ANNO XXVII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1975 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1975 




ABBONAMENTI 

ANNO � � � � � �. . � � . . � � . � � � � . . � � � � . . . . . � L. 12.750 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . .. . . . . . � 2.250 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO � PIAZZA G. VERDI, 10 � ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in ltal:y 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luslio 1966 


(5219076) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 
del/'avv. Michele Savarese) � � pag. 627 

Sezione .seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 654 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a� cura dell'avv. Benedetto Baccari) � 685 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura de/l'avvocato 
Adriano Rossi) . � 694 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
del/'avv. Ugo Gargiulo) � � 702 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafile) � 716 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura dell'avv. Arturo 
Marzano} � � � � 752 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � � 784 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZiONE -IN.DICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE 
pag. 79 

CONSULTAZIONI 
� 99 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 

.-?.-.-.-����,.,,.��.�.�.�.�:.�.�.�.�.�:.�.�r.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.'.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�:�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�:�.�Z�.�:�:r.�.�:�.�.�.�.�:�.�:-:-:�z�.�z.-z-:..-:�z�:-:r.-:-:..-:�z..-:-:�:.-:�z�:-:.-:�z�:-:�:�z-:-:�z�z�z�:� .-.-.-.�.�.�r.�.�.�.�.-.-:r.-.-.-.�.-,.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�r.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�:'.'�'��������-�.�.�.�.�:�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.i'.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�J'.�.�.�.-:-z-:.-:-:.o:-:-: 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Francesco MARiuzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, 
Caltanissetta; Giovanni VACIRCA, Catania; Filippo CAPECE MINUTOLo DEL 
SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; 
Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo,,Lecce; Giuseppe MINNITI, 
Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, 
Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto 
GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; 
Giancarlo MAND�, Venezia. 


INDICE 

~Demolizione e sospensione lavori FALLIMENTO 

-Provvedimento di sospensione 
emanato dal Ministro per i lavori 
pubblici -Inammissibilit� dei 
motivi di censura contro l'arunullamento 
della licenza da parle del 
Governo -Sussiste, 706 

-Licenza ,di costruzfone -Annullamento 
e revoca -Annullamento 
del Governo -Necessit� della deliberazione 
del Consiglio dei Ministri 
-Non sussiste, 706 

-Licenza di costruzione -Annullamento 
e revoca -Annullamento 
del Governo nel termine di 18 
mesi dalla data della relazione di 
una Commissione di inchiesta Temp,
estivit� in relazione all'arrt 7 
legge 765/1967, 706. 

-Licenza di costruzione -Annullamento 
e r,evoca -Annullamento 
d'ufficio di una licenza ad edificio 
gi� ultimato -Necessit� di una 
congrua motivazione, 706. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Edilizia popolare ed economica Art. 
26 I. 865/1971 -Zone di 
,espansione -Aree ineluse nel piano 
delle zone destinate ad edilizia 
popolwe ,ed ,economica ex legge 
167/1962 -Computabilit� neHe 
zone di espansione della legge 
865/1971 -Esclusione, 709. 

-Occupazione d'urgenza -Miniere 
e cave -Terreni occorrenti per 
attivit� estrattiva -Normativa Applicabilit� 
del r.d. n. 1143/1927 
e non della il. 2359/1865 -Irrilevanza 
della qualit� dell'espropriante, 
713. 

-Occupazione d'urgenza -Miniere 
e cave -T,erreni occorrenti per 
attivit� estrattiva -Rapporti fra 
interesse privato e interesse pubblico 
-Discrezionalit� di valutazione 
da parte della p.a., 713. 

-Termini -Inizio e compimento 
Lavori -Prowedimento di e>sproprio 
emanato ad esecuzione ultimata 
dell'opera -Necessit� di osservar,
e i termini -Non sussiste, 

714. 
-Fallimento ,e liquidazione coatta 
ammini,strativa -Speciale e diversa 
disciplina normativa -Con,
corso dell'una o deil.l'altra per talune 
imprese -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 644. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabUe 
-Decisione su ricorso 
g,erarchico -Silenzio rigetto -Limiti 
di applicabilit� dell'art. 6 

d.P.R. n. 1199/1971 -Obbligo di 
decider,e un ricorso gerarchico Ricorso 
giurisdizional�e avverso il 
silenzio della p.a. -Inammi,ssibilit� 
-Sussiste, 712. 
- 
Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabUe 
-Espropriazione per 

p.u. aTt. 26 I. 865/1971 -Programmi 
di esproprio -Impugnabilit� 
immediata del vincolo delle aree Sussiste, 
709. 
-Ricorso giurisdizionale -Motivi Necessit� 
della specificazione Inammissibilit� 
di motivi generici, 
713. 

GUERRA 

-Combattenti e reduci -Condizioni 
per la concessione di benefici 
economici e di carriera -Rimprovero 
solenne per comportamento 
tenuto all'atto dell'armistizio del1'
8 settembre 1943 -Legittimit� 
del diniego dei benefici, 710 

-Combattenti e reduci -Condizioni 
per la concessione di benefici 
econom,ici 'e di carrtera -Rimprovero
� solenne per comportamento 
tenuto 'all'atto dell'armistizio del1'
8 aettembre 1943 -Legittimit� 
del diniego dei benefici -Successivo 
condono della sanzione Irri1e,
vanza, 710 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Benefici combattentistici ex art 3 
1 n. 336 del 1970 -Condizioni Presentazione 
delJ.a domanda 
successivamente al collocamento 
a riposo per limiti di et� -Inammissibilit�, 
708. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

X 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione per la costruzione 
. di case di ab1~ione non di lusso 
-Estensione agli ospedali ed 
altri edifici !Ifoettivi ex legge 19 
luglio 1961 n. 659 -Acquisto di 
edifici gi� costruiti -Esclusione, 

746. 
-Agevolazione .per la ricostruzione 
edilizia -Attuazione piani di II'�costruzione 
Rivendita della 
area -Realizzazione del fine della 
ricostruzione da parte di altro 
soggetto -Decadenza dell'agevolazione 
-Esclusione, 730. 

-Agevol�ziOne per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Primo 
acquisto di teTreni e fabbricati 
per l'attuazione delle iniziative 
industriali -Valutazione negativa 
della Camera di Commercio -
Censuraibilit� -Mancata constatazione 
dell'ultimazione -Obbldgo 
del giudice di eseguire accertamenti, 
747. 

- 
Costruzione di edificio su suolo 
comune -Precostituzione di condomi,
nio -Concessioni recipro�che 


�ad aedificandum �o divisione di 
cosa futura -Distinzione -Regime 
tributario, 731. 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Asse ereditario -Detraibilit� dei 
debiti cambiari -Condizioni -Illegittimit� 
costituzionale -Infondatezza, 
651. 


- 
Liberalit� con scopo di benefi


. 
cienza ist'l'uzione o educazione 
ovvero dj culto o di religione Indicazione 
specifka dello scopo 
del negozio di liberalit� -Neces-. 
sit�, 732. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Competenza e giJUrisdizione 
Imposte dirette -Pagamento per 
ritenuta -Azione del contribuente 
contro il sostituto di imposta 
per il pagamento di somme illegittimamente 
ritenute -Azione 
civile sottoposta alle il'egole ordinarie 
della competenza -Necessit� 
del preventivo ricorso alle 
Commissioni -Esclusione, 724. 

-Credito a medio e lungo termine 
-Imposta in abbonamento sostitutiva 
delle tasse ed imposte 
indirette sugli affari -Conformit� 
dell'operazione di finanziamento 
alJ.e norme di legge e statutarie, 
con nota �di M. SALTINI, 716. 

-Credito a medio e lungo termine 
-Imposta in abbonamento so
�stitutiva delle tasse ed imposte 
indirette sugli affari -Soggetti 
ammessi a frruirne -Azienda di 
credito, con nota di M. $ALTINI, 

716. 
-Estimazione semplice e complessa 
-Indagine sulla sussistenza di 
intento speculativo -� di estimazione 
semplice, 747. 

-Im,poste dirette -Azione ordina
�rta -Pveventiva pronunzia di una 
commi,ssione -Pronunzia che definisce 
il .giudizio su una questione 
preliminare al merito -� sufficiente, 
742. 

-Imposte diil'ette -Concordato Nozione 
-Impugnazione, 742. 

-Imposte dirette -Pagamento per 
ritenuta -Condanna alle spese 
con distrazione a favore del difensore 
-Riitenuta di imposta da 
parte del soccombente -Esclusione, 
724. 

-Imposte indirette -Ingiunzi�ne Motivazione 
Individuazione 
della causa del credito -� sufficiente, 
730. 

- 
Imposte indirette -Prescrizione Interruzione 
-Ricorso del contribuente 
-Comunicazione degli effetti 
interruttivi al �ondebitore 
solidale -Esclusione, con nota di 

C. BAFILE, 735. 
- 
Tributi locali soppressi in attuazione 
della riforma tributaria Attribuzione 
di somme, in sostituzione 
di quei tributi, agJ.i enti 
locali -Cil'iteri di determinazione 
-Spettanza 1aUo Stato, 64!. 

LAVORO 

-Controversia -Foro territoriale Competenza 
esclusiva del giudice 
del luogo ove si trova l'azienda Illegittiit~
it� costituzionale -Infondatezza, 
651. 



VITI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Responsabilit� per atto normativo 
implicante scelte di politica economica 
-Presupposti, con nota di 

A. MARZANO, 655. 
-Unione doganale -Contributo utilizzato 
per finanz~e sovvenzioni 
vietate -Natura di tassa di effetto 
equivalente ai dazi doganali Esclusione, 
676. 

-Unione doganale -Tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali Divieto 
-Efficacia diretta -Decorr,
enza, 676. 

- 
Unione doganale -Tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali e 
tributi interni -Discriminazione, 

676. 
-Unione doganale -Tributi interni 
-Possibilit� di costituire tasse 
di effetto �equivalente ai dazi doganali 
-Ricorr�enza -Estremi, 

676. 
CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Contratti -Scelta del contraente 
privato -Incanti -Forme -Disciplina 
-Inderogabilit� -Limiti, 

754. 
CONTRATTI PUBBLICI 

-Evidenza pubblica -Rilevanza 
nella fase formativa del contratto 
-Possibile influenza determinante 
dopo la stipulazione e la 
perfezione ed effkacia del contratto 
-PTesupposti, 754. 

-Revisione dei prezzi -Derogabilit� 
-Inidoneit� de1le clausole di 
stile -Sussiste, 709. 

-Revisione prezzi -Diniego -Patto 
�Contrario alla l'evisione -Legittimit� 
del diniego di revisione 
-Coodizione, 713. � 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionaJ.
e in via pirincipa1e -Leggi regionali 
-Motivi non indicati nel 
provvedimento di rinvio del Governo 
-Inammissibilit� del ricorso, 
627. 

CORTE DEI CONTI 

-Giudsdizione sulle controversie 
di Tapporto di impiego dei propa:-
i mag.tstrati -Illegittimit� costituzionale 
-Infondatezza, 630. 

COSA GIUDICATA 

-Esecuzione -Licenza edilizia Annullamento 
de\J. diniego della 
Autorit� comunale -Normativa 
applicabile in caso di nuova pronuncia 
del Comune -Necessit� di 
Tiferimento a1la data di notLf�ca 
della decisione -Sussiste, 714. 

-E'secuzione -Ricor�so per ottemperanza 
-Possibilit� di conversione 
di un !ricorso ordiillario in 
un ricorso ex'art. 27, n. 4 -Fattispeci
�e -Preclusione, 712. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Principio di uguaglianza ex articolo 
3 -Criteri di arppUcazione -
Alternativit� di trattamento economico 
con libert� di scelta Violazione 
-dell'art. 3 -Non sussiste, 
708. 

-V., anche Competenza e giurisdizione, 
Corte costituzionale, Corte 
dei. conti, Fallimento, Imposta 
di successione, Imposte e tasse in 
genere, Lavoro, Pena, Procedimento 
civile, Procedimento penale, 
Querela, Regione. 

DONAZIONE 

-Condizione :risoJ.utiva o �modus� 
-Distinzione, 694. 

-Consegna di assegni -Girata del-
l'assegno da parte dell'intestatario 
ad un terzo per l'acquisto di 
un immobile -Donazione di denaro, 
694. 

EDILIZIA 

-Demoliziop;e e sospensione lavori 
-Ordine di sospensione -Emanazione 
dell'ordine in fase .di 
avanzata costruzione -Legittimit� 
-Sussiste, 706 


INDICE VII 

-Deferimento di ricorso all'Adunanza 
plenaria del Consiglio di 
Stato -Ammissibilit� in caso di 
controversia di competenza del 
Consiglio di giustizia amministrativa 
per lai �Regione siciliana in 
primo .grado -Non sussiste, 702. 

-Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-E�dilizia -Piani regolatori 
generali -Vincoli urbanistici 
: imposizione senza indennizzo 
-Diritto soggettivo, 689. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministxativa 
-Impiego pubblico Annullamento 
del provvedimento 
disciplinare -Ritardo nella 
coirresponsione degli stipendi Risarcimento 
del danno: giurisdizione 
dell'A.G.O., 687. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministxativa 
-Impiego pubblico� Condotta 
illegittima del superiore 
gerarchico: risarcimento del danno 
-Giurisdizione dell'A.G.O., 

687. 
-Igiene e sanit� pubblica: servizio 
farmaceutico -Obbligo dei 
farmacisti di fornire gratuitamente 
od a credito i medicinali -Disposizione 
di ~egge: necessit� -
Ordinanm prefettizia ex art. 2 
della legge di pubblica sicurezza 
-Illegittimit� per carenza di 
rpoteve -Azione di risarcimento: 
giurisdizione dell'A.G;O., 685. 

-Leva militare -Dispens� -Provvedimento 
del .consiglio di leva: 
natura -Sospensione cautelare: 
possibilit� -Concessione della dispensa 
in concreto: atto vincolato, 
686. 

-Poteri del giudice -Nei confronti 
del1a P. A. -Disapplicazione Limiti, 
769. 

-Regione siciliana -Consiglio di 
giustizia amministrativa per la 
Regione siciliana -Possibilit� di 
deferimento del rieorso all'Adunanza 
plenaria del Consiglio di 
Stato -Limiti, 702. 

-Regolamento di giurisdizione Successiva 
proposizione di questione 
di legittimit� costituziona;
te dinanzi al giudice amministrativo 
-Inammissibilit�, 630. 

-Regolamento di giurisdizione: in 
genere -Contestuale proposizione 
di domanda principale e cautela!
re -Contestazione della giurisdizione 
per la sola domanda 
cautelare -Regolamento preventivo: 
ammissibilit�, 686. 

COMUNE 

-Segretario comunale e provincia


J.e -Equiparazione agli impiegati 
civili dello Stato -Limiti -Inapplicabilit� 
dell'art. 67 d.P.R. 
30 �gi�gno 1972, n. 748, 705. 
COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati -Scambi di 
�prodotti agricoli -Perturbazioni 
prodotte da provvedimenti valutari 
-Norme transitocie -Mancanza 
-Responsabilit� delJ.a Comunit� 
-Configurabilit�, con nota 
di A. MARZANO, 655. 

-Ente pubblico -Attivit� -Normativa 
comunitaria rilevante, 676. 

-Normativa comunitaria -Modifiche 
-Norme transitorie intese a 
'garantire il rispetto del principio 
del legittimo affidamento -iMancanza 
-Responsabilit� della Comunit� 
-Configurabilit�, con nota 
di A. MARzANO, 655. 

-Norme dell'Atto di adesione Possibili 
effetti pregiudizievoli 


�Responsabilit� ex.txacontrattuale 
della ComunLt� -Configurabilit� 
-Esclusione, con nota di A. MARZANO, 
654. 
-Brogetto di regolamento -Prev~
ntivo assenso del ConsigJ.io delle 
Com.unit� europee -Risoluzione 
informativa -Mancata segnalazione 
della possibilit� di applicare 
criteri imposti dalle norme 
dell'Atto di adesione -Responsabilit� 
extracontxattuale del Con1siglio 
delle Comunit� europee Sussistenza, 
con nota di A. MARZANO, 
654. 

-Responsabilit� extracontrattuale 
-Nesso causale tra comportamento 
e danno -Estremi, con nota di ' 

A. MARZANO, 654. 
I 

l l 
i 

I 


PARTE :PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLllCHE ED ELETTRICIT�. 


-Canoni -Natura patrimoniale e 
n.on tributaria -Danni da utilizzazione 
abusiva -Identica assoggettabilit� 
all'i.g.e., 770. 

-Concessione e derivazione -Nuova 
concessione -Incidenza su 
utenze preesistenti -Responsabilit� 
della P. A. -Sussiste, 782. 

-Concessione e derivazione -Opposizione 
-Difetto di requisiti per 
valere come domande -Concorrenza 
di domande -Non sussiste, 
778. 

-Concessione e derivazione -Proroga 
-Rinnovazione -Diritto 
soggettivo del concessionado Esclusione, 
769. 

-Concessione e derivazione -Proroga 
-Subordinazione al pagamento 
dei canoni scaduti -Prefissione 
di termine perentorio Legittimit� 
-Inosservanza -Effetti, 
769. 

-Derivazioni ed utilizzazioni abusive 
-Determinazione dei limiti 
d'uso -Decreto ministeriale Funzione 
-Necessit� -Esclusione, 
770. 

-Derivazioni ed utilizzazioni abusive 
-Diritto al risarcimento dei 
danni -Prescrizione applicabile Decorrenza, 
770. 

-Sottensione parziale di utenza Ricorso 
giurisdizionale -Termine 
-Decorrenza, 780. , 

-Sottensione parziale di utenza Ricorso 
giurisdizionale -Titolarit� 
di IJTleesistente utenza -Difetto 
di .prova -Inammissibilit� 
del ricorso, 780. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Approvazione 
del .contratto -Ritar


do -Facolt� di vecesso dell'appal


tatooe -Esoccizio -Limite, 764. 

-App�ilto di opere pubbliche Capitolato 
generale di appalto Richiamo 
in clausole contrattuali 
nei rapporti con enti pubblici diversi 
dallo Stato -Specifica approvazione 
per iscritto -Necessit� 
-Esclusione, 752 

-Ap:palto di opere pubbliche Consegna 
dei lavori -Ritardo Automatica 
responsabilit� della 
amministrazione appaltante 
Esclusione -� Necessit� della costituzione 
in mora, 764 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atto vincolato -Necessit� di motivazione 
-Non sussiste, 705. 

AVVOCATURA DELLO STATO 

-Rappresentanza e difesa di Ammi0nistrazioni 
pubbliche non statali 
-Delibera di conferimento 
dell'incartco -Non � necessaria, 
con nota di S. LAPORTA, 696. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Annullamento di provvedimento 
della Regione da parte della 
Commissione di controllo -Tardivit� 
-Ricovso della Regione Giurisdizione 
del giudice amministrativo 
-Sussiste, 703. 

-Attivit� di controllo -Giurisdizione 
del giudice amministrativo 
. su1 rapporto tra controllore e 

control1ato, 703. 

-Consorzi di bonifica -Opere del 
consorzio -Diritto del consorziato 
alla esecuzione -Non sussiste 
-Omessa esecuzione -Risarcimento 
dei danni -. Improponibilit� 
della domanda, 777. 

-Corte dei Conti: atti di controllo 
-Sindacato giurisdizionale: 
esclusione, 688. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

BAFILE C., Interruzione della prescrizione e soiidariet� tributaria I, 736 
LAPORTA S., Interesse pubblico e patrocinio � facoltativo � di 

enti non statali da parte dell'avvocatura . . . . . . . . . I, 696 
MARZANO A., Suita responsabilit� della CEE per atto normativo I, 654 
SALTINI M., Sul trattamento tributario di favore per il finan


ziamento a medio e lungo termine . . . . . . . . . . . I, 716 

I 

I 

I I 
I ~: 

r: 
l 

f: 
i'.

f: 

INDICE 
XI 

-Licenziamenti illegittimi -Tutela 
del lavoratore -Requisiti soggettivi 
del lavoratore -Questioni infondate 
di costituzionalit�, 640. 

MILITARE 

-Uffictale .Esercito -Esclusione dei 
benefici combattentistici generali 
-Legittimit� della annotazione 
nei documenti caratteristici -Legittimit� 
-Sussiste, 710. 

OPERE PUBBLICHE 

-Esecuzione -Delegazione amministrativa 
-Autonomia e responsabilit� 
dell'ente delegato -Rilevanza 
del rapporto di delegazione 
-Limiti, 754. 

-Esecuzione -Rapporto tra 1a 
Ges.ca.l. �e Le stazioni appaltanti Delegazione 
ammi.nistrativa intersoggettiva 
-Ravvisabilit� Esclusione, 
754. 

PARTE CIVILE 

-Costituzione -Intervento nelle 
fasi successive al giudizio di primo 
grado -Appello -Omessa notificazione 
del decl'eto di citazione 
alla parte civile -NuJlit� insanabiLe 
-Fattispecie, 784. 

-Costituzione -Intervento nelle 
fasi successive al giudizio di primo 
grado -Diritto degli eredi di 
proseguire l'azione iniziata dal 

� de cuius � -Sussistenza, 786. 
- 
Impugnazioni Ricorso della 
parte civile -Accoglimento. del 
ricorso -Giudizio di rinvio, 787. 

PENA 

-Pena restrittiva della libert� personale 
-Esecuzione -Condannato 
in istato dL infermit� psichica Ricovero 
in manicomio giudiziario 
-Sospensione della pena Illegittimit� 
costituzionale, 639. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Avvocati e procuratori -Credito 
per il compenso -Ingiunzione Giudice 
competente per valore 


Giudice del luogo ove ha sede il 
Consiglio dell'ordine -Illegittimit� 
costituzionale -Infondatezza, 
635. 

-Capacit� di testimoniare -Testi 
minori degli anni 14 -Esclusione 
in casi particolari -Illegittimit� 
costituzionale -Fondatezza, 639. 

-Ricorso per cassazione -Legittimazione 
attiva de1la Corte dei 
Conti, 688. 

PROCEDLMENTO PENALE 

-Attt pl'eliminari all'istruzione 
(pl'eistruzione) -Atti di polizia 
giudiziaria -Difesa e difensori Comunicazione 
girudiziarta -Ne-� 
cessit� -Esclusione, 785. 

-Atti p11eliminari all ' istruzione 
(pl'eistruzione) -Istruzione preliminare 
del procurato11e della Repubblica 
-Difesa e difensori Comunicazione 
giudiziaria -Funzione 
-Natura -Atto insostituibile 
-;Esclusione, 785. 

-Atti preliminari all ' istruzione 
(preistruzione) -Istruzione preliminare 
del procuratore della Repubblica 
-Difesa e difensori Comunicazione 
giudiziaria -Ordine 
di cattura non preceduto da 
atti istruttori -Equipollenza Ammissibilit�, 
785. 

-Azione civile -Formul�a assolutoria 
-Inaimmissibili.t� dell'azione 
da parte di soggetti rimasti estranei 
al processo penale -Illegittimit� 
costituzionale, 649. 

-Istruzione sommaria -Nullit� Termine 
per eventuali deduzio
�ni -Decorr.enza -Illegittimit� costituziona1e, 
648. 

-Parte civi1e -Costituzione -�Ordinanza 
che respinge la !1."ichiesta 
-foammissibilit� dell'impugnazione, 
650. 

-Parte civile -Persona offesa dal 
reato o querelante -Decesso avvenuto 
prima della costituzione 
di parte civile -Decreto di citazione 
a giudizio -Notifica agli 
eredi -Mancata previsione -IJ.legittimit� 
costituzionale -Infondatezza, 
650. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

QUERELA 

-Remissione -Morte della pe11sona 
offesa -Intrasmissiibilit� del diritto 
di remissione -megittimit� 
costituzionale, 640. 

REGIONE 

-Contro1lo -Commissione di controllo 
di atti meramente esecutivi 
-Esclusione -Controllo di 
atti solo apparentemente esecutivi 
-Costituzione del Consiglio 
di amministrazione di un Ente 
ospedaliero -Legittimit� del controllo, 
703. 

-Controllo -Poter�e di annullamento 
della Commissione di controllo 
-Omessa sospensione dei 

provvedimenti regionali sottoposti 
al controllo -Legittimit� dell'ammllamento, 
703 

-Controllo -Poteri del Commissario 
del GoV'emo e della Commissione 
di �Controllo -Po.tere di 
annullamento della Commissione 
di controllo -Termini -Limiti, 

703. 
- 
Legge elettorale -Ca~l.'Sa di ineleggibilit� 
-Maneggio di danaro 
degli enti locali -Sper.equazione 
rispetto alLe Regiom a Statuto 
Speciale -Illegittimit� Costituzionale 
-E.sclusione, 629. 

SERVITU' 

Passaggio coattivo -Aree esenti Limiti 
aWesenzione, 695. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

28 maggio 1975, n. 132 . 
11 giugno 1975, n. 134 . 
11 giugno 1975, n. 135 . 
11 giugno 1975, n. 137 . 
11 giugno 1975, n. 139 . 
19 giugno 1975, n. 146 . 
19 giugno 1975, n. 151 . 
19 giugno 1975, n. 152 . 
26 giugno 1975, n. 157 . 
26 giugno 1975, n. 159 . 
26 giugno 1975, n. 162 . 
26 giugno 1975, n. 165 . 
26 .giugno 1975, n. 166 . 
3 luglio 1975, n. 169 
3 luglio 1975, n. 171 
3 Luglio 1975, n. 173 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

4 febbraio 1975, nella causa 169/73 . 
14 maggio 1975, nella causa 74/74 . 
18 giugno 1975, nella causa 94/74 . . 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 9 luglio 1974, n. 2003 
Sez. Un., 2 ottobre 1974, n. 2531 
Sez. II, 2 ottobre 1974, n. 2561 . 
Sez. II, 3 ottobre 1974, n. 2580 . 
Sez. Un., 16 novembre 1974, n. 3664 . 
Sez. Un., 23 novembre 1974, n. 3806 . 
Sez. I, 18 gennaio 1975, n. 29 . . . 
Sez. Un., 10 febbraio 1975, n. 511 . 
Sez. Un., 22 febbraio 1975, n. 672 . 
Sez. I, 24 f.ebbraio 1975, n. 680 . . 
Sez. Un., 24 febbraio 1975, n. 700 . 
Sez. I, 9 apil'ile 1975, n. 1293 . 
Sez. I, 10 aprile 1975, n. 1319 . . . 


pag. 
627 
629 
630 
635 
639 
639 
640 
640 
641 
644 
648 
649 
650 
650 
651 
651 

pag. 
654 
655 
676 

pag. 
685 
686 
694 
695 
687 
688 
716 
724 
730 
716 
696 
731 
732 


XIV 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. Un., 14 aprile 1975, n. 1406 . 
Sez. I, 16 aprile 1975, n. 1444 . 
Sez. Un., 7 maggio 1975, n. 1760 . 
Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1831 . 
Sez. I, 12 maggio 1975, n. 1844 . 
Sez. Un., 17 maggio 1975, n. 1926 . 
Sez. I, 20 maggio 1975, n. 1987 . 
Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2006 . 
Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2333 . 
Sez. I, 19 giugno 1975, n. 2467 . 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

15 ottobre 1974, n. 17 . 
15 ottobre '1974, n. 18 . 
22 ottobre 1974, n. 20 . 
29 ottobre 1974, n. 23 . 
28 dfoembre 1974, n. 29 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. rplen., 6 marzo 1975, n. 3 . 
Sez. IV, 18 febbraio 1975, n. 178 . 
Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 214 . 
Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 232 
Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 233 
S~z. IV, 4 marzo 1975, n. 237 
Sez. IV, 11 mairzo 1975, n. 270 
Sez. IV, 25 marzo 1975, in. 305 
Sez. IV, 8 aprile 1975, n. 404 
Sez. IV, 15 aprile 1975, n. 408 
S'ez. IV, 29 aprile 1975, n. 477 
Sez. V, 7 marzo 1975, n. 310 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 8 marzo 1974, n. 434 
Sez. II, 20 maggio 1974, n. 1064 . 


Sez. V, 25 ottobre 1974, n. 1184 . 


Sez. Un., 30 novembre 1974, n. 10 . 


pag. 
685 

735 
689 
742 
746 
747 
747 
752 
> 754 
764 

pag. 
769 
777 
778 
780 
782 

pag. , 702 
703 
705 
706 
708 
709 
709 
710 
712 
713 
713 
714 

pag. 
784 
785 
786 
787 



PARTE SECONDA 

IP.lDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

-Amministrazione dello Stato Danni 
prodotti ad altra Amministrazione 
o ad Azienda autonoma 
-Imputazione spesa, 99. 

-Amministrazioni dello Stato Rapporti 
-Vaglia postale emesso 
a favore di P. A. -Mancato incas, 
so nei termini -Conseguenze, 99. 

APPALTO 

-Appalto di opera pubblica -Fal::. 
�limento dell'appaUatore -Conseguenza, 
99. � 

CONSIGLIO DI STATO 

-Atti amininistrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
della G. U. della Repubblica, 99. 

-Atti amministrativi gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
nel B. U. della Regione, 99. 

-Atti amministrativi �gi� di competenza 
statale -Pubblicazione 
tanto nella G. U. della Repubblica 
.quanto nel B. U. della Regione 
-Impugnativa -Decorrenza 
del termine, 100. 

CONTABILIT� DELLO STATO 

-Amministrazioni dello Stato -
Raipporti -Va~ia postale emesso 
a favore di P. A. -Mancato incasso 
nei termini -Conseguenze, 

100. 
- 
Contratti di pubbliche forniture Revisione 
prezzi -Ritardato pagamento 
del compenso revisionale 
-Interessi, 100. 

FALLIMENTO 

-Appalto di opera pubblica -Fallimento 
dell'appaltatore -Conseguenze, 
100. 

OPERE PUBBLICHE 

-Appalto di opera pubblica -Falilfunento 
dell'appaltator�e -Conseguenze, 
101. 

-Opere pubbliche -Complessi immobi1iairi 
per servizi telefonici Concessione 
d'opera -Compenso , 
a �corpo -Revisione prezzi, 101. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Opere pubbliche -Complessi immobiliairi 
:per servizi telefonici Concessione 
d'opera -Compenso 

a. corpo -Revisione :prezzi, 101. 

XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I. -Norme dichiarate incostituzionali . pag. 79 
XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I. -Norme dichiarate incostituzionali . pag. 79 
81 
85 

II. -Questioni dichiarate non fondate . 
lii. -Questioni proposte . . 

PARTE PRIMA 



I 


I 


w; 

I 


I 




GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 maggio 1975, n. 132 -Pres. Bonifacio -
Rel. Volterra -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
dello Stato Azzariti) c. Presidente Regione Toscana (avv. Bonte, 
Cheli). 

Corte Costituzionale � Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale � 
Leggi regionali � Motivi non indicati nel provvedimento di rinvio del 
Governo � Inammissibilit� del ricorso. 

( cost. art. 127). 

� inammissibile il ricorso dello Stato avverso una legge regionale~ 
fondato su motivi diversi da quelli indicati nel provvedimento di rinvio 
del Governo (1). 

(Omissis). -2. -Devesi preliminarmente esaminare l'eccezione 

� sollevata dalla difesa della Regione di inammissibilit� del ricorso in 
quanto i motivi di questo enunciati sono diversi da quello esposto nel 
telegramma di rinvio con palese violazione dell'unitariet� del procedimento 
di controllo delle leggi regionali disposto dall'art. 127 della 
Costituzione. 

L'eccezione � fondata. 

Con costante giurisprudenza (sentenza n. 8 del 1967, n. 147 del 
1972 e recentemente n. 123 del 1975) la Corte ha affermato che il 
procedimento previsto dall'art. 127 della Costituzione per l'impugnativa 
delle leggi regionali viziate di incostituzionalit� ha carattere unitario 
e che non possono distinguersi in esso, come due fasi autonome 
e separate, il rinvio al Consiglio regionale per il riesame della legge 
e l'eventuale impugnativa di questa per vizio di costituzionalit� avanti 
la Corte. 

(1) Cfr., espressamente Corte Cost. 4 febbraio 1967, n. 8, in questa 
Rassegna 1967, I, 21. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO.STATO 

Precisa. la citata sentenza n. 147 del 1972 che l'atto motivato del 
Consiglio dei ministri di rinvio di .una legge al Consiglio regionale, 
con il quale rileva vizi di legittimit� costituzionale della legge medesima 
ed inrvita il predetto Consiglio a considerarli e rimuoverli in sede 
di nuova approvazione, � ha una sua componente di volont� in relazione 
ad un comportamento immediatamente successivo (rinvio) o futuro 
ed eventuale (ricorso per illegittimit� costituzionale alla Corte). 
E come tale non � istantaneo, ma perdurante, sia pure in date 
condizioni... per cui appare... come predeterminazione da parte del Governo 
delle linee essenziali dell'eventuale ;ricorso alla Corte e del conseguente 
giudizio di legittimit��. 

� evidente pertanto l'esigenza che i motivi del rinvio e quelli della 
-eventuale successiva impugnativa debbano essere, almeno nelle loro. 
linee essenziali, predeterminati ed enunciati nell'atto di rinvio e che 
il Consiglio regionale debba essere posto, sin dalla fase del rinvio, nella 
condizione di conoscere i vizi di legittimit� del suo provvedimento legislativo 
riscontrati dal Governo, e di poterli cos� esaminare ed eliminare 
nella successiva eventuale rielaborazione ed approvazione della legge. 

Ci� non si � affatto verificato nella specie in esame ove l'atto di 
rinvio indicava espressamente soltanto l'ill�gittimit� costituzionale dell'art. 
29 della legge regionale in riferimento all'art. 81 della Costituzione, 
mentre il ricorso alla Corte denuncia la violazione degli artt. 117, 
3, 30, 33 e 34 della Costituzione (vizi questi non enunciati e nemmeno 
menzionati nell'atto di rinvio) e in base a motivi di cui nel predetto 
atto non vi � traccia. 

3. -Non � da accogliersi la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello 
Stato che la qualifica di �preliminare ed assorbente � data dal telegramma 
di rinvio all'unico motivo finanziario invocato�� implicitamente 
inrvitava la Regione a ri<vedere anche le altre disposizioni della legge> 
da essa emanata. I due aggettivi usati non costituiscono certo enunciativa 
di vizi di legittimit� costituzionale, ma possono solo interpretarsi 
come una forma di riserva espressa in modo generico e non concreto 
che comunque, il Governo, iniziata la procedura di riI11Vio, non avrebbe 
!Pi� potuto in afoun modo sciogliere. 
Non � parimenti da accogliersi l'affermazione della medesima Avvocatura 
circa la non identicit� delle leggi regionali 11 febbraio e 1� luglio 
1974, risultando invece indiscutibilmente l'identit� formale e sostanziale 
idei due testi, salve le modifiche �finanziarie apportate agli articoli 
29 e 30 per adeguare la legge medesima al contenuto dei rilievi 
espressi dal Governo nell'atto di rinvio. Comunque, come esattamente 
osservava la difesa della Regione, ove la legge regionale 10 luglio 1974 
dovesse considerarsi una legge nuova rispetto alla precedente 11 feb



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 629 

braio, il Governo non avrebbe potuto impugnarla avanti la Corte se 
non con previo rinvio della legge al Consiglio. L'omissione della fase 
di rinvio renderebbe quindi, anche sotto questo profilo, inammissibile 
il ricorso in� esame. 

4. -Devesi quindi dtiichiarare' inammissi:bile il ocicoiiso prQ\Posto dal 
Presidente del Consiglio dei ministri per mancata corrispondenza fra 
i motivi invocati nell'atto di rinvio al Consiglio regionale e quelli enunciati 
nel ricorso stesso. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 134 -Pres. Bonifacio 
Rel. Rocchetti -Calleri (avv. Giovannini), Grosso (avv. Coronas). 

Regione � Legge elettorale � � Causa di ineleggibilit� � Maneggio di danaro 

degli enti locali � Sperequazione rispetto alle Regioni a Statuto Spe


ciale � Illegittimit� Costituzionale � Esclusione. 

(cost. art. 3; 1. 17 febbraio 1968, n. 108, art. 5, comma quinto, lettera b). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5, 
quinto comma lettera b, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, che sancisce 
l'ineleggibilit� a Consigliere delle R!i?gioni ordinarie di coloro che 
hanno maneggio di denaro degli enti locali sottoposti al controllo della 
Regione (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

Occorre innanzi tutto [pa'emettere cli.e, nelle leggi i$titutive delle 

Regioni a statuto speciale, la competenza a disciplinare la materia 

elettorale � variamente regolata, nel senso che per due di esse (Sicilia 

e Trentino-Alto Adige) � stabilito che debba provvedersi con legge 

regionale, mentre per le altre tre � disposto che debba provvedervi 

con proprie leggi lo Stato, cosi come in base all'art. 122 Cost., primo 

comma, � la legge statale competente a disciplinare le elezioni nelle 

Regioni a statuto ordinario. 

Ne consegue che � lo stesso sistema costituzionale che, richiedendo 

leggi particolari per le singole Regioni a statuto speciale (secondo i 

casi, legge regionale o statale) da un lato e una legge (statale) per 

quelle a statuto ordinario, implica necessariamente la possibilit� di rego


lamentazioni differenziate anche per quanto riguarda i casi di ineleg


(1) Sulle cause di ineleggibilit� (maneggio del denaro), cfr. Cass. 
-26 novembre 1971, n. 3460, in Fo1�0 It. 1972, I, 377, con nota. 

630 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gibilit�: di tal che, di per s�, tale differenziazione non pu� implicare 
violazione di quel principio di eguaglanza che, affermato in via generale 
nell'art. 3, viene ribadito nel primo comma dell'art. 51 della Costituzione. 
Non pu� pertanto esser sufficiente ragione di illegittimit� costituzionale 
la circostanza che le disposizioni della legge statale che disciplinano 
le elezioni dei Consigli regionali a statuto ordinario siano 
difformi dalle corrispondenti norme dettate dalle singole leggi che regolano 
la stessa materia per le Regioni a �statuto speciale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 135 -Pres. Bonifacio -
Rel. Crisafulli -Ferrucci (avv. Basile), Corte dei Conti -Presidente 
Consiglio Ministri (sost. avv. gen Stato Azzariti). 

Competenza e giurisdizione � Regolamento di giurisdizione -Successiva proposizione 
di questione di legittimit� costituzionale dinanzi al giudice 
amministrativo � Inammissibilit�. 

Corte dei Conti � Giurisdizione sulle controversie di rapporto di impiego 
dei propri magistrati � Illegittimit� costituzionale -Infondatezza. 

Dopo la proposizione dell'istanza di regolamento di giurisdizione 
il giudice amministrativo (come il giudice ordinario), di primo o di 
secondo grado, non � pi� legittimato a sollevare questioni di legittimit� 
che siano rilevanti per la definizione, nel merito, del giudizio ovvero 
per la risoluzione della questione di giurisdizione, ogni potere in ordine 
a quest'ultima essendo ormai trasferifo alla Corte regolatrice (1). 

Non � fondata, in rapporto agli artt. 3 e 108, secondo comma della 
Costituzione, la questione di legittimit� costi.tuzionale degli artt. 3, primo 
comma, e 65 t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, che prevedono la giurisdizione 
della Corte dei Conti in ordine al rapporto di impiego dei propri magistrati 
( c.d. giurisdizione domestica) (2). 

(Omissis). -2. -Dev'essere preliminarmente accolta l'eccezione 
di inammissibilit� della questione sollevata da1: Consiglio di Stato, con 
ordinanza emessa dopo che era stata proposta dalla parte resistente 
istanza alle sezioni unite della Corte di cassazione per regolamento 
preventivo di giurisdizione. 

Gi� in una precedente occasione (sent. n. 73 del 1973) questa 

Corte, nel dichiarare la non fondatezza delle censure di illegittimit� 

(1-2) Sulla prima massima cfr. Corte Cost. 6 giugno 1973, n. 73, in 
questa Rassegna 1973, I, 1013; sulla seconda cfr. Corte Cost. 21 gennaio 
1967, n. 1, ivi, 1967, I, 1. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

<:ostituzionale che erano state mosse nei confronti di tale istituto, ebbe 
a rilevare come esso risulti ampiamente giustificato da esigenze di economia 
processuale, consentendo di ottenere una sollecita e definitiva 
pronuncia sulla giurisdizione (dove questa sia dubbia e contestata), con 
evidente vantaggio per tutte le parti, che devono ritenersi egualmente 
interessate ad una decisione sul merito della causa, della quale sia certa 
la provenienza dal giudice a ci� competente. 

Tale essendo la ratio del regolamento preventivo di giurisdizione, 
non pare dubbio che la stessa valga identicamente sia che l'istanza 
sia proposta davanti ad un giudice ordinario, sia che (come nel caso 
in esame) sia proposta invece davanti al giudice amministrativo. D'altronde, 
l'ordinanza del Consiglio di Stato, pur richiamando, sul punto 
test� accennato, la contraria giurisprudenza del Consiglio medesimo, 
ha piuttosto insistito, nella motivazione, sulla mancanza di effetto sospensivo 
dell'istanza per regolamento nel giudizio a quo. 

Se si prescinde, perci�, dalla ipotesi in cui sia chiesta la sospensiva 
del provvedimento impugnato, discende dal gi� detto che, dopo 
e per 1effetto della pcrCJIPosizione della ~stanza d:i OC'egolamento di giurisdizione, 
anche il giudice amministrativo, cos� di primo come di secondo 
grado, non � pi� legittimato a sollevare questioni di legittimit� costituzionale 
che siano rilevanti per la definizione, nel merito, del giudizio 
davanti ad esso instaurato, ovivero, come nel caso di specie, proprio per 
la risoluzione della questione di giurisdizione: ogni potere in ordine 
alla quale ultima � ormai trasferito alla Corte regolatrice. 

3. -Nel merito, questa Corte � dunque chiamata a pronunciarsi 
sulla sola questione di legittimit� costituzionale degli artt. 3, primo 
comma, e 65 del citato t.u. del 1934, nei termini in cui � prospettata 
dalle ordinanze della Corte di cassazione: dubitandosi, cio�, che la 
giurisdizione della Corte dei conti in ordine al rapporto di impiego 
dei propri magistrati (cosiddetta giurisdizione � domestica �) contrasti 
con l'art. 108, secondo comma, Cost., prescrivente che �.la legge assicura 
l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali�, nonch� 
<:on l'art. 3 1(richiamato peraltro, quest'ultimo, sullo sfondo e senza che 
nessuno specifico profilo di illegittimit� sia, in riferimento ad esso, dedotto 
n� risulti sia stato prospettato dalle parti nei giudizi davanti alla 
Corte di cassazione). 
Ci� posto, � da premettere, in linea generale, che, contrariamente 
all'assunto delle ordinanze, la sopravvivenza della giurisdizione �domestica
� cui sono sottoposti i magistrati (e gli altri dipendenti) della 
Corte dei conti deve ritenersi consentita -in principio -dal sistema 
normativo risultante dagli artt. 102, 103, secondo comma, e dalla VI disposizione 
finale e transitoria della Costituzione. 


632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per quanto sicuramente orientata in senso sfavorevole nei confronti 
delle giurisdizioni sp!;!ciali, infatti, la Costituzione, nell'art. 102, secondo 
l'interpretazione generalmente accoltane e pi� volte affermata nella giu


, 

risprudenza di questa Corte, si limita a porre il divieto di istituirne 
di nuove; mentre, a sua volta, la VI disp. trans., prescrivendo la revisione 
delle giurisdizioni speciali esistenti, non ne impone la incondizio-� 
nata soppressione �(ed eventuale trasformazione in sezioni specializzate, 
come suggerito dallo stesso art. 102, secondo comma), ma usa la parola 
�revisione� nel suo proprio senso. lessicale, facendo obbligo al legislatore 
di prenderle in esame, sia per sopprimerle, sia per adeguarne la 
disciplina ai nuovi princ�pi costituzionali. 

Risulta altres� con certezza, come pure questa Corte ha in precedenza 
ritenuto (sent. n. 17 del 1965), che da quel generale sfavore di 
cui appaiono circondate, nel testo costituzionale, le giurisdizioni speciali, 
sono esenti quelle del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e 
dei tribunali militari, che la stessa VI disp. trans. esplicitamente sottrae 
al predetto obbligo di revisione, .considerandole �a parte tra le giurisdizioni 
speciali� (cosi la sent. n. 1 del 1967, con puntuale riguardo 
alla Corte dei conti). Per quel che pi� particolarmente interessa in 
questa sede, � da osservare ulteriormente che il comma secondo dell'art. 
103, oltre a ribadire nei termini pi� lati e parzialmente innovativi 
la giurisdizione della Corte medesima nelle materie �di contabilit� 
pubblica�, dotandola, per questa parte, di garanzia costituzionale (sen. 

n. 110 del 1970; n. 68 del 1971; n. 211 del 1972 e n. 205 del 1974), ne 
richiama poi genericamente quella �nelle altre (materie) specificate 
dalla legge �. E non vi ha dubbio che tale formula abbia riferimento 
(non importa ai fini del presente giudizio stabilire se soltanto od anche) 
alle altre materie, diverse dalla contabilit� pubblica, che, anteriormente 
alla nuova Costituzione dello Stato ed al momento della sua entrata 
in vigore, erano dalla legge attribuite alla giurisdizione della Corte dei 
conti, ivi compresi perci� i rapporti di impiego con i suoi magistrati e 
dipendenti, alla stessa sottoposti fin dal 1862. 
Ci� non equivale necessariamente a ritenere che anche la giurisdizione 
�domestica� della Corte dei conti sia stata � costituzionalizzata 
� e lascia impregiudicato il problema (che non rileva nel presente 
giudizio) se tutte le singole norme attualmente disciplinanti i modi di 
esercizio di essa e lo stesso organo che la esplica siano, per ci� solo, 
esenti dal sindacato di questa Corte, ove abbiano a formare oggetto di 
particolari censure. Ma porta bensi ad escludere che quella speciale 
giurisdizione, in quanto implicitamente richiamata e presupposta dall'art. 
103 ed espressamente sottratta ad obbligo di revisione in forza 
della VI disposizione transitoria, sia -di per s� -in contrasto con 
la Costituzione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

E poich� le censure proposte dalle ordinanze delle sezioni unite 
della Corte di cassazione investorio proprio nel suo insieme la sopravvivenza 
della giurisdizione �domestica > della Corte dei conti, quanto 
precede potrebbe gi� essere sufficiente a farne ritenere la infondatezza. 

4. -La gravit� della questione e l'autorit� del giudice a quo inducono 
tuttavia a scendere ad un esame analitico delle ragioni addotte 
nelle ordinanze, prescindendo -i�l ipotesi -dalle conclusioni fin qui 
raggiunte. 
La questione viene prospettata essenzialmente sotto un duplice 
profilo. Da una parte, per la mancanza � di dii;ipositivi idonei a garantire. 
la �com,pleta diversificazione tra gli organi di vertice della Corte dei 
contd e le sezioni riunite, investite della funzione di giudicare sulla 
legittimit� di atti amministrativi della Corte�, e cio� di atti emanati 
dai detti organi o alla formazione dei quali gli stessi abbiano concorso 
in modo determinante. D'altra parte, per �il pericolo immanente nel 
sistema di un interesse sostanzialmente, anche se. non formalmente, 
diretto � dei membri del collegio giudicante in questioni di principio 
riguardanti il loro stato giuridico ed economico. 

Entrambi i profili sono da disattendere. 

5. -Quanto al primo profilo, con riferimento al quale il Consiglio 
di Stato, nella sua ordinanza, aveva dichiarato la manifesta infondatezza 
della questione di legittimit� costituzionale eccepita dalla parte 
privata, � agevole rilevare che, a partire dalla riforma del 1933, gli 
organi della Corte dei conti cui sono attribuite funzioni di amministrazione 
del personale risultano, dal punto di vista istituzionale, nettamente 
distinti dalle sezioni riunite, che potranno esser chiamate a giudicare 
degli atti da quelli comunque promananti. Nessun compito di 
carattere amministrativo in materia residua ormai alle s~zioni riunite, 
ed � perci� escluso che queste -come organo differenziato -abbiano 
a giudicare in ordine ad atti, suscettibili di essere considerati come 
loro propri. 
A risultati non dissimili si perviene anche impostando il problema 
sotto l'aspetto soggettivo, vale a dire con riguardo alle persone dei 
magistrati della Corte' che, nella loro qualit� di Presidente, o di Segretario 
generale o di Presidente di sezione o� di componenti del Consiglio 
di presidenza, del Consiglio di amministrazione o della Commissione 
di disciplina, abbiano prima posto in essere (o abbiano concorso 
a porre in essere) taluno degli atti concernenti i magistrati della Corte 
e si trovino poi a far parte delle sezioni riunite, chiamate a sindacarne 
la legittimit�. Una siffatta coincidenza nelle stesse persone di funzioni 
amministrative e di� funzioni giudicanti, aventi ad oggetto il modo di 


634 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esercizio delle prime, non � necessaria conseguenza del sistema, ma 
potrebbe soltanto verificarsi come accidentale eventualit�, nel qual 
caso soccorrerebbero gli istituti della astensione e della ricusazione: 
l'una e l'altra sicuramente applicabili al processo dinanzi alla Corte 
dei conii, in punto di diritto, stante il rinvio dell'art. 26 del relativo 
regolamento, regio decreto 13 agosto 1933, n. 1_038, alle norme del 
codice di procedura civile; ed applicabili altresi in linea di fatto, utilizzando 
il congegno predisposto dall'art. 2, secondo comma, della legge 

n. 161 del 1953, a norma del quale il Presidente, sentito il Cpnsiglio 
di presidenza, assegna annualmente alle singole sezioni, ed a quelle riunite, 
un �congruo numero di magistrati�. 
N� pu� fondatamente ritenersi che, pur realizzandosi la doverosa 
separazione personale tra coloro che, avendo formato o concorso a formare 
atti relativi al personale di magistratura, potrebbero avere interesse 
alla loro conservazione e coloro cui spetta conoscere in sede giurisdizionale, 
sussista tuttavia una sorta di condizionamento di questi 
ultimi da parte dei primi, a causa dei poteri di supremazia anche disciplinare, 
e comunque inerenti allo stato giuridico ed alla carriera dei 
magistrati della Corte, attribuiti agli organi di vertice della stessa (e 
perci� esplicati dalle persone che ne sono titolari). A prescindere dal 
rilievo che le norme che tali poteri conferiscono non sono, e non sono 
state, oggetto di specifica censura, le stesse ordinanze di rimessione ne 
riconoscono la rispondenza � ad imprescindibili esigenze organizzative �, 
che consentirebbero -come soggiungono -di ipotizzarne � una giustificazione 
plausibile sul piano costituzionale�. Ma deve sopra tutto 
osservarsi che l'attribuzione di quei poteri ad organi della Corte dei 
conti era necessaria per realizzare l'indipendenza (esterna) della Corte 
medesima e dei suoi componenti, in special modo � di fronte al Governo
�, cosi come prescritto dall'art. 100, ultimo comma, Cost. (ed 
infatti una situazione sotto certi aspetti analoga � dato riscontrare altresi 
nell'ordinamento del Consiglio di Stato, al quale contestualmente si riferisce 
la norma costituzionale adesso ricordata). 

Proprio perch� i magistrati della Corte dei conti non devono dipendere 
dal Governo (n� dal Governo nel suo complesso, n� dal Presidente 
del Consiglio, n� dall'uno o dall'altro ministro o ministero), la 
competenza ad adottare o proporre i provvedimenti ad essi relativi, 
non poteva che essere affidata alla Corte stessa, e cio�, in termini concreti, 
a determinati suoi organi. 

6. -Quanto al secondo profilo di incostituzionalit�, � sufficiente 
rilevare che la fondamentale esigenza che il giudice sia disinteressato 
rispetto alla controversi� sulla quale deve decidere, e perci� realmente 
imparziale, non pu� essere intesa in modo cosi lato e generico da farvi 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

635 

rientrare anche l'interesse che egli, come privato cittadino, possa avere 
a una determinata soluzione di problemi di principio inerenti a quella 
controversia, non essendoci giudice che non sia, al tempo stesso,� elettore, 
pubblico dipendente, proprietario od affittuario, creditore o debitore, 
e vfa dicendo, ed insomma� inserito in situazioni e rapporti della 
vita associata regolati dal diritto oggettivo dello Stato, al quale, nell'esercizio 
della potest� giurisdizionale conferitagli, deve dare concreta 
attuazione. 

Non per questo, tuttavia, un giudice si rende incompatibile per 
difetto di terziet�, com'� confermato anche dall'art. 51 cod. proc. civ., 
che, al n. 1, gli fa obbligo di astenersi solo �se ha interesse nella causa 

o in altra vertente su identica questione di diritto �: con chiara allusione 
ad un interesse diretto, e perci� giuridicamente rilevante, sia 
nella causa sottopostagli, sia in altra effettivamente pendente davanti 
ad un diverso giudice. 
7. -Da qualunque punto di vista, dunque, si consideri la questione 
proposta dalle ordinanze della Corte di cassazione, deve sempre 
concludersi per la sua infondatezza. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 137 -Pres. Bonifacio -
Rel. Trimarchi -Forniti c. Minerbi. 

Procedimento civile � Avvocati e procuratori -Credito per il compenso 


Ingiunzione -Giudice competente per valore -Giudice del luogo ove 

ha sede il Consiglio dell'ordine -Illegittimit� costituzionale -Infon


datezza. 

(c.p.c., art. 637). 

Non � fondata, in rapporto agli artt. 3 e 24 Cast., la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 637, terzo comma c.p.c., laddove � 
disposto che gli avvocati e procuratori possono proporre domanda di 
ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore 
del luogo dove ha sede il Consiglio dell'ordine nei cui albi sono 
iscritti (1). 

(Omissis). -1. -Con le due ordinanze del pretore di Ferrara 
indicate in epigrafe � sollevata la stessa questione di legittimit� costituzionale 
e precisamente si domanda se contrasti con gli articoli 3 e 24 
della Costituzione l'art. 637, comma terzo, del codice di procedura civile 

(1) Cfr. su altri aspetti della questione, Corte Cost. 15 maggio 1974, 
n. 132, in questa Rassegna 1974, I, 835; 1� marzo 1973, n. 22, ivi, 1973, I, 483. 

636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in forza del quale gli avvocati e procuratori possono proporre domanda 
di ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore 
del luogo dove ha sede il consiglio dell'ordine nei cui albi sono iscritti. 

I due procedimenti possono, per ci�, essere riuniti e decisi con 
unica sentenza. 

2. -Il giudice a quo ritiene che sia violato l'art. 3 della Costituzione, 
perch� la norma in esame, dettata in materia di competenza del 
giudice a conoscere della domanda d'ingiunzione, tratta in modo differenziato, 
e senza che ricorra una adeguata giustificazione, una categoria 
di cittadini, e precisamente quella degli avvocati e procuratori, a cui 
1

riserva una posizione di privilegio per ci� che ad essa attribuisce il 
potere di determinare lo spostamento della competenza ordinaria, e 

I 

tutti gli altri cittadini che non hanno lo stesso potere ed anzi vengono I 
a trovarsi nella correlativa posizione di soggezione. 

Ai fini della individuazione dei termini della questione, va subito 
osservato che la detta soggezione, in effetti, ammesso che esista e rilevi, 
non pu� ricorrere nei confronti dei cittadini diversi dai clienti dei professionisti 
legali che dalla detta norma non sono n� avvantaggiati n� 
danneggiati e ricorre tutt'al pi� solo nei confronti dei clienti atteso 

j 
~ 

�

che gli avvocati e procuratori solamente per i crediti verso di essi possono 
giovarsi della norma in questione. Ed allora la dedotta discriminazione 
pi� propriamente consisterebbe in ci� che unicamente agli avvocati 
e procuratori � attribuito il detto potere ex art. 637, comma terzo, ~ 

i 

e non anche a tutti gli altri cittadini (ivi compresi i clienti dei detti ~ 
professionisti) e che correlativamente all'indicata posizione attiva, riconosciuta 
agli avvocati e procuratori, si avrebbe quella di soggezione dei 


I

clienti degli stessi. 
E va ancora tenuto presente che il disposto della norma de qua 

I 

acquista pratico rilievo tutte le volte in cui il giudice cosi individuato 

non sia anche quello del luogo in cui risiede o ha domicilio l'ingiunto 

(siccome si 'osserva nella stessa ordinanza di rimessione) o quello del 

I

luogo in cui � sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio, 
ai sensi degli artt. 18 e 20 del codice di rito, ovvero � il capo dell'ufficio 
giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce> 
(art. 637, comma secondo, dello stesso codice); e che quindi, l'ambito 
di effettiva applicazione della norma � ben contenuto e limitato. 

3. -Cos� precisati i termini e la portata pratica del profilo di illegittimit� 
costituzionale in �same, il principio di eguaglianza non risulta 
violato. 
Gli avvocati e procuratori in vista e per il fatto dell'esercizio della 
professione, si trovano in una posizione che ha aspetti di peculiarit� 
che oggettivamente la differenziano da quella di tutti gli altri presta




637

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

tori d'opera intellettuale, in ordine alla corresponsione della remunerazione 
loro dovuta (sentenza n. 132 del 1974), ed � certamente diversa 
rispetto a quella di tutti gli altri cittadini. Sono essi, infatti, tenuti a 
sup�rare esami di Stato o avere determinati requisiti o anzianit� qualificanti, 
per potere essere iscritti agli albi e per potere esercitare la 
professione; e sono ancora tenuti, e tra l'altro, ad osservare nello svolgimento 
della loro attivit� norme anche non scritte, sottosrtandb quindi, 
circa la loro condotta e sotto il profilo deontologico, al controllo del 
consiglio dell'ordine competente. E tali condizioni, limiti e limitazioni 
risultano posti a tutela dell'interesse di tutti i cittadini ed in particolare 
di quelli (che a loro volta �possono anche essere dei professi.oniisti 
legali) che agli avvocati e procuratori si rivolgono per la difesa e rap


presentanza in sede giudiziale o nella materia extragiudiziale. 

Gli avvocati e procuratori, d'altra parte, debbono avere la residenza 
nella circoscrizione del tribunale nel cui albo degli avvocati sono 
iscritti, e nel capoluogo del circondario nel quale sono iscritti nell'albo 
dei procuratori, e onde far fronte ad un'esigenza ognora crescente, sono 
portati ad organizzare adeguatamente la loro attivit� di lavoro autonomo. 
E la scelta della sede, nella unitariet� dei suoi effetti, non pu� 
rilevare in favore di chi legittimamente la compia. 

La qualit� di professionista legale � il riflesso soggettivo di una 
disciplina a cui sottostanno interessi pubblici o collettivi ed in cui concorrono 
mezzi e modi di tutela, appropriati e coerenti. Essa, quale 
entit� materiale e giuridica, non si presta ad essere esaminata analiticamente, 
ma deve essere valutata in s�, e per ci� le singole norme, 
da cui si originano gli effetti giuridici particolari (e cosi quella della 
cui legittimit� costituzionale si,dubita), vanno, in sede di controllo della 
loro conformit� a Costituzione, considerate nel loro complesso. 

Non si pu� quindi prescindere dall'ampiezza e portata che ha la 
tutela giurisdizionale prevista in favore di codesti professionisti. Essi, 
per conseguire le loro pretese di carattere patrimoniale nei confronti 
dei clienti, possono adire il magistrato dando vita ad un ordinario processo 
di cognizione o chiedendo l'emissione di un decreto ingiuntivo o 
giovandosi della speciale procedura di cui all'art. 28 della legge 13 giugno 
1942, n. 794 (e successive modifiche). Ora, nell'ambito di tale normativa, 
relativamente alla quale questa Corte, a proposito della procedura 
da ultimo ricordata, non ha ravvisato l'illegittimit� costituzionale 
di cui alla denuncia (sentenza n. 22 del 1973), rientra l'art. 637, comma 
terzo, del codice di procedura civile. 

Pertanto, l'attribuzione ai professionisti legali del potere di sce


gliere unilateralmente, e giusta� il criterio sopra riferito, la competenza 

per territorio in tema di procedimento per l'ingiunzione, appare suffi


cientemente giustificata. 

/ 


638 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� contrasta con il principio di eguaglianza il fatto che i clienti 
di professionisti legali si trovino nella detta posizione di soggezione, 
giacch� questa � affatto correlata a quella attiva e positiva dei professionisti 
legali e non pu� di conseguenza non trovare in essa la propria 
base: le due categorie di soggetti sono diverse e se � logico che ad 
una di esse spetti un potere con effetti nei confronti dell'altra, � l'intera 
situazione giuridica a risultare razionalmente giustificata. 

Non si � quindi in presenza di un ingiustificato privilegio, sibbene 
di una razionale agevolazione per una categoria di lavoratori autonomi. 

4. -Non si ha, d'altra parte, la lamentata violazione del diritto 
di difesa. 
Secondo il giudice a quo, l'art. 24, comma secondo, della Costituzione 
non sarebbe rispettato perch� il cliente, oltre a trovarsi nell'in~ 
dicato stato di soggezione, non avrebbe la possibilit� di scegliere il 
proprio difensore intuitu personae, e perch� sarebbe costretto a sopportare 
spese superiori a quelle a cui andrebbe incontro se il giudizio 
si svolgesse davanti al giudice del luogo di residenza o di domicilio 
dii esso diente, e !Pffi'Ch.�, in definitiva, il di:ritto dii difendersi del cliente 
sarebbe menomato per ci�,che potrebbe proporre opposizione al decreto 
ingiuntivo concesso ai sensi dell'art. 637, comma terzo, solo colui che 
fosse in grado di sopportare i detti pi� elevati costi processuali. 

Senonch�, in contrario, va rilevato che nei confronti di tutti gli 
esercenti la professione legale iscritti nei relativi albi, si pu� e si deve 
,presu[ppol'lre una 1generrea fiducia, coone 11.'ifl.esso delle qualit� da essi normalmente 
possedute, e che quindi alla scelta il cliente pu� attendere 
con facilit� e sicurezza anchE! se il processo si svolge in una sede diversa 
da quella che gli sia abituale; e che l'impossibilit� o la notevole difficolt� 
nell'operare la scelta del difensore intuitu personae non ricorrono 
neppure quando per la migliore assistenza e rappresentanza siano richieste 
particolari attitudini o specializzazioni nel professionista, perch� 
in tal caso, dovunque si svolga il processo, non mancano i mezzi perch� 
il cliente si possa rivolgere al professionista pi� adatto. 

Tutt'al pi� possono aversi semplici difficolt� di ordine pratico, ma 
queste non mancano in ogni processo e per nessuna delle parti e per 
ci� solo non comportano alcuna rilevante menomazione del diritto di 
difesa. 

C'� poi da tener presente che per il fatto di doversi difendere in 
localit� diversa dalla residenza o dal domicilio, il cliente non incontra 
in ogni caso e necessariamente maggiori spese: il conferimento del 
mandato ed i contatti con il professionista possono aver luogo in vari 
modi e senza rilevante aggravio di spesa. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZI�NALE 639 

Comunque, l'eccedenza di spesa, ammesso che in concreto ci sia, 
non � regola tale da mettere il cliente di fronte alla alternativa di provvedere 
o rinunziare alla difesa. 

Infine, e conclusivamente, esclusa la contrariet� al principio di 
eguaglianza della norma denunciata e considerate, quindi, adeguatamente 
giustificate le posizioni del professionista e del cliente in ordine 
alla scelta del foro, non pu� non rilevare che proprio da tale scelta 
dipenderebbe l'eventuale maggiore costo del processo per il cliente. (
Omissis).. 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1975, n. 139 -Pres. Bonifacio -
Rel. Amadei -Esposito c. Brasiello. 

Procedimento civile -Capacit� di testimoniare -Testi minori degli anni 14 Esclusione 
in casi particolari -Illegittimit� costituzionale -Fondatezza. 
(c.p.c., art. 248). 

� illegittimo, con riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 248 c.p.c:, laddove 
esclude che siano capaci di testimoniare i minori degli anni 14, 
salvi i casi in cui la loro audizione sia resa necessaria da particolari 
circostanze (1). 

(1) Cfr., ,sull'art. 247, Corte Cost. 23 luglio 1974, n. 248, in questa 
Rassegna 1974, I, 1338. 
CORTE COSTITUZIONALE, 19 giugno 1975, n. 146 -Pres. Bonifacio -
Rel. Reale -Negozio e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. 
Stato Azzariti). 

Pena -Pena restrittiva della libert� personale -Esecuzione -Condannato 

in istato di infermit� psichica -Ricovero in manicomio giudiziario 


Sospensione della pena -Illegittimit� costituzionale. 

(cod. pen,, art. 148). 

� illegittimo, con riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 148 cod. pen. 
nella parte in cui prevede che il giudice, nel disporre il ricovero in 
manicomio giudiziario del condannato caduto in stato di infermit� psichica 
durante l'esecuzione della pena restrittiva della libert� personale, 
ordini che la pena medesima sia sospesa, ed anche nella parte in cui 
prevede che il giudice ordini la sospensione della pena nel caso in cui 



640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il condannato sia ricoverato in una casa di cura e di custodia ovvero 
in un 'manicomio c�mune (ospedale psichiatrico) (1). 

(1) Sulle differenze tra custodia preventiva e pena cfr. Corte Cost. 
4 maggio 1970, n. 64 in questa Rassegna 1970, I, 369 e 18 luglio 1973, n. 147, 
ivi, 1974, I, 32. 
CORTE COSTITUZIONALE, 19 giugno 1975, n. 151 -Pres. Bonifacio -
Rel. Capolozza, Santerini e Moro. 

Querela � Remissione � Morte della persona offesa � Intrasmissibilit� del 
diritto di remissione � Illegittimit� costituzionale. 
(cod. pen., art. 156). 

� illegittimo, in riferimento all'art. 3 della Cost., l'art. 156 cod. 
pen. nella parte in cui non attribuisce l'esercizio del diritto di remissione 
della querela agli eredi della persona offesa dal reato, allorch� 
tutti vi consentano. 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 giugno 1975, n. 152 '" Pres. Bonifacio -
Rel. Reale -Tavilla c. Soc. Fonti di Baceno -Presidente Consiglio 
Ministri (sost. avv. gen. Stato Carafa). 

Lavoro � Licenziamenti illegittimi � Tutela del lavoratore � Requisiti soggettivi 
del lavoratore -Questioni infondate di costituzionalit�. 

(1. 20 maggio 1970, n. 300; artt. 18, 35). 
� infondata, in riferimento agti artt. 3, 4, 35 Cost., la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 35, l'o comma, legge 20 maggio 1970, 

n. 300 (statuto dei lavoratori), per il quale l'art. 18 viene applicato a 
ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo di imprese 
industriali e commerciali che occupi pi� di 15 dipend�nti e, per quanto 
attiene alle imprese agricole, a quelle che, nel loro complesso, occupano � 
pi� di 5 dipendenti {1). 
� infondata, in riferimento agli artt. 3, 4, 35 Cost., la questione di 
legittimit� costituzionale� dell'art. 35, secondo comma della legge n. 300 
del 1970, per il quale l'art. 18 si applica anche alle imprese commerciali 
e industriali, che nello stesso comune occupino pi� di 15 dipendenti 
e a quelle agricole che, nel medesimo ambito territoriale, abbiano 
pi� di cinque dipendenti, pur quando ciascuna unit� produttiva, singolarmente 
considerata, non raggiunga tale limite (2). 

(1-2) Cfr. Corte Cost. 14 aprile 1969, n. 81 e 6 marzo 1974, n. 55, in 
Foro it., 1969, I, 1384 e 1974, I, 959 con richiami. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 157 -Pres. Bonifacio -
Rel. Volterra -Presidente Regione Siciliana (avv. Sansone) c. Presidente 
Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese). 

Imposte e tasse in genere � Tributi locali soppressi m attuazione della 
riforma tributaria � Attribuzione di somme, in sostituzione di quei tributi, 
agli enti locali � Criteri di determinazione � Spettanza allo Stato. 

Spetta allo Stato, e non alle Regioni (nella specie Regione Siciliana), 
il potere di emanare circolari (circolare 19 dicembre 1972, n. 19 
del Ministero delle Finanze) contenenti disposizioni per l'attribuzione 
di somme agli enti indicati nell'art. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, 
in sostituzione di tributi, contributi e compartecipazioni e norme per 
la delegabilit� delle entrate. 

(Omissis). -1. -Il Presidente della Regione siciliana ricorre 
avverso la circolare del Ministero delle finanze -Direzione generale 
dei servizi per la finanza locale n. 19 del 19 dicembre 1972, n. 10/4265 
(avente come oggetto � d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638. Disposizioni per 
l'attribuzione di somme agli Enti indicati nell'art. 14 della legge 9 ottobre 
1971, n. 825, in sostituzione dei tributi, contributi e compartecipazioni 
e norme per la delegabilit� delle entrate�), nella parte in cui 
dispone che l'attribuzione delle somme agli Enti locali, in sostituzione 
di tributi e compartecipazioni soppressi in attuazione della riforma 
tributaria, va fatta calcolando solo il gettito dei tributi erariali riscossi 
nel territorio dello Stato, con esclusione del gettito dei tributi attribuiti 
alla Regione in base allo Statuto ed alle norme di attuazione di cui al 

d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. La circolare precisa che, per quanto 
concerne la determinazione delle somme da attribuire ai Comuni e alle 
Provincie della Sicilia in sostituzione della compartecipazione all'IGE, 
deve farsi riferimento � alle sole quote attribuite a carico dello Stato, 
con esclusione, cio�, di quelle poste a carico della Regione�. La medesima 
circolare dispone che, per quanto attiene alle somme da distribuire 
ai Comuni in sostituzione delle compartecipazioni sui diritti erariali, sui 
pubblici spettacoli o sull'imposta unica sui giochi di abilit� e sui concorsi 
pronostici, � atteso che le compartecipazioni del genere nella Regione 
siciliana non vengono erogate dallo Stato, le Intendenze di finanza 
dovranno astenersi dall'attribuire somme sostitutive a tale titolo�. 
Nelle sue conclusioni la Regione chiede che le somme da pagare 
agli Enti locali ai sensi del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, in sostituzione 
delle entrate loro derivanti per le quote di gettito di tributi soppressi 
vengano dichiarate interamente a carico dello Stato in tutto il 
territorio nazionale compreso quello della Regione siciliana e sia altres� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�dichiarato che sino all'emanazione di apposite norme con la procedura 
di cui all'art. 12, comma secondo, n. 4, del d.l. 1972, n. 638, il gettito 
dei tributi afferenti al bilancio regionale spetta alla Regione senza vincoli 
di corrispondere agli Enti locali i contributi sostitutivi di importi 
che spettavano loro in base alle precedenti disposizioni per riscossione 
di tributi, contributi e compartecipazioni a tributi erariali attualmente 
soppressi. 

Chiede altres� l'annullamento della circolare impugnata. 

2. -Come esattamente rilevato dall'Avvocato dello Stato e come 
si preciser� pi� oltre, la Regione non � legittimata a dolersi della asserita 
incidenza della circolare, o delle norme di legge di cui questa ha 
inteso fare applicazione, sulla sfera di autonomia dei comuni o sulle 
situazioni giuridiche di loro pertinenza. 
La Regione assume per� che la circolare, e la su richiamata disciplina 
della legge del 1972, (qualora si ritenesse che la circolare sia ad 
essa conforme), siano invasive delle proprie attribuzioni. Ci� in quanto 
la circolare, disponendo che, per la determinazione delle somme da 
attribuire ai Comuni e alle Provincie della Sicilia, in sostituzione delle 
compartecipazioni dell'IGE, dovr� farsi riferimento alle sole quote attribuite 
a carico dello Stato, avrebbe posto a carico della Regione l'onere 
di attribuire ai Comuni e alle Provincie per il periodo considerato le 
somme corrispondenti alla differenza che era stata versata da essa Regione 
ai Comuni, in base alla legge regionale del 1953, per conto dello 
Stato. 

