ANNO XXVIII -N. 4 LUGLIO-AGOSTO 197 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1976 ABBONAMENTI ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -BIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 (6219052) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA dell'avv. Giuseppe COSTITUZIONALE Angelini-Rota) (a cura pag. 463 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) . � 497 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI SDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto e dell'avv. Carlo Carbone) . GIURIBaccari � 541 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA cato Adriano Rossi) CIVILE . (a cura dell'avvo � 561 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del/'avv. Ugo Gargiulo) . (a cura � 594 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Baf�le) . (a cura dell'av � 605 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, per le acque pubbliche) . � 619 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) . � 640 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE � pag. 107 CONSULTAZIONI � 120 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco Gu1cc1ARDI, Genova; Adriano Rossi, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo .ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino,� Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste,� Giancarlo MAND�, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BRAGUGLIA IVO M., Ancora in tema di normativa nazionale prezzi dei prodotti agricoli . . ., . . . . . . . . . . . sui I, 498 LAMBERTI C., Note sulla delibazione di sentenza straniera che chiara la paternit� naturale quale presupposto dell'obbligo alimtare alla luce della riforma del diritto di famiglia . . . dien- I, 568 MARZANO A., Dazi, prelievi e � giorno dell'importazione � . I, 525 TAMIOZZO R., Estensione della tutela delle bellezze naturali . I I, 602 . �ii j $ 1 PARTE PRIMA ! INDICE ANALITICO -ALFABETICO " i DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� -Acque sotterranee � Domanda di concessione dello scopritore � Concessione precaria a terzi � Impugnativa � Interesse al ricorso nello scopritore -Sussiste, 628. -Competenza e giurisdizione � Tribunali regionali e tribunali ordinari -Requisizione di utenza � Controversie sulla misura dell'indennit� -Competenza del tribunale regionale, 629. , -Concessione e derivazione � Concessione precaria a terzi per la durata del procedimento -Omessa predeterminazione di questa � Eccesso di potere, 628. -Giudizio e procedimento � Composizione dei tribunali regionali � Partecipazione di funzionari tecnici dipendenti dalla P.A. � Questione di legittimit� costituzionale � Manifesta infondatezza, 629. -Requisizione di utenza Controversie sulla misura dell'indennit� � Legittimazione passiva del prefetto � Esclusione, 629. - Requisizioni di acque sotterranee �in confronto dello scopritore � An� nullamento -Effetti � Rapporti fra scopritore e beneficiario della requisizione -Assimilabilit� ai rapporti tra scopritore e concessionario delle acque rinvenute -Esclusione, 629. - Requisizioni di acque sotterranee in confronto dello scopritore � Annullamento � Effetti � Risarcimento dei danni, 629. ANTICHIT� E BELLE ARTI -Tutela del patrimonio archeologico -Riconoscimento dell'interesse archeologico delle cose rinvenute . Atto amministrativo � Necessit�, con nota di P. DI TARSIA, 646. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore � Fatti continuativi � Onere della tempestiva riserva � Sussistenza -Deroga -Limiti, 619. -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore -Fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione committente Possibile deroga all'onere della tempestiva riserva -Estremi, 620. -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore -Fat� ti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione committente che incidano sulla esecuzione dei lavori -Onere della tempestiva riserva � �Sussistenza, 620. -Appalto di . opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore -Oneri per impreviste difficolt� di esecuzione -Onere della tempestiva riserva � Sussistenza, 619. -Appalto di opere pubbliche � Riserve dell'appaltatore � Onere � Carattere generale, 619. -Appalto di opere pubbliche � Sospensione dei lavori -Riserve dell'appaltatore � Tempo e forma, 619. APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Pubblici esercizi � Disciplina d�ll'orario dei negozi � Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 479. ATTO AMMINISTRATIVO -Atto di controllo � Atto di controllo negativo � Autonoma impugnabilit� -Sussiste, 594. INDICE VII -Concessione precaria di acque pubbliche -Adozione da parte dell'assessore regionale uscente -Legittimit�, 628. -Silenzio-rifiuto -Obbligo per la p.a. di pronunciarsi sulla istanza del privato -Limiti, 599. CIRCOLAZIONE STRADALE """" Indennizzo per usura eccezionale della strada -Criteri previsti dall'art. 18 regolamento 30 giugno 1959, n. 420 -Legittimit�, 572. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Competenza territoriale dei T.A.R.. -Atto di trasferimento di dipendenti -Criterio di individuazione, 601. -. Competenza territoriale dei T.A.R. -Criterio di individuaziohe -Atti plurimi emanati dopo il collocamento a riposo di pubblici dipendenti, 601. -Competenza territoriale dei T.A.R. -Ripartizione della competenza Fattispecie in tema di atti di organi statali e di enti pubblici ultraregionali -Limiti, 604. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Pensioni: controversie su assegni ,accessori e su trattenute del trattamento pensionistico per divieto di cumulo con trattamento di attivit� -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 541. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Pensioni: controversie su assegni accessori e su trattenute del trattamento pensionistico per divieto di cumulo con trattamento di attivit� -Giurisdizione della Corte dei conti, 541. -Riparto fra T.A.R. e Consiglio di Stato ex art. 38 e 42 l. 1034/1971 Fattispecie in tema di riunione di giudizi, 594. -Servit� militari -Illegittimit� del provvedimento impositivo -Disapplicazione da parte dell'tA.G.O. Ammissibilit�, 561. COMUNIT� EUROPEE -Agricoltura -Entrate comunitarie Indebita riscossione -Restituzione -Questioni accessorie -Normativa attualmente applicabile, 511. -Agricoltura -Entrate comunitarie Riscossione -Competenza delle autorit� nazionali -Normativa applicabile -Controversie in tema di restituzione -Competenza dei giu� dici nazionali -Normativa applicabile, 511. -Agricoltura -Organizzazioni comu� ni dei mercati -�Giorno dell'impor� tazione -Definizione, con nota di A. MARZANO, 524. -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -Prelievi -Data rilevante per la determinazione del dazio doganale -Criterio di individuazione -Applicabilit� in tema di prelievi -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 525. -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -Zucchero -Normativa nazionale .sui prezzi -Incompatibilit� con la normativa comunitaria, con nota di lvo M. BRAGU� GLIA, 497. -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -Zucchero -Normativa nazionale sui prezzi incompatibile con l'art. 30 del trattato CEE -Applicabilit� dell'art. 103 del trattato CEE -Esclusione -Necessit� di protezione da manovre specu� lative -Deducibilit� -Esclusione; con .nota di Ivo M. BRAGUGLIA, 497. -Agricoltura -Organizzazioni comu� ni dei mercati -Zucchero -Prezzi massimi sui prodotti importati � Quando costituiscono misure di ef� fetto equivalente a restrizioni quantitative, con nota di Ivo M. BRAGU� GLIA, 497. -Libera circolazione delle persone e divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi -Normativa comunitaria -Diretta efficacia, 537. -Libera prestazione dei servizi -Divieto di restrizioni -Calciatori Discriminazioni fondate sulla cittadinanza -Incompatibilit� con la normativa comunitaria, 537. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII -Responsabilit� per atto normativo Possibilit� di dedurre dinanzi ai giudici n~ionali la violazione di norme del trattato CEE e di diritto derivato intese a tutelare i singoli -Irricevibilit� del ricorso proposto a norma dell'art. 215, secondo comma del trattato CEE, 511. -Responsabilit� per atto normatiVo Prova del danno -Necessit�, 512. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi per conflitto di attribuzioni -Termine -Decorrenza, 468. DEMANIO E PATRIMONIO -Tutela di bellezze naturali -Costruzioni sorte anteriormente al vincolo -Possibilit� di divieto di nuove costruzioni -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 602. - T.utela di bellezze naturali -Divieto di edificabilit� -Criter,i -Limiti, con nota di R. TAMIOZZO, 602. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Cessione in propriet� di alloggi costruiti in conseguenza di terremoti, 586. ENTI PUBBLICI -Ente Ospedaliero -Provvedimento di trasferimento dei beni da un ente pubblico ad un ente ospedalie� ro -Funzione -Impugnativa -Giu� risdizione del giudice amministrativo -Improponibilit�, 580. -Ente Ospedaliero -Provvedimenti di trasferimento di beni da un ente pubblico (Inps) ad un ente aspe� daliero -Funzione -Mancata previsione di indennizzo -Questione di legittimit� costituzionale della legge n. 132 del 1968 -Manifesta infondatezza -Giurisdizione dell'A.G.O. -Improponibilit�, 580. ESECUZIONE FISCALE -Surrogatoria dell'esattore al creditore procedente -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 492. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Espropriazione parziale -Determinazione dell'indennit� -Stima differenziale -Criteri -Danni alla parte residua del fondo -Incidenza Limiti, 589. -Espropriazione parziale con vantaggio al fondo residuo -Criterio dell'art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 Inapplicabilit�, 578-. -Occupazione d'urgenza -Opere militari -Inapplicabilit� del termine biennale -Temporaneit� dell'occupazione, 561. -Terremoto del 1968 in Sicilia -Espropriazione per acquisizione di aree Indennit� di espropriazione -Pagamento diretto da parte dell'Amministrazione agli espropriati, 578. GIUDICATO -Esecuzione -Annullamento di silenzio- rifiuto su domande di licenza edilizia -Normativa applicabile in sede di ottemperanza del Comune, 597. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello -Amministrazione dello Stato appellante -Mandato ad litem dell'Avvocatura dello Stato -Ne . cessit� -Non sussiste, 596. -Appello -Applicabilit� del principio devolutivo nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato -Limiti al giudizio di rinvio ex art. 35 l. 1034/1971, 596. -Appello -Esercizio di giurisdizione di merito da parte del T.A.R. -Esame da parte del Consiglio di Stato della questione di giurisdizione Ammissibilit�, 596. INDICE Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1223 Sez. Un., 15 aprile 1976, n. 1336 Sez. I, 15 aprile 1976, n. 1337 Sez. Lav., 15 aprile 1976, n. 1352 Sez. III, 3 maggio 1976, n. 1572 Sez. Lav., 6 maggio 1976, n. 1581 Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1662 Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1664 Sez. Lav., 12 maggio 1976, n. 1689 Sez. I, 17 maggio 1976, n. 1740 Sez. III, 22 maggio 1976, n. 1848 Sez. I, 3 giugno 1976, n. 2012 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 8 novembre 1975, n. 22 10 luglio 1975'. n. 18 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. plen., 30 marzo 1976, n. 1 Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 30 Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42 Sez. IV, 3 febbraio 1976, n. 48 Sez. V, 5 febbraio 1976, n. 160 Sez. V, 12 febbraio 1976, n. 239 Sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 5 Sez. VI, 3 febbraio 1976, n. 40 Sez. VI, 6 febbraio 1976, n. 44 Sez. VI, 13 febbraio 1976, n. 87 Sez. VI, 24 febbraio 1976, n. 116 GIURISDIZIONI PENALI TRIBUNALE Roma, Sez. IV, 8 luglio 1976 Viterbo, 6 aprile 1976, n. 247 PRETURA Benevento, 30 maggio 1975 XIII pag. 608 � 580 � 619 � 579 � 586 � 586 � 587 � 589 � 590 � 613 � 590 � 615 pag. 629 � 628 pag. 541 � 594 � 595 � 596 � 597 � 598 � 599 � 601 � 601 � 602 � 604 pag. 640 � 646 pag. 650 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI FORESTE -Camere di commercio -Avvocatura .dello Stato -Patrocinio, 120. IMPIEGO PUBBLICO -Impiegato non di ruolo -Nomina a seguito ricorso -Decorrenza assegni, 120. -Impiego pubblico -Dipendente' in prova nella carriera di concetto Passaggio per concorso alla carriera direttiva -Trattamento di quiescenza -Continuit� del rapporto, 120. IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE -Atto di concessione -Mancato pagamento della tassa -Prescrizione quinquennale -Decorso -Effetti, 120. IMPOSTA DI FABBRICAZIONE -Gas petroliferi -Gas da petrolio non liquefatto mediante compressione -Applicabilit�, 120. -Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione di pagamento -Decadenza Operativit� nel tempo, 121. -Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione di pagamento -Decadenza Estensione, 121. . IMPOSTA DI REGISTRO -Cauzioni -Contratto di locazione Rilascio cambiali in bianco a garanzia del pagamento -Tassabilit�, 121. - Divisione immobiliare -Esclusione di conguagli in denaro -Differenza tra le assegnazioni accertata -Imposta proporzionale ridotta -lmpo sta nominale -Decadenza dell'age volazione, 121. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia Trasferimento area -Ambito di applicazione -Legge n. 461/72 -Natura interpretativa, 121. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia scolastica -Appalto conferito con procedura di appalto -Concorso Decadenza dai benefici -Termine Decorrenza, 122. -Esenzioni e agevolazioni -Fabbricati -Trasferimento -Rivendita del fabbricato -Decadenza, 122. -Fideiussioni -Durata superiore (o non superiore) a un anno -Riferimento del termine -Alla nascita dell'obbligazione garantita -Alla durata della garanzia, 122. -Imposta di registro: azione giudiziaria -Esenzione dell'Amm.ne delle spese di lite in caso di soccombenza; a norma dell'art. 148, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, abrogazione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; giudizi in corso, 122. -Imposta di registro -Case di abitazione -Agevolazioni fiscali -Decadenza per rivendita dell'area Condono in materia tributaria -Applicabilit�, 122. -Imposta di registro -Fideiussione sostitutiva di cauzione reale per contratto di appalto di lavori autostradali -Benefici tributari, 123. - Locazioni -Locazioni passive della P.A. -Obbligo di richiedere la registrazione -Termini -Decorrenza, 123. -Solidariet� tributaria -Atto contestuale -Pluralit� di disposizioni indipendenti -Estensione o ripartizione, 123. - Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Esenzioni e agevolazioni -Comuni -Acquisto di immobili occorrenti per l'attuazione di� piani INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 14 aprile 1976, n. 81 14 aprile 1976, n. 82 14 aprile 1976, n. 83 18 aprile 1976, n. 84 14 aprile 1976, n. 86 � 14 aprile 1976, n. 87 14 aprile 1976, n. 88 28 aprile 1976, n. 91 28 aprile 1976, n. 92 28 aprile 1976, n. 93 28 aprile 1976, n. 94 28 aprile 1976, n. 95 28. aprile 1976, n. 96 28 aprile 1976, n. 97 28 aprile 1976, n. 98 28 aprile 1976, n. 99 28 aprile 1976, n. 100 28 aprile 1976, n. 101 28 aprile 1976, n. 102 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 26 febbraio 1976, nelle cause 88/75, 89/75 e 90/75 17 marzo 1976, nelle cause 67-85/75 21 maggio 1976, nella causa 26/74 15 giugno 1976, nella causa 74/74 15 giugno 1976, nella causa 113/75 14 luglio 1976, nella causa 13/76 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 4 gennaio 1975, n. 7 Sez. I, 20 gennaio 1976, n. 165 Sez. Un., 27 febbraio 1976, n. 630 Sez. I, 27 febbraio 1976, n. 633 Sez. I, 17 marzo 1976, n. 971 Sez. I, 17 marzo 1976, n. 978 Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1211 Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1221 pag. � � � � � � )) � )) )) � )) )) )) � )) � )) pag. ' )) )) )) )) )) pag. )) )) � )) )) )) )) 463 464 466 468 469 470 473 475 477 478 479 481 485 486 488 491 492 494 494 497 511 511 512 524 537 561 567 541 572 577 605 578 579 INDICB XI cessit� di autorizzazione a procedere del Ministro di grazia e giustizia -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 464. -Giudizio d'accusa del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri -Definizione del giudizio -Procedimento dell'azione penale innanzi al giudice ordinario -Preclusione -Questione di legittimit� costituzionale in relazione agli artt. 3, 25, 90, 96, 101, 102, 104, 112 e 134 della Costituzione dell'articolo 15 della legge 25 gennaio 1962 n. 20, 640. ...:. Intercettazio~i telefoniche -Autorizzazione del procuratore della Repubblica o del giudice istruttore del luogo dove sono in corso le indagini -Illegittimit� costituzionale pe,:r esclusione della competenza del pretore -Insussistenza, 488. -Sospensione condizionale della pena inflitta per nuova condanna -Limitazione al caso di precedente con , danna sospesa -Illegittimit� costituzionale, 481. � - Tutela dell'ordine pubblico -Speciale normativa per l'istruttoria dei reati commessi dalle forze dell'ordine -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 470. REATO -Prorluzione e vendita delle sostanze alimentari -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 469. -Tutela dell'ordine pubblico -Limiti alla concessione della libert� provvisoria -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 473. REGIONE -A statuto ordinario -Competenza legislativa in materia �previdenziale -Esclusione, 477. -Commissioni di controllo -Pendenza dell'esercizio del potere di controllo � Esecuzione parziale dell'atto sottoposto a controllo -Preclusione, 594. -Compenso al Capo dell'Ufficio Legislativo -Quote ex Art. 21 T.U. 30 ottobre 1933, n. 16H -Riferibilit� Criteri, 594. RESPONSABILIT� CIVILE -Scontro tra veicoli -Presunzione di uguale responsabilit� per colpa dei conducenti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 478. STAMPA -Procedimento per la registrazione di giornale -Competenza del Presidente del Tribunale -Questione incidentale di costituzionalit� -Inammissibilit�, 485. SUCCESSIONE -Rappresentazione nella linea collaterale -Limitazione ai discendenti dei fratelli e sorelle del defunto Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 466. TERREMOTI -Legge antisismica -Edifici e monumenti ricadenti sotto la legge 1� giugno 1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, n. 1497 -Inapplicabilit�, 650. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Convenzione dell'Aia del 15 aprile 1968 -Controversie sulla dichiarazione di paternit� naturale -Limiti Obbligazione di corrispondere gli alimenti -Efficacia, 577. TRENTINO -ALTO ADIGE -Legge regionale sulle espropriazioni per pubblica utilit� non riguardanti opere a carico dello Stato Competenza del giudice della opposizione alla indennit� -Criteri difformi da quelli della legislazione statale -Illegittimit� costituzionale, 463. - Ordinamento scolastico nella provincia di Bolzano -Scuole materne, elementari e secondarie nelle localit� ladine -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 494. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Regolamento di esecuzione -Con� tenuto, 572. MATRIMONIO -Divorzio -Attribuzione al coniuge divorziato di una quota della pensione di riversibilit� spettante al nuovo coniuge -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 491. MILITARE -Ufficiale dell'esercito -Giudizio negativo di avanzamento -Motivi della impugnativa -Insufficienza di motivazione -Criteri -Limiti, 596. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Luogo ove si � verificato il fatto generatore dell'obbligazione -Conseguenze sulla competenza, 577. OPERE PUBBLICHE -Esecuzione -Eliminazione delle abitazioni malsane -Potere di delega dell'Amministrazione dei lavori pubblici -Esercizio Discrezionalit� Attivit� delegata -Limiti 7 Criterio di indagine, 619. PIANO REGOLATORE -Approvazione di variante -Effetti sulle preesistenti convenzioni edilizie -Necessit� di congrua e circostanziata motivazione del pubblico interesse -Sussiste, 598. - Iter di approvazione -Impugnativa � de~le misure di salvaguardia -Possibilit� di denuncia di vizi attinenti al piano in itinere -Sussiste, 598. -Obbligo di motivazione in caso di modifiche rispetto ad altro precedente piano regolatore -Sussiste, 595. - Proprietario di beni con destinazione meno vantaggiosa rispetto ad altro precedente piano regolatore, 595. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Assicurazioni sociali -Presupposto della esposizione a rischio -Illegittimit� costituzionale � Esclusione, 475. - Pensioni di previdenza sociale � Di� vieto di cumulo con la retribuzione della pensione di anzianit� allorch� si verifica l'et� stabilita per il pensionamento di vecchiaia � Illegittimit� costituzionale, 486. PROCEDIMENTO CIVILE -Consulenza tecnica � Funzione probatoria -Sussiste, 578. -Delibazione � Sentenza straniera di accertamento di paternit� naturale e condanna agli alimenti � Dichia� razione di efficacia limitata al capo degli alimenti � Ammissibilit� � Procedimento civile � Delibazione -Sentenza straniera di accertamento di paternit� nat�rale e condanna agli alimenti � Dichiarazione di efficacia del capo degli alimenti anche al figlio naturale di cui sia vietato il riconoscimento, con nota di C. LAM� BERTI, 567. -Impugnazioni � Questione di legittimazione passiva -Motivo di appello -Specificit� -Necessit� -Valutazione rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice di appello -Insufficienza, 619. -Ricorso per cassazione -Questioni nuove involgenti accertamento di fatto -Deducibilit� in sede di legittimit� � Esclusione -Motivo di ricorso fondato sul mancato accertamento della esistenza e della regolarit� della contabilit� relativa a rapport6 di appalto pubblico -Questione non dedotta nel giudizio di merito � Inammissibilit� del relativo motivo di ricorso, 619. -Udienza di precisazione delle conclusioni � Nozione � Domanda nuova -Ammissibilit� -Mancata accettazione del contraddittorio Condizioni, 590. PROCEDIMENTO PENALE -Dovere di esibizione da parte dei pubblici ufficiali -Astensione determinata da segreto militare -Ne� -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato -Limiti dei poteridoveri ex art. 35 1. 1034/1971 -Criteri di individuazione, 598. � -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato � Limiti dei poteridoveri ex art. 35 1. 1034/1971 � Difetto di procedura e vizi di forma, 598. -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato -Limiti dei poteridoveri ex art. 35 I. 1034/1971 � Motivi di appello -Difetto di motivazione della sentenza del T.A.R. � Effetti, 598. - Ricorso giurisdizionale � Impugnativa di un piano regolatore � Controinteressati �. Non configurabilit�, 595. IMPIEGO PUBBLICO -Estensione di norme concernenti il lavoro privato � Limiti, 600. -Normativa specifica concernente l'accesso alle carriere e il trattamento economico -Applicabilit� dell'art. 13 I. 300/1970 � Esclusione, 600. -Prestazione di servizi della categoria superiore -Inquadramento nella carriera superiore � Preclusione, 599. - Trasferimento di dipendenti � Atto plurimo � Configurabilit�, 601. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione ex art. 44 tab. B legge di registro -Appalto per la costruzione di chiesa parrocchiale � Si estende, 605. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Inapplicabilit�, 615. -Corrispettivo di appalto � Rivalsa -Esercitabilit� nei confronti del- l'EUR -Esclusione, 613. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Notificazioni -Servizio postale -Av. viso di ricevimento recante firma illeggibile -Mancato disconoscimento -Riferimento dell'avviso di ricevimento ad un atto determinato -Mancata esibizione di un atto diverso -Regolarit� della notifica, 608. -Violazione di norme finanziarie e valutarie -Prescrizione � Interruzione -Verbale di accertamento -:i?. idoneo -Effetto interruttivo per tutta la durata del procedimento amministrativo, 608. -Violazione di leggi finanziarie e valutarie -Responsabilit� della persona giuridica in solido con il legale rappresentante -Notifica di un unico atto al legale rappresentante -Produce effetti anche nei confronti della societ�, 608. _:.. Violazione di norme finanziarie e valutarie -Vizi del procedimento amministrativo per la determinazione della pena pecuniaria -Irrilevanza nel giudizio innanzi all'AGO, 608. INFORTUNIO SUL LAVORO -Assicurazione -Dipendenti della p.a. --Azione di represso nei confronti del terzo responsabile -Ammissibilit�, 587, LAVORO -Competenza � Chiamata in giudizio della p.a. iussu indicis -Foro dello Stato -Applicabilit�, 579. -Indennit� di anzianit� -Liquidazione a scaglioni -Legittimit�, 586. -Lavoro straordinario, computabilit� ai fini della liquidazione dell'indennit� di anzianit� � Presupposti, 590. - Riposo settimanale -Possibilit� di sostituzione al riposo giornaliero Insussistenza, 494. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Decreto legge -Legge di conversione -Sostituzione o soppressione in sede di conversione � Efficacia retroattiva � Fattispecie, 579. INDICE xv ~r."'%.!!t'l�"Ji'..�" regolatori -Atti a titolo gratuito, 123. - Vendita immobiliare -Nullit� dichiarata in sentenza di primo grado -Imposta di retrocessione -Riforma in appello -Restit�zione dell'imposta, 123. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi -Societ� di artisti -Rapporto tra socio e societ� -Contratto di lavoro . subordinato -Configurabilit�, 123. -Esenzioni e agevolazioni -Istituto di credito agrario -Ipoteche giudiziali -Iscrizione -Applicabilit�, 124. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Esenzioni e agevolazioni -Ente con scopo di beneficenza -Esenzione dall'imposta -Legatorio inadempiente -Solidariet� -Esclusione, 124. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi -Societ� di artisti -Rapporto tra socio e societ� -Contratto di lavoro subordinato -Configurabilit�, 124. -Esenzioni e agevolazioni -Appalti stipulati con lo Stato -Mandati di pagamento emessi a favore degli appaltatori, 124. -IGE su acque gassate: determinazione dell'imponibile, 124. IMPOSTE DIRETTE -Tributi erariali diretti -Responsabilit� patrimoniale -Cause di prelazione -Privilegi -Generale sui mobili -Ruoli ordinari e straordinari -Ambito di applicazione, 125. IMPOSTE E TASSE -Esenzioni e agevolazioni -Ente con scopo di beneficenza -Esenzione dall'imposta -Legatorio inadempiente -Solidariet� -Esclusione, 125. -Imposta di registro -Fideiussione sostitutiva di cauzione reale per contratto di appalto di lavori autostradali -Benefici tributari, 125. -Imposte e tasse -Imposta sul valore aggiunto: Azienda Autonoma F.S. -. Vendita a terzi di beni mobili e immobili, 125. - Tributi locali: tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche: spazi soprastanti e sottostanti al suolo stradale; impianti della societ� Italcable, 125. IMPOSTE IPOTECARIE -Esenzioni e agevolazioni -Istituto di credito agrario -Ipoteche giudiziali -Iscrizione -Applicabilit�, 126. IMPOSTE VARIE -Autoscafi -Tassa di circolazione Limiti dL applicabilit�, 126. -Imposta di pubblicit� -Targhe assicurazione incendi -Mancata denuncia -Esonero dal tributo, 126. -Imposta di registro -Case di abitazione -Agevolazioni fiscali -Decadenza per rivendita dell'area -Condono in materia tributaria -Applicabilit�, 126. -Imposte in surrogazione del bollo e registro -Anticipazioni su titoli Libretti di risparmio al portatore Deposito o pegno -Aliquota applicabile, 126. -Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Esenzioni o agevolazioni -Comuni -Acquisto di immobili concorrenti per l'attuazione di piani regolatori -Atti a titolo gratuito, 127. INVALIDI DI GUERRA -Mutilati ed invalidi di guerra -Periodo di prova -Licenziamento Processo penale -Opera Nazionale Invalidi di Guerra -Parte civile, 127. -Procedimento penale -Costituzione di parte civile -ONIG -Assistenza sanitaria agli invalidi di guerra, 127. XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ISTRUZIONE -- -Procedimento penale -Costituzione di parte civile -ONIG -Assistenza sanitaria agli invalidi di guerra, XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ISTRUZIONE -- -Procedimento penale -Costituzione di parte civile -ONIG -Assistenza sanitaria agli invalidi di guerra, Istruzione pubblica Istituti tecni� ci -Formulazione dell'orario, possibilit� per gli organi direttivi della scuola di ridurre la durata delle singole ore di lezione -Esclusione, 127. LOCAZIONE DI COSE -Locazioni di complessi elettronici Possibilit� per l'Amministrazione conduttrice di corrispondere in via anticipata quota parte dei canoni annuali -Esclusione, 127. NAVI -Autoscafi -Tassa di circolazione Limiti di applicabilit�, 128. OPERE PUBBLICHE -Opera Pubblica -Delegazione amministrativa intersoggettiva; contratto di appalto stipulato dall'ente delegato, legittimazione alle azioni contrattuali conseguenti, 128. -Riserve -Determinazione dell'Amministrazione -Dichiarazione adesiva dell'appaltatore -Transazione Configurabilit�, 128. PRIVILEGI -Tributi erariali diretti -Responsabilit� patrimoniale� -Cause di prelazione -Privilegi -Generale sui mobili -Ruoli ordinari e straordinari Ambito di applicazione, 128. PROCEDIMENTO PENALE -Mutilati ed invalidi di guerra -Periodo di prova -Licenziamento Processo penale -Opera Nazionale Invalidi di Guerra -Parte civile, 128. -Perizia giudiziaria -Vocazioni -Rimborso -Pluralit� di incarichi -Diversit� di procedimenti -Limite massimo, 129. 129. RESPONSABILIT� CIVILE -Responsabilit� civile: obbligo dell'ente proprietario di apprestare difese per una protezione laterale delle strade -Limiti, 129. SERVIT� -Elettrodotto a servizio di ferrovie Cessazione d'uso della linea elettrica -Prescrizione estintiva -Decorrenza, 129. SOCIET� -Societ� -Partecipazione statale -Liquidazione -Poteri del Ministro del Tesoro -Liquidatore, 129. STRADE -Autostrade -Distanze per l'edificazione -Costruzione di linee ferroviarie, 130. -Strade statali -Pubblicit� in concessione -Cartelli pubblicitari -Autorizzazione -Revoca di alcune autorizzazioni -Effetti -Sulle altre autorizzazioni -Sulla concessione, 130. - Strade statali -Tratti compresi nei centri abitati minori -Autotutela amministrativa -Riduzione in pristino -Competenza, 130. TERREMOTO -Alloggi F.S. -Cessione in propriet� Danneggiamento o distruzione -Ripristino -Mutuo agevolato -Accensione di ipoteca, 130. TRANSAZIONE. -Riserve -Determinazioni dell'Amministrazione -Dichiarazione adesiva dell'appaltatore -Transazione Configurabilit�, 130. INDICE LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -Norme dichiarate incostituzionali II Questioni dichiarate non fondate III -Questioni proposte pag. � � 107 110 115 I I !I I I I I PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 81 -Pres. Oggioni -Rel. Roc chetti -De Maffei c. Comune di Trento e. Regione Trentino-Alto Adige (avv. Lorenzoni). Trentino-Alto Adige -Legge regionale sulle espropriazioni per pubblica utilit� non riguardanti opere a carico dello Stato -Competenza del giudice della opposizione alla indennit� -Criteri difformi da quelli , della legislazione statale -Illegittimit� costituzionale . . (cost., art. 108, primo comma; I. reg. T.A.A. 17 maggio 1956, n. 7, art. 34, secondo comma). E' costituzionalmente illegittima, con riferimento all'art. 108, primo comma della Costituzione, che riserva alla legge statale le norme sull'ordinamento giudiziario e sulla magistratura, la disposizione dell'art. 34, secondo comma, della legge regionale Trentino Alto-Adige 17 maggio 1956, n. 7 la quale, per le opposizioni alle indennit� di espropriazione non riguardanti opere a carico dello Stato, stabilisce la competenza del giudice � per valore e per territorio.�, alterando cos� il criterio della legge rzazionale la quale assegna le controversie relative alla indennit� di espropriazione ad un giudice per ragione della materia. �(l). (Omissis). -3. -La suddetta questione � da ritenersi fondata. Secondo l'orientamento di questa Corte (sent. n. 4 del 1956) anche recentemente ribadito (sent. n. 112 del 1973), l'art. 108 della Costituzione, nel riservare alla �legge� le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura, si riferisce inequivocabilmente alla sola legge dello Stato, alla quale compete in via esclusiva disciplinare in modo uniforme per l'intero territorio nazionale e nei confronti di tutti (art. 3 Cost.), i mezzi e le forme di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (artt. 24, primo comma, e 113 Cost.). (1) Le sentenze 25 giugno 1956, n. 4 e 5 luglio 1953, n. 112 richiamate in motivazione sono pubblicate in Giur. cost. 1956, 575 e 1973, 1277. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato l'avv. F. FAVARA. 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'J;'ATO Da tale fondamentale premessa non solo discende che in materia giurisdizionale non spetta alle Regioni alcuna potest� legislativa, ma deriva altres� che, nel disciplinare le materie-rientranti nella propria competenza legislativa, sia essa concorrente od esclusiva, gli organi legislativi delle Regioni debbono astenersi dall'interferire co_n la normativa, generale o speciale, dello Stato sull'ordinamento giurisdizionale e sulla regolamentazione processuale dei giudizi dinanzi alla autorit� giudiziaria ordinaria o amministrativa. Ci� posto, appare evidente che, nell'ambito della disciplina regionale delle espropriazioni per causa di pubblica utilit� contenuta nella legge della Regione Trentino-Alto Adige n. 7 del 1956, l'art. 34, facendo riferimento, per il giudizio di opposizione alla stima, �alla autorit� giudiziaria competente per valore e territorio � introduce, come criterio di determinazione della competenza in quel giudizio, il parametro del valore, alterando il criterio della legge nazionale, la quale assegna le controversie relative alla indennit� di espropriazione a un giudice competente per ragione della materia. Ben vero che l'espressione contenuta nella legge regionale sembra limitarsi a rinviare, per la individuazione del giudice competente, ai criteri generali del codice di procedura civile; questa circostanza, per�, non esclude che il citato art. 34 incida sull'ordine delle competenze previsto dalla legge statale, perch� anche il rinvio ai principi generali costituisce una illegittima interferenza nella materia giurisdizionale, quando l'istituto che si intende disciplinare mediante il rinvio � regolato da un diverso e speciale criterio sicuramente desumibile dalla legislazione statale. Pertanto, la norma impugnata va dichiarata costituzionalmente illegittima limitatamente alla proposizione �per valore e territorio�, che,1 alterando l'ordine della competenza giurisdizionale, determina il contrasto con l'art. 108 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 82 -Pres. Oggioni -Rel. Crisafulli -Giulio Maurizio (n. c.). Procedimento penale -Dovere di esibizione da parte dei pubblici ufficiali Astensione determinata da segreto militare -Necessit� di autorizzazione a procedere del Ministro di grazia e giustizia -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (cost., artt. 3, 24. e 28; c.p.p., artt. 342, secondo comma, e 352, terzo comma). Non � fondata, con riferimento agli articoli, 3, 24 e 28 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 342, secondo comma, e 352, terzo comma, del c.p.p., che accordano una pi� intensa protezione, penale e processuale, al segreto militare rispetto al segreto d'ufficio e professionale. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (Omissis). -5. -La questione torna cos� ad accentrarsi sul punto se la normativa in oggetto contrasti con l'art. 3 Cost., sotto l'uno o l'altro degli specifici profili prospettati nell'ordinanza e poc'anzi ri�ssunti. La questione non � fondata. Per quanto riguarda anzitutto il diverso trattamento del segreto militare rispetto al segreto d'ufficio e professionale, � preliminarmente da rilevare che la necessit� dell'autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia per procedere contro il soggetto dal quale proviene la dichiarazione di segreto militare, ove l'autorit� giudiziaria non la ritenga fondata, risponde alla medesima ratio di tutela dello stesso segreto, che giustifica l'esclusione assoluta delle prove, reali e testimoniali, stabilita nelle restanti parti degli artt. 342 e 352 in ragione del carattere proprio del thema probandi. Giacch�, contrariamente a quanto mostra di ritenere il giudice a quo, anche il procedimento penale contro l'autore della dichiarazione, come gi� il rapporto al Ministro della giustizia che lo precede, sono preordinati a consentire l'acquisizione delle prove, se ed in quanto le circostanze cui si riferiscono non siano legittimamente coperte dal segreto. Ed infatti, se l'autorizzazione � data, vuol dire che il segreto non sussiste ed in tal caso il giudice non incontra pi� limiti nell'esercizio dei suoi poteri di accertamento della verit�; ma la situazione sarebbe identica, ove il filtro rappresentato dalla autorizzazione a procedere non ci fosse, e perci� la tutela del segreto ne risulterebbe compromessa. Ci� precisato, non pu� considerarsi irrazionale che il modo e l'intensit� della protezione -penale e processuale -delle varie specie di segreti riconosciuti nella vigente legislazione siano diversificati, in funzione della rilevanza degli interessi cui ineriscono, toccando il grado pi� alto quando sia in giuoco il segreto militare vero e proprio, che, come si legge nell'art. 86 cod. pen. mii. di pace, assiste le notizie -concernenti � la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato �, involgendo pertanto il supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalit� internazionale, e cio� l'interesse dello S~ato-comunit� alla propria integrit� territoriale, indipendenza e -al limite -alla stessa sua sopravvivenza. Interesse presente e preminente su ogni altro in tutti gli ordinamenti statali, quale ne sia il regime politico, che trova espressione, nel nostro testo costituzionale, nella formula solenne dell'art". 52, che proclama la difesa della Patria �sacro dovere del cittadino �. 6. -Quanto poi all'altro profilo di illegittimit� sempre in relazione allo art. 3 Cost., dedotto nell'ordinanza, per non essere richiesta l'autorizzazione � nei procedimenti relativi alla violazione dei segreti politici e militari �, a differenza che nell'ipotesi in oggetto, � agevole rilevare che le situazioni che, cos� argomentando, si vorrebbe mettere a raffronto non sono come si assume, analoghe, ma per contro qualitativamente diverse. Giacch�, quando si procede per uno dei delitti di cui agli artt. 256, 257, 259 e 261 cod. pen., il segreto � gi� stato violato, ed il giudizio � rivolto alla RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 466 punizione del colpevole; ed anche nel caso di tentativo, il segreto non � pi� It tale, perch� la stessa contestazione dell'accusa implica che i fatti, cui il segreto si riferiva, siano noti. Laddove, quando si procede a norma del combinato disposto degli artt. 342, secondo comma, e 352, terzo comma, cod. proc. pen., il presupposto � che la dichiarazione o l'esibizione della cosa o del documento siano state rifiutate, adducendo il segreto: il quale, perci�, � ancora intatto. Di qui, secondo il gi� detto, l'esigenza che non s! proceda senza l'autorizzazione del Ministro, dalla quale, invece, � logico si prescinda nei casi sopra menzionati di rivelazione e spionaggio. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 83 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi -Nardinocchi (avv. Guarino e De Cupis) c. Trasacco (avv. Cariota Ferzara e Sulli) e Malagrida (avv. Sandulli e Campobasso); Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Gozzi). Successione � Rappresentazione, nella linea collaterale � Limitazione ai discendenti dei fratelli e sorelle del defunto � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (cost., art.� 3; e.e. art. 468, primo comma). Non � fondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 468, primo comma, c. c. nella parte in cui limita, in relazione ai parenti collaterali, la successione per rappresentazione ai soli discendenti dei fratelli_ e delle sorelle del defunto, con esclusione dei discendenti degli altri collaterali di grado terzo e successivi (1). (Omissis). -4. -In relazione alla spettanza del diritto di rappresentazione, sussiste indubbiamente un trattamento differenziato nei confronti di soggetti che appartengono ad una stessa categoria. Possono infatti succedere per rappresentazione i discendenti dei fratelli e delle sorelle del de cuius e non anche i discendenti dei parenti collaterali di grado terzo e successivi. Eppure, sia gli uni che gli altri sono discendenti di partenti collaterali del defunto. Ma codesta categoria di soggetti astrattamente legittimati a succedere jure repraesentationis non esiste. I parenti collaterali unitamente a quelli in linea retta hanno diritto di succedere per legge al de cuius e sempre che (1) Per la giurisprudenza della Corte di Cassazione relativa alla limitazione della rappresentazione nella linea collaterale ai discendenti dei fratelli e sorelle cfr. sentenza 28 aprile 1962, n. 836, in Foro it., 1962, 1, 1308. Sul diverso problema della rappresentazione a favore dei discendenti naturali cfr. Corte Cost. 14 aprile 1969, n. 79, in questa Rassegna 1969, 1, 423 e in dottrina CARRARo: Sulla rappresentazione a favore dei discendenti naturali, in Riv. dir. civ., 1969, 323. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE non siano di grado successivo al sesto, ma per tutti vale il principio che il parente prossimo esclude il remoto. Accanto alla regola ora detta, con il limite (ex art. 572, comma secondo, del codice civile) ed il criterio indicati, vi � poi una deroga o eccezione per cui i discendenti legittimi o naturali subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non pu� o non vuole accettare l'eredit� o il legato (ai:t. 467, comma. primo, del codice civile, come sostituito con l'art. 171 della legge 13 maggio 1971, n. 151); la rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe (art. 469, comma primo, del codice civile); e la rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati ed adottivi, nonch� dei discendenti dei figli naturali del defunto, e, �nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto� (art. 468, comma primo, citato). Qualora il successibile non possa o non voglia ~cct::ttare l'eredit� o il legato, dunque, non si verifica in ogni caso, nel luogo e nel grado di esso successibile, iL subingresso da parte dei suoi discendenti legittimi o naturali, ma si ha rappresentazione solo nei confronti dei figli (legittimi, legittimati, adottivi e naturali) e dei fratelli e delle sorelle del de cuius. Solo codesti soggetti hanno de jure la qualit� di possibili rappresentati e non tutti gli altri successibili legittimi. Orbene, non vi � dubbio che tra i collaterali (e non oltre il sesto grado di parentela) del de cuius la norma denunciata operi una discriminazione. Ma il differente trattamento giuridico per quanto concerne il diritto di rappresentazione non riguarda soggetti che si trovino nella medesima situazione giuridica o che siano in astratto per ragioni extra o metagiuridiche meritevoli dello stesso trattamento. E ci� perch� combinando la regola (con il detto limite interno) secondo cui i parenti entro il sesto grado sono successibili legittimi ed il criterio secondo cui il parente prossimo esclude il remoto, si ha, nella disciplina legislativa vigente, una diversa e progressivamente sempre pi� attenuata rilevanza, a fini successori, del vincolo di parentela nei confronti del defunto ed in fatto un progressivo affievolimento del detto vincolo. E d'altra parte la distinzione di cui all'art. 468, comma primo, in parte qua, tra i parenti collaterali di secondo grado e quelli di grado terzo e successivi, � il risultato di una scelta operata dal legislatore. Con le norme di cui agli artt. 467 e seguenti del codice civile, al livello legislativo cos� come previsto ora dall'art. 42, comma quarto, d~lla Costituzione, all'esistenza ed. operativit� del diritto di rappresentazione si � posto un limite. E ci� si � fatto in modo non irrazionale, atteso che la parentela, come vincolo di sangue che lega tutti coloro che discendono da uno stesso stipide, si presenta particolarmente prossima nel rapporto tra i genitori e i figli (in linea retta) ed in quello tra i figli di detti genitori (nella linea collaterale) che � puro e s_emplice riflesso del primo e cio� della filiazione. Nel rapporto di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 468 parentela di terzo grado (che non presupponga un rapporto tra fratelli, uno dei quali sia il defunto, giacch� altrimenti rileverebbe la parentela di secondo grado) e cio� nel rapporto tra defunto e zio paterno o materno dello stesso, la parentela ha la sua radice in una generazione diversa da quella attraverso la quale � nato il soggetto della cui successione si tratta, ed anteriore ad essa. E nel rapporto di parentela tra cugini si riproduce e si ripete quanto rilevabile nella particolare ipotesi di parentela di terzo grado ora indicata; e per esso quindi pu� valere la medesima considerazione. 5. -Constatato che i collaterali non costituiscono una categoria unica o unitaria e omogenea di parenti, che al trattamento differenziato dei parenti fino al secondo grado e di quelli di grado terzo e successivi non cor� risponde una medesima o assimilabile situazione e che detto trattamento appare altres� razionalmente giustificato, perdono consistenza o rilievo le osservazioni fatte in ordinanza circa gli effetti dell'applicazione dell'attuale sistema. Se mancano discendenti di fratelli e sorelle del defunto, il fatto della premorienza fra i parenti di pari grado (esempio tra cugini) certamente determina una situazione di disuguaglianza, ma questa si ha proprio perch� l'istituto della rappresentazione ha il contenuto e l'ambito sopraddetti. E del pari � a ci� conseguenziale il possibile fatto che l'eredit�' sia devoluta ad un pronipote di sesto e anche di settimo grado e rimanga escluso dalla successione un parente di quinto grado, qual'� il figlio di un cugino premorto: gli � che il criterio secondo cui il parente prossimo esclude un remoto, e la deroga costituita dal diritto di rappresentazione trovano logica combinazione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile 1976, n. 84 -Pres. Rossi� Rel. Rocchetti . Regione siciliana (avv. Sorrentino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Corte costituzionale -Giudizi per conflltto di attribuzioni -Termine � Decorrenza. (cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39, secondo comma). Il termine di sessanta giorni stabilito dal secondo comma dell'art. 39 l. 11 marzo 1953, n. 87,� per la proposizione, da parte della Regione, del ricorso per conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato, decorre dalla data in cui essa ha avuto conoscenza della manifestazione di volont� che, indipendentemente dalla forma nella quale viene resa esplicita, costituisce affermazione della competenza dello Stato (1). (1) Sulla perentoriet� del termine per la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzioni, cfr. da ultimo Corte cost. 19 giugno 1974, n. 174, in questa Rassegna 1974, 1, 1044. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 469 CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 86 -Pres. e Rel. Rossi -Pro ietti (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Sta to Giorgio Azzariti). Reato -Produzione e vendita delle sostanze alimentari -Illegittimit� costi tuzionale -Esclusione. (cost., artt. 3 e 32, primo comma; I. 30 aprile 1962, n. 283, art. S, primo comma). Non � fondata, con riferimento agli articoli 3 e 32, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5, primo comma, l. 30 aprile 1962, n. 283 il quale vieta anche la detenzione di sostanze alimentari, caratterizzata dalla' destinazione all'uso alimentare, senza previo accertamento della commestibilit� (1). (Omissis). -2. -Il pretore di Roma ha sollevato questione incidentale di legittimit� costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283, nella parte in cui escluderebbe, tra le varie ipotesi di reato, la detenzione di sostanze alimentari mal conservate per distribuirle per il consumo. Nell'ordinanza di remissione si dubita che la supposta liceit� di tale condotta contrasti con gli artt. 3 e 32, primo comma, della Costituzione, non apparendo giustificata in relazione all'analoga (punita) fattispecie di detenzione per la vendita, e potendo procurare un identico nocumento alla salute pubblica. Il giudice a quo presuppone che la norma denunciata non si estenda a chi detiene sostanze in cattivo stato di conservazione per immetterle nel consumo alimentare umano. Ove tale interpretazione fosse esatta, il pretore avrebbe dovuto assolvere gli imputati anzich� sollevare una questione di legittimit� costituzionale, prospettandola sostanzialmente come richiesta alla Corte costituzionale di creare nuove ipotesi di reato. Peraltro la tesi ermeneutica del pretore appare erronea e la questione proposta infondata. La ratio della norma incriminatrice impugnata � quella di punire non soltanto l'attivit� di vendita di sostanze alimentari in vario modo viziate, ma� anche di impedire quella detenzione, anch'essa pericolosa, che precede immediatamente l'immissione nel consumo delle sostanze stesse. La disposizione in esame prevede che le stostanze alimentari descritte nel suo contesto sian.o vendute, impiegate nella preparazione di alimenti o di bevande, somministrate come mercede ai propri dipendenti o distribuite per il consumo (art. 5 legge 30 aprile 1962, n. 283). (1) Per la giurisprudenza richiamata in motivazione cfr. Cass., 24 aprile 1968, n. 316, in Giust. pen. 1969, 2, 153; Cass., 25 gennaio 1969, n. 1657, ivi, 1969, 2, 995; Cass., 20 novembre 1969, ivi, 1970, 2, 509. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 470 Dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto che la norma, interpretata secondo l'intento della legge che � quello di assicurare la tutela della salute pubblica, comprenda nell'ipotesi di reato anche la d.etenzio'ne caratterizzata dalla destinazione all'uso alimentare, senza previo accertamento della commestibilit�. Ne consegue che la norma impugnata vieta, la detenzione finalizzata all'esplicamento di tutte le condotte analiticamente descritte dall'art. S della legge n. 283 del 30 aprile 1962, sicch� la censura prospettata dal giudice a quo si palesa inconsistente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 87 -Pres. Rossi -Rel. AstutiNobile (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Procedimento penale -Tutela dell'ordine pubblico -Speciale normativa per l'istruttoria dei reati commessi dalle forze dell'ordine -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (cost., artt. 3, 25, 102, 107 e 112; 1. 22 maggio 1975, n. 152, artt. 27, 28 e 29). Non � fondata, con riferimento agli articoli 3, 25, 102, 107 e 112 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 27, 28 � e 29 l. 22 maggio 1975, n. 152, dato che, nella presente situazione dell'ordine pubblico, valutata dal legislatore di particolare gravit�, trova piena giustificazione il trattamento differenziato introdotto per le forze dell'ordine (1). (Omissis). -La questione non � fondata, non sussistendo alcuno dei profili di illegittimit� prospettati dalle ordinanze di rimessione. La speciale normativa introdotta con gli artt. 27 e seguenti per i reati commessi dalle forze dell'ordine -limitatamente alla fase istruttoria, e senza nulla innovare in ordine al giudizio, sempre regolato dalle norme ordinarie -non lede il principio di eguaglianza conferendo una ingiustificata situazione di privile~io. Essa non si applica agli ufficiali ed agenti delle forze dell'ordine in via generale per tutti i reati, ma esclusivamente �per fatti compiuti in servizio �,.ossia per fatti che nel servizio abbiano ragione e causa, e siano inoltre � relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica �. La ratio delle disposizioni denunciate risulta con chiarezza dalla relazione delle Commissioni riunite della Camera dei deputati, nella seduta dell'8 aprile 1975: esse �sono determinate 'dall'esigenza di impedire (1) La sentenza 19 luglio 1968, n. 109 richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna 1968, l, 887. Le altre sentenze pure richiamate 27 novembre 1963, n. 148 e 2 aprile 1964, n. 32, sono pubblicate in Giur. cast., 1963, 1529 e 1964, 263. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE che gli appartenenti alle forze dell'ordine siano esposti al rischio di processi penali conseguenti ad accuse infondate per reati concernenti l'uso, nell'esercizio delle loro funzioni, delle armi o di altro mezzo di coazione fisica�. Nella presente situazione dell'ordine pubblico, valutata dal legislatore di particolare gravit�, trova piena giustificazione il trattamento differenziato introdotto per le forze dell'ordine, alle quali � affidato il gravoso e rischioso compito di prevenire e reprimere la perpetrazione dei reati, e di garantire, con la sicurezza pubblica una ordinata convivenza civile. Questa Corte ha gi� avuto occasione di rilevare che la considerazione delle funzioni ed attribuzioni conferite ai pubblici funzionari �se da un lato d� titolo ad una maggiore protezione penale, � poi fonte, dall'altro, di un aggravamento di responsabilit� come nei casi in cui la qualit� di pubblico ufficiale viene assuta ad elemento costitutivo o a circostanza aggravante dei reati commessi� (sentenza n. 109 del 1968). E giustamente l'Avvocatura dello Stato ha osservato che provvedimenti come quello in questione, � inteso ad una garanzia lato sensu processuale per gli appar~ tenenti alle forze dell'ordine, di cui si contesta la legittimit�, costituiscono l'elemento compensativo delle maggiori responsabilit��. Non sussiste dunque una ingiustifi~ata disparit� di trattamento, che possa considerarsi lesiva del principio sancito dall'art. 3 della Costituzione. 3. -Le ordinanze denunciano, nell'ipotesi di reati di competenza pretorile, la violazione dell'art. 25, per la possibilit� di sottrazione dell'imputato al suo giudice naturale, che conseguirebbe all'avocazione della istrut' toria da parte del procuratore generale ed all'eventuale trasferimento della stessa al giudice istruttore. Ma la denunciata violazione non sussiste, perch� le disposizioni di cui � causa non comportano alcuna deroga alla competenza del pretore, secondo la corretta interpretazione, prospettata anche dall'Avvocatura dello Stato nelle sue deduzioni. Per vero, gli artt. 27, 28 e 29 della legge n. 152 del 1975 contengono una normativa che regola in modo speciale soltanto i rapporti tra procuratore della Repubblica, procuratore generale, e giudice istruttore, in relazione ai reati di competenza del tribunale e della Corte d'assise: ove abbia notizia di tali reati, imputabili alle forze dell'ordine per fatti compiuti in servizio con uso delle armi o di altro mezzo di coazione, il procuratore della Repubblica � tenuto ad informare immediatamente il procuratore generale, limitandosi a compiere frattanto esclusivamente gli atti urgenti relativi alla prova del reato; il procuratore generale, ove non ritenga di esercitare i poteri previsti dal codice di rito (ossia procedere aci atti di istruzione preliminare, a' sensi dell'art. 234, o avocare--a s� l'istruzione sommaria, a' sensi dell'art. 392), restituisce gli atti al procuratore della Repubblica, perch� proceda nelle forme stabilite dalla legge; entrambi, ove ne ravvisino gli estremi, possono richiedere al giudice istruttore, con atto motivato, di pronunciare decreto di archiviazione; ed infine il giudice, ove non ritenga di accogliere tale richiesta, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 472 dispone l'istruttoria formale, con ordinanza impugnabile dall'interessato davanti alla sezione istruttoria. Il secondo comrria dell'art. 27 stabilisce bens� che �la stessa disposizione si applica nel caso in cui il pretore ha comunque notizia di un reato previsto nel comma precedente�: ma questa norma � stata evidentemente inserita sempre con riferimento ai reati di competenza del tribunale e della Corte di assise, in relazione ai poteri che anche per questi pi� gravi reati l'art. 231, secondo comma, del codice di procedura penale attribuisce al pretore. Egli � infatti tenuto bens� ad informare senza ritardo il procuratore della Repubblica d'ogni notitia criminis trasmettendogli �gli atti del procedimento e ogni cosa che vi si riferisce�, ma ha tuttavia il potere di procedere in ogni caso agli atti urgenti di accertamento e di assicurazione delle prove, ed anche di emettere mandato d'arresto. La disposizione dell'art. 27, invece, mentre impone anche al pretore di informare nello stesso giorno il procuratore generale, gli consente solo di compiere � esclusivamente gli atti urgenti, relativi alla prova di reato, dei quali non � possibile il rinvio �, con preclusione, pertanto, dei provvedimenti relativi alla libert� personale. L'art. 27 non impone peraltro al pretore alcun obbligo di informativa al procuratore generale per i reati di sua competenza. A questi infatti non sono �applicabili le disposizioni speciali della nuova legge, che fanno espresso ed esclusivo riferimento agli strumenti procesuali concernenti i reati di competenza del tribunale e della Corte d'assise,. rispetto ai quali soltanto il procuratore generale pu� �esercitare i poteri previsti dal codice di procedura penale�, secondo il cpiaro disposto dell'art. 28. Non v'� dunque alcuna deroga alla competenza del pretore, quanto ai reati attribuiti alla sua cognizione. Ed � forse superfluo aggiungere che anche per quanto concerne i reati di competenza del tribunale o della Corte d'assise, le nuove disposizioni, pur importando una diversa distribuzione di competenze tra organi requirenti e giurisdizionali, non confliggono con il principio sancito dall'art. 25, primo comma, della Costituzione, essendo tali competenze sempre predeterminate in via generale dalla legge. 4. -� chiaro che le denunciate disposizioni non pongono la pretesa limitazione al promovimento dell'azione penale, n� da parte del pretore, per i reati di sua competenza, n� da parte degli uffici del pubblico ministero. L'obbligo di immediata informativa al procuratore generale non lede, di per s�, le prerogative del procuratore della Repubblica, e d'altra parte l'art. 28 non attribuisce al procuratore generale poteri diversi o maggiori di quelli che gli spettano in base al codice di rito; ove egli non ritenga di avocare a s� l'istruzione sommaria, dovr� restituire gli atti al procuratore della Repubblica, perch� proceda a norma di legge. Non sussiste nemmeno la pretesa discriminazione tra magistrati, che si assume lesiva dei princ�pi sanciti dall'art. 102, primo comma, e dall'arti PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE colo 107, terzo comma, della Costituzione. Non v'� infatti, per quanto gi� si � detto, nessuna �umiliazione� n� �spoliazione di poteri� nei confronti del pretore, a torto lamentata con copia di considerazioni estravaganti dal pretore di Galatina; non v'� dal pari nessuna lesione delle attribuzioni del procuratore della Repubblica, quali previste dal vigente ordinamento giudiziario, dato che le disposizioni di cui � causa concernono pur sempre l'esercizio di funzioni di competenza dell'ufficio del pubblico ministero, a cui nella circoscrizione della Corte d'appello presiede il procuratore generale (cfr. art. 70 dell'ordinamento giudiziario). Ed il potere di avocazione a lui riconosciuto dall'art. 392, come la Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare, attua soltanto una legittima sostitQzione di un organo del pubblico ministero ad altro organo dello stesso ufficio (sentenze n. 148 del 1963 e n. 32 c:lel 1964). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1976, n. 88 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Di Leva (avv. Ghidoni) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Reato -Tutela dell'ordine pubblico -Limiti alla concessione della libert� provvisoria -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (cost., artt. 3 e 27; I. 22 maggio 1875, n. 152, art. 1, Iett. b). Non � fondata, con riferimento agli articoli 27, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 lett. b legge 22 maggio 1975, n. 152 con il quale sono stati esclusi dal beneficio della liberazione provvisoria, quando gi� risultino sottoposti ad altro procedimento per gli stessi reati, coloro che siano imputati di lesioni personali volontarie (escluse quelle lievissime), lesioni gravi o gravissime, rissa aggravata da omicidio o lesioni, violenza privata (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata. Questa Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare che con l'art. 27 il costituente � non ha sancito una presunzione di innocenza � -che, intesa in senso assoluto, sarebbe incompatibile con ogni misura di carcerazione preventiva -, ma ha voluto asserire che � durante il processo non esiste un colpevole, bens� soltanto un imputato� (sentenza n. 124 del 1972). Sono universalmente note le gravi ragioni che hanno determinato il legislatore a ripristinare un sistema di limitazioni alla concessione della (1) La sentenza 6 luglio 1972, n. 124 richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna 1972, 1,. 970. / RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 474 libert� provvisoria, dopo aver constatato gli effetti della riforma attuata con la legge 15 dicembre 1972, n. 733. Secondo la relazione delle commissioni riunite della Camera dei deputati, le disposizioni dell'art. 1 della nuova legge per la tutela dell'ordine pubblico sono state precisamente dettate �al fine di fronteggiare l'allarmante recrudescenza del fenomeno della criminalit� successiva all'emanazione della legge lS dicembre 1972, n. 733, e quindi certamente o molto probabilmente favorita dalle libert� provvisorie accordate ad imputati assai pericolosi e proclivi alla recidiva � (seduta 8 aprile 1975). In questa prospettiva deve esere valutata la denunciata disposizione dell'art. l,.secondo comma, lett. b, con la quale sono stati esclusi dal beneficio della liberazione provvisoria, quando gi� risultino sottoposti ad altro procedimento per gli stessi reati, coloro che siano imputati di lesioni personali volontarie (escluse quelle lievissime), lesioni gravi o gravissime, rissa aggravata da omicidio o lesione, violenza privata. Reati tutti la cui iterazione costituisce indice di probabile inclinazione alla violenza fisica e morale, e quindi di pericolosit� per la vita, l'incolumit� e la sicurezza dei cittadini. Si obbietta che la semplice imputazione di uno di questi reati non comporta presunzione di colpevolezza: ma � ovvio replicare che il diniego della libert� provvisoria non implica una siffatta presunzione, perch� la detenzione preventiva non ha la funzione di anticipare la pena, applicabile solo dopo l'accertamento della colpevolezza, ma ben pu� legittimamente essere predisposta � in vista della soddisfazione di esigenze di carattere cautelare o strettamente inerenti al processo� (sentenza n. 64 del 1970). Ed � anche inesatto asserire che la disposizione denunciata � d� al procedimento in corso lo stesso valore di una affermazione definitiva di responsabilit� �, perch�, nella specie, il legislatore ha semplicemente assunto a criterio la esistenza d'una precedente imputazione per reati della stessa natura e gravit�, per escludere la concessione del beneficio della liberazione all'im� putato detenuto, nella ragionevole presunzione che possano essere pregiudicate le finalit� cautelari sopra indicate. Al riguardo, deve rilevarsi che la disposizione di cui trattasi richiede che l'imputato sia gi� � sottoposto ad altro procedimento penale �, ossia che non sia un semplice indiziato; a cui sia stata inviata comunicazione giudiziaria, ma che nei suoi confronti gi� sia intervenuta la formulazione dell'accusa, talch� egli abbia assunto la qualit� di imputato a norma di legge, sulla base di sufficienti indizi di colpevolezza. Non sussiste nemmeno violazlone del principio di eguaglianza, perch� l'esclusione dal beneficio della liberazione provvisoria � disposta dalla norma in questione, per le ragioni gi� dette, proprio e soltanto con riguardo all'attuale posizione dell'imputato, in quanto gi� sottoposto ad altro giudizio per uno dei reati ivi previsti, e non gi� sulla base di una inammissibile-equiparazione alla posizione di un condannato. -(Omissis). I' ..........~.J PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 475 CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 91 -Pres. Oggioni � Rel. Amadei -Navarra (avv. Agostini) ed altri (n. c.) c. Inam (avv. Giorgianni); Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Albisinni). Previdenza e assistenza -Assicurazioni sociali -Presupposto della esposizione a rischio -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (cost., artt. 3 e 38, secondo comma; e.e. artt. 1886 e 1895). Non � fondata, con riferimento agli articoli 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1886 e.e. nella parte in cui rende applicabile alle assicurazioni sociali la disposizione contenuta nell'art. 1895 dello stesso codice, in forza della quale il contratto assicurativo � nullo se il rischio non � mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto (1). (Omissis). -4. -Per quanto riguarda le questioni sollevate con le altre ordinanze (pensione di invalidit� conseguente a stato di malattia preesistent� a rapporto di lavoro) la Corte osserva che gli artt. 1886 e 1895 in quanto applicabili anche alle assicurazioni sociali, ove le leggi che le riguardano non dispongano specificatamente, comportano soltanto che debba esistere l'elemento del rischio al momento del sorgere del rapporto assicurativo. Ci� non contrasta affatto con l'art. 38, comma secondo, della Costituzione. La Corte ha ben chiarito la differenza tra il primo comma dell'art. 38, il quale pone tra i compiti primari dello Stato quello dell'assistenza sociale in favore di chi versi in condizioni di indigenza per inabilit� e il secondo comma che, con riguardo ai lavoratori, presuppone l'insorgere di eventi che incidano sfavorevolmente sulla loro attivit� lavorativa (sent. n. 22 del 1969 della Corte cost.). Anche la sentenza n. 160 del 1974, pur rilevando che la natura pubblicistica delle assicurazioni sociali importa che il rischio abbia in esse delle proprie peculiari connotazioni, ha comunque considerato insito l'elemento del rischio nel precetto del secondo comma in quanto diretto a garantire i lavor.atori di fronte ad eventi (e quindi al rischio) che determinino la cessazione o la riduzione dell'attivit� lavorativa; che infine la Corte ha ritenuto che la norma costituzionale consente allo Stato di scegliere i modi e le strutture organizzative pi� idonee allo scopo, e in particolare che sia compatibile col processo costituzionale la scelta per criterio tecnico organizzativo, della forma assicurativa. (1) Le sentenze 20 febbraio 1969, n. 22 e 6 giugno 1974, n. 160 richiamate in motivazione sono pubblicate in Giur. cost. 1969, 149 e 1974, 960. 3 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO 476 La tesi che nelle assicurazioni sociali debba prescindersi dall'elemento del rischio, condurrebbe in materia di pensioni di invalidit� a riconoscere il diritto alla pensione al lavoratore che intenda far valere i periodi di contribuzione e di assicurazione per una riduzione della capacit� di guadagno, al di sotto dei limiti di legge preesistente al rapporto assicurativo e di lavoro senza che si sia verificato alcun nuovo evento che la riduca ulteriormente, il che non rientra nella previsione dell'art. 38, secondo comma. Il riferimento, contenuto nella ordinanza della Cassazione, a casi di contribuzione assicurativa senza rischio non � probante. Nella ipotesi di lavoratrice affetta da sterilit� assoluta ma ugualmente soggetta all'assicurazione di maternit� e in quella della lavoratrice impiegata soggetta allo speciale trattamento previdenziale per i richiamati alle armi, sebbene-l'evento non possa verificarsi nei suoi confronti, l'obbligo della contribuzione da parte di chi � esente dal rischio � diretto a realizzare, mediante incremento dei relativi fondi, una maggior tutela di coloro che sono esposti a quei rischi; n� si deroga evidentemente al principio che le prestazioni non sono dovute a chi non �� rimasto esposto al rischio del verificarsi dell'evento considerato. Anche perci� devesi pertanto concludere che le norme del codice civile denunciate non contrastano col precetto costituzionale dell'art. 38, secondo comma. Quanto alla ipotesi specifica (alla quale ha particolare riguardo l'ordi: nanza della Corte di cassazione) di chi, essendo gi�, prima dell'inizio del rapporto assicurativo, affetto da menomazione che riduca la capacit� di guadagno al di sotto del limite previsto dalla legge sulla invalidit� e vecchiaia, trovi una occupazione lavorativa e paghi i contributi, e poi subisca una ulteriore riduzione e financo I.a perdita totale della residua capacit�, la giurisprudenza della Cassazione non ha desunto la soluzione negativa in ordine al diritto alla pensione di invalidit� dal disposto dell'art. 1886 codice civile, bens� dal fatto che la normativa sulla assicurazione obbligatoria invalidit� e vecchiaia configura e delimita il rischio, con riguardo alla invalidit�, nel senso della riduzione al di sotto di un certo limite della capacit� di guadagno normale, e che ci� � stato inteso dalla giurisprudenza predetta come avente riguardo ad una preesistente capacit� di guadagno considerata come integra, e non gi� quale residuata concretamente a seguito di anteriore causa invalidante. � siffatta interpretazione dell'art. 10 della legge 1939, n. 636, in connessione a tutto il sistema normativo dettato dalle leggi sull'assicurazione invalidit� e vecchiaia, che porta ad escludere il diritto a trattamento pensionistico nel caso sopra indicato e non gi� le norme denunciate degli articoli 1886 e 1895 del codice civile. -(Omissis). -I i I -4PAIP#'dJillf. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 477 CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 92 � Pres. e Rel. Rossi � Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Zagari) c. Regione Abruzzo. Regione � A statuto ordinario � Competenza legislativa in materia previ� denziale � Esclusione. (cost., art. 117; I. reg. Abruzzo 25 luglio 1974). � costituzionalmente illegittima, in relazione dell'art. 117 della Costituzione che non contempla la materia previdenziale, la legge della Regione Abruzzo, riapprovata il 25 luglio 1974, recante �indennit� per inabilit� temporanea assoluta a favore dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri per infortuni e malattie professionali�. (1). (Omissis). -Le censure proposte dallo Stato sono fondate. II disegno di legge impugnato disciplina materia previdenziale, stabilendo a favore dei coltivatori diretti, affittuari, coloni e mezzadri residenti nella Regione Abruzzo forme integrative delle indennit� previste dal testo unico 30 giugno 1965, n. 1124, sugli infortuni sul lavoro. In particolare la normativa in esame autorizza la Regione a concedere un'indennit� giornaliera di importo variamente determinato nei casi di inabilit� temporanea assoluta che derivi dagli infortuni o malattie sul lavoro agricolo di cui agli artt. 210 e 211 del predetto testo unico. � altres� disposto che con apposita convenzione sia consentito all'INAIL di erogare le prestazioni previste e di farsi poi rimborsare dalla Regione l'importo delle somme� cos� corrisposte. L'impugnato provvedimento ha un contenuto, oggettivamente determinato, esulante dalle competenze legislative attribuite alle Regioni ordinarie dall'art. 117 della Costituzione, che non contempla la materia previdenziale. Secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale la delimitazione della competenza legislativa delle Regioni � fissata per contenuti normativi oggettivi, e non in riferimento ai fini che il legislatore regionale abbia inteso perseguire (sentenze 124 del 1957, 66 del 1961, 26 del 1962, 66 del 1964). Pertanto non � pertinente il rilievo che mediante le provvidenze previste la Regione Abruzzo intendesse realizzare una incentivazione dell'agricoltura nel proprio ambit� territoriale. -(Omissis). (1) Sui criteri distintivi della competenza legislativa delle Regioni cfr. in particolare Corte Cost. 22 dicembre 1961, n. 66, in Giur. cost., 1961, 1240. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 93 -Pres. Rossi -Rel. Rossano -Stoffa c. Fracchiolla (n. c.). Responsabilit� civile -Scontro tra veicoli -Presunzione di uguale respon� sabilit� per colpa dei conducenti � Illegittimit� costituzionale � Esclu sione. (cost., art. 3; e.e. art. 2054, primo e secondo comma)._ Non � fondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2054, primo e secondo comma, e.e., il quale, per il frequente verificarsi, nella dinamica degli scontri tra veicoli, di illecita condotta dei conducenti, ha considerato lo scontro come fatto tipico che giustifica la presunzione di uguale responsabilit� per colpa dei conducenti (1). (Omissis). -2. � La questione non � fondata. Questa Corte, con la sentenza 14-29 dicembre 1972, non ha modificato il principio stabilito dal secondo comma dell'art. 2054 e.e., ma, fra le due interpretazioni alle quali aveva dato luogo il contenuto di tale disposizione, ha accolto quella conforme all'art. 3 della Costituzione, nel rispetto della volont� razionalmente desumibile dalla disposizione stessa, ed ha in tale limite contenuto la pronunzia di illegittimit�. Ha precisa!o che �nel vigente regime dello scontro con danni unilaterali la responsabilit� presunta del solo conducente del veicolo non danneggiato viene fatta discendere da un elemento accidentale e casuale, da una circostanza, cio�, che � razionalmente inidonea a far presumere, in mancanza di prova contraria, che nel determinare la collisione non abbia concorso aiJ.che la colpa del conducente del veicolo danneggiato �. Ha dunque, considerato lo scontro il tipico evento di danno che per il secondo comma dell'art. 2054 costituisce la premessa di fatto, da provare, ai fini della presunzione. E, ritenuto irrazionale escludere dalla presunzione di illiceit� la condotta del solo conducente del veicolo che non abbia sublto danno nello scontro, ha con ci� stesso escluso che altri eventi di danno, fuori dello scontro, possano ricondursi alla presunzione legale di illiceit� dei conducenti prevista dall'art. 2054, secondo comma, codice civile. 3. � Posto che le presunzioni legali sono stabilite, secondo l'art. 2728 e.e., sulla base di una situazione che, per il suo frequente verificarsi, � considerata premessa tipica legale di conseguenze presunte fino a prova contraria, non � irrazionale l'art. 2054, secondo comma, che, per il frequente verificarsi, nella dinamica degli scontri tra veicoli, di illecita condotta dei (1) La sentenza 29 dicembre 1972, n. 205 richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna 1973, 1, 91. l ! [ l I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 479 conducenti, ha considerato lo scontro fatto tipico che giustifica la presunzione di uguale responsabilit� per colpa dei conducenti. I casi prospettati dal pretore, che escluderebbero la responsabilit� di uno dei conducenti, in quanto fuori della dinamica dello scontro, evento verificatore. della presunzione tipica, attengono a fattispecie diverse, che -a sensi del secondo comma dell'art. 2054 cod. civ. -debbono essere oggetto ciascuna di prova e valutazione del giudice competente, come soltanto il giudice competente pu� accertare e valutare la prova che, in singoli casi, escluda la responsabilit� di alcuno dei .conducenti, a termine del primo comma dell'art. 2054 citato. Non sussiste, quindi, la violazione dell'art. 3, essendo le situazioni che si verificano negli scontri tra autoveicoli a termini dell'art. 2054, secondo comma, cod. civ., diverse da quelle che si verificano fuori dello scontro; n� tale differenziazione � irrazionale. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 94-Pres. Rossi -Rel. Rossano . -Dolci e altri c. Comune di Grossolengo e Prefetto di Forl� (n. c.); Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Approvvigionamenti e consumi -Pubblici esercizi -Disciplina dell'orario dei negozi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (cost., artt. 4 e 41; I. 28 luglio 1971, n. 558). Non � fondata, con riferimento agli artt. 4 e 41 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale delle norme che disciplinano la chiusura totale nei giorni domenicali e festivi dei pubblici esercizi, dato che dal riconoscimento al cittadino del diritto al lavoro e della libert� di iniziativa economica non consegue il divieto per il legislatore di dettare disposizioni concernenti la tutela di. esigenze sociali costituzionalmente protette (1)'. (Omissis). 2. -L'ordinanza del giudice conciliatore di Gossolengo impugna, con distinto riferimento all'art. 4 e all'art. 41 della Costituzione, l'art. 1, lett. a, della legge citata, che prescrive alle Regioni nella � determinazione dell'orario di uniformarsi al criterio della chiusura totale nei giorni domenicali e festivi �, salva la facolt� di autorizzare � nelle festivit�, infrasettimanali solo le rivendite di pane... ad effettuare l'apertura antimeridiana limitatamente a questo genere �. (1) La sentenza 5 aprile 1974, n. 111, richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna 1974, 1, 817. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 480 3. � Secondo il giudice conciliatore, la norma, nelle zone rurali, priverebbe i commerc!anti dell'unica prospettiva di lavoro e di guadagno sufficienti, perch� proprio nei giorni festivi si verificherebbe, in misura sempre pi� massiccia, l'esodo dalle citt� verso le campagne. Violerebbe, pertanto, l'art. 4 della Costituzione, che riconosce al cittadino il diritto al lavoro e vieta al legislatore di porre vincoli che siano in contrasto con il dovere di rendere effettivo tale diritto. La censura non � fondata. Dal riconoscimento del diritto al cittadino al lavoro �e della libert� di scegliere un'attivit� lavorativa discende per lo Stato il dovere di non porre norme che tale diritto o tale libert� direttamente o indirettamente escludano, ma non consegue il divieto al legislatore di dettare disposizioni concernenti la tutela di esigenze sociali costituzionalmente protette (sentenze di questa Corte n. 12 del 15 marzo 1960; n. 102 del 2 luglio 1968 e n. 41 del 25 febbraio 1971). Nel sindacato di legittimit�" costituzionale non si pu� pertanto, prescindere da una considerazione globale dell'intero sistema per verificare se limiti e condizioni trovino nel sistema stesso giustificazioni e siano, quindi, legittimi. Il criterio impugnato � determinato dall'esigenza di tutela del diritto irrinunciabile al riposo, diritto che, nella sua configurazione 'normale e globale, coincide con le domeniche e gli altri giorni festivi. Questa Corte, con sentenza 5 aprile 1974, n. 111, ha precisato che � anche la tutela del diritto del lavoratore al riposo settimanale costituisce una delle ragioni di finalit� sociale e di salvaguardia della dignit� umana poste al limite della libera iniziativa economica privata; n� vale distinguere fra lavoratore dipendente e lavoratore in proprio. La legge ha inteso tutelare anche il lavoratore in proprio creando, attraverso l'obbligo della chiusura, il presupposto logico giuridico della chiusura, perch� anch'egli possa usufruire del riposo settimanale �. I limiti, quindi, al diritto al lavoro e alla libert� del suo esercizio debbono essere stabiliti dalla legge con valutazione di esigenze sociali unitarie e globali, di competenza degli organi legislativi, e con disposizioni delle a�torit� amministrative competenti ai sensi di legge, come � stabilito dall'art. 11 --lett. -a, legge citata per le rivendite di pane e dall'art. 3 della legge in oggetto, secondo cui �nelle localit� ad economia turistic~ e limitatamente ai periodi di maggiore afflusso turistico, determinati per ogni localit�, sentito l'Ente provinciale per il turismo, le Regioni, sentite le organizzazioni e gli enti di cui al primo comma dell'art. l, �possono fissare l'orario di ape;rtura e di chiusura dei negozi sia nei giorni feriali sia in quelli domenicali e festivi, indipendentemente dalle disposizioni di cui al precedente art. 1 �, Tale norma rivela come il legislatore, alla stregua della disciplina costituzionale, ha ritenuto proprio per la tutela del diritto al lavoro, che la coincidenza del riposo dei lavoratori con le domeniche e i giorni dichiarati festivi sul piano nazionale possa essere derogata, nel settore del com PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE mercio della vendita al dettaglio, per interessi di carattere generale (come quello del turismo) e in situazioni concrete accertate con procedimenti dagli organi amministrativi competenti. 