario) tendendo a ripristinare l'equilibrio tra, gli interessi privati 
in gioco, segue alla violazione della norma di diritto privato e, pertanto, 
soprattutto alla lesione dell'oggetto specifico, immediatamente garantito 
dalla stessa norma; la pena (appartep.ente alla categoria delle sanzioni 
punitive, nettamente distinte dalle esecutive), tendendo, invece, 
a principalmente rieducare il reo od a riaffermare l'autorit� statale ed 
a prevenire i pericoli sociali indiretti (recidiva, vendetta privata ecc.) 


396 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consegUe alla violazione della norma di diiritto penale e, pertanto, so


prattutto, alla lesione degli oggetti giuridici mediati, garantiti preci.
puamente dalla norma penale. 

�, si ripete, prevalente scopo del divieto primario, in sede di 

responsabilit� civile extracontrattuale, garantire i beni immediati, spe


cif�ci, tipicamente individuati da:l medesimo: nella specie, la salute come 

bene individuale del privato, a parte i conseguenti, eventuali danni pa


trimoniali. 

Certo, la strada per rileggere tutto il sistema del codice civile alla 

luce della Costituzione e per ricondurre l'illecito civile, pur nelle inne


gabili specificit�, ai principi generali dell'illecito giuridico �, forse, an


cora lunga: le teorie e 1a giurisprudenm che allargano l'ambito di 

operativit� dell'art. 2043 e.e. ai danni economici (misurabili diretta


mente ed obiettivamente in moneta) che comprendono ma non esauri


scono i danni patrimoniali in senso stretto o che si riferiscono all'in


cidenza del danno biologico sulle attivit� extra1avorative non retributive, 

meritano, nella previsione di tale strada, particolare attenzione. 

Va, infatti, riconosciuto che, pur essendo, come s'� detto, il danno 

biologico nettamente distinto dal danno patrimoniale od economico; pur 

assumendo un ruolo autonomo sia in relazione al lucro cessante da inva


lidit� lavorativa (temporanea o permanente) in concreto incidente sulla 

capacit� di guadagno del danneggiato sia nei confronti del danno mo


rale in senso stretto; pur essendo sempre presente nell'avvenuta meno


mazione psico-fisica, e sempre risarcito, a differenza delle due voci (even


tuali) del (predetto) lucro cessante e del danno morale subiettivo; da 

una parte il risarcimento del danno biologico costituisce un primo, essen


ziale, prioritario risarcimento, che ne condiziona o~i altro e, pertanto, 

anche quello del preindicato lucro cessante (non vi pu� esser risarci


mento di danni patrimoniali derivanti da fatto illecito lesivo della 

salute senza il necessariamente preliminare risarcimento del danno bio


logico); e dall'altra parte, la ragione per la quale � vietato causare 

menomazioni dell'integrit� psico-fisica (ossia la tutela delle manifestazioni 

della vita 011dinaria, del soggetto passivo del fatto, sia lavorativa che 

extralavorativa) � quella stessa che fonda la risarcibilit� del danno 

patrimoniale. Una sola �, invero, la ratio del combinato disposto degli 

artt. 32 Cost. e 2043 e.e. 

Va a questo punto, tuttavia, sottolineato che l'attenzione al solo 

art. 2043 e.e., anche in una lettura aggiornata, secondo nuove nozioni 

di danno economico e di patrimonio, non sembra sufficiente a rendere 

piena efficacia all'art. 32 Cost. ed ai nuovi valori prospettati dalla Co


tistuzione. Il combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 e.e. importa 

una rilettura costituzionale di tutto il sistema codicistico dell'illecito 

civile. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

L'interpretazione giudiziaria ha gi� iniziato la revisione di alcune 
nozioni tradizi?nali; dall'esperien:zia giudiziaria sono nati il danno alla 
vita ,di relazione, il danno alla sfera sessuale, il danno estetico non concretamente 
incidente sulla capacit� di guadagno, ecc. e sono state prese 
in 'consiiderazione, ad esempio, le ipotesi di piccole inVlalidit� permanenti 
non influenti sul reddito del soggetto nonch� quelle relative a periodi 
di malattia temporanea durante la quale il lavoratore ha continuato a 
pe11cepire l'intera retribuzione. Tutto ci� ha costituito l'immediato � precedente 
� giurisprudenziiale del danno biologico. 

Il fatto che le esigenze inn01Vatrici silano partite dall'esperienza, 
ispirata ai valori, personali, esplicitamente garantiti dalla Carta costituzionale, 
� garanzia di verit� delle medesime, anche se lasciano ancora 
la dottrina incerta in ordine alla strada da intraprendere per raggiun� 
gere l'esatta risposta alle stesse esigenze. 

Ed � appunto il clima creato dalla Costitiuzione che rende necessario 
ricondurre l'illecito civile a:i principi ed alle regole della teoria 
generale dell'illecito. 

In tempi nei quali non erano prospettate ipotesi di specifici interessi 
garantiti anche nei rapporti tra _privati, ritenendosi il danno ex 
art. 2043 e.e. limitato al danno emergente ed al lucro cessante (e cio� 
alla lesione direttamente od indirettamente incidente sul patrimonio del 
danneggiato) si � individuato un principio, valiido in sede di responsabilit� 
extracontrattuale, secondo il quale il danno si sostanzia esclusivamente 
nelle conseguenze patrimoniali (e non) dell'illecito. Gli interessi 
sostanziali, a tutela dei quali s'impone l'obbligazione risarcitoria, 
passavano in secondo piano: nessuno avvertiva il bisogno d'esplicitarli; 
e, data, da un canto, La conclamata atipicit� dell'illecito civile e dall'altro 
la facilit� della prova del danno emergente e del lucro cessante, 
ogni indagine s'incentrava sull'obbligazione risarcitoria d'un danno patrimoniale 
(o non) comunque da provare, di volta in volta, conseguente 
all'illecito. 

Venute, invece, in rilievo esigenze di tutela, anche in sede di diiritto 
privato, di specifici valori, determinati sopTattiutto dalla vigente Costituzione, 
valori personali, prioritari, non tutelabili, neppure in sede di diritto 
privato, soltanto in funzione dei danni patrimoniali (e non) conseguenti 
all'illecito, occorre fare un passo ulteriore, rompere lo schema dell'esistenza, 
in tema di responsabilit� civile extacontrattuale, soltanto di danni 
conseguenze, in senso stretto, e incentrando l'attenzione sul divieto primario 
violato dall'illecito extracontrattuale� (e in particolare sui valori 
tutelati, lesi da quest'ultimo) chiarire gli effetti che il bene tutelato dal 
divieto primario opera sul precetto secondario del risarcimento del danno. 
B La natura (il valore, il ,significato giuridico) del bene ~!rantito che, 
riverberandosi sul precetto secondario, lo condiziona, sottraendolo, ove 
del caso, ad arbitrarie determinazioni del legislatore oroinario. 


RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO

398 

Va dato atto ad una parte autorevole della dottrina d'aver intuito 
che, anche se l'art. 32 Cost. non contempla espressamente il risarcimento 
in ogni caso, del danno biologico, � dallo stseso articolo che pu� desumersi, 
in considerazione dell'importanza dell'enunciazione costituzionale 
del diritto a11a salute come diritto fondamentale del privato, la difesa giuridica 
che tuteli nella forma risarcitoria il bene della salute pffi'sonale. 

Ci� non �, tuttavia, riferibile alla norma di cui all'art. 2059 e.e. 
(stante l'interpretazione limitati\na che, come si � ricoroato, il diritto 
vivente d� di quest'ultimo articolo) ma va ricondotto alla norma risultante 
dal combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 e.e., giacch� lo 
stesso diritto vivente quest'ultimo articolo ritiene, direttamente od indirettamente, 
applicabile al risarcimento dal danno biologico. 

V'� da sottolineare che, mentre chi ritiene direttamente applicabile 
al danno biologico l'art. 2043 e.e., non affronta 'la problematica relativa 
all'interpretazione dello stesso articolo a.Ha luce del sistema di cui al 
titolo IX del libro IV del codice civile, e, fermanidosi, alla sola interpretazione 
letteriale dell'articolo in esame, riconduce, come s'� rilevato, al 
genere �danno ingiusto� anche la specie �danno biologico �, chi invece, 
� dell'avviso che n� l'art. 2059 e.e. n� l'art. 2043 e.e. silano direttamente 
applicabili al risarcimento del danno biologico, ravvisa nel sistema 
delia legislazione civile un principio generale costituito dalla previsione 
d'una sanzione risarcitoria come conseguenza della lesione d'una situazione 
giuridica subiettiva e, pertanto, applica l'art. 2043 e.e., espressione 
anch'esso di tal principio, al danno biologico per analogia iuris. 

Va qui, a parte ogni altra considerazione, in ogni caso rimarcato che 
� l'art. 32 Cost. che, collegato all'art. 2043 e.e., fa s� che quest'ultimo non 
possa essere interpretato come aipplioantesi esclusivamente al danno 
patrimoniale od al danno economico derivanti dalla menomazione psicofisica: 
questi danni, coine si � notato, sono soltanto ulteriori ed eventuali 
conseguenze della lesione del bene-giuridico salute, prodotta dall'intero 
fatto lesivo, compTeso, ovviamente, l'evento della menomazione biopsichica. 
' 

Poich�, come si �. gi� notato, l'art. 2043 e.e., a parte l'indicazione della 

iniuria, attiene a conseguenze sanzionatorie di un illecito e poich� la 

sanzione deve esser adeguata a quest'ultimo ed idonea a validamente 

compensare l'offesa al bene tutelato, realizzata dall'illecito stesso, l'articolo 

in esame va cmrelato alla disposizione che prevede il bene giuridico 

tutelato attraverso la posizione del divieto primario. 

L'art. 2043 e.e., correlato ad aTticoli che garantiscono beni patrimo


niali, non pru� che esser 'letto come tendente a disporre i_I solo risarci


mento dei danni patrimoniali (in senso stretto): � per questi motivi che, 

essendo il diritto pJ:"ivato orientato per il. passato, almeno prevalente


mente, alla tutela di beni patrimoniali, lo stesso articolo � stato dal 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

legislatore volto alla tutela di soli ibeni patrimoniali e dalla dottrina letto 
nel iienso voluto dal legislatore del 1942. 

La vigente Costituzione, garantendo principalmente valori personali, 
svela che l'art. 2043 e.e. va posto 1sopratttutto in correlazione agli arti� 
coli dalla Carta fondamentale (che tutelano i predetti valori) e che, 
pertanto, va letto in modo idealmente idoneo a compensare il sacrificio 
che gli stessi valori subiscono a causa dell'illecito. L'art. 2043 e.e., corre� 
lato all'art. 32 Cost., va, necessariamente esteso fino a comprendere il 
risarcimento, non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma (esclusi, 
per le xagioni gi� indicate, i danni morali subiettivi) tutti i danni che, 
almeno potenzialmente, ostacolano le attivit� realizzatrici della persona 
umana. Ed � questo il profondo significato innovativo della richiesta di 
autonomo risarcimento, in ogni caso, del danno biologico: tale richiesta 
contiene un implicito, ma ineludibile, invito ad una particolare attenzione 
alla norma primaria, ia cui violazione fonda il risarcimento ex 
art. 2043 e.e., al contenuto dell'iniuria, di cui allo stesso articolo, ed alla 
comprensione (non pi� limitata, quindi, alla garanzia di soli beni patrimoniali) 
del risarcimento della lesione di beni e valori personali. 

Se � vero che l'art. 32 Cost. tutela la salute come diritto fondamentale 
del privato, e se � vero che tale diritto � primario e pienamente operante 
anche nei rapporti tra privati, allo stesso modo non sono configurabili 
limiti alla risarcibilit� del danno biologico, quali quelli posti 
dall'art. 2059 e.e., non � ipotizzabile limite alla risarcibilit� dello stesso 
danno, per 'S� considerato, ex art. 2043 e.e. 

Il risarcimento del danno ex art. 2043 � sanzione esecutiva del precetto 
primario: ed � la minima (a parte il risarcimento ex art. 2058 e.e.) 
delle sanzioni che l'ordinamento appresta per la tutela d'un interesse. 

Qu�nd'anche si sostenesse ehe il Lriconoscimento, in un determinato 
ramo dell'ordinamento, d',un diritto subiettivo non esclude che siano 
posti limiti alla sua tutela risarcitoria (disponendosi ad esempio che non 
la lesione di quel diritto, per s�, sia risarcibile ma la medesima purch� 
consegUJano danni di un c;erto genere) va enel'gicamente sottolineato che 
ci�, in ogni oaso, non pu� accadere per i diritti e gli interessi dalla Costituzione 
dichiarati fondamentali. Il legislatore ordinario, rifiutando la 
tutela risarcitoria (minima) a seguito della violazione dal diritto costituzionalmente 
dichiarato fondamentale, non lo tutelerebbe ~ffatto, almeno 
nei casi esclusi dalla predetta tutela. La solenne dichiarazione della Costituzione 
si ridurrebbe ad una lustra, nelle ipotesi escluse dalla tutela 
risarcitoria: il legislatore ordinario rimarrebbe arbitro dell'effettivit� della 
pxedetta dichiarazione costituzionale. Con l'aggravante che, mentre il

1

combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 e.e. porrebbe il divieto 
primario, generale, di ledere la salute, il fatto lesivo della medesima, per 
il quale non � previsto dalla legge ordinaria il risarcimento del danno, o, 
assurdamente, impedirebbe al precetto primario d'applicarsi (il risarc�



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

400 

mento del danno rientra, infatti, nelle sanzioni che la dottrina definisce 
esecutive) o, dovrebbe ritenersi giuridicamente del tutto irrilevante. 

Dalla correlazione tra gli artt. 32 Cost. e 2043 e.e., � posta, dunque, 
una norma che, per volont� della Costituzione, non pu� limitare in aloun 
modo il risarcimento del danno biologico. 

Un'tdtima os�servazione: alle conclusioni ora indicate si pu� opporre 
il ti:more di un'eccessiva uniformit� di determinazione e Hqu1dazione del 
danno biologico. 

Va pTecisato ohe non si � inteso qui proporre un'assolutamente indifferenziata, 
per identiche lesioni, determinazione e liquidazione di 
danni: ed in proposito � da ricordare la recente giurisprudenza di merito 
che assume il predetto criterio liqu1dativo dover risultare rispondente da 
un lato ad un'uniformit� pecuniairia di base (lo stesso tipo di lesione non 
pu� essere valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto: 
� infatti, la lesione, in s� e per s� considerata, che rileva, in quanto pregna 
del disvalore giuridico attribuito alla medesima dal divieto primario 
ex artt. 32 Cost. e 2043 e.e.) e dall'altro ad elasticit� e flessibilit�, per 
adeguare la liquidazione del caso di specie all'effettiva incidenza dell'accertata 
menomazione sulle attivit� della vita quotidiana, attraveirso le 
quali, in concreto, si manifesta l'efficienza psico-fisica del soggetto danneggiato. 


La precedente disamina conduce a ribadire conclusivamente che, 
oltre alla voce relativa al risarcimento, per s�, del danno biologico, ove 
si verifichino, a seguito del fatto lesivo della salute, anche danni-conseguenze 
di ca!"attere patrimoniale (esempio lucro cessante) anch'essi vanno 
risarciti, con altra aiutonoma voce, ex airt. 32 Cost. e 2043 e.e. Cos�, ove 
dal fatto in discussione derivino danni morali, subiettivi, i medesimi, in 
presenza, nel fatto, aIKile dei caratteri del reato, vanno risairciti 1ex 
art. 2059 e.e. 

Il cumulo tra le tre voci di danno, pur generando pericoli di sperequa


zioni (i soggetti che pe!"Cepiscono un attuale reddito lavorativo hanno 

diritto a richiedere una voce di danno in pi�) dovrebbe consigliare cautela 

nella liquidazione dei danni in esame, onde evitare da un canto duplica


zioni risarcitorie e dall'altro gravi sperequazioni nei casi concreti. 

Tutto quanto innanzi rilevato ch1arisce, che, pur partendo da diveirse 

interpretazioni dell'art. 2043 e.e., la giurisprudenza e la dottrina, nella 

assoluta maggioranza, non soltanto ritengono il danno biologico compreso 

e disciplinato dal predetto articolo ma indicano in quest'ultimo la dispo


sizione, di carattere generale, che consente la risaircibilit�, senza alcuna 

limitazione, del precitato danno. Non v'� dubbio, pertanto, che i risultati 

ai quali pervengono le prevalenti giurisprudenza e dottrina, dalle pur 

diverse interpretazioni dell'art. 2043 e.e., coincidono; e non v'� dubbio, 

pertanto, che esiste, in materia, un diritto vivente al quale questa Corte 

si richiama. 

"..;'�'.�Z�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�"�"�"�"�"�"�"�"-"-"�"�"������-�:.�.�.�r.�.-.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�:.�.�.-.�.�.�.�r.�::.�.-.-.-.�:.�.�.�.-.�.�.�.-.�.-.�:.�.-.�.�.�.�.�rr.�.�.�.�.�.�.�.�.�rr.�.�.�.�r.�.�.�.�.�r.�.�.�.�.�r.�.�.�.-.-..-.�.�.�.�.�.-.�.������� � � � �� � � 

' 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Le precisazioni qui offerte in oroine alle norme, primaria e secondaria, 
che si ricavano, nel vigente sistema desunto anche daHe disposisizioni 
costituzionali, dal combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 

e.e. conducono agli stessi risultati. 
Poich� le ordinanze di rimessione chiedono la diohiarazione d'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 2059 e.e., nella rparte in cui prevede la risarcibilit� 
del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto 
alla salute soltanto in :conseguenza di reato; poich� qui si � preso atto 

. del 
diritto vivente, per il quale l'art. 2059 e.e. attiene esclusivamente ai 
danni morali subiettivi e non esclude che altre disposizioni prevedano 
la risarcibilit�, in ogni caso, del danno biologico, per s� considerato; poich� 
lo stesso diritto vivente individua nell'art. 2043 e.e., in relazione all'art. 
32 Cost., la disposizione ohe disciplina la risarcibi:lit�, per s�, in ogni 
caso, del danno biologico; mentre va dichiarata infondata la questione di 
legittimit� costituzionale, cos� come prospettata, dell'-art. 2059 e.e., va 
dato atto che il combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 e.e., consente 
la �risarcibilit�, in ogni caso, del danno biologico. 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1986, n. 186 -Pres. Paladin -Rel. 
Pescatore -Patern� (avv. Lepore) e Regione Sicilia (avv. De Fina). 

Corte dei conti -Pensioni civili -Disapplicazione degli atti relativi al rap


porto di impiego -Non � consentita. 

(Cost., artt. 3, 5 e 36; Statuto Sicilia, artt. 1 e 14; legge reg. Sicilia 23 marzo 1971, 

n. 7, tab. N; legge reg. Sicilia 26 ottobre 1972, n. 53, artt. 1 e 4; legge reg. Sicilia 
lo agosto 1974, n. 30, art. 8). 
Non contrasta con precetti costituzionali l'esclusione, nei giudizi in 
materia di pensioni civili, del potere di disapplicare gli atti amministrativi 
divenuti inoppugnabili rilevanti nel pregresso rapporto di impiego attivo. 

L'autorit� gimisdizionale rimettente ha coMegato la .rilevanza degli 
incidenti con la legittimazione che ad essa deriverelbbe dalla dichiarazione 
di illegittimit� delle norme impugnate. In tal caso, infatti, le sarebbe 
consentito l'esercizio del potere di dichiarare illegittimi i decreti di liquidazione 
degli stipendi maggiorati (in base a'lle norme regionali sospettate) 
� nella parte relativa alla determinazione dell'importo di ciascuna pensione, 
previamente disapplicando, ai sensi dell'art. 5 1. �O marzo 1865 

n. 2248, all. E, quale atto presupposto, il decreto dell'Assessore alla Presidenza 
della Regione del 29 dicembre 1977, n. 581, con il quale � stato 
disposto l'adeguamento delle retribuzioni del personale al costo deHa 
vita con decorrenza dal 1� gennaio 1978 e per effetto del quale � stato 

402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ir

determinato l'importo dello stipendio di cui i convenuti erano provvisti (: 

I ~

all'atto della cessazione del servizio�. 

Si pone come preliminare, quindi, la questione se spetti alla Corte 
dei conti il � potere di disapplicazione � dell'atto amministrativo contra 
jus, ai fini dell'esercizio delle sue attribuzioni giurisdizionali in materia 
di pensioni. 

Osserva la Corte che la disapplicazione dell'atto amministrativo � il 

I 

risultato dell'esercizio di una potest� devoluta all'autorit� giudiziaria or


I

dinaria, in base all'art. 5 della rico:ridata legge n. 2248 all. E, del 1865, 
sull'abolizione del contenzioso amministrativo. Tale potest� � strettaI 
mente legata (anche se con ambito diversificato). alla normativa dell'articolo 
4 della stess,a legge, nella parte in cui fa divieto al giudice 
ordinario di revocare o di modificare l'atto amministrativo. La limitazione 
dei poteri di questo giudice alla sola cognizione degli effetti dell'atto 
costituisce l'anello di completamento e di chiusura del sistema designato 
dalla legge del 1865, che pone come condizione dell'applicazione dell'atto 
amministrativo la sua conformit� alle leggi. 

Il giudice ordinario, nel momento in cui viene investito della tutela 
delle posizioni di diritto soggettivo nei confronti della P. A., � obbligato 
a questa valutazione preliminare, che � di carattere incidentale e, quando 
riscontri che la conformit� dell'atto alla legge non sussiste, lo disapplica. 
Questa operazione non si :riflette sulla esistenza formale dell'atto, ma ne 
impedisce la operativit� nel caso concreto. 

Non � questa la sede per precisare il complesso dei problemi che la 
disapplicazione propone e le recenti rivalutazioni di essi. Si deve muovere, 
per�, da qualche considerazione conclusiva, pertinente alla fattispecie, 
affermando che l'accertamento incidentale rimesso al giudice 
ordinario, che � alla base della disapplicazione, deve fondarsi su una 
illegittimit�, che si ripercuote �su una posizione di diritto soggettivo. La 
tutela giurisdizionale di tale posizione -in ossequio all'esigenza di una 
sempre pi� efficace tutela nei confronti della P. A. -� volta a neutralizzare 
l'attitudine lesiva dell'atto; in tal senso il sindacato del giudice 
ordinario, nel caso che si risolva nell'accertamento della non conformit� 
dell'atto amministrativo all'ordinamento, si riflette � sugli effetti dell'atto 
in ;relazione all'oggetto dedotto in giudizio�. 

Questa breve premessa circa l'origine, l'autorit� giudiziaria titolare 

del potere e gli effetti della �disapplicazione�, spiana la via per risolvere 

la questione della riferibilit� della relativa disciplina alla Corte dei 

conti nei giudizi in materia.di pensioni. 

L'indirizzo consolidato della Corte di cassazione, giudice della giu


risdizione, � nel senso che non spetta alla Corte dei conti, in tali giudizi, 

il potere di conoscere in via incidentale (per escluderne in concreto 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

l'operativit�) degli atti amministrativi, diventati inoppugnabili, rilevanti 
nel pregresso rapporto di impiego attivo. 

Gli anzidetti atti, in quanto attributivi di posizioni giuridiche del 
pubblico dipendente, tutte afferenti al suo status, sono operanti nell'ambito 
e al di fuori del rapporto d'impiego. Di qui la impossibilit� che tali 
atti possano essere considerati legittimi rispetto a tale rapporto e illegittimi 
in altri rapporti, come quello di pensione, che presuppongono il 
rapporto di pubblico impiego e sono ad esso legati dall'identit� del soggetto 
titolare. Ne deriva che le controversie circa la legittimit� dell'atto 
amministrativo regolatore di quelle posizioni assumono carattere pregiudiziale 
e debbono essere necessariamente decise con efficacia di giudicato 
dal giudice amministrativo competente. La conseguente preclusione 
del potere di disapplicazione in.via incidentale da parte di altro 
giudice si fonda anche sul rispetto del principio di certezza, che impedisce, 
nel giudizio in materia di pensione, l'esercizio della potestas judicandi 
circa provvedimenti �concernenti lo stato giuridico ed il trattamento economico 
del pubblico diipendente, che sono diventati inoppugnabili nell'ambito 
dell'011dinamento ad essi proprio. 

Non � precluso invece alla Corte dei conti di statuire sui riflessi di 
tali atti �sull'an e sul quantum della pensione, secondo la normativa applicabile 
in concreto. 

In base alle considerazioni esposte appare chiaro che la pronuncia di 
illegittimit� costituzionale delle norme sospettate dal giudice rimettente 
non potrebbe attribuirgli il potere di disapplicazione, che in materia 
non gli spetta. 

Dal che deriva altres� l'irrilevanza (e la conseguente inammissibilit�) 
delle dedotte questioni di legittimit� costituzionale, in quanto la 
definizione di esse non potrebbe in alcun modo influire, nemmeno di 
riflesso, sull'esito del giudizio a quo. 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1986, n. 191 -Pres. Palaci.in -Rel. La 
Pergola -Presidenza Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato 
Azzariti) e Regione T1rentino Alto Adige (avv. Panunzio). 

Trentino . Alto Adige � Tasse regionali sulle concessioni non governative � 
Licenza per arte tipografica e per agenzie di affari. 

Ricorsi amministrativi � Silenzio-rigetto � Sostituzione con silenzio-accogliment:
o � Non pu� essere disposta dal legislatore regionale. 

La regione Trentino Alto Adige non pu� assoggettare a tassa regionale 
sulle concessioni non governative atti di competenza dei comuni, 
dopo che l'art. 8 del d.l. 10 novembre 1978 n. 702 convertito con legge 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

8 gennaio 1979 n. 3 ha assoggettato tali atti a tassa sulle concessioni 
comunali. La competenza a rilasciare la licenza di esercizio di arte tipografica 
litografica e di stampa � passata al comune in forza dell'art. 19, 
primo comma n. 11, del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616; al contrario, non � 
comunale la competenza a rilasciare la licenza per agenzia d'affari (1). 

Le norme statali che attribuiscono significato di rigetto al silenzio 
serbato dall'autorit� competente a decidere su ricorso gerarchico non 
possono essere derogate da disposizioni regionali che attribuiscano al 
silenzio significato di accoglimento (2). 

La presente questione, promos,sa dal Presidente del Consiglio, concerne 
il testo della legge riapprovata dal Consiglio regionale del Trentino-
Alto Adige il 18 ottobre 1977, dopo il rinvio disposto dal Governo. 

Il testo normativo impugnato reca integrazioni e modifiche alla 
legge regionale del 29 dicembre 1975, n. 14, concernente la disciplina delle 
tasse regionali e delle soprattasse provinciali sulle concessioni non governative. 
Nel ricorso dello Stato si deduce un duplice ordine di censure. 

a) In primo luogo, la Regione avrebbe ecceduto le proprie competenze 
con il sottoporre alle tasse regionali sulle concessioni non governative 
le licenze previste agli artt. 111 e 115 del Testo Unico delle leggi 
di pubblica sicurezza (R.D. n. 773 del 1931). Tali provvedimenti sono, 
rispettivamente, la licenza per l'arte tipografica e quella per l'apertura 
e conduzione delle agenzie di affarri. Ai sensi dell'art. 20 dello statuto del 
Trentino-Alto Adige (e dell'art. 3 delle norme di attuazione poste nel 

d.P.R. n. 686/73), il relativo rilascio compete ai Presidenti delle giunte 
provinciali (di Trento e Bolzano), i quali esercitano, infatti, le attribuzioni 
spettanti alle autorit� di publblica sicurezza in varie materie, incluse 
le due in considerazione. L'Avvocatura dello Stato ritiene che, alla stregua 
di una precedente pronunzia della Corte (14/56), resa in merito 
all'art. 16 del previgente testo dello statuto speciale (ofr. art. 47 delle 
norme di attuazione del d.P.R. n. 574/51), di identico contenuto rispetto 
all'art. 20 dell'attuale statuto, non si debba ravvisare nel oaso in esame 
alcun istituzionale decentramento delle attribuzioni di pubblica sicurezza 
a favore della Provincia: il Presidente della Giunta provinciale .emanerebbe 
le licenze sopra menzionate in una veste giuridica, che, sostanzialmente, 
non differisce da quella assunta dal Sindaco, quale autorit� locale 
(1) La Corte si � allontanata dal motivo formulato dalla Presidenza del 
Consiglio, ed ha affermato un principio che forse � suscettibile di ulteriori 
applicazioni. 
(2) Il silenzio-accoglimento �, come il silenzio-assenso, istituto assolutamente 
eccezionale, in quanto determina, in sostanza, una sostituzione del � privato ,. 
all'amministrazione: il ricorso, o la domanda, del privato si trasforma -con 
il silenzio -in decisione o provvedimento. 
!: 

I� 

i: 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

di pubblica sicurezza. Del resto, soggiunge l'Avvocatura, la vigente legislazione 
dello Stato include i provvedimenti che vengono in rilievo nella 
specie fra gli atti soggetti alle tasse sulle concessioni governative (cfr. le 
rispettive voci della tabella annessa al dJ>.R. n. 641/72: Di_sciplina delle 
tasse sulle concessioni governative). Il che comproverebbe che difetta 
il presupposto giustificativo delle norme regionali dedotte in giudizio. 
Di qui il necessario risultato della violazione degli artt. 73 e 77 dello 
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dai quali trae fondamento la 
potest� legislativa ed impositiva deHa Regione, il cui esercizio � qui 
contestato. 

b) L'altro rilievo formulato l!lel ricorso investe, come il corrispondente 
motivo di rinvio in seguito alla prima approvazione della legge, 
l'aTt. 1 del testo censurato. Ivi � posta la disposizione che sostituisce il 
terzo comma dell'art. 11 della legge regionale n. 14/75. Quest'ultima disposizione 
concerne i ricorsi (inerenti all'applicazione delle tasse in questione, 
prodotti avanti alfispettorato generale delle finanze e del patrimonio) e 
contempla che, decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione 
del ricorso, senza ohe sia stata comunicata al ricorrente la relativa decisione, 
il ricorso s'intende respinto. La modifica introdotta dalla norma 
impugnata sta in ci�, che, decorso il termine anzidetto, il ricorso deve 
invece ritenersi accolto. Ad avviso dell'Avvocatura, sarebbe stata cosl 
configurata un'ingiustificata deroga -e perci� un'infrazione -al principio 
generale vigente nel sistema della giustizia amministrativa, che, 
di regola, al silenzio dell'amministrazione conferisce l'opposto significato: 
,quello, cio�, del diniego di accoglimento dell'istanza ovvero di 
rigetto del ricorso del privato. 

Quanto alla censura sopra richiamata sub 1 a) s'impongono le 
seguenti conclusioni. Bssa � fondata, per le ragioni dedotte dallo Stato, 
con riguardo alla licenza che attiene alle agenzie di affari. Si tratta di un 
atto ancora soggetto alla tassa sulle concessioni governative (cfr. d.P.R. 

n. 641/72, n. 64, della tabella allegata), ed emesso dal Presidente della 
Giunta provinciale quale autorit� locale di pubblica sicurezza, senza che 
le relative funzioni ,siano istituzionalmente passate !in capo all'ente autonomo. 
Diverso avviso va accolto con riferimento alla licenza concernente 
le arti tipografiche. A proposito di quest'ultimo provvedimento, � infatti 
da osservare che la competenza ad emanarlo � stata trasferita ai comuni, 
in forza dell'art. 19 del d.P.R. n. 616/77, n. 11. La funzione di polizia amministrativa, 
ohe si concreta nel rilascio della licenza in questione, � attribuita 
al comune, come le altre elencate nell'art. 19, nel quadro del seguente 
regime: il consiglio comunale determina procedure e competenze in 
ordine all'esercizio di detta funzione; il Ministro.. dell'Interno pu� impartire,, 
per il tramite del Commissario del Governo, direttive vincolanti ai 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'fATO

406 

sindaci, sempre con riguardo alla funzione attribuita al comune; per esigenze 
di pubblica ,sicurezza i provvedimenti, incluso quello qui considerato, 
sono adottati previa comunicazione al prefetto e devono essere 
sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta dello stesso; il relativo 
diniego � efficace solo se il prefetto esprime parere conforme. 

Ora, non occorre indagare se cos� si abbia decentramento istituzionale 
della funzione e di quale tipo o grado esso sia. Ai fini fiscali, che 
rilevano per l'attuale giudizio �, infatti, decisiva quest'altra considerazione. 
A norma dell'art. 8 del d.1. 10 novembre 1978, n. 702, convertito nella legge 
8 gennaio 1979, n. 3, gli atti e ,.provvedimenti emessi dai comuni nell'esercizio 
delle proprie funzioni, comprese quelle attribuite dal d.P.R. 

n. 616/77 e per le quali sia dovuta la tassa sulle concessioni governative, 
sono assoggettati, a decorrere dal 1� gennaio 1979, a tassa sulle concessioni 
comunali. L'individuazione degli atti soggetti 'a tale ultima tassa � 
rimessa, nel quinto comma dello stesso articolo, ad un decreto del 'Ministro 
delle Finanze, da emanarsi secondo le modalit� ivi prescritte; quello 
adottato nella specie (d.m. 29 novembre 1978) prevede, infatti, al n. 16 
dell'annessa tabella, fra gli atti gravati dalla tassa sulle concessioni comunali, 
la licenza per l'esercizio dell'arte tipografica. La licenza prevista 
nell'art. 111 del T. U. di pubblica sicurezza � dunque esclusa dai provvedimenti 
soggetti a tassa sulle concessioni governative nell'ambito in cui 
opera il reg.ime fiscale dettato dalla legge statale in conformit� ed 
attuazione dell'art. 19 del d.P.R. n. 616. Non si vede, allora, perch� la 
Regione del Trentino-Alto Adige non possa adottare il trattamento tributario 
disposto dalla norma impugnata; il contestato onere fiscale � fatto 
gravare su un atto che non figura pi� tra le concessioni governative; ed 
esso � stato imposto, occorre concludere, sul razionale e legittimo presupposto 
che la licenza rilasciata dal comune equivale, per quanto concerne 
la presente controversia, a quella rimessa al Presidente della 
Giunta provinciale. 
Il secondo motivo di ricorso dello Stato � fondato. Il principio al 
quale la legge regionale doveva nella specie adeguarsi, secondo il primo 
comma dell'art. 73 dello statuto, discende, come osserva l'Avvocatura, 
dall'art. 6 del d.P.R. n. 1199/71 e dall'art. 11 del d.P.R. 641/72. L'una e 
l'altra delle anzidette disposizioni riguardano, ciascuna nel proprio ambito, 
puntualmente il settore in cui la Regione ha preteso di esercitare la 
sua potest� impositiva e legislativa. L'art. 6 del d.P.R. n. 1199/71 statuisce, 
in materia di ricorsi amminiJstrativi, che, decorso il termine di novanta 
giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l'organo adito 
albbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli 
effetti. Analogo criterio � sancito, con specifico riferimento alla discipl1na 
delle tasse sulle concessioni governative, nel terzo comma del




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

407 

l'art. 11 del d.P.R. n. 641/1972. La normativ�a invocata in giudizio dallo 
Stato costitillsce, secondo statuto, un limite della sfera attribuita al 
legislatore del Trentino-Alto Adige; limite che il censurato regime delle 
tasse sulle concessioni regionali ha mancato di rispettare. 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 dicembre 1986, n. 283 -Pres. La Pergola -
Rel. Gallo -Presidente Consiglio dei Ministri ~avv. Stato Ferri) e 
Pretore di Pistoia. 

Giurisdizione civile -Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato � Invasivit� 
di provvedimenti pretorili sostitutivi di provvedimenti ammi� 
nistrativi rifiutati. 

L'autorit� giudiziaria non pu� sostituirsi all'autorit� amministrativa 
disponendo in positivo ci� che questa ha, nel suo apprezzamento discrezionale, 
ritenuto di non disporre. In particolare, i provvedimenti di urgenza 
del pretore nei confronti della P.A. sono ritenuti ammissibili -ricorrendone 
le condizioni di legge -soto quando la P.A. abbia agito come 
soggetto privato oppure � sine titulo � oppure in base ad atti che esulino 
dai limiti temporali o materiali del potere amministrativo in concreto 
esercitato (1). 

~ opportuno innanzitutto analizzare il contenuto dei provvedimenti 
impugnati, al fine di stabili_rne l'esatta natura, e soprattutto le finalit� 
cui sono ispirati. Soltanto attraverso questo esame, infatti, sar� possibile 
conoscere se la doglianza del ricorrente sia fondata, v~sto che il 
conflitto � sollevato in Telazione alla denunziata invasivit� sostanziale dei 
provvedimenti, al di l� del loro aspetto formale. 

In effetti secondo il Governo, gli atti impugnati solo formalmente si 
presentano 11.1ella veste di provvedimenti d'urgenza assunti ex art. 700 
cod. proc. civ.: nella �sostanza, essi costituiscono, invece, vere e proprie 
�ordinanze necessitate extra ordinem �, come tali invasive di un potere 
che spetta esclusivamente a determinate Autorit� amministrative nelle 
loro funzioni di governo (Governo, taluni Ministri, Prefetto, Sindaco, 
Commissario di Governo). 

(1) Nella motivazione si accenna brevemente (tanto brevemente . che il 
passo pu� essere letto come una sorta di riserva di riesame) ad un problema di 
notevole delicatezza ed importanza: quello degli interventi (nella sentenza si 
parla, non � dato comprendere perch�, solo del pretore) volti ad� impedire che 
i reati vengano portati a conseguenze ulteriori. Il problema non pu� considerarsi 
chiuso e risolto con poche parole, oltretutto obiter dieta. 

408 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ebbene, effettivamente non sembra alla Corte -per le ragioni che 


~ 

verranno subito lumeggiate -che i provvedimenti in esame possano 
ricondursi alle attribuzioni dell'Autorit� giudiziaria e che in particolare 

j 

concretino Ulll provvedimento d'urgenza, cos� come contemplato nel�'[
l'art. 700 c.p.c.. Un provvedimento, cio�, che -giusta il dato testuale risulti 
il pi� idoneo, in relazione alle circostanze, ad assicurare provvisoriamente 
gli effetti della deciJSione sul merito quando, durante il tempo 
per far valere un diritto in via ordinaria, sussista fondato motivo per 

I 

temere che questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irrepMabile. 


I

Gi� lo stesso tenore del ricorso introdotto dai privati � ispirato da 
ben diversa finalit�. I ricorrenti, infatti, danno atto che la Provincia aveva 
negato (peraltro non a loro ma all'Ente Comunit� montana) l'autorizzazione 
a costruire un raccordo sciistico fra le due piste, per ragioni attinenti 
al paesaggio e alla situazione idreogeologica della zona. Soggiungono, 
per�, esplicitamente che ad essi non interessa l'aspetto amministrativo 
deHa vicenda, di cui verr� investito il competente T.A.R.: e ci� in 
quanto l'interesse che muove le parti a ricorrere al magistrato ordinario 
� �di altra natura e pevsegue mo scopo diverso�. E difatti tutta la J 
residua motivazione del ricorso � diretta a dimostrare che quella diversa ~ 
natura dell'interesse, cos� come lo scopo che le parti intendono perseguire, l 

~ 

sono incentrati su � motivi di sicurezza pubblica �, poscia precisati ( 
nell'interesse alla � pubblica incolumit� �. i 

�~ 

In buona sostanza, il prospettato pregiudizio imminente e inepara~ 


' 

bile non .riguardava i ricorrenti ma 1a pubblica incolumit� degli sciatori, 't 

f 

e sarebbe �rappresentato dalla temerariet� o dall'incoscienza di qualche ,� 
sconsiderato che si �avventura� (cos� testualmente nel ricorso) in zone f 
innevate dove non esiste tracciato sciabile per portarsi dall'una all'altra I 
delle due piiste. Poich� si sarebbe verificato qualche incidente a danno 
di questi imprudenti, si chiedeva al Pretore di disporre egli stesso la� 

I 

costituzione di quel raccordo che la Provincia aveva negato. 

I

E il Pretore, infatti, si pone senza esitazioni sul piano concettuale � 
indicato dai ricorrenti. Singolarmente, anzi, d� atto a sua volta, nelle 

I

premesse del provvedimento autorizzativo 12 novembre 1984, che non si 

!

tratta in realt� di pericolo oggettivo imminente e :irreparabile ma soltanto 
di un pericolo eventuale che taluni sconsiderati provocano � mot~ 
proprio� (sic), �avventurandosi nella discesa fuori pista� fra le due 

Il

valli. Riconosce, anzi, il Pretore che la � possibilit� � d'incorrere in peri


!

coli pi� o meno gravi dipende � dall'assoluta ignoranza� della montagna 

!

da parte degli avventurosi. 

I 

Nel provvedimento di conferma del 6 dicembre successivo, polemizI 


!

zando con le doglianze della Provincia che chiedeva la revoca dell'atto 
precedente, il Pretore afferma di non essersi ingerito nell'attivit� deHa 
pubblica amministirazione perch� al magistrato �era stato soltanto chie




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sto, e conseguentemente emesso, un provvedimento a salvaguardia esclusiva 
della pubblica incolumit� �. 

E, affinch� non restino dulbbi, il Pretore dedica tutta la residua 
lunga motivazione a spiegare che �lo Stato ha il dovere di proteggere 
la collettivit� da ogni aggressione che la danneggi o la esponga al pericolo
�, peroh� si tratta di �un interesse che �trascendendo i singoli colpiti 
� riguarda il pregiudizio o la minaccia � alla sicurezza della convivenza 
sociale� e quindi l'offesa al �bene giuridico indisponibile della 
pubblica incolumit��: e poich� si tratta di un bene pubblico � tutti 
possono adire il giudice civile � per eliminare pericoli che lo minacciano. 

Ritiene, anzi, a questo proposito, il Pretore che i ricorrenti, oltre 
ad essere portatori uti singuli dell'interesse generale alla pubblica incolumit�, 
abbiano anche un individuale e particolare interesse ad agire per 
adempiere �al dovere di tutelare la pubblica incolumit��: e ci� a causa 
delle loro rispettive qualit� di presidente della Commissione comunale 
piste, Zeno Col�, e di presidente del Consorzio impianti di risalita, 
Giancarlo Ciacci. 

Solo nelle ultime righe osserva il Pretore di sfuggita, e incidenter 
tantum, che una siffatta situazione di �continui attentati alla pubblica 
incolumit� potrebbe anche di riflesso comportare � danno agli enti che 
i ricorrenti rappresentano: danno di natura economica perch� gli sciatori 
potrebbero essere scoraggiati dal frequentare quelle piste a causa dell'accennata 
insicurezza. 

Che quest'ultimo rilievo non modifichi la sostanziale natura e l'autentico 
scopo dei provvedimenti assunti, lo attesta lo stesso pretore quando 
definisce questo aspetto �di secondaria importanza � a fronte della reale 
finalit� che ricorrenti e magistrato intendevano perseguire. 

:E!, dunque, evidente che il pretore ha inteso effettivamente tutelare 
la pubblica incolumit�: tutela sollecitata da privati che, come tali, la 
hanno invocata. Non deve trarre in inganno, infatti, la qualit� nel Col� 
di presidente della Commissione comunale piste: la quale � effettivamente 
una delle Commissioni speciali dell'amminist�razione comunale dell'Abetone. 
Ma il Col� non era legittimato a stare in giudizio in qualit� di 
Presidente, sia perch� semmai la legittimazione competeva al Sindaco 
quale rappresentante dell'amministrazione, sia perch� comunque il Consiglio 
comunale non aveva mai autorizzato alcuno a stare in giudizio per 
la vertenza in esame. Ed � appena il caso di rilevare che l'altro ricorrente 
� il Prnsidente di un Consorzio di imprenditori commerciali che perseguono 
fini di lucro mediante gli impianti di risalita. 

Non compete a questa Corte l'apprezzamento sui non pochi vizi della 
procedura e dei provvedimenti pretorili in esame: tuttavia, ai soli fini 
di trarre dall'analisi condotta attendibili conclusioni circa la natura 
sostanziale dei . due provvedimenti, non sembra fuor di luogo prendere 
atto di quanto esulino da essi i caratteri, la funzione e le stesse condi



410 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zioni per la concessione di provvedimenti di natura giurisdizionale e 
quindi di quello previsto nell'art. 700 c.p.c.. 

A tale proposito sembra significativo che il pretore nemmeno si sia 
posto il problema dell'ammissibilit� della procedura richiesta rispetto 
ad una situazione giuridica -in ipotesi -tutelabile davanti al giudice 
amministrativo: e ci�, nonostante non potesse ignorare la costante giurisprudenza 
negativa della Corte di Cassazione. E non se l'� posto proprio 
perch� 1distratto da una finalit� esclusiva, (l'anticipata cautelare tutela 
della pubblica incolumit�), trascendente il diritto soggettivo che� i due 
privati avrebbero dovuto far valere, e che il pretore in effetti -come 
s'� visto -trascura. 

N�, infine, il diritto soggettivo dei privati (interesse economico ad un 
sicuro e tranquillo esercizio delle piste e degli impianti di risalita) era 
in realt� minacciato da un perkol� imminente e irreparabile. Le piste, in 
effetti, erano e sono assolutamente sicure da frane, smottamenti, valanghe 
o altri pericoli, come peraltro nessuno nega; e altrettanto dicasi per 
gl'impianti di risalita. 

In �realt�, il pericolo che ricorso e provvedimenti prospettano � 
dipendente da comportamenti temerari di sciatori che, senza alcuna 
conoscenza della zona e con scar-sa esperienza sciistica, si azzardino ad 
avventurarsi fuori pista per luoghi impervi. Ma a questa situazione, a ben 
guardare, non potrebbe ovviare alcun provvedimento, che mai riuscirebbe 
ad evitare le innumerevoli imprudenze di ogni specie ipotizzabili da parte 
degli sconsiderati. Nemmeno i cartelli di pericolo, che la Provincia al pi� 
prospettava come possibile ipotesi di intervento, rappresenterebbero un 
effettivo rimedio, dato che risponde' a criteri minimi di comune buon 
senso il rendersi conto che l'avventurarsi fuori del tracciato delle piste 
oi�fre difficolt� e pericoli agli inesperti. 

Ed, infatti, nessuno prende in considerazione l'opportunit� di collocare 
cartelli di pericolo ai piedi delle rocce o dei ghiacciai dove si cimentano 
gli scalatori, o sulle spiagge dove sostano i bagnanti, bench� pericolosa 
sia la scalata a chi vi si accinga inesperto e senza guida e insidioso 
sia il mare a chi si avventura al largo, a nuoto o in barca, senza sufficienti 
nozioni. 

Anche cos� come prospettato dal pretore, il diritto soggettivo dei 
privati ricorrenti non subiva, perci�, alcuna minaccia, perch� nessuno 
avrebbe potuto sensatamente giudicare insicure le piste di quella zona, 
solo perch� qualche temerario andava volontariamente a cercarsi il pericolo 
fuori del tracciato. Se cos� fosse, infatti, nessuna pista sarebbe 
sicura, in quanto non esistono piste che proteggano con reti o con altri 
ostacoli l'intero percorso del tracciato. 

La disamina fin qui svolta sui provvedimenti pretorili consente di 
concludere che si tratta di pronunzie il cui dichiarato presupposto � 
costituito da uno stato di pericolo per la pubblica incolumit� denunzia




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

bile da qualunque soggetto, il cui contenuto ha carattere costitutivo e la 
cui efficacia � prevalente su ogni situazione giuridica soggettiva e su 
ogni altro provvedimento autorizzativo, prescindendo dall'ordine delle 
competenze. Esse, dunque, si conformano al modello delle ordinanze di 
necessit�, ripetendone le tipiche connotazioni previst� dagli artt. 2 r.d. 
18 giugno 1931 n. 733; 19, 20, 55 testo unico I.e. e p.; 7 legge 20 marzo 
1865 n. 2248 ali. E. 

Cos� accertata la natura sostanziale dei provvedimenti in questione, 
e venendo al merito del conflitto, osserva la Corte che il giudice � 
sempre vincolato, nel formulare il contenuto del suo provvedimento, al 
rispetto dei limiti generali dell'art. 4 I. 2248 del 1865 Ali. E. 

In altri termini, non spetta all'attivit� del giudice il provvedere ad 
esigenze generali della societ�, n� ad amministrare la sicurezza pubblica 
e la pubblica incolumit�. Va, anzi, iricordato che appartiene anche ad 
una nozione tradizionale di pubblica amministrazione il provvedere alla 
conservazione dell'ordine pubblico e della sanit�. 

Ci� non esclude ovviamente che, invocato a jusdicere, vale a dire 
ad affermare l'ordine giuridico in relazione ad un caso concreto e nei 
confronti di un determinato soggetto, il giudice non possa assumere 
sopratutto in via di urgenza, provvedimenti che possono anche incidere 
su di una cerchia pi� vasta di interessi: ma a condizione che non vi 
sia altra possibilit� di dare protezione all'interesse dedotto nel caso 
concreto. 

Il fenomeno � particolarmente rilevabile nel campo della giustizia 
penale, dove il pretore, ove proceda ad attivit� preliminari di polizia 
giudiziaria (perci� dirigendone le funzioni stesse), deve impedire che i 
reati vengano portati a conseguenze ulteriori (artt. 219, 220 e 231 cod. 
proc. pen.). In tal caso, e specie in situazioni di urgenza, ben pu� 
assumere provvedimenti che, al fine predetto, incidono nel campo dei 
poteri riservati alla pubblica amministrazione. 

Si tratta sicuramente di provvedimenti assunti -per usare l'espressione 
del Pretore di cui si parla -� esclusivamente a tutela della salute 
p�bblica �, ma nell'ambito di un dovere e di un potere istituzionale 
specificamente contemplato dalla legge penale (impedire le ulteriori conseguenze 
dei reati). 

Fuori di queste ipotesi, la giurisdizione ordinaria pu� svolgere 
esclusivamente �una funzione di controllo nel campo e sulla attivit� della 
pubiblica amministrazione a fronte di provvedimenti di quell'Autorit� 
che risultino lesivi di diritti soggettivi di un ben determinato soggetto, 

o di interessi penalmente tutelati nei sensi gi� detti: ma non pu� sostituirsi 
all'Autorit� stessa disponendo in positivo (e facendo forzosamente 
eseguire) ci� che la pubblica amministrazione non ha ritenuto 
di di:sporre nel suo apprezzamento discrezionale. Peraltro, i provvedimenti 
di urgenza del pretore nei confronti della pubblica amministra

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione sono ritenuti ammissibili -ricorrendone le condizioni di legge allorquando 
la pubblica amministrazione agisca come soggetto privato, 

o in base ad atti che esorbitino dai limiti temporali o materiali del 
potere amministrativo in concreto esercitato, o quando la pubblica 
amministrazione abbia agito sine titulo. 
D'altra parte, le eocezioni sopra accennate sono conseguenza della 

�innegabile realt� degli ordinamenti degli Stati democratici contemporanei 
che non hanno mai attuato in modo letterale e meccanico il principio 
illuministico della divisione dei poteri. Ne deriva che ciascuno dei 
poteri non esercita in modo esclusivo e rigoroso l'attivit� da cui prende 
il nome, ma partecipa -iJil via eccezionale -a qualche manifestazione 
delle funzioni degli altri: il che, del resto, corrisponde anche a quel 
principio di equilibrio e di reciproco controllo fra i poteri che contraddistingue 
la nostra Costituzione. 

Del resto, questa Corte, in ipotesi analoga ma molto meno grave, 
aveva gi� ammonito che � l'art. 113 ultimo comma Cost., rinviando alla 
legge la determinazione degli organi giudiziari albilitati ad annullare gli 
atti della pubblica amministrazione,... a pi� forte ragione comporta che 
tali autorit� non possano contrapporsi o sovrapporsi alle autorit� amministrative, 
arrogandosi poteri che per legge vadano esercitati dall'esecutivo, 
in forme e con procedimenti prefissati, ... sostituendosi agli 
organi competenti... ed addirittura prescrivendo gli atti specifici che 
debba.no essere adottati� (cfr. sent. n. 150/1981 e n. 70/1985). 

E poich� il pretore di Pistoia ha ritenuto di potersi sostituire, con i 
suoi provvedimenti, in via positiva ed esecutiva, alla pubblica amministrazione, 
nell'esclusiva finalit� -come egli ha scritto e come risulta 
dal contesto -di ovviare ad un supposto pericolo generale alla pubblica 
incolumit�, ne consegue l'annullamento dei provvedimenti stessi 
perch� invasivi di poteri spettanti alla pubblica amministrazione. 

p.q.m. 
non spetta all'Autorit� giudiziaria autorizzare la realizzazione di una 
pista da sci ai fini dell'interesse generale alla pubblica incolumit�, l� 
dove il provvedimento autorizzatorio richiesto per il compimento dei 
relativi lavori rientra nelle attribuzioni della pubblica amministrazione. 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 dicembre 1986, n. 284 � Pres. La Pergola � 
Rel. Saja � Rossi ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato D'Amico). 

Ordinamento giudiziario � Giurisdizioni professionali � Consiglio nazionale 
dei geometri � Natura di organo giurisdizionale. 
(Cost., art. 108; d.l.lgt. 23 novembre 1944, n. 382, art. 14). 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Istruzione e scuole � Personale docente � Esercizio di attivit� professionale 
� Compatibilit� � Limiti. 

(Cost., artt. 3, 97 e 98; d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 92). 

Il Consiglio nazionale dei geometri, quando decide sui ricorsi avverso 
i provvedimenti amministrativi dei collegi provinciali in materia 
disciplinare e di iscrizione nell'albo, � organo giurisdizionale. Con la 
natura giurisdizionale di un organo non sono incompatibili a) la rieleggibilit� 
anche immediata, b) l'appartenenza di tutti i componenti alla 
stessa categoria professionale, c) l'attribuzione all'organo anche di funzioni 
amministrative, d) il carattere imperfetto del collegio (1). 

La posizione del personale docente presenta -per l'utilit� a fini 
didattici dell'esperienza pratica -caratteri di specialit� rispetto a quella 
degli altri pubblici dipendenti; non contrastano con gli artt. 3 e 97 Cost. 
le disposizioni che consentono al personale docente, compatibilmente 
con l'assolvimento di tutte le attivit� inerenti alla funzione docente, 
anche l'esercizio di una libera professione. 

La questione pregiudiziale, sollevata da questa stessa Corte, muove 
dal presupposto della natura giurisdizionale delle attribuzioni del Consiglio 
nazionale dei geometri quando decide sui ricorsi avverso i provvedimenti 
amministrativi dei collegi provinciali iDl materia disciplinare 
e di iscrizione nell'albo. Tale natura giuridica � comune, per generale 
consenso, a tutti gli analoghi Consigli nazionali previsti dalle normative 
che, anteriormente all'entrata in vigore della Costituzione, hanno ordinato 
in enti autonomi alcune professioni, ossia quelle indicate negli 
artt. 1 e 18 d.l. 1gt. 23 novembre 1944 n. 382 e successive modificazioni. 
Essa viene desunta principalmente dal fatto che avverso le decisioni dei 
Consigli, inerenti alle attribuzioni suddette (materia disciplinare e iscrizione 
all'albo), � direttamente previsto il ricorso per cassazione, il quale 
nel nostro sistema � diretto al controllo su provvedimenti di natura 
giurisdizionale (in questo senso � anche la giurisprudenza di questa 
Corte: cfr. le sentt. nn. 110/1967; 114/1970; 27/1972 e 175/1980). 

Invece, per gli ordinamenti professionali posteriori alla Costituzione, 
il legislatore ordinario non ha potuto adottare la medesima disciplina, 
a causa del divieto, posto dall'art. 102 della Carta fondamentale, 
di istituire nuove giurisdizioni, non solo straordinarie, ma anche 
speciali: sicch� ha previsto l'impugnazione dei relativi provvedimenti 
con le forme dell'ovclinario processo civile (tribunale, corte di appello, 
cassazione), pure se talvolta con qualche deviazione dal modello tradizionale, 
sulla quale non sarebbe qui utile intrattenersi. 

(1) La prima parte della sentenza contiene un'ampia rivisitazione di qu~ 
stioni attinenti agli ordinamenti delle giurisdizioni speciali. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Attualmente sussistono quindi due diversi tipi di procedimenti, so


pravvivendo il primo in forza della VI disposizione transitoria della 

Costituzione, secondo cui gli organi di giurisdizione speciale gi� esistenti 

nel nostro ovdinamento continuano ad essere operanti, ma sono sog


getti, nel termine (non perentorio) di cinque anni, a revisione da parte 

del legislatore ordinario: il quale dovr� in quella sede valutare se sia 

conveniente sopprimerli, con l'eventuale trasformazione in sezioni spe


cializzate dei tribunali ordinari, ovvero mantenerli con le opportune mo


dificazioni, intuitivamente ispirate, anche sul piano della legislazione 

ordinaria, a quei criteri maggiormente garantistici che sono propri della 

pi� recente esperienza giuridica. 

Effettuata o no la revisione (nella fattispecie � mancato qualsiasi 

intervento legislativo), la sopravvivenza delle giurisdizioni speciali � pur 

sempre subordinata alla condizione che la relativa disciplina non con


trasti con i canoni costituzionali in materia: tra i quali va annoverato 

quello sancito dall'art. 108 Cost., che impone anche rispetto ai giudici 

speciali il fondamentale requisito dell'indipendenza. In tali sensi � il 

costante orientamento della Corte, la quale ha dichiarato non conformi 

al dettato costituzionale, per mancanza del suddetto requisito, le giu


risdizioni dei consigli comunali in materia di contem:ioso elettorale, 

dei consigli di prefettura, delle giunte provinciali amministrative, delle 

sezioni del contenzioso elettorale che sostituivano i consigli elettorali 

comunali e provinciali, del c.d. ministro-giudice, dell'intendente di fi. 

nanza, nonch� del comandante di porto (cfr. sent. n. 93/1965; n. 55/1966; 

n. 30/1967; n. 49/1968; n. 133/1963; n. 60/1969; nn. 121/1970 e 164/1976). 
In quest'ottica si pone coerentemente l'ordinanza di rimessione, la 

quale dubita dell'indipendenza del Consiglio nazionale suindicato, � at


tesa la composizione e le modalit� di funzionamento del collegio giu� 

dicante � ed appunto perci� solleva la questione di legittimit� costi� 

tuzionale in discussione con riferimento al cit. art. 108 della Costituzione. 
In relazione all'oggetto della proposta questione e quindi all'ambito 
di questo giudizio di costituzionalit�, la Corte deve soffermarsi sui due 
profili sopra indicati per quell'approfondito esame che non poteva certamente 
essere compiuto nel momento della pronuncia del provvedimento 
di rimessione, perch� in quella sede era consentito accertare 
. soltanto che la questione non fosse manifestamente infondata, ossia che 

non sussistesse nemmeno un dubbio di legittimit� costituzionale. 

Prima di affrontare lo specifico esame, si pu� peraltro brevemente 
ricordare che l'indipendenza del giudice consiste nell'autonoma potest� 
decisionale, non condizionata da interferenze dirette ovvero indirette 
provenienti dall'autorit� di governo o da qualsiasi altro soggetto. Essa 
concerne non solo l'ordine giudiziario nel suo complesso (art. 104 Cost.) 
ma anche i singoli organi, ordinari (art. 107) e speciali (art. 108), al 
fine di assicurare che l'attivit� giurisdizionale, nelle varie articolazioni, 



PARm I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE +1s 

come la sua intrinseca essenza esige, sia esercitata senza inammissibili 
influenze esterne. 

Anche se concettualmente distinta, l'indipendenza ha ricorrenti e 
stretti legami con l'imparzialit�, .ed anzi i due termini vengono talvolta 
promiscuamente usati, quasi che esprimano la medesima nozione 
giuridica: ma � da notare che non sempre il difetto di imparzialit� conse~
e alla mancanza di indipendenza, potendo avere relazione causale 
con alcune situazioni che stanno a base degli istit~ti dell'astensione e 
della ricusazione, diretti ad assicurare l'imparzialit� del giudice, senza 
che di norma venga in discussione il requisito dell'indipenqenza. 

Ci� posto, e iniziando dal primo profilo prospettato nell'ordinanza 
di rimessione, ossia dalla composizione del collegio, osserva la Corte che 
il consiglio in questione � formato da undici membri, eletti, tra gli 
appartenenti alla 'Stessa categoria professionale, dagli organi locali, i cui 
componenti sono a loro volta scelti da tutti gli iscritti secondo l'appartenenza 
al rispettivo albo provinciale. I componenti del Consiglio 
nazionale e quelli dei Consigli provinciali durano in carica, i primi, tre 
e, i secondi, due anni, e sono liberamente rieleggibili senza alcun limite. 

Il criterio accolto, ossia quello elettivo, risulta indubbiamente conforme 
ai canoni costituzionali ed � sufficiente osservare in proposito 
che il medesimo principio ispiratore � recepito dalla Carta fondamentale 
nell'art. 106, secondo comma: ovvia:mente qui non interessa la 
sfera di applicazione dell'ora indicata norma costituzionale, notevolmente 
circoscritta, per ragioni non riferibili alla presente fattispecie; 
rileva soltanto, invece, che il criterio stesso, per riconoscimento espresso 
del Costituente, ben si concilia nella sua intrinseca portata con il requisito 
dell'indipendenza. 

N� si potrebbe argomentare in senso contrario dalla possibilit� di 

rielezione, richiamando le decisioni di questa Corte (sent. n. 49/1968 e 

n. 25/1976), le quali, nei casi allora esaminati, hanno ritenuto pregiudicata 
l'indipendenza dei collegi giudicanti in quanto la legge prevedeva 
la rinnocazione del mandato. La ratio di tali pronunce risiede, 
invero, nel fatto che la titolarit� del potere di rinnovazione spettava 
all'autorit� amministrativa, rispetto alla quale era configurabile un rapporto 
di soggezione, in quanto il timore di perdere la carica poteva 
porre in pericolo l'indipendenza del giudice, inducendolo a decisioni 
gradite alla stessa pubblica amministrazione (e analoga considerazione, 
mutatis mutandis, � da fare per la sent. n. 11/1968 concernente l'Ordine 
dei giornalisti). Nel caso in esame, per contro, la rielezione dipende da 
tutti i Consigli provinciali e quindi in definitiva, anche se mediatamente, 
dall'intera categoria professionale, sicch� il componente rieleggibile non 
� condizionato nell'esercizio delle sue funzioni da alcun altro soggetto, 
o gruppo di soggetti, ma deve necessariamente ispkare la sua condotta 
ai canoni di effettiva giustizia e di obbiettiva correttezza, cos� da pro

RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELl..O STATO 

curarsi, come esige il principio democratico, la stima e la considerazione 
della maggioranza degli elettori. Giova ancora sottolineaTe come 
il limite temporale del mandato dei consiglieri nazionali e di quelli 
provinciali sia diverso, in quanto i primi durano in carica tre anni e gli 
altri soltanto due: con la conseguenza che di norma questi ultimi, una 
volta scaduta la loro carica, non possono rinnovare il mandato ai componenti 
del Consiglio nazionale alla cui scelta ha1llI10 gi� concorso. Comunque, 
l'illimitata e incondizionata rieleggibilit�, attualmente possibile 
sia rispetto ai Consigli locali ohe al Consiglio nazionale, potrebbe cagionare 
in qualche situazione-limite una certa vischiosit�: la quale, ancorch� 
non indicativa di violazione costituzionale in quanto non incidente 
sul requisito dell'indipendenza, potrebbe tuttavia indirettamente 
rifluire sulla limpidezza e trasparenza che gli organi giurisdizionali. debbono 
sempre possedere in massimo grado. Il rimedio � per� indubbiamente 
riservato al legislatore, il quale, procedendo alla prescritta e 
tanto ritardata revisione, dovrebbe valutare l'esigenza di modificare adeguatamente 
la normativa in discor�so, introducendo per la rielezione una 
appropriata disciplina limitativa, che escluda il rischio sopra rilevato. 

Sul requisito dell'indipendenza non pu� neppure influire la circostanza 
che i componenti del Consiglio siano appartenenti all'or:dine di 
professionisti nei confronti dei quali lo stesso organo deve esercitare 
le sue funzioni. Il tratto caratteristico della c1d. giurisdizione profes� 
sionale � dato anzi da una vasta partecipazione (che numericamente 
pu� assumere diverse varianti) dei soggetti appartenenti alla categoria 
interessata. Partecipazione tradizionalmente giustificata dalla specifica 
idoneit� riconosciuta ai medesimi professionisti nella materia disciplinare, 
attinente in sostanza alle regole di deontologia professionale, 
nonch� nella materia relativa all'appartenenza all'ordine (la c.d. tenuta 
dell'a~bo), da sempre collegata alla prima anche peT l'incidenza dei provvedimenti 
disciplinari che importino la sospensione o la cancellazione 
dall'albo medesimo (quest'ultima, variamente definita nei diversi ordinamenti 
professionali). Relativamente a detta appartenenza, giova ricordare 
che il singolo, per communis opinio, � titolare di una posizione 
di diritto soggettivo perfetto, anche costituzionalmente protetta (art. 4 
Cost.), spettando al Consiglio il mero accertamento dei requisiti stabiliti 
dalla legge: ed anche rispetto alla c.d. buona condotta, il potere del 
Consiglio rimane nell'ambito ora precisato, in quanto si tratta pur sempre 
di accertare delle circostanze secondo le comuni regole probatorie, 
fornendo un'adeguata motivazione, la cui mancanza o insufficienza importa 
il vizio di cui all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. 

Da ultimo, � interessante rilevare come nel nostro ordinamento costituzionale 
esista un istituto intrinsecamente affine, giacch� il Consiglio 
Superiore della Magistratura, composto per due terzi da magistrati, 
provvede attraverso la sua Sezione disciplinare (organo a cui questa 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tl7 

Corte ha riconosciuto natura giurisdizionale con la sent. n. 12/1971), 
all'irrogazione delle sanzioni disciplinari ai magistrati (art. 105 Cost.): da 
tale previsione normativa consegue infatti un ulteriore, sicuro elemento 
per dedurre come l'appartenenza alla medesima categoria professionale 
non basti a pregiudicare l'indipendenza del. giudice. 

Alla fattispecie esamirnata non � certo riferibile la giurisprudenza di 
questa Corte relativa alle norme sulla potest� giurisdizionale dei consigli 
comunali in materia di contenzioso elettorale (sent. n. 93/1965), 
norme dichiarate costituzionalmente illegittime perch� i giudizi da esse 
previsti coinvolgevano sempre l'interesse personale dei consiglieri che 
componevano il collegio, e precisamente (come si esprime la cit. sent. 

n. 93/1965) � l'interesse di alcuni, se di costoro personalmente � contestata 
l'elezione; della maggioranza, se � in gioco la sorte della maggioranza; 
di tutti, se si denunciano irregolarit� delle operazioni elettorali�. 
Nella materia qui considerata, per contro, il Consiglio non giudica 
in cause che siano proprie dei suoi membri, bens� in controversie relative 
a soggetti estranei all'organo giurisdizionale, alla stessa maniera 
di quanto si verifica per tutti gli organi giudiziari. 

In proposito merita essere ricordato che la giurisdizione professionale 
� conosciuta anche dagli ordinamenti di ,altri Stati e che, in particolare, 
la Corte europea dei diritti dell'uomo, chiamata ad esaminare 
il medesimo problema (pur se, naturalmente, rispetto a una fonte normativa 
diversa e cio� all'art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la 
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, :ratificata 
in Italia con I. 4 agosto 1955 n. 848), ha riconosciuto, rispetto ad alcune 
decisioni del Consiglio nazionale dei medici belgi, la sussistenza del 
requisito dell'indipendenza degli organi della giurisdizione professionale 
(sent. 23 giugno 1981, nel caso Le Compte, Van Leuven, De Meyere e 
sent. 10 febbraio 1983, nel caso Albert e Le Compte). Di tali decisioni 
va altres� ricordata l'importante notazione, in!drubbiamente da c0t11dividere, 
che i memlbri dei collegi professionali partecipano al giudizio non 
gi� come rappresentanti dell'ordine professionale, e quindi in una posizione 
incompatibile con l'esercizio della funzione gil}.risdizionale, bens� 
a titolo personale e perci� in una posizione di �terziet��, analogamente 
a tutte le magistrature. 

Sotto il secondo profilo prospettato dall'ordinanza di rimessione 
-quello del funzionamento dell'organo -rileva la Corte che il giudizio 
si svolge dinanzi al Consiglio nazionale secondo il modello del 
processo civile, con l'intervento, a garanzia dell'osservanza della legge, 
del massimo esponente dell'ufficio del Pubblico Ministero, ossia del Procuratore 
Generale presso la Corte di cassazione: il quale :rimane per� 
sempre distinto, com'� indisipensabile, dall'organo giudicante, tanto che 
questa Corte, occupandosi dell'analoga disciplina del Consiglio nazionale 
forense, ha ritenuto illegittima la sua partecipazione in camera 


418 

RASSBGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di consiglio al momento della deliberazione della decisione (ofr. sent. 

n. 27 del 1972), provocando da parte del legislatore (legge 8 agosto 1977 
n. 532) l'esclusione di tale partecipazione in �tutti i giudizi civili nei 
quali, a differenza di quelli penali, era stata mantenuta. 
Sulla legittimit� costituzionale della normativa non incide siow:amente 
il fatto che al Consiglio spettino anche delle ' funzioni ammini� 
strative. 

In proposito non � pertinente la giurisprudenza di questa Corte, che 
ha ritenuto l'illegittimit� di alcune giurisdizioni speciali a causa della 
coesistenza nello stesso organo di funzioni giurisdizionali e ammini� 
strative (cfr. sentt. n. 60/1969; 121/1970; 128/1974). Invero, secondo detta 
giurisprudenza, non � la semplice coesis~enza delle due funzioni che 
menoma l'indipendenza del giudice (come la Corte ha espressamente ri� 
badito nella sent. 73/1970), bensl il fatto che, nelle ipotesi considerate 
dalle decisioni suddette, le funzioni amministrative erano affidate all'or� 
gano giurisdizionale in una posizione gerarchicamente sottordinata, sic� 
ch� era immanente il rischio che il potere dell'organo superiore potesse 
indirettamente estendersi anche alle funzioni giurisdizionali e potesse 
cosi in definitiva pregiudicare altresl l'indipendenza del giudice. 

Nella fattispecie, al contrario, le funzioni amministrative sono eser� 
citate dal Consigliq senza che sussista un rapporto di subordinazione 
verso alcun altro soggetto e quindi in piena autonomia: con la evi� 
dente conseguenza che la loro coesistenza con quelle giurisdizionali 
non importa il rischio sopra menzionato e pertanto non incide sull'in� 
dipendenza del Consiglio stesso. 

A conferma di ci�, non si pu6 omettere il riferimento al Consiglio 
di Stato e alla Corte dei conti i quali, per dettato costituzionale, 
hanno nel contempo funzioni giurisdizionali e di altra natura (artt. 100 
e 103 Cost.). Peraltro anche gli organi della giurisdizione ordinaria, 
accanto alle funzioni tipiche, ne hanno altre di natura amministrativa 
(organizzazione degli uffici, vigilanza sugli ufficiali dello stato civile, ecc.) 
senza che queste diminuiscano la loro indipendenza. 

Un cenno merita infine la circostanza che l'organo giudicante in 
esame costituisce un collegio a composizione variabile, in quanto per 
la validit� delle pronunce non � prescritta la partecipazione alla discus� 
sione e decisione di un numero fisso di componenti, ma � sufficiente 
quella della maggioranza di� essi (art. 16, d.l. lgt. n. 382/1944, relativo 
anche agli altri Consigli nazionali da tale decreto previsti, salva l'eccezione 
dell'art. 22, il quale per il Consiglio nazionale forense stabilisce 
che � sufficiente un quarto dei membri). S da escludere, invero, che 
tale modalit� di .funzionamento, pur se non frequente nei collegi giuri� 
sdizionali, possa incidere sul requisito dell'indipendenza, e ci� perch� 
la variabilit� numerica, comunque la si consideri, non ha affatto l'idoneit� 
a pregiudicare l'autonomo esercizio della giurisdizione, rimanendo 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE .+19 

inalterata la libert� di giudizio dei membri intervenuti. Basterebbe in 

pr0posito ricordare l'ordinamento di questa Corte, disponendo l'art. 16, 

secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 che essa � funziona con l'inter


)O::b: vento di almeno undici giudici �. 

fa::~\\\.2%: Sebbene l'esempio addotto sia di per s� talmente significativo da 
'llj'J@W�mpedire la persistenza di qualsiasi dubbio, � utile pure ricordare gli 
uffici di presidenza della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, 
ai quali, quando decidono le controversie di impiego del personale, 
� stata riconosciuta la natura giurisdizionale (cfr. Cass. civ., 
Sez. U!Il., 23 aprile 1986 n. 2861): invero anche pei: la validit� delle loro 
deliberazioni � sufficiente la maggioranza dei componenti (reg. Camera: 
art. 46; reg. Senato: art. 107). Inoltre si pu�, menzionare l'art. 7 d. lgs. 
\L 6 maggio 1948 n. 655, il quale stabilisce che la Sezione giurisdizionale della 

I Corte dei conti operante in Sicilia giudica con almeno tre membri.

ifJ Pertanto, � da ritenere che in proposito non sia configurabile una 
incidenza costituzionalmente viziante,' anche se ci� non impedisce di 
rilevare l'esigenza ,di una pi� rigorosa disciplina del funzionamento delle 
giurisdizioni speciali professionali, le quali, essendo profondamente diverse 
dagli organi a composizione variabile sopra richiamati, richiedono 
maggiori cautele. t!: perci� legittimo l'auspicio che il legislatore non 
ritardi ulteriormente, in sede di revisione, una pi� rassicurante discit::, 
plina generale delle giurisdizioni predette. 


* * * 

Esaurito cos� l'esame della questione pregiudiziale, rileva la Corte 
ohe non sono fondate neppure le altre due, relative all'iscrizione all'albo 
dei geometri, sollevate dal Consiglio nazionale della categoria. 

La prima di esse concerne, in effetti, soltanto l'art. 92, sesto comma, 
d.P.R. 31 maggio 1974 n. 417 (le altre indicazioni di varie disposizioni 
contenute nell'ordinanza di rimessione non hanno ragione d'essere, 
giacch� quella ora citata � ormai la sola norma che disciplina 
la materia). Esso consente al personale docente, previa autorizzazione 
del direttore didattico o del preside, � l'esercizio di libere professioni che 
non siano di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attivit� inerenti 
alla funzione docente e siano compatibili con l'orario di insegnamento e 
di servizio �. 


Della legittimit� costituzionale di detta norma l'ordinanza di rimessione 
dubita sul rilievo che essa contrasterebbe: a) con l'art. 3 Cost. 
per la disparit� di trattamento rispetto agli altri dipendenti pubblici, ai 
quali non � consentito l'esercizio di libere professioni; b) con gli artt. 97 
e 98, primo comma, Cost. perch� essa sarebbe idonea a turbare il 
regolare svolgimento dell'attivit� didattica e contrasterebbe quindi con 
gli interessi affidati alla pubblica amministrazione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura non pu� essere condivisa. 

Il legislatore ha attribuito al personale docente la facolt� di eserc1tare 
la libera professione sul presupposto dell'influenza positiva che 
all'attivit� didattica pu� derivare dalla pratica professionale: questa, 
vero, arricchendo il patrimonio culturale del docente con l'esperienza 
creta, rpu� consentire, anche in relazione al continuo progresso delle 
disdpline, un insegnamento non limitato ad un'astratta iprnblematica, ma 
aderente al continuo divenire della realt�. Peraltro essa� � prevista entro 
precisi limiti, in quanto la norma impugnata non consente l'esercizio 
professionale se nei singoli casi esso possa risultare pregiudizievole alla 
funzione didattica o all'orario di insegmamento e di servizio. 

Data la rilevata ratio della disciplina normativa, il principio di eguaglianza 
non sembra correttamente invocato. Detto principio esige infatti 
parit� di trattamento per situazioni eguali ovvero analoghe (e, per converso, 
una 1disciplina differenziata per situazioni non riconducibili a sostanziale 
identit�); mentre la posizione del personale docente presenta 
-per la ricordata utilit� dell'esperienza pratica nell'insegnamento caratteri 
di specialit� rispetto a quella degli altri pubblici funzionari, 
indicata dal giudice a quo come termine di comparazione. 

Parimenti non regge il richiamo agli artt. 97 e 98 Cost., che possono 
essere considerati congiuntamente, in quanto, pur se essi sono stati indicati 
come distinti parametri costituzionali, l'impugnativa del giudice a quo 
ha unico contenuto. Infatti, come gi� precisato, la facolt� di esercitare la 
libera professione � stata contenuta dal legislatore entro precisi limiti, 
giacch� essa non � consentita �se possa comunque incidere negativamente 
sull'espletamento dell'attivit� didattica e, in particolare, sull'osservanza 
dei doveri concernenti l'orario di insegnamento e di servizio. 

Con l'ordinanza n. 491/1979 il Consiglio censura infine l'art. l, ultimo, 
comma, legge 8 agosto 1977 n. 583, che esclude l'obbligo dell'iscrizione alla 
Cassa di previdenza e assistenza per quei professionisti i quali godono 
di forme di previdenza obbligatoria in dipendenza di un lavoro subordinato 

o comunque di una diversa attivit�. Il giudice a quo ritiene che la riportata 
disposizione contrasti con l'art. 3 Cost. in quanto l'iscrizione alla 
Cassa � obbligatoria in via generale per tutti i geometri, mentre � esclusa 
soltanto per i professionisti da essa considerati. 
La successiva legge 20 ottobre 1982 n. 773, che pur ha modificato la 
disciplina in esame, non incide sul punto centrale dell'impugnativa, in 
quanto ha lasciato immutata l'esclusione dall'obbligo suddetto, pur ammettendo 
la facolt�, in precedenza esclusa, di iscrizione da parte del professionista 
il quale sia gi� tutelato da altra forma previdenziale (art. 22, 
secondo comma). La censura rimane quindi inalterata nei suoi termini 
essenziali e va conseguentemente esaminata nel merito. 

La Corte si � gi� occupata di una questione di contenuto opposto, 
ossia del duplice regime di assicurazione stabilito dalla legge per gli 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZtONALB 

ha dichiarato che � gli artt. 113 e 115 del Trattato, considerati nella loro interrelazione, 
vanno interpretati nel senso che la Commissione continua ancora a 
disporre, dopo la conclusione dell'accordo sul commercio internazionale dei 
tessili e l'emanazione del reg. CEE del Consiglio 23 dicembre 1982, n. 3589, del 
potere di applicare l'art. 115 nel settore del commercio dei prodotti tessili 
soggetti a tale regolamento �. 

-13 marzo 1986, nella causa 296/84, Sinatra c. FNROM, in materia di libera 
circolazione dei lavoratori -previdenza sociale, dove la Corte ha dichiarato che 
�il regolamento n. 1408/71 non osta alla concessione di prestazioni spettanti 
in base ad una normativa nazionale qualora esse siano pi� elevate di quelle 
determinate a norma dell'art. 46 del predetto regolamento; in tal caso, l'art. 12, 

n. 2, del regolamento n. 1408/71 non osta all'applicazione di una norma nazionale 
anticumulo esterna per determinare le prestazioni spettanti esclusivamente 
in base ad una normativa nazionale. L'art. 46 del regolamento n. 1408/71 si 
applica qualora l'importo delle prestazioni spettanti in base ad una normativa 
nazionale sia indipendente dai periodi maturati e sia stato maturato il periodo 
minimo al quale � subordinato l'acquisto del diritto in base a detta normativa, 
anche se si tratta di un regime speciale per una determinata categoria e se i 
periodi maturati in un altro Stato membro non sono stati compiuti nell'ambito 
di un regime corrispondente; al fine di stabilire l'importo di cui al 
1� comma dell'art. 46, n. 1, � esclusa l'applicazione di una norma nazionale 
anticumulo esterna; l'importo che risulta il pi� elevato dal confronto di cui 
al 2� comma dell'art. 46, n. 1, � ridotto, se del caso, in base al n. 3 di detto 
articolo�. 
-20 marzo 1986, nella causa 17/85, Commissione c. Italia, in tema di ravvicinamento 
delle legislazioni degli Stati membri in materia societaria, con la 
quale � stato dichiarato che �non avendo adottato n� comunicato entro i termini 
stabiliti i provvedimenti contemplati dalla direttiva del Consiglio 25 luglio 
1978, n. 78/660/CEE, relativa ai conti annuali di alcuni tipi di societ�, la Repubblica 
italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del 
Trattato�. 