Senonch� la pretesa invasione non sussiste. 

Le disposizioni relative alla determinazione delle somme da attribuire 
agli Enti locali della Sicilia in sostituzione di tributi soppressi 
impartite con la circolare ministeriale 29 dicembre 1972, non toccano 
in alcuna maniera le attribuzioni della Regione siciliana. N� le toccano 
gli artt. 1, 3, 4, 14, 21 del d.P.R. n. 638 del 1972. 

Un confronto di queste norme con quelle regolatrici del sistema 
precedente alla riforma tributaria (legge 2 luglio 1952, n. 703, art. 1, 
art. 3, modificati dagli artt. 21 e 17 della legge 16 settembre 1960, numero 
1014, e dagli artt. 8 e 9 della legge 3 febbraio 1963, n. 56, e dagli 
artt. 11 e 12 della legge 22 dicembre 1969, n. 964) lo dimostra chiaramente. 
Prima della riforma ai Comuni che applicavano l'imposta di famiglia 
o quella sul valore locativo, le imposte sui consumi, le sovraimposte 
sul reddito dei terreni e dei fabbricati, l'imposta sulle industrie, i commerci, 
le arti, le professioni, competeva annualmente una quota del provento 
complessivo netto dell'IGE riscossa nel terzo esercizio precedente 
quello in cui la quota stessa veniva ripartita con ulteriore quota a favore 
dei Comuni montani o situati in piccole isole. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Dato che l'IGE percetta in Sicilia era riscossa dalla Regione, quest'ultima 
provvedeva a effettuare i versamenti delle relative somme 
agli enti locali quale anticipo sulle quote do.vute dallo Stato e per conto 
dello stesso, al quale le somme venivano accreditate, salvo eventuali conguagli. 
Con la legge regionale siciliana 2 maggio 1953, n. 33, la Regione 
stabiliva di contribuire al fondo previsto dall'art. 1 della legge dello 
Stato 2 luglio 1952, n. 703, con una somma, da accreditarsi allo Stato, 
corrispondente all'll % del provento complessivo dell'imposta generale 
sull'entrata di spettanza della Regione ai sensi dell'art. 36 dello Statuto, 
riscosso nell'esercizio finanziario precedente ed accredit�to allo Stato. 
Questo contributo era ripartito dalla Regione per conto dello Stato fra 
le amministrazioni comunali e provinciali della Regione proporzionalmente 
alla popolazione residente in base ai dati del censimento ufficiale, 
a titolo di acconto sulle quote dell'amministrazioni comunali e provinciali 
spettanti a norma degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge 2 luglio 1952, 

n. 703, effettuandosi la liquidazione definitiva con i criteri e le modalit� 
di cui al decreto ministeriale 26 luglio 1952, salvo gli eventuali conguagli 
fra lo Stato e la Regione. 
Con l'introduzione della nuova normativa tributaria, il legislatore 
ha sostituito all'obbligo che lo Stato si era assunto di devolvere quota 
del gettito ad esso spettante a favore degli Enti locali, quello di corrispondere, 
in sostituzione delle quote di compartecipazione ai tributi erariali 
aboliti, somme di importo pari a quelle dallo stesso corrisposte fino 
al 31 dicembre 1972. La circolare impugnata impartisce disposizioni alle 
Intendenze di ,finanza per l'effettuazione di tali corresponsioni a carico 
dello Stato per il periodo transitorio corrente sino al 31 dicembre 1977, 
data in cui entrer� in funzione il nuovo sistema dei tributi locali. 

� evidente che la circolare non dispone circa le somme sostitutive 
del contributo di cui la Regione con la citata legge regionale n. 33 del 
1953 si era assunta l'onere di ripartire fra le amministrazioni comunali 
e provinciali della Sicilia. Trattasi infatti di un onere che trovava la 
sua fonte in un autonomo provvedimento della Regione. 

Le su citate disposizioni della legge del 1972 non costituiscono titolo 

per una pretesa degli Enti locali verso la Regione siciliana. 

N� lo costituisce la circolare impugnata. Essa non introduce modi


fiche a disposizioni legislative statuali, n� confligge in alcun modo con 

l'autonomia della Regione, n� tocca la sua sfera di competenza e i suoi 

rapporti con le Provincie e i Comuni, e tanto meno crea aggravi al 

bilancio regionale. 

Non sussiste perci� la pretesa invasione delle attribuzioni della 
Regione. 
Restano quindi assorbite le questioni di legittimit� costituzionale, 
prospettate dalla difesa della parte ricorrente, sull'erroneo presupposto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

644 

che le norme denunciate siano titolo per un aggravio al bilancio regionale. 


3. -Per quanto attiene all'asserita lesione dell'autonomia degli enti 
locali e dei loro diritti, non si vede in base a quali norme la Regione 
possa essere legittimata a sollevare conflitti d'attribuzione avanti la Corte 
costituzionale per pretese violazioni dello Statuto regionale che incidono 
sugli interessi delle Provincie e dei Comuni e non sulla sfera di 
interessi regionali. N� la Costituzione n� lo Statuto siciliano prevedono 
sotto nessuna forma la sostituzione processuale per i giudizi costituzionali 
della Regione alle Provincie e ai _Comuni e tanto meno l'art. 15 
dello Statuto che sancisce anzi la pi� ampia autonomia amministrativa 
e finanziaria degli Enti locali. 
N� dalla circostanza che le Provincie e i Comuni non siano legittimati 
a sollevare conflitti di compet~nza costituzionali pu� desumersi 
che nel silenzio della legge, questa legittimazione spetti alla Regione. 
Nell'ordinamento italiano sono previsti altri mezzi per salvaguardare di 
fronte allo Stato l'autonomia o gli interessi che si pretendano violati 
delle Provincie e dei Comuni, quali i giudizi di costituzionalit�.in via 
incidentale contro leggi che ledano rtale autonomia e i rimedi giurisdizionali 
ordinari avverso atti non legislativi. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 159 -Pres. Bonifacio -
Rel. -Astuti -Rizzo c. Fallimento Cooperativa �Madonna di Porto 
Salvo � -Presidente Consiglio Ministri( sost. avv. gen. Stato 
Carafa). 

Fallimento -Fallimento e liquidazione coatta amministrativa -Speciale e 
diversa disciplina normativa � Concorso dell'una o dell'altra per talune 
imprese � Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(r.d. 16 marzo 1942, n. 267; artt. 2, 196, 202; e.e., art. 2540). 
Non � fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione 
di legittimit� costituzionale degli artt. 2, 196, 202 r.d. 16 marzo 1942, 

n. 267 (nonch� dell'art. 2540 e.e.), laddove � prevista una disciplina 
no1�mativa diversa per la liquidazione coatta amministrativa e per la 
ordinaria procedura fallimentare ed un regime di concorso dell'uno o 
dell'altro istituto per talune categorie di imprese (soc. cooperative aventi 
per oggetto una attivit� commerciale) (1). 
(1) Cfr. su altri aspetti della questione, Corte Cost. 17 aprile 1969, 
n. 87, in questa Rassegna 1969, I, 621. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -La questione non � fondata. I dubbi prospettati nelle 
ordinanze di rimessione investono da un canto l'istituto della liquidazione 
coatta amministrativa, per la speciale disciplina normativa diversa 
da quella dell'ordinaria procedura fallimentare, e si appuntano d'altro 
canto contro il regime di concorso tra fallimento e liquidazione ammesso 
dalla legge per talune categorie di imprese, come le societ� cooperative 
aventi per oggetto un'attivit� commerciale (cfr. art. 2540 codice 
civile). Per quanto concerne la legittimit� costituzionale della vigente 
disciplina dell'istituto nei suoi caratteri generali, questa Corte ha gi� 
avuto occasione di dichiarare, -con espresso riferimento agli effetti 
della liquidazione coatta amministrativa nei confronti dei creditori ed 
alla speciale procedura amministrativa di accertamento del passivo come 
tale disciplina sia giustificata dalle finalit� pubblicistiche connesse 
alla attivit� delle diverse categorie di imprese ad essa soggette, le quali, 

�sebbene si avvaligano [Pirevalentemente di strutture ed attivit� ricadenti 
nella sfera del diritto privato, involgono tuttavia molteplici interessi, 
o perch� attengono a particolari settori della economia nazionale, in 
relazione ai quali lo Stato assume il compito della difesa del pubblico 
affidamento, o perch� si trovano in rapporto di complementarit�, dal 
punto di vista teleologico e organizzativo, con la pubblica amministrazione
�. Per le stesse ragioni �che giustificano gli interventi della pubblica 
amministrazione, mediante la vigilanza sugli organi, nonch� l'ingerenza 
e i controlli sulle attivit� delle imprese medesime,... non pu� 
non competere a questa il presiedere alla liquidazione coatta di tali 
imprese, anche quando ne sia dichiarato lo stato di insolvenza, designandone 
l'organo liquidatore e controllando l'attivit� dello stesso, compresa 
quella diretta, in particolare, all'accertamento del passivo� (sentenza 
n. 87 del 1969). ConseJituentemente, questa Corte ha altres� ritenuto 
che non sussiste alcuna sostanziale violazione del principio enunciato 
dall'art. 24, primo comma, della Costituzione, n� per il fatto che 
il procedimento amministrativo (ma pur esso inteso a dare attuazione 
al criterio della par condicio creditorum) si svolga a cura di un commissario 
liquidatore, senza l'immediato intervento dell'autorit� giudiziaria, 
diversamente da quanto previsto per l'ordinaria procedura fallimentare, 
n� per le temporanee limitazioni imposte ai creditori per la 
tutela dei loro diritti, che essi possono far valere anche avanti l'autorit� 
giudiziaria �nei modi. e nei tempi prescritti dalla legge fallimentare, 
rimanendo comunque escluso, in virt� dei principi generali dell'ordinamento, 
che un temporaneo ma indeclinabile e tassativo impedimento 
all'esercizio dell'azione, disposto dalla legge, possa condurre alla perdita 
del diritto soggettivo �. 
L'innegabile carattere amministrativo della liquidazione e la prevalente 
considerazione degli interessi generali, nelle diverse fattispecie 


646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di liquidazione coatta amministrativa disciplinate dalla legge, non comportano 
una riduzione dei controlli giurisdizionali tale da abbandonare 
alla discrezionalit� di apprezzamento del commissario liquidatore e dell'autorit� 
amministrativa lo svolgimento della procedura, con ingiustificato 
sacrificio dei diritti dei creditori e con limitazione dei mezzi di 
tutela giuridica lesiva del precetto costituzionale. Al contrario, il legislatore 
si � preoccupato di assicurare adeguate forme di controllo giurisdizionale 
nelle diverse fasi del procedimento amministrativo, ed ha 
dettato, nella stessa legge fallimentare, a conclusione della disciplina 
generale delle procedure concursuali, un complesso di norme comuni 
a tutte le specie di liquidazione coatta amministrativa, proprio per la 
tUtela dei diritti individuali dei creditori. Come � stato autorevolmente 
osservato, queste norme comuni riguardano appunto il momento .giurisdizionale 
della liquidazione, per il quale valgono precisamente i principi 
sistematici che regolano il fallimento e le procedure concursuali 
in genere; talch� si pu� fondatamente concludere che la liquidazione 
coatta realizza una forma di collaborazione tra l'autorit� amministrativa 
e l'autorit� giudiziaria, per la coordinata tutela dell'interesse pubblico 
e degli interessi privati, pienamente compatibile con il vigente ordinamento 
costituzionale. 

3. -Le suesposte considerazioni valgono sicuramente anche in rapporto 
allo speciale regime sancito dall'art. 2540 del codice civile per il 
caso di insolvenza delle societ� cooperative aventi ad oggetto un'attivit� 
commerciale. Lo scopo mutualistico e' le finalit� sociali, che hanno indotto 
il legislatore a dettare per queste societ� una particolare disciplina 
normativa, diversa da quella comune alle altre imprese commerciali, 
agenti unicamente per scopo di lucro, giustificano anche l'adozione 
del regime di concorso tra liquidazione coatta amministrativa e fallimento, 
il quale pertanto non integra, di per s�, alcuna violazione del 
principio di eguaglianza per disparit� di trattamento rispetto alla generalit� 
delle imprese soggette al regime ordinario del fallimento. 
Per quanto concerne, in particolare, i poteri e mezzi di tutela riconosciuti 
dalla legge ai creditori delle imprese soggette tanto alla liquidazione 
quanto al fallimento, � vero che i creditori non possono chiedere 
il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, che questo 
provvedimento preclude la dichiarazione di fallimento (art. 196 r.d. 
16 marzo 1942, n. 267), e che l'eventuale successivo accertamento dello 
stato di insolvenza pu� essere effettuato dal tribunale solo su ricorso 
del commissariO liquidatore o su istanza del pubblico ministero (art. 202 
del citato decreto). Ma occorre non dimenticare che i creditori di queste 
imprese possono chiedere la dichiarazione di fallimento a norma dell'art. 
6 della legge fallimentare, e che tale dichiarazione preclude la 


647

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZI!\ COSTITUZIONALE 

liquidazione coatta amministrativa (art. 196 citato), sicch�, nella carenza 
o inerzia dell'autorit� amministrativa competente ad ordinare la 
liquidazione, hanno ogni libert� di iniziativa per promuovere l'inizio 
della ordinaria procedura concursuale. Anche il regime di concorso 
elettivo tra le due procedure in base al criterio della prevenzione non 
pu� dirsi meramente c!lsuale o arbitrario, poich� risponde, come unica 
soluzione tecnicamente possibile, alla duplice esigenza di consentire ad 
un tempo la tutela degli interessi generali, affidata alla pubblica amministrazione, 
e la tutela degli interessi particolari dei creditori, la 
cui iniziativa, se tempestivamente assunta, ed accolta dal tribunale, ha 
l'effetto di precludere la liquidazione. 

D'altra parte, ben si comprende la diversa disciplina stabilita dagli 
artt. 195 e 202, per cui, trattandosi di impresa soggetta solo a liquidazione 
coatta amministrativa, i creditori sono ammessi a chiedere al 
tribunale la dichiarazione dello stato di insolvenza, che verr� trasmessa 
all'autorit� competente perch� disp.onga la liquidazione; mentre dopo � 
disposta la liquidazione, tanto se il fallimento sia escluso quanto se 
sia ammesso, il tribunale potr� procedere all'accertamento dello stato 
di insolvenza soltanto su ricorso del commissario liquidatore o su istanza 
del pubblico ministero. In entrambi i casi, i creditori che non abbiano 
ritenuto di avvalersi tempestivamen{e delle facolt� �oro accordate dall'art. 
195 e dall'art. 196 (in correlazione con l'art. 6), non possono dolersi 
per la successiva privazione dei mezzi di tutela ad essi offerti dalla 
legge in via preventiva; l'iniziativa del commissario liquidatore e del 
pubblico ministero subentra, infatti, solo quando, pur sussistendo lo 
stato di insolvenza al momento della disposta liquidazione, nessuno ne 
avesse chiesto la d:ichiatl'azione. 

4. -Ai fini ed effetti dell'eventuale accertamento dello stato di 
insolvenza nel corso della liquidazione, si deve ri�onoscere che una 
sufficiente garanzia � fornita proprio dal potere di iniziativa del commissario 
liquidatore e del pubblico ministero, ai quali i creditori, e 
per essi anche il comitato di sorveglianza, hanno in ogni momento la 
possibilit� di rappresentare le loro istanze. Giova ricordare che il liquidatore, 
al pari del curatore, per quanto attiene all'esercizio delle sue 
funzioni, � pubblico ufficiale, tenuto ~d adempiere con diligenza ai 
doveri del proprio ufficio ed a svolgere tutte le operazioni del procedimento 
secondo le direttive dell'autorit� che vigila sulla liquidazione e 
sotto il controllo del comitato di sorveglianza, e soggetto a revoca e 
ad azione di responsabilit� (cfr. artt. 199, 204 e seguenti), nonch� alle 
eventuali sanzioni penali richiamate dall'art. 237. 
Anche sotto questo profilo, appare pertanto ingiustificato il dubbio 
che il procedimento di liquidazione coatta amministrativa, in quanto 



648 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diretto al conseguimento di finalit� pubblicistiche di interesse generale, 
comporti una menomazione della tutela giuridica dei diritti ed interessi 
dei creditori, con disparit� di trattamento priva di ragionevole motivazione, 
sia per i creditori sia per le imprese che vi sono soggette, rispetto 
al normale regime delle procedure fallimentari. Propri� per quanto 
concerne la soddisfazione delle pretese creditorie, non sar� inutile ricordare 
che l'intervento della pubblica amministrazione, come esperienze 
notorie hanno dimostrato, si concreta non soltanto nel controllo delle 
operazioni di liquidazione per tutela di interessi generali, ma molto 
spesso anche mediante provvedimenti di carattere economico e finanziario, 
diretti, in varie forme, a circoscrivere i danni determinati dalla 
crisi delle imprese, sia nei confronti dei lavoratori dipendenti, sia nei 
confronti dei creditori. 

Infine, anche in ordine alla posizione dei responsabili delle imprese 
sottoposte a liquidazione, non si pu� ravvisare alcuna apprezzabile disparit� 
di trattamento, nemmeno sotto il profilo delle eventuali sanzioni 
penali, perch�, quando sia stato giudizialmente accertato lo stato di 
insolvenza, trovano piena applicazione, con effetto dalla data del provvedimento 
�he ordina la liquidazione, oltre alle disposizioni della legge 
sul fallimento relative agli atti pregiudizievoli ai creditori e all'esercizio 
delle �zioni revocatorie, anche nei riguardi dei soci a responsabilit� 
illimitata, tutte le disposizioni penali degli artt. 216 e seguenti, nei 
confronti dei soci, amministratori, direttori generali, liquidatori e componenti 
degli organi di vigilanza delle imprese in questione (cfr. art. 203 
legge fallimentare). Anche sotto questo ultimo profilo la dedotta questione 
di costituzionalit� si rivela dunque priva di fondamento, tanto 
in rapporto all'art. 3 quanto all'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 162 -Pres. Bonifacio -
Rel. Rossi -Giberti. 

Procedimento penale -Istruzione sommaria -Nullit� -Termine per even


tuali deduzioni -Decorrenza -Illegittimit� costituzionale. 

(c.p.p., art. 401) 

� illegittimo l'art. 401 c.p.p. nella parte in cui fa decorrere il termine 
di cinque giorni per la deduzione delle nullit� relative intercorse 
nell'istruzione sommaria, dalla notifica all'imputato del decreto di citazione 
a giudizio anzich� dalla notificazione al difensore dell'avviso della 
data fissata per il dibattimento. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 649 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 165 -Pres. Bonifacio -
Rel. Gionfrida -Inam c. Basile. 

Procedimento penale � Azione civile � Formula assolutoria � Inammissibilit� 

dell'azione da parte di soggetti rimasti estranei al processo penale � 

Illegittimit� costituzionale. 

(c.p.p., art. 25). 

� illegittimo l'art. 25 c.p.p. nella parte in cui dispone che l'azione 
civile non pu� essere proposta (perseguita o 1�iproposta) davanti al giudice 
civile (o amministrativo) -quando in seguito a giudizio � stato 
dichiarato che il fatto non sussiste (che l'imputato non lo ha commesso 

o che il fatto fu compiuto nell'adempimento di un dovere, ecc.) -, 
anche da parte di soggetti rimasti estranei al giudizio penale, perch� 
non legittimati a costituirsi parte civile o comunque, di fatto, non posti 
in grado di parteciparvi (1). 
(Omissis). -1. -Con riferimento alla fattispecie particolare dell'assicuratore 
� surrogatosi nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili
� ex art. 1916 del codice civile -il quale, secondo l'opinione 
in dottrina dominante, non pu�, in quanto non direttamente danneggiato 
dal reato, costituirsi parte civile nel procedimento contro l'autore 
del danno -ed avendo, per altro, riguardo alle ipotesi, in genere, di 
soggetti non legittimati all'esercizio dell'azione civile ex artt. 22 e 23 
del codice di procedura penale o, comunque, non posti, in concreto, 
in grado di partecipare al giudizio penale, dubita -come detto -il 
giudice a quo, della legittimit�, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, 
dell'art. 25 cod. proc. pen., per la parte, appunto, in -cui tale 
norma fa divieto, anche ai soggetti anzidetti, di proporre l'azione restitutoria 
o riparatoria in sede civile ove il giudizio penale (cui i soggetti 
stessi sono, per quanto detto, rimasti estranei) si sia concluso con una 
delle enunciate formule assolutorie. 

2. -La questione � fondata. 
La preclusione -sancita dalla norma impugnata -ad esercitare 
l'azione in sede civile, in dipendenza della formula assolutoria con cui 
siasi concluso il giudizio penale -ove riferita a soggetti che a detto 
giudizio sono rimasti estranei, in quanto per qualsivoglia ragione non 
legittimati a .costitui11si in ersso parte civ.ile o, comunque, di fatto non 

(1) Cfr. la sentenza richiamata in motivazione: Corte Cost. 22 marzo 
1971, n. 55, in Giur. cost. 1971, 573 e 27 giugno 1973, n. 99, ivi, 1973, I, 1063. 

650 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posti in grado di parteciparvi -contrasta, invero, con il diritto della 
difesa garantito dall'art. 24 della. Costituzione. 

La violazione di tale pr~cetto o della connessa esigenza di un effettivo 
e reale contraddittorio non �, d'altra parte; neppure giustificabile 
sulla base di presunte ragioni di economia processuale o della esigenza 
di evitare contraddizioni fra giudicati: come qu~sta Corte ampiamente 
ha rilevato con le precedenti pronunzie n. 55 del 1971 e n. 99 del 1973, 
con le quali ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale, rispettivamente, 
dell'art. 28 e dell'art. 127 cod. proc. pen., per la parte in cui, anche 
tali norme, estendevano il previsto vincolo -del giudicato penale sull'azione 
civile conseguente -anche nei confronti di soggetti al giudizio 
stesso rimasti estranei. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1975, n. 166 -Pres. Bonifacio -
Rel. Gionfrida -Casali. 

Procedimento penale � Parte civile -Costituzione -Ordinanza che respinge 
la richiesta -Inammissibilit� dell'impugnazione. 
(c.p.p., artt. 99, 100, 190). 

� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di 
legittimit� costituzionale degli artt. 190, 99 e 100 c.p.p, nella parte in 
cui non consentono l'impugnazione dell'ordinanza che respinge la richiesta 
di costituzione di parte civile (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 27 gennaio 1970, n. 1, in questa Rassegna 1970, I, 1. 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio� 1975, n. 169 -Pres. Bonifacio -
Rel. Reale -Caivano. 

Procedimento penale -Parte civile � Persona offesa dal reato o querelante 


� Decesso avvenuto prima della costituzione di parte civile � Decreto di 

citazione a giudizio � Notifica agli eredi � Mancata previsione -Ille


gittimit� costituzionale � Infondatezza. 

(c.p.p., art. 408). 

� infondata, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimit� 
cos.tituzionale dell'art. 408 c.p.p., laddove non � previsto che, in 
caso di decesso della persona offesa da reato o del querelante, non 



651

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ancora costituito parte civile, il decreto di citazione a giudizio sia notificato 
agli eredi (1). 

(1) V. anche Corte Cost. 28 dicembre 1971, n. 206 e 30 novembre 1971, 
n. 190, in questa Rassegna, 1971, I, 1332 e 1317. 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1975, n. 171 -Pres. Bonifacio -
Rel. Rossano -Soc. Montedison (avv. Prosperetti) e Presidente Consiglio 
Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese). 

Lavoro -Controversia -Foro territoriale � Competenza esclusiva del giudice 
del luogo ove si trova l'azienda � Illegittimit� costituzionale � Infondatezza. 


(c.p.c., art. 434). 

Non � fondata, in riferimento agli m�tt. 3, 24 e 35 Cost., la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 434 c.p.c. che, nel prevedere per 
la cont1�oversia di lavoro la competenza esclusiva del giudice del luogo 
in cui si trova l'azienda, determina un privilegio non ragionevole per 
il datore di lavoro (che pu� esercitare il suo diritto di difesa nel luogo 
dove svolge la sua normale attivit�) rispetto al lavoratore che deve 
sostenere l'aggravio dell'eventuale maggior costo del processo conseguente 
all'esclusione dei fori ordinari, generali e facoltativi (1). 

(1) In rapporto agli artt. 3 e 35 Cost. la questione di legittimit� dell'art. 
434 � stato dichiarato non fondata con la sentenza 13 marzo 1974, n. 62, 
di questa Rassegna 1974, I, 564. 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1975, n. 173 -Pres. Bonifacio -
Rel. De Marco -Lugli ed altri c. Ministero Finanze, Presidente 
Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Carafa). 

Imposta di successione � Asse ereditario � Detraibilit� dei debiti cambiari � 
Condizioni . Illegittimit� costituzionale � Infondatezza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45). 
� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 
(legge tributaria delle successioni), nella parte in cui statuisce la detraibilit� 
dell'asse ereditario, ai fini della imposta di successione, dei 
debiti cambiari, alla sola condizione che essi risultino dai libri di commercio, 
regolarmente tenuti, del debitore o del creditore. 



652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con le ordinanze di rinvio, infatti, la Corte di appello 
di Bologna denuncia a questa Cort� il quinto comma dell'art. '45 del 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni) con 
il quale si dispone che i debiti del de cuius risultanti da cambiali o 
altri effetti possono essere dedotti dell'asse ereditario, tra l'altro, se 
risultino annotati nei libri di commercio, regolarmente tenuti, del debitore 
o del creditore, in quanto, data la meccanizzazione dei servizi 
adottata dagli istituti bancari, per effetto della quale le singole operazioni 
riguairdanti le cambiali non risultano registrate nei libri delle 
banche, non ne' pu� essere fornita la prova attraverso di essi. 
Da questo dato di fatto, secondo il giudice a quo, deriverebbe la 
illegittimit� di tale norma: a) per violazione dell'art. 3 della Costituzione 
sotto il duplice profilo di una irrazionale disparit� di trattamento 
tra' debiti cambiari verso banche e debiti cambiari verso imprese diverse 
e di una del pari irrazionale disparit� di trattamento tra debiti 
cambiari e debiti costituiti da saldi passivi di conti correnti per i quali, 
per effetto della legge n. 1038 del 1969, � ammessa la detrazione mediante 
specifica documentazione rilasciata dalla banca creditrice; b) per 
violazione dell'art. 24 della Costituzione, in quanto nella situazione di 
fatto sopra specificata, si impedirebbe la detrazione dei debiti cambiari 
verso le banche, nonostante che all'erede sia riconosciuto il relativo 
diritto. 

2. -Chiariti come sopra i termini delle questioni controverse � 
necessario, anzitutto, stabilire quali siano il contenuto e le finalit� dell'art. 
45 della legge tributaria sulle successioni, considerato nel suo 
complesso. 
Tale norma, nel mentre riconosce che debbono essere ammessi in 
detrazione dall'asse ereditario i debiti certi e liquidi legalmente esistenti 
nel momento dell'apertura della successione, dispone in quali forme 
ed in quali modi ne debbano essere dimostrati i requisiti sopra elencati 
della legalit�, della certezza, della liquidit�, della esistenza al momento 
dell'apertura della successione. 

Sono, all'uopo, richiamati tutti i mezzi legali di prova pi� rigorosi 
contemplati nell'ordinamento all'evidente fine di evitare eventuali frodi, 
facilmente ipotizzabili, come risulta in modo evidente dal secondo comma, 
laddove si esclude, in deroga a quanto disposto dal codice civile, 
che la data delle scritture private sia certa dal giorno della morte o 
della fisica impossibilit� di scrivere di colui o di coloro che risultino 
averle sottoscritte. 

Nel quadro di questa esigenza di rigore probatorio, per i debiti di 
commercio esercitato nello Stato e per quelli risultanti da cambiali o 
altri effetti all'ordine, quando almeno una delle parti sia commerciante, 

} 

I 

i 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dal quinto comma -,che � quello la cui legittimit� costituzionale � 
contestata -� ammessa, in via sussidiaria, la possibilit� che la loro 
esistenza sia provata con la produzione dei libri di commercio regolarmente 
tenuti a norma di legge. 

Si � detto in via sussidiaria, in quanto il comma in esame dispone 
che la prova attraverso i libri di commercio � ammessa per quei debiti 
� quando non si trovino nelle condizioni previste nei capoversi precedenti
�, ossia quando non possono essere provati con atto pubblico o 
scrittura privata di data certa. 

� chiaro, peraltro, che questa disposizione, costituendo una deroga 
del sistema probatorio, cui si informa in tutto il suo contenuto l'art. 45, 
� di stretta interpretazione e non consente estensioni analogiche. 

3. -Alla stregua di quanto precede, le questioni sollevate con le 
ordinanze di rinvio non possono ritenersi fondate, in quanto: 
a) In tanto i debiti cambiari -che non siano documentabili 
negli altri modi preveduti dai commi primo e secondo dello stesso 
art. 45 -possono essere provati con le scritture dei libri di commercio, 
in quanto tali libri siano �regolarmente tenuti a norma di legge�� 

Ove tale condizione non sussista, sia che si tratti di banche sia che 
si tratti di imprese di tipo diverso, vien meno l'efficacia probatoria in 
entrambe le ipotesi. 

Conseguentemente la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione 
per disparit� di trattamento tra debiti cambiari verso istituti bancari 
e debiti cambiari verso imprese diverse non sussiste. 

b) L'art�colo unico della legge 24 dicembre 1969, n. 1038, ammette, 
bens�, la deduzione dall'asse er~ditario dei debiti derivanti da 
saldo passivo di conto corrente bancario, ma richiede, all'uopo, come 
prima condizione, la dimostrazione dell'integrale svolgimento del conto 
a partire dal 31 dicembre dell'anno anteriore all'apertura della successione 
o dall'ultimo saldo attivo, risultante da dichiarazione dell'istituto 
di credito autenticata o da estratto notarile, redatto sulla base delle 
registrazioni operate, anche per riassunto, sui libri inventari e giornale 
dello stesso istituto di credito. 

Poich� questa condizione, per quanto riguarda i debiti cambiari 
non pu� essere osservata, anche sotto questo profilo non sussiste la 
denunziata violazione dell'art. 3 della Costituzione. 

e) La osservanza dei limiti posti dalla legge nel sistema probatorio 
� ispirata alla tutela della certezza dei rapporti giuridici, nell'interesse 
generale della collettivit� cosicch� non possono costituire per 
il singolo violazione del principio di difesa sancito dall'art. 24 della 
Costituzione. -(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 4 febbraio 1975, 
nella causa 169/73 -Pres. Lecourt -Rel. S�lrensen -Avv. gen. Trab.cchi 
-Compagnie Continentale France (avv. de Font-Reaulx) c. 
Consiglio d�lle Comunit� europee (ag. Vignes e prof. Boulouis). 

Comunit� europee -Norme dell'Atto di adesione � Possibili effetti pre� 
giudizievoli � Responsabilit� extracontrattuale della Comunit� -Configurabilit� 
� Esclusione. 

(Trattato CEE, art. 215, secondo comma; trattato di Bruxelles del 22 gennaio 
1972, Atto di adesione, art. 55, nn. 1, 2, e 6). 

Comunit� europee -Progetto di regolamento -Preventivo assenso del 
Consiglio delle Comunit� europee � Risoluzione informativa � Man-� 
cata segnalazione della possibilit� di applicare criteri imposti dalle 
norme dell'Atto di adesione � Responsabilit� extracontrattuale del� 
Consiglio delle Comunit� europee -Sussistenza. 

(Trattato CEE, art. 215, secondo comma; risoluzione del Consiglio 20 luglio 1972, 
con allegato progetto di regolamento; regolamento del Consiglio 3.1 gennaio 
' 1973, n. 229). 

Comunit� europee -Responsabilit� extracontrattuale � Nesso causale tra 
comportamento e danno � Estremi. 
(Trattato CEE, art. 215, secondo comma). 

I possibili effetti pregiudizievoli derivanti non gi� dal comportamento 
delle istituzioni comunitarie, ma dalle stesse norme dell'Atto di adesione, 
che � parte integrante del trattato concluso fra gli Stati membri, 
non possono dar luogo a responsabilit� extracontrattuale della Comunit� 
(1). 

Il Consiglio delle Comunit� europee � responsabile, ai sensi dell'art. 
215, secondo comma, del trattato CEE, qualora ometta, in una 

(1-6) Sulla responsabilit� della CEE per atto normativo. 

1. -Le due interessanti decisioni vanno -segnalate per la ri1evanza di 
principio delle questioni discusse, concernenti il principio sulla tutela del 
legittimo affidamento, gli effetti deUa inosservanza di indicazioni fornite 
nell'esercizio di un potere discrezionale, le situazioni soggettive dei singoli 
rispetto a norme comunitarie, la ravvisabilit� di diritti quesiti in ipotesi 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COM.UNITARIA E INTERNAZIONALE 655 

risoluzione informativa volta a far conoscere agli operatori interessati 
i termini di un emanando regolamento, di ricordare l'esistenza di 

1 norme (non considerate nel progetto di regolamento) che � tenuto ad 
applicare e di ventilare la possibilit� di una loro applicazione (2). 
In tema di responsabilit� extracontrattuale il condizionante nesso 
causale tra il comportamento delle istituzioni comunitarie ed il danno 
sussiste quando il comportamento risulti tale da poter e dover indurre 
in errore una persona avveduta (3). 

II 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 14 maggio 1975, 
nella causa 74/74 -Pres. Lecourt -Rel. Sprensen -Avv. gen. Trabucchi 
-Comptoir Nationale Technique Agricole (avv. P�ricaud) 

c. Commissione delle Comunit� europee (ag. Bourgeois). 
Comunit� europee -Responsabilit� per atto normativo implicante scelte 
di politica economica -Presupposti. 
(Trattato CEE, art. 215, second� comma). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Scambi 
di prodotti agricoli -Perturbazioni prodotte da provvedimenti 
valutari -Importi compensativi -Abolizione con effetto immediato Norme 
transitorie -Mancanza -Responsabilit� della Comunit� 


Configurabilit�. 
(Regolamento del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974; regolamenti della Com


missione 9 luglio 1971, n. 141, 31 dicembre 1971, n. 17/72, 21 gennaio 1972; 

n. 142, e 26 gennaio 1972, n. 189). 
Comunit� europee -Normativa comunitaria -Modifiche -Norme transitorie 
intese a garantire il rispetto del principio del legittimo affida� 
mento -Mancanza -Responsabilit� della Comunit� -Configurabilit�. 

(Trattato CEE, art. 215, secondo comma). 

La responsabilit� della Comunit� per il danno che i singoli possano 
aver subito in conseguenza di un atto normativg implicante scelte 
di politica economica sussiste unicamente, tenuto conto di quanto disposto 
dall'art. 215, secondo comma, del trattato CEE, in caso di violazione 
grave di una norma superiore intesa a t�telare i singoli (4). 

di -successione di norme, i limiti derivanti dall'interesse pubblko alla tutela 
degli interessi dei singoli, e la responsabilit� della Comunit� per atto normativo. 


2. -Nella prima decisione, la responsabilit� della Comunit� (esclusa, 
in fatto, per difetto di nesso causale) � stata affermata in quanto il Consiglio, 
nel rendere noto � il proprio accordo sul testo del progetto di 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

656 

La responsabilit� della Comunit� non � esclusa qualora, non esistendo 
un inderogabile interesse pubblico contrapposto a quello dei 
singoli operatori economici, la Commissione abolisca, con effetto immediato 
e senza preavviso, gli importi compensativi in un determinato 
settore, senza adottare provvedimenti transitori che, almeno, consentano 
a detti operatori di evitare la perdita connessa all'esecuzione di 
contratti di esportazione il cui carattere reale e definitivo sia provato 
dalla prefissazione delle restituzioni, ovvern di essere risarciti di tale 
perdita (5). 

La Commissione che in difetto di un inderogabile interessi:! pubblico 
ometta di adottare, nel porre una nuova disciplina, norme transitorie 
intese a garantire il rispetto del legittimo affidamento che l'operatore 
poteva fare sulla previgente normativa viola una norma giuridica 
superiore, facendo perci� sorgere la responsabilit� della Comunit� (6). 

I 

(Omissis). -In diritto. Col ricorso, presentato il 28 settembre 
1973, si chiede che la Comunit� economica europea sia condannata a 
versare la somma di FF 5.728.660,17 come risarcimento del danno che 
la ricorrente asserisce aver subito in seguito all'applicazione del sistema 
d'importi compensativi istituito dall'art. 55 dell'atto allegato al trattato 
22 gennaio 1972, relativo all'adesione alla Comunit� dei nuovi Stati 
membri. 

regolamento allegato alla presente risoluzione, che sar� formalmente adottato 
de>po l'entrata in vigore del trattato' di adesione�, non aveva tenuto 
presente il limite stabilito dall'art. 55, n. 6, dell'Atto di adesione, e non 
aveva quindi ,segnalato la possibilit� che la misura degli importi compensativi, 
preventivata nel pre>getto di regolamento in un determinato 
ammontare, sarebbe potuta risultare vairiata, ed jn particolar.e diminuita, 
in applicazione dell'indicata disposizione; �e ci� nel rilievo che la risoluzione 
era stata adottata proprio per � essere indispensabile che gli operatori 
economici venissero fin d'allora a conoscenza del contenuto delle future 
dispe>sizioni d"attuazione., e quindi ,per esser.si l'indicata omissione rieonosciuta 
� atta a fa1saire il �compito d'informazione assunto dal Consiglio ed 
a configurare una responsabiliit� di quest'ultimo �. 

La responsabilit� extracontrattuale della Comunit�, dedotta dalla parte 

ricorrente con richiamo alla teoria francese del faute de service (sulla 

responsabilit� deUa pubblica ammintstrazione per indicazioni inesatte o 

promesse non mantenute), risulta affermata, in particolare, nonostante l'effi


cacia di norma self executing dell'art. 55, n. 6, dell'Atto di adesione (rico


nosciuta da entrambe le parti in causa), pur rilevandosi che � tale dispo


sizione non lasciava al Consiglio alcuna discrezionalit� in merito alla sua 

applicazione ed � quindi impossibile dedurre dal silenzio della risoluzione 

e dall'allegato progetto di regolamento che il Consiglio intendesse non 



PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 657 

Il n. 1, lettera a), del pr�detto articolo dispone, in relazione agli 
scambi di determinati prodotti agricoli, che lo Stato importatore riscuota 
e lo stato esportatore versi tali i~porti al fine di compensare le differenze 
di livello dei prezzi che potrebbero sussistere fino al 1� gennaio 

�1978 fra i vecchi ed i nuovi membri della Comunit�. Il n. 6 stabilisce, 
tuttavia, che l'importo compensativo riscosso o versato da uno Stato 
membro non pu� essere superiore all'importo totale riscosso sulle importazioni 
dai paesi terzi. Nel secondo comma di detto numero � per� 
attribuita al Consiglio la facolt� di derogare, su proposta della Commissione, 
alla norma sovrenunciata, in particolare per evitare deviazioni 
di traffico e distorsioni della concorrenz�. 

Con risoluzione 20 luglio 1972 il Consiglio, considerando che la 
disciplina comunitaria in materia agricola si sarebbe applicata ai nuovi 
Stati membri a decorrere dal 1� febbraio 1973 e che le misure transitorie 
previste per facilitare l'adeguamento di tali Stati alle norme 
vigenti nella Comunit� avrebbero dovuto essere accompagnate da disposizioni 
d'attuazione, esprimeva il proprio consenso circa un progetto 
di regolamento da adottarsi formalmente subito dopo l'entrata in vigore 
del trattato d'adesione. Il testo del progetto figurava in allegato 
alla risoluzione. 

applicaxla ., e per quanto irisultasse la contestata omissione comprensibile 
in if�elazione alla �situazione allora �esistente sul mercato mondiale, che 
non lasciava ancora prevedere n successivo aumento dei: prezzi �. 

3. -La Corte di giustizia, comunque, ha disatteso la impostazione prospettata, 
in particolare, dall'avv. �gen. Trabucchi, e volta a far ravvisare, 
nella specie, un inadempimento del Consiglio ad una �promessa� fatta 
nell'esercizio di un potere discrezionale. 
NeHe prime conclusioni, invero, l'avv. gen. Trabucchi, aveva affermato 
che � la ckcostanza �che 'la risoluzione del 20 luglio 1972 fosse stata .adottata 
nell'oesercizio di un poter�e discrezionale (e la discrezionalit� -precisava consiste 
qui, non solo nella scelta della disciplina preannunciata, ma 
anche nella stessa effettuazione dell'annuncio e della promessa ivi inerente, 
giacch� niente obbligav:a il Consiglio a dare quell'informazione in quel 
momento) non esclude la validit� dell'impegno liberamente assunto dal 
Consiglio, e quindi la responsabilit� eventuale per un suo ingiustificato 
inadempimento �; e ci� nella premessa che � l'annuncio effettuato dal Consiglio 
mediante la pubbUcazione nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del progetto 
di regolamento relativo alla determinazione delle norme generali del regime 
degli importi compensativi nel settore dei cereali, premettendovi una risoluzione 
con la quale esso esprimeva il proprio accordo su tale testo e affermava 
che esso sarebbe .stato formalmente adottato subito dopo l'entrata in 
vigore del trattato d'adesione, costituisce n�n semplicemente un'informazione, 
ma �pi� ancora una piromessa nei confronti di tutti i soggetti interessati 
all'applicazione di que�sto testo �. 

Seguiva quindi una esposizione �comparativa dell'orientamento adottato 
nei vi;iri Stati membri �Sulla � questione della responsabilit� della pubblica 

4 



658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel quarto considerando della risoluzione si affermava essere in~ 
dispensabile che gli operatori economici venissero fin d'allora a conoscenza 
del contenuto delle future disposizioni d'attuazione, affinch� il 
passaggio dai , sistemi nazionali vigenti nei nuovi Stati membri al 
sistema comunitario si effettuasse nelle migliori condizioni possibili. 

In relazione al commercio dell'orzo col Regno Unito il progetto 
contemplava, fino al 31 luglio 1973, �n importo compensativo di 42;33 

u.c. la tonnellata. Lo stesso importo s'applicava al frumento tenero 
denaturato. 
Nel progetto non si faceva alcun espresso riferimento all'ipotesi 
di cui all'art. 55, n. 6, dell'atto d'adesione. 
La risoluzione e l'allega1o progetto di regolamento venivano pubblicati 
sulla Gazzetta ufficiaie delle Comunit� europee parte C (Comunicazioni), 
del 10 agosto 1972. 

Il regolamento del Consiglio 31 gennaio 1973, n. 229, relativo 
alle norme generali del regime degli importi compensativi nel settore 
dei cereali, riproduceva gli importi indicati nel progetto allegato alla 


amministrazione per inadempimento di prromesse 1effettuate nell'esercizio di 

un potere discr,ezionale �; con l'affermazione, in particolare, che � in Italia 

non vi sono difficolt� a riconoscere, in linea di principio, la responsabilit� 

dell'ammintstrazione peT danni provocati da atti compiuti nell'esercizio di 

un potere dtscrezionale, quale pu� essere quello d'infmmare le dmprese in 

merito al tenore di un compo,rtamento futuro della stessa 'amministrazione, 

quando nel compoxitamenfo dell'autoTit� possa ravv~sarsi il'inosservanza di 

criteri ,elementaTi di diligenza �e di prudenza �Con 1a connessa violazione della 

norma fondamentale del neminem Laedere �; e 1sic 'I'i1evava che � E' anche 

ammesso che l'inosservanza di disposizioni contenute in atti essenzialmente 

informativi quali sono le "-circolari" da lipar,te di uffici della stessa ammi


nistrazione che ha 'emanato tali atti pu� 'costituire un eccesso di potere �. 

E' peraltro agevole avvertire la irrHeV'.anza, quantomeno, �di tali indi


cazioni, specialmente iB '.l'elazione all'assunto al quale venivano riferite, 

quando si consideri, cio�, che tali indicazioni avrebbero dovuto avallare 

l'ipotesi, nel nostro ordinamento, di ,una responsabilit� per emanazione di 

norme diverse da queUe pr1eannunciate, e quindi per " inadempimento di 

promesse� conc,ernenti l'attivit� normativa; ed anche a prescindere dalla 

difficolt� stessa di individuare utili precedenti (e cerrtamente non secondo 

la prospettiva in esame), dev�e invero escludersi che le indicazioni fornite 

alla CoTte 'di giustizia 1possano assumersi pertinenti alla questione da deci


dere, sia perch� i segna1ati princ�pi non varrebbe,ro certo a far ammetter�e 

una responsabilit� deila pubblica amministrazione per attivit� normativa 

(e tantomeno per mancata 1emanazione di norme �promesse.), sia per 

esser,e il riferimento all'.eccesso di potere lacunoso, quando non si precisi 

che non potrebbero comunque derivarne �responsabilit� e obbligo di risar


cimento. 

4. -Come si � accennato, la Corte di giustizia ha comunque disatteso 
l'indicata impostazione di principio (condizionata inv,ero da una prospettiva 
privatistica e addirittura negoziale della questione da risolV'ere), escludendo ): 
f 

i 

I ! 

~IAIJflll,.....,AJIW~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 659 

risoluzione 20 luglio 1972, ma stabiliva espressamente, in conformit� 
all'art. 55, n. 6, dell'atto d'adesione, che, ove il prelievo fosse risultato 
inferiore all'importo compensativo, la Commissione avrebbe dovuto 
determinare, sulla base d'una tabella allegata al regolamento stesso, 
l'importo da applicarsi. 

In base a tali disposizioni ed in seguito al rialzo dei prezzi verificatosi 
sul mercato mondiale dall'estate del 1972 in poi, gli importi 
compensativi effettivamente applicati a decorrere dal 1� febbraio 1973 
risultarono inferiori agli importi contemplati nel progetto di regolamento 
allegato alla risoluzione 20 luglio 1972. 

Facendo affidamento sulla risoluzione 20 luglio 1972, la ricorrente 
stipulava nel settembre 1972 alcuni contratti per l'esportazione d'orzo 
e di frumento denaturato nel Regno Unito; la merce doveva essere consegnata 
tra il febbraio ed il giugno 1973. Venuta meno la possibilit� 
di percepire gli importi compensativi nell'ammontare previsto, la ditta 
doveva ugualmente eseguire alcuni contratti, da altri recedeva, altri 
ne modificava d'accordo con gli acquirenti, ma sempre subendo perdite 
finanziarie. 

La ricorrente critica innanzitutto, nel suo complesso, il regime 
istituito dall'art. 55 dell'atto d'adesione. 

Essa si sofferma in pal.'lticolare sull'asserita contraddizione tra i 
nn. 1 e 2, che contemplano importi compensativi fissi, ed il n. 6, che 
introduce un fattore di variabilit�, cio� d'incertezza, stabilendo che 

anzi espressamente che dalla risoluzione del Consiglio potesse desumersi 
l'intenzione di non applicare l'art. 55, n. 6 dell'Atto di adesione, 'e quindi 
la ravv.isabilit� di una � promess.a � del cui �inadempimento� potesse discutersi; 
e lo �Stesso avv. gen. Trabucchi del resto, nelle �seconde conclusioni 
presentate per la stes.sa causa (relativamente alla quale 1a Corte aveva 
disposto la riapertura del procedimento), aveva gi� 1sostanzialmente riveduto 
la pro�pria impostazione, rilevando che la r�e�sponsabilit� non poteva considerarsi 
come derivante dal mancato adempimento di una promessa, ed esaminando 
quindi la questione, �secondo l'impostazione condivisa poi dalla 
Corrte di giustizia, in termini di illecito e di causalit�. 

Certamente, l'impostazione adottata dalla Corte di giustizia �appare volta 
a gal'\antire una soluzione sostanzialmente equa, non potendosi negare che 
l'ave:r condizionato determinate relazioni commerciali alle aspettative connesse 
ad una pr.eventivata regolamentazione comunitarr-ia possa :risolveil'si in 
danno qualora .ia normativa in effetti emanata :risulti poi diversa da quella 
prevista (ed in particolare quando, come nella specie, gli importi compensativi 
concessi aWesportazione risultino in misura minore di quella calcolata, 
sulla base del �progetto di regolamento, nello stabili:re H prezzo di 
vendita dei p:rodotti). 

Pur nell'esatta prospe.ttiva nell'ambito della quale la Corte ha esami


nato la questione di rprincipio, sembra peraltro che la responsabilit� del 

Consiglio dovesse ess�ere negata, nella specie, a p1�iori, e per la improponi


bilit� stessa della domanda di risarcimento,_.e quindi senza necessit� di inda




660 

RAS~EGNA DELL'AVVOCATURA DEL~O STATO 

gli importi compensativi varino secondo i prelievi riscossi sulle importazioni 
dai paesi terzi, senza che sia possibile eliminare l'incertezza 
mediante la prefissazione degli importi compensativi, come invece avviene 
per le restituzioni concesse sulle esportazioni nei paesi terzi. 
Essa rilev� inoltre che, in relazione alle importazioni di cereali nei 
nuovi Stati membri, il regime di importi compensativi variabili risultante 
dall'applicazione del n. 6 avvantaggia in pratica, su un mercato 
mondiale con tendenza al rialzo, le importazioni da paesi terzi rispetto 
a quelle dagli Stati membri originari, il che sarebbe inconciliabile col 
principio della preferenza comunitaria cui � informata l'organizzazione 
comune dei mercati agricoli. 

Si deve, tuttavia, osservare che i possibili effetti di cui si discute, 
in quanto derivanti non gi� dal comportamento del Consiglio, bens� 
dallo stesso atto d'adesione che � parte integrante del trattato c~ncluso 
fra gli Stati membri, originari e nuovi, non possono dar luogo a responsabilit� 
extracontrattuale della Comunit�. 

La ricorrente fa carico al Consiglio d'averla indotta, con la riso


luzione 20 luglio 1972, a stipulare contratti nell'ambito di un regime 

di importi compensativi fissi e d'aver invece successivamente adottato, 

col regolamento n. 229/73, un sistema di importi compensativi variabili. 

gare (nella pr,emessa che �il comportamento del Consiglio �era atto a far 

sorgere una responsabilit� com11:mitaria �) sulla ricorrenza, in concreto, di 

un nesso causale tra il comportamento del Consiglio ed H danno dedotto 

dalla pa'l.'te Ti.corrente (1). 

In via di 'P'l"incipio, invero, una responsabilit� per i;nformazioni errate 

sembra potersi ammettere, sp�cialmente quando �si tratti di atto non dovuto, 

in relazione al quale non siano �configurraibili situazioni soggettive dei sin


goli, soltanto quando l'dnformazione si riferisca a � :!latti � (la cui fa1sata 

conoscenza possa risultare in concreto rpr,egiudizievole), e non quando in


vece, come nella spede, si �riferisce a norme di legge, la �cui esatta cono


scenza s'impone indipendentemente dalfinformazione o interPTetazione, in 

ipotesi erronea, che ne abbia eventualmente data la pubblica amministra


zione; e non sembra inV"ero che una tale p!l',edusione di principio possa 

e1udersi assumendosi, come ha osservato l'avv. gen. Trabucchi neUe seconde 

conclusioni, che � la regola base di ogni ordinamento secondo la qual,e 

nemo censetur ignorare Leges viene peraltro superata in considerazione del


l'informazione erronea che costituisce, come illecito, il fondamento di una 

pretesa a parte �, p'l.'oprio perch� la irrilevanza di ;principio di una erronea 

informazione o interpretazione della ,legge esclude a priori la stessa confi


gurabilit� dell'illecito. 

Diversamente, dovrebbe invero ammettersi, secondo. valutazione invece 

evidentemente non tpotizzabile, che da una circolare con la quale venissero 

fornite inesatte indicazioni o errati criteri �di interpretazione di no,rme 

(1) Cfr. sulla necessit� di un nesso causale, Corte di giustizia, 16 dicembre 1963, 
nella causa 36/62 ACI�RIES DU TEMPLE, Racc., 579, e Foro it., 1964, IV, 81). 
: 

: 

1111

~11~11@1l~ilirf1r1r~r1=~:l1::1irr11~1::i111;1#::~:1:1::�=11�ii=1i?1:~~1=irr;r;ii1!~;::i,,,,11=1@1;1~111&11ii1:11111111J;fJ11,111wJJ!JlilJ~i1;,1;�111 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 661 

Va rilevato, in proposito, che la variabilit� degli importi compen


sativi derivava dall'art. 55, n. 6, 1� comma, dell'atto d'adesione, se


condo il quale i predetti importi non potevano superare il totale dei 

prelievi riscossi sulle importazioni dai paesi terzi. Tale disposizione 

non lasciava al Consiglio alcune discrezionalit� in merito alla sua ap


plicazione ed � quindi impossibile dedurre dal silenzio della risoluzione 

e dell'allegato progetto di regolamento che il Consiglio intendesse' non 

applicarla. 

� pur vero tuttavia che il Consiglio, dato che emanava la riso


ulzione per informare ed indirizzare gli operatori economici, avrebbe 

dovuto ricordare l'esistenza della disposizione di cui trattasi e venti


lare la possibilit� di una sua� applicazione. Una simile omissione, pur 

spiegandosi con la situazione allora esistente sul mercato mondiale, 

che non lasciava ancora prevedere il successivo aumento dei prezzi, 

era atta a falsare il compito d'informazione assunto dal Consiglio ed 

a configurare una responsabilit� di quest'ultimo. 

Occorre, ad ogni modo, accertare se esista un nesso causale fra 
li comportamento del Consiglio e l'asserito pregiudizio. Si deve cio� 
. accertare, non solo se il comportamento in esame abbia effettivamente 
ingenerato nella ricorrente la falsa convinzione che gli importi com


di legge potr.ebbero i singoli interessati trarre motivo per chiedere il risar


cimento dei danni subiti per aver adeguato le proprie iniziative a tale 

erronea indicazione o interp<retazione; e la manifesta assurdit�, nell'ordi


namento di vaTi Stati membri, di tale �conclusione dovrebbe assumere 

riUevo anche nell'ambito deH'ordinamento comunitario, dato che l'obbligo 

della Comunit� di risarcire i danni cagionart~ dalle sue istituzioni � con


templato, all'art. 215, secondo comma, del trattato di Roma, � conforme


mente ai ,princ�pi gene;raU comuni ai didtti degli stati membri �. 

N� pu� non �essel'e rilevato che ove il rprincipio della tutela del legit


timo affidamento potesse condurre a fa:r considerare le istituzioni comu


nitarie responsabili per erronea interpretazione di norme di legge, r!isul


ter.ebbe addirittura ipotizzaJbile che la stessa Corte di �giustizia (che � una 

istituzione della Comunit�, anche alla quale si riferisce, quindi, l'art. 215, 

secondo comma, del Trattato) potrebbe dover <rispondere a titolo di respon


sabilit� extracontrattuale in ipotesi di modifica del proprio orientamento, 

per i danni subiti dai 1singoli per av:er adeguato le piroprie iniziative ad 

una interpretazione di seguito modificata. 

5. -La decisione in esame, del resto, nel rilevare che la parte ricorrente 
� non ignorava, n� avrebbe potuto ignorare, quale fosse la situazione 
al momento della .sUpulazione dei contratti e quali conseguenze ne sarebbero 
derivate per gli importi compensativi �, conferma in �effetti che la mancata 
considerazione, nella normativa preannunciata dal Consiglio, del criteTio 
stabilito dall'art. 55, n. 6, dell'Atto di adesione non escludeva il do�vere 
degli interessati di conoscer.e quale disciplina sarebbe �stato comunque necessaTio 
adottare, e !ribadisce quindi, almeno impltcitamente, la irrilevanza, 
in via di pidnc~pio, deJP.errore nelle indicazioni concernenti norme di legge; 

662 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pensativi sarebbero rimasti immutati nonostante l'al't. 55, n. 6, ma 
altres� se tale comportamento potesse e dovesse indurre in errore una 
persona avveduta. 

I contratti controversi furono stipulati il 22, 25 e 26 settembre 
1972. Fin dall'inizio del mese d'agosto 1972 l'andamento dei prezzi 
sul mercato mondiale aveva provocato un ribasso dei prelievi sulle 
importazioni dai paesi terzi. Alla fine del mese considerato i prelievi 
nel settore dell'orzo risultavano inferiori agli importi cotemplati per 
gli scambi col Regno Unito. In effetti, il regolamento della Commissione 
28 agosto 1972, n. 1847, (Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1972, n. L 
917, pag. 1) aveva fissato il prelievo in 40,74 u.c. la tonnellata, 
mentre l'impo11to compensativo contemplato dal progetto di regolamento 
annesso alla risoluzione 20 luglio 1972 era di 42,33 u.c~ la tonnellata. 

L'andamento dei prezzi aveva inoltre indo�tto la Commissione a 
sopprimere, con decorrenza dal 16 settembre 1972, le restituzioni sui 
cereali esportati nei paesi terzi, cio�, a quell'epoca, anche nel Regno 

ed � solo in aderenza ad un diverso iter logico della motivazione, in effetti, 
che si � rritenuto di dover indaga:re .sulla ravvisabilit�, in concr,eto, del 
condizionante nesso causale (con accertamento utile anche a motiva:re fa 
disposta compensazione deUe spese del giudizio), e non oerto per essersi 
esclusa la validit� del principio secondo cui nemo censetur ignora11e leges. 

In �altre occasioni, del :resto, � stato �espressamente rilevato che � salvo 
eccezioni, il fatto di adottare un'interpretazione inesatta non costituisce, di 
per se stesso, un illecito. Neppure la circostanza che le autorit� invitino gli 
interessati ad info!l'mar�si presso determinati uffici competenti obbliga necessa!
l'iamente le autorit� stesse a garantire !'.esattezza delle informazioni 
fornite, n� le iI'ende pocci� responsabili del danno che possa �eventualmente 
causare un'informazione inesatta� (2); e la !responsabilit� della Commissione 
CEE � stata �infatti affermata, in faU occasioni, non per la inesattezza 
della inte11pI'etazione adottata �e delle infO!l'mazioni fO!l'nite, ma � 1pe:r il 
ritaroo �col �quale gli uffici hanno provveduto a r�ettificare le informazioni 
stesse � (3). 

Rimane comunque da chiedersi, come ipotesi di studio, se una domanda 
di risa11cimento analoga a quella discussa nella �causa decisa �con la ,prima 
sentenza, e fondata sulla stessa causa petendi, sarebbe stata riconosciuta 

(2) Corte di giustizia, 28 maggio 1970, nelle cause 19/69, 20/69, 25/69 e 30/69, 
RICHEZ-PARISE, Racc., 325, v. pag. 339; 9 luglio 1970, nella causa 23/69, FIEHN, 
Racc., 547, v. pag. 561; 13 luglio 1972, nella causa 79/71, HErNEMANN, Racc., 579, 
v. pag. 590; da rilevare che l'avv. gen. Roemer, nelle conclusioni presentate per le 
cause decise con la prima sentenza segnalata, aveva invece escluso, per essere il 
testo del regolamento in discussione � non sufficientemente chiaro ., che ai ricorrenti 
potesse opporsi � ch'essi avrebbero potuto giungere da soti (il corsivo � del 
testo originale) ad una corretta interpretazione ... e prendere le relative decisioni ., 
Racc., 1970, 356. 
(3) Sui limiti in cui pu� ammettersi una responsabilit� per informazioni inesatte, 
v. pure: Corte di giustizia, 9 dicembre 1965, nelle cause 29/163, 31/63, 36/63, 
39-47/63, 50/63 e 51/63, USINES DE LE PROVIDENCE, Racc., 1108, e Foro it., 1966, IV, 360). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 663 

Unito (regolamento della Commissione 15 settembre 1972, n. 1948; 
Gazzetta Ufficiale 16 settembre 1972, n. L 213, pag. 12). 

La ricorrente, esportatrice avveduta e perfettamente informata delle 
condizioni del mercato, non ignorava, n� comunque avrebb� potuto 
ignorare, quale fosse la situazione al momento della stipulazione dei 
contratti e quali conseguenze ne sarebbero derivate per gli importi 
compensativi. La sua ulteriore corrispondenza con l'Office national interprofessionel 
des c�r�ales non lascia, del resto, sussistere alcun dubbio 
in proposito. 

Si pu� citare, in particoiare, la lettera del 12 ottobre 1972 in cui 
la ricorrente s'esprime come segue: � ... a causa d'un andamento [dei 
prezzi] tanto imprevedibile quanto eccezionali ... i prelievi comunitari 
rischiano d'essere inferiori agli importi compensativi, che potrebbero 
allora, in conformit� agli artt. 55 e 56 dell'atto d'adesione, venir corretti 
affinch� non superino l'ammontare del prelievo in vigore �. Questa 

proponibile qualora fosse stata avanzata da �cittadini dei nuovi Stati membri, 
dopo �l'�entrata in vigore dell'Atto di adesione, e quindi dopo aver 
acquistato la cittadinanza .comunitaria; �come potre�bbe una :responsabilit� 
della Comunit� ammettersi, cio�, 1sulla base di una � r~soluzione � non solo 
gi� di per s� inidonea �ad attr~buke ai 1singoli situazioni soggettive tutelate, 
ma adottata anche in epoca alla quale il � danneggiato �, anche se 
potenzialmente interessato, �era ancora del tutto estraneo all'o:rdinamento 
comunitario; e la improponibilit� della domanda di risarcimento (per le 
preclusioni di principio alle quali si � accennato) in. tpotesi quale quella 
esaminata nella rprima decisione in rassegna �Sembrel'ebbe invero confermata 
anche dalla difficolt�, quantomeno, di una efficace discriminazione 
rispetto all'ipotizzata fattispecie. 

6. -La responsabilit� della Comunit� � :stata comunque ammessa, nella 
prima decisione in esame, indipendentemente da ogni valutazione sulla 
legittimit� della risoluzione 1sulla quale fa domanda di dsarcimento era 
fondata; e la questione sulla responsab~Ut� per atto nmma,tivo, rpure discussa 
tra le parti in �Ca'll!sa ed esaminata, in particolare, dall'avv. gen. Trabucchi 
(ma della quale non ricorrevano invero i condizionanti rpr.esupposti di fatto, 

anche in ragione della natura amministrativa dell'atto in discussione), � 

rimasta fuori dalla prospettiva �onsiderata dalla Corte di giustizia. 

La questione � venuta invece nuovamente in THievo nella vertenza 

decisa con la seconda delle sentenz�e in Tassegna. 

La responsabilit� della Comunit� � stata in questo caso dedotta per 

aver la Commissione CEE prima maggiorato e poi abolito, ad otto gioil'ni 

di distanza (e con un secondo provvedimento �emanato due giorni dorpo l'en


trata in vigore del primo), gli impoo-ti compensativi v~genti nel settore 

dei grassi, secondo criterio tale da indurre fa �societ� :ricoirrente ad' assu


mere, tra l'altro, che il regime degli importi compensativi, condizionato 

in via di principio ai soli mwgini di fluttuazione delle monete di taluni 

Stati membri, era �stato in effetti utilizzato come strumento di politica 

economica. 

La Commissione :rilevava invece di aver abolito gli importi compensativi 
per aver accertato che 1'84 % del raccolto del prodotto in questione 



664 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lettera conferma che la ricorrente si rendeva senz'altro conto dell'inci


denza che la mutata situazione di mercato poteva avere sull'applica


zione degli articoli citati. 

Si deve perci� concludere che l'asserito pregiudizio non � stato 

provocato dal comportamento del Consiglio e, di conseguenza, respin


gere il ricorso. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -In diritto. -Il ricorso, proposto il 1� �ttobre 1974, 
mira a far condannare la Comunit� Economica Europea al pagamento 
della somma di 955.130,47 franchi francesi, a titolo di risarcimento 
del danno che il ricorrente sostiene di aver subito �a causa dell'abolizione 
-stabilita col regolamento della Commissione 26 gennaio 1972, 

n. 189 --,--degli importi compensativi monetari per i semi di colza e 
di ravizzone e per gli olii ottenuti da tali semi. 
era stato .gi� �commercializzato, e che n regime degli importi compensativi, 
gi� rilevatosi privo di effetti sostanziali nel �settore (e la cui ulteriore 
applicazione avrebbe .compromesso �le importazioni), non .era pi� indispensabile, 
quindi, �per evitare perturbazioni� negli �scambi commerciali; ma 
in realt� oltre il 30 % dell'1indicato quantitativo, come veniva evidenziato 
dall'avv. gen. Trabucchi (che denunciava effi:cacemente la incoerenza dell'adottata 
valutazione, pur �concludendo, come per l'altra vertenza in esame, 
'per il rri~etto del ricorso), si riferiva a merce� .che �non �era stata ancora 
effettivamente consegnata all'acquirente., e quindi, per una imprecisata 

quota, non ancora esportata. 

7. -Nella 1sostanza, la validit� del1a valutazione adottata dalla Corte 
di giustizia appar�e confermata dal criterio seguito in altre occasioni dalla 
stessa Commissione, ed in particolare dalle specifiche norme transitorie 
previste, proprio in tema di importi compensativi, nei Tegolamenti 17 maggio 
1971, n. 1013, 27 luglio 1973, n. 2041, e 26 giugno 1974, n. 1608, ricordati 
nelle conclusioni dell'avv. gen. Trabucchi. � 
La r�esponsabilit� per atto normativo ed il conseguente obbligo di 
risarcimento (che non tutti .gli Stati membTi ammettono) non sembrano 
pernltro del tutto compatibili, in via di principio, .con il criterio stabilito 
dall'iart. 215, �secondo comma, del Trattato, secondo �cui la Comunit� deve 
risaTcire i danni cagionati dalle sue Istituzioni �conformemente ai princ�pi 
generali comuni ai dirUti degli Stati membTi .. 

Una lineare soluzione della questione � compromessa, in effetti, sia 
dal difetto di una Tilevante discriminazione, sotto il profilo della � forma ., 
tra attivit� ��legislativa� e 1attivit� � amministrativa. delle istituzioni 
comunitarie, sia dalla difficolt� di ammetteTe che in rel�azione a norme riconosciute 
�d'interesse pubblico� ed em.ana~ nell'esercizio �di un ampio 
poter.e discrezionale ., e quindi in difetto di situazioni soggettive direttamente 
tutelate, possa discutersi di danno <risarcibile; n� sembra che le 
disposizioni dell'art. 215, secondo comm�, del Trattato, definite talora � aro




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 665 

SuUa ricevibilit�. 

La� Commissione, convenuta, eccepisce l'irricevibiUt� del ricorso, 
sostenendo che l'istanza introduttiva non contiene gli elementi necessari, 
a norma dell'art. 19 dello Statuto della Corte e'dell'art. 38, � 1, . 
del regolamento di procedura, per determinare l'oggetto della lite ed 
i mezzi d'impugnazione. 

Trattandosi di un'azione di danni ai sensi degli artt. 178 e 215 
del Trattato, e non di un'azione per il recupero di un credito, l'istanza 
sarebbe viziata per difetto di qualsiasi indicazione relativa all'esistenza 
di un danno, diverso dalla perdita subita dal ricorrente in seguito 
all'abolizione degli impianti compensativi monetari. 

Gli allegati vizi di forma non sono stati tali da impedire alla 
Commissione di difendere efficacemente i propri interessi, o da ren


bigue, e senza dubbio volutamente �ambigue � ( 4), possano cond'll!Ne ad afformare 
princ�pi che non trovino effettiva rispondenza negli ordinamenti di 
tutti ,gli Stati membri, come � stato invece ammesso (5). 

Del resto, la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato francese, pi� 
volte invocata nelle cause di responsabilit� discusse dinanzi alla Corte 
di �giustizia, � non amrni.ette, in linea di massima, un'azione di danni per 
atti normativi destinati a creare una situazione giuridica generale, non 
personale e valutabi1e secondo criter.i astratti� (6). 

Il principio di cui alla quarta massima, nel quale � implicito il superamento 
delle indicate difficolt�, gi� costituisce, comunque, espressione 
di un conso.Udato orientamento deUa Corte di giustizia (7), e risulta in particolare 
affermato, nella �specie, nonostante l'e�spresso riconoscimento che 

� il di,ritto al versamento di un importo compensativo aWesportazione si 
perfeziona solo qualora l'esportazione venga �effetti'Vamente realizzata e 
dal momento in cui essa ha luogo ., che il regime degli importi compen(
4) Avv. gen., Gand, conclusioni per le cause 5/66, 7/66, e 13-24/66,, KAMPFFMEYER, 
Racc., 1967, 314, v. pag. 315). 
(5) Avv. gen. Roemer, conclusioni per le cause 63-69/72, WAEHAHN, Racc., 1973, 
1253, v. pagg. 1257-1258; sulla portata dell'art. 215, secondo comma, del trattato di 
Roma e sui principi in tema di responsabilit� della pubblica amministrazione negli 
ordinamenti degli Stati membri, cfr.: avv. gen. Roemer, conclusioni per la causa 
25/62, PLAUMANN, Racc., 1963, 225, v. pag. 247 e segg.; avv. gen. Gand, conclusioni 
per la causa 9/69, SAYAG, Racc., 1969, 338 e segg.; avv. gen. Gand, conclusioni per 
le cause 5/66, 7/66, e 13-24/66, KAMPFFMEYER, Racc., 1967, 319 e segg., con richiamo 
alle sentenze rese, re!ativamente ai presupposti della respoinsabilit�, ed in particolare 
sulla necessit� di una colpa, nelle cause 33/59, 9/60 e 12/60, 19/60, e 29/63; avv. 
gen. Mayras, conclusioni per la causa 11/72, GIORDANO, Racc., 1973, 4.30 e segg. 
(6) Avv. gen. Roemer, conclusioni per la causa 25/62, Racc., 19.63, 225, v. pag. 247. 
(7) Sent. 2 dicembre 1971, nella causa 5/71, ZUCKERFARRIK SCHOPPENSTEDT, 
Racc., 975, v. pag. 984, e Foro it., 1972, IV, 204; 13 giugno 1972, nelle cause 9/71 
e 11/71, GRANDS MoULINS DE PARIS, Racc., 391, v. pag. 404, e Foro it., 1972, IV, 199; 
24 ottobre 1973, nella causa 43/72, MERKUR, Racc., 1055, v. pag. 1072, e Foro it., 1974, 
IV, 104; 13 novembre 1973, nelle cause 63-69/72, WERHAHN, Racc., 1229, v. pag. 1246, e 
Foro it., 1974, IV, 133. � 

666 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dere difficile per la Corte l'esercizio del sindacato giurisdizionale; il 
ricorrente ha del resto fornito tutte le opportune precisazioni nel corso 
del procedimento. 

Nella replica, fra l'altro, egli ha rettificato le proprie conclusioni 
iniziali, chiedendo alla Corte di voler dichiarare, con sentenza interlocutoria, 
che la Comunit� � tenuta a risarcire il danno da lui subito, 
per pronunciarsi poi in base ad una perizia relativa all'esatta portata 
del danno ed all'entit� del risarcimento. 

Il ricorso � perci� ricevibile. 

Nel merito. 

Il ricorrente sostiene che l'abolizione degli importi compensativi 
per i semi di colza e di ravizzone,� decisa dal regolamento n. 189/72, 
gli ha procurato un danno che riguarda, Cl.a un lato, determinati quantitativi 
di semi per i quali era stata prefissata una sovvenzione, in 

sativi ha lo scopo �di ovviar.e agli inconvenienti che l'instabilit� monetaria 
possa creare per il buon funzionamento delle organizzazioni comuni dei 
mercati, pi� che quello di: tutelll[le �gli interessi (pa!l'tico1airti. degli O(peratoci 
economici �, e che � le �condizioni stabilite per �l'applicazione e l'abrogazione 
del regime di cui trattasi in un determinato �settor�e non tengono conto della 
situazione dei singoli operatori, e non offrono a questi a1cuna garanzia 
di permanenza del regime stesso � : affermazioni di principio che indurrebbero 
inv<ero a:d escludere a priori, e 1prop:rio per la impossibilit� di 
configurare situazione .soggettive direttamente tutelate, la rilevanza stessa 
di quel �legittimo affidamento� la cui tutela ha ritenuto fa Corte di dover 
garantire anche rispetto all'attivit� normativa delle istituzioni comunitarie. 

