ANNO XXVIII -N. 4 LUGLIO-AGOSTO 197 6 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1976 



ABBONAMENTI 

ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 12.750 

UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 2.250 

Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -BIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 

e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia -Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 


(6219052) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA 
dell'avv. Giuseppe 
COSTITUZIONALE 
Angelini-Rota) 
(a cura 
pag. 463 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Arturo Marzano) . � 497 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI 
SDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto 
e dell'avv. Carlo Carbone) . 
GIURIBaccari 
� 541 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA 
cato Adriano Rossi) 
CIVILE 
. 
(a cura dell'avvo
� 561 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 
del/'avv. Ugo Gargiulo) . 
(a cura 
� 594 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
vocato Carlo Baf�le) . 
(a cura dell'av
� 605 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo 
Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, 
per le acque pubbliche) . � 619 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) . � 640 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE � 

pag. 107 
CONSULTAZIONI 

� 120 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni 
CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL 
SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco Gu1cc1ARDI, Genova; 
Adriano Rossi, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; 
Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo .ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, 
Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto 
GIARDINI, Torino,� Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste,� Giancarlo 
MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BRAGUGLIA IVO M., Ancora in tema di normativa nazionale 
prezzi dei prodotti agricoli . . ., . . . . . . . . . . . 
sui 
I, 498 
LAMBERTI C., Note sulla delibazione di sentenza straniera che 
chiara la paternit� naturale quale presupposto dell'obbligo alimtare alla luce della riforma del diritto di famiglia . . . 
dien-
I, 568 
MARZANO A., Dazi, prelievi e � giorno dell'importazione � . I, 525 
TAMIOZZO R., Estensione della tutela delle bellezze naturali . 
I 
I, 602 


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1

PARTE PRIMA 

!

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
"

i 

DELLA GIURISPRUDENZA 

ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Acque sotterranee � Domanda di 
concessione dello scopritore � Concessione 
precaria a terzi � Impugnativa 
� Interesse al ricorso nello 
scopritore -Sussiste, 628. 

-Competenza e giurisdizione � Tribunali 
regionali e tribunali ordinari 
-Requisizione di utenza � Controversie 
sulla misura dell'indennit� 
-Competenza del tribunale regionale, 
629. 

, -Concessione e derivazione � Concessione 
precaria a terzi per la durata 
del procedimento -Omessa predeterminazione 
di questa � Eccesso 
di potere, 628. 

-Giudizio e procedimento � Composizione 
dei tribunali regionali � Partecipazione 
di funzionari tecnici dipendenti 
dalla P.A. � Questione di 
legittimit� costituzionale � Manifesta 
infondatezza, 629. 

-Requisizione di utenza Controversie 
sulla misura dell'indennit� � 
Legittimazione passiva del prefetto 
� Esclusione, 629. 

- 
Requisizioni di acque sotterranee 

�in confronto dello scopritore � An� 
nullamento -Effetti � Rapporti fra 
scopritore e beneficiario della requisizione 
-Assimilabilit� ai rapporti 
tra scopritore e concessionario 
delle acque rinvenute -Esclusione, 

629. 
- 
Requisizioni di acque sotterranee 
in confronto dello scopritore � Annullamento 
� Effetti � Risarcimento 
dei danni, 629. 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

-Tutela del patrimonio archeologico 
-Riconoscimento dell'interesse archeologico 
delle cose rinvenute . 

Atto amministrativo � Necessit�, con 
nota di P. DI TARSIA, 646. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Maggiori 
richieste dell'appaltatore � Fatti 
continuativi � Onere della tempestiva 
riserva � Sussistenza -Deroga 
-Limiti, 619. 

-Appalto di opere pubbliche � Maggiori 
richieste dell'appaltatore -Fatti 
dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione 
committente 
Possibile deroga all'onere della tempestiva 
riserva -Estremi, 620. 

-Appalto di opere pubbliche � Maggiori 
richieste dell'appaltatore -Fat� 
ti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione 
committente che 
incidano sulla esecuzione dei lavori 
-Onere della tempestiva riserva � 
�Sussistenza, 620. 

-Appalto di . opere pubbliche � Maggiori 
richieste dell'appaltatore -Oneri 
per impreviste difficolt� di esecuzione 
-Onere della tempestiva riserva 
� Sussistenza, 619. 

-Appalto di opere pubbliche � Riserve 
dell'appaltatore � Onere � Carattere 
generale, 619. 

-Appalto di opere pubbliche � Sospensione 
dei lavori -Riserve dell'appaltatore 
� Tempo e forma, 619. 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI 

-Pubblici esercizi � Disciplina d�ll'orario 
dei negozi � Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 479. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atto di controllo � Atto di controllo 
negativo � Autonoma impugnabilit� 
-Sussiste, 594. 


INDICE 
VII 

-Concessione precaria di acque pubbliche 
-Adozione da parte dell'assessore 
regionale uscente -Legittimit�, 
628. 

-Silenzio-rifiuto -Obbligo per la p.a. 
di pronunciarsi sulla istanza del 
privato -Limiti, 599. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

"""" 
Indennizzo per usura eccezionale 
della strada -Criteri previsti dall'art. 
18 regolamento 30 giugno 1959, 

n. 420 -Legittimit�, 572. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Competenza territoriale dei T.A.R.. 
-Atto di trasferimento di dipendenti 
-Criterio di individuazione, 601. 

-. Competenza territoriale dei T.A.R. 
-Criterio di individuaziohe -Atti 
plurimi emanati dopo il collocamento 
a riposo di pubblici dipendenti, 
601. 

-Competenza territoriale dei T.A.R. 
-Ripartizione della competenza Fattispecie 
in tema di atti di organi 
statali e di enti pubblici ultraregionali 
-Limiti, 604. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Pensioni: controversie su 
assegni ,accessori e su trattenute 
del trattamento pensionistico per 
divieto di cumulo con trattamento 
di attivit� -Giurisdizione del Consiglio 
di Stato, 541. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Pensioni: controversie su 
assegni accessori e su trattenute del 
trattamento pensionistico per divieto 
di cumulo con trattamento di 
attivit� -Giurisdizione della Corte 
dei conti, 541. 

-Riparto fra T.A.R. e Consiglio di 
Stato ex art. 38 e 42 l. 1034/1971 Fattispecie 
in tema di riunione di 
giudizi, 594. 

-Servit� militari -Illegittimit� del 
provvedimento impositivo -Disapplicazione 
da parte dell'tA.G.O. Ammissibilit�, 
561. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Entrate comunitarie Indebita 
riscossione -Restituzione 
-Questioni accessorie -Normativa 
attualmente applicabile, 511. 

-Agricoltura -Entrate comunitarie Riscossione 
-Competenza delle autorit� 
nazionali -Normativa applicabile 
-Controversie in tema di 
restituzione -Competenza dei giu� 
dici nazionali -Normativa applicabile, 
511. 

-Agricoltura -Organizzazioni comu� 
ni dei mercati -�Giorno dell'impor� 
tazione -Definizione, con nota di 

A. 
MARZANO, 524. 
-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati -Prelievi -Data rilevante 
per la determinazione del 
dazio doganale -Criterio di individuazione 
-Applicabilit� in tema 
di prelievi -Esclusione, con nota 
di A. MARZANO, 525. 

-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati -Zucchero -Normativa 
nazionale .sui prezzi -Incompatibilit� 
con la normativa comunitaria, 
con nota di lvo M. BRAGU� 
GLIA, 497. 

-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati -Zucchero -Normativa 
nazionale sui prezzi incompatibile 
con l'art. 30 del trattato CEE 
-Applicabilit� dell'art. 103 del trattato 
CEE -Esclusione -Necessit� 
di protezione da manovre specu� 
lative -Deducibilit� -Esclusione; 
con .nota di Ivo M. BRAGUGLIA, 497. 

-Agricoltura -Organizzazioni comu� 
ni dei mercati -Zucchero -Prezzi 
massimi sui prodotti importati � 
Quando costituiscono misure di ef� 
fetto equivalente a restrizioni quantitative, 
con nota di Ivo M. BRAGU� 
GLIA, 497. 

-Libera circolazione delle persone e 
divieto di restrizioni alla libera prestazione 
dei servizi -Normativa comunitaria 
-Diretta efficacia, 537. 

-Libera prestazione dei servizi -Divieto 
di restrizioni -Calciatori Discriminazioni 
fondate sulla cittadinanza 
-Incompatibilit� con la normativa 
comunitaria, 537. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 

-Responsabilit� per atto normativo Possibilit� 
di dedurre dinanzi ai 
giudici n~ionali la violazione di 
norme del trattato CEE e di diritto 
derivato intese a tutelare i singoli 
-Irricevibilit� del ricorso proposto 
a norma dell'art. 215, secondo 
comma del trattato CEE, 511. 

-Responsabilit� per atto normatiVo Prova 
del danno -Necessit�, 512. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi per conflitto di attribuzioni 
-Termine -Decorrenza, 468. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Tutela di bellezze naturali -Costruzioni 
sorte anteriormente al vincolo 
-Possibilit� di divieto di nuove 
costruzioni -Sussiste, con nota di 

R. 
TAMIOZZO, 602. 
- 
T.utela di bellezze naturali -Divieto 
di edificabilit� -Criter,i -Limiti, 
con nota di R. TAMIOZZO, 602. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Cessione in propriet� di alloggi costruiti 
in conseguenza di terremoti, 

586. 
ENTI PUBBLICI 

-Ente Ospedaliero -Provvedimento 
di trasferimento dei beni da un 
ente pubblico ad un ente ospedalie� 
ro -Funzione -Impugnativa -Giu� 
risdizione del giudice amministrativo 
-Improponibilit�, 580. 

-Ente Ospedaliero -Provvedimenti 
di trasferimento di beni da un ente 
pubblico (Inps) ad un ente aspe� 
daliero -Funzione -Mancata previsione 
di indennizzo -Questione 
di legittimit� costituzionale della 
legge n. 132 del 1968 -Manifesta infondatezza 
-Giurisdizione dell'A.G.O. 
-Improponibilit�, 580. 

ESECUZIONE FISCALE 

-Surrogatoria dell'esattore al creditore 
procedente -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 492. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Espropriazione parziale -Determinazione 
dell'indennit� -Stima differenziale 
-Criteri -Danni alla parte 
residua del fondo -Incidenza Limiti, 
589. 

-Espropriazione parziale con vantaggio 
al fondo residuo -Criterio dell'art. 
40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 Inapplicabilit�, 
578-. 

-Occupazione d'urgenza -Opere militari 
-Inapplicabilit� del termine 
biennale -Temporaneit� dell'occupazione, 
561. 

-Terremoto del 1968 in Sicilia -Espropriazione 
per acquisizione di aree Indennit� 
di espropriazione -Pagamento 
diretto da parte dell'Amministrazione 
agli espropriati, 578. 

GIUDICATO 

-Esecuzione -Annullamento di silenzio-
rifiuto su domande di licenza 
edilizia -Normativa applicabile in 
sede di ottemperanza del Comune, 

597. 
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Appello -Amministrazione dello Stato 
appellante -Mandato ad litem 
dell'Avvocatura dello Stato -Ne


. cessit� -Non sussiste, 596. 

-Appello -Applicabilit� del principio 
devolutivo nel giudizio di appello 
innanzi al Consiglio di Stato 
-Limiti al giudizio di rinvio ex 
art. 35 l. 1034/1971, 596. 

-Appello -Esercizio di giurisdizione 
di merito da parte del T.A.R. -Esame 
da parte del Consiglio di Stato 
della questione di giurisdizione Ammissibilit�, 
596. 



INDICE 

Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1223 
Sez. Un., 15 aprile 1976, n. 1336 
Sez. I, 15 aprile 1976, n. 1337 
Sez. Lav., 15 aprile 1976, n. 1352 
Sez. III, 3 maggio 1976, n. 1572 
Sez. Lav., 6 maggio 1976, n. 1581 
Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1662 
Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1664 
Sez. Lav., 12 maggio 1976, n. 1689 
Sez. I, 17 maggio 1976, n. 1740 
Sez. III, 22 maggio 1976, n. 1848 
Sez. I, 3 giugno 1976, n. 2012 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

8 novembre 1975, n. 22 
10 luglio 1975'. n. 18 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. plen., 30 marzo 1976, n. 1 
Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 30 
Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42 
Sez. IV, 3 febbraio 1976, n. 48 
Sez. V, 5 febbraio 1976, n. 160 
Sez. V, 12 febbraio 1976, n. 239 
Sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 5 
Sez. VI, 3 febbraio 1976, n. 40 
Sez. VI, 6 febbraio 1976, n. 44 
Sez. VI, 13 febbraio 1976, n. 87 
Sez. VI, 24 febbraio 1976, n. 116 

GIURISDIZIONI PENALI 

TRIBUNALE 

Roma, Sez. IV, 8 luglio 1976 
Viterbo, 6 aprile 1976, n. 247 

PRETURA 

Benevento, 30 maggio 1975 

XIII 

pag. 608 
� 580 
� 619 
� 579 
� 586 
� 586 
� 587 
� 589 
� 590 
� 613 
� 590 
� 615 

pag. 629 
� 628 

pag. 541 
� 594 
� 595 
� 596 
� 597 
� 598 
� 599 
� 601 
� 601 
� 602 
� 604 

pag. 640 
� 646 

pag. 650 


PARTE SECONDA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


FORESTE 

-Camere di commercio -Avvocatura 
.dello Stato -Patrocinio, 120. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Impiegato non di ruolo -Nomina a 
seguito ricorso -Decorrenza assegni, 
120. 

-Impiego pubblico -Dipendente' in 
prova nella carriera di concetto Passaggio 
per concorso alla carriera 
direttiva -Trattamento di quiescenza 
-Continuit� del rapporto, 120. 

IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 


-Atto di concessione -Mancato pagamento 
della tassa -Prescrizione 
quinquennale -Decorso -Effetti, 

120. 
IMPOSTA DI FABBRICAZIONE 

-Gas petroliferi -Gas da petrolio 
non liquefatto mediante compressione 
-Applicabilit�, 120. 

-Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione 
di pagamento -Decadenza Operativit� 
nel tempo, 121. 

-Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione 
di pagamento -Decadenza Estensione, 
121. . 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Cauzioni -Contratto di locazione Rilascio 
cambiali in bianco a garanzia 
del pagamento -Tassabilit�, 

121. 
- 
Divisione immobiliare -Esclusione 
di conguagli in denaro -Differenza 
tra le assegnazioni accertata -Imposta 
proporzionale ridotta -lmpo


sta nominale -Decadenza dell'age


volazione, 121. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia Trasferimento 
area -Ambito di applicazione 
-Legge n. 461/72 -Natura 
interpretativa, 121. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia 
scolastica -Appalto conferito con 
procedura di appalto -Concorso Decadenza 
dai benefici -Termine Decorrenza, 
122. 

-Esenzioni e agevolazioni -Fabbricati 
-Trasferimento -Rivendita del 
fabbricato -Decadenza, 122. 

-Fideiussioni -Durata superiore (o 
non superiore) a un anno -Riferimento 
del termine -Alla nascita 
dell'obbligazione garantita -Alla durata 
della garanzia, 122. 

-Imposta di registro: azione giudiziaria 
-Esenzione dell'Amm.ne delle 
spese di lite in caso di soccombenza; 
a norma dell'art. 148, r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, abrogazione 
del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; 
giudizi in corso, 122. 

-Imposta di registro -Case di abitazione 
-Agevolazioni fiscali -Decadenza 
per rivendita dell'area Condono 
in materia tributaria -Applicabilit�, 
122. 

-Imposta di registro -Fideiussione 
sostitutiva di cauzione reale per contratto 
di appalto di lavori autostradali 
-Benefici tributari, 123. 

- 
Locazioni -Locazioni passive della 

P.A. -Obbligo di richiedere la registrazione 
-Termini -Decorrenza, 
123. 
-Solidariet� tributaria -Atto contestuale 
-Pluralit� di disposizioni indipendenti 
-Estensione o ripartizione, 
123. 

- 
Tributi erariali indiretti -Imposta 
di registro -Esenzioni e agevolazioni 
-Comuni -Acquisto di immobili 
occorrenti per l'attuazione di� piani 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

14 aprile 1976, n. 81 
14 aprile 1976, n. 82 
14 aprile 1976, n. 83 
18 aprile 1976, n. 84 
14 aprile 1976, n. 86 
� 14 aprile 1976, n. 87 
14 aprile 1976, n. 88 
28 aprile 1976, n. 91 
28 aprile 1976, n. 92 
28 aprile 1976, n. 93 
28 aprile 1976, n. 94 
28 aprile 1976, n. 95 

28. aprile 1976, n. 96 
28 aprile 1976, n. 97 
28 aprile 1976, n. 98 
28 aprile 1976, n. 99 
28 aprile 1976, n. 100 
28 aprile 1976, n. 101 
28 aprile 1976, n. 102 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

26 febbraio 1976, nelle cause 88/75, 89/75 e 90/75 
17 marzo 1976, nelle cause 67-85/75 
21 maggio 1976, nella causa 26/74 
15 giugno 1976, nella causa 74/74 
15 giugno 1976, nella causa 113/75 
14 luglio 1976, nella causa 13/76 


GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 4 gennaio 1975, n. 7 
Sez. I, 20 gennaio 1976, n. 165 
Sez. Un., 27 febbraio 1976, n. 630 
Sez. I, 27 febbraio 1976, n. 633 
Sez. I, 17 marzo 1976, n. 971 
Sez. I, 17 marzo 1976, n. 978 
Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1211 
Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1221 


pag. 

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463 
464 
466 
468 
469 
470 
473 
475 
477 
478 
479 
481 
485 
486 
488 
491 
492 
494 

494 

497 
511 
511 
512 
524 
537 

561 
567 
541 
572 
577 
605 
578 
579 


INDICB 
XI 

cessit� di autorizzazione a procedere 
del Ministro di grazia e giustizia 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
464. 

-Giudizio d'accusa del Presidente 
della Repubblica, del Presidente del 
Consiglio dei Ministri e dei Ministri 
-Definizione del giudizio -Procedimento 
dell'azione penale innanzi 
al giudice ordinario -Preclusione 
-Questione di legittimit� costituzionale 
in relazione agli artt. 3, 
25, 90, 96, 101, 102, 104, 112 e 134 
della Costituzione dell'articolo 15 
della legge 25 gennaio 1962 n. 20, 

640. 
...:. 
Intercettazio~i telefoniche -Autorizzazione 
del procuratore della Repubblica 
o del giudice istruttore del 
luogo dove sono in corso le indagini 
-Illegittimit� costituzionale pe,:r 
esclusione della competenza del pretore 
-Insussistenza, 488. 

-Sospensione condizionale della pena 
inflitta per nuova condanna -Limitazione 
al caso di precedente con


, danna sospesa -Illegittimit� costituzionale, 
481. � 

- 
Tutela dell'ordine pubblico -Speciale 
normativa per l'istruttoria dei 
reati commessi dalle forze dell'ordine 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
470. 

REATO 

-Prorluzione e vendita delle sostanze 
alimentari -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 469. 

-Tutela dell'ordine pubblico -Limiti 
alla concessione della libert� provvisoria 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 473. 

REGIONE 

-A statuto ordinario -Competenza 
legislativa in materia �previdenziale 
-Esclusione, 477. 

-Commissioni di controllo -Pendenza 
dell'esercizio del potere di controllo 
� Esecuzione parziale dell'atto 
sottoposto a controllo -Preclusione, 
594. 

-Compenso al Capo dell'Ufficio Legislativo 
-Quote ex Art. 21 T.U. 30 

ottobre 1933, n. 16H -Riferibilit� Criteri, 
594. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Scontro tra veicoli -Presunzione di 
uguale responsabilit� per colpa dei 
conducenti -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 478. 

STAMPA 

-Procedimento per la registrazione 
di giornale -Competenza del Presidente 
del Tribunale -Questione incidentale 
di costituzionalit� -Inammissibilit�, 
485. 

SUCCESSIONE 

-Rappresentazione nella linea collaterale 
-Limitazione ai discendenti 
dei fratelli e sorelle del defunto Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
466. 

TERREMOTI 

-Legge antisismica -Edifici e monumenti 
ricadenti sotto la legge 1� giugno 
1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, 

n. 
1497 -Inapplicabilit�, 650. 
TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Convenzione dell'Aia del 15 aprile 
1968 -Controversie sulla dichiarazione 
di paternit� naturale -Limiti Obbligazione 
di corrispondere gli alimenti 
-Efficacia, 577. 

TRENTINO -ALTO ADIGE 

-Legge regionale sulle espropriazioni 
per pubblica utilit� non riguardanti 
opere a carico dello Stato Competenza 
del giudice della opposizione 
alla indennit� -Criteri difformi 
da quelli della legislazione 
statale -Illegittimit� costituzionale, 

463. 
- 
Ordinamento scolastico nella provincia 
di Bolzano -Scuole materne, 
elementari e secondarie nelle localit� 
ladine -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 494. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Regolamento di esecuzione -Con� 
tenuto, 572. 

MATRIMONIO 

-Divorzio -Attribuzione al coniuge 
divorziato di una quota della pensione 
di riversibilit� spettante al 
nuovo coniuge -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 491. 

MILITARE 

-Ufficiale dell'esercito -Giudizio negativo 
di avanzamento -Motivi della 
impugnativa -Insufficienza di motivazione 
-Criteri -Limiti, 596. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Luogo ove si � verificato il fatto 
generatore dell'obbligazione -Conseguenze 
sulla competenza, 577. 

OPERE PUBBLICHE 

-Esecuzione -Eliminazione delle abitazioni 
malsane -Potere di delega 
dell'Amministrazione dei lavori pubblici 
-Esercizio Discrezionalit� Attivit� 
delegata -Limiti 7 Criterio 
di indagine, 619. 

PIANO REGOLATORE 

-Approvazione di variante -Effetti 
sulle preesistenti convenzioni edilizie 
-Necessit� di congrua e circostanziata 
motivazione del pubblico 
interesse -Sussiste, 598. 

- 
Iter di approvazione -Impugnativa 

� de~le misure di salvaguardia -Possibilit� 
di denuncia di vizi attinenti 
al piano in itinere -Sussiste, 598. 

-Obbligo di motivazione in caso di 
modifiche rispetto ad altro precedente 
piano regolatore -Sussiste, 

595. 
- 
Proprietario di beni con destinazione 
meno vantaggiosa rispetto ad 
altro precedente piano regolatore, 

595. 
PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Assicurazioni sociali -Presupposto 
della esposizione a rischio -Illegittimit� 
costituzionale � Esclusione, 

475. 
- 
Pensioni di previdenza sociale � Di� 
vieto di cumulo con la retribuzione 
della pensione di anzianit� allorch� 
si verifica l'et� stabilita per il pensionamento 
di vecchiaia � Illegittimit� 
costituzionale, 486. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Consulenza tecnica � Funzione probatoria 
-Sussiste, 578. 

-Delibazione � Sentenza straniera di 
accertamento di paternit� naturale 
e condanna agli alimenti � Dichia� 
razione di efficacia limitata al capo 
degli alimenti � Ammissibilit� � Procedimento 
civile � Delibazione -Sentenza 
straniera di accertamento di 
paternit� nat�rale e condanna agli 
alimenti � Dichiarazione di efficacia 
del capo degli alimenti anche al 
figlio naturale di cui sia vietato il 
riconoscimento, con nota di C. LAM� 
BERTI, 567. 

-Impugnazioni � Questione di legittimazione 
passiva -Motivo di appello 
-Specificit� -Necessit� -Valutazione 
rimessa al discrezionale apprezzamento 
del giudice di appello 
-Insufficienza, 619. 

-Ricorso per cassazione -Questioni 
nuove involgenti accertamento di 
fatto -Deducibilit� in sede di legittimit� 
� Esclusione -Motivo di 
ricorso fondato sul mancato accertamento 
della esistenza e della regolarit� 
della contabilit� relativa a 
rapport6 di appalto pubblico -Questione 
non dedotta nel giudizio di 
merito � Inammissibilit� del relativo 
motivo di ricorso, 619. 

-Udienza di precisazione delle conclusioni 
� Nozione � Domanda nuova 
-Ammissibilit� -Mancata accettazione 
del contraddittorio 
Condizioni, 590. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Dovere di esibizione da parte dei 
pubblici ufficiali -Astensione determinata 
da segreto militare -Ne� 


-Giudizio di appello innanzi al Consiglio 
di Stato -Limiti dei poteridoveri 
ex art. 35 1. 1034/1971 -Criteri 
di individuazione, 598. � 

-Giudizio di appello innanzi al Consiglio 
di Stato � Limiti dei poteridoveri 
ex art. 35 1. 1034/1971 � Difetto 
di procedura e vizi di forma, 

598. 
-Giudizio di appello innanzi al Consiglio 
di Stato -Limiti dei poteridoveri 
ex art. 35 I. 1034/1971 � Motivi 
di appello -Difetto di motivazione 
della sentenza del T.A.R. � 
Effetti, 598. 

- 
Ricorso giurisdizionale � Impugnativa 
di un piano regolatore � Controinteressati 
�. Non configurabilit�, 

595. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-Estensione di norme concernenti 
il lavoro privato � Limiti, 600. 

-Normativa specifica concernente l'accesso 
alle carriere e il trattamento 
economico -Applicabilit� dell'art. 13 

I. 
300/1970 � Esclusione, 600. 
-Prestazione di servizi della categoria 
superiore -Inquadramento nella 
carriera superiore � Preclusione, 599. 

- 
Trasferimento di dipendenti � Atto 
plurimo � Configurabilit�, 601. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione ex art. 44 tab. B legge 
di registro -Appalto per la costruzione 
di chiesa parrocchiale � Si 
estende, 605. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Agevolazione per la costruzione di 
autostrade -Inapplicabilit�, 615. 

-Corrispettivo di appalto � Rivalsa 
-Esercitabilit� nei confronti del-
l'EUR -Esclusione, 613. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Notificazioni -Servizio postale -Av. 
viso di ricevimento recante firma 

illeggibile -Mancato disconoscimento 
-Riferimento dell'avviso di ricevimento 
ad un atto determinato 
-Mancata esibizione di un atto 
diverso -Regolarit� della notifica, 

608. 
-Violazione di norme finanziarie e 
valutarie -Prescrizione � Interruzione 
-Verbale di accertamento -:i?. 
idoneo -Effetto interruttivo per tutta 
la durata del procedimento amministrativo, 
608. 

-Violazione di leggi finanziarie e valutarie 
-Responsabilit� della persona 
giuridica in solido con il legale 
rappresentante -Notifica di un 
unico atto al legale rappresentante 
-Produce effetti anche nei confronti 
della societ�, 608. 

_:.. 
Violazione di norme finanziarie e 
valutarie -Vizi del procedimento 
amministrativo per la determinazione 
della pena pecuniaria -Irrilevanza 
nel giudizio innanzi all'AGO, 

608. 
INFORTUNIO SUL LAVORO 

-Assicurazione -Dipendenti della p.a. 
--Azione di represso nei confronti 
del terzo responsabile -Ammissibilit�, 
587, 

LAVORO 

-Competenza � Chiamata in giudizio 
della p.a. iussu indicis -Foro dello 
Stato -Applicabilit�, 579. 

-Indennit� di anzianit� -Liquidazione 
a scaglioni -Legittimit�, 586. 

-Lavoro straordinario, computabilit� 
ai fini della liquidazione dell'indennit� 
di anzianit� � Presupposti, 

590. 
- 
Riposo settimanale -Possibilit� di 
sostituzione al riposo giornaliero Insussistenza, 
494. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 

-Decreto legge -Legge di conversione 
-Sostituzione o soppressione in 
sede di conversione � Efficacia retroattiva 
� Fattispecie, 579. 



INDICE 
xv 

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regolatori -Atti a titolo gratuito, 

123. 
- 
Vendita immobiliare -Nullit� dichiarata 
in sentenza di primo grado 
-Imposta di retrocessione -Riforma 
in appello -Restit�zione dell'imposta, 
123. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi 
-Societ� di artisti -Rapporto 
tra socio e societ� -Contratto 
di lavoro . subordinato -Configurabilit�, 
123. 

-Esenzioni e agevolazioni -Istituto 
di credito agrario -Ipoteche giudiziali 
-Iscrizione -Applicabilit�, 124. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Esenzioni e agevolazioni -Ente con 
scopo di beneficenza -Esenzione 
dall'imposta -Legatorio inadempiente 
-Solidariet� -Esclusione, 124. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi 
-Societ� di artisti -Rapporto 
tra socio e societ� -Contratto 
di lavoro subordinato -Configurabilit�, 
124. 

-Esenzioni e agevolazioni -Appalti 
stipulati con lo Stato -Mandati di 
pagamento emessi a favore degli appaltatori, 
124. 

-IGE su acque gassate: determinazione 
dell'imponibile, 124. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Tributi erariali diretti -Responsabilit� 
patrimoniale -Cause di prelazione 
-Privilegi -Generale sui 
mobili -Ruoli ordinari e straordinari 
-Ambito di applicazione, 125. 

IMPOSTE E TASSE 

-Esenzioni e agevolazioni -Ente con 
scopo di beneficenza -Esenzione 
dall'imposta -Legatorio inadempiente 
-Solidariet� -Esclusione, 125. 

-Imposta di registro -Fideiussione 
sostitutiva di cauzione reale per contratto 
di appalto di lavori autostradali 
-Benefici tributari, 125. 

-Imposte e tasse -Imposta sul valore 
aggiunto: Azienda Autonoma 

F.S. -. Vendita a terzi di beni mobili 
e immobili, 125. 
- 
Tributi locali: tassa per occupazione 
di spazi ed aree pubbliche: 
spazi soprastanti e sottostanti al 
suolo stradale; impianti della societ� 
Italcable, 125. 

IMPOSTE IPOTECARIE 

-Esenzioni e agevolazioni -Istituto 
di credito agrario -Ipoteche giudiziali 
-Iscrizione -Applicabilit�, 126. 

IMPOSTE VARIE 

-Autoscafi -Tassa di circolazione Limiti 
dL applicabilit�, 126. 

-Imposta di pubblicit� -Targhe assicurazione 
incendi -Mancata denuncia 
-Esonero dal tributo, 126. 

-Imposta di registro -Case di abitazione 
-Agevolazioni fiscali -Decadenza 
per rivendita dell'area -Condono 
in materia tributaria -Applicabilit�, 
126. 

-Imposte in surrogazione del bollo 
e registro -Anticipazioni su titoli Libretti 
di risparmio al portatore Deposito 
o pegno -Aliquota applicabile, 
126. 

-Tributi erariali indiretti -Imposta 
di registro -Esenzioni o agevolazioni 
-Comuni -Acquisto di immobili 
concorrenti per l'attuazione di 
piani regolatori -Atti a titolo gratuito, 
127. 

INVALIDI DI GUERRA 

-Mutilati ed invalidi di guerra -Periodo 
di prova -Licenziamento Processo 
penale -Opera Nazionale 
Invalidi di Guerra -Parte civile, 127. 

-Procedimento penale -Costituzione 
di parte civile -ONIG -Assistenza 
sanitaria agli invalidi di guerra, 

127. 

XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
ISTRUZIONE 
--
-Procedimento penale -Costituzione 
di parte civile -ONIG -Assistenza 
sanitaria agli invalidi di guerra,
XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
ISTRUZIONE 
--
-Procedimento penale -Costituzione 
di parte civile -ONIG -Assistenza 
sanitaria agli invalidi di guerra,
Istruzione pubblica Istituti tecni� 
ci -Formulazione dell'orario, possibilit� 
per gli organi direttivi della 
scuola di ridurre la durata delle singole 
ore di lezione -Esclusione, 127. 

LOCAZIONE DI COSE 

-Locazioni di complessi elettronici Possibilit� 
per l'Amministrazione 
conduttrice di corrispondere in via 
anticipata quota parte dei canoni 
annuali -Esclusione, 127. 

NAVI 

-Autoscafi -Tassa di circolazione Limiti 
di applicabilit�, 128. 

OPERE PUBBLICHE 

-Opera Pubblica -Delegazione amministrativa 
intersoggettiva; contratto 
di appalto stipulato dall'ente delegato, 
legittimazione alle azioni contrattuali 
conseguenti, 128. 

-Riserve -Determinazione dell'Amministrazione 
-Dichiarazione adesiva 
dell'appaltatore -Transazione Configurabilit�, 
128. 

PRIVILEGI 

-Tributi erariali diretti -Responsabilit� 
patrimoniale� -Cause di prelazione 
-Privilegi -Generale sui mobili 
-Ruoli ordinari e straordinari Ambito 
di applicazione, 128. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Mutilati ed invalidi di guerra -Periodo 
di prova -Licenziamento Processo 
penale -Opera Nazionale 
Invalidi di Guerra -Parte civile, 128. 

-Perizia giudiziaria -Vocazioni -Rimborso 
-Pluralit� di incarichi -Diversit� 
di procedimenti -Limite 
massimo, 129. 

129. 
RESPONSABILIT� CIVILE 

-Responsabilit� civile: obbligo dell'ente 
proprietario di apprestare difese 
per una protezione laterale delle 
strade -Limiti, 129. 

SERVIT� 

-Elettrodotto a servizio di ferrovie Cessazione 
d'uso della linea elettrica 
-Prescrizione estintiva -Decorrenza, 
129. 

SOCIET� 

-Societ� -Partecipazione statale -Liquidazione 
-Poteri del Ministro del 
Tesoro -Liquidatore, 129. 

STRADE 

-Autostrade -Distanze per l'edificazione 
-Costruzione di linee ferroviarie, 
130. 

-Strade statali -Pubblicit� in concessione 
-Cartelli pubblicitari -Autorizzazione 
-Revoca di alcune autorizzazioni 
-Effetti -Sulle altre 
autorizzazioni -Sulla concessione, 

130. 
- 
Strade statali -Tratti compresi nei 
centri abitati minori -Autotutela 
amministrativa -Riduzione in pristino 
-Competenza, 130. 

TERREMOTO 

-Alloggi F.S. -Cessione in propriet� Danneggiamento 
o distruzione -Ripristino 
-Mutuo agevolato -Accensione 
di ipoteca, 130. 

TRANSAZIONE. 

-Riserve -Determinazioni dell'Amministrazione 
-Dichiarazione adesiva 
dell'appaltatore -Transazione Configurabilit�, 
130. 



INDICE 

LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I -Norme dichiarate incostituzionali 
II Questioni 
dichiarate non fondate 
III -Questioni proposte 
pag. 
� 
� 
107 
110 
115 


I 


I 


!I

I

I 

I 

I 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (*) 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 81 -Pres. Oggioni -Rel. Roc


chetti -De Maffei c. Comune di Trento e. Regione Trentino-Alto Adige 

(avv. Lorenzoni). 

Trentino-Alto Adige -Legge regionale sulle espropriazioni per pubblica 

utilit� non riguardanti opere a carico dello Stato -Competenza del 

giudice della opposizione alla indennit� -Criteri difformi da quelli , 

della legislazione statale -Illegittimit� costituzionale . 

. (cost., art. 108, primo comma; I. reg. T.A.A. 17 maggio 1956, n. 7, art. 34, secondo comma). 

E' costituzionalmente illegittima, con riferimento all'art. 108, primo 
comma della Costituzione, che riserva alla legge statale le norme sull'ordinamento 
giudiziario e sulla magistratura, la disposizione dell'art. 34, secondo 
comma, della legge regionale Trentino Alto-Adige 17 maggio 1956, n. 7 
la quale, per le opposizioni alle indennit� di espropriazione non riguardanti 
opere a carico dello Stato, stabilisce la competenza del giudice � per valore 
e per territorio.�, alterando cos� il criterio della legge rzazionale la quale 
assegna le controversie relative alla indennit� di espropriazione ad un giudice 
per ragione della materia. �(l). 

(Omissis). -3. -La suddetta questione � da ritenersi fondata. 

Secondo l'orientamento di questa Corte (sent. n. 4 del 1956) anche recentemente 
ribadito (sent. n. 112 del 1973), l'art. 108 della Costituzione, nel riservare 
alla �legge� le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura, 
si riferisce inequivocabilmente alla sola legge dello Stato, alla 
quale compete in via esclusiva disciplinare in modo uniforme per l'intero 
territorio nazionale e nei confronti di tutti (art. 3 Cost.), i mezzi e le forme 
di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (artt. 24, primo 
comma, e 113 Cost.). 

(1) Le sentenze 25 giugno 1956, n. 4 e 5 luglio 1953, n. 112 richiamate in 
motivazione sono pubblicate in Giur. cost. 1956, 575 e 1973, 1277. 
(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
l'avv. F. FAVARA. 

464 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'J;'ATO 

Da tale fondamentale premessa non solo discende che in materia giurisdizionale 
non spetta alle Regioni alcuna potest� legislativa, ma deriva 
altres� che, nel disciplinare le materie-rientranti nella propria competenza 
legislativa, sia essa concorrente od esclusiva, gli organi legislativi delle Regioni 
debbono astenersi dall'interferire co_n la normativa, generale o speciale, 
dello Stato sull'ordinamento giurisdizionale e sulla regolamentazione 
processuale dei giudizi dinanzi alla autorit� giudiziaria ordinaria o amministrativa. 


Ci� posto, appare evidente che, nell'ambito della disciplina regionale 
delle espropriazioni per causa di pubblica utilit� contenuta nella legge della 
Regione Trentino-Alto Adige n. 7 del 1956, l'art. 34, facendo riferimento, per 
il giudizio di opposizione alla stima, �alla autorit� giudiziaria competente 
per valore e territorio � introduce, come criterio di determinazione della 
competenza in quel giudizio, il parametro del valore, alterando il criterio 
della legge nazionale, la quale assegna le controversie relative alla indennit� 
di espropriazione a un giudice competente per ragione della materia. 

Ben vero che l'espressione contenuta nella legge regionale sembra 
limitarsi a rinviare, per la individuazione del giudice competente, ai criteri 
generali del codice di procedura civile; questa circostanza, per�, non esclude 
che il citato art. 34 incida sull'ordine delle competenze previsto dalla 
legge statale, perch� anche il rinvio ai principi generali costituisce una illegittima 
interferenza nella materia giurisdizionale, quando l'istituto che si 
intende disciplinare mediante il rinvio � regolato da un diverso e speciale 
criterio sicuramente desumibile dalla legislazione statale. 

Pertanto, la norma impugnata va dichiarata costituzionalmente illegittima 
limitatamente alla proposizione �per valore e territorio�, che,1 
alterando l'ordine della competenza giurisdizionale, determina il contrasto 
con l'art. 108 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 82 -Pres. Oggioni -Rel. Crisafulli 
-Giulio Maurizio (n. c.). 

Procedimento penale -Dovere di esibizione da parte dei pubblici ufficiali Astensione 
determinata da segreto militare -Necessit� di autorizzazione 
a procedere del Ministro di grazia e giustizia -Illegittimit� costituzionale 
� Esclusione. 
(cost., artt. 3, 24. e 28; c.p.p., artt. 342, secondo comma, e 352, terzo comma). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli, 3, 24 e 28 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 342, secondo comma, 
e 352, terzo comma, del c.p.p., che accordano una pi� intensa protezione, 
penale e processuale, al segreto militare rispetto al segreto d'ufficio e professionale. 




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -5. -La questione torna cos� ad accentrarsi sul punto se 
la normativa in oggetto contrasti con l'art. 3 Cost., sotto l'uno o l'altro degli 
specifici profili prospettati nell'ordinanza e poc'anzi ri�ssunti. 

La questione non � fondata. Per quanto riguarda anzitutto il diverso 
trattamento del segreto militare rispetto al segreto d'ufficio e professionale, 
� preliminarmente da rilevare che la necessit� dell'autorizzazione del Ministro 
di grazia e giustizia per procedere contro il soggetto dal quale proviene 
la dichiarazione di segreto militare, ove l'autorit� giudiziaria non la ritenga 
fondata, risponde alla medesima ratio di tutela dello stesso segreto, 
che giustifica l'esclusione assoluta delle prove, reali e testimoniali, stabilita 
nelle restanti parti degli artt. 342 e 352 in ragione del carattere proprio del 
thema probandi. Giacch�, contrariamente a quanto mostra di ritenere il 
giudice a quo, anche il procedimento penale contro l'autore della dichiarazione, 
come gi� il rapporto al Ministro della giustizia che lo precede, sono 
preordinati a consentire l'acquisizione delle prove, se ed in quanto le circostanze 
cui si riferiscono non siano legittimamente coperte dal segreto. 
Ed infatti, se l'autorizzazione � data, vuol dire che il segreto non sussiste 
ed in tal caso il giudice non incontra pi� limiti nell'esercizio dei suoi poteri 
di accertamento della verit�; ma la situazione sarebbe identica, ove il filtro 
rappresentato dalla autorizzazione a procedere non ci fosse, e perci� la 
tutela del segreto ne risulterebbe compromessa. 

Ci� precisato, non pu� considerarsi irrazionale che il modo e l'intensit� 
della protezione -penale e processuale -delle varie specie di segreti 
riconosciuti nella vigente legislazione siano diversificati, in funzione della 
rilevanza degli interessi cui ineriscono, toccando il grado pi� alto quando 
sia in giuoco il segreto militare vero e proprio, che, come si legge nell'art. 86 
cod. pen. mii. di pace, assiste le notizie -concernenti � la forza, la preparazione 
o la difesa militare dello Stato �, involgendo pertanto il supremo interesse 
della sicurezza dello Stato nella sua personalit� internazionale, e 
cio� l'interesse dello S~ato-comunit� alla propria integrit� territoriale, indipendenza 
e -al limite -alla stessa sua sopravvivenza. Interesse presente 
e preminente su ogni altro in tutti gli ordinamenti statali, quale ne sia il 
regime politico, che trova espressione, nel nostro testo costituzionale, nella 
formula solenne dell'art". 52, che proclama la difesa della Patria �sacro 
dovere del cittadino �. 

6. -Quanto poi all'altro profilo di illegittimit� sempre in relazione allo 
art. 3 Cost., dedotto nell'ordinanza, per non essere richiesta l'autorizzazione 
� nei procedimenti relativi alla violazione dei segreti politici e militari �, a 
differenza che nell'ipotesi in oggetto, � agevole rilevare che le situazioni 
che, cos� argomentando, si vorrebbe mettere a raffronto non sono come si 
assume, analoghe, ma per contro qualitativamente diverse. 
Giacch�, quando si procede per uno dei delitti di cui agli artt. 256, 257, 
259 e 261 cod. pen., il segreto � gi� stato violato, ed il giudizio � rivolto alla 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

466 

punizione del colpevole; ed anche nel caso di tentativo, il segreto non � pi� 

It

tale, perch� la stessa contestazione dell'accusa implica che i fatti, cui il 

segreto si riferiva, siano noti. Laddove, quando si procede a norma del 
combinato disposto degli artt. 342, secondo comma, e 352, terzo comma, 
cod. proc. pen., il presupposto � che la dichiarazione o l'esibizione della 
cosa o del documento siano state rifiutate, adducendo il segreto: il quale, 
perci�, � ancora intatto. Di qui, secondo il gi� detto, l'esigenza che non s! 
proceda senza l'autorizzazione del Ministro, dalla quale, invece, � logico 
si prescinda nei casi sopra menzionati di rivelazione e spionaggio. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 83 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi 
-Nardinocchi (avv. Guarino e De Cupis) c. Trasacco (avv. Cariota 
Ferzara e Sulli) e Malagrida (avv. Sandulli e Campobasso); Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Gozzi). 

Successione � Rappresentazione, nella linea collaterale � Limitazione ai 
discendenti dei fratelli e sorelle del defunto � Illegittimit� costituzionale 
� Esclusione. 
(cost., art.� 3; e.e. art. 468, primo comma). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 468, primo comma, c. c. nella parte in 
cui limita, in relazione ai parenti collaterali, la successione per rappresentazione 
ai soli discendenti dei fratelli_ e delle sorelle del defunto, con esclusione 
dei discendenti degli altri collaterali di grado terzo e successivi (1). 

(Omissis). -4. -In relazione alla spettanza del diritto di rappresentazione, 
sussiste indubbiamente un trattamento differenziato nei confronti 
di soggetti che appartengono ad una stessa categoria. Possono infatti 
succedere per rappresentazione i discendenti dei fratelli e delle sorelle del 
de cuius e non anche i discendenti dei parenti collaterali di grado terzo e 
successivi. Eppure, sia gli uni che gli altri sono discendenti di partenti collaterali 
del defunto. 

Ma codesta categoria di soggetti astrattamente legittimati a succedere 

jure repraesentationis non esiste. I parenti collaterali unitamente a quelli 

in linea retta hanno diritto di succedere per legge al de cuius e sempre che 

(1) Per la giurisprudenza della Corte di Cassazione relativa alla limitazione 
della rappresentazione nella linea collaterale ai discendenti dei fratelli e sorelle 
cfr. sentenza 28 aprile 1962, n. 836, in Foro it., 1962, 1, 1308. Sul diverso problema 
della rappresentazione a favore dei discendenti naturali cfr. Corte Cost. 14 aprile 
1969, n. 79, in questa Rassegna 1969, 1, 423 e in dottrina CARRARo: Sulla rappresentazione 
a favore dei discendenti naturali, in Riv. dir. civ., 1969, 323. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

non siano di grado successivo al sesto, ma per tutti vale il principio che il 
parente prossimo esclude il remoto. Accanto alla regola ora detta, con il 
limite (ex art. 572, comma secondo, del codice civile) ed il criterio indicati, 
vi � poi una deroga o eccezione per cui i discendenti legittimi o naturali 
subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui 
questi non pu� o non vuole accettare l'eredit� o il legato (ai:t. 467, comma. 
primo, del codice civile, come sostituito con l'art. 171 della legge 13 maggio 
1971, n. 151); la rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o 
disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe (art. 
469, comma primo, del codice civile); e la rappresentazione ha luogo, nella 
linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati ed adottivi, 
nonch� dei discendenti dei figli naturali del defunto, e, �nella linea 
collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto� 

(art. 468, comma primo, citato). 

Qualora il successibile non possa o non voglia ~cct::ttare l'eredit� o il 
legato, dunque, non si verifica in ogni caso, nel luogo e nel grado di esso 
successibile, iL subingresso da parte dei suoi discendenti legittimi o naturali, 
ma si ha rappresentazione solo nei confronti dei figli (legittimi, legittimati, 
adottivi e naturali) e dei fratelli e delle sorelle del de cuius. 

Solo codesti soggetti hanno de jure la qualit� di possibili rappresentati 
e non tutti gli altri successibili legittimi. 
Orbene, non vi � dubbio che tra i collaterali (e non oltre il sesto grado di 
parentela) del de cuius la norma denunciata operi una discriminazione. 

Ma il differente trattamento giuridico per quanto concerne il diritto 
di rappresentazione non riguarda soggetti che si trovino nella medesima 
situazione giuridica o che siano in astratto per ragioni extra o metagiuridiche 
meritevoli dello stesso trattamento. E ci� perch� combinando la regola 
(con il detto limite interno) secondo cui i parenti entro il sesto grado 
sono successibili legittimi ed il criterio secondo cui il parente prossimo 
esclude il remoto, si ha, nella disciplina legislativa vigente, una diversa e 
progressivamente sempre pi� attenuata rilevanza, a fini successori, del 
vincolo di parentela nei confronti del defunto ed in fatto un progressivo 
affievolimento del detto vincolo. 

E d'altra parte la distinzione di cui all'art. 468, comma primo, in parte 
qua, tra i parenti collaterali di secondo grado e quelli di grado terzo e successivi, 
� il risultato di una scelta operata dal legislatore. Con le norme di 
cui agli artt. 467 e seguenti del codice civile, al livello legislativo cos� come 
previsto ora dall'art. 42, comma quarto, d~lla Costituzione, all'esistenza ed. 
operativit� del diritto di rappresentazione si � posto un limite. E ci� si � 
fatto in modo non irrazionale, atteso che la parentela, come vincolo di 
sangue che lega tutti coloro che discendono da uno stesso stipide, si presenta 
particolarmente prossima nel rapporto tra i genitori e i figli (in linea 
retta) ed in quello tra i figli di detti genitori (nella linea collaterale) che � 
puro e s_emplice riflesso del primo e cio� della filiazione. Nel rapporto di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

468 

parentela di terzo grado (che non presupponga un rapporto tra fratelli, uno 
dei quali sia il defunto, giacch� altrimenti rileverebbe la parentela di secondo 
grado) e cio� nel rapporto tra defunto e zio paterno o materno dello 
stesso, la parentela ha la sua radice in una generazione diversa da quella 
attraverso la quale � nato il soggetto della cui successione si tratta, ed anteriore 
ad essa. E nel rapporto di parentela tra cugini si riproduce e si ripete 
quanto rilevabile nella particolare ipotesi di parentela di terzo grado 
ora indicata; e per esso quindi pu� valere la medesima considerazione. 

5. -Constatato che i collaterali non costituiscono una categoria unica 
o unitaria e omogenea di parenti, che al trattamento differenziato dei parenti 
fino al secondo grado e di quelli di grado terzo e successivi non cor� 
risponde una medesima o assimilabile situazione e che detto trattamento 
appare altres� razionalmente giustificato, perdono consistenza o rilievo le 
osservazioni fatte in ordinanza circa gli effetti dell'applicazione dell'attuale 
sistema. 
Se mancano discendenti di fratelli e sorelle del defunto, il fatto della 
premorienza fra i parenti di pari grado (esempio tra cugini) certamente determina 
una situazione di disuguaglianza, ma questa si ha proprio perch� 
l'istituto della rappresentazione ha il contenuto e l'ambito sopraddetti. 

E del pari � a ci� conseguenziale il possibile fatto che l'eredit�' sia devoluta 
ad un pronipote di sesto e anche di settimo grado e rimanga escluso 
dalla successione un parente di quinto grado, qual'� il figlio di un cugino 
premorto: gli � che il criterio secondo cui il parente prossimo esclude un 
remoto, e la deroga costituita dal diritto di rappresentazione trovano logica 
combinazione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile 1976, n. 84 -Pres. Rossi� Rel. Rocchetti 
. Regione siciliana (avv. Sorrentino) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Corte costituzionale -Giudizi per conflltto di attribuzioni -Termine � 
Decorrenza. 
(cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39, secondo comma). 

Il termine di sessanta giorni stabilito dal secondo comma dell'art. 39 

l. 11 marzo 1953, n. 87,� per la proposizione, da parte della Regione, del ricorso 
per conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato, decorre dalla 
data in cui essa ha avuto conoscenza della manifestazione di volont� che, 
indipendentemente dalla forma nella quale viene resa esplicita, costituisce 
affermazione della competenza dello Stato (1). 
(1) Sulla perentoriet� del termine per la proposizione del ricorso per conflitto 
di attribuzioni, cfr. da ultimo Corte cost. 19 giugno 1974, n. 174, in questa Rassegna 
1974, 1, 1044. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

469 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 86 -Pres. e Rel. Rossi -Pro


ietti (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Sta


to Giorgio Azzariti). 

Reato -Produzione e vendita delle sostanze alimentari -Illegittimit� costi


tuzionale -Esclusione. 

(cost., artt. 3 e 32, primo comma; I. 30 aprile 1962, n. 283, art. S, primo comma). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 3 e 32, primo comma, della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5, primo 
comma, l. 30 aprile 1962, n. 283 il quale vieta anche la detenzione di sostanze 
alimentari, caratterizzata dalla' destinazione all'uso alimentare, senza previo 
accertamento della commestibilit� (1). 

(Omissis). -2. -Il pretore di Roma ha sollevato questione incidentale 
di legittimit� costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 30 aprile 
1962, n. 283, nella parte in cui escluderebbe, tra le varie ipotesi di reato, 
la detenzione di sostanze alimentari mal conservate per distribuirle per il 
consumo. Nell'ordinanza di remissione si dubita che la supposta liceit� di 
tale condotta contrasti con gli artt. 3 e 32, primo comma, della Costituzione, 
non apparendo giustificata in relazione all'analoga (punita) fattispecie di 
detenzione per la vendita, e potendo procurare un identico nocumento alla 
salute pubblica. 

Il giudice a quo presuppone che la norma denunciata non si estenda 
a chi detiene sostanze in cattivo stato di conservazione per immetterle nel 
consumo alimentare umano. Ove tale interpretazione fosse esatta, il pretore 
avrebbe dovuto assolvere gli imputati anzich� sollevare una questione 
di legittimit� costituzionale, prospettandola sostanzialmente come richiesta 
alla Corte costituzionale di creare nuove ipotesi di reato. 

Peraltro la tesi ermeneutica del pretore appare erronea e la questione 

proposta infondata. 

La ratio della norma incriminatrice impugnata � quella di punire non 

soltanto l'attivit� di vendita di sostanze alimentari in vario modo viziate, 

ma� anche di impedire quella detenzione, anch'essa pericolosa, che precede 

immediatamente l'immissione nel consumo delle sostanze stesse. 

La disposizione in esame prevede che le stostanze alimentari descritte 

nel suo contesto sian.o vendute, impiegate nella preparazione di alimenti o 

di bevande, somministrate come mercede ai propri dipendenti o distribuite 

per il consumo (art. 5 legge 30 aprile 1962, n. 283). 

(1) Per la giurisprudenza richiamata in motivazione cfr. Cass., 24 aprile 1968, 
n. 316, in Giust. pen. 1969, 2, 153; Cass., 25 gennaio 1969, n. 1657, ivi, 1969, 2, 995; 
Cass., 20 novembre 1969, ivi, 1970, 2, 509. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

470 

Dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto che la norma, interpretata secondo 
l'intento della legge che � quello di assicurare la tutela della salute 
pubblica, comprenda nell'ipotesi di reato anche la d.etenzio'ne caratterizzata 
dalla destinazione all'uso alimentare, senza previo accertamento della commestibilit�. 


Ne consegue che la norma impugnata vieta, la detenzione finalizzata 
all'esplicamento di tutte le condotte analiticamente descritte dall'art. S della 
legge n. 283 del 30 aprile 1962, sicch� la censura prospettata dal giudice a 
quo si palesa inconsistente. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 87 -Pres. Rossi -Rel. AstutiNobile 
(n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Carafa). 

Procedimento penale -Tutela dell'ordine pubblico -Speciale normativa per 

l'istruttoria dei reati commessi dalle forze dell'ordine -Illegittimit� 

costituzionale � Esclusione. 

(cost., artt. 3, 25, 102, 107 e 112; 1. 22 maggio 1975, n. 152, artt. 27, 28 e 29). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 3, 25, 102, 107 e 112 della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 27, 28 � 
e 29 l. 22 maggio 1975, n. 152, dato che, nella presente situazione dell'ordine 
pubblico, valutata dal legislatore di particolare gravit�, trova piena giustificazione 
il trattamento differenziato introdotto per le forze dell'ordine (1). 

(Omissis). -La questione non � fondata, non sussistendo alcuno dei 
profili di illegittimit� prospettati dalle ordinanze di rimessione. 

La speciale normativa introdotta con gli artt. 27 e seguenti per i reati 
commessi dalle forze dell'ordine -limitatamente alla fase istruttoria, e 
senza nulla innovare in ordine al giudizio, sempre regolato dalle norme ordinarie 
-non lede il principio di eguaglianza conferendo una ingiustificata 
situazione di privile~io. Essa non si applica agli ufficiali ed agenti delle forze 
dell'ordine in via generale per tutti i reati, ma esclusivamente �per fatti 
compiuti in servizio �,.ossia per fatti che nel servizio abbiano ragione e 
causa, e siano inoltre � relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione 
fisica �. La ratio delle disposizioni denunciate risulta con chiarezza 
dalla relazione delle Commissioni riunite della Camera dei deputati, nella 
seduta dell'8 aprile 1975: esse �sono determinate 'dall'esigenza di impedire 

(1) La sentenza 19 luglio 1968, n. 109 richiamata in motivazione � pubblicata 
in questa Rassegna 1968, l, 887. Le altre sentenze pure richiamate 27 novembre 
1963, n. 148 e 2 aprile 1964, n. 32, sono pubblicate in Giur. cast., 1963, 1529 
e 1964, 263. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

che gli appartenenti alle forze dell'ordine siano esposti al rischio di processi 
penali conseguenti ad accuse infondate per reati concernenti l'uso, nell'esercizio 
delle loro funzioni, delle armi o di altro mezzo di coazione fisica�. 
Nella presente situazione dell'ordine pubblico, valutata dal legislatore di 
particolare gravit�, trova piena giustificazione il trattamento differenziato 
introdotto per le forze dell'ordine, alle quali � affidato il gravoso e rischioso 
compito di prevenire e reprimere la perpetrazione dei reati, e di 
garantire, con la sicurezza pubblica una ordinata convivenza civile. 

Questa Corte ha gi� avuto occasione di rilevare che la considerazione 
delle funzioni ed attribuzioni conferite ai pubblici funzionari �se da un 
lato d� titolo ad una maggiore protezione penale, � poi fonte, dall'altro, 
di un aggravamento di responsabilit� come nei casi in cui la qualit� di 
pubblico ufficiale viene assuta ad elemento costitutivo o a circostanza aggravante 
dei reati commessi� (sentenza n. 109 del 1968). E giustamente 
l'Avvocatura dello Stato ha osservato che provvedimenti come quello in 
questione, � inteso ad una garanzia lato sensu processuale per gli appar~ 
tenenti alle forze dell'ordine, di cui si contesta la legittimit�, costituiscono 
l'elemento compensativo delle maggiori responsabilit��. Non sussiste dunque 
una ingiustifi~ata disparit� di trattamento, che possa considerarsi 
lesiva del principio sancito dall'art. 3 della Costituzione. 

3. -Le ordinanze denunciano, nell'ipotesi di reati di competenza pretorile, 
la violazione dell'art. 25, per la possibilit� di sottrazione dell'imputato 
al suo giudice naturale, che conseguirebbe all'avocazione della istrut'
toria da parte del procuratore generale ed all'eventuale trasferimento della 
stessa al giudice istruttore. Ma la denunciata violazione non sussiste, perch� 
le disposizioni di cui � causa non comportano alcuna deroga alla competenza 
del pretore, secondo la corretta interpretazione, prospettata anche 
dall'Avvocatura dello Stato nelle sue deduzioni. Per vero, gli artt. 27, 28 e 29 
della legge n. 152 del 1975 contengono una normativa che regola in modo 
speciale soltanto i rapporti tra procuratore della Repubblica, procuratore 
generale, e giudice istruttore, in relazione ai reati di competenza del tribunale 
e della Corte d'assise: ove abbia notizia di tali reati, imputabili alle 
forze dell'ordine per fatti compiuti in servizio con uso delle armi o di altro 
mezzo di coazione, il procuratore della Repubblica � tenuto ad informare 
immediatamente il procuratore generale, limitandosi a compiere frattanto 
esclusivamente gli atti urgenti relativi alla prova del reato; il procuratore 
generale, ove non ritenga di esercitare i poteri previsti dal codice di rito 
(ossia procedere aci atti di istruzione preliminare, a' sensi dell'art. 234, o 
avocare--a s� l'istruzione sommaria, a' sensi dell'art. 392), restituisce gli 
atti al procuratore della Repubblica, perch� proceda nelle forme stabilite 
dalla legge; entrambi, ove ne ravvisino gli estremi, possono richiedere al 
giudice istruttore, con atto motivato, di pronunciare decreto di archiviazione; 
ed infine il giudice, ove non ritenga di accogliere tale richiesta, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

472 

dispone l'istruttoria formale, con ordinanza impugnabile dall'interessato 
davanti alla sezione istruttoria. 

Il secondo comrria dell'art. 27 stabilisce bens� che �la stessa disposizione 
si applica nel caso in cui il pretore ha comunque notizia di un 
reato previsto nel comma precedente�: ma questa norma � stata evidentemente 
inserita sempre con riferimento ai reati di competenza del tribunale 
e della Corte di assise, in relazione ai poteri che anche per questi pi� 
gravi reati l'art. 231, secondo comma, del codice di procedura penale 
attribuisce al pretore. Egli � infatti tenuto bens� ad informare senza ritardo 
il procuratore della Repubblica d'ogni notitia criminis trasmettendogli 
�gli atti del procedimento e ogni cosa che vi si riferisce�, ma ha tuttavia 
il potere di procedere in ogni caso agli atti urgenti di accertamento e di 
assicurazione delle prove, ed anche di emettere mandato d'arresto. 

La disposizione dell'art. 27, invece, mentre impone anche al pretore 
di informare nello stesso giorno il procuratore generale, gli consente 
solo di compiere � esclusivamente gli atti urgenti, relativi alla prova di 
reato, dei quali non � possibile il rinvio �, con preclusione, pertanto, dei 
provvedimenti relativi alla libert� personale. L'art. 27 non impone peraltro 
al pretore alcun obbligo di informativa al procuratore generale per i 
reati di sua competenza. A questi infatti non sono �applicabili le disposizioni 
speciali della nuova legge, che fanno espresso ed esclusivo riferimento 
agli strumenti procesuali concernenti i reati di competenza del 
tribunale e della Corte d'assise,. rispetto ai quali soltanto il procuratore 
generale pu� �esercitare i poteri previsti dal codice di procedura penale�, 
secondo il cpiaro disposto dell'art. 28. 

Non v'� dunque alcuna deroga alla competenza del pretore, quanto ai 
reati attribuiti alla sua cognizione. Ed � forse superfluo aggiungere che anche 
per quanto concerne i reati di competenza del tribunale o della Corte 
d'assise, le nuove disposizioni, pur importando una diversa distribuzione 
di competenze tra organi requirenti e giurisdizionali, non confliggono con 
il principio sancito dall'art. 25, primo comma, della Costituzione, essendo 
tali competenze sempre predeterminate in via generale dalla legge. 

4. -� chiaro che le denunciate disposizioni non pongono la pretesa 
limitazione al promovimento dell'azione penale, n� da parte del pretore, 
per i reati di sua competenza, n� da parte degli uffici del pubblico ministero. 
L'obbligo di immediata informativa al procuratore generale non 
lede, di per s�, le prerogative del procuratore della Repubblica, e d'altra 
parte l'art. 28 non attribuisce al procuratore generale poteri diversi o maggiori 
di quelli che gli spettano in base al codice di rito; ove egli non ritenga 
di avocare a s� l'istruzione sommaria, dovr� restituire gli atti al procuratore 
della Repubblica, perch� proceda a norma di legge. 
Non sussiste nemmeno la pretesa discriminazione tra magistrati, che si 
assume lesiva dei princ�pi sanciti dall'art. 102, primo comma, e dall'arti




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

colo 107, terzo comma, della Costituzione. Non v'� infatti, per quanto gi� 
si � detto, nessuna �umiliazione� n� �spoliazione di poteri� nei confronti 
del pretore, a torto lamentata con copia di considerazioni estravaganti dal 
pretore di Galatina; non v'� dal pari nessuna lesione delle attribuzioni del 
procuratore della Repubblica, quali previste dal vigente ordinamento giudiziario, 
dato che le disposizioni di cui � causa concernono pur sempre 
l'esercizio di funzioni di competenza dell'ufficio del pubblico ministero, a 
cui nella circoscrizione della Corte d'appello presiede il procuratore generale 
(cfr. art. 70 dell'ordinamento giudiziario). Ed il potere di avocazione a 
lui riconosciuto dall'art. 392, come la Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare, 
attua soltanto una legittima sostitQzione di un organo del pubblico 
ministero ad altro organo dello stesso ufficio (sentenze n. 148 del 1963 e 

n. 32 c:lel 1964). -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 88 -Pres. Rossi -Rel. Astuti 
-Di Leva (avv. Ghidoni) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Reato -Tutela dell'ordine pubblico -Limiti alla concessione della libert� 
provvisoria -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(cost., artt. 3 e 27; I. 22 maggio 1875, n. 152, art. 1, Iett. b). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 27, secondo comma, e 3, 
primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 1 lett. b legge 22 maggio 1975, n. 152 con il quale sono stati esclusi 
dal beneficio della liberazione provvisoria, quando gi� risultino sottoposti 
ad altro procedimento per gli stessi reati, coloro che siano imputati di 
lesioni personali volontarie (escluse quelle lievissime), lesioni gravi o gravissime, 
rissa aggravata da omicidio o lesioni, violenza privata (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. Questa Corte ha gi� 
avuto occasione di dichiarare che con l'art. 27 il costituente � non ha sancito 
una presunzione di innocenza � -che, intesa in senso assoluto, sarebbe 
incompatibile con ogni misura di carcerazione preventiva -, ma ha voluto 
asserire che � durante il processo non esiste un colpevole, bens� soltanto 
un imputato� (sentenza n. 124 del 1972). 

Sono universalmente note le gravi ragioni che hanno determinato il 
legislatore a ripristinare un sistema di limitazioni alla concessione della 

(1) La sentenza 6 luglio 1972, n. 124 richiamata in motivazione � pubblicata 
in questa Rassegna 1972, 1,. 970. / 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

474 

libert� provvisoria, dopo aver constatato gli effetti della riforma attuata 
con la legge 15 dicembre 1972, n. 733. Secondo la relazione delle commissioni 
riunite della Camera dei deputati, le disposizioni dell'art. 1 della nuova 
legge per la tutela dell'ordine pubblico sono state precisamente dettate 
�al fine di fronteggiare l'allarmante recrudescenza del fenomeno della 
criminalit� successiva all'emanazione della legge lS dicembre 1972, n. 733, 
e quindi certamente o molto probabilmente favorita dalle libert� provvisorie 
accordate ad imputati assai pericolosi e proclivi alla recidiva � (seduta 
8 aprile 1975). 

In questa prospettiva deve esere valutata la denunciata disposizione 
dell'art. l,.secondo comma, lett. b, con la quale sono stati esclusi dal beneficio 
della liberazione provvisoria, quando gi� risultino sottoposti ad altro 
procedimento per gli stessi reati, coloro che siano imputati di lesioni personali 
volontarie (escluse quelle lievissime), lesioni gravi o gravissime, rissa 
aggravata da omicidio o lesione, violenza privata. Reati tutti la cui iterazione 
costituisce indice di probabile inclinazione alla violenza fisica e morale, 
e quindi di pericolosit� per la vita, l'incolumit� e la sicurezza dei 
cittadini. 


Si obbietta che la semplice imputazione di uno di questi reati non comporta 
presunzione di colpevolezza: ma � ovvio replicare che il diniego della 
libert� provvisoria non implica una siffatta presunzione, perch� la detenzione 
preventiva non ha la funzione di anticipare la pena, applicabile solo 
dopo l'accertamento della colpevolezza, ma ben pu� legittimamente essere 
predisposta � in vista della soddisfazione di esigenze di carattere cautelare 

o strettamente inerenti al processo� (sentenza n. 64 del 1970). Ed � anche 
inesatto asserire che la disposizione denunciata � d� al procedimento in 
corso lo stesso valore di una affermazione definitiva di responsabilit� �, 
perch�, nella specie, il legislatore ha semplicemente assunto a criterio la 
esistenza d'una precedente imputazione per reati della stessa natura e 
gravit�, per escludere la concessione del beneficio della liberazione all'im� 
putato detenuto, nella ragionevole presunzione che possano essere pregiudicate 
le finalit� cautelari sopra indicate. Al riguardo, deve rilevarsi che 
la disposizione di cui trattasi richiede che l'imputato sia gi� � sottoposto 
ad altro procedimento penale �, ossia che non sia un semplice indiziato; a 
cui sia stata inviata comunicazione giudiziaria, ma che nei suoi confronti 
gi� sia intervenuta la formulazione dell'accusa, talch� egli abbia assunto la 
qualit� di imputato a norma di legge, sulla base di sufficienti indizi di 
colpevolezza. 


Non sussiste nemmeno violazlone del principio di eguaglianza, perch� 
l'esclusione dal beneficio della liberazione provvisoria � disposta dalla norma 
in questione, per le ragioni gi� dette, proprio e soltanto con riguardo 
all'attuale posizione dell'imputato, in quanto gi� sottoposto ad altro giudizio 
per uno dei reati ivi previsti, e non gi� sulla base di una inammissibile-equiparazione 
alla posizione di un condannato. -(Omissis). 


I' 

..........~.J 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 475 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 91 -Pres. Oggioni � Rel. Amadei 
-Navarra (avv. Agostini) ed altri (n. c.) c. Inam (avv. Giorgianni); 
Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Albisinni). 

Previdenza e assistenza -Assicurazioni sociali -Presupposto della esposizione 
a rischio -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(cost., artt. 3 e 38, secondo comma; e.e. artt. 1886 e 1895). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 3 e 38, secondo comma, 
della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1886 

e.e. nella parte in cui rende applicabile alle assicurazioni sociali la disposizione 
contenuta nell'art. 1895 dello stesso codice, in forza della quale il 
contratto assicurativo � nullo se il rischio non � mai esistito o ha cessato 
di esistere prima della conclusione del contratto (1). 
(Omissis). -4. -Per quanto riguarda le questioni sollevate con le altre 
ordinanze (pensione di invalidit� conseguente a stato di malattia preesistent� 
a rapporto di lavoro) la Corte osserva che gli artt. 1886 e 1895 in 
quanto applicabili anche alle assicurazioni sociali, ove le leggi che le riguardano 
non dispongano specificatamente, comportano soltanto che debba 
esistere l'elemento del rischio al momento del sorgere del rapporto assicurativo. 


Ci� non contrasta affatto con l'art. 38, comma secondo, della Costituzione. 
La Corte ha ben chiarito la differenza tra il primo comma dell'art. 38, 
il quale pone tra i compiti primari dello Stato quello dell'assistenza sociale 
in favore di chi versi in condizioni di indigenza per inabilit� e il secondo 
comma che, con riguardo ai lavoratori, presuppone l'insorgere di eventi 
che incidano sfavorevolmente sulla loro attivit� lavorativa (sent. n. 22 
del 1969 della Corte cost.). 

Anche la sentenza n. 160 del 1974, pur rilevando che la natura pubblicistica 
delle assicurazioni sociali importa che il rischio abbia in esse delle 
proprie peculiari connotazioni, ha comunque considerato insito l'elemento 
del rischio nel precetto del secondo comma in quanto diretto a garantire 
i lavor.atori di fronte ad eventi (e quindi al rischio) che determinino la 
cessazione o la riduzione dell'attivit� lavorativa; che infine la Corte ha 
ritenuto che la norma costituzionale consente allo Stato di scegliere i modi 
e le strutture organizzative pi� idonee allo scopo, e in particolare che sia 
compatibile col processo costituzionale la scelta per criterio tecnico organizzativo, 
della forma assicurativa. 

(1) Le sentenze 20 febbraio 1969, n. 22 e 6 giugno 1974, n. 160 richiamate in 
motivazione sono pubblicate in Giur. cost. 1969, 149 e 1974, 960. 
3 



RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO

476 

La tesi che nelle assicurazioni sociali debba prescindersi dall'elemento 
del rischio, condurrebbe in materia di pensioni di invalidit� a riconoscere 
il diritto alla pensione al lavoratore che intenda far valere i periodi di contribuzione 
e di assicurazione per una riduzione della capacit� di guadagno, 
al di sotto dei limiti di legge preesistente al rapporto assicurativo e di lavoro 
senza che si sia verificato alcun nuovo evento che la riduca ulteriormente, 
il che non rientra nella previsione dell'art. 38, secondo comma. 

Il riferimento, contenuto nella ordinanza della Cassazione, a casi di 
contribuzione assicurativa senza rischio non � probante. 

Nella ipotesi di lavoratrice affetta da sterilit� assoluta ma ugualmente 
soggetta all'assicurazione di maternit� e in quella della lavoratrice impiegata 
soggetta allo speciale trattamento previdenziale per i richiamati alle 
armi, sebbene-l'evento non possa verificarsi nei suoi confronti, l'obbligo 
della contribuzione da parte di chi � esente dal rischio � diretto a realizzare, 
mediante incremento dei relativi fondi, una maggior tutela di coloro 
che sono esposti a quei rischi; n� si deroga evidentemente al principio che 
le prestazioni non sono dovute a chi non �� rimasto esposto al rischio del 
verificarsi dell'evento considerato. 

Anche perci� devesi pertanto concludere che le norme del codice civile 
denunciate non contrastano col precetto costituzionale dell'art. 38, secondo 
comma. 

Quanto alla ipotesi specifica (alla quale ha particolare riguardo l'ordi: 
nanza della Corte di cassazione) di chi, essendo gi�, prima dell'inizio del 
rapporto assicurativo, affetto da menomazione che riduca la capacit� di 
guadagno al di sotto del limite previsto dalla legge sulla invalidit� e vecchiaia, 
trovi una occupazione lavorativa e paghi i contributi, e poi subisca 
una ulteriore riduzione e financo I.a perdita totale della residua capacit�, 
la giurisprudenza della Cassazione non ha desunto la soluzione negativa in 
ordine al diritto alla pensione di invalidit� dal disposto dell'art. 1886 codice 
civile, bens� dal fatto che la normativa sulla assicurazione obbligatoria invalidit� 
e vecchiaia configura e delimita il rischio, con riguardo alla invalidit�, 
nel senso della riduzione al di sotto di un certo limite della capacit� 
di guadagno normale, e che ci� � stato inteso dalla giurisprudenza 
predetta come avente riguardo ad una preesistente capacit� di guadagno 
considerata come integra, e non gi� quale residuata concretamente a seguito 
di anteriore causa invalidante. 

� siffatta interpretazione dell'art. 10 della legge 1939, n. 636, in connessione 
a tutto il sistema normativo dettato dalle leggi sull'assicurazione 
invalidit� e vecchiaia, che porta ad escludere il diritto a trattamento pensionistico 
nel caso sopra indicato e non gi� le norme denunciate degli articoli 
1886 e 1895 del codice civile. -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 477 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 92 � Pres. e Rel. Rossi � Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Zagari) c. Regione 
Abruzzo. 

Regione � A statuto ordinario � Competenza legislativa in materia previ� 
denziale � Esclusione. 

(cost., art. 117; I. reg. Abruzzo 25 luglio 1974). 

� costituzionalmente illegittima, in relazione dell'art. 117 della Costituzione 
che non contempla la materia previdenziale, la legge della Regione 
Abruzzo, riapprovata il 25 luglio 1974, recante �indennit� per inabilit� 
temporanea assoluta a favore dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri per 
infortuni e malattie professionali�. (1). 

(Omissis). -Le censure proposte dallo Stato sono fondate. 

II disegno di legge impugnato disciplina materia previdenziale, stabilendo 
a favore dei coltivatori diretti, affittuari, coloni e mezzadri residenti 
nella Regione Abruzzo forme integrative delle indennit� previste dal 
testo unico 30 giugno 1965, n. 1124, sugli infortuni sul lavoro. In particolare 
la normativa in esame autorizza la Regione a concedere un'indennit� giornaliera 
di importo variamente determinato nei casi di inabilit� temporanea 
assoluta che derivi dagli infortuni o malattie sul lavoro agricolo di cui agli 
artt. 210 e 211 del predetto testo unico. � altres� disposto che con apposita 
convenzione sia consentito all'INAIL di erogare le prestazioni previste e di 
farsi poi rimborsare dalla Regione l'importo delle somme� cos� corrisposte. 

L'impugnato provvedimento ha un contenuto, oggettivamente determinato, 
esulante dalle competenze legislative attribuite alle Regioni ordinarie 
dall'art. 117 della Costituzione, che non contempla la materia previdenziale. 
Secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale la 
delimitazione della competenza legislativa delle Regioni � fissata per contenuti 
normativi oggettivi, e non in riferimento ai fini che il legislatore 
regionale abbia inteso perseguire (sentenze 124 del 1957, 66 del 1961, 26 
del 1962, 66 del 1964). 

Pertanto non � pertinente il rilievo che mediante le provvidenze previste 
la Regione Abruzzo intendesse realizzare una incentivazione dell'agricoltura 
nel proprio ambit� territoriale. -(Omissis). 

(1) Sui criteri distintivi della competenza legislativa delle Regioni cfr. in particolare 
Corte Cost. 22 dicembre 1961, n. 66, in Giur. cost., 1961, 1240. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 93 -Pres. Rossi -Rel. Rossano 
-Stoffa c. Fracchiolla (n. c.). 

Responsabilit� civile -Scontro tra veicoli -Presunzione di uguale respon� 

sabilit� per colpa dei conducenti � Illegittimit� costituzionale � Esclu


sione. 

(cost., art. 3; e.e. art. 2054, primo e secondo comma)._ 

Non � fondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 2054, primo e secondo comma, 
e.e., il quale, per il frequente verificarsi, nella dinamica degli scontri tra 
veicoli, di illecita condotta dei conducenti, ha considerato lo scontro come 
fatto tipico che giustifica la presunzione di uguale responsabilit� per colpa 
dei conducenti (1). 

(Omissis). -2. � La questione non � fondata. 

Questa Corte, con la sentenza 14-29 dicembre 1972, non ha modificato 
il principio stabilito dal secondo comma dell'art. 2054 e.e., ma, fra le due 
interpretazioni alle quali aveva dato luogo il contenuto di tale disposizione, 
ha accolto quella conforme all'art. 3 della Costituzione, nel rispetto della 
volont� razionalmente desumibile dalla disposizione stessa, ed ha in tale 
limite contenuto la pronunzia di illegittimit�. Ha precisa!o che �nel vigente 
regime dello scontro con danni unilaterali la responsabilit� presunta del 
solo conducente del veicolo non danneggiato viene fatta discendere da un 
elemento accidentale e casuale, da una circostanza, cio�, che � razionalmente 
inidonea a far presumere, in mancanza di prova contraria, che nel 
determinare la collisione non abbia concorso aiJ.che la colpa del conducente 
del veicolo danneggiato �. Ha dunque, considerato lo scontro il tipico evento 
di danno che per il secondo comma dell'art. 2054 costituisce la premessa di 
fatto, da provare, ai fini della presunzione. E, ritenuto irrazionale escludere 
dalla presunzione di illiceit� la condotta del solo conducente del veicolo 
che non abbia sublto danno nello scontro, ha con ci� stesso escluso 
che altri eventi di danno, fuori dello scontro, possano ricondursi alla presunzione 
legale di illiceit� dei conducenti prevista dall'art. 2054, secondo 
comma, codice civile. 

3. � Posto che le presunzioni legali sono stabilite, secondo l'art. 2728 
e.e., sulla base di una situazione che, per il suo frequente verificarsi, � 
considerata premessa tipica legale di conseguenze presunte fino a prova 
contraria, non � irrazionale l'art. 2054, secondo comma, che, per il frequente 
verificarsi, nella dinamica degli scontri tra veicoli, di illecita condotta dei 
(1) La sentenza 29 dicembre 1972, n. 205 richiamata in motivazione � pubblicata 
in questa Rassegna 1973, 1, 91. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

479 

conducenti, ha considerato lo scontro fatto tipico che giustifica la presunzione 
di uguale responsabilit� per colpa dei conducenti. I casi prospettati 
dal pretore, che escluderebbero la responsabilit� di uno dei conducenti, 
in quanto fuori della dinamica dello scontro, evento verificatore. della 
presunzione tipica, attengono a fattispecie diverse, che -a sensi del secondo 
comma dell'art. 2054 cod. civ. -debbono essere oggetto ciascuna di 
prova e valutazione del giudice competente, come soltanto il giudice competente 
pu� accertare e valutare la prova che, in singoli casi, escluda la 
responsabilit� di alcuno dei .conducenti, a termine del primo comma dell'art. 
2054 citato. 

Non sussiste, quindi, la violazione dell'art. 3, essendo le situazioni che 
si verificano negli scontri tra autoveicoli a termini dell'art. 2054, secondo 
comma, cod. civ., diverse da quelle che si verificano fuori dello scontro; 
n� tale differenziazione � irrazionale. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 94-Pres. Rossi -Rel. Rossano . 
-Dolci e altri c. Comune di Grossolengo e Prefetto di Forl� (n. c.); 
Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio 
Azzariti). 

Approvvigionamenti e consumi -Pubblici esercizi -Disciplina dell'orario 
dei negozi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(cost., artt. 4 e 41; I. 28 luglio 1971, n. 558). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 4 e 41 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale delle norme che disciplinano la chiusura 
totale nei giorni domenicali e festivi dei pubblici esercizi, dato che 
dal riconoscimento al cittadino del diritto al lavoro e della libert� di iniziativa 
economica non consegue il divieto per il legislatore di dettare 
disposizioni concernenti la tutela di. esigenze sociali costituzionalmente 
protette (1)'. 

(Omissis). 2. -L'ordinanza del giudice conciliatore di Gossolengo impugna, 
con distinto riferimento all'art. 4 e all'art. 41 della Costituzione, 
l'art. 1, lett. a, della legge citata, che prescrive alle Regioni nella � determinazione 
dell'orario di uniformarsi al criterio della chiusura totale nei giorni 
domenicali e festivi �, salva la facolt� di autorizzare � nelle festivit�, infrasettimanali 
solo le rivendite di pane... ad effettuare l'apertura antimeridiana 
limitatamente a questo genere �. 

(1) La sentenza 5 aprile 1974, n. 111, richiamata in motivazione � pubblicata 
in questa Rassegna 1974, 1, 817. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

480 

3. � Secondo il giudice conciliatore, la norma, nelle zone rurali, priverebbe 
i commerc!anti dell'unica prospettiva di lavoro e di guadagno sufficienti, 
perch� proprio nei giorni festivi si verificherebbe, in misura sempre 
pi� massiccia, l'esodo dalle citt� verso le campagne. Violerebbe, pertanto, 
l'art. 4 della Costituzione, che riconosce al cittadino il diritto al lavoro e 
vieta al legislatore di porre vincoli che siano in contrasto con il dovere di 
rendere effettivo tale diritto. 
La censura non � fondata. 

Dal riconoscimento del diritto al cittadino al lavoro �e della libert� di 
scegliere un'attivit� lavorativa discende per lo Stato il dovere di non porre 
norme che tale diritto o tale libert� direttamente o indirettamente escludano, 
ma non consegue il divieto al legislatore di dettare disposizioni concernenti 
la tutela di esigenze sociali costituzionalmente protette (sentenze 
di questa Corte n. 12 del 15 marzo 1960; n. 102 del 2 luglio 1968 e n. 41 del 
25 febbraio 1971). Nel sindacato di legittimit�" costituzionale non si pu� 
pertanto, prescindere da una considerazione globale dell'intero sistema per 
verificare se limiti e condizioni trovino nel sistema stesso giustificazioni 
e siano, quindi, legittimi. 

Il criterio impugnato � determinato dall'esigenza di tutela del diritto 
irrinunciabile al riposo, diritto che, nella sua configurazione 'normale e 
globale, coincide con le domeniche e gli altri giorni festivi. 