-30 aprile 1986, nella causa 158/85, Commissione c. Italia, relativamente 
all'armonizzazione delle procedure d'esportazione delle merci comunitarie, dove 
la Corte ha dichiarato l'inadempimento dell'Italia al Trattato, per non aver 
adottato entro i termini prescritti i provvedimenti contemplati dalla direttiva del 
Consiglio 24 febbraio 1981, n. 81/177, e dalla direttiva della Commissione 
23 aprile 1982, n. 82/347: 

-27 maggio 1986, nelle cause riunite 87 e 88/85, Laboratoires Legia Comphalux 
c. Min. lussemburghese della sanit�, la quale, con riguardo ai requisiti 
per l'importazione e lo smercio dei prodotti farmaceutici, ha statuito che � gli 
artt. 30 e segg. del Trattato non permetton,o alle autorit� di uno Stato membro 
di imporre ad un fornitore di medicinali stabilito in un altro Stato membro, e 
che intende fornire direttamente le farmacie dello Stato membro importatore, 
di disporre sul territorio di quest'ultimo Stato di depositi ed attrezzature tecniche, 
qualora detto fornitore soddisfi, in materia, ai requisiti prescritti dalla 
normativa dello Stato membro in cui � stabilito �. 

-24 giugno 1986, nella causa 22/85, Anterist c. Credit Lyonnais, con la 
quale, in relazione alla convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale 
e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, � stato stabilito 
che � la clausola attributiva di competenza non deve considerarsi come stabilita 
a favore di una soltanto delle parti a norma dell'art. 17, 3� comma, della convenzione, 
allorch� risulta semplicemente che le parti hanno convenuto la com



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

petenza di un giudice o della magistratura di uno Stato contraente nel cui 
territorio dette parti risiedono "� 

-18 settembre 1986, nella causa 48/85, Commissione c. Rep. fed. di Germania, 
con interventi dell'Italia in favore della Commissione, con la quale, in 
materia di organizzazione comune del mercato vitivinicolo, la Corte ha dichiarato 
che �non autorizzando l'aggiunta di concentrato di mosto di uve rettificato 
nella produzione di 'vino locale' e di vino di qualit� prodotto in regioni 
determinate, la Rep. fed. di Germania � venuta meno agli obblighi ad essa 
derivanti dall'organizzazione comune del mercato vitivinicolo e in particolare 
dagli artt. 32 e 33 del reg. del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, relativo all'organizzazione 
comune del mercato vitivinicolo, e dell'art. 8 del reg. del Consiglio 
5 febbraio 1979, n. 338, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualit� 
prodotti in regioni determinate �. 

-15 ottobre 1986, nella causa 168/85, Commissione c. Italia, in tema di 
libert� di stabilimento, dove la Corte ha dichiarato che �la Repubblica italiana 
� venuta meno agli obblighi impostile dagli artt. 48, 52 e 59 del Trattato CEE, 
mantenendo norme che: -subordinano alla condizione di reciprocit� l'equiparazione 
di cittadini degli altri Stati membri ai cittadini italiani ai fini dell'accesso 
a diverse attivit� professionali legate al turismo; -subordinano al 
possesso della cittadinanza italiana l'iscrizione agli albi e ai registri dei pubblicisti 
e dei giornalisti praticanti, e subordinano alla condizione di reciprocit� 
l'iscrizione dei giornalisti professionisti cittadini di altri Stati membri all'albo 
speciale dei giornalisti stranieri; -riservano ai soli cittadini italiani la partecipazione 
ai concorsi per l'attribuzione delle sedi farmaceutiche'" 

-5 novembre 1986, nella causa 160/85, Commissione c. Italia, con la quale, 
in tema di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di 
trasporti, la Corte ha rilevato l'inadempimento dell'Italia a due precedenti 
sentenze della Corte che avevano puntualizzato la mancata attuazione delle 
direttive del Consiglio 12 novembre 1974, n. 74/561 e 74/562, relative all'accesso 
alla professione di trasportatore di merci e di viaggiatori su strada nel settore 
dei trasporti nazionali e internazionali. 


-27 novembre 1986, nella causa 21/85, Maas c. BALM, in tema di cauzioni 
nell'esecuzione di azioni di aiuto alimentare, dove la Corte ha ritenuto che 
"un superamento minimo del termine stabilito per l'imbarco, nonch� l'uso 
di navi di linea in servizio da pi� di quindici anni, ma che garantiscono una 
sicurezza sostanzialmente pari a quella delle navi in servizio da meno di quindici 
anni non costituiscono trasgressione degli obblighi imposti all'aggiudicatario 
�, e che �l'art. 20, n. 1, secondo trattino, del reg. 1974/80 viola il principio 
di proporzionalit� in quanto, ai sensi di questa disposizione, la cauzione costituita 
conformemente all'art. 5 dello stesso 'regolamento � dichiarata totalmente 
incamerata nel caso di un trasporto effettuato su navi in servizio da pi� di 
quindici anni e che non effettuino servizi di linea, ma appartengano alla categoria 
pi� elevata dei registri marittimi riconosciuti �. 

-4 dicembre 1986, nelle cause 220/83, Commissione c. Francia, e 205/84, 
Commissione c. Rep. fed. di Germania, con intervento dell'Italia in favore dei 
due Stati resistenti, in materia di libera prestazione di servizi, con le quali la 
Corte ha dichiarato che � la Repubblica federale di Germania � venuta meno 
agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE, 
assoggettando, col 'Versicherungsaufsichtsgesetz', all'obbligo dello stabilimento 
nel suo territorio le imprese assicuratrici della Comunit� che intendano prestare 
in detto Stato, tramite rappresentanti, procuratori, agenti od altri intermediari, 
servizi nell'ambito dell'assicurazione diretta, ad eccezione dell'assicurazione sui 

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425

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

trasporti; ci� non vale, tuttavia, per quanto riguarda le assicurazioni obbligatorie 
e le assicurazioni per le quali l'assicuratore � permanentemente presente 
nel territorio della Repubblica federale per un tramite che debba essere assimilato 
ad un'agenzia o ad una succursale, ovvero esercita la propria attivit� per 
intero o principalmente nel territorio di tale Stato � e che �la Repubblica federale 
di Ge.i;mania � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli 
artt. 59 e 60 del Trattato CEE e della direttiva del Consiglio n. 78/473, relativa 
al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative 
in materia di coassicurazione comunitaria, stabilendo, per le prestazioni di servizi 
che rientrano nella coassicurazione comunitaria, che il coassicuratore delegatario, 
nel caso di rischi localizzati nella Repubblica federale di Germania, deve 
quivi essere stabilito ed autorizzato �; mentre � la Repubblica francese � venuta 
meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 e 60 del Trattato 
CEE, imponendo alle imprese assicuratrici comunitarie l'obbligo di stabilirsi in 
Francia e di sottoporsi ad un procedimento di previa autorizzazione al fine di 
effettuare in tale Stato, in qualit� di coassicuratore delegatario, prestazioni di 
servizi nel settore della coassicurazione comunitaria >>. 

-16 dicembre 1986, nella causa 200/85, Commissione c. Italia, sul regime 
fiscale delle autovetture a motore diesel, con la quale la Corte ha respinto il 
ricorso della Commissione osservando che l'istituzione di aliquote IVA differenziate 
sulle autovetture a motore diesel in funzione della cilindrata non 
costituisce violazione dell'art. 95 del Trattato CEE, anche se vengono cos� colpite 
con l'aliquota pi� elevata esclusivamente autovetture importate. 

CORTE Dl GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 15 gennaio 
1986, nella causa 41/84 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Mancini 
� Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di 
cassazione francese nella causa P. Pinna c. Caisse d'allocations familiales 
de la Savoie -Interv.: Governi francese (ag. Pouzoulet), greco 
(ag. Tsekouras) e italiano (avv. Stato Ferri), Commissione delle C. E. 
(ag. Griesmar) e Consiglio delle C. E. (ag. Camberry). 

Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori � Sicurezza sociale � 
Assegni familiari. 
-(Regolamento CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408/71, art. 73). 

L'art. 73, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71 � invalido nella 
parte in cui esclude la concessione di prestazioni familiari francesi ai 
lavoratori soggetti alla legislazione francese, per i membri della loro 
famiglia che risiedono sul territorio di un altro Stato membro. L'invalidit� 
constatata non pu� essere invocata a favore di rivendicazioni relative 
a prestazioni per periodi anteriori alla data della presente pronuncia, 
salvo che si tratti di lavoratori che, prima di tale data, abbiano proposto 
un ricorso giurisdizionale o un reclamo equipollente (1). 

(1) Della sentenza in epigrafe vanno segnalati due aspetti: il primo, pi� 
strettamente attinente alla dichiarazione di invalidit� della norma regolamentare 
sottoposta al vaglio della Corte di giustizia; il secondo, relativo alle conse

.+26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -Con ordinanza 11 gennaio 1984, pervenuta il 15 feb


1 

braio successivo, la Corte di cassazione della Repubblica francese ha 
proposto a qu'esta Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni 
pregiudiziali riguardanti l'interpretazione di varie disposizioni del 
regolamento del Consiglio 14 giugno 1971 n. 1408, relativo all'applicazione 
dei ~egimi di previdenza sociale ai lavoratori dipendenti e ai loro familiari 
che si spostano all'interno della Comunit� (G.U. n. L 149, pag. 2). 

2. -Tali questioni son state sollevate nell'ambito di una controversia 
avente ad. oggetto il rifiuto della Caisse d'allocations familiales de la 
Savoie di concedere al sig. Pinna prestazioni familiari dovute per periodi 
compresi negH anni 1977 e 1978. 
3. -Il Pinna, cittadino italiano, risiede in Francia con la moglie e i 
due figli Sandro e Rosetta. Nel 1977, i figli dell'interessato effettuavano 
con la madre un soggiorno prolungato in Italia. La Caisse d'allocations 
familiales de la Savoie rifiutava di concedere al Pinna le prestazioni fa. 
miliari dovute per il figlio Sandro, relativamente al periodo 1� ottobre 
1977-31 dicembre 1977, e per la figlia Rosetta, relativamente al periodo 
1� ottobre 1977-31 marzo 1978, in quanto. tali prestazioni avrebbero dovuto 
essere corrisposte dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale de 
L'Aquila, luogo di soggiorno dei figli in Italia all'epoca. 
guenze di tale dichiarazione di invalidit�. La Corte di cassazione francese aveva 
chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sulla validit� e sul mantenimento 
in vigore dell'art. 73, n. 2 del regolamento 14 giugno 1971, n. 1408 e sul senso da 
attribuire al termine � residenza ,. contenuto in detta disposizione. 

La Corte, investita della questione ex art. 177 del Trattato, dichiara invalida 
la norma regolamentare de qua, riscontrando un vero e proprio vizio funzionale 
della norma stessa, la quale appare volta alla realizzazione di un fine 
incompatibile con quello che il Trattato ha istituzionalmente preordinato. 

Come ricorda la Corte stessa, infatti, l'art. 51 del Trattato prevede il coordinamento 
e l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in materia 
di regimi previdenziali, e mantiene quindi inalterate le diversit� sostanziali e 
procedurali dei singoli sistemi nazionali. Lo scopo degli artt. 48-51 del Trattato 
� quello di assicurare la libera circolazione all'interno della Comunit� e, perci�, 
la normativa. comunitaria in materia di previdenza sociale, emanata ex art. 51 
del Trattato, non deve acuire quelle diversit� che gi� sussistono fra le diverse 
legislazioni nazionali. 

Il sindacato della Corte relativamente alla norma di cui all'art. 73 cit. 
finisce per investire il modo con cui � stata esercitata la funzione di coordinamento 
delle diverse legislazioni nazionali e, perci�, la razionalit� del criterio 
adottato in relazione agli scopi del Trattato, in particolare, dell'art. 48, che 
impone la parit� di trattamento al fine di promuovere la libera circolazione dei 
lavoratori all'interno della Comunit�. 

Gi� nella sentenza 3 febbraio 1977, in causa 62/76, STREHL c: NATIONAAL 
PENSIOENFONDS VAN MIJAWERKERS, in (Racc. giur. Corte, 1977, 211), la Corte aveva 
precisato che i regolamenti concernenti la previdenza sociale dei lavoratori 



PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

427 

4. -Dall'ordinanza di rinvio della Corte di cassazione risulta che a 
norma dell'art. 511 del Code de la s�curit� sociale, chiunque, francese o 
straniero, risieda in Francia ed abbia a carico come capo famiglia o 
per altro motivo uno o pi� figli residenti in Francia, fruisce per detti 
figli delle prestazioni familiari elencate nell'art. L. 510. Ai sensi del vecchio 
art. 6 del decreto 10 settembre 1946 n. 46-2880, modificato dal decreto 
29 giugno 1965 n. 65-524, e ai sensi dell'art. 2 del decreto 10 dicembre 1946, 
modificato dal decreto 17 marzo 1978, si considera residente in Francia il 
figlio che, pur conservando i vincoli di famiglia nel territorio metropolitano 
dove viveva in permanenza fino a quel momento, effettua fuori di 
tale territorio uno o pi� soggiorni provvisori la cui durata complessiva 
non superi i tre mesi per anno civile. La decisione oggetto della controversia 
sembra fondata sull'art. 73, n. 2, del regolamento n. 1408/71 a norma 
del quale il lavoratore dipendente soggetto alla legge_ francese ha diritto: 
� ��� per i familiari residenti nel territorio di uno Stato membro 
diverso della Francia, agli assegni familiari previsti dalla legislazione 
dello Stato nel cui territorio risiedono tali familiari; il medesimo deve 
soddisfare alle condizioni relative all'occupazione alle quali la legislazione 
francese subordina l'acquisto del diritto alle prestazioni �. 

5. -Investita della controversia a seguito del ricorso del Pmna, la 
Corte di cassazione ha chiesto alla Corte di pronunciarsi: 
1) sulla validit� e sul mantenimento in vigore dell'art. 73, n. 2, 
del regolamento 14 giugno 1971 n. 1408; 
2) sul senso da attribuire al termine � residenza � contenuto in detta 
disposizione. 

migranti hanno come � ��� fondamento, cornice e limiti gli artt. 48-51 del Trattato 
" e aveva dichiarato l'incompatibilit� dell'art. 46, n. 3 del regolamento 

n. 1408/71 e di una decisione della Commissione amministrativa proprio con 
l'art. 51 del Trattato. 
Sul punto cfr., inoltre, sentenza 12 giugno 1980, in causa 733/79, LATERZA, 
ivi, 1980, 1915; sentenza 9 luglio 1980, in causa 807/79, GRAVINA c. LANDESVERSICHBRUNGSANSTALT, 
ibidem, 2205; sentenza 24 novembre 1983, in causa 320/82, DI 
A.MARIO c. LANDESVERSICHERUNGSANSTALT SCHWABEN, ivi, 1983, 3811, nella quale la 
Corte si muove nell'ottica di tutela dei diritti quesiti dei lavoratori e di mantenimento 
dei vantaggi previdenziali comunque garantiti dalla sola legislazione di 
uno Stato membro. 

Quanto al problema relativo alle conseguenze della dichiarazione di invali


dit� dell'art. 73, n. 2, la Corte si avvale della possibilit� di limitarne gli effetti 

per il passato, in considerazione del fatto che � la Francia, per un periodo pro


lungato, � stata indotta a mantenere in essere prassi ohe, pur essendo conformi 

alla lettera del regolamento n. 1408/71, non trovavano per� un fondamento giu


ridico negli artt. 48-51 del Trattato�. 

Il principio della c.d. efficacia erga omnes e dell'effetto ex tunc delle pronuncie 
pregiudiziali che dichiarino l'invalidit� di un atto comunitario � stato 
espressamente enunciato dalla Corte nella sentenza 13 maggio 1981, in causa 



.f28 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

6. 
-L'art. 73, n. 1, del regolamento n. 1408/71 dispone che: 
�il lavoratore subordinato soggetto alla legislazione di uno Stato 
membro diverso dalla Francia ha diritto, per i familiari residenti nel 
territorio di un altro Stato membro, alle prestazioni familiari previste 
dalla legislazione del primo Stato, come se risiedessero nel territorio di 
quest'ultimo �. 

7. -Tuttavia il precitato art. 73, n. 2, detta un principio diverso per 
quanto riguarda il lavoratore dipendente soggetto alla legge francese la 
cui famiglia risieda in uno Stato membro diverso dalla Francia. 
8. -L'art. 98 (attualmente 99) del regolamento n. 1408/71 stabilisce 
che: 
�Anteriormente al 1� gennaio 1973, il Consiglio, su proposta della 
Commissione, procede ad un nuovo esame di tutto il problema relativo 
al pagamento delle prestazioni familiari ai familiari che non risiedono nel 
territorio dello Stato competente, allo scopo di pervenire ad una soluzione 
uniforme per tutti gli Stati membri �. 

9. -Risulta dagli atti che, il 10 aprile 1975, la Commissione, con un 
certo ritardo dovuto all'adesione dei nuovi Stati membri, inviava una 
proposta di regolamento al Consiglio (G. U. n. C 96, pag. 4), in cui essa 
66/80, Soc. CHEMICAL CORPORATION c. MIN. FINANZE, ivi, 1981, 693; vanno, poi, 
citati come precedenti la nota sentenza 27 marzo 1963, in cause riunite 28-30/62, 
ivi, 1963, 57; la sentenza 27 marzo 1980, in cause riunite 61/79 e 66, 127, 128/79, 
DENKAVIT, in questa Rassegna, 1980, I, 2, 534, con nota di A. MARZANO; 10 luglio 
1980, in causa 826/79, e la coeva nella causa 811/79, ibidem, 743; sentenza 15 ottobre 
1980, in causa 4/79 e le coeve in causa 109/79 e 145/79, ONIC, in Racc. gius. 
Corte, 1980, 2823 e ss., con la quale la Corte applica in via analogica l'art. 174, 
2� comma, del Trattato, per gli stessi motivi di certezza del diritto che sono alla 
base di tale disposizione, alle sentenze con le quali, ex art. 177, dichiara invalido 
un regolamento; nello stesso senso cfr. la sentenza 27 febbraio 1985, in 
causa 112/83, PRODUITS DE MAIS, ivi, 1985, 719; nonch� la famosa sentenza 8 aprile 
1976, in causa 43/75, DEFRENNE c. SABENALE, ivi~ 1976, 455, con la quale la Corte 
ha precisato che della sua pronuncia non avrebbe potuto avvalersi chi non 
avesse gi� promosso un giudizio in materia. 

In dottrina per l'efficacia erga omnes ed ex tunc delle pronunce pregiu


diziali della Corte di Giustizia cfr. Gumo BERARDIS, Gli effetti delle sentenze pre


giudiziali della Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, in Dir. scambi 

internaz., 1982, 245 e ss., il quale esclude l'esistenza di un principio generale in 

base al quale, per motivi di certezza del diritto o di tutela dell'affidamento, il 

campo di operativit� temporale di una sentenza sarebbe limitato anche quando 

ci� non sia espressamente stabilito nella sentenza stessa; Ivo MARIA BRAGUGLIA, 

Effetti della dichiarazione di invalidit� degli atti comunitari nell'ambito dell'art. 
177 del Trattato CEE, ivi, 1978, 667; contra, ITALO TELCHINI, Le pronunzie 
pregiudiziali sulla validit� degli atti comunitari secondo la giurisprudenza della 
Corte di giustizia, ibidem, 245. 

GABRIELLA PALMIERI 

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PARTB I, SBZ. ll, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

propugnava la concessione generalizzata delle prestazioni familiari del 
paese d.i occupazione, indipendentemente dal paese di residenza dei familiari. 
Tale soluzione ha ricevuto l'appoggio del Parlamento europeo 
(parere del 14 ottobre 1975, G. U. n. C 257) e del Comitato econoxnico e 
sociale (parere del 24 settemhre 1975, G. U. n. C 286). Il problema � stato 
discusso dal. Consiglio durante le sessioni del 18 dicembre 1975 e del 
9 dicembre 1976 senza che per� abbia potuto intervenire alcuna decisione. 

10. -In ordine alla validit� dell'art. 73, n. 2, il Pinna ha sostenuto 
che l'effetto d.i tale disposizione � quello di condurre al pagamento di 
prestazioni meno elevate e d.i trattare in maniera differenziata i lavoratori 
dei paesi della Comunit� occupati in Francia e quelli che lavorano in uno 
degli altri nove paesi della Comunit� stessa. Tale discriminazione non 
sarebbe giustificata n� sul piano politico, n� su quello economico, n� su 
quello giuridico. In materia di pensioni di anzianit�, la Corte avrebbe 
dichiarato che l'art. 51 consente al Consiglio di attribuire diritti ai lavor:
atori migranti, ma non potrebbe autorizzarlo a privarli dei diritti ad 
essa spettanti in base alla legge nazionale. Ci� che vale in materia d.i 
pensioni di anzianit� varrebbe anche in materia di prestazioni familiari. 
La contemporanea applicazione della legge del paese d.i occupazione (riconoscimento 
dei diritti) e di quella del paese di soggiorno della famiglia 
(natura e aliquota delle prestazioni) non � destinata a comportare una 
diminuzione della protezione sociale. Di conseguenza, l'art. 73, n. 2, sarebbe 
contrario all'art. 51 del Trattato. L'art. 51 avrebbe istituito il principio 
di esportabilit� delle prestazioni. Il titolare di una qualunque prestazione 
in denaro potrebbe quindi far valere l'art. 51, indipendentemente 
dalla localit� in cui esso stabilisca la propria residenza o quella della sua 
faxniglia, per esigere che le prestazioni dovute gli siano versate dove egli 
ha deciso. La � non esportaibilit� � parziale di un tipo di prestazione sociale, 
stabilita dall'art. 73, n. 2, porrebbe in non cale il principio generale 
sancito dall'art. 51. Vietando l'� esportabilit� � delle prestazioni faxniliari 
francesi, l'art. 73, n. 2, violerebbe l'art. 51 del Trattato. 
11. -La Caisse d'allocation falimiales de la Savoie, resistente nella 
causa principale, fa valere che l'art. 73, n. 2, � compatibile con gli artt. 48 
e 51 del Trattato. L'art. 51 dispone che le prestazioni debbono sempre 
essere pagate al lavoratore migrante. L'apl'licazione dell'art. 73, n. 2, 
garantirebbe che il lavoratore migrante percepisca sempre gli assegni 
familiari, indipendentemente dal luogo di residenza della sua famiglia. 
L'ente debitore e la legge da applicare agli assegni sarebbero diversi 
rispetto ai lavoratori che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 73, 
n. l, ma il diritto del lavoratore di percepire gli assegni familiari sarebbe 
rispettato. L'art. 73, n. 2, sarebbe valido alla luce dell'art. 7 del Trattato 
in quanto non creerebbe in alcun modo discriminazioni fra i lavoratori 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

430 

migranti. Non � a suo parere contestabile che, in taluni casi, il lavoratore 
migrante possa veder diminuire le sue prestazioni a seconda della scelta 
del paese di residenza della sua famiglia, ma tale diminuzione risulterebbe 
dalle differenze di legislazione degli Stati membri, in particolare in 
ordine all'aliquota delle prestazioni. Stando cos� le cose, sarebbe evidente 
che l'arL 73, n. 2, non crea, in s� e per s�, alcuna discriminazione risultando 
pertanto compatibile con le norme comunitarie. 

12. -Il Governo francese ritiene che l'art. 73, n. 2, sia valido. Le 
disparit� di trattamento che possono risultare dall'art. 73, n. 2, non 
costituirebbero una discriminazione contraria agli artt. 7, 48 e 51 del Trattato. 
La causa delle diversit� di trattamento ai danni dei lavoratori non 
francesi soggetti alla legge francese risiederebbe di fatto nelle . disparit� 
esistenti tra i regimi di assegni familiari in vigore nei diversi Stati membri. 
Tali disparit� di trattamento potrebbero essere eliminate solo attraverso 
l'armonizzazione dei regimi nazionali di previdenza sociale, che . 
non formerebbe oggetto del regolamento n. 1408/71, diretto, a suo parere, 
ad un semplice coordinamento di tali regimi al fine di eliminare, nel 
settore della previdenza sociale, gli ostacoli alla libera circolazione dei 
lavoratori. 
13. -Il Governo greco sostiene che lo scopo del regolamento n. 1408/ 
71 � quello di garantire a tutti i lavoratori cittadini degli Stati membri 
che si spostino nella Comunit� la parit� di tmttamento di fronte alle 
diverse leggi nazionali ed il beneficio delle prestazioni di pcrevidenza 
sociale. Il problema della concessione delle prestazioni familiari ai lavoratori 
soggetti alla legge di uno Stato membro diverso da quello in cui risiedono 
i familiari dovrebbe quindi cicevere una soluzione uniforme in tutti 
gli Stati membri. Gli autori del regolamento avrebbero compreso tale 
esigenza nell'adottare l'art. 98. La realizzazione della soluzione uniforme, 
ai sensi dell'art. 98, consisterebbe nell'applicare il criterio del luogo di 
occupazione del lavoratore. A suo parere, il principio del regime del luogo 
di occupazione del lavoratore � conforme, in primo luogo, allo spirito 
del regolamento n. 1408/71, diretto alla libera circolazione dei lavoratori 
all'interno della Comunit�, e, in secondo luogo, al principio della parit� 
di trattamento tra i lavoratori stranieri e i lavoratori nazionali in materia 
di previdenza sociale. Il Governo greco non ritiene che l'art. 73, n. 2, 
sia legittimo, dato che esso non contribuisce alla parit� di trattamento 
tra i lavoratori migranti e i lavoratori nazionali per quanto riguarda 
il versamento delle prestazioni familiari quando i familiari del lavoratore 
risiedono in uno Stato membcro diverso rispetto al lavoratore stesso. Il 
lavoratore migrante deve aver diritto a prestazioni previdenziali in conformit� 
alla legge a cui � soggetto e in forza della quale versa contributi 
e imposte. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

14. -Il Governo italiano sostiene che l'art. 73, n. 2, crea una disparit� 
di trattamento in base alla nazionalit� tra i lavoratori occupati nel 
medesimo territorio. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, le 
norme in forza delle quali ogni spostamento del lavoratore da uno Stato 
membro all'altro comporta una diminuzione dei diritti acquisiti in materia 
di previdenza sociale sarebbero in contra~to con le garanzie concesse 
dal Trattato in materia di libera circolazione dei lavoratori. L'applicazione 
della legge dello Stato membro di residenza per il calcolo degli 
assegni familiari mirerebbe ,a diminuire la consistenza del diritto acquisito 
dal lavoratore in base alla legislazione francese. 
15. -La Commissione ritiene che l'art. 73, n. 2, sia compatibile con 
l'art. 51 del Trattato. Essa non contesta il fatto che l'applicazione dell'art. 
73, n. 2, possa in taluni casi far s� che il lavo:mtore, i cui figli risiedono 
in un altro Stato membro, abbia diritto ad assegni familiari di importo 
inferiore a quanto sarebbe loro spettato se i familiari fossero stati 
residenti in Francia o se gli assegni familiari .francesi fossero stati concessi 
anche per i familiari residenti in un altro Stato membro. Tuttavia, 
a suo parere, l'art. 73, n. 2, non � una fonte di discriminazioni contrarie al 
Trattato. Le disparit� contestate risulterebbero essenzialmente dalla natura 
del regolamento n. 1408/71 in quanto strumento per la realizzazione 
degli obiettivi dell'art. 51 del Trattato attraverso un coordinamento dei 
regimi di previdenza sociale volto ad eliminare gli ostacoli alla libera 
circolazione delle persone. 
16. -Il Consiglio ritiene che le questioni sollevate dal giudice nazionale 
mettano in discussione la validit� dell'art. 73, n. 2, per due motivi. 
Innanzitutto in quanto si tratterebbe di una deroga eccezionale che, fin 
dall'origine, sarebbe stata considerata soggetta ad un termine, quello del 
1� gennaio 1973. In secondo luogo, in quanto, a scapito dei lavoratori non 
francesi sottoposti alla legge francese, esisterebbe un'asserita duplice 
discriminazione, rispetto ai lavoratori francesi, da un lato, e, dall'altro, 
rispetto ai lavoratori soggetti alla legge di uno Stato membro diverso 
dalla Francia. Il Consiglio ritiene insussistente tale duplice discriminazione. 
Il lavoratore francese e quello straniero riceverebbero entrambi gli 
stessi assegni sul territorio francese; il lavoratore francese perderebbe i 
suoi assegni dopo un periodo di tre mesi qualora i suoi figli non siano 
pi� residenti nel territorio francese mentre il lavoratore migrante riceverebbe 
gli assegni in forza del regolamento n. 1408/71 per i suoi figli 
residenti in uno Stato membro diverso dalla Francia .. D'altro canto, non 
sarebbe possibile ravvisare una discriminazione fra il trattamento accordato 
ai lavoratori migranti in due o pi� Stati membri diversi poich� le 
leggi nazionali in materia di previdenza sociale sono semplicemente 
coordinate. Gli Stati membri avrebbero infatti mantenuto, in materia di 
previdenza sociale, il rispettivo potere di determinare la natura delle pre

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

stazioni e l'ammontare dei versamenti dato che l'art. 51 del Trattato non 
ha imposto al Consiglio di creare per gli Stati membri della Comunit� 
un sistema uniforme di previdenza sociale. 

Sulla prima questione 

17. -Ai fini della risoluzione del problema di cui � causa, va innanzitutto 
ricordato che l'art. 40 del regolamento del Consiglio 25 settembre 
1958 n. 3, �per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti� (G. U, 1958, 
pag. 561) disponeva che un lavoratore subovdinato o assimilato, occupato 
nel territorio di uno Stato memlbro e che abbia dei figli residenti o 
allevati nel territorio di un altro Stato membro ha diritto, per detti figli, 
agli assegni familiari secondo le disposizioni della legislazione del primo 
Stato, fino a concorrenza dell'ammontare degli assegni attribuiti dalla 
legislazione del secondo Stato. 
18. -Il regolamento n. 1408/71 ha modificato la disdplina relativa 
ai figli dei lavoratori migranti estendendo la gamma delle prestazioni che 
potevano essere rivendicate dai lavoratori migranti. Esso ha attribuito 
loro un diritto alle prestazioni familiari, ossia a � tutte le prestazioni in 
natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari� (art. l, 
lett. u), sub i)), mentre il regolamento n. 3/58 accordava loro soltanto gli 
assegni familiari, ossia le � prestazioni periodiche in denaro concesse 
esclusivamente in funzione del numero ed eventualmente dell'et� dei 
familiari� (art. l, lett. u, sub ii), del regolamento n. 1408/71). 
19. -Per quanto riguarda i lavoratori migranti, Occupati in uno 
Stato membro, la cui famiglia risieda in un altro Stato membro, il regolamento 
n. 1408/71 ha introdotto una distinzione tra i lavoratori occupati 
in Francia e quelli occupati negli altri Stati membri. L'art. 73, n. l, 
dispone che il lavoratore subordinato soggetto alla legge di uno Stato 
membro diverso dalla Francia ha diritto, per i familiari residenti nel 
territorio di up. altro Stato membro, alle prestazioni familiari contemplate 
dalla legge del primo Stato, come se risiedessero nel territorio di quest'ultimo. 
L'art. 73, n. 2, stabilisce che il lavoratore subordinato soggetto 
alla legge francese ha diritto, per i familiari residenti nel territorio di 
uno Stato membro diverso dalla Francia, agli assegni familiari contemplati 
dalla legge dello Stato sul territorio del quale risiedono tali familiari. 
. 20. -Per quanto riguarda la disparit� di trattamento tra i lavoratori 
a cui si applica l'art. 73, n. l, e quelli soggetti al regime contemplato 
dall'art. 73, n. 2, va messo in rilievo che l'art. 51 del Trattato contempla 
un coo~dinamento e non un'armonizzazione delle legislazioni degli Stati 
membri. L'art. 51 lascia pertanto sussistere diversit� tra i regimi di previdenza 
sociale degli Stati membri e, di conseguenza, nei diritti dei lavo


' 


PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE -i33 

ratori ivi occupati. Le diversit� sostanziali e procedurali tra i regimi di 
previdenza sociale di ciascuno Stato membro, e, di conseguenza, nei 
diritti dei lavoratori ivi occupati, vengono quindi lasciate inalterate dall'art. 
51 del Trattato. 

21. -La realizzazione dell'oooettivo di assicurare ai lavoratori la 
libera circolazione all'interno della Comunit�, quale considerato negli 
artt. 48-51 del Trattato, viene tuttavia agevolata quando le condizioni di 
lavoro, fra le quali figurano le nol'IIle di previdenza sociale, sono il pi� 
possibile vicine nei diversi Stati membri. Tale obiettivo � invece compromesso, 
e la sua realizzazione resa pi� ilifficile, qualora diversit� evitabili 
nelle norme previdenziali vengano introdotte dal diritto comunitario. 
Ne consegue che la normativa comunitaria in materia di previdenza 
sociale, adottata in forza dell'art. 51 del Trattato, deve evitare di aggiungere 
ulteriori disparit� a quelle gi� derivanti dalla mancanza di armonizzazione 
delle legislazioni nazionali. 
22. -L'art. 73 del regolamento n. 1408/71 istituisce, per i lavoratori 
migranti, due sistemi diversi a seconda che essi siano �soggetti alla legge 
francese o a quella di un altro Stato membro. Cos� esso aumenta le disparit� 
risultanti dalle leggi nazionali stesse e, di conseguenza, ostacola la 
realizzazione delle finalit� enunciate negli artt. 48-51 del Trattato. 
23. -Per quanto riguarda pi� precisamente la valutazione della validit� 
dell'art. 73, n. 2, in quanto tale, va constatato che il principio della 
parit� di trattamento vieta non soltanto le discriminazioni palesi, basate 
sulla nazionalit�, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione 
che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo 
stesso risultato. 
24. -Ci� si verifica appunto quando il criterio di cui all'art. 73, n. 2, 
viene impiegato per determinare la legge da applicare alle prestazioni 
familiari di un lavoratore migrante. Per quanto in linea di principio la 
legge francese applichi lo stesso criterio per determinare il diritto alle 
prestazioni familiari di un lavoratore francese occupato nel territorio 
francese, tale criterio non riveste affatto la stessa .importanza per questa 
categoria di lavoratori, in quanto il problema della residenza dei familiari 
fuori dalla Francia si pone essenzialmente per i lavoratori migranti. 
Pertanto, tale criterio non � tale da garantire la parit� di trattamento 
prescritta dall'art. 48 del Trattato e non pu� quindi essere utilizzato nell'ambito 
del coordinamento delle legislazioni na7Ji.onali contemplato dall'art. 
51 del Trattato al fine di promuovere la libera circolazione dei lavoratori 
nella Comunit� in conformit� all'art. 48. 
25. -Ne consegue che l'art. 73, n. 2, del regolamento n. 1408/71 � 
invalido in quanto esclude la concessione di presta7Ji.oni familiari fran

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cesi ai lavoratori soggetti alla legge francese per loro familiari residenti 
nel territorio di un altro Stato membro. 

26. -Per quanto riguarda le conseguenze dell'invalidit� dell'art. 73, 
n. 2, occorre ricordare che la Corte ha gi� dichiarato, nella sentenza 
27 febbraio 1985 (causa 112/83, Soci�t� des produits de mais S. A. c/ Administration 
des douanes ed droits indirects, non ancora pubblicata) che 
qualora esigenze imperative lo impongano, l'art. 174, 2� comma, del Trattato 
attribuisce alla Corte un potere discrezionale per determinare in 
concreto, di volta in volta, quali effetti di un regolamento annullato 
debbano essere tenuti fermi. 
27. -Di fronte alla circostanza che il Consiglio non � potuto perve.. 
nire alla soluzione uniforme richiesta dall'art. 98 del regolamento n. 1408/ 
71, occorre tener conto, in via eccezional�, del fatto che la Francia, per un 
periodo prolungato, � stata indotta a mantenere in essere prassi che, pur 
essendo conformi alla lettera del regolamento n. 1408/71, non trovavano 
per� un fondamento giuridico negli artt. 48-51 del Trattato. 
28. -Stando cos� le cose, va constatato che esigenze imperative di 
certezza del diritto attinenti all'insieme degli interessi in gioco, sia pubblici 
che privati, impediscono in linea di principio di rimettere in discussione 
la percezione delle prestazioni familari per periodi precedenti alla 
pronuncia della presente sentenza. 
29. -Nel caso iri cui la Corte si avvalga della possibilit� di limitare 
gli effetti per il passato di una dichiarazione d'.invalidit� nell'ambito dell'art. 
177 del Trattato, spetta ad essa determinare se una deroga a tale 
limitazione dell'efficacia temporale attribuita alla sua sentenza possa 
essere disposta a favore, vuoi dell'attore dinanzi al giudice nazionale, vuoi 
di qualsiasi altro soggetto che abbia agito nello stesso modo prima dell'accertamento 
d'invalidit�, ovvero se, viceversa, anche per i soggetti che 
abbiano preso tempestivamente iniziative intese a far salvi i loro diritti 
una dichiarazione d'invalidit� con efil'etto solo ex nunc costituisca un 
rimedio adeguato. 
30. -Nella fattispecie, occorre stabilire che l'accertata invalidit� 
dell'art. 73, n. 2, del regolamento n. 1408/71 non pu� essere invocata a 
sostegno di pretese riguardanti prestazioni relative a periodi anteriori alla 
data della presente sentenza se non dai lavoratori subordinati che, prima 
di tale data, abbiano proposto un ricorco giurisdizionale o presentato un 
reclamo equivalente. 
31. -Stando cos� le cose, non occorre risolvere la seconda parte 
della prima questione relativa al mantenimento iil vigore dell'art. 73, 
n. 2, del regolamento n. 1408/71, n� la seconda questione relativa alla 
nozione di residenza nel suddetto art. 73, n. 2 (omissis) 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

435 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, ordinanza 5 marzo 
1986, nella causa 318/85 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Mancini 
-Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione 
consultiva per le infrazioni valutarie presso il Ministero del Tesoro 
(Italia) nel procedimento relativo all'eventuale aipplicazione di sanzioni 
amministrative per infoazioni addebitate alla sig.ra Regina Greis 
Unterweger -Interv.: Governi olandese (ag. Verkade) e italiano (avv. 
Stato Conti) e Commissione delle C.E. (ag. Berardis). 

Comunit� europee � Corte di giustizia � Pronuncia pregiudiziale ai sensi 
dell'art. 177 del trattato CEE � Richiesta da parte della Commissione 
consultiva per le infrazioni valutarie presso il Ministero del tesoro 
(Italia) � Irricevibilit�. 

(Trattato CEE, art. 177; r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794, art. 6). 

A norma dell'art. 177 del Trattato CEE, la Corte di giustizia delle 
Comunit� europee pu� essere adita unicamente dal giudice di uno Stato 
membro che debba statuire nell'ambito di un procedimento destinato a 
risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale. La domanda proposta 
dalla Commissione consultiva per le infrazioni valutarie istituita 
presso il Ministero del Tesoro, la quale non ha il compito di dirimere delle 
liti, bens� di esprimere un parere nell'ambito di un procedimento amministrativo, 
� manifestamente irricevibile (1). 

(1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano, le cui 
osservazioni scritte, in relazione alla questione di ricevibilit� della domanda 
pregiudiziale, si trascrivono qui di seguito (in tema di verifica da parte della 
Corte della: provenienza della questione sottopostale da una � giurisdizione 
nazionale�, cfr. in questa Rassegna, 1982 I, 70 e 675, e 1983, I, 848). 
Legittimazione a proporre domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte 
ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE. 

(2) 1. -Nel corso di un procedimento per l'eventuale applicazione di sanzioni 
in relazione ad un episodio di esportazione materiale di biglietti di banca, la 
Commissione consultiva di cui all'art. 6 del r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794 ha 
ritenuto di poter rivolgere a codesta Corte di Giustizia una domanda di pronuncia 
pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE. 
Tale domanda, tenuto conto della natura e delle funzioni esclusivamente 
amministrative della Commissione, � irricevibile. La Corte, quindi, � incompetente 
a pronunciarsi sul merito delle questioni proposte. 

Com'� ben noto, l'art. 117, dopo aver attribuito alla Corte di Giustizia la 
competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione di atti compiuti 
dalle istituzioni della Comunit� e sull'interpretazione degli statuti degli 
organismi creati con atto del Consiglio, aggiunge, al secondo comma che: 

� Quando una questione del genere � sollevata davanti a una giurisdizione 
di uno degli Stati membri, tale giurisdizione pu�, qualora reputi necessaria 
per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla 
Corte di Giustizia di pronunciarsi sulla questione �. 



436 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -Con parere 4 ottobre 1985, pervenuto alla Corte il 
25 ottobre seguente, la commissione consultiva per le infra7Jioni valutarie, 
con sede in Roma, ha sollevato, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, 
varie questioni relative alle norme ed ai principi di diritto comunitario 
riguardanti U controllo dei movimenti di valuta. 

2. -Dalle osservazioni depositate dal Governo italiano e dalla Commissione, 
come pure dai regolamenti italiani cui dette osservazioni si rife-
Per radicare la competenza della Corte � necessario, dunque: 

1) che il rinvio pregiudiziale provenga da un organo giurisdizionale; 

2) che esso sia stato effettuato ai fini dell'emanazione di un atto (sentenza) 
fornito dei caratteri tipici della pronuncia giudiziale. 

Nella specie, mancano ambedue i requisiti. Infatti: 

1) il rinvio proviene da un organo puramente amministrativo; 

2) esso � stato effettuato ai fini dell'emanazione di un semplice parere 
non vincolante, rivolto ad un'autorit� (il Ministro per il tesoro) che dovr�, a sua 
volta, emanare, non una sentenza, ma un puro e semplice provvedimento amministrativo. 


Le argomentazioni esposte, in senso opposto, nell' � ordinanza � della Commissione, 
e in particolare, i richiami alla giurisprudenza di codesia Corte sono 
frutto di un evidente equivoco. 

Nell'interpretazione dell'art. 177 non si � mai dubitato che l'espressione 
� giurisdizione di uno degli Stati membri � valga ad escludere le autorit� non 
giudiziarie, e in particolare le autorit� amministrative degli Stati stessi (cfr., ad 
es., le conclusioni dell'Avvocato Generale Reischl nella causa 102/81, in Racc., 
1982, 1118). Dubbi, invece, sono sorti in passato rispetto ad alcuni organismi non 
statali, chiamati ad assolvere a funzioni non dissimili da quelle dei giudici dello 
Stato (decisione di controversie mediante l'applicazione di norme di diritto) 
attraverso l'emanazione di atti assimilabili, quanto all'efficacia, a vere e proprie 
sentenze. E appunto a rinvii disposti da alcuni di questi � giudici � non statali 
si riferiscono le decisioni di codesta Corte richiamate nell'ordinanza di rinvio. 
Il problema che si trattava di risolvere in quei casi riguardava, evidentemente, 
la prevalenza da accordare, in alternativa, allo status dell'organismo 
(non costituente organo ufficiale dello Stato), ovvero alle sue funzioni (sostanzialmente 
assimilabili alle funzioni giurisdizionali). E la soluzione accolta, nei 
vari casi, dalla Corte si � sempre ispirata al principio secondo cui pu� ammettersi 
un rinvio pregiudiziale ad opera di un organismo non statale soltanto se 
l'organismo stesso risulti collegato da un nesso sufficientemente stretto con 
l'ordinamento dello Stato, s� che si possa affermare che esso, in determinate 
materie, si sostituisca istituzionalmente (e non solo per effetto della semplice 
volont� delle parti) ai giudici statali. Coerentemente a tale criterio di fondo, � 
stato ritenuto che debba considerarsi � giurisdizione di uno Stato membro � 
un tribunale istituito da un'organizzazione professionale privata, ma approvato 
dall'autorit� pubblica e competente a dirimere tutto il contenzioso in tema di 
assicurazione malattia degli addetti alla professione (sentenza del 30 giugno 1966, 
causa 61/65, Racc., 1966, pag. 407), o ugualmente una Commissione di ricorsi 
istituita nell'ambito di un'associazione professionale di medici, che operi sotto 
controllo pubblico e in situazione di pratica assenza di rimedi alternativi davanti 
ai giudici ordinari (sentenza del 6 ottobre 1981, causa 246/80, Racc., 1981, pag. 2311). 
� stato escluso, invece, che possa considerarsi � giurisdizione � un arbitro 
liberamente scelto dalle parti, dato che in tal caso, non esiste il necessario nesso 



PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 437 

riscono, si desume che la commissione consultiva per le infrazioni valutarie 
� un organo del Ministero del tesoro italiano; che essa ha il compito 
di esprimere un parere motivato sulle sanzioni che il Ministro del tesoro 
deve infliggere a chi abbia trasgredito la normativa italiana in fatto di 
trasferimento di valuta; che essa � composta di un magistrato, che la 
presiede, e di vari altri funzionari; che le norme che la riguardano non 
fanno obbligo alla Commissione di seguire un procedimento contraddittorio 
in cui l'incolpato, o il suo legale, possa esprimere il proprio punto 

con � l'organizzazione dei mezzi di impugnazione ordinari dello Stato membro 
interessato� (sentenza del 23 marzo 1982, causa 102/81, Racc., 1982, pag. 1095). 

Completamente diverso �, invece, il problema che si pone nel presente caso. 
Qui � chiaro e incontestabile che la � Commissione consultiva per le infrazioni 
valutarie �, � un organo inserito nell'apparato dello Stato italiano. Non si dubita 
quindi (come nei casi richiamati), dello status di �organo dello Stato�. 

Ci� che va escluso, invece, � che le funzioni di quest'organo possano ricondursi 
al concetto di giurisdizione (mentre nei casi richiamati era fuori di dubbio 
che gli organismi privati di cui si trattava svolgessero, nella sostanza, opera 
di giudici). � 

Sotto questo aspetto, � improprio anche il richiamo alla causa 36/73, nella 
quale la domanda di pronuncia pregiudiziale era stata proposta dalla sezione 
del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato dei Paesi Bassi. Come, 
infatti, fu notato dall'Avvocato Generale Mayras (Racc., 1973, pag. 1318), nonostante 
viga nei Paesi Bassi il sistema della � giustizia ritenuta '" non v'� dubbio 
che il procedimento davanti al Consiglio di Stato abbia ormai perduto il carattere 
puramente amministrativo delle origini e sia diventato un vero e proprio 
procedimento giurisdizionale. Non sorgeva, del resto, neppure un problema di 
titolarit� del potere giurisdizionale (in testa al Sovrano o al Consiglio di Stato), 
dato che la Regina aveva espressamente autorizzato il rinvio pregiudiziale. 

Nella specie, invece, ci� che � in discussione � proprio la natura del procedimento 
nel corso del quale la Commissione consultiva ha ritenuto di poter 
effettuare il rinvio pregiudiziale. Trattandosi di un procedimento amministrativo 
e non giurisdizionale, nessuna analogia pu� sussistere con l'ipotesi considerata 
dalla Corte nella causa 36/73. 

2. Il problema dunque, non riguarda la determinazione dei requisiti occorrenti 
perch� un organo possa considerarsi � appartenente � ad uno Stato membro 
(su ci�, nessuna questione sorge nella specie), ma la determinazione dei 
requisiti minimi occorrenti perch� un organo statale possa considerarsi giurisdizionale 
ai sensi dell'art. 177. 
In proposito, non possono sorgere incertezze. Un'antica tradizione comune 
a tutti i Paesi membri della Comunit� consente di affermare con sufficiente 
certezza che gli organi giudiziari sono quelli chiamati, secondo l'espressione di 
Montesquieu, a � punire i delitti e giudicare le controversie dei privati �, mentre 
gli organi amministrativi sono quelli chiamati a provvedere alla soddisfazione 
concreta degli interessi collettivi assunti dalla legge entro la sfera di competenza 
dello Stato e degli altri enti pubblici. 

Non � che un modo diverso di esprimere lo stesso concetto il sottolineare 
che, mentre l'attivit� degli organi amministrativi � attivit� � di parte �, volta alla 
tutela di un interesse � soggettivato � nella pubblica amministrazione, l'atto 
giurisdizionale � volto a realizzare l'interesse puramente oggettivo all'attuazione 
della legge nel caso concreto. Esso non pu�, perci�, per sua stessa natura, 



RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO

438 

di vista; che l'incolpato non pu� adire direttamente la commissione, dato 
che questa si :riunisce unicamente a richiesta degli organi statali che 
hanno accertato delle infrazioni; il parere espresso dalla commissione 
non � vincolante per il Ministro. 

3. -Va rilevato inoltre che le sanzioni inflitte dal Ministro del tesoro 
previo parere della commissione consultiva possono essere impugnate 
dall'interessato dinanzi al giudice ordinario il quale ha, in proposito, 
giurisdizione di merito. 
che promanare da un'autorit� del tutto estranea ai rapporti ed alle situazioni 
decise. Ed ai titolari di tali rapporti e situazioni l'atto giurisdizionale deve, di 
necessit�, imporsi dall'esterno, con la forza tipica di un atto d'imperio emanato 

super partes. 

Pu�, quindi, affermarsi che i requisiti minimi per riconoscere l'esistenza 
di una �giurisdizione� ai sensi dell'art. 177 sono i seguenti: 
1) deve trattarsi di un organo chiamato a jus dicere, e cio� dotato del 
potere di attuare (accertare ed eseguire) la legge nel caso concreto; 
2) deve trattarsi di un organo in posizione di indipendenza dalle parti 
(pubbliche e private) del rapporto da decidere; 
3) la sua decisione deve essere dotata dell'efficacia tipica della res judicata. 

3. -� evidente che nessuno di questi requisiti minimi ricorre nella specie. 
La Commissione consultiva, anzitutto, non � chiamata ad attuare la legge 
nel caso concreto (il che, ovviamente, implicherebbe l'emanazione di un atto a 
rilevanza esterna) ma � chiamata soltanto ad esprimere un parere di carattere 
interno e non vincolante. Come abbiamo gi� detto, non vale il presunto � precedente
� della causa 36/73 perch�, in quel caso, il rinvio pregiudiziale non era 
stato deciso dal solo organo consultivo (il Consiglio di Stato}, ma anche da 
quello deliberativo (la Regina), e perch�, soprattutto, era fuor di dubbio che 
il procedimento principale aveva carattere giurisdizionale. 

Nella specie, invece, il parere della Commissione consultiva � destinato ad 

inserirsi in un procedimento amministrativo, che mette capo ad un provvedi


mento del Ministro di carattere, anch'esso, puramente amministrativo. Neppure 

un eventuale (e inconcepibile) concorso della volont� del Ministro potrebbe, 

perci�, rendere ammissibile il rinvio pregiudiziale. 

Sul carattere amministrativo del decreto del Ministro non possono sussi


stere dubbi. � evidente, infatti, che all'atto dell'autorit� di vertice di un ramo 

dell'Amministrazione, volto a realizzare una pretesa punitiva non penale, di cui 

� titolare l'Amministrazione stessa, consistente nel pagamento a quest'ultimo di 

una somma di denaro costituente oggetto di un'obbligazione di carattere civile 

(art. 3 legge 7 gennaio 1929, n. 4), non potrebbe mai attribuirsi altra natura che 

quella di un tipico provvedimento amministrativo. Esso non tende a realizzare 

l'interesse oggettivo all'attuazione della legge, ma a soddisfare un interesse sog


gettivato nell'apparato statale e costituente oggetto di un rapporto del quale � 

parte attiva la stessa Amministrazione impersonata dal Ministro. 

N� potrebbe giustificare una diversa opinione la semplice constatazione che, 
nel procedimento di cui si tratta, sono presenti alcuni aspetti � contenziosi � 
(facolt� dell'interessato di presentare deduzioni e di chiedere di essere sentito). 
:B ben noto, infatti, che in un'ampia serie di procedimenti sicuramente amministrativi 
previsti dai vari ordinamenti sono assicurate agli interessati �garanzie 
di intervento e di difesa, che non valgono affatto a snaturare il rapporto ed a 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 439 

4. -A norma dell'art. 177 del Trattato CEE, la Corte pu� essere 
adita unicamente dal giudice di uno Stato membro che debba statuire 
nell'ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronunzia 
di carattere giurisdizionale. Non � questo il caso nostro, dato che la commissione 
consultiva non ha il compito di dirimere delle liti, bens� di 
esprimere un parere nell'ambito di un procedimento amministrativo. 
ricondurlo nell'ambito della giurisdizione. Si tratta, anzi, di tendenze evolutive 
del tutto interne alla sfera amministrativa, che non ne toccano in alcun modo 
i caratteri identificativi essenziali. 

Ancor pi� evidente �, poi, la mancanza degli altri due requisiti minimi pi� 
sopra indicati. La Commissione consultiva non ha, in senso proprio, posizione 
di terza rispetto al rapporto punitivo fra l'Amministrazione del Tesoro e l'incolpato. 
Essa non � che un organo della stessa Amministrazione del Tesoro. 
Meno ancora, poi, ai suoi, atti potrebbe mai riconoscersi l'autorit� della cosa 
giudicata, trattandosi di semplici pareri privi di autonoma rilevanza esterna e 
privi, anche, di forza vincolante per l'autorit� decidente. 

E va aggiunto che neppure il provvedimento del Ministro ha forza vincolante 
paragonabile al giudicato. Come tutti i provvedimenti amministrativi, esso 
� esecutorio, ma l'interessato pu� sempre (oltretutto, senza limiti di tempo) 
adire il giudice ordinario per chiedergli di verificare la effettiva ricorrenza di 
tutti i presupposti necessari per l'applicazione della sanzione. 

4. -Anche dal punto di vista delle finalit� sostanziali e dello spirito dell'art. 
177 non si giustificherebbe il dare ingresso alla domanda di pronuncia 
pregiudiziale della Commissione consultiva. 
L'art. 177, istituisce un sistema di collaborazione fra la Corte di Giustizia 
e gli organi che, nei singoli Stati membri, sono chiamati ad attuare le norme 
di diritto comunitario nei casi concreti. Ci� allo scopo di assicurare l'uniformit� 
dell'interpretazione del Trattato e del diritto derivato in tutta la Comunit�. 

Per raggiungere tali scopi, non � affatto necessario estendere l'ambito del 

rinvio pregiudiziale oltre l'area degli organi giurisdizionali in senso proprio, 

fino a comprendervi anche organi puramente amministrativi. Se i giudici disap


plicassero o applicassero male una norma di diritto comunitario, non vi sarebbe 

rimedio. Appunto perci�, � necessaria quella forma di collaborazione preventiva 

che � stata istituita dall'art. 177. Se, invece, sono organi puramente ammini


strativi a violare il diritto comunitario, � sempre aperta agli interessati la via 

del ricorso ai giudici i quali, se necessario, potranno far ricorso alla procedura 

del rinvio pregiudiziale. ' 

Nella specie, come abbiamo detto, dopo l'emanazione del decreto sanziona


torio del Ministro del tesoro, � aperta all'interessato la via del ricorso al giudice 

ordinario, senza alcuna limitazione di mezzi. Egli pu� chiedere, cio�, il riesame 

di ogni questione di diritto e di fatto rilevante ai fini dell'applicabilit� della 

sanzione, anche al di l� della denuncia di specifici vizi di legittimit� del decreto 

ministeriale (giurisprudenza pacifica: cfr., ad es., Cass. 30 luglio 1953, n. 2594, 

in Giust. it. 1954, I, 151; Cass. 16 giugno 1978, n. 2989, in Foro it., 1979, I, 142). 

Sar�, quindi, sempre possibile al giudice, in questa sede, prospettare alla Corte 

le questioni di diritto comunitario eventualmente rilevanti. 

Ed � appunto quanto � accaduto nelle cause riunite 286/82 e 26/83 (Luisi e 
Carbone), nelle quali le domande di pronuncia pregiudiziale sono state proposte 
a codesta Corte dal Tribunale di Genova nel corso di giudizi di opposizione 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO

440 

5. -S quindi manifesto che Ja Corte � incompetente a statuire sul 
par�re che le � stato trasmesso dalla commissione consultiva per le 
infrazioni valutarie. 
6. -Stando cos� le cose, si deve applicare l'art. 92 del regolamento 
di procedura ed accertare d'ufficio l'incompetenza della Corte. (omissis) 
contro decreti del Ministro per il tesoro, applicativi di sanzioni pecuniarie per 
infrazioni valutarie. 

Non v'� alcun motivo, perci�, di forzare la chiara lettera dell'art. 177, estendendo 
la facolt� di chiedere la pronuncia pregiudiziale anche agli organi che 
partecipano al procedimento amministrativo di irrogazione della sanzione. 

Non sembra contestabile, in definitiva, !'irricevibilit� della domanda proposta 
dalla Commissione consultiva nel presente caso. 

MARCEU.O CONTI 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, I sez., 23 aprile 
1986, nella causa 153/84 -Pres. Joliet -Avv. Gen. Darmon -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundessozialgericht nella causa 
Ferraioli c. Deutsche Bundespost -Interv.: Governo della Rep. 
Fed. di Germania (ag. Seidel e Roder) e italiano (avv. Stato Fiumara) 
e Commissione delle C.E. {ag. Beschel). 

Comunit� europee -Libera circolazione dei lavoratori -Previdenza sociale 
-Assegni familiari � Sospensione delle prestazioni. 
(Regolamento CEE del Consiglio 14 luglio 1971, n. 1408, artt. 73 e 76). 

Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori � Previdenza sociale 
� Assegni familiari � Sospensione delle prestazioni � Prestazione 
pi� favorevole � Diritto alla differenza. 

(Regolamento CEE del Consiglio 14 luglio 1971, n. 1408, artt. 73 e 76). ~ 

Il diritto agli assegni familiari dovuti a norma dell'art. 73 del regolamento 
n. J4.08/71 nello Stato membro in cui � occupato uno dei genitori 
non � sospeso, a norma dell'art. 76 dello stesso regolamento, qualora 
l'altro genitore risieda con i figli in un altro Stato membro ed ivi eserciti 
un'attivit� lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in 
quanto non ricorrono tutti i presupposti ai quali la normativa di questo 
Stato membro subordina l'effettiva corresponsione di detti assegni (1). 

(1) In senso conforme cfr. la precedente sentenza 13 novembre 1984, nella 
causa 191/83, SALZANO, in questa Rassegna, 1985, I, 387, con nota-di FIUMARA, 
Condizioni per la sospensione del diritto agli assegni familiari spettante al lavoratore 
che si sposta all'interno della comunit� per i familiari residenti in altro 
Stato membro. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNI'fARIA B INTERNAZIONALE 

441 

L'art. 76 del regolamento n. 14()8/71 dev'essere interpretato nel senso 
che il diritto agli assegni familiari dovuti ad uno dei genitori dallo Stato 
membro di occupazione, in base all'art. 73 dello stesso regolamento, � 
sospeso soltanto fino a concorrenza dell'importo delle prestazioni della 
stessa natura effettivamente corrisposte nello Stato membro nel cui territorio 
risiedono i familiari. Qualora l'importo delle prestazioni familiari 
effettivamente riscosso nello Stato membro di residenza sia inferiore a 
quello delle prestazioni contemplate dalla legislazione dell'altro Stato 
membro, il lavoratore ha diritto, a carico dell'ente competente di questo 
ultimo Stato, ad un complemento di prestazioni pari alla differenza fra 
i due importi (2). 

(omissis) 1. -Con ordinanza 25 aprile 1984, pervenuta in cancelJeria 
il 19 giugno succesSivo, il Bundessozialgericht ha sottoposto a questa 
Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali 
vertenti sull'interpretazione dell'art. 76 del regolamento .del Consiglio 

n. 1408/71, �relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai 
lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della 
Comunit�� (G. U. n. L. 149, pag. 1). 
2. -Le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito di una 
controversia relativa all'oonullamento di un provvedimento con cui la 
Deutsche Bundespost privava il ricorrente nella causa principale degli 
assegni familiari da essa fino a quel momento attribuitigli per i figli. 
3. -Il ricorrente nella causa principale, sig. Ferraioli, cittadino italiano, 
lavora dal 1961 alle dipendenze della Deutsche Bundespost, resistente 
nella causa principale. Sua moglie ed i suoi tre figli Anna (nata il 
12 aprile 1962), Michele (nato il 13 settembre 1963) e Salvatore (nato il 
14 gennaio 1969) risfodono in Italia. 
4. -Fino al 1� maggio 1979, il sig. Ferraioli percepiva per i figli gli 
assegni familiari in conformit� alla legge federale tedesca vigente in materia 
(� Bundeskindergeldgesetz �).Avendo appreso che la moglie del ricorrente 
esercitava dal 1971 attivit� lavorativa subordinata in Italia, la 
resistente lo privava, con provvedimento 22 maggio 1979, degli assegni 
familiari, con effetto dal 1� maggio 1979. In seguito, la Deutsche Bundespost 
revocava il proprio provvedimento, per il motivo che il diritto 
agli assegni familiari italiani viene meno nel momento in cui il figlio 
compie il sedicesimo anno di et�; essa concedeva tuttavia gli assegni 
familiari tedeschi soltanto per Anna, fino al 30 aprile 1980, e per Michele, 
dall'ottobre 1979. 
(2) Cfr. sentenza 12 giugno 1980, nella causa 733/79, LATERZA, in Racc. giur. 
Corte, 1980, p. 1915. 

442 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO 

5. -Dopo aver mutilmente proposto opposizione contro il provvedimento 
della Deutsche Bundespost, il sig. Ferraioli adiva il Sozialgericht 
di Monaco al fine di ottenere, per il figlio Michele dal 1� maggio al 30 settembre 
1979 e per il figlio Salvatore a partire dal 1� maggio 1979, assegni 
familiari in misura pari alla differenza tra gli assegni familiari spettanti 
alla moglie in base al diritto ,italiano e quelli contemplati dal � 10 del 
Bundeskindergeldgesetz, oltre agli interessi legali. Il Sozialgericht accoglieva 
integralmente questa domanda, e la relativa sentenza veniva confermata 
d�l Bayerisches Landessozialgericht. La Deutsche Bundespost 
proponeva allora ricorso per cassazione (� Revision �) al Bundessozialgericht. 
6. -Ritenendo che la controversia poneva un problema d'interpretazione 
del diritto comunitario, il Bundessozialgericht sospende,,;.a il procedimento 
fino a quando la Corte di giustizia si fosse pronunciata sulle 
seguenti questioni pregiudiziali: 
� 1. Se l'art. 76 del regolamento (CEE) n. 1408/71 si riferisca anche 
ai casi in cui nello Stato membro nel quale risiedono i familiari le prestazioni 
o gli assegni familiari subordinati all'esercizio di un'attivit� lavorativa 
non vengano erogati, in base alle norme giuridiche di questo 
Stato, solo perch� il genitore che vi ha diritto non li ha chiesti. 
2. Se a norma dell'art. 76 del regolamento (CEE) n. 1408/71 le prestazioni 
:familiari dovute ad uno dei genitori nello Stato di occupazione 
in base all'art. 73 dello stesso regolamento siano sospese per intero o 
soltanto nella misura in cui nello Stato nel quale risiede il resto della 
famiglia sono dovute prestazioni familiari in ragione dell'attivit� lavorativa 
dell'altro genitore. 
3. Se l'art. 76 del regolamento (CEE) n. 1408/71 debba essere appHcato 
nel senso della sospensione integrale anche quando in base alla 
normativa nazionale (nella fattispecie, Bundeskinderge1dgesetz) al genitore 
avente diritto spetti, in caso di differenza fra le due prestazioni �. 
tore avente diritto spetti, in caso di concorrenza con una analoga prestazione 
familiare straniera, la differenza fra le due prestazioni �. 
7. -Nel procedimento dinnanzi a questa Corte sono state depositate 
osservazioni dal sig. Ferraioli, dal Governo della Repubblica federale di 
Germania, dal Governo italiano e dalla Commissione. 
8. -Ai sensi dell'art. 73 del regolamento n. 1408/71, cui si riferiscono 
le questioni, il lavoratore subordinato ha diritto, per i familiari residenti 
nel territorio di un altro Stato membro, alle prestazioni familiari previste 
dalla legislazione dello Stato di occupazione, come se risiedessero nel territorio 
di quest'ultimo. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERN'.AZIONALE 

9. -L'art. 76 dello stesso regolamento dispone che tale diritto � 
sospeso se, per l'esercizio di un'attivit� professionale, le prestazioni o gli 
assegni familiari sono dovuti anche a norma della legislazione dello Stato 
membro nel cui territorio risiedono i familiari. 
10. -Il sig. Ferraioli sostiene che quando, nel caso disciplinato dall'art. 
76 del regolamento n. 1408/71, l'importo delle prestazioni o degli 
assegni familiari effettivamente corrisposto, nello Stato di residenza, 
ad uno dei genitori che quivi esercita un'attivit� professionale, � inferiore 
all'importo dovuto all'altro genitore, in quanto lavoratore migrante, nello 
Stato di occupazione a norma del diritto interno completato dal diritto 
comunitario, per gli stessi figli e per lo stesso periodo, detto lavoratore 
migrante conserva il diritto agli assegni familiari nello Stato di occupazione 
e pu� pretendere, dall'ente competente di questo Stato, la differenza 
fra gli assegni spettanti nello Stato di residenza e quelli spettanti nello 
Stato di occupazione. 
11. -Il Governo della Repubblica federale di Germania osserva che, 
in via di principio, gli assegni familiari dovrebbero essere a carico dello 
Stato in cui il lavoratore migrante � occupato, ma che, qualora il coniuge 
eserciti un'attivit� professionale in un altro Stato membro, di guisa che 
entrambi gli Stati traggano profitto dall'attivit� professionale dei genitori 
e riscuotano imposte e contributi previdenziali, gli assegni familiari 
dovrebbero essere versati dallo Stato in cui risiedono i figli. Il Governo 
tedesco propone quindi di risolvere la seconda questione dichiarando che 
il diritto agli assegni familiari nello Stato di occupazione dev'essere integralmente 
sospeso. 
12. -Il Governo italiano sostiene che, non essendovi m;1a domanda 
della moglie, a questa non spettavano assegni in Italia, anche se in 
astratto avrebbero potuto spettarle; l'ente erogatore degli assegni al ma.
rito non pu� valutare se siano dovuti assegni alla moglie secondo il 
diritto nazionale dello Stato di residenza di quest'ultima, ma deve solo 
verificare se gli assegni siano in tale Stato effettivamente corrisposti o 
no. La questione relativa al se il genitore che lavora nell'altro Stato 
membro possa chiedere la differenza tra gli assegni che gli sarebbero 
spettati in tale Stato e quelli, di minore entit�, per ipotesi dovuti al 
coniuge che lavora nello Stato di residenza dei figli, dovrebbe essere 
risolta affermativamente, indipendentemente dal fatto che il diritto agli 
assegni spetti in forza del solo diritto comunitario ovvero in forza della 
sola legislazione nazionale dello Stato in cui il coniuge lavora. 
13. -La Commissione sostiene che l'art. 76 del regolamento n. 1408/71 
dev'essere interpretato nel senso che il diritto alle prestazioni familiari 
dovute in forza dell'art. 73 dello stesso regolamento � sospeso soltanto 
qualora ricorrano effettivamente tutti i presupposti sostanziali e for

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mali per l'erogazione di assegni familiari nello Stato di residenza dei figli, 
cio� qualora ,se necessario, sia stata presentata la relativa domanda di 
pagamento. Secondo la Commissione, ai sensi dell'art. 76, il diritto a prestazioni 
o assegni familiari spettante in forza delll'art. 73 del regolamento 

n. 1408/71 � sospeso soltanto fino a concorrenza dell'importo delle prestazioni 
o degli assegni familiari spett�nti, per l'esercizio di un'attivit� 
professionale, secondo le norme giuridiche dello Stato membro in cui 
risiedono i familiari. 
Sulla prima questione 

14. -Il problema sollevato nella prima questione � stato gi� esaminato 
dalla Corte nella sentenza 13 novembre 1984 (causa 191/83, Salzano, 
ancora inedita), riguardante un caso in cui il coniuge di un lavoratore 
migrante non aveva presentato la domanda di assegni familiari, contemplata 
dalla legislazione dello Stato in cui risiedeva. In tale sentenza, la 
Corte ha dichiarato che iJ diritto agli assegni familiari dovuti a norma 
dell'art. 73 del regolamento n. 1408/71 nello Stato membro in cui � 
occupato uno dei genitori non � sospeso qualora l'altro genitore risieda 
con i figli in un altro Stato membro e quivi svolga un'attivit� lavorativa, 
ma non percepisca assegni familiari per i figli in quanto non ricorrono 
tutti i presupposti ai quali la normativa di questo Stato membro subordina 
l'effettiva corresponsione dei suddetti assegni. Com'� precisato nella 
motivazione di tale sentenza, i presupposti di cui trattasi sono quelli, 
tanto formali quanto sostanziali, stabiliti dalla normativa dello Stato 
membro di residenza dei figli ed uno dei quali era per l'appunto, nelJa 
fattispecie, la previa presentazione di una domanda. 
15. -La prima questione dev'essere pertanto risolta nel senso che 
il diritto agli assegni familiari dovuti a norma dell'art. 73 del regolamento 
n. 1408/71 nello Stato membro in cui � occupato uno dei genitori 
non � sospeso, a norma dell'art. 76 deJ.lo stesso regolamento, qualora 
l'altro genitore risieda con i figli in un altro Stato membro ed ivi eserciti 
un'attivit� lavorativa, ma non percepisca asse~i familiari per i figli in 
quanto non ricorrono tutti i presupposti ai quali la normativa di questo 
Stato membro subordina l'effettiva corresponsione di detti assegni. 
Sulla seconda questione 

.Sulla seconda questione 

16. -Per risolvere la seconda questione si deve considerare che, 
com'� stato sottolineato pi� volte dalla Corte, la finalit� perseguita dall'art. 
51 del Trattato CEE, e cio� l'instaurazione della libera circolazione 
dei lavoratori, � decisiva per l'interpretazione dei regolamenti adottati dal 
Consiglio in materia di previdenza sociale dei lavoratori migranti. 
���.���..�..�.�.�.�.�.�.�.�.,�.......... ����������.�.-�............! 



PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNrrARIA E INTBR.~AZIONALB 

17. -Non � quindi lecito, senza disconoscere questo principio, applicare 
l'art. 76 del regolamento n. 1408/71 in mod� da privare il lavoratore, 
sostituendo le prestazioni attribuitegli da uno Stato membro a quelle 
dovutegli da un altro Stato membro, del vantaggio delle prestazioni pi� 
favorevoli. 
18. -Attenendosi a questo orientamento, la Corte ha dichiarato, 
nella sentenza 12 giugno 1980 (causa 733/79, Laterza, Racc. pag. 1915), che 
i princ�pi cui s'ispira il regolamento n. 1408/71 esigono che, qualora 
l'importo delle prestazioni erogate nello Stato in cui l'interessato risiede 
sia inferiore a quello delle prestazioni concesse dall'altro Stato debitore, 
n lavoratore conservi il vantaggio dell'importo pi� aJto e percepisca, a 
carico dell'ente previdenziale competente di quest'ultimo Stato, un complemento 
di prestazioni pari alla differenza fra i due importi. 
19. -'.Per queste ragioni, si deve risolvere la seconda questione dichiarando 
che l'art. 76 del regolamento n. 1408/71 dev'essere interpretato nel 
senso che il diritto agli assegni familiari dovuti ad uno dei genitori dallo 
Stato membro di occupazione, in base all'art. 73 dello stesso regolamento, 
� sospeso soltanto fino a concorrenza dell'importo delle prestazioni della 
stessa natura effettivamente corrisposte nello Stato membro nel cui territorio 
risiedono i familiari. Qualora l'importo delle prestazioni familiari 
effettivamente riscosso nello Stato membro di residenza sia inferiore a 
quello delle prestazioni contemplate dalla legislazione dell'altro Stato 
membro, il lavoratore ha diritto, a carico dell'ente competente di questo 
ultimo Stato, ad un complemento di prestazioni pari alla differenza fra 
i due importi. 
Sulla terza questione 

20. -Vista la soluzione data alla seconda questione, non � necessario 
risolvere la terza questione. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 4� sez., 24 giugno 
1986, nella causa 157/85 -Pres. Bahlmann -Avv. Gen Darmon � 
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Genova 
nella causa L. Brugnoni e R. Ruffinengo c. Cassa di risparmio di 
Genova e Imperia -Interv.: Governo Italiano (avv. Stato Conti) e Com


� missione delle C.E. (ag. Berardis). 
Comunit� europee -Libera circolazione del capitali -Misure di salva


guardia � Deposito bancario infruttifero. 

(Trattato CEE, artt. 67, 68, 69, 73 e 108; direttive CEE del Consiglio 11 maggio 

1960 e 18 dicembre 1962; legge 25 luglio 1956, n. 786, art. 5; DDMM 12 marzo 1981, 

30 novembre 1984 e 4 giugno 1985). 

1. -La decisione della Commissione 19 dicembre 1984, n. 85/16, deve 
essere considerata prorogare, per un periodo limitato, le autorizzazioni 
' 


446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

precedentemente concesse con le decisioni nn. 74/287 e 75/355,� essa autorizza 
quindi la Repubblica italiana a mantenere l'obbligo di un deposito 
bancario infruttifero relativo ad un'operazione effettuata prima della sua 
entrata in vigore (1). 

2. -L'obbligo di depositare i titoli emessi o pagabili all'estero presso 
una banca abilitata, o una banca estera scelta da una banca abilitata, pu� 
essere imposto da uno Stato membro, nell'ambito della liberalizzazione 
de_i movimenti di capitali contemplata dall'art. 2 e dall'elenco B della 
prima direttiva del Consiglio 11 maggio 1980 per l'attuazione dell'art. 67 
del Trattato, solo se tale obbligo sia indispensabile per consentire il 
controllo dell'osservanza delle condizioni stabilite dalla normativa di detto 
Stato membro conformemente al diritto comunitario (2). 

3. -Le procedure contemplate dall'art. 73 del Trattato non si possono 
applicare alle decisioni e alle misure adottate da uno Stato membro e 
dalla Commissione in base all'art. 108 del Trattato (3). 
(omissis) 1. -Con ordinanza 16 maggio 1985, pervenuta in cancelleria 
il 23 maggio seguente, il Pretore di Genova ha sottoposto a questa 

Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali 
vertenti sull'interpretazione degli artt. 67, 68, 73 e 108 del Trattato e delle 
due prime direttive del Consi~o, dell'll maggio 1960 e, rispettivamente, 
del 18 dicembre 1962, per l'attuazione dell'art. 67 del Trattato (G. U. 1960, 
pag. 921, e 1963, pag. 62), onde potersi pronunziare sulla compatibilit� di 
talUJ11e disposizioni della normativa valutaria italiana col diritto com�tnitario. 
2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia 
relativa all'acquisto di titoli esteri da parte del sig. Brugnoni, cittadino 
italiano residente in Italia. Nel novembre 1984, .il Brugnoni, tramite 
il proprio mandatario speciale sig. Ruffinengo, ordinava alla Cassa di 
Risparmio di Genova e Imperia di acquistare obb1igazioni emesse dalla 
Comunit� Europea del Carbone e dell'Acciaio e quotate in una borsa 
valori estera per il controvalore di 5.000 marchi tedeschi. La Cassa di 
(1-3) La Corte ha interamente condiviso le tesi prospettate dal Governo 
italiano relativamente alla prima e alla terza questione esaminate. 
Quanto alla seconda, essa ha ritenuto opportuno rimettere al giudice 
nazionale la verifica della necessit� dell'obbligo del deposito dei titoli per il 
controllo -ai sensi dell'art. 5 della direttiva CEE del Consiglio 11 maggio 
1960 -dell'osservanza delle condizioni alle quali la normativa italiana ha 
subordinato, conformemente alle decisioni di autorizzazione della Commissione, 
l'acquisto dei titoli. Ma sotto questo profilo non pu� esser dubbio 
che l'obbligo del deposito dei titoli assolva a legittime finalit� di controllo 
del movimento di capitali, posto che soltanto il deposito consente di ver�.f�-> 
care con esattezza la consistenza complessiva delle operazioni finanziarie con \.... 
~ I 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNI'FARIA E INTERNAZIONALE 441 

Risparmio ottemperava all'ordine e depositava le dbb1igazioni presso la 
Deutsche Bank di Francoforte, per conto del Brugnoni e del Ruffinengo, 
ai quali addebitava diritti di custodia. Inoltre essa addebitava loro una 
somma ammontante al 50 % del controvalore iin. lire italiane dei titoli 
-percentuale in seguito ridotta al 30 % -come cauzione ai sensi della 
normativa valutaria italiana. Il Brugnoni e il Ruffinengo citavano la Cassa 
di Risparmio dina,nzi al Pretore di Genova chiedendo la condanna della 
stessa alla consegna dei titoli ed alla restituzione del deposito cauzionale 
e dei diritti di custodia. 

3. -Gli attori nella causa principale non negavano che la banca 
avesse agito conformemente alla normativa italiana. Questa prescrive m 
effetti modalit� speciali relativamente all'acquisto e alla detenzione di 
titoli esteri. L'ar.t. 5 della legge 25 luglio 1956, n. 786 (G. U. della Repubblica 
italiana, n. 192 del 2 agosto 1956) vieta ai residenti, salvo autorizzazione 
ministeriale, di possedere quote di partecipazione in societ� aventi 
sede fuori del territorfo della Repubblica it�liana nonch� titoli aiionari e 
obbligazioni emessi o pagabili all'estero. Il decreto ministeriale 12 marzo 
1981 (G. U. della Repubblica italiana, supplemento n. 82 del 24 marzo 
1981), emanato per l'attuaiione della predetta legge, autorizzava, a determinate 
condizioni, l'acquisto da parte di residenti italiani di azioni e di 
obbligazioni emesse o pagabili all'estero. Fra dette condizioni figurano 
l'obbligo di versare una cauzione e quello di depositare i itito1i presso 
una lballlca abilitata. 
4. -L'art. 15 del citato decreto 12 marzo 1981 subordina infatti 
l'acquisto dei titoli suddetti al versamento, da parte dei residenti, in un 
conto vincolato infruttifero presso la banca che interviene nell'operazione, 
di una somma pari al 50 % del valore de1l'investimento. Nel 1984 detta 
somma � stata ridotta alla misura del 30 % per quanto riguarda l'acquisto 
di titoli obbligazionari emessi da istituzioni comunitarie e quotati presso 
borse valori estere. Inoltre, l'art~ 20 del decreto dispone che i titoli 
azionari e obbligazionari emessi o pagabili a1l'estero devono essere iml'estero, 
di tenere sotto controllo i titoli onde impedirne l'uso in operaz~oni 
non consentite, di controllare l'esatto adempimento dell'obbligo di effettuare 
il deposito infruttifero autorizzato dalle autorit� monetarie. 

Di recente, comunque, le disposizioni nazionali in materia sono state di 
nuovo modificate, concretandosi una maggiore liberalizzazione, con il D.M. 
9 agosto 1986, pubbl. in Gazz Uff. 14 agosto 1986, n. 188. 

Sui problemi interpretativi di carattere generale posti dagli artt. 67 e 
segg. del trattato CEE, si vedano le sentenze della Corte 11 novembre 1981, 
nella causa 203/80, CASATI, in questa Rassegna, 1981, I, 676, con nota di CONTI, 
Libera circolazione di capitali e disciplina valutaria, e 31 gennaio 1984, nelle 
cause nunite 286/82 e 26/83, Lu1s1 e CARBONE, ibidem, 1984, I, 239, con nota di 
CONTI, lriaggi per turismo e relativi trasferimenti di valuta nel diritto comunitario. 




448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

messi in un deposito costituito presso una banca abilitata. Tuttavia questa 
condizione si considera soddisfatta qualora la borsa abilitata depositi 
i titoli presso una banca estera a nome proprio e per conto degli aventi 
diritto. 