Non �sembrerebbe nella si;iecie ravvisabile, cio�, Ja violazione di una 
norma volta �alla tutela diretta dei .singoli, ritenuta fin ab initio come 
necessario presupposto per Ja configuraibilit� di una lesione risarcibile (8); 
e tale ;preclusione sembra rilevante anche ad ammettere che �,se l'aipplicazione 
delle norme giuridiche di cui trattasi non riguarda in .genere direttamente 
ed individualmente dette imprese, ci� non significa che la tutela 
dei loro interessi non possa �essere, e nella fattispecie non sia, voluta da 
queste norme giuridiche � (9). 

Ne pu� non �essere rilevato che il limi:te alla tutela del legittimo affidamento 
dei �Singoli (ammesso dalla stessa Corte di �giustizia con riferimento 
all'� inderogabile interesse pubblico �), e quindi la necessit� di procede
�re alla presupposta comparazione tra l'interesse pubblico e quello dei 

(8) Corte di giustizia, 14 luglio 1961, nelle cause 9/60 e 12/60, VLOEBERGHS, 
IJ.acc., 469; v. pure conclusioni dell'avv. gen. Dutheillet de Lamothe nella causa 
4/69, Racc., 1969, 340, a pag. 344. 
(9) Corte d� giustizia, 14 luglio 1967, nelle cause 5/66, 7/66, e 13-24/66, 
KAMPFFMEYER, Racc., 287, v. pag. 309, e Foro it., 1968, IV, 17; 30 novembre 1967, 
nella causa 30/66, BECHER, Racc., 337, v. pag. 353, e Notiz. giur., 1968, 587. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE �667 

conformit� a quanto disposto dal regolamento del Consiglio 22 settembre 
1966, n. 136, relativo all'attuazione di un'organizzazione comune 
dei mercati del settore dei grassi, dall'altro, altri quantitativi desti.nati 
alla esportazione nei Paesi terzi e per i quali, in forza dello stesso 
regolamento, erano state prefissate delle restituzioni. 

Il regolamento del Consiglio 12 maggio 1971, n. 974 (che istituisce 
il sistema degli importi compensativi), nella versione in vigore all'epoca 
dei fatti di cui � causa, attribuisce allo Stato membro che ammetta 
per la propria moneta un tasso di cambio superiore al limite dell'oscillazione 
autorizzata dalla disciplina internazionale, la facolt� di riscuotere 
all'importazione e concedere all'esportazione di determinati prodotti 
agricoli degli importi compensativi, qualora l'applicazione� del 
suddetto tasso di cambio possa provocare perturbazioni negli scambi 
dei prodotti considerati. 

Spetta alla Commissione, su parere dei comitati di gestione, di 
accertare l'esistenza di una situazione del genere. 

singoli, comporterebbe un apprezzamento di merito (e non di sola legittimit�) 
che non �sembra inv:ece �consentito alla Corte di giustizia; cosi come 
non pu� nega;rsi che a tale apprezzamento di� merito sia stato nella specie 
in effetti provveduto, quantomeno per implicito, quando si consideri che 
la condizionante violazione di una e norma giuridica superioT.e � � stata 
ravvisata � non �esistendo nella fatti.specie un inderogabile interesse pubblico 
� (10). 

8. -Va �rilevato, inoltre, che la responsabilit� per atto normativo, 
ammessa per aver la Commissione �abolito gli importi compensativi senza 
adottare le opportune norme transitorie, � stata affeTmata senza espcr.-essa 
declaratoria di illegittimit� del regolamento in discussione. 
Da tale criterio non pu� desumersi, per1altro, che la Corte di giustizia 
intenda ammettere una responsabilit� per atto normativo legittimo; e tale 

(10) Sulle limitazioni derivanti dall'interesse pubblico, ed in particolare nel 
senso di escludere che la tutela delle imprese possa estendersi � alla protezione 
dei semplici interessi o possibilit� di indole commerciale, la cui natura aleatoria � 
msita nell'essenza stessa dell'attivit� economica�, cfr.: Corte di giustizia, 14 maggio 
1974, nella causa 4/73, NoLn, Racc., 491, v. pag. 597; nel senso che le giustificate 
precauzioni contro manovre speculative non violano il principio della tutela del 
legittimo affidamento, cfr.: Corte di giustizia, 27 maggio 1975, nella causa 2/75, 
MAcKPRANG, Racc., 607, v. pag. 616; sulla tutela dell'affidamento e sulle autolimitazioni 
derivanti dagli atti delle istituzioni comunitarie v. pure: Corte di giustizia, 
10 dicembre 1957, nella causa USINES � TUBES DE LA SARRE, Racc., 1957, 197, v. pag. 
216; 31 marzo 1971, nella causa 22/70, COMMISSIONE c. CONSIGLIO, Racc., 1971, 263, 
v. pagg. 276-277, e Foro it., 1971, IV, 320; 5 giugno 1973, nella causa 81/72, COMMISSIONE 
c. CONSIGLIO, Racc., 575, V. pag. 583, e Foro it., 1973, IV, 184; 4 luglio 1973, 
nella causa 1/7.3, WEsrzucHER, Racc., 723, v. pag. 729, e Foro it., 1973, 177, ove � 
anche precisato che � le leggi che modificano una disposizione legislativa si applicano, 
salvo espressa deroga, agli effetti futuri di situazioni sorte sotto l'impero 
della vecchia legge � : principio ribadito anahe con la sentenza 5 dicembre 1973, 
nella causa 143/73, S.O.P.A.D., Racc., 1433, v. pag. 1441. 

668 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il sistema degli importi compensativi, che in un primo momento 
non si applicava ai prodotti del settore dei grassi, veniva esteso ai 
semi di colza e di ravizzone, e agli olii da essi ottenuti, con regolamento 
della Commissione 9 luglio 1971, n. 141, relativo al raccolto 
che sarebbe stato posto in commercio a partire dall'inizio della stagione 
1971/72. 

In seguito alla variazione dei cambi rispetto al dollaro, intervenuta 
nel dicembre 1971, il sistema degli importi compensativi, precedentemente 
in vigore nella Repubblica Federale di Germania, nel 
Belgio, n{;ll Lussemburgo e nei Pasi Bassi, veniva esteso agli altri 
Stati membri, e quindi anche alla Francia. 

Gli importi validi a partire dal 3 gennaio 1972, compresi quelli 
da applicare in Francia per i semi di colza e di ravizzone, venivano 
fissati col regolamento della Commissione 31 dicembre 1971, n. 17/72. 

Nuovi importi di ~ompensazione, che tenevano conto dei cambi 
rilevati fra il 13 e il 19 gennaio, venivano stabiliti col regolame'nrto 
della Commissione 21 gennaio 1972, n. 144, entrato in vigore il 24 
dello stesso mese. 

responsabili� deve invero escludersi a priori, non potendo un provvedimento 
legittimo, �Come tale espressione, necessar:iamente, di un'attivit� normativa 
giuridicamente lecita, .costituire fonte di 1'esiponsabilit�. 

Anche ad ammettere una responsalbilit� per :atto normativo (e si � gi� 
osservato quali preclusioni di principio sarebbero al riguardo ipotizzabili 
nell'ambito dell'(l(l'dinamento comunita!l.'io), deve infatti ritenersi che la 
illegittimit� dell'atto normativo, oltretutto non sufficiente peT un'affermazione 
di responsabilit�, costituisca a tal fine un minimum indispensabile~ 
rappresenti cio� un estremo necessario �e non sufficiente per configurare la 
responsabilit� come teoricamente .possibile; .ed in :tal senso risulta appunto 
l'affermazione di� principio secondo cui � perch� si abbia responsabilit� 
extracontrattuaie della Comunit� � quantomeno necessaTio che l'atto lesivo 
sia illegittimo � (11). � 

Non pu� condividersi, perci�, l'assunto deU'avv. gen. Trabucchi, quale 
risulta dalle seconde conclusioni presentate per fa causa 169/73, secondo 
cui dalla mancata esp'l'essa reiterazione di tale principio in successive sentenze, 
e dall'aver la Corte a priori erscluso, nena �Sentenza resa nelle cause 
9/71 e 11/71, ma con riferimento alla specifica situazione in esame, la ipotizzabilit� 
di una �eventuale responsabilit� rper un atto normativo legittimo�, 
dovrebbe desumersi che �la Corte ha ammesso implicitamente la 
possibilit� di una iresponsabilit� per un atto normativo legittimo�, ravvisabHe, 
quando .trattasi di norma che implica �Scelte.di politica economica, in 
caso di violazione di una norma superiore intesa a tutelare i singoli. 

� La violazione di una norma siffatta -veniva �affermato nelle citate 
conclusioni -per costituire una �Colpa della Comunit� generatrice di re(
11) Corte di giustizia, 2 dicembre 1971, nella causa 5/71, ZucKERFABRIK 
SCHOPPENSTEDT, Racc., 975, V. pag. 984, e Foro i~.� 1972, IV, 204. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 669 

Infine, col regolamento 26 gennaio 1972, n. 189 (pubblicato nella 
Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio ed entrato in vigore il 1� febbraio 
succe&sivo), la Commissione ab.oliva gli importi compensativi per i 
semi di colza e di ravizzone, e per gli olii derivati, considerando che 
l'andamento del mercato era tale da rendere l'applicazione degli importi 
stessi non pi� indispensabile al fine di evitare perlurbazioni negli 
scambi dei suddetti prodotti. 

Le licenze in cui venivano prefissate la sovvenzione e le restituzioni 
all'esportazione, e sulle quali il ricorrente fonda la sua domanda 
di risarcimento, sono state rilasciate fra il 6 ed il 21 gennaio 1972, 
vale a dire durante il periodo in cui gli importi �ompensativi per i 
semi di colza e di ravizzone erano in vigore in Francia. 

Poich� le critiche del ricorrente riguardano un .atto normativo implicante 
scelte di politica economica, la responsabilit� della Comunit� 
per il danno che i singoli possano aver subito in conseguenza di tale 
atto sussiste unicamente, tenuto conto di quanto disposto dall'art. 215, 
2� comma, del Trattato, in caso di violazione grave di una norma superiore 
intesa a tutelare i singoli. 

sponsabilit�, non deve dunque presupporre necessariamente l'invalidit� 
dell'atto normativo. Trattandosi di una norma intesa a tutelare l'interesse 
dei .singoli, H pregiudizio arr�ecato daUa sua violazione, specialmente quando 
esso sia limitato a situazioni conchiuse nel passato e non suscettibHe di 
dprodursi in avvenil'e, potr� essere adeguatamente riparato, senza bisogno 
di eliminare l'atto normativo in questione, mediante un risar.cimento del 
danno provocato ai singoli interessati �; e lo istesso .concetto veniva TLpreso 
anche nelle conclusioni presentate per la caU1Sa 74/74, !l'ilev�andosi che 
la domanda di risardmento, �anche se accolta, produrrebbe effetti limitati 
alla sola ricorrente e lascerebbe intatto il provvedimento generale della 
Commissione che ha soppresso gli importi compensativi�. 

�Questo criterio -1si concludeva quindi nella causa 169/73 -risponde 
a esigenze logiche e pratiche. Possono infatti �concepirsi dei princ�pi la cui 
violazione pu� comportare una colpa, e quindi una responsabilit� extracontrattuale 
dell'amministrazione, senza peraltro che debba risultarne l'invalidit� 
dell'atto normativo, come � appunto il caso in cui questo, pur 
rispondendo all'interesse generale, costituisca nei confronti di determinati 
soggetti la violazione del principio generale che pr.esiede al mantenimento 
delle promesse fatte dall'amministrazione verso gli amministrati. La funzionalit� 
del detto criterio ri�sultevebbe chiaramente nella �specie, giacch� nell'ipotesi 
in �cui vi fosse stata eff.ettivamente violazione della promessa baste
�rebbe a Tistaibilire l'equilibrio il risarcimento dei danni subiti in conseguenza 
da singoli esportatori comunita�ri "� 
Amche tali considerazioni, inv�ero, sono in effetti condizionate dalla 
trasposizione, sul piano pubblicistico, di concetti ed istituti propd del diritto 
privato; e comunque estranei, in particolare, .all'attivit� normativa; e deve 
escludersi che la Corte di giustizia possa assumersi in tal senso orientata. 

9. -Fin dalla sentenza r�esa nella prima causa in �Cui venne in rilievo 
l'art. 215, secondo comma, del trattato di Roma, infatti, 1a Corte di giustizia 

670 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In proposito, il ricorrente sostiene anzitutto che la Commissione, 

nell'abolire gli importi compensativi col regolamento n. 189/72, ha vio


lato il regolamento di base del Consiglio, n. 974/71. 

Quest'ultimo regolamenito, pur attribuendo alla Commissione il po


tere di accertare se ricorrano i presupposti per applicare gli importi 

compensativi, non le conferirebbe tuttavia la facolt� di abolire detti 

importi, una volta ch'essi siano stati istituiti, ed imporrebbe, comunque, 

alla Commissione l'obbligo di decidere unicamente in base ai fattori 

monetari, non gi� tenendo conto di criteri economici, come essa ha fatto 

nel caso in esame. 

Dall'art. l, n. 2, ultima frase, del regolamento n. 974/71 risulta 

che la facolt� spettante agli Stati membri circa l'applicazione degli 

importi compensativi pu� essere esercitata soltanto qualora i provvedi


menti valutari considerati possano provocare perturbazioni negli scambi 

dei prodotti agricoli. 

Poich� l'applicazione degli importi compensativi costituisce un prov


vedimento di carattere eccezionale, la suddetta norma va intesa .nel 

ebbe cura di precisare che �un atto amministrativo che non sia stato annul


lato non pu� costituire df rper s� un iUecito, n� causare quindi un danno 

agli ammini:strati. La domanda di risardmento non � perci� ammissibile, 

non potendo la Corte eliminar�e per tale via le conseguenze .giurtdiche di 

un provvedimento che non � stato annullato � (12). 

Non � invero mancato un accenno alla possibilit� �Che un atto legittimo 
.sia considerato come un illecito, e � solo qualora �contenesse inutili� apprezzamenti 
negativi � nei confronti del destinatario (13). 

Non pu� non essere considerato, tuttavia, che ogni valutazione in .tema 

di responsabilit� risulta nella giuriisprudenza della Corte condizionata, in 

concreto, e 1srpecialmente per gli atti normativi, alla preliminare verifica 

della legittimit� dell'atto in discussione. 

In par�ticolare, la responsabilit� �extracontrattuale della Comunit�, affer


mata per essersi gi� in pr�ecedenza dichiarata la illegittimit� dedotta dalle 

parti ricorrenti (14), � stata esclusa �non risultando viziati da Hle.gittimit� 

gli interventi .criticati � (15); ed � stato anche e�spressamente rilevato, dopo 

(12) Sent., 15 luglio 1963, nella causa 25/62, PLAUMANN, Racc., 197, v. pag. 221, 
e Foro it., 1964, IV, 51. 
(13) Corte di giustizia, 5 dicembre 1963, nelle cause 35/62 e 16/63, LEROY, pres. 
e rel. TRABUCCHI, Racc., 395, v. pagg. 413-414; v. pure la massima ufficiale, a pag. 337, 
secondo cui � l'atto di cui non sia stata provata l'illegittimit� non pu� essere considerato 
illecito n� di conseguenza lesivo dell'onore e della reputazione del destinatario, 
a meno che contenga superflui apprezzamenti negativi nei suoi riguardi ,, . 
(14) Corte di giustizia, 14 lugliQ 1967, nelle cause 5/66, 7/66, e 13-24, KAMPFFMEYER, 
Racc., 287, e Foro it., 1968, IV, 17, e 30 novembre 1967, nella causa 30/66, 
BECHER, Racc., 337, e Notiz. giur., 1968, 587, con riferimento a decisione annullata 
con la sentenza 1� luglio 1965, nelle cause 106/63 e 107/63, ToEPFER, Racc., 497. 
(15) Corte di giustizia, 13 novembre 1973, nelle cause 63-69/72, WERHAHN, Racc., 
1229, v. pag. 1251, e Foro it., 1974, IV, 96; v. pure conclusioni dell'avv. gen. Roemer, 
sulla preliminare necessit� di � accertare anzitutto se la disciplina impugnata sia 
illegittima � . ' 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 671 

senso ch'essa subordina alla condizione ivi enunciata non soltanto l'istituzione, 
ma anche il mantenimento in vigore degli importi compensativi 
per un determinato prodotto. 

La Commissione dispone di un ampio potere discrezionale quanto 
alla valutazione del se i provvedimenti valutari considerati possano provocare 
perturbazioni negli scambi del prodotto in questione. 

Nel valutare le probabilit� di perturbazioni del genere, essa pu� 
prendere in considerazione rtanto l'andamento del mercato, quanto i fattori 
monetari. 

Non risulta che la Commissione abbia ecceduto i suddetti limiti del 
suo potere, ritenendo, verso la fine del gennaio 1972, che l'andamento 
del mercato dei semi di colza e di ravizzone �scludesse la necessit� di 
applicare gli importi compensativi. 

Il ricorrente sostiene inoltre che l'abolizione degli importi compensativi 
decisa col regolamento n. 189/72 era incompatibile con l'avt. 7 
del regolamento n. 974/71, il quale stabilisce che non pu� essere fatto 
uso parziale o temporaneo dell'autorizzazione contemplata dallo stesso 
regolamento. 

Ai sensi dell'art. 1, n. 1, del regolamento n. 974/71, lo Stato membro 
che abbia adottato determinati provvedimenti di ordine monetario 
� � autorizzato � ad applicare il sistema degli importi compensativi. 

esser,si esclusa la illegittimit� delle novme in discussione, " che � quindi 
supeTfluo accertarre se 1sussistano i restanti presupposti deHa responsabilit� 
per co1pa � (16). 

La mancanza di una espressa declal'ato:ria di illegittimit� dell'atto normativo 
ritenuto fonte di responsabilit� non costitui1sce, perci�, espressione 
del proposito della Corte di giustizia di ammettere una responsabilit� per 
atto normativo legittimo, ma va intesa nemambito della dtstinzione pi� 
volte sottolineata tra azione di annullamento ed azione di responsabilit� 
(17); e in definitiva, l'atto novmativo in rrelazione al qua1e la Comunit� 
sia riconosciuta obbligata al risarcimento di eventuali: danni, anche quando 
l'oggetto ed i limiti della contestazione tra le parti fo causa ne escludano 

(16) Corte di giustizia, 13 giugno 1972, nelle cause 9/71 e 11/71, GRAND MouLrNs 
DE PIARIS, Racc., 391, v. pag. 408, e Foro it., 1972, IV, 199. 
(17) Cfr.: Corte di giustizia, 28 aprile 1971, nella causa 4/p9, Lti"TTICHE, Racc., 
325, v. pag. 336 e Foro it., 1971, IV, 181, e conclusioni dell'avv. gen. DutheiUet de 
Lamothe, Racc., 1971, 340, v. pag. 34.3; 2 dicembre 1971, nella causa 5/71, ZucKERFABRIK 
ScHOPPENSTEDT, Racc., 975, v. pag. 983, e Foro it., 1972, IV, 204, e conclusioni dell'avv. 
Roemer, Racc., 1971, 987, v. pag. 988 e segg.; 13 giugno 1972, nelle cause 9/71 
e 11/71, GRANDS MouLINS DE PARIS, Racc., 391, v. pag. 403, e Foro it., 1972, IV, 19j9, 
e conclusioni dell'avv. gen. Dutheillet de Lamothe, Racc., 1972, 410, v. pag. 412 e 
segg.; 13 luglio 1972, nella causa 79/71, HEINEMANN, Racc., 579, v. pag. 589, e conclusioni 
avv. gen. Roemer, ibidem, 593, v. pag. 597, con richiamo alla sentenza resa 
nella causa 59/65, SCHRECKENBERG. 

672 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 7, che ripete il termine � autorizzazione ., � destinato ai soli 
Stati membri e non riguarda i poteri della Commissione. 
Il regolamento n. 189/72 non pu� quindi essere considerato illegittimo 
alla luce delle disposizioni del regolamento n. 974/71. 

:El ricorrente fa inoltre valere che l'abolizione degli importi compensativi 
con effetto dal 1 � febbraio 1972 ha violato il principio della 
certezza del diritto, in quanto, in primo luogo, avrebbe avuto efficacia 
retroattiva e, in secondo luogo, non avrebbe tenuto conto del legittimo 
affidamento degli interessati circa il mantenimento in vigore degli importi 
di cui trattasi, per le operazioni in via di esecuzione. 

Per quanto riguarda, anzitutto, il problema della retroattivit�, va 
ricordato che gli importi compensativi vengono riscossi all'importazione 
e concessi all'esportazione delle merci considerate, e che non � ammessa 
la loro prefissazione. 

Ne consegue che il diritto al versamento di un impol'lto compensativo 
all'esportazione si perfeziona solo qualora l'esportazione venga 
effettivamente realizzata e dal momento in cui essa ha luogo. 

Il regolamento 26 gennaio 1972, n. 189, pubblicato nella Gazzetta 
Ufficiale del 28 gennaio ed entrato in vigore il 1 � febbraio 1972, si 
applicava alle sole esportazioni ed importazioni realizzate successivamente 
a questa data, mentre quelle effettuate in epoca anteriore 
continuavano. ad essere soittoposte alla disciplina precedente. 

Detto regolamento non ha quindi efficacia retroattiva in senso 
proprio. 
Il ricorrente sostiene inoltre che l'abolizione, con effetto immediato, 
degli importi compensativi ha violato il principio dell'affida


un diretto e 1specifico annullamento, e sia la sua validit� verificata, quindi, 
solo in via incidentale, dev1e essere comunque considerato iHegittimo: conclusione 
la -cui validit� e la cui stessa necessit� non rpossono essere invero 
negate, specialmente quando si consideri che un atto normativo non pu� 
�violare una norma superiore� e rimanere, al tempo stesso, �legittimo�. 

10. -Indipendentemente dai rpossibili profili di di1scussione, � comunque 
evidente fa rilevanza dei princ�rpi di ddritto enunciati, o ribaditi, con 
le due 1sentenze in <rassegna; cos� come � evidente che l'orientamento dellla 
Corte di giustizia in tema di responsabilit� della pubblica amministrazione 
e sulle situazioni soggettive dei singoli va seguito con particolare attenzione, 
anche per l'incidenza che potrebbe ave<r�e sulle div1errse prospettive rilevanti 
negli ordinamenti de.gli Stati membri e sulla stessa discriminazione, fondamentale. 
nel nostro ordinamento, tra diritti sogg,ettivi e interessi legittimi: 
discriminazione il cui fondamento � in effetti rilevante anche nell'ambito 
deH'ovdinamento comunitario (i.n r.elazione alla natura diretta o rif,lessa 
della tutela ga<rantita ai singoli), ma la cui portata potr,ebbe dsultare compromessa, 
specialmente �quando si l'ichiedano norme interne di attuazione 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 673 

mento, in quanto, allorch� aveva chiesto la prefissazione delle sovvenzioni 
e delle restituzioni all'espor<tazione, impegnandosi cos� definitivamente, 
nei confronti delle competenti autorit�, ad effettuare operazioni 
commerciali cui non avrebbe potuto rinunciare senza incorrere 
nell'incameramento della cauzione, egli poteva legittimamente ritenere 
che tali importi sarebbero stati mantenuti in vigore. 

In proposito, � opportuno esaminare separatamente la situazione, 
per quanto riguarda la prefissazione delle sovvenzioni, da un lato, e 
delle restituzioni all'esportazione, dall'altro. 

Quanto alle partite di semi per le quali era stata prefissata la 
sovvenzione, e che perci� non erano destinate all'esportazione, al ricorrente 
non spettava alcun diritto autonomo di percepire importi compensativi. 


Se � vero che il sistema relativo a tali importi mira fra l'altro a 
tutelare il livello dei prezzi nello Stato membro interessato contro le 
perturbazioni che possano derivare dalla instabilit� monetaria, � tuttavia 
accertato, nella fattispecie, che l'abolizione degli importi stessi nel 
settore dei grassi con effetto dal 1 � febbraio 1972 non ha avuto sensibili 
ripercussioni sui prezzi dei semi di colza e di ravizzone, sul mercato 
francese. 

Se ne deve concludere che il regolamento n. 189/72 non ha causato 
alcun danno al ricorrente, per quanto si riferisce ai quantitativi di 
semi non destinati all'esporfazione. 

Per quanto riguarda, d'altra parte, le partite destinate all'esportazione, 
e per le quali il ricorrente ha ottenuto la prefissazione delle 
restituzioni, va osservato che lo scopo del sistema degli importi com


della normativa comunitaria, per le differenti situazioni 1soggettive Tico


nosciute ai singoli nei vari ordinamenti nazionali, e per i diversi effetti, 

soprattutto, a ta1e diver�gente qualificazione conseguenti. 

Per quanto concerne la questione dellla responsabilit�, peTaltro, sembra 

pote11si rilevar.e che l'orientamento della Corte di giustizia, oltre ad essere 

esso stesso condizionato, sotto taluni aspetti, da una impostazione privati


stica dei rapporti tra la pubblica amministrazione ed i singoU, risponda in 

effetti ad esigenze �Che dovrebbero attenuarsi �Con un pi� definitivo assetto 

istituziona1e della Comunit�, e risenta anche dell fatto che negli ordinamenti 

degli Stati membri �la responsaibilit� per illecito legislativo si presenta 

solo in rari casi ed � di scarsa rilevanza pratica� (avv. �gen. Roemer, 

conclusioni per le caiuse 63-69/72, Racc., 1973, 1256); e va condiviso, quindi, 

l'auspicio secondo cui tal.e ultima constderazione, � a 'lungo termine, potr� 

essere ben valida anche per il diritto comunitario � (loc. dt.). 

A. M. 

674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pensativi, quale risulta dalla disciplina comunitaria, � quello di ovviare 
agli inconvenienti che l'instabilit� monetaria possa creare per il buon 
funzionamento delle organizzazioni comuni dei mercati, pi� che quello 
di tutelare gli interessi particolari degli operatori economici. 

In effetti, le condizioni stabilite per l'applicazione e l'abrogazione 
del regime di cui trattasi in un determinato settore non tengono conto 
della situazione dei singoli operatori, e non offrono a questi alcuna 
garanzia di permanenza del regime stesso. 

Questo regime, di conseguenza, non pu� essere considerato equivalente 
ad una tutela, garantita agli operatori economici, contro i rischi 
inerenti alle variazioni dei tassi di scambio. 

Resta tuttavia il fatto che l'applicazione degli importi compensativi 
elimina, in p:�-atica, il rischio valutario, di guisa che un operatore, 
anche prudente, pu� essere indotto a non tutelarsi contro questo 
rischio. 

Stando cos� le cose, l'operatore pu� legittimamente contare sul 
fatto che, per negozi alla cui esecuzione egli si sia irrevocabilmente 
impegnato, per aver ottenuto, depositando una cauzione, licenze d'esportazione 
in cui viene prefissato l'importo della restituzione, non interverranno 
modifiche imprevedibili che avrebbero l'effetto, esponendolo 
nuovamente a rischi valutari, di causargli inevitabili perdite. 

La responsabilit� della Comunit� non � quindi esclusa, qualora, 
non esistendo un inderogabile interesse pubblico contrapposto a quello 
dei singoli operatori economici, la Commissione abolisca, con effetto 
immediato e senza preavviso, gli importi compensativi in un determinato 
settore, senza adottare provvedimenti transitori che, almeno, 
consentano a detti operatori di evitare la perdita connessa all'esecuzione 
di conrtratti di esportazione il cui carattere reale e definitivo sia 
provato dalla prefissazione delle restituzioni, ovvero di essere risarciti 
di tale perdita. 

Non esistendo nella fattispecie un inderogabile interesse pubblico, 
la Commissione, che ha omesso di adottare, col regolamento n. 189/72, 
norme transitorie intese a garantire il rispetto del legittimo affidamento 
che l'operatore poteva fare sulla disciplina comunitaria, ha 
violato una norma giuridica ,superiore, facendo perci� sorgere la responsabilit� 
della Comunit�. 

Per quanto riguarda l'entit� del danno che questa deve risarcire, 
va considerato che il mantenimento in vigore degli importi compensativi 
non era in alcun modo garantito al ricorrente, e che questi non 
poteva quindi legittimamente ritenere di poter fruire, in qualsiasi circostanza, 
dei vantaggi connessi ad un contratto concluso nell'ambito 
del sistema degli importi compensativi. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 675 

La tutela ch'egli pu� pretendere in ragione del suo legittimo affidamento 
si limita al fatto di non dover subire perdite a causa dell'abolizione 
di tali importi. 

Poich� l'entit� del risarcimento dovuto al ricorrente non pu� essere 
stabilita nella fase attuale del procedimento, va dichiarato, con sentenza 
interlocutoria, che la Comunit� � tenuta a risarcire il ricorrente della 
perdita da esso subita, a causa dell'abolizione degli importi compens�tivi, 
nell'effettuare talune esportazioni per le quali le licenze rilasciate 
il 6 gennaio 1972 avevano fissato le restituzioni, riservando la determinazione 
della somma dovuta a titolo di risarcimento all'accordo delle 
parti o, eventualmente, alla valutazione della Corte. -(Omissis). 



-676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI GIUSTIZIA ,DELLE COMUNITA EUROPEE, 18 giugno 1975, 
nella causa 94/74 -Pres. Lecourt -Rel. Pescatore -Avv. gen. Trabucchi 
-Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore 
di Abbiategrasso nella causa soc. I.G.A.V. (avv. Ubertazzi e Capelli) 
c. Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta (avv. Marchesini 
e Sorrentino) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee 
(ag. Abate) e Governo italiano (avv. Stato Zagari). 

Comunit� europee -Unione doganale -Tasse di effetto equivalente ai dazi 
doganali e tributi interni -Discriminazione. 
(Trattato CEE, artt. 13, n. 2, e 95). 

Comunit� europee -Unione doganale -Tributi interni -Possibilit� di costituire 
tasse di effetto e9uivalente ai dazi doganali -Ricorrenza -Estremi. 
(Trattato CEE, 'artt. 13,'n, 2, e 95). 

Comunit� europee -Unione doganale -Tasse di effetto equivalente ai dazi 
doganali -Divieto -Efficacia diretta -Decorrenza. 
(Trattato CEE, art. 13, n. 2; decisione del Consiglio 26 luglio 1966). 

Comunit� europee -Unione doganale -Contributo utilizzato per finanziare 
sovvenzioni vietate -Natura di tassa di effetto equivalente ai dazi 
doganali -Esclusione. 

(Trattato CEE, artt. 13, n. 2, e 92-94). 

Comunit� europee -Ente pubblico -Attivit� -Normativa comunitaria rilevante. 
(Trattato CEE, artt. 37, 85, 86, 90, 92-94, 101 e 102). 

La stessa imposta non pu�, nel sistema del trattato CEE, appartenere 
simultaneamente alla categoria delle tasse di effetto equivalente 
ai dazi doganali ed a quella dei tributi interni, giacch�, mentre le tasse 
di effetto equivalente ai dazi doganali vanno puramente e semplicemente 
abolite, le imposte interne vanno invece applicate, ai sensi dell'art. 
95 del Trattato, in modo tale da escludere qualsiasi forma di 
discriminazione, diretta od indiretta, fra i prodotti nazionali ed i prodotti 
originari degli altri Stati membri. Non costituiscono quindi tasse 
di effetto equivalente ai dazi doganali gli oneri pecuniari che rientrano 
in un regime di tributi inte1�ni, gravanti tanto sui prodotti nazionali 
quanto su quelli importati, secondo gli stessi criteri (1). 

(1) Conf.: CoTte di giustizia, 16 .gdugno 1966, nella causa 57/65, LtiTTICHE, 
Racc., 219, v. pag. 228, e Foro it., 1966, IV, 185; 4 ,aprri1e 1968, nena causa 
25/67, MIPCH-FETT-UND EIER-KONTOR, Racc., 277, v. pag. 294, e Dir. scambi 
intern., 1968, 794; 4 apdle 1968, nella causa 27/67, FINK-FRUCHT, Racc., 297, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 677 

n contributo che rientra in un regime generale di t?�ibuti interni, 
gmvanti tanto sui prodotti nazionali quanto sui prodotti importati, 
secondo gli stessi criteri, pu� ci� nondimeno essere una tassa di effetto 
equivalente ad un dazio doganale all'importazione, quando sia esclu.sivamente 
destinato a finanziare attivit� che giovano in modo specifico 
al prodotto nazionale tassato (2). 

L'art. 13, n. 2, del trattato CEE produce, per la sua stessa natura, 
effetti diretti nei rapporti giuridici fra gli Stati membri e i loro cittadini, 
a partire dal 1� gennaio 1970 (applicandosi il diverso termine 

v. pag. 309, e Dir. scambi intern., 1968, 795; 22 ottobre 1974, nella causa 
27/74, DEMAG, Racc., 1037, v. pag. 1046. 
In particola!l'e, .el senso che � la nozione di tasse d'effetto equivalente 
non comprende i tributi che colpiscono nello sitesso modo, all'interno dello 
Stato, i prodotti nazionali similari o comparabili, o 1che quanto meno, in 
mancanza di prodotti del genere, rientrano nell'ambito di un tributo interno 
generale, ovvero ha lo scopo di compensare, entro i limiti previsti dal trattato, 
�tributi interni del .genere., cfr.: Corte di ,giustizia, 1 � luglio 1969, 
nella �causa 24/68, COMMISSIONE c. REPUBBLICA ITALIANA, Racc., 193, v. pagina 
201, e Foro it., 1969, IV; 119; 1� lugUo 1969, nelle cause 2f69 e 3/69, 
SOCIAL FONDS VOOR DE DIAMANTARBEIDERS, Racc., 2�l, v. ipag. 222, e Foro it., 
1969, IV, 114. . 

� stato anche p;recisato ch,e � l'art. 95 del trattato CEE non vieta agli 
Stati membri di colpire le importazioni da aUTi Stati membri �Con un tributo 
inta-no qualora non vi siano un p!t'odotto nazionale similare n� altri 
prodotti nazionali da prote.g.gere > (Corte di giustizia, 4 aprile 1968, nella 
causa 31/67, STIER, Racc., 313, e Dir. scannbi intern., 19i68, 799; v. pure, 
sempre a proposito di prodotti non in concorrenza, Corte di giustizia, 
4 aprile 1968, ne1'1a CaiUSa 20/67, KUNSTMUHLE TIVOLI, Racc., 266, e Dir. 
scambi intern., 1968, 79'2); ,cosi come � staito !I'ilevato che anche una imposizione 
interna che colpisse i prodotti importati in. misura maggiocre di 
quella dovuta per i prodotti nazionali :potrebbe solo ri1sultar.e in contrasto 
con gU artt. 95 e 97 del Trattato, � senza divenire per questo una tassa 
di effetto equivalente� (Corte di giustizia, 4 aprile 1968, nella causa 
25/67, ciit.). 

Nel senso che le nozioni del diritto fiscale interno degli Stati membri 
non costituiscono �criteri vincolanti, cfr.: CoDte di giustizia, 16 giugno 1966, 
nelle caus& 52/65� �e 55/65, REPUBBLICA TEDESCA c. COMMISSIONE, Racc., 345, 
e Foro it., 1967, IV, 1. 

(2) Negli stessi termini, e relativamente alla stessa questione di merito, 
dr.: Corte �di giustizia, 19 giugno 1973, neHa causa 77/72, GAPOLONGO, Racc., 
611, e Foro it., 1973, IV, 132. 
Il principio sembrerebbe derogare al cTiterio di cui alla prima massima, 
ma � stato in �effetti affermato nel rilievo che �un siffatto congegno tri


1

butado � infatti soltanto in apparenza un sistema d'imposte interne �; e 
l'avv. gen. Trabucchi anzi, nelle sue conclusioni, ha riferito la P�recedente 
sentenza !I'esa negli stessi termini � a un caso -di sostanziale frode deHa 
1egge: all'ipotesi cio� in cui il provento della tassa parafiscale applicata 
indiscriminatamente sui prodotti interni e importati, �sia -destinata in toto 
a beneficio esclusivo e specifico dello stesso prodotto nazionale tassato, con 

.........., , ,. � , , ��� �� �� �,. , , .-,. -�r.,. -�r -.,.,. ---� --� --� � � � � � � �.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.'.,'.-"����-�.�.�.�.�.�.�.�.�.�:.�.�.�:.�.:.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.'.�.�.�.�:�.�:�:<:�Z�Z>:':�'.".':".':".�'.�'.':':".:Z�Z".':�Z".':':::�'.�Z':�'.".�:>:::::: 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stabilito con la decisione del Consiglio 26 luglio 1966 soltanto ai dazi 
doganali in senso stretto ed alle restrizioni quantitative) (3). 

La circostanza che un contributo riscosso da un'O Stato membro 
sia utilizzato per finanziare un sistema di sovvenzioni ritenuto incompatibile 
col trattato CEE non consente, in s� e per s�, d'attribuire a 

la conseguenza che l'incidenza del tributo su di esso si trover� compensato 
dal vantaggio specifico che lo stesso ne ritrae �. 

Nel merito, era stato gi� nella pvecedetnte decisione rtlevato, in coerenza 
con un costante orientamento, che � questa Corte, dovendo Umitarsi ad 
interpretare il di:ritto comunitario, non !pU� sindacare i provvedimenti n� 
l�e norme di diritto nazionale, anche 1se ci� implica i:l rischio che la sua 
pronuncia non aderisca pedettamente al caso �concreto �; e nella sentenza 
in <rassegna � �stato ribadito che � spetta al giudice nazionale stabilire in 
concreto, sulla base dei criteri giuridici sopra �enunciati, se l'Olllere controverso 
rappresenti una tassa d'effetto equivalente ad un dazio doganale 
oppure un'imposta intel'na ai sensi dell'art. 95 �. 

Da rilevare �che la Corte ha :ritenuto di non poter valutare la compatibilit� 
del COIIltributo in discussione con le noit"Ine sul divieto delle mi�sure 
di effetto equiv~1ente a restrizioni quantitative, 1per aver constatato �che 
il giJUdice nazionale non ha chiesto alla Corte di pronunciarsi su tali aspetti 
deHa situazione�: considerazione che conferma, per il riferimento a questioni 
gi� in discussione nella causa di merito �e tuttavia non espressamente 
proposte nel provvedimento di rinvio, la necessit� di limitaLre il giudizio 
di interpretazione ai isoli quesiti formulati dal giudice nazionale (e la esclusiva 
�competenza di tale giudice ad individuare �le questioni rilevanti ai 
fini deHa decisione), ma che va �coordinata, peraltro, con il noto rp<rincipio 
sulla possibilit�, per la Corte di giustizia, di fornire al giudice nazionale 
elementi di interpretazione di diritto comunitario utili alla valutazione degli 
effetti deUe norme di diritto interno. 

(3) Conf.: Corte di giustizia, 19 giugno 1973, nella causa 77/72, CAPOLONGO, 
R4acc., �611, v. pa�g. 622, �e Foro it., 1973, IV, 132; 7 marzo 1972, nella 
causa 84/71, MARIMEX, Racc., 89, e Foro it., 1972, IV, 143; 17 dicembre 1970, 
nella causa 33/70, SAcE, Racc., 1213, e Foro it., 1971, IV, 97. 
In tema di tasse di effetto equivalente ai dazi doganali ed oneri parafiscali, 
dr.: Corte �di giustizia, 26 fobb!raio 1975, nella causa 63/74, CADSKY, 
Racc., 281; 23 gennaio 1975, nella causa 51/74, VAN DER HuLsT's ZoNEN, 
Racc., 79; 22 ottobre 1974, nella causa 27/74, DEMAG, Racc., 1037; 13 dicembre 
1973, nelle cause 37/73 e 38/73, SoCIAL FONDS VOOR DE DIAMANTARBEIDERS, 
Racc., 1609, e Foro it., 1974, IV, 150; 11 ottobl'e 1973, nella caus�a 39/73, R.EwEZENTRALFINANZ, 
Racc., 1039, e Foro it., 1974, IV, 50; 10 ottobre 1973, nella causa 
34/73, VARIOLA, Racc., 981, e Foro it., 1974, IV, 60; 12 luglio 1973, nella 
causa 2/73, GEDDO, Racc., 865, e Foro it., 1974, IV, 11; 19 �g1ugno 1973, nella 
causa 77/72, CAPOLONGO, cit.; 14 dicembre 1'972, nella causa 29/72, MARIMEX, 
Racc., 1309, e Foro it., 1973, IV, 29; 7 marzo 1972, nella causa 84/71, MARIMEX, 
cit.; 14 dkembre 1971, nella causa 43/71, POLITI, Racc., 1039, e Foro it., 1972, 
IV, 145; 26 ottobre 1971, nella causa 18/71, EuNoMIA, Racc., 811, e Foro it., 
1972, IV, 162; 17dicembre1970, nella �causa 33/70, SACE, cit.; 18 novembre 1970, 
nella causa 8/70, COMMISSIONE c. REPUBBLICA ITALIANA, Raoc., 9�61, e Foro it., 
1971, IV, 88; 1 o luglio 1969, nel1e cause 2/69 e 3/69, SoCIAL FONDS VOOR DE 
DIAMANTARBEIDERS, cit.; 1 o lug1io 1969, nella causa 24f68, COMMISSIONE c. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 679 

detto contributo il carattere di tassa d'effetto equivalente ad un dazio� 
doganale (4). 

Le attivit� di un ente pubblico, anche se autonomo, sono disciplinate 
dagli artt. 37, 90, 92-94, 101 e 102 del trattato CEE, e non gi� 
dagli artt. 85 e 86, perlomeno nella misura in cui tale ente agisca 
nell'interesse pubblico e senza finalit� imprenditoriali (5). 

(Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 14 novembre 1974, pervenutq. 
in cancelleria il 16 dicembre 1974, il Pretore di Abbiategrasso 
ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato e.E.E., 
varie questioni vertenti sull'interpretazione degli artt. 13, n. 2, 85 ed 86 
del Trattato. 

Le questioni sono state sollevaste nell'ambito di un'azione giudiziaria 
promossa dalla ricorrente nella causa principale contro l'Ente Nazionale 
per la Cellulosa e per la Carta (E.N.C.C.) con riferimento ai 
contributi riscossi da quest'ultimo, in forza delle leggi 13 giugno 1940, 

n. 868 (Gazzetta Ufficiale 22 luglio 1940, n. 170) e 28 marzo 1956, n. 168 
(Gazzetta Ufficiale 3 aprile 1956, n. 79), su carta e prodotti affini, provenienti 
da altri Stati membri della Comunit� e posti in commercio in 
Italia. 
Sulla nozione di tasse d'effetto equivalente a dazi doganali. 

Con la prima questione si chiede d'interpretare la nozione di �tasse 
d'effetto equivalente a dazi doganali� (art. 12, n. 3, del Trattato), con 
riferimento ad una tassa quale il contributo riscosso dall'E.N.C.C. all'atto 

REPUBBLICA ITALIANA, dt.; 16 giugno 196,6, nel1e cause 5'2/65 e 55/65, REPUBBLICA 
TEDESCA c. CoMMISsIONE, cit.; 14dicembre1962, neHe cause 2/62 e 3/62, 
COMMISSIONE c. GRANDUCATO DEL LUSSEMBURGO E REGNO DEL BELGIO, Racc., 
791, e Foro it., 1963, I, 849. 

(4) Il principio risulta coerente con il criterio di cui alla prima massima, 
e ribadisce il differente ambito di operativit�, rispettivamente, degli artt. 13, 
n. 2, 92 e segg., e 95 del trattato CEE. 
(5) Del principio, di: evidente 1esarttezza, non constano rprecedenti in 
termini. SIU.lle 'limitazioni imposte dagli Mtt. 85 e 86 del trattato CEE, ed 
in .genere in tema di concorrenza, cfr.; Corte di giustizia, 15 maggio 1975, 
nena causa 71/74, FRuBo; 14 maggio 1975, nelle cause 19/74 e 20/74, KALI 
UND SALZ; 31 ottobre 1974, nella causa 15/74, CENTRAFARM, Racc., 1147; 
31 ottobre 1974, nella causa 16/74, CENTRAFARM, Racc., 1183; 30 aprile 1974, 
nella causa 155/73, SACCHI, Racc., 409, ,e in questa Rassegna, 1974, I, 1347; 
27 marzo 1974, nella causa 127/73, SABAM, R(acc., e in Foro it., 1974, IV, 312; 
6 marzo 1974, nelle cause 6/73 e 7/73, Ic1, Racc., 223, e in questa Rassegna, 
1974, I, 569; 16 gennaio 1974, nella causa 127/73, SABAM, Racc., 51, ,e in questa 
Rassegna, 1974, I, 116, con nota di xichiamo ai precedenti sulla interpret1azione 
.degli artt. 85 e 86 del trattato CEE (pagg. 128-129). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~ 

della messa in commercio di carta, cartone e cellulosa importati e tenendo 
conto, sia delle modalit� di riscossione del contributo stesso, sia della ~ 


I i: 

destinazione del suo gettito. 
Per l'interpretazione di cui sopra sembra utile ricordare che il {: 
contributo lirtigioso presenta le tre seguenti caratteristiche: 

1: 
-� percepito da un ente pubblico autonomo, senza finalit� impr,en(: 
f: 
ditoriali; ! 
-grava, indistintamente, tanto sui prodotti nazionali quanto sui 
prodotti importati; 
-serve, col suo gettito, a finanziare determinate iniziative di svi


lI

luppo e di ricerca nel settore della produzione di carta e di cellulosa, 
bench� le maggiori sovvenzioni riguardino la carta da giornale, prodotto 
esente dal contributo stesso. 

I 

Dalla sentenza 19 giugno 1973, cui si richiama il giudice nazionale, 
risulta che il divieto di cui all'art. 13, n. 2, si riferisce a qualsiasi tributo 

I 

riscosso in occasione o in ragione dell'importazione il quale, colpendo 

I

specificamente la merce importata, ad esclusione della merce nazionale 

!

similare, ne alteri il costo ed abbia quindi sulla libera circolazione delle 
merci la stessa influenza restrittiva di un dazio doganale. ~ 
Per poter valutare se il congegno fiscale creato dalle suddette leggi j 

t 

sia compatibile con il Trattato, il giudice nazionale ha chiesto alla i 

{: 
Corte di precisare la nozione di �<tasse d'effetto equivalente a dazi l 
f 
doganali� enunciata nella sentenza 19 giugno 1973 (causa 77/72, Capo" 
f: 
2 
longo, Racc. 1973, pag. 611), di chiarire se l'art. 13, n. 2, che abolisc~ 
i 

1

le predette tasse, abbia efficacia diretta e di indicare la data a partire ~ 
da cui tale efficacia possa eventualmente essere invocata, di determinare ~ 
infine, sotto certi aspetti, la sfera d'applicazione delle norme sulla con! 
correnza contenute negli artt. 85 ed 86. 

I

� qui opportuno ricordare che, con un comunicato pubblicato sulla 
Gazzetta Ufficiale delle Comunit� Europee in data 26 settembre 1972 
(Gazzetta Ufficiale n. C 98, pag. 1), la Commissione aveva instaurato, 
ai sensi dell'art. 93, n. 2, del Tra<ttato, un procedimento amministrativo I 
avente ad oggetto il sistema italiano di sovvenzioni, gestito dall'E.N.C.C. 
e finanziato mediante la tassa parafiscale riscossa su determinati tipi 

l 

di carta e di cartone, nonch� sulla cellulosa. 
Al termine dell'inchiesta da essa condotta la Commissione ha pre


lI

teso che il sistema di sovvenzioni fosse modificato. La Repubblica Italiana 
ha accettato le modifiche, come risulta da una nota della Com


I 

missione al governo italiano in data 20 novembre 1974. 

I 

Nella predetta nota la Commissione constata che �le modifiche I 
apportate dalle autorit� italiane al regime in questione rendono queI 
st'ultimo compatibile con le disposizioni del Trattato in materia di 
aiuti�. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

La controversia pendente dinanzi al Pretore di Abbiategrasso riguarda 
-conviene ricordarlo -il periodo anteriore alla modifica del 
regime controverso. 

La circostanza che il contributo sia riscosso da un ente pubblico 
autonomo, anzich� dallo Stato medesimo, e che sia utilizzato dal predetto 
ente per gli scopi previsti dalla legge � priva di rilievo ai fini 
di stabilire se l'onere fiscale in questione costituisca una tassa d'effetto 
equivalente a dazi doganali: il divieto di cui all'art. 13, n..2, � collegato 
esclusivamente agli effetti di tali oneri, non gi� alle modalit� di 
riscossione. 

Il fatto che l'onere gravi indistintamente sui prodotti nazionali e 
sui prodotti originari da altri Stati membri solleva invece la questione 
del se la tassa in esame sia colpita dal divieto di cui all'art. 13, n. 2, 
oppure dal divieto di discriminazione nelle imposizioni interne enunciato 
dall'art. 95 del Trattato. 

La stessa imposta non pu�, nel sistema del Trattato, appartenere 
simultaneamente ad entrambe le categorie sopra citate, giacch�, mentre 
le tasse contemplate dall'art. 12, n. 3, vanno puramente e semplicemente 
abolite, le imposte interne vanno invece applicate, ai sensi dell'art. 95, 
in modo tale da escludere qualsiasi forma di discriminazione, diretta 
od indiretta, fra i prodotti nazionali ed i prodotti originari degli altri 
Stati membri. 

Non costituiscono tasse d'effetto equivalente gli oneri pecuniari 
che rientrano in un regime generale di tributi interni, gravanti tanto 
sui prodotti nazionali quanto su quelli importati, secondo gli stessi criteri. 

Il discorso � tuttavia diverso per i contributi riscossi soltanto su 
determinati prodotti e destinati esclusivamente a finanziare attivit� che 
giovano in modo specifico ai prodotti nazionali tassati, i quali vedono 
cos� compensato, in tutto o in parte, il relativa onere fiscale. 

Un siffatto congegno tributario � infatti soltanto in apparenza un 
sistema d'imposte interne; in realt�, esso pu�, a causa della sua natura 
protezionistica, essere considerato come una tassa d'effetto equivalente 
a dazi doganali, vietata dall'art. 13, n. 2. 

La qualificazione di cui sopra presuppone tuttavia che sia ben 
accertato il collegamento fra la riscossione d'un onere fiscale gravante 
indistintamente su tutti i prodotti interessati, da una parte, e la destinazione 
del suo gettito ad esclusivo beneficio dei prodotti nazionali, 
dall'altra. 

La prima questione va perci� risolta nel senso che il contributo 
che rientra in un regime generale di tributi interni, gravanti tanto sui 
prodotti nazionali quanto sui prodotti importati, secondo gli stessi criteri, 
pu� cionondimeno essere una tassa di effetto eQuivalente ad un 
dazio doganale all'importazione, qualora sia esclusivamente destinato a 


682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

finanziare attivit� che giovano in modo specifico al prodotto nazionale 
tassato. 

Con la seconda qustione si chiede se l'art. 13, n. 2, sia direttamente 
efficace e generi in capo ai singoli un diritto soggettivo a non essere 
colpiti dai tributi da esso vietati. Si chiede, inoltre, se tale diritto, ove 
effettivamente esistente, sia sorto alla scadenza del periodo transitorio, 
cio�.il 31 dicembre 1969, oppure gi� alla data dell'abolizione dei dazi 
doganali intracomunitari, cio� il 1 � luglio 1968. 

Le suddette qomande presuppongo che il contributo in esame venga 
considerato una tassa d'effetto equivalente. 

Considerato che spetta al giudice nazionale stabilire in concreto, 
sulla base 'dei criteri giuridici sopra enunciati, se l'onere controverso 
rappresenti una tassa d'effetto equivalente ad un dazio doganale oppure 
un'imposta interna ai sensi dell'art. 95, sembra opportuno, per coprire 
tutte le ipotesi possibiil, risolvere anche i problemi di cui sopra. 

Come questa Corte ha gi� precisato nella sentenza 19 giugno 1973, 
cui si richiama il giudice proponente, l'art. 12, n. 3, �, per sua natura, 
perfettamente idoneo a produrre direttamente effetti nei rapporti giuridici 
fra gli Stati membri e i loro cittadini. 

Con riserva di eventuali disposizioni particolari, tale idoneit� s'� 
prodotto alla scadenza del periodo transitorio, cio� a partire dal 1 � gennaio 
1970. 

In effetti, la decisione del Consiglio 26 luglio 1966, relativa all'abolizione 
dei dazi doganali e parallela alla messa in opera della tariffa 
doganale comune in data 1 � luglio 1968 (Gazzetta Ufficiale, pag. 2971), 
si fonda sull'idea di accelerare lo sviluppo di alcune, ben determinate, 
iniziative che dovevano, nel loro complesso, essere portate a termine entro 
il periodo transitorio. 

Tali essendone i presupposti, la decisione test� citata si applica 

soltanto ai provvedimenti da essa espressamente richiamati, cio� ai dazi 

doganali in senso stretto ed alle restrizioni quantitative. 

La seconda questione va perci� risolta nel senso che l'art. 12, n. 3, 

non pu�, in generale, essere invocato con riguardo a situazioni ante


riori al 1 � gennaio 1970. 

La ricorrente nella causa principale sottopone poi a numerose cri


tiche il regime vigente in Italia per l'importazione di carta, cartone 

e .cellulosa. 

Il sistema fiscale applicato in forza delle leggi italiane vigenti nel 

settore discriminerebbe i prodotti provenienti dagli altri Stati membri, 

mentre l'interposizione dell'E.N.C.C. limiterebbe gli scambi in misura 

tale da togliere al commercio intracomunitario ogni possibilit� pratica 

d'essere presente sul mercato italiano. In particolare, le modifiche intro


dotte nella legislazione italiana su richiesta della Commissione prove




PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

rebbero che, perlomeno prima degli adeguamenti sollecitati dalle autorit� 
comunitarie, il predetto sistema era incompatibile con le norme del 
Trattato in materia di aiuti statali. Il contributo destinato a consentirne 
il funzionamento dovrebbe pertanto essere considerato come una tassa 
proibita dal Trattato. 

La circostanza che un contributo riscosso da uno Stato membro sia 
utilizzato per finanziare un sistema di sovvenzioni ritenuto incompatibile 
col Trattato non consente, in s� e per s�, d'attribuire a detto contributo 
il �arattere di tassa d'effetto equivalente ad un,, dazio doganale. 

Del resto, per quanto possano essere seri i d1:1bbi sulla compatibilit� 
con il Trattato del regime controverso e dell'intervento dell'E.N.C.C. 
nel commercio intracomunitario, specialmente dal punto di vista del 
divieto di misure d'effetto equivalente a restrizioni quantitative, bisog\
la constatare che il giudice nazionale non ha chiesto alla Corte di 
pronunziarsi su tali aspetti della situazione. 

Nonostante gli accenni del giudice proponente al. principio della 
libera circolazione delle merci, all'obiettivo della fusione dei .diversi 
mercati nazionali in un solo mercato ed all'eliminazione da parte del 
Trattato di qualsiasi forma di discriminazione, l'ordinanza di rinvio non 
contiene al riguardo questioni sufficientemente precise, che permettano 
alla Corte di pronunziarsi sulle obiezioni sollevate dalla ricorrente nella 
causa principale. Dette obiezioni non possono quindi venir prese in 
esame nel presente procedimento. 

Sulla disciplina della conco1�renza. 

Con la terza questione si chiede, in sostanza, se la ripartizione 
degli oneri e dei vantaggi fra gli importatori di carta, cartone e cellulosa, 
da una parte, ed i produttori od utilizzatori nazionali degli stessi 
prodotti, dall'altra, come pure l'intervento dell'E.N.C.C. nell'ambito di 
tale ripartizione, non violi le norme sulla concorrenza contenute negli 
artt. 85 ed 86 del Trattato. 

Il Trattato contiene, oltre alle norme sulla concorrenza fra le imprese, 
in cui rientrano gli artt. 85 _ed 86 citati dal giudice proponente, 
un insieme di varie disposizioni relative alle distorsioni della concorrenza 
che possono essere provocate dall'intervento degli Stati. 

In questa seconda categoria di norme rientrano, precisamente, l'art. 
90, nella parte in cui instaura un regime particolare a favore delle 
imprese incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale 
o aventi carattere di monopolio fiscale, gli artt. 92-94, concernenti 
gli aiuti concessi dagli Stati, gli artt. 101 e 102, relativi alle distorsioni 


684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

00 

derivanti da norme di diritto pubblico atte a falsare le condizioni di 

IID

concorrenza sul mercato comune, ed infine l'art. 37, concernente i mo


nopoli statali a carattere commerciale. 

Le attivit� d'un ente pubblico, anche se autonomo, sono disciplinate 
dalle sudde,tte disposizioni e non gi� dagli artt. 85 ed 86, perlomeno 
nella misura in cui tale ente agisca nell'interesse pubblico e senza finalit� 
imprenditoriali. 

Spetta ai singoli amministrati� ed ai giudici nazionali di adottare 
le iniziative necessarie quando lo Stato od enti pubblici autonomi violino 
norme direttamente efficaci nell'ordinamento giuridico interno. Incombe, 
inoltre, alla Commissione l'obbligo di vegliare affinch� le autorit� nazionali 
rispettino le norme del Trattato in materia di concorrenza. 

La terza qu_estione va perci� risolta nel senso che, conformemente 
al sistema del Trattato, gli artt. 85 ed 86 non si possono applicare ad 
attivit� del tipo considerato nella questione ste_ssa. -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
S{J QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) 


1 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 luglio 1974, n. 2003 -Pres. Rossano 
-Rel. Palazzolo -P. M. Cutrupia (concl. conf.) -Amministrazione 
dell'Interno (avv. Stato Azzariti) c. Rizzo Umberto ed altri 
(avv.ti Astolfi e Stolfi). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 apri�e 1975, n. 1406 -Pres. Stella 
Richter -Rel. Bacconi -P. M. Di Majo (con!Cl. conf.) -Mazza 
(avv. Vitaliani) c. Ambuck ed altri (avv.tii Vitali ed Astolfi) e Rizzo 
ed altri (n.c.). 

Competenza e giurisdizione � Igiene e sanit� pubblica: servizio farmaceutico 
� Obbligo dei farmacisti di fornire gratuitamente od a credito i 
medicinali � Disposizione di legge: necessit� � Ordinanza prefettizia �x 
art. 2 della legge di pubblica sicurezza � Illegittimit� per carenza di 
potere � Azione di risarcimento: giurisdizione dell'A.G.O. 

(cast. art. 28; I. 20 marzo 1865, all. E, art. 2). 

L'ordinanza prefettizia, e-manata ai sensi dell'art. 2 t.u. di pubblica 
sicurezza, deve essere compatibile con i principi dell'ordinamento giuridico 
e non pu�, comunque, incidere in materie per le quali operi una 
riserva di legge. Pertanto, poich� solo una disposizione di legge potrebbe 
obbligare i farmacisti a fornire gratuitamente od a credito i 
medicinali da essi acquistati dalle industrie farmaceutiche o dai grossisti, 
l'ordinanza prefettizia con la quale, in assenza di tale norma, 
venga imposto a farmacisti il suddetto obbligo, � emessa in carenza 
di potere e, ricorrendo tutti i presupposti soggettivi ed oggettivi del


(*) Alla vedazione delle massime e delle note di questa sezione ha 
collaborato anche l'avv. CARLO CARBONE. 


686 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

l'illecito, d� luogo ad un'azione di risarcimento nei confronti della P.A., 

I 

da proporsi dinanzi al giudice ordinario (1). 

lif 

~�'.� 

(1) Le due sentenze, di cui non constano precedenti, sono da inquadrare 
nella ormai consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite che assume 
I f:! 

a crit~rio discriminativo delle giurisdizioni quello della � mancanza di 
potere � o, viceversa, quello dello � scorretto esercizio � del potere medesimo. 


La prima delle due sentenze (n. 2003 del 1974) � pubblicata nella 
Rass. dir. farmaceutico, 1974, 503. 


Circa il fatto pu� esse1re ricordato che i farmacisti di Milano 
avevano rifiutato, a causa delle inadempienze dell'INAM, di eseguire la 
convenzione per la fornitma dei medicinali agli assistiti; H Prefetto aveva 


I

ordinato di evadere regolarmente le prescrizioni degli enti mutualistici 
emettendo l'ordinanza prevista nel citato art. 2 del T.U. di pubblica si1' 
curezza. 
Il tribunale di Milano aveva declinato la giurisdizione, mentre la Corte 
d'appello era pervenuta ad opposta conclusione. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 ottobre 1974, n. 2531 -Pres. 
Pece -Rel. Palazzolo -P. M. Di Majo (conci. diff.) -Ministero Difesa 
(avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Da Molin (n.c.). 


Competenza e giurisdizione � Regolamento di giurisdizione: in genere � Contestuale 
proposizione di domanda principale e cautelare � Contestazione 
della giurisdizione per la sola domanda cautelare � Regolamento preventivo: 
ammissibilit�. 


(artt. 37 e 41 c.p.c.). 

Competenza e giurisdizione � Leva militare � Dispensa � ,Provvedimento del 
consiglio di leva: natura � Sospensione cautelare: possibilit� � Concessione 
della dispensa in concreto: atto vincolato. 


(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 39; d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, art. 91). 
� ammissibile il regolamento di giurisdizione proposto da chi, senza 
negare la giurisdizione del giudice adito in ordine alla domanda principale, 
la contesta limitatamente ad una domanda cautelare inserita 
nello stesso processo; in tal caso il compito delle Sezioni Unite della 
Suprema Corte � rivolto ad accertare la fondatezza dell'istanza di regolamento 
per escluderla, ove sussista, fra le due domande, il vincolo 
strumentale determinato dalla identit� della tutela giuridica con esse 
perseguita (1). 


(1-2) Con la decisione in rassegna sono stati riesaminati dalle Sezioni 
Unite i problemi che erano gi� stati decisi in senso conforme con le precedenti 
decisioni nn. 2731, 2732 del 1973. 




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DJ: GIURISDIZIONE 687 

Il p1�ovvedimento del Consiglio di leva che rigetta una domanda 
di dispensa dal servizio militare non pu� confi,gurm�si come provvedimento 
negativo risolvendosi in un'attivit� positiva della P.A. diretta 
ad assoggettare il cittadino al servizio militare; di tale provvedimento 
� possibile la sospensione cautelare; esercitata che sia, in astratto, con 
il bando di chiamata al servizio di leva da parte del Ministro la facolt� 
di dispensare i giovani che si trovano in determinate condizioni previste 
dalla legge, la concessione in concreto della dispensa equivale ad 
un esonero e costituisce per la P.A. un atto vincolato (2). 

Tali decisioni sono pubblicate in Giur. it. �1974,_ I, 1, 905 e Foro it. 
1974, I, 101. 

Ferma restando la c.d. �individuazione�, resta confermato, in generale, 
il principio secondo il quale non sono soggetti a sospensione gli atti negativi 
-di amministrazione attiva o di controll� -perch� tali atti non comportano 
alcun f.acere della P.A., onde non si giustificherebbe un'istanza 
di sospensione che pu� essere indirizzata soltanto a paralizzare l'attivit� 
positiva dell'Amministrazione stessa che si assuma essere pregiudizievole 
ed illegittima. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 novembre 1974, n. 3664 -Pres. 
Pece -Rel. La Torre -P. M. Pedace (concl. conf.) -Ministero della 
Pubblica Istruzione (avv. Stato Terranova) c. Pellettieri (avv. d'Abbiero). 


Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Impiego 
pubblico � Annullamento del provvedimento disciplinare -Ritardo 
nella corresponsione degli stipendi -Risarcimento del darino: 
giurisdizione dell'A.G.O. 

(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 30). 
Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Impiego 
pubblico � Condotta illegittima del superiore gerarchico: risarcimento 
del danno -Giurisdizione dell'A.G.O. 

(art. 2043 e.e.; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2; r.d. 5 febbraio 1928, n. 577). 

Attiene ad una questione relativa a diritti patrimoniali conseguenziali, 
riservata alla competenza giurisdizionale dell' A.G.0. la controversia 
avente ad oggetto il rism�cimento dei danni derivanti dal ritardo 
nella corresponsione dello stipendio ad un pubblico dipendente causato 
da un provvedimento disciplinare poi annullato dal giudice ammiriistrativo 
(1). 

(1) La prima massima trova il suo specifico precedente nella decisione, 
citata in motivazione, Cass. sez. un., 11 ottobre 1971 n. 2833 in questa 
Rassegna 1972, I, 2, pag. 385, nota. 

688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Appartiene alla giurisdizione m�dinaria in quanto diretta alla tutela 

! .

I

di una posizione astrattamente configurabile come diritto soggettivo, 
la domanda proposta dal pubblico impiegato avente ad oggetto la condanna 
della P.A. al risarcimento dei danni per iL. fatto del proprio 
superiore gerarchico che, nell'esercizio delle sue funzioni, abbia riferito 
alle autorit� ministeriali notizie false od esagerate, lesive del diritto al 
decoro ed alla reputazione dell'impiegato medesimo (2). 

I

(2) Sulla seconda massima non constano precedenti in termini anche 
se nel caso di specie la Suprema Corte ha applicato principi ormai consolidati 
in tema di qualificazione delle domande -c.d. � petitum sostanziale 
� -in particolare, ravvisando tale � petitum � nell'ingiusta e delitI


tuosa condotta del superiore gerarchico, concretante i reati di abuso d'ufficio 
e di diffamazione. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 novembre 1974, n. 3806 -Pres. 
Stella-Richter -Rel. Bacconi -P. M. Tavolaro (conci. conf.) -Corte 
dei conti (avv. Stato Carafa) c. Pacia nonch� Regione Friuli-Venezia 
Giulia (avv. Carbone). 

Competenza e giurisdizione -Corte dei Conti: atti di controllo -Sindacato 
giurisdizionale: esclusione. 
(cost., art. 111; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 26, 27, 29; r.d. 12 luglio 1934, 

n. 1214, artt. 1.3, 17). 
Procedimento civile � Ricorso per cassazione � Legittimazione attiva della 
Corte dei Conti. 
(cod. proc. civ., art. 75). 


Gli atti di controllo della Corte dei Conti sono sottratti a qualsiasi 

sindacato giurisdizionale (1). 

La Corte dei Conti, sebbene normalmente non le si possa ricono


scere la legittimazione ad agire in giudizio, � tuttavia legittimata a 

proporre ricorso per cassazione contro la decisione emessa nei suoi con


fronti dal Consiglio di Stato (2). 

(1-2) La motivaizone dell'importante decisione � pubblicata in Foro it. 
1975, I, 36, nota di M. GAGLIARDI; cfr. altres� in Giust. civ. 1975, I, 784 
annotata, sia per l'aspetto della legittimazione, sia per l'impugnabilit� degli 
atti di controllo della Corte dei conti rispettivamente da A. MASCIA e 


L. GIAMPAOLINO. La vicenda traeva origine dalla decisione Cons. Stato, 
sez. IV, 2 maggio 1972, n. 501 in questa Rassegna 1972, I, 1028; ivi cfr. 
R. CARAFA, Insindacabilit� in sede giurisdizionale degli atti della Corte 
dei conti. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 689 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1975, n. 1760 -Pres. 
Boccia -Rel. Corasaniti -P. M. (eone!. diff.) -Azzi (avv.ti Guerra, 
Paneri) c. Comune di Torino (avv. Vecchione) nonch� c. Ministero 
LL.PP. (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Competen.za e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa � 

Edilizia � Piani regolatori generali � Vincoli urbanistici: imposizione 

senza indennizzo -Diritto soggettivo. 

(1. 19 D:ovembre 1968, n. 1187, art. 2; I. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 7, 40). 
Rientra nella competenza giurisdizionale dell'AGO la domanda del 
privato che deduca l'illegittimit� di vincoli da considerare sostanzialmente 
espropriativi in quanto imposti senza indennizzo; infatti la previa 
determinazione dell'indennit�, condiziona l'esistenza del potere 
espropriativo incidendo su posizioni giuridiche di diritto soggettivo (1). 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

(Omssis). -Il ricorso che qui si prende in esame � quello diretto 
contro la sentenza con la quale. la Corte di Appello di Torino ha dichiarato 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda 
dell'odierno ricorrente Giuseppe Azzi avente per oggetto il risarcimento 
dei danni, che egli assume a lui derivati -dai vincoli sostanzialmente 
espropriativi imposti senza indennizzo a un suo terreno dal Piano regolatore 
di Torino in base al combinato disposto degli artt. 7 e 40 della 
legge urbanistica n. 1150 del 1942 dichiarato illegittimo con sentenza 
della Corte Costituzionale n. 55 del 1968 e conservati, a suo dire con 
violazione di norme costituzionali, dalla legge 19 novembre 1968 e 
conservati, a suo dire con violazione di norme costituzionali, dalla 

(1) L'importante decisione, di cui si pubblica la motivazione, ha anzitutto 
rilievo per l'affermazione con la quale � stata dichiarata manifestamente 
infondata, con riferimento agli artt. 3, 42, 136 Cost., la questione 
di legittimit� costituzionale della legge 19 novembre 1968 n. 1187, nella 
parte in cui consente di imporre, con il piano regolatore generale, vincoli 
urbanistici senza previsione d'indennit�. 
Per quanto riguarda lo specifico problema dibattuto in causa, -relativo 
al criterio di discriminazione giurisdizionale -, esso � stato risolto 
in base al noto orientamento delle Sezioni Unite secondo cui la mancanza 
di predeterminazione legale dell'indennit� non pu� configurarsi come scorretto 
esercizio del potere espropriativo (norma d'azione-interesse legittimo). 
Cfr. Cass. sez. un. 18 settembre 1970, n. 1569, citata in motivazione. 

In dottrina, per interessanti notazioni critiche sul ricorrente tema 
autorit�-libert� che 1'Autore sta da tempo condu�endo in fattispecie diverse, 
cfr. G. DE FINA, � Diritto all'indennit� del privato e potere espropriativo 
della P.A. nei procedimenti ablativi � in Giust. civ. 1975, I, 1271. 

6 



690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 19 novembre 1968, n. 1187 -nel periodo successivo all'entrata 
in vigore della detta legge. 

Con distinta pronuncia viene in pari data deciso anche l'altro ricorso, 
diretto contro la sentenza con la quale la stessa Corte d'Appello 
ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda 
dell'Azzi avente per oggetto il risarcimento dei danni a lui derivati 
dai detti vincoli nel periodo anteriore all'entrata in vigore della 
legge n. 1187 del 1968. 

Con l'unico, complesso mezzo di annullamento deduce anzitutto il 
ricorrente che la Corte del merito ha errato per avere affrontato e 
risolto il problema della giurisdizione disconoscendo la pregiudiziale 
rilevanza, rispetto a tale problema, delle prospettate questioni di legittimit� 
costituzionale della legge n. 1187 del 1968. Le quali -egli 
osserva -erano state da lui sollevate (e lo sono ancora oggi) al fine 
di far dichiarare dalla Corte Costituzionale l'illegittimit� della legge 
in quanto attributiva ai vincoli imposti con i piani regolatori, specie 
quelli preesistenti, di efficacia degradatrice delle situazioni giuridiche 
dei proprietari dei terreni vincolati da diritto soggettivo e interesse 
legittimo e quindi di far riconoscere, stante l'inapplicabilit� della legge 
se dichiarata incostituzionale, che la consistenza di diritto soggettivo 
delle dette situazioni giuridiche � rimasta in realt� immutata, e che, 
conseguentemente, spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla 
domanda da lui proposta. 