Questa Corte, con sentenza 5 aprile 1974, n. 111, ha precisato che 
� anche la tutela del diritto del lavoratore al riposo settimanale costituisce 
una delle ragioni di finalit� sociale e di salvaguardia della dignit� umana 
poste al limite della libera iniziativa economica privata; n� vale distinguere 
fra lavoratore dipendente e lavoratore in proprio. La legge ha inteso tutelare 
anche il lavoratore in proprio creando, attraverso l'obbligo della chiusura, 
il presupposto logico giuridico della chiusura, perch� anch'egli possa 
usufruire del riposo settimanale �. I limiti, quindi, al diritto al lavoro e 
alla libert� del suo esercizio debbono essere stabiliti dalla legge con valutazione 
di esigenze sociali unitarie e globali, di competenza degli organi legislativi, 
e con disposizioni delle a�torit� amministrative competenti ai sensi 
di legge, come � stabilito dall'art. 11 --lett. -a, legge citata per le rivendite di 
pane e dall'art. 3 della legge in oggetto, secondo cui �nelle localit� ad 
economia turistic~ e limitatamente ai periodi di maggiore afflusso turistico, 
determinati per ogni localit�, sentito l'Ente provinciale per il turismo, 
le Regioni, sentite le organizzazioni e gli enti di cui al primo comma 
dell'art. l, �possono fissare l'orario di ape;rtura e di chiusura dei negozi 
sia nei giorni feriali sia in quelli domenicali e festivi, indipendentemente 
dalle disposizioni di cui al precedente art. 1 �, 

Tale norma rivela come il legislatore, alla stregua della disciplina costituzionale, 
ha ritenuto proprio per la tutela del diritto al lavoro, che 
la coincidenza del riposo dei lavoratori con le domeniche e i giorni dichiarati 
festivi sul piano nazionale possa essere derogata, nel settore del com



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

mercio della vendita al dettaglio, per interessi di carattere generale (come 
quello del turismo) e in situazioni concrete accertate con procedimenti dagli 
organi amministrativi competenti. 

4. -Tanto meno � fondata la questione per quanto concerne l'art. 41 
della Costituzione. 
Contrariamente a quanto � affermato nell'ordinanza, l'attivit� di esercizio 
commerciale, quanto ad orario e a determinazione dei giorni di chiusura 
obbligatoria, deve adeguarsi alla esigenza unitaria della tutela del 
diritto al lavoro e a quella della disciplina unitaria dei prezzi. E la legge 
impugnata ha osservato le indicate esigenze in quanto, escludendo la deroga 
al principio di coincidenza di chiusura .nei giorni festivi ha ritenuto 
non meritevoli di tutela affermati interessi particolari non aventi riflessi 
globali, che avrebbero potuto comportare assunzione di altro personale, 
per esigenza di turni, con ripercussioni sui prezzi. 

� 5. -� anche non fondata la questione di legittimit� costituzionale, 
sollevata dal pretore di Cesena, dell'art. 9 legge 28 luglio 1971, n. 558, in 
riferimento all'art. 41 della Costituzione. L'art. 9 porrebbe limiti ingiustificati 
alla libera iniziativa economica dei privati � essendo certo �, secondo 
il pretore, � pi� utile per la collettivit� che i distributori di carburante rimangano 
aperti, a disposizione del pubblico, il maggior tempo possibile, 
purch� naturalmente sia salvaguardato il diritto al riposo degli addetti �. 

Non sembra discutibile che la necessaria regolamentazione degli orari 
di apertura e dei turni festivi dei distributori di carburante debba essere 
sottratta all'arbitrio dei singoli gestori, n� si comprende come dovrebbe 
essere tutelata in concreto l'esigenza di garantire, con la dovuta uniformit�, 
l'irrinunciabile diritto dei lavoratori dipendenti al riposo settimanale, 
sia pure per turno in un giorno festivo. 

Va, inoltre, considerato che gli orari debbono essere disciplinati, tenendo 
conto del traffico, della regolarit� del servizio e degli interessi delle 
varie imprese; e che non spetta a questa Corte interferire su valutazioni di 
competenza esclusiva degli organi legislativi. (Omissis). � � 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 95 -Pres. Rossi� Rel. Reale 
-Mannucci ed altri (n. c.); Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Procedimento penale -Sospensione condizionale della pena inflitta per 
nuova condanna -Limitazione al caso di precedente condanna sospesa � 
Illegittimit� costituzionale. 
(cost., art. 3; c.p., art. 164, ultimo comma). 

E' costituzionalmente illegittimo, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
l'art. 164, ultimo comma, c.p. (cos� come modificato dall'art. 12 del 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

482 

d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito in 1. 7 giugno 1974, n. 220), nella parte 
in cui non consente la concessione della sospensione condizionale della 
pena a chi ha gi� riportato una precedente condanna a pena detentiva per 
delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere cumulata con quella irrogata 
con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti dall'art. 163 
del codice penale (1). 
(Omissis). -2. -L'art. 164 del codice penale prima della riforma attuata 
con il d.1. 11 aprile 1974, n. 99 (poi convertito, con emendamenti, nella 
legge 7 giugno 1974, n. 220), vietava, fra l'altro, la concessione della sospensione 
condizionale della pena a chi avesse gi� riportato una condanna a 
pena detentiva per delitto. 

La sospensione non poteva essere concessa pi� di una volta salvo che 
nel caso di conda�na a pena detentiva preceduta da condanna a pena pecuniaria 
sospesa. 

Con sentenza n. 86 del 1970 questa Corte ammise la possibilit� della 
concessione quando il secondo reato si legasse con vincolo della continuazione 
a quello gi� precedentemente punito con pena sospesa. Quindi con 
altra sentenza n. 73 del 1971 ritenne tale possibilit� anche nel caso di nuova 
condanna per un delitto commesso anteriormente alla precedente e sempre 
che la pena da infliggere, cumulata con quella gi� sospesa, non sorpassasse 
i limiti stabiliti per l'applicabilit� del beneficio. 

Con l'art. 12 del sopra citato decreto legge, l'art. 164 venne riformulato. 
Nel nuovo testo si mantenne il divieto di concedere la sospensione condizionale 
a chi avesse gi� riportato una precedente condanna a pena detentiva 
per delitto, ma nell'ultimo comma, dopo aver ribadito il principio per 
cui il beneficio in questione poteva essere concesso solo una volta, si stabil�. 
testualmente: � Tuttavia nel caso che per una precedente condanna 
sia stata gi� ordinata la sospensione dell'esecuzione, il giudice pu�, nell'infliggere 
una nuova condanna, disporre la sospensione condizionale, 
qualora la pena, cumulata a quella precedentemente sospesa, non superi i 
limiti stabiliti nell'art. 163 �. E, cio�, i limiti che nella nuova disciplina 
risultante dalle innovazioni apportate nell'art. 11 del .citato decreto legge, 
tuttora in vigore, sono, in via generale, di due anni di pena detentiva, 
originariamente irrogata o risultante dalla conversione di pena pecuniaria; 

(1) ,La Corte di Cassazione, dopo che con la sentenza, sez. VI, 10 febbraio 1975, 
in Giust. pen. 1975, 2, 544, aveva affermato che per l'applicazione della sospensione 
occorre che essa sia stata concessa anche rispetto alla precedente condanna, con 
la successiva sentenza, sez. VI, 6 giugno 1975, ivi, 1976, 2, 163, ha ritenuto, al 
contrario, che � in base alla nuova formulazione dell'art. 164 c.p., la sospensione 
condizionale della pena pu� essere concessa anche a chi abbia riportato una 
precedente condanna a pena detentiva per delitto, ancorch� per tale condanna 
non sia stata ordinata la sospensione dell'esecuzione, qualora le due pene cumulate 
non superino i limiti stabiliti dall'art. 163 c. p. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 485 

La commissione di un nuovo reato da parte di chi ha riportato una 
precedente condanna, potrebbe semmai dimostrare, coi fatti, l'erroneit� 
della valutazione, compiuta dal primo giudice, di non recidivit� del reo e 
che quest'ultimo non merita un trattamento pi� favorevole di quello riservato 
a chi di tale valutazione non abbia a giovarsi. 

D'altra parte, e ci� sembra decisivo, poich� la personalit� umana � 
soggetta ad evoluzione e cambiamenti, non appare regionevole condizionare 
l'apprezzamento sulla proclivit� al delitto del colpevole da formularsi 
in occasione della seconda condanna, alla valutazione effettuata in tempo 
precedente o addirittura remoto da altro giudice. E non � da escludersi che 
l'esecuzione di una precedente condanna possa avere determinato l'evoluzione 
in senso positivo della personalit� del condannato. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 96 � Pres. Rossi ~ Rel. Rocchetti 
� di Gravio e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
dello Stato Carafa). 

Stampa � Procedimento per la registrazione di giornale -Competenza del 
Presidente del Tribunale -Questione incidentale di costituzionalit� � 
Inammissibilit�. 

(I. 8 febbraio 1948, 'n. 47, art. 5; I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; I. 11 marzo 1953, 
n. 87, art. 23, secondo comma). 
� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata incidentalmente 
dal Presidente del Tribunale nel procedimento per la registrazione 
di giornale disciplinato dall'art. 5 della legge 8 febbraio 1948 

n. 47, secondo il quale� la funzione affidata al magistrato ha semplice carattere 
formale e finalit� garantistica (1). 
(Omissis). -1. -Il Presidente del tribunale di Avezzano, chiamato a 
provvedere, ai sensi dell'art. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in merito 
alla registrazione, presso ,la cancelleria,. di un giornale quotidiano, ha sollevato 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 6 e 7 del d.l.C.P.S. 
16 dicembre 1947, n. 1434, ratificato con legge 8 luglio 1949, n. 438, nella 
parte relativa al prezzo dei giornali, delle riviste e delle pubblicazioni periodiche. 
Secondo lo stesso Presidente, le norme denunciate, prescrivendo 
la imposizione d'autorit� del prezzo al quale essi debbono essere venduti 
(prezzo che, a suo giudizio, sarebbe inferiore al costo) violerebbero le 
norme di cui agli artt. 21, 23, 41 e 42 della Costituzione. 

L'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente 

del Consiglio dei ministri, che � intervenuto nel giudizio, ha eccepito pre


(1) Sui presupposti, sQggettivi ed oggettivi, per la proposizione della questione 
di leg.ittimit� costituzionale delle leggi cfr.: I giudizi di costituzionalit� 
e il contenzioso dello Stato, 1966-70, 1, pag. 52 e segg. e 1971-75, 1, pag. 31 e segg. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

liminarmente la inammissibilit� della proposta questione, per mancanza di 
uno dei presupposti di cui agli artt. l legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, secondo 
comma, della legge U marzo 1953, n. 87, in quanto il procedimento di 
registrazione di un organo di stampa non avrebbe natura giurisdizionale 
e la relativa ordinanza non sarebbe stata quindi emessa, come la legge 
vuole, �nel corso di un. giudizio�. 

2. � L'eccezione � fondata.. 
In proposito deve osservarsi che la funzione commessa dalla citata 
legge sulla stampa n. 47 del 1948 al Presidente del tribunale � limitata alla 
semplice verifica della �regolarit� dei documenti presentati� (art. 5, terzo 
comma), i quali sono analiticamente e tassativamente indicati nel secondo 
comma dello stesso art. 5. 

Ora, poich�, dopo il risultato positivo di questo esame, il Presidente � 
tenuto ad ordinare la iscrizione del giornale nell'apposito registro della 
cancelleria, appare chiaro che quella affidata al magistrato � una semplice 
funzione di carattere formale attribuitagli per una finalit� garantistica. 
N� l'intervento di un magistrato pu� da solo essere ritenuto idoneo ad alterare 
la struttura di un procedimento meramente amministrativo, che si 
conclude con un � ordine �, e ,cio� con un provvedimento, contro il qup.le, 
secondo i princ�pi generali, e secondo quanto comunemente ritenuto, � 
ammesso il ricorso al Ministro di grazia e giustizia e quindi al Consiglio di 
Stato. 

Ne deriva che il Presidente del tribunale, allorch�, esaminati gli atti, 
ordina alla cancelleria l'iscrizione del giornale, non agisce nella sua ordinaria 
qualit� di giudice, n� emette un giudizio, ma esercita una funzione 
di carattere amministrativo nell'ambito di un procedimento dichiarativo. 

Pertanto, poich� non ricorrono, nel caso, le condizioni richieste dagli 
artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, secondo comma, 
della legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata inammissibile la questione 
di legittimit� che il Presidente del tribunale di Avezzano non era legittimato 
a proporre dinanzi a questa Corte. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 97 � Pres. Rossi � Rel. Rocchetti 
� Campestrini (avv. Barile) e Capatti (avv. Agostini) c. Inps 
(avv. Rossi Doria). 

Previdenza e assistenza . Pensioni di previdenza sociale � Divieto di cumulo 
con la retribuzione della pensione di anzianit� allorch� si verifica l'et� 
stabilita per il pensionamento di vecchiaia � Illegittimit� costituzionale. 
(cost., art. 3; d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 20, primo comma, lett. e). 

E costituzionalmente illegittima, con riferimento all'art. 3 della Costi� 
tuzione, la disposizione dell'art. 20, primo comma, lett. c del d.P.R. 27 aprile 


�' 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

1968, n. 488, nella parte in cui non prevede che la pensione di anzianit� 
sia equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia, quando il titolare 
di essa compie l'et� stabilita per il pensionamento di vecchiaia (1). 

(Omissis). -3. � La questione, con riferimento all'art. 3 della Costitu� 
zione, � da ritenersi fondata. 

Nella vigente tipologia 4ei trattamenti pensionistici, la pensione di 
anzianit�, istituita dall'art. 13 della legge 21 luglio 1965, n. 903 e successivamente 
disciplinata prima dall'art. 16 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, e 
poi dall'art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, attribuisce al lavoratore il 
diritto al conseguimento della pensione prima del compimento dell'et� 
stabilita per il pensionamento di vecchiaia, sulla base del solo requisito 
dell'accreditamento di 35 annualit� di effettiva contribuzione. Con riferimento 
a questo trattamento di quiescenza, il problema della �egittimit� 
costituzionale del divieto del cumulo fra pensione e retribuzione fu risolto 
dalla Corte nel senso che le particolari caratteristiche della pensione di 
anzianit� giustificavan�_ il divieto totale, in quanto la liquidazione di tale 
pensione, avvenendo anticipatamente, e costituendo perci� un beneficio a 
favore del lav�ratore, poteva essere subordinata dalla legge alla condizione 
di cessazione effettiva dal lavoro (sent. n. 155 del 1969). 

Questo criterio, che la Corte ritiene tuttora valido come regola e fondamento 
dell'istituto del divieto di cumulo per il trattamento pensionistico 
in esame, non appare per� razionale nella ipotesi in ci.ti il titolare della 
pensione di anzianit� raggiunga l'et� pensionabile per conseguire la pensione 
di vechiaia; ed invero, la liquidazione della pensione prima del compimento 
dell'et� previst!l per il pensionamento di vecchiaia costituisce un 
vantaggio per il lavoratore, ma soltanto fino al momento in cui il suo 
titolare n�n acquisti, con il raggiungimento dell'et� pensionabile, il diritto 
a conseguire la pensione di vecchiaia. Da quel momento egli cessa, infatti, 
di usufruire del vantaggio costituito dal pensionamento anticipato, e cio� 
del beneficio che giustificava il divieto del cuniulo; con la conseguenza che 
deve essere ritenuta illegittima la norma la quale, seguitando, senza ragione, 
a considerarlo titolare di pensione di anzianit� anzich� di quella di 
vecchiaia, mantiene la imposizione di un divieto che � restato privo di ogni 
giustificazione razionale. 

D'altra parte, secondo � stato esattamente rilevato dalle ordinanze. di 
rimessione, il titolare della pensione di anzianit� che raggiunga l'et� pensionabile 
si trova nella stessa situazione di colui che acquisisce per la prima 
volta il diritto alla pensione di vecchiaia. Pertanto, la norma impugnata 
che, in �rdine al i;livieto di cumulo, consente un trattamento differenziato, 

(1) La precedente sentenza 22 dicembre 1969, n. 155, richiamata in motivazione 
� pubblicata in questa Rassegna 1969, 1, 1027. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

488 

viene a porsi, anche sotto questo profilo, in contrasto con il principio di 
eguaglianza. 

Questa situazione, che secondo si � gi� detto, � stata esattamente va 
lutata dal legislatc>re in sede di revisione degli ordinamenti pensionistici, 
ma con effetto sbltanto per l'avvenire, determina la illegittimit� dell'art. 20, 
primo comma, lett. c, del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, che a,ncora disciplina 
la pensione di anzianit� per il periodo 1� luglio 1968-1� luglio 1969, e ci� 
per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede 
che la pensione di anzianit� sia equiparata a quella di vecchiaia quando il 
titolare di essa compia l'et� stabilita per il pensionamento di vecchiaia . .:... 

(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 98 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza 
-Tamara �d altri' (n. c.); Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
aw. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). � 

Procedimento penale -Intercettazioni telefoniche -Autorizzazione del procuratore 
della Repubblica o del giudice istruttore del luogo dove sono 
in corso le indagini -Illegittimit� costituzionale per esclusfone della 
competenza del pretore -Insussistenza. 
(cost., artt. 3, 25, 101, 102, 107, 108, 109 e 112; c.p.p. artt. 226 bis, 226 ter, 226 quater e 339). 

Non sono fondate, con riferimento agli articoli 3, primo comma, 25, 
primo comma, 101, 102, 107, terzo e quarto comma, 108, secondo comma, 
109 e 112 della Costituzione, le questioni di legittimit� costituzionale degli 
articoli 226 bis, 226 ter e 226 quater, inseriti nel codice di procedura penale 
dall'art. 5 della legge 8 aprile 1974, n. 98, e dell'art. 339 stesso codice, 
nelle parti in cui escludono che il pretore, per taluni reati di sua co_mpetenza, 
possa autorizzare la polizia giudiziaria ad eseguire intercettazioni 
telefoniche (1). 

(Omissis). -2. -La Corte � chiamata a decidere se gli artt. 226 bis, 
226 ter, 226 quat~r, inseriti nel codice di procedura penale dall'art. 5 della 
legge 8 aprile l974, n. 98 (� Tutela della riservatezza e della libert� e segretezza 
delle comunicazioni �), nelle parti in cui escludono che il pretore, 
per taluni reati di sua competenza, possa autorizzare la polizia giudiziaria 
ad eseguire intercettazioni telefoniche, e, analogamente, l'art. 339 dello 
stesso codice, nel testo modificato� dall'art. 6 di detta legge, violino: 

a) l'art. 3, primo comma, della Costituzione, per l'intrinseca irragionevolezza 
della operata limitazione, oltrech� per l'ingiustificata discriminazione 
nei confronti di una intera categoria di magistrati; 

b) l'art. 25, primo comma, Cost., per essere stata attribuita l'autoriz


zazione a disporre le intercettazioni a magistrato non competente per mate


ria a conoscere del reato; 

(1) Cfr. in argomento Corte cost. 6 aprile 1973, n. 34, in questa Rassegna 
1973, 1, 643. I J 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

e) gli artt. 101, 102, primo comma, 107, terzo e quarto comma, 108, 
primo comma, 109 e 112 Cost., per l'interferenza di un organo diverso da 
quello cui funzionalmente spettano l'azione penale (il cui esercizio verrebbe 
paralizzato dal rifiuto dell'autorizzazione) e la successiva pronunzia 
decisoria. 

3. -� opportuno seguire un ordine logico (e, in parte, di correlazione 
e di conseguenzialit�), anzich� di progressione numerica nell'esame delle 
norme di raffronto invocate. 
4. -Non sussiste la violazioni:! del principio del giudice naturale (articolo 
25, primo comma, Cost.) -che va inteso solo come giudice precostituito 
per legge -posto che la competenza ad autorizzare le intercettazioni 
telefoniche nella fase preistruttoria, rispetto a fattispecie astratte 
realizzabili in futuro (sentenza n. 120 del 1975), � legislativamente attribuita 
al procuratore della Repubblica del circondario nel quale debbono svolgersi 
le indagini. � 
Ha esattamente osservato l'Avvocatura generale dello Stato che il 
richiesto concorso, previsto e voluto, dalla legge, di altro magistrato per 
il compimento di determinate indagini non pu� dirsi di per s� in contrasto 
con l'indicato principio. 

D'altronde, l'art. 25 Cost. attiene alla precostituzione del giudice e non 
di ogni magistrato (sentenza n. 148 del 1963). 

5. -La distribuzione di competenza implica, nel suo concetto, una distinzione 
e, per ci� stesso, non pu� essere ritenuta lesiva del principio di 
eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). Ed anche un penetrante sinda-� 
cato di ragionevolezza -consentito entro rigorosi limiti a questa Corte porterebbe 
al medesimo risultato, perch� la concentrazione nel procuratore 
della Repubblica del potere di autorizzare le intercettazioni telefoniche 
� stata scelta e prescritta dal legislatore -a seguito di avvenimenti 
e di episodi che avevano interessato e turbato l'opinione pubblica -proprio 
a un dichiarato scopo garantistico, che � quello di rendere pi� facilmente 
controllabile e pi� omogenea -in un campo cos� delicato che investe 
diritti di libert� costituzionalmente tutelati (artt. 15, primo comma; 21, 
primo comma) -l'iniziativa dell'indagine a fini di giustizia e, . insieme, 
quello di evitare possibili amplificazioni del suo esercizio. 
6. -Neppure � violato l'art. 112 Cost., secondo il quale � il pubblico ministero 
ha l'obbligo di esercitare l'azione penale� (ed � pacifico che l'ob� 
bligo si estenda al pretore, il quale svolge, nei procedimenti di sua competenza, 
funzioni di pubblico ministero: artt. 31, 389, ultimo comma, 398, 
primo e secondo comma, cod. proc. pen.; sentenza n. 61 del-1967), dappoich� 

490 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il relativo dovere permane pur se al pretore � inibito di avvalersi di uno 
specifico mezzo di indagine quando questo � affidato al procuratore della 
Repubblica. 

7. -Non � vulnerato l'art. 108, primo comma, Cost. (le ordinanze del 
pretori di Patem� e di Tivoli citano erroneamente il secondo comma, che si 
riferisce alle giurisdizioni speciali e agli estranei che partecipano all'amministrazione 
della giustizia), per il quale �le norme sull'ordinamento giudiziario 
e su ogni magistratura sono stabilite con legge �, perch� con tale precetto 
non si rimette la disciplina della magistratura alla sola legge sull'ordinamento 
giudiziario (alla quale fa, invece, richiamo l'art. 107, ultimo 
comma, Cost.), bens� ad una legge dello Stato: si tratta, insomma, di una 
riserva di legge, non di un rinVio ad una legge determinata. 
8. -N� pu� dirsi violato l'art. 109 Cost., che pone la polizia giudiziaria 
alle dirette dipendenze dell'autorit� giudiziaria: la normativa denunziata 
non sottrae alla dipendenza del pretore la polizia giudiziaria, ma si limita 
ad attribuire al procuratore della Repubblica dei poteri di istruttoria preliminare, 
rispetto ad atti tassativamente indicati, che, se comportano l'impiego 
della polizia giudiziaria, solo perch� sono al pretore inibiti impediscono 
che egli di questa si avvalga: al pretore non � sottratta la dipendenza della 
polizia giudiziaria, ma sono preclusi certi atti che la polizia giudiziaria 
compie. 
9. -E neppure vi � contrasto con l'art. 102, primo comma, Cost., diretto 
a riservare ai magistrati ordinari la funzione giurisdizionale, demandandone 
l'apposita disciplina all'ordinamento giudiziario: invero, l'art. 226 ter non 
toglie tale funzione ai magistrati ordinari. 
10. -Non � richiam�to a proposito, quale parametro di costituzionalit�, 
l'art. 107, terzo e quarto comma, Cost., per cui i magistrati si distinguono tra 
loro soltanto per diversit� di funzioni (terzo comma), in quanto l'affidamento 
di determinate attribuzioni preistruttorie al procuratore della Repubblica, 
in aggiunta a quelle che gi� gli competono, non viola il principio della 
distinzione per funzioni; e le garanzie del pubblico ministero (quarto comma) 
non vengono lese dalle funzioni aggiuntive che la disciplina impugnata 
gli riserva nella fase di cui trattasi.11. 
-Gran parte degli argomenti addotti valgono pure a dimostrare che 
la normativa denunziata non confligge con l'art. 101, seconda parte, Cost. 
per il quale �i giudici sono soggetti soltanto alla legge�: da un lato, non 
si tratta di attribuzioni affidate a un magistrato in funzione di giudice e, 
dall'altro, non viene instaurato alcun rapporto di gerarchia tra pretore e 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 491 

procuratore della Repubblica, ma sono regolati, con legge, i rapporti tra i 
due organi (sentenza n. 95 del 1975 e ordinanza n. 244 del 1975). 

12. -Non � fondata, infine, la censura della norma contenuta nell'art. 6 
della legge n. 98 del 1974, che ha modificato il testo originario dell'art. 339 
cod. proc. pen. (pretore di Torino). 
L'interpretazione su cui si fonda la doglianza -dalla quale deriverebbe 
l'esclusione del pretore, oltrech� dall'autorizzazione alla polizia giudiziaria, 
anche dal compimento diretto di atti istruttori di intercettazione -non 
pu� essere condivisa, ove si considerino .la formulazione della norma nel 
suo testo attuale e la immutata collocazione, nel codice di procedura penale, 
dell'art. 339 (�Dell'istruzione formale�), applicabile pure all'istruzione 
sommaria (art. 392, primo . comma, cod. proc. pen.) e, nella specie, 
all'istruzione pretorile (art. 398, primo comma, cod. proc. pen.). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 99 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni � 
Landi (n. c.) c. Cardani (avv. Taddei Elmi e Peri); Presidente Consiglio 
dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Cavalli). 

Matrimonio -Divorzio -Attribuzione al coniuge divorziato di una quota 

della pensione di riversibiJit� spettante al nuovo coniuge -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. � 

(cost., art. 42; I. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 42 della Costitu:t.ione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 9 della l. Jo dicembre 1970, n. 898 
che autorizza il giudice a provvedere in merito all'an ed al quantum della 
attribuzione all'ex coniuge di una quota della pensione di riversibilit� che 
spetta al coniuge superstite (1). 

(Omissis).~ 2. -La questione non � fondata. 

Come risulta dall'elaborazione interpretativa, giurisprudenziale e dot


trinale, della disposizione in esame, l'attribuzione di quota di pensione va 

interpretata ed intesa nel quadro del sistema ed in correlazione con esso. 

Particofarmente, va tenuta in evidenza la disposizione di cui al precedente 

art. 5, richiamato nello stesso art. 9, sulla somministrazione, in s�de di 

pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, 

di un assegno da corrispondere, periodicamente, dall'un coniuge a favore 

(1) Sulla interpretazione dell'art. 9 legge n. 898 del 1970 cfr. BARBIERA: Disciplina 
dei casi cDi scioglimento del matrimonio, in Comm. cod. civ. Scialoja e 
� Branca, BolQgna 1971, pag. 169. 

4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'altro: corresponsione tutelabile mediante idonee garanzie reali o personali 
(art. 8). Dopo di che, la morte dell'obbligato e le vicende successorie 
possono avere incidenza, a danno della beneficiaria, sulle provvidenze a lui, 
a suo tempo, accordate e sulle connesse garanzie, compromettendo aspettative 
e, talvolta, le stesse esigenze di. vita, proprio nel momento in cui dette 
provvidenze vengono meno: � in questo momento che la disposizione in esame 
trova la sua derivazione e la sua ragion d'essere. D'altra parte, l'intervento 
motivato del tribunale, in camera di consiglio, acquisite informazioni 
ed udite le parti, � introdotto, appunto, per verificare la situazione reale, 
e ampiamente regolata in senso positivo o negativo, ovvero moderarla. Ci� 
secondo criteri valutativi, suggeriti volta per volta dalla variet� dei casi 
concreti, in corrispondenza ai criteri dettati per l'assegno periodico dal ri� 
chiamato art. 5 in relazione, sia alla capacit� economica dell'obbligato, sia 
alle modalit�, tra cui le modalit� di durata, che hano accompagnato la 

pregressa � conduzione familiare �. 

3.. Cos� delineato il contenuto della normativa in esame, in relazione 
alla sua finalit�, ne va considerata la corrispondenza o meno al disposto 
costituzionale, addotto come termine di riferimento. 

La Corte ritiene non congruo il richiamo all'art. 42. 

Nel caso, la censura � rivolta contro disposizione che riguarda le vi� 
cende di una obbligazione pecuniaria, quale si configura lato sensu il rapporto 
pensionistico e non gi� il regime della propriet� o degli altri diritti 
reali, cui, invece, la tutela dell'art. 42 � diretta. 

La disposizione consiste e si risolve nella individuazione del destinatario 
di parte di un pagamento di somma (che sarebbe ad altri integralmente 
dovuta), in base a statuizione giudiziale ed alle condizioni che si sono enunciate 
al numero precedente. 

La disposizione, che trova il suo supporto nell'art. 1188 del codice civile 
non contiene punti di contrasto con l'art. 42 della Costituzione dettato, in 
ambito diverso, per altri fini. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 100 � Pres. Rossi� Rel. Rossano 
-Esattoria di Sarzana e lnps (avv. Traverso). 

Esecuzione fiscale -Surrogatoria dell'esattore al creditore procedente .� 

Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(cost., art. 3, prh�io comma; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645�. art. 205). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 205 d.P.R. 29 gennaio 
1958, n. 645 il quale, nel disciplinare il diritto di surroga dell'._esattore, 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 493 

non incide affatto sull'ordine dei privilegi che deve essere accertato dal 
giudice a termini di legge (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

�La legge 29 luglio 1975, n. 426, entrata in vigore nel corso di questo giudizio, 
stabilisce che le sue disposizioni si applicano �anche per i crediti 
sorti anteriormente alla sua entrata in vigore ,e se il privilegio � stato fatto 
valere anteriormente�, 

Essa,-che ha modificato l'ordine dei privilegi stabiliti dal codice civile, 
con l'art. 12 ha sostituito l'art. 2778 cod. civ., affermando, nella nuova for: 
mula, la stessa salvezza concernente i privilegi indicati nell'art. 2777 stesso 
codice e, quindi, anche quelli relativi ai crediti di istituti, enti e fondi speciali 
nella formula stessa indicati al n. 1 e gi� previsti dall'art. 66 della legge 
30 aprile 1969, n. 153, n�nch� quelli indicati nell'art. 2753 codice civile. 

Da tali disposizioni emerge che l'ordine di prelazione stabilito nel 

n. 1 dell'art. 2778 per contributi dovuti ad enti che gestiscono forme di assicurazione 
abbligatoria, ivi indicate, non ha alterato la posizione, ad essi 
potiore, dei crediti. dichiarati da leggi speciali genericamente preferiti ad 
ogni altro credito nei limiti stabiliti dall'art. 2777, come gi� ebbe ad affermare 
la Corte di cassazione con riguardo all'art. 66 della legge 30 aprile 1969, 
n. 153, ora abrogato dall'art. 16 della legge 29 luglio 1975, n. 426. 
Alla stregua di tale disciplina -anteriore ed attuale -va considerato 
che il diritto di surroga dell'esattore a termini dell'art. 205 t.u. citato, in 
quanto volto alla sollecita riscossione dei tributi e non collegato al grado 
del privilegio, non incide affatto sull'ordine dei privilegi che deve essere 
accertato dal giudice, a termini di legge, nei casi concreti. 

D'altra parte, non va trascurato che neppure nei casi in cui il credito 
privilegiato per tributi sia di grado posteriore a quello previsto nel n. 1 
dell'art. 2778 cod. civ. � ammessa una indagine preliminare circa la prevedibile 
possibilit� di soddisfacimento in concreto del credito tributario. Come 
questa Corte ebbe a rilevare con sentenza 4 giugno 1970, n. 95, l'art. 3 della 
Costituzione � applicabile quando vi sia omogeneit� di situazioni da regolare 
legislativamente in modo unitario e coerente, non quando si tratti di 
situazioni che, pur derivanti da basi comuni, differiscano tra loro per aspetti 
distintivi particolari: come nel caso in esame, caratte.rizzato dalla finalit� 
di natura pubblicistica di agevolare la sollecita riscossione di tributi erarali. 
-(Omissis). 

(1) Su altrt aspetti di costituzionalit� della stessa norma dell'art. 205 del 
t.u. n. 645 del 1958 cfr. Corte cost. f6 giugno 1970, n. 95, in questa Rassegna 1970, 
1, 535. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA_ DELLO STATO

494 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 101 � Pres. Rossi � Rel. Reale 

� Provincia di Bolzano (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Angelini Rota). 
Trentino-Alto Adige � Ordinamento scolastico nella provincia di Bolzano � 
Scuole materne, elementari e secondarie nelle localit� ladine � Ille� 
gittimit� costituzionale � Esclusione. 

(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, art. 19; d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 116, art. 7). 
Non � fondata, con riferimento agli articoli 19, 2, 4 e 98 dello Statuto 

speciale per il Trentino-Alto Adige, la questione di legittimit� costituzionale 
d�ll'art. 7 d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 116 il quale, disciplinando in modo particolare 
le scuole delle localit� ladine, non si discosta dal sistema adottato 
in materia dallo Statuto del quale costituisce attuazione. 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 102 � Pres. Rossi � Rel. De 
Marco � Buldini ed altri (avv. Bussi e Ventura) c. Snia Viscosa (avv. 
Giorgianni e Prosperetti). 

Lavoro � Riposo settimanale � Possibilit� di sostituzione al riposo giornaliero 
� Insussistenza. 
(cost., art. 36; I. 22 febbraio 1934, n. 370, art. 3, terzo comma). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 36, terzo comma, della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, terza comma, della 
legge 22 febbraio 1934, n. 370 secondo il quale il riposo settimanale pu� anche 
essere usufruito in giorno non festivo e con decorrenze diverse da quella 
da una mezzanotte all'altra, ma a condizione che sia nel contempo mantenuta 
integra1a durata del riposo giornaliero sia nel giorno che precede 
che in quello che segue le 24 ore di riposo settimanale (1). � 

(Omissis). -1. � L'art. 3 della legge 22 febbraio 1934, n. 370 (�Riposo 

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1 

domenicale e ~ettimanale �) nel disciplinare le modalit� di attuazione del j 
diritto al riposo settimanale di 24 ore consecutive riconosciuto al personale ' � 

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dipendente, tra l'altro, anche dall'art. 1 della legge stessa, dispone: 
a) il riposo di 24 ore consecutive deve essere, di regola, dato la domenica; 
b) tale riposo, cada di domenica o in altro giorno della settimana, I 
sempre di regola, deve decorrere da una mezzanotte all'altra, ma pu� anche 

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(1) In argomento Pucc1: Le lavorazioni a ciclo continuo ed i riposi setti,:' 


manali, a commento della ordinanza di rimessione, in Mass. giur. lav., 1974, 22. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE . 

decorrere da ora diversa stabilita con i contratti collettivi, o, in mancanza, 
dall'Ispettorato del lavoro; 
e) per i lavori a squadra il riposo decorre dall'ora di sostituzione di 
ciascuna squadra. 

Come si � riferito in narrativa, la Corte d'appello di Roma, con l'ordinanza 
di rinvio, pronunciata nel corso di un giudizio nel quale alcuni dipendenti 
della societ� Snia Viscosa, addetti ad un lavoro a squadre con turni alternati 
di otto ore, decorrenti dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6, 
lamentavano che nell'alternarsi di tali turni non avevano potuto godere del 
riposo settimanale di 24 ore consecutive non incidenti sulle ore di riposo 
normale giornaliero, ad essi spettante, chiedevano il pagamento della retri� 
buzione corrispondente all'asserito omesso godimento del riposo settimanale, 
ha denunziato a questa Corte il terzo comma dell'art. 3 della legge 

n. 370 del 1934, in quanto la decorrenza del riposo settimanale dall'ora di 
sostituzione di ciascuna squadra, dato l'intrecciarsi dei vari turni di lavoro, 
cos� come nella specie sono stati determinati, importerebbe, necessaria� 
mente, l'assorbimento nelle ore di riposo settimanale di alcune ore di 
riposo giornaliero, con violazione dell'art. 36, terzo comma, della Costi� 
tuzione. 
2. � Dall'insieme delle norme che disciplinano l'orario del lavoro giornaliera, 
il riposo settimanale e le ferie annuali retribuite, risulta in modo 
evidente che al lavoratore dipendente debbono essere assicurate tre forme 
inderogabili ed infungibili di riposo: giornaliero, settimanale, annuale. 
In particolare con l'orario di lavoro di otto ore gi�rnaliere, quale era 
quello vigente quando si � svolto il rapporto che ha dato luogo alla contro� 
versia nel corso della quale � stata adottata l'ordinanza di rinvio, i lavora� 
tori avevano diritto a .16 ore di riposo giornaliero (24 -8) e 24 consecutive 
di riposo settimanale. 

Nessuna delle disposizioni contenute nel riportato art. 3 della legge 

n. 370 del 1934 pu� condurre a ritenere che le ore libere giornaliere possano 
essere ridotte, salvo l'ipotesi, che nella specie non ricorre, di lavoro straor� 
dinario, che, peraltro, non pu� elevare a pi� di 10 ore la durata del lavoro 
giornaliero. 
Ne consegue che, anche in conformit� con le convenzioni internazionali 
recepite nel nostro ordinamento (r.d. 20 marzo 1924, n. 580; d.P.R. 
23 ottobre 1961, n. 1660) il riposo settimanale pu� anche essere usufruito in 
giorno non festivo e con decorrenza diversa da quella � da una mezzanotte 
all'altra� preveduta nel secondo comma dell'art. 8 della legge n. 370 del 1934, 
ma a condizione che sia, nel contempo, mantenuta integra la durata del ri� 
poso giornaliero (al quale quello settimanale si aggiunge e non si sostituisce) 
sia nel giorno che precede sia in quello che segue le 24 ore di riposo 
settimanale. 

., 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

496 

Da questi princ�pi non si discosta la norma impugnata, che, anzi, per 
la deroga alla decorrenza da � tina mezzanotte all'altra � rimanda alla contrattazione 
collettiva o, in mancanza, all'Ispettorato del lavoro la determinazione 
-richiesta dalla natura dell'esercizio -della eventuale diversa 
decorrenza. 

Se, pertanto, come si assume sia avvenuto nel caso in esame, il mecca


p 

nismo dell'avvicendamento dei turni del lavoro a squadre sia congegnato 
in modo tale da non consentire le 24 ore consecutive di riposo settimanale, 
sia pure ripartite in due giorni solari immediatamente successivi, senza 
incidere in misura pi� o meno elevata sul riposo giornaliero -ancorch� 
tale meccanismo sia stato adottato non ad arbitrio della societ� Snia Viscosa, 
ma da un contratto collettivo -non pu� desumersene la illegittimit� 
costituzionale del terzo comma dell'articolo 3 della legge n. 370 del 1934 
per violazione dell'art. 36, comma terzo, della Costituzione, bens� deve desumersene 
errata applicazione o addirittura disapplicazione della norma 
impugnata in questa sede, che rientra nella competenza del giudice di merito 
accertare e valutare. -(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 26 febbraio 1976, 
nelle eause 88/75, 89/75 e 90175 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Reischl -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale .proposta dal Tribunale amministrativo 
regionale del Lazio nelle cause Soc. S.A.D.A.M. ed altre (avv. Sorrentino, 
M.S. Giannini e de Andr�) c. Comitato interministeriale dei 
prezzi, Ministero dell'industria, commercio e artigianato e Presidenza 
del Consiglio dei ministri ~ Interv.: Consiglio delle Comunit� europee 
(sig.na Giorgi), Commissione delle Comunit� europee (avv. Maestripieri), 
Governo inglese (avv. Slynn), e Governo italiano (avv. Stato 
Braguglia). 

Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati . 
Zucchero � Normativa nazionale sui prezzi � Incompatibilit� con la 
normativa comunitaria. 
(Trattato CEE, art. 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 18 dicembre 1967, n. 1009, 

artt. 2, n. 1, 3, nn. 1 e 2, 4, nn. 1 e 2, S, n. 1, 9,. n. 1 e 10; provvedimenti CIP 20 febbraio 
1974, n. 9, 28 giugno 1974, n. 28, e 13 agosto 1974, n. 39). 

Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati . 
Zucchero � Prezzi massimi sui prodotti importati -Quando costitui� 
scono misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative. 
(Trattato CEE, artt. 30 e 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 18 dicembre 1967, 

n. 1009, art. 35). 
Comunit� europee � Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati � 
Zucchero -Normativa nazionale sui prezzi incompatibile con l'art. 30 
del trattato CEE � Applicabilit� dell'art. 103 del trattato CEE � Esclu


sione � Necessit� di protezione da manovre speculative � Deducibilit� � 
Esclusione. 
(Trattato CEE, artt. 30, 40, n. 2, lett. e, e 103; regolamento del Consiglio 18 dicem


bre 1967, n. 1009, artt. 21, nn. 1 e 2, 39 e 41). 


�Indipendentemente dalla fase commerciale considerata, la fissazione 
unilaterale, da parte di uno Stato membro, di prezzi massimi per la vendita 
di zucchero � incompatibile col regolamento del Consiglio 18 dicembre 1967, 

n. 1009, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello 
zucchero, qualora .metta in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento di 
tale organizzazione, ed in ispecie del suo regime di prezzi (1). 
(1-3) La decisione in rassegna, massimata nei termini risultanti dal dispositivo, 
ed analoga a quella resa in pari data nella causa 67/75, TASCA, costituisce ulteriore 
espressione dell'orientamento adottato dalla Corte di giustizia con la sen




498 498 RASSEGNA Dm'AVVOCATURA DELLO STATO 

Un prezzo massimo, almeno in quanto si applichi ad un prodotto importato 
costituisce una misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, 
speCialmente qualora sia fissato ad un livello talmente basso che 
-tenuio conto della situazione generale dei prodotti importati rispetto 
a quella dei prodotti nazionali -gli operatori i quali intendano importare 
il prodotto di cui trattasi nello Stato membro considerato possano farlo 
soltanto in perdita (2). 

Qualora un prezza massimo, fissato unilateralmente f}.a uno Stato membro, 
risulti incompatibile con l'art. 30 del trattato CEE e con le norme 
comunitarie in materia d'agricoltura, lo Stato membro interessato non. pu� 
invocare, a giustificazione di detto prezzo, n� l'art. 103 del Trattato, n� la 
necessit� di proteggere l'economia da manovre speculative, n� infine mutamenti 
sopravvenuti nella situazione economica del settore dello zucchero (3). 

(Omissis). -In diritto. Con ordinanze del 16 giugno 1975, pervenute 
in cancelleria 1'8 agosto 1975, il Tribunale Amministrativo Regionale del 

tenza 23 gennaio 1975, resa nella causa 31/74, GALLI (Racc., 47, e in questa 
Rassegna, 1975, I, 312, con nota di commento); e si rinvia quindi a quanto gi� 
osservato a proposito di tale precedente. 

Anche nella sentenza in rassegna,� in particolare, viene affermata l'autosufficienza 
della normativa cclmunitaria, e la sua idoneit� a consentire � ad ogni 
Stato membro di adottare, in collegamento con le istituzioni comunitarie e nel 
pi� breve termine, le iniziative necessarie per il caso in cui il gioco normale dei 
sistemi di prezzi istituiti dal regolamento non consenta di far fronte a tendenze 
non auspicabili che si siano manifestate nell'andamento dei prezzi nello Stato 
stesso �; ed a tale proposito rimangono valide le contrarie argomentazioni gi� 
segnalate nella nota di commento della analoga sentenza 22 gennaio 1976, resa 
nella causa 60/75, Russo (r~t�-o, I, 36, con nota di commento), anche per 
quanto concerne la facolt� di sindacato che dovrebbe essere riconosciuta ai singoli, 
in coerenza con il criterio adottato dalla Corte di .giustizia, anche rispetto 
all'attivit� delle Istituzioni comunitarie. 

Dall'implicito riconoscimento che norme nazionali sui prezzi possono risultare 
non incompatibili con la normativa comunitaria appare confermato, comunque, 
che una competenza degli Stati membri in argomento non pu� essere 
esclusa a priori, si che ogni discussione al riguardo viene in definitiva a risolversi 
nella verifica delle modalit� del potere di intervento statale, e non nella 
declaratoria del difetto di potere. 

Ad ulteriore commento della decisione appare utile trascrivere qui di seguito 

le osservazioni presentate per il Governo italiano. 

(A.M.) 

Ancora in �tema di .normativa nazionale sui prezzi dei prodotti agricoli. 

(Omissis). -1. Per meglio illustrare i presupposti della domanda di pronuncia 
pregiudiziale rivolta dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio 
sar� forse opportuno ricordare che, in Italia, il decreto legislativo 19 ottobre 
1944, n. 347 (G.U.R.I. 5 dicembre 1944, n. 90, serie speciale) istitu� il Comitato 
interministeriale dei �prezzi � �.� per il coordinamento e la disciplina dei prezzi "� 


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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 499 

Lazio ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, tre 
questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 30 del Trattato 
CEE, nonch� del regolamento CEE del Consiglio 18 dicembre 1967, n. 1009, 
relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero 

(G. U. n. L 380, pag. 1). 
Le questioni sono state sollevate nell'ambito di giudizi d'annullamento 
promossi dalle attrici nelle cause principali contro alcuni provvedimenti 
adottati dal C.I.P. nel 1974 e da esse rit�nuti incompatibili col diritto comunitario. 


Si tratta dei provvedimenti nn. 9/1974, 28/1974 e 39/1974 (Gazzetta Ufficiale 
n. 52 del 23 febbraio 1974, n. 171 del 2 luglio 1974 e n. 214 del 16 agosto 
1974), dei quali i primi due avevano nell'ordine stabilito prezzi massimi 
al consumo sia per lo zucchero nazionale, sia per lo zucchero di importa-

A norma dell'art. 1 del decreto legislativo 23 aprile 1946, n. 363 (G.U.R.I. 29 maggio 
1946, n. 124), il Comitato � presieduto dal Presjdente del Consiglio dei Ministri 
e compos.to di vari Ministri ed esperti. 

La funzione principale del C.I.P. � indicata nell'art. 4, primo comma, del 
gi� citato dl. n. 347/44: � II Comitato interministeriale, intesi, se del caso, gli 
altri Ministri competenti, pu� .determinare i prezzi di qualsiasi merce, in ogni 
fase di scambio, anche all'importazione ed all'esportazione, nonch� i prezzi dei 
�servizi e delle prestazioni, e mo�lificare, se del caso, quelli fissati dalle competenti 
autorit� alla data di entrata in vigore del pr�sente decreto�. 

Nell'esercitare tale funzione e, in generale, per assolvere ai compiti demandatigli, 
il Comitato si avvale di una Commissione centrale dei prezzi (la cui 
composizione risulta dall'art. 2 del citato d.l. n. 363/46). In caso di urgenza, 
nelle materie di competenza del Comitato delibera una Giunta costituita in seno 
allo stesso e composta secondo quanto prevede l'art. 3 del d.l. lS sett�mbre 
1947, n. 896 (G.U.R.I. 22 settembre 1947, n. 217). 

2. Avvalendosi dei poteri attribuitigli dall'art. 4, primo comma, del d.l. 
n. 347/44, sopra ricordato, il C.I.P., con un primo provvedimento n. 9 in data 
20 febbraio 1974 (G.U.R.I. 23 febbraio 1974, n. S2) determin�, tra l'altro, i prezzi 
massimi dello zucchero di produzione nazionale o di provenienza estera per le 
vendite al consumo, fissando il prezzo massimo di lire 2SS al kg. per lo zucchero 
raffinato semolato in sacco carta da SO kg., tara per merce, ed in lire 
27S kg. il prezzo massimo per Io zucchero �raffinato in astucci o pacchi da 1 kg. 
e da 1/2 kg. e da 2 kg., tara per merce. Fu altres� stabilito che i suddetti prezzi 
fossero validi per i centri in cui esistono depositi di grossisti; per gli altri centri 
fu consentita una maggiorazione di lire S al kg. sui prezzi di cui sopra. 
Con successivo provvedimento n. 28 del 28 giugno 1974 (G.U.R.I. 2 luglio 1974, 

n. 171), la Giunta del C.I.P. -in via d'urgenza ai sensi dell'art. 3 d.l. n. 896/47 
gi� citato .....,, all'approssimarsi dell'inizio della campagna saccarifera l974/7S, 
determin� � ��� a decorrere dal 10 luglio 1974 ed in relazione agli aumenti stabiliti 
con disposizioni comflnitarie ed alla situazione di mercato... � nuovi prezzi massimi 
per le vendite al consumo dello zucchero di produzione nazionale o di 
provenienza estera. Per lo zucchero raffinato semolato in sacco carta da SO kg., 
tara per merce, fu stabilito il prezzo massimo al consumo di lire 3SS kg.; per lo 
zucchero raffinato in astucci o pacchi da 1 kg e da 1/2 kg. e da 2 kg., tara per 
merce, fu fissato il prezzo massimo di lire 37S kg. Anche tali prezzi furono 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

500 

zione, mentre il terzo aveva precisato gli elementi di cui erano composti i 
prezzi massimi fissati dal provvedimento n. 28/1974, menzionando, fra gli � 
altri, il �prezzo massimo franco fabbrica>>, il �prezzo massimo a destino 
franco deposito grossista � e il � compenso massimo nella distribuzione 
all'ingrosso ed al minuto "� 

. Considerata la loro connessione, appare opportuno riunire i presenti 
procedimenti ai fini della sentenza. 

Nel procedimento dinanzi a questa Corte � apparsa controversa la 
questione del se detti provvedimenti, nel loro complesso, .abbiano fissato 
dei prezzi massimi obbligatori s�lo per le vendite nelle quali acquirente 
diretto � il consumatore finale, OVl('ero altres� per le vendite effettuate 
nelle fasi .anteriori del commercio, ed in particolare per quelle effettuate 
dai produttori di zucchero. 

dichiarati validi per i centri in cui esistono depositi di grossisti, mentre fu confer� 
mata la maggiorazione di Hre 5 kg. per gli altri centri. 

Con lo st~sso provvedimento n. 28/74, la Giunta del C.I.P. conferm� inoltre 
il compenso massimo per il confezionamento dello zucchero in astucci o pacchi; 
conferm� pure la maggiorazione per il prodotto consegnato in cartoni o fardelli 
ed in .determinate confezioni; fiss� infine i compensi massimi complessivi per 
la distribuzione dello zucchero, all'ingresso ed al dettaglio. 

A quest'ultimo proposito, con il provvedimento n. 39/74 in data 13 agosto 
1974 (G.U.R.I. 16 agosto 1974, n. 214), la med�sima Giunta del C.I.P. deliber� la 
composizione del prezzo massimo dello zucchero raffinato semolato in sacco carta 
da 50 kg., nonch� quella del prezzo massimo dello zucchero raffinato in astucci 

o pacchi da 1 kg., da 1/2 kg. e da 2 kg. 
3.. Avverso i suindicati provvedimenti di fissazione del prezzo massimo al 

consumo dello zucchero, varie imprese produttrici proposero ricorso avanti il 

Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio deducendo, tra l'altro, l'illegitti� 

mit� dei provvedimenti medesimi a causa della incompatibilit� della disciplina 

nazionale del prezzo dello zucchero con il Trattato C;E.E. e, in particolare, con 

i regolamenti relativi all'organizzazione comune del settore. 

Ritenuta pregiudiziale tale questione ai fini del decidere, il suddetto Tribu� 

nale ha sottoposto alla Corte, � ... in relazione agli articoli 3 lett. d), 5, secondo 

comma, 34 e 35 in relazione all'art. 38, secondo comma, 39 lett. c), d) ed e), 

40, n. 3 del Trattato, i seguenti tre quesiti: 

<<a) sulla competenza in via� esclusiva o meno della Comunit� Economica 

Europea ad esercitare la potest� normativa per la disciplina dei prezzi dello 

zucchero e sull'intervenuto esercizio di siffatta potest� attraverso il regolamento 

CEE 1009/67 e successive integrazioni; 

b) sulla legittimit� di interventi unilaterali di uno Stato membro nel set� 

tore in questione e del tipo di quello in esame, sostanzialmente determinativo del 

prezzo massimo di vendita al consumo sul solo territorio nazionale, in funzione 

di una politica di congiuntura e dell'art. 103 del trattato; 

c) sulla compatibilit� del regime delle cessioni del prodotto a prezzo mas� 

simo imposto limitato al territorio nazionale, determinato anche nelle sue com


ponenti, con il principio di cui all'art. 30 del Trattato della libera circolazione 

delle merci all'interno del mercato comune ed il divieto di isolare i mercati 

nazionali, frapponendo ostacoli alla realizzazione di detto mercato comune, 

lI 

�--. I 

. . I 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 501 

Poich� la decisione in merito a questo punto esula dalla competenza di 
questa Corte, e tenuto conto del fatto che le questioni formulate dal giudice 
nazionale non fanno distinzioni a seconda delle varie fasi commerciali, le 
questioni stesse vanno intese nel senso ch'esse si riferiscono, genericamente, 
alla fissazione di prezzi massimi per le vendite di zucchero, indipendent& 
mente dalla circostanza che tali vendite vengano effettuate da produttori, 
importatori, grossisti o dettaglianti. 

Sulle prime due questioni 

Con la prima e la seconda questione, la Corte � invitata a pronunziarsi, 
in primo luogo, � sulla competenza in via esclusiva o meno della Comunit� 
Economica Europea ad esercitare la potest� normativa per la disciplina dei 
prezzi dello zucchero e sull'intervenuto esercizio di siffatta potest� (in particolare) 
attraverso il regolamento n. 1009/67 � e, in secondo luogo, �sulla 
legittimit� di.interventi unilaterali di uno Stato membro nel settore in que� 

allorch� esso venga eccezionalmente giustificato con l'esigenza di cautelare l'economia 
da fenomeni speculativi e garantire il necessario consumo in rapporto al 
sovvertimento dei presupposti della disciplina comunitaria determinato dalla 
duplice circostanza deila deficitariet� della produzione comunitaria e del raddoppio 
del prezzo mondiale del prodotto �. 

4. La questione di fondo che il giudice a quo solleva con i primi due quesiti 
�, nella sostanza, identica a quella sollevata dal Pretore di Padova nella causa 
Tasca, 65/75. Ed infatti, a parte l'accenno alla. politica congiunturale ed all'art. 
103 del Trattato, anche il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio 
inte;nde conoscere se Il} disciplina comunitaria relativa al regime dei prezzi dello 
zucchero sia com1)leta ed esclusiva, ovvero se residui la competenza degli Stati 
membri per quanto attiene alla fissazione di prezzi massimi per le vendite al 
consumo. 
Su tale questione di fondo il Governo italiano non pu� che ribadire le osser


vazioni gi� presentate per la causa Tasca, considerando anzitutto, anche in que


sto caso, i principali enunciati della sentenza resa dalla Corte nella causa Galli, 

31/74 (Raccolta, �1975, 47). 

In detta sentenza, che aveva riguardo alle organizzazioni comuni di mercato 

dei settori dei cereali e dei grassi, la Corte, per quanto qui propriamente inte� 

ressa, ha stabilito: 

a) che � .�� nei settori regolati da un'organizzazione comune di mercato 


e a pi� forte ragione quando l'organizzazione poggia su un regime comune dei 

prezzi -gli Stati membri non possono pi� intervenire con atti unilaterali nel 

sistema della formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione comune ,. 

(parag. 29); 

b) che � ��. il regime na2:ionale che, bloccando i prezzi ed esigendo per la 
variazione dei medesimi un'autorizzazione amministrativa, alteri il processo di 
formazione dei prezzi previsto dall'o11ganizzazione comune di mercato � incom� 
patibile sia coi regolamenti gi� citati, sia con la norma generale posta dall'arti� 
colo 5, secondo comma, del Trattato, secondo cui gli Stati membri devono aste




502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
stione e del tipo di quello in esame � che sarebbe stato effettuato � in funzione 
d'una politica di congiuntura e dell'art. 103 del Trattato�. 

Il regolamento n. 1009/67, adottato nell'ambito della politica agricola 
comune, ha lo scopo di creare un'organizzazione comune di mercato ai sensi 
dell'art. 40 del Trattato CEE. Tale organizzazione, come viene ripetutamente 
sottolineato nel preambolo del regolamento stesso, � intesa a realizzare, 
nel settore dello zucchero, un � mercato unico � comunitario, sottoposto 
ad una gestione comune e ad un unico regime di prezzi. 

La Corte ha gi� avuto occasione di affermare (sentenza 23 gennaio 1975, 
Galli, causa 31/74; Racc. 1975, pag. 47), a proposit� di norme interne che 
stabilivano il blocco dei prezzi di altri prodotti nelle fasi della produzione e 
del commercio all'ingrosso, che � nei settori disciplinati da una organizzazione 
comune di mercato, specie quando tale organizzazione poggia su 
un regime comune dei prezzi, gli Stati membri non possono pi� intervenire 
unilateralmente con norme interne nel processo di formazione dei prezzi 

nersi da qualunque misura che rischi di compromettere la realizzazione degli 
scopi del Trattato� (parag. 30). 

Come si ricorder�, i quesiti sottoposti alla Corte nella causa Galli erano 
relativi al cosiddetto blocco dei prezzi introdotto in ltalia dal decreto legge 
24 luglio 1973, n. 425, sulla disciplina di beni prodotti e distribuiti da imprese di 
grandi dimensioni e che concerneva, dunque, i prezzi alla produzione e nella fase 
della commercializzazione all'ingrosso. 

In tale prospettiva, la Corte di preoccup� di esaminare quale estensione 
presentasse la disciplina comunitaria in materia di prezzi per i settori dei cereali 
e dei grassi; rilev� che, nella 'fase della produzione e della commercializzazione' ~ 
all'ingrosso, i suddetti settori erano soggetti ad una completa disciplina comunitaria 
dei prezzi e, conseguentemente, enunci� i princ�pi sopra richiamati. 

La prospettiva da cui si parte nella presente causa, e la questione di fondo 

sottoposta alla Corte, sono peraltro completamente diverse. 

Non si discute infatti sul potere di disciplinare i prezzi alla produzione ovvero 
nella fase di commercializzazione all'ingrosso, bens� sul potere degli Stati membri 
di disciplinare i prezzi nelle successive fasi� del commercio al minuto e del 
consumo. 


Questione che, a ben guardare, avrebbe dovuto restare estranea all'indagine 

svolta dalla Corte nella sentenza Galli; nella logica della quale sentenza la in


compatibilit� dei regin;ii nazionali di prezzi deriva dalla gi� avvenuta regolamen


tazione dei prezzi medesimi da parte della disciplina comunitaria. 

Sicch�, anche soltanto in conseguenza di tale logica, i princ�pi enunciati dalla 

Corte in quella occasione mai si sarebbero potuti estendere, n� per identit� n� 

per analogia di situazioni, al ben differente caso in cui non vi sia alcuna disci


plina comunitaria: al caso cio� della fissazione dei prezzi al consumo ed al com


m�rcio minuto. 

Malgrado ci�; malgrado cio� questa chiara identificazione dei confini entro 

i quali era destinata ad operare la sentenza Galli, spinta ad una pi� che ragio


nevole preoccupazione la Corte ha avvertito l'esigenza di precisare, nel paragra


fo 34, � ... che il regime dei prezzi instaurato dai regolamenti 120/67 e 136/66 si 

applica esclusivamente nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso. � 

Gli Stati membri rimangano perci� liberi -senza pregiudizio d'altre norme del 



503

PARTE I, SEZ. II, GHJ~IS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

determinato dall'organizzazione comune�, di guisa che Ǐ incompatibile� 
col diritto comunitario � il regime nazionale che, bloccando i prezzi .., alteri 
il processo di formazione (dei medesimi) previsto dalle organizzazioni 
comuni dei mercati considerati �. 

Nella stessa sentenza viene precisato che il regime dei prezzi instaurato 
da un regolamento agricolo comunitario si applica esclusivamente nelle fa. 
si della produzione e del commercio all'ingrosso: �Gli Stati membri rimangono 
perci� liberi -senza pregiudizio . d'altre norme del Trattato di 
emanare i provvedimenti che ritengono neces.sari in materia di formazione 
dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, purch� 
non mettano in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento dell'organizzazione 
comune di mercato �. 

Trattato -di emanare i provvedimenti che ritengono necessari in materia di 
formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, purch� 
non mettano in pericolo gli obiettivi od il funzionamento dell'organizzazione comunale 
di mercato �. 

Con il che, sotto il profilo della competenza -del permanere cio� del potere 
d~li Stati membri di intervenire unilateralmente sui prezzi al minut� od al 
consumo -oglli discorso dovrebbe ritenersi chiuso. 

5. Occorre tuttavia verificare -seguendo ancora la logica della sentenza 
Galli -se nel settore dello zucchero la disciplina comunitaria dei prezzi si limiti 
(come per i cereali) alle fasi della produzione e della commercializzazione all'in� 
grosso, ovvero si estenda anche alla fase del commercio al minuto o del 
consumo. 
Sotto questo profilo � semplice osservare che �1a organizzazione comune del 
settore dello zucchero non di discosta gran che da quella dei cereali, n� nei presupposti 
n� nelle finalit�. 

Ahche per il settore dello zucchero viene fissato, ogni anno, un prezzo indi-cativo 
dello zucchero bianco, per la zona eccedentaria, con funzione di parametro 
attorno al quale sarebbe auspicabile che avvenissero le contrattazioni sul mercato 
intracomunitario (art. 2 regol. 1009/67). Viene altres� fissato un prezzo d'intervento 
per la zona eccedentaria e per lo zucchero bianco (art. 3 parag. 1) -per 
le altre zone vengono fissati prezzi d'intervento derivati: art. 3 parag. 2 -, cio� 
il prezzo al quale gli organismi di intervento statuali sono obbligati ad acquistare 
il prodotto da parte dei produttori (art. 7 regol. 1009/67). Esso rappresenta 
chiaramente una garanzia per i .Produttori, nel senso che, ove il prezzo di mercato 
all'ingrosso dovesse scendere, la possibilit� di vendita al prezzo d'intervento 
permane. Rappresenta altres�, proprio in virt� di tale funzione di garan� 
zia, un elemento stabilizzatore del mercato. 

Data poi l� particolarit� del settore dello. zucchero � stato necessario fis� 

sare un prezzo minimo delle barbabietole, tenendo conto del prezzo d'intervento 

dello zucchero bianco valido nella zona in questione, nonch� di determin�ti valori 

forfettari (art. 4 regol. 1009/67). 

Nell'ambito del r~ime degli scambi con i Paesi terzi viene fissato infine, 

ogni anno, per lo zucchero bianco, lo zucchero greggio e il melasso, un prezzo 

d'entrata valido per la Comunit� (art. 12 regol. 1009/67). 

Come risulta da tali brevi accenni, il regime dei prezzi comunitari all'interno 
dell'organizzazione del mercato dello zucchero non � dissimile da quello relativo 



504 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questi principi, a suo tempo elaborati con riguardo ai regolamenti 
nn. 120/67 e 136/66, relativi all'organizzazione comune dei mercati nel settore 
dei cereali e, rispettivamente, in quello dei grassi, sono altrettanto 
validi -data l'analogia fra i regimi di prezzi rispettivamente istituiti, in 
particolare, dal regolamento n. 120/67 e dal regolamento n. 1009/67, relativo 
all'organizzazione comune dei mer�ati nel settore dello zucchero -anche 
per l'interpretazione di quest'ultimo regolamento. 

Sotto il profilo della compatibilit� col diritto comunitario dell'imposizione 
di determinati prezzi da parte delle autorit� nazionali, ad una rigida. 
distinzione fra prezzi massimi al consumo e prezzi massimi da applicare in 
precedenti fasi del commercio si oppone il fatto che, in primo luogo, una 
disciplina .dei prezzi nella fase della vendita al consumatore finale potrebbe 

ai cereali. Anche i prezzi comunitari dello zucchero non riguardano che le fasi 
della prodtizione e della commercializzazione all'ingrosso: ed anche detti prezzi 
rispondono alla prevalente finalit� di assicurare ai produttori � ��� il mantenimento 
delle garaniie necessarie per quanto concerne la loro occupazione e il 
loro tenore di vita� (2o considerando regol. 1009/67). 

Di conseguenza, relativamente alle suddette fasi della produzione e del commercio 
all'ingrosso (e soltanto ad esse) potranno applicarsi anche al settore dello 
zucchero i princ�pi enunciati dalla Corte a proposito dell'impossibilit� di intervento 
ulteriore da parte degli Stati membri e dell'incompatibilit� della disciplina 
nazionale che blocchi i prezzi. Del resto, nell'enunciare detti principi, la 
Corte ha avuto cura di precisare i limiti al di l� dei quali l'intervento degli Stati 
si rivela impossibile o i regimi nazionali di blocco risultano incompatibili. 

Coerentemente alla logica di tutta la decisione, nella sentenza Galli � stato 
infatti sottolineato che l'impossibilit� degli interventi unilaterali degli Stati membri 
concerne il � ...sistema di formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione 
comune �; cos� come l'incompatibilit� dei regimi nazionali di blocco si realizza 
soltanto se il regime medesimo � ... alteri il processo di formazione dei 
prezzi previsto dall'organizzazione comune &i mercato�. � 

Al di qua di detti limiti, pertanto, la competenza degli Stati membri � rimasta 
ferma. Essi -come la Corte ha espressamente affermato per i settori considerati 
nella causa Galli (ma l'affermazione vale anche per il settore dello zucchero, 
data la sostanziale identit� dei regimi prezzi) -rimangono liberi, senza pregiudizio 
di altre norme del Trattato, di emanare i provvedimenti che ritengono 
necessari in materia di formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto 
e del consumo. 

La questione di fondo posta dal .giudice nazionale -che ha riguardo esclusivamente 
alla ripartizione di competenze, in materia di prezzi dello zucchero, tra 
la Comunit� e gli Stati membri -pu� quindi essere risolta nel senso che la 
competenza degli Stati membri � rimasta ferma per quanto riguarda il potere di 
emanare provvedimenti in materia di formazione dei prezzi dello zucchero nelle 
fasi del commercio al minuto e del consumo. 

E tale risposta, una volta che il problema concerne la competenza degli Stati 
membri in materia di prezzi al consumo, non sembra tollerare restrizioni o limitazioni 
in forza di diverse norme del Trattato. 

Altro � infatti riconoscere che, pur dopo l'organizzazione comune del mercato 
dello zucchero, permane il potere degli Stati membri di intervenire unilate




PARTE I:, SBZ. II, GIURI$. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

505 

ripercuotersi sulla formazione dei prezzi nelle suddette. fasi precedenti e, 
inoltre, i prezzi contemplati dal regime comunitario nel settore dello zucchero 
non sono stabiliti per vendite determinate, ai commercianti, agli utilizzatori 
o ai consumatori. 

Va tuttavia rilevato che, in pratica, una disciplina nazionale in materia 
di prezzi agricoli, la quale si riferisce alle stesse fasi commerciali contemplate 
dal regime dei prezzi vigente nell'ambito dell'organizzazione comune 
di mercato avr� maggiori probabilit� di trovarsi in conflitto con 
questo regime che non una disciplina da applicare esclusivamente in altre 
fasi commerciali. 

Si deve perci� concludere che, indipendentemente dalla fase commerciale 
considerata, la fissazione unilaterale, da parte di uno Stato membro, 
di prezzi massimi per la vendita di zucchero � incompatibile col regolamento 
n. 1009/67, qualora metta in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento 
della suddetta organizzazione, ed in ispecie del suo regime di prezzi. 

Allo scopo di indicare al giudice nazionale in quali circostanze potrebbe 
manifestarsi_ tale incompatibilit�, � opportuno esaminare pi� da vicino detto 
regime di prezzi. 

Secondo l'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1009/67, �ogni anno viene fissato 
per la zona pi� eccedentaria della Comunit�� -costituita da taluni 

ralmente sul processo di formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto 
e del consumo, altro � verificare che l'esercizio concreto di tale potere (la cui 
sussistenza non � pi� in discussione), possa comportare la violazione di norme 

o princ�pi diversi. 
6. Quest'ultima precisazione -la distinzione, cio�, tra esistenza del pot�re 
ed uso eventualmente illegittimo di esso -consente di prevenire una possibili' 
obiezione. 
S� potrebbe infatti sostenere che, lasciando agli Stati membri il potere d'intervenire 
sui prezzi al minuto ed al consumo, essi Stati -nell'esercizio concreto di 
tale potere -potrebbero indirettamente influire sui prezzi che sono invece disciplinati 
dal regime comunitario. Il che accadrebbe, secondo un, esempio gi� fatto 
(cfr. conclusioni dell'Avvocato generale nella causa Galli, Racc. 1975, 70), ove uno 
Stato membro fissasse un prezzo massimo al consumo inferiore al prezzo d'intervento; 
e, pi� in generale, in tutti i casi in cui la fissazione del prezzo massimo 
al consumo od al minuto venisse ad incidere sui prezzi comunitari. 

E' fuori di dubbio che una tale attivit� statuale sarebbe da ritenere non lecita 

. dal punto di vista comunitario: se gli Stati membri non hanno pi� competenze 
in materia di prezzi alla produzione od all'ingrosso dei C!freali ovvero dello zucchero, 
� ovvio che gli stessi Stati membri non potrebbero incidere, neanche indirettamente, 
sui prezzi medesimi. 
Tuttavia, ove ci�� avvenga attraverso la fissazione di un prezzo massimo al 
consumo, non tornerebbe in discussione la competenza degli Stati membri di 
fissare i prezzi al consumo; si porrebbe soltanto il problema dell'uso, legittimo 
od illegittimo, di quella competenza. 

Ed invero, il primo problema -quello attinente al permanere del potere negli 
Stati membri -non potrebbe ricevere soluzione diversa a seconda che detto 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

506 

dipartimenti della Francia settentrionale -� un prezzo indicativo per lo 
zu�chero bianco ... franco fabbrica ... �. 

In forza dell'art: 3, nn. 1 e 2, dello stesso regolamento, per la stessa 
zona � ogni anno viene fissato un prezzo d'intervento per lo zucchero 
bianco�, mentre �per le altre zone vengono fissati dei prezzi d'intervento 
derivati tenendo conto delle differenze regionali di prezzo .dello zucchero ... �. 

A norma del successivo art. 9, n. 1, �gli organismi d'intervento designati 
dagli Stati m.embri... hanno l'obbligo di acquistare ... lo zucchero ... 
che (viene loro offerto)� e precisamente �al prezzo d'intervento valido 
per la zona in cui si trova lo zucchero all'atto della compravendita �, 
mentre l'art. 10 dispone che, in linea di principio, essi � possono vendere 
lo zucchero sul mercato interno soltanto a prezzi superiori al prezzo 
d'intervento '" 

In base al combinato disposto dell'art. 4, nn. 1 e 2, e dell'art. 5, n. 1, 
del regolamento in esame, � per ciascuna zona produttrlce di zucchero di 

potere venga esercitato in modo legittimo owero in modo illegittimo, da parte 
degli Stati membri medesimi. 

Di conseguenza, se il prezzo massimo stabilito d� uno Stato membro risulta 
di fatto violare il regime dei prezzi stabilito dalla Comunit�, la misura nazionale 
di determinazione del prezzo sar� giudicata illegittima, sia da parte dei giudici 
nazionali che provvederanno a disapplicarla, sia da parte della Commissione 
nell'esercizio della sua generale funzione di controllo. 

Tuttavia, anche ove fosse verificata nei singoli casi la suddetta illegittimit�. 
per le accennate ragioni, la competenza degli Stati membri a stabilire i prezzi 
al consumo non ne verrebbe intaccata. Il potere degli Stati membri resterebbe 
int~ro: il suo esercizio, nei singoli casi concreti, risulterebbe illegittimo. 

7. Un discorso sostanzialmente analogo pu� essere svolto in ordine al terzo 
quesito proposto dal giudice nazionale. 
Tale quesito si articola in due aspetti diversi: da un lato si chiede di conoscere 

se il regime nazionale che imponga un prezzo massimo per le cessioni clel prodotto, 

prezzo massimo limitato al territorio nazionale, contrasti con il principio di cui 

all'art. 30 del Trattato relativo alla libera circolazione delle merci ed al divieto 

di isolare i mercati nazionali.. Dall'altro, se un tale eventuale contrasto possa 

ritenersi eccezionalmente giustificato 'dall'esigenza di cautelare l'economia nazio


nale da fenomeni speculativi e garantire il necessario consumo � ��� in rapporto 

al sovvertimento dei presupposti della disciplina comunitaria�. 

In ordine al primo aspetto del quesito all'esame, il Governo italiano -ripren


dendo anche qui le osservazioni presentate per la causa Tasca 65/75 -ritiene 

che un regime nazionale che fissi i prezzi massimi al consumo dello zucchero, 

ovviamente con efficacia limitata al territorio nazionale, non sia, in s�; contrario 

all'art. 30 del Trattato od alle norme del diritto derivato in materia di libera 

circolazione delle merci (nel caso, art. 35 del regol. 1009/67). 

Ove infatti, come accade per i prezzi fissati 'con i provvedimenti impugnati 
�avanti il giudice a quo, il regime dei prezzi al consumo riguardi indifferente


�~ 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

507 

barbabietola ..., viene fissato ogni anno ... un prezzo minimo delle barbabietole 
... stabilito tenendo conto del prezzo d'intervento dello zucchero 
bianco valido nella zona in questione �, ed i produttori di zucchero � hanno 
l'obbligo, al momento dell'acquisto delle barbabietole destinate alla trasformazione 
in zucchero, di pagare almeno il (suddetto) prezzo minimo�. 

Nel periodo da prendere in considerazione nella fattispecie, il prezzo 
d'intervento derivato era stato fissato, per l'Italia, ad un livello superiore 
a quello del prezzo indicativo. Nell'esaminare la questione sollevata dal 
giudice nazionale, sar� quindi sufficiente avere riguardo a tale situazione. 

In siffatte circostanze, la normativa comunitaria mira a garantire, 
per quanto possibile, ai produttori di zucchero, nelle vendite da essi effettuate 
nell'ambito della zona per la quale � stato fissato il prezzo d'intervento 
derivato, la realizzazione di un prezzo franco partenza stabilimento 
almeno pari a tale prezzo d'intervento. Altrimenti, infatti, detti produttori 
potrebbero trovarsi nell'impossibilit� di corrispondere ai bieticultori 
il prezzo minimo delle barbabietole garantito dalla disciplina comunitaria. 


Di conseguenza lo Stato membro per il quale il prezzo d'intervento 
sia stato fissato ad un livello superiore a quello del prezzo indicativo, 

mente i prodotti nazionali e quelli importati, esso, in linea generale, non com� 
porta alcuna discriminazione, non isola i mercati n� introduce misure di effetto 
equivalente a restrizioni quantitative. 

Ed inve~o, un simile regime dei prezzi al consumo viene ad avere lo stesso 
effetto che producono le regolamentazioni nazionali sulle vendite, sia. in ordine 
ai divieti, sia in ordine ai requisiti che un prodotto deve possedere per essere 
ammesso alla vendita. Regolamentazioni che, senza dubbio, sono �rimaste di 
competenza degli Stati membri (almeno sino a quando non sar� stato raggiunto 
l'obiettivo del ravvicinamento previsto dall'art. 100 del Trattato) e che, di certo, 
non introducono violazioni al principio della libera circolazione delle merci 
ovvero restrizioni quantitative. 

Ci� detto in linea generale, potr� tuttavia verificarsi che, in concreto, un 
determinato prezzo massimo al consumo si presenti, per qualche ragione, come 
un ostacolo alla libera circolazione o come una misura di effetto equivalente 
ad una restrizione quantitativa. Si pu� in proposito sviluppare l'esempio gi� 
fatto sopra (punto 6) ed ipotizzare la fissazione di un prezzo massimo al consumo 
inferiore addirittura al prezzo di entrata; 

Se ci� in concreto si verifica, potr� affermarsi che il regime nazionale che 
autorizza la fissazione di prezzi massimi al consumo contrasta con il principio 
della libera circolazione delle merci? O non dovr� invece riconoscersi che, in quel 
determinato caso concreto, il potere di fissare il prezzo massimo al consumo 
� sta.to male esercitato? 

Non � dubbio -ad avviso del Governo italiano -che la seconda soluzione 
sia quella esatta. 

Nell'esempio fatto (fissazione di un prezzo massimo al consumo inferiore 
al prezzo di entrata), poich� tale prezzo massimo rappresenta un ostacolo alla 
libera circolazione delle merci ed una misura di effetto equivalente ad una 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCA:rURA DELLO STATO

508 

mette in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento dei mercati saccariferi, 
qualora istituisca un regime di prezzi atto ad impedire, direttamente od 
indirettameJ}te, che i produttori di zucchero ottengano un prezzo franco 
partenza stabilimento pari al prezzo d'intervento. 

Il raggiungimento degli scopi della normativa comunitaria sar� impedito 
indirettamente qualora-Io Stato membro considerato, senza disciplinare 
i prezzi nella fase della produzione, fissi, per le fasi del commercio 
llll'ingrosso o al minuto, prezzi massimi di vendita talmente bassi da 
mettere praticamente il produttore nell'impossibilit� di vendere al prezzo 
d'intervento, poich�, se lo facesse, costringerebbe i grossisti o i dettaglianti, 
vincolati dai suddetti prezzi massimi, a vendere sottocosto. 

Spetta al giudice nazionale decidere in ogni singola fattispecie, fra 
l'altro alla luce dei principi suesposti, se i prezzi masimi sui quali esso 
deve pronunziarsi producano o meno effetti tali da renderli incompatibili 
con le norme comunitarie in materia di zucchero. 

Ove il prezzo massimo fissato unilateralmente da uno Stato membro 
risulti incoll).patibile con le norme comunitarie nel settore dell'agricoltura, 

restrizione quantitativa, il relativo provvedimento di fissazione sar� giudicato 
incompatibile con le norme comunitarie (ad es., con l'art. 35 del regol. 1009/67), 
sia da parte del giudice nazionale, sia da parte della Commissione. 

Ma ci� non significa che il regime di fissazione dei prezzi massimi al consumo 
per lo zucchero possa esser ritenuto, in s�, contrario all'art. 30 del Trattato 
ovvero al citato art. 35 del regol. 1009/67. 

8. La conclusione all� quale si � ora pervenuti consentirebbe di tralasciare 
il secondo aspetto del quesito in esame. Non � infatti necessario in alcun 
modo, per giustificare -di fronte alla normativa comunitaria -il regime 
nazionale di fissazione dei prezzi massimi al consumo dello zucchero, ricorrere 
alle esigenze di evitare speculazioni ovvero di assicurare il prodotto al consumo. 
Cos� come non sarebbe necessario ricorrere all'art. 103 del Trattato. 
Tale secondo aspetto � tuttavia indicativo giacch� rivela l'errata prospettiva 
dalla quale si � mosso il giudice a quo. 

Nell'ipotizzare una eventuale giustificazione al regime nazionale di fissazione 
di prezzi massimi al consumo, il Tribunale amministrativo sembra presupporre, 
infatti, che tali prezzi siano stati stabiliti quasi per sopperire a sopravvenute 
carenze della disciplina comunitaria. Si parla invero dell'ordinanza di rinvio, 
di � ��� sovvertimento dei presupposti della �disciplina comunitaria determinat� 
dalla duplice circostanza della deficitariet� della produzione comunitaria e del 
raddoppio del prezzo mondiale del prodotto �. 

Cos� facendo, il giudice a quo sembra attribuire alla fissazione dei prezzi 
al consumo la funzione di correttivo dei prezzi comunitari dello stesso prodotto: 
al fine di evitare fenomeni, quali la deficitariet� della produzione comunitaria 
ed il raddoppio del �prezzo mondiale, che la Comunit� non ha saputo evitare o 
dei quali non ha saputo contenere le conseguenze. 

Orbene, se questa � l'opinione del giudice di rinvio, essa � completamente 
contraria alla realt�. 
Il regime nazionale dei prezzi al consumo non tende affatto a supplire alla 
disciplina comunitaria dei prezzi dello stesso prodotto n� i prezzi massimi al 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 509 

lo Stato interessato non pu� giustificarsi con il richiamo all'art. 103 del 

Trattato, relativo alla politica di congiuntura, tanto pi� se si tien conto 

del fatto che il regolamento n. 1009/67 comporta una organizzazione di 

massima ideata in maniera tale da permettere alla Comunit� e agli Stati 

membri di fronteggiare qualsiasi perturbazione. 

In proposito � opportuno, anzitutto, sottolineare che la fornitura ai 

consumatori di prodotti agricoli a prezzi ragionevoli � uno degli obiettivi 

enunciati dall'art. 39, n. l, del Trattato. 

L'art. 21, n. l, del regolamento n. 1009/67 autorizza il Consiglio ad adot


tare tutti i provvedimenti necessari qualora il mercato comune sia per


turbato o rischi d'.essere perturbato da un particolare andamento delle 

importazicmi o delle esportazioni. 

Il n. 2 dello stesso articolo precisa le modalit� della azione comune 
cui partecipano, in tal caso, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri. 
Indipendentemente dai poteri che il regolamento attribuisce al Con. 
siglio ed alla Commissione, quest'ultima esercita, in forza del Trattato 

stesso, una funzione generale di vigilariza e di iniziativa. 

Nel contesto in esame � poi ancora opportuno attirare l'attenzione sui 

compiti di consultazione permanente svolti, nella gestione dello specifico 

mercato considerato, dal � comitato di gestione � di cui all'art. 39 del rego


lamento. Al di l� delle funzioni specificamente attribuitegli, il comitato 

di gestione � infatti competente, in forza dell'art. 41, ad esaminare qual


siasi problema che il suo presidente, di propria iniziativa o su domanda 

del rappresentante d'uno Stato membro, ponga all'ordine del giorno. 

consumo vengono stabiliti in funzione del mercato mondiale ovvero di quello 

comunitario. 

Gli eventi che si ferijicano in tali mercati possono influenzare, ed influen


zano, i prezzi comunitari: quello di entrata, quello di intervento, che saranno 

variati ed adeguati da parte delle competenti Istituzioni della Comunit�. 

I prezzi al consumo in Italia presuppongono invece i prezzi comunitari; 

partono da essi -che sono prezzi alla produzione ed all'ingrosso -e perven


gono a disciplinare la fase del commercio al minimo o del consumo. 

Non sussiste dunque alcuna concorrenza -come potrebbe far pensare 

la seconda parte del quesito all'esame -tra prezzi nazionali al consumo e. 

prezzi comunitari; v'� invece complementariet�, nel senso che i primi, presup


ponendo i prezzi comunitari, pervengono a disciplinare una fase -quella del 

consumo -non disciplinata dalla Comunit�. 

In questo senso -contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice a quo 

-pu� certamente affermarsi che il regime nazionale di prezzi al consumo com


pleta il regime comunitario dei prezzi e non si pone con esso in alternativa 

od in concorrenza. 

