ANNO XXIV -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1972 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1972 



ABBONAMENTI 

ANNO ................................ L. 8.500 


UN NUMERO SEPARATO .....�............ � 1.500 


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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(2219055) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



INDICE 

Parte prima�: GIU,RISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Michele SavareseJ pag. 539 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdel/'
avv. Benedetto Baccari) � 573 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
tro de Francisci) 
CIVILE (a cura del/'avv. Pie
� 607 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo) . � 641 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafi/e) � 659 
Sezione sesto: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi) . � � � 723 
Sezione settimo� GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. 
Di Tarsia di Be/monte} . � 
Paolo 
� 731 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE . � . . pag. 115 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 125 
CONSULTAZIONI � 126 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BAFILE C., Sui nuovi problemi della solidariet� tributaria . . pag. 663 
DI TARSIA P., L'arresto dello straniero imputato di contrabbando 
. . . . . . . . . . . . 734 
DI TARSIA P., Principi giurisprudenziali sulla scelta del rito 
istruttorio dopo tre anni di applicazione del nuovo testo 
dell'art. 389 c.p.p. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 732 
FAVARA F., Statuto dei lavoratori, impiego pubblico statale, 
e riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativaJ 576 

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OJUJ<J9.A8 0�)U 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

Collocazione delle organizzazioni 
sindacali -Principio di eguaglianza 
dei cittadini -Compatibilit�, 
con nota di F. FAVARA, 576. 

-Contabilit� di Stato -Fermo amministrativo 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 551. 

-Delegazione amministrativa -.Delegazione 
intersoggettiva -Effetti 
-Responsabilit� del delegato 
nei confronti dei terzi, 622. 

APPALTO 

-Appalto stipulato da un Istituto 
Autonomo Case Popolari per incarico 
della Gestione INA-Casa 
(ora Gestione Case Lavoratori) ai 
sensi dell'art. 11 I. 28 febbraio 
1949, n. 43 -Diretta applicazione 
� ope legis � d,el Capitolato generale 
di appalto per le opere dipendenti 
dal Ministero dei Lavori 
Pubblici ai sensi dell'art. 80 t.u. 
28 aprile 1938, n. 116'5 -Esclusione 
,723. 

-Contratti di appalto ai quali sia 
applicabile l'art. 45 del Capitolato 
generale oo.pp. del 1895 Necessit� 
di formale notificazione 
del provvedimento dell'Amministrazione 
appaltante sulle riserve 
dell'appaltatore, ai fini della decorl'enza 
del termine di decadenza 
.�di trenta giorni previsto da 
quel Capitolato per la proposizione 
della domanda di arbitrato 
-Esclusione, 723. 

Contratti di appalto disciplinati 
dal Capitolato generale della Gestione 
INA-Casa -Richiamo contrattuale 
delle. norm,e del Capitolato 
generale statale � per tutto 
quanto non previsto e non specificato 
nel Capitolato generale 
INA-Casa � -Portata, 723. 

-Contratti di appalto stipulati da 

�enti pubblici sotto l'osservanza di 
Capitolati g1enerali propri degli 
stessi, p�er i quali la legge preveda 
che essi si uniformino al 
Capitolato generale statale -Na-tura 
contrattuale del Capitolato 
generale degli anzidetti Enti Sussiste 
-Carattere recettizio del 
rinvio contrattuale al Capitolato 
generale statale -Applicabilit� 
delle div.erse norme, ancorch� 
processuali, contenute in successivo 
Capito1ato generale statale Esclusione, 
723, 
ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atto collegial�e -Attivit� del 
Collegio -Convocazione ed ordine 
del giorno -Notificazione o 
spedizione per raccomandata Norme 
�eccezionali -Mancanza Consegna 
per camminatore o per 
posta ordinaria -Legittimit� Consiglio 
Superiore LL.PP., 657. 

-Atto coUegiale -Votazione -Tacita 
o implicita -Nozione -Ammissibilit� 
-Limite, 657. 

-Azione amministrativa -Norme 
relativ�e -Ius superveniens Applicabilit� 
-Presupposto e limite, 
651. 

-ConvaUda -Atto annullato in 
sede giurisdizionale -Impossibilit� 
di conv,aJida, 653. 

AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA 


-Distributol'e di carburante -Poteri 
del Prefetto -Elementi valutabili 
-Diniego -Motivazione 
-Necessit� -Criterio, 655. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Disposizioni processuali e sostanziali 
contenute nello Statuto dei 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lavoratori -Inapplicabilit� nei 

confronti dello Stato con nota di 

F. FAVARA, 576. 
- 
Procedimento per la repressione 
dei comportamenti antisindacali Comportamenti 
posti in essere 
nel settore del pubblico impiego 
-Proponibilit�, con nota di 

F. 
FAVARA, 575. 
- 
Sindacati -Potere di azione p�er 
la repressione dei comportamenti 
antisindacali -Autonomia rispetto 
al potere di azione spettante 
al lavoratore, con nota di 

F. FAVARA, 574. 
-Sospensione atto impugnato Ordinanza 
-Ricorsi ai Tribunali 
amministrativi regionali -Competenza 
del C.d.S. fino all'insediamento 
dei T.A.R. 643. 