Il rilievo del ricorrente, in s� considerato, � esatto. Invero la sen


tenza impugnata ha ritenuto che la situazione giuridica dedotta dal


l'attore nel presente giudizio sarebbe da qualificare in ogni caso di 

interesse legittimo, per ci�, che l'Azzi, lamentando l'illegittimit� dei 

vincoli sostanzialmente espropriativi imposti senza indennizzo, avrebbe 

fatto valere lo scorretto esercizio e non gi� l'inesistenza del potere abla


torio. Ma l'affermazione � ancorata ad una tesi che questa Corte su


prema ha gi� respinto (sent. n. 1569/70) e non pu� che respingere 

ancora. Infatti la predeterminazione legale dell'indennizzo costituisce 

un limite posto al potere espropriativo della Pubblica Amministrazione, 

limite la cui osservanza condiziona l'esistenza stessa del potere espro


priativo e la cui man�ata osservanza incide quindi su un diritto sog


gettivo. Ch� se il limite cosi posto dalla stessa Costituzione a garanzia 

del diritto soggettivo sia rimosso con legge, la quale in tal modo sna


turi il diritto ad interesse legittimo, la dichiarazione di illegittimit� 

costituzionale della legge importa che la situazione giuridica sia restau


rata pienamente nella sua originaria consistenza di diritto soggettivo 

ai fini della giurisdizione (cfr. sentenze di questa Suprema Corte nu


meri 556/67, 448/70 e 1773/72, quest'ultima costituente precedente 

specifico). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 691 

Tuttavia l'errore della Corte d'Appello non implica senz'altro l'accoglimento 
del ricorso, giacch� pu� risultare privo di efficienza causale 
-e quindi essere eliminato mediante correzione della motivazione 
ai sensi dell'art. 384 c.p.c. -ove la decisione sulla giurisdizione si 
appalesi per altro verso conforme a diritto: vale a dire ove le prospettate 
questioni di legittimit� costituzionale della legge n. 1187 del 1968, 
pur essendo rilevanti, appaiono manifestamente infondate. 

Decidendo l'altro ricorso dell'Azzi, di cui sopra si � fatto cenno, 
queste Sezioni Unite hanno affermato che la detta legge, allorch� fissa 
una certa durata anche ai vincoli sostanzialmente espropriativi imposti 
con i Piani regolatori preesistenti, considera tali Piani alla stregua di 
manifestazioni di un potere (ablatorio) operanti ex nunc (recte: connette 
ai detti Piani, ex nunc, l'efficacia propria degli atti di esercizio 
di un potere) e quindi imprime sempre ex nunc alle situazioni giuridiche 
da essi coinvolte il carattere di interessi legittimi. Ci� lo stesso 
ricorrente, come si � visto, non contesta, ed anzi presuppone allorch� 
postula la rilevanza delle prospettate questioni di illegittimit� costituzionale 
della legge n. 1187 del 1968, che egli solleva appunto come 
mezzo al fine di far riconoscere, previa dichiarazione della illegittimit� 
da parte della Corte costituzionale, restaurata consistenza di diritto soggettivo 
anche alla situazione giuridica da lui dedotta in questa causa. 
Delle cennate questioni di illegittimit� costituzionale la prima nell'ordine 
logico � la seguente. Premette il ricorrente che la Corte Costituzionale, 
con la s'entenza n. 55 del 196'8 -nel dtchiarwe illegitttma 
per contrasto con l'art. 42, comma 3<> della Costituzione la previsione 
della imposizione senza indennizzo da parte dei Piani regolatori generali 
alle aree urbane di vincoli sostanzialmente espropriativi (cio� 
preordinati ad una esip1rorpriazione incerta an e quando delle aree, ovvero 
tali da implicarne l'immodificabilit� e quindi la inedificabilit�) a tempo 
indeterminato -ha ritenuto compatibile col cennato precetto costituzionale 
l'imposizione di vincoli temporanei di durata rientrante in limiti 
di ragionevolezza (compresa in quella dei Piani particolareggiati o d� 
lottizzazione, purch� ragionevole), e quindi di durata inferiore o non 
superiore a dieci anni, durata normale dei Piani particolareggiati. Ci� 
premesso, sostiene che l'art. 2 della legge n. 1187 del 1968, assegnando 
all'efficacia dei vincoli il termine massimo di quindici anni (cinque per 
la approvazione del Piano particolareggiato o di lottizzazione ad altri 
dieci -in riferimento al disposto dell'art. 16 della legge urbanistica 

n. 1150 del 1942 -in caso di approvazione, per la sua attuazione) 
abbia largamente superato il limite di �ragionevolezza � come sopra 
fissato dalla Corte costituzionale. 
La questione, la quale involge la legittimit� della legge n. 1187 
del 1968 per quel che concerne la durata dei vincoli di Piano regola




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tore in generale -indipendentemente, cio�, dalla particolare ipotesi dei 
Piani preesistenti, e di qui la sua priorit� logica -� manifestamente 
infondata. La motivazione della richiamata sentenza della Corte Costituzionale 
non precisa -n� avrebbe potuto farlo senza invadere l'ambito 
di discrezionalit� riservato al legislatore -la durata massima dei 
vincoli compatibile con la legittimit� costituzionale di una norma attributiva 
del potere di imporli senza indennizzo; tanto meno, dunque, 
essa stabilisce tale durata massima in dieci anni. Nella misura in cui � 
consentito ipotizzare indicazioni da parte della Corte Costituzionale atte 
a contenere la normazione futura nel rispetto delle norme costituzionali, 
la sola indicazione desumibile dalla motivazione predetta � questa: 
che a rendere costituzionalmente accettabile una previsione di vincoli 
a contenuto espropriativo senza indennizzo non � sufficiente che ai vincoli 
sia fissata una durata purchessia, cio� di qualsiasi ampiezza, ma � 
necessario che si tratti di un termine giustificato razionalmente, cio� 
riferibile al tempo richiesto per l'attuazione del Piano particolareggiato 
ovvero ad altra obbiettiva necessit�. Orbene, alla stregua degli esposti 
criteri non pu� negarsi che il doppio termine come sopra fissato dalla 
legge � obbiettivamente giustificato in relazione ai tempi normali di 
approvazione dei Piani particolareggiati o di lottizzazione e di attuazione 
dei Piani stessi. 

Le altre questioni di legittimit� costituzionale sollevate dal ricorrente 
possono cos� essere sinteticamente esposte nei loro termini: 

a) se non la durata massima di efficacia futura di quindici anni 
prevista per i vincoli im(posti con quaLsiaisi Piano regolatore, dowebbe 
ritenersi eccedente il suindicato limite di ragionevolezza la maggiore 
durata di efficacia consentita dallo stesso art. 2 della legge n. 1187 del 
1968 per i vincoli imposti con i Piani preesistenti -maggiore durata 
risultante dal cumulo di quella anteriore e di quella successiva alla 
entrata in vigore della legge -ed in modo particolare quella consentita 
per il Piano regolatore di Torino (ventiquattro anni dal 1959, anno 
di sua approvazione al 15� anno successivo all'entrata in vigore della 
legge). Pertanto, almeno per questa parte, la cennata disposizione sarebbe 
in contrasto con l'art. 42, comma 30 della Costituzione; 

b) la cennata disposizione sarebbe inoltre in contrasto con l'art. 3 
della Costituzione in quanto, consentendo, per i vincoli imposti con i 
Piani �regolatori preesistenti, il cumulo della efficacia anteriore e di 
quella successiva alla pirorpria entrata in vigore, finirebbe IP'er consentire, 
per ciascun Piano preesistente, in relazione alla inevitabile diversit� 
delle date di approvazione dei singoli Piani, una durata complessiva 
dei vincoli diversa da quella dei vincoli imposti con gli altri Piani e 
quindi una ingiustificata diversit� di trattamento per i proprietari delle 
aree comprese in ciascun Piano; 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 693 

c) Ja cennata disposizione sarebbe, in ogni caso, in contrasto con 
l'art. 136 della Costituzione in quanto,_ per il fatto stesso di consentire, 
per i Piani regolatori preesistenti, il cumulo della durata dei vincoli 
anteriore e di quella successiva alla propria entrata in vigore, valuterebbe 
le situazioni anteriori alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
della norma desumibile dagli artt. 7 e 40 della legge urbanistica 
n. 1150 del 1942, -dichiarazione pronunciata con la sentenza 
della Corte costituzionale n. 55 del 1968 -, in modo sostanzialmente 
conforme alla norma dichiarata incostituzionale. e difforme dalla dichiarazione 
di incostituzionalit�, cosi vanificando l'effetto di questa (sentenza 
Corte Cost. n. 88 del 1966). 

Orbene la prospettazione di tutte le tre questioni (delle quali l'ultima 
secondo l'ordine di esposizione � la prima dell'ordine logico) � ancorata 
ad un unico presupposto (e per questo esse sono qui esaminate 
congiuntamente) vale a dire al presupposto che l'art. 2 della legge n. 1187 
del 1968 abbia portata retroattiva. Solo in tal caso, infatti -cio� ove 
si ammetta che la legge, per il solo fatto di prendere in considerazione 
i Piani regolatori preesistenti, li valuti alla stregua di atti di esercizio 
ora per allora del potere di imporre vincoli da essa nuovamente attribuito 
o�comunque attribuisca a tali piani anche per il passato, per quel 
che riguarda i vincoli con essi imposti, l'effetto proprio delle manifestazioni 
di potere ablatorio -potrebbe parlarsi di cumulo, cio� di giustapposizione 
sul medesimo piano della durata di efficacia pregressa e 
di quella di efficacia futura dei vincoli imposti con i Piani preesistenti, 
ai fini della qualificazione, anche per il passato, delle situazioni giuridiche 
da essi coinvolte. 

Ma la disposizione non ha tale portata retroattiva. Come � pi� diffusamente 
chiarito con la decisione, oggi parimenti resa da queste Sezioni 
Unite sull'altro ricorso dell'Azzi di cui sopra si � fatto cenno, la detta 
disposizione, allorch� fissa un termine anche ai vincoli imposti con i 
piani regolatori preesistenti, mostra di valutare i detti Piani, per quel 
che concerne i vincoli con essi imposti, alla stregua di manifestazioni 
di potere oblatorio operanti soltanto ex nunc, vale a dire che attribuisce 
loro soltanto a partire da oggi l'effetto proprio delle manifestazioni 
di potere ablatorio, tanto che fa decorrere il termine della loro 
durata dal giorno della propria entrata in vigore. E cos� � dallo stesso 
giorno, e non anche per il passato, che essa imprime carattere di interessi 
legittimi alle situazioni giuridiche deducibili rispetto ai vincoli. 

Le dette questioni di illegittimit� costituzionale sono dunque da 
ritenere manifestamente infondate. 
E di conseguenza il ricorso, che di esse soltanto si sostanzia, va 
rigettato. -(Omissis). 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 2 ottobre 1974, n. 2561 -Pres. Benedicenti 
-Est. Volpe -P. M. Raja (conf.) -Giovent� Italiana (avv. 
Stato Imponente) c. Montebugnoli (avv. Formiggini). 

Donazione � Consegna di assegni � Girata dell'assegno da parte dell'inte� 

statario ad un terzo per l'acquisto di un immobile � Donazione di 

denaro. 

(art. 769, cod. civ.). 

Donazione � Condizione risolutiva o � modus � � Distinzione. 
(cod. civ., art. 793). 

Si ha donazione di denaro e non di immobili quanto da un atto 
pubblico risulti che il donante ha consegnato al donatario un assegno 
a questo ultimo intestato e il donatario medesimo provveda poi, tramite 
girata dell'assegno, al pagamento del prezzo di un immobile acquistato 
a suo nome (1). 

Pe1� stabilire se ricorra una donazione sottoposta a condizione risolutiva 
(nel qual caso il mancato verificarsi dell'avvenimento previsto 
funziona oggettivamente come causa di eliminazione degli effetti negoziali) 
o donazione modale (in cui ha rilevanza l'obbligazione del donatario, 
sicch� la risoluzione pu� essere pronunziata solo se espressamente 

(1-2) La decisione afferma principi la cui esattezza non pu� essere 
messa in dubbio. 

Risultando dall'atto pubblico che il donante si era limitato a consegnare 
al raiprpTesentante dell'ente donatario un assegno circolare per un 
determinato importo, e che il donatario aveva utilizzato detto importo 
girando l'assegno per pagare il corrispettivo dell'acquisto di un immobile 
operato con lo stesso rogito, acquisto a cui il donante era rimasto del tutto 
estraneo, appare del tutto puntuale l'affermazione contenuta nella prima 
massima secondo cui la donazione ha per oggetto il denaro e non l'immobile. 


In senso conforme v. Cass. 14 maggio 1973, n. 1315 nella quale1 si 
insegna che nella donazione di denaro preordinata a far acquistare al 
donatario un immobile si hanno pi� negozi tra loro collegati e non un caso 
di interposizione reale n� fittizia di persone. 

Sulla seconda massima v. in senso conforme Cass. 29 maggio 1973, 

n. 1602; Cass. 21 ottobre 1971, n. 2966 e in dottrina, TORRENTE, La donazione, 
in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di Cicu e Messineo, 
Milano 1956, pag. 484 e segg. cfr. pure BIONDI, Le donazioni, in Trattato 
di diritto civile a cura di F. Vassalli, Torino 1961, pag. 670. 

695

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

p1�evista e l'inadempimento dell'obbligato non sia determinato da imposisbilit� 
della prestazione per causa non imputabile) non hanno valore le 
espressioni usate nell'atto, ma l'effettiva interpretazione delle parti il 
cui accertamento � questione di fatto (2). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 3 ottobre 1974, n. 2580 -Pres. Benedicenti 
-Est. La Torre -P. M. Albanese (diff.) -Menardi (avv. 
Viola) c. Senigagliesi Ciani (avv. D'Aloia) e.Gescal (avv. Stato Mataloni). 


Servit�. -Passaggio coattivo -Aree esenti -Limiti all'esenzione. 
(cod. civ., art. 1051). 

Il divieto legale di asservimento previsto dal 4o comma dell'art. 1051 
cod. civ. (case, cortili, gia1�dini ed aie) non si applica solo nel caso di 
constatata, assoluta impossibilit� di eliminare altrimenti l'interclusione 
del fondo a cui favore si invoca il passaggio coattivo (1). 

(1) Con la sentenza in rassegna si consolida un principio (che se pur 
gia enunciato con la sentenza 14 febbraio 1948, n. 236) ha trovato la sua 
piena espressione nella decisione del S.C. 10 febbraio 1968, n. 440 (in Giust. 
civ. 1968, I, 577 con nota di ALvrno, Esenzione dalla $ervit� di passaggio 
coattivo di case, cortili e giardini: presupposti e limiti, e in Foro pad. 1968, 
I, 655, con nota di G. BRANCA, Passaggio coattivo ed esenzione di case, 
ecc.), confermata dalla sent. 19 settembre 1968, n. 2964 (in Giust. civ. 1969, 
I, 216 con nota di ALVINO, Limiti all'esenzione dalla servit� di passaggio 
coattivo, sui beni di cui al comma 4 dell'art. 1051 cod. civ.; e in Giur. it. 
1969, I, 1, 1384 con nota di A. TRABUCCI, Case, cortili, aie e giardini ad 
esenzione dalla servit� coattiva di passaggio. In senso conf. v. da ultimo 
Cass. 8 ottobre 1971 n. 2773; Cass. 18 giugno 1971, n. 1860; Cass. 24 marzo 
1971, n. 843; Cass. 25 gennaio 1971, n. 162; Cass. 25 ottobre 1969, n. 3517, 
in Giust. civ. 1969, I, 1778. 
� da notare che le sentenze del 1968 avevano esteso l'esclusione dell'esenzione 
anche al caso dell'interclusione soltanto parziale, con la limitazione 
che in tal caso � assai rigorosi debbono essere i criteri per stabilire 
se l'ostacolo che si oppone alla creazione dell'accesso autonomo sia tale da 
non poter essere eliminato se non con eccessivo dispendio e disagio del 
proprietario �. 

Il principio trascritto nella massima mentre ha trovato consenziente 
quella dottrina che in precedenza per ottenere risultati presso a poco 
identici suggeriva di applicare il 4� comma dell'art. 1051 cod. civ. limitatamente 
all'ipotesi di cui al terzo comma stesso articolo (v. BRANCA, Delle 
servit� prediali, in Commentario al Cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, 
Bologna 1967; 208; Idem, n passaggio coattivo e l'esenzione delle case, in 
Foro it. 1960, I, 1944; GRosso; Case cortili, giardini ed aie di fronte al passaggio 
coattivo, in Giur. it., 1952, I, I, 585; IDEM, Considerazioni nel nuovo 
codice in materia di servit� prediali, in Riv. dir. com. 1941, I, 3704 e 
spec. 371; MESSINEO, Le servit� prediali, Milano 1949, p. 216) non ha mancato 
di sollevare acute critiche (v. TRABUCCHI, op. loc. cit.) alle soluzioni 
adottate come nella specie dal s,c. 



696 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 febbraio 1975, n. 700 -Pres. 
Pece -Rel. Milano -P. M. Pedace (conf.) -Di Somma (avv. Mosca) 

c. Ente Autonomo Mostra d'oltremare (avv. Stato Conti). 
Avvocatura dello Stato -Rappresentanza e difesa di Amministrazioni pubbliche 
non statali � Delibera di conferiJ,nento dell'incarico -Non � necessaria. 


(r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43). 
La norma di cui all'art. 43 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 � dettata 
esclusivamente a tutela dell'interesse pubblico a che la rappresentanza 
e difesa in giudizio delle Amministrazioni e degli Enti in essa indicati 
siano esercitate dall'Avvocatura dello Stato, cio� dall'organo cui � istituzionalmente 
affidata la difesa di tutti gli interessi, patrimoniali e non 
patrimoniali, dello Stato considerato nella sua unitariet�. 

Consegue che, dovendo -di norma -le funzioni di rappresentanza 
e difesa di tali Enti ed Amministrazioni essere esercitate dall' Avvocatura, 
non occorre una particolare delibe1�azione per il confe?�imento 
a questa dell'incarico relativo. 

(Omissis). -Preliminare, rispetto ad ogni altra, � la questione circa 
l'inammissibilit� del ric;orso incidentale che la difesa del ricorrente principale 
Di Somma ha, in memoria, eccepito sul rilievo che l'Avvocatura 

Interesse pubblico e patrocinio � facoltativo � di enti non statali da parte 
dell'Avvocatura. 

A meno di un anno di distanza dalla sentenza 17 maggio 1974, n. 1492 (1) 
si � offerta al Supremo Collegio l'occasione di tornare sul tema della rappresentanza 
e difesa in giudizio di Enti pubblici ai quali sia consentito, 
per legge, di avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ed il principio 
ora affermato -o, pi� esattamente, ribadito -dalla sentenza in 
rassegna � destinato a lasciare isolata la recente, contraria pronuncia che 
i pi� accorti commentatori avevano esattamente definito espressione di un 

� momento contingente � (2). 
� rilevante, anzitutto, che a ribadire il principio p:revalente siano state le 
Sezioni Unite, cui � affidata la funzione di assicurare l'runiformLt� della giurisp:
mdenza con la risoluzione dei contrasti verificatisi su questioni gi� decise 
in senso difforme dalle sezioni semplici (art. 374, 2� comma, cod. proc. civ.) (3); 

(1) I~ Giust. civ., 1975, I, 120. 
(2) Cos� CA!_'PONE, Osservazioni sullo jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato 
nell'ipotesi di assunzione senza mandato del patrocinio facoltativo, loc. cit. sub. 1. 
(3) Oltre alle sentenze 4 giugno 1955, n. 1738, e 10 gennaio 1954, n. 34, citate 
in motivazione, si �veda -pi� recentemente -Cass., 22 novembre 1974, n. 3770; 
parrebbe, invece, frutto di errore di citazione il richiamo fatto alla sentenza 21 febbraio 
1974, n. 494 (v. in Foro it., 1974, I, 2074). 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 697 

dello Stato, che ha assunto la difesa dell'Ente Mostra, non sarebbe mu


nita della procura speciale richiesta, in base al C()mbinato disposto degli 

artt. 365 ed 85 c.p.c. per l'ammissibilit� del ricorso per cassazione, non


ch� 1sul rilievo che mancherebbe in atti la iprova che l'Ente Mostra abbia 

deliberato, nella forma !Propria delle deliberazioni amministrative, os


sia in forma scritta, di affidare all'Avvocatura stessa la rappresentanza 

e difesa in giudizio. 

L'eccezione � priva di consistenza. 

A confutazione del primo rilievo � sufficiente rilevare che per il 
testuale disposto dell'art. 45 del testo unico approvato con r.d. 30 ottobre 
1933, n. 1611, anche per le amministrazioni e gli enti pubblici auto


ma ci� che maggiormente merita di essere segnalato � il particolare risalto 
dato, nella sentenza, alla funzione istituzionale che l'ordinamento ha riservato 
all'Avvocatura e che riceve, ora, autorevolissimo riconoscimento nel 
momento in cui l'Istituto si appresta a celebrare un secolo di vita. 

Tale profilo d'indagine, che ha consentito alle Sezioni Unite -attraverso 
l'enucleazione della ratio della norma -di cogliere l'esatta portata 
della disposizione che prevede l'assunzione da parte dell'Avvocatura del 
patrocinio di Enti pubblici, era affatto sfuggito a Cass. 17 maggio 1974, 

n. 1492 cit., la quale -assai sbrigativamente, per vero -si era limitata 
a considerare che, se l'esplicito rinvio dell'art. 45 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 
al 2� comma dell'art. 1 dello stesso T.U. rendeva manifesta la non necessit� 
di un mandato alle liti, era tuttavia pur sempre necessaria, per l'acquisto 
dello ius postulandi da parte dell'Avvocatura, la prova che l'Ente avesse 
concretamente deliberato di avvalersi del patrocinio di questa, conferendole 
l'incarico di difesa nella specifica controversia. 
Secondo questo argomentare veniva meno -e nel solo caso dell'assunzione 
del patrocinio di un Ente da parte dell'Avvocatura -la distinzione, 
pur costantemente sottolineata dalla giurisprudenza, tra i due momenti o 
aspetti del rapporto parte-difensore: da un lato, il momento esterno, 
risolventesi nel rilascio del mandato o procura alle liti, cio� della dichiarazione 
con la quale la parte �in causa, o chi per essa, investe della rappresentanza 
in giudizio il difensore; dall'altro, il momento interno, concretantesi 
nel conferimento dell'incarico, distinto ed autonomo rapporto 
extra-processuale disciplinato dalle norme di un ordinario mandato di diritto 
sostanziale (1). Ma, soprattutto, siffatto modo di ragionare, col richiedere 
la prova del conferimento dell'incarico e cos� proiettando sul terreno della 
rilevanza verso i terzi il momento interno del rapporto Ente-Avvocatura, 
finiva in realt�, nonostante il conclamato rispetto degli artt. 43, 45 e 1, 
2� comma, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, col porsi in stridente contrasto 
col dato normativo: � chiaro, infatti, che col isolo fatto di porre un problema 
di prova del conferimento dell'incarico (2) si affermava la necessit� della 

(1) In tal senso, cfr. Cass., 4 dicembre .1967, n. 2880; 22 luglio 1967, n. 1923; 
14 giugno 1965, n. 1214. 
(2) Cass., 17 maggio 1974, n. 1492, aveva esplicitamente rilevato che non risultava 
prodotta, e neppur enunciata in alcun atto del processo, la deliberazione dell'Ente 
di affidare all'Avvocatura il proprio patrocinio nella lite. 

698 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rizzati per legge ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato 
trova applicazione la norma del secondo comma dell'art. 1 dello stesso 
testo unico in forza della quale gli avvocati dello Stato esercitano le 
loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non 
hanno bisogno di mandato �neppure nei casi nei quali le norme speciali 
richiedono il mandato speciale�, bastando che consti la loro qualit�. 

Per disattendere il secondo rilievo va innanzitutto notato che, una 
volta stabilito che, per il conferimento dell'Avvocatura dello Stato dell'incarico 
di agire o resistere in giudizio e per l'esperimento del medesimo 
davanti a tutte le giurisdizioni, non occorre mandato, non pu� non 
riconoscersi come l'eventuale deliberazione, tramite la quale gli enti pub-

dimostrazione di una legittima ed opponibile investitura del potere di 
rappresentare in giudizio l'Ente e quindi, nella sostanza, si richiedeva 
l'esistenza di una procura alle liti. 

Il vizio logico del ragionamento e la confusione in tal modo operata 
tra i due momenti del rapporto parte-difensore non sono sfuggiti alle Sez. 
Un. le quali, premesso che l'Avvocatura non ha bisogno di mandato per 
esercitare le funzioni di rappresentanza e difesa in giudizio degli Enti 
allorch� questi si avvalgano del suo patrocinio, hanno rilevato che l'� eventuale 
� deliberazione di affidamento dell'incarico di difesa � � atto interno 
che non riguarda i terzi � e che, pertanto,, non richiede d'essere esteriorizzato. 


Fin qui pu� dirsi che la soluzione poggi ancora su fondamenti di diritto 
comune, avendo la Corte saggiato la validit� del principio affermato col 
solo ricorso al consolidato insegnamento che vuole distinti ed autonomi 
il conferimento dell'incarico di difesa e il rilascio della procura: il primo 
destinato a restare fuori del processo e ad operare esclusivamente nell'ambito 
del rapporto interno tra parte e difensore; il secondo tipicamente 
indirizzato all'esterno, cos� da comportare un problema di apponibilit� e, 
quindi, di prova (affatto estraneo all'altro momento del rapporto). Agli 
effetti del processo -ha affermato in definitiva la Corte -ci� cht! rileva 
� solo il momento esterno e solo su questo gli altri soggetti del rapporto 
processuale hanno un potere di sindacato che viene meno quando il patrocinio 
sia assunto dall'Avvocatura, la quale, appunto, non ha bisogno di 
mandato alle liti (cio� di formale investitura, nei confronti dei terzi, del 
potere del rappresentare la parte) per l'esercizio dello ius postulandi. 

Ma -�ome accennato -a questi gi� persuasivi rilievi la Corte Suprema 
ne ha :!;atto seguire un altro, definito � assorbente � e desunto dalla 
ratio dell'art. 43 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, esattamente inquadrato 
in una generale visione delle funzioni istituzionali dell'Avvocatura, quali 
si sono venute affermando gi� nel primo scorcio di vita dell'Istituto attraverso 
una continua evoluzione che ha portato l'Avvocatura ad essere �dello 
Stato �, e non pi� � erariale ., come in origine, significativamente ponendola 
-sotto la direzione immediata d�ll'Avvocato Generale -alle dipendenze 
della Presidenza del Consiglio, anzich�, come prima, di quelle del 
Ministro del tesoro o delle finanze. Ebbene, la sentenza in rassegna, cogliendo 
con efficace sintesi le linee di questa evoluzione -sulle quali non 
pu�, in questa sede, soffermarcisi -, ha rilevato in sostanza come l'estensione 
del patrocinio dell'Avvocatura agli Enti pubblici non statali poggi 



699

PARTE I, 'SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

blici non statali decidano di affidare all'Avvocatura dello Stato il detto 
incari�o, sia atto interno degli stessi enti che non riguarda i terzi, tanto 
� vero che non � necessario si esteriorizzi nei confronti di costoro mediante 
il conferimento di un formale mandato. I terzi, perci�, quando 
come fa la difesa del Di Somma, richiedono la prova dell'esistenza di 
una deliberazione che abbia affidato all'Avvocatura dello Stato l'incarico 
di agire o resistere in giudizio, contestano, sostanzialmente, l'esistenza 
del mandato da parte dell'ente. Ma una siffatta contestazione non � loro 
consentita proprio perch� il gi� ricordato art. 45, per il richiamo in 

sulla esigenza dell'unit� del criterio direttivo cui deve essere ispirata la 
difesa degli interessi pubblici, siano essi direttamente perseguiti attraverso 
l'azione dell'apparato amministrativo statuale ovvero attraverso l'opera 
di Enti appositamente creati. 

Interest rei pubblicae che gli scopi demandati ai singoli Enti siano 
legittimamente ed opportunamente perseguiti ed, inoltre, che la loro realizzazione 
avvenga, anche in sede contenziosa, in maniera coordinata ed armonica 
e non gi� secondo visioni atomistiche e settoriali alla cui stregua 
ciascuno degli interessi pubblici verrebbe a concepirsi -fatalmente come 
confliggente con altri: � questa esigenza -ha rilevato la sentenza che 
sta a fondamento dell'estensione del patrocinio dell'Avvocatura agli 
Enti pubblici, affinch� gli interessi di questi, filtrati attraverso l'ottica 
dell'Organo che ha per suo compito istituzionale quello di considerare e 
salvaguardare gli interessi dello Stato n�lla sua unit�, risultino opportunamente 
coordinati e tutelati secondo una teleologica visione e non gi� 
contingentemente difesi, a discapito di altri, in questa o quella controversia 
giudiziaria. 

Ne ha inferito la Corte che, dovendo reputarsi normale, in siffatto 
sistema ed alla luce della sottolineata sua ratio, il concreto affidamento 
all'Avvocatura dell'incarico di difesa in giudizio dell'Ente, non � necessaria 
neppure una particolare e specifica deliberazione in tal senso (occorrente 
nel diverso caso in cui, eccezionalmente e -deve ritenersi -motivatamente, 
l'Ente ritenga di dover incaricare della propria difesa un avvocato 
del libero foro, potendosi profilare un conflitto con l'Amministrazione 
dello Stato). 

� stato, dunque, autorevolmente individuato un principio generale in 
base al quale spetta istituzionalmente all'Avvocatura dello Stato la difesa 
in giudizio degli interessi pubblici, siano patrimoniali o no, direttamente 
perseguiti dallo Stato a mezzo delle varie Amministrazioni ovvero affidati 
ad altri Enti (per le ragioni pi� varie): ci� perch� sia soddisfatta una 
esigenza (essa stessa di interesse pubblico) che qualsiasi forma di decentramento 
non pu� far dimenticare, l'esigenza -cio� -di un coordinamento 
generale, da perseguire costantemente ed in ogni sede, dell'azione 
pubblica affinch� questa non si disperda dietro frammentarie iniziative 
suggerite da contingenti valutazioni o, peggio, ispirate da malintese rivendicazioni 
di prestigio e di autonomia. All'Avvocatura, nell'orbita delle sue 
attribuzioni, � affidata una parte non indifferente per la realizzazione di tali 
finalit� anzitutto attraverso l'attivit� consultiva, destinata a far si che � i 
fini pubblici siano legittimamente ed opportunamente perseguiti �, e, in sede 
contenziosa, attraverso la rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e 



700 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esso contenuto all'art. 1, 20 comma, del citato testo unico, esclude che 
l'avvocatura abbia bisogno di mandato. 

Peraltro � assorbente il rilievo che l'art. 43 dello stesso testo unico, 
secondo il quale l'Avvocatura dello Stato pu� assumere la rappresentanza 
e la difesa, sia attivamente che passivamente, di amministrazioni pubbliche 
non statali e di enti pubblici soggetti alla tutela o alla vigilanza 
dello Stato e da questo sovvenzionati, � da considerarsi norma di eminente 
carattere pubblicistico, vplta, non a tutela diretta degli interessi 
dei predetti enti e amministrazioni, bensi a tutela dell'interesse esclusivo 
dello Stato. �, infatti, esclusivo interesse dello Stato che i fini pubblici 
delegati ai predetti enti siano legittimamente e opportunamente perseguiti 
e che, di conseguenza, la difesa e la rappresentanza in giudizio sia 

degli altri Enti Pubblici in maniera che la lite giudiziaria possa essere 
gestita, tecnicamente, sempre secondo una prospettiva unitaria e trascendente 
-come si � espressa la Corte -l'aspetto specifico della controversia. 

Ne scaturiscono, ci sembra, due considerazioni. La prima � che, contrariamente 
a quanto si � pur ritenuto altra volta di sostenere in sede autorevole, 
il rapporto tra Amministrazioni statali ed Enti pubblici, da una 
parte, e Avvocatura dello Stato, dall'altra, non pu� atteggiarsi e concepirsi 
come un normale rapporto tra cliente e difensore proprio in ragione della 
funzione particolare che la sentenza ha affermato essere affidata all'Organo 
legale dello Stato. Il patrono, invero, nell'accettare l'incarico conferitogli 
dal cliente assume l'impegno di adoperarsi, secondo scienza e coscienza, 
per il migliore esito della lite ma non � vincolato, nella sua azione, a 
valutazioni diverse da quelle tecnicamente imposte dalla tutela dello specifico 
interesse affidatogli; l'Avvocatura al contrario, chiamata ex lege al 
compito di prestare il proprio patrocinio, � tenuta a valutazioni pi� articolate 
e diverse, dovendo gestire la lite non solo in vista della tutela dello 
specifico interesse in essa dedotto ma, altres�, alla stregua di una considerazione 
generale degli altri interessi pubblici a quello correlati. L'insorgere 
di una situazione litigiosa o, anche, la sola prospettiva di una lite 
giudiziaria comportano, cos�, che alla valutazione dell'interesse specifico, 
operata inizialmente dall'Ente o dall'Amministrazione s�condo le proprie 
competenze particolari o di settore, si affianchi la valutazione dell'Organo 
legale cui, in ragione della sua competenza generale, � affidato dalla 
legge il compito di � consigliare e dirigere � la parte q�ando si tratti di 
promuovere, contestare o abbandonare giudizi. 

Con la conseguenza, insita nel sistema e del resto enunciata con il 
conferimento all'Avvocato generale dello Stato del potere di risolvere la 
divergenza di parere tra gli Uffici dell'Avvocatura e quelli dell'Amministrazione, 
che in caso di contrasto di vedute debba necessariamente prevaiere 
l'avviso espresso dall'Organo legale, cio� dall'Organo che, dotato di 
competenza generale, � l'unico in grado di svolgere azione di coordinamento. 
Tale conseguenza, espressamente enunciata (art. 13 r.d. 30 ottobre 
1933, n. 1611) con riguardo ai rapporti tra l'Avvocatura e gli Uffici delle 
Amministrazioni statali, crediamo debba ritenersi valida anche nel caso 
in cui si tratti di un Ente, essendo identica la funzione svolta in tal caso 
dall'Avvocatura ed essendo il patrocinio di questa, anche nel caso del




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 701 

affidata ad un organo, il quale, nell'esplicazione del suo compito, � chiamato 
seilll!Pire a coI11Sidro-are gli interessi dello Stato nella sua unit�, 
interessi che possono trascendere quelli della vittoria nelle 'singole cause. 
Trattasi, in sostanza, di una norma dettata, non gi� in vista di un particolare 
vantaggio da attribuire alle amministrazioni ed agli enti in essa 
indicati, bensi unicamente in vista dell'interesse pubblico a ch� la loro 
difesa e rappresentanza in giudizio sia esercitata da quello stesso organo 
cui � istituzionalmente affidata la difesa di tutti gli interessi, patrimoniali 
e non patrimoniali, dello Stato considerato nella sua unitariet�. 

Ne consegue che nella previsione legislativa le funzioni di cui all'art. 
43 del citato testo unico debbono essere esercitate di norma dall'Avvocatura 
e quindi senza bisogno di una particolare deliberazione da 
parte degli enti in questione, mentre soltanto nel caso in cui i predetti 
enti decidano di affidare la loro difesa ad avvocati del libero foro sar� 
necessaria un'ajpposita deliberazione, sulla quale le competenti autorit� 
di controllo dovranno, ovviamente, esercitare i loro poteri per accertarne 
la conformit� alle leggi ed all'interesse pubblico. 

In questo senso, del resto, questa Corte ha avuto occasione d( pronunciarsi 
'con le sentenze 4 giugno 1955, n. 1738 e 10 gennaio 1954, n. 34, 
e se �, vero che con la recente decisione 21 febbraio 1974, n. 494, richiamata 
dalla difesa del Di Somma, � stato invece ritenuto che l'Avvocatura 
acquista lo jus postulandi per gli enti pubblici non statali soltanto 
se questi abbiano deliberato di affidarle la loro difesa, � anche 
vero che le svolte considerazioni inducono a mantenere fermo il precedente 
indirizzo. :___ (Omissis). 

l'art. 43 r.d. 1611/1933, accordato pur sempre in vista di quella esigenza 
di unU� di indirizzo difensivo di cui si � detto. 

'La seconda considerazione, strettamente connessa alla prima, concerne 
un profilo pi� generale e riguarda la posizione conferita all'Avvocatura sul 
piano organizzatorio dell'apparato pubblico, inteso come complesso di Uffici, 
organi ed Enti deputati alla realizzazione di vari interessi pubblici: l'Organo 
legale, in posizione di necessaria indipendenza per le funzioni istituzionali 
affidategli, � chiamato, sul piano tecnico (e quindi senza il rischio 
di un sostanziale soffocamento dell'autonomia dei singoli Enti), ad operare 
come struttura di collegamento e di intermediazione tra le varie Amministrazioni 
e fra queste e i diversi Enti pubblici, cosi garantendo, attraverso 
il filtro di una visione generale, che l'attivit� amministrativa sia concretamente 
indirizzata, sul piano della legittimit�, al migliore soddisfa�imento 
dell'interesse pubblico. 

SERGIO LAPORTA 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (*} 

' 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 6 marzo 1975, n. 3 -Pres. Vetrano Est. 
Pezzana -Soc. itiiliana brasiliana caff� ed altri (avv. Selvaggi) 

c. Presidente Regione siciliana (avv. Stato Terranova). 
Competenza e giurisdizione -Regione siciliana -Consiglio di giustizia amministrativa 
per la Regione siciliana � Possibilit� di deferimento del ricorso 
all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato � Limiti. 

Competenza e giurisdizione � Deferimento di ricorso all'Adunanza plenaria 
del Consiglio di Stato -Ammissibilit� in caso di controversia di competenza 
del Consiglio di giustizia ammnistrativa per la Regione siciliana 
in primo grado -:Non sussiste. 

Il Consiglio di giustizia amministrativa pe1� la Regione siciliana pu� 
deferire il ricorso alla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella 
composizione p!l'evista dal 4� comma dell'art. 5 d. l.vo 8 maggio 1949, 

n. 654, solo qualora esso sia investito del ricorso medesimo come giudice 
di unico o di seconda istanza, non gi� quando ne debba conoscere 
come giudice di primo grado (1). 
Il ricorso proposto contro un atto del Presidente della Regione siciliana, 
emanato nell'esercizio di un potere spettantegli quale organo dell'Amministrazione 
statale ex d.l.lgt. 18 marzo 1944, n. 91 e del d.l.vo 
30 giugno 1947, n. 567, ri�ntra nella competenza di primo grado del 
Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana con conseguenziale 
inammissibilit� della remissione all'Adunanza plenaria del 
Consiglio di Stato, anche se motivata dalla finalit� di evitare contrasti 
giurisprudenziali su un punto di diritto oggetto di decisione (2). 

(1-2) L'Adunanza Plenaria ebbe gi� a precisare con decisione 29 ottobre 
1956, n. 15 (in 1l Conisglio di Stato 1956, I, 1116) che il Consiglio di 
giustizia amministrativa per la Regione siciliana conosce in primo grado, 
con conseguente possibilit� di appello al Consiglio di Stato nella sua 
ordinaria composizione, anche nei casi in cui l'atto impugnato promani da 
una autorit� regionale che agisca non jure proprio, ma per delega dello 
Stato e quale organo decentrato di quest'ultimo. Si deve, in sostanza aver 
riguardo al criterio formale e soggettivo dell'Autorit� amministrativa che 
ha emanato l'atto impugnato, ammettendo il gravame se esso appartenga 
alla organizzazione amministrativa dello Stato (cfr. in termini anche Ad. 
Plen. 23 giugno 1953, n. 3, ivi 1953, I, 762). 

(*) Le massime e le note sono state redatte dall'avv. R. TAMIOZZO. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 703 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 febbraio 1975~ n. 178 -Pres. De 
Capua -Est. Rizzo -Regione Umbria (avv. Piras) c. Commissione 
controllo Regione Umbria (avv. Stato Ferri). 

Competenza e giurisdizione � Annullamento di provvedimento della Regione 
da parte della Commissione di controllo � Tardivit� � Ricorso della 
Regione � Giurisdizione del giudice amministrativo � Sussiste. 

Competenza e giurisdizione � Attivit� di controllo � Giurisdizione del giudice 
amministrativo sul rapporto tra controllore e controllato. 

Regione � Controllo � Poteri del Commissario del Governo e della Commissione 
di controlla � Potere di annullamento della Commissione di 
controllo � Termini � Limiti. 

Regione � Controllo � Potere di annullamento della Commissione di controllo 
� Omessa sospensione dei provvedimenti regionali sottoposti al 
controllo � Legittimit� dell'annull~ento. 

Regione � Controllo � Commissione di controllo � Controllo di atti meramente 
esecutivi � Esclusione � Controllo di atti solo apparentemente 
esecutivi � Costituzione del Consiglio di amministrazione di un Ente 
ospedaliero � Legittimit� del controllo. 

Perch� possa configurarsi un conflitto di attribuzione � necessario 
che la Regione assuma che un atto dello Stato abbia invaso la sfera 
costituzionale ad essa spettante; pertanto l'impugnativa, da parte di una 
Regione a statuto ordinario, del provvedimento della Commissione di 
controllo sull'Amministrazione regionale, con cui sia stato annullato un 
atto della Giunta regionale ex art. 45 legge 10 febbraio 1953, n. 62, va 
sottoposta alla giurisdizione generale di legittimit� del Consiglio di Stato 
e non 1�ientra nella competenza della Corte Costituzionale, qualora la 
Regione ricorrente denunci non gi� una interferenza dello Stato nella 
sua sfera costituzionale, ma solo l'illegittimit� del provvedimento impugnato 
per violazione di legge, per essere stato il controllo della Commissione 
esercitato oltre il termine di 20 giorni di cui al citato art. 45, 
lo comma (1). 

(1-6) In una fattispecie di rifiuto del visto e della registrazione di 
un atto della Regione siciliana da parte della Corte dei Conti, senza invasione 
della sfera di competenza regionale, la Corte Costituzionale escluse 
l'esistenza del presupposto del conflitto di attribuzione (cfr. Sent. n. 20 
del 26 gennaio 1957 in Il Consiglio di Stato 1957, II, 11). 

Sulla natura dei controlli dello Stato sull'azione della Regione cfr. 
SANDULLI, Ivlanuale di Diritto Amministmtivo, Napoli Jovene 1973, 298 e 
segg.; SANDULLr, I controlli sugli enti territoriali ')'tella Costituzione, in Riv. 
trim. dir. pubbl. 1972, 575; PALADIN, Diritto Regionale, Padova Cedam 1973, 
314 e segg.; Gu1zz1, Manuale di diritto regionale, Milano, Giuffr� 1971, 345 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Qualora non sorga questione di incompetenza statale in contrapposizione 
a competenza regionale, ma unicamente di rapporti fra amministrazione 
controllante e amministrazione controllata nell'esercizio della 
attivit� di controllo, detti rapporti rientrano, per costante orientamento 
giurisprudenziale, nella competenza della giurisdizione amministrativa, 
in considerazione della loro natura di rapporti di interesse legittimo (2). 
Poich� solo con espressa disposizione di legge � possibile la surrogazione, 
in casi di necessit�, di un organo nell'esercizio di ,una attivit� 
normalmente di pertinenza di altro organo e poich� l'intervento sostitutivo 
del Commissario del Governo nell'esercizio di attribuzioni proprie 
della Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale, in caso 
di funzionamento di quest'ultima, non risulta previsto da alcuna norma, 
neppure a carattere transitorio, le deliberazioni adottate dagli organi 
regionali prima della data di costituzione della Commissione di controllo 
e trasmesse al Commissario di Governo non possono divenire esecutive, 
stante l'impossibilit� da parte di detto Commissario di esercitare il potere 
di controllo spettante alla Commissione {3). 
Il potere di annullamento dei provvedimenti regionali da parte della 
Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale pu� essere esercitato 
entro il termine tassativo di' venti gio1�ni dalla ricezione dell'atto, 
di cui pu� far prova solo la immediata ricevuta rilasciata dal Segretario 
della Commissione e ci� ai sensi dell'art. 45 i. 10 febbraio 1953, n. 62; 
� pertanto da considerarsi irrilevante qualsiasi altro fatto suscettibile 
di configurarsi come ricezione in relazione ad altre norme di portata 
generale in materia civile o amministrativa, e ci� anche per i provvedimenti 
rimasti medio tempore giacenti presso i Commissariati del Governo, 
che non possono ritenersi acquisiti alle Commissioni di controllo 
per il semplice fatto dell'intervenuto insediamento di esse: l'acquisizione, 
secondo il dettato del citato art. 45, si verifica soltanto ad avvenuto rilascio 
della prescritta ricevuta da parte del segretario (4). 
Ai sensi dell'art. 45 l. 62/1953 la Commissione di controllo sulla 
Amministrazione regionale ha la potest� di sospendere l'esecutivitcJ; dei 
provvedimenti degli organi regionali sottoposti ad esame qualora entro 
20 giorni dalla ricezione chieda chiarimenti o elementi integrativi alla 
e segg.; BENVENUTI, I controlli amministrativi dello Stato sulla Regione, in 
Riv. trim. d.ir. pubbl. 1972, 587; RoEHRSSEN, I poteri dello Stato sull'attivit� 
legislativa ed amministrativa delle Regioni ad autonomia ordinaria, in 
Rass. lav. pubbl. 1972, 401; GELATI, I controlli sull'amministrazione regionale, 
in Nuova Rassegna 1974, 561; SPERANZA, Ricognizione dei controlli 
sugli atti degli enti local� nelle 1�egioni a statuto ordinario, in Il Foro 
Amm.vo 1973, II, 38. 
Sul problema del termine iniziale, con riferimento al termine stabilito 
nell'art. 2 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, si segnala la decisione 4 marzo 
1971, n. 39 della Corte Costituzionale (in Foro Italiano 1971, I, 1180). 
t: 
1 
i 
1I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 705 

4mministrazione regionale; qualora, invece, tali estremi non ricorrano, 
la Commissione procede entro detto termine all'annullamento dei provvedimenti 
regionali nei quali siano stati riscontrati vizi di illegittimit� 
(5). 

L'art. 45 della i. n. 6211953 sottrae al controllo della Commissione 
solo gli atti relativi alla mera esecuzione di provvedimenti gi� adottati 
e perfezionati ai sensi di legge; ne consegue la piena legittimit� del 
controllo esercitato da detta Commissione su un atto (nella specie decreto 
del Presidente della Giunta Regionale di costituzione del Consiglio 
di amministrazione di un Ente ospedaliero in forza delle designazioni 
intervenute ex art. 9 l. n. 132/1968) che solo apparentemente pu� qualificarsi 
esecutivo, ma che tale non � in quanto destinato a portare a 
compimento provvedimenti ancora privi di efficacia; infatti in tale ipotesi 
l'atto stesso � destinato a produrre gli effetti propri dell'atto inefficace 
e pertanto, indipendentemente dalla sua illegittimit�, esso assume 
connotati di atto autonomo e non di atto con funzione semplicemente 
ausiliaria (6). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 214 -Pres. Uccellatore 
-Est. Giovannini -Simeone (avv. Viola) c. Ministero 
Interno (avv. Stato Pistolesi). 

Comune -Segretario comunale e provinciale -Equiparazione agli impiegati 

civili dello Stato -Limiti -Inapplicabilit� dell'art. 67 d.P.R. 30 giugno 

1972, n. 748. 

Atto amministrativo -Atto vincolato -Necessit� di motivazione -Non sussiste. 


I segretari comunali e provinciali sono equiparati agli impiegati 

civili dello Stato solo limitatamente a certi effetti, con esclusione di 

quelli derivanti da speciali disposizioni volute per la soddisfazione di 

esigenze particolari (1). 

Poich� l'art. 67 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, sull'esodo volon


tario � stato dettato con esclusivo riguardo ai dipendenti (dirigenti e 

direttivi) esplicanti le loro funzioni presso lo Stato soggetto, esso non 

pu� trovare applicazione in favore di un seg1�etario comunale (2). 

(i-3) Con parere 10 settembre 1957, n. 1541 (in Il Consiglio di Stato 
1958, I, 1013), la Sez. I escluse l'applicabilit� ai segretari comunali e provinciali 
delle norme sull'esodo volontario dei dipendenti dello Stato e degli 
enti locali, contenute nelle leggi 27 febbraio 1955, n. 53 e 11 aprile 1957, 

n. 258, argomentando che la equiparazione dei segretari comunali e provinciali 
agli impiegati dello Stato non pu� intendersi che per tutti gli effetti 
posti in essere dall'ordinamento generale e non per quelli derivanti da 
7 



~ 
ci~ 
ci
706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Im

Non sussiste obbligo di motivazione per i provvedimenti della p.a.~ 

-:-:-:

che risultino emanati in sede di applicazione di una normativa superiore, 
in materia nella quale non sussista potest� discrezionale per l'Amministrazione 
medesima (3). 

I 

Il 

speciali disposizioni emanate propter aliquam utilitatem, come sono, appunto, 
quelle emanate per l'esodo volontario. Tale principio venne ribadito 
con successivo parere 9 ottobre 1958, n. 328 (ivi, 1959, I, 654). 

Sul principio in base al quale il provvedimento emanato dalla p.a. 
iii rigorosa e puntuale applicazione di normativa\ superiore, in materia 
sottratta ad ogni sua potest� discrezionale, non abbisogna di una specifica 
motivazione, ricordiamo, fra le tante decisioni conformi, Sez. IV 20 ottobre 
1965, n. 581 (in Foro Amm.vo 1965, I, 2, 1193); Sez. V 21 marzo 1967, 

n. 203 (in Il Consiglio di Stato 1967, I, 455); Sez. VI, 7 dicembre 1971, 
n. 1082 (ivi, 1971, I, 2523); Sez. VI 28 giugno 1974, n. 225 (ivi, 1974, I, 981). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 232 -Pres. Uccellatore 
-Est. Rizzo -Soc. edilizia costruzioni appalti {E.C.A.) (avv. 
Sandulli) e Lunetto ed altri (avv. Abbamonte) c. Ministero lavori 
pubbici (avv, Stato Ferri) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses), 
con intervento di D'Ambrosio ed altri (avv. Viola). 

Edilizia � Licenza di costruzione � Annullamento e revoca -Annullamento. 
del Governo nel termine di 18 mesi dalla data della relazione di una 
Commissione di inchiesta � Tempestivit� in relazione all'art. 7 legge 
765/1967. 

Edilizia � Licenza di costruzione � Annullamento e revoca � Annullamentodel 
Governo � Necessit� della deliberazione del Consiglio dei Ministri Non 
sussiste. 

Edilizia �.Licenza di costruzione � Annullamento e revoca � Annullamento. 
d'ufficio di una licenza ad edificio gi� ultimato � Necessit� di una congrua 
motivazione. 

Edilizia � Demolizione e sospensione lavori � Provvedimento di sospensione: 
emanato dal Ministro per i lavori pubblici � Inammissibilit� dei motivi. 
di censura contro l'annullamento della licenza da parte del Governo Sussiste. 


Edilizia -Demolizione e sospensione lavori -Ordine di sospensione � Emanazione 
dell'ordine in fase di avanzata costruzione -Legittimit� � 
Sussiste. 


Il decreto presidenziale di annullamento di una licenza edilizia p1�0-� 
nunciato entro il termine di 18 mesi dalla data di ricezione, da parte: 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 707 

della Di1�ezione Generale dell'Urbanistica dell'Amministrazione per i lavori 
pubblici, della relazione della Commissione di inchiesta all'uopo 
nominata, � da considerarsi legittimamente adottato in quanto tempestivo 
ex art. 7, 30 comma, l. 6 agosto 1967, n..765 (1). 

L'art. 7 l. 76511967, malgrado l'espresso richiamo all'art. 6 t.u. 3 
marzo 1934, n. 383, contempla una disciplina autonoma in relazione 
agli organi chiamati ad intervenire nella fase costitutiva per l'adozione 
del decreto presidenziale di annullamento di una licenza edilizia; in particolare 
esso --'-contrariamente all'art. 6 t.u. predetto -dispone che a 
tale fase partecipino solo il Ministro per i lavori pubblici, di concerto 
con quello dell'Interno, e il Capo dello Stato; non sussiste, pertanto, la 
necessit� della previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (2). 

Poich� nell'atto di annullamento d'ufficio � necessario che sia esternato 
l'iter logico relativo all'accertamento e alla valutazione dell'inteTesse 
pubblico, attuale, concreto e specifico connesso alla caducazione 
dell'atto annullato (il che comporta una motivazione adeguata), � da 
ritenere illegittimo il provvedimento di annullamento d'ufficio di una 
licenza edilizia che intervenga a costruzione gi� ultimata e rifinita, qualora 
esso sia motivato con considerazioni analoghe a quelle che determinarono 
l'annullamento di altra licenza concernente una inziativa edi-� 
lizia ad uno stadio iniziale e comunque non avanzato, senza indicazione 
di una motivazione logica ed esauriente in ordine alla necessit� di sacrificare 
comunque l'inter~sse privato pur in presenza di un edificio gi� 
completato (3). 

Po.ich�� il provvedimento di sospensione dei lavori di costruzione 

ex art. 7, 40 comma, l. 6 agosto 1967, n. 765, adottato a titolo cautelativo 

dal Ministro per i lavori pubblici nel corso della procedura di annulla


mento d'ufficio della licenza edilizia, si differenzia da tale ultimo prov


ved,imento per diversit� di presupposti, funzione e requisiti, non possono 

essere proposti, e sono quindi.inammissibili, in sede di impugnativa del 

provvedimento cautelativo di sospensione, i motivi proposti contro il de


creto di annullamento d'ufficio della licenza (4). 

(1-5) Sulla tempestivit� dell'annullamento d'ufficio, collegata alla semplice 
emanazione dell'atto cfr. Sez. IV 21 dicembre 1971, n. 1284 (in Il 
Consiglio di Stato 1971, I, 2429); Sez. IV 13 matrzo � 1973, n. 222, che ha 
ritenuto fra l'altro irrilevante ai fini della indagine sulla tempestivit� la 
data di registrazione .dell'atto da parte della Corte dei Conti (ivi 1973, 
I, 376); Sez. IV 3 luglio 1973, n. 685 (ivi, 1973, I, 987); Sez. IV 27 luglio 1973, 

n. 734 (ivi, 1973, I, 1030); Sez. IV 18 ottobre 1974, n. 637 (ivi, 1974, I, 1124). 
Le citate decisioni 1284/1971 e 637/1974, uniformandosi alla copiosa 
giurisprudenza precedente (cfr. Ad. Plen. 21 dicembre 1968, n. 32 ivi, 
1968, I, 1987; Sez. V 28 novembre 1969 n. 1444, Ivi, 1969, I, 2231; Sez. IV 



708 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Finch� la costruzione non sia ultimata, e quindi anche allorch� es$a 
sia in fase decisamente avanzata, ben possono essere emessi -e sono 
pertanto legittimi -provvedimenti di sospensione in materia ediUzia 
(5). 

27 giugno 1970, n. 468, ivi, 1970, I, 1908), hanno ribadito che per l'adozione 
del decreto presidenziale di annullamento di una licenza edilizia non occorre 
la previa deliberazione del Consiglio �dei Ministri. 

Infine la stessa decisione 637/1974, che conferma sul punto le decisioni 
Sez. IV 23 giugno 1970, n. 449 (ivi, 1970, I, 893) e Ad. Plen. 3 luglio 
1973, n. 7 (ivi, 1973, I, 869) ha ribadito la inammissibilit� in sede di impugnativa 
del provvedimento di sospensione dei lavori di costruzione, di 
motivi proposti contro il decreto di annullamento d'ufficio della licenza. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 233 -Pres. De Capua Est. 
Rizzo -Vignati (avv. D'Agostino) c. Ministero Interno (avv. 
Stato Cosentino). 

Impiego pubblico � Benefici combattentistici ex art. 3 1. n. 336 del 1970 � 
Condizioni � Presentazione della domanda successivamente al collo� 
camento a riposo per limiti di et� � Inammissibilit�. 

Costituzione della Repubblica � Principio di ugu�glianza ex art. 3 � Criteri 

di applicazione� Altemativit� di trattamento�economico con libert� di 

scelta � Violazione dell'art. 3 � Non sussiste. 

Per poter conseguire il beneficio previsto dall'art. 3 della legge 24 
maggio 1970, n. 336, � necessario richiedere il collocamento a riposo 
prima deU'intervenuto raggiungimento del limite di et� per il colloca


mento a riposo d'ufficio; ne consegue la legittimit� del diniego di concessione 
del beneficio in parola qualora l'impiegato richiedente abbia 
presentato la relativa domanda in epoca posteriore alla data di decorrenza 
del provvedimento di collocamento a riposo per sopraggiunto limite 
di et� (1). 

Qualora la legge proponga alternativamente determinati trattamenti 
economici e lasci libera opzione per la scelta della categoria di beneficiari 
cui appartenere, non sussister� disparit� di trattamento in relazione 
all'art. 3 della Costituzione, ~ancando l'uguaglianza dei presupposti richiesta 
per la configurabilit� del vizio medesimo (2). 

(1-2) Cfr. in termini Sez. VI 18 ottobre 1974, n. 292 (in Il Consiglio 
di Stato 1974, I, 1286). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 709 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1975, n. 237 -Pres. Uccellatore 
-Est. Schinaia -Comune di Perugia (avv.ti Cesarini e Giannini) 
c. Severi (avv.ti Carbone e Olivi) -(Giudizio di appello, 

T.A.R. Umbria 29 maggio 1974 n. 12: rigetta). 
Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile Espropriazione 
per p.u. art. 26 1. 865/1971 -Programmi di esproprio Impugnabilit� 
immediata del vincolo delle aree -Sussiste. 

Espropriazione per p.u. -Edilizia popolare ed economica -Art. 261. 865/1971 Zone 
di espansione -Aree incluse nel piano delle zone destinate ad edilizia 
popolare ed economica ex 1. 167/1962 -Computabilit� nelle zone di 
espansione della 1. 865/1971 -Esclusione. 

n provvedimento di vincolo delle aree incluse nel programma di 
esproprio ex art. 26 l. 865/1971 va impugnato immediatamente in quanto 
immediatamente lesivo delle posizioni soggettive del proprietario delle 
aree, poich� il vincolo ad esso connesso preclude la destinazione delle 
aree agli usi consentiti dal piano regolatore generale (1). 

Le aree incluse nel piano delle zone destinate dalla l. 18 aprile 1962, 

n. 167, all'edilizia popolare ed economica vanno escluse, ai sensi dell'art. 
26 l. 22 ottobre 1971, n. 865, dal calcolo percentuale delle zone di 
espansione previste dal piano regolatore ai fini della formazione dei comprensori 
delle aree da includere nel programma contemplato da detto 
articolo (2). 
(1-2) La decisione conferma la sentenza n. 12 in data 29 maggio 1974 
del T.A.R. dell'Umbria (in Il Consiglio di Stato 1974, parte spec. 53). 

La Sezione ha, in particolare, puntualizzato che -posto che proprio 
per effetto dell'art. 35 della legge 865/1971, che ha modificato l'art. 10 
della legge n. 167/1962, si � stabilito che tutte le aree comprese nei piani 
ex lege n. 167 siano espropriate dai Comuni e dai loro consorzi -non 
pu� esservi materiale coincidenza fra le aree incluse nel programma ex 
art. 26 della legge 865, destinate ad essere anch'esse espropriate dallo stesso 
Comune, ed aree dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare 

(P.E.E.P.). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 marzo 1975, n. 270 -Pres. (ff.) Pezzana 
-Est. Riccio -Istituto autonomo case popolari di Roma (avv.ti 
Lustri e Nigro) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Carafa), Impresa 
immobiliare ETNA e Impresa V.A.R.E. (avv. Carbone). 

Contratti pubblici . Revisione dei prezzi � Derogabilit� � Inidoneit� delle clausole 
di stile -Sussiste. 

L'art. 1 d.l.vo 6 dicembre 1947, n. 1501, fissa il principio che per 
i lavori relativi ad opere pubbliche da appaltarsi dalle Amministrazioni 
dello Stato e da ait1�i Enti pubblici possa procedersi, salvo patto contra




710 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rio, alla revisione dei prezzi; nel testo normativo citato sono, infatti, 
comprese sia l'affermazione del principio della revisione dei prezzi come 
norma generale, quando le oscillazioni dei prezzi nel periodo di durata 
del rapporto superino determinati valori (10 %), sia l'affermazione della 
sua derogabilit� con l'introduzione nel contratto di una api?osita clausola 
di esclusione della revisione; ne consegue che, poich� il patto eventuale 
di esclusione, essendo derogativo di una norma generale, deve essere 
sempre espresso in forma chiara e non equivoca al 'fine di eliminare la 
possibilit� c_he insorgano dubbi sulla volont� delle parti di derogare nel 
caso di specie al principio generale della rivedibilit� dei prezzi, non po


,tr� ritenersi idonea a tale effetto derogatorio la clausola consueta e di 
stile, che sancisca l'invariabilit� dei prezzi, quale quella contenuta nei 
capitolati generali e speciali elaborati anteriormente al d.l.vo citato, in 
epoca in cui vigeva per l'appunto il precedente sistema di invariabilit� 
dei prezzi (1). 

(1) Cfr. in termini Sez. IV 11 dicembre 1962, n .. 775 (in Il Consiglio 
di Stato 1962, I, 1988); Sez. IV 30 novembre 1973, n. 1140 (ivi, 1973, I, 
1628). 
Sulla necessit� che l'eventuale patto di esclusione della revisione, proprio 
perch� derogativo di una norma generale, sia espresso in forma esplicita 
e inequivoca cfr. Sez. V 19 ottobre 1'971, n. 865 (ivi, 1971, I, 1786). 

In generale, sulla revisione dei prezzi nei contratti di appalto di opere 
pubbliche, cfr. Sez. IV 12 luglio 1974, n. 548 (in questa Rassegna 1975, 
I, 179 con nota di commento). 

In dottrina cfr. BATTINI, In tema di revisione dei prezzi nei pubblici 
contratti di fornitura e negli appalti di servizi (in Foro Amm.vo 1971, 
II, 126). . 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 marzo 1975, n. 305 -Pres. Uccellatore 
-Est. Giovannini -Sperandeo (avv. Carbone) c. Ministero 
difesa (avv. Stato Azzariti). 

Guerra . Combattenti e reduci � Condizioni per la concessione di benefici 
economici e di carriera � Rimprovero solenne per comportamento tenuto 
all'atto dell'armistizio dell'8 settembre 1943 -Legittimit� del di� 
Diego dei benefici. 

Guerra � Combattenti e reduci � Condizioni per la concessione di benefici 
economici e di carriera � Rimprovero sofenne per comportamento tenuto 
all'atto dell'armistizio dell'8 settembre 1943 � Legittimit� del di� 
Diego dei benifici � Successivo condono della sanzione � Irrilevanza. 

Militare � Ufficiale Esercito � Esclusione dei benefici combattentistici generali 
� Legittimit� della annotazione nei documenti caratteristici � Legittimit� 
� Sussiste. 

Ai sensi del d.l.vo 4 marzo 1948, n. 137 e della successiva legge 
23 febbraio 1952, n. 93, i militari che vanno esclusi dalla applicazione 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 711 

dei benefici combattentistici non sono soltanto i soggetti colpiti dalla 
pena massima della risoluzione del rapporto, ma anche quelli colpiti 
<la pene disciplinari minori; in particolare, con riferimento all'art. 11 
ultimo comma d.l.vo n. 13711948, come modificato dall'art. 1 della l. 

n. 93/1952 e argomentando a contrariis, l'esclusione dai benefici � applicabile 
ai soggetti predetti, qualora essi non possano invocare a proprio 
favore taluna delle circostanze dalla legge elencate; � pertanto legittima 
la esclusione dai benefici di un ufficiale che, per il suo comportamento 
alla data dell'8 settembre 1943 e successivamente, abbia riportato un 
rimprovero solenne (1). 
Consid�rato che il condono pu� eliminare solo con decorrenza ex 
nunc gli effetti di una sanzione disciplinare, senza comportare l'annullamento 
del provvedimento sanzionatorio e senza incidere sul fatto della 
irrogazione della sanzione sia sotto il profilo storico che sotto quello 
giuridico, non � contraddittorio ritenere che l'art. 11 lettera b) del d.l.vo 

n. 13711948 abbia inteso far riferimento proprio al fatto dell'essersi ve-
1�ificato un comportamento colpito da sanzione disciplinare, anche se questa 
sia successivamente divenuta inefficace per condono; cosicch� del 
tutto legittimamente l'A.mministrazione nega la concessione di detti benefici 
all'ufficiale che, in sede di disc1�iminazione, abbia riportato un 
rimprovero solenne per il comportamento tenuto l'8 settembre 1943 e 
successivamente, stante l'irrilevanza del condono in ipotesi successivamente 
intervenuto (2). 
Il disposto dell'art. 1 ultimo comma della legge 18 marzo 1968, 

n. 250, secondo cui delle fanzioni condonate non deve rimanere alcuna 
traccia nel fascicolo personale, non pu� essere invocato per giustificare 
la richiesta di cancellazione della annotazione inserita nello stato di servizio 
dell'ufficiale, attestante l'esclusione dai benefici combattentistici e 
l'ammissione ai limitati benefici previsti dall'ar-t. 2 l. 23 febbraio 1952, 
n. 93, e ci� in quanto detta annotazione rappresenta una mera certificazione 
,della posizione dell'interessato rispetto a detti benefici, e non 
espressione e conseguenza di un provvedimento sanzionatorio (3). 
(1-3) La decisione chiarisce, con limpida e lineare motivazione, i limiti 
di applicabilit� dei benefici combattentistici in relazione al d.l. 4 marzo 
1948, n. 137 e successiva legge modificatrice 23 febbraio 1952, n. 93, con 
particolare riferimento ai soggetti colpiti da sanzioni disciplinari per il 
comportamento tenuto 1'8 settembre e successivamente. 

Sugli effetti del condono delle sanzioni disciplinari, che non comporta 
annullamento del provvedimento sanzionatorio, cfr. le decisioni citate nella 
motivazione della sentenza, e precisamente Sez. IV 26 ottobre 1971, n. 896 

(in Il Consiglio di Stato 1971, I, 1761); Sez. IV 20 settembre 1969, n. 444 
(ivi, 1969, I, 1404); Sez. IV 9 dicembre 1970, n. 965 (ivi 1970, I, 2199), cui 
adde Sez. VI 19 aprile 1974, n. 150 (ivi, 1974, I, 629); Sez. VI .25 ottobre 
1974, n. 321 (ivi, 1974, I, 1327). 



712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 aprile 1975, n. 404 -Pres. Uccellatore 
-Est. Benvenuto -Istituto Giannina Gaslini (a:vv.ti Mar.
tinengo, Benvenuti e Sorrentino) c. Ministero sanit� (avv. Stato 
Ferri) e Universit� degli Studi di Genova (avv. Lucifredi). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Decisione 
su ricorso gerarchico -Silenzio rigetto -Limiti di applicabilit� 
dell'art. 6 d.P.R. n. 1199/1971 -Obbligo di decidere un ricorso gerarchico 
� Ricorso giurisdizionale avverso il silenzio della p.a. -Inammissibilit� 
-Sussiste. 

Cosa giudicata -Esecuzione -Ricorso per ottemperanza -Possibilit� di. conversione 
di un ricorso ordinario ili un ricorso ex art. 27, n. 4 � Fattispecie 
-Preclusione. 

L'art. 6 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, si riferisce ai casi in cui 
l'obbligo di decidere non osservato dall'Autorit�, gerarchica si configuri 
come obbligo che scaturisca direttamente dalla legge, non gi�, alle ipotesi 
in cui l'obbligo di decidere al quale non si sia. ottemperato risulti 
quello che discende direttamente dal giudicato (1). 

Detta disposizione normativa, analogamente a quanto dispone l'art. 

20 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, si riferisce esclusivamente al rime


dio ordinario e quindi trova applicazione solo nel caso in cui il ricorso 

ha per funzione di provocare la �formazione � di un regolamenfo giuri


sdizionale del conflitto intersubiettivo di interessi, non gi� alle ipotesi 

in cui l'esigenza che il ricorso intende proporre � quella di dare � at


tuazione� ad un assetto di interessi � gid fissati in sede giurisdizionale�, 

con un giudicato in ipotesi perseguito (2). 

Pertanto, ove la decisione giurisdizionale abbia sancito l'obbligo 

per l'Amministrazione di decidere un ricorso gerarchico, avverso il si


lenzio da essa mantenuto non � proponibile il ricorso giurisdizionale, ma 

solo il ricorso per esecuzione del giudicato ai sensi dell'art. 27 n. 4 t.u. 

26 giugno 1924, n. 1054; n� il ricorso giurisdizionale pu� jure conver'


sionis ritenersi come ricorso per l'esecuzione del giudicato, fatta salva la 

(1-3) Sulla natura della messa in mora ex art. 90 r.d. 642/1907, quale 

atto preparatorio del giudizio di ottemperanza, ad esso strettamente col


legato sotto il profilo funzionale e del quale costituisce imprescindibile 

condizione di ammissibilit� cfr. Sez. VI 19 febbraio 1964, n. 165 (in Il 

Consiglio di Stato 1964, I, 355; Sez. VI 26 ottobre 1965, n. 705 (ivi, 1965, 

I, 1778). 

Sulla problematica del .silenzio della p.a. con riferimento alla nuova 

disciplina del d.P.R. 1199/1971 e della 1. 1034/1971 cfr. Sez. IV 3 luglio 

1973, n. 670 (in questa Rassegna 1973, I, 1126, con nota di commento) e, 

in dottrina, QUARANTA, Il silenzio della pubblica amministrazione (in Foro 

' 

Amm.vo 1972, III, 341). 1 ! 

I 

I 

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 713 
sola ipotesi in cui esso possegga tutti i riquisiti di ammissibilit� richiesti 
PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 713 
sola ipotesi in cui esso possegga tutti i riquisiti di ammissibilit� richiesti 
per il rimedio previsto dal citato art. 27 n. 4, circostanza che non si 
verifica qualora il rico1�so non� sia stato preceduto dalla messa in mora 
di cui all'art. 90 r.d. JS agosto 1907, n. 642 (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 aprile 1975, n. 408 � Pres. Uccellatore 
-Est. Caianiello -Vosa (avv. Cattaneo) c. Ministero grazia 
e giustizia (avv. Stato Carbone). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale � Motivi � Necessit� della 
specificazione � Inammissibilit� di motivi genericL 

Contratti pubblici � Revisione prezzi � Diniego � Patto contrario alla revisione 
� Legittimit� del diniego di revisione � Condizione. 

Sono inammissibili i motivi di ricorso che risultino dedotti in fo1�ma 
del tutto generica (1). 

� legittimo il provvedimento di reiezione della domanda di revisione 
dei prezzi di un appalto sulla base di una clausola che escluda la rivedibilit� 
dei prezzi e che non si configuri come generica clausola di stile, 
ma come esplicito patto contrario alla possibilit� di revisione, con diretto 
riferimento agli elementi sui quali dovrebbe incidere l'operazione di 
revisione dei prezzi (2). 