5. -Gli attori nella causa principale sostenevano che la descritta 
normativa nazionale era in contrasto col diritto comunitario, e iin particolare 
con gli artt. 67 e 68 del Trattato relativi alla liibert� dei movimenti 
di capitali. Essi ammettevano che la liberalizzazione dei movimenti di 
capitali si effettua al ritmo prescritto dalle direttive emanate dal Consiglio 
a norma dell'art. 69 del Trattato, ma ricordavano che nell'allegato , 
1 delle due direttive gi� adottate, nel 1960 e nel 1962, per l'attuazione dell'art. 
67 tutti i movimenti di capitali sono sudc:IJ:ivisi in quattro categorie, 
le quali costituiscono oggetto degli elenchi A, B, C e D e che nell'elenco 
B sono enumerate le operazioni che fruiscono di un regime di liberalizzazione 
incondizionata. Orbene, fra dette operazioni figurerebbe l'acquisto, 
da parte di residenti, di titoli esteri negoziati in borsa. 
6. -Dinanzi al Pretore di Genova, la Cassa di Risparmio, convenuta 
nella causa principale, deduceva che la Commissione, con la decisione 
19 dicembre 1984, n. 85/16 (G. U. 1985, n. L 8, pag. 34), aveva autorizzato 
specificamente la Repubblica italiana a continuare ad applicare talune 
misure di salvaguardia, fra cui il deposito cauzionale iinfruttifero nella 
misura del 30 % sulle operazioni re,ative a titoli esteri emessi dalle 
istituzioni comunitarie. Nell'ambito di llette misure sarebbe anche stabilita 
Ja condizione che i titoli di cui trattasi siano detenuti in propriet� 
per un periodo superiore ad un anno; di qui la necessit� della custodia 
dei titoli ai i�ini. del controllo dell'osservanza della suddetta condizione. 
7. -Il Pretore, al fine della corretta soluzione della controversia 
principale, ha ritenuto opportuno sottoporre alla Corte di giustizia delle 
Comunit� Europee le tre seguenti questioni pregiudizJiali: 
� 1. Se nel cas� di acquisto da parte di residenti di titoli esteri 
stilati in moneta estera, trattati in borsa, o di obbligazioni estere stilate 
in moneta estera, i soggetti dell'ordinamento comunitario usufruiscono di 
diritti che gli Stati membri sono tenuti a rispettare in forza di norme 
comunitarie direttamente applicabili ove si reputi considerare dette operazioni 
tra i movimenti di. capitali liberalizzati stante la loro elencazione 
nella categoria B degli allegati alle direttive del Consiglio dell'll maggio 
1960 e del 1� dicembre 1962 per l'attuazione dell'art. 67 del Trattato; ed 
in caso positivo se possano ritenersi o meno compatibili con l'Ordinamento 
Comunitario misure restrittive imposte dall'Ordinamento Nazionale, 
che incidono sull'esecuzione del contratto e sulla dispon1bi1it� del 
bene acquistato con particolare riferimento all'obbligo di immissione in 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

U111 deposito costitutivo presso banche abililltate per la custodia e l'amministrazione 
previsto dall'art. 5 del d.1. 6 giugno 1956, n. 476, convertito in 
legge 25 luglio 1956, n. 786 e dall'art. 20 del D.M. 12 marzo 1981; oppure 
se, rientrando J'operazione de qua tra i movimenti di capitali menzionati 
nella decisione della Commissione 85/16/CEE e per effetto del rinvio 
operato dalla decisione stessa all'art. 108, par. III del Trattato, essa rientri 
tra i movjmenti di capitali che, a nomna delle disposizioni di cui agli 
artt. 67 e 68 del Trattato, gli Stati membri possono sempre sottoporre a 
restnizioni donde la legittimit�, in tale seilltore della citata misura restrit� 
tiva, anche penalmente sanzionata, posta in atto dallo Stato membro. 

2. Se con riferimento alle decisioni della Commissione 25/287 /CEE, 
75/355/CEE e 85/16/CEE, l'omissione da parte del Governo ita11ano della 
procedura di consultazione stabilita nell'art. 73 del Trarttato neJl'adozione 
o nel mantenimento di misure restrittive relative ai movimenti di capitali 
che lo Stato membro interessato � tenuto a liberalizzare, determini o 
meno violazione del Trattato medesimo. 
3. Se l'autoriz~ione contenuta nella decisione della Commissione 
85/16/CEE del 19 dicembre 1984 che autorizza la Repubblica italii.ana a 
proseguire l'app1icazione di alcune misure di salvaguardia, debba essere 
interpretata, stante l'espresso richiamo alle decisioni 74/287 /CEE e 75/ 
�355/CEE, nel senso che l'autorizzazione � da ritenersi un'ulteriore proroga 
delle precedenti e cio� matto dal 1974 ovvero se debba interpretarsi come 
nuova autorizzazione stante la dizione del suo art. 1 con riferimento al� 
l'efficacia della decisione stessa come prevista dall'art. 191 II comma del 
Trattato, e quindi non applicabile alle operazioni effettuate anteriormente 
al 19 dicembre 1984. 

8. -Dette questioni si basano sulla constatazione che l'operazione 
di cui trattasi nella fattispecie dev'essere considerata come acquisto, da 
par.te di un residente, di titoli esteri negoziati in borsa, che essa fruisce 
pertanto della libera1izzazione completa prescritta dalle direttive relative 
a.i movimenti di capitali per le operazioni di cui all'elenco B ad esse allegato, 
ma che la Repubblica italiana � stata autorizzata, con la decisione 
della Commissione n. 85/16, ad adottare misure di salvaguardia che comportano 
una restrizione dei movimenti di capitali. 
9. -La decisione n. 85/16 definisce, nell'allegato, la natura delle 
restrizioni autorizzate in deroga agli obblighi comunitari. Quanto a.Ile 
opera1lioni su.titoli, l'allegato prescrive fra l'altro quanto segue: 
� a) L'acquisto da parte di residenti di titoli esteri negoziati m borsa 
� sottoposto alla costituzione di U111 deposito bancario infruttifero pari al: 

-30 % dell'importo dell'acqUJisto qualora si tratti di titoli emessi 
dalle istituzioni comunitarie europee e dalla Banca europea per gli m� 
vestimenti; 


450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO 

-... (omissis); 

-alla condizione che i titoli acquistati siano detenuti per un periodo 
superiore ad un anno. Qualora i titoli siano detenuti per un peri.odo 
inferiore, tale deposito � pari al 50 % ; 

b) ... (omissis) �. 

10. -La decisione n. 85/16 � stata adottata in base all'art. 108, n. 3, 
del Trattato, a tenore del quale, in caso di difficolt� o di grave minaccia 
di difficolt� nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro, la Commissione 
pu� autorizzare tale Stato ad adottare delle misure di salvaguardia 
di cui essa definisce le condizioni e le modalit�. La decisione della 
Commissione 8 maggio 1974, n. 74/287 (G. U. n. L 152, pag. 18), adottata 
in forza dello stesso articolo, e modificata dalla decisione della Com� 
missione 26 marzo 1975, n. 75/355 (G. U. n. L. 158, pag. 25), aveva gi� autorizzato 
la Repubblica italiana ad esigere dai residenti un versamento, a 
titolo di deposito bancario infruttifero, che non superasse il 50 % dell'importo 
delle operazioni di investimento negli altri. Stati memlbri in caso, 
fra l'altro, di operazioni su titoli. 
11. -Viste alla luce di quanto premesso, le questioni sollevate dal 
giudice nazionale mirarno �n sostanza a stabilire: 
a) se la decisione n. 85/16 autorizzasse l'imposizione di un deposito 
bancario infruttifero relativamente ad operazioni effettuate prima 
della sua entrata in Vtigore, in quanto essa costituisce una proroga delle 
autorizzazioni anteriormente concesse con le decisioni n. 74/287 e 

n. 75/355 (terza questione); 
b) se la decisione n. 85/16 consenta alla Repubblica italiana di imporre 
non solo un deposito bancario infruttifero, ma anche J'obb1igo di 
depositare i titoli acquistati presso una banca abilitata o presso una 
banca straniera scelta dalla banca abilitata (prima questione); 
c) se J'�rt. 73 del Trattato sia stato violato poich� la procedura dii 
consultazione da esso prescritta non � stata applicata nell'adozione o nel 
mantenimento in vigore, da parte del Governo italiano, di misure restrittive 
relative ai movimenti di capitali gi� liberalizzati (seconda questione). 

A. Sull'applicazione temporale della decisione n. 85/16. 
12. -Gli attori nella causa principale sostengono che al momento 
dell'operazione di cui trattasi nella fattispecie, cio� nel novembre 1984, 
la decisione n. 85/16 non era stata ancora adottata. L'operazione era allora 
disciplinata dalla decisione n. 74/287 che autorizzava la Repubblica 
italiana, in via temporanea, ad esigere dai residenti italiani Ull1 deposito 
bancario li.nfruttifero relativo a tale operazione. Tuttavia, ila decisione 
n. 74/287 � stata espressamente abrogata dall'art. 3 della decisione n. 85/16. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Pertanto i depositi bancari infruttiferi che erano gi� stati costituiti relativamente 
alle transazi0111i precedenti dovevano essere svincolati. al momento 
dell'entrata in vigore della decisione n. 85/16 che non avrebbe, e 
non potrebbe avere, alcuna efficacia retroattiva. 

13. -La Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, il Governo italiano 
e la Commissione ritengono che l'autorizzazione contenuta nella 
decisione n. 85/16 non costituisca una nuova autorizzazione, bens� la proroga 
dell'autorizzazione precedentemente concessa: poich� l'autorizzazione 
restava, in tal modo, valida, la normativa italiana sul deposito bancario 
tinfruttifero continuava ad essere conforme al diritto comunitario. 
14. -Quest'ultima tesi va accolta. La decisione n. 85/16 autorizza infatti 
la Repubblica italiana, come emerge dal suo �titolo, a �proseguire � 
l'applicazione di talune misure di salvaguardia per un periodo di tre 
anni. La portata icLi �questa decisione � chiarita dal suo quinto punto del 
preambolo, a tenore del quale: �l'abolizione delle. misure di salvaguardia 
che l'Italia era stata autorizzata a prendere deve avvenire in maniera 
graduale � e che conviene pertanto � mantenere delle restrizioni valutarie 
su talune operazioni in capitale normalmente liberate �. 
15. -La decisione n. 85/16 dev'essere considerata prorogare, per 
un periodo limitato, le autorizzazioni precedentemente concesse con le 
decisioni nn. 74/287 e 75/355, essa autorizza quindi la Reipublblica italiana 
a mantenere l'obbligo di un deposito bancario infruttifero relativo ad 
un'operazione effettuata prima della sua entrata in vigore. 
B. Sul deposito dei titoli presso una banca abilitata. 
16. -Gli attori nella causa principale sostengono che l'obbligo del 
deposito dei titoli esteri in custodia obbligatoria costituisce un ostacolo 
per i movimen1Ji. di capitali, tanto pi� grave per il fatto che il residente 
italiano non avrebbe nemmeno il diritto di ottenere il trasfermento 
materiale nel territorio italiano dei titoli aoquistati., poich� le banche abilitate 
in Italia costituirebbero sempre un deposito collettivo presso una 
loro corrispondente estera. Il Governo italiano avrebbe cos� assoggettato 
i movimenti di capitali gi� liberalizzati a restrizioni non autorizzate dalle 
decisioni della Commissione relative al~e misure di salvaguardia. 
17. -Gli attori nella causa principale sostengono inoltre che l'obbligo 
di depositare i titoli esteri presso una banca abilitata crea una 
discriminazione fondata sul luogo del col'locamento dei capitali, poich� 
tale obbligo non sussisterebbe per i titoli italiani. Orbene, l'art. 67 del 
Trattato precisa espressamente che la libera circolazione dei capitali 
implica la soppressione deHe discriminazioni di trattamento fondate � sul 
luogo del collocamento dei capitali�. 

452 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

18. -Irifine, gli attori nella causa principale affe11mano che la normativa 
italiana di cui trattasi non � compatibile con J'ar.t. 2 della prima 
direttiva per l'attuazione dell'art. 67 del Trattato. In tale articolo � stabilito 
infatti, per i movimenti di capitali appartenenti, come nella fattispecie, 
all'elenco B, che gli Stati membri concedono autorizzazioni generali 
per la conclusione o � per l'esecuzione � delle transaziom e � per i 
trasferimenti tra i residenti degli Stati membri�. Il trasferimento del 
possesso dei titoli all'acquirente sarebbe un elemento costitutivo della 
esecuzione di questo tipo di transazioni. 
19. -Il Governo italiano e la Commissione sono dell'avviso che 
l'ar-t. 2 della prima direttiva non osti a che gli Stati membri impongano 
l'obbligo di immettere i titoli esteri .iin deposito bancario. Per M Governo 
italiano la prima direttiva non intende limitare la potest� degli Stati 
membri di regolare le modalit� dd gestione e di disposizione dei titoli 
esteri, dal momento che esse non interfuriscono affatto con la possibilit� 
dei residenti di acquistare i titoli e di ottenerne il trasferimento. 
Secondo la Commissione, la prima direttiva ha soppresso le restrizioni 
in materia di operazioni di cambio, ma essa non riguarda gli ostacoli 
di carattere ammiDI�strativo come quello che ricorre nella fattispecie. 
20. -Il Governo italiano aderisce inoltre all'argomento della Cassa 
di Risparmio, secondo cui il deposito obbligatorio dei titoli esteri costituisce 
una misura di controMo, dal momento che questi titoli devono, 
secondo la normativa autorizzata dalla Commissione, essere detenuti in 
propriet� per un periodo superiore ad un anno. Orbene, l'art. 5 della 
prima direttiva contempla espressamente la possibilit�, per gli Stati membri, 
di procedere a misure di controllo. 
21. -Occorre osservare in primo Juogo che la discussione riguaroa 
un'operazione appartenente all'elenco B allegato alla prima direttiva, 
elenco che enumera i movimenti di capitali completamente liberalizzati. 
La portata di tale liberalizzazione � precisata dall'art. 67 dcl Trattato, 
secondo cui la libera circolazione dei capitali comporta [a soppressione 
delle restrizioni ai movimenti dei capitali appartenenti a persone residenti 
negli Statii membri, e parimenti delle discriminazioni di trattamento 
fondate suLla nazionalit� o la residenza delle parti, o sul foogo del colloc31lllento 
dei capitali. 
22. -Ne consegue che le due direttive del Consiglio per l'attuazione 
dell'art. 67 del Trattato, avendo inteso realizzare la liberalizzazione 
completa di talUDI� movimenti di capitali, mirano ad eliminare gli ostaco1i 
amministrativi che, pur non imponendo autorizzazioni di cambio e 
non pregiudicando l'acquisto di titoli esteri, rappresentano pur sempre 

PARm I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

un fatralcio per �la libert� .la pi� ampia possibile� dei movimenti di 
capitati necessaria, secondo il preambolo della prima direttiva, per la 
realizzazione degli obiettivi della Comunit�. 

23. -Tuttavia, secondo l'art. 5 della prima direttiva, le disposizioni 
della stessa non limitano il diritto degli Stati membri di verificare la 
natura e la realt� delle transazioni o dei trasferimenti e di adottare. le 
misure indispensabili per impedire infrazioni alle foggi ed ai regolamenti 
degli Stati stessi. Come il Governo italiano ha osservato giustamente, fra 
tali misure pu� rientrare il controllo dell'osservanza delle condizioni che 
gli acquirenti di titoli esteri devono rispettare a norma delle misure di 
salvaguarofa autorizzate dalla Commissione in base all'art. 108 del Trattato. 
In particolare, siffatti. controlli possono riguardare l'adempimento da 
parte dell'acquirente dell'obbligo di detenere i titoli per un periodo superiore 
�ad un anno. 
24. -Spetta per.tanto al giudice nazionale verificare se le misure dii 
controllo di cui trattasi siano � indispensabili�, ai sensi dell'art. 5 della 
prima direttiva, per impedire che vengano disattese le condizioni alle 
quali Jia normativa italiana ha subordinato, conformemente alle decisioni 
di autorizzazione della Commissione, l'acquisto di titoli emessi o pagabili 
all'estero. 
25. -Si deve pertanto risolvere la questione nel senso che l'obbligo 
di depositare i titoli emessi o pagabili all'estero presso una banca abilitata, 
o una banca estera scelta da una banca abilitata, pu� essere imposto 
da uno Stato membro, nell'ambito della libera1izzazione dei movimenti 
di capitali contemplata dall'art. 2 e dall'elenco B della prima 
direttiva, solo se tale obbligo sia indispensabile per consentire il controllo 
dell'osservianza delle condizioni �stabilite dalla normativa di detto 
Stato membro conformemente al diritto comunitario. 
6. Sull'applicabilit� dell'art. 73 del Trattato. 
26. -L'art. 73 contempla consultazioni e, eventualmente, misure di 
protezione qualora dei movimenti di capitale provochino perturbamenti 
. nel funzionamento del mercato dei capitali di uno Stato membro. Le decisioni 
della Commissione nn. 74/287, 75/355 e 85/16, di �ui trattasi nella 
presente controversia, sono state tuttavia adottate in base all'art. 108. 
Detto articolo contempla consultamoni, un concorso reciproco degli Stati 
memlbri e, eventualmente, misure di salvaguardia in caso di difficolt� 

o di grave minaccia di difficolt� nella bilancia dei pagamenti di uno 
Stato membro, provocate sia da uno squilibrio globale della bilancia, sia 
dal �tipo di valuta di cui esso dispone. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

454 

27. -Dal raffronto cli queste due nonne emerge che i presupposti 
sostanziali stabiliti dall'art. 73 sono diversi da quelli contemplati dall'art. 
108, e che le deciSI�oni che possono essere adottate o autorizzate non 
sono le stesse nei due casi. Lo stesso deve quindi valere per le procedure 
da seguire: queste pertanto non possono essere considerate cumulative. 
28. -La questione' in esame va quindi riJSolta nel senso che le procedure 
contemplate dall'art. 73 del Trattato non si possono applicare 
alle decisioni e alle misure adottate da uno Stato membro e dalla Commissione 
in base all'art. 108 del Trattato. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sed. plen., 10 

�luglio 1986, nella causa 235/84 � Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. 
Slynin -Commissione delle C.E. (ag. Traversa) c. Repubblica italiana 
(avv. Stato Fiumara). 
Comunit� europee � Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri 
� Salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di 
imprese . Regimi complementari di previdenza. 

(Direttiva CEE del Consiglio 14 febbraio 1977, n. 77/187, art. 3; codice civile, articoli 
2112 e 2117). 

Comunit� europee � Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri � 
Salvaguardia �lei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di 
imprese . Obbligo di informazione e di consultazione del rappresen� 
tanti dei lavoratori. 

(Direttiva CEE del Consiglio 14 febbraio 1977, n. 77/187, art. 6). 

L'ordinamento giuridico italiano, e in part;icolare gli artt. 2112 e 2117 
del codice civile, secondo l'interpl"etazione giurisprudenziale segnalata dal 
Governo italiano, garantiscono ai lavoratori, in caso di trasf erime,nto di 
imprese, la tutela prescritta dall'art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva 
CEE del Consiglio 14 febbraio 1977, n. 77/187, per quanto riguarda 
i diritti, da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, 
comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di 
previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei 
regimi legali di sicurezza sociale: non � necessaria, quindi, l'emanazione 
di altre norme nazionali di attuazione della direttiva (1). 

(1-2) La Corte di giustizia ha respinto il ricorso della Commissione per la 
parte riguardante l'asserita mancata attuazione del disposto dell'art. 3, n. 3, 
secondo comma, della direttiva, osservando che essa non ha sufficientemente 
provato che l'ordinamento giuridico italiano non garantisca integralmente la 
tutela prescritta dalla disposizione comunitaria. Si trascrivono, qui di seguito, 
alcuni brani delle difese scritte presentate dal Governo italiano, nelle quali 



PAR1E I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

455 

La Repubblica italiana, omettendo di adottare entro il termine prescritto 
tutti i provvedimenti necessari per conformarsi integralmente all'art. 
6, nn. 1 e 2, della direttiva CEE del Consiglio 14 febbraio 1977, n. 77I 
187, per quanto riguarda l'obbligo di informazione e di consultazione con 
i rappresentanti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, � 
venuta meno agli obblighi impostile dal Trattato CEE (2). 

(omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria 
della Corte il 19 settembre 1984, la Commissione delle Comunit� Europee 
ha proposto, ai sensi delJ.'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso 
a far dichiar�re che la Repubblica italiana, non avendo ad�ttato nel 
termine prescritto tutti i provvedimenti necessari per conformarsi integralmente 
alla direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, n. 77/187, concernente 
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla 
salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, 
di stabilimenti o di parti di stabilimenti (G. U. n. L 61, pag. 26), � venuta 
meno agli obblighi impostile dal Trattato CEE. 

2. -La direttiva n. 77/187, adottata .in base, segnatamente, aM'art. 100 
del Trattato, mira, a tenore del suo preambolo, a � proteggere i lavoratori 
in caso di cambiamento di �imprenditore, in particolare per assicurare 
il mantenimento dei loro diritti �. Essa ha lo scopo di garantire, 
per quanto possibile, la continuit� del rapporto di lavoro, senza modi� 
fiche, con il cessionario. 
si espone la portata degli artt. 2112 e 2117 del codice civile, secondo l'indirizzo 
giurisprudenziale che si � delineato. 

Quanto al secondo punto l'infrazione non era formalmente contestabile. Si 
era peraltro osservato che, in attesa di una normativa di attuazione specifica 
(in corso di elaborazione), ben poteva ritenersi sufficiente, in sostanza, la contrattazione 
collettiva pi� diffusa e significativa, che da molti anni contiene 
clausole che riconoscono veri e propri � diritti di informazione � e relative 
procedure che hanno ad oggetto vari aspetti che direttamente interessano i 
lavoratori dipendenti, quali appunto i programmi di ristrutturazione aziendale, 
di mobilit�, di fusione, di incorporazione e anche di trasferimento. 

Regimi previdenziali complementari in caso di trasferimento di impresa. 
(omissis) -La Corte di cassazione italiana, con una uniformit� di pronuncie 
che costituiscono ormai jus receptum, ha precisato (e ci limiteremo in questa 
sede a segnalare solo alcune delle sentenze pi� recenti) che �l'art. 2112 cod. civ., 
sebbene faccia esclusivo e letterale rifeiimento alle fattispecie della vendita, 
dell'affitto e della concessione in usufrutto dell'azienda, si applica ogni qualvolta, 
ferma rimanendo l'organizzazione del complesso dei beni destinati all'esercizio 
della impresa e quindi immutato il suo oggetto e la sua attivit� obiettiva, vi 
sia soltanto sostituzione della persona del suo titolare, quale che sia il mezzo 
tecnico-giuridico, consensuale o meno, mediante il quale tale sostituzione si 
attui� (Cass. 14 luglio 1984, n. 4132, massima Riv. 436087 del centro elettronico 
della Corte stessa; conformi, fra le sentenze pi� recenti: Cass. 10 luglio 1984, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

456 

3. -Pi� lin particolare, la direttiva prescrive, nell'art. 3, n. 1, il trasferimento 
dei diritti e degli obblighi derivanti per il cedente da un contratto 
di lavoro o da un rapporto di lavoro e, nell'art. 3, n. 2, la conservazione, 
da parte del cessionario dopo il trasferimento, delle condizioni 
di lavoro convenute mediante contratto co1lettivo. Tuttavia, a norma 
del :n. 3, primo comma, dello stesso articolo, i precitati nn. 1 e 2 �non 
si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidit� 
o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali 
o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza 
sociaile degli Stati membd �. Per quanto riguarda tali diritti, l'articolo 
3, n. 3, secondo comma, recita come segue: 
� Gli Staiti membri adottano le misure necessarie per tutelare 
gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno gi� lasciato lo stabililIIlento 
del cedente al momento del trasferimento ai sensi dell'art. l, 
parag11afo l, per quanto riguarda i diritti, da essi maturati o in corso 
di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, 
dei regimi complementari citati al primo comina �. 

4. -L'art. 6 della direttiva impone inoltre 'ai cedente e al cessionario 
taluni obblighi di informazione e di consultazione nei confronti 
dei lavoratori interessati dal trasferimento. Le informazioni prescritte 
vertono sul motivo del trasferimelllto e sulle conseguenze dello stesso 
per �i lavoratori nonch� sulle misure previste nei loro confronti; esse 
n. 4039; 12 gennaio 1984, n. 263; 6 giugno 1983, n. 3888; 8 gennaio 1983 n. 147). � 
stato altres� chiarito che la sussistenza dell'ipotesi del trasferimento di azienda 
contemplata nella norma � configurabile, � oltre che nel caso di trasferimento 
dell'intero complesso aziendale, anche nel caso di trasferimento di parti dell'azienda 
idonee a costituire un compiuto strumento di impresa � (Cass. 30 marzo 
1984, n. 2139, massima Riv. 434178; conforme Cass. 8 gennaio 1983, n. 138), nonch� 
nel caso di fusione di due societ� o di incorporazione, dove peraltro la tutela 
del lavoratore � rafforzata dal disposto dell'art. 2504 cod. civ., che rende inoperanti 
le limitazioni di cui al secondo comma dell'art. 2112 (Cass. 8 novembre 1983, 
n. 6612). Si segnalano, altres�, le sentenze con le quali � stata ritenuta applicabile 
la norma nel caso di costituzione, da parte di due soggetti, di una societ� 
in nome collettivo, mediante conferimento, da parte di ognuno di essi, della 
propria azienda individuale (Cass. 15 giugno 1984, n. 3577), o nel caso del passaggio 
della titolarit� dell'azienda da una societ� in accomandita ad una societ� per 
azioni qualora essa non costituisca, per le modalit� del passaggio, una mera 
trasformazione ai sensi dell'art. 2498 cod. civ. (Cass. 5 maggio 1983, n. 3086). 
L'art. 2112 cod. civ., cos� pacificamente interpretato, �, dunque, di una tale 
ampiezza da comprendere certamente il campo di applicazione della direttiva 
quale delineato in essa dall'art. 1. 

Per quanto riguarda la posizione soggettiva dei dipendenti la norma in 
questione prevede: 
-la solidariet� passiva dell'acquirente con l'alienante per tutti i crediti 
che hanno causa nel lavoro prestato, a condizione che essi risultino dai libri 



457

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B JNTERNAZIONALB 

devono essere comunicate ai rappresentanti dei lavoratori interessati in 
tempo utile e comunque prima che i lavoratori siano direttamente danneggiati 
dal trasferimento nelle loro condizioni di impiego e di lavoro 

(111. 1). Il cedente e il cessionario, qualora prevedano misure nei confronti 
dei rispettivi lavoratori, sono inoltre tenwti ad avviare lin tempo 
utile consultazioni in merito a dette misure con i rappresentanti dei 
rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo (n. 2). 
5. -A nonna dell'art. 8 della direttiva, gli Stati membri erano itenuti 
a conformarsi alla stessa entro due anni dalla sua notifica. Nel caso 
della Repubblica italiana detto termine � scaduto il 16 febbraio 1979, 
poich� fa direttiva era stata notificata il 16 febbraio 1977. 
6. -La Comm.iJssione ritiene che la normativa italiana non sia COlll� 
forme sotto due aspetti a quanto stabilito dalla direttiva. In primo 
luogo, contrariamente a quanto prescrive l'art. 3, n. 3, secondo comma 
della direttiva, detta normativa non garantirebbe la tutela dei diritti 
dei lavoratori e degli ex lavoratori a prestazioni di vecchiaia spettanti 
in base a regimi complementari di previdenza sociale; in secondo luogo, 
essa non imporrebbe al cedente e al cessionario obbldghi in materia 
di informazione e di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori 
interessati che s:iialllo conformi a quanto stabilito da1l'art. 6, nn. 1 e 2, 
della direttiva. Di conseguenza, la Commissione, dopo uno scambio di 
contabili o dal libretto di lavoro ovvero che comunque l'acquirente ne abbia 

avuto conoscenza all'atto del trasferimento, anche s� la conoscenza o la risul


tanza riguardino solo i fatti che hanno prodotto i crediti in questione (la giuri


sprudenza ha interpretato la norma in senso molto fato, a garanzia del lavora


tore, osservando che i vari elementi di fatto devono essere dal -giudice con


siderati come principi di prova, che in concorrenza con altri possano radicare in 

lui la convinzione della conoscenza, anche indiretta, da parte del cessionario 

dell'esistenza dei debiti); 

-la prosecuzione del rapporto di lavoro (cio� una � successione del nuovo 

imprenditore � nel rapporto di lavoro, secondo quanto ha affermato costante


mente la giurisprudenza) e, in particolare, il trascinamento della anzianit�, che 

si sostanzia nella conservazione, nei confronti dell'acquirente, dei diritti del 

prestatore di lavoro derivanti dall'anzianit� raggiunta anteriormente al tra


sferimento. 

L'art. 2112 cod. civ., dunque, non solo fa salvi i diritti dei prestatori di 

lavoro nel caso di trasferimento dell'azienda presso cui sono o sono stati occu


pati, ma rafforza la posizione di costoro nel senso di stabilire la solidariet� fra 

imprenditore cedente e imprenditore cessionario per tutti i crediti che i dipen


denti abbiano avuto al tempo del trasferimento in relazione al lavoro prestato. 

La norma ha la funzione di realizzare una pi� intensa tutela del lavoratore rispet


to a quella che gi� sarebbe a questi accordata dalle norme generali di cui agli 

articoli 2558 e 2560 cod. civ., relative alla tutela di ogni creditore del cedente nel 

caso di trasferimento d'azienda, rimuovendo, appunto per le sole ragioni dei 

lavoratori, alcune condizioni riguardanti i crediti in generale. 



458 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lettere oon il Governo italiano e dopo aver emesso dl parere motivato 
ai sensi dell'art. 169, primo comma, del Traittato, ha proposto il presente 
ricorso per inadempimento basato sulle due censure summen� 
zionate. 

Sull'attuazione dell'art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva n. 77/187. 

7. -Per quanto attiene innanziitutrto alla censura secondo cui J'art. 3, 
n. 3, secondo comma della direttiva n. 77/187 non � stato completamente 
recepito nel diritto nazionale, � pacifico che la Repubblica ita� 
liana non ha adottato norme specifiche per dare attuazione alla suddetta 
disposizione comunitaria. Tuttavia, le parti rsono di diverso avviso sulla 
questione di sapere se la normativa italiana vigente -fosse gi� conforme 
ag1i obblighi derivanti dalla disposiZJione di cui trattasi. 
8. -Il Governo italiano fa riferimento, a questo proposito, a due 
norme del codice civile italiano,, e cio� agli artt. 2112 e 2117 i quali, 
come intepretati dalla Corte Suprema di Cassazione, garantirebbero ai 
lavoratori una tutela almeno uguale a quella prescritta dalla direttiva. 
Dette norme recitano come segue: 
~ Art. 2112. Trasferimento dell'azienda. 

Se l'art. 2112 cod. civ. da un lato garantisce la prosecuzione dello stesso 
rapporto di lavoro secondo l'ordinamento per esso predisposto, con tutte le 
conseguenze relative alla posizione giuridica del lavoratore, e da un altro lato 
garantisce la soddisfazione di tutte le ragioni dei lavoratori, siano essi passati 

o non passati (legittimamente) alle dipendenze del cessionario, con la costituzione 
di una solidariet� di quest'ultimo con il cedente per le ragioni pregresse, 
non si vede come la norma in questione non possa essere ritenuta sufficiente a 
garantire la posizione del lavoratore (che sia passato alle dipendenze del cessionario 
o abbia lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferi� 
mento) per quanto riguarda i diritti di cui all'art. 3 punto 3 della direttiva. 
La Commissione rileva che tale articolo della direttiva lascia agli Stati 
membri la facolt� di scegliere il sistema pi� idoneo per assicurare la tutela dei 
diritti dei lavoratori o ex lavoratori dell'azienda ceduta: le modalit� di protezione 
di tali diritti sonc;> lasciate all'apprezzamento degli Stati, data la variet� di 
soluzioni in teoria prospettabili (per esempio una responsabilit� ex lege del 
cessionario sussidiaria o solidale rispetto a quella del cedente, ovvero un intervento 
diretto o sussidiario di fondi pubblici), fermo comunque l'obbligo dello 
Stato stesso di " garantire che la situazione dei diritti del lavoratore dopo il 
trasferimento dell'impresa non risulti meno favorevole rispetto a quella anteriore 
al trasferimento stesso a motivo di quest'ultimo�. Nell'ordinamento italiano 
-osserva la Commissione -non esisterebbe una disciplina generale intesa 
a tutelare i diritti in questione, non potendosi ritener sufficiente il disposto 
dell'art. 2117 cod. civ., il quale, pur sottraendo il fondo previdenziale costituito 
alle pretese dei creditori particolari dell'imprenditore, non � certo sufficiente 
�a garantire il soddisfacimento del diritto del lavoratore a prestazioni di vecchiaia 
e per i superstiti nel caso in cui il nuovo imprenditore non intenda 



PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 459 

In caso di trasferimento dell'azienda, se l'alienante non ha dato 
disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con l'acquirente 
e il prestatore di lavoro conserva i diritti der.ivanti dall'anzianit� rag~
unta anteriormente al trasferimento. 

L'acquirente � obbligato in solido con l'alienante per tutti i crediti 
che il pres�tatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento in 
dipendenza del lavoro prestato, compresi quel1i che trovano causa nella 
disdetta data all'.alienante, semprech� l'acquirente ne albbia avuta conoscenza 
all'atto del trasferimento, o i crediti risultino dai libri della 
azienda trasferita o dal Jibretto di lavoro . 

��� ��. 

�Art. 2117. Fondi speciali per la previdenza e l'assistenza. 

I fondi speciali per la previdenza e l'assistenza che l'imprenditore 
abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, 
non possono essere distratti dal fine al quale sono destinati e non 
possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell'iinprenditore 
o del prestatore di lavoro�. 

9. -Il Governo italiano precisa che l'art. 2112 dispone m generale 
la sostituzione, nel contratto di lavoro, del precedente titolare dell'immantenere 
il regime previdenziale complementare al quale partecipava l'imprenditore 
cedente�. 

La soluzione adeguata del problema va per� trovata, ad avviso del Governo 
italiano, nel disposto dell'art. 2112 cod. civ., nella portata che la norma ha 
secondo quanto sopra si � detto. 

I regimi complementari di cui parla la direttiva e cui si riferisce la Commissione 
sono quelli �esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale 
degli Stati membri� (art. 3, n. 3, della direttiva). Si tratta evidentemente di 
regimi della pi� vari� natura, di forme di previdenza integrative prese nell'ambito 
di accordi aziendali o di iniziative dello stesso imprenditore, con contribuzioni 
del solo imprenditore ovvero miste dell'imprenditore e degli stessi lavoratori. 

Queste iniziative costituiscono indubbiamente dei diritti in favore dei lavoratori, 
nell'ambito del rapporto di lavoro che essi hanno con l'imprenditore 
prima del trasferimento dell'azienda. � I crediti dei lavoratori concernenti un 
trattamento pensionistico integrativo -ha osservato la Corte di cassazione 
italiana, con sentenza 9 febbraio 1983, n. 1061 -erogato a seguito della costituzione 
di un fondo speciale volto all'integrazione del trattamento pensionistico 
obbligatorio, ancorch� esigibili dopo la cessazione del rapporto di lavoro subor� 
dinato, costituiscono veri e propri crediti di lavoro, come tali rivalutabili a norma 
dell'ultimo comma dell'art. 429 (nuovo testo) cod. proc. civ., in quanto il tratta� 
mento pensionistico integrativo -a differenza di quello obbligatorio, caratte� 
rizzato dalla natura tipicamente pubblicistica del rapporto di assicurazione 
sociale obbligatoria -trova la sua fonte e la sua disciplina nella volont� delle 
parti, costituendo, in sostanza, un obbligo contrattuale del datore di lavoro 
avente ad oggetto una prestazione corrispettiva (rapportata alla durata del 
servizio ed alla. misura della retribuzione) ... �. � I regolamenti degli enti pubblici 
economici -� stato aggiunto (Cass. 5 Juglio 1984, n. 3950, mass. Riv. 435923 



-i60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

presa con il nuovo titolare. Detto articolo si applicherebbe, in base ad 
una giurisprudenza costante, anche ai diritti derivanti dai regimi complementari 
di previdenza sociale, poich� questi regimi attribuirebbero 
ad lavoratori diriitti neU'ambdto del loro rapporto di lavoro con l'imprenditore. 
A sostegno di detta tesi, il Governo italiano si richiama a 
varie sentenze della Corte Suprema di Cassazione il cui testo esso ha inviato 
a questa Corte. Da queste decisioni giurisprudenziali emergerebbe che le 
prestazioni spettanti in forza di regimi previdenziali complementari 
costituiscono veri e propri crediti di lavoro e che la prosecuzione di 
tali regi.mi con il cessionario � garantita in quanto elemento del contratto 
di lavoro, indipendentemente dar! futto che i fondi di cui trattasi 
siano interni o esterni arll'impresa. 

10. -Quanto all'art. 2117, il Governo italiano rileva che esso aggiunge 
un'ulteriore garanzia a favore dei lavoratori o degli ex lavoratori 
poich� ga.rantisoe il pagamento delle loro spettanze. 
11. -La Commissione contesta dette asserzioni, deducendo, in particolare, 
che non esiste una giurisprudenza sufficientemente univoca e 
consolidata che faccia rient:r.are i crediti per prestazioni integrative di 
del centro elettronico citato) -che istituiscono e disciplinano forme di previ


denza volontaria in favore dei dipendenti, come trattamenti pensionistici inte


grativi mediante la costituzione di fondi speciali, al pari dei regolamenti azien


dali concernenti in generale l'ordinamento del personale, configurano atti di 

natura negoziale, da cui discendono in favore di detti dipendenti, nell'ambito 

del rapporto di lavoro di natura privatistica, posizioni di diritto soggettivo �. 

Se, dunque, si � in presenza di un obbligo contrattuale del datore di lavoro, 

la normativa dell'art. 2112 cod. civ., che in caso di trasferimento d'azienda 

prevede la continuit� del rapporto e quindi la permanenza di tutti gli obblighi 

precedenti e prevede altres� la responsabilit� solidale del cessionario con il 

cedente, tutela ampiamente -e molto al di l� di quanto non indichi la stessa 

direttiva -la posizione del lavoratore o dell'ex lavoratore, che, a seconda dei 

casi, possono pretendere quanto loro spetta nei confronti del cedente e del 

cessionario ovvero possono pretendere, proprio in forza del loro diritto, costi


tuito in qualsivoglia modo e rimasto inalterato dopo la successione dell'impren


ditore cessionario nel rapporto, la prosecuzione del regime complementare. Se, 

invece, in forza del particolare modo di costituzione di un regime complemen


tare, gi� l'imprenditore cedente avesse avuto la facolt� di farlo cessare ad libitum, 

non vi sarebbe alcuna ragione di negare una siffatta facolt� anche all'imprendi


tore cessionario, salvo diversa pattuizione. 

In questo quadro il disposto dell'art. 2117 cod. civ. non fa altro che aggiun


gere un'ulteriore garanzia in favore del lavoratore o ex lavoratore. 

Lungi, dunque, dal potersi affermare che la Repubblica italiana non si � 

conformata alla direttiva, deve anzi concludersi che l'ordinamento italiano con


tiene (secondo quanto consentito dall'art. 7 della direttiva stessa) disposizioni 

ancor pi� favorevoli ai lavoratori. (omissis) 

OSCAR FIUMARA 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 461 

vecchiaia e ai super.stiti nel campo di applicazione delle disposizioni 
richiamate dal Governo italiano. 

12. -Quanto all'art. 2112 del codice civile, essa sostiene che detto 
articolo non riguarda i regimi previdenziaJJ:i complementari costituiti 
al di fuori dell'impresa, mediante fondi dotati di propria soggettivit� 
giuridica, poich� dn tali casi i crediti dei lavorart:ori per prestazioni 
non sono rivolti verso J'imprenditore o 1'.impresa, ma verso un'entit� 
terza rispetto al rapporto di lavoro. 
13. -La Commissione ammette che l'art. 2117 porti a .sottrarre i 
fondi speciali di previdenza alle pretese dei creditori particolari del� 
l'imprenditore. Detta norma, per�, non garantirebbe la salvaguardia dei 
diritti dei lavoratori nel caiso in cui il nuovo imprenditore non intenda 
conse~are detto regime previdenziale complementare. 
14. -Le parti non sono quindi d'accordo su11a portata della citata 
normativa nazionale e, in particolare, sulla questione di stabilire, secondo 
detta normativa, se i diritti maturati dai lavoratori o dagli ex 
lavoratori in base a regimi previdenziali complementari siano considerati 
in tutti i casi come diritti sorti dal rapporto di lavoro, con la 
conseguenza che essi sono, per questo motivo, trasferiti integralmente 
dal cedente al cessionario, conformemente a quanto stabilito dall'art. 3, 
n. 3, ,secondo comma, della direttiva. La decisione su tale questione 
dipende dall'applicazione data, in pratica, alle norme nazionali di cui 
trattasi, in particolare dai giudici competenti. A questo proposito, il 
Governo italiano ha prodotto varie decisioni giurisprudenziali. Per contro, 
la Commissione non ha presentato alcun dato che possa attestare 
la fondatezza dei suoi dubbi e, in particolare, non ha prodotto pronunce 
giurisprudenziali nel senso da lei indicato n� ha menzionato alcun 
caso concreto in cui i diritti dei lavoratori interessati non siano stati 
tutelati nella misura integrale prescritta dalla direttiva. 
15. -Si deve quindi constatare che la Commissione non ha sufficientemente 
provato che l'ordinamento giuridico italiano non garantisca 
integralmente la tutela prescritta daJl'art. 3, n. 3, secondo comma, 
della direttiva n. 77/187. 
16. -Di conseguenza, la prima censura dev'essere disattesa. 
Sull'attuazione dell'art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva n. 77/187. 

17. -Per quanto attiene a:lla censura secondo cui l'art. 6, nn. 1 e 2, 
della direttiva n. 77/187 non � stato completamente recepito nel diritto 
nazionale, emerge dal fascicolo che il diritto italiano prescrive talune 

RASSEGNA� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

procedure di informazione e di consultazione dei rappresentanti dei 
lavoratori in caso di trasferimento di imprese. Dette precedure sono 
contemplate da contratti collettivi e dalla legge 26 maggio 1978, n. 215, 
recante norme .intese ad agevolare fa mobilit� dei lavoratori e relative 
a:lla cassa integrazione guadagni. 

18. -La Commissione s9stiene che gli atti suddetti non garantiscono 
l'adempimento generale e incondizionato degli obblighi derivanti 
dalla direttiva. Infatti, il campo di applicazione dei contratti collettivi 
sarebbe limitato a settori economici determinati e alle organizzazioni 
imprenditoriali o imprese nonch� alle organizzazioni sindacali contraenti. 
Dal canto suo, la legge 26 maggio 1978, n. 2151 costituirebbe una legge 
avente carattere eccezionale ed avrebbe, per questo motivo, un campo 
di applicazione limitato. 
19. -Il governo italiano non COilll:esta queste affermazioni di fatto 
della CommisS>ione. Esso si � limitato a sottolineare, in corso di causa, 
che sono proprio i contratti collettivi pi� diffusi e significativi che 
riconoscono da anni il diritto del lavoratore all'informazione e disciplinano 
le procedure adeguate a favore dei lavoratori interessati, e che 
inoltre obblighi analoghi sono contemplati dalla legge 26 maggio 1978, 
n. 215, quaillto alle imprese dichlarate in stato di crisi. 
20. -A proposito di tali osservazioni, occorre ricordare che, come 
la Corte ha dichiarato nella sentenza 30 gennaio 1985 (causa 143/83, Commissione 
c/ Danimarca, non ancora pubblicata), anche se gli Stati 
membri possono affidare in primo luogo alle parti sociali la realizzazione 
degli scopi di politica sociale perseguiti da una direttiva in materia, 
questa facolt� non li dispensa tuttavia dall'obbligo cli garantire 
che tutti i lavoratori della Comunit� possano fruire della tutela stabilita 
dalla direttiva in tutta la sua ampiezza. La garanzia statale 
deve quindi intervenire in tutti i casi dn cui manchi un'altra tutela 
effettiva. 
21. -Gi� dalle dichiarazioni del Governo italiano emerge che solo 
taluni contratti collettivi prescrivono procedure di informazione e di 
consultazione dei rappresentanti dei lavoratori interessati da un trasferimento 
d'impresa. Detti contratti, per quanto diffusi e significativi 
possano essere, riguardano solo settori economici determinati e, per 
fa loro stessa natura, creano obblighi unicamente nell'ambito ded rapporti 
tra i lavoratori membri dell'organizzazione sindacale di cui trattasi 
e i datori di lavoro o le imprese vincolati da1i contratti stessi. 
22. -g inoltre assodato che Ja legge 26 maggio 1978, n. 215, la 
quale si applica alle sole imprese dichiarate � in crisi � con decreto 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 

dei Ministro del .Javoro e per le quali Sii prospetti una possibilit� di 
risanamento attraverso il trasferimento, non � idonea a garantire l'integrale 
attuazione della direttiva. 

23. -La Repubblica italiana era quindi tenuta ad adottare provvedimenti 
legislativi, regolamentari o amministrativi adeguati per garantire 
che tutti i lavoratori che possano essere interessati da un trasferim�nto 
d'impresa e che non siano tutelati da contratti collettivi 
fruiscano della tutela prescritta dall'art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva. 
24. -Per questi motivi, si deve constatare, per quanto riguarda 
la seconda censura formulata dalla Commissione, che la Repubblica 
italiana, omettendo di adottare entro il termine prescritto tutt.i i provvedimenti 
necessari per conformarsi integralmente all'art. 6, nn. 1 e 2, 
della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, n. 77/187, concernente il 
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla salvaguardia 
dei diritti dei lavoratori dn caso di trasferim~nto di imprese, 
di stabilimenti o di parti di stabilimenti (G. U. n. L 61, pag. 26), � 
venuta meno agli obblighi imposti dal Trattato CEE. (omissis). 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 dicembre 1986, n. 7213 -Pres. Tamburrino 
-Rel. Amirante -P. M. Sgroi (concl. diff.) -Ministero di 
Grazia e Giustizia (aw. Stato Palmieri) c. Catania. 

Impiego pubblico � Concorso -Scrutinio per merito comparativo � Norma 
di azione � Potere discrezionale della p.a. � Posizione tutelata � Natura 

� Interesse legittimo. 
Atto amministrativo � Annullamento per illegittimit� da parte del giudice 
amministrativo � Ritardo nell'espletamento di nuovo scrutinio � Di� 
ritto al risarcimento del danno e giurisdizione del giudice ordinario � 

Esclusione. 

Si qualifica come interesse legittimo la posizione dell'impiegato pubblico 
di fronte al potere discrezionale dell'Amministrazione in tema di 
progressione di carriera dei dipendenti, concretatosi sia nella emanazione 
di atti positivi dichiarati illegittimi dal giudice amministrativo 
sia nel ritardo nell'espletamento degli scrutini resi necessari dall'annullamento 
dei precedenti (1). 

Il solo annullamento di uno o pi� atti amministrativi non comporta 
di per s� l'esistenza di un danno risarcibile, essendo a tal uopo 
necessario che l'azione illegittima della pubblica Amministrazione abbia 
inciso su una posizione originaria di diritto soggettivo (2). 

(1) In ordine alla mancata partecipazione di un dipendente pubblico ad uno 
scrutinio di promozione o a un concorso interno per illegittimo comporta� 
mento omissivo della p.a., anche il Consiglio di Stato (sez. VI, 12 febbraio 1980 
n. 165, in Cons. Stato 1980, I, p. 240) ha ritenuto che la richiesta risarcitoria 
dell'interessato, a prescindere dalla difficolt� di provare un danno che giuri� 
dicamente dovrebbe ricollegarsi ad evenienze di carattere negativo, presupporrebbe 
il riconoscimento di una posizione di diritto soggettivo nelle aspet� 
tative dell'impiegato pretermesso in operazioni concorsuali idonee, in astratto, 
a migliorarne lo status giuridico-economico, il che confligge col carattere autoritativo 
e, in certa misura, discrezionale dei provvedimenti che, per legge, 
incidono su quelle posizioni e concorrono a definire lo status dei dipendenti 
in ogni momento della loro carriera. 
Nello stesso senso cfr. Cons. Stato sez. IV, 20 novembre 1973 n. 1092, in 
Cons. Stato 1973, I, p. 1600) nonch�, in dottrina, SANDULLI, Manuale di diritto 
amministrativo, Napoli 1978 n. 240. 

(2) Il principio per il quale la risarcibilit� del danno postula la lesione 
di una posizione avente natura di diritto soggettivo costituisce costante orien� 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 465 

(omissis) Con il primo motivo, adducendo il difetto di giul'lisdizione 
del giudice ordinario, il ricorrente sostiene che, competendo alla 
Amministrazione in tema di progressione in carriera dei dipendenti un 
potere discrezionale, la posizione dell'impiegato � di interesse leg�ttimo. 

La censura � fondata. 

Il Tribunale, hl:faitti, ha r.itenuto di uniformarsi aJ. principio, consolidato 
nella giurisprudenza dii questa Corte, secoodo il quale, qualora 
in tema di pubblico impiego sia dedotto il diritto agli interessi moratori 
ed al r.isarcimento di danni ulteriom, rispetto a quelli che vengono 
elisi dalla rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, la giurisdizione 
compete al giudice ordinario, ma ne ha fatto erronea applicazione, 
senza tener conto dei rea1i, concreti termini della controversia. 

Si deve, invero, rilevare che il Catania ha agito in giudizio denunziando 
frl comportamento colposamente dilatorio della: P.A. non in relazione 
all'obbligo di pagare le differenze di retribuzione incombente 
sulla Amministrazione in correlazione al diritto alla ricostruzione della 
carriera, secondo le dis,posizioni dei citati decreti ministeriali del 1983, 
bens� con riferimento al comportamento, tenuto dal Ministero nel corso 
di circa vent'anni, concretatosi sia nell'amanazione di atti positivi, dichiarati 
illegittimi ed annullati dal giudice amministrativo, sia nel ritardo 
nell'espletamento degli scrutini, ogni volta resi necessari dall'annullamento 
dei precedenti. 

Se avesse tenuto conto del reale contenuto delle domande, come 
definito da1la Corte nell'esercizio dei poteri che le sono propri come 
giudice anche del fatto in punto di g�urisdizione, il Tribunale avrebbe 
rilevato che in relazione al diritto alle differenze retributive spettanti 
al Catania a seguito delle promozioni di cui alla parte espositiva, 
disposte con ,i citati decreti, nessun comportamento colposo era addebitato 
dal dipendente alla pubblica ammministrazione, sicch� ci� che 
era in questione per questo titolo non esorbitava dai limiti della r.ivalutazione 
automatica e degli interessi legali corrispettivi. E, secondo il 
principio ormai consolidato, la giurisdizione riguardo a controversie 
coinvolgenti siffatte posizioni soggettive spetta al giudice amministrativo, 
dal momento che esse trovano titolo immediato nel rapporto di 
pubblico impiego. 

Per questa parte della domanda, pertanto, va affermata fa giuri


sdizione del giudice ammin�strativo. 

Per quanto concerne gli u1teriori dam:iii, che il Catania assume esser


gli derivati dal comportamento de11a P.A. nella fase precedente l'emis


tamento della Corte di cassazione (cfr., ad esempio, Cass. 7 novembre 1978 

n. 5066 e 8 aprile 1983 n. 2491, nonch�, da ultimo, 23 novembre 1985 n. 5813, 
in Giust. civ. 1986, I, 734, con ampia nota di richiami, citate in motivazione 
della sentenza quivi massimata). 

466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione dei decreti con i quali si � provveduto alla ricostruzione della 
carriera ed aJ. pagamento delle differenze retributive, la stessa proponibilit� 
della domanda � conrlizionata alla configurabilit� in detta fase 
di posizioni soggettive del pubblico d~pendente aventi consistenza di 
diritti soggettivi. Infatti, secondo il costante orientamento di questa 
Corte (v. Cass. 7 novembre 1978 n. 5066, 8 aprile 1983 n. 2491, anche 
�in motivazione), la risarcibilit� del danno postula la lesione dii una 
posizione avente natura di diritto soggettivo. 

Ora, nel1a prediisposizione e nell'espletamento degli scrutini per merito 
comparativo, il cui annuilamento da parte del giudice amministrativo 
il Catania adduce come fatto costitutivo della pretesa, predomina 
l'interesse pubblicistico dell'amministrazione, sicch� essi sono regolati 
da norme di azione, in correlazione alle quali Je poSlizioni degli aspiranti 
alla promoZJione hanno consistenza di interesse legittimo (v. Cass.. 23 novembre 
1985 n. 5813). 

Deve essere quindi � dbadito il principio secondo il quale il solo annullamento 
dii un atto amministrativo (n� il principio cambia per il 
fatto che si tratta di una pluralit� di atti amministrativi) non comporta 
di per s� 1l'esistenza di un danno risarcibile, dal momento che � necessario 
che l'azione illegittima della pubbliica amministrazione abbia inciso 
su una posizione originaria di diritto soggettivo. 

Nel confermare l'indicato orientamento, le Sezioni Ulllite non si pongono 
in contrasto con la citata sentenza n. 5813 del 1985. Infatti, m quel 
caso, la pronuncia fu emessa in sede di regolamento preventivo in relazione 
ad un procedimento in cui em stata dedotta non la mera illegittimit� 
degli atti di un concorso, ma fa condotta asserita de1ittuosa di pubblici 
dipendenti nell'espletamento del concorso e nella predisposizione 
della sua rinnovazione a seguito dell'annullamento, ed era stata invocata 
l'applicazione delllart. 185 cod. pen. 

E non pu� accogliersi la tesi secondo la quale, essendo intervenuto 
il provvedimento di ricostruzione della carriera, i comportamenti della 
Pubblica Amminis�razione relativi alla promo2lione per scrutinio, intesi 
sia come comportamenti positivi (atti illegittimi, annullati dal giudice 
ammilllistrativo) sia come comportamenti omissivi, restano sulfo sfondo 
della presente controversia fa quale ha ad oggetto soltanto il colpevole 
ritardo nell'erogazione di quanto al Catania sarebbe spettato percepire 
fin dall'inizio della tormentata vicenda. A tal proposito, si pu�, infatti, 
osservare, riportandosi a quanto gi� detto, che la colpa ed ii comportamenti 
dilatori vengono in discussione proprio in relazione ai provvedimenti 
ed ai comportamenti relati~i al1a promozione, riguardo ai quali, la 
suocessiva ricostruzione della carriera non pu� valere ad attribuire fin 
datl'inizio alla .posizione del pubblico dipendente conSlistenza di diritto 
soggettivo. Ed il comportamento della Pubblica Amministrazione che 
viene in considerazione in relazione alle dette posiZJioni � valutabile alla 


PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE "467 

stregua della posizione di potere che le oompetevia, regolato da norme 
di azione, e non di una posizione di obbligo, all'epoca inesiistente, la 
sola idonea a trasformarsi, in caso di violazione, in obbligazione risarcitoria. 


In �onclusione, ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo 
per quanto riguarda la domanda concernente la rivalutazione e gli interessi, 
e !'!improponibilit� de1la domanda relativa agli ulteriori danni per 
il comportamento precedente la promozione e la ricostruzione della 
carriera, deve essere disposta la cassazione senza rinvio della sentenza 
impugnata e di quella di primo grado, rimanendo assorbiti gli altri 
motivd. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 dicembre 1986, n. 7214 -Pres. Barba 
-Rel. Caturani -P. M. Fabi (eone!. conf.) -Ministero de1le Finanze 
(avv. Stato Dipace) c. comune di Casalecchio di Reno. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Giudizio di opposizione alla stima Criteri 
di liquidazione dell'indennit� � Delibera consiliare di perimetrazione 
dell'area urbana -Sindacato di legittimit� � Cognizione 
del giudice ordinarlo � Sussiste � Irrilevanza della questione � Declaratoria 
di incostituzionalit� dei criteri di stima � Limiti � Conseguenze 
-� Jus superveniens � � Applicabilit�. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Criteri di liquidazione dell'indennit� 
-Applicabilit� alle aree con destinazione agricola. 

Per effetto della caducazione dei criteri normativi stabiliti dalle disposizioni 
dell'art. 16 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e degli artt. 1, 2 
e 3 della legge 29 luglio 1980, n. 385 per la determinazione dell'indennit� 
di esproprio dei suoli aventi comunque vocazione edificatoria, anche se 
non compresi nel perimetro dei centri edificati, in attuazione dei prin� 
cipi di � ius superveniens � posti dall'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, 

n. 10, l'accertamento della possibile destinazione edificatoria del suolo 
espropriato e la l.iquidazione della relativa indennit� dovranno e5sere 
effettuati secondo le regole stabilite dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359, 
le quali riprendono vigore in luogo delle disposizioni derogatrici contenute 
nelle norme dichiarate incostituzionali (1). 
(1) Cfr. sentenze n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983 della Corte Costituzionale. 
Nella specie, l'Amministrazione finanziaria aveva ricorso ai sensi dell'art. 19 
della legge 865/1971 in opposizione alla stima di un lotto di terreno del demanio 
disponibile dello Stato, espropriato dal comune di Casalecchio di Reno per la 
costruzione di un edificio scolastico, deducendo l'erroneit� della valutazione 
effettuata dall'U.T.E. sulla base della ritenuta estraneit� dell'area rispetto 

468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I criteri di liquidazione della indennit� posti dallo stesso art. 16 
della legge n. 865 del 1971, modificato dall'art. 14 della legge n. 10 del 
1977, permangono operativi in t"elazione alle aree con destinazione agricola 
(2). 

(omissis) Con i due motivi, denunz!iando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 16, 18 e 19 della J. 22 ottobre 1971, n. 865 nonch� degli 
artt. 2, 4 e 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e dell'art. 26 T.U. 26 giugno 
1924, n. 1054, la ricorrente sostiene che la Corte d'Appello, cadendo 
anche in difetto di motivazione, non ha considerato che la delibera di 
delimitazione del centro edificato non costituisce un provvedimento ma 
un atto di accertamento di una mera situazione di fatto, il quale incide 
esclusivamente sul quantum della indennit�, onde riflettendo la controversia 
insorta tra le parti la tutela di UJil diritto soggettivo alla giusta 
stima dell'indennizzo, doveva dichiararsi la giurisdizione del giudice 
ordinario cui compete il potere di disapplicare la suddetta de1ibera ove 
ne riscontri l'illegittimit�. 

In via subordinata si chiede poi l'applicazione dello jus superveniens 
costituito dall'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. 

Nel presente giudiziio le modificazioni intervenute nell'oroinamento 
giuridico a seguito delle sentenze n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983 della 
Corte costituzionale che hanno rispettiv,amente dichiarati illegittimi l'articolo 
16 commi 5, 6 e 7 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (con riferi� 
mento alle espropriazioni di terreni di natura edificatoria: S. U. numero 
5401/84) e gli artt. 1 (dal 1� al 5� comma), 2 e 3 della legge 29 luglio 
1980, n. 385 (che hanno reintrodotto in via provvisoria i criteri gi� dichiarati 
illegittimi dalla precedente sentenza), mentre determinano, come 
si vedr�, la sopravvenuta irrilevanza del problema attinente ai poteri del 
giudice ordinario circa il sindacato sulla legittimit� della delibera comu


al perimetro del centro urbano edificato. Si controverte in ordine ai limiti 
della giurisdizione del giudice dell'opposizione alla stima con riferimento alla 
sindacabilit� (sostenuta dall'Amministrazione ricorrente e negata dal Comune 
resistente) della delibera consiliare distintiva dei terreni interni ed esterni 
al perimetro urbano. 

Le Sezioni Unite, dopo aver ricordato che tale questione era gi� stata 
risolta con la sentenza 11 maggio 1983 n. 3242 (in Foro lt. 1983, I, p. 2144, con 
nota di richiami) in aderenza all'orientamento dei giudici amministrativi, nel 
senso di ritenere la cognizione del giudice ordinario, hanno comunque ritenuto 
irrilevante il relativo motivo di doglianza in virt� della mutata situazione normativa 
conseguente alle sentenze n. 5/1980 e n. 223/1983 della Corte Costi� 
tuzionale, ed hanno quindi cassato d'ufficio la sentenza impugnata, rinviandola 
ad altro giudice. 

(2) Circa i limiti della declaratoria di incostituzionalit� delle sentenze 
sopra ricordate della Corte Costituzionale cfr. Cassazione, Sez. Un., 24 ottobre 
1984, n. 5401, in Foro it. 1985, I, p. 47, con ampia nota di richiami. 
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PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 469 

nale che delimita il centro edificato (risolta in senso favorevole da 

S.U. 3242 del 1983), pongono la questione circa le norme che dovranno 
essere applicate in sede di rinvio ai fini della determinazione della indennit� 
di esproprio richiesta dall'Amministrazione finanziaria. 
A tal fine vanno richiamati i precedenti delle Sezioni unite (sentt. 
nn. 64 del 1986 e 4091 del 1985), secondo cui l'opposizione avverso la 
stima della indennit� espropriativa, ivi inclusa quella proposta a norma 
dell'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, davanti alla Corte d'appello 
in unico grado, introduce un procedimento di cognizione ordinaria, il 
quale non si esaurisce in un mero controllo suile determinazioni adottate 
in sede amministrativa, ma compo~ta il potere<lovere del giudice 
adito di stabilire autonomamente il quantum della indennit� dovuta,, 
nonch� di ordin�re il deposito deLle maggiori somme che riconosca allo 
espropriato facendo applicazione delle norme 'Vigenti al momento della 
decisione. 

Pertanto, per effetto della avvenuta caducazione dei criteri normativi 
gi� stabiliti dalle diS1pOsizioni su ri�hiamate per la determinazione delle 
indennit� di esproprio dei suoli aventi comunque vocazione edificatoria 
e quindi anche �se non compresi nel perimetro dei centri edificati cli 
cui all'art. 18 della legge n. 865/71, in attuazione dei princ�pi che regolano 
lo jus superveniens, l'accertamento della possibile destinazione edificatoria 
del suolo espropriato (indipendentemente dall'essere esso compreso 

o meno nel perimetro del centro edificato) e la liquidazione della relativa 
indennit� dovranno essere effettuati secondo le regole stabilite dalla 
legge 25 giugno 1865, n. 2359 1e quali riprendono vigore a seguito del 
venir meno delle disposizioni derogatrici contenute nelle norme dichiarate 
incostituzionali. Rimane, tuttavia, salva la permanente operativit� 
dei criteri di liquidazione della indennit�, previsti dall'art. 16, comma 5 
della legge n. 865/71 (come modificato dall'art. 14 della legge n. 10/77), 
richiamati dall'art. 1, lett. a) della legge n. 385/80, solo riguardo alle 
aree con destinazione agricola, e non interessate comunque daJ. processo 
di urbanizzazione, le cui oggettive caratteristiche sono specificamente 
contemplate dalle citate norme per una liquidazione dell'.indennit� non 
vincolata dal valore effettivo del bene espropriato: non potendo le 
medesime norme considerarsi colpite dalla declaratoria di incostituzionalit� 
di cui alle sentenze nn. 5/80 e 223/83 della Corte Costituzionale 
(come precisato dalle S.U. �con la citata st"ntenzn n. 5401/84) . 
� 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 8 settembre 1986, n. 5472 -Pres. Scanzano 
� Rel. Pannella � P. M. Golia (conf.). -Ministero dell'industria 
(avv. �osentino) c. Fall. Longo Graziella. 

Sanzioni amministrative � Decorrenza dell'obbligazione � Dalla data della 

comunicazione dell'illecito. 

(Legge 24 dicembre 1975, n. 706, artt. 1, 5 e 9; legge 3 maggio 1967, n. 317, art. 12; 

legge 11 giugno 1971, n. 426, artt. 2 e 24). 

Il credito dello Stato si considera anteriore al fallimento, e quindi 
ammissibile al concorso, se il relativo fatto costitutivo si sia concretato 
prima della data della sentenza dichiarativa di fallimento, rimanendo 
irrilevante se, prima di tale data, il credito sia o no liquido ed esigibile; 
di conseguenza, poich� il credito erariale per sanzione pecuniaria conseguente 
a violazione di norme punibili con sanzioni amministrative 
trova la sua origine in un comportamento commissivo od ammissivo che 
diventa giuridicamente rilevante come fatto costitutivo della ragione di 
credito nello stesso momento in cui � posto in essere, il detto credito 
va ammesso al concorso se l'infrazione � anteriore alla dichiarazione di 
fallimento anche se il provvedimento irrogativo della sanzione sia successivo, 
avendo questo non funzione costitutiva ma semplicemente quella 
di accertare e di determinare nei suoi elementi quantitativi l'obbligazione 
pecunaria gi� sorta in conseguenza della violazione (1). 

(1) La . sentenza appare puntuale applicazione del principio gi� espresso 
dalla Suprema Corte in materia di sanzior. tributarie nella decisione n. 5552 
del 13 settembre 1983 citata in motivazione e pubblicata in questa Rassegna 
1983, I, 949, ribadita con la sent. 4104 del 20 giugno 1986 pubblicata in questa 
Rassegna 1986, I, pag. 264. � 
Sull'oggetto del giudizio di opposizione all'ingiunzione, quale regolato dalla 
nuova normativa della legge 24 novembre 1981 n. 889, e quindi in definitiva 
sul contenuto della pretesa punitiva dello Stato v. V. A.NDRIOLI �Il contenzioso 
civile delle sanzioni amministrative '" il quale ritiene che il pretore non giudichi 
sull'ordinanza ingiunzione dell'Amministrazione bensl sulla pretesa sanzionatoria 
di quest'ultima, e ci� spiegherebbe perch� tale pretesa possa estinguersi 
per prescrizione, la quale decorre dal giorno in cui � stata commessa la 
violazione, e non da quello in cui � stata emessa l'ordinanza ingiunzione. 

Sulla scelta operata dal legislatore del modello con il quale disciplinare le 
sanzioni amministrative v. BERTONI LATTANZI LUPO VIOLANTE �Modifiche al sistema 
penale�, legge 24 novembre 1981 n. 689, I, pag. 153 e ss., i quali ritengono 
che la legge abbia optato per il modello penalistico pur con l'accoglimento 
di principio ed istituti mutuati dal diritto civile. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB +71 

Con l'unico motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione 
degli artt. l, 5, 9 1. 24 dicembre 1975, n. 706; 12 1. 3 maggio 1967, 

n. 317 (richiamato dall'art. 9 1. 706/75); 172 e 173 c.p. (in riferimento 
all'art. 39, 1� co. J. 11 giugno 1971, n. 426) in relazione all'art. 360, n. 3 
c.p.c., contesta in ogni sua par.te i'l ragionamento, contenu~o nella motivazione 
della sentenza impugnata, in quanto conseguenza di erronea interpretazione 
della legge 706/75: in particolare dell'art. 9 (che richiama 
l'art. 12 1. 317/67) che recita: 
�il diritto a riscuotere le somme dowte per le vioJaziond indicate 
nella presente legge si pres�rive nel termine di 5 anni dal giorno in 
cui � stata commessa fa violazione �. Da tale en�nciato, sostiene il ricorrente, 
si deduce che l'obbligazione pecuniaria sorge sin dai momento 
della violazione d.e1la norma, al quale si collega il dies a quo per il computo 
del termine di prescrizione. Viceversa, per il principio che un 
diritto di credito non ancora nato non ;pu� prescriversi (art. 2935 e.e.), 
mal si concilierebbe il momento deil�inizio della prescrizione come indicato 
dalla legge con quello del sorgere del credito dn forza della pronuncia 
dell'ordinanza-ingiunzione. 

Inoltre, aggiunge il ricorrente, la situazione deve considerarsi del 
tutto simile a quanto si verifica in materia tributaria dove il debito di 
imposta sorge al verificarsi del � presupposto � e non con l'ingiunzione 
fiscale, la quale costituisce un atto interruttivo della prescrizione del 
credito. 

Del resto, osserva ancora il ricorrente, la possibilit� della � conciliazione 
� ai sensi dell'art. 5 1. 706/75 non pu� significare estinzione 
della punibilit� in astratto, ma estinzione del debito in concrdto, che 
presuppone, per ci� stesso, la sua preesistenza (anteriore cio�) alla emissione 
de1l'ordinanza�ingiunzione. 

La censura � fondata. 

Le argomentazioni del ricorrente succintamente surriportate inducono 
ad un'approfondita riflessione del fenomeno delle aipplicaziom delle 
sa:nzioni amministrative, introdotto inizialmente con la 'legge 3 maggio 
1967, n. 317 (circoscritto alle violazioni dn tema di circolazione stradale 
e di regolamenti comuniali), esteso, poi, con la legge 24 dicembre 1975, 

n. 706, alle contravvenzioni punibili con l'ammenda (depenalizzazione) ed, 
.infine, assurto a sistema sanzionatorio di carattere generale m virt� 
della legge 24 novembre 1981, n. 689 abrogativa, coerentemente, delle due 
precedenti leggi succitate (art. 42). 
Dalla lettera oltre che �dalla ratio del complesso delle norme, interpretate 
l'una per mezzo delle altre, si deduce, innanzitutto, che il legislatore, 
escludendo che le infrazioni puniibili con le sanmoni amministrative 
costituiscono reato e attribuendo (non allo Stato-giudice) a.Ilo Stato� 


472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DllLLO STATO 

amministrazione l'accertamento di esse e -quindi -l'ingiunzione 
al pagamento della sanzione corrispondente, ha �illteso modificare ab 
imo il sistema pw:1itivo proprio del diritto penale, in cui l'accertamento 
dell'an e del quantum � affidato all'organo giurisdizionale, Ja cui caratteristica 
principale � quella di essere super partes. E questo rilievo sarebbe 
gi� sufficiente a confutare le argomentazioni dell'impugnata sentenza, 
perch� ne dimostra l'erroneit� della premessa. Affidando siffatto 
accertamento alla Pubblica Amministrazione, il legislatore, poi, non ha 
inteso attribuirle, sic et simpliciter, una mera funzione punitiva quanto 
piuttosto .il potere-,dovere di pretendere che il trasgressore adempia 
all'obbligazione pecuniaria sorta in virt� della trasgressione commessa. 

La suesposta considerazione si deduce da:l postulato che il fatto 
commissivo od omissivo della violazione costitJtiisce nella sua concreta 
realt� il momento dell'insorgere dell'illecito (chiamato amministrativo 
dal nome della sanzione), da cui derivano due doveri; ciascuno a carico 
delle parti contrapposte: il trasgressore e la Pubblica Amministrazione. 
Per il primo, quello del pagamento della sanzione; per la seconda, quello 
di pretendere siffatto pagamento secondo il procedimento all'uopo stabilito. 


Da ci� l'evidente corollario che l'ordinanza ingiunzione, quale manifestazione 
di volont� di pretesa dell'adempimento dell'obbligazione da 
parte del trasgressore, non pu� costituire la fonte dell'obbligazione di 
lui n� pu� concorrere a creare la situazione giuridica passiva di lui all'adempimento, 
essendo essa un atto dovuto, la cui validit� trova sostrato 
nell'esistenza del fatto illecito, in quanto determinativo del rapporto 
obbligatorio fra lo Stato ed il trasgressore. 

Quanto detto trova conforto nelle chiare disposizioni regolatrici del 
procedimento amministrativo, che si scompone in pi� fasi. Nella prima 
di esse, si esplica il potere-dovere dell'accertamento da parte degli orga� 
ni cui � affidato il compito di raccogliere le prove della commessa violazione, 
di contestarla immediatamente al trasgressore (se possibile) o di 
notificargliela. Nella seconda (eventuale), il trasgressore � ammesso a 
conciliare (oblazione) con il pagamento di una somma di danaro oggetti� 
vamente :predeterminata dalla legge. Nella terza (verificabile nell'ipotesi 
di mancata conciliazione), l'autorit� amministrativa competente (diversa 
dall'organo accertatore), sentiti gli interessati e fatto proprio 
l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta. 
Tale ordinanza costituisce titolo esecutivo. 

g chiaro, pertanto, che iJ. debito del trasgressore ed il credito dello 
Stato sorgono a causa e nel momento dell'accertata violazione della norma: 
momento, peraltro, in cui la punibilit� in astratto (prevista dalla 
norma giuridica) diventa punibilit� concreta, che �, poi, l'unica specie 
di punibilit� che si estrinseca con l'ordinanza-ingiunzione. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 

L'ordinanza-ingiunzione pu� non intervenire dopo la commissione 
dell'iJ.lecito, stante la conciliazione suddetta, o pu� intervenire decorsi 
cinque anni da essa. Nel primo caso, la punibilit� ha la sua pratica 
attuazione in virt� del pagamento volontario della somma di danaro. 
Nel seCOIIldo caso, la punibilit� non pu� attuarsi in conseguenza della 
estinzione del credito dello Stato per effetto della prescrizione secondo 
la testuale disposizione di legge (art. 2 1. 317/67 ora art. 28 1. 689/81). 

Se, invece, l'ordinanm interviene, per difetto di conciliazione, nel 
termine dei 5 anrni. dalla commissione del fatto illecito, essa -ontologicamente 
idonea a far valere la potest� punitiva dello Stato -ha la 
funzione di costrmgere il trasgressore,� divenuto debitore delllo Stato, al 
pagamento del proprio debito pecuniario, la cui quantit� -entro il 
minimo ed il massimo stabilita dalla legge -viene con essa determinata 
in virt� del potere-dovere, attribuito dalla stessa legge a1l'organo amministrativo, 
nell'ambito del principio secondo oui fa discrezionalit� dell'atto 
amministrativo deve rispondere ai criteri di uguaglianza, di giustizia 
e di correttezza amministrativa. 

N� si dica che solamente con la determ�inazione quantitativa della 
sanzione pu� sorgere il credito dello Stato (ed il corrispondente debito 
del trasgressore); perch� in tale modo si confonderebbe l'inesistenza dell'oggetto 
dell'obbligazione con la mancata attuale determinazione di esso. 

� noto che l'obbligazione esiste anche se l'oggetto non � ancora 
determinato ma � determinabile. Di modo che la determinazione successiva, 
fatta dal soggetto cui � demandata (per volont� delle parti m 
diritto privato) per legge, va correlata alla fattispecie con efficacia 
retroattiva. 

D'altra parte, non � neppure vero che nel corso del procedimento 
amministrativo manchi sempre la determinazione de11'oggetto, meglio 
ancora, della quantit� del debito pecuniario, se si pensa che la legge 
consente il pagamento del debito in una cosiddetta misura ridotta, determinabile 
in modo oggettivo con un semplice calcolo matematico (art. 5 

1. 317/67 e 1. 706/75 e art. 16 1. 689/81). Questa sorta di determinabilit� 
non � identica alla determinabilit� affidata ad una delle parti o al terzo, 
dato che essa, attuabile con un calcolo oggettivo e matematico, si identifica 
con il concetto di determinazione ab origine. 
ll fenomeno giuridico, ilil virt� del quale l'atto amministrativo interviene 
in un rapporto di natura obbligatoria gi� insorto fra lo Stato 
ed il .trasgressore di norme giuridiche al solo scopo di manifestare la 
volont� dello Stato nel far v.alere il proprio credito e di determinare le 
conseguenze patrimoniali a carico del secondo, non � nuovo del nostro 
ordinamento giuridico, anzi costituisce la regola in tema di violazioni 
di norme tributarie e valutarie (sent. 17 maggio 1969, n. 1692 -sentenza 
3 aprile 1978, n. 1502 -sent. 26 maggio 1980, n. 3431 -sent. 13 settembre 
1983, n. 5552 -sent. 19 marzo 1984, n. 1867 -sent. 29 maggio 1984, n. 3273). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

474 

Alla luce di quanto esposto la conclusione �. che va considerata non 
esatta la decisione del Tribunale confermativa del provvedimento del 
giudice �delegato di reiezione della domanda dehl'U.P.I.C.A. di ammissione 
al passivo della somma di L. 502.000 a titolo di sanzione pecuniaria, giusta 
l'ordinanza-ingiunzione notificata 1'11 ottobre 1980 riferibile al rela-� 
tivo credito dello Stato sorto al momento dell'accertato 11Jecito (12 dicembre 
1979). 

Il principio, cui va correlata l'osservazione conclusiva suesposta, � 
correttamente mutuabile dalla massima della sentenza n. 5552 del 13 settembre 
1983 di ,questa Corte in tema �di credito erariale per sanzione 
pecuniaria conseguente a violazione delle leggi finanziarie (IVA). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 ottobre 1986, n. 5978 -Pres. Cusani 
-Rel. Cantillo -P. M. Nicita (conf.) -Bemardi (avv. Santelli) 

c. Ministero delle Finanze (avv. dello Stato Fiumara). 
Competenza civile -Tribunale regionale delle acque pubbliche -Presupposti 
determinanti la competenza. 

La competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche si 
determina dalla domanda e dai fatti in essa allegati indipendentemente 
dalla sua fondatezza e dalla situazione in concreto accertata dal giudice 
ai fini del merito (1). 

Con l'unico motivo a sostegno dell'istanza di regolameirito della competenza, 
il Bemardi deduce che competente a conoscere della controversia 
non � il giudice specializzato delle acque pubbliche, ma il tribunale 
ordinario, giacch� il letto del Rio Gurione, contrariamente a quanto 
ritenuto nelle sentenze di primo e di secondo grado, � ormai destinato 
soltanto allo smaltimento delle acque nere dell'abitato, adempie, cio�, a 
funzione di fognatura, e di conseguenza non ha pi� nati.ira demaniale. 

L'istanza � infondata. (omissis) 

3. -A risolvere la questione in concreto sollevata, �. sufficiente richiamare 
il principio secondo cui la competenza si determina dalla do(
1) Giurisprudenza costante, recentemente ribadita anche in materia di 
danno derivante da fatto illecito direttamente connesso con il funzionamento 
dell'opera idraulica da Cass. 7 febbraio 1984, n. 937 in Foro it., 1984, I, 693, mentre 
ove il danno consegua alla difettosa esecuzione o manutenzione di opere 
idrauliche, e manchi la deduzione puntuale e specifica del coinvolgimento in 
causa degli interessi attinenti al buon governo delle acque, la giurisdizione 
dovrebbe appartenere all'A.G.O.: Cass. 4 maggio 1983, n. 3049 in Foro it. I, 511. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 

manda, in.dipendentemente dalla sua fondatezza, e l'indagine relativa, 
diretta a controllare l'esistenza dei presupposti determinanti delle varie 
specie di competenza, va compiuta -anche nelle ipotesi di competenza 
per materia -,in base alla sostanza dei fatti allegati ed all'oggetto 
sostanziale dell'azione, verificati allo stato degili atti (in relazione al 
quid disputandum) e non alla situazione in concreto accertata dal giudice 
ai fini del merito (e cio� in relazione al quid decisum). 

Nel caso in esame, l'oggetto della controversia -quale risultante 
dalla domanda e dalle difese dei convenuti -attiene alla natura demaniale, 
o meno, del corso d'acqua suddetto e perci� la competenza appartiene 
ai tribunali delle acque pubbliche, ex art. 140, lett. a) e 142 del r.d. 
11 dicembre 1933, n. 1775, che appunto attribuisce al giudice specializzato 
ia cognizione delle � controversie intorno alla demanialit� de1le acque � 

o degli alvei anche quando la lite verta fra privati e tuttavia la questione 
sulla natura dell'acqua o dell'alveo debba essere risolta con pronuncia 
di cognizione principale, trattandosi di premessa necessaria ed imprescindibile 
per la decisione della lite. E a nulla rileva, ai fini del riparto 
deLla competenza, l'effettiva natura del corso d'acqua, il quale accertamento 
condiziona la fondatezza della domanda, non la competenza del 
giudice specializzato. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 ottobre 1986, n. 6220 -Pres. Zucconi 
Galli Fonseca -Rei. Sgroi -P. M. Caristo (conci. diff.) -Scopelliti 
Antonino (avv. De Benedetti) c. Kemmane Zanonia (avv. Mattina) e 
regione autonoma della V:alle d'Aosta (avv. Stato Palmieri). 

Famiglia -Filiazione -Esercizio della potest� del genitori � Esclusione o 

decadenza � Affidamento del Inlnore � Decreto della Corte di appello � 

Ricorso per cassazione � Inammissibilit�. 

(Art. 111 Cost.; I. 4 maggio 1983, n. 184; artt. 330, 332, 333 e.e.). 

E inammissibile il ricorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., 
avverso i provvedimenti, emessi dalla Corte di appello su reclamo contro 
un decreto del tribunale per i minorenni, sia che tali provvedimenti 
escludano dall'esercizio della potest� ex art. 317 bis; sia che pronuncino 
l� decadenza dalla predetta potest� ex art. 330 e.e. o la reintegrino ex 
art. 332 e.e.; sia che siano adottati ex art. 333 e.e.; sia, infine, che 
dispongano l'affidamento del minore ad altra famiglia o ad un'istituzione. 

Si tratta, infatti, di provvedimenti di volontaria giurisdizione sempre 
revocabili e di natura non contenziosa, che non risolvono contrasti 
tra diritti soggettivi, essendo preminente l'interesse del minore, inte� 
resse che non tanto deve essere accertato e modificato con efficacia di 


+76 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudicato, quanto controllato e governato di fronte all'incessante mutamento 
delle condizioni di fatto e dei problemi esistenziali che esigono 
una pronta e duttile risposta (1). 