-Tribunali amministrativi regionali 
-Norme intertemporali Art. 
42 1. n. 1034 del 1971, 643. 

- 
Tribunali amministrativi regionali 
-Ricorsi pendenti davanti al 

C.d.S. -Norma tr�ansitoria -Articolo 
38 1. n. 1034 del 1971, 643. 
- 
Tribunali amministrativi regionali 
-Ricorsi pendenti davanti 
al C.d.S. -Norma transitoria Art. 
38 1. n. 1034 del 1971 -Passaggio 
ai T.A.R. -Riferimento 
alla data di insediamento, 643. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Clausole -Incidenza sul contenuto 
dell'atto -Apprezzamento 
di fatto, 632. 

� Permesso � di estrazione di materiali 
dal letto dei fiumi -Convenzione 
attuativa -Concessione 
contratto, 631. 
CONTRATTI PUBBLICI 

-Licitazione privata -Esclusione Per 
inosservanza di prescrizioni 
previste nell'invito a pena di 
esclusione -Intervento nel provvedimento 
di esclusione del rappresentante 
deH'Amministrazione 
dei lavori pubblici -Legittiinit�, 
656. 

-Licitazione privata -Esclusione Per 
inosservanza di prescrizioni 

previste nell'invito a pena di 

esclusione -Legittimit�, 656. 

-Licitazione privata -Esclusione Per 
inosservanza di prescrizioni 
previste nell'invito a pena di 
�esclusione -Potere dell'Amministrazione 
di valutare l'essenzialit� 
della prescrizione -Insussistenza, 
656. 

-Licitazione privata -Esclusione Per 
inosservanza di prescrizioni 
previste nell'invito a pena di 
esclusione -Preventiva apertura 
di tutte le buste -Irrilevanza, 

656. 
COSA GIUDICATA 

- 
Esecuzione -Ricorso ex art. 27 

n. 4 -Sentenza A.G.O. di condanna 
al pagamento di somma di 
denaro -Ammissibilit� cl,el giudizio 
di ottemperanza -Deferimento 
della questione all'Adunanza 
Pa.enaria, 649. 
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Amministrazione dello Stato e 
degli Enti pubblici, Gioco d'azzardo, 
Previdenza e assistenza, 
Procedimento penate, Propriet� 
intellettuale, Regioni a statuto 
ordinario, Sicilia. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Demanio stradale -Ordine di ripristino 
-Competenza del Prefetto 
-Carattere comunale della 
strada -Irrilevanza -Provvedimento 
del Sindaco -Illegittimit�, 
643. 

-In tema di demanio -Demanio 
stradale -Ordine di ripristino Impugnativa 
-Proprietari di terreni 
finitimi -Non sono contrainteressati, 
643. 

-Strade -Tratturi e Trazzere ..: 
Poteri di vigilanza dell'Intendente 
di Finanza -Operazioni di 
riordino da parte del Commissario 
di reintegra dei tratturi -Limitazione 
del potere di vigHanza 
e repressione -Non sussiste, 607. 


INDICE VII 

EDILIZIA 

-Demolizione e sospensione lavori 
-Sospensione -Potere del 
Ministro LL.PP. ex art. 7, quarto 
comma 1. n. 765 del 1967 -connessione 
col procedimento di annullamento 
della licenza edilizia 
-Conseguenza, 647. 

-Licenza di costruzione -Annullamento 
d'ufficio -Annullamento 
ex art. 7, L. n. 765 del 1967 -Termine 
di 18 mesi -Decorrenza Accertamento 
delle violazioni Nozione 
-Contrasto di giurisprudenza 
-Deferimento al!'Adunanza 
Plenaria, 647. 

-Lfoenza di costruzione -Criteri 
e principi generali -Norme applicabili 
-Sono quelle vigenti 
alla data del provvedimento -Eccezioni, 
653. 

-Licenza di costruzione -Licenza 
in sanatoria -Deve essere conforme 
alle norme vigenti alla 
data del rilascio, 653. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Commissione di vigilanza -Attivit� 
di decisione e di intervento 
d'ufficio -Attivit� di decisione Contraddittorio 
-Instaurato solo 
con la Cooperativa e non con i 
soci interessati -Irritualit�, 650. 

Commissione di vigilanza -Attivit� 
di decisione e di intervento 
d'ufficio -Attivit� di decisione Irrituale 
formazione del contraddittorio 
-Illegittimit�, 650. 