(1-2) Sulla prima massima la giurisprudenza del Consiglio di Stato � 
da tempo ampiamente consolidata (cfr. ad es. Sez. IV 18 ottobre 1974, 

n. 635, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 1139; Sez. IV 12 novembre 1974, 
n. 785, ivi, 1974, I, 1384). 
Sulla natura della clausola di deroga alla revisione dei prezzi e sui 
requisiti che essa deve possedere per essere idonea allo scopo, cfr. Sez. IV 
11 marzo 1975, n. 270 (ivi 1975, I, 282, massimata anche su questa Rassegna 
con nota di richiami in giurisprudenza e dottrina). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 aprile 1975, n. 477 � Pres. De 
Capua -Est. Melito -Comune di Segni (avv. Alfonso) c. Ministero 
industria e commercio (avv. Stato Carbone), Regione Lazie> 
(avv. Lagonegro) e Soc. it. produzione calce e cementi di Segni 
(avv. Zamm~t). 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgell? � Miniere e 
cave � Terreni occorrenti per attivit� estrattiva � Normativa � Appli� 
cabilit� del r.d. n. 1143/1927 e non della I. 2359/1865 � Irrilevanza della 
qualit� dell'espropriante. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza � Miniere e 
cave � Terren;. occorrenti per attivit� estrattiva � Rapporti fra interesse 
privato e interesse pubblico � Discrezionalit� di valutazione da parte 
della p.a. 



714 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per pubblica utilit� � Termini � Inizio e compimento lavori . 
Provvedimento di esproprio emanato ad esecuzione ultimata dell'ope� 
ra � Necessit� di osservare i termini � Non sussiste. 

L'occupazione d'urgenza e i successivi provvedimenti espropriativi 
�di terreni occorrenti per l'esercizio di attivit� estrattive sono disciplinati 
dalle norme di cui al r.d. 29 luglio 1927, n. 1443 e non da quelle della 

l. 25 giugno 1865, n. 2359; il r.d. 1443/1927, nel richiamare la l. 
235911865, si limita, infatti, a indicare gli effetti dei provvedimenti adottati, 
senza peraltro imporre l'osservanza della procedura prevista dalla 
legge generale sulle espropriazioni; in particolare, il r.d. del 1927 con 
l'art. 32 ha predisposto uno strumento a favore di chi coltiva una mi-� 
niera, dichiarando di pubblica utilit� le opere necessarie per il deposito, 
il trasporto e l'elaborazione dei materiali, nonch� per la �sicurezza 
della miniera: gli stessi fini generali della coltivazione e della produzione 
mineraria che hanno determinato la formulazione dell'art. 32 per le 
miniere hanno indotto il legislatore a dichiarare l'applicabilit� di siffatte 
disposizioni anche alle cave (1). 
In relazione alla valutazione comparativa degli interessi privati e 
pubblici che l'Amministrazione pu� e deve operare nell'esercizio dei suoi 
poteri discrezionali deve considerarsi legittimamente adottato il provvedimento 
che autorizza il proprietario di una cava alla occupazione di 
urgenza di una striscia di terreno comunale, ove risulti prevalente l'inte1
�esse pubblico connesso alla.necessit� di assicurare, nel modo pi� rapido 
ed efficace, il funzionamento e lo sfruttamento della cava (2). 

Quaiora i provvedimenti espropriativi siano stati emanati quando 
l'opera dichiarata di pubblica utiHt� era stata gi� interamente eseguita, 
risulta destituito di fondamento il rilievo relativo alla inosservanza dei 
termini stabiliti per l'inizio e la conclusione dei lavori (3). 

(1-3) L'applicabilit� in subiecta materia delle norme contenute nel 

r.d. 29 luglio 1927, n. 1443 sulle miniere trova conferma nella decisione 
della Sez. IV n. 796 del 12 dicembre 1962 (in Il Consiglio di Stato 1962, 
I, 1999). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 7 marzo 1975, n. 310 -Pres. Breglia 
�Est. Pranzetti -Pesce (avv. Abbamonte) c. Comune di Eboli (avv. 
Cesareo). 

Cosa giudicata � Esecuzione � Licenza edilizia � Annullamento del diniego 
dell'Autorit� comunale �Normativa applicabile in caso di nuova pronuncia 
del Comune � Necessit� di riferimento alla data di notifica della 
decisione � Sussiste. 

In sede di esecuzione del giudicato di annullamento di un provvedimento 
comunale di diniego di licenza edilizia, � la normativa in vigore 



PARTE 
I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 715 

all'epoca deUa notificazione della decisione da eseguire che dovr� essere 
tenuta presente dalla Autorit� .comunale competente alla esecuzione (1). 

(1) La decisione conferma la prevalente giurisprudenza del Consiglio 
di Stato in tema di esecuzione del giudicato di annullamento del diniego 
di licenza edilizia. 
Peraltro sussistono notevoli oscillazioni in ordine al momento di riferimento, 
anche in relazione alla giurisprudenza dei T.A.R., dalla quale 
emergono soluzioni contrastanti. 

In sintesi, si possono enunciare le seguenti soluzioni prospettate: 

a) necessit� di fare riferimento solo alla normativa in vigore all'epoca 
della notificazione della decisione di annullamento del precedente 
diniego (l.n tal senso, oltre alla decisione annotata, cfr. Sez. V 28 giugno 
1971, n. 642, in Il Consiglio di Stato 1971, I, 1123; Sez. V 5 novembre 1971, 

n. 994, ivi, 1971, I, 2145; Sez. V 3 novembre 1972, n. 767, ivi, 1972, I, 2020; 
Sez. V 13 novembre 1973, n. 843, ivi, 1973, I, 1650; Sez. V 1� marzo 1974, 
n. 
208, ivi, 1974, I, 428); 
b) riferimento alla data di notificazione della diffida a conformarsi 
al giudicato (cfr. Sez. V 17 ottobre 1972, n. 670, ivi. 1972, I, 1677); 
c) riferimento alla data .di notificazione della decisione di annullamento 
(cfr. Sez. V 23 marzo 1971, n. 255, ivi, 1971, I, 499); 
d) applicabilit� della normativa vigente alia data di emissione del 
provvedimento annullato (cfr. Sez. V 22 dicembre 1970, n. 1229, ivi, 1970, 
I, 2297; T.A.R. Toscana 27 agosto 1974, n. 66, ivi, 1974, parte spec. 465, 
nella quale ultima si specifica che solo in via eccezionale e con apposita 
motivazione �. possibile tener conto della normativa sopravvenuta); 

e) riferimento alla applicabilit� della normativa vigente al momento 
in .cui vennero adottate le determinazioni comunali in caso di annullamento 
del silenzio-rifiuto, con salvezza, peraltro, dell'eventuale risarcimento 
danni per il ritardo (cfr. T.A.R. Piemonte 18 dicembre 1974, n. 131 in 
Rass. T.A.R. 1975, I, 42); 

f) riferimento alla scadenza del 60� giorno dalla presentazione della 
domanda nel caso di silenzio-rigetto (cfr. T.A.R. Lazio, III Sez;, 1� luglio 
1974, n. 6, in Il Consiglio di Stato 1974, parte spec. 169). 

In dottrina si segnala D'ANGELO, Altalena giurisprudenziale in tema 
di annullamento giurisdizionale di diniego di licenza edilizia e jus superveniens 
(in Riv. giur. edilizia 1972, I, 712). 



SEZIONE SESTA 

I 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1975, n. 29 -Pres. leardi Est. 
Spadaro -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 

I

$ 
w 

Stato Saltini) c. Bennati (avv. Franco e Levis) e Cassa di Rispar


mio di Venezia (avv. Allorio e Cordova). 

Imposte e tasse in genere -Credito a medio e lungo termine -Imposta 
in abbonamento sostitutiva delle tasse ed imposte indirette sugli 
affari -Soggetti ammessi a fruirne -Azienda di credito. 

(1. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). 
La legge 27 luglio 1961, n. 1228, che istituisce, per i finanziamenti 
a medio e lungo termine, il trattamento tributario agevolato della corresponsione 
di una imposta annua in abbonamento, sostitutiva -fra 
altre -delle imposte indirette sugli affari, ha come soggetti destina


i 

tari, oltre agli istituti (di credito speciale) che esercitano, in conformit� ~ 
della legge e dei loro statuti, il credito a medio e lungo termine, anche 
le "aziende di credito" che eserCitano, semp1�e in conforinitd della legge 

l

e� dello statuto, le stesse operazioni sia a mezzo di loro sezioni o gestioni 
non fornite di personalit� giuridica, sia a mezzo di un apposito ufficio 
interno, dotato di organizzazione distinta, con propria contabilit� delle 
operazioni effettuate (1). 

II II

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1975, n. 680 -Pres. Mit 
lano -Est. Sposato -P. M. Secco (conf.) -Soc. Ferrovia Alto Pi' 
stoiese (avv. Camici e Baroni) c. Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Cascino). 

I

Imposte e tasse in genere � Credito a medio e lungo termine � Imposta 

I ! 
j 

in abbonamento sostitutiva delle tasse ed imposte indirette sugli 
affari � Conformit� dell'operazione di finanziamento .alle norme di 
legge e statutarie. 


I 
!

Ai fini del trattamento tributario di favore, di cui all'art. 1 della 

l. 27 luglio 1962, n. 1228, non basta che le operazioni di credito rien-
I 

(l-2) Sul trattamento tributario di favore per il finanziamento a medio l 
e lungo termine. I 

La questione che la Corte di Cassazione ha affrontato con la prima 
sentenza e risolto in senso sfavorevole alle Finanze, ha gi� formato oggetto. I 
di esame con nota in questa Rassegna 1971, I, 1411). 



.PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 717 

trino nella categoria di quelle che il secondo comma dello stesso art. 1 
definisce come operazioni a medio e a lungo termine, ma occorre altresi 
che tali operazioni abbiano luogo nei limiti previsti per ciascun ente, 
dalle leggi che lo riguardano e dalle sue disposizioni statutarie (2). 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente Amministrazione 
delle Finanze, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, 
primo e secondo comma, della legge 27 luglio 1962, n. 1228, in relazione 
all'art. 3160 un. 3 e 5 c.1P.c., censura la impugnata sentenza per avere 
ritenuto che la Cassa di Risparmio di Venezia, potendo effettuare, quale 
�azienda di credito�, anche operazioni di mutuo a medio e lungo termine, 
rientrasse tra i soggetti beneficiari, per le operazioni oggettivamente 
comprese tra quelle a medio e lungo termine, del trattamento 
fiscale agevolato, previsto dalla citata legge n. 1228. In particolare, sostiene 
che questa legge ha riguardo, ai fini dell'applicazione del trattamento 
fiscale in questione, soltanto agli istituti, le sezioni e le gestioni 
che, secondo l'art. 41 della legge bancaria, esercitano �l credito speciale 
e che gi� normalmente fruivano di un particolare regime tributario, rimanendone 
cos� escluse le aziende di credito, quali le casse di Risparmio, 
che esercitano il credito ordinario e rientrano sotto la separata disciplina 
dell'art. 5 della legge bancaria. 

Il motivo � infondato. 
La legge 27 luglio 1961, n. 1228, che istituisce, per i finanziamenti 
a medio e lungo termine, il tratta~nto tributario agevolato della cor-

Nelle vertenze ora decise, la difesa dell'Amm.ne aveva particolarmente 
insistito sulla circostanza che la legge 27 luglio 1962, n. 1228, 
intitolata e trattamento tributario degli Istituti di credito a medio e lungo 
termine � fissa gi� nel titolo l'ambito di operativit� della legge, facendone 
destinatru:i ,gli istituti di credito a m. o 1. termine, e non le �aziende 
di credito � : tesi che trova conforto nella relazione ministeriale e nei 
lavori preparatori della legge (gi� ricordati in detta nota). Si era ancora 
posto in evidenza come la dizione contenuta nel secondo alinea dell'art. 1 
della legge ( � la medesima imposta � dovuta altresi, dalle aziende di credito 
per le loro sezioni o gestioni non fornite di personalit� giuridica 
che esercitano in conformit� alle disposizioni della legge e degli statuti, 
il credito a medio e lungo termine �) non apre la porta del trattamento 
tributario agevolato alle aziende di credito che il primo alinea tiene 
sicuramente al di fuori. La disposizione sembra inequivoca, ove si tenga 
presente che esistono .effettivamente a~iende di credito le quali con 
sezioni o gestioni 1special� non .fornite di rpersonalit� .giurLdica compiono 
vere operazioni �di credito a medio o lungo termine: operazioni cio� che 



718 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

responsione di una imposta annua in abbonamento di quindici centesimi 

per ogni cento lire dell'ammontare dei crediti esistenti alla fine dell'eser


cizio per tali finanziamenti, elenca, all'art. 1, i soggetti destinatari di 

questo trattamento fiscale, e, mentre nella prima parte dello stesso ar


ticolo menziona testualmente �gli istituti di credito e le sezioni di azien


de e di istituti di credito che esercitano, in conformit� alle disposizioni 

della legge e dei loro statuti, il credito a medio e lungo termine�, po


nendo l'obbligo della corresponsione della imposta a carico degli stessi . 

� Istituti di credito � e delle stesse Sezioni �; nella seconda parte indica 

le �aziende di credlito., ohe ese11citano lo stesso tiipo di credito a medio 

e lungo termine attra'Verso �loro sezioni o gestioni, non fornite di per


sonalit� giuridica ., ponendo quell'obbUgo della correis:pons:ione della im


posta a carico delle �aziende�, non gi� �delle sezioni o gestioni�, e 

venendo cos�, chiaramente, a sottolineare la personalit� giuridica che le 

�Sezioni�, indicate nella prima parte, rivestono diversamente delle �Se


zioni e Gestioni�, indicate nella seconda parte. 

La legge, che, nello stesso art. 1, configura i finanziamenti a medio 

e lungo termine, contemplati ai fini dell'applicazione del trattamento 

fiscale in argomento, nell'� operazioni a scopo di investimento di durata 

non inferiore a tre anni�, indica, all'art. 3, �gli istituti, le Sezioni, le 

aziende��, previsti nel detto art. 1, quali destinatari dell'obbligo di di


chiarare annualmente le somme sulle quali si commisura la imposta e 

di ottemperare a tutti gli altri adempimenti ivi prescritti, e, all'art. 4, 

con riguardo all'abrogazione dei precedenti trattamenti tributari, fa 

espresso riferimento agli �Istituti, Sezioni o aziende che esercitano il 
�credito a medio e lungo termine�. 

Dal significato letterale e logico del testo, in cui questa normativa 

risulta formulata nei punti essenziali sopra posti in evidenza, deriva che 

l'agevolazione fiscale in argomento comprende, oggettivamente, le ope


vengono alimentate non con le provviste ordinarie (depositi a breve ter


mine), bens� esclusivamente con le provviste a medio o lungo termine. 
Trattasi perci� di istituti di credito speciale, rientranti nell'ipotesi dell'art. 
41 della legge bancaria e successive modificazioni; la loro costituzione 
� sempre prevista da leggi speciali (n� basta un atto interno dell'Istituto 
a costituire tali sezioni o gestioni): v. ad esempio il d.P.R. 30 luglio 
1957, n. 813: esso dispone, all'art. 1, che la Cassa di Risparmio di Roma, 
con sede in Roma, � autorizzata ad esercitare nel territorio della Provincia 
in cui ha le proprie filiali, il credito fondiario in conformit� delle disposizioni 
vigenti in materia; l'art. 2 poi cos� detta: � per lo espletamento 
delle operazioni di cui all'art. precedente, la Cassa di Risparmio di 
Roma istituir� una separata gestione avente propria contabilit� e propria 
. bilancio �. � evidente che la gestione non ha personalit� giuridica. Essa 

opera col fondo di dotazione previsto dall'art. 3 e a sensi della legge 

fondamentale richiamata nel decreto (e cio� del r.d.l. 16 luglio 1905, n. 646, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIIA 719 

razionli. di finanziamento a medio o lungo tel'lliline, che si concretino in 
operazioni di investimento di durata non inferiore a tre anni, e, soggettivamente, 
con attribuzioni di una propria e diretta titolarit�, tanto gli 
istituti di credito e le sezioni, fornite di personalit� giuridica, degli stessi 
istituti di credito e delle aziende di credito che esercitano, in conformit� 
alla legge e agli statuti, il credito a medio e lungo termine, quanto le 
aziende di credito che esercitano lo stesso tipo di credito attraverso loro 
sezionli. o �gestioni, non fornite di iperisonalit� giuridica. 

In sostanza, questa normativa, ai fini dell'agevolazione fiscale, attribuisce 
rilevanza e prevalenza determinanti al carattere �a medio e lungo 
termine� delle operazioni di finanziamento che vengono effettuate, e, i�J. 
perfetta sincronia logico-giuridica con questo aspetto oggettivo di tali 
operazioni pone l'agevolazione fiscale e il correlativo obbligo del pagamento 
dell'imposta agevolata a favore e a carico degli operatori bancari, 
che esercitano legalmente, in forza della legge e degli statuti tale tipo 
di operazione sicch� in questa configurazione s'inquadra la diversa ter-� 
minologia usata dalla normativa stessa per indicare i detti operatori bancari, 
individuandoli negli istituti di credito che in base alla disciplina 
bancaria, sono abilitati, istituzionalmente, ad esercitare tale tipo di operazioni 
anche attraverso gestioni o sezioni, dotate di personalit� giuridica, 
e nelle aziende di credito che, in base alla medesima disciplina ban


caria, sono istituzionalmente abilitate ad esercitare il credito ordinario 
ma che possono anche esercitare quello a medio e lungo termine sia 
attraverso sezioni, dotate di personalit� giuridica, e sia attraverso Sezioni 

o gestioni, non fornite di tale pers011alit�. La legge, pertanto, non autorizza 
a consentire la interpretazione ad essa data dalla ricorrente amministrazione 
delle Finanze, secondo cui l'agevolazione fiscale sarebbe, sogche 
determina le provviste con le quali il credito speciale fondiario pu� 
essere alimentato), con le cartelle fondiarie.� 

Vedi ancora il d.P.R. 20 maggio 1962, n. 956 col quale � stata istituita 
una � separata gestione � senza personalit� gim;idica presso la Cassa Centrale 
di Risparmio V. E. per le Provincie Siciliane; ed il d.P.R. 18 giugno 
1962, n. 967. per la Cassa di Risparmio della Calabria etc.; v. ancora il 

r.d. 24 febbraio 1938, n. 256 convertito in 1. 3 giugno 1938, n. 1088 che 
istituisce la �Sezione di Credito Fondiario della Cassa di Risparmio di 
Gorizia �, etc. (per l'elenco completo degli istituti di credito speciale consulta 
le pubblicazioni � La legge bancaria italiana ed altre norme essenziali 
in materia edilizia�, Roma, 1972; �La legislazione italiana sul credito 
speciale alla industria e al commercio�. Roma, 1963, �La legislazione 
italiana sul credito agrario >, Roma, 1969; pubblicazioni tutte dell'Associa-' 
zione Bancaria Italiana; v. anche, per un'ampia rassegna degli istituti di 
credito speciale, fruenti di imposta sostitutiva, ZAPPALA e LANZA, � L'imposta 
sui redditi mobiliari� Napoli 1968, 390). 
La legge speciale opera per queste ben definite sezioni e gestioni sfor.
nite di personalit� giuridica la separazione di una parte del patrimonio 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gettivamente, circoscritta agli Istituti che esercitano, a sensi dell'art. 41 
della legge bancaria, il credito speciale, dal momento che, mentre manca 
nella legge stessa un qualsiasi riferimento terminologico allo esercizio di 
un �credito speciale�, viene dalla legge medesima richiamato, invece, 
specificamente ed espressamente, con riguardo ai destinatari dell'anzidetta 
agevolazione, il carattere a medio e lungo termine dell'attivit� creditizia 
da essi esercitata legalmente, come si � sopra precisato; talch� 
ben fondatamente deve affermarsi che, in relazione con le aziende di 
credito, questo richiamo viene, comunque, a comportare la inclusione, 
tra quei destinatari, di tali aziende, che, di regola, esercitano il credito 
ordinario. tna che possono anche esercitare quello a' medio e lungo termine, 
quando esse, in forza della relativa disciplina bancaria, sono auto, 
rizzate a svolgere anche questo tipo di attivit� creditizia sia attraverso 
proprie sezioni, fornite di personalit� giuridica, che attraverso sezioni o 

gestioni, prive di tale personalit�. 

Consegue che la Cassa di Risparmio di Venezia, quale azienda di 

credito, che, secondo gli accertamenti eseguiti in sede di merito, risulta 

autorizzata, ai sensi degli art.li 40, 45 e 46 dello Statuto, approvato con 

d.m. 26 aprile 1954, ad esercitare le operazioni di credito a medio e 
lungo termine e che tali operazioni svolge, ai sensi dell'art. 22 dello 
Statuto stesso, attraverso un apposito ufficio, l'ufficio mutuatari, privo di 
personalit� giuridica ma dotato di una organizzazione distinta, con propria 
contabilit� delle operazioni effettuate, viene a rientrare, ai fini dell'agevolazione 
fiscale in argomento, tra le aziende di credito, contemplate 
nella seconda parte dell'art. 1 della legge n. 1228 del 1962, ossia tra 
quelle aziende di credito che esercitano il .credito a medio e lungo terdell'azienda 
di credito, che viene destinata all'esercizio del credito speciale; 

esercizio che viene alimentato oltre che col fondo di dotazione, mediante 

l'emissione di cartelle fondiarie, o con altri titoli, idonei a raccogliere il 

credito a medio o lungo termine; ma mai col credito raccolto a breve 

termine. Nessuna confusione avviene perci� tra le provviste (a breve 

termine) che alimentano il credito ordinario, e quelle a medio o lungo 

termine che alimentano il credito speciale, trattandosi di attivit� che, pur 

intestate al medesimo soggetto giuridico, vivono vita separata e indipen


dente e sono sottoposte a distinti controlli (secondo quanto prevedono gli 

arlt. 2 e 6 della �legge bancaria: v. anche art. 2 del d.1. 17 luglio 

1947, n. 691). 

La Corte Suprema peraltro non ha aderito alla tesi dell' Ammini


strazione, ritenendo invece che la norma esaminata comprenda anche le 

aziende di credito ordinario, che esercitano, con le provviste a breve ter


mine, in conformit� alla legge e agli statuti, il credito a medio o lungo 

termine, attraverso un apposito ufficio interno, con propria contabilit� delle 

operazioni effettuate. 

� giunta a tale conclusione, attribuendo particolare rilevanza al 2� 

comma dell'art. 1 della legge che definisce sotto l'aspetto oggettivo cosa 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 721 

mine attraverso �gestioni�, non fornite di personalit� giuridica. N� il 
fatto 1che un tale ufficio sia !Pl'ivo d:i un proiprio !Patrimonio e di un autonomo 
bilancio pu� importare la esclusione della sua configurazione come 
� gestione � nel senso voluto dalla legge, giacch�, contrariamente alla 
tesi al riguardo sostenuta dalla ricorrente, mentre il citato art. 1 della 
stessa legge non menziona un tale requisito, la figura della �gestione�, 
priva di personalit� giuridica, suindicata dallo stesso art. 1 s'identifica, 
nell'ambito della normativa, in quella di un servizio o di un ufficio, 
caratterizzato dalla omogeneit� pa;rticolare delle operazioni che � chiamato 
a svolgere, ossia da una competenza meramente interna, rispetto 
alla quale l'autonomia patrimoniale,e di bilancio non si presenta rispondente 
alla correlativa.funzionale struttura tecnico-amministrativa. D'altra 
parte, il fatto che la norma pone, in questa ipotesi, la agevolazione 
fiscale ed i correlativi obblighi in eapo alle �aziende�, e non gi� in 
capo alle �gestioni�, convalida la superiore conclusione circa la struttura 
meramente interna che s'� intesa attribuire dal legislatore alle � gestioni 
�; tanto pi�, poi, che la indicazione da parte della stessa norma di 
queste �gestioni� distintamente dalle �sezioni�, che rivestono, sul piano 
tecnico-amministrativo una struttura diversa almeno per quanto attiene 
alla autonomia funzionale, contrassegna chiaramente la collocazione 
degradata che rispetto a questi fini strutturali e funzionali, s'� inteso 
attribuire alle �gestioni�, donde la loro posizione, sotto il profilo tecnico-
amministrativo, sul piano di un �servizio� o di un �ufficio� delle 
aziende di credito. Per tutte le esposte considerazioni, la impugnata sentenza, 
che ha ritenuta legittima l'applicazione in favore della Cassa di 
Risparmio di Venezia del trattamento tributario, di cui all'art. 1 della 
citata legge n. 1220 del 1962, non merita le esaminate censure. 


(Omissis). 

debba intendersi per operazioni di finanziamento a medio o lungo termine; 

la legge, essa ha osserv�to, ammette al trattamento tributario agevolato 

gli operatori bancari che esercitano legalmente in forza della 'legge e degli 

statuti, tale tipo di operazioni, senza contenere alcun riferimento termi


nologico allo esercizio del � credito speciale �. 

La massima sub II trae le logiche conclusioni dal principio cui la 
� Corte Suprema ha attribuito particolare rilevanza anche nelle sentenze 

precedenti, che cio� per rientrare nel sistema agevolato, le operazioni di 

mutuo debbono essere conformi alla legge e agli statuti; nel caso di specie 

lo statuto autorizzava l'operatore bancario (Cassa rurale e artigiana) a 

concedere mutui chirografari ed ipotecari di durata non superiore a cin


que anni; poich� il mutuo era stato invece concesso per la durata di dieci 

anni, l'operazione non rientrava nel regime in abbonamento. 

M. SALTINI 
8 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

722 

@ 

ti 

II 

f:l 
(Omissis). -La Commi1ssione Centrale ha :ritenuto 1che ai fini delI
�

l'app�icazione del regime forfettario previsto dalla citata legge del 1962. 
� indispensabile la ricorrenza di tre condizioni: che l'istituto di credito 
sia autorizzato all'esercizio del credito a medio e lungo termine; che 
l'operazione attiva di finanziamento abbia una durata non inferiore a 
tre anni; che la detta operazione sia consentita dalle disposizioni di 
legge in materia e dalle norme statutarie dell'istituto mutuante (o se


Izioni o gestioni del medesimo); e che la ricorrenza di questo terzo requisito 
� illdispensabile non meno che quella degli altri due non essendo 
ammissibile che il legislatore lo abbia indicato senza volervi dare rilevanza 
e non essendo neppure plausibile che egli abbia voluto estendere 
il favore tributario ad operazioni compiute irregolarmente. 

Ha soggiunto che una conferma di tale interpretazione dell'art. 1 
della legge si trova nel suo quarto comma in quanto l'estensione di-� 
sposta da questo nei confronti di taluni istituti di credito relativamente 
ad operazioni diverse dai finanziamenti a medio e lungo termine (ad 
esempio: ad operazioni a breve termine) � stata, anch'essa, subordinata 
alla condizione che tali operazioni diverse siano compiute in conformit� 
alle norme legislative ed agli statuti. 

Contro le suesposte considerazioni della Commissione Centrale la 
societ� ricorrente deduce: 

a) che l'art. 1 della citata legge deve essere inteso nel senso che 
al particolare trattamento tributario da essa previsto sono ammessi gli 
istituti o aziende o gestioni autorizzati all'esercizio del credito a medio 
e lungo termine, e cio�, come stabilito dal medesimo articolo nel suo 
secondo comma, ad operazioni di finanziamento a scopo d'investimento 
di durata non inferiore a tre anni; che ad operazioni di questo genere� 
la Cassa � autorizzata in virt� della 1. 26 settembre 1937, n. 1706 modificata 
dalla 1. 4 agosto 1955, n. 707 e dall'art. 15 del suo Statuto; 
che la possibilit� di concedere mutui sino a cinque anni di durata, 
prevista dalla citata legge e dallo Statuto, fa rientrare la Cassa nelle. 
categorie delle aziende autorizzate all'esercizio del credito a medio e� 
lungo termine, cio� di durata non inferiore a tre anni, e, quindi, nella 
categoria delle aziende ammesse allo speciale trattamento tributario; 
e che la concessione del finanziamento per una durata superiore a 
quella consentita dallo statuto pu� determinare l'illegittimit� e l'annullabilit� 
dell'operazione o l'intervento sanzionatorio delle autorit� amministrative 
di vigilanza, ma non l'esclusione della detta operazione dal 
trattamento tributario di favore (1� motivo: violazione e falsa applicazione 
dell'art. 1 della 1. 27 luglio 1962, n. 1228, degli art. 18 r.d.l. 26 set




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIIA 723 

tembre 1937, n. 1706 modificat� dalla 1. 4 agosto 1955, n. 707, e 15 dello 
Statuto della Cassa Rurale e Artigiana di Pistoia); 

b) che anche a voler trascurare che il quarto comma dell'art. 1 
della legge del 196,2 si riferisce ad altri istituti, resta fermo che esso 
deve essere interpretato in coerenza con il primo comma dello stesso 
articolo e cio� nel senso che la conformit� alle norme legislative ed 
agli statuti riguarda la capacit� istituzionale di quegli istituti di concedere 
finanziamenti a medio e lungo termine e non gi� gli altri atti per 
i quali il detto quarto comma estende il favore fiscale (2o motirvo : violazione 
e falsa applicazione dell'a.rt. 1, quarto comma, della legge 27 luglio 
1962, n. 1228 in relazione ai commi primo e secondo dello� stesso 
articolo). 

I due motivi che, riguardando la medesima questione, debbono 
essere esaminati insieme, sono privi di giuridico fondamento. 

Questa Corte Suprema ha gi� avuto modo di affermare (v. sent. 
7 dicembre 1972, n. 3538) che il requisito di conformit� alle leggi ed 
agli statuti, previsto sia nel primo sia nel quarto comma dell'art. 1 della 
citata legge del 1962, deve essere inteso quale criterio rigorosamente 
limitativo dell'agevolazione fiscale. 

Ed invero non si pu� prescindere dal chiaro significato della norma 
di favore e dall'intenzione del legislatore che essa inequivocabilmente 
manifesta, per operarne l'estensione voluta dalla societ� ricorrente. Tale 
estensione non sarebbe neppure possibile -ove ci� fosse ammesso e 
non fosse, invece, vietato dal carattere eccezionale della norma -in 
via di applicazione analogica. Difatti l'analogia, per la sua stessa natura, 
vale per i casi simili, ma non per i casi contrari a quelli considerati 
nella legge, ed il caso del� credito esercitato in difformit� dalle 
norme legislatirv'e, che reggono gli enti mutuanti, e dai loro statuti, nori 
� simile, ma opposto al caso, considerato dal primo comma dell'art. 1 
della legge in esame, del credito esercitato in conformit� alle disposizioni 
delle leggi e degli statuti. Non basta, pertanto, ai fini del trattamento 
tributario di favore, che le operazioni di credito rientrino nella 
categoria di quelle che il secondo comma dello stesso art. 1 definisce 
come operazioni a medio e a lungo termine -cio� nella categoria 
dei crediti a scopo d'investimento di durata non inferiore a tre anni ma 
occorre, altresi, che tali operazioni abbiano luogo nei limiti previsti, 
per ciascun ente, dalle leggi che lo riguardano e dalle sue disposizioni 
statutarie (nel caso: dall'art. 18 del r.d.l. 26 settembre 1937, n. 1706 
che, con disposizione integralmente riportata nell'art. 15 dello statuto 
della societ� ricorrente, autorizza le casse rurali ed artigiane a concedere, 
sempre che �ci� sia previsto nei rispettivi statuti, mutui chirografari 
ed ipotecari di durata non superiore a cinque anni, con estinzione 
rateale). 



724 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secol;ldo la ricorrente una conferma della suesposta interpretazione 
del primo comma dell'art. 1 non potrebbe trarsi -contrariamente a 
quanto � stato ritenuto dalla Commissione Centrale -dal quarto comma 
dello stesso articolo, che deve essere inteso in coerenza con il primo 
comma. Giacch�, per�, il significato del primo comma non � quello� che 
la ricorrente gli attribuisce ma � quello che � stato dianzi precisato, � 
ovvio che, per rendere con esso coerente il quarto comma, non vi � 
bisogno di alterare il senso di quest'ultimo laddove, con espressioni 
altrettanto univoche rispetto a quelle adoperate nel primo, stabilisce 
che per determinati istituti di credito speciale l'imposta pu� corrispondersi 
nella forma agevolata dell'abbonamento anche per atti diversi a 
condizione che siano compiuti -e cio� anche questi siano compiuti in 
conformit� alle norme legislative ed agli statuti. 

Pertanto il ricorso deve essere rigettato e la societ� ricorrente deve 
essere condannata alla perdita del deposito ed alle spese del presente 
giudizio di cassazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 febbraio 1975, n. 511 -Pres. 
Laporta -Est. Montanari Visco -P. M. Pedace (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Graziano) c. Marino e INAIL. 

I~poste e tasse in genere -Competenza e giurisdizione � Imposte dirette Pagamento 
per ritenuta -Azione del contribuente contro il sostituto 
di imposta per il pagamento di somme illegittimamente ritenute Azione 
civile sottoposta alle regole ordinarie della competenza -Necessit� 
del preventivo ricorso alle Commissioni -Esclusione. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; I. 28 ottobre 1970, n. 801). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Pagamento per ritenuta Condanna 
alle spese con distrazione a favore del difensore -Ritenuta 
di imposta da parte del soccombente -Esclusione. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 128; I. 28 ottobre 1970, n. 801, art. 3; c.p.c. 
art. 9.3). 
L'azione del soggetto a carico� del quale sia stata praticata la ritenuta 
di imposta contro il debitore che ha eseguito la detta ritenuta e 
volta a contestare la legittimit� della stessa � una azione civile di 
adempimento dell'obbligazione che, se pure legittima l'intervento in 
causa dell'Amministrazione finanziaria, non ha natura tributaria; detta 
controversia segue quindi le regole ordinarie della competenza e non� � 
condizionata al preventivo ricorso alle Commissioni (1). 

(1-2) Bisogna prendere atto dell'autorevole pronunzia, conforme ad 
alcuni precedenti (19 dicembre 1969, n. 4004, in questa Rassegna, 1970, 
I, 118; 6 febbraio 1970, n. 264, ivi, 119; 7 gennaio 1970, n. 25, Riv. leg. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA' 725 

L'obbligo di opemre la ritenuta di acconto sulle somme corrisposte 
per p1�estazioni professionali di cui all'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, 

n. 801 presuppone un rapp01�to di incarico professionale tra debitore e 
credit9re; non rientra in detta previsione l'obbligo del soccombente di 
pagare le spese e gli onorari del giudizio in favore del difensore della 
controparte distrattario ex art. 93 c.p.c. (2). 
(Omissis). -Col primo motivo l'Amministrazione deduce la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 
e il difetto temporaneo di giurisdizione in relazione all'art. 360 n. 1, 
c.p.c1 

Essa afferma che la causa verteva in materia di imposte dirette� e 
che quindi il giudice ordinario non poteva conoscerne fin quando non 
fosse intervenuta una decisione definitiva da 1Parte delle CommiSJSioni 
delle Imposte. Avrebbe natura tributaria ogni controversia riguardante 
l'esistenza e la misura del tributo e� le eventuali esenzioni o anche soltanto 
i modi e i termini del pagamento e della riscossione. Nel caso 
della ritenuta di imposta alla fonte (trattisi di ritenuta secca o di rite-. 
nuta d'acconto), se da parte di chi ha subito la ritenuta si instaura una 
controversia, sostenendo che alla ritenuta stessa egli non doveva sottostare, 
la res dedotta in giudizio avrebbe oggettivamente natura tributaria. 
La natura tributaria sussisterebbe anche sotto il profilo soggettivo, 
giacch� la ritenuta alla fonte, da chiunque operata, realizzerebbe 

fisc., 1970, 781). Sono lecite tuttavia alcune riserve sull'esattezza della 
statuizione, specie in relaziqne alla prima massima. 

La contestazione della legittimit� della ritenuta (sia essa diretta o di 
acconto) � evidentemente inerente al rapporto tributario, anche se riferita 
al momento della riscossione; e non sembra potersi condividere l'affermazione 
che il debitore che, quale sostituto di imposta, ha eseguito la ritenuta 
nell'osservanza di un dovere tributario imposto dalla legge, possa 
essere convenuto per l'adempimento dell'obbligazione civile arbitrariamente 
decurtata. Neppure pu� dirsi, per .sostenere questa conclusione, che non 
ricorre sotto il profilo soggettivo la controversia di imposta (che deve intercorrere 
tra il contribuente e l'Ufficio tributario) perch� questo � quello 
che occorreva dimostrare e che, come si vedr�, non � facilmente dimostrabile. 


Ma se fosse esatta la premessa che la lite instaurata tra creditore e 
debitore � una mera controversia civile, non sarebbe ammissibile l'intervento 
(iussu iudicis o ad istanza di parte) della Amministrazione finanziaria 
nei cui confronti il giudicato deve produrre effetto. Quando si 
dichiara nei confronti dell'Amministrazione l'illegittimit� della ritenuta 
con effetto di giudicato e di conseguenza si ordina il rimborso (o si precostituisce 
il relativo obbligo) della somma versata, si decide incontestabilmente 
una controversia di imposta. Si dovrebbe quindi quanto meno 
ritenere che se tra creditore e debitore si instaura una controversia civile 
l'Amministrazione finanziaria vi deve rimanere estranea, con la conse




726 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un particolare sistema di riscossione dell'imposta, avente rilevanza esterna 
e riflettentesi direttamente ed immediatamente sull'Amministrazione 
Finanziaria, in quanto esplicante tutti i suoi effetti sul rapporto tra 
detta Amministrazione e il contribuente. 

Il motivo � infondato. 

Va premesso che le disposizioni di cui all'art. 22 del r.d. 7 agosto 
1936, J:J.. 1639, che attribuivano alle speciali Commissioni tributarie 
la risoluzione delle controversie tra l'Amministrazione finanziaria e i 

contribuenti, relative all'applicazione delle imposte dirette, e disponevano 
che l'Autorit� giudiziaria ordinaria potesse essere adita soltanto 
dopo che fosse intervenuta la decisione di almeno una delle commissioni, 
debbono essere interpretate restrittivamente, in quanto comportanti 
una limitazione e restrciizione della normale competenza giurisdizionale 
spettante al giudice ordinario in materia di diritti soggettivi. 

Nel caso di specie, se non si pu� negare che la ritenuta d'acconto � 
attiene a un momento del procedimento di riscossione delle imposte 
sui redditi, va per� rilevato che il Marino aveva agito in giudizio per 
conseguire quanto attribuitogli in virt� di un provvedimento giudiziale 
di distrazione delle spese processuali in suo favore, .assumendo una 

I

condotta illecita dell'obbligato al pagamento delle spese stesse, condotta 
illecita in quanto detto obbligato e cio� l'INAIL aveva decurtato 

I

illeigittirm.aimente l'importo della pirestaz.ione da esso dovuta operando f:. 

� 

una trattenuta a scopi fiscali al di fuori dei casi consentiti dalla legge f: 

guenza che ad essa non sar� opponibile il giudicato nella successiva azione 
di rimborso della somma versata. Ma ci� porrebbe il sostituto di imposta 
in una situazione troppo pericolosa e troppo onerosa; esso, mentre � esposto 
all'adempimento coattivo verso la Finanza ed a gravi sanzioni se non 
esegue la ritenuta, � esposto al pi� grave rischio ove esegua la ritenuta 

di subire la condanna verso il creditore a pagare la somma versata senza 
la certezza del rimborso da parte dell'Amministrazione. Una tale situazione 
non pu� essere normale nel sistema. 

Se si ritiene invece che legittimamente possa essere ordinato l'intervento 
dell'Amministrazione� perch� �a sentenza faccia stato nei suoi confronti, 
si deve ammettere che almeno in questo momento nasca una controversia 
di imposta con tutte le conseguenze sulla competenza (del Tribunale 
del Foro dello Stato) e sulla giurisdizione condizionata al preventivo 
ricorso alla Commissione. 

Queste incongruenze rivelano la necessit� che il problema sia diversamente 
impostato. 

Si � gi� visto che non si pu� trasformare in inadempimento di una 
obbligazione civile l'osservanza di un dovere pubblico; la ritenuta non � 
quindi parte o accessorio di una obbligazione comune, ma l'oggetto della 
obbligazione tributaria. Se cosi non fosse, bisognerebbe ammettere (per 
assurdo) che competente a decidere della legittimit� della ritenuta, intesa 
come parte dell'obbligazione civile non esattamente adempiuta, � il giudice 
competente su questa, che potrebbe essere non solo il pretore per ragione 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR[A 727 

e cio� in una ipotesi non disciplinata dall'art. 3 della legge 28 ottobre 
1970, n. 801. 

Se dunque la controversia interessava anche 1'Amministrazione delle 
Finanze e legittimava l'intervento in causa di quest'ultima, non pu� 
per� affermarsi che la controversia avesse soltanto e interamente natura 
tributaria ed intercorresse esclusivamente tra l'Ufficio fiscale e il contribuente. 
Legittimato passivamente all'azione era, invece, anzitutto un 
soggetto estraneo all'organizzazione diretta dell'Amministrazione finanziaria, 
del quale si deduceva -in assenza di un qualsiasi diretto accertamento 
tributario da parte della predetta Amministrazione -un'inadempienza 
alla sua obbligazione per avere diminuito arbitrariamente 
l'oggetto della prestazione a cui esso era tenuto in virt� del provvedimento 
giudiziale di distrazione e del quale soggetto si chiedeva inoltre 
la condanna alla corresponsione dell'integrazione del quantum della 
prestazione anzidetta. 
sulle somme pagate per prestazioni professionali, e i soggetti che percepiscono 
le somme stesse sia intercorso un incarico professionale conferito 
da quelle persone a questi ultimi. 

Detta interpretazione non sarebbe confortata n� dalla lettera della 
norma, in cui non si fa riferimento alcuno a conferimento di incarichi 
professionali o a rapporti contrattuali, n� dalla ratio della norma stessa, 
avendo il legislatore inteso estendere, con la disposizione in esame, il 

di volere, ma anche altro giudice competente per materia, come il giudice 
del lavoro per la ritenuta sulle retribuzioni e quindi anche il giudice 
amministrativo per la ritenuta su retribuzioni inerenti a rapporti di pubblico 
impiego. 

� invece evidente che la contestazione sull'obbligo della ritenuta � 
una controversia di imposta; essa � poi spe�ificamente regolata dall'art. 171 
del t.u. sulle imposte dirette che non pu� evidentemente essere ignorato; 
non sembra quindi potersi superare la necessit� del preventivo ricorso alla 
Commissione e successivamente l'inderogabilit� della competenza del Tribunale 
del foro dello Stato. 

Ma l'aspetto risolutivo della questione va ricercato sul punto della 
legittimazione. Il sostituto di imposta che ha eseguito il versamento della 
somma ritenl.Jta ha esaurito il suo obbligo e d'un canto non ha legittimazione 
passiva verso il contribuente e d'altro canto non ha legittimazione 
attiva a domandare il rimborso; esaurita la funzione sostitutiva, � 
il contribuente titolare del diritto al rimborso da far valere verso l' Amministrazione 
finanziaria. 

Ci� � chiaramente sancito nel menzionato art. 171. In tal modo la 
domanda del contribuente diretta a contestare la legittimit� della ritenuta, 
che � incontestabilmente una controversia di imposta, non pu� non essere 
rivolta all'Ufficio che, ove non intenda accoglierla, deve trasmetterla alla 
Commissione. 

Ritenendo invece proponibile la domanda civile di pagamento verso 
il sostituto, necessariamente si abilita il sostituto di imposta a domandare 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

728 

principio della ritenuta d'acconto alla fonte ai redditi dei professionisti. 
Si sarebbe, in tal modo, voluto agevolare, rispetto ai professionisti e 
possa essere operata soltanto se e in quanto tra le persone fisiche o 
giuridiche espressamente indicate, le quali debbono operare la ritenuta 

Non ricorreva pertanto, sotto il profilo soggettivo, una di quelle 
tipiche controversie tra ufficio fiscale e contribuente, attribuite alla speciale 
giurisdizione delle Commissioni tributarie, e per le quali sarebbe 
occorso il preventivo svolgimento di tale fase giurisdizionale, quale 
necessario presupposto della proponibilit� della successiva azione giudiziaria. 


Col secondo mezzo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione 
dell'art. 128, 2<> comma del T.U. approvato con d.P.R. 29 gennaio 
1958, n. 645, quale risulta in base all'art. 3 della legge 28 ottobre 
1970, n. 801. 

Essa assume che la sentenza impugnata ha errato quando ha interpretato 
la norma sopraindicata nel senso che la ritenuta di acconto 
per i redditi derivanti dall'attivit� professionale esplicata, non solo la 
riscossione ma anche l'accertamento di determinati tributi. 

Col terzo motivo -che per ragioni di stretta connessione si reputa 
di dover esaminare congiuntamente al secondo -l'Amministrazione 
ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 128, 2<> comma 
del T.U. approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, come risulta 
in base all'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801, nonch� dell'art. 
93 c.p.c. 

Essa si duole che nella motivazione della sentenza impugnata si 

sia affermato che il credito del difensore distrattario � quello stesso 

il rimborso della somma versata, il che � contro il siste~a (potrebbe dar 
luogo al rimborso a favore del sostituto che non abbia a sua volta ritrasferito 
questa somma al contribu~nte, il che integrerebbe l'ipotesi del 
reato di cui all'art. 260 del t.u. del 1958). 

Sulla seconda massima si pu� anche ragionevolmente dissentire. A 
parte il contrasto con numerose pronunzie che, ad altro fine, definiscono 
il diritto del difensore distrattario come un diritto a,utonomo, separatamente 
azionabile e direttamente costituito verso il soccombente, sembra 
dubbio che, in applicazione dell'art. 93 c.p.c., si possa derogare agli obblighi 
posti dalle norme tributarie in materia di ritenuta. Se si esclude sempre 
l'obbligo di ritenuta nei casi di distrazione, lo si esclude anche nel caso in 
cui il difensore avrebbe dovuto subire la ritenuta se il pagamento fosse 
stato eseguito dal suo cliente (che sia uno dei soggetti di cui all'art. 3 
della legge 28 ottobre 1970, n. 801); la distrazione potrebbe diventare il 
mezzo per sottrarre il professionista alla ritenuta alla quale sarebbe soggetto 
in mancanza di distrazione. Il problema � comunque oggi risolto 
dal legislatore, in quanto l'�art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 
assoggetta alla ritenuta i compensi comunque denominati corrisposti per 
prestazioni di lavoro autonomo. 



PARTE I, SEZ'. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 729 

spettante al c1iente e che il difensore distr.attario viene a trovarsi, di 
fronte al soccombente, nella stessa posizione giuridica del proprio 
cliente. 

Con la distrazione si verrebbe invece a creare un vincolo diretto 
tra il difensore del vincitore e il soccombente. Il diritto di credito del 
distrattario verso il soccombente avrebbe i caratteri dell'autonomia e 
della personalit�, n� la distrazione potrebbe configurarsi come una cessione 
di credito della parte vittoriosa al suo difensore. Pertanto l'INAIL 
(soggetto che doveva operare la ritenuta di acco_nto) sarebbe stato debitore 
diretto verso il distrattario per l'attivit� professionale da costui 
svolta, in virt� di un rapporto sorto proprio e soltanto tra l'INAIL eil 
distrattario. 

Le censure sono infondate. 

Anzitutto va osservat� che l'art. 3 della legge 28 ottobre 1970, n. 801, 
quando imponeva alle regioni, alle provincie, ai comuni, alle persone 
giuridiche private e_.pubbliche, alle societ� ed assgciazioni di ogni genere 
e agli imprenditori commerciali di operare la ritenuta d'acconto sui 
due terzi delle SO!l}me sotto qualsiasi forma corrisposte per prestazioni 
professionali, implicava -secondo una logica e necessaria interpretazione 
-che di dette somme gli obbligati alla ritenuta di acconto fossero 
direttamente debitori verso il soggetto percipiente, come corrispettivo 
di prestazioni �professionali che ovviamente non potevano che riferirsi 
ed essere state effettuate in favore di quegli stessi soggetti che alla 
corresponsione delle somme dovevano provvedere; Il riferimento espresso 
al conferimento di un incarico professionale era pertanto superfluo, 
considerata la chiarezza del dettato legislativo. 

Va, infine, rilevato -e il rilievo � assorbente -che nella fatti


specie in esame la suddetta disposizione non poteva comunque trovare 

applicazione per il difetto di un essenziale requisito richiesto dalla norma 

e cio� della natura di compenso per prestazione professionale, che ogget


tivamente avrebbe dovuto avere la somma sulla quale � stata effettuata 

la trattenuta. Il provvedimento con cui, con la condanna del soccom


bente alle spese del giudizio, venga disposta, a norma dell'art. 93 c.p.c., 

la distrazione, in favore del difensore della parte vittoriosa, degli ono


rari non riscossi e delle spese da lui anticipate, se fa sorgere in capo 

al distrattario un autonomo diritto di credito verso il soccombente, non 

ha per� anche l'effetto di attribuire un diverso carattere intrinseco al 

credito nascente dalla condanna alle spese, cos� da ricollegare il paga


mento, secondo un nesso di corrispettivit�, all'attivit� professionale 

espletata dal difensore in favore del proprio cliente. Il fondamento cau


sale del debito del soccombente non muta a seguito della distrazione, 

ma rimane sempre quello giustificativo della condanna al rimborso delle 

spese e cio� la soccombenza, nel giudizio. 



730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

t 

Il rapporto professionale interno intercorrente tra il difensore ed w 
il proprio cliente vittorioso permane anche dopo il provvedimento di 
distrazione giacch� il secondo comma dell'art. 93 cod. proc. civ. pre


~�� r 

vede che, finch� il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli 
-� stato attribuito, la parte possa direttamente soddisfare il credito del 
proprio difensore per gli onorari e le spese, e, ci� dimostrando, possa 
chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, 
la revoca del provvedimento di distrazione. 

II

Va posto poi in evidenza, al riguardo, che la predetta disposiziQne 
qualifica espressamente come � rimborso � e non gi� come compenso 
quanto al difensore � stato attribuito con la distrazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 febbraio 1975, n. 672 -Pres. 
La Porta -Est. Boselli -P. M. Sbrocca (conf.) -Raimondi c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Tarin). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Motivazione Individuazione 
della causa del credito -� sufficiente. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639, art. 2; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 144). 
Imposta di registro -Agevolazione per la ricostruzione edilizia -Attuazione 
piani di ricostruzione -Rivendita dell'area -Realizzazione del 
fine della ricostruzione da parte di altro soggetto -Decadenza dell'agevolazione 
-Esclusione. 

(1. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 21). 
La motivazione dell'ingiunzione � sufficiente quando consente la 
individuazione del credito con le formule sintetiche normalmente adottate 
dagli uffici impositori; � pertanto legittima l'ingiunzione che contiene 
l'indicazione dell'atto al quale si riferisce e l'imposta suppletiva 
pretesa ,(1). 

L'agevolazione dell'art. 21 della l. 27 ottobre 1951, n. 1402 per 
l'attuazione dei piani di ricostruzione, allo stesso modo di quella della 

l. 28 giugno 1943, n. 666 per l'attuazione dei piani regolatori, � subor(
1-2) Conforme � l'altra pronunzia in pari data n. 673. 

La prima massima oppoxtunamente rinverdisce un criterio interpretativo 
sempre seguito. � 

Sulla seconda massima sono lecite delle riserve. Se � vero che la formula 
della norma � meno incisiva di quella dell'art. 20 della legge 2 luglio 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 731 

dinata soltanto ai compimento deHe opere in vista deHe quaLi iL trasferimento 
� convenuto, indipendentemente daL soggetto che aUa reaLizzazione 
di esse abbia provveduto. Non si verifica quindi decadenza daLl.'
agevoLazione in caso di rivendita deHe aree, semprech� Le previste 
costruzioni vengano obiettivamente reaLizzate (2). 

1949, n. 408, � pur sempre evidente che l'agevolazione � diretta ad incentivare 
la ricostruzione e quindi riferita agli atti stipulati a questo fine; con 
l'acquisto e la successiva rivendita si opera invece una mera speculazione 
fondiaria che non giova affatto (ma anzi nuoce) al fine della ricostruzione, 
si che sulla scorta del criterio propugnato, si premia l'intermediazione a 
svantaggio di chi esegue in concreto la ricostruzione. Che in taluni casi la 
rivendita delle aree possa servire per attuare pi� celermente e sicuramente 

e 

la ricostruzione � solo una ipotesi formale; nella sostanza il soggetto che 
compra e rivende non contribuisce affatto al fine dell'attuazione del piano 
e non stipula un atto occorrente per il fine della legge. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1975, n. 1293 -Pres. Rossi Est. 
Longo -P. M. Pedace (diff.) -Balestra c. Ministero delle Finanze 
(avrv. Stato Soprano). 

Imposta di registro � Costruzione di edificio su suolo comune � Precosti� 
tuzione di condominio � Concessioni reciproche � ad aedificandum ,. 

o divisione di cosa futura � Distinzione � Regime tributariq. 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 1 e 8; 1. 2 l~lio 1949, n. 408, 
art. 14}. 
La precostituzione di condominio di edificio da costruire su suoLo 
di compropriet� pu� attuarsi o con La -concessione reciproca di diritti 
di superficie (soggetta aHa ordinaria imposta di trasferimento) o con La 
divisione di cosa futura (soggetta soltanto aH'imposta graduate); a nessuno 
dei due negozi � invece applicabiLe L'agevoLazione deHa Legge 2 Luglio 
1949 n. 408 (1). 

(1) Viene espressamente confermata la sentenza 12 dicembre 1974, 
n. 4231 (in questa Rassegna 1975, I, 221) che, con grande ricchezza di argomenti, 
segna i caratteri delle due possibili operazioni consentite per realizzare 
la precostituzione di condominio. 
Bisogna ancora sottolineare che mentre per la costituzione del diritto 
di superficie l'imposta ordinaria di trasferimento va commisurata al valore 
del suolo, per la divisione di cosa futura l'imposta graduale va evidentemente 
commisurata al valore dell'oggetto della divisione, cio� suolo e 
fabbricato. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

732 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 aprile 1975, n. 1319 -Pres. Mazzacane 
-Est. Longo -P. M. Del Grosso (diff.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Procura Generalizia dei Canonici Regolari 
Premostratensi. 

Imposta di successione -Liberalit� cori scopo di beneficienza istruzione 

o educazione ovvero di culto o di religione � Indicazione specifica 
dello scopo del negozio di liberalit� � Necessit�. 
(r.d. 9 gennaio 1925, n. 380, art. 1; Concordato fra la S. Sede e l'Italia, art. 29, 
lett. h). 
Per l'applicabilit� dell'esenzione dalle imposte di registro successione 
e ipotecaria sulle liberalit� a favore di provincie comuni ed enti 
morali con scopo di beneficienza, istruzione o educazione (al quale � 
equiparato per effetto del Concordato fra la S. Sede e l'Italia il fine 
di culto o di religione) � necessario che n�z negozio di liberalit� sia 
indicato lo �scopo specifico~ a cui tende; non posson� pertanto godere 
dell'esenzione generiche liberalit� nemmeno quando esse siano in favore 
di enti che (quali quelli religiosi) istituzionalmente perseguono i 
fini previsti nella legge (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso l'Amministrazione Finanziaria 
denunzia la violazione di norme di diritto (artt. 1 del r.d.l. 
9 gennaio 1925, n. 380; 29, lett. h, della 1. 27 maggio 1929, n. 810; 8 del 

r.d.. 30 dicembre 1923, n. 3269) e lamenta che sia stato ritenuto applicabile 
il beneficio di cui al citato decreto del 1925, nonostante che nella 
specie mancasse, nell'atto mortis causa .in esame, l'enunciazione dello 
scopo specifico della liberalit�. 
La censura � fondata. 

(1) Decisione esattissima e di molto interesse. 
Il testo della norma � chiarissimo nel senso che lo � scopo specifico � 
deve caratterizzare la liberalit� (cio� il negozio) e non l'istituzione destinataria; 
e ci� ben si spiega perch� lo scopo acquistando valore di modus resta 
vincolante per il benificiato, indipendentemente dalle norme statutarie che 
possono o non regolare in modo pi� o meno rigido l'attivit� dell'ente. Non � 
quindi una ineluttabile necessit� che un ente religioso svolga immancabilmente 
attivit� di culto o di religione; di conseguenza il verificare se lo scopo 
specifico della liberalit� sia di beneficienza, istruzione o educazione, ovvero 
di culto o di religione, spetta all'interprete e va eseguito caso per caso in 
relazione all'attivit� specifica cui mira la liberalit� e non al soggetto destinatario. 


Questi principi dovrebbero ritenersi estensibili anche a simili situazioni; 
poich� � ben possibile che �nti istituzionalmente operanti per un fine determinato 
possono anche svolgere attivit� del tutto diverse, per l'applicazione 
di determinate agevolazioni occ.orrerebbe far riferimento non alla qualit� 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 733 

L'art. 1 del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380 (convertito nella 1. 21 marzo 
1926, n. 597) ha sancito l'esenzione dalle tasse di registro e di successione 
e da quelle ipotecarie per � le liberalit� a qualsiasi titolo (anche 
se onerose, purch� l'eventuale onere sia inerente allo scopo per il 
quale sono disposte) a favore di provincie, comuni ed altri enti morali 
od istituti italiani, legalmente riconosciuti, fondati o da fondarsi, quando 
lo scopo specifico della liberalit� sia di beneficienza, istruzione o educazione
�. 

Con l'art. 29, lett. h, del Concordato fra l'I!talia e la Santa Sede, 
al quale � stata data esecuzione in Italia con legge 27 maggio 1929, 

n. 810, si � statuito poi che �il fine di culto o di religione �, a tutti 
gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza e di istrl!zione �. 
Da una piana interpretazione della prima norma, come integrata 
dalla seconda, appare in tutta chiarezza che, per quanto riguarda l'imposta 
di successione, l'esenzione prevista dal decreto del 1925 va accordata, 
per i lasciti in favore di enti italiani riconosciuti, quando, e solo 
quando, lo scopo specifico della liberalit� sia di beneficienza, istruzione, 
educazione, ovvero di culto o di religione. 

Nel caso deciso dalla Corte di rrierito, per contro, risultava accertato 
che la disposizione testamentaria in esame concretava .bensl una 
attribuzione patrimoniale gratuita all'ente religioso �Procura Generalizia 
dei Canonici Regolari Premostratensi �, ma senza menzionare alcuno 
specifico scopo di culto o di religione cui il lascito avrebbe dovuto 
essere destinato. 

Ostava quindi alla concessione del beneficio la mancanza del requisito 
della specificit� dello scopo della liberalit�, al quale per legge 
l'esenzione era condizionata. 

I giudici hanno creduto di .superare tale ostacolo osservando che, 
poich� il fine di culto o di religione � inseparabile dall'essenza stessa 
dell'ente ecclesiastico -la cui attivit� tende istituzi�nalmente al perseguimento 
di quei fini ad essi subordinando strumentalmente ogni 
altro -allorch� con l'atto si disponga la liberalit� in favore di uno 

del soggetto, ma alla specifica attivit� svolta, che l'interprete deve valutare 
caso per caso; e cosi, ad esempio, al fine della esenzione dall'imposta sulle 
societ� delle opere pie e istituti di beneficenza o di istruzione o ad essi 
equiparati (art. 151 lett. g, h, i del t.u. 29 gennaio 1958, n. '645) dovrebbe 
verificarsi caso per caso se l'attivit� in concreto esercitata sia ricompresa 
nella previsione della legge, indipendentemente dalla qualit� del soggetto 
e dai suoi fini istituzionali ai quali si potr� conformare l'azione prevalente 
ma non necessariamente qualunque attivit�. 

La sentenza in rassegna sembra quindi utile anche per risolvere il contrasto 
giurisprudenziale in tema di imposta sulla societ� (Cass. 8 novembre 
1973, n. 2933 e 29 maggio 1974, n. 1539, in questa Rassegna 1974, I, 
238 e 1009). 



734 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di siffatti enti, in difetto di diverse specifiche indicazioni debbono presumersi 
voluti e perseguiti i fini suddetti, quand'anche nell'atto essi 
non siano distintamente e specificamente designati. 

Tale ragionamento muove in parte (circa l'asserita inseparabilit� 
dei fini �dall'essenza stessa dell'ente� in questione) da un criterio che, 
affermato da questa Corte Suprema in una pronunzia del 1959 (sen. 

n. 3030, del 22 ottobre 1959, sostanzialmente -ricollegantesi alla .precedente 
sent. n. 712, del 7 agosto 1945), almeno quanto agli effetti che 
se ne sono fatti discendere nella presente controversia non si ritiene 
possa essere pi� condiviso. 
La citata norma dell'art. 29, lett. h, del Concordato sancisce agli 
effetti tributari un'equiparazione esplicitamente formulata con riguardo 
ai fini perseguiti :(con un determinato negozio o da un dato ente), non 
ai soggetti che li perseguono. La ratio cui evidentemente si ispira la 
disposizione � che il fine di culto o di religione riceve dalla legislazione 
dello Stato un'impronta che lo parifica agli altri fini menzionati (di 
beneficienza, istruzione o educazione) sulla base di un pubblico interesse 
giustificante il trattamento di favore. 

E se � da ammettersi ch� la legislazione concordataria consideri 
particolarmente il fine degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto; 
se � altres� da ammettersi che il fine di religione o di culto formi il 
sostrato principale degli enti ecclesiastici, e che allo stesso fine siano 
strumentalmente indirizzate alcune attivit� complementari e secondarie 
degli stessi enti, � tuttavia di ovvia percezione la possibilit� che questi 
ultimi svo1gano anethe attivit�, 1sia ipure mmrginali, :cui il fine predetto 
rimane estraneo. 

Nei confronti di siffatte attivit�, non dominate da un fine d'interesse 
generale, _ma preordinate a uno scopo d'interesse particolare non 
riconoscibile come oggetto di privilegiata tutela, non v'� ragione di 
escludere l'applicabilit� del principio generale di imposizione. 

Vero � che le conclusioni cui, muovendo appunto da tali concetti, 
era pevvenuta una pronunzia di questa Suprema Corte (Cass. 18 marzo 
1943, n. 645) -ma con riferimento a beneficio fiscale e ad imposta 
diversi, per natura e caratteri, da quelli costituenti oggetto dell'odierna 
controversia -furono invece disattese da una successiva sentenza 
(Oa:Ss. 7 agosto 11945, n. 712,, dianzi citata, seguita poi dalla sent. n. 1550 
del 30 agosto 1947) che, con riferimento a fattispecie analoga alla precedente, 
motiv� il proprio dissenso in particolare affermando l'erroneit� 
del criterio di attribuire alla norma concordataria (art. 29, lett. h) 
e traslfeirire in eissa i criteri sipecifki ed i limiti particolari che la legge 
fiscale, nello stabilire i singoli privilegi -obiettivi o subiettivi ritenga 
opportuno fissare per la pratica applicazione del fine di beneficienza 
o di istruzione. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 731> 

Ma da siffatta opinione si � discostata, sostanzialmente affermando 
invece la validit� di tale criterio, la pi� recente giurisprudenza di questa 
Corte, secondo cui stabilire caso per caso se l'equiparazione, sancita 
da quella norma, debba operare o meno, spetta all'interprete, il quale 
a tal fine dovr� tener conto della ratio della norma tributaria accordante 
l'esenzione o l'agevolazione, di cui si chiede l'estensione per i 
fini di culto, e delle condizioni che quest'ultima norma presuppone 
(Cass. 14 luglio 1971, n. 2298). 

Tale ultimo orientamento questo supremo collegio intende confermare, 
siccome pi� consono, per le considerazioni innanzi svolte, alla 
lettera ed allo spirito della norma concordataria. 

Nel caso in esame come gi� accennato, la disposizione tributaria 
cui devesi fare riferimento chiaramente subordina il beneficio alla condizione 
che la liberalit� abbia specifica destinazione a scopo di beneficenza 
o istruzione ovrvero (in virt� dell'equivalenza sancita dalla norma 
concordataria) di culto o religione. 

Detto requisito, come posto dalla norma, riguarda quindi (nel caso� 
di imposta di successione) la specifica destinazione del lascito, non la 
persona del destinatario. 

Un'interpretazione cpme quella data dalla Corte di merito, secondo 
cui, nel caso di lascito ad ente di culto o di religione, solo l'esplicita 
menzione di uno scopo diverso escluderebbe l'applicabilit� del beneficio, 
palesemente non pu� condirv:idersi giacch� condurrebbe ad un capovolgimento 
del testo della legge: non sarebbe pi� la menzione espressa 
dallo scopo culturale, educativo, assistenziale o religioso a determinare 
l'applicazione dell'esenzione, ma il riferimento ad altro scopo a determinare, 
di essa, l'esclusione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aip:rdle 1.975, n. 144-4 -Pres. kardi Est. 
Falcone -P. M. Minetti (conf.) -Corbisiero c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Saltini). 

Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Prescrizione � Interru-. 
zione � Ricorso del contribuente -Comunicazione degli effetti interruttivi 
al condebitore solidale � Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141; e.e. art. 1310). 
L'estensione dell'effetto interruttivo della prescrizione in pregiudizio 
di tutti i debitori solidali a norma dell'art. 1310 e.e. si produce 
soltanto quando l'atto interruttivo proviene dal creditore; quando invece 
l'atto interruttivo proviene da uno dei debitori l'effetto pregiudiziale 
non si estende agli altri coobbligati. Di conseguenza il ricorso di 


736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
uno dei contribuenti alla commissione delle imposte (art. 141 Legge di 
736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
uno dei contribuenti alla commissione delle imposte (art. 141 Legge di 
registro), se pur produce un particolare effetto interruttivo biLateraie, 

non impedisce i1 decorso deHa prescrizione deLl'imposta verso gLi aitri 

condebitori soLidaLi (1). 

~ 

(Omissis). -Con testamento in data 10 apnile 1926, Saverio Addeo 

Q 

legava a fav-0ire di Antonio Casciello due fondi rustici siti l'uno nel Co~ 
mune di Marzano e l'altro nel Comune di Pago, con l'onere, tra l'altro, 
di devolvere parte delle rendite di essi ad un istituendo asilo infantile 


I 

in Marzano. 

Con testamento olografo in data 22 giugno 1951, Antonio Casciello, 
oltre a di~porre degli altri suoi beni, trasferiva il legato, ricevuto da 
Saverio Addeo, a suo nipote Luigi Corbisiero. 

Alla morte di Antonio Casciello, deceduto il primo febbraio 1952, 
gli eredi denunciarono agli effetti tributari tra gli altri beni relitti, 
anche i due fondi oggetto del legato predetto, dichiaranclo per essi un 
valore di L. 700.000. 

Avverso l'accertamento di valore, notificato in data 20 maggio 1953 

I 

agli eredi di Antonio Casciello, alcuni di essi e cio� Michele Casciello, 
~ 
~ 

i 

i: 
(1) Interruzione della prescrizione e solidariet� tributaria. 
!i 
f, 

La pronunzia, che ha un precedente specifico in Cass. 18 novembre 1973, f: 

n. 2970 (in questa Rassegna, 1974, I, 1212) ha risolto, con disamina limitata 
ad un campo assai ristretto, un problema assai complesso. Il 
In via generale non pu� contestarsi l'esattezza del principio che l'articolo 
1310 e.e. riferisce l'effetto interruttivo della prescrizione verso tutti gli 

I 

altri debitori solo agli � atti con i quali il creditore interrompe la prescri[ 
zione contro uno dei debitori in solido �; ci� � del resto logica e necessaria 
conseguenza dell'altro principio che gli atti di uno dei debitori possono solo 
giovare e mai nuocere agli altri obbligati in solido. Pu� anche convenirsi 

II

con l'affermazione che il particolare effetto interruttivo regolato nell'art. 141 
dell'abrogata legge di registro (interruzione con efficacia bilaterale riferibile 
a tutta la materia tassabile) non modifica la regola sopra enunciata. 

Ma quando si prende in considerazione l'atto del contribuente-debitore 

I1che ha interrotto la prescrizione, � necessario verificare se e come questo 
atto si innesta su un precedente atto dell'Amministrazione creditrice e come 
gli effetti dei due atti si combinano; nei rapporti tributari, come in quelli 
civili, l'iniziativa del debitore che si oppone all'atto di esercizio del proprio 
diritto compiuto dal creditore pu� dar luogo a una interruzione con effetto 

I durevole (art. 2945 e.e.) che impedisce il corso della prescrizione nei confronti 
di tutti i debitori, in quanto � sempre a causa dell'atto interruttivo 
proveniente dal creditore, sul quale incide l'iniziativa del debitore, che la 
prescrizione � non corre � fino ad una certa data. 

Nel sistema tributario sono assai rari ed atipici gli atti di iniziativa del 

I debitore che non si innestano su un precedente atto proveniente dalla Aml 
ministrazione. Solitamente � un atto dell'Amministrazione (accertamento, 

1

ingiunzione, ordinanza ecc.) che stimola la reazione del contribu.ente (ri




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBVTABilA 737 

Antonietta e Viola Saviano, con atto sottoscritto da essi soltanto, ma 

recante in epigrafe anche i nomi di Casciello Viola Maria, Castaldo 

Maria-Alfonsina, Corbisiero Maria, Raffaele, Luigi e Antonio, propone


vano ricorso alla competente commissione tributaria, in data 16 giu


gno 1953, deducendo, tra l'altro, che i beni oggetto del legato erano 

esenti da imposta perch� destinati ad opera assistenziale e scolastica, 

e che il loro valore era inferiore a quello accertato. 

La commissione provinciale delle imposte di Avellino -sezione 
di diritto -con decisione in data 30 ottobre 1959, rigettava il ricorso 
in quanto trattavasi di fondi legati ad un privato e non era, pertanto, 
' applicabile l'esenzione di cui al R.D.L. 9 aprile 1925 n. 380 ed all'art. 9 
della legge 22 maggio 1949, n. 206. La Commissione centrale, delle imposte 
cui Michele Casciello aveva proposto impugnazione, con decisione 
in data 27 novembre 1963, dichiarava inammissibile l'appello perch� 
proposto oltre i trenta giorni dalla notificazione della decisione di primo 

grado. 

La decisione della Commissione centrale era notificata a Michele 

Casciello in data 3 febbraio 1965, con l'avvertimento che la pratica 

veniva rimessa alla commissione distrettuale per la questione di valu


tazione. 

corso amministrativo, ricorso alla Commissione, azione ordinaria); l'effetto 
interruttivo del ricorso del contribuente ex art. 141 si combina con quello 
gi� prodotto da un atto dell'Amministrazione ex art. 140, come nel caso 
deciso ove una serie eccezionalmente ricca di ricorsi di-alcuni contribuenti 
sono seguiti all'accertamento di valore notificato dall'Ufficio. Ed in base 
all'art. 140 (la cui intea.'Pretazione non pu� prescindere dalle radicali innovazioni 
apportate al sistema in epoca successiva) l'atto proveniente dall'Amministrazione, 
sia esso riferito al pagamento del tributo liquidato, sia esso 
diretto alla preliminare determinazione della base imponibile, interrompe la 
prescrizione nei confronti di tutti i contribuenti e il corso di essa non correr� 
� finch� dura il giudizio � e � durante il giudizio di opposizione contro 
l'ingiunzione �; la domanda del contribuente in via amministrativa di cui 
all'art. 141 (da intendere oggi soprattutto come ricorso alle Commissioni) 
impedisce il corso della prescrizione fino alla decisione. 

Ci� chiarito, si pone sotto diversa luce il problema dell'effetto pregiudizievole 
per i coobbligati dell'atto di uno dei debitori diretto, nei vari modi 
possibili, a contestare ,la pretesa tributaria gi� fatta valere dall'Amministrazione. 
Questo problema si intreccia con quello, assai spinoso, della nuova 
solidariet� tributaria. Un tempo, quando era riconosciuta la regola della 
speciale solidariet� tributaria, caratteriZ:zata dalla mutua rappresentanza 
processuale fra condebitori, non poteva nascer dubbio sul punto che ogni 
atto del contribuente che interrompe la prescrizione e fa prolungare l'effetto 
della prescrizione gi� int�rrotta dalla Amministrazione, spiegasse effetto 
nei confronti di tutti i coobbligati non solo in conseguenza della rappresentanza 
processuale ma essenzialmente per la ragione che la riconosciuta efficacia 
del p:rovvedimento dedsorio nei confronti di tutti i coobbligati (parte


9 



738 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La decisione della commissione distrettuale, in data 16 settembre 
l965, che riduceva i valori accertati a L. 14.330.000, veniva notificata 
dall'Ufficio del registro, in data 25 ottobr~ 1965, a Luigi Corbisiero con 
la richiesta di pagamento dell'imposta liquidata su tale valore. 