Il ricorso � stato rimesso alle Sezioni Unite per comporre il contrasto 
di giurisprudenza in ordine alla rioorribilit� per cassazione, ai 
sensi dell'art. 111, comma 2� Cost., dei provvedimenti, quali quello impugnato 
dallo Soopelliti, il quale contiene un duplice dispositivo: 1) la 
esclusione dell'esercizio della potest� sul figlio minore di entrambi i 
geo.iteri naturali, ai sensi deH'art. 317-bis e.e.; 2) l'affidamento del minore 
alla regione autonoma della Valle d',Aosta ed, in concreto, ai coniugi che 
gi� l'ospitavano di fatto dal 1980, fino a quando i coniugi s.tessi si riveleranno 
disponibili ed idonei e fino a quando la situazione apparir� 
conveniente per il minore �. 

Sia nel richiamo della giurisprudenza nell'ambito della quale si � delineato 
il contrasto, sia nella formulazione dei princ�pi che si devono affermare, 
si devono prendere in esame le connessioni fra i due aspetti del provvedimento, 
perch� il secondo concreta un affidamento ai sensi dell'art. 4, legge 
4 maggio 1983, n. 184 e cio� di una norma che dispone l'applicazione 
degli articoli 330 e ss. e.e., mentre l'art. 5 della stessa legge recita: � l'affidatario 
deve accogliere presso di s� il minore e provvedere al suo 
mantenimento e alla sua educazione ed istruzione, tenendo conto delle 
indicazioni dei genitori per r quali non vi sia stata pronuncia ai sensi 
degli articoli 330 e 333 del codice civile�, rilbadendo il coordinamento fra 

(1) Con la decisione in epigrafe, le Sezioni Unite hanno composto il contrasto 
di giurisprudenza che si era delineato in ordine alla ricevibilit� ex 
art. 111 Cost. dei provvedimenti in materia di potest� dei genitori e di affidamento 
del minore. 
La tesi della non ricorribilit� per Cassazione dei predetti provvedimenti 
si basava essenzialmente sulla duplice considerazione della loro natura ordinatoria 
non contenziosa e della inidoneit� a passare in giudicato, in quanto 
sempre revocabili e modificabili. 

Cfr.: Cass., sez. I, 3 giugno 1968, n. 1672, Mass., 1968;. id., 6 gennaio 1975, 

n. 167, ivi, 1975; oltre a quelle citate nella sentenza in epigrafe, le pi� recenti 
Cass., 28 aprile 1982, n. 2643, ivi, 1982 e id., 21 febbraio 1983, n. 1366, ivi, 1983. 
Va osservato, peraltro, che il contrasto giurisprudenziale risolto dalle Sezioni 
Unite � pi� apparente che reale. Infatti, le sentenze che hanno ritenuto 
ammissibile il ricorso per cassazione dei provvedimenti in questione riguardano 
fattispecie affatto particolari, dove si tratta realmente di affrontare questioni 
relative a status o a conflitti fra diritti soggettivi contrapposti. Cosi 
Cass., 19 gennaio 1979, n. 399, in Foro it., 1979, I, 2418, in tema di rapporti tra 
adozione speciale ed adozione ordinaria, incide direttamente sullo status del 
minore e sui conflitti ad esso relativi; Cass., 17 ottobre 1980, n. 5594, relativa 
allo stato di adottabilit�; Cass., 24 febbraio 1981, n. 1115, in Giust. civ., 1982, 
I, 742, con nota di commento di M. DOGLIOTTI, Ancora in tema di limiti alla 
potest� dei genitori. Per una reale tutela dell'interesse del minore, in Foro it., 



PAJrl'B I, Sl!Z. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 477 

la legge speciale ed iJ. c�dice; l'art. 317-bis ultimo comma conserva invece 
alcuni poteri di vigilanza al genitore che non esercita la potest�. 

L'omesso richiamo dell'art. 317-bis sembra dipendere da un difetto 
di coordinamento, pi� che da una voluta esclusione, perch� niente impedisce 
razionalmente un'interpretazione estensiva della legge del 1983, 
nel senso che pu� sussistere una correlazione fra i provvedimenti disposti 
ai sensi dell'art. 317-bis e.e. (s~prattutto quando coinvolgono entrambi i 
genitori naturali, ma non solo in tal caso) e l'affidamento del minore 
temporaneamente privo di un ambiente familiare .idoneo (art. 2, legge 

n. 184), entrambi essendo diretti a sanare situazioni di crisi interessanti 
il minore. 
L'.art. 317-bis succede all'art. 260 del testo originario del codice, che 
richiamava le norme del titolo IX sulla patria potest�. 
Nel nuovo sistema di inserimento diretto della disciplina della potest� 
sui figli naturali nel titolo IX, a maggior ragione non pu� considerarsi 
la nuova norma dell'art. 317-bis separatamente dal sistema generale 
del controllo giudiziario sulla potest� dei genitori, fissato dagli artt. 330 
e ss. Invero, per i figli naturali il controllo � pi� penetrante, perch� le 
misure che possono essere adottate, �in via preventiva e non soltanto 
repressiva, possono configurarsi in modo pi� articolato e graduato rispetto 
alla decadenza ex art. 330 ed ai provvedimenti � innominati � di cui 
all'art. 333, fino a giungere -come nel presente caso -all'esclusione 
dell'esercizio della potest� nei riguardi di entrambi i genitori; misura 

1981, 1143, con nota di A. Jannarelli, la quale risolve una questione preliminare 
di puro diritto e, cio�, se sia possibile adottare un provvedimento ex art. 333 
e.e., in mancanza della prova del pregiudizio richiesto dalla norma. La Corte 
stessa si preoccupa di ricondurre la soluzione adottata nell'ambito dell'indirizzo 
giurisprudenziale precedente con evidenti forzature interPretative, quando 
afferma che il decreto de quo non ha una portata meramente ordinatoria e 
ci� ai fini di ammettere il ric�rso ex art. 111 Cost.; cfr. anche Cass., 1 marzo 
1983, n. 1540, in Giust. civ. 1984, I, 883 con nota di A. PIGoNE. Ed infine, 
Cass., 16 giugno 1983, n. 4128, in Giur. it., 1983, I, l, 1347, che si occupa del 
problema dell'affidamento del minore in determinate situazioni modificative ed 
evolutive della condizione familiare. 

Va, comunque, sottolineato che la sentenza in epigrafe conferma �il pi� 

�antico e prevalente indirizzo�, ma in un'ottica significativamente pi� moderna 
ed aderente alla realt� giuridica e sociale attuale, laddove precisa che � ��� la 
ricostruzione di tutto il sistema, in aderenza alle nuove concezioni sociali e 
legislative inerenti all'assetto dei rapporti familiari, � basata sul principio secondo 
cui la potest� genitoria non � diretta a soddisfare un interesse di chi 
la esercita, n� quello superiore della famiglia, ma trova fondamento esclusivamente 
nell'interesse del minore, che � di carattere individuale ed � posto 
a fondamento di diritti garantiti dall'art. 30 Cost. che trovano anche una affermazione 
nell'art. 1 della legge n. 184 del 1983... �. 

La vecchia giurisprudenza riteneva, infatti, che i provvedimenti in tema 
di patria potest� e di affidamento del minore non avessero natura contenziosa 

11 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.o-STATO


478 

per� che si differenzia dalla decadenza, perch� il genitore pu� conservare 
i poteri di cui all'ultimo comma, gi� rammentati. D'altra parte, i 
provvedimenti ex art. 333 non sempre escludono l'esel'Cizio della potest�, 
ma possono limitarsi a dare disposizioni puntualmente vincolainti per il 
suo esercizio. 

Si potrebbe porre il problema procedurale de11'applicabilit� del 
secondo comma, secondo periodo, dell'art. 336 e cio� dell'obbligo di sen� 
tire il genitore quando il provvedimento � richiesto contro di lui (anche 
perch� nell'ambito dell'art. 317-bis il tribunale provvede d'ufficio, posto 
che l'art. 336 richiama i provvedimenti indicati negli articoli precedenti, 
espressione che produce qualche difficolt� letterale (ma non logicosistematica) 
per la sua estensione al provvedimento reso ai sensi del� 
l'art. 317-bis. Ma non si pu� negare n� l'esistenza di tale obbligo, n� iJ 
potere del genitore interessato di chiedere la revoca di deliberazioni 
anteriori nei suoi confronti ai sensi del primo comma de11'art. 336, quanto 
meno in via di interpretazione estensiva. 

Concludendo, questo primo sommario approccio consiglia di esami� 
nare congiuntamente non solo tutte e tre le ipotesi normative del codice, 
ma anche i provvedimenti (di regola cooI'dinati con quelli sulla 
potest�) concernenti l'affidamento del minore ad altra famiglia o ad 
un'istituzione ex lege n. 184. Sotto l'aspetto che deve essere esaminato 
pregiudizialmente (quello dell'ammissibilit� oggettiva del ricorso) si nota 
che l'indirizzo giurisprudenziale, segu�to dalla dottrina prevalente (nella 
quale opinioni diverse sono state sostenute proprio a seguito dell'entrata 

in quanto tendenti a regolare l'esercizio di un potere-dovere nell'unico interesse 
generale della famiglia. L'opinione dottrinale attuale ha focalizzato 
l'attenzione sull'interesse prevalente del minore, quale criterio unitario delle 
varie figure dell'affidamento ad estranei (Giorgianni), le quali, pur nel loro 
�diverso atteggiarsi,. hanno come modello la potest� genitoria. 

Ma � proprio questa potest� ad assumere una posizione nuova e diversa 
dall'immagine statica nel tempo dell'autorit� paterna. L'evoluzione sociale dei 
rapporti tra genitori e figli ha delineato una nuova condizione giuridica dei 
minori. Educazione ed istruzione non sono pi� espressione dell'autoritarismo 
paterno, ma il frutto di una intesa tra genitori e figli. Cosicch� la potest� 
dei genitori non � un diritto sogget1:ivo, bens� un potere in senso stretto, 
inteso nella sua pi� limitata accessione di potere-dovere (Bucciante). 

Posizione preferenziale � riconosciuta alla situazione soggettiva del minore 
in base all'art. 30, 1� e 2� comma, Cost., anche dalla giurisprudenza della 
Corte Costituzionale (v. sent. 10 febbraio 1980, n. 11), la quale afferma che 
il principio di ragionevolezza, di cui all'art. 2 Cost., comporta la necessit� di 
adeguatezza della soluzione surrogatoria (es. affidamento), cio� �la ricerca della 
soluzione ottimale "in concreto" per l'interesse del minore �. 

La Corte ha manifestato cos� piena adesione a quel principio del favor 
minoris che � ormai un dato definitivamente acquisito alla coscienza sociale 
e giuridica. 

GABRIELLA PALMIERI 


PART.B I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 

in vigore della legge n. 184) era nel senso che i provvedimenti sulla 

potest� dei genitori -regolati da1le nonne sui procedimenti in camera 

di Consiglio ai sensi dell'art. 38 disp. att. e.e. -non avessero neppure la 

sostanza (oltre che la forma) di sentenze e quindi non potessero essere 

oggetto di ricorso ai sensi dell'art. 111 Cost.. 

Cass. 15 aprile 1961, n. 826, ha negato Ja ricorribilit� per cassazione 

dei decreti emessi dalla Corte d'appello (a seguito di reclamo) in ordine 

all'esercizio della patria potest� sui figli naturali, i!Il quanto possono 

essere in ogni tempo modificati o revocati. In senso conforme hanno 

statuito Cass. 16 luglio 1963, n. 1947; Cass. 20 ottobre 1965, n. 2158, in 

materia di affidamento di minori; Cass. 10 agosto 1968, n; 3009, in ma


teria di patria potest�; Cass. 21 ottobre 1965, n. 2177, che per� ha rite


nuto ammissibile il ricorso se il giudice ha pronunciato sulla compe


tenza, perch� su tale punto il provvedimento ha natura di sentenza, 

secondo un orientamento successivamente confermato (salvo che da 

Oass. 3 giugno 1968, n. 1672) e che non � oggetto di esame in questa sede 

(v. Cass. 16 diicembre 1977, n. 5487; Cass. 28 ottobre 1978, n. 4923; Cass. 
22 luglio 1980, n. 4781, in particolare, Cass. 1� marzo 1983, n. 1540). 
In tempi pi� recenti, l'indirizzo favorevole alla non ricorribilit� per 
cassazione � stato confermato da Cass. 16 gennaio 1975, n. 167 (in materia 
di patria potest�); Cass., Sez. Un., 20 ottobre 1975, n. 3402, in materia 
di revoca di affidamento fiduciario di un minore, gi� dichiarato in stato 
di adottabilit�, nei confronti di U!D.a coppia di coniugi ad quali era stato 
affidato ai sensi dell'art. 404 e.e. (abrogato dalla legge n. 184); Cass. 
19 gennaio 1979, n. 399, per un provvedimento ai sensi dell'art. 333 e.e. 
(fatta salva l'impugnabilit� per cassazione nel caso in cui detto provvedimento 
aibbia inciso sullo status del minore e sui conflitti ad esso 
relativi); Cass. 28 aprhle 1982, n. 2643, in sede di fissazione delle modalit� 
di esercizio delle potest� dei genitori, senza la risoluzione di contestazioni 
fra contrapposti diritti soggettivi; Cass. 20 aprile 1982, n. 2444, 
sull'affidamento di un minore, sotto il profilo della regolamentazione 
dell'esercizio della potest� dei genitori; Cass. 21 febbraio 1983, n. 1306, 
sUJlla medesima materia; Cass. n. 2130 del 1976 (in motivazione, perch� 
il decisum riguarda una questione di competenza) in materia di decadenza 
della potest� ex art. 330 e.e.; Cass. 24 marzo 1982, n. 1857, per un 
provvedimento relativo ad un'istanza diretta a conseguire, a carico del 
coniuge affidatario del figlio minore, l'osservanza delle disposizioni dettate 
dal giudice della separ8.2lione personale; Cass. 22 gennaio 1983, 

. n. 
618, in materia di affidamento di un figlio minore naturale, con un 
provvedimento che si limiti a regolare l'esercizio della potest� dei genitori 
nell'!interesse del minore e senza incidere definitivamente sui diritti 
soggettivi; Cass. 9 dicembre 1985, n. 6223, sulla medesima materia; 
Cass. 2 dicembre 1985, n. 6021, sull'affidamento ex art. 10, legge n. 184. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBIJ..O STATO 

LI diverso orientamento affermativo della ricorribilit� per cassazione 
� rappresentato dalle seguenti sentenze: Cass. 17 ottobre 1980, n. 5594 
ha ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione awerso il decreto 
(emesso a seguito di reclamo) con cui si era confermata la revoca dell'affidamento 
ad una coppia di coniugi, ai sensi degli artt. 333 e 336 e.e., 
in quanto risolutivo di una controversia su diritti soggettivi, identificati 
da un lato nel diritto del minore all'assistenza dovutagli e dahl'altro nei 
diritti degli affidatari, anailoghi a quelli dei gooitori esercitanti la potest�; 
Cass. 24 febbraio 1981, n. 1115 ha ritenuto esperibile un ricorso contro 
un provvedimento che decida ai sensi degli artt. 333 e 336 e.e., sul 
conflitto fra nonno e genitore in ordine alla facolt� di quest'ultimo di 
escludere contatti fra il figlio e l'avo, in quanto incida in via definitiva 
su posizioni di diritto soggettivo in conflitto e non abbia portata meramente 
ordinatoria o amministrativa; Cass. 15 giugno 1983, n. 4128, in 
materia di affidamento del figlio minore ex art. 333 e.e., configurato come 
un momento essenziale al fine dell'esercizio della potest� dei genitori 
nei suoi aspetti pi� incisivi; Cass. 27 marzo 1985, n. 2151, :in materia di 
affidamento temporaneo ai sensi della legge n. 184, in quanto incidente 
su posizioni di diritto soggettivo degli affidatari; Cass. 7 novembre 1985, 

n. 5408, in materia di decadenza della patria potest� ai sensi dell'art. 330. 
U:na posizione peculiare � quella della sentenza delle Sez. Un. 9 maggio 
1983, n. 3149, emessa su un ricorso ai sensi dell'art. 111, comma 
2�, Cost. avverso un decreto emanato ai sensi dell'art. 333 e.e., che ha 
ritenuto ammissibiile il ricorso sulla questione di giurisdizione, proposto 
da una Pubblica Amministrazione, anche quando il giudice, in violazione 
dell'art. 112 c.p.c., abbia omesso di pronunciarsi sull'eccezione di difetto 
di giurisdizione dell'A.G.O. sollevata dail.la Pubblica Amministrazione. 
La sentenza ha motivato richiamando l'analoga giurisprudenza in tema 
di impugnabilit� in cassazione dei decreti di volontaria giurisdizione 
che risolvono questioni di com(petenza; nonch� l'interesse della Pubblica 
Amministrazione a difendere la propria sfera di azione dall'ingerenza 
dell'A.G.O., prima �ancora che ad ottenere lllil provvedimento avente 
un certo contenuto nel merito. 

Il Collegio ritiene che il suddetfo precedente IIIOll sia risolutivo ai 
fini della presente decisione. Il richiamo all'affermazione della proponibiilit� 
di un ricorso per cassazione per � motivi attinenti alla giurisdizione 
" (art. 360, n. 1 c,p.c.), oltre che alla � violazione delle norme sulla 
COm(petenza � (art. 360, n. 2) dovrebbe aprire fa strada all'estensione agli 
altri motivi, perch� � stato gi� affermato che non esiste differenza fra 
il ricorso ai sensi dell'art. 111, comma 2�, Cost. e quello ai sensi dell'art. 
360 c.p.c., per quanto attiene ai motivi proponibili (Cass. 3 aprile 
1979, n. 1919; Cass. 17 aprile 1981, n. 2329, con qualche limitazione, nel 
senso che � deducibiile soltanto l'omissione totale di motivazione, oltre 
che ),a vioilazione di norme sostanziali o processuali). Si osserva per�, 

I


I 

I 

I 


PARTE I, SBZ. IV, GIURI$PRUDBNZA CIVILI! 

in contrario, che in forza della limitazione contenuta nel n. 2 dell'art. 360 
(�quando non � prescritto il regolamento di competenza�), se la pronuncia 
sul merito non � impugnabile, la parte che voglia impugnare la 
sola pronuncia sulla competenza non pu� proporre fil ricorso ordinario, 
ma il regolamento di competenza ai sensi dell'art. 43 c.p.c. (Cass. 22 dicembre 
19771 n. 5695; 13 marzo 1978, n. 1239; 22 dicembre 1981, n. 6764; 
Cass. 3 dicembre 1985, III.. 6045). 

Sul secondo punto, la ratio decidendi dehla srotenza delle Sez. Un. 

n. 3194 del 1983 consiste ncl rilievo che si trattava di un provvedimento 
decisorio esorbitante dall'ambito ristretto della volontaria giu:risdizione, 
contro fil quale non era esper~bile altro rimedio all'infuori dell'impugnazione 
a norma dell'art. 111, comma 2� Cost. Sembra adottata la configurazione 
del provvedimento abnorme o radicalmente nullo che � stata 
rifiutata da sentenze pi� recenti (per esempio, Sez. Unite, n. 2258 del 
1984), che ammettono in tail caso soltanto la querela di nullit�, partendo 
proprio dalla negazione dell'attitudine del provvedimento ad acquistare 
fa forza della cosa giudicata. 
Pertmto, la richiamata pronuncia delle Sez. Un. non � risolutiva, 
perch� non affronta il problema sotto il pirofilo qui rilevante, e do� a 
proposito di un ricorso che deduce la violazione di norme di legge 
sostanziali (art. 1 e 2, legge 4 maggio 1983, n. 184; artt. 317-bis e 333 e.e.) 
e processuali (violazione dell'efficacia di un provvedimento penale nel 
processo civile). 

Ad avviso del Collegio il problema deve risolversi verificando se 
nei provvedimenti appartenenti al tipo di quello impugnato (emessi in 
secondo grado) sussistono le condizioni dell'impugnabilit� pe1r cassazione 
fissate dalla gifurisprudenza successiva alla nota sentenza n. 2593 
del 1953, fondata sull'orientamento � sostam:1alista � deHa nozione di 
sentenza a cui � riferibile l'art. 111, Cost. Dette condizioni consistono 
nehl.a decisoriet�, intesa come risoluzione di una controversia su diritti 
soggettivi o status, e nella definitivit�, intesa . oome mancmza di rimedi 
diversi e nell'attitudine del provvedimento a p:regiu:dicare con l'efficacia 
propria del giudicato quei diritti e quegli status. 

Le due condizioni devono coesistere, in quanto � irrHevante fa decisoriet� 
se il provvedimento � sempre modificabile e revocabile tanto 
per 'lllla nuova e diversa valutazione delle circostanze precedenti, quanto 
per il sopravvenire di nuove circostanze, nonch� per motivi di legittimit� 
(art. 742 c.p.c.). In questi casi il provvedimento non contiene una 
statuizione definitiva ed un pregiudizio irreparabile ai diritti che vi sono 
coiinvolti. 

Pur essendo necessaria la prima � condizione attinente al contenuto 
(per esempio: una modifica del diritto o dello status), detto contenuto 
deve essere anche espressione di un potere giurisdizionale esercitato con 
carattere vincolante rispetto all'oggetto della pronuncia, in modo da 


482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEil.O � STATO 

garantirne l'immodificabilit� da parte del giudice ohe lo ha pronunciato 
e l'efficacia di giudicato ex art. 2909 e.e. 

L'inidoneit� al giudicato come conseguenza della modificabilit� e 
revocabilit� in ogni tempo non deve essere confusa con i giudicati rebus 
sic stantibus (per esempio, in tema di mantenimento ed anche di relazioni 
personali fra i coniugi e con 1a prole, ai sensi dell'art. 710 c;p.c.) 
perch� in questi casi non rilevano le circostanze preesistenti e gi� valutate 
nel provvedimento passato in giudicato. 

Il problema non sorge, per esempio, per i casi regolati dall'art. 710 
c.p.c., che rinvia alle forme �del processo ovdinario; ma sorge a proposito 
dei procedimenti in Camera di Consiglio, regolati con le forme degli 
artt. 737 e ss. perch� (a meno di una deroga espressa, che per esempio 
qualifichi come sentenza il provvedimento terminativo: v. Cass. 9 dicembre 
1985, n. 6211), dovrebbe applicarsi in via di principio 1l'intera normativa, 
e quindi anche gli artt. 739 ultimo comma e 742, con conseguente 
esclusione dell'art. 111, comma 2�, Cost. A prima vista, l'esclusione degli 
artt. 739 ultimo comma e 742 (e la conseguente applicazione dell'art. 111, 
Cost.) � ancorata ad un criterio incerto e non risolutivo (l'incidenza su 
diritti soggettivi o status) sia perch� l'esperienza giuTisprudenziale dimostra 
la variet� di soluzioni adottate per il medesimo caso, sia perch� 
sarebbe tl!Ila pura e semplice petizione di princ1pio ritenere il provvedimento 
suscettibile di conseguire l'efficacia di giudicato in base agli 
indici relativi alla sua decisoriet� su diiritti soggettivi o status. ~ da 
ritenere pertanto che si debbano utilizzare degli indici pi� puntuali, 
tratti dailla concreta regolamentazione della singola materia, per quel 
che concerne i principi !fondamentali dcl processo contenzioso (domanda, 
contraddittorio e difesa, immutabilit� del provvedimento sotto forma di 
preclusioni). Dove i suddetti indici esistono, l'opzione vel.1So la �sostanza 
� contenziosa, pur nella � forma volontaria � ha un alto grado di 
attendibilit�. Dove non esistono, quell'opzione appare contrastante con 
la scelta del legi.Sllatore (salvo il controllo di costituzionalit�, se ne sia 
il caso, e cio� se vi sia contrasto fra alourni di quegli indici e la qualificazione 
del provvedimento finale). Il Collegio ritiene che, nei casi che 
si stanno esaminando, quegli indici non sussistooo. 

A) Il primo � costituito dill'esistenm di una controversia o confl.itto 
in ordine a diritti soggettivi o status: requisito non sufficiente, ma 
tuttavia necessario, in quanto se si � in presenza di situazioni di interesse 
che la legge non ritiene di affidare all'autonomia privata, ma sottopone 
al controllo giudiziario mediahte interventi incidenti sull'attribuziOllle, 
esercizio e conformazione delle posizioni soggettive coinvolte nella cura 

o gestione di tale interesse (che assume posizione preminente), l'indagine 
si pu� affermare perch� � evidente che in tali casi quegli interventi 
del giudice non costituiscono esercizio di giurisdizione contenziosa. 
I


I 


~ 

Il 


PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDBNZA CIVD..B 

� questa la posizione assunta dalla pi� antica giurisprudenza citata 
(per esempio da Cass. n. 826 del 1961, che tuttavia ha aggiunto che 
la conferma del car.attere non decisorio del provvedimento di esclusione 
del padre naturale dall'esercizio della potest� � data dall'applicabilit� 
dell'art. 742 c.p.c.) 1a quale affurmava che l'interesse del minore 
coincide con il preminente e generale interesse familiare che prevale 
su quello dei singoli, di modo che ogni decisione in ordine all'esercizio 
della patria potest� (ora: della potest� dei genitori) � affidata al potere 
discrezionale del giudice di merito, il clli provvedimento, ispirato 
a criteri di convenienza ed eqUit�, ha carattere contingente ed amministrativo, 
non gi� decisorio. 

La suddetta impostazione non pu� essere seguita, con riguardo 
alla nuova legislazione, non tanto perch� l'ill1teresse del figlio risulta 
posto in risalto dalla legge (v. airt. 316, ultimo periodo; art. 317-bis che 
recita: �nell'esclusivo interesse del figlio�), quanto perch� la ricostruzione 
di tutto il sistema, in aderenm alle nuove concezioni sociali 
e legislative inerenti aH'assetto dei rapporti familiari, � basata sui 
principio secondo cui la potest� genitoria non � diretta a soddisfare 
un interesse di chi la esercita, n� quello superiore della famiglia, ma 
trova fondamento esolusivamente nell'interesse del m�ll1ore, che � di 
carattere individuale ed � posto a fondamento di diritti garantiti dall"
art. 30 Cost. che trovooo anche un'affermazione ne11'art. 1 della legge 

n. 184 del 1983, con la dichiM"azione di principio con cUi si apre 1a 
nornnativa. 
Ma proprio tale impostazione nuova induce ad una riflessione che 
mette in forse hl carattere decisorio dei provvedimenti che si stanno esaminando, 
che hanno per oggetto il controllo giudiziario dell'ufficio di 
di:ritto privato (potest� dei genitori), affinch� esso sia esercitato con 
correttezza, diligenza e nel rispetto degli specifici obblighi di comportamento 
del genitore, a tutela di una situazione giuridica soggettiva sostanziale 
di cui � titolare ,direttamente il minore. � vero, infatti, come 
� stato sottolineato dalla giurisprudenza che ha . ammesso il ricorso, 
per esempio da Caiss. 111. 5408 del 1985, che il provvedimento si converte 
necessariamente in una negazione di un diritto in capo ad un soggetto 
e nella correlativa incisione sullo status del figlio. Anzi, si dovrebbe 
estendere questo rilievo ad altre ipotesi (come quella regolata dall'articolo 
317-bis) nelle quali il provvedimento riguarda il mero esercizio 
della potest�, perch� anche l'incisione sull'esercizio di wn diritto (sia 
pure strumentale rispetto ad un dovere e qU�iilidi configurabile come 
ufficio o potere di diritto privato) pu� profilarsi come espressione di 
poteri giurisdizionali decisori e non meramente di cura amministrativa 
e gestione di interessi. In altri termini, non dovrebbe cOIIlfondersi 
la ragione giustificatrice della normativa (la l."llra dell'interesse 
esclusivo del minore) con le situazioni giuridiche coinvolte ed incise 


484 RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO 

dal provvedimento. Ma le osservazioni fatte appaiono essenziali al fine 
di qualificare non decisorio il provvedimento. L'esistenza del conflitto, 
nel senso di controversia o ilite fra pi� soggetti in ordine ad un diritto 

o ad un rapporto giuridico o ad uno status dovreblbe coinvolgere tutte 
le parti .interessate, in contraddittorio fra di loro. Tale 1requisito manca 
nei casi in esame, come s�bito si dir�. 
B) Invero, perch� il procedimento che si svolge nelle forme di 
cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. (o di altre norme che ad esse si richiamano, 
con qualche variante, come quelle .in esame, stante la norma di rinvio 
di cui all'art. 38 disp. att., doppiamente novellato dalle leggi del 1975 
e del 1983) possa qualificaI'si contenzioso, occorre che sia assicurato, in 
forme anche eventuali rimesse all'iniziativa della parte, il diritto di 
azione e di difesa ed il contraddittorio. La negazione di tali diritti pu� 
essere considerata in una duplice direzione: o come sospetto di incostituzionalit� 
di una disciplina che -pur conducendo al giudicato e 
quindi al pregiudizio definitivo ed irreparabile delle posizioni soggettive 
delle parti -non assicura quelle garanzie; o come presa d'atto di una 
scelta legislativa che, da un canto, esclude il giudicato e qudndi il pregiudizio 
irreparabile prevedendo il rimedio alternativo della modificabilit� 
o revocabilit� e, dall'altro lato, esclude l'incostituzionalit�. 

La scelta del legislatore deve essere controllabiile sulla scorta di 
dati obiettivi, che comprendono sia Ja certezza di una volont� della 
legge in tal senso, sia la giustificazione di essa .in correlazione colla 
pi� adeguata tutela de~i interessi coinvolti. Il pregiudizio dei diritti 
delle parti derivante dal giudicato si giustifica perch� esse hanno avuto 
tutte le possibilit� di tutelare tali diritti in giudizio ed occoiire fissare 
un momento di stabilit� irrevocabile dell'accertamento giurisdizionale. 
Correlativamente, dove tale esigenza di stabilit� ed irrevocabilit� potrebbe 
entrare in con.filitto con la cura di intmessi che non possO\llo 
essere cristalLizzati in una pronuncia avente il crisma della � verit� � 
immodificabile, i princ�pi della domanda, della difesa e del contraddittorio 
non appaiono essenziali, in presenza dell'alternativo rimedio posto 
dall'art. 742 c.p.c. 

Un indice de1la scelta del legiS'latore nella materia che si sta esaminando 
consiste nella risposta al quesito che dov.rebbe porsi chi sostiene 
la tesi della suscettibilit� di pervenire a1 giudicato (e quindi, della 
ricorribilit� per cas8a2'lione: per tale corretta impostazione, che travalica 
l'aspetto della decisione su diritti, di per s� insufficiente, v. in particolare 
Cass. n. 5408 del 1985). 1l quesito riguarda il contraddittorio 
sulla lite -che si assume esistente -sul diritto del genitore. Non 
pu� m;>n indicarsi un contmddittore, rispetto a tale lite, ma l'elencazione 
dell'altro genitore, del parente e del P.M. appare insufficiente, 
perch� manca proprio il soggetto il cui interesse � que1lo � esclusiva



PAJlTJ! I, ~. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 

mente � protetto, e cio� i1 figlio minore. La dottrina e la giurisprudenza 
hanno dato giustificazione della mancanza di contraddittorio con costui 
(ovviamente rap~sentato da un curatore speciale, dato il cooflitto 
d'interessi) per l'opportunit� di non contt'apporre H figLio al genitore. 
Ma la presa d'atto di tale giustificazione non elimina la mancanza del 
contraddittorio, sotto tale profilo, e prova un orientamento della legge 
verso la naturra non contenziosa del procedimento. 

C) Un altro indice decisivo nel senso suddetto si ritrova nella 
espressa previsione della revocabilit� del provvedimento (art. 333 secondo 
comma ed art. 336 primo comma e.e.). Non si ritiene di poter 
seguire la motivazione con la quale Cass. n. 5408 del 1985 ha risolto 
fa difficolt� derivante da tale normativa, sostenendo che essa ri~arda 
soltanto le ipotesi dell'art. 333 e non quelle dehl'art. 330, alla quale sli 
applicherebbe soltanto l'art. 333, che prevede una reintegrazione con 
effetto ex nunc e soltanto in presenza di un mutamento di situazione 
rispetto a quella considerata nel provvedimento di decadenza; e quindi 
non esclude il giudicato rebus sic stantibus della precedente statuizione. 

Si osserva, in contrario, che l'art. 336 primo comma (senza dubbio applicabile 
anche al provvedimento ex art. 330), regola la presentazione della 
domanda sulla base della qualle il procedimento � iniziato, anche per 
l'ipotesi che si tratti di revocare de1iberazioni anteriori. Non � possibile 
sostenere che, con riguardo ahl'art. 330, fa revoca possa essere 
prevista soltanto per il mutamento di ciircostanze, perch� anche l'articolo 
742 c.p.c. parla espressamente di revoca senza indicare i motivi 
di essa; ma la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono giustamente 
che Oiltre che per motivi di legittimit�, il riesame nel merito 
� giustificato sia da una richiesta di nuova valutazione di ragiood e 
situazioni di fatto gi� esaminate; sia daLla sottoposizione all'esame del 
giudice che ha nrovveduto di circostanze preesistenti, ma ignorate, 
ovvero risuftanti da prove poi inficiate; sia da circostanze e motivi 
sopravvenuti. Se cos� non fosse, ammettendo la revoca soltanto per 
motivi sopravvenuti, non si differemJierebbe il regime di stabilit� del 
provvedimento camerale da quello della sentenza resa con clausola rebus 
sic stantibus. 

L'art. 742 invece vuol sancire il principio che l'organo che ha emanato 
iJ provvedimento pu� anda!l"e in cont:ranio avviso e provvedere 
nuovamente sul suo oggetto -secondo ci� che ritenga conforme a 
diritto e ad opportunit� -senza essere vincolato dal provvedimento 
precedentemente pronunciato ed a prescindere daMa scadenza dei termini 
per il reclamo, che serve soltanto ad esaurire l'iter processuale 
di �quel� procedimento, restando intatta J.a possibilit� della. revoca o 
modifica per qualunque motivo. 


486 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO' STATO. 

Un'interpretazione restrittiva dell'art. 336, in relazione all'art. 330 
e.e., non pu� essere giustificata neppure dalla presenza dell'art. 332, che 
prevede un'ipotesi particolare di cessazione ex nunc del precedente provvedimento, 
ma non esclude la sua generale revocabilit�, ai sensi de1l'artico1o 
336. 

� vero che, fino alla revoca, i provvedimenti hanno una certa 
stabilit� (ofr. Gaiss. n. 5374 del 1980, in sede di applicazione dell'art. 252 
e.e.; materia analoga a!lla presente), ma non si tratta della stabilit� del 
giudicato. Questa � ritenuta dalla legge incongrua, con riguia;rdo agli 
interessi tutelati, che esigono un continuo ed attento adeguamento del 
provvedimento alla realt� mutevole del minore (si pensi, per esempio, 
alla crescita di et� ed ai problemi infiniti che gi� ,soltanto essa pone, in 
ordine alle esigenze di allevamento e di educazione), senza che si possa 
distinguere fra fatti gi� valutati e fatti sopravvenuti, perch� la realt� 
della persona del minore � basata su un continuum di esperienze, dove 
il passato si salda al presente, nell~ prospettiva della futura maturazione 
(non per niente si parla di �et� evolutiva�), per cui la valutazione 
deve essere complessiva e non soggetta allo sbarramento formale 
del giudicato. 

D) Una riprova del risultato raggiunto, che non pu� non comprendere 
tanto i provvedimenti ex art. 330 che quelli ex art. 333 (e quindi 
anche quelli previsti dall'art. 317-bis, che si pongono ad un livello 
intel'Jlledio fra gli altri due e sono improntati alla medesima ratio, 
come gi� si � sottolineato all'inizio del1a presente motivazione) � data dal 
rilievo che un procedimento iniziato, per esempio, per la dichiarazione 
di decadenza, pu� portare ad un provvedimento meno grave, ex art. 333 

e.e. IJ problema del controllo deilla correttezza giuridica di esso potrebbe 
essere sohlevato da chi ha diritto al reclamo (e quindi, secondo la tesi 
qui respinta, ,al ricorso per cassazione). Nei iriguardi del provvedimento 
preso ex art. 333 si deve prendere atto dell'ostacolo testuale al ricorso, 
derivante dalla revocabilit� ex art. 333 secondo comma, ma l'ostacolo 
vale anche nel caso opposto, cio� in quello di un ricoirso contro un 
provvedimento di decadenza rivolto �ad ottenere una misura meno grave 
(che dovrebbe essere pronunciata dal giudice di rinvio, a seguito della 
cassazione del primo provvedimento). Il risultato sarebbe veramente 
singolare: la cassazione dovrebbe servire a sostituire ad un provvedimento-
impugnabile con tale mezzo -un provvedimento che non lo �, 
con grave violazione dei princ�pi secondo cui � ammesso il ricorso per 
cassazione contro la sentenza pronunciata da:l giudice di rinvio. 
La disarmonia sopra rilevata si elimina ritenendo non che l'impugnabilit� 
dipenda dal concreto contenuto del provvedimento (infatti, a 
questa tesi si deve oppor.re che tale contenuto pu� variare a seguito 
dell'impugnazione, la cmi aspirazione consiste appunto nel mutamento 



PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

del provvedimento impugnato); ma affermando invece che in nessun 
caso � ammesso il ricorso per cassazione, perch� in tutti i casi � sancita 
la modificabilit� o revocabillit� -anche per una nuova valutazione 
di fatti anteriori -che contiraiddice con quella possibilit� di formare 
iJ giudicato sostrunzia:le che � � elemento essenziale per la ricorribilit� 
ex art. 111, comma 2�, Cost. 

Un analogo tipo di aritiiche deve essere mosso a quella tesi secondo 
la quale il ricorso per cassazione sarebbe ammissibile soltanto quando 
il conflitto si risolve decidendo una questione di puro diritto, che 
esclude che a:l decreto possa attribuirsi una portata meramente ordinatoria 
ed amministrativa (Cass. n. 1115 del 1981, cit.). Infatti, non si 
pu� condizionare la qualifica del provvedimento al tipo di motivo 
sollevato con il ricorso, perch� la qu.atlifica � un dato anteriore che 
condiziona l'ammissibilit� del ricorso; e, d'altra parte, se questo fosse 
ammissibile, anche la v�alutazione di merito potrebbe essere contirollata, 
nei Jimiti di oui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. 

Le preoccupazioni insite nell'indirizzo da ultimo ricordato (permettere 
alla Corte di Cassazione l'esercizio delle fuinzioni di nomofilachia 
e di garanzia dell'uniformit� della giurisprudenza in una materia 
cos� delicata) non sono state ignorate dalla dottrina, che ha !I'icordato 
come la pronuncia che statuisce su diritti configura il provvedimento 
per il quale � istituito quel 1tipo di impugnazione; ma si pu� osservare 
che i provvedimenti di oui si tratta sono anche suscettibili di un'actio 
nullitatis in sede contenziosa, appunto perch� non suscettibili di giu� 
clicato. 

E) Concludendo, queste Sezioni Unite ritengono di confermare il 
pi� antico e prevalente indirizzo, perch� la legge espressamente sancisce, 
nella sedes materiae, il principio della revocabilit� che � proprio 
dei provvedimenti c.d. di vdlontaria gimisdizione; pe!I'Ch� tale principio 
pone un ostacolo testuale insuperabile aill'esperibilit� del ricorso per 
cassazione; perch� non ha rilievo la circostanza dell'incisione del provvedimento 
su status, diritti soggettivi e poteri-funzionali, in quanto la 
statuizione (anche di carattere costitutivo) sugli stessi non � atta a piregiudicare 
ill1 modo definitivo ed irrimediabile le parti, che possono 
utilizza!I'e Ilo strumento della modifica e deMa revoca, senza essere vincolate 
da aloun giudicato; perch� questa scelta � in armonia con la 
struttma non contenziosa del procedimeinto, il quale non assioura com� 
pletamente il contraddittorio; pocch� si t!I'atta di scelta confacente agli 
interessi tutelati che, pur facendo capo in modo esolusivo al minore, 
non tanto devono essere accertati e modificati con efficacia di giudicato, 
quanto contro11ati e govemati di fronte all'incessante mutamento 
delle condizioni di fatto e dei problemi esistenziali che esigono una 
pronta e duttile risposta. L'i111ammissibmt� del ricorso deve affermarsi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

488 

con riguardo: a) ai provvedimenti contenenti disposizioni � diverse � 
rispetto alla previsione di legge e di esclusione dell'esercizio della potest� 
dei genitori sui figli naturali, ai sensi dell'art. 317-bis e.e.; b) alla 
pronuncia di decadenza da1la potest� sui figli ai sensi dell'art. 330 (ed 
a quella di reintegrazione ai sensi delllart. 332 e.e.); e) ai provvvedimenti 
previsti dall'art. 333 e.e. Non � oggetto di specifico esame in questa 
sede alcun altro tipo. di provvedimento, anche se coinvolgente l'eser� 
cizio della patria potest� e/o l'affidamento, dei minori (per esempio, 
nell'ambito delle pronu:ncie sulla separazione personale e sul divorzio), 
tiranne che il provvedimento di affidamento c.d. giudiziario previsto dal 
secondo comma dell'a1t 4 della legge n. 184 del 1983: � ove manchi ~�assenso 
dei genitori esercenti la potest� o del tutore provvede il tribunale 
per i minorenni. Si applicano @. artt. 330 e se~enti del codice civile �. 

Si possono ripetere, .anche a proposito di ta:le provvedimento, le 
considerazioni gi� fatte per escluderne l'idoneit� al giudicato sostanziale 
e quindi la ricorribilit� per cassazione, a prescindere alla questione 
se esso tuteli il diritto del minore sancito da1l'art. 1 della legge 
e se crea posizioni di potere degli affidatari. 

Invero, i1 richiamo agli artt. 330 e ss. (che deve estendersi, per le 
considerazioni gi� fatte, anche all'art. 317-bis e.e.); non � puramente di 
stile, dal momento che i due provvedimenti sono correlati; il minore 
affidato ad altri che esercitano funzioni vicarie dei genitori � soggetto 
di riferimento dei poteri-doveri indicati dall'art. 5 della legge 184. Correlativamente, 
il minore sottratto all'esercizio 1della potest� di entrambi 
i genitori (se non trova ricetto in un adeguato ambiente della � propria 
� !famiglia) deve essere affidato ai sensi dell'art. 2 della legge 

n. 184, pur essendo l'affidamento una misura che pu� prescindere dai 
provvedimenti ex artt. 330-333 (e 317-bis, secondo l'interpretazione gi� 
data), come risulta daLI'art. 5. 
Non si pu� ammettere un diverso regime di impugnabilit� del provvedimento 
su questo punto, rispetto a quello che riguarda la potest� 
dei genitori. Ed infatti: 

a)' il provvedimento � adottato, d'ufficio, senza un vero contraddittorio, 
salvo -eventua:lmente e contestualmente quello impetr� 
fetto gi� descritto ai sensi dell'arit. 330 e ss. e.e. 

b) il provvedimento � revocabile sia per motivi sopravvenuti (� quando 
sia venuta meno la situazione di difficolt� temporanea della famiglia 
di origine�) sia per motivi preesistenti. Invero, nella formula �ovvero 
nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore � 
non possono non rientrare anche i casi nei quali, alla luce dell'esperienza 
nella famiglia affidataria, risulti che le condizioni preesistenti del minore 
-che avevano consigliato il provvedimento -devono riconsiderarsi in 
diverso modo. D'altra parte, non � possibile pensare che il Tribu:nale sia 

~ 

."N.�N�."��������������-��ᥥ��� 

. .! 


PARTB I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVIL1! 

vincolato ail[a propria precedente deciJSione, anche se si convince dell'errore 
commesso, sia nella scelta degli affidatari, sia addirittura nella valutazione 
delle premesse dell'affidamento ai sensi dell'art. 2. 

Anche fil questi casi, a parte l'aipplicabilit� degli artt. 737 e ss. (articolo 
742-bis) vi sono indici ulteriori specifici di una scelta nel senso 
delila mancanza di definitivit� del provvedimento, che non � inteso ad 
accertare o costituire diritti, ma a governare interessi che non possono 
essere lasciati all'autonomia privata (l'interesse del minore al mantenimento, 
all'istruzione, ahl'educazione in un ambiente idoneo). La materia 
� in re ipsa estranea alla risoluzione di conf�litti giuridici su diritti 
contrapposti, contestati o insoddisfatti, e quindi estranea alla giurisdizione 
contenziosa. 

Il ricorso dello Scopel1iti deve, quindi, essere dichiarato inammissibile. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Consiglio di Stato, Ad. Plen., 3 luglio 1986, n. 7 -Pres. Crisci -Est. 
Barberio Corsetti -Pecorari (avv. Miniero) c. 6" Direzione Genio 
Militare (avv. Stato Onufrio) e Maggiolo (avv. Cavasola). 

Demanio � Patti agrari. 

Demanio � Destinazione ed utilizzazione beni del patrimonio indisponibile. 
(Legge 11/1971, art. 22; 1. 692/81 art. 22; I. 203/82 art. 52). 

La disciplina dei patti agrari non � applicabile ai beni patrimoniali 
indisponibili dello Stato. � 

Per i beni patrimoniali indisponibili non rileva che la destinazione 
ad una pubblica funzione possa non essere costante purch� permanga 
la utilizzazione in funzione della quale sono stati classificati tali. 

Diritto -7. -Al Sig. Irmo Pecocari, titolare dal 1969 al 1974 e dal 
1974 al 1980 di una concessione per lo sfalcio delle erbe naturalmente 
crescenti e per lo scalvo delle piante nel compendio militare Centro 
Logistico di S. Martino, pur senza addivenirsi ad un rinnovo della concessione, 
fu di fatto consentito di coltivare il fondo fino alla fine del 1982. 

Nel frattempo, nell'agosto 1982, la Direzione del genio militare aveva 
indetto una licitazione privata per Ja concessione di sfruttamento agricolo 
del compendio; licitazione alla quale il Pecorari, sebbene invitato, 
rifiut� di partecipare, sostenendo che l'amministrazione non poteva dispo!
1I'e del fondo in dipendenza del suo diritto a beneficiare di p!I'Oroga 
legale del preesistente rapporto, in virt� della normativa sull'affitto dei 
fondi rustici (legge 1� dicembre 1981 n. 692 e legge 3 maggio 1982 n. 203). 

Nell'ottobre 1982 il Pecorari, non avendo ricevuto alcuna risposta in 
proposito, impugn� innanzi al T.A.R. per l'Emilia Romagna � gli atti 
relativi alla licitazione privata indetta per la concessione di sfruttamento 
agll'icolo �, affermando che iJ suo rappor�to con l'amministrazione; sorto 
originariamea:ite per Jo sfalcio delle erbe e scalvo deIJe piante, si era 
successivameillte trasformato in concessione ;per lo sfruttamento agricolo, 
onde ad esso doveva essere applicata la normativa concerne:nte 
l'affitto dei fondi rustici. 

t 


PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Nel caso l'amministrazione non avesse ritenuto aipp.licabille tale 
normativa, non avrebbe comunque potuto procedere alla Hcitazione privata, 
perch� avrebbe dovuto assegnargli il fondo in forza della disposizione 
di cui alfil'art. 51 della legge n. 203 del 1982. 

Il T.A.R. adito ha rigettato il ricorso perch� ha ritenuto che l'odginario 
rapporto intercovrente tra il Pecorari e I'Ammmis<trazione consistente 
in una concessione per lo sfalcio erbe e scalvo piante -non 
ha su.bito alouna trasfornnazione nel corso degli anni; non essendosi mai 
modificati i termini dell'originaria concessione: non esistendo un contratto 
agrario, il Pecorari non avrebbe pe:rtanto mai matUlt'ato il diritto 
ahl'app1icazione della normativa sui fondi rustici. 

8. -Con l'appello in oggetto fil Pecorari si duole pireliminarmeinte 
del fatto che il T.A.R. Ira omesso di prOlllUil�iarsi sul motivo di iricorso 
concernente l'applicabilit� dell'art. 51 della legge n. 203 del 1982 proposto 
per il caso si ritenesse che il rapporto in<tercorso con l'amministrazione 
m~Htare non fosse Ticompreso tra quelli soggetti a proroga. 
Ripropone poi gli altri motivi del ricorso di rpirimo grado concernenti 
l'applicabilit� a[ rapporto della normativa generale sull'afflitto dei 
fondi rustici. 

9. -Osserva il Collegio che la prima doglianza deve necessariamente 
essere esaminata dopo le altre, perch� dalla soluzione del quesito concernente 
l'applicabilit� o meno della normativa sui patti agrari al rapporto 
in esame discende anche l'applicabilit� o meno dell'art. 51 della 
legge n. 203 del 1982, che di tale normativa � parte integrante. 
Occorre, pe:rtanto, in primis, accertare la natura del rapporto intercorso 
tra il Pecorari e l'Ammilllistrazione militare nel periodo 1969-1980 e 
nel successivo periodo 1980-1982. 

Non v'� dubbio che originariamente fil rapporto � sorto come concessione 
per sfalcio erbe e scalvo piante, la quale non pu� essere assimilata 
ad una conces�sione di sfruttamento agricolo (cfr. Cass. n. 3735 del 
26 giugno 1984), essendo espressameillte previsto che il concessionario 
non aveva nessuna possibilit� di influi'I'e sulla produzione del fondo (se 
non in specifiche ipotesi che necessitavano sempre di apposita autorizzazione 
del concedente), ma doveva limitarsi a rnccogliere o a tagliare 
i prodotti indicati nell'atto di concessione. 

Si trattava, in sostanza, di un rapporto instaurato dall'amministrazione 
al fine di maintenere in ordillle i terreni destinati alle sue attivit� 
istituzionali, prescindendosi completamente da eventuali interessi agJricrui 
dal concessionario. Posto che i prodotti natu11ali dei terreni (erba 
e legname) hanno un valore economico rilevante, l'amministrazione richiedeva 
un canone per i:I Joro prelievo; ma il mpporto instaurato col 
concessionario, sotto il profilo dell'interesse che si illtendeva realizzare, 
non era diverso dal rapporto che sarebbe sorto se l'amministrazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBU.O STATO

492 

avesse affidato a qualcuno la manutenzione dei campi pagando per tale 
servizio (cfr. Cass. S. U. n. 6175 dell'll ottobre 1983). 

N� pcu� condividersi l'osservazione dell'appellante che fil rapporto 
sarebbe mutato fin dal 1974 per avere l'amministrazione. preteso, per il 
rinnovo della concessione, ii canone indicato daihl'U.T.E. per il caso di 
concessiane dell'utilizzazione agricola del teiireno. Tale circostanza, infatti, 
in assenza di altri elementi, non � significativa, potendo l'amministraziione, 
una volta acquisito il parere deH'orga:no tecnico, discostarsene 
nel senso di richiedere un canone maggiore di quello minimo indicart:
o nel parere, pur senza modificare la natura e la portata della concessione. 
N� appare rilevante, di fronte all'iinequivoco contenuto del 
titolo for.male della concessione, l'eventuale conoscenm e toHeranza 
da parte di organi amministrativi periferici, dell'abusiva estensione dell'attivit� 
del concessionario aHo sfruttamento agricolo dell'area. 

Per il secondo periodo, valle a dire per gli anni 1981 e 1982, bisogna 
osservare che il Sig. Pecorari, in assenza di una concessione ormai sca� 
duta, fu meramente �autorizzato � allo sfruttameillto agricolo del terreno 
in via precaria, senza cio� che l'amministrazione addiv�nisse ad 
una nuova concessione, munita delle caratteristiche dei provvedimenti 
di tale tipo, di contenuto diverso e pi� ampio rispetto a quella a suo 
tempo accord?ta, e ormai esaurita. Al contrario, fin dall'inizio fu rappresentato 
al Pecorari il carart:tere del tutto precario del !rapporto e l'intento 
di procedere ad un'assegnazione dei terreni con modalit� diverse 
da quelle anteatte. Anche per tale peri.odo, dunque, non pu� ritenersi 
l'esistenza di una concessione per lo sfruttamento agrario dei terreni 
in oggetto. 

Non essendo mai stata assentita in favore del Pecorari una con


.cessione di tal genere, l'applicazione della normativa concernente l'affitto 
dei fondi rustici al rapporto deve essere esclusa in via di principio, 
giacch� tale applicazione, come emerge dall'art. 22 deHa legge n. 11 del 
1971 e dell'art. 9 della legge n. 692 del 1981 (che conferma ed espressamente 
richiama il disposto citato art. 22, senza ad esso innovare) � even� 
tualmente configurabile solo in riguardo ai terreni dello Stato oggetto di 
una concessione di sfruttamento agricolo o s~lvo-pastorale di qualsiasi 
natura, e non, quindi, con riguardo a concessioni di contenuto diverso, 
od a provvedimenti a crurattere provvisorio agrario non assimilabili, 
come si � detto, alla concessione vera e propria. N� iin questo campo 
pu� ammettersi una . interpretazione estensiva, trattandosi di norme 
limitart:ive della sfera giuridica deJlo Stato, proprietario dei terreni. 

Ne consegue, nel caso in esame, l'infondatezza delle pretese avanzate 
dal Pecorari, nel preswpposto dell'applicabilit�, a suo favoce, della normativa 
stessa. Per le stesse ragioni, deve ritenersi che l'Amministra� 
zione non era neppure tenuta a preferire il Pecorari in forza dell'art. 51 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

della legge n. 203 del 1982 che in tale normativa � compreso (e che, comunque, 
visto che il Pecorairi non risultava concessionairio o affittuario 
di fondi contigui, non avrebbe potuto trovare applicazione). 

10. -Sembra peraltro opportuno soggi'lllilgere che 1ttrattandosi di beni 
immobiliari facenti parte del patrimonio indisponibile de1lo Stato (ci� 
� pacifico tra le parti) la normativa in questione non aivrebbe comunque 
potuto trovaire spiegazione, anche in presenza di una vera e propria 
concessione per uso agrario. 
Come � stato acceD111ato, la legge n. 11 del 1971, contenente nuova 
disciplina dell'affitto dei fondi rustici, stabilisce all'art. 22 che le norme 
in essa contenute (nonch� quelle di cui alla precedente legge 12 giugno 1962 

n. 567) si � estendono anche ai terreni �... che comunque vengano concessi 
per l'utilizzazione agricola o silvo-pastorale dallo Stato, dalla provincia, 
dai comuni e da a!ltri Entd. 
E dall'entrata in vigore di tale legge la Corte di Cassazione ha costantemente 
affermato che tale disposizione non si riferisce alle concessic:
xni-contrartJto dei terreni rientranti nel patrimonio indisponibile dello 
Stato e ceduti in godimento al privato per uso agricolo (Cass. S.U. 

n. 8 del 9 gennaio 1973 e n. 1225 del 4 aprile 1976, perch� tali beni agricoli 
sono sottoposti al regime della concessione, incompatibile con quello 
dell'affitto dei fondi rustici. 
Tale indirizzo � stato riaffermato anche dopo i'entrata in vigore del 

d.l. 546/81, convertito in legge 1� dicembre 1981 n. 692 recante disposizioni 
in materia fiscale e di adeguamento della misura dei canoni demaniali, 
che con l'art. 9, ha cos� testualmente stabilito: �Resta altres� ferma 
l'applicabilit� delle norme sull'affitto dei fondi rustici anche a terreni 
demaniali, o soggetti al regime dei beni demaniali di qualsivoglia natura, 
appartenenti ad enti pubblici territoriali o non territoriali, fino a che 
persista l'utilizzazione agricola o slivo-pastorale de terreni medesimi, in 
conformit� di quanto disposto dall'art. 22 della legge 11 febbraio 1971 n. 11. 
E' stato infatti ritenuto che tale disposizione �lllerLsca solo alla determinazione 
del canone, ma non comporti l'assoggettamento dei beni 
demaniali o patrimoniali indisponibili alla disciplina della proroga legale 
dei rapporti agrari (Cass. Sez. III sent. n. 2069 del 24 marzo 1983 .e n. 660 
dell'l febbraio 1985). 

La IV Seztlone del Consiglio di Staito ha anch'essa negato (dee. n. 305 
del 17 maggio 1983), l'applicabilit� della legge 11 febbraio 1971 n. 11 alle 
concessioni amministrative per uso agricolo dei terreni rientranti tra i beni 
indisponibili delle pubbliche amministrazioni, stante l'incompatibilit� del 
regime giuridico proprio di simili concessioni e di quello disegnato dalla 
citata legge. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

494 

Ha ritenuto, altres�, che l'art. 9 del d.I. n. 546 del 1981 non ha mutato 
la situazione, trattandosi di disposizione inserita in un testo legislativo 
che solo marginalmente si ocoU1pa della materia aJilo scopo di regolarne 
UlllO specifico aspetto, la quale non pu� essere inequivocabilmente 
interpretata nel senso dell'applicabilit� ai terreni demaniali o appartenenti 
al patrimonio mdisporubile della disciplina dei patti agrari. 

11. � A fronte di questo concorde ind!i.rizzo si pone .fil parere rreso 
dalla III Sezione del Consiglio di Stato su quesito proposto dal Ministero 
delle finanze (par. n. 536/84 del 10 aprile 1984), nel quale si afferma 
che l'art. 9 del d.I. n. 546 del 1981 (che conferma l'indirizzo gi� assunto 
dal legislatore con le disposizioni di cui all'art. 5 della legge 13 dicembre 
1973 n. 814 e agli articoli 4 e 5 primo comma della legge 4 agosto 
1978 n. 440) ha valore di interpretazione autentica della precedente disciplina, 
onde deve ormai ritenersi che la normativa sui fondi rustici � 
integralmente applicabile anche ai terreni demaniali o appartenenti al 
patrimonio indisponibile dello Stato o di altri enti pubblici, affidati in 
concessione per la utilizzazione agricola o silvo-pastorale. 
12. � Osserva il Collegio che, per quanto riguarda l'art:. 22 della 
legge n. 11 del 1971 valgono senz'altro le considerazioni espresse dalla 
ricoroata pron.Ulllcia della IV Se2lione in oroine alla incompatibilit� del 
regime delle concessioni di beni demaniali e appartenenti al patrimonio 
indisponibile dello Stato con il �regime oui sono assoggettati i patti 
agrari. 
Confliggono, ad esempio, col principio generale che riserva all'amministrazione 
la valutazione di ognri modifica di tali beni in relazione 
allo speoifi.co interesse pubblico ad essi inerente, l'art. 11, secondo comma, 
il quale rimette all'Ispettorato agrario il potere di autorizzare l'affittuario 
ad apportare miglioramenti al fondo e ai fabbricati agrari, pwr 
nel dissenso dell'altra parte; gli artt. 14 e 16, che consentono all'affittuario, 
sotto determinate condi2lioni, di effettuare direttamente tali miglioramenti. 
Confligge col principio di stretto affidamento delle concessioni 
amministrative �l'art. 12 terzo comma, che consente in talune 
occasioni all'affittuario di cedere il contratto ad UIIlO o pi� componenti 
della .propria famiglia anche senza il consenso del locatore. 

N�, come giustamente sottolineato dalla stessa decisione, potrebbe 
immaginarsi un'applicazione parziale della legge n. 11 del 1971, stante 
che il rinvio contenuto nell'art. 22 riguarda inequivocabilmente la legge 
nel suo complesso. 

Si deve pertanto c0111Cludere che i beni ai quali fa riferimento l'art. 22 
della legge n. 11 del 1971, nonostante l'impropria e generica dizione, 
sono i beni patrimoniali disponibili, tra i quali in linea generale rien




PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

trano i fondi rustici, ii quali per loco natura intrinseca non fanno necessariamente 
parte del demanio (art. 822 e.e.) o del patrimonio indisponibile 
(art. 826 secondo comma C.c.). 

13. -La successiva legislaziooe noo ha modificato il quadro fin 
qui delineato al punto da ritenere che oggi il regime dei patti agrari sia 
applicabile anche ai beni demaniali o patrimoniali indisponibili. 
L'art. 5 della legge 13 dicembre 1973 n. 814, che ha aggiunto all'art. 
24 della legge n. 11 del 1971 un comma riguaroante la determinazione 
dei canoni per i terreni appartenenti al demanio pubblico e per quelli 
delle regioni, province, comuni, soggetti al regime dei beni demaniali dati 
mconcessione per lo sfalcio delle erbe e per itl pascolo, non pu� certamente 
considerarsi indicativo di una tale volont�. Ancorando i predetti 
canoni ai or�teri di determinazione dei canoni di affitto dei fondi rustici 
(con riduzione del 70 %) la norma ha perseguito solo un fine di omogeneizzazione 
e di razionalizzazione, fornendo tra l'aitro all'amministrazione 
parametri di valutazione concreti che ne facilitano l'azione. La 
norma non incide, peraltro, sud regime della demanialit� o della indisponibilit� 
dei beni stessi ed � anzi significativo che mentre l'art. 22 
si riferisce .a �terreni comunque concessi per l'utilizzazione agricola ... � 
il successivo art. 24, cos� come modifilcato dalla legge lll. 814, ha riguardo 
ai � terreni appartenenti al demanio pubblico �. 

L'uso di due locuzioni diverse, una riferita ai terreni di cui non si 
individuano le caratteristiche di demanialit� o di indisponibilit� e l'altra 
riferita a terreni di cui tali caratteristiche sono espressamente individuate 
quanto meno alla demanialit� e la diversa regolamentazione aipprestata 
(ai primi si app1icano tutte le norme deHa Jegge 12 girugno 1962 

n. 56 e della legge n. 110 del 1971 ai secondi solo le norme relative alla 
determinazione dei canoni) non possono infatti considerarsi irrilevanti 
se contenuti nella medesima legge e sono �onforto a1l'iinterpretazi01I1e 
deUa norma nel senso suindicato. 
A identica conclusione si deve giungere per gli articoli 4 e 5 della 
legge 4 agosto 1978 n. 440, recante norme per l'utilizzazione delle terre 
incolte, abbandooate o, insufficientemente coltivate. 

Ta1i disposizioni, che prevedono l'assegnazione anche di terreni demaniali 
(in senso lato), hanno infatti per presupposto che questi si trovino 
in stato di abbandono o di insufficiente coltivazione, implicitamente 
attribuendo a tale circostanza iiJ. significato di una tacita sdemanializzazione. 
E che ci� sia possibile � confermato dalla costante giurisprudenza 
della Cassazione che ha sempre ritenuto che la sdemanializzazione pu� 
aversi anche in forma tacita laddove, pur in mancanza dell'atto di classificazione, 
l'amministrazione dimostri, con atti univoci e concludenti, incompatibili 
con la voloot� di cooservame la destinazione ad uso pubblico, 
e da circostanze cosi significative da rendere inconcepibile un'ipotesi 


496 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diversa, di aver rinunciato al ripristino della pubblica funzione del 

bene (Cass. 12 novembre 1979 n. 5835 e 18 marzo 1981 n. 6603). 

Quanto all'art. 9 del d.l. n. 546 del 1981, che la III Sezione nel 

ricoodato parere ha riteI11Uto interpretativo dell'art. 22 della legge n. 11 

del 1971, l'Adunanza rileva che la nol'Illa, come � reso evidente dall'og


getto del testo legislativo in cui � iinscritta, non rigua!ida il regime giuri


dico dei rapporti, ma solo la misura dei canoni di concessione, che il 

legislatore ha voluto eqUJiparare, per evidenti fiini di omogeneizzazione, 

ai canoni vigenti per gli affitti di fondi pubblici. 

Ci� � indirettamente con.fermato daMa circostanza che in sede di 

app1rovazione della legge 111. 203 del 1982, recoote la nruova disciplina dei 

contratti agrari, successiva all'art. 9 del d.l. n. 546 del 1981, furono 

soppresse due disposizioni (contenute nell'art. 51 del testo approvato dal 

Senato il 14 maggi() 1980) che davano un'interpretazione autentica del


della nuova legge 11 febbraio 1971 n. 11, imponendo inoltre l'applicabilit� 

della nuova legge anche alle concessioni per uso agricolo dei beni dema


niali e patrimoniali indisponibili dello Stato e degli altri enti territoriali. 

14. -Sembra imoltre opportuna un'ultima considerazione generale 
sul problema nel suo complesso. 
Come si � gi� visto i terreni in questione non sono ricompresi per 

natura tra i beni che fanno parte del demanio o del patrimonio necessario 

dello Stato e degli enti territoriali; la loro indisponibilit� ha origine 

da una specifica valutazione circa la utilit� o la necessit� di destinarli 

ad una pubblica funzione. Se tale destinazione, di fatto, possa non essere 

costoote nel tempo non ha particolare rilievo, purch� i beni stessi man


tengano in ogni momento la loro utilizzazione ai fini per i quali sono 

stati classificati come demaniali o indisponibili (si pensi alle esigenze 

della difesa, della proteziooe civile, ecc.). 

L'applicabilit� .della discip1ina dei patti � agrari comporterebbe, di 
fatto, la sua sottrazione alla preminente destilllazione pubblica in cnntrasto 
con quanto disposto 1dall'art. 828 secondo comma del Codice civile; 
in base alla pi� recente normativ:a (art. 53 �legge 3 maggio 1982 n. 203) 
. tale sottrazione deriverebbe come conseguenza automatica da qualsiasi 
rapporto comunque in corso, cnn il ris�ultato che il volere dell'am� 
ministrazione non avrebbe pi� alOUIIla mluenza, dovendosi, in ogni caso, 
per impedire il sorgere del contratto agrario, dimostrare un'utiHizzaziooe 

attuale a fini pubblici. 

N� la limitazione posta dall'art. 9 del d.l. n. 546 del 1981 (� fin che 
duri l'utilizzaziooe agricola�) potrebbe garantire l'amministrazione che 
volesse rientrare in possesso dei beni, posto che la 111ormativ:a sui patti 
agrari prevede la possibHit� che il coltivatore facoia migliorie ingenti 
anche contro il parere del proprietario, coo la conseguenza che, ove ci� 
dovesse avvenire, il rilascio sarebbe certamente preceduto da un conte



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ..97 

-

zioso lungo e difficile, e avverrebbe in presenza di una trasformazione 
dei terreni in ipotesi non compatibile con la loro immediata utilizzazione 
per i fini pubblici. 

Deve concludersi che l'appello va rigettato, con conferma della sentenza 
impugnata. 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 8 luglio 1986 n. 8 -Pres. Crisci � 
Est. Noccelli -Soc. Ita!lipi ed altro (avv. Sambiagio) c. Ministero delle 
finanze (avv. Stato Fiengo). 

Demanio -Spiagge lacuali -Sdemanializzazione tacita o espressa. 

Atto amministrativo � Atto impugnabile � Provvedimento condizionato al 
pagamento di canone. 

Demanio -Spiagge lacuali � Regolamento -Canone concessione � Misura 
simbolica � Opere favorite. 

(R.D. 1� dicembre 1895, n. 72f>, art. 8). 
Le parti delle spiagge lacuali oggettivamente idonee a soddisfare 
le stesse utilit� delle relative acque sono beni demaniali fino a quando 
non sia adottato un provvedimento di sdemanializzazione o non sia tenuto 
un comportamento concludente con cui l'Amministrazione competente 
dimostri la volont� di sottrarlo alla sua funzione. 

La decisione dell'Amministrazione di subordinare l'adozione di un 

provvedimento al pagamento di un canone elevato � immediatamente 

impugnabile quando determina la compressione della posizione giuridica 

dell'istante. 

La disposizione del regolamento per la vigilanza e le concessioni 
delle spiagge dei laghi pubblici secondo la quale l'Amministrazione pu� 
fissare l'entit� del canone di concessione in misura simbolica per gli 
usi strumentali alla costruzione di opera di pubblica utilit� si applica 
ad ogni forma di utilizzazione da parte dei servizi ferroviari in regime 
di concessione. 

Diritto. -I) Con la decisione parziale e interlocutoria n. 1 del 1984 
l'Ad�nanza ha gi� risolto in senso affermativo ila questione (che aveva 
giustificato H deferimento dell'intera controversia da parte della IV Sezione 
di questo Consiglio), concernente l'idoneit� del deposito di documenti 
attinenti alla causa, anche se provenienti da un soggetto che non 
risulti formaLmente parte in giudizio, ad interrompere il termine di perenzione. 
La decisione, sotto tale profilo �parziale�, costituisce giudicato 
sul punto, sicch� il Collegio non pu� che prenderne atto e passare 
all'esame dei motivi di ricorso. 



498 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il) In via preliminare, occorre tuttavia tener conto di due sopravvenuti 
punti processualmente rilevanti, cui ineriscono altrettanto questioni 
pregiudiziali. 

Successivamente all'on:lina:nza di rimessione, la difesa della Societ� 
ITALPI, originaria ricorrente, ha depositato (il 25 novembre 1985) una 
memoria difensiva con la quale ha reso noto che: a) il complesso aziendale 
denominato SVIT cui ineriscono le �pendenze� con l'Amministrazione 
finanziaria oggetto del precedente giudizio, � stato ceduto in data 
30 agosto 1971 alla Societ� italiana autotrasporti {identificabile proprio 
nel soggetto da cui provenivano detti documenti, il deposito dei quali 
� stato ritenuto dall'Adunanza �atto di procedura� idoneo a interrompere 
il termine di perenzione); b) successivamente (in data 12 maggio 
1972) essa ITALPI si � estinta per incorporazione ne1la S.p.A. Bastogi. 
Con atto notificato dalle altre parti il 16 aprile 1984, 1Ia S.I.A. (cessionaria 
del complesso aziendale SVIT) ha poi spiegato intervento volontario 
dichiarando di far proprie � tutte le ragioni di diritto e di fatto � esposte 
nel ricorso originariamente prodotto dall'ITALPI. 

In relazione a tali vicende occorre chiedersi, innanzi tutto, se il rapporto 
processuale � tuttora validamente costituito, e se, poi, sussista 
ancora l'interesse della parte privata a una pronuncia :in merito: questioni, 
queste, cui i difensori hanno fatto brevi cenni in sede di discussione 
oraLe, ma che il Collegio deve comunque esan1inare d'ufficio, indipendentemente 
dalle prospettazioni di parte. 

Ad entrambi i quesiti deve rispondersi affermativamente. 

In ordine al primo, va rilevato che la successione della S.l.A. nel 
rapporto controverso, avvenuto in pendenza di processo per effetto dell'acquisto 
del complesso aziendale, cui ineriscono le � pendenze � con 
l'Amministrazione finanziaria dello Stato relative al canone di concessione 
del demanio lacuale, legittima l'intervento in causa del successore 
a titolo particolare ex art. 111, terzo comma, Cod. proc. civ. D'altra parte, 
la successiva estinzione della INALPI (originaria ricorrente), non dichiarata 
al momento della proposizione deU'rultima istanza di fissazione dell'udienza 
di discussione del ricorso (24 aprile 1981), se rappresenta un 
evento irrilevante ai fini della prosecuzione del processo (arg. ex combinato 
disposto artt. 92 r.d. 18 agosto 1907 n. 642, 111 e 300, secondo 
comma, Cod. proc. civ.), rende comunque certi che J.a decisione definitiva 
deve essere emessa nei confronti deM'intervenuta S.I.A., rimasta 
unica ed effettiva titolare del rapporto sostanziale dedotto in giudizio. 

Sulla seconda questione, osserva il Collegio che il dubbio circa la 
permanenza dell'interesse a una pronuncia conclrusiva del merito nasce 
dal fatto che con rogito notar Pisciotta 5 febbraio 1972 n. rep. 367/9, 
trascritto alla Conservatoria di Varese con nota 19 febbraio 1972 n. 1870, 
fintero �compendio immobiliare � in localit� Ponte Fresa di Lavena, 
comprendente il �fabbricato gi� adibito a stazione della ex ferrovia 



PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Luino-Ponte Tresa �, risulta essere stato alienato dalla S.l.A. a terzi, 
con il consenso, peraltro, dell'Amministrazione finanziaria dello Stato 
(rappresentanta da un funzionario � delegato � dall'Intendente di finanza 
di Varese), la quale ha nell'occasione espresso la volont� di rinunciare 
al �diritto di reversibilit� allo Stato gravante sugli immobili oggetto 
di contratto�. 

Va rilevato ill'Ilanzitutto che l'interesse relativo al canone pu� permanere 
ai fini di una eventuale concessione in sanatoria, che riguardi i 
iaipporti anteatti, dal 19421n poi. 

Inoltre, malgrado il tenore de1le clausole contenute nel contratto 
de quo, il Collegio, c uispetta conoscere incidenter tantum anche delle 
questioni attinenti a diritti soggettivi (sempre che non si tratti, come 
nella specie non si tratta, di questioni di stato o di capacit�: art. 8 
legge n. 1034 del 1971; art:. 18 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054), ritiene che 
l'interesse �sostanziale a una pronuncia di (eventuale) accoglimento sussista 
tuttora in capo alfa S.I.A. e ai suoi aventi caUJSa in quanto l'atto 
di alienazione sopra citato, non poteva riguardare aree aventi il carattere 
della demanialit� vera e propria. In caso diverso, l'atto deve considerarsi 
radicalmente nullo per inidoneit� dell'oggetto (artt. 823, 1346 
e 1418 Cod. civ.). Costituisce, infatti, opinione assolutamente prevalente 
in dottrina e in giurisprudenza che le spiagge lacuali soggiacciono allo 
stesso regime giuridico del demanio marhtimo (malgrado l'equivoca 
formulazione dell'art. 822, primo comma, Cod. civ. al quale tuttavia non 
pu� attribuirsi valore determinante nella definizione dell'ambito del 
demanio Jacuale, che va invece individuato alla srtregua della previgente 
legislazione: cfr. Cass. Sez. un. 14 dicembre 1981 n. 6591), con la conseguenza 
che anche i tratti di spiaggia oggettivamente idonei ad assicurare 
le stesse utilit� di generale interesse, soddisfatte dall'uso delle acque, 
devono ritenersi beni demaniali sin tanto che non intervenga un formale 
provvedimento di sdemanializzazione o comunque un comportamento tacito 
concludente dell'Autorit� preposta alla cura del bene che riveli l'inequivoca 
volont� di sottrarlo alla sua funzione pubblica (cfr. Cass. Sez. I, 
20 aprile 1985 n. 2610). 

Nella specie, non solo manca la prova dell'esistenza di un provvedimento 
o di .un comportamento di tal genere (che certamente non pu� 
identificarsi nella volont�, espressa da un funzi0!!1;ario � delegato � dall'Intendente 
di finanza di Varese, di rinunciare a un non meglio precisato 
�diritto di reversibilit�� dello Stato, determinazione questa probabilmente 
ispirata dalla prevalente considerazione de1le opere accessorie 
costruite ai limiti del piazzale e non del carattere demaniale dell'area), 
ma sussistono invece univoci elementi indiziari rivelatori di una 
diversa volont� dell'Amministrazione intesa a conservare il carattere 
demaniale della spiaggia in questione. Basta pensare, in prQposito, che 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

500 

di fronte alle richieste, reiteratamente formulate dai competenti Organi, 
di pagamento di un canone, anche piuttosto elevato, a titolo di sanatoria 
di un'asserita situazione di abusiva occupazione della spiaggia, la Societ� 
ricorrente non ha mai contestato il titolo di propriet� demaniale, limitandosi 
soltanto a invocare un preesistente rapporto concessorio per 
ottenere il rinnovo gratuito o almeno con riduzione del canone: appare 
quindi evidente l'arbitrariet� dell'iniziativa assunta dalla Societ�, con 
l'avaHo dell'Intendente di finanza di Varese, diretta a rendere possibile 
l'acquisto da parte di un terzo dell'area demaniale, il cui titolo di pro
�priet� pubblica non era mai stato fino a quel momento in contestazione. 
La illullit� del negozio di cessione stipulato tra privati evidenzia l'attualit� 
dell'interesse sostanziale della ricorrente a una pronuncia che, previo 
annullamento dell'atto determinativo del canone in misura (asseritamente) 
illegittima, renda possibile l'instaurarsi di un regolare rapporto 
concessorio sul terreno demaniale per lungo tempo abusirvamente occupato. 

III) Infondata � l'eccezione di inammissibilit� dell'impugnativa, che 
l'Avvocatura solleva sotto il profilo della mancanza di lesivit� dell'atto 
impugnato, configurantesi, secondo tale prospettazione difensiva, come 
atto � interno � al procedimento istruttorio preordinato al rinnovo della 
concessione. 

Il Consiglio di Stato ha gi� chiarito, in casi simili, che � impugnabile 
in sede giurisdizionale, in quanto lesiva di situazioni soggettive esterne, 
o~ determinazione amministrativa idonea a produrre un definitivo 
arresto procedimentale, e ci� in quanto gli interessi cosiddetti pretensivi 
(quelli cio�, che aspettano da un provvedimento positivo dell' Amministrazione 
il. loro concreto soddisfacimento) non altrimenti potrebbero 
essere tutelati se non azionando l'interesse ('strua:nentale) all'eliminazione 
dell'atto o comportamento preclusivo del successivo sviluppo del 
procedimento. � 

Nella specie, non � stato negato il rinnovo, della concessione (diniego 
di rinnovo che si configurerebbe come atto conclusivo del procedimento), 
e 'tuttavia la pretesa deH' Ammilllistrazione di condizionare il rilascio del 
provvedimento favorevole al pagamento di un canone elevato ha determinato 
comunque una compressione de1la posizione giuridica della Societ� 
ricorrente, la quale ha comunque un interesse qualificato ahl'annullamento 
della determinazione (asseritamente illegittima) relativa al canone, 
in qruanto ostativa alla r-ealizzazione dell'effetto finale favorevole 
per�seguito con la proposizione della originaria istanza. 

IV) Nel merito ha carattere assorbente, ed � altres� fondato, il quarto 

motivo di ricorso, se inteso, come rettamente deve intendersi, rivolto 

anche contro la circolare del Ministero delle finanze 1 agosto 1961 n. 201. 

Il Collegio ritiene che non sia necessario ripercorrere le tappe sto


riche del travagliato iter procedimentale in esito al quale si � determinata 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

l'attuale situazione di abusiva occupazione del tratto di sponda del lago 
di Lugano su cui insiste il piazzale per la sosta e fa manovra delle carrozze 
ferroviarie (ora autoveicoli) utilizzate per l'esercizio della ferrovia 
in concessione (ora servizio automobilistico sostitutivo). Sia, infatti, che 
l'area de qua, estesa circa mq. 692, debba identificarsi con il pi� ampio 
tratto di spiaggia che fu a suo tempo oggetto di concessione ad opera 
della Prefettura di Como, come asserito dalla ricoi:iren:te e comprovato 
dal documento (atto concessionale del 30 maggio 1984, peraJltro esibito 
in copia non autentica) allegato al suo fascicolo, sia che, al contrario, il 
terreno in questione si identiifichi con parte della maggiore superficie 
(mq. 1.942,48) a suo tempo assentita in concessione alla Societ� � Navigazione 
e Ferrovie del Lago di Lugano� (d.dm. 20 giugno 1914) e da questa 
pervenuta, tramite la �Societ� varesina imprese elettriche,. (4 gennaio 
1915) e la �Societ� varesina trasporti� (26 maggio 1941), alla 
ITALPI, come sembra potersi desumere dahla nota 28 agosto 1964 del 
Ministero delle finanze diretta all'Intendente di Varese (a11. n. 10 al 
fascicolo dell'Avvocatura), la situazione di fatto e di diritto sulla quale 
l'Ammimistrazione era stata chiamata a provvedere con le due originairie 
istanze, del 1950 e del 1954, restava identica nella prima ipotesi 
come nella seconda; non vi � dubbio, infatti, che anche il pi� antico rapporto 
concessionale, quand'anche effettivamente costituito in ordine all'immobile 
controverso, aveva sub�to nel tempo 1a novazione del suo 
titolo giustificativo e si era quindi giuridicamente estinto con lo sca� 
dere del termine fissato nel nuovo atto di concessione (pi� probabilmente 
quello approvato con d.m. 20 giugno 1914 n. 9863). Non � credibile, 
infatti, l'asserzione della ricorrente secondo cui la sua dante 
causa si era indotta alla stipula della convenzione del 1914 per avere 
ignorato la preesistente concessione del 1889; comunque la circostanza, 
quand'anche provata, sarebbe irrilevante sotto un duplice profilo: perch�, 
ill[lanzi tutto, la determinazione volitiva del privato ha carattere 
meramente accessorio rispetto all'atto con:cessionale deH'Amministrazione, 
che � costitutivo del rapporto e indifferente alle motivazioni soggettive 
dell'altra parte; e perch�, poi quand'anche volessero applicarsi alla 
convenzione (accessoria all'atto di concessione) i princ�pi civilistici in 
materia di contratto, l'errore su di Ulll presupposto non rileverebbe come 
stato soggettivo della parte privata, in quanto non essenziale e non riconoscibile 
dalla parte pubblica (art. 1428 Cod. civ.). 