IVO M. BRAGUGLIA 



510 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si constata cos� come l'organizzazione di massima di cui al regolamento 
n. 1009/67 consenta ad ogni Stato membro di adottare, in collegamento 
con le istituzioni comunitarie e nel pi� breve termine, le iniziative 
necessarie per il caso in cui il gioco normale dei sistemi di prezzi istituiti 
dal regolamento non consenta di far fronte a tendenze non auspicabili 
che si siano manifestate nell'andamento dei prezzi nello Stato stesso. 

Sulla terza questione. 

Con la terza questione si chiede in sostanza se provvedimenti nazionali 
del tipo considerato, giustificati �con l'esigenza di cautelare l'economia 
da fenomeni speculativi e garantire il necessario consumo in rapporto 
al sovvertimento dei presupposti della .disciplina comunitaria determinata 
dalla duplice circostanza della deficitariet� della produzione comunitaria 
e del raddoppio del prezzo mondiale del prodotto �, sfuggano al divieto 
enunciato dall'art. 30 del Trattato. 

L'art. 30 del Trattato proibisce fra gli Stati membri qualsiasi misura 
di effetto equi:valente ad una restrizione quantitativa. Tale divieto � ripreso, 
per quanto concerne il mercato dello zucchero, dall'art. 35 del regolamento 
n. 1009/67. 

Perch� entri in gioco detta proibizione � sufficiente che i provvedimenti 
controversi possano ostacolare, direttamente o indirettamente, in modo attuale 
o potenziale, gli scambi fra gli Stati membri. 

Anche se il prezzo massimo applicato indistintamente sia ai prodotti 
indigeni, sia ai prodotti importati, non costituisce di per s� una misura 
d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, esso pu� tuttavia 
divenire tale quando il suo livello renda impossibile o comparativamente 
pi� difficile lo smercio dei prodotti esteri. 

Pertanto, un prezzo massimo, almeno in quanto si applichi ad un prodotto 
importato, costituisce una misura di effe~to equivalente ad una 
restrizione quantitativa, specialmente qualora sia fissato ad un livello 
talmente basso che -tenuto conto della situazione generale dei prodotti 
importati rispetto a quella dei prodotti nazionali -gli operatori i quali 
intendano importare il prodotto di cui trattasi nello Stato membro considerato 
possano farlo soltanto in perdita. 

Spetta al giudice nazionale accertare se la situazione di fatto presenti 
i suddetti caratteri. 

Per le ragioni gi� precisate in ordine alle prime due questioni, lo 
Stato membro interessato non pu� invocare, a dif~sa d'un prezzo massimo 
al c~nsumo che produca l'effetto sopra ricordato, n� l'art. 103 del Trattato, 
n� la necessit� di proteggere l'economia da manovra speculative, 
n� infine mutamenti sopravvenuti nella situazione economica del settore 
dello zucchero. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

511 

I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 17 marzo 1976, 
nelle cause 67-85/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Warner -Lesieur Cotelle 
ed altri (avv. Lussan, Lassier e Budry) c. Commissione delle Comunit� 
europee (ag. Kalbe e sig. Delmoly). 

Comunit� europee -Responsabilit� per �atto normativo � Possibilit� di dedurre 
dinanzi ai giudici nazionali la violazione di norme del trattato 
CEE e di diritto derivato intese a tutelare i singoli � Irricevibilit� del 
ricorso proposto a norma dell'art. 215, secondo comma del trattato CEE. 
(trattato CEE, art. 215, secondo comma). 

Il ricorso proposto a norma dell'art. 215, secondo comma, del trattato 
CEE � irricevibile quando la parte ricorrente abbia la possibilit� di 
adire i giudici nazionali competenti contro l'asserita violazione di talune 
norme del trattato CEE e di diritto derivato intese a tutelare i singoli nell'ambito 
della Comunit� (1). 

II 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 21 maggio 1976, 
nella causa 26/74 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Trabucchi -Soc. Roquette 
Fr�res (avv. Veronne) c. Commissione delle Comunit� europee (sigg. 
Bourgeois, Van Ackere e Wainwright). 

Comunit� europee � Agricoltura -Entrate comunitarie -Riscossione -Competenza 
delle autorit� nazionali -Normativa applicabile -Controversie 
in tema di restituzione -Competenza dei giudici nazionali -Normativa 
applicabile. � 

(decisione del Consiglio 21 aprile 1970; regolamenti del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729 
e 2 gennaio 1971, n. 2). 

Comunit� europee � Agricoltura -Entrate comunitarie -Indebita riscossione 
� Restituzione � Questioni accessorie � Normativa attualmente ap� 
pllcabile. 

(decisione del Consiglio 21 aprile 1970; regolamenti del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729 
e 2 gennaio 1971, n. 2). 

(1-5) Con le tre sentenze in rassegna la Corte di giustizia ha rigettato, sostanzialmente 
per difett� di prova, numerosi ricorsi proposti a norma dell'art. 215, 
secondo comma, del trattato CEE nei confronti della Commission� delle Comunit� 
europee. 

La prima sentenza va segnalata sia per l'affermazione di principio contenuta 
-nella massima, sia per quanto pu� desumersi, dalla ulteriore esauriente motivazione, 
in ordine ai presupposti di fatto richiesti per l'affermazione di responsabi




Comunit� europee -Responsabilit� per atto normativo � Prova del danno � 

Necessit�. 

(trattato CEE, artt. 178 e 215, secondo comma; regolamenti del Consiglio 12 maggio 1971, 

n. 974 e 22 febbraio 1973, n. 509; regolamento della Commissione 25 gennaio 1974, n. 218). 
A norma dell'art. 6 della decisione del Consiglio 21 aprile 1970 e dell'art. 
1 del regolamento del Consiglio 2 gennaio 1971, n. 2, le riscossioni delle 
entrate comunitarie vengono effettuate dagli Stati membri in conformit� 
alle loro leggi, regolamenti e disposizioni amministrative. Le controversie 
relative alle restituzione degli importi percepiti per conto della Comunit� 
rientrano, quindi, nella competenza dei giudici nazionali e vanno risolti 
da questi ultimi a norma del loro diritto nazionale, ove il diritto comunitario 
non abbia disposto in materia (2). 

In mancanza di disposizioni comunitarie su questo punto, spetta attualmente 
alle autorit� nazionali di disciplinare, in caso di restituzione di tributi 
indebitamente percepiti, tutte le questioni accessorie relative a tale 
restituzione, quali l'eventuale versamento d'interessi (3). 

Va rigettata la domanda di risarcimento fondata, a norma dell'art. 215, 
secondo comma, del trattato CEE, sulla responsabilit� della Comunit� economica 
europea quando la parte istante non abbia provato il danno che 
assume di aver subito; e ci� anche quando la richiesta di risarcimento sia 
ridotta ad una indennit� soltant� simbolica (4). 

III 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 15 giugno 1976, 
nella causa 74/74 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Trabucchi -Comptoir Nationale 
Technique Agricole (avv. P�ricaud) c. Commissione delle Comunit� 
europee (ag. Bourgeois). 

Comunit� europee -Responsabilit� per atto normativo -Prova del danno � 
Necessit��. 
(trattato CEE, artt. 178 e 215, secondo comma). 

Va rigettata la domanda di risarcimento proposta ai sensi dell'art. 215, 
secondo comma, del trattato CEE, anche quando la responsabilit� della Comunit� 
economica europea sia stata gi� riconosciuta, se la parte istante non 
abbia provato di aver subito una perdita di cui debba essere risarcito (5). 

lit� della Comunit� economica europea e, comunque, per una condanna al risarcimento 
dei danni: presupposti nell'ambito dei quali risulta attribuito assorbente 
rilievo, come gi� in precedenti analoghe occasioni, alle finalit� perseguite dalle norme 
comunitarie con riferimento alle quali si deduca di aver subito un danno, 
ed in particolare alla possibilit� o no di assumere tali norme volte a garantire 
direttamente la situazione dei singoli. 

512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

513 

I 

(Omissis). -In diritto. I ricorsi; proposti il 31 luglio 1975, mirano a 
far dichiarare la Comunit� Economica Europea responsabile del danno 
assertivamente subito dalle ricorrenti in conseguenza della soppressione 
-disposta dal regolamento della Commissione 26 gennaio 1972, n. 189 

(G. U. n. L 24 pag. 25) -degl'importi compensativi istituiti nel settore 
dei grassi e concernenti, in particolare, i semi di colza e l'olio da essi 
ricavato, nonch� dell'anomalo funzionamento della relativa organizzazione 
comune dei mercati, che sarebbe del pari risultato da tale provvedimento. 
Le ricorrenti chiedono pertanto che la Comunit� venga condannata al 
pagamento delle somme specificate nell'istanza introduttiva. 

Le ricorrenti -imprese che, fra l'altro, si occupano della compravendita 
e della trasformazione di semi di colza -sostengono quanto segue: 
il regolamento del Consiglio 2 settembre 1966, n. 136 (G.U. n. 172, pag. 3025), 
che ha istituito l'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi, 
contempltt, oltre alla fissazione -in base ai criteri.usuali -d'un prezzo 
indicativo e� d'un prezzo d'intervento, la concessione di un'integrazione 
alla produzione di semi oleaginosi. Tale integrazione viene versata ai trasformatori 
qualora il prezzo indicativo fissato per una determinata specie 
di semi superi il prezzo mondiale dello stesso prodotto ed � pari alla 
differenza fra questi due prezzi espressa in unit� di conto; il prezzo mondiale 
da prendere in considerazione a tal fine � fissato periodicamente dalla 

Quanto. alla controversia decisa con la seconda sentenza, la parte ricorrente 
aveva in effetti proposto, nei coilfronti dell'amministrazione doganale francese, 
e dinanzi al competente giudice nazionale, anche domanda di restituzione degli 
importi compensativi monetari che si assumevano non dovuti; ed il procedimento 
relativo all'azione di responsabilit� ex art. 215, secondo comma, del trattato CEE 
era stato sospeso dopo la discussione orale, con provvedimento del 12 settembre 
1974, � f.ino a che il Tribuna! d'instance di Lilla non si fosse pronunziato 
nel merito della controversia sottopostagli "� 

Nel giudizio pendente dinanzi al giudice nazionale era peraltro intervenuta, 
in sede di interpretazione incidentale, la sentenza della Corte di giustizia 12 novembre 
1974, resa nella causa 34/74 (Racc., 1217), con declaratoria di illegittimit� 
del regolamento della Commissione 25 gennaio 1974, n. 218; ed il giudice nazionale, 
essendosi l'amministrazione doganale francese prontamente adeguata a tale 
pronuncia, si era limitato a dar atto, con sentenza del 28 ottobre 1975, dell'avvenuta 
restituzione delle somme riscosse per gli importi compensativ.i in discussione, 
escludendo peraltro, sulla base della normativa nazionale, che su tali somme 
fossero dovuti interessi. 

Ml;azione di responsabilit� nei confronti della Commissione CEE era stato 
dato seguito, quindi, limitatamente alla richiesta degli interessi e del risarcimento 
del danno che si assumeva derivato dalla disparit� di trattamento subito 
dalla ricorrente sul piano concorrenziale, dandosi occasione alla Corte di giustizia 
di enunciare i principi contenuti nella seconda delle tre sentenze in rassegna. 

Nella vertenza cui si rif.erisce l'ultima decisione in rassegna, infine, la responsabilit� 
della Commissione CEE era stata invece gi� espressamente affermata, nell'ambito 
della stessa causa 74/74, con la sentenza 14 maggio 1975 (Racc., 533, e in 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

514 

Commissione secondo le modalit� stabilite dalla normativa comunitaria. 
In tal modo, la formazione dei prezzi sul mercato comunitario rispecchia 
quella dei prezzi mondiali, giacch� la produzione comunitaria � sostenuta 
mediante sovvenzioni che hanno lo scopo di garantirle una remunerazione 
pressappoco equivalente al prezzo indicativo. 

L'applicazione del regime degl'importi compensativi monetari alle importazioni 
e alle esportazioni fran~esi di semi di colza, disposta dalla 
Commissione con i regolamenti 31 dicembre 1971, n. 17/72, e 21 gennaio 1972, 

n. 144, (G.U. 1972, nn. L 5, pag. l, e L 19, pag. 1) si sarebbe resa necessaria 
in conseguenza della modifica del tasso di cambio del dollaro, sopravvenuta 
nell'autw.lo 1971, ed avrebbe mirato a garantire il buon funzionamento 
dell'organizzazione comune del mercato dei grassi in particolare 
per quanto concerne i prodotti in questione. 
A seguito della soppressione repentina di tale regime nel settore dei 
grassi, disposta dal regolamento n. 189/72, con effetto dal 1� febbraio 1972, 
le integrazioni prefissate anteriormente al 26 gennaio 1972 tenendo conto 
degl'importi compensativi riscossi all'importazione. di colza da Paesi terzi, 
e versate alle ricorrenti all'atto dell'assoggettamento a controllo dopo tale 
data, sarebbero risultate insufficienti a compensare la differenza reale fra 
il prezzo mondiale e il prezzo indicativo. 

questa Rassegna, 1975, I, 655, con nota di commento); ed anche in questo caso 
la condanna della convenuta Commissione al risarcimento dei danni � stata 
esclusa, in concreto, per non aver la ricorrente provato di aver subito una perdita 
di cui dovesse essere risarcita. 

Le prime due decisioni, in particolare, anche se ispirate ad un criterio solu


torio non del tutto conforme, sembrano in sostanza coerenti con l'indirizzo adot


tato dalla Corte di giustizia con la sentenza 27 gennaio 1976, resa nella causa 

46/75, I.B.C. (Racc. 65, e retro, I, 187); e va quindi richiamato quanto osservato 

nella nota di commento di tale decisione (Zoe. cit.), precisandosi che la causa di in


terpretazione pregiudiziale segnalata in tale nota di commento � stata medio �tem


pore definita con la sentenza 7 luglio 1976, resa nella causa 7 /76, I.R.C.A., con la 

quale la Corte di giustizia ha affermato la legittimit� della normativa comu


nitaria in discussione. 

Di rilevante interesse va riconosciuta, evidentemente, la espressa affermazio


ne sulla competenza dei giudici nazionali e sull'applicabilit� delle norme di diritto 

interno e nella decisione delle controversie relative alla restituzione di diritti 

doganali che si assumano indebitamente corrisposti: criterio di principio dal 

quale dovrebbe risultare condizionata anche la decisione che la Corte� di giustizia 

deve rendere nelle cause 33/76 e 45/76 (relative alla opponibilit� dei termini di de


caderlza previsti dalle normative nazionali), quelle cause, cio�, nelle quali potrebbe 

assumere rilievo assorbente la stessa inammissibilit�, dedotta dal Governo italiano, 

di una restituzione di somme riscosse in violazione del divieto di applicare tasse 

di effetto equivalente ai dazi doganali. 

Sulla portata dei regolamenti del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974 e 22 feb


braio 1973, n. 509, v. pure la sentenza 17 maggio 1975 (analoga a quella resa nella 

gi� ricordata causa 34/74), resa dalla Corte di giustizia nella causa 73/74, PASTI� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

515 

La Commissione avrebbe inoltre violato talune norme del Trattato e 
di diritto derivato intese a tutelare i singol! nell'ambito della Comunit�, 
ed avrebbe quindi commesso un �llecito, relativo alla prefissazione, nel 
periodo 1� febbraio-1� aprile 1972, ed al successivo versamento di integrazioni 
inadeguate, calcolate in funzione di un prezzo mondiale superiore a 
quello reale. 

Sulla ricevibilit�. 

Nel corso della fase orale, la Commissione (convenuta) ha eccepito 

!'irricevibilit� dei ricorsi sostenendo che l'azione di risarcimento concerne 
in realt� il metodo di calcolo adottato dall'autorit� nazionale competente 
-cio� dalla Soci�t� Interprofessionnelle des Ol�agineux (S.I.D.0.) -per 
la prefissazione qelle integrazioni contemplate dal regolamento n. 136/66 
e relative al periodo in questione: le ricorrenti avrebbero pertanto potuto 
e dovuto adire gli organi giurisdizionali nazionali competenti a conoscere 
della legittimit� dei provvedimenti interni emanati per l'attuazione di 
norme comunitarie. 

In corso di causa, e in particolare nella fase orale, le ricorrenti, modificando 
i loro argomenti, pi� che swla censura relativa all'abolizione degli 
importi compensativi hanno insistito sull'illecito rappresentato -a loro 
avviso -dal mancato adeguamento alle oscillazioni del dollaro del metodo 
di determinazione dei prezzi mondiali presi in considerazione per la fis.. 
sazione delle integrazioni. 

Pertanto, il loro argomento secondo cui l'eccezione d'irricevibilit� � 
tardiva appare infondato. Esso � peraltro inconferente, giacch� la ricevibilit� 
dei ricorsi va esaminata d'ufficio. 

FICIO TRIESTINO (Racc., 663 e in Foro it., 1975, IV, 190):_ sentenza essa stessa, 
peraltro, di non agevole interpretazione, e che ha dato luogo, in concreto, a notevoli 
perplessit� anche in sed('( comunitaria, per il sostanziale contrasto tra la prima 
e la seconda parte del dispositivo, o quantomeno per la difficolt� di conciliare i 
due principi rispettivamente enunciati. 

Quanto alla responsabilit� della CEE per atto normativo, cfr.: da ultim<>, 
MARZANO, Sulla responsabilit� della CEE per atto normativo, in quesi:a Rassegna, 
1975, I, 654, con richiamo e commento dei precedenti giurisprudenziali, ai 
quali adde la 1gi� citata sentenza 27 gennaio 1976, resa nella causa 46/75, I.B.C. 

In�argomento, non pu� non essere segnalata comunque, l'affermazione, necessariamente 
implicita nell'ultima parte della seconda decisione in rassegna, 
secondo cui la illegittimit� di norme comunitarie non � di per s� suffkiente per 
affermare la responsabilit� della Comunit� per atto normativo: affermazione 
che convalida quanto osservato nella richiamata nota di commento sulla necessit� 
di ritenere �che la Hlegittimit� dell'atto normativo, oltr,etutto non sufficiente per 
un'affermazione di responsabilit�, costituisca a tal fine un minimum indispensabile, 
rappresenti cio� un estremo necessario e non sufficiente per configurare la 
responsabi1it� come teoricamente possibile� (loc. cit., pag. 668). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

516 

Invero, i ricorsi vanno esaminati e giudicati in base alle conclusioni 
-che sono rimaste immutate -figuranti nelle istanze introduttive, in cui 
si assume che gl'importi compensativi sono logicamente e inscindibilmente 
connessi con le integrazioni e che quindi la loro soppressione ha intralciato 
il buon funzionamento dell'organizzazione comune del mercato dei 
grassi, in particolare per quanto concerne le integrazioni, e si chiede il 
risarcimento del danno provocato da tale provvedimento. 

D'altra parte, le decisioni relative alla prefissazione delle integrazioni 
-che la convenuta considera l'oggetto reale dell'azione -sono state emanate 
per la maggior parte prima della pubblicazione del regolamento 

n. 189/72; le ricorrenti, pertanto, non avrebbero potuto rendersi conto, 
in t~mpo utile, degli eventuali vizi di tali decisioni e impugnarle dinanzi 
ai giudici nazionali competenti. 
Cosl stando le cose, i ricorsi sono ricevibili nella parte riguardante 
gli effetti delle decisioni di prefissazione anteriori all'emanazione del regolamento 
n. 189/72; essi sono invece irricevibili nella parte in cui concernono 
le prefissazibni richieste e concesse nel periodo 1� febbraio-1� aprile 1972, 
giacch� le ricorrenti avevano in tal caso la possibilit� di adire i giudici 
nazionali competenti contro l'asserita violazione di talune norme del Trattato 
e di diritto derivato intese a tutelare i singoli nell'ambito della Comunit�. 


Nel merito. 

Gli argomenti delle ricorrenti si possono sintetizzare come segue: 

a) L'organizzazione comune del mercato dei grassi mira a garantire 
ai produttori una remunerazione per le loro merci -nella fattispecie, 
semi di colza -pari al prezzo indicativo fissato per la stagione in questione; 


b) a seguito della modifica del tasso di cambio del dollaro, inter


venuta nell'autuno 1971, le integrazioni istituite appunto per garantire la 

remunerazione suddetta si sono rivelate insufficienti, in ragione del me


todo di calcolo utilizzato per determinarne l'importo (l'unit� di conto non 

era stata adeguata alla nuova parit� del dollaro); 

e) per ovviare all'inadeguatezza delle integrazioni e proteggere la 

produzione comunitaria contro la concorren,za dei semi di colza e dell'olio 

da essi ricavato, offerti a prezzi pi� vantaggiosi, dato il deprezzamento 

del dollaro, si � reso necessario istituire importi compensativi all'impor


tazione e all'esportazione; 

d) La soppressione di detti importi ha privato i produttori comu


nitari, 'e in particolari le ricorrenti, della garanzia di una remunerazione 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

adeguata ed ha quindi cagionato un danno di cui la Comunit� � responsabile. 


Per quanto concerne l'argomento di cui sub d), le ricorrenti si sono 
limitate a sostenere che l'abolizione degl'importi compensativi doveva logicamente 
comportare una flessione dei prezzi dei prodotti in questione sul 
mercato comunitario, senza dimostrare che tale conseguenza si sia effettivamente 
verificata. 

Esse, d'altra parte, non hanno provato l'infondatezza della reiterata 
affermazione della convenuta, secondo cui, dopo l'emanazione del suddetto 
provvedimento, il livello dei prezzi di tali prodotti sul mercato comunitario 
� rimasto invariato. 

La tesi delle ricorrenti si pu� interpretare nel senso che, in conseguenza 
dell'istituzione del regime degl'importi compensativi, esse sarebbero 
state indotte a rifornirsi sul mercato comunitario ed a chieder la 
prefissazione delle relative integrazioni, temendo che l'obbligo di versare 
gl'importi compensativi avrebbe reso loro particolarmente oneroso l'acquisto 
dei semi sul mercato mondiale. 

Con la soppressione di tali imposizioni, il loro calcolo si sarebbe rive� 
lato errato ed esse �sarebbero state private della possibilit� di approvvigionarsi 
a condizioni pi� vantaggiose sul mercato mondiale, subendo cosl 
un danno di cui la Comunit� sarebbe responsabile. 

Tuttavia, anche ammettendo che la Comunit� possa esser ritenuta 
responsabile delle conseguenze di una prognosi errata sul comportamento 
delle autorit� comunitarie, tale responsabilit� sussisterebbe solo per quanto 
concerne le perdite certe e reali eventualmente sofferte dalle ricorrenti. 

Orbene, le ricorrenti non hanno fornito alcuna prova circa siffatte 
perdite e non hanno quindi dimostrato l'esistenza di un danno di cui 
potrebbe farsi carico alla Comunit�. 

Quanto all'argomento di cui sub e), l'esistenza di un nesso -quale 
pretendono le ricorrenti -fra l'istituzione del regime degl'importi compensativi 
ed il funzionamento dell'organizzazione comune del mercato nel 
settore dei grassi, per quanto concerne, in particolare, la determinazione 
delle integrazioni, non trova alcun fondamento nella normativa vigente 
in materia. 1iJ'1'~; 

In realt�, l'istituzione del regime suddetto � stata suggerita dalla necessit� 
di evitare che gli Stati membri o taluni Paesi terzi potessero, mediante 
provvedimenti monetari, provocare negli scambi intracomunitari o nel 
commercio con i Paesi terzi dei prodotti agricoli di cui � causa distorsioni 
tali da pregiudicare� gravemente l'equilibrio dei mercati comunitari; 

Detto provvedimento non mirav� pertanto a tutelare ulteriormente 
il livello dei prezzi comunitari, bens� a garantire l'uniformit� dei prezzi che 
costituisce il fondamento dell'attuale organizzazione comune dei mercati 
agricoli; � quindi lecito versare o riscuotere importi compensativi solo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

518 

quando, in loro assenza, il commercio dei prodotti interessati rischi di 
subire perturbazioni . 

La Commissione, di conseguenza, aveva il potere e anzi il dovere di 
abrogare il regime degl'importi compensativi per quanto concerne i pro'
dotti . in questione, quando la sua applicazione non � risultata pi� indispensabile 
per evitare perturbazioni negli scambi di tali prodotti. 

Le ricorrenti non hanno provato che tale abrogazione abbia causato 
perturbazioni nel commercio dei semi di colza: il regol�mento n. 189/72 
� quindi conforme agli obiettivi ed alle disposizioni della normativa comunitaria 
in materia di importi compensativi. 

Per quanto attiene all'argomento sub b), l'art. 1 del regolamento del 
Consiglio 23 ottobre 1962, n. 129, �relativo al valore dell'unit� di conto e 
ai tassi di cambio da applicare nel quadro della politica agricola comune � 

(G.U. pag. 2553/62) recita: �Quando negli atti adottati dal Consiglio a 
norma, dell'art. 43 del Trattato, riguardanti la politica agricola comune, 
o nelle disposizioni prese in applicazione di tali atti, figurino importi 
espressi in unit� di conto, il valore di tale unit� di conto � pari a 0,88867088 
grammi di oro fino �. 
A norma dell'art. 2, n. l, di tale regolamento, �quando le operazioni 
da effettuare in applicazione degli atti o delle disposizioni di cui all'art. l, 
richiedono di esprimere in una determinata moneta gli importi indicati 
in un'altra moneta, il tasso di cambio da applicare � quello che corrisponde 
alla parit� dichiarata presso il Fondo Monetario Internazionale �. 

Infine, secondo l'art. 3 dello stesso regolamento, il Consiglio e la Com-" 
missione possono, � quando pratiche monetarie a carattere eccezionale 
rischiano di mettere in pericolo l'applicazione degli atti o delle disposi:zioni 
di cui all'art. 1, ...... adottare misure in deroga al presente regolamento�. 

Ne consegue che il Consiglio e la Commissione dovevano continuare, 
ai fini del calcolo dell'integrazione, ad attenersi all'art. 2, n. l, del regolamento 
suddetto fintantoch� le oscillazioni del dollaro si fossero mantenute 
entro limiti tali da non compromettere il funzionamento dell'organizzazione 
comune del mercato nel settore dei grassi. 

Per dimostrare che il Consiglio e la Commissione hanno violato gli 
obblighi loro imposti dal regolamento n. 129/62, le ricorrenti avrebbero 
dovuto provare che il funzionamento della suddetta organizzazione comune 
era non solo virtualmente, bensl effettivamente sconvolto. 

Le loro affermazioni generiche, invece, non possono essere considerate 

prove di un errore manifesto commesso dagli organi comunitari nell'eser


cizio dei poteri loro conferiti da tale regolamento. 

Le ricorrenti sostengono inoltre che, nella determinazione dei criteri 
di calcolo dell'integrazione, la Commissione avrebbe potuto -come, a loro 
avviso, ha fatto dal 1� aprile 1972 -compensare il deprezzamento del 
dollaro mediante l'� adattamento � contemplato dall'art. 29 del regolamento 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

519 

n. 136/66 e disciplinato dall'art. 6 del regolamento del Consiglio 6 giugno 
1967, n. 115, �che fissa i criteri per la determinazione del prezzo del 
mercato mondiale dei semi oleosi, nonch� il luogo di transito di frontiera 
(G.U., pag. 2196). 
Ai termini dell'ultimo considerando del regolamento n. 115/67, tale 
adattamento mira ad � evitare che il diverso vantaggio economico inerente 
alla trasformazione dei semi oleosi possa indurre le industrie trasformatrici 
della Comunit� a preferire alle altre specie di semi un seme determinato
�. 

Poich� tale regolamento contempla la concorrenza fra semi di diversa 
specie, e non gi� quella fra semi di produzione comunitaria e semi importati 
della stessa specie, l'adattamento in questione non poteva servire allo 
scopo indicato dalle ricorrenti. 

Pertanto; l'addebito da queste mosso alla Commissione, di aver omesso 
di adottare il suddetto provvedimento, � infondato. 

Quanto all'argomento sub a), infine, le garanzie stabilite dal regolamento 
n. 136/66 concernono, se mai, i produttori di semi di colza, non gi� 
i trasformatori, come risulta dall'art. 24: � il prezzo d'intervento di base 

�. . . . garantisce ai produttori la realizzazione delle loro vendite ad un 
prezzo che si avvicini il pi� possibile, tenuto� conto delle variazioni del 
mercato, al prezzo indicativo �. 
Le integrazioni versate ai trasformatori di semi non sono destinate a 
garantire loro una determinata remunerazione, bens� a dar loro la possibilit� 
di acqu,istare i semi di produzione comunitaria a un prezzo pressapposo 
equivalente al prezzo indicativo. 

Peraltro, i regolamenti del Consiglio 6 giugno 1967, n. 116 (G.U. 1967, 
pag. 2198), 28 settembre 1971, n. 2114 (G.U. 1971, n. L 222, pag. 2) e 20 dicembre 
1971, n. 2730 (G.U. 1971, n. L 282, pag. 18), contemplando la possibilit� 
di prefissare l'integrazione, mettono i trasformatori in grado di trarre 
da tale sistema tutti i vantaggi possib_ili, purch� essi si impegnino a porre 
sotto controllo i loro prodotti durante il periodo cui si riferisce la prefissazione. 


Cos� stando le cose, le ricorrenti non possono invocare una garanzia 
assertivamente stabilita dal regolamento n. 136/66. 

Esse assumono ancora che, tenuto conto del regime delle integrazioni 
contemplato dal suddetto regolamento, la soppressione repentina degl'importi 
compensativi monetari costituisce, per quanto concerne in particolare 
le imprese che avevano ottenuto la prefissazione dell'integrazione nel gennaio 
1972, una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. 

L'istituzione degl'importi suddetti era giustificata dall'esigenza di prevenire, 
in conformit� alla normativa comunitaria, perturbazioni negli 
scambi dei prodotti in questione, non gi� dalla volont� di garantire ai produttori 
una remunerazione inalterata: tale censura va quindi disattesa. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dalle considerazioni sopra svolte risulta che i ricorsi sono infondati 
e vanno pertanto respinti. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -In diritto. Con atto depositato il 26 marzo 1974, la ricorrente 
ha chiesto alla Comunit�, in forza degli artt. 178 ~ 215, 2� comma, 
del Trattato e.E.E., il risarcimento del danno arrecatole dal regolamento 
della Commissione 25 gennaio 1974 n. 218 (G.U. n. L 24, pag. 1), che fissa 
gli importi �ompensativi monetari all'esportazione di prodotti amilacei 
dalla Repubblica Francese o, a seconda dei casi, all'importazione dei medesimi 
prodotti, in violazione dei criteri stabiliti dal regolamento del Consiglio 
12 maggio 1971, n. 974, relativo a talune misure di politica congiunturale 
da adottarsi nel settore agricolo in seguito all'ampliamento temporaneo 
dei margini di oscillazione delle monete di taluni Stati membri 

(G.U. n. I 106, pag. 1), nella versione emendata in particolare dal regolamento 
del Consiglio 22 febbraio 1973, n. 509 (G.U. n. L SO, pag. 1). 
Nell'atto introduttivo, la ricorrente aveva chiesto la restituzione degli 
importi compensativi all'esportazione versati nel periodo intercorrente tra 
il 28 gennaio ed il 21 ottobre 1974, gli interessi sulle medesime somme, 
nonch� il risarcimento dei danni per le perturbazioni provocate nella gestione 
in considerazione tanto dell'incidenza sulle sue disponibilit� finanziarie 
dei :versamenti effettuati, quanto della disparit� delle condizioni di 
concorrenza che avrebbe subito a causa dell'incidenza economica del regolamento 
n. 218/74. 

Contemporaneamente al presente ricorso, la ricorrente ha promosso, 
dinanzi al Tribuna! d'instance di Lilla, un'azione diretta alla restituzione 
degli importi compensativi di cui � causa ed al versamento di interessi 
monetari al tasso legale sulle medesime somme. 

Nell'ambito di questa causa, detto Tribunale ha sottoposto a questa 
Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato, questioni pregiudiziali relative 
alla conformit� ai regolamenti nn. 914/71 e 509/73 del Consiglio dell'applicazione 
degli importi compensativi all'esportazione di prodotti amilacei, 
di cui al regolamento n. 218/74 della Commissione. 

Nel.la sentenza 12 novembre 1974, a soluzione di tali quesiti (Soci�t� 
Roquette c/ Stato Francese, causa 34/74, Racc. 1974, pag. 1217) questa 
Corte ha affermato che, relativamente al periodo considerato, la fissazione 
degli importi comp�nsativi, per i prodotti di cui � causa, effettuata mediante 
il regolamento della Commissione n. 218/74 non era conforme alle 
disposizioni dei regolamenti di base del Consiglio. 

In seguito a tale sentenza, la ricorrente ha ottenuto la condanna dello 
Stato Francese alla restituzione degli importi compensativi di cui � causa, 
in forza della sentenza del Tribuna! d'instance 22 aprile 1975. � 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Nella medesima sentenza, viceversa, il Tribuna! d'instance ha dichiarato 
che la ricorrente non aveva diritto ad interessi moratori al tasso 
legale sulle somme restituite. 

In esito a tale sentenza, la ricorrente, a parziale modifica delle sue 
conclusioni, chiede solo che gli sia riconosciuto il diritto 
a) agli interessi, �da calcolarsi ad un tasso adeguato, sugli importi 
compensativi versati e 

b) ad un'indennit� simbolica a risarcimento del danno arrecatole 
dalla disparit� di trattamento sul piano concorrenziale da essa subita in 
conseguenza del provvedimento adottato dalla Commissione. 

Sulla questione degli interessi. 

Risulta dalle disposizioni relative alle risorse proprie della Comunit�, 
e cio� dalla decisione del Consiglio 21 aprile 1970 e dal regolamento del 
Consiglio 2 gennaio 1971, n. 2, relativo all'applicazione di quest'ultimo 

(G.U. 1970, n. L 94, pag. 19, e 1971, n. L 3, pag. 1), in relazione al regolamento 
del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento della 
politica� agricola comune (G.U. n. L 94, pag. 13), che spetta alle autorit� 
nazionali di garantire, per conto della Comunit� e conformemente alle 
disposizioni del diritto comunitario, la percezione d'un certo numero di 
tributi, tra cui gl'importi compensativi monetari. 
A termini dell'art. 6 della decisione 21 aprile 1970, ripresa dall'art. 1 
del regolamento n. 2/71, tali riscossioni vengono effettuate dagli Stati 
membri in conformit� alle loro leggi, r�golamenti e disposizioni amministratiye. 


Le controversie relative alla restituzione degli importi percepiti per 
conto della Comunit� rientrano, quindi, nella competenza dei giudici nazionali 
e vanno risolti da questi ultimi a norma del loro diritto nazionale, 
ove il diritto. comunitario non abbia disposto in materia. 

In mancanza di disposizioni comunitarie su questo punto, spetta attualmente 
alle autorit� nazionali di disciplinare, in caso di restituzione di 
tributi indebitamente percepiti, tutte le questioni accessorie relative a tale 
restituzione, quali l'eventuale versamento d'interessi. 

Il Tribuna! d'instance era quindi competente in via esclusiva a decidere 
relativamente all'attribuzio:p.e d'interessi ed � proprio in forza di questa 
competenza ch'esso ha risolto tale questione nella sentenza 22 aprile 1975 
che, del resto, non � stata impugnata. 

Stando cosi le cose, il capo della domanda diretto all'attribuzione d'interessi 
sulle somme indebitamente riscosse � irricevibile. 

Sul risarcimento richiesto in relazione al pregiudizio 
per le condizioni di concorrenza 

Risulta dalla memoria integrativa, depositata a seguito della sentenza 
pronunziata dal Tribuna} d'instance, che il rimborso degli importi compen



522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .. 

sativi indebitamente percepiti compensa, a soddisfazione della ricorrente, 
gli svantaggi da essa subiti nelle proprie operazioni di esportazione. 

Il danno che la. ricorrente assume di aver subito risulta, stando alle 
sue dichiarazioni, dal fatto che i suoi concorrenti stranieri avrebbero fruito, 
grazie al versamento degli importi compensativi sull'im1mrtazione di prodotti 
amilacei in Francia, di condizioni di smercio pi� sfavorevoli di quelle 
della ricorrente e che, quindi, le condizioni di concorrenza sarebbero state 
falsate a suo danno. 

A sostegno di quest'asserzione, la ricorrente ha prodotto dati statistici 
destinati a provare l'incremento globale, durante il periodo considerato, 
delle importazioni di prodotti amilacei nella Repubblica Francese. 

Riconoscendo essa medesima la difficolt� di provare l'esatta incidenza 
di questo andamento sui propri interessi commerciali, la ricorrente si 
� limitata a chiedere un'indennit� simbolica a risarcimento del danno 
subito. 

Da parte sua, la Commissione ha contestato che tali statistiche siano 
probanti,_ richiamando l'attenzione in particolare sul fatto che, durante il 
medesimo periodo, le esportazioni francesi negli altri Stati membri erano 
altresl aumentate notevolmente, anzi, relativamente a taluni prodotti di 
cui � causa, in una proporzione di gran lunga superiore alle importazioni. 

Questa constatazione sarebbe sufficiente a provare che il movimento 
congiunturale addotto dalla ricorrente non trae origine dall'istituzione degli 
importi compensativi contestati. 

A termini dell'art. 215, secondo comma, la Comunit� deve risarcire, 
conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli St�ti membri, 
� i danni cagionati dalle sue istituzioni �. 

Dato e non concesso che l'illegittimit� del regolamento della Commissione 
n. 218/74, rispetto ai regolamenti di base del Consiglio, accertata 
dalla sentenza di questa Corte 12 novembre 1974, dia luogo a responsabilit� 
della Comunit�, resta il fatto che la ricorrente non ha provato il danno che 
assume di aver subito. 

Invitata espressamente dalla Corte ad integrare sotto questo profilo il 
fascicolo della sua domanda, la ricorrente si � limitata a produrre statistiche 
globali la cui interpretazione resta incerta, senza fornire la prova 
di un pregiudizio concreto da �ssa specificamente subito nella condotta 
dei suoi affari n� di un nesso di causalit� tra detto pregiudizio e le misure 
adottate dalla Commissione. 

II fatto di aver ridotto la sua pretesa ad un'indennit� simbolica non 
esime la ricorrente dal provare il danno subito. 
Quindi, questo capo della domanda va respinto. -(Omissis). 

III 
(Omissis). -In diritto. Con atto introduttivo depositato il 1� ottobre 
1974, il ricorrente ha chiesto che la Comunit� Economica Europea 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

venga condannata a risardre il danno da esso assertivamente subito in 
conseguenza dell'abolizione, disposta con regolamento della Commissione 
26 gennaio 1972, n. 189 (G.U. n. L 24 del 28 gennaio 1972, pag. 25), degli 
importi compensativi monetari per i semi di colza e di ravizzone e per 
gli� olii ricavati da tali semi. 

Questa Corte, con sentenza interlocutoria 14 maggio 1975 (Racc. 1975, 
pag. 533), ha statuito che la Commissione � tenuta a risarcire il ricorrente 
della perdita da questi subita, a causa dell'emanazione del regolamento 

n. 189/72, nell'effettuare talune esportazioni per le quali le licenze rilasciate 
il 6 gennaio 1972 avevano fissato le restituzioni. 
La Corte ha concesso alle parti un certo termine per concordare l'entit� 
della somma dovuta per il risarcimento. Non essendo stato raggiunto 
un accordo, il ricorrente ha comunicato alla Corte, in data 11 dicembre 
1975, l'importo che costituisce oggetto della sua� pretesa. La Commissione, 
in una memoria� complementare del 15 dicembre 1975, ha sostenuto 
che, dai 'documenti prodotti dal ricorrente, questi risulta, non aver subito 
alcuna perdita ai sensi della sentenza interlocutoria del 14 maggio. 

Da questa sentenza emerge che la perdita risarcibile � quella causata 
al ricorrente dalla repentina abolizione degli importi compensativi, per il 
fatto che l'interessato si sia trovato nuovamente esposto, nell'esecuzione 
di impegni commerciali inderogabili, ad un rischio di cambio contro il 
quale esso poteva -ritenersi tutelato dal sistema dei suddetti importi. Di 
conseguenza, non si pu� ammettere che il ricorrente abbia subito un 
danno, qualora esso non sia stato di nuovo esposto ad un rischio di cambio, 
ovvero tale rischio, pur esistendo in astratto, non si sia realizzato 
nella fattispecie. 

Ci� premesso, � opportuno procedere all'esame dell'esecuzione del 
contratto stipulato il 15 giugno 1971 fra il ricorrente e I'� Office national 
de Commercialisation � algerino, con riguardo alle forniture per le quali 
era stata prefissata la restituzione all'esportazione. 

Secondo le clausole contrattuali, l'acquirente aveva la scelta fra il 
pagamento in dollari ed il pagamento in franchi francesi, il che implicava, 
in seguito alla caduta del dollaro, verificatasi dopo la firma del contratto, 
un rischio per il ricorrente. 

L'opzione a favore dell'acquirente restava in vigore -per quanto 
riguarda le partite in questione, consegnate nel periodo compreso fra il 
25 aprile ed il 4 luglio 1972 -fino al pagamento delle somme liquidate 
nelle fatture provvisorie, effettuato pochi mesi dopo la consegna della 
merce, e fino a quello, intervenuto alquanto pi� tardi, del saldo da versare 
in base alle fatture finali. 

Poich� tutti i pagamenti sono stati, in 'definitiva, effettuati in franchi 
francesi, il rischio di cambio, pur essendo esistito per un certo periodo, 
non si � tuttavia realizzato. 


RASSEGNA DELL'AVvOCATURA DELLO STATO

524 

Resta da accertare se il ricorrente non abbia potuto -come esso 
assume -ottenere il pagamento in franchi francesi solo in quanto contropartita 
della sua rinunzia agli interessi di mora, che, come poteva presumersi 
in base a precedenti esperienze, sarebbero maturati per le partite 
in questione, il che � in effetti avvenuto. Bench� non possa escludersi, in 
linea di principio, che una siffatta contropartita costituisca eventualmente, 
ai sensi della sentenza interlocutoria, una perdita subita dal ricorrente, 
� a questi che incombe l'onere di provare che, in realt�, solo rinunziando 
agli interessi di mora esso � riuscito ad ottenere il pagamento in franchi 
francesi. 

In proposito, il ricorrente richiama, in primo luogo, le trattative svolte 
con l'acquirente nel marzo 1972 e, inoltre, l'accordo di carattere generale 
intervenuto fra le due parti contraenti mediante lo scambio di lettere in 
data 11 e 20 giugno 1974. 

Quanto alle trattative del marzo 1972, il ricorrente non -ha pienamente 
provato di essersi impegnato in modo defintivo a rinunziare agli interessi 
di mora come contropartita della rinunzia, da parte dell'acquirente, alla 
opzione spettantegli in materia di pagamento, e neppure che l'acquirente 
sia stato indotto ad optare per il pagamento in franchi francesi dal fatto 
che il ricorrente abbia dichiarato di esser disposto a rinunziare agli interessi 
in parola. 

Quanto all'accordo del giugno 1974, esso risulta essere una transazione 
globale, relativa a vari problemi controversi fra le parti, non solo riguardo 
agli interessi di mora ed al contratto del 1971, ma anche in merito ad 
altri punti relativi ad ulteriori contratti. Di conseguenza, esso non pu� 
essere considerato come la prova decisiva di un rapporto causale fra la 
rinunzia agli interessi sul pagamento delle quattro partite in questione e 
la scelta effettuata dall'acquirente circa il mezzo di pagamento; di tale 
scelta, infatti, non si fa neppure menzione nelle lettere da cui risulta il 
suddetto accordo. 

Il ricorrente non ha quindi provato di aver subito una perdita, di 
cui la C?mmissione sarebbe tenuta a risarcirlo. Il ricorso va perci� respinto. 
-(Omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 15 giugno 1976, 
nella causa 113/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Warner -Domanda di 
pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale di Genova nella causa 
Frecassetti (avv. Catalano) c. Ministero delle finanze -Interv.: Commissione 
delle Comunit� europee (dott. Marenco) e Governo italiano 
(avv. Stato Marzano). 

Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati � Giorno 
dell'importazione � Definizione. 
(regolamenti del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, art. 17, e 13 giugno 1967, n. 120, art. 15). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 525 

Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazione comuni dei mercati � Pre� 

lievi � Data rilevante per la determinazione del dazio doganale � Crite� 

rio di individuazione � Applicabilit� in tema di prelievi � Esclusione. 

{d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, disp. prel., art. 6; raccomandazione della Commissione 
25 maggio 1962). 
Il �giorno dell'importazione� contemplato dall'art. 17 del regolamento 
del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19 e dall'art. 15 del regolamento del Consiglio 
13 giugno 1967, n. 120 � quello in cui la dichiarazione d'importazione 
della merce viene accettata dagli uffici doganali (1). 

La raccomandazione 25 maggio 1962 della Commissione delle Comunit� 
europee, � relativa alla data da prendere in considerazione per la determinazione 
del dazio doganale applicabile alle merci dichiarate per l'immissione 
in consumo�, non pu� applicarsi ai prelievi (2). 

(1-2) Dazi, prelievi, e . � giorno dell'importazione �. 

1. � Con la-sentenza in rassegna la Corte di giustizia delle Comunit� europee, 
escludendo a priori (in contrasto con la soluzione sostenuta da tutte le parti 
in causa) l'applicabilit� al regime dei prelievi del criterio segnalato con la raccomandazione 
29 giugno 1962 della Commissione CEE (e recepito, com'� noto, all'art. 
6 delle disposizioni preliminari della tardffa doganale approvata con d.P.R. 
26 giugno 1965, n. 723), ha iin definitiva affermato che il prelievo va applicato 
sempre con l'aliquota vigente il giorno in cui la dichiarazione d'importazione viene 
accettata dagli uffici doganali (quale che sia la data dell'effettivo sdoganamento). 
In tale valutazione, peraltro, sembra che non sia stata esattamente intesa 
la portata del sistema di sdoganamento con buoni a riprese, contemplato, in 
effetti, soltanto dall'ordinamento doganale italiano; ed � prevedibile, comunque, 
che l'applicazione del criterio indicato dalla Corte di giustizia dar� luogo ad 
inconvenienti pratici,di non indifferente portata, specialmente nella ipotesi (pure 
espressamente segnalata nelle difese scritte) in cui siano dovuti insieme dazio e 
prelievo. 

Va rilevato, in particolare, che la soluzione adottata dalla Corte di giustizia 
� opposta a quella con la quale le Sezioni unite della Corte di cassazione, partendo 
dallo stesso presupposto (inapplicabilit� al regime dei prelievi dell'art. 6 
delle disposizioni preliminari della tariffa doganale), avevano invece affermato, 
con la sentenza 3 dicembre 1975, n. 4004, che il prelievo applicabile � (sempre) 
quello della data in cui la merce viene rilasciata nella libera disponibilit� clell'importatore. 


Va pure rilevato, inoltre, che la Corte di giustizia, pur escludendo l'applicabilit� 
ai prelievi della raccomandazione 25 maggio 1962 della Commissione CEE, 
non si � pronunciata espressamente sull'ammissibHit� (o ricevibilit�), ai sensi dell'art. 
177 del trattato CEE, di quesiti volti ad ottenere la interpretazione di raccomandazioni 
(o pareri), e quindi di atti a priori ed in astratto non suscettibili 
di applicazione, come si era osservato nella memoria presentata per il Governo 
italiano (amplius, infra), da parte del giudice nazionale, e la cui interpretazione 
perci� non potrebbe comunque assumersi � ne~essaria per emanare la sua 
sentenza�. 

2. -L'interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, comunque, sar� evidentemente 
risolutiva nelle numerose controversie pendenti, anche dinanzi alla 

/ 


526 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 31 ottobre 1975, pervenuta 
in cancelleria il 25 novembre successivo, il Tribunale di Genova ha sottoposto 
a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., talune questioni 
pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della nozione di � giorno 
dell'importazione � per la determinazione del prelievo da applicare ai cereali, 
ai sensi degli artt. 17 del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, 

Corte di cassazione, relativamente ad ipotesi in cui � stato applicato, nella liquidazione 
e riscossione dei prelievd, il criterio stabilito dall'art. 6 delle disposizioni 
preliminari della tariffa doganale, risultando anzi assorbente rispetto alle varie 
questioni discusse tra le parti in causa, ed in particolare rispetto a quella con� 
cernente la esigenza della forma scritta per la richiesta consentita dall'art. 6 
delle disposizioni preliminari della tariffa. 

La soluzione adottata dalla Corte di giustizia pone inoltre il problema della 
necessit� di provvedere al recupero nei confronti degli importato11i che hanno usufruito, 
a richiesta, della pi� favorevole aliquota vigente alla data dello sdogana� 
mento, dei maggiori prelievi che si sarebbero dovuti invece riscuotere: iniziative 
in ordine alle quali ogni determinazione potrebbe risultare influenzata, peraltro, 
dall'esito della causa pregiudizial� di interpretazione 33/76, nella quale il Governo 
italiano ha segnalato alla Corte di giustizia la possibilit� di non considerare 
la errata applicazione di diritti doganali e la restituzione (o il recupero) delle 
relative somme come aspetti di una unitaria questione, e di escludere, quindi, 
l'obbligo della restituzione (o del recupero) in ipotesi in cui debba poi prendersi 
atto che la normativa comunitaria non � stata osservata. 

A commento della decisione .in rassegna (nella cui motivazione, invero sommaria 
e non esauriente, risultano considerati taluni profili soltanto delle questioni 
discusse tra le parti) � sufficiente il richiamo a quanto osservato nella memoria 
presentata per il Governo italiano, qui di seguito trascritta: memoria con la quale 
� stato in effetti sostenuto proprio il principio enunciato nella prima massima, 
come non necessariamente preclusivo, peraltro, della possibilit� di aver riguardo 
alla data dell'effettivo sdoganamento. 

3. -Con dieci dichiarazioni accettate dal competente ufficio doganale i 
giorni 26 maggio 1967 (due), 1 giugno 1%7 (due), 6 giugno 1967, 8 giugno 1967 (due), 
19 giugno 1967, 12 dicembre 1967, e 31 gennaio 1968 il sig. Giordano Frecassetti, 
titolare della ditta �L'Agricola�, dichiarava per l'importazione definitiva in Italia 
dieci partite di cereali, per complessivi Kg. 4.731.833. 
Dopo l'accettazione delle dichiarazioni di importazione, e prima dello sdoganamento 
delle merci, J,a ditta importatrice chiedeva, con specifiche domande, e 
talora con pi� domande successive per la stessa partita, l'applicazione del minor 
prelievo vigente alla data di ciascuna domanda. 

La ditta importatrice, cio�, ogni volta che il prelievo risultava stabilito in 
importo minore di quello vigente alla data di accettazione della dichiarazione 
di importazione o di quello vigente alla data di presentazione di una precedente 
domanda, chiedeva che tale minore prelievo fosse applicato quando le singole partite 
(o i loro residui quantitativi) sarebbero state sdoganate. 

Tale criterio veniva in effetti applicato, erroneamente, dal competente ufficio 
doganale, con liquidazione dei diritti di prelievo quindi, per ciascun quantitativo 
sdoganato, sulla base del prelievo vigente alla data in cui era stata chiesta l'appli� 
cazione del prelievo pi� favorevole; ed il prelievo applicato risultava perci�, in 
concreto, ed in relazione alle varie domande proposte o riproposte dalla ditta im� 
portatrice, il meno elevato di quelli in vigore nel periodo intercorso tra la data 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

527 

n. 19 (G.U. del 20 aprile 1962, pag. 933) e 15 del regolamento (C.E.E.) del 
Consiglio 13 giugno 1967, n. 120 (G.U. del 19 giugno 1967, pag. 2269). 
Le suddette questioni sono state. sollevate nel corso di una causa relativa 
alla fissazione dell'aliquota del prelievo concessa ad un importatore 
di granoturco, avendo questi fatto sdoganare la merce a pi� riprese. Poich�, 
nel frattempo, i prelievi comunitari avevano subito delle variazioni, 

di accettazione della dichiarazione di ,importazione e quella di sdoganamento dei 

singoli quantitativi delle merci importate. 

In sede di verifica ispettiva, peraltro, veniva rilevata l'erroneit� del criterio 

impositivo adottato e si procedeva quindi a nuova liquidazione dei prelievi dovuti, 

con applicazione del prelievo vigente alla data di accettazione della dichiarazione 

doganale (o di quello vigente alla data dello sdoganamento di ciascun quantita


tivo, se pi� favorevole all'importatore), e prescindendosi dagli eventuali minori 

prelievi medio tempore vigenti; e veniva quindi intimato alla ditta importatrice 

il pagamento dei maggiori preliev,i dovuti. 

Il sig. Giordano Freoassetti, titolare della ditta importatrice, si opponeva alla 

ingiunzione di pagamento, deducendo la legittimit� e la esattezza del criterio adot


tato, all'atto dello sdoganamento, nella liquidazione delle somme dovute a titolo 

di prelievo. 

La convenuta Amministrazione, nel costituirsi in giudizio, contestava la fon


datezza della opposizione, evidenziando rassurdit� di un criterio con il quale 

si svincolasse l'applicazione dei prelievi dalla data dell'importazione. 

Con ordinanza 31 ottobre � 11 novembre 1975 il tribunale di Genova, segnalando 
di aver in precedenti occasioni affermata l'applicabilit� del solo prelievo 
vigente alla data dell'effettivo sdoganamento delle merci importate, e considerando 
peraltro la posstibilit� di ritenere applicabile anche in tema di prelievi, 
.quanto meno in via analQgica, il criterio mdicato nella raccomandazione 25 maggio 
1962 della Commissione delle Comunit� europee, ha ravvisato la opportunit� 
di rimettere alla Corte di giustizia, ari sensi dell'art. 177, secondo comma, del 

trattato di Roma, le questioni relative: 

� 1 � all'interpretazione dell'art. 17 del regolamento CEE 4 aprile 1962, n. 19, 

e dell'art. 15 del regolamento CEE 13 giugno 1%7, n. 120, nel punto m cui viene 

stabilito che � il prelievo che deve essere riscosso � quello applicabile il giorno 

dell'importazione�, al fine di chiarire: 

a) se per � giorno dell'importazione� deve intendersi il giorno di presenta


zione da parte dell'importatore, o di accettazione da parte della dogana, della 

dichiarazione di importazione della merce, ovvero il giorno in cui la merce viene 

lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore dopo esaurite le operazioni di 

sdoganamento della merce stessa; 

b) se, nell'ipotesi in cui una partita di merce venga sdoganata a pi� riprese, 

debba intendersi per � giorno della importazione � quello dello sdoganamento di 

ogni singolo quantitativo di merce, o quello in cui avviene lo sdoganamento del 

primo ovvero dell'ultimo quantitativo della stessa partita di merce;, 

e) se, nell'ipotesi in cui intervengano variazioni nella misura del prelievo fra 

la data di presentazi�ne o accettazione della dichiarazione di importazione e la 

data dello sdoganamento della merce, possa trovare applicazione H prelievo fra 

quelli vigenti nelle due date suddette, o anche quello, in ipotesi ancora inferiore, 

in vigore dn una data intermedia fra le altre due; 

� 2 -all'interpretazione della raccomandazione della Commissione CEE diretta 

agli Stati membri in data 25 maggio 1962, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

528 

l'attore nella causa principale chiedeva, nelle varie domande di sdoganamento, 
ed otteneva, l'applicazione dell'aliquota di prelievo vigente il giorno 
di presentazione delle singole domande, qualora essa fosse pi� favorevole 
di quella in vigore il giorno dell'accettazione della dichiarazione d'importazione 
ovvero il giorno della presentazione di una precedente domanda 
di estrazione. In seguito ad un controllo, l'amministrazione convenuta nella 

Comunit� europee 29 giugno 1962, al fine di chiarire se tale raccomandazione, avente 
per oggetto i dazi doganali, possa trovare applicazione anche in materia di 
prelievi comunitari�. 

4 -A norma dell'art. 6 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale 
approvata con d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, e secondo criterio gi� adottato nelle 
precedenti analoghe disposizioni, i dazi. doganali venivano applicati, in Italia, nella 
misura vigente alla data in cui si consegnava la dichiarazione per introduzione in 
consumo e si presentava la merce: ma la disposizione precisava che nel caso di 
variazioni � si applicano, tuttavia, i nuovi dazi anche nel caso in cui sia stata gi� 
presentata la merce e consegnata la dichiarazione, quando il nuovo regime risulti 
per l'importatore pi� favorevole di quello preesistente �. 

Con raccomandazione del 25 maggio 1962 la Commissione delle Comunit� europee, 
auspicando l'applicazione, fin dal periodo transitorio, di regole uniformi 
in materia doganale, e sottolineando la necessit� di fissare con precisione la 
data da prendere in considerazione per la determinazione dell'aliquota del dazio 
applicabile all'importazione, raecomandava agli Stati membri di considerare 
applicabile alle merci dichiarate per l'immissione in consumo l'aliquota del dazio 
vigente � alla data in cui il servizio doganale accetta l'atto con il quale i.I dichiarante 
manifesta la sua volont� di immettere in consumo dette merci � (n. 1) e di 
prevedere anche che � nel caso in cui dopo la data indicata nel paragrafo I, ma 
prima che sia ,stata data dal servizio doganale l'autorizzazione per l'uscita della 
merce intervenga una riduzione nell'aliquota del dazio doganale applicabile ad 
una merce dichiarata per l'immissione in consumo il dichiarante pu� chiedere l'applicazione 
dell'aliquota pi� sfavorevole� (n. II). 

Tale criterio, inizialmente oggetto di talune circolari, � stato recepito, alla 
lettera, e con modifica della precedente formulazione, all'art. 6 delle disposizioni 
preliminari della tariffa approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, con il quale 
� stato disposto che � alle merci dichiarate per l'importazione i dazi si applicano 
secondo faliquota vigente alla data in cui � accettata dalla dogana la dichiarazione 
di importazione� e che quando dopo tale data � intervdene una variazione 
del dazio, l'importatore pu� chiedere l'applicazione del. dazio pi� favorevole purch� 
la merce non sia stata gi� lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore 
stesso �; e lo stesso criterio � stato adottato, per quanto consta, anche dagli altri 
Stati destinati della raccomandazione. 

5. -La questione di fondo proposta dal giudice nazionale investe l'applicabilit� 
dell'indicato criterio, espressamente riferito ai dazi doganali, anche ai prelievi 
riscossi amimportazione dei prodotti agricoli; e ci� in ragione della interpretazione 
da dare all'art. 17, n. 1, del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, 
ed all'art. 15, n. l, del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, secondo 
cui il prelievo da riscuotere � � quello applicabile il giorno della importazione �. 
In particolare, il giudice nazionale segnala di aver in precedenti analoghe 
controversie ritenuto che per � giorno dell'importazione� deve intendersi non 
quello di accettazione della dichiarazione di importazione ma quello in cui la 
merce viene lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore; ed assume di aver 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 529 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 529 
causa principale ingiungeva all'importatore il pagamento di una somma 
supplementare a titolo di prelievo. 

Con la prima questione, si chiede alla Corte d'interpretare l'art. 17 
del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, e l'art. 15 del regolamento 
(C.E.E.) del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, nella parte in cui essi 
dispongono che � il prelievo che deve essere riscosso � quello applicabile 
il giorno dell'importazione �, al fine di chiarire: 

a) se per � giorno dell'LTD.portazione � deve intendersi il giorno di 
presentazione da parte dell'importatore, o di accettazion_e da parte delta 

adottato tale criterio per essersi attenuto all'interpretazione enunciata nella 
sentenza 15 dicembre 1971, resa nella causa 35/71, Schleswig-Holsteindsche Hauptgenossenschaft, 
con la quale la Corte di giustizia ha statuito che � per quanto 
riguarda le merci depositate in un magazzino in regime di sospensione del prelievo, 
l'art. 15 del regolamento del Consiglio della Comunit� economica europea 

n. 120/67 va interpretato nel senso che il giorno dell'importazione o quello in 
cui viene effettuata l'importazii:me � .il giorno in cui le merci vengono ritirate 
dal magazzino, 3,1 che implica ch'esse vengono messe denitivamente in libera 
pratica� (Racc., 1097). 
6 � Prima di esaminare i quesiti proposti appare quindi opportuno rilevare 
l'equivoco dal quale sembra condizionata la valutazione del giudice nazionale, 
quello, cio�, di ritenere che la individuazione della data rilevante per la determinazione 
del prelievo applicabile in quella dell'effettivo sdoganamento sarebbe 
imposta dalla interpretazione fornita dalla Corte di giustizia nella sentenza resa 
nella causa 35/71. 

Prima facie, invero, potrebbe sembrare che tale decisione sia risolutiva anche 
ai fini in esame, specialmente per l'affermazione, in essa contenuta, secondo cui 
� l'aliquota del prelievo � perci� quella vigente il giorno in cui la merce viene 
messa definitivamente in libera pratica �. 

In effetti, per�, la dedsione, come risulta dallo stesso dispositivo sopra 
riprodotto (e dalle varie questioni discusse tra le parti in causa), si riferisce 
alfa particolare ipotesi del deposito in regime di sospensione del prelievo (prima 
prevista nell'ordinamento tedesco), e quindi ad una ipotesi nella quale le merci 
potevano restare depositate, nonostante una formale domanda di sdoganamento, 
anche cinque anni, e rispetto alla quale, comunque, la effettiva importazione veniva 
ad essere effettuata in un momento necessariamente successivo. 

Si trattava, in particolare, di valutare quale prelievo dovesse applicarsi alle 
merci depositate in regime di sospensione del prelievo, e se la prefissazione 
del prelievo rimanesse rilevante quando le merci fossero ritirate dai magazzini 
dopo la scadenza del termine di validit� del titolo; ed � con riguardo a tale 
prospettiva, quindi, che vanno considerate le enunciazioni di principio contenute 
nella decisione, ed in particoLare l'affermazione secondo cui � l'aliquota del 
prelievo da applicare nel caso in cui le merci vengono ritirate dal magazzino 
solo dopo la scadenza del termine di validit� della licenza con prefissazione 
del prelievo � quella� del giorno del ritiro della merce stessa dal magazzino "� 

La specie discussa neila causa 35/71 concerneva, quindi, nella sostanza, un 
regime di deposito doganale, e cio� una ipotesi diversa da quella ora in di� 
scussione. 

Il deposito doganale, infatti, costituisce di norma una delle possibili destinazioni 
doganali, del tutto autonoma e distinta dalla importazione definitiva; ed 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

530 

dogana, della dichiarazione di importazione della merce, ovvero il giorno 
in cui la merce viene lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore 
dopo esaurite le operazioni di sdoganamento della merce stessa; 

b) se, nell'ipotesi in cui una partita di merce venga sdoganata a pi� 
riprese, debba intendersi per � giorno dell'importazione � quello dello sdoganamento 
di ogni singolo quantitativo di merce, o quello in cui avviene 
lo sdoganamento del primo ovvero dell'ultimo quantitativo della stessa 
partita di merce; 

alle merci immesse nei depositi pu� essere data, dn tutto o in parte, qualsiasi 
(altra) destinazione doganale, previa autonoma, specifica e distinta dichiarazione. 

Una questione quale quella in esame (analoga a quella gi� decisa solo perch� 
la normativa tedesca all'epoca vigente, pur ammettendo la riesportazione delle 
meroi in deposito, prevedeva anche per tali merci una domanda di sdoganamento) 
pu� quindi venire in rilievo, relativamente alle merci in deposito, soltanto quando 
siano dichiarate per l'importazione definitiva (e cio� quando sia mutata la originaria 
destinazione doganale), e con esclusivo riferimento_ alla possibile non 
coincidenza della data in cui tale nuov1a dichiarazione viene presentata ed accettata 
con quella in cui la merce viene di fatto svincolata; e non era certo questa 
la ipotesi in discussione nella causa 35/71. 

7 -La questione proposta dal giudice del rinvio si pone, in particolare, nel 
caso in cui l'ufficio doganale consenta che Je merci dichiarate per l'importazione 
definitiva siano visitate a riprese, quando cio� l'importatore ottenga il permesso 
di sdoganare le merci non in unica soluzione ma in varie riprese: ed a tale 
ipotesi occorre aver quindi !lliguardo, nell'ambito della normativa comunitaria, e 
senza quindi necessit� di segnalare e commentare, in questa sede, le specifilche 
disposizioni in argomento previste nella legislazione doganale italiana. 

Di norma, la dichiarazione di importazione definitiva viene accettata soltanto 
quando sia stato gi� verificato (occorrendo a mezzo di analisi e controlli) che i 
prodotm possono essere importati, che non sussistano, cio�, divieti o preclusioni, 
anche di carattere sanitario, che impediscano di consentire l'importazione. 

Accettata la dichiarazione, si procede alla visita delle merci (per accertarne 

la qualit�, la quantit�, il valore e l'origine) e quindi alla liquidazione dei diritti 

dovuti; ed anche quando . eventuali contestazioni con l'importatore o la quali


ficazione stessa delle merci rendono necessario il ricorso ad analisi e ad es�mi 

tecnici, ci� non � di ostacolo all'effettivo sdoganamento delle merci, al quale 

si procede con liquidazione provvisoria dei diritti e previa prestazione di adeguata 

cauzione per i maggiori diritti che potrebbero risultare dovuti: adempimenti 

a seguito dei quali l'importatore consegue la libera disponibilit� delle merci e 

che gli consentono quindi, senza necessit�, ovviamente, di alcuna specifica auto


rizzazione, di ritirare le merci dagli spazi doganali. 

All'importatore pu� tuttavia essere permesso, in considerazione di esigenze 

comunemente avvertite nelle relazioni commerciali, e comunque previa specifica 

valutazione dell'ufficio doganale sulle dedotte necessit� di ordine tecnico, di 

procedere allo sdoganamento con buoni a riprese (con estrazione dagli spazi 

doganali, cio�, di singoli quantitativi detle merci gi� dicMarate per l'importazione 

definitiva); e quando tale permesso sia concesso, per un termine non superiore 

a quindici giorni, e previo deposito dei diritti dovuti (aumentati di un decimo) 

o prestazione di cauzione, la visita viene limitata quindi �ai singoli quantitativi 
estratti; ed alla liquidazione definitiva dei diritti, si provvede, perci�, sulla 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

531 

e) se, nell'ipotesi in cui intervengano variazioni nella misura del 
prelievo fra la data di presentazione o accettazione della dichiarazione di 
importazione e la data dello sdoganamento della merce, possa trovare 
applicazione il prelievo inferiore fra quelli vigenti nelle due date suddette, 

o anche quello, in ipotesi ancora inferiore, in vigore in una data intermedia 
fra le altre due. 
Con la seconda questione si chiede l'interpretazione della raccomandazione 
della Commiss�one C.E.E. diretta agli Stati membri in data 25 mag


base dei vari buoni a ripresa di volta in volta rilasciati: procedura che si risolve, 
nella sostanza, soltanto in una semplificazione delle formalit� doganali, essendo 
evidente che allo stesso utile risultato i singoli operatori potrebbero altrimenti, 
e comunque pervenire con separate dichiarazioni di importazione, o dichiarando 
le merci per il deposito (e cio� per una delle possibili destinazioni doganali) e 
dichiarandone quir).di l'importazione definitiva, per ciascun frazionato quantitativo, 
quando volessero in concreto disporne. 

Anche nel caso di sdoganamento con buoni a riprese, il prelievo viene applicato 
secondo l'aliquota vigente alla data di accettazione della dichiarazione doganale 
di importazione definitiva, che determina la destinazione delle merci al 
c;.onsumo nel territorio� comunitario. 

In base allo stesso criterio applicato dn tema di dazi doganali viene peraltro 
consentito all'importatore di chiedere J'applicazione, per ciascun quantitativo 
visitato e sdoganamento dell'eventuale pi� favorevole prelievo vigente alla data 
in cui viene utilizzato ciascun buono a ripresa: richiesta necessariamente formale, 
s'intende, sia per la necessit� di evitare possibili collusioni e le assurde 
conseguenze altrimenti ipotizzabili, sia perch� resti documentato e controllabile, 
comunque, che il prelievo pi� favorevole � stato applicato per la prescritta e 
condizionante richiesta dell'importatore (e non, ad esempio, per errore dell'ufficio 
doganale, suscettibile, come tale, di successiva rettifica). . 

:E!. con riferimento a tale ipotesi, quindi, che � stato chiesto �J.la Corte di 
interpretare l'a11t. 17, n. l, del regolamento 19/62 e .l'art. 15, n. l, del regolamento 
120/67, ed al fine specifico di accertare se con la corretta interpretazione di tali 
norme sia compatibile il criterio di norma applicato, in sede comunitaria, per 
i dazi doganali. 

8. � Certamente, utili elementi ai fini in esame possono desumersi dalle stesse 
norme comunitarie ed mparticolare da quelle nelle quali risulta implicita, quantomeno, 
la definizione della nozione di � giorno dell'importazione �: definizione 
normativa alla quale non pu� certo negarsi rilevanza, specialmente quando si 
consideri che l'applicazione del prelievo vigente il giorno dell'importazione risulta 
espressamente disposta soltanto nei regolamenti concernenti l'organizzazione 
comune dei mercati nel settore dei cereali, mentre analoghe disposizioni non 
risultano contemplate nei vari regolamenti relativi alle altre organizzazioni comuni 
dei mercati agricoli. 
L'art., 1 del regolamento 21 dicembre 1967, n. 1041, abrogato con l'art. 16, 

n. 1, del regolamento 7 gennaio 1975, n. 192, gi� precisava, espressamente, che 
giorno dell'esportazione � � quello in cui il servizio delle dogane accetta l'atto 
con il quale il dichiarante manifesta la sua volont� di procedere all'esportazione� 
(n. 1); che l'accettazione della dichiarazione � considerata �come adempimento 
delle formalit� doganali� (n. 2); e che �il giorno dell'adempimento delle formalit� 
doganali � determinante per stabilire la quantit�, la natura e le caratte

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

532 

gio 1962, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunit� Europee 29 giugno 
1962, al fine di chiarire se tale raccomandazione, avente per oggetto 
i dazi doganali, possa trovare applicazione anche in materia di prelievi 
comunitari. 

Le autorit� competenti in materia di applicazione dei prelievi, che 
si tratti dell'amministrazione doganale o dell'ente d'intervento, non possono 
prorogare la fissazione della relativa aliquota oltre la data contem


cistiche del prodotto esportato� (n. 3); ed � evidente che criterio corrispondente 
a quello al quale sono ispirate tali definizioni (oltretutto ribadite, e negli stessi 
termini, con l'art. 2 del rego1amento 17 gennaio 1975, n. 192) deve ritenersi applicabiJe 
anche per la �ipotesi di importazione. 

L'art. 5 del regolamento 27 giugno 1968, n. 803, inoltre, stabilisce che il 
momento da prendere in considerazione per la determinazione del valore in 
dogana �, � per le merci dichiarate per la diretta immissione in consumo, la 
data in cui l'ufficio di dogana accetta l'atto mediante il� quale il dichtarante 
manifesta ia volont� di procedere all'immissione in consumo di dette merci�; 
ed � certamente significativo, in argomento, il criterio secondo cui il valore 
in dogana, per le merci introdotte in uno Stato membro ed inoltrate in altri 
Stati attraverso i territori austriaco o svizzero, va determinato � prendendo in 
considerazione H primo luogo d'introduzione nella Comunit�� (art. 1 del regolamento 
19 giugno 1970, n. 1150). 

Ulteriori elementi ermeneutici � possibile desumere anche dall'art. 15 del 
regolamento 10 luglio 1970, n. 1373, abrog�ato con l'art. 21, n. 1, del regolamento 
17 gennaio 1975, n. 193, che precisava che �l'obbligo di importare � considerato 
come adempiuto... il giorno dell'espletamento delle formalit� doganali � (n. l, 
lett. a), e specificava anche che si considera giorno dell'espletamento delle 
formalit� doganali � il giorno in cui l'ufficio doganale accetta l'atto mediante il 
quale il dichiarante manifesta la volont� di procedere all'ammissione in libera 
pratica dei prodotti� (n. 5, lett. b); e analoghe definizioni risultano riprodotte, 
rispettivamente, all'art. 17, n. 1, lett. a ed all'art. 8, lett. a, del regolamento 
17 gennaio 1975, n. 193. 

9. �Anche indipendentemente dai concorrenti fattori di valutazione che un 
analitico esame della normativa comunitaria consentirebbe di acquisire, sembra 
doversi quindi concludere, in definitiva, che per � giorno di importazione � debba 
intendersi, in via di principio, quello in cui l'ufficio doganale accetta l'atto con 
il quale sia dichiarata l'importazione definitiva; ed a tale nozione risultano del 
resto aderenti le normative doganali dei vari Stati membri. 
Con l'accettazione della dichiarazione di importazione, invero, la merce rimane 
definitivamente destinata al commercio entro il terr.itorio comunitario; e 
non appena iniziata la visita, totale o parziale, la merce si intende definitivamente 
importata (e quindi destinata al consumo nel territorio comunitario) ed � irreversibile, 
per usare la terminologia del legislatore comunitario, � la volont� di 
procedere alla immissione in consumo delle merci �. 

La validit� di tale impostazione di principio sembra del resto, confermata, 
implicitamente, anche dalla � sentem:a 15 maggio 1974, resa nella causa 186/73, 
Norddeutsches Vich-und Fleischkontor, con la quale � stato .precisato, in particolare, 
e dopo essersi enunciata la necessit� di desumere il criterio decisivo per 
lo svincolo della cauzione � da una nozione comunitaria il cui senso e portata 
non possono dipendere dalle prassi nazionali che non sono state ancora armo




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 533 

plata dalle disposizioni dei due suddetti regolamenti. Tale data � quella 
in cui gli uffici doganali abbiano accettato la dichiarazione mediante la 
quale l'importatore manifesta la propria volont� d'immettere la merce in 
consumo. Detta accettazione non pu� intervenire finch� le merci non siano 
giunte nel luogo indicato dalla dogana� per effettuare l'operazione di sdoganamento, 
e finch� non siano stati presentati i documenti necessari per 
l'immissione della merce in �consumo. 

nizzate '" che l'obbligo cli importare pu� considerarsi adempiuto alla �data di 
accettazione della dichiarazione di importazione definitiva, se la merce, sia pure 
in seguito, venga effettivamente messa dn libera pratica; ed ulteriori utili elementi 
si desumono anche dalla sentenza 28 maggio 1974, resa nella causa 3/74, Pfiitzenreuter, 
nella quale � stato affermato che � nessuna disposizione dell'art. 7 del 
regolamento, n. 102/64 vieta di considerare come importazione, ai sensi dello 
stesso articolo, l'ingresso della merce nel paese importatore, ,debitamente accertato 
dalle competenti autorit� doganali, purch� sia ugualmente fornita la prova 
che la merce � stata successivamente sdoganata e messa in libera pratica� (Racc., 
599). 

Ai prodotti soggetti al regime dei prelievi sembra quindi doversi ritenere 
applicabile, in via di principio, e secondo fo stesso criterio rilevante in .tema 
di dazi, di prelievo vigente il giorno in cui l'ufficio dQganale accetta la dichiarazione 
di importazione definitiva. 

10. -Si tratta ora di verificare se anche per i prelievi possa applicarsi la 
deroga seconda cui l'importatore pu� chiedere, quando le merci gi� definitivamente 
destinate all'immissione in consumo non siano state ancora lasciate alla 
libera disponibilit� dell'operatore interessato, l'applicazione della aliquota pi� 
favorevole vigente il giorno deilo sdoganamento. 
Non sembra invero che ad ammettere tale possibilit� ostino preclusioni di 
principio, n� che occorra nemmeno una preventiva favorevole valutazione sulla 
omologa natura dei dazi e dei prelievi. 

Ai fini in esame, appare infatti sufficiente, secondo criterio di valutazione 
altre volte adottato,. e quindi �indipendentemente dalle analogie che (il prelievo) 
pu� presentare con un'imposta o con un dazio doganale� e dall'� eventuale 
natura doganale, fiscale o di altro genere del prelievo� (Corte di giustizia, 13 dicembre 
1967, nella causa 17/67, Racc., 537 e 538), la sostanziale assimilabilit�, 
quantomeno, dei prelievi ai dazi doganali. 

Come � stato rilevato nella sentenza ora richiamata, invero, il prelievo � ha 
una funzione regolatrice del mercato non sul piano nazionale, ma sul piano 
dell'organizzazione comune; viene definito facendo riferimento ad un livello di 
prezzo determinato in funzione degli scopi del mercato comune; ha un'aliquota 
variabile e pu� mutar.e in relazione all'andamento della congiuntura, appare come 
un onere regolatore d~li scambi esterni legato ad una politica comune dei prezzi, 
indipendentemente dalle analogie che pu� rappresentare con un imposta o con 
un dazio doganale� (loc. cit., pag. 537). 

I prelievi -� stato pure precisato -� tendono principalmente a proteggere 
e a stabilizzare il mercato comunitario, evitando in particolare che le fluttuazioni 
di prezzi sul mercato mondiale si ripercuotano sui prezzi praticati all'interno 
della Comunit�� (Corte di giustizia, 15 dicembre 1971, nella causa 35/71, cit.). 

Gi� in via di principio, quindi, sembra doversi ritenere che i prelievi e i 
dazi doganali, se pur con finalit� non del tutto coincidenti, svolgono comunque 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

534 

Il prelievo agricolo ha lo scopo di compensare la differenza fra il 
prezzo vigente sul mercato mondiale ed il pi� elevato prezzo comunitario. 
Questo � principalmente destinato a proteggere e stabilizzare il mercato 
comunitario, evitando fra l'altro le ripercussioni, nell'ambito della Comunit�, 
delle variazioni dei prezzi del mercato mondiale. 

L'aumento dei prezzi sul mercato mondiale (e la conseguente diminuzione 
del prelievo) in epoca successiva alla data di accettazione, da parte 
della dogana, della dichiarazione d'importazione non deve quindi influire 

una analoga funzione e costituiscono strumenti di un uniforme criterio impositivo; 
e tale analogia di funzione, implicitamente confermata anche dallo scopo 
degli dm.porti compensativi, appare ribadita anche dalla riconducibilit� delle due 
categorie nell'unitario concetto dei diritti di confine, specialmente da quando 
i prelievi non sono pi� riscossi negli scambi tra gli Stati membri. 

L'assimilabilit� dei prelievi ai dazi doganali e la funzione protettiva, se non 
fiscale, dei prelievi riscossi all'importazione dai Paesi terzi trovano ulteriore 
conferma nei fatto stesso che la istituzione del regime dei prelievi ha fin ab initio 
comportato, ~d 'anche negli scambi intracomunitari, la inapplicabilit� dei dazi 
doganali e delle tasse di effetto equivalente, essendo quantomeno implicito, nella 
esigenza al riguardo avvertita, il riconoscimento che i prelievi. svolgono una funzione 
analoga a quella dei dazi doganali. 

Anche a proposito della questione ora in esame, del resto, utili fattori di valutazione 
� possibile desumere dalla stessa no.rmativa comunitaria, ed in particolare 
dagli accordi stipulati con i Paesi associati, e dalla tariffa doganale comune 
allegata ai regolamenti 28 giugno 1968, n. 950, e 17 novembre 1975, n. 3000, che 
contempla unitarie � disposizioni preliminari � (relative, in particolare, all'interpretazione 
della nomenclatura, alla determinazione del peso imponibile, ed alla 
definizione degli � imballaggi�) e che fa riferimento, per espressa preci~azione, 
anche al regime dei prelievi (cfr. disp. prel., lett. B, n. 5; distinzione sub aliquota 
dei dazi e relativo asterisco di :richiamo; e ultimo e terzo considerando, rispettivamente, 
dei due regolamenti); ed � certo significativo, quanto all'orientamento 
del legislatore comunitario, che nella proposta di direttiva del 21 dicembre 1973 

(volta proprio ad armonizzare le procedure di immissione in libera pratica delle 

merci) i dazi, le tasse di effetto equivalente ed i prelievi risultino contestual


mente ed uni):ariamente considerati, e nell'ambito di una unica impostazione 

(GUCE, 15 febbraio 1974, n. 14, pag. 45). 

11. -Tali considerazioni, oltre a ribadire la necessit� di far riferimento, per 
la individuazione del prelievo applicabile, alfa data di accettazione della dichiarazione 
di importazione definitiva, inducono quindi a ritenere rilevante, anche in 
tema di prelievi, la ratio stessa del criterio in base al quale si consente alJ.'importatore 
di chiedere l'applicazione dell'aliquota di dazio vigente alla data in 
cui si procede all'effettivo sdoganamento delle merci importate. 
Per i dazi come per i prelievi, in definitiva, � alla data in cui l'ufficio doganale 
accetta la dichiarazione di impartizione definitiva che deve aversi riguardo, in via 
di principio, per determinare l'aliquota applicabile; sia ,perch� � gi� da tale momento 
che la merce importata, e destinata all'immissione in consumo, influisce sul 
mercato interno e si pone in concorrenza con prodotti comunitari, sia perch� 
deve essere consentita al singolo operatore la preventiva cognizione degli oneri da 
sostenere per la importazione deMe merci che intenda immettere in consumo nel 
territorio comunitario. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

535 

sulla determinazione dell'aliquota del prelievo, che, in via di princ1p10, 
viene fissata in funzione del prezzo d'acquisto delle merci. Qualora si 
ammettesse, perci�, che le autorit� competenti possano prorogare la data 
da prendere in considerazione per fissare il.prelievo, il relativo sistema 
rischierebbe di risolversi a danno dei prodotti comunitari. 

La questione va quindi risolta nel senso che il � giorno dell'importa� 
zione � contemplato dall'art. 17 del regolamento n. 19 e dall'art. 15 del 

Tale criterio di massima non deve pregiudicare, tuttavia, la possibilit� per 
l'importatore di usufruire della mino.re aliquota vigente a11a data in cui si pro� 
cede, secondo le ancora diverse modalit� e procedure adottate nei vari Stati 
membri, al materiale sdoganamento delle merci importate, quando cio� ottiene, 
per aver superato la visita doganale e corrisposto i diritti dovuti, la concreta 
disponibilit� delle merci {segua o na, s'intende, l'effettivo ritiro delle merci dagli 
spaii doganali); e tale possibilit� va di conseguenza ammessa, in particolare, anche 
nella sopra indicata ipotesi �di sdoganamento con buoni a riprese, specialmente 
quando si cotisideri che mentre l'applicazione del prelievo vigente alla data in cui 
viene accettata la dichiarazione di importazione definitiva, eventualmente minore 
di quello applicabile alla data dello sdoganamento, si giustifica in considerazione 
delle previsioni commerciali dell'operatore interessato e della influenza gi� in 
concreto esercitata, sul mercato d.nterno, dai prodotti dichiarati per l'importazione 
definitiva, l'assoggettamento delle merci, su specifica e formale richiesta 
dell'importatore, ai minori prelievi vigenti alla data dello sdQganamento risponde 
alla esigenza di garantire la loro effettiva competitivit� sul mercato interno, 
proprio in coerenza con la funzione stessa del regime dei prelievi. 