-Costruzioni di alloggi a cura del!'
Amministrazione dei LL.PP. Delega 
all'l.A.C.P. estesa alla 
procedura di occupazione ed 
esproprio dell'area -Obbligo del 
delegante di anticipazione delle 
spese per l'esecuzione della delega 
, Non sussiste -Responsabilit� 
dell'l.A.C.P. verso il terzo 
danneggiato -Diritto di rivalsa 
nei confronti dell'Ente delegante 
-Limiti, 622. 

-Piani ex I. n. 167 del 1962 -Aree 
acquisibili -Aree edificate, 641. 

-Piani ex I. n. 167 del 1962 -Aree 
acquisibi.J.i -Aree edificate Norme 
sull'indennizzo -Principi 
generali, 641. 

-Piani ex I. n. 167 del 1962 -Aree 
acquisibili -Consistenza delle 
aree, 641. 

-Piani ex I. n. 167 del 1962 -Approvazione 
-Notifica del relativo 
decreto -Omissione -Irrilevanza 
sulla legittimit� del piano, 646. 

-Piani ex I. n. 167 del 1962 -Approvazione 
-Notifica del relativo 
decreto -Va fatta al proprietario 
catastale risultante alla data del 
decreto -Effetto sui termini per 
l'impugnazione, 646. 

-Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Destinazione 
delle aree -Limitazioni 
a� sfere giuridiche private Necessit� 
". Mancanza -Illegittimit� 
-Fattisp,ecie, 641. 

-Piani ex I. n. 167 del 1962 -Impugnative 
-Omessa presentazione 
di opposizioni nel corso del 
procedimento -Non preclude impugnazione 
dell'atto di approvazione, 
645. 

-Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Rapporti 
col ri>iano regolatore ancora 
inefficace -Impossibilit� di 
approvare il p.e.e.p., 646. 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

-Soppressione -Legge piemontese 
29 maggio 1855 n. 878, con nota 
di P.G.F., 573. 

ENTI PUBBLICI 

-Ente pubblico e privato -Controllo 
Corte dei Conti -Assoggettamento 
-Valutazione della 
particolare tenuit� del contributo 
statale -Criterio relativo -Assoggettamento 
del Club alpino 
italiano -Illegittimit�, 650. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Delegazione amministrativa 
Soggetti del rapporto, 622. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Modifiche nella !"ealizzazione dell'opera 
pubblica prevista -Par'
zia1e utilizzazione del fondo 
espropriato -Retrocessione -Disciplina, 
626. 

-Occupazione illegittima ultra 
biennale -Successivo decreto di 
esproprio Risarcimento del 
danno -Criteri, 610. 

-Rapporto espropriativo -Delegazione 
intersoggettiva -Effetti Responsabilit� 
del delegato nei 
confronti dei terzi -Espropriazione 
per p.u. -Soggetti del rapporto, 
610. 

FARMACIA 

-Concorso -Esaurimento del concorso 
-Avviene con la conclusione 
dell'attivit� della Commissione 
-Successive fasi -Irrilevanza 
sulla posizione dei concorrenti 
utilmente collocati in 
graduatoria, 651. 

Concorso -Esaurimento del concorso 
-Formazione della graduatorfa 
-Sopravvenienza della 1. 

n. 475 del 1968 -Irrilevanza Approvazione 
del concorso intervenuto 
solo successivamente Irrilevanza, 
652. 
GIOCO D'AZZARDO 

-Differenziazione di trattamento 
rispetto ai Casin� autorizzati Infondatezza 
della questione, 571. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Ricorso giurisdizionale -Giurisdizione 
esclusiva -Pretese patrimoniali 
-Previo ricorso gerarchico 
-Non occOTre, 658. 

-Ricorso giurisdizionale -In tema 
di Ente ospeda1iero -Classificazione 
dell'Ospedale -Dipendenti 
dell'Ospedale -Hanno interesse 
-Intervento in giudizio -Ammissibilit�, 
648. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Decadenza 
-PrescrizJ.one -Regime ante


riore alla 1. 2 febbraio 1960 n. 35 
-Termine triennale -Deconenza, 
718. 

-Concordato preventivo con cessione 
di beni -Non contiene obbligazioni 
di somme -Imposta 
proporzionale dell'art. 32 tariffa 
A della legge di registro -Non 
� dovuta, 706. 

-Enunciazione -Enunciazione di 
societ� di fatto -Negozio bancario 
di finanziamento in favore 
di societ� Connessione diretta Sussiste, 
678. 

-Forniture alle .Amministrazioni 
dello Stato -Legge 23 marzo 
1940 n. 283 -Natura -Eseruiione 
di cui all'art. 45 tabella D della 
legge di registro -� compatibile, 
692. 

-Prezzi e corrispettivi -Concessione 
di suolo pubblico -Canone 
-Costituisce, corrispettivo, 

721. 
-Solidariet� Enunciazione 
Soggetto partecipante all' atto 
� estraneo alla convenzione enunciata 
-� obbligato, 678. 