Non essendovi dubbio, per le ragioni anzidette, che a partire dal 
19 febbraio 1942 (data di scadenza dell'ultima concessione) l'occupazione 
del suolo si perpetu� solo di fatto, � tuttavia da rilevare che l'amministrazione 
ha fatto malgoverno delle norme applicabili aHa specie nel 
determinare il nuovo canone di concessione. Va premesso che la materia 
cade sotto la disciplina del r.d. 1� dicembre 1895 n. 726 (Regolamento 
per la vigilanza e per le concessioni delle spiaggie dei laghi pubblici e 


502 RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle relative pertinenze), il cui ambito di operativit�, per la completezza 
e l'evidente esaustivit� del suo contenuto dispositivo, non lascia 
spazio a contrastanti inte:ripretazioni di norme previgenti, anche se contenute 
in atti�fonte di rango superiore. 

� dubbio che l'art. 228 della fogge 20 marzo 1865 n. 22481 all. F 
(riprodotto nell'art. 60 del r.d. n. 1447 del 9 maggio 1912, testo, questo 
ultimo, di carattere meramente compilativo) possa interpretarsi crune 
volto ad affermare una presunzione assoluta di � improduttivit� � delle 
spiagge lacuali: comunque, se pure questo fosse stato il senso originario 
della norma in esame, esso indubbiamente fu superato dal successivo 
regolamento n. 726 del 1895, le oui di:sposizioni, di carattere generalissimo, 
furono sin dall'origine chiaramente intese a disciplinare qualunque 
tiipo di utilizzazione delle' spiagge lacuali, e cosl anche quelle 
preordinate alfa costruzione e manutenzione di opere di interesse pubblico, 
espressamente richiamate negli artt. 5 e 8, ultimo crunma. Che, 
poi, questo fosse il significato pi� logico dell'art. 228 della legge n. 2248 
del 1865, quale era venuto chiarendosi alla 1uce della successiva evoluzione 
normativa, � comprovato dai testi legislativi che a partire dal 
1924 imposero la revisione dei canoni con riferimento a tutti i tipi di 
concessioni, sia � precarie � che � perpetue �, ivi comprese quelle relative 
alle � spiagge lacuali, superfici e pertinenze dei faghi � (art. 1, n. 2, 

r.d.l. 25 febbraio 1924 n. 456; art. 1 d.lgt.c.p.s. 7 gennaio 1947 n. 24; art. 1 
legge 21 gennaio 1949 n. 8; art. 1 legge 21 dicembre }961 n. 1501, etc.). 
Ci� posto, � indubbio tuttavia che le leggi sopracitate, e ancor prima, 
il Regolamento n. 726 del 1895 distinguevano nettamente tra i vari tipi 
di concessioni, in particolare prevedendo la facolt� dell'Amministrazione 
di graduare .J'entit� del canone, sino a fissarla in misura soltanto simbolica 
per quegli usi che fossero strumentali alla � costruzione � di oipere 
di pubblica utilit� (art. 8, ultimo comma, r.d. n. 726 del 1� dicembre 1895; 
art. 6 del dJgt.c.p.s. 7 gennaio 1947 n. 24; art: 4 legge 21 dicembre 1961 

n. 1501). Non condivisibile, in proposito, � l'assunto dell'Avvocatura secondo 
cui la norma agevolativa dell'art. 8 Reg. n. 726 doveva intendersi, 
se applicata alle concessioni ferroviarie, in senso restrittivo, e cio� limitata 
alle concessioni aventi ad oggetto la costruzione di ferrovie (e non 
la sola gestione del servizio ferroviario). Esattamente si rileva in contrario 
che la legislazione sulle ferrovie non autorizza distinzioni di ta!l 
genere, trasparendo invece dal complesso delle disposizioni 5uccedutesi 
nel tempo il chiaro favor legislativo per il servizio ferroviario in regime 
di concessione in quanto servizio oggettivamente pubblico; per convincersene, 
basta riflettere che le sovvenzioni di esercizio, prima erogate in 
via straordinaria (si vedano, per fare run esempio, le norme degli artt. 4 
e 5 de1la Jegge 4 dicembre 1902 n. 506, modif. dall'art. 1 della legge 9 luglio 
1905 n. 413), assunsero poi carattere �di ordinariet� (cfr. 5 e 8 legge 

503

PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

2 agosto 1952 n. 1221, modif. e integr. dalla legge 29 novembre 1971 
n; 1080), estendendosi anche agli autoservizi sostitutivi (previa favorevole 
valutazione, ovviamente, dell'Autorit� competente circa l'opportunit� tecnica 
della sostituzione: art. 2 r,d.l. 14 ottobre 1932 n. 1436). Se il carattere 
oggettivamente pubblico del servizio ferroviario in concessione (o di 
quello automobilistico sostitutivo) permane pur quando muti, per successione 
regolarmente autorizzata, il privato gestore, non vi sono ragioni 
valide per sostenere l'interpretazione restrittiva seguita dall'Avvocatura 
circa il senso e la portata dell'art. 8, ultimo comma, del r.d. n. 726 del ' 
1895, dal momento che costruzione ed esercizio di un'opera preordinata 
all'espletamento di un servizio di pubblica utiJlit� sono funzioni equivalenti 
secondo la ratio che traspare dallo schema logico della disposizione 
citata. 

Men che mai, poi, � possibile escludere l'applicabilit� della norma 
alla fattispecie in esame muovendo dal presupposto che l'impresa ferroviaria 
risponde a uno scopo di lucro, perch� la finalit� speculativa di 
cui si occupa la citata disposizione � quella che inerisce direttamente 
all'uso del bene demaniale, mentre la concessione di arenile per il movimento 
dei .treni (o degli autoveicoli) � finalizzata alla gestione del 
pubblico servizio rispetto al quale il fine di lucro (che � cosa diversa 
dalla � economicit� � di ogni impresa, ravvisabile nel criterio di pareggio 
tra costi e ricavi) appare non solo esterno ma anche del tutto _occasionale, 
tenuto conto delle finalit� sociali del servizio che impongono la 
fissazione di tariffe ridotte e/o differenziate (sicch�, notoriamente, le 
sovvenzioni pubbliche per l'esercizio tendono appunto a realizzare il 
pareggio finanziario delle .imprese concessionarie non conseguibile con 
gli usuali strumenti di conduzione aziendale). 

Omettendo di fare applicazione dell'art. 8, ultimo comma, del ril. 

n. 726 del 1895, l'Amministrazione si � evidentemente attenuta alla 
circ. n. 201 del 1� agosto 1961, che nell'allegato A, sub '1ett. D, sembra 
voler limitare la facolt� di determinazione del canone in misura minima 
alle sole concessioni fatte ad � enti � pubblici. La circolare, che sotto 
molteplici aspetti presenta carattere innovativo della previgente disciplina 
(talch� ad essa deve riconoscersi :natura di regolamento ministeriale), 
� tuttavia in tale parte illegittima in quanto deroga a un precetto 
del regolamento generale governativo (che ha priorit� gerarchica nel-
1'011dine delle fonti: .art. 4, secondo comma, delle preleggi). 
Il ricorso va pertanto accolto nel quarto motivo, con il conseguente 
annullamento, in parte qua, della circolare n. 201 del 1961, allegato A, 
sub lett. D, e del provvedimento aipJYlicativo col quale sono stati determinati 
i canoni da corrispondersi, per l'area demaniale in contestazione, 
dal momento della (asserita) abusiva occupazione sino alla data del 
rinnovo dell'atto concessionale. 


504 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Resta salva,� ovviamente, la facolt� dell'Amministrazione di valutare 
ogni altra circostanza di fatto e di diritto rilevante ai fini del rilascio 
del provvediment? richiesto. 

Le spese possono essere equamente_ compensate. 

CONSIGLIO DI STATO; Sez. IV, 3 luglio 1986, n. 455 -Pres. Santaniello Est. 
Cortese -Ensslin ed altro (avv. Lorenzoni) c. Prefetto di Ragusa 
(avv. Stato Di Car.lo). 

Cittadinanza � Stranieri � Esigenze di sicurezza ed ordine pubblico � Li� 
bert� di ingresso � Trattato italo-germanico. 
(Legge 7 marzo 1961, n. 436, art. 2; T.U. 18 giugno 1931, n. 777, art. 142). 

Cittadinanza � Stranieri � Libert� di ingresso � Poteri discrezionali della 

P.A. � Sindacato giurisdizionale. 
Cittadinanza � Stranieri � Espulsione � Motivazione. 

La libert� di ingresso, soggiorno e stabilimento assicurate dal Trattato 
di amicizia commercio e navigazione italo-germanico suppone che si 
tratti di soggiorno conforme a legge e non pu� riconoscersi quando lo 
straniero non si sia presentato all'autorit� di P.S. per rendere la prescritta 
dichiarazione di soggiorno. 

L'istituto dell'espulsione dello straniero non contrasta con i princ�pi 
costituzionali in quanto i pote.ri discrezionali che attribuisce alla 
Pubblica Amministrazione sono soggetti a sindacato giurisdizionale. 

Non pu� ritenersi adeguatamente motivato ed � quindi illegittimo 
il provvedimento di espulsione dello straniero giustificato solo in base 
alla ritenuta opportunit�. 

Diritto. -Sussistendo evidenti motivi di connessione soggettiva ed 
oggettiva i due ricorsi vanno riuniti per esser definiti con unica decisione. 

Occorre innanzitutto considerare i termini e l'ol1d�IIle in cui le varie 
censure ed istanze sono proposte alla Sezione, delle quali talune avanzate 
in via principale ed altre in via subordinata, come emerge dalla 
formulazione degli atti di gravame -tra loro eguali -e dalle relative 
conclusioni. 

In estrema sintesi pu� rilevarsi che gli appellanti sostengono in via 
principale l'illegittimit� del provvedimento di espulsione dal territorio 
italiano emesso nei loro confronti per assoluta carenza di motivazione, 
in quanto, essendo cittadini gel'manici, esso poteva esser giustificato solo 
da motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato o sicurezza pubblica, 
mentre nella specie gli atti impugnati risultano adottati con il 
mero riferimento ad una ritenuta �opportunit�� dell'espulsione. Dedu




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 505 

cono anche l'illegittimit� del provvedimento conseguenziale di accomp�gnamento 
forzoso alla frontiera, che sarebbe consentito solo ove l'espulsione 
fosse stata motivata da considerazioni di sicurezza o di ordine 
pubblico. 

L'illegittimit� dei decreti prefettizi di espulsione � dedotta inoltre 
per violazione delle disposizioni interne di pubblica sicurezza, delle. norme 
costituzionali, dei princ�pi e delle disposizioni dell'ordinamento comunitario, 
nonch� dell'art. 2, secondo comma legge 436 del 7 marzo 1961, 
che d� esecuzione al Trattato di amicizia, commercio e navigazione stipulato 
dall'Italia e dalla Germania il 21 �novembre 1957. 

In via subordinata, per l'ipotesi che il Consiglio non ritenga di 
annullilare i provvedimenti di espulsione che impediscono agli appellanti 
di tornare in Italia, viene proposta questione incidentale di legittimit� 
costituzionale delle norme che consentirebbero l'adozione dei provvedimenti 
impugnati o la rimessione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia 
delle Comunit� Europee per ottenere una pronuncia interpretativa 
di talune norme del trattato di Roma (artt. 3 lett. e), 7, da 48 a 68), di 
altri atti comunitari come le direttive 11 febbraio 1964 n. 221 (art. 1) 
e 15 ottobre 1968 n. 360 (art. 8) nonch� del regolamento 15 ottobre 
1968 n. 1612. 

Osserva la Sezione che la fondatezza delle censure avanzate in via 
prioritaria -implicante l'annullamento dei provvedimenti impugnati rende 
.superfluo l'esame delle questioni sollevate in via meramente subordinata 
(al cui accoglimento conseguirebbe la so51pensione del procedimento) 
dovendosi soddisfare in via primaria aa tutela dell'interesse 
degli appellanti. 

A questo punto giova considerare il tenore degli impugnati deoceti 
prefettizi di espulsione: tali atti appaiono motivati esclusivamente con 
la ritenuta � opportU1I1it� � che gli appellanti vengano espulsi dal territorio 
nazionale. 

Secondo la comune interpretazione, l'obbligo di motivazione dei provvedimenti 
amministrativi assume una sua particolare connotazione a 
seconda delle situazioni giuridiche del privato che ne risultano incise. 
Non pu� certamente ignorarsi che il provvedimento di espulsione sacrifica 
fortemente i diritti di libert� dello straniero, i quali, alla stregua della 
giurisprudenza della Corte costituzionale, godono anch'essi di una tutela 
privilegiata rientrando tra i diritti inviolabili dell'uomo (cfr. sentenza 
46 del 1977). Ci� non esclude -come ha espressamente riconosciuto la 
Corte -che anche i diritti di libert� possano subire limitazioni a salvaguardia 
di esigenze, parimenti tutelate dalla Costituzione, talch� l'istituto 
dell'espulsione, disciplinato dal T.U. l.p.s. del 1931, non contrasta con gli 
artt. 3, 16 e 24 della Costituzione, proprio perch� i poteri discrezionali che 


RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO

506 

con esso vengono esercitati sono soggetti a sindacato giurisdizionale che 
ne assicura la legittimit�. La salvaguardia ora indicata richiede ed esige 
che la Pubblica Amministrazione assolva adeguatamente l'obbligo di motivare 
i provvedimenti di espulsione, come ripetiltamente affermato da questo 
Consiglio (cfr. da ultimo Sez. IV, 5 dicembre 1984, n. 888). 

Nella specie quindi appare evidente che la mera ritenuta � opportunit�
� dell'espulsione non soddisfa minimamente l'esigenza della motivazione, 
e gli impugnati provvedimenti espulsivi del 29 settembre 1983 vanno 
pertanto annullati per tale vizio. 

N� appare condividibile la censUII'a -pur essa prioritariamente avanzata 
-secondo cui detti provvedimenti sarebbero stati emessi in violazione 
dell'art. 2, primo e secondo comma, della legge n. 436 del 7 marzo 
1961 che ha dato esecuzione al Trattato di amicizia, commercio e navigazione 
italo-germanico firmato a Roma il 21 novembre 1957. Invero la 
libert� di ingresso, soggiorno e stabilimento assicurata da tali disposizioni 
con il: solo limite del rispetto delle esigenze di ordine e sicurezza pubblica 
suppone necessariamente, alla stregua della statuizione pattizia, che si 
tratti di un soggiorno conforme a legge (nel primo comma si specifica 
-� con l'osservanza delle leggi in materia � e nel secondo comma � che 
soggiornino legittimamente nel territorio dell'altra parte�). 

Nella specie risulta invece che entrambi gli appellati non si sono 
presentati all'autorit� di P.S. per rendere ia prescritta dichiarazione di 
soggiorno di cui al vigente art. 142 del T.U. 18 giugno 1931 in. 773. 

N� pu� sostenersi, per altro verso, che i cittadini di Stati membri 
della Comunit� europea possono soggiornare liberamente in Italia -ed 
in maniera conforme alla legge italiana -senza rendere tale dichiarazione. 

Pur considerando il criterio di collegamento ti-a l'ordinamento comunitario 
e quello italiano nei complessi termini recentemente definiti dalla 
giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. da ultimo, ad esempio, sentenze 
n. 170 del 1984 e 113 del 1985) deve riconoscersi l'operativit� della 
suddetta disposizione di legge (anche alla stregua della giurisprudenza 
della Corte di Giustizia della C.E.E., che ha riconosciuto la compatibilit� 
del citato art. 42 con l'art. 56 del Trattato di Roma). 

-Peraltro fa competente autorit� non potr� ignorare che i soggetti 
appartenenti alla Comunit� europea godono di un trattamento privilegiato 
in tema di libera circolazione nel territorio degli Stati membri, talch� 
eventuali provvedimenti di espulsione devono ricevere adeguata motivazione 
con particolare riferimento alla necessit� di salvaguardare le esigenze 
di sicurezza ed ordine pubblico deHo Stato ospitante. 

Resta ancora da rilevare -essendo illegittimi i decreti di espulsione 
degli appellanti -che risultano caducati i provvedimenti conseguenzialmente 
adottati per .l'accompagnamento alla frontiera del Brennero dei 



PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Signori Bnsslin e Vorbeck. Tutto ci� comporta l'integrale riforma delle 
sentenze T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 247 e 248 del 1985) e l'assorbimento delle 
altre censure riproposte in questa sede. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 luglio 1986, n. 486 -Pres. Buscema Est. 
Varrone -Ass. italiana W.W.F. (avv. Petretti) c. Provincia autonoma 
di Trento (avv. Gua!I'ino). 

Giustizia amministrativa � Legittimazione a ricorrere � Caccia e pesca � 
Associazioni protezionistiche. 
<Leige 27 dicembre 1977, n. 968, art. 4). 

Caccia � Chiusura anno venatorio -Interesse al ricorso -Permanenza in 
relazione a successive attivit�. 

Caccia � Parchi nazionali -Divieto di caccia � Applicabilit� nella provincia 
di Trento. 

Legittimate ad impugnare i provvedimenti amministrativi in materia 
di caccia sono le associazioni protezionistiche nazionali prescindendo dalla 
presenza di un loro rappresentante all'interno del comitato venatorio 
nazionale. 

La chiusura della stagione venatoria cui si riferisce il provvedimento 
impugnato non rende improcedibile il ricorso in quanto l'interesse del 
ricorrente permane in relazione ad ulteriori attivit� amministrative. 

Il divieto di caccia nei parchi nazionali si applica anche nella provincia 
di Trento in quanto � posto a tutela della fauna selvatica quale 
patrimonio indisponibile dello Stato. 

Diritto. -Va anzitutto esaminata l'eccezione dell'Amministrazione resistente 
di inammissibilit� del ricorso, in quanto, a suo dire, non sall'ebbe 
stato dimostrato che, alla data del provvedimento impugnato, l'Associazione 
ricorrente aveva un proprio rappresentante in seno al Comitato 
venatorio nazionale previsto dall'art. 4 legge 27 dicembre 1977 n. 968. 
Conseguentemente, a suo dire, detta associazione non era ancora legittimata 
a far valere in sede giurisdizionale un interesse, qual � appunto 
quello �relativo alla tutela della fauna selvatica, rispetto al quale in sede 
amministrativa non risulta che fosse stato formulato alcun apprezzamento 
circa la sua rappresentativit� sul piano nazionale come associazione 
protezionistica, cos� da avere diritto alla nomina di un proprio rappresentante 
in seno al predetto Comitato. 

L'eccezione va disattesa dal momento che il riconoscimento di una 
posizione differenziata idonea a legittimare l'impugnazione di provvedimenti 
amministrativi in materia di caccia � stata riconosciuta a favore 


508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'associazione ricorrente sulla base della interpretazione dell'art. 4 
della legge 27 dicembre 1977 n. 968 -recante disposizioni per la protezione 
e tutela della fauna e la disciplina delJa caccia -che, in ;proposito, 
esplicitamente considera le Associazioni protezionistiche nazionali portatrici 
di interessi autonomi e distinti da quelli facenti capo in materia alla 
generalit� dei cittadini ~Cons. Stato, VI Sez., 16 maggio 1983 n. 353). 

La previsione di un rappresentante di dette associazi01D.i in seno al 
Comitato ex art. 4 rappresenta pertanto un posterius, v�le a dire una conseguenza 
di tale disciplina di carattere sostanziale, e non un prius volto 
a condizionare la tutela in sede giurisdizionale dell'interesse faunistico di 
cui l'associazione stessa � portatrice. 

Pertanto, ai fini che qui interessano, del tutto irrilevante risulta 
l'accertamento cil'Ca la presenza o meno in seno al Comitato di un rappresentante 
del W.W.F. alla data del provvedimento impugnato, in quanto 
tale presenza costituirebbe sul piano amministrativo una riprova del riconoscimento 
di una posizione differenziata, fa oui rilevanza trova tuttavia 
la propria base nelle vigenti disposizioni di carattere legislativo. 

Del pari va disattesa l'eccezione di improcedibilit� de! ricorso per 
sopravvenuto difetto di interesse, sul rilievo che la stagione venatoria 1983 
si sarebbe ormai chiusa da tempo, senza che la delibera impugnata abbia 
avuto modo di esiplicare alcun effetto, non essendo stato abbattuto alcuno 
dei capi selezionati. 

Giova ancora una volta richiamare il precedente in termini di questa 
Sezione gi� citato, nel quale, al riguardo, si � osservato che l'interesse 
all'accoglimento del ricorso non deve valutarsi soltanto in funzione dell'efficacia 
del provvedimento impugnato alla data della pronunzia, ma 
deve intendersi ancora sussistente ahlorch� la decisione richiesta sia comunque 
idonea a far conseguire il soddisfacimento dell'intere.sse sostanziale 
1n relazione ad ulteriori attivit� amministrative (Cons. Stato, VI, 
16 maggio 1983 n. 353 cit.). Evenienza questa che, come si � opportunamente 
sottolineato nella richiamata pronunzia, non pu� affatto escludersi, 
dal momento che l'interesse protezionistico vantato dall'Associazione ricorrente 
� in grado di ricevere un qualche vantaggio (non patrimoniale) dall'accoglimento 
del ricorso anche per la parte concernente l'autorizzazione 
alla caccia nell'anno venatorio cui la deli!bera impugnata si riferisce. 

Nel merito, � fondato il primo motivo di gravame, col quale si deduce 
la violazione dell'art. 20 lett. B della legge 27 novembre 1977 n. 968, che 
prevede che � � vietato a chiunque... ~�esercizio venatorio nei parchi nazionali
�. 

Sostiene l'Amministrazione resistente che il divieto di caccia nei 
parchi nazionali, contenuto in una legge dello Stato, non si applichi nell'ambito 
della Provincia di Trento, in quanto la materia spetterebbe alla 



PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

sua competenza esclusiva illl forza del d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279, attuativo 
dello Statuto di autonomia. 

Osserva hl Collegio ohe .tale problema � stato affrontato da questa 
Sezione sotto un duplice punto di vista: a) con riferimento ai rapporti 
tra legislazione statale di principio e limiti alla competenza esclusiva della 
Provincia �di Trento in materia di caccia (dee. 29 gennaio 1985 n. 29); 
b) nonch�, con riferimento all'esatta portata del precetto cootenuto nell'art. 
20 lett. b), sia pure in relazione alla potest� legislativa ed amministrativa 
della Provincia autonoma di Bolzano, alla quale � del paxi riconosciuta 
una competenza esclusiva in materia (dee. n. 353 del 1983 cit.). 

In entrambe le decisioni � stato posto in rilievo che la citata normativa 
statale espressamente qualifica la fauna selvatica italiana come 
� patrimonio indisponibile dello Stato � e ne dispone la tutela nell'interesse 
della Comunit� nazionale. 

Il divieto di caccia nei parchi nazionali �, quindi, posto a tutela della 
conservazione dell'ambiente naturale e della fauna selvatica. Tale divieto 
trova applicazione nei riguardi della Regione a statuto speciale del Trentino-
Alto Adige, al pari degli altri divieti di cui agli artt. 1 e 2 e II 
della legge n. 968 del 1977, secondo quanto precisato nella decisione n. 29 
del 1985, sulla base dell'assorbente rilievo che la tutela dell'interesse della 
comunit� nazionale costituisce un limite all'esercizio tanto del potere 
legislativo quanto di quello amministrativo anche delle Regioni a Statuto 
speciale. 

In base all'interpretazione sistematica dello Statuto regionale del Trentino-
Alto Adige, la dee. n. 353 del 1983 ha, infatti, concluso nel senso che 
la materia in esame ncxn rientra tra quelle devolute dalle norme statutarie 
alla competenza esclusiva della Provincia di Bolzano, con l'ulteriore 
conseguenza che il suddetto .divieto contenuto nella norma statale trova 
applicazione anche nel territorio di detta Provincia. 

Ad eguali conclusioni deve pervenirsi, con riferimento aUa Provincia 
di Trento, come gi� implicitamente affermato da questa Sezione nella 
decisione da ultimo citata, tenuto conto che il Parco nazionale dello Stelvio 
� soggetto ad una disciplina speciale unitaria a causa della sua dimensione 
interregionale, della quale si � tenuto debito conto in sede di 
adozione delle norme di attuazione dello Statuto (d.P.R. 2 marzo 1974, 

n. 279). 
L'autonomia dell'interesse faunistico e la �sua riferibilit� alla comunit� 
nazionflle trovano conferma, secondo quanto gi� osservato nella pronunzia 
da. ultimo richiamata, nell'art. 83 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, 
che ha riservato ad � una legge della Repubblica � la disciplina generale 
dei parchi nazionali e la ripartizione dei compiti tra Stato, Regioni e 
comunit� montane, nonch� da ultimo nella ratifica da parte dell'Italia 
della Convenzione di Bema del 1� settembre 1979 sulla conservazicxne della 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

510 

vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, autorizzata con legge 
5 agosto 1981 n. 503. 

La fondatezza del primo motivo di gravame comporta l'accoglimento 
del ricorso e il conseguente annullamento della delibera impugnata, con 
la quale era stata autorizzata '1a caccia per l'anno venatorio 1983 nelle 
zone del Parco ricadenti nella Provincia di Trento. Restano, di conseguenza, 
assorbiti gli ulteriori motivi di gravame. 

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del 
giudizio. 

CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 26 luglio 1986 n. 565 -Pres. Quartulli Est. 
Meale -Zanetti (avv. Colarizzi e Stefanelli) c. Comitato prov. 
caocia di Trento (avv. Traversa e Lorenzoni) e prov. autonoma di 
Trento. 

Giustizia amministrativa � Intervento in giudizio � Soggetti legittimati � 
Interesse di fatto � Intervento ad adiuvandum e ad opponendum. 

Caccia � Legge quadro � Principi di riforma economico-sociale � Tesserino 
venatorio � Potest� legislativa prov. Trento. 
(legge Il dicembre 1977, n. 968). 

Caccia -Tesserino venatorio a pagamento � Non costituisce tributo. 

Sono legittimati ad intervenire nel giudizio amministrativo anche i 
soggetti portatori di un interesse di mero fatto sia che questo miri alla 
rimozione degli at.ti impugnati sia che punti alla loro conservazione. 

Le disposizioni della legge quadro sulla caccia concernenti il tesserino 
venatorio non hanno carattere di principi di riforma economicosociale 
e quindi non limitano la potest� legislativa esclusiva della provincia 
di Trento. 

Non � illegittima la previsione contenuta in atto regolamentare del 
pagamento di una somma per il rilascio del tesserino ai fini dell'esercizio 
della caccia nelle apposite riserve in quanto tale esborso costituisce 
una forma di partecipazione alle spese di gestione del servizio e non � 
un tributo. 

Diritto. -Va preliminarmente verificata la regolare costituzione del 
rapporto processuale a seguito degli interventi in giudizio spiegati, ad 
adiuvandum, dall'Associazione nazionale della libera caccia -ANLC e, 
ad opponendum, dalla Federazione italiana della Caccia -F.I.d.C. 

Entrambi gli interventi sono animissibili in quanto, dal punto di 
vista procedurale, ritualmente proposti e, dal punto di vista sostantivo, 
poich� espressivi di situazioni di interesse giuridicamente apprezzabili. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

B noto, infatti, che secondo la giurisprudenza di g,uesto Consiglio 
(IV Sez. n. 420 del 6 giugno 1983; VI Sez. n. 446 del 14 luglio 1984). che 
ha estensivamente interpretato l'art. 37 Reg. proc. n. 642 del 1907 secondo 
cui � chi ha un interesse alla contestazione pu� intervenirvi �, sono legitthnati 
a proporre atto d'intervento nel processo amministrativo anche i 
soggetti portatori di un interesse di mero fatto. 

Ora l'A.N.L.C. quale associazione nazionale di categoria, riconosciuta 
in Ente morale ed ampiamente rappresentativa dei liberi cacciatori, appare 
titolare di una posizione giuridica collegata a que1la del ricorrente 
(libero cacciatore) e, perci6, ha un interesse alla rimozione degli atti 
impugnati. 

Non �, peraltro, contestabile, il contrario interesse della Federcaccia 
alla loro conservazione visto il pregiudizio che potrebbe ad essa derivarne 
dall'annullamento (la gestione delle riserve �, infatti, affidata alla sede 
provinciale di Trento e i suoi rappresentanti fanno parte del Comitato 
provinciale defila caccia) e, cosi, l'esigenza di essere presente nel processo 
dal quale sarebbe stata, invece, estranea perch� non compresa tra i destinatari 
della notifica del ricorso. 

-Quanto alle eccezioni pregiudiziali di cessazione della materia del 
contendere e di inammissibilit� sollevate dal difensore �della Federcaccia 
e di ina.nlmissrbilit� e tardivit� del ricorso, sollevate dalla difesa della 
Sezione provinciale di T:rento della Federazione italiana della caccia, si 
pu� prescindere dal loro esame essendo il ricorso infondato nel merito. 

-Le censure mosse dallo Zanetti agli atti impugnati, nella sostanza, 
si riassumono nelle seguenti proposizioni: 

1) la legge n. 968 del 1977 disciplina la materia della caccia su 
tutto il territorio naziona1e ed � una legge di riforma economica e sociail.
e. Non possono quindi imporsi ai cacciatori, che intendono esercitare� 
nelle riserve di diritto, prescrizioni (permesso della Sezione provinciale 
della Federcaccia) non previste dalla legge dello Stato, tanto pi� se, 
come nella specie, con atto regolamentare; 

2) la competenza legislativa primaria della Provincia �, per ~�effetto, 
comunque limitata e sotto tale profilo si prospettano questioni di legittimit� 
costituzionale per contrasto con disposizioni della Costituzione 
(artt. 2, 3, 18, 97) e dello Statuto (artt. 4, 8, 16, 18 e 105) regionale; 

3) � illegittima la delega di poteri amministrativi, ivi compreso 
quefilo normativo esterno, ad un ente con personalit� giuridica di diritto 
privato; 

4) non pu� essere imposta una prestazione patrimoniale se non 
con legge. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

512 

-Sostiene le argomentazioni del ricorrente l'Associazione nazionale 
libera caccia per la quale, riassuntivamente, fa legge statale n. 968 del 1977 
ha abrogato automaticamente tutte le norme, emanate precedentemente 
dalla Regione e dal!la P.rovincia di Trento, incompatibili con la detta 
normativa di grado sovraordinato secondo oui la fauna � � propriet� indisponibile 
dello Stato� e l'esercizio venatorio � libero in tutto il territorio 
nazionale. 

-Le questioni portate al giudizio dalla Sezione postulano la preliminare 
sintetica chiarificazione ,di taluni concetti chiave, uti!li per la 
loro risoluzione. 

� cos� ben chiaro, per prima cosa, che l'esclusivit� della competenza 
legislativa autonoma comporta per la Provincia di Trento, nel caso che 
ci occupa, il potere di disciplinare le materie attribuite dall'art. 8 dello 
Statuto speciale approvato con -d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, tra le quali 
vi � la caccia. 

Nell'ambito della competenza legislativa esclusiva � possibile che 
certe fattispecie o taluni procedimenti siano disciplinati e trovino la loro 
regola secondo impostazioni e modalit� dissimili rispetto al modello 
normativo statale, salvo i limiti di cui si parler� in seguito. 

-Ovviamente la legge statale ha un diverso grado di espansione 
che le consente, in relazione ai principio costituzionale dell'unit� ed indivisibilit� 
della Repubblica di cui all'art. 5 Cost., di applicarsi anche nelle 
materie attribuite alla competenza della Provincia autonoma fino a 
quando non sia diversamente disposto con legge della stessa (art. 92 
Statuto approvato con legge com. 26 gennaio 1948 n. 5 successive modifiche). 

Ma ci�, se evita da un lato lacune dannose conferma, sotto altro 
aspetto, che laddove vi sia la normazione provinciale la stessa prevale 
su quella dello Stato. 

Del ,resto, quest'ultima anche quando sia applic�bile in ambito regiolllale, 
deve pur sempre adattarsi ed essere compatibile con la specifica 
realt� ordinamentale della Regione, come la Sezione (n. 547 del 23 novembre 
1973) ha gi� avuto modo di dire, appunto in tema di caccia;� precisando 
che nel Trentino-Alto Adige si applica la disciplina di che al r.d. 

n. 1016 del 1939 (non essendovi al momento diversa regola organica della 
materia), peraltro con opportuni adattamenti e particolari temperamenti. 
E, cos�, si' � affermato che i ricorsi gerarchici avverso la del.ibera dei 
Comitati provinciali della caccia, spettando alla Regione le relative funzioni 
amministrative, vanno proposti alla Giunta regionale e non al Ministero 
de11'agricoltura e foreste. 

-Peraltro sul piano delle relazioni interordinamentali, se pure di spessore 
diverso, si verificano occasioni nelle quali il legislatore di settore 
preferisce mutuare, in tutto o in parte, lo schema legale statale nel proprio 
ordinamento, sia pure con i dovuti accorgimenti. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Il che .significa che l'Ente regionale pu� esercitare la sua potest� 
primaria anche mediante il metodo della mera :recezione di nol1IIle statali; 
del loro recepimento parziale; o di 'quello limitato a parte del territorio. 
E non si dubita che siffatto rinvio formale alla legge dello Stato sia, di per 
s�, costituzionalmente legittimo; 

-Quanto detto aiuta a comprendere i profili particolari della spe� 
cie in esame. 

La Provincia di Trento ha, invero, potest� legislativa esclusiva in 
materia di caccia (art. 8 n. 15 St. 1972) e tale potest� ha esercitato con 
varie leggi sino alla L. prov. n. 56 del 9 dicembre 1978. 

Detta ultima 111.ormati\la, in attesa della emanazione della legge organica, 
conferma (art. 1) il rinvio ricettizio alle norme del T.U. 5 giugno 
1939 n. 1016 e, si badi, alla propria precedente legislazione specificando 

.espressamente (art. 2) che la legge n. 968 del 27 dieembre 1977 si applica 

nella Provincia di Trento � limitatamente � alle sanzioni amininistrative 

previste dal titolo X. 

Crune si vede la Provincia ha qui seguito, neH'art. I, la tecnica del 
rinvio formale integrale e, nell'art. 2, quella del rinvio parziale. 

-In verit� le difese del ricorrente e dell'Associazione interventrice 

oppongono che la legge n. 967 del 1977 � una legge quadro e, pertanto, 

la Provincia era tenuta all'osservanza di tutte le sue prescrizioni (ivi com


presa quella della gratuit� del tesserino) che segnano, appunto, il limite 

invalicabile della competenza normativa della P.rovincia. 

Orbene 1a Sezione (n. 29 del 29 gennaio 1985) ha avuto occasione di 

affermare, sotto diversa angolazione, che i precetti formali e sostanziali 

contenuti negli artt. l, 2, 3 della legge quadro, in quanto rivolti alla 

salvaguardia dell'interesse della comunit� nazionale alla tutela faunistica, 

sono per definizione rispondenti agli interessi nazionali. 

Ne ha tratto cos� la logica conolusione che, per quanto concerne la 

tutela della fauna selvatica e, quindi, l'elenco delle specie cacciabili, il 

rapporto tra le norme citate (e le altre ad essa collegate a sistema) e le 

competenze della Regione Trentino-Alto Adige non vada ricostruito alla 

luce dello schema fondamentale della contrapposizione nella medesima 

materia delle competenze statale e regionale, bens�, con specifico riferi


mento alle varianti che in tale vengooo introdotte dallo speciale carat


tere rivestito da1le norme medesime. 

Siffatto convincimento si trova, del resto, gi� enunciato nella prece� 

dente decisione n. 353 del 16 maggio 1983 con la quale la Sezione ha 

affermato che si applicano i principi della legge statale allorch� gli stessi 

tutelano interessi riferibili alla comunit� nazionale individuando, viceversa, 

nell'interesse strettamente locale la condizione per la riserva a favore 

della legislazione esclusiva regionale o provinciale. 


RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DBLLO STATO

514 

La stessa Corte costituzionale, d'altra parte, premesso (sent. 4-18 
aprile 1974 n. 97; 12 febbraio-3 marzo 1982 n. 50; 29 aprile 1982 n. 83) 
che il limite dei principi fondamentali stabilito dall'art. 117 Cost. non 
� estensibile alla legislazione esclusiva delle Regioni a statuto speciale, 
ha chiarito che neanche per quelle a statuto ordinario le norme contenute 
nelle leggi quadro siano � tutte � da ritenere principi fondamentali, 
come tali, da osservare dovendosi stabilire in base alle ordinarie regole 
ermeneutiche se esse abbiano natura di principi generali con una qualche 
discrezionalit�. 

-Nella specie, pera;ltro, lllon viene in discussione il citato limite dell'interesse 
nazionale in quanto il ricorrente non lo invoca deducendo, 
in~ece. h\ violazione del diverso principio di riforma economica e sociale 
dello Stato. 

Il problema �, quindi, evidentemente quello di stabilire se la disposizione 
che qui interessa, ,di che all'art. 8 n. 9 legge n. 968 del 1977, assuma 
la valenza di tale principio di riforma economica e sociale dello Stato 
come ritiene [o Zanetti. 

La Sezione non ritiene di condividere tale prospettazione. 

Ed .invero, in presenza della specifica ,riserva dell'art. 5 ultimo comma 
legge-quadro, secondo cui la Provincia di Trento provvede illl base alle 
competenze esclusive nei ~imiti del proprio Statuto, e ormai chiarito che 
non tutte le norme delle :leggi-<:omice assumono, di per s�, la consistenza 
del principio fondamentale, deve escludersi che le modalit� di rilascio 
del tesserino venatorio possano ricondursi alle norme fondamentali delle 
riforme economiche-socia;li che presuppongono, per opporsi alla legislazione 
esclusiva 1) che si tratti di modifiche del preesistente assetto legislativo 
unitario dei rapporti socio-economici o dell'apparato proposto al 
loro igoverno 2) che investano in misura rilevante la struttura dell'ordinamento 
in materia economico-sociale e influiscano innovativamente su 
aspetti fondamentali dei rapporti da esso disciplinati. 

Tali requisiti, per la verit�, nella specie non si ritengono sussistenti. 

Ci� tanto pi� in quanto, �se � vero che l'art. 8, n. 9 legge n. 968 del 
1977 parla di �gratuit�� del tesserino valido su tutto il territorio nazionale, 
l'art. 15 nel disciplinare la gestione sociale del territorio prevede che 
la Provincia possa affidarla, per l'esercizio della caccia, ad associazioni 
venatorie ed a strutture associative, autorizzando gli organi di gestione ad 
esigere un contributo finanziario di partecipazione. 

In breve, .pu�, cos�, concludersi sul punto affermando: 

a) che l'efficacia dehl.a disposizione di che all'art. 8, n. 9 della legge. 
quadro sulla caccia lllon rappresenta un principio di riforma economicosociale 
e, quindi, non si pone come limite all'esercizio della potest� legislativa 
esclusiva; 



PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

b) correlativamente, che la Provincia ha in tema di rilascio di tes� 
serino venatorio competenza primaria. 

Ci� posto, non � conseguentemente ravvisabi:le il denunziato w.zio 
di incompetenza e di eccesso di potere mosso 111ei riguardi deJJ'impu� 
gnato decreto del Presidente del Comitato provinciale della caccia n. 29 
del 9 luglio 1984. 

Tale atto trova, infatti, il suo fondamento nel regolamento n. 129 
del 1965 adottato alla stregua della L. reg. n. 30 del 1964 la quale, in 
materia a s� riservata, rimette proprio alla fonte regolamentare la disci� 
plina della gestione delle riserve. 

Dire che il regolamento regionale non pu� contrastare la legge dello 
Stato �, perci�, affermazione certamente esatta ma non invocabile nel 
caso in esame perch� qui, � direttamente fa legislazione esclusiva regionale 
che rimette al potere regolamentare la regola delle modalit� di rila� 
scio del tesserino venatorio e, quindi, il preteso contrasto itra la fonte 
primaria statale e quella secondaria regionale non �, in alcun modo 
sussistente. 

-Affermata la competenza legislativa primaria provinci.sle in sog� 
getta materia, nelle zone non coperte dall'invocato limite delle rifoome 
economiche sociali, ne segue perci� in via derivata la legittimit� del 
sistema assunto dall'Ente per disciplinarla. 

Sfugge, d'ailtronde, in questa sede l'apprezzamento svolto al riguardo 
dal legislatore provinciale e, per altro verso, dal punto di vista cio� del 
sindacato estrinseco, per la sua manifesta coerenza sostanziale con i 
principi costituzionali e statutari (richiamati dal ricorrente e dalla inter� 
ventrice), esso non pone problemi di rimessione all'Organo a ci� com� 
petente. 

La salvaguardia dei diritti inviolabili del cittadino sia come singolo 
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua persona\lit� (art. 2 Cost.); 
del diritto di associarsi senza autorizzazione (art. 3 Cost.) e del buon 
andamento ed imparzialit� dell'amministrazione (art. 97 Cost.) non �, in� 
fatti, in discussione o incrinata dalle disposizioni legislative e regolamen� 
tari provinciali le quali, nell'ambito di una peouliare competenza, si limi� 
tano a disciplinare l'esercizio dei diritti associativi dei cacciatori come, del 
resto, previsto dall'art. 15 della legge-quadro n. 967 del 1977. 

Non pu�, quindi, parlarsi di vessatorie imposizioni che limitano o ad� 
dirittura comportano la rinuncia ad un diritto, come obietta l'A.N.I.C., 
specie se si considerano la natura e le finalit� del contributo richiesto 
(di cui si dir� meglio di seguito). 

D'altronde, non pu� sostenersi che la normativa regionale e provin� 
ciale sia stata abrogata dalla legge-cornice in quanto, a ben vedere, non vi 
� oltretutto contrasto itra l'enunciazione di principio � la selvaggina � 
propriet� dello Stato � e le norme locali che disciplinano la protezione 


~ 
~ 

516 l

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEILO STATO � 

della fauna (come � intitolata la Jegge prov. n. 56 del 1978), l'esercizio f 
della caccia nell'ambito di una materia che rientra nella competenza 
esclusiva de1l'Bnte (ar.t. 8 dello Statuto speciale n. 670 del 1972). ! 

f 

f 
-Nemmeno pu� sostenersi che il sistema di affidamento alla Federr: 
f 
caccia di Trento della gestione delle riserve previsto dalla legge reg. n. 30 
del 1964 ed attuato con il D.P.G.R. n. 129 del 1965 sia, successivamente, 
divenuto illegittimo avendo medio tempore la Federcaccia stessa perduto 
il carattere di ente pubblico, per effetto del D.P.R. 23 dicembre 1978. 
Ed invero, non � .richiesto dall'oridinamento che il concessionario debba 
essere tale come mostra, del resto, di ritenere lo stesso legislatore 
nazionale (art. 15 citato) parlando, genericamente, di associazioni venatorie 
e di strutture associative. 
La legge, con previsione di carattere generale, e la norma regolamentare, 
che ne ha puntualmente specificato il contenuto, ben potevano, 
quindi, disporre l'affidamento alla Federcaccia configurando, cos�, un 
ulteriore allargamento del ben noto fenomeno dei provvedimenti di auto-� 
rit� pubbliche che conferiscono a soggetti privati l'esercizio di potest� e 
facolt� proprie della Pubblica amministrazione. 
Come � agevole intendere, nell'ipotesi, si � pertanto al di fuori dello 
schema Jegale della delegazione �amministrativa intersoggettiva che, in 
effetti, � prevista (art. 5 legge n. 968 del 1977 e art. 18 St. 1972) semplicemente 
in favore degli enti territoriali, della comunit� montana e degli 
altri enti locali. 
Si tratta, semplicemente, dell'adlfidamento in gestione di un servizio 
pubblico per il che appare giustificato, sotto altro aspetto, che al gestore 
per l'espletamento dello stesso competa un corrispettivo. 
La Corte costituzionale (n. 148 del 7-14 dicembre 1979) dichiarando 
infondate le questiOni di legittimit� costituzionale proposte nei confronti 
di analoghe disposizioni di alcune Regioni di diritto comune con riferimento 
all'art. 23 Cost., ha, per l'effetto, affermato che la somma richiesta 
per il rilascio di un tesserino, ai fini dell'esercizio della caccia in territori 
nei quali vige il regime della caccia controllata (riserve) non costituisce 
un tributo in senso proprio, poich� costituisce una partecipazione alle 
spese di gestione di un servizio volto ad organizzare la caccia controllata, 
con vantaggo per gli stessi cacciatori. 

-Non trattandosi di una prestazione patrimoniale imposta a carico 
di terzi, bens� di un corrispettivo dovuto da un soggetto beneficiario di 
un servizio, al soggetto che gestisce e presta i:1 servizio stesso, � perci� 
giuridicamente indifferente che la sua previsione sia posta nell'atto regolamentare 
che, appunto, contiene il �disciplinare� del servizio e non 
neHa legge, come vorrebbe il ricorrente. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

-Da tutto quanto precede ne discende, come logico corollario, che 
l'atto direttamente impugnato non � censurabile per i vizi di cui alle 
censure proposte dal ricorrente e dalla associazione interventrice. 

Il � Calendario � venatorio, per questa parte, ripete la sua fonte e la 
sua validit� da atti legislativi e regolamentari, adottati dalla Regione e 
dalla Provincia nell'esercizio di poteri costituzionalmente loro attribuiti 
e, come tali, pienamente legittimi e, in tale sua funzione di esternazione 
e di pubblicizzazione �di regole che trovano in altra sede la loro previsione 
ed il fondamento giuridico, consuma H suo significato e valore. 

Il ricorso, per tali ragioni, non � meritevole di accoglimento. 

CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 1 agosto 1986 n. 603 -Pres. Gessa Est. 
Noccelli -Soc. Lavorazione silicati (avv. Zadra e Mango) . c. 
Provincia autonoma di Bolzano (avv. Guarino). 

Demanio � Parchi nazionali � AIMA � Competenze � Provvedimenti autoriz� 
zatori per ricerca mineraria � Provincia di Bolzano. 

Atto amminis�rativo -Contradditt'oriet� di comportamento � Provvedimenti 
contrastanti sulla stessa istanza � Differenti competenze � 
Legittimit�. 

Il particolare potere attribuito dalla legislazione previgente all'AIMA 
per assicurare la tutela dei valori costituenti il presupposto della disciplina 
unitaria del Parco nazionale dello Stelvio ed esplicantesi nel previo 
accordo che il Ministero dell'Industria doveva richiedere per i provvedimenti 
autorizzatori in tema di ricerca mineraria � ora attribuito 
alla Provincia di Bolzano. 

Non � contraddittorio il comportamento della Provincia di Bolzano 
che, dopo aver adottato un provvedimento favorevole quando aveva 
competenza solo in materia di miniere e di bellezze naturali assume uiza, 
determinazione negativa sulla stessa istanza quando sia divenuta titolare 
di un potere prima spettante ad altro ente (l'AIMA) per la tutela di 
tutti i valori presenti nel Parco nazionale dello Stelvio. 

(omissis) La S.p.A. �Societ� lavorazione silicati� impugna la deliberazione 
n. 4432 del 26 luglio 1976 con la quale la Giunta :provinciale di 
Bolzano ha negato l'autorizzazione all'apertura di una miniera per estrazione 
di miinerali feldspatici in localit� T.iel deM'Alta V:al Martello, ne] 
comprensorio del Parco nazionale dello Stelvio. 

1. -Deduce, col primo motivo di ricorso,. la violazione del D.P.R. 
22 marzo 1974 n. 279, in relazione alla L. 24 aprile 1935 n. 740 e al D.P.R. 
30 giugno 1951 n. 1178, nonch� .l'incompetenza assoluta e l'eccesso di po

S18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

tere in quanto, a suo dire, la Provincia di Bolzano non potrebbe esercitare 
una competenza, che fa legislazione statale riserva all'Azienda di 
Stato per le foreste demaniali, prima della prevista disciplina unitaria da 
emanarsi, sulla base di �intese � tra lo Stato e le Province nei limiti 
delle rispettive sfere territoriali, secondo quanto dispone l'art. 3 terzo 
comma, del D.P.R. n. 279 del 1974 (recante nonne di attuazione dello Statuto 
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di agricoltura, 
caccia e pesca). 

La censura non ha pregio. Lo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige 
(legge costituz. 26 febbraio 1948 n. 5) attribuiva alla competenza primaria 
della Regione le funzioni relative alle materie � miniere e cave � (art. 4 

n. 6) e � apicoltura e parchi per la protezione della flora della fauna � 
(art. 4 n. 10), attribuzioni poi devolute alle Province autonome di Trento 
e di Bolzano con l'art. 5 della legge costituz. 10 n0vembre 1971 n. 1, 
modificativo dell'art. 11 dello Statuto del 1948. Vigendo quest'ultimo, tuttavia, 
era stato emanato il D.P.R. 30 giugno 1951 n. 1179 (recante norme 
di attuazione della L. 24 aprile 1935 n. 740, istitutiva del Parco nazionale 
dello Stelvio), il cui art. 3 prevedeva, al secondo comma, che fossero 
tenute ferme le attribuzioni del Ministro deH'industria in materia di disciplina 
delle attivit� minerarie, e �al terzo comma stabiliva che, comunque, 
nell'esercizio delle sue competenze, il Ministero dovesse promuovere preventivi 
�accordi� con .l'Azienda di Stato delle foreste demaniali organo 
statale, quest'ultimo, in via primaria investito del potere di vigilanza 
sulle aree del Parco al fine di tutela degli interessi pubblici cui l'unitaria 
disciplina di questo era preordinata. 
Non � questa la sede per stabilire se la norma del regolamento statale 
avesse forza sufficiente rper sottra:r:re, sia pure nel Jimitato ambito dello 
Stelvio, alla competenza regionale (poi provinciale) parte delle attribuzioni 
che lo Stato in via generale riservava alla Regione (poi alle Province) 
illl materia di �apicoltura�, di �riserve naturali� e di � caccia e 
pesca�; � da presumere che, neMa prassi, tale interpretazione si fosse 
imposta agli enti interessati, se � vero -come � vero -che un disegno 
di legge regionale volto a riaffermare la competenza della Regione, 
appunto con riguardo alla gestione del Parco dello Stelvio, trov� la 
ferma opposizione del Govemo e la conseguente impugnativa della Provincia 
di Bolzano (cui la materia era stata nel frattempo devoluta con 
l'art. 11 della legge cost. n. 1/71) venne dichiarata inammissibile dalla 
Corte costituzionale (sent. n. 218 del 30 dicembre 1972). 

Ai fini che qui illlteressaino, giova invece rilevare che i provvedimenti 
autorizzatori illl tema di ricerca e sfruttamento di risorse minerarie non 
potevano essere rilasciati dal Ministero dell'industria (e, quindi, nell'ambito 
territoriale della PTovincia, dall'organo di Governo dell'ente 
prmi'inciale) se non sulla base di �previ accor:di � con l'Azienda di Stato 



PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

per le foreste demaniali (art. 3 terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1951 

n. 1178) cui spettava di assiourare ila salvaguardia della molteplicit� dei 
valori assunti a presupposto della dlsdplina ooitaria del Parco e perci� 
non riconducibili alle sole bellezze panoramiche, fatte oggetto di specifica 
previsione (art. 2 d.P.R. n. 1178 del 1951), n� alla sola materia attinente 
alle industrie minerarie ed estrattive, a sua volta disciplinata da 
apposita norma (art. 3 primo e secondo comma, d.P.R. citato). Ora, � appunto 
questa particolare competenza del Corpo forestale dello Stato che 
l'art. 3 primo comma, del d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279 ha inteso attribuire 
alla Provincia di Bolzano, n� si vede come tale attribuzione di 
competenza, disposta con norma� puntualmente e immediatamente precettiva, 
possa consentire una sorta di ultrattivit� dei poteri gi� spettanti 
all'organo statale, in difetto della prevista nuova disciplina unitaria 
da emanarsi con leggi provinciali (ai sensi dello stesso art. 3 terzo 
comma, del D.P.R. n. 279 del 1974). Sembra potersi arguire, dalle argomentazioni 
difensive dell'appellante, che la norma attributiva di competenza 
dovrebbe intendersi privata momentaJD.eamente di efficacia, ovvero 
ad efficacia condizionata, nel senso che l'esercizio della competenza 
provinciale sarebbe subordinato alla previa emanazione di norme legislative 
atte ad assicurare l'unitariet� di gestione, cui per l'innanzi provvedeva 
l'Azienda per le foreste demaniali. Questa tesi, tuttavia, non solo 
contrasta con ila fo:rnnulazione letterale del disposto normativo (che 
trasferisce senz'altro la competenza, senza esprimere alcuna riserva), ma 
si rivela anche del tutto inadeguata ai fini che la disciplina transitoria 
del d.P.R. n. 279 del 1974 chiaramente mostra di voler perseguire, potendo 
al contrario desumersi, sulla base de11a semplice lettera del terzo, 
quarto e quinto comma dell'art. 3, che il fine di assicurare una gestione 
unitaria del Parco si manifesta sotto forma di di.rettiva imposta alla 
competenza legislativa provinciale, mentre nel periodo transitorio le 
attribuzioni amministrative delle due Province autonome �non subiscono 
altro condizionamento che non sia quello derivante dal necessario rispetto 
della previgente legislazione statale e dall'obbligo di servirsi (e 
per� soltanto per l'espletamento di attivit� strumentali) di un organo 
esterno agli apparati burocratici delle Province stesse. 
Poco pertinente appare, per sostenere l'oppos.ta opinione, il riferimento 
all'art. 6 del d.P.R. n. 279 del 1974, che evidentemente non si riferisce 
alla gestione del Parco dello Stelvio (cui sono estranei gli altri 
�enti e istituti pubblici a carattere nazionale� menzionati nell'ari. 6), 
n� si comprende come una sospensione di efficacia della norma attributiva 
alle Province di competenze amministrative, concernenti !La gestione 
del Parco dello Stelvio, possa desumersi dalla riconosciuta ultrattivit� 
delle leggi statali disciplinanti la materia, posto che, al contrario, il 
richiamo deH.e previgenti norme (superfluo nella parte T"elativa alla leg� 
ge n. 740 del 1935) tende appunto ad assicurare, nella parte in cui rende 


520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tuttora applicabili le disposizioni del regolamento del 1951, quel contenuto 
miinimo di disciplina unitaria che nella prospettiva di lungo peiriodo 
le leggi provinciali, previa intesa con lo Stato, dovranno in modo 
pieno realizzare. 

2. -Parimenti infondato � ti1 �secondo mezzo, col quale si deduce la 
violazione del d.P.R. 30 giugno 1951 n. 1178, nonch� il vizio di eccesso 
di potere, sotto il profilo che l'art. 3 terzo comma, del D.P.R. n. 1178 del 
1951 non attribuirebbe all'Azienda di Stato (ora aUa Provincia) un potere 
di �iiutorizzazione, ma soltanto una funzione consultiva, nella specie 
non esercitabile in via autonoma dalla Provincia per avere questa gi� 
espresso il suo favorevole avviso in sede di Tilascio dell'autorizzazione 
mineraria. E, invero, la � prevfa intesa� di cui � menzione nella norma 
richiamata, � qualcosa di diverso dal sem,plice parere, essendo l'intesa 
una formula organizmtoria che ipresupipone un coordinamento interprocedimentale 
(e non gi� endoprocedimentale, secondo l'assunto dell'appellante) 
tra enti ed organi preordinati, in virt� della salvaguardia di interessi 
pubblici non omogenei attribuiti alla competenza specifica di ciascuno 
. di essi. � 
Se cos� �, come sembra indubitaibile alla luce di fondamentali principi 
in materia (basta pensare, in proposito, all'esempio fornito dall'art. 
81 capov., del d.P.R. n. 616 del 1977, che nettamente distingue 
l'ipotesi de11'� intesa � con la Regione interessata da quella del � parere
� dell'ente territoriale minore, quando si tratti dell'approvazione 
di progetti di opere statali non conformi agli strumenti urbanistici), non 
pare dubbio che, da un lato, l'atto di assenso dell'ente consultato. non si 
esprime sotto forma di giudizio (secondo lo schema del parere), ma 
come vera e propria determinazione volitiva preordinata a realizzare 
J'effetto finale che la n0111D.a collega alla fattispecie procedimentale complessa 
(secondo lo schema del �concerto�), e che, dall'altro lato, la 
mancanza dell'intesa si risolve in mancanza di una condizione di operativit� 
dell'altro provvedimento permissivo, stante l'incompletezza della 
fattispecie complessa, al cui perfezionamento soltanto la legge condiziona 
il conseguimento dell'effetto finale. 

Ne consegue che, nel caso in esame, il provvedimento autorizzatorio 
rilasciato dalla� Giunta provinciale del 1972, nell'esercizio di una competenza 
ad essa spettante quale ente preposto alla cura degli interessi 
minerari, non pu� confondersi con l'altra autorizzazione, il cui rilascio 
(sotto forma di �previa intesa�) spettava al Corpo forestale ai sensi 
dell'art. 3 terzo comma, del d.P.R. n. 1178 del 1951 ed � ora di pertinenza 
della Provincia medesima, autorizzazione che ha per scopo la tutela 
di beni e valori tutt'affatto diverSii., quali appunto quelli che la disciplina 
� speciale � del Parco dello Stelvio tendeva, come tende a salvaguardare. 




PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

3. -I motivi terzo e quarto del ricorso (che vanno letti congiuntamente 
per .l'identit� degli argomenti che li sostengono) pongono in forse 
la legittimit� dell'impugnata delibera per asserito contrasto con precedenti 
determinazioni favorevoli della stessa Giunta provinciale. Senonch� 
� pacifico in causa che le delibere adottate dalla Giu:nta provinciale 
nel 1972 erano espressione di competenze e poteri diversi da quell.i che, 
con l'atto qui impugnato, la Giunta � stata chiamata ad esercitare. Afl'epoca, 
infatti, la Provincia aveva competenza tin materia di miniere e 
cave nonch� in materia di bellezze naturali, e dunque di tali interessi 
specifici si era occupata nell'autorizzare l'apertura della miniera de qua. 
Quei provvedimenti, peraltro, erano stati adottati nel convincimento che 
altro organo statale si sarebbe assunta la responsabilit� di rilasciare 
l'atto di a1Utorizzazione conclusivo sulla base di una attenta valutazione 
di tutti gli altri valori presenti nel Parco (tutela della fauna e della flora:, 
eliminazione delle fonti di inquinamento, anche a tutela del movimento 
turistico; s�alvaguardia, pi� in generale, dell'equilibrio ecologico della 
zona, ecc.). Non � pertanto n� illogico n� contraddittorio che ao stesso 
entt; provinciale abbia assunto una successiva determinazione negativa 
allorquando, investito de1l�. competenza che per l'innanzi spettava alla 
Azienda forestale, ha dovuto farsi carico di esigenze diverse da quelle 
che ne avevano ispirato l'azione qualche anno prima, assumendosi in 
proprio tutte le responsabilit� relative. Anche questa censura, pertanto, 
� infondata e va respinta. (omissis) 
CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 1 agosto 1986 n. 605 -Pres. Gessa Est. 
Nocelli -Soc. La Martinica (avv.. Piras e Casamassima) c. 
Sovrintendenza beni ambientali ed architettonici di Sassari (avv. 
Stato Imponente). 

Urbanistica -Competenza -Regione -Trasferimento attribuzioni -Tutela 
paesaggistica -Poteri Sovrintendente beni ambientali. 

Demanio � Bellezze naturali -Tutela -Sovrintendenza beni ambientali Prescrizioni 
di tipo urbanistico -Ammissibilit�. 

Il trasferimento alla regione Sardegna delle attribuzioni esercitate 
dagli organi centrali e periferici dello Stato ex lege 765/1967, pur essendo 
comprensivo di quello concernente la redazione ed appr�vazione 
dei piani territoriali paesistici, non riguarda il potere di valutazione 
dell'incidenza dei progetti costruttivi sull'interesse paesaggistico che rimane 
di competenza della sovrintendenza ai beni ambientali. 

Non � illegittimo il provvedimento del Sovrintendente ai beni ambientali 
che per la tutela di un interesse paesaggistico detti prescrizioni 


522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.O STATO 

di tipo urbanistico (nella specie arretramento delle costruzioni, limitazioni 
di altezza) quando queste siano le uniche idonee a garantire la 
tutela del bene ambientale. 

(omissis) Ci� premesso, � tuttavia da respingere l'unica complessa 
censura con la quale la Societ� ricorrente contesta, sotto il duplice profilo 
della violazione di legge e dell'eccesso di potere, la legittimit� dell'iinpugnato 
provvedimento negativo del Soprintendente di Sassari e degli 
atti in esso richiamati, da un lato negando in radice il potere, in concreto 
esercitato dal detto organo statale, di porre prescrizioni di carattere 
urbanistico, e dall'altro denunciando il difetto di motivazione in 
ordine alfa sussistenza dell'interesse pubblico primario cui fa progettata 
costruzione, secondo l'assunto del Sovrintendente, arrecava offesa. 

Il provvedimento del 20 febbraio 1979 � stato reso sulla istanza della 
Societ�, datata 20 luglio 1978 e trasmessa per il tramite del Sindaco di 
Tempio Pausania il 2,1 luglio 1978, diretta ad ottenere il � nulla osta � di 
cui alla legge 29 giugno 1939 n. 1497. Gi� nella doinanda di parte � chiaro 
il riferimento all'art. 7 della citata legge n. 1497, che viene poi espressa� 
mente richiamato neHa parte motivazionale dell'atto del Sovrintendente. 
Non pertinente perci�, � l'argomento che vuol trarsi dalla disposizione 
dell'art. 6 del d.P.R. 2 maggio 1975 n. 480, che trasferisce, � vero, alla 
Regione Sardegna �le attribuzioni gi� esercitate dagli organi centrali .e 
periferici ai sensi della legge 6 agosto 1967 n. 765 �, ivi compresa la � redazione 
e approvazione dei piani territoriali paesistici �, ma limitatamente 
agli interventi relativi agli strumenti pianificatori e dunque senza incidere 
sul potere valutativo spettante, caso per caso, al Sovrintendente 
sui singoli progetti costruttivi, che ancora oggi devono essere portati 
al suo esame ove risulti pregiudicato o messo in pericolo l'interesse pubblico 
primario (tutela delle 'bellezze naturali) affidato alle cure dell'organo 
statale nelle zone sottoposte a speciale protezione. 

Detto questo, e richiamato altres� quel costante insegnamento di 
questo Consiglio secondo cui le valutazioni dell'organo preposto alla tutela 
dei beni ambientali non sono sindacabili nel merito se non appaiano 
errate nei presupposti o macroscopicamente illogiche e contraddittorie, 
nella specie emerge ictu oculi l'infondatezza della dedotta censura di 
eccesso di potere ove appena si rifletta che nell'impugnato provvedimento 
sono bene evidenziati sia i particolari pregi della zona, che il Sovrintendente 
assume a presupposto dell'asserita necessit� di tutela specifica 
(paesaggio caratterizzato da � emergenze rocciose �, tali da attribuire 
alla localit� carattere di �cospicua bellezza�), sia gli elementi 
di rottura e di rischio per l'integrit� del bene pubblico cos� individuato 
(complesso edilizio formato da un centro commerciale e da ville), sia 
infine i rimedi atti a salvaguardare il bene protetto nel suo contenuto 
minimo essenziale (arretramento ulteriore delle costruzioni rispetto alla 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 523 


linea del mare, limitazione dell'altezza degli edifici, riduzione dell'mdice 
di fabbricabilit�). 
Che si tratti di ;prescrizioni urbanistiche, non � revocabile in dubbio, 

ma non si vede come tale circostanza possa risolversi in vizio del provvedimento 
una volta che -stanti le connessioni e ~e reciproche interferenze 
tra le funzioni amministrative attinenti alle due materie, urbanistica 
e ambientale, pacificamente riconosciute in igiurisprudenza e peraltro 
emergenti gi� a liv�llo di disciplina legislativa, prima ancora che 
in sede di programmazione edilizia (cfr., per tutte, Ad plen. 9 marzo 
1982 n. 3, nonch� Sez. VI, 30 giugno 1983 n. 536) -l'adozione di accorgimenti 
dii tipo urbanistico si riveli unico rimedio atto ad assicurare, 
nella situazione concreta, la tutela del bene ambientale, cosi come inteso 
ed apprezzato dall'organo competente. 

N� l'esercizio del potere del Soprintendente con siffatte modalit� 
pu6 intendersi illegittimamente invasivo dell'analoga competenza regionale 
esercitabile, giusta la norma del d.P.R. n. 480 del 1975 sopra citata, 
in relazione alla concorrente materia urbanistica (a:rt. 3, lett. f, dello 
Statuto speciale approvato con legge cost. 26 febbraio 1948 n. 3), poich� 
le due funzioni tutelano interessi affini ma non identici, configurandosi 
il potere di controllo del Soprintendente quale strumento aggiuntivo di 
tutela del bene ambientale, rispetto alla generica previsione di piano, 
idoneo a salv:aguardarne profili specifici e concreti, che non sempre possono 
essere apprezzati nell'adeguata misura in sede di pianificazione 
urbanistica. 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 novembre 1985, n. 5983 -Pres. San


tosuosso -Est. Jofrida -P. M. Grossi (conf.). Stirpe c. Ministero delle 

Finanze (avv. Stato Corti). 

Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Agevolazione per il Mez. 
zogiomo � Acquist'o di terreni o fabbricati per il primo impianto di 
stabilimenti � industriali � Trasferimento di stabilimento gi� reallz� 
zato � Inapplicabilit�. 

(t.u. 30 giugno 1967, n. 1423, art. 109). 
L'agevolazione dell'art. 109 del t.u. sul Mezzogiorno � bens� estesa 
anche all'ampliamento, trasformazione, ricostruzione, riattivazione e ammodernamento 
di impianti esistenti, ma riguarda sempre terreni o fabbricati, 
autonomamente considerati, da destinare a dette finalit� e mai 
stabilimentl gi� realizzati, anche se inattivi (1). 

(omissis) Deduce il ricorrente, con il primo mezzo, violazione e 
falsa applicazione dell'art. 109 D.P.R. 30 giugno 1967 n. 1523 e dell'art. 15 
legge 6 ottobre 1971 n. 853; nella decisione impugnata sono sfuggiti alla 
attenzione e all'esame della Commissione Centrale -che pur avrebbe 
dovuto farsene carico, trattandosi di questione di estimazione com� 
plessa e non puramente semplice -i seguenti elementi di fatto: 

a) che il complesso industriale esistente nell'immobile aoquistato 
dallo Stirpe era pressocch� inattivo e che il ristorante funzionava solo 
per i pasti del personale dell'albergo, tanto che i locali adibiti a cucina 
e a sala ristoro erano stati dovuti Testaurare sia nelle strutture murarie 
sia nell'arredamento (come da relazione in atti della Camera di Commercio), 
la qual cosa era di fondamentale importanza, dato che l'atti� 
vit� di ristorante � strettamente collegata e intimamente connessa con 
quella alberghiera, s� da costituire una unica attivit� industriale; 

b) che le gravi carenze dell'impianto esistente erano bene eviden� 
2iiate in una relazione tecnica giurata con la quale si poneva in risalto 

(1) �Decisione esatttssnna che, a conterma di precedenti recenti (Cass, 
22 marzo 1984, n. 1926 in questa Rassegna, 1984, I, 525) fuga ogni equivoco sul 
modo di intendere ampliamento, trasformazione, ecc.; sono solo i terreni 
da aggiungere ad un nucleo esistente, per le necessit� di potenziamento, quelli 
ammessi all'agevolazione. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 525 

la strumentalit� dell.'acquisto rispetto all.a funzionalit� del complesso 
mdustriale; 

e) che lo Stirpe non aveva acqt�stato un'azienda, bens� un immobile 
adibito ad albergo, dal che doveva logicamente dedursi che tale 
immobile non era interessato ad un'attivit� industriale in esercizio, ma 
doveva servire per la ripresa di detto esercizio; 

d) che lo Stirpe, un a:nno dopo l'acquisto della porzione di fabbricato 
adibita ad albergo, ne aveva acqt�stato t.llil'altra porzione, gi� adibita 
a scuola, al fine di attuare un ulteriore ampliamento di detto albergo 
per una migliore e pi� redditizia incentivazione industriale. 

Con il secondo motivo, poi denuncia, ancora, il ricorrente omessa 
motivazione sul presupposto di fatto del disconoscimento delle agevolazioni 
fiscali, presupposto costitt�to dalla ritenuta insuscettibilit� dell'immobile 
ad essere ampliato e ristrutturato per motivi fisici, affermazione 
basata dall'ufficio su mere congetture ed illazioni, smentite dalJ.a 
cospicua documentazione prodotta ex adverso la quale dimostrava che 
l'ampliamento fosse stato ef.fettuato anche con l'acqt�sto successivo di 
altra porzione del fabbricato, tutte cose su CUii. la Commissione Centrale 
non aveva affatto portato la sua indagine. 

Ogni censura � infondata. 

Ai sensi dell'art. 109 primo comma T.U. 30 giugno 1967 n. 1523 (testo 
unico delle leggi sul Mezzogiorno) �il trasferimento di propriet� di 
terreni e di fabbricati occorrenti per il primo impianto di stabilimenti 
industriali tecnicamente organizzati e delle costruzioni annesse e per lo 
ampliamento, trasformazione, ricostruzione, riattivazione e l'ammodernamento 
degli stabilimenti gi� estinti, � soggetto aHe imposte di registro 
e di trascrizione nella misura fissa... �; e l'art. 15 legge 6 ottobre 1971 

n. 853 estende (tra l'altro) tali agevolazioni fiscali �anche per gli 
alberghi�. 
Le disposizioni :in questione hanno, quindi, chiaramente riconosciuto 
i benefici in materia d'imposta di registro (gi� previsti dall'art. 5 d.1. 
c.ip.s. 14 dicembre 1947 n. 1518 per il primo trasferimento di terrerii e 
fabbricati necessari all'attuazione di nuovi impianti industriali) pure a 
favore degli acqt�sti di propriet� immobiliari occorrenti per l'ampliamento, 
la riattivazione e l'ammodernamento di impianti industriali (o 
alberghieri) gi� esistenti. 

L'operativit� del beneficio fiscale, cio� presuppone che gli atti di 
trasferimento sottoposti a registrazione riguardino gli indicati cespiti 
immobiliari, considerati nella loro autonomia strutturale (il che esclude 
che il beneficio stesso possa essere invocato in tema di cessione di elementi 
patrimoniali (Cass. 30 ottobre 1978 n. 4952 -o meglio il trasferimento 
di un preesistente intero stabilimento nel suo complesso azien� 
dale, pur se al momento inoperoso -Cass. 20 marzo 1981 n. 3680). 

14 


526 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Iim.J..O STATO 

Invero, .facendo riferimento a criteri ermeneutici letterali e fogici di 
tndubbio valore concludente, non pu� porsi in alcun dubbio che l'ipotesi 
dell'ampliamento, trasformazione, ricostruzione, riattivazione o ammodernameI_
J.to degli stabilimenti gi� esistenti, prevista dalle disposizioni 
.in esame, non pu� essere quella dipendente dalla mera cessione 
dell'azienda industriale (o alberghiera), ma quella conseguente all'acquisto 
di terreni e fabbricati. 

La stessa formulazione letterale e strutturale della norma (art. 109 
cit.) � di per s� sufficiente a c�nfortare tale conclusione ermeneutica. 
Infatti, le ipotesi previste dalla legge per la concessione del beneficio: 

a) primo impianto industriale (o alberghiero) e costruzioni annesse; 
b) ampliamento, trasfOl'mazione, ricostruzione, riattivazione, ammodernamento 
degli stabilimenti esistenti, sono tutte correlate alla proposizione 
principale della legge, che prevede il trasferimento di propriet� 
di terreni e fabbricati quale atto soggetto all'agevolazione, ove sia predisposto 
agli scopi sopraesposti. 

E un ulteriore indizio Jogico conforta tale conclusione ermeneutica. 

La ratio legis dell'art. 109 cit. � quella di favorire, non soltanto gli 
investimenti di primo impianto, ma anche quelli che tendono al loro potenziamento 
o alla riattivazione dell'impianto industriale (che abbia cessato 
ogni attivit�) attraverso la necessit� e convenienza di nuovi acquisti 
immobiliari; e se cos� �, l'agevolazione � indubbiamente applicabile 
solo ai trasferimenti di terreni e di fabbricati che costituiscono unit� 
avulse dagli altri elementi costitutivi dell'azienda, conside~ti come mezzi 
strumentali per l'incremento dell'attivit� o per la trasformazione o 
la riattivazione di altra precedente, ma non ai trasferimenti di opifici o 
aziende preesistenti (pur se inoperosi), perch� attraverso H loro trasferimento 
non si verifica alcun incremento del patrimonio industriale 
(o alberghiero) delle zone considerate dalla legge (volta appunto, ad 
incrementare la formazione del patrimonio industriale del Mezzogiorno). 

Per quanto concerne la fattispecie concreta, alla luce dei sopraesposti 
criteri, correttamente i giudici di appello hanno negato la sua sussunzione 
sotto lo schema normativo di cui al citato art. 109. 

Basta all'uopo osservare: 
a) l'atto di cui si discute (sc:rittura privata 6 dicembre 1972, autenticata 
da notaio) riguardava l'albergo Palace Hasser di Frosinone con 
annesso ristorante, considerato nel suo complesso e quindi con carattere 
di � unum funzionale di beni � ossia di azienda; 
b) tale albergo, per accertamento dell'U.T.E. (come ricordato nella 
decisione impugnata) costituiva impianto industriale gi� attivato e capace 
di svolgere la sua piena attivit�, sin dal 1978; e tale accertamento 
di fatto non � censurabi.le in questa sede, rientrando nei poteri della 



PARTE I; SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Commissione Tributaria Centrale, qual giudice di merito, la ricerca delle 
necessarie circostanze di fatto (o presupposti indispensabili, ai fini dell'applicazione 
della legge (Cass. 13 novembre 1979 n. 5881), con ampia 
conseguenziale facolt� di scelta -ex art. 116 c.p.c. -tra le varie ;risultanze 
istruttorie e privilegio delle fonti ritenute pi� idonee a sorreggere 
il proprio convincimento; 

c) in tal situazione, l'acquisto de quo, qualunque fosse stata l'intenzione 
dell'acquirente, di per s� si poneva fuori dall'agevolazione tributaria, 
non trattandosi di acquisto di fabbricato in relazione a primo 
impianto industriale o reso necessario per le altre finalit� prese in 
considerazione dalla legge, successive all'attivazione dell'im[pianto industriale 
(riattivazione, ristrutturazione, ampliamento, ricostruzione, ammodernamento 
del medesimo); 

d) che, ai fini del rivelato ab initio, scopo di !Ilistrutturazione e 
ampliamento dell'albergo, lo Stirpe abbia dopo l'acquisto dell'albergo 
Palace Hasser �con altro atto notarile dell'll marzo 1975 acquistato una 
adiacente porzione di fabbricato e attuato il programmato ampliamento, 
non vale certo a 11icondurre l'impianto alberghiero, con relazione al suo 
originario atto di acquisto, nell'alveo dell'invocato beneficio: nel caso, 
invero, di ampliamento di stabilimento l'acquisto agevolato � quello 
dell'mnmobHe con cui si realizza l'ampliamento stesso e non quello 
dello stabi1imento nella sua originaria configurazione. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1986, n. 4335 -Pres. Sandulli 
-Est. Sgroi -P. M. Valente (conf.). Unioncamere (avv. Pesce) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiumara). 
Tributi in genere -Contenzioso tributario � Opposizione ad ingiunzione 
doganale � Qualit� di attore dell'opponente � Deduzione di nuove 
ragioni basate su fatti non dedotti � Inammissibilit� � Qualificazione 
come eccezioni nuove � Esc,lusione. 

Tributi erariali indiretti � Imposte doganali � Distruzione delle merci � 
Fatto imputabile a colpa grave � Colpa grave del trasportatore � Non 
esclude il presupposto. � 

(d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 37). 
Nell'opposizione alla ingiunzione fiscale l'opponente assume, non 
solo formalmente, la veste di attore nell'azione di accertamento negativo 
della legittimit� della pretesa, con la conseguenza che le ragioni 
addotte dall'opponente hanno natura non di eccezioni ma di domande, 
s� che esse sono soggette alle preclusioni e ai limiti stabiliti dalle norme 
di rito sulla proposizione di domande nuove quando implicano la neces



S28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sit� di nuovi accertamenti di fatto ed il mutamento del tema di in� 
dagine (1). 

Agli effetti dell'art. 37 della legge doganale non pu� considerarsi 
distruzione della merce, che esclude il presupposto dell'imposizione, il 
perimento durante il trasporto causato da colpa grave del conducente (2). 

(omissis) Col primo mezzo l'.Unionc�amere deduce la violazione e 
falsa applicazione dell'art. 2697 e.e., nonch� omessa motivazione in relazione 
agli artt. 112, 113, 115, 184 e 345 c.p.c., nonch� 39 reg. CEE 222/77 e 
1, 69, 70, 71 Reg. CEE 223/77, in correlazione anche agli artt. 3 e 177 del 
trattato CEE, osservando che la merce di cui si tratta era merce comunita� 
ria assistita da documento T2L, prodotto dalla Difesa dell'Amministrazione, 
che deterniinava l'inesistenza obiettiva della pretesa e cio� l'insussistenza 
del credito. Si trattava di un carico di nitrocellulosa in fusti destinato alla 
Turchia, sotto copertura di transito del Carnet TIR 5691452, caricato su un 
autoarticolato francese della ditta Boyer di Marsiglia, entrato il 2 ottobre 
1975 in Italia attraverso il valico di Ventimiglia; transitando sull'autostrada 
dei Fiori, secondo il persorso assegnatogli, l'autoarticolato ribaltava in una 
curva e si incendiava con ovvia distruzione dell'estremamente infiammabile 
materiale trasportato. 

Il Giudice di merito aveva rifiutato di prendere in considerazione la 
circostanza obiettiva dell'esistenza in atti del TL2 ed aveva :negato 
effetto alle disposizioni dei regolamenti CEE 222/77 e 223/77, in quanto 
i formtrl.ari T2 sono rilasciati quale attes.tazione del transito comunitario 
(art. 39 reg. 222/77 e 1/8 regol. 223/77) per quanto riguarda il mod. T2L, 
che � un documento di transito comunitario interno e conseguentemente 
non pu� essere rilasciato per le merci che sono destinate ad essere tra


(1-2) La prima massima � di molto interesse. Non va fatta confusione tra 

la posizione processuale delle parti (identificazione dell'attore e del convenuto) 

e rapporto sostanziale di credito-debito rilevante ai fini dell'onere della prova. 

t!. ormai pacifico che il contribuente che ricorre contro l'accertamento, sia in 

sede ordinaria sia innanzi alle Commissioni, � il vero attore nell'azione di 

accertamento negativo che � l'oggetto del processo. 

Il divieto di domande nuove in appello tocca quindi direttamente il 

ricorrente-attore. D'altra parte quando vengono dedotti fatti nuovi che mu


tano il tema di indagine anche le eccezioni nuove sono inammissibili. 

In passato si riconosceva che dalla qualit� di attore da assegnare al ri


corrente derivasse la conseguenza che su di esso gravasse l'onere della prova, 

invertito rispetto all'atto di accertamento assistito da presunzione di legitti


mit�. Questa seconda proposizione � stata superata (Cass. 23 marzo 1979 n. 2990 

e 15 novembre 1979 n. 5951, in questa Rassegna, 1980, I, 377) affermandosi che 

la presunzione di legittimit� dell'accertamento non opera innanzi un giudizio 

ove l'onere della prova si distribuisce pariteticamente; ma ci� non influisce 

sulle regole processuali relative alla domanda. 

La seconda massima fa una applicazione puntuale dell'art. 37 del d.P.R. 

n. 43/1973. 