Non pu� non essere considerato, del resto, che l'applicabilit�, a richiesta 
dell'importatore, del minore prelievo vigente alla data dello sdoganamento risulta 
espressamente preventivato nella gi� ricordata proposta di direttiva del 21 dicembre 
1973, e con esplicito riferimento, sia nella relazione sulla proposta che 
nei considerando della direttiva, alle distorsioni altrimenti possibili. 

Deve invece in ogni caso escludersi, evidentemente, la possibilit� di prendere 
in considerazione i prelievi vigenti nel periodo decorso dalla data di accettazione 
della dichiarazione di importazione �definitiva a quella di sdoganamento delle mer


ci: possibilit� che si risolverebbe invero nel consentire a ciascun operatore interessato, 
e senza alcuna possibile giustificazione, di scegliere, sia pur nel breve 
termine concesso per 1a utilizzazione dei buoni a riprese, il prelievo pi� favorevole, 
e di svincolare inoltre l'imposizione, con possibili speculazioni, ed in contrasto 
con la ratio stessa delle norme comunitarie applicabili, sia dalla data in cui le 
merci sono dichiarate per la definitiva immissione in libera pratica, sia da quella 
in cui sono lasciate alla sua libera disponibilit�. 
12. -La soluzione proposta quanto al primo quesito rivolto dal giudice nazionale 
rende superata la richiesta di interpretazione della raccomandazione 25 maggio 
1962 della Commissione delle Comunit� europee. 
Senza necessit�; per tale assorbente motivo, di un'approfondita disamina 
dei possibili profili di discussione non pu� non essere rilevato, peraltro, che tale 
richiesta dovrebbe comunque essere riconosciuta !inammissibile, e quindi irricevibile. 


Le considerazioni svolte nelle osservazioni presentate per la causa 111/75 
hanno gi� indotto a dubitare, invero, della possibilit�, per il giudice nazionale, 



536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

regolamento n. 120/67 � quello in cui la dichiarazione d'importazione della 
merce viene accettata dagli uffici doganali. 

Per i motivi sopra esposti, la raccomandazione della Commissione 
25 maggio 1962, �relativa alla data da prendere in considerazione per la 
determinazione dell'aliquota del dazio doganale applicabile alle merci dichiarate 
per l'immissione in consumo �, non pu� applicarsi ai prelievi. 

Se avesse, per contro, inteso raccomandare tale applicazione, la Commissione 
l'avrebbe fatto espressamente, visto che il provvedimento in 

di chiedere la interpretazione delle direttive, almeno quando se ne debba escludere 
(ed a tale preliminare accertamento dovrebbe quindi limitarsi la Corte di 
giustizia) una diretta ed immediata applicabilit�. 

La ricevibilit� della domanda deve quindi a maggior ragione escludersi, 
a priori, quando abbia ad oggetto la interpretazione di raccomandazioni (o pareri), 
in ragione della natura non vincolante, anche nei confronti dei destinatari, delle 
raccomandazioni (e dei pareri). 

Dall'art. 177, secondo e terzo comma, del trattato CEE risulta infatti evidente 
che il ricorso alla competente interpretazione della Corte di giustizia � predisposto 
al fine di consentire la decisione di una controversia; e gi� tale finalit�, 
e lo stesso riferimento al giudizio � sulla validit� � (privo di senso per quanto 
concerne le raccomandazioni ed i pareri) evidenziano quale portata sia da attribuire 
al termine � atti � contemplato alla lettera b delJ.a norma. 

Non pu� assumersi, del resto, che una declaratoria di irricevibilit� presuppone 
una valutazione sulla rilevanza della questione (riservata invece al giudice 
della causa di merito), proprio in quanto la inidoneit� delle raccomandazioni (e 
dei pareri), a priori ed in astratto, ad una concreta applicazione in sede giudiziale 
(tale che possa occorrerne una competente interpretazione) esclude la necessit� 
stessa di un giudizio sulla rilevanza della questione. 

N� potrebbe la ricevibilit� ammettersi, evidentemente, in ragione della utilit� 
che da una esatta interpretazione della raccomandaz~one potrebbe il giudice 
nazionale derivare ai fini della interpretazione della norma di diritto interno 
(eventualmente) emanata a seguito della raccomandazione, considerato che tale 
norma di diritto interno sarebbe il giudice tenuto comunque ad applicare, secondo 
una interpretazione riservata alla sua competenza esclusiva, risultasse o no 

i

coerente con la esatta interpretazione della raccomandazione; ed � ovvio che la 

i

ricevibilit� della domanda di interpretazione non pu� essere ammessa quando 1 
possa e debba escludersi, a priori, l'utilit� stessa, anche in astratto, della sollecitata 
interpretazione, quando possa e debba escludersi, cio�, che la pronuncia 
della Corte di giustizia sia necessaria per emanare la sentenza del giudice nazio


I nale, e non risultino quindi ricorrenti gli stessi presupposti di applicazione del! 
l'art. 177 del trattato CEE. ! 

13. -Si propone pertanto di ,affermare in diritto, a soluzione delle questioni 
proposte dal giudic� del rinvio, che per � giorno dell'importazione � deve intendersi, 
ai sensi dell'art. 17, n. 1, del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, 
I

e dell'art. 15, n. 1, del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, il giorno 
in cui l'ufficio doganale accetta la dichiarazione con la quale l'importatore manifesta 
la volont� di procedere all'immissione ,in libera pratica dei prodotti, e che 
le indicate disposizioni non impediscono di considerare come � giorno dell'im




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

537 

questione � stato adottato oltre un mese dopo la pubblicazione del regolamento 
n. 19, relativo alla graduale attuazione di �n'organizzazione co


mune dei mercati nel settore dei cereali, regolamento il quale stabilisce, 
all'art. 17, che il prelievo da riscuotere Ǐ quello applicabile nel giorno 
dell'importazione�. -(Omissis). 

portazione � -quando le merci dichiarate per l'immissione in consumo siano 
sdoganate e messe iin libera pratica in frazionati quantitativi, e l'importatore presenti 
al riguardo specifica domanda -il giorno in cui ciascun quantitativo � sdoganato 
e messo in libera pratica. 

A.M. 
CORTE DI GIUST.IZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 14 luglio 1976, 
nella causa 13/76 � Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal 
conciliatore di Rovigo nella causa Don� (avv. Viscardini) c. Mantero -
Interv.: Commissione delle Comunit� europee (sigg. S�ch� e de March). 

Comunit� europee � Libera prestazione dei servizi -Divieto di restrizioni � 
Calciatori � Discriminazioni fondate sulla cittadinanza � Incompatibilit� 
con la normativa comunitaria. 
(trattato CEE, art. 7, 48-51 e 59-66; regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, artt. 1 

e 7, n. 4). 

Comunit� europee � Libera circolazione delle persone e divieto di restrizioni 
alla libera prestazione dei servizi � Normativa comunitaria � Diretta 
efficacia. 
(trattato CEE, artt. 48, 59, primo comma e 60, terzo comma). 

� incompatibile con gli artt. 7 e, a seconda dei casi, 48-51 e 59-66 del 
trattato CEE una disciplina o prassi nazionale, anche emanante da un'organizzazione 
sportiva, che riserva ai soli cittadini dello Stato membro in cui 
tali discipline o prassi vige, il diritto di partecipare, come professionisti o 
semi-professionisti, ad incontri di calcio, salvoch� detta disciplina o prassi 
non precluda ai giocatori stranieri la partecipazione a taluni incontri per 
motivi non economici, ma inerenti al carattere ed alla fisionomia specifica 
.di detti incontri, e che hanno quindi natura prettamente sportiva (1). 

(1) Il principio affermato nella prima massima, e che non mancher� di avere 
notevoli ripercussioni sull'attivit� calcistica italiana (per essere stato il tesseramento 
finora consentito, ai sensi degli artt. 16 e 28, lett. g, del regolamento 
della Federazione Italiana Gioco del Calcio, ai soli giocatori di cittadinanza italiana), 
costituisce espressione dell'orientamento gi� adottato dalla Corte di giustizia 
con la sentenza 12 dicembre 1974, resa nella causa 36/74, WALRAVE (Racc., 
1405, e in questa Rassegna, 1975, I, 77, con nota di richiami). 

538 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Gli artt. 48 da un lato e 59, primo comma, e 60, terza comma, del trattato 
CEE, dall'altro -le due ultime disposizioni, comunque, nei limiti in 
cui prescrivono l'abolizione di ogni discriminazione nei confronti del prestatore 
a motivo della sua nazionalit� o per il fatto che egli risiede in uno 
Stato diverso da quello in cui la prestazione dev'essere fornita -hanno 
efficacia immediata negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e conferiscono 
ai singoli diritti soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare 
(2). 

(Omissis). -In diritto. Con ordinanza 7 febbraio 1976, registrata presso 
la cancelleria della Corte di Giustizia il 13 febbraio 1976, il giudice 
conci1iatore di Rovigo sottoponeva in via pregiudiziale, a norma dell'art. 177 
del Trattato CEE, varie questioni sull'interpretazione degli artt. 7, 48 e 59 
del Trattato stesso. 

Le due prime questioni mirano a far stabilire se gli artt. 7, 48 e 59 del 
Trattato conferiscono a tutti i cittadini degli Stati membri della Comunit� 
il diritto di effettuare una prestazione in qualsiasi parte del territorio 
comu:�.itario ed in particolare se pure i calciatori fruiscano di tale 
diritto qualora le loro prestazioni siano fornite a titolo professionistico. 

Con la terza questione, sottoposta per l'eventualit� che alle prime due 
venga data soluzione affermativa, si chiede, in sostanza, se il diritto summenzionato 
possa invocarsi anche per fare opposizione dell'applicazione 
di regolamenti contrari emanati da una federazione calcistica competente 
a disciplinare la pratica di detto sport sul territorio di uno Stato membro. 

Con la quarta questione, sottoposta per l'eventualit� che le prime tre 
siano risolte positivamente, si chiede. alla Corte di stabilire se il diritto di 
cui trattasi possa esser invocato direttamente dinanzi alla magistratura � 
nazionale e se il giudice nazionale debba tutelarlo. 

Le questioni sono sorte nell'ambito di una co.ntroversia tra due cittadini 
italiani circa la compatibilit� degli articoli summenzionati del Trattato 
con alcune disposizioni del �Regolamento organico della F.I.G.C. �,in 
virt� delle quali solo i giocatori affiliati a detta federazione possono disputare 
incontri come professionisti o semi-professionisti, mentre l'affi


(2) Cfr. in argomento, anche per quanto concerne le limitazioni consentite-da 
motivi di ordine pubblico: Corte di giustizia, 7 luglio 1976, nella causa 118/75, 
WATSON; 8 aprile 1976, nella causa 48/75, RoYER; 28 ottobre 1975, nella causa 36/75, 
RUTILI, Racc., 1219, e in questa Rassegna, 1975, I, 838, �on nota di BRAGUGLIA; 26 febbraio 
1975, nella causa 67/74, BoNSIGNORE, Racc., 297; 4 dicembre 1974, nella causa 
41/74, VAN DUYN, Racc., 1337, e Foro it., 1975, IV, 99; 3 dicembre 1974, nella causa 
33/74, VAN BINSBERGEN, Racc., 1313, e in questa Rassegna, 1975, I, 67 con nota 
di commento; 21 giugno 1974, nella causa 2/74, REYNERS, Racc., 656, e in 
questa Rassegna, 1974, I ,881, con nota di commento ed indicazione delle altre 
norme del trattato CEE gi� riconosciute direttamente efficaci: indicazione 
integrata nella nota di commento alla sentenza resa nella causa 33/74, Zoe. cit. 
(v. nota 3 a pag. 68). � 

PARTI! I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

liazione alla federazione a titolo professionistico o semi-professionistico 

� in linea di principio consentita solo a giocatori di nazionalit� italiana. 

1) A norma dell'art. 7 del Trattato, � vietata nella sfera d'applicazio


ne dell'articolo stesso, ogni discriminazione praticata in ragione della 

nazionalit�. Il principio � attuato, per quanto riguarda i lavoratori su


bordinati e i prestatori di servizi, rispettivamente dagli artt. 48-51 e 59-66 

del Trattato, nonch� da tutti gli altri provvedimenti comunitari adottati in 

base agli articoli di cui sopra. 

Per quel che riguarda pi� specialmente i lavoratori, l'art. 48 statuisce 

che la libera circolazione implica l'abolizione di ognf discriminazione, 

fondata sulla nazionalit�, tra i lavoratori degli Stati membri per quanto 

riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. 

A norma dell'art. 1 del regolamento 15 ottobre 1968, n. 1612 del Con


siglio, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della 

Comunit� (G. U. n. L 257, pag. 2) � ogni cittadino di uno Stato membro, 

qualunque sia il suo luogo di residenza, ha il diritto di accedere ad un'at~ 

tivit� subordinata e di esercitarla sul territorio di un altro Stato membro �. 

Per quel che concerne la libera prestazione dei servizi nella Comunit�, 

l'art. 59 del Trattato dispone che le restrizioni praticate in questo settore 

sono soppresse nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in 

un Paese della Comunit� che non sia quello del destinatario della pre� 

stazione. 

In virt� dell'art. 60, terzo comma, il prestatore di servizi pu�, per 

l'esenzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua 

attivit� nel Paese ove la prestazione � fornita, alle stesse condizioni impo


ste dal Paese stesso ai propri cittadini. 

Dalle disposizioni summenzionate emerge che � incompatibile con la 

disciplina comunitaria ogni disposizione interna che riservi esclusiva


mente ai cittadini di uno Stato membro l'esercizio di una delle attivit� 

che rientrano nella sfera d'applicazione degli artt. 48-51 o 59-66 del Trattato. 

2) Tenuto conto degli obiettivi della Comunit�, la pratica dello sport 

� disciplinata dal diritto comunitario se � configurabile come attivit� eco


nomica ai sensi dell'art. 2 del Trattato. Riveste carattere economico !'atti� 

vit� dei calciatori professionisti o semi-professionisti, che svolgono un 

lavoro subordinato o effettuano prestazioni di servizi retribuita. 

Se cittadini di uno Stato membro, tali calciatori possono dunque 

fruire, in tutti gli altri Stati membri, delle norme comunitarie relativ\. 

alla libera circolazione delle persone e dei servizi. 

Tali norme tuttavia non sono in contrasto con una disciplina o prassi 
che escluda i giocatori stranieri da determinati incontri per motivi non 
economici, ma inerenti al carattere e alla fisionomia specifica di detti 
� -incontri, e che hanno quindi natura prettamente sportiva, come ad esem


pio nel caso di incontri tra rappresentative nazionali di due Paesi. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

540 

Tale restrizione della sfera d'applicazione delle disposizioni di cui 
trattasi deve essere tuttavia mantenuta rigorosamente entro i limiti del 
suo specifico oggetto. 

Spetta al giudice nazionale definire, alla luce dei criteri sopra esposti, 
la natura dell'attivit� sottoposta alla sua valutazione. 

3) Come la Corte ha gi� affermato nella sentenza Walrave (12 dicembre 
1974, causa 36/74; Racc. 1974, pag. 1405), il divieto di discriminazioni 
fondate sulla cittadinanza investe non solo gli atti della pubblica autorit�, 
ma anche le norme di qualsiasi natura diretta a disciplinare collettivamente 
il lavoro salariato e la prestazione di servizi. 

Dalle disposizioni degli artt. 7, 48 e 59 del Trattato, che hanno indole 
cogente, si desume pertanto che il giudice nazionale deve tener conto 
nell'apprezzamento della validit� degli effetti di una disposizione contenuta 
nel regolamento di una organizzazione sportiva. 

Si deve dunque rispondere al giudice proponente che � incompatibile 
con gli artt. 7 e, a seconda dei casi, 48-51 o 59-66 del Trattato, una disciplina 
o -prassi nazionale, anche emananti da un'organizzazione sportiva, 
che riserva ai soli cittadini dello Stato membro in cui tale disciplina o prassi 
vige, i( diritto di partecipare, come professionisti o semiprofessionisti, 
ad incontri di calcio, salvoch� non si tratti di una disciplina o prassi che 
precluda ai giocatori stranieri la partecipazione a taluni incontri per motivi 
non economici,-ma inerenti al carattere e alla fisionomia specifica 
di detti incontri, e che hanno g_uind� natura prettamerite . sportiva. 

4) Come la Corte ha gi� affermato rispettivamente p.elle sentenze 
4 dicembre 1974 (causa Van Duyn, 41/74; _Racc. 1974, pag. 1337) e 3 dicembre 
1974 (causa Van Binsbergen, Racc. pag. 1299), gli artt. 48 da un. lato e 
59, primo comma, e 60, terzo comma, dall'altro, del Trattato -le due ultime 
disposizioni, comunque, nei limiti in cui prescrivono l'ab.olizione di 
ogni discriminazione nei confronti del prestatore a motivo della sua nazionalit� 
o per il fatto che egli risiede in uno Stato diverso da quello in 
cui la prestazione dev'ess�re fornita -hanno efficacia immediata negli 
ordinamenti giuridici degli Stati membri e conferiscono ai, singoli diritti 
soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare ..-(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


I 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 30 marzo 1976, n. 1 � Pres. Vetrano � 
Est. Imperatrice � Fiocchini ed altri (avv.ti Frataccia, Bisagni, Gentili) 
c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Carbone). 

�Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa � 
Pensioni: controversie su assegni accessori e su trattenute del tratta� 
mento pensionistico per divieto di cumulo con trattamento di attivit� . 
Giurisdizione del Consiglio di Stato. 
(cod. proc. civ., art. 362; r.d. Z1 giugno 1933, n. 703, art. 7; r.d. 28 giugno 1933, n. 704, 
artt. 35, 39; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13, 62; d.P.R.' 29 dicembre 1973, n. 1092, 

artt. 94 e 13!)). 

Rientrano nella competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato le 
controversie relative sia alla spettanza degli ass�gni accessori alla pensione, 
sia ai provvedimenti che abbiano operato trattenute sulle rate di� 
pensione in ossequio alle norme che vietano il cumulo del trattamento 
di quiescenza con un trattamento di attivit�; nel primo caso trattasi di 
materia attribuita alla giurisdizione esclusiva, mentre la seconda ipotesi 
rientra nella giurisdizione generale di legittimit� (1). 

Il 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 febbraio 1976, n. 630 � Pres. La. 
porta � Rel. Vela � P. M. Pedace (conci. conf.) � Ministero del Tesoro 
(avv. Stato Lancia) c. Fides Teodorani ved. Francolini ed altra (avv. 
Romagnoli). 

Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa � 
Pensioni: controversie su assegni accessori e su trattenute del trattamento 
pensionistico per divieto di cumulo con trattamento di attivit� � 
Giurisdizione della Corte dei conti. 
(cod. proc. civ., art. 362; r.d. Z1 giugno 1933, n. 703, art. 7; r.d. 28 giugno 1933, n. 704 

artt. 35, 39; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13, 62; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 
artt. 94 e 130). 

Rientrano nella �competenza giurisdizionale della Corte dei conti le 
controversie relative sia alla spettanza degli assegni accessori alla pen


(1-2) Alla decisione n. 1 del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha 
fatto seguito identica statuizione nell'analoga controversia Branciforti ed altri 

c. Ministero Tesoro (n. 2, in data 30 marzo 1976). 

542 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione, sia ai provvedimenti che abbiano operato trattenute sulle rate di 
pensione in ossequio alle norme che vietano il cumulo del trattamento 
di quiescenza con un �trattamento di attivit�," le due ipotesi rispettivamente 
non rientrano nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato 

o nella sua giurisdizione generale di legittimit� (2). 
I 

(Omissis). -Francesco Fiocchini, Bruno Munari, Angelo Di Nunno, 
Quinto Placuzzi, Antonio Barone, con atti notificati rispettivamente il 
18 settembre 1968 alla Direzione Provinciale del Tesoro di Roma, il 14 ed 
il 12 �aprile 1969 alla Direzione Pro.vinciale del Tesoro di Padova ed al 
Ministero del Tesoro, il 9 febbraio 1970 alla Direzione Provinciale del Tesoro 
di Milano, il 2 febbraio 1970 al Ministero del Tesoro, il 23 marzo 1970 
al Ministero del Tesoro, hanno proposto ciascuno ricorso giurisdizionale 
per l'annullamento dei provvedimenti indicati in epigrafe ed hanno esposto 
quanto segue. 

Essi, titolati di pensione privilegiata~ i primi quattro, e normale, il 
quinto, a carico dello Stato; sono stati assunti in servizio retribuito alle 
dipendenze rispettivamente dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale 
dal 16 ottobre 1964, della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo 
da �data imprecisata, dell'Azienda Trasporti Municipali di Milano dal1'
11 febbraio 1964, dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dal 
1� gennaio 1967, dell'Istituto Autonomo delle Case Popolari della Provincia 
di Milano dal 18 marzo 1968, continuando a percepire da tali date la 
indennit� integrativa speciale e la tredicesima mensilit� sul trattamento 
di pensione. 

Le Direzioni Provinciali del Tesoro menzionate con i rispettivi provvedimenti 
impugnati e dalla data di ciascuno degli stessi, hanno sospeso 
il pagamento della indennit� integrativa speciale e della tredicesima mensilit� 
o della prima soltanto sulle pensioni da essi godute ed hanno 
altres� disposto il recupero delle somme indebitamente corrisposte per 

Entrambe le citate decisioni del giudice amministrativo si pongono in consapevole 
contrasto con �il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della 
Corte di cassazione. Pertanto esse sono gi� state impugnate per difetto di 
giurisdizione. 

La complessa� fattispecie meriterebbe pi� ampio commento. Considerata 
peraltro la pendenza dei due ricorsi :per cassazione, si rinvia ogni ulteriore 
considerazione a quando le Sezioni Unite avranno definitivamente deciso sulla 
materia. 

Si segnala comunque che il Supremo Collegio con sentenza 12 maggio 1976, 

n. 1656 -inedita -ha ulteriormente ribadito il proprio orientamento. 

PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

tali titoli dal momento della loro assunzione in servizio retribuito alle 
dipendenze degli enti pubblici menzionati. 

Bruno Munari ed Antonio Barone, avendo proposto ricorso gerarchico 
al Ministero del Tesoro avverso i provvedimenti menzionati ad essi 
relativi, hanno ottenuto le decisioni negative di tale organo in data 28 febbraio 
1969 e del 27 gennaio 1970. 

Essi, di tutti gli atti impugnati, hanno quindi denunziato l'illegittimit� 
per vizi dedotti con motivi variamente esposti in ciascun ricorso e 
che si possono riassumere come segue: 

1) (Munari, Di Nunno, Placuzzi) -Violazione e falsa applicazione dell'art. 
�3 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, e degli artt. 3 e 4 del r.d. 19 gennaio 
1939, n. 295. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di motivazione 
e contraddittoriet�. 

Le Direzioni Provinciali del Tesoro avevano competenza soltanto a 
disporre il recupero dei crediti erariali derivanti da indebiti pagamenti 
di assegni di pensione sui ruoli di spesa fissa da esse amministrati. 

La valut�zione della spettanza dell'indennit� integrativa speciale e 
della tredicesima mensilit� in relazione al concorrente trattamento di 
attivit� di servizio spettava alla competenza dell'organo che liquida tali 
assegni, previo accertamento che il pensionato percepisce con il trattamento 
di servizio altre indennit� identiche e di quali di esse debbano 
essere sospese. 

Nei provvedimenti impugnati manca comunque ogni accenno alla 
preventiva revoca delle indennit�, per le quali � stato disposto il recupero 
delle somme gi� pagate, n� � stata data una qualsiasi motivazione 
del loro contenuto. 

2) (Tutti) -Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della legge 
27 maggio 1959, n. 324. Eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento 
di fatti e displ;lrit� di trattamento. 

La sospensione dell'indennit� integrativa speciale sulla pensione � 
prescritta solame11te nel concorso di altra indennit� identica sulla retribuzione 
per attivit� di servizio alle dipendenze della stessa Amministrazione 
dello Stato e non anche quando tale attivit� � prestata ad enti 
diversi dallo Stato, che altrimenti si gioverebbe di un indebito arricchimento 
in danni di tali enti. La stessa cosa avverrebbe per la tredicesima 
mensilit�. 

Occorrerebbe comunque che la indennit� corrisposta dal diverso ente 
pubblico sul trattamento di attivit� di servizio fosse identica alla indennit� 
integrativa speciale sulla pensione e, fra le due, si sarebbe dovuta 
sospendere quella di minor misura. 

Nessuno degli enti, alle cui dipendenze essi prestano servizio retribuito, 
corrisponde loro indennit� del genere, ma soltanto assegni di diversa 
natura assimilabile ad ogni effetto allo stipendio, insieme al quale 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono assoggettati alle ritenute erariali e sono computabili per il trattamento 
di quiescenza. 

Non sono stati indicati gli elementi di individuazione dei titoli di 
recupero delle somme ritenute indebitamente pagate n� � stata consentita 
la scelta fra le indennit� non cumulabili, il cui concorso non corrisponde 
ai periodi cui i provvedimenti si riferiscono. 

Non tutti gli enti, alle cui dipendenze essi percepiscono il rispettivo 
trattamento di attivit�, hanno i caratteri in relazione ai quali � vietato 
il cumulo fra gli emolumenti menzionati. 

�3) (Tutti) � Violazione della legge 27 maggio 1959, n. 324, degli artt. 1 
e 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, dell'art. 10 della legge 2 aprile 1968, 

n. 482. 
Essi sono stati assunti alle dipendenze degli enti pubblici, da cui 
percepiscono il rispettivo trattamento di serVizio, in qualit� di invalidi 
e si giovano, quindi, della norma che garantisce loro il normale trattamento 
economico, giuridico e normativo previsto per gli altri lavoratori. 

La sospensione dell'indennit� integrativa speciale e della. tredicesima 
mensilit� sulla pensione sarebbe peggiorativa di tale trattamento. 
4) (Tutti) � Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e difetto di 
motivazione. 

La Pubblica Amministrazione non � obbligata a ripetere dagli impiegati 
le somme loro indebitamente pagate per retribuzione in maniera 
tale da indurli nel convincimento di buonafede che veniva soddisfatto 
un loro diritto, giacch� l'art. 3 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, non prevede 
un obbligo del genere ma pone soltanto le modalit� dell'eventuale 
recupero e ne stabilisce i limiti. 

La giurisprudenza costante del Consiglio di Stato ha escluso lo stesso 
obbligo in presenza di emolumenti pagati dalla Pubblica Amministrazione 
nel convincimento errato che fossero dovuti e percepiti in buona fede. 

5) (Fiocchini e Baroni) � Violazione degli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione. 


� garantito costituzionalmente ai lavoratori il trattamento pensionistico 
.conseguente alle pr�stazioni di lavoro ed in misura paritaria per 
tutti i lavoratori, tenuto conto delle condizioni di durata, qualit� e cessazione 
del rapporto di lavoro .. Nessuna incidenza possono avere su tale 
trattamento eventuali nuove prestazioni di lavoro r~se possibili dalla 
persistente efficienza del lavoratore, tanto pi� che l'intero trattamento, 
comprensivo della pensione e delle varie indennit� e quindi dell'integrit� 
integrativa speciaie e della tredicesima mensilit�, � un tutto unico forma� 
tosi in base alle ritenute sullo stipendio durante l'attivit� di servizio. 

Una qualsiasi diminuzione del trattamento di pensione cos� garantito, 
sia pure per effetto del concorso della retribuzione per altra attivit�, 
verrebbe a ledere tali diritti ed i relativi principi costituzionali, anche 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

perch� la pensione ha funzione alimentare, essendo diretta a soddisfare 
i bisogni fondamentali dell'individuo e della sua famiglia. Essa sarebbe 
inoltre di impedimento e di remora allo svolgimento di una nuova attivit� 
lavorativa ugualmente garantita costituzionalmente. 

L'Amministrazione del Tesoro, costituitasi in giudizio, ha resistito 
ai ricorsi, rilevandone preliminarmente l'inammissibilt� per difetto di 
giurisdizione in materia di pensione, che spetta alla giurisdizione della 
Corte dei Conti, secondo la sentenza n. 3246 del 29 settembre 1974 della 
Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite. 

La Sezione IV, dopo aver riunito i ricorsi aventi oggetti identici, 
ritenuto che l'ossequio alla menzionata sentenza della Corte Suprema 
di Cassazione ,importasse un mutamento di giurisprudenza e, quindi, un 
contrasto con quella anteriore sia delle altre. sezioni che dell'Adunanza 
Plenaria, li ha rimessi a quest'ultima. 

Sia i ricorrenti che l'Amministrazione del Tesoro, con memorie depositate 
rispettivamente il 12 ed il 22 novembre 1975, hanno illustrato le 
proprie ragioni e, con la successiva discussione orale, hanno svolto le 
conseguenti conclusioni. 

'DIRITTO 

I. -I ricorrenti chiedono l'annullamento dei provvedimenti adottati 
nei loro confronti dalle varie Direzioni Provinciali del Tesoro e, taluno, 
della decisione negativa adottata �dal Ministro del Tesoro sul ricorso gerarchico; 
provvedimenti con i quali � stato sospeso il pagamento dell'indennit� 
integrativa speciale e della tredicesima mensilit� ad essi corrisposta 
sul trattamento di pensione a carico dello Stato, percependo essi 
le medesime indennit� e mensilit� sul trattamento economico di servizio 
alle dipendehze di altri enti pubblici, ed � stato disposto il recupero 
delle somme per tali titoli ad essi indebitamente corrisposte dal momento 
della rispettiva assunzione in detto servizio. 
L'Amministrazione del Tesoro, riportandosi alla pi� recente sentenza 
in materia della Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite, eccepisce 
il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, sostenendo che sono 
devolute alla giurisdizione della Corte dei Conti le controversie sui provvedimenti 
che concedono, rifiutano o riducono il trattame.nto di quiescenza 
al lordo con lesione del diritto dell'ex impiegato dello Stato alla 
pensione e della sua misura. 

Viene posta, dunque, una questione� di giurisdizione che, prospettata 
unitariamente riguardo ai due distinti capi di domanda avanzata dai 
ricorrenti, deve essere risolta in difformit� dalla soluzione datane dalla 
Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite e nei due distinti profili 
cui la espone la suddetta domanda. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

546 

II. -Il primo di tali profili concerne la domanda di annullamento 
dei provvedimenti di sospensione del pagamento. dell'indennit� speciale 
e della tredicesima mensilit� prima corrisposte ai ricorrenti sul trattamento 
di pensione a carico dello Stato in concorso con identici emolumenti 
da essi percepitisul trattamento di attivit� di servizio alle dipendenze 
di altri enti pubblici. Esso involge con tutta certezza la giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato in materia d'impiego pubblico, a 
norma dell'art. 29, n. 1, del t.u. 25 giugno 1924, n. 1054, in relazione all'art. 
38, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, senza esporla 
alle limitazioni derivanti dal concorso della giurisdizione esclusiva della 
Corte dei Conti, in materia di pensione a carico dello Stato, prevista 
dagli artt. 13 e 62 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214. 
Il �trattamento di quiescenza, di cui � parte la pensione nella spettanza 
come nella misura, � invero oggetto di un diritto soggettivo che 
accede al rapporto di impiego pubblico, sua fonte esclusiva, e ne deriva 
perci� tutta la disdplina, quando non vi siano� norme che lo riguardino 
specificatamente o fuori dei limiti delle stesse. Ci� risulta evidente dall'art. 
125 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, il quale, col definire il diritto� alla 
pensione dell'impiegato dello Stato che viene collocato a riposo, costituisce 
la cerniera fra le norme generali sul rapporto d'impiego pubblico 
e le norme speciali slll trattamento di quiescenza dei dipendenti dello 
S~ato in una articolazione sistematica composta nel quadro unitario delle 
prime variato dalle deroghe delle 0:1tre, s� che vale al riguardo il canone 
d'interpretazione previsto dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in 
generale. 

Questo vuol dire che, essendo il rapporto d'impiego pubblico tutto 
intero attribuito alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, tranne 
che per la materia di pensione a carico dello Stato attribuita alla giurisdizione 
esclusiva della Corte dei Conti, questa � come ritagliata da 
quella nel punto d'interferenza della materia d'impiego pubblico con la 
materia di pensione a carico dello Stato, che per il rispettivo diverso 
ambito solo parzialmente vengono a coincidere. Ne deriva che tutto il 
contorno esterno ai limiti del suddetto punto d'interferenza, che determina 
la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in eccezione a quella 
del Consiglio di Stato, spetta a quest'ultimo, come vuole esplicitamente 
il menzionato art. 29, n. 1, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, nell'indicare 
come attribuiti alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato i ricorsi 
relativi al rapporto d'impiego pubblico, � quando non si tratti di materia 
spettante alla giurisdizione della Corte dei Conti �. 

Quale sia poi il punto d'interferenza fra le due materie atte a discriminare 
le due forme di giurisdizione esclusiva, nell'ambito della generica 
indicazione� dell'art. 13 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, risulta chiaro dal 
successivo art. 62, che rende impugnabili dinanzi alla Corte dei Conti i 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 541 

provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione e devolve alla stessa 
Corte ogni altro ricorso in materia di pensione da leggi speciali ad essa 
attribuito e le azioni attinenti alla costituzione del titolo-ed all'accertamento 
delle condizioni da cui sorge il diritto alla pensione. La materia 
di pensione che ricade nella giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, 
non appare cos�, almeno nei riguardi dei pubblici impiegati, comprensiva 
di ogni aspetto del trattamento economico loro spettante a carico dello 
Stato a seguito della cessazione del rapporto di impiego, ma � liinitata 
solo a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, 
il modificarsi e l'estinguersi totale o parziale del diritto alla pensione 
come tale in senso stretto. Rimane escluso il rapporto che, pur accedendo 
a tale diritto o essendone presupposto non immediato o avendolo 
a proprio presupposto, non si identifica con esso o con il fatto giuridico 
da cui esso sorge. 

La dimensione del diritto alla pensione, sulla quale si cominisura 
perci� la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, � data dalle norme 
sostanziali �he appositamente lo disciplinano ed ora, nei suoi termini 
generali, dal t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, che ha riprodotto, coordinandole, 
tutte le norme anteriormente vigenti in materia ed ha nettamente 
distinto, come gi� queste ultime, fra pensione vera e propria disciplinata 
nei suoi titoli III, IV e V, ed assegni accessori del trattamento di quie~ 
scenza disciplinati nel suo titolo VI. La prima soltanto � oggetto del 
provvedimento di liquidazione, nel quale in rapporto alla base pensionabile 
(ultimo stipendio o ultima paga o retribuzione integralmente percepiti 
ed aumentati di tutti gli altri assegni pensionabili) ed ai servizi 
computabili accertati � determinata la misura della pensione secondo 
le percentuali prescritte, a norma degli artt. 43 e 44 di tale t.u. o delle 
altre sue disposizioni particolari. Gli assegni accessori sono invece estranei 
a tale provvedimento e soltanto lo presuppongono per essere attribuiti 
allo stesso destinatario di esso con distinti provvedimenti di competenza 
diversa o, talora, di organi diversi da quello cui � spettato di 
emanarlo, secondo si pu� desumere dalle disposizioni del menzionato 
titolo VI e dell'art. 195 dello stesso t.u. 

I suddetti provvedimenti concernenti gli assegni accessori proprio 
per tale estraneit� non reagiscono in alcun modo sulla misura della pensione 
in senso stretto n� quindi concorrono con il provvedimento di sua 
liquidazione a determinarne le vicende, cosicch� essi si sottraggono a 
qualsiasi forma di assimilazione con questo ed in conseguenza alla giurisdizione 
esclusiva della Corte dei Conti, che in nessuna norma di legge 
li riguarda specificamente. 

L'indennit� integrativa speciale, istituita per i trattamenti economici 
dei dipendenti dello Stato sia di attivit� di servizio che di quiescenza 
dalla legge 27 maggio 1959, n. 324, � appunto collocato secondo la sua 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

548 

originaria natura fra gli" assegni accessori del trattamento di quiescenza 
dall'art. 99 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092. Essa invero, ferma restando 
la misura della pensione secondo la liquidazione fattane, ha la funzione 
sussidiaria di adeguarla dall'esterno alle variazioni del costo della vita 
sulla base di una sua quota fissa e predeterminata dalla legge in misura 
uguale per tutti i titolari di pensione, qualunque sia il vario ammontare 
concreto del rispettivo trattamento, senza necessit� di apportare questo 
intrinseci e specifici mutamenti. 

La tredicesima mensilit�, istituita a complemento del trattamento 
economico di attivit� di servizio dal d.1.c.p.c. 25 ottobre 1946 ,n. 263, ed 
estesa al trattamento di quiescenza dalla legge 26 novembre 1953, n. 376, 
con analoga funzione sussidiaria, � del pari collocata fra gli assegni accessori 
di quest'ultimo dall'art. 94 dello stesso t.u. Ci� per tale sua funzione 
di sovvenire il pensionato, come gi� l'impiegato in attivit�, in un momento 
consueto dell'anno in cui si manifestano bisogni maggiori di quanti 
sia solita soddisfare la pensione nella sua intatta misura liquidata. 

Torna agevole dunque ribadire la giurisdizione esclusiva del Consiglio 
di Stato sulle controversie concernenti tali assegni accessori del trattamento 
di quiescenza a carico dello Stato. 

Secondo la Corte Suprema di Cassazione, il conseguimento della 
pensione da parte del pubblico impiegato esaurirebbe completamente 
tutti� gli effetti del rapporto di impiego, s� che ne resterebbe eliso ogni 
collegamento con le vicende successive del trattamento di quiescenza e, 
quindi, ogni riferimento alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato. 
Senonch� va osservato che al rapporto d'impiego pubblico sono collegate 
tutte le posizioni giuridiche reciproche dei suoi soggetti, quale che sia 
il momento in cui ciascuna viene in evidenza ed anche quando ogni altra 
diversa posizione abbia cessato di essere operante. L'attivit� di servizio, 
cio�, non esaurisce la funzione del rapporto di impiego pubblico, la quale 
perm,ane fino a quando i soggetti di questo rimangono vincolati l'uno 
verso l'altro SUa merc� ad un comportamento O ad una prestazione qualsiasi 
e sono, perci�, in vita posizioni giuridiche attive correlative. 

Il conseguimento del diritto alla pensione non solo non esaurisce 
completamente . gli effetti del rapporto <fimpiego, ma ne inaugura una 
serie che trova fine soltanto con il suo definitivo estinguersi e, quindi, 
mai nel corso del suo perdurante esercizio, come appunto nelle pretese 
relative ai menzionati assegni accessori. 

III. � Il secondo profilo della questione di giurisdizione concerne la 
domanda di annullamento della parte di ciascun provvedimento impugnato 
con cui � stata disposta la restituzione delle somme corrisposte 
ai ricorrent~ per le indennit� menzionate ritenute non dovute. Si tratta, 
quindi, di domanda subordinata che suppone respinta la prima domanda 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

e sussistente l'asserito pagamento d'indebito in virt� del quale � sorto 
e fatto valere dagli organi competenti dello Stato il credito di ripetizione. 
Deve essere riaffermata al riguardo la giurisdizione generale di legittimit� 
del Consiglio di Stato, a norma dell'art. 28 del t.u. 26 gennaio 1924, 

n. 1054, che la Corte Suprema di Cassazione ha potuto negare soltanto 
da una non esatta prospettiva sulla posizione giuridica soggettiva tutelata 
e sul provvedimento asserito di essa lesivo. 
� stata affermata invero la natura non discrezionale del provvedimento 
che, accertata l'illegittimit� dei pagamenti di emolumenti non 
dovuti al pensionato, ne dispone l'addebito a suo carico; si � visto poi 
incidere tale provvedimento su un diritto soggettivo perfetto dello stesso 
pensionato, quale sarebbe quello avente' ad oggetto la percezione della 
pensione nella sua esatta quantit� e la ripetizione nei limiti dell'indebito, 
in ordine al quale non sussisterebbe un potere discrezionale della Pubblica 
Amministrazione. 

Deve subito dirsi che il diritto alla pensione e nella sua esatta misura, 
� fuori della controversia proposta dal capo della domanda in esame, 
che suppone accertata l'eccedenza dai limiti di quel diritto degli emolumenti 
ripetuti. Si tratta piuttosto di vedere se per i ricorrenti vi sia, 
e di quale natura, una posizione soggettiva tutelata, ed in quale misura, 
rispetto alla ripetizione da parte della Pubblica Amministrazione delle 
somme pagate per quegli emolumenti: ripetizione che � oggetto di un 
diritto soggettivo non gi� di chi ha ricevuto, ma di chi ha fatto il pagamento 
indebito e, quindi, non dei ricorrenti, ma della Pubblica Amministrazione, 
fuori, perci�, altrimenti che come supporto dei provvedimenti 
denunziati_illegittimi, della pretesa di tutela da quelli proposta. 
� vero invece che i destinatari di pagamenti indebiti, e quindi nel caso 
ni esame i ricorrenti, hanno uno specifico interesse a ritenere quanto 
ricevuto e che tale interesse assume differenziato rilievo senza per questo 
ricevere nella maggior parte dei casi diretta ed immediata tutela dalla 
legge rispetto all'attivit� di ripetizione dell'indebito, che, se svolta dalla 
Pubblica Amministrazione, si esprime in atti amministrativi formali di 
esso potenzialmente lesivi nella misura della loro eventuale illegittimit�. 
Si tratta cio� di un interesse legittimo che riceve per lo pi� occasionale 
tutela per effetto della verifica della legittimit� di tali atti amministrativi 
volti a realizzare l'interesse pubblico alla ripetizione dell'indebito nel 
quale � impegnato pubblico denaro, siano essi vincolati o discrezionali 
una volta escluso che le norme che li riguardano sono dirette all'immediata 
tutela df quell'interesse. 

Non si pu� a tal proposito non rilevare che il provvedimento che 
dispone la ripetizione dell'indebito non pu� trascurare i precedenti atti 
amministra:tivi, in forza dei quali il pagamento � stato fatto e, che adottati 
nelle varie fasi dell'impegno, della liquidazione e dell'ordinazione 


550 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

della spesa, lo sorreggano con la propria presunzione di legittimit� fino 
a quando non siano annullati. L'indebito ed il correlativo diritto della 
Pubblica Amministrazione alla ripetizione sorgono soltanto 1n conseguenza 
dell'annullamento di tali atti amministrativi, che � solitamente 
implicito nel provvedimento che dispone la ripetizione, ma la cui mancanza 
vizierebbe quest'ultimo di eccesso di potere per contraddittoriet� 
cos� come la sua illegittimit� lo investirebbe per derivazione. 

g noto peraltro che, per antico principio messo in luce da giurisprudenza 
e dottrina univoche e costanti, il provvedimento di annullamento 
d'ufficio di un atto amministrativo illegittimo ha natura discrezionale. 
Esso implica, infatti, la valutazione circa l'opportunit� di rimuovere 
effetti giuridici consolidati ed innestati ormai nella veste di rapporti 
giuridici sopravvenuti, al fine di stabilire se l'interesse pubblico sia meglio 
perseguibile in una situazione ridotta in pristino con gli inevitabili'." guasti 
all'assetto raggiunto o nel mantenimento di tale assetto pur contrastante 
con l'ordinamento giuridico o se addirittura esso sia ancora perseguibile 
in presenza -dell'avvenuto completo esaurirsi della materiale espressione 
di quegli effetti giuridici ormai irreversibili. Non pu� essere diversa, 
perci�, la natura del provvedimento implicito o esplicito di annullamento 
degli atti amministrativi illegittimi in base ai quali il pagamento indebito 
� stato fatto, salva soltanto la peculiarit� dell'ampiezza di valutazione 
discrezionale che essi comportano in rapporto alle particolarit� degli� 
effetti giuridici da rimuovere. 

Risultano cos� definitivamente delineati i contorni di interesse legittimo 
assunti dalla posizione giuridica soggettiva del destinatario di un 
pagamento indebito della Pubblica Amministrazione che resista alla ripetizione, 
senza contestare o avendo gi� inutilmente contestato la sussi� 
stenza dell'indebito. Essa, priva di propria apposita tutela, si muove 
nell'arco di realizzazione dell'interesse pubblico alla ripetizione e riceve 
tutela solo occasfonale ed indiretta rispetto all'inosservanza delle norme 

o dei principi presenti nell'ordinamento a disciplinare l'azione amministrativa 
a ci� preordinata. Norme e principi che concernono non soltanto 
le modalit� della ripetizione ,come l'art. 406 del r.d. 25 maggio 1924, n. 827, 
o l'art. 3 del r.d.I. 19 gennaio 1939, n. 295, altra volta esemplificati dalla 
giurisprudenza del Consiglio di Stato e assunti dal~a Corte Suprema di 
Cassazione ad argomento di esclusione di ogni altro aspetto della discrezionalit�, 
ma il potere stesso di esercitarla o meno, come si � visto. 
L'indebito naturalmente, proprio perch� senza causa e non rapportabile 
ad un qualsiasi rapporto giuridico preesistente, non consente la 
considerazione della conseguente ripetizione nell'ambito del rapporto di 
impiego pubblico o anche solo del trattamento di quiescenza, che ne 
sono stati solamente occasione senza alcun collegamento funzionale o 
genetico. Esso, perci�, e tutti i provvedimenti e le posizioni giuridiche 



PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

che lo riguardano non possono essere attratti dalla particolare disciplina 
giurisdizionale a tali rapporti riservata dall'ordinamento attraverso la 
giurisdizione esclusiva attribuita ora ad uno ora ad altro giudice, cosicch�, 
esclusa anche la giurisdizione ordinaria estranea agli interessi legittimi, 
residua soltanto la giurisdizione generale di legittimit�. 

IV. -I ricorsi, nel merito, devono essere esaminati distintamente nei 
riguardi di ciascuno dei due capi di domanda gi� esaminati ai fini della 
giurisdizione, l'uno subordinato all'altro, aventi ad oggetto parti diverse 
dei� provvedimenti impugnati e sorretti da censure a ciascuno proprie. 
V. -Il primo capo di domanda, che investe come si � visto la sospensione 
dell'indennit� integrativa speciale e della tredicesima mensilit� 
prima attribuite ai ricorrenti come titolari di pensione a carico dello 
Stato e da essi fino a quel momento percepite, propone le censure di 
cui ai primi tre motivi dei ricorsi come in precedenza riassunti. Tali 
censure, senza negare l'incompatibilit� per. uno stesso soggetto di due 
indennit� integrative speciali o di due tredicesime mensilit� a diverso 
titolo pensionistico, l'uno, �e retributivo, l'altro, adeguandosi in ci� implicitamente 
a chiare disposizioni di legge ed alla univoca giurisprudenza 
in proposito, fanno leva sull'asserita incompetenza degli organi che hanno 
emanato i provvedimenti impugnati, sulla mancata revoca formale dei 
suddetti emolumenti e sul difetto di motivazione al riguardo, sul difetto 
di identit� fra la indennit� integrativa speciale percepita sulla pensione 
ed emolumenti consimili loro corrisposti sulla retribuzione per attivit� 
di servizio e non dallo Stato, sulla natura di taluno degli enti da,tori di 
lavoro, sulla causa di invalidit� della loro riassunzione in servizio come 
preclusiva di un peggioramento del trattamento economico fin da allora 
goduto. 
N~ssuna delle censure cos� dedotte appare tuttavia fondata. 

La Direzione Provinciale del Tesoro era competente ad attribuire 
l'indennit� integrativa speciale, a norma dell'art. 2, nono comma, della 
legge 27 maggio 1959, n. 324, e quindi anche ad accertare il difetto dei 
suoi presupposti o le cause ostative al suo persistere e ad adottare i 
provvedimenti conseguenti. L'art. 1 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, poi, 
� attributivo alle direzioni provinciali del Tesoro di una competenza generale 
nell'ambito di ciascuna P:r;ovincia circa i servizi amministrativi 
di� competenza del Ministro del Tesoro, comprensiva perci� dei provvedimenti 
di qualsiasi genere concernenti sia l'indennit� integrativa speciale 
che la tredicesima mensilit� ai dipendenti dello Stato ed ai pension�ti 
da tali uffici amministrati. L'art. 3 dello stesso decreto legislativo, che 
prevede la competenza specifica in materia di recupero di crediti erariali 
da indebito pagamento, � in derivazione da tale competenza generale 
e non limitativa di essa, in mancanza di una qualsiasi espressa disposizione 
in tal senso. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

552 

Ciascuno dei provvedimenti impugnati, poi, per l'univoco proprio contenuto 
inteso a far cessare il pagamento dei due emolumenti, contiene 
implicito l'annullamento dei provvedimenti di attribuzione di casi con la 
esatta e sufficiente motivazione riferita all'opera retribuita prestata contemporaneamente 
alle dipendenze di altro ente pubblico. Che poi tale 
ente pubblico pr tutti i ricorrenti non sia lo Stato non ha alcuna rilevanza, 
giacch� la preclusione agli assegni accessori del loro trattamento 
di quiescenza deriva. dal fatto che essi percepiscono i medesimi assegni 
in dipendenza della prestazione di opera retribuita a qualunque amministrazione 
pubblica resa, si tratti o no, cio�, dello Stato. Ci� risulta 
esplicitamente dall'art. 4 della legge 26 novembre 1953, n. 876, per la 
tredicesima mensilit�, ed era desumibile gi� in origine, per l'indennit� 
integrativa speciale, dal fatto che questa, istituita per i dipendenti �statali, 
� stata poi via via estesa ai dipendenti dei vari enti ed istituti di diritto 
pubblico anche economici, talora con diversa denominazione ma con la 
identica funzione sopra specificata, come da tempo la giurisprudenza 
ha definitivame~te �assodato senza lasciare margini di ragionevoli dissensi. 
Una tale interpretazione delle norme allora vigenti ha del resto 
trovato letterale sistemazione nel nuovo t.u. delle norme sul trattamento 
di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con 

d.P.R. 29 maggio 1973, n._ 1092, i cui articoli 97 e 99, quinto comma, definiscono 
la sfera soggettiva ed oggettiva della preclusione per l'uno e per 
l'altro assegno accessorio. 
Tutti i ricorrenti, dagli enti ai quali prestavano opera retribuita, 
percepivano assegni accessori equivalenti nella funzione a quelli loro 
preclusi per tale fatto 'anche se in forma diversa e con diversa denominazione, 
che appunto la menzionata giurisprudenza ha ritenuto non 
essenziali al fine di stabilirne la incompatibilit�. N� risulta che i suddetti 
assegni accessori alla retribuzione di attivit� di servizio fossero inferiori 
a quelli accessori alle pensioni rispettive, di modo che si dovesse, non 
gi� deferire ai ricorrenti la scelta fra gli uni e gli altri, bens� disporre 
di ufficio le previste misure di conguaglio della indennit� integrativa 
speciale e l'inversione per la tredicesima mensilit�. 

Non ha rilevanza infine la ragione d'invalidit� per la quale i ricorrenti 
sono st~ti assunti in servizio dai vari enti pubblici in base alla 
legge 2 aprile 1953, n. 482, il cui art. 10 garantisce loro il normale trattamento 
economico, giuridico e normativo previsto per gli altri lavoratori. 

Tale norma infatti riguarda il trattamento di attivit� di servizio, 
che ai ricorrenti � assicurato nella identica misura degli altri lavoratori 
che si trovano nelle stesse situazioni 'di lavoro, mentre ci� che ha subito 
parziale remora dai provvedimenti impugnati � stato il loro persistente 
trattamento di quiescenza conseguente alla cessazione di un diverso 
rapporto d'impiego cui quella norma � estranea. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 553 

VI. -Viene sollevata peraltro, col quinto motivo, questione di legittimit� 
costituzionale delle norme fin qui esaminate concernenti la preclusione 
dei suddetti assegni accessori in rapporto agli artt. 2, 4 e 36 
della Costituzione. 
�Tali norme, in quanto interpretate sfavorevolmente ai ricorrenti, 
inciderebbero sul trattamento pensionistico impedendone la misura paritaria 
nell'identit� delle condizioni di durata, qualit� e cessaz.ione del 
rapporto di lavoro e del tutto unico dello stesso trattamento formatosi 
in base alle ritenute sulla retribuzione della precedente attivit� di servizio; 
nuocerebbero alla funzione alimentare della pensione, che � diretta 
a soddisfare i bisogni essenziali del lavoratore e della sua famiglia; sarebbero 
di remora ad una nuova attivit� lavorativa resa possibile dalla 
perdurante efficienza del lavoratore. 

L'accertata funzione dei due assegni accessori consente tuttavia di 
ritenere manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
cos� sollevata. 

La funzione di adeguamento della retribuzione o della pensione, 
qualunque sia la loro misura, al costo della vita sulla base di una quota 
fissa ed uguale per tutti � assolta dall'indennit� integrativa speciale, 
una volta per tutte, in ragione di tale quota ritenuta il minimo suscettibile 
di un simile adeguamento. La sperequazione nascerebbe proprio 
dalla conservazione dell'indennit� ai pensionati in concorso con la medesima 
indennit� sulla retribuzione di attivit� di servizio, giacch� per essi 
l'adeguamento risulterebbe su una quota doppia o comunque maggiore 
rispetto ai dipendenti pubblici con la sola retribuzione di attivit� di 
servizio e quindi in misura diversa da quella equalitaria nella quale 
essa � stata concepita. 

La funzione, altres�, di apprestare iina fonte retributiva supplementare 
per i bisogni cumulantisi con quelli abituali ed essenziali in periodi 
ricorrenti dell'anno, per i quali la retribuzione ordinaria sarebbe incapiente, 
� assolta paritariamente per tutti i dipendenti pubblici in servizio 

o in quiescenza da una sola tredicesima mensilit�, che si duplicherebbe 
o comunque sarebbe maggiorata a favore di chi ne fruisse sia sul trattamento 
economico di attivit� di servizio che su quello di quiescenza in 
�godimento cumulato, �ome la legge a ragion veduta non ha voluto. 
Nessuna violazipne, dunque, degli artt. 3 e 36 della Costituzione, che 
ne subirebbero semmai nelle ipotesi opposte almeno fino a quando gli 
assegni accessori in esame avranno la funzione risultante dalla loro 
attuale disciplina. E, negato lo svantaggio, neppure violazione dell'art. 4 
della Costituzione per la mancanza di qualsiasi remora per i pensionati 
dello Stato a successive� attivit� di lavoro. 

VII. -Il secondo capo di domanda, che investe invece la parte dei 
provvedimenti impugnati con la quale � stato disposto il rimborso da 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBU.O STATO 

parte dei ricorrenti delle somme indebitamente percepite fino al momento 
della sospensione dei due assegni accessori in esame, � sorretto 
dal quarto motivo come riassunto nelle premesse di fatto, che deduca 
il vizio di eccesso di potere per ingiustizia manifesta e difetto di moti� 
vazione in rapporto al pagamento avvenuto per errore della Pubblica 
Amministrazione e nella loro buona fede circa la spettanza delle somme 
pagate. 

La censura appare fondata al lume di una ormai costante giurispru� 
denza bisognosa solo di una chiara determinazione dei presupposti della 
ritenzione che essa consacra. 

Essa si affida, con esatt�zza, alla gi� vista discrezionalit� degli atti 
di annullamento di ufficio di atti amministrativi illegittimi, in quanto 
implicante la valutazione della congruit� dell'annullamento all'interesse 
pubblico con esso perseguito alla rimozione dell'atto illegittimo e dei 
suoi effetti in rapporto all'entit� del sacrificio degli interessi privati 
sottostanti. 

Il provvedimento che dispone il recupero di somme indebitamente 
pagate reca implicito l'annullamento degli atti amministrativi in base 
ai quali il pagamento � stato fatto e deve pertanto contenere una valutazione 
del genere, nella quale l'interesse pubblico alla restituzione delle 
somme appaia raffrontato al pregiudizio di chi � tenuto a restituirle, 
tenuto conto della loro quantit�, dell'avvenuta loro destinazione, dell'eventuale 
concorso in tale destinazione di altri redditi dello stesso sog� 
getto, dell'incidenza che per costui la restituzione avrebbe sulle possibi� 
lit� di soddisfacimento dei bisogni esse~iali de]}.a vita. 

La mancanza di valutazione o anche solo della sua espressione espli� 
cita nel provvedimento di annullamento, sia questo esplicito o implicito, 
si risolve in difetto di motivazione, che � uno degli aspetti sintomatici 
dell'eccesso ~ potere. 

La valutazione che non tenga conto degli elementi sopra �menzionati 

o ne tragga conclusioni ad essi non consoni palesa una ingiustizia manifesta, 
cui espone il soggetto tenuto alla restituzione in un .altro aspetto 
sintomatico dell'eccesso di potere. 
Nell'uno e nell'altro caso si avrebbe la rimozione di un atto amministrativo 
'illegittimo merc� altro atto amministrativo non meno illegittimo, 
che �,come dire aver vanificato l'interesse pubblico alla legitti� 
mit� dell'azione amministrativa, senza ~ver trovato il punto di equilibrio 
fra l'altro interesse pubblico alla corretta erogazione del pubblico denaro 
e l'interesse privato ad aver disponibili in ogni momento i mezzi di soddisfacimento 
dei bisogni fondamentali della vita costituzionalmente garantiti. 


Ci� che soprattutto ha rilievo nello stabilire tale punto di equilibrio, 
una volta constatate l'erroneit� del pagamento e la buona fede di chi 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 555 

l'ha ricevuto, � la considerazione della natura retributiva della somma 
pagata, della sua avvenuta destinazione ai bisogni correnti del lavoratore 
e della sua famiglia in rapporto anche alla ampiezza della sua retribuzione 
ordinaria ed alla disponibilit� per lui di altri redditi di diversa 
provenienza, alla misura in cui la restituzione delle somme riduca per 
lo stesso la possibilit� di soddisfacimento dei bisogni essenziali al disotto 
dei limiti minimi nel momento in cui essa deve avvenire. 

Nei provvedimenti impugnati non risulta neppure accennata una valutazione 
del genere, cosicch� la loro illegittimit�, limitatamente alla parte 
considerata, � evidente. 

VIII. -I ricorsi devono pertanto essere accolti nella sola parte riguardante 
il recupero delle somme indebitamente pagate, salvi i successivi 
provvedimenti dell'Amministrazione. -(Omissis). 
II 

(Omissis). -Al prof. Bruno Francolini, pensionato dello Stato ed 
incaricato, quale libero docente, dell'insegnamento di geografia economica 
presso la facolt� di scienze politiche dell'Universit� di Firenze, fu elevato, 
nel 1964, dalla. Direzione provinciale del Tesoro di Roma, un addebito 
di complessive lire 1.542.792 di cui fu nel contempo disposto il recupero, 
mediante trattenute sulle rate della pensione, perch� negli ~precedenti 
.non si era fatta applicazione, nei di lui confronti, n� dagli artt. 14, 
legge 12 aprile 1949, n. 149, e 14, legge 8 aprile 1952, �l. 212 (escludenti, 
entro determinati limiti, il cumulo di un trattamento di attivit� con un 
trattamento ordinario di pensione), n� degli artt. 4, r.d.l. 15 ottobre 1936, 

n. 1870; 4, legge 26 novembre 1953, n. 876 e 2, legge 27 maggio 1959, n. 324, 
prescriventi, rispettivamente il divieto di corresponsione dell'assegno di 
corresponsione dell'assegno di caro-viveri, della tredicesima mensilit� e 
dell'indennit� integrativa speciale ai titolari di pensione ordinaria che 
prestino opera retribuita presso amministrazioni statali -o enti pubblici. 
Il provvedimento seguiva ad una circolare del Ministro del Tesoro, 
con cui era stata affermat~ l'operativit� delle predette disposizioni anche 
per i professori universitari incaricati. _ 

Il prof. Francolini propose prima ricorso gerarchico al Ministero; 
quindi, avendo il rimedio avuto esito negativo, si rivolse al Consiglio di 
Stato, dolendosi di essere stato considerato pubblico impiegato, malgrado 
gli incaricati di insegnamento universitario fossero prestatori d'opera 
professionale autonoma, e di essere stato vittima di un eccesso di potere 
dell'Amministrazione, la quale, dopo aver sempre seguito quella tesi, inopinatamente 
aveva mutato avviso. 

Questo secondo argomento � stato considerato fondato ed assorbente 
dal Giudice amministrativo, la cui quart� Sezione, con decisione pubblicata 
il 1� febbraio 1972, ha annullato il provvedimento di rigetto del 

8 


556 RASSEGNA DRLL'AVVOCATURA DELLO ST�ro' 


ricorso gerarchico, osservando che il ricorrente aveva riscosso gli assegni 
in buona fede e quindi non era tenuto a restituirli, perch� all'epoca in 
cui erano avvenuti i pagamenti lo stesso Ministero del Tesoro riteneva 
che i professori incaricati non fossero pubblici impiegati e non fossero 
interessati dalle disposizioni sui divieti di cumulo fra stipendio e trattamento 
pensionistico. 

Il Ministero ha chiesto a queste Sezioni Unite, sulla base di un unico 
motivo, di cassare la decisione per difetto di giurisdizione. , 

Al ricorso resistono, con controricorso, Fides Teodorani e Lisa Francolini, 
rispettivamente moglie ed unica figlia del prof. Francolini, intanto 
deceduto. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il Ministero ricorrente denuncia, in relazione agli artt. 360, n. 1, cod. 
proc. civ. e 111 Cost., la violazione degli artt. 29 e 30, t.u. 26 giugno 1924, 

n. 1054; 13 e 62, t.u. 12 luglio 1934, n. 1214; 2 e 3, 1. 20 marzo 1865, all. E; 
2033, cod. civ. E sostiene che i ricorsi relativi al rapporto di pubblico 
impiego, attribuiti alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, 
sono quelli che propongono questioni insorte nel corso del predetto 
rapporto e non successivamente, quando l'impiegato � stato collocato 
a riposo. Pertanto, siccome il prof. Francolini, chiedendo l'annullamento 
del provvedim�nto che aveva disposto il recupero di assegni accessori 
alla pensione, aveva agito a tutela dei suoi diritti di pensionato, sui 
quali il pregresso ed esaurito rapporto di impiego non aveva pi� alc.na 
incidenza, il Consiglio di Stato avrebbe dovuto dichiarare il proprio 
difetto di giurisdizione. 
La censura, posta in relazione con il contenuto dei provvedimenti 
impugnati davanti al Consiglio di Stato (addebito e recupero di somme 
pagate dall'Amministrazione del tesoro per tredicesima mensilit� della 
pensione, indennit� integrativa di quest'ultima ed assegno di caro-viveri) 
investe due aspetti del complesso e tuttora non risolto problema dell'ambito 
della giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensione. 

Essa esige, anzitutto, che si determini l'oggetto dei rapporti compresi 
in detta materia, con particolare riferimento a quegli assegni accessori 
che, a seguito di numerosi provvedimenti legislativi, sono venuti 
aggiungendosi, a vario titolo, all'assegno base di pensione. 

Infatti, si � fatta strada una distinzione fra controversie concernenti 
il diritto al trattamento di quiescenza lordo, oppure alcuni emolumenti 
integrativi, e -controversie su assegni accessori la quale � servita per 
concludere che soltanto le prime spettano alla cognizione della Corte 
dei conti. � stato conseguentemente affermato che non compete a tale 
Corte pronunciarsi sulla spettanza, al pensionato, dell'assegno di caroviveri 
(Corte Conti, 17 febbraio 1940; 17 luglio 1953; 8 maggio 1957, n. 8834; 


PARTE I, SEZ. J;II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 557 

13 maggio 1971, n. 33543; nonch�, ma solo a mo' di esempio, Cass., SS.UU., 
29 gennaio 1971; contra, invece, C. Conti 20 aprile 1932; 13 marzo 1939; 
22 febbraio 1945; 12 giugno 1957; Cons. Stato 9 dicembre 1969, n. 767), e 
dell'assegno mensile differenziale previsto per gli ufficiali della riserva 

(C. Conti, 14 novembre 1960, n. 11197), mentre le appartiene il giudizio 
sull'indennit� integrativa speciale di cui all'art. 2, I. 27 maggio 1959, n. 324 
(SS.UU., n. 221 del 1971, cit.; 29 ottobre 1974, n. 3246; 28 maggio 1975, 
n. 2155; C. Conti, 23 marzo 1972, n. 31547), sull'assegno di superinvalidit� 
(C. Conti, 27 ottobre 1972, n. 39516; 13 maggio 1966, n. 22207), di collocamento 
(21 gennaio 1966, n. 21295), di cura (C. Conti, 3 ottobre 1964, n. 6689), 
di previdenza (C. Conti, 6 marzo 1967, n. 17278; 28 aprile 1964, n. 5529). 
Ma � tempo, ora, di prendere atto che il sistema, privo di una chiara 
base concettuale, ha dato �luogo ad incertezze quant'altre mai inopportune 
in tema di gi�risdizione. Occorre quindi abbandonarlo, come del 
resto appare gi� fatto nella sentenza di queste Sezioni Unite, 30 ottobre 
1974, n. 3313, la quale ha considerato devoluta alla giurisdizione della 
Corte dei Conti la controversia sull'indennit� di cui all'art. 4, I. 31 marzo 
1971, n. 214, perch� ha ritenuto quest'ultima un accessorio della 
pensione. 

Di tale necessit� si ha un esempio proprio considerando gli assegni 
dei quali si discute nella lite introdotta dal prof. Francolini. 

Invero, se l'indennit� integrativa speciale viene ritenuta parte della 
pensione, e se non sembra possano nutrirsi dubbi, su un'eguale configurazione 
della tredicesima mensilit� (chiaramente prevista come quota 
�del trattamento di quiescenza�, spettante ai titolari di pensione o di 
assegni vitalizi dello Stato, dall'art. 1, I. 26 novembre 1953, n. 876, e parificata 
anche ai fini fiscali della pensione, dal successivo art. 2), riesce poi 
difficile indicare le sostanziali differenze che impongono una opposta 
conclusione per l'assegno di caro-viveri, la cui inerenza alla pensione non 
� meno intima delle altre voci e che al pari di queste insieme ad essa 
viene liquidato (art. 48, r.d. 28 giugno 1933, n. 704). 

In realt�, gli assegni accessori che ora sono opportunamente riuniti 
nel titolo VI del nuovo testo unico emanato con d.P.R. 29 dicembre 1973, 

n. 1092, hanno tutti funzione integrativa della pensione in senso stretto, 
in quanto sono diretti ad adeguarne la misura minima, proporzionale 
al diritto acquisito con la prestazione del servizio presso un'amministrazione 
pubblica, e come tale intangibile ed uguale per tutti coloro (o per 
i congiunti superstiti di coloro) che abbiano lasciato il servizio nelle 
stesse situazioni, �lle reali condizioni ed esigenze fisiche, economiche e 
familiari di ciascuno, quali risultano dalla documentazione che anche a 
tale scopo deve essere raccolta in sede di istruzione della pratica necessaria 
per l'attribuzione del vitalizio (art. 7, r.d. 27 giugno 1933, n. 703; 
artt. 35-39, r.d. 28 giugno 1933, n. 704). Ed infatti, appena questa funzione 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

appare non pi� operante,� o per l'entit� del reddito del pensionato, o per 
la concorrenza di pi� assegni, entrano in gioco le norme che negano il 
diritto all'emolumento, o vietano il cumulo � degli assegni accessori di 
quiescenza tra loro e con assegni accessori di attivit�� (come si esprime 
riassuntivamente l'art. 130, ultimo comma, del testo unico citato). 

Sembrerebbe, dunque, che per esigenze di coerenza logica e di chiarezza, 
il criterio di riparti fra le giurisdizioni debba necessariamente 
ricercarsi o nella separazione rigorosa di qualunque assegno accessorio 
dall'assegno base di pensione, quale era inteso all'e1:mca in cui furono 
formulate le prime disposizioni sulla giurisdizione della Corte dei Conti 
in materia; oppure nell'abbandono di ogni distinzione, con conseguente 
affermazione che l'uno e gli altri, in quanto concorrono a formare il 
complessivo trattamento spettante al pensionato, vanno compresi nel 
concetto di pensione, in forza del quale si individua la giurisdizione della 
Corte dei Conti. 

Senonch�, la prima soluzione pu� giustificarsi solo con l'argomento 
-d'ordine�sostanzialmente letterale -che della giurisdizione sugli assegni 
accessori, inesistenti, come s'� detto, all'epoca in cui furono emanate le 
prime disposizioni sul giudizio pensionistico della Corte (artt. 13 e 14, 

1. 14 agosto 1862, n. 800; art. 12, 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), non si � 
fatto parola neppure nelle disposizioni successive, intervenute quando 
alcuni di essi erano stati introdotti nell'ordinamento (artt. 13 e 62, r.d. 
12 luglio 1934, n. 1214). Ed � agevole opporgli che, stante la sopra rilevata 
omogeneit� della pensione base e degli assegni accessori, l'attribuzione 
di questi ultimi non ha inciso nella materia in ordine alla quale la Corte 
dei Conti fu resa unico giudice, ma ha solo ampliato, rendendolo plurimo 
da unico che originariamente era, l'oggetto dei rapporti sostanziali costituenti, 
appunto, quella materia, perch� ha aggiunto all'iniziale unica 
pretesa all'assegno di pensione, le altre (ma eventuali) pretese agli assegni 
accessori. 
Tale prospettiva, preclusa per lungo tempo da un concetto angusto_ 
del trattamento pensionistico, qual'era� quello ancorato all'emolumento 
che si liquida, sulla base di regole matematiche e giuridiche, in funzione 
del servizio prestato o della causa e ne ha imposto la fine, sembra suggerita 
anche dall'avvenuta riunione degli .assegni accessori nel testo unico 
delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari 
dello Stato. Ed � tanto pi� accessibile oggi, in quanto anche nel settore 
del trattamento di attivit� del pubblico dipendente, come in quello ancora 
pi� vasto della retribuzione del lavoro in genere, si � affe�'niata una 
nozione globale, comprendente sotto un'unica causa qualsiasi somma corrisposta 
al prestatore di opera in virt� del rapporto di lavoro. 

Essa consente, altres�, di considerare il citato art. 13 del testo unico 
del 1934, laddove stabilisce che la Corte dei conti � giudica sui ricorsi in 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

materia di pensione �, esplicativo, per quel che qui interessa, di un principio 
gi� insito nel sistema. Ossia, consente di intendere la disposizione 
proprio come vuole la sua formulazione, cosicch� restano superate recenti 
interpretazioni riduttive, proposte nell'assunto che la delega -per l'emanazione 
del testo unico del 1934 non attribu� al Governo il potere di 
innovare l'ordinamento preesistente. 

Pu� quindi escludersi che ~on il Consiglio di Stato, ma la Corte dei 
Conti deve pronunciarsi sulla spettanza degli assegni accessori alla pensione. 


Ci� tuttavia non-esaurisce il giudizio, perch� resta da esaminare un 
altro, non meno essenziale profilo, consistente nello stabilire se nella 
giurisprudenza della Corte predetta siano compresi, oltre ai ricorsi che 
investano la liquidazione della pensione -espressamente menzionati 
dalla legge n. 800 del 1962 -i ricorsi provocati da provvedimenti ope� 
ranti trattenute sulle rate di pensione, in ossequio a norme che vietano 
il cumulo di un trattamento di quiescenza con uno di attivit�. 

�l riguardo, premesso che nessuna rilevanza ha il fatto che la questione 
investa la pensione in senso stretto� -ma v., ora, artt. 130 e segg., 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 -o, invece, gli assegni accessori -stante 
il carattere latamente pensionistico che a questi deve riconoscersi per 
quanto detto prima -queste Sezioni Unite non possono che ribadire 
l'affermazione della giurisdizione della Corte dei Conti, contenuta nella 
loro recente sentenza del 29 ottobre 1974, n. 3246. 
Da quasi un secolo -Cass., 13 aprile 1880 -� ormai opinione comune 
della Corte dei Conti deve spingersi oltre il momento di liquidazione 
del vitalizio, ed esprimersi su qualunque atto di rifiuto o di riduzione 
che incida sull'an o sul quantum del diritto al vitalizio stesso, onde 
ne restano esclusi solo i pagamenti, ossia quegli atti che, attenendo alla 
fase esecutiva dell'obbligazione dello Stato, di quest'ultima non pongono 
in questione i presupposti e gli elementi costitutivi, cos� come vennero 
fissati in sede di liquidazione (� il caso, ad esempio, di ritenute operate 
sulla pensione per debiti contratti dall'ex dipendente verso l'Amministrazione: 
C. Conti, 1� aprile 1974, n. 33680). 

Con questo chiaro principio, appare contrastante -bench� sia stato 
sovente condiviso, dopo le sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte, 
22 maggio 1963, n. 1354, e della Corte dei Conti, 12 luglio -1965 -l'asserto 
che le ritenute in questione incidono non sul trattamento di quiescenza 
gi� liquidato, ma sugli effetti di tale liquidazione, sospendendoli in tutto 

o in parte durante il tempo in cui il pensionato rimane occupato presso 
un'amministrazione pubblica. Invero, l'applicazione del divi�to di cumulo 
fra trattamento di attivit� e trattamento di quiescenza si attua mediante 
provvedimenti che modificano le precedenti attribuzioni con le quali era 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stato determinato, in ogni suo elemento, il secondo trattamento perch� 
quei provvedimenti stabiliscono che quelle attribuzioni non hanno pi� 
ragion d'essere -non importa se in tutto o in parte, per sempre o temporaneamente 
-in conseguenza del venir meno della causa specifica 
che le aveva giustificate (ond'� che non impropriamente l'art. 97, d.P.R. 
29 dicembre 1973, n. J.092, afferma che al pensionato � non competono �, 
ossia non spettano, la tredicesima mensilit� e l'assegno di caro-viveri,� 
durant~ il periodo in cui ha prestato opera retribuita). Tanto ci� � vero, 
che quando l'incidenza del divieto di cumulo � venuta in questione in 
sede di iniziale liquidazione della pensione, la Corte dei Conti ne ha 
conosciuto, anche se non sempre ha ammesso che trattavasi di giudicare 
un disconoscimento del diritto alla pensione (sent. 27 maggio 1972, n. 38051; 
19 giugno 1973, n. 40634), avendo talora ravvisato l'oggetto della controversia 
nel disconoscimento del diritto alla liquidazione (sentt. 19 ottobre 
1969, n. 30534; 22 aprile 1969, n. 22897, conformi a numerose altre 

precedenti). 

Ancor meno valida � l'affermazione -pi� frequente nella giurisprudenza 
del Consiglio di Stato -che le questioni sul cumulo involgono 
diritti patrimoniali, aventi origine da un rapporto di pubblico impiego, 
sia esso quello in base al quale ha avuto luogo il trattamento di quiescenza, 
sia l'altro che, per essere successivamente iniziato, ha provocato 
la riduzione di tale trattamento. 

Nessuna argomentazione riuscir� mai a negare che il primo rapporto 

�rappresenta solo il remoto elemento genetico del diritto alla pensione�, 

dopo la cui attribuzione esso � esaurisce completamente i suoi effetti � 

(sent. n. 3246 del 1974, cit.); e che il secondo rapporto non viene assolu


tamente pregiudicato, _giacch� il contenuto dei diritti patrimoniali che 

ne derivano per il dipendente dmane integro. 

Infine, � irrilevante, oltre che inesatto, il rilievo -anch'esso proprio 

della giurisprudenza del Consiglio di Stato -secondo cui sussiste la 

giurisdizione di tale organo e, ora, dei tribunali amministrativi regionali 

perch� i provvedimenti di addebito delle somme illegittimamente corri


sposte avrebbero carattere discrezionale, in base all'art. 406 del regola


mento 23 maggio 1924, n. 827, ed all'art. 3, r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295. 

Il carattere esclusivo della giurisdizione sulle _:pensioni consente alla 

Corte dei Conti di conoscere anche di situazioni sbggettive non aventi 

consistenza di diritti. E �omunque la pretesa discrezionalit� inerisce non 

al provvedimento che accerta l'errata corresponsione degli emolumenti 

e ne dispone l'addebito al pensionato, ma alle modalit� di recupero delle 

somme pagate (sent. n. 3246 del 1974, cit.). 

Sotto ogni aspetto, insomma, il ricorso si rivela fondato. Bisogna 

quindi accoglierlo e dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti, 

cassare la decisione del Consiglio di Stato. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA CIVILE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 gennaio 1975, n. 7 -Pres. Pece -Est. 
Moscone -P. M. Pedace (diff.) -Ministero della Difesa (avv. Stato Mataloni) 
c. Pasotto (avv. Cervati e Ottolenghi). 

Espropriazione p.u. -Occupazione d'urgenza -Opere militari -Inapplicabilit� 
del termine biennale -Temporaneit� dell'occupazione. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 76). 
Competenza e giurisdizione -Servit� militari -Illegittimit� del provvedi� 
mento impositivo -Disapplicazione da parte dell'A.G.O. -Ammissibilit�. 

(1. 20 maggio 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 5). 
L'occup�zione d'urgenza disposta per esigenze di carattere militare, sebbene 
non soggetta al termine biennale previsto dall'art. 73 l. 25 giugno 1865, 

n. 2359, � naturalmente temporanea e diventa, quindi, illegittima e d� luogo 
ad un illecito sia quando sia continuate malgrado siano venute meno le 
ragioni contingenti che l'avevano determinata, sia quando, trasformatosi 
in occupazione definitiva per essere state realizzate le opere previste, non 
sia stata pronunziata l'espropriazione. E mentre spetta, all'Amministrazione 
-con formale provvedimento, o anche mediante semplice comportamento 
(purch� inequivoco) -stabilire se ricorra una delle condizioni anzidette, 
rientra nella giurisdizione dell'A.G.O. accertare quale sia stata la 
volont� concreta dell'Amministrazione (1). 
Qualora l'Amministrazione lamenti la violazione di una servit� militare, 
pu� l'A.G.O. dichiarare l'illegittimit� del provvedimento impositivo al fine 

di disapplicarlo (nella specie il provvedimento impositivo della servit� non 
era stato emesso dal comando di divisione ritenuto competente ai sensi dell'art. 
29 del r.d. 4 maggio 1936, n. 1388) (2). 
(1-2) Con il princ1p10 contenuto nella prima massima il S.C., mentre conferma 
ancora una volta l'affermazione ormai pacifica della inapplicabilit� del 
termine biennale previsto dall'art. 73 legge 25 giugno 1865, n. 2359 alle occupazioni 
d'urgenza disposte per opere militari (v. conf. da ultimo Cass. 11 luglio 1974, 
n. 2050, in questa Rassegna 1974, I, 1423 con nota di richiami) ed altres� quella 
della necessaria temporaneit� dell'occupazione, modifica sostanzialmente il precedente 
indirizzo giurisprudenziaie ritenendo che spetti all'A.G.O. di 'accertare, 
anche in' mancanza di un formale provvedimento che abbia esplicitato gli intendimenti 
dell'Amministrazione, se tali intendimenti (definitivit� dell'occupazione 
o sopravvenuta cessazione dell'utilit� di essa) risultino da un mero comportamento, 
purch� inequivoco dagli organi competenti al fine di riconoscere (o 
meno) l'esistenza di un comportamento illecito dell'Amministrazione. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

562 

(Omissis). -Col primo motivo del suo ricorso l'Amministrazione della 
Difesa denunzia il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario, per violazione 
e falsa applicazione degli artt. 2, 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. E, dell'art. 26 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054,, e degli 
artt. 2, 3 e 4 della legge 4 dicembre 1971, n. 1034, la violazione e falsa 
applicazione dell'art. 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e d~ll'art. 2043 
e.e., e la mancanza e insufficienza di motivazione su un 'punto decisivo, 
dolendosi che la sentenza impugnata abbia dichiarato l'illegittimit� sopravvenuta 
dell'occupazione degli immobili e abbia ritenuto che, per effetto di 
tale legittimit�, ai Pasotto spettasse il risarcimento del danno, anzich� la 
indennit� di occupazione. 
Al riguardo la ricorrente, richiamando la sentenza 12 luglio 1968, n. 2453, 
di questa Corte Suprema, sostiene che la durata dell'occupazione d'urgenza 
dettata da esigenze militari, di cui al citato art. 76, incide su posizioni di 
interesse legittimo e che vanno perci� esclusi tanto il potere dell'Autorit� 
Giudiziaria -Ordinaria di sindacare la legittimit� della durata dell'oc:,cupazione 
(e anche di disapplicare il provvedimento di occupazione al limitato 
fine della pronuncia sul danno), quanto la stessa configurabilit� di un 
danno risarcibile, il quale presuppone la lesione di un diritto soggettivo. 
Pertanto, continua la ricorrente, la Corte d'Appello di Venezia non solo non 
avrebbe avuto il potere di accertare la sopravvenuta illegittimit� dell'oc-

Con precedente pronunzia (v. Cass. 12 luglio 1968, n. 2453, in Giust. civ., 1968, 

I, 1558) lo stesso S.C. aveva invece escluso la possibilit� che abbia rilevanza, in 

mancanza di un formale provvedimento, il mero 'comportamento della P. A. 

precisando in particolare che � quello che � in gioco � il principio della forma� 

lit�, vale a dire il principio che impone all'Amm.ne di seguire determinate for


me nello svolgimento della propria attivit� e non pu� seriament� contestarsi che 

l'esatta osservanza di quel principio possa essere verificata esclusivamente dal 

giudice amministrativo, non potendosi concepire al riguardo l'esistenza di un di� 

ritto soggettivo del privato �. 

Ora non sembra dubbio che quest'ultimo indirizzo sia quello preferibile, an


che se appaiono evidenti le ragioni di equit� che hanno suggerito (ma non giu


stificano) nel caso di specie (trattandosi infatti di una occupazione durata per 

oltre quindici anni senza che l'Amm.ne avesse esplicitato le proprie determina


zioni) l'indirizzo accolto dalla decisione in rassegna (peraltro particolarmente 

travagliata essendo stata adattata malgrado le conclusioni difformi del P. M. 

e con la sostituzione del relatore). 

La soluzione contrastata oltre che urtare che con il � principio della for


malit�� che deve reggere l'attivit� della P. A., presenta non poche difficolt� 

pratiche che ne dovevano sconsigliarne comunque, l'accoglimento. 

� infatti prattcamente impossibile stabilire in modo � inequivoco e sicuro � 

quale possa essere l'intendimento dell'Amministrazione, anche in presenza di co� 

struzioni od opere, atteso che dette opere potrebbero essere prontamente demo� 

lite, venute meno le condizioni contingenti e provvisorie che le giustificavano. 