-Transazione -Legale in favore 
di persona giuridica -Autorizzazdone 
governativa -Rinuncia 
in corrispettivo di denaro -� 
atto di trasferimento, 659. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Azione in sede ordinaria -Termine 
di sessanta giorni dell'art. 52 
della 1. 19 giugno 1940, n. 762 Decorrenza 
-Ordinanza definitiva 
dell'Intendente .-Ricorso 
tarddvo al Ministro -Irrilevanza 
-Opposizione contro fa successiva 
ingiunzione -Inammissibilit�, 
681. 

Impresa agricola -Nozione -Pollicoltura 
in batteria -Costituisce 
impresa commerciale, 699. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Concetto di tassa -Canond per 
l'utilizzazione dei beni del demanio 
marittimo -Non sono tributi, 
683. 


INDICE IX 

-Diritti erariali sugli spettacoli Addizionale 
dell'art. 7 defila 1. 18 
febbraio 1963, n. 67 -Arrotondamento 
-Va eseguito sull'importo 
di ciascun biglietto, 713. 

-Domicilio fiscale -Trasferimento 
-D'autorit� ex art. 10 t.u. 

n. 645 del 1958 -Legittimit�, 653. 
-Imposte dirette -Azione di accertamento 
negativo -Pendenza 
della esecuzione esattoriale 
Ammissibilit� -Limiti, 709. 

-Imposte dirette -Azione ordinaria 
-Necessit� di preventiva pronuncia 
di una commissione -Opposizione 
del liquidatore di societ� 
dichiarato responsabile in 
proprio -Esclusione, 709. 

Imposte indirette -Azione ordinaria 
-Autonomia -Decisione di 
commissione -Termine semestrale 
-Domanda riconvenzionale 
-Inammissibilit�, 694. 

-Imposte indirette -Competenza 
e giurisdizione -Valutazione Grave 
ed evidente errol'e di apprezzamento 
contenuto nell'accertamento 
-Deducibilit� dinanzi 
all'A.G.O. -Esclusione, 686. 

-Imposte indirette -Ingiunzione Intimazione 
di seconda ingiunzione 
per lo stesso titolo -Legittimit�, 
718. 

-Imposte indirette -Solidariet� Imposta 
suppletiva di registro Opposizione 
-Litisconsorzio necessario 
-Non sussiste, con nota 
di C. BAFIL~, 664. ' 

-Imposte indirette -Solidariet� Notifica 
dell'accertamento di valore 
-Pluralit� di coobbligati Notifica 
ad uno soltanto -Nullit� 
dell'intero accertamento, 663. 

-Imposte indirette -Solidariet� Notifica 
dell'accertamento di valore 
-Pluralit� di coobbligati Notifica 
ad uno soiltanto -Validit� 
nei confronti del soggetto 
notificato_ -Irrilevanza verso gli 
altri, con nota di C. BAFILE, 663. 

-Imposte indirette -Valutazione Beni 
gravati da vincoli ed oneri Determinazione 
del valore venale 
in comune commercio, 697. 

-Imposte indirette -Valutazione Scelta 
dei criteri di stima -Competenze 
della Commissione di valutazione, 
686. 

ISTITUZIONE PUBBLICA DI ASSISTENZA 
E BENEFICENZA 

-Ente Ospedaliero -Classificazione 
-Mancanza di servizi ed attrezzature 
-Non impediscono 
l'emanazione del provvedimento 
di classifica, 648. 

-Enti ospedalieri -Classificazione 
-Provvedimento relativo Effetto 
costitutivo -Rilevanza 
sulle posizioni giuridiche di terzi 
-Sussiste -Fattispecie, 648. 

-In tema di Enti ospedalieri Classificazione 
-Enti mutualistici 
convenzionati con �l'Ospedale Hanno 
interesse, 649. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Interpr-etazione -Dubbi -Preferenza 
al significato conforme alla 
Costituzione, 642. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Interpretazione del contratto Accertamento 
del giudice di merito 
-Incensurabilit�, 607. 

PENSIONI 

-Pensione e quiescenza -Indennit� 
buonuscita E.N.P.A.S. -Vedova 
�ed orfani �sen2ia diritto a pensione 
-Esclusione -Art. 5 1. 

n. 1407 del 195�6 -Questione di 
incostituzionalit� -Non � manifestamente 
infondata, 658. 
PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Infortuni sul lavoro -Azione di 
regresso dell'INAIL -Elevazione 
del termine prescrizionale da uno 
a tre anni -Eccesso dai limiti 
della delega -Insussistenza, 563. 

PROCEiDIMENTO CIVILE 

-Giudizio di rinvio -Fatti modificativi 
o estintivi del diritto controV'erso 
-Rilevanza, 610. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Spese giudiziali -Distrazione Omessa 
pronunzia -Ricorso per 
Cassazione -Legittimazione, 610. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Assistenza dell'imputato in istruttoria 
-Ipotesi varie -Illegittimit� 
costituzionale parziale della 
normativa -Infondatezza e ma-� 
nifesta infondatezza delle altre 
questioni, 544. 