PARTB I, SBZ, VI, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA 529 

sportate fuori dalla Comunit� (art. 69 reg. CEE 223/77), ma tuttavia pu� 
essere rilasciato a posteriori (art. 71.3 reg. 223/77) e ci� si � verificato 
nella specie quando, a seguito della distruzione, il trasporto � terminato 
in Italia, essendo qui le merci giunte direttamente da altro Stato membro 
(Francia: art. 70.2 reg. 223/77). Un trasporto interrotto nel corso di 
transito in altro Stato membro, � infatti, da qualificarsi per sua natura, 
ri.conoscibHe d'ufficio, senza indagini di fatto, come transito comunitario 
interno, essendo divenuta impossibile l'esportazione in Stato terzo. 

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello -secondo 
la ricorrente -non era necessaria alcuna indagine di fatto perch� 
-specificata in base alla documentazione dell'Amministrazione la ragione 
dell'inesistenza della pretesa dedotta nell'opposizione -la Corte 
avrebbe dovuto valutare anche d'ufficio l'inesistenza del potere impositivo. 
D'altra parte, era l'amministrazione a dover provare i fatti costitutivi 
della sua pretesa, mentre il privato doveva dimostrare le cause 
modificative ed estintive di tali fatti o la loro inefficacia. 

Secondo la ricorrente, una volta presentato dal preteso debitore �per 
garanzia il documento costit.tivo della natura comunitaria della merce, 
l'Autorit� doganale non ha alcun potere impositivo. Non era quindi necessaria 
l'eccezione difensiva dell'Unioncamere, perch� la valutazione 
della pretesa dell'Amministrazione, da verificarsi in relazione alla posizione 
sostanziale di attore, portava al necessario esame del fatto (documento) 
decisivo che era stato omesso nei due gradi del giudizio. 

Il motivo � infondato. Anche recentemente � stata riconfermata la 

tradizione giurisprudenziale secondo cui nell'opposizione ad ingiunzione 

fiscale l'opponente assume, non solo formalmente, ma anche sostanzial


mente, la veste di attore, in quanto l'opposizione costituisce atto intro


duttivo di un'azione di accertamento negativo sulla legittimit� della 

pretesa tributaria, con la conseguenza che le �ragioni addot�te per con


trastare questa pretesa hanno, ai f.ini processuali, non gi� natura di 

eccezioni, ma di vere e proprio causae petendi giustificative dell'azione 

che tende ad una dichiarazione di inesistenza del debito tributario, sic


ch� esse sono soggette alle preclusioni ed ai limiti stabiliti dal codice 

di procedura oivil.e (Cass. 16 marzo 1981 n. 1479) ed H contribuente non 

pu� modificare per la prima volta in grado d'appello le ragioni addotte 

a sostegno del suddetto petitum, integrando ci� l'introduzione di una 

domanda nuova, preclusa dall'art. 345 c.p.c. (Cass. 22 dicembre 1981 

n. 6759), quando tali ragioni non sono rilevabili d'ufficio ed implichino la 
necessit� idi nuovi accertamenti di fatto ed il mutamento del tema di 
indagine .(Cass. 29 giugno 1982 n. 3902). Deve pertanto ritenersi preoluso 
al giudice di accogliere l'opposizione per circostanze diverse da quelle 
fatte valere dall'opponente nell'opposizione, ricorrendo altrimenti il vizio 
di extrapetizione, e deve negarsi all'opponente la possibilit� di invocare 
circostanze nuove per la rprima volta nella comparsa conclusionale 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

o aJl'udienza di discussione di primo grado, ovvero in sede d'appello 
(Cass. 23 gennaio 1985 n. 287; Cass. 18 dicembre 1984 n. 6620). 
Accanto -ma non in totale contraddizione con il richiamato consolidato 
orientamento -si � venuto formando (a cominciare da Cass. 
2290/72 e Cass. 5951/79) un indirizzo secondo cui l'Amministrazione, di 
fronte a fatti di dubbia o contestata verificazione, ha l'onere di provare 
in giudizio i presupposti di fatto dell'imposizione perch� la qualit� di 
attore 1n giudizio del contribuente non esclude che l'indagine del giudice 
verte pur sempre su un diritto di credito i cui presupposti di fatto 
devono esere provati, in caso di incertezza circa la loro esistenza 
obiettiva, dall'autorit� amministrativa che coltiva la relativa pretesa, 
mentre incombe al destinatario del provvedimento l'onere della prova 
dei fatti modificativi o .estintivi, in base alla disciplina dettata dall'articolo 
2697 e.e. (cfr. fra le altre, Cass. 12 febbraio 1981 n. 863; Cass. 30 luglio 
1984 n. 4536), ta1D.to che si � finito con l'affermare che la posizione 
sostanziale delle parti vede la Pubblica Amministrazione nella veste di 
attrice e il privato 1n quella di convenuto (Cass. 6 aprile 1981 n. 1937). 

Quest'ultima illazione non si rpu� condividere. Essa non trova giustificazione 
nella premessa, e cio� che la controversia riguarda l'esistenza 
di un credito, riconducibile nell'ambito dei rapporti obbligatori di diritto 
privato. Gi� la premessa non si pu� accogliere se non con una certa cautela, 
perch� l'obbUgazione pubblica tributaria � regolata da norme sue 
proprie, nei confronti delle quali le norme generali dettate dal cod. oiv. 
sono sovente inapplicabili o per �una .regolamentazione espressa diversa,. 

o per incompatibilit� (cfr. le sentenze deliberate a questa medesima 
udienza, fra ile stesse parti) per cui alla disciplina del codice civile pu6 
farsi ricorso solo in via suppletiva, in difetto di una normativa puntuale 
e sempre col limite della compatibilit� con la struttura dell'obbli� 
gazione pubblica. D'altra parte, la configurazione dell'obbligazione non 
pu� riguardare il problema della qualificazione della posizione delle 
parti processuali in ordine alla domanda ed alle eccezioni (arrt. 112 
c.p.c.), ma se mai soltanto il diverso problema dell'onere probatorio 
(art. 115 c.p.c. e norme del codice civile richiamate, a cominciare dal 
fondamentale a11t. 2697 e.e.). Invero, qualunque sia il rapporto portato in 
giudizio, e cio� anche se esso consista in una posizione di titolarit� di 
un credito -sia privato che pubblico -da parte di un soggetto, se 
costui non agisce in giudizio non potr� mai qualificarsi attore, anche se 
in relazione all'oggetto della domanda di accertamento negativo d�l credito 
promossa dal debitore-attore, egli ha l'interesse (e pu� anche avere 
1l'onere) a dare la prova positiva del credito. Il problema della prova 
non solo deve tenersi distinto, ma � suibor<lililato e conseguenzia;le :rispetto 
al problema dell'identificazione delle parti come attore e come convenuto 
e della conseguente qualificazione delle pretese fatte valere 11ispettiva� 
mente come domanda od eccezione, ovvero come domanda riconvenziof: 
t 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nale da parte del convenuto. Si �, invero, pi� volte ritenuto che l'Ammi� 
nistrazione, quale convenuta, � '1egittimata a dedurre tutte le ragioni che 
giustifioano la pretesa tributaria, che possono qualificarsi volta a volta 
eccezioni (Cass. 17 ottobre 1977 n. 4435) ovvero domande riconvenzi01Dali, 
quando fa Pubblica. Amministrazione fa valere un titolo diverso (Ca:ss. 
20 ottobre 1975 n. 3410), nei limiti fissati dall'art. 167 c.p.c. (Cass. 28 luglio 
1981 n. 4848). 

Ribadito, pertanto, che l'opponente � attore in senso anche sostanziale, 
perch� deve decidersi su UJna sua domanda e soltanto nei Umiti 
di essa, tenute presenti 1e disposizioni degli artt. 112, 183-184 c.rp.c., nonch� 
345 c,p.c., il potere di .rilievo d'ufficio del giudice, in Telazione al 
petitum fatto valere dall'attore-opponente pu� concernere una causa di 
illegittimit� della pretesa che, avendo fondamento su norme che attribuiscono 
la titolarit� del potere amminis�trativo, si convertOIDO in una 
assoluta inesistenza del potere t11ibutario. In proposito, si pu� richiamare 
quella giurisprudenza che, partendo dal carattere funzionale ed 
inderogabile della competenza dell'organo che ha proceduto all'accerta� 
mento tributario, ha ritenuto che anche in assenza di eccezione del contribuente 
il giudice pu� esaminare d'ufficio fa competenza di quell'organo 
(Cass. sez. un. 22 luglio 1968 n. 2619; Sez. I, 25 gennaio 1968 n. 226) 
in quanto si tratta di una nullit� assoluta (Sez. I, 9 aprile 1969 n. 1139) 
rilevabile anche per la prima volta in sede d'appello (Cass., Sez. Un. 
14 marzo 1977 n. 1008). Il suddetto indiriizzo potrebbe esser rimeditato 
per alcune delle ipotesi considerate da1le sentenze citate per coordinarlo 
con la giurisprudenza in tema di distinzione fra incompetenza assoluta 
e relativa, in quanto soltanto la prima d� luogo ad un difetto assoluto 
di potere dell'organo amministrativo. Non � invece sufficiente l'inderogabilit� 
:della norma attributiva, dato che l'inderogabilit� � un requisito 
proprio di tutte le norme di diritto tributario, il che non toglie che le 
questioni attinenti al debito tributario debbano essere dedotte dalle 
parti, per esser conosciute dal giudice, salva diversa espressa disposizione 
contraria. Ma, in questa sede -con riguardo all'oggetto della 
causa -baster� escludere che la questione (sollevata per la prima volta 
dall'Unioncamere nella comparsa conclusionale di primo grado e quindi 
tardivamente) attenesse al potere impositivo e quindi fosse rilevabile 
d'ufficio. Si trattava, invero, di scegliere fra due diversi regimi doganali 
defila merce perita in corso di viaggio (in Italia) prima del controllo 
alla Dogana di uscita: 

a) regime di transito da un paese della Comunit� a un paese 
est11aneo (Turchia) assistito da carnet TIR e quindi da inquadrare nell'ambito 
del regime �di transito (art. 146 T.U. legge doganale) a cui si 
applicano le norme per le spedizioni di merei estere da una dogana 
all'altra (art. 141 e ss.), tra cui quella dell'ultimo comma dell'art. 145 


532 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

(qualora le meroi spedite con la bolletta di cauzione non vengano presentate 
alla dogana di destinazione, la dogana di partenza procede al ricupero 
dei diritti dovuti), in .relazione alla presunzione di immissione in 
consumo ex �rt. 36 penultimo comma, fatta eccezione dei casi previsti 
dall'art. 37 (vedi anche l'art. 126 sulle merci . vincolate a documento di 
trasporto internazionale); 

b) regime di transito comunitario interno (art. 238 T.U. e regolamenti 
C.E.E. 13 dicembre 1976 n. 222 e 22 dicembre 1976 n. 223). 

L'alternativit� fra i due regimi ris�ulta dall'art. 7 del regolamento 

n. 222: in base al comma 1, il regime di transito comunitario non si 
applica alle merci trasportate sotto scorta di carnet TIR, a condizione 
che tali trasporti debbano aver termine all'estemo della Comunit� (ne11a 
specie: Turchia); in base al coml�l.a 3 le disposizioni sulla libera circolazione 
delle merci sono applicate alle merci viaggianti sotto scorta di 
carnet TIR a condizione che siano accompagnate oltre che dal documento 
relativo al regime utilizzato, da un documento di transito comunitario 
interno rilasciato per giustificare il carattere comunitario di tali 
merci, per cui vale sempre l'esclusione delle merci destinate fuori 
dalla CEE. 
Detta altemativa non � tale da configurare, nel secondo caso, un 
difetto di potere impositivo: le merci sono soggette sempre al controllo 
doganale ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 43 del 1973 per stabilire che 
rispondano ai requisiti prescritti per essere messe in libera pratica nel 
tel1l'itorio della Comunit� e per il controllo della documentazione (che 
pu� anche essere emessa a postt;riori: art. 9 del regol. n. 222), !il cui 
esito positivo si concreta nel riconoscimento dell'esenzione dai dazi, ma 
non nella sottrazione ai suddetti poteri di controllo, che sono sempre 
poteri tributari. Si vuol dire che lo stabilire l'appartenenza di un trasporto 
all'un regime piuttosto che all'altro non riguarda l'esistenza del 
potere impositivo, ma soltanto il suo esercizio in concreto, e quindi 
deve essere oggetto di .una domanda di parte, tanto in via amministrativa 
(art. 9 e 39 del cit. regol., che prevedono una domanda o dichiarazione 
di parte) che in via giudiziaria. Gi� questa Corte ha stabilito che 
i concreto trattamento tributario di un atto non pu� essere stabilito 
d'ufficio dal giudice (Cass. 12 marzo 1974 n. 661, in tema di riduzione 
di aliquota; Cass. 28 luglio 1981 n. 4848, in tema di diversa qualificazione 
dell'atto a tali filni). 

Poich� � stato dedotto un vizio in procedendo, questa Corte ha poteri 
diretti di indagine in fatto e pu� accertare non solo che l'invocazione 
del regime di transito comunitario interno non � contenuta nell'opposi� 
zione all'ingiunzione, ma che in essa si deducevano fatti incompatibili 
con tale regime: si narrava, infatti, che il 2 ottobre 1975 entrava in 
I talla, attraverso n v�lico di Ventimiglia, un autoarticolato francese che 



PARTE I, SEZ, VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

trasportava un carico di nitrocellulosa in fusti destinato alla Turchia 
sotto oopertura di Carnet TIR. :S evidente che, quindi, all'origine il 
carico non poteva essere scortato da documento giustificativo di transito 
comunitario interno (T2L) che non pu� essere rilasciato per le 
merci destinate ad essere esportate fuori della comunit� (art. 69 lett. a) 
del cit. regolamento n. 223). Nell'opposizione si sviLuppavano vari motivi, 
relativi alla forma dell'ingiunzione, alla possibilit� da parte della Dogana 
di emetterfa nei confronti della garante, alla sussistenza di una 
ipotesi di distruzione della merce per causa di forza maggiore (incidente 
stradale), in considerazione della quale la mancata presentazione della 
merce alla Dogana d'uscita non avrebbe potuto considerarsi idonea a 
far scattare �la presunzione di immissione in consumo in Italia, con 
conseguente obbligo del pagamento dei diritti doganali. Nessuna parola 
veniva fatta n� dehla pretesa origine comunitaria della merce (e quindi 
della possibile esenzione daziaria della merce anche in caso di immissione 
in consumo in territorio comunitario) n� del rilascio a posteriori del 
suindicato documento T2L, a giustificazione dell'assunto -tardivamente 
dedotto -secondo cui un trasporto interrotto nel corso di transito in 
altro Stato membro � da qualificarsi come transito comunitado mterno, 
essen,do divenuta impossibile il'esportazione in Stato terzo; assunto 
-da solo -inconcludente, perch� l'Amministrazione contestava l'ori� 
gine comunitaria della merce. 

Questi temi, pertanto, comportarvano accertamenti di fatto e soluzioni 
di questioni giuridiche del tutto diverse da quelle attinenti alle con� 
testazioni sollevate con ['opposizione, concretando una causa petendi 
distinta, e cio� attinente a:d un � regime � doganale diverso e specifico 
rispetto a quello della merce perita in Italia in regime di Carnet TIR, 
senza accompagnamento di formulario T2L. 

La soluzione non muta, sotto il profilo probatorio, perch� ques�to � 
subordinato alla rituale proposizione in giudizio di una domanda, ren� 
dendo irrilevante la valutazione di una prova che potrebbe essere dedotta 
a fondamento di una domanda non proposta. La circostanza che il modello 
T2L fosse stato prodotto dall'Amministrazione convenuta, a parte 
il fatto che questa ne contestava la rilevanza, non obbligava il giudice 
a valutarlo, per non esorbitare dai limiti della domanda proposta dall'Unioncamere, 
che contestava l'ingiunzione sotto profili che non rendevano 
necessario l'accertamento dell'origine comunitaria della merce, destinata 
al consumo nell'ambito della CEE (in Italia). La contestazione 
dell'Union<:amere comportava la necessit� del control.Io dell'accertamento 
tributario contenuto nell'ingiunzione, anche nei suoi presupposti di fatto. 
L'onere probatorio della pretesa fiscale, gravante sull'Amministrazione 
di fronte a tale contestazione, si pu6 assolvere anche con la produzione 
della documentazione e dcll'1istruttoria amministrativa che sta a base 
dell'ingiunzione e che il giudice pu� e deve valutare autonomamente, 


534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indipendentemente dalle valutazioni in sede amministrativa; nella specie 
fa Corte d'aippello ha osservato che risultava, in punto di fatto, che si 
tiiattava di merce in trainsito, destinata alla Turchia, sotto la scorta di 

�documento TIR che comportava l'obbligo della presentazione per la 
verifica ed i controlli alla dogana di Trieste, obbligo non assolto per 
avvenuta distruzione da incendio provocato da un incidente durante il 
viaggio, dovuto a colpa grave del conducente. Esattamente fa Corte di 
appello ha tratto da tali accertamenti di fatto ila conseguenza che l'opponente 
non aveva superato la presunzione di immissione in consumo ex 
a11tt. 36, 37 T.U. leggi doganali. Il problema del trattamento fiscale della 
merce (se, cio� fosse da considerarsi in libera pratica nel territorio 
della Comunit� ovvero soggetto ai diritti doganali), non solo non era 
stato sollevato dall'opponente, ma era in contraddizione con l'assunto che 
i diritti non fossero dovuti per l'avvenuta distruzione considerata come 
caso di forza maggiore ai sensi dell'art. 16 della Convenzione TIR, laddove la 
tesi dell'immissione in libera pratica comportava proprio la verificazione 
dell'ipotesi opposta, e cio� l'immissione in consumo, salvo l'esonero dai 
diritti di confine per l'origine comunitaria della merce, e cio� per una 
circostanza del tutto diversa da quella dell'avvenuta distruzione. 

Con il secondo motivo l'Urnioncamere deduce la violazione ed erronea 
applicazione dell'art. 16 Convenzione TIR, nonch� omessa motivazione, 
in relazione agli artt. 35, 36 e 37 T.U. legge doganale, osservando che il 
concetto di farce majeure di cui all'art. 16 cit. riguarda oggettivamente 
il perimento (distruzione) delle me11Ci in s�, per oui la forza maggiore 
� quella che (nella specie: l'incendio) non_ � ovvia!bile dall'attivit� umana 
e dalla diligenza una volta che, per qualsi_asi motivo non doloso, si � 
avviato fil processo distruttivo, per cUI�, anche essendovi colpa dell'autista, 
tale comportamento � 'irrilevante perch� la Convenzione TIR 
guarda all'inevitabilit� dell'evento, quando � in atto una causa distruttiva. 
La Corte di merito non ha preso in considerazione la circostanza 
che il perimento della merce � avvenuto al di fuori della volont� del 
detentore, perch� quest'ultimo non ha provocato dolosamente o con 
colpa grave l'evento (distruzione per incendio), che � conseguito irrimediabilmente 
aJJ'facendio della merce che non era certo provocato 
dalla volont� dell'autista. La colpa di quest'ultimo, secondo la ricorrente, 
non � stata neppure contro11abile dalla volont� dell'obbligato, concretante 
una forza maggiore, intesa come evento incoercibile. 

Infine, l'Unioncamere osserva che la Corte d'appello sembra .aver 
accettato la tesi dell'irrilevanza del termine di 10 giorni per Ja comunicazione 
della distruzione della merce all'Amministrazione doganale. Ne 
conseguirebbe, ad avviso della ricorrente, che, mancando la valutazione 
della colpa e quella della xilevanza del termine, una colpa generica nella 
causazione indiretta dell'evento non avrebbe escluso l'inesistenza dell'obbligo 
tributario, anche secondo l'art. 37 T.U. fogge doganale. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

11 motivo � infondato. L'ultima osservazione � frrilevante, perch� la 
Corte d'appello ha 'sostenuto fa sua decisione con una duplice motivazione 
(inosservanza del termine di denuncia della distruzione della 
merce; inesistenza dell'ipotesi regolata dall'art. 37 della legge doganale 
del 1973). � pertanto inutile esaminare Ia questione del termine, se si 
conferma la seconda motivazione, contro la quale vanamente si rivolge 
la iprima parte del motd.vo. 

Si osserva, infatti, che l'art. 16 della Convenzione TIR rinvia alla 
legislazione interna di ciascuno Stato (cfr., amp1amente, le sentenze 
fra le medesime parti deliberate a questa stessa udienza) e che pertanto 
si deve far ricorso all'art. 37 cit., che � pd� favorevole in quanto, oltre 
il caso fovtuito e la forza maggiore, prevede anche la colpa non grave di 
terzi o dello stesso soggetto passivo, nel verificarsi del fatto che abbia 
provocato la perdita o distruzione della merce e da cui dipenda finosservanza 
dei vdncoli doganali (nella specie: presentazione della merce alla 
Dogana di Trieste). 

La Corte del merito, contrariamente a quanto rileva l'Unioncamere 
ha dato una valutazione di gravit� della colpa dell'autista, considerando 
che a costui fu elevata contravvenzione per velocit� eccessiva, in curva, 
per cui egli aveva perso il controllo della guida ed il veicolo trasportatore 
era uscito di strada, incendiandosi, con distruzione della merce. 
L'incendio della merce � un evento -secondo fa Corte del merito dipendente 
da un fatto imputabile a titolo di colpa grave e tale giudi2lio 
� giuridicamente corretto. L'inevitabilit� dell'incendio -di cui parla 
la stessa ricorrente, che nel ricorso ha dedotto, come fatto accertato, che 
� l'autoarticolato ribaltava m curva e si incendiava con ovvia distruzione 
dell'estremamente infiammabile materiale trasportato � -attiene 
al rapporto di causalit� fra il fatto (ribaltamento) e l'evento u1timo (in� 
cendio del carico); rapporto che deve essere valutato alla stregua del 
principio fondamentale desumibile dall'art. 41 c.p. e cio� quello dell'equivalenza 
delle cause, -in base al quale tutti gli antecedenti in mancanza 
dei quali l'evento non si sarebbe verificato debbono considerarsi causa 
di esso, senza che sda dato distinguere fra quelli che hanno operato in 
via diretta o prossima e quelli che hanno avuto un'influenza indiretta 

o remota, purch� fra l'antecedente e l'evento vi sia un rapporto di sequenza 
costante, secondo il criterio dell'adeguatezza obiettiva e della 
regolarit� o ,tipicit� normale. Risponde a tali criteri che una condotta di 
guida non diligente possa provocare, oltre che una mancata tenuta di 
strada regolare dell'automezzo guidato, danni alle cose trasportate; e 
che queste -se incendiabili -siano distrutte dalle fiamme, che appaiono 
una conseguenza � normale � di un ,i,noidente stradale, come � statisticamente 
provato, proprio in relazione all'uso di carburanti nella 
trazione degli automezzi. 

536 

RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il fatto che l'incendio non sia voluto � pertanto irrilevante, perch� 
la legge comprende anche il caso di colpa grave, che esolud.�! pur sempre 
la volont� dell'evento, anche se prevedibile. Per definizione la colpa 
grave esclude il caso fortuito o la forza maggiore, perch� la diligenza 
(non usata) avrebbe evitato l'evento finale. Che questo di per s� considerato 
sia da considerare � incoercibhle � (� assai difficile spegnere un 
incendio dopo un incidente stradale) non ha rilievo, perch� occorre risalire 
alla causa remota di una serie causale ispirata agli accennati criteri 
di adeguatezza e regolarit� (condotta gravemente colposa -fuoriuscita 
di strada e ribaltamento dell'�utomezzo -incendio e distruzione 
del carico infiammabile) che riconducono l'evento finale al �fatto im~ 
putabile a colpa grave � del detentore della merce, secondo la previsione 
di legge. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 foglio 1986, n. 4374 -Pres. Vdrgilio Est. 
Jofrida -P. M. Golia (conf.). Mottini c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Nucaro). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Presupposto � Effetti 
potenziali dell'atto � Mancata reaUzzazione -Irrilevanza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 12 e 13). 
Presupposto essenziale dell'imposta di registro � l'atto, per i suoi 
effetti che � idoneo a produrre e non soltanto per gli effetti concretamente 
e al momento prodotti; di conseguenza l'imponibile di un atto 
costitutivo di associazione in partecipazione � dato dal valore dei beni 
e dall'importo delle somme che i contraenti si obbligano a conferire, 
non rilevando se il negozio ha ricevuto attuazione solo parziale (1). 

(omissis) Deduce il ricorrente violazione ed erronea interpretazione 
ed applicazione dell'art. 81 della tariffa aH. A della legge di Registro 
10 dicembre 1923 n. 3260, nonch� insufficiente e contraddittoria moti~ 
vazione �su punto decisivo (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.): nel caso di specie 
(associazione in partecipazione in cui i soci hanno determinato la loro 
partecipazione nella misura did ue terzi e di un terzo ed hanno indicato 
il� valore dei beni apportati) la Corte di merito, dalla premessa in iure 
essere l'imposta di �registro un'imposta d'atto, ha tratto la conclusione 
che la tassazione non dovesse limitarsi agli apporti fino ad allora eseguiti 
e dovesse, invece, 'applicarsi alla previsione degli apporti contrattualmente 
indicati; ma ci� erroneamente, poich� -per tal via -si � 

(1) Decisione esemplare nella sua essenzi�lit� . 
.-.�.�r.-.-.-.-.-.-.-.� '.�'.".�Z".�'.�Z�Z<:�Z".�'.".�Z�:-:-:�:�:�:�z�:�: :�Z<�:::::.-:-:-:.-:-: '.�'.�'.�Z":�'.�Z":�'.�'.�'.�Z~�'.�:�:�:':�:���z�:.-: '.�Z�Z�:�:�:�:�z�:�:�:�:-z�:�:-=~�z�:�:�:�:-:�:�:�:�z.-:�:�:�:�:~.-:.-:�:�:�:.-:.-:�:�:".":�:.-:�: :�:-:�:�:�:�::.-:�:�:�.��� .. �.�.�.�.�...�.�.�.�...�.�.�.�.�.�.�.�.�...... 

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PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

in concreto affermato essere legittimo tassare, non solo gli apporti contrattuali 
effettivi, ma anche quelli indicati per il futuro, ossia il boudget 
di quella che avrebbe potuto essere la spesa futura, il che all'evidenza � 
in contrasto sia con le norme di legge che regolano la registrazione sia 
con i pi� elementari principi di logica e di interpretazione. 

La censura � infondata. 

Correttamente i giudici di merito ricordano che il fatto che determi� 
na il sorgere del rapporto tributario, in tema di imposta di registro, non 
� il trasferimento di un bene, l'assunzione di un'obbligazione, la costi� 
tuzione di oo.a societ�, ma la stipulazione di un negozio di vendita di 
un contratto di mutuo, di un atto costitutivo. L'imposta di registro, in� 
fatti, � :imposta di atto e non di trasferimento, deve esclusivamente avere 
11igua~do agli effetti giuridici che l'atto, per sua intrinseca natura � 
idoneo a produrre (e non solo a quelli per intanto prodotti), essendo del 
tutto irrilevanti le successive vicende del negozio tassato. 

Principio questo che, desumibile dagli artt. 11 e 12 della precedente 
legge organica, costituisce da sempre canone speciffi.co in dottrina e in 
giurisprudenza (es. Cass. n. 2446/54; n. 2247/71; n. 3756/75). 

Laonde, bene in sentenza � stato ritenuto che l'imponibile di un 
atto costitutivo di un'associazione in partecipazione � costituito, gi�, dal 
valore dei beni e dall'importo delle somme che i contraenti si obbligano 
a conferire, indipendentemente dal fatto che, in effetti, dl contratto 
non abbia ancora ricevuto integrale attuazione o che gli effettivi confe� 
rimenti siano stati inferiori a que11i prevdsti. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 luglio 1986, n. 4382 � Pres. Jofrida � 
Est. Rocchi � P. M. Jannelli (conf.) -Soc. Pacchetti (avv. Falsitta e 
Bel"liri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Ma:ri). 

Tributi erariali diretti � Accertamento � Dichiarazione -Fusione di societ� 
� Dichiarazioni distinte ex art. 17 e 22 del t.u. 29 gennaio 1958 

n. 645 � Accertamenti distinti � Necessit�. 
(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 17, 22 e 31). 
Tributi erariali direfti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Plusvalenze 
-Incorporazione senza cambio di azioni -Iscrizione in bilancio 
di differenza di fusione tra il costo di acquisizione delle azioni e il 
valore del patrimonio netto dell'incorporata � Non costituisce plusvalenza. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81, 100 e 106; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, 
art. 16). 
Nel caso di fusione di societ�, la societ� incorporante deve presentare 
una dichiarazione relativa ai redditi prodotti dalla societ� incorporata 
fino al momento della fusione o realizzati con la stessa e altra 


538� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEUO STATO� 

distinta dichiarazione al termine del periodo di imposta per i redditi 
propri dell'incorporante fino al momento della fusione e per i redditi 
congiunti successivi; a fronte delle due distinte dichiarazioni l'ufficio 
deve procedere a distinti accertamenti (1). � 

Nel caso di fusione per incorporazione' senza cambio di azioni, non 
costituisce plusvalenza tassabile l'iscrizione nell'attivo del bilancio dell'incorporante 
di una voce � differenza da fusione � costituita dal valore 
di libro delle azioni dell'incorporata gi� possedute ed annullate per 
effetto della fusione e il valore dei cespiti patrimoniali di pertinenza 
dell'incorporata trasferiti senza variazioni nel bilancio dell'incorporante. 
Ci� risponde ad un principio oggi codificato nell'art. 16 del d.P.R. 

n. 598/1973 che non ha carattere innovativo (2). 
(omissis) La Manifattura Carilo Pacchetti S.p.A. (ora Pacchetti S;p.A.) 
procedeva in data 11 novembre 1969, alla fusione per incorporazione del� 
le societ� per azioni Microfusione e A.M.A., di cui la societ� incorporante 
era unica azionista. 

Per l'acquisizione dei pacchetti azionari delle societ� Microfusione 
ed A.M.A., i cui patrimoni netti assommavano complessivamente a lire 
1.300.000.000, la stessa societ� incorporante aveva sostenuto un costo globale 
di L. 4.839.347.672. 

Effettuata la fusione per incorporazione, la Pacchetti provvedeva ad 
annullare �i capitali sociali delle incorporate, riportava nella sua contabilit� 
tutti i vari elementi dell'attivo e del passivo delle stesse, man� 
tenendo i medesimi .valori portati dalle situazioni patrimoniali di fusio


(1-2) La prima massima � corretta, ma appare poco coerente con la seconda. 
E' vero infatti che le due distinte dichiarazioni prescritte in caso di 
fusione di societ� con personalit� giuridica (che vengono presentate in tempi 
diversi) danno luogo a distinti accertamenti l'uno (anzi uno per ogni societ� 
estinta) riferito allo spezzone di periodo concluso con la fusione di pertinenza 
della (o delle) societ� fuse o incorporate e l'altro riferito all'intero periodo di 
pertinenza della societ� incorporante o risultante dalla fusione; ma � altres� 
vero che quando per effetto della fusione emergono nella situazione patrimo� 
niale dell'incorporante attivit� prima inesistenti o sotto forma di rivalutazione 
dei cespiti patrimoniali o sotto altra voce (nella specie differenza di fusione) la 
plusvalenza � riferibile alla incorporante e va accertata nei suoi confronti. 

La seconda massima riduce ad estrema semplicit� un tema molto complesso. 
E' esatto che (come oggi stabilisce testualmente il primo comma 
dell'art. 16 del d.P.R. n. 598/1973) la fusione di per s� non costituisce realizzo 
delle plusvalenze qualora le valutazioni dei cespiti patrimoniali siano trasferite 
tal quali nella situazione patrimoniale della incorporante, mentre d� luogo ad 
emersioni di plusvalenze a norma dell'art. 12 qualora nella nuova situazione 
patrimoniale vengono riportati valori accresciuti (Cass. 25 maggio 1984 n. 3217 
in questa Rassegna 1984, I, 783). 

E' per� frequente la eventualit� che l'operazione di fusione comporti un 
necessario adeguamento dei valori per aggiustare il rapporto di cambio delle 
azioni. Ed � evidente che se un maggior valore emerger� sotto una voce quale 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA .539 

ne e iscriveva all'attivo del suo bilancio l'importo di L. 3.539.347.672, corrispondente 
alla differenza tra ~l costo sostenuto per l'acquisizione delle 
azioni (L. 4.839.347.672) e il valore dei patrimoni netti delle due societ� 
incorporate (L. 1.300.000.000). 

Con avvisi dii accertamento regolarmente notificati J'Ufficio Distrettuale 
delle Imposte Dirette di Milano accertava nei confronti della societ� 
Pacchetti S,p.A. per l'esercizio 31 dicembre 1969, il reddito di R.M. 
categoria B di lire 4.434.300.000, c�mprendente la posta di L. 3.539.300.000, 
qurue plusvalore di avvii.amento delle aziende delle S.p.A. Microfusione e 
A.M.A., incorporate nella Pacchetti, iscritto nel bilancio della societ� 
incorporante sotto la voce differenza di fusione tassabile ex art. 81 e 
art. 106 del T.U. n. 645 del 29 gennaio 1958. 

La Societ� Pacchetti proponeva ricorso e la Commissione Tributaria 
di 1� grado, con decisione in data 25 maggio 1977, riduceva il reddito 
di R.M. cat. B ,a L. 895.000.000, depennando dall'accertamento la posta 
di L. 3.539.000.000. 

Avve11so ,tale decisione proponevano gravame sia J'Ufficio che la 
contribuente. 
La Commissione Tributaria di II grado respingeva l'appello dell'Ufficio 
e accoglieva in parte que1lo della societ� determinando H reddito di 

R.M. cat. B in lire 698.486.802. 
L'ufficio e la conmbuente ricorrevano, di poi, alla Commissione Tributaria 
Centrale, la quale, con decisione del 23.5 -19.6.1984, dichiarava la 
legittimit� della ripresa a tassazione operata per l'importo.di L. 3.539.000.000, 
come plusvalore di avviamento. 

Osservava in particolare fa Commissione Centrale che la differenza 
di fusione in oggetto costituiva un vero e proprio avviamento iscritto in 
bilancio nell'attivo patrimonale con conseguente realizzazione del presupposto 
di tassabilit� di cui all'art. 106 del T.U. del 1958. 

che sia, anzich� specificamente nella rivalutazione dei cespiti patrimoniali, vi 
sar� egualmente una plusvalenza. Poco pertinente � pertanto quella parte 
della motivazione che insiste sulla identit� dei valori patrimoniali, in presenza 
di una �differenza di fusione�. 

Problema ben diverso, ricorrente nella specie, � quello della fusione senza 
cambio di azioni che si verifica quando l'incorporante possiede gi� tutte le 
azioni dell'incorporata e procede soltanto all'annullamento di esse. In tal caso 
la societ� incorporante pu� elevare i valori di libro del patrimonio della 
societ� incorporata fino a pareggiarlo con il costo sostenuto per l'acquisto 
delle azioni della medesima societ�, per l'espressa norma dell'art. 16 del d.P.R. 

n. 598; entro questi limiti non si verifica plusvalenza perch� si opera un trasferimento 
dal valore delle azioni che si annullano, (che gi� figurava nel bi� 
lancio della incorporante) ad un corrispondente valore del patrimonio entrato 
in conseguenza della fusione. Che questa regola fosse pacificamente applicabile 
anche anteriormente al 1973 e che l'art. 16 non abbia una portata innovativa 
� assai meno evidente. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Avverso quest'ultima decisione, propone ricorso per cassazione la societ� 
Pacchetti, s~a base di tre motivi di annullamento, illustrati da 
memoria. 

Resiste l'Amministrazione finanziari.a con controricorso. 

MOTIVI. 

Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli 
artt. 7, 17, 22, 31, 81, 100, 106 T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, nonch� difetto 
di motivazione su un punto decisivo della controversia e, ancora, 
vizio di ultrapetizione, la societ� �ricorrente -premesso che � pacifico 
e documentato �che l'accertamento in rettifica di cui si controverte riguarda 
esclusivamente la dichiarazione resa dalla Pacchetti ai sensi dell'art. 
17 del T.U. del 1958, nell'anno 1970, con riferimento all'esercizio 1969, 
e non pure le dichiarazioni rese dalla Pacchetti anch'esse, ma ai sensi 
del successivo art. 22 e, cio�, in qualit� di. incorporante delle societ� 
Microfusione e AMA e riferite ai redditi prodotti o realizzati dalle societ� 
incorporate prima della o con la fusione -deduce che, nella 
denegata ipotesi che voglia ritenersi che, attraverso la fusione, si sia 
verificato un realizzo di plusvalenze, tale circostanza appare del tutto 
irrilevante, ai fini della controversia, in quanto: a) la questione dedotta 
non attiene ad un accertamento in rettifi�a delle dichiarazioni rese ai 
sensi dell'art. 22 del T.U., cio� di quelle con riferimento alle quali si 
sarebbe dovuto, m ipotesi, assoggettare ad imposta il (preteso) realizzo 
de quo; b) l'accertamento in contestazione assume, quale unico presupposto 
di imposta, la pretesa iscrizione (e non il realizzo) di plusvalenze 
nel bilancio Pacchetti al 31 dicembre 1969. 

Con 11 secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 81, 100 e 106 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, anche con riferimento 
all'art: 16 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, la societ� ricorrente 
deduce che, in ogni caso, la decisione impugnata appare illegittima 
per aver ritenuto tassabile la pretesa plusvalenza di lire 3.539.000.000, 
nonostante che non ricorresse alcuno dei presupposti di impo�:J.ibilit� 
delle plusvalenze, quali H realizzo, la distribuzione ovvero l'iscrizione 
in bilancio delle stesse. 

Entrambe le censure sono fondate e meritano una trattazione piena 

e congiunta, atteso il valore unitario dei rilievi espressi, tendenti, sostan


zialmente, da un lato, a contestare il presupposto soggettivo, dall'altro, il 

presupposto oggettivo della pretesa tributaria. 

Il T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, in vigore al verificarsi della fatti


specie in esame, dispone, al pari., d'altronde, della normativa successiva


mente intervenuta, all'art. 22, che �nei casi di fusione di soggetti tassa


bili in base al bilancio, la dichiarazione relativa all'ultimo esercizio dei 

soggetti estinti deve essere presentata dalla societ� o ente risultante 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 541 

dalla fusione o incorporante entro tre mesi dall'atto di fusione o di incorporazione 
�. 

Consegue che nei casi come quello di specie in cui la incorporazione 
ha luogo nel corso dell'anno, la societ� inco11p0rante deve presentare due 
distinte dichiaraiioni, l'una, ai sensi dell'art. 22 citato, quale avente 
causa della societ� incorporata e relativa ai redditi. di questa ultima, 
sino alla fusione; e l'altra, ai sensi dell'art. 17 del T.U., per cos� dire, 
in proprio, al termine del periodo di imposte e relativa sia ai redditi 
della medesima societ� inco:nporante anteriori alla fusione, sia ai redditi 
� congiunti � successivi alla fusione. 

Consegue, altres�, che, ai sensi dell'art. 31 dello stesso T.U., l'Ufficio 
delle imposte, trovandosi in presenza di distinte dichiarazioni, potr� 
procedere a distinti accertamenti in rettifica, concernenti rispettivamente 
i redditi realizzati dalla incorporata fino alla fusione (compresi 
quelli 'realizzati con la stessa) e i redditi. della incorporante relativi 
all'intero periodo di imposta e di cui al bilancio di fine esercizio. 

Nella fattispecie, la fusione si � verificata nel corso del 1969 ed � 
pacifico che l'accertamento in rettifica di cui si controverte riguarda 
esclusivamente la dichiarazione che la Pacchetti ha presentato nel 1970 
per l'esercizio 1969. 

Orbene, se oggetto dehl'accertamento in rettifica in esame � la dichiarazione 
resa dalla Pacchetti con riferimento al bilancio al 31 dicembre 1969 
e se tale accertamento si basa sulla pretesa iscrizione di plusvalenze nel 
bilancio della medesima Pacchetti sempre al 31 dicembre 1969, deve escludersi 
che per legittimare l'accertamento medesimo possa assumersi, come 
fa la decisione impugnata, un qualsiasi realizzo di plusvalenze da parte 
delle societ� incorporate. 

L'eventuale realizzo di plusvalenze, da parte dell.e societ� incorpo


rate, invero, avrebbe dovuto essere accertato, con riferimento alle di


chiaraiioni di cui all'~. 22 del T.U. 645/58, ossia con riferimento alle 

dichiarazioni presentated alla Pacchetti in qualit� di incorporante delle 

societ� AMA e Microfusione relativamente ai redditi prodotti o realiz


zati da queste ultime prima ed in occasione della fusione, mentre -come 

rilevato -l'accertamento in discussione si riferisce alla dichiarazione 

presentata dalla Pacchetti in proprio in relazione all'esercizio 1969; 

inoltre tale accertamento avrebbe dovuto assumere, quale presupposto 

di imposta, il realizzo di plusvalenze, mentre unico presupposto d'impo


sta invocato e contestato nella specie � costituito� dall'iscrizione di plus


valenze del bilancio Pacchetti al 31 dicembre 1969. 

Sotto il profilo indicato, la sentenza impugnata non �si sottrae, dun


que, ad una prima censura. 

Ma la decisione della Commissione centrale � errata, altresl, sotto 

il profilo dell'esistenza del presupposto oggettivo d'imposta costituito 

dalla evidenziazione di plusvalenze mediante iscrizione in bilancio. 

15 


542 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Va premesso, al riguardo, che !� singoli cespiti gi�. di pertinenza delle 
societ� incorporate AMA e Microfusione (mobili, immobili, impianti, merci, 
titoli, attrezzatura, etc.) sono stati iscritti nel bilancio della incorporante 
Pacchetti ai medesimi valori ai qua1i tali cespiti figuravano nei 
bilanci delle incorporate. 

In sostanza, tali elementi sono stati trasferiti ed iscritti nel bilancio 
della incorporante, senza effettua:llione di rivalutazione alcuna, neppure 
per minimi importi, agli stessi precisi valori per i quali i beni stessi, 
ante fusione, risultavano allibrati nei bilanci e nelle scritture contabili 
delle societ� incorporate. 

Da questa prospettiva, risulta evidente che 1a creazione della posta 
� differenza di fusione �, iscritta all'attivo del bilancio della Pacchetti per 

L. 3.539.347.672, S!� 1sia resa necessaria per pareggiare il disavanzo emergente 
tra il valore di libro delle azioni AMA e Microfusione distrutto :i.n 
occasione della fusione (precisamente L. 4.839.347.672) e il valore di libro 
dei cespiti gi� di pertinenza delle incorporate (L. 1.300.000.000). 
In altri termini, uscito un valore di quasi cinque miliardi (il valore 
delle azioni annullate in sede di fusione) ed entrato un valore di un miliardo 
e trecento milioni (il valore dei beni delle incorporate, assunti 
senza variazione alcuna nel bilancio dell'incorporante), la Pacchetti si � 
trovata di fronte ad una � differenza � che doveva necessariamente trovare 
allocazione all'attivo del bilancio, risultando, altrimenti, quest'ulti� 
mo contabilmente � zoppo �. 

Orbene, appare evidente che nella specie si � di fronte ad un'ipotesi 
di fusione per incorporazione di societ� in cui l'incorporante � unica socia 
deHe incorporate, e che i beni di queste ultime ancorch� !ipoteticamente 
suscettibili di rivalutazione, sono stati assunti in carico dalla societ� 
incorporante al medesimo valore loro attri!buito in precedenza nei bilanci 
delle societ� incorporate; si �, cio�, nella tipica ipotesi in ordine alla quale 
una ormai consolidata giurisprudenza (Cass. 6261/80, 6937/83, 3217/84, 
281/85) ha affermato iii principio secondo cui la fusione per incorporazione 
senza cambio di azioni non costituisce di per s� evento idoneo a concretare 
il presupposto di imponibilit� delle plusvalenze inerenti ai beni delle 
societ� incorporate, allorch� detti beni passino nel patrimonio della 
incorporante ai medesimi valori precedentemente iscritti nel bilancio 
delle societ� incorporate. 

In sostanza, per aversi iscrizione a bilancio idonea ad evidenziare 
la plusvalenza ai sensi dell'art. 106 del T.U. -norma che, per il suo 
carattere eccezionale, � di stretta interp�retazione e non ammette, quindi, 
estensioni analogiche -occorre che il soggetto passivo del tributo, in sede 
di formazione del proprio bilancio, abbia di sua iniziativa attribuito al 
cespite che esce dal patrimondo sociale un valore maggiore di quello che 
aveva al momento nel quale era stato acquisito. Pi� in particolare, la 
plusvalenza si verifica allorch� venga come tale iscritta nella � situazione 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

patrimoniale �, mentre, se non risulta da .tale atto, non si � verificata in 
senso giuridico anche se pu� ritenersi verificata in senso economico )), 
(Cass. n. 3217/84, citata). 

Per completezza di indagine, si supponga, peraltro, che la Pacchetti 
avesse proceduto, anzich� ad annotare la posta � differenza di fusione �, 
ad una � rivalutazione per ,aHineamento �. 

Si supponga, cio�, che, a fusione avvenuta, la Pacchetti, dovendo azzerare 
la voce � azioni Ama e Microfusione � iscritta all'attivo del proprio 
stato patrimoniale per circa 4,8 miliardi e sostituire ad essa cespiti aventi 
un valore di libro di 1,3 miliardi (valore di iscr.izione dei cespiti delle 
societ� Ama e Microfus.ione negli ultimi bilanci dalle stesse redatti) avesse 
proceduto a rivalutare codesti cespiti da 1,3 miliardi a 4,8 miliardi, iscrivendo 
in testa agli stessi plusvalenze per la differenza, ossia per 3,5 miliardi 
circa. 

Ebbene, neppure in questa ipotesi (che, in realt�, non si � verificata) 
la differenza .in questione, per quanto iscritta quale plusvalenza al mero 
scopo di allineare il valore dei cespiti, in bilancio presso le incorporate 
per 1,3 miliardi, al. valore dei titoli in portafoglio all'incorporante, da 
annullare in occasione della fusione, in bilancio per 4,8 miliardi, potrebbe 
essere legittimamente assoggettata a tassazione. 

Invero, per costante giurisprudenza tributaria anteriore a1la riforma 
(da Commissione Centrale 16555/39 a Commissione centrale 8566/79) non 
costituisce reddito tassabile la rivalutazione dei beni dell'incorporata 
effettuata dall'mcorpora:nte allo scopo di neutralizzare &I maggior costo 
delle azioni possedute dall'incorporante medesima ed annullate in occasione 
della fusione, rispetto al valore di libro dei cespiti presso l'incorporata, 
e ci� in quanto tale rivalutazione ha la finalit� di � evitare che 
dal bilancio emerga una perdita pari al plusvalore esborsato �. 

Successivamente il riiportato principio � stato confermato dal legislatore 
in occasione della riforma tributaria, con l'emanazione dell'art. 16 
del d.P.R. 598 del 29 settembre 1973. 

La seconda parte del secondo comma di tale norma esamina, infatti, 
l'ipotesi in cui la societ� incorporante possieda, in tutto o in parte, azioni 

o quote della societ� incorporata e precisa a chiare lettere che in tale 
caso non viene assoggettata a tassazione quella quota di maggiori valori 
(iscritti nel bilancio dell'incorporante sui beni gi� della incorporata) che 
rappresentano la differenza tra H costo delle azioni o quote della societ� 
incorporata, annullata per effetto della fus.ione, e il valore del patrimonio 
netto della societ� stessa risultante dalle scritture contabili. 
Va, a questo punto, sottolineato che la ricordata disposizione non � 
tl[la norma di carattere agevolativo, in quanto, se veramente essa sancisse 
una esenzione dall'imposizione di plusvalenze altrimenti tassabili, 
la .stessa avrebbe dovuto trovare allocazione nel d.P.R. n. 601 concernente, 


RASSEGNA DELL'AWOCATUAA. DELLO STATO 

544 

appunto, la disciplina delle agevolazioni tributarie, e non gi� nel d.P.R. 

n. 598, che riguarda, per contro, fa disciplina ordinaria dell'lrpeg. 
E non � norma di carattere innovativo dal momento che i prmc�pi 
in essa racchiusi non solo erano gi� stati affermati dalla giurisprudenza 
(e dalla dottrina) precedenti l'entrata in vigore della riforma tributaria, 
ma altres� erano impliciti nella iricos�truzione civilistica, prima ancora 
che fiscale, di quel particolare istituto che va sotto il nome di fusione 
per incorporazione senza cambio di azioni. 

Alla disposizione di che trattasi va, dunque, riconosciuto carattere 
meramente interpretativo, nel senso di ravvisare in essa la codificazione 
di princ�pi gi� acquisiti al sistema. 

In definitiva; sul punto, anche se la Pacchetti avesse proceduto allo 
assorbimento della differenza !�.n questione attraverso una rivalutazione 
dei beni provenienti dalle incorporate, siffatta rivalutazione sarebbe stata, 
in ogni caso, non asso~gettabile all'imposta, comunque essa fosse stata 
rappresentata (rivalutazione effettiva e diretta di uno o pi� cespiti autonomamente 
individuati, o rivalutazione � indiretta � dell'intera azienda acquisita 
merc� iscrizione di una posta a titolo di avviamento). (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1986, n. 4485 -Pres. Sandulli Est. 
Sgroi -P. M. Valente (conf.). -Unioncamere (.avv. 1Pesce) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato FilllIIlara). 

Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Convenzione TIR -Distiu 
zione delle merci -Colpa grave del trasportatore e dei suoi agenti � 
Obbligazione tributaria del trasportatore. 

(d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 37, 38, 56 e 126). 
La distruzione delle merci trasportate per fatto imputabile a colpa 
grave del vettore o dei suoi agenti, non � riconducibile al fatto del terzo 
in quanto fa capo allo stesso soggetto passivo; di conseguenza ove la 
distruzione sia imputabile a colpa grave del conducente, l'obbligazione 
tributaria per le merci trasportate e non giunte a destinazione grava sul 
vettore a norma dell'art. 126 del d.P.R. n. 43/1973, ed a maggior ragione 
per effetto della convenzione TIR (1). 

(omissis) Con H ;primo motivo l'Unioncamere deduce la violaiione e 
falsa applicazione e l'omissione e contraddittoriet� di motivazione riguardo 
agli artt. 6 e 16 della convenzione 15 gennaio 1959 resa esecutiva con 
legge 12 agosto 1962 n. 1517, m relazione agli artt. 12 e 15 disp. sulla legge 

(1) Decisione, simile a numerose altre, che fa piena chiarezza sul problema 
della perdita delle merci trasportate con veicoli TIR a causa di incidenti 
stradali. 

PARIB I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

in generale nonch� agli artt. 36, 37 e 56 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, nonch� 
all'art. 10 Cost. e deH'art. 31 della Convenzione di Vienna 23 maggio 
1969, osservando che la Corte d'appehlo ha dato la prevalenza alle norme 
dell'ordinamento italiano ed ha poi contraddittoriamente affermato che 
H testo del 1973 non restringe affatto la previsione della Convenzione TIR 
in tema di perdita delle merci, ma prevede anzi altre ipotesi di� esonero 
del pagamento, pur riconfermrundo que!la prevista dalla convenzione TIR, 
vale a dire il perimento della merce per forza maggiore. 

La ricorrente rileva che la norma interna contiene la distinzione fra 
forza maggiore e caso fortuito che � estranea alla norma internazionale 
e -a meno che nOl!l la si voglia qualificare come un'endiadi riconducibile 
alla stessa situazione qualificante la non �imputabilit� del fatto -non 
comporta certamente una distinzione restrittiva della forza maggiore. Per 
quanto riguarda la casistica dei fatti imputabili a titolo di colpa non 
grave a terzi, essi -nei riguardi del soggetto passivo del tributo -possono 
rientrare nell'ipotesi generale della non imputabilit� e sono ricompresi 
nella generale figura della non imputabilit� e sono ricompresi nella 
generale figura della forza maggiore, la quale consiste in qualsiasi causa 
di distruzione accertata della merce che non sia imputabile al garante 
ovvero al titolare del carnet TIR. Il comportamento imprevedibile rispetto 
allo scopo del trasporto che determiina il fatto oggettivo, non rimediabile 
dall'obbligato, della distruzione della merce (accertato soddisfacentemente 
per le autorit� doganali) viene ricompreso, se non ovviabile, 
nella figura di non imputabil1t� che � la forza maggiore. 

La ricorrente osserva che non pu� valere l'argomentazione della Corte 
d'appello relativa al collegamento fra autista irrispettoso delle regole di 
guida, �Sua dipendenza dal proprietario della merce e correlata responsabilit� 
solidale dell'ente garante, in quanto non v'� alcun elemento del processo 
che consenta di qualificare l'autista con il proprietario della merce, 
responsaibile ex art. 56 T.U. ~eggi doganali del pagamento del tributo 
doganale. 

La ricorrente conclude nel senso che l'espressione � force majeure � 
deve essere interpretata nel senso della non esigibilit� del tributo sulla 
merce distrutta che, per la sua inovviabilit� da parte del debitore del 
tributo (proprietario della merce) e del suo garante, deve qualificarsi, 
nei loro confronti, ,di � forza maggiore �. La distruzione di parte della 
merce � atto non voluto da nessuno dei partecipanti al trasporto e quindi 
non � un'indebita sottrazione ai vincoli doganali ex art. 36 quinto comma 

T.U. leggi doganali, n� rientra nella categoria della merce non presentata 
nei termini prescritti di cui all'art. 36 cit. Infatti, se ;prima del termine 
di presentazione si verifica la distruzione della merce viene ad estinguersi, 
�per forza maggiore, la possibilit� della presentazione stessa ed 
ogni obbligo tributario � estinto. 

546 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Il motivo � infondato. La problematica della colpa del terzo che causa 
546 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Il motivo � infondato. La problematica della colpa del terzo che causa 
la perctita o distruzione della merce (che, se �non grave�, fa considerare 
non avverato. il presupposto dell'obbligazione <tributaria ed invece, se 
� grave �, � irrilevante al fine di escludere detta obbligazione, ai sensi dell'art. 
37 del T.U. leggi doganali del 1973) � completamente estranea alla 
materia di causa, in cui viene in considerazione la colpa del trasportatore 
di merce in ordine alla quale era stato rilasciato il carnet TIR. n � 
trasportatore (intendendo per tale tanto l'impresa di trasporto, quanto il 
suo dipendente-autista o altro ausiliare -di cui l'impresa di trasporto 
risponde ai sensi dell'art. 1228 e.e., tmttrundosi di obbligazione derivante 
da un titolo Jegale preesistente al fatto) non pu� affatto considerarsi un 
�terzo�, ma � da ricomprendere nella cartegoria dei �soggetti passivi� 
dell'imposta, come risulta dal coordinamento fra il T.U. del 1973 e Ja con� 
venzione TIR resa esecutiva con legge 12 agosto 1962 n. 1517. Gi� con rife.� 
rimento al titolo ed all'oggetto della convenzione, che (art. 1) �concerne 
les transports de marchandises effectu�s ... dans des v�hicules routiers ou 

dans des containers charg�s sur tels v�hicules � sarebbe veramente irrazionale 
che proprio !i trasportatori fossero estranei al complesso di obblighi 
ed adempimenti previsti dalla convenzione e fossero considerati � terzi 
� rispetto ad essi. Una interpretazione di tal genere dovrebbe aivere il 
supporto di un'espressa esclusione, laddove al 
contrario -in relazione 
alla premessa che per beneficiare del.la �onvenzione � les transports doivent 
avoir lieu sous la garantie d'associations agr�es � (art. 3 lettera b) ed 
art. 5) -l'art. 6 dispone che � l'association garante s'engagera � acquitter 
les droits et taxes de entr�e ou de sortie devenus exigibles... que le 
titulaire du carnet TIR et les personnes participant � l'ex�cution du transport 
auraient encourues en vertu de lois et r�glements de douane des 
pays dans lesquels une infraction aura �t� commise �, Non vi potrebbe 
essere espressione pi� chiara (richiamata dalla Corte d'appello) ;per ritenere 
l'Unioncamere, ai sensi dell'ultimo inciso del primo comma dell'art. 
6 citato, congiuntamente e solidalmente tenuta al pagamento de11e 
somme dovute dai suddetti dehltori, che �sono, da un lato, i titolari del 
carnet TIR e, dall'altro lato, le persone r>artecipanti all'esecuzione del 
trasporto. 
La convenzione non ha ritenuto di creare una disciplina doganale uniforme 
per gli Stati aderenti, fasciando alla competenza di ciascuno Starto 
la disciplina del rapporto tributario doganale, come risulta dal rinvio 
formale operato dall'art. 6/1 (cfr. Cass. 15 maggio 1984 n. 2947). Occorre, 
pertanto, stabilire sotto quali condizioni le persone partecipanti all'esecuzione 
del trasporto possono essere considerate debitrici dei diritti doganali 
alla stregua della legislazione italiana. 
Una prima ipotesi � quella della coincidenza di tali persone con i 
soggetti passivi dell'obbligazione tributaria ai sensi del combinato disposto 
degli artt. 38 e 56 T.U. del 1973 (proprietario della meroe; soggetti per 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

conto dei quali la merce � stata importata o esportata; presentatore della 
merce in dogana; detentore di essa ru momento della entrata 111el territorio 
doganale o dell'uscita dal territorio stesso; �soggetto nei cui confronti 
Ja Dogana accerti un titolo di propriet� della merce, indipendentemente 
dalle suddette circostanze). Questa' ipotesi comprende anche 'la 
titolarit� del ca:rnet TIR che, in quanto contenente una dichiarazione 
doganale, comporta l'identificazione d.i un soggetto passivo dell'obbligazione 
tributaria. 

In tutti i suddetti casi, vi � pertanto perfetta .identit� tra il soggetto 
dell'obbligazione ed il trasportatore, ma poich� la soggezione all'obbligazione 
tributaria dipende dal fatto che il trasportatore si trova nelle 
condiziOllli descritte dagli artt. 38 e 56, � evidente che non � il fatto del 
trasporto che di per s� � ~'elemento �di identificazione della soggezione 
all'imposta in quanto sono sufficienti le altre condizioni elencate, di cui 
il trasporto pu� essere semplice elemento costitutivo (come, per esempio, 
nel caso deHa detenzione al momento dell'entrata nel territorio doganale). 

Proprio con J:"dguardo a tale caso, poich� la legge pone, con la disgiunzione 
�� ovvero�, un'altemativa fra Ja presentazione in dogana e la detenzione 
111el suddetto momento, se ila presentazione � effettuata da un soggetto 
diverso (che, mediante la dichiarazione, diviene il titolare del Carnet 
TIR), la detenzione resta irrilevante, in quanto � gi� identificato un altro 
soggetto dell'obbligazione. Tuttavia le ipotesi suddette di identificazione 
del traspo~tatore come soggetto dell'obbligazione tributall"ia non esamiscono 
i casi nei quali egli pu� divenire debitore verso la Dogana, perch� 
altrimenti la separata previsione del �titolare del carnet TIR� e delle 
�persone che partecipano al trasporto � non avrebbe significato, dal momento 
che questa seconda categoria, tJ."amite la soggezione ad altro titolo 
all'obbligazione tributaria (in quanto proprietario dichiarante, soggetto 
per conto del quale J'importazione avviene, etc.) si identificherebbe nella 
prima categoria. 

D'altra parte, non pu� avere separata considerazione l'ipotesi del trasportatore 
che sia un semplice dipendente del soggetto dell'obbligazione 
tributaria, perch� allora tutte le obbligazioni fanno capo a quest'ultimo 
soggetto, non potendo chiedersi l'assolvimento del tributo (salv:i la responsabilit� 
penrue personale, che presenta ulter-iori aspetti, nel ;presente 
caso non rilevanti) al semplice dipendente dal soggetto passivo dell'imposta 
(cfr. Cass. 30 marzo 1983 n. 2291). 

La .legge italiana prevede per� una separata previsione alla quale deve 
ritenersi applicabile il rinvio formale operato dalla convenzione !interna-� 
rionale con l'espressione � les personnes participant � l'execution du 
transport �, e cio� quella dell'art. 126 T.U. legge doganale, sotto la rubrica 
� merci vincolate a doCUITiento di trasporto internazionale �. 

Il Ministero pu� consentire che all'entrata 111el territorio doganale cli 
merci scortate da documento 'di trasporto internazionale sd prescinda 


548 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dall'espletamento degli adempimenti e delle formalit� doganali di confine 
e che le merci stesse siano direttamente inc>ltrate al.l'Ufficio doganale 
della Jocalit� di destinazione dndioata nel documento medesimo. Il docu� 
mento di trasporto � riconosciuto valido come documento doganale; l'esi� 
to doganale del trasporto � accertato in base alle scritture delle aziende 
di trasporto, tenute anche presenti le condizioni e modalit� stabilite in 
sede dn CEE o in altra sede internazionale. 

Ln caso di irregolarit� verificatesi nel trasporto e semprech� non si 
rendano applicabili le disposizioni dell'art. 37 il vettore risponde del 
pagamento dei diritti doganali gravanti sulla merce mancante, accertati e 
liquidati secondo il trattamento proprio della merce stessa, determinato 
in base agli elementi rilevabili dai documenti di trasporto o commerciali, 
fatta salva la contestazione di eventuali violazioni accertate. 

La normativa dell'art. 126, la quale in linea di prdnoipio dipende da 
provvedimenti dati dal Ministro per le finanze, non pu6 non applicarsi 
al caso in cui le facilitazioni ivi previste sono rese obbligatorie in via 
generale da una convenzione resa esecutiva in Italia; convenzione inter� 
nazionale a cui, infatti fa espresso richiamo l'art. 126, nel citare le condi� 
zioni e modalit� (diverse da quelle indicate nello stesso articolo) per 
accertare l'esito doganale del trasporto. 

Del resto, l'inserimento del trasportatore di merci in relazione alle 
quali, sia stato rilasciato un carnet TIR nella categoria dei soggetti che 
possono rispondere del pagamento dei diritti doganali (ex art. 126 quinto 
comma) � coerente con ila configurazione del carnet TIR come una bol� 
letta di cauzione valevole fra pi� Stati, rilasciata in relazione al transito 
attraverso �iJ terni.torio doganale dello Stato (art. 146, che rende applicabile 
la normativa di cui agli artt. 141-145); bolletta che deve essere scaricata, 
per liberare ilo speditore dagli obblighi contratti con la medesima, 
previa presentazione delle merci alla dogana di destinazione nel -termine 
prescritto; presentazione la quale non pu� essere curata che dal vettore. 
Anche l'art. 141 rinviia, infatti, alle convenzioni .internazionali. 

Il vettore, a termini dell'art. 126 del T.U., .risponde del pagamento dei 
diritti doganali, salvo che ricorrano i casi previsti dall'art. 37 (caso fortuito 
o forza maggiore o co1pa non girave di terzi o dello stesso soggetto 
passivo, che abbiano determinato la perdita o distruzione della merce 
durante il trasporto). Pertanto, il vettore non pu� affatto considerarsi 
�terzo� agli effetti della disposizione richiamata (art. 37), i�:t quanto � uno 
dei possibili soggetti dell'obbligaziione tributaria, proprio nelle ipotesi di 
irregolarit� del trasporto e di merce mancante. 

Sulla base delle suddette premesse, tutte le argomentazioni del motivo 
di ricorso che si sta esaminando perdono rilievo. Non ha importanza stabilire 
se il vettore (che risponde, ovviamente, dei fatti -escluse le 
conseguenze penali, di cui non si discute -commessi dall'autista dipendente) 
sia un soggetto autonomo e cio� un'impresa diversa dal titolare 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

del carnet TIR, perch� il vettore risponde secondo la legge italiana, in 
relazione alle facilitazioni accordate dalla convenzione internazionale richiamata 
dall'art. 126. Non ha neppure importanza, per la stessa ragione, 
che riJ. vettore non si identifichi col soggetto passivo dell'obbligazione trilbutaria, 
inteso :nel senso di cui agli artt. 38 e 56 T.U. 

� poi del tutto estranea alla presente causa fa tematica del fatto 
del terzo confJ.gurabile come � forza maggiore � nei confronti del titolare 
del carnet TIR e del suo garante, perch� questo ultimo garantisce anche 
gli obblighi doganali del vettore, ai sensi delle disposizioni interne espressamente 
richiamate dall',art. 6/1 deHa Convenzione TIR e quindi il requisito 
della forza maggiore deve accertarsi nei confronti del vettore stesso. 
Ed � evidente che non pu� qualificarsi �forza maggiore�, per la contraddizione 
che non lo consente, un fatto colposo di cui deve rispondere il 
vettore. Il problema potrebbe porsi, con riguardo a fatti attribuibili a 
terzi del tutto estranei al sistema dei vincoli doganali (per esempio, il 
conducente di un veicolo diverso, scontratosi con quello che trasportava 
la merce de qua), ma poich� � estraneo alla presente causa, non si deve 
affrontare. 

L'unico punto da chiarire � che (come ha osservato gi� la Corte di 
appello) la Jegge italiana soocisce una posizione pi� favorevole di queHa 
derivante dalla ccmventlone internazionale, perch� accanto all'ipotesi di 
forza maggiore prevede 1mche quella della � colpa non grave � del soggetto 
passivo (oltrech� di terzi, ipotesi quest'ultima che non ha rilievo 
concreto nella presente causa). Ma la Corte d'appello, con pronuncia che 
non � stata censurata pertinentemente (se non col richiamo all'inconferente 
preteso principio delJa equivalenza fra forza maggiore e fiatto 
imprevedibile del terzo) ha accertato che l'autista (del cui comportamento 
risponde il vettore debitore dell'imposta ex art. 1228 e.e.) ha percorso a 
vdocit� eccessiva i tornanti della strada, cos� da provocare la fuoruscita 
dell'automezzo (e la conseguente distruzione della merce) ed � stato 
assoggettato a contravvenzione aHe norme del cod. stradale per tale comportamento, 
correttamente qualificato di colpa grave e quindi escluso 
dal novero delle ipotesi dell'art. 37 del T.U. 

Conc1udendo: la distruzione della merce (anche se non voluta dal 
partecipante al trasporto) � tuttavia dipesa, per il principio della causalit� 
diretta e immediata, da un comportamento colposo di un soggetto 
che rientra fra i soggetti obbligati al pagamento dell'imposta in quanto 
non si sfugge all'alternativa posta dagli artt. 38 e 56, da un lato, e 126, 
dall'altro. Invero, risponde al principio di causalit� 1sancito dagli artt. 40 
e 41 c.p., valido anche in altri campi del diritto, che in un incidente che 
coinvolge un mezzo di trasporto si considerino conseguenze dell'azione 
od omissione colposa che ha provocato l'incidente stesso non solo gli 
eventi dannosi riguardanti il mezzo di trasporto in s�, ma anche (le persone 
e) le cose trasportate, secondo un pr,incipio costanteme;nte applicato 


550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nell'infortunistica stradale. E pertanto, fa distruzione della merce non � 
dovuta a force majeure, secondo la legge italiana, alla quale rinVia, 
anche in queste;> caso, fa convenzione (Cass. n. 2947 del 1984, cit.). Si tratta 
invece di una irregolarit� verificatasi nel corso del trasporto, che rende 
il vettore responsabile del pagamento dei diritti doganali gravanti sulla 
merce mancante (art. 126, 5� comma del T.U. del 1973) e fa scattare 
pertanto la esigibilit� del debito stesso, secondo la convenzione internazionale, 
a carico del gairante del vettore. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1986, n. 4655 -Pres. Bologna Est. 
Di Salvo � P. M. Tr�idico (conf.). � Montorsi (avv. Turchi) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Laporta). 

Tributi in genere � Dichiarazione � Condono � Natura negoziale � Effetti. 

(d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 10). 
La domanda di condono, bench� produca effetti rigidamente disci� 
plinati dalla legge e sottratti alla disponibilit� del dichiarante, � atto 
negoziale, espressione della libera volont� del contribuente, la cui interpretazione 
si sottrae al sindacato di legittimit� (1). 

(omissis) I.I ricorso � infondato. Costituisce, infatti, ius receptum nella 
giul'isprudenza di questo supremo Collegio che l'interpretazione della 
volont� espressa dalle parti negli atti negoziali � compito esclusivo del 
giudice �di merito e che essa si sottrae -ove sia stata condotta, come 
nella futtispecie, secondo corretti criteri er.rneneutici e con motivazione 
adeguata sotto il profilo logico-giuridico -al sindacato di legittimit�. 
La domaru:la di condono � certamente un atto negoziale, espressione della 
Jibera volont� del contribuente che la formula dopo averne valutato la 
convenienm; gli effetti della dichiarazione di tale volont� sono per� 
sottratti alla sua disponibilit� perch� �Sono disciplinati direttamente 
dalla legge e, nel caso di specie, dal d.l. 5 novembre 1973 n. 660, come 
modifiicato dalla Jegge di conversione 19 dicembre 1973 n. 823. Questo 
provvedimento normativo ha adottato il criterio de11a definizione automatica 
delle pendenze tributarie al fine di pervenire alla sollecita defini� 
zione delle controversie. Tale sistema comporta l'applicazione dei rigidi 

(1) Degna di nota � l'affermazione della natura negoziale della domanda 
di condono e la conciliabilit� di tale natura con la indisponibilit� dei suoi effetti. 
Il principio � interessante anche per la definizione della natura della 
dichiarazione. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA SSl 

criteri fissati dal provvedimento legislativo per Ja liquidazione dell'imponibile, 
escludendo qualisiasi discrezionalit� del fisco, che, per volont� 
della legge ha rinunziato ad esigere i tributi secondo i consueti criteri stabiliti 
dal sistema tributario e dahle singole Jeggi d'imposta. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1986, n. 4740 -Pres. Sandulli � 
Est. Borruso -P. M. Iannelli (conf.). -Calzavacca (avv. Romanelli) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). 
Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Requisiti -Comunica� 
zioni essenziali -Sufficienza -Richiamo a verbale della polizia tribu� 
tarla -Legittimit�. 

La motivazione richiesta per l'accertamento tributario non � assimilabile 
a quella prevista per la sentenza ma piuttosto a quella necessaria per 
la citazione; � pertanto sufficientemente motivato l'accertamento che, 
anche con richiamo ai verbali della polizia tributaria conosciuti o conoscibili, 
faccia conoscere al soggetto passivo gli elementi essP-nziali della 
pretesa ponendolo nella condizione di esercitare la sua difesa (1). 

(omissis) Col primo motivo di ricorso, la contribuente farmenta la 
violazione degli artt. 37, 39 e 42 (2� comma) del d.P.R. n. 600 del 1973, in 
quanto ,l'avviso d'accertamento de quo avrebbe dovuto essere dichiarato 
nullo, lllOn essendo dato alla contribuente di comprendere, dalla sua motiVlazi.
one, l'iter attraverso cui si era pervenuti a determinare il reddito in 

L. 42.537.000 e non potendo, d'altra parte, il richiamo al processo verbale 
servire a colmare la lacuna della motivazione, mancando esso stesso 
degli elementi necessru:ii r-ichiesti dalle norme sopraindicate. 
Il motivo � .infondato per le segueinti due ,mgioni: 

1) Invero, come � stato gi� ripetutamente affermato da questa 
Corte (vedi da ultimo sentenze n. 2122 del 1983 e 3898 del 1980), J'avviso 
d'accertamento, anche dopo la riforma tributaria degli anni 1972-73, 
conserva il. carattere di provocatio ad opponendum, �sicch� soddisfa l'obbligo 
della motivazione quando il contribuente � posto mgrado di conoscere 
la pretesa tributaria in tutti i suoi elementi essenziali e, quindi, di 
contestare efficacemente l'an e il quantum debeatur. La motivazione 
richiesta per .tale avviso non corrisponde, dunque, a quella prescritta per 

(1) La sentenza, pur rifacendosi ad un orientamento costante (da ultimo 
Cass. 11 luglio 1985 n. 4129 e 7 giugno 1985 n. 3400, Foro lt. 1985, I, 2582 e 2610) 
pone in luce la rilevanza dell'accertamento come atto processuale. Da ci� si 
intravedono interessanti sviluppi sia sulla integrazione e perfezionamento della 
motivazione sotto il profilo della causa petendi (fermo rimanendo il petitum) 
sia sulla non necessit� della motivazione. in punto di diritto (iura novit curia). 
�r��---,.,.,...,.,.,,.,._.,,.,.,.,.,,.....,,.,._.,.,..,..,..,..,.,..,.,.,..,..,.,..,...,.,...,.,..-,,..,.,..,.,._.,.,.,.,.,.,.,.,....��.-r.-.�.�.�.�.�r.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�-�.�.�.�.�:�;�.' �.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.-.-.�.� .�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�:.�.�.�.-.�.�.�:.�:.�.�.�.�:.�:.�.�:.�.�.�.; 
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552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la sentenza dall'art. 132 n. 4 c.p.c. presentando, invece, analogia, per il 
suindicato carattere, con le ragioni della domanda da espor.re nella citazione 
ai sensi dell'art. 163 n. 4 c.p.c. 

Conseguentemente, in riferimento alla fattispecie, tenuto conto che 
nell'avviso d'accertamento de quo erano chiaramente specificati -come 
� pacifico -i dati dichiarati dal contribuente e rettificati dall'Ufficio, il 
fatto che la motivazione adottata nel predetto avviso per giustificare [e 
ragioni e la misura della rettifica apportata fosse incomprensibile o illogica 
o insufficiente non comporta affatto la :nullit� del predetto avv�iso, 
proprio perch� consente al contribuente di far valere, �ll.1 sede di opposizione 
avanti alle commissioni tributarie, i pretesi vizii �dell'accertamento, 
di instaurare su di essi il contraddittorio con la Finanza, e, ove detti vizi 
risultino effettivi, di ottenerne il riconoscimento, ottenendo cos� s� l'annullamento 
(o il ridimensionamento) della rettifica eseguita, ma non gi� 
per motivi di forma, bens� di valutazione nel merito di essa. 

2) L'avviso d'accertamento deve ritenersi sufficientemente motivato 
qualora, pur senza una apposita enunciazione delle ragioni giustificative 
del superamento della presunzione di veridicit� delle scritture contabili 
prodotte dal contribuente, richiami, a tal fine, i verbali redatti in sede 
di verifica, dalla polizfa tributaria, conosciuti o conoscibili da;! contribuente, 
s� da por.lo sicuramente in grado di apprendere gli elementi 
essenziali della pretesa fiscale al fine di una efficace contestazione (cfr. 
in tal senso Cass. sent. n. 1503 del 1980). E che, nella specie, J.a contribuente 
avesse gi� perfetta conoscenza del verbale redatto dalla Guardia 
di Finanza richiamato nell'avviso d'accertamento notificatole � ampiamente 
dimostrato nella decisione impugnata della Commissione Centrale 
ove, infatti, si pone bene dn rilievo che la contribuente si era sempre 
potuta difendere controdeducendo su tutti i punti di quel verbale ritenuti 
rilevanti e contestando cos�, con piena cognizione di causa, le ragioni 
implicitamente addotte dall'uffkio delle Imposte a sostegno della rettifica 
operata con l'avviso d'accertamento. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1986 n. 4741 -Pres. Santosuosso 
-Est. Senofonte -P. M. Morozzo de1la Rocca (conf.) -Unioncamere 
(avv. Pesce) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiumara). 

Tributi in genere � Contenzioso tributario -Termini di decadenza � Irretrattabilit� 
del provvedimento -Contestazione dell'esistenza del 
potere impositivo � Presupposti di ammissibilit�. 

(d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, .art. 82). 
L'infruttuoso decorso del termine stabilito dalla legge per impugnare 
il provvedimento dell'ufficio (nella specie ingiunzione doganale) rende 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 553 

definitivo e irretrattabile l'accertamento dell'obbligazione tributaria,� l'irretrattabilit� 
dell'atto non pregiudica la proponibilit� dell'azione diretta 
a contestare l'esistenza del potere impositivo ma soltanto ove la contestazione 
riguardi in astratto e in via generale l;esistenza della norma istitutiva 
del tributo, non gi� l'identificazione dei presupposti operata in concreto 
e nel singolo caso con il provvedimento (1). 

(omissis) Il ricorso non � fondato. 

� acquisito alla giurisprudenza di legittimit� che il'infruttuoso decorso 
del termine prevJsto dall'art. 82 d.P.R. n. 43/1973 per proporre opposizione 
all'ingiunzione doganale preclude al contribuente ~a possibilit� di contestare 
la pretesa tri!butaria e rende, quindi, definitivo e irretrattabile l'accertamento 
contenuto nell'ingiunzione non (o tardJvamente) opposta 
(Cass. 856/1981, 4640/1977, 3561 e 1099/1974, 143/1972 e altre risalenti pro


-nunce tutte conformi, v. anche Cass. 43/1981). 

Questo orientamento la ricorrente dichiara di condividere, . in linea 
di principio, ma ne propone un'interpretazione riduttiva, allegando che 
esso non aderisce all'ipotesi in cui non si discute dell'applicazione di una 

o di un'altra aliquota, ma dell'esistenza stessa del potere impositivo. 
La tesi contiene un nucleo di verit�, ma non pu� essere nella sua assolutezza 
accolta ed esige, pertanto, adeguati chiarimenti, in esito ai quali 
risulter�, con riferimento al caso concreto, priva di fondamento. 

Questa Corte ha, s�, pi� volte affermato che i termini di deoadenza 
propri del contenzioso tributario non si applicano nelle controversie in 
cui si contesti in radice l'esistenza del potere impositivo (poich� esse solo 
apparentemente sono di natura tributaria, essendo soltanto apparente la 
potest� nell'esercizio della quale il tributo � stato imposto, e non sono, 
perci�, idonee ad evocare la disciplina del procedimento fiscale); ma ha, 
altres�, precisato che talJ sono unicamente le controversie nelle quali si 
neghi l'esistenza del potere di imposizione in astratto e nei confronti della 
generalit� dei cittadini, in quanto non previsto dalla legge. Se la controversia 
ha, invece, per oggetto non la titolarit� astratta del potere cli cui 

(1) Giurisprudenza costante, riaffermata anche sotto il profilo della improspettabilit� 
di un indebito oggettivo come azione sostitutiva della domanda di 
rimborso. In ogni caso i termini, le forme e le competenze stabilite dalle 
norme particolari vanno osservate. Di inesistenza del potere pu� parlarsi non 
solo quando la contestazione sia posta in termini astratti per l'universalit� 
dei soggetti e senza alcun riferimento a situazioni specifiche, ma altres� quando 
il potere di imposizione sia assolutamente inesistente per totale difetto della 
norma; non � quindi sufficiente il discutere, sia pure in astratto, dell'interpreta� 
zione della norma (ad es. della ampiezza di una norma di agevolazione) perch� 
in tal caso la controversia verte all'interno di un potere di imposizione. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

trattasi, ma Ja sussistenza in concreto dei suoi presupposti e non se ne 
contesti, quindi, nel caso singolo, la fonte ma solo l'esercizio, la fattispecie 
ricade nell'orbita del processo tributar.io e tornano, dunque, applicabili 
i relativi termini di decadenza. Con la conseguenza che la loro inosservanza 
cristallizza definitivamente iJ debito d'imposta (da ultimo, Cass. 
4782/1981, in motivazione. Per fa giurisprudenza meno recente, v. Cass. 
3823/1969, 1298/1966, 1500/1965, nonch�, per una particolare applicazione 
del principio, Cass. 1544/1982). 

Vuol dire che, laddove l'accertamento sconta la comispondenza tra 
fattispecie astratta e fattispecie concreta, nel senso che assume realizzata 
nella situazione data, la .rappresentazione normativa, e questa realizzazione 
si contesta, non perch� l'accertamento, cos� come strutturato, 
diver~ dalla previsione lega!le (come quando, ad esempio, proponga un 
presupposto d'imposta non contemplato dalla fogge ovvero esiga, paradossalmente, 
il pagamento di un tr.ibuto non previsto dall'ordinamento in 
vigore), ma perch� suppone accaduti, contrariamente al vero, fatti astrattamente 
idonei ad integrare la fattispecie tributaria (o, come qui si deduce, 
non acoaduti fatti esentativi), viene in discussione non gi� il potere di imposizione 
in astratto, ma la sua spettanza (o, se si vuole, il suo esercizio) 
nel caso concreto, poich�, nell'ipotesi considerata, la divergenza sussiste 
non tra l'accertamento e la norma impositiva (da esso presupposta), ma 
tra l'accertamento e una specifica realt� storica dall'ufficio impositore 
affermata (o non appresa) e dal contribuente, .invece, negata (o asserita), 
con la conseguente attrazione della Hte nel modulo procedimentale proprio 
delle controversie tributarie. 