4. -Tanto meno � fondata la questione per quanto concerne l'art. 41 della Costituzione. Contrariamente a quanto � affermato nell'ordinanza, l'attivit� di esercizio commerciale, quanto ad orario e a determinazione dei giorni di chiusura obbligatoria, deve adeguarsi alla esigenza unitaria della tutela del diritto al lavoro e a quella della disciplina unitaria dei prezzi. E la legge impugnata ha osservato le indicate esigenze in quanto, escludendo la deroga al principio di coincidenza di chiusura .nei giorni festivi ha ritenuto non meritevoli di tutela affermati interessi particolari non aventi riflessi globali, che avrebbero potuto comportare assunzione di altro personale, per esigenza di turni, con ripercussioni sui prezzi. � 5. -� anche non fondata la questione di legittimit� costituzionale, sollevata dal pretore di Cesena, dell'art. 9 legge 28 luglio 1971, n. 558, in riferimento all'art. 41 della Costituzione. L'art. 9 porrebbe limiti ingiustificati alla libera iniziativa economica dei privati � essendo certo �, secondo il pretore, � pi� utile per la collettivit� che i distributori di carburante rimangano aperti, a disposizione del pubblico, il maggior tempo possibile, purch� naturalmente sia salvaguardato il diritto al riposo degli addetti �. Non sembra discutibile che la necessaria regolamentazione degli orari di apertura e dei turni festivi dei distributori di carburante debba essere sottratta all'arbitrio dei singoli gestori, n� si comprende come dovrebbe essere tutelata in concreto l'esigenza di garantire, con la dovuta uniformit�, l'irrinunciabile diritto dei lavoratori dipendenti al riposo settimanale, sia pure per turno in un giorno festivo. Va, inoltre, considerato che gli orari debbono essere disciplinati, tenendo conto del traffico, della regolarit� del servizio e degli interessi delle varie imprese; e che non spetta a questa Corte interferire su valutazioni di competenza esclusiva degli organi legislativi. (Omissis). � � CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 95 -Pres. Rossi� Rel. Reale -Mannucci ed altri (n. c.); Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Procedimento penale -Sospensione condizionale della pena inflitta per nuova condanna -Limitazione al caso di precedente condanna sospesa � Illegittimit� costituzionale. (cost., art. 3; c.p., art. 164, ultimo comma). E' costituzionalmente illegittimo, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'art. 164, ultimo comma, c.p. (cos� come modificato dall'art. 12 del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 482 d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito in 1. 7 giugno 1974, n. 220), nella parte in cui non consente la concessione della sospensione condizionale della pena a chi ha gi� riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere cumulata con quella irrogata con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti dall'art. 163 del codice penale (1). (Omissis). -2. -L'art. 164 del codice penale prima della riforma attuata con il d.1. 11 aprile 1974, n. 99 (poi convertito, con emendamenti, nella legge 7 giugno 1974, n. 220), vietava, fra l'altro, la concessione della sospensione condizionale della pena a chi avesse gi� riportato una condanna a pena detentiva per delitto. La sospensione non poteva essere concessa pi� di una volta salvo che nel caso di conda�na a pena detentiva preceduta da condanna a pena pecuniaria sospesa. Con sentenza n. 86 del 1970 questa Corte ammise la possibilit� della concessione quando il secondo reato si legasse con vincolo della continuazione a quello gi� precedentemente punito con pena sospesa. Quindi con altra sentenza n. 73 del 1971 ritenne tale possibilit� anche nel caso di nuova condanna per un delitto commesso anteriormente alla precedente e sempre che la pena da infliggere, cumulata con quella gi� sospesa, non sorpassasse i limiti stabiliti per l'applicabilit� del beneficio. Con l'art. 12 del sopra citato decreto legge, l'art. 164 venne riformulato. Nel nuovo testo si mantenne il divieto di concedere la sospensione condizionale a chi avesse gi� riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, ma nell'ultimo comma, dopo aver ribadito il principio per cui il beneficio in questione poteva essere concesso solo una volta, si stabil�. testualmente: � Tuttavia nel caso che per una precedente condanna sia stata gi� ordinata la sospensione dell'esecuzione, il giudice pu�, nell'infliggere una nuova condanna, disporre la sospensione condizionale, qualora la pena, cumulata a quella precedentemente sospesa, non superi i limiti stabiliti nell'art. 163 �. E, cio�, i limiti che nella nuova disciplina risultante dalle innovazioni apportate nell'art. 11 del .citato decreto legge, tuttora in vigore, sono, in via generale, di due anni di pena detentiva, originariamente irrogata o risultante dalla conversione di pena pecuniaria; (1) ,La Corte di Cassazione, dopo che con la sentenza, sez. VI, 10 febbraio 1975, in Giust. pen. 1975, 2, 544, aveva affermato che per l'applicazione della sospensione occorre che essa sia stata concessa anche rispetto alla precedente condanna, con la successiva sentenza, sez. VI, 6 giugno 1975, ivi, 1976, 2, 163, ha ritenuto, al contrario, che � in base alla nuova formulazione dell'art. 164 c.p., la sospensione condizionale della pena pu� essere concessa anche a chi abbia riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, ancorch� per tale condanna non sia stata ordinata la sospensione dell'esecuzione, qualora le due pene cumulate non superino i limiti stabiliti dall'art. 163 c. p. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 485 La commissione di un nuovo reato da parte di chi ha riportato una precedente condanna, potrebbe semmai dimostrare, coi fatti, l'erroneit� della valutazione, compiuta dal primo giudice, di non recidivit� del reo e che quest'ultimo non merita un trattamento pi� favorevole di quello riservato a chi di tale valutazione non abbia a giovarsi. D'altra parte, e ci� sembra decisivo, poich� la personalit� umana � soggetta ad evoluzione e cambiamenti, non appare regionevole condizionare l'apprezzamento sulla proclivit� al delitto del colpevole da formularsi in occasione della seconda condanna, alla valutazione effettuata in tempo precedente o addirittura remoto da altro giudice. E non � da escludersi che l'esecuzione di una precedente condanna possa avere determinato l'evoluzione in senso positivo della personalit� del condannato. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 96 � Pres. Rossi ~ Rel. Rocchetti � di Gravio e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Stampa � Procedimento per la registrazione di giornale -Competenza del Presidente del Tribunale -Questione incidentale di costituzionalit� � Inammissibilit�. (I. 8 febbraio 1948, 'n. 47, art. 5; I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, secondo comma). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata incidentalmente dal Presidente del Tribunale nel procedimento per la registrazione di giornale disciplinato dall'art. 5 della legge 8 febbraio 1948 n. 47, secondo il quale� la funzione affidata al magistrato ha semplice carattere formale e finalit� garantistica (1). (Omissis). -1. -Il Presidente del tribunale di Avezzano, chiamato a provvedere, ai sensi dell'art. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in merito alla registrazione, presso ,la cancelleria,. di un giornale quotidiano, ha sollevato questione di legittimit� costituzionale degli artt. 6 e 7 del d.l.C.P.S. 16 dicembre 1947, n. 1434, ratificato con legge 8 luglio 1949, n. 438, nella parte relativa al prezzo dei giornali, delle riviste e delle pubblicazioni periodiche. Secondo lo stesso Presidente, le norme denunciate, prescrivendo la imposizione d'autorit� del prezzo al quale essi debbono essere venduti (prezzo che, a suo giudizio, sarebbe inferiore al costo) violerebbero le norme di cui agli artt. 21, 23, 41 e 42 della Costituzione. L'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che � intervenuto nel giudizio, ha eccepito pre (1) Sui presupposti, sQggettivi ed oggettivi, per la proposizione della questione di leg.ittimit� costituzionale delle leggi cfr.: I giudizi di costituzionalit� e il contenzioso dello Stato, 1966-70, 1, pag. 52 e segg. e 1971-75, 1, pag. 31 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO liminarmente la inammissibilit� della proposta questione, per mancanza di uno dei presupposti di cui agli artt. l legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, secondo comma, della legge U marzo 1953, n. 87, in quanto il procedimento di registrazione di un organo di stampa non avrebbe natura giurisdizionale e la relativa ordinanza non sarebbe stata quindi emessa, come la legge vuole, �nel corso di un. giudizio�. 2. � L'eccezione � fondata.. In proposito deve osservarsi che la funzione commessa dalla citata legge sulla stampa n. 47 del 1948 al Presidente del tribunale � limitata alla semplice verifica della �regolarit� dei documenti presentati� (art. 5, terzo comma), i quali sono analiticamente e tassativamente indicati nel secondo comma dello stesso art. 5. Ora, poich�, dopo il risultato positivo di questo esame, il Presidente � tenuto ad ordinare la iscrizione del giornale nell'apposito registro della cancelleria, appare chiaro che quella affidata al magistrato � una semplice funzione di carattere formale attribuitagli per una finalit� garantistica. N� l'intervento di un magistrato pu� da solo essere ritenuto idoneo ad alterare la struttura di un procedimento meramente amministrativo, che si conclude con un � ordine �, e ,cio� con un provvedimento, contro il qup.le, secondo i princ�pi generali, e secondo quanto comunemente ritenuto, � ammesso il ricorso al Ministro di grazia e giustizia e quindi al Consiglio di Stato. Ne deriva che il Presidente del tribunale, allorch�, esaminati gli atti, ordina alla cancelleria l'iscrizione del giornale, non agisce nella sua ordinaria qualit� di giudice, n� emette un giudizio, ma esercita una funzione di carattere amministrativo nell'ambito di un procedimento dichiarativo. Pertanto, poich� non ricorrono, nel caso, le condizioni richieste dagli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata inammissibile la questione di legittimit� che il Presidente del tribunale di Avezzano non era legittimato a proporre dinanzi a questa Corte. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 97 � Pres. Rossi � Rel. Rocchetti � Campestrini (avv. Barile) e Capatti (avv. Agostini) c. Inps (avv. Rossi Doria). Previdenza e assistenza . Pensioni di previdenza sociale � Divieto di cumulo con la retribuzione della pensione di anzianit� allorch� si verifica l'et� stabilita per il pensionamento di vecchiaia � Illegittimit� costituzionale. (cost., art. 3; d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 20, primo comma, lett. e). E costituzionalmente illegittima, con riferimento all'art. 3 della Costi� tuzione, la disposizione dell'art. 20, primo comma, lett. c del d.P.R. 27 aprile �' PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 1968, n. 488, nella parte in cui non prevede che la pensione di anzianit� sia equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia, quando il titolare di essa compie l'et� stabilita per il pensionamento di vecchiaia (1). (Omissis). -3. � La questione, con riferimento all'art. 3 della Costitu� zione, � da ritenersi fondata. Nella vigente tipologia 4ei trattamenti pensionistici, la pensione di anzianit�, istituita dall'art. 13 della legge 21 luglio 1965, n. 903 e successivamente disciplinata prima dall'art. 16 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, e poi dall'art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, attribuisce al lavoratore il diritto al conseguimento della pensione prima del compimento dell'et� stabilita per il pensionamento di vecchiaia, sulla base del solo requisito dell'accreditamento di 35 annualit� di effettiva contribuzione. Con riferimento a questo trattamento di quiescenza, il problema della �egittimit� costituzionale del divieto del cumulo fra pensione e retribuzione fu risolto dalla Corte nel senso che le particolari caratteristiche della pensione di anzianit� giustificavan�_ il divieto totale, in quanto la liquidazione di tale pensione, avvenendo anticipatamente, e costituendo perci� un beneficio a favore del lav�ratore, poteva essere subordinata dalla legge alla condizione di cessazione effettiva dal lavoro (sent. n. 155 del 1969). Questo criterio, che la Corte ritiene tuttora valido come regola e fondamento dell'istituto del divieto di cumulo per il trattamento pensionistico in esame, non appare per� razionale nella ipotesi in ci.ti il titolare della pensione di anzianit� raggiunga l'et� pensionabile per conseguire la pensione di vechiaia; ed invero, la liquidazione della pensione prima del compimento dell'et� previst!l per il pensionamento di vecchiaia costituisce un vantaggio per il lavoratore, ma soltanto fino al momento in cui il suo titolare n�n acquisti, con il raggiungimento dell'et� pensionabile, il diritto a conseguire la pensione di vecchiaia. Da quel momento egli cessa, infatti, di usufruire del vantaggio costituito dal pensionamento anticipato, e cio� del beneficio che giustificava il divieto del cuniulo; con la conseguenza che deve essere ritenuta illegittima la norma la quale, seguitando, senza ragione, a considerarlo titolare di pensione di anzianit� anzich� di quella di vecchiaia, mantiene la imposizione di un divieto che � restato privo di ogni giustificazione razionale. D'altra parte, secondo � stato esattamente rilevato dalle ordinanze. di rimessione, il titolare della pensione di anzianit� che raggiunga l'et� pensionabile si trova nella stessa situazione di colui che acquisisce per la prima volta il diritto alla pensione di vecchiaia. Pertanto, la norma impugnata che, in �rdine al i;livieto di cumulo, consente un trattamento differenziato, (1) La precedente sentenza 22 dicembre 1969, n. 155, richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna 1969, 1, 1027. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 488 viene a porsi, anche sotto questo profilo, in contrasto con il principio di eguaglianza. Questa situazione, che secondo si � gi� detto, � stata esattamente va lutata dal legislatc>re in sede di revisione degli ordinamenti pensionistici, ma con effetto sbltanto per l'avvenire, determina la illegittimit� dell'art. 20, primo comma, lett. c, del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, che a,ncora disciplina la pensione di anzianit� per il periodo 1� luglio 1968-1� luglio 1969, e ci� per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la pensione di anzianit� sia equiparata a quella di vecchiaia quando il titolare di essa compia l'et� stabilita per il pensionamento di vecchiaia . .:... (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 98 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza -Tamara �d altri' (n. c.); Presidente Consiglio dei Ministri (sost. aw. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). � Procedimento penale -Intercettazioni telefoniche -Autorizzazione del procuratore della Repubblica o del giudice istruttore del luogo dove sono in corso le indagini -Illegittimit� costituzionale per esclusfone della competenza del pretore -Insussistenza. (cost., artt. 3, 25, 101, 102, 107, 108, 109 e 112; c.p.p. artt. 226 bis, 226 ter, 226 quater e 339). Non sono fondate, con riferimento agli articoli 3, primo comma, 25, primo comma, 101, 102, 107, terzo e quarto comma, 108, secondo comma, 109 e 112 della Costituzione, le questioni di legittimit� costituzionale degli articoli 226 bis, 226 ter e 226 quater, inseriti nel codice di procedura penale dall'art. 5 della legge 8 aprile 1974, n. 98, e dell'art. 339 stesso codice, nelle parti in cui escludono che il pretore, per taluni reati di sua co_mpetenza, possa autorizzare la polizia giudiziaria ad eseguire intercettazioni telefoniche (1). (Omissis). -2. -La Corte � chiamata a decidere se gli artt. 226 bis, 226 ter, 226 quat~r, inseriti nel codice di procedura penale dall'art. 5 della legge 8 aprile l974, n. 98 (� Tutela della riservatezza e della libert� e segretezza delle comunicazioni �), nelle parti in cui escludono che il pretore, per taluni reati di sua competenza, possa autorizzare la polizia giudiziaria ad eseguire intercettazioni telefoniche, e, analogamente, l'art. 339 dello stesso codice, nel testo modificato� dall'art. 6 di detta legge, violino: a) l'art. 3, primo comma, della Costituzione, per l'intrinseca irragionevolezza della operata limitazione, oltrech� per l'ingiustificata discriminazione nei confronti di una intera categoria di magistrati; b) l'art. 25, primo comma, Cost., per essere stata attribuita l'autoriz zazione a disporre le intercettazioni a magistrato non competente per mate ria a conoscere del reato; (1) Cfr. in argomento Corte cost. 6 aprile 1973, n. 34, in questa Rassegna 1973, 1, 643. I J PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE e) gli artt. 101, 102, primo comma, 107, terzo e quarto comma, 108, primo comma, 109 e 112 Cost., per l'interferenza di un organo diverso da quello cui funzionalmente spettano l'azione penale (il cui esercizio verrebbe paralizzato dal rifiuto dell'autorizzazione) e la successiva pronunzia decisoria. 3. -� opportuno seguire un ordine logico (e, in parte, di correlazione e di conseguenzialit�), anzich� di progressione numerica nell'esame delle norme di raffronto invocate. 4. -Non sussiste la violazioni:! del principio del giudice naturale (articolo 25, primo comma, Cost.) -che va inteso solo come giudice precostituito per legge -posto che la competenza ad autorizzare le intercettazioni telefoniche nella fase preistruttoria, rispetto a fattispecie astratte realizzabili in futuro (sentenza n. 120 del 1975), � legislativamente attribuita al procuratore della Repubblica del circondario nel quale debbono svolgersi le indagini. � Ha esattamente osservato l'Avvocatura generale dello Stato che il richiesto concorso, previsto e voluto, dalla legge, di altro magistrato per il compimento di determinate indagini non pu� dirsi di per s� in contrasto con l'indicato principio. D'altronde, l'art. 25 Cost. attiene alla precostituzione del giudice e non di ogni magistrato (sentenza n. 148 del 1963). 5. -La distribuzione di competenza implica, nel suo concetto, una distinzione e, per ci� stesso, non pu� essere ritenuta lesiva del principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). Ed anche un penetrante sinda-� cato di ragionevolezza -consentito entro rigorosi limiti a questa Corte porterebbe al medesimo risultato, perch� la concentrazione nel procuratore della Repubblica del potere di autorizzare le intercettazioni telefoniche � stata scelta e prescritta dal legislatore -a seguito di avvenimenti e di episodi che avevano interessato e turbato l'opinione pubblica -proprio a un dichiarato scopo garantistico, che � quello di rendere pi� facilmente controllabile e pi� omogenea -in un campo cos� delicato che investe diritti di libert� costituzionalmente tutelati (artt. 15, primo comma; 21, primo comma) -l'iniziativa dell'indagine a fini di giustizia e, . insieme, quello di evitare possibili amplificazioni del suo esercizio. 6. -Neppure � violato l'art. 112 Cost., secondo il quale � il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale� (ed � pacifico che l'ob� bligo si estenda al pretore, il quale svolge, nei procedimenti di sua competenza, funzioni di pubblico ministero: artt. 31, 389, ultimo comma, 398, primo e secondo comma, cod. proc. pen.; sentenza n. 61 del-1967), dappoich� 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il relativo dovere permane pur se al pretore � inibito di avvalersi di uno specifico mezzo di indagine quando questo � affidato al procuratore della Repubblica. 7. -Non � vulnerato l'art. 108, primo comma, Cost. (le ordinanze del pretori di Patem� e di Tivoli citano erroneamente il secondo comma, che si riferisce alle giurisdizioni speciali e agli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia), per il quale �le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge �, perch� con tale precetto non si rimette la disciplina della magistratura alla sola legge sull'ordinamento giudiziario (alla quale fa, invece, richiamo l'art. 107, ultimo comma, Cost.), bens� ad una legge dello Stato: si tratta, insomma, di una riserva di legge, non di un rinVio ad una legge determinata. 8. -N� pu� dirsi violato l'art. 109 Cost., che pone la polizia giudiziaria alle dirette dipendenze dell'autorit� giudiziaria: la normativa denunziata non sottrae alla dipendenza del pretore la polizia giudiziaria, ma si limita ad attribuire al procuratore della Repubblica dei poteri di istruttoria preliminare, rispetto ad atti tassativamente indicati, che, se comportano l'impiego della polizia giudiziaria, solo perch� sono al pretore inibiti impediscono che egli di questa si avvalga: al pretore non � sottratta la dipendenza della polizia giudiziaria, ma sono preclusi certi atti che la polizia giudiziaria compie. 9. -E neppure vi � contrasto con l'art. 102, primo comma, Cost., diretto a riservare ai magistrati ordinari la funzione giurisdizionale, demandandone l'apposita disciplina all'ordinamento giudiziario: invero, l'art. 226 ter non toglie tale funzione ai magistrati ordinari. 10. -Non � richiam�to a proposito, quale parametro di costituzionalit�, l'art. 107, terzo e quarto comma, Cost., per cui i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversit� di funzioni (terzo comma), in quanto l'affidamento di determinate attribuzioni preistruttorie al procuratore della Repubblica, in aggiunta a quelle che gi� gli competono, non viola il principio della distinzione per funzioni; e le garanzie del pubblico ministero (quarto comma) non vengono lese dalle funzioni aggiuntive che la disciplina impugnata gli riserva nella fase di cui trattasi.11. -Gran parte degli argomenti addotti valgono pure a dimostrare che la normativa denunziata non confligge con l'art. 101, seconda parte, Cost. per il quale �i giudici sono soggetti soltanto alla legge�: da un lato, non si tratta di attribuzioni affidate a un magistrato in funzione di giudice e, dall'altro, non viene instaurato alcun rapporto di gerarchia tra pretore e PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 491 procuratore della Repubblica, ma sono regolati, con legge, i rapporti tra i due organi (sentenza n. 95 del 1975 e ordinanza n. 244 del 1975). 12. -Non � fondata, infine, la censura della norma contenuta nell'art. 6 della legge n. 98 del 1974, che ha modificato il testo originario dell'art. 339 cod. proc. pen. (pretore di Torino). L'interpretazione su cui si fonda la doglianza -dalla quale deriverebbe l'esclusione del pretore, oltrech� dall'autorizzazione alla polizia giudiziaria, anche dal compimento diretto di atti istruttori di intercettazione -non pu� essere condivisa, ove si considerino .la formulazione della norma nel suo testo attuale e la immutata collocazione, nel codice di procedura penale, dell'art. 339 (�Dell'istruzione formale�), applicabile pure all'istruzione sommaria (art. 392, primo . comma, cod. proc. pen.) e, nella specie, all'istruzione pretorile (art. 398, primo comma, cod. proc. pen.). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 99 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni � Landi (n. c.) c. Cardani (avv. Taddei Elmi e Peri); Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Cavalli). Matrimonio -Divorzio -Attribuzione al coniuge divorziato di una quota della pensione di riversibiJit� spettante al nuovo coniuge -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. � (cost., art. 42; I. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9). Non � fondata, con riferimento all'art. 42 della Costitu:t.ione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 9 della l. Jo dicembre 1970, n. 898 che autorizza il giudice a provvedere in merito all'an ed al quantum della attribuzione all'ex coniuge di una quota della pensione di riversibilit� che spetta al coniuge superstite (1). (Omissis).~ 2. -La questione non � fondata. Come risulta dall'elaborazione interpretativa, giurisprudenziale e dot trinale, della disposizione in esame, l'attribuzione di quota di pensione va interpretata ed intesa nel quadro del sistema ed in correlazione con esso. Particofarmente, va tenuta in evidenza la disposizione di cui al precedente art. 5, richiamato nello stesso art. 9, sulla somministrazione, in s�de di pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di un assegno da corrispondere, periodicamente, dall'un coniuge a favore (1) Sulla interpretazione dell'art. 9 legge n. 898 del 1970 cfr. BARBIERA: Disciplina dei casi cDi scioglimento del matrimonio, in Comm. cod. civ. Scialoja e � Branca, BolQgna 1971, pag. 169. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'altro: corresponsione tutelabile mediante idonee garanzie reali o personali (art. 8). Dopo di che, la morte dell'obbligato e le vicende successorie possono avere incidenza, a danno della beneficiaria, sulle provvidenze a lui, a suo tempo, accordate e sulle connesse garanzie, compromettendo aspettative e, talvolta, le stesse esigenze di. vita, proprio nel momento in cui dette provvidenze vengono meno: � in questo momento che la disposizione in esame trova la sua derivazione e la sua ragion d'essere. D'altra parte, l'intervento motivato del tribunale, in camera di consiglio, acquisite informazioni ed udite le parti, � introdotto, appunto, per verificare la situazione reale, e ampiamente regolata in senso positivo o negativo, ovvero moderarla. Ci� secondo criteri valutativi, suggeriti volta per volta dalla variet� dei casi concreti, in corrispondenza ai criteri dettati per l'assegno periodico dal ri� chiamato art. 5 in relazione, sia alla capacit� economica dell'obbligato, sia alle modalit�, tra cui le modalit� di durata, che hano accompagnato la pregressa � conduzione familiare �. 3.. Cos� delineato il contenuto della normativa in esame, in relazione alla sua finalit�, ne va considerata la corrispondenza o meno al disposto costituzionale, addotto come termine di riferimento. La Corte ritiene non congruo il richiamo all'art. 42. Nel caso, la censura � rivolta contro disposizione che riguarda le vi� cende di una obbligazione pecuniaria, quale si configura lato sensu il rapporto pensionistico e non gi� il regime della propriet� o degli altri diritti reali, cui, invece, la tutela dell'art. 42 � diretta. La disposizione consiste e si risolve nella individuazione del destinatario di parte di un pagamento di somma (che sarebbe ad altri integralmente dovuta), in base a statuizione giudiziale ed alle condizioni che si sono enunciate al numero precedente. La disposizione, che trova il suo supporto nell'art. 1188 del codice civile non contiene punti di contrasto con l'art. 42 della Costituzione dettato, in ambito diverso, per altri fini. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 100 � Pres. Rossi� Rel. Rossano -Esattoria di Sarzana e lnps (avv. Traverso). Esecuzione fiscale -Surrogatoria dell'esattore al creditore procedente .� Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (cost., art. 3, prh�io comma; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645�. art. 205). Non � fondata, con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 205 d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 il quale, nel disciplinare il diritto di surroga dell'._esattore, l ! I l I !! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 493 non incide affatto sull'ordine dei privilegi che deve essere accertato dal giudice a termini di legge (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata. �La legge 29 luglio 1975, n. 426, entrata in vigore nel corso di questo giudizio, stabilisce che le sue disposizioni si applicano �anche per i crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore ,e se il privilegio � stato fatto valere anteriormente�, Essa,-che ha modificato l'ordine dei privilegi stabiliti dal codice civile, con l'art. 12 ha sostituito l'art. 2778 cod. civ., affermando, nella nuova for: mula, la stessa salvezza concernente i privilegi indicati nell'art. 2777 stesso codice e, quindi, anche quelli relativi ai crediti di istituti, enti e fondi speciali nella formula stessa indicati al n. 1 e gi� previsti dall'art. 66 della legge 30 aprile 1969, n. 153, n�nch� quelli indicati nell'art. 2753 codice civile. Da tali disposizioni emerge che l'ordine di prelazione stabilito nel n. 1 dell'art. 2778 per contributi dovuti ad enti che gestiscono forme di assicurazione abbligatoria, ivi indicate, non ha alterato la posizione, ad essi potiore, dei crediti. dichiarati da leggi speciali genericamente preferiti ad ogni altro credito nei limiti stabiliti dall'art. 2777, come gi� ebbe ad affermare la Corte di cassazione con riguardo all'art. 66 della legge 30 aprile 1969, n. 153, ora abrogato dall'art. 16 della legge 29 luglio 1975, n. 426. Alla stregua di tale disciplina -anteriore ed attuale -va considerato che il diritto di surroga dell'esattore a termini dell'art. 205 t.u. citato, in quanto volto alla sollecita riscossione dei tributi e non collegato al grado del privilegio, non incide affatto sull'ordine dei privilegi che deve essere accertato dal giudice, a termini di legge, nei casi concreti. D'altra parte, non va trascurato che neppure nei casi in cui il credito privilegiato per tributi sia di grado posteriore a quello previsto nel n. 1 dell'art. 2778 cod. civ. � ammessa una indagine preliminare circa la prevedibile possibilit� di soddisfacimento in concreto del credito tributario. Come questa Corte ebbe a rilevare con sentenza 4 giugno 1970, n. 95, l'art. 3 della Costituzione � applicabile quando vi sia omogeneit� di situazioni da regolare legislativamente in modo unitario e coerente, non quando si tratti di situazioni che, pur derivanti da basi comuni, differiscano tra loro per aspetti distintivi particolari: come nel caso in esame, caratte.rizzato dalla finalit� di natura pubblicistica di agevolare la sollecita riscossione di tributi erarali. -(Omissis). (1) Su altrt aspetti di costituzionalit� della stessa norma dell'art. 205 del t.u. n. 645 del 1958 cfr. Corte cost. f6 giugno 1970, n. 95, in questa Rassegna 1970, 1, 535. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA_ DELLO STATO 494 CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 101 � Pres. Rossi � Rel. Reale � Provincia di Bolzano (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Angelini Rota). Trentino-Alto Adige � Ordinamento scolastico nella provincia di Bolzano � Scuole materne, elementari e secondarie nelle localit� ladine � Ille� gittimit� costituzionale � Esclusione. (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, art. 19; d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 116, art. 7). Non � fondata, con riferimento agli articoli 19, 2, 4 e 98 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, la questione di legittimit� costituzionale d�ll'art. 7 d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 116 il quale, disciplinando in modo particolare le scuole delle localit� ladine, non si discosta dal sistema adottato in materia dallo Statuto del quale costituisce attuazione. CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1976, n. 102 � Pres. Rossi � Rel. De Marco � Buldini ed altri (avv. Bussi e Ventura) c. Snia Viscosa (avv. Giorgianni e Prosperetti). Lavoro � Riposo settimanale � Possibilit� di sostituzione al riposo giornaliero � Insussistenza. (cost., art. 36; I. 22 febbraio 1934, n. 370, art. 3, terzo comma). Non � fondata, con riferimento all'art. 36, terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, terza comma, della legge 22 febbraio 1934, n. 370 secondo il quale il riposo settimanale pu� anche essere usufruito in giorno non festivo e con decorrenze diverse da quella da una mezzanotte all'altra, ma a condizione che sia nel contempo mantenuta integra1a durata del riposo giornaliero sia nel giorno che precede che in quello che segue le 24 ore di riposo settimanale (1). � (Omissis). -1. � L'art. 3 della legge 22 febbraio 1934, n. 370 (�Riposo I 1 domenicale e ~ettimanale �) nel disciplinare le modalit� di attuazione del j diritto al riposo settimanale di 24 ore consecutive riconosciuto al personale ' � I { dipendente, tra l'altro, anche dall'art. 1 della legge stessa, dispone: a) il riposo di 24 ore consecutive deve essere, di regola, dato la domenica; b) tale riposo, cada di domenica o in altro giorno della settimana, I sempre di regola, deve decorrere da una mezzanotte all'altra, ma pu� anche f i (1) In argomento Pucc1: Le lavorazioni a ciclo continuo ed i riposi setti,:' manali, a commento della ordinanza di rimessione, in Mass. giur. lav., 1974, 22. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE . decorrere da ora diversa stabilita con i contratti collettivi, o, in mancanza, dall'Ispettorato del lavoro; e) per i lavori a squadra il riposo decorre dall'ora di sostituzione di ciascuna squadra. Come si � riferito in narrativa, la Corte d'appello di Roma, con l'ordinanza di rinvio, pronunciata nel corso di un giudizio nel quale alcuni dipendenti della societ� Snia Viscosa, addetti ad un lavoro a squadre con turni alternati di otto ore, decorrenti dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6, lamentavano che nell'alternarsi di tali turni non avevano potuto godere del riposo settimanale di 24 ore consecutive non incidenti sulle ore di riposo normale giornaliero, ad essi spettante, chiedevano il pagamento della retri� buzione corrispondente all'asserito omesso godimento del riposo settimanale, ha denunziato a questa Corte il terzo comma dell'art. 3 della legge n. 370 del 1934, in quanto la decorrenza del riposo settimanale dall'ora di sostituzione di ciascuna squadra, dato l'intrecciarsi dei vari turni di lavoro, cos� come nella specie sono stati determinati, importerebbe, necessaria� mente, l'assorbimento nelle ore di riposo settimanale di alcune ore di riposo giornaliero, con violazione dell'art. 36, terzo comma, della Costi� tuzione. 2. � Dall'insieme delle norme che disciplinano l'orario del lavoro giornaliera, il riposo settimanale e le ferie annuali retribuite, risulta in modo evidente che al lavoratore dipendente debbono essere assicurate tre forme inderogabili ed infungibili di riposo: giornaliero, settimanale, annuale. In particolare con l'orario di lavoro di otto ore gi�rnaliere, quale era quello vigente quando si � svolto il rapporto che ha dato luogo alla contro� versia nel corso della quale � stata adottata l'ordinanza di rinvio, i lavora� tori avevano diritto a .16 ore di riposo giornaliero (24 -8) e 24 consecutive di riposo settimanale. Nessuna delle disposizioni contenute nel riportato art. 3 della legge n. 370 del 1934 pu� condurre a ritenere che le ore libere giornaliere possano essere ridotte, salvo l'ipotesi, che nella specie non ricorre, di lavoro straor� dinario, che, peraltro, non pu� elevare a pi� di 10 ore la durata del lavoro giornaliero. Ne consegue che, anche in conformit� con le convenzioni internazionali recepite nel nostro ordinamento (r.d. 20 marzo 1924, n. 580; d.P.R. 23 ottobre 1961, n. 1660) il riposo settimanale pu� anche essere usufruito in giorno non festivo e con decorrenza diversa da quella � da una mezzanotte all'altra� preveduta nel secondo comma dell'art. 8 della legge n. 370 del 1934, ma a condizione che sia, nel contempo, mantenuta integra la durata del ri� poso giornaliero (al quale quello settimanale si aggiunge e non si sostituisce) sia nel giorno che precede sia in quello che segue le 24 ore di riposo settimanale. ., RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 496 Da questi princ�pi non si discosta la norma impugnata, che, anzi, per la deroga alla decorrenza da � tina mezzanotte all'altra � rimanda alla contrattazione collettiva o, in mancanza, all'Ispettorato del lavoro la determinazione -richiesta dalla natura dell'esercizio -della eventuale diversa decorrenza. Se, pertanto, come si assume sia avvenuto nel caso in esame, il mecca p nismo dell'avvicendamento dei turni del lavoro a squadre sia congegnato in modo tale da non consentire le 24 ore consecutive di riposo settimanale, sia pure ripartite in due giorni solari immediatamente successivi, senza incidere in misura pi� o meno elevata sul riposo giornaliero -ancorch� tale meccanismo sia stato adottato non ad arbitrio della societ� Snia Viscosa, ma da un contratto collettivo -non pu� desumersene la illegittimit� costituzionale del terzo comma dell'articolo 3 della legge n. 370 del 1934 per violazione dell'art. 36, comma terzo, della Costituzione, bens� deve desumersene errata applicazione o addirittura disapplicazione della norma impugnata in questa sede, che rientra nella competenza del giudice di merito accertare e valutare. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 26 febbraio 1976, nelle eause 88/75, 89/75 e 90175 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Reischl -Domanda di pronuncia pregiudiziale .proposta dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio nelle cause Soc. S.A.D.A.M. ed altre (avv. Sorrentino, M.S. Giannini e de Andr�) c. Comitato interministeriale dei prezzi, Ministero dell'industria, commercio e artigianato e Presidenza del Consiglio dei ministri ~ Interv.: Consiglio delle Comunit� europee (sig.na Giorgi), Commissione delle Comunit� europee (avv. Maestripieri), Governo inglese (avv. Slynn), e Governo italiano (avv. Stato Braguglia). Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati . Zucchero � Normativa nazionale sui prezzi � Incompatibilit� con la normativa comunitaria. (Trattato CEE, art. 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 18 dicembre 1967, n. 1009, artt. 2, n. 1, 3, nn. 1 e 2, 4, nn. 1 e 2, S, n. 1, 9,. n. 1 e 10; provvedimenti CIP 20 febbraio 1974, n. 9, 28 giugno 1974, n. 28, e 13 agosto 1974, n. 39). Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati . Zucchero � Prezzi massimi sui prodotti importati -Quando costitui� scono misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative. (Trattato CEE, artt. 30 e 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 18 dicembre 1967, n. 1009, art. 35). Comunit� europee � Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati � Zucchero -Normativa nazionale sui prezzi incompatibile con l'art. 30 del trattato CEE � Applicabilit� dell'art. 103 del trattato CEE � Esclu sione � Necessit� di protezione da manovre speculative � Deducibilit� � Esclusione. (Trattato CEE, artt. 30, 40, n. 2, lett. e, e 103; regolamento del Consiglio 18 dicem bre 1967, n. 1009, artt. 21, nn. 1 e 2, 39 e 41). �Indipendentemente dalla fase commerciale considerata, la fissazione unilaterale, da parte di uno Stato membro, di prezzi massimi per la vendita di zucchero � incompatibile col regolamento del Consiglio 18 dicembre 1967, n. 1009, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero, qualora .metta in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento di tale organizzazione, ed in ispecie del suo regime di prezzi (1). (1-3) La decisione in rassegna, massimata nei termini risultanti dal dispositivo, ed analoga a quella resa in pari data nella causa 67/75, TASCA, costituisce ulteriore espressione dell'orientamento adottato dalla Corte di giustizia con la sen 498 498 RASSEGNA Dm'AVVOCATURA DELLO STATO Un prezzo massimo, almeno in quanto si applichi ad un prodotto importato costituisce una misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, speCialmente qualora sia fissato ad un livello talmente basso che -tenuio conto della situazione generale dei prodotti importati rispetto a quella dei prodotti nazionali -gli operatori i quali intendano importare il prodotto di cui trattasi nello Stato membro considerato possano farlo soltanto in perdita (2). Qualora un prezza massimo, fissato unilateralmente f}.a uno Stato membro, risulti incompatibile con l'art. 30 del trattato CEE e con le norme comunitarie in materia d'agricoltura, lo Stato membro interessato non. pu� invocare, a giustificazione di detto prezzo, n� l'art. 103 del Trattato, n� la necessit� di proteggere l'economia da manovre speculative, n� infine mutamenti sopravvenuti nella situazione economica del settore dello zucchero (3). (Omissis). -In diritto. Con ordinanze del 16 giugno 1975, pervenute in cancelleria 1'8 agosto 1975, il Tribunale Amministrativo Regionale del tenza 23 gennaio 1975, resa nella causa 31/74, GALLI (Racc., 47, e in questa Rassegna, 1975, I, 312, con nota di commento); e si rinvia quindi a quanto gi� osservato a proposito di tale precedente. Anche nella sentenza in rassegna,� in particolare, viene affermata l'autosufficienza della normativa cclmunitaria, e la sua idoneit� a consentire � ad ogni Stato membro di adottare, in collegamento con le istituzioni comunitarie e nel pi� breve termine, le iniziative necessarie per il caso in cui il gioco normale dei sistemi di prezzi istituiti dal regolamento non consenta di far fronte a tendenze non auspicabili che si siano manifestate nell'andamento dei prezzi nello Stato stesso �; ed a tale proposito rimangono valide le contrarie argomentazioni gi� segnalate nella nota di commento della analoga sentenza 22 gennaio 1976, resa nella causa 60/75, Russo (r~t�-o, I, 36, con nota di commento), anche per quanto concerne la facolt� di sindacato che dovrebbe essere riconosciuta ai singoli, in coerenza con il criterio adottato dalla Corte di .giustizia, anche rispetto all'attivit� delle Istituzioni comunitarie. Dall'implicito riconoscimento che norme nazionali sui prezzi possono risultare non incompatibili con la normativa comunitaria appare confermato, comunque, che una competenza degli Stati membri in argomento non pu� essere esclusa a priori, si che ogni discussione al riguardo viene in definitiva a risolversi nella verifica delle modalit� del potere di intervento statale, e non nella declaratoria del difetto di potere. Ad ulteriore commento della decisione appare utile trascrivere qui di seguito le osservazioni presentate per il Governo italiano. (A.M.) Ancora in �tema di .normativa nazionale sui prezzi dei prodotti agricoli. (Omissis). -1. Per meglio illustrare i presupposti della domanda di pronuncia pregiudiziale rivolta dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sar� forse opportuno ricordare che, in Italia, il decreto legislativo 19 ottobre 1944, n. 347 (G.U.R.I. 5 dicembre 1944, n. 90, serie speciale) istitu� il Comitato interministeriale dei �prezzi � �.� per il coordinamento e la disciplina dei prezzi "� i i: I " f ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 499 Lazio ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 30 del Trattato CEE, nonch� del regolamento CEE del Consiglio 18 dicembre 1967, n. 1009, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (G. U. n. L 380, pag. 1). Le questioni sono state sollevate nell'ambito di giudizi d'annullamento promossi dalle attrici nelle cause principali contro alcuni provvedimenti adottati dal C.I.P. nel 1974 e da esse rit�nuti incompatibili col diritto comunitario. Si tratta dei provvedimenti nn. 9/1974, 28/1974 e 39/1974 (Gazzetta Ufficiale n. 52 del 23 febbraio 1974, n. 171 del 2 luglio 1974 e n. 214 del 16 agosto 1974), dei quali i primi due avevano nell'ordine stabilito prezzi massimi al consumo sia per lo zucchero nazionale, sia per lo zucchero di importa- A norma dell'art. 1 del decreto legislativo 23 aprile 1946, n. 363 (G.U.R.I. 29 maggio 1946, n. 124), il Comitato � presieduto dal Presjdente del Consiglio dei Ministri e compos.to di vari Ministri ed esperti. La funzione principale del C.I.P. � indicata nell'art. 4, primo comma, del gi� citato dl. n. 347/44: � II Comitato interministeriale, intesi, se del caso, gli altri Ministri competenti, pu� .determinare i prezzi di qualsiasi merce, in ogni fase di scambio, anche all'importazione ed all'esportazione, nonch� i prezzi dei �servizi e delle prestazioni, e mo�lificare, se del caso, quelli fissati dalle competenti autorit� alla data di entrata in vigore del pr�sente decreto�. Nell'esercitare tale funzione e, in generale, per assolvere ai compiti demandatigli, il Comitato si avvale di una Commissione centrale dei prezzi (la cui composizione risulta dall'art. 2 del citato d.l. n. 363/46). In caso di urgenza, nelle materie di competenza del Comitato delibera una Giunta costituita in seno allo stesso e composta secondo quanto prevede l'art. 3 del d.l. lS sett�mbre 1947, n. 896 (G.U.R.I. 22 settembre 1947, n. 217). 2. Avvalendosi dei poteri attribuitigli dall'art. 4, primo comma, del d.l. n. 347/44, sopra ricordato, il C.I.P., con un primo provvedimento n. 9 in data 20 febbraio 1974 (G.U.R.I. 23 febbraio 1974, n. S2) determin�, tra l'altro, i prezzi massimi dello zucchero di produzione nazionale o di provenienza estera per le vendite al consumo, fissando il prezzo massimo di lire 2SS al kg. per lo zucchero raffinato semolato in sacco carta da SO kg., tara per merce, ed in lire 27S kg. il prezzo massimo per Io zucchero �raffinato in astucci o pacchi da 1 kg. e da 1/2 kg. e da 2 kg., tara per merce. Fu altres� stabilito che i suddetti prezzi fossero validi per i centri in cui esistono depositi di grossisti; per gli altri centri fu consentita una maggiorazione di lire S al kg. sui prezzi di cui sopra. Con successivo provvedimento n. 28 del 28 giugno 1974 (G.U.R.I. 2 luglio 1974, n. 171), la Giunta del C.I.P. -in via d'urgenza ai sensi dell'art. 3 d.l. n. 896/47 gi� citato .....,, all'approssimarsi dell'inizio della campagna saccarifera l974/7S, determin� � ��� a decorrere dal 10 luglio 1974 ed in relazione agli aumenti stabiliti con disposizioni comflnitarie ed alla situazione di mercato... � nuovi prezzi massimi per le vendite al consumo dello zucchero di produzione nazionale o di provenienza estera. Per lo zucchero raffinato semolato in sacco carta da SO kg., tara per merce, fu stabilito il prezzo massimo al consumo di lire 3SS kg.; per lo zucchero raffinato in astucci o pacchi da 1 kg e da 1/2 kg. e da 2 kg., tara per merce, fu fissato il prezzo massimo di lire 37S kg. Anche tali prezzi furono RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 500 zione, mentre il terzo aveva precisato gli elementi di cui erano composti i prezzi massimi fissati dal provvedimento n. 28/1974, menzionando, fra gli � altri, il �prezzo massimo franco fabbrica>>, il �prezzo massimo a destino franco deposito grossista � e il � compenso massimo nella distribuzione all'ingrosso ed al minuto "� . Considerata la loro connessione, appare opportuno riunire i presenti procedimenti ai fini della sentenza. Nel procedimento dinanzi a questa Corte � apparsa controversa la questione del se detti provvedimenti, nel loro complesso, .abbiano fissato dei prezzi massimi obbligatori s�lo per le vendite nelle quali acquirente diretto � il consumatore finale, OVl('ero altres� per le vendite effettuate nelle fasi .anteriori del commercio, ed in particolare per quelle effettuate dai produttori di zucchero. dichiarati validi per i centri in cui esistono depositi di grossisti, mentre fu confer� mata la maggiorazione di Hre 5 kg. per gli altri centri. Con lo st~sso provvedimento n. 28/74, la Giunta del C.I.P. conferm� inoltre il compenso massimo per il confezionamento dello zucchero in astucci o pacchi; conferm� pure la maggiorazione per il prodotto consegnato in cartoni o fardelli ed in .determinate confezioni; fiss� infine i compensi massimi complessivi per la distribuzione dello zucchero, all'ingresso ed al dettaglio. A quest'ultimo proposito, con il provvedimento n. 39/74 in data 13 agosto 1974 (G.U.R.I. 16 agosto 1974, n. 214), la med�sima Giunta del C.I.P. deliber� la composizione del prezzo massimo dello zucchero raffinato semolato in sacco carta da 50 kg., nonch� quella del prezzo massimo dello zucchero raffinato in astucci o pacchi da 1 kg., da 1/2 kg. e da 2 kg. 3.. Avverso i suindicati provvedimenti di fissazione del prezzo massimo al consumo dello zucchero, varie imprese produttrici proposero ricorso avanti il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio deducendo, tra l'altro, l'illegitti� mit� dei provvedimenti medesimi a causa della incompatibilit� della disciplina nazionale del prezzo dello zucchero con il Trattato C;E.E. e, in particolare, con i regolamenti relativi all'organizzazione comune del settore. Ritenuta pregiudiziale tale questione ai fini del decidere, il suddetto Tribu� nale ha sottoposto alla Corte, � ... in relazione agli articoli 3 lett. d), 5, secondo comma, 34 e 35 in relazione all'art. 38, secondo comma, 39 lett. c), d) ed e), 40, n. 3 del Trattato, i seguenti tre quesiti: <<a) sulla competenza in via� esclusiva o meno della Comunit� Economica Europea ad esercitare la potest� normativa per la disciplina dei prezzi dello zucchero e sull'intervenuto esercizio di siffatta potest� attraverso il regolamento CEE 1009/67 e successive integrazioni; b) sulla legittimit� di interventi unilaterali di uno Stato membro nel set� tore in questione e del tipo di quello in esame, sostanzialmente determinativo del prezzo massimo di vendita al consumo sul solo territorio nazionale, in funzione di una politica di congiuntura e dell'art. 103 del trattato; c) sulla compatibilit� del regime delle cessioni del prodotto a prezzo mas� simo imposto limitato al territorio nazionale, determinato anche nelle sue com ponenti, con il principio di cui all'art. 30 del Trattato della libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune ed il divieto di isolare i mercati nazionali, frapponendo ostacoli alla realizzazione di detto mercato comune, lI �--. I . . I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 501 Poich� la decisione in merito a questo punto esula dalla competenza di questa Corte, e tenuto conto del fatto che le questioni formulate dal giudice nazionale non fanno distinzioni a seconda delle varie fasi commerciali, le questioni stesse vanno intese nel senso ch'esse si riferiscono, genericamente, alla fissazione di prezzi massimi per le vendite di zucchero, indipendent& mente dalla circostanza che tali vendite vengano effettuate da produttori, importatori, grossisti o dettaglianti. Sulle prime due questioni Con la prima e la seconda questione, la Corte � invitata a pronunziarsi, in primo luogo, � sulla competenza in via esclusiva o meno della Comunit� Economica Europea ad esercitare la potest� normativa per la disciplina dei prezzi dello zucchero e sull'intervenuto esercizio di siffatta potest� (in particolare) attraverso il regolamento n. 1009/67 � e, in secondo luogo, �sulla legittimit� di.interventi unilaterali di uno Stato membro nel settore in que� allorch� esso venga eccezionalmente giustificato con l'esigenza di cautelare l'economia da fenomeni speculativi e garantire il necessario consumo in rapporto al sovvertimento dei presupposti della disciplina comunitaria determinato dalla duplice circostanza deila deficitariet� della produzione comunitaria e del raddoppio del prezzo mondiale del prodotto �. 4. La questione di fondo che il giudice a quo solleva con i primi due quesiti �, nella sostanza, identica a quella sollevata dal Pretore di Padova nella causa Tasca, 65/75. Ed infatti, a parte l'accenno alla. politica congiunturale ed all'art. 103 del Trattato, anche il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio inte;nde conoscere se Il} disciplina comunitaria relativa al regime dei prezzi dello zucchero sia com1)leta ed esclusiva, ovvero se residui la competenza degli Stati membri per quanto attiene alla fissazione di prezzi massimi per le vendite al consumo. Su tale questione di fondo il Governo italiano non pu� che ribadire le osser vazioni gi� presentate per la causa Tasca, considerando anzitutto, anche in que sto caso, i principali enunciati della sentenza resa dalla Corte nella causa Galli, 31/74 (Raccolta, �1975, 47). In detta sentenza, che aveva riguardo alle organizzazioni comuni di mercato dei settori dei cereali e dei grassi, la Corte, per quanto qui propriamente inte� ressa, ha stabilito: a) che � .�� nei settori regolati da un'organizzazione comune di mercato e a pi� forte ragione quando l'organizzazione poggia su un regime comune dei prezzi -gli Stati membri non possono pi� intervenire con atti unilaterali nel sistema della formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione comune ,. (parag. 29); b) che � ��. il regime na2:ionale che, bloccando i prezzi ed esigendo per la variazione dei medesimi un'autorizzazione amministrativa, alteri il processo di formazione dei prezzi previsto dall'o11ganizzazione comune di mercato � incom� patibile sia coi regolamenti gi� citati, sia con la norma generale posta dall'arti� colo 5, secondo comma, del Trattato, secondo cui gli Stati membri devono aste 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stione e del tipo di quello in esame � che sarebbe stato effettuato � in funzione d'una politica di congiuntura e dell'art. 103 del Trattato�. Il regolamento n. 1009/67, adottato nell'ambito della politica agricola comune, ha lo scopo di creare un'organizzazione comune di mercato ai sensi dell'art. 40 del Trattato CEE. Tale organizzazione, come viene ripetutamente sottolineato nel preambolo del regolamento stesso, � intesa a realizzare, nel settore dello zucchero, un � mercato unico � comunitario, sottoposto ad una gestione comune e ad un unico regime di prezzi. La Corte ha gi� avuto occasione di affermare (sentenza 23 gennaio 1975, Galli, causa 31/74; Racc. 1975, pag. 47), a proposit� di norme interne che stabilivano il blocco dei prezzi di altri prodotti nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso, che � nei settori disciplinati da una organizzazione comune di mercato, specie quando tale organizzazione poggia su un regime comune dei prezzi, gli Stati membri non possono pi� intervenire unilateralmente con norme interne nel processo di formazione dei prezzi nersi da qualunque misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato� (parag. 30). Come si ricorder�, i quesiti sottoposti alla Corte nella causa Galli erano relativi al cosiddetto blocco dei prezzi introdotto in ltalia dal decreto legge 24 luglio 1973, n. 425, sulla disciplina di beni prodotti e distribuiti da imprese di grandi dimensioni e che concerneva, dunque, i prezzi alla produzione e nella fase della commercializzazione all'ingrosso. In tale prospettiva, la Corte di preoccup� di esaminare quale estensione presentasse la disciplina comunitaria in materia di prezzi per i settori dei cereali e dei grassi; rilev� che, nella 'fase della produzione e della commercializzazione' ~ all'ingrosso, i suddetti settori erano soggetti ad una completa disciplina comunitaria dei prezzi e, conseguentemente, enunci� i princ�pi sopra richiamati. La prospettiva da cui si parte nella presente causa, e la questione di fondo sottoposta alla Corte, sono peraltro completamente diverse. Non si discute infatti sul potere di disciplinare i prezzi alla produzione ovvero nella fase di commercializzazione all'ingrosso, bens� sul potere degli Stati membri di disciplinare i prezzi nelle successive fasi� del commercio al minuto e del consumo. Questione che, a ben guardare, avrebbe dovuto restare estranea all'indagine svolta dalla Corte nella sentenza Galli; nella logica della quale sentenza la in compatibilit� dei regin;ii nazionali di prezzi deriva dalla gi� avvenuta regolamen tazione dei prezzi medesimi da parte della disciplina comunitaria. Sicch�, anche soltanto in conseguenza di tale logica, i princ�pi enunciati dalla Corte in quella occasione mai si sarebbero potuti estendere, n� per identit� n� per analogia di situazioni, al ben differente caso in cui non vi sia alcuna disci plina comunitaria: al caso cio� della fissazione dei prezzi al consumo ed al com m�rcio minuto. Malgrado ci�; malgrado cio� questa chiara identificazione dei confini entro i quali era destinata ad operare la sentenza Galli, spinta ad una pi� che ragio nevole preoccupazione la Corte ha avvertito l'esigenza di precisare, nel paragra fo 34, � ... che il regime dei prezzi instaurato dai regolamenti 120/67 e 136/66 si applica esclusivamente nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso. � Gli Stati membri rimangano perci� liberi -senza pregiudizio d'altre norme del 503 PARTE I, SEZ. II, GHJ~IS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE determinato dall'organizzazione comune�, di guisa che Ǐ incompatibile� col diritto comunitario � il regime nazionale che, bloccando i prezzi .., alteri il processo di formazione (dei medesimi) previsto dalle organizzazioni comuni dei mercati considerati �. Nella stessa sentenza viene precisato che il regime dei prezzi instaurato da un regolamento agricolo comunitario si applica esclusivamente nelle fa. si della produzione e del commercio all'ingrosso: �Gli Stati membri rimangono perci� liberi -senza pregiudizio . d'altre norme del Trattato di emanare i provvedimenti che ritengono neces.sari in materia di formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, purch� non mettano in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento dell'organizzazione comune di mercato �. Trattato -di emanare i provvedimenti che ritengono necessari in materia di formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, purch� non mettano in pericolo gli obiettivi od il funzionamento dell'organizzazione comunale di mercato �. Con il che, sotto il profilo della competenza -del permanere cio� del potere d~li Stati membri di intervenire unilateralmente sui prezzi al minut� od al consumo -oglli discorso dovrebbe ritenersi chiuso. 5. Occorre tuttavia verificare -seguendo ancora la logica della sentenza Galli -se nel settore dello zucchero la disciplina comunitaria dei prezzi si limiti (come per i cereali) alle fasi della produzione e della commercializzazione all'in� grosso, ovvero si estenda anche alla fase del commercio al minuto o del consumo. Sotto questo profilo � semplice osservare che �1a organizzazione comune del settore dello zucchero non di discosta gran che da quella dei cereali, n� nei presupposti n� nelle finalit�. Ahche per il settore dello zucchero viene fissato, ogni anno, un prezzo indi-cativo dello zucchero bianco, per la zona eccedentaria, con funzione di parametro attorno al quale sarebbe auspicabile che avvenissero le contrattazioni sul mercato intracomunitario (art. 2 regol. 1009/67). Viene altres� fissato un prezzo d'intervento per la zona eccedentaria e per lo zucchero bianco (art. 3 parag. 1) -per le altre zone vengono fissati prezzi d'intervento derivati: art. 3 parag. 2 -, cio� il prezzo al quale gli organismi di intervento statuali sono obbligati ad acquistare il prodotto da parte dei produttori (art. 7 regol. 1009/67). Esso rappresenta chiaramente una garanzia per i .Produttori, nel senso che, ove il prezzo di mercato all'ingrosso dovesse scendere, la possibilit� di vendita al prezzo d'intervento permane. Rappresenta altres�, proprio in virt� di tale funzione di garan� zia, un elemento stabilizzatore del mercato. Data poi l� particolarit� del settore dello. zucchero � stato necessario fis� sare un prezzo minimo delle barbabietole, tenendo conto del prezzo d'intervento dello zucchero bianco valido nella zona in questione, nonch� di determin�ti valori forfettari (art. 4 regol. 1009/67). Nell'ambito del r~ime degli scambi con i Paesi terzi viene fissato infine, ogni anno, per lo zucchero bianco, lo zucchero greggio e il melasso, un prezzo d'entrata valido per la Comunit� (art. 12 regol. 1009/67). Come risulta da tali brevi accenni, il regime dei prezzi comunitari all'interno dell'organizzazione del mercato dello zucchero non � dissimile da quello relativo 504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questi principi, a suo tempo elaborati con riguardo ai regolamenti nn. 120/67 e 136/66, relativi all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali e, rispettivamente, in quello dei grassi, sono altrettanto validi -data l'analogia fra i regimi di prezzi rispettivamente istituiti, in particolare, dal regolamento n. 120/67 e dal regolamento n. 1009/67, relativo all'organizzazione comune dei mer�ati nel settore dello zucchero -anche per l'interpretazione di quest'ultimo regolamento. Sotto il profilo della compatibilit� col diritto comunitario dell'imposizione di determinati prezzi da parte delle autorit� nazionali, ad una rigida. distinzione fra prezzi massimi al consumo e prezzi massimi da applicare in precedenti fasi del commercio si oppone il fatto che, in primo luogo, una disciplina .dei prezzi nella fase della vendita al consumatore finale potrebbe ai cereali. Anche i prezzi comunitari dello zucchero non riguardano che le fasi della prodtizione e della commercializzazione all'ingrosso: ed anche detti prezzi rispondono alla prevalente finalit� di assicurare ai produttori � ��� il mantenimento delle garaniie necessarie per quanto concerne la loro occupazione e il loro tenore di vita� (2o considerando regol. 1009/67). Di conseguenza, relativamente alle suddette fasi della produzione e del commercio all'ingrosso (e soltanto ad esse) potranno applicarsi anche al settore dello zucchero i princ�pi enunciati dalla Corte a proposito dell'impossibilit� di intervento ulteriore da parte degli Stati membri e dell'incompatibilit� della disciplina nazionale che blocchi i prezzi. Del resto, nell'enunciare detti principi, la Corte ha avuto cura di precisare i limiti al di l� dei quali l'intervento degli Stati si rivela impossibile o i regimi nazionali di blocco risultano incompatibili. Coerentemente alla logica di tutta la decisione, nella sentenza Galli � stato infatti sottolineato che l'impossibilit� degli interventi unilaterali degli Stati membri concerne il � ...sistema di formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione comune �; cos� come l'incompatibilit� dei regimi nazionali di blocco si realizza soltanto se il regime medesimo � ... alteri il processo di formazione dei prezzi previsto dall'organizzazione comune &i mercato�. � Al di qua di detti limiti, pertanto, la competenza degli Stati membri � rimasta ferma. Essi -come la Corte ha espressamente affermato per i settori considerati nella causa Galli (ma l'affermazione vale anche per il settore dello zucchero, data la sostanziale identit� dei regimi prezzi) -rimangono liberi, senza pregiudizio di altre norme del Trattato, di emanare i provvedimenti che ritengono necessari in materia di formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo. La questione di fondo posta dal .giudice nazionale -che ha riguardo esclusivamente alla ripartizione di competenze, in materia di prezzi dello zucchero, tra la Comunit� e gli Stati membri -pu� quindi essere risolta nel senso che la competenza degli Stati membri � rimasta ferma per quanto riguarda il potere di emanare provvedimenti in materia di formazione dei prezzi dello zucchero nelle fasi del commercio al minuto e del consumo. E tale risposta, una volta che il problema concerne la competenza degli Stati membri in materia di prezzi al consumo, non sembra tollerare restrizioni o limitazioni in forza di diverse norme del Trattato. Altro � infatti riconoscere che, pur dopo l'organizzazione comune del mercato dello zucchero, permane il potere degli Stati membri di intervenire unilate PARTE I:, SBZ. II, GIURI$. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 505 ripercuotersi sulla formazione dei prezzi nelle suddette. fasi precedenti e, inoltre, i prezzi contemplati dal regime comunitario nel settore dello zucchero non sono stabiliti per vendite determinate, ai commercianti, agli utilizzatori o ai consumatori. Va tuttavia rilevato che, in pratica, una disciplina nazionale in materia di prezzi agricoli, la quale si riferisce alle stesse fasi commerciali contemplate dal regime dei prezzi vigente nell'ambito dell'organizzazione comune di mercato avr� maggiori probabilit� di trovarsi in conflitto con questo regime che non una disciplina da applicare esclusivamente in altre fasi commerciali. Si deve perci� concludere che, indipendentemente dalla fase commerciale considerata, la fissazione unilaterale, da parte di uno Stato membro, di prezzi massimi per la vendita di zucchero � incompatibile col regolamento n. 1009/67, qualora metta in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento della suddetta organizzazione, ed in ispecie del suo regime di prezzi. Allo scopo di indicare al giudice nazionale in quali circostanze potrebbe manifestarsi_ tale incompatibilit�, � opportuno esaminare pi� da vicino detto regime di prezzi. Secondo l'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1009/67, �ogni anno viene fissato per la zona pi� eccedentaria della Comunit�� -costituita da taluni ralmente sul processo di formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, altro � verificare che l'esercizio concreto di tale potere (la cui sussistenza non � pi� in discussione), possa comportare la violazione di norme o princ�pi diversi. 6. Quest'ultima precisazione -la distinzione, cio�, tra esistenza del pot�re ed uso eventualmente illegittimo di esso -consente di prevenire una possibili' obiezione. S� potrebbe infatti sostenere che, lasciando agli Stati membri il potere d'intervenire sui prezzi al minuto ed al consumo, essi Stati -nell'esercizio concreto di tale potere -potrebbero indirettamente influire sui prezzi che sono invece disciplinati dal regime comunitario. Il che accadrebbe, secondo un, esempio gi� fatto (cfr. conclusioni dell'Avvocato generale nella causa Galli, Racc. 1975, 70), ove uno Stato membro fissasse un prezzo massimo al consumo inferiore al prezzo d'intervento; e, pi� in generale, in tutti i casi in cui la fissazione del prezzo massimo al consumo od al minuto venisse ad incidere sui prezzi comunitari. E' fuori di dubbio che una tale attivit� statuale sarebbe da ritenere non lecita . dal punto di vista comunitario: se gli Stati membri non hanno pi� competenze in materia di prezzi alla produzione od all'ingrosso dei C!freali ovvero dello zucchero, � ovvio che gli stessi Stati membri non potrebbero incidere, neanche indirettamente, sui prezzi medesimi. Tuttavia, ove ci�� avvenga attraverso la fissazione di un prezzo massimo al consumo, non tornerebbe in discussione la competenza degli Stati membri di fissare i prezzi al consumo; si porrebbe soltanto il problema dell'uso, legittimo od illegittimo, di quella competenza. Ed invero, il primo problema -quello attinente al permanere del potere negli Stati membri -non potrebbe ricevere soluzione diversa a seconda che detto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 506 dipartimenti della Francia settentrionale -� un prezzo indicativo per lo zu�chero bianco ... franco fabbrica ... �. In forza dell'art: 3, nn. 1 e 2, dello stesso regolamento, per la stessa zona � ogni anno viene fissato un prezzo d'intervento per lo zucchero bianco�, mentre �per le altre zone vengono fissati dei prezzi d'intervento derivati tenendo conto delle differenze regionali di prezzo .dello zucchero ... �. A norma del successivo art. 9, n. 1, �gli organismi d'intervento designati dagli Stati m.embri... hanno l'obbligo di acquistare ... lo zucchero ... che (viene loro offerto)� e precisamente �al prezzo d'intervento valido per la zona in cui si trova lo zucchero all'atto della compravendita �, mentre l'art. 10 dispone che, in linea di principio, essi � possono vendere lo zucchero sul mercato interno soltanto a prezzi superiori al prezzo d'intervento '" In base al combinato disposto dell'art. 4, nn. 1 e 2, e dell'art. 5, n. 1, del regolamento in esame, � per ciascuna zona produttrlce di zucchero di potere venga esercitato in modo legittimo owero in modo illegittimo, da parte degli Stati membri medesimi. Di conseguenza, se il prezzo massimo stabilito d� uno Stato membro risulta di fatto violare il regime dei prezzi stabilito dalla Comunit�, la misura nazionale di determinazione del prezzo sar� giudicata illegittima, sia da parte dei giudici nazionali che provvederanno a disapplicarla, sia da parte della Commissione nell'esercizio della sua generale funzione di controllo. Tuttavia, anche ove fosse verificata nei singoli casi la suddetta illegittimit�. per le accennate ragioni, la competenza degli Stati membri a stabilire i prezzi al consumo non ne verrebbe intaccata. Il potere degli Stati membri resterebbe int~ro: il suo esercizio, nei singoli casi concreti, risulterebbe illegittimo. 7. Un discorso sostanzialmente analogo pu� essere svolto in ordine al terzo quesito proposto dal giudice nazionale. Tale quesito si articola in due aspetti diversi: da un lato si chiede di conoscere se il regime nazionale che imponga un prezzo massimo per le cessioni clel prodotto, prezzo massimo limitato al territorio nazionale, contrasti con il principio di cui all'art. 30 del Trattato relativo alla libera circolazione delle merci ed al divieto di isolare i mercati nazionali.. Dall'altro, se un tale eventuale contrasto possa ritenersi eccezionalmente giustificato 'dall'esigenza di cautelare l'economia nazio nale da fenomeni speculativi e garantire il necessario consumo � ��� in rapporto al sovvertimento dei presupposti della disciplina comunitaria�. In ordine al primo aspetto del quesito all'esame, il Governo italiano -ripren dendo anche qui le osservazioni presentate per la causa Tasca 65/75 -ritiene che un regime nazionale che fissi i prezzi massimi al consumo dello zucchero, ovviamente con efficacia limitata al territorio nazionale, non sia, in s�; contrario all'art. 30 del Trattato od alle norme del diritto derivato in materia di libera circolazione delle merci (nel caso, art. 35 del regol. 1009/67). Ove infatti, come accade per i prezzi fissati 'con i provvedimenti impugnati �avanti il giudice a quo, il regime dei prezzi al consumo riguardi indifferente �~ ,. f (: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 507 barbabietola ..., viene fissato ogni anno ... un prezzo minimo delle barbabietole ... stabilito tenendo conto del prezzo d'intervento dello zucchero bianco valido nella zona in questione �, ed i produttori di zucchero � hanno l'obbligo, al momento dell'acquisto delle barbabietole destinate alla trasformazione in zucchero, di pagare almeno il (suddetto) prezzo minimo�. Nel periodo da prendere in considerazione nella fattispecie, il prezzo d'intervento derivato era stato fissato, per l'Italia, ad un livello superiore a quello del prezzo indicativo. Nell'esaminare la questione sollevata dal giudice nazionale, sar� quindi sufficiente avere riguardo a tale situazione. In siffatte circostanze, la normativa comunitaria mira a garantire, per quanto possibile, ai produttori di zucchero, nelle vendite da essi effettuate nell'ambito della zona per la quale � stato fissato il prezzo d'intervento derivato, la realizzazione di un prezzo franco partenza stabilimento almeno pari a tale prezzo d'intervento. Altrimenti, infatti, detti produttori potrebbero trovarsi nell'impossibilit� di corrispondere ai bieticultori il prezzo minimo delle barbabietole garantito dalla disciplina comunitaria. Di conseguenza lo Stato membro per il quale il prezzo d'intervento sia stato fissato ad un livello superiore a quello del prezzo indicativo, mente i prodotti nazionali e quelli importati, esso, in linea generale, non com� porta alcuna discriminazione, non isola i mercati n� introduce misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative. Ed inve~o, un simile regime dei prezzi al consumo viene ad avere lo stesso effetto che producono le regolamentazioni nazionali sulle vendite, sia. in ordine ai divieti, sia in ordine ai requisiti che un prodotto deve possedere per essere ammesso alla vendita. Regolamentazioni che, senza dubbio, sono �rimaste di competenza degli Stati membri (almeno sino a quando non sar� stato raggiunto l'obiettivo del ravvicinamento previsto dall'art. 100 del Trattato) e che, di certo, non introducono violazioni al principio della libera circolazione delle merci ovvero restrizioni quantitative. Ci� detto in linea generale, potr� tuttavia verificarsi che, in concreto, un determinato prezzo massimo al consumo si presenti, per qualche ragione, come un ostacolo alla libera circolazione o come una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa. Si pu� in proposito sviluppare l'esempio gi� fatto sopra (punto 6) ed ipotizzare la fissazione di un prezzo massimo al consumo inferiore addirittura al prezzo di entrata; Se ci� in concreto si verifica, potr� affermarsi che il regime nazionale che autorizza la fissazione di prezzi massimi al consumo contrasta con il principio della libera circolazione delle merci? O non dovr� invece riconoscersi che, in quel determinato caso concreto, il potere di fissare il prezzo massimo al consumo � sta.to male esercitato? Non � dubbio -ad avviso del Governo italiano -che la seconda soluzione sia quella esatta. Nell'esempio fatto (fissazione di un prezzo massimo al consumo inferiore al prezzo di entrata), poich� tale prezzo massimo rappresenta un ostacolo alla libera circolazione delle merci ed una misura di effetto equivalente ad una 5 RASSEGNA DELL'AVVOCA:rURA DELLO STATO 508 mette in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento dei mercati saccariferi, qualora istituisca un regime di prezzi atto ad impedire, direttamente od indirettameJ}te, che i produttori di zucchero ottengano un prezzo franco partenza stabilimento pari al prezzo d'intervento. Il raggiungimento degli scopi della normativa comunitaria sar� impedito indirettamente qualora-Io Stato membro considerato, senza disciplinare i prezzi nella fase della produzione, fissi, per le fasi del commercio llll'ingrosso o al minuto, prezzi massimi di vendita talmente bassi da mettere praticamente il produttore nell'impossibilit� di vendere al prezzo d'intervento, poich�, se lo facesse, costringerebbe i grossisti o i dettaglianti, vincolati dai suddetti prezzi massimi, a vendere sottocosto. Spetta al giudice nazionale decidere in ogni singola fattispecie, fra l'altro alla luce dei principi suesposti, se i prezzi masimi sui quali esso deve pronunziarsi producano o meno effetti tali da renderli incompatibili con le norme comunitarie in materia di zucchero. Ove il prezzo massimo fissato unilateralmente da uno Stato membro risulti incoll).patibile con le norme comunitarie nel settore dell'agricoltura, restrizione quantitativa, il relativo provvedimento di fissazione sar� giudicato incompatibile con le norme comunitarie (ad es., con l'art. 35 del regol. 1009/67), sia da parte del giudice nazionale, sia da parte della Commissione. Ma ci� non significa che il regime di fissazione dei prezzi massimi al consumo per lo zucchero possa esser ritenuto, in s�, contrario all'art. 30 del Trattato ovvero al citato art. 35 del regol. 1009/67. 8. La conclusione all� quale si � ora pervenuti consentirebbe di tralasciare il secondo aspetto del quesito in esame. Non � infatti necessario in alcun modo, per giustificare -di fronte alla normativa comunitaria -il regime nazionale di fissazione dei prezzi massimi al consumo dello zucchero, ricorrere alle esigenze di evitare speculazioni ovvero di assicurare il prodotto al consumo. Cos� come non sarebbe necessario ricorrere all'art. 103 del Trattato. Tale secondo aspetto � tuttavia indicativo giacch� rivela l'errata prospettiva dalla quale si � mosso il giudice a quo. Nell'ipotizzare una eventuale giustificazione al regime nazionale di fissazione di prezzi massimi al consumo, il Tribunale amministrativo sembra presupporre, infatti, che tali prezzi siano stati stabiliti quasi per sopperire a sopravvenute carenze della disciplina comunitaria. Si parla invero dell'ordinanza di rinvio, di � ��� sovvertimento dei presupposti della �disciplina comunitaria determinat� dalla duplice circostanza della deficitariet� della produzione comunitaria e del raddoppio del prezzo mondiale del prodotto �. Cos� facendo, il giudice a quo sembra attribuire alla fissazione dei prezzi al consumo la funzione di correttivo dei prezzi comunitari dello stesso prodotto: al fine di evitare fenomeni, quali la deficitariet� della produzione comunitaria ed il raddoppio del �prezzo mondiale, che la Comunit� non ha saputo evitare o dei quali non ha saputo contenere le conseguenze. Orbene, se questa � l'opinione del giudice di rinvio, essa � completamente contraria alla realt�. Il regime nazionale dei prezzi al consumo non tende affatto a supplire alla disciplina comunitaria dei prezzi dello stesso prodotto n� i prezzi massimi al PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 509 lo Stato interessato non pu� giustificarsi con il richiamo all'art. 103 del Trattato, relativo alla politica di congiuntura, tanto pi� se si tien conto del fatto che il regolamento n. 1009/67 comporta una organizzazione di massima ideata in maniera tale da permettere alla Comunit� e agli Stati membri di fronteggiare qualsiasi perturbazione. In proposito � opportuno, anzitutto, sottolineare che la fornitura ai consumatori di prodotti agricoli a prezzi ragionevoli � uno degli obiettivi enunciati dall'art. 39, n. l, del Trattato. L'art. 21, n. l, del regolamento n. 1009/67 autorizza il Consiglio ad adot tare tutti i provvedimenti necessari qualora il mercato comune sia per turbato o rischi d'.essere perturbato da un particolare andamento delle importazicmi o delle esportazioni. Il n. 2 dello stesso articolo precisa le modalit� della azione comune cui partecipano, in tal caso, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri. Indipendentemente dai poteri che il regolamento attribuisce al Con. siglio ed alla Commissione, quest'ultima esercita, in forza del Trattato stesso, una funzione generale di vigilariza e di iniziativa. Nel contesto in esame � poi ancora opportuno attirare l'attenzione sui compiti di consultazione permanente svolti, nella gestione dello specifico mercato considerato, dal � comitato di gestione � di cui all'art. 39 del rego lamento. Al di l� delle funzioni specificamente attribuitegli, il comitato di gestione � infatti competente, in forza dell'art. 41, ad esaminare qual siasi problema che il suo presidente, di propria iniziativa o su domanda del rappresentante d'uno Stato membro, ponga all'ordine del giorno. consumo vengono stabiliti in funzione del mercato mondiale ovvero di quello comunitario. Gli eventi che si ferijicano in tali mercati possono influenzare, ed influen zano, i prezzi comunitari: quello di entrata, quello di intervento, che saranno variati ed adeguati da parte delle competenti Istituzioni della Comunit�. I prezzi al consumo in Italia presuppongono invece i prezzi comunitari; partono da essi -che sono prezzi alla produzione ed all'ingrosso -e perven gono a disciplinare la fase del commercio al minimo o del consumo. Non sussiste dunque alcuna concorrenza -come potrebbe far pensare la seconda parte del quesito all'esame -tra prezzi nazionali al consumo e. prezzi comunitari; v'� invece complementariet�, nel senso che i primi, presup ponendo i prezzi comunitari, pervengono a disciplinare una fase -quella del consumo -non disciplinata dalla Comunit�. In questo senso -contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice a quo -pu� certamente affermarsi che il regime nazionale di prezzi al consumo com pleta il regime comunitario dei prezzi e non si pone con esso in alternativa od in concorrenza. IVO M. BRAGUGLIA 510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si constata cos� come l'organizzazione di massima di cui al regolamento n. 1009/67 consenta ad ogni Stato membro di adottare, in collegamento con le istituzioni comunitarie e nel pi� breve termine, le iniziative necessarie per il caso in cui il gioco normale dei sistemi di prezzi istituiti dal regolamento non consenta di far fronte a tendenze non auspicabili che si siano manifestate nell'andamento dei prezzi nello Stato stesso. Sulla terza questione. Con la terza questione si chiede in sostanza se provvedimenti nazionali del tipo considerato, giustificati �con l'esigenza di cautelare l'economia da fenomeni speculativi e garantire il necessario consumo in rapporto al sovvertimento dei presupposti della .disciplina comunitaria determinata dalla duplice circostanza della deficitariet� della produzione comunitaria e del raddoppio del prezzo mondiale del prodotto �, sfuggano al divieto enunciato dall'art. 30 del Trattato. L'art. 30 del Trattato proibisce fra gli Stati membri qualsiasi misura di effetto equi:valente ad una restrizione quantitativa. Tale divieto � ripreso, per quanto concerne il mercato dello zucchero, dall'art. 35 del regolamento n. 1009/67. Perch� entri in gioco detta proibizione � sufficiente che i provvedimenti controversi possano ostacolare, direttamente o indirettamente, in modo attuale o potenziale, gli scambi fra gli Stati membri. Anche se il prezzo massimo applicato indistintamente sia ai prodotti indigeni, sia ai prodotti importati, non costituisce di per s� una misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, esso pu� tuttavia divenire tale quando il suo livello renda impossibile o comparativamente pi� difficile lo smercio dei prodotti esteri. Pertanto, un prezzo massimo, almeno in quanto si applichi ad un prodotto importato, costituisce una misura di effe~to equivalente ad una restrizione quantitativa, specialmente qualora sia fissato ad un livello talmente basso che -tenuto conto della situazione generale dei prodotti importati rispetto a quella dei prodotti nazionali -gli operatori i quali intendano importare il prodotto di cui trattasi nello Stato membro considerato possano farlo soltanto in perdita. Spetta al giudice nazionale accertare se la situazione di fatto presenti i suddetti caratteri. Per le ragioni gi� precisate in ordine alle prime due questioni, lo Stato membro interessato non pu� invocare, a dif~sa d'un prezzo massimo al c~nsumo che produca l'effetto sopra ricordato, n� l'art. 103 del Trattato, n� la necessit� di proteggere l'economia da manovra speculative, n� infine mutamenti sopravvenuti nella situazione economica del settore dello zucchero. -(Omissis). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 511 I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 17 marzo 1976, nelle cause 67-85/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Warner -Lesieur Cotelle ed altri (avv. Lussan, Lassier e Budry) c. Commissione delle Comunit� europee (ag. Kalbe e sig. Delmoly). Comunit� europee -Responsabilit� per �atto normativo � Possibilit� di dedurre dinanzi ai giudici nazionali la violazione di norme del trattato CEE e di diritto derivato intese a tutelare i singoli � Irricevibilit� del ricorso proposto a norma dell'art. 215, secondo comma del trattato CEE. (trattato CEE, art. 215, secondo comma). Il ricorso proposto a norma dell'art. 215, secondo comma, del trattato CEE � irricevibile quando la parte ricorrente abbia la possibilit� di adire i giudici nazionali competenti contro l'asserita violazione di talune norme del trattato CEE e di diritto derivato intese a tutelare i singoli nell'ambito della Comunit� (1). II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 21 maggio 1976, nella causa 26/74 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Trabucchi -Soc. Roquette Fr�res (avv. Veronne) c. Commissione delle Comunit� europee (sigg. Bourgeois, Van Ackere e Wainwright). Comunit� europee � Agricoltura -Entrate comunitarie -Riscossione -Competenza delle autorit� nazionali -Normativa applicabile -Controversie in tema di restituzione -Competenza dei giudici nazionali -Normativa applicabile. � (decisione del Consiglio 21 aprile 1970; regolamenti del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729 e 2 gennaio 1971, n. 2). Comunit� europee � Agricoltura -Entrate comunitarie -Indebita riscossione � Restituzione � Questioni accessorie � Normativa attualmente ap� pllcabile. (decisione del Consiglio 21 aprile 1970; regolamenti del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729 e 2 gennaio 1971, n. 2). (1-5) Con le tre sentenze in rassegna la Corte di giustizia ha rigettato, sostanzialmente per difett� di prova, numerosi ricorsi proposti a norma dell'art. 215, secondo comma, del trattato CEE nei confronti della Commission� delle Comunit� europee. La prima sentenza va segnalata sia per l'affermazione di principio contenuta -nella massima, sia per quanto pu� desumersi, dalla ulteriore esauriente motivazione, in ordine ai presupposti di fatto richiesti per l'affermazione di responsabi Comunit� europee -Responsabilit� per atto normativo � Prova del danno � Necessit�. (trattato CEE, artt. 178 e 215, secondo comma; regolamenti del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974 e 22 febbraio 1973, n. 509; regolamento della Commissione 25 gennaio 1974, n. 218). A norma dell'art. 6 della decisione del Consiglio 21 aprile 1970 e dell'art. 1 del regolamento del Consiglio 2 gennaio 1971, n. 2, le riscossioni delle entrate comunitarie vengono effettuate dagli Stati membri in conformit� alle loro leggi, regolamenti e disposizioni amministrative. Le controversie relative alle restituzione degli importi percepiti per conto della Comunit� rientrano, quindi, nella competenza dei giudici nazionali e vanno risolti da questi ultimi a norma del loro diritto nazionale, ove il diritto comunitario non abbia disposto in materia (2). In mancanza di disposizioni comunitarie su questo punto, spetta attualmente alle autorit� nazionali di disciplinare, in caso di restituzione di tributi indebitamente percepiti, tutte le questioni accessorie relative a tale restituzione, quali l'eventuale versamento d'interessi (3). Va rigettata la domanda di risarcimento fondata, a norma dell'art. 215, secondo comma, del trattato CEE, sulla responsabilit� della Comunit� economica europea quando la parte istante non abbia provato il danno che assume di aver subito; e ci� anche quando la richiesta di risarcimento sia ridotta ad una indennit� soltant� simbolica (4). III CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 15 giugno 1976, nella causa 74/74 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Trabucchi -Comptoir Nationale Technique Agricole (avv. P�ricaud) c. Commissione delle Comunit� europee (ag. Bourgeois). Comunit� europee -Responsabilit� per atto normativo -Prova del danno � Necessit��. (trattato CEE, artt. 178 e 215, secondo comma). Va rigettata la domanda di risarcimento proposta ai sensi dell'art. 215, secondo comma, del trattato CEE, anche quando la responsabilit� della Comunit� economica europea sia stata gi� riconosciuta, se la parte istante non abbia provato di aver subito una perdita di cui debba essere risarcito (5). lit� della Comunit� economica europea e, comunque, per una condanna al risarcimento dei danni: presupposti nell'ambito dei quali risulta attribuito assorbente rilievo, come gi� in precedenti analoghe occasioni, alle finalit� perseguite dalle norme comunitarie con riferimento alle quali si deduca di aver subito un danno, ed in particolare alla possibilit� o no di assumere tali norme volte a garantire direttamente la situazione dei singoli. 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 513 I (Omissis). -In diritto. I ricorsi; proposti il 31 luglio 1975, mirano a far dichiarare la Comunit� Economica Europea responsabile del danno assertivamente subito dalle ricorrenti in conseguenza della soppressione -disposta dal regolamento della Commissione 26 gennaio 1972, n. 189 (G. U. n. L 24 pag. 25) -degl'importi compensativi istituiti nel settore dei grassi e concernenti, in particolare, i semi di colza e l'olio da essi ricavato, nonch� dell'anomalo funzionamento della relativa organizzazione comune dei mercati, che sarebbe del pari risultato da tale provvedimento. Le ricorrenti chiedono pertanto che la Comunit� venga condannata al pagamento delle somme specificate nell'istanza introduttiva. Le ricorrenti -imprese che, fra l'altro, si occupano della compravendita e della trasformazione di semi di colza -sostengono quanto segue: il regolamento del Consiglio 2 settembre 1966, n. 136 (G.U. n. 172, pag. 3025), che ha istituito l'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi, contempltt, oltre alla fissazione -in base ai criteri.usuali -d'un prezzo indicativo e� d'un prezzo d'intervento, la concessione di un'integrazione alla produzione di semi oleaginosi. Tale integrazione viene versata ai trasformatori qualora il prezzo indicativo fissato per una determinata specie di semi superi il prezzo mondiale dello stesso prodotto ed � pari alla differenza fra questi due prezzi espressa in unit� di conto; il prezzo mondiale da prendere in considerazione a tal fine � fissato periodicamente dalla Quanto. alla controversia decisa con la seconda sentenza, la parte ricorrente aveva in effetti proposto, nei coilfronti dell'amministrazione doganale francese, e dinanzi al competente giudice nazionale, anche domanda di restituzione degli importi compensativi monetari che si assumevano non dovuti; ed il procedimento relativo all'azione di responsabilit� ex art. 215, secondo comma, del trattato CEE era stato sospeso dopo la discussione orale, con provvedimento del 12 settembre 1974, � f.ino a che il Tribuna! d'instance di Lilla non si fosse pronunziato nel merito della controversia sottopostagli "� Nel giudizio pendente dinanzi al giudice nazionale era peraltro intervenuta, in sede di interpretazione incidentale, la sentenza della Corte di giustizia 12 novembre 1974, resa nella causa 34/74 (Racc., 1217), con declaratoria di illegittimit� del regolamento della Commissione 25 gennaio 1974, n. 218; ed il giudice nazionale, essendosi l'amministrazione doganale francese prontamente adeguata a tale pronuncia, si era limitato a dar atto, con sentenza del 28 ottobre 1975, dell'avvenuta restituzione delle somme riscosse per gli importi compensativ.i in discussione, escludendo peraltro, sulla base della normativa nazionale, che su tali somme fossero dovuti interessi. Ml;azione di responsabilit� nei confronti della Commissione CEE era stato dato seguito, quindi, limitatamente alla richiesta degli interessi e del risarcimento del danno che si assumeva derivato dalla disparit� di trattamento subito dalla ricorrente sul piano concorrenziale, dandosi occasione alla Corte di giustizia di enunciare i principi contenuti nella seconda delle tre sentenze in rassegna. Nella vertenza cui si rif.erisce l'ultima decisione in rassegna, infine, la responsabilit� della Commissione CEE era stata invece gi� espressamente affermata, nell'ambito della stessa causa 74/74, con la sentenza 14 maggio 1975 (Racc., 533, e in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 514 Commissione secondo le modalit� stabilite dalla normativa comunitaria. In tal modo, la formazione dei prezzi sul mercato comunitario rispecchia quella dei prezzi mondiali, giacch� la produzione comunitaria � sostenuta mediante sovvenzioni che hanno lo scopo di garantirle una remunerazione pressappoco equivalente al prezzo indicativo. L'applicazione del regime degl'importi compensativi monetari alle importazioni e alle esportazioni fran~esi di semi di colza, disposta dalla Commissione con i regolamenti 31 dicembre 1971, n. 17/72, e 21 gennaio 1972, n. 144, (G.U. 1972, nn. L 5, pag. l, e L 19, pag. 1) si sarebbe resa necessaria in conseguenza della modifica del tasso di cambio del dollaro, sopravvenuta nell'autw.lo 1971, ed avrebbe mirato a garantire il buon funzionamento dell'organizzazione comune del mercato dei grassi in particolare per quanto concerne i prodotti in questione. A seguito della soppressione repentina di tale regime nel settore dei grassi, disposta dal regolamento n. 189/72, con effetto dal 1� febbraio 1972, le integrazioni prefissate anteriormente al 26 gennaio 1972 tenendo conto degl'importi compensativi riscossi all'importazione. di colza da Paesi terzi, e versate alle ricorrenti all'atto dell'assoggettamento a controllo dopo tale data, sarebbero risultate insufficienti a compensare la differenza reale fra il prezzo mondiale e il prezzo indicativo. questa Rassegna, 1975, I, 655, con nota di commento); ed anche in questo caso la condanna della convenuta Commissione al risarcimento dei danni � stata esclusa, in concreto, per non aver la ricorrente provato di aver subito una perdita di cui dovesse essere risarcita. Le prime due decisioni, in particolare, anche se ispirate ad un criterio solu torio non del tutto conforme, sembrano in sostanza coerenti con l'indirizzo adot tato dalla Corte di giustizia con la sentenza 27 gennaio 1976, resa nella causa 46/75, I.B.C. (Racc. 65, e retro, I, 187); e va quindi richiamato quanto osservato nella nota di commento di tale decisione (Zoe. cit.), precisandosi che la causa di in terpretazione pregiudiziale segnalata in tale nota di commento � stata medio �tem pore definita con la sentenza 7 luglio 1976, resa nella causa 7 /76, I.R.C.A., con la quale la Corte di giustizia ha affermato la legittimit� della normativa comu nitaria in discussione. Di rilevante interesse va riconosciuta, evidentemente, la espressa affermazio ne sulla competenza dei giudici nazionali e sull'applicabilit� delle norme di diritto interno e nella decisione delle controversie relative alla restituzione di diritti doganali che si assumano indebitamente corrisposti: criterio di principio dal quale dovrebbe risultare condizionata anche la decisione che la Corte� di giustizia deve rendere nelle cause 33/76 e 45/76 (relative alla opponibilit� dei termini di de caderlza previsti dalle normative nazionali), quelle cause, cio�, nelle quali potrebbe assumere rilievo assorbente la stessa inammissibilit�, dedotta dal Governo italiano, di una restituzione di somme riscosse in violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi doganali. Sulla portata dei regolamenti del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974 e 22 feb braio 1973, n. 509, v. pure la sentenza 17 maggio 1975 (analoga a quella resa nella gi� ricordata causa 34/74), resa dalla Corte di giustizia nella causa 73/74, PASTI� PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 515 La Commissione avrebbe inoltre violato talune norme del Trattato e di diritto derivato intese a tutelare i singol! nell'ambito della Comunit�, ed avrebbe quindi commesso un �llecito, relativo alla prefissazione, nel periodo 1� febbraio-1� aprile 1972, ed al successivo versamento di integrazioni inadeguate, calcolate in funzione di un prezzo mondiale superiore a quello reale. Sulla ricevibilit�. Nel corso della fase orale, la Commissione (convenuta) ha eccepito !'irricevibilit� dei ricorsi sostenendo che l'azione di risarcimento concerne in realt� il metodo di calcolo adottato dall'autorit� nazionale competente -cio� dalla Soci�t� Interprofessionnelle des Ol�agineux (S.I.D.0.) -per la prefissazione qelle integrazioni contemplate dal regolamento n. 136/66 e relative al periodo in questione: le ricorrenti avrebbero pertanto potuto e dovuto adire gli organi giurisdizionali nazionali competenti a conoscere della legittimit� dei provvedimenti interni emanati per l'attuazione di norme comunitarie. In corso di causa, e in particolare nella fase orale, le ricorrenti, modificando i loro argomenti, pi� che swla censura relativa all'abolizione degli importi compensativi hanno insistito sull'illecito rappresentato -a loro avviso -dal mancato adeguamento alle oscillazioni del dollaro del metodo di determinazione dei prezzi mondiali presi in considerazione per la fis.. sazione delle integrazioni. Pertanto, il loro argomento secondo cui l'eccezione d'irricevibilit� � tardiva appare infondato. Esso � peraltro inconferente, giacch� la ricevibilit� dei ricorsi va esaminata d'ufficio. FICIO TRIESTINO (Racc., 663 e in Foro it., 1975, IV, 190):_ sentenza essa stessa, peraltro, di non agevole interpretazione, e che ha dato luogo, in concreto, a notevoli perplessit� anche in sed('( comunitaria, per il sostanziale contrasto tra la prima e la seconda parte del dispositivo, o quantomeno per la difficolt� di conciliare i due principi rispettivamente enunciati. Quanto alla responsabilit� della CEE per atto normativo, cfr.: da ultim<>, MARZANO, Sulla responsabilit� della CEE per atto normativo, in quesi:a Rassegna, 1975, I, 654, con richiamo e commento dei precedenti giurisprudenziali, ai quali adde la 1gi� citata sentenza 27 gennaio 1976, resa nella causa 46/75, I.B.C. In�argomento, non pu� non essere segnalata comunque, l'affermazione, necessariamente implicita nell'ultima parte della seconda decisione in rassegna, secondo cui la illegittimit� di norme comunitarie non � di per s� suffkiente per affermare la responsabilit� della Comunit� per atto normativo: affermazione che convalida quanto osservato nella richiamata nota di commento sulla necessit� di ritenere �che la Hlegittimit� dell'atto normativo, oltr,etutto non sufficiente per un'affermazione di responsabilit�, costituisca a tal fine un minimum indispensabile, rappresenti cio� un estremo necessario e non sufficiente per configurare la responsabi1it� come teoricamente possibile� (loc. cit., pag. 668). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 516 Invero, i ricorsi vanno esaminati e giudicati in base alle conclusioni -che sono rimaste immutate -figuranti nelle istanze introduttive, in cui si assume che gl'importi compensativi sono logicamente e inscindibilmente connessi con le integrazioni e che quindi la loro soppressione ha intralciato il buon funzionamento dell'organizzazione comune del mercato dei grassi, in particolare per quanto concerne le integrazioni, e si chiede il risarcimento del danno provocato da tale provvedimento. D'altra parte, le decisioni relative alla prefissazione delle integrazioni -che la convenuta considera l'oggetto reale dell'azione -sono state emanate per la maggior parte prima della pubblicazione del regolamento n. 189/72; le ricorrenti, pertanto, non avrebbero potuto rendersi conto, in t~mpo utile, degli eventuali vizi di tali decisioni e impugnarle dinanzi ai giudici nazionali competenti. Cosl stando le cose, i ricorsi sono ricevibili nella parte riguardante gli effetti delle decisioni di prefissazione anteriori all'emanazione del regolamento n. 189/72; essi sono invece irricevibili nella parte in cui concernono le prefissazibni richieste e concesse nel periodo 1� febbraio-1� aprile 1972, giacch� le ricorrenti avevano in tal caso la possibilit� di adire i giudici nazionali competenti contro l'asserita violazione di talune norme del Trattato e di diritto derivato intese a tutelare i singoli nell'ambito della Comunit�. Nel merito. Gli argomenti delle ricorrenti si possono sintetizzare come segue: a) L'organizzazione comune del mercato dei grassi mira a garantire ai produttori una remunerazione per le loro merci -nella fattispecie, semi di colza -pari al prezzo indicativo fissato per la stagione in questione; b) a seguito della modifica del tasso di cambio del dollaro, inter venuta nell'autuno 1971, le integrazioni istituite appunto per garantire la remunerazione suddetta si sono rivelate insufficienti, in ragione del me todo di calcolo utilizzato per determinarne l'importo (l'unit� di conto non era stata adeguata alla nuova parit� del dollaro); e) per ovviare all'inadeguatezza delle integrazioni e proteggere la produzione comunitaria contro la concorren,za dei semi di colza e dell'olio da essi ricavato, offerti a prezzi pi� vantaggiosi, dato il deprezzamento del dollaro, si � reso necessario istituire importi compensativi all'impor tazione e all'esportazione; d) La soppressione di detti importi ha privato i produttori comu nitari, 'e in particolari le ricorrenti, della garanzia di una remunerazione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE adeguata ed ha quindi cagionato un danno di cui la Comunit� � responsabile. Per quanto concerne l'argomento di cui sub d), le ricorrenti si sono limitate a sostenere che l'abolizione degl'importi compensativi doveva logicamente comportare una flessione dei prezzi dei prodotti in questione sul mercato comunitario, senza dimostrare che tale conseguenza si sia effettivamente verificata. Esse, d'altra parte, non hanno provato l'infondatezza della reiterata affermazione della convenuta, secondo cui, dopo l'emanazione del suddetto provvedimento, il livello dei prezzi di tali prodotti sul mercato comunitario � rimasto invariato. La tesi delle ricorrenti si pu� interpretare nel senso che, in conseguenza dell'istituzione del regime degl'importi compensativi, esse sarebbero state indotte a rifornirsi sul mercato comunitario ed a chieder la prefissazione delle relative integrazioni, temendo che l'obbligo di versare gl'importi compensativi avrebbe reso loro particolarmente oneroso l'acquisto dei semi sul mercato mondiale. Con la soppressione di tali imposizioni, il loro calcolo si sarebbe rive� lato errato ed esse �sarebbero state private della possibilit� di approvvigionarsi a condizioni pi� vantaggiose sul mercato mondiale, subendo cosl un danno di cui la Comunit� sarebbe responsabile. Tuttavia, anche ammettendo che la Comunit� possa esser ritenuta responsabile delle conseguenze di una prognosi errata sul comportamento delle autorit� comunitarie, tale responsabilit� sussisterebbe solo per quanto concerne le perdite certe e reali eventualmente sofferte dalle ricorrenti. Orbene, le ricorrenti non hanno fornito alcuna prova circa siffatte perdite e non hanno quindi dimostrato l'esistenza di un danno di cui potrebbe farsi carico alla Comunit�. Quanto all'argomento di cui sub e), l'esistenza di un nesso -quale pretendono le ricorrenti -fra l'istituzione del regime degl'importi compensativi ed il funzionamento dell'organizzazione comune del mercato nel settore dei grassi, per quanto concerne, in particolare, la determinazione delle integrazioni, non trova alcun fondamento nella normativa vigente in materia. 1iJ'1'~; In realt�, l'istituzione del regime suddetto � stata suggerita dalla necessit� di evitare che gli Stati membri o taluni Paesi terzi potessero, mediante provvedimenti monetari, provocare negli scambi intracomunitari o nel commercio con i Paesi terzi dei prodotti agricoli di cui � causa distorsioni tali da pregiudicare� gravemente l'equilibrio dei mercati comunitari; Detto provvedimento non mirav� pertanto a tutelare ulteriormente il livello dei prezzi comunitari, bens� a garantire l'uniformit� dei prezzi che costituisce il fondamento dell'attuale organizzazione comune dei mercati agricoli; � quindi lecito versare o riscuotere importi compensativi solo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 518 quando, in loro assenza, il commercio dei prodotti interessati rischi di subire perturbazioni . La Commissione, di conseguenza, aveva il potere e anzi il dovere di abrogare il regime degl'importi compensativi per quanto concerne i pro' dotti . in questione, quando la sua applicazione non � risultata pi� indispensabile per evitare perturbazioni negli scambi di tali prodotti. Le ricorrenti non hanno provato che tale abrogazione abbia causato perturbazioni nel commercio dei semi di colza: il regol�mento n. 189/72 � quindi conforme agli obiettivi ed alle disposizioni della normativa comunitaria in materia di importi compensativi. Per quanto attiene all'argomento sub b), l'art. 1 del regolamento del Consiglio 23 ottobre 1962, n. 129, �relativo al valore dell'unit� di conto e ai tassi di cambio da applicare nel quadro della politica agricola comune � (G.U. pag. 2553/62) recita: �Quando negli atti adottati dal Consiglio a norma, dell'art. 43 del Trattato, riguardanti la politica agricola comune, o nelle disposizioni prese in applicazione di tali atti, figurino importi espressi in unit� di conto, il valore di tale unit� di conto � pari a 0,88867088 grammi di oro fino �. A norma dell'art. 2, n. l, di tale regolamento, �quando le operazioni da effettuare in applicazione degli atti o delle disposizioni di cui all'art. l, richiedono di esprimere in una determinata moneta gli importi indicati in un'altra moneta, il tasso di cambio da applicare � quello che corrisponde alla parit� dichiarata presso il Fondo Monetario Internazionale �. Infine, secondo l'art. 3 dello stesso regolamento, il Consiglio e la Com-" missione possono, � quando pratiche monetarie a carattere eccezionale rischiano di mettere in pericolo l'applicazione degli atti o delle disposi:zioni di cui all'art. 1, ...... adottare misure in deroga al presente regolamento�. Ne consegue che il Consiglio e la Commissione dovevano continuare, ai fini del calcolo dell'integrazione, ad attenersi all'art. 2, n. l, del regolamento suddetto fintantoch� le oscillazioni del dollaro si fossero mantenute entro limiti tali da non compromettere il funzionamento dell'organizzazione comune del mercato nel settore dei grassi. Per dimostrare che il Consiglio e la Commissione hanno violato gli obblighi loro imposti dal regolamento n. 129/62, le ricorrenti avrebbero dovuto provare che il funzionamento della suddetta organizzazione comune era non solo virtualmente, bensl effettivamente sconvolto. Le loro affermazioni generiche, invece, non possono essere considerate prove di un errore manifesto commesso dagli organi comunitari nell'eser cizio dei poteri loro conferiti da tale regolamento. Le ricorrenti sostengono inoltre che, nella determinazione dei criteri di calcolo dell'integrazione, la Commissione avrebbe potuto -come, a loro avviso, ha fatto dal 1� aprile 1972 -compensare il deprezzamento del dollaro mediante l'� adattamento � contemplato dall'art. 29 del regolamento PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 519 n. 136/66 e disciplinato dall'art. 6 del regolamento del Consiglio 6 giugno 1967, n. 115, �che fissa i criteri per la determinazione del prezzo del mercato mondiale dei semi oleosi, nonch� il luogo di transito di frontiera (G.U., pag. 2196). Ai termini dell'ultimo considerando del regolamento n. 115/67, tale adattamento mira ad � evitare che il diverso vantaggio economico inerente alla trasformazione dei semi oleosi possa indurre le industrie trasformatrici della Comunit� a preferire alle altre specie di semi un seme determinato �. Poich� tale regolamento contempla la concorrenza fra semi di diversa specie, e non gi� quella fra semi di produzione comunitaria e semi importati della stessa specie, l'adattamento in questione non poteva servire allo scopo indicato dalle ricorrenti. Pertanto; l'addebito da queste mosso alla Commissione, di aver omesso di adottare il suddetto provvedimento, � infondato. Quanto all'argomento sub a), infine, le garanzie stabilite dal regolamento n. 136/66 concernono, se mai, i produttori di semi di colza, non gi� i trasformatori, come risulta dall'art. 24: � il prezzo d'intervento di base �. . . . garantisce ai produttori la realizzazione delle loro vendite ad un prezzo che si avvicini il pi� possibile, tenuto� conto delle variazioni del mercato, al prezzo indicativo �. Le integrazioni versate ai trasformatori di semi non sono destinate a garantire loro una determinata remunerazione, bens� a dar loro la possibilit� di acqu,istare i semi di produzione comunitaria a un prezzo pressapposo equivalente al prezzo indicativo. Peraltro, i regolamenti del Consiglio 6 giugno 1967, n. 116 (G.U. 1967, pag. 2198), 28 settembre 1971, n. 2114 (G.U. 1971, n. L 222, pag. 2) e 20 dicembre 1971, n. 2730 (G.U. 1971, n. L 282, pag. 18), contemplando la possibilit� di prefissare l'integrazione, mettono i trasformatori in grado di trarre da tale sistema tutti i vantaggi possib_ili, purch� essi si impegnino a porre sotto controllo i loro prodotti durante il periodo cui si riferisce la prefissazione. Cos� stando le cose, le ricorrenti non possono invocare una garanzia assertivamente stabilita dal regolamento n. 136/66. Esse assumono ancora che, tenuto conto del regime delle integrazioni contemplato dal suddetto regolamento, la soppressione repentina degl'importi compensativi monetari costituisce, per quanto concerne in particolare le imprese che avevano ottenuto la prefissazione dell'integrazione nel gennaio 1972, una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. L'istituzione degl'importi suddetti era giustificata dall'esigenza di prevenire, in conformit� alla normativa comunitaria, perturbazioni negli scambi dei prodotti in questione, non gi� dalla volont� di garantire ai produttori una remunerazione inalterata: tale censura va quindi disattesa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dalle considerazioni sopra svolte risulta che i ricorsi sono infondati e vanno pertanto respinti. -(Omissis). II (Omissis). -In diritto. Con atto depositato il 26 marzo 1974, la ricorrente ha chiesto alla Comunit�, in forza degli artt. 178 ~ 215, 2� comma, del Trattato e.E.E., il risarcimento del danno arrecatole dal regolamento della Commissione 25 gennaio 1974 n. 218 (G.U. n. L 24, pag. 1), che fissa gli importi �ompensativi monetari all'esportazione di prodotti amilacei dalla Repubblica Francese o, a seconda dei casi, all'importazione dei medesimi prodotti, in violazione dei criteri stabiliti dal regolamento del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974, relativo a talune misure di politica congiunturale da adottarsi nel settore agricolo in seguito all'ampliamento temporaneo dei margini di oscillazione delle monete di taluni Stati membri (G.U. n. I 106, pag. 1), nella versione emendata in particolare dal regolamento del Consiglio 22 febbraio 1973, n. 509 (G.U. n. L SO, pag. 1). Nell'atto introduttivo, la ricorrente aveva chiesto la restituzione degli importi compensativi all'esportazione versati nel periodo intercorrente tra il 28 gennaio ed il 21 ottobre 1974, gli interessi sulle medesime somme, nonch� il risarcimento dei danni per le perturbazioni provocate nella gestione in considerazione tanto dell'incidenza sulle sue disponibilit� finanziarie dei :versamenti effettuati, quanto della disparit� delle condizioni di concorrenza che avrebbe subito a causa dell'incidenza economica del regolamento n. 218/74. Contemporaneamente al presente ricorso, la ricorrente ha promosso, dinanzi al Tribuna! d'instance di Lilla, un'azione diretta alla restituzione degli importi compensativi di cui � causa ed al versamento di interessi monetari al tasso legale sulle medesime somme. Nell'ambito di questa causa, detto Tribunale ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato, questioni pregiudiziali relative alla conformit� ai regolamenti nn. 914/71 e 509/73 del Consiglio dell'applicazione degli importi compensativi all'esportazione di prodotti amilacei, di cui al regolamento n. 218/74 della Commissione. Nel.la sentenza 12 novembre 1974, a soluzione di tali quesiti (Soci�t� Roquette c/ Stato Francese, causa 34/74, Racc. 1974, pag. 1217) questa Corte ha affermato che, relativamente al periodo considerato, la fissazione degli importi comp�nsativi, per i prodotti di cui � causa, effettuata mediante il regolamento della Commissione n. 218/74 non era conforme alle disposizioni dei regolamenti di base del Consiglio. In seguito a tale sentenza, la ricorrente ha ottenuto la condanna dello Stato Francese alla restituzione degli importi compensativi di cui � causa, in forza della sentenza del Tribuna! d'instance 22 aprile 1975. � PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Nella medesima sentenza, viceversa, il Tribuna! d'instance ha dichiarato che la ricorrente non aveva diritto ad interessi moratori al tasso legale sulle somme restituite. In esito a tale sentenza, la ricorrente, a parziale modifica delle sue conclusioni, chiede solo che gli sia riconosciuto il diritto a) agli interessi, �da calcolarsi ad un tasso adeguato, sugli importi compensativi versati e b) ad un'indennit� simbolica a risarcimento del danno arrecatole dalla disparit� di trattamento sul piano concorrenziale da essa subita in conseguenza del provvedimento adottato dalla Commissione. Sulla questione degli interessi. Risulta dalle disposizioni relative alle risorse proprie della Comunit�, e cio� dalla decisione del Consiglio 21 aprile 1970 e dal regolamento del Consiglio 2 gennaio 1971, n. 2, relativo all'applicazione di quest'ultimo (G.U. 1970, n. L 94, pag. 19, e 1971, n. L 3, pag. 1), in relazione al regolamento del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento della politica� agricola comune (G.U. n. L 94, pag. 13), che spetta alle autorit� nazionali di garantire, per conto della Comunit� e conformemente alle disposizioni del diritto comunitario, la percezione d'un certo numero di tributi, tra cui gl'importi compensativi monetari. A termini dell'art. 6 della decisione 21 aprile 1970, ripresa dall'art. 1 del regolamento n. 2/71, tali riscossioni vengono effettuate dagli Stati membri in conformit� alle loro leggi, r�golamenti e disposizioni amministratiye. Le controversie relative alla restituzione degli importi percepiti per conto della Comunit� rientrano, quindi, nella competenza dei giudici nazionali e vanno risolti da questi ultimi a norma del loro diritto nazionale, ove il diritto. comunitario non abbia disposto in materia. In mancanza di disposizioni comunitarie su questo punto, spetta attualmente alle autorit� nazionali di disciplinare, in caso di restituzione di tributi indebitamente percepiti, tutte le questioni accessorie relative a tale restituzione, quali l'eventuale versamento d'interessi. Il Tribuna! d'instance era quindi competente in via esclusiva a decidere relativamente all'attribuzio:p.e d'interessi ed � proprio in forza di questa competenza ch'esso ha risolto tale questione nella sentenza 22 aprile 1975 che, del resto, non � stata impugnata. Stando cosi le cose, il capo della domanda diretto all'attribuzione d'interessi sulle somme indebitamente riscosse � irricevibile. Sul risarcimento richiesto in relazione al pregiudizio per le condizioni di concorrenza Risulta dalla memoria integrativa, depositata a seguito della sentenza pronunziata dal Tribuna} d'instance, che il rimborso degli importi compen 522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .. sativi indebitamente percepiti compensa, a soddisfazione della ricorrente, gli svantaggi da essa subiti nelle proprie operazioni di esportazione. Il danno che la. ricorrente assume di aver subito risulta, stando alle sue dichiarazioni, dal fatto che i suoi concorrenti stranieri avrebbero fruito, grazie al versamento degli importi compensativi sull'im1mrtazione di prodotti amilacei in Francia, di condizioni di smercio pi� sfavorevoli di quelle della ricorrente e che, quindi, le condizioni di concorrenza sarebbero state falsate a suo danno. A sostegno di quest'asserzione, la ricorrente ha prodotto dati statistici destinati a provare l'incremento globale, durante il periodo considerato, delle importazioni di prodotti amilacei nella Repubblica Francese. Riconoscendo essa medesima la difficolt� di provare l'esatta incidenza di questo andamento sui propri interessi commerciali, la ricorrente si � limitata a chiedere un'indennit� simbolica a risarcimento del danno subito. Da parte sua, la Commissione ha contestato che tali statistiche siano probanti,_ richiamando l'attenzione in particolare sul fatto che, durante il medesimo periodo, le esportazioni francesi negli altri Stati membri erano altresl aumentate notevolmente, anzi, relativamente a taluni prodotti di cui � causa, in una proporzione di gran lunga superiore alle importazioni. Questa constatazione sarebbe sufficiente a provare che il movimento congiunturale addotto dalla ricorrente non trae origine dall'istituzione degli importi compensativi contestati. A termini dell'art. 215, secondo comma, la Comunit� deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli St�ti membri, � i danni cagionati dalle sue istituzioni �. Dato e non concesso che l'illegittimit� del regolamento della Commissione n. 218/74, rispetto ai regolamenti di base del Consiglio, accertata dalla sentenza di questa Corte 12 novembre 1974, dia luogo a responsabilit� della Comunit�, resta il fatto che la ricorrente non ha provato il danno che assume di aver subito. Invitata espressamente dalla Corte ad integrare sotto questo profilo il fascicolo della sua domanda, la ricorrente si � limitata a produrre statistiche globali la cui interpretazione resta incerta, senza fornire la prova di un pregiudizio concreto da �ssa specificamente subito nella condotta dei suoi affari n� di un nesso di causalit� tra detto pregiudizio e le misure adottate dalla Commissione. II fatto di aver ridotto la sua pretesa ad un'indennit� simbolica non esime la ricorrente dal provare il danno subito. Quindi, questo capo della domanda va respinto. -(Omissis). III (Omissis). -In diritto. Con atto introduttivo depositato il 1� ottobre 1974, il ricorrente ha chiesto che la Comunit� Economica Europea PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE venga condannata a risardre il danno da esso assertivamente subito in conseguenza dell'abolizione, disposta con regolamento della Commissione 26 gennaio 1972, n. 189 (G.U. n. L 24 del 28 gennaio 1972, pag. 25), degli importi compensativi monetari per i semi di colza e di ravizzone e per gli� olii ricavati da tali semi. Questa Corte, con sentenza interlocutoria 14 maggio 1975 (Racc. 1975, pag. 533), ha statuito che la Commissione � tenuta a risarcire il ricorrente della perdita da questi subita, a causa dell'emanazione del regolamento n. 189/72, nell'effettuare talune esportazioni per le quali le licenze rilasciate il 6 gennaio 1972 avevano fissato le restituzioni. La Corte ha concesso alle parti un certo termine per concordare l'entit� della somma dovuta per il risarcimento. Non essendo stato raggiunto un accordo, il ricorrente ha comunicato alla Corte, in data 11 dicembre 1975, l'importo che costituisce oggetto della sua� pretesa. La Commissione, in una memoria� complementare del 15 dicembre 1975, ha sostenuto che, dai 'documenti prodotti dal ricorrente, questi risulta, non aver subito alcuna perdita ai sensi della sentenza interlocutoria del 14 maggio. Da questa sentenza emerge che la perdita risarcibile � quella causata al ricorrente dalla repentina abolizione degli importi compensativi, per il fatto che l'interessato si sia trovato nuovamente esposto, nell'esecuzione di impegni commerciali inderogabili, ad un rischio di cambio contro il quale esso poteva -ritenersi tutelato dal sistema dei suddetti importi. Di conseguenza, non si pu� ammettere che il ricorrente abbia subito un danno, qualora esso non sia stato di nuovo esposto ad un rischio di cambio, ovvero tale rischio, pur esistendo in astratto, non si sia realizzato nella fattispecie. Ci� premesso, � opportuno procedere all'esame dell'esecuzione del contratto stipulato il 15 giugno 1971 fra il ricorrente e I'� Office national de Commercialisation � algerino, con riguardo alle forniture per le quali era stata prefissata la restituzione all'esportazione. Secondo le clausole contrattuali, l'acquirente aveva la scelta fra il pagamento in dollari ed il pagamento in franchi francesi, il che implicava, in seguito alla caduta del dollaro, verificatasi dopo la firma del contratto, un rischio per il ricorrente. L'opzione a favore dell'acquirente restava in vigore -per quanto riguarda le partite in questione, consegnate nel periodo compreso fra il 25 aprile ed il 4 luglio 1972 -fino al pagamento delle somme liquidate nelle fatture provvisorie, effettuato pochi mesi dopo la consegna della merce, e fino a quello, intervenuto alquanto pi� tardi, del saldo da versare in base alle fatture finali. Poich� tutti i pagamenti sono stati, in 'definitiva, effettuati in franchi francesi, il rischio di cambio, pur essendo esistito per un certo periodo, non si � tuttavia realizzato. RASSEGNA DELL'AVvOCATURA DELLO STATO 524 Resta da accertare se il ricorrente non abbia potuto -come esso assume -ottenere il pagamento in franchi francesi solo in quanto contropartita della sua rinunzia agli interessi di mora, che, come poteva presumersi in base a precedenti esperienze, sarebbero maturati per le partite in questione, il che � in effetti avvenuto. Bench� non possa escludersi, in linea di principio, che una siffatta contropartita costituisca eventualmente, ai sensi della sentenza interlocutoria, una perdita subita dal ricorrente, � a questi che incombe l'onere di provare che, in realt�, solo rinunziando agli interessi di mora esso � riuscito ad ottenere il pagamento in franchi francesi. In proposito, il ricorrente richiama, in primo luogo, le trattative svolte con l'acquirente nel marzo 1972 e, inoltre, l'accordo di carattere generale intervenuto fra le due parti contraenti mediante lo scambio di lettere in data 11 e 20 giugno 1974. Quanto alle trattative del marzo 1972, il ricorrente non -ha pienamente provato di essersi impegnato in modo defintivo a rinunziare agli interessi di mora come contropartita della rinunzia, da parte dell'acquirente, alla opzione spettantegli in materia di pagamento, e neppure che l'acquirente sia stato indotto ad optare per il pagamento in franchi francesi dal fatto che il ricorrente abbia dichiarato di esser disposto a rinunziare agli interessi in parola. Quanto all'accordo del giugno 1974, esso risulta essere una transazione globale, relativa a vari problemi controversi fra le parti, non solo riguardo agli interessi di mora ed al contratto del 1971, ma anche in merito ad altri punti relativi ad ulteriori contratti. Di conseguenza, esso non pu� essere considerato come la prova decisiva di un rapporto causale fra la rinunzia agli interessi sul pagamento delle quattro partite in questione e la scelta effettuata dall'acquirente circa il mezzo di pagamento; di tale scelta, infatti, non si fa neppure menzione nelle lettere da cui risulta il suddetto accordo. Il ricorrente non ha quindi provato di aver subito una perdita, di cui la C?mmissione sarebbe tenuta a risarcirlo. Il ricorso va perci� respinto. -(Omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 15 giugno 1976, nella causa 113/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Warner -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale di Genova nella causa Frecassetti (avv. Catalano) c. Ministero delle finanze -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (dott. Marenco) e Governo italiano (avv. Stato Marzano). Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati � Giorno dell'importazione � Definizione. (regolamenti del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, art. 17, e 13 giugno 1967, n. 120, art. 15). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 525 Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazione comuni dei mercati � Pre� lievi � Data rilevante per la determinazione del dazio doganale � Crite� rio di individuazione � Applicabilit� in tema di prelievi � Esclusione. {d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, disp. prel., art. 6; raccomandazione della Commissione 25 maggio 1962). Il �giorno dell'importazione� contemplato dall'art. 17 del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19 e dall'art. 15 del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120 � quello in cui la dichiarazione d'importazione della merce viene accettata dagli uffici doganali (1). La raccomandazione 25 maggio 1962 della Commissione delle Comunit� europee, � relativa alla data da prendere in considerazione per la determinazione del dazio doganale applicabile alle merci dichiarate per l'immissione in consumo�, non pu� applicarsi ai prelievi (2). (1-2) Dazi, prelievi, e . � giorno dell'importazione �. 1. � Con la-sentenza in rassegna la Corte di giustizia delle Comunit� europee, escludendo a priori (in contrasto con la soluzione sostenuta da tutte le parti in causa) l'applicabilit� al regime dei prelievi del criterio segnalato con la raccomandazione 29 giugno 1962 della Commissione CEE (e recepito, com'� noto, all'art. 6 delle disposizioni preliminari della tardffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723), ha iin definitiva affermato che il prelievo va applicato sempre con l'aliquota vigente il giorno in cui la dichiarazione d'importazione viene accettata dagli uffici doganali (quale che sia la data dell'effettivo sdoganamento). In tale valutazione, peraltro, sembra che non sia stata esattamente intesa la portata del sistema di sdoganamento con buoni a riprese, contemplato, in effetti, soltanto dall'ordinamento doganale italiano; ed � prevedibile, comunque, che l'applicazione del criterio indicato dalla Corte di giustizia dar� luogo ad inconvenienti pratici,di non indifferente portata, specialmente nella ipotesi (pure espressamente segnalata nelle difese scritte) in cui siano dovuti insieme dazio e prelievo. Va rilevato, in particolare, che la soluzione adottata dalla Corte di giustizia � opposta a quella con la quale le Sezioni unite della Corte di cassazione, partendo dallo stesso presupposto (inapplicabilit� al regime dei prelievi dell'art. 6 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale), avevano invece affermato, con la sentenza 3 dicembre 1975, n. 4004, che il prelievo applicabile � (sempre) quello della data in cui la merce viene rilasciata nella libera disponibilit� clell'importatore. Va pure rilevato, inoltre, che la Corte di giustizia, pur escludendo l'applicabilit� ai prelievi della raccomandazione 25 maggio 1962 della Commissione CEE, non si � pronunciata espressamente sull'ammissibHit� (o ricevibilit�), ai sensi dell'art. 177 del trattato CEE, di quesiti volti ad ottenere la interpretazione di raccomandazioni (o pareri), e quindi di atti a priori ed in astratto non suscettibili di applicazione, come si era osservato nella memoria presentata per il Governo italiano (amplius, infra), da parte del giudice nazionale, e la cui interpretazione perci� non potrebbe comunque assumersi � ne~essaria per emanare la sua sentenza�. 2. -L'interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, comunque, sar� evidentemente risolutiva nelle numerose controversie pendenti, anche dinanzi alla / 526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 31 ottobre 1975, pervenuta in cancelleria il 25 novembre successivo, il Tribunale di Genova ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., talune questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della nozione di � giorno dell'importazione � per la determinazione del prelievo da applicare ai cereali, ai sensi degli artt. 17 del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, Corte di cassazione, relativamente ad ipotesi in cui � stato applicato, nella liquidazione e riscossione dei prelievd, il criterio stabilito dall'art. 6 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale, risultando anzi assorbente rispetto alle varie questioni discusse tra le parti in causa, ed in particolare rispetto a quella con� cernente la esigenza della forma scritta per la richiesta consentita dall'art. 6 delle disposizioni preliminari della tariffa. La soluzione adottata dalla Corte di giustizia pone inoltre il problema della necessit� di provvedere al recupero nei confronti degli importato11i che hanno usufruito, a richiesta, della pi� favorevole aliquota vigente alla data dello sdogana� mento, dei maggiori prelievi che si sarebbero dovuti invece riscuotere: iniziative in ordine alle quali ogni determinazione potrebbe risultare influenzata, peraltro, dall'esito della causa pregiudizial� di interpretazione 33/76, nella quale il Governo italiano ha segnalato alla Corte di giustizia la possibilit� di non considerare la errata applicazione di diritti doganali e la restituzione (o il recupero) delle relative somme come aspetti di una unitaria questione, e di escludere, quindi, l'obbligo della restituzione (o del recupero) in ipotesi in cui debba poi prendersi atto che la normativa comunitaria non � stata osservata. A commento della decisione .in rassegna (nella cui motivazione, invero sommaria e non esauriente, risultano considerati taluni profili soltanto delle questioni discusse tra le parti) � sufficiente il richiamo a quanto osservato nella memoria presentata per il Governo italiano, qui di seguito trascritta: memoria con la quale � stato in effetti sostenuto proprio il principio enunciato nella prima massima, come non necessariamente preclusivo, peraltro, della possibilit� di aver riguardo alla data dell'effettivo sdoganamento. 3. -Con dieci dichiarazioni accettate dal competente ufficio doganale i giorni 26 maggio 1967 (due), 1 giugno 1%7 (due), 6 giugno 1967, 8 giugno 1967 (due), 19 giugno 1967, 12 dicembre 1967, e 31 gennaio 1968 il sig. Giordano Frecassetti, titolare della ditta �L'Agricola�, dichiarava per l'importazione definitiva in Italia dieci partite di cereali, per complessivi Kg. 4.731.833. Dopo l'accettazione delle dichiarazioni di importazione, e prima dello sdoganamento delle merci, J,a ditta importatrice chiedeva, con specifiche domande, e talora con pi� domande successive per la stessa partita, l'applicazione del minor prelievo vigente alla data di ciascuna domanda. La ditta importatrice, cio�, ogni volta che il prelievo risultava stabilito in importo minore di quello vigente alla data di accettazione della dichiarazione di importazione o di quello vigente alla data di presentazione di una precedente domanda, chiedeva che tale minore prelievo fosse applicato quando le singole partite (o i loro residui quantitativi) sarebbero state sdoganate. Tale criterio veniva in effetti applicato, erroneamente, dal competente ufficio doganale, con liquidazione dei diritti di prelievo quindi, per ciascun quantitativo sdoganato, sulla base del prelievo vigente alla data in cui era stata chiesta l'appli� cazione del prelievo pi� favorevole; ed il prelievo applicato risultava perci�, in concreto, ed in relazione alle varie domande proposte o riproposte dalla ditta im� portatrice, il meno elevato di quelli in vigore nel periodo intercorso tra la data PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 527 n. 19 (G.U. del 20 aprile 1962, pag. 933) e 15 del regolamento (C.E.E.) del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120 (G.U. del 19 giugno 1967, pag. 2269). Le suddette questioni sono state. sollevate nel corso di una causa relativa alla fissazione dell'aliquota del prelievo concessa ad un importatore di granoturco, avendo questi fatto sdoganare la merce a pi� riprese. Poich�, nel frattempo, i prelievi comunitari avevano subito delle variazioni, di accettazione della dichiarazione di ,importazione e quella di sdoganamento dei singoli quantitativi delle merci importate. In sede di verifica ispettiva, peraltro, veniva rilevata l'erroneit� del criterio impositivo adottato e si procedeva quindi a nuova liquidazione dei prelievi dovuti, con applicazione del prelievo vigente alla data di accettazione della dichiarazione doganale (o di quello vigente alla data dello sdoganamento di ciascun quantita tivo, se pi� favorevole all'importatore), e prescindendosi dagli eventuali minori prelievi medio tempore vigenti; e veniva quindi intimato alla ditta importatrice il pagamento dei maggiori preliev,i dovuti. Il sig. Giordano Freoassetti, titolare della ditta importatrice, si opponeva alla ingiunzione di pagamento, deducendo la legittimit� e la esattezza del criterio adot tato, all'atto dello sdoganamento, nella liquidazione delle somme dovute a titolo di prelievo. La convenuta Amministrazione, nel costituirsi in giudizio, contestava la fon datezza della opposizione, evidenziando rassurdit� di un criterio con il quale si svincolasse l'applicazione dei prelievi dalla data dell'importazione. Con ordinanza 31 ottobre � 11 novembre 1975 il tribunale di Genova, segnalando di aver in precedenti occasioni affermata l'applicabilit� del solo prelievo vigente alla data dell'effettivo sdoganamento delle merci importate, e considerando peraltro la posstibilit� di ritenere applicabile anche in tema di prelievi, .quanto meno in via analQgica, il criterio mdicato nella raccomandazione 25 maggio 1962 della Commissione delle Comunit� europee, ha ravvisato la opportunit� di rimettere alla Corte di giustizia, ari sensi dell'art. 177, secondo comma, del trattato di Roma, le questioni relative: � 1 � all'interpretazione dell'art. 17 del regolamento CEE 4 aprile 1962, n. 19, e dell'art. 15 del regolamento CEE 13 giugno 1%7, n. 120, nel punto m cui viene stabilito che � il prelievo che deve essere riscosso � quello applicabile il giorno dell'importazione�, al fine di chiarire: a) se per � giorno dell'importazione� deve intendersi il giorno di presenta zione da parte dell'importatore, o di accettazione da parte della dogana, della dichiarazione di importazione della merce, ovvero il giorno in cui la merce viene lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore dopo esaurite le operazioni di sdoganamento della merce stessa; b) se, nell'ipotesi in cui una partita di merce venga sdoganata a pi� riprese, debba intendersi per � giorno della importazione � quello dello sdoganamento di ogni singolo quantitativo di merce, o quello in cui avviene lo sdoganamento del primo ovvero dell'ultimo quantitativo della stessa partita di merce;, e) se, nell'ipotesi in cui intervengano variazioni nella misura del prelievo fra la data di presentazi�ne o accettazione della dichiarazione di importazione e la data dello sdoganamento della merce, possa trovare applicazione H prelievo fra quelli vigenti nelle due date suddette, o anche quello, in ipotesi ancora inferiore, in vigore dn una data intermedia fra le altre due; � 2 -all'interpretazione della raccomandazione della Commissione CEE diretta agli Stati membri in data 25 maggio 1962, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 528 l'attore nella causa principale chiedeva, nelle varie domande di sdoganamento, ed otteneva, l'applicazione dell'aliquota di prelievo vigente il giorno di presentazione delle singole domande, qualora essa fosse pi� favorevole di quella in vigore il giorno dell'accettazione della dichiarazione d'importazione ovvero il giorno della presentazione di una precedente domanda di estrazione. In seguito ad un controllo, l'amministrazione convenuta nella Comunit� europee 29 giugno 1962, al fine di chiarire se tale raccomandazione, avente per oggetto i dazi doganali, possa trovare applicazione anche in materia di prelievi comunitari�. 4 -A norma dell'art. 6 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale approvata con d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, e secondo criterio gi� adottato nelle precedenti analoghe disposizioni, i dazi. doganali venivano applicati, in Italia, nella misura vigente alla data in cui si consegnava la dichiarazione per introduzione in consumo e si presentava la merce: ma la disposizione precisava che nel caso di variazioni � si applicano, tuttavia, i nuovi dazi anche nel caso in cui sia stata gi� presentata la merce e consegnata la dichiarazione, quando il nuovo regime risulti per l'importatore pi� favorevole di quello preesistente �. Con raccomandazione del 25 maggio 1962 la Commissione delle Comunit� europee, auspicando l'applicazione, fin dal periodo transitorio, di regole uniformi in materia doganale, e sottolineando la necessit� di fissare con precisione la data da prendere in considerazione per la determinazione dell'aliquota del dazio applicabile all'importazione, raecomandava agli Stati membri di considerare applicabile alle merci dichiarate per l'immissione in consumo l'aliquota del dazio vigente � alla data in cui il servizio doganale accetta l'atto con il quale i.I dichiarante manifesta la sua volont� di immettere in consumo dette merci � (n. 1) e di prevedere anche che � nel caso in cui dopo la data indicata nel paragrafo I, ma prima che sia ,stata data dal servizio doganale l'autorizzazione per l'uscita della merce intervenga una riduzione nell'aliquota del dazio doganale applicabile ad una merce dichiarata per l'immissione in consumo il dichiarante pu� chiedere l'applicazione dell'aliquota pi� sfavorevole� (n. II). Tale criterio, inizialmente oggetto di talune circolari, � stato recepito, alla lettera, e con modifica della precedente formulazione, all'art. 6 delle disposizioni preliminari della tariffa approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, con il quale � stato disposto che � alle merci dichiarate per l'importazione i dazi si applicano secondo faliquota vigente alla data in cui � accettata dalla dogana la dichiarazione di importazione� e che quando dopo tale data � intervdene una variazione del dazio, l'importatore pu� chiedere l'applicazione del. dazio pi� favorevole purch� la merce non sia stata gi� lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore stesso �; e lo stesso criterio � stato adottato, per quanto consta, anche dagli altri Stati destinati della raccomandazione. 5. -La questione di fondo proposta dal giudice nazionale investe l'applicabilit� dell'indicato criterio, espressamente riferito ai dazi doganali, anche ai prelievi riscossi amimportazione dei prodotti agricoli; e ci� in ragione della interpretazione da dare all'art. 17, n. 1, del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, ed all'art. 15, n. l, del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, secondo cui il prelievo da riscuotere � � quello applicabile il giorno della importazione �. In particolare, il giudice nazionale segnala di aver in precedenti analoghe controversie ritenuto che per � giorno dell'importazione� deve intendersi non quello di accettazione della dichiarazione di importazione ma quello in cui la merce viene lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore; ed assume di aver PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 529 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 529 causa principale ingiungeva all'importatore il pagamento di una somma supplementare a titolo di prelievo. Con la prima questione, si chiede alla Corte d'interpretare l'art. 17 del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, e l'art. 15 del regolamento (C.E.E.) del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, nella parte in cui essi dispongono che � il prelievo che deve essere riscosso � quello applicabile il giorno dell'importazione �, al fine di chiarire: a) se per � giorno dell'LTD.portazione � deve intendersi il giorno di presentazione da parte dell'importatore, o di accettazion_e da parte delta adottato tale criterio per essersi attenuto all'interpretazione enunciata nella sentenza 15 dicembre 1971, resa nella causa 35/71, Schleswig-Holsteindsche Hauptgenossenschaft, con la quale la Corte di giustizia ha statuito che � per quanto riguarda le merci depositate in un magazzino in regime di sospensione del prelievo, l'art. 15 del regolamento del Consiglio della Comunit� economica europea n. 120/67 va interpretato nel senso che il giorno dell'importazione o quello in cui viene effettuata l'importazii:me � .il giorno in cui le merci vengono ritirate dal magazzino, 3,1 che implica ch'esse vengono messe denitivamente in libera pratica� (Racc., 1097). 6 � Prima di esaminare i quesiti proposti appare quindi opportuno rilevare l'equivoco dal quale sembra condizionata la valutazione del giudice nazionale, quello, cio�, di ritenere che la individuazione della data rilevante per la determinazione del prelievo applicabile in quella dell'effettivo sdoganamento sarebbe imposta dalla interpretazione fornita dalla Corte di giustizia nella sentenza resa nella causa 35/71. Prima facie, invero, potrebbe sembrare che tale decisione sia risolutiva anche ai fini in esame, specialmente per l'affermazione, in essa contenuta, secondo cui � l'aliquota del prelievo � perci� quella vigente il giorno in cui la merce viene messa definitivamente in libera pratica �. In effetti, per�, la dedsione, come risulta dallo stesso dispositivo sopra riprodotto (e dalle varie questioni discusse tra le parti in causa), si riferisce alfa particolare ipotesi del deposito in regime di sospensione del prelievo (prima prevista nell'ordinamento tedesco), e quindi ad una ipotesi nella quale le merci potevano restare depositate, nonostante una formale domanda di sdoganamento, anche cinque anni, e rispetto alla quale, comunque, la effettiva importazione veniva ad essere effettuata in un momento necessariamente successivo. Si trattava, in particolare, di valutare quale prelievo dovesse applicarsi alle merci depositate in regime di sospensione del prelievo, e se la prefissazione del prelievo rimanesse rilevante quando le merci fossero ritirate dai magazzini dopo la scadenza del termine di validit� del titolo; ed � con riguardo a tale prospettiva, quindi, che vanno considerate le enunciazioni di principio contenute nella decisione, ed in particoLare l'affermazione secondo cui � l'aliquota del prelievo da applicare nel caso in cui le merci vengono ritirate dal magazzino solo dopo la scadenza del termine di validit� della licenza con prefissazione del prelievo � quella� del giorno del ritiro della merce stessa dal magazzino "� La specie discussa neila causa 35/71 concerneva, quindi, nella sostanza, un regime di deposito doganale, e cio� una ipotesi diversa da quella ora in di� scussione. Il deposito doganale, infatti, costituisce di norma una delle possibili destinazioni doganali, del tutto autonoma e distinta dalla importazione definitiva; ed RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 530 dogana, della dichiarazione di importazione della merce, ovvero il giorno in cui la merce viene lasciata alla libera disponibilit� dell'importatore dopo esaurite le operazioni di sdoganamento della merce stessa; b) se, nell'ipotesi in cui una partita di merce venga sdoganata a pi� riprese, debba intendersi per � giorno dell'importazione � quello dello sdoganamento di ogni singolo quantitativo di merce, o quello in cui avviene lo sdoganamento del primo ovvero dell'ultimo quantitativo della stessa partita di merce; alle merci immesse nei depositi pu� essere data, dn tutto o in parte, qualsiasi (altra) destinazione doganale, previa autonoma, specifica e distinta dichiarazione. Una questione quale quella in esame (analoga a quella gi� decisa solo perch� la normativa tedesca all'epoca vigente, pur ammettendo la riesportazione delle meroi in deposito, prevedeva anche per tali merci una domanda di sdoganamento) pu� quindi venire in rilievo, relativamente alle merci in deposito, soltanto quando siano dichiarate per l'importazione definitiva (e cio� quando sia mutata la originaria destinazione doganale), e con esclusivo riferimento_ alla possibile non coincidenza della data in cui tale nuov1a dichiarazione viene presentata ed accettata con quella in cui la merce viene di fatto svincolata; e non era certo questa la ipotesi in discussione nella causa 35/71. 7 -La questione proposta dal giudice del rinvio si pone, in particolare, nel caso in cui l'ufficio doganale consenta che Je merci dichiarate per l'importazione definitiva siano visitate a riprese, quando cio� l'importatore ottenga il permesso di sdoganare le merci non in unica soluzione ma in varie riprese: ed a tale ipotesi occorre aver quindi !lliguardo, nell'ambito della normativa comunitaria, e senza quindi necessit� di segnalare e commentare, in questa sede, le specifilche disposizioni in argomento previste nella legislazione doganale italiana. Di norma, la dichiarazione di importazione definitiva viene accettata soltanto quando sia stato gi� verificato (occorrendo a mezzo di analisi e controlli) che i prodotm possono essere importati, che non sussistano, cio�, divieti o preclusioni, anche di carattere sanitario, che impediscano di consentire l'importazione. Accettata la dichiarazione, si procede alla visita delle merci (per accertarne la qualit�, la quantit�, il valore e l'origine) e quindi alla liquidazione dei diritti dovuti; ed anche quando . eventuali contestazioni con l'importatore o la quali ficazione stessa delle merci rendono necessario il ricorso ad analisi e ad es�mi tecnici, ci� non � di ostacolo all'effettivo sdoganamento delle merci, al quale si procede con liquidazione provvisoria dei diritti e previa prestazione di adeguata cauzione per i maggiori diritti che potrebbero risultare dovuti: adempimenti a seguito dei quali l'importatore consegue la libera disponibilit� delle merci e che gli consentono quindi, senza necessit�, ovviamente, di alcuna specifica auto rizzazione, di ritirare le merci dagli spazi doganali. All'importatore pu� tuttavia essere permesso, in considerazione di esigenze comunemente avvertite nelle relazioni commerciali, e comunque previa specifica valutazione dell'ufficio doganale sulle dedotte necessit� di ordine tecnico, di procedere allo sdoganamento con buoni a riprese (con estrazione dagli spazi doganali, cio�, di singoli quantitativi detle merci gi� dicMarate per l'importazione definitiva); e quando tale permesso sia concesso, per un termine non superiore a quindici giorni, e previo deposito dei diritti dovuti (aumentati di un decimo) o prestazione di cauzione, la visita viene limitata quindi �ai singoli quantitativi estratti; ed alla liquidazione definitiva dei diritti, si provvede, perci�, sulla PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 531 e) se, nell'ipotesi in cui intervengano variazioni nella misura del prelievo fra la data di presentazione o accettazione della dichiarazione di importazione e la data dello sdoganamento della merce, possa trovare applicazione il prelievo inferiore fra quelli vigenti nelle due date suddette, o anche quello, in ipotesi ancora inferiore, in vigore in una data intermedia fra le altre due. Con la seconda questione si chiede l'interpretazione della raccomandazione della Commiss�one C.E.E. diretta agli Stati membri in data 25 mag base dei vari buoni a ripresa di volta in volta rilasciati: procedura che si risolve, nella sostanza, soltanto in una semplificazione delle formalit� doganali, essendo evidente che allo stesso utile risultato i singoli operatori potrebbero altrimenti, e comunque pervenire con separate dichiarazioni di importazione, o dichiarando le merci per il deposito (e cio� per una delle possibili destinazioni doganali) e dichiarandone quir).di l'importazione definitiva, per ciascun frazionato quantitativo, quando volessero in concreto disporne. Anche nel caso di sdoganamento con buoni a riprese, il prelievo viene applicato secondo l'aliquota vigente alla data di accettazione della dichiarazione doganale di importazione definitiva, che determina la destinazione delle merci al c;.onsumo nel territorio� comunitario. In base allo stesso criterio applicato dn tema di dazi doganali viene peraltro consentito all'importatore di chiedere J'applicazione, per ciascun quantitativo visitato e sdoganamento dell'eventuale pi� favorevole prelievo vigente alla data in cui viene utilizzato ciascun buono a ripresa: richiesta necessariamente formale, s'intende, sia per la necessit� di evitare possibili collusioni e le assurde conseguenze altrimenti ipotizzabili, sia perch� resti documentato e controllabile, comunque, che il prelievo pi� favorevole � stato applicato per la prescritta e condizionante richiesta dell'importatore (e non, ad esempio, per errore dell'ufficio doganale, suscettibile, come tale, di successiva rettifica). . :E!. con riferimento a tale ipotesi, quindi, che � stato chiesto �J.la Corte di interpretare l'a11t. 17, n. l, del regolamento 19/62 e .l'art. 15, n. l, del regolamento 120/67, ed al fine specifico di accertare se con la corretta interpretazione di tali norme sia compatibile il criterio di norma applicato, in sede comunitaria, per i dazi doganali. 8. � Certamente, utili elementi ai fini in esame possono desumersi dalle stesse norme comunitarie ed mparticolare da quelle nelle quali risulta implicita, quantomeno, la definizione della nozione di � giorno dell'importazione �: definizione normativa alla quale non pu� certo negarsi rilevanza, specialmente quando si consideri che l'applicazione del prelievo vigente il giorno dell'importazione risulta espressamente disposta soltanto nei regolamenti concernenti l'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, mentre analoghe disposizioni non risultano contemplate nei vari regolamenti relativi alle altre organizzazioni comuni dei mercati agricoli. L'art., 1 del regolamento 21 dicembre 1967, n. 1041, abrogato con l'art. 16, n. 1, del regolamento 7 gennaio 1975, n. 192, gi� precisava, espressamente, che giorno dell'esportazione � � quello in cui il servizio delle dogane accetta l'atto con il quale il dichiarante manifesta la sua volont� di procedere all'esportazione� (n. 1); che l'accettazione della dichiarazione � considerata �come adempimento delle formalit� doganali� (n. 2); e che �il giorno dell'adempimento delle formalit� doganali � determinante per stabilire la quantit�, la natura e le caratte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 532 gio 1962, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunit� Europee 29 giugno 1962, al fine di chiarire se tale raccomandazione, avente per oggetto i dazi doganali, possa trovare applicazione anche in materia di prelievi comunitari. Le autorit� competenti in materia di applicazione dei prelievi, che si tratti dell'amministrazione doganale o dell'ente d'intervento, non possono prorogare la fissazione della relativa aliquota oltre la data contem cistiche del prodotto esportato� (n. 3); ed � evidente che criterio corrispondente a quello al quale sono ispirate tali definizioni (oltretutto ribadite, e negli stessi termini, con l'art. 2 del rego1amento 17 gennaio 1975, n. 192) deve ritenersi applicabiJe anche per la �ipotesi di importazione. L'art. 5 del regolamento 27 giugno 1968, n. 803, inoltre, stabilisce che il momento da prendere in considerazione per la determinazione del valore in dogana �, � per le merci dichiarate per la diretta immissione in consumo, la data in cui l'ufficio di dogana accetta l'atto mediante il� quale il dichtarante manifesta ia volont� di procedere all'immissione in consumo di dette merci�; ed � certamente significativo, in argomento, il criterio secondo cui il valore in dogana, per le merci introdotte in uno Stato membro ed inoltrate in altri Stati attraverso i territori austriaco o svizzero, va determinato � prendendo in considerazione H primo luogo d'introduzione nella Comunit�� (art. 1 del regolamento 19 giugno 1970, n. 1150). Ulteriori elementi ermeneutici � possibile desumere anche dall'art. 15 del regolamento 10 luglio 1970, n. 1373, abrog�ato con l'art. 21, n. 1, del regolamento 17 gennaio 1975, n. 193, che precisava che �l'obbligo di importare � considerato come adempiuto... il giorno dell'espletamento delle formalit� doganali � (n. l, lett. a), e specificava anche che si considera giorno dell'espletamento delle formalit� doganali � il giorno in cui l'ufficio doganale accetta l'atto mediante il quale il dichiarante manifesta la volont� di procedere all'ammissione in libera pratica dei prodotti� (n. 5, lett. b); e analoghe definizioni risultano riprodotte, rispettivamente, all'art. 17, n. 1, lett. a ed all'art. 8, lett. a, del regolamento 17 gennaio 1975, n. 193. 9. �Anche indipendentemente dai concorrenti fattori di valutazione che un analitico esame della normativa comunitaria consentirebbe di acquisire, sembra doversi quindi concludere, in definitiva, che per � giorno di importazione � debba intendersi, in via di principio, quello in cui l'ufficio doganale accetta l'atto con il quale sia dichiarata l'importazione definitiva; ed a tale nozione risultano del resto aderenti le normative doganali dei vari Stati membri. Con l'accettazione della dichiarazione di importazione, invero, la merce rimane definitivamente destinata al commercio entro il terr.itorio comunitario; e non appena iniziata la visita, totale o parziale, la merce si intende definitivamente importata (e quindi destinata al consumo nel territorio comunitario) ed � irreversibile, per usare la terminologia del legislatore comunitario, � la volont� di procedere alla immissione in consumo delle merci �. La validit� di tale impostazione di principio sembra del resto, confermata, implicitamente, anche dalla � sentem:a 15 maggio 1974, resa nella causa 186/73, Norddeutsches Vich-und Fleischkontor, con la quale � stato .precisato, in particolare, e dopo essersi enunciata la necessit� di desumere il criterio decisivo per lo svincolo della cauzione � da una nozione comunitaria il cui senso e portata non possono dipendere dalle prassi nazionali che non sono state ancora armo PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 533 plata dalle disposizioni dei due suddetti regolamenti. Tale data � quella in cui gli uffici doganali abbiano accettato la dichiarazione mediante la quale l'importatore manifesta la propria volont� d'immettere la merce in consumo. Detta accettazione non pu� intervenire finch� le merci non siano giunte nel luogo indicato dalla dogana� per effettuare l'operazione di sdoganamento, e finch� non siano stati presentati i documenti necessari per l'immissione della merce in �consumo. nizzate '" che l'obbligo cli importare pu� considerarsi adempiuto alla �data di accettazione della dichiarazione di importazione definitiva, se la merce, sia pure in seguito, venga effettivamente messa dn libera pratica; ed ulteriori utili elementi si desumono anche dalla sentenza 28 maggio 1974, resa nella causa 3/74, Pfiitzenreuter, nella quale � stato affermato che � nessuna disposizione dell'art. 7 del regolamento, n. 102/64 vieta di considerare come importazione, ai sensi dello stesso articolo, l'ingresso della merce nel paese importatore, ,debitamente accertato dalle competenti autorit� doganali, purch� sia ugualmente fornita la prova che la merce � stata successivamente sdoganata e messa in libera pratica� (Racc., 599). Ai prodotti soggetti al regime dei prelievi sembra quindi doversi ritenere applicabile, in via di principio, e secondo fo stesso criterio rilevante in .tema di dazi, di prelievo vigente il giorno in cui l'ufficio dQganale accetta la dichiarazione di importazione definitiva. 10. -Si tratta ora di verificare se anche per i prelievi possa applicarsi la deroga seconda cui l'importatore pu� chiedere, quando le merci gi� definitivamente destinate all'immissione in consumo non siano state ancora lasciate alla libera disponibilit� dell'operatore interessato, l'applicazione della aliquota pi� favorevole vigente il giorno deilo sdoganamento. Non sembra invero che ad ammettere tale possibilit� ostino preclusioni di principio, n� che occorra nemmeno una preventiva favorevole valutazione sulla omologa natura dei dazi e dei prelievi. Ai fini in esame, appare infatti sufficiente, secondo criterio di valutazione altre volte adottato,. e quindi �indipendentemente dalle analogie che (il prelievo) pu� presentare con un'imposta o con un dazio doganale� e dall'� eventuale natura doganale, fiscale o di altro genere del prelievo� (Corte di giustizia, 13 dicembre 1967, nella causa 17/67, Racc., 537 e 538), la sostanziale assimilabilit�, quantomeno, dei prelievi ai dazi doganali. Come � stato rilevato nella sentenza ora richiamata, invero, il prelievo � ha una funzione regolatrice del mercato non sul piano nazionale, ma sul piano dell'organizzazione comune; viene definito facendo riferimento ad un livello di prezzo determinato in funzione degli scopi del mercato comune; ha un'aliquota variabile e pu� mutar.e in relazione all'andamento della congiuntura, appare come un onere regolatore d~li scambi esterni legato ad una politica comune dei prezzi, indipendentemente dalle analogie che pu� rappresentare con un imposta o con un dazio doganale� (loc. cit., pag. 537). I prelievi -� stato pure precisato -� tendono principalmente a proteggere e a stabilizzare il mercato comunitario, evitando in particolare che le fluttuazioni di prezzi sul mercato mondiale si ripercuotano sui prezzi praticati all'interno della Comunit�� (Corte di giustizia, 15 dicembre 1971, nella causa 35/71, cit.). Gi� in via di principio, quindi, sembra doversi ritenere che i prelievi e i dazi doganali, se pur con finalit� non del tutto coincidenti, svolgono comunque RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 534 Il prelievo agricolo ha lo scopo di compensare la differenza fra il prezzo vigente sul mercato mondiale ed il pi� elevato prezzo comunitario. Questo � principalmente destinato a proteggere e stabilizzare il mercato comunitario, evitando fra l'altro le ripercussioni, nell'ambito della Comunit�, delle variazioni dei prezzi del mercato mondiale. L'aumento dei prezzi sul mercato mondiale (e la conseguente diminuzione del prelievo) in epoca successiva alla data di accettazione, da parte della dogana, della dichiarazione d'importazione non deve quindi influire una analoga funzione e costituiscono strumenti di un uniforme criterio impositivo; e tale analogia di funzione, implicitamente confermata anche dallo scopo degli dm.porti compensativi, appare ribadita anche dalla riconducibilit� delle due categorie nell'unitario concetto dei diritti di confine, specialmente da quando i prelievi non sono pi� riscossi negli scambi tra gli Stati membri. L'assimilabilit� dei prelievi ai dazi doganali e la funzione protettiva, se non fiscale, dei prelievi riscossi all'importazione dai Paesi terzi trovano ulteriore conferma nei fatto stesso che la istituzione del regime dei prelievi ha fin ab initio comportato, ~d 'anche negli scambi intracomunitari, la inapplicabilit� dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente, essendo quantomeno implicito, nella esigenza al riguardo avvertita, il riconoscimento che i prelievi. svolgono una funzione analoga a quella dei dazi doganali. Anche a proposito della questione ora in esame, del resto, utili fattori di valutazione � possibile desumere dalla stessa no.rmativa comunitaria, ed in particolare dagli accordi stipulati con i Paesi associati, e dalla tariffa doganale comune allegata ai regolamenti 28 giugno 1968, n. 950, e 17 novembre 1975, n. 3000, che contempla unitarie � disposizioni preliminari � (relative, in particolare, all'interpretazione della nomenclatura, alla determinazione del peso imponibile, ed alla definizione degli � imballaggi�) e che fa riferimento, per espressa preci~azione, anche al regime dei prelievi (cfr. disp. prel., lett. B, n. 5; distinzione sub aliquota dei dazi e relativo asterisco di :richiamo; e ultimo e terzo considerando, rispettivamente, dei due regolamenti); ed � certo significativo, quanto all'orientamento del legislatore comunitario, che nella proposta di direttiva del 21 dicembre 1973 (volta proprio ad armonizzare le procedure di immissione in libera pratica delle merci) i dazi, le tasse di effetto equivalente ed i prelievi risultino contestual mente ed uni):ariamente considerati, e nell'ambito di una unica impostazione (GUCE, 15 febbraio 1974, n. 14, pag. 45). 11. -Tali considerazioni, oltre a ribadire la necessit� di far riferimento, per la individuazione del prelievo applicabile, alfa data di accettazione della dichiarazione di importazione definitiva, inducono quindi a ritenere rilevante, anche in tema di prelievi, la ratio stessa del criterio in base al quale si consente alJ.'importatore di chiedere l'applicazione dell'aliquota di dazio vigente alla data in cui si procede all'effettivo sdoganamento delle merci importate. Per i dazi come per i prelievi, in definitiva, � alla data in cui l'ufficio doganale accetta la dichiarazione di impartizione definitiva che deve aversi riguardo, in via di principio, per determinare l'aliquota applicabile; sia ,perch� � gi� da tale momento che la merce importata, e destinata all'immissione in consumo, influisce sul mercato interno e si pone in concorrenza con prodotti comunitari, sia perch� deve essere consentita al singolo operatore la preventiva cognizione degli oneri da sostenere per la importazione deMe merci che intenda immettere in consumo nel territorio comunitario. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 535 sulla determinazione dell'aliquota del prelievo, che, in via di princ1p10, viene fissata in funzione del prezzo d'acquisto delle merci. Qualora si ammettesse, perci�, che le autorit� competenti possano prorogare la data da prendere in considerazione per fissare il.prelievo, il relativo sistema rischierebbe di risolversi a danno dei prodotti comunitari. La questione va quindi risolta nel senso che il � giorno dell'importa� zione � contemplato dall'art. 17 del regolamento n. 19 e dall'art. 15 del Tale criterio di massima non deve pregiudicare, tuttavia, la possibilit� per l'importatore di usufruire della mino.re aliquota vigente a11a data in cui si pro� cede, secondo le ancora diverse modalit� e procedure adottate nei vari Stati membri, al materiale sdoganamento delle merci importate, quando cio� ottiene, per aver superato la visita doganale e corrisposto i diritti dovuti, la concreta disponibilit� delle merci {segua o na, s'intende, l'effettivo ritiro delle merci dagli spaii doganali); e tale possibilit� va di conseguenza ammessa, in particolare, anche nella sopra indicata ipotesi �di sdoganamento con buoni a riprese, specialmente quando si cotisideri che mentre l'applicazione del prelievo vigente alla data in cui viene accettata la dichiarazione di importazione definitiva, eventualmente minore di quello applicabile alla data dello sdoganamento, si giustifica in considerazione delle previsioni commerciali dell'operatore interessato e della influenza gi� in concreto esercitata, sul mercato d.nterno, dai prodotti dichiarati per l'importazione definitiva, l'assoggettamento delle merci, su specifica e formale richiesta dell'importatore, ai minori prelievi vigenti alla data dello sdQganamento risponde alla esigenza di garantire la loro effettiva competitivit� sul mercato interno, proprio in coerenza con la funzione stessa del regime dei prelievi. Non pu� non essere considerato, del resto, che l'applicabilit�, a richiesta dell'importatore, del minore prelievo vigente alla data dello sdoganamento risulta espressamente preventivato nella gi� ricordata proposta di direttiva del 21 dicembre 1973, e con esplicito riferimento, sia nella relazione sulla proposta che nei considerando della direttiva, alle distorsioni altrimenti possibili. Deve invece in ogni caso escludersi, evidentemente, la possibilit� di prendere in considerazione i prelievi vigenti nel periodo decorso dalla data di accettazione della dichiarazione di importazione �definitiva a quella di sdoganamento delle mer ci: possibilit� che si risolverebbe invero nel consentire a ciascun operatore interessato, e senza alcuna possibile giustificazione, di scegliere, sia pur nel breve termine concesso per 1a utilizzazione dei buoni a riprese, il prelievo pi� favorevole, e di svincolare inoltre l'imposizione, con possibili speculazioni, ed in contrasto con la ratio stessa delle norme comunitarie applicabili, sia dalla data in cui le merci sono dichiarate per la definitiva immissione in libera pratica, sia da quella in cui sono lasciate alla sua libera disponibilit�. 