-Esame e confronto di testimoni a 
futura memoria -Mancata assistenza 
del dif�ensore -Illegittimit� 
costituzionale, 546. 

-Istruzione penale -Sc�elta del 
rito -Richiesta di istruzione formale 
-Contrasto tra G. I. e P. M. 
Elevazione del conflitto da parte 
del G. I., con nota di P. D. I TARSIA, 
732 , 

-Notificazioni -Consegna al portiere 
o a persona inferma di mente 
-Infondatezza deHa que.stione, 
557. 

-Notificazioni -Deposito nella casa 
comunale -Avviso al destinatario 
-Rilevanza della data di spedizione 
-Illegittimit� costituzionale 
della normativa, 557. 

-Nullit� nel processo penale Concernenti 
le parti private diverse 
dall'imputato -Mancata citazione 
della persona offesa Nullit� 
relativa -Soggetti legittimati 
a dedurla -Sono il P. M. 
e la persona offesa, 731. 

PROPRIET� INTELLETTUALE. 

-Diritto d'autore -Protezione del 
diritto morale -Opere fptografiche 
-Diversit�. di normativa per 
le opere italiane pubblicate al'
l'estero -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 539. 

-Diritto d'autore -Utilizzazione di 
musica leggera -Subordinazione 
al pagamento dei diritti d'autore 
alla SIAE -Illegittiinit� costituzionale 
-Esclusione, 539. 

REATI FINANZIARI 

-Contrabbando -Art. 139 legge 
doganale -Arresto dello straniero 
-Cittadini greci -ApplicabiJ.
it�, con nota di P. DI TARSIA, 
734. 

REGIONE. 

-Beni del demanio e del patrimonio 
indisponibile -Data di 
passaggio Esercizio � medio 
tempore � dei poteri di gestione Spetta 
allo Stato, 567. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Amministrazione delle F. S. Esercizio 
ferroviario -Presunzione 
di responsabilit� per l'esercizio 
di attivit� pericolosa -Inapplicabilit�, 
635. 

-Attivit� pericolosa -Colpa del 
danneggiato -Rilevanza -Interruzione 
del rapporto causale Estremi, 
635. 

SICILIA 

-Conflitto di attribuzione -Deliberazione 
dell'Ente sviluppo agricolo 
concernenti il personale Approvazione 
assessoriale -Spettanza 
del potere di concerto allo 
Stat�, 548: 

-Disciplina dell'orario dei negozi Legge 
regionale -Illegittimit� 
costituzionale parziale, 555. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

15 marzo 1972, n. 48 . pag. 539 
19 aprile 1972, n. 65 . 539 
19 aprile 1972, n. 63 . 544 
19 aprile 1972, n. 64 . 546 
19 aprile 1972, n. 66 . 548 
19 aprile 1972, n. 67 . 551 
4 maggio 1972, n. 76 . 555 
4 maggio 1972, n. 77 . 557 
4 maggio 1972, n. 78 . 563 
4 maggio 1972, n. 79 . 567 
4 maggio 1972, n. 80 . 571 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 20 novembre 1971, n. 3349 . pag. 573 
Sez. I, 16 marzo 1972, n. 778 . 607 
Sez. I, 20 marzo 1972, n. 850 . 723 
Sez. I, 13 aprile 1972, n. 1158 . 659 
Sez. I, 17 aprile 1972, n. 1204 . 610 
Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1357 . 663 
Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1358 . 678 
Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1362 . 681 
Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1363 . 683 
Sez. Un., 6 magg�io 1972, n. 1374 686 
Sez. Un., 6 maggio 1972, n. 1380 . 574 
Sez. Un., 9 maggio 1972, n. 1395 622 
Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1447 . 692 
Sez. I, 15 maggio 1972, n. 14~9 . 694 
Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1457 . 697 
Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1463 . 699 
Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1464 . 706 
Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1483 . 626 
Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1484 . 709 
Sez. I, 19 maggio 1972, n. 1525 . 713 
Sez. I, 19 maggio 1972, n. 1526 . 718 
Sez. I, 23 maggio 1972, n. 1576 . 631 
Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1680 . 721 
Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1805 . 664 
Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1944 . 663 



xn RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI APPELLO 

Milano, Sez. I, 17 marzo 1972. . . . . . . . . . . . . . pag. 635 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 1 marzo 1972, n. 4 . pag. 641 
Ad. Plen., 14 aprile 1972, n. 5 . 642 
Sez. IV, 7 marzo 1972., n. 163 . 645 
Sez. IV (Ord.), 10 mario 1972, n. 174 . 647 
Sez. IV, 10 marzo 1972, n. 178 . . . . 648 
Sez. IV, 14 marzo 1972, n. 181 . . . . 648 
Sez. IV (Ord.), 28 marzo 1972, n. 243 . 649 
Sez. IV, 11 aprile 1972, n. 250 . 650 
Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 312 . 650 
Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 316 . 651 
Sez. V, 14 marzo 1972, n. 168 . 653 
Sez. V, 14 aprile 1972, n. 242 . 653 
Sez. V, 26 aprile 1972, n. 306 . 655 
Sez. V, 26 aprile 1972, n. 341 . 656 
Sez. VI, 7 marzo 1972, n. 120 . 657 
Sez. VI (Ord.), 18 aprile 1972, n. 149 . 658 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. V, 22 febbraio 1972, n. 100 . pag. 731 
Sez. I, 25 febbraio 1972, n. 2174 . 732 
Sez. III, 24 aprile 1972, n. 415 . 734 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


LEGISLAZIONE 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I) Norme dichiarate incostituzionali pag. 115 

II) Questioni dichiarate non fondate 117 

III) Questioni proposte . 120 

INDICE BIBLIOGRAFICO . . . . . . 125 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Appalto . pag. 126 Imposta di bollo . pag. 130 
Bellez2le artistiche e Imposta di registro 131 
naturali . 126 Imposta di ricchezza 
Bonifica 127 mobile 131 
Concessioni amminiImposta 
di successione 131 
strative . 127 Imposte di fabbrica-
Contributi e finanzia-zdone ..... . 131 
menti. 127 Inf�rtuni sul lavoro 132 
Danni di guerra . 128 Pensioni 132 
Dazi doganali 128 Piani l'egolatori 133 
Difesa dello Stato . 128 Pl'ezzi 133 
Edilizia economica e Propriet� intellettuale 133 
popolare 129 �Requisizione 133 
Eseuczione forzata 129 Responsabilit� civile . 133 
Espropriaz. per pubServit�. 
134 
blica utilit� 129 Trasporto. 134 
Fallimento 130 Tributi locali 135 
Impiego pubblico 132 Vendita. 135 


PARTE PRIMA 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA'DELLO STATO 

540 

deUa P. A., la questione di Legittimit� costituzio11ale delfo d�sposizioni 
della legge' sui diritto d'1autore (Legge 22 arp'l'ile 1941, n. 633) che condiziona 
ml pagamento d.ei dirittJi dovuti alla SIAE la possibiliit� cl.i intmprendere 
attivit� cl.i utilizzazione, in p�bblico, di musica leggera (2). 

I 

(Omissis). -1. -Come viene posto in rilievo in narrativa, con 
l'orclinanza di rinvio vengono denunziati a questa Corte gli articoli da 
87 a 92 della legge 22 aprile 1941, n. 5,g.3, concernenti la disciplina 
speciale dei diritti relativi alle fotografie, in quanto non concedono ai 
rispettivi autori anche la protezione del diritto mo�rale di cui all'art. 20 
della legge stessa e 6 bis, comma primo, della Convenzione di Berna 
del 1886, riveduta a Bruxelles nel 1948, ratificata e resa esecutiva in 
Italia con la legge 16 febbraio 1953, n. 247, in riferimento all'art. 3 
della Costituzione, sotto il limitato profilo della disparit� ,di trattamento 
tra l'autore italiano �di cfotografia eseguita in Italia, che ha diritto 
soltanto alla minore protezione preveduta dalle norme 'denunziate 
ed altro autore, pure italiano, che avendo eseguita la fotografia 
in altro Paese aderente alla Convenzione �di Berna, avrebbe diritto 
anche in Italia alla maggiore protezione dall'art. 6 bis, comma primo, 
di detta Convenzione. 

2. -Cos� precisati i termini della questione, occorre, in via pregiudiziale, 
esaminare .le due eccezioni �di inammissibilt�, per difetto 
di rilevanza, sollevate, sotto diverso profilo, dal patrocinio della Societ� 
TOTAL e dall'Avvocatura generale dello Stato. 
Entrambe tali eccezioni risultano, peraltro, infondate: 

a) Secondo la TOTAL, infatti, il difetto di rilevanza dovrebbe 
ravvisar.si in quanto l'eventuale dichiarazione di illegittimit� delle 
norme denunziate avrebbe soltanto }'.effetto di far pel'dere all'autore 
di fotografie, costituenti opere protette, i pi� limitati diritti contemplati 
da dette norme, senza attribuire loro la maggiore protezione 
contemplata dall'art. 20 della legge n. 633 del 1941 e dall'art. 6 bis, 
comma primo, della Convenzione di Berna. 

Sul diritto d'autore in materia fotografica, v. G. FABIANI, Diritto d'autore, 
1963, 158 e segg. 

(2) La questione era stata .sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 2 aprile 1970 dal pretor.e penale di Chioggia (Gazzetta 
Ufficiale n. 150 del 17 giugno 1970). 
Per la ,sentenza 17 aprile 1968, n. 25, citata nel testo, relativa alla 

1. 22 aprile 1941, n. 633, v. in questa Rassegna, 1968, I, 1, 179; v. anche, 
per l'esclusione di una violazione della riserva di legge in relazione alle 
norme di itutellia del diiritto demaltldiailie sde opeoc-e di prubblrico dominio, Corte 
Cost., 15 aprile 1970, n. 58 in questa Rassegna, 1970, I, 1, 354 (cfr. anche 
Foro it., 1970, I, 1766 nota). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 541 

Senonch� � fa.elle obbiettare che, con l'ordinanza di rinvio, la 

di_chiarazione di illegittimit� � prospettata proprio in riferimento al 

diniego di quella ma�ggiore protezione, della quale, pertanto, tale di


chiarazione implicherebbe il riconoscimento. 

b) Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, invece, l'irrilevanza 

deriverebbe dalla natura di trattato � self-executing � della Conven


zione di Berna, per effetto della quale, una volta intervenute la rati


fica e � la piena ed intera esecuzione � conferite con la legge 16 feb


braio 1953, n. 247, dovrebbe ritenersi entrato, 1senz'altro, nel .nostro 

ordinamento giuridico il principio della protezione piena �estesa al ri


conoscimento anche del diritto morale dell'autore per le opere foto


grafiche. 

Ma dal testo del n. 1 dell'art. 4, nonch� da quello dell'art. 5 di 

detta Convenzione, chiaramente si evince che gli obblighi reciproci 

con essa assunti dai Paesi dell'Unione consistono nel riconoscimento, 

ciascuno nel proprio territorio, agli autori di altri Paesi aderenti al


l'Unione stessa, di diritti non inferiori a quelli attribuiti ai propri cit


tadini, nonch� dei diritti discendenti dalla Convenzione. 

Ne consegue che ben pu� un cittadino di altro Paese aderente 
all'Unione, autore di un'opera eseguita o pubblicata nel Paese di origine, 
ottenere in Italia una protezione della propria opera, riconosciutagli 
dalla legislazione del proprio Paese, maggiore di quella accordata 
dalla legislazione italiana ai propri cittadini, come pure' che ad un cit. 
tadino italiano autore di un'opera eseguita o pubblicata in altro Paese 
dell'Unione venga col� riconosciuta l'eventuale maggiore protezione 
dalla legislazione di quel Paese accol'data ai propri cittadini, o la pro


tezione discendente dalla Convenzione. 

Ma non consegue altres� che ad un cittadino italiano possa essere 

riconosciuta in Italia, anche per opera eseguita o pubblicata in altro 

Paese dell'Unione, protezione maggiore di quella accordata dalla le


gislazione italiana ad opera analoga eseguita o pubblicata in Italia da 

cittadini italiani. 

Se questo � il contenuto della Convenzione di Berna � evidente 

che, anche a considerarlo e self-executing �, la � piena ed intera ese


cuzione � disposta con la citata legge di ratifica non pu� far s� che, 

in esecuzione di essa, debba ritenersi estesa in Italia e nei confronti 

dei cittadini italiani la protezione del �diritto morale di autore alle 

opere fotografiche. 

3. -Le �Considerazioni che precedono dimostrano anche che la questione, 
cos� com'� stata prospettata, � de.stituita di fondamento. 
Come 1sopra si � posto in rilievo, presupposto della denunziata 
violazione del principio di eguaglianza � che il cittadino italiano autore 
di fotografie eseguite o pubblicate in altro Paese dell'Unione, nel 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quale sia ammessa la protezione .morale delle opere fotografiche, abbia 
diritto a tale maggiore protezione anche in Italia. 

Questo presupposto, alla stregua delle richiamate considerazioni, 
deve ritenersi insussistente: ne consegue che viene a mancare la disparit� 
di trattamento nella quale dovrebbe ravvisarsi la violazione 
del detto principio. -(Omiss.is). 

II 

(Omissis). -1. -Come si � esposto in narrativa, il presupposto 
logico e giuridico, sul quale poggiano le questioni prospettate con 
l'ordinanza di rinvio, constste nell'assunto che, in forza delle denunziate 
norme della legge n. 633 del 1941 (nonch� dell'art. 72 del t.u. 
delle leggi di p.s., richiamato ma non denunziato), la SIAE opererebbe, 
nel settore del mercato della musica leggera, in regime di monopolio 
di :fatto e di diritto o quanto meno in posizione dominante, con la .possibilit� 
di creare, per le sue caratteristiche obbiettive, situazioni di 
abuso e quindi illecite, avverso le quali gli interessati non avrebbero 
alcun rimedio giuridico per insorgere. 

Questo presupposto �, peraltro, errato. 

Anzitutto non pu� :parlarsi di monopolio neppure di fatto, poich� 
l'esclusiva dell'attivit� di intermediario accordata dal dem,mziato articolo 
180 della legge n. 633 del 1941 alla SIAE non .preclude all'autore, 
che ne abbia la volont� e la possibilit�, la protezione e l'esereizio 
diretto dei propri diritti, anche nel settore della musica leggera, particolarmente 
difficoltoso, in quanto non � certo agevole controllare 
esecuzioni, che si svolgono nei luoghi pi� disparati e remoti, senza 
quell'adeguata organizzazione capillare, di cui dispone la SIAE e che 
soltanto pochi autori .particolarmente dotati e, soprattutto, affermati, 
potrebbero, sia pure in misura ridotta, permettersi. 

Ma non pu� contestarsi che quella esclusiva ponga la SIAE in 
una indubbia posizione di preminenza, resa necessaria, peraltro, come 
risulta del resto da quanto si � test� rilevato dalle difficolt� che in 
molti casi presenta il .controllo delle attivit� che hanno per oggetto 
l'utilizzazione economica di opere protette. 

Questa posizione di preminenza, per� come la Corte ha avuto occasione 
di affermare con la sentenza n. 25 del 1968 pronunziata in 
altro giudizio, nel quale la legittimit� dello stesso art. 180 della legge 

n. 633 del 1941 veniva �contestata in riferimento all'art. 18 della Costituzione, 
trova piena e razionale giustificazione nell'esigenza �di interesse 
generale e, quindi, pubblico, di adeguata protezione del diritto 
di autore e di altri �diritti connessi, che il legislatore ha dconosciuto 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 543 

talmente rilevante da dover preordinare, al fine di soddisfarla, particolari 
mezzi di difesa e di tutela sia .penali sia civili. 

Tra questi ultimi va compresa l'istituzione stessa della SIAE definita 
appunto �Ente di diritto pubblico per la protezione e l'esercizio 
del diritto di autore �. 

Senonch� questa innegabile e rilevante esigenza di difesa e di 
tutela non pu� giungere fino a giustificare l'attribuzione, -sia pure ad 
un Ente �di diritto pubblico, di poteri arhitrari e, comunque, incontrollabili. 


Infatti, anche �se il regolamento per l'esecuzione della legge n. 633 
del 1941, approvato �con r.d. 18 maggio 1942, n. 1369, nel Capo J:I, relativo 
alla determinazione dei �compensi ed agli accertamenti tecnici, 
non contiene disposizioni particolari per la musica leggera, non per 
questo pu� ritenersi �che l'operato della SIAE in materia sia incontrollabile. 


Intanto, poich� quale ente di diritto pubblico la SIAE � soggetta 
a vigilanza 'governativa (in base all'art. 182 della legge n. 633 del 
1941 del Ministero della �cultura popolare, ora della Presidenza del 
Consiglio dei ministri), i Sl:loi atti sono soggetti ai comuni gravami in 
via amministrativa. 

Comunque, resta sempre aperta la via giurisdizionale sia amministrativa, 
ove si ritenga che la potest� di determinare i compensi 
incida su semplici interessi legittimi, sia ordinaria, ove si ritenga invece 
che incida su diritti perfetti. 

Infine � bene chiarire che la sanzione penale preveduta dal denunziato 
art. 171, lett. b, della legge n. 633 del 1941 colpisce non il 
rifiuto di accettare il compenso determinato e richiesto dalla SIAE 
ma l'esecuzione d~ll'opera senza aver corrisposto alcun compenso. 

2. -Dimostrato che il presupposto, sul quale poggiano le questioni 
in esame, � errato, � facile trarre le seguenti conseguenze. 
a) Poich� da quanto precede risulta che, ove il compenso richiesto 
dalla SIAE per l'esecuzione di musica leggera a chi intenda intraprendere 
tale attivit� sia ritenuto eccessivo, l'imprenditore ha i mezzi legali 
per far valere le proprie ragioni, se questi tali mezzi non usa 
oppure, avendoli usati, dette ragioni siano state dichiarate infondate, 
� evidente che l'imprenditore che persista nel non voler ritenere congruo 
tale compenso, non pu� pretendere di intraprendere egualmente 
quell'attivit� senza ledere il diritto dell'autore e, quindi, non pu� lamentare 
che sia lesa la sua libert� di iniziativa privata. 

Di qui l'inesistenza della denunziata violazione dell'art. 41 della 
Costituzione. 
b) La riconosciuta non fondatezza della questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 180 della legge n. 633 del 1941, l'applicabilit� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

544 

dell'art. 171, lett. b, della stessa legge non alle sole opere di musica 
leggera, le .particolari difficolt� del controllo dell'esecuzione di tali 
opere, il costante riconoscimento che non pu� ra,vvisarsi violazione 
del principio di eguaglianza quando a posizioni differenziate corrisponda 
una disciplina �differenziata, escludono che .possa ritenersi violato 
l'art. 3 della Costituzione sotto i vari profili prospettati con l'ordinanza 
di rinvio. 

c) L'art. 72 della legge di p.s. � una delle tante norme, comuni 
specie alle leggi fiscali, che subordinano l'emanazione di taluni atti 
amministrativi alla dimostrazione dell