In data 23 novembre 1965, Luigi Corbisiero proponeva ricorso alla 
commissione provinciale delle imposte, sostenendo che i beni oggetto 
della disposizione testamentaria non erano stati a lui trasferiti in propriet�, 
sicch� non era dovuta per essi l'imposta di successione e, comunque, 
era stato attribuito ai medesimi un valore eccessivo. 

Sul ricorsj) provvedeva la commissione distrettuale, la quale con 
decisione del 26 maggio 1966, attribuhra ai beni in discussione il valore 
gi� determinato con la precedente decisione del 16 settembre 1965, 
di L. 14.330.000. 

Luigi Corbisiero proponeva ricorso alla commissione provinciale, 
con atto del 16 luglio 1966, sostenendo che erroneamente il suo precedente 
ricorso, con il quale erano state proposte questioni di diritto e, 
subordinatamente, di valutazione, era stato deciso dalla commissione 
distrettuale anzich� da quella provinciale (sezione di diritto) pre.via 
sospensione del giudizio di valutazione e chiedeva che l'adita commissione, 
annullata l'anzidetta decisione, dichiarasse, quale giudice di primo 
grado, non dovuta l'imposta, perch� i beni erano stati trasferiti dal 

cipanti o meno al giudizio) non poteva non presupporre la conservazione in 
vita del diritto controverso. 

Oggi la questione si pone diversamente e prospetta diverse soluzioni, 
ma non per la ragione troppo semplicisticamente enunciata nella sentenza 
in nota. 

Sono necessarie delle distinzioni perch� le soluzioni non possono essere 
unitarie: � cio� necessario distinguere in base alla natura dell'atto se l'inerzia 
del debitore pu� o no dar luogo alla determinazione irretrattabile della 
pretesa tributaria. 

Se un termine di decadenza non osservato fa diventare irretrattabile 
l'atto dell'Amministrazione. che ha interrotto la prescrizione (accertamento. 
ordinanza, decreto ministeriale, ingiunzione in limitate ipotesi) si deve 
escludere che la tempestiva opposizione (intendiamo l'espressione nel senso 
pi� ampio di iniziativa diretta a contestare nella sede opportuna la pretesa. 
fatta valere) di uno dei contribuenti possa comunicare agli altri che hanno 
lasciato decorrere il termine l'effetto interruttivo con efficacia durevole. Se 
invece non � previsto un termine di decadenza l'opposizione di uno dei 
contribuenti comunica i suoi effetti agli altri. A questa conclusione deve 
pervenirsi applicando il principio contenuto nel capoverso dell'art. 1306 e.e. 
Secondo giurisprudenza ormai pacifica (Cass. 26 marzo 1973, n. 732, in questa 
Rassegna, 1973, I, 723) il giudicato favorevole intervenuto nei confronti 
di uno dei condebitori � estensibile soltanto agli altri condebitori che non 
hanno partecipato al giudizio, mentre per i debitori partecipi del giudizio 
restano fermi gli effetti del giudicato formatosi nei loro confronti anche se� 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIIA 739 

testatoce all'asilo infantile con l'incarico fiduciario per esso COO':biisdero 
di amministrarli, perch� la disposizione riguardante l'amministrazione 
dei suddetti beni era stata gi� colpita da imposta all'apertura della 
successione di Saverio Addeo, e perch� si trattava di disposizione a 
favore di opera di beneficienza. 

In relazione a questo ricorso, l'Ufficio del registro di Avellino, con 
avviso notificato il 24 agosto 1966, comunicava che la vertenza di diritto 
doveva gi� considerarsi definita con le decisioni 'della commissione provinciale 
in data 30 ottobre 1959 e della commissione centrale in data 
27 novembre 1963 e, con successivo atto, in data 19 dicembre 1966, 
ingiungeva a Luigi Corbisiero il pagamento della somma di L. 5.427.155, 
quale. quota di sua spettanza per imposta di successione, interessi di 
mora e soprattassa. -(Omissis). 

Ma la censura � fondata sotto il secondo profilo della sua prospettazione. 


La sentenza impugnata ha ritenuto che il principio secondo il quale 
gli effetti interruttivi della prescrizione conseguenti all'atto con cui il 
creditOt"e interroo:npe la ptr�esc:rizione contro uno dei debitori in solidQ, 
si estendono ai condebitori solidali rimasti estranei al procedimento 
(art. 13110 cod. civ.) � awUcaibile, in materia tributaria, anche quando 
ad interrompere la prescrizione non sia stato il creditore (ossia l'amministrazione 
delle finanze) ma uno dei condebitori d'imposta che abbia 
instaurato un procedimento in sede amministraUva o giurisdizionale. E 

meno favorevole (ipotesi di pronunzia in primo grado passata in giudicato 

nei confronti di alcuni e riformata in senso pi� favorevole a seguito di 

appello di uno soltanto); lo stesso accade quando una determinazione irre


trattabile dell'obbligazione si � verificata in sede amministrativa per l'effetto 

di decadenza. Nell'uno e nell'altro caso l'iniziativa di uno dei contribuenti 

non potr� pi� influire, quale che ne sia l'esito, sull'obbligazione definitiva


mente accertata per gli altri s� che l'Amministrazione creditrice pu� far 

valere il suo diritto ormai incontestato verso gli obbligati non opponenti, 

anche se per iniziativa di uno o di alcuni si apre o prosegue un procedi


mento contenzioso utile per questi soltanto. � chiaro quindi che l'Ammini


strazione non potr� giustificare la sua inerzia quando � in possesso di un 

titolo irretrattabile (anche se contestato da alcuni soltanto) in base al quale 

pu� far valere il diritto. 

Diversa � per� la situazione quando, non essendo previsto un termirie 

di decadenza (ad esempio imposta suppletiva) l'opposizione di uno soltanto 

dei contribuenti � capace di provocare un giudicato che sar� estensibile ai 

coobbligati non partecipanti mentre l'Amministrazione non � ancora in 

possesso di un titolo irretrattabile da far valere verso i contribuenti non 

opponenti; si verifica allora quella tipica situazione di pendenza ( � la pre


scrizione non coirre �) che giustifica l'attesa fino alla definizione del giudizio. 

� evidente infatti che il contribuente non opponente che pu� giovarsi ex 

art. 1306 del giudicato provocato dall'iniziativa del condebitore non pu� 



740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Im 

questa estensione del principio ha ricavato dalla norma dell'art. 141, 
primo comma della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269), 
testualmente identico all'art. 60 della legge tributaria sulle successioni 

~il

(r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270), la quale dispone che la domanda del 
�ontribuente in via amministrativa sia per rimborso di tassa, sia per 
Il

opposizione a richiesta di tassa, interrompe la prescrizione a favore di 
ambo le parti; norma che, secondo l'amministrazione ricorrente -che 
ha ribadito il suo assunto anche nelle osservazioni scritte alle conclusioni 
del P.G. -sebbene dettata nel sistema originario delle leggi 
ricordate con riguardo al ricorso gerarchico, si deve ritenere estesa, 
dopo la riforma degli ordinamenti tributari (d.l. 7 agosto 1936 n. 1639), 
al ricorso alle commissioni tributarie ed alla domanda giudiziale. 

Ma riconoscere l'esattezza di queste due prop�sizioni, secondo le 
quali la norma del citato art. 141 attribuisce alla domanda del contribuente 
l'effetto interruttivo della prescrizione in favore di entrambe 
le parti e quindi anche in favore della finanza, e trova, inoltre, applicazione, 
dopo la riforma del contenzioso tributario, al ricorso giurisdi


anche eccepire la prescrizione. L'opposizione che si innesta su un atto proveniente 
dall'Amministrazione si comporta come la domanda giudiziale (in 
certo modo come l'opposizione ad ingiunzione che equivale alla domanda 
ordinaria) s� che l'effetto interruttivo � del tutto analogo a quello che si 
produce ex art. 2045 capov. e.e. con efficacia verso tutti i debitori in solido. 

Nella complessa fattispecie decisa si presentavano commiste ambedue 
le ipotesi ora illustrate. Dopo la notifica dell'accertamento di valore nei 
conf:ronti di tutti i contribuenti, alcuni di 'essi avevano contestato l'imponibilit� 
innanzi alla Commissione provinciale per le questioni di diritto; avveniva 
cos� che nei confronti del contribuente non opponente era bens� divenuto 
irretrattabile l'accertamento della base imponibile (il quantum) ma 
non era definito ancora, per effetto della opposizione degli altri, il se della 
imponibilit�; non si verificava ancor~, pertanto, quella situazione di certezza 
che imponeva alla Amministrazione di agire, perch� il contribuente 
non opponente poteva ancora invocare (anche in via di rimborso) l'eventuale 
giudicato favorevole sollecitato dagli altri coobbligati e quindi l'Ufficio non 
poteva essere tenuto a provocare la riscossione coattiva di un credito di cui 
avrebbe potuto eventuahnente domandarsi il rimborso. Dopo la decisione 
della Commissione Centrale che rigett� il ricorso sulla imponibilit� si venne 
a determinare definitivamente l'obbligazione del contribuente non opponente 
vincolato fin dall'origine al quantum dell'accertamento non impugnato 
e ormai vincolato anche all'an dell'obbligazione definita nel giudicato della 
Commissione Centrale; in questo momento l'imposta poteva essere pretesa 

(ed � stata in effetti pretesa) sebbene per gli altri obbligati opponenti si 
dovesse iniziare un'altra fase contenziosa innanzi alla Commissione distrettuale 
per la determinazione del valore. 

C. BAFILE 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

zionale alle commissioni tributarie ed alla domanda giudiziale, non significa 
accettare una. premessa dalla quale derivi come conseguenza necessaria 
l'affermato principio di estensione soggettiva, ai condebitori solidali, 
dell'interruzione della prescrizione operata da uno solo di essi. 

La norma tributaria, infatti, prevede soltanto che l'interruzione 
operi in favore dell'amministrazione oltre che del contribuente, ma 
nulla dispone circa l'estensione di questo effetto nei confronti dei condebitori 
solidali dell'imposta. 

L'estensione degli effetti interruttivi della prescrizione in pregiudizio 
di tutti i condebitori solidali � disciplinata dal primo comma 
dell'art. 13110 'cod. eiv., ma � riicollegata soltanto all'iipotesi di atti di 
esercizio del proprio diritto compiuti dal creditore, con la conseguenza 
che di tale norma non pu� esserne -invocata l'applicabilit� alla fattispecie 
che si considera, in cui il cennato effetto interruttivo dovrebbe 
conseguire ad un comportamento del debitore (Cass. S.U. 10 novembre 
1973 n. 2970). 

Al problema potrebbe essere data soluzione affermativa soltanto 
attribuendo all'invocata norma della legge tributaria sulle successioni 
una portata che, come si � detto, non emerge dalla sua formulazione, 
e che costituirebbe una deroga al fondamentale principio della disciplina 
delle obbligazioni solidali (passive), secondo il quale � escluso il 
riflesso sfavorevole sui condebitori solidali dell'attivit� svolta da uno 
di essi (artt. 1304, 1306 cod. civ.) ed � consentita la ripercussione dell'attivit� 
compiuta dal creditore nei confronti di uno dei condebitori in 
quanto giovi e non pregiudichi gli altri (artt. 1300, 1304, 1305, 1306 
cod. civ.), con la sola eccezione introdotta, appunto, dall'art. 1310 cod. 
civ., ma limitatamente all'ipotesi di atti interruttivi della prescrizione 
posti in essere dal creditore nei confronti di uno dei condebitori. 

Non resta, pertanto, che ribadire la conclusione cui � pervenuta 
la citata sentenza di questa Corte (S.U. 10 novembre 1973 n. 2970) ed 
osservare che nel rispetto del principio ora accennato, la fattispecie 
contemplata dalla norma tributaria che viene in considerazione (interruzione 
della prescrizione del diritto dell'amministrazione finanziaria 
in conseguenza dell'iniziativa del debitore d'imposta, che abbia instaurato 
un procedimento in sede amministrativa o giurisdizionale) non 
presenta possibilit� di accostamento se non a quella contemplata dall'art. 
1309 del cod. civ. (riconoscimento del debito), e rilevare, iri pari 
tempo, che questa norma, anche se ne fosse consentita l'applicazione 
analogica a detta fattispecie, condurrebbe egualmente alla soluzione 
negativa del problema che si � esaminato, ossia ad escludere che il 
ricorso di uno dei condebitori solidali possa valere ad interrompere la 
prescrizione dell'azione della finanza anche nei confronti degli altri 
condebitori. -(Omissis). 


742 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1831 -Pres. 

Maccarone -Est. Mazzacane -P. M. Berri (conf.) -Jachia (avv. 

Asquini) c. Ministero delle Finanze {avv. Stato Salto). 

Imposte e tasse in genere � Imposte dirette � Azione ordinaria � Preventiva 
pronunzia di una commissione � Pronunzia che defil)isce il giudizio 
su una questione preliminar� al merito � � Sufficiente. 

(d.I. 7 ag.osto 1936, n. 1639, art. 22). 
Imposte e tasse in genere � Imposte dirette � Concordato � Nozione -lm� 
pugna;rlone. 

Agli effetti della proponibilit� della azione in sede ordinaria, in 
materia di imposte dirette, � definitiva la decisione della Commissione 
tributaria che esaurisce il giudizio in quella sede, anche se pronunziata 
su un punto preliminare che non ha intaccato il merito (1). 

Il concordato � un atto unilaterale della P.A. che, con l'adesione 
del contribuente, pone in essere un accertamento dell'imponibile sul 
quale deve essere-liquidata l'imposta; detto accertamento � definitivo 
in ordine al quantum e legittima l'iscrizione a ruolo dell'imposta, ma 
non preclude l'impugnazione per i vizi dell'accertamento illegittimo. 
Detta impugnazione, tuttavia, deve essere dedotta nei�modi e nei termini 
ordinari dell'impugnazione dell'accertamento (2). 

(Omissis). -Ci� posto, si osserva che il ricorrente, con unico motivo, 
sostiene che la sentenza della Corte di Appello � �gravemente 
viziata per motivi attinenti alla giurisdizione, di norme sulla competenza, 
per violazione e falsa applicazione di legge e di principi di ordine costituzionale 
e di ordine tributario, per nullit� del procedimento, per omes


(1-2) La prima massima � esatta. � definitiva la decisione della Commissione 
che, o per sua natura o perch� non sono state proposte tempestive 
impugnazioni, preclude ogni ulteriore svolgimento del processo innanzi a 
quella giurisdizione; � quindi definitiva la decisione che, prima di affrontare 
il merito, abbia definito il processo senza possibilit� di prosecuzione nello 
stesso grado o in un grad() diverso; non � invece definitiva la decisione che 
pur affrontando la .decisione di merito lascia aperto il proces.so per una 
prosecuzione innanzi alla giurisdizione speciale nello stesso grado o in 
grado diverso (decisione interlocutoria, che rimette gli atti ad altra Commissione, 
che cassa con rinvio); su tutta la questione v. Relazione Avv.'Stato, 
1966-70, II, 525. 

Sulla seconda massima sono necessarie alcune precisazioni. La definizione.
di concordato come atto della Amministrazione �che, con l'adesione del 
contribuente, accerta i presupposti dell'obbligazione � ormai pacifica; il concordato 
� un atto amministrativo al quale � estranea ogni riferibilit� al 
negozio privatistico di transazione o novazione (Cass. 6 ottobre 1972, n. 2864 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 743 

sa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della 
controversia prospettati dalla parte (art. 360 nn. 1 e 2, 3, 4, 5 c.p.c.) �. 
Il complesso motivo pu� artkolal'lsi in tre diistinte censure: A) La 
Corte del merito ha erroneamente affermato che, per l'art. 22 u. c. del 

d.l. 7 agosto 1936, l'azione giudiziaria deve essere preceduta necessariamente 
da una decisione definitiva di merito, da parte delle commissioni 
tributarie, laddove avrebbe dovuto ritenere sufficiente, ai fini predetti, 
una qualsiasi deci!Sli.one, !PUJI'!ch� definitiva, anche in senso meramente 
processuale. Interpretata diversamente la norma citata sarebbe costituzionalmente 
illegittima, ai sensi degli artt. 24 e 113 della Costituzione, 
poich� il contribuente sarebbe privato di adeguata tutela giurisdizionale. 
B) La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto definitivi, sia per 
I'an sia per il quantum, gli effetti derivanti dal concordato fiscale del 
13 settembre 1952, mentre, nessuna preclusione, in merito all'an debeatu1
�, poteva discendere dalla stipulazione del concordato predetto, il cui 
oggetto doveva intendersi limitato al quantum della pretesa dell' Amministrazione 
Finanziaria, con il conseguente diritto del contribuente di 
proporre senza limiti di tempo l'azione ordinaria per far valere i vizi 
di legittimit� dell'accordo. C) 'La Corte ha omesso di esaminare le domande, 
espressamente proposte, di ripetizione di indebito, di risarcimento 
del danno e di arricchimento senza causa. 
Sub A. -La doglianiza t� fondata ma, ipoi!cih� la jpl'ommcia della Corte 
di Trieste si basa su due ragioni distinte ed autonome, ciascuna sufficien~ 
a sorreggerla (precisamente: quella censurata sub A, e quella censurata 
sub B), l'errore del primo argomento enunciato non pu� determinare la 
cassazione della sentenza impugnata in quanto, come si dir� in seguito, 
il secondo ed autonomo argomento, di per s� idoneo a giustificarla, � 
informato ad esatti principi giuridici e pertanto, essendo il dispositivo 

in questa Rassegna, 1973, I, 220). Quanto agli effetti del concordato � per� 
necessario distinguere tra imposte indirette e imposte dirette. Per le prime 
il concordato, al pari dell'accertamento, ha per oggetto la sola valutazione 
della base imponibile limitatamente ai beni soggetti a revisione di congruit� 
secondo il valore in comune commercio, s� che esso non intacca affatto le 
questioni di imponibilit� e nemmeno quelle di valore quando la definizione 
di esse discende dall'applicazione di norme di" legge; di conseguenza, senza 
necessit� di impugnazione del concordato e senza incorrere in termini di 
decadenza, ambedue le parti possono sollevare questioni attinenti alla applicazione 
della legge (Cass. 14 febbraio 1974, n. 425, Riv. leg. fisc., 1974, 1382). 
Nelle imposte dirette, invece, l'accertamento divenuto definitivo e il concordato 
definiscono, oltre alla quantit� dell'imponibile, la qualificazione di 
esso, l'identificazione dell'aliquota e del soggetto passivo e in genere tutti 
gli elementi in base ai quali la liquidazione dell'imposta si riduce ad una 
mera operazione aritmetica; � per questo che il concordato consente l'immediata 
iscrizione a ruolo (Cass. 22 giugno 1972, n. 2072, Riv. leg. fisc., 1972, 



744. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
conforme al diritto, questa Corte deve limitarsi a correggere la motiva


zione della sentenza stessa (art. 384, 2; comma c.p.c.). 

La doglianza � fondata in quanto, nel sistema del contenzioso tributario 
anteriore alla attuale disciplina, il contribuente, in materia di 
imposta' diretta, poteva adire l'autorit� giudiziaria, in virt� dell'art. 22 
ultimo comma del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, successivamente ad una 
decisione �definitiva � delle Commissioni tributarie. La decisione �poteva 
essere definitiva in quanto concl,usiva del giudizio avanti le commissioni 
tributarie (decisione della Commissione di ultima istanza che normalmente 
era la Commissione Centrale) oroiure pevch� divenuta tale 1Per 
difetto di ricorso alla Commissione di grado superiore (decisione della 
Commissione distrettuale non impugnata, rispettivamente, dinanzi alla 
Commissione Provinciale ed a quella Centrale). La decisione � quindi 
definitiva se vi sia stata una pronuncia conclusiva sul merito della controversia 
od anche una pronuncia che, pur senza decidere il merito, abbia 
tuttavda esaurito il IP�rocedimento dinanzi alle Commissioni tributarie. 
L'assunto che, ai fini dell'esercizio dell'azione giudiziaria, sia necessario, 
in ogni caso, un preventivo accertamento di merito, porterebbe alla assurda 
conseguenza di privare il contribuente della tutela giudiziaria tutte 
le volte che le Commissioni tributarie abbiano definito il procedimento 
-senza che questo possa essere ripreso dinanzi alle Commissioni 
stesse -con una decisione (anche se erronea) su questioni diverse da 
quelle di merito. Nella fattispecie sia che, fermandosi alla lettera del 
dispositivo, debba ritenersi che la Commissione Centrale ha affermato 
il proprio difetto di giurisdizione a decidere la controversia, sia che, 
integrando il dispositivo con la motivazione, debba invece ritenersi, pi� 
propriamente, che essa abbia emesso una statuizione di improcedibilit� 

2226, pronunciata in materia di imposte sull'incremento di valore delle aree 
fabbricabili ma valevole anche per le imposte dirette). 

Ne consegue che per le imposte dirette, dopo la sottoscrizione del concordato, 
ogni �questione che non attenga ad un errore materiale di liquidazione 
si presenta come impugnazione del concordato. � questo un assai complesso 
e poco approfondito problema (v. Relazione Avv. Stato 1966-70, II, 
465 e segg.). � da registrare l'esatta affermazione che l'impugnazione del 
concordato da parte del contribuente deve essere riportata nella disciplina 
dell'ordinario ricorso contro l'accertamento, sostituendosi per la decorrenza 
del termine� alla data della notifica dell'accertamento la data della sottoscrizione 
del concordato (art. 31 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 649, salve le 
particolari previsioni degli artt. 34, 35 e 36 ed oggi art. 16 d.p. 25 ottobre 1972 

n. 636). Ma con questo mezzo non pu� essere dedotta qualunque questione 
relativa all'an dell'imposizione, (cosi come non potrebbero proporsi simili 
questioni dopo che l'accertamento � divenuto definitivo per scadenza del 
termine o acquiescenza); possono solo proporsi le impugnazioni consentite 
(� assai controverso quali siano) che si articolano in un campo assai limitato. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 745 

della domanda, a causa della tardivit� del ricorso contro il concordato 
fiscale, � certo che, nell'uno e nell'altro caso, il procedimento dinanzi 
alle Commissioni tributarie si � esaurito con una decisione definitiva, ai 
sensi del citato art. 22. 

Le conclusioni predette non sono affatto in contrasto con le decisioni 
di questa Suprema Corte .richiamata dalla Amministrazione resistente a 
sostegno della tesi adottata dalla Corte del merito: non con la sent. 

n. 2063I 68 la quale escluse che potesse considerarsi definitiva una decisione 
della Commissione Centrale delle imposte che, ritenendo tassabile, 
in punto di diritto un certo reddito, o cespite, aveva rimesso gli atti 
alle commissioni competenti perch� accertassero, in fatto, la sussistenza 
dei presfll!Pposti e degli elementi della imposizione .giacch�, in quel caso, 
il giudizio dinanzi alle Commissioni amministrative non si era esaurito; 
'��e tanto meno con la sentenza n. 103/1970 che ha esaminato un caso 
di azione giudiziaria in tema di imposte dirette -escludendone la proponibilit� 
non preceduta dal preventivo svolgimento del processo dinanzi 
alle Commissioni tributarie. 

(Sub B). La censura � infondata. Il concordato tributario, secondo 
la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 1625/1969) e la prevalente 
dottrina, non ha carattere negoziale o transattivo ma si concreta in un 
atto unilaterale della P.A. che, con la adesione preventiva del contribuente, 
pone in essere un accertamento dell'imponibile su cui deve essere 
applicata l'imposta. E ci� in quanto il contribuente che, a seguito 
della propria denuncia dei beni valutati agli effetti della imposta (nella 
specie: imposta straordinaria sul patrimonio), ricevuto l'avviso di maggior 
valore dei beni denunciati, concordi con l'Ufficio delle imposte l'effettivo 
valore imponibile, mentre riconosce implicitamente di essere soggetto 
passivo dello specifico rapporto di imposta, rettifica il valore imponibile 
da lui dichiarato per un importo che l'Amministrazion_e accerta 
adeguato. Tale accertamento, basato sulla prevenUva adesione del contribuente, 
� definitivo in ordine al quantum e importa che i tributi, nella 
entit� definita, siano successivamente iscritti a ruolo in conformit� del 
concordato, come appunto � avvenuto nella specie. Peraltro, la definitivit� 
del concordato, nel quantum, non preclude l'impugnativa dell'accertamento, 
concoirdato ma illegit1J�lmo, 'poich� il con.cordato fiscale, seppure 
concluso sul presupposto che sussista l'obbligazione di imposta, � 
diretto a stabilire l'entit� del reddito e non anche a risolvere questioni 
di diritto, in ordine ai limiti di efficacia ed alla interpretazione della 
legge istitutiva di imposta. Pertanto, nell'ambito del rapporto di imposta 
determinato nel quantum per effetto del concordato, gli eventuali vizi 
dell'accertamento (come l'errore, dedotto nella specie, in ordine ai limiti 
territoriali di efficacia della legge istitutiva della imposta, od altre ragion_
i di illegittimit� dell'accertamento) possono essere dedotti dal con



746 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tribuente con azione di impugnativa dell'accertamento concordato, ma 
illegittimo. Il quesito, quindi, che si presentava ai giudici del merito 
era quello di stabilire quali fossero i mezzi ed i tempi di impugnazione 
del concordato, per motivi (vizi di accertamento) diversi da quelli relativi 
alla corrispondenza del ruolo all'accertamento definitivo. E tale quesito 
� stato esattamente risolto, in conformit� a quanto ritenuto altre 
volte da questa Suprema Corte .(v. sent. n. 1625/69, n. 3499/68), nel senso 
che le impugnazioni del concordato. tributario, per vizi di legittimit� 
relativi all'accertamento, devono E!ssere riportate nella disciplina imposta 
dall'ordinamento tributario quanto alle forme ed al termine. Conseguentemente 
l'impugnazione, di cui trattasi, come impugnazione di accertamento 
illegittimo, doveva essere proposta (prima della entrata in 
vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e poi t.u. n. 645/1958) con 
reclamo alla Commissione entro trenta giorni dal co,ncordato medesimo, 
a norma degli artt. 91 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 e 41 r.d. 7 agosto 
1936, n. 1639, 1sostituendosi, alla decorrenza del temnine della notifica 
dell'avviso di accertamento, la decorrenza del concordato che di tale 

notifica produce gli effetti. 

Nella specie il concordato � stato concluso il 13 settembre 1952 ed 
� stl!lto impugnato per rvizi relativi all'accertam�nto (non essendo contestato 
che l'iscrizione a ruolo del tributo definito avvenne in conformit� 
al concordato) soltanto il 20 aprile 1954. Conseguentemente, in difetto 
di una tempestiva impugnazione, si � irrevocabilmente formato un titolo 
valido, giustificativo della pretesa della Amministrazione alla corresponsione 
del tributo richiesto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1975, n. 1844 -Pres. Caporaso 
-Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Arcispedale di S. Maria 
Nuova di Firenze c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini). 

Imposta di registro -Agevolazione per la costruzione di case di abitazione 
non di lusso -Estensione agli ospedali ed altri edifici ricettivi ex 
legge 19 luglio 1961 n. 659 � Acquisto di edifici gi� costruiti -Esclusione. 


(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14 e 19; l. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1; r.d. 21 gi~gno 
1938, n. 1094, art. 2). �L'agevolazione 
dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, � sempre 
limitata all'acquisto di aree edificabili e non pu� estendersi all'acquisto 
di fabbricati gi� edificati; ci� vale anche per la costruzione di 
ospedali e altri edifici ricettivi ai quali l'agevolazione si estende per 
effetto dell'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659 .(1). 

(1) Decisione di evidente esattezza da condividere pienamente. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARiIA 747 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 maggio 1975, n. 1926 -Pres. 
Danzi -Est. Zucconi Galli Fonseca -P. M. Pedace (conf.) -Gardini 
(avv. Carbone) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). 

Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice e complessa -Indagine 
sulla sussistenza di intento speculativo -� di estimazione semplice. 

L'indagine sulla sussistenza di un intento speculativo nel compimento 
di un contratto non esorbita dalla estimazione semplice, anche 
quando essa implica la valutazione di fatti emergenti da negozi giu1�idici 
che non debbono essere interpretati (1). 

(1) Decisione conforme ad un indirizzo ormai tradizionale. Sono ritenute 
di estimazione semplice questioni di simile natura quali lo stabilire se. 
un reddito determinato sia frutto di una attivit� normale o occasionale del 
contribuente (Cass. 18 febbraio 1974, n. 451 e 20 aprile 1974, n. 1107, Riv. 
leg. fisc. 1974, 1092 e 1525), valutare le prove sulla fruttuosit� delle somme 
date a mutuo (8 novembre 1971, n. 3141, questa Rassegna, 1972, I, 98), e 
simili. Notevole � la precisazione che indagare sul contenuto di negozi giuridici 
per desumerne fatti storici non comporta un giudizio di interpretazione 
o qualificazione di effetti giuridici (17 febbraio 1972, n. 426, Riv. leg. 
fisc., 1972, 1374). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1975, n. 1987 -Pres. leardi 
-Est. Mazzacane -P. M. Mililotti (conf.) -Soc. ITAFEA (avv. 
Palandri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). 

Imposta di registro -Agevolazione per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Primo acquistq di terreni e fabbricati per l'attuazione delle 
iniziative industriali -Valutazione negativa della Camera di Commercio 
-Censurabilit� ~ Mancata constatazione dell'ultimazione Obbligo 
del giudice di eseguire accertamenti. 

(d.1. 14 dicembre 1947, n. 1698, art. 5). 
L'agevolazione dell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1967, n. 1698, � subordinata 
alla presentazione entro un triennio dalla registrazione della 
certificazione della. Camera di Commercio attestante il conseguimento 
del fine industriale; tuttavia in caso che la certificazione sia negata il 
contribuente ha�il diritto soggettivo di far verificare dall'AGO la legittimit� 
del 1�ifiuto e di ottenere il riconoscimento della agevolazione. Ove 
nel certificato della Camera di Commercio, rilasciato prima della scadenza 
del triennio, si dichiari che lo stabilimento non � stato completato, 
il giudice ha il dovere di accertare di ufficio se il completamento 
sia avvenuto entro il termine (1). 

(1) L� decisione desta serie perplessit� su pi� di un punto. Se � vero che 
la certificazione della Camera di Commercio ha 'per oggetto soltanto la 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

748 

(Omissis). -La Societ� ricorrente, con unico motivo, denuncia 
la violazione degli artt. 112,, U3, 115, 18<8, 34 e 187 �C.jp.�C. dell'art. 5 
del d.l. 14 dicembre 1947, n. 598, difetti logici di motivazione per omesso 
esame di punti decisivi, nonch� insufficiente e contraddittoria motivazione 
(art. 360, n. 3 e n. 5 c.p.c.). 

SostieJ?.e: la Corte del merito, dopo aver ammesso la inidoneit� del 
primo motivo addotto dalla Camera di Commercio di Reggio Calabria 
nella sua certificazione (attivit� alberghiera non classificabile tra quelle 
industriali) non ha esaminato la dedotta illegittimit� del secondo punto 
(preteso mancato completam~nto delle costruzioni nel termin,e triennale) 
nonostante le istanze probatorie formulate al riguardo. 

Per l'art. 5 del d.l.c.p�JS. 14 dkembre 1947 -contenente agevolazioni 
tributarie per la costruzione ed il potenziamento di industrie nell'Italia 
meridionale ed insulare -e successive modificazioni (1. 5 ottobre 1962, 

n. 1492) il primo trasferimento di propriet� di terreni e di fabbricati 
occorrenti per l'attuazione delle iniziative industriali nelle zone menzionate 
� soggetto ad imposta fissa. Tuttavia il tributo � dovuto nella 
misura normale qualora, entro il termine di tre anni dalla registrazione 
dell'atto, non sia dimostrato, con dichiarazione della Camera di Commercio, 
Industria ed Agricoltura (sentito l'Ufficio Tecnico erariale territoriale 
competente) che il fine dello acquisto sia stato conseguito dal 
primo acquirente. Con riferimento a tali disposizioni � stato ritenuto 
che le agevolazioni da esse previste sono applicabili anche agli alberghi, 
quali stabilimenti industriali tecnicamente organizzati (sent. n. 1134/ 
1967) e che il termine per la richiesta attestazione � perentorio onde la 
tardiva presentazione di essa legittima il fisco a liquidare e riscuotere 
la imposta normale di registro (sent. n. �2~18173; n. 2046/72). 
constatazione dell'avv~nuta realizzazione delle iniziative industriale mentre 
compete all'Ufficio finanziario verificare tutti gli altri presupposti della 
agevolazione, si che possono essere disattese dall'Ufficio in sed� di tassazione 
o contestate in sede ordinaria dal contribuente eventuali pleonostiche 
dichiarazioni (Cass. 15 luglio 1965, n. 1548; 28 giugno 1966, n. 1674; 6 novembre 
1968, n. 3662; in questa Rassegna, 1965, I, 1051; 1966, I, 430; 1968, I, 
1053), non � per� esatto che il contribuente abbia il diritto soggettivo a far 
riconoscere la spettanza' dell'esenzione facendo dichiarare l'illegittimit� 
della certificazione della Camera di Commercio pronunciata su materia di 
sua competenza e ancor meno a far accertare nuovi fatti contrastanti con 
quelli certificati. Sar� possibile denunciare l'illegittimit� del rifiuto di emettere 
la certificazione, ma non anche contestare nel merito la dichiarazione 
sfavorevole espressamente pronunciata. Se l'attestato della Camera di Commercio 
� insostituibile e deve, come si riconosce, essere presentato all'Uffici� 
nel termine a pena di decadenza (Cass. 22 giugno 1972, n. 2046, ivi, 1972, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR�IA 749 

Questa Corte Suprema ha peraltro precisato che le disposizioni del 

d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, essendo dirette a stimolare l'iniziativa 
privata, sono rivolte ai singoli imprenditori, che provvedono alla realizzazione 
del processo di industrializzazione delle aree depresse. Pertanto, 
una volta esaurita l'attivit� che costituisce il presupposto per fruire 
delle agevolazioni tributarie, il privato imprenditore ha il diritto soggettivo 
di vedere realizzati correttamente gli adempimenti all'uopo necessari 
per ottenere il beneficio tributario che la legge direttamente 
assicura. 
Conseguentemente nell'ipotesi che il Ministero della Industria e del 
Commercio (ora: la Camera di Commercio) neghi l'attestazione del compimento 
delle opere (attestazione che costituisce mezzo di prova esclusiivo 
per godere delle agevolazioni tributarie) pu� chiedere che l'A.G.O. 
dichiari la illegittimit� del rifiuto, con il conseguenziale riconoscimento 
dei propri diritti. 

Ci� premesso, nella specie � accaduto che ia Camera di Commercio 
di Reggio CaJabria con sua nota dell'll novembre 1966 (a seguito di 
richiesta inoltrata dalla Societ� prima che scadesse'il termine triennale 
dalla registrazione dell'acquisto) ha negato il rilascio dell'attestazione di 
raggiunto fine industriale sull'assunto che il terreno non era stato destinato 
alla costruzione di un opificio industriale, bens� di un albergo; ed 
aggiungendo, del iutto incidentamente, che a quella data (quando, cio� 
non era ancora scaduto il termine triennale dalla registrazione dell'atto 
di acquisto, perch� questo veniva a compirsi il 30 dicembre 1966) l'edificio 
non era stato completato. 

I, 826), � evidente che (a differenza di altri tipi di certificazione che possono 
ammettere equipollenti) alla Camera di Commercio � riservata una valutazione 
tecnica e di merito che non � sindacabile n� dall'Ufficio tributario 
n� dal contribuente in sede ordinaria. E quindi se in sede ordinaria si potr� 
discutere, dissentendo da eventuali non rilevanti dichiarazioni, se si tratti 
di primo trasferimento, se esso abbia lo scopo di impiantare stabilimenti 
industriali, se un determinato impianto (come appunto l'albergo) sia da 
considerare industriale, non potr� censurarsi (n� dalla Finanza n� dal contribuente) 
la dichiarazione della Camera di Commercio che abbia accertato 
se l'impianto � tecnicamente organizzato e funzionante, se la sua dimensione 
� rispondente alle previsioni per le quali l'acquisto fu concluso, se infine 
l'opera � compiuta. Se in ordine a tali valutazioni l'attestato della Camera 
di Commercio � esplicitamente negativo, non � a parlarsi di rifiuto ma di 
pronuncia di merito incensurabile in sede ordinaria. 

Ancor meno pu� essere condivisa l'altra affermazione che il giudice 
debba di ufficio accertare se, dopo il rilascio del certificato attestante che 
l'opera non � compiuta, il compimento sia avvenuto nel termine. 

Ci� contrasta nel modo pi� evidente con la regola, riconosciuta valida 
nella stessa sentenza, che la contestazione della realizzazione del fine (quin




750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte del merito, adeguandosi nella menzionata giurisprudenza 
di questa Corte (Sent. n. 1134/1967) ha disatteso la ragione di decadenza 
delle agevolazioni fiscali addotte dall'Ufficio del Registro (vale a 
dire inapplicabilit� di esse agli alberghi) ma ha confermato la legittimit� 
della ingiunzione per un diverso motivo (che l'ufficio del Registro 
non aveva nemmeno dedotto) e cio� perch� ia ricorrente societ� 
non aveva prodotto nei tre anni il certificato attestante il raggiunto fine 
industriale, in quanto, se doveva ritenersi illegittimo il rifiuto di esso 
da parte della Camera di Commercio di Reggio Calabria (nota 11 novembre 
1966) quanto al riconoscimento della natura industriale dell'albergo, 
il rifiuto stesso era peraltro operante sotto il profilo del mancato 
completamento dell'edificio. 

Contro tale pronuncia fondatamente insorge la contribuente rilevando 
che la mancata produzione del certificato di raggiunto fine industriale 
era dipesa esclusivamente da un illegittimo comportamento della 
Camera di Commercio, poich� essa avendo posto in essere tutti i presupposti 
di fatto per godere delle agevolazioni fiscali, ha acquistato il 
corrispondente diritto e ne pu� richiedere la tutela all'AGO; che pertanto 
la Corte del merito avrebbe dovuto indagare sul tempestivo sorgere 
dei citati presupposti, e, in particolare, sul contestato completamento 
nel triennio della costruzione alberghiera. L'omesso esercizio del 
potere di accertamento su tale presupposto � tanto pi� rilevante, nella 
specie, ove si consideri, da un lato, che l'affermazione contenuta nella 
nota dell'll novembre 1966 era, sul punto, meramente incidentale o 
marginale poich� il rifiuto dell'attestazione fu basato, essenzialmente, 

di il compimento dell'opera) debba esser fatto esclusivamente dalla Camera 

di Commercio e il relativo attestato debba essere presentato nel termine a 

pena di decadenza. Se vi era ancora uno spazio di tempo per un possibile 

completamento, doveva essere comunque onere del contribuente provocare 

una successiva certificazione da presentare all'Ufficio e non in giudizio. 

Poich� la ratio della presentazione della certificazione nel termine � quella 

della sollecita definizione delle posizioni tributarie sospese e della� imme


diatezza di un effica:ce controllo, (cfr. sent. citata) non si pu� pensare che H 

giudice, persino di ufficio, possa accertare anche a lungo intervallo di tempo 

(,e non si sa con quali mezzi sostitutivi di quello previsto dalla no:rma in via 

esclusiva) fatti contrastanti con quanto emerge dalla certificazione. Ne vale 

la considerazione che la non avvenuta ultimazione era una affermazione 

marginale nel testo della certificazione intesa a negare l'agevolazione agli 

alberghi; quel che conta � che non esiste una attestazione positiva di avve


nuto completamento e che questa attestazione, una volta scaduto il termine 

non pu� pi� intervenire; che vi sia in atti una constatazione negativa, sia 

pur emessa pochi giorni prima della scadenza, � un quid pluris non ne


cessario. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 751 

sull'asserita inapplicabilit� agli alberghj dalle invocate agevolazioni fiscali, 
e, dall'altro, che l'avvenuto completamento sull'opera era stato 
certificato dal Comune di Reggio Calabria. 

Il ricorso va pertanto accolto e la causa va rinviata, per nuorvo esame, 
ed anche per provvedere sulle spese di questo giudizio, ad altro 
giudice di pari grado -che si designa nella Corte di Appello di Messina 
-perch� accerti se e quando la Societ� Itafea esauri compiutamente 
l'attivit� costituente il presupposto. per fruire delle agevolazioni 
tributarie, e, di conseguenza se fosse o meno legittimo il rifiuto della 
Camera di Reggio Calabria al rilascio della att(:!stazione necessaria al 
conseguimento delle agevolazioni predette. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (*) 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2006 -Pres. Caporaso 
-Est. Mirabelli -P. M. Mililotti (conf.) -Impresa Edilizia 
Fiorentina (avv. De Marsanich e Petroni) c. I.A.C.P. di Pisa 
(avv. Menghini, Ramalli e Tortorella) e GES.CA.L. (avv. Stato 
Di Ciommo). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Capitolato generale di appalto . 
Richiamo in clausole contrattuali nei rapporti con enti pubblici diversi 
dallo Stato � Specifica approvazione per iscritto � Necessit� � Esclusione. 

(Cod. civ., artt. 1341 e 1342; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). 

La regolamentazione contenuta nel capitolato generale di appalto 
per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici 
non � assimilabile ad un complesso di clausole predisposte da un� 
delle parti, ma costituisce non pi� che uno schema, cui le parti fanno 
riferimento con piena facolt� di deroga; le pattuizioni che al capitolato 
generale fanno riferimento si sottraggono, quindi, all'applicazione degli 
artt. 1341 e 1342 del codice civile (1) . 

. (1) Il princip10 va riferito alla ipotesi di rarpporti con enti pubblici 
diversi dal:lo Stato e che non siano tenuti per legge ad arpplicar�e le norme 
del capirtolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 �luglio 1962, 

n. 1063, e cio� al-la ipotesi in cui tali inorme hanno, come � stato gi� specificamente 
affermato per i contratti sti1Pulati dagli Istituti autonomi per 
le case popolari quali stazioni appaltanti della Ges.ca.l. (Cass., 20 marzo 
1972, n. 850, in questa ~ssegna, 1972, I, 723), efficacia negoziale. 
Secondo consolidato ocientamento giruri�siprudelllziale, infatti, le norme 
del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063 (come quelle del capitolato generale -di appalto approvato con 
d.m. 28 maggio 1895) hanno efficacia normativa nei rapporti -con lo Stato 
e con gli enti pubblici che siano tenuti per legge ad aipplicarle, e natura 
contrattuale, invece, quando siano richiamate in conv.enzioni di altri enti 
pubblici (Cass., 7 aprile 1975, n. 839; 26 marzo 1975, n. 1148; 7 febbraio 1974, 
n. 334, retro, I, 235; sez. un., 5 novembre 1973, n. 285�6, Cons. Stato, 1974, II, 
115; 12 ottob!ve 1973, n. 2571, in questa Rassegna, 1973, I, 1189; 6 aprile 1973, 
n. 958, Giust. civ., 1973, I, 13�20; 9 giugno 1972, n. 1813, FOll"o it., 1973, I, 137; 
29 ottobre 1971, n. 3035, parte inedita; 22 giugno 1971, n. 1963, Giur. it., 1972, 
I, 1, 339; sez. un., 18 .settembre 1970, in. 1559, Giust. civ., 1971, I, 125; 7 set(*) 
Le decisioni in materia di acque pubbliche sono massimate ed annotate 
dall'avv. PAOLO VITTORIA. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 753 
(Omissis). -Con il secondo motivo l'impresa ricorrente, denunPARTE 
I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 753 
(Omissis). -Con il secondo motivo l'impresa ricorrente, denunciando 
violazione dell'ultimo comma del citato art. 829 cod. proc. civ. 
ed insufficienza di motivazione, censura vari punti nei quali la sentenza 
impugnata ha negato l'esistenza di violazioni di norme di diritto nel 
lodo impugnato. 

Probabilmente con questo motivo l'impresa ricorrente intende dolersi 
dell'interpretazione e dell'applicazione che la Corte di appello ha 
fatto da talune n()rme; la censura va esaminata, quindi, prendendo in 
separato. esame i vari accenni esposti nel ricorso. 

Sembra, in primo luogo, che la ricorrente si dolga che la Corte 
di appello abbia ritenuto che le clausole di capitolato concernenti la 
tempestiviti� delle riserve non debbano essere considerate clausole one;
rose, da assoggettare ad approvazione specifica a sensi del secondo 
comma dell'art. 1341 cod. civile. 

La doglianza �, per�, priva di fondamento, in quanto la regolamentazione 
contenuta nel capitolato generale non � assimilabile ad 

tembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959; 25 marzo 1970, n. 814; 
18 marzo 1970, n. 718, in questa Rassegna, 1970, I, 325). 

In particolare, sulla inapplicabilit� del capitolato generale di appalto 
approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 alle opere appaltate dalla 
Ges.ca.l., che aveva un suo particolare ed autonomo capitolato di carattere 
contrattuale, cfr.: Cass., 29 ottob!re 1973, n. 2808. Sulla necessit�, peraltro, 
di interpretare le norme del caipitolato generale della Ges.ca.l. in senso 
conforme alle corrispondenti norme del capitolato generale per le opere 
di competenza del Ministero dei lavori pubblici, al quale il capitolato 
generale della Ges.ca.l. doveV'a essere �uniformato� (STt. 6 del d.P.R. 
9 aprile 1956, n. 1265, e d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340), cfr.: Cass., 8 settembre 
1970, n. 1343, in questa Rassegna, 1970, I, 974; contra: Cass., 
27 marzo 1970, n. 836, Giur. it., 1970, I, 1, 1407. 

Sulla inapplicabilit� dell'art. 1341 del codice civile alle norme del capitolato 
generale di appalto ed a queHe contrattuali che tali disposizioni 
richiamano dr., ma con motivazioni anche dif:lierenti (ed anche in ipotesi 
in cui le norme del capitolato generale avevano efficacia contrattuale): 
Cass., 10 luglio 1973, n. 1993; 15 aprile 1971, n. 1060, in questa Rassegna, 
1971, I, 483; 5 aprile 1971, n. 969, Riv. leg. fisc., 1971, 1696; 5 dicembre 1970, 

n. 2567, in questa Rassegna, 1971, I, 190; 8 settembve 1970, n. 1343, �it.; 
18 marzo 1970, n. 718, cit. 
In talune di queste decisioni, come del resto in .quella in ;rassegna (nella 
quale il principio dovrebbe ri.tenersi affermato per essersi escluso che le 
norme del capitolato generale di appalto costituiscano clausole � predisposte 
da una delle parti �) non sembra peraltro considerato il ,generale prindpio 
sulla inapplicabiUt� degli artt. 1341 e 1342 del codice civile ai contratti 
st1pulati con la pubblica amministrazione, al quale dovrebbe invece 
riconoscersi rHevanza assorbente rispetto ad ogni altra possibile considerazione 
di merito (Cass., 17 febbraio 1975, n. 626; 18 dicembre 1973, n. 3432; 
16 novembre 1973, n. 3071; 29 ottobre 1973, n. 2801; 19 novembre 1971, 

n. 3331, in questa Rassegna, 1971, I, 1518; 13 mag.gio 1971, n. 1383, Foro 
amm., 1972, I, 1, 45, richiamata anche nella decisione in rassegna). 
lP 



754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un complesso di clausole predisposte da una delle parti, ma costituisce 
non pi� che uno schema, cui le pal'ti fanno riferimento, con 
piena facolt� di deroga; come (,l.Uesta Corte ha costantemente precisato 
(da ultimo, Cass. 5 dicembre 1970, n. 2567; 13 maggio 1971, n. 1383), 
le pattuizioni che al capitolato generale fanno riferimento si sottraggono, 
quindi, all'applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civile. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2333 -Pres. 
Gianattasio -Est. Leone -P. M. Serio (conf.) -Impresa Annino 
(avv. Sansone) c. GES.CA.L. (avv. Sivieri), cui subentra il Ministero 
dei lavori pubblici, Comitato per la liquidazione della 
GES.CA.L. (avv. Stato Mataloni), e Assessorato alle finanze della 
Regione siciliana (avv. Cavoli). 

Opere pubbliche -Esecuzione -Delegazione amministrativa -Autonomia 
e responsabilit� dell'ente delegato -Rilevanza del rapporto di delegazione 
-Limiti. 

Opere pubbliche � Esecuzione -Rapporto tra la Ges.caJ. e le stazioni appaltanti 
� Delegazione amministrativa intersoggettiva -Ravvisabilit� . 
Esclusione. 
(Legge 28 febbraio 1949, n. 43, art. 11; d.P.R. 23 giugno 1929, n. 320, art. 7; 

d.P.R. 4 luglio 1949, n. 436, art. 9). 
Contratti pubblici -Evidenza pubblica -Rilevanza nella fase formativa del 
contratto -Possibile influenza determinante dopo la stipulazione e la 
. perfezione ed efficacia del contratto -Presupposti. 

Contabilit� generale dello Stato -Contratti -Scelta del contraente privato Incanti 
-Forme -Disciplina -Inderogabilit� -Limiti. ' 

(R.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 3 e segg.; r.d. 23 maggio 1924, n. 827. 
art. 36 e segg.). 
Nella delegazione amministrativa intersoggettiva che costituisce 
una delle forme di collaborazione di enti nella realizzazione di opere 
pubbliche (con l'affidamento, il finanziamento, e la gestione per sostituzione 
soggettiva), l'ente delegato opera nei confronti dei terzi in 
nome proprio, nell'ambito di competenza propria, sia pure non tipica 
ma ampliata per effetto della delegazione, e con piena autonomia e 
responsabilit�, dato che il rapporto di delegazione spiega effetti esclusivamente 
tra amministrazione delegante e quella delegata (1) . 

(1-2) Sulle varie questioni che si pongono in tema di collaborazione di 
enti nell'esecuzione di oper.e pubbliche, e nel 1senso, in genere, che la legittimazione 
attiva e passiva nei confronti dei terzi debba ess1ere determinata 

�r.-.-.-.-.-.-.-.-r.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.-.�.�.�.�.�.�.-.�� ��.�.�.�.�.-.�.�.-.�.�.�.�,�.-." .... ... ... . .................................,.................-,-.-.-."r.-.-.-.-.-.-.-,-.-.-r...-.-.-.------rrr.-r�::::r.-.-.-.-.-.-,�.�.-.-.-.�.-,-.-.-.-,-,..-,-,.,.-.-.-.-r.--.-.-,-.-.-.�.�,��----���.-�.I".-/.!


111111:11r1tt11:r11s!1rrrirrrill=rlrtirrrlilr&ffilrtttft,�rtrlftrrrr11rr1rMt1lffllitlf&trtrrMlfl/llllrlm 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 755 

La situazione di negoziazione in nome e per competenza propri 
e con autonomia e responsabilit� proprie, che caratterizza la delegazione 
amministrativa intersoggettiva, non � ravvisabile nelle ipotesi 
della �gestione dei lavori� della costruzione di case per lavoratori e 
di opere a tale costruzione attinenti, che la Gestione INA-Casa prima 
e la Ges.ca.i. poi affidavano alle amministrazioni o enti qualificati 
�stazioni appaltanti�, riservandosi i poteri non solo di vigilanza sui 
lavori, ma anche di procedere essa ai collaudi ed all'approvazione 
dei collaudi: poteri di intervento diretto della Gestione mantenuti per 
poter regolare i momenti fondamentali della negoziazione e del rapporto 
e per potersi sostituire, all'occorrenza, alla stazione appaltante 
nei confronti dei terzi (2). 

Nei contratti stipulati jure privatorum dalla pubblica amministrazione, 
l'evidenza pubblica, cio� la presenza della pubblica amministrazione 
con gli interessi di natura generale che essa nella sua attivit� 
deve tutelare, pu� avere influenza e consegunza soprattutto nella fase 
formativa del contratto, in riferimento agli atti amministrativi che 
devono essere posti in essere perch� sia validamente esternata la volont� 
dell'amministrazione medesima tendente alla stipulazione del 
contratto, ma normalmente non ha influenza determinante dopo la 
stipulazione e la perfezione ed efficacia del contratto stesso, nel senso 
che sempre ed in ogni caso da esso discendono dirtti subiettivi. Dopo 
la perfezione del contratto, dunque pacta sunt servanda anche da parte 
della pubblica amministrazione, e perch� si ritorni nell'ambito della 
cosiddetta evidenza pubblica della negoziazione � necessario che siano 

in base alla qualit� ed alla quantit� dei rpoteri di volta in volta conferiti, 
all'uno o all'aitro ente, dalla legge o dall'atto amministrativo, cfrr.: Cass., 
7 maggio 1975, n. 1767; 13 .gennaio 1975, n. 103; 11 dicembre 1974, n. 4186; 
21 giugno 1974, n. 1834, Cons. Stato, 1974, II, 1015; 11 dicembre 1973, n. 3366; 
8 novembre 1973, n. 2927; 3 aprile 1973, n. 902; 14 marzo 1973, n. 720; sez. 
un,. 12 febbraio 1973, n. 410, Foro amm., 1974, I, 1, 16; sez. un., 8 febbraio 
1973, n. 382, in .questa Rassegna, 1973, I, 379; 26 ottobre 1972, n. 3289; 13 luglio 
1972, n. 2361; 13 giugno 1972, n. 1845; sez. un., 9 maggio 1972, n. 1395, 
in questa Rassegna. 1972, I, 622; 29 ottobre 1971, n. 3051; 8 luglio 1971, 

n. 2152, Foro amm., 1972, I, 1, 317; 22 giugno 1971, n. 1969, Giust. civ., 1972, 
I, 1172, con nota di DI MAJO, SuHa cosiddetta delegazione amministrativa 
intersoggettiva; 7 apri1e 1971, n. 1037, Foro it., 1971, I, 2302; 12 febbraio 1971, 
n. 361, in questa Rassegna, 1971, I, 306; 16 novembre 1970, n. 2416, Foro 
amm., 1971, I, 1, 74; 24 febbraio 1970, n. 433, Foro it., 1970, I, 1744; 22 gennaio 
1970, n. 136, Giur. it., 1971, I, 1, 109; 6 maggio 1969, n. 1525, in questa 
Rassegna, 1969, I, 461; Corte dei conti, sez. giur. reg. sic., 16 dicembre 1971, 
n. 948, Foro amm., 1972, I, 3, 178; App. Napoli, 7 ottobre 1970, Dir. giur., 
1971, 558. 
Non sembra, peraltro, che la riserva del potere di procedere al collaudo 
delle opere e di approvarne le risultanze (ricorrente, infatti, anche in ipo




756 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

annullati o revocati con retto esercizio di legittimi poteri gli atti che 

al contratto hanno attribuito perfezione ed efficacia (3). 

Nel procedimento previsto dalla legge per la scelta del contraente 
privato nei rapporti con la pubblica amministrazione non tutte le 
disposizioni che disciplinano 'le forme dell'incanto nell'interesse della 
pubblica amministrazione possono considerarsi di natura inderogabile 
e cogente, di guisa che l'inosservanza delle medesime debba in ogni 
caso rendere nulla la gara. Poich� l'interesse preso in considerazione 
� quello della pubblica amministrazione di giungere ad un serio e 
proficuo svolgimento della gara, assumono infatti carattere di vizi insanabili 
solo quelli che compromettono tale interesse. Quanto ai vizi 
formali, si debbono considerare causa di nullit� quelli relativi aii'inosservanza 
di prescrizioni contenute nell'invito, espressamente previste 
a pena di esclusione dalla gara, mentre per la inosservanza di prescrizioni 
contenute in norme legislative o regolamentari che non prevedano 
l'esclusione dalla gara � l'interprete che deve stabilire, attraverso 
l'indagine sulla finalit� della norma, se la prescrizione violata � essen


tesi qualificate come delegazione amministrativa inter.soggettiva) possa 
costituire fattore di valutazione utile a far .escludere gli estremi della delegazione 
amministrativa; n� una discriminazione rpu� certo ipotizzarsi, in 
argomento, a seconda che si discuta di rapporti con l'appaltatore o con altri 

terzi� interessati. 

(3) Nel senso che le situazioni giuridiche favorevoli di cui � titolare 
il contraente privato assumono, in genere, e salve le particolari ipotesi in 
cui la legge conferisce all'amministrazione committente un rpotere di supremazia, 
la natura di diritti soggettivi, cfr.: Cass., sez. un., 5 novembre 1973, 
n. 2856, Cons. Stato, 1974, II, 115; v. pure Cass., sez. un., 7 luglio 1969, n. 2498, 
in questa Rassegna, 1969, I, 744; �sez. un., 27 giugno 1969, n. 2317, ibidem, 743. 
Non determinano alcuna posizione di diritto soggettivo, comu,nque, le 
norme dirette a disciplinare in modo esclusivo i Tapparti interor.ganici attinenti 
alla direzione e contabilizzazione dei lavoTi ed all'istruttOl'ia delle 
riserve, allo �scopo di assicurare che tali attivit� amministrative siano conformi 
all'interesse dell'amministrazione (Coli. arb., 8 luglio 1970, in questa 
Rassegna, 1970, I, 1179) .. 

Sull'ultima parte della massima cfr., nel senso che l'annullamento 
dell'aggiudicazione comporta l'annullamento dell'intero rappOl'to negoziale, 

�che aveva negli atti di gara il suo indispensabile presupposto giuridico., 
Cass., 16 luglio 1969, n. 2611, in questa Rassegna, 1969, I, 758. 
(4) La massima riassume 1princ�pi pi� volte �enunciati dal giudice amministrativo; 
clr.: Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 1972, n; 733, in questa 
Rassegna, 1973, I, 181, con nota di TAMIOZZO, Sul procedimento dei contratti 
della p.a.: i vizi di forma; sez. V, 26 arprHe 1972, n. 341, Cons. Stato, 1972, 
I, 676; sez. V, 29 ,settembre 1971, n. 798, ivi, 1971, I, 1604; Cons. giust., arrum.. 
reg. slc., 14 maggio 1970, n. 345, ivi, 1970, I, 1186; 13 marzo 1970, n. 93, Foro 
amm., 1970, I, 2, 369; Cons. Sitato, 1sez. V, 26 maggio 1967, n. 441, ivi, 1967, 
I, 2, 704; Cons. giust. amm. re.g. sic., 28 ottobre 1966, n. 491, ivi, 1966, 
I, 2, 1682. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 757 

ziale per il proficuo svolgimento della gam ed � perci� .inderogabile 

o se invece essa � meramente formale e suscettibile di adempimenti 
sostitutivi a mezzo dei quali sia stata raggiunta la finalitd cui la norma 
stessa � preordinata (4). 
(Omissis). -I due ricorsi relativi alla medesima sentenza deb


bono essere riuniti in applicazione del disposto dell'art. 335 c.p.c. 

Quello incidentale della Gescal dev'essere esaminato per prima, 

perch� propone questioni pregiudiziali a quelle di merito, incidenti 

sulla legittimazione alla causa. 

La Corte d'appello nella sentenza impugnata, come s'� detto, ha 
affermato la legittimazione passirva della Gescal, quale amministrazione 
che ha dato inc~arico alla Escal, stazione appaltante, di curare la 
costruzione degli allogi per lavoratori in alcuni comuni della Sicilia, 
� costruzione che rientrava nella sfera di competenza della Gescal, destinataria 
e beneficiaria dell'opera, che doveva essere eseguita con i 

mezzi finanziari forniti dall'Ente. 

In questo incarico la. Corte ha ravvisato un mero affidamento di 

curare l'esecuzione dell'opera e di provvedere anche ai procedimenti 

negoziali relativi, spendendo la propria qualit� di stazione appaltante: 

ha escluso d� conseguenza l'esistenza di un caso di delegazione ammi


nistrativa intersoggettiva. 

In secondo luogo la Corte ha osservato che, in conformit� della 

disciplina del rapporto cosUtuitosi tra la Gescal e l'Escal con la no


mina di questo ultimo ente quale stazione appaltante, nel procedi


mento di licitazione per l'appalto dei lavori per cui � causa, era stata 

riservata alla Gescal la ratifica dell'aggiudicazione provvisoria del


l'appalto: e poich� la contestazione era sorta proprio con riferimento 

all'esercizio di questo potere di ratifica attuato dalla Gescal, questa 

doveva ritenersi legittimata passivamente rispetto alla domanda di 

risarcimento del danno prodotto con l'illegittimo esercizio di tale 

potere. 

La Gescal nei primi due motivi del ricorso incidentale censura 

rispettivamente l'una e l'altra delle argomentazioni surriferite. 

Nel primo motivo sostiene che il rapporto tra Gescal e le stazioni 

appaltanti locali concreta una ipotesi di delegazione amministrativa 

intersoggettiva, con conseguente legittimazione degli enti nominati sta


zioni appaltanti alle azioni giudiziali connesse all'attivit� da essi svolta. 

Nel secondo motivo la Gescal sostiene che la disposizione negoziale, 

inserita col richiamo all'art. 8 del capitolo generale Ina-Casa del 1950, 

secondo cui all'esito della gara d'appalto sarebbe stata fatta aggiudi


cazione provvisoria senz'altro impegnativa per la ditta aggiudicatoria, 

ma, nei riguardi della stazione appaltante, subordinata alla ratifica 


758 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

de�la Gestione Case Lavoratori, dovrebbe essere intesa nel senso che 
l'aggiudicazione a seguito della gara era pur sempre l'atto terminate 
del process� formativo del contratto, mentre la cosiddetta ratifica era 
in realt� un provvedimento di approvazione, nell'esercizio di un potere 
di controllo riservato alla Gestione. 

Le censure sono prive di giuridico fondamento. 

L'Amministrazione ricorrente non discute sull'esistenza della distinzione 
tra� le varie forme di collaborazione di enti nella realizzazione 
di opere pubbliche (delegazione amministrativa, affidamento dell'esecuzione, 
finanziamento, gestione per sostituzione soggettiva), distinzione 
che la Corte di Palermo ha ricavato anche dalla ripetuta 
giurisprudenza di questo S.C. (sent. 17 luglio 1965 n. 1608, 11 luglio 
1966 n. 1829, 6 dicembre 1966 n. 2854) basandola sulla qualit� 
e quantit� di poteri che siano conferiti dalla legge e dall'atto amministrativo 
che comportino la detta collaborazione. Discute dell'applicazione 
di tale distinzione nella concreta fattispecie, nella quale, a 
suo parere, s'� realizzata una forma di delegazione amministrativa 
intersoggettiva. Ma la tesi non tiene conto del fatto che in tale ipote"si 
di cooperazione l'ente delegato opera nei confronti dei terzi in nome 
proprio e nell'ambito di competenza propria sia pure non tipica ma 
ampliata per effetto della delegazione e con piena autonomia e responsabilit�, 
dato che il rapporto di delegazione spiega effetti esclusivamente 
tra amministrazione delegante e quella delegata. Tale siituazione 
di negoziazione in nome e per competenza propria, con autonomia e 
responsabilit� proprie, non � ravvisabile nelle ipotesi della � gestione 
dei lavori � della costruzione di case per lavoratori e di opere a tale 
costruzione attinenti, che la gestione Ina-Casa prima e la Gescal poi 
affidavano alle amministrazioni o enti qualificati �stazioni appaltanti> 
riservandosi i poteri non. solo di vigilanza sui lavori, ma di procedere 
essa ai collaudi ed all'approvazione dei collaudi (art. 11 1. 28 febbraio 

1949 n. 43, art. 7 dee. del 22 giugno 1949 n. 340, art. 9 decr. P.R. 4 lu


glio 1949 n. 463}: poteri di intervento diretto della Gestione mante


nuti per poter regolare i momenti fondamentali della negoziazione e 

del rapporto e per potersi sostituire, all'occorrenza, alla stazione appal


tante nei confronti coi terzi (Cass. 14 ottobre 1969 n. 3296, 26 otto


bre 1972 n. 3289). 

Tanto pi� ci� deve essere ribadito nella fattispecie in esame, nella 

quale viene in rilievo anche l'altro potere riservatosi dalla Gestione 

di ratificare il risultaJto della gara di appalto o di annullare la gara 

e viene in decisivo considerazione l'esercizio di tale potere esclusivo 

e diretto dalla Gescal, quale causa di responsabilit� per i danni subiti 

dall'aggiudicatario, che s'� visto annullare l'aggiudicazione divenuta 

definitiva. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APP�LTI PUBBL 759 

Vista poi in questi aspetti di disciplina normativa specifica dell'azione 
della Gescal la convenzione Gescal-Escal, di affidamento delle 
costruzioni di alloggi per lavoratori nella Sicilia, l'interp~etazione a 
tale convenzione data dalla Corte d'appello col ravvisare in essa un 
semplice incarico esecutivo dei lavori che la Gestione avrebbe disposto, 
finanziato e sostanzialmente diretto, appare pienamente conforme alle 
rappresentazioni che i soggetti della convenzione dovevano avere ed 
hanno avuto delle rispettive situazioni di collaborazione nell'espletamento 
dei lavori di costruzione delle case per lavoratori e dei conseguenti 
contenuti e limiti dei propri compiti e delle rispettive responsabilit�. 


La censura espressa nel secondo motivo del ricorso incidentale 
pu� ritenersi gi� confutata da quanto detto in precedenza, perch� il 
<:ontenuto di incarico concessivo parziale e non di delegazione amministrativa 
del rapporto Gescal-Escal non � stato ricavato dalla Corte 
di Palermo essenzialmente dal disposto dell'art. 8 del Capit. Gen. Ina 
Casa del 1950 ma dall'insieme della disciplina normativa applicabile 
al rapporto. 

Ad ogni modo giova osservare: a) che la responsabilit� della 
Gescal affermata nella sentenza impugnata ha per causa esplicita non 
il diniego di ratifica dell'aggiudicazione, bens� l'annullamento della 
gara di appalto disposto dopo che l'aggiudicazione doveva ritenersi 
ratificata; b) che, si sia trattarto di-ratifica in senso tecnico o di ratifica 
nel significato e nell'effetto di approvazione quale atto finale dell'ite1� 
formativo del contratto, � questione che non rileva, sia perch� non � 
la ratifica o l'approvazione il fatto causale della responsabilit� della 
Gescal dedotta in causa, sia perch� l'atto di convalida ora detto doveva 
essere ed � stato atto proprio della Gescal, in virt� del suo potere di 
intervento diretto nella negoziazione dell'appalto, sicch� anche per tale 
atto la Gescal assumeva responsabilit� proprie e dirette: e con tale 
contenuto, a prescindere dalla precisa sua qualificazione giuridica, l'atto 
stava a confermare che l'Esca! non aveva potere autonomi di determinazione 
nella conclusione dell'appalto, tale potere essendo riservato 
alla Gescal, e che di conseguenza, si era fuori dell'ipotesi della delegazione 
amministrativa. 

Nel terzo motivo di ricorso la Gescal censura proprio quest'ultima 
affermazione della sentenza impugnata, cio� che la responsabilit� dell'annullamento 
illegittimo della gara d'appalto debba far carico ad 
essa Gestione, perch� causata da fatto proprio. 

Ma � chiaro che, una volta escluso che nel rapporto Gescal-Escal 
sia ravvisabile l'attuazione di una delegazione amministrativa interoggettiva 
-tesi sulla quale la censura si fonda -, deve ritenersi che 
l'attivit� della Gescal di annullamento della gara ha inciso su un 


760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rapporto gi� costituito, non solo nell'interesse, espli�itamente dichiarato, 
della Gescal medesima ma anche a nome della Gescal, per lo 
meno per quanto concerne i poteri ad essa riservati nella negoziazione, 
in applicazione di esplicite istruzioni e limiti relativi all'incarico commesso 
dalla Gescal all'Esca!, istruzioni e limiti dichiarati dall'Esca! 
all'appaltatore sia con la sua indicazione di � stazione appellante � si~ 
con gli espliciti riferimenti ai poteri di intervento della Gescal. 

Passando dopo ci� all'esame del ricorso principale, la Corte osserva 
che ogni questione di giurisdizione deve ritenersi ormai preclusa dalla 
decisione emessa su tale punto da questo S.C. con la sentenza n. 2784 
del 22 novembre 196�6, in sede di ricorso ordinario avverso la sentenza 
d'appello che aveva negato la giurisdizione del giudice civile. 

La Corte di Cassazione ha affermato sussistente tale giurisdizione 
sulla base dei seguenti cr~teri: 
a) l'aggiudicazione dell'appalto nella specie aveva acquisi�to efficacia 
definitiva, a seguito dell'approvazione tacita della Gescal; 
b) che con tale aggiudicazione l'appaltatore aveva acquisito il 
diritto soggettivo all'esecuzione dell'opera appaltata; 

e) che la Gescal, anche dopo aver approvato la aggiudicazione 
risultante dalla gara, aveva il potere di annullare l'aggiudicazione per 
vizi dell'iter formativo del contratto; 

d) che, per�, tale annullamento, intervenuto dopo. che il con. 
tratto era divenuto definitivo ed esecutivo, ha inciso sul diritto subiettivo 
del contraente privato; 

e) che la decisione sulla domanda di risarcimento del danno 
proposta dall'appaltatore comportava che il giudice civile ordinario 
dovesse esaminare l'atto di annullamento e stabilire se l'Amministrazione 
avesse o meno il potere di emanarlo e se �tale potere avesse 
legittimamente esercitato nel caso di specie. 

Questi profili della causa sono, dunque, definitivi e vincolanti per 
questo stesso collegio che li ha posti. 

Osserva il ricorrente che la Corte d'appello di Palermo in sede 
di rinvio s'� limitata a dire che la Gescal aveva l'astratto potere: di 
annullamento ma non ha proceduto ad un concreto esame per accertare 
se esistesse o merro un vizio che giustificasse l'annullamento del 
contratto da cui era sorto il diritto dell'appaltatore. Un vizio di tale 
natura non poteva essere ravvisato nella tardiva produzione dei cerificati 
relativi ad una qualit� dell'imprenditore che gi� risultava da 
altro documento e per la presentazione de~ quali non era stabilito 
un termine perentorio. In pi� l'annullamento nella specie riguardava 
un atto di controllo, ed il potere di controllo si esaurisce con l'emanazione 
del provvedimento relativo, sicch� l'annullamento di esso, ad 
opera della stessa amministrazione che lo ha emesso, non � possibile, 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 761 

tanto meno se esso inerisce ad atto costitutivo di un diritto soggettivo 
in un rapporto di diritto privato; rilevata la mancanza di motivazione 
dell'atto di annullamento, anche per questo illegittimo, il ricorrente 
rileva che il collegamento tra il provvedimento ed il ricorso presentato 
dalla ditta Bondi, collegamento posto nella sentenza impugnata 
come ragione dell'annullamento, � immotivato e giuridicamente irrilevante. 


Queste censure sono in parte fondate. 

Risulta dalla comunicazione fatta dall'Esca! all'impresa Annino 
con la raccomandata spedita 1'8 novembre 1958 che l'annullamento 
ha riguardato la gara di appalto. 