12. -La soluzione proposta quanto al primo quesito rivolto dal giudice nazionale rende superata la richiesta di interpretazione della raccomandazione 25 maggio 1962 della Commissione delle Comunit� europee. Senza necessit�; per tale assorbente motivo, di un'approfondita disamina dei possibili profili di discussione non pu� non essere rilevato, peraltro, che tale richiesta dovrebbe comunque essere riconosciuta !inammissibile, e quindi irricevibile. Le considerazioni svolte nelle osservazioni presentate per la causa 111/75 hanno gi� indotto a dubitare, invero, della possibilit�, per il giudice nazionale, 536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolamento n. 120/67 � quello in cui la dichiarazione d'importazione della merce viene accettata dagli uffici doganali. Per i motivi sopra esposti, la raccomandazione della Commissione 25 maggio 1962, �relativa alla data da prendere in considerazione per la determinazione dell'aliquota del dazio doganale applicabile alle merci dichiarate per l'immissione in consumo �, non pu� applicarsi ai prelievi. Se avesse, per contro, inteso raccomandare tale applicazione, la Commissione l'avrebbe fatto espressamente, visto che il provvedimento in di chiedere la interpretazione delle direttive, almeno quando se ne debba escludere (ed a tale preliminare accertamento dovrebbe quindi limitarsi la Corte di giustizia) una diretta ed immediata applicabilit�. La ricevibilit� della domanda deve quindi a maggior ragione escludersi, a priori, quando abbia ad oggetto la interpretazione di raccomandazioni (o pareri), in ragione della natura non vincolante, anche nei confronti dei destinatari, delle raccomandazioni (e dei pareri). Dall'art. 177, secondo e terzo comma, del trattato CEE risulta infatti evidente che il ricorso alla competente interpretazione della Corte di giustizia � predisposto al fine di consentire la decisione di una controversia; e gi� tale finalit�, e lo stesso riferimento al giudizio � sulla validit� � (privo di senso per quanto concerne le raccomandazioni ed i pareri) evidenziano quale portata sia da attribuire al termine � atti � contemplato alla lettera b delJ.a norma. Non pu� assumersi, del resto, che una declaratoria di irricevibilit� presuppone una valutazione sulla rilevanza della questione (riservata invece al giudice della causa di merito), proprio in quanto la inidoneit� delle raccomandazioni (e dei pareri), a priori ed in astratto, ad una concreta applicazione in sede giudiziale (tale che possa occorrerne una competente interpretazione) esclude la necessit� stessa di un giudizio sulla rilevanza della questione. N� potrebbe la ricevibilit� ammettersi, evidentemente, in ragione della utilit� che da una esatta interpretazione della raccomandaz~one potrebbe il giudice nazionale derivare ai fini della interpretazione della norma di diritto interno (eventualmente) emanata a seguito della raccomandazione, considerato che tale norma di diritto interno sarebbe il giudice tenuto comunque ad applicare, secondo una interpretazione riservata alla sua competenza esclusiva, risultasse o no i coerente con la esatta interpretazione della raccomandazione; ed � ovvio che la i ricevibilit� della domanda di interpretazione non pu� essere ammessa quando 1 possa e debba escludersi, a priori, l'utilit� stessa, anche in astratto, della sollecitata interpretazione, quando possa e debba escludersi, cio�, che la pronuncia della Corte di giustizia sia necessaria per emanare la sentenza del giudice nazio I nale, e non risultino quindi ricorrenti gli stessi presupposti di applicazione del! l'art. 177 del trattato CEE. ! 13. -Si propone pertanto di ,affermare in diritto, a soluzione delle questioni proposte dal giudic� del rinvio, che per � giorno dell'importazione � deve intendersi, ai sensi dell'art. 17, n. 1, del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 19, I e dell'art. 15, n. 1, del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, il giorno in cui l'ufficio doganale accetta la dichiarazione con la quale l'importatore manifesta la volont� di procedere all'immissione ,in libera pratica dei prodotti, e che le indicate disposizioni non impediscono di considerare come � giorno dell'im PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 537 questione � stato adottato oltre un mese dopo la pubblicazione del regolamento n. 19, relativo alla graduale attuazione di �n'organizzazione co mune dei mercati nel settore dei cereali, regolamento il quale stabilisce, all'art. 17, che il prelievo da riscuotere Ǐ quello applicabile nel giorno dell'importazione�. -(Omissis). portazione � -quando le merci dichiarate per l'immissione in consumo siano sdoganate e messe iin libera pratica in frazionati quantitativi, e l'importatore presenti al riguardo specifica domanda -il giorno in cui ciascun quantitativo � sdoganato e messo in libera pratica. A.M. CORTE DI GIUST.IZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 14 luglio 1976, nella causa 13/76 � Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal conciliatore di Rovigo nella causa Don� (avv. Viscardini) c. Mantero - Interv.: Commissione delle Comunit� europee (sigg. S�ch� e de March). Comunit� europee � Libera prestazione dei servizi -Divieto di restrizioni � Calciatori � Discriminazioni fondate sulla cittadinanza � Incompatibilit� con la normativa comunitaria. (trattato CEE, art. 7, 48-51 e 59-66; regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, artt. 1 e 7, n. 4). Comunit� europee � Libera circolazione delle persone e divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi � Normativa comunitaria � Diretta efficacia. (trattato CEE, artt. 48, 59, primo comma e 60, terzo comma). � incompatibile con gli artt. 7 e, a seconda dei casi, 48-51 e 59-66 del trattato CEE una disciplina o prassi nazionale, anche emanante da un'organizzazione sportiva, che riserva ai soli cittadini dello Stato membro in cui tali discipline o prassi vige, il diritto di partecipare, come professionisti o semi-professionisti, ad incontri di calcio, salvoch� detta disciplina o prassi non precluda ai giocatori stranieri la partecipazione a taluni incontri per motivi non economici, ma inerenti al carattere ed alla fisionomia specifica .di detti incontri, e che hanno quindi natura prettamente sportiva (1). (1) Il principio affermato nella prima massima, e che non mancher� di avere notevoli ripercussioni sull'attivit� calcistica italiana (per essere stato il tesseramento finora consentito, ai sensi degli artt. 16 e 28, lett. g, del regolamento della Federazione Italiana Gioco del Calcio, ai soli giocatori di cittadinanza italiana), costituisce espressione dell'orientamento gi� adottato dalla Corte di giustizia con la sentenza 12 dicembre 1974, resa nella causa 36/74, WALRAVE (Racc., 1405, e in questa Rassegna, 1975, I, 77, con nota di richiami). 538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Gli artt. 48 da un lato e 59, primo comma, e 60, terza comma, del trattato CEE, dall'altro -le due ultime disposizioni, comunque, nei limiti in cui prescrivono l'abolizione di ogni discriminazione nei confronti del prestatore a motivo della sua nazionalit� o per il fatto che egli risiede in uno Stato diverso da quello in cui la prestazione dev'essere fornita -hanno efficacia immediata negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e conferiscono ai singoli diritti soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare (2). (Omissis). -In diritto. Con ordinanza 7 febbraio 1976, registrata presso la cancelleria della Corte di Giustizia il 13 febbraio 1976, il giudice conci1iatore di Rovigo sottoponeva in via pregiudiziale, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, varie questioni sull'interpretazione degli artt. 7, 48 e 59 del Trattato stesso. Le due prime questioni mirano a far stabilire se gli artt. 7, 48 e 59 del Trattato conferiscono a tutti i cittadini degli Stati membri della Comunit� il diritto di effettuare una prestazione in qualsiasi parte del territorio comu:�.itario ed in particolare se pure i calciatori fruiscano di tale diritto qualora le loro prestazioni siano fornite a titolo professionistico. Con la terza questione, sottoposta per l'eventualit� che alle prime due venga data soluzione affermativa, si chiede, in sostanza, se il diritto summenzionato possa invocarsi anche per fare opposizione dell'applicazione di regolamenti contrari emanati da una federazione calcistica competente a disciplinare la pratica di detto sport sul territorio di uno Stato membro. Con la quarta questione, sottoposta per l'eventualit� che le prime tre siano risolte positivamente, si chiede. alla Corte di stabilire se il diritto di cui trattasi possa esser invocato direttamente dinanzi alla magistratura � nazionale e se il giudice nazionale debba tutelarlo. Le questioni sono sorte nell'ambito di una co.ntroversia tra due cittadini italiani circa la compatibilit� degli articoli summenzionati del Trattato con alcune disposizioni del �Regolamento organico della F.I.G.C. �,in virt� delle quali solo i giocatori affiliati a detta federazione possono disputare incontri come professionisti o semi-professionisti, mentre l'affi (2) Cfr. in argomento, anche per quanto concerne le limitazioni consentite-da motivi di ordine pubblico: Corte di giustizia, 7 luglio 1976, nella causa 118/75, WATSON; 8 aprile 1976, nella causa 48/75, RoYER; 28 ottobre 1975, nella causa 36/75, RUTILI, Racc., 1219, e in questa Rassegna, 1975, I, 838, �on nota di BRAGUGLIA; 26 febbraio 1975, nella causa 67/74, BoNSIGNORE, Racc., 297; 4 dicembre 1974, nella causa 41/74, VAN DUYN, Racc., 1337, e Foro it., 1975, IV, 99; 3 dicembre 1974, nella causa 33/74, VAN BINSBERGEN, Racc., 1313, e in questa Rassegna, 1975, I, 67 con nota di commento; 21 giugno 1974, nella causa 2/74, REYNERS, Racc., 656, e in questa Rassegna, 1974, I ,881, con nota di commento ed indicazione delle altre norme del trattato CEE gi� riconosciute direttamente efficaci: indicazione integrata nella nota di commento alla sentenza resa nella causa 33/74, Zoe. cit. (v. nota 3 a pag. 68). � PARTI! I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE liazione alla federazione a titolo professionistico o semi-professionistico � in linea di principio consentita solo a giocatori di nazionalit� italiana. 1) A norma dell'art. 7 del Trattato, � vietata nella sfera d'applicazio ne dell'articolo stesso, ogni discriminazione praticata in ragione della nazionalit�. Il principio � attuato, per quanto riguarda i lavoratori su bordinati e i prestatori di servizi, rispettivamente dagli artt. 48-51 e 59-66 del Trattato, nonch� da tutti gli altri provvedimenti comunitari adottati in base agli articoli di cui sopra. Per quel che riguarda pi� specialmente i lavoratori, l'art. 48 statuisce che la libera circolazione implica l'abolizione di ognf discriminazione, fondata sulla nazionalit�, tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. A norma dell'art. 1 del regolamento 15 ottobre 1968, n. 1612 del Con siglio, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit� (G. U. n. L 257, pag. 2) � ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia il suo luogo di residenza, ha il diritto di accedere ad un'at~ tivit� subordinata e di esercitarla sul territorio di un altro Stato membro �. Per quel che concerne la libera prestazione dei servizi nella Comunit�, l'art. 59 del Trattato dispone che le restrizioni praticate in questo settore sono soppresse nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un Paese della Comunit� che non sia quello del destinatario della pre� stazione. In virt� dell'art. 60, terzo comma, il prestatore di servizi pu�, per l'esenzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attivit� nel Paese ove la prestazione � fornita, alle stesse condizioni impo ste dal Paese stesso ai propri cittadini. Dalle disposizioni summenzionate emerge che � incompatibile con la disciplina comunitaria ogni disposizione interna che riservi esclusiva mente ai cittadini di uno Stato membro l'esercizio di una delle attivit� che rientrano nella sfera d'applicazione degli artt. 48-51 o 59-66 del Trattato. 2) Tenuto conto degli obiettivi della Comunit�, la pratica dello sport � disciplinata dal diritto comunitario se � configurabile come attivit� eco nomica ai sensi dell'art. 2 del Trattato. Riveste carattere economico !'atti� vit� dei calciatori professionisti o semi-professionisti, che svolgono un lavoro subordinato o effettuano prestazioni di servizi retribuita. Se cittadini di uno Stato membro, tali calciatori possono dunque fruire, in tutti gli altri Stati membri, delle norme comunitarie relativ\. alla libera circolazione delle persone e dei servizi. Tali norme tuttavia non sono in contrasto con una disciplina o prassi che escluda i giocatori stranieri da determinati incontri per motivi non economici, ma inerenti al carattere e alla fisionomia specifica di detti � -incontri, e che hanno quindi natura prettamente sportiva, come ad esem pio nel caso di incontri tra rappresentative nazionali di due Paesi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 540 Tale restrizione della sfera d'applicazione delle disposizioni di cui trattasi deve essere tuttavia mantenuta rigorosamente entro i limiti del suo specifico oggetto. Spetta al giudice nazionale definire, alla luce dei criteri sopra esposti, la natura dell'attivit� sottoposta alla sua valutazione. 3) Come la Corte ha gi� affermato nella sentenza Walrave (12 dicembre 1974, causa 36/74; Racc. 1974, pag. 1405), il divieto di discriminazioni fondate sulla cittadinanza investe non solo gli atti della pubblica autorit�, ma anche le norme di qualsiasi natura diretta a disciplinare collettivamente il lavoro salariato e la prestazione di servizi. Dalle disposizioni degli artt. 7, 48 e 59 del Trattato, che hanno indole cogente, si desume pertanto che il giudice nazionale deve tener conto nell'apprezzamento della validit� degli effetti di una disposizione contenuta nel regolamento di una organizzazione sportiva. Si deve dunque rispondere al giudice proponente che � incompatibile con gli artt. 7 e, a seconda dei casi, 48-51 o 59-66 del Trattato, una disciplina o -prassi nazionale, anche emananti da un'organizzazione sportiva, che riserva ai soli cittadini dello Stato membro in cui tale disciplina o prassi vige, i( diritto di partecipare, come professionisti o semiprofessionisti, ad incontri di calcio, salvoch� non si tratti di una disciplina o prassi che precluda ai giocatori stranieri la partecipazione a taluni incontri per motivi non economici,-ma inerenti al carattere e alla fisionomia specifica di detti incontri, e che hanno g_uind� natura prettamerite . sportiva. 4) Come la Corte ha gi� affermato rispettivamente p.elle sentenze 4 dicembre 1974 (causa Van Duyn, 41/74; _Racc. 1974, pag. 1337) e 3 dicembre 1974 (causa Van Binsbergen, Racc. pag. 1299), gli artt. 48 da un. lato e 59, primo comma, e 60, terzo comma, dall'altro, del Trattato -le due ultime disposizioni, comunque, nei limiti in cui prescrivono l'ab.olizione di ogni discriminazione nei confronti del prestatore a motivo della sua nazionalit� o per il fatto che egli risiede in uno Stato diverso da quello in cui la prestazione dev'ess�re fornita -hanno efficacia immediata negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e conferiscono ai, singoli diritti soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare ..-(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE I CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 30 marzo 1976, n. 1 � Pres. Vetrano � Est. Imperatrice � Fiocchini ed altri (avv.ti Frataccia, Bisagni, Gentili) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Carbone). �Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa � Pensioni: controversie su assegni accessori e su trattenute del tratta� mento pensionistico per divieto di cumulo con trattamento di attivit� . Giurisdizione del Consiglio di Stato. (cod. proc. civ., art. 362; r.d. Z1 giugno 1933, n. 703, art. 7; r.d. 28 giugno 1933, n. 704, artt. 35, 39; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13, 62; d.P.R.' 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 94 e 13!)). Rientrano nella competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato le controversie relative sia alla spettanza degli ass�gni accessori alla pensione, sia ai provvedimenti che abbiano operato trattenute sulle rate di� pensione in ossequio alle norme che vietano il cumulo del trattamento di quiescenza con un trattamento di attivit�; nel primo caso trattasi di materia attribuita alla giurisdizione esclusiva, mentre la seconda ipotesi rientra nella giurisdizione generale di legittimit� (1). Il CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 febbraio 1976, n. 630 � Pres. La. porta � Rel. Vela � P. M. Pedace (conci. conf.) � Ministero del Tesoro (avv. Stato Lancia) c. Fides Teodorani ved. Francolini ed altra (avv. Romagnoli). Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa � Pensioni: controversie su assegni accessori e su trattenute del trattamento pensionistico per divieto di cumulo con trattamento di attivit� � Giurisdizione della Corte dei conti. (cod. proc. civ., art. 362; r.d. Z1 giugno 1933, n. 703, art. 7; r.d. 28 giugno 1933, n. 704 artt. 35, 39; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13, 62; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 artt. 94 e 130). Rientrano nella �competenza giurisdizionale della Corte dei conti le controversie relative sia alla spettanza degli assegni accessori alla pen (1-2) Alla decisione n. 1 del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha fatto seguito identica statuizione nell'analoga controversia Branciforti ed altri c. Ministero Tesoro (n. 2, in data 30 marzo 1976). 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione, sia ai provvedimenti che abbiano operato trattenute sulle rate di pensione in ossequio alle norme che vietano il cumulo del trattamento di quiescenza con un �trattamento di attivit�," le due ipotesi rispettivamente non rientrano nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato o nella sua giurisdizione generale di legittimit� (2). I (Omissis). -Francesco Fiocchini, Bruno Munari, Angelo Di Nunno, Quinto Placuzzi, Antonio Barone, con atti notificati rispettivamente il 18 settembre 1968 alla Direzione Provinciale del Tesoro di Roma, il 14 ed il 12 �aprile 1969 alla Direzione Pro.vinciale del Tesoro di Padova ed al Ministero del Tesoro, il 9 febbraio 1970 alla Direzione Provinciale del Tesoro di Milano, il 2 febbraio 1970 al Ministero del Tesoro, il 23 marzo 1970 al Ministero del Tesoro, hanno proposto ciascuno ricorso giurisdizionale per l'annullamento dei provvedimenti indicati in epigrafe ed hanno esposto quanto segue. Essi, titolati di pensione privilegiata~ i primi quattro, e normale, il quinto, a carico dello Stato; sono stati assunti in servizio retribuito alle dipendenze rispettivamente dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dal 16 ottobre 1964, della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo da �data imprecisata, dell'Azienda Trasporti Municipali di Milano dal1' 11 febbraio 1964, dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dal 1� gennaio 1967, dell'Istituto Autonomo delle Case Popolari della Provincia di Milano dal 18 marzo 1968, continuando a percepire da tali date la indennit� integrativa speciale e la tredicesima mensilit� sul trattamento di pensione. Le Direzioni Provinciali del Tesoro menzionate con i rispettivi provvedimenti impugnati e dalla data di ciascuno degli stessi, hanno sospeso il pagamento della indennit� integrativa speciale e della tredicesima mensilit� o della prima soltanto sulle pensioni da essi godute ed hanno altres� disposto il recupero delle somme indebitamente corrisposte per Entrambe le citate decisioni del giudice amministrativo si pongono in consapevole contrasto con �il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione. Pertanto esse sono gi� state impugnate per difetto di giurisdizione. La complessa� fattispecie meriterebbe pi� ampio commento. Considerata peraltro la pendenza dei due ricorsi :per cassazione, si rinvia ogni ulteriore considerazione a quando le Sezioni Unite avranno definitivamente deciso sulla materia. Si segnala comunque che il Supremo Collegio con sentenza 12 maggio 1976, n. 1656 -inedita -ha ulteriormente ribadito il proprio orientamento. PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE tali titoli dal momento della loro assunzione in servizio retribuito alle dipendenze degli enti pubblici menzionati. Bruno Munari ed Antonio Barone, avendo proposto ricorso gerarchico al Ministero del Tesoro avverso i provvedimenti menzionati ad essi relativi, hanno ottenuto le decisioni negative di tale organo in data 28 febbraio 1969 e del 27 gennaio 1970. Essi, di tutti gli atti impugnati, hanno quindi denunziato l'illegittimit� per vizi dedotti con motivi variamente esposti in ciascun ricorso e che si possono riassumere come segue: 1) (Munari, Di Nunno, Placuzzi) -Violazione e falsa applicazione dell'art. �3 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, e degli artt. 3 e 4 del r.d. 19 gennaio 1939, n. 295. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di motivazione e contraddittoriet�. Le Direzioni Provinciali del Tesoro avevano competenza soltanto a disporre il recupero dei crediti erariali derivanti da indebiti pagamenti di assegni di pensione sui ruoli di spesa fissa da esse amministrati. La valut�zione della spettanza dell'indennit� integrativa speciale e della tredicesima mensilit� in relazione al concorrente trattamento di attivit� di servizio spettava alla competenza dell'organo che liquida tali assegni, previo accertamento che il pensionato percepisce con il trattamento di servizio altre indennit� identiche e di quali di esse debbano essere sospese. Nei provvedimenti impugnati manca comunque ogni accenno alla preventiva revoca delle indennit�, per le quali � stato disposto il recupero delle somme gi� pagate, n� � stata data una qualsiasi motivazione del loro contenuto. 2) (Tutti) -Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324. Eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento di fatti e displ;lrit� di trattamento. La sospensione dell'indennit� integrativa speciale sulla pensione � prescritta solame11te nel concorso di altra indennit� identica sulla retribuzione per attivit� di servizio alle dipendenze della stessa Amministrazione dello Stato e non anche quando tale attivit� � prestata ad enti diversi dallo Stato, che altrimenti si gioverebbe di un indebito arricchimento in danni di tali enti. La stessa cosa avverrebbe per la tredicesima mensilit�. Occorrerebbe comunque che la indennit� corrisposta dal diverso ente pubblico sul trattamento di attivit� di servizio fosse identica alla indennit� integrativa speciale sulla pensione e, fra le due, si sarebbe dovuta sospendere quella di minor misura. Nessuno degli enti, alle cui dipendenze essi prestano servizio retribuito, corrisponde loro indennit� del genere, ma soltanto assegni di diversa natura assimilabile ad ogni effetto allo stipendio, insieme al quale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono assoggettati alle ritenute erariali e sono computabili per il trattamento di quiescenza. Non sono stati indicati gli elementi di individuazione dei titoli di recupero delle somme ritenute indebitamente pagate n� � stata consentita la scelta fra le indennit� non cumulabili, il cui concorso non corrisponde ai periodi cui i provvedimenti si riferiscono. Non tutti gli enti, alle cui dipendenze essi percepiscono il rispettivo trattamento di attivit�, hanno i caratteri in relazione ai quali � vietato il cumulo fra gli emolumenti menzionati. �3) (Tutti) � Violazione della legge 27 maggio 1959, n. 324, degli artt. 1 e 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, dell'art. 10 della legge 2 aprile 1968, n. 482. Essi sono stati assunti alle dipendenze degli enti pubblici, da cui percepiscono il rispettivo trattamento di serVizio, in qualit� di invalidi e si giovano, quindi, della norma che garantisce loro il normale trattamento economico, giuridico e normativo previsto per gli altri lavoratori. La sospensione dell'indennit� integrativa speciale e della. tredicesima mensilit� sulla pensione sarebbe peggiorativa di tale trattamento. 4) (Tutti) � Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e difetto di motivazione. La Pubblica Amministrazione non � obbligata a ripetere dagli impiegati le somme loro indebitamente pagate per retribuzione in maniera tale da indurli nel convincimento di buonafede che veniva soddisfatto un loro diritto, giacch� l'art. 3 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, non prevede un obbligo del genere ma pone soltanto le modalit� dell'eventuale recupero e ne stabilisce i limiti. La giurisprudenza costante del Consiglio di Stato ha escluso lo stesso obbligo in presenza di emolumenti pagati dalla Pubblica Amministrazione nel convincimento errato che fossero dovuti e percepiti in buona fede. 5) (Fiocchini e Baroni) � Violazione degli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione. � garantito costituzionalmente ai lavoratori il trattamento pensionistico .conseguente alle pr�stazioni di lavoro ed in misura paritaria per tutti i lavoratori, tenuto conto delle condizioni di durata, qualit� e cessazione del rapporto di lavoro .. Nessuna incidenza possono avere su tale trattamento eventuali nuove prestazioni di lavoro r~se possibili dalla persistente efficienza del lavoratore, tanto pi� che l'intero trattamento, comprensivo della pensione e delle varie indennit� e quindi dell'integrit� integrativa speciaie e della tredicesima mensilit�, � un tutto unico forma� tosi in base alle ritenute sullo stipendio durante l'attivit� di servizio. Una qualsiasi diminuzione del trattamento di pensione cos� garantito, sia pure per effetto del concorso della retribuzione per altra attivit�, verrebbe a ledere tali diritti ed i relativi principi costituzionali, anche PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE perch� la pensione ha funzione alimentare, essendo diretta a soddisfare i bisogni fondamentali dell'individuo e della sua famiglia. Essa sarebbe inoltre di impedimento e di remora allo svolgimento di una nuova attivit� lavorativa ugualmente garantita costituzionalmente. L'Amministrazione del Tesoro, costituitasi in giudizio, ha resistito ai ricorsi, rilevandone preliminarmente l'inammissibilt� per difetto di giurisdizione in materia di pensione, che spetta alla giurisdizione della Corte dei Conti, secondo la sentenza n. 3246 del 29 settembre 1974 della Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite. La Sezione IV, dopo aver riunito i ricorsi aventi oggetti identici, ritenuto che l'ossequio alla menzionata sentenza della Corte Suprema di Cassazione ,importasse un mutamento di giurisprudenza e, quindi, un contrasto con quella anteriore sia delle altre. sezioni che dell'Adunanza Plenaria, li ha rimessi a quest'ultima. Sia i ricorrenti che l'Amministrazione del Tesoro, con memorie depositate rispettivamente il 12 ed il 22 novembre 1975, hanno illustrato le proprie ragioni e, con la successiva discussione orale, hanno svolto le conseguenti conclusioni. 'DIRITTO I. -I ricorrenti chiedono l'annullamento dei provvedimenti adottati nei loro confronti dalle varie Direzioni Provinciali del Tesoro e, taluno, della decisione negativa adottata �dal Ministro del Tesoro sul ricorso gerarchico; provvedimenti con i quali � stato sospeso il pagamento dell'indennit� integrativa speciale e della tredicesima mensilit� ad essi corrisposta sul trattamento di pensione a carico dello Stato, percependo essi le medesime indennit� e mensilit� sul trattamento economico di servizio alle dipendehze di altri enti pubblici, ed � stato disposto il recupero delle somme per tali titoli ad essi indebitamente corrisposte dal momento della rispettiva assunzione in detto servizio. L'Amministrazione del Tesoro, riportandosi alla pi� recente sentenza in materia della Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite, eccepisce il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, sostenendo che sono devolute alla giurisdizione della Corte dei Conti le controversie sui provvedimenti che concedono, rifiutano o riducono il trattame.nto di quiescenza al lordo con lesione del diritto dell'ex impiegato dello Stato alla pensione e della sua misura. Viene posta, dunque, una questione� di giurisdizione che, prospettata unitariamente riguardo ai due distinti capi di domanda avanzata dai ricorrenti, deve essere risolta in difformit� dalla soluzione datane dalla Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite e nei due distinti profili cui la espone la suddetta domanda. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 546 II. -Il primo di tali profili concerne la domanda di annullamento dei provvedimenti di sospensione del pagamento. dell'indennit� speciale e della tredicesima mensilit� prima corrisposte ai ricorrenti sul trattamento di pensione a carico dello Stato in concorso con identici emolumenti da essi percepitisul trattamento di attivit� di servizio alle dipendenze di altri enti pubblici. Esso involge con tutta certezza la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia d'impiego pubblico, a norma dell'art. 29, n. 1, del t.u. 25 giugno 1924, n. 1054, in relazione all'art. 38, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, senza esporla alle limitazioni derivanti dal concorso della giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, in materia di pensione a carico dello Stato, prevista dagli artt. 13 e 62 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214. Il �trattamento di quiescenza, di cui � parte la pensione nella spettanza come nella misura, � invero oggetto di un diritto soggettivo che accede al rapporto di impiego pubblico, sua fonte esclusiva, e ne deriva perci� tutta la disdplina, quando non vi siano� norme che lo riguardino specificatamente o fuori dei limiti delle stesse. Ci� risulta evidente dall'art. 125 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, il quale, col definire il diritto� alla pensione dell'impiegato dello Stato che viene collocato a riposo, costituisce la cerniera fra le norme generali sul rapporto d'impiego pubblico e le norme speciali slll trattamento di quiescenza dei dipendenti dello S~ato in una articolazione sistematica composta nel quadro unitario delle prime variato dalle deroghe delle 0:1tre, s� che vale al riguardo il canone d'interpretazione previsto dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale. Questo vuol dire che, essendo il rapporto d'impiego pubblico tutto intero attribuito alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, tranne che per la materia di pensione a carico dello Stato attribuita alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, questa � come ritagliata da quella nel punto d'interferenza della materia d'impiego pubblico con la materia di pensione a carico dello Stato, che per il rispettivo diverso ambito solo parzialmente vengono a coincidere. Ne deriva che tutto il contorno esterno ai limiti del suddetto punto d'interferenza, che determina la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in eccezione a quella del Consiglio di Stato, spetta a quest'ultimo, come vuole esplicitamente il menzionato art. 29, n. 1, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, nell'indicare come attribuiti alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato i ricorsi relativi al rapporto d'impiego pubblico, � quando non si tratti di materia spettante alla giurisdizione della Corte dei Conti �. Quale sia poi il punto d'interferenza fra le due materie atte a discriminare le due forme di giurisdizione esclusiva, nell'ambito della generica indicazione� dell'art. 13 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, risulta chiaro dal successivo art. 62, che rende impugnabili dinanzi alla Corte dei Conti i PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 541 provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione e devolve alla stessa Corte ogni altro ricorso in materia di pensione da leggi speciali ad essa attribuito e le azioni attinenti alla costituzione del titolo-ed all'accertamento delle condizioni da cui sorge il diritto alla pensione. La materia di pensione che ricade nella giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, non appare cos�, almeno nei riguardi dei pubblici impiegati, comprensiva di ogni aspetto del trattamento economico loro spettante a carico dello Stato a seguito della cessazione del rapporto di impiego, ma � liinitata solo a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi totale o parziale del diritto alla pensione come tale in senso stretto. Rimane escluso il rapporto che, pur accedendo a tale diritto o essendone presupposto non immediato o avendolo a proprio presupposto, non si identifica con esso o con il fatto giuridico da cui esso sorge. La dimensione del diritto alla pensione, sulla quale si cominisura perci� la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, � data dalle norme sostanziali �he appositamente lo disciplinano ed ora, nei suoi termini generali, dal t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, che ha riprodotto, coordinandole, tutte le norme anteriormente vigenti in materia ed ha nettamente distinto, come gi� queste ultime, fra pensione vera e propria disciplinata nei suoi titoli III, IV e V, ed assegni accessori del trattamento di quie~ scenza disciplinati nel suo titolo VI. La prima soltanto � oggetto del provvedimento di liquidazione, nel quale in rapporto alla base pensionabile (ultimo stipendio o ultima paga o retribuzione integralmente percepiti ed aumentati di tutti gli altri assegni pensionabili) ed ai servizi computabili accertati � determinata la misura della pensione secondo le percentuali prescritte, a norma degli artt. 43 e 44 di tale t.u. o delle altre sue disposizioni particolari. Gli assegni accessori sono invece estranei a tale provvedimento e soltanto lo presuppongono per essere attribuiti allo stesso destinatario di esso con distinti provvedimenti di competenza diversa o, talora, di organi diversi da quello cui � spettato di emanarlo, secondo si pu� desumere dalle disposizioni del menzionato titolo VI e dell'art. 195 dello stesso t.u. I suddetti provvedimenti concernenti gli assegni accessori proprio per tale estraneit� non reagiscono in alcun modo sulla misura della pensione in senso stretto n� quindi concorrono con il provvedimento di sua liquidazione a determinarne le vicende, cosicch� essi si sottraggono a qualsiasi forma di assimilazione con questo ed in conseguenza alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, che in nessuna norma di legge li riguarda specificamente. L'indennit� integrativa speciale, istituita per i trattamenti economici dei dipendenti dello Stato sia di attivit� di servizio che di quiescenza dalla legge 27 maggio 1959, n. 324, � appunto collocato secondo la sua RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 548 originaria natura fra gli" assegni accessori del trattamento di quiescenza dall'art. 99 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092. Essa invero, ferma restando la misura della pensione secondo la liquidazione fattane, ha la funzione sussidiaria di adeguarla dall'esterno alle variazioni del costo della vita sulla base di una sua quota fissa e predeterminata dalla legge in misura uguale per tutti i titolari di pensione, qualunque sia il vario ammontare concreto del rispettivo trattamento, senza necessit� di apportare questo intrinseci e specifici mutamenti. La tredicesima mensilit�, istituita a complemento del trattamento economico di attivit� di servizio dal d.1.c.p.c. 25 ottobre 1946 ,n. 263, ed estesa al trattamento di quiescenza dalla legge 26 novembre 1953, n. 376, con analoga funzione sussidiaria, � del pari collocata fra gli assegni accessori di quest'ultimo dall'art. 94 dello stesso t.u. Ci� per tale sua funzione di sovvenire il pensionato, come gi� l'impiegato in attivit�, in un momento consueto dell'anno in cui si manifestano bisogni maggiori di quanti sia solita soddisfare la pensione nella sua intatta misura liquidata. Torna agevole dunque ribadire la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato sulle controversie concernenti tali assegni accessori del trattamento di quiescenza a carico dello Stato. Secondo la Corte Suprema di Cassazione, il conseguimento della pensione da parte del pubblico impiegato esaurirebbe completamente tutti� gli effetti del rapporto di impiego, s� che ne resterebbe eliso ogni collegamento con le vicende successive del trattamento di quiescenza e, quindi, ogni riferimento alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato. Senonch� va osservato che al rapporto d'impiego pubblico sono collegate tutte le posizioni giuridiche reciproche dei suoi soggetti, quale che sia il momento in cui ciascuna viene in evidenza ed anche quando ogni altra diversa posizione abbia cessato di essere operante. L'attivit� di servizio, cio�, non esaurisce la funzione del rapporto di impiego pubblico, la quale perm,ane fino a quando i soggetti di questo rimangono vincolati l'uno verso l'altro SUa merc� ad un comportamento O ad una prestazione qualsiasi e sono, perci�, in vita posizioni giuridiche attive correlative. Il conseguimento del diritto alla pensione non solo non esaurisce completamente . gli effetti del rapporto <fimpiego, ma ne inaugura una serie che trova fine soltanto con il suo definitivo estinguersi e, quindi, mai nel corso del suo perdurante esercizio, come appunto nelle pretese relative ai menzionati assegni accessori. III. � Il secondo profilo della questione di giurisdizione concerne la domanda di annullamento della parte di ciascun provvedimento impugnato con cui � stata disposta la restituzione delle somme corrisposte ai ricorrent~ per le indennit� menzionate ritenute non dovute. Si tratta, quindi, di domanda subordinata che suppone respinta la prima domanda PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE e sussistente l'asserito pagamento d'indebito in virt� del quale � sorto e fatto valere dagli organi competenti dello Stato il credito di ripetizione. Deve essere riaffermata al riguardo la giurisdizione generale di legittimit� del Consiglio di Stato, a norma dell'art. 28 del t.u. 26 gennaio 1924, n. 1054, che la Corte Suprema di Cassazione ha potuto negare soltanto da una non esatta prospettiva sulla posizione giuridica soggettiva tutelata e sul provvedimento asserito di essa lesivo. � stata affermata invero la natura non discrezionale del provvedimento che, accertata l'illegittimit� dei pagamenti di emolumenti non dovuti al pensionato, ne dispone l'addebito a suo carico; si � visto poi incidere tale provvedimento su un diritto soggettivo perfetto dello stesso pensionato, quale sarebbe quello avente' ad oggetto la percezione della pensione nella sua esatta quantit� e la ripetizione nei limiti dell'indebito, in ordine al quale non sussisterebbe un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione. Deve subito dirsi che il diritto alla pensione e nella sua esatta misura, � fuori della controversia proposta dal capo della domanda in esame, che suppone accertata l'eccedenza dai limiti di quel diritto degli emolumenti ripetuti. Si tratta piuttosto di vedere se per i ricorrenti vi sia, e di quale natura, una posizione soggettiva tutelata, ed in quale misura, rispetto alla ripetizione da parte della Pubblica Amministrazione delle somme pagate per quegli emolumenti: ripetizione che � oggetto di un diritto soggettivo non gi� di chi ha ricevuto, ma di chi ha fatto il pagamento indebito e, quindi, non dei ricorrenti, ma della Pubblica Amministrazione, fuori, perci�, altrimenti che come supporto dei provvedimenti denunziati_illegittimi, della pretesa di tutela da quelli proposta. � vero invece che i destinatari di pagamenti indebiti, e quindi nel caso ni esame i ricorrenti, hanno uno specifico interesse a ritenere quanto ricevuto e che tale interesse assume differenziato rilievo senza per questo ricevere nella maggior parte dei casi diretta ed immediata tutela dalla legge rispetto all'attivit� di ripetizione dell'indebito, che, se svolta dalla Pubblica Amministrazione, si esprime in atti amministrativi formali di esso potenzialmente lesivi nella misura della loro eventuale illegittimit�. Si tratta cio� di un interesse legittimo che riceve per lo pi� occasionale tutela per effetto della verifica della legittimit� di tali atti amministrativi volti a realizzare l'interesse pubblico alla ripetizione dell'indebito nel quale � impegnato pubblico denaro, siano essi vincolati o discrezionali una volta escluso che le norme che li riguardano sono dirette all'immediata tutela df quell'interesse. Non si pu� a tal proposito non rilevare che il provvedimento che dispone la ripetizione dell'indebito non pu� trascurare i precedenti atti amministra:tivi, in forza dei quali il pagamento � stato fatto e, che adottati nelle varie fasi dell'impegno, della liquidazione e dell'ordinazione 550 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO della spesa, lo sorreggano con la propria presunzione di legittimit� fino a quando non siano annullati. L'indebito ed il correlativo diritto della Pubblica Amministrazione alla ripetizione sorgono soltanto 1n conseguenza dell'annullamento di tali atti amministrativi, che � solitamente implicito nel provvedimento che dispone la ripetizione, ma la cui mancanza vizierebbe quest'ultimo di eccesso di potere per contraddittoriet� cos� come la sua illegittimit� lo investirebbe per derivazione. g noto peraltro che, per antico principio messo in luce da giurisprudenza e dottrina univoche e costanti, il provvedimento di annullamento d'ufficio di un atto amministrativo illegittimo ha natura discrezionale. Esso implica, infatti, la valutazione circa l'opportunit� di rimuovere effetti giuridici consolidati ed innestati ormai nella veste di rapporti giuridici sopravvenuti, al fine di stabilire se l'interesse pubblico sia meglio perseguibile in una situazione ridotta in pristino con gli inevitabili'." guasti all'assetto raggiunto o nel mantenimento di tale assetto pur contrastante con l'ordinamento giuridico o se addirittura esso sia ancora perseguibile in presenza -dell'avvenuto completo esaurirsi della materiale espressione di quegli effetti giuridici ormai irreversibili. Non pu� essere diversa, perci�, la natura del provvedimento implicito o esplicito di annullamento degli atti amministrativi illegittimi in base ai quali il pagamento indebito � stato fatto, salva soltanto la peculiarit� dell'ampiezza di valutazione discrezionale che essi comportano in rapporto alle particolarit� degli� effetti giuridici da rimuovere. Risultano cos� definitivamente delineati i contorni di interesse legittimo assunti dalla posizione giuridica soggettiva del destinatario di un pagamento indebito della Pubblica Amministrazione che resista alla ripetizione, senza contestare o avendo gi� inutilmente contestato la sussi� stenza dell'indebito. Essa, priva di propria apposita tutela, si muove nell'arco di realizzazione dell'interesse pubblico alla ripetizione e riceve tutela solo occasfonale ed indiretta rispetto all'inosservanza delle norme o dei principi presenti nell'ordinamento a disciplinare l'azione amministrativa a ci� preordinata. Norme e principi che concernono non soltanto le modalit� della ripetizione ,come l'art. 406 del r.d. 25 maggio 1924, n. 827, o l'art. 3 del r.d.I. 19 gennaio 1939, n. 295, altra volta esemplificati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e assunti dal~a Corte Suprema di Cassazione ad argomento di esclusione di ogni altro aspetto della discrezionalit�, ma il potere stesso di esercitarla o meno, come si � visto. L'indebito naturalmente, proprio perch� senza causa e non rapportabile ad un qualsiasi rapporto giuridico preesistente, non consente la considerazione della conseguente ripetizione nell'ambito del rapporto di impiego pubblico o anche solo del trattamento di quiescenza, che ne sono stati solamente occasione senza alcun collegamento funzionale o genetico. Esso, perci�, e tutti i provvedimenti e le posizioni giuridiche PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE che lo riguardano non possono essere attratti dalla particolare disciplina giurisdizionale a tali rapporti riservata dall'ordinamento attraverso la giurisdizione esclusiva attribuita ora ad uno ora ad altro giudice, cosicch�, esclusa anche la giurisdizione ordinaria estranea agli interessi legittimi, residua soltanto la giurisdizione generale di legittimit�. IV. -I ricorsi, nel merito, devono essere esaminati distintamente nei riguardi di ciascuno dei due capi di domanda gi� esaminati ai fini della giurisdizione, l'uno subordinato all'altro, aventi ad oggetto parti diverse dei� provvedimenti impugnati e sorretti da censure a ciascuno proprie. V. -Il primo capo di domanda, che investe come si � visto la sospensione dell'indennit� integrativa speciale e della tredicesima mensilit� prima attribuite ai ricorrenti come titolari di pensione a carico dello Stato e da essi fino a quel momento percepite, propone le censure di cui ai primi tre motivi dei ricorsi come in precedenza riassunti. Tali censure, senza negare l'incompatibilit� per. uno stesso soggetto di due indennit� integrative speciali o di due tredicesime mensilit� a diverso titolo pensionistico, l'uno, �e retributivo, l'altro, adeguandosi in ci� implicitamente a chiare disposizioni di legge ed alla univoca giurisprudenza in proposito, fanno leva sull'asserita incompetenza degli organi che hanno emanato i provvedimenti impugnati, sulla mancata revoca formale dei suddetti emolumenti e sul difetto di motivazione al riguardo, sul difetto di identit� fra la indennit� integrativa speciale percepita sulla pensione ed emolumenti consimili loro corrisposti sulla retribuzione per attivit� di servizio e non dallo Stato, sulla natura di taluno degli enti da,tori di lavoro, sulla causa di invalidit� della loro riassunzione in servizio come preclusiva di un peggioramento del trattamento economico fin da allora goduto. N~ssuna delle censure cos� dedotte appare tuttavia fondata. La Direzione Provinciale del Tesoro era competente ad attribuire l'indennit� integrativa speciale, a norma dell'art. 2, nono comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324, e quindi anche ad accertare il difetto dei suoi presupposti o le cause ostative al suo persistere e ad adottare i provvedimenti conseguenti. L'art. 1 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, poi, � attributivo alle direzioni provinciali del Tesoro di una competenza generale nell'ambito di ciascuna P:r;ovincia circa i servizi amministrativi di� competenza del Ministro del Tesoro, comprensiva perci� dei provvedimenti di qualsiasi genere concernenti sia l'indennit� integrativa speciale che la tredicesima mensilit� ai dipendenti dello Stato ed ai pension�ti da tali uffici amministrati. L'art. 3 dello stesso decreto legislativo, che prevede la competenza specifica in materia di recupero di crediti erariali da indebito pagamento, � in derivazione da tale competenza generale e non limitativa di essa, in mancanza di una qualsiasi espressa disposizione in tal senso. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 552 Ciascuno dei provvedimenti impugnati, poi, per l'univoco proprio contenuto inteso a far cessare il pagamento dei due emolumenti, contiene implicito l'annullamento dei provvedimenti di attribuzione di casi con la esatta e sufficiente motivazione riferita all'opera retribuita prestata contemporaneamente alle dipendenze di altro ente pubblico. Che poi tale ente pubblico pr tutti i ricorrenti non sia lo Stato non ha alcuna rilevanza, giacch� la preclusione agli assegni accessori del loro trattamento di quiescenza deriva. dal fatto che essi percepiscono i medesimi assegni in dipendenza della prestazione di opera retribuita a qualunque amministrazione pubblica resa, si tratti o no, cio�, dello Stato. Ci� risulta esplicitamente dall'art. 4 della legge 26 novembre 1953, n. 876, per la tredicesima mensilit�, ed era desumibile gi� in origine, per l'indennit� integrativa speciale, dal fatto che questa, istituita per i dipendenti �statali, � stata poi via via estesa ai dipendenti dei vari enti ed istituti di diritto pubblico anche economici, talora con diversa denominazione ma con la identica funzione sopra specificata, come da tempo la giurisprudenza ha definitivame~te �assodato senza lasciare margini di ragionevoli dissensi. Una tale interpretazione delle norme allora vigenti ha del resto trovato letterale sistemazione nel nuovo t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con d.P.R. 29 maggio 1973, n._ 1092, i cui articoli 97 e 99, quinto comma, definiscono la sfera soggettiva ed oggettiva della preclusione per l'uno e per l'altro assegno accessorio. Tutti i ricorrenti, dagli enti ai quali prestavano opera retribuita, percepivano assegni accessori equivalenti nella funzione a quelli loro preclusi per tale fatto 'anche se in forma diversa e con diversa denominazione, che appunto la menzionata giurisprudenza ha ritenuto non essenziali al fine di stabilirne la incompatibilit�. N� risulta che i suddetti assegni accessori alla retribuzione di attivit� di servizio fossero inferiori a quelli accessori alle pensioni rispettive, di modo che si dovesse, non gi� deferire ai ricorrenti la scelta fra gli uni e gli altri, bens� disporre di ufficio le previste misure di conguaglio della indennit� integrativa speciale e l'inversione per la tredicesima mensilit�. Non ha rilevanza infine la ragione d'invalidit� per la quale i ricorrenti sono st~ti assunti in servizio dai vari enti pubblici in base alla legge 2 aprile 1953, n. 482, il cui art. 10 garantisce loro il normale trattamento economico, giuridico e normativo previsto per gli altri lavoratori. Tale norma infatti riguarda il trattamento di attivit� di servizio, che ai ricorrenti � assicurato nella identica misura degli altri lavoratori che si trovano nelle stesse situazioni 'di lavoro, mentre ci� che ha subito parziale remora dai provvedimenti impugnati � stato il loro persistente trattamento di quiescenza conseguente alla cessazione di un diverso rapporto d'impiego cui quella norma � estranea. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 553 VI. -Viene sollevata peraltro, col quinto motivo, questione di legittimit� costituzionale delle norme fin qui esaminate concernenti la preclusione dei suddetti assegni accessori in rapporto agli artt. 2, 4 e 36 della Costituzione. �Tali norme, in quanto interpretate sfavorevolmente ai ricorrenti, inciderebbero sul trattamento pensionistico impedendone la misura paritaria nell'identit� delle condizioni di durata, qualit� e cessaz.ione del rapporto di lavoro e del tutto unico dello stesso trattamento formatosi in base alle ritenute sulla retribuzione della precedente attivit� di servizio; nuocerebbero alla funzione alimentare della pensione, che � diretta a soddisfare i bisogni essenziali del lavoratore e della sua famiglia; sarebbero di remora ad una nuova attivit� lavorativa resa possibile dalla perdurante efficienza del lavoratore. L'accertata funzione dei due assegni accessori consente tuttavia di ritenere manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale cos� sollevata. La funzione di adeguamento della retribuzione o della pensione, qualunque sia la loro misura, al costo della vita sulla base di una quota fissa ed uguale per tutti � assolta dall'indennit� integrativa speciale, una volta per tutte, in ragione di tale quota ritenuta il minimo suscettibile di un simile adeguamento. La sperequazione nascerebbe proprio dalla conservazione dell'indennit� ai pensionati in concorso con la medesima indennit� sulla retribuzione di attivit� di servizio, giacch� per essi l'adeguamento risulterebbe su una quota doppia o comunque maggiore rispetto ai dipendenti pubblici con la sola retribuzione di attivit� di servizio e quindi in misura diversa da quella equalitaria nella quale essa � stata concepita. La funzione, altres�, di apprestare iina fonte retributiva supplementare per i bisogni cumulantisi con quelli abituali ed essenziali in periodi ricorrenti dell'anno, per i quali la retribuzione ordinaria sarebbe incapiente, � assolta paritariamente per tutti i dipendenti pubblici in servizio o in quiescenza da una sola tredicesima mensilit�, che si duplicherebbe o comunque sarebbe maggiorata a favore di chi ne fruisse sia sul trattamento economico di attivit� di servizio che su quello di quiescenza in �godimento cumulato, �ome la legge a ragion veduta non ha voluto. Nessuna violazipne, dunque, degli artt. 3 e 36 della Costituzione, che ne subirebbero semmai nelle ipotesi opposte almeno fino a quando gli assegni accessori in esame avranno la funzione risultante dalla loro attuale disciplina. E, negato lo svantaggio, neppure violazione dell'art. 4 della Costituzione per la mancanza di qualsiasi remora per i pensionati dello Stato a successive� attivit� di lavoro. VII. -Il secondo capo di domanda, che investe invece la parte dei provvedimenti impugnati con la quale � stato disposto il rimborso da RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBU.O STATO parte dei ricorrenti delle somme indebitamente percepite fino al momento della sospensione dei due assegni accessori in esame, � sorretto dal quarto motivo come riassunto nelle premesse di fatto, che deduca il vizio di eccesso di potere per ingiustizia manifesta e difetto di moti� vazione in rapporto al pagamento avvenuto per errore della Pubblica Amministrazione e nella loro buona fede circa la spettanza delle somme pagate. La censura appare fondata al lume di una ormai costante giurispru� denza bisognosa solo di una chiara determinazione dei presupposti della ritenzione che essa consacra. Essa si affida, con esatt�zza, alla gi� vista discrezionalit� degli atti di annullamento di ufficio di atti amministrativi illegittimi, in quanto implicante la valutazione della congruit� dell'annullamento all'interesse pubblico con esso perseguito alla rimozione dell'atto illegittimo e dei suoi effetti in rapporto all'entit� del sacrificio degli interessi privati sottostanti. Il provvedimento che dispone il recupero di somme indebitamente pagate reca implicito l'annullamento degli atti amministrativi in base ai quali il pagamento � stato fatto e deve pertanto contenere una valutazione del genere, nella quale l'interesse pubblico alla restituzione delle somme appaia raffrontato al pregiudizio di chi � tenuto a restituirle, tenuto conto della loro quantit�, dell'avvenuta loro destinazione, dell'eventuale concorso in tale destinazione di altri redditi dello stesso sog� getto, dell'incidenza che per costui la restituzione avrebbe sulle possibi� lit� di soddisfacimento dei bisogni esse~iali de]}.a vita. La mancanza di valutazione o anche solo della sua espressione espli� cita nel provvedimento di annullamento, sia questo esplicito o implicito, si risolve in difetto di motivazione, che � uno degli aspetti sintomatici dell'eccesso ~ potere. La valutazione che non tenga conto degli elementi sopra �menzionati o ne tragga conclusioni ad essi non consoni palesa una ingiustizia manifesta, cui espone il soggetto tenuto alla restituzione in un .altro aspetto sintomatico dell'eccesso di potere. Nell'uno e nell'altro caso si avrebbe la rimozione di un atto amministrativo 'illegittimo merc� altro atto amministrativo non meno illegittimo, che �,come dire aver vanificato l'interesse pubblico alla legitti� mit� dell'azione amministrativa, senza ~ver trovato il punto di equilibrio fra l'altro interesse pubblico alla corretta erogazione del pubblico denaro e l'interesse privato ad aver disponibili in ogni momento i mezzi di soddisfacimento dei bisogni fondamentali della vita costituzionalmente garantiti. Ci� che soprattutto ha rilievo nello stabilire tale punto di equilibrio, una volta constatate l'erroneit� del pagamento e la buona fede di chi PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 555 l'ha ricevuto, � la considerazione della natura retributiva della somma pagata, della sua avvenuta destinazione ai bisogni correnti del lavoratore e della sua famiglia in rapporto anche alla ampiezza della sua retribuzione ordinaria ed alla disponibilit� per lui di altri redditi di diversa provenienza, alla misura in cui la restituzione delle somme riduca per lo stesso la possibilit� di soddisfacimento dei bisogni essenziali al disotto dei limiti minimi nel momento in cui essa deve avvenire. Nei provvedimenti impugnati non risulta neppure accennata una valutazione del genere, cosicch� la loro illegittimit�, limitatamente alla parte considerata, � evidente. VIII. -I ricorsi devono pertanto essere accolti nella sola parte riguardante il recupero delle somme indebitamente pagate, salvi i successivi provvedimenti dell'Amministrazione. -(Omissis). II (Omissis). -Al prof. Bruno Francolini, pensionato dello Stato ed incaricato, quale libero docente, dell'insegnamento di geografia economica presso la facolt� di scienze politiche dell'Universit� di Firenze, fu elevato, nel 1964, dalla. Direzione provinciale del Tesoro di Roma, un addebito di complessive lire 1.542.792 di cui fu nel contempo disposto il recupero, mediante trattenute sulle rate della pensione, perch� negli ~precedenti .non si era fatta applicazione, nei di lui confronti, n� dagli artt. 14, legge 12 aprile 1949, n. 149, e 14, legge 8 aprile 1952, �l. 212 (escludenti, entro determinati limiti, il cumulo di un trattamento di attivit� con un trattamento ordinario di pensione), n� degli artt. 4, r.d.l. 15 ottobre 1936, n. 1870; 4, legge 26 novembre 1953, n. 876 e 2, legge 27 maggio 1959, n. 324, prescriventi, rispettivamente il divieto di corresponsione dell'assegno di corresponsione dell'assegno di caro-viveri, della tredicesima mensilit� e dell'indennit� integrativa speciale ai titolari di pensione ordinaria che prestino opera retribuita presso amministrazioni statali -o enti pubblici. Il provvedimento seguiva ad una circolare del Ministro del Tesoro, con cui era stata affermat~ l'operativit� delle predette disposizioni anche per i professori universitari incaricati. _ Il prof. Francolini propose prima ricorso gerarchico al Ministero; quindi, avendo il rimedio avuto esito negativo, si rivolse al Consiglio di Stato, dolendosi di essere stato considerato pubblico impiegato, malgrado gli incaricati di insegnamento universitario fossero prestatori d'opera professionale autonoma, e di essere stato vittima di un eccesso di potere dell'Amministrazione, la quale, dopo aver sempre seguito quella tesi, inopinatamente aveva mutato avviso. Questo secondo argomento � stato considerato fondato ed assorbente dal Giudice amministrativo, la cui quart� Sezione, con decisione pubblicata il 1� febbraio 1972, ha annullato il provvedimento di rigetto del 8 556 RASSEGNA DRLL'AVVOCATURA DELLO ST�ro' ricorso gerarchico, osservando che il ricorrente aveva riscosso gli assegni in buona fede e quindi non era tenuto a restituirli, perch� all'epoca in cui erano avvenuti i pagamenti lo stesso Ministero del Tesoro riteneva che i professori incaricati non fossero pubblici impiegati e non fossero interessati dalle disposizioni sui divieti di cumulo fra stipendio e trattamento pensionistico. Il Ministero ha chiesto a queste Sezioni Unite, sulla base di un unico motivo, di cassare la decisione per difetto di giurisdizione. , Al ricorso resistono, con controricorso, Fides Teodorani e Lisa Francolini, rispettivamente moglie ed unica figlia del prof. Francolini, intanto deceduto. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Ministero ricorrente denuncia, in relazione agli artt. 360, n. 1, cod. proc. civ. e 111 Cost., la violazione degli artt. 29 e 30, t.u. 26 giugno 1924, n. 1054; 13 e 62, t.u. 12 luglio 1934, n. 1214; 2 e 3, 1. 20 marzo 1865, all. E; 2033, cod. civ. E sostiene che i ricorsi relativi al rapporto di pubblico impiego, attribuiti alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, sono quelli che propongono questioni insorte nel corso del predetto rapporto e non successivamente, quando l'impiegato � stato collocato a riposo. Pertanto, siccome il prof. Francolini, chiedendo l'annullamento del provvedim�nto che aveva disposto il recupero di assegni accessori alla pensione, aveva agito a tutela dei suoi diritti di pensionato, sui quali il pregresso ed esaurito rapporto di impiego non aveva pi� alc.na incidenza, il Consiglio di Stato avrebbe dovuto dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. La censura, posta in relazione con il contenuto dei provvedimenti impugnati davanti al Consiglio di Stato (addebito e recupero di somme pagate dall'Amministrazione del tesoro per tredicesima mensilit� della pensione, indennit� integrativa di quest'ultima ed assegno di caro-viveri) investe due aspetti del complesso e tuttora non risolto problema dell'ambito della giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensione. Essa esige, anzitutto, che si determini l'oggetto dei rapporti compresi in detta materia, con particolare riferimento a quegli assegni accessori che, a seguito di numerosi provvedimenti legislativi, sono venuti aggiungendosi, a vario titolo, all'assegno base di pensione. Infatti, si � fatta strada una distinzione fra controversie concernenti il diritto al trattamento di quiescenza lordo, oppure alcuni emolumenti integrativi, e -controversie su assegni accessori la quale � servita per concludere che soltanto le prime spettano alla cognizione della Corte dei conti. � stato conseguentemente affermato che non compete a tale Corte pronunciarsi sulla spettanza, al pensionato, dell'assegno di caroviveri (Corte Conti, 17 febbraio 1940; 17 luglio 1953; 8 maggio 1957, n. 8834; PARTE I, SEZ. J;II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 557 13 maggio 1971, n. 33543; nonch�, ma solo a mo' di esempio, Cass., SS.UU., 29 gennaio 1971; contra, invece, C. Conti 20 aprile 1932; 13 marzo 1939; 22 febbraio 1945; 12 giugno 1957; Cons. Stato 9 dicembre 1969, n. 767), e dell'assegno mensile differenziale previsto per gli ufficiali della riserva (C. Conti, 14 novembre 1960, n. 11197), mentre le appartiene il giudizio sull'indennit� integrativa speciale di cui all'art. 2, I. 27 maggio 1959, n. 324 (SS.UU., n. 221 del 1971, cit.; 29 ottobre 1974, n. 3246; 28 maggio 1975, n. 2155; C. Conti, 23 marzo 1972, n. 31547), sull'assegno di superinvalidit� (C. Conti, 27 ottobre 1972, n. 39516; 13 maggio 1966, n. 22207), di collocamento (21 gennaio 1966, n. 21295), di cura (C. Conti, 3 ottobre 1964, n. 6689), di previdenza (C. Conti, 6 marzo 1967, n. 17278; 28 aprile 1964, n. 5529). Ma � tempo, ora, di prendere atto che il sistema, privo di una chiara base concettuale, ha dato �luogo ad incertezze quant'altre mai inopportune in tema di gi�risdizione. Occorre quindi abbandonarlo, come del resto appare gi� fatto nella sentenza di queste Sezioni Unite, 30 ottobre 1974, n. 3313, la quale ha considerato devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti la controversia sull'indennit� di cui all'art. 4, I. 31 marzo 1971, n. 214, perch� ha ritenuto quest'ultima un accessorio della pensione. Di tale necessit� si ha un esempio proprio considerando gli assegni dei quali si discute nella lite introdotta dal prof. Francolini. Invero, se l'indennit� integrativa speciale viene ritenuta parte della pensione, e se non sembra possano nutrirsi dubbi, su un'eguale configurazione della tredicesima mensilit� (chiaramente prevista come quota �del trattamento di quiescenza�, spettante ai titolari di pensione o di assegni vitalizi dello Stato, dall'art. 1, I. 26 novembre 1953, n. 876, e parificata anche ai fini fiscali della pensione, dal successivo art. 2), riesce poi difficile indicare le sostanziali differenze che impongono una opposta conclusione per l'assegno di caro-viveri, la cui inerenza alla pensione non � meno intima delle altre voci e che al pari di queste insieme ad essa viene liquidato (art. 48, r.d. 28 giugno 1933, n. 704). In realt�, gli assegni accessori che ora sono opportunamente riuniti nel titolo VI del nuovo testo unico emanato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, hanno tutti funzione integrativa della pensione in senso stretto, in quanto sono diretti ad adeguarne la misura minima, proporzionale al diritto acquisito con la prestazione del servizio presso un'amministrazione pubblica, e come tale intangibile ed uguale per tutti coloro (o per i congiunti superstiti di coloro) che abbiano lasciato il servizio nelle stesse situazioni, �lle reali condizioni ed esigenze fisiche, economiche e familiari di ciascuno, quali risultano dalla documentazione che anche a tale scopo deve essere raccolta in sede di istruzione della pratica necessaria per l'attribuzione del vitalizio (art. 7, r.d. 27 giugno 1933, n. 703; artt. 35-39, r.d. 28 giugno 1933, n. 704). Ed infatti, appena questa funzione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO appare non pi� operante,� o per l'entit� del reddito del pensionato, o per la concorrenza di pi� assegni, entrano in gioco le norme che negano il diritto all'emolumento, o vietano il cumulo � degli assegni accessori di quiescenza tra loro e con assegni accessori di attivit�� (come si esprime riassuntivamente l'art. 130, ultimo comma, del testo unico citato). Sembrerebbe, dunque, che per esigenze di coerenza logica e di chiarezza, il criterio di riparti fra le giurisdizioni debba necessariamente ricercarsi o nella separazione rigorosa di qualunque assegno accessorio dall'assegno base di pensione, quale era inteso all'e1:mca in cui furono formulate le prime disposizioni sulla giurisdizione della Corte dei Conti in materia; oppure nell'abbandono di ogni distinzione, con conseguente affermazione che l'uno e gli altri, in quanto concorrono a formare il complessivo trattamento spettante al pensionato, vanno compresi nel concetto di pensione, in forza del quale si individua la giurisdizione della Corte dei Conti. Senonch�, la prima soluzione pu� giustificarsi solo con l'argomento -d'ordine�sostanzialmente letterale -che della giurisdizione sugli assegni accessori, inesistenti, come s'� detto, all'epoca in cui furono emanate le prime disposizioni sul giudizio pensionistico della Corte (artt. 13 e 14, 1. 14 agosto 1862, n. 800; art. 12, 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), non si � fatto parola neppure nelle disposizioni successive, intervenute quando alcuni di essi erano stati introdotti nell'ordinamento (artt. 13 e 62, r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). Ed � agevole opporgli che, stante la sopra rilevata omogeneit� della pensione base e degli assegni accessori, l'attribuzione di questi ultimi non ha inciso nella materia in ordine alla quale la Corte dei Conti fu resa unico giudice, ma ha solo ampliato, rendendolo plurimo da unico che originariamente era, l'oggetto dei rapporti sostanziali costituenti, appunto, quella materia, perch� ha aggiunto all'iniziale unica pretesa all'assegno di pensione, le altre (ma eventuali) pretese agli assegni accessori. Tale prospettiva, preclusa per lungo tempo da un concetto angusto_ del trattamento pensionistico, qual'era� quello ancorato all'emolumento che si liquida, sulla base di regole matematiche e giuridiche, in funzione del servizio prestato o della causa e ne ha imposto la fine, sembra suggerita anche dall'avvenuta riunione degli .assegni accessori nel testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato. Ed � tanto pi� accessibile oggi, in quanto anche nel settore del trattamento di attivit� del pubblico dipendente, come in quello ancora pi� vasto della retribuzione del lavoro in genere, si � affe�'niata una nozione globale, comprendente sotto un'unica causa qualsiasi somma corrisposta al prestatore di opera in virt� del rapporto di lavoro. Essa consente, altres�, di considerare il citato art. 13 del testo unico del 1934, laddove stabilisce che la Corte dei conti � giudica sui ricorsi in PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE materia di pensione �, esplicativo, per quel che qui interessa, di un principio gi� insito nel sistema. Ossia, consente di intendere la disposizione proprio come vuole la sua formulazione, cosicch� restano superate recenti interpretazioni riduttive, proposte nell'assunto che la delega -per l'emanazione del testo unico del 1934 non attribu� al Governo il potere di innovare l'ordinamento preesistente. Pu� quindi escludersi che ~on il Consiglio di Stato, ma la Corte dei Conti deve pronunciarsi sulla spettanza degli assegni accessori alla pensione. Ci� tuttavia non-esaurisce il giudizio, perch� resta da esaminare un altro, non meno essenziale profilo, consistente nello stabilire se nella giurisprudenza della Corte predetta siano compresi, oltre ai ricorsi che investano la liquidazione della pensione -espressamente menzionati dalla legge n. 800 del 1962 -i ricorsi provocati da provvedimenti ope� ranti trattenute sulle rate di pensione, in ossequio a norme che vietano il cumulo di un trattamento di quiescenza con uno di attivit�. �l riguardo, premesso che nessuna rilevanza ha il fatto che la questione investa la pensione in senso stretto� -ma v., ora, artt. 130 e segg., d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 -o, invece, gli assegni accessori -stante il carattere latamente pensionistico che a questi deve riconoscersi per quanto detto prima -queste Sezioni Unite non possono che ribadire l'affermazione della giurisdizione della Corte dei Conti, contenuta nella loro recente sentenza del 29 ottobre 1974, n. 3246. Da quasi un secolo -Cass., 13 aprile 1880 -� ormai opinione comune della Corte dei Conti deve spingersi oltre il momento di liquidazione del vitalizio, ed esprimersi su qualunque atto di rifiuto o di riduzione che incida sull'an o sul quantum del diritto al vitalizio stesso, onde ne restano esclusi solo i pagamenti, ossia quegli atti che, attenendo alla fase esecutiva dell'obbligazione dello Stato, di quest'ultima non pongono in questione i presupposti e gli elementi costitutivi, cos� come vennero fissati in sede di liquidazione (� il caso, ad esempio, di ritenute operate sulla pensione per debiti contratti dall'ex dipendente verso l'Amministrazione: C. Conti, 1� aprile 1974, n. 33680). Con questo chiaro principio, appare contrastante -bench� sia stato sovente condiviso, dopo le sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte, 22 maggio 1963, n. 1354, e della Corte dei Conti, 12 luglio -1965 -l'asserto che le ritenute in questione incidono non sul trattamento di quiescenza gi� liquidato, ma sugli effetti di tale liquidazione, sospendendoli in tutto o in parte durante il tempo in cui il pensionato rimane occupato presso un'amministrazione pubblica. Invero, l'applicazione del divi�to di cumulo fra trattamento di attivit� e trattamento di quiescenza si attua mediante provvedimenti che modificano le precedenti attribuzioni con le quali era RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stato determinato, in ogni suo elemento, il secondo trattamento perch� quei provvedimenti stabiliscono che quelle attribuzioni non hanno pi� ragion d'essere -non importa se in tutto o in parte, per sempre o temporaneamente -in conseguenza del venir meno della causa specifica che le aveva giustificate (ond'� che non impropriamente l'art. 97, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. J.092, afferma che al pensionato � non competono �, ossia non spettano, la tredicesima mensilit� e l'assegno di caro-viveri,� durant~ il periodo in cui ha prestato opera retribuita). Tanto ci� � vero, che quando l'incidenza del divieto di cumulo � venuta in questione in sede di iniziale liquidazione della pensione, la Corte dei Conti ne ha conosciuto, anche se non sempre ha ammesso che trattavasi di giudicare un disconoscimento del diritto alla pensione (sent. 27 maggio 1972, n. 38051; 19 giugno 1973, n. 40634), avendo talora ravvisato l'oggetto della controversia nel disconoscimento del diritto alla liquidazione (sentt. 19 ottobre 1969, n. 30534; 22 aprile 1969, n. 22897, conformi a numerose altre precedenti). Ancor meno valida � l'affermazione -pi� frequente nella giurisprudenza del Consiglio di Stato -che le questioni sul cumulo involgono diritti patrimoniali, aventi origine da un rapporto di pubblico impiego, sia esso quello in base al quale ha avuto luogo il trattamento di quiescenza, sia l'altro che, per essere successivamente iniziato, ha provocato la riduzione di tale trattamento. Nessuna argomentazione riuscir� mai a negare che il primo rapporto �rappresenta solo il remoto elemento genetico del diritto alla pensione�, dopo la cui attribuzione esso � esaurisce completamente i suoi effetti � (sent. n. 3246 del 1974, cit.); e che il secondo rapporto non viene assolu tamente pregiudicato, _giacch� il contenuto dei diritti patrimoniali che ne derivano per il dipendente dmane integro. Infine, � irrilevante, oltre che inesatto, il rilievo -anch'esso proprio della giurisprudenza del Consiglio di Stato -secondo cui sussiste la giurisdizione di tale organo e, ora, dei tribunali amministrativi regionali perch� i provvedimenti di addebito delle somme illegittimamente corri sposte avrebbero carattere discrezionale, in base all'art. 406 del regola mento 23 maggio 1924, n. 827, ed all'art. 3, r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295. Il carattere esclusivo della giurisdizione sulle _:pensioni consente alla Corte dei Conti di conoscere anche di situazioni sbggettive non aventi consistenza di diritti. E �omunque la pretesa discrezionalit� inerisce non al provvedimento che accerta l'errata corresponsione degli emolumenti e ne dispone l'addebito al pensionato, ma alle modalit� di recupero delle somme pagate (sent. n. 3246 del 1974, cit.). Sotto ogni aspetto, insomma, il ricorso si rivela fondato. Bisogna quindi accoglierlo e dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti, cassare la decisione del Consiglio di Stato. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 gennaio 1975, n. 7 -Pres. Pece -Est. Moscone -P. M. Pedace (diff.) -Ministero della Difesa (avv. Stato Mataloni) c. Pasotto (avv. Cervati e Ottolenghi). Espropriazione p.u. -Occupazione d'urgenza -Opere militari -Inapplicabilit� del termine biennale -Temporaneit� dell'occupazione. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 76). Competenza e giurisdizione -Servit� militari -Illegittimit� del provvedi� mento impositivo -Disapplicazione da parte dell'A.G.O. -Ammissibilit�. (1. 20 maggio 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 5). L'occup�zione d'urgenza disposta per esigenze di carattere militare, sebbene non soggetta al termine biennale previsto dall'art. 73 l. 25 giugno 1865, n. 2359, � naturalmente temporanea e diventa, quindi, illegittima e d� luogo ad un illecito sia quando sia continuate malgrado siano venute meno le ragioni contingenti che l'avevano determinata, sia quando, trasformatosi in occupazione definitiva per essere state realizzate le opere previste, non sia stata pronunziata l'espropriazione. E mentre spetta, all'Amministrazione -con formale provvedimento, o anche mediante semplice comportamento (purch� inequivoco) -stabilire se ricorra una delle condizioni anzidette, rientra nella giurisdizione dell'A.G.O. accertare quale sia stata la volont� concreta dell'Amministrazione (1). Qualora l'Amministrazione lamenti la violazione di una servit� militare, pu� l'A.G.O. dichiarare l'illegittimit� del provvedimento impositivo al fine di disapplicarlo (nella specie il provvedimento impositivo della servit� non era stato emesso dal comando di divisione ritenuto competente ai sensi dell'art. 29 del r.d. 4 maggio 1936, n. 1388) (2). (1-2) Con il princ1p10 contenuto nella prima massima il S.C., mentre conferma ancora una volta l'affermazione ormai pacifica della inapplicabilit� del termine biennale previsto dall'art. 73 legge 25 giugno 1865, n. 2359 alle occupazioni d'urgenza disposte per opere militari (v. conf. da ultimo Cass. 11 luglio 1974, n. 2050, in questa Rassegna 1974, I, 1423 con nota di richiami) ed altres� quella della necessaria temporaneit� dell'occupazione, modifica sostanzialmente il precedente indirizzo giurisprudenziaie ritenendo che spetti all'A.G.O. di 'accertare, anche in' mancanza di un formale provvedimento che abbia esplicitato gli intendimenti dell'Amministrazione, se tali intendimenti (definitivit� dell'occupazione o sopravvenuta cessazione dell'utilit� di essa) risultino da un mero comportamento, purch� inequivoco dagli organi competenti al fine di riconoscere (o meno) l'esistenza di un comportamento illecito dell'Amministrazione. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 562 (Omissis). -Col primo motivo del suo ricorso l'Amministrazione della Difesa denunzia il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, dell'art. 26 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054,, e degli artt. 2, 3 e 4 della legge 4 dicembre 1971, n. 1034, la violazione e falsa applicazione dell'art. 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e d~ll'art. 2043 e.e., e la mancanza e insufficienza di motivazione su un 'punto decisivo, dolendosi che la sentenza impugnata abbia dichiarato l'illegittimit� sopravvenuta dell'occupazione degli immobili e abbia ritenuto che, per effetto di tale legittimit�, ai Pasotto spettasse il risarcimento del danno, anzich� la indennit� di occupazione. Al riguardo la ricorrente, richiamando la sentenza 12 luglio 1968, n. 2453, di questa Corte Suprema, sostiene che la durata dell'occupazione d'urgenza dettata da esigenze militari, di cui al citato art. 76, incide su posizioni di interesse legittimo e che vanno perci� esclusi tanto il potere dell'Autorit� Giudiziaria -Ordinaria di sindacare la legittimit� della durata dell'oc:,cupazione (e anche di disapplicare il provvedimento di occupazione al limitato fine della pronuncia sul danno), quanto la stessa configurabilit� di un danno risarcibile, il quale presuppone la lesione di un diritto soggettivo. Pertanto, continua la ricorrente, la Corte d'Appello di Venezia non solo non avrebbe avuto il potere di accertare la sopravvenuta illegittimit� dell'oc- Con precedente pronunzia (v. Cass. 12 luglio 1968, n. 2453, in Giust. civ., 1968, I, 1558) lo stesso S.C. aveva invece escluso la possibilit� che abbia rilevanza, in mancanza di un formale provvedimento, il mero 'comportamento della P. A. precisando in particolare che � quello che � in gioco � il principio della forma� lit�, vale a dire il principio che impone all'Amm.ne di seguire determinate for me nello svolgimento della propria attivit� e non pu� seriament� contestarsi che l'esatta osservanza di quel principio possa essere verificata esclusivamente dal giudice amministrativo, non potendosi concepire al riguardo l'esistenza di un di� ritto soggettivo del privato �. Ora non sembra dubbio che quest'ultimo indirizzo sia quello preferibile, an che se appaiono evidenti le ragioni di equit� che hanno suggerito (ma non giu stificano) nel caso di specie (trattandosi infatti di una occupazione durata per oltre quindici anni senza che l'Amm.ne avesse esplicitato le proprie determina zioni) l'indirizzo accolto dalla decisione in rassegna (peraltro particolarmente travagliata essendo stata adattata malgrado le conclusioni difformi del P. M. e con la sostituzione del relatore). La soluzione contrastata oltre che urtare che con il � principio della for malit�� che deve reggere l'attivit� della P. A., presenta non poche difficolt� pratiche che ne dovevano sconsigliarne comunque, l'accoglimento. � infatti prattcamente impossibile stabilire in modo � inequivoco e sicuro � quale possa essere l'intendimento dell'Amministrazione, anche in presenza di co� struzioni od opere, atteso che dette opere potrebbero essere prontamente demo� lite, venute meno le condizioni contingenti e provvisorie che le giustificavano. L'estrema incertezza di ogni valutazione al riguardo � dimostrato d'altro canto dall'affermazione, invero singolare, contenuta nella sentenza che si annota secondo cui la volont� dell'Amministrazione di trasformare in definitiva l'occu 563 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE cupazione sotto il profilo del venir meno delle esigenze militari, ma non poteva neppure (come sembra abbia fatto) ritenerla sotto il profilo della mancata tempestiva emanazione del decreto di esproprio. D'altra parte, sempre a detta della ricorrente, sotto questo secondo profilo la sentenza non precisa (donde il vizio di mancanza o insufficienza della motivazione) in che cosa consista la ritenuta illegittimit�: se, cio�, nel puro e semplice fatto della mancata emanazione del decreto di esproprio (nel qual caso, per�, si dovrebbe rilevare che l'occupazione di cui al cit. art. 76 non � necessariamente preordinata all'espropriazione e condizionata alle necessit� di questa), ovvero nel fatto che l'Amministrazione avesse continuato a utilizzare, per il soddisfacimento delle esigenze militari, lo sfruttamento dell'occupazione d'urgenza, anzich� emettere il provvedimento. di espropriazio:tie. Tali censure vanno tutte disattese. Invero, proprio applicando i princ�pi enunciati nella citata sentenza 2453/1968 (e nelle precedenti sentenze 2187/1964 e 1820/1958) e svolgendoli ulteriormente, si desume che, nell'ipotesi di un'occupazione immediata di beni necessari, alla esecuzione di opere militari, disposta in caso di assoluta urgenza dalla competente Autorit� Militare a norma dell'art. 