L'estrema incertezza di ogni valutazione al riguardo � dimostrato d'altro 

canto dall'affermazione, invero singolare, contenuta nella sentenza che si annota 

secondo cui la volont� dell'Amministrazione di trasformare in definitiva l'occu




563

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

cupazione sotto il profilo del venir meno delle esigenze militari, ma non 
poteva neppure (come sembra abbia fatto) ritenerla sotto il profilo della 
mancata tempestiva emanazione del decreto di esproprio. 

D'altra parte, sempre a detta della ricorrente, sotto questo secondo 
profilo la sentenza non precisa (donde il vizio di mancanza o insufficienza 
della motivazione) in che cosa consista la ritenuta illegittimit�: se, cio�, 
nel puro e semplice fatto della mancata emanazione del decreto di esproprio 
(nel qual caso, per�, si dovrebbe rilevare che l'occupazione di cui al 
cit. art. 76 non � necessariamente preordinata all'espropriazione e condizionata 
alle necessit� di questa), ovvero nel fatto che l'Amministrazione avesse 
continuato a utilizzare, per il soddisfacimento delle esigenze militari, lo 
sfruttamento dell'occupazione d'urgenza, anzich� emettere il provvedimento. 
di espropriazio:tie. 

Tali censure vanno tutte disattese. 

Invero, proprio applicando i princ�pi enunciati nella citata sentenza 
2453/1968 (e nelle precedenti sentenze 2187/1964 e 1820/1958) e svolgendoli 
ulteriormente, si desume che, nell'ipotesi di un'occupazione immediata di 
beni necessari, alla esecuzione di opere militari, disposta in caso di assoluta 
urgenza dalla competente Autorit� Militare a norma dell'art. 76 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359, non sembra lecito affermare sic et cimpliciter che, . 
ogni qualvolta il proprietario dei beni occupati deduca l'illegittimit� del 
protrarsi dello stato di occupazione, egli faccia necessariamente valere sem-� 
pre e soltanto una posizione d'interesse legittimo, e che si debba perci� 
escludere senz'altro qualsiasi possibilit� di sindacato da parte dell'Autorit� 
Giudiziaria Ordinaria e la configurabilit� di un danno risarcibile. 

pazione in corso, risulterebbe provata dall'aver (L'Amm.ne) � proceduto alla designazione 
degli immobili da espropriare�, senza tuttavia che nessun'altra attivit� 
in tal direzione sia seguita. 

� chiaro come la via seguita dalla precedente decisione n. 2453 del 1968 sia 
certamente pi� convincente, in quanto affida al giudice degli interessi ogni valutazione, 
in difetto di un formale provvedimento della P.A., in ordine al comportamento, 
certamente discrezionale, della P.A., ed � augurabile che ad essa il S.C. 
ritorni. 

Anche il principio contenuto nella seconda massima suscita vive perplessit�. 

Il S.C. sembra non tener conto che la disapplicazione per illegittimit� di un 
provvedimento amministrativo � consentita all'A.G.O. a mente dell'art. 5 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E solo' quando la posizione sostanziale azionata 
dal privato sia un diritto soggettivo, secondo il principio fondamentale contenuto 
nell'art. '2 della stessa legge. 

Quando, invece, come nel caso sottoposto al suo esame, la posizione azionata 
sia un interesse legittimo (o al pi� di un diritto affievolito) e non si contesti 
l'esistenza della potest� amministrativa di emanare l'atto, ma soltanto la 
legittimit� dell'uso di essa, devesi escludere l'esistenza della giurisdizione del 
giudice ordinario (v. da ultimo Trib. Superiore Acque, 15 ottobre 1974, n. 17 
in questa Rassegna 1975, I, 769 con nota di richiami). 



564 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Va oss.ervato in proposito che � vero che, per la durata dell'occupazione 
di cui al cit. art. 76, non � fissato dalla legge alcun termine specifico; 
mentre non � applicabile quello biennale stabilito in genere dal precedente 
art. 73 per le occupazioni determinate da casi di forza maggiore e urgenza, 
in quanto l'art. 76 richiama le disposizioni del� capo II del titolo II della 
legge n. 2359 del 1865 con esclusivo riferimento ai poteri dell'Autorit� che 
emana il provvedimento, e non anche alla disciplina obbiettiva dell'istituto. 
Ma � altrettanto vero che anche l'occupazione in esame ha, per sua 
_natura, un carattere essenzialmente temporaneo e che, pertanto, non pu� 
protrarsi indefinitamente nel tempo. Si tratta, infatti di un'occupazione 
prevista esplicitamente solo per il <~ caso di assoluta urgenza �, vale a dire 
di un'occupazione attuata mediante un provvedimento, il quale trova nell'urgente 
necessit� il presupposto per l'esercizio del relativo potere da 
parte d.ell'Autorit� Militare, al pari di tutti i cosiddetti provvedimenti 
d'urgenza consentiti dalla legge a varie Autorit�, e non pu� quindi non 
avere come requ!sito essenziale di legittimit� la temporaneit�, in applicazione 
di "4Il principio generale ammesso pacificamente dalla giurisprudenza 
e dalla dottrina per tutti i provvedimenti di tal genere. D'altra parte, 
se non fosse per sua stessa natura destinata a durare soltanto per un 
tempo limitato, l'occupazione de '.?'!la potrebbe trasformarsi in un'espropriazione 
di fatto del diritto di propriet�, senza l'osservanza delle garanzie, 
delle condizioni e dei limiti propri di questo istituito, in contrasto con 
le disposizioni dell'art. 42 della Costituzione e dell'art. 834 del codice civile. 

Si pu� quindi affermare che l'occupazione diventa illegittima e deve 

quindi cessare non appena siano venute .meno le necessit� contingenti 

che l'avevano determinata, ovvero deve essere trasformata entro un con


gruo periodo di tempo in occupazione definitiva mediante espropriazione, 

quand'essa sia stata disposta per l'esecuzione di opere militari aventi fin 

dall'origine, o che abbiano assunto in seguito, il carattere della pedna


nenza. La Violazione di un dovere siffatto, che per le ragioni anzidette 

appare fondato su una norma di relazione, si risolve nel mantenere una 

occupazione per la quale � venuto a cessare in radice il relativo potere, 

e fa si che l'occupazione stessa si trasformi da legittima in illegittima, 

dando vita ad un comportamento dell'Autorit� Militare: illecito: con la 

conseguenza che, ove risulti accertato il verificarsi dell'una o dell'altra 

ipotesi anzidette (ossia il venire meno della necessit�, in caso di opere 

non durature, owero il carattere permanente delle opere) il proprietario 

dei beni occupati pu� far valere il diritto al risarcimento dell'eventuale 

danno davanti all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. 

Resta per� il problema se quest'ultima possa compiere essa stessa 
�un simile accertamento di carattere preliminare, sia pure al limitato fine 

di stabilire se sussista o meno il presupposto per poter considerare even


tualmente sine titulo il protrarsi dello stato di occupazione. La risposta 

dev'esseer negativa, ove si consideri che tale stato deriva da un provve-

I


I 


I ~ 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dimento legittimo e. idoneo, in origine, a determinare l'affievolimento del 
diritto di propriet�, e che rientra senza dubbio nel potere discrezionale 
dell'Autorit� Militare competente, a norma dell'art. 76 della legge n. 2359 
del 1865, non soltanto il decidere, prima di addivenire all'occupazione di 
beni per l'esecuzione di opere m~litari, se ne ricorra la necessit� e l'assoluta 
urgenza ma anche il decidere, successivamente, se le opere eseguite 

o da eseguire sui beni occupati abbiano carattere permanente (oltre che 
necessario), cos� da richiedere il passaggio all'aespropriazione, ovvero, 
quando non abbiano carattere permanente, se ne perduri la necessit�. 
Pertanto, la giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria, in ordine 
alle pretese risarcitorie del proprietario di beni occupati a norma del 
cit. art. 76 e non restituiti, di regola presuppone l'esistenza di un provvedimento 
formale dell'Amministrazione Militare, che constati il venir 
meno delle condizioni legittimanti l'occupazione, o almeno, in mancanza 
di esso, l'accertamento da parte del Giudice Amministrativo dell'Illegittimit� 
dell'eventuale diniego di emanare un provvedimento siffatto. Tuttavia, 
poich� una manifestazione di volont� pu� verificarsi anche tacita. 
mente, deve altres� ammettersi che il riconoscimento, da parte dell'Amministrazione 
Militare, del venir meno delle condizioni legittimanti l'occupazione 
possa anche risultare da un semplice comportamento dell'Amministrazione 
stessa, purch� sicuro e inequivoco. D'altra parte, il fatto 
dell'esistenza di un tale riconoscimento, che costituisce il presupposto 
dell'anzidetta giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria, ben pu� 
essere da questa accertata, rientrando nei suoi poteri sia l'indagine sui 
presupposti della propria giurisdizione, sia la ricerca e l'apprezzamento 

delle maillfestazioni di volont� influenti per la definizione del giudizio. 

Questo � appunto quanto, in sostanza, ha fatto nella specie la Corte 

d'Appello di Venezia. Onde, mentre da un lato il suo giudizio di merito, 

circa il riconoscimento implicito da parte dell'Amministrazione Militare 

del carattere permanente delle opere da essa eseguite sui terreni occupati, 

non � sindacabile in questa sede di legittimit�, risultando sorretto da una 

motivazione giuridicamente corretta, logica e adeguata, dall'altro appare 

irrilevante, ai fini �della presente causa, risolvere la questione d'illegittimit� 

costituzionale dell'art. 76 della legge n. 2359 del 1865, sollevata nella me


moria dei Pasotto con riferimento alla mancanza in tale norma della pre


fissione di itn termine, analogo a quello biennale previsto nel precedente 

art. 73, e in relazione.agli artt. 42 e 3 della Costituzione. 

Invero i giudici di merito, pur ammettendo che l'Amministrazione Militare 
aveva -dovuto prendere in considerazione vivaci e insistenti doglianze 
del Comune di S. Michele al Tagliamento, timoroso che i vincoli militari 
imposti sui terreni in questione danneggiassero l'industria turistica locale, 
tuttavia osservarono nella sentenza impugnata che tale Amministrazione 
non solo non aveva fornito la prova delf'asserita ricerca di aree da sostitu�� 
re a quelle dei Pasotto, da cui sarebbero derivate remore alla sua attivit�, 


RASSEGNA DEI.,L'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma aveva anche dimostrato di voler trasformare in definitiva l'occupazione 
in corso, per la ritenuta impossibilit� di rilasciare i beni occupati, 
allorch�, con decreto 20 dicembre 1962, n. 4168, del Ministero della Difesa, 
aveva proceduto alla designazione degli immobili da espropiare � per gli 
usi di un poligono di addestramento �, quale primo atto della procedura c�i 
cui agli artt. 74 e 75 della lbgge sulle espropriazioni per pubblica utilit�. Ora, 
poich� l'espropriazione di un bene implica in chi vi si accinge l'intenzione di 
adibire il bene stesso a un uso non contingente e transitorio, l'aver posto 
in rilievo quanto sopra significa l'avere accertato, sulla base di un comportamento 
sicuro e inequivoco, peraltro non smentito dalle mere asserzioni 
circa una non provata ricerca di altri beni da sostituire a quelli occupati, 
che nella specie l'Amministrazione Militare aveva dimostrato col suo comportamento 
di riconoscere che il poligono di tiro ricavato sui fondi dei 
Pasotto aveva carattere permanente, oltre ad essere necessario per il raggiungimento 
di fini pubblici. 

Accertato cos� il presqpposto della propria giurisdizione, la Corte d'appello 
di Venezia pot� legittimamente occuparsi della domanda dei Pasotto. 
Ed � del tutto infondata, a tale proposito, la censura di mancanza o insuf-� 
ficienza della motivazione, dedotta dalla ricorrente assumendo che la sentenza 
non avrebbe precisato in che cosa consistesse la ritenuta illegittimit�, 
giacch� � chiaro, invece, che la situazione di fatto venne considerata illecita 
e il comportamento dell'Amministrazione Militare colpevole, per avere 
l'Amministrazione stessa continuato a utilizzare, per il soddisfacimento delle 
proprie �sigenze, lo strumento dell'occupazione d'urgenza, anzich� provvedere 
a portare a termine il procedimento espropriativo, da essa voluto 
e iniziato, in un periodo di tempo ragionevole. Nella sentenza, infatti, si 
afferm� espressamente che, pur avendo riguardo al caso specifico de quo, 
la durata dello stato di occupazione per oltre quindici anni appariva del 
fotto inconciliabile con la necessaria limitatezza nel tempo dell'occupazione 
d'urgenza, e si precis� ulteriormente che il protrarsi di tale stato non 
avrebbe dovuto oltrepassare un periodo di sei anni, essendo questo spazio 
di tempo sufficiente (oltre che congruo) .per la concreta valutazione di tutte 
le particolarit� del caso e per portare a compimento la preannunciata 
espropriazione. D'altra parte, la sentenza provvide altres� a indicare le 
ragioni giustificative di un simile convincimento: ma su questo punto non 
occorre soffermarsi, non formando esso oggetto di censura, nemmeno 
sotto l'aspetto dei vizi di motivazione. 

Col secondo motivo l'Amministrazione della Difesa denunzia il difetto di 

giurisdizione del Giudice Ordinario, per violazione e falsa applicazione 

delle norme richiamate nel primo motivo, nonch� la violazione e falsa appli


cazione dell'art. 4 della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, dell'art. 29 del rela


tivo regolamento, approvato con R.. 2 maggio 1936, n. 1388, e dell'art. unico 

del d.P.R. 7 ottobre 1960, n. 1496, dolendosi che la Corte di Appello abbia 

ritenuto illegittime le servit� militari imposte con manifesti del Comando 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Militare Territoriale di Padova. Anzitutto, a suo dire, il Giudice Ordinario 
non aveva il potere di sindacare la legittimit� del provvedimento impositivo 
o di disapplicarlo, avendo i Pasotto .na posizione d'interesse legittimo, 

o tutt'al pi� di diritto affievolito, anche rispetto al potere d'imposizione delle 
servit� militari. Comunque, aggiunge la ricorrente, la dichiarazione d'illegittimita 
dell'imposizione � erronea, perch� il d.P.R. 7 ottobre 1960, p.. 1496, 
che attribu� ai Comandi Militari Territoriali la competenza in materia d'imposizione 
di servit� militari nei casi d'urgenza, gi� spettante ai Comandi di 
Divisione ai sensi dell'art. 29 del R.D. 4 maggio 1936, n. 1388, non ebbe carattere 
innovativo, ma si limit� a sancire formalmente una successione di 
attribuzione, gi� verificatesi da tempo per adeguare la lettera della norma 
regolamentare alla realt� del nuovo ordinamento dell'Esercito, stabilito 
con la legge 9 maggio 1940, n. 368. � 
Tali censure non hanno fondamento. 

Invero la Corte di merito non eccedette dai limiti della propria giurisdizione 
nell'esaminare la questione della legittimit�;� sotto l'aspetto della 
competenza, dei provvedimenti impositivi delle servit� militari, avendo 
proceduto a tale esame esclusivamente ai fini della pronuncia sulla domanda 
riconvenzionale dell'Amministrazione Militare, la quale, deducendo un 
comportamento dei Pasotto' contrario al mantenimento delle servit� militari 
in questione e quindi lesivo delle stesse, aveva chiesto la condanna di 
essi alla riduzione in pristino e al risarcimento dei danni.� Si trattava di 
un tipico caso di sindacato dell'atto amministrativo ai fini della sua eventuale 
disapplicazione per illegittimit�, consentito al Giudice Ordinario dall'art. 
5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 gennaio 1976 n. 165 � Pres. e Rel. Mirabelli 
-P. M. Roja (conf.) � Minister� dell'Interno (avv. dello Stato Azza. 
riti) c. Politi (avv. Rosati). 

Procedimento civile -Delibazione � Sentenza straniera di accertamento di 
paternit� naturale e condanna agli alimenti -Dichiarazione di efficacia 
limitata al capo degli alimenti -Anlmissibilit� -Procedimento civile Delibazione 
-Sentenza straniera di accertamento di paternit� naturale 
e condanna agli alimenti � Dichiarazione di efficacia del capo degli 
alimenti anche al figlio naturale di cui sia vietato il riconoscimento. 

_Non pu� essere delibata, perch� in contrasto con l'ordine pubblico 
interno, la sentenza straniera, nel capo in cui dichiari, secondo la lex fori, 
la paternit� naturale di un cittadino italiano nei confronti di un minore 
nato all'estero fuori dal matrimonio, e lo condanni a corrispondere gli 
alimenti al minore medesimo. 

Ai fini della delibazione della sentenza straniera � peraltro possibile 
la scindibilit� di un capo anche quando l'autonoma configurazione di 

' 


568 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questo presupponga una diversa statuizione alla quale lo stesso giudice � 
pervenuto in altro punto� della sentenza medesima. 

La sentenza straniera pu� pertanto ricevere efficacia nell'ordinamento 
italiano limitatamente alla pronuncia sugli alimenti, in quanto la legge 
italiana riconosce il diritto agli alimenti anche al figlio naturale del quale 
sia vietato il riconoscimento (1). 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e 
falsa applicazione degli artt. 797, n. 1e4, n. 2 code. proc. civ. e dell'art. 3, n. 2 
con riferimento all'art. 1, second~ comma, della Convenzione dell'Aja 15 apri� 

(1) Giurisprudenza sinora costante su tutti e tre i capi della sentenza sopra 
massimati. , 
Cfr. in particolare, Cass. I, 18 marzo 1970, n. 557, in questa Rassegna, 1970. 
I, 245, con ampia nota di richiami anche in dottrina. Si veda inoltre, Cass., I, 
12 gennaio 1971, n. 40, in questa Rassegna 1971, I, 72, con nota di richiami. Particolare 
interesse rivestono anche: Cass. 10 febbraio 1971, n. 351, in Giur. it., 
1972, I, l, 199, con nota di FRANCHI, nonch� Cass., I, 18 dicembre 1974, n. 6364, in 
Foro it. 1975; I, 2056, con nota di FLORIO. 

Tra le ultime pronunzie della giurisprudenza di merito si segnalano, quella 
della Corte d'Appello di Genova 26 giugno 1971, in Foro it. Rep., 1973, 705, n. 33; 
App. Milano, 21 dicembre 1971, ibidem, n. 35; Trib. Milano, 11 dicembre 1972, 
ibidem, 37. 

Note sulla delibazione di sentenza straniera che dichiara la paternit� 
naturale quale presupposto dell'obbligo ali�nentare alla luce della rlfor� 
ma del diritto di famiglia. 

La decisione presenta un risvolto interessante alla luce dell'entrata in vigore 
della legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia) e della nuova 
impostazione, ad essa conseguente, del problema della � deliberazione � all'interno 
del nostro ordinamento, delle sentenze straniere che dichiarano la paternit� 
naturale del minore. � 

Anche se la Corte di Cassazione non doveva, nella specie, tener conto della 
nuova formulazione dell'art. 269 del Cod. Civ., in relazione all'art. 250 cos� come 
modificati dagli artt. 113 e 102 della legge n. 151 del 1975, e, in conseguenza, 
del diverso limite di contrasto con l'� ordine pubblico interno� della sentenza 
straniera di riconoscimento della filiazione naturale, il riesame dell'intera problematica 
sulla recezione della pronunzia del giudice straniero relativa all'obbligo 
alle prestazioni alimentari, in connessione con il riconoscimento della filiazione 
naturale, e alla luce dei principi cui � ispirato il legislatore del nuovo 
diritto di famiglia, si presenta pi� che legittimo. 

E' stato in proposito autorevolmente riconosciuto (CARRARO, L., Il nuovo 

diritto cDi famiglia, in Riv. dir. civ. 1975, 102) che, nonostante le difficolt� di indi


viduazione del principio su cui la riforma � fondata, date le asperit� incontrate 

in sede di redazione delle norme, nel conciliare le valutazioni di politica legisla


tiva con le esigenze tecniche, il criterio seguito dal legislatore � stato di... � ac


cordare la pi� ampia tutela al figlio, anche a scapito degli interessi della istitu


zione familiare �. 

Ci� comporta, da un lato, la svalutazione del matrimonio (cos� come dell'esi


stenza di rapporti � stabili � tra la madre ed il preteso padre) quale fonte della 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

569 

le 1958, dichiarata esecutiva con legge 4 agosto 1960, n. 918, fa presente che 
la domanda di delibazione ha per oggetto il solo capo della sentenza del 
Tribunale di Stoccolma che contiene la condanna del controricorrente alla 
corresponsione degli alimenti, e non anche del capo che contiene la dichiarazione 
di paternit� naturale, e sostiene che, pertanto, trova applicazione 
nel caso in esame la disposizione contenuta nell'art. 3, n. 2 della predetta 
convenzione, che attribuisce al giudice del luogo ove si trova !'alimentando 
la competenza a. conoscere della controversia concernente l'obbligo degli 
alimenti; censura, quindi, la sentenza impugnata che ha respfoto la domanda 
di deliberazione per difetto di competenza del giudice straniero. 

La censura � fondata. 

legittimit� o della presunzione di filiazione naturale su cui si fondava la normativa 
ora abrogata, e, d'altro canto, la rilevanza in primo piano del principio 
della � veridicit�� della procreazione. 

Da questa nuova e diversa angolazione andranno quindi affrontati i problemi 
di cui la sentenza in esame si occupa: l'art. 797 impone comunque al giudice 
della deliberazione di controllare la conformit� all'ordine pubblico interno delle 
statuizioni contenute nella sentenza straniera. Ma siffatto limite va ora raccordato 
con l'altro principio, del pari rilevante ed accolto dal legislatore, in tema 
di rapporti familiari della � veridicit�� della procreazione quale accertata dalla 
pronunzia del giudice straniero. 

Ci� comporta che potr� (e ormai dovr�) essere delibata nell'ordinamento 
italiano la sentenza straniera che abbia raggiunto la prova della paternit� tramite 
mezzi che secondo il giudizio del foii.slatore italiano possano considerarsi 
� veridici � anche se disciplinati da un regime diverso a seconda dell'ordinamento 
in cui la sentenza � stata emanata. 

Vale a dire che non potr� essere pi� considerata contraria all'ordine pubblico 
interno la sentenza straniera che abbia dichiarato la paternit� naturale 
sulla base di prove da considerarsi equivalenti a quelle che l'ordinamento italii.io 
prevede al fine di raggiungere la certezza della veridicit� della procrea� 
zione, da parte di chi si assume essere padre del minore. 

Volendo ricercare dove, con l'entrata in vigore della riforma sia posto il 
�limite dell'ordine pubblico�, al di l� del quale il ricon�scimento del figlio naturale 
contenuto nella sentenza straniera non pu� essere ritenuto operante nel 
nostro ordinamento giuridico -in modo che essa produrr� i pi� limitati effetti 
di cui all'art. 279 Cod. Civ., bisogna prendere le mosse dall'art. 269 c. C., come 
modificato dall'art. 113 della legge n. 151 del 1975. 

La novit� che il nuovo testo apporta consiste, a nostro avviso, proprio 
nella � liberalizzazione � del riconoscimento giudiziale della paternit� naturale, 
essendo venute meno le ipotesi tassative, e pertanto restrittive, previste nello 
art. 269 Cod. Civ., numeri da 1 a 4 nella vecchia formulazione, entro le quali 
solamente il riconoscimento giudiziale poteva operare, e pertanto la pronunzia 
straniera essere delibata. 

Sotto il profilo soggettivo, l'unico limite rimane quello previsto dalla norma 
di rinvio all'art. 250 cod. civ.: e cio� l'innalzamento dell'et� minima per essere 
destinataria della pronunzia nel nostro ordinamento a 16 anni per l'uomo e per 
la donna, oltre che l'inserzione della volont� del figlio, qualora maggiore degli 
anni sedici, nel complesso dell'attivit� giudiziale che conduce alla declaratoria 
di riconoscimento di paternit�. 



570 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questa Corte, infatti, con giurisprudenza costante, ha statuito �che la 

� sentenza straniera che dichiari, secondo la lex fori, la paternit� naturale 
di un cittadino italiano nei confronti di un minore � condanni lo stesso a 
corrispondere gli alimenti al minore, non pu� essere delibata nel capo in 
cui dichiara la paternit� naturale, se tale dichiarazione � in contrasto con 
l'ordine pubblico italiano, ma pu� ricevere efficacia in Italia limitatamente 
alla pronuncia sugli alimenti, in quanto la legge italiana riconosce il diritto 
. agli alimenti anche al figlio naturale del quale sia vietato il riconoscimento 
(Cass. 24 ottobre 1968, n. 3449; 6 marzo 1970, n. 557; 12 gennaio 1971, n. 40; 
10 febbraio 1971, n. 351). 

Anche dal lato oggettivo, risulta evidente la differenza dal vecchio testo 
dell'art. 269, che specificava con indicazione tassativa e inderogabile le fattispecie 
atte a far presumere la paternit� ad opera del giudice (entro le quali 
cio� questo poteva emanare sentenza dichiarativa di riconoscimento di pater� 
nit� senza che ne avesse alcun potere in ipotesi diverse; C1cu, La Filiazione, 
UTET, Torino, 1969, III, 2, 217). 

Perdippi�, nel sistemo ora abrogato, il preteso padre poteva dimostrare 
con ogni mezzo di prova la infondatezza di tale assunzione; cos� come aveva 
la pi� ampia possibilit� non solo di opporre prova contraria relativamente ai 
fatti addotti, ma anche togliere in ogni modo valore alla indicazione di paternit� 
che risultava da quei fatti (C1cu, La Filiazione, cit., 299). Chi agiva per 
il riconoscimento giudiziale di paternit� naturale era invece astretto al gravoso 
limite della sola dimostrazione -senza poter addure alcun fatto diverso della 
sussistenza delle circostanze contemplate nei numeri da 1 a 4 dell'art. 269 
cod. civ. 

:(;. evidente pertanto che i casi di accertamento della paternit� naturale 
ad opera del giudice italiano si risolvevano in pochissime ipotesi nelle quali 
chi veniva indicato c�me probabile padre del minore aveva mezzi di prova 
contraria assai ampi a disposizione: di qui l'estrema. difficolt� di una shnile 
declaratoria all'interno dell'ordinamento italiano. 

Conseguenza naturale era poi il contenimento in confini estremamente 
angusti delle ipotesi in cui la sentenza straniera di riconoscimento di paternit� 
naturale poteva essere delibata dal giudice italiano, causa l'estrema frequenia 
in cui l'iter logico� seguito da quello straniero nel dichiarare la paternit� naturale 
si imbatteva nel � limite dell'ordine pubblico interno �, in misura maggiore 

o minore a secondo della �libert�� esistente nel diritto di quello stato dalle 
�strettoie� fissate dal nostro art. 269 cod. civ. 
Il nuovo testo della norma, in ossequio alle tendenze appena ricordate, .ha 
abolito tutte le restrizioni poste dal legislatore del �42, subordinando -dal 
punto di vista oggettivo -la dichiarazi�me giudiziale di paternit� naturale, 
e di riflesso riducendo l'ambito di applicazione dell'art. 279, a due soli ordini 
di presupposti limitativi. 

Da un lato, con la negazione del carattere di � plena probatio � alla sola 
dichiarazione .della madre in ordine alla paternit�, nonch� alla sola esistenza 
di rapporti tra la madre ed il preteso padre all'epoca del concepimento. Ci� 
non toglie peraltro che tali fatti conservino la caratteristica di elementi ~i prova 
ai sensi dell'art .. 116 c.p.c., potendo la prova della paternit� naturale essere fornita 
con ogni mezzo in base alla nuova normativa. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 571 

g stato, an�he precisato da_ questa Corte (Cass. 6 .marzo 1957, n. 557 cit.) 
che ai fini della delibazione di una sentenza straniera � possibile la scindibilit� 
di un capo, anche quando l'autonoma configurazione di questo presuppone 
la statuizione alla quale lo stesso giudice � pervenuto in altro punto 
della medesima sentenza. 

Pa tali statuizioni discende che alla delibazione della sentenza straniera, 
limitatamente al capo che contiene la condanna alla corresponsione di 
alimenti ad un minore, ben pu� essere applicata la Convenzione dell'Aja 

Il legislatore attuale ha infatti completamente ribaltato le posizioni tradizionali 
in tema di prova della paternit� naturale, perch� ora � sufficiente, al 
liinite, uno solo dei due mezzi di prova descritti, congiunto con un altro qualsiasi 
previsto dalla nostra normativa o anche entrambi assieme (dichiarazione 
della madre e esistenza di rapporti con il preteso padre) perch� la paternit� 
naturale possa essere giudizialmente dichiarata. 

D'altro lato quei tipici mezzi fondati sulla compatibilit� delle caratteristiche 
genetiche o del gruppo sanguigna tra il figlio e il preteso padre (di cui antecedentemente 
poteva valersi solo quest'ultimo per disconoscere .la paternit�) 
acquistano rilevanza anche ai fini della prova positiva della medesima: operano 
cio� pure in favore e non pi� solamente .contro di chi chiede al giudice che 
la paternit� naturale venga riconosciuta. 

Venuta meno � infine anche la caratteristica �esclusiva� della convivenza 
quale fonte primaria di prova in ordine alla paternit� naturale dichiarata 
ope judicis: la rilevanza -anche se non esclusiva -dei soli rapp�rti tra la 
madre e il preteso padre sottraeva l'interessato ad un onere probatorio quanto 
mai gravoso e tale da rendere, nel vecchio sistema, difficilmente concepibile 
t.la pronunzia di delibazione della sentenza straniera anche per la parte 
relativa all'accertamento della paternit� naturale. 

L'allargamento dei limiti in cui la paternit� naturale pu� essere dichiarata 
dal giudice italiano, si riflette dunque sulla delibazione delle sentenze 
straniere che tale accertamento. contengono: in altre parole il � limite dello 
ordine pubblico � � stato relegato in confini estremamente ristretti, essendo 
sufficiente e necessario per la delibazione che il giudice straniero sia pervenuto 
al convincimento in ordine alla paternit� col rispetto dell'iter logico nonch� 
dei requisiti soggettivi previsti dal nostro ordinamento, affinch� la sentenza vi 
possa trovare cittadinanza. 

Di qui l'ulteriore conseguenza del carattere di estrema residualit� �ell'art. 
279 del Cod. civ.: e cio� il valore della pronunzia straniera non soggetta 
a delibazione ai soli fini di far sorgere la mera obbligazione agli alimenti in 
favore del figlio � non riconoscibile�, Il disposto della norma avr� significato 
uni�amente nei casi di sentenza straniera fondata su prove non ammesse nel 
nostro ordinamento o efficace nei confronti di soggetti che non abbiano ancora 
raggiunto l'et� prescritta. 

Non pu� rieonoscersi pertanto al legislatore della riforma del diritto di 
famiglia di non aver inciso, e profondamente, per giunta, sulla delicata materia: 
di quesiti diversi e pi� equi principi dovranno, da ora, farsi carico gli interpreti 
e gli operatori del diritto. 

CESARE LAMBERTI 

.9 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

572 

innanzi citata, anche per quanto riguarda la competenza del giudice che 
l'ha pronunciata. 

La sentenza impugnata che ha respinto la domanda di delibazione in 
quanto ha ritenuto inapplicabile la Convenzione suddetta ed ha conseguentemente 
considerato insussistente la competenza del giudice straniero, deve 
essere, pertanto, cassata e la causa va _rimessa ad altro giudice, il quale 
decida sulla domanda in aderenza ai principi enunciati. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 febbraio 1976, n. 633 -Pres. Rossi � Est. 
Sandulli -P. M. Minetti (conf.) -Ditta F.lli Elia e S.p.a. F.lli Peyrani 
(avv. Werthmuller) c. A.N.A.S. (avv. Stato Tarin). 

Leggi e decreti � Regolamento di esecuzione -Contenuto. 
(cost., art. 87; l. 31 gennaio 1926, n. 100, art. 1). 

Circolazione stradale -Indennizzo per usura eccezionale della strada Criteri 
previsti dall'art. 18 regolamento 30 giugno 1959, n. 420 � Legittimit�. 


(t.u. 15 giugno 1959, il. 343, art. 10; d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420, art. 18). 
Il principio secondo cui i regolamenti di esecuzione non possono contenere 
norme che superino la necessit� di dare attuazione alla legge a cui si 
riferiscono (o addirittura cambiare alla legge medesima od altra legge, od 
ai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stat�) non esclude che, 
a norma dell'art. I, n. l, della legge 31gennaio1926, n. 100 -per questa parte 
in vigore -essi possono contenere norme secondarie e derivabili, per 
via di interpretazione e di deduzione dalla norma primaria posta dalla 
legge (norma infra legem) o norme di carattere complementare od integrativo 
(norme secondarie extra o praeter legem) (1). 

� legittimo l'art. 18, comma 15, del regolamento per l'esecuzione del 
Testo Unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con il d.P.R. 
30 giugno 1959, n. 420, non contrastando con il disposto del comma 4 dell'art. 
10 del T. U. approvato con d.P.R. 15 giugn� 1959, n. 393 sia perch� non 
impone, ma autorizza l'ente proprie_tario della strada a richiedere un indennizzo 
per il transito dei veicoli eccezionali quando in base ad una valutazione 
tecnico-discrezionale ritenga sussistere la eccezionale usura della strada, 
sia perch� il criterio della commisurazione dell'indennizzo (tonnellate


(1) Giurisprudenza costante: cfr. Cass. Sez. Un. 28 giugno 1966, n. 1671 e 
1972, in Foro it. rep., 1966, 1600 e Giust. civ., 1966, I, 2192. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 573 

chilometri eccedenti i pesi massimi consentiti dall'art. 33 T. U.) ivi previsto 
costituisce una mera statuizione interpretativa e integrativa di quella contenuta 
nella norma primaria dell'art. 10, 4 comma t.u. citato (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo, le ricorrenti -denunciata la violazione 
e la falsa applicazione degli artt. 10, comma 4, del testo unico delle 
norme sulla circolazione stradale, approvato con d.P.R. 15 giugno 1959, 

n. 293; 18, comma 15 del Regolamento, approvato con d.P.R. 30 giugno 1959, 
n. 420; e 115, comma 2, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 cod. 
proc. civ. -censurano la sentenza impugnata, per non aver ritenuto l'illegittimit� 
dell'art.18, comma 15, del Regolamento d'esecuzione, dedotta sotto 
un duplice profilo di contrasto con la norma primaria, di cui all'art. 10, 
comma 4, del testo unico (cosiddetto codice della strada). 
Si sostiene: a) che, mentre per la norma primaria l'indennizzo � dovuto 
�eventualmente� ossia a condizione dell'eccezionale usura della strada, 
per la norma secondaria l'indennizzo s~rebbe obbligatorio in ogni caso di 
trasporto eacezionale; b) che, mentre la norma primaria prevede comecriteri 
di determinazione dell'indennizzo per l'eccezionale usura del manto 
e del sottofondo stradale quelli delle � cose da trasportare �, del � tipo di 
veicoli� e del �periodo di tempo per cui � richiesta l'autorizzazione�, la 
norma secondaria avrebbe sostituito agli indicati criteri l'unico criterio del 
rapporto �tonnellate-chilometri�, applicabile a tutti i trasporti eccezionali, 
eccedenti per peso i limiti massimi consentiti dall'art. 33 del testo unico. 

Entrambi i profitti, delineati con la riassunta censura, sono privi di 
fondamento. 

Ai fini della disamina dei problemi prospettati occorre muovere dalla 
posizione assegnata ai regolamenti di esecuzione nella scala gerarchica 
delle fonti di produzione giuridica. 

I regolamenti di esecuzione, rientrando (come i regolamenti indipendenti 
e gli altri provvedimenti amministrativi normativi, posti in essere da 
autorit� amministrative statali -centrali o locali -e da enti pubblici minori 
-cosiddette norme di autonomi-), nella categoria dogmatica delle 
fonti secondarie sfornite di forza di legge, sono privi di capacit� derogativa 
(e cio� di energia modificativa di preesistenti situazioni giuridiche) nei confronti 
delle norme dotate di forza di legge. 

Alla loro natura di fonti secondarie tipiche (e cio� conformi allo schema 
istituzionale della categoria) inerisce che la validit� (e, quindi, l'obbligatoriet�) 
di essi (ma non la efficacia, n� la esecutoriet�) sia condizionata 
dalla loro conformit� alle fonti (primarie e secondarie) provviste di forza 
di legge. 

(2) Questione nuova e la cui soluzione, attentamente motivata, merita pieno 
consenso. 

li74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Peraltro, secondo� il criterio direttivo fondamentale della giurispruden� 
za della Corte. Suprema, il principio, secondo cui i regolamenti di esecu� 
zione non possono contenere norme che superino la necessit� di dare at� 
tuazione alla legge cui si riferiscono (o addirittura contrarie alla legge medesima, 
ad altra legge od ai principi generali dell'ordinamento giuridico 
dello Stato), non esclude che, a norma dell'art. 1 n. 1 della legge 31 gen� 
naio 1926, n. 100 (per questa parte tuttora in vigore), essi possono contenere 
norme secondarie derivabili, per via di interpretazione e deduzione, 
dalle norme primarie poste dalla legge (norme infra legem) o norme di 
carattere complementare od integrativo (norme secondarie extra o praeter 
legem) (cfr. Cass. sent. 6 settembre 1968, n. 2872; sent. 28 giugno 1966, n. 1672; 
sent. 17 maggio 1961, n. 1160). 

Ed � alla luce di tale presupposto giuridico che occorre esaminare se, 
nel caso di specie, la norma secondaria contenuta nel quindicesimo comma 
dell'art. 18 del Regolamento (inteso ad assicurare l'esecuzione della norma 
p~imaria contenuta nell'art. 10, comma 4, del testo unico, mediante disposizioni 
di carattere sussidiario o complementare) sia o meno illegittima, per 
aver modifi�ato nella sostanza il contenuto della norma primaria. 

Secondo la tesi delle ricorrenti, l'illegittimit� dell'art. 18, comma 15 del 
Regolamento deriverebbe, innanzi tutto, dalla statuita obbligatoriet� del� 
l'indennizzo, sul presupposto che tutti i trasporti eccezionali siano astrattamente 
idonei a provocare -l'usura della strada, in quanto la legge pri� 
maria ..::.. tenuto conto dei progressi tecnici nella costruzione degli autoveicoli, 
nella distribuzione dei pesi secondo il numero degli assi e soprattutto 
nella efficienza dei molleggi -avrebbe considerato soltanto eventuale tale 
usura, demandandone la determinazione al regolamento, il quale, per contro, 
avrebbe ritenuto la stessa inscindibilmente ed indefettibilmente connessa 
con l'eccezionalit� del trasporto. 

Tale tesi, per�, non pu� essere condivisa. 

Ad essa � sufficiente obiettare che l'art. 18, comma 15, cj.el Regolamento 

non impone affatto all'ente proprietario della strata di richiedere in ogni 

caso l'indennizzo, giacch�, ai sensi di tale norma, per i trasporti eccezionali 

e per i transiti di veicoli eccezionali, sorpassanti i limiti massimi di peso 

consentiti per i vari tipi di veicoli usati, l'ente � soltanto �autorizzato� 

a richiedere, in base ad una valutazione tecnico-discrezionale, ad esso de


mandata, il pagamento di una somma per (il caso del) la eccezionale (presu


mibile ed eventuale) usura della sfrada., 

Per modo che, -essendo all'ente proprietario della strada demandata 

la potest� tecnico-discrezionale di condizionare l'autorizzazione all'inden


nizzo, nei casi in cui il trasporto eccezionale, possa presumibilmente arre


care una straordinaria usura della strada -deve ritenersi -sul rilievo 

che sia la norma primaria che quella secondaria escludano l'indefettibile 

doverosit�, di una imposiziorie (indiscriminata) di indennizzo -che non 


PARTE I, SEZ. IV, GIUIUSPRUDENZA CIVILE 

ricorra il preteso contrasto fra le norme contenute. negli artt. 10 del testo 
unico e 187 del Regolamento. 

Invero, in tal caso, la norma secondaria ha mero carattere interpretativo, 
mirando soltanto a chiarire come l'imposizione dell'indennizzo all'ente 
proprietario della strada compete soltanto l'esercizio di una podest� 
amministrativa; connessa a quella autorizzatoria, esercitabile in base ad 
una valutazione tecnico-discrezionale. 

Quanto all'altro profilo di contrasto, consistente nella asserita disparit� 
dei criteri di determinazione dell'usura eccezionale della strada, ai fini 
de!Ja commisurazione dell'indennizzo, le ricorrenti deducono che, con 
l'art. 18, comma 15, del Regolamento si sia sostituito ai criteri, fissati dall'art. 
10, comma 4, del testo unico, delle �cose trasportate� e dei �tipi (e 
caratteristiche) dei veicoli�, nonch� a quello del �tempo di durata dei trasporti
�, l'unico criterio del rapporto tra gli elementi base delle � tonnellate 
� e dei � chilometri �. 

In particolare, sostengono che, con l'uso di taluni autoveicoli, aventi 
particolari caratteristiche e tecniche, tali da consentire -per ef~etto di una 
sugli stessi, .nonch� per l'uso di speciali pneumatici -maggiori velocit� 
si cagioner�bbe un'usura della strada notevolmente minore, � che da ci� 
div�rsa disposizi�ne degli assi. e di una differente distribuzione del carico 
�c>ns�guirebbe l'implicazione che il regolamento di esecuzione, sostituendo, 
ai fini della commisurazione dell'indennizzo, dovuto all'ente proprietario 
della strada per la prevedibile eccezionale usura, al criterio della durata 
del trasporto (valutabile in.funzione della velocit�) quello della lunghezza 
del percorso, avrebbe derogato alla norma primaria, contenuta nella legge. 

Secondo le ricorrenti, quindi, -non coincidendo il criterio della lun


ghezza del percorso con quello della durata del viaggio -non sarebbe le


gittimo il criterio stabilito dal regolamento, per il quale, in caso di ugua


glianza di percorsi edi pesi, sarebbe dovuto un uguale indennizz� -indi


pendentemente dalla diversit� dei tipi di veicoli e delle loro velocit�. 

Anche il secondo profilo di illegittimit� �, per� privo di fondamento. 

Invero, l'adozione del criterio del rapporto tra tonnellate e chilometri 

nell'art. 18, comma 15, del regolamento di esecuzione non determina alcun 

Contrasto della norma secondaria con la norma primaria �dell'art. 10, com


ma �4, del testo unico, rispetto alla quale la prima si pone come una mera 

statuizione interpretativa ed integrativa. 

Infatti, il riferimento �alle tonnellate, come primo elemento base del 

rapporto, compendia in s� i due criteri legislativi del carico (cose da tra


sportare) e del tipo di veicolo usato, venendo questo in rilievo .prevalente


mente in ragione del suo peso, in quanto notoriamente i trasporti eccezio


nali, eccedenti� i limiti .massimi fissati per i singoli veicoli dall'art. 33 del 

testo unico, operano un'usura pi� accentuata, sia del manto stradale (per 

l'attrito radente delle ruote dovuto congiuntamente al� peso ed al carico 


RASSBGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

del veicolo), sia del sottofondo e della massicciata stradale, nonch� delle 
cosiddette opere d'arte (tombini, cunette, ecc.), soprattutto a causa del 
peso straordinario ed eccessivo conseguente al carico trasportato ed alla 
pesantezza del veicolo. 

Inoltre, il preteso contrasto non sussiste neppure riguardo al rifer�� 
mento al chilometraggio. 

Invero, il criterio del periodo di tempo (durata del viaggio, calcolabile 
su base oraria), indicato nella norma primaria, pu� essere considerato come 
parametro dell'usura della strada -soltanto quale indice del tratto 
stradale percorribile in un certo arco di tempo, essendo la durata del tra� 
sporto in funzione della percorrenza, e cio� del chilometraggio effettuato. 

� N� pu� introdursi -come si vorrebbe dalle ricorrenti -quale elemen� 
to di possibile discriminazione la diversa velocit� dei veicoli, essendo l'usu� 
ra della strada sempre collegata alla distanza percorsa, ed al tragitto effet� 
tuato, in un determinato periodo di tempo, e cio� al tratto di strada effet� 
!ivamente gravato e deteriorato dal trasporto eccessivamente usurante 
per la esorbitanza dei limiti di peso consentiti. 

Invero, a parte il rilievo che la norma primaria non trova la sua ragione 
ispiratrice ed informatrice nell'intento di agevolare, come il riferimento 
al periodo di tempo i veicoli pi� veloci, vale l'elementare considerazione 
che, a parit� di peso e di chilometraggio, l'aumento della velocit� compor� 
ta (notoriamente) una maggiore usura della strada, sicch� questa aumenti 
proprio in funzione ed in correlazione al minor tempo di percorrenza. 

A contrastare la tesi delle ricorrenti giova, poi, anche la riflessione e i 
veicoli aventi dimensioni o caratteristiche particolari, cui si fa riferimento 
nel ricorso, ancorch� in astratto siano idonei a sviluppare velocit� notevoli 
in caso di trasporti normali, se utilizzati per trasporti eccezionali, e cio� 
tali da eccedere i limiti di peso previsti e consentiti dall'art. 43 del testo 
unico per i veicoli stessi, non possono raggiungere in concreto le maggiori 
velocit�, di cui sono potenzialmente suscettibili in condizioni comuni ed 
usuali, con la conseguenza che da tale osservazione possa trarsi l'implicazione 
logica della esclusione della sussistenza di un notevole, rilevante 
divario fra le velocit� di percorrenza dei vari tipi di veicoli, normalmente 
usati per i trasporti eccezionali pur se articolati su una pluralit� di essi. 

Pertanto -poich� alla distanza percorsa (in un certo periodo di tempo); 
in relazione al peso ed al carico dei (vari tipi di) veicoli impiegati nel 
trasporto eccezionale, che, secondo la norma secondaria, occorre riferirsi 
ai fini della commisurazione dell'indennizzo, dovuto all'ente proprietario 
della strada per l'eccezionale usura cagionata dai veicoli, eccedenti i limiti 
di peso, fissati dall'art. 23 del testo unico delle norme sulla circolazione 
stradale -deve escludersi -importando appunto il chilometraggio la 
valutazione del tempo di spostamento -che ricorra la denunciata illegit� 


PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE �# .� 

577 

timit� della norma secondaria, contenuta nell'art. 18, comma 15, del Regolamento 
di esecuzione, la quale, non derogando e non innovando ai criteri 
direttivi, fissati nell'art. 10, comma 4, del testo unico, per la determinazione 
dell'fudennizzo in correlazione alla prevedibile usura della strada, a mero 
carattere interpretativo ed integrativo della norma primaria. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1976, n. 971 -Pres. Giannattasio 

� Est. Pascasio � P. M. Minetti (conf.) � Giuliani (avv. Napoli) c. Procuratore 
Generale presso la C. A. Bologna (Avv. Stato Salimei). 
Obbligazioni e contratti � Luogo ove si � verificato il fatto generatore dell'obbligazione 
� Conseguenze �sulla competenza. 

Trattati e convenzioni internazionali � Convenzione dell'Aja del 15 aprile 
1968 � Controversie sulla dichiarazione di paternit� naturale � Li� 
miti � Obbligazione di corrispondere gli alimenti � Efficacia. 

L'art. 25 delle disposizioni preliminari al Cod. Civ., che rende applica� 

bile alle obbligazioni la legge del luogo ove si � verificato il fatto da cui esse 

derivano, riguarda la disciplina sostanzial� delle obbligazioni medesime e 

non la competenza a decidere su di esso (1). 

L'art 2 n. 2) della Convenzione dell'Aia del 15aprile1968, ratificata e resa 

esecutiva con legge 4 agosto 1960, n. 418 vieta -in deroga all'art. 798 c.p.c. 


l'esame del merito di una controversia avente per oggetto la dichiarazione 

di paternit� naturale, consentendolo solo nel caso in cui il giudice della deli


berazione ritenga che il soccombente senza sua colpa non abbia avuto la pos


sibilit� di conoscere l'esistenza del processo e non si sia potuto difendere (2). 

Secondo l'art. 2, n. 2) e 3) della Convenzione dell'Aia del 15 aprile 1958 � 

la regolarit� della citazione ed il passaggio in giudicato della sentenza van


no accertati secondo la legge dello Stato cui appartiene l'autorit� che ha 

emesso la decisione (3). 

Non applicandosi le limitazioni di prova sull'accertamento del vincolo 
di sangue alla sfera delle obbligazioni patrimoniali, ben pu� essere efficace 
la decisione che abbia condannato il cittadino italiano a corrispondere 
gli alimenti a favore di un minore la cui filiazione sia stata accertata senza 
�le limitazioni stabilite nella legge italiana: rimane poi limitata al capo relativo 
all'obbligazione alimentare la decisione straniera contenente ulteriori 
disposizioni di carattere non patrimoniale, non essendo impedito al giudice 
della deliberazione di scindere le statuizioni della sentenza straniera, anche 

se reciprocamente interdipendenti (4). 

(1-2-3) Giurisprudenza costante; cfr. tra le altre Cass. 1, 19 ottobre 1972, 

n. 3133, in questa Rassegna, 1972, I, 1094, con richiami. 
(4) Anche l'ultima parte rispecchia un indirizzo consolidato; per un'impostazione 
del problema relativo alle modificazioni della materia con l'entrata 
in vigore del nuovo diritto di famiglia, cfr. retro, Cass. 20 gennaio 1976, n. 16 
con nota di LAMBERTI. 

RASSEGNA D�LL'AVVO�ATURA DELLO STATO

578 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1211 ~ Pres; Mirabelli -Es�t. 
Val�re -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero dei Lav�ri Pubblici (avv'. 
Stato Carafa) c. Raccuglia e Manna (avv. Colt�ltaldo). 

Procedimento civile � Consulenza tecnica � Funzione probatoria � Sussiste." 
(c.p.c., artt. 62 e 194). 

Espropriazione p.u. � Espropriazione parziale con vantaggio al fondo res~ 
duo � Criterio dell'art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 � Inapplicabilit�. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40). 
Espropriazione p.u. � Terremoto del 1968 in Sicilia � Espropriazione per 
acquisizione di aree � Indennit� di espropriazione � Pagamento diretto 
da parte dell'Amministrazione agli espropriati. 

(I. 29 luglio 1968, n. 858, art. 2, 23 quater). 
La ,consulenza tecnica costituisce uno strumento non. soltanto di valutazione 
te~nica, ma anche di accertamento e di ricostruzione storica dei, 
fatti che, s�rvendo di base alla valutazione, siano intimamente collega~~ 
con l'oggetto dell'indagine tecnica, sicch� entro tale limite essa assolve 
funzione probatoria (1). 

Il criterio previsto dall'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, per 
la liquidazione dell'indennit� in caso di espropriazione parziale non trova 
applicazione quando la parte residua del fondo abbia conseguito un vant.g. 
gio e non un danno dall'esproprio (2). 

(1-3) Con l'affermazione contenuta nella prima massima si consolida l'indirizzo 
fissato nella sentenza 22 gennaio 1974, n. 172 (in questa Rassegna, 1974, 
I, 931 con nota di richiami) secondo cui, purch� vi sia una ded�zione di parte; 
la consulenza �tecnica pu� essere l'unico elemento di prova �nel giudizio di 
opposizione alla stima del bene espropriato. . . , 

Pur confermandosi le riserve gi� formulate, non. sembra ormai proba)Jile 
un cambiamento di giurisprudenza sul punto. 

Di particolare interesse il principio contenuto nella seconda massima. 

Ritiene il S.C. che il disposto dell'art. 40, in caso di �spr�priazione parziale; 
trovi applicazione soltanto nell'ipotesi che la parte residua del fondo abbia 
subito un danno. Quando. tale parte abbia conseguito invece, come nella specie, 
tJIJ, yantaggio, troverebl:ie. applicazione il criterio di stima fissato. da.Il' art...39,, 
limitatamente alla parte espropriata, mentre non si tiene conto d�l vantaggio. 
derivato dall'esecuzione dell'opera pubblica alla parte residuo, se non rieor�'�nb" 
le particolari condizioni richieste dall'art. 41 (cio� che si tratti di un vantaggio 
�'speciale ed immediato�). 

Per un cenno nello stesso senso v. Cass., 17 gennaio 1969, n. 98, in Giitst; 
civ., 1969, I, 861 (in motivazione). f 

La dottrina � conforme: v. ROSSANO, L'espropriazione per pubblica utilit�, 
Torino sid., ma 1964, p. 258 ss.; ARDIZZONE, Espropriazione per p.u. (procedi. 
mento), Enc. dir., vol. XV, p. 873. 

� 
~ 

I 
I 



PARTE. I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

579 

La speciale d~sciplina relativa all'acquisizione di aree necess�rie per� 
la costruzione� di opere per 'la sistemazione dei .sinistrati del terremoto si<iiliano 
del 1968 prevede che l'indennit� di espropriazione. sia pagata direttamente 
�i proprietari dei terreni espropriati da parte della Amministra~ 
zione espropriante (Provv.to alle opere pubbliche di Palermo) (3). 

Sulla nozione di vantaggio �speciale ed immediato� v. Cass. 19 novembre 
�1973, n: 3095, in questa Rassegna 1974, I, 1632, dove esatt�mente si precisa 
che quando la �parte residua dei fondi espropriati ha acquistato natura edifi~ 
catoria in seguito alla costruzione dell'opera pubblica; non pu� negarsi fa 
ricorrenza della fattispecie prevista dall'art. 41, non potendosi ritenere, che 
l'espressione � speciale � coincida con � esclusivo �. 

Sul principio contenuto nella terza massima non constano precedenti. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1221 -Pres. Mirabelli �~ Est. 
Mancuso -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (aw. Stato 
Sinicolfi). c. Fallimento Albi Terapeutici (avv. Scarpa). 

Leggi, decreti e regolamenti -Decreto legge -Legge di conversione -Sostituzione 
o soppressione� in sede di conversione � Efficacia retroattiva � 
Fattispecie. 
(cost., art. 77). 

In sede di conversione in legge di un decreto-legge, sia nel caso di sostituzione 
di una sua norma con un'altra, sia nel caso di soppressione in 
toto. di una norma, la. disposizione. sbstituita od abrogata perde efficacia 
ex tunc e cio� anche in relazione agli atti o fatti avveratisi medio tempore, 
prima della soppressione (applicazione al termine previsto dall'art. 99 della 
legge fallimentare prorogato dal D.L. 18 dicembre 1972, n. 788,_ che � stato 
soppresso dalla legge 15 febb.raio 1973, n. 9) (1). 

(1) Si conferma l'indirizzo gi� accolto dalla Cassazione nelle sentenze 15 dicembre 
1972, n. 3605 e .8 marzo 1972, n. 669, questa ultima in Foro it., 1972, I, 
1574, con nota di richiami. 
C�RTE DI'CASSAZIONE, Sez. Lav., 15 aprile 1976, n. 1352 -Pres. Bonomo Est. 
Dondona -P. M. Pedace (conf.) -Piazzola (avv. Ferrara) c. Ministero 
delle Finanze e Soc. Nicolai. 

Lavoro (controversia di) � Competenza -Chiamata in giudizio della p.a. iussu 
indicis -Foro dello Stato -Applicabilit�. � 
(cod. proc. civ., artt. 25, 107; t.u, 20 ottobre 1933, n. 1611, art. 6; I. 11 agosto 1973, 

n. 533, art. 20). � .. . 
Disposta la chiamata in giudizio iussu iudicis della P. A. �1a competenza 
a giudicare della causa, di cui ormai tale P. A. � parte, spetta al Tribu




RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

580 

nale del luogo ove ha sede l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui 
distretto si trova il Tribunale che sarebbe competente secondo le norme 
ordinarie ai sensi dell'art. 25 c.p.c. in relazione all'art. 6 del t.u. n. 1611 
del 1933, e tale competenza, essendo di carattere funzionale e inderogabile, 
va applicata anche nelle controversie di lavoro (1). 

(1) Massima di evidente esattezza e di particolare importanza costituendo, 
per quanto consta, la prima pronunzia dopo l'entrata in vigore della novella 
al cod. proc. civ. relativa alle controversie di lavoro, che abbia riconosciuto 
anche in �tali controversie, quando sia parte un'Amministrazione dello Stato, 
la competenza del foro erariale. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 aprile 1976, n. 1336 � Pres. Caporaso 
-Rel. Pieri � P. M. Berri (conf.) INPS (avv. Lor�) c. Ministero della 
Sanit� (avv. dello Stato Azzariti). 

Enti Pubblici � Ente Ospedaliero � Provvedimenti di trasferimento di beni 
da un ente pubblico (Inps) ad un ente ospedaliero � Funzione � Man� 
cata previsione di indennizzo � Questione di legittimit� costituzionale 
della legge n. 132 del 1968 -Manifesta infondatezza � Giurisdizione del1'
A.G.O. � Improponibilit�. 

Enti pubblici -Ente Ospedaliero � Provvedimento di trasferimento del 
beni da un ente pubblico ad un ente ospedaliero � Funzione � Impugnativa 
� Giurisdizione del giudice amministrativo � Improponibilit�. 

Il provvedimento che ha disposto il trasferimento al nuovo Ente Ospedaliero 
del complesso ospedaliero appartenente all'lnps esplica una funzione 
non oblatoria bens� organizzatoria di un determinato settore della 
p.a., in quanto non ha sottratto i beni all'lnps pur mantenendo allo stesso 
l'affidamento della funzione pubblica al cui perseguimento i beni erano 
strumentalizzati, ma ha :riorganizzato diversamente un certo pubblico 
servizio affidandone la gestione, anzich� all'lnps, ad altri Enti; pertanto 
il provvedimento, nel non prevedere il pagamento di un� indennizzo, non ha 
leso il diritto soggettivo di propriet� (iure privatorum) (n� la relativa legge 

n. 132 del 1968 viola l'art. 42 della Corte), e la sua impugnativa non rientra 
nella giu,risdizione dell'a.g.o. (1). 
N� sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo perch�, nella 
impugnativa di un provvedimento organizzativo, l'lnps non pu� far valere 
nei confronti dello Stato, neppure un interesse legittimo (2). 

(1�2) Sentenza di particolare interesse e di indubbia esattezza. 



PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

(Omissis) -L'Istituto ricorrente osserva che le prospettazioni svolte 
del ricorso da esso proposto al Consiglio di Stato potrebbero indurre a 
ritenere, a prima vista, che esso Istituto abbia dedotto in giudizio un 
proprio diritto soggettivo e cio� il diritto all'indennizzo per il subito esproprio 
dei beni costituenti il complesso ospedaliero. Se cos� fosse, indubbia 
sarebbe la giurisdizione del giudice ordinario e non di quello amxnini� 
strativo. 

Rileva tuttavia che, ai fini della discriminazione della giurisprudenza, 
devesi aver riguardo al petitum sostanziale e cio� alla intrinseca natura della 
posizione fatta valere� in giudizio, da individuarsi in rapporto con la 
causa petendi, indipendentemente dalla prospettazione della parte attrice 
ed in relazione alla norma di legge regolante il potere esercitato in concreto 
dalla P.A. (e ci� a prescindere dalle ipotesi in cui possa ipotizzarsi una 
doppia tutela). 

Ci� posto, assume l'Istituto ricorrente che la doglianza da esso mossa 
dinnanzi al Consiglio di Stato, pur sottintendendo il proprio diritto sog


, gettivo all'indennizzo, astrattamente azionabile dinanzi all'A.G.O., non 
mira al ripristino del diritto soggettivo leso, e ci� sia in relazione al petitum 
(annullamento del decreto presidenziale), sia in relazione alla causa petendi 
(essendosi fatto valere il cattivo esercizio dei poteri conferito alla 
Autorit� che ha .emesso il provvedimento, per violazione di disposizioni di 
legge e per eccesso di potere). Nel giudizio pendente dinnanzi al Consiglio 
di Stato si controverte dunque unicamente in ordine all'esercizio del potere 
da parte della P .A.; e quindi la controversia deve esser definita dal giudice 
dagli interessi. Chiede quindi che le Sezioni Unite della Cassazione dichiarino 
la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere del giudizio 
promosso dinnanzi al Consiglio di Stato. 

Nel loro controricorso, le Amministrazioni della Sanit� e degli Interni 
eccepiscono preliminarmente la non integrit� del contraddittorio, in quanto, 
costituite le Regioni a statuto ordinario, sono state trasferite ad esso, 
assieme ad altre numerose funzioni amministrative gi� esercitate dallo 
Stato, anche ampie funzioni in materia sanitaria ed in particolare la competenza 
ad emettere i provvedimenti di costituzione in Enti Ospedalieri degli 
Ospedali di cui al secondo comma dell'art. 3 della 1. n. 132 del 1968. In 
seguito a ci�, l'Amministrazione dello Stato, che pure, all'epoca della proposizione 
del ricorso al Consiglio di Stato, aveva piena competenza in 
materia, � stata ora totalmente _spogliata della funzione prima esercitata, 
venendo in toto sostituita dall'ente Regione; la sentenza delle Sezioni Unite 
in tema di regolamento di giurisdizione, di conseguenza, rischierebbe di 
essere inutiliter data, in quanto non vincolativa nei confronti della Regione 
interessata, la quale non potrebbe non essere controparte interessata, lad� 
dove, in ipotesi, dovesse esser rite,nuta sussistente la giurisdizione del 
l'A.G.O.; la questione dell'indenniziabilit� si potrebbe infatti sostanzialmente 
ed esclusivamente nei confronti della Regione. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'eccezione non .� .fondata. Questa Corte Suprema, infatti,� con giurisprudenza 
costante, dalla quale non vi � motivo di discostarsi, ha sempre� 
ritenuto che il regolamento di giurisprudenza costituisca un procedimentb 
incidentale, al quale non possono partecipare altre parti se non quelle pre-' 
senti nel processo nel corso del quale il regolamento � proposto (cfr. Cass. 
27 maggio 1964, n. 1329). Ed ancora, si � costantemente Fitenuto che 'l� 
questione concernente la regolare costituzione del rapporto processuale sfa 
l'unica pregiudizia1e rispetto alla questione di giurisdizione, talch� la mancata 
integrazione del c�rttraddittorio nel giudizio di merito nei confronti' 
di un litisconsorte necessario rende inammissibile il regolamento preven" 
tivo di giurisdizione (cfr. Cass. 2 febbraio 1973, n. 312). Ond'� che la que-� 
Stione della asserit� non integrit� del contraddittorio poteva e dovev�' esse'rproposta 
non gi� in questa sede, bens� nel giudizio dinnanzi al Consiglio� 
di Stato. Ma la stessa Amministrazione riconosce che �all'epoca �dell'eman�~ 
z�orie del provvedimento impugnato, la competenza a provvedere in subiecta 
materia spettava unicamente allo Stato e che esattamente il ricorso per lo 
annullamento del provvedimento era stato proposto nei confronti dell'Am~
inistrazione statale. N� va dimentic~to che il Consiglio di Stato in adunanz_
a plenaria (dee. 3 luglio 1973, n. 7), in ipotesi del tutto analoga, ha confermato 
che unica legittimata ad aver notificato il ricorso � l'Autorit� Sta~ 
tale che ha emesso il provvedimento e che la Regione sostanzialmente i~teressata 
a seguito delle nuove norme intervenute nelle more del giudizio 
ha solo veste per intervenire ad adiuvandum nel processo amministrativo. 

Respinta quindi l'eccezione pregiudiziale, occorre scendere all'esame 
del merito della questione. 

L'INPS ha motivato il suo ricorso al Consiglio di Stato con le do~ 
glianze di violazione di legge ed eccesso di potere ed ha chiesto l'am;mllamento 
del provvedimento (D.P.R.) che ha disposto il trasferimento del 
complesso ospedaliero gi� di esso Istituto al nuovo Ente Ospedalier?. Se 
quindi ci si potesse attenere semplicemente alla prospettazione della questione 
come data dall'Istituto ricorrente, non dovrebbe esser dubbia la 
giurisdizione del giudice amministrativo. Ma, come � noto, occorre rifarsi 
al petitum sostanziale, e cio� alle ragioni sostanziali della pretesa.dedotta. 
in giudizio,. onde accertare se esse implichino la (pretesa) lesione .di un 
diritto soggettivo o di un interesse legittimo. Occorre. quindi prendere in 
esame le norme regolant~ la materia di cui si discute, per controllare. se 
ci si trovi di fronte a norme di azione o di relazione, ovvero, addirittura, 
se manchi del tutto una tutela giurisdizionale delle pretese fatte valere 
dall'INPS. 

Primo quesito da affrontare � quello concernente la natura del diritto 
che l'INPS aveva, prima del provvedimento impugnato, sul complesso osn~ 
daliero .in questione. Giacch� non � dubbio che se ci si trovasse di fronte 
ad un diritto di propriet� jure privatorum, la lesione del diritto stesso, 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

senza previsione alcuna di indennizzo, comporterebbe la lesione di un diritto 
soggettivo, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario. 

Al riguardo, osserva la difesa dell'INPS che, in linea di principio, 

111. qualifica di propriet� pubblica si attaglia unicamente ai beni demaniali, 
mentre tutti gli altri beni dello Stato e degli altri Enti pubblici sono soggetti 
al regime giuridico della propriet� privata, salve le precisazioni di 
�ui all'art. 828 e.e. per i beni del patrimonio dello Stato e degli Enti territoriali 
e di cui all'art. 830 e.e. per i beni degli Enti pubblici non territoriali 
(dei quali sono soggetti alla regolamentazione del codice civile tutti quelli 
che non siano destinati ad un �pubblico servizio�). Ci� posto, l'IN:es 
nega in primo luogo che i suoi sanatori fossero destinati ad un� pubblico 
servizio, essendo destinati al solo ricovero degli assicurati INPS e non 
di tutti i tubercolotici; nega poi che sussistesse, in relazione ai �predetti 
cpmplessi ospedalieri, un vincolo di indisponibilit�, essendo lo stesso escluso 
dalle norme delle leggi speciali regolanti la specifica materia (cfr., in 
particolare, gli artt. 14 e 35 del r.d.l. n. 1827 del 1935). 
Entrambe . queste tesi non hanno fondamento. Invero, negare il cari:
i.ttere di servizio pubblico agli ospedali sanatoriali dell'INPS � una vera 
contraddizione in termini, ove si consideri che lo stesso Istituto svolgeva 
e svolge essenzialmente ed esclusivamente un servizio pubblico, del quale 
gU ospedali sanatoriali non erano che uno strumento. Quanto poi al vincolo 
di indisponibilit�. dei. beni in questione, esso deriva in primo luogo dalla 
stessa loro destinazione ad un servizio pubblico (rientrante tra i fini propri 
dello Stato e che lo Stato stesso, anzich� gestire direttamente, ha preferito 
affidare ad un Ente pubblico parastatale creato ad hoc). In secondo 
1uogo, non � pur nulla vero che dalle norme invocate emerga l'esclusione 
del vincolo di indisponibilit�. Secondo l'art. 14 del r.d.l. n. 1827 del 1935 
spetta al consiglio di amministrazione dell'INPS non solo deliberare... � 3) 
l'acquisto, l'alienazione e la permuta dei beni immobili urbani e rustici, 
nonch� l'eventuale trasformazione dei beni predetti�, ma anche � ... 6) deliberare 
in merito alla costruzione di ospedali, sanatori ed altri istituti di 
cura �. Il coordinamento tra queste due disposizioni, contenute nello stesso 
articolo (e delle quali la difesa dell'INPS menziona solo la prima) dimostra 
chiaramente come la statuizione di cui al n. 3) si riferisca a beni immobili 
diversi dagli ospedali, sanatori ed altri istituti di cura. Il che trova 
puntuale conferma nella norma dell'art; 35: �I capitali disponibili dell'Istituto, 
per tutte le gestioni ad esso affidate, possono esser;e impiegati... 
g) in beni immobili urbani e rustici �. Il senso di queste disposizioni � 
d~que chiaro. L'INPS, pur essendo un ente pubblico parastatale, � strutturato 
sullo schema di una impresa assicurativa; e come tale ha l'obbligo 
d� impiegare i capitali accumulati mediante il pagamento dei contributi 
(premi) in modo da assicurare che gli stessi garantiscano la copertura degli 
oneri gravanti sull'Istituto per le prestazioni dovute agli assicurati. In que-' 
sto senso, al pari delle imprese assicurative, l'INPS deve obbligatoriamente 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

investire almeno una parte dei capitali disponibili in immobili, che vengono 
ad sire la posizione di beni patrimoniali disponibili. Ma tali beni nulla 
hanno a che fare con qu�lli funzionalmente connessi con lo svolgimento 
delle attivit� di pubblico interesse affidate all'Istituto (come, appunto, gli 
ospedali sanatoriali, le sedi degli uffici, ecc.); ed � ai beni strettamente patrimoniali 
che si riferisce il n. 3 dell'art. 14, mentre non per nulla il n. 6 
dello stesso articolo considera separatamente gli ospedali, i sanatori e gli 
altri istituti di cura. 

� chiaro, quindi, che gli ospedali dell'INPS non erano, n� mai sono 
stati, beni patrimoniali dei quali l'Istituto potesse disporre jure privatorum, 
ma beni destinati a pubblici servizi, che non possono esser sottratti alla 
loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano 
(cfr. artt. 826, 828 ed 830 e.e.). 

Osserva, peraltro, in linea subordinata, , la difesa dell'INPS che anche 
se ci dovesse riconoscere un carattere di indisponibilit� ai sanatori dell'INPS, 
ne deriverebbe soltanto che l'Ente proprietario incontrerebbe limiti 
al diritto di disporre di essi; limiti che non annullerebbero il carattere 
patrimoniale e privato del bene, che resterebbe sottratto al regime della 
propriet� pubblica ed assoggettato, quindi, a quello della propriet� privata 
e quindi alla regola di cui all'art. 834 e.e., per la quale nessuno pu� esser 
privato in tutto od in parte dei beni di sua propriet� se non per causa di 
pubblico interesse, legalmente dichiarata e contro il pagamento di una giusta 
indennit�. 

Ma anche questa tesi non merita accoglimento. 

Invero, i sanatori della INPS avevano il carattere di beni patrimoniali 
indisponibili solo ed in quanto trattavasi di beni destinati allo svolgimento 
di una funzione di pubblico interesse, affidata all'INPS dallo Stato. Ora, 
nel caso di specie, lo Stato non ha sottratto i beni in questione all'Istituto 
pur mantenendo allo stesso l'affidamento di quella certa funzione pubblica 
al cui perseguimento i beni erano strumentalizzati; al contrario, lo Stato 
ha ritenuto di organizzare diversamente quel certo pubblico servizio, affidandone 
la gestione, anzich� all'INPS, ad altri Enti. Ai quali Enti, logicamente 
sono stati attribuiti quei certi beni patrimoniali che costituiscono 
gli strumenti indispensabili per l'espletamento della funzione. Non vi � 
stato quindi, nella specie, alcun provvedimento di carattere ablatorio, che 
possa giustificare l'applicazione della regola dell'art. 834 e.e.; ma un provvedimento 
di carattere organizzativo o meglio, riorganizzativo di un determinato 
settore della pubblica amministrazione. Da ci� deriva, come esattamente 
rileva la difesa dell'Amministrazione, che il pagamento all'INPS di 
un indennizzo per i sanatori verrebbe a porre in essere, per l'Istituto stesso, 
un arricchimento senza causa, perch� gli verrebbe corrisposta una attribuzione 
patrimoniale cui non corrisponderebbe per l'Istituto alcun onere 
di spesa per la prestazione di pubblici servizi. Del pari; non avrebbe senso 
alcuno sottrarre all'INPS, nell'ambito della riorganizzazione del sett�re, la 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

funzione dell'assistenza contro la tubercolosi, e nel contempo lasciare all'Istituto 
stesso la propriet� e la disponibilit� dei sanatori, ormai divenuti 
inutili per l'Ente e che sarebbero dunque necessariamente distolti dalla 
loro funzione di pubblica utilit�. La situazione, in definitiva, non � diversa 
da quella che si � verificata allorch�, con la creazione di nuovi ministeri, 
si sono scorporati determinati settori di pubblica amministrazione dai ministeri 
preesistenti, assegnandosi ai nuovi organi anche i beni strumentali 
occorrenti per lo svolgimento delle funzioni loro affidate. 

Cos� stando le cose, non ha senso parlare della lesione di un diritto 
soggettiv� di propriet� jure privatorum e manifestamente infondata si appalesa 
la denunzia di incostituzionalit� della legge n. 132 del 1968, per 
violazione dell'art. 42 Cost., per non aver previsto alcun indennizzo per la 
sottrazione agli Enti previdenziali di determinati complessi ospedalieri e 
l'assegnazione dei beni stessi ai nuovi Enti Ospedalieri (mancata previsione, 
sia detto per inciso, che non � affatto casuale, ma � stata espressamente 
voluta dal legislatore, come chiaramente emerge dai lavori parlamentari). 
Non vi � quindi spazio per la giurisdizic~ne del giudice ordinario. 

Ma neppure � possibile configurare, in questa situatione, una giurisdizione 
del giudice amministrativo. L'INPS, di fronte ad un provvedimento 
che -lo si ripete -non � ablativo, ma organizzativo, non pu� far valere 
nei confronti dello Stato, neppure un interesse legittimo. L'attivit� di organizzazione 
della P .A. � demandata allo Stato e ad esso soltanto; e contro 
i relativi provvedimenti non pu� sussistere alcuna tutela giurisdizionale, 
proprio perch� non entrano in gioco n� diritti n� interessi legittimi di 
privati. Ogni cittadino, in quanto tale, pu� avere un interesse semplice a 
che la pubblica amministrazione sia organizzata in modo razionale e fun. 
zionale. Ma sicuramente non sussiste n� un diritto n� un interesse legittimo 
di un organo o di un ente della P .A. a conservare l'attribuzione di determinate 
funzioni (e dei mezzi necessari per adempierle), contro un provvedimento 
statuale che disponga l'attuazione di una di'versa organizzazione 
del settore. Perch� sussista un diritto soggettivo od un interesse legittimo 
che facciano capo ad un qualche soggetto, deve sussistere una norma che 
tuteli una determinata posizione; ed in questo caso non sussiste invece alcuna 
norma che tuteli la pretesa dell'INPS ad opporsi �d a resistere alla 
riorganizzazione del settore sanitario. Come questa Corte regolatrice ha ritenuto 
in ipotesi consimili, la situazione dedotta dall'Istituto ricorrente, per 
difetto di una norma che la tuteli, resta al di fuori del campo giuridico e non 
� configurabile neppure astrattamente come diritto soggettivo perfetto o 
come interesse legittimo (cfr. Cass. S.U. 25 febbraio 1970, n. 447; Cass. S.U. 
12 gennaio 1966, n. 207). 

Non resta quindi che dichiarare improponibile la domanda fatta valere 
dall'INPS con ricorso al Consiglio di Stato, per difetto assoluto di giurisdizione. 
-(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

586 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Ili, 3 maggio 1976, n. 1572 � Pres. Sbrocca � 

Rel. Sgroi -P. M. Silocchi (conf.) -Guarnera (avv. Paradiso) c. Mini


stero LL.PP. (avv. Stato Siconolf�). 

Edilizia popolare ed economica � Cessione in propriet� di alloggi costruiti 
in conseguenza di terremoti. 

Ai fini della cessione in propriet� di alloggi costruiti a carico dello 
Stato in conseguenza di terremoti, � necessario che l'abitazione, come 
fatto costitutivo del diritto alla cessione, consista per la sua continuit� 
e durata, nell'uso effettivo e permanent� dell'alloggio stesso si da sod� 
disfare il bisogno di abitazione di un soggetto in modo esclusivo e quanto 
meno prevalente (1). 

(1) Con questa sentenza la Corte di Cassazione si 1� uniformata al prin� 
cipio, gi� enunciato in Cass., I, 13 marzo 1975, n. 937 (Giust. civ. 1975, I, 957) 
secondo cui con il termine � abitazione �, quale requisito necessario per poter 
chiedere la�cessione in propriet� di un alloggio costruito a carico, con concorso 
o contributo dello Stato, deve consistere non gi� in una qualunque relazione 
di fatto o saltuaria tra il soirnetto e l'alloggio, bens� in un rapporto di perma� 
nenza di quest'ultimo, che per la sua continuit� e durata valga ad esprimere 
la destinazione effettiva e durevole dell'alloggio a soddisfare la necessit� abita� 
tiva di un soggetto. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lav., 6 maggio 1976, n. 1581 � Pres. Sini� 
scalchi � Rel. Santilli � P. M. Antoci (conf.) � Istituto Poligrafico Stato 
(avv. Stato Cerocchi) c. Stecconi (aw. Maffioletti). 

Lavoro (rapporto di) � Indennit� di anzianit� � Liquidazione a scaglioni � 
Legittimit�. 

In tema di liquidazione dell'indennit� di anzianit� ben pu� essere 
adottato il criterio di liquidazione � a scaglioni che viene attuato molti� 
plicando una frazione dell'ultima retribuzione secondo una progressione 

aritmetica per vari scaglioni (operaio, intermedio, impiegato) di anni 

di servizio essendo in tal modo la retribuzione vincolata all'intera durata 

del t:apporto o all'entit� dell'ultima retribuzione (1). 

(1) La sentenza si mantiene sulle linee se.gnate dalle SS.UU. nella decisione 
24 giugno 1972, n. 2130 (in Giust. Civ., Mass. 1972, Il, 1199 con ampia nota di 
richiami anche in dottrina), e nella successiva SS.UU. 12 ottobre 1974, n. 2822 
(ivi, 1974, Il, 1249 con richiami di giurisprudenza). 
Analogo orientamento � seguito anche dalle Sezioni Lavoro della C�rte di 
Cassazione. Cfr. tra le pi� recenti Cass. 10 febbraio 1975, n. 514, in Giust. Civ. 
Mass., 242, con richiami, nonch� Cass. 8 marzo 1975, n. 858, iv~ 391. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

587 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1662 � Pres. Novelli � 
Est. Pascasio � P. M. Serio (conf.) � A.N.A.S. (avv. dello Stato Tarin) 

c. Erbucci (avv. Taranto). 
Infortunio sul lavoro � Assicurazione � Dipendenti della p.a. � Azione di 
represso nei confronti del terzo responsabile � Ammissibilit�. 

Per quanto la gestione dell'assicurazione contro gli infortuni sul 
lavoro e le malattie professionali per i salariati dipendenti � eseguita per 
conto della P. A., compete a questa il diritto di agire in regresso nei 
confronti del terzo responsabile dell'infortunio (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente A.N.A.S. denunciando 
la violazione degli art. 1916 e.e. in relazione agli artt. 81, 111 e 360 n. 3 

c.p.c. sostiene che ad essa e non all'INAIL che � soltanto gestore tecnico 
del rapporto assicurativo, doveva essere riconosciuta la qualifica di assi� 
curatore ed il diritto di surrogazione verso i terzi responsabili del sinistro 
subito dal proprio dipendente, per cui la Corte di merito doveva pronunciare 
sull'appello proposto e non dichiararlo inammissibile. 
La censura � fondata. 

La struttura del rapporto in esame, riguardante la copertura dei ri� 
$fbi da infortunio dei dipendenti dalle Amministrazioni statali, ha formato 
oggetto di approfondito esame da parte di questa Corte suprema con sentenza 
n. 470 dell'll marzo 1960. 

Al riguardo fu rilevato che l'art. 48, ultimo comma, del r.d. 17 agosto 
1935 n. 1765 (rimasto invariato nell'ultimo comma dell'art. 127 del t.u. 
30 giugno 1965, n. 1124), riferendosi ai dipendenti delle Amministrazioni 
statali, stabilisce che� � l'assicurazione presso l'Istituto nazionale infortuni 
pu� essere attuata con forme particolari di gestione pu� anche essere 
limitata a parte delle prc;:stazioni �. 

Con successive norme emanate, in attuazione del predetto decreto, 
dai competenti Ministeri, venne precisato (art. 2 del d.m. 19 gennaio 1939) 
che l'assicurazione del personale statale che vi sia soggetto � attuata 
dall'Istituto Nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro 
per ciascuna amministrazione dello Stato, dalla quale il personale medesimo 
dipende, col sistema della � gestione per conto dello Stato �. E 
si aggiunse che � alla fine di ogni trimestre le Amministrazioni statali 
rimborsano all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni 
sul lavoro, su presentazione degli elenchi contabili e dei documenti giustificativi, 
l'importo delle prestazioni assicurative e le spese particolari 
di accertamenti, cure, fornitura di protesi afferenti a ciascun infortunio, 

(1) In senso conforme Cass. 11 marzo 1960, n. 470, in Foro it., 1960, I, 367, 
con nota 
10 



588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nonch� una quota per spese generali, di amministrazione e sanitarie generiche 
� da determinarsi, per ogni esercizio finanziario, dal Ministero per 
il Tesoro, di concerto con quello per il lavoro e la previdenza sociale su 
proposta dell'Istituto gestore. 

Con riguardo a tali testi, il rapporto in esame venne ricondotto entro 
lo schema proprio di un rapporto assicurativo che, per la particolare 1~ 
struttura della � gestione per conto � risulta differenziato rispetto ai 
rapporti di assicurazione sociale obbligatoria e rispetto ai rapporti di 

I

assicurazione in genere, ma la differenza non � tale da imporre necessa� 

riamente l'inclusione del rapporto in questione in una categoria giuri� 

I 

dica diversa. E, per quanto riguarda il profilo soggettivo, mentre negli 
ordinari rapporti di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, i 
rapporti medesimi sono caratterizzati da tre soggetti (datore di lavoro assicurante; 
Istituto nazionale, assicuratore; e lavoratore, assicurato), nei 
rapporti invece attuati con il sistema della gestione per conto dello Stato, 
i soggetti si riducono, in definitiva, a due, in quanto la singola Ammini� 
strazione statale, datrice di lavoro, cumula in s� la duplice posizione di 
assicurante e di assicuratore rispetto all'altro soggett9 che � il lavoratore 
assicurato. 

E poich� la legge stessa, non ostante le divergenze, qualifica e disciplina 
tutti gli indicati rapporti di assicurazione equiparandoli nella natura 
e negli effetti (con la sola riserva che si tratti di un rapporto assicurati.Jb 
a struttura atipica) sono con esso compatibili tutte le norme relative ai 
rapporti assicurativi tipici, fra cui quella deJl'art. 1916 e.e., che disciplina 
la surrogazione legale dell'assicuratore che ha pagato l'indennit�, fino alla 
concorrenza dell'ammontare della stessa, nei diritti dell'assicurato verso 
i terzi responsabili. 

Ora, nel caso in esame, l'A.N.A.S., assumendo di aver liquidato il 

Leonardi per l'infortunio conseguito al sinistro stradale di cui � causa, 

una .rendita di L. 9.930.547 e di avere sopportate spese sanitarie per lire 

1.186.193, ha proposto appello contro la sentenza che ha condannato i re


sponsabili direttamente a favore del sinistrato, ed ha domandato di sur


rogarsi al medesimo nella sua veste di assicuratore che non pu� esserle 

contestata, anche se cumulata in s� le altre di datrice di lavoro e di 

assicurante. 