Al:la stregua di questo indirizzo, fatto proprio, ne1la specie, dalla Corte 
di appello e che qui si conferma, il ricorso non pu� ritenersi fondato, propr.
io perch�, non essendo in discussione la sussistenza del potere impositivo 
in astratto, l'Unioncamere avrebbe dovuto far valere le sue ragioni 
proponendo l'oppos>izione nel termine perentorio previsto dall'art. 82 pi� 
volte citato, per effetto della cui inosservanza la pretesa fiscale si � 
definitivamente consolidata, rendendo inammissibile l'opposizione tardivamente 
proposta, come correttamente statuito dal giudice del merito. 
(omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 luglio 1986, n. 4899 -Pres. Bologna ~ 

Est. Di Salvo -P. M. Tridico (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 

Stato Zotta) c. Soc. CREA (avv. Picciaredda). 

Tributi in genere � Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado Caratteri. 


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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 555 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado -Ac� 
certamento del fatto -Limiti -Indagini dirette -Esclusione. 

Oggetto del giudizio di terzo grado del nuovo processo tributario 
(identico nei due mezzi di impugnazione alternativamente proponibili) 
�, non diversamente dal precedente sistema, ogni questione, anche di 
fatto, da ricomprendere nel tradizionale concetto di estimazione complessa 
(1). 

Il giudice di terzo grado non ha poteri di indagine su elementi tecnici 

o di esperienza locale; e in particolare per stabilire se una determinata 
unit� immobiliare sia destinata ad uso abitativo, non pu� direttamente 
effettuare indagini, ma deve necessariamente rifarsi a quanto accertato 
dalla commissione di secondo grado (2). 
(omissis) L'Amministrazione ricorrente con l'unico motivo deduce 
omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia 
(art. 365 n. 5 c.p.c.). 

Partendo dalla premessa che i princ�pi di diritto affermati dalla Commissione 
Centrale Tr.ibutaria sono corretti in quanto ai fini della concessione 
del beneficio fiscale previsto dalla legge 2 febbraio 1967, n. 1212, ci� 
che conta esclusivamente � la destinazione originaria della costruzione, 
mentre non rileva la eventuale occasionale destinazione di parte dei 
focali ad uso diverso purch� non vi sia stata trasformazione della struttura 
della costruzione, l'Amministrazione ricorrente sostiene che l'errore 
della Commissione Centrale sta nell'aver affermato apoditticamente che 
�risulta con certezza che l'edificio era costruito per uso abitazione�. 
Affermazione della quale non avrebbe dato dimostrazione e che sarebbe 
in contrasto con le allegazioni de1l'Ufficio Finanziario. 

Poich� l'Amministrazione rico:rirente denunzia il vizio di omessa motivazione 
occorre precisare che i vizi di motivazione omessa, insuffi


(1-2) La prima massima, conforme ad un ormai solido orientamento, � notevole 
per l'ampissima riconsiderazione di tutta la problematica; ed � da segnalare 
la netta affermazione, senza riserve, della coincidenza tra estimazione 
semplice e valutazione estimativa. Sull'argomento cfr. Cass. 13 ottobre 1983 

n. 5960; 8 novembre 1984 n. 5643, 12 novembre 1984 n. 5690; 26 gennaio 1985, 
n. 393, in questa Rassegna, 1984, I, 135; 1985, I, 168, 169 e 491. 
Di molto interesse l'argomento della seconda massima, meno elaborato 
nella motivazione ma pur affrontato con decisione. La questione dei poteri 
istruttori del giudice di terzo grado � assai poco studiata. Affermare che ad 
un giudizio di merito naturalmente corrisponde una istruttoria piena � un 
falso assioma; parallelamente ritenere che il giudizio di terzo grado sia di 
merito ma non sul fatto pone altri problemi. La massima sembra da condividere, 
ma su di essa occorre meditare. Sul punto cfr. C. BAFILE, Giudizio di 
merito e giudizio sul fatto nella impugnazione di terzo grado, in Dir. prat. 
Trib., 1983, II, 937. 

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RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

556 

ciente o contraddittoria, denunciabili con ricorso per Cassazione ex art. 360 

n. 5 cod. proc. civ. sussistono solo quando nel ragionamento del giudice 
del merito sia riscontrabile il mancato o il deficiente esame di punti decisivi 
della controversia, prospettati dalle parti o rHevabili d'Ufficio, ovvero 
l'insanabile contrasto tra Je argomentazicxni addotte, tale da non consentire 
l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base 
della decisione. Detti vizi, pertanto, non possono consistere in un apprezzamento 
dei fatti e delle prove i:n senso difforme da quello preteso dalla 
parte, perch� spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti 
del proprio convincimento e all'uopo valutare le prove stesse, controllarne 
l'attendibilit� e la concludenza, scegliere fra le risultanze istruttorie 
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza 
all'uno o all'altro mezzo di prova, salvi i casi tassativamente previsti 
dalla legge. 
Poich� il giudice del merito non � obbligato a discutere tutti i singoli 
elementi prdbatori, potendo scegliere quelli da lui ritenuti, anche impli� 
citamente, pi� attendibili al fine di orientare la (giusta) decisicxne, il mancato 
esame di uno o di alcuni di essi, contrastanti con quelli posti a fondamento 
della pronuncia non costituisce vizio d'omesso esame d'un punto 
decisivo come previsto dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., occorrendo per 
questo che la risultanza processuale non esaminata sia tale da invalidare, 
con giudizio di certezza e non di mera probabilit�, l'efficacia probatoda 
delle altre risultam.ze sulle quali il convincimento del giudice � fondato, 
sicch� la ratio decidendi venga a trovarsi pl'iva di base. 

Nel caso in esame tale vizio non sussiste; La S.p.A. CREA con il controricorso 
ha eccepito che la censura sollevata tenderebbe ad introdurre 
surrettiziamente un giudizio di valutazione estimativa, sottratto come tale 
alla cognizione della Commissione Centrale e di questa Corte. Ha rilevato 
infatti che l'indagine della Commissione Centrale non poteva che avere 
per oggetto l'esame della documentazione probatoria depositata nel corso 
dei precedenti gradi di giudizio e che la stessa non poteva esaminare direttamente 
la destinazione deJle unit� immobiliari ad uffici ovvero ad 

abit~ioni. 

L'esame di tale eccezione impone l'esame dell'ambito di competenza 
attribuito alla Commissione Tributaria Centrale. 
La competenza della Commissione Centrale era individuata, nell'ordinamento 
precedente alla riforma del 1972, dall'art. 45 del r.d. 8 luglio 1937 

n. 1516, mediante rinvfo alle singole leggi d'imposta; la natura di tale 
competenza risultava configurata (allora ncxn diversamente da oggi), 
come competenza �di legittimit��, dall'art. 48 del T.U. 24 agosto 1877 
n. 4021: essa si concretizzava nell'annullamento della decisione con rinvio 
ad altra commissione provinciale, corredato dall'enunci~one del 
pri:ncipio di diritto al quale questa doveva uniformarsi; invero, la competenza 
della Commissione Centrale era limitata alla' decisione dei 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

�ricorsi che riguardino l'applicazione della Jegge �, con espressa esclusione 
della �estimazione delle somme dei redditi imponibili�, perch� 
in tale materia le decisioni delle Commissioni Provinciali erano dichiarate 
definitive. L'unica eccezione era prevista dal successivo art. SO, 
che attribuiva alla commissione centrale il potere di conoscere anche 
delle questioni di estimazione (�esistenza e valutazione�) dei redditi 
derivanti dall'impiego di capitali anche se dal titolo non risultava alcun 
interesse. 

Esulavano, pertanto, dalla competenza del1a Commissione Centrale 
tutte quelle questioni che si risolvevano in base a regole di varie tecniche 
divenute regole della comune esperienza e che involgevano problemi 
relativi all'esistenza ed alle dimensioni del presupposto. La Commis1sione 
Centrale poteva invece conoscere dell'interpretazione dei contratti 
e dei negozi giuridici, in quanto importasse l'applicazione di 
regole di diritto. 

In materia di imposte indirette sugli affari la competenza della 
Commissione Centrale era di secondo grado, limitatamente alle � con� 
trov:ersie relative all'applicazione della legge � decise in primo grado 
dalla Commissione Provinciale; era, invece, esclusa per le � controversie 
che si riferivano alla determinazione del valore � per le quali la decisione 
di secondo grado sulla Comm~ssione Provinciale era dichiarata defini� 
tiva (art. 29, r.dJ. 7 agosto 1936 n. 1639), e, di conseguenza nei loro 
confronti era ammissibile solo il ricorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 
111 Cost. 

L'ambito della competenza della Commissione Centrale (e del giudice 
ordinario) comprendeva, quindi, oltre la violazione di legge, anche le 
questioni di fatto la cui soluzione richiedeva l'applicazione di concetti 
e norme giuridiche; tale tipo di questioni fu definito di � estimazione 
complessa� e contrapposto al concetto � d'�sti:mazione semplice �, il 
quale importava una valutazione estimativa rimessa alla competenza 
esclusiva delle commissioni di merito. 

La distinzione dei giudizi in estimazione semplice e complessa era 

pacificamente accolta anche dalla giurisprudenza secondo la quale costi


tuivano controversie d'estimazione semplice, tutte quelle in cui, al fine 

dell'accertamento della sussistenza, dell'entit� (e quindi della quantit� 

suscettibile di oscillare in astratto da zero all'infinito) e, quindi, della 

natura del reddito imponibile si doveva procedere soltanto alla deter


minazione di dati o di elementi di puro fatto, senza che l'apprezzamento 

dei fatti implicasse la risoluzione di questioni giuridiche attinenti alla 

interpretazione di norme o di negoziati giuridici ovvero alla determina


zione dei criteri di diritto sostanziale o processuale da applicare in 

concreto. 

Costituivano, invece, questioni di estimazione complessa quelle la 

cui decisione implicava la disamina di questioni di diritto, o di fatto e 


558 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di diritto insieme, come quando l'esame della situazione concreta dovesse 
essere condotto mediante interpretazione di una legge, d'un regolamento, 
di un negozio giuridico, allo scopo di stabilire la susistenza o la 
natura del redito o di cercare la causa giuridica del'imposizione (Cass. 
1971 n. 1221). Erano, qundi, questioni di estimazione complessa quelle 
che si risovono in un giudizio di valore, solo o connesso con le 
questioni di fatto che costituivano i presuposti strumentali indispensabli 
per l'applicazione della legge; erano tali il giudizio sui vizi del 
processo di accertamento, sull'appartenenza o meno del reddito ad una 
categoria sottratta al potere di imposizione, sull'individuazione della prescrizione 
applicabile o di una decadenza, nonch� il giudizio diretto a controllare 
la motivazione di una dedsi�ne di merito, sempre che il controllo 
si risolvesse, sia pure mediante una valutazione dei fatti divel1Sa 
da quella viziata, nel ripristino del diritto (Cass. 1969 n. 565). 

La competenza di legittimit� della Commissione Centrale era, quindi, 
in base a tali criteri molto pi� ampia della analoga competenza della 
Corte di Cassazione che, secondo '1'art. 360 n. 3 c.p.c., � limitata alla 
� viola21ione o falsa applicazione delle norme di diritto �. La Commissione 
Centrale, infatti, poteva conoscere, oltre che delle questioni di 
legittimit�, anche di questioni di fatto dive11se da quelJe di semplice estimazione. 


Con la riforma del contenzioso .tributario sono state apportate rilevanti 
modifiche in ordine aH'organo innanzi al quale pu6 essere proposto 
ricorso avverso le decisioni delle commissioni di II grado, ma � 
rimasta immutata la natura delle censure formulabili ,in tale sede. Gli 
artt. 25, 26 e 40 del D.P.R. n. 636 del 1972, stabiliscono che il ricorso 
avverso le decisioni deHe commissioni di II grado pu� essere proposto 
in via alternativa, innanzi alla Commissione Centrale, ovvero innanzi alla 
Corte d'Appello nel cui distretto ha sede la Commissione che ha emesso 
la decisione impugnata. In entrambi i casi il ricorso pu� essere proposto 
� per violazioni di legge e per questioni di fatto, esclusa quella relativa 
a valutazione estimativa ed alla misura delle pene pecuniarie �. Il 
decreto delegato ha cos� usato una formula identica per determinare la 
competenza dei due organi competenti a conoscere della impugnazione; 
ha, quindi, unificato ,in una disciplina unitaria le due diverse formule 
contenute nella legge delega (1. 9 ottobre 1971, -.n. 825) il cui art. 10, 

n. 14, stabiliva che il ricorso alla Commissione Centrale doveva essere 
previsto �per soli motivi di legittimit�� e quello innanzi alla Corte� 
d'Appello �con esclusione, in ogni caso, delle questioni di semplice estimazione
�. 
L'adozione da parte del legislatore delegato di un'unica formula per 
determinare la competenza deHa Commissione Centrale e della Corte 
d'Appello, formula che, peraltro, � diversa da que1la tradizionale, h� 
posto due diversi problemi. 



PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA 559 

Il primo attiene alla interpretazione della norma delegante la cui 
corretta attuazione condiziona la legittimit� costituzionale delJe norme 
delegate, ed il secondo attiene alla delimitazione della competenza della 
Commissione Centrale (e della Corte d'Appello) che, secondo taluni, risulterebbe 
allargata rispetto al precedente ordinamento. 

La norma della legge di delega consente, infatti, due diverse interpretazioni. 
Si pu� ritenere: 

a) che essa albbia voluto differenziare la competenza dei due argani 
attribuendo alla Commissione Centrale la sola competenza di legittimit� 
ed alla Corte d'Appello una pi� ampia competenza. In questa 
ipotesi resterebbe da definire se la competenza di legittimit� debba essere 
rigorosamente intesa, e, quindi, limitata a tale profilo, ovvero possano 
esservi ricomprese anche le questioni definite di estimazione complessa; 

b) che essa abbia voluto lasciare al legislatore delegato ampia discrezionalit� 
consentendogli anche di unifica:.re l'ambito della competenza 
dei due organi e ponendo soltanto un limite minimo per la competenza 
della Corte d'Appello (l'esclusione del.le ques.tioni di semplice estimazione 
perch� riservate alle commissioni di I e II grado). 

In questo secondo caso resterebbe da definire l'ambito di discrezionalit� 
concesso al legislatore delegato onde stabilire se esso fosse tale da 
consentire l'estensione della competenza dei due organi, oltre l'estimazione 
complessa, fino ad iincludervi talune fattispecie che, per l'innanzi, erano 
state ricomprese nel concetto di estimazione semplice, quali le questioni 
inerenti alla esistenza del cespite imponibile ed, in genere, del presupposto 
tributario, nonch� della classificazione o della natura del reddito 
e della sua titolarit�. 

La soluzione accolta dal decreto delegato il quale, come si � detto, 
ha attribuito alla Commissione Centrale ed alla Corte d'Appello la stessa 
competenza, � quella prospettata nella seconda delle predette alternative; 
nel senso, cio�, che la determinazione della competenza della� Corte 
d'Appello mediante l'esclusione delJe questioni di semplice estimazione, 
altro non � che l'indicazione di un limite minimo oltre il quale� il. legislatore 
delegato ha anche la facolt� discrezionale di determinare la �competenza 
di tale organo. 

La relazione ministeriale alla Commissione Parlamentare ha affermato 
che la semplice estimazione comprende, sia le questioni estimative 
in senso stretto, che quelle di fatto non estimative,. ma tuttavia 
risolvibili in via empirica, sicch� le questioni di legittimit� coincidono 
con quelle non estimative ma di pi� impegnativa soluzione. 

Pi� problematica � stata invece, la Commissione Parlamentare, la 
quale, dopo essersi prospettate le varie possibili interpretazioni della 
legge di delega, ha accolto la tesi suggerita dal governo soltanto perch� 
pi� semplice ed idonea ad evitare altre difficolt� nell'attuazione. 



560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La soluzione prescelta dal Jegislatore delegato, dopo essersi posto 
la problematica innanzi esposta, � stata sottoposta all'esame della Corte 
Costituzionale che ha dichiarato inammissibili le questioni relative con 
sentenza 3 agosto 1976 n. 215. Questa sentenza non ha, tuttavia, esaminato 
ex professo 1a questione, in quanto ,l'ha ritenuta assorbita dall'esame 
preliminare compiuto e conclusosi con il :riconoscimento della legittimit� 
costituzionale dell'esistenza stessa de1le Commissioni Tributarie. 

La Corte di Cassazione ha, poi con sentenza 22 novembre 1977 n. 5086 
dichiarato manifestamente infondata la questione concernente la violazione 
dell'art. 76 Cost. proposta sotto il profilo dell'eccesso della delega � 
conferita con l'art. 10 n. 14 della legge n. 625 del 1971, perch� l'art. 26 
del decreto delegato aveva ampliato la competenza della Commissione 
Centrale Tributaria e della Corte d'Appello rispetto al limite imposto 
dalla legge delega. La sentenza ha, infatti, rilevato che � la normativa 
delegata� si � attenuta al criterio di discriminazione tra la competenza 
piena deHe commissioni tributarie di I e II grado e quella limitata dci 
due organi (Commissione Centrale e Corte d'Appello) di terza istanza, 
dettato dal legislatore delegante, con la disposta sottrazione a questi 
due ultimi organi delle questioni di estimazione semplice, nella pi� 
ampia accezione di questo termine; comprensive cio� non solo delle questioni 
di fatto attinenti al quantum dell'imponibile, ma anche di quelle 
relative al presupposto dell'imposta �. 

E con pi� specifico riferimento alla questione concernente l'inosservanza 
dei limiti di competenza dei due organi, cos� come indicata nel['
art. 10, n. 14, ha rilevato che � in base al criterio di logica ermeneutica 
per cui il significato dell'aTt. 10, n. 14, della legge delegante deve essere 
ricercato con riferimento al sistema normativo ed alla correlativa elaborazione 
giurisdizionale, risulta che il legislatore delegante ha sostanzialmente 
recepito nel citato art. 10, n. 14, i capisaldi dell'interpretazione 
giurisprudenziale della precedente nOTmativa in ordine alla competenza 
della Commissione Centrale e dell'a.g.o., estesa, anche a tutte le questioni 
di fatto, escluse quelle di estimazione semplice e che, pertanto, la normativa 
delegata � in linea con i criteri della delega quando attribuisce 
uguale competenza ai suddetti organi ed estende quella della Commissione 
Centrale alle questioni di fatto non attinenti all'estimazione �. 

Alla Commissione Centrale � stata, quindi, attribuita quella mede


sima competenza sulle questioni di estimazione complessa che spetta ai 

giudici di merito. 

La Commissione Tributaria Centrale pu�, quindi, esaminare se gli 

elementi di fatto e di diritto che risultano dagli atti del procedimento e 

che sono riconosciuti dalle parti (quali, la ubicazione, le strutture e 

l'entit� del fabbricato e delle singole unit� immobiliari, nonch� la clas


sificazione catastale e i contratti di locazione stipulati) legittimano o 

meno, nella il.oro connessione, quali suoi presupposti, l'applicazione della 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

richiesta �senzione dall'imposta fabbricati in quanto corrispondono alla 
legge i criteri utilizzati per la conseguente complessiva valutazione che 
viene effettuata mediante la soluzione di questioni di diritto e senza 
indagini di stima quantitativa. 

Nella sua competenza rientra, in particolare, la cognizione dei fatti 
che si presentano come indispensabili e strumentalmente necessari per 
la corretta applicazione della norma tributaria e quindi del criter.io legale 
di accertamento (Oass. 1978 n. 4195). 

Con specifico riferimento al1a questione di cui trattasi questa Corte 
ha gi� ritenuto che, mentre rientra nei lima.ti dei poteri cognitivi della 
Commissione Centrale l'esaminare, se determinati elementi di fatto o 
di diritto costituiscono o meno legittimi presupposti ili operativit� dell'esenzione 
venticinquennale dall'imposta sui fabbricati con riguardo ad un 
determinato edificio, quando ci� non comporta. alcuna stima quantitativa, 
esula, invece da tale competenza ogni indagine su elementi tecnici 

o di esperienza locale, quali sono l'accertamento se determinate unit� 
immobiliari sono destinate ad uffici o ad abitazione nonch� l'individuazione 
della il.oro struttura la quale, oggettivamente considerata, .deve essere 
funzionale all'uso abitativo (Cass. 1978 n. 4195). 
Nel caso in esame il giudizio della Commissione Centrale era stato 
sollecitato, in ordine al iliritto del contribuente ad usufruire, ai sensi 
dell'art. 2 della L. 2 febbraio 1967 n. �212, dell'esenzione dall'imposta sui 
fabbricati con riferimento ad un edificio del quale si contestava la prevalente 
destinazione ad uso abitativo. 

La Commissione Centrale, quinili, non poteva direttamente effettuare 
tali indagini ma doveva necessariamente riferirsi all'accertamento effettuato 
dalla Commissione di II grado. 

La decisione impugnata avendo un oggetto d'indagine cos� circoscritto 
ha adempiuto all'obbligo di motivare il proprio giudizio. La motivazione, 
anche 1se succinta � sufficiente a sorreggere la decisione impugnata 
in quanto da essa emerge l'iter �argomentativo seguito, il quale � 
immune :da vizi logici e giuridici. 

Quanto al prmdpio di diritto applicato dalla decisione impugnata, 
rileva il Collegio, che essa � pervenuta alla reiezione del ricorso dell'Ufficio 
affermando che, ai fini del riconoscimento del diritto all'esenzione, 
� rilevante esclusivamente la destinazione originaria della costruzione, 
che, nella specie era ad uso abitativo, e che non era rilevante l'eventuale 
occasionale utilizzazione di parte dei focali ad uso diverso senza alcuna 
trasformazione della� struttura della costruzione. 

Tale principio � conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo 
cui � ai fini particolari delle leggi in materia ed alle loro espressioni 
formali, il criterio da seguirsi, per stabilire se un immobile urbano 
abbia o no, ai fini dell'esenzione, in questione, i caratteri propri della 
casa di civile abitazione � quello della sua normale destinazione risul



562 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tante dalla intrinseca attitudine ad ospitare nuclei familiari e non quello 
dell'uso oui esso venga effettivamente adibito il quale pu� non coincidere 
con la normale destinazione (Cass. 1982, n. 2336; Cass. 1980, n. 2417; Cass. 
1973, n. 1324). 

L'Amministrazione ricorrente sostiene che il beneficio dell'esenzione 
era stato legittimamente revocato dopo essere stato concesso perch� la 
prevalente destinazione ad uffici risultava dalla licenza edilizia e dalla 
classificazione in A/10 in C/1 ed in C/2 malgrado l'edificio foss~ stato 
denunciato come destinato ad abitazione. 

L'obiezione non � per� decisiva in quanto, come si � gi� avvertito, 
l'esenzione di cui trattasi spetta al contribuente quando l'edificio o 
parte di esso, per la sua intrinseca struttura abbia l'attitudine ad ospitare 
nuolei familiari W: momento dell'ultimazione. 

La classificazione catastale, cos� come ogni altro atto amministrativo,. 
non � idonea ad escludere l'esistenza di tali requisiti anche se essa viene 
effettuata in contraddittodo degli interessati mediante accertamento sulle 
singole parti del fabbricato; essa, in ogni caso, rappresenta solo un elemento 
concorrente, e se isolatamente considerato insufficiente a fondare 
un giudizio, essendo necessario il riferimento alla oggettiva struttura 
dell'immobile. (Cass. 1980 :n. 2417) (omissis) 

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SEZIONE SETTIJMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 21 gennaio 1986, n. 2 � Pres. Pratis � 
Rei. Noccelli -Bianco ed altri (avv. Biondo) c. Cassa Mezzogiorno e 
Prefetto Messina (avv. Stato Onufrio) nonch� Raggrupp. Imprese 
Lodigiani CIMI (avv. Silvestri). 

Opere pubbliche � Opere pubbliche stata:li -Compatibilit� urbanistica � 
Intes� con la Regione � Emanazione successiva all'approvazione del 
progetto esecutivo -Ammissibilit�. 

(d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 83; legge reg. Sicilia 11 aprile 1981, n. 65, art. 6). 
Opere pubbliche � Efficacia triennale della dichiarazione di p.u. � Inizio 
delle opere -Decreto occupazione d'urgenza � Idoneit�. 
(legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 1); 

Sicilia � Opere d'interesse nazionale -Espropriazione per p.u. � Com� 
petenza. 

(d.P.R. 1� luglio 1977, n. 683, art. 3). 
La intesa richiesta dall'art. 81 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (e dall'articolo 
6 legge reg. Sicilia 11 aprile 1981 n. 65) ai fini dell'accertamento 
della conformit� delle opere statali alle prescrizioni dei piani urbanistici 
ed edilizi non � requisito di legittimit� dell'approvazione del progetto 
(avente efficacia di dichiarazione di p.u. nonch� di urgenza ed indifferibilit�) 
e pu�, quindi, intervenire success�vamente a tale atto con effetto 
sanante della irregolarit� procedurale (1). 

La tempestiva emanazione del decreto d'occupazione d'urgenza � idonea 
ad impedire la cessazione degli effetti della dichiarazione di p.u. 
comminata, dall'art. 1 'legge 3 gennaio 1978, n. 1, relativamente alle opere 
che non abbiano avuto inizio nel triennio dall'approvazione del progetto. 

Spettano agli organi dello Stato le funzioni amministrative inerenti 
alle procedure espropriative preordinate alla realizzazione, in Sicilia, 

(1) T.A.R. Lazio, I, 29 ottobre 1984, n. 977, alla quale si richiama la sentenza 
in rassegna, pu� leggersi in Foro it. 1985, Ili, 362. 
Il richiamo alla norma del decreto 616/1977 si spiega in ragione dell'anteriorit� 
della impugnata delibera d'approvazione del progetto della legge reg. 11 
aprile 1981 n. 65, il cui art. 6 attribuisce -peraltro -all'assessorato regionale 
la competenza all'accertamento della conformit� delle opere statali agli stru� 
menti urbanistici. 



564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle opere annoverabili tra quelle d'interesse nazionale (quale, nella specie, 
un acquedotto incluso tra i progetti speciali della Cassa per il Mezzogiorno). 


I due ricorsi, oggettivamente connessi, possono essere riuniti e decisi 
con una sola pronuncia. 

Con il primo motivo, deducendosi la violazione e falsa applicazione 
delle norme disciplinanti le procedure espropriative preordinate alla esecuzione 
di opere pubbliche statali, nonch� l'eccesso di potere per travisamento 
dei fatti, si assume illegittima l'impugnata delibera del Consiglio 
di Amministrazione della CASMEZ perch� questa, approvando il 
progetto esecutivo dei lavori relativi all'acquedotto � Fiumefreddo �, non 
.sarebbe stata preceduta dal parere di conformit� alle prescrizioni urbanistiche, 
parere che avrebbe dovuto essere reso dal Ministero dei LL.PP. 
(motivo del ricorso Bianco) previa �intesa� con la Regione (motivo 
comune ad entrambi i ricorsi). 

Il Tribunale osserva che l'opera de qua, rientrante tra i progetti speciali 
di oui all'art. 47 del T.U. n. 218/78, � non soltanto da qualificare 
opera statale ad ogni effetto, ma � anche soggetta a una specifica disciplina 
che demanda all'esclusiva competenza della Cassa per il Mezzogiorno 
l'approvazione del relativo progetto esecutivo (art. 135 T.U. n. 2 
218/78). 

Ai fini della valutazione della compatibilit� urbanistica dell'opera, 
vengono q.indi in rilievo le disposizioni dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/77, 
secondo cui, in sede di approvazione del progetto esecutivo da parte 
della competente Amministrazione statale � necessario acquisire il parere 
della Regione �interessata� (2� comma), la quale a sua volta � tenuta 
a consultare gli enti territoriali minori qualora fa localizzazione dell'opera 
sia difforme dalle prescrizioni e dai vincoli di piano (3� comma). La 
giurisprudenza intende l'atto di adesione dell'Autorit� regionale come 
manifestazione di semplice giudizio (sub specie.di �nulla osta�) circa 
la non incompatibilit� dell'opera progettata con lo strumento urbanistico 
vigente, e ne ammette quindi l'emanazione successivamente al provvedimento 
di approvazione del progetto esecutivo, equivalente ex lege 
a dichiarazione di pubblica utilit� nonch� di urgenza e indifferibilit� 
dell'opera (cfr., di recente, TAR Lazio 29-10-84 n. 977). 

Tale configurazione del procedimento trova riscontro anche testuale, 

per Ja Regione Sicilia, nel disposto dell'art. 6 della legge reg. 11 aprile 

1981 n. 65, che attribuis�e all'assessore regionale il compito di apporre 

un � visto di conformit� � al progetto approvato dalla competente Auto


rit� statale e, ove tale visto :non sia previamente rilasciato, prescrive che 

l'assessore disponga la sospensione dei lavori �0in pendenza della regola


rizzazione della pratica amministrativa�. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

La Jocuzione legislativa, come il Tribunale ha gi� avuto occasione 
di rilevare, proprio in 11iferimento agli atti qui impugnati, all'esito di 
un giudizio promosso da altri proprietari espropriandi (cfr. sentenza n. 63 
del 13 settembre 1985), non lascia adito a dubbi circa la voluntas legis di 
escludere la configurabilit� dell'atto regionale di accertamento o di autorizzazione 
quale requisito di .legittimit� del provvedimento di approvazione 
del progetto esecutivo, e di ravvisarvi invece un semplice ;presupposto 
di liceit� dell'attivit� materiale di esecuzione. 

Nel caso in esame, il � nulla osta � regionale risulta rilasciato in data 
11 ottobre 1983 -come affermato in questo giudizio dalla resistente Am� 
ministrazione, e secondo quanto emerge, comunque dal.I~ citata decisione 
del Tribunale n. 63 del 13 settembre 1985 -, .sicch� � da ritenere 
che, sanata ex post la irregolarit� formale del procedimento, questo sia, 
allo stato, immune dal vizio denunciato con il primo motivo dei ricorsi 
in esame. 

Con il secondo mezzo si deduce la illegittimit� della delibera n. 3034/PI 
del 29 luglio 1982 (con la quale il Consiglio di amministrazione della 
CASMEZ ebbe ad approvare fa trattativa per l'affidamento dei lavori al 
raggruppamento di imprese Lodigiani-Cimi-Montursi) sia per vizio derivato 
dalla .illegittimit� della presupposta dichiarazione di pulhblica uti� 
lit� dell'opera, sia, in via autonoma, per !"intervenuta cessazione dell'ef� 
ficacia di .tale dichiarazione, conseguente al fatto che l'immissione in pos� 
sesso delle imprese appaltatrici sarebbe avvenuta oltre tre anni dopo 
la data di adozione della delibera approvativa del progetto (art. 1, com� 
ma 3�, della legge 3 gennaio 1978, n. 1). 

I.I motivo � privo di fondamento in entrambi i profili sotto i quali 
� prospettato. 
Non � fondato sotto il primo profilo, perch� manca -come sopra 
si � visto -la illegittimit� dell'atto presupposto (approvazione del pro� 
getto, equivalente ex lege a dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera); 
e non lo � neppure sotto il secondo, perch� il provvedimento impugnato 
si identifica con la delibera di affidamento dei lavori, che risulta adot� 
tata entro il triennio di efficacia d~lla dichiarazione di pubblica utilit�, 
onde non pu� postularsene la illegittimit� in ragione di un evento (scadenza 
degli effetti della prima delibera di approvazione del progetto) 
ancora da venire e che potrebbe, semmai, rendere illeciti (non illegittimi) 
i successivi atti esecutivi della procedura espropriativa. � da rile� 
vare, comunque, che �inizio di esecuzione dell'opera�, ai sensi e per gli 
effetti propr�i di cui al citato art. l, comma 3�, della legge 1/78, deve 
intendersi anche il decreto prefettizio autorizzante l'occupazione dei fondi, 
e nella specie i due decreti contestati sono stati emessi (rispettivamente, 
in data 4 e 9 marzo 1983) sicuramente prima della scadenza del triennio 
successivo alla delibera di approvazione del progetto de quo, 8 maggio 
1980). Priva di pregio � altres� la censura di incompetenza dedotta coo 


566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il 3� motivo, posto che l'acquedotto di Fiumefreddo, rientrante tra i 
progetti speciali del CASMEZ, � sicuramente da annoverare tra le grandi 
opere di interesse nazionale (Stat. sic. art. 14, lett. G ed I; art. 3 del d.P.R. 
1 luglio 1977, n. 683, con riferimento anche all'art. 6 del r.d. 11 dicembre 
. 1953, n. 1779) con la conseguenza che 1e funzioni espropriative, strumentali 
alla realizzazione di detta opera pubblica, devono intende11si dservate 
alla stessa Autorit� che ha competenza primaria nel settore degli 
interessi sostanziali cui le medesime funzioni ineriscono. In tal senso, 
peraltro, si � gi� espresso il Collegio nella precedente, puntuale decisione 


n. 63 del 13 settembre 1985 1sopra richiamata, n� si scorgono ragioni per 
mutare avviso in questa sede. 
L'altro profilo difensivo prospettato con il motivo in esame � da 
respingere per le stesse considerazioni esposte nella richiamata decisione . 

n. 63/85, essendo evidente che la clausola secondo cui potr� farsi luogo, 
:in un momento successivo, ad aumenti o riduzioni delle superfici da occupare, 
non rende incerto l'oggetto del provvedimento, sicuramente identificabile 
in base ai dati catastali, qui non contestati. (omissis). 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 28 novembre 1986, n. 65 -Pres. Sandulli 
-Rel. Taddeucci -Losa (avv. E. Romanelli) c. Ministero finanze 
(avv. Stato Mari). 

Acque -Canoni per antiche ufenze -Prescrizione -Decorrenza. 

(R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 38; cod. civ., art. 2948, n. 4). 
Acque � Canoni demaniali � Prescrizione � Domanda di concessione di 
utenza a sanatoria � Effetti. 
(cod. civ., artt. 2937, 2944). 

Relativamente alle antiche utenze di acque pubbliche, i canoni demaniali 
si prescrivono nel termine quinquennale decorrente dalle singole 
scadenze successive al 1� aprile 1924, indipendentemente dall'epoca dell'intervenuto 
riconoscimento della utenza o dalla pendenza del relativo 
procedimento (1). 

La domanda di concessione a sanatoria, dando luogo all'inizio di un 
nuovo periodo di prescrizione per effetto del riconoscimento del credito 

(1-2) Consolidato il princ1p10 di cui alla prima massima, qualche riserva 
parrebbe formulabile -e proprio in base ai rilievi svolti nella motivazione circa 
il riconoscimento di sola efficacia interruttiva della prescrizione alla 
domanda di concessione a sanatoria, della quale era pur stata ammessa la 
natura d'atto di rinuncia alla prescrizione compiutasi. Sotto tale profilo; la 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 567 

pregresso della P.A., non preclude al debitore d'eccepire l'estinzione del 
diritto al pagamento dei canoni non richiesti prima del compimento del 
nuovo termine prescrizionale (2). 

L'appellante si duole, in primo luogo, dell'interpretazione data dal 
Tribunale regionale al disposto di cui al 1� comma dell'art. _38 della T.U. 

n. 1775 del 1933, nel senso che quella norma postulerebbe il principio 
della sottrazione a prescrizione del credito per canoni demaniali di 
utenza. 
La censura si appalesa meritevole di accoglimento. 

� consolidato insegnamento della Suprema Corte regolatrice che il 
diritto della pubblica amministrazione al pagamento del canone da parte 
del titolare di un'antica utenza di acque pubbliche resta soggetto alla 
prescrizione quinquennafo prevista dall'art. 2948, n. 4, cod. civ., trattandosi 
di prestazioni periodiche dipendenti da una causa debendi a carattere 
continuativo; che detto termine decorre dalle singole scadenze a partire 
da quella successiva al giorno 1� aprile 1924, quali momenti in cui 
�ll diritto medesimo, nato in tal giorno in forza di legge, pu� essere esercitato 
daH'amministrazione (art. 6, r.dl. 25 febbraio 1924, n. 456; art.t. 24 e 
38, r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775); che la decorrenza del termine � insenS�lbile 
sia all'intervenuto riconoscimento amministrativo dell'utenza (il 
quale ha natura di atto di acce!'tamento) sia all'eventuale pendenza del� 
relativo procedimento: cfr. Cass. n. 1401 del 1981; n. 2783, n. 2405, n. 1167 
e n. 1159 del 1980, tra le sentenze pi� recenti. 

Tali principi di diritto sono stati gi� condivisi e seguiti dalla giurisprudenza 
di questo Tribunale Superiore in precedenti occasioni (cfr. sentenze 
n. 1 del 16 gennaio 1982; :n. 19 del 20 settembre 1984) e nella presente 
causa non si ravvisano ragioni per discostarsi da essi. 

L'Amministrazione appellata sostiene che, comunque, la domanda 
di concessione in sanatoria presentata dalla Losa in data 16 marzo 1964, 
allo scopo di usufruire dei benefici per la definizione dei canoni arretrati 
nella misura ridotta (alla decima parte) prevista dal Manifesto 
dell'Intendenza di Finanza di Milano del 14 dicembre 1963, concreterebbe 
una i:nequivoca rinunzia ad eccepire � qualsivoglia prescrizione �. 

Ma siffatta eccezione non si rileva conducente al fine. 

Poich� � principio generale che si pu� rinunziare alla prescrizione 
solo quando questa � compiuta� (cos� al secondo comma dell'art. 2937 cod. 
civ.), non corre dubbio che anche interpretando la volont� manifestata 

dichiarata estinzione dell'intero credito, fatto valere nella specie con atto del 
1� marzo 1975 relativamente ai canoni per il periodo 1� luglio 1924-24 marzo 
1965, non sembra trovare adeguato supporto nelle riprodotte proposizioni 
motive. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

568 

dalla Losa con la domanda del marzo 1964 come espressiva cli una rinunzia 
ad avvalersi degli effetti estintivi scaturiti dalla decorrenza dei termini 
prescrizionali sino a quella data maturati, in nessun caso quell'atto 
avrebbe potuto consacrare una valida rinunzia a fare valere, in futuro, 
termini prescrizionali allora in corso e non ancora iniziati. 

Pur concedendo, dunque, che in data 16 marzo 1964 vi sia stata, da 
parte della Losa, rinunzia (e riconoscimento del credito pregresso dell'amministrazione 
com. l'efficacia interruttiva prevista dall'art. 2944 cod. 
civ.), sta di fatto che dalla data predetta inizi� a decorrere un nuovo 
periodo di prescrizione quinquennale e che rimase integro, nella debitrice, 
il diritto di opporre �l'effetto estintivo derivante dalla mancata :richiesta 
di pagamento anteriormente al 16 marzo 1969. 

In conalusione, totalmente riformando la decisione resa in pTimo grado, 
deve essere dichiarato estinto per prescrizione il credito, per pagamento 
di canoni demaniali, fatto valere dall'amministrazione delle Finanze, per 
la prima volta, con l'avviso di liquidazione notificato il 1� marzo 1975. 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 20 dicembre 1986, n. 67 -Pres. Sandulli 
-Rel. Cantillo -Assessorato agricoltura e foreste regione siciliana 
(avv. Stato Carbone) c. Vaccaro (avv. Parrelli e Roccella). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Terreni rimboschiti a cura della 

P.A. espropriante � Indennit� � Aumento di valore derivato dal rimboschimento 
� Computabilit�. 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267; legge 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e 42). 
In ipotesi di espropriazione per p.u. di un terreno precedentemente 
rimboschito dalla P.A. espropriante durante l'occupazione dispostane ai 
sensi dell'art. 50 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, l'indennit� d'esproprio deve 
comprendere anche l'aumento di valore che dalla nuova destinazione � 
derivato al fondo (1). 

Con l'unico motivo di appello l'Assessorato sostiene che la sentenza 
impugnata sia incorsa in errore nel determinare l'indennit� cli espropriazione 
sci:ndendo la valutazione del bene nelle due componenti del terreno 
e della massa boschiva, laddove il bosco � un'entit� economica unitaria, 

(1) Secondo la richiamata sentenza 14 aprile 1986 n. 24 (in Cons. St. 1986, 
II, 613) una delle peculiarit� dell'occupazione temporanea di cui all'art 50, 
R.D. n. 3267/1923 (non preordinata alla successiva espropriazione dell'immobile 
a differenza di quella disposta a sensi dell'art. 71 legge n. 2359/1865 e per ci� 
stesso non soggetta al termine d'efficacia a questa applicabile) risiederebbe in 
ci�, � che le opere da realizzare nel fondo, sebbene siano di pubblico interesse 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

569 

comprensiva del suolo e del macchiatico, e deve essere perci� valutato 
come un unico bene. 

La censura � infondata. 

Nell'esegesi dell'art. 50 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, questo Tribunale 
Superiore ha gi� avuto modo di chiarire (con la sent. n. 24 del 1986) che 
la disposizione prevede una peculiare fattispecie di occupazione .temporanea 
strumentale, in forza della quale le opere realizzate dalla pubblica 
amministrazione nel fondo occupato, sebbene siano �di pubblico interesse 
perch� necessarie all'assetto idrogeologico del territor.io di un comprensorio 
di bonifica montana, vengono acquisite dal proprietario del fondo 
medesimo, al quale questo deve essere restituito una volta eseguita l'ope


perch� necessarie all'assetto idrogeologico del territorio di un comprensorio 
di bonifica montana, sono destinate ad essere acquisite dallo stesso proprietario 
�. 

L'acquisizione in propriet� delle realizzate opere di rimboschimento costituiva, 
nel richiamato precedente dello stesso Tribunale, una notazione incidentale 
(concorrente all'affermazione, in quella occasione fatta, dell'inconfigurabilit� 
di una occupazione c.d. appropriativa del suolo occupato e trasformato 
dalla P.A.). Tale notazione assume ora, nella sentenza in rassegna, ruolo portante 
e decisivo ai fini della (ulteriore ma diversa) affermazione della necessaria 
considerazione del valore delle opere di rimboschimento ai fini della 
determinazione dell'indennit� dovuta al proprietario per la espropriazione del 
fondo, pronunciata dopo il rimboschimento fattone dalla stessa amministra


zione espropriante. 

� da chiedersi, per�, se la rilevata peculiarit� dell'occupazione ex art. 50 
legge forestale nonch� la mancanza di connessione fra la successiva espropriazione 
del fondo e le opere di rimboschimento sullo stesso, in precedenza 
realizzate dalla P. A., bastino a dire inoperante -nelle vicende del tipo in 
esame -il generale principio di cui all'art. 42 della legge fondamentale sulle 
espropriazioni del 1865, a tenore del quale non pu� tenersi a calcolo, nella 
determinazione dell'indennit� dovuta al proprietario, l'aumento di valore derivante 
al fondo espropriato dalla esecuzione dell'opera di pubblica utilit�. 

Ma, prima ancora, sembrerebbe meritevole di ulteriore approfondimento 
l'acquisizione delle opere da parte del proprietario del fondo rimboschito, secondo 
quanto affermato, senza particolare dimostrazione, nella precedente pronuncia 
intervenuta -come s'� detto -su altro problema (alla cui soluzione 
era gi� sufficiente la rilevata inapplicabilit� d'un termine di durata alle occupazioni 
in discorso). 

I principi in tema d'accessione e la regola posta nell'art. 956 cod. civ., 
verosimilmente posti abase dell'acquisto della propriet� delle opere da parte 
del proprietario del suolo, appaiono in verit� inadeguati a sorreggere tale 
conclusione, avuto anche riguardo alla evidente irriducibilit� della vicenda del 
rimboschimento negli schemi e sotto la disciplina degli articoli 934 segg. (come 
in particolare risulta dall'inapplicabilit� dell'art. 936 cod. civ.); tanto pi� -� 
il caso di aggiungere -che la legge forestale si riporta a ben diverso panorama 
giuridico nel quale, vigente il codice del 1865, quanto aggiunto ed incorporato 
al suolo formava oggetto di mera presunzione d'appartenenza a favore del 
proprietario del terreno (art. 448). 

S.L. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

570 

ra o, nel caso di formazione di un nuovo bosco (ex art. 93. r.d. n. 215 del 
1933), quando questo sia venuto a maturazione. 

Pertanto, nell'ipotesi di espropriazione di un terreno boscato ai sensi 
della norma suddetta, l'indennit� di espropriazione deve comprendere 
anche l'aumento di valore che dalla nuova destinazione � derivato al 
fondo, il quale deve essere stimato, come di norma, in conformit� alla 
natura e alla consistenza che esso ha alla data del decreto ablatorio. 

Questo criterio fu adottato dal consulente tecnico di ufficio, ed � 
stato seguito dal Tribunale regionale, nel determinare il valore dell'ira� 
mobile in questione, H quale risulta stimato appunto con riferimento 
alla sua destinazicxne a rc:>osco. 

Invero, l'attribuzione di distinti valori al terreno e al macchiatico � 
nelle specie un'operazione interna al metodo di stima analitica, che H 
consulente, in mancanza di elementi di comparazione affidabili, ha ritel!
luto di seguire nella valutazione del bene; ed � conforme, del resto, ad 
una metodologia estimativa invalsa appunto per determinare il valore 
dei boschi, considerati come beni unitari, comprensivi delle due entit� 
suddette. N� � esatto, che il suolo sia stato valutato, sia pure in parte, 
come seminativo, laddove � stato considerato, invece, con riguardo alla 
utilizzazione propria del sottobosco, cio� come nudo terreno pascolativo 

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PARTE SECONDA 



11 

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II 


QlfESTIONI 


LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA IN SICILIA* 

Palermo � Hotel. Zagarella 
6-7-8 novembre 1986 

Nel prendere la parola, desidero -anzitutto ringraziare il Presidente 
del Consiglio di Stato e il Presidente del Consiglio di Giustizia amministrativa 
delle parole che con tanta cortesia hanno voluto rivolgere all'Istituto 
che ho l'onore di rappresentare e alla mia persona, dettate queste 
ultime da benevolenza ed amicizia di cui mi sento onorato. 

Mi sia consentito un brevissimo saluto ai relatori e all'uditorio anche 
per non sottrarre tempo prezioso ai lavori. 

Permettetemi di esprimere compiacimento per le cose che ho ascoltato: 
il discorso introduttivo del Presidente Crisci, cos� sereno ed insieme 
cos� denso e concreto, ma al tempo stesso quasi olimpicamente distaccato 
nella sua carrellata panoramica dall'alto. 

Ad esso complementare � stato il combattivo intervento del Presidente 
Schinaia, che ha detto cose tanto interessanti ed ha reclamato 
l'intervento del pot~re politico centrale e soprattutto del Parfamento 
per colmare lacune che a giusta ragione allarmano chi con tanto impegno, 
con tanta dottrina giuridica e con tanta civ:Ue passione, � chiamato al 
difficile esercizio della giustizia amministrativa. 

Vorrei anche dare atto dell'estrema concretezza ed elevatezza concettuale 
dei discorsi che sono stati fatti dal Sindaco, dal Presidente d�ll'Assemblea 
regionale e dal Presidente della Regione: espressioni di un nuovo 
modo di sentire e fare politica regionale, lontano ormai dallo sconfinamento 
nel regno di Utopia ed attento ai problemi del quotidiano e del 
reale, pur se con impegno sempre animato da un'alta tensione ideale. 

Ho ascoltato con interesse il prof. Virga che ha portato la voce 
della dottrina trattando con acutezza e concisione importanti problemiche anticipano la tematica del Convegno. Egli ha ricordato tre nomi illustri 
di patrocinanti davanti al Consiglio di giustizia: Dedin, Piccardi, Sorrentino. 
Sono, lieto di associarmi alla rievocazione di questi maestri ed 
amici che furono avvocati dello Stato, poi consiglieri di Stato, poi avvocati 
liberi professionisti. Essi segnano una felice sottolineatura della comunanza 
di storia che sotto tanti profili lega l'Avvocatura al Consiglio di 
Stato. 

Ha preso per ultimo la parola il Presidente Guido Landi, che � 
stato per me un maestro, come lo sono stati altri ex Presidenti, tra i 
quali voglio nominare almeno Vincenzo Uccellatore, che vedo in questasala. Guido Landi ha parlato con l'intelligenza e l'autorit� del c�ltore della 
storia e il suo discorso, animato dalla consueta lucidit�, � stato reso pi�vivo dalla nota di storia vissuta che lo ha pervaso.

Che cosa potr6 dire io, improvvisando? Nulla sul tema del Convegno, 

se non che esso � estremamente interessante perch� agita un problema

antico e sempre attuale, reso ancora pi� vivo dalla sottolineatura di una 

sua specificit� siciliana e dall'elevato livello di partecipazione di relatori 

e di uditorio. 

Quando l'amico Giorgio Crisci ha fatto cenno per invitarmi al tavolo 

della Presidenza, istintivamente st~vo muovendo verso lo scanno che, 

* Indirizzo di saluto dell'Avvocato Generale dello Stato, GIUSEPPE MANZARI. 
\ 

17 



126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

accanto a questo tavolo, � nella posizione in cui si trova lo scanno del@
!'Avvocato dello Stato nelle sale di udienza del Consiglio di Stato. Poi ,

.

mi sono diretto qui seguendo il gesto cortese della sua mano. Colgo
l'occasione per auspicare che nei TAR sia conservata la tradizione del . 
posto privilegiato dell'Avvocato dello Stato accanto al collegio giudicante '


I

�:

com'� in Consiglio di Stato. Qualcuno fa cenno che cos� � anche in Sicilia. 

Naturalmente si tratta solo di un simbolo che non intacca la parit�delle parti nel processo, e che oggi sta a significare riconoscimento per.il contributo rilevantissimo dato dall'Istituto che ho l'onore di rappresentare. 
Esso ha avuto un ruolo rilevantissimo ne'lla storia dell'evoluzione 
della giustizia amministrativa, contributo dialettico che, ne sono 
certo, non mancher� neppure in futuro. Insieme ai colleghi delle libere 
professioni -certamente -perch� nessuna ~iustizia e meno che mai 
la giustizia amministrativa pu� evolvere e realizzarsi, senza la partecipazione 
dell'avvocato. E tuttavia la particolare tradizione istituzionale e la 
vocazione giustiziale dell'Avvocatura ~iustificano -forse non meno della 
conservazione della parrucca nei tribunali inglesi -l'auspicio che ho 
espresso. 

Questo tradizionale legame istituzionale � particolarmente a me caro 
e si riflet.te nella mia personale vicenda: sono pervenuto al Consiglio di 
Stato portandovi resperienza deH'Avvocatura, ed a questa sono ritornato 
ricco dell'ammaestramento di quell'alto Consesso al quale mi sento ancora 
vicino con gratitudine ed affetto verso gli amici di allora, che sono 
ancora i cari ed illustri amici di oggi. 

Un accenno al tema. Vi � una crisi della giustizia amministrativa 
che, parafrasando un'espressione di W. Churchill, potrebbe dirsi una crisi 
nella crisi. 

In. molta parte essa � dovuta alla difficolt� di adeguare continuamente 
e .sollecitamente le strutture ai processi di trasformazione che investono 
la vita pubblica e la societ�:..civile; ancorch� si sia parlato argutamente 
ma con una punta di malizia, di passaggio � dallo Stato di Hegelal Castello di Kafka �. 

Io per et� sono pi� vicino allo Stato di Hegel ma con lo spirito non 
mi sento troppo smarrito nel nuovo Castello perch� ho fiducia di incontrarvi 
un'entit� reale; anzi, di contribuire a costruirla. Dipender� dall'impe~
no convergente delle istituzioni e della societ�; anzi degli u�mini 
ali interno delle istituzioni e della societ�: il domani non esiste come 
dato di cognizione ma appartiene in tanta parte alla nostra capacit�di costruzione. Cos� -essa pure -la nuova giustizia amministrativa 
� un castello che dobbiamo costruire mentre lo abitiamo, senza diserzioni 
e senza fughe in avanti. 

Vorrei ricordare a questo riguardo quanto stamattina si diceva nel 
corso di un'amichevole chiacchierata con il Prof. Abbamonte. Egli osservava 
che non v'� una soala musicale precostituita della giustizia amministrativa, 
e che bisogna ogni volta inventarsela ricercandosela sul proprio 

I

pianoforte. 

E si richiamava alla costruzione dell'eccesso di potere. 

Senza malizia, gli ho risposto che il giudice amministrativo come 
ogni altro giudice ha anche il potere dell'eccesso. Sta a lui soltanto di 
astenersene come per fortuna accade solitamente nell'esercizio della giustizia 
amministrativa, che pure deve usare strumenti tanto delicati e 
sensibili. 

Ci� mi porta ad accennare a un tema del convegno cui sono particolarmente 
interessato: l'argomento, da Mario Schinaia a ragione definito 
scottante, delle misure cautelari. 

Il giudice italiano ha dovuto negli anni scorsi pagare il prezzo di 
colpe non sue perch� si � trovato di fronte, in una sooiet� in veloce e 
generale evoluzione, a tensioni che sono venute a scaricarsi sulla scogliera 
ultima della giustizia. Ha dovuto cos� esercitare, quelle funzioni di � supplenza 
� di cui tante volte si � detto. 


PARTE II, QUESTIONI 

Io non sono molto tenero verso questa espressione. Ne riconosco, 
entro certi limiti, la validit� per la forza cogente del dovere rendere 
giustizia anche quando e dove la materia oggetto di lite non trovi adeguata 
disciplina legislativa o sia difficilmente incasellabile negli schemi 
tradizionali, per la carica innovativa di cui il conflitto da risolvere � 
portatore.

Un delicato e, ripeto, scottante fenomeno di supplenza -questa per� 
in senso oggettivo -� a mio avviso il ricorso alla misura cautelare: 
non essendo, assai spesso, possibile rendere giustizia in tempi giusti si d� 
una risposta provvisoria che non � di piena giustizia, n� per l'istante, 
n� per il resistente. 

t!. vero che giustizia tardiva � in qualche. modo negazione di giustizia, 
ma � anche. vero che in difetto di pienezza di contraddittorio, di dialettica 
processuale e di. istruttoria si rischia di dare un cattivo surrogato anch'esso 
mal definibile come giustizia.

Ho detto altre volte che la misura cautelare rischia talora di stare 
alla giustizia amministrativa come 1a detenzione preventiva sta alla giustizia 
penale. Sono rimedi che, se elevati a sistema e generalizzati,
inesorabilmente aggravano senza risolvere la crisi della giustizia, pur 
con le debite differeitZe di gravit�.

Non � un caso che il tema abbia meritato l'attenzione del giudice 
delle leggi e di tanta e ricca elaborazione giurisprudenziale e dottrinale. 
Non intendo contestare l'istituto, negandone l'esigenza insopprimibile che 
lo giustifica: voglio solo sottolineare la delicatezza ed i limiti: alla radice 
dell'espressione �cautelare� vi � una parola che dovrebbe sempre e 
rigorosamente presiedere all'applicazione di quelle misure: � la parola 
� cautela � alla quale ogni giudice dovrebbe ispirare il proprio intervento 
senza che l'esser questo provvii.sorio autorizzi azzardi o anche solo audacia. 

Temo di aver mancato alla promessa di brevit� e desidero farne 
ammenda. L'intenzione � stata solo quella di dire parole di deferente 
saluto e non nascondo il rammarico di dover partire domani e di non 
potermi arricchire dell'ascolto degli oratori che parleranno nei prossimigiorni. Sono perci� particolarmente grato agli illustri amici che mi hanno 
dato la possibilit� di porgere oggi un saluto ed un augurio -che � 
certezza -di felice e feconda conclusione di questo Convegno. 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

codice di procedura civile, artt. 75 e 300, nella parte in cui non prevedono, 
ove emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del 
processo e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero 
perch� promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba� 
l'attore riassumere il giudizio. 

Sentenza 16 ottobre 1986, n. 220, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

codice di procedura civile, art. 292, nella parte in cui non prevede la 
notificazione al contumace del verbale in cui si d� atto della produzione della 
scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore 
e al conciliatore, di cui al titolo II del libro II del codice di procedura civile. 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 250, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

codice di procedura civile,-artt. 739 e 741, nella parte in cui, disciplinando 
il reclamo avverso i decreti del giudice delegato di cui sub a), fanno decorrere 
il termine per il reclamo dal deposito del decreto in cance1leria, anzich� 
dalla comunicazione eseguita con il rispetto delle vigenti disposizioni procedurali. 


Sentenza 27 giugno 1986, n. 156, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

codice di procedura penale, art. 387, terzo comma, (nel testo sostituito ad 
opera dell'art. 19 della legge 18 giugno 1955, n. 517), nella parte in cui riconosce 
all'imputato il diritto di proporre appello contro la sentenza del giudice istruttore 
che abbia dichiarato non doversi procedere � perch� trattasi di persona 
non punibile perch� il fatto non costituisce reato � limitatamente alle ipotesi 
nelle quali sia stata applicata o possa, con provvedimento successivo, essere 
applicata una misura di sicurezza. 

Sentenza 18 luglio 1986, n. 200, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 

codice di procedura penale, art. 399, primo comma, nel testo sostituito 
dapprima ad opera dell'art. 19 della legge 18 giugno 1955, n. 517, e poi ad 
opera dell'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400), nella parte in cui riconosce 
all'imputato il diritto di proporre appello contro la sentenza del pretore che 
abbia dichiarato non doversi procedere � perch� trattasi di persona non punibile 
perch� il fatto non costituisce reato � limitatamente alle ipotesi nelle quali 
sia stata applicata o possa, con provvedimento successivo, essere applicata una 
misura di sicurezza. 

Sentenza 18 luglio 1986, n. 200, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 



PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 512, n. . 2 (nel testo dapprima sostituito ad 
opera dell'art. 19 della legge 18 giugno 1955, n. 517, poi ad opera dell'art. 134 
della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed infine ad opera dell'art. 3 della legge 
31 luglio 1984, n. 400), nella parte in cui riconosce all'imputato il diritto di 
proporre appello contro la sentenza del pretore che l'abbia prosciolto � perch� 
si tratta di persona non punibile perch� il fatto non costituisce reato � limitatamente 
alle. ipotesi nelle quali sia stata applicata o possa, co11 procedimento 
successivo, esser� applicata una misura di sicurezza. 

Sentenza 18 luglio 1986, n; 200; G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 

codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (nel testo dapprima sostituito ad 
opera dell'art. 19 della legge 18 giugn� 1955, n. 517, poi ad �opera dell'art. 135 
della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed infine ad opera dell'art. 4 della legge 
31 luglio 1984, n. 400), nella parte in cui riconosce all'imputato il diritto di 
proporre appello contro la sentenza del tribunale o della corte d'assise che 
l'abbia prosciolto �perch� s� tratta di persona non punibile perch� il fatto non 
costituisce reato � liinitatamente alle ipotesinelle queli sia stata applicata 

o possa,� con provvedimento successivo, � �ssere ap:plicata una misura di sicurezza. 
Sentenza 18 luglio 1986, n. 200, G. U. 25 � luglio 1986, n. 36. 

legge 24 luglio 19301 n. 1278, art. 5, primo comm.a. 

Sentenza 19 dicembre 1986,. n. 269, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, regolamento allegato A art. 9, terzo comma, lett. e), 
nella parte in cui prevede che costituisce �titolo preferenziale per� l'assunzione 
in servizio l'appartenenia alla categoria dei �figli di agenti�. 
Sentenza 14 luglio 1986, n~ 188, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge 26 aprile 1934, n. 653, art. 12, primo comma, limitatamente alle parole 
�per le donne di qualunque et� e... �, 

Sentenza 24 luglio 1986, n. 210, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 26 e 23, primo comma, in relazione all'art. 188 
dello stesso decreto, qella parte in cui assoggettano al recli.no al tribunale nel 
termine di tre giorni decorrente dalla data del decreto �del giudice delegato 
anzich� dalla data di comunicazione dello stesso debitamente � eseguita i decreti, 
adottati dal giudice delegato; di determinazione dei compensi ad incaricati per 
opera prestata nell'interesse della procedura di amministrazione controllata. 
Sentenza 27 giugno 1986, n. 156, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

dJ.C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9, quarto comma, nella parte in cui 
dispone che l'indennit� prevista dallo .stesso art. 9 per il personale non di ruolo 
all'atto d.ella cessazione del rapporto non � dovuta nel caso di passaggio in ruolo. 

Sentenza 24 luglio 1986, n. 208, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 


HO RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 62, terzo comma, limitatamente alla partein 
cui -ai fini del diritto a pensione degli orfani -prevede l'inabilit� a 
proficuo lavoro nonch� le precarie determinate condizioni economiche del 
padre. 

Sentenza 23 dicembre 1986, n. 285, G. U. 31 dicembre 1986, n. 61. 

legge 8 gennaio 1952, n. 6, art. 45, nel testo sostituito dall'art. 21 della legge 
25 febbraio 1963, n. 289, nella parte in cui prevede la detrazione delle somme 
dovute dall'iscritto e dei relativi interessi per contributi omessi, sull'ammontare 
della pensione nella totalit� anzich� nel limite massimo di un quinto sui 
ratei di pensione e con esclusione degli interessi. 

Sentenza 18 luglio 1986, n. 201, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 

legge 2 agosto 1952, n. 1305, art. 1, nella parte in cui d� esecuzione all'art. 3 
della convenzione 0.1.L. 9 luglio 1948, n. 89 -San Francisco -limitatamente 
al divieto di impiegare, durante la notte, le donne, senza distinzione di et�, 
in tutte le aziende industriali private e nelle relative dipendenze. 

Sentenza 24 luglio 19_86, n. 210, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 

legge 20 febbraio 1958, n. 93, art. 2, secondo comma, nella parte in cui, 

I in caso di malattie o lesioni causate ai medici dall'azione dei raggi X e 
delle sostanze radioattive, richiede, ai fini della corresponsione della rendita, 

I 

un grado minimo di inabilit� p~rmanente superiore al 20 %, anzich� al 10 %. 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 246, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

I 

d.P.R. 30 giugno 19651 n. 1124, art. 209, nella parte in cui non prevede 
che spettano le prestazioni dell'assicurazione obbligatoria ai termini del titolo I 
I

(l'assicurazione infortuni e malattie professionali nell'industria) dello stesso 

Iw

d.P.R. anche ai lavoratori agricoli comunque addetti all'utilizzazione delle 
macchine. 
Sentenza 5 novembre 1986, n. 231, G. U. 12 novembre 1986, n. 53. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma, nella parte in cui esclude 
la applicabilit� degli artt. 1 e 3 della stessa legge nei riguardi dei prestatori 
di lavoro che, senza essere pensionati o in possesso dei requisiti di legge 
per avere diritto alla pensione di vecchiaia, abbiano superato il sessantacinquesimo 
anno di et�. 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 176, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

i 

legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 50, terzo comma, limitatamente alla parte 
in cui -ai fini del diritto a pensione degli orfani -prevede l'inabilit� a 

I

proficuo lavoro nonch� le precarie determinate condizioni economiche del 
padre. 

I 

Sentenza 23 dicembre 1986, n. 285, G. U. 31 dicembre 1986, n. 61. 

1 

l 

legge reg. Sicllla 30 luglio 1969, n. 29, art. 5, nella parte in cui, spostando 

!

al 31 dicembre 1973 il termine di ultimazione delle costruzioni contemplate 
nell'art. 1 della 1. r. Sicilia 18 ottobre 1954, n. 37, che richiama l'art. 2 della ! 


f 

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f. 
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I f: 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE H1 

I. r. Sicilia 28 aprile 1954, n. 11, consente di sottoporre a tassazione fissa 
l'imposta di registro per le iscrizioni ipotecarie a garanzia della parte insoluta 
del prezzo di acquisto di terreni destinati alla costruzione di case di abitazione 
non di lusso, nonch� l'imposta di registro relativa ai trasferimenti di 
propriet� delle dette abitazioni. 
Sentenza 27 giugno 1986, n. 155, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 15, terzo comma, limitatamente alle parole 
�fino al conseguimento dell'anzianit� minima per la quiescenza�. 

Sentenza 24 luglio 1986, n. 207, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 

.legge reg. Trentino-Alto Adige, riapprovata dal consiglio regionale il 18 ottobre 
1977, art. 1. 

Sentenza 14 luglio 1986, n. 191, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge reg. Trentino-Alto Adige riapprovata il 18 ottobre 1977, art. 3, nella parte 
in cui comprende -ad integrazione della tabella allegata alla legge reg. 

n. 14/1975 -fra le tasse di spettanza regionale, ai nn. 67 e 68, quella per 
la licenza prescritta dall'art. 115 del testo unico di pubblica sicurezza per 
aprire o condurre agenzie di affari. 
Sentenza 14 luglio 1986, n. 191, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge reg. Veneto 14 luglio 1978, n. 30, art. 57, quarto comma, nella parte 
in cui determina in lire diecimila per ettaro la tassa annuale di concessione 
per le riserve di caccia. 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 271, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge reg. Lombardia 31 luglio 1978, n. 47, art. 44, n. 1 e allegata tabella A, 
lett. E. 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 271, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge reg. Lazio 28 settembre 1979, n. 79, art. 4. 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 271, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge reg. Piemonte 17 ottobre 1979, n. 60, art. 57, secondo comma, nella 
parte in cui determina in lire ottomila per ettaro la tassa per la concessione 
e l'esercizio delle aziende faunistico-venatorie. 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 271, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge reg. Lombardia 10 marzo 1980, n. 25, art. 1 e n. 16, titolo II, dell'allegata 
tariffa. 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 271, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge reg. Lazio 2 maggio 1980, n. 30, art. 1 e n. 16, titolo II, allegata tariffa, 
nella parte in cui determinano in lire ottomila per ettaro la tassa per il 
rilascio e la tassa annuale di concessione per le riserve di caccia. 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 271, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60 


H2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 3 gennaio 1981, n. 6, art. 7, penultimo comma, limitatamente alle parole 
� di riversibilit� �. 

Sentenza 1� luglio 1986, n. 169, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 13, quinto comma, aggiunto dall'art. 11, 
decimo comma, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463 (conv. con legge 11 novembre 
1983, n. 638) nella parte in cui, nel richiamare il comma precedente, quarto 
comma aggiunto all'art. 13 della legge 181/82 dall'art. 11, decimo comma, del 
dl. n. 463/83, come sopra convertito, comprende il riferimento fatto dal detto 
comma precedente agli artt. 3, secondo comma, e 5, secondo comma, della legge 
7 agosto 1982, n. 526. 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 177, G. U. 16 luglio 1986, n .. 34. 

legge 20 maggio 1982, n. 270, artt. 35, 37, 38 e 57, nella parte in cui' non 
consentono ai supplenti in servizio nella scuola ordinaria di usufmire del 
trattamepto disposto a favore dei supplenti nei corsi Cracis ex art. 46, secondo 
comma, della stessa legge n. 270 del 1982. 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 249, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

legge 20 maggio 1982, n. 270, artt. 35, quarto comma, 37 e 57, nella parte 
in cui non prevedono l'estensione agli insegnanti in servizio con titolo di supplenza 
annuale nell'anno scolastico 1981-82 dei benefici ivi disposti per gli 
insegnanti in servizio con titolo di incarico nell'anno scolastico 1980-81. 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 249, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57.

1 

d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 16 [come modif. con legge di conversione 
7 agosto 1982, n. 516] nella parte in cui consente la notifica di accertamenti 
in rettifica o d'ufficio sino alla data di presentazione della dichiarazione integrativa, 
anzich� sino alla data di entrata in vigore del d.l. n. 429/82. 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 175, G. U. 16 luglio 1986, n. 34., 

legge reg. Lombardia approvata il 25 novembre 1982 e riapprovata il 24 febbraio 
1983, artt. 1 e 2, n. 2. 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 272, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 76, nella par.te in cui preclude l'applicazione 
dell'art. 37 alle procedure gi� iniziate nei confronti di minore straniero in 
stato di abbandono in Italia. 

Sentenza 18 luglio 1986, n. 199, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 79, primo comma, nella parte in cui, nella 
ipotesi di coniugi non pi� uniti in matrimonio alla data della presentazione 
della domanda di estensione degli effetti dell'adozione, non consente di pronunziare 
l'estensione stessa nei confronti degli adottati ai sensi dell'art. 291 
del codice. civile, precedentemente .in vigore. 

Sentenza 18 luglio 1986, � n. 198, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ' 1.H 

legge 27 febbraio 1985, n. 49 artt. 1, 14, 17, 20 e 23, nella parte in cui la 
disciplina in essi prevista concerne la regione Trentino-Alto Adige. 

Sentenza 1� luglio 1986, n. 165, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge prov. Bolzano riapprovata il 26 giugno 1985. 

Sentenza 1� luglio 1986, n. 166, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge 26 settembre 1985, n. 482, artt. 2 e 4, primo e quarto comma, nella 
parte in cui non prevedono che dall'imponibile da assoggettare ad imposta 
vada detratta anche una somma pari alla percentuale dell'indenn;t� di buonuscita 
(di cui all'art. 3 del d.P.R. n. 1032/1973), corrispondente al rapporto 
esistente alla data del. collocamento a riposo tra il contributo del 2,50 % 
posto a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo 
previdenziale obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell'E.N.P.A.S. 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 178, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge reg. siciliana 2 aprile 1986. 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 179, G. U. 16 foglio 1986, n. 34. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice civile, art. 314/14, ultimo comma [inserito con l'art. 4 della legge 
5 giugno 1967, n. 431] (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 18 luglio 1986, n. 196, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 

codice civile, art. 2059 (artt. 2, 3, primo comma, 24, primo comma e 32, 
primo comma della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1986, n. 184, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

codice di procedura civile, art. 38, terzo comma, nella parte in cui preclude 
al giudice di rilevare d'ufficio la propria incompetenza per territorio 
nel procedimento in contumacia del convenuto (artt. 24, secondo comma, e 
25, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 251, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

codice di procedura civile, artt. 232, 292, e 140, nella parte in cui consen 
tono al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio 
formale del contumace, ancorch� la copia dell'ordinanza ammissiva della prova, 
che sia stata notificata ai sensi dell'art. 140 c.p.c., non sia corredata dell'avviso 
di ricevimento della prescritta raccomandata (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 250, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 


H4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice procedura civile, art. 708 (artt�..3, primo e secondo comma, 24, 
secondo comma, e 30 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1986, n. 185, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

codice penale, art. 32 (artt. 4 e 27 della Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1986, n. 183, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 


codice penale, artt. 307, quarto comma, e 384 (art. 29 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1986, n. 237, G. U. 26 novembre 1986, n. 55. 

codice di procedura penale, combinato disposto artt. 224-bis, secondo com� 
ma, e 238, secondo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Sentenza 15 dicembre 1986, n. 260, G. U. 24 dicembre 1986, n. 6(). 

codice di procedura penale, art. 505, primo, secondo, terzo e quarto comma 
[quale sostituito ad opera dell'art. 3 della legge 27 luglio 1984, n. 397] (art. 3 
della Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 247, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

legge 22 marzo 1908, n. 105, artt. 1 e 7 (artt. 3, 41 e 35 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1986, n. 211, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 

r.d. 7 febbraio 1926, n. 426, art. 10 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1986, n. 170, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 
testo unico 3 marzo 1934, n. 383, art. 91, lett. d), n. 1 (artt. 5, 110 e 128 della 
Costituzione). 

Sentenza 27 giugno 1986, n. 150, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, allegate tabelle A e B (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 173, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. da 51 a 60 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1986, n. 215, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 

legge 24 aprile 1941, n. 392, artt. 1, 2 e 3 (artt. 5, 110 e 128 della Costituzione). 
Sentenza 27 giugno 1986, n. 150, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

d.l.lgt. 23 novembre 1944, n. 382, art. 14, secondo comma (art. 108 della 
Costituzione). 

Sentenza 23 dicembre 1986, n. 284, G. U. 31 dicembre 1986, n. 61. 

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I 

i 

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I 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1. 1J 

legge 29 aprile 1949, n. 264, artt. 7, 8, 11, 13, 14 e 18 (artt. 2, 3, 4 e 16 della 
Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1986, n. 248, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Sentenza 16 ottobre 1986, n. 221, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

d.P.R, 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 
Sentenza 16 ottobre 1986, n. 221, G. U. 22. ottobre 1986, n. 50. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (artt. 3 e 53 
della Costituzione). 
Sentenza 16 ottobre 1986, n. 221, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, quarto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 173, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, artt. 14, sesto comma nel testo originario e 
quinto comma nel testo sostituito dall'art. 26 della legge 3 giugno 1975, n. 160 
e 19 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 173, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 33 e 34 (artt. 2, 3, 4 e 16 della Costituzione). 
Sentenza 28 novembre 1986, n. 248, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

d.l. 19 giugno 1970, n. 370, art. 2, secondo comma [conv. in legge 26 luglio 
1970, n. 576] (artt. 3, 97 e 116 della Costituzione). 
Sentenza 5 novembre 1986, n. 228, G. U. 12 novembre 1986, n. 53. 

legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 5, primo comma (artt. 3, primo e secondo 
comma, 24, secondo comma, e 30 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1986, n. 185, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, artt. 4 e 7 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1986, n. 213, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (art. 101 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1986, n. 212, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 

136 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e}, nel testo di cui alla legge 
26 settembre 1985, n. 482 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 178, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 46 (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 178, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
dJ. 1� ottobre 1973, n. 580, art. 4, primo comma [convertito in legge 
30 novembre 1973, n. 766] (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 18 giugno 1986, n. 138, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

dJ. 5 novembre 1973, n. 660, art. 3 [conv. in legge 19 dicembre 1973, n. 823] 
(artt. 3 e 53 . della Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 172, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 92, sesto e settimo comma (artt. 3, 97 e 
98 della Costituzione). 
Sentenza 23 dicembre 1986, n. 284, G. U. 31 dicembre 1986, n. 61. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 46 (art. 97, primo comma, della 
Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1986, n. 189, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5, combinato disposto quarto e sesto comma 
(art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 171, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 27, terzo e quarto comma (artt. 3, 36, 38 e 
53 della Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 173, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge 10 dicembre 1975, n. 724, artt. 1, 3 e 7 (artt. 3 e 11 della Costituzione). 
Sentenza .23 dicembre 1986, n. 286, G. U. 31 dicembre 1986, n. 61. 

legge reg. siciliana 30 dicembre 1976, n. 90, art. 10 (art. 20 dello statuto 
siciliano e 24, 25 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1986, n. 190, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge 8 agosto 1977, n. 583, art. 1, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 dicembre 1986, n. 284, G. U. 31 dicembre 1986, n. 61. 

legge reg. Trentino-Alto Adige riappr. il 18 ottobre 1977, art. 3, nella parte 
in cui -ad integrazione della tabella allegata alla legge reg. n. 14/1975 comprende 
tra le tasse regionali, al n. 66, quella relativa alla licenza per l'eser



PARTE �I, RASSEGNA' DI LEGISLAZIONE 

cizio delle arti tipografiche di cui all'art. 111 del testo unico di pubblica sicu� 
rezza (artt. 73 e 77 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 14 luglio 1986, n. 191, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo ed ottavo comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Sentenza 27 giugno 1986, n. 154, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

legge 9 agosto 1978, n. 463, art. 8, sesto comma (artt. 3 e 36 della Costi� 
tuzione). 

Sentenza 5 novembre 1986, n. 227, G. U. 12 novembre 1986, n. 53. 

d.I. 23 dicembre 1978, n. 817, articolo unico, quindicesimo comma, [convertito 
in legge 19 febbraio 1979, n. 54] (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 18 giugno 1986, n. 138, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 57 (art. 23 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 


legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 57 e 76 (artt. 3, 32, 35, 38, 53 e 97 della 
Costituzione). 

Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

d.I. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv., in legge 29 febbraio 1980, n. 33] 
(artt. 3, 32, 35, 38, 53 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge reg. Piemonte 6 marzo 1980,-n. 13, tariffa allegata n. 14 (art. 119 della 
-Costituzione). 

Sentenza 19 dicembre 1986, n. 271, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 18 novembre 1986, n. 236, G. U. 26 novembre 1986, n. 55. 

legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 7 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1986, n. 169, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge 23 aprile ~981, n. 155, art. 19 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione) 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 173, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto comma [conv. in legge 26 settembre 
1981, n. 537] (art. 3, 32, 35, 38, 53 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 


H8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 54. (art. 3 della Costituzione). 
H8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 54. (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 15 dicembre 1986, n. 268, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 13, quinto comma, aggiunto dall'art. 11, 
decimo comma, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463 [convertito in legge 11 novembre 
1983, n. 638] (artt. 5, 9 n. 10, 16 e 54 n. 5, dello statuto speciale del Trentino 
Alto Adige). 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 177, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, primo e quarto comma (artt. 3, 32, 35, 
38, 53 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 40 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 5 novembre 1986, n. 229, G. U. 12 novembre 1986, n. 53. 


legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 44 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 16 ottobre 1986, n. 222, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 


legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 76 (artt. 3, 33 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1986, n. 209, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 


,, 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tredicesimo comma (artt. 3, 36, 38 e 53 1: 
(: 
della Costituzione). ~ 
Sentenza 7 luglio 1986, n. 173, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. ~ 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 79 (artt. 3, 30, secondo comma e 31, secondo 
comma, della Costituzione). 

I 

Sentenza 18 luglio 1986, n. 197, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. i 

legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 1 e 2 (art. 4, n. 10, dello statuto speciale 

I

per il Friuli-Venezia Giulia). 

!e

Sentenza 15 luglio 1986, n. 195, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

! 

legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 1, 2, 3, 8, 10 e 15 (artt. 3, lett. a), f) e p); e 
6 dello statuto speciale per la Sardegna). 

I 

Sentenza 15 luglio 1986, n. 195, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

! 

l

I

legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 1, 8, 9, 10, 13, 14 e 15 (artt. 3, terzo 

I' 

comma; 8, nn. 5, 19 e 20; 9, n. 7; 16, 78 e 79 dello statuto speciale per il Trentino) 


~

Alto Adige). I 
Sentenza 15 luglio 1986, n. 195, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

I 
l I 

I 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 17 maggio 1983, n. 217, arti. 1, 10, 13, 14 e 15 (artt. 5, 117, 118 e 119 
della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1986, n. 195, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

legge 17 maggio 1983, n. 217, art. 4 (artt. 4, nn. 1 e� 10, dello statuto speciale 
per il Friuli-Venezia Giulia). 

Sentenza 15 luglio 1986, n. 195, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 4, 5, 11 e 12 (artt. 3, lett. a) e p); 4, lett. a); 
6 e 56 dello statuto speciale per la Sardegna. 

Sentenza 15 luglio 1986, n. 195, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 4, 6, 7, 11 e 12 (artt. 3, terzo comma; 8, 
nn. li, 19 e 20; 9, n. 7; e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 15 luglio 1986, n. 195. G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 5 e 11 (artt. 5, 117 e 118 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1986, n. 195, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] 
(artt. 3, 53, 101 e 104 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

d.l. 12 novembre 1983, n. 463, art. 4, quarto comma [conv. in legge 11 novembre 
1983, n. 638] (artt. 3, 32, 35, 38, 53 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3, 32, 35, 38, 53 e 97 della 
Costituzione). 

Sentenza 1� luglio 1986, n. 167, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge 31 luglio 1984, n. 400, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 15 dicembre 1986, n. 268, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge 27 febbraio 1985, n. 49, (artt. 3, 8, 9, 15, 16 e 78 dello statuto speciale 
per il Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 1� luglio 1986, n. 165, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

d.l. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1 [come sostittdto dall'art. 1 della legge 
8 agosto 1985, n. 431] (artt. 117 e 118 della Costituzione) . 
. Sentenza 27 giugno 1986, n. 151, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

legge 8 agosto 1985, n. 431 [di conversione del d.l. 27 giugno 1985, n. 312] 
nel suo complesso, e in particolare art. 2, primo comma (artt. 3, terzo comma; 
8, nn. 3, 5, 6, 7, 16, 21 e 24 dello statuto Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 27 giugno 1986, n. 151, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 


140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. Valle d'Aosta riapprovata il 26 settembre 1985 (artt. 43 e 97 della 
Costituzione e 2 dello statuto speciale reg. Valle d'Aosta). 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 174, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

legge 26 settembre 1985, n. 482, art. 1, nella parte. in cui modifica l'art. 12, 
lett. e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 7 luglio 1986, n. 178, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

codice civile, art. 273 (artt. 3 e 10 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 23 giugno 1986, n. 682, 

G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 
codice civile, art. 274 (artt. 2 e 30 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 14 ottobre 1985, n. 368/86, G. U. 1� agosto 
1986, n. 38. 

codice civile, art. 2033 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 24 gennaio 1986, n. 294, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
codice civile, art. 2109, secondo comma (art. 36 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 10 febbraio 1986, n. 535, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. 50. 
codice civile, art. 2195 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 10 dicembre 
1985, n. 407/86, G. U. 16' luglio 1986, n. 34. 

codice civile, artt. 2748, 2755 e 2777 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 4 luglio 1986, n. 660, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

codice di procedura civile, art. 152 disposizioni di attuazione (artt. 3, 24 e 
53 della Costituzione). 