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, non sembra lecito affermare sic et cimpliciter che, . ogni qualvolta il proprietario dei beni occupati deduca l'illegittimit� del protrarsi dello stato di occupazione, egli faccia necessariamente valere sem-� pre e soltanto una posizione d'interesse legittimo, e che si debba perci� escludere senz'altro qualsiasi possibilit� di sindacato da parte dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria e la configurabilit� di un danno risarcibile. pazione in corso, risulterebbe provata dall'aver (L'Amm.ne) � proceduto alla designazione degli immobili da espropriare�, senza tuttavia che nessun'altra attivit� in tal direzione sia seguita. � chiaro come la via seguita dalla precedente decisione n. 2453 del 1968 sia certamente pi� convincente, in quanto affida al giudice degli interessi ogni valutazione, in difetto di un formale provvedimento della P.A., in ordine al comportamento, certamente discrezionale, della P.A., ed � augurabile che ad essa il S.C. ritorni. Anche il principio contenuto nella seconda massima suscita vive perplessit�. Il S.C. sembra non tener conto che la disapplicazione per illegittimit� di un provvedimento amministrativo � consentita all'A.G.O. a mente dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E solo' quando la posizione sostanziale azionata dal privato sia un diritto soggettivo, secondo il principio fondamentale contenuto nell'art. '2 della stessa legge. Quando, invece, come nel caso sottoposto al suo esame, la posizione azionata sia un interesse legittimo (o al pi� di un diritto affievolito) e non si contesti l'esistenza della potest� amministrativa di emanare l'atto, ma soltanto la legittimit� dell'uso di essa, devesi escludere l'esistenza della giurisdizione del giudice ordinario (v. da ultimo Trib. Superiore Acque, 15 ottobre 1974, n. 17 in questa Rassegna 1975, I, 769 con nota di richiami). 564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va oss.ervato in proposito che � vero che, per la durata dell'occupazione di cui al cit. art. 76, non � fissato dalla legge alcun termine specifico; mentre non � applicabile quello biennale stabilito in genere dal precedente art. 73 per le occupazioni determinate da casi di forza maggiore e urgenza, in quanto l'art. 76 richiama le disposizioni del� capo II del titolo II della legge n. 2359 del 1865 con esclusivo riferimento ai poteri dell'Autorit� che emana il provvedimento, e non anche alla disciplina obbiettiva dell'istituto. Ma � altrettanto vero che anche l'occupazione in esame ha, per sua _natura, un carattere essenzialmente temporaneo e che, pertanto, non pu� protrarsi indefinitamente nel tempo. Si tratta, infatti di un'occupazione prevista esplicitamente solo per il <~ caso di assoluta urgenza �, vale a dire di un'occupazione attuata mediante un provvedimento, il quale trova nell'urgente necessit� il presupposto per l'esercizio del relativo potere da parte d.ell'Autorit� Militare, al pari di tutti i cosiddetti provvedimenti d'urgenza consentiti dalla legge a varie Autorit�, e non pu� quindi non avere come requ!sito essenziale di legittimit� la temporaneit�, in applicazione di "4Il principio generale ammesso pacificamente dalla giurisprudenza e dalla dottrina per tutti i provvedimenti di tal genere. D'altra parte, se non fosse per sua stessa natura destinata a durare soltanto per un tempo limitato, l'occupazione de '.?'!la potrebbe trasformarsi in un'espropriazione di fatto del diritto di propriet�, senza l'osservanza delle garanzie, delle condizioni e dei limiti propri di questo istituito, in contrasto con le disposizioni dell'art. 42 della Costituzione e dell'art. 834 del codice civile. Si pu� quindi affermare che l'occupazione diventa illegittima e deve quindi cessare non appena siano venute .meno le necessit� contingenti che l'avevano determinata, ovvero deve essere trasformata entro un con gruo periodo di tempo in occupazione definitiva mediante espropriazione, quand'essa sia stata disposta per l'esecuzione di opere militari aventi fin dall'origine, o che abbiano assunto in seguito, il carattere della pedna nenza. La Violazione di un dovere siffatto, che per le ragioni anzidette appare fondato su una norma di relazione, si risolve nel mantenere una occupazione per la quale � venuto a cessare in radice il relativo potere, e fa si che l'occupazione stessa si trasformi da legittima in illegittima, dando vita ad un comportamento dell'Autorit� Militare: illecito: con la conseguenza che, ove risulti accertato il verificarsi dell'una o dell'altra ipotesi anzidette (ossia il venire meno della necessit�, in caso di opere non durature, owero il carattere permanente delle opere) il proprietario dei beni occupati pu� far valere il diritto al risarcimento dell'eventuale danno davanti all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. Resta per� il problema se quest'ultima possa compiere essa stessa �un simile accertamento di carattere preliminare, sia pure al limitato fine di stabilire se sussista o meno il presupposto per poter considerare even tualmente sine titulo il protrarsi dello stato di occupazione. La risposta dev'esseer negativa, ove si consideri che tale stato deriva da un provve- I I I ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE dimento legittimo e. idoneo, in origine, a determinare l'affievolimento del diritto di propriet�, e che rientra senza dubbio nel potere discrezionale dell'Autorit� Militare competente, a norma dell'art. 76 della legge n. 2359 del 1865, non soltanto il decidere, prima di addivenire all'occupazione di beni per l'esecuzione di opere m~litari, se ne ricorra la necessit� e l'assoluta urgenza ma anche il decidere, successivamente, se le opere eseguite o da eseguire sui beni occupati abbiano carattere permanente (oltre che necessario), cos� da richiedere il passaggio all'aespropriazione, ovvero, quando non abbiano carattere permanente, se ne perduri la necessit�. Pertanto, la giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria, in ordine alle pretese risarcitorie del proprietario di beni occupati a norma del cit. art. 76 e non restituiti, di regola presuppone l'esistenza di un provvedimento formale dell'Amministrazione Militare, che constati il venir meno delle condizioni legittimanti l'occupazione, o almeno, in mancanza di esso, l'accertamento da parte del Giudice Amministrativo dell'Illegittimit� dell'eventuale diniego di emanare un provvedimento siffatto. Tuttavia, poich� una manifestazione di volont� pu� verificarsi anche tacita. mente, deve altres� ammettersi che il riconoscimento, da parte dell'Amministrazione Militare, del venir meno delle condizioni legittimanti l'occupazione possa anche risultare da un semplice comportamento dell'Amministrazione stessa, purch� sicuro e inequivoco. D'altra parte, il fatto dell'esistenza di un tale riconoscimento, che costituisce il presupposto dell'anzidetta giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria, ben pu� essere da questa accertata, rientrando nei suoi poteri sia l'indagine sui presupposti della propria giurisdizione, sia la ricerca e l'apprezzamento delle maillfestazioni di volont� influenti per la definizione del giudizio. Questo � appunto quanto, in sostanza, ha fatto nella specie la Corte d'Appello di Venezia. Onde, mentre da un lato il suo giudizio di merito, circa il riconoscimento implicito da parte dell'Amministrazione Militare del carattere permanente delle opere da essa eseguite sui terreni occupati, non � sindacabile in questa sede di legittimit�, risultando sorretto da una motivazione giuridicamente corretta, logica e adeguata, dall'altro appare irrilevante, ai fini �della presente causa, risolvere la questione d'illegittimit� costituzionale dell'art. 76 della legge n. 2359 del 1865, sollevata nella me moria dei Pasotto con riferimento alla mancanza in tale norma della pre fissione di itn termine, analogo a quello biennale previsto nel precedente art. 73, e in relazione.agli artt. 42 e 3 della Costituzione. Invero i giudici di merito, pur ammettendo che l'Amministrazione Militare aveva -dovuto prendere in considerazione vivaci e insistenti doglianze del Comune di S. Michele al Tagliamento, timoroso che i vincoli militari imposti sui terreni in questione danneggiassero l'industria turistica locale, tuttavia osservarono nella sentenza impugnata che tale Amministrazione non solo non aveva fornito la prova delf'asserita ricerca di aree da sostitu�� re a quelle dei Pasotto, da cui sarebbero derivate remore alla sua attivit�, RASSEGNA DEI.,L'AVVOCATURA DELLO STATO ma aveva anche dimostrato di voler trasformare in definitiva l'occupazione in corso, per la ritenuta impossibilit� di rilasciare i beni occupati, allorch�, con decreto 20 dicembre 1962, n. 4168, del Ministero della Difesa, aveva proceduto alla designazione degli immobili da espropiare � per gli usi di un poligono di addestramento �, quale primo atto della procedura c�i cui agli artt. 74 e 75 della lbgge sulle espropriazioni per pubblica utilit�. Ora, poich� l'espropriazione di un bene implica in chi vi si accinge l'intenzione di adibire il bene stesso a un uso non contingente e transitorio, l'aver posto in rilievo quanto sopra significa l'avere accertato, sulla base di un comportamento sicuro e inequivoco, peraltro non smentito dalle mere asserzioni circa una non provata ricerca di altri beni da sostituire a quelli occupati, che nella specie l'Amministrazione Militare aveva dimostrato col suo comportamento di riconoscere che il poligono di tiro ricavato sui fondi dei Pasotto aveva carattere permanente, oltre ad essere necessario per il raggiungimento di fini pubblici. Accertato cos� il presqpposto della propria giurisdizione, la Corte d'appello di Venezia pot� legittimamente occuparsi della domanda dei Pasotto. Ed � del tutto infondata, a tale proposito, la censura di mancanza o insuf-� ficienza della motivazione, dedotta dalla ricorrente assumendo che la sentenza non avrebbe precisato in che cosa consistesse la ritenuta illegittimit�, giacch� � chiaro, invece, che la situazione di fatto venne considerata illecita e il comportamento dell'Amministrazione Militare colpevole, per avere l'Amministrazione stessa continuato a utilizzare, per il soddisfacimento delle proprie �sigenze, lo strumento dell'occupazione d'urgenza, anzich� provvedere a portare a termine il procedimento espropriativo, da essa voluto e iniziato, in un periodo di tempo ragionevole. Nella sentenza, infatti, si afferm� espressamente che, pur avendo riguardo al caso specifico de quo, la durata dello stato di occupazione per oltre quindici anni appariva del fotto inconciliabile con la necessaria limitatezza nel tempo dell'occupazione d'urgenza, e si precis� ulteriormente che il protrarsi di tale stato non avrebbe dovuto oltrepassare un periodo di sei anni, essendo questo spazio di tempo sufficiente (oltre che congruo) .per la concreta valutazione di tutte le particolarit� del caso e per portare a compimento la preannunciata espropriazione. D'altra parte, la sentenza provvide altres� a indicare le ragioni giustificative di un simile convincimento: ma su questo punto non occorre soffermarsi, non formando esso oggetto di censura, nemmeno sotto l'aspetto dei vizi di motivazione. Col secondo motivo l'Amministrazione della Difesa denunzia il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario, per violazione e falsa applicazione delle norme richiamate nel primo motivo, nonch� la violazione e falsa appli cazione dell'art. 4 della legge 20 dicembre 1932, n. 1849, dell'art. 29 del rela tivo regolamento, approvato con R.. 2 maggio 1936, n. 1388, e dell'art. unico del d.P.R. 7 ottobre 1960, n. 1496, dolendosi che la Corte di Appello abbia ritenuto illegittime le servit� militari imposte con manifesti del Comando PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Militare Territoriale di Padova. Anzitutto, a suo dire, il Giudice Ordinario non aveva il potere di sindacare la legittimit� del provvedimento impositivo o di disapplicarlo, avendo i Pasotto .na posizione d'interesse legittimo, o tutt'al pi� di diritto affievolito, anche rispetto al potere d'imposizione delle servit� militari. Comunque, aggiunge la ricorrente, la dichiarazione d'illegittimita dell'imposizione � erronea, perch� il d.P.R. 7 ottobre 1960, p.. 1496, che attribu� ai Comandi Militari Territoriali la competenza in materia d'imposizione di servit� militari nei casi d'urgenza, gi� spettante ai Comandi di Divisione ai sensi dell'art. 29 del R.D. 4 maggio 1936, n. 1388, non ebbe carattere innovativo, ma si limit� a sancire formalmente una successione di attribuzione, gi� verificatesi da tempo per adeguare la lettera della norma regolamentare alla realt� del nuovo ordinamento dell'Esercito, stabilito con la legge 9 maggio 1940, n. 368. � Tali censure non hanno fondamento. Invero la Corte di merito non eccedette dai limiti della propria giurisdizione nell'esaminare la questione della legittimit�;� sotto l'aspetto della competenza, dei provvedimenti impositivi delle servit� militari, avendo proceduto a tale esame esclusivamente ai fini della pronuncia sulla domanda riconvenzionale dell'Amministrazione Militare, la quale, deducendo un comportamento dei Pasotto' contrario al mantenimento delle servit� militari in questione e quindi lesivo delle stesse, aveva chiesto la condanna di essi alla riduzione in pristino e al risarcimento dei danni.� Si trattava di un tipico caso di sindacato dell'atto amministrativo ai fini della sua eventuale disapplicazione per illegittimit�, consentito al Giudice Ordinario dall'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 gennaio 1976 n. 165 � Pres. e Rel. Mirabelli -P. M. Roja (conf.) � Minister� dell'Interno (avv. dello Stato Azza. riti) c. Politi (avv. Rosati). Procedimento civile -Delibazione � Sentenza straniera di accertamento di paternit� naturale e condanna agli alimenti -Dichiarazione di efficacia limitata al capo degli alimenti -Anlmissibilit� -Procedimento civile Delibazione -Sentenza straniera di accertamento di paternit� naturale e condanna agli alimenti � Dichiarazione di efficacia del capo degli alimenti anche al figlio naturale di cui sia vietato il riconoscimento. _Non pu� essere delibata, perch� in contrasto con l'ordine pubblico interno, la sentenza straniera, nel capo in cui dichiari, secondo la lex fori, la paternit� naturale di un cittadino italiano nei confronti di un minore nato all'estero fuori dal matrimonio, e lo condanni a corrispondere gli alimenti al minore medesimo. Ai fini della delibazione della sentenza straniera � peraltro possibile la scindibilit� di un capo anche quando l'autonoma configurazione di ' 568 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questo presupponga una diversa statuizione alla quale lo stesso giudice � pervenuto in altro punto� della sentenza medesima. La sentenza straniera pu� pertanto ricevere efficacia nell'ordinamento italiano limitatamente alla pronuncia sugli alimenti, in quanto la legge italiana riconosce il diritto agli alimenti anche al figlio naturale del quale sia vietato il riconoscimento (1). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 797, n. 1e4, n. 2 code. proc. civ. e dell'art. 3, n. 2 con riferimento all'art. 1, second~ comma, della Convenzione dell'Aja 15 apri� (1) Giurisprudenza sinora costante su tutti e tre i capi della sentenza sopra massimati. , Cfr. in particolare, Cass. I, 18 marzo 1970, n. 557, in questa Rassegna, 1970. I, 245, con ampia nota di richiami anche in dottrina. Si veda inoltre, Cass., I, 12 gennaio 1971, n. 40, in questa Rassegna 1971, I, 72, con nota di richiami. Particolare interesse rivestono anche: Cass. 10 febbraio 1971, n. 351, in Giur. it., 1972, I, l, 199, con nota di FRANCHI, nonch� Cass., I, 18 dicembre 1974, n. 6364, in Foro it. 1975; I, 2056, con nota di FLORIO. Tra le ultime pronunzie della giurisprudenza di merito si segnalano, quella della Corte d'Appello di Genova 26 giugno 1971, in Foro it. Rep., 1973, 705, n. 33; App. Milano, 21 dicembre 1971, ibidem, n. 35; Trib. Milano, 11 dicembre 1972, ibidem, 37. Note sulla delibazione di sentenza straniera che dichiara la paternit� naturale quale presupposto dell'obbligo ali�nentare alla luce della rlfor� ma del diritto di famiglia. La decisione presenta un risvolto interessante alla luce dell'entrata in vigore della legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia) e della nuova impostazione, ad essa conseguente, del problema della � deliberazione � all'interno del nostro ordinamento, delle sentenze straniere che dichiarano la paternit� naturale del minore. � Anche se la Corte di Cassazione non doveva, nella specie, tener conto della nuova formulazione dell'art. 269 del Cod. Civ., in relazione all'art. 250 cos� come modificati dagli artt. 113 e 102 della legge n. 151 del 1975, e, in conseguenza, del diverso limite di contrasto con l'� ordine pubblico interno� della sentenza straniera di riconoscimento della filiazione naturale, il riesame dell'intera problematica sulla recezione della pronunzia del giudice straniero relativa all'obbligo alle prestazioni alimentari, in connessione con il riconoscimento della filiazione naturale, e alla luce dei principi cui � ispirato il legislatore del nuovo diritto di famiglia, si presenta pi� che legittimo. E' stato in proposito autorevolmente riconosciuto (CARRARO, L., Il nuovo diritto cDi famiglia, in Riv. dir. civ. 1975, 102) che, nonostante le difficolt� di indi viduazione del principio su cui la riforma � fondata, date le asperit� incontrate in sede di redazione delle norme, nel conciliare le valutazioni di politica legisla tiva con le esigenze tecniche, il criterio seguito dal legislatore � stato di... � ac cordare la pi� ampia tutela al figlio, anche a scapito degli interessi della istitu zione familiare �. Ci� comporta, da un lato, la svalutazione del matrimonio (cos� come dell'esi stenza di rapporti � stabili � tra la madre ed il preteso padre) quale fonte della PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 569 le 1958, dichiarata esecutiva con legge 4 agosto 1960, n. 918, fa presente che la domanda di delibazione ha per oggetto il solo capo della sentenza del Tribunale di Stoccolma che contiene la condanna del controricorrente alla corresponsione degli alimenti, e non anche del capo che contiene la dichiarazione di paternit� naturale, e sostiene che, pertanto, trova applicazione nel caso in esame la disposizione contenuta nell'art. 3, n. 2 della predetta convenzione, che attribuisce al giudice del luogo ove si trova !'alimentando la competenza a. conoscere della controversia concernente l'obbligo degli alimenti; censura, quindi, la sentenza impugnata che ha respfoto la domanda di deliberazione per difetto di competenza del giudice straniero. La censura � fondata. legittimit� o della presunzione di filiazione naturale su cui si fondava la normativa ora abrogata, e, d'altro canto, la rilevanza in primo piano del principio della � veridicit�� della procreazione. Da questa nuova e diversa angolazione andranno quindi affrontati i problemi di cui la sentenza in esame si occupa: l'art. 797 impone comunque al giudice della deliberazione di controllare la conformit� all'ordine pubblico interno delle statuizioni contenute nella sentenza straniera. Ma siffatto limite va ora raccordato con l'altro principio, del pari rilevante ed accolto dal legislatore, in tema di rapporti familiari della � veridicit�� della procreazione quale accertata dalla pronunzia del giudice straniero. Ci� comporta che potr� (e ormai dovr�) essere delibata nell'ordinamento italiano la sentenza straniera che abbia raggiunto la prova della paternit� tramite mezzi che secondo il giudizio del foii.slatore italiano possano considerarsi � veridici � anche se disciplinati da un regime diverso a seconda dell'ordinamento in cui la sentenza � stata emanata. Vale a dire che non potr� essere pi� considerata contraria all'ordine pubblico interno la sentenza straniera che abbia dichiarato la paternit� naturale sulla base di prove da considerarsi equivalenti a quelle che l'ordinamento italii.io prevede al fine di raggiungere la certezza della veridicit� della procrea� zione, da parte di chi si assume essere padre del minore. Volendo ricercare dove, con l'entrata in vigore della riforma sia posto il �limite dell'ordine pubblico�, al di l� del quale il ricon�scimento del figlio naturale contenuto nella sentenza straniera non pu� essere ritenuto operante nel nostro ordinamento giuridico -in modo che essa produrr� i pi� limitati effetti di cui all'art. 279 Cod. Civ., bisogna prendere le mosse dall'art. 269 c. C., come modificato dall'art. 113 della legge n. 151 del 1975. La novit� che il nuovo testo apporta consiste, a nostro avviso, proprio nella � liberalizzazione � del riconoscimento giudiziale della paternit� naturale, essendo venute meno le ipotesi tassative, e pertanto restrittive, previste nello art. 269 Cod. Civ., numeri da 1 a 4 nella vecchia formulazione, entro le quali solamente il riconoscimento giudiziale poteva operare, e pertanto la pronunzia straniera essere delibata. Sotto il profilo soggettivo, l'unico limite rimane quello previsto dalla norma di rinvio all'art. 250 cod. civ.: e cio� l'innalzamento dell'et� minima per essere destinataria della pronunzia nel nostro ordinamento a 16 anni per l'uomo e per la donna, oltre che l'inserzione della volont� del figlio, qualora maggiore degli anni sedici, nel complesso dell'attivit� giudiziale che conduce alla declaratoria di riconoscimento di paternit�. 570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questa Corte, infatti, con giurisprudenza costante, ha statuito �che la � sentenza straniera che dichiari, secondo la lex fori, la paternit� naturale di un cittadino italiano nei confronti di un minore � condanni lo stesso a corrispondere gli alimenti al minore, non pu� essere delibata nel capo in cui dichiara la paternit� naturale, se tale dichiarazione � in contrasto con l'ordine pubblico italiano, ma pu� ricevere efficacia in Italia limitatamente alla pronuncia sugli alimenti, in quanto la legge italiana riconosce il diritto . agli alimenti anche al figlio naturale del quale sia vietato il riconoscimento (Cass. 24 ottobre 1968, n. 3449; 6 marzo 1970, n. 557; 12 gennaio 1971, n. 40; 10 febbraio 1971, n. 351). Anche dal lato oggettivo, risulta evidente la differenza dal vecchio testo dell'art. 269, che specificava con indicazione tassativa e inderogabile le fattispecie atte a far presumere la paternit� ad opera del giudice (entro le quali cio� questo poteva emanare sentenza dichiarativa di riconoscimento di pater� nit� senza che ne avesse alcun potere in ipotesi diverse; C1cu, La Filiazione, UTET, Torino, 1969, III, 2, 217). Perdippi�, nel sistemo ora abrogato, il preteso padre poteva dimostrare con ogni mezzo di prova la infondatezza di tale assunzione; cos� come aveva la pi� ampia possibilit� non solo di opporre prova contraria relativamente ai fatti addotti, ma anche togliere in ogni modo valore alla indicazione di paternit� che risultava da quei fatti (C1cu, La Filiazione, cit., 299). Chi agiva per il riconoscimento giudiziale di paternit� naturale era invece astretto al gravoso limite della sola dimostrazione -senza poter addure alcun fatto diverso della sussistenza delle circostanze contemplate nei numeri da 1 a 4 dell'art. 269 cod. civ. :(;. evidente pertanto che i casi di accertamento della paternit� naturale ad opera del giudice italiano si risolvevano in pochissime ipotesi nelle quali chi veniva indicato c�me probabile padre del minore aveva mezzi di prova contraria assai ampi a disposizione: di qui l'estrema. difficolt� di una shnile declaratoria all'interno dell'ordinamento italiano. Conseguenza naturale era poi il contenimento in confini estremamente angusti delle ipotesi in cui la sentenza straniera di riconoscimento di paternit� naturale poteva essere delibata dal giudice italiano, causa l'estrema frequenia in cui l'iter logico� seguito da quello straniero nel dichiarare la paternit� naturale si imbatteva nel � limite dell'ordine pubblico interno �, in misura maggiore o minore a secondo della �libert�� esistente nel diritto di quello stato dalle �strettoie� fissate dal nostro art. 269 cod. civ. Il nuovo testo della norma, in ossequio alle tendenze appena ricordate, .ha abolito tutte le restrizioni poste dal legislatore del �42, subordinando -dal punto di vista oggettivo -la dichiarazi�me giudiziale di paternit� naturale, e di riflesso riducendo l'ambito di applicazione dell'art. 279, a due soli ordini di presupposti limitativi. Da un lato, con la negazione del carattere di � plena probatio � alla sola dichiarazione .della madre in ordine alla paternit�, nonch� alla sola esistenza di rapporti tra la madre ed il preteso padre all'epoca del concepimento. Ci� non toglie peraltro che tali fatti conservino la caratteristica di elementi ~i prova ai sensi dell'art .. 116 c.p.c., potendo la prova della paternit� naturale essere fornita con ogni mezzo in base alla nuova normativa. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 571 g stato, an�he precisato da_ questa Corte (Cass. 6 .marzo 1957, n. 557 cit.) che ai fini della delibazione di una sentenza straniera � possibile la scindibilit� di un capo, anche quando l'autonoma configurazione di questo presuppone la statuizione alla quale lo stesso giudice � pervenuto in altro punto della medesima sentenza. Pa tali statuizioni discende che alla delibazione della sentenza straniera, limitatamente al capo che contiene la condanna alla corresponsione di alimenti ad un minore, ben pu� essere applicata la Convenzione dell'Aja Il legislatore attuale ha infatti completamente ribaltato le posizioni tradizionali in tema di prova della paternit� naturale, perch� ora � sufficiente, al liinite, uno solo dei due mezzi di prova descritti, congiunto con un altro qualsiasi previsto dalla nostra normativa o anche entrambi assieme (dichiarazione della madre e esistenza di rapporti con il preteso padre) perch� la paternit� naturale possa essere giudizialmente dichiarata. D'altro lato quei tipici mezzi fondati sulla compatibilit� delle caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigna tra il figlio e il preteso padre (di cui antecedentemente poteva valersi solo quest'ultimo per disconoscere .la paternit�) acquistano rilevanza anche ai fini della prova positiva della medesima: operano cio� pure in favore e non pi� solamente .contro di chi chiede al giudice che la paternit� naturale venga riconosciuta. Venuta meno � infine anche la caratteristica �esclusiva� della convivenza quale fonte primaria di prova in ordine alla paternit� naturale dichiarata ope judicis: la rilevanza -anche se non esclusiva -dei soli rapp�rti tra la madre e il preteso padre sottraeva l'interessato ad un onere probatorio quanto mai gravoso e tale da rendere, nel vecchio sistema, difficilmente concepibile t.la pronunzia di delibazione della sentenza straniera anche per la parte relativa all'accertamento della paternit� naturale. L'allargamento dei limiti in cui la paternit� naturale pu� essere dichiarata dal giudice italiano, si riflette dunque sulla delibazione delle sentenze straniere che tale accertamento. contengono: in altre parole il � limite dello ordine pubblico � � stato relegato in confini estremamente ristretti, essendo sufficiente e necessario per la delibazione che il giudice straniero sia pervenuto al convincimento in ordine alla paternit� col rispetto dell'iter logico nonch� dei requisiti soggettivi previsti dal nostro ordinamento, affinch� la sentenza vi possa trovare cittadinanza. Di qui l'ulteriore conseguenza del carattere di estrema residualit� �ell'art. 279 del Cod. civ.: e cio� il valore della pronunzia straniera non soggetta a delibazione ai soli fini di far sorgere la mera obbligazione agli alimenti in favore del figlio � non riconoscibile�, Il disposto della norma avr� significato uni�amente nei casi di sentenza straniera fondata su prove non ammesse nel nostro ordinamento o efficace nei confronti di soggetti che non abbiano ancora raggiunto l'et� prescritta. Non pu� rieonoscersi pertanto al legislatore della riforma del diritto di famiglia di non aver inciso, e profondamente, per giunta, sulla delicata materia: di quesiti diversi e pi� equi principi dovranno, da ora, farsi carico gli interpreti e gli operatori del diritto. CESARE LAMBERTI .9 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 572 innanzi citata, anche per quanto riguarda la competenza del giudice che l'ha pronunciata. La sentenza impugnata che ha respinto la domanda di delibazione in quanto ha ritenuto inapplicabile la Convenzione suddetta ed ha conseguentemente considerato insussistente la competenza del giudice straniero, deve essere, pertanto, cassata e la causa va _rimessa ad altro giudice, il quale decida sulla domanda in aderenza ai principi enunciati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 febbraio 1976, n. 633 -Pres. Rossi � Est. Sandulli -P. M. Minetti (conf.) -Ditta F.lli Elia e S.p.a. F.lli Peyrani (avv. Werthmuller) c. A.N.A.S. (avv. Stato Tarin). Leggi e decreti � Regolamento di esecuzione -Contenuto. (cost., art. 87; l. 31 gennaio 1926, n. 100, art. 1). Circolazione stradale -Indennizzo per usura eccezionale della strada Criteri previsti dall'art. 18 regolamento 30 giugno 1959, n. 420 � Legittimit�. (t.u. 15 giugno 1959, il. 343, art. 10; d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420, art. 18). Il principio secondo cui i regolamenti di esecuzione non possono contenere norme che superino la necessit� di dare attuazione alla legge a cui si riferiscono (o addirittura cambiare alla legge medesima od altra legge, od ai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stat�) non esclude che, a norma dell'art. I, n. l, della legge 31gennaio1926, n. 100 -per questa parte in vigore -essi possono contenere norme secondarie e derivabili, per via di interpretazione e di deduzione dalla norma primaria posta dalla legge (norma infra legem) o norme di carattere complementare od integrativo (norme secondarie extra o praeter legem) (1). � legittimo l'art. 18, comma 15, del regolamento per l'esecuzione del Testo Unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con il d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420, non contrastando con il disposto del comma 4 dell'art. 10 del T. U. approvato con d.P.R. 15 giugn� 1959, n. 393 sia perch� non impone, ma autorizza l'ente proprie_tario della strada a richiedere un indennizzo per il transito dei veicoli eccezionali quando in base ad una valutazione tecnico-discrezionale ritenga sussistere la eccezionale usura della strada, sia perch� il criterio della commisurazione dell'indennizzo (tonnellate (1) Giurisprudenza costante: cfr. Cass. Sez. Un. 28 giugno 1966, n. 1671 e 1972, in Foro it. rep., 1966, 1600 e Giust. civ., 1966, I, 2192. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 573 chilometri eccedenti i pesi massimi consentiti dall'art. 33 T. U.) ivi previsto costituisce una mera statuizione interpretativa e integrativa di quella contenuta nella norma primaria dell'art. 10, 4 comma t.u. citato (2). (Omissis). -Con l'unico motivo, le ricorrenti -denunciata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 10, comma 4, del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con d.P.R. 15 giugno 1959, n. 293; 18, comma 15 del Regolamento, approvato con d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420; e 115, comma 2, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ. -censurano la sentenza impugnata, per non aver ritenuto l'illegittimit� dell'art.18, comma 15, del Regolamento d'esecuzione, dedotta sotto un duplice profilo di contrasto con la norma primaria, di cui all'art. 10, comma 4, del testo unico (cosiddetto codice della strada). Si sostiene: a) che, mentre per la norma primaria l'indennizzo � dovuto �eventualmente� ossia a condizione dell'eccezionale usura della strada, per la norma secondaria l'indennizzo s~rebbe obbligatorio in ogni caso di trasporto eacezionale; b) che, mentre la norma primaria prevede comecriteri di determinazione dell'indennizzo per l'eccezionale usura del manto e del sottofondo stradale quelli delle � cose da trasportare �, del � tipo di veicoli� e del �periodo di tempo per cui � richiesta l'autorizzazione�, la norma secondaria avrebbe sostituito agli indicati criteri l'unico criterio del rapporto �tonnellate-chilometri�, applicabile a tutti i trasporti eccezionali, eccedenti per peso i limiti massimi consentiti dall'art. 33 del testo unico. Entrambi i profitti, delineati con la riassunta censura, sono privi di fondamento. Ai fini della disamina dei problemi prospettati occorre muovere dalla posizione assegnata ai regolamenti di esecuzione nella scala gerarchica delle fonti di produzione giuridica. I regolamenti di esecuzione, rientrando (come i regolamenti indipendenti e gli altri provvedimenti amministrativi normativi, posti in essere da autorit� amministrative statali -centrali o locali -e da enti pubblici minori -cosiddette norme di autonomi-), nella categoria dogmatica delle fonti secondarie sfornite di forza di legge, sono privi di capacit� derogativa (e cio� di energia modificativa di preesistenti situazioni giuridiche) nei confronti delle norme dotate di forza di legge. Alla loro natura di fonti secondarie tipiche (e cio� conformi allo schema istituzionale della categoria) inerisce che la validit� (e, quindi, l'obbligatoriet�) di essi (ma non la efficacia, n� la esecutoriet�) sia condizionata dalla loro conformit� alle fonti (primarie e secondarie) provviste di forza di legge. (2) Questione nuova e la cui soluzione, attentamente motivata, merita pieno consenso. li74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Peraltro, secondo� il criterio direttivo fondamentale della giurispruden� za della Corte. Suprema, il principio, secondo cui i regolamenti di esecu� zione non possono contenere norme che superino la necessit� di dare at� tuazione alla legge cui si riferiscono (o addirittura contrarie alla legge medesima, ad altra legge od ai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato), non esclude che, a norma dell'art. 1 n. 1 della legge 31 gen� naio 1926, n. 100 (per questa parte tuttora in vigore), essi possono contenere norme secondarie derivabili, per via di interpretazione e deduzione, dalle norme primarie poste dalla legge (norme infra legem) o norme di carattere complementare od integrativo (norme secondarie extra o praeter legem) (cfr. Cass. sent. 6 settembre 1968, n. 2872; sent. 28 giugno 1966, n. 1672; sent. 17 maggio 1961, n. 1160). Ed � alla luce di tale presupposto giuridico che occorre esaminare se, nel caso di specie, la norma secondaria contenuta nel quindicesimo comma dell'art. 18 del Regolamento (inteso ad assicurare l'esecuzione della norma p~imaria contenuta nell'art. 10, comma 4, del testo unico, mediante disposizioni di carattere sussidiario o complementare) sia o meno illegittima, per aver modifi�ato nella sostanza il contenuto della norma primaria. Secondo la tesi delle ricorrenti, l'illegittimit� dell'art. 18, comma 15 del Regolamento deriverebbe, innanzi tutto, dalla statuita obbligatoriet� del� l'indennizzo, sul presupposto che tutti i trasporti eccezionali siano astrattamente idonei a provocare -l'usura della strada, in quanto la legge pri� maria ..::.. tenuto conto dei progressi tecnici nella costruzione degli autoveicoli, nella distribuzione dei pesi secondo il numero degli assi e soprattutto nella efficienza dei molleggi -avrebbe considerato soltanto eventuale tale usura, demandandone la determinazione al regolamento, il quale, per contro, avrebbe ritenuto la stessa inscindibilmente ed indefettibilmente connessa con l'eccezionalit� del trasporto. Tale tesi, per�, non pu� essere condivisa. Ad essa � sufficiente obiettare che l'art. 18, comma 15, cj.el Regolamento non impone affatto all'ente proprietario della strata di richiedere in ogni caso l'indennizzo, giacch�, ai sensi di tale norma, per i trasporti eccezionali e per i transiti di veicoli eccezionali, sorpassanti i limiti massimi di peso consentiti per i vari tipi di veicoli usati, l'ente � soltanto �autorizzato� a richiedere, in base ad una valutazione tecnico-discrezionale, ad esso de mandata, il pagamento di una somma per (il caso del) la eccezionale (presu mibile ed eventuale) usura della sfrada., Per modo che, -essendo all'ente proprietario della strada demandata la potest� tecnico-discrezionale di condizionare l'autorizzazione all'inden nizzo, nei casi in cui il trasporto eccezionale, possa presumibilmente arre care una straordinaria usura della strada -deve ritenersi -sul rilievo che sia la norma primaria che quella secondaria escludano l'indefettibile doverosit�, di una imposiziorie (indiscriminata) di indennizzo -che non PARTE I, SEZ. IV, GIUIUSPRUDENZA CIVILE ricorra il preteso contrasto fra le norme contenute. negli artt. 10 del testo unico e 187 del Regolamento. Invero, in tal caso, la norma secondaria ha mero carattere interpretativo, mirando soltanto a chiarire come l'imposizione dell'indennizzo all'ente proprietario della strada compete soltanto l'esercizio di una podest� amministrativa; connessa a quella autorizzatoria, esercitabile in base ad una valutazione tecnico-discrezionale. Quanto all'altro profilo di contrasto, consistente nella asserita disparit� dei criteri di determinazione dell'usura eccezionale della strada, ai fini de!Ja commisurazione dell'indennizzo, le ricorrenti deducono che, con l'art. 18, comma 15, del Regolamento si sia sostituito ai criteri, fissati dall'art. 10, comma 4, del testo unico, delle �cose trasportate� e dei �tipi (e caratteristiche) dei veicoli�, nonch� a quello del �tempo di durata dei trasporti �, l'unico criterio del rapporto tra gli elementi base delle � tonnellate � e dei � chilometri �. In particolare, sostengono che, con l'uso di taluni autoveicoli, aventi particolari caratteristiche e tecniche, tali da consentire -per ef~etto di una sugli stessi, .nonch� per l'uso di speciali pneumatici -maggiori velocit� si cagioner�bbe un'usura della strada notevolmente minore, � che da ci� div�rsa disposizi�ne degli assi. e di una differente distribuzione del carico �c>ns�guirebbe l'implicazione che il regolamento di esecuzione, sostituendo, ai fini della commisurazione dell'indennizzo, dovuto all'ente proprietario della strada per la prevedibile eccezionale usura, al criterio della durata del trasporto (valutabile in.funzione della velocit�) quello della lunghezza del percorso, avrebbe derogato alla norma primaria, contenuta nella legge. Secondo le ricorrenti, quindi, -non coincidendo il criterio della lun ghezza del percorso con quello della durata del viaggio -non sarebbe le gittimo il criterio stabilito dal regolamento, per il quale, in caso di ugua glianza di percorsi edi pesi, sarebbe dovuto un uguale indennizz� -indi pendentemente dalla diversit� dei tipi di veicoli e delle loro velocit�. Anche il secondo profilo di illegittimit� �, per� privo di fondamento. Invero, l'adozione del criterio del rapporto tra tonnellate e chilometri nell'art. 18, comma 15, del regolamento di esecuzione non determina alcun Contrasto della norma secondaria con la norma primaria �dell'art. 10, com ma �4, del testo unico, rispetto alla quale la prima si pone come una mera statuizione interpretativa ed integrativa. Infatti, il riferimento �alle tonnellate, come primo elemento base del rapporto, compendia in s� i due criteri legislativi del carico (cose da tra sportare) e del tipo di veicolo usato, venendo questo in rilievo .prevalente mente in ragione del suo peso, in quanto notoriamente i trasporti eccezio nali, eccedenti� i limiti .massimi fissati per i singoli veicoli dall'art. 33 del testo unico, operano un'usura pi� accentuata, sia del manto stradale (per l'attrito radente delle ruote dovuto congiuntamente al� peso ed al carico RASSBGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO del veicolo), sia del sottofondo e della massicciata stradale, nonch� delle cosiddette opere d'arte (tombini, cunette, ecc.), soprattutto a causa del peso straordinario ed eccessivo conseguente al carico trasportato ed alla pesantezza del veicolo. Inoltre, il preteso contrasto non sussiste neppure riguardo al rifer�� mento al chilometraggio. Invero, il criterio del periodo di tempo (durata del viaggio, calcolabile su base oraria), indicato nella norma primaria, pu� essere considerato come parametro dell'usura della strada -soltanto quale indice del tratto stradale percorribile in un certo arco di tempo, essendo la durata del tra� sporto in funzione della percorrenza, e cio� del chilometraggio effettuato. � N� pu� introdursi -come si vorrebbe dalle ricorrenti -quale elemen� to di possibile discriminazione la diversa velocit� dei veicoli, essendo l'usu� ra della strada sempre collegata alla distanza percorsa, ed al tragitto effet� tuato, in un determinato periodo di tempo, e cio� al tratto di strada effet� !ivamente gravato e deteriorato dal trasporto eccessivamente usurante per la esorbitanza dei limiti di peso consentiti. Invero, a parte il rilievo che la norma primaria non trova la sua ragione ispiratrice ed informatrice nell'intento di agevolare, come il riferimento al periodo di tempo i veicoli pi� veloci, vale l'elementare considerazione che, a parit� di peso e di chilometraggio, l'aumento della velocit� compor� ta (notoriamente) una maggiore usura della strada, sicch� questa aumenti proprio in funzione ed in correlazione al minor tempo di percorrenza. A contrastare la tesi delle ricorrenti giova, poi, anche la riflessione e i veicoli aventi dimensioni o caratteristiche particolari, cui si fa riferimento nel ricorso, ancorch� in astratto siano idonei a sviluppare velocit� notevoli in caso di trasporti normali, se utilizzati per trasporti eccezionali, e cio� tali da eccedere i limiti di peso previsti e consentiti dall'art. 43 del testo unico per i veicoli stessi, non possono raggiungere in concreto le maggiori velocit�, di cui sono potenzialmente suscettibili in condizioni comuni ed usuali, con la conseguenza che da tale osservazione possa trarsi l'implicazione logica della esclusione della sussistenza di un notevole, rilevante divario fra le velocit� di percorrenza dei vari tipi di veicoli, normalmente usati per i trasporti eccezionali pur se articolati su una pluralit� di essi. Pertanto -poich� alla distanza percorsa (in un certo periodo di tempo); in relazione al peso ed al carico dei (vari tipi di) veicoli impiegati nel trasporto eccezionale, che, secondo la norma secondaria, occorre riferirsi ai fini della commisurazione dell'indennizzo, dovuto all'ente proprietario della strada per l'eccezionale usura cagionata dai veicoli, eccedenti i limiti di peso, fissati dall'art. 23 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale -deve escludersi -importando appunto il chilometraggio la valutazione del tempo di spostamento -che ricorra la denunciata illegit� PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE �# .� 577 timit� della norma secondaria, contenuta nell'art. 18, comma 15, del Regolamento di esecuzione, la quale, non derogando e non innovando ai criteri direttivi, fissati nell'art. 10, comma 4, del testo unico, per la determinazione dell'fudennizzo in correlazione alla prevedibile usura della strada, a mero carattere interpretativo ed integrativo della norma primaria. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1976, n. 971 -Pres. Giannattasio � Est. Pascasio � P. M. Minetti (conf.) � Giuliani (avv. Napoli) c. Procuratore Generale presso la C. A. Bologna (Avv. Stato Salimei). Obbligazioni e contratti � Luogo ove si � verificato il fatto generatore dell'obbligazione � Conseguenze �sulla competenza. Trattati e convenzioni internazionali � Convenzione dell'Aja del 15 aprile 1968 � Controversie sulla dichiarazione di paternit� naturale � Li� miti � Obbligazione di corrispondere gli alimenti � Efficacia. L'art. 25 delle disposizioni preliminari al Cod. Civ., che rende applica� bile alle obbligazioni la legge del luogo ove si � verificato il fatto da cui esse derivano, riguarda la disciplina sostanzial� delle obbligazioni medesime e non la competenza a decidere su di esso (1). L'art 2 n. 2) della Convenzione dell'Aia del 15aprile1968, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1960, n. 418 vieta -in deroga all'art. 798 c.p.c. l'esame del merito di una controversia avente per oggetto la dichiarazione di paternit� naturale, consentendolo solo nel caso in cui il giudice della deli berazione ritenga che il soccombente senza sua colpa non abbia avuto la pos sibilit� di conoscere l'esistenza del processo e non si sia potuto difendere (2). Secondo l'art. 2, n. 2) e 3) della Convenzione dell'Aia del 15 aprile 1958 � la regolarit� della citazione ed il passaggio in giudicato della sentenza van no accertati secondo la legge dello Stato cui appartiene l'autorit� che ha emesso la decisione (3). Non applicandosi le limitazioni di prova sull'accertamento del vincolo di sangue alla sfera delle obbligazioni patrimoniali, ben pu� essere efficace la decisione che abbia condannato il cittadino italiano a corrispondere gli alimenti a favore di un minore la cui filiazione sia stata accertata senza �le limitazioni stabilite nella legge italiana: rimane poi limitata al capo relativo all'obbligazione alimentare la decisione straniera contenente ulteriori disposizioni di carattere non patrimoniale, non essendo impedito al giudice della deliberazione di scindere le statuizioni della sentenza straniera, anche se reciprocamente interdipendenti (4). (1-2-3) Giurisprudenza costante; cfr. tra le altre Cass. 1, 19 ottobre 1972, n. 3133, in questa Rassegna, 1972, I, 1094, con richiami. (4) Anche l'ultima parte rispecchia un indirizzo consolidato; per un'impostazione del problema relativo alle modificazioni della materia con l'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia, cfr. retro, Cass. 20 gennaio 1976, n. 16 con nota di LAMBERTI. RASSEGNA D�LL'AVVO�ATURA DELLO STATO 578 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1211 ~ Pres; Mirabelli -Es�t. Val�re -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero dei Lav�ri Pubblici (avv'. Stato Carafa) c. Raccuglia e Manna (avv. Colt�ltaldo). Procedimento civile � Consulenza tecnica � Funzione probatoria � Sussiste." (c.p.c., artt. 62 e 194). Espropriazione p.u. � Espropriazione parziale con vantaggio al fondo res~ duo � Criterio dell'art. 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 � Inapplicabilit�. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40). Espropriazione p.u. � Terremoto del 1968 in Sicilia � Espropriazione per acquisizione di aree � Indennit� di espropriazione � Pagamento diretto da parte dell'Amministrazione agli espropriati. (I. 29 luglio 1968, n. 858, art. 2, 23 quater). La ,consulenza tecnica costituisce uno strumento non. soltanto di valutazione te~nica, ma anche di accertamento e di ricostruzione storica dei, fatti che, s�rvendo di base alla valutazione, siano intimamente collega~~ con l'oggetto dell'indagine tecnica, sicch� entro tale limite essa assolve funzione probatoria (1). Il criterio previsto dall'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, per la liquidazione dell'indennit� in caso di espropriazione parziale non trova applicazione quando la parte residua del fondo abbia conseguito un vant.g. gio e non un danno dall'esproprio (2). (1-3) Con l'affermazione contenuta nella prima massima si consolida l'indirizzo fissato nella sentenza 22 gennaio 1974, n. 172 (in questa Rassegna, 1974, I, 931 con nota di richiami) secondo cui, purch� vi sia una ded�zione di parte; la consulenza �tecnica pu� essere l'unico elemento di prova �nel giudizio di opposizione alla stima del bene espropriato. . . , Pur confermandosi le riserve gi� formulate, non. sembra ormai proba)Jile un cambiamento di giurisprudenza sul punto. Di particolare interesse il principio contenuto nella seconda massima. Ritiene il S.C. che il disposto dell'art. 40, in caso di �spr�priazione parziale; trovi applicazione soltanto nell'ipotesi che la parte residua del fondo abbia subito un danno. Quando. tale parte abbia conseguito invece, come nella specie, tJIJ, yantaggio, troverebl:ie. applicazione il criterio di stima fissato. da.Il' art...39,, limitatamente alla parte espropriata, mentre non si tiene conto d�l vantaggio. derivato dall'esecuzione dell'opera pubblica alla parte residuo, se non rieor�'�nb" le particolari condizioni richieste dall'art. 41 (cio� che si tratti di un vantaggio �'speciale ed immediato�). Per un cenno nello stesso senso v. Cass., 17 gennaio 1969, n. 98, in Giitst; civ., 1969, I, 861 (in motivazione). f La dottrina � conforme: v. ROSSANO, L'espropriazione per pubblica utilit�, Torino sid., ma 1964, p. 258 ss.; ARDIZZONE, Espropriazione per p.u. (procedi. mento), Enc. dir., vol. XV, p. 873. � ~ I I PARTE. I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 579 La speciale d~sciplina relativa all'acquisizione di aree necess�rie per� la costruzione� di opere per 'la sistemazione dei .sinistrati del terremoto si<iiliano del 1968 prevede che l'indennit� di espropriazione. sia pagata direttamente �i proprietari dei terreni espropriati da parte della Amministra~ zione espropriante (Provv.to alle opere pubbliche di Palermo) (3). Sulla nozione di vantaggio �speciale ed immediato� v. Cass. 19 novembre �1973, n: 3095, in questa Rassegna 1974, I, 1632, dove esatt�mente si precisa che quando la �parte residua dei fondi espropriati ha acquistato natura edifi~ catoria in seguito alla costruzione dell'opera pubblica; non pu� negarsi fa ricorrenza della fattispecie prevista dall'art. 41, non potendosi ritenere, che l'espressione � speciale � coincida con � esclusivo �. Sul principio contenuto nella terza massima non constano precedenti. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1221 -Pres. Mirabelli �~ Est. Mancuso -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (aw. Stato Sinicolfi). c. Fallimento Albi Terapeutici (avv. Scarpa). Leggi, decreti e regolamenti -Decreto legge -Legge di conversione -Sostituzione o soppressione� in sede di conversione � Efficacia retroattiva � Fattispecie. (cost., art. 77). In sede di conversione in legge di un decreto-legge, sia nel caso di sostituzione di una sua norma con un'altra, sia nel caso di soppressione in toto. di una norma, la. disposizione. sbstituita od abrogata perde efficacia ex tunc e cio� anche in relazione agli atti o fatti avveratisi medio tempore, prima della soppressione (applicazione al termine previsto dall'art. 99 della legge fallimentare prorogato dal D.L. 18 dicembre 1972, n. 788,_ che � stato soppresso dalla legge 15 febb.raio 1973, n. 9) (1). (1) Si conferma l'indirizzo gi� accolto dalla Cassazione nelle sentenze 15 dicembre 1972, n. 3605 e .8 marzo 1972, n. 669, questa ultima in Foro it., 1972, I, 1574, con nota di richiami. C�RTE DI'CASSAZIONE, Sez. Lav., 15 aprile 1976, n. 1352 -Pres. Bonomo Est. Dondona -P. M. Pedace (conf.) -Piazzola (avv. Ferrara) c. Ministero delle Finanze e Soc. Nicolai. Lavoro (controversia di) � Competenza -Chiamata in giudizio della p.a. iussu indicis -Foro dello Stato -Applicabilit�. � (cod. proc. civ., artt. 25, 107; t.u, 20 ottobre 1933, n. 1611, art. 6; I. 11 agosto 1973, n. 533, art. 20). � .. . Disposta la chiamata in giudizio iussu iudicis della P. A. �1a competenza a giudicare della causa, di cui ormai tale P. A. � parte, spetta al Tribu RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 580 nale del luogo ove ha sede l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il Tribunale che sarebbe competente secondo le norme ordinarie ai sensi dell'art. 25 c.p.c. in relazione all'art. 6 del t.u. n. 1611 del 1933, e tale competenza, essendo di carattere funzionale e inderogabile, va applicata anche nelle controversie di lavoro (1). (1) Massima di evidente esattezza e di particolare importanza costituendo, per quanto consta, la prima pronunzia dopo l'entrata in vigore della novella al cod. proc. civ. relativa alle controversie di lavoro, che abbia riconosciuto anche in �tali controversie, quando sia parte un'Amministrazione dello Stato, la competenza del foro erariale. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 aprile 1976, n. 1336 � Pres. Caporaso -Rel. Pieri � P. M. Berri (conf.) INPS (avv. Lor�) c. Ministero della Sanit� (avv. dello Stato Azzariti). Enti Pubblici � Ente Ospedaliero � Provvedimenti di trasferimento di beni da un ente pubblico (Inps) ad un ente ospedaliero � Funzione � Man� cata previsione di indennizzo � Questione di legittimit� costituzionale della legge n. 132 del 1968 -Manifesta infondatezza � Giurisdizione del1' A.G.O. � Improponibilit�. Enti pubblici -Ente Ospedaliero � Provvedimento di trasferimento del beni da un ente pubblico ad un ente ospedaliero � Funzione � Impugnativa � Giurisdizione del giudice amministrativo � Improponibilit�. Il provvedimento che ha disposto il trasferimento al nuovo Ente Ospedaliero del complesso ospedaliero appartenente all'lnps esplica una funzione non oblatoria bens� organizzatoria di un determinato settore della p.a., in quanto non ha sottratto i beni all'lnps pur mantenendo allo stesso l'affidamento della funzione pubblica al cui perseguimento i beni erano strumentalizzati, ma ha :riorganizzato diversamente un certo pubblico servizio affidandone la gestione, anzich� all'lnps, ad altri Enti; pertanto il provvedimento, nel non prevedere il pagamento di un� indennizzo, non ha leso il diritto soggettivo di propriet� (iure privatorum) (n� la relativa legge n. 132 del 1968 viola l'art. 42 della Corte), e la sua impugnativa non rientra nella giu,risdizione dell'a.g.o. (1). N� sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo perch�, nella impugnativa di un provvedimento organizzativo, l'lnps non pu� far valere nei confronti dello Stato, neppure un interesse legittimo (2). (1�2) Sentenza di particolare interesse e di indubbia esattezza. PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE (Omissis) -L'Istituto ricorrente osserva che le prospettazioni svolte del ricorso da esso proposto al Consiglio di Stato potrebbero indurre a ritenere, a prima vista, che esso Istituto abbia dedotto in giudizio un proprio diritto soggettivo e cio� il diritto all'indennizzo per il subito esproprio dei beni costituenti il complesso ospedaliero. Se cos� fosse, indubbia sarebbe la giurisdizione del giudice ordinario e non di quello amxnini� strativo. Rileva tuttavia che, ai fini della discriminazione della giurisprudenza, devesi aver riguardo al petitum sostanziale e cio� alla intrinseca natura della posizione fatta valere� in giudizio, da individuarsi in rapporto con la causa petendi, indipendentemente dalla prospettazione della parte attrice ed in relazione alla norma di legge regolante il potere esercitato in concreto dalla P.A. (e ci� a prescindere dalle ipotesi in cui possa ipotizzarsi una doppia tutela). Ci� posto, assume l'Istituto ricorrente che la doglianza da esso mossa dinnanzi al Consiglio di Stato, pur sottintendendo il proprio diritto sog , gettivo all'indennizzo, astrattamente azionabile dinanzi all'A.G.O., non mira al ripristino del diritto soggettivo leso, e ci� sia in relazione al petitum (annullamento del decreto presidenziale), sia in relazione alla causa petendi (essendosi fatto valere il cattivo esercizio dei poteri conferito alla Autorit� che ha .emesso il provvedimento, per violazione di disposizioni di legge e per eccesso di potere). Nel giudizio pendente dinnanzi al Consiglio di Stato si controverte dunque unicamente in ordine all'esercizio del potere da parte della P .A.; e quindi la controversia deve esser definita dal giudice dagli interessi. Chiede quindi che le Sezioni Unite della Cassazione dichiarino la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere del giudizio promosso dinnanzi al Consiglio di Stato. Nel loro controricorso, le Amministrazioni della Sanit� e degli Interni eccepiscono preliminarmente la non integrit� del contraddittorio, in quanto, costituite le Regioni a statuto ordinario, sono state trasferite ad esso, assieme ad altre numerose funzioni amministrative gi� esercitate dallo Stato, anche ampie funzioni in materia sanitaria ed in particolare la competenza ad emettere i provvedimenti di costituzione in Enti Ospedalieri degli Ospedali di cui al secondo comma dell'art. 3 della 1. n. 132 del 1968. In seguito a ci�, l'Amministrazione dello Stato, che pure, all'epoca della proposizione del ricorso al Consiglio di Stato, aveva piena competenza in materia, � stata ora totalmente _spogliata della funzione prima esercitata, venendo in toto sostituita dall'ente Regione; la sentenza delle Sezioni Unite in tema di regolamento di giurisdizione, di conseguenza, rischierebbe di essere inutiliter data, in quanto non vincolativa nei confronti della Regione interessata, la quale non potrebbe non essere controparte interessata, lad� dove, in ipotesi, dovesse esser rite,nuta sussistente la giurisdizione del l'A.G.O.; la questione dell'indenniziabilit� si potrebbe infatti sostanzialmente ed esclusivamente nei confronti della Regione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'eccezione non .� .fondata. Questa Corte Suprema, infatti,� con giurisprudenza costante, dalla quale non vi � motivo di discostarsi, ha sempre� ritenuto che il regolamento di giurisprudenza costituisca un procedimentb incidentale, al quale non possono partecipare altre parti se non quelle pre-' senti nel processo nel corso del quale il regolamento � proposto (cfr. Cass. 27 maggio 1964, n. 1329). Ed ancora, si � costantemente Fitenuto che 'l� questione concernente la regolare costituzione del rapporto processuale sfa l'unica pregiudizia1e rispetto alla questione di giurisdizione, talch� la mancata integrazione del c�rttraddittorio nel giudizio di merito nei confronti' di un litisconsorte necessario rende inammissibile il regolamento preven" tivo di giurisdizione (cfr. Cass. 2 febbraio 1973, n. 312). Ond'� che la que-� Stione della asserit� non integrit� del contraddittorio poteva e dovev�' esse'rproposta non gi� in questa sede, bens� nel giudizio dinnanzi al Consiglio� di Stato. Ma la stessa Amministrazione riconosce che �all'epoca �dell'eman�~ z�orie del provvedimento impugnato, la competenza a provvedere in subiecta materia spettava unicamente allo Stato e che esattamente il ricorso per lo annullamento del provvedimento era stato proposto nei confronti dell'Am~ inistrazione statale. N� va dimentic~to che il Consiglio di Stato in adunanz_ a plenaria (dee. 3 luglio 1973, n. 7), in ipotesi del tutto analoga, ha confermato che unica legittimata ad aver notificato il ricorso � l'Autorit� Sta~ tale che ha emesso il provvedimento e che la Regione sostanzialmente i~teressata a seguito delle nuove norme intervenute nelle more del giudizio ha solo veste per intervenire ad adiuvandum nel processo amministrativo. Respinta quindi l'eccezione pregiudiziale, occorre scendere all'esame del merito della questione. L'INPS ha motivato il suo ricorso al Consiglio di Stato con le do~ glianze di violazione di legge ed eccesso di potere ed ha chiesto l'am;mllamento del provvedimento (D.P.R.) che ha disposto il trasferimento del complesso ospedaliero gi� di esso Istituto al nuovo Ente Ospedalier?. Se quindi ci si potesse attenere semplicemente alla prospettazione della questione come data dall'Istituto ricorrente, non dovrebbe esser dubbia la giurisdizione del giudice amministrativo. Ma, come � noto, occorre rifarsi al petitum sostanziale, e cio� alle ragioni sostanziali della pretesa.dedotta. in giudizio,. onde accertare se esse implichino la (pretesa) lesione .di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo. Occorre. quindi prendere in esame le norme regolant~ la materia di cui si discute, per controllare. se ci si trovi di fronte a norme di azione o di relazione, ovvero, addirittura, se manchi del tutto una tutela giurisdizionale delle pretese fatte valere dall'INPS. Primo quesito da affrontare � quello concernente la natura del diritto che l'INPS aveva, prima del provvedimento impugnato, sul complesso osn~ daliero .in questione. Giacch� non � dubbio che se ci si trovasse di fronte ad un diritto di propriet� jure privatorum, la lesione del diritto stesso, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE senza previsione alcuna di indennizzo, comporterebbe la lesione di un diritto soggettivo, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario. Al riguardo, osserva la difesa dell'INPS che, in linea di principio, 111. qualifica di propriet� pubblica si attaglia unicamente ai beni demaniali, mentre tutti gli altri beni dello Stato e degli altri Enti pubblici sono soggetti al regime giuridico della propriet� privata, salve le precisazioni di �ui all'art. 828 e.e. per i beni del patrimonio dello Stato e degli Enti territoriali e di cui all'art. 830 e.e. per i beni degli Enti pubblici non territoriali (dei quali sono soggetti alla regolamentazione del codice civile tutti quelli che non siano destinati ad un �pubblico servizio�). Ci� posto, l'IN:es nega in primo luogo che i suoi sanatori fossero destinati ad un� pubblico servizio, essendo destinati al solo ricovero degli assicurati INPS e non di tutti i tubercolotici; nega poi che sussistesse, in relazione ai �predetti cpmplessi ospedalieri, un vincolo di indisponibilit�, essendo lo stesso escluso dalle norme delle leggi speciali regolanti la specifica materia (cfr., in particolare, gli artt. 14 e 35 del r.d.l. n. 1827 del 1935). Entrambe . queste tesi non hanno fondamento. Invero, negare il cari: i.ttere di servizio pubblico agli ospedali sanatoriali dell'INPS � una vera contraddizione in termini, ove si consideri che lo stesso Istituto svolgeva e svolge essenzialmente ed esclusivamente un servizio pubblico, del quale gU ospedali sanatoriali non erano che uno strumento. Quanto poi al vincolo di indisponibilit�. dei. beni in questione, esso deriva in primo luogo dalla stessa loro destinazione ad un servizio pubblico (rientrante tra i fini propri dello Stato e che lo Stato stesso, anzich� gestire direttamente, ha preferito affidare ad un Ente pubblico parastatale creato ad hoc). In secondo 1uogo, non � pur nulla vero che dalle norme invocate emerga l'esclusione del vincolo di indisponibilit�. Secondo l'art. 14 del r.d.l. n. 1827 del 1935 spetta al consiglio di amministrazione dell'INPS non solo deliberare... � 3) l'acquisto, l'alienazione e la permuta dei beni immobili urbani e rustici, nonch� l'eventuale trasformazione dei beni predetti�, ma anche � ... 6) deliberare in merito alla costruzione di ospedali, sanatori ed altri istituti di cura �. Il coordinamento tra queste due disposizioni, contenute nello stesso articolo (e delle quali la difesa dell'INPS menziona solo la prima) dimostra chiaramente come la statuizione di cui al n. 3) si riferisca a beni immobili diversi dagli ospedali, sanatori ed altri istituti di cura. Il che trova puntuale conferma nella norma dell'art; 35: �I capitali disponibili dell'Istituto, per tutte le gestioni ad esso affidate, possono esser;e impiegati... g) in beni immobili urbani e rustici �. Il senso di queste disposizioni � d~que chiaro. L'INPS, pur essendo un ente pubblico parastatale, � strutturato sullo schema di una impresa assicurativa; e come tale ha l'obbligo d� impiegare i capitali accumulati mediante il pagamento dei contributi (premi) in modo da assicurare che gli stessi garantiscano la copertura degli oneri gravanti sull'Istituto per le prestazioni dovute agli assicurati. In que-' sto senso, al pari delle imprese assicurative, l'INPS deve obbligatoriamente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO investire almeno una parte dei capitali disponibili in immobili, che vengono ad sire la posizione di beni patrimoniali disponibili. Ma tali beni nulla hanno a che fare con qu�lli funzionalmente connessi con lo svolgimento delle attivit� di pubblico interesse affidate all'Istituto (come, appunto, gli ospedali sanatoriali, le sedi degli uffici, ecc.); ed � ai beni strettamente patrimoniali che si riferisce il n. 3 dell'art. 14, mentre non per nulla il n. 6 dello stesso articolo considera separatamente gli ospedali, i sanatori e gli altri istituti di cura. � chiaro, quindi, che gli ospedali dell'INPS non erano, n� mai sono stati, beni patrimoniali dei quali l'Istituto potesse disporre jure privatorum, ma beni destinati a pubblici servizi, che non possono esser sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (cfr. artt. 826, 828 ed 830 e.e.). Osserva, peraltro, in linea subordinata, , la difesa dell'INPS che anche se ci dovesse riconoscere un carattere di indisponibilit� ai sanatori dell'INPS, ne deriverebbe soltanto che l'Ente proprietario incontrerebbe limiti al diritto di disporre di essi; limiti che non annullerebbero il carattere patrimoniale e privato del bene, che resterebbe sottratto al regime della propriet� pubblica ed assoggettato, quindi, a quello della propriet� privata e quindi alla regola di cui all'art. 834 e.e., per la quale nessuno pu� esser privato in tutto od in parte dei beni di sua propriet� se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata e contro il pagamento di una giusta indennit�. Ma anche questa tesi non merita accoglimento. Invero, i sanatori della INPS avevano il carattere di beni patrimoniali indisponibili solo ed in quanto trattavasi di beni destinati allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse, affidata all'INPS dallo Stato. Ora, nel caso di specie, lo Stato non ha sottratto i beni in questione all'Istituto pur mantenendo allo stesso l'affidamento di quella certa funzione pubblica al cui perseguimento i beni erano strumentalizzati; al contrario, lo Stato ha ritenuto di organizzare diversamente quel certo pubblico servizio, affidandone la gestione, anzich� all'INPS, ad altri Enti. Ai quali Enti, logicamente sono stati attribuiti quei certi beni patrimoniali che costituiscono gli strumenti indispensabili per l'espletamento della funzione. Non vi � stato quindi, nella specie, alcun provvedimento di carattere ablatorio, che possa giustificare l'applicazione della regola dell'art. 834 e.e.; ma un provvedimento di carattere organizzativo o meglio, riorganizzativo di un determinato settore della pubblica amministrazione. Da ci� deriva, come esattamente rileva la difesa dell'Amministrazione, che il pagamento all'INPS di un indennizzo per i sanatori verrebbe a porre in essere, per l'Istituto stesso, un arricchimento senza causa, perch� gli verrebbe corrisposta una attribuzione patrimoniale cui non corrisponderebbe per l'Istituto alcun onere di spesa per la prestazione di pubblici servizi. Del pari; non avrebbe senso alcuno sottrarre all'INPS, nell'ambito della riorganizzazione del sett�re, la PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE funzione dell'assistenza contro la tubercolosi, e nel contempo lasciare all'Istituto stesso la propriet� e la disponibilit� dei sanatori, ormai divenuti inutili per l'Ente e che sarebbero dunque necessariamente distolti dalla loro funzione di pubblica utilit�. La situazione, in definitiva, non � diversa da quella che si � verificata allorch�, con la creazione di nuovi ministeri, si sono scorporati determinati settori di pubblica amministrazione dai ministeri preesistenti, assegnandosi ai nuovi organi anche i beni strumentali occorrenti per lo svolgimento delle funzioni loro affidate. Cos� stando le cose, non ha senso parlare della lesione di un diritto soggettiv� di propriet� jure privatorum e manifestamente infondata si appalesa la denunzia di incostituzionalit� della legge n. 132 del 1968, per violazione dell'art. 42 Cost., per non aver previsto alcun indennizzo per la sottrazione agli Enti previdenziali di determinati complessi ospedalieri e l'assegnazione dei beni stessi ai nuovi Enti Ospedalieri (mancata previsione, sia detto per inciso, che non � affatto casuale, ma � stata espressamente voluta dal legislatore, come chiaramente emerge dai lavori parlamentari). Non vi � quindi spazio per la giurisdizic~ne del giudice ordinario. Ma neppure � possibile configurare, in questa situatione, una giurisdizione del giudice amministrativo. L'INPS, di fronte ad un provvedimento che -lo si ripete -non � ablativo, ma organizzativo, non pu� far valere nei confronti dello Stato, neppure un interesse legittimo. L'attivit� di organizzazione della P .A. � demandata allo Stato e ad esso soltanto; e contro i relativi provvedimenti non pu� sussistere alcuna tutela giurisdizionale, proprio perch� non entrano in gioco n� diritti n� interessi legittimi di privati. Ogni cittadino, in quanto tale, pu� avere un interesse semplice a che la pubblica amministrazione sia organizzata in modo razionale e fun. zionale. Ma sicuramente non sussiste n� un diritto n� un interesse legittimo di un organo o di un ente della P .A. a conservare l'attribuzione di determinate funzioni (e dei mezzi necessari per adempierle), contro un provvedimento statuale che disponga l'attuazione di una di'versa organizzazione del settore. Perch� sussista un diritto soggettivo od un interesse legittimo che facciano capo ad un qualche soggetto, deve sussistere una norma che tuteli una determinata posizione; ed in questo caso non sussiste invece alcuna norma che tuteli la pretesa dell'INPS ad opporsi �d a resistere alla riorganizzazione del settore sanitario. Come questa Corte regolatrice ha ritenuto in ipotesi consimili, la situazione dedotta dall'Istituto ricorrente, per difetto di una norma che la tuteli, resta al di fuori del campo giuridico e non � configurabile neppure astrattamente come diritto soggettivo perfetto o come interesse legittimo (cfr. Cass. S.U. 25 febbraio 1970, n. 447; Cass. S.U. 12 gennaio 1966, n. 207). Non resta quindi che dichiarare improponibile la domanda fatta valere dall'INPS con ricorso al Consiglio di Stato, per difetto assoluto di giurisdizione. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 586 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Ili, 3 maggio 1976, n. 1572 � Pres. Sbrocca � Rel. Sgroi -P. M. Silocchi (conf.) -Guarnera (avv. Paradiso) c. Mini stero LL.PP. (avv. Stato Siconolf�). Edilizia popolare ed economica � Cessione in propriet� di alloggi costruiti in conseguenza di terremoti. Ai fini della cessione in propriet� di alloggi costruiti a carico dello Stato in conseguenza di terremoti, � necessario che l'abitazione, come fatto costitutivo del diritto alla cessione, consista per la sua continuit� e durata, nell'uso effettivo e permanent� dell'alloggio stesso si da sod� disfare il bisogno di abitazione di un soggetto in modo esclusivo e quanto meno prevalente (1). (1) Con questa sentenza la Corte di Cassazione si 1� uniformata al prin� cipio, gi� enunciato in Cass., I, 13 marzo 1975, n. 937 (Giust. civ. 1975, I, 957) secondo cui con il termine � abitazione �, quale requisito necessario per poter chiedere la�cessione in propriet� di un alloggio costruito a carico, con concorso o contributo dello Stato, deve consistere non gi� in una qualunque relazione di fatto o saltuaria tra il soirnetto e l'alloggio, bens� in un rapporto di perma� nenza di quest'ultimo, che per la sua continuit� e durata valga ad esprimere la destinazione effettiva e durevole dell'alloggio a soddisfare la necessit� abita� tiva di un soggetto. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lav., 6 maggio 1976, n. 1581 � Pres. Sini� scalchi � Rel. Santilli � P. M. Antoci (conf.) � Istituto Poligrafico Stato (avv. Stato Cerocchi) c. Stecconi (aw. Maffioletti). Lavoro (rapporto di) � Indennit� di anzianit� � Liquidazione a scaglioni � Legittimit�. In tema di liquidazione dell'indennit� di anzianit� ben pu� essere adottato il criterio di liquidazione � a scaglioni che viene attuato molti� plicando una frazione dell'ultima retribuzione secondo una progressione aritmetica per vari scaglioni (operaio, intermedio, impiegato) di anni di servizio essendo in tal modo la retribuzione vincolata all'intera durata del t:apporto o all'entit� dell'ultima retribuzione (1). (1) La sentenza si mantiene sulle linee se.gnate dalle SS.UU. nella decisione 24 giugno 1972, n. 2130 (in Giust. Civ., Mass. 1972, Il, 1199 con ampia nota di richiami anche in dottrina), e nella successiva SS.UU. 12 ottobre 1974, n. 2822 (ivi, 1974, Il, 1249 con richiami di giurisprudenza). Analogo orientamento � seguito anche dalle Sezioni Lavoro della C�rte di Cassazione. Cfr. tra le pi� recenti Cass. 10 febbraio 1975, n. 514, in Giust. Civ. Mass., 242, con richiami, nonch� Cass. 8 marzo 1975, n. 858, iv~ 391. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 587 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1662 � Pres. Novelli � Est. Pascasio � P. M. Serio (conf.) � A.N.A.S. (avv. dello Stato Tarin) c. Erbucci (avv. Taranto). Infortunio sul lavoro � Assicurazione � Dipendenti della p.a. � Azione di represso nei confronti del terzo responsabile � Ammissibilit�. Per quanto la gestione dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per i salariati dipendenti � eseguita per conto della P. A., compete a questa il diritto di agire in regresso nei confronti del terzo responsabile dell'infortunio (1). (Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente A.N.A.S. denunciando la violazione degli art. 1916 e.e. in relazione agli artt. 81, 111 e 360 n. 3 c.p.c. sostiene che ad essa e non all'INAIL che � soltanto gestore tecnico del rapporto assicurativo, doveva essere riconosciuta la qualifica di assi� curatore ed il diritto di surrogazione verso i terzi responsabili del sinistro subito dal proprio dipendente, per cui la Corte di merito doveva pronunciare sull'appello proposto e non dichiararlo inammissibile. La censura � fondata. La struttura del rapporto in esame, riguardante la copertura dei ri� $fbi da infortunio dei dipendenti dalle Amministrazioni statali, ha formato oggetto di approfondito esame da parte di questa Corte suprema con sentenza n. 470 dell'll marzo 1960. Al riguardo fu rilevato che l'art. 48, ultimo comma, del r.d. 17 agosto 1935 n. 1765 (rimasto invariato nell'ultimo comma dell'art. 127 del t.u. 30 giugno 1965, n. 1124), riferendosi ai dipendenti delle Amministrazioni statali, stabilisce che� � l'assicurazione presso l'Istituto nazionale infortuni pu� essere attuata con forme particolari di gestione pu� anche essere limitata a parte delle prc;:stazioni �. Con successive norme emanate, in attuazione del predetto decreto, dai competenti Ministeri, venne precisato (art. 2 del d.m. 19 gennaio 1939) che l'assicurazione del personale statale che vi sia soggetto � attuata dall'Istituto Nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro per ciascuna amministrazione dello Stato, dalla quale il personale medesimo dipende, col sistema della � gestione per conto dello Stato �. E si aggiunse che � alla fine di ogni trimestre le Amministrazioni statali rimborsano all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, su presentazione degli elenchi contabili e dei documenti giustificativi, l'importo delle prestazioni assicurative e le spese particolari di accertamenti, cure, fornitura di protesi afferenti a ciascun infortunio, (1) In senso conforme Cass. 11 marzo 1960, n. 470, in Foro it., 1960, I, 367, con nota 10 588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nonch� una quota per spese generali, di amministrazione e sanitarie generiche � da determinarsi, per ogni esercizio finanziario, dal Ministero per il Tesoro, di concerto con quello per il lavoro e la previdenza sociale su proposta dell'Istituto gestore. Con riguardo a tali testi, il rapporto in esame venne ricondotto entro lo schema proprio di un rapporto assicurativo che, per la particolare 1~ struttura della � gestione per conto � risulta differenziato rispetto ai rapporti di assicurazione sociale obbligatoria e rispetto ai rapporti di I assicurazione in genere, ma la differenza non � tale da imporre necessa� riamente l'inclusione del rapporto in questione in una categoria giuri� I dica diversa. E, per quanto riguarda il profilo soggettivo, mentre negli ordinari rapporti di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, i rapporti medesimi sono caratterizzati da tre soggetti (datore di lavoro assicurante; Istituto nazionale, assicuratore; e lavoratore, assicurato), nei rapporti invece attuati con il sistema della gestione per conto dello Stato, i soggetti si riducono, in definitiva, a due, in quanto la singola Ammini� strazione statale, datrice di lavoro, cumula in s� la duplice posizione di assicurante e di assicuratore rispetto all'altro soggett9 che � il lavoratore assicurato. E poich� la legge stessa, non ostante le divergenze, qualifica e disciplina tutti gli indicati rapporti di assicurazione equiparandoli nella natura e negli effetti (con la sola riserva che si tratti di un rapporto assicurati.Jb a struttura atipica) sono con esso compatibili tutte le norme relative ai rapporti assicurativi tipici, fra cui quella deJl'art. 1916 e.e., che disciplina la surrogazione legale dell'assicuratore che ha pagato l'indennit�, fino alla concorrenza dell'ammontare della stessa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili. Ora, nel caso in esame, l'A.N.A.S., assumendo di aver liquidato il Leonardi per l'infortunio conseguito al sinistro stradale di cui � causa, una .rendita di L. 9.930.547 e di avere sopportate spese sanitarie per lire 1.186.193, ha proposto appello contro la sentenza che ha condannato i re sponsabili direttamente a favore del sinistrato, ed ha domandato di sur rogarsi al medesimo nella sua veste di assicuratore che non pu� esserle contestata, anche se cumulata in s� le altre di datrice di lavoro e di assicurante. Negando la possibilit� di tale surroga -come ha fatto la Corte di merito -il danneggiato verrebbe a conseguire un duplice indennizzo, uno Q.all'A.N.A.S., l'altro dai terzi responsabili. E poich� questa Corte non ha motivo di mutare l'indirizzo che deriva dalla citata sua decisione del 1960, il ricorso va accolto riaffermandosi il principio secondo il quale nei rapporti assicurativi attuati con il sistema �della gestione per conto dello Stato, i soggetti sono due perch� la singola amministrazione statale, datrice di lavoro, cumula in s� la duplice fun. zione di assicurante e di assicuratore rispetto all'altro soggetto che � il PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 589 lavoratore assicurato. A detti rapporti a struttura atipica sono applicabili tutte le norme relative ai rapporti assicurativi tipici compatibili con la funzione comune e tutti: e pertanto anche. nei predetti rapporti l'amministrazione ha diritto di surrogarsi al danneggiato �ed agire verso il terzo responsabile del sinistro. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1664 -Pres. Caporaso Est. Sandulli -P. M. Raya -ANAS (avv. dello Stato Ferri) c. Moretta (avv. Carello). Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Determinazione dell'indennit� -Stima differenziale -Criteri -Danni alla parte residua del fondo -Incidenza -Limiti. Il criterio di stima differenziale per determinare la indennit� in caso di espropriazione parziale, va inteso nel senso che si debba tener conto anche di tutti i danni, prevedibili al momento dell'esproprio, che incidono sulla parte residua del fondo e che traggono origine o dall'espropriazione o dall'esecuzione dell'opera pubblica ovvero dall'esercizio del pubblico servizio cui l'opera � destinata (1). (Omissis). -Quanto al secondo profilo, va, poi, rilevato -come dovendosi tener conto, nella determinazione dell'indennit� di espropriazione, di tutti i danni che incidono sulla parte residua del fondo parzialmente espropriato, rimasta in propriet� dei titolari di esso assoggettati al provvedimento ablatorio, sia che traggano origine dalla espropriazione sia che derivino dall'esecuzione dell'opera o dell'esercizio del pubblico servizio cui l'opera sia destinata -la Corte del merito abbia esattamente ritenuto che -qualora in conseguenza dell'allargamento di una strada, per la cui realizzazione il terreno sia stato espropriato, venga soppresso un manufatto (nel caso di specie: un cavalcafosso), da cui il fondo espropriato tragga utilit� s� che la sua eliminazione integri una diminuzione di valore del fondo, pari alla spesa occorrente per la creazione di un nuovo manufatto -il pregiudizio economico, che in tal modo sia derivato al proprietario espropriato, debba essere indennizzato, indipendentemente dall'appartenenza del manufatto eliminato all'espropriato od alla pubblica amministrazione. Invero, cos� operando, i giudici del merito si sono uniformati alla giurisprudenza della Corte Suprema, la quale, con la decisione 16 marzo 1972, n. 777, ha gi� applicato H su enunciato principio nella ipotesi della eliminazione (a seguito della realizzazione di una strada al confine di un fondo (1) In senso conforme cfr. Cass. 16 marzo 1972, n. 777, in questa Rassegna 1972, I, 237, con nota. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 590 coltivato e cintato) del muro di recinzione (comportante una diminuzione di valore del fondo, la cui coltivazione, rimaste prive di protezione, imporrebbero la spesa della costruzione di una nuova recinzione), ritenendo ininfluente la circostanza della titolarit� della propriet� del muro di cinta. N�, per contrastare l'inesattezza di tale statuizione giudiziale, pu� farsi leva -come si vorrebbe dalla ricorrente -sul precedente giurisprudenziale (Cass. sent. 15 giugno 1938, n. 2029) da essa citato, in quanto nella fattispecie concreta esaminata in tale pronuncia, la soppressione dell'opera (passaggio a livello) sarebbe stata originata da fatti completamente estranei alla espropriazione (parziale). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 12 maggio 1976, n. 1689 � Pres. Trasca � Est. Tondo � P. M. Pandolfelli � Istituto Poligrafico dello Stato (avv. dello Stato� Cerocchi) c. Raspatelli (avv. Diana). Lavoro (rapporti di) � Lavoro straordinario, computabilit� ai fini della li� quidazione dell'indennit� di anzianit� � Presupposti. Il compenso per lavoro straordinario deve essere computato ai fini della liquidazione dell'indennit� di anzianit� ai sensi dell'art. 2121 e.e., quando il lavoro stesso sia abitualmente richiesto dal datore di lavoro e abitualmente prestato dal lavoratore (1). (1) Giurisprudenza costante; cfr. tra le altre Cass. 30 maggio 1974, n. 1550, in Giust. Cic. Mass. 1974, Il, 703, con richiami. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 maggio 1976, n. 1848 -Pres. La Farina � Est. Scribano � P. M. Grimaldi � Storiales (avv. Rossi). c. Ministero delle Poste (avv. dello Stato Tarin). Procedimento civile � Udienza di precisazione delle conclusioni � Nozione � Domanda nuova � Ammissibilit� � Mancata accettazione del contraddit� torio � Condizioni. Nel vigente sistema processuale, l'udienza di precisazione delle con� clusioni ha lo scopo di fissare in modo definitivo la volont� della parti sull'oggetto della controversia, ed il contenuto delle loro domande e delle loro eccezioni, e di conseguenza di determinare il potere-dovere del giudice di giudicare, cosicch� i limiti della causa non sono quelli posti nella citazione e nella comparsa di risposta, ma quelli risultanti dalle conclusioni definitive. Pertanto se nella predetta udienza una parte propone una nuova domanda, l'altra non pu� mantenersi inerte, ma, se vuole evitare che la PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 591 domanda stessa rimanga acquisita al processo, ha l'onere di eccepirne la irritualit� nella stessa sede: in difetto di tale eccezione, il contraddittorio deve ritenersi accettato (1). (Omissis). -Nel sistema del processo civile di cognizione, quale era disciplinat9 dalle norme del codice civile del 1942 nel loro testo originario, la giurisprudenza del Supremo Collegio aveva costantemente affermato il divieto di proporre domande nuove nel corso del giudizio, sia di primo grado che di appello. Dopo l'entrata in vigore della legge 14 luglio 1950, n. 581, che attenu� notevolmente il rigore delle preclusioni fissate dal codice, mentre talune decisioni c�ntinuavano ad affermare indiscriminatamente quel divieto, altre invece, indubbiamente sotto l'influsso dello spirito meno restrittivo cui le nuove disposizioni erano ispirate, introdussero una distinzione, secondo che le domande nuove fossero avanzate nel giudizio di primo grado oppure in quello di appello. Precisamente asserirono, queste decisioni, che mentre in tale ultima ipotesi il divieto aveva lo scopo pubblicistico di assicurare il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione e rivestiva quindi carattere assoluto, al contrario nel primo caso era solo rivolto a presidiare la lealt� del contraddittorio ed a garantire l'esercizio della difesa, cosicch� non poteva ritenersi imposto a pena di nullit� e perci� sempre operante. Tale regola venne ulteriormente sviluppata da quest'ultimo indirizzo, (il quale fin� col prevalere e divenire esclusivo), asserendosi che l'irritualit� della domanda nuova, proposta nel corso del giudizio di primo grado e fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, non poteva essere rilevata dal giudice qualora sulla medesima domanda la controparte avesse accettato il contraddittorio. � Non appare, per�, la nozione di accettazione del contraddittorio (la quale, contrariamente a quanto assume il ricorrente, non pu� dirsi usata erroneamente, in quanto, se alla parte convenuta non � consentito rifiutare il contraddittorio instaurato nei suoi confronti con l'atto introduttivo del giudizio, la stessa ha invece la facolt� di accettarlo o respingerlo riguardo alle istanze irritualmente proposte nel cors? del processo), chiaramente delineata dalle numerose sentenze della Suprema Corte che si sono occupate ed hanno pronunciato sull'argomento. Restringendo l'indagine alle decision!-degli ulthni anni, pu� ricordarsi che varie pronunce si sono limitate ad. affermare genericamente che il divieto di proporre nuove domande nel giudizio di primo grado non opera quando la controparte abbia accettato, anche tacitamente il contraddittorio (sent. 4 dicembre 1974, n. 3983; sent. 18 novembre 1972, n. 3425; sent. 7 luglio 1972, n. 2257), o abbia in modo inequivoco, accettato il contraddittorio, (1) Decisione di particolare interesse per la esauriente motivazione che � utile per puntualizzare l'orientamento della Corte Suprema sulla nozione di domanda nuova e sulla possibilit� (o meno) di accettazione del contradditorio. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO (sent. 22 maggio 1972, n. 1567; sent. 10 maggio 1972, n. 1421); ovvero che l'accettazione del contraddittorio sulla nuova domanda consente al giudice di pronunciarsi sulla stessa senza incorrere nel vizio di extrapetizione, (sent. 30 gennaio 1975, n. 309), o che il giudice non pu� prendere in esame le nuove domanda, salvo che su di esse sia stato accettato il contraddittorio (sent. 10 marzo 1972, n. 680); oppure, semplicemente, che il consenso della controparte � sufficiente a rendere ammissibile la domanda nuova, (sent. 6 luglio 1973, n. 1940). Secondo un'isolata decisione, (sent. 30 ottobre 1973, n. 2836), l'accettazione del contraddittorio pu� essere desunta anche da fatti concludenti, ma non dal mero silenzio della controparte. Talune pronunce ravvisano l'accettazione del contraddittorio nel fatto che la controparte si sia limitata a dedurre l'infondatezza della domanda nuova, (sent. 9 luglio 1974, n. 2020), o a chiederne il rigetto, (sent. 5 luglio 1974, n. 1890). Sussiste l'accettazione di contraddittorio, per alcune decisioni, se della domanda nuova proposta in corso di causa non sia stata eccepita tempestivamente l'inammissibilit� (sent. 20 ottobre 1973, n. 2670, non massimata, ma in Foro Ital. 1973, I, 3282), o, pi� precisamente, se riguardo alla stessa non sia stata formulata alcuna eccezione fino all'udienza di precisazione delle conclusioni (sent. 26 giugno 1972, n. 2171). Il alcune pronunce si trova l'affermazione che l'accettazione del contraddittorio si ha quando la parte, in ordine alla domanda nuova, anzich� eccepire la preclusione si difenda nel merito, (sent. 23 maggio 1972, n. 1606; sent. 13 aprile 1972, n. 1162). Infine, con riferimento all'ipotesi che la nuova domanda sia stata formulata nell'udienza di precisazione delle conclusioni, � stato affermato, (sent. 22 ottobre 1974, n. 3028; sent. 15 marzo 1974, n. 739; sent. 28 marzo 1973, n. 862; sent. 11 marzo 1972, n. 713, come chiaramente risulta dal suo testo -in Foro ital. 1972, I, 2495 -cui non � rigorosamente aderente la massima ufficiale), che il contraddittorio deve ritenersi taciatamente accettato qualora l'irritualit� della proposizione non sia stata eccepita nella medesima udienza. In tale incertezza e variet� di opinioni sembra opportuno -limitando l'esame al caso, ricorrente nella specie, di domanda attrice nuova proposta nell'udienza di precisazione delle conclusioni, nella quale sia presente anche la parte convenuta -soffermarsi a considerare la funzione e l'importanza che nel vigente sistema processuale riveste tale udienza, prevista dall'articolo 189, primo comma c.p.c., nel procedimento di primo grado, sia innanzi al Tribunale che davanti al pretore o al conciliatore. Di vero, la precisazione delle conclusio:r�i ha lo scopo di fissare definitivamente la volont� delle parti sull'oggetto della controversia, ed il contenuto delle loro domande e delle loro eccezioni, e conseguentemente di determinare il potere-dovere del giudice di giudicare, cosicch� i limiti della causa non sono quelli posti dall'atto di citazione e dalla comparsa di risposta, ma quelli risultanti dalle conclusioni definitive precisate dopo la chiusura dell'istruzione. Pertanto l'udienza di precisazione delle conclusioni � caratterizzata dalla presenza ~ l! f f PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE attiva delle parti, (anche se, come abitualmente avviene, esse si militano a richiamarsi alle conclusioni precedenti), e quindi, se un parte propone �n tale udienza una nuova domanda, l'altra parte non pu� mantenersi inerte, ma, se vuole evitare che la domanda stessa rimanga acquisita al processo e sorga perch� il potere-dovere del giudice di esaminarla e deciderla, ha l'onere di eccepirne l'irritualit� nella medesima sede: in difetto di tale eccezione, e quindi anche nel caso di silenzio, il contraddittorio deve ritenersi tacitamente accettato, e l'inammissibilit� della domanda nuova non pu� essere pi� dedotta, n� nella comparsa conclusionale (e tanto meno, ovviamente, nella memoria), n� nei successivi gradi di giudizio. Alla stregua di tale criterio si rivela dunque erronea l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, la quale ritenne che l'accettazione del contraddittorio ricorre solamente se la parte interessata abbia svolto una concreta e positiva difesa nel merito, e che nella specie tale situazione non sussisteva, avendo l'Amministrazione espressamente e categoricamente dichiarato nella comparsa conclusionale di rifiutare il contraddittorio, cosicch� la domanda nuova proposta dallo Storioles era inammissibile. Senonch�, se sotto il profilo era esaminato tale domanda avrebbe dovuto essere giudicata ammissibile, in quanto la sua irritualit� non venne in alcun modo eccepita dall'Amministrazione nella medesima udienza di precisazione delle conclusioni nella �quale era stata formulata, la domanda risultava inammissibile per un motivo diverso ed assorbente, esattamente segnalato dalla stessa Amministrazione' gi� nel giudizio di appello. Di vero, come questa Suprema Corte ha gi� avuto modo di affermare (sent. 4 luglio 1969, n. 2465; sent. 19 agqsto 1968, n. 2970), la proposizione di una domanda nuova, nel corso del processo e fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, pu� avvenire solamente riguardo alla parte nei cui confronti il �ontraddittorio sia stato gi� instaurato con la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, nei cui confront~, cio�, si sia gi� costituito il rapporto processuale, che ne rappresenta quindi il presupposto indispensabile. Al contrario, la proposizione della domanda nuova non � consentita rispetto ad una parte del giudizio che sia diversa da quella nei cui riguardi sia stata avanzata la domanda originaria e che perci� non sia soggetto del relativo r�pporto processuale. Proprio questa situazione ricorreva nella specie, caratterizzata dall'esistenza in unico processo di due cause distinte anche se collegate, quella per risarcimento di danni promossa dallo Storioles contro il Menchetti e quella in garanzia (impropria) instaurata da quest'ultimo contro l'Amministrazione, e conseguentemente dalla esistenza di due diversi ed autonomi rapporti processuali, .l'uno tra lo Storioles ed il Menchetti e l'altro tra questi e l'Amministrazione. E ne deriva che lo Storioles non poteva proporre nell'udienza di precisazione delle conclusioni alcuna domanda contro l'Amministrazione, essendo estraneo alla causa promossa contro questa dal Menchetti, e non essendosi perci� costituito tra lui e la stessa alcun rapporto processuale. -(Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (*) CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 30 � Pres. De Capua � Est. Melito � Zoboli (avv.ti Vianello, Pantaleoni e Carbone) c. Commissione controllo sull'Amministrazione regionale Lombardia (avv. Stato Palatiello). Regione Lombardia ed altri (n. c.). Atto amministrativo � Atto di controllo � Atto di controllo negativo � Autonoma impugnabilit� � Sussiste. Competenza e giurisdizione � Riparto fra T.A.R. e Consiglio di Stato ex art. 38 e 42 1. 1034/1971 �Fattispecie in tema di riunione di giudizi. Regioni � Commissioni di -controllo � Pendenza dell'esercizio del potere di controllo � Esecuzione parziale dell'atto sottoposto a controllo � Preclusione. Regioni� Compenso al Capo dell'Ufficio Legislativo� Quote ex Art. 21 T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611 � Riferibilit� � Criteri. I vizi degli atti positivi di controllo si convertono in vizi del provvedimento controllato e ci� in quanto gli atti positivi di controllo non hanno autonomia propria, laddove detta autonomia sussiste nel caso degli atti di controllo negativi i quali, essendo suscettibili di lesione immediata e diretta di interessi legittimi, possono essere autonomamente impugnati (1). Posto che la previsione contenuta negli artt. 38 e 42 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034 comporta la determinazione di sfere di competenza funzionale inderogabile circa il riparto della giurisdizione fra T.A.R. e Consiglio (1-4) Sulla imimgnabilit� degli atti di controllo cfr. Sez. IV 19 dicembre 1975, n. 1325 {in Foro Amm.vo 1975, I, 2, 1826); Sez. VI, 21 giugno 1974, n. 220 (ivi, 1974, I, 2, 695). La particolare rilevanza della distinzione fra competenza territoriale e competenza funzionale in relazione agli artt. 31 e 38 I. 1034/1971 � stata evidenziata nella decisione 9 dicembre 1975 n. 1203, della IV Sez. (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1322) a proposito dell'accoglimento dell'istanza di regolamento di competenza e dei limiti di riproponibilit� dell'istanza medesima al T.A.R. territorial� mente competente. La natura di competenza territoriale, e non funzionale, nei soli rapporti fra T.A.R. � stata sostenuta, sempre dalla IV Sez., nella decisione 23 aprile 1974, n. 315 (in questa Rassegna 1974, I, 1428 con nota di commento). Sulla natura dei controlli dello Stato sull'azione della Regione cfr. Sez. IV, 18 febbraio 1975, n. 178 (in questa Rassegna 1975, I, 703, con richiami bibliografici). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato I'avv. R. TAMIOZZO. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 595 di Stato, resta preclusa la possibilit� di disporre la riunione fra un giudizio innanzi al T.A.R. contro un atto regionale e un giudizio innanzi al Consiglio di Stato contro un provvedimento dell'autorit� statale (2). In caso di richiesta di chiarimenti da parte della Commissione di controllo sull'amministrazione regionale circa un punto dell'atto sottoposto a controllo, il potere di controllo resta sempre in vita per l'intero contenuto dell'atto, con la conseguenza che l'amministrazione regionale, in pendenza dell'esercizio del potere di controllo, non pu� dare esecuzione neppure parziale all'atto sottoposto al controllo,� anche l'adozione di un atto parzialmente riproduttivo o confermativo di quello sottoposto a controllo sarebbe destinato a ricadere sotto l'esercizio di detto potere .(3). In relazione alla variabilit� delle quote dei compensi ex art. 21 t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611 sull'Ordinamento dell'Avvocatura dello Stato; e alla normale riferibilit� del diritto dei Sostituti avvocati generali dello Stato al fondo di ripartizione della Avvocatura Generale (in quanto ad essa istituzionalmente destinati), � legittimo il riferimento a tale fondo da parte . della Commissione regionale di controllo in ordine alla determinazione del compenso spettante ad un Sostituto avvocato generale incaricato della organizzazione e del coordinamento di un Ufficio Legislativo regionale (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42 � Pres. Uccellatore � Est. Pezzana � De Rosa (avv. Abbamonte) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Ferri), Regione Campania (n. c.) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses)-. Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Impugnativa di un piano regolatore � Controinteressati � Non configurabilit�. Piano regolatore � Proprietario di beni con destinazione meno vantaggiosa rispetto ad altro precedente piano regolatore. Piano regolatore � Obbligo di motivazione in caso di modifiche rispetto ad altro precedente piano regolatore � Sussiste. In relazione alla particolare natura del piano regolatore generale, non sussistono controinteressati risultanti dal piano stesso; ai quali sia necessario notificare l'impugnativa, in sede giurisdizionale, del piano medesimo (1). Il privato, i cui beni in sede di piano regolatore risultino avere unaJ destinazione meno vantaggiosa di quella contenuta in un precedente piano regolatore, ha interesse all'impugnativa particolarmente quando gli sia stata in precedenza concessa licenza di lottizzazione delle proprie aree (2). (1-3) cfr. Sez. IV, 21 ottobre 1975, n. 992, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1088. 596 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sussiste l'obbligo di adeguata motivazione (e in particolare di valut�re i sacrifici economici dei privati che abbiano in precedenza ottenuto licenze di lottizzazione e licenze edilizie) di un piano�� regolatore generale che -a differenza di altro precedente piano che destinava un'area a zona semiestensiva a palazzine -destini l'area medesima a parco di attrezzatura (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 febbraio 1976, n. 48 -Pres. De Capua Est. Rizzo -Ministero difesa (avv. Stato Freni) c. Triola (avv. Sciacca N.) e Mensitieri ed altri (n. c.) -Appello, T.A.R. Lazio, I Sez., 23 aprile 1975, n. 289, annulla e ordina incombenti). Giustizia amministrativa -Appello -Amministrazione dello Stato appel� lante -Mandato �ad Iitem � dell'Avvocatura dello Stato -Necessit� Non sussiste. Giustizia amministrativa -Appello -Esercizio di giurisdizione di merito da parte del T.A.R. -Esame da parte del Consiglio di Stato della questione di giurisdizione -Ammissibilit�. Militare � Ufficiale dell'esercito � Giudizio negativo di avanzamento � Motivi della impugnativa � Insufficienza di motivazione -Criteri -Limiti. Giustizia amministrativa -Appello � Applicabilit� del principio devolutivo nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato � Limiti al giudizio di rinvio ex art. 35 1. 1034/1971. Poich� gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni sia nelle liti attive che passive dinanzi a tutte le giurisdizioni e in qualsiasi sede senza bisogno di mandato, bastando che consti della loro qualit�, il Consiglio di Stato non deve eff ett�are alcuna indagine sulla sussistenza del mandato ad litem nel caso di costituzione in giudizio dell'Avvocatura per l'Amministrazione appellante (1). (1-4) Sul principio secondo il quale l'Avvocatura dello Stato non ha bisogno di mandato alle liti per l'esercizio dello jus postulandi cfr. LAPORTA, Inter-esse pubblico e patrocinio �facoltativo� di enti non statali da parte dell'Avvocatura (in questa Rassegna 1975, I, 696 e segg., in nota alla dee. n. 700 SS.UU. della Corte di Cassazione 24 febbraio 1975). Con decisione 24 maggio 1975, n. 2099 (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1019) le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito il principio che la questione in ordine al potere di indagine sul merito da parte del Consiglio di Stato (e quindi anche dei T .A.R.) attiene alla giurisdizione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 597 Posto che costituisce usurpazione di poteri attribuiti alla p. a. l'esercizio da parte del T.A.R. della giurisdizione di merito fuori dei casi previsti dalla legge, � la questione della indagine su tale usurpazione di poteri pu� ben essere svolta dal Consiglio di Stato, quale giudice di secondo grado e quindi anche giudice della giurisdizione ex art. 30 legge 1034/ 1971 (2). Ove si deduca illogicit� di un giudizio negativo di avanzamento a scelta, � pur sempre necessario fare riferimento al quadro complessivo delle valutazioni, e pertanto va annullata per insufficienza di motivazione la decisione di primo grado che accolga la dedotta incongruenza del punteggio rispetto ai precedenti di carriera, ritenendo peraltro assorbita altra censura di disparit� di trattamento nei confronti di altri parigrado promossi (3). Ove non ricorrano gli estremi previsti dall'ar~. 35 l. 1034/1971 per il rinvio al T.A.R. la cui sentenza sia stata appellata, dovr� applicarsi il principio di diritto processuale che devolve al giudice di appello i motivi non considerati dal giudice di primo grado e pertanto riproposti in sede di. gravame (4). In materia di avanzamento degli Ufficiali dell'Esercito cfr. fra le tante Sez. IV 17 ottobre 1972, n. 884 (in questa Rassegna 1973, I, 165, con nota di commento di GIORGIO GIOVANNINI) e Sez. IV, 11 marzo 1~75, n. 266 (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 267). . Il terzo comma dell'art. 35 I. 1034/1971 fissa il principio secondo il quale, nei casi in cui non 'sia da annullare la sentenza impugnata o disporre la rinnovazione del giudizio, il Consiglio di Stato decide sul merito della controversia (cfr. in dottrina SEPE�PES, Le nuove leggi di giustizia amministrativa, Milano 1972, 385 e segg.; SANTONI RuGiu, Un caso controverso di rinvio al T.A.R., in Il Consiglio di Stato 1975, II, 956). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 5 febbraio 1976, ~� 160 � Pres. Breglia Est. Catallozzi -Comune di Velletri (avv. Capozzi) c. Cinelli (avv. Viola) -(Appello, T.A.R. Lazio III Sez. 1� luglio 1974 n. 6, annulla). Giudicato -Esecuzione -Annullamento di silenzio-rifiuto su domande di licenza edilizia � Normativa applicabile in sede di ottemperanza del Comune. Qualora il silenzio-rifiuto da parte del Sindaco di un comune su una domanda di rilascio di licenza edilizia venga annullato in sede giurisdizionale amministrativa, il Comune ha l'obbligo di provvedere con riferimento alla normativa vigente alla data nella quale l'ente locale ha avuto 598 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO legale conoscenza della intervenuta pronuncia giurisdizionale di annullamento (1). 598 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO legale conoscenza della intervenuta pronuncia giurisdizionale di annullamento (1). (1) La Sez. V nella decisione che si annota ha escluso la possibilit� di riferimento alla disciplina esistente all'epoca di emanazione del provvedimento impugnato o di formazione del silenzio-rifiuto, sulla considerazione che la decisione di accoglimento del giudice amministrativo da un lato elimina dalla realt� giuridica atti e comportamenti . privi di efficacia innovativa (perch� a contenuto negativo) e dall'altro non esplica una azione ripristinatrice ex tunc di posizioni soggettive lese, ma solo una azione dichiarativa ex nunc dell'obbligo specifico di provvedere, fissando nel tempo, o meglio � cristallizzando � il rapporto fra p.a. eprivato ricorrente, che viene cos� sottratto, in forza della esecutoriet�, alla applicazione di atti normativi successivi e suscettibili di modificazione di situazioni g� costitute. La Sezione ha pertanto accolto il criterio della riferibilit� al momento in .cui l'ente locale abbia acquistato legale conoscen,za della pronunzia giurisdizionale, criterio accolto dal Consiglio di Stato (cfr. ad es. Sez. V 10 marzo 1974, n. 208 in Foro Amm.vo 1974, I, 2, 391; 23 maggio 1975, n. 724 in Il Consiglio di Stato 1975, I, 627) ma non da alcuni T.A.R. (cfr. ad es. T.A.R. Piemonte 18 dicembre 1974, n. 131, in Rassegna T.A.R. 1974, I, 42, che fa invece riferimento al momento della adozione da parte del Sindaco delle proprie determinazioni; in senso conforme al Consiglio di �Stato T.A.R. Liguria 24 aprile 1975, n. 84, ivi 1975, I, 1473; per ulteriori richiami cfr. nota a Sez. V, 7 marzo 1975, n. 310, in questa Rassegna 1975, I, 714). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 12 febbraio 1976, n. 239 -Pres. Di Pace � Est. Giacchetti -Comune di Torino (avv.ti Casetta e Pulvirenti) c. Soc. Fiorita (avv.ti Levi e Ottolenghi) e Regione Piemonte (n. c.) � (Appello, T.A.R. Piemonte 28 gennaio 1975 n. 5, conferma). Piano regolatore generale -Iter di approvazione -Impugnativa delle misure di salvaguardia � Possibilit� di denuncia di vizi attinenti al piano � in itinere � -Sussiste. Giustizia anu:nillj.strativa -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato � Limiti dei p�teri-doveri ex art. 35 l. 1034/1971 �Criteri di individuazione. Giustizia amministrativa -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato Limiti dei poteri�doveri ex art. 35 l. 1034/1971 -Difetto di procedura e vizi di forma. Giustizia amministrativa -Giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato � Limiti dei poteri-doveri ex art. 35 1. 1034/1971 � Motivi di appello � Difetto di motivazione della sentenza del T .A.R. � Effetti. Piano regolatore � Approvazione di variante � Effetti sulle preesistenti convenzioni edilizie � Necessit� di congrua e circostanziata motiva~ zione del pubblico interesse -Sussiste. La deliberazione comunale di adozione di un piano regolatore generale non � normalmente impugnabile in sede giurisdizionale anteriormente al PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 599 perfezionamento dell'iter di approvazione; peraltro, qualora vengano impugnate � le misure di salvaguardia sulle domande di licenza edilizia, ben possono ess�re denunciati vizi attinenti al piano in itinere che costituiscono il presupposto delle misure in parola (1). L'art. 35 legge 6 dicembre 1971, n. 1034 enuncia solo genericamente e in forma laconica i limiti dei poteri-doveri del Consiglio di Stato in sed_e di appello; pertanto tali limiti vanno integrati con quelli prescritti dal codice di procedura civile per il giudizio di impugnazione (2). L'art. 35 legge 6 dicembre 1971, n. 1034 comporta -in relazione alla sussistenza, accertata da parte del Consiglio di Stato, del � difetto di procedura � e dei � vizi di forma � in una sentenza del T.A.R. -il rinvio al giudice di primo grado solo nel caso di assoluta mancanza di pronuncia del giudice di primo grado sul merito della controversia o, comunque, di vizio insanabile della sentenza impugnata (3). Qualora, in sede di giudizio di gravame, il Consiglio di Stato accerti l'esistenza del vizio di difetto di motivazione della sentenza del T.A.R. nella reiezione di una eccezione di inammissibilit� del ricorso di primo grado, dovr� limitarsi ad integrare ex art. 384, secondo comma, c.p.c. la motivazione carente, senza disporre l'annullamento con rinvio della sentenza di primo grado (4). Il Comune, in sede di approvazione di una variante al piano regolatore generale, non pu� ignorare impegni precedentemente assunti con la stipula di convenzioni edilizie,� sussiste peraltro la possibilit� per il Comune �di modificare il regime di terreni oggetto di convenzione urbanistica qualora ricorrano gravi e motivate ragioni di pubblico interesse (5). (1-5) Sulla prima massima cfr. Sez. V, 15 marzo 1974, n. 260 (in Foro Amministrativo 1974, I, 2, 411 con nota di commento); Sez. V, 11 maggio 1973, n. 488 (ivi 1973, I, 2, 468). . Sull'art. 35 I. 1034/1971 cfr. Sez. IV 3 febbraio 1976, n. 48 massimata supra. Sull'obbligo di adeguata motivazione in sede di piano regolatore che modifichi altro precedente piano cfr. Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42 (in Il Consiglio di Stato 1976, I, 17). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 5 -Pres. Aru -Est. !annotta -Boscolo ed altri (avv.ti Orlandini e Tonini) c. Ministero Poste e telecomunicazioni (avv. Stato Stipo). Atto amministrativo -Silenzio-rifiuto -Obbligo per la p.a. di pronunciarsi sulla istanza del privato -Limiti. Impiego pubblico -Prestazione di servizi della categoria superiore -Inquadramento nella carriera superiore -Preclusione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 600 Impiego pubblico -Normativa specifica concernente l'accesso alle carriere e il trattamento economico , Applicabilit� dell'art. 13 I. 300-/1970 � .Esclusione. Impiego pubblico -Estensione di norme concernenti il lavoro privato � Limiti. Si configura il silenzio-rifiuto solo qualora sussista effettivamente l'obbligo da parte dell'Amministrazione, in base alla normativa vigente, di pronunciarsi sull'istanza del privato (1). Qualora l'impiegato di una Azienda (nella specie Azienda dei Telefo,ni di Stato) presti un servizio tipico della carriera superiore, egli non acquisis<; e il diritto all'inquadramento nella stessa carriera superiore, ma pu� soltanto essere ammesso alla corresponsione~di un trattamento economico superiore, con l'osservanza peraltro dei limiti fissati dall'art. 28 l. 18 febbraio 1963, n. 81 (2). � � da escludere l'applicabilit� dell'art. 13 l. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei Lavoratori) al rapporto di pubblico impiego, essendo questo caratterizzato da una normativa specifica in tema di accesso alle singole carriere e di trattamento economico riservato in caso di conferimento di funzioni superiori (3). Solo qualora manchi una norma specifica -e quindi a mero titolo sussidiario -� possibile estendere al rapporto di impiego pubblico le norme che disciplinano il rapporto di lavoro privato (4). (1-4) Sull'obbligo per la p.a. di pronunciarsi in merito alle istanze di privati cfr. Sez. VI, 6 dicembre 1974, n. 413 (in Il Consiglio di Stato 1974, I, 1703); Sez. VI, 26 settembre 1975, n. 385 (ivi 1975, I, 1023); Sez. V, 6 luglio 1973, n. 598 (ivi 1973, I, 1061); Sez. IV, 15 maggio 1973, n. 544 (ivi 1973, I, 669). Il problema del conferimento delle funzioni di qualifica superiore nell'impiego pubblico e del relativo trattamento economico � stato recentemente affrontato dalla Sez. IV nella decisione 11 giugno 1974, n. 431 (in questa Rassegna 1974, I, 170 con nota di commento) e della Sez. VI nella decisione 18 ottobre 1974, n. 294 (in Foro Amm.vo 1974, I, 2, 1130). Sulla inapplicabilit� dell'art. 13 I. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei Lavoratori) all'impiego pubblico cfr., fra le tante, Sez. VI, 15 febbraio 1974, n. 90 (in questa Rassegna 1974, I, 667 con nota di commento); parere Sez. I, 3 maggio 1974, n. 814 (in Il Consiglio cDi Stato 1975, II, 1278). Sulla inapplicabilit� dello Statuto dei Lavoratori al pubblico impiego ricordiamo anche la recentissima decisione 20 maggio 1976, n. 118 della Corte Costituzionale. L'ultima delle massime della sentenza annotata costituisce ulteriore conferma di una giurisprudenza allo stato consolidata (cfr. ad es. Sez. VI 14 marzo 1972, n. 133 in Foro Amm.vo 1972, I, 2, 319; Sez. VI 30 marzo 1971, n. 236 in Il Consiglio di Stato 1971, I, 622). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 601 CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 3 febbraio 1976, n. 40 � Pres. Aru � Est. Biagini � Istituto nazionale commercio estero (avv. Lidia) c. Di Concetto (avv. Torchia) e Colisti (n. c.) � (Regolam.ento di competenza). Impiego pubblico -Trasferimento di dipendenti -Atto plurimo -Conf�� gurabilit�. Competenza e giurisdizione � Competenza territoriale dei T.A.R. -Atto di trasferimento di dipendenti � Criterio di individuazione. Costituisce atto plurimo l'atto con il quale viene disposto il tr(l.Sferimento di pi� dipendenti di un Ente pubblico, e ci� in quanto trattasi di pi� atti amministrativi solo formalmente riuniti, ma concettualmente scindibili in tanti atti autonomi (1).. 1 Sussiste la competenza per territorio del T.A.R. nella cui circoscrizione ha sede l'Ufficio presso il quale il dipendente presta servizio alla data di emissione del provvedimento impugnato, che disponga il trasf erimento del dipendente medesimo ad altra sede (2). (1�2) Altra fattispecie di atto plurimo, con riferimento ad un provvedimento di richiamo in servizio di alcuni dipendenti pubblici collocati a riposo come ex combattenti, � stata esaminata dalla stessa Sez. VI nella decisione 5 dicembre 1975, n. 674' (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1416, nonch� in questa Rassegna, con nota di commento in corso di pubblicazione al momento della redazione della presente nota). . Nella citata decisione la Sezione ha, in particolare, chiarito che l'atto plurimo si giustifica sul presupposto di un unico criterio di azione amministrativa. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 6 febbraio 1976, n. 44 -Pres. Daniele Est. !annotta -I.N.P.S. (avv.ti L6i, Coccapani e Sacerdoti) c. Albrizio (avv. Tarello) � (Regolamento di competenza). Competenza e giurisdizione -Competenza territoriale dei T.A.R. -Criterio di individuazione -Atti plurimi emanati dopo il collocamento a riposo di pubblici dipendenti. Poich� il successivo annullamento di provvedimenti relativi a pi� dipendenti e combattenti, con i quali gli stessi venivano collocati a riposo, � da considerarsi atto plurimo con il quale si adotta un unico provvedimento destinato ad incidere sulla posizione degli impiegati medesimi il cui rapporto di impiego non subisce cos� alcun mutamento neppure in relazione al luogo di adempimento del dovere di prestare servizio, competente a decidere territorialmente � il T.A.R. nella cui circoscrizione rientra la sede dell'Ente nella quale il dipendente prestava e presta servizio dopo il richiamo (1). (1) Cfr. precedente decisione Sez. VI 3 febbraio 1976, n. 40, con nota di richiami in tema di atto plurimo. 602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 13 febbraio 1976, n. 87 -Pres. baniele Est. Iannelli -Carlucci (avv. Cochetti) c. Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Onufrio).' Demanio e patrimonio -Tutela di bellezze naturali -Divieto di edificabilit� -Criteri -Limiti. Demanio e patrimonio � Tutela di bellezze naturali � Costruzioni sorte ante riormente al vincolo � Possibilit� di divieto di nuove costruzioni Sussiste. Pur non comportando la l. 1497/1939 il divieto assoluto di edificabilit�, ben pu� essere imposto detto divieto dal Soprintendente ai monumenti quando la natura del bene per evitare danni al paesaggio escluda la possibilit� di ogni insediamento (1). (1-2) Estensione della tutela delle bellezze naturali. La Sez. VI, nella decisione che si annota, conferma, con motivazione esatta pienamente da condividere, quello che costituisce un principio ormai consolidato in materia di tutela delle.bellezze naturali (cfr. ad es. Sez. VI, 16 novembre 1973, n. 522, in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1752). La Sezione I, con parere n. 1164 del 14 gennaio 1972 (ivi 1973, I, 92), ebbe in particolare a precisare la portata e la estensione del n. 4 dell'art. 1 1. 29 giugno 1939, n. 1497 (che tutela �le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cos� pure quei punti di vista o di belvedlere accessibili al pubblico, dai quali si goda lo s11ettacolo di quelle bellezze�) e del n. 5 dell'art. 9 x:.d. 3 giugno 1940, n. 1357 (il quale precisa � che sono bellezze panoramiche da proteggere quelle che si possono godere da un punto di vista o belvedere accessibile al pubblico, nel qual caso sono da proteggere l'uno e le altre�), chiarendo che dette norme non restringono, ma ampliano la portata della tutela, ricomprendendo in questa non solo la zona direttamente investita di pregio estetico, ma anche le localit� che, pur rivestendo necessariamente uguale carattere, siano peraltro indispensabili al godimento della vista. Chiariva ancora la Sezione che il giudizio sulla opportunit� di sottoporre a vincolo, ai fini di garantire la vista di un panorama o di una bellezza naturale, una certa zona ili territorio anzich� singoli punti di vista o di belvedere implica apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione. Venivano, inoltre, ribaditi nell'occasione i criteri di interpretazione dell'obbligo di motivazione del provvedimento di vincolo ex art. 12, primo comma, r.d. 1357/1940, nel senso cio� che tale articolo non richiede una descrizione analitica dei particolari elementi che compongono la bellezza panoramica, la quale deriva per l'appunto dalla complessiva e armonica visione degli elementi medesimi. Giova a tale riguardo ribadire la funzione esclusiva del Soprintendente in se�le di determinazione del possibile danno alla bellezza naturale a seguito di un insediamento edilizio, funzione esclusiva ricollegata alla riserva contenuta nell'art. 1 D.P .R. 15 gennaio 1972, n. 8, il quale, in sede di trasferimento alle Regioni delle funzioni �esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pub PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 603 La presenza di costruzioni sorte anteriormente al vincolo di tutela ex l. 1497/1939 non rende illegittimo il provvedimento di diniego di autorizzazione per nuove costruzioni da parte del Soprintendente, emanato successivamente al vincolo (2). blica istruzione (ora Ministero per i beni culturali e ambientali), ha mantenuto la competenza statale per la tutela delle bellezze naturali. Il T.A.R. della Toscana con decisione 29 ottobre 1975, n. 379 (in Rassegna T .A.R. 1975, I, 3463) ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legit� timit� costituzionale di detto art. 1 D.P .R.. 8/72, in relazione all'art. 97 della Costituzione, con ci� confermando che la persistenza di attribuzioni statali nella tutela delle bellezze panoramiche non incide sulla tutela dell'ambiente affidata alle Regi�ni. Nell'ambito di questo potere il Soprintendente pu� e deve agire con la massima ampiezza (cfr. Sez. IV, 2 luglio 1974, n. 526; in Il Consiglio di Stato 1974, I, 885; Sez. VI, 8 febbraio 1972, n. 43, ivi 1972, I, 198), nel senso, cio�, di consi� . derare il vincolo nella sua pi� lata estensione, prioritaria rispetto ad altri stru~ menti (ad es. regolamenti e piani urbanistici; cfr. Sez. VI 6 luglio 1971, n. 573, ivi 1971, I, 1523) e tale da poter prevedere -ferma la necessit� soltanto di idonea motivazione -anche la totale esclusione di una determinata utilizzazione del bene protetto, come ad esempio la esecuzione di costruzioni; del resto � la stessa legge 1497/1939 a contemplare, e non indirettamente, siffatta eventualit� laddove (art. 16, secondo comma) prevede ne� casi di divieto assoluto di costruzioni, e solo qualora il divieto riguardi aree da considerare fabbricabili, la concessione di uno speciale contributo, il quale, proprio perch� contribuito e non indennizzo, � pi� propriamente un compenso la cui determina2:ione � rimessa alla discrezionalit� dell'Amministrazione. ti; da tempo acquisito, inoltre, il concetto del vincolo paesistico come limite obiettivo segnato dalla legge al diritto reale, limite connesso a determinate caratteristiche intrinseche del bene e connaturato, quindi, con l'essenza stessa del bene, il quale rientra cosi in una categoria ad origine di interesse pubblico, tanto da non dover comportare alcun indennizzo per il privato proprietario in sede di imposizione del vincolo medesimo (cfr. Sez. VI, 27 ottobre 1970, n. 697, in Il Consiglio di Stato 1970, I, 1779; Corte Costituzionale 29 maggio 1968, n. 56, in Foro lt. 1968, I, 1361; in dottrina cfr. GRISOLIA, voce Bellezze naturali, in Enciclo. pedia del diritto, .Gii.:tffr�, V, 80 e sgg.; PURITANO, Competenza del Soprintendente ai Monumenti e del Sindaco in tema di licenza edilizia, in Il Consiglio di Stato 1968, Il, 688). In ordine, specificamente, ai pregiudizi che possono essere prodotti alle bel� lezze panoramiche, anche la loro valutazione deve ritenersi rimessa, in via esclusiva, alla Soprintendenza ai Monumenti, il cui giudizio sar� pertanto insindacabile in sede di legittimit� (cfr. Sez. IV, 5 novembre 1971, n. 950, in Il Consiglio di Stato 1971, I, 2072; Sez. IV, 3 giugno 1970, n. 395, ivi 1970, I, 870; Sez. VI, 2 luglio 1971, n. 512, ivi 1971, I, 1504; in tema di rapporto fra la valutazione del Soprintendente e i presupposti del reato contravvenzionale ex art. 734 c.p. in un caso di deturpamento di bellezze naturali cfr. Cass. Pen. IV Sez., 28 novembre 1968, in Giur. It. 1969, Il, 577, con nota di BAROSIO). RAFFAELE TAMIOZZO 11 604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA!O CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 24 febbraio 1976, n. 116 -Pres. Aru -Est. Virgilio -I.N.A.I.L. (avv. Schillaci) c. Pilia (avv.ti Romagnoli e Piuma) -(Regolamento di competenza). Competenza e giurisdizione -�competenza territoriale dei T.A.R. -Ripartizione della competenza -Fattispecie in tema di atti di organi statali e di enti pubblici ultraregionali -Limiti. In considerazione delle finalit� che hanno dettato l'art. 3 della l. 1034/ 1971 (agevolare l'esperimento del giudizio amministrativo da parte del dipendente e assicurare il collegamento con l'ambito regionale dei nuovi organi giurisdizionali amministrativi in contemperamento con il criterio succedaneo del luogo in cui l'atto � destinato a spiegare i suoi effetti), nei casi in cui.l'atto non si riferisca ad un unico dipendente o a pi� dipendenti che prestino servizio nella sede della circoscrizione di un unico T.A.R., e spieghi altres� effetti a carattere ultraregionale, deve trovare applicazione il terzo �omma dell'art. 3 l. 1034/1971, e non il criterio speciale della sede di servizio del dipendente, fissato dal secondo comma di detto articolo; con la conseguenza che, per gli atti emessi dagli organi centrali dello -Stato sar� competente il T.A.R. del Lazio, mentre per quelli emanati da organi centrali di entt a carattere ultraregionale la competenza sar� del T.A.R. nella cui circoscrizione l'ente medesimo ha sede (1). (1) Cfr. supra Sez. VI, 6 febbraio 1976, n. 44 e 3 febbraio 1976, n. 40 con richiami. La motivazione della decisione individua esattamente le finalit� della legge 1034/1971, che mira fra l'altro ad agevolare l'esperimento del giudizio amministrativo da parte del pubblico dipendente, ma non considera, peraltro, che l'applicabilit� del criterio generale ex art. 3, terzo comma, di detta legge scaturisce essenzialmente dalla natura dell'atto impugnato, che non � u:n atto plurimo, ma un atto collettivo, cio� un unico atto formale con il quale si provvede unitariamente e indivisibilmente nei confronti di un complesso di soggetti con rapporti di interdipendenza (cos� in dottrina LUBRANO, La competenza per territorio dei Tribunali Amministrativi Regionali, Milano 1974, 129 e sgg.; cfr. anche, per una fattispecie analoga in tema di graduatoria di promozione, Sez. VI, 19 dicembre 1975, n. 707 in Il Consiglio cDi Stato 1975, I, 1443 e in questa Rassegna, in corso di pubblicazione con nota di commento). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1976, n. 978 -Pres. Pascasio Est. Valore -P. M. Cutrupia (conf.) -Opera Diocesana per la Preservazione della Fede (avv. Declich) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Amone). Imposta di regisfro -Agevolazione ex art. 44 tab. B legge di registro Appalto per la costruzione di chiesa parrocchiale -Si estende. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. B, a'.rt. 44; Concordato fra la S. Sede e l'Italia, art. 29, lett. h). Sebbene la norma dell'art. 44 tab. B della abrogata legge di registro sia intesa ad agevolare non l'istruzione in genere ma solo alcuni tipi di scuole, tuttavia l'agevolazione in detta riarma prevista � applicabile anche alla costruzione di chiese parrocchiali destinate fra l'altro all'istruzione (religiosa) elementare (1). (Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente -denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 29 lettera h) del Concordato fra Italia e Santa Sede, reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810 e dell'art. 44 Tabella All. B del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3259, in relazione all'art. 260 nn. 3 e 5 c.p.c. -sostiene che l'art. 29� del Concordato, dispo-' (1) Viene ancora riconfermato l'orientamento gi� seguito (Cass. 5 luglio 1968, n. 2252 e 14 luglio� 1971, n. 2298, in questa Rassegna 1968, I, 1001 e 1971, I, 2298), in dissenso da una pi� remota pronunzia (29 ottobre 1966, n. 2706, ivi, 1966, I, 1347). Sono da riconfermare le riserve gi� espresse nelle note alle sentenze citate, specie sul metodo di interpretazione seguito. Se, come � incontestabile, l'agevolazione � concepita per � edifici scolastici � di un determinato tipo, per' far rientrare in tale categoria una chiesa parrocchiale non soccorre pi� l'art. 29 lett. h 'del Concordato qualora la chiesa non sia considerata in vista del suo scopo di culto o di religione (non potendo essere utile l'equiparazione allo scopo di istruzione di per s� non agevolato), ma in vista della sua fonzione di luogo dove viene impartito l'insegnamento elementare (di religione). Ma se fosse anche vero che l'insegnamento dei primi elementi della religione possa ricomprendersi nell'istruzione elementare in genere (del che � lecito dubitare), resterebbe sempre da dimostrare che la chiesa � un �edificio scolastico�, sia pure destinato ad una istruzione primaria, genericamente intesa, diversa da quella ufficiale. Il vizio logico della decisione consiste nel dare rilevanza al cozicordato sebbene non si faccia pi� questione di equiparazione tra fine di culto e fine di istruzione; ma prescindendo dal concordato nessuno sforzo di interpretazione pu� essere sufficiente per far diventare un edificio �scolastico qualsiasi immobile nel quale anche (ma secondariamente) si svolga una attivit� di insegnamento di qualunque natura rivolta alla prima infanzia. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 606 nendo la totale equiparazione tributaria del fine di culto a quello di istruzione, avrebbe esteso a tutti gli edifici aventi il primo di detti fini le agevolazioni fiscali stabilite dal citato art. 44 per gli edifici di istruzione in esso menzionati. Comunque, ove anche si ritenesse che il beneficio fiscale possa essere esteso soltanto agli edifici di culto equiparabili a quelli elencati nell'art. 44, l'applicabilit� del beneficio stesso sarebbe sempre indubitabile, in quanto le chiese parrocchiali custodiscono edifici destinati, per la loro natura, anche all'insegnamento dei primi elementi . dell'istruzione religiosa. Obietta la resistente che l'art. 29 del Concordato non ha carattere precettivo ma enuncia soltanto un principio generale demandando al legislat�re italiano la regolamentazione concreta del trattamento tributario delle particolari attivit� che realizzano i fini di culto o di religione, in modo da attuare nelle singole fattispecie il principio enunciato nella norma. E poich� l'art. 44 citato non contempla � i fini di istruzione � generalmente intesi, ma semplicemente un settore (quello edilizio di uno� dei molteplici ordini scolastici) sarebbe impossibile, secondo l'Amministrazione, estendere alle Chiese l'agevolazione prevista dal suddetto art. 44. Ci� premesso, va rilevato che la giurisprudenza ha esaminato pi� volte l'applicabilit� o meno dell'imposta fissa agli atti relativi all'acquisto di aree per la costruzione di chiese e di altri edifici di culto. E, poich� il ripetutamente citato art. 44 non riguarda tutti gli ordini di scuole, ma solo quelle elementari e normali e gli asili e giardini d'infanzia, � stato prospettato il problema se l'equiparazione, agli effetti fiscali, del fine di culto o -O.i religione a quello di beneficenza e istruzione di cui all'art. 29 del Concordato, possa trovare applicazione solo nell'ipotesi in cui la legge tributaria preveda agevolazioni a favore di tutte le ipotesi di beneficenza e di istruzione o anche quando le preveda soltanto a favore di gruppi pi� o meno limitati di casi rientranti nei fini anzidetti. Questo Supremo Collegio dopo una decisione con cui si affermava l'inapplicabilit� del beneficio nel caso di acquisto da parte di una Diocesi di area da destinare ad edifici scolastici non rientranti tra quelli indicati (Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706) ha, rimeditato ed approfondito la que stione, successivamente riconosciuto la predetta agevolazione fiscale, nel caso di acquisto, da parte di un Ente ecclesiastico, di un'area per desti narla alla costruzione, sia di un oratorio avente fine di culto (Cass. 5 lu glio 1968, n. 2259), sia di una chiesa parrocchiale (Cass. 14 luglio 1971, � n. 2298). Le argomentazioni della resistente non appaiono idonee ad indurre ad un mutamento di quest'ultimo indirizzo giurisprudenziale (peraltro condiviso dalla stessa Commissione Centrale, con le decisioni 24 febbraio 1969, n. 1671 e 23 settembre 1970, n. 11965 e dalla pi� qualificata dottrina) e, pertanto, la censura della ricorrente deve ritenersi fondata. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'art. 29 del Concordato, alla lettera h), dispone: �Ferme restando le agevolazioni tributarie gi� stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle leggi italiane fin qui vigenti, il fine di culto o di religione �, a �tutti gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza o di istruzione�, La Tabella, ali. B alla legge di registro, prevede all'art. 44 come soggetti a tassa fissa, �gli atti e contratti relativi all'acquisto delle aree e alla costruzione, all'adattamento, all'arredamento ed al restauro degli edifici scolastici per le scuole elementari e per i giardini ed asili di infanzia e quelli per la costruzione di nuovi edifici destinati alle scuole normali e_ per l'adattamento, l'arredamento, il restauro e l'ampliamento di quelli esistenti �. Orbene non � fondato sostenere sia che la norma del Concordato, avendo natura pattizia sul piano internazionale e fissando un principio astratto, necessiterebbe, per la sua concreta applicazione, di disposizioni particolari, attuanti, di volta in volta, nelle singole fattispecie, il principio generale da essa enunciato, sia che spetterebbe al legislatore e non all'interprete,� stabilire se la equiparazione debba o meno operare nei singoli casi. La disposizione in questione, che ha lo stesso contenuto della relativa clausola del Concordato, non rappresenta una enunciazione astratta; essa, invece, applicando, nell'ambito dell'ordinamento giuridico italiano, una norma contrattuale di diritto internazionale, sancisce, sia pure in termini generali, il principio dell'equiparazione, agli effetti tributari, tra fini di culto e fini di istruzione. Se cos� �, lo stabilire i casi specifici in cui l'equiparazione debba avvenire, � compito dell'interprete, il quale, in tale indagine, deve tener conto della ratio della norma tribuatria che concede l'esenzione o l'agevolazione, di cui si chiede l'estensione per fini di culto e delle condizioni che detta norma presuppone, in maniera tale che la finalit� dell'equiparazione sia raggiunta rispettando dette condizioni e presupposti. Ci� posto, poich� l'ordinamento vigente non accorda, in linea di gen� rale principio, al fine di istruzione un trattamento tributario uniforme, avendo il legislatore preferito disciplinare, in relazione a singoli casi o gruppi di casi, il regime fiscale, sia degli enti operanti nel settore del l'istruzione, sia della attivit� relativa, l'equiparazione disposta dall'art. 29 per ricevere pratica attuazione, deve avvenire in rapporto a singole e specifiche norme tributarie, rispettando, per quanto sopra detto, i pre supposti e la ratio della norma invocata. Ora, il caso di un ente religioso, il quale dia in appalto i lavori di costruzione di una chiesa parrocchiale, ben pq� essere ricompreso nella previsione del beneficio tributario di cui all'art. 44. Invero, anche se tale norma ha inteso agevolare solo alcune forme di istruzione e sebbene il legislatore abbia parlato di scuole elementari e di asili d'infanzia, con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 608 evidente riferimento alla ipotesi normale della istruzione impartita in tali scuole, tuttavia l'unica condizione sostanziale, posta dall'art. 44 per l'applicazione del beneficio della registrazione a tassa fiss�, � che il contratto concerna la costruzione di un edificio destinato all'istruzione elementare in genere e tale condizione indubbiamente ricorre allorquando il contratto abbia come scopo la costruzione di una chiesa parrocchiale, di un edificio, cio�, destin�to, tra l'altro, all'insegnamento del� catechismo, in cui si compendiano i primi elementi della religione cristiana, ossia dell'istruzione religiosa elementare, comunque impartita, anche fuori quindi delle scuole elementari e degli asili d'infanzia veri e propri. Pertanto, poich� nell'ampio concetto di � istruzione elementare �, deve essere ricompresa anche l'istruzione elementare � religiosa � e poich� nel caso in esame trattasi di costruzione di edificio e di perseguimento di finalit� di interesse pubblico generale, la decisione della Commissione Centrale non pu� trovare consenso e, pertanto, va cassata, con rinvio alla stessa Commissione per nuovo esame alla luce dei principi sopra enunciati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1976, n. 1223 -Pres. Valore � Est. Scanzano -P. M. Minetti .(conf.) � Boselli (avv. Mazzei) c. Mini� stero delle Finanze (avv. Stato Carafa). Imposte e tasse in genere � Notificazioni -Servizio postale �Avviso di rice� vimento recante firma illeggibile � Mancato disconoscimento � Riferi� mento dell'avviso di ricevimento ad un atto determinato � Mancata esibizione di un atto diverso � Regolarit� della notifica. (e.e., art. 2702; e.p.e., art. 215). Imposte e tasse in genere � Violazione di leggi finanziarie e valutarie � Responsabilit� della persona giuridica in solido con il legale rappresentante . Notifica di un unico atto al legale rappresentante � Produce effetti anche nei confronti della societ�. (l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 10 e 12). Imposte e tasse in genere � Violazione di norme finanziarie e valutarie � Vizi del procedimento amministrativo per la determinazione della pena pecuniaria � Irrilevanza nel giudizio innanzi all'AGO. Imposte e � tasse in genere -Violazione di norme finanziarie e valutarie � Prescrizione � Interruzione � Verbale di accertamento � ti: idoneo � Effetto interruttivo per tutta la durata del procedimento amministrativo. Nella notificazione a mezzo del servizio postale la sottoscrizione dell'avviso di ricevimento con firma illeggibile � sufficiente per dimostrare la ricezione del plico qualora il destinatario di esso non abbia espresso formale e tempestivo disconoscimento della sottoscrizione; lo stesso avviso di riconoscimento � da considerare riferibile all'atto che il notificante PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 609 assume essere oggetto della notifica, qualora il destinatario non produca un documento diverso col quale l'avviso di ricevimento possa essere collegato (1). Agli effetti della responsabilit� solidale per le sanzioni di cui agli artt. 10 e 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, tra il legale rappresentante e la persona giuridica rappresentata, la notifica di un unico esemplare del verbale di accertamento al legale rappresentante � valida anche nei confronti della societ� (2). I vizi del procedimento amministrativo di cui alla legge 7 gennaio 1929, n. 4, per la determinazione della pena pecuniaria sono irrilevanti nel giudizio innanzi all'AGO che ha per oggetto il diritto soggettivo a non subire illegittime imposizioni (3). Il verbale di contestazione o di accertamento di violazioni finanziarie e valutarie interrompe la prescrizione con effetto, durevole fino all'esauri-. mento del provvedimento di irrogazione della sanzione che conclude il procedimento (4). (Omissis). -Il primo motivo del ricorso � diretto a sostenere che l'invio del verbale di accertamento al domicilio di esso Boselli a mezzo posta, non pot� interrompere la prescrizione perch� la illeggibilit� della (1) La prima massima, di evidente esattezza, giunge opportuna per chiarire, sotto un dup�ice profilo, le incertezze cui pu� dar luogo la notificazione a mezzo posta. � da sottolineare l'affermazione che si presume regolare la notificazione eseguita nel rispetto delle norme che ne disciplinano la forma e che spetta se mai al soggetto destinatario dimostrare l'eccezionale anomalia del meccanismo pur formalmente perfetto; altre volte, con deeisioni ispirate ad un diverso criterio di eccessiva protezione del soggetto destinatario, si � affermato che spetta al notificante, nel caso di consegna a persona addetta all'ufficio, dare la prova del rapporto di servizio (Cass. 29 maggio 1972, n. 1683, in questa Rassegna, 1972, I, 816), si che � da approvare la soluzione oggi proposta che si ispira al principio che l'osservanza delle regole di forma stabilite per le varie ipotesi di consegna dell'atto libera il notificante da ogni altro onere. Molto importante � la seconda massima. Gli atti del procedimento per la contestazione e l'accertamento delle violazioni finanziarie e valutarie possono essere -validamente creati e notificati, in unico esemplare, nei confronti del legale rappresentante dalla persona giuridica ed avranno efficacia sia verso il legale rappresentante, responsabile in proprio, sia verso la persona giuridica che viene messa nella condizione di esercitare il suo diritto di difesa. Forse lo stesso non pu� dirsi per il provvedime.nto (ordinanza dell'intendente) che irroga la sanzione che, costituendo il titolo'esecutivo, deve essere creato anche nei confronti della persona giuridica, responsabile in solido, e ad essa notificato; ma tale provvedimento potr� tuttavia essere formato sulla base degli atti del procedimento svoltosi nei confronti del legale rappresentante e utilizzandone gli effetti, anche ai fini della prescrizione. La terza massima afferma l'importante principio che nel giudizio innanzi all'AGO nel quale si contesta la legittimit� della pretesa della Amministrazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sigla del destinatario apposta sulla ricevuta di ritorno della relativa raccomandata non consente di stabilire se e a chi il plico sia stato consegna. to. Denunciando violazione degli artt. 17, I. 7 gennaio 1929, n. 4; 3 e 4, r.d.I. 12 maggio 1938, n. 794; 2943 e 2700, cod. civ.; 8, 37, 170, 171, 172, 174 e 180, r.d. 18 aprile 1940, n. 689; 75, 76 e 77, r.d. 26 dicembre 1924, n. 2271, nonch� degli artt. 149, 160 e 221 c.p.c. e difetto di motivazione, i ricorrenti, pi� particolarmente, sostengono: J a) che la motivazione della impugnata sentenza � contraddittoria, in quanto la Corte di merito, nel confrontare la sigla illeggibile di cui I innanzi con quelle apposte sulle deleghe relative a talune delle operazioni ~ t valutarie controverse, da un lato riconosce che la prima � diversa dalle seconde, e dall'altro afferma che occorreva la querela di falso per escludere che la prima potesse attribuirsi ad esso Boselli; b) che essendo la comunicazione del verbale avvenuta in via amministrativa, la prova della consegna. del relativo plico doveva essere desunta non secondo le norme concernenti le notificazioni giudiziarie a mezzo posta (che sono estensibili ad atti non giudiziari solo in ipotesi tassative), ma secondo quelle che disciplinano il recapito delle comuni raccomandate postali: e. queste ultime norme -soggiungono -non attribuiscono fede privilegiata� all'avviso di ricevimento, sia perch� non contengono disposizioni atte a garantire l'identificazione del consegnatario ~ e del suo rapporto col destinatario, sia perch� il � capo dell'ufficio distributore � che controfirma detto avviso non assiste alla consegna e pu� solo certificare, attraverso il relativo timbro, la data di essa; e) che comunque detto awiso, redatto dallo stesso emittente, non contiene indicazioni che consentano di identificare l'oggetto recapitato. Lamentano, infine, che sia stato trascurato l'assunto secondo cui la notificazione degli atti a mezzo posta � nulla quande non sia identifi alla pena pecuniaria e all'imposta possono essere dedotte soltanto le ragioni sostanziali che escludono l'obbligazione s� che sono irrilevanti i vizi del procedimento amministrativo; vale cio� rispetto al procedimento amministrativo la stessa regola che esclude dalla cognizione dell'AGO gli errores in procedendo del giudizio innanzi alle Commissioni, e ci� per la stessa ragione che il giudizio in sede ordinaria ha per oggetto il diritto del contribuente a non subire una pretesa (sostanzialmente) illegittima, e non da luogo alla impugnazione di atti del procedimento. Sulla quarta massima � stato pi� volte affermato che il verbale di contestazione e di accertamento � idoneo ad interrompere la prescrizione (anche per l'imposta) quando contiene la volont� dell'Amministrazione di esigere la pena pecuniaria (Cass. 17 maggio 1969, n. 1692 e 27 gennaio 1971, n. 207, in questa Rassegna, 1969, I, 707; 1971, I, 426); ma importante � la precisazione che la prescrizione cos� interrotta non corre fino alla definizione del procedimento di irrogazione della sanzione. Il procedimento amministrativo � cio� assimilabile al processo in sede giurisdizionale quanto agli effetti dell'art. 2945 e.e. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA cabile la persona del consegnatario e quando, essendo destinata ad una societ�, sia stata eseguita al domicilio privato dell'amministratore anzich� presso la sede sociale. La censura non � fondata. Conviene premettere che l'art. 3, r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794, nell'attribuire agli interessati il diritto di avere c;opia del verbale di accertamento, delle infrazioni valutarie, nulla dispone circa il modo in cui tale diritto deve essere assicurato. Volendo il legislatore far conoscere agli incolpati l'esistenza del procedimento amministrativo di accertamento dell'infrazione e la natura degli addebiti elevati, � sufficiente al raggiungimento dello scopo la consegna (anche a mezzo posta) del relativo verbale, senza necessit� di adottare il' sistema proprio della notificazione degli atti giudiziari (Cass. 21 giugno 1969, n. 2223). Sono, quindi, irrilevanti tutte le osservazioni del ricorrente circa le condizioni necessarie per Ja validit� delle notificazi�ni giudiziarie a mezzo posta, ed irrilevante � il principio secondo le notificazioni da farsi alle societ� vanno eseguite presso la loro sede, e si tratta solo di stabilire se legittimamente la Corte di merito abbia ritenuto provato, attraverso la cartolina di ritorno relativa alla raccomandata postale inviata al Boselli, che questi abbia ricevuto il verbale di accertamento e che egli (ed a suo mezzo anche la societ� da lui rappresentata) abbia cos� concretamente conosciuto la natura degli. addebiti. Ora, anche a voler seguire le argomentazioni con cui i ricorrenti (negando l'efficacia probatoria privilegiata dell'avviso di ricevimei:ito per la limitata funzione da loro attribuita alla firma del � capo dell'ufficio distributore�, svincolata dal contesto della consegna) tendono in definitiva a ricondurre detto avviso nella categoria dell~ scritture private, dette argomentazioni potrebbero portare solo alla correzione della sentenza. La statuizione con cui quell'efficacia � stata ritenuta, appare, anche secondo l'ipotesi prospettata dal ricorrente, conforme a diritto per il disposto degli artt. 2702 e.e. e 215 c.p.c. Poich� infatti l'avviso su indicato si riferisce ad una� raccomandata diretta al Boselli e reca la firma � del destinatario � (bens� illeggibile, ma pur sempre dotata .....;_ come non si contesta -di una certa impronta personalistica, qual'� normalmente ravvisabile anche nelle firme illeggibili), e poich� tale avviso � stato dall'Amministrazione del Tesoro prodotto in giudizio contro il Boselli, il fatto che questi non allega di aver fatto formale e tempestivo disconoscimento della sottoscrizione, � sufficiente perch� la stessa potesse essere ritenuta riferibile a lui, con la conseguenza, implicata delle citate disposizioni, della certezza in ordine alla ricezione del plico postale da parte sua. Il fatto poi che egli non abbia n� prodotto e neppure indicato, come contenuto di tale plico, un documento diverso da quello (il verbale di accertamento) che la controparte ha assunto essergli stato spe 612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dito, ed ha esibito, � sufficiente per affermare che la predetta Corte legittimamente ha ravvisato in quel verbale il contenuto del plico medesimo. Va aggiunto che, essendo stato detto verbale elevato sia nei confronti del Boselli che nei confronti della societ�, il cui legale rappresentante era appunto il Boselli, l'invio dell'atto a quest'ultimo valse, anche per la societ�, a raggiungere lo scopo di rendere noti gli addebiti (arg. ex sentenza Cass. 3132 dell'll dicembre 1963) e di consentire le opportune controdeduzioni. Queste considerazioni valgono gi� a confutare ancne il secondo motivo, con cui i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 e segg. r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928; 2 e 4 d.m. 26 maggio 1934, e, premesso che obbligata principale era la societ� CISEN (essendo la responsabilit� solidale del Boselli una conseguenza della responsabilit� della CISEN), lamentano sia stato trascurato l'assunto secondo cui nessuna comunicazione o notificazione degli addebiti fu effettuata nei confronti di quest'ultima. L'infondatezza della censura appare pi� evidente se si considera che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli eventuali vizi del procedimento amministrativo preordinato alla determinazione della pena pecuniaria per infrazioni valutarie non hanno rilevanza nel giudizio attinente all'accertamento dell'asserita lesione dei diritti soggettivi, successivamente svolto avanti l'autorit� giudiziaria in opposizione all'ingiunzione di pagamento della pena inflitta (Cass. 11 ottobre 1971, n. 2824). Detti vizi infatti non impediscono all'incolpato di contestare avanti al giudice la legittimit� della pretesa dell'Amministrazione (come nella specie la CISEN ha fatto con le dedilzioni cui si ricollega il quarto motivo dell'attuale ricorso). Col terzo motivo si denunzia falsa applicazione degli artt. 2943 e 2945 cod. civ. e 247 delle relative disposizioni di attuazione nonch� degli artt. 17, 1. 7 gennaio 1929, n. 4, e 3, r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, oltre a difetto di motivazione. I ricorrenti sostehgono: a)� che la comunicazione del verbale di accertamento non pot� interrompere la pr~scrizione perch� l'atto era privo della indicazione della somma dovuta e dei requisiti n,ecessari per realizzare una valida costituzione in mora; b) che comunque l'eventuale �inter;ruzione non poteva avere ravvisato, erroneamente parificando la comunicazione del verbale ad un atto intr<?duttivo di giudizio (con violazione del principio di tassativit� delle cause di interruzione e sospensione della prescrizione) e dispensandosi finanche da ogni indagine specifica sul contenuto di detto verbale. Anche questa censura � priva di fondamento. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TR1BUTARIA 613 In contrario � sufficiente osservare: a) che un qualsiasi atto, che contenga la chiara volont� del creditore di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto, � idoneo ad interrompere la prescrizione, anche se privo dell'indicazione della precisa misura de lcredito (Cass. 4208/74, 3116173); b) che nella specifica materia delle infrazioni valutarie l'efficacia interruttiva della prescrizione � stata, dalla pi� recente giurisprudenza di questo Supremo Collegio, riconosciuta al verbale di accertamento in cui detta volont� sia chiaramente indicata con riferimento alla determinanda pena pecuniaria (Cass. 8 gennaio 1968, n. 34; 17 maggio 1969, n. 1622; 29 ottobre 1974, n. 3261); c) che l'accertamento di requisiti cui in concreto � subordinata l'efficacia interruttiva della prescrizione � rimesso al giudice di merito, il quale, nella specie, tali requisiti ha ravvisato rilevando che il verbale di accertamento, quale atto preordinato all'irrogazione della pena pecuniaria, non solo documenta le attivit� svolte dagli organi ispettivi dell'Ufficio Italiano Cambi, ma contiene la contestazione degli addebiti, con espresso riferimento alle pene correlativamente previste dalla legge, e cos� rivela senza possibilit� di equivoco la volont� della P.A. di conservare la pretesa sanzionatoria; d) che il procedimento amministrativo iniziato col predetto verbale incide sul corso della prescrizione per l'intera durata di esso procedimento, che costituisce una attivit� necessaria prima del cui esaurimento il provvedimento di irrogazione della pena non pu� essere emesso (Cass. 3261/74, 1186/69, 34/68). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 maggio 1976, n. 1740 -Pres. Rossi . Rel. D'Orsi -P. M. Pedace (conf.) -Chianese (avv. Corrias) c. EUR (avv. Stato Carafa). Imposta generale sull'entr.ata � Corrispettivo di appalto � Rivalsa � Eserci tabilit� nei confronti dell'EUR � Esclusione. (d.!. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito con legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 6,. primo e terzo comma; legge 26 dicembre 1936, n. 2174, art. 10; r.d. 25 giugno 1937, n. 1022, art. 18). Ai sensi degli artt. 18 del r.d. 25 giugno 1937, n. 1022 e 6, terzo comma, del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, il diritto di rivalsa dell'imposta generale sull'entrata non pu� essere esercitato nei confronti dell'EUR, compreso tra gli enti equiparati allo Stato agli effetti tributari (1). (1) Sulla specifica questione, priva di attuale rilevanza, non constano precedenti in termini; la decisione di appello, corretta nella motivazione ai sensi dell'art. 384, secondo comma, del codice di procedura civile, aveva escluso il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 614 (Omissis) -Con l'unico mezzo il Chianese lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 6, primo comma, del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 1940, n. 762 e degli artt. 1322, 1363 e 1364 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. e, partendo dalla premessa che la deroga al diritto di rivalsa dell'IGE era contenuta nel contratto di appalto, ma non nella transazione sulle riserve, riferentesi, per altro, anche a lavori eseguiti extra contratto, censura la decisione impugnata per aver esteso la deroga contrattuale prevista nell'art. 13 del contratto di appalto, anche al successivo auto� nomo contratto di transazione, giungendo, cos�, a creare una clausola contrattuale non prevista dalle parti. A queste censure l'Avvocatura dello Stato, oppone il richiamo al� l'art. 18 del r.d. 25 giugno 1937, n. 1022, che, estendendo all'Ente il tratta� mento fiscale riservato allo Stato, rende operante anche nei confronti dell'EUR la non esperibilit� della rivalsa dell'IGE da parte di colui che riceve il pagamento. Questa Corte ritiene che la tesi dell'Avvocatura sia fondata e che il ricorso debba essere rigettato, con correzione, per�, della motivazione della sentenza impugnata. La Corte d'Appello, prima di giungere alla conclusione che il Chianese non poteva esercitare sull'EUR il diritto di rivalsa del pagamento del� l'IGE per l'esistenza di un'apposita clausola contrattuale, che, sebbene contenuta nel contratto di appalto, era estensibile anche al successivo accordo transattivo, ha preso in esame la normativa vigente in materia di IGE ed ha considerato: a) che per l'art. 6 del r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, � previsto il diritto di rivalsa da parte del debitore d'imposta, che ha ricevuto il pagamento, nei confronti di colui che ha esegi�to il pagamento medesimo; b) che l'esclusione del diritto di rivalsa, previsto dal terzo comma dell'art. 6 nei confronti di quegli Enti, che, per legge, siano equiparati ad ogni effetto fiscale all'Amministrazione dello Stato, non riguardava l'EUR, perch� nella legge 26 dicembre 1936, n. 2174 (istitutiva dell'EUR) non si rilevava alcuna disposizione indicativa di tale equiparazione; diritto di rivalsa solo in ragione della clausola in tal senso prevista nel contratto di appalto, e negando anzi espressamente che il diritto di rivalsa potesse esclu� dersi in base al criterio stabilito con l'art. 6, terzo comma, della legge istitutiva dell'imposta generale sull'entrata. Nel senso che la equiparazione allo Stato, ai fini in esame, deve riconoscersi sussistente quando l'ente �sia costituito, rispetto al tributo, nella identica posi� zione dello Stato, vale a dire che allo stesso sia attribuita la titolarit� del tributo�, cfr.: Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1974, n. 2817, in questa Rassegna, 1974, I, 1278. PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA c) che l'art. 10 di tale legge, in cui si faceva riferimento ad una condizione di privilegio fiscale, disponendo che l'Ente � ammesso a fruire delle facilitazioni fiscali, doganali, ferroviarie, marittime e postali previste dalle di~posizioni vigenti sulle esposizioni, conteneva semplici agevolazioni di ordine fiscale concesse a tutte le esposizioni in considerazione dei loro fini pubblicitari, ma non faceva nessun cenno alle condizioni di equiparazione fiscale ipotizzata nell'art. 6, terzo comma,, della legge sul� l'IGE. Cos� decidendo, per�, la Corte d'appello ha avuto una visione monca della disciplina normativa sull'argomento ed ha tralasciato di esaminare sia il secondo comma dell'art. 10 suddetto, sia il r.d. 25 giugno 1937, n. 1022, contenente norme per l'esecuzione della legge 26 dicembre 1936, n. 2174. Tale secondo comma recita testualmente: � con decreto reale, su proposta del Capo del Governo, ,di concerto con i ministri interessati, saranno stabilite le ulteriori concessioni che potessero rendersi necessarie �. E il decreto reale (n. 1022 del 1937), emanato appunto sulla base di tale delega legislativa, nel primo comma dell'art. 18 recita: �� esteso all'Ente autonomo esposizione universale di Roma, il trattamento stabi� lito dalle disposizioni in vigore per le Amministrazioni Statali per tutto quan,to ri,guarda tasse, imposte, contributi e diritti di qualsiasi specie dovuti all'Erario, alla Provincia e al Governatorato di Roma �, Deve, pertanto, conclusivamente ritenersi che l'EUR rientra fra gli enti equiparati allo Stato, nei cui confronti non � esperibile la rivalsa dell'IGE e che in tale situazione normativa trova giustificazione il rigetto della pretesa del Chianese, restando assorbita ogni altra censura. In tali sensi, va, adunque, corretta la motivazione della decisione impugnata, la quale resta, comunque ferma per aver reso un dispositivo conforme al diritto (art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 giugno 1976, n. 2012 � Pres. Caporaso . Est. Sposato . P. M. Raya � Soc. Gambogi Costruzioni c. Mini� stero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposta generale sull'entrata -Agevolazione per la costruzione di auto� strade � Inapplicabilit�. (1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). L'agevolazione per la costruzione di autostrade stabilita dall'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729, riguardante �atti e contratti�, non � RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 616 applicabile all'Imposta generale sull'entrata il cui presupposto non � un atto o contratto, ma una entrata comunque conseguita (1). (Omissis). -La ricorrente societ� denunzia la violazione e �1a falsa applicazione degli artt. 8 della citata legge n. 729 del 1961, 1 e 8 della I. 19 giugno 1940, n. 762, dell'art. 9, primo comma, del regolamento 26 gennaio 1940, n. 10 e dell'art. 8 della legge di registro. Sostiene che il primo comma dell'art. 8 della legge del 1961 non distingue tra atti negoziali ed atti materiali e che una distinzione del genere non � neppure ricavabil� dai successivi commi dello stesso articolo; che comunque l'IGE, in quanto dovuta in relazione a contratti di cessione di beni e di prestazioni di servizi (come disposto dall'art. 1 della legge n. 762 del 1940) grava sull'atto negoziale e non su di un atto materiale; tanto ci� sarebbe vero che essa � dovuta per ogni trasferimento (art. 8, primo comma, della legge n. 762 del 1940) ed anche indipendentemente dall'avvenuto pagamento del corrispettivo� (come nei casi previsti dal Citato art. 9 del citato regolamento, per i quali l'imposta deve essere corrisposta nei cinque giorni successivi alla consegna ed alla spedizione della merce). Inoltre -secondo la ricorrente -non vi sarebbe ragione di distinguere i subappalti dagli appalti, stante che gli uni e gli altri sono sottoposti allo stesso trattamento ai fini dell'imposta di registro e delle tasse ed imposte indirette sugli affari. Il ricorso non � meritevole di accoglimento. Esso, invero, propone questione che questa Corte Suprema ha esaminato e risolto in senso contrario a quello voluto dalla ricorrente, e non adduce argomenti che possano indurre ad una soluzione diversa. L'estensione della sfera di applicabilit� dell'esenzione prevista dal primo comma dell'art. 8 della legge del 1961 sul piano di nuove costruzioni di strade ed autostrade, risulta ben delimitata dal testo legislativo con il precis� riferimento alle imposte dovute sugli atti ed i contratti: che � quanto dire alle imposte che colpiscono i negozi giuridici come tali. L'esclusione dal trattamento agevolativo, dell'imposta generale sull'entrata � perci� fuor di dubbio, posto che oggetto di tale imposta non � l'atto generatore dell'entrata, ma � l'entrata. Neppure pu� dirsi che l'atto generatore dell'entrata debba sempre e necessariamente essere un atto di carattere negoziale. Difatti l'art. 1 della legge istitutiva della im (1) Viene confermata la statuizione della sentenza 19 settembre 1974, n. 2505 (in questa Rassegna, 1975, I, 396). Resta cos� definitivamente chiarito che l'esenzione dall'imposta sull'entrata � sempre esclusa sia per gli appalti sia, a maggior ragione, per i subappalti, inerenti alla costruzione di autostrade. Relativamente all'imposta di registro � ormai pacifico che essa non � applicabile per i subappalti (C�ss. 13 gennaio 1975, n. 105, ivi, Zoe. cit.; 5 agosto 1975. n. 2978, ivi, 905). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA posta assoggetta alla medesima non i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni dei servizi, ma le attribuzioni patrimoniali conseguite in corrispondenza delle dette cessioni e prestazioni. Ci� significa che entrata imponibile non � soltanto quella che trae la propria causa giuridica dei rapporti negoziali stabiliti fra il solvens e l'accipiens, ma anche quella che, in occasione ed in derivazione dai detti rapporti, sia dovuta ad altro titolo, ad esempio in virt� di un uso normativo (come nel caso, gi� esaminato da questa Corte nella sentenza 15 aprile 1971, n. 1064, delle mance elargite dal giocatore vincente ai croupiers e da questi divise con la casa da gioco, che costituiscono, nella sua quota parte, entrata imponibile per il gestore). Pertanto oggetto dell'imposta generale sull'entrat.a non � l'atto negoziale e neppure soltanto l'entrata che sia corrispettivo pattuito e dovuto in virt�_ dell'atto negoziale; e, di conseguenza, le esenzioni dalle imposte che colpiscono gli atti ed i contratti non possono essere applicate all'imposta sull'entrata. Gli argomenti che, in contrario con quanto si � detto, la ricorrente ritiene di poter ricavare dall'art. 8 della legge n. 762 del 1940 e dall'art. 9 del regolamento di esecuzione di detta legge, sono privi di consistenza. � ovvio che ogni trasferimento d� luogo ad una distinta imposizione in quanto -come del resto si legge nello stesso art. 8 -d� luogo ad un atto economico comportante una entrata imponibile. � altrettanto ovvio che le particolari disposizioni dell'art. 9 del regolamento riguardano la riscossione dell'imposta che, se anche esigibile prima del pagamento, � dovuta per questo, e cio� per la corrispondente entrata, e non per l'atto di cui nei documenti indicati dal medesimo articolo. Viceversa una chiara conferma della sua decisione la Corte d'Appello ha tratto dal quarto comma dell'art. 8 della legge n. 729 del 1961, secondo il quale l'esenzione dall'imposta sull'entrata � � altres� � concessa per la energia elettrica occorrente per l'illuminazione e la segnalazione delle strade per i contributi dello Stato di cui agli artt. 2, 18 e 19 della stessa legge, per le somme ip.troitate dalle concessionarie per il diritto di pedaggio e per ogni altro provento derivante dall'esercizio delle autostrade. Ha esattamente rilevato la Corte di merito che, se l'esenzione dall'IGE fosse compresa nel primo comma dell'articolo, sarebbe stata inutile la specificazione contenuta nel quarto comma rispetto al detto tributo. La ricorrente, nella sua memoria, obietta che l'avverbio � altres� � del quarto comma avrebbe una funzione confermativa e non aggiuntiva rispetto al primo comma, e che mentre i primi tre commi riguarderebbero la fase della costruzione, i successivi commi riguarderebbero la fase dell'esercizio delle autostrade. Codesti rilievi, che dovrebbero elidere l'efficacia probante dell'argomentazione dei giudici di merito, sono, per�, privi di consistenza. Gli atti ed i contratti occorrenti per l'attuazione della legge, menzionati nel primo comma dell'art. 8, sono come risulta dall'art. 1 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 618 della stessa legge, sia quelli relativi alla costruzione sia quelli relativi all'esercizio delle autostrade l'avverbio � altres� � ha lessicalmente signifi� cato non confermativo, ma aggiuntivo e, pi� precisamente, aggiuntivo di un discorso di un fatto, di una ragione diversa, ed, invece, il quarto �comma, in cui esso viene usato, apre un argomento diverso da quello trattato dal primo e dal secondo, dai quali � staccato dal terzo che riguarda non la materia dell'esenzione dalle imposte, ma la riduzione degli� onorari dei notai e dei conservatori dei registri immobiliari. Parimenti, stante il chiaro significato delle norme di esenzione e delle norme che definiscono l'oggetto dell'imposta sull'entrata, nessun valore pu� essere riconosciuto, ai fini della interpretazione delle dette norme, n� a quanto -secondo la ricorrente -dovrebbe desumersi dai lavori preparatori dalla legge del 1961, n� alle istruzioni ministeriali sull'applicabilit� del beneficio tributario anche ai comportamenti non negoziali costituenti il fatto generatore dell'IGE. _ D'altra parte -una volta escluso per tutte le suesposte ragioni che l'IGE gravi sugli atti e contratti, ed una volta stabilito che solo per questi � prevista, ove siano in rapporto di occorrenza con l'attuazione della legge, l'esenzione -� privo di rilevanza, ai fini del decidere, l'ulteriore problema -esaminato senza necessit� dalla sentenza impugnata e riproposto dalla ricorrente in questa sede -se nella categoria degli atti e contratti occorrenti all'attuazione_ della legge sul piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali, rientri, oltre all'appalto, anche il subappalto (problema che, peraltro, dopo alcune contrastanti pronunzie giurispru� denziali, � stato, con riferimento ai subappalti non autorizzati ai sensi dell'art. 339 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, risolto negativamente dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema). -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del codice civile, quando nel corso dell'opera si manifestino determinate difficolt� di esecuzione non previste dalle parti, che rendano notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore (6). Per i fatti cosiddetti � continuativi � (cio� quelli prodotti da. una causa costante o da �una serie causale la cui onerosit� � rilevabile solo in forza �d�lla reiterazione) vi � s� deroga all'onere dell'immediata formulazione di riserva, ma solo fino a quando l'appaltatore non disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situazioni a lui pregiudizievoli e il presumibile onere economico, salvo poi a precisarne l'entit� nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale e, cio�, in un momento che va identificato, nelle singole fattispecie, secondo i criteri della diligenza e della buona fede; ed � quindi inammissibile, per decadenza, la riserva relativa ai maggiori oneri subiti in conseguenza della sospensione dei lavori che non sia stata formulata nel verbale di ripresa dei lavori e reiterata nel registro di contabilit� alla prima sottoscrizione di esso successiva alla ripresa dei lavori, quando sia venuta a cessare, cio�, la serie causale delle maggiori spese e possa l'appaltatore apprezzarne, sia pure in maniera approssimata, tutta la sostanziale entit� (7). Per i fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministr(lzione appaltante l'onere della tempestiva riserva dell'appaltatore va escluso soltanto quando tali fatti non incidano direttamente sull'e~ecuzione dell'opera e siano, perci�, indifferenti agli effetti delle riserve (8). Quando i fatti imputati all'amministrazione committente a preteso titolo di dolo o di colpa grave si inseriscano, come nel caso di dedotta illegittimit� della sospensione dei lavori troppo a lungo protratta, in un momento preciso della cronologia dei lavori ed incidano pertanto indubbiamente, in maniera diretta ed immediata, sulla esecuzione dei lavori, condizionandone tempi, modalit� e spese, le riserve relative a tali fatti -lungi dal riferirsi al complesso dei lavori unitariamente considerati (e cio�, come suol dirsi, al consuntivo) ovvero a pretese che investano tutto l'andamento dell'appalto (cio� afferiscano alla generalit� dell'opera) hanno precisa attinenza con le singole partite di lavoro via via puntualmente riportate nel registro di contabilit�, e riprende vigore, quindi, il principio generale secondo cui, in tema di contabilit� dei lavori di esecuzione delle opere pubbltche, l'onere della riserva riguarda qualsiasi richiesta di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori, qualunque n~ sia il titolo, e quindi anche per il risarcimento del danno prodotto da dolo o da colpa grave della pubblica amministrazione (9). (Omissis). -Col primo motivo di ricorso il Rossetti, denunciando la violazione degli artt. 2909 e.e., . 324 c.p.; 4, 5, 6 della legge 9 agosto 1954, n. 640, sostiene che l'Amministrazione dei LL.PP. avrebbe dovuto considerarsi nella specie passivamente legittimata in quanto: A) innanzitutto, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 621 � inammissibile il motivo di ricorso con il quale sia dedotto, per la prima volta in sede di legittimit�, il mancato accertamento da parte del giudice di merito sulla esistenza e sulla regolarit� della contabilit� relativa a rapporto di pubblico appalto (3). L'art. 16 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 prevede espressamente l'onere per l'appaltatore di inserire ogni sua riserva, nascente dalla sospensione o dalla ripresa dei lavori, nei verbali da compilare rispettivamente al momento della sospensione e della ripresa dei lavori, e, per effetto di esplicito richiamo agli artt. 53, 54 e 89 dello stesso regolamento, l'ulteriore onere di ripetere la riserva, a pena di decadenza, nel registro di contabilit� non appena gli sia presentato per la firma, esplicandone, poi, le ragioni,� nel termine di quindici giorni (4). Anche per i maggiori oneri che si assumano conseguenti alla sospensione dei lavori �. applicabile il principio secondo cui l'onere della immediata denuncia di ogni fatto che l'appaltatore ritenga produttivo di conseguenze patrimoniali a s� sfavorevoli costituisce un cardine del sistema dei pubblici appalti, che, per l'ampiezza della portata e la ratio ispiratrice, non pu� subire deroga, se non nei casi in cui l'osservanza dell'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore non sarebbe possibile o rilevante (5). L'onere della tempestiva riserva noi:z riguarda solo pretese che traggano origine dal modo di rilevamento e di registrazione dei lavori via via eseguiti, ma riguarda ,anche richieste di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori eseguiti qualunque ne sia il titolo e, quindi, anche l'equo compenso cui l'appaltatore ha diritto, a norma dell'art. 1664, secondo comma, (3) Applicazione, in tema di appalti pubblici, di consolidato criterio giurisprudenziale. (4-9) Le varie massime esprimono, talora con ulteriori opportune precisazioni, un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato, gi� riferito, in particolare, all'onere della tempestiva riserva anche per quanto concerne i danni che l'appaltatore assuma di aver subito in conseguenza della sospensione dei lavori, di impreviste difficolt� di esecuzione, o di fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione committente; e va soltanto precisato, in argomento, che il termine utile alla esplicazione della riserva deve ritenersi decorrente, contrariamente a quanto ,potrebbe desumersi dall'ultima parte della quarta massima, dalla firma del verbale di ripresa dei lavori, sia perch� nulla vieta che questo stesso verbale costituisca (come del resto � confermato dalla prassi) idonea sede per la esplicazione della riserva (da riprodurre sempre, s'intende, nel registro di contabilit�), sia perch�, comunque, l'appaltatore potrebbe sempre chiedere il registro di contabilit� (cos� come lo chiede per le riserve alla sua firma formulate) per esplicare in questa sede la riserva. Sui principi enunciati nella sentenza cfr., da ultimo: Cass., 5 gennaio 1976, n. 8, retro, I, 124; 17 ottobre 1975, n. 3374, in questa Rassegna, 1915, I, 912; 18 luglio 1975 n. 2841, ibidem, 911, con richiami in nota. Amplius, sulle varie questioni in tema di riserve, cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, pag. 287 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 620 Appalto -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � Fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione committente � Possibile deroga all'onere della tempestiva riserva � Estremi. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � Fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione committente che incidano sulla esecuzione dei lavori � Onere della tempestiva riserva � Sussistenza. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89). La legge 9 agosto 1954, n. 640, contenente norme per la eliminazione delle abitazioni malsane, conferisce all'amministrazione dei lavori pubblici, in via astratta,. il potere di delegare le proprie attribuzioni e le relative incombenze agli istituti autonomi per le case popolari, mediante una delegazione intersoggettiva che di regola, ove l'atto di conferimento non disponga diyersamente, investe l'ente delegato di specifica competenza (derivata) e di conseguente legittimazione sostanziale processuale, limitatamente alla materia che forma oggetto della delega. Peraltro, l'amministrazione delegante, nell1avvalersi in concreto del suo potere, � libera di contenere la delega nei limiti che reputi piit opportuni, circoscrivendo i compiti specificamente demandati all'ente delegato, fino a riservarsi la piena , titolarit� del rapporto e la conseguente legittimazione. Da ci� consegue che, al fine di accertare se l'attivit� dell'ente delegato abbia esorbitato dai limiti ad esso imposti ovvero si sia svolta col rispetto di tali limiti e con le modalit� all'uopo stabilite, nonch� al fine di stabilire la effettiva titolarit� dei rapporti intercorsi tra l'ente delegante e i terzi, occorre procedere, caso per caso, ad un'indagine sul contenuto e sugli estremi della delega (1). Perch� una decisione di primo grado possa assumersi impugnata nella parte relativa all'interpretazione di un atto di delega intersoggettiva ed alla conseguente individuazione del soggetto legittimato a contraddire non � sufficiente che l'appellante si sia rimesso, sul punto della legittimazione passiva, alla valutazione discrezionale del giudice di appello, in quanto una siffatta espressione, non essendo sorretta dalla sia pur sommaria ma necessaria enunciazione di concrete e specifiche ragioni di doglianza, non integra una manifestazione univoca e giuridicamente adeguata all'intento di impugnare la pronuncia su tale punto della controversia (2). (1) Conf. Cass., 12 gennaio 1968, n. 75; v. pure Cass., 3 luglio 1967, n. 1626. In tema di delegazione amministrativa cfr., da ultimo, Cass., 12 giugno 1975 n. 2333, in questa Rassegna, 1975, I, 754, con nota di richiamo ai precedenti giurisprudenziali sulle varie questioni che si pongono in tema di co1laborazione di enti nella esecuzione di opere pubbliche. (2) Il principio risponde a consolidato orientamento giurisprudenziale; cfr., in particolare: Cass., 17 ottobre. 1975, n. 3376; 9 giugno 1975, n. 2299. � SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1976, n. 1.337 -Pres. Rossi � Rel. Borruso -P. M. Pedace (conf.) -Rossetti (avv. Cattaneo e Capriolo) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Del Greco) e I.A.C.P. di Ca, serta. Opere pubbliche � Esecuzione -Eliminazione delle abitazioni malsane � Potere di delega dell'Amministrazione de1 lavori pubblici � Esercizio � Discrezionalit� � Attivit� delegata � Limiti � Criterio di indagine. (legge 9 agosto 1954, n. 640). Procedimento civile � Impugnazioni -Questione di legittimazione passiva � Motivo di appello � Specificit� � Necessit� � Valutazione rimessa al di� screzionale apprezzamento del giudice di appello � Insufficienza. (cod. proc. civ., art. 342). Procedimento civile -Ricorso per cassazione � Questioni nuove involgenti accertamento di fatto � Deducibilit� in sede di legittimit� � Esclusione � Motivo di ricorso fondato sul mancato accertamento della esistenza e della regolarit� della contabilit� relativa a rapporto di appalto pubbll� co � Questione non dedotta nel giudizio di merito -Inammissibilit� del relativo motivo di ricorso. (cod. proc. civ., art. 360; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 36 e segg.). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Sospensione del lavori � Riserve del� l'appaltatore � Tempo e forma. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 53, 54 e 89). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Ris'�rve dell'appaltatore � Onere � Carattere generale. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 54, 64 e 89). Appalto -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � Oneri per impreviste difficolt� di esecuzione � Onere della tempestiva riserva � Sussistenza. (r.d. 25 maggio '1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89; cod. civ., art. 1664, secondo comma). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � Fatti continuativi � Onere della tempestiva riserva � Sussistenza � Deroga � Limiti. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 64 e 89). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI l'esclusione affermata dal Tribunale di tale legittimazione non poteva considerarsi passata in giudicato dalla Corte di merito: infatti, pur essendo vero che sul punto era mancato l'appello da parte dello IACP, ritenuto dal primo giudice legittimato passivo in via esclusiva, vi era stata al riguar �do l'impugnazione del Rossetti, il quale in proposito si era rimesso s� alla giustizia, ma poi aveva chiesto, in via alternativa, la condanna dell'Amministrazione dei LL.PP.; B) dall'esegesi dell'art. 4 della legge n. 640 del '54 (a tenore della quale �per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, compreso l'appalto, il Ministero dei LL.PP. pu� valersi, oltre che degli uffi. ci del Genio Civile, dell'IACP ... �) non risulterebbe quel trasferimento di poteri o del loro esercizio, indispensabile perch� si possa ritenere sussi� stente una delegazione amministrativa vera e propria, ma soltanto la . possibilit� di utilizzazione diretta dell'IACP, alla stregua degli uffici peri� ferici dell'Amministrazione dei LL.PP. ai quali l'IACP viene a sostituirsi. E che nella specie non si fosse trattato di delegazione amministrativa, ma solt~to di inserimento funzionale di un ente autonomo in un'amministrazione statale sarebbe confermato dai poteri di ingerenza e controllo spettanti al Ministero dei LL.PP., tra cui quello -qui particolarmente rilevante -di decisione sulle riserve. La censura sub a} � infondata. Invero, a fondamento dell'atto d'appello, il Rossetti ha dedotto soltanto due motivi (l'uno relatiyo alla tempestivit� delle riserve e l'altro alla pretesa rinuncia da parte della P.A. ad eccepire l'intempestivit� delle medesime), mentre, in ordine alla legittimazione passiva del Ministero dei LL.PP., si � limitato ad affidarsi al giudizio della Corte per quanto concerneva la qualificazione del rapporto fra il Ministero delegante e l'IACP delegato: il che val quanto dire rimettersi alla giustizia del giudice in ordine alla individuazione del soggetto tenuto al soddisfacimento delle pretese fattt? valere con la proposizione dell'azione cautelativamente proposta nei confronti di pi� parti. Individuazione da compiersi, nella specie, non soltanto con un giudizio di diritto, ma anche di fatto, poich� -come questa Corte ha gi� pi� volte ritenuto (cfr. in tal senso sent. n. 75 del 68 e 1626 del 67) -la legge 9 agosto 1954, n. 640, contenente norme per l'eliminazione delle abitazioni malsane, conferisce all'amministrazione dei lavori pubblici, in via astratta, il potere di delegare le proprie attribuzioni e le relative incombenze agli istituti per le case popolari, mediante una delegazione intersoggettiva, che, di regola, ove l'atto di conferimento non disponga diversamente, investe l'ente delegato di specifica competenza (derivata) e di conseguente legittimazione sostanziale processuale, limitatamente alla materia che forma oggetto della delega. Peraltro, l'amministrazione delegante, nell'avvalersi in concreto �del suo potere, � libera di contenere la delega nei limiti che reputi pi� opportuni, circoscrivendo i compiti specificamente demandati all'ente delegato, fino a riservarsi la piena titolarit� del rapporto e la conseguente legittimazione. Da ci� 624 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consegue che, al fine di accertare se l'attivit� dell'ente delegato abbia esorbitato dai limiti ad esso imposti ovvero si sia svolta col rispetto di tali limiti e con le modalit� all'uopo stabilite, nonch� al fine di stabilire la ef� fettiva_ titolarit� dei rapporti intercorsi tra l'ente delegato e i terzi, occorre procedere, caso per caso, ad un'indagine sul contenuto e sugli estremi della delega. Orbene, dall'ambito del giudizio che la Corte di merito avrebbe dovuto riesaminare discende, con tutta evidenza, che il Rossetti, per proporre appello su tale punto, avrebbe dovuto censurare la decisione adottata dal Tribunale in ordine alla interpretazione del predetto atto di delega e che, pertanto, non sia sufficiente, a tal fine, in aggiunta a ben altri motivi specifici di gravame, ri:tpettersi, sul punto della legittimazione passiva, alla valutazione discrezionale del giudice d'appello, in quanto una siffatta espressione; non essendo sorretta dalla sia pur sommaria ma necessaria enunciazione di concrete e specifiche ragioni di dogliaiiza, non integra una manifestazione univoca e giuridicamente adeguata all'intento di im� pugnare la pronuncia su tale punto della controversia. In tal senso cfr. da ultimo Cass., sent. n. 3376 e n. 2299 del 75). La conferma di tale equivocit� -se non addirittura della volont� di non impugnare -� data dalla constatazione che, nello stesso atto d'appello, il Rossetti affepna esplicitamente d'essere � indifferente � in ordi� ne all'individuazione del legittimato passivo e ci� spiega perch��-come gi� in primo grado -si limiti a chiedere la condanna � in via alternativa � dei due enti da lui convenuti in giudizio. Essendo, dunque, precluso il riesame della questione, la censura sub b) deve considerarsi inammissibile e, pertanto, l'intero primo motivo � inaccoglibile. Parimenti inaccoglibile � il secondo motivo di ricorso col quale il Rossetti -premesso che il presupposto fondamentale di tutta la normativa della decadenza dell'appaltatore dal diritto di proporre riserva � che la contabilit� esista, e sia riportata negli appositi registri in maniera regolare e non provvisoria, -sostiene che nella sentenza impugnata sarebbero stati violati gli artt. 36 e segg. del r.d. 25 maggio 1895, n. 390: ci� in quanto si sarebbe ritenuto l'appaltatore decaduto dal diritto di avanzare determinate pretese per intempestiva proposizione delle relative riserve quantunque non vi fosse -prova dell'esistenza e della regolarit� di tale conta~ bilit�, non avendo mai il Ministero prodotto in giudizio i relativi registri, dei quali, pure, i difensori del Rossetti avevano chiesta l'esibizione. Trattasi di questione assolutamente nuova, peraltro involgente complessi accertamenti di fatto e che, pertanto, come costantemente affer� mato nella giurisprudenza di questa Corte, non pu� essere prospettata per la prima volta in sede di legittimit� (cfr. da ultimo in tal senso Cass. sent. n. 3214, 2725, 2276, 1838, 919 e 85 del 1975). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI Il Rossetti infatti, n� in primo n� in secondo grado, ha mai contestato l'esistenza e la regolarit� delle scritture contabili tenute dalla P.A., esistenza e regolarit� che debbono, pertanto, ritenersi pacifiche nella specie. Soltanto nelle brevi note (successive alla comparsa conclusionale in appel� lo) depositate il 29 gennaio 1973 il Rossetti rileva che �la P.A. si � ben guardata dal depositare i registri in cui hanno trovato puntuale formulazione, secondo le modalit� pi� volte riferite, le riserve ad opera dell'appellante impresa�, ma tale mancato deposito viene eccepito solo al fine espresso di sottolineare � la veridicit� delle affermazioni del Rossetti � e cio� dei seguenti fatti: a) anche le riserve relative alla prima sospensione dei lavori, pur non essendo state formulate nel verbale di sospensione dei lavori, furono iscritte nel verbale di ripresa dei lavori e ripetute nel registro di contabilit� in sede di conto finale di liquidazione; b) che anche le riserve relative alla seconda sospensione dei lavori, quantunque non iscritte nel relativo verbale n� di sospensione n� di ripresa dei lavori, furono formulate in sede di conto finale di liquidazione. Tali circostanze -peraltro anch'esse pacifiche, sicch� l'acq�isizione dei registri richiesta per provarle si rivela del tutto superflua -non pongono minimamente in causa -ma anzi da un punto di vista strettamente logico lasciano presumere -l'esistenza e la regolarit� dei registri contabili nei quali si afferma d'aver iscritto le riserve, esistenza e regolarit� che, pertanto, non possono essere contestate per la prima volta nel giudizio avanti questa Corte. Col terzo motivo di ricorso il Rossetti sostiene innanzitutto che si sarebbe dovuta ammettere quantomeno la tempestivit� delle riserve seconda e terza, relativa alle spese generali e all'aumento del costo di mano d'opera per la maggiore durata dei lavori ancorch� formulate, o comunque riportate, solo in sede di conto finale. E ci� perch�, a seguito delle due sospensioni cos� prolungate dei lavori, si erano verificate imprevedi� bili conseguenze, tali da sovvertire completamente l'economia del contratto, sicch�: a) i fatti per i quali erano state mosse dal Rossetti le suddette riserve avrebbero dovuto essere considerati continuativi, in� quanto la loro incidenza poteva essere valutata solamente a contratto esaurito; b) l'esecuzione dell'appalto era divenuto indubbiamente oneroso e difficile, ragion per cui al Rossetti sarebbe spettato, ai sensi dell'art. 1664 e.e., un equo compenso. In secondo luogo, il ricorrente -premesso che le predette sospensioni erano state del tutto illegittime, in quanto, secondo l'art. 16 del reg. 24 maggio 1895, n. 350, esse sono consentite solo da circostanze speciali non ricorrenti nella fattispecie, sicch� il comportamento dell'Amministrazione poteva qualificarsi � gravemente colposo � -conclude che la pre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 626 tesa da lui avanzata con le riserve seconda e terza, tendenti ad ottenere il risarcimento del danno subito a causa delle cennate sospensioni, non avrebbero dovuto essere affatto condizionate alla formulazione di apposite riserve. Il motivo. � completamente infondato. Innanzitutto � da premettere che espressamente l'art. 16 del r.d. 25 maggio 1895 n. 350 prevede l'onere per l'appaltatore di inserire ogni sua riserva, nascente dalla sospensione o dalla ripresa dei lavori, nei verbali, rispettivamente da compilarsi al momento della sospensione e della ripresa� e, per effetto di esplicito richiamo agli artt. 53, 54 e 89 della medesima legge, J'ulteriore onere di ripetere, a pena di decadenza, la riserva stessa nel registro di contabilit� non appena esso gli sia presentato per la firma,� esplicandone, poi, le ragioni nel termine di quindici giorni. Ci� posto, s'impone, anche nel caso in esall':e, il rispetto del principio generale, costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo sent. n. 2841 del 75), secondo cui l'onere dell'immediata denuncia di ogni fatto che l'appaltatore ritenga produttivo di conseguen� ze patrimoniali a s� sfavorevoli costituisce un cardine del sistema dei pubblici appalti, che, per l'ampiezza della portata e la ratio ispiratrice, non pu� subire deroga, se non nei �asi in cui l'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore non sarebbe possibile o rilevante. Tali casi nella specie non sussistono. Ed invero: a) come questa Corte ha avuto pi� volte modo di affermare (cfr. sent. n. 1158 del 75 e 78 del 74) l'onere della riserva non riguarda solo pretese che traggono origine dal modo di rilevamento e di registrazione dei lavori via via eseguiti, ma riguarda anche richieste di ulteriori com� pensi e indennizzi per i lavori eseguiti qualunque ne sia il titolo e, quindi, anche l'equo compenso cui l'appaltatore ha diritto, a norma del secondo comma dell'art. 1664 cod. civ., quando nel corso dell'opera si manifestino determinate difficolt� di esecuzione non previste dalle parti, che rendono notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore; b) per i fatti cosidetti �continuativi� (cio� quelli prodotti da una causa costante o da una serie causale la cui onerosit� � rilevabile solo in forza della rl;!iterazione) vi � si deroga all'onere dell'i:.imediata for� mulazione di riserva, ma solo fino a quando l'appaltatore non disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situa zioni a lui pregiudizievoli e il presumibile onere economico, salvo poi a precisarne l'entit� nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale e, cio�, in un momento che va identificato, nelle singole fattispecie, secondo i criteri della diligenza e della buona fede (cfr. in tal senso Cass. sent. nn. 2841, 1458, 1148 del 75, 78 del 74, 1527 e 677 del 73). Orbene, nella specie, � decisivo rilevare che -come emerge dall'impugnata sentenza PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI la continuit�� dei danni subiti durante ciascuna delle due sospensioni dei lavori era gi� completamente cessata allorch� essi furono ripresi, sicch� non aver formulato le relative riserve nel verbale di ripresa dei lavori (come avvenne per la seconda sospensione) o non averle reiterate nel registro. di contabilit� alla prima sottoscrizione .di esso successiva a quella ripresa (come avvenne per la prima sospensione) non pu� non costituire, nella logica del nostro sistema di contabilit� dei pubblici appalti, un'inammissibile omissione, che inevitabilmente compo.rta la decadenza dell'appaltatore dal diritto all'indennizzo (cfr. Cass. sent. n. 830 del 72). N�, in contrario, pu� addursi l'impossibilit� di precisare, al momento stesso della sospensione o anche della stessa ripresa dei lavori, il quantum di tale indennizzo come ragione di esonero dall'osservanza dell'onere di formulare la relativa riserva, poich�, nel caso in esame, tale impossibilit� avrebbe potuto sollevare eventualmente solo dall'onere di precisare l'esatto ammontare del compenso, ma non gi� quello di indicare l'oggetto e la ragione della riserva stessa, in quanto, al momento della ripresa dei lavori, la serie causale delle maggiori spese -come gi� si � rilevato -era venuta a cessare e di esse, quindi, l'appaltatore poteva apprezzarne certamente, sia pure in maniera approssimata, tutta la sostanziale entit� (cfr. in tal senso Cass. sent. n. 677 del 73 e, con puntuale riferimento ai danni per la sospensione dei lavori, Cass. sent. n. 1148 del 75, 2486 e 1527 del 73 e 1960 del 72); e) anche per i fatti dolosi o gravemente colposi della p.a. la giurisdizione � costante nel ritenere s� che non vi sia l'onere dell'immediata formulazione di riserva, ma, con altrettanta costanza, la medesima giurisprudenza sottolinea che l'esistenza di tale deroga � subordinata alla condizione che tali fatti non incidano direttamente sull'esecuzione dell'opera e siano, perci�, indifferenti agli effetti delle riserve (cfr. da ultimo in tal senso Cass. sent. n. 2841 e 1458 del 75, 78 del 74, 677 del 73, 1384 del 71). Nella specie, i fatti che si imputano alla p.a. a preteso titolo di dolo o di colpa grave -concretandosi nella presunta illegittimit� della sospensione dei lavori troppo a lungo protratta -si inseriscono in un momento preciso della cronologia dei lavori poi successivamente ripresi e hanno inciso indubbiamente, in maniera diretta e immediata, sulla esecuzione dei medesimi, condizionandone tempi, modalit� e spese. Poich�, dunque, le riserve relative a tali fatti -lungi dal riferirsi al complesso dei lavori unitariamente considerati (e, cio�, come sul dirsi, al consuntivo) ovvero a pretese che investano tutto l'andamento dell'appalto (cio� afferiscano alla generalit� dell'opera) -hanno precisa attinenza con singole partite di lavoro via via puntualmente riportate nel registro di contabilit�, riprende vigore il principio generale secondo cui, in tema di contabilit� dei lavori di esecuzione delle opere pubbliche, l'onere della riserva riguarda qualsiasi richiesta di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori, qualunque ne sia il titolo (e quindi anche per il risarcimento del danno prodotto 628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da dolo o colpa .grave della p.a.), perch� sia resa in ogni momento evi� dente, per superiori ragioni d'ordine pubblico finanziario, il nesso causale tra la progressione della spesa effettiva cui la p.a. si trova esposta (comprensiva quindi di tutti i crediti contro la medesima vantabili per fatti gi� accaduti e percepiti) e la progressione stessa dei lavori, delle loro modalit� e di tutte le loro vicissitudini. -(Omissis). I TRIBUNALE-SUPERIORE ACQUE, 10 luglio 1975, n. 18 � Pres. Laporta � Rel. Salvatore � Garraffo e Scilio Acquedotti S.n.c. (avv. Conte) c. Assessorato ai lavori pubblici della Regione Siciliana (avv. Stato Albisinni) e Comune� di Giarre (avv. Astuti, Silvestri e Carbone). Acque pubbliche ed elettricit� -Acque sotterranee � Domanda di concessione dello scopritore � Concessione precaria a terzi � Impugnativa � Interesse al ricorso nello scopritore � Sussiste. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 103 e 143). Atto amministrativo -Concessione precaria di acque pubbliche � Adozione da parte dell'assessore regionale uscente � Legittimit�. Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Concessione precaria a terzi per la durata del procedimento � Omessa predeterminazione di questa � Eccesso di potere. Lo scopritore di acque sotterranee che ne abbia chiesto la concessione ha interesse ad agire per conseguire la eliminazione di un provvedimento con cui, per l'urgenza di provvedere ai fabbisogni igienico-potabili del centro abitato, l'acqua sia concessa in via precaria ad un comune, se il provvedimento � in concreto suscettibile di interferire sul regolare svolgimento del procedimento concessorio. (1). Per il principio della prorogatio l'assessore regionale uscente � legittimato ad adottare provvedimenti di urgenza nelle materie attribuite alla sua competenza (2). Il provvedimento con cui per ragioni di urgenza, al di fuori di un ordinario procedimento, un'acqua pubblica non ancora fatta oggetto di concessione � concessa in via precaria ad un comune per le esigenze igienico- potabili dell'abitato � illegittimo se, adottato in pendenza del procedimento di concessione, si limiti a correlare la cessazione della sua efficacia alla chiusura del procedimento omettendo di porre per �questa un termine adeguato (3). (1-3-7-8) Con la seconda delle sentenze in rassegna giunge a conclusione la vicenda processuale che s'era venuta svolgendo attraverso la sentenza 16 novembre 1972, n. 41 dal Tribunale superiore delle acque (in Cons. Stato, 1972, II, 1261), che aveva pronunciato l'annullamento del decreto di requisizione, e la successiva sentenza 7 dicembre 1974, n. 4089 delle sezioni unite (in questa Rassegna, 1975, I, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 629 II TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 novembre 1975, n. 22 � Pres. Danzi� Rel. Leone � Comune di Giarre (avv. Silvestri) c. Garraffo e Scilio Acquedotti S.n.c. (avv. Conte) e Prefetto di Catania (avv. Stato Albi� sinni). Acque pubbliche ed elettricit� � Requisizione di utenza � Controversie sulla misura dell'indennit� � Legittimazione passiva del prefetto � Esclusione. (I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 7). Acque pubbliche ed elettricit� � Giudizio e procedimento � Composizione � dei tribunali regionali � Partecipazione di funzionari tecnici dipendenti dalla P.A. � Questione di legittimit� costituzionale � Manifesta infonda� tezza. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 138; Cost., art. 108, secondo comma). Acque pubbliche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione � Tribunali regionali e tribunali ordinari � Requisizione di utenza � Co~troversie sulla misura dell'indennit� � Competenza del tribunale regionale. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. e). Acque pubbliche ed elettricit� � Requisizioni di acque sotterranee in con� fronto dello scopritore � Annullamento � Effetti � Risarcimento dei danni. Acque pubbliche ed elettricit� � Requisizioni di acque sotterranee. in con� fronto dello scopritore � Annullamento � Effetti � Rapporti fra scopri� tore e benificiario della requisizione � Assimilabilit� ai rapporti tra scopritore e concessionario delle acque rinvenute � Esclusione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 103, comma 3). Il prefetto non � legittimato a contraddire alla domanda proposta per ottenere che l'indennit� di requisizione di un'acqua pubblica sia deter� minata in misura maggiore di quella stabilita nel decreto di requisizione o in altro successivo (4). 428), sulla quale ci s'era soffermati per ricercare quali strumenti, diversi dalla requisizione possono essere utilizzati dall'autorit� amministrativa per far fronte a situazioni di urgenza che richiedono di dare all'acqua pubblica, gi� fatta oggetto di precedenti concessioni, una destinazione temporaneamente diversa (cfr. Requi� sizioni o limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche oggetto di concessione, in questa Rassegna, 1975, I, 429). S'era cos� giunti a rinvenire nell'art. 43 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 la previsione di un ipotesi in cui �il ricorso di uno speciale motivo di pubblico .interesse e la temporaneit� dell'esigenza consentono di far luogo ad un provvedimento con possibili effetti di concessione, al di fuori dello schemoa del procedimento concessorio e in deroga alla disciplina dell'ipotesi di sospensione di utenza >>. Tornando ad esaminare il problema in un caso d'acqua non ancora concessa, ma oggetto di un procedimento di concessione su iniziativa di chi l'aveva scoperta, il Tribunale superiore -con la prima delle sentenze in rassegna -ha ritenuto che l'urgenza legittimi all'adozione di un provvedimento avente un'efficacia provvisoria, con il quale si attribuisca un diritto alla utilizzazione dell'acqua 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � manifestamente infondata l'eccezione di legittimit� costituzionale dell'art. 138 comma 2 r.d. 11 dicembre 1933 che disciplina la composizione dei tribunali regionali delle acque pubbliche, prospettata sotto il profilo del contrasto con l'art. 108 Cost. in quanto non assicurerebbe la indipendenza dei funzionari del genio civile ad essi aggregati (5). La controversia sulla determinazione dell'indennit� di requisizione di un'acqua pubblica appartiene alla competenza dei tribunali delle acque pubbliche in quanto rientra tra quelle, contemplate dall'art. 140 lett. c, r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, aventi ad oggetto un diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche (6). Annullato dal giudice amministrativo il decreto di requisizione di una acqua pubblica, la utilizzazione dell'acqua da parte del soggetto in favore del quale la requisizione era stata pronunziata si� qualifica come un fatto illecito che lo obbliga al risarcimento del danno subito dal requisito, risarcimento che � dovuto anche se il requisito anzich� concessionario del1' acqua ne fosse semplice utente di fatto (7). I rapporti tra beneficiario di un provvedimento di requisizione poi annullato e lo scopritore di acque sotterranee in attesa di concessione non sono riconducibili nell'ambito della norma che disciplina i diritti dello scopritore in confronto del terzo che gli sia preferito nella concessione (8). prescindendo dalla osservanza delle regole sul provvedimento concessorio. Il concreto provvedimento � stato per� annullato perch� le sue clausole non erano tali da assicurare che l'Amministrazione conseguisse il risultato di potrarne l'efficacia ritardando ingiustificatamente la definizione del procedimento di concessione in atto. Resta cos� confermato che l'autorit� competente all� concessione delle acque pubbliche pu� in caso di urgenza adottare .provvedimenti sostanzialmente concessori al di fuori degli ordinari schemi procedimentali, ma i limiti di tale potere sono segnati dalla necessaria temporaneit� degli effetti imposta dalla esigenza di salvaguardia delle preesistenti situazioni di interesse giuridicamente protetto all'uso dell'acqua. La lettura congiunta delle due sentenze trae ancora motivo di interesse dalla constataZione della protezione che ne risulta accordata alla posizione dello scopritore di acque sotterranee. Il titolo di preferenza alla concessione, riconosciuto dall'art. 103, comma secondo, del t.u. del 1933 ed il diritto, in caso di mancato ottenimento della concessione, ad ottenere dal concessionario il rimborso delle spese sostenute, un adeguato compenso per l'opera prestata ed un premio rapportato all'importanza della sco� perta (art. 103, comma terzo), si accompagnano ad una protezione, in confronto dei terzi diversi dall'amministrazione, dell'uso dell'acqua scoperta, ancorch� stabilito in via di fatto (art. 1145, comma 2, cod. civ.). L'autorizzazione alla ricerca di acque sotterranee si rivela dunque un provvedimento in grado di condizionare in modo decisivo fa successiva utilizzazione delle acque scoperte. (2) Nello stesso senso, con riguardo a provvedimenti in materia di acque pubbliche ed alla competenza di ministri dimissionari, Trib. sup. acque, 27 maggio 1974, n. 8, in questa Rassegna 1974, I, 1294; Cass., 20 novembre 1959, n. 3430 PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 631 I (Omissis). -Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione� di inammissibilit� del ricorso per carenza di interesse prospettato nell'udienza di discussione dell'Avvocatura Generale dello Stato e dalla difesa del Comune resistente. Tale eccezione deve essere disattesa. :a. vero, infatti, che la concessione assentita al Comune di Giarre � stata operata con esplicita salvezza dei l/sec. 200 concessi alla societ� ricorrente col decreto 18 dicembre 1965 ed in via precaria, con esclusione cio� di una istituzionale costituzione a favore del Comune suddetto di una situazione giuridica a carattere definitivo. Peraltro, non pu�, di contro, contestarsi l'interesse della societ� ricorrente sotto un diverso profilo che � quello inteso ad ottenere, attraverso la proposizione dell'impugnativa, l'utilit�, a carattere strumentale, costituita dalla situazione di vantaggio derivante dalla rimozione dell'atto impugnato. Atto che nella misura in cui concretamente interferisce, quanto meno nelle modalit� e nei tempi, sul regolare svolgimento del procedimento relativo alla concessione definitiva delle acque della galleria Cavagrande si appalesa idoneo ad incidere, con carattere di immediatezza ed attualit�, l'interesse della societ� ricorrente, che quelle acque ha rinvenuto. in questa Rassegna, 1960, 14 e Trib. sup. acque, 17 giugno 1958, n. 19, Acque bonif. castr. 1958, 415 e Cons. Stato, 1958, II, 120. (4) In termini, Trib. Matera 7 febbraio 1966, Giust. civ. 1966, I, 1032. La massima rappresenta un'applicazione alle requisizioni ordinarie a favore di terzi di una regola costantemente enuncia:ta in tema di espropr.iazione per pubblica utilit� e di occupazione temporanea e di urgenza (Cass. 7 febbraio 1974, rt. 339, Giur. agr. 1975, 660; Cass. 19 giugno 1974, n. 1812, Giust. civ. Mass., 1974, 813) regola desunta dall'art. 51 1. 25 giugno 1865 n. 2359. La sua applicazione alla materia delle requisizioni si fonda sulla assimilazione delle requisizioni in uso alle occupazioni di urgenza (Cass. 9 settembre 1960, n. 2448, Giust. civ., 1961, I, 495; Cass., 23 giugno 1964, n. 1636, Giust. civ. 1965, I, 816 e Rass. Avv. Stato, 1965, I, 876; Cass. 7 luglip 1967, n. 1676, Foro it. 1967, I, 2562) con la conseguente riconduzione allo schema configurato dagli artt. 24 ss., 51 e 72 1. espr. anche dell'azione spettante al soggetto passivo della requisizione per far valere il diritto all'indennit�, diritto che sussiste in confronto del beneficiario della requisizione medesima (LANDI, Requisizione, in Nuovissimo Digesto Italiano, Torino, 1968, XV, 487 e 493). (5) Come il Tribunale superiore ha ricordato nella motivaziope, la questione di illegittimit� costituzionale degli artt. 138 e 139 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 relativi alla composizione dei tribunali regionali e del tribunale superiore delle acque pubbliche, prospettata in rapporto all'art. 108 Cost. e all'essere membri del collegio funzionari tecnici dipendenti della P .A., � gi� stata ritenuta manifestatamente infondata dalla Corte di cassazione in due occasioni (Cass., 22 dicembre 1964, n. 2950, in questa Rassegna, 1965, I, 128 e Cass. 10 giugno 1%8, n. 1769, Giust. civ. Rep. 1968, acque pubbliche, 147). La Cassazione ha ritenuto che il requisito della indipendenza del giudice, che l'art. 108 comma 2 Cost. richiede sia dalla legge assicurato per gli estranei che partecipano alla amministrazione della giustizia, � in concreto garantita dal siste RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 632 Passando all'esame nel merito del ricorso infondato si appalesa il primo motivo di gravame, con il quale viene dedotta l'illegittimit� derivata del provvedimento impugnato scaturente dalla illegittimit� dell'ordinanza di ammissione ad istruttoria del Genio civile di_ Catania del 2 febbraio 1972, riconosciuta da questo Tribunale Superiore con sentenza n. 6 del 21 maggio 1974, per porsi tale provvedimento come atto presupposto di quello impugnato in questa sede. Invero, dalla motivazione del decreto impugnato emerge chiaramente che l'ordinanza di ammissione ad istruttoria sopraricordata, lungi dall'essere stata assunta a presupposto dell'atto de quo, � stata richiamata unicamente per evidenziare l'esistenza di un procedimento, quello per l'appunto di concessione dell'acqua della� sorgente � Cavagrande �, ancora non definito e del quale l'ordinanza anzidetta costituiva uno dei momenti essenziali. E proprio partendo da tale constatazione il provvedimento impu .. gnato, rilevata la gravissima situazione idrica del Comune di Giarre e la urgenza di provvedere all'esigenza indilazionabile di assicurare l'acqua alla popolazione interessata per prevenire pericoli alla salute pubblica ed indi� viduando, quindi, in tali elementi l'autonoma giustificazione per provvedere in ordine alla situazione venutasi a creare, ha operato, in via precaria, la concessione di 1. sec. 30,5 a favore del Comune, in conformit� dei voti espressi dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. ma di nomina (affidata questa al Consiglio superiore della magistratura su designazione del presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici: artt. 138 comma 2 e 139 comma 4 t.u. 11dicembre1933, n. 1775; art. 10, comma 1 n. 2, I. 24 marzo 1958, n. 195), dalla predeterminazione della durata nella carica limitata a cinque anni (artt. 138, comma 3, e 139, comma 5), dalla applicazione delle norme sulla astensione e ricusazione (artt. 51 e 52 c.p.c. richiamati dall'art. 208 del testo unico) resa possibile dalla �nomina di pi� membri tecnici uno solo dei quali chiamato di volta in v,olta a comporre il collegio giudicante. Le decisioni della Corte costituzionale richiamate in motivazione (13 luglio 1963, n. 132, Giur. cast., 1963, 1465, con osserv. di G. A. MICHELI, In tema di indipendenza dei giudici speciali e siti limiti del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato avanti la Corte Costituzionale; 7 dicembre 1964, n. 103, Giur. cast., 1964, 1070, con nota di F. C. SCOCA, Indlipendenza del giudice tributario e giurisprudenza costituzionale) ebbero ad escludere la illegittimit� costituzionale, per contrasto con l'art. 108 Cost., rispettivamente dell;art. 6 d.I. 8 aprile 1948, n. 514 e degli artt. 2 e4 r.d. 13 marzo 1944, n. 88 e 2, 5, 7 e 10 r.d. 8 Juglio 1937, n. 1516, sulla composizione delle commissioni provinciali e distret� tuali delle imposte. _e noto, peraltro, come successivamente alle decisioni ora richiamate la Corte costituzionale sia pervenuta alla dichiarazione di illegittimit� dell'art. 2 I. 23 dicembre 1966, n. 1147 sulla composizione delle sezioni dei tribunali ammi� nistrativi per il contenzioso elettorale (27 maggio 1968, n. 49, Giur. cast. 1968, 756, con osserv. di M. S. GIANNINI, Una sentenza ponte verso tribunali amministrativi) e dell'art. 2 d. l.vo 6 maggio 1948, n. 654 sulla composizione del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (22 gennaio 1976, n. 25, Giur. cast. 1976, 88 commentata da A. CERRI, Indipendenza, imparzialit�, nomina politica: .;.:;-:.o:.O:�Z"'."".�'.�'.�'.-'.�'.':�'.�'.�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�'.�"�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�:�'.�'.�'.�'.�'.::::.�<'.:'.:'.-'.�'.-'.:'.:::'.�'.�'.:'.�'.:'.�'.�:::.:::::-'.::.::'.:::'.'.'. �'.�:�.�'.�'.'.�.�:�:�.�:-'.�.�.�.�:�.�.�'.�'.�.�>:� �:�:�'.-:�:�:�:�:�:�:�'.�Z~��.�c,:�'.".�:0-........... ..,.,... ........... , ��.��.��.�.� �.�.�������'.�.�: .� �����������������...-�� � �� � �� �.�,�c.�.�����������,������ �� �.-.-.�:� � .-.�.�.�.� ~11:==:r~=-;riili!:1::1fil1:=1=11~r~1:==l=!!r1i~lrg:i1:r!i;:::rrJJirilf.iliJJ.JlmJ1~irllti&if]!~wJiJ'JllMllii~l/l1&i!IJ,llril!ll!IJr1111111 PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 633 A fondamento, cio�, dell'atto impugnato � stata posta l'urgenza di provvedere in ordine all'approvvigionamento idrico della popolazione del . Comune di Giarre, prescindendo completamente dal procedimento di con� cessione e, ovviamente, facendo salve le posizioni delle parti che avevano presentato domande concorrenti per la concessione di acqua dalla sorgente � Cavagrande �. Del pari infondato � l'ultimo motivo, che qui si esamina per ragioni di economia processuale. ~ sufficiente al riguardo ricordare, per dimostrare l'infondatezza della dedotta censura, come in virt� del principio della prorogatio l'Assessore uscente � legittimato ad adottare i provvedimenti di ordinaria amministra . zione di sua competenza -e non vi � dubbio che sia tale l'atto impugnato -fino a quando non sia nominato il nuovo Assessore. N� tale conclusione pu� ritenersi infirmata dal disposto dell'art. 2 lett. e) della legge regionale 29 gennaio 1962, n. 28, invocato dalla difesa della ricorrente, che problemi e dubbi irrisolti, ivi, 1976, 175). Nel primo caso, si trattava di funzionari statali e di soggetti designati dai consigli regionali o provinciali, nominati con decreto del Capo dello Stato su proposta del presid�nte del consiglio; nel secondo di soggetti designati dalla giunta regionale e nominati dal Capo dello Stato su proposta del presidente del consiglio previa deliberazione del consiglio dei ministri sentito il presidente della regione. Quanto ai membri dei collegi estranei all'Amministrazione, la Corte ha ritenuto che ad escluderne la indipendenza bastasse anche la sola prospettiva del reincarico da parte dei soggetti legitti� mati alla designazione o alla nomina (e, nel caso dei giuristi designati dalla giunta regionale siciliana, ha dichiarato incostituzionale rart. 3, comma 2, d. lg. 6 maggio 1948, n. 654, appunto nella parte .in cui disponeva che essi potessero essere riconfermati una volta scaduto il quadriennio di durata in carica); quanto ai funzionari dell'Amministrazione, la Corte ha ritenuto che tale prospettiva accentuasse la situazione di dipendenza in cui essi vemvano ad essere mantenuti per il perdurare del rapporto di servizio, non interrotto dal collocamento fuori ruolo. La possibilit� di riconferma, prevista per i funzionari del genio civile aggregati alla sezione della corte di appello designata a fungere da tribunale regionale delle acque (art. 138, comma 3, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775) in una al perdurare d�l rapporto di servizio nei confronti dell'Amministrazione, potrebbe dar luogo a� dubbi sulla costituzionalit� della norma, e per� il sistema di designazione (da parte del presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici) e di nomina (ad opera del Consiglio superiore della magistratura) sembra escludere l'ipotizzabilit� d'una situazione di dipendenza, considerato che il soggetto designante non costituisce un organo di amministrazione attiva n� � in suo confronto che sussiste il rapporto di servizio iin cui permane il funzionario designato. (6) Non consta della esistenza di precedenti in termini, ma la riconduzione della controversia all'ambito di applicazione dell'art. 140 lett. e) t.u. 1775 del 1933 non appare dubbia. Sul connesso problema della giurisdizione del Tribunale superiore come giudice degli interessi in rapporto alla impugnazione di provvedimenti di requisizione di acque pubbliche, Trib. sup. acque, 27 giugno 1975, n. 16 in questa Rassegna, 1975, I, 1137. 634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella sua formulazione c�mferma le tradizionali attribuzioni, estranee al principio sopraricordato, delle persone preposte alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Giunta regionale. Il secondo, il terzo ed il quarto mezzo vanno congiuntamente esaminati perch�, pur articolandosi in vari profili di censura, si muovono su di un sostanzialmente identico piano logico, che � quello della violazione dei principi generali degli atti amministrativi e delle regole che presiedono al procedimento di rilascio della concessione. Al riguardo � opport�no preliminarmente distinguere le situazioni di mera urgenza da quelle di urgente necessit�. Le prime si caratterizzano per inerire a situazioni nelle quali si devono soddisfare con immediatezza esigenze non differibili, mediante l'impiego di provvedimenti ch� restano, nell'aspetto sostanziale, quelli ordinari, mentre le situazioni di urgente necessit� si caratterizzano rispetto alle prime ! proprio per l'anormalit� delle circostanze che richiede -per la soddi� . I I sfazione delle esigenze e, quindi, per la tutela degli interessi in gioco l'adozione di mezzi straordinari, di mezzi cio� atipici e certamente . diffe I renziati, sotto il profilo contenutistico, da quelli ordinari. Ulteriore spei cificazione di tale premessa � che mentre la mera urgenza si pone come I elemento della fattispecie che incide sulle modalit� di esercizio del potere, I l'urgente necessit� si pone, invece, come elemento di una fattispecie attri� � ! butiva di un nuovo e diverso potere, di natura straordinaria. 1 ' Nella specie non� pu� validamente revocarsi in dubbio che si configurasse una situazione di mera urgenza individuabile nell'esigenza non dilazionabile -e postulante interventi puntuali ed immediati -di assi� curare, � nella gravissima situazione idrica � del Comune di Giarre, la fornitura di acqua potabile alla popolazione interessata e di prevenire pericoli alla pubblica salute e sommovimenti dell'ordine pubblico. A fronte di una situazione caratterizzata dall'urgenza nel senso sovraesposto si pone, poi, la circostanza che la societ� ricorrente usufruisce di un bene demaniale in via di fatto e gode, quindi, di� una posizione sog gettiva di vantaggio, qualificabile come interesse legittimo, che le deriva dall'aver trovato l'acqua. Da tali considerazioni discende, innanzitutto, che non viene affatto in rilievo una violazione del principio, peraltro non unanimamente riconosciuto, della tipicit� degli atti amministrativi, in quanto il potere di cui l'Amministrazione ba fatto uso ed il provvedimento nel quale lo stesso si � estrinsecato � rimasto, nel suo aspetto sostanziale, quello, ordinario e tipico, concessivo. Deriva, poi, che lAmministrazione, operando in una fattispecie in cui la posizione del terzo non assumeva la veste del diritto soggettivo, conservava il potere di disporre dell'acqua in una situazione in cui occorreva soddisfare con urgenza bisogni potabili, non potendosi ritenere che l'esi .IURIS. IN MATERlA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 635 mto, in corso di svolgimento, per la concessione __stfone costituisce circostanza assolutamente ostativa ... riZzante l'esercizio del potere concessorio in subiecta materia . .. � ~onsegue, altresi, che l'Amministraiione in presenza dell'urgenza sud� delineata -non determinante, come si � detto, l'attribuzione di un potere nuovo � dive�'so ma idonea ad incidere solo sulle modalit� di esercizio dello stesso -poteva prescindere dalle regole procedimentali che presie 'ctono al rilascio di un normale provvedimento concessorio, altrimenti ne sarebbe frustrato proprio l'esercizio della funzione per l'irreparabilit� dei danni a quegli interessi alla cui salvaguardia la funzione stessa � preor� dinata. Peraltro, se l'Amministrazione in presenza dell'urgenza di provvedere in ordine alla situazione suddelineata in cui venivano in rilievo esigenze di pubblico interesse non dilazionabili, aveva il potere di provvedere con� servandone la disponibilit�, l'esercizio dello stesso incontrava limiti ben precisi. Il primo, di carattere generale e per cos� dire connaturato al concetto di urgenza -nella specie osservato con l'apposizione della clausola di durata della concessione -� quello della provvisoriet� del provvedimento, non potendosi logicamente concepire una situazione di urgenza a carattere permanente. L'altro specifico alla fattispecie, anche se al primo certamente col� legato, era costituito dalla pendenza del procedimento per il rilancio della concessione definitiva, nei confronti della quale la societ� ricorrente van tava una posiziorte preferenziale. L'Amministrazione cio� conservava si il potere di disporre delle acque in questione in relazione alla particolare situazione venutasi a creare ma nei limiti in cui, in relazione all'urgenza di provvedere alle pi� volte ricor date necessit� d� pubblico e primario interesse, colmava un vuoto proce dimentale. , Solo nelle more� di regolare e ragionevolmente sollecito svolgimento della procedura concorsuale si giustificava, infatti, con la disponibilit� degli effetti giuridici per l'inesistenza di situazioni soggettive consolidate, la temporanea conservazione del potere in discorso. Pertanto, nei limiti in cui nell'adottare il provvedimento in questione l'Amministrazione non ha tenuto conto dell'anzidetto profilo ed in defi� nitiva, del carattere, se non residuale certamente limitato, del potere ad essa spettante non apponendo come ulteriore limite alla durata della con cessione precaria quello della definizione della procedura concorsuale entro . un termine adeguato, � inc�rsa nel vizio di eccesso di potere denunciato dalla societ� ricorrente. Il ricorso va accolto per quanto di ragione e va, conseguentemente, annullato il provvedimento impugnato. 636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sussistono, tuttavia, in relazione ai delicati e peculiari aspetti della controversia, giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti gli onorari e le spese del giudizio. -(Omissis). II (Omissis). -Fondatamente la Difesa del Prefetto di Catania eccepisce che questi non ha interesse alla causa neUa sua attuale fase di appello. Invero le impugnazioni non concernono il capo di sentenza che ha negato la giurisdizione del Tribunale regionale in ordine alla domanda di annullamento dei decreti prefettizi, la sola domanda che comportava la legittimazione passiva alla causa del Prefetto che tali decre.ti aveva emesso. In questo grado di appello, la controversia .� limitata alle questioni concernenti la determinazione dell'indennizzo dovuto alla societ� acquedotti dal Comune di Giarre ed in ordine a tali questioni il Prefetto di Catania non ha legittimazione passiva e non � portatore di alcun interesse giuridico. Dato poi il suo carattere pregiudiziale, deve essere esaminata per prima la deduzione del Comune di Giarre circa la pretesa illegittimit� costituzionale dell'art. 138 del r.d .. n. 1775 dell'll dicembre 1933, per contrasto con l'art. 108 della Costituzione che vuole assicurata l'indipendenza dei giudici. Pi� che un motivo di gravame trattasi, com'� ovvio, della prospettazione di una eccezione contestativa della legittimit� della norma, proponibile in ogni stato e grado del giudizio e rilevabile anche di ufficio. Ma la questione cosi proposta non ha pregio n� di novit� n� di fondatezza. Essa � stata gi� esaminata dalla Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite, una prima volta con la sentenza n. 2950 del 22 dicembre 1964, una seconda volta con la sentenza n. 1769 del 10 giugno 1968 ed � stata dichiar�ta manifestamente infondata, in quanto � stato ritenuto che la partecipazione ai tribunali regionali delle acque pubbliche di un funzionario del Genio Civile ed al Tribunale superiore di un membro del Consiglio Superiore dei lavori pubblici non incide sull'imparzialit� dell'organo decidente. Invero, ritenuto che il requisito dell'indipendenza dei soggetti chiamata a far parte dei collegi giudicanti nell'amministrazione della giustizia pu� ritenersi assicurato sempre che la legge osservi il criterio della precostituzione del giudice e disciplini l'applicazione degli istituti necessari per assicurare l'estraneit� delle persone investite del potere giurisdizionale all'interesse delle parti in lite (Corte Cost. sent. n. 132 del 16 lu� glio 1963 e n. 103 del 7 dicembre 1964), poich� tali criteri sono assicurati per quanto attiene alla nomina dei componenti dei tribunali delle acque ed alle facolt� di ricusazione e di astensione dei detti componenti, l'asserita carenza di indipendenza e di impiarzialit� dei tribunali medesimi ap PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI pare priva di qualsiasi consistenza sulla base del vigente ordinamento giuridico. Neppure appare fondato il motivo di appello che sostiene l'incompetenza del Tribunale regionale di Palermo in ordine alla causa qui in esame; nella quale non sarebbe in discussione il regime delle acque pubbliche cos� come regolato dalla p.a. e si controverterebbe solo sul quantum dovuto dal Comune alla societ� Acquedotti Garraffo e Scilio, in conseguenza di provvedimenti di requisizione. Indubbiamente nell'art. 140 del t.u. n. 1775 del 1933 sulle acque pubbliche non � espressamente indicata la competenza dei tribunali regionali in ordine alle liti originate da ordini di requisizione. Ma bisogna considerare: che la competenza dei tribunali regionali .in ordine alla materia delle acque pubbliche � di carattere generale, ratione materiae; che l'art. 140 citato alla lettera e) affida alla cognizione dei tribunali regionali le controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica, prescindendo dalla natura del provvedimento che tale diritto abbia attribuito e perci� comprendendo nell� pre� visione anche i diritti di utilizzazione di acqua pubblica costituiti con provvedimenti di requisizione; che, in quanto tali provvedimenti di requisizione incidano su acque pubbliche gi� in regime di concessione, nelle controversie relative vengono in considerazione anche i diritti dei concessionari, come si verifica appunto nella fattispecie; che nelle controversie cos� insorte tra i titolari di diritti di utilizzazione per requisizione ed i titolari delle concessioni di utenza relative alla medesima acqua si impone normalmente l'interpretazione e l'applicazione dei provvedimenti ammi� nistrativi circa i contenuti ed i limiti dei diritti di utilizzazione attribuiti agli utenti, indagine questa di competenza esclusiva dei tribunali regionali; che il diritto ad indennizzo del soggetto concessionario di derivazione di acqua pubblica che sia stata oggetto di provvedimento di requisizione nasce dalla compressione del diritto di derivazione di cui � titolare il concessionario e non pu� prescindere dalla sussistenza, dalla natura e dalla consistenza di tale diritto, del quale la requisizione opera la conversione nel diritto ad una prestazione pecuniaria. Queste ragioni concorrono univocamente ad indicare nei tribunali regionali delle acque pubbliche gli organi giurisdizionali competenti a comporre le liti originate dai provvedimenti di requisizione di acque pub� bliche. Nel terzo motivo di appello, il Comune di Giarre sostiene che, la soc. Garraffo e Scilio non avrebbe diritto alla corresponsione del prezzo della acqua requisita, perch� questa non farebbe parte del modulo d'acqua oggetto della concessione a favore della societ� (l/s. 200 di acqua), bens� della maggiore quantit� d'acqua della medesima sorgente Cavagrande (l/s. 280) non ancora assegnata dall'autorit� amministrativa per i l/s. 80, eccedenti la concessione a Garraffo e Scilio. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Questa deduzione dell'appellante, che conferma in pieno quanto � stato detto or ora circa l'estensione della lite agli effetti della competenza per materia, non appare fondata. Anzitutto, dopo l'annullamento dei decreti prefettizi di requisizione , e di proroga della requisizione, deve ritenersi che il Comune di Giarre ha utilizzato l'acqua senza valido titolo e deve rispondere di tale utilizza� zione secondo la disciplina dei fatti illeciti. In questa prospettazione, il soggetto leso dall'utilizzazione illegittima ben pu� essere il semplice possessore dell'acqua, colui cio� che si trova in una situazione di utilizzazione dell'acqua di mero fatto, suscettibile di tutela giuridica in quanto tale. Questa appunto era la situazione della soc. Garraffo e Scilio rispetto alla quantit� di acqua eccedente il modulo della concessione a suo favore di� sposta: eccedenza della quale la societ� doveva a mezzo di opere di capta� zione e di condotte da essa costruite, quale utente di fatto, sia pure, come si sostiene, in attesa dell'accertamento dichiarativo del suo diritto alla con� cessione anche per la detta eccedenza ai sensi dell'art. 4 del t.u. n. 1775 del 1933. Tale possesso deve ritenersi legittimo e tutelabile Pl!r essendo rela� tivo ad acqua pubblica, dato che l'ordinamento ammette il possesso di cose fuori commercio, come esercizio di facolt� che possono essere oggetto di concessione da parte della p.a. (art. 1145 e.e.). Del resto solo su questo presupposto di fatto si pu� spiegare perch� i provvedimenti di requisizione sono stati disposti nei confronti della soc. Garraffo e Scilio. Questa, di con� seguenza, in quanto privata dell'acqua che utilizzava in virt� di possesso legittimo e dei propri impianti di presa e di condotta (almeno in parte), privazione prodotta da comportamenti non conformi a legge, ha diritto al risarcimento del danno da parte dell'autore di esso, risarcim�nto del quale fa parte anzitutto l'equivalente del bene illegittimamente sottratto alla piena disponibilit� della societ�. Quanto ora detto serve anche a confutare l'assunto svolto dal Comune nel quarto motivo di ricorso, cio� che i rapporti tra il Comune e la societ� Acquedotti dovrebbero essere riportati nell'ambito della disciplina norma� tiva concernente l'acqua di natura pubblica reperita da uno scopritore cui l'Amministrazione non abbia poi accordata la concessione pr�feren� ziale, disponendo dell'acqua con concessione a favore di terzo: in tal caso lo scopritore ha diritto solo al rimborso delle spese sostenute, ad un equo compenso per l'opera prestata e ad un premio (art. 103 del t.u. cit.). Ma s'� gi� detto che il Comune di Giarre non ha ormai nessun titolo, neppure il provvedimento di requisizione, che possa legittimare l'utilizzazione dell'acqua da parte del Comrme medesimo: e manca perci� uno dei presupposti fondamenti per l'applicazione del richiamato art. 103, cio� la concessione a favore di soggetto diverso dallo scopritore; ma non risulta neppure che la P.A. abbia rifiutato la concessione preferenziale a favore della societ� Acquedotti, che con le sue opere avrebbe incrementato la portata della sorgente Cavagrande. PARTE I, SBZ. VII, .GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI L'appellante Comune di Giarre censura infine le sentenze impugnate per i capi relativi alla determinazione dell'indennizzo dovuto alla societ� appellata, indennizzo fissato, come s'� detto, in L. 33,03 a m. 3, mentre il Comune � dell'avviso che esso non debba superare L. 8 a m. 3. L'indennizzo, liquidato dal Tribunale regionale come effetto del decreto di requisizione, dopo l'annullamento di tale decreto, deve assumere contenuto di elemento del risarcimento del danno subito dalla societ� Garraffo e Scilio e consistere nel pieno valore di scambio dell'acqua appresa dal Comune, oltre al corrispettivo per l'uso degli impianti relativi, senza che possano trovate applicazione i temperamenti equitativi (volti ad eliminare valutazioni speculative), che operano di solito nelle determinazioni degli indennizzi dovuti per i sacrifici imposti da atti legittimi dell'Autorit� ai privati proprietari, per far fronte ad esigenze della collettivit�. Ci� considerato, questo Tribunale Superiore non trova fondate ragioni per ridurre l'indennizzo liquidato dal Tribunale Regionale. Questo, quanto al prezzo dell'acqua, s'� basato su un elemento obiettivo di indiscutibile valore, cio� sul prezzo fissato dal Comitato provinciale dei prezzi di Catania per l'acqua irrigua, pari a L. 30,42 a m. 3. D'altra parte il Comune di Giarre non ha addotto valide ragioni per confutare il prezzo cos� stabilito dall'Autorit� di specifica competenza e che si deve presumere determinato in funzione dei livelli locali dei costi di produzione. :S certamente un prezzo consistente, ma sono note le difficolt� idriche della Sicilia, che si riflettono ovviamente in maggiorazioni dei costi e dei prezzi delle forniture di acqua; anche se un bene essenziale come l'acqua non dovrebbe essere oggetto di speculazioni di privati. Del pari le determinazioni fatte dal Tribunale regionale degli indennizzi accessori per l'uso delle opere di pres~ e di condotta dell'acqua e per le spese di custodia degli impianti, si presentano basati su elementi di sicura attendibilit�, come le tariffe sindacali della mano d'opera, o di normale e generalizzata conoscenza, applicati, per di pi�, con consapevole prudenza. In definitiva, quindi, gli appelli del Comune di Giarre si palesano privi di fondamento e debbono essere rigettati. In considerazione tuttavia dei vitali interessi della collettivit� che hanno determinato l'azione del Comune di Giarre nell'utilizzazione dell'acqua altrui e nella condotta delle cause relative, questo Tribunale Superiore � d'avviso che concorrono giusti motivi per la totale compensazione delle spese del giudizio di appello. (Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUNALE DI ROMA, Sez. IV, 8 luglio 1976 -Pres. Della Penna � P. M. Cavallari (diff.) -Demartino Renato ed altri. .Procedimento penale -Giudizio d'accusa del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri -Definizione del giudizio -Procedimento dell'azione penale innanzi al giudice ordinario -Preclusione -Questione di legittimit� costituzionale in relazione agli artt. 3, 25, 90, 96, 101, 102, 104, 112 e 134 della Costituzione dell'articolo 15 della legge 25 gennaio 1962 n. 20. (cost., artt. 3, 25, 90, 96, 101, 102, 104, 112 e 134). (l. 25 gennaio 1962, n. 20). L'art. 15 della legge 25 gennaio 1962 n. 20 stabilendo che la definizione da parte del Parlamento del procedimento d'accusa a carico del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri per causa diversa dall'incompetenza, impedisce l'inizio o ,il proseguimento dell'azione penale per gli stessi fatti innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria o militare, pone una precl(-lSione processuale assoluta ed oggettiva che � in contrasto con la Costituzione (1). (Omissis). -Il Tribunale. -Sulla questione concernente l'efficacia preclusiva dell'art. 15 della legge 25 gennaio 1962, n. 20, sollevata dalla difesa degli imputati; sentita la parte civile e il P.M.; rilevato che gli imputati De Martino Renato, Dini Mario, Calvanese Sabato e Caruba Giorgio sono stati rinviati � giudizio, tra l'altro, per rispondere: a) del reato di cui agli aitt. 81 cpv., 61 n. 2, 110, 112 n. 1, 324 C.P. per aver concorso nel reato continuato di interesse privato in atti di ufficio commesso dal Ministro delle Finanze pro tempore; b) del reato (.1) � la prima volta a quanto risulta che la questione dei limiti del giudizio d'accusa viene prospettata al giudice penale. Il Tribunale di Roma, nel processo contro DE MARTINO ed altri nel quale vi era stata costituzione di parte civile del Ministero delle Finanze, ha ritenuto di doverla risolvere nel modo illustrato dall'ordinanza che si pubblica. In dottrina, v. recentemente, nel giudizio d'accusa, M. LANDI, Responsabilit� penale del Presidente della Repubblica ex art. 90 costituzione e principio di legalit� in Riv. it, dir. e proc. pen. 1972, 460. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE di cui agli artt. 110, 112 n. 1, 81 cpv., 61 n. 7, 314 C.P. per avere concorso nel reato di peculato continuato commesso dal Ministro delle Finanze pro tempore; . rilevato che la Commissione Inquire11te per i Giudizi di Accusa, all'esi� to della istruttoria condotta, deliberava di � non doversi procedere in ordi� ne ai fatti oggetto dell'inchiesta � nei riguardi dell'ex Ministro delle Fi� nanze pro tempore Trabucchi e che la deliberazione, trasmessa ai sensi dell'art. 20 del Regolamento, al Parlamento, il 20 luglio 1965, diveniva defi� nitiva perch� il dibattito sull'ordine del giorno relativo alla messa in atto di accusa dell'ex Ministro delle Finanze riscuoteva la maggioranza semplice dei voti del Parlamento, ma non la maggioranza assoluta dei 3/5 prevista dall'art. 27 del Regolamento predetto; rilevato che nel caso del dibattimento veniva sollevata dalla difesa l'anzidetta questione; OSSERVA L'art. 15 della legge 25 gennaio 1962, n. 20, relativa ai procedimenti ed ai giudizi di accusa del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio e dei Ministri, stabilisce che la definizione, da parte del Parla� mento, del procedimento di accusa per causa diversa dall'incompetenza, impedisce l'inizio o il proseguimento dell'azione penale per gli stessi fatti innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria o militare. La norma pone una precisione processuale, assoluta ed oggettiva che non ammette deroghe ed eccezioni, preclusione che �pera, senza alcuna limitazione soggettiva, in tutti i procedimenti aventi per oggetto gli stessi fatti esaminati dal Parlamento. La dizione, formulata dal legislatore in modo volutamente ampio, prescinde, infatti, da ogni riferimento sog� gettivo -eadem persona -, che � l'elemento specifico che qualifica e fa scattare il principio del ne bis in idem, e pone, come causa della preclusione, un elemento oggettivo -eadem res -che, in quanto tale, rende operativa la preclusione stessa anche nei confronti di soggetti non ancora giudicati e, quindi, anche per imputati diversi da quelli esaminati dalla Commisione Inqtiirente e dal Parlamento. In conseguenza, non pu� essere accolta la tesi prospettata nella sentenza di rinvio a giudizio dal Giudice Istruttore, secondo il quale l'espressione usata dal legislatore � per gli stessi fatti � non importa un'estensione soggettiva della decisione deliberata dal Parlamento, ma una precisazione dell'estensione oggettiva della preclusione( nel senso ,che la preclusione stessa opera, soltanto nei confronti delle persone sottoposte ad inchiesta da parte del Parlamento, per gli stessi fatti .gi� esaminati, indipendentemente da ogni diversa ed ulteriore qualificazione giuridica. Invero, il silenzio della norma in ordine ai limiti soggettivi della preclusione non � conseguenza di una dimenti� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO canza e, quindi, di un errore di formulazione della dizione legislativa. Il legislatore vuole evidentemente evitare, per ragioni di convenienza politica pi� che per assicurare la certezza del diritto, il contrasto di giudicati emessi, sugli stessi fatti, dal Parlamento nei confronti di imputati � politici � e dalla magistratura ordinaria nei confronti degli imputati �laici� -Questo fine coordina ed. ispira tutte le varie norme della legge, quali quelle relative alla riunione dei provvedimenti connessi, che estendo, al di l� dei limiti stabiliti dagli artt. 90 e 86 della Costituzione, la giurisdizione penale del Parlamento e della Corte Costituzionale. E proprio in queste norme il legislatore dimostra di voler distinguere tra connessione soggettiva e connessione oggettiva, differenziando, con espressioni adeguate, i procedimenti pendenti � per gli stessi fatti � (art. 11) dai procedimenti pendenti � nei confronti delle persone indicate negli artt. 90 e 96 della Costituzione� (artt. 12 e 13). Non pu� essere seguita neppure l'altra tesi prospettata dal G.I., secondo il quale la preclusione opera soltanto nei confronti della persona sottoposta al procedimento di accusa da parte del Parlamento che, potendo riunire o separare i procedimenti connessi per ragioni soggettive, cio� relativi a reati commessi da pi� persone, � � arbitro, nella sua insindacabile valutazione politica, di disporre o meno una estensione dei limiti soggettivi dell'inchiesta e, correlativamente, dell'efficacia preclusiva dell'eventuale atto di definizione della medesima �. Se cos� fosse, infatti, la norma e la preclusione non avrebbero ragioni di esistere. Avocati e riuniti dal Parlamento tutti i procedimenti connessi, pendenti anche presso l'autorit� giudiziaria ordinaria, la preclusione derivante dalla definizione del procedimento di a.cc.sa non potrebbe mai operare neij'ambito della giurisdizione ordinaria, alla quale fa riferimento l'art. 15 della citata legge. Due ipotesi, infatti, sono possibili -o il procedimento pendente dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria non viene attratto dalla giurisdizione degli organi di giustizia politica che decidono, cos�, di non esercitare il potere discrezionale di riunione dei procedimenti. Allora la preclusione non pu� trovare applicazione, venendo in considerazione imputati non sottoposti al procedimento di accusa -oppure la riunione dei procedimenti avviene e allora la preclusione opera nei confronti di tutti i soggetti sottoposti al procedimento di accusa, nell'ambito, per�, della giurisdizione speciale, come conseguenza ovvia della pronuncia ed in applicazione del principio del ne bis in idem, e non nell'ambito della giurisdizione ordinaria, alla quale fa invece riferimento il citato art. 15. La norma, infatti, non � una inutile ripetizione dell'art. 90C.P.P., che trova applicazione, ex art. 34 della legge del 1962 n. 20, anche nei giudizi celebrati dinanzi agli organi di giustizia politica, ma � espressione del principio della divisione dei poteri e disciplina i rapporti e gli eventuali contrasti tra due diverse giurisdizioni. .PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Va rilevato, infine, che, comunque, la tesi del G.I., secondo il quale il Parlamento � arbitro di disporre o meno una estensione dei limiti soggettivi dell'inchiesta e, correlativamente, dell'efficacia preclusiva dell'eventuale atto di definizione della medesima, prospetta seri e concreti dubbi di illegittimit� costituzionale, in relazione all'art. 3 della Costituzione. Una cosa �, infatti, il potere discrezionale di riunione o separazione dei procedimenti connessi, altra cosa � il potere di estendere i limiti soggettivi della preclusione che, comportando anche la facolt�, esercitata per ragioni di opportunit� politica, di differenziare e discriminare alcuni soggetti da altri -tutti imputati �laici� -� in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione. Ci� posto, osserva il collegio che, quindi, l'art. 15 della legge del 1962 pone una preclusione assoluta, generale, oggettiva valevole erga omnes, senza alcuna liII�itazione soggettiva, per tutti i procedimenti, pendenti davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria o militare, aventi per oggetto gli stessi fatti esaminati, nel procedimento di accusa, da parte della Commissione Inquirente. Se � vero ci� e se � vero che l'attuale procedimento ha per oggetto gli stessi fatti contestati al senatore Trabucchi -gli attuali imputati rispondono di concorso nei reati propri .ascritti al Ministro -e che il relativo procedimento � stato definito con deliberazione del Parlamento di non proporre la messa in stato di accusa, � anche vero che, ai sensi del citato art. 15, nella fattispecie dovrebbe essere emanata sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine. ai reati di cui ai capi A) e B) della rubrica per � estinzione dell'azione penale �. Il Collegio ritiene, per�, che l'art. 15 della legge del 1962 n. 20 � in contrasto con la Costituzione. Osserva il Collegio, �n merito, preliminarmente, che la giurisdizione penale degli organi di giustizia politica presuppone, ex artt. 90 e 96 della Costituzione, un elemento soggettivo e un elemento oggettivo: la qualit� di Presidente del1a Repubblica o di Ministro e l'esistenza di un reato politico. Questi due presupposti qualificano la giurisdizione politica punitiva come giurisdizione necessaria, esclusiva e speciale: necessaria �ed esclusiva perch� i reati di cui agli artt. 90 e 96 della Costituzione sono sottratti alla giurisdizione ordinaria; speciale perch� la deroga alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria sussista soltanto nell'ipotesi che ricorrano entrambi i presupposti. In conseguenza, la giurisdizione politica punitiva, in quanto giurisdizione. necessaria, esclusiva e speciale, non pu� trovare applicazione al di fuori dei limiti di cui agli artt. 90 e 96 della Costituzione. Ogni estensione della giurisdizione punitiva, oggettiva o soggettiva, diretta o indiretta, costituisce violazione delle norme di cui agli artt. 90 e 96, e 134 della Costituzione. Se � vero ci�, � anche vero, quindi, che l'illegittimit� costituzionale si prospetta, . non solo per le norme sulla connessione che facultizzano il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 644 Parlamento e la Corte Costituzionale ad estendere la pretesa punitiva anche nei c~nfronti df persone diverse da quelle indicate dagli artt. 90, 96 e 134 della Costituzione ed a reati di natura non politica (art. 11, 16, 27 legge 1962 n. 20), ma anche per il citato art. 15. La norma, infatti, estendendo anche agli imputati �laici� l'efficacia preclusiva del provvedimento di definizione del procedimento di accusa, estende, sostanzialmente, la sfera soggettiva della giurisdizione penale degli organi di giustizia politica. Per le stesse considerazioni l'art. 15 appare in contrasto con gli artt. 25, primo comma, 102 e 112 della Costituzione. La preclusione, infatti, sottrae l'imputato laico al_la giurisdizione ordinaria, lo distoglie dal giudice naturale ed impedisce l'inizio ed il proseguimento dell'azione penale. � vero che il Parlamento e la Corte Costituzionale, in quanto organi di giustizia penale previsti dalla stessa Costituzione, sono giudici precostituiti per legge, ma � anche vero che essi sono giudici naturali soltanto per i cosiddetti reati costituzionali e per le persone di cui agli artt. 90, 96 e 134 Cost. Negli altri casi essi sono, invece, giudici speciali, se non. straordinari. E' ovvio che essi non diventano giudici naturali soltanto per. ch� la legge, nella specie la legge del 1962 n. 20, prevede la giurisdizione costituzionale per tutti i soggetti che vengano a' trovarsi in rapporto di connessione con le persone specificamente previste dagli artt. 90 e 96 Cost. C'� da rilevare, infatti, a parte l'incostituzionalit�, sotto altri profili, della norma, che la legge del 1962 � una legge ordin�ria e non una legge costituzionale. ~on vale obiettare che la preclusione, importando l'estinzione del l'azione penale davanti al giudice ordfuario, giova all'imputato. Il rilievo � valido, infatti, in relazione all'art. 25 Cost., che tutela l'interesse indivi duale del soggetto, ma non in relazione agli artt. 102 e 112 Cost. che sono norme di ordine pubblico e di interesse generale. E, invece, sotto questo profilo va_ anche prospettata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 15 in relazione all'art. 3 Cost. che assicura l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Da un lato, infatti, l'estensione soggettiva della giurisdi zione costituzionale penale pregiudica i diritti dell'imputato dei tre gradi della giurisdizione ordinaria. Dall'altro lato,� invece il soggetto, per effetto dell'art. 15 e dell'estensione soggettiva della preclusione, viene a trarre giovamento dalla pronuncia politica della Commissione Inquirente, vede estinguersi l'azione penale esercitata nei suoi confronti davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria e viene a trovarsi in una posizione di privilegio rispetto agli altri cittadini che, per analoghi reati, si vedono sottoposti a procedimento penale. Ci� posto, osserva il Collegio che, proprio in . relazione alla natura politica della Commissione Inquirente e delle sue deliberazioni, va pro spettata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 15 in relazione agli artt. 101 e 104 della Costituzione, che assicurano l'autonomia e l'indipendenza della PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Magistratura da ogni altro potere e la soggezione dei magistrati soltanto alle leggi. Non c'� dubbio, infatti, che la preclusione, nonostante la sua natura processuale, importando l'estinzione od impedendo il proseguimento del� l'azione penale, costringe il magistrato, sostanzialmente, a far� proprio il giudizio politico della Commissione Inquirente. La natura politica di questo organo e delle sue decisioni � incontestabile e si evince chiaramente da norme di diritto positivo, in particolare dall'art. 20 del regolamento parlamentare, dalle leggi del 1953 n. 1 e del 1962 n. 20 e dalle relazioni relative (Paratore, Cossiga, Angelieri ed altri). Il regolamento parlamen . tare attribuisce alla commissic~ne inquirente il potere di definire il procedimento di accusa con un provvedimento di non doversi procedere, ma ' non specifica i casi in cui tale decisione deve essere emanata. La legge costituzionale n. 1 del 1953 e quella ordinaria n. 20 del 1962 si soffermano soltanto, e sintomaticamente, sulla deliberazione di messa in stato di accusa. Il silenzio della legge e la generica dizione usata nell'art. 20 del regolamento parlamentare � allorch� la commissione non ritiene di proporre al Parlamento la messa in stato di accusa� stanno a dimostrare il carattere non giuridico, ma politico e discrezionale della decisione o, come dice la relazione Cossiga (Att. Camera, III Legislatura, doc. n. 3173-A, n. 14) �il carattere non obbligatorio, ma di _opportunit�, della prosecuzione dell'azione punitiva costituzionale �. Il motivo � ovvio, perch� come si afferma in altra parte della citata relazione: � Il carattere politico dei reati sottoposti a detta giurisdizione naturalmente esigono che il titolare del potere di attivazione del procedimento di accusa sia un organo che, per la sua struttura e per le sue funzioni, sia in grado di valutare la gravit� del provvedimento di accusa e la opportunit� del suo promovimento, anche .in relazione alle fondamentali esigenze dell'equilibrio politico che interessa l'esistenza dell'ordinamento statuale non meno della prosecuzione e della punizione dei cosl detti reati costituzionali �. Osserva il Collegio, inoltre, sotto il :profilo strettamente giuridico, che la Commissione Inquirente opera, come si evince dall'esplicita dizione dell'art. 3 della legge del 1962 n. 20, esercitando �gli stessi poteri, compresi quelli coercitivi e cautelari, attribuiti dal codice di procedura penale al pubblico ministero nell'istruzione sommaria �. �Se � vero ci�, e anche vero, quindi, che concreti dubbi di costituzionalit� dell'art. 15 derivano dal fatto che la preclusione scaturisce non da una sentenza della Corte Costituzionale, ma da una decisione di un organo politico con funzioni di P.M. Il Tribunale, quindi, per le ragioni suesposte, ritiene l'applicabilit� nella specie della preclusione di cui all'art. 15, ma d'ufficio propone questione di illegittimit� costituzionale della norma, ritenutane la rilevanza ai fini della decisione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 646 P.Q.M. Ritiene non manifestamente infondata la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 15 legge 25 gennaio 1962 n. 20 in relazione agli: -artt. 90, 96 e 134 Cost. -~rtt. 25, primo comma, 102, 112 Cost. -art. 3 Cost. -art. 101 e 104 Cost. Rimette gli atti alla Corte Costituzionale per la decisione della questione. Ordina che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla -Corte Costituzionale �sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Sospende il processo anche per il reato di cui al capo i) -falso in bilancio -, che � in rapporto di evidente connessione probatoria con gli altri reati, e rinvia il processo a nuovo ruolo. TRIBUNALE DI VITERBO, 6 aprile 1976, n. 247 ~ Pres. Mori � Rel. Fioretti � P. M. Labate (conf.) -appellanti Bocci Riccardo e Giuseppe. Antichit� e belle arti � Tutela del patrimonio archeologico � Riconoscimento dell'interesse archeologico delle cose rinvenute � Atto amministrativo � Necessit�. (art. 1, I. 1 giugno 1939, n. 1089). Perch� i beni di interesse storico, artistico ed archeologico ritrovati diventino di propriet� pubblica, � necessario che di tale interesse sia intervenuto un riconoscimento frutto di una valutazione discrezionale, anche se tecnica, che deve ritenersi demandata in via esclusiva alla competente autorit� amministrativa (1). (1) L'affermazione de� Tribunale di Viterbo che si legge nella sentenza che si annota, non pu� essere assolutamente condivisa sul piano giuridico. Il Giudice di appello ha ritenuto di dover assolvere gli imputati con la formula � perch� il fatto non costituisce reato � dall'accusa di danneggiamento in base all'affermazione che i sette tumuli sepolcrali e l'area sepolcrale protovillanoiana rinvenuti nel terreno di loro propriet� e costituenti un documento insigne di quella antica civilt� non fossero di propriet� dello Stato e non sussistesse perci� quell'elemento, essenziale del contestato reato, dell' � altruit� � della cosa .. PARm I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 647 (Omissis). -Fondato, invece, � l'appello nel merito ed in particolare va accolto il primo motivo. Il reato di danneggiamento in tanto � confi� gurabile in quanto abbia ad oggetto cose mobili o immobili altrui. Ora la distruzione dei tumuli summenzionati � intervenuta quando ancora non poteva ritenersi che questi fossero entrati a far parte del demanio dello Stato. Non condivide, infatti, il collegio la tesi del primo giudice che gli otto tumuli, per essere stati rinvenuti a seguito di ricerche autorizzate dal Ministero della P.I., in virt� del principio stabilito dall'art. 46, primo comma, della legge n. 1089 del 1939, appartenevano allo Stato sin dal momento della loro scoperta ed in forza del combinato disposto degli artt. 1 e 46 della legge succitata e 822, secondo comma, e.e. �rano, sin da tale momento, entrati a far parte del pubblico demanio. Va osservato in � proposito che ai sensi dell'art. 1 della citata legge n. 1089 del 1939 non rientrano nell'ambito di applicazione della legge stessa tutte le cose che abbiano attinenza con la storia, l'arte, l'archeologia e l'etnografia, ma solamente quelle che per esse presentino interesse. L'art. 45, primo comma, della legge summenzionata dispone, altres�, che il Ministro per l'educa� zione nazionale (attualmente della P.I.), sentito il consiglio nazionale del� l'educazione, delle scienze e delle arti, pu� fare concessione a enti o pri� vati di eseguire ricerche archeologiche per il ritrovamento di cose di cui all'art. 1; l'art. 46, primo comma, stessa legge dispone, poi, che le cose ritrovate (cio� quelle di cui all'art. 1) appartengono allo Stato. Dalle nor� me ora richiamate emerge chiaramente che tra le cose ritrovate appartengono allo Stato solamente quelle che presentino interesse storico, ar� cheologico e artistico; il riconoscimento di tale interesse poi, per l'art. 822, Per giungere a questa affermazione per� il Tribunale di Viterbo ha �com� messo gravi errori di diritto interpretando in modo inesatto le leggi applicabili in materia. Si regge infatti la sentenza su due proposizioni: I) che ai sensi dell'art. 1 della legge n. 1089 del 1939 non rientrano nel� l'ambito di applicazione della legge stessa tutte le cose che abbiano attinenza con la storia, l'arte, l'archeologia e l'etnografia, ma solamente quelle che per esse presentino interesse; II) che, perch� sugli oggetti rinvenuti sorga il diritto di propriet� pubblica, non basta il loro ritrovamento unito al fatto che obiettivamente presen�� tino interesse storico, archeologico ed artistico, ma � necessario che sia intervenuto un riconoscimento di tale interesse frutto di una valutazione discrezionale anche se tecnica che deve ritenersi demandata in via esclusiva alla com� petente Autorit� amministrativa. Con la prima proposizione, peraltro, o si afferma una cosa ovvia, ripetendo con altre parole il testo dell'art. 1 della legge n. 1089 del 1939 o, se si intende effettivamente distinguere le cose � attinenti � dalle cose � interessanti � com� criterio generale valido a ritenerle, rispettivamente, escluse od incluse nell'ambito della legge, si commette un evid�nte errore, poich� nell'art. 1 i termini � interesse '" � d'interesse � e � interessano � sono usati nel senso di � concer RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 648 secondo comma, e.e. fa s� che tali cose, sin dal momento del loro ritrovam�nto, appartengono al demanio dello Stato. Pertanto, perch� sugli oggetti in questione sorga il diritto di propriet� pubblica, non basta il loro ritrovamento unito al fatto che obiettivamente presentino interesse storico, archeologico e artistico, ma � necessario che sia intervenuto un riconoscimento � di tale interesse, frutto di una valutazione discrezionale, anche se tecnica, che deve ritenersi demandata in via escl1;1siva alla competente autorit� amministrativa. Infatti la legislazione sulla tutela delle cose di interesse artistico, storico, archeologico ha la funzione di affidare alla pubblica amministrazione la tutela esclusiva del patrimonio culturale dello Stato. Lo si evince da tutto il contesto della legge n. 1089 del 1939, nonch� dal fondamentale, in proposito, art. 1 della legge 22 maggio 1939, n. 823 sul riordinamento delle soprintendenze alle antichit� e all'arte, che � dispone che la cura degli interessi archeologici � affidata al Ministero della P.I., direzione generale delle antichit� e belle arti, che la esercita per mezzo delle soprintendenze. In tal senso �, inoltre, l'insegnamento di numerose sentenze del Supremo Collegio e soprattutto di quella a sezioni unite del 24 maggio 1956, n. 1759, in Giust. civ., Mass., 1956, 592. Alla stregua dei suesposti principi, devesi escludere, pertanto, che alla data del delitto, per cui � causa, i tumuli in questione potessero ritenersi di propriet� dello Stato, dato che non vi era stato nessun provvedimento della P.A. inteso a riconoscerne l'interesse storico, artistico, archeologico o etnografico (� indubbio per� che gli effetti di tale riconoscimento ai fini dell'acquisto della propriet� pubblica, trattandosi di accertamento di una qualit� inerente alla cosa ritrovata e quindi esistente sin dal suo rinvenimento, debbano necessariamente farsi retroagire a tale momento). Quand'anche, poi, si volesse ritenere che i tumuli rinvenuti dal prof. Rittatore appartenessero allo Stato, si dovrebbe pur sempre escludere che la dinente >>, essendo la graduazione dell'interesse stabilita da altre e successive norme (vedi l'art. 3 sull'interesse particolarmente importante o l'art. 5 sull'eccezionale interesse) ed essendo quei termini nell'indicato senso perfettamente idonei a rappresentare la ratio legis, tesa ad individuare il bisogno pubblico che quei beni soddisfano. A meno che non si voglia (e sarebbe cos� ancor pi� gravemente erronea la decisione del Tribunale) affermare che, a differenza delle altre cose previste dall'art. 1 quelle che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civilt� siano comunque (a prescindere cio� da ogni accertamento di valore) soggette alla legge. La seconda proposizione poi � decisamente inesatta: la Suprema Corte di Cassazione ha avuto pi� volte modo di precisare che l'accertamento tecnico sulla sussistenza o meno della natura artistica, storica od archeologica delle cose non deve essere necessariamente affidato a comuni periti in materia, in quanto pu� ben demandarsi agli organi della P.A. preposti alla tutela del patrimonio di antichit� e d'arte e pu� desumersi dalla stessa denuncia presentata al P.M. da detti uffici (Cass. 17 febbraio 1971, n. 457, Mass. 118141; 22 no PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 649 struzione degli stessi sia stata effettuata dagli imputati con dolo. Gli imputati hanno asserito eh~ la P.A. non ha mai vincolato-il loro terreno, n� li ha mai portati a conoscenza, notificando loro un qualsiasi provvedimento, della importanza della scoperta del Rittatore. Lo stesso Rittatore non li aveva mai informati del valore dei ritrovamenti. Inoltre questo aveva eseguito altri scavi in altri terreni dei prevenuti e dopo l'asportazione degli oggetti rinvenuti, gli scavi stessi erano stati ricoperti. Quanto asserito dagli imputati risponde a verit�, in quanto solo il 9 agosto 1972 e cio� cinque mesi dopo la distruzione dei tumuli, il Ministro della P.I. con suo decreto, in pari data, ha disposto l'occupazione' del terreno degli imputati stessi, in Jocalit� � Crostoletto di Larrione �, mentre prima non vi era stato nessun provvedimento della P.A. ad esclusione della concessione di ricerca al Rittatore. Il Rittatore, poi, ha ammesso di non aver mai informato i prevenuti della importanza della sua scoperta. Il teste Fossati Giovanni ha confermato, infine, che in altre occasioni scavi, effettuati dallo stesso Rittatore, erano stati ricoperti. Tenuto conto di tutte le circostanze su esposte e del fatto che i tumuli in questione, come emerge dalla documentazione fotografica in atti, si presentavano all'occhio del profano solamente come mucchi di sassi, � ragionevole ritenere che nell'arare il loro terreno, ricoprendo cos� i tumuli stessi, i prevenuti non abbiano agito con la consapevolezza, di cancellare, cos� facendo, una testimonianza, come ritenuto dal Rittatore, ma solo dal Rittatore, dato che la P.A. non si � mai pronunciata al riguardo, di grandissimo interesse archeologico. Va, pertanto, la appellata sentenza riformata con l'assoluzione di entrambi i prevenuti dal delitto loro ascritto perch� il fatto non costituisce reato. -(Omissis). vembre 1971, n. 1755, Mass. 120947; 17 dicembre 1973, n. 2020, Mass. 127895). Se quindi l'accertamento pu� demandarsi all'Amministrazione, vuol dire che esso non � riservato esclusivamente ad essa. Del resto, trattandosi di un mero accertamento tecnico e non discrezionale, non si comprende come potrebbe esservi da parte del Giudice penale un'invasione in un ambito riservato esclusivamente alla P .A. Nel caso di specie, vi era stata la presentazione della denuncia da parte del Soprintendente alle Antichit� dell'Etruria Meridionale, il che era ben valido a far ritenere sussistente l'accertamento, meramente dichiarativo e quindi con efficacia ex tunc, come lo stesso Tribunale riconosce. Seppoi la legge n. 1089 del 1939 mira (V. Cass. 17 febbraio 1971, n. 466, Mass. 118143) a prevenire la dispersione, l'occultamento e l'impossessamento delle cose che rivestono interesse storico, artistico o archeologico, si frustrerebbe lo scopo della legge stessa, come esattamente aveva osservato il Pretore nella sentenza riformata con la decisione che si annota, mandando impuniti tutti i casi in cui si tende proprio ad impedire l'intervento dell'autorit� amministrativa, distruggendo od occultando le cose rinvenute fortuitamente prima che questa ne abbia notizia. P.D.T. 650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PRETURA DI BENEVENTO, 30 maggio 1975 -Pret. Iannelli -imp. Zampini. Terremoti � Legge antisismica -Edifici e monumenti ricadenti sotto la legge 1� giugno 1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, n. 1497 -Inapplicabilit�. (I. 25 novembre 1962, n. 1684). La legge antisismica non � applicabile nei casi di lavori di riparazioni e restauro di edifici monumentali sottoposti alla disciplina delle leggi 1<> giugno 1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, n. 1497 (1). (Omissis). -In data 1� febbraio 1973 l'Ufficio del Genio Civile di Benevento denunziava Casaburo Aldo Terenzio, rappresentante la Provincia Francescana di Napoli dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, per i fatti descritti in rubrica. Faceva presente che i lavori rientravano nel quadro di un restauro di opere monumentali al quale provvedeva la Sopraintendenza ai Monumenti per la Campania, con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno. Iniziatasi l'azione penale, Casaburo Aldo Terenzio e Zampino Mario, nella qualit� di Sopraintendenti ai Monumenti, venivano rinviati a giudizio per rispondere dei reati come in epigrafe distinti. All'odierna udienza prefissata per il dibattimento, la difesa dei prevenuti (per Zampino si � costituito l'Avvocatura dello Stato)� ha sostenuto che le disposizioni della legge sismica non erano applicabili al caso di specie. La tesi difensiva merita accoglimento. In effetti l'art. 24 della legge n. 1684 del 1962 testualmente recita: � Per la esecuzione di qualsiasi lavoro di riparazione in edifici o manufatti di carattere monumentale o aventi comunque interesse archeologico, storico ed� artistico, siano essi pubblici o di privata propriet�, restano ferme le disposizioni stabilite dalle leggi 1<> giugno 1939, n. 1089 e 23 giugno 1939, n. 1497 �. La norma, � equivoca, non precisando se, �asserendo che � restano ferme � le disposizioni contenute nelle leggi anzidette, dovesse o meno ritenersi esclusa l'applicazione della legge antisismica alle stesse fattispecie. Un'interpretazione logica della norma, per�, fa proprendere per la tesi della non applicazione della legge antisismica. Le leggi, n. 1089 e n. 1477 del 1939 sono poste a tutela del patrimonio storico ed artistico dello Stato e la Sopraintendenza ai Monumenti � l'organo dello Stato che ha l'obbligo istituzionale del controllo dell'applicazione delle �stesse. � evidente che nell'esecuzione di un restauro artistico il concetto informatore � quello della conservazione della integrit� volumetrica ed estetica delle fabbriche e ci� in base alle drastiche disposizioni della � Carta del Restauro �, tali disposizioni sarebbero state spesso (1) La sentenza del Pretore fa corretta applicazione del princ.ipio secondo il quale la legge posteriore generale non deroga alla legge speciale anteriore. Sulla questione non constano precedenti in termini. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE in contrasto con le norme della legge n. 1684 del 1962, se quest'ultime dovessero ritenersi applicabili non solo per edifici di tipo � comune �, ma anche per quelli di interesse archeologico, storico ed artistico. Questi ultimi, infatti, ben difficilmente si prestano ad interventi conciliabili con le disposizioni della legge antisismica. Deve ritenersi, pertanto, che con il disposto del ricordato art. 24 il legislatore ha inteso escludere l'applicazione della legge n. 1684 del 1962 agli edifici sottoposti alla disciplina delle leggi n. 1089 e n. 1497 del 1939, ritenendo preponderante nell'esecuzione dei restauri stessi l'interesse artistico in ordine alla conservazione del bene culturale. Da quanto detto si evince che gli imputati vanno prosciolti con la fo~ula pi� ampia. -(Omissis). I j ll I I f ! f:' !! ~ I =i'\. PARTE SECONDA I ~ ! l I i I LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 45, primo comma, nella parte in cui, in caso di separazione di fatto dei coniugi ed ai fini della competenza per territorio nel giudizio di separazione, prevede che la moglie, la quale abbia fissato altrove la propria residenza, conservi legalmente il domicilio del marito. Sentenza 14 luglio 1976, n. 171, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. codice penale, art. 169, quarto comma, nella parte-in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale nel caso di condanna per delitto commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, a pena che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti di applicabilit� del beneficio. Sentenza 7 luglio 1976, n. 154, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. codice di procedura penale, art. 169, terzo comma, nella parte in cui non prevede, quale elemento integrante e sostanziale della prima notificazione, presso il portiere o chi ne fa le veci, all'imputato non detenuto, che l'ufficiale giudiziario debba darne notizia al destinatario a mezzo di lettera raccomandata. Sentenza 14 luglio 1976, n. 170, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. codice di procedura penale, artt, 502 e 503, nella parte in cui non prevedono che il difensore dell'imputato abbia il diritto di assistere al sommario interrogatorio del medesimo. Sentenza 14 luglio 1976, n. 172, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. codice della �navigazione, art. 589, nella parte in cui attribuisce al comandante di porto, quale giudice di primo grado, la competenza a decidere le cause per sinistri marittimi in detto articolo elencate e il cui valore non eccede le lire centomila. Sentenza 7 luglio 1976, n. 164, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, secondo comma, limitatamente alla parte in cui non consente la difesa dell'infermo nei procedimenti relativi al ricovero provvisorio che si svolgono innanzi al pretore, nonch� innanzi al tribunale in sede di reclamo avverso il provvedimento del pretore. Sentenza 3 agosto 1976, n. 223, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 7 luglio 1907, n. 429, art. ~5, secondo comma, nonch� le altre disposizioni di legge che ad esso articolo si ricollegano nella parte in cui tali norme dispongono che i funzionari ed agenti delle ferrovie dello Stato non compresi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel comma terzo dell'art. 25, negli artt. 14 e 37 della legge 7 luglio 1907, n. 429, testo vigente; rispondono direttamente all'amministrazione dei danni ad essa arrecati per la loro colpa o negligenza, e che le autorit� competenti a pronun� ciarsi al riguardo possono, valutate le circostanze, ridurre o anche non applicare l'addebito per il danno subito dall'amministrazione. Sentenza 28 luglio 1976, n. 201, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. r.d. 29 aprile 1915, n. 582, art. 3, limitatamente all'inciso �ma non mai in misura superiore al valore che avevano il 12 gennaio 1915 �. Sentenza 7 luglio 1976, n. 155, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 12 e 14 (legge del registro), nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione della imposta, le ipotesi che sia stata dichiarata nulla o riformata la sentenza, in cui si contenga l'enunciazione di un atto soggetto a registrazione o da cui si desuma la retrocessione di un diritto. Sentenza 28 luglio 1976, n. 198, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47, quinto comma, nella parte in cui non dispone che, relativamente ai macchinari industriali che servono ad un opificio, non venga fatto, al,l'atto del trasferimento di esso, il medesimo trattamento tributario che gli altri commi dello stesso articolo riservano alle pertinenze del fondo agricolo alienato. � Sentenza 14 luglio 1976, n. 167, G. U. 21 luglio 1976, n. 1~1. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50, secondo comma (legge del registro), nella parte in cui non dispone che anche per le vendite forzate senza incanto effettuate ai sensi degli articoli 570 e seguenti del codice di procedura civile, la tassa proporzionale � dovuta sul prezzo di aggiudicazione. Sentenza 7 luglio 1976, n. 156, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 30, nella parte in cui consente agli enti pubblici concedenti di stipulare con gli assegnatari degli alloggi popolari contratti di locazione per un tempo determinato, nonch� di avvalersi nei loro confronti del procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione. 1 Sentenza, 28 luglio 1976, n. 193, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, ultimo comma, nella parte in cui, limitatamente alle zone di ripopolamento, punisce il porto �delle armi da caccia con munizione spessata e di arnesi per l'uccellaggione, a meno che il trasporto avvenga per giustificato motivo e che il fucile sia smontato o chiuso in busta o altro involucro idoneo�, con la multa da L. 20.000 a L. 100.000. Sentenza 14 luglio 1976, n. 176, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. r.d. 9 settembre ,1941, n. 1023, artt. 34 e 35. Sentenza 22 luglio 1976, n. 192, G. U. 28 luglio 1976, n. � 198. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 11 gennaio 1951, n. 25, art. 18, nella parte in cui dispone che le imposte dirette, accertate in confronto dei contribuenti non tassati in base a bilancio sono commisurate sui redditi conseguiti nell'anno solare precedente. Sentenza 28 luglio 1976, n. 200, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 5 luglio l951, n. 573, art. 10, secondo comma. Sentenza 28 luglio 1976, n. 200, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 3, nella parte in cui -in relazione al� l'art. 170, ultimo comma, del codice di procedura penale e per effetto della estensione delle norme sul giudizio di primo grado al giudizio di appello, previste dall'art. 519 del codice di procedura penale -prescrive che il decreto di irreperibilit�, emesso nel giudizio di appello, cessa di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione e non con la pronuncia del giudice di appello. Sentenza 28 luglio 1976, n. 197, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 131 e 139, nella parte in cui si stabilisce che i redditi della moglie, la quale non sia legalmente ed effettivamente separata, concorrano insieme con quelli del marito a formare un reddito complessivo, su cui � applicata con aliquota progressiva l'imposta complementare. Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. d.I. 21 novembre 1967, n. 1051, artt. 2, secondo comma, lettera a: 3, primo comma: 4, primo, terzo e quarto comma, nella parte in cui hanno sostituito le corrispodenti disposizioni, direttamente applicabili, dei regolamenti (C.E.E.) 22 settembre 1966, n. 136, e 26 ottobre 1967, n. 754. Sentenza 28 luglio 1976, n. 205, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, artt. 9 e 10, nella parte in cui hanno sostituito le corrispondenti cjisposizioni, direttamente applicabili, dei regolamenti (C.E.E.) 13 giugno 1967, n. 120, e 21 dicembre 1967, n. 1041. Sentenza 28 luglio 1976, n. 205, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 12 marzo 1968, n. 334, art. 9. Sentenza 22 luglio 1976, n. 185, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. d..P.R. 24 dicembre 1969, n. 1053, art. 1, nella parte in cui, richiamando in vigore il decreto-legge 18 dicembre 1968, n. 1234, convertito con modificazioni nella legge 12 febbraio 1969, n. 5, prevede fatti di reato punibili con la reclu� sione e con la multa. Sentenza 7 luglio 1976, n. 157, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. r legge 9 ottobre 197'1, n. 825, art. 2, n. 3. Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. d.>P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 15, 16, 17, 19, 20 e 30. Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELl..O STATO d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, art. 8, nella parte in cui prevede che alla determinazione delle maggiorazio:q.i delle somme d'importo pari alle quote va� riabili di soppressi tributi erariali, da corrispondere alle provincie autonome di Trento e di Bolzano, si proceda � sentite dette amministrazioni, con decreto del Ministro per le finanze di concerto con quello del tesoro �. Sentenza 22 luglio 1976, n. 180, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 2, primo comma, e 4, lettera aJ. Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. d.P.R. 29 settembre '1973, n. 600, artt. 1, terzo comma, 46, 56 e 57. Sentenza 15 luglio 1976, n. 179, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. legge reg. Campania 6 marzo 1974. Sentenza 7 luglio 1976, n. 150, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge reg. Umbria 24 ottobre 1974. Sentenza 7 luglio 1976, n. 153, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge �reg. Umbria 6 febbraio 1975, approvata con deliberazione n. 1363. Sentenza 7 luglio 1976, n. 153, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge reg. Umbl'ia 6 febbraio '1975, approvata con deliberazione n. 1364. Sentenza 7 luglio 1976, n. 153, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2� e 45, nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l'instal� lazione e l'esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l'ambito locale. Sentenza 28 luglio 1976, n. 202, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 14, nella parte in cui prevede la possi� bilit� che mediante le realizzazioni di impianti da parte della societ� concessionaria siano esaurite le disponibilit� consentite dalle frequenze assegnate all'Ita� lia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione. Sentenza 28 luglio 1976, n. 202, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art; 1310, primo comma (artt. 3, primo comma, e 24 d�lla Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n, 201, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. codice penale, artt. 330 e 340 (artt. 3, 39 e 40 della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 222, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. PARm II, LEGISLAZIONE codice penale, art. 656 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 210, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. codice penale, art. 663�bis (21, 2 e 49 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1976, n. 188, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. codice di procedura penale, art. 70, ultimo comma (art. 25, primo comma. della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1976, n. 168, G. U. 21 luglio 1976, n. 191" codice di 'pr�cedura penale, art. 177�bis, cpv. (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza -22 luglio 1976, n. 183, G. U. 28 luglio 1976, n.. 198. codice di procedura penale, art. 304-bis (artt. 3 e 24 della Cost~tuzione) nella parte in cui omette di prevedere l'assistenza del difensore dell'iinputato agli interrogatori dei coimputati ed ai confronti tra coimputati o tra imputato e testi. Sentenza 3 agosto 1974, n. 218, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. codice di procedura penale, art. 364 (artt. 3 e 24 della Costituzione) nella parte in cui omette di prevedere l'intervento del difensore ai confronti tra coimputati o tra imputato e testi. Sentenza 3 agosto 1976, n. 218, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. codice di procedura penale, art. 378 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1976, n. 174, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. codice di procedura penale, a�rt. 390 (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 208, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. codice di pl'ocedura penale, art. 399, secondo comma (artt 24, 97 e 112 della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 210, G. U. 4 agosto 1976, n 205. � codice di procedura penale, art. 630, secondo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). � Sentenza 7 luglio 1976, n. 159, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma (artt. 2, 28 e 52 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1976, n. 189, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale militare di pace, art. 264 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 196, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. r.d. 16 luglio 1905, n. 646, art. 42, secondo comma (artt. 3, primo comma, e 24, primo comma, della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 211, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3266, art. 11 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 198, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 220, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, .primo e terzo comma (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) (artt. 17, terzo comma, e 21 della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1976, n. 160, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge 2 febbraio 1939, n. 374 (artt. 21, 2 e 49 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1976, n. 188, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. legge 17 lugUo 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 209, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 11 gennaio 1943, n. 138, artt. 11, secondo comma, e 36, primo comma (art. 27 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. d.I. lgt. 28 dicembre 1944, n. 411, art. 5 (a~tt. 41, terzo comma e 97 della Costituzione). � Sentenza 3 agosto 1976, n. 221, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.I. C.p.S. 13 settembre 1946, n. 303, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 52 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 194, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.I. C.p.S. 15 setembre 1947, n. 896, art. 1 (artt. 23, 41, terzo comma, e 97, della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 221, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 29 aprile 1949, n. 264, art. 11, quarto comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 207, G. U. 4. agosto 1976, n. 205. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 23, primo comma (art. 27 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. legge 1� luglio 1955, n. 638, art+. 11, 20 e 23 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1976, n. 151, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. +.u. 30 maggio 1955, n. 797, art. 82, primo e secondo comma (art. 27 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. legge 2�6 novembre 1955, n. 1177, art. .J8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 219, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 79, terzo comma (art. 3 della Costi� tuzione). Sentenza 7 luglio 1976, n. 161, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge 14 febbraio 1963, n. 60, art. 11 (art. 27 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1976, n. 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. legge 3 febbraio 1965, n. 14 (artt. 3, 35, 36 e 38, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 199, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 3 febbraio 1965, n. 14, art. 9 (artt. 3, 35, 36 e 38, quarto comma, della Costituzione), nella parte in cui non prevede, in relazione agli -infortuni sul la� voro l'obbligatoriet� dell'assicurazione presso l'INAIL. Sentenza 28 luglio 1976, n. 199, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art+. ~O. 42, 28, 44, 50, primo comma e 195 (art. 27 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1976, n~ 173, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 1 O (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione), nella parte in cui delimita l'applicazione della normativa e specificamente dell'art. 9 ai prestatori di lavoro assunti in prova, dal momento in cui la loro assunzione diviene definitiva e in ogni caso quando sono decorsi sei mesi dall'inizio del rapporto di lavoro. Sentenza 28 luglio 1976, n. 204, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 11, quarto, quinto e sesto comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1976, n. 187, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (artt. 3, 35, primo comma, 52, 53 e 97 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 194, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 3, n. 2, lettera b (artt. 2, 3, 29 e 31 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1976, n. 181, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. legge 11 giugno 197'1, n. 426, artt. 38 e 39 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1976, n. 152, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 2, sec�ondo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 214, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, limitatamente alla istituzione delle nuove commissioni tributarie (artt. 24, 102, secondo comma, e VI disp. trans. e fin. della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 215, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 26 ottobre 19712, n. 638 (art. 52, ultimo comma, dello Statuto della regione Trentino Alto Adige). Sentenza 22 luglio 1976, n. 180, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. �legge 18 dicembre 1973, n. 880, artt. 1, 2, secondo e terzo comma: 3, pri� mo e secondo comma: 4, 5, primo comma e 6 (art. 16 dello Statuto della regione TreIJ.tino Alto Adige). Sentenza 22 luglio 1976, n. 190, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. d.I. 8 luglio 1974, n. 261, art. 6 (artt. 4 e 13 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1976, n. 194, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.I. 14 dic~mbi'e 1974, n. 657, art. 2, quarto comma (artt. 8, nn. 3 e 6, e 16 dello .Statuto della regione Trentino Alto Adige). Sentenza 14 luglio 1976, n. 169, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. le9ge reg. Lombardia 26 marzo 1975 (artt. 117 e VIII disp. trans. e fin. della Costituzione). Sentenza 3 agosto 1976, n. 212, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 9 maggio 1975, n. 153, art. 27 (artt. 116, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1976, n. 182, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. d.P.R. 2 luglio 1975, n. 288, art. 1 (artt. 20, 21,. 36 e 43 dello Statuto della Regione siciliana). Sentenza 14 luglio 1976, n. 166, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. ! I; PARTE II, LEGISLAZIONB ttJ III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 2596 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 26 febbraio 1976, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. codice penale, art. 176, pp. e cpv. (artt. 3 pp. e 27, terzo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Oristano, ordinanza 15 dicembre 1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. codice penale, art. 54.2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 1� dicembre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. codice penale militare di .pace, art. 184, secondo comma (artt. 17 e 21 della Costituzione). Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 25 febbraio 1976, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d. lgt. 1� maggio 1916, n. 497, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale pensioni militari, ordinanza 27 ottobre 1975, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. r.d.I. 15 ottobre 1925, n. 2033, art. 44 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Otessa, ordinanza 6 marzo 1976, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanze (cinque) 1� ottobre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177, e 18 agosto 1976, n. 218. r.d.I. 4 ottobre 1935, n. U27, art. 73, primo comma (art. 38 della Costituzione). Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 27 gennaio 1976, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. legge 17 agosto 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze (due) 21 marzo e 21 novembre 1975, G. U. 4 agosto 1976, n. 205, e 28 luglio 1976, n. 198. Corte d'appello di Bari, ordinanze (tre) 9 maggio, 22 settembre ed 8 ottobre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. Tribunale di Como, ordinanze (cinque) 1� ottobre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177, e 18 agosto 1976, n. 218. Tribunale di GeRova, ordinanza 12 dicembre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 114 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale pensioni di guerra, ordinanza 26 gennaio 1976, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. legge 3 gennaio 1951, n. 27 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. d.P.R. 19 marzo 1955, n. 529, art. 9 (artt. 3, 27 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 21 febbraio 1976, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 17 marzo 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. d.P.R. 16 maggio '1960, n. 570, art. 15, n. 3, prima parte (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Frosinone, ordinanza 19 maggio 1976, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. d.,P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. ~5. primo; secondo e terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 15 luglio 1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. d.P.R. 30 giugno 1965, n: 1124, art. 74, secondo comma, parte prima (artt. 37 e 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. d.P.R. 30 giugno 1965, n. U24, artt. 75 e 83 (artt. 35, 1� cpv., e 38 della Costituzione}. Pretore di Genova, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge 24 febbraio 1967, n. 68, art. 11 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 15 luglio 1975, G. U. 18 agosto 1976, n.)18. legge 1,2 febbraio 1968, n. U2, art. 40, ultim�o comma (art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 11 novembre 1975 e 18 febbraio 1976, G. U. 28 agosto 1976, n. 225. legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione}. Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 29 ottobre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 'li �'ARIB II, LEGISLAZIONE legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 109 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale pensioni di guerra, ordinanza 26 gennaio 1976, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. d.P.R. 29 marzo 1969, n. 130, art. 33 (art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 11 novembre 1975 e 18 febbraio 1976, G. U. 28 agosto 1976, n. 225. d.P.R. 28 dicembre� 1970, n. 1079, art. 20 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 15 luglio 1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 1 (artt. 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 29 ottobre 1975, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (artt. 24, 102 e 108 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 25 agosto 1976, n. 225. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 24, secondo comma, della Costi� tuzione). Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinanze (tre) 4 dicembre 1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 31 e 44 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Catania, ordinanza 12 gennaio 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinanze (due) 9 marzo 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art+. 6 e 14 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Cremona, ordinanza 2 ottobre 1975, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 296 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 1� ottobre. 1975, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183 e 195 (artt. 21 e 10 della Costituzione). Pretore di San Daniele del Friuli, ordinanza 15 marzo 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 marzo 1973, n. 157, artt. 183 e 195 (artt. 21, 41 e 43 della Costi� tuzione). Giudice istruttore del tribunale di Cagliari. ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. d.I. 24 luglio 1973, n. 427, art. 2, primo comma, n. 4 (art. 11 della Costitu� zione). Pretore di Imperia, ordinanza 5 aprile 1976, G. U. 21 luglio 1976, n. 191. legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 4, ultimo comma (artt. 76 ed 81, terzo e quarto comma, della Costituzione). Corte dei conti, sezione di controllo, ordinanza 10 aprile 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. legge reg. Calabria 30 agosto 1973, n. 14, artt. 1 e 3 (artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Scalea, ordinanza 27 febbraio 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. legge reg. Calabria 3.0 agosto 1973, n. 14, artt. 1 e 3 (artt. 9, 117, 3, 5, 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Belvedere Marittimo, ordinanza 7 aprile 1976, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. � d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ,art. 169 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale pensioni militari, ordinanza 27 ottobre 1975, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. legge 8 aprile 1974, n. 98, art. 8 (artt. 112 e 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10, 12 e .14 (artt. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 23 febbraio 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 21, 41 e 43 della Costitu� zione). Giudice istruttore del tribunale di Cagliari, ordinanza 30 m.arzo 1976, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, secondo comma (artt. 13, terzo comma, 17, primo comma, 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 8 marzo 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. HO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO STRADE Autostrade -Distanze per l'edificazione -Costruzione di linee ferroviarie -(l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 19; l. 24 aprile 1961, n. 729, art. 9; d.m. lo aprile 1968). Se le distanze di rispetto stabilite a protezione �del nastro autostradale con il d.m. l�o aprile 1968 n. 1404, emanato in applicazione dell'art. 19 della legge 6 agosto 1967 n. 765, e che vanno osservate n~lla edificazione fuori del perimetro dei centri abitati e degli insediamenti previsti dai piani regolatori generali e dai programmi di fabbricazione, siano applicabili anche per la costruzione di nuove linee ferroviarie. Strade statali -Pubblicit� in concessione -Cartelli pubblicitari -Autorizzazione -Revoca di alcune autorizzazioni -Effetti -Sulle altre autorizzazioni -Sulla conc.essione -(t.u. 15 giugno 1959, � n. 393, art. 11; l. 7 febbraio 1961, n. 59, art. 37). Se la revoca di alcune autorizzazioni all'apposizione di cartelli pubblicitari lungo ed in vista di strade pubbliche, disposta dall'ANAS per mancanza dei requisiti oggettivi di cui all'art. 11 codice stradale, possa costituire presupposto per la revoca o decadenza delle altre autorizzazioni rilasciate al medesimo concessionario ovvero per la revoca o decadenza della stessa concessione di esposizione di pubblicit� (n. 106). Strade statali -Tratti compresi nei centri abitati minori -Autotutela amministrativa -Riduzione in pristino -Competenza -(l. 30 marzo 1865, n. 2248, all. F., art. 278; r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, artt. 20 e 23; l. 12 febbraio 1956, n. 126, art. 7; cod. strad. artt. 3 e 4). Se spetti al Prefetto ovvero al Sindaco la competenza ad emettere i provvedimenti di riduzione in pristino che riguardino tratti di strade statali compresi nei centri abitati non superiori a 20.000 abitanti (n. 107). TERREMOTO Alloggi F.S. -Cessione in propriet� -Danneggiamento o distruzione -Ripristino Mutuo agevolato -Aceensione di ipoteca -(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 18; l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 9; d.l. 6 ottobre 1972, n. 552, art. 4; l. 2 dicembre 1972, n. 734). Se l'assegnatario di alloggio delle Ferrovie dello Stato, che abbia stipulato contratto di cessione .in propriet� ai sensi del d.P.R. 17 gennaio 1953, n. 2, possa accendere ipoteca sull'immobile al fine di godere del mutuo agevolato per il ripristino di abitazioni danneggiate o distrutte dal terremoto, ai sensi dell'art. 4 del d.l. 6 ottobre 1972, n. 552 (convertito in 1. 2 dicembre 1972, n. 734) (n. 26). TRANSAZIONE Riserve -Determinazioni dell'Amm.ne -Dichiarazione adesiva dell'appaltatore Transazione -Configurabilit� -(cod. civ. art. 1965; circ. min. LL.PP. 13 marzo 1953, n. 616). Se possa riconoscersi carattere di transazione a una dichiarazione liberatoria rilasciata alla Amm.ne da parte della ditta appaltatrice qule mero atto di adesione della ditta stessa alla determinazione precedentemente adottata dall'Amm.ne sulla riserva avanzata dalla ditta (n. 23). PARTE II, CONSULTAZIONI 129 Perizia giudiziaria � Vocazioni -Rimborso -Pluralit� di incarichi � Diversit� di procedimenti -Limite massimo � (r.d. 3 giugno 1923, n. 1043, art. 9; d.l. 2 aprile 1948, n. 582, art. 9; l. 1 dicembre 1956, n. 1426, art. 3). Se il limite massimo di quattro vacazioni giornaliere rimborsabili ai periti giudiziari ai sensi dell'art. 9 del r.d. 3 maggio 1923, n. 1043, nonch� degli artt. 9 del d.l. 2 aprile 1948, n. 582, e 3 della I. 1 dicembre 1956, n. 1426, vada riferito agli incarichi relativi allo stesso procedimento penale ovvero anche ad incarichi tra loro completamente distinti ed autonomi perch� riguardanti procedimenti penali diversi (n. 20). Procedimento penale -Costituzione di parte civile � ONIG � Assistenza sanitaria agli invalidi di guerra -(c.p.p. art. 22; cod. civ. art. 1916). Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale Invalidi di Guerra nel procedimento penale contro il responsabile dell'infortunio occorso al proprio assistito per il recupero delle spese di assistenza sanitaria (n. 19). RESPONSABILITA CIVILE Responsabilit� civile: obbligo dell'ente proprietario di apprestare difese per una protezione laterale delle strade � Limiti � (art. 211 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F; art. 2 r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687). Se sussista un obbligo generale dell'Amministrazione di apprestare difese per una protezione laterale delle strade ordinarie (parapetti etc.) preordinato ad impedire danni a terzi che possano eventualmente essere cagionati dal comportamento degli utenti (n. 276). SERVIT� Elettrodotto a servizio di ferrovie -Cessazione d'uso della linea elettrica -Prescrizione estintiva -Decorrenza -(cod. civ. artt. 625, 1073 e 1074,� r.d. 11 dicembre 1933, n. 1773, artt. 123, quarto comma, e 129). Se, nella ipotesi di elettrodotti posti a servizio della ferrovia, ai fini della decorrenza della prescrizione di cui all'art. 1073 cod. civ. in relazione alla norma dell'art. 1074 stesso codice, per il venir meno dell'utilit� della servit�, occorra una parziale o totale demolizione dell'elettrodotto ovvero la decorrenza stessa debba determinarsi gi� con riferimento al momento in cui si verifica la cessazione dell'uso della linea elettrica posta al servizio della ferrovia (n. 55). SOCIETA Societ�' -Partecipazione statale -Liquidazione -Poteri del Ministro del Tesoro -Liquidatore -(l. 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 1 e 6). Quali siano i poteri attribuiti al Ministro del Tesoro nel caso di liquidazione di societ� di diritto privato nella quale lo Stato abbia la propriet� dell'intero capitale sociale o della maggioranza di esso, e se, nel sudd�tto caso, le funzioni di liquidatore debbano essere necessariamente attribuite a funzionari dell'Ufficio liquidazione previsto dall'art. 1 della legge 4 dicembre 1956 n. 1404 (n. 138). 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NAVI Autoscafi � Tassa di circolazione � Limiti di applicabilit� -(d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 17; d.l. 26 ottobre 1970, n., 745, art. 13; l. 9 maggio 1932, n. 713 art. 4). Se la tassa di circolazione sugli autoscafi di cui all'art. 17 d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (modificato dall'art. 13 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745) sia applicabile solamente ai natanti con licenza portante l'indicazione della potenza fiscale, secondo la legge 9 maggio 1952, n. 813, art. 4, ovvero generalmente a -tutti i natanti a propulsione meccanica muniti di licenza (n. 136). OPERE PUBBLICHE Opera Pubblica -Delegazione amministrativa intersoggettiva; contratto di appalto stipulato dall'ente delegato, legittimazione alle azioni contrattuali conseguenti. Se, nel caso di delegazione amministrativa intersoggettiva per l'esecuzione di opera pubblica, all'azione del danno per inadempienza dell'appaltatore (cui l'opera sia stata commessa dall'ente delegato) sia legittimato l'ente delegato ovvero l'ente delegante (n. 128). Riserve � Determinazioni dell'Amm.ne -Dichiarazione adesiva dell'appaltatore Transazione -Configurabilit� -(cod. civ. art. 1965; circ. min. LLPP. 13 marza 1953, n. 616). Se possa riconoscersi carattere di transazione a una dichiarazione liberatoria rilasciata alla Amm.ne da parte della ditta appaltatrice quale r.ero atto di ad�sione della ditta stessa alla determinazione precedentemente adottata dall'Amm.ne sulle riserve avanzate dalla ditta (n. 129). PRIVILEGI Tributi erariali diretti � Responsabilit� patrimoniale -Cause di prelazione � Privilegi � Generale sui mobili � Ruoli ordinari e straordinari -Ambito di applicazione � (cod. civ. art. 2752; t.u. 29 gennaio 1958, n. 615 art. 211). Se il privilegio generale sui mobili che assiste i crediti per imposte erariali dirette sia limitato ai crediti iscritti nei ruoli -ordinari o straordinari pubblicati nell'anno in cui inizia l'esecuzione e nel precedente, ovvero riguardi le due pi� recenti annualit� d'imposta a prescindere dall'anno di pubblicazione dei ruoli (n. 11). PROCEDIMENTO PENALE Mutilati ed invalidi di guerra -Periodo di prova -Licenziamento � Processo penale � Opera Nazionale Invalidi di Guerra -Parte civile -(cod. proc. pen. art. 22; cod. civ. art. 1916). Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale per gli Invalidi di Guerra nel processo penale a carico del datore di lavoro che abbia licenziato l'invalido per incapacit� durante il periodo di prova (n. 18). PARTE II, CONSULTAZIONI 127 bre 1923, n. 3280 le anticipazioni cli somme garantite da titoli diversi da quelli societari e in particolare quelle garantite da deposito o pegno di libretti di risparmio al portatore (n. 92). Tributi erariali i.diretti -Imposta di registro -Esenzioni o agevolazioni Comuni -�Acquisto di immobili concorrenti per l'attuazione di piani regolatori -Atti a titolo gratuito -(l. 28 giugno 1943, n. 666). se' le agevolazioni in materia di imposta di registro sugli atti di trapasso a favore dei Comuni per l'acquisto di immobili occorrenti all'attuazione di piani regolatori siano applicabili anche agli _atti a titolo gratuito (n. 88). INVALIDI DI GUERRA Mutilati ed invalidi di guerra � Periodo di prova � Licenziamento -Processo penale -Opera Nazionale Invalidi di Guerra -Parte civile -(cod. proc. pen. art. 22,-cod. civ. art. 1916). Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale per gli Invalidi cli Guerra nel processo penale a carico del datore cli lavoro che abbia licenziato l'invalido per incapacit� durante il periodo di prova. Procedimento penale -Costituzione di parte civile -ONIG -Assistenza sanitaria agli invalidi di guerra -(c.p.p. art. 22,-cod. civ. art. 1916). Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Opera Nazionale Invalidi di Guerra nel procedimento penale contro il responsabile dell'infortunio occorso al proprio assistito per il recupero delle spese di assistenza sanitaria (n. 33). ISTRUZIONE Istruzione pubblic~ -Istituti tecnici -Formulazione dell'orario, possibilit� per gli organi direttivi della scuola di ridurre la durata delle singole ore di lezione � Esclusione -(art. 3 d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417,-artt. 4-6 d.P.R. 31 maggio 1974, n. 416,-r.d. 10 aprile 1936, n. 634,-r.d. 30 aprile 1924, n. 965). Se sia legittima la riduzione -da parte degli organi direttivi della scuola della durata effettiva delle singole ore di lezione da liO a SO ovvero a 45 minuti primi, al fine di consentire agli studenti pendolari di avvalersi di pi� convenienti corse di mezzi pubblici di trasporto (n. 39). LOCAZIONE DI COSE Locazioni di complessi elettronici -Possibilit� per l'Amministrazione conduttrice di corrispondere in via anticipata quota parte dei canoni annuali � Esclusione -(art. 12, comma quarto, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 12 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 627). Se i contratti di locazione passiva rientrino nella previsione del comma quarto dell'art. 12 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 concernente la possibilit� per l'Amministrazione di obbligarsi a pagamenti in conto in favore dell'altra parte contraente (n. 146). 16 ! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTE IPOTECARIE Esenzioni e agevolazioni -Istituto di credito agrario -Ipoteche giudiziali Iscrizione -rApplicabilit� -(l. 5 luglio 1928, n. 1760, art.� 21; r.d.l. 4 otto� bre 1935, n. 1883, art. 5). Se siano applicabili anche alle iscrizioni di ipoteche giudiziali le agevolazioni fiscali di cui all'art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 che stabilisce che gli Istituti esercenti il credito agrario sono esenti dal pagamento di ogni tassa sugli affari e dalla imposta di ricchezza mobile e sono sottoposti ad una quota di abbonamento annuo (n. 62). IMPOSTE V ARIE. Autoscafi � Tassa di circolazione -Limiti di applicabilit� -(d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 art. 17; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 13; l. 5 giugno 1932, n. 813, art. 4). Se la tassa di circolazione sugli autoscafi di cui all'art. 17 d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (modificato dall'art. 13 del d.I. 26 ottobre 1970, n. 745) sia applicabile solamente ai natanti con licenza portante l'indicazione della potenza fiscale, secondo la I. 9 maggio 1932, n. 813, art. 4, ovvero generalmente a tutti i natanti a propulsione meccanica muniti di licenza (n. 91). Imposta di pubblicit� -Targhe assicurazione incendi -Mancata denuncia Esonero dal tributo -(d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 art. 7; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 90). Se debbano essere esonerate dal pagamento dell'imposta di pubblicit� per le targhe delle assicurazioni contro gli incendi quelle imprese assicuratrici che, oltre a non distribuire targhe, non abbiano presentato la prescritta denuncia �volontaria o l'abbiano presentata solo a seguito di specifico invito dell'Ufficio finanziario (n. 90). Imposta di registro -Case di abitazione -Agevolazioni fiscali -Decadenza per rivendita dell'area -Condono in materia tributaria -Applicabilit� -(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20,� d.l. 5 novembre 1973, n. 660 art. 6, commi primo e terzo; l. 19 dicembre 1973, n. 823, art. 6). Se possa essere definita mediante il provvedimento . di condono di cui al d.I. 5 novembre 1973, n. 660 una controversia relativa all'imposta ordinaria di registro dovuta su di un atto di compravendita di area destinata all'edificazione di �case d'abitazione non di lusso, a seguito di decadenza delle agevolazioni fiscali verificatasi in epoca anteriore alla data dell'8 novembre 1973 (n. 89). Imposte in surrogazione del bollo e registro -Anticipazioni su titoli -Libretti di risparmio al portatore -Deposito o pegno -Aliquota applicabile -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3280, art. 5, lett. a), tariffa all. A; r.d.l. 19 ottobre 1943, n. 738, art. 13, lett. b). Se siano soggette all'imposta surrogatoria del bollo e registro secondo l'aliquota prevista dall'art. 13 lett. b) del r.dJ. 19 agosto 1943, n. 738 ovvero secondo quella prevista dall'art. 5 lett. a) della tariffa ali. A al r.d. 30 dicem ; PARTE II, CONSULTAZIONI 12J I IMPOSTE DIRETTE ' I Tributi erariali diretti -Responsabilit� patrimoniale -Cause di prelazione Privilegi -Generale sui mobili -Ruoli or{linari e straordinari -Ambito di applicazione -(cod. civ. art. 2752; t.u. 29_ gennaio 1958, n. 645, art. 211). Se il privilegio generale sui mobili che assiste i crediti per imposte erariali dirette sia limitato ai crediti iscritti nei ruoli -ordinari o straordinari pubblicati nell'anno in cui inizia l'esecuzione e nel precedente, ovvero riguardi le due pi� recenti annualit� d'imposta a prescindere dall'anno di pubblicazione dei ruoli (n. 21). IMPOSTE E TASSE Esenzioni e agevolazioni -Ente con scopo di beneficenza -Esenzione dall'imposta -Legatario inadempiente -Solidariet� -Esclusione -(r.d.l. 9 aprile 1925, n. 330; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). Se un Ente che persegue uno scopo di beneficex.:a e che pertanto gode dell'esenzione dall'imposta di successione a norma del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, sia da ritenere debitore dell'imposta non assolta da un legatorio, per un legato concernente lo stesso asse ereditario, in virt� della solidariet� tributaria stabilita a carico di ciascuno degli eredi dall'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n.. 3270 (n. 585). Imposta di registro -Fideiussione sostitutiva di cauzione reale per contratto di appalto di lavori autostradali -Benefici tributari -(art. 8, l. 4 luglio 1961, n. 729). Se la fideiussione contenuta (in sostituzione. della cauzione definitiva) in un contratto di appalto di lavori autostradali :sia esclusa dalla esenzione prevista dal comma primo dell'art. 8 della legge 21 luglio 1961, n. 729 (piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali) �per tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione� della legge medesima (n. 583). Imposte e tasse -Imposta sul valore aggiunto: Azienda Autonoma F.S. -Vendita a terzi di beni mobili e immobili -(art. 1, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). Se le vendite a terzi di mobili e immobili effettuate dalla Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato debbano soggiacere all'imposta sul valore aggiunto di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (n. 5~2). Tributi locali: tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche: spazi soprastanti e sottostanti al suolo stradale; impianti della societ� Italcable (t.u. 14 settembre 1931, n. 1775, artt. 192-200; l. 2 luglio 1952, n. 703, art. 40). Se l'occupazione di c~vi in galleria da parte della S.P.A. ltalcable, societ� privata che gestisce non per conto di amministrazioni dello Stato servizi cablografici, debba ritenersi soggetta alla tassazione prevista per le occupazioni di spazi soprastanti e sottostanti al suolo stradale dall'art. 192 t.u. 14 settembre 1931, n. 1175 (n. 584). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Esenzioni e agevolazioni -Istituto di credito agrario -Ipoteche giudiziali Iscrizione -Applicabilit� -(l. 5 luglio 1928, n. 1760, art. 21; r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1883, art. 5). �� Se siano applicabili anche alle iscrizioni di ipoteche giudiziali le agevolazioni fiscali di cui all'art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 che stabilisce che gli Istituti esercenti il credito agrario sono esenti dal pagamento di ogni tassa sugli affari e dalla imposta di ricchezza mobile e sono sottoposti ad una quota di abbonamento annuo (n. 62). IMPOSTA. DI SUCCESSIONE Esenzioni e agevolazioni -Ente con scopo di beneficenza -Esenzione dall'im-� posta -Legatario inadempiente -Solidariet� -Esclusione -(r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). Se un Ente che persegue uno scopo di beneficenza e che pertanto gode dell'esenzione dall'imposta di successione a norma del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, sia da ritenere debitore dell'imposta non assolta da un legatorio, per un legato concernente lo stesso asse ereditario, in virt� della solidariet� tributaria stabilita a carico di ciascuno degli eredi dall'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (n. 90). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi -Societ� di artisti -Rapporto tra socio e societ�, -Contratto di lavoro subordinato -Configurabilit� (l. 19 giugno 1940, n.' 762, artt. 1, 2, 4, 7 e 8; l. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 1; cod. civ. artt. 2094 e 2222). Se la relazione istituita tra il socio di una societ� cooperativa tra artisti (nella specie: Unione Musicisti di Roma) e la societ� stessa possa essere assimilata a un rapporto di lavoro subordinato e pertanto i relativi compensi siano da ritenere non assoggettabili alla imposta generale sull'entrata e non classificabili quali redditi di R.M. cat. C;l (bens� di categ. C/2) (n. 63). Esenzioni e agevolazioni -Appalti stipulati con lo Stato -Mandati di pagamento emessi a favore degli appaltatori -(d.l. 25 maggio 1972, n. 202, art. 5; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89). Se possa applicarsi a favore degli appaltatori dello Stato la esenzione prevista dall'art. 5 �del d.l. 25 maggio 1972, n. 202 dalla imposta generale sull'entrata trattenuta sui mandati di pagamento emessi a loro favore (n. 157). IGE su acque gassate: determinazione dell'imponibile (l. 31 ottobre 1966, n. 941). Se ai fini della determinazione della base imponibile per l'applicazione dell'imposta generale sull'entrata, il Ministro delle Finanze (o gli intendenti di finanza su delega del Ministro) ha la facolt� di stabilire i prezzi medi di vendita delle varie specie di prodotti delle acque gassate in genere, delle acque minerali artificiali da tavola, delle acque minerali naturali, medicinali o da tavola, e delle bevande preparate con le acque suddette (n. 156). PARTE II, CONSULTAZIONI 121 PARTE II, CONSULTAZIONI 121 Imposta di registro -Fideiussione sostitutiva di cauzione reale per contratto di appalto di lavori autostradali -Benefici tributari -(art. 8, l. 24 luglio 19�1, n. 729). Se la fideiussione contenuta (in �sostituzione della cauzione definitiva) in un contratto di appalto di lavori autostradali sia esclusa dalla esenzione prevista dal comma primo dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729 (piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali) � per tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione� della legge medesima (n. 419). Locazioni -Locazioni passive della P.A. -Obbligo di richiedere la registrazione Termini -Decorrenza -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 81; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 14). Se nei contratti di locazione passivi della pubblica Amministrazione i'obbligo di richiedere la registrazione e la decorrenza del relativo termine, anche a.i fini dell'applicazione delle penalit� per tardiva registrazione, si determinino a partire dal momento in cui abbia di fatto avuto inizio il godimento dell'immobile anteriormente alla approvazione del contratto ovvero solo dal momento in cui, con l'approvazione, il contratto si perfeziona (n. 431). Solidariet� tributaria -Atto contestuale -Pluralit� di disposizioni indipendenti -Estensione o ripartizione -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 1). Se, nel caso di un unico atto contenente pi� disposizioni tra loro indipendenti, la solidariet� di cui all'art. 93 n. 1 della L.O.R. debba essere estesa a tutti i partecipanti all'atto ovvero debba essere ripartita tra questi in considerazione della loro partecipazione alle diverse convenzioni (n. 430). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Esenzioni e agevolazioni -Comuni -Acquisto di immobili occorrenti per l'attuazione di piani regolatori Atti a titolo gratuito -(l. 28 giugno 1943, n. 666). Se le agevolazioni in materia di imposta di registro sugli atti di trapasso a favore dei Comuni per l'acquisto di immobili occorrenti all'attuazione di piani regolatori siano applicabili anche agli atti a titolo gratuito (n. 422). Vendita immobiliare -Nullit� dichiarata in sentenza di primo grado -Imposta di retrocessione -Riforma in appello -Restituzione dell'imposta -(r.d. 30 dicembre 1923, artt. 12 e 14 n. 2). Se la sentenza di appello, passata in giudicato, che abbia riformato la sentenza di primo grado dichiarante la nullit� di una vendita immobiliare e perci� tassata con imposta c.d. di retrocessione dia luogo alla restituzione della imposta di retrocessione (n. 429). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Contratto di lavoro autonomo -Corrispettivi -Societ� di artisti -Rapporto tra socio e societ� -Contratto di lavoro subordinato -Configurabilit� (l. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 1, 2, 4, 7 e 8; l. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 1,� cod. civ. artt. 2094 e 2222). Se la relazione istituita tra il socio di una societ� cooperativa tra artisti (nella specie: Unione Musicisti di Roma) e la societ� stessa possa essere assimilata a un rapporto di lavoro subordinato e pertanto i relativi compensi siano da ritenere non assoggettabili alla imposta generale sull'entrata e non classificabili quali redditi di R.M. cat. C/1 (bens� di categ. C/2) (n. 63). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Esenzioni e agevolazioni -Edilizia scolastica -Appalto conferito con procedura di appalto -Concorso -Decadenza dai benefici -Termine -Decorrenza (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 artt. 110 e 44 all. B; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 87). Se nella ipotesi di contratto di appalto concluso da un Comune con la procedura dell'appalto-concorso e registrato con i benefici di cui all'art. 44 all. B alla L.O.R., in quanto concernente un impianto di termosifoni in edificio scolastico, il termine per la registrazione del contratto .(ltabilita a pena di decadenza dai benefici dell'art. 110 della L.O.R. decorra dalla data del verbale -di aggiudicazione ovvero da quella della stipulazione definitiva del contratto. Esenzioni e agevolazioni -Fabbricati -Trasferimento -Rivendita del fabbricato -Decadenza -(d.l. 15 marzo 1965, n. 124 art. 44; l. 13 maggio 1965, n. 431). Se la agevo~azione fiscale stabilita dall'art. n. 44 del d.1. 15 marzo 1965, �n. 124, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1965, n. 431, per il trasferimento di fabbricati, sia condizionata, al pari di quella relativa ai trasferimenti delle aree, alla esecuzione di una attivit� di costruzione o ristrutturazione, con la conseguenza. che l'acquirente decade da essa nel caso di rivendita del fabbricato senza aver eseguito alcuna delle suddette attivit� (n. 421). Fideiussioni -Durata superiore (o non superiore) a un anno -Riferimento del termine -Alla nascita dell'obbligazione garantita -Alla durata della garanzia (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 54 tariffa all. A; l. 25 maggio 1954, n. 306, art. 3). Se, ai sensi dell'art. 54 della tariffa all. A alla L.O.R. (modificato dall'art. 3 della 1. 25 maggio 1954, n. 306), sia dovuta l'imposta suppletiva di registro sulle fideiussioni (nella specie: rilasciate a garanzia dell'imposta doganale sull'alcool immagazzinato) qualora la durata della garanzia sia superiore ad un anno, ma l'obbligazione garantita sia sorta entro l'anno (n. 428). Imposta di registro: azione giudiziaria -Esenzione dell'Amm.ne delle spese di lite in caso di soccombenza; a norma dell'art. 148, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, abrogazione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; giudizi in corso ( art. 148, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636). Se l'art. 148 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, concernente il regime delle spese di lite nelle cause tributarie, debba considerarsi norma processuaie suscettibile di perdere efficacia solo al momento della piena operativit�, con riguardo alle specie concrete, della nuova disciplina del contenzioso tributario introdotto col d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (n. 420). Imposta di registro -Case di abitazione -Agevolazioni fiscali -Decadenza per rivendita dell'area -Condono in materia tributaria -Applicabilit� -(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20; d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 6, commi primo e terzo; l. 19 dicembre 1973, n. 823, art. 6). Se possa essere definita mediante il provvedimento di condono di cui al d.1. 5 novembre 1973, n. 660, una controversia relativa all'imposta ordinaria di registro dovuta su di un atto di compravendita di area destinata all'edificazione di case d'abitazione non di lusso, a seguito di decadenza dalle agevolazioni fiscali verificatasi in epoca anteri9re alla data dell'8 novembre 1973 (n. 89). PARTE II, CONSULTAZIONI 121 sabili di petrolio resi liquidi mediante compressione sia applicabile anche ai gas utilizzati direttamente in fase gassosa senza essere stati resi preventivamente liquidi mediante compressione (n. 17). Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione di pagamento -Decadenza -Operativit� nel tempo -(l. 15 novembre 1973, n. 733, art: 5-bis; 1. 28 marzo 1968, n. 393, artt. 2 e 4). Se l'intervenuta decadenza dal beneficio del pagamento differito dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroliferi nazionali abbia effetto solo per l'anno in cui si � verificata la decadenza, ovvero operi indefinitamente nel tempo (n. 18). , Prodotti petroliferi nazionali -Dilazione di pag�mento -Decadenza -Estensione -(l. 28 marzo 1968, n. 393, artt. 3 e 4). Se l'intervenuta decadenza dal beneficio del pagamento differito dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroliferi nazionali comporti la perdit� della concessione della dilazione con effetti generali ricomprendendo, in ip�tesi, anche pi� concessioni relative a differenti annualit� quando il pagamento non sia ancora. avvenuto (n. 19). IMPOSTA DI REGISTRO Cauzioni -Contratto di locazione -Rilascio cambiali in bianco a garanzia del pagamento -Tassabilit� -(r.d. 30 dicembre 923, n .3269, art. 37 lett. b tariffa all. A). Se, il rilascio di cambiali con scadenza in bianco da parte del conduttore e in favore del locatore a titolo di garanzia in relazione a un contratto di affitto di immobile costituisca cauzione tassabile ai sensi dell'art. 37 lett. b) dell'allegato A alla L.O.R., che stabilisce l� tassazione dei depositi gratuiti presso privati di somme o valori di qualunque genere, fatti a titolo di cauzio~ e (n. 424). Divisione immobiliare -Esclusione di conguagli in denaro -Differenza tra le assegnazioni accertata -Imposta proporzionale ridotta -Imposta nominale -Decadenza �dall'agevolazione -d.l. 15 marzo '1965, n. 124, art. 44; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 48 e 110). Se, avendo le parti escluso in un atto di divisione immobiliare la esistenza di conguagli in denaro ed essendo stato invece definito l'accertamento di valore degli immobili con sproporzioni rispetto alle singole assegnazioni, per tale differenza sia dovuta la imposta� proporzionale di registro� ridotta al-4% ai sensi dell'art. 44 del d.l. 15 marzo 1965, n. 124 ovvero la normale imposta ex art. 48 L.O.R. o quanto meno per decadenza dell'agevolazione ex art. 110 L.O.R. per mancata registrazione-nei termini di legge (n. 425). Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Trasferimento area -Ambito di applicazione -Legge n. 461/72 -Natura interpretativa -(l. 8 agosto 1972, n. 461; d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 44; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, art. 1). Se la legge 8 agosto 1972, n. 461 di proroga delle agevolazioni tributarie di registro in materia edilizia abbia carattere interpretativo del precedente d.l. 15 marzo 1965, n. 124 nella stessa materia, il cui art. 44 prevede l'aliquota ridotta del 4% per i trasferimenti di aree destinate alla costruzione edilizia {n. 427), CONSULTAZIONI FORESTE Camere di commercio = Avvocatura dello Stato -Patrocinio -(r.d. 30 otto� bre 1933, n. 1611, art. 43). Se le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura siano ammesse a godere del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato sia pure in relazione a vertenze concernenti l'esercizio di funzioni in materia forestale ad esse attribuite dalla legislazione in vigore (n. 14). IMPIEGO PUBBLICO Impiegato. non di ruolo -Nomina a seguito ricorso -Decorrenza assegni (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 9, secondo comma). Se all'impiegato non di ruolo (nella specie: applicata aggiunta di segreteria incaricata) nominato a seguito dell'accoglimento di ricorso gerarchico avverso la graduatoria degli aspiranti all'incarico competano gli, assegni arretrati a decorrere dal giorno in cui avrebbe conseguito la nomina stessa qualora non fosse stato illegittimamente pretermesso (n. 786). Impiego pubblico -Dipendente in prova nella carriera di concetto -Passaggio per concorso alla carriera direttiva -Trattamento di quiescenza . Continuit� del. rapporto. Se, nel rapporto di impiego pubblico, il dipendente che passi ad una carriera superiore prima di aver espletato il periodo di prova nella carriera inferiore di originaria assunzione, ed il passaggio avvenga senza che il dipendente si sia giovato di concorso riservato o con posti riservati al personale nell'ufficio di appartenenza, il rapporto d'impiego permanga o meno in vita senza soluzione di continuit� ai fini del trattamento di quiescenza (n. 785). IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE Atto di concessione -Mancato pagamento della tassa -Prescrizione quinquennale -Decorso -Effetti -(d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121 artt. 2, 10, 16, primo comma). Se l'intervenuto decorso del termine quinquennale della prescrizione delle tasse sulle concessioni governative ai sensi dell'art. 16, primo comma, del d.P.R. 1 marzo 1961, n. 121 comporti il venir meno della sanzione di inefficacia di una con�essione amministrativa (nella specie: di derivazione acque pubbliche) per la quale non venne assolta la tassa prevista secondo il disposto dell'art. 2 del citato d.P.R. (n. 5). IMPOSTA DI FABBRICAZIONE Gas petroliferi -Gas da petrolio non liquefatto mediante compressione -Applicabilit� -(d.l. 24 novembre 1934, n. 1071, art. 1; l. IO dicembre 1954, n. 1167. Se l'imposta di fabbricazione di cui all'art. 1 del dJ. 4 novembre 1954, n. 1071 (convertito in legge 10 dicembre 1954, n. 1167) relativa ai gas inconden PARTE II, LEGISLAZIONE 119 legge 19 maggio 1975, n. 167 (artt. 76 e 81, terzo e quarto comma, della Costituzione). Corte dei conti, sezione di controllo, ordinanza 10 aprile 1976, G. U. 7 luglio 1976, n. 177. legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 5 marzo 1976, G. U. 14 luglio 1?76, n. 184. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98, secondo, terz�o e quarto comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 6 marzo 1976, G. U. 18 agosto 1976, n. 218. legge reg. Lombardia 6 maggio 1976 (artt. 117 e 128 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei. Mip,istri, ricorso depositato il 24 luglio 1976, n. 31, G. U. 4 agosto 1976, n. 205. legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme degli statuti di autonomia speciale). Presidente della giunta regionale della Sardegna, ricorso depositato il 5 luglio 1976, n. 24, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. Provincia autonoma di Bolzano, ricorso depositato il 5 luglio 1976, n. 25, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. Provincia autonoma di Trento, ricorso depositato il 13 luglio 1976, n. 29, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. legge 1 O maggio 1976, n. 352, art. 2 (artt. 116, 117, 118 e 126 della Costitu� 2lione e norme degli statuti di autonomia speciale). Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta, ricorso depositato 1� luglio 1976, n. 26, G. U. 14 luglio 1976, n. 184. Provincia autonoma di Trento, ricorso depositato il 12 luglio 1976, n. 27, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. Provincia autonoma di Bolzano, ricorso depositato il 12 luglio 1976, n. 28, G. U. 28 lugliq 1976, n. 198. Presidente della giunta regional� della Sardegna, ricorso depositato il 15 luglio 1976, n. 30, G. U. 28 luglio 1976, n. 198. legge reg. Emilia-Romagna 21 luglio 1976, artt. 2 e 5 (art. 117 della Costi� tuzione). �Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 14 agosto 1976, n. 32, G. U. 25 agosto 1976, n. 225. legge reg. Puglia 23 luglio 1976 (art. 117, primo comma, della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 14 agosto 1976, n. 33, G. U. 25 agosto 1976, n. 225. � 15