Negando la possibilit� di tale surroga -come ha fatto la Corte di 

merito -il danneggiato verrebbe a conseguire un duplice indennizzo, uno 

Q.all'A.N.A.S., l'altro dai terzi responsabili. 

E poich� questa Corte non ha motivo di mutare l'indirizzo che deriva 
dalla citata sua decisione del 1960, il ricorso va accolto riaffermandosi il 
principio secondo il quale nei rapporti assicurativi attuati con il sistema 
�della gestione per conto dello Stato, i soggetti sono due perch� la singola 
amministrazione statale, datrice di lavoro, cumula in s� la duplice fun. 
zione di assicurante e di assicuratore rispetto all'altro soggetto che � il 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 589 

lavoratore assicurato. A detti rapporti a struttura atipica sono applicabili 
tutte le norme relative ai rapporti assicurativi tipici compatibili con la 
funzione comune e tutti: e pertanto anche. nei predetti rapporti l'amministrazione 
ha diritto di surrogarsi al danneggiato �ed agire verso il terzo 
responsabile del sinistro. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1664 -Pres. Caporaso Est. 
Sandulli -P. M. Raya -ANAS (avv. dello Stato Ferri) c. Moretta 
(avv. Carello). 

Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Determinazione dell'indennit� 
-Stima differenziale -Criteri -Danni alla parte residua del 
fondo -Incidenza -Limiti. 

Il criterio di stima differenziale per determinare la indennit� in caso 
di espropriazione parziale, va inteso nel senso che si debba tener conto 
anche di tutti i danni, prevedibili al momento dell'esproprio, che incidono 
sulla parte residua del fondo e che traggono origine o dall'espropriazione 

o dall'esecuzione dell'opera pubblica ovvero dall'esercizio del pubblico servizio 
cui l'opera � destinata (1). 
(Omissis). -Quanto al secondo profilo, va, poi, rilevato -come 
dovendosi tener conto, nella determinazione dell'indennit� di espropriazione, 
di tutti i danni che incidono sulla parte residua del fondo parzialmente 
espropriato, rimasta in propriet� dei titolari di esso assoggettati al 
provvedimento ablatorio, sia che traggano origine dalla espropriazione sia 
che derivino dall'esecuzione dell'opera o dell'esercizio del pubblico servizio 
cui l'opera sia destinata -la Corte del merito abbia esattamente ritenuto 
che -qualora in conseguenza dell'allargamento di una strada, per la cui 
realizzazione il terreno sia stato espropriato, venga soppresso un manufatto 
(nel caso di specie: un cavalcafosso), da cui il fondo espropriato 
tragga utilit� s� che la sua eliminazione integri una diminuzione di valore 
del fondo, pari alla spesa occorrente per la creazione di un nuovo manufatto 
-il pregiudizio economico, che in tal modo sia derivato al proprietario 
espropriato, debba essere indennizzato, indipendentemente dall'appartenenza 
del manufatto eliminato all'espropriato od alla pubblica amministrazione. 


Invero, cos� operando, i giudici del merito si sono uniformati alla giurisprudenza 
della Corte Suprema, la quale, con la decisione 16 marzo 1972, 

n. 777, ha gi� applicato H su enunciato principio nella ipotesi della eliminazione 
(a seguito della realizzazione di una strada al confine di un fondo 
(1) In senso conforme cfr. Cass. 16 marzo 1972, n. 777, in questa Rassegna 
1972, I, 237, con nota. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

590 

coltivato e cintato) del muro di recinzione (comportante una diminuzione 
di valore del fondo, la cui coltivazione, rimaste prive di protezione, imporrebbero 
la spesa della costruzione di una nuova recinzione), ritenendo ininfluente 
la circostanza della titolarit� della propriet� del muro di cinta. 

N�, per contrastare l'inesattezza di tale statuizione giudiziale, pu� 
farsi leva -come si vorrebbe dalla ricorrente -sul precedente giurisprudenziale 
(Cass. sent. 15 giugno 1938, n. 2029) da essa citato, in quanto nella 
fattispecie concreta esaminata in tale pronuncia, la soppressione dell'opera 
(passaggio a livello) sarebbe stata originata da fatti completamente estranei 
alla espropriazione (parziale). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 12 maggio 1976, n. 1689 � Pres. 
Trasca � Est. Tondo � P. M. Pandolfelli � Istituto Poligrafico dello Stato 
(avv. dello Stato� Cerocchi) c. Raspatelli (avv. Diana). 

Lavoro (rapporti di) � Lavoro straordinario, computabilit� ai fini della li� 
quidazione dell'indennit� di anzianit� � Presupposti. 

Il compenso per lavoro straordinario deve essere computato ai fini 
della liquidazione dell'indennit� di anzianit� ai sensi dell'art. 2121 e.e., 
quando il lavoro stesso sia abitualmente richiesto dal datore di lavoro e 
abitualmente prestato dal lavoratore (1). 

(1) Giurisprudenza costante; cfr. tra le altre Cass. 30 maggio 1974, n. 1550, 
in Giust. Cic. Mass. 1974, Il, 703, con richiami. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 maggio 1976, n. 1848 -Pres. La Farina 

� Est. Scribano � P. M. Grimaldi � Storiales (avv. Rossi). c. Ministero 
delle Poste (avv. dello Stato Tarin). 
Procedimento civile � Udienza di precisazione delle conclusioni � Nozione � 
Domanda nuova � Ammissibilit� � Mancata accettazione del contraddit� 
torio � Condizioni. 

Nel vigente sistema processuale, l'udienza di precisazione delle con� 
clusioni ha lo scopo di fissare in modo definitivo la volont� della parti sull'oggetto 
della controversia, ed il contenuto delle loro domande e delle loro 
eccezioni, e di conseguenza di determinare il potere-dovere del giudice di 
giudicare, cosicch� i limiti della causa non sono quelli posti nella citazione 
e nella comparsa di risposta, ma quelli risultanti dalle conclusioni 
definitive. Pertanto se nella predetta udienza una parte propone una nuova 
domanda, l'altra non pu� mantenersi inerte, ma, se vuole evitare che la 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 591 

domanda stessa rimanga acquisita al processo, ha l'onere di eccepirne la 
irritualit� nella stessa sede: in difetto di tale eccezione, il contraddittorio 
deve ritenersi accettato (1). 

(Omissis). -Nel sistema del processo civile di cognizione, quale era 
disciplinat9 dalle norme del codice civile del 1942 nel loro testo originario, 
la giurisprudenza del Supremo Collegio aveva costantemente affermato il 
divieto di proporre domande nuove nel corso del giudizio, sia di primo 
grado che di appello. Dopo l'entrata in vigore della legge 14 luglio 1950, 

n. 581, che attenu� notevolmente il rigore delle preclusioni fissate dal 
codice, mentre talune decisioni c�ntinuavano ad affermare indiscriminatamente 
quel divieto, altre invece, indubbiamente sotto l'influsso dello 
spirito meno restrittivo cui le nuove disposizioni erano ispirate, introdussero 
una distinzione, secondo che le domande nuove fossero avanzate nel 
giudizio di primo grado oppure in quello di appello. Precisamente asserirono, 
queste decisioni, che mentre in tale ultima ipotesi il divieto aveva 
lo scopo pubblicistico di assicurare il rispetto del principio del doppio 
grado di giurisdizione e rivestiva quindi carattere assoluto, al contrario 
nel primo caso era solo rivolto a presidiare la lealt� del contraddittorio ed 
a garantire l'esercizio della difesa, cosicch� non poteva ritenersi imposto a 
pena di nullit� e perci� sempre operante. 
Tale regola venne ulteriormente sviluppata da quest'ultimo indirizzo, 
(il quale fin� col prevalere e divenire esclusivo), asserendosi che l'irritualit� 
della domanda nuova, proposta nel corso del giudizio di primo grado 
e fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, non poteva essere rilevata 
dal giudice qualora sulla medesima domanda la controparte avesse 
accettato il contraddittorio. � 

Non appare, per�, la nozione di accettazione del contraddittorio (la 
quale, contrariamente a quanto assume il ricorrente, non pu� dirsi usata 
erroneamente, in quanto, se alla parte convenuta non � consentito rifiutare 
il contraddittorio instaurato nei suoi confronti con l'atto introduttivo 
del giudizio, la stessa ha invece la facolt� di accettarlo o respingerlo riguardo 
alle istanze irritualmente proposte nel cors? del processo), chiaramente 
delineata dalle numerose sentenze della Suprema Corte che si 
sono occupate ed hanno pronunciato sull'argomento. 

Restringendo l'indagine alle decision!-degli ulthni anni, pu� ricordarsi 
che varie pronunce si sono limitate ad. affermare genericamente che il 
divieto di proporre nuove domande nel giudizio di primo grado non opera 
quando la controparte abbia accettato, anche tacitamente il contraddittorio 
(sent. 4 dicembre 1974, n. 3983; sent. 18 novembre 1972, n. 3425; sent. 7 luglio 
1972, n. 2257), o abbia in modo inequivoco, accettato il contraddittorio, 

(1) Decisione di particolare interesse per la esauriente motivazione che � 
utile per puntualizzare l'orientamento della Corte Suprema sulla nozione di 
domanda nuova e sulla possibilit� (o meno) di accettazione del contradditorio. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

(sent. 22 maggio 1972, n. 1567; sent. 10 maggio 1972, n. 1421); ovvero che 
l'accettazione del contraddittorio sulla nuova domanda consente al giudice 
di pronunciarsi sulla stessa senza incorrere nel vizio di extrapetizione, 
(sent. 30 gennaio 1975, n. 309), o che il giudice non pu� prendere in esame 
le nuove domanda, salvo che su di esse sia stato accettato il contraddittorio 
(sent. 10 marzo 1972, n. 680); oppure, semplicemente, che il consenso 
della controparte � sufficiente a rendere ammissibile la domanda nuova, 
(sent. 6 luglio 1973, n. 1940). Secondo un'isolata decisione, (sent. 30 ottobre 
1973, n. 2836), l'accettazione del contraddittorio pu� essere desunta anche 
da fatti concludenti, ma non dal mero silenzio della controparte. Talune 
pronunce ravvisano l'accettazione del contraddittorio nel fatto che la controparte 
si sia limitata a dedurre l'infondatezza della domanda nuova, 
(sent. 9 luglio 1974, n. 2020), o a chiederne il rigetto, (sent. 5 luglio 1974, 

n. 1890). Sussiste l'accettazione di contraddittorio, per alcune decisioni, se 
della domanda nuova proposta in corso di causa non sia stata eccepita 
tempestivamente l'inammissibilit� (sent. 20 ottobre 1973, n. 2670, non massimata, 
ma in Foro Ital. 1973, I, 3282), o, pi� precisamente, se riguardo 
alla stessa non sia stata formulata alcuna eccezione fino all'udienza di 
precisazione delle conclusioni (sent. 26 giugno 1972, n. 2171). Il alcune pronunce 
si trova l'affermazione che l'accettazione del contraddittorio si ha 
quando la parte, in ordine alla domanda nuova, anzich� eccepire la preclusione 
si difenda nel merito, (sent. 23 maggio 1972, n. 1606; sent. 13 aprile 
1972, n. 1162). Infine, con riferimento all'ipotesi che la nuova domanda sia 
stata formulata nell'udienza di precisazione delle conclusioni, � stato affermato, 
(sent. 22 ottobre 1974, n. 3028; sent. 15 marzo 1974, n. 739; sent. 
28 marzo 1973, n. 862; sent. 11 marzo 1972, n. 713, come chiaramente risulta 
dal suo testo -in Foro ital. 1972, I, 2495 -cui non � rigorosamente aderente 
la massima ufficiale), che il contraddittorio deve ritenersi taciatamente 
accettato qualora l'irritualit� della proposizione non sia stata eccepita 
nella medesima udienza. 
In tale incertezza e variet� di opinioni sembra opportuno -limitando 
l'esame al caso, ricorrente nella specie, di domanda attrice nuova proposta 
nell'udienza di precisazione delle conclusioni, nella quale sia presente anche 
la parte convenuta -soffermarsi a considerare la funzione e l'importanza 
che nel vigente sistema processuale riveste tale udienza, prevista dall'articolo 
189, primo comma c.p.c., nel procedimento di primo grado, sia innanzi 
al Tribunale che davanti al pretore o al conciliatore. Di vero, la precisazione 
delle conclusio:r�i ha lo scopo di fissare definitivamente la volont� 
delle parti sull'oggetto della controversia, ed il contenuto delle loro domande 
e delle loro eccezioni, e conseguentemente di determinare il potere-dovere 
del giudice di giudicare, cosicch� i limiti della causa non sono quelli posti 
dall'atto di citazione e dalla comparsa di risposta, ma quelli risultanti dalle 
conclusioni definitive precisate dopo la chiusura dell'istruzione. Pertanto 
l'udienza di precisazione delle conclusioni � caratterizzata dalla presenza 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

attiva delle parti, (anche se, come abitualmente avviene, esse si militano 
a richiamarsi alle conclusioni precedenti), e quindi, se un parte propone 
�n tale udienza una nuova domanda, l'altra parte non pu� mantenersi 
inerte, ma, se vuole evitare che la domanda stessa rimanga acquisita 
al processo e sorga perch� il potere-dovere del giudice di esaminarla e 
deciderla, ha l'onere di eccepirne l'irritualit� nella medesima sede: in 
difetto di tale eccezione, e quindi anche nel caso di silenzio, il contraddittorio 
deve ritenersi tacitamente accettato, e l'inammissibilit� della domanda 
nuova non pu� essere pi� dedotta, n� nella comparsa conclusionale (e tanto 
meno, ovviamente, nella memoria), n� nei successivi gradi di giudizio. 

Alla stregua di tale criterio si rivela dunque erronea l'affermazione 
contenuta nella sentenza impugnata, la quale ritenne che l'accettazione del 
contraddittorio ricorre solamente se la parte interessata abbia svolto una 
concreta e positiva difesa nel merito, e che nella specie tale situazione non 
sussisteva, avendo l'Amministrazione espressamente e categoricamente dichiarato 
nella comparsa conclusionale di rifiutare il contraddittorio, cosicch� 
la domanda nuova proposta dallo Storioles era inammissibile. 

Senonch�, se sotto il profilo era esaminato tale domanda avrebbe dovuto 
essere giudicata ammissibile, in quanto la sua irritualit� non venne 
in alcun modo eccepita dall'Amministrazione nella medesima udienza di 
precisazione delle conclusioni nella �quale era stata formulata, la domanda 
risultava inammissibile per un motivo diverso ed assorbente, esattamente 
segnalato dalla stessa Amministrazione' gi� nel giudizio di appello. 

Di vero, come questa Suprema Corte ha gi� avuto modo di affermare 
(sent. 4 luglio 1969, n. 2465; sent. 19 agqsto 1968, n. 2970), la proposizione di 
una domanda nuova, nel corso del processo e fino all'udienza di precisazione 
delle conclusioni, pu� avvenire solamente riguardo alla parte nei cui 
confronti il �ontraddittorio sia stato gi� instaurato con la notificazione 
dell'atto introduttivo del giudizio, nei cui confront~, cio�, si sia gi� costituito 
il rapporto processuale, che ne rappresenta quindi il presupposto 
indispensabile. Al contrario, la proposizione della domanda nuova non � 
consentita rispetto ad una parte del giudizio che sia diversa da quella nei 
cui riguardi sia stata avanzata la domanda originaria e che perci� non sia 
soggetto del relativo r�pporto processuale. Proprio questa situazione ricorreva 
nella specie, caratterizzata dall'esistenza in unico processo di due 
cause distinte anche se collegate, quella per risarcimento di danni promossa 
dallo Storioles contro il Menchetti e quella in garanzia (impropria) instaurata 
da quest'ultimo contro l'Amministrazione, e conseguentemente dalla 
esistenza di due diversi ed autonomi rapporti processuali, .l'uno tra lo Storioles 
ed il Menchetti e l'altro tra questi e l'Amministrazione. E ne deriva 
che lo Storioles non poteva proporre nell'udienza di precisazione delle conclusioni 
alcuna domanda contro l'Amministrazione, essendo estraneo alla 
causa promossa contro questa dal Menchetti, e non essendosi perci� costituito 
tra lui e la stessa alcun rapporto processuale. -(Omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (*) 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 30 � Pres. De Capua � 
Est. Melito � Zoboli (avv.ti Vianello, Pantaleoni e Carbone) c. Commissione 
controllo sull'Amministrazione regionale Lombardia (avv. Stato 
Palatiello). Regione Lombardia ed altri (n. c.). 

Atto amministrativo � Atto di controllo � Atto di controllo negativo � Autonoma 
impugnabilit� � Sussiste. 

Competenza e giurisdizione � Riparto fra T.A.R. e Consiglio di Stato ex 
art. 38 e 42 1. 1034/1971 �Fattispecie in tema di riunione di giudizi. 

Regioni � Commissioni di -controllo � Pendenza dell'esercizio del potere di 
controllo � Esecuzione parziale dell'atto sottoposto a controllo � Preclusione. 


Regioni� Compenso al Capo dell'Ufficio Legislativo� Quote ex Art. 21 T.U. 
30 ottobre 1933, n. 1611 � Riferibilit� � Criteri. 

I vizi degli atti positivi di controllo si convertono in vizi del provvedimento 
controllato e ci� in quanto gli atti positivi di controllo non hanno 
autonomia propria, laddove detta autonomia sussiste nel caso degli atti di 
controllo negativi i quali, essendo suscettibili di lesione immediata e diretta 
di interessi legittimi, possono essere autonomamente impugnati (1). 

Posto che la previsione contenuta negli artt. 38 e 42 della l. 6 dicembre 
1971 n. 1034 comporta la determinazione di sfere di competenza funzionale 
inderogabile circa il riparto della giurisdizione fra T.A.R. e Consiglio 

(1-4) Sulla imimgnabilit� degli atti di controllo cfr. Sez. IV 19 dicembre 1975, 

n. 1325 {in Foro Amm.vo 1975, I, 2, 1826); Sez. VI, 21 giugno 1974, n. 220 (ivi, 
1974, I, 2, 695). 
La particolare rilevanza della distinzione fra competenza territoriale e competenza 
funzionale in relazione agli artt. 31 e 38 I. 1034/1971 � stata evidenziata 
nella decisione 9 dicembre 1975 n. 1203, della IV Sez. (in Il Consiglio di Stato 
1975, I, 1322) a proposito dell'accoglimento dell'istanza di regolamento di competenza 
e dei limiti di riproponibilit� dell'istanza medesima al T.A.R. territorial� 
mente competente. 

La natura di competenza territoriale, e non funzionale, nei soli rapporti fra 

T.A.R. � stata sostenuta, sempre dalla IV Sez., nella decisione 23 aprile 1974, n. 315 
(in questa Rassegna 1974, I, 1428 con nota di commento). 
Sulla natura dei controlli dello Stato sull'azione della Regione cfr. Sez. IV, 
18 febbraio 1975, n. 178 (in questa Rassegna 1975, I, 703, con richiami bibliografici). 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
I'avv. R. TAMIOZZO. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

595 

di Stato, resta preclusa la possibilit� di disporre la riunione fra un giudizio 
innanzi al T.A.R. contro un atto regionale e un giudizio innanzi al Consiglio 
di Stato contro un provvedimento dell'autorit� statale (2). 

In caso di richiesta di chiarimenti da parte della Commissione di controllo 
sull'amministrazione regionale circa un punto dell'atto sottoposto a 
controllo, il potere di controllo resta sempre in vita per l'intero contenuto 
dell'atto, con la conseguenza che l'amministrazione regionale, in pendenza 
dell'esercizio del potere di controllo, non pu� dare esecuzione neppure parziale 
all'atto sottoposto al controllo,� anche l'adozione di un atto parzialmente 
riproduttivo o confermativo di quello sottoposto a controllo sarebbe 
destinato a ricadere sotto l'esercizio di detto potere .(3). 

In relazione alla variabilit� delle quote dei compensi ex art. 21 t.u. 
30 ottobre 1933, n. 1611 sull'Ordinamento dell'Avvocatura dello Stato; e 
alla normale riferibilit� del diritto dei Sostituti avvocati generali dello 
Stato al fondo di ripartizione della Avvocatura Generale (in quanto ad essa 
istituzionalmente destinati), � legittimo il riferimento a tale fondo da parte . 
della Commissione regionale di controllo in ordine alla determinazione del 
compenso spettante ad un Sostituto avvocato generale incaricato della organizzazione 
e del coordinamento di un Ufficio Legislativo regionale (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42 � Pres. Uccellatore � 
Est. Pezzana � De Rosa (avv. Abbamonte) c. Ministero lavori pubblici 
(avv. Stato Ferri), Regione Campania (n. c.) e Comune di Napoli 
(avv. Gleijeses)-. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Impugnativa di un 
piano regolatore � Controinteressati � Non configurabilit�. 

Piano regolatore � Proprietario di beni con destinazione meno vantaggiosa 
rispetto ad altro precedente piano regolatore. 

Piano regolatore � Obbligo di motivazione in caso di modifiche rispetto ad 
altro precedente piano regolatore � Sussiste. 

In relazione alla particolare natura del piano regolatore generale, 
non sussistono controinteressati risultanti dal piano stesso; ai quali sia 
necessario notificare l'impugnativa, in sede giurisdizionale, del piano medesimo 
(1). 

Il privato, i cui beni in sede di piano regolatore risultino avere unaJ 
destinazione meno vantaggiosa di quella contenuta in un precedente piano 
regolatore, ha interesse all'impugnativa particolarmente quando gli sia 
stata in precedenza concessa licenza di lottizzazione delle proprie aree (2). 

(1-3) cfr. Sez. IV, 21 ottobre 1975, n. 992, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1088. 



596 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sussiste l'obbligo di adeguata motivazione (e in particolare di valut�re 
i sacrifici economici dei privati che abbiano in precedenza ottenuto 
licenze di lottizzazione e licenze edilizie) di un piano�� regolatore generale 
che -a differenza di altro precedente piano che destinava un'area a zona 
semiestensiva a palazzine -destini l'area medesima a parco di attrezzatura 
(3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 febbraio 1976, n. 48 -Pres. De Capua Est. 
Rizzo -Ministero difesa (avv. Stato Freni) c. Triola (avv. Sciacca 
N.) e Mensitieri ed altri (n. c.) -Appello, T.A.R. Lazio, I Sez., 23 aprile 
1975, n. 289, annulla e ordina incombenti). 

Giustizia amministrativa -Appello -Amministrazione dello Stato appel� 
lante -Mandato �ad Iitem � dell'Avvocatura dello Stato -Necessit� Non 
sussiste. 

Giustizia amministrativa -Appello -Esercizio di giurisdizione di merito 
da parte del T.A.R. -Esame da parte del Consiglio di Stato della questione 
di giurisdizione -Ammissibilit�. 

Militare � Ufficiale dell'esercito � Giudizio negativo di avanzamento � Motivi 
della impugnativa � Insufficienza di motivazione -Criteri -Limiti. 

Giustizia amministrativa -Appello � Applicabilit� del principio devolutivo 
nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato � Limiti al giudizio 
di rinvio ex art. 35 1. 1034/1971. 

Poich� gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni sia nelle 
liti attive che passive dinanzi a tutte le giurisdizioni e in qualsiasi sede 
senza bisogno di mandato, bastando che consti della loro qualit�, il Consiglio 
di Stato non deve eff ett�are alcuna indagine sulla sussistenza del 
mandato ad litem nel caso di costituzione in giudizio dell'Avvocatura per 
l'Amministrazione appellante (1). 

(1-4) Sul principio secondo il quale l'Avvocatura dello Stato non ha bisogno 
di mandato alle liti per l'esercizio dello jus postulandi cfr. LAPORTA, Inter-esse 
pubblico e patrocinio �facoltativo� di enti non statali da parte dell'Avvocatura 
(in questa Rassegna 1975, I, 696 e segg., in nota alla dee. n. 700 SS.UU. della Corte 
di Cassazione 24 febbraio 1975). 

Con decisione 24 maggio 1975, n. 2099 (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1019) 
le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito il principio che la questione in 
ordine al potere di indagine sul merito da parte del Consiglio di Stato (e quindi 
anche dei T .A.R.) attiene alla giurisdizione. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

597 

Posto che costituisce usurpazione di poteri attribuiti alla p. a. l'esercizio 
da parte del T.A.R. della giurisdizione di merito fuori dei casi previsti 
dalla legge, � la questione della indagine su tale usurpazione di poteri 
pu� ben essere svolta dal Consiglio di Stato, quale giudice di secondo 
grado e quindi anche giudice della giurisdizione ex art. 30 legge 1034/ 
1971 (2). 

Ove si deduca illogicit� di un giudizio negativo di avanzamento a scelta, 
� pur sempre necessario fare riferimento al quadro complessivo delle 
valutazioni, e pertanto va annullata per insufficienza di motivazione la 
decisione di primo grado che accolga la dedotta incongruenza del punteggio 
rispetto ai precedenti di carriera, ritenendo peraltro assorbita altra 
censura di disparit� di trattamento nei confronti di altri parigrado promossi 
(3). 

Ove non ricorrano gli estremi previsti dall'ar~. 35 l. 1034/1971 per il 
rinvio al T.A.R. la cui sentenza sia stata appellata, dovr� applicarsi il principio 
di diritto processuale che devolve al giudice di appello i motivi non 
considerati dal giudice di primo grado e pertanto riproposti in sede di. 
gravame (4). 

In materia di avanzamento degli Ufficiali dell'Esercito cfr. fra le tante Sez. IV 
17 ottobre 1972, n. 884 (in questa Rassegna 1973, I, 165, con nota di commento 
di GIORGIO GIOVANNINI) e Sez. IV, 11 marzo 1~75, n. 266 (in Il Consiglio di Stato 

1975, I, 267). . 

Il terzo comma dell'art. 35 I. 1034/1971 fissa il principio secondo il quale, 
nei casi in cui non 'sia da annullare la sentenza impugnata o disporre la rinnovazione 
del giudizio, il Consiglio di Stato decide sul merito della controversia 
(cfr. in dottrina SEPE�PES, Le nuove leggi di giustizia amministrativa, Milano 1972, 
385 e segg.; SANTONI RuGiu, Un caso controverso di rinvio al T.A.R., in Il Consiglio 
di Stato 1975, II, 956). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 5 febbraio 1976, ~� 160 � Pres. Breglia Est. 
Catallozzi -Comune di Velletri (avv. Capozzi) c. Cinelli (avv. Viola) 
-(Appello, T.A.R. Lazio III Sez. 1� luglio 1974 n. 6, annulla). 

Giudicato -Esecuzione -Annullamento di silenzio-rifiuto su domande di 
licenza edilizia � Normativa applicabile in sede di ottemperanza del 
Comune. 

Qualora il silenzio-rifiuto da parte del Sindaco di un comune su una 
domanda di rilascio di licenza edilizia venga annullato in sede giurisdizionale 
amministrativa, il Comune ha l'obbligo di provvedere con riferimento 
alla normativa vigente alla data nella quale l'ente locale ha avuto 



598 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 
legale conoscenza della intervenuta pronuncia giurisdizionale di annullamento 
(1). 
598 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 
legale conoscenza della intervenuta pronuncia giurisdizionale di annullamento 
(1). 
(1) La Sez. V nella decisione che si annota ha escluso la possibilit� di riferimento 
alla disciplina esistente all'epoca di emanazione del provvedimento impugnato 
o di formazione del silenzio-rifiuto, sulla considerazione che la decisione 
di accoglimento del giudice amministrativo da un lato elimina dalla realt� giuridica 
atti e comportamenti . privi di efficacia innovativa (perch� a contenuto 
negativo) e dall'altro non esplica una azione ripristinatrice ex tunc di posizioni 
soggettive lese, ma solo una azione dichiarativa ex nunc dell'obbligo specifico 
di provvedere, fissando nel tempo, o meglio � cristallizzando � il rapporto fra 
p.a. eprivato ricorrente, che viene cos� sottratto, in forza della esecutoriet�, alla 
applicazione di atti normativi successivi e suscettibili di modificazione di situazioni 
g� costitute. 
La Sezione ha pertanto accolto il criterio della riferibilit� al momento in .cui 
l'ente locale abbia acquistato legale conoscen,za della pronunzia giurisdizionale, 
criterio accolto dal Consiglio di Stato (cfr. ad es. Sez. V 10 marzo 1974, n. 208 in 
Foro Amm.vo 1974, I, 2, 391; 23 maggio 1975, n. 724 in Il Consiglio di Stato 1975, 
I, 627) ma non da alcuni T.A.R. (cfr. ad es. T.A.R. Piemonte 18 dicembre 1974, 

n. 131, in Rassegna T.A.R. 1974, I, 42, che fa invece riferimento al momento della 
adozione da parte del Sindaco delle proprie determinazioni; in senso conforme 
al Consiglio di �Stato T.A.R. Liguria 24 aprile 1975, n. 84, ivi 1975, I, 1473; per 
ulteriori richiami cfr. nota a Sez. V, 7 marzo 1975, n. 310, in questa Rassegna 
1975, I, 714). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 12 febbraio 1976, n. 239 -Pres. Di Pace � 
Est. Giacchetti -Comune di Torino (avv.ti Casetta e Pulvirenti) c. 
Soc. Fiorita (avv.ti Levi e Ottolenghi) e Regione Piemonte (n. c.) � 
(Appello, T.A.R. Piemonte 28 gennaio 1975 n. 5, conferma). 

Piano regolatore generale -Iter di approvazione -Impugnativa delle misure 
di salvaguardia � Possibilit� di denuncia di vizi attinenti al piano 
� in itinere � -Sussiste. 

Giustizia anu:nillj.strativa -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato � 
Limiti dei p�teri-doveri ex art. 35 l. 1034/1971 �Criteri di individuazione. 

Giustizia amministrativa -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato Limiti 
dei poteri�doveri ex art. 35 l. 1034/1971 -Difetto di procedura e 
vizi di forma. 

Giustizia amministrativa -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato
� Limiti dei poteri-doveri ex art. 35 1. 1034/1971 � Motivi di appello � 
Difetto di motivazione della sentenza del T .A.R. � Effetti. 

Piano regolatore � Approvazione di variante � Effetti sulle preesistenti 
convenzioni edilizie � Necessit� di congrua e circostanziata motiva~ 
zione del pubblico interesse -Sussiste. 

La deliberazione comunale di adozione di un piano regolatore generale 
non � normalmente impugnabile in sede giurisdizionale anteriormente al 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

599 

perfezionamento dell'iter di approvazione; peraltro, qualora vengano impugnate
� le misure di salvaguardia sulle domande di licenza edilizia, ben 
possono ess�re denunciati vizi attinenti al piano in itinere che costituiscono 
il presupposto delle misure in parola (1). 

L'art. 35 legge 6 dicembre 1971, n. 1034 enuncia solo genericamente 
e in forma laconica i limiti dei poteri-doveri del Consiglio di Stato in 
sed_e di appello; pertanto tali limiti vanno integrati con quelli prescritti 
dal codice di procedura civile per il giudizio di impugnazione (2). 

L'art. 35 legge 6 dicembre 1971, n. 1034 comporta -in relazione alla 
sussistenza, accertata da parte del Consiglio di Stato, del � difetto di 
procedura � e dei � vizi di forma � in una sentenza del T.A.R. -il rinvio 
al giudice di primo grado solo nel caso di assoluta mancanza di pronuncia 
del giudice di primo grado sul merito della controversia o, comunque, 
di vizio insanabile della sentenza impugnata (3). 

Qualora, in sede di giudizio di gravame, il Consiglio di Stato accerti 
l'esistenza del vizio di difetto di motivazione della sentenza del T.A.R. nella 
reiezione di una eccezione di inammissibilit� del ricorso di primo grado, 
dovr� limitarsi ad integrare ex art. 384, secondo comma, c.p.c. la motivazione 
carente, senza disporre l'annullamento con rinvio della sentenza di 
primo grado (4). 

Il Comune, in sede di approvazione di una variante al piano regolatore 
generale, non pu� ignorare impegni precedentemente assunti con la stipula 
di convenzioni edilizie,� sussiste peraltro la possibilit� per il Comune 
�di modificare il regime di terreni oggetto di convenzione urbanistica 
qualora ricorrano gravi e motivate ragioni di pubblico interesse (5). 

(1-5) Sulla prima massima cfr. Sez. V, 15 marzo 1974, n. 260 (in Foro Amministrativo 
1974, I, 2, 411 con nota di commento); Sez. V, 11 maggio 1973, n. 488 
(ivi 1973, I, 2, 468). . 

Sull'art. 35 I. 1034/1971 cfr. Sez. IV 3 febbraio 1976, n. 48 massimata supra. 

Sull'obbligo di adeguata motivazione in sede di piano regolatore che modifichi 
altro precedente piano cfr. Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42 (in Il Consiglio di 
Stato 1976, I, 17). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 5 -Pres. Aru -Est. 
!annotta -Boscolo ed altri (avv.ti Orlandini e Tonini) c. Ministero 
Poste e telecomunicazioni (avv. Stato Stipo). 

Atto amministrativo -Silenzio-rifiuto -Obbligo per la p.a. di pronunciarsi 
sulla istanza del privato -Limiti. 

Impiego pubblico -Prestazione di servizi della categoria superiore -Inquadramento 
nella carriera superiore -Preclusione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

600 

Impiego pubblico -Normativa specifica concernente l'accesso alle carriere 
e il trattamento economico , Applicabilit� dell'art. 13 I. 300-/1970 � 
.Esclusione. 

Impiego pubblico -Estensione di norme concernenti il lavoro privato � 
Limiti. 

Si configura il silenzio-rifiuto solo qualora sussista effettivamente l'obbligo 
da parte dell'Amministrazione, in base alla normativa vigente, di 
pronunciarsi sull'istanza del privato (1). 

Qualora l'impiegato di una Azienda (nella specie Azienda dei Telefo,ni 
di Stato) presti un servizio tipico della carriera superiore, egli non acquisis<;
e il diritto all'inquadramento nella stessa carriera superiore, ma pu� 
soltanto essere ammesso alla corresponsione~di un trattamento economico 
superiore, con l'osservanza peraltro dei limiti fissati dall'art. 28 l. 18 febbraio 
1963, n. 81 (2). � 

� da escludere l'applicabilit� dell'art. 13 l. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto 
dei Lavoratori) al rapporto di pubblico impiego, essendo questo 
caratterizzato da una normativa specifica in tema di accesso alle singole 
carriere e di trattamento economico riservato in caso di conferimento di 
funzioni superiori (3). 

Solo qualora manchi una norma specifica -e quindi a mero titolo 
sussidiario -� possibile estendere al rapporto di impiego pubblico le 
norme che disciplinano il rapporto di lavoro privato (4). 

(1-4) Sull'obbligo per la p.a. di pronunciarsi in merito alle istanze di privati 
cfr. Sez. VI, 6 dicembre 1974, n. 413 (in Il Consiglio di Stato 1974, I, 1703); Sez. VI, 
26 settembre 1975, n. 385 (ivi 1975, I, 1023); Sez. V, 6 luglio 1973, n. 598 (ivi 1973, 
I, 1061); Sez. IV, 15 maggio 1973, n. 544 (ivi 1973, I, 669). 

Il problema del conferimento delle funzioni di qualifica superiore nell'impiego 
pubblico e del relativo trattamento economico � stato recentemente affrontato 
dalla Sez. IV nella decisione 11 giugno 1974, n. 431 (in questa Rassegna 1974, 
I, 170 con nota di commento) e della Sez. VI nella decisione 18 ottobre 1974, n. 294 
(in Foro Amm.vo 1974, I, 2, 1130). 

Sulla inapplicabilit� dell'art. 13 I. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei Lavoratori) 
all'impiego pubblico cfr., fra le tante, Sez. VI, 15 febbraio 1974, n. 90 (in 
questa Rassegna 1974, I, 667 con nota di commento); parere Sez. I, 3 maggio 
1974, n. 814 (in Il Consiglio cDi Stato 1975, II, 1278). 

Sulla inapplicabilit� dello Statuto dei Lavoratori al pubblico impiego ricordiamo 
anche la recentissima decisione 20 maggio 1976, n. 118 della Corte Costituzionale. 


L'ultima delle massime della sentenza annotata costituisce ulteriore conferma 

di una giurisprudenza allo stato consolidata (cfr. ad es. Sez. VI 14 marzo 1972, 

n. 133 in Foro Amm.vo 1972, I, 2, 319; Sez. VI 30 marzo 1971, n. 236 in Il Consiglio 
di Stato 1971, I, 622). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 601 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 3 febbraio 1976, n. 40 � Pres. Aru � Est. 
Biagini � Istituto nazionale commercio estero (avv. Lidia) c. Di Concetto 
(avv. Torchia) e Colisti (n. c.) � (Regolam.ento di competenza). 

Impiego pubblico -Trasferimento di dipendenti -Atto plurimo -Conf�� 
gurabilit�. 

Competenza e giurisdizione � Competenza territoriale dei T.A.R. -Atto di 
trasferimento di dipendenti � Criterio di individuazione. 

Costituisce atto plurimo l'atto con il quale viene disposto il tr(l.Sferimento 
di pi� dipendenti di un Ente pubblico, e ci� in quanto trattasi 
di pi� atti amministrativi solo formalmente riuniti, ma concettualmente 
scindibili in tanti atti autonomi (1).. 

1 

Sussiste la competenza per territorio del T.A.R. nella cui circoscrizione 
ha sede l'Ufficio presso il quale il dipendente presta servizio alla 
data di emissione del provvedimento impugnato, che disponga il trasf erimento 
del dipendente medesimo ad altra sede (2). 

(1�2) Altra fattispecie di atto plurimo, con riferimento ad un provvedimento 
di richiamo in servizio di alcuni dipendenti pubblici collocati a riposo come ex 
combattenti, � stata esaminata dalla stessa Sez. VI nella decisione 5 dicembre 
1975, n. 674' (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1416, nonch� in questa Rassegna, 
con nota di commento in corso di pubblicazione al momento della redazione della 
presente nota). . 

Nella citata decisione la Sezione ha, in particolare, chiarito che l'atto plurimo 
si giustifica sul presupposto di un unico criterio di azione amministrativa. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 6 febbraio 1976, n. 44 -Pres. Daniele Est. 
!annotta -I.N.P.S. (avv.ti L6i, Coccapani e Sacerdoti) c. Albrizio 
(avv. Tarello) � (Regolamento di competenza). 

Competenza e giurisdizione -Competenza territoriale dei T.A.R. -Criterio 
di individuazione -Atti plurimi emanati dopo il collocamento a riposo 
di pubblici dipendenti. 

Poich� il successivo annullamento di provvedimenti relativi a pi� 
dipendenti e combattenti, con i quali gli stessi venivano collocati a riposo, 
� da considerarsi atto plurimo con il quale si adotta un unico provvedimento 
destinato ad incidere sulla posizione degli impiegati medesimi il 
cui rapporto di impiego non subisce cos� alcun mutamento neppure in relazione 
al luogo di adempimento del dovere di prestare servizio, competente 
a decidere territorialmente � il T.A.R. nella cui circoscrizione rientra 
la sede dell'Ente nella quale il dipendente prestava e presta servizio dopo 
il richiamo (1). 

(1) Cfr. precedente decisione Sez. VI 3 febbraio 1976, n. 40, con nota di richiami 
in tema di atto plurimo. 

602 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 13 febbraio 1976, n. 87 -Pres. baniele Est. 
Iannelli -Carlucci (avv. Cochetti) c. Ministero pubblica istruzione 
(avv. Stato Onufrio).' 

Demanio e patrimonio -Tutela di bellezze naturali -Divieto di edificabilit� 
-Criteri -Limiti. 

Demanio e patrimonio � Tutela di bellezze naturali � Costruzioni sorte ante


riormente al vincolo � Possibilit� di divieto di nuove costruzioni 


Sussiste. 

Pur non comportando la l. 1497/1939 il divieto assoluto di edificabilit�, 
ben pu� essere imposto detto divieto dal Soprintendente ai monumenti 
quando la natura del bene per evitare danni al paesaggio escluda la possibilit� 
di ogni insediamento (1). 

(1-2) Estensione della tutela delle bellezze naturali. 

La Sez. VI, nella decisione che si annota, conferma, con motivazione esatta 
pienamente da condividere, quello che costituisce un principio ormai consolidato 
in materia di tutela delle.bellezze naturali (cfr. ad es. Sez. VI, 16 novembre 
1973, n. 522, in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1752). 

La Sezione I, con parere n. 1164 del 14 gennaio 1972 (ivi 1973, I, 92), ebbe 
in particolare a precisare la portata e la estensione del n. 4 dell'art. 1 1. 29 giugno 
1939, n. 1497 (che tutela �le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali 
e cos� pure quei punti di vista o di belvedlere accessibili al pubblico, dai 
quali si goda lo s11ettacolo di quelle bellezze�) e del n. 5 dell'art. 9 x:.d. 3 giugno 
1940, n. 1357 (il quale precisa � che sono bellezze panoramiche da proteggere 
quelle che si possono godere da un punto di vista o belvedere accessibile al 
pubblico, nel qual caso sono da proteggere l'uno e le altre�), chiarendo che dette 
norme non restringono, ma ampliano la portata della tutela, ricomprendendo in 
questa non solo la zona direttamente investita di pregio estetico, ma anche le 
localit� che, pur rivestendo necessariamente uguale carattere, siano peraltro 
indispensabili al godimento della vista. 

Chiariva ancora la Sezione che il giudizio sulla opportunit� di sottoporre a 
vincolo, ai fini di garantire la vista di un panorama o di una bellezza naturale, 
una certa zona ili territorio anzich� singoli punti di vista o di belvedere implica 
apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione. 

Venivano, inoltre, ribaditi nell'occasione i criteri di interpretazione dell'obbligo 
di motivazione del provvedimento di vincolo ex art. 12, primo comma, r.d. 
1357/1940, nel senso cio� che tale articolo non richiede una descrizione analitica 
dei particolari elementi che compongono la bellezza panoramica, la quale deriva 
per l'appunto dalla complessiva e armonica visione degli elementi medesimi. 

Giova a tale riguardo ribadire la funzione esclusiva del Soprintendente in 
se�le di determinazione del possibile danno alla bellezza naturale a seguito di un 
insediamento edilizio, funzione esclusiva ricollegata alla riserva contenuta nell'art. 
1 D.P .R. 15 gennaio 1972, n. 8, il quale, in sede di trasferimento alle Regioni 
delle funzioni �esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pub




PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 603 

La presenza di costruzioni sorte anteriormente al vincolo di tutela 
ex l. 1497/1939 non rende illegittimo il provvedimento di diniego di autorizzazione 
per nuove costruzioni da parte del Soprintendente, emanato 
successivamente al vincolo (2). 

blica istruzione (ora Ministero per i beni culturali e ambientali), ha mantenuto 
la competenza statale per la tutela delle bellezze naturali. 
Il T.A.R. della Toscana con decisione 29 ottobre 1975, n. 379 (in Rassegna 

T .A.R. 1975, I, 3463) ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legit� 
timit� costituzionale di detto art. 1 D.P .R.. 8/72, in relazione all'art. 97 della 
Costituzione, con ci� confermando che la persistenza di attribuzioni statali nella 
tutela delle bellezze panoramiche non incide sulla tutela dell'ambiente affidata 
alle Regi�ni. 
Nell'ambito di questo potere il Soprintendente pu� e deve agire con la massima 
ampiezza (cfr. Sez. IV, 2 luglio 1974, n. 526; in Il Consiglio di Stato 1974, 
I, 885; Sez. VI, 8 febbraio 1972, n. 43, ivi 1972, I, 198), nel senso, cio�, di consi� 

. derare il vincolo nella sua pi� lata estensione, prioritaria rispetto ad altri stru~ 
menti (ad es. regolamenti e piani urbanistici; cfr. Sez. VI 6 luglio 1971, n. 573, 
ivi 1971, I, 1523) e tale da poter prevedere -ferma la necessit� soltanto di idonea 
motivazione -anche la totale esclusione di una determinata utilizzazione del bene 
protetto, come ad esempio la esecuzione di costruzioni; del resto � la stessa 
legge 1497/1939 a contemplare, e non indirettamente, siffatta eventualit� laddove 
(art. 16, secondo comma) prevede ne� casi di divieto assoluto di costruzioni, e 
solo qualora il divieto riguardi aree da considerare fabbricabili, la concessione 
di uno speciale contributo, il quale, proprio perch� contribuito e non indennizzo, 
� pi� propriamente un compenso la cui determina2:ione � rimessa alla discrezionalit� 
dell'Amministrazione. 

ti; da tempo acquisito, inoltre, il concetto del vincolo paesistico come limite 
obiettivo segnato dalla legge al diritto reale, limite connesso a determinate caratteristiche 
intrinseche del bene e connaturato, quindi, con l'essenza stessa del 
bene, il quale rientra cosi in una categoria ad origine di interesse pubblico, tanto 
da non dover comportare alcun indennizzo per il privato proprietario in sede di 
imposizione del vincolo medesimo (cfr. Sez. VI, 27 ottobre 1970, n. 697, in Il 
Consiglio di Stato 1970, I, 1779; Corte Costituzionale 29 maggio 1968, n. 56, in 
Foro lt. 1968, I, 1361; in dottrina cfr. GRISOLIA, voce Bellezze naturali, in Enciclo. 
pedia del diritto, .Gii.:tffr�, V, 80 e sgg.; PURITANO, Competenza del Soprintendente 
ai Monumenti e del Sindaco in tema di licenza edilizia, in Il Consiglio di Stato 
1968, Il, 688). 

In ordine, specificamente, ai pregiudizi che possono essere prodotti alle bel� 
lezze panoramiche, anche la loro valutazione deve ritenersi rimessa, in via esclusiva, 
alla Soprintendenza ai Monumenti, il cui giudizio sar� pertanto insindacabile 
in sede di legittimit� (cfr. Sez. IV, 5 novembre 1971, n. 950, in Il Consiglio 
di Stato 1971, I, 2072; Sez. IV, 3 giugno 1970, n. 395, ivi 1970, I, 870; Sez. VI, 
2 luglio 1971, n. 512, ivi 1971, I, 1504; in tema di rapporto fra la valutazione del 
Soprintendente e i presupposti del reato contravvenzionale ex art. 734 c.p. in un 
caso di deturpamento di bellezze naturali cfr. Cass. Pen. IV Sez., 28 novembre 
1968, in Giur. It. 1969, Il, 577, con nota di BAROSIO). 

RAFFAELE TAMIOZZO 

11 



604 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA!O 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 24 febbraio 1976, n. 116 -Pres. Aru -Est. 

Virgilio -I.N.A.I.L. (avv. Schillaci) c. Pilia (avv.ti Romagnoli e Piuma) 

-(Regolamento di competenza). 

Competenza e giurisdizione -�competenza territoriale dei T.A.R. -Ripartizione 
della competenza -Fattispecie in tema di atti di organi statali 
e di enti pubblici ultraregionali -Limiti. 

In considerazione delle finalit� che hanno dettato l'art. 3 della l. 1034/ 
1971 (agevolare l'esperimento del giudizio amministrativo da parte del 
dipendente e assicurare il collegamento con l'ambito regionale dei nuovi 
organi giurisdizionali amministrativi in contemperamento con il criterio 
succedaneo del luogo in cui l'atto � destinato a spiegare i suoi effetti), 
nei casi in cui.l'atto non si riferisca ad un unico dipendente o a pi� dipendenti 
che prestino servizio nella sede della circoscrizione di un unico 
T.A.R., e spieghi altres� effetti a carattere ultraregionale, deve trovare 
applicazione il terzo �omma dell'art. 3 l. 1034/1971, e non il criterio speciale 
della sede di servizio del dipendente, fissato dal secondo comma di 
detto articolo; con la conseguenza che, per gli atti emessi dagli organi 
centrali dello -Stato sar� competente il T.A.R. del Lazio, mentre per quelli 
emanati da organi centrali di entt a carattere ultraregionale la competenza 
sar� del T.A.R. nella cui circoscrizione l'ente medesimo ha sede (1). 

(1) Cfr. supra Sez. VI, 6 febbraio 1976, n. 44 e 3 febbraio 1976, n. 40 con 
richiami. 
La motivazione della decisione individua esattamente le finalit� della legge 
1034/1971, che mira fra l'altro ad agevolare l'esperimento del giudizio amministrativo 
da parte del pubblico dipendente, ma non considera, peraltro, che l'applicabilit� 
del criterio generale ex art. 3, terzo comma, di detta legge scaturisce 
essenzialmente dalla natura dell'atto impugnato, che non � u:n atto plurimo, ma 
un atto collettivo, cio� un unico atto formale con il quale si provvede unitariamente 
e indivisibilmente nei confronti di un complesso di soggetti con rapporti 
di interdipendenza (cos� in dottrina LUBRANO, La competenza per territorio dei 
Tribunali Amministrativi Regionali, Milano 1974, 129 e sgg.; cfr. anche, per una 
fattispecie analoga in tema di graduatoria di promozione, Sez. VI, 19 dicembre 
1975, n. 707 in Il Consiglio cDi Stato 1975, I, 1443 e in questa Rassegna, in corso di 
pubblicazione con nota di commento). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1976, n. 978 -Pres. Pascasio Est. 
Valore -P. M. Cutrupia (conf.) -Opera Diocesana per la Preservazione 
della Fede (avv. Declich) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Amone). 

Imposta di regisfro -Agevolazione ex art. 44 tab. B legge di registro Appalto 
per la costruzione di chiesa parrocchiale -Si estende. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. B, a'.rt. 44; Concordato fra la S. Sede e l'Italia, 
art. 29, lett. h). 
Sebbene la norma dell'art. 44 tab. B della abrogata legge di registro 
sia intesa ad agevolare non l'istruzione in genere ma solo alcuni tipi di 
scuole, tuttavia l'agevolazione in detta riarma prevista � applicabile anche 
alla costruzione di chiese parrocchiali destinate fra l'altro all'istruzione 
(religiosa) elementare (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente -denunciando la 
violazione e la falsa applicazione dell'art. 29 lettera h) del Concordato 
fra Italia e Santa Sede, reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810 
e dell'art. 44 Tabella All. B del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3259, in relazione 
all'art. 260 nn. 3 e 5 c.p.c. -sostiene che l'art. 29� del Concordato, dispo-' 

(1) Viene ancora riconfermato l'orientamento gi� seguito (Cass. 5 luglio 
1968, n. 2252 e 14 luglio� 1971, n. 2298, in questa Rassegna 1968, I, 1001 e 1971, I, 
2298), in dissenso da una pi� remota pronunzia (29 ottobre 1966, n. 2706, ivi, 
1966, I, 1347). Sono da riconfermare le riserve gi� espresse nelle note alle sentenze 
citate, specie sul metodo di interpretazione seguito. Se, come � incontestabile, 
l'agevolazione � concepita per � edifici scolastici � di un determinato 
tipo, per' far rientrare in tale categoria una chiesa parrocchiale non soccorre 
pi� l'art. 29 lett. h 'del Concordato qualora la chiesa non sia considerata in 
vista del suo scopo di culto o di religione (non potendo essere utile l'equiparazione 
allo scopo di istruzione di per s� non agevolato), ma in vista della sua 
fonzione di luogo dove viene impartito l'insegnamento elementare (di religione). 
Ma se fosse anche vero che l'insegnamento dei primi elementi della religione 
possa ricomprendersi nell'istruzione elementare in genere (del che � lecito dubitare), 
resterebbe sempre da dimostrare che la chiesa � un �edificio scolastico�, 
sia pure destinato ad una istruzione primaria, genericamente intesa, diversa 
da quella ufficiale. 

Il vizio logico della decisione consiste nel dare rilevanza al cozicordato 
sebbene non si faccia pi� questione di equiparazione tra fine di culto e fine 
di istruzione; ma prescindendo dal concordato nessuno sforzo di interpretazione 
pu� essere sufficiente per far diventare un edificio �scolastico qualsiasi 
immobile nel quale anche (ma secondariamente) si svolga una attivit� di insegnamento 
di qualunque natura rivolta alla prima infanzia. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

606 

nendo la totale equiparazione tributaria del fine di culto a quello di istruzione, 
avrebbe esteso a tutti gli edifici aventi il primo di detti fini le 
agevolazioni fiscali stabilite dal citato art. 44 per gli edifici di istruzione 
in esso menzionati. 

Comunque, ove anche si ritenesse che il beneficio fiscale possa essere 
esteso soltanto agli edifici di culto equiparabili a quelli elencati nell'art. 44, 
l'applicabilit� del beneficio stesso sarebbe sempre indubitabile, in quanto 
le chiese parrocchiali custodiscono edifici destinati, per la loro natura, 
anche all'insegnamento dei primi elementi . dell'istruzione religiosa. 

Obietta la resistente che l'art. 29 del Concordato non ha carattere 
precettivo ma enuncia soltanto un principio generale demandando al legislat�re 
italiano la regolamentazione concreta del trattamento tributario 
delle particolari attivit� che realizzano i fini di culto o di religione, in 
modo da attuare nelle singole fattispecie il principio enunciato nella 
norma. E poich� l'art. 44 citato non contempla � i fini di istruzione � 
generalmente intesi, ma semplicemente un settore (quello edilizio di uno� 
dei molteplici ordini scolastici) sarebbe impossibile, secondo l'Amministrazione, 
estendere alle Chiese l'agevolazione prevista dal suddetto art. 44. 

Ci� premesso, va rilevato che la giurisprudenza ha esaminato pi� 

volte l'applicabilit� o meno dell'imposta fissa agli atti relativi all'acquisto 

di aree per la costruzione di chiese e di altri edifici di culto. E, poich� il 

ripetutamente citato art. 44 non riguarda tutti gli ordini di scuole, ma 

solo quelle elementari e normali e gli asili e giardini d'infanzia, � stato 

prospettato il problema se l'equiparazione, agli effetti fiscali, del fine di 

culto o -O.i religione a quello di beneficenza e istruzione di cui all'art. 29 

del Concordato, possa trovare applicazione solo nell'ipotesi in cui la legge 

tributaria preveda agevolazioni a favore di tutte le ipotesi di beneficenza 

e di istruzione o anche quando le preveda soltanto a favore di gruppi 

pi� o meno limitati di casi rientranti nei fini anzidetti. 

Questo Supremo Collegio dopo una decisione con cui si affermava 

l'inapplicabilit� del beneficio nel caso di acquisto da parte di una Diocesi 

di area da destinare ad edifici scolastici non rientranti tra quelli indicati 

(Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706) ha, rimeditato ed approfondito la que


stione, successivamente riconosciuto la predetta agevolazione fiscale, nel 

caso di acquisto, da parte di un Ente ecclesiastico, di un'area per desti


narla alla costruzione, sia di un oratorio avente fine di culto (Cass. 5 lu


glio 1968, n. 2259), sia di una chiesa parrocchiale (Cass. 14 luglio 1971, � 

n. 2298). 
Le argomentazioni della resistente non appaiono idonee ad indurre 
ad un mutamento di quest'ultimo indirizzo giurisprudenziale (peraltro 
condiviso dalla stessa Commissione Centrale, con le decisioni 24 febbraio 
1969, n. 1671 e 23 settembre 1970, n. 11965 e dalla pi� qualificata 
dottrina) e, pertanto, la censura della ricorrente deve ritenersi fondata. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'art. 29 del Concordato, alla lettera h), dispone: �Ferme restando 
le agevolazioni tributarie gi� stabilite a favore degli enti ecclesiastici 
dalle leggi italiane fin qui vigenti, il fine di culto o di religione �, a �tutti 
gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza o di istruzione�, 

La Tabella, ali. B alla legge di registro, prevede all'art. 44 come soggetti 
a tassa fissa, �gli atti e contratti relativi all'acquisto delle aree e 
alla costruzione, all'adattamento, all'arredamento ed al restauro degli 
edifici scolastici per le scuole elementari e per i giardini ed asili di infanzia 
e quelli per la costruzione di nuovi edifici destinati alle scuole 
normali e_ per l'adattamento, l'arredamento, il restauro e l'ampliamento 
di quelli esistenti �. 


Orbene non � fondato sostenere sia che la norma del Concordato, 
avendo natura pattizia sul piano internazionale e fissando un principio 
astratto, necessiterebbe, per la sua concreta applicazione, di disposizioni 
particolari, attuanti, di volta in volta, nelle singole fattispecie, il principio 
generale da essa enunciato, sia che spetterebbe al legislatore e non 
all'interprete,� stabilire se la equiparazione debba o meno operare nei 
singoli casi. 

La disposizione in questione, che ha lo stesso contenuto della relativa 
clausola del Concordato, non rappresenta una enunciazione astratta; 
essa, invece, applicando, nell'ambito dell'ordinamento giuridico italiano, 
una norma contrattuale di diritto internazionale, sancisce, sia pure in 
termini generali, il principio dell'equiparazione, agli effetti tributari, tra 
fini di culto e fini di istruzione. Se cos� �, lo stabilire i casi specifici in 
cui l'equiparazione debba avvenire, � compito dell'interprete, il quale, in 
tale indagine, deve tener conto della ratio della norma tribuatria che 
concede l'esenzione o l'agevolazione, di cui si chiede l'estensione per fini 
di culto e delle condizioni che detta norma presuppone, in maniera tale 
che la finalit� dell'equiparazione sia raggiunta rispettando dette condizioni 
e presupposti. 

Ci� posto, poich� l'ordinamento vigente non accorda, in linea di gen�


rale principio, al fine di istruzione un trattamento tributario uniforme, 

avendo il legislatore preferito disciplinare, in relazione a singoli casi o 

gruppi di casi, il regime fiscale, sia degli enti operanti nel settore del


l'istruzione, sia della attivit� relativa, l'equiparazione disposta dall'art. 29 

per ricevere pratica attuazione, deve avvenire in rapporto a singole e 

specifiche norme tributarie, rispettando, per quanto sopra detto, i pre


supposti e la ratio della norma invocata. 

Ora, il caso di un ente religioso, il quale dia in appalto i lavori di 

costruzione di una chiesa parrocchiale, ben pq� essere ricompreso nella 

previsione del beneficio tributario di cui all'art. 44. Invero, anche se tale 

norma ha inteso agevolare solo alcune forme di istruzione e sebbene 

il legislatore abbia parlato di scuole elementari e di asili d'infanzia, con 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

608 

evidente riferimento alla ipotesi normale della istruzione impartita in 
tali scuole, tuttavia l'unica condizione sostanziale, posta dall'art. 44 per 
l'applicazione del beneficio della registrazione a tassa fiss�, � che il contratto 
concerna la costruzione di un edificio destinato all'istruzione elementare 
in genere e tale condizione indubbiamente ricorre allorquando 
il contratto abbia come scopo la costruzione di una chiesa parrocchiale, 
di un edificio, cio�, destin�to, tra l'altro, all'insegnamento del� catechismo, 
in cui si compendiano i primi elementi della religione cristiana, ossia 
dell'istruzione religiosa elementare, comunque impartita, anche fuori quindi 
delle scuole elementari e degli asili d'infanzia veri e propri. 

Pertanto, poich� nell'ampio concetto di � istruzione elementare �, deve 
essere ricompresa anche l'istruzione elementare � religiosa � e poich� nel 
caso in esame trattasi di costruzione di edificio e di perseguimento di 
finalit� di interesse pubblico generale, la decisione della Commissione 
Centrale non pu� trovare consenso e, pertanto, va cassata, con rinvio 
alla stessa Commissione per nuovo esame alla luce dei principi sopra 
enunciati. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1223 -Pres. Valore � 
Est. Scanzano -P. M. Minetti .(conf.) � Boselli (avv. Mazzei) c. Mini� 
stero delle Finanze (avv. Stato Carafa). 

Imposte e tasse in genere � Notificazioni -Servizio postale �Avviso di rice� 
vimento recante firma illeggibile � Mancato disconoscimento � Riferi� 
mento dell'avviso di ricevimento ad un atto determinato � Mancata 
esibizione di un atto diverso � Regolarit� della notifica. 
(e.e., art. 2702; e.p.e., art. 215). 

Imposte e tasse in genere � Violazione di leggi finanziarie e valutarie � 
Responsabilit� della persona giuridica in solido con il legale rappresentante 
. Notifica di un unico atto al legale rappresentante � Produce 
effetti anche nei confronti della societ�. 

(l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 10 e 12). 
Imposte e tasse in genere � Violazione di norme finanziarie e valutarie � 
Vizi del procedimento amministrativo per la determinazione della pena 
pecuniaria � Irrilevanza nel giudizio innanzi all'AGO. 

Imposte e � tasse in genere -Violazione di norme finanziarie e valutarie � 
Prescrizione � Interruzione � Verbale di accertamento � ti: idoneo � 
Effetto interruttivo per tutta la durata del procedimento amministrativo. 


Nella notificazione a mezzo del servizio postale la sottoscrizione dell'avviso 
di ricevimento con firma illeggibile � sufficiente per dimostrare 
la ricezione del plico qualora il destinatario di esso non abbia espresso 
formale e tempestivo disconoscimento della sottoscrizione; lo stesso avviso 
di riconoscimento � da considerare riferibile all'atto che il notificante 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

609 

assume essere oggetto della notifica, qualora il destinatario non produca 
un documento diverso col quale l'avviso di ricevimento possa essere 
collegato (1). 

Agli effetti della responsabilit� solidale per le sanzioni di cui agli 
artt. 10 e 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, tra il legale rappresentante 
e la persona giuridica rappresentata, la notifica di un unico esemplare 
del verbale di accertamento al legale rappresentante � valida anche nei 
confronti della societ� (2). 

I vizi del procedimento amministrativo di cui alla legge 7 gennaio 1929, 

n. 4, per la determinazione della pena pecuniaria sono irrilevanti nel 
giudizio innanzi all'AGO che ha per oggetto il diritto soggettivo a non 
subire illegittime imposizioni (3). 
Il verbale di contestazione o di accertamento di violazioni finanziarie 
e valutarie interrompe la prescrizione con effetto, durevole fino all'esauri-. 
mento del provvedimento di irrogazione della sanzione che conclude il 
procedimento (4). 

(Omissis). -Il primo motivo del ricorso � diretto a sostenere che 
l'invio del verbale di accertamento al domicilio di esso Boselli a mezzo 
posta, non pot� interrompere la prescrizione perch� la illeggibilit� della 

(1) La prima massima, di evidente esattezza, giunge opportuna per chiarire, 
sotto un dup�ice profilo, le incertezze cui pu� dar luogo la notificazione a 
mezzo posta. 
� da sottolineare l'affermazione che si presume regolare la notificazione 
eseguita nel rispetto delle norme che ne disciplinano la forma e che spetta 
se mai al soggetto destinatario dimostrare l'eccezionale anomalia del meccanismo 
pur formalmente perfetto; altre volte, con deeisioni ispirate ad un diverso 
criterio di eccessiva protezione del soggetto destinatario, si � affermato che 
spetta al notificante, nel caso di consegna a persona addetta all'ufficio, dare la 
prova del rapporto di servizio (Cass. 29 maggio 1972, n. 1683, in questa Rassegna, 
1972, I, 816), si che � da approvare la soluzione oggi proposta che si ispira al 
principio che l'osservanza delle regole di forma stabilite per le varie ipotesi 
di consegna dell'atto libera il notificante da ogni altro onere. 

Molto importante � la seconda massima. Gli atti del procedimento per la 
contestazione e l'accertamento delle violazioni finanziarie e valutarie possono 
essere -validamente creati e notificati, in unico esemplare, nei confronti del 
legale rappresentante dalla persona giuridica ed avranno efficacia sia verso 
il legale rappresentante, responsabile in proprio, sia verso la persona giuridica 
che viene messa nella condizione di esercitare il suo diritto di difesa. Forse 
lo stesso non pu� dirsi per il provvedime.nto (ordinanza dell'intendente) che 
irroga la sanzione che, costituendo il titolo'esecutivo, deve essere creato anche 
nei confronti della persona giuridica, responsabile in solido, e ad essa notificato; 
ma tale provvedimento potr� tuttavia essere formato sulla base degli 
atti del procedimento svoltosi nei confronti del legale rappresentante e utilizzandone 
gli effetti, anche ai fini della prescrizione. 

La terza massima afferma l'importante principio che nel giudizio innanzi 
all'AGO nel quale si contesta la legittimit� della pretesa della Amministrazione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sigla del destinatario apposta sulla ricevuta di ritorno della relativa raccomandata 
non consente di stabilire se e a chi il plico sia stato consegna.
to. 

Denunciando violazione degli artt. 17, I. 7 gennaio 1929, n. 4; 3 e 4, 

r.d.I. 12 maggio 1938, n. 794; 2943 e 2700, cod. civ.; 8, 37, 170, 171, 172, 174 
e 180, r.d. 18 aprile 1940, n. 689; 75, 76 e 77, r.d. 26 dicembre 1924, n. 2271, 
nonch� degli artt. 149, 160 e 221 c.p.c. e difetto di motivazione, i ricorrenti, 
pi� particolarmente, sostengono: 
J

a) che la motivazione della impugnata sentenza � contraddittoria, 
in quanto la Corte di merito, nel confrontare la sigla illeggibile di cui 

I 

innanzi con quelle apposte sulle deleghe relative a talune delle operazioni ~ 

t

valutarie controverse, da un lato riconosce che la prima � diversa dalle 
seconde, e dall'altro afferma che occorreva la querela di falso per escludere 
che la prima potesse attribuirsi ad esso Boselli; 

b) che essendo la comunicazione del verbale avvenuta in via amministrativa, 
la prova della consegna. del relativo plico doveva essere desunta 
non secondo le norme concernenti le notificazioni giudiziarie a 
mezzo posta (che sono estensibili ad atti non giudiziari solo in ipotesi 
tassative), ma secondo quelle che disciplinano il recapito delle comuni 
raccomandate postali: e. queste ultime norme -soggiungono -non 
attribuiscono fede privilegiata� all'avviso di ricevimento, sia perch� non 
contengono disposizioni atte a garantire l'identificazione del consegnatario ~ 
e del suo rapporto col destinatario, sia perch� il � capo dell'ufficio distributore 
� che controfirma detto avviso non assiste alla consegna e pu� 
solo certificare, attraverso il relativo timbro, la data di essa; 

e) che comunque detto awiso, redatto dallo stesso emittente, non 
contiene indicazioni che consentano di identificare l'oggetto recapitato. 
Lamentano, infine, che sia stato trascurato l'assunto secondo cui 
la notificazione degli atti a mezzo posta � nulla quande non sia identifi


alla pena pecuniaria e all'imposta possono essere dedotte soltanto le ragioni 
sostanziali che escludono l'obbligazione s� che sono irrilevanti i vizi del procedimento 
amministrativo; vale cio� rispetto al procedimento amministrativo la 
stessa regola che esclude dalla cognizione dell'AGO gli errores in procedendo 
del giudizio innanzi alle Commissioni, e ci� per la stessa ragione che il giudizio 
in sede ordinaria ha per oggetto il diritto del contribuente a non subire una 
pretesa (sostanzialmente) illegittima, e non da luogo alla impugnazione di atti 
del procedimento. 

Sulla quarta massima � stato pi� volte affermato che il verbale di contestazione 
e di accertamento � idoneo ad interrompere la prescrizione (anche 
per l'imposta) quando contiene la volont� dell'Amministrazione di esigere la 
pena pecuniaria (Cass. 17 maggio 1969, n. 1692 e 27 gennaio 1971, n. 207, in 
questa Rassegna, 1969, I, 707; 1971, I, 426); ma importante � la precisazione 
che la prescrizione cos� interrotta non corre fino alla definizione del procedimento 
di irrogazione della sanzione. Il procedimento amministrativo � cio� assimilabile 
al processo in sede giurisdizionale quanto agli effetti dell'art. 2945 e.e. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

cabile la persona del consegnatario e quando, essendo destinata ad una 
societ�, sia stata eseguita al domicilio privato dell'amministratore anzich� 
presso la sede sociale. 

La censura non � fondata. 

Conviene premettere che l'art. 3, r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794, nell'attribuire 
agli interessati il diritto di avere c;opia del verbale di accertamento, 
delle infrazioni valutarie, nulla dispone circa il modo in cui 
tale diritto deve essere assicurato. Volendo il legislatore far conoscere 
agli incolpati l'esistenza del procedimento amministrativo di accertamento 
dell'infrazione e la natura degli addebiti elevati, � sufficiente al 
raggiungimento dello scopo la consegna (anche a mezzo posta) del relativo 
verbale, senza necessit� di adottare il' sistema proprio della notificazione 
degli atti giudiziari (Cass. 21 giugno 1969, n. 2223). 

Sono, quindi, irrilevanti tutte le osservazioni del ricorrente circa le 
condizioni necessarie per Ja validit� delle notificazi�ni giudiziarie a mezzo 
posta, ed irrilevante � il principio secondo le notificazioni da farsi alle 
societ� vanno eseguite presso la loro sede, e si tratta solo di stabilire 
se legittimamente la Corte di merito abbia ritenuto provato, attraverso 
la cartolina di ritorno relativa alla raccomandata postale inviata al Boselli, 
che questi abbia ricevuto il verbale di accertamento e che egli (ed 
a suo mezzo anche la societ� da lui rappresentata) abbia cos� concretamente 
conosciuto la natura degli. addebiti. 

Ora, anche a voler seguire le argomentazioni con cui i ricorrenti 
(negando l'efficacia probatoria privilegiata dell'avviso di ricevimei:ito per 
la limitata funzione da loro attribuita alla firma del � capo dell'ufficio 
distributore�, svincolata dal contesto della consegna) tendono in definitiva 
a ricondurre detto avviso nella categoria dell~ scritture private, 
dette argomentazioni potrebbero portare solo alla correzione della sentenza. 
La statuizione con cui quell'efficacia � stata ritenuta, appare, anche 
secondo l'ipotesi prospettata dal ricorrente, conforme a diritto per il 
disposto degli artt. 2702 e.e. e 215 c.p.c. Poich� infatti l'avviso su indicato 
si riferisce ad una� raccomandata diretta al Boselli e reca la firma � del 
destinatario � (bens� illeggibile, ma pur sempre dotata .....;_ come non si 
contesta -di una certa impronta personalistica, qual'� normalmente 
ravvisabile anche nelle firme illeggibili), e poich� tale avviso � stato 
dall'Amministrazione del Tesoro prodotto in giudizio contro il Boselli, 
il fatto che questi non allega di aver fatto formale e tempestivo disconoscimento 
della sottoscrizione, � sufficiente perch� la stessa potesse essere 
ritenuta riferibile a lui, con la conseguenza, implicata delle citate disposizioni, 
della certezza in ordine alla ricezione del plico postale da parte 
sua. Il fatto poi che egli non abbia n� prodotto e neppure indicato, 
come contenuto di tale plico, un documento diverso da quello (il verbale 
di accertamento) che la controparte ha assunto essergli stato spe



612 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dito, ed ha esibito, � sufficiente per affermare che la predetta Corte legittimamente 
ha ravvisato in quel verbale il contenuto del plico medesimo. 

Va aggiunto che, essendo stato detto verbale elevato sia nei confronti 
del Boselli che nei confronti della societ�, il cui legale rappresentante 
era appunto il Boselli, l'invio dell'atto a quest'ultimo valse, 
anche per la societ�, a raggiungere lo scopo di rendere noti gli addebiti 
(arg. ex sentenza Cass. 3132 dell'll dicembre 1963) e di consentire le 
opportune controdeduzioni. 

Queste considerazioni valgono gi� a confutare ancne il secondo motivo, 
con cui i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli 
artt. 3 e 4 e segg. r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928; 2 e 4 d.m. 26 maggio 1934, 
e, premesso che obbligata principale era la societ� CISEN (essendo la 
responsabilit� solidale del Boselli una conseguenza della responsabilit� 
della CISEN), lamentano sia stato trascurato l'assunto secondo cui nessuna 
comunicazione o notificazione degli addebiti fu effettuata nei confronti 
di quest'ultima. 

L'infondatezza della censura appare pi� evidente se si considera che, 
secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli eventuali vizi del procedimento 
amministrativo preordinato alla determinazione della pena pecuniaria 
per infrazioni valutarie non hanno rilevanza nel giudizio attinente 
all'accertamento dell'asserita lesione dei diritti soggettivi, successivamente 
svolto avanti l'autorit� giudiziaria in opposizione all'ingiunzione di pagamento 
della pena inflitta (Cass. 11 ottobre 1971, n. 2824). Detti vizi infatti 
non impediscono all'incolpato di contestare avanti al giudice la legittimit� 
della pretesa dell'Amministrazione (come nella specie la CISEN ha 
fatto con le dedilzioni cui si ricollega il quarto motivo dell'attuale 
ricorso). 

Col terzo motivo si denunzia falsa applicazione degli artt. 2943 e 
2945 cod. civ. e 247 delle relative disposizioni di attuazione nonch� degli 
artt. 17, 1. 7 gennaio 1929, n. 4, e 3, r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, oltre a 
difetto di motivazione. 

I ricorrenti sostehgono: 

a)� che la comunicazione del verbale di accertamento non pot� 
interrompere la pr~scrizione perch� l'atto era privo della indicazione 
della somma dovuta e dei requisiti n,ecessari per realizzare una valida 
costituzione in mora; 

b) che comunque l'eventuale �inter;ruzione non poteva avere ravvisato, 
erroneamente parificando la comunicazione del verbale ad un atto 
intr<?duttivo di giudizio (con violazione del principio di tassativit� delle 
cause di interruzione e sospensione della prescrizione) e dispensandosi 
finanche da ogni indagine specifica sul contenuto di detto verbale. 

Anche questa censura � priva di fondamento. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TR1BUTARIA 

613 

In contrario � sufficiente osservare: 

a) che un qualsiasi atto, che contenga la chiara volont� del creditore 
di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto, � idoneo ad 
interrompere la prescrizione, anche se privo dell'indicazione della precisa 
misura de lcredito (Cass. 4208/74, 3116173); 

b) che nella specifica materia delle infrazioni valutarie l'efficacia 
interruttiva della prescrizione � stata, dalla pi� recente giurisprudenza 
di questo Supremo Collegio, riconosciuta al verbale di accertamento in 
cui detta volont� sia chiaramente indicata con riferimento alla determinanda 
pena pecuniaria (Cass. 8 gennaio 1968, n. 34; 17 maggio 1969, 

n. 1622; 29 ottobre 1974, n. 3261); 
c) che l'accertamento di requisiti cui in concreto � subordinata 
l'efficacia interruttiva della prescrizione � rimesso al giudice di merito, 
il quale, nella specie, tali requisiti ha ravvisato rilevando che il verbale 
di accertamento, quale atto preordinato all'irrogazione della pena pecuniaria, 
non solo documenta le attivit� svolte dagli organi ispettivi dell'Ufficio 
Italiano Cambi, ma contiene la contestazione degli addebiti, con 
espresso riferimento alle pene correlativamente previste dalla legge, e 
cos� rivela senza possibilit� di equivoco la volont� della P.A. di conservare 
la pretesa sanzionatoria; 

d) che il procedimento amministrativo iniziato col predetto verbale 
incide sul corso della prescrizione per l'intera durata di esso procedimento, 
che costituisce una attivit� necessaria prima del cui esaurimento 
il provvedimento di irrogazione della pena non pu� essere emesso 
(Cass. 3261/74, 1186/69, 34/68). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 maggio 1976, n. 1740 -Pres. Rossi . 
Rel. D'Orsi -P. M. Pedace (conf.) -Chianese (avv. Corrias) c. EUR 
(avv. Stato Carafa). 

Imposta generale sull'entr.ata � Corrispettivo di appalto � Rivalsa � Eserci


tabilit� nei confronti dell'EUR � Esclusione. 

(d.!. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito con legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 6,. primo 

e terzo comma; legge 26 dicembre 1936, n. 2174, art. 10; r.d. 25 giugno 1937, n. 1022, 

art. 18). 

Ai sensi degli artt. 18 del r.d. 25 giugno 1937, n. 1022 e 6, terzo comma, 
del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, il diritto di rivalsa dell'imposta generale 
sull'entrata non pu� essere esercitato nei confronti dell'EUR, compreso 
tra gli enti equiparati allo Stato agli effetti tributari (1). 

(1) Sulla specifica questione, priva di attuale rilevanza, non constano precedenti 
in termini; la decisione di appello, corretta nella motivazione ai sensi 
dell'art. 384, secondo comma, del codice di procedura civile, aveva escluso il 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

614 

(Omissis) -Con l'unico mezzo il Chianese lamenta la violazione e 
falsa applicazione dell'art. 6, primo comma, del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, 
convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 1940, n. 762 e degli 
artt. 1322, 1363 e 1364 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. 
e, partendo dalla premessa che la deroga al diritto di rivalsa dell'IGE 
era contenuta nel contratto di appalto, ma non nella transazione sulle 
riserve, riferentesi, per altro, anche a lavori eseguiti extra contratto, 
censura la decisione impugnata per aver esteso la deroga contrattuale 
prevista nell'art. 13 del contratto di appalto, anche al successivo auto� 
nomo contratto di transazione, giungendo, cos�, a creare una clausola 
contrattuale non prevista dalle parti. 

A queste censure l'Avvocatura dello Stato, oppone il richiamo al� 
l'art. 18 del r.d. 25 giugno 1937, n. 1022, che, estendendo all'Ente il tratta� 
mento fiscale riservato allo Stato, rende operante anche nei confronti 
dell'EUR la non esperibilit� della rivalsa dell'IGE da parte di colui che 
riceve il pagamento. 

Questa Corte ritiene che la tesi dell'Avvocatura sia fondata e che il 
ricorso debba essere rigettato, con correzione, per�, della motivazione 
della sentenza impugnata. 

La Corte d'Appello, prima di giungere alla conclusione che il Chianese 
non poteva esercitare sull'EUR il diritto di rivalsa del pagamento del� 
l'IGE per l'esistenza di un'apposita clausola contrattuale, che, sebbene 
contenuta nel contratto di appalto, era estensibile anche al successivo 
accordo transattivo, ha preso in esame la normativa vigente in materia 
di IGE ed ha considerato: 

a) che per l'art. 6 del r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, � previsto il diritto 

di rivalsa da parte del debitore d'imposta, che ha ricevuto il pagamento, 

nei confronti di colui che ha esegi�to il pagamento medesimo; 

b) che l'esclusione del diritto di rivalsa, previsto dal terzo comma 

dell'art. 6 nei confronti di quegli Enti, che, per legge, siano equiparati 

ad ogni effetto fiscale all'Amministrazione dello Stato, non riguardava 

l'EUR, perch� nella legge 26 dicembre 1936, n. 2174 (istitutiva dell'EUR) 

non si rilevava alcuna disposizione indicativa di tale equiparazione; 

diritto di rivalsa solo in ragione della clausola in tal senso prevista nel contratto 

di appalto, e negando anzi espressamente che il diritto di rivalsa potesse esclu� 

dersi in base al criterio stabilito con l'art. 6, terzo comma, della legge istitutiva 

dell'imposta generale sull'entrata. 

Nel senso che la equiparazione allo Stato, ai fini in esame, deve riconoscersi 

sussistente quando l'ente �sia costituito, rispetto al tributo, nella identica posi� 

zione dello Stato, vale a dire che allo stesso sia attribuita la titolarit� del 

tributo�, cfr.: Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1974, n. 2817, in questa Rassegna, 1974, 

I, 1278. 



PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

c) che l'art. 10 di tale legge, in cui si faceva riferimento ad una 
condizione di privilegio fiscale, disponendo che l'Ente � ammesso a fruire 
delle facilitazioni fiscali, doganali, ferroviarie, marittime e postali previste 
dalle di~posizioni vigenti sulle esposizioni, conteneva semplici agevolazioni 
di ordine fiscale concesse a tutte le esposizioni in considerazione 
dei loro fini pubblicitari, ma non faceva nessun cenno alle condizioni di 
equiparazione fiscale ipotizzata nell'art. 6, terzo comma,, della legge sul� 
l'IGE. 

Cos� decidendo, per�, la Corte d'appello ha avuto una visione monca 
della disciplina normativa sull'argomento ed ha tralasciato di esaminare 
sia il secondo comma dell'art. 10 suddetto, sia il r.d. 25 giugno 1937, 

n. 1022, contenente norme per l'esecuzione della legge 26 dicembre 1936, 
n. 2174. 
Tale secondo comma recita testualmente: � con decreto reale, su 
proposta del Capo del Governo, ,di concerto con i ministri interessati, 
saranno stabilite le ulteriori concessioni che potessero rendersi necessarie �. 

E il decreto reale (n. 1022 del 1937), emanato appunto sulla base di 
tale delega legislativa, nel primo comma dell'art. 18 recita: �� esteso 
all'Ente autonomo esposizione universale di Roma, il trattamento stabi� 
lito dalle disposizioni in vigore per le Amministrazioni Statali per tutto 
quan,to ri,guarda tasse, imposte, contributi e diritti di qualsiasi specie 
dovuti all'Erario, alla Provincia e al Governatorato di Roma �, 

Deve, pertanto, conclusivamente ritenersi che l'EUR rientra fra gli 
enti equiparati allo Stato, nei cui confronti non � esperibile la rivalsa 
dell'IGE e che in tale situazione normativa trova giustificazione il rigetto 
della pretesa del Chianese, restando assorbita ogni altra censura. 

In tali sensi, va, adunque, corretta la motivazione della decisione 
impugnata, la quale resta, comunque ferma per aver reso un dispositivo 
conforme al diritto (art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 giugno 1976, n. 2012 � Pres. Caporaso 
. Est. Sposato . P. M. Raya � Soc. Gambogi Costruzioni c. Mini� 
stero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta generale sull'entrata -Agevolazione per la costruzione di auto� 
strade � Inapplicabilit�. 

(1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
L'agevolazione per la costruzione di autostrade stabilita dall'art. 8 
della legge 24 luglio 1961, n. 729, riguardante �atti e contratti�, non � 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

616 

applicabile all'Imposta generale sull'entrata il cui presupposto non � un 
atto o contratto, ma una entrata comunque conseguita (1). 