Pretore di Benevento, ordinanza 16 giugno 1986, n. 560, G. U. 22 ottobre 
1986, n. 50. 

codice di procedura civile, art. 668 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 13 giugno 1986, n. 623, G. U. 5 novembre 1986, 

n. 52. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB 141 

codice di procedura civile, art. 737 (art. 97 della Costituzione). 

Tribunale cli Firenze, ordinanza 30 aprile 1986, n. 550, G. U. 15 ottobre 
1986, n. 49. 

codice penale, art. 81 cpv. (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 18 dicembre 1985, n. 420/86, G. U. 23 luglio 
1986, n. 35. 

Tribunale di Torino, ordinanza 8 aprile 1986, n. 421, G. U. 23 luglio 1986, i 

n. 35. 
codice penale, art. 81, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

pretore di Ferrara, ordinanza 24 febbraio 1986, n. 418, G. U. 23 luglio 
1986, n. 35. 

codice penale, art. 81, secondo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 6 marzo 1985, n. 364/86, G. U. 20 agosto 
1986, n. 41. 

codice penale, art. 115, secondo comma, e 229, n. 2 (artt. 3, 13, 24 e 111 della 
Costituzione). 

Giudice istruttore presso tribunale di Napoli, ordinanza 21 gennaio 1986, 

n. 254, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 
codice penale, art. 136 (art. 3 della Costituzione). 

Pretura di Milano, ordinanza 21 maggio 1986, n. 564, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. 50. 
Pretore cli Milano, ordinanza 27 giugno 1986, n. 717, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 

codice penale, artt. 204, 205, 207 e 222 (artt. 2, 3, 13, 24 e 32 della Costituzione). 


Giudice istruttore presso tribunale di Ariano Irpino, ordinanza 9 gennaio 
1986, n. 323, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

codice penale, art. 523, secondo comma (artt. 2, 3, 27 e 29 della Costituzione). 

Corte d'appello di Salerno, ordinanza 16 giugno 1986, n. 671, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

codice penale, artt. 523, 542, secondo comma, n. 2, e 605 (art. 3 della 
Costituzione).' 

Tribunale di Milano, ordinanza 8 luglio 1986, n. 713, G. U. 10 dicembre 1986, 

n. 58. 
codice penale, art. 569 (art. 30 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 4 aprile 1986, n. 385, G. U. 1� agosto 1986, 

n. 38. 
18 



142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 724 (artt. 2, 3, 8 e 19 della Costituzione). 

Pretore di Sestri Ponente, ordinanza 4 aprile 1986, n. 369, G. U. 1� agosto 
1986, n. 38. 

codice penale, art. 724 (art. 7 della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 17 giugno 1986, n. 686, G. U. 3 dicembre 
1986, n. 57. 

codice penale, art. 724, primo comma (art. 3 e 25 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 29 aprile 1986, n. 545, G. U. 15 ottobre 1986, 

n. 49. 
codice di procedura penale, art. 31 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 12 febbraio 1986, n. 307, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
codice di procedura penale, art. 39, ultima parte (artt. 3 e 25 della Costituzione). 


Tribunale di Teramo, ordinanza 31 luglio 1986, n. 698, G. U. 3 dicembre 
1986, n. 57. 

codice di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituziorte). 

Giudice istruttore del Tribunale di Treviso, ordinanza 23 gennaio 1986, 

n. 298, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
codice di procedura penale, art. 128 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Lanusei, ordinanze (cinque) 7 giugno 1985, nn. 377-381/86, G. U. 
20 agosto 1986, n. 41. 

codice di procedura penale, art. 171 (art. 24 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanze (due) 20 febbraio 1986, nn. 365 e 366, G. U. 
1� agosto 1986, n. 38. 

codice di procedura penale, art. 202, secondo comma (art. 24 della Costituzione). 


Corte di cassazione, ordinanza 19 aprile 1986, n. 509, G. U. 3 settembre 1986, 

n. 43. 
codice di procedura penale, art. 224-bis, secondo comma (artt. 21 e 24 della 
Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 20 maggio 1986, n. 507, G. U. 1� ottobre 
1986, n. 47. 

codice di procedura penale, art. 260 (artt. 3 e. 24 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 16 dicembre 1985, n. 412/86, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 

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PARTB Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 263, secondo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanze (due) 22 luglio 1985, n. 324 e 331/86, G. U. 
16 luglio 1986, n. 34. 
Corte di cassazione, ordinanza 21 dicembre 1985, n. 290/86, G. U. 25 luglio 
1986, n. 36. 
Corte di cassazione, ordinanza 21 gennaio 1986, n. 255, G. U. 25 luglio 
1986, n. 36. 

codice di procedura penale, art. 387, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Corte di cassazione, ordinanza 4 marzo 1986, n. 634, G. U. 12 novembre 
1986, n. 53. 

codice di procedura penale, art. 395, primo comma (artt. 3, 13, 24 e 111 della 
Costituzione). 

Giudice istruttore presso tribunale di Napoli, ordinanza 21 gennaio 1986, 

n. 254, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 
codice di procedura penale, art. 435, ultimo comma (artt. 3, 24 e 25 della 
Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 9 aprile 1986, n. 444, G. U. 10 settembre 
1986, n. 44. 
Tribunale di Genova, ordinanza 30 giugno 1986, n. 716, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 

codice di procedura penale, art. 529, primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 2 dicembre 1985, n. 431/86, G. U. 13 agosto 
1986, n. 40. 

codice penale militare di pace, artt. 29 e 219 (ar,tt. 3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 29 aprile 1986, n. 601, G. U. 29 ottobre 
1986, n. 51. 

codice penale militare di pace, art. 39 (artt. 2, 3, 13, 27 e 52 della Costituzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 aprile 1986, n. 510, G. U. 6 agosto 
1986, n. 39. 

codice penale militare di pace, art. 39 (artt. 2, 3, 27 e 52 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 18 giugno 1986, n. 667, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

codice penale militare di pace, art. 42 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 18 marzo 1986, n. 512, G. U. 6 agosto 
1986, n. 39. 


I 

144 RASSEGNA DELL'AWOCATORA DELl.O STATO 

I 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 27 febbraio 1986, n. 531, G. U. 22 ottobre 
1986, n. 50. 

I

codice penale militare di pace, art. 170 (artt. 2, 3, 13 e 52 della Costituzione). 

I�

Tribunale militare di Padova, ordinanza 7 maggio 1986, n. 636, G. U. 12 novembre 
1986, n. 53. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 18 giugno 1986, n. 664, G. U. 28 no-.. 
vembre 1986, n. 56. 

codice penale militare di pace, art. 230, terzo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 19 dicembre 1985, n. 555/86, G. U. 
22 ottobre 1986, n. 50. 


codice penale militare di pace, art. 260 (artt. 2, 3, 28 e 52 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 30 aprile 1986, n. 735, G. U. 17 dicembre 
1986, n. 59. 

codice penale militare di pace, art. 264 (artt. 3, 25 e i03 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 16 aprile 1986, n. 543, G. U. 15 ottobre 
1986, n. 49. 

legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63 (art. 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di L'Aquila, ordinanza 3 dicembre 1985, n. 592/86, G. U. 29 
ottobre 1986, n. 51. 

legge 7 luglio 1901, n. 283, art. 6, lett. a) (artt. 3, 24 e 33 della Costituzione). 

Tribunale di Lucca, ordinanza 11 novembre 1985, n. 266/86, G. U. 25 luglio 
. 1986, n. 36. 

r.d. 16 luglio 1905, n. 646, art. 42 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Alessandria, ordinanza 4 marzo 1986, n. 487, G. U. 6 agosto 
1986, n. 39. 

legge 22 marzo 1908, n. 105, art. 1 (artt. 3 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 14 marzo 1986, n. 705. G. U. 
10 dicembre 1986, n. 58. 

r.d. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 80 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 24 gennaio 1986, n. 294, G. U. 16 luglio 1986, 
n. 34. 
r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, art. 46, primo comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). 


Consiglio nazionale degli ingegneri, ordinanze (due) 16 maggio 1986 e 18 
ottobre 1985, nn. 613 e 614/86, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1.4J 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, artt. 13 e 14, allegato B (art. 36 della Costituzione). 
Pretore di Cosenza, ordinanza 13 giugno 1986, n. 654, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 

r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, artt. 180, 181, 182 e 184 fartt. 3 e 33 della .Costituzione). 
Consiglio nazionale degli ingegneri, ordinanza 18 ottobre 1985, n. 544/86, r.. U. 
15 ottobre 1986, n. 49. 

r.dJ. rr novembre 1933, n. 1578, art. 8 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Lanusei, ordinanze (cinque) 7 giugno 1985, nn. 377-381/86, G. U. 
20 agosto 1986, n. 41. 

r.d 3 marzo 19M, n. 383, art. 265 (artt. 3, 25 e 103 della Costituz.ione). � 
Corte dei conti, ordinanza 14 novembre 1985, n. 465/86, G. U. 1� ottobre 1986, 

n. 47. 
r.d. 20 settembre 1934, n. 2011, artt. 53 e 80 (art. 23 della Costituzione). 
Corte d'appello di Milano, ordinanze (tre) 17 giugno 1986, nn. 710-712, G. U. 
10 dicembre 1986, n. 58. 

r.dJ. 12 agosto 1937, n. 1757, art. 2 (artt. 3, 36 e 39 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 1� luglio 1985, n. 432/86, G. U. 24 settembre 
1986, n. 46. 

dJ. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore de L'Aquila, ordinanza 14 luglio 1986, n. 642, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 

r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, tabelle A e B (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 23 ottobre 1985, n. 631/86, G. U. 12 novembre 
1986, n. 53. 
Pretore di Milano, ordinanza 26 marzo 1986, n. 688, G. U. 3 dicembre 1986, 

n. 57. 
r.dJ. 14 aprile 1939, n. 636, allegate tabelle A e B (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). , 

Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 1986, n. 534, G. U. 15 ottobre 1986, 
n, 49. 

r.d 9 luglio 1939, n. 1238, art. 168, terzo comma (art. 97 della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 30 aprile 1986, n. 550, G. U, 15 ottobre 1986, 

n. 49 

146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA' DELLO STATO 

r.d. 30 gennaio 1941, n. 12,-art. 48 (art. 97 della Costituzione). 
Tribunale di Fkenze, ordinanza 30 aprile 1986, n. 550, G. U. 15 ottobre 1986. 

n. 49. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209, secondo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 11 febbraio 1986, n. 371, G. U. 1� agosto 1986, 

n. 38. 
codice della navigazione, r.d. 30 marzo 1942, n. 327, art. 423, primo comma 
(artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Catanii1, ordinanza 15 maggio 1986, n. 644, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 

legge 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 7, nn. 2, 3, 4 e 40 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 22 maggio 
1986, n. 680, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

dJ.lgt. 9 aprile 1946, n. 212, artt. 3, ultimo comma, e 4 (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 

Pretore di Palestrina, ordinanza 19 novembre 1983, n. 268/86, G. U. 25 luglio 
1986, Il. 36. 

dJ.C.p.S. 1� aprile 1947, n. 273, art. 1 (art. 44 della Costituzione). 

Tribunale di Parma, ordinanza 20 marzo 1986, n. 524, G. U. 22 ottobre 
1986, n. 50. 

d.I. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 7 (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 10 gennaio 1985, 

n. 308/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 
legge 2 marzo 1949, n. 1431 art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Catania, ordinanza 3 ottobre 1985, n. 334/86, G. U. 30 luglio 
1986, n. 37. 
Tribunale di C�tania, ordinanza 5 marzo 1986, n. 728, G. U. 17 dicembre 
1986, Il. 59. 

legge 23: maggio 1950, n. 253, art. 35 (artt. 3, 24, 41, 42 e. 113 della Costituzione). 


Corte d'appello di Firenze, ordinanza 15 ottobre 1985, n. 743/86, G. U. 24 
dicembre 1986, n. 60. 

legge 21 marzo 1953, n. 161, art. 2, secondo comma (artt. 3, 97 e 108 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 27 marzo 1985, 

n. 355/86, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 

PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZ~ONB 147 

d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, art. 39, primo comma, lett. c), e terzo 
comma (artt. 3, 18, 27 e 39 della Costituzione). 
Tribunale di Padova, ordinanza 13 febbraio 1986, n. 525, G. U. 15 ottobre 
1986, n. 49. 

legge. 27 dicembre 1953, n. 967, art. 3 (art. 3 della Costituziose). 

Pretore di Firenze, ordinanza 11 giugno 1986, n. 687, G. U. 3 dicembre 1986, 

n. 57. 
legge 31 luglio 1954, n. 599, artt. 60 e 61 (artt. 3 e 35 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionaie, ordinanza 2 luglio 1985, 

n. 295/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 
legge 12 febbraio 1955, n. 77, art. 3, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Forl�, ordinanza 8 maggio 1986, n. 653, G. U. 19 novembre 1986, 

n. 54. 
legge 10 marzo 1955, n. 96, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 5 dicem� 
bre 1985, n. 681/86, G~ U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 3, lett. a), e 4 (artt. 3 e 27 della Costi� 
tuzione). 
Pr�tore di Adria, otdinanza 23 aprile 1985, n. 643/86, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 

legge 12 novembre 1955, n. 1137, art. 26 (artt. 3, 52, 97 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 29 maggio 
1986, n. 663, G. U. 28 novembre 1986, n. 56. 

legge 23 marzo 1956, n. 167, art. 8 (artt. 3, 25 e 103 della Costituziose). 

Tribunale militare di Torino, ordinanza 11 aprile 1986, n. 514, G. U. 1� ottobre 
1986, n. 47. 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 10, art. 85 (artt. 3, 24 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 18 giugno 
1985, n. 553/86, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

legge reg. Sicilia 7 febbraio 1957, n. 16, art. 6, n. 7 (artt. 3 e 51 della Costi� 
tuzione). 
Tribunale di Siracusa, ordinanza 4 marzo 1986, n. 306, G.. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
,,,,,,,,,,,,,,,,,.,.,,,.,,,,,,,,.,,,,,.,,,,,,,l,lllllllll~ 



148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, primo comma, 89, ultimo comma, e 
140, ultimo comma (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Modena, ordinanze (quattro) 
11 marzo 19~6, nn. 616-619, G. V. 5 novembre 1986, n. 52. 

d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, art. �53, primo comma, n. 2 (art. 3 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanze (due) 
20 marzo e 6 febbraio 1986, nn. 718 e 719, G. V. 10 dicembre 1986, n. 58. 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 17 aprile 
1986, n. 757, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 7 (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Tribunale di Patti, ordinanza 14 aprile 1986, n. 704, G. V. 10 dicembre 1986, 

n. 58. 
decreto presidente reg. siciliana 20 agosto 1960, n. 3, art. 6 (artt. 3 e 51 
della Costituzione). 

Tribunale di Siracusa, ordinanza 17 dicembre 1985, n. 326/86, G. V. 30 luglio 
1986, n. 37. 

legge 26 luglio 1961, n. 709, art. 40, n. 7, lett. a) (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 5 febbraio 
1986, n. 556, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

legge 26 luglio 1961, n. 709, art. 58 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 12 febbraio 1986, n. 640, G. V. 19 novembre 1986. 

n. 54. 
legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Agrigento, ordinanza 7 febbraio 1986, n. 427, G. V. 3 settembre 
1986, n. 43. 

legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 1, primo e quarto comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Perugia, ordinanze (due) 16 aprile 1986, nn. 562 e 563, G. V. 
22 ottobre 1986, n. 50. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) .(art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 25 ottobre 1985, n. 332/86, G. V. 16 luglio 1986, 

n. 34. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 26 maggio 1986, n; S80, G. U. 8 ottobre 1986, 

n. 48. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, quinto comma (artt. 3, 24, 36 e 38 
della Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ordinanze (due) 22 settembre 1982, nn. 7S9 e 760/86, 

G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 
. 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 7, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, ordinanza 25 settembre 198S, n. 606/86, G. U. S novembre 
1986, n. S2. 

legge 29 novembre 1962, n. 1655, art. 9, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Perugia, ordinanze (due) 4 giugno 1986, nn. 693 e 694, G. U. 
3 dicembre 1986, n. S7. 

legge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 34, primo comma (artt. 21 e 23 della 
Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 27 settembre 198S, n. 638/86, G. U. 19 novembre 
1986, n. S4. 

legge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 63 (art. 108 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 9 maggio 1986, n. 611, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. SO. 
legge reg. Sicilia 15 marzo 1963, n. 16, art. 253 (artt. 3, 25 e 103 della Costi� 
tuzione). 

Corte dei conti, ordinanza 14 novembre 198S, n. 46S/86, G. U. 1� ottobre 
1986, n. 47. 

legge 10 maggio 1964, n. 336, artt. 1 e 6 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (due) 13 novembre 
198S, nn. 683 e 684/86, G. U. 3 dicembre 1986, n. S7. 

legge 10 maggio 1964, n. 336, art. 6 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanze (due) 29 gennaio 1986, nn. S73 e S74/86, G. U. 
8 ottobre 1986, n. 48. 

legge 15 settembre 1964, n. 756, art. 14 (art. 44 della Costituzione). 

Tribunale di Parma, ordinanza 20 marzo 1986, n. S24, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. SO. 

RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

110 

legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 10, primo e terzo comma (artt. 3, 4, 41 
e 97 d.ella Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 1 novem� 
bre 1985, n. 316/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Lecco, ordinanza 21 maggio 1986, n. 528, G. U. 15 ottobre 1986, 

n. 49. 
Pretore di Lecco, ordinanza 30 maggio 1986, n. 570, G. U. 22 ottobre 1986, 
n. 50. 
pretore di Lecco, ordinanza 8 luglio 1986, n. 639, G. U. 19 novembre 1986, 
n. 54. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Alessandria, ordinanza 12 agosto 1986, n. 736, G. U. 17 dicem� 
bre 1986, n. 59. 

d.P.R. 30 gi\lgno 1965, n. 1124, art. 150, quinto comma (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 29 aprile 1986, n. 549, G. U. 15 ottobre 1986, 

n. 49. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 209 e 249 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Macerata, ordinanza 22 aprile 1986, n. 453, G. U. 17 settembre 
1986, n. 45. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 211 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Bari, ordinanza 27 marzo 1986, n. 397, G. U. 20 agosto 1986, n. 41. 

legge 15 luglio 1966, n. 6.04, art. 10 (artt. 3 e 76 della Costituzione) .. 

Pretore di Milano, ordinanza 10 maggio 1986, n. 552, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. 50. 
legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (artt. 3 1e 38 della 
Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 11 luglio 1985, n. 425/86, G. U. 3 settembre 
1986, n. 43. 

legge 12 marzo 1968, n. 334, art. 8, primo comma (artt. 3, 42 e 44 della 
Costituzione). 

Pretore di Nard�, ordinanza 23 aprile 1986, n. 577, G. r;. 29 ottobre 1986, 

n. 51. 
legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 52 (art. 3 della Costituzione) 

Corte dei conti, ordinanza 25 settembre 1985, n; 606/86, G. U. 5 novembre 
1986, n. 52. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 11 (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 dicembre 1984, 

n. 360/86, G. u, 1� agosto 1986, n. 38. 
legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 11, primo comma (artt. 3, 4, 38 e 41 della 
Costituzione). 

Pretore di Trapani, ordinanza 20 marzo 1986, n. 399, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 41. 
d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, quarto comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 23 ottobre 1985, n. 631/86, G. U. 12 novem� 
bre 1986, n. 53. 

Pretore di Milano, ordinanza 26 marzo 1986, n. 688, G. U. 3 dicembre 1986, 

n. 57. 
dP.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, quarto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 1986, n. 534, G. U. 15 ottobre 1986, 

n. 49. 
legge provinciale di Trento 11 novembre 1968, n. 20, art. 16 (artt. 3, 41 e 42 
della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, ordinanza 8 marzo 1985, 

n. 362/86, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 
legge 19 novembre 1968, n.. 1187, art. 2, primo comma (artt. 3 e 42� della 
Costituzione), 

Tribunale amministr�tivo regionale per la Lombardia, ordinanza 22 mag� 
gio 1986, n. 680, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art._ 14, sesto comma (~rtt. 3 e 36 della Costituzione). 


pretore di Milano, ordinanza 23 ottobre 198S, n. 631/86, G. U. 12 novem� 
bre 1986, n.. 53. 
Pretore di Milano, ordinanza 26 marzo 1986, n. 688, G. U. 3 dicembre 1986, 

n. 57. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 14, sesto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 1986, n. 534, G. U. 15 ottobre 1986, 

n. 49. 
legge 7 . ottobre 1969, n. 742, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 14 febbraio 1986, n. 411, G. U. 10 settembre 
1986, n. 44. 


RASSEGNA �DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

112 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, secondo comma (artt. 3, 4, 35 e 41 della 
Costituzione). 
Pretore cli Firenze, ordinanza 11 novembre 1985, n. 335/86, G. U. 23 luglip 
1986, n. 35. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, ultimo comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 10 maggio 1986, n. 552, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. SO. 
legge 20 maggio 1970, n. 365, art. 11 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Consiglio cli Stato, ordinanza 26 novembre 1985, n. 424/86, G. U. 3 settembre 
1986, n. 43. 

legge 25 maggio 1970, n. 352, art. 51, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Giudice istruttore presso tribunale di Bergamo, ordinanza 7 settembre 1983, 

n. 494/86, G. U. 6 agosto 1986, n. 39. 
d.l. 5 luglio 1971, n. 429, art. 1 [conv. in legge 4 agosto 1971, n. 589] (art. 81 
della Costituzione). 
Tribunale cli Catania, ordinanza 14 gennaio 1986, n. 382, G. U. 1� agosto 
1986, n. 38. 
Tribunale di Catania, ordinanza 6 maggio 1986, n. 726, G. U. 17 dicembre 
1986, n. 59. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (art. 81 della Costituzione). 

Tribunale cli Brescia, ordinanza 8 luglio 1982, n. 761/86, G. U. 24 dicembre 
1986, n. 60. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, .art. 2, n. 15 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 23 luglio 1985, 

n. 695/86, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 4, n. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria 9i primo grado di Trento, ordinanza 9 luglio 1Y85, 

n. 463/86, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 4, n. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria cli primo grado cli. Biella, ordinanze (due) 9 ottobre 
1985, nn. 276 e 277/86, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 8,. n. 2 (artt. 3, 29, 42 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Perugia, ordinanza 11 febbraio 
1985, n. 561/86, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1fJ 

legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Pisa, ordinanza 19 novembre 1985, n. 314/86, G. U. 30 luglio 
1986, n. 37. 

d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403, art. 2 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 18 febbraio 1986, n. 572, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. 50. 
d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403, art. 2 (art. 38 della Costituzione). 
Pretore di Treviso, ordinanza 18 novembre 1985, n. 391/86, G. U. 1� agosto 
1986, n. 38. 

legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 3 (artt. 2, 3, 42 e 47 della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 25 marzo 1986, n. 748, G. U. 24 dicembre 1986, 

n. 60. 
legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 13, secondo comma (artt. 3 
e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 18 marzo 1986, n. 518, G. U. 1� ottobre 
1986, n. 47. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 41, quarto comma, e 58, quarto comma 
(artt. 3, 24 e 27 della Costituzione).� 
Commissione tributaria di primo grado di Alessandria, ordinanza 21 settembre 
1985, n. 655/86, G. U. 26 novembre 1986, n. 55. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 41 e segg. del titolo terzo (artt. 3, 24, 76 
e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verona, ordinanza 23 aprile 1986, 

n. 602, G. U. 29 ottobre 1986, n. 51. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa ali. A (artt. 11 e 76 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 22 gennaio 
1986, n. 406, G. U. 3 settembre 1986, n. 43. 
Commissione tributaria di primo grado di Verona, ordinanze (tre) 17 febbraio 
1986, nn. 456-457 e 459, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 
Commissione tributaria di primo grado di Verona, ordinanze (due) 17 febbraio 
1986, nn. 458 e 460, G. U. 24 settembre 1986, n. 46. 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 27 giugno 
1985, n. 575/86, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 
Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia, ordinanza 13 marzo 
1986, n. 629, G. U. 12 novembre 1986, n. 53. 
Commissione tributaria di primo grado di Rovereto, ordinanza 25 novembre 
1985, n. 722/86, G. U. 10 dicembre 1986, n. 58. 

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1J4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa ali. A (art. 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Busto Arsizio, ordinanza 12 febbraio 
1986, n. 408, G. U. 10 settembre 1986, n. 44. 
Commissione tributaria di primo grado di Busto Arsizio, ordinanze (due) 
10 e 12 febbraio 1986, nn. 590-591, G. U. 29 ottobre 1986, n. 51. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16, primo comma (artt. 3, 24 e 113 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Alessandria, ordinanza 2 luglio 
1986, n. 658, G. U. 26 novembre 1986, n. 55. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39, primo comma (artt. 76 e 77 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 20 gennaio 
1986, n. 251, G. V. 11 luglio 1986, n. 33. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, artt. 4, 6, 12 e 17 (artt. 3, 29, 42 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Perugia, ordinanza 11 febbraio 
1985, n. 561/86, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 8, secondo comma (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanza 5 maggio 
1986, n. 714, G. U. 10 dicembre 1986, n. 58. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 18, sesto comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 7 febbraio 
1985, n. 280/86, G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 7 febbraio 
1985, n. 608/86, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23, primo comma (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Venezia, ordinanza 17 dicembre 
1984, n. 749/86, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23, primo ed ultimo comma (art. 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 18 novembre 
1985, n. 336/86, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648, art. 10 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 19 febbraio 1986, n. 435, G. U. 10 settembre 
1986, n. 44. 

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'PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1ff 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 11 (artt. 25 e 103 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanze (due) 20 dicembre 1985, nn. 538 
e 554/86, G. U. 1� ottobre 1986, n. 47. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183, 195 e 334 (artt. 21, 35 e 41 della 
Costituzione). 
pretore di Bologna, ordinanza 7 febbraio 1986, n. 278, G. U. 13 agosto 1986, 

n. 40. 
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, primo comma, 183, primo comma e 
195, primo comma, n. 2 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Donnas, ordinanza 14 marzo 1985, n. 325/86, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3 e 28 della Costituzione). 
Corte d'appello di Roma, ordinanza 18 marzo 1986, n. 723, G. U. 17 dicembre 
1986, n. 59. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Mezzolombardo, ordinanza 28 novembre .1985; n. 483/86, G. U. 
27 agosto 1986, n. 42. 
Pretore di Mezzolombardo, ordinanza 14 marzo 1986, n. 532, G. U. 1� ottobre 
1986, n. 47. 
Pretore di Mezzolombardo, ordinanza 24 ottobre 1985, n. 533/86, G. U. 
1� ottobre 1986, n. 47. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334, primo comma (artt. 3 e 
27 della Costituzione). 
Pretore di Bari, ordinanza 26 novembre 1985, n. 253/86, G. U. 11 luglio 1986, 

n. 33. 
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, .artt. 183, primo comma e 195;, primo comma, 
n. 2 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Pontecorvo, ordinanze (due) 24 ottobre 1985, nn. 745 e 746/86, G. U. 
24 dicembre 1986, n. 60. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (art. 3 �della Costituzione). 
Pretore di Macerata, ordinanza 27 marzo 1986, n. 493, G. U. 27 agosto 1986, 

n. 42. 
Tribunale di Macerata, ordinanza 13 giugno 1986, n. 672, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (artt. 15 e 21 della Costituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 25 marzo 1986, n. 469, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 

1J6 RASSEGNA DELL'J\VVOCATURA DELW STATO 

Pretore di La Spezia, ordinanza 25 marzo 1986,' n. 470, G. U. 23 luglio 1986, 

n. 35. 
pretore di La Spezia, ordinanze (due) 2 maggio 1986, nn. 529 e 530, G. U. 
1� ottobre 1986, n. 47. 

d.I. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 24 febbraio 1986, n. 540, G. U. 22 ottobre 
1986, n. 50. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 500, art. 1 (art. 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 9 dicembre 
1982, n. 651/86, G. U. 19 novembre 1986, n. 54. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 587, artt. 28, 29 e 30 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 23 luglio 1985, 

n. 695/86, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4, lett. c) (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ivrea, ordinanza 13 marzo 1985, 

n. 252/86, G. U. 11 luglio 1986, n. 33. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 24 e 30 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Voghera, ordinanza 20 marzo 
1986, n. 410, G. U. 3 settembre 1986, n. 43. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 28 e 51 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 10 dicembre 
1985, n. 407/86, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 46, capoverso (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Grosseto, ordinanze (tre) 
7 marzo 1986, nn. 737-739, G. U. 17 dicembre 1986, n. 59. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46, secondo comma, e 12, lett. e) (artt. 3, 
38 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Modena, ordinanza 11 marzo 
1986, n. 620, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 51 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 9 luglio 1985, 

n. 463/86, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74 (art. 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bologna, ordinanza 19 settembre 
1984, n. 750/86, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 10 dicem


bre 1985, n. 407/86, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. -~ 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 9 luglio 1985, 

n. 463/86, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
d.P.R. 29 settembre 1973, 11, 599, art. 1, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Biella, ordinanze (due) 9 ottobre 
1985, nn. 276-277/86, .G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 
Commissione tributaria di secondo grado di Padova, ordinanza 25 novembre 
1985, n. 581/86, G. U. 8 ottobre 1986, n. 48. 
Commissione tributaria di secondo grado di Padova, ordinanze (tre) 17 febbraio 
1986, nn. 582-584, G. U. 8 ottobre 1986, n. 48. 

d.P.R. 29 seitembre 1973, n. 599, art. 4, terzo comma (artt. 53, 72 e 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 24 aprile 
1986, n. 685, G. U. 3 dicemIJ.re 1986, n. 57. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, -art. 4, quinto comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 8 marzo 1985, 

n. 270/861 G. U. 25 luglio 1986, n. 36. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41, terzo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 23 luglio 1985, 

n. 695/86, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 
d.P.R. 29 settembre 1973, 11. 600, art. 47 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 21 marzo 1986, 

n. 423, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
d.P.R. 29 settembre 1973, 11, 600, art. 47 (artt. 3 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Bergamo, ordinanza 21 febbraio 
1986, n. 516, G. U. 3 settembre 1986, n. 43. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, sesto comma (artt. 3, 24 e 101 
della Costituzione). 
Tribunale di Verbania, ordinanza 9 maggio 1986, n. 645, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 


158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 3_4, primo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Grosseto, ordinanze (tre) 
7 marzo 1986, n. 737-739, G. U. 17 dicembre 1986, n. 59. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 11, 15, primo comma, e 39, secondo 
comma (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Pretore di Valenza, ordinanza 21 dicembre 1985, n. 392/86, G. U. 20 agosto 
1986, Il. 41. 

d.P.R. 29 settembre 1973, 11. 602, artt. 37 e 38 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 12 maggio 
1986, n. 571, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

legge 20 dicembre 1973, n. 831, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 7 febbraio 
1986, n. 520, G. U. 6 agosto 1986, n. 39. 

d.P.R. 28 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 2 luglio 
1985, n. 674/86, G. U. 28 novembre ,1986, n. 56. 

d.P.R. 28 dicembre 1973, n. 1032, art. 38 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 
Trib�nale amministrativo regionale della Toscana, ordinanza 19 marzo 1986, 

n. 734, G. U. 17 dicembre 1986, n. 59. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 82, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, ordinanza 25 settembre 1985, n. 606/86, G. U. 5 novembre 
1986, n. 52. 

d.1. 8 luglio 1974, 11. 264, art. 8, sesto comma [conv. in legge 17 luglio 1974, 
11. 386] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Caltanissetta, ordinanza 18 marzo 1986, n. 542, G. U. 15 ottobre 
1986, n. 49. 

legge prov. Trento 30 settembre 1974, n. 26, art. 8 (artt. 3, 36 e 97 della 
Costituzione e 4 e 8 dello statuto). 

Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, ordinanza 15 novembre 
1985, n. 305/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge 9 ottobre 1974, n. 132 (artt. 27 e 31 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 22 novembre 1985, n. 286/86, G. U. 23 luglio 
1986, n. 35. 


-


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 45 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Donnas, ordinanza 14 marzo 1985, n. 325/86, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 

Pretore di Pontecorvo, ordinanze (due) 24 ottobre 1985, n. 745 e 746/86, 

G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 
legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Sondrio, ordinanza 21 giugno 1985, n. 353/86, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 20 maggio 1986, n. 661, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

legge 18 aprile 1975, 11. 110, art. 5, quarto e sesto comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Tempio Pausania, ordinanza 4 marzo 1986, n. 401, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 
Corte d'appello di Palermo, ordinanza 5 febbraio 1986, n. 285, G. U. 23 luglio 
1986, n. 35. 
Pretore di Torino, ordinanza 24 gennaio 1986, n. 536, G. U. 1� ottobre 1986, 

n. 
47. 
pretore di Torino, ordinanza 15 giugno 1986, n. 537, G. U. 1� ottobre 1986, 
n. 47. 
legge reg. Emilia-Romagna 14 maggio 1975, 11. 30, art. 15, quarto comma 
(art. 117 della Costituzione). 

Pretore cli Forl�, ordinanza 10 dicembre 1985, n. 652/86, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 20, 22 e 23 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 5 marzo 1986, n. 389, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 41. 
legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 17, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Salerno, ordinanze (due) 11 giugno 1986, nn. 696 e 697, G.U. 
3 dicembre 1986, n. 57. 

legge 2 dicembre 1975, 11. 576, art. 32 (artt. 3, 29, 42 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Perugia, ordinanza 11 febbraio 
1985, n. 561/86, G. U. 22 ottobre 1986, n. 50. 

legge 2 dicembre 1975, 11. 626, art. 22 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 18 dicembre 1985, 

n. 727/86, G. U. 17 dicembre 1986, n. 59. 

160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 10 dicembre 1975, n. 724, artt. 1, 3 e 7 (artt. 3 e 11 della Costituzione). 

Corte d'appello di Napoli, ordinanza 29 ottobre 1985, n. 622/86, G. U. 5 novembre 
1986, n. 52. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 71, primo e ultimo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 3 marzo 1986, n. 383, G. U. 6 agosto 1986, 

n. 39. 
legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 71 e 72 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Cosenza, ordinanza 4 marzo 1986, n. 372, G. U. 13 agosto 1986, 

n. 40. 
legge� 22 dicembre 1975, n. 685, art. 81, primo comma (art. 10 della Costituzione). 


Corte d'appello di Perugia, ordinanza 4 aprile 1986, n. 447, G. U. 24 settembre 
1986, n. 46. 

legge 2 maggio 1976, n. 183, art. 22, ultimo comma (art. 81 della Costituzione). 


Tribunale di Catania, ordinanza 14 gennaio 1986, n. 382, G. U. 1� agosto 
1986, n. 38. 
Tribunale di Catania, ordinanza 6 maggio 1986, n. 726, G. U. 17 dicembre 
1986, n. 59. 

legge 5 maggio 1976, n. 187, art. 4 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 26 novembre 1985, n. 424/86, G. U. 3 settem� 
bre 1986, n. 43. 

legge 5 maggio 1976, n. 187, art. 3' (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrat_ivo regionale della Liguria, ordinanza 31 maggio 1985, 

n. 359/86, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 
legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 21, terzo comma (artt. 27 e 41 della 
Costituzione). 

"� 

Tribunale di Lucca, ordinanza 19 febbraio 1986, n. 703, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 

legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, ultimo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Voghera, ordinanza 27 febbraio 
1986, n. 405, G. U. 3 settembre 1986, n. 43. 

legge 29 giugno 1977, 11. 349, art. 11, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Caltai�ssetta, ordinanza 18 marzo 1986, n. 542, G. U. 15 ottobre : 
1986, n. 49. 

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i 

I 

~



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 7 (artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione). 

Pretore � di Modena, ordinanza 26 aprile 1986, n. 624, G. U. 5 novembre 
1986, n. 52. 

legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 24, ultimo comma (art. 119 della Costituzione). 


Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 422, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 
41. 
Tribunale d~ Torino, ordinanza 1� aprile 1986, n. 434, G. U. 20 agosto 1986, 
n. 41. 
Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 755, G. U. 24 dicembre 
1986, n. 60. 

d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 59 (art. 81 della Costituzione). 
Tribunale di Catania, ordinanza 14 gennaio 1986, n. 382, G. U. 1� agosto 
1986, n. 38. 
T1ibunalc di Catania, ordinanza 6 maggio 1986, n. 726, G. U. 17 dicembre 
1986, n. 59. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Saluzzo, ordinanza 13 gennaio" 1986, n. 641, G. U. 19 novembre 
1986, 11. 54. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Piazza Armerina, ordinanza 22 marzo 1986, n. 374, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 

d,,l. 26 settembre 1978, n. ~76, art. 2, primo comma [conv. in legge 24 novembre 
1978, n. 738] (art. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 7 aprile 1986, n. 579, G. U. 29 ottobre 
1986, n. 51. 

legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 19 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 24 gennaio 1986, n. 294, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 53 e 57, secondo comma (artt. 3, 23, 
56, 76, 97 e 101 della Costituzione). 

Pretore di Rieti, ordinanza 9 giugno 1986, n. 679, G. U. 28 novcmbre 1986, 

n. 56. 
legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 57 \? 63 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della 
Costituzione). 

Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 17 marzo 1986, n. 416, G. U. 20 agosto 
1986, n. 41. 


162 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 57, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 428/86, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 41. 
legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 63 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 26 marzo 1986, n. 513, G. V. 24 settembre 1986, 

n. 46. 
d.I. 
30 gennaio 1979, n. 26, art. l, 5� comma [conv. in legge 3 aprile 1979, 
n. 95] (art. 3 della Costituzione). 
Giudice istruttore presso Tribunale cli Roma, ordinanza 31 gennaio 1986. 

n. 250, G. V. 11 luglio 1986, n. 33. 
legge 3 aprile 1979, n. 103, art. 29, terzo e quarto comma (artt. 3 e 97 della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 21 gennaio 1986, n, 594, G. V. 29 ottobre 1986, 

n. 51. 
legge 27 luglio 1979, 11. 301, art. 2 e succ. modificazioni (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Siracusa, ordinanza 21 febbraio 1986, n. 269; G. V. 25 luglio 1986, 

n. 36. 
legge reg. Emilia Romagna 23 agosto 1979, n. 26, art. 1 (arlt. 117 e 119 della 
Costituzione). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 22 ottobre 1985, n. 754/86, G. V. 24 dicembre 
1986, n. 60. 

legge reg. Lazio 28 settembre 1979, n. 79, art. 4 (art. 119 della Costituzione). 

Tribunale di Rom�, ordinanze (dodici) 22 novembre 1985, nn. 471-482/86, 

G. V. 27 agosto 1986, n. 42. 
Tribunale di Roma, ordinanze (dodici) 22 novembre 1985, nn. 495-506/86, 
G. V. 27 agosto 1986, n. 42. 
legge reg. Piemonte 17 ottobre 1979, n. 60, art. 57 (art. 119 della Costituzione). 


Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, 11. 422, G.U. 20 agosto 1986, 
Il. 41, 

Tribunale di Torino, ordinanza 10 aprile 1986, n. 434, G. V. 20 agosto 1986, 

n. 
41. 
Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 755, G. V. 24 dicembre 1986, 
n. 60. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.I. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33) 
(art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Pescara, ordinanza 23 aprile 1986, n. 440, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 
41. 
Pretore di Pescara, ordinanza 25 febbraio 1986, n. 441, G. U. 27 agosto 1986, 
n. 
42. 
Pretore di Avezzano, ordinanze (tre) 25 giugno e 9 luglio 1986, nn. 707-709, 
G. U. 10 dicembre 1986, n. 58. 
d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] 
(artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
pretore di Brescia, ordinanza 26 marzo 1986, n. 513, G. U. 24 settembre 
1986, n. 46. 

d.I. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 428/86, G. U. 20 agosto 
1986, n. 41. 

Pretore di Bologna, ordinanze (tre) 5 maggio 1986, n. 490492, G. U. 27 agosto 
1986, n. 42. 

legge 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1, primo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 26 giugno 1986, n. 690, G. U. 3 dicembre 1986, 

n. 57. 
legge 11 febbraio 1980, n. 19 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 22 marzo 1985, n. 384/86, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 41. 
legge 21 febbraio 1980, n. 28 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 13 marzo 1985, 

n. 659/86,� G. U. 28 novembre 1986, n. 56. 
legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, ottavo comma, lett. g) (art. 3 della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 26 aprile 1985, n. 409/86, G. U. 16 luglio 1986, 
Il. 34. 

legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 3 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ordinanza 21 giugno 1984, n. 673/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 31 gennaio 1985, n. 700/86, G. U. 3 dicembre 
1986, n. 57. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 26 gennaio 1985, n. 701/86, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 


164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge rell'. Piemonte 6 marzo 1980, n. 13, 11. 14 tariffa allegata (art. 119 della 
Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 422, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 41. 
Tribunale di Torino, ordinanza 1� april� 1986, n. 434, G. U. 20 agosto 1986, 
Il. 41. 

Tribunale di Torino, ordinanza 4 marzo 1986, n. 755, G. U. 24 dicembre 1986, 

n. 60. 
legge reg. Trentino-Alto Adige 10 aprile 1980, n. 5, art. 2 (artt. 5, 116, 119, 
128 della Costituzione e art. 73 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). 

Consiglio di Stato, ordinanza 20 maggio 1986, n. 756, G. U. 24 dicembre 1986, 

n. 60. 
deliberazione giunta reg. Trentino-Alto Adige 16 maggio 1980, n. 737, art. 15 
(artt. 5, 116, 119 e 128 della Costituzione e 73 dello statuto reg. Trentino-Alto 
Adige). 

Consiglio di Stato, ordinanza 20 maggio 1986, n. 756, G. U. 24 dicembre 1986, 

n. 60. 
legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Aosta, ordinanza 10 febbraio 1986, n. 275, G. U. 9 luglio 1986, 

n. 32. 
legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 10 luglio 1986, n. 691, G. U. �3 dicembre 1986, 

n. 57. 
legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Tribunale di Catania, ordinanza 20 maggio 1986, n. 576, G. U. 29 ottobre 1986, 

n. 51. 
legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (art. 38 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 9 aprile 1986, n. 599, G. U. 29 ottobre 1986, 

n. 51. 
Pretore di Trani, ordinanze (due) 18 marzo 1986, nn. 604 e 605, G. U. 29 ottobre 
1986, n. 51. 

d.P.R.. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1 (artt. 3, 23, 53, 76 ,e 77 della Costituzione). 
Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 17 marzo 1986, n. 416, G. U. 20 agosto 
1986, n. 41. 
Pretore de L'Aquila, ordinanze (due) 31 marzo e 28 febbraio 1985, nn. 445 
e 446/86, G. U. 27 agosto 1986, n. 42. 
Pretore di Brescia, ordinanza 26 marzo 1986, n. 513, G. U. 24 settembre 1986, 

n. 46. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 16f 

d.P.R. _8 luglio 1980, n. 538, art. 1 (artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 18 dicembre 1985, n. 678/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538; art. 1 (artt. 3, 23 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanze (tre) 18 novembre e 18 dicembre 1985, nn. t25627/
86, G~ U. 5 novembre 1986, n. 52. 

d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Panna, ordinanza 13 maggio 1986, n. 702, G. U. 10 dicembre 1986, 

n. 58. 
d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 14 maggio 1986, n. 600, G. U. 8 ottobre 1986, 

n. 48. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 51, secondo comma (artt. 3, 76 e 97 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 maggio 1985, 

n. 333/86, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 
d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, artt. 1 e 2 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tribunale di Brescia, �ordinanza 21 giugno 1984, n. 673/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 31 gennaio 1985, n. 700/86, G. U. 3 dicem 
bre 1986, n. 57. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 26 gennaio 1985, n. 701/86, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 

legge 11 luglio 1980, n. 312, artt. 51, primo, secondo e quinto comma, e 152 
(artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 23 giugno 
1986, n. 670, G. U. 28 novembre 1986, n. 56. 

legge 11 luglio 1980, n. 312, art. 162 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dci conti, ordinanza 26 febbraio 1986, n. 628, G. U. 5 novembre 1986. 

n. 52. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 13 marzo 1985, 

n. 659/86, G. U. 28 novembre 1986, n. 56. 

166 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R; 11 luglio 1980, n. 382, art. 36 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 2 maggio 1986. n. 724, G. U. 1'7 dicembre 1986, 

n. 59. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, primo comma, lett. h) (art. 3 della 
Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 26 aprile� 1985, n. 409/86, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 121, secondo comma (artt. 3 ,e 97 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 13 gen� 
naio 1986, n. 436, G. U. 10 settembre 1986, n. 44. 

legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 2 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Tribunale di Sondrio, 011dinanza 22 maggio 1986, n. 547, G. U. 15 ottobre 1986, 

n. 49. 
legge 22 dicembre 1980, n. 932, art. 2 (artt. 3 e 35 della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 26 novembre 1985, n. 539/86, G. U. 15 �ttobre 
1986, n. 49. 

legge 10 febbraio 1981, n. 22, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 25 febbraio 1986, n. 320, G. U. 23 luglio 
1986, n. 35. 

d.I. 28 febbraio 1981, n. 36, art. 1, terzo comma [conv. in legge 29 aprile 1981, 
n. 163] (art. 81 della Costituzione). 
Tribunale di Catania, ordinanza 14 gennaio 1986, n. 382, G. U. 1� agosto 1986, 

n. 38. 
legge 1� aprile 1981, n. 121, art. 36, punto X (artt. 3, 35, 36, e 97 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 7 novembre 1984, 

n. 338/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 
legge 1� aprile 1981, n. 121, artt. 43 e 96, lett. I) (artt. 3 e 36 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 16 dicembre 
1985, n. 442/86, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 

legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, primo comma (artt. 3 e 51 della Costituzione). 


Corte d'appello di Milano, ordinanza 5 marzo 1986, n. 438, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
167 

d.l. 6 giugno 1981, n. 283, art. 11-ter [conv. in legge 6 agosto 1981, n. 432] 
(artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 2 maggio 1986, n. 724, G. U. 17 dicembre 1986, 

n. 59. 
d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 2 [conv. in legge 26 setembre 1981, n. 537] 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Acqui Terme, ordinanza 7 marzo 1986, n. 400, G. U. 23 luglio 1986, 

n. 35. 
d.l. 
29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] 
(art. 3 della Costituzione). 
\

Pretore di Pescara, ordinanza 23 aprile 1986, n. 440, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 
41. 
Pretore di Pescara, ordinanza 25 febbraio 1986, n. 441, G. U. 27 agosto 1986, 
n. 
42. 
Pretore di Avezzano, ordinanze (tre) 25 giugno e 9 luglio 1986, nn. 707-709, 
G. U. 10 dicembre 1986, n..58. 
d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, 11. 537] 
(artt. 3; 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 17 marzo 1986, n. 416, G. U. 20 agosto. 
1986, n. 41. 

Pretore de L'Aquila, ordinanze (due) 31 marzo e 28 febbraio 1985, nn. 445 
e 446/86, G. U. 27 agosto 1986, n. 42. 

Pretore di Brescia, ordinanza 26 marzo 1986, n. 513, G. U. 24 settembre 1986; 

n. 46. 
d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] 
(artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 18 dicembre 1985, n. 678/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] 
(artt. 3, 23 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanze (due) 18 novembre e 18 dicembre 1985, 
nn. 625-626/86, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 

d.l. 23 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanze (tre) 5 maggio 1986, nn. 490-492, G. U. 27 agosto 
1986, n. 42. 
Tribunale cli Brescia, ordinanza 21 giugno 1984, n. 673/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 31 gennaio 1985, n. 700/86, G. U. 3 dicembre 
1986, n. 57. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 26 gennaio 1985, n. 701/86, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 


168 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, secondo comma [conv. in legge 26 settembre 
1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 14 maggio 1986, n. 600, G. U. 8 ottobre 1986, 
Il. 48. 

d.l. 29 lyglio 1981, n. 402, art. 12, sesto ed ultimo comma [conv. in legge 
26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 428/86, G. U. 20 agosto 1986, 
Il. 41. 


legge 24 novembre 1981, n. 689, ai�t. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 27 maggio 1986, n. 585, G. U. 29 ottobre 1986, 

n. 51. 
legge 24-novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Agrigento, ordinanza 27 gennaio 1986, 

n. 621, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Senigallia, ordinanza 14 febbraio 1985, n. 260/86, G. U. 9 luglio 
1986, n. 32. 


Pretore di Modena, ordinanza 22 ottobre 1985, n. 467/86, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 
34. 
Pretore di Alessandria, ordinanza 14 novembre 1985, n. 517/86, G. U. 3 settembre 
1986, n. 43. 
Pretore di Mineo, ordinanza 7 marzo 1986, n. 508, G. U. 3 settembre 1986, 


n. 
43. 
Pretore di Sampierclarena, ordinanza 20 marzo 1986, n. 523, G. U. 1� ottobre 
1986, n. 47. 
Pretore di Pieve ui Cadore, ordinanza 18 aprile 1986, n. 612, G. U. 22 ottobre 
1986, n. 50. 


legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 28 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Saluzzo, ordinanza 18 febbraio 1986, n. 752, G. U. 24 dicembre 
_1986, n. 60. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 54 (artt. 3, 25 e 27 della Costituzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 4 giugno 1986, 11. 633, G. U. 12 novembre 
1986, 11. 53. 


legge 24 novembre 1981, n. 689,_ artt. 53 e 54 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 15 aprile 1986, n. 511, G. U. 1� ottobre 
1986, 11. 47 




PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 169 

Tribunale di Padova, ordinanza 15 aprile 1986, n. 559, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. 50. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 4 giugno 1986, n. 668, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 18 giugno 1986, n. 664, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54 e 77 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 12 febbraio 1986, n. 307, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54, 77 e 79 (artt. 3 e 27 della 
Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 7 maggio 1986, n. 636, G. U. 12 novembre 
1986, n. 53. 
Tribunale militare di Padova, ordinanze (due) 1� luglio e 25 giugno 1986, 
nn. 665 e 666, G. U. 28 novembre 1986, n. 56. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 18 settembre 1985, n. 398/86, G. U. 
20 agosto 1986, n. 41. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 54 e 77 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Rieti, ordinanza 13 dicembre 1985, n. 390/86, G. U. 16 luglio 
l986, n. 34. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 54, 77 e 79 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 10 marzo 1986, n. 522, G. U. 24 settembre 
1986, n. 46. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanze (due) 13 gennaio 1986, nn. 557 e 558, G. U. 
1� ottobre 1986, n. 47. 
Pretore di Terni, ordinanze (cinque) 7 aprile 1986, nn. 565-569, G. U. 8 ottobre 
1986, n. 48 e 15 ottobre 1986, n. 49. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77. (art. 101 della Costituzione). 

Tribunale di Pisa, ordinanze (due) 16 aprile 1986, nn. 454-455, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 
Tribunale di Pisa, ordinanze (due) 4 giugno 1986, nn. 609-610, G. U. 8 ottobre 
1986, n. 48. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 107 (artt. 25 e 112 della Costituzione). 

Pretore di Teano, ordinanza 10 febbraio 1986, n. 419, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
21 



170 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.I. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 2, secondo comma [conv. in legge 26 febbraio 
1982, n. 54] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Parma, ordinanza 13 maggio 1986, n. 702, G. U. 10 dicembre 1986, 

n. 58. 
di. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b) [conv. in legge 
25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 17 gennaio 1986, n. 586, G. U. 29 ottobre 1986, 

n.51. 
d.I. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b) [conv. in legge 
25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3, 24, 31 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 9 dicembre 1985, n. 287/86, G. U. 25 luglio 1986, 

n. 
36. 
Pretore di Milano, ordinanza 13 luglio 1985, n. 289/86, G. U. 25 luglio 1986, 
n. 36. 
Pretore di Milano, ordinanze (due) 15 marzo 1986, nn. 587 e 588, G. U. 
29 
ottobre 1986, n. 51. 
Pretore di Milano, ordinanza 27 gennaio 1986, n. 589, G. U. 29 ottobre 1986, 

n.51. 
Pretore di Milano, ordinanze (due) 7 e 28 luglio 1986, nn. 740 e 741, G. U. 
17 
dicembre 1986, n. 59. 
Pretore di Milano, ordinanza 15 maggio 1986, n. 725, G. U. 17 dicembre 1986, 

n. 59. 
Pretore di Milano, ordinanza 24 aprile 1986, n. 742, G. U. 24 dicembre 1986, 
n. 60. 
legge 22 febbraio 1982, n. 6, art. 1 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 2 maggio 1986, n. 724, G. U. 17 dicembre 1986, 

n. 59. 
d.I. 27 febbraio 1982, n. 57, art, 4 [come modificato dall'art. 1 della legge 
29 aprile 1982, n. 187] (artt. 3, 24, 42 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 20 novembre 
1985, n. 751/86, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge 22 aprile 1982, n. 168, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Treviso, ordinanza 16 giugno 
1986, n. 635, G. U. 12 novembre 1986, n. 53. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pescara, ordinanza 23 aprile 1986, n. 440, G. U. 20 agosto 1986, 

n.41. 
Pretore di Pescara, ordinanza 25 febbraio 1986, n. 441, G. U. 27 agosto 1986, 
n. 42. 
Pretore di Avezzano, ordinanze (tre) 25 giugno e 9 luglio 1986, nn. 707-709, 
G. U. 10 dicembre 1986, n. 58. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 

Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 17 marzo 1986, n. 416, G. U. 20 agosto 
1986, n. 41. 
Pretore de L'Aquila, ordinanze (due) 31 marzo e 28 febbraio 1985, nn. 445 
e 446/86, G. U. 27 agosto 1986, n. 42. 
Pretore di Brescia, ordinanza 26 marzo 1986, n. 513, G. U. 24 settembre 1986, 

n. 46. 
legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanze (tre) 5 maggio 1986, nn. 490492, G. U. 
27 agosto 1986, n. 42. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 21 giugno 1984, n. 673/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 31 gennaio 1985, n. 700/86, G. U. 3 dicembre 
1986, n. 57. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 26 gennaio 1985, n. 701/86, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, primo, quarto e sesto comma (artt. 3 
e 53 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 428/86, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 41. 
legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, terzo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). 


Pretore di Firenze, ordinanza 14 maggio 1986, n. 600, G. U. 8 ottobre 1986, 

n. 48. 
legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, quarto comma (artt. 3, 23, 53 e 97 della 
Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 18 dicembre 1985, n. 67.8/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, quarto comma (artt. 3, 23 e 97 della 
Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanze (tre) 18 novembre e 18 dicembre 1985, 
nn. 625-627/86, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, quarto comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Acqui Terme, ordinanza 7 marzo 1986, n. 400, G. U. 23 luglio 1986, 

n. 35. 
legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 17, settimo comma (artt. 3, 41 e 42 della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Salerno, ordinanza 15 maggio 1986, n. 489, G. U. 6 agosto 
1986, n. 39. 


17~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 maggio 1982, n. 270, artt. 35, 37 e 57 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 11 luglio 1985, 

n. 315/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 
legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 43 (artt. 2, 3 e 33 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 11 luglio 1985, 

n. 632/86, G. U. 12 novembre 1986, n. 53. 
legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 44, terzo, sesto e settimo comma (artt. 3 
e 97 della. Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 18 aprile 1986, n. 675, G. U. 28 novembre 1986, 

n. 56. 
legge 20 maggio, 1982, n. 270, art. 76 (artt. 3, 33 e 51 della Costituzione). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 
29 maggio 1985, n. 339/86, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 23 ottobre 1985, n. 631/86, G. U. 12 nov~mbre 
1986, n. 53. 
Pretore di Milano, ordinanza 26 marzo 1986, n. 688, G. U. 3 dicembre 1986, 

n. 57. 
legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 1986, n. 534, G. U. 15 ottobre 1986, 

n. 49. 
legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 4, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Aosta, ordinanza 10 febbraio 1986, n. 275, G. U. 9 luglio 1986, n. 32. 

legge reg. Lombardia 28 giugno 1982, n. 30, art. 1, secondo comma (artt. 3, 4, 
51 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 14 marzo 
1985, n. 309/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

d.L 2 luglio 1982, n. 402, art. 5 [conv. in legge 3 settembre 1982, n. 627] 
(art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (due) 13 novembre 
1985, nn. 683 e 684/86, G. U. 3 dicembre 1986, n. 57. 

dl. 10 luglio 1982, n. 429, art. 3, secondo comma [convertito in legge 7 aiiosto 
1982, n. 516] (art. 25 della Costituzione). 

Giudice istruttore tribunale di Foggia, ordinanze (sei) 1� febbraio 1986, 
nn. 299/304, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
17~ 

d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516) 
(aru. 2, 3 e 25 della Costit~ione). 
Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanze (quattro) 
11 luglio 1986, nn. 729-732, G. U. 17 dicembre 1986, n. 59. 

dJ. 10 luglio 1982, n. 429, art. 16 [conv. in l�gge 7 agosto 1982, n. 516) 
(artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, ordinanza 24 mar� 
zo 1986, n. 527, G. U. 1� ottobre 1986, n. 47. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 2, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Tolmezzo, ordinanza 20 maggio 1986, n. 526, G. U. 15 ottobre 
1986, n. 49. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 16 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanza 5 dicembre 1985, 

n. 
319/86, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
Commissione tributaria di secondo grado di Treviso, ordinanza 4 ottobre 
1985, n. 443/86, G. U. 16 luglio 1986, n. 34. 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 6 dicembre 
1984, n. 515/86, G. U. 1� ottobre 1986, n. 47. 

legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 29 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Alessandria, ordinanza 21 settembre 
1985, n. 655/86, G. U. 26 novembre 1986, n. 55. 

d.P.R. 9 agosto 1982, n. 525, artt. 1 e 2 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 12 novembre 1985, n. 327/86, G. U. 30 luglio 
1986, n. 37. 

d.P.R. 9 agosto 1982, n. 525, art. 1, primo e secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Tribunale di Udine, ordinanza 18 settembre 1986, n. 758, G. U. 24 dicembre 
1986, n. 60. 

legge 14 agosto 1982, n. 590, art. 34 (art. 33 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 22 novembre 1985, n. 593/86, G. U. 29 ottobre 
1986, n. 51. 

legge 13 settembre 1982, n. 646 (artt. 25, 27 e 42 della Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 11 aprile 1986, n. 630, G. U. 12 novembre 
1986, n. 53. 

legge 13 settembre 1982, n. 646, art. 21 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Mal�, ordinanza 16 aprile 1986, n. 615, G. U. 5 novembre 1986, 

n.52. 

174 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 13 settembre 1982, n. 646, art. 21 [cosi come modificato dalla legge 
12 ottobre 1982, n. 726] (artt. 3 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Maglie, ordinanza 23 gennaio 1986, n. 328, G. U. 30 luglio 1986, 

n. 37. 
d.l. 27 settembre 1982, n. 681, art. 1 [conv. in legge 20 novembre 1982, n. 869] 
(artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, ordinanza 2 maggio 1986, n. 724, G. U. 17 dicembre 1986, 

n. 59. 
d.L 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Corte d'appello di Milano, ordinanza 14 gennaio 1986, n. 358, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 

dJ. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in 
legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 23 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 26 novembre 1985, n. 521/86, G. U. 3 settembre 
1986, Il. 43. 
Corte d'appello di Genova, ordinanza 29 maggio 1986, n. 578, G. U. 8 ottobre 
1986, n. 48. 

legge 20 novembre 1982, n. 890, artt. 7 e 8 (artt. 2, 16, 24 e 32 della Costi� 
tuzione). 

Giudice conciliatore di Genova,, ordinanza 18 luglio 1986, n. 733, G. U. 17 di� 
cembre 1986, n. 59. 

legge 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, terzo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ordinanza 20 novembre 1985, n. 337/86, G. U. 23 luglio 
1986, Il. 35. 

legge prov. Trento 27 dicembre 1982, n. 31, art. 1, n. 6 (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Cavalese, ordinanza 20 ottobre 1983, n. 267/86, G. U. 9 luglio 1986, 

n. 32. 
Pretore di Cavalese, ordinanze (due) 17 giugno 1986, nn. 649-650, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 

d.l. 10 gennaio 1983, n. 2, art. 8 (artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 18 dicembre 1985, n. 678/86, G. U. 28 novem� 
bre 1986, n. 56. 

dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 26, quarto comma [conv. in legge 26 aprile 
1983, n. 131] (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 10 dicem� 
bre 1985, n. 451/86, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1.7) 

Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 10 dicem� 
bre 1985, n. 452/86, G. U. 24 settembre 1986, n. 46. 
Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 13 febbraio 
1986, n. 541, G. U. 15 ottobre 1986, n. 49. 

dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30, quarto comma [aggiunto dalla legge di 
conv. 26 aprile 1983, n. 131] (art. 81 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 21 maggio 1984, n. 747/86, G. U. 24 dicembre 1986, 

n. 60. 
legge 23 marzo 1983, n. 78, art. 5 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 26 novembre 1985, n. 424/86, G. U. 3 settem� 
bre 1986, n. 43. 

legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30.bis (art. 81 della Costituzione). 

Pretore di Parma, ordinanza 21 febbraio 1986, n. 284, G. U. 25 luglio 1986, 

n. 36. 
Pretore di Ancona, ordinanze (due) 27 � giugno 1986, nn. 662 e 669, G. U. 
28 novembre 1986, n. 56. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 10 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 23 giugno 1986, n. 682, G. U. 
3 dicembre 1986, n. 57. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 76 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Milano, ordinanze (due) 4 aprile 1986, nn. 656-657, G. U. 
26 novembre 1986, n. 55. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 4 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] 
(artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 26 marzo 1986, n. 513, G. U. 24 settembre 1986, 

n. 46. 
dJ. 12 settembre 1983, n. 463, artt. 4, quarto comma, e 14, primo e secondo 
comma [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 428/86, G. U. 20 agosto 1986, 

n. 41. 
dJ. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, quattordicesimo comma [conv. in legge 
11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 27, 32 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 25 febbraio 1986, n. 402, G. U. 3 settembre 
1986, n. 43. 

d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, quattordicesimo comma [convertito in 
legge 11 novembre 1983, n. 638] (art. 38 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 25 novembre 1985, n. 367/86, G. U. 20 agosto 
1986, n. 41. 


116 

RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dJ. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, 7 e 8 [conv. in legge 11 novembre 1983, 

n. 638] (artt. 3 e 25 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 13 giugno 1986, n. 637, G. U. 12 novembre 
1986, n. 53. 

d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 13 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] 
(artt. 32, 36 e 38 della Costituzione). 
Tribunale di Modena, ordinanza 2 aprile 1986, n. 551, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. 50. 
dJ. �12 settembre 1983, n. 463, art. 14 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] 
(artt. 3, 23 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanze (tre) 18 novembre e 18 dicembre 1985, 
nn. 625.fJ27/86, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 

di. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanze (tre) 5 maggio 1986, nn. 490-492, G. U. 27 agosto 
1986, n. 42. 

legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 4, quinto comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 14 maggio 1986, n. 600, G. U. 8 ottobre 1986, 

n. 48. 
legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 9, terzo comma (artt. 3, 4 e 41 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 dicembre 1984, 

n. 360/86, G. U. 1� agosto 1986, n. 38. 
legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della 
Costituzione). 

Pretore di L'Aquila, ordinanze (due) 31 marzo e 28 febbraio 1985, nn. 445 e 
446/86, G. U. 27 agosto 1986, n. 42. 

legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3, 23, 56, 76, 97 e 101 della 
Costituzione). 

Pretore di Rieti, ordinanza 9 giugno 1986, n. 679, G. U. 28 novembre 1986, 

n. 56. 
legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ordinanza 21 giugno 1984, n. 673/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 31 gennaio 1985, n. 700/86, G. U. 3 dicembre 
1986, n. 57. 
Tribunale di Brescia, ordinanza 26 gennaio 1985, n. 701/86, G. U. 10 dicembre 
1986, n. 58. 



PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3, 53 e 101 della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 29 aprile 1985,. n. 356/86, G, U. 13 agos.to. 1986, 

n. 40. 
legge prov. Trento 23 novembre 1983, n. 41, art. 7 (artt. 3, 36 e 97 della 
Costituzione, artt. 4 e 8 dello statuto). 

Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, ordinanza 15 novembre 
1985, n. 305/86, G. U. 23 luglio 1986, n. 35. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (art. 3 della Costituzione). 

'Pretore di Pescara, ordinanza 23 aprile 1986, n. 440, G. U. 20 agosto 1986, 

n.41. 
Pretore di P�scara, ordinanza 25 febbraio 1986, n. 441, G. U. 27 agosto 1986, 
n. 42. 
Pretore di Avezzano, ordinanze (tre) 25 giugno e 9 luglio 1986, nn. 707-709, 
G. U. 10 dicembre 1986, n. 58. 
legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costi� 
tuzione). 

Pretore de L'Aquila, ordinanze (due) 31 marzo e 28 febbraio 1985, nn. 445 e 
446/86, G. U. 27 agosto 1986, n. 42. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 4 marzo 1986, n. 363, G. U. 25 luglio 1986, 

n. 36. 
Pretore di Napoli, ordinanza. 17 giugno 1986, n. 677, G. U. 28 novembre 1986, 
n. 56. 
legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33, primo e terzo comma (artt. 3 e 53 
della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 428/86, G. U. 20 agosto 1986, 

n.41. 
legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 14 maggio 1986, n. 600, G. U. 8 ottobre 1986, 

n. 48. 
legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33, n. 3 (artt. 3, 23, 53 e 97 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 18 dicembre 1985, n. 678/86, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33, terzo comma (artt. 3, 23 e 97 della 
Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanze (tre) 18 novembre e 18 dicembre 1985, 
nn. 625-627/86, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33, n. 3 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Acqui Terme, ordinanza 7 marzo 1986, n. 400, G. U. 23 luglio 1986, 

n. 35. 
legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 35 (artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costbtuzione). 


Pretore di Brescia, ordinanza 26 marzo 1986, n. 513, G. U. 24 settembre 1986, 

n. 46. 
legge reg. Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12, art. 23 (artt. 108 e 117 della 
Costituzione). 

Pretore di Parma, ordinanza 14 febbraio 1986, n. 486, G. U. 6 agosto 1986. 

n. 39. 
legge 9 maggio 1984, n. 118 (artt. 101 e 104 della Costituzione). 

Pretore di Oristano, ordinanza 21 febbraio 1986, n. 426, G. U. 3 settembre 
1986, n. 43. 

legge 26 maggio 1984, n. 225 (artt. 27 e 31 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 22 novembre 1985, n. 286/86, G. U. 23 luglio 
1986, n. 35. 

legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Lecce, ordinanza 21 febbraio 1986, n. 288, G. U. 23 luglio 1986, 

n. 
35. 
Pretore di Salerno, ordinanza 4 febbraio 1986, n. 271, G. U. 25 luglio 1986, 
n. 36. 
legge 12 giugno 1984, n. 222, art. �3 (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Ancona, ordinanza 27 febbraio 1986, n. 415, G. U. 3 settembre 1986, 

n. 43. 
legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (art. 38 della Costituzione). 

Tribunale di Rimini, ordinanza 13 marzo 1986, n. 357, G. U. 1� agosto J986, 

n. 38. 
Tribunale di Pavia, ordinanza 26 giugno 1986, n. 603, G. U. 29 ottobre 1986, 
n.51. 
Pretore di Milano, ordinanza 23 giugno 1986, n. 689, G. U. 3 dicembre 1986, 
n. 57. 
legge 16 luglio 1984, n. 326, art. 3 (artt. 3, 33 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 24 gennaio 1986, 

n. 715, G. U. 10 dicembre 1986, n. 58. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 16 luglio 1984 n. 326 art. 3 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 26 febbraio 
1986, n. 595, G. U. 29 ottobre 1986, n. 51. 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanze (due) 26 febbraio 
1986, nn. 596 e 597, G. U. 5 novembre 1986, n. 52. 

legge 31 luglio 1984 n. 400 art. 12 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 12 febbraio 1986, n. 307, G. U. 16 luglio 1986, 

n. 34. 
legge 6 agosto 1984 n. 425, artt. 1, secondo comma, 2 e 10, secondo comma 
(artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 26 ottobre 1984, 

n. 417/86, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 
legge 6 agosto 1984, n. 425, artt. 1, secondo comma, e 10, secondo comma 
(artt. 3 e 36 della, Co~tituzione). 

, Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 
22 aprile 1986, n. 756, G. U. 24 dicembre 1986, n. 60. 

legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 
113, 134, 136 e 137 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanze (sei) 21 maggio 
1985, nn. 341-346/86,, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 
Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanze (quattro) 3 luglio 
1985, nn. 347-350/86, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 
Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 3 luglio 1985, 

n. 351/86, G. U. 13 agosto 1986, n. 40. 
Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 22 aprile 
1986, n. 753, G. U. 24 dicembre 1986, n.-60. 

legge 6 agosto 1984 n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 101, 102, 103 e 113 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 17 marzo 1985, 

n. 317/86, G. U. 30 luglio 1986, n. 37. 
legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24 e 113 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 26 ottobre 1984, 

n. 417/86, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 
legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 35, primo e secondo 
comma (artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 20 dicembre 
1985, n. 393/86, G. U. 20 agosto 1986, n. 41. 


180 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 36 (artt. 3, 51, 97 e 117 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, ordinanza 9 maggio 
1985, n. 429/86, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 

legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 47 (art. 81 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, ordinanza 9 maggio 
1985, n. 429/86, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 

cl.I. 25 gennaio 1985, n~ 8, art. 6 [conv. In legge 27 marzo 1985, n. 103] (art. 3 
della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 7 aprile 1986 n. 598, G. U. 29 ottobre 1986, 

n.51. 
legge 4 febbraio 1985, n. 10, art. 4, comma terzo-bis (artt. 3 e 21 della 
Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 4 febbraio 1986, n. 414, G. U. 3 settembre 
1986, n. 43. 

dJ. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis [convertito In legge 5 aprile 
1985, n. 118] (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). 

Tribunale di Treviso, ordinanza 13 marzo 1986, n. 437, G. U. 25 luglio 1986, 

n. 36. 
Tribunale di Napoli, ordinanza 7 marzo 1986, n. 466, G. U. 25 luglio 1986, 
n. 36. 
d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis [conv. In legge 5 aprile 1985, 
n. 118] (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanze (due) 13 novembre e 14 ottobre 1985, nn. 321 
e 361/86, G. U. 11 luglio 1986, n. 33. 
Pretore di Bari, ordinanza 13 febbraio 1986, n. 484, G. U. 27 agosto 1986, 

n. 42. 
d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis [cos� aggiunto dalla legge 
di conversione 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 41 e 42 della Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 28 novembre 1985, n. 403/86, G. U. 25 luglio 
1986, n. 36. 
Tribunale di Napoli, ordinanza 22 novembre 1985, n. 404/86, G. U. 25 luglio 
1986, n. 36. 

dJ. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis [aggiunto dall'art. 1 legge 
5 aprile 1985, n. 118] (art. 42 della Costituzione). 

Tribunale di Monza, ordinanze (due) 15 ottobre 1985 e 21 gennaio 1986, 
nn. 354 e 373/86, G. U. 11 luglio 1986, n. 33. 
Tribunale di Monza, ordinanza 4 febbraio 1986, n. 439, G. U. 25 luglio 1986, 

n. 36. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISL_AZIONB 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. b) (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Teano, ordinanze (due) 21 febbraio e 9 aprile 1986, nn. 448-449, 

G. U. 10 settembre 1986, n. 44. 
Pretore di Teano, ordinanza 28 maggio 1986, n. 548, G. U. 15 ottobre 1986, 
n. 
49. 
Pretore di Teano, ordinanza 1� luglio 1986, n. 706, G. U. 10 dicembre 1986, 
n. 58. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 22, primo e secondo comma (art. 12 della 
Costituzione). 
Pretore di Mascalucia, ordinanza 10 giugno 1986, n. 692, G. U. 3 dicembre 
1986, n. 57. 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 34, 35, 38 e 44 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Lucera, ordinanza 16 gennaio 1986, n. 265, G. U. 9 luglio 1986, 

n. 32. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 34 e 38 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Spoleto, ordinanza 10 aprile 1986, n. 519, G. U. 1� ottobre 1986, 

n. 47. 
legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. da 31 a 44 (artt. 3, 77 e 128 della Costituzione). 


Pretore di Pietrasanta, ordinanza 21 luglio 1986, n. 676, G. U. 28 novembre 
1986, n. 56. 

legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bagnara Calabra, ordinanza 17 aprile 1986, n. 433, G. U. 10 settembre 
1986, n. 44. 

legge 5 aprile 1985, n.118, art. 1, par. 9-bis (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 29 novembre 1985, n. 330/86, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis (artt. 3 e 42 della Costituzione). 


Pretore di Albenga, ordinanza 21 febbraio 1986, n. 313/86, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 
Tribunale di Novara, ordinanza 9 dicembre 1985, n. 375/86, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 
Tribunale di Torino, ordinanza 14 marzo 1986, n. 488, G. U. 27 agosto 1986, 

n. 42. 
legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis (artt. 41 e 42 della Costl� 
tuzione). 
Pretore di Grottaglie, ordinanza 24 marzo 1986, n. 388, G. U. 11 luglio 1986, 
n .. 33. 


182 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis (art. 42 della Costituzione). 

Tribunale di Catania, ordinanza 6 novembre 1985, n. 312/86, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 
Tribunale di Milano, ordinanze (due) 24 settembre 1985, nn. 394 e 395/86, 

G. U. 11 luglio 1986, n. 33. 
Tribunale di Ravenna, ordinanza 19 febbraio 1986, n. 396, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 
Pretore di Taggia, ordinanze (due) 21 gennaio 1986, nn. 461 e 462, G. U. 
25 luglio 1986, n. 36. 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. l, comma 9-bis, primo alinea (artt. 3 e 42 
della Costituzione). 

Pretore di Busto Arsizio, ordinanze (due) 5 febbraio e 19 febbraio 1986, 
nn. 386-387, G. U. 11 luglio 1986, n. 33. 
Tribunale di Torino, ordinanze (due) 6 marzo e 20 febbraio 1986, nn. 720-721, 

G. U. 10 dicembre 1986, n. 58. 
legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis, primo alinea (art. 42 della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Genova, ordinanza 10 gennaio 1986, n. 370, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 
Tribunale di Torino, ordinanza 25 febbraio 1986, n. 485, G. U. 27 agosto 
1986, n. 42. 
Tribunale di Aosta, ordinanza 4 marzo 1986, n. 607, G. U. 22 ottobre 1986, 

n. 
50. 
Tribunale di Aosta, ordinanze (tre) 8 marzo 1986, nn. 646-648, G. U. 19 novembre 
1986, n. 54. 
Tribunale di Torino, ordinanza 20 marzo 1986, n. 699, G. U. 3 dicembre 1986, 

n. 
57. 
legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis, primo e quarto sottocomma 
(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Carpi, ordinanza 26 marzo 1986, n. 413, G. U. 25 luglio 1986, 

n. 
36. 
legge 5 aprile 1985, n. 118, art. l, commi 9-bis, ter, quater e quinquies 
(artt. 3, 24, 42, 101 e 113 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 15 ottobre 1985, n. 322/86, G. U. 11 luglio 
1986, n. 33. 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, commi 9-bis, ter, quater e quinquies 
(artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). 

Tribunale di Napoli, ordinanza 8 novembre 1985, n. 464/86, G. U. 25 luglio 
1986, n. 36. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
183 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, commi 9-bis e quater (artt. 3 e 42 della 
Costituzione). 

Pretore di Bari, ordinanza 29 ottobre 1985, n. 318/86, G. U. 11 luglio 1986, 

n. 
33. 
Tribunale di Novara, ordinanza 9 dicembre 1985, n. 376/86, G. U. 11 luglio 
1986, Il. 33. 
Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 17 gennaio 1986, n. 450, G. U. 20 agosto 
1986, n. 41. 
Tribunale di Firenze, ordinanza 18 dicembre 1985, n. 546/86, G. U. 1� ottobre 
1986, n. 47. 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 9-bis, quater e quinquies (artt. 3, 24, 41 e 42 
della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanze (due) 7 gennaio e 14 febbraio 1986, nn. 310 
e 311, G. U. 11 luglio 1986, n. 33. 

legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, par. 9-bis, quater e quinquies (artt. 3, 41 
e 42 della Costituzione). 

Tribunale di Napoli, ordinanze (due) 15 novembre 1985, nn. 329 e 352/86, 

G. U. 11 luglio 1986, n. 33. 
legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, commi 9-ter, quater e quinquies (art. 24 
della Costituzione). 

Pretore di Riva del Garda, ordinanza 18 gennaio 1986, n. 296, G. U. 16 luglio 
1986, n. 34. 

legge 17 maggio 1985, n. 210, artt. 21 e 23 (artt. 3, 24, 25, 97 e 113 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 10 gennaio 
1986, n. 430, G. U. 17 settembre 1986, n. 45. 

legge prov. di Bolzano approv. il 19 marzo 1986. e riapprovata il 17 ottobre 
1986, art. 1, quinto comma, e art. 3, primo comma (artt. 5 e 9 del d.P.R. 
31 agosto 1972, n. 670). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 24 novembre 1986, n. 28, G. U. 
17 dicembre 1986, n. 59. 

ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile n. 718/ 
FPC/ZA dell'8 aprile 1986 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 20 maggio 1986, n. 17, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 

ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile n. 727/ 
FPC/ZA del 28 aprile 1986 (artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 11 giugno 1986, n. 18, G. U. 2 luglio 1986, n. 31. 


184 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELl,.O STATO 

disegno di legge reg. Sardegna riapprovato il 15 maggio 1986 (artt. 51 e 97 
della. Costituzione e artt. 3 e 5, lett. d) dello statuto speciale per la Sardegna). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 12 giugno 1986, n. 19, G. U. 2 lu� 
glio 1986, n. 31. 

ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile n. 736/ 
FPC/ZA del 31 maggio 1986 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Regione Lombardia, ricorso 19 luglio 1986, n. 22, G. U. 6 agosto 1986, n. 39. 

disegno di legge reg. Emilia-Romagna approvato il 28 febbraio 1985 e riapprovato 
1'11 giugno 1986, art. 8, ultimo comma (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricor.so 8 luglio ' 1986, n. 20, G. U. 6 agosto 
1986, n. 39. 

disegno di legge reg. Abruzzo riapprovato 1'11 giugno 1986 (art. 117 della 
Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 16 luglio 1986, n. 21, G. U. 6 agosto 
1986, n. 39. 

dl. 18 giugno 1986, n. 282, artt. 7, primo e terzo comma; 16, 18, primo e 
terzo comma; 20 [conv. in legge 7 agosto 1986, n. 462] (artt. 8, n. 1 e 21; 9, n. 10; 
16 e 78 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). 

Provincia autonoma di Trento, ricorso 18 settembre 1986, n. 26, G. U. 8 ottobre 
1986, n. 48. 

d.l. 18 giugno 1986, n. 282, artt. 7, primo e terzo comma; 16; 18, primo e 
terzo comma; 20 e 23 [conv. in legge 7 agosto 1986; n. 462] (artt. 2; 8, n. 1 e 21; 
9, n. 10; 16 primo comma; 78 dello statuto speciale Trentino�Alto Adige). 
Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 18 settembre 1986, n. 27,. G. U. 8 ottobre 
1986, n. 48. 

legge 8 luglio 1986, n. 349, artt. 5 e 6 (artt. 8, 9 e 16 dello statuto reg. Tren� 
tino-Alto Adige). 

Provincia aut. di Trento, ricorso 20 agosto 1986, n. 24, G. U. 24 settem� 
bre 1986, n. 46. 

legge 8 luglio 1986, n. 349, in toto e in particolare artt. 5, 6, 7, 12, primo 
comma, lett. c) 13 e 18 quarto e quinto comma (artt. 2, 3, 8, 9 e 16 dello Sta� 
tuto reg. Trentino-Alto Adige e 10 della Costituzione). 

Provincia aut. di Bolzano, ricorso 13 agosto 1986, n. 23, G. U. 24 settembre 
1986, n. 46. 

disegno di legge reg. Calabria riapprovato il 31 luglio 1986 (art. 117 della 
Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 26 agosto 1986, n. 25, G. U. 24 set� 
tembre 1986, n. 46.