Poich� la gara medesima conclusasi il 18 ottobre 1958 era stata 
ratificata per implicito col decorso del quil}dicesimo giorno dalla gara 
senza alcun comunicato all'impresa, e la ratifica-approvazione, esplicita 

o implicita, � essa stessa un provvedimento amministrativo, tanto che 
essa condiziona l'efficacia dell'aggiudicazione nei confronti della P.A., 
l'annullamento doveva riguardare _anzitutto il detto provvedimento di 
approvazione, del quale avrebbe dovuto �indicare il vizio inficiante. 
Gi� nella sentenza 22 novembre 1966 emessa nella medesima causa, 
questa Corte Suprema ebbe a sottolineare che nei contratti stipulati 
jure privatorum della P.A., l'evidenza pubblica, cio� la presenza della 

P.A. con gli interessi di natura generale che essa nella sua attivit� 
deve tutelare, pu� avere influenza e conseguenza soprattutto nella fase 
formativa _del contratto, in riferimento agli atti amministrativi che 
devono esser posti in essere perch� sia validamente esternata la volont� 
dell'amministrazione medesima tendente alla stipulazione del 
contratto: ma normalmente non ha influenza determinante dopo la 
stipulazione e la perfezione ed efficacia del contratto stesso nel senso 
che sempre ed in ogni caso da esso discendono diritti subietti!vi. 
Dopo la perfezione del contratto, dunque, pacta sunt servanda 
anche da parte della P.A. e perch� si ritorni nell'ambito della cosiddetta 
evidenza pubblica della negoziazione � necessario che siano annullati 
o revocati con retto esercizio di legittimi poteri, gli atti che al 
contratto hanno attribuito perfezione ed efficacia. Perci� nella richiamata 
precedente sentenza questa Corte accenn� all'esigenza che si 
verificasse l'invalidit� del consens� dato dalla Gescal al contratto con 
l'implicita ratifica. Del resto nella stessa �disposizione dell'art. 8 del 
capitolato della cui applicazione qui si controverte � ratifica dell'aggiudicazione 
� e �facolt� di annullare la gara � sono considerati due 
aspetti, l'uno positivo l'altro negativo, perci� alternativo, del medesimo 
potere: sicch� una volta emanato il provvedimento con contenuto 
positivo solo l'annullamento o la revoca di esso pu� consentire l'esercizio 
del medesimo potere in senso negativo. Nella specie s'� allegato 

.�.-.�.-.rrrr.r.-.-.-.-.�.�.r.-.-.-.-.-.-.�.-.-.-.-/..-."r���������'���� ....-.�....�.�.'.�.�.�.�.�.�,�:�.�:�:�:�.���������.�,�,-.�rrr.� �������r.� �� � �� ����� ��.r���� � ������ ���������ǥ�������������'-�����" ����� ���. ��������ᥥ�������ᥥᥥ�.-.--�.-r,.r.-r.-rrr.-. 


762 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e discusso solo di annullamento ma l'annullamento presuppone, come 

sua causa, un vizio specifico del provvedimento di ratifica e nella specie 

il provvedimento di annullamento, secondo la comunicazione fatta 

all'impresa Annino, era del tutto privo di motivazione ed era diretto, 

come s'� detto, all'invalidazione della gara, senza esplicito riferimento 

a vizi propri del provve~imento di ratifica. 

La Corte di Palermo ha rirtenuto sussistente un vizio formale del 

procedimento di gara, consistito nel fatto che il concorrente Annino 

non aveva allegato all'offerrta per la gara il certificato generale del 

casellario ed il certificato di buona condotta. A parere della Corte 

d'appello � tale vizio afferente all'ammissione dei concorrenti, infi


ciava la legittimirt� di tutti gli atti successivi e in particolare dell'atto 

di ratifica della aggiudicazione dell'appalto�. 

Il ragionamento � sommario e semplicistico. 

Stante che nella specie, secondo la disciplina .negoziale adottata 

dalle parti, la ratifica della aggiudicazione da parte della Gescal, se 

non dovuta a trascuratezza o errore dell'organo che l'aveva disposta, 

doveva essere considerata come accertamento che la gara, conclusa 

con la dertta aggiudicazione, non presentava vizi insanabili (ch�, se 

la gara avesse presentato vizi formali sanabili, la ratifica del]faggiu


dicazione avrebbe comportato anche la rinuncia a farli valere), nella 

dichiarazione di annullamento, certamente ammissibile anche nei con


fronti di atto di approvazione dell'aggiudicazione provvisoria di un 

appalto, si sarebbe dovuto indicare il vizio insanabile, necessariamente 

riflettentesi nel provvedimento di ratifica. L'atto di annullamento di 

un provvedimento amministrativo, specie se esso � servito a dare effi


�eacia 
definitiva ad un contratto di diritto privato dal quale sono sorti 
diritti soggerttivi dei terzi, non pu� considerarsi completo senza l'indieazione 
della specifica ragione di invalidit� che � causa dell'annullamento. 
Tuttavia nella specie la ragione del decidere non � in tale 
incomplertezza del provvedimento, che poi in corso di causa ha ricevuto 
contenuto e spiegazione, senza che siano state addotte dall'Annino 
preclusioni o decadenze a carico dell'Amministrazione, verificatesi nel 
frattempo e di cui egli possa giovarsi. Rileva, invece, che secondo 
giurisprudenza concorde, in prevalenza dei giudici amministrativi, non 
tutte le disposizioni che disciplinano le forme dell'incanto nell'interesse 
della p.a. possono considerarsi di natura inderogabile e cogente, di 
guisa che l'inosservanza delle medesime debba in ogni caso rendere 
nulla la gara. Poich� l'interesse qui preso in considerazione � quello 
della P.A. di giungere ad un serio e proficuo svolgimento d.ella gara, 
assumono carattere di vizi insanabili solo quelli che compromettano 
tale interesse. Si � aggiunto, quanto ai vizi formali, che si debbono 
considerare causa di nullit� quelli relativi all'inosservanza di prescri

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 763 

zioni contenute nell'invito, espressamente previste a pena di esclusione 
della gara; in caso invece di. inosservanza di presunzioni contenuti in 
norme legislative o regolamentari che non prevedano l'esclusione dalla 
gara, � l'interprete che, attraverso l'indagine della finalit� della norma, 
deve stabilire se la prescrizione violata � essenziale per il proficuo 
.svolgimento della gara ed � perci� inderogabile o se invece essa � 
meramente formale e suscettibile di adempimenti sostitutivi a mezzo 
dei quali sia stata raggiunta la finalit� cui la norma stessa � preordinata. 


Questo inquadramento della disciplina normativa applicabile ai 
casi di contestazioni circa' la validit� delle gare di appalto sono applicabili 
anche nella concreta fattispecie. Nella quale l'invito alla licitazione 
spedito all'Annino non specificava che l'esibizione dei due certificati 
relativi alla condotta preatta del concorrente era prescritta a pena 
di esclusione dalla gara, n� tale esclusione � stata pronunciata, tanto 
che l'Annino � rimasto aggiudicatario e l'aggiudicazione � stata finanche 
ratificata. 

Sicch� per il giudice d'appello, che tra l'altro era chiamato a 
riesaminare una questione gi� decisa dal giudice di primo grado' in 
senso favorevole all'Annino, l'acce!'tamento del carattere inderogabile 

o meno della prescrizione relativa alla esibizione tempestiva del certificato 
generale del casellario giudiziario e del certificato di buona condotta 
dell'Annino, nel senso che tale esibizione tempestiva fosse, o no, 
requisito indispensabile per il serio ed utile svolgimento della gara, 
si poneva con rilievo primario. Ed in esso potevano assumere adeguata 
considerazione anche i cennati comportamenti degli organi della P.A. 
che avevano espletato la gara ammettendovi l'Annino ed avevano 
ratificato l'aggiudicazione a favore dello stesso, mostrando cosl di ritenere 
non rilevante, per gli interessi dell'amministrazione, la non tempestiva 
esibizione dei due certificati relativi alla buona condotta del 
concorrente. 
Ora nella sentenza impugnata di itale necessaria, penetrante indagine 
su questo specifico oggetto non c'� traccia: con la conseguenza 
che in definitiva l'annullamento della ratifica � portato come mera 
implicazione dell'annullamento della gara e quest'ultimo annullamento 
� stato ritenuto legittimo senza la dimostrazione della natura invalidante 
del vizio formale dell'omessa (tempestiva) produzione dei certificati 
relativi alla condotta dell'Annino. 

La Corte d'appello, invece, ha dato prevalente rilievo al fatto che 
altri partecipanti alla gara avevano mosso eccezioni, in base alla detta 
omissione, circa l'ammissione dell'Annino alla gara ed alla possibilit� 
che la validit� di questa e dell'avvenuta giudicazione all'Annino po



764 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tesse essere impugnata dinanzi al giudice amministrativo dalla concorrente 
impresa Bondi. 

Ma questi comportamenti ed eventualit�, non rilevati in sede di 
ratifica dell'aggiudicazione, non possono costituire di per s� ragione 
di annullamento di .tale provvedimento e della gara che ha portato 
all'aggiudi�azione, e possono acquisire qualche rilievo solo in quanto 
aspetto ed effetti della violazione di una o pi� prescrizioni inderogabili 
circa la partecipazione alla gara e allo svolgimento di questa, post.e 
nell'interesse della P.A. ad una gara regolare che desse risultato utile 
per l'amministrazione medesima. 

Sussi.ste perci�, il denunziato vizio di motivazione, illogica e giuridicamente 
erronea ad esso comporta la cassazione della sentenza 
impugnata, con rinvio della causa ad altro giudice di appello per il 
riesame, sulla scorta dei rilievi fatti innanzi circa i profili giuridici 
da osservare. -(Omissis).' 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1975, n. 2467 -Pres. 
Mirabelli -Est. Scanzano -P. M. Serio (conf.) -Impresa Vasile 
(avv;. De Pompeis e Fiaccavento) c. Assessorati ai lavori pubblici 
e alle finanze della Regione siciliana (avv. Stato Braguglia). 

Appalto �Appalto di opere pubbliche � Approvazione del contratto � Ritardo 
� Facolt� di recesso dell'appaltatore � Esercizio � Limite. 

(R.d. 23 maggio 1922, n. 827, art. 114; d.m. 28 maggio 1895, art. 13; d.P.R. 
16 luglio 1962, n. 1063, art. 4, quarto comma). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche -Consegna dei lavori � Ritardo Automatica 
responsabilit� dell'amministrazione appaltante � Esclusione 
� Necessit� della costituzione in mora. 

(D.m. 28 maggio 1895, art. 14, primo comma; d,P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
art. 10, primo comma; art. 1217 del codice civile). 
La data dell'approvazione del contratto di appalto di opera pubblica 
segna il limite per l'esercizio della facolt� di recesso riconosciuta 
all'appaltat01�e per il ritardo nell'approvazione del contratto (1). 

(1) La sentenza in rassegna, della quale si !ritiene opportuno pubblicare 
anche parte delle premesse in fatto, va segnalata per la precisazione riprodotta 
nella prima massima, imposta del resto dal limite espressamente previsto 
all'art. 114, secondo comma, del ;r.d. 23 maggio 1924, n. 827; e l'affermazione 
di principio, di cui non constano precedenti giurisprudenziali, � 
certamente oppoTtuna, in quanto il diritto a ;recedere .dal contratto viene 
talora dedotto, erroneamente, solo quando all'appaltatoTe perviene comunicazione 
dell'intervenuta (tardiva) approvazione del contratto, e senza 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 765 

La semplice scadenza del termine per la consegna dei lavori non 
determina automaticamente la responsabilit� dell'appaltante che ad 
essa non abbia provveduto; e ci� perch� detta consegna si configura 
come cooperazi'one (del creditore dell'opera) necessaria per rendere 
possibile l'adempimento dell'appaltatore (debitore dell'opera stessa), 
onde l'omissione della consegna predetta non assume rilevanza se non 
a seguito di un atto di costituzione in mora, da compiersi dall'appaltatore 
con le modalit� di cui all'm�t. 1217 del codice civile (2). 

(Omissis). -A seguito di licitazione privata, l'Ente Siciliano per 
le Case ai lavoratori -ESCAL -incaricato dall'Assessorato ai Lavori 
Pubblici della Regione Siciliana di costruire dodici alloggi popolari 
in Avola, secondo progetto approvato il 16 marzo 1960 dall'Assessorato 
stesso, aggiudic� i relativi lavori con verbale del 9 giugno' 1962 
a Vasile Carmelo, e stipul� poi col medesimo, in data 9 gennaio 1963, 
il contratto di appalto. 

Tale contratto venne approvato dal ripetuto Assessorato con de


creto del 7 ottobre 1963, registrato alla Corte dei Conti il 7 gennaio 

successivo. 

Intanto il 2 luglio 1963 il Vasile aveva chiesto all'Esca! la mo


difica delle condizioni contrattuali a causa del tempo decorso dall'ag


giudicazione e si era dichiarato disposto all'esecuzione dei lavori sempre 

che glie ne fosse stata effettuata la consegna entro 15 giorni e ne 

venisse aumentato il corrispettivo, del venti per cento. 

Detto ente, dopo avere ottenuto con decreto del prefetto del 2 no


vembre 1963 l'autorizzazione all'occupazione temporanea d'urgenza dei 

terreni necessari all'esecuzione dell'opera, inform� con lettera 14 apri


le 1964 il Vasile che il successivo giorno 22 si sarebbe proceduto alla 

nessuna preventiva contestazione che consenta all'amministrazione committente 
di avvertire l'intenzione del contraente privato di r,ecedere dal 
contratto. 

(2) Anche l'affermazione di prindpio di cui alla seconda massima, propria 
in effetti della decisione confermata con la sentenza in rassegna, � di 
evidente 'esattezza, e del tutto coerente, in :particolar;e, con la qualificazione 
della consegna dei lavori come espressione del dovere di collaborazione 
dell'amministrazione committente, e non di un obbligo 1giuridico il 
cui inadempimento possa rendere l'amministrazione ;responsaibile. 
Mentre per l'appaltatore, infatti, l'accettazione dei lavO!I'i: costituisce 
oggetto di un ,preciso obbligo contrattuale, il cui inadempimento consente 
ail'amministrazione committente di risolvere il contratto o di procedere 
alla esecuzione di ufficio (art. 10, sesto comma, del caipitolato generale di 
.appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), la consegna dei lavori 
costituisce, per l'amministrazione committente, un atto di cooperazione, 
necessario perch� l'appaltatore possa adempiere la sua rprestazione, ma non 



766 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consegna dei lavori; ma con telegramma del 21 aprile 1964 il Vasile 
condizion� la sua disponibilit� alla revisione dei prezzi, chiedendo 
intanto il risarcimento dei danni derivati dal ritardo frapposto dall'appaltatore 
nel portare a termine le pratiche per l'approvazione del 
contratto, e non si present� a ricevere la consegna dei lavori. 

Seguirono un ordine di servizio all'Esca! con invito ad iniziare i 
lavori il 12 maggio 1964, la conferma, da parte del Vasile, della sua 
intenzione di vedere aggiornati i prezzi, un nuovo invito dell'Ente 
ad iniziare i lavori_il 29 ottobre 1964, un telegramma in data 24 ottobre 
1964 del Vasile che dichiarava di ritenere risolto il contratto e 
di essere disposto a stipularne uno nuovo a condizioni adeguate, una 
lettera del 3 luglio 1965 con cui l'ente prorogava all'otto di quel 
mese la data di consegna dei lavori e si dichiarava disposto a riconoscere 
un compenso per i maggiori oneri derivati dal ritardo, un 
nuovo telegramma del 7 luglio 1965 con cui il Vasile confermava . 
il proprio recesso salvo che il predetto compenso fosse stato subito 
determinato, una nuova intimazione in data 26 agosto 1965 dell'Esca! 
con invito a presenziare alla consegna dei lavori per il 14 settembre 
1965 e con_ riserva di determinare il compenso di cui sopra a lavori 
ultimati, una proroga della data di consegna dei lavori al 21 ottobre 

1965, non seguita da alcun riscontro del Vasile, e finalmente un de


creto del 23 dicembre 1965, con cui l'Assessorato Regionale per i 

lavori pubblici dichiar� risolto il contratto per colpa dell'appaltatore, 

disponendo l'incameramento della cauzione da lui prestata con polizza 

fideiussoria della societ� Assicurazioni Generali. 

In relazione a tale situazione il Vasile con atto del 12 luglio 1966 
convenne avanti al Tribunale di Palermo il predetto Assessorato e 
l'Escal, chiedendo che fosse dichiarata illegittimo il decreto test� indi-

obbligatorio, in quanto non fondato su un obbligo giurtdico; e quando la 

consegna dei lavori non avvenga nel termine stabilito per fatto dell'ammi


nistrazione, all'appaltatore � consentito soltanto di chiedere di recedere dal 

contratto, rimanendo comunque rimes�so all'amministrazione, secondo di


screzionale valutazione, di accogliere o no l'istanza di rece�sso, con le dif


ferenti conseguenz�e stabilite, ~per le due ipotesi, dall'art. 10, ottavo comma, 

del capitolato generale di appalto. 

Tali principi hanno quindi indotto ad escluder�e a priori �la possibilit� 

stessa di discuter.e di responsabilit� per inadempimento nel caso di ritardo 

nella consegna dei lavori, ed a negare, di conseguenza, la possibilit� per 

l'appaltatore, in ipotesi di mancata conse�gna dei lavori, di chiedere la 

risoluzione del contratto pe�r inadempimento dell'amministrazione commit


tente (Trib. Roma, 12 luglio 1973, Arb. app., 1974, 185). 

In argomento, cfr., con disamina dei vari capitolati generali, e con


forme !richiamo all'art. 1217 del codice civile, CIANFLONE, L'appalto di opere 

pubbliche, 1971, pagg. 353-357. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 767 

cato e risolto il contratto per colpa dell'Amministrazione appaltante, 
con la condanna della medesima alla restituzione della cauzione ed al 
risarcimento dei danni. Chiese inoltre la condanna di entrambi i convenuti 
al rimborso delle spese processuali. -(Omissis). 

(Omissis). -Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione 
e falsa applicazione dell'art. 13 D.M. 28 maggio 1895. Premesso che 
il contratto era disciplinato dal capitolato generale approvato con tale 
decreto (espressamente richiamato dalle parti), sostiene che in base 
alla disposizione su indicata la Corte di merito avrebbe dovuto dichiararne 
la risoluzione, per il ritardo frapposto dall'Amministrazione appaltante 
nei curare il procedimento necessario per la sua approvazione. 
Soggiunge che la volont� di risolvere il contratto era stata da lui 
manifestata con la lettera del 2 luglio 1963 e confermata con telegramma 
del 21 aprile 1964 e con atto stragiudiziale del 4 maggio 
successivo, e che tali atti erano sufficienti al fine, senza necessit� di 
una costituzione in mora. 

La censura non � fondata. 

Il significato che la Corte di merito ha attribuito alla disposizione 
citata, ed in genere alle disposizioni del capitolato generale che qui 
interessano, non �, in s�, oggetto di discussim;ie, onde appare superfluo 
il rilievo dei controricorrenti secondo cui nell'appalto de quo 
tale capitolato ha valore contrattuale e la violazione di esso non pu� 
costituire motivo di .ricorso per cassazione. Il ricorrente, infatti, anche 
se, per inesatta interpretazione della sentenza impugnata, denuncia 
una tale violazione, investe altri apprezzamenti della Corte d'appello; 
ma quanto al significato di quella disposizion~, muove le premesse 
che non si discostano da quelle della sentenza. Orbene, secondo il menzionato 
avt. 13, quale interpretato da detta Corte nel sistema del testo 
cui esso appartiene, decorso vanamente il termine di quattro mesi 
fissato per l'approvazione del contratto, l'appaltatore ha senz'-altro il 
diritto di recedere dal contratto stesso, mentre, intervenuta l'approvazione 
e divenuto questo vincolante per entrambe le parti, l'inadempienza 
di una di esse pu� condurre alla risoluzione. 

Ha aggiunto, per�, detta Corte che una volont� di recesso non 
era stata, nel caso, validamente manifestata dal Vasile. 

Dopo avere premesso, infatti, che il contratto � stato approvato con 
decreto del 7 ottobre 1963 e che pertanto l'unico atto dell'appaltatore 
suscettibile di essere preso in considerazione a tal fine era costituito 
dalla sua lettera del 2 luglio precedente, ha escluso che in questa 
potesse ravvisarsi una valida dichiarazione di recesso perch�, da un 
lato, essa menzionava degli estremi che non consentivano il riferirla 
con sicurezza al contratto de quo e lasciavano dubitare che riguardasse 
lavori diversi, e, dall'altro, era diretta all'Esca! che, non essendo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

titolare del rapporto, non era destinatario idoneo di una tale dichiarazione. 


Poich� tale motivazione contiene un apprezzamento di merito e 
non � censurata sotto il profilo della sufficienza e della coerenza logica, 
l'intera doglianza perde consistenza. Rimangono, infatti, privi di rilevanza 
sia il riferimento del ricorrente al telegramma del 21 aprile 1964 
ed al successivo atto stragiudiziale (in quanto trattasi di atti posteriori 
alla data di approvazione del contratto, che segna il limite per 
l'esercizio della facolt� di recesso dell'appaltatore), sia la proposizione 
con cui si nega la necessit� della costituzione in mora, tale necessit� 
essendo stata affermata dalla Corte d'appello ai fini del diverso momento 
della risoluzione del contratto (per mancata consegna dei lavori) 
: momento estraneo alla presente doglianza, che riguarda invece 
la posizione dell'appaltatore nella fase anteriore all'approvazione, e 
cio� le conseguenze della ritardata approvazione. 

Attiene invece alla risoluzione del contratto l'altro motivo di ricorso, 
che si ricollega all'assunto, secondo cui l'appaltante omise di 
effettuare la tempestiva consegna dei lavori, perch� non aveva provveduto 
ad acquisire il suolo da destinare a sede del fabbricato e della 
relativa strada di accesso. 

Il ricorrente lamenta appunto che la Corte di merito abbia escluso 
l'inadempimento dell'appaltante sotto tale profilo, trascurando, senza 
alcuna motivazione, la richiesta di prova diretta a dimostrare che i 
proprietari dei suoli da occupare si erano opposti all'occupazione per 
carenza di titolo da parte dell'Amministrazione, e i documenti da cui 
risultava questa carenza: prova e documenti -egli soggiunge -che, 
esaminati in relazione al comportamento da lui espresso con varie 
lettere e con telegrammi, avrebbero condotto ad affermare la responsabilit� 
sia dell'Assessorato ai Lavori Pubblici sia dell'Esca!. 

Neppure questa censura � fondata. 

La Corte di merito ha premesso in diritto che la semplice scadenza 
del termine per la consegna dei lavori non determina automaticamente 
la responsabilit� dell'appaltante che ad essa non abbia provveduto: 
e ci� perch� detta consegna si configura come cooperazione 
(del creditore dell'opera) necessaria per rendere possibile l'adempimento 
dell'appaltatore (debitore dell'opera stessa), onde l'omissione 
della consegna predetta non assume rilevanza se non a seguito di un 
atto di costituzione in mora, da compiersi dall'appaltatore con le modalit� 
di cui all'art. 1217 c. civ. 

Ha poi osservato in fatto che il Vasile, lungi dal mettere in mora 
I'Amministrazione dopo che il termine di cui sopra era decorso, rifiut� 
la consegna dei lavori ripetutamente offertagli, ed ha identificato in 


PARTE.I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 769 

tale comportamento del Vasile la vera causa della mancata esecuzione 
del contratto. 

Con tali argomentazioni di diritto e di fatto, non censurate, rispettivamente, 
n� sotto il profilo dell'esattezza giuridica n� sotto il profilo 
della sufficienza o coerenza di motivazione (e perci� insindacabili in 
questa sede), detta Corte, ritenuto prevalente ed assorbente, a quell'effetto, 
il compotitamento del Vasile (prima acquiescente di fronte al 
ritardo della consegna, ed attivo solo nel chiedere la maggiorazion.e 
dei corrispettivi, e poi inadempiente all'obbligo di ricevere la consegna 
stessa) ha implicitamente escluso la rilevanza delle prove offerte a 
dimostrazione dell'indisponibilit� del suolo. 

Ha comunque precisato che l'Amministrazione appaltante avrebbe 
potuto disporre di tiitoli diversi dai decreti esibiti (ed � noto che la 

P.A. pu� acquisire anche con strumenti di diritto privato, cio� con 
atti negoziali, i suoli necessari all'esecuzione di opere di suo interesse, 
onde non appaiono decisivi n� la documentazione prodotta all'udienza 
istruttoria del 19 gennaio 1971 circa il diritto di compropriet� di 
Sparviero Venera, n� il rilievo del ricorrente che contro quest'ultima 
non sia stato promosso alcun procedimento di espropriazione). 
N� concerne un punto decisivo la prova testimoniale di_retta a 
dimostrare che i proprietari dei suoli si erano opposti all'occupazione 
per mancanza di apposito decreto, in quanto, attraverso la mensione 
(contenuta nel capitolo di prova) della lettera dell'Esca! del 10 dicembre 
1962, la circostanza allegata appare riferibile al periodo anteriore 
all'approvazione del contratto (prima della quale l'inadempimento della 

P.A. non � configurabile in materia). -(Omissis). 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 15 ottobre 1974, n. 17 -Pres. Giannattasio 
-Rei. Granata -Ministero delle finanze (avv. Stato Fiumara) 
c. S.p.a. Idroelettrica Smurra -S.A.I.S. (avv. Mazzei). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Proroga � 
Subordinazione al pagamento dei canoni scaduti � Prefissione di termine 
perentorio � Legittimit� � Inosservanza � Effetti. 

{t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 22). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Proroga � 
Rinnovazione � Diritto soggettivo del concessionario � Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 22, 28 e 30). 
Competenza e giurisdizione � Poteri del giudice � Nei confronti della P.A. � 
Disapplicazione � Limiti. 

(1. 20 marzo 1865, n ..2248, all. E, artt. 4 e 5). 
ll 


770 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Acque pubbliche ed elettricit� -Derivazioni ed utilizzazioni abusive -De� 
terminazione dei limiti d'uso -Decreto ministeriale -Funzione -Necessit� 
� Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 17). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Derivazioni ed utilizzazioni abusive � Di� 
ritto al risarcimento dei danni � Prescrizione applicabile � Decorrenza. 

(t.u. 11 dicembre 1933,.. n. 1775, artt. 7 e 17; cod. civ., artt. 2947 e 2948, n. 4). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Canoni � Natura patrimoniale e non tributaria 
� Danni da utilizzazione abusiva � Identica assoggettabilit� 
all'i.g.e. 

Il provvedimento che accorda la proroga della durata di una concessione 
di acque pubbliche pu� essere subordinato al pagamento in un 
termine perentorio dei canoni maturati a far tempo dalla scadenza, onde 
l'inutile decorso del termine traduce il provvedimento dell'amministrazione 
in una statuiziop,e di rigetto, facendo cessare lo stato di pendenza 
dell'istanza di proroga (1). 

La situazione in cui versa il concessiona,rio nella fase che precede 
la decisione su di una domanda di proroga come su quella di rinnovazione 
della concessione d'acque pubbliche ha consistenza di interesse 
legittimo (2). 

(1) Cfr. Trib. sup. acque, 20 ottobre 1964, n. 26, Giust. civ., 1965, I, 587 
ed in questa Rassegna, 1964, I, 1170 ed ivi l'affermazione che al di fuori dei 
casi espressamente p~evisti dal t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 e dal r.d. 14. 
agosto 1920, n. 1285 la prefissione di termini � da ritenere rimessa al prudente 
apprezzamento discrezionale ed insindacabile dell'Amministrazione, 
che vi proceder� valutandone necessit� ed opportunit�, tenendo conto che 
l'utilizzazione delle acque pubbliche risponde a fini di generale interesse 
e non pu� essere procrastinata dal comportamento negligente od ostruzionistico 
del privato; Trib. sup. acque, 31 luglio 1959 n. 39, Foto amm., 1959, 
II, 3, 74, che ha ritenuto legittimo il rifiuto dell'amministrazione di far luogo 
alla concessione, dopo che l'interessato aveva lasciato decorrere il termine . 
assegnatogli per la sottoscrizione del disciplinare di concessione ingiustificatamente 
procrastinata. 
(2) In tema di rinnovazione, cfr. supra, Trib. sup. acque, 1 ottobre 1974. 
n. 16 ed i richiami alla massima 5. Le decisioni richiamate in motivazione 
sono pubblicate, Cass., Sez. Un., 19 ottobre 1954, n. 3863, in Giur. agr., 1955, 
II, 395; Trib. sup. acque, 17 gennaio 1968 n. 1, in Cons. Stato, 1968, II, 37 
(decisioni, queste, contenenti l'affermazione del diritto soggettivo alla rinnovazione, 
cui pu� aggiungersi Trib. sup. acque, 3 giugno 1957 n. 18, Foro� 
amm., 1957., II, 3, 47); Trib. sup. acque 14 ottobre 1965 n. 23, 25 giugno 1964 
n. 21, 20 luglio 1960 n. 28 e 19 novembre 1959 n. 30, rispettivamente in Foro. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 771 

La disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo � 
consentita al giudice ordinario soltanto in ordine ad atti rispetto ai 
quali persista nel privato una situazione soggettiva di diritto (3). 

Nei casi di derivazioni o utilizzazioni in tutto o in parte abusivamente 
in atto, la previsione del procedimento da seguire per la determinazione 
della quantit� d'acqua abusivamente fruita e del corrispettivo 
dovuto non � volta ad imporre all'amministrazione un onere di indiscriminata 
regolarizzazione delle utenze di fatto, m'a solo a dettare una disciplina 
delle conseguenze dell'uso abusivo, cui � peraltro necessario far 
ricorso solo quando il quq,ntitativo d'acqua fruito sia controverso (4). 

Il credito dell'amministrazione per il pagamento delle somme dovute 
in dipendenza dell'uso dell'acqua protrattasi dopo la scadenza e la 
mancata pr.oroga della concessione ha natura di diritto al risarcimento 
dei danni. Ad, esso non � applicabile pertanto la prescrizione prevista 
dall'art. 2948 n. 4 cod. civ., ma quella prevista dall'art. 2941 cod. civ., 
che inizia a decorrere dal giorno in cui cessa l'utilizzazione abusiva (5). 

Poich� i canoni corrisposti per la concessione di acque pubbliche 
hanno natura di entrata patrimoniale e non tributaria, non possono aver 

amm., 1966, I, 148 e 1965, II, 11, 343 e in Acque bonif. costruz., 1960, 394 e 
1959, 578. 

(3) Cass., Sez. Un., 6 aprile 1970 n. 924 e 7 maggio 1965 n. 841, richiamate 
in motivazione, possono leggersi rispettivamente in Giust. civ., 1970, I, 
970 e Foro amm., 1965, II, 162 con nota di CANNADA BARTOLI, Disapplicazione 
e incompetenza giudiziaria. 
(4) Sull'applicazione dell'art. 17 del t.u. del 1933 si segnalano Trib. sup. 
acque, 30 novembre 1956, n. 24, Acque bonif. costruz., 1956, 622, per l'affermazione 
che dall'art. 17 deriva all'amministrazione il potere di determinare 
i limiti dell'uso esercitato, ma non quello di fissare il corrispettivo, la cui 
misura � stabilita dalla legge; e App. Firenze 3 marzo 1959, Giust. civ. Rep., 
1959, acque'pubbl. priv., 116, che, in contrasto con la decisione in rassegna, 
ha ritenuto necessaria, per poter procedere a riscossione mediante ingiun-� 
zione, la previa emanazione del provvedimento e di concessione o di riconoscimento 
che determina l'entit� e le caratteristiche dell'utenza ai fini_ 
dell'applicazione dei canoni nella misura legale �. 
(5) La decisione in _rassegna, dopo aver affermato che nella specie si 
versava in tema di credito per risarcimento dei danni da fatto illecito, ha 
escluso che potesse applicarsi la prescrizione ex art. 2948 n. 4 cod. civ. ed ha 
dichiarato apipUcabile la prescrizione ex art. 2947 cod. civ. Passata a risolvere 
la questione della decorrenza del periodo prescrizionale, in una fattispecie 
di danni da c.d. illecito premanente, ha individuato il dies a quo in 
quello della cessazione dell'illecito. . 
La natura risarcitoria dell'obbligazione gravante sull'utente abusivo era 
stata gi� affermata da Cassaz. Roma, 31 luglio 1920, Amm. LL. PP. e Finanze 

c. Ditta Guidotti e Pariani, in Foro it. 1920, I, 963; nello stesso senso, Trib. 
sup. acque, 12 giugno 1954, n. 24, Acque bonif. costruz., 1955, 43; Cass., Sez. 
Un., 21 febbraio 1956 n. 485, ivi, 1956, 246; Trib. sup. acque, 6 agosto 1957 
n. 35, Cons. Stato, 1957, II, 301, che ha anche messo in evidenza la ininfl.uen

772 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

natura tributaria le somme dovute aU'amministrazione a titoio di abusiva 
utiHzzazione deUe acque: esse sono pertanto soggette aWimposta generale 
suH'entrata (6). 

(Omissis). -L'appello principale dell'Amministrazione finanziaria, 
fondato su un unico motivo, ed i primi quattro motiivi dell'appello incidentale, 
proposto dalla societ� SAIS, rinnovano anche in questa sede 
il dibattito sul tema fondamentale della causa, articolato nel duplice 
quesito .(a) se a far tempo dal 13 gennaio 1946, data di scadenza della 
originaria concessione assentita in suo favore, la SAIS debba considerarsi 
essere rimasta abusirvamente nel godimento della derivazione, pur 
avendo essa presentato domanda di proroga della concessione stessa ai 
sensi dell'art. 22 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775; (b) se, in caso affermativo, 
le somme da essa dovute all'Amministrazione in base al disposto 
dell'art. i 7 dello stesso t.u. siano, ed in qual misura, prescritte. 

Alla questione sub a -da cui, per ~l suo carattere preliminare, 
deve ovviamente prendere le mosse l'esame delle contrapposte impu


za, sul titolo dell'obbligazione, della commisurazione dell'ammontare del 
risarcimento a quello dei canoni dovuti per le derivazioni attuate in base 
a concessione. 

La inapplicabilit� a tale obbligazione della prescrizione breve ex articolo 
2948 n. 4 cod. civ. trovasi parimenti gi� affermata in Cassaz. Roma, 

-31 luglio 1920, con riferimento all'art. 2144 cod. civ., 1865, che dettava peraltro 
una di:sposizione di identico tenore e pari valore precettivo (Cass., 21 
febbraio 1966 n. 521, Giust. civ., 1966, I, 857 e 859). La stessa massima � stata 
poi enunciata da Trib. sup acque 12 giugno 1954 n. 24 e da Cass., Sez. Un., 
21 febbraio 1956 n. 485, sentenza egualmente rese in controversie insorte 
sotto il vigore del codice del 1865. Trattasi di un'applicazione di specie di 
una regola generale, che in tema di prescrizione del diritto al risarcimento 
dei danni era stata per la prima volta affermata da Cassaz. Roma, 28 giugno 
1895, Fondo pel culto c. Comune di Fontanetto d'Agogna, in Giur. it., 
1895, I, 1, 1000. 

Sotto il vigore del nuovo codice la questione dell'applicabilit� dell'art. 
2948 n. 4 cod. civ. � stata posta e risolta in senso negativo in controversie 
in cui si discuteva del diritto al risarcimento dei danni, cagionati 
dalla illecita protrazione dell'occupazione al diritto al godimento dell'immobile 
poi espropriato: Cass., 16 maggio 1962 n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 
1004; Cass., 27 marzo 1970 n. 834, Giur. it., 1970, I, 1, 1339. 

Sulla seconda questione, della decorrenza della prescrizione, non consta 
dell'esistenza di precedenti con riguardo al fatto illecito rappresentato dalla 
abusiva derivazione di acque pubbliche. Non costituisce un precedente Cass., 
Sez. Un., 21 febbraio 1956 n. 485 richiamata dal Tribunale superiore, che 
ha risolto il diverso problema del tipo di prescrizione applicabile, se quella 
trentennale prevista come prescrizione ordinaria dall'art. 2135 cod. civ., 1865 

o quella breve prevista dall'art. 2144 dello stesso codice. 
La pi� generale questione della decorrenza della prescrizione nei casi 
di illecito permanente, per solito discussa in tema di illecita protrazione 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 773 

gnazioni -si riferiscono il primo ed il terzo motivo dell'appello incidetale, 
intesi a negare, l'uno, che l'utente in attesa della proroga, per 
quanto possa l'Amministrazione tardare a provvedere sulla sua domanda, 
sia da considerarsi abusivo agli effetti dell'art. 17 citato, essendo per 
contro egli titolare di un diritto soggettivo alla proroga stessa, e, l'altro, 
che nella specie la proroga richiesta sia mancata per avere la SAIS 
omesso di ottemperare agli adempimenti prescrittile dall'Amministrazione, 
laddove, al contrario, sarebbe stato onere della Amministrazione, 
da questa non soddisfatto, di emettere il �decreto di proroga di ufficio � 
per la determinazione dei limiti dell'uso e dei conseguenti oneri, a norma 
ancora dell'art. 17 citato. 

La complessa censura cos� formulata � del tutto destituita di fondamento. 
Da un lato, perch� in punto di fatto non � vero che la domanda 
di proroga sia ancora pendente, essendo vero al contrario che su di 
essa l'Amministrazione finanziaria si � pronunziata definitivamente con 
il provvedimento (comunicato con nota 4 ottobre 1966 dal Ministero al 
Genio civile di Cosenza, e da quest'ultimo alla societ� Smurra con la 
nota del successivo 14 novembre) che accordava la proroga richiesta, 
condizionandola .Peraltro espressamente all'adempimento, da parte della 
societ� stessa, di ben precisati oneri patrimoniali, tra cui il pagamento 
dei canoni maturati a far tempo dalla scadenza, da effettuarsi entro un 
termine di trenta giorni, univocamente dichiarato essenziale e perentorio 

dell'occupazione oltre il biennio con riguardo al risarcimento del danno per 
la mancata utilizzazione del bene sino al momento dell'espropriazione, trovasi 
in genere risolta nel senso della prescrittibilit� del diritto relativamente 
ai danni prodottisi oltre cinque anni prima del giorno in cui il diritto stesso 
� esercitato: Cass., 6 aprile 1962 n. 723, Giust. civ., 1962, I, 1258; Cass., 23 
agosto 1962 n. 2641, ivi, 1963, I, 1678; Cass., Sez. Un., 29 aprile 1964 n. 1034, 
ibidem, 1964, I, 1316; Trib. sup. acque, 23 settembre 1964 n. 24, Giust. civ., 
1965, I, 193; Cass., 13 luglio 1971 n. 2258, Giust. civ. Mass., 1971, 1230; Cass., 
Sez. Un., 5 novembre 1973 n. 2855, ivi, 1973, 1482; Cass., 13 marzo 1974 n. 682, 
ibidem, 1974, 322. 

(6) Cass., Sez. Un., 29 maggio 1969 n. 1893, 20 gennaio 1970 n. 112 e 
25 maggio 1971 n. 1539, richiamate in motivazione, possono legger.si, la prima, 
in questa Rassegna, 1969, I, 729 con nota di ALBISINNI, in Foro amm., 
1970, II, 92 con nota di MoRBIDELLI e in Giur. agr., 1970, 402, con nota di 
FAVARA; la seconda in questa Rassegna, 1970, I, 318 e la terza in Rass. giur. 
Enel, 1971, 794. 
Dalla natura non tributaria del canone sono state desunte conseguenze 
in rapporto alla soggezione all'imposta di registro (App. Trento, 20 gennaio 
1962, Foro pad., 1962, I, 504 con nota di BuscA, Natura dei canoni di utenza 
di acqua pubblica) e, con riguardo in genere ai canoni di godimento di beni 
demaniali, in rapporto alla competenza, essendosi esclusa in materia la 
applicabilit� del foro erariale, previsto dall'art. 8 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 
per le cause aventi ad oggetto tributi (Cass., 9 luglio 1973 n. 1964, Giust. 

civ. Mass., 1973, 1047). 

774 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mediante la comminatoria di decadenza espressamente minacciata per 
il caso di inottemperanza. Orbene, ammessa la legittimit� della prefissione 
di tal termine (Trib. Sup. Acque Pubbliche 20 ottobre 1964, n. 33), 
la sua inutile scadenza tradUJce i~ provvedimento dell'Aimminisrtirazione 
in una statuizione di rigetto, che fa cessare, in senso negativo per l'utente, 
lo stato di penJdenza della 1sua .]stanza. Sic1ch� diviene inutile il 11.'ichiamo 
giurisprudenziale della tematica circa la posizione soggettiva dell'utente 
in pendenza, appunto, del procedimento di proroga, una volta 
che nella specie il procedimento stesso risulta definitivo in senso negativo. 
N�, d'altro icanto, il Collegio !PU� conoscere della eventuale illegittimit� 
di questo ~o~dimento. Non � dubbio, infatti, che in ogni caso 
il provvedimento autoritativo di rigetto della domanda di proroga esplicherebbe 
di per s� effetto affievolente di una preesistente situazione soggettiva 
del privato avente, in tesi, consistenza di diritto (condizionato). 
Ma, in realt� nei confronti della Pubblica Amministrazione ha gi� consistenza 
di mero interesse legittimo, nella fase che precede la decisione, 
la (situazione di) aspettativa, soggetta all'esito positivo dell'apprezzamento 
discrezionale, da parte appunto della Amministrazione, circa la 
compatibiltt� con il� pubblico interesse�, ex art. 22 comma secondo t.u. 
citato, del beneficio invocato, analogamente a quanto ritenuto da questo 
Tribunale Superiore riguardo alla rinnovazione prevista dai successivi 
art. 218 e 30 (sentenze 14 ottobre 19<65, n. 23; 2,5 giugno 1964, n. 2rl; 20 
luglio 1960, n. 28; 19 novembre 1959, n. 30), senza che possa utilmente 
invocarsi l'altro indirizzo giurisprudenziale che, con riferimento ancora 
alla rinnovazione, ha riconosciuto consistenza di diritto soggettivo alla 
posizione di attesa del privato (Cass. S. U. 19 ottobre 1954, n. 3863; 
Trib. Sup. Acque Pubbliche 17 gennaio 1968, n. ~),sembrando pi� congruo 
alla autentica ratio decidendi di queste ultime sentenze, enucleata 
-al di l� delle generalizzazioni verbali -dalle esigenze delle concrete 
fatispecie decise, restringere l'auto;rit� del principio cos� affermato 
alla diversa questione, da esse unicamente affrontata, della tutela spettante 
al privato di fronte (non alla Pubblica amministrazione deliberante, 
ma) al terzo, durante la pendenza del procedimento di rinnovazione, 
specie se accompagnata dalla interinale permanenza in via di fatto 
della (utilizzazione della) utenza. Sicch� il problema della legittimit� 
del diniego opposto alla. SAIS non pu� in questa sede essere delibato 
neppure ai soli fini della eventuale sua disapplicazione, pur sempre consentita 
al giudice ordinario soltantq in ordine a provvedimenti della 
Amministrazione rispetto ai quali persista nel privato interessato una 
situazione soggettiva di diritto r(Cass. S. U. 6 aprile 1970, n. 924; Cass. 

S. U. 7 maggio 1965, n. 841), esulando dall'ambito della sua competenza 
giurisdizionale, anche in tema di disapplicazione, �ogni controllo circa 
il legittimo esercizio del potere. Donde la ulteriore deduzione della as

PARTE I, S�Z. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 775 

soluta ininfluenza, per la decisione delle argomentazioni svolte dalla 
SAIS con il quarto motivo, al fine di contestare la legittimit� del diniego 
-0pposto dal~a Amministrazione alla conservazione della gratuit� della 
utenza anche in sede di proroga. 

La censura della SAIS neppure � fondata in relazione all'altro profilo, 
1Pi� so1PI"a ri:ferito, secondlo il quale l'Amministrazione, anzich� imporre 
alla SAIS i pagamenti richiestile a pena di decadenza, avrebbe 
dovuto essa attivarsi per la emissione del decreto previsto dall'art. 17 

t.u. del 1933, n. 1175. 
La previsione normativa di tale provivedimento, infatti, non tende 
gi� al fine -come sembra ritenere l'appellante incidentale -di im~ 
porre alla Amministrazione l'onere di curare una sorta di regolarizzazione 
indiscriminata di tutte le utenze di fatto, da attuarsi mediante 
l'apprestamento per le stesse di un titolo che ne legittimi la sopravvivenza, 
ma ha piuttosto lo scopo di stabilire autoritativamente la regolamentazione 
delle conseguenze dell'illecito gi� verificatosi, mediante l'accertamento 
della quantit� di acqua abusivamente fruita e la determinazione 
del corrispettivo conseguentemente dovuto dall'usurpatore fino 
alla cessazione della utenza abusiva. Provvedimento, quindi, che certamente 
non occorreva nella specie, in cui era incontroverso il quantitativo 
d'acqua goduto e l'ammontare, quindi, delle somme dovute ex artt. 
17 e 25 t.u. citato. 

Alla individuazione del titolo, per il quale a norma dell'art. 17 citato 
tali somme sono dovute, si ricollega la questione sub b, concernente 
la prescrizione, riproposta in termini opposti dall'Amministrazione 
con l'unico motivo dell'appello principale e dalla SAIS con il secondo 
motivo dell'appello incidentale. 

Confermato il carattere abusivo (a far tempo dalla scadenza, in data 
13 gennaio 1946, della concessione originariamente assentita) della utenza 
goduta in fatto dalla SAIS, per effetto del venir,meno ex tunc -una 
volta tradottosi in statuizione di rigetto, per l'inutile decorso del termine 
come sopra fissato, il provvedimento dalla Amministrazione adottato 
sulla domanda di proroga -di qualunque posizione legittimante (in 
tesi) connessa alla pendenza di tale domanda, ne segue ovviamente la 
inapplicabilit� della prescrizione ex art. 2948 n. 4 e.e., invocata dalla 
SAIS (appunto con il suo secondo motivo) sul contrario presupposto 
della legittimit� della utenza stessa. 

Rimane invece aperto il problema relativo alla individuazione del 
dies a quo della prescrizione quinquennale statuita per le obbligazioni 
ex deticto dall'art. 2947 e.e. 

Al riguardo il Tribunale ha ritenuto che, trattandosi (del risarcimento) 
di danni maturantisi periodicamente in dipendenza del permanere 
della condotta illecita, dovevano considerarsi prescritti tutti i ca



776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

noni scaduti in tempo anteriore al quinquennio precedente all'atto in


terruttivo posto in essere con la nota del Genio civile in data 14 no


vembre 1966. 

Ha opposto l'Amministrazione, con l'unico motivo del suo appello 

princiipale, icihe .finch� permanga l'utilizzazione abusiva della derivazione 

non pu� verificarsi alcuna prescrizione; 

La censUl'a � fondata. 

La decisione del Tribunale regionale � stata influenzata dalla con


siderazione del riferimento normativo, nel testo dell'art. 17 t.u. citato, 

al pagamento dei �canoni�, inteso quasi come espressione di una valu


tazione frazionata, da parte del legislatore, delle � unit� � di danno am


messe al risarcimento, con la conseguenza che ognuna di queste unit� 

realizzerebbe un ciclo dannoso a s� stante, dalla scadenza di ciascuno 

dei quali decorrerebbe la prescrizione ad esso relativa. 

Al contrario, il riferimento al � canone � ha unicamente una funzione 
relazionale per la determinazione dell'indennizzo dovuto dall'usur. 
patore, serve cio� soltanto ad indicare il criterio contabile per la liquidazione 
ex lege del danno risarcibile, ma non elimina la obiettiva uni


It 

tariet� della condotta illecita posta in essere con l'utilizzazione abusiva 
della derivazione d'acqua e con la permanenza della stessa nel tempo, 
onde non pu� aversi prescrizione prima della sua cessazione. Del che 
� conferma la inclusione, fra le voci del danno risarcibile ex art. 17 ! 
citato, di !POSte commiis:u.rate �a valori non periodici, ri1spetto ai quali il [{
:
frazionamento postulato dal primo giudice ovviamente non avrebbe modo 
di operare. 


I 

Confermandosi quindi il principio gi� enunziato dalle Sezioni Unite I 
della Suprema Corte di Cassazione {cfr. sentenza 21 febbraio 1956, numero 
485), va affermato che non pu� darsi prescrizione dei danni dovuti 
dall'utente abusivo ai sensi dell'art. 17 t.u. citato fino a che per


I 

duri la situazione illecita. 
� infine infondato il quinto ed ultillilo motivo dell'appello iniciden


l 

tale, con cui la SAIS censura la sentenza impugnata per essersi rifiutata 
di esaminare nel merito la domanda relativa all'i.g.e., sotto il profilo 
della inapplicabilit� di questa ai canoni, attesa la loro natura tributaria, 
perch� tardivamente dedotto soltanto in comparsa conclusionale. Si tratta 
invero di un profilo autonomo e del tutto diverso da quello che originariamente 
la SAIS aveva fatto vale11e rctspetto alla pretesa dell'Amtm.inistrazione 
complessi<vamente considerata, e che concerneva direttamente 
soltanto la contestazione del credito principale per i canoni, sui quali 
l'i.g.e. era stata computata. Anche nel merito, comunque, la tesi della 
SAIS � infondata, attesa la natura patrimoniale, e non tributaria, dei 
canoni corrisposti per la concessione di acque pubbliche (Cass. S. U. 
25 maggio 1971, n. 1539-; Cass. S. U. 29 maggio 1969, n. 1893; Cass. 




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 777 

S. U. 20 gennaio 1970, n. 112), onde a maggior ragione non possoai.o 
avere natura tributaria le somme dovute alla Amministrazione a titolo 
di risarcimento dei danni dipendenti dalla loro utilizzazione abusiva. (
Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 15 ottobre 1974, n. 18 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Ckanata -Bacci (avv. Raffaelli e Zucconi) c. Consorzio 
di bonifica della bassa pianura ravennate (avv. Lessona e Marucchi) 
e Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Coronas). 

Competenza e giurisdizione � Consorzi di bonifica � Opere del consorzio 


Diritto del consorziato alla esecuzione � Non sussiste � Omessa esecu


zione � Risarcimento dei danni � Improponibijit� della domanda. 

L'interesse del consorziato alla esecuzione di opere rientranti nei 
fini istituzionali di un consorzio di bonifica non ha natura di diritto 
soggettivo, perch� la realizzazione di tali fini � regolata da norma di 
azione; � perci� improponibile la domanda di risarcimento dei danni 
che il consorziato assume derivati dalla omessa esecuzione di opere da 
parte del consorzio (1). 

(Omissis). -L'appellante -rilevato che per tale capo la domanda 
� stata dichiarata improponibile dalla sentenza non definitiva, sul riflesso 
che il proprietario consorziato non avrebbe diritto alla esecuzione 
di opere idrauliche atte ad assicurargli una utilit� individuale -nega 
la pertinenza del principio di diritto cos� enunziato al tema della causa, 
argomentando che in questa essa ha chiesto non la condanna del Consorzio 
alla esecuzione di una determinata opera, ma l�i condanna al 
risarcimento del danno cagionato dalla mancata esecuzione di opere, 
la cui realizzazione faceva carico al Consorzio in forza di espressa 
norma statutaria. Quindi il Tribunale regionale -ad avviso dell'appellante 
-doveva accertare solo se il danno fosse conseguente, o meno, 
ad una azione od omissione del Consorzio e se mai respingerla nel caso 
ne mancassero i presupposti, ma non avrebbe potuto in alcun caso 
dichiarare la improponibilit� della domanda. � 

La doglianza � infondata. 

(1) Cass., Sez. Un., 8 luglio 1972, n. 2288 e 29 maggio 1963, n. 1422, 
richiamate nella motivazione, sono pubblicate in Giust. civ., 1972, I, 1723 
e 1963, I, 2635. 
Sul problema della risarcibilit� del pregiudizio arrecato a interessi 
protetti come interessi legittimi, cfr. la � Relazione� 1966-1970, nn. 25, 26, 
77 e 78, cui adde, tra le decisioni pi� recenti, Cass., Sez. Un., 4 luglio 1973 

n. 1867, in Foro it., 1974, I, 1101. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

778 

La estraneit� alla giurisdizione del giudice ordinario della domanda, 
sotto ilprofilo qui esaminato, discende invero non tanto dal petitum 
(condanna ad un tacere), in tesi improponibile contro un soggetto di 
pubblica amministrazione, quale indubbiamente � il Consorzio convenuto, 
quanto -piuttosto -dalla non configurabilit� come diritto perfetto 
della posizione soggettiva, alla cui lesione si dovrebbe ricolle~are, 
nella prospettazione dell'attrice, la responsabilit� dell'ente convenuto. 
Posto, invero, 1cihe la irealizzazione da parte del Consoirzio dei piropri 
fini istituzionali � regolata da norme (non di relazione, ma) di azione 
(Cass. S.U. 29 maggio 1963, n. 1422; Cass. S.U. 8 luglio 1972 n. 2288), 
la posizione soggettiva del consorziato interessato si qualifica non in 
funzione del suo inserimento in un rapporto intersoggettivo di diritto 
ed obbligo, avente ad oggetto l'esecuzione delle opere previste dallo 
statuto, bens� in ragione della sua correlazione con la situazione attiya 
di potere, all'ente attribuita per l'attuazione dei propri fini, rispetto 
al cui esercizio il singolo consorziato si trova in una posizione di interesse 
legittimo, la lesione della quale peraltro non d� titolo -in principio 
-ad azione risarcitoria di sorta. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 22 ottobre 1974, n. 20 -Pres. Colli -
Rel. Salvatore -Comune di Caccamo (avv. Virga) c. Assessorato 
ai lavori pubblici della regione siciliana (avv. Stato Albisinni) c. 
Azzarello e Marino (avv. Restivo). 

Acque pubbliche ed elettriche � Concessione e derivazione � Opposizione �. 
Difetto di requisiti per valere come domande � Concorrenza di domande 
-Non sussiste. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 7, 8 e 9). 
Il provvedimento di concessione di acque pubbliche non � illegittimo 
per aver omesso di comparare la domanda accolta con l'interesse 
di altro aspirante all'utenza, se questi si sia limitato a presentare un 
atto di opposizione che per mancanza di requisiti form�li e sostanziali 
non poteva essere preso in considerazione come domanda concorrente (1). 

(1) La impossibilit� di valutare come domanda un atto privo dei requisiti 
previsti dagli artt. 7 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 e 9r.d. 14 agosto 1920, 
n. 1285 si desume tra l'altro dal disposto dell'art. 10 del r.d. 1285 del 1920 
che dichiara irricevibile la domanda priva della prescritta documentazione 
di cui � perci� legittima la reiezione come inammissibile: Trib. sup. acque, 
16 novembre 1972 n. 39, Riv. Amm. R. I., 1973, 153. 
La domanda di concessione, con cui si formuli una concreta proposta 
sta per una determinata e immediata utilizzazione dell'acqua, costituisc� 
d'altro canto il solo mezzo attribuito a chi abbia interesse a conseguire l'uso 
dell'acqua, per impedire che quella medesima acqua sia intanto concessa a 

. ! 

n�l11t111111rrriwffilITl1tf~rfrl11mrt,r11111;1111rm1trt111~~r1~1~1&1rrttir~1rra1tr11w1r1r1rt& 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 779 

(Omissis). -Con il primo motivo di gravame il Comune ricorrente 
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8 e 9 
del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, nonch� eccesso di potere sotto il 
profilo della contraddittoriet�. Si deduce, in particolare, l'illegittimit� 
derivante dalla presa in considerazione della sola istanza della ditta 
Azzarello e Marino e dalla omessa considerazione della domanda del1'
Amministrazione comunale con la quale, oltre ad opporsi al rilascio 
della summenzionata-concessione, sarebbe stata avanzata richiesta per 
il rilascio di concessione per uso distribuzione acqua potabile agli abitanti 
della frazione �San Giovanni�, richiesta che -proprio per l'interesse 
prioritario che era chiamata a soddisfare -rivestiva carattere 
preferenziale. 

La censura � destituita di fondamento giuridico perch� muove da 
una premessa in fatto del tutto inesistente. 

Invero, l'art. 7 del testo unico stabilisce analiticamente i requisiti 
formali e sostanziali delle domande di concessione che, tra l'altro, oltre 
a contenere una precisa indicazione dell'og~etto, devono essere corredate 
del [progetto delle opere necessarie ed �cc,ompagnate da un deposito 
di.somma. 

Ora, nella specie, non � configurabile quella concorrenza di domande 
presupposta dalle norme di cui viene lamentata la violazione 
proprio perch� non � possibile rinvenire nella opposizione. del Comune 
la presenza di quei requisiti formali e sostanziali necessari per potere 
configurare una domanda di concessione da parte dell'Amministrazione 
comunale. � proprio sulla mancanza di tale necessario presupposto che 
� chiaramente fondato il provvedimento impugnato, non avendo il riferimento 
contenuto nel provvedimento medesimo al rifiuto di intervento 
-da parte della Cassa per il Mezzogiorno altro significato che quello 
di avvalorare la constatazione che l'interesse del Comune a derivare 
le acque dall:a isoogente �Vacca � era ll'imasto allo stato di intenzione 
e non si era esternato in una formale istanza di concess~one, corredata 
dal relativo progetto e dalla documentazione richiesta dalle norme vigenti. 
-(Omissis). 

terzi, non essendo prevista una riserva per future utilizzazioni se non a favore 
e su istanza della p.a. (art. 51 t.u;): sul punto, cfr. Trib. sup. acque, 
-6 agosto 1957 n. 35, Acque, bonif. costruz., 1958, 6~; Trib. sup. acque, 4 giugno 
1969 n. 19, Foro amm., 1969, I, 275; T�"ib. sup. acque, 3 aprile 1973 n. 15, 
Cons. Stato, 1973, II, 479. 

L'opposizione rappresenta per contro un mezzo� di tutela procedimentale 
di preesistenti posizioni di interesse, rappresentate dalla titolarit� di una 
utenza o dalla presentazione di domande ammesse ad istruttoria in diverso 
procedimento : sulla natura delle opposizioni e sulla differenza dalle osservazioni, 
Cass., Sez. Un., 2 febbraio 1963 n. 182, Giust. civ., 1963, I, 1326; 
Trib. sup. acque, 31 gennaio 1968 n. 2, ivi, 1968, I, 732. 



780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .DELLO STATO 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 29 ottobre 1974, n. 23 -Pres. Colli 
-Rel. Pezzana -Romano (avv. Saitta) c. Assessorato ai lavori 
pubblici della regione siciliana (avv. Stato Imponente) e Sardo e 
altri (avv. Curr�). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Sottensione parziale di utenza -Ricorso 
giurisdizionale � Termine -Decorrenza. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n: 1775, artt. 47, 143, 145 e 146). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Sottensione parziale di utenza -Ricorso 
giurisdizionale -Titolarit� di preesistente utenza -Difetto di prova Inammissibilit� 
del ricorso. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 47). 
Il termine per l'impugnazione del provvedimento di concessione da 
parte di chi si assume titolare di una preesistente utenza illegittimamente 
sottesa non decorre dalla pubblicazione dell'atto, ma dalla data della 
notificazione in via amministrativa (1). 

Va dichiarato inammissibile il rico1�so con cui, impugnandosi un 
provvedimento di concessione di acque pubbliche, si deduca che esso 
attua un'illegittima sottensione di utenza, se il ricorrente non dimostri 
di essere titolare di una preesistente utenza o non dia la prova dell'esistenza 
di opere di presa o derivazione per il cui uso il concessionario 
dovrebbe il compenso (2). 

(Omissis). -L'eccezione di tardivit� va superata in quanto, ove 
dovesse essere disattesa quella di difetto di legit_timazione attiva e quindi 
ritenuta esistente, come prospettato dal ricorrente, una posizione di interesse 
legittimo suscettibile di tutela giurisdizionale, il ricorso si dovrebbe 
considerare in termini. 

Invero la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (dello Stato o della 
Regione) o sul Foglio degli annunzi legali della Provincia, fa decor


(1) Sull'ambito di applicazione dell'art. 146 del t.u. del 1933 (che 
contiene una disposizione identica a quella dettata dall'art. 2 del Reg. 
proc. Cons. Stato) in rapporto all'art. 143, comma 2, dello stesso t.u., cfr. 
Cass., Sez. Un., 17 ottobre 1955, n. 3222, richiamata in motivazione, pubblicata 
in Giust. 'civ., 1956, I, 1113, e Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1404, 
in questa Rassegna, 1965, I, 1081. 
Non consta dell'esistenza di precedenti in termini sulla qualificazione 
del titolare di utenza preesistente, come persona cui direttamente si riferisce 
il provvedimento di concessione della medesima acqua ad altro 
utente, se il provvedimento sia emesso a .conclusione di un procedimento 
cui il precedente utente non abbia partecipato; la decisione del tribunale 
fa peraltro corretta applicazione dei� criteri di individuazione dei soggetti 
direttamente contemplati dal provvedimento. 


I ~ 

! 


I 


i 

I 

I 


I 

1 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 781 

rere, ai sensi dell'art. 146 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, il termine 
d'impugnativa solo quando non si tratti di provvedimento che 
leda gli interessi di soggetti direttamente contemplati dall'atto amministrativo, 
ai quali il provvedimento deve� essere notificato in forma 
amministrativa (art. 145). Si tratta di una disposizione in tutto identica 
a quella di cui all'articolo 2 del Regolamento di procedura dinanzi 
al Consiglio di Stato. 

Ora la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha costantemente interpretato 
l'art. 2 nel senso che esso non si applica non solo nell'ipotesi; 
testualmente prevista dalla norma, che il provvedimento contempli nominatim 
determinati soggetti, ma anche in quella che esso avrebbe dovuto 
indicarli, venendo il provvedimento stesso ad incidere su posizioni 
soggettive tutelate dalla legge rispetto al potere esercitato dalla Pubblica 
Amministrazione. E questa giurisprudenza ha trovaito conforto, per 
quanto riguarda la materia delle acque pubbliche, in quella delle Sezioni 
Unite della Covte di Cassazione (sentenza 17 ottobre 1955, n. 3222). 

Questo indirizzo giurisprudenziale, che � dal Tribunale Superiore 
pienamente condiviso, porta a ritenere, in rapporto al caso in esame, 
che ove l'avv. Romano fosse effettivamente titolare di un diritto di 
utenza e proprietario delle opere di presa e di derivazione, egli avrebbe 
dovuto essere contemplato nel provvedimento impugnato ai fini dell'indennizzo 
di cui all'art. 47, e conseguentemente i termini sarebbero decorsi 
solo dalla notificazione in via amministrativa del provvedimento 
stesso. 

Pertanto diviene pregiudiziale l'eccezione di difetto di legittimazione 
attiva. 

Quest'ultima eccezione appare fondata in relazione ad entrambi i 
profili sotto i quali � stata dedotta. Invero, l'art. 47 considera presupposti 
per la concessione dell'indennizzo (indennizzo la cui assenza si 
risolve in un'illegittimit� del provvedimento analogamente alla mancata 
precisione dell'indennit� in un decreto di espropriazione) e che vi sia 
una precedente utenza e che il nuovo utente debba, per ragioni tecniche 

(2) La massima va ricondotta al principio per cui l'esercizio di fatto � 
di un'utenza di acqua pubblica � sfornito di tutela giuridica nei confronti 
dell'amministrazione, almeno sino a quando l'utente di fatto non presenti 
domanda di concessione in sanatoria, nel qual caso peraltro la protezione 
accordatagli � quella propria di ogni soggetto che riveli con una domanda 
un interesse alla concessione: in tal senso, tra le altre, Trib. sup. acque, 
6 agosto 1957, n. 35, Acque bonif. costruz., 1958, 64; Trib. sup. acque, 18 
aprile 1968, n. 9, Cons. Stato, 1968, II, 306; Trib. sup. acque, 4 giugno 1969, 
n. 19, Cons. Stato, '1969, II, 628. 

782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ed economiche, avvalersi delle opere di presa e di derivazione dell'utenza 
preesistente. 

Ora, davanti all'eccezione dell'Amministrazione regionale secondo 
cui egli non avrebbe mai ottenuto una concessione od un riconoscimento 
di antica utenza delle opere del torrente S. Paolo Zavanni, il ricor


I

rente avrebbe dovuto fornire di ci� la prova mediante l'esibizione dell'atto 
di concessione od almeno la richiesta di esibizione di esso da 
parte della P.A. 

Tale prova invece non � stata forniita, non potendosi considerare 

I tale n� l'ammissione dei controinteressati Panarello ed altri, in quanto 
non promanante dalla pubblica Amministrazione sola legittimata ad am


I

mettere l'esistenza di un atto giuridico da essa promanante, n� l'esibizione 
di un atto di divisione del 20 giugno 1931 perch� res inter alios 
acta rispetto alla pubblica Amministrazione. Comunque davanti alla precisa 
eccezione dei privati controinteressati secondo la quale iJ Romano 
non sarebbe proprietario di opere di presa e di derivazione indennizzabili, 
in quanto egli si avvarrebbe solo di opere .annuali non stabili e 
come tali non idonee a dar titolo all'indennizzo, egli avrebbe dovuto 
fornire la prova dell'esistenza di quelle opere che sono il presupposto 
dell'i�ldennizzo ex art. 47 e conseguentemente della legittimazione a 
ricorrere. 

Detta prova non � stata n� fornita n� offerta. 

Conseguentemente il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto 
d'interesse (inesistenza della posizione d'interesse legittimo della quale 
si lamenta la violazione). 

Sussistono giusti motivi per compensare totalmente le� spese. 


(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 28 dicembre 1974, n. 29 -Pres. 
Colli -Rel. Sgroi -Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Bronzini) 
c. Consorzio unico di bonifica della bassa parmense ed altri 
(avv. Cavasola e Menoni) e Berilotti e altri (n.c.). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Nuova concessione 
� Incidenza su utenze preesistenti � Responsabilit� della P.A. Sussiste. 


(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 19). 
Inco1�re in responsabilit� l'Amministrazione che disponga a favore 
di terzi della medesima acqua che gi� aveva formato oggetto di concessione, 
se l'esercizio della nuova concessione danneggi l'esercizio di 
quella precedente (1). 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 783 

(Omissis). -Meno ancora pu� giovare al Ministero il richiamo dell'art. 
19 del testo unico perch� -come ha gi� chiariito la sentenza 
impugnata, uniformandosi ai principi gi� affermati dalla giurisprudenza 
(cfr. Cass. 16 giugno 1971, n. 1829; Trib. Sup. 8 febbraio 1973, n. 10; 
Trib. Sup. 8 marzo 1968, n. 5), tale norma va interpretata restrittivamente 
nel senso che il legislatore, escludendo la garanzia, da parte dell'Amministrazione, 
di godimento dell'acqua concessa, ha inteso esonerarla 
da responsabilit� soltanto se l'impossibilit� o la diminuzione di 
godimento, preesistente e sopravvenuta, non sia imputabile alla stessa, 
in quanto determinata da eventi naturali o da fatto di un terzo, ma non 
esclude la responsabilit� dell'Amministrazione se essa non consenta al 
concessionario l'utilizzazione dell'acqua concessa: pe!ltanto, incorre in 
responsabilit� l'Amministrazione che disponga a favore di terzi della 
medesima acqua che gi� aveva formato oggetto di concessione, se l'esercizio 
della nuova concessione danneggi l'esercizio di quella precedente. 

Non vale, infine, spostare l'accento sull'esercizio del diritto derivante 
dalla concessione Bevilotti come presupposto necessario della lamentata 
lesione, posto che non si � mai contestata in primo grado l'attuazione 
del godimento consentita da questa concessione (attuazione che 
rientra, del resto, nella normalit� degli eventi) e considerato, inoltre, che 
sarebbe stato nell'interesse del Ministero, che ha tardivamente svolto 
questa deduzione, dimostrare il mancato godimento, quando gli atti di 
causa e la stessa origine della vertenza danno la dimostrazione contraria. 
Quanto, poi, ai riflessi pregiudizievoli delJa nuova sulle preesistenti 
concessioni non � il caso di ripetere quel che si � gi� detto prima. 
-(Omissis). 

(1) Nello stesso senso, cfr., Cass., 14 giugno 1971 n. 1823, in questa 
Rassegna, 1971, I, 924; Trib. sup. acque, 8 febbraio 1973, n. 10, Cons. Stato, 
1973, II, 230; Trib. sup. acque 8 marzo 1968, n. 5, Rass. Avv. Stato, 1968, 
I, 278, con osservazioni di ALBISINNI; Trib. acque Roma, 27 febbraio 1973, 
Temi Romana, 1973, 231. 
In senso contrario, �cass., Sez. Un., 18 ottobre 1954, n. 3851, Giust. civ. 
1955, I, 1965. 



SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 8 marzo 1974, n. 434 -Pres. Serra -
Rel. Marcarino -P. M. Lombardi (conf.) -Rie. Del Bo ed altri. 

Parte civile � Costituzione � Intervento nelle fasi successive al giudizio 

di primo grado � Appello -Omessa notificazione del decreto di cita


zione alla parte civile � Nullit� insanabile -Fattispecie. 

(cod. proc. pen. artt. 91, 92, 185, 187, 188, 195, 412, 422, 517, 541). 

La parte civile, dopo il rituale inserimento dell'azione civile nel 
procedimento penale, ha diritto di intervenire nel giudizio d'appello a 
tutela della sua pretesa nei confronti dell'imputato, al fine di contrastare 
al gravame proposto dal medesimo,, inteso a scagionarlo, insieme, dalla 
responsabilit� penale e da quella civile. 

La nullit� del decreto di citazione ex art. 517 cod. proc. pen., in 
caso di omessa sua notificazione alla parte civile, sebbene non rientrante 
nella categoria delle nullit� generali o assolute di cui all'art. 185 cod. 
proc. pen., tuttavia, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di convalescenza 
previste dagli artt. 187 e 188 stesso codice, non � suscettibile della 
.speciale sanatoria di cui all'art. 422 del citato codice, per le nullit� 
verificatesi negli atti preliminari al giudizio e ben pu� essere fatta 
valere come motivo di impugnazione. 

(Nella specie la Suprema Corte ha rilevato che i reati ascritti agli 
imputati, assolti con formula piena, erano prescritti, e che tale causa 
estintiva non poteva essere dichiarata in mancanza di impugnazione del 

P.M. o degli imputati, e che, in ipotesi, l'annullamento senza rinvio per 
"l'estinzione del reato avrebbe privato la parte� civile in sede penale 
del grado d'appello. 
Apparendo per� evidente che nei confronti della parte civile la 
sentenza impugnata non poteva far stato perch� il giudizio non si era 
svolto in suo contraddittorio, e che gli interessi civili devono ricevere 
tutela a norma dell'art. 541 cod. proc. pen., la Suprema Corte ha annullato 
la sentenza con rinvio al giudice civile d'appello) (1). 

' 

(1) V. nello stesso senso: Cass. 10 novembre 1971 in Cass. Pen. Mass. 
Annotato, 1973, p. 314, n. 344; 15 ottobre 1971 ivi, 1972, p. 339, n. 120, 374; 
per quanto concerne la natura della nullit�. 
Per quanto concerne l'interpretazione dell'art. 541 c.p.p. e la questione 
del giudice di rinvio, v. la decisione delle Sezioni Unite 30 novembre 1974 

n. 10, retro, 125. 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 785 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 20 maggio 1974, n. 1064 -Pres. Erra -
ReZ. Loverre -P. M. (conf.) -Rie. Mirabella. 

Procedimento penale � Atti preliminari all'istruzione (preistruzione) � Istruzione 
preliminare del procuratore della Repubblica � Difesa e difensori 
� Comunicazione giudiziaria � Ordine di cattura non preceduto 
da atti istruttori -Equipollenza � Ammissibilit�. 

(cod. proc. pen. artt. 232, 304, 390). 

Proce~ento penale � Atti preliminari all'istruzione (preistruzione) � Istruzione 
preliminare del procuratore della Repubblica � Difesa e difens�ri 
� Comunicazione giudiziaria � Funzione � Natura � Atto insosti� 
tuibile � Esclusione. 

(cod. proc. pen. artt. 232, 304, 390). 

Procedimento penale � Atti preliminari all'istruzione (preistruzione) -Atti 
di polizia giudiziaria � Difesa e difensori � Comunicazione giudiziaria Necessit� 
� Esclusione. 

(cod. proc. pen. artt. 224, 225, 226, 227, 228, 304, 390). 

La comunicazione g�udiziaria pu� essere sostituita da aitro atto e 
in particolare daU'ordine di cattura ritualmente eseguito e non preceduto 
da atti istruttori (1). 

La comunicazione giudiziaria ha la funzione di rendere noto aU'inquisito 
che si sta procedendo a suo carico affinch� iZ medesimo possa 

(1-3) In tema di contravvenzione al codice della strada � stato 11."itenuto 
equipollente dell'avviso di procedimento la contestazione della contravvenzione 
stessa ~atta dalla polizia nei confronti dell'imputato (v. Cass. 
23 novembre 1972 in Cass. Pen. Mass. Annotato 1974, p. 175, n. 155; 9 ottobre 
1972, ivi, 1973, p. 1357, n. 1815). 

Sono stati inoltre ritenuti atti equipollenti: 

-il decreto penale di condanna quando venga iniziato il giudizio di 
opposizione (v. Cass. 14 novembre 1972 in Cass. Pen. Mass. Annotato, 
1974, p. 175, n. 156); 

-il mandato di comparizione (v. Cass. 7 maggio 1973 in Cass. Pen. 
Mass. Anontato, 1974, p. 176, n. 157); 
-il mandato di cattura che contenga nel .suo contesto l'avvertenza 
che con tale mezzo si �da avviso� all'imputato dell'esistenza del processo 

(v. Cass. 1 dicembre 1972 in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1974, p. 176, 
n. 159); 
-fa nomina del difensol'e emessa prima del compimento di un accertamenfo 
perit!de (v. Cass. 2.7 novembre 1972 in Cass. Pen. Mass. Annotato, 
1974, p. 177, n. 161); 

-il decreto di citazione :nei giudizi innanzi al Tu-etore quando questi 
non abbia provveduto ad atti istruttori (Cass. 7 dicembre 1972 in Cass. 
Pen. Mass. Annotato, 1974, p. 183, n. 168). 

Riconosciutosi che la ratio della norma che impone la comunicazione 
giudiziaria va ricercata nel diritto dell'imputato alla conoscenza del pro


12 



786 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

predisporre un'efficiente difesa, reperendo le prove a sua discolpa in 
omaggio al principio dell'accertamento della verit� reale. Consegue che 
essa comunicazione non � atto insostituibile o essenziale del procedimento, 
dovendosi riconoscere l'ammissibilit� dell'equipollenza (2). 

La comunicazione giudiziaria deve essere data solo dal magistrato 
nell'istruzione preliminare, nell'istruzione sommaria o formale. Ad essa, 
pertanto, non � tenuto l'ufficiale di polizia giudiziaria quando proceda 
alle indagini motu proprio nei casi consentiti dalla legge (3). 

cedimento, .in relazione all'esercizio del diritto di difesa, � stato affermato 
che, non essendo il diritto di difesa operante prima che vi sia un indizio 
di reato e prima che esso si .soggettivizzi nei confronti di una persona determinata, 
� solo da questo momento che si impone l'emissione e la comunicazione 
dell'avviso di procedimento (Cass. 14 maggio 1973 in Cass. Pen. Mass. 
Annotato, 1974, p. 179, n. 166). Coerentemente, pur riconoscendosi la possibilit� 
di atti equipollenti, � stato affermato che l'avviso di procedimento 
deve pr.ecedere od essere coevo al compimento dell'atto istruttorio (v. Cass. 
1 dicembre 1972 in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1974, p. 176, n. 159; v. anche 
in questa Rassegna, 1974, p. 1501). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 25 ottobre 1974, n. 1184 -Pres. Perona�i 
-Rel. Barba -P. M. Lapiccirella (conf.) -Rie. Pinardi. 

Parte civile -Costituzione -Intervento nelle fasi successive al giudizio di. 

primo grado � Diritto degli eredi di proseguire l'azione iniziata dal 

� de cuius � � Sussistenza. 

(cod. proc. civ., artt. 110, 111, 300). 

L'erede di colui che si sia originariamente costituito parte civile � 
legittimato ad intervenire jure hereditario nel processo penale nelle ulteriori 
fasi e gradi per la prosecuzione dell'azione risarcitoria gi� intentata 
dal de cuius, senza che occorra una nuova costituzione di partecivile 
(1). 

(1) Con sentenza 18 maggio 1973 (in Cass. Pen. Mass. Annotato 1974 
p. 1275, m. 1997) la IV sezione ha affermato che le notificazioni all'erede 
della parte civile costituita spettano solo dopo il suo intervento, che deve 
avvenire per inziativa dell'erede stesso. Nello stesso senso, Cass. 26 novembre 
1971 in Cass. Pen. Mass. Annotato 1973, p. 128, m. 70, come conseguenza 
del principio che il rapporto processuale civile, inserito nel processo 
penale deve essere disciplinato, ove la legge non disponga altrimenti, 
dalle norme del processo civile. 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 787 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 novembre 1974, n. 10 -Pres. 
Pece -Rel. Paci -P. M. Guadagno (conf.) -rie. Ministero lavori 
pubblici. 

Parte civile -Impugnazioni -Ricorso della parte civile � Accoglimento del 
ricorso -Giudizio di rinvio. 

(c.p.p. artt. 23, 195, 541). 
A seguito delle decisioni n. 1 del 1970 e n. 29 del 1972 della 
Corte Costituzionale, che hanno dichiarato la parziale illegittimit� costituzionale 
degli artt. 195 e 23 cod. proc. pen. nella parte in cui tali norme 
prevedono limiti, per la parte civile, alla proposizione del ricorso per cassazione 
contro le disposizioni della sentenza penale relative agli interessi 
civili, la parte civile ha, a tutela di detti interessi, il diritto autonomo e 
indipendente da qualsiasi iniziativa delle altre parti del processo di far 
proseguire in cassazione il giudizio penale, anche quando agli effetti 
penali la Kentenza del giudice di merito sia divenuta irrevocabile per 
mancata impugnazione da parte dell'imputato o del P. M .. ed anche quando 
nel merito il giudizio sia stato definito con sentenza di assoluzione 
dell'imputato o con altra formula liberatoria. In tal caso il giudizio 
penale prosegue fino a quando la Corte di Cassazione, legittimamente e 
regolarmente sollecitata dalla parte civile, avr� adempiuto ai suoi compiti 
istituzionali, in base agli artt. 111 Cost. e 524 cod. proc. pen. rinviando, 
poi, nel caso di accoglimento del ricorso, al giudice civile ai sensi 
dell'art. 541 cod. proc. pen (1). 

(Omissis). -Buzzi Flavio veniva citato davanti al Tr,ibunale di 
Rovigo per rispondere, tra l'altro, del delitto di resistenza a pubblico 
ufficiale (art. 337 c.p.), per aver usato violenza al guardiano idraulico 
Sebenello Egidio che gli aveva impedito il transito, con la propria automobile, 
lungo un argine del fiume Po, dove il transito era vietato, e 
gli aveva contestato la relativa contravvenzione. 

Il Tribunale, con la sentenza 6 luglio 1972, pur ritenendo per certo 
che si fosse realizzata la materialit� del reato, in quanto il Sebenello 

(1) La Corte di Cassazione a sezioni Unite ha deciso in questo senso 
una questione di notevole tmportanza ,sulla quale erano state espresse discordi 
opinioni in dottrina e in giur~sprudenza; per quest'ultima v., per H 
rinvio al giudice penale, Cass. Sez. IV 27 aprile 1972 n. 688 in Massimario 
delle Decisioni Penaii, 1972, n. 122.346; Sez; IV 22 giugno 1972 n. 1053 ivi, 
n. 122.886. Per il rinvio al giudice civile v. invece: Cass. IV Sez. 1 ottobre 
1970 n. 952 in Giust. pen. 1971, III, 198.302; I Sez. 25 maggio 1972 
n. 573 ivi 1973, III, 247; III Sez. 1 febbraio 1973 ivi, 1974, III, 160, n. 60; 

788 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si era qualificato, sia a voce che mediante l'esibizione della propria tessera 
personale, ed in quanto la violenza usata dall'imputato mirava 
�proprio ad ostacolare l'esercizio dell'attivit� cui era tenuta la parte 
lesa, per l'adempimento dei doveri del suo ufficio, tuttavia non riteneva 
di potere escludere l'erronea attribuzione al Sebenello, da parte dl Buzzi, 
di mansioni attinenti all'esercizio di un'attivit� privata e non gi�, come 
era invece .nella realt�, atti.nenti all'esercizio di una pubblica funzione 
amministrativa, che rientrava nell'ambito della competenza del Geni� 
civile di quella circoscrizione. Pertanto assolveva l'imputato dal delitto 
ascrittogli, e da quello, pure contestatogli, di rifiuto di generalit�, per 

~ insufficienza di prove relartive all'elemento psicologico del reato. 
Contro la detta sentenza, tanto il Sebenello che la Pubblica Amministrazione, 
che si erano costituiti parte civile, con il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato, hanno proposto ricorso per clissazione, deducendo 
il vizio di motivazione per contraddittoriet� tra le premesse di 
fatto e di diritto della decisione impugnata ed il contenuto dispositivo 
di tale decisione; nonch� l'erronea interpretazione dell'art. 337 in relazione 
all'art. 5 c.p., dato che l'errore dell'agente sulla qualit� di pubblico 
ufficiale del soggetto passivo si doveva equiparare all'errore sulla 
legge penale, errore che non poteva essere invocato a propria scusa, nemmeno 
in base al rilievo, pure contenuto nella motivazione della sentenza 
impugnata, che la persona qualificatasi come guardiano idraulico non 
indossava alcuna uniforme. 
Il ricorso veniva assegnato alla sesta sezione penale della Corte di 
Cassazione che, nell'udienza del 4 marzo 1974, in accoglimento di analoga 
istanza del Procuratore Generale, disponeva, con ordinaill:a, la trasmissione 
degli atti al Primo Presidente della Corte, a sensi degli artt. 
530 e 534 c.p.p., per l'assegnazione alle Sezioni Unite, in vista delle 
questioni che si profilavano in relazione al caso di specie, questioni gi� 
esaminate dalle sezioni singole e da queste variamente decise, anche 
nell'ambito della stessa sezione. 

IV Sez. 8 ottobre 1973 n. 1757 in Massimario delle Decisioni Penali 1973, 

n. 126.269. 
In dottrina, v.: TARTAGLIONE, n ricorso della parte civile avverso 'sentenza 
di proscioglimento, in Riv. giur. circ. trasp., 1972, p. 369; LAPICcI.:. 
RELLA, Postilla sui limiti delle impugnazioni della parte civile, in Rie. 
giur. circ. trasp. 1972, p. 455; VALENTINO, I nuovi poteri di impugnazione 
della parte civile, in Riv. giud. circ. trasp., 1972, p. 506; DE FALCO F. PAOLO, 
Rinviare a giudizio costituzionali(? l'art. 25 Cod. proc. pen., ivi, 1973, p. 33; 
MARZANO, Identificazione del giudice competente a decidere sul!_'.azione della 
parte civile dopo l'accoglimento del ricorso proposto, in Giust. pen., 
1973, III, 558. 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDE'.NZA PENALE 

Osserva in diritto 

Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, che con la sentenza 

n. 1 del 22 gennaio 1970 e con quella successiva del 17 febbraio 1972, 
n. 29, ha dichiarato illegittimi, in relazione all'art. 111 della Costituzione, 
rispettivamente, gli artt. 195 e 23 del c.p.p., alla parte civile compete 
l'autonomo diritto di ricorrere in cassazione per violazione di legge, 
anche contro la sentenza, sia di primo che di secondo grado, che, come 
nel caso in esame, abbia prosciolto l'imputato e che, non avendo condannato 
ai danni e alle spese essa parte civile, non poteva prima, pe;r 
l'art. 23 e per l'art. 195, che di quello costituisce la puntuale applicazione 
in tema di proposizione del gravame, essere da lei in alcun modo 
impugnata. � 
Come la stessa Corte Costituzionale ha avuto cura di puntualizzare, 
il ricorso per cassazione che la parte civile � cos� ammessa a proporre 
nella ipotesi in cui le era prima vietato, ha sempre lo stesso oggetto, 
e quindi gli stessi limiti, dell'azione civile che essa � abilitata ad esercitare 
nel processo penale; pu� cio� investire le sole disposizioni della 

sentenza che concernono i suoi interessi civili. 

Va poi soggiunto, in relazione al ricorso in esame, dalla parte civile 
proposto contro sentenza di primo grado per lei inappellabile, che, in 
tanto esso pu� produrre effetto, in quanto non � seguito il giudizio di 
appello, per difetto della necessaria impugnativa da parte dell'imputato 

o del pubblico ministero, giudizio al quale, in tal caso, la parte civile 
avrebbe avuto titolo per partecipare, in forza dell'art. 92 c.p.c. 
Va infine ribadito,. muovendo da una corretta e complessiva valutazione 
delle� anzidette decisioni della Corte costituzionale, che, come 
� stato gi� precisato da questo stesso Supremo Collegio (v. Cass. Sez. 
Un. 15 dicembre 1973, rie. Crespi Francesco ed altri contro Crespi Antonio 
ed altri), il sindacato di legittimit� chiesto dalla parte civile riguarda 
tutte quelle disposizioni della sentenza impugnata che, indipendentemente 
dalla loro localizzazione nel testo della sentenza, ed indipendentemente 
anche dalla formula di proscioglimento, decidono, esplicitamente 
o implicitamente, questioni o abbiano riguardo a situazioni 
di merito suscettibili di influire negativamente sull'accertamento giudiziale 
delle pretese di parite civile, la quale, ferma restando l'intangibilit� 
del giudicato penale nei confronti dell'imputato, pu� chiedere un diverso 
accertamento ed una diversa valutazione, in ordine alla sussistenza del 
fatto, alla sua qualificazione giuridica e all'imputabilit� materiale e psicologica, 
che valgano a consentire il pieno esercizio ed il proseguimento 
dell'azione riparatoria nella opportuna sede. 

Passando ora all'esame del ricorso contro la sentenza del Tribunale 
di Rovigo, osserva questo Supremo Collegio che, come risulta dalla stessa 


.> .> 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

790 

motivazione della sentenza impugnata -la quale, sul punto, si basa 
sulle dichiarazioni rese in giudizio dallo stesso imputato -a questi 
il Sebenello, non solo si era qualificato come guardiano idraulico e gli 
aveva inoltre esibito il documento rilasciatogli dalla Pubblica Amministrazione, 
comprovante tale sua qualifica, ma gli aveva chiesto le generalit�, 
e lo aveva diffidato ad osservare il divieto di .transito, esprimendo 
la riserva, in caso contrario, di redigere a carico di lui il verbale di 
contravvenzione. D'altra parte, nessun dubbio � stato espresso dai giudici 
di merito circa la qualit� di pubblico ufficiale spettante al Sebenello, 
n� circa la demanialit� della strada, sulla quale arbitrariamente 
transitava l'imputato, ed alla cui tutela, come a quella di ogni altra 
opera idraulica, pertinente all'attrezzatura fluviale, sovrintendeva la Pubblica 
Amministrazione, per mezzo del locale Ufficio del Genio civile, 
da cui dipendeva la parte lesa. 

Senonch� da queste premesse di fatto non sono state tratte le dovute 
conseguenze, ed � stato deliber�to il proscioglimento dell'imputato 
in base alla considerazione che questi, a causa della concitata discussione 
seguita all'in~imazione del Sebenello, o a causa di un erroneo 
apprezzamento circa il movente di tale intimazione, e anche� perch� 
il Sebenello non indossava alcuna uniforme, n� la sua qualit� era, in 
altra guisa, esteriormente riconoscibile, poteva aver creduto, sia pure 
erroneamente, che si trattasse di un sorvegliante privato e perci� di 
persona non preposta all'esercizio di una pubblica funzione. 

Ora, come � stato correttamente rilevato nei motivi di ricorso, la 
legge penale tutela il pubblico ufficiale che tale si presenti obiettivamente, 
cio� per il fatto stesso che egli eserciti una pubblica funzione, condizione 
questa che va stabilita in base all'ordinamento giuridico dal 
quale � disciplinata, sia in generale che con disposizioni particolari (v., 
con riferimento alla fattispecie in esame, l'avt. 220 del t.u. delle disposizioni 
di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, appr. con r.d. 11 
dicembre 1933, n. 1775), l'organizzazione dello Stato e degli altri enti 
pubblici, nelle loro varie articolazioni, in relazione ai compiti che, in 
concreto, l'attivit� pubblica � destinata a realizzare nell'interesse della 
collettivit�. 

Da ci� consegue che, una volta escluso ogni dubbio circa la materialit� 
del reato di resistenza a pubblico ufficiale, e cio� circa l'effetttivo 
esercizio, da parte del soggetto passivo, di una delle attivit� elencate 
nell'art. 357 c.p., nell'atto in cui si venivano a realizzare gli altri elementi 
costitutivi della fattispecie criminosa anzidetta, cos� come � stato 
ritenuto, in punto di fatto, dal Tribunale di Rovigo, l'erronea opinione 
dell'agente circa la qualifica del soggetto passivo non vale n� ad escludere 
il dolo n� a giustificare qualsiasi altra formula di proscioglimento 
che si basi sull'elemento psicologico del reato. 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Al contrario, lo stato di irritazione che, secondo i giudici di merito, 
avevano suscitato nell'agente le intimazioni e le diffide pronunciate dal 
soggetto passivo, e a causa del quale l'imputato avrebbe omesso di prestare 
la dovuta attenzione a ci� che il pubblico ufficiale aveva ritenuto 
necessario per dimostrare la sua qualit�, caratterizza un atteggiamento 
che suppone non soitanto la volontariet� dell'azione, ma anche la rappresentazione, 
quanto meno, della probabilit� o della possibilit� che il 
fatto costitutivo del reato in esame si realizzasse in tutti i suoi elementi: 

\ 

il che � sufficiente, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale, per 
affermare la piena colpevolezza dell'agente medesimo. E, comunque, 
ferme restando le premesse, in punto di fatto, contenute nella sentenza 
impugnata, il dubbio, per qualsiasi causa concepito dall'imputato, non 
-equivaleva ad ignoranza o ad errore, e perci� non poteva ritenersi idoneo 
ad escludere o a porre in discussione l'elemento psicologico del reato. 

Il che rende superflua ogni altra esatta considerazione contenuta 
nei motivi di ricorso circa l'irrilevanza, ai fini dell'accertamento della 
responsabilit� penale, dell'eventuale errore sulla qualit� di pubblico ufficiale 
del soggetto passivo, una volta che questi si sia qualificato o 
che l'agente abbia in altro modo acquisito la consapevolezza dell'attivit� 
esercitata dalla parte lesa, indipendentemente dalla circostanza che 
questa indossi �na divisa o' presenti altri segni esteriori di riconoscimento. 


Da quanto � stato esposto discende che, in accoglimento della impugnazione 
proposta dalla parte civile, a tutela del diritto al risarcimento 
dei danni derivati dal fatto attribuito al Buzzi Flavio, e ad ogni altra 
reintegrazione patrimoniale accessoria, la sentenza impugnata va annullata, 
per contraddittoriet� di motivazione e per erronea interpretazione 
degli artt. 43, 337 e 357 c.p., con rinvio al giudice civile competente per 
valore in grado di appello, a sensi dell'art. 541 c.p.p. il quale provveder� 
anche per le spese di questa fase del giudizio. 

Circa l'applicabilit� di quest'ultima norma, in verit�, sono sorti dei 
contrasti sia in dottrina e sia anche nella giurisprudenza delle sezioni 
singole di questa Corte, e le maggiori perplessit� sono state suscitate 
propriamente dal tenore letterale del dispositivo della sentenza n. 29 
del 17 febbraio 1972 con la quale la Corte Costituzionale dichiarava la 
illegittimit� dell'art. 23 c.p.p., nella parte in cui esclude che �il giudice 
penale� possa decidere sull'azione civile, anche quando, concluso 
il procedimento penale con sentenza di proscioglimento, l'azione della 
parte civile a tutela dei suoi interessi civili prosegua �in sede di cassazione 
ed eventuale successivo giudizio di rinvio�. 

Occorre per� in proposito rilevare che, tanto per l'art. 23, quanto 

per l'art. 195, � stato escluso dalla stessa Corte Costi<tuzionale che po


tessero considerarsi come norme di comparazione, ai fini del giudizio di 


792 RASSEGN� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costituzionaUt�, l'art. 3 della Costituzione, che sancisce l'uguaglianza di 
tutti i soggetti di diritto della comuniit� nazionale davanti alla legge, o 
l'art. 24, che sancisce l'inviolabilit� del diritto di difesa in ogni stato 
e grado del giudizio, ed � stato puntualizzato, invece, ripudiando sotto 
tale aspetto, le indicazioni contenute, a tale riguardo, nella motivazione 
delle ordinanze di rimessione delle auorit� giurisdizionali promovitrici 
del giudizio di legittimit�, che l'illegittimit� delle norme di rito in questione 
doveva basarsi unicamente sull'art. 111 comma secondo della 
Costituzione, che ammette il ricorso per cassazione contro ogni tipo di 
sentenza. 

Ora il valore. ermeneutico di tale precisazione non pu� sfuggire ad 
alcuno, nel senso che una piena parit� tra la parte civile e le altre parti 
del processo penale non pu� ritenersi ancora realizzata nemmeno in seguito 
all'intel"Vento della Corte Costituzionale. 

La parte civile, in altri termini, deve ritenersi paga di avere, n.el 
caso in esame, esercitato pienamente il proprio diritto di difesa nel primo 
grado di giudizio, e, d'altra parte, � proprio in dipendenza della singolare 
posizione che essa ha, come parte lesa, nel processo penale, che le 
manca il potere di provocare il riesame sul fatto nel silenzio del pubblico 
ministero e dell'imputato. 

La conseguenza che logicamente deve trarsi da tali rilievi, espressi 
peraltro anche nella parte motiva delle stesse decisioni della Corte Costit.zionale, 
� che il processo penale, concluso con la sentenza di primo 

o di secondo grado non impugnata dalle altre parti, non pu� pi� essere 
proseguito, nemmeno dalla parte civile, se non per il riesame di legittimit� 
che pu�-essere. sempre richiesto all'organo giurisdizionale competente, 
con l'ulteriore conseguenza che, una volta emessa la decisione 
della corte regolatrice, anche il rapporto processuale civile inserito nel 
processo penale deve ritenersi, in ogni caso, definitivamente chiusp, di 
guisa che l'ulteriore eventuale giudizio di merito nella ipotesi che la 
sentenza impugnata venga annullata, non potr� che svolgersi nella sua 
sede naturale, innanzi al giudice civile. 
L'espressione usata dalla Corte Costituzionale trova quindi la sua 
ovvia giustificazione solo nel fatto che, essendo la lite civile pendente 
avanti al giudice penale, il controllo di legittimit� della sentenza di 
proscioglimento non poteva chiedersi che all'organo istituziona,lmente 
predisposto per tale compito, secondo l'ordinamento processuale vigente 

(v. art. 202 c.p.p.) ordinamento sul quale il giudice costituzionale non 
poteva interferire (v., in proposito, l'ordinanza n. 154 del 1970 della C. 
Cost.), anche perch� estraneo alla materia specificamente sottoposta al 
suo sindacato, fermo restando per�, per la medesima ragione, il modus 
procedendi che il sistema prevede, per l'eventuale ulteriore corso, ai fini 
�della decisione separata della lite di danno. 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

N� pu� ritenersi giustificato il rilievo che l'art. 541 c.p.p. presupponga 
l'annullamento solamente delle disposizioni o dei capi della sentenza 
concernenti l'azione civile proposta a norma dell'art. 23 c.p.p., nella 
sua originaria formulazione, dato che, una volta venute meno, non essendo 
conformi al dettato costit�zionale, le limitazioni poste da_ detta 
norma, con conseguente ampliamento dei poteri consentirti alla parte 
. civile, secondo quanto si � detto in precedenza, la portata dell'art. 541 
viene automaticamente ad estendersi alla nuova ipotesi di separazione 
della controversia civile dal giudizio penale, non potendo dubitarsi, peraltro, 
sotto l'aspetto sistemat~co, della funzione che � assegnata a tale 
disposizione, dettata proprio per svincolare la lite civile dal processo 
penale non ap:pena siano cessate, come avviene nel caso in esame, 
le ragioni che prima ve la costringevano, in una posizione resa neces


saria, appunto, dalle prevalenti esigenze dell'attivit� punitiva. 

Ogni altro rilievo in contrario muove da considerazioni di carattere 

marginale le quali, comunque, non sono propriamente attinenti al thema 

decidendum, perch� riguardano, piuttosto, le conseguenze pratiche del


l'assetto ora conferito alla posizione processuale della parte civile, con


seguenze per� che sono sempre riconducibili alla logica del sistema, per 

il quale la competenza del giudice penale a statuire sopra la responsa


bilit� civile pu� ammettersi esclusivamente allorquando egli riconosca 

e dichiari la responsabilit� penale, perch� soltanto in questo caso sus


siste quella correlazione che giustifica tale competenza, con tutte le im


plicazioni che ne derivano, quali l'impulso di ufficio e l'osservanza delle 

altre regole del rito penale, non escluso l'intervento del pubblico mi


nistero. 

Verificatasi, invece, la separazione tra giudizio civile e penale, a 

seguito del ricorso della parte civile avverso la pronuncia penale, il 

giudice penale non pu�, in caso di accoglimento del ricorso, continuare 

nell'esercizio di una giurisdizione che non gli � propria, come in qua


lunque altro caso in cui l'azione civile non trova pi� un addentellato 

in sede penale. 

N� alcuna difficolt� pu� essere concepita circa la competenza del 

giudice civile a riesaminare l'antigiuridicit� penale dei fatti, quando ci� 

sia necessario, anche se incidenter tantum, per la cognizione delle pretese 

civilistiche, non soltanto perch� ci� avviene, di solito, nei giudizi di 

risarcimento del danno da reato, allor�h� questo sia estinto, in base 

all'art. 198 c.p.p., ma anche e soprattutto perch� la norma citata costi. 
tuisce l'applicazinoone di un principio generale. 

Nulla, infatti, vieta al giudice civile di acc:ertare un certo fatto 

storico civilmente rilevante ex art. 185 c.p., indipendentemente dalla 

cognizione, da parte del giudice penale, del fatto medesimo, in quanto 

penalmente rilevante, non solo nel caso di cui ora si � fatto cenno, 


794 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma anche nel caso di improcedibilit� o di improponibilit� dell'azione, e 
quindi anche nel caso che il procedimento penale non sia stato mai 
iniziato, o si sia concluso con una sentenza di proscioglimento istruttoria, 
o di assoluzione in giudizio, a meno che non si rinvenga nella 
disciplina positiva dei rapporti fra il giudizio penale e l'azione civile 
riparatoria una specifica preclusione, come nei casi disciplinati dagli 
artt. 25 e segg. del c.p.p. Con la conseguenza ulteriore che, ove il danno 
non venga accertato in sede penale, con la costituzione della parte 
civile e con la sentenza di condanna, esso potr� essere accertato nel 
giudizio civile promosso o proseguito dopo la definizione di quello penale 
-nei casi in cui ci� non sia tassativamente escluso dalla legge in 
tutta la sua ampiezza, nel senso che la pronuncia di condanna al 
risarcimento riguarder� tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, 
come risultato logico di due accertamenti compiuti da due diversi giudici, 
in distinti procedimenti, in ordine ai due elementi strettamente 

co~nessi ed inscindibili della fattispecie dell'illecito civile ex art. 185 

c.p. In proposito, anzi, non � superfluo precisare che l'art. 2059 e.civ. 
limita l'ambito di risarcibilit� dei danni non patrimoniali ai casi determinati 
dalla legge in genere, comprendendovi� perci� anche le ipotesi 
previste dall'art. 185, indipendentemente da ogni accertamento da parte 
del giudice penale, e salve sempre le preclusioni espressamente previste, 
cosi come vi comprende altre ipotesi di illecito meramente civile, come 
si pu� argomentare dall'art. 89 c.p.c. 
Secondo i principi generali che regolano i poteri guirisdizionali, al 
giudice civile, salve le preclusioni espressamente previste, � perci� consentito 
di ind�gare se il fatto lamentato integri gli estremi obiettivi e 
subiettivi del reato, d�l quale quindi conoscer� come fatto storico da 
ricostruire agli effetti civili. 

Deve perci� disattendersi l'obiezione che si � mossa contro la soluzione 
cos� adottata, sul punto, da questo Supremo Collegio, obiezione 
secondo l~ quale il risarcimento del danno non patrimoniale sarebbe 
assicurato soltanto dalla dichiarazione di responsabilit� dell'imputato 
emessa nel giudizio penale. 

In conclusione quindi, in sede di rinvio a meri fini civili, si dovr� 

rinnovare l'esame di tutti i punti della decisione vulnerati dall'annulla


mento, come se il fatto costituisse soltanto un illeciito civile, sia pure, 

come � opportuno ribadire, con tutta l'ampiezza delle sue conseguenze, 

ai sensi dell'art. 185 c.p. (v., sul punto, anche, Cass. Sez. Un. cit.). 

� appena il caso di aggiungere, infine, che non � una ragione per 
dubitare della validit� della conclusione cui � in tal guisa pervenuto 
questo Supremo Collegio, il rilievo della difesa di parte civile che una 
tale soluzione possa creare, sul piano pratico, degli inconvenienti: in 
particolare, a causa �del rinvio che, a sensi dell'art. 541 c.p.p., si deve 



PARTE .I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

fare al giudice civile competente per valore in gr�do di appello, anche 
se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile. 

A parte, infatti, l'ov,via considerazione che gli argomenti non si risolvono 
adducendone gli inconvenienti, e a parte anche il fatto che non 
si vede la ragione di una diversa valutazione delle conseguenze pratiche 
ora prospettate secondo la diversa portata dell'art. 541 c.p.p., prima e 
dopo le decisioni della Corte Costituzionale, va rilevato, in proposito, 
che eventuali adeguamenti del sistema, resi necessari per coordinare la 
attuazione dei precetti costituzionali all'ordinamento giuridico vigente, 
possono essere demandati soltanto al potere legislativo, specie in un campo 
in cui, secondo i principi fissati, fino ad oggi, nelle anzidette sentenze 
della Corte Costituzionale, alla posizione della parte civile non sono offerte 
altre garanzie costituzionali al di fuori di quella prevista dall'art. 
111 della Costituzione. -(Omissis). 


PARTE SECONDA 



I 


I 
~ 
I ~ 


I 


I 




LEGISLAZIONE 


I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice penale, art. 175, nella parte che esclude� possano concedersi 
ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del casellario giudiziale 
spedito a richiesta di privati, nel caso di condanne per reati 
anteriormente commessi a pene che, cumulate con quelle gi� irrogate, 
non superino i limiti di applicabilit� del beneficio. 

Sentenza 17 luglio 1975, n. 225, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

codice penale, art. 506, nella parte in cui punisce la sospensione del 
lavoro effettuata per protesta dagli esercenti di piccole aziende industriali 
o commerciali che non hanno lavoratori alla loro dipendenza. 

Sentenza 17 luglio 1975, n. 222, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

codice di procedura penale, art. 25, nella parte in cui dispone che 

� l'azione civile non pu� essere proposta (proseguita o riproposta) davanti 
al giudice civile (o amministrativo), quando in seguito a giudizio 
� stato dichiarato che il fatto non sussiste, che l'imputato non lo ha 
commesso o che il fatto fu compiuto nell'adempimento di un dovere o 
neH'esercizio di una facolt� legittima ovvero che non � sufficiente la 
prova che il fatto sussista o che l'imputato lo abbia commesso �, anche 
da parte di soggetti rima,sti estranei al giudizio penale, perch� non legittimati 
a costituirsi in esso parte civile o, comunque, di fatto, non 
posti in grado di parteciparvi. 
Sentenza 26 giugno 1975, n. 165, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

codice di procedura penale, art. 387, nella parte in cui non prevede 
che prima della decisione del giudice sull'appello del pubblico ministero 
si proceda, in tutti i casi, agli adempimenti di cui all'art. 372, 
primo e secondo comma, dello stesso codice, ai fini dell'esercizio delle 
facolt� da questa norma previste. 

Sentenza 10 luglio 1975, n. 199, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

codice di ,procedura penale, art. 401, nella parte in cui fa decorrere 
il termine di cinque giorni per la deduzione delle nullit� relative incorse 
nell'istruzione sommaria, dalla notifica all'imputato del decreto 
di citazione al giudizio anzich� dalla notificazione al difensore dell'avviso 
della data fissata per il dibattimento. 

Sentenza 26 giugno 1975, n. 162, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 



I , 

80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d.I. 1� maggio 1930, n. 680, art. 18, limitatamente alle parti in cui 
esclude per il sanitario, gi� iscritto alla cassa per le pensioni ai sanim 
tari per una data prestazione professionale, il trattamento pensionistico 
relativo al simultaneo servizio prestato presso un istituto di assistenza 
e beneficenza esonerato dalla iscrizione del sanitario alla cassa 
predetta. 
I

Sentenza 3 luglio 1975, n. 176, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

legge 6 luglio 1939, n. 1035, art. 11, limitatamente alle parti in cui 
esclude per il sanitario, gi� iscritto alla cassa per le pensioni ai sani


Itari per una data prestazione professionale, il trattamento pensionistico 
relativo al simultaneo servizio prestato presso un istituto di assistenza 
e beneficenza esonerato dalla iscrizione del sanitario alla cassa 

I

predetta. 

Sentenza 3 luglio 1975, n. 176, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

d.l.lgt. ,18 gennaio 1945, n. 39, art; 2, secondo comma, nella parte in cui 
la norma esclude dal diritto alla pensione di riversibilit� le figlie maritate 
anche se siano riconosciute inabili al lavoro e risultino a carico 
del genitore al momento d.el decesso di questo. 

Sentenza 26 giugno 1975, n. 164, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

legge 29 aprile 1949, n. 264, art. 3,2, lettera b), nella parte in cui 
esclude gli operai delle pubbliche amministrazioni, cui non sia garantita 
la stabilit� d'impiego, dall'assicurazione contro la disoccupazione 
involontaria. 

Sentenza 3 luglio 1975, n. 177, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

legge 10 agosfo 1950, n. 648, art. 59, primo comma, nella parte in cui 
stabilisce che la vedova che passi ad altre nozze perda la pensione per 
il solo fatto del matrimonio anche se il marito non fruisce di reddito 
assoggettabile all'imposta complementare. 

Sentenza 8 luglio 1975, n. 184, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16 bis, nella parte in cui, con le decorrenze 
ivi ind�cate, noli estende ai professori di ruolo .aventi diritto 
all'ultima classe di stipendio (di cui al parametro 825) il trattamento 
retributivo stabilito per la qualifica A ed ex parametro 825. 

Sentenza 17 luglio 1975, n. 219, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 47, primo c�omma, nella parte in cui 
stabilisce che la vedova che passi ad altre nozze perde la pensione per 
il solo fatto del matrimonio anche se il marito non fruisce di reddito 
assoggettabile alla imposta complementare. 

Sentenza 8 luglio 1975, n. 184, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24, nella parte in cm, m sede di 
istruttoria sommaria condotta dal pubblico ministero, non prevede che 
il giudice istruttore penale provveda in ordine all'assegnazione di 
somma nelle forme, nei limiti e coi presupposti di cui al medesimo 
art. 24. 

Sentenza 10 luglio 1975, n. 198, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 9, secondo comma, nella parte in 
cui non consente il normale esercizio di facolt� di prova. 

Sentenza 10 luglio 1975, n. 202, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 47, nella parte in cui, con le decorrenze 
ivi indicate, non estende ai professori universitari di ruolo aventi 
diritto all'ultima classe di stipendio (di cui al parametro 825) il trattamento 
retributivo stabilito per la qualifica A ed ex parametro 825. 
Sentenza 17 luglio 1975, n. 219, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

d.I. 1� ottobre 1973, n. 580, art. 1�2, primo,_ secondo e terzo comma, per 
la parte che riguarda i docenti universitari con parametro 825. 
Sentenza 17 luglio 1975, n..219, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

d.I. 2 maggio 1974, n. H5, art. 7. 
Sentenza 17 luglio 1975, n. 227, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 
II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice civile, art. 2540 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 26 giugno 1975, n. 159, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

codice di procedura civile, art. 140 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1975, n. 213, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

codice di procedura civile, art. 41,3 (artt. 3 e 35 della Costituzione). 
Senten,za 3 luglio 1975, n. 171, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

codice di procedura civile, art. 434 cpv. (artt. 3, 24 e 35 della Costituzione). 


Sentenza 3 luglio 1975, n. 171, G. U. 9 luglio 1975, ri. 181. 

codice di procedura civile, art. 545, quarto comma (artt. 3, primo comma, 
e 36, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1975, n. 209, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 


82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
codice penale, art. 175 (artt. 3 e 27, terzo comma, della �costituzione). 
Sentenza 17 luglio 1975, n. 225, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 
codice penale, art. 403 (artt. 21 e 25 della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio i975, n. 188, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 
codice penale, art. 508 (artt. 3, 4, primo comma, 40 e 41 
stituzione). 
Sentenza 17 luglio 1975, n. 220, G. U. 23 luglio 1975, n. 
della Co195. 
codice penale, art. 573 (artt. 2, 3 e 13 della Costituzione). 
Sentenza 26 giugno 1975, n. 163, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 
codice penale, art. 669 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 26 giugno 1975, n. 158, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 
codice di procedura penale, artt. 123 e 304 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 3 luglio 1975, n. 172, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 
codice di procedura penale, artt. 190, 99 e 100 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 26 giugno 1975, n. 166, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 
codice di procedul'a .penale, art. 408 (art. 24, primo e secondo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 3 luglio 1975, n. 169, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45, nella parte in cui statuisce la 
detraibilit� dall'asse ereditario, ai fini deWimposta di successione, dei 
debiti cambiari, alla sola condizione che essi risultino dai libri di commercio, 
regolarmente tenuti, del debitore o del creditore (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 
Sentenza 3 luglio 1975, n. 173, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A, parte I, art. 32 (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1975, n. 212, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 
r.d.I. 8 maggio 1927, n. 798, art. 9, quado comma (art. 30, terzo 
ma, della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1975, n. 207, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 
com!: 
1: 

; 


r1:tw11~:1:::t{i==1r1=:l_.~::.::_��_.i:_:._:1:ffi;!J_:=:_.:_�:_)'_i_:~.�-~-=::~:-===i=:J1:1=1===fi�:=i:====i==i~\�==�=:=.�lr:=='.t{


.. 

.�.�.�.�-:�>>:�:-:-:-:-:-:-:-:-:-::: .-.�.�::.�-:=�-:-::�.�:��-....... . 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 220 (artt. 3 e 13 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1975, n. 211, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 
legge 28 settembre 1939, n. 1922, art. 36 (art. 112 della Costituzione). 
Sentenza 17 luglio 1975, n. 218, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

r.~. 9 settembre 1941, n. 1022, artt. 12, sec�ondo comma, e 22 (art. 25, 
primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 3 luglio 1975, n. 174, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

r.d, 16 marzo 1942, n. 267, artt. 2, 196 e 202 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


' 

Sentenza 26 giugno 1975, n. 159, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

F'.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 10 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 17 luglio 1975, n. 223, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. �101, 103 e 70 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 10 luglio 1975, n. 195, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 29 ottobre 1949, n. 826, art. 1, terzo comma (art. 112 della Costituzione). 


Sentenza 17 luglio 1975, n. 218, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

legge 4 agosto 1 '!55, n. 692, a.r+t. 2 e 4 (artt. 3, 23, 41 e 53 della Costituzione). 


Sentenza 10 luglio 1975, n. 201, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207 (artt. 2, 24 e 29, secondo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 10 luglio 1975, n. 195, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 261 e 262 (artt. 3, 24, secondo 
comma, e 101 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1975, n. 215, G. U. 23 luglio 1975, n.. 195. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 140, 141 e 143 (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1975, n. 186, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 32, settimo comma (artt. 48 e 51 
della Costituzione). 
Sentenza 10 luglio 1975, n. 203, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 21 ottobre 1964, n. 1013, art. 1 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). 


Sentenza 10 luglio 1975, n. 197, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 23 aprile 1965, n. 458 (artt. 2 e 18 della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1975, n. 190, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 21 (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 17 luglio 1975, n. 224, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

legge 21 luglio 1965, n. 903, artt. 3, primo c�omma, lett. h, e 5, secondo 
comma (artt. 38, 2, 3 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1975, n. 187, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 23 dicembre 1966, n. 1139, art. 6 (artt. 23 e 53, primo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1975, n. 185, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 18 marzo 1968, n. 238, art. 2 (artt. 38, 2, 3 e 53 della Costituzione). 


Sentenza 8 luglio 1975, n. 187, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24 (artt. 27, 24 e 3 della Costituzione). 


Sentenza 10 luglio 1975, n. 198, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, nella parte in cui limita l'applicabilit� 
delle dispo'sizioni dell'art. 18 alle sole imprese industriali, 
commerciali ed agricole, e nella parte in cui esclude l'applicabilit� 
delle disposizioni del titolo III � Dell'attivit� sindacale �, nei confronti 
dei datori di lavoro privati non imprenditori (artt. 3, 4, 35, primo 
comma, e 41, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1975, n. 189, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 1'8, nella parte in cui attribuisce 
in ogni caso al lavoratore, il cui licenziamento sia stato dichiarato invalido 
od inefficace, il diritto al risarcimento danni in misura non 
inferiore a cinque mensilit� di retribuzione (artt. 3, primo comma, e 
24, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 3 .luglio 1975, n. 178, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

legge 21 maggio 1970, n. 282, art. 5, lettera &J, nella parte in cui non 
estende l'amnistia ai reati. di falso in scrittura privata (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1975, n. 214, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 5, lettera b, nella parte in cui non 
estende l'amnistia ai reati di falso in scrittura privata (art. 3 della 
Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1975, n. 214, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 32 (artt. 3, 23, 41 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 10 luglio 1975, n. 201, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 1� dicembre 1970, n. 828, art. 9, secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 10 luglio 1975, n. 202, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge 11 giugno 1971, n. 426, art. 46 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 26 giugno 1975, n. 158, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

legge 4 agosto 1971, n. 592, art. 2-terdecies, primo comma (art. 3, primo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1975, n. 183, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

legge reg. Lombardia appr. 1~ marzo 1973 e riappr. 1 O maggio 1973 
(artt. 117 della Costituzione). 

Sentenza 17 luglio 1975, n. 221, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

d.I. 24 luglio 1973, n. 427, artt. 1 e 2 (art. 41 della Costituzione). 
Sentenza 10 luglio 1975, n. 200, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 
legge reg. Sicilia, appr. 20 dicembre 1974, (art. 17 dello statuto speciale 
per la Regione siciliana). 

Sentenza 3 luglio 1975, n. 175, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

legge reg._ Sicilia, appr. 21 dicembre 1974, art. 9, terzo comma (art. 17, 
lettera c, dello statuto speciale per la Regione sicilia~a). 

Sentenza 15 luglio 1975, n. 208, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 45, primo comma (artt. 3, 24 e 29 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 14 marzo 1975, G. U. 20 agosto 1975, 

n. 221. 
codice civile, art+. 278 e 279 (art. 30, primo, secondo e ultimo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 17 ottobre 1973, G. U. 27 agosto 
1975, n. 228. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATU~A DELLO STATO

86 

codice civile, art. 468, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello dell'Aquila, ordinanza 17 marzo 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

codice civile, art. 1901 (artt. 41 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1975, G. U. 9 luglio 
1975, n. 181. 

codice civile, art. 1901, secondo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Pizzo, ordinanza 11 marzo 1975, G. U. 9 luglio 1975, 

n. 181. 
codice civile, art. 2059 (artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Padova, ordinanza 22 marzo 1973, G. U. 27 agosto 
'1975, h. 228. 

codice civile, art. 2946 (art. 36 della Costituzione). 

Giudice del lavoro del tribunale di Lecce, ordinanza 23 aprile 
1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. 

codice di pl'ocedura civile, art. 140 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 17 marzo 1975, G. U. 6 agosto 1975, 

n. 209. 
codice di procedura civile, art. 316 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Luc�a, ordinanza 20 dicembre 1974, G. U. 9 luglio 
1975, n. 181. 

codice di procedura civile, art. 409 (artt. 3 e 35 della Costituzione). 

Giudice del lavoro del tribunale di Napoli, ordinanza 25 febbraio 
1975, G. U. 23 luglio 1975, n. 195. 
Pretore di Napoli, ordinanza 23 aprile 1975, G. U. 27 agosto 1975, 

n. 228. 
codice di procedura civile, art. 409, .primo comma, quarto paragrafo 
(artt. 25, primo comma, e 3, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Civitavecchia ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 23 luglio 
1975, n. 195. 

codice di procedura civile, art. 409, n. 5 (artt. 3, 4, primo comma, 35, 
primo comma, e 102 della Costituzione). 

Pretore di Grottaglie, ordinanza 9 maggio 1975, G. U. 20 agosto 
1975, n. 221. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura civile, art. 416, secondo comma (artt. 3 e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Oppido Mamertina, ordinanza 26 aprile 1975, G. U. 
23 luglio 1975, n. 195. 

codice di procedura civile, artt. 429, ultimo comma, e 431, primo e secondo 
comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Scicli, ordinanza 7 marzo 1975, G. U. 16 luglio 1975, 

n. 188. 
codice di procedura civ�ile, artt. 545, quarto ed ultim� comma (artt. 3, 
primo comma, 24, primo comma, e 28 della Costituzione). 

Tribunale di Vicenza, ordinanza 14 marzo 1975, G. U. 9 luglio 
1975, n. 181. 

codice penale, art. 81, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Silandro, ordinanza 24 gennaio 1975, G. U. 16 luglio 
1975, n. 188. 

codice penale, art. 164, n �. 2 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 24 febbraio 1975, G. U. 16 luglio 
1975, n. 188. 

codice penale, art. 164, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Biella, ordinanza 10 giugno 1974, G. U. 27 agosto 
1975, n. 228. 

codice penale, art. 168, n. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 17 aprile 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

c�odice penale, art. 176 p.p. e cpv. (artt. 3 p.p. e 27, terzo comma, 
della Costituzione). 

Gi�dice di sorveglianza del tribunale di Oristano, ordinanza 19 
aprile 1975, _G. U. 30 luglio 1975, n. 202. 

codice penale, art. 176, secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). 


Tribunale di Palermo, ordinanza 23 gennaio 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

88 

codice penale, art. 2122, primo comma (art. 32, secondo comma, della 
Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Piacenza, ordinanza 30 gennaio 
1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. 

codice penale, art. 341, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Abbiategrasso, ordinanza 26 novembre 1974, G. U. 2 
luglio 1975, n. 174. 

codice di .procedura penale, art. 226-ter (artt. 25, 101 e 112 della 
Costituzione). 

Pretore di Foligno, ordinanza 13 gennaio 1975, G. U. 20 agosto 
1975, n. 221. 

codice di procedura penale, artt. 226-ter e quater (artt. 101, secondo 
comma, 108 cpv., 109 e 112 della Costituzione). 

Pretore di Tivoli, ordinanza 24 aprile 1975, G. U. 27 agosto 1975, 

n. 228. 
codice di procedura penale, artt. 304-bis e 364 (artt. 24 e 3 della Costituzione). 


Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 13 febbraio 
1974, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

codice di procedura penale, art. 390 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 24 febbraio 1975, G. U. 9 luglio 1975, 

n. 181. 
codice della navigazione, art. 653 (artt. 3 e 35 della Costituzione). 
Pretore di Napoli, ordinanza 23 aprile 1975, G. U. 27 agosto 1975, 

n. 228. 
codice penale militare di pace, art. 264 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 21 marzo 1975, 

G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 
codice penale militare di pace, art. 264 (artt. 3 e 25, primo comma, 
della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale militare territoriale di Padova, 
ordinanza 15 aprile 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice penale militare di pace, art. 270 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Tribunale militare territoriale di La Spezia, ordinanza 16 aprile 
1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. 

d.I. 15 marzo 1923, n. 692, art. 1, secondo comma (art. 36 della Costituzione). 
Giudice del lavoro del Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 
1974, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 11 novembre 1974 (due), G. U. 2 luglio 
1975, n. 174 e 23 luglio 1975, n. 195. 

r.d. 13 maggio 1'929, n. 928, art. 13 (art'. 38, secondo comma, della 
Costituzione). 
Corte d'appello di Venezia, ordinanze 30 maggio 1973 e 27 giugno 
1973, G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

r.d. 6 luglio 1931, n. 981, art. 4,1, primo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 25 giugno 1974, G. U. 
2 luglio 1975, n. 174. 

legge 3 dicembre 1931, n. 1580, art. 1 (artt. 3, 32, 38 della Costituzione). 


Pretore di Mestre, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 2 luglio 1975, 

n. 174. 
r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 24 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale per i minorenni di Ancona, ordinanza 5 agosto 1974, 
G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 
r.d.I. 24 luglio 1934, n. 1404, art. 24, secondo, quinto e sesfo comma 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna, ordinanza 10 febbraio 
1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. 

r.d. 11 ~arzo 1935, n. 281, art. 55 (artt. 5 e 128 della Costituzione). 
Pretore di Fiorenzuola D'Arda, ordinanza 27 marzo 1975, G. U. 
9 luglio 1975, n. 181. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

90 

r.d.I. 19 gennaio 1939, n. ~94, artt. 1, 2 e 15 (art. 41 della Costituzione). 
Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 9 maggio 1975, G. U. 6 agosto 
1975, n. 209. 

r.d. 5 giugito 1939, n. 1016, artt. 18, 3,2, primo, quarto e sesto comma, 
43 e 7 (artt. 117 della Costituzione). 
Pretore di Poggibonsi, ordinanza 24 marzo 1975, G. U. 6 agosto 
1975, n. 209. 

r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore _J'.li Orvieto, ordinanza 18 aprile 1975, G. U. 9 luglio 1975, 

11. 181. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26, primo, secondo e terzo comma (art. 24, 
primo e secondo comma, della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 8 febbraio 1975, G. U. 9 luglio 1975, 

n. 181. 
legge 17 agosto 1942, n. 907 (artt. 41 e 43 della Costituzione). 

Tribunale.di Forl�, ordinanze 13 dicembre 1974 (G.U. 23 luglio 
1975, n. 195), 17 gennaio 1975, 21 gennaio 1975, 28 febbraio 1975 
(30 luglio 1975, n. 202). 

Corte di appello di Catanzaro, ordinanza 24 gennaio 1975, G. U. 
9 luglio 1975, n. 181. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della 
Costituzione). 

Corte suprema di cassazione, ordinanza 11 novembre 1974, G. U. 
2 luglio 1975, n. 174. 
Tribunale di Catanzaro, ordinanza 12 dicembre 1974, G. U. 16 luglio 
1975, n. 188. 

legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31 (artt. 42, 24 e 113 della Costituzione). 


Corte d'appello di Palermo, ordinanza 6 dicembre 1974, G. U. 20 
agosto 1975, n. 221. 

d.I. 6 maggio 1948, n. 654, art. 3, secondo comma (artt. 101, secondo 
comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 18 ottobre 1974, G. U. 
23 luglio 1975, n. 195. 



PARTE JI, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180,_art. 1 (artt. 3, primo comma, 24, primo 
comma, e 28 della Costituzione). 
Tribunale di Vicenza, ordinanza 14 marzo 1975, G. U. 9 �luglio 
1975, n. 1.81. 

legge 28 agosto 1950, n. 860, art. 5 (artt. 3 e 38, secondo comma, 
della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, ordinanza 13 novembre 1974, G. U. 
9 luglio 1975, n. 181. 

legge 20 dicembre 1951, n. 1564, art. 1 (artt. 3 e 38, secondo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 28 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
d.P.R. 21 maggio 1953, n. 568, art. 26 (artt. 3e 38, secondo comma, 
della Costituzione). 
Corte d'appello di Venezia, ordinanza 13 novembre 1974, G. U 
9 luglio 1975, n. 181. 

d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 3. (artt. 3, 29 e 31 della Costituzione). 
Giudice del lavoro del tribunale di Genova, ordinanza 18 febbraio 
1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. 

d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 6 (artt. 3, 24, 25 e 77 della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Larino, ordinanza 28 dicembre 
1974, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 

d.l.P. reg. Sicilia 29 ottobre 1955, n. 6, art. 253 (artt. 103, secondo 
comma, 97, primo comma, e 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, sezione giurisdizionale, ordinanza 24 maggio 1974, 

G. U. 27 agosto 1975, n. 228. 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, terzo comma (art. 13 della 
Costituzione). 

Pretore di San Cipriano Picentino, ordinanza 24 .febbraio 1975, 

G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 
legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 15 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 11 novembre 1974, G. U. 23 luglio 
1975, n. 195. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, dodicesimo e quattordicesimo 
comma (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). 
Pretore di Scicli, ordinanza 9 maggio 1975, G. U. 27 agosto 1975, 

n. 228. 
d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1223, art. 34 (art. 40 della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Lucera, ordinanze 20 marzo 
1975, G. U. 30 .luglio 1975, n. 202. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 102 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di San Sosti, ordinanza 15 marzo 1975, G. U. 2 luglio 1975, 
n. 174. 
legge 23 ottobre 1960, n. 1196, art. 74, second�o comma (artt. 3 e 40 
della Costituzione). 

Pretore di Catania, ordinanza 26 febbraio 1975, G. U. 20 agosto 
1975, n. 221. 

d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 481 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Corte d'appello di Venezia, ordinanza 7 dicembre 1970, G. U. 2 luglio 
1975, n. 174. 

legge 2 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte d'appello di Potenza, ordinanza 30 aprile 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

d.P.R. 24 agosto 19�63, n. 1331, art. 2 (artt. 3 e 38, secondo comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 28 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1'124, art. 3 <artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Lecco, ordinanza 6 maggio 1975, G. U. 20 agosto 1975, 
I'!� 221. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3, 24, 35 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Pistoia, ordinanza 25 marzo 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3, primo comma, e alt. 4, n. 38 (artt. 3, 
primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Alba, ordinanza 27 febbraio 1975, G. U. 2 luglio 1975, 

n. 174. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, primo c:omma, nn. 1l e 2) (artt. 3, 
primo comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Giudice del lavoro del tribunale di Genova, ordinanza 29 aprile 
1975, G. U. 30 luglio 1975, n. 202. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10, primo comma, e 131 (artt. 3, 4, 
24, 32 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 24 gennaio 1975, G. U. 23 luglio 
1975, n. 195. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11, primo c:omma (art. 24, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 
Giudice del lavoro del tribunale di Rovigo, ordinanza 4 aprile 
1975, G. U. 16 luglio 1975, n. 188. 

d.I. 29 marzo 1966, artt. 128 e 1, terzo c:omma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 25 giugno 1974, G. U. 
2 luglio 1975, n. 174. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, �primo c:omma� (artt. 3, primo comma, 
e 37, primo comm\l, della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 11 dicembre 1974, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

legge 31 ottobre 1966, n � .' 941, articolo unic:o (artt. 23 e 53 della Costituzione). 


Corte d'appello di Torino, ordinanza 10 gennaio 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

d.I. 27 giugno 1967, n. 460, art. 5 (artt. 3, primo comma, 41, terzo 
comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). 
Consigli-0 di Stato, quarta sezione, ordinanza 7 febbraio 1975, 

G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 
d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, art. 13, secondo e terzo c:omma (artt. 10, 
primo comma, e 11 della Costituzione). 
Corte d'appello di Roina, ordinanza 10 aprile 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

legge 28 marzo 1968, n. 370, artt. 3, 6, 11, 12 e 15 (artt. 3, 18 e 24 
della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Bolzano, ordinanza 21 maggio 1975, G. U. 
6 agosto 1975, n. 209. 


94 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 2' aprile 1968, n._ 482, art. 15 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Fiorenzuola d'Arda, ordinanza 27 marzo 1975, G. U. 
9 luglio 1975, n. 181. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Potenza, ordinanza 30 aprile 1975, G. U. 30 luglio 
1975, � n. 202. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 57 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, ordinanza 2 maggio 1973, G. U. 2 luglio 
1975, n. 174. 

legge 13 giugno 1969, n. 282, art. 6, secondo comma (artt. 3, 18 e 24 
della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Bolzano, ordinanza 21 maggio 1975, G. U. 
6 agosto 1975, n. 209. 

d.I. 19 dicembre 1969, n. 947, artt. 15, 16 e 34 (artt. 10, primo comma, 
e 11 della Costituzione). 
Corte d'appello di Roma, ordinanza 10 aprile 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 5 e 18 (artt. 3 e 24, secondo 
comma, della Costituzione). � 

Pretore di Francavilla Fontana, ordinanza 9 novembre HJ74, G. U. 
9 luglio 1975, n. 181. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 11, sesto comma, e 34 (artt. 2 e 3 
della Costituzione). 

.Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 12 aprile 1975, G. U. 
6 agosto 1975, n. 209. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 32 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1975, G. u, 9 luglio 
1975, n. 181. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Messina, ordinanza .13 marzo 1975, G. U. 16 luglio 
1975, n. 188. 

d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 67 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 12 aprile 1975, G. U. 
6 agosto 1975, n. 209. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 95 

d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434, art. 7 (art. 76 della Costituzione). 
Pretore di Pistoia, ordinanza 13 marzo 1975, G. U. 27 agosto 1975, 

n. 228. 
legge 11 giugno 1971, n. 426, artt. 2 e 24 (art. 41 della Costituzione). 

Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 9 maggio 1975, G. U. 6 agosto 
1975, n. 209. 

legge 4 agosto 1971, n. 59.2, art. �2�terdecies, primo comma (artt. 3, 24, 
42 e 113 della Costituzione). 

Tribunale di Cosenza, ordinanza 15 gennaio 1975, G. U. 16 luglio 
1975, n. 188. 

legqe 9 ottobre 1971, n. 825, art. 2 (art. 24 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 2 (art. 27 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 2 (artt. 3, 4, 29, 31, 35, 37 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, della 
Costituzione). 

Corte di appello di Trieste, ordinanze 29 nov�mbre 1974 (tre) 

(G. U. 16 luglio 1975, :ti. 188 e 23 luglio 1975, n. 195) e 6 dicembre 
1975 (G. U. 16 luglio 1975, n. 188). 
Cort� di appello di Bologna, ordinanza 21 febbraio 1975, G. U. 
30 luglio 1975, n. 202. 
Corte di appello di Torino, ordinanza 21 marzo 1975, G. U. 30 
luglio 1975, n. 202. 

legge 2�2 ottobre 1nl, n. 865, artt. 16 e seguenti (artt. 3, 42, 53 e 97 
della Costituzione). 

Corte d'appello di Caltanissetta, ordinanze 12 � 19 febbraio 1975, 

G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 20 (artt. 3 e 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Corte d'appello di Bari, ordinanza 11 dicembre 1974, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

96 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 


Corte d'appello di Caltanissetta, ordinanze 12 e 19 febbraio 1975 
(quattro), G. U. 2 luglio 1975, n. 174. 

d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, art. 5, primo comma (artt. 76 e 77, 
primo comma, della Costituzione). 
Pretore � di Modena, ordinanza 13 maggio 1975, G. U. 6 agosto 
1975, n. 209. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 2, secondo comma, e parte dell'art. 35 
(artt. 3, 25 'e 66 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Spoleto, ordinanza 8 
aprile 1975, G. U. 6 agosto 1975, n. 209. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 15, 16, 17, 19, 20 e 30 (art. 24 della 
Costituzione). 
Pretore di Livorno, ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 30 luglio 
1975, n. 202. 

d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Castelnuovo Garfagnana, ordinanza 1� marzo 1975, G. U. 
2 luglio 1975, n. 174. �� 

d.I. 24 l_ugllo 1973, n. 426, art. 1, primo, secondo e terzo comma (artt. 3 
e 24 della Costituzione). 
Pretore di Napoli, ordinanza 28 marzo 1975, G. U. 2 luglio 1975, 

n. 174. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4 (artt. 2, 3, 4, 13, 15, 24, 27, 
29, 31, 35, 37, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 24 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 
202. 
Pretore di Arona, ordinanza 26 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 
n. 
202. 
Pretore di Livorno, ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 
n. 202. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4, lettera a (artt. 76, 3, 29, 31, 
primo comma, 53, primo comma, e 27 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 16 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1 (artt. 1, 3, 4, 13, 15, 24, 29, 31, 
� 35, 37, 53, 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Arona, ordinanza 26 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 

-PARi_TE< II, _"'l.EGISIIAZIONE,; 97 

Pretore dt Liv,orno, ordinanza 29 aprile 1975, G. U. 30 -luglio 1975, 
n.. 202. � 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 1, 46, 56 e 57 (art. 27 della Costituzione). 
. . . 

Pretore di Liv�rno, ordinanza 29 aprlle l975, .G. U. 30 lugli� 1975, 

n. 202. 
d.P.R. 29 settembre �19173, n. 600, art. 1, terzo comma, (artt. 76, 3, 29, 
31, primo comma, 53, primo comma, e 27 della Costituzione). 
Pretore di Mil�no, ordinanza 16 aprile 1975, G. U. 30 luglio 1975, 

n. 202. 
d.I. 5 novembre 1973, n. 660 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Ferrara; ordinanza 24 �prile 1975, G. �. 27 agosto 
1975, n. 228. 


legge 1 O dicembre 1973, n. 814, artt. 1, 3 e 4 (artt. 3, 42 e. 136 della 
Costituzione). 

Tribunale di Agrigento, ordinanza 3 dicembre 1974, G. U. 23 luglio 
1975, n. 195. � 

d.I. 22 dicembre 1973, n. 834 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Ferrara, ordinanza 24 aprile 1975, G. U. 27 agosto 
1975, n. 228. 

d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, art. 1, primo e secondo comma (art..3 
della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 22 aprile 1975, .G� U. 27 agosto 
1975, n. 228. 

d.I. 19 giugno 1974, n. 236, art. 1, secon.do comma (artt.. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 13 dicembre 1974, G. U. 20. agosto 
1975, n. 221. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, _art. 55 (artt. 25, secondo comma, 
e 117 _della costituzione). 

Tribunale di Pisa, ordinanza 14 aprile 1975, G. U. 6 agosto 1975, 

n. 209. 
legge 12 agosto 1974~ n. 35�1, art. 1, primo comma, parte li (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Pretore di Ancona, ordinanza 24 aprile 1975, G. U. 16 luglio' 1975, 

n. 188. 
14 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

98 

le99e prov. Trento 7 ottobre 1974, n. 27 (art. 41 della Costituzione). 

Pretore di Trento, ordinanza 21 aprile 1975, G. U. 23 luglio 1975, 

n. 195. 
le99e prov. Trento 7 ottobre 1974, n. 27, art. 2, primo c:omma (artt. 5 
e 9, n. 3, del t.u. dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 

Pretore di Rovereto, ordinanza 21 aprile 1975, G. U. 9 luglio 1975, 

n. 181. 
le99e 14 ottobre 1974, n. 497, art. 1 (art. 24 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Padova, ordinanza 4 febbraio 
1975, G. U. 20 agosto 1975, n. 221. 

le99e U aprile 1975, n. 110, art. 4, sec:ondo e terzo c:omma (artt. 13, 
terzo comma, 17, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione). 


Pretore di Milano, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 27 agosto 1975, 

n. 228. 
le99e 9 ma99io 1975, n. 153, art. 27 (artt. 116, 117 e 118 della Costituzione). 


Regione della Valle d'Aosta, ricorso depositato 1� luglio 1975, 

n. 16, G. U. 9 luglio 1975, n. 181. 
le99e 9 ma99io 1975, n. 153, art. 27 (artt. 3, ultimo comma, 8 n. 21, 
16, 38, 49 e 51 dello statuto speciale). 

Provincia di Bolzano, ricorso depositato 4 luglio 1975, G. U. 16 
luglio 1975, n. 188. 
Provincia di Trento, ricorso depositato 4 luglio 1975, G. U. 16 
luglio 1975, n. 188. 

le99e 9 ma99io 1975, n. 153, art. 27 (artt. 3, lettera d, e 6 dello statuto 
speciale). 

Regione Sardegna, ricorso depositato 4 luglio 1975, n. 19, G. U. 
16 luglio 1975, n. 188. 

le99e 22 ma99io 1975, n. 152, artt. 27 e 28 (artt. 3, primo comma, 25, 
primo comma, 102, primo comma, e 112 della Costituzione). 

Pretore di Galatina, ordinanza 26 maggio 1975, G. U. 20 agosto 
1975, n. 221. 

d.P.1R. 2 lu91io 1975, n. 288, art. 1 (artt. 20, 21, 36 e 43 dello statuto 
della reg. Sicilia). 

Regione ~icilia, ricorso depositato 9 agosto 1975, n. 20, G. U. 20 
agosto 1975, n. 221. 



CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Amministrazione dello Stato -Danni prodotti wd altra Amministrazione 

o ad Azienda autonoma -Imputazione spesa. 
Se la spesa occorsa per la rimessa in efficienza di una strada statale 
danneggiata da un automezzo di propriet� di una Amministrazione dello 
Stato debba restare a carico dell'ANAS ovvero debba essere imputata al 
bilancio dell'Amministrazione proprietaria dell'automezzo (n. 378). 

Amministrazioni dello Stato -Rapporti -Vaglia 'postale emesso a favore 
di P.A. -Mancato incasso nei termini -Conseguenze -(D.P.R. 29 marzo 
1973, n. 156, art. 112). 

Se, tenuto conto delle distinte esigenze contabili e di bilancio di 
ciascuna Amministrazione dello Stato, l'Amministrazione P.T. sia tenuta 
a pagare l'importo di vaglia postali emessi in favore di altra Amministrazione 
dello Stato e da questa non incassati nei termini di prescrizione stabiliti 
dall'art. 112 D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (n. 379). 

APPALTO 

Appalto di opera pubblica -Fallimento dell'appaltatore -Conseguenza 


(D.R.L. 16 marzo 1942, n. 267, art. 81). 
Se il fallimento dell'appaltatore comporti la risoluzione �utomatica 
del contratto di appalto stipulato con la P.A. ed avente ad oggetto la costruzione 
di un bacino galleggiante per la marina militare (n. 380). 

Se, a causa del fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, possono 
addebitarsi al medesimo penalit� o danni dipendenti dalla cessazione delle 
prestazioni conseguente al fallimento (n. 380). 

CONSIGLIO DI STATO 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione della G.U. 
della Repubblica. 

Se gli atti amministrativi gi� di compentenza statale, per i quali fosse 
prevista'la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 
debbano essere ancora pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, anche 
dopo il trasferimento della competenza in materia alle Regioni a statuto 
ordinario (n. 7). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nel B.U. 
della Regione. 

Se �per gli atti amminiistrativi gi� di competenza statale, ora trasferita 
alle Regioni a statuto ordinario, debba effettuarsi la pubblicazione per 



100 

RASSEGNA .DELl/AVVOC::ATU'RA .DELLO STATO 

estratto anche nel Bollettino Ufficiale della Regione, allorch� lo Statuto 
regionale ovvero leggi ordinarie regionali prevedono tale forma di pubblicazione 
degli atti amministrativi regionali (n. 7). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione tanto nella 

G.U. della Repubblica quanto nel B.U. della Regione -'impugnativa Decorrenza 
del termine -(D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 e 5 
�� r.d. 17 agosto 19�7, n. 642, artt. J e 2) . 

. Se per gli atti amministrativi da pubblicarsi obbligatoriamente tanto 
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica che nel Bollettino Ufficiale della 
Regione, il termine per la impugnativa decorra, per i soggetti non contemplati 
direttamente dall'atto, dalla data della pubblicazione, sia essa qu�lla 
della Gazzetta Ufficiale ovvero quella del Bollettino Ufficiale (n. 7). 

CONTABILIT� DELLO STATO 

Amministrazioni dello Stato -Rapporti .:. Vaglia postale emesso a fav�re 
di P.A. -Mancato incasso nei termini -Conseguenze -(D.P.R. 29 marzo 
1973, n, 156, art. 112). 

Se, tenuto conto delle distinte esigenze contabili e di bilancio di 
ciascuna ,t\mministrazione dello Stato, l'Amministrazione P.T. sia tenuta 
a pagare l'importo di vaglia postali emessi in favore di altra Amministrazione 
dello Stato e da questa non �incassati nei termini di prescri-. 
zione stabiliti dall'art. 112 D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (n. 302). 

Contratti di pubbliche forniture -Revisione prezzi -Ritardato pagamento 
del compenso revisionale -Interessi -(R.D. 13 marzo 1910, n. 135, 
art. 50; R.D. 13 giugno 1940, n. 901, art. 4; l. 26 ottobre 1940, n. 1676; 

art. 4). � � 

Se l'a;rt. 50 delle Condizioni generali pei contratti di provviste, vendite 
e lavorazione per conto. della Marina approvate con r.d. 13 marzo 1910, 

n. 135, relativo. agli interessi dovuti in caso di ritardo nei pagamenti. da� 
parte dell'Amministrazione, si riferisca soltanto ai ritardi nei pagamenti 
dei prezzi contrattuali dei lavori e dell~ provviste per principio fissi ed 
invariabili ovvero anche ai ritardi nei pagamenti dei compensi revisionali 
(n. 303). 
FALLIMENTO 

Appalto di opera publica -Fallimento dell'appaltatore -Conseguenze 


(D.R.L. 16 g�ennaio 1942, n. 267, art. 81). 
Se il fallimento dell'appaltatore comporti la risoluzione automatica 

del .contratto di appalto stipulato con la P .A. ed avente ad oggetto la 

costruzione di un bacino galleggiante per la marina militare (ri. 145). 

Se, a causa del fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, possano 

addebitarsi al medesimo penalit� o danni dipendenti dalla cessazione delle 

prestazioni conseguente al fallimento (n. 145). 

�-


f 

~ 
~ 

I ~ 

f 

~,.,.,~,,~"~111'1MJW'~ 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

OPERE PUBBLICHE 

Appalto di opera pubblica -Fallimento dell'appaltatore -Conseguenze 


(D.R.L. 16 marzo 1942, n. 267, art. 81). 
� Se il fallim!=mto dell'appaltatore comporti la risoluzione automatica 
del contratto di appalto stipulato con la P.A. ed avente ad oggetto la 
costruzione di un bacino galleggiant~ per la marina militare� (n. 124). 
Se, a causa del falimento dell'appaltatore di opera pubblica, possano 
addebitarsi al medesimo penalit� o danni dipendenti dalla cessazione delle 
prestazioni conseguente al fallimento (n. 124). 

Opere pubbliche -Complessi immobi!.iari per servizi telefonici -Concessione 
d'opera -Compenso a corpo -Revisione prezzi -(L. 24 febbraio 
1929, n. 1137, art. 2; D.L.C;P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501). 

Se per la realizzazione di complessi immobiliari destinati a servizi 
telefonici statali sia legittima l'esecuzione nella forma della concessione 
d'opera con compenso a corpo od a forfait e, in caso affermativo, se e come 
sia applicabile la revisione dei prezzi (n. 125). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Opere pubbliche -Complessi immobiliari per servizi telefonici -Concessione 
d'opera -Compenso a corpo -Revisione prezzi -(L. 24 febbraio 
1929, n. 1137, art. 2; D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501). 

Se per la realizzazione di complessi immobiliari destinati a servizi 
telefonici statali sia legittima l'esecuzione nella forma della concessione 
d'opera con compenso a corpo od a forfait e, in caso affermativo, se e come 
sia applicabile la revisione dei prezzi (n. 149).