(Omissis). -La ricorrente societ� denunzia la violazione e �1a falsa 
applicazione degli artt. 8 della citata legge n. 729 del 1961, 1 e 8 della 

I. 19 giugno 1940, n. 762, dell'art. 9, primo comma, del regolamento 
26 gennaio 1940, n. 10 e dell'art. 8 della legge di registro. Sostiene che 
il primo comma dell'art. 8 della legge del 1961 non distingue tra atti 
negoziali ed atti materiali e che una distinzione del genere non � neppure 
ricavabil� dai successivi commi dello stesso articolo; che comunque 
l'IGE, in quanto dovuta in relazione a contratti di cessione di beni e di 
prestazioni di servizi (come disposto dall'art. 1 della legge n. 762 del 
1940) grava sull'atto negoziale e non su di un atto materiale; tanto ci� 
sarebbe vero che essa � dovuta per ogni trasferimento (art. 8, primo 
comma, della legge n. 762 del 1940) ed anche indipendentemente dall'avvenuto 
pagamento del corrispettivo� (come nei casi previsti dal Citato 
art. 9 del citato regolamento, per i quali l'imposta deve essere corrisposta 
nei cinque giorni successivi alla consegna ed alla spedizione della 
merce). Inoltre -secondo la ricorrente -non vi sarebbe ragione di 
distinguere i subappalti dagli appalti, stante che gli uni e gli altri sono 
sottoposti allo stesso trattamento ai fini dell'imposta di registro e delle 
tasse ed imposte indirette sugli affari. 
Il ricorso non � meritevole di accoglimento. Esso, invero, propone 
questione che questa Corte Suprema ha esaminato e risolto in senso 
contrario a quello voluto dalla ricorrente, e non adduce argomenti che 
possano indurre ad una soluzione diversa. 

L'estensione della sfera di applicabilit� dell'esenzione prevista dal 
primo comma dell'art. 8 della legge del 1961 sul piano di nuove costruzioni 
di strade ed autostrade, risulta ben delimitata dal testo legislativo 
con il precis� riferimento alle imposte dovute sugli atti ed i contratti: 
che � quanto dire alle imposte che colpiscono i negozi giuridici come 
tali. L'esclusione dal trattamento agevolativo, dell'imposta generale sull'entrata 
� perci� fuor di dubbio, posto che oggetto di tale imposta non 
� l'atto generatore dell'entrata, ma � l'entrata. Neppure pu� dirsi che 
l'atto generatore dell'entrata debba sempre e necessariamente essere un 
atto di carattere negoziale. Difatti l'art. 1 della legge istitutiva della im


(1) Viene confermata la statuizione della sentenza 19 settembre 1974, n. 2505 
(in questa Rassegna, 1975, I, 396). Resta cos� definitivamente chiarito che l'esenzione 
dall'imposta sull'entrata � sempre esclusa sia per gli appalti sia, a maggior 
ragione, per i subappalti, inerenti alla costruzione di autostrade. Relativamente 
all'imposta di registro � ormai pacifico che essa non � applicabile 
per i subappalti (C�ss. 13 gennaio 1975, n. 105, ivi, Zoe. cit.; 5 agosto 1975. 
n. 2978, ivi, 905). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

posta assoggetta alla medesima non i corrispettivi delle cessioni di beni 
e delle prestazioni dei servizi, ma le attribuzioni patrimoniali conseguite 
in corrispondenza delle dette cessioni e prestazioni. Ci� significa che 
entrata imponibile non � soltanto quella che trae la propria causa giuridica 
dei rapporti negoziali stabiliti fra il solvens e l'accipiens, ma anche 
quella che, in occasione ed in derivazione dai detti rapporti, sia dovuta 
ad altro titolo, ad esempio in virt� di un uso normativo (come nel caso, 
gi� esaminato da questa Corte nella sentenza 15 aprile 1971, n. 1064, delle 
mance elargite dal giocatore vincente ai croupiers e da questi divise con 
la casa da gioco, che costituiscono, nella sua quota parte, entrata imponibile 
per il gestore). Pertanto oggetto dell'imposta generale sull'entrat.a 
non � l'atto negoziale e neppure soltanto l'entrata che sia corrispettivo 
pattuito e dovuto in virt�_ dell'atto negoziale; e, di conseguenza, le esenzioni 
dalle imposte che colpiscono gli atti ed i contratti non possono 
essere applicate all'imposta sull'entrata. 

Gli argomenti che, in contrario con quanto si � detto, la ricorrente 
ritiene di poter ricavare dall'art. 8 della legge n. 762 del 1940 e dall'art. 9 
del regolamento di esecuzione di detta legge, sono privi di consistenza. 
� ovvio che ogni trasferimento d� luogo ad una distinta imposizione in 
quanto -come del resto si legge nello stesso art. 8 -d� luogo ad un 
atto economico comportante una entrata imponibile. � altrettanto ovvio 
che le particolari disposizioni dell'art. 9 del regolamento riguardano la 
riscossione dell'imposta che, se anche esigibile prima del pagamento, � 
dovuta per questo, e cio� per la corrispondente entrata, e non per l'atto 
di cui nei documenti indicati dal medesimo articolo. 

Viceversa una chiara conferma della sua decisione la Corte d'Appello 
ha tratto dal quarto comma dell'art. 8 della legge n. 729 del 1961, secondo 
il quale l'esenzione dall'imposta sull'entrata � � altres� � concessa per la 
energia elettrica occorrente per l'illuminazione e la segnalazione delle 
strade per i contributi dello Stato di cui agli artt. 2, 18 e 19 della stessa 
legge, per le somme ip.troitate dalle concessionarie per il diritto di pedaggio 
e per ogni altro provento derivante dall'esercizio delle autostrade. 
Ha esattamente rilevato la Corte di merito che, se l'esenzione dall'IGE 
fosse compresa nel primo comma dell'articolo, sarebbe stata inutile la 
specificazione contenuta nel quarto comma rispetto al detto tributo. La 
ricorrente, nella sua memoria, obietta che l'avverbio � altres� � del quarto 
comma avrebbe una funzione confermativa e non aggiuntiva rispetto al 
primo comma, e che mentre i primi tre commi riguarderebbero la fase 
della costruzione, i successivi commi riguarderebbero la fase dell'esercizio 
delle autostrade. Codesti rilievi, che dovrebbero elidere l'efficacia 
probante dell'argomentazione dei giudici di merito, sono, per�, privi di 
consistenza. Gli atti ed i contratti occorrenti per l'attuazione della legge, 
menzionati nel primo comma dell'art. 8, sono come risulta dall'art. 1 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

618 

della stessa legge, sia quelli relativi alla costruzione sia quelli relativi 
all'esercizio delle autostrade l'avverbio � altres� � ha lessicalmente signifi� 
cato non confermativo, ma aggiuntivo e, pi� precisamente, aggiuntivo di 
un discorso di un fatto, di una ragione diversa, ed, invece, il quarto 
�comma, in cui esso viene usato, apre un argomento diverso da quello 
trattato dal primo e dal secondo, dai quali � staccato dal terzo che 
riguarda non la materia dell'esenzione dalle imposte, ma la riduzione 
degli� onorari dei notai e dei conservatori dei registri immobiliari. 

Parimenti, stante il chiaro significato delle norme di esenzione e delle 
norme che definiscono l'oggetto dell'imposta sull'entrata, nessun valore 
pu� essere riconosciuto, ai fini della interpretazione delle dette norme, 
n� a quanto -secondo la ricorrente -dovrebbe desumersi dai lavori 
preparatori dalla legge del 1961, n� alle istruzioni ministeriali sull'applicabilit� 
del beneficio tributario anche ai comportamenti non negoziali 
costituenti il fatto generatore dell'IGE. 
_ D'altra parte -una volta escluso per tutte le suesposte ragioni che 
l'IGE gravi sugli atti e contratti, ed una volta stabilito che solo per questi 
� prevista, ove siano in rapporto di occorrenza con l'attuazione della 
legge, l'esenzione -� privo di rilevanza, ai fini del decidere, l'ulteriore 
problema -esaminato senza necessit� dalla sentenza impugnata e riproposto 
dalla ricorrente in questa sede -se nella categoria degli atti e 
contratti occorrenti all'attuazione_ della legge sul piano di nuove costruzioni 
stradali ed autostradali, rientri, oltre all'appalto, anche il subappalto 
(problema che, peraltro, dopo alcune contrastanti pronunzie giurispru� 
denziali, � stato, con riferimento ai subappalti non autorizzati ai sensi 
dell'art. 339 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, risolto negativamente 
dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema). -(Omissis). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del codice civile, quando nel corso dell'opera si manifestino determinate 
difficolt� di esecuzione non previste dalle parti, che rendano notevolmente 
pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore (6). 

Per i fatti cosiddetti � continuativi � (cio� quelli prodotti da. una causa 
costante o da �una serie causale la cui onerosit� � rilevabile solo in 
forza �d�lla reiterazione) vi � s� deroga all'onere dell'immediata formulazione 
di riserva, ma solo fino a quando l'appaltatore non disponga di dati 
sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situazioni 
a lui pregiudizievoli e il presumibile onere economico, salvo poi a precisarne 
l'entit� nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale 
e, cio�, in un momento che va identificato, nelle singole fattispecie, secondo 
i criteri della diligenza e della buona fede; ed � quindi inammissibile, 
per decadenza, la riserva relativa ai maggiori oneri subiti in conseguenza 
della sospensione dei lavori che non sia stata formulata nel verbale di 
ripresa dei lavori e reiterata nel registro di contabilit� alla prima sottoscrizione 
di esso successiva alla ripresa dei lavori, quando sia venuta a 
cessare, cio�, la serie causale delle maggiori spese e possa l'appaltatore 
apprezzarne, sia pure in maniera approssimata, tutta la sostanziale entit� 
(7). 

Per i fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministr(lzione appaltante 
l'onere della tempestiva riserva dell'appaltatore va escluso soltanto 
quando tali fatti non incidano direttamente sull'e~ecuzione dell'opera e 
siano, perci�, indifferenti agli effetti delle riserve (8). 

Quando i fatti imputati all'amministrazione committente a preteso 
titolo di dolo o di colpa grave si inseriscano, come nel caso di dedotta 
illegittimit� della sospensione dei lavori troppo a lungo protratta, in un 
momento preciso della cronologia dei lavori ed incidano pertanto indubbiamente, 
in maniera diretta ed immediata, sulla esecuzione dei lavori, 
condizionandone tempi, modalit� e spese, le riserve relative a tali fatti 
-lungi dal riferirsi al complesso dei lavori unitariamente considerati 
(e cio�, come suol dirsi, al consuntivo) ovvero a pretese che investano tutto 
l'andamento dell'appalto (cio� afferiscano alla generalit� dell'opera) hanno 
precisa attinenza con le singole partite di lavoro via via puntualmente 
riportate nel registro di contabilit�, e riprende vigore, quindi, il 
principio generale secondo cui, in tema di contabilit� dei lavori di esecuzione 
delle opere pubbltche, l'onere della riserva riguarda qualsiasi richiesta 
di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori, qualunque n~ sia il titolo, 
e quindi anche per il risarcimento del danno prodotto da dolo o da 
colpa grave della pubblica amministrazione (9). 

(Omissis). -Col primo motivo di ricorso il Rossetti, denunciando la 
violazione degli artt. 2909 e.e., . 324 c.p.; 4, 5, 6 della legge 9 agosto 1954, 

n. 640, sostiene che l'Amministrazione dei LL.PP. avrebbe dovuto considerarsi 
nella specie passivamente legittimata in quanto: A) innanzitutto, 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 621 

� inammissibile il motivo di ricorso con il quale sia dedotto, per la 
prima volta in sede di legittimit�, il mancato accertamento da parte del 
giudice di merito sulla esistenza e sulla regolarit� della contabilit� relativa 
a rapporto di pubblico appalto (3). 

L'art. 16 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 prevede espressamente l'onere 
per l'appaltatore di inserire ogni sua riserva, nascente dalla sospensione 

o dalla ripresa dei lavori, nei verbali da compilare rispettivamente al momento 
della sospensione e della ripresa dei lavori, e, per effetto di esplicito 
richiamo agli artt. 53, 54 e 89 dello stesso regolamento, l'ulteriore onere 
di ripetere la riserva, a pena di decadenza, nel registro di contabilit� non 
appena gli sia presentato per la firma, esplicandone, poi, le ragioni,� nel 
termine di quindici giorni (4). 
Anche per i maggiori oneri che si assumano conseguenti alla sospensione 
dei lavori �. applicabile il principio secondo cui l'onere della immediata 
denuncia di ogni fatto che l'appaltatore ritenga produttivo di conseguenze 
patrimoniali a s� sfavorevoli costituisce un cardine del sistema 
dei pubblici appalti, che, per l'ampiezza della portata e la ratio ispiratrice, 
non pu� subire deroga, se non nei casi in cui l'osservanza dell'onere 
della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore non sarebbe possibile 
o rilevante (5). 

L'onere della tempestiva riserva noi:z riguarda solo pretese che traggano 
origine dal modo di rilevamento e di registrazione dei lavori via via 
eseguiti, ma riguarda ,anche richieste di ulteriori compensi e indennizzi 
per i lavori eseguiti qualunque ne sia il titolo e, quindi, anche l'equo compenso 
cui l'appaltatore ha diritto, a norma dell'art. 1664, secondo comma, 

(3) Applicazione, in tema di appalti pubblici, di consolidato criterio giurisprudenziale. 
(4-9) Le varie massime esprimono, talora con ulteriori opportune precisazioni, 
un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato, gi� riferito, in 
particolare, all'onere della tempestiva riserva anche per quanto concerne i danni 
che l'appaltatore assuma di aver subito in conseguenza della sospensione dei 
lavori, di impreviste difficolt� di esecuzione, o di fatti dolosi o gravemente colposi 
dell'amministrazione committente; e va soltanto precisato, in argomento, 
che il termine utile alla esplicazione della riserva deve ritenersi decorrente, contrariamente 
a quanto ,potrebbe desumersi dall'ultima parte della quarta massima, 
dalla firma del verbale di ripresa dei lavori, sia perch� nulla vieta che questo 
stesso verbale costituisca (come del resto � confermato dalla prassi) idonea sede 
per la esplicazione della riserva (da riprodurre sempre, s'intende, nel registro di 
contabilit�), sia perch�, comunque, l'appaltatore potrebbe sempre chiedere il registro 
di contabilit� (cos� come lo chiede per le riserve alla sua firma formulate) 
per esplicare in questa sede la riserva. 

Sui principi enunciati nella sentenza cfr., da ultimo: Cass., 5 gennaio 1976, n. 8, 
retro, I, 124; 17 ottobre 1975, n. 3374, in questa Rassegna, 1915, I, 912; 18 luglio 1975 

n. 2841, ibidem, 911, con richiami in nota. Amplius, sulle varie questioni in tema 
di riserve, cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, pag. 287 e segg. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

620 

Appalto -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione committente � 
Possibile deroga all'onere della tempestiva riserva � Estremi. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione committente che 
incidano sulla esecuzione dei lavori � Onere della tempestiva riserva � 
Sussistenza. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89). 
La legge 9 agosto 1954, n. 640, contenente norme per la eliminazione 
delle abitazioni malsane, conferisce all'amministrazione dei lavori pubblici, 
in via astratta,. il potere di delegare le proprie attribuzioni e le relative 
incombenze agli istituti autonomi per le case popolari, mediante una delegazione 
intersoggettiva che di regola, ove l'atto di conferimento non disponga 
diyersamente, investe l'ente delegato di specifica competenza (derivata) 
e di conseguente legittimazione sostanziale processuale, limitatamente 
alla materia che forma oggetto della delega. Peraltro, l'amministrazione 
delegante, nell1avvalersi in concreto del suo potere, � libera di contenere 
la delega nei limiti che reputi piit opportuni, circoscrivendo i compiti 
specificamente demandati all'ente delegato, fino a riservarsi la piena , 
titolarit� del rapporto e la conseguente legittimazione. Da ci� consegue 
che, al fine di accertare se l'attivit� dell'ente delegato abbia esorbitato dai 
limiti ad esso imposti ovvero si sia svolta col rispetto di tali limiti e con 
le modalit� all'uopo stabilite, nonch� al fine di stabilire la effettiva titolarit� 
dei rapporti intercorsi tra l'ente delegante e i terzi, occorre procedere, 
caso per caso, ad un'indagine sul contenuto e sugli estremi della 
delega (1). 

Perch� una decisione di primo grado possa assumersi impugnata nella 
parte relativa all'interpretazione di un atto di delega intersoggettiva ed 
alla conseguente individuazione del soggetto legittimato a contraddire non 
� sufficiente che l'appellante si sia rimesso, sul punto della legittimazione 
passiva, alla valutazione discrezionale del giudice di appello, in quanto 
una siffatta espressione, non essendo sorretta dalla sia pur sommaria ma 
necessaria enunciazione di concrete e specifiche ragioni di doglianza, non 
integra una manifestazione univoca e giuridicamente adeguata all'intento 
di impugnare la pronuncia su tale punto della controversia (2). 

(1) Conf. Cass., 12 gennaio 1968, n. 75; v. pure Cass., 3 luglio 1967, n. 1626. In 
tema di delegazione amministrativa cfr., da ultimo, Cass., 12 giugno 1975 n. 2333, 
in questa Rassegna, 1975, I, 754, con nota di richiamo ai precedenti giurisprudenziali 
sulle varie questioni che si pongono in tema di co1laborazione di enti nella 
esecuzione di opere pubbliche. 
(2) Il principio risponde a consolidato orientamento giurisprudenziale; cfr., in 
particolare: Cass., 17 ottobre. 1975, n. 3376; 9 giugno 1975, n. 2299. � 

SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1976, n. 1.337 -Pres. Rossi � Rel. 
Borruso -P. M. Pedace (conf.) -Rossetti (avv. Cattaneo e Capriolo) c. 
Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Del Greco) e I.A.C.P. di Ca,
serta. 

Opere pubbliche � Esecuzione -Eliminazione delle abitazioni malsane � Potere 
di delega dell'Amministrazione de1 lavori pubblici � Esercizio � 
Discrezionalit� � Attivit� delegata � Limiti � Criterio di indagine. 
(legge 9 agosto 1954, n. 640). 

Procedimento civile � Impugnazioni -Questione di legittimazione passiva � 
Motivo di appello � Specificit� � Necessit� � Valutazione rimessa al di� 
screzionale apprezzamento del giudice di appello � Insufficienza. 
(cod. proc. civ., art. 342). 

Procedimento civile -Ricorso per cassazione � Questioni nuove involgenti 
accertamento di fatto � Deducibilit� in sede di legittimit� � Esclusione � 
Motivo di ricorso fondato sul mancato accertamento della esistenza e 
della regolarit� della contabilit� relativa a rapporto di appalto pubbll� 
co � Questione non dedotta nel giudizio di merito -Inammissibilit� del 
relativo motivo di ricorso. 
(cod. proc. civ., art. 360; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 36 e segg.). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Sospensione del lavori � Riserve del� 
l'appaltatore � Tempo e forma. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 53, 54 e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Ris'�rve dell'appaltatore � Onere � 
Carattere generale. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 54, 64 e 89). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Oneri per impreviste difficolt� di esecuzione � Onere della tempestiva 
riserva � Sussistenza. 

(r.d. 25 maggio '1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89; cod. civ., art. 1664, secondo comma). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Fatti continuativi � Onere della tempestiva riserva � Sussistenza � Deroga 
� Limiti. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89). 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

l'esclusione affermata dal Tribunale di tale legittimazione non poteva considerarsi 
passata in giudicato dalla Corte di merito: infatti, pur essendo 
vero che sul punto era mancato l'appello da parte dello IACP, ritenuto 
dal primo giudice legittimato passivo in via esclusiva, vi era stata al riguar
�do l'impugnazione del Rossetti, il quale in proposito si era rimesso s� alla 
giustizia, ma poi aveva chiesto, in via alternativa, la condanna dell'Amministrazione 
dei LL.PP.; B) dall'esegesi dell'art. 4 della legge n. 640 del '54 
(a tenore della quale �per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, 
compreso l'appalto, il Ministero dei LL.PP. pu� valersi, oltre che degli uffi. 
ci del Genio Civile, dell'IACP ... �) non risulterebbe quel trasferimento di 
poteri o del loro esercizio, indispensabile perch� si possa ritenere sussi� 
stente una delegazione amministrativa vera e propria, ma soltanto la 

. possibilit� di utilizzazione diretta dell'IACP, alla stregua degli uffici peri� 
ferici dell'Amministrazione dei LL.PP. ai quali l'IACP viene a sostituirsi. 
E che nella specie non si fosse trattato di delegazione amministrativa, ma 
solt~to di inserimento funzionale di un ente autonomo in un'amministrazione 
statale sarebbe confermato dai poteri di ingerenza e controllo spettanti 
al Ministero dei LL.PP., tra cui quello -qui particolarmente rilevante 
-di decisione sulle riserve. 

La censura sub a} � infondata. 

Invero, a fondamento dell'atto d'appello, il Rossetti ha dedotto soltanto 
due motivi (l'uno relatiyo alla tempestivit� delle riserve e l'altro alla 
pretesa rinuncia da parte della P.A. ad eccepire l'intempestivit� delle medesime), 
mentre, in ordine alla legittimazione passiva del Ministero dei 
LL.PP., si � limitato ad affidarsi al giudizio della Corte per quanto concerneva 
la qualificazione del rapporto fra il Ministero delegante e l'IACP 
delegato: il che val quanto dire rimettersi alla giustizia del giudice in 
ordine alla individuazione del soggetto tenuto al soddisfacimento delle 
pretese fattt? valere con la proposizione dell'azione cautelativamente proposta 
nei confronti di pi� parti. Individuazione da compiersi, nella specie, 
non soltanto con un giudizio di diritto, ma anche di fatto, poich� -come 
questa Corte ha gi� pi� volte ritenuto (cfr. in tal senso sent. n. 75 del 
68 e 1626 del 67) -la legge 9 agosto 1954, n. 640, contenente norme per 
l'eliminazione delle abitazioni malsane, conferisce all'amministrazione dei 
lavori pubblici, in via astratta, il potere di delegare le proprie attribuzioni 
e le relative incombenze agli istituti per le case popolari, mediante una 
delegazione intersoggettiva, che, di regola, ove l'atto di conferimento non 
disponga diversamente, investe l'ente delegato di specifica competenza 

(derivata) e di conseguente legittimazione sostanziale processuale, limitatamente 
alla materia che forma oggetto della delega. Peraltro, l'amministrazione 
delegante, nell'avvalersi in concreto �del suo potere, � libera di 
contenere la delega nei limiti che reputi pi� opportuni, circoscrivendo 
i compiti specificamente demandati all'ente delegato, fino a riservarsi 
la piena titolarit� del rapporto e la conseguente legittimazione. Da ci� 


624 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consegue che, al fine di accertare se l'attivit� dell'ente delegato abbia esorbitato 
dai limiti ad esso imposti ovvero si sia svolta col rispetto di tali 
limiti e con le modalit� all'uopo stabilite, nonch� al fine di stabilire la ef� 
fettiva_ titolarit� dei rapporti intercorsi tra l'ente delegato e i terzi, occorre 
procedere, caso per caso, ad un'indagine sul contenuto e sugli estremi 
della delega. 

Orbene, dall'ambito del giudizio che la Corte di merito avrebbe dovuto 
riesaminare discende, con tutta evidenza, che il Rossetti, per proporre 
appello su tale punto, avrebbe dovuto censurare la decisione adottata dal 
Tribunale in ordine alla interpretazione del predetto atto di delega e che, 
pertanto, non sia sufficiente, a tal fine, in aggiunta a ben altri motivi specifici 
di gravame, ri:tpettersi, sul punto della legittimazione passiva, alla 
valutazione discrezionale del giudice d'appello, in quanto una siffatta 
espressione; non essendo sorretta dalla sia pur sommaria ma necessaria 
enunciazione di concrete e specifiche ragioni di dogliaiiza, non integra 
una manifestazione univoca e giuridicamente adeguata all'intento di im� 
pugnare la pronuncia su tale punto della controversia. In tal senso cfr. 
da ultimo Cass., sent. n. 3376 e n. 2299 del 75). 

La conferma di tale equivocit� -se non addirittura della volont� di 
non impugnare -� data dalla constatazione che, nello stesso atto d'appello, 
il Rossetti affepna esplicitamente d'essere � indifferente � in ordi� 
ne all'individuazione del legittimato passivo e ci� spiega perch��-come 
gi� in primo grado -si limiti a chiedere la condanna � in via alternativa
� dei due enti da lui convenuti in giudizio. 

Essendo, dunque, precluso il riesame della questione, la censura 
sub b) deve considerarsi inammissibile e, pertanto, l'intero primo motivo 
� inaccoglibile. 

Parimenti inaccoglibile � il secondo motivo di ricorso col quale il 
Rossetti -premesso che il presupposto fondamentale di tutta la normativa 
della decadenza dell'appaltatore dal diritto di proporre riserva � che la 
contabilit� esista, e sia riportata negli appositi registri in maniera regolare 
e non provvisoria, -sostiene che nella sentenza impugnata sarebbero 
stati violati gli artt. 36 e segg. del r.d. 25 maggio 1895, n. 390: ci� in quanto 
si sarebbe ritenuto l'appaltatore decaduto dal diritto di avanzare determinate 
pretese per intempestiva proposizione delle relative riserve quantunque 
non vi fosse -prova dell'esistenza e della regolarit� di tale conta~ 
bilit�, non avendo mai il Ministero prodotto in giudizio i relativi registri, 
dei quali, pure, i difensori del Rossetti avevano chiesta l'esibizione. 

Trattasi di questione assolutamente nuova, peraltro involgente complessi 
accertamenti di fatto e che, pertanto, come costantemente affer� 
mato nella giurisprudenza di questa Corte, non pu� essere prospettata 
per la prima volta in sede di legittimit� (cfr. da ultimo in tal senso Cass. 
sent. n. 3214, 2725, 2276, 1838, 919 e 85 del 1975). 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

Il Rossetti infatti, n� in primo n� in secondo grado, ha mai contestato 
l'esistenza e la regolarit� delle scritture contabili tenute dalla P.A., esistenza 
e regolarit� che debbono, pertanto, ritenersi pacifiche nella specie. 
Soltanto nelle brevi note (successive alla comparsa conclusionale in appel� 
lo) depositate il 29 gennaio 1973 il Rossetti rileva che �la P.A. si � ben 
guardata dal depositare i registri in cui hanno trovato puntuale formulazione, 
secondo le modalit� pi� volte riferite, le riserve ad opera dell'appellante 
impresa�, ma tale mancato deposito viene eccepito solo al fine 
espresso di sottolineare � la veridicit� delle affermazioni del Rossetti � e 
cio� dei seguenti fatti: 

a) anche le riserve relative alla prima sospensione dei lavori, pur 
non essendo state formulate nel verbale di sospensione dei lavori, furono 
iscritte nel verbale di ripresa dei lavori e ripetute nel registro di contabilit� 
in sede di conto finale di liquidazione; 

b) che anche le riserve relative alla seconda sospensione dei lavori, 
quantunque non iscritte nel relativo verbale n� di sospensione n� di 
ripresa dei lavori, furono formulate in sede di conto finale di liquidazione. 

Tali circostanze -peraltro anch'esse pacifiche, sicch� l'acq�isizione 
dei registri richiesta per provarle si rivela del tutto superflua -non pongono 
minimamente in causa -ma anzi da un punto di vista strettamente 
logico lasciano presumere -l'esistenza e la regolarit� dei registri contabili 
nei quali si afferma d'aver iscritto le riserve, esistenza e regolarit� 
che, pertanto, non possono essere contestate per la prima volta nel giudizio 
avanti questa Corte. 

Col terzo motivo di ricorso il Rossetti sostiene innanzitutto che si 
sarebbe dovuta ammettere quantomeno la tempestivit� delle riserve seconda 
e terza, relativa alle spese generali e all'aumento del costo di mano 
d'opera per la maggiore durata dei lavori ancorch� formulate, o comunque 
riportate, solo in sede di conto finale. E ci� perch�, a seguito delle 
due sospensioni cos� prolungate dei lavori, si erano verificate imprevedi� 
bili conseguenze, tali da sovvertire completamente l'economia del contratto, 
sicch�: 

a) i fatti per i quali erano state mosse dal Rossetti le suddette riserve 
avrebbero dovuto essere considerati continuativi, in� quanto la loro 
incidenza poteva essere valutata solamente a contratto esaurito; 

b) l'esecuzione dell'appalto era divenuto indubbiamente oneroso e 
difficile, ragion per cui al Rossetti sarebbe spettato, ai sensi dell'art. 1664 
e.e., un equo compenso. 

In secondo luogo, il ricorrente -premesso che le predette sospensioni 
erano state del tutto illegittime, in quanto, secondo l'art. 16 del reg. 
24 maggio 1895, n. 350, esse sono consentite solo da circostanze speciali 
non ricorrenti nella fattispecie, sicch� il comportamento dell'Amministrazione 
poteva qualificarsi � gravemente colposo � -conclude che la pre



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

626 

tesa da lui avanzata con le riserve seconda e terza, tendenti ad ottenere 
il risarcimento del danno subito a causa delle cennate sospensioni, non 
avrebbero dovuto essere affatto condizionate alla formulazione di apposite 
riserve. 

Il motivo. � completamente infondato. 

Innanzitutto � da premettere che espressamente l'art. 16 del r.d. 
25 maggio 1895 n. 350 prevede l'onere per l'appaltatore di inserire ogni 
sua riserva, nascente dalla sospensione o dalla ripresa dei lavori, nei 
verbali, rispettivamente da compilarsi al momento della sospensione e 
della ripresa� e, per effetto di esplicito richiamo agli artt. 53, 54 e 89 
della medesima legge, J'ulteriore onere di ripetere, a pena di decadenza, 
la riserva stessa nel registro di contabilit� non appena esso gli sia presentato 
per la firma,� esplicandone, poi, le ragioni nel termine di quindici 
giorni. 

Ci� posto, s'impone, anche nel caso in esall':e, il rispetto del principio 
generale, costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte 
(cfr. da ultimo sent. n. 2841 del 75), secondo cui l'onere dell'immediata 
denuncia di ogni fatto che l'appaltatore ritenga produttivo di conseguen� 
ze patrimoniali a s� sfavorevoli costituisce un cardine del sistema dei 
pubblici appalti, che, per l'ampiezza della portata e la ratio ispiratrice, 
non pu� subire deroga, se non nei �asi in cui l'onere della tempestiva 
riserva da parte dell'appaltatore non sarebbe possibile o rilevante. 

Tali casi nella specie non sussistono. 

Ed invero: 

a) come questa Corte ha avuto pi� volte modo di affermare (cfr. 
sent. n. 1158 del 75 e 78 del 74) l'onere della riserva non riguarda solo 
pretese che traggono origine dal modo di rilevamento e di registrazione 
dei lavori via via eseguiti, ma riguarda anche richieste di ulteriori com� 
pensi e indennizzi per i lavori eseguiti qualunque ne sia il titolo e, quindi, 
anche l'equo compenso cui l'appaltatore ha diritto, a norma del secondo 
comma dell'art. 1664 cod. civ., quando nel corso dell'opera si manifestino 
determinate difficolt� di esecuzione non previste dalle parti, che rendono 
notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore; 

b) per i fatti cosidetti �continuativi� (cio� quelli prodotti da una 

causa costante o da una serie causale la cui onerosit� � rilevabile solo 

in forza della rl;!iterazione) vi � si deroga all'onere dell'i:.imediata for� 

mulazione di riserva, ma solo fino a quando l'appaltatore non disponga di 

dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situa


zioni a lui pregiudizievoli e il presumibile onere economico, salvo poi a 

precisarne l'entit� nelle successive registrazioni o in chiusura del conto 

finale e, cio�, in un momento che va identificato, nelle singole fattispecie, 

secondo i criteri della diligenza e della buona fede (cfr. in tal senso Cass. 

sent. nn. 2841, 1458, 1148 del 75, 78 del 74, 1527 e 677 del 73). Orbene, nella 

specie, � decisivo rilevare che -come emerge dall'impugnata sentenza 




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

la continuit�� dei danni subiti durante ciascuna delle due sospensioni dei 
lavori era gi� completamente cessata allorch� essi furono ripresi, sicch� 
non aver formulato le relative riserve nel verbale di ripresa dei lavori 
(come avvenne per la seconda sospensione) o non averle reiterate nel registro. 
di contabilit� alla prima sottoscrizione .di esso successiva a quella 
ripresa (come avvenne per la prima sospensione) non pu� non costituire, 
nella logica del nostro sistema di contabilit� dei pubblici appalti, un'inammissibile 
omissione, che inevitabilmente compo.rta la decadenza dell'appaltatore 
dal diritto all'indennizzo (cfr. Cass. sent. n. 830 del 72). N�, in 
contrario, pu� addursi l'impossibilit� di precisare, al momento stesso della 
sospensione o anche della stessa ripresa dei lavori, il quantum di tale 
indennizzo come ragione di esonero dall'osservanza dell'onere di formulare 
la relativa riserva, poich�, nel caso in esame, tale impossibilit� avrebbe 
potuto sollevare eventualmente solo dall'onere di precisare l'esatto ammontare 
del compenso, ma non gi� quello di indicare l'oggetto e la ragione 
della riserva stessa, in quanto, al momento della ripresa dei lavori, 
la serie causale delle maggiori spese -come gi� si � rilevato -era venuta 

a cessare e di esse, quindi, l'appaltatore poteva apprezzarne certamente, 
sia pure in maniera approssimata, tutta la sostanziale entit� (cfr. in tal 
senso Cass. sent. n. 677 del 73 e, con puntuale riferimento ai danni per la 
sospensione dei lavori, Cass. sent. n. 1148 del 75, 2486 e 1527 del 73 e 
1960 del 72); 

e) anche per i fatti dolosi o gravemente colposi della p.a. la giurisdizione 
� costante nel ritenere s� che non vi sia l'onere dell'immediata 
formulazione di riserva, ma, con altrettanta costanza, la medesima giurisprudenza 
sottolinea che l'esistenza di tale deroga � subordinata alla condizione 
che tali fatti non incidano direttamente sull'esecuzione dell'opera 
e siano, perci�, indifferenti agli effetti delle riserve (cfr. da ultimo in tal 
senso Cass. sent. n. 2841 e 1458 del 75, 78 del 74, 677 del 73, 1384 del 71). 

Nella specie, i fatti che si imputano alla p.a. a preteso titolo di dolo 

o di colpa grave -concretandosi nella presunta illegittimit� della sospensione 
dei lavori troppo a lungo protratta -si inseriscono in un momento 
preciso della cronologia dei lavori poi successivamente ripresi e hanno 
inciso indubbiamente, in maniera diretta e immediata, sulla esecuzione 
dei medesimi, condizionandone tempi, modalit� e spese. Poich�, dunque, 
le riserve relative a tali fatti -lungi dal riferirsi al complesso dei lavori 
unitariamente considerati (e, cio�, come sul dirsi, al consuntivo) ovvero 
a pretese che investano tutto l'andamento dell'appalto (cio� afferiscano 
alla generalit� dell'opera) -hanno precisa attinenza con singole partite 
di lavoro via via puntualmente riportate nel registro di contabilit�, riprende 
vigore il principio generale secondo cui, in tema di contabilit� dei lavori 
di esecuzione delle opere pubbliche, l'onere della riserva riguarda qualsiasi 
richiesta di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori, qualunque 
ne sia il titolo (e quindi anche per il risarcimento del danno prodotto 

628 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da dolo o colpa .grave della p.a.), perch� sia resa in ogni momento evi� 
dente, per superiori ragioni d'ordine pubblico finanziario, il nesso causale 
tra la progressione della spesa effettiva cui la p.a. si trova esposta (comprensiva 
quindi di tutti i crediti contro la medesima vantabili per fatti 
gi� accaduti e percepiti) e la progressione stessa dei lavori, delle loro 
modalit� e di tutte le loro vicissitudini. -(Omissis). 

I 

TRIBUNALE-SUPERIORE ACQUE, 10 luglio 1975, n. 18 � Pres. Laporta � 
Rel. Salvatore � Garraffo e Scilio Acquedotti S.n.c. (avv. Conte) c. Assessorato 
ai lavori pubblici della Regione Siciliana (avv. Stato Albisinni) 
e Comune� di Giarre (avv. Astuti, Silvestri e Carbone). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Acque sotterranee � Domanda di concessione 
dello scopritore � Concessione precaria a terzi � Impugnativa � Interesse 
al ricorso nello scopritore � Sussiste. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 103 e 143). 
Atto amministrativo -Concessione precaria di acque pubbliche � Adozione 
da parte dell'assessore regionale uscente � Legittimit�. 

Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Concessione 
precaria a terzi per la durata del procedimento � Omessa predeterminazione 
di questa � Eccesso di potere. 

Lo scopritore di acque sotterranee che ne abbia chiesto la concessione 
ha interesse ad agire per conseguire la eliminazione di un provvedimento 
con cui, per l'urgenza di provvedere ai fabbisogni igienico-potabili del 
centro abitato, l'acqua sia concessa in via precaria ad un comune, se il 
provvedimento � in concreto suscettibile di interferire sul regolare svolgimento 
del procedimento concessorio. (1). 

Per il principio della prorogatio l'assessore regionale uscente � legittimato 
ad adottare provvedimenti di urgenza nelle materie attribuite alla 
sua competenza (2). 

Il provvedimento con cui per ragioni di urgenza, al di fuori di un 
ordinario procedimento, un'acqua pubblica non ancora fatta oggetto di 
concessione � concessa in via precaria ad un comune per le esigenze igienico-
potabili dell'abitato � illegittimo se, adottato in pendenza del procedimento 
di concessione, si limiti a correlare la cessazione della sua efficacia 
alla chiusura del procedimento omettendo di porre per �questa un termine 
adeguato (3). 

(1-3-7-8) Con la seconda delle sentenze in rassegna giunge a conclusione la 
vicenda processuale che s'era venuta svolgendo attraverso la sentenza 16 novembre 
1972, n. 41 dal Tribunale superiore delle acque (in Cons. Stato, 1972, II, 1261), 
che aveva pronunciato l'annullamento del decreto di requisizione, e la successiva 
sentenza 7 dicembre 1974, n. 4089 delle sezioni unite (in questa Rassegna, 1975, I, 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

629 

II 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 novembre 1975, n. 22 � Pres. Danzi� 
Rel. Leone � Comune di Giarre (avv. Silvestri) c. Garraffo e Scilio 
Acquedotti S.n.c. (avv. Conte) e Prefetto di Catania (avv. Stato Albi� 
sinni). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Requisizione di utenza � Controversie sulla 
misura dell'indennit� � Legittimazione passiva del prefetto � Esclusione. 

(I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 7). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Giudizio e procedimento � Composizione 

� 
dei tribunali regionali � Partecipazione di funzionari tecnici dipendenti 
dalla P.A. � Questione di legittimit� costituzionale � Manifesta infonda� 
tezza. 

(t.u. 
11 dicembre 1933, n. 1775, art. 138; Cost., art. 108, secondo comma). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione � Tribunali regionali 
e tribunali ordinari � Requisizione di utenza � Co~troversie sulla 
misura dell'indennit� � Competenza del tribunale regionale. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. e). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Requisizioni di acque sotterranee in con� 
fronto dello scopritore � Annullamento � Effetti � Risarcimento dei danni. 

Acque pubbliche ed elettricit� � Requisizioni di acque sotterranee. in con� 
fronto dello scopritore � Annullamento � Effetti � Rapporti fra scopri� 
tore e benificiario della requisizione � Assimilabilit� ai rapporti tra 
scopritore e concessionario delle acque rinvenute � Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 103, comma 3). 
Il prefetto non � legittimato a contraddire alla domanda proposta 
per ottenere che l'indennit� di requisizione di un'acqua pubblica sia deter� 
minata in misura maggiore di quella stabilita nel decreto di requisizione 

o in altro successivo (4). 
428), sulla quale ci s'era soffermati per ricercare quali strumenti, diversi dalla 
requisizione possono essere utilizzati dall'autorit� amministrativa per far fronte 
a situazioni di urgenza che richiedono di dare all'acqua pubblica, gi� fatta oggetto 
di precedenti concessioni, una destinazione temporaneamente diversa (cfr. Requi� 
sizioni o limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche oggetto di concessione, 
in questa Rassegna, 1975, I, 429). S'era cos� giunti a rinvenire nell'art. 43 
del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 la previsione di un ipotesi in cui �il ricorso di uno 
speciale motivo di pubblico .interesse e la temporaneit� dell'esigenza consentono di 
far luogo ad un provvedimento con possibili effetti di concessione, al di fuori 
dello schemoa del procedimento concessorio e in deroga alla disciplina dell'ipotesi 
di sospensione di utenza >>. 

Tornando ad esaminare il problema in un caso d'acqua non ancora concessa, 
ma oggetto di un procedimento di concessione su iniziativa di chi l'aveva scoperta, 
il Tribunale superiore -con la prima delle sentenze in rassegna -ha ritenuto 
che l'urgenza legittimi all'adozione di un provvedimento avente un'efficacia 
provvisoria, con il quale si attribuisca un diritto alla utilizzazione dell'acqua 



630 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� manifestamente infondata l'eccezione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 138 comma 2 r.d. 11 dicembre 1933 che disciplina la composizione 
dei tribunali regionali delle acque pubbliche, prospettata sotto 
il profilo del contrasto con l'art. 108 Cost. in quanto non assicurerebbe la 
indipendenza dei funzionari del genio civile ad essi aggregati (5). 

La controversia sulla determinazione dell'indennit� di requisizione di 
un'acqua pubblica appartiene alla competenza dei tribunali delle acque 
pubbliche in quanto rientra tra quelle, contemplate dall'art. 140 lett. c, 

r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, aventi ad oggetto un diritto relativo alle 
derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche (6). 
Annullato dal giudice amministrativo il decreto di requisizione di una 
acqua pubblica, la utilizzazione dell'acqua da parte del soggetto in favore 
del quale la requisizione era stata pronunziata si� qualifica come un fatto 
illecito che lo obbliga al risarcimento del danno subito dal requisito, risarcimento 
che � dovuto anche se il requisito anzich� concessionario del1'
acqua ne fosse semplice utente di fatto (7). 

I rapporti tra beneficiario di un provvedimento di requisizione poi annullato 
e lo scopritore di acque sotterranee in attesa di concessione non 
sono riconducibili nell'ambito della norma che disciplina i diritti dello 
scopritore in confronto del terzo che gli sia preferito nella concessione (8). 

prescindendo dalla osservanza delle regole sul provvedimento concessorio. Il 
concreto provvedimento � stato per� annullato perch� le sue clausole non erano 
tali da assicurare che l'Amministrazione conseguisse il risultato di potrarne l'efficacia 
ritardando ingiustificatamente la definizione del procedimento di concessione 
in atto. 

Resta cos� confermato che l'autorit� competente all� concessione delle acque 
pubbliche pu� in caso di urgenza adottare .provvedimenti sostanzialmente concessori 
al di fuori degli ordinari schemi procedimentali, ma i limiti di tale potere 
sono segnati dalla necessaria temporaneit� degli effetti imposta dalla esigenza di 
salvaguardia delle preesistenti situazioni di interesse giuridicamente protetto 
all'uso dell'acqua. 

La lettura congiunta delle due sentenze trae ancora motivo di interesse dalla 
constataZione della protezione che ne risulta accordata alla posizione dello scopritore 
di acque sotterranee. 

Il titolo di preferenza alla concessione, riconosciuto dall'art. 103, comma secondo, 
del t.u. del 1933 ed il diritto, in caso di mancato ottenimento della concessione, 
ad ottenere dal concessionario il rimborso delle spese sostenute, un adeguato 
compenso per l'opera prestata ed un premio rapportato all'importanza della sco� 
perta (art. 103, comma terzo), si accompagnano ad una protezione, in confronto 
dei terzi diversi dall'amministrazione, dell'uso dell'acqua scoperta, ancorch� stabilito 
in via di fatto (art. 1145, comma 2, cod. civ.). 

L'autorizzazione alla ricerca di acque sotterranee si rivela dunque un provvedimento 
in grado di condizionare in modo decisivo fa successiva utilizzazione delle 
acque scoperte. 

(2) Nello stesso senso, con riguardo a provvedimenti in materia di acque 
pubbliche ed alla competenza di ministri dimissionari, Trib. sup. acque, 27 maggio 
1974, n. 8, in questa Rassegna 1974, I, 1294; Cass., 20 novembre 1959, n. 3430 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

631 

I 

(Omissis). -Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione� di 
inammissibilit� del ricorso per carenza di interesse prospettato nell'udienza 
di discussione dell'Avvocatura Generale dello Stato e dalla difesa del 
Comune resistente. 

Tale eccezione deve essere disattesa. 

:a. vero, infatti, che la concessione assentita al Comune di Giarre � stata 
operata con esplicita salvezza dei l/sec. 200 concessi alla societ� ricorrente 
col decreto 18 dicembre 1965 ed in via precaria, con esclusione cio� di una 
istituzionale costituzione a favore del Comune suddetto di una situazione 
giuridica a carattere definitivo. Peraltro, non pu�, di contro, contestarsi 
l'interesse della societ� ricorrente sotto un diverso profilo che � quello 
inteso ad ottenere, attraverso la proposizione dell'impugnativa, l'utilit�, a 
carattere strumentale, costituita dalla situazione di vantaggio derivante 
dalla rimozione dell'atto impugnato. Atto che nella misura in cui concretamente 
interferisce, quanto meno nelle modalit� e nei tempi, sul regolare 
svolgimento del procedimento relativo alla concessione definitiva delle 
acque della galleria Cavagrande si appalesa idoneo ad incidere, con carattere 
di immediatezza ed attualit�, l'interesse della societ� ricorrente, che 
quelle acque ha rinvenuto. 

in questa Rassegna, 1960, 14 e Trib. sup. acque, 17 giugno 1958, n. 19, Acque bonif. 
castr. 1958, 415 e Cons. Stato, 1958, II, 120. 

(4) In termini, Trib. Matera 7 febbraio 1966, Giust. civ. 1966, I, 1032. 
La massima rappresenta un'applicazione alle requisizioni ordinarie a favore 
di terzi di una regola costantemente enuncia:ta in tema di espropr.iazione per 
pubblica utilit� e di occupazione temporanea e di urgenza (Cass. 7 febbraio 1974, 
rt. 339, Giur. agr. 1975, 660; Cass. 19 giugno 1974, n. 1812, Giust. civ. Mass., 1974, 813) 
regola desunta dall'art. 51 1. 25 giugno 1865 n. 2359. La sua applicazione alla materia 
delle requisizioni si fonda sulla assimilazione delle requisizioni in uso alle 
occupazioni di urgenza (Cass. 9 settembre 1960, n. 2448, Giust. civ., 1961, I, 495; 
Cass., 23 giugno 1964, n. 1636, Giust. civ. 1965, I, 816 e Rass. Avv. Stato, 1965, I, 876; 
Cass. 7 luglip 1967, n. 1676, Foro it. 1967, I, 2562) con la conseguente riconduzione 
allo schema configurato dagli artt. 24 ss., 51 e 72 1. espr. anche dell'azione spettante 
al soggetto passivo della requisizione per far valere il diritto all'indennit�, 
diritto che sussiste in confronto del beneficiario della requisizione medesima (LANDI, 
Requisizione, in Nuovissimo Digesto Italiano, Torino, 1968, XV, 487 e 493). 

(5) Come il Tribunale superiore ha ricordato nella motivaziope, la questione 
di illegittimit� costituzionale degli artt. 138 e 139 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 
relativi alla composizione dei tribunali regionali e del tribunale superiore delle 
acque pubbliche, prospettata in rapporto all'art. 108 Cost. e all'essere membri 
del collegio funzionari tecnici dipendenti della P .A., � gi� stata ritenuta manifestatamente 
infondata dalla Corte di cassazione in due occasioni (Cass., 22 dicembre 
1964, n. 2950, in questa Rassegna, 1965, I, 128 e Cass. 10 giugno 1%8, n. 1769, 
Giust. civ. Rep. 1968, acque pubbliche, 147). 
La Cassazione ha ritenuto che il requisito della indipendenza del giudice, che 
l'art. 108 comma 2 Cost. richiede sia dalla legge assicurato per gli estranei che 
partecipano alla amministrazione della giustizia, � in concreto garantita dal siste




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO.

632 

Passando all'esame nel merito del ricorso infondato si appalesa il primo 
motivo di gravame, con il quale viene dedotta l'illegittimit� derivata del 
provvedimento impugnato scaturente dalla illegittimit� dell'ordinanza di 
ammissione ad istruttoria del Genio civile di_ Catania del 2 febbraio 1972, 
riconosciuta da questo Tribunale Superiore con sentenza n. 6 del 21 maggio 
1974, per porsi tale provvedimento come atto presupposto di quello 
impugnato in questa sede. 

Invero, dalla motivazione del decreto impugnato emerge chiaramente 
che l'ordinanza di ammissione ad istruttoria sopraricordata, lungi dall'essere 
stata assunta a presupposto dell'atto de quo, � stata richiamata unicamente 
per evidenziare l'esistenza di un procedimento, quello per l'appunto 
di concessione dell'acqua della� sorgente � Cavagrande �, ancora non definito 
e del quale l'ordinanza anzidetta costituiva uno dei momenti essenziali. 
E proprio partendo da tale constatazione il provvedimento impu


.. 
gnato, rilevata la gravissima situazione idrica del Comune di Giarre e la 
urgenza di provvedere all'esigenza indilazionabile di assicurare l'acqua alla 
popolazione interessata per prevenire pericoli alla salute pubblica ed indi� 
viduando, quindi, in tali elementi l'autonoma giustificazione per provvedere 
in ordine alla situazione venutasi a creare, ha operato, in via precaria, 
la concessione di 1. sec. 30,5 a favore del Comune, in conformit� dei voti 
espressi dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. 

ma di nomina (affidata questa al Consiglio superiore della magistratura su designazione 
del presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici: artt. 138 comma 
2 e 139 comma 4 t.u. 11dicembre1933, n. 1775; art. 10, comma 1 n. 2, I. 24 marzo 
1958, n. 195), dalla predeterminazione della durata nella carica limitata a cinque 
anni (artt. 138, comma 3, e 139, comma 5), dalla applicazione delle norme 
sulla astensione e ricusazione (artt. 51 e 52 c.p.c. richiamati dall'art. 208 del testo 
unico) resa possibile dalla �nomina di pi� membri tecnici uno solo dei quali 
chiamato di volta in v,olta a comporre il collegio giudicante. 

Le decisioni della Corte costituzionale richiamate in motivazione (13 luglio 
1963, n. 132, Giur. cast., 1963, 1465, con osserv. di G. A. MICHELI, In tema di 
indipendenza dei giudici speciali e siti limiti del principio della corrispondenza 
tra il chiesto ed il pronunciato avanti la Corte Costituzionale; 7 dicembre 1964, 

n. 103, Giur. cast., 1964, 1070, con nota di F. C. SCOCA, Indlipendenza del giudice 
tributario e giurisprudenza costituzionale) ebbero ad escludere la illegittimit� 
costituzionale, per contrasto con l'art. 108 Cost., rispettivamente dell;art. 6 d.I. 
8 aprile 1948, n. 514 e degli artt. 2 e4 r.d. 13 marzo 1944, n. 88 e 2, 5, 7 e 10 r.d. 
8 Juglio 1937, n. 1516, sulla composizione delle commissioni provinciali e distret� 
tuali delle imposte. 
_e noto, peraltro, come successivamente alle decisioni ora richiamate la 
Corte costituzionale sia pervenuta alla dichiarazione di illegittimit� dell'art. 2 

I. 23 dicembre 1966, n. 1147 sulla composizione delle sezioni dei tribunali ammi� 
nistrativi per il contenzioso elettorale (27 maggio 1968, n. 49, Giur. cast. 1968, 756, 
con osserv. di M. S. GIANNINI, Una sentenza ponte verso tribunali amministrativi) 
e dell'art. 2 d. l.vo 6 maggio 1948, n. 654 sulla composizione del Consiglio di giustizia 
amministrativa per la Regione siciliana (22 gennaio 1976, n. 25, Giur. cast. 
1976, 88 commentata da A. CERRI, Indipendenza, imparzialit�, nomina politica: 
.;.:;-:.o:.O:�Z"'."".�'.�'.�'.-'.�'.':�'.�'.�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�'.�"�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�:�'.�'.�'.�'.�'.::::.�<'.:'.:'.-'.�'.-'.:'.:::'.�'.�'.:'.�'.:'.�'.�:::.:::::-'.::.::'.:::'.'.'. �'.�:�.�'.�'.'.�.�:�:�.�:-'.�.�.�.�:�.�.�'.�'.�.�>:� �:�:�'.-:�:�:�:�:�:�:�'.�Z~��.�c,:�'.".�:0-........... ..,.,... ........... , ��.��.��.�.� �.�.�������'.�.�: .� �����������������...-�� � �� � �� �.�,�c.�.�����������,������ �� �.-.-.�:� � .-.�.�.�.� 


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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 633 

A fondamento, cio�, dell'atto impugnato � stata posta l'urgenza di 
provvedere in ordine all'approvvigionamento idrico della popolazione del 

. Comune di Giarre, prescindendo completamente dal procedimento di con� 
cessione e, ovviamente, facendo salve le posizioni delle parti che avevano 
presentato domande concorrenti per la concessione di acqua dalla sorgente 
� Cavagrande �. 

Del pari infondato � l'ultimo motivo, che qui si esamina per ragioni 
di economia processuale. 

~ sufficiente al riguardo ricordare, per dimostrare l'infondatezza della 
dedotta censura, come in virt� del principio della prorogatio l'Assessore 
uscente � legittimato ad adottare i provvedimenti di ordinaria amministra


. zione di sua competenza -e non vi � dubbio che sia tale l'atto impugnato 
-fino a quando non sia nominato il nuovo Assessore. N� tale conclusione 
pu� ritenersi infirmata dal disposto dell'art. 2 lett. e) della legge 
regionale 29 gennaio 1962, n. 28, invocato dalla difesa della ricorrente, che 

problemi e dubbi irrisolti, ivi, 1976, 175). Nel primo caso, si trattava di funzionari 
statali e di soggetti designati dai consigli regionali o provinciali, nominati con 
decreto del Capo dello Stato su proposta del presid�nte del consiglio; nel secondo 
di soggetti designati dalla giunta regionale e nominati dal Capo dello Stato su 
proposta del presidente del consiglio previa deliberazione del consiglio dei ministri 
sentito il presidente della regione. Quanto ai membri dei collegi estranei 
all'Amministrazione, la Corte ha ritenuto che ad escluderne la indipendenza 
bastasse anche la sola prospettiva del reincarico da parte dei soggetti legitti� 
mati alla designazione o alla nomina (e, nel caso dei giuristi designati dalla giunta 
regionale siciliana, ha dichiarato incostituzionale rart. 3, comma 2, d. lg. 6 maggio 
1948, n. 654, appunto nella parte .in cui disponeva che essi potessero essere 
riconfermati una volta scaduto il quadriennio di durata in carica); quanto ai 
funzionari dell'Amministrazione, la Corte ha ritenuto che tale prospettiva accentuasse 
la situazione di dipendenza in cui essi vemvano ad essere mantenuti per 
il perdurare del rapporto di servizio, non interrotto dal collocamento fuori ruolo. 

La possibilit� di riconferma, prevista per i funzionari del genio civile aggregati 
alla sezione della corte di appello designata a fungere da tribunale regionale 
delle acque (art. 138, comma 3, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775) in una al 
perdurare d�l rapporto di servizio nei confronti dell'Amministrazione, potrebbe 
dar luogo a� dubbi sulla costituzionalit� della norma, e per� il sistema di designazione 
(da parte del presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici) 
e di nomina (ad opera del Consiglio superiore della magistratura) sembra escludere 
l'ipotizzabilit� d'una situazione di dipendenza, considerato che il soggetto 
designante non costituisce un organo di amministrazione attiva n� � in suo 
confronto che sussiste il rapporto di servizio iin cui permane il funzionario 
designato. 

(6) Non consta della esistenza di precedenti in termini, ma la riconduzione 
della controversia all'ambito di applicazione dell'art. 140 lett. e) t.u. 1775 del 
1933 non appare dubbia. 
Sul connesso problema della giurisdizione del Tribunale superiore come 
giudice degli interessi in rapporto alla impugnazione di provvedimenti di requisizione 
di acque pubbliche, Trib. sup. acque, 27 giugno 1975, n. 16 in questa 
Rassegna, 1975, I, 1137. 



634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella sua formulazione c�mferma le tradizionali attribuzioni, estranee al 
principio sopraricordato, delle persone preposte alla Presidenza del Consiglio 
dei Ministri e della Giunta regionale. 

Il secondo, il terzo ed il quarto mezzo vanno congiuntamente esaminati 
perch�, pur articolandosi in vari profili di censura, si muovono su 
di un sostanzialmente identico piano logico, che � quello della violazione 
dei principi generali degli atti amministrativi e delle regole che presiedono 
al procedimento di rilascio della concessione. 

Al riguardo � opport�no preliminarmente distinguere le situazioni di 
mera urgenza da quelle di urgente necessit�. 

Le prime si caratterizzano per inerire a situazioni nelle quali si devono 
soddisfare con immediatezza esigenze non differibili, mediante l'impiego 
di provvedimenti ch� restano, nell'aspetto sostanziale, quelli ordinari, mentre 
le situazioni di urgente necessit� si caratterizzano rispetto alle prime ! 
proprio per l'anormalit� delle circostanze che richiede -per la soddi� . I I 
sfazione delle esigenze e, quindi, per la tutela degli interessi in gioco l'adozione 
di mezzi straordinari, di mezzi cio� atipici e certamente . diffe


I

renziati, sotto il profilo contenutistico, da quelli ordinari. Ulteriore spei 
cificazione di tale premessa � che mentre la mera urgenza si pone come 

I 

elemento della fattispecie che incide sulle modalit� di esercizio del potere, 

I 

l'urgente necessit� si pone, invece, come elemento di una fattispecie attri� � 

! 

butiva di un nuovo e diverso potere, di natura straordinaria. 1 ' 

Nella specie non� pu� validamente revocarsi in dubbio che si configurasse 
una situazione di mera urgenza individuabile nell'esigenza non 
dilazionabile -e postulante interventi puntuali ed immediati -di assi� 
curare, � nella gravissima situazione idrica � del Comune di Giarre, la 
fornitura di acqua potabile alla popolazione interessata e di prevenire 
pericoli alla pubblica salute e sommovimenti dell'ordine pubblico. 

A fronte di una situazione caratterizzata dall'urgenza nel senso sovraesposto 
si pone, poi, la circostanza che la societ� ricorrente usufruisce 
di un bene demaniale in via di fatto e gode, quindi, di� una posizione sog


gettiva di vantaggio, qualificabile come interesse legittimo, che le deriva 
dall'aver trovato l'acqua. 

Da tali considerazioni discende, innanzitutto, che non viene affatto in 
rilievo una violazione del principio, peraltro non unanimamente riconosciuto, 
della tipicit� degli atti amministrativi, in quanto il potere di cui 
l'Amministrazione ba fatto uso ed il provvedimento nel quale lo stesso 
si � estrinsecato � rimasto, nel suo aspetto sostanziale, quello, ordinario 
e tipico, concessivo. 

Deriva, poi, che lAmministrazione, operando in una fattispecie in cui 
la posizione del terzo non assumeva la veste del diritto soggettivo, conservava 
il potere di disporre dell'acqua in una situazione in cui occorreva 
soddisfare con urgenza bisogni potabili, non potendosi ritenere che l'esi




.IURIS. IN MATERlA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 635 

mto, in corso di svolgimento, per la concessione 

__stfone costituisce circostanza assolutamente ostativa 

... riZzante l'esercizio del potere concessorio in subiecta materia . 

.. � ~onsegue, altresi, che l'Amministraiione in presenza dell'urgenza sud� 

delineata -non determinante, come si � detto, l'attribuzione di un potere 

nuovo � dive�'so ma idonea ad incidere solo sulle modalit� di esercizio 

dello stesso -poteva prescindere dalle regole procedimentali che presie


'ctono al rilascio di un normale provvedimento concessorio, altrimenti ne 

sarebbe frustrato proprio l'esercizio della funzione per l'irreparabilit� dei 

danni a quegli interessi alla cui salvaguardia la funzione stessa � preor� 

dinata. 

Peraltro, se l'Amministrazione in presenza dell'urgenza di provvedere 

in ordine alla situazione suddelineata in cui venivano in rilievo esigenze 

di pubblico interesse non dilazionabili, aveva il potere di provvedere con� 

servandone la disponibilit�, l'esercizio dello stesso incontrava limiti ben 

precisi. 

Il primo, di carattere generale e per cos� dire connaturato al concetto 

di urgenza -nella specie osservato con l'apposizione della clausola di 

durata della concessione -� quello della provvisoriet� del provvedimento, 

non potendosi logicamente concepire una situazione di urgenza a carattere 

permanente. 

L'altro specifico alla fattispecie, anche se al primo certamente col� 

legato, era costituito dalla pendenza del procedimento per il rilancio della 

concessione definitiva, nei confronti della quale la societ� ricorrente van


tava una posiziorte preferenziale. 

L'Amministrazione cio� conservava si il potere di disporre delle acque 

in questione in relazione alla particolare situazione venutasi a creare ma 

nei limiti in cui, in relazione all'urgenza di provvedere alle pi� volte ricor


date necessit� d� pubblico e primario interesse, colmava un vuoto proce


dimentale. , 

Solo nelle more� di regolare e ragionevolmente sollecito svolgimento 

della procedura concorsuale si giustificava, infatti, con la disponibilit� 

degli effetti giuridici per l'inesistenza di situazioni soggettive consolidate, 

la temporanea conservazione del potere in discorso. 

Pertanto, nei limiti in cui nell'adottare il provvedimento in questione 

l'Amministrazione non ha tenuto conto dell'anzidetto profilo ed in defi� 

nitiva, del carattere, se non residuale certamente limitato, del potere ad 

essa spettante non apponendo come ulteriore limite alla durata della con


cessione precaria quello della definizione della procedura concorsuale entro 
. un termine adeguato, � inc�rsa nel vizio di eccesso di potere denunciato 
dalla societ� ricorrente. 
Il ricorso va accolto per quanto di ragione e va, conseguentemente, 
annullato il provvedimento impugnato. 



636 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sussistono, tuttavia, in relazione ai delicati e peculiari aspetti della 
controversia, giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti 
gli onorari e le spese del giudizio. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Fondatamente la Difesa del Prefetto di Catania eccepisce 
che questi non ha interesse alla causa neUa sua attuale fase di 
appello. Invero le impugnazioni non concernono il capo di sentenza che 
ha negato la giurisdizione del Tribunale regionale in ordine alla domanda 
di annullamento dei decreti prefettizi, la sola domanda che comportava 
la legittimazione passiva alla causa del Prefetto che tali decre.ti aveva 
emesso. 

In questo grado di appello, la controversia .� limitata alle questioni 
concernenti la determinazione dell'indennizzo dovuto alla societ� acquedotti 
dal Comune di Giarre ed in ordine a tali questioni il Prefetto di 
Catania non ha legittimazione passiva e non � portatore di alcun interesse 
giuridico. Dato poi il suo carattere pregiudiziale, deve essere esaminata 
per prima la deduzione del Comune di Giarre circa la pretesa illegittimit� 
costituzionale dell'art. 138 del r.d .. n. 1775 dell'll dicembre 1933, per contrasto 
con l'art. 108 della Costituzione che vuole assicurata l'indipendenza 
dei giudici. Pi� che un motivo di gravame trattasi, com'� ovvio, della 
prospettazione di una eccezione contestativa della legittimit� della norma, 
proponibile in ogni stato e grado del giudizio e rilevabile anche di ufficio. 
Ma la questione cosi proposta non ha pregio n� di novit� n� di fondatezza. 

Essa � stata gi� esaminata dalla Corte Suprema di Cassazione, a 
Sezioni Unite, una prima volta con la sentenza n. 2950 del 22 dicembre 1964, 
una seconda volta con la sentenza n. 1769 del 10 giugno 1968 ed � stata 
dichiar�ta manifestamente infondata, in quanto � stato ritenuto che la 
partecipazione ai tribunali regionali delle acque pubbliche di un funzionario 
del Genio Civile ed al Tribunale superiore di un membro del Consiglio 
Superiore dei lavori pubblici non incide sull'imparzialit� dell'organo 
decidente. Invero, ritenuto che il requisito dell'indipendenza dei soggetti 
chiamata a far parte dei collegi giudicanti nell'amministrazione della giustizia 
pu� ritenersi assicurato sempre che la legge osservi il criterio della 
precostituzione del giudice e disciplini l'applicazione degli istituti necessari 
per assicurare l'estraneit� delle persone investite del potere giurisdizionale 
all'interesse delle parti in lite (Corte Cost. sent. n. 132 del 16 lu� 
glio 1963 e n. 103 del 7 dicembre 1964), poich� tali criteri sono assicurati 
per quanto attiene alla nomina dei componenti dei tribunali delle acque 
ed alle facolt� di ricusazione e di astensione dei detti componenti, l'asserita 
carenza di indipendenza e di impiarzialit� dei tribunali medesimi ap




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

pare priva di qualsiasi consistenza sulla base del vigente ordinamento 
giuridico. 

Neppure appare fondato il motivo di appello che sostiene l'incompetenza 
del Tribunale regionale di Palermo in ordine alla causa qui in esame; 
nella quale non sarebbe in discussione il regime delle acque pubbliche 
cos� come regolato dalla p.a. e si controverterebbe solo sul quantum dovuto 
dal Comune alla societ� Acquedotti Garraffo e Scilio, in conseguenza di 
provvedimenti di requisizione. 

Indubbiamente nell'art. 140 del t.u. n. 1775 del 1933 sulle acque pubbliche 
non � espressamente indicata la competenza dei tribunali regionali 
in ordine alle liti originate da ordini di requisizione. Ma bisogna considerare: 
che la competenza dei tribunali regionali .in ordine alla materia 
delle acque pubbliche � di carattere generale, ratione materiae; che l'art. 140 
citato alla lettera e) affida alla cognizione dei tribunali regionali le 
controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e 
utilizzazioni di acqua pubblica, prescindendo dalla natura del provvedimento 
che tale diritto abbia attribuito e perci� comprendendo nell� pre� 
visione anche i diritti di utilizzazione di acqua pubblica costituiti con 
provvedimenti di requisizione; che, in quanto tali provvedimenti di requisizione 
incidano su acque pubbliche gi� in regime di concessione, nelle 
controversie relative vengono in considerazione anche i diritti dei concessionari, 
come si verifica appunto nella fattispecie; che nelle controversie 
cos� insorte tra i titolari di diritti di utilizzazione per requisizione ed i 
titolari delle concessioni di utenza relative alla medesima acqua si impone 
normalmente l'interpretazione e l'applicazione dei provvedimenti ammi� 
nistrativi circa i contenuti ed i limiti dei diritti di utilizzazione attribuiti 
agli utenti, indagine questa di competenza esclusiva dei tribunali regionali; 
che il diritto ad indennizzo del soggetto concessionario di derivazione di 
acqua pubblica che sia stata oggetto di provvedimento di requisizione 
nasce dalla compressione del diritto di derivazione di cui � titolare il concessionario 
e non pu� prescindere dalla sussistenza, dalla natura e dalla 
consistenza di tale diritto, del quale la requisizione opera la conversione 
nel diritto ad una prestazione pecuniaria. 


Queste ragioni concorrono univocamente ad indicare nei tribunali regionali 
delle acque pubbliche gli organi giurisdizionali competenti a comporre 
le liti originate dai provvedimenti di requisizione di acque pub� 
bliche. 

Nel terzo motivo di appello, il Comune di Giarre sostiene che, la 
soc. Garraffo e Scilio non avrebbe diritto alla corresponsione del prezzo 
della acqua requisita, perch� questa non farebbe parte del modulo d'acqua 
oggetto della concessione a favore della societ� (l/s. 200 di acqua), bens� 
della maggiore quantit� d'acqua della medesima sorgente Cavagrande 
(l/s. 280) non ancora assegnata dall'autorit� amministrativa per i l/s. 80, 
eccedenti la concessione a Garraffo e Scilio. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Questa deduzione dell'appellante, che conferma in pieno quanto � stato 
detto or ora circa l'estensione della lite agli effetti della competenza per 
materia, non appare fondata. 

Anzitutto, dopo l'annullamento dei decreti prefettizi di requisizione , 
e di proroga della requisizione, deve ritenersi che il Comune di Giarre 
ha utilizzato l'acqua senza valido titolo e deve rispondere di tale utilizza� 
zione secondo la disciplina dei fatti illeciti. In questa prospettazione, il 
soggetto leso dall'utilizzazione illegittima ben pu� essere il semplice possessore 
dell'acqua, colui cio� che si trova in una situazione di utilizzazione 
dell'acqua di mero fatto, suscettibile di tutela giuridica in quanto tale. 
Questa appunto era la situazione della soc. Garraffo e Scilio rispetto alla 
quantit� di acqua eccedente il modulo della concessione a suo favore di� 
sposta: eccedenza della quale la societ� doveva a mezzo di opere di capta� 
zione e di condotte da essa costruite, quale utente di fatto, sia pure, come 
si sostiene, in attesa dell'accertamento dichiarativo del suo diritto alla con� 
cessione anche per la detta eccedenza ai sensi dell'art. 4 del t.u. n. 1775 
del 1933. Tale possesso deve ritenersi legittimo e tutelabile Pl!r essendo rela� 
tivo ad acqua pubblica, dato che l'ordinamento ammette il possesso di cose 
fuori commercio, come esercizio di facolt� che possono essere oggetto di 
concessione da parte della p.a. (art. 1145 e.e.). Del resto solo su questo presupposto 
di fatto si pu� spiegare perch� i provvedimenti di requisizione 
sono stati disposti nei confronti della soc. Garraffo e Scilio. Questa, di con� 
seguenza, in quanto privata dell'acqua che utilizzava in virt� di possesso 
legittimo e dei propri impianti di presa e di condotta (almeno in parte), 
privazione prodotta da comportamenti non conformi a legge, ha diritto 
al risarcimento del danno da parte dell'autore di esso, risarcim�nto del 
quale fa parte anzitutto l'equivalente del bene illegittimamente sottratto 
alla piena disponibilit� della societ�. 

Quanto ora detto serve anche a confutare l'assunto svolto dal Comune 
nel quarto motivo di ricorso, cio� che i rapporti tra il Comune e la societ� 
Acquedotti dovrebbero essere riportati nell'ambito della disciplina norma� 
tiva concernente l'acqua di natura pubblica reperita da uno scopritore 
cui l'Amministrazione non abbia poi accordata la concessione pr�feren� 
ziale, disponendo dell'acqua con concessione a favore di terzo: in tal caso 
lo scopritore ha diritto solo al rimborso delle spese sostenute, ad un equo 
compenso per l'opera prestata e ad un premio (art. 103 del t.u. cit.). 

Ma s'� gi� detto che il Comune di Giarre non ha ormai nessun titolo, 
neppure il provvedimento di requisizione, che possa legittimare l'utilizzazione 
dell'acqua da parte del Comrme medesimo: e manca perci� uno 
dei presupposti fondamenti per l'applicazione del richiamato art. 103, cio� 
la concessione a favore di soggetto diverso dallo scopritore; ma non 
risulta neppure che la P.A. abbia rifiutato la concessione preferenziale a 
favore della societ� Acquedotti, che con le sue opere avrebbe incrementato 
la portata della sorgente Cavagrande. 


PARTE I, SBZ. VII, .GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

L'appellante Comune di Giarre censura infine le sentenze impugnate 
per i capi relativi alla determinazione dell'indennizzo dovuto alla societ� 
appellata, indennizzo fissato, come s'� detto, in L. 33,03 a m. 3, mentre il 
Comune � dell'avviso che esso non debba superare L. 8 a m. 3. 

L'indennizzo, liquidato dal Tribunale regionale come effetto del decreto 
di requisizione, dopo l'annullamento di tale decreto, deve assumere 
contenuto di elemento del risarcimento del danno subito dalla societ� 
Garraffo e Scilio e consistere nel pieno valore di scambio dell'acqua appresa 
dal Comune, oltre al corrispettivo per l'uso degli impianti relativi, 
senza che possano trovate applicazione i temperamenti equitativi (volti 
ad eliminare valutazioni speculative), che operano di solito nelle determinazioni 
degli indennizzi dovuti per i sacrifici imposti da atti legittimi dell'Autorit� 
ai privati proprietari, per far fronte ad esigenze della collettivit�. 


Ci� considerato, questo Tribunale Superiore non trova fondate ragioni 
per ridurre l'indennizzo liquidato dal Tribunale Regionale. Questo, quanto 
al prezzo dell'acqua, s'� basato su un elemento obiettivo di indiscutibile 
valore, cio� sul prezzo fissato dal Comitato provinciale dei prezzi di Catania 
per l'acqua irrigua, pari a L. 30,42 a m. 3. D'altra parte il Comune 
di Giarre non ha addotto valide ragioni per confutare il prezzo cos� stabilito 
dall'Autorit� di specifica competenza e che si deve presumere determinato 
in funzione dei livelli locali dei costi di produzione. :S certamente 
un prezzo consistente, ma sono note le difficolt� idriche della Sicilia, che 
si riflettono ovviamente in maggiorazioni dei costi e dei prezzi delle forniture 
di acqua; anche se un bene essenziale come l'acqua non dovrebbe 
essere oggetto di speculazioni di privati. 

Del pari le determinazioni fatte dal Tribunale regionale degli indennizzi 
accessori per l'uso delle opere di pres~ e di condotta dell'acqua e per le 
spese di custodia degli impianti, si presentano basati su elementi di sicura 
attendibilit�, come le tariffe sindacali della mano d'opera, o di normale 
e generalizzata conoscenza, applicati, per di pi�, con consapevole prudenza. 

In definitiva, quindi, gli appelli del Comune di Giarre si palesano privi 
di fondamento e debbono essere rigettati. In considerazione tuttavia dei 
vitali interessi della collettivit� che hanno determinato l'azione del Comune 
di Giarre nell'utilizzazione dell'acqua altrui e nella condotta delle 
cause relative, questo Tribunale Superiore � d'avviso che concorrono giusti 
motivi per la totale compensazione delle spese del giudizio di appello. 


(Omissis). 


SEZIONE OTTAVA 
GIURISPRUDENZA PENALE 
SEZIONE OTTAVA 
GIURISPRUDENZA PENALE 
TRIBUNALE DI ROMA, Sez. IV, 8 luglio 1976 -Pres. Della Penna � P. M. 
Cavallari (diff.) -Demartino Renato ed altri. 

.Procedimento penale -Giudizio d'accusa del Presidente della Repubblica, 

del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri -Definizione 
del giudizio -Procedimento dell'azione penale innanzi al giudice ordinario 
-Preclusione -Questione di legittimit� costituzionale in relazione 
agli artt. 3, 25, 90, 96, 101, 102, 104, 112 e 134 della Costituzione dell'articolo 
15 della legge 25 gennaio 1962 n. 20. 
(cost., artt. 3, 25, 90, 96, 101, 102, 104, 112 e 134). 
(l. 25 gennaio 1962, n. 20). 
L'art. 15 della legge 25 gennaio 1962 n. 20 stabilendo che la definizione 
da parte del Parlamento del procedimento d'accusa a carico del Presidente 
della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei ministri e dei 
ministri per causa diversa dall'incompetenza, impedisce l'inizio o ,il proseguimento 
dell'azione penale per gli stessi fatti innanzi all'autorit� giudiziaria 
ordinaria o militare, pone una precl(-lSione processuale assoluta ed 
oggettiva che � in contrasto con la Costituzione (1). 
(Omissis). -Il Tribunale. -Sulla questione concernente l'efficacia preclusiva 
dell'art. 15 della legge 25 gennaio 1962, n. 20, sollevata dalla difesa 
degli imputati; sentita la parte civile e il P.M.; 
rilevato che gli imputati De Martino Renato, Dini Mario, Calvanese 
Sabato e Caruba Giorgio sono stati rinviati � giudizio, tra l'altro, per 
rispondere: a) del reato di cui agli aitt. 81 cpv., 61 n. 2, 110, 112 n. 1, 324 
C.P. per aver concorso nel reato continuato di interesse privato in atti 
di ufficio commesso dal Ministro delle Finanze pro tempore; b) del reato 
(.1) � la prima volta a quanto risulta che la questione dei limiti del giudizio 
d'accusa viene prospettata al giudice penale. Il Tribunale di Roma, nel processo 
contro DE MARTINO ed altri nel quale vi era stata costituzione di parte civile del 
Ministero delle Finanze, ha ritenuto di doverla risolvere nel modo illustrato dall'ordinanza 
che si pubblica. 
In dottrina, v. recentemente, nel giudizio d'accusa, M. LANDI, Responsabilit� 
penale del Presidente della Repubblica ex art. 90 costituzione e principio di legalit� 
in Riv. it, dir. e proc. pen. 1972, 460. 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

di cui agli artt. 110, 112 n. 1, 81 cpv., 61 n. 7, 314 C.P. per avere concorso 
nel reato di peculato continuato commesso dal Ministro delle Finanze 
pro tempore; . 

rilevato che la Commissione Inquire11te per i Giudizi di Accusa, all'esi� 
to della istruttoria condotta, deliberava di � non doversi procedere in ordi� 
ne ai fatti oggetto dell'inchiesta � nei riguardi dell'ex Ministro delle Fi� 
nanze pro tempore Trabucchi e che la deliberazione, trasmessa ai sensi 
dell'art. 20 del Regolamento, al Parlamento, il 20 luglio 1965, diveniva defi� 
nitiva perch� il dibattito sull'ordine del giorno relativo alla messa in atto 
di accusa dell'ex Ministro delle Finanze riscuoteva la maggioranza semplice 
dei voti del Parlamento, ma non la maggioranza assoluta dei 3/5 
prevista dall'art. 27 del Regolamento predetto; 

rilevato che nel caso del dibattimento veniva sollevata dalla difesa 
l'anzidetta questione; 

OSSERVA 

L'art. 15 della legge 25 gennaio 1962, n. 20, relativa ai procedimenti ed 
ai giudizi di accusa del Presidente della Repubblica, del Presidente del 
Consiglio e dei Ministri, stabilisce che la definizione, da parte del Parla� 
mento, del procedimento di accusa per causa diversa dall'incompetenza, 
impedisce l'inizio o il proseguimento dell'azione penale per gli stessi fatti 
innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria o militare. 

La norma pone una precisione processuale, assoluta ed oggettiva che 
non ammette deroghe ed eccezioni, preclusione che �pera, senza alcuna 
limitazione soggettiva, in tutti i procedimenti aventi per oggetto gli stessi 
fatti esaminati dal Parlamento. La dizione, formulata dal legislatore 
in modo volutamente ampio, prescinde, infatti, da ogni riferimento sog� 
gettivo -eadem persona -, che � l'elemento specifico che qualifica e fa 
scattare il principio del ne bis in idem, e pone, come causa della preclusione, 
un elemento oggettivo -eadem res -che, in quanto tale, 
rende operativa la preclusione stessa anche nei confronti di soggetti non 
ancora giudicati e, quindi, anche per imputati diversi da quelli esaminati 
dalla Commisione Inqtiirente e dal Parlamento. In conseguenza, non 
pu� essere accolta la tesi prospettata nella sentenza di rinvio a giudizio 
dal Giudice Istruttore, secondo il quale l'espressione usata dal legislatore 
� per gli stessi fatti � non importa un'estensione soggettiva della decisione 
deliberata dal Parlamento, ma una precisazione dell'estensione oggettiva 
della preclusione( nel senso ,che la preclusione stessa opera, soltanto nei 
confronti delle persone sottoposte ad inchiesta da parte del Parlamento, 
per gli stessi fatti .gi� esaminati, indipendentemente da ogni diversa ed 
ulteriore qualificazione giuridica. Invero, il silenzio della norma in ordine 
ai limiti soggettivi della preclusione non � conseguenza di una dimenti� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

canza e, quindi, di un errore di formulazione della dizione legislativa. Il 
legislatore vuole evidentemente evitare, per ragioni di convenienza politica 
pi� che per assicurare la certezza del diritto, il contrasto di giudicati 
emessi, sugli stessi fatti, dal Parlamento nei confronti di imputati � politici
� e dalla magistratura ordinaria nei confronti degli imputati �laici� 
-Questo fine coordina ed. ispira tutte le varie norme della legge, quali 
quelle relative alla riunione dei provvedimenti connessi, che estendo, al 
di l� dei limiti stabiliti dagli artt. 90 e 86 della Costituzione, la giurisdizione 
penale del Parlamento e della Corte Costituzionale. E proprio in 
queste norme il legislatore dimostra di voler distinguere tra connessione 

soggettiva e connessione oggettiva, differenziando, con espressioni adeguate, 
i procedimenti pendenti � per gli stessi fatti � (art. 11) dai procedimenti 
pendenti � nei confronti delle persone indicate negli artt. 90 e 96 
della Costituzione� (artt. 12 e 13). 

Non pu� essere seguita neppure l'altra tesi prospettata dal G.I., secondo 
il quale la preclusione opera soltanto nei confronti della persona 
sottoposta al procedimento di accusa da parte del Parlamento che, potendo 
riunire o separare i procedimenti connessi per ragioni soggettive, cio� 
relativi a reati commessi da pi� persone, � � arbitro, nella sua insindacabile 
valutazione politica, di disporre o meno una estensione dei limiti soggettivi 
dell'inchiesta e, correlativamente, dell'efficacia preclusiva dell'eventuale 
atto di definizione della medesima �. 

Se cos� fosse, infatti, la norma e la preclusione non avrebbero ragioni 
di esistere. Avocati e riuniti dal Parlamento tutti i procedimenti connessi, 
pendenti anche presso l'autorit� giudiziaria ordinaria, la preclusione derivante 
dalla definizione del procedimento di a.cc.sa non potrebbe mai operare 
neij'ambito della giurisdizione ordinaria, alla quale fa riferimento 
l'art. 15 della citata legge. Due ipotesi, infatti, sono possibili -o il procedimento 
pendente dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria non viene 
attratto dalla giurisdizione degli organi di giustizia politica che decidono, 
cos�, di non esercitare il potere discrezionale di riunione dei procedimenti. 
Allora la preclusione non pu� trovare applicazione, venendo in considerazione 
imputati non sottoposti al procedimento di accusa -oppure la 
riunione dei procedimenti avviene e allora la preclusione opera nei confronti 
di tutti i soggetti sottoposti al procedimento di accusa, nell'ambito, 
per�, della giurisdizione speciale, come conseguenza ovvia della pronuncia 
ed in applicazione del principio del ne bis in idem, e non nell'ambito della 
giurisdizione ordinaria, alla quale fa invece riferimento il citato art. 15. 
La norma, infatti, non � una inutile ripetizione dell'art. 90C.P.P., che trova 
applicazione, ex art. 34 della legge del 1962 n. 20, anche nei giudizi celebrati 
dinanzi agli organi di giustizia politica, ma � espressione del principio 
della divisione dei poteri e disciplina i rapporti e gli eventuali contrasti 
tra due diverse giurisdizioni. 


.PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Va rilevato, infine, che, comunque, la tesi del G.I., secondo il quale 
il Parlamento � arbitro di disporre o meno una estensione dei limiti soggettivi 
dell'inchiesta e, correlativamente, dell'efficacia preclusiva dell'eventuale 
atto di definizione della medesima, prospetta seri e concreti dubbi 
di illegittimit� costituzionale, in relazione all'art. 3 della Costituzione. 

Una cosa �, infatti, il potere discrezionale di riunione o separazione 
dei procedimenti connessi, altra cosa � il potere di estendere i limiti soggettivi 
della preclusione che, comportando anche la facolt�, esercitata per 
ragioni di opportunit� politica, di differenziare e discriminare alcuni soggetti 
da altri -tutti imputati �laici� -� in contrasto con l'articolo 3 
della Costituzione. 

Ci� posto, osserva il collegio che, quindi, l'art. 15 della legge del 1962 
pone una preclusione assoluta, generale, oggettiva valevole erga omnes, 
senza alcuna liII�itazione soggettiva, per tutti i procedimenti, pendenti 
davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria o militare, aventi per oggetto gli 
stessi fatti esaminati, nel procedimento di accusa, da parte della Commissione 
Inquirente. 

Se � vero ci� e se � vero che l'attuale procedimento ha per oggetto 
gli stessi fatti contestati al senatore Trabucchi -gli attuali imputati 
rispondono di concorso nei reati propri .ascritti al Ministro -e che il 
relativo procedimento � stato definito con deliberazione del Parlamento 
di non proporre la messa in stato di accusa, � anche vero che, ai sensi 
del citato art. 15, nella fattispecie dovrebbe essere emanata sentenza di 
non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine. ai reati di 
cui ai capi A) e B) della rubrica per � estinzione dell'azione penale �. 

Il Collegio ritiene, per�, che l'art. 15 della legge del 1962 n. 20 � in 
contrasto con la Costituzione. 

Osserva il Collegio, �n merito, preliminarmente, che la giurisdizione 
penale degli organi di giustizia politica presuppone, ex artt. 90 e 96 della 
Costituzione, un elemento soggettivo e un elemento oggettivo: la qualit� 
di Presidente del1a Repubblica o di Ministro e l'esistenza di un reato politico. 
Questi due presupposti qualificano la giurisdizione politica punitiva 
come giurisdizione necessaria, esclusiva e speciale: necessaria �ed esclusiva 
perch� i reati di cui agli artt. 90 e 96 della Costituzione sono sottratti alla 
giurisdizione ordinaria; speciale perch� la deroga alla giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria sussista soltanto nell'ipotesi che ricorrano 
entrambi i presupposti. In conseguenza, la giurisdizione politica punitiva, 
in quanto giurisdizione. necessaria, esclusiva e speciale, non pu� trovare 
applicazione al di fuori dei limiti di cui agli artt. 90 e 96 della Costituzione. 
Ogni estensione della giurisdizione punitiva, oggettiva o soggettiva, diretta 

o indiretta, costituisce violazione delle norme di cui agli artt. 90 e 96, e 
134 della Costituzione. 
Se � vero ci�, � anche vero, quindi, che l'illegittimit� costituzionale si 
prospetta, . non solo per le norme sulla connessione che facultizzano il 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

644 

Parlamento e la Corte Costituzionale ad estendere la pretesa punitiva anche 
nei c~nfronti df persone diverse da quelle indicate dagli artt. 90, 96 
e 134 della Costituzione ed a reati di natura non politica (art. 11, 16, 27 
legge 1962 n. 20), ma anche per il citato art. 15. La norma, infatti, estendendo 
anche agli imputati �laici� l'efficacia preclusiva del provvedimento 
di definizione del procedimento di accusa, estende, sostanzialmente, la sfera 
soggettiva della giurisdizione penale degli organi di giustizia politica. 

Per le stesse considerazioni l'art. 15 appare in contrasto con gli artt. 25, 
primo comma, 102 e 112 della Costituzione. La preclusione, infatti, sottrae 
l'imputato laico al_la giurisdizione ordinaria, lo distoglie dal giudice naturale 
ed impedisce l'inizio ed il proseguimento dell'azione penale. 

� vero che il Parlamento e la Corte Costituzionale, in quanto organi 
di giustizia penale previsti dalla stessa Costituzione, sono giudici precostituiti 
per legge, ma � anche vero che essi sono giudici naturali soltanto 
per i cosiddetti reati costituzionali e per le persone di cui agli artt. 90, 
96 e 134 Cost. Negli altri casi essi sono, invece, giudici speciali, se non. 
straordinari. E' ovvio che essi non diventano giudici naturali soltanto per. 
ch� la legge, nella specie la legge del 1962 n. 20, prevede la giurisdizione 
costituzionale per tutti i soggetti che vengano a' trovarsi in rapporto di 
connessione con le persone specificamente previste dagli artt. 90 e 96 Cost. 
C'� da rilevare, infatti, a parte l'incostituzionalit�, sotto altri profili, della 
norma, che la legge del 1962 � una legge ordin�ria e non una legge costituzionale. 


~on vale obiettare che la preclusione, importando l'estinzione del


l'azione penale davanti al giudice ordfuario, giova all'imputato. Il rilievo 

� valido, infatti, in relazione all'art. 25 Cost., che tutela l'interesse indivi


duale del soggetto, ma non in relazione agli artt. 102 e 112 Cost. che sono 

norme di ordine pubblico e di interesse generale. E, invece, sotto questo 

profilo va_ anche prospettata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 15 in 

relazione all'art. 3 Cost. che assicura l'uguaglianza di tutti i cittadini di 

fronte alla legge. Da un lato, infatti, l'estensione soggettiva della giurisdi


zione costituzionale penale pregiudica i diritti dell'imputato dei tre gradi 

della giurisdizione ordinaria. Dall'altro lato,� invece il soggetto, per effetto 

dell'art. 15 e dell'estensione soggettiva della preclusione, viene a trarre 

giovamento dalla pronuncia politica della Commissione Inquirente, vede 

estinguersi l'azione penale esercitata nei suoi confronti davanti all'autorit� 

giudiziaria ordinaria e viene a trovarsi in una posizione di privilegio 

rispetto agli altri cittadini che, per analoghi reati, si vedono sottoposti 

a procedimento penale. 

Ci� posto, osserva il Collegio che, proprio in . relazione alla natura 

politica della Commissione Inquirente e delle sue deliberazioni, va pro


spettata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 15 in relazione agli artt. 101 

e 104 della Costituzione, che assicurano l'autonomia e l'indipendenza della 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Magistratura da ogni altro potere e la soggezione dei magistrati soltanto 
alle leggi. 

Non c'� dubbio, infatti, che la preclusione, nonostante la sua natura 
processuale, importando l'estinzione od impedendo il proseguimento del� 
l'azione penale, costringe il magistrato, sostanzialmente, a far� proprio il 
giudizio politico della Commissione Inquirente. La natura politica di questo 
organo e delle sue decisioni � incontestabile e si evince chiaramente 
da norme di diritto positivo, in particolare dall'art. 20 del regolamento 
parlamentare, dalle leggi del 1953 n. 1 e del 1962 n. 20 e dalle relazioni 
relative (Paratore, Cossiga, Angelieri ed altri). Il regolamento parlamen


. 
tare attribuisce alla commissic~ne inquirente il potere di definire il procedimento 
di accusa con un provvedimento di non doversi procedere, ma 

' 
non specifica i casi in cui tale decisione deve essere emanata. La legge 
costituzionale n. 1 del 1953 e quella ordinaria n. 20 del 1962 si soffermano 
soltanto, e sintomaticamente, sulla deliberazione di messa in stato di 
accusa. 

Il silenzio della legge e la generica dizione usata nell'art. 20 del regolamento 
parlamentare � allorch� la commissione non ritiene di proporre 
al Parlamento la messa in stato di accusa� stanno a dimostrare il carattere 
non giuridico, ma politico e discrezionale della decisione o, come dice 
la relazione Cossiga (Att. Camera, III Legislatura, doc. n. 3173-A, n. 14) 
�il carattere non obbligatorio, ma di _opportunit�, della prosecuzione dell'azione 
punitiva costituzionale �. Il motivo � ovvio, perch� come si afferma 
in altra parte della citata relazione: � Il carattere politico dei reati sottoposti 
a detta giurisdizione naturalmente esigono che il titolare del potere 
di attivazione del procedimento di accusa sia un organo che, per la sua 
struttura e per le sue funzioni, sia in grado di valutare la gravit� del 
provvedimento di accusa e la opportunit� del suo promovimento, anche 

.in relazione alle fondamentali esigenze dell'equilibrio politico che interessa 
l'esistenza dell'ordinamento statuale non meno della prosecuzione e della 
punizione dei cosl detti reati costituzionali �. 

Osserva il Collegio, inoltre, sotto il :profilo strettamente giuridico, che 
la Commissione Inquirente opera, come si evince dall'esplicita dizione dell'art. 
3 della legge del 1962 n. 20, esercitando �gli stessi poteri, compresi 
quelli coercitivi e cautelari, attribuiti dal codice di procedura penale al 
pubblico ministero nell'istruzione sommaria �. 

�Se � vero ci�, e anche vero, quindi, che concreti dubbi di costituzionalit� 
dell'art. 15 derivano dal fatto che la preclusione scaturisce non da 
una sentenza della Corte Costituzionale, ma da una decisione di un organo 
politico con funzioni di P.M. 

Il Tribunale, quindi, per le ragioni suesposte, ritiene l'applicabilit� 
nella specie della preclusione di cui all'art. 15, ma d'ufficio propone questione 
di illegittimit� costituzionale della norma, ritenutane la rilevanza 
ai fini della decisione. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

646 

P.Q.M. 
Ritiene non manifestamente infondata la questione di illegittimit� 
costituzionale dell'art. 15 legge 25 gennaio 1962 n. 20 in relazione agli: 

-artt. 90, 96 e 134 Cost. 

-~rtt. 25, primo comma, 102, 112 Cost. 

-art. 3 Cost. 

-art. 101 e 104 Cost. 

Rimette gli atti alla Corte Costituzionale per la decisione della questione. 


Ordina che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli 
atti alla -Corte Costituzionale �sia notificata al Presidente del Consiglio dei 
Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 

Sospende il processo anche per il reato di cui al capo i) -falso in 
bilancio -, che � in rapporto di evidente connessione probatoria con gli 
altri reati, e rinvia il processo a nuovo ruolo. 

TRIBUNALE DI VITERBO, 6 aprile 1976, n. 247 ~ Pres. Mori � Rel. Fioretti 
� P. M. Labate (conf.) -appellanti Bocci Riccardo e Giuseppe. 

Antichit� e belle arti � Tutela del patrimonio archeologico � Riconoscimento 

dell'interesse archeologico delle cose rinvenute � Atto amministrativo � 

Necessit�. 

(art. 1, I. 1 giugno 1939, n. 1089). 

Perch� i beni di interesse storico, artistico ed archeologico ritrovati 
diventino di propriet� pubblica, � necessario che di tale interesse sia intervenuto 
un riconoscimento frutto di una valutazione discrezionale, anche 
se tecnica, che deve ritenersi demandata in via esclusiva alla competente 
autorit� amministrativa (1). 

(1) L'affermazione de� Tribunale di Viterbo che si legge nella sentenza che 
si annota, non pu� essere assolutamente condivisa sul piano giuridico. 
Il Giudice di appello ha ritenuto di dover assolvere gli imputati con la 
formula � perch� il fatto non costituisce reato � dall'accusa di danneggiamento 
in base all'affermazione che i sette tumuli sepolcrali e l'area sepolcrale protovillanoiana 
rinvenuti nel terreno di loro propriet� e costituenti un documento 
insigne di quella antica civilt� non fossero di propriet� dello Stato e non sussistesse 
perci� quell'elemento, essenziale del contestato reato, dell' � altruit� � della 
cosa .. 



PARm I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

647 

(Omissis). -Fondato, invece, � l'appello nel merito ed in particolare 
va accolto il primo motivo. Il reato di danneggiamento in tanto � confi� 
gurabile in quanto abbia ad oggetto cose mobili o immobili altrui. Ora 
la distruzione dei tumuli summenzionati � intervenuta quando ancora 
non poteva ritenersi che questi fossero entrati a far parte del demanio 
dello Stato. Non condivide, infatti, il collegio la tesi del primo giudice 
che gli otto tumuli, per essere stati rinvenuti a seguito di ricerche autorizzate 
dal Ministero della P.I., in virt� del principio stabilito dall'art. 46, 
primo comma, della legge n. 1089 del 1939, appartenevano allo Stato sin 
dal momento della loro scoperta ed in forza del combinato disposto degli 
artt. 1 e 46 della legge succitata e 822, secondo comma, e.e. �rano, sin da 
tale momento, entrati a far parte del pubblico demanio. Va osservato in 

� proposito che ai sensi dell'art. 1 della citata legge n. 1089 del 1939 non 
rientrano nell'ambito di applicazione della legge stessa tutte le cose che 
abbiano attinenza con la storia, l'arte, l'archeologia e l'etnografia, ma solamente 
quelle che per esse presentino interesse. L'art. 45, primo comma, 
della legge summenzionata dispone, altres�, che il Ministro per l'educa� 
zione nazionale (attualmente della P.I.), sentito il consiglio nazionale del� 
l'educazione, delle scienze e delle arti, pu� fare concessione a enti o pri� 
vati di eseguire ricerche archeologiche per il ritrovamento di cose di cui 
all'art. 1; l'art. 46, primo comma, stessa legge dispone, poi, che le cose 
ritrovate (cio� quelle di cui all'art. 1) appartengono allo Stato. Dalle nor� 
me ora richiamate emerge chiaramente che tra le cose ritrovate appartengono 
allo Stato solamente quelle che presentino interesse storico, ar� 
cheologico e artistico; il riconoscimento di tale interesse poi, per l'art. 822, 

Per giungere a questa affermazione per� il Tribunale di Viterbo ha �com� 
messo gravi errori di diritto interpretando in modo inesatto le leggi applicabili 
in materia. Si regge infatti la sentenza su due proposizioni: 

I) che ai sensi dell'art. 1 della legge n. 1089 del 1939 non rientrano nel� 
l'ambito di applicazione della legge stessa tutte le cose che abbiano attinenza 
con la storia, l'arte, l'archeologia e l'etnografia, ma solamente quelle che per 
esse presentino interesse; 

II) che, perch� sugli oggetti rinvenuti sorga il diritto di propriet� pubblica, 
non basta il loro ritrovamento unito al fatto che obiettivamente presen�� 
tino interesse storico, archeologico ed artistico, ma � necessario che sia intervenuto 
un riconoscimento di tale interesse frutto di una valutazione discrezionale 
anche se tecnica che deve ritenersi demandata in via esclusiva alla com� 
petente Autorit� amministrativa. 

Con la prima proposizione, peraltro, o si afferma una cosa ovvia, ripetendo 
con altre parole il testo dell'art. 1 della legge n. 1089 del 1939 o, se si intende 
effettivamente distinguere le cose � attinenti � dalle cose � interessanti � com� 
criterio generale valido a ritenerle, rispettivamente, escluse od incluse nell'ambito 
della legge, si commette un evid�nte errore, poich� nell'art. 1 i termini 
� interesse '" � d'interesse � e � interessano � sono usati nel senso di � concer




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

648 

secondo comma, e.e. fa s� che tali cose, sin dal momento del loro ritrovam�nto, 
appartengono al demanio dello Stato. Pertanto, perch� sugli oggetti 
in questione sorga il diritto di propriet� pubblica, non basta il loro 
ritrovamento unito al fatto che obiettivamente presentino interesse storico, 
archeologico e artistico, ma � necessario che sia intervenuto un riconoscimento
� di tale interesse, frutto di una valutazione discrezionale, 
anche se tecnica, che deve ritenersi demandata in via escl1;1siva alla competente 
autorit� amministrativa. Infatti la legislazione sulla tutela delle 
cose di interesse artistico, storico, archeologico ha la funzione di affidare 
alla pubblica amministrazione la tutela esclusiva del patrimonio culturale 
dello Stato. Lo si evince da tutto il contesto della legge n. 1089 del 1939, 
nonch� dal fondamentale, in proposito, art. 1 della legge 22 maggio 1939, 

n. 823 sul riordinamento delle soprintendenze alle antichit� e all'arte, che � 
dispone che la cura degli interessi archeologici � affidata al Ministero 
della P.I., direzione generale delle antichit� e belle arti, che la esercita 
per mezzo delle soprintendenze. In tal senso �, inoltre, l'insegnamento di 
numerose sentenze del Supremo Collegio e soprattutto di quella a sezioni 
unite del 24 maggio 1956, n. 1759, in Giust. civ., Mass., 1956, 592. Alla stregua 
dei suesposti principi, devesi escludere, pertanto, che alla data del 
delitto, per cui � causa, i tumuli in questione potessero ritenersi di propriet� 
dello Stato, dato che non vi era stato nessun provvedimento della 
P.A. inteso a riconoscerne l'interesse storico, artistico, archeologico o etnografico 
(� indubbio per� che gli effetti di tale riconoscimento ai fini 
dell'acquisto della propriet� pubblica, trattandosi di accertamento di una 
qualit� inerente alla cosa ritrovata e quindi esistente sin dal suo rinvenimento, 
debbano necessariamente farsi retroagire a tale momento). Quand'anche, 
poi, si volesse ritenere che i tumuli rinvenuti dal prof. Rittatore 
appartenessero allo Stato, si dovrebbe pur sempre escludere che la dinente 
>>, essendo la graduazione dell'interesse stabilita da altre e successive 
norme (vedi l'art. 3 sull'interesse particolarmente importante o l'art. 5 sull'eccezionale 
interesse) ed essendo quei termini nell'indicato senso perfettamente 
idonei a rappresentare la ratio legis, tesa ad individuare il bisogno 
pubblico che quei beni soddisfano. A meno che non si voglia (e sarebbe cos� 
ancor pi� gravemente erronea la decisione del Tribunale) affermare che, a 
differenza delle altre cose previste dall'art. 1 quelle che interessano la paleontologia, 
la preistoria e le primitive civilt� siano comunque (a prescindere cio� 
da ogni accertamento di valore) soggette alla legge. 

La seconda proposizione poi � decisamente inesatta: la Suprema Corte di 
Cassazione ha avuto pi� volte modo di precisare che l'accertamento tecnico 
sulla sussistenza o meno della natura artistica, storica od archeologica delle 
cose non deve essere necessariamente affidato a comuni periti in materia, in 
quanto pu� ben demandarsi agli organi della P.A. preposti alla tutela del 
patrimonio di antichit� e d'arte e pu� desumersi dalla stessa denuncia presentata 
al P.M. da detti uffici (Cass. 17 febbraio 1971, n. 457, Mass. 118141; 22 no




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

649 

struzione degli stessi sia stata effettuata dagli imputati con dolo. Gli imputati 
hanno asserito eh~ la P.A. non ha mai vincolato-il loro terreno, 
n� li ha mai portati a conoscenza, notificando loro un qualsiasi provvedimento, 
della importanza della scoperta del Rittatore. Lo stesso Rittatore 
non li aveva mai informati del valore dei ritrovamenti. Inoltre questo 
aveva eseguito altri scavi in altri terreni dei prevenuti e dopo l'asportazione 
degli oggetti rinvenuti, gli scavi stessi erano stati ricoperti. Quanto 
asserito dagli imputati risponde a verit�, in quanto solo il 9 agosto 1972 
e cio� cinque mesi dopo la distruzione dei tumuli, il Ministro della P.I. 
con suo decreto, in pari data, ha disposto l'occupazione' del terreno degli 
imputati stessi, in Jocalit� � Crostoletto di Larrione �, mentre prima non 
vi era stato nessun provvedimento della P.A. ad esclusione della concessione 
di ricerca al Rittatore. Il Rittatore, poi, ha ammesso di non aver 
mai informato i prevenuti della importanza della sua scoperta. Il teste 
Fossati Giovanni ha confermato, infine, che in altre occasioni scavi, effettuati 
dallo stesso Rittatore, erano stati ricoperti. Tenuto conto di tutte 
le circostanze su esposte e del fatto che i tumuli in questione, come emerge 
dalla documentazione fotografica in atti, si presentavano all'occhio del 
profano solamente come mucchi di sassi, � ragionevole ritenere che nell'arare 
il loro terreno, ricoprendo cos� i tumuli stessi, i prevenuti non 
abbiano agito con la consapevolezza, di cancellare, cos� facendo, una testimonianza, 
come ritenuto dal Rittatore, ma solo dal Rittatore, dato che 
la P.A. non si � mai pronunciata al riguardo, di grandissimo interesse 
archeologico. Va, pertanto, la appellata sentenza riformata con l'assoluzione 
di entrambi i prevenuti dal delitto loro ascritto perch� il fatto non 
costituisce reato. -(Omissis). 

vembre 1971, n. 1755, Mass. 120947; 17 dicembre 1973, n. 2020, Mass. 127895). Se 
quindi l'accertamento pu� demandarsi all'Amministrazione, vuol dire che esso 
non � riservato esclusivamente ad essa. Del resto, trattandosi di un mero 
accertamento tecnico e non discrezionale, non si comprende come potrebbe 
esservi da parte del Giudice penale un'invasione in un ambito riservato esclusivamente 
alla P .A. Nel caso di specie, vi era stata la presentazione della denuncia 
da parte del Soprintendente alle Antichit� dell'Etruria Meridionale, il che 
era ben valido a far ritenere sussistente l'accertamento, meramente dichiarativo 
e quindi con efficacia ex tunc, come lo stesso Tribunale riconosce. 

Seppoi la legge n. 1089 del 1939 mira (V. Cass. 17 febbraio 1971, n. 466, 
Mass. 118143) a prevenire la dispersione, l'occultamento e l'impossessamento 
delle cose che rivestono interesse storico, artistico o archeologico, si frustrerebbe 
lo scopo della legge stessa, come esattamente aveva osservato il Pretore 
nella sentenza riformata con la decisione che si annota, mandando impuniti 
tutti i casi in cui si tende proprio ad impedire l'intervento dell'autorit� amministrativa, 
distruggendo od occultando le cose rinvenute fortuitamente prima 
che questa ne abbia notizia. 

P.D.T. 

650 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PRETURA DI BENEVENTO, 30 maggio 1975 -Pret. Iannelli -imp. Zampini. 


Terremoti � Legge antisismica -Edifici e monumenti ricadenti sotto la 
legge 1� giugno 1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, n. 1497 -Inapplicabilit�. 

(I. 25 novembre 1962, n. 1684). 
La legge antisismica non � applicabile nei casi di lavori di riparazioni 
e restauro di edifici monumentali sottoposti alla disciplina delle leggi 
1<> giugno 1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, n. 1497 (1). 

(Omissis). -In data 1� febbraio 1973 l'Ufficio del Genio Civile di Benevento 
denunziava Casaburo Aldo Terenzio, rappresentante la Provincia 
Francescana di Napoli dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, per i fatti 
descritti in rubrica. Faceva presente che i lavori rientravano nel quadro 
di un restauro di opere monumentali al quale provvedeva la Sopraintendenza 
ai Monumenti per la Campania, con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno. 
Iniziatasi l'azione penale, Casaburo Aldo Terenzio e Zampino 
Mario, nella qualit� di Sopraintendenti ai Monumenti, venivano rinviati 
a giudizio per rispondere dei reati come in epigrafe distinti. All'odierna 
udienza prefissata per il dibattimento, la difesa dei prevenuti (per Zampino 
si � costituito l'Avvocatura dello Stato)� ha sostenuto che le disposizioni 
della legge sismica non erano applicabili al caso di specie. La tesi 
difensiva merita accoglimento. In effetti l'art. 24 della legge n. 1684 del 
1962 testualmente recita: � Per la esecuzione di qualsiasi lavoro di riparazione 
in edifici o manufatti di carattere monumentale o aventi comunque 
interesse archeologico, storico ed� artistico, siano essi pubblici o di 
privata propriet�, restano ferme le disposizioni stabilite dalle leggi 1<> giugno 
1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, n. 1497 �. La norma, � equivoca, non 
precisando se, �asserendo che � restano ferme � le disposizioni contenute 
nelle leggi anzidette, dovesse o meno ritenersi esclusa l'applicazione della 
legge antisismica alle stesse fattispecie. Un'interpretazione logica della norma, 
per�, fa proprendere per la tesi della non applicazione della legge 
antisismica. Le leggi, n. 1089 e n. 1477 del 1939 sono poste a tutela del patrimonio 
storico ed artistico dello Stato e la Sopraintendenza ai Monumenti 
� l'organo dello Stato che ha l'obbligo istituzionale del controllo dell'applicazione 
delle �stesse. � evidente che nell'esecuzione di un restauro artistico 
il concetto informatore � quello della conservazione della integrit� 
volumetrica ed estetica delle fabbriche e ci� in base alle drastiche disposizioni 
della � Carta del Restauro �, tali disposizioni sarebbero state spesso 

(1) La sentenza del Pretore fa corretta applicazione del princ.ipio secondo 
il quale la legge posteriore generale non deroga alla legge speciale anteriore. 
Sulla questione non constano precedenti in termini. 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

in contrasto con le norme della legge n. 1684 del 1962, se quest'ultime 
dovessero ritenersi applicabili non solo per edifici di tipo � comune �, 
ma anche per quelli di interesse archeologico, storico ed artistico. Questi 
ultimi, infatti, ben difficilmente si prestano ad interventi conciliabili con 
le disposizioni della legge antisismica. Deve ritenersi, pertanto, che con il 
disposto del ricordato art. 24 il legislatore ha inteso escludere l'applicazione 
della legge n. 1684 del 1962 agli edifici sottoposti alla disciplina delle 
leggi n. 1089 e n. 1497 del 1939, ritenendo preponderante nell'esecuzione 
dei restauri stessi l'interesse artistico in ordine alla conservazione del 
bene culturale. Da quanto detto si evince che gli imputati vanno prosciolti 
con la fo~ula pi� ampia. -(Omissis). 


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PARTE SECONDA 



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LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice civile, art. 45, primo comma, nella parte in cui, in caso di separazione 
di fatto dei coniugi ed ai fini della competenza per territorio nel giudizio 
di separazione, prevede che la moglie, la quale abbia fissato altrove la propria 
residenza, conservi legalmente il domicilio del marito. 

Sentenza 14 luglio 1976, n. 171, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

codice penale, art. 169, quarto comma, nella parte-in cui esclude che possa 
concedersi un nuovo perdono giudiziale nel caso di condanna per delitto commesso 
anteriormente alla prima sentenza di perdono, a pena che, cumulata con 
quella precedente, non superi i limiti di applicabilit� del beneficio. 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 154, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

codice di procedura penale, art. 169, terzo comma, nella parte in cui non 
prevede, quale elemento integrante e sostanziale della prima notificazione, presso 
il portiere o chi ne fa le veci, all'imputato non detenuto, che l'ufficiale giudiziario 
debba darne notizia al destinatario a mezzo di lettera raccomandata. 

Sentenza 14 luglio 1976, n. 170, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

codice di procedura penale, artt, 502 e 503, nella parte in cui non prevedono 
che il difensore dell'imputato abbia il diritto di assistere al sommario interrogatorio 
del medesimo. 

Sentenza 14 luglio 1976, n. 172, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

codice della �navigazione, art. 589, nella parte in cui attribuisce al comandante 
di porto, quale giudice di primo grado, la competenza a decidere le cause 
per sinistri marittimi in detto articolo elencate e il cui valore non eccede le 
lire centomila. 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 164, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, secondo comma, limitatamente alla 
parte in cui non consente la difesa dell'infermo nei procedimenti relativi al 
ricovero provvisorio che si svolgono innanzi al pretore, nonch� innanzi al tribunale 
in sede di reclamo avverso il provvedimento del pretore. 

Sentenza 3 agosto 1976, n. 223, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 7 luglio 1907, n. 429, art. ~5, secondo comma, nonch� le altre disposizioni 
di legge che ad esso articolo si ricollegano nella parte in cui tali norme 
dispongono che i funzionari ed agenti delle ferrovie dello Stato non compresi 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel comma terzo dell'art. 25, negli artt. 14 e 37 della legge 7 luglio 1907, n. 429, 
testo vigente; rispondono direttamente all'amministrazione dei danni ad essa 
arrecati per la loro colpa o negligenza, e che le autorit� competenti a pronun� 
ciarsi al riguardo possono, valutate le circostanze, ridurre o anche non applicare 
l'addebito per il danno subito dall'amministrazione. 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 201, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

r.d. 29 aprile 1915, n. 582, art. 3, limitatamente all'inciso �ma non mai 
in misura superiore al valore che avevano il 12 gennaio 1915 �. 
Sentenza 7 luglio 1976, n. 155, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 12 e 14 (legge del registro), nella parte 
in cui non prevedono, ai fini della restituzione della imposta, le ipotesi che sia 
stata dichiarata nulla o riformata la sentenza, in cui si contenga l'enunciazione 
di un atto soggetto a registrazione o da cui si desuma la retrocessione di un 
diritto. 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 198, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47, quinto comma, nella parte in cui 
non dispone che, relativamente ai macchinari industriali che servono ad un opificio, 
non venga fatto, al,l'atto del trasferimento di esso, il medesimo trattamento 
tributario che gli altri commi dello stesso articolo riservano alle pertinenze del 
fondo agricolo alienato. � 
Sentenza 14 luglio 1976, n. 167, G. U. 21 luglio 1976, n. 1~1. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50, secondo comma (legge del registro), 
nella parte in cui non dispone che anche per le vendite forzate senza incanto 
effettuate ai sensi degli articoli 570 e seguenti del codice di procedura civile, 
la tassa proporzionale � dovuta sul prezzo di aggiudicazione. 
Sentenza 7 luglio 1976, n. 156, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 30, nella parte in cui consente agli enti 
pubblici concedenti di stipulare con gli assegnatari degli alloggi popolari contratti 
di locazione per un tempo determinato, nonch� di avvalersi nei loro 
confronti del procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione. 
1 

Sentenza, 28 luglio 1976, n. 193, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, ultimo comma, nella parte in cui, limitatamente 
alle zone di ripopolamento, punisce il porto �delle armi da caccia con 
munizione spessata e di arnesi per l'uccellaggione, a meno che il trasporto avvenga 
per giustificato motivo e che il fucile sia smontato o chiuso in busta o 
altro involucro idoneo�, con la multa da L. 20.000 a L. 100.000. 
Sentenza 14 luglio 1976, n. 176, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

r.d. 9 settembre ,1941, n. 1023, artt. 34 e 35. 
Sentenza 22 luglio 1976, n. 192, G. U. 28 luglio 1976, n. � 198. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 11 gennaio 1951, n. 25, art. 18, nella parte in cui dispone che le 
imposte dirette, accertate in confronto dei contribuenti non tassati in base a 
bilancio sono commisurate sui redditi conseguiti nell'anno solare precedente. 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 200, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.P.R. 5 luglio l951, n. 573, art. 10, secondo comma. 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 200, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 3, nella parte in cui -in relazione al� 
l'art. 170, ultimo comma, del codice di procedura penale e per effetto della 
estensione delle norme sul giudizio di primo grado al giudizio di appello, previste 
dall'art. 519 del codice di procedura penale -prescrive che il decreto di 
irreperibilit�, emesso nel giudizio di appello, cessa di avere efficacia solo con 
la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione e non con la pronuncia del 
giudice di appello. 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 197, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 131 e 139, nella parte in cui si stabilisce 
che i redditi della moglie, la quale non sia legalmente ed effettivamente 
separata, concorrano insieme con quelli del marito a formare un reddito complessivo, 
su cui � applicata con aliquota progressiva l'imposta complementare. 
Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

d.I. 21 novembre 1967, n. 1051, artt. 2, secondo comma, lettera a: 3, primo 
comma: 4, primo, terzo e quarto comma, nella parte in cui hanno sostituito 
le corrispodenti disposizioni, direttamente applicabili, dei regolamenti (C.E.E.) 
22 settembre 1966, n. 136, e 26 ottobre 1967, n. 754. 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 205, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, artt. 9 e 10, nella parte in cui hanno sostituito 
le corrispondenti cjisposizioni, direttamente applicabili, dei regolamenti (C.E.E.) 
13 giugno 1967, n. 120, e 21 dicembre 1967, n. 1041. 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 205, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 12 marzo 1968, n. 334, art. 9. 

Sentenza 22 luglio 1976, n. 185, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

d..P.R. 24 dicembre 1969, n. 1053, art. 1, nella parte in cui, richiamando in 
vigore il decreto-legge 18 dicembre 1968, n. 1234, convertito con modificazioni 
nella legge 12 febbraio 1969, n. 5, prevede fatti di reato punibili con la reclu� 
sione e con la multa. 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 157, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

r legge 9 ottobre 197'1, n. 825, art. 2, n. 3. 

Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

d.>P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 15, 16, 17, 19, 20 e 30. 

Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 


RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELl..O STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, art. 8, nella parte in cui prevede che alla 
determinazione delle maggiorazio:q.i delle somme d'importo pari alle quote va� 
riabili di soppressi tributi erariali, da corrispondere alle provincie autonome di 
Trento e di Bolzano, si proceda � sentite dette amministrazioni, con decreto del 
Ministro per le finanze di concerto con quello del tesoro �. 
Sentenza 22 luglio 1976, n. 180, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 2, primo comma, e 4, lettera aJ. 
Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 
d.P.R. 29 settembre '1973, n. 600, artt. 1, terzo comma, 46, 56 e 57. 
Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 
legge reg. Campania 6 marzo 1974. 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 150, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge reg. Umbria 24 ottobre 1974. 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 153, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge �reg. Umbria 6 febbraio 1975, approvata con deliberazione n. 1363. 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 153, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge reg. Umbl'ia 6 febbraio '1975, approvata con deliberazione n. 1364. 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 153, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2� e 45, nella parte in cui non sono consentiti, 
previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l'instal� 
lazione e l'esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere 
di portata non eccedente l'ambito locale. 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 202, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 14, nella parte in cui prevede la possi� 
bilit� che mediante le realizzazioni di impianti da parte della societ� concessionaria 
siano esaurite le disponibilit� consentite dalle frequenze assegnate all'Ita� 
lia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione. 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 202, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice civile, art; 1310, primo comma (artt. 3, primo comma, e 24 d�lla 
Costituzione). 

Sentenza 28 luglio 1976, n, 201, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

codice penale, artt. 330 e 340 (artt. 3, 39 e 40 della Costituzione). 
Sentenza 3 agosto 1976, n. 222, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 



PARm II, LEGISLAZIONE 

codice penale, art. 656 (art. 21 della Costituzione). 

Sentenza 3 agosto 1976, n. 210, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

codice penale, art. 663�bis (21, 2 e 49 della Costituzione). 

Sentenza 22 luglio 1976, n. 188, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

codice di procedura penale, art. 70, ultimo comma (art. 25, primo comma. 
della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1976, n. 168, G. U. 21 luglio 1976, n. 191" 

codice di 'pr�cedura penale, art. 177�bis, cpv. (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza -22 luglio 1976, n. 183, G. U. 28 luglio 1976, n.. 198. 

codice di procedura penale, art. 304-bis (artt. 3 e 24 della Cost~tuzione) 
nella parte in cui omette di prevedere l'assistenza del difensore dell'iinputato 
agli interrogatori dei coimputati ed ai confronti tra coimputati o tra imputato 
e testi. 

Sentenza 3 agosto 1974, n. 218, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

codice di procedura penale, art. 364 (artt. 3 e 24 della Costituzione) nella 
parte in cui omette di prevedere l'intervento del difensore ai confronti tra coimputati 
o tra imputato e testi. 

Sentenza 3 agosto 1976, n. 218, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

codice di procedura penale, art. 378 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 


Sentenza 14 luglio 1976, n. 174, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

codice di procedura penale, a�rt. 390 (artt. 24, secondo comma, e 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 208, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

codice di pl'ocedura penale, art. 399, secondo comma (artt 24, 97 e 112 
della Costituzione). 

Sentenza 3 agosto 1976, n. 210, G. U. 4 agosto 1976, n 205. � 

codice di procedura penale, art. 630, secondo comma (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). � 

Sentenza 7 luglio 1976, n. 159, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma (artt. 2, 28 e 52 
della Costituzione). 

Sentenza 22 luglio 1976, n. 189, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 


112 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale militare di pace, art. 264 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 196, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

r.d. 16 luglio 1905, n. 646, art. 42, secondo comma (artt. 3, primo comma, 
e 24, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 3 agosto 1976, n. 211, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3266, art. 11 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 198, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 3 agosto 1976, n. 220, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 
r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, .primo e terzo comma (testo unico delle 
leggi di pubblica sicurezza) (artt. 17, terzo comma, e 21 della Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1976, n. 160, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge 2 febbraio 1939, n. 374 (artt. 21, 2 e 49 della Costituzione). 
Sentenza 22 luglio 1976, n. 188, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 


legge 17 lugUo 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). 


Sentenza 3 agosto 1976, n. 209, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 11 gennaio 1943, n. 138, artt. 11, secondo comma, e 36, primo comma 

(art. 27 della Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

d.I. lgt. 28 dicembre 1944, n. 411, art. 5 (a~tt. 41, terzo comma e 97 della 
Costituzione). � 
Sentenza 3 agosto 1976, n. 221, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.I. C.p.S. 13 settembre 1946, n. 303, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 52 
della Costituzione). 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 194, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.I. C.p.S. 15 setembre 1947, n. 896, art. 1 (artt. 23, 41, terzo comma, e 97, 
della Costituzione). 
Sentenza 3 agosto 1976, n. 221, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 29 aprile 1949, n. 264, art. 11, quarto comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). 


Sentenza 28 luglio 1976, n. 207, G. U. 4. agosto 1976, n. 205. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 23, primo comma (art. 27 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

legge 1� luglio 1955, n. 638, art+. 11, 20 e 23 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 


Sentenza 7 luglio 1976, n. 151, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

+.u. 30 maggio 1955, n. 797, art. 82, primo e secondo comma (art. 27 della 
Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

legge 2�6 novembre 1955, n. 1177, art. .J8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 3 agosto 1976, n. 219, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 79, terzo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 
Sentenza 7 luglio 1976, n. 161, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge 14 febbraio 1963, n. 60, art. 11 (art. 27 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

legge 3 febbraio 1965, n. 14 (artt. 3, 35, 36 e 38, quarto comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 199, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 3 febbraio 1965, n. 14, art. 9 (artt. 3, 35, 36 e 38, quarto comma, della 
Costituzione), nella parte in cui non prevede, in relazione agli -infortuni sul la� 
voro l'obbligatoriet� dell'assicurazione presso l'INAIL. 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 199, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art+. ~O. 42, 28, 44, 50, primo comma e 195 
(art. 27 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1976, n~ 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 1 O (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione), nella 
parte in cui delimita l'applicazione della normativa e specificamente dell'art. 9 
ai prestatori di lavoro assunti in prova, dal momento in cui la loro assunzione 
diviene definitiva e in ogni caso quando sono decorsi sei mesi dall'inizio del 
rapporto di lavoro. 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 204, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 11, quarto, quinto e sesto comma (art. 3, 
primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 22 luglio 1976, n. 187, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 


114 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (artt. 3, 35, primo comma, 52, 53 e 97 
della Costituzione). 

Sentenza 28 luglio 1976, n. 194, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 3, n. 2, lettera b (artt. 2, 3, 29 e 31 
della Costituzione). 

Sentenza 22 luglio 1976, n. 181, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

legge 11 giugno 197'1, n. 426, artt. 38 e 39 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 7 luglio 1976, n. 152, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 2, sec�ondo comma (artt. 3 e 25 della 
Costituzione). 
Sentenza 3 agosto 1976, n. 214, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, limitatamente alla istituzione delle nuove 
commissioni tributarie (artt. 24, 102, secondo comma, e VI disp. trans. e fin. 
della Costituzione). 
Sentenza 3 agosto 1976, n. 215, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

d.P.R. 26 ottobre 19712, n. 638 (art. 52, ultimo comma, dello Statuto della 
regione Trentino Alto Adige). 
Sentenza 22 luglio 1976, n. 180, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

�legge 18 dicembre 1973, n. 880, artt. 1, 2, secondo e terzo comma: 3, pri� 
mo e secondo comma: 4, 5, primo comma e 6 (art. 16 dello Statuto della regione 
TreIJ.tino Alto Adige). 

Sentenza 22 luglio 1976, n. 190, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

d.I. 8 luglio 1974, n. 261, art. 6 (artt. 4 e 13 della Costituzione). 
Sentenza 28 luglio 1976, n. 194, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 
d.I. 14 dic~mbi'e 1974, n. 657, art. 2, quarto comma (artt. 8, nn. 3 e 6, e 
16 dello .Statuto della regione Trentino Alto Adige). 
Sentenza 14 luglio 1976, n. 169, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

le9ge reg. Lombardia 26 marzo 1975 (artt. 117 e VIII disp. trans. e fin. 
della Costituzione). 

Sentenza 3 agosto 1976, n. 212, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 9 maggio 1975, n. 153, art. 27 (artt. 116, 117 e 118 della Costituzione). 
Sentenza 22 luglio 1976, n. 182, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

d.P.R. 2 luglio 1975, n. 288, art. 1 (artt. 20, 21,. 36 e 43 dello Statuto della 
Regione siciliana). 
Sentenza 14 luglio 1976, n. 166, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

! 


I; 


PARTE II, LEGISLAZIONB 
ttJ 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 2596 (artt. 41 e 43 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 26 febbraio 1976, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

codice penale, art. 176, pp. e cpv. (artt. 3 pp. e 27, terzo comma, della 
Costituzione). 

Giudice di sorveglianza del tribunale di Oristano, ordinanza 15 dicembre 
1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. 

codice penale, art. 54.2 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pisa, ordinanza 1� dicembre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

codice penale militare di .pace, art. 184, secondo comma (artt. 17 e 21 
della Costituzione). 

Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 25 febbraio 1976, G. U. 4 agosto 
1976, n. 205. 

d. lgt. 1� maggio 1916, n. 497, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale pensioni militari, ordinanza 
27 ottobre 1975, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

r.d.I. 15 ottobre 1925, n. 2033, art. 44 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Pretore di Otessa, ordinanza 6 marzo 1976, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinanze (cinque) 1� ottobre 1975, G. U. 7 luglio 1976, 

n. 177, e 18 agosto 1976, n. 218. 
r.d.I. 4 ottobre 1935, n. U27, art. 73, primo comma (art. 38 della Costituzione). 
Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 27 gennaio 1976, G. U. 18 agosto 1976, 

n. 218. 
legge 17 agosto 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). 


Corte di cassazione, ordinanze (due) 21 marzo e 21 novembre 1975, G. U. 
4 agosto 1976, n. 205, e 28 luglio 1976, n. 198. 
Corte d'appello di Bari, ordinanze (tre) 9 maggio, 22 settembre ed 8 ottobre 
1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 
Tribunale di Como, ordinanze (cinque) 1� ottobre 1975, G. U. 7 luglio 1976, 

n. 
177, e 18 agosto 1976, n. 218. 
Tribunale di GeRova, ordinanza 12 dicembre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

116 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 114 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale pensioni di guerra, ordinanza 
26 gennaio 1976, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

legge 3 gennaio 1951, n. 27 (artt. 41 e 43 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 


d.P.R. 19 marzo 1955, n. 529, art. 9 (artt. 3, 27 della Costituzione). 
Pretore di Pisa, ordinanza 21 febbraio 1976, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 
d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 17 marzo 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

d.P.R. 16 maggio '1960, n. 570, art. 15, n. 3, prima parte (artt. 3 e 51 della 
Costituzione). 
Tribunale di Frosinone, ordinanza 19 maggio 1976, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. 

d.,P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. ~5. primo; secondo e terzo comma (artt. 3 
e 36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 15 luglio 1975, 

G. U. 18 agosto 1976, n. 218. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n: 1124, art. 74, secondo comma, parte prima 
(artt. 37 e 3, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. U24, artt. 75 e 83 (artt. 35, 1� cpv., e 38 della 
Costituzione}. 
Pretore di Genova, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge 24 febbraio 1967, n. 68, art. 11 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 15 luglio 1975, 

G. U. 18 agosto 1976, n.)18. 
legge 1,2 febbraio 1968, n. U2, art. 40, ultim�o comma (art. 39, primo e 
quarto comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 11 novembre 
1975 e 18 febbraio 1976, G. U. 28 agosto 1976, n. 225. 

legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione}. 
Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 29 ottobre 1975, 

G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 
'li 



�'ARIB II, LEGISLAZIONE 

legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 109 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale pensioni di guerra, ordinanza 
26 gennaio 1976, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

d.P.R. 29 marzo 1969, n. 130, art. 33 (art. 39, primo e quarto comma, della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 11 novembre 
1975 e 18 febbraio 1976, G. U. 28 agosto 1976, n. 225. 

d.P.R. 28 dicembre� 1970, n. 1079, art. 20 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 15 luglio 1975, 

G. U. 18 agosto 1976, n. 218. 
d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 1 (artt. 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 29 ottobre 
1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (artt. 24, 102 e 108 della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 25 agosto 1976, n. 225. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 24, secondo comma, della Costi� 
tuzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinanze (tre) 4 dicembre 
1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 31 e 44 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Catania, ordinanza 12 gennaio 
1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinanze (due) 9 marzo 
1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art+. 6 e 14 (art. 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Cremona, ordinanza 2 ottobre 
1975, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 296 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Como, ordinanza 1� ottobre. 1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183 e 195 (artt. 21 e 10 della Costituzione). 
Pretore di San Daniele del Friuli, ordinanza 15 marzo 1976, G. U. 7 luglio 
1976, n. 177. 


118 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 157, artt. 183 e 195 (artt. 21, 41 e 43 della Costi� 
tuzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Cagliari. ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 
28 luglio 1976, n. 198. 

d.I. 24 luglio 1973, n. 427, art. 2, primo comma, n. 4 (art. 11 della Costitu� 
zione). 
Pretore di Imperia, ordinanza 5 aprile 1976, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. 

legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 4, ultimo comma (artt. 76 ed 81, terzo e 
quarto comma, della Costituzione). 

Corte dei conti, sezione di controllo, ordinanza 10 aprile 1976, G. U. 7 luglio 
1976, n. 177. 

legge reg. Calabria 30 agosto 1973, n. 14, artt. 1 e 3 (artt. 3 e 25, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Scalea, ordinanza 27 febbraio 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

legge reg. Calabria 3.0 agosto 1973, n. 14, artt. 1 e 3 (artt. 9, 117, 3, 5, 25, 
secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Belvedere Marittimo, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 14 luglio 1976, 

n. 184. � 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ,art. 169 (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale pensioni militari, ordinanza 
27 ottobre 1975, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 

legge 8 aprile 1974, n. 98, art. 8 (artt. 112 e 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10, 12 e .14 (artt. 3, primo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Brindisi, ordinanza 23 febbraio 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 21, 41 e 43 della Costitu� 
zione). 

Giudice istruttore del tribunale di Cagliari, ordinanza 30 m.arzo 1976, G. U. 
28 luglio 1976, n. 198. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, secondo comma (artt. 13, terzo comma, 
17, primo comma, 25, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 8 marzo 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 



HO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

STRADE 

Autostrade -Distanze per l'edificazione -Costruzione di linee ferroviarie -(l. 
6 agosto 1967, n. 765, art. 19; l. 24 aprile 1961, n. 729, art. 9; d.m. lo aprile 
1968). 

Se le distanze di rispetto stabilite a protezione �del nastro autostradale con 
il d.m. l�o aprile 1968 n. 1404, emanato in applicazione dell'art. 19 della legge 
6 agosto 1967 n. 765, e che vanno osservate n~lla edificazione fuori del perimetro 
dei centri abitati e degli insediamenti previsti dai piani regolatori generali 
e dai programmi di fabbricazione, siano applicabili anche per la costruzione 
di nuove linee ferroviarie. 

Strade statali -Pubblicit� in concessione -Cartelli pubblicitari -Autorizzazione 
-Revoca di alcune autorizzazioni -Effetti -Sulle altre autorizzazioni 
-Sulla conc.essione -(t.u. 15 giugno 1959, � n. 393, art. 11; l. 7 febbraio 
1961, n. 59, art. 37). 

Se la revoca di alcune autorizzazioni all'apposizione di cartelli pubblicitari 
lungo ed in vista di strade pubbliche, disposta dall'ANAS per mancanza dei 
requisiti oggettivi di cui all'art. 11 codice stradale, possa costituire presupposto 
per la revoca o decadenza delle altre autorizzazioni rilasciate al medesimo concessionario 
ovvero per la revoca o decadenza della stessa concessione di esposizione 
di pubblicit� (n. 106). 

Strade statali -Tratti compresi nei centri abitati minori -Autotutela amministrativa 
-Riduzione in pristino -Competenza -(l. 30 marzo 1865, n. 2248, 
all. F., art. 278; r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, artt. 20 e 23; l. 12 febbraio 1956, 

n. 126, art. 7; cod. strad. artt. 3 e 4). 
Se spetti al Prefetto ovvero al Sindaco la competenza ad emettere i provvedimenti 
di riduzione in pristino che riguardino tratti di strade statali compresi 
nei centri abitati non superiori a 20.000 abitanti (n. 107). 

TERREMOTO 

Alloggi F.S. -Cessione in propriet� -Danneggiamento o distruzione -Ripristino Mutuo 
agevolato -Aceensione di ipoteca -(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, 
art. 18; l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 9; d.l. 6 ottobre 1972, n. 552, art. 4; 

l. 2 dicembre 1972, n. 734). 
Se l'assegnatario di alloggio delle Ferrovie dello Stato, che abbia stipulato 
contratto di cessione .in propriet� ai sensi del d.P.R. 17 gennaio 1953, n. 2, 
possa accendere ipoteca sull'immobile al fine di godere del mutuo agevolato 
per il ripristino di abitazioni danneggiate o distrutte dal terremoto, ai sensi 
dell'art. 4 del d.l. 6 ottobre 1972, n. 552 (convertito in 1. 2 dicembre 1972, n. 734) 

(n. 26). 
TRANSAZIONE 

Riserve -Determinazioni dell'Amm.ne -Dichiarazione adesiva dell'appaltatore Transazione 
-Configurabilit� -(cod. civ. art. 1965; circ. min. LL.PP. 13 marzo 
1953, n. 616). 

Se possa riconoscersi carattere di transazione a una dichiarazione liberatoria 
rilasciata alla Amm.ne da parte della ditta appaltatrice qule mero atto 
di adesione della ditta stessa alla determinazione precedentemente adottata 

dall'Amm.ne sulla riserva avanzata dalla ditta (n. 23). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 129 

Perizia giudiziaria � Vocazioni -Rimborso -Pluralit� di incarichi � Diversit� 
di procedimenti -Limite massimo � (r.d. 3 giugno 1923, n. 1043, art. 9; 

d.l. 2 aprile 1948, n. 582, art. 9; l. 1 dicembre 1956, n. 1426, art. 3). 
Se il limite massimo di quattro vacazioni giornaliere rimborsabili ai periti 
giudiziari ai sensi dell'art. 9 del r.d. 3 maggio 1923, n. 1043, nonch� degli artt. 9 
del d.l. 2 aprile 1948, n. 582, e 3 della I. 1 dicembre 1956, n. 1426, vada riferito 
agli incarichi relativi allo stesso procedimento penale ovvero anche ad incarichi 
tra loro completamente distinti ed autonomi perch� riguardanti procedimenti 
penali diversi (n. 20). 

Procedimento penale -Costituzione di parte civile � ONIG � Assistenza sanitaria 
agli invalidi di guerra -(c.p.p. art. 22; cod. civ. art. 1916). 

Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale 
Invalidi di Guerra nel procedimento penale contro il responsabile dell'infortunio 
occorso al proprio assistito per il recupero delle spese di assistenza 
sanitaria (n. 19). 

RESPONSABILITA CIVILE 

Responsabilit� civile: obbligo dell'ente proprietario di apprestare difese per 
una protezione laterale delle strade � Limiti � (art. 211 l. 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. F; art. 2 r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687). 
Se sussista un obbligo generale dell'Amministrazione di apprestare difese 
per una protezione laterale delle strade ordinarie (parapetti etc.) preordinato 
ad impedire danni a terzi che possano eventualmente essere cagionati dal comportamento 
degli utenti (n. 276). 

SERVIT� 

Elettrodotto a servizio di ferrovie -Cessazione d'uso della linea elettrica -Prescrizione 
estintiva -Decorrenza -(cod. civ. artt. 625, 1073 e 1074,� r.d. 11 dicembre 
1933, n. 1773, artt. 123, quarto comma, e 129). 

Se, nella ipotesi di elettrodotti posti a servizio della ferrovia, ai fini della 
decorrenza della prescrizione di cui all'art. 1073 cod. civ. in relazione alla norma 
dell'art. 1074 stesso codice, per il venir meno dell'utilit� della servit�, occorra 
una parziale o totale demolizione dell'elettrodotto ovvero la decorrenza stessa 
debba determinarsi gi� con riferimento al momento in cui si verifica la cessazione 
dell'uso della linea elettrica posta al servizio della ferrovia (n. 55). 

SOCIETA 

Societ�' -Partecipazione statale -Liquidazione -Poteri del Ministro del Tesoro 
-Liquidatore -(l. 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 1 e 6). 

Quali siano i poteri attribuiti al Ministro del Tesoro nel caso di liquidazione 
di societ� di diritto privato nella quale lo Stato abbia la propriet� 
dell'intero capitale sociale o della maggioranza di esso, e se, nel sudd�tto caso, 
le funzioni di liquidatore debbano essere necessariamente attribuite a funzionari 
dell'Ufficio liquidazione previsto dall'art. 1 della legge 4 dicembre 1956 

n. 1404 (n. 138). 

128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NAVI 

Autoscafi � Tassa di circolazione � Limiti di applicabilit� -(d.P.R. 5 febbraio 1953, 

n. 39, art. 17; d.l. 26 ottobre 1970, n., 745, art. 13; l. 9 maggio 1932, n. 713 
art. 4). 
Se la tassa di circolazione sugli autoscafi di cui all'art. 17 d.P.R. 5 febbraio 
1953, n. 39 (modificato dall'art. 13 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745) sia 
applicabile solamente ai natanti con licenza portante l'indicazione della potenza 
fiscale, secondo la legge 9 maggio 1952, n. 813, art. 4, ovvero generalmente 
a -tutti i natanti a propulsione meccanica muniti di licenza (n. 136). 

OPERE PUBBLICHE 

Opera Pubblica -Delegazione amministrativa intersoggettiva; contratto di appalto 
stipulato dall'ente delegato, legittimazione alle azioni contrattuali conseguenti. 


Se, nel caso di delegazione amministrativa intersoggettiva per l'esecuzione 
di opera pubblica, all'azione del danno per inadempienza dell'appaltatore (cui 
l'opera sia stata commessa dall'ente delegato) sia legittimato l'ente delegato 
ovvero l'ente delegante (n. 128). 

Riserve � Determinazioni dell'Amm.ne -Dichiarazione adesiva dell'appaltatore Transazione 
-Configurabilit� -(cod. civ. art. 1965; circ. min. LLPP. 13 marza 
1953, n. 616). 

Se possa riconoscersi carattere di transazione a una dichiarazione liberatoria 
rilasciata alla Amm.ne da parte della ditta appaltatrice quale r.ero atto 
di ad�sione della ditta stessa alla determinazione precedentemente adottata 
dall'Amm.ne sulle riserve avanzate dalla ditta (n. 129). 

PRIVILEGI 

Tributi erariali diretti � Responsabilit� patrimoniale -Cause di prelazione � 
Privilegi � Generale sui mobili � Ruoli ordinari e straordinari -Ambito 
di applicazione � (cod. civ. art. 2752; t.u. 29 gennaio 1958, n. 615 art. 211). 

Se il privilegio generale sui mobili che assiste i crediti per imposte erariali 
dirette sia limitato ai crediti iscritti nei ruoli -ordinari o straordinari pubblicati 
nell'anno in cui inizia l'esecuzione e nel precedente, ovvero riguardi 
le due pi� recenti annualit� d'imposta a prescindere dall'anno di pubblicazione 
dei ruoli (n. 11). 

PROCEDIMENTO PENALE 

Mutilati ed invalidi di guerra -Periodo di prova -Licenziamento � Processo 
penale � Opera Nazionale Invalidi di Guerra -Parte civile -(cod. proc. 
pen. art. 22; cod. civ. art. 1916). 

Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale per 
gli Invalidi di Guerra nel processo penale a carico del datore di lavoro che 
abbia licenziato l'invalido per incapacit� durante il periodo di prova (n. 18). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 127 

bre 1923, n. 3280 le anticipazioni cli somme garantite da titoli diversi da quelli 
societari e in particolare quelle garantite da deposito o pegno di libretti di 
risparmio al portatore (n. 92). 

Tributi erariali i.diretti -Imposta di registro -Esenzioni o agevolazioni Comuni 
-�Acquisto di immobili concorrenti per l'attuazione di piani regolatori 
-Atti a titolo gratuito -(l. 28 giugno 1943, n. 666). 

se' le agevolazioni in materia di imposta di registro sugli atti di trapasso 
a favore dei Comuni per l'acquisto di immobili occorrenti all'attuazione di 
piani regolatori siano applicabili anche agli _atti a titolo gratuito (n. 88). 

INVALIDI DI GUERRA 

Mutilati ed invalidi di guerra � Periodo di prova � Licenziamento -Processo 
penale -Opera Nazionale Invalidi di Guerra -Parte civile -(cod. proc. pen. 
art. 22,-cod. civ. art. 1916). 

Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale per 
gli Invalidi cli Guerra nel processo penale a carico del datore cli lavoro che 
abbia licenziato l'invalido per incapacit� durante il periodo di prova. 

Procedimento penale -Costituzione di parte civile -ONIG -Assistenza sanitaria 
agli invalidi di guerra -(c.p.p. art. 22,-cod. civ. art. 1916). 

Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale Invalidi 
di Guerra nel procedimento penale contro il responsabile dell'infortunio 
occorso al proprio assistito per il recupero delle spese di assistenza sanitaria 

(n. 33). 
ISTRUZIONE 

Istruzione pubblic~ -Istituti tecnici -Formulazione dell'orario, possibilit� per 
gli organi direttivi della scuola di ridurre la durata delle singole ore di 
lezione � Esclusione -(art. 3 d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417,-artt. 4-6 d.P.R. 
31 maggio 1974, n. 416,-r.d. 10 aprile 1936, n. 634,-r.d. 30 aprile 1924, n. 965). 

Se sia legittima la riduzione -da parte degli organi direttivi della scuola della 
durata effettiva delle singole ore di lezione da liO a SO ovvero a 45 minuti 
primi, al fine di consentire agli studenti pendolari di avvalersi di pi� convenienti 
corse di mezzi pubblici di trasporto (n. 39). 

LOCAZIONE DI COSE 

Locazioni di complessi elettronici -Possibilit� per l'Amministrazione conduttrice 
di corrispondere in via anticipata quota parte dei canoni annuali � 
Esclusione -(art. 12, comma quarto, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 12 

d.P.R. 30 giugno 1972, n. 627). 
Se i contratti di locazione passiva rientrino nella previsione del comma 
quarto dell'art. 12 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 concernente la possibilit� 
per l'Amministrazione di obbligarsi a pagamenti in conto in favore dell'altra 
parte contraente (n. 146). 

16 ! 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Esenzioni e agevolazioni -Istituto di credito agrario -Ipoteche giudiziali Iscrizione 
-rApplicabilit� -(l. 5 luglio 1928, n. 1760, art.� 21; r.d.l. 4 otto� 
bre 1935, n. 1883, art. 5). 

Se siano applicabili anche alle iscrizioni di ipoteche giudiziali le agevolazioni 
fiscali di cui all'art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 che stabilisce che 
gli Istituti esercenti il credito agrario sono esenti dal pagamento di ogni tassa 
sugli affari e dalla imposta di ricchezza mobile e sono sottoposti ad una quota 
di abbonamento annuo (n. 62). 

IMPOSTE V ARIE. 

Autoscafi � Tassa di circolazione -Limiti di applicabilit� -(d.P.R. 5 febbraio 1953, 

n. 39 art. 17; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 13; l. 5 giugno 1932, n. 813, 
art. 4). 
Se la tassa di circolazione sugli autoscafi di cui all'art. 17 d.P.R. 5 febbraio 
1953, n. 39 (modificato dall'art. 13 del d.I. 26 ottobre 1970, n. 745) sia 
applicabile solamente ai natanti con licenza portante l'indicazione della potenza 
fiscale, secondo la I. 9 maggio 1932, n. 813, art. 4, ovvero generalmente 
a tutti i natanti a propulsione meccanica muniti di licenza (n. 91). 

Imposta di pubblicit� -Targhe assicurazione incendi -Mancata denuncia Esonero 
dal tributo -(d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 art. 7; d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 633, art. 90). 

Se debbano essere esonerate dal pagamento dell'imposta di pubblicit� per 
le targhe delle assicurazioni contro gli incendi quelle imprese assicuratrici 
che, oltre a non distribuire targhe, non abbiano presentato la prescritta denuncia 
�volontaria o l'abbiano presentata solo a seguito di specifico invito 
dell'Ufficio finanziario (n. 90). 

Imposta di registro -Case di abitazione -Agevolazioni fiscali -Decadenza per 
rivendita dell'area -Condono in materia tributaria -Applicabilit� -(l. 2 luglio 
1949, n. 408, art. 20,� d.l. 5 novembre 1973, n. 660 art. 6, commi primo 
e terzo; l. 19 dicembre 1973, n. 823, art. 6). 

Se possa essere definita mediante il provvedimento . di condono di cui al 

d.I. 5 novembre 1973, n. 660 una controversia relativa all'imposta ordinaria di 
registro dovuta su di un atto di compravendita di area destinata all'edificazione 
di �case d'abitazione non di lusso, a seguito di decadenza delle agevolazioni 
fiscali verificatasi in epoca anteriore alla data dell'8 novembre 1973 (n. 89). 
Imposte in surrogazione del bollo e registro -Anticipazioni su titoli -Libretti 
di risparmio al portatore -Deposito o pegno -Aliquota applicabile -(r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3280, art. 5, lett. a), tariffa all. A; r.d.l. 19 ottobre 1943, 

n. 738, art. 13, lett. b). 
Se siano soggette all'imposta surrogatoria del bollo e registro secondo 
l'aliquota prevista dall'art. 13 lett. b) del r.dJ. 19 agosto 1943, n. 738 ovvero 
secondo quella prevista dall'art. 5 lett. a) della tariffa ali. A al r.d. 30 dicem



; 


PARTE II, CONSULTAZIONI 12J 

I

IMPOSTE DIRETTE 

' 
I 

Tributi erariali diretti -Responsabilit� patrimoniale -Cause di prelazione Privilegi 
-Generale sui mobili -Ruoli or{linari e straordinari -Ambito di 
applicazione -(cod. civ. art. 2752; t.u. 29_ gennaio 1958, n. 645, art. 211). 

Se il privilegio generale sui mobili che assiste i crediti per imposte erariali 
dirette sia limitato ai crediti iscritti nei ruoli -ordinari o straordinari pubblicati 
nell'anno in cui inizia l'esecuzione e nel precedente, ovvero riguardi 
le due pi� recenti annualit� d'imposta a prescindere dall'anno di pubblicazione 
dei ruoli (n. 21). 

IMPOSTE E TASSE 

Esenzioni e agevolazioni -Ente con scopo di beneficenza -Esenzione dall'imposta 
-Legatario inadempiente -Solidariet� -Esclusione -(r.d.l. 9 aprile 
1925, n. 330; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). 

Se un Ente che persegue uno scopo di beneficex.:a e che pertanto gode 
dell'esenzione dall'imposta di successione a norma del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, 
sia da ritenere debitore dell'imposta non assolta da un legatorio, per un 
legato concernente lo stesso asse ereditario, in virt� della solidariet� tributaria 
stabilita a carico di ciascuno degli eredi dall'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, 
n.. 3270 (n. 585). 

Imposta di registro -Fideiussione sostitutiva di cauzione reale per contratto 
di appalto di lavori autostradali -Benefici tributari -(art. 8, l. 4 luglio 1961, 

n. 729). 
Se la fideiussione contenuta (in sostituzione. della cauzione definitiva) in 
un contratto di appalto di lavori autostradali :sia esclusa dalla esenzione prevista 
dal comma primo dell'art. 8 della legge 21 luglio 1961, n. 729 (piano di 
nuove costruzioni stradali ed autostradali) �per tutti gli atti e contratti occorrenti 
per l'attuazione� della legge medesima (n. 583). 

Imposte e tasse -Imposta sul valore aggiunto: Azienda Autonoma F.S. -Vendita 
a terzi di beni mobili e immobili -(art. 1, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; 
art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). 

Se le vendite a terzi di mobili e immobili effettuate dalla Azienda Autonoma 
delle Ferrovie dello Stato debbano soggiacere all'imposta sul valore 
aggiunto di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (n. 5~2). 

Tributi locali: tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche: spazi soprastanti 
e sottostanti al suolo stradale; impianti della societ� Italcable 


(t.u. 14 settembre 1931, n. 1775, artt. 192-200; l. 2 luglio 1952, n. 703, art. 40). 
Se l'occupazione di c~vi in galleria da parte della S.P.A. ltalcable, societ� 
privata che gestisce non per conto di amministrazioni dello Stato servizi cablografici, 
debba ritenersi soggetta alla tassazione prevista per le occupazioni di 
spazi soprastanti e sottostanti al suolo stradale dall'art. 192 t.u. 14 settembre 1931, 

n. 1175 (n. 584). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Esenzioni e agevolazioni -Istituto di credito agrario -Ipoteche giudiziali Iscrizione 
-Applicabilit� -(l. 5 luglio 1928, n. 1760, art. 21; r.d.l. 4 ottobre 1935, 

n. 1883, art. 5). �� 
Se siano applicabili anche alle iscrizioni di ipoteche giudiziali le agevolazioni 
fiscali di cui all'art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 che stabilisce 
che gli Istituti esercenti il credito agrario sono esenti dal pagamento di ogni 
tassa sugli affari e dalla imposta di ricchezza mobile e sono sottoposti ad una 
quota di abbonamento annuo (n. 62). 

IMPOSTA. DI SUCCESSIONE 

Esenzioni e agevolazioni -Ente con scopo di beneficenza -Esenzione dall'im-� 
posta -Legatario inadempiente -Solidariet� -Esclusione -(r.d.l. 9 aprile 
1925, n. 380; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). 

Se un Ente che persegue uno scopo di beneficenza e che pertanto gode 
dell'esenzione dall'imposta di successione a norma del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, 
sia da ritenere debitore dell'imposta non assolta da un legatorio, per un legato 
concernente lo stesso asse ereditario, in virt� della solidariet� tributaria stabilita 
a carico di ciascuno degli eredi dall'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 

(n. 90). 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi -Societ� di artisti -Rapporto 
tra socio e societ�, -Contratto di lavoro subordinato -Configurabilit� 


(l. 19 giugno 1940, n.' 762, artt. 1, 2, 4, 7 e 8; l. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 1; 
cod. civ. artt. 2094 e 2222). 
Se la relazione istituita tra il socio di una societ� cooperativa tra artisti 
(nella specie: Unione Musicisti di Roma) e la societ� stessa possa essere assimilata 
a un rapporto di lavoro subordinato e pertanto i relativi compensi 
siano da ritenere non assoggettabili alla imposta generale sull'entrata e non 
classificabili quali redditi di R.M. cat. C;l (bens� di categ. C/2) (n. 63). 

Esenzioni e agevolazioni -Appalti stipulati con lo Stato -Mandati di pagamento 
emessi a favore degli appaltatori -(d.l. 25 maggio 1972, n. 202, art. 5; 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89). 
Se possa applicarsi a favore degli appaltatori dello Stato la esenzione prevista 
dall'art. 5 �del d.l. 25 maggio 1972, n. 202 dalla imposta generale sull'entrata 
trattenuta sui mandati di pagamento emessi a loro favore (n. 157). 

IGE su acque gassate: determinazione dell'imponibile (l. 31 ottobre 1966, n. 941). 

Se ai fini della determinazione della base imponibile per l'applicazione 
dell'imposta generale sull'entrata, il Ministro delle Finanze (o gli intendenti di 
finanza su delega del Ministro) ha la facolt� di stabilire i prezzi medi di vendita 
delle varie specie di prodotti delle acque gassate in genere, delle acque minerali 
artificiali da tavola, delle acque minerali naturali, medicinali o da tavola, 
e delle bevande preparate con le acque suddette (n. 156). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 121 PARTE II, CONSULTAZIONI 121 
Imposta di registro -Fideiussione sostitutiva di cauzione reale per contratto 
di appalto di lavori autostradali -Benefici tributari -(art. 8, l. 24 luglio 19�1, 

n. 729). 
Se la fideiussione contenuta (in �sostituzione della cauzione definitiva) in 
un contratto di appalto di lavori autostradali sia esclusa dalla esenzione prevista 
dal comma primo dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729 (piano di 
nuove costruzioni stradali ed autostradali) � per tutti gli atti e contratti occorrenti 
per l'attuazione� della legge medesima (n. 419). 

Locazioni -Locazioni passive della P.A. -Obbligo di richiedere la registrazione Termini 
-Decorrenza -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 81; d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 634, art. 14). 

Se nei contratti di locazione passivi della pubblica Amministrazione i'obbligo 
di richiedere la registrazione e la decorrenza del relativo termine, anche a.i fini 
dell'applicazione delle penalit� per tardiva registrazione, si determinino a partire 
dal momento in cui abbia di fatto avuto inizio il godimento dell'immobile 
anteriormente alla approvazione del contratto ovvero solo dal momento in cui, 
con l'approvazione, il contratto si perfeziona (n. 431). 

Solidariet� tributaria -Atto contestuale -Pluralit� di disposizioni indipendenti 
-Estensione o ripartizione -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 1). 

Se, nel caso di un unico atto contenente pi� disposizioni tra loro indipendenti, 
la solidariet� di cui all'art. 93 n. 1 della L.O.R. debba essere estesa 
a tutti i partecipanti all'atto ovvero debba essere ripartita tra questi in considerazione 
della loro partecipazione alle diverse convenzioni (n. 430). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Esenzioni e agevolazioni -Comuni 
-Acquisto di immobili occorrenti per l'attuazione di piani regolatori Atti 
a titolo gratuito -(l. 28 giugno 1943, n. 666). 

Se le agevolazioni in materia di imposta di registro sugli atti di trapasso 
a favore dei Comuni per l'acquisto di immobili occorrenti all'attuazione di 
piani regolatori siano applicabili anche agli atti a titolo gratuito (n. 422). 

Vendita immobiliare -Nullit� dichiarata in sentenza di primo grado -Imposta 
di retrocessione -Riforma in appello -Restituzione dell'imposta -(r.d. 
30 dicembre 1923, artt. 12 e 14 n. 2). 

Se la sentenza di appello, passata in giudicato, che abbia riformato la 
sentenza di primo grado dichiarante la nullit� di una vendita immobiliare e 
perci� tassata con imposta c.d. di retrocessione dia luogo alla restituzione della 
imposta di retrocessione (n. 429). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi -Societ� di artisti -Rapporto 
tra socio e societ� -Contratto di lavoro subordinato -Configurabilit� 


(l. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 1, 2, 4, 7 e 8; l. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 1,� 
cod. civ. artt. 2094 e 2222). 
Se la relazione istituita tra il socio di una societ� cooperativa tra artisti 
(nella specie: Unione Musicisti di Roma) e la societ� stessa possa essere assimilata 
a un rapporto di lavoro subordinato e pertanto i relativi compensi siano 
da ritenere non assoggettabili alla imposta generale sull'entrata e non classificabili 
quali redditi di R.M. cat. C/1 (bens� di categ. C/2) (n. 63). 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Esenzioni e agevolazioni -Edilizia scolastica -Appalto conferito con procedura 
di appalto -Concorso -Decadenza dai benefici -Termine -Decorrenza 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 artt. 110 e 44 all. B; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, 
art. 87). 
Se nella ipotesi di contratto di appalto concluso da un Comune con la 
procedura dell'appalto-concorso e registrato con i benefici di cui all'art. 44 
all. B alla L.O.R., in quanto concernente un impianto di termosifoni in edificio 
scolastico, il termine per la registrazione del contratto .(ltabilita a pena di 
decadenza dai benefici dell'art. 110 della L.O.R. decorra dalla data del verbale 
-di aggiudicazione ovvero da quella della stipulazione definitiva del contratto. 

Esenzioni e agevolazioni -Fabbricati -Trasferimento -Rivendita del fabbricato 
-Decadenza -(d.l. 15 marzo 1965, n. 124 art. 44; l. 13 maggio 1965, n. 431). 

Se la agevo~azione fiscale stabilita dall'art. n. 44 del d.1. 15 marzo 1965, 

�n. 124, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1965, n. 431, per il 
trasferimento di fabbricati, sia condizionata, al pari di quella relativa ai trasferimenti 
delle aree, alla esecuzione di una attivit� di costruzione o ristrutturazione, 
con la conseguenza. che l'acquirente decade da essa nel caso di rivendita 
del fabbricato senza aver eseguito alcuna delle suddette attivit� (n. 421). 

Fideiussioni -Durata superiore (o non superiore) a un anno -Riferimento del 
termine -Alla nascita dell'obbligazione garantita -Alla durata della garanzia 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 54 tariffa all. A; l. 25 maggio 1954, 

n. 306, art. 3). 
Se, ai sensi dell'art. 54 della tariffa all. A alla L.O.R. (modificato dall'art. 3 
della 1. 25 maggio 1954, n. 306), sia dovuta l'imposta suppletiva di registro sulle 
fideiussioni (nella specie: rilasciate a garanzia dell'imposta doganale sull'alcool 
immagazzinato) qualora la durata della garanzia sia superiore ad un anno, ma 
l'obbligazione garantita sia sorta entro l'anno (n. 428). 

Imposta di registro: azione giudiziaria -Esenzione dell'Amm.ne delle spese di 
lite in caso di soccombenza; a norma dell'art. 148, r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269, abrogazione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; giudizi in corso (
art. 148, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636). 
Se l'art. 148 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, concernente il regime delle 
spese di lite nelle cause tributarie, debba considerarsi norma processuaie 
suscettibile di perdere efficacia solo al momento della piena operativit�, con 
riguardo alle specie concrete, della nuova disciplina del contenzioso tributario 
introdotto col d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (n. 420). 

Imposta di registro -Case di abitazione -Agevolazioni fiscali -Decadenza per 
rivendita dell'area -Condono in materia tributaria -Applicabilit� -(l. 2 luglio 
1949, n. 408, art. 20; d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 6, commi primo 
e terzo; l. 19 dicembre 1973, n. 823, art. 6). 

Se possa essere definita mediante il provvedimento di condono di cui al 

d.1. 5 novembre 1973, n. 660, una controversia relativa all'imposta ordinaria di 
registro dovuta su di un atto di compravendita di area destinata all'edificazione 
di case d'abitazione non di lusso, a seguito di decadenza dalle agevolazioni 
fiscali verificatasi in epoca anteri9re alla data dell'8 novembre 1973 (n. 89). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 121 

sabili di petrolio resi liquidi mediante compressione sia applicabile anche ai 
gas utilizzati direttamente in fase gassosa senza essere stati resi preventivamente 
liquidi mediante compressione (n. 17). 

Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione di pagamento -Decadenza -Operativit� 
nel tempo -(l. 15 novembre 1973, n. 733, art: 5-bis; 1. 28 marzo 1968, 

n. 393, artt. 2 e 4). 
Se l'intervenuta decadenza dal beneficio del pagamento differito dell'imposta 
di fabbricazione sui prodotti petroliferi nazionali abbia effetto solo per 
l'anno in cui si � verificata la decadenza, ovvero operi indefinitamente nel tempo 

(n. 18). , 
Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione di pag�mento -Decadenza -Estensione 
-(l. 28 marzo 1968, n. 393, artt. 3 e 4). 

Se l'intervenuta decadenza dal beneficio del pagamento differito dell'imposta 
di fabbricazione sui prodotti petroliferi nazionali comporti la perdit� 
della concessione della dilazione con effetti generali ricomprendendo, in ip�tesi, 
anche pi� concessioni relative a differenti annualit� quando il pagamento non 
sia ancora. avvenuto (n. 19). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Cauzioni -Contratto di locazione -Rilascio cambiali in bianco a garanzia del 
pagamento -Tassabilit� -(r.d. 30 dicembre 923, n .3269, art. 37 lett. b 
tariffa all. A). 

Se, il rilascio di cambiali con scadenza in bianco da parte del conduttore 
e in favore del locatore a titolo di garanzia in relazione a un contratto di 
affitto di immobile costituisca cauzione tassabile ai sensi dell'art. 37 lett. b) 
dell'allegato A alla L.O.R., che stabilisce l� tassazione dei depositi gratuiti 
presso privati di somme o valori di qualunque genere, fatti a titolo di cauzio~
e (n. 424). 

Divisione immobiliare -Esclusione di conguagli in denaro -Differenza tra le 
assegnazioni accertata -Imposta proporzionale ridotta -Imposta nominale 
-Decadenza �dall'agevolazione -d.l. 15 marzo '1965, n. 124, art. 44; 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 48 e 110). 
Se, avendo le parti escluso in un atto di divisione immobiliare la esistenza 
di conguagli in denaro ed essendo stato invece definito l'accertamento di valore 
degli immobili con sproporzioni rispetto alle singole assegnazioni, per tale 
differenza sia dovuta la imposta� proporzionale di registro� ridotta al-4% ai 
sensi dell'art. 44 del d.l. 15 marzo 1965, n. 124 ovvero la normale imposta 
ex art. 48 L.O.R. o quanto meno per decadenza dell'agevolazione ex art. 110 

L.O.R. per mancata registrazione-nei termini di legge (n. 425). 
Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Trasferimento area -Ambito di applicazione 
-Legge n. 461/72 -Natura interpretativa -(l. 8 agosto 1972, n. 461; 

d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 44; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, art. 1). 
Se la legge 8 agosto 1972, n. 461 di proroga delle agevolazioni tributarie di 
registro in materia edilizia abbia carattere interpretativo del precedente d.l. 
15 marzo 1965, n. 124 nella stessa materia, il cui art. 44 prevede l'aliquota 
ridotta del 4% per i trasferimenti di aree destinate alla costruzione edilizia 

{n. 427), 

CONSULTAZIONI 


FORESTE 

Camere di commercio = Avvocatura dello Stato -Patrocinio -(r.d. 30 otto� 
bre 1933, n. 1611, art. 43). 

Se le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura siano ammesse 
a godere del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato sia pure in relazione 
a vertenze concernenti l'esercizio di funzioni in materia forestale ad esse attribuite 
dalla legislazione in vigore (n. 14). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Impiegato. non di ruolo -Nomina a seguito ricorso -Decorrenza assegni 


(d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 9, secondo comma). 
Se all'impiegato non di ruolo (nella specie: applicata aggiunta di segreteria 
incaricata) nominato a seguito dell'accoglimento di ricorso gerarchico avverso 
la graduatoria degli aspiranti all'incarico competano gli, assegni arretrati a 
decorrere dal giorno in cui avrebbe conseguito la nomina stessa qualora non 
fosse stato illegittimamente pretermesso (n. 786). 

Impiego pubblico -Dipendente in prova nella carriera di concetto -Passaggio 
per concorso alla carriera direttiva -Trattamento di quiescenza . Continuit� 
del. rapporto. 

Se, nel rapporto di impiego pubblico, il dipendente che passi ad una carriera 
superiore prima di aver espletato il periodo di prova nella carriera inferiore 
di originaria assunzione, ed il passaggio avvenga senza che il dipendente 
si sia giovato di concorso riservato o con posti riservati al personale nell'ufficio 
di appartenenza, il rapporto d'impiego permanga o meno in vita senza soluzione 
di continuit� ai fini del trattamento di quiescenza (n. 785). 

IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 

Atto di concessione -Mancato pagamento della tassa -Prescrizione quinquennale 
-Decorso -Effetti -(d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121 artt. 2, 10, 16, primo 
comma). 

Se l'intervenuto decorso del termine quinquennale della prescrizione delle 
tasse sulle concessioni governative ai sensi dell'art. 16, primo comma, del d.P.R. 
1 marzo 1961, n. 121 comporti il venir meno della sanzione di inefficacia di una 
con�essione amministrativa (nella specie: di derivazione acque pubbliche) per 
la quale non venne assolta la tassa prevista secondo il disposto dell'art. 2 del 
citato d.P.R. (n. 5). 

IMPOSTA DI FABBRICAZIONE 

Gas petroliferi -Gas da petrolio non liquefatto mediante compressione -Applicabilit� 
-(d.l. 24 novembre 1934, n. 1071, art. 1; l. IO dicembre 1954, n. 1167. 

Se l'imposta di fabbricazione di cui all'art. 1 del dJ. 4 novembre 1954, 

n. 1071 (convertito in legge 10 dicembre 1954, n. 1167) relativa ai gas inconden

PARTE II, LEGISLAZIONE 

119 

legge 19 maggio 1975, n. 167 (artt. 76 e 81, terzo e quarto comma, della 
Costituzione). 

Corte dei conti, sezione di controllo, ordinanza 10 aprile 1976, G. U. 7 luglio 
1976, n. 177. 

legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 5 marzo 1976, G. U. 14 luglio 1?76, n. 184. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98, secondo, terz�o e quarto comma 
(artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 6 marzo 1976, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. 

legge reg. Lombardia 6 maggio 1976 (artt. 117 e 128 della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei. Mip,istri, ricorso depositato il 24 luglio 1976, 

n. 31, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. 
legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme degli statuti di autonomia speciale). 

Presidente della giunta regionale della Sardegna, ricorso depositato il 5 luglio 
1976, n. 24, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 
Provincia autonoma di Bolzano, ricorso depositato il 5 luglio 1976, n. 25, 

G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 
Provincia autonoma di Trento, ricorso depositato il 13 luglio 1976, n. 29, 
G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 
legge 1 O maggio 1976, n. 352, art. 2 (artt. 116, 117, 118 e 126 della Costitu� 
2lione e norme degli statuti di autonomia speciale). 

Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta, ricorso depositato 1� 
luglio 1976, n. 26, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. 
Provincia autonoma di Trento, ricorso depositato il 12 luglio 1976, n. 27, 

G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 
Provincia autonoma di Bolzano, ricorso depositato il 12 luglio 1976, n. 28, 
G. U. 28 lugliq 1976, n. 198. 
Presidente della giunta regional� della Sardegna, ricorso depositato il 15 
luglio 1976, n. 30, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 

legge reg. Emilia-Romagna 21 luglio 1976, artt. 2 e 5 (art. 117 della Costi� 
tuzione). 

�Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 14 agosto 1976, n. 32, 

G. U. 25 agosto 1976, n. 225. 
legge reg. Puglia 23 luglio 1976 (art. 117, primo comma, della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 14 agosto 1976, n. 33, 

G. U. 25 agosto 1976, n. 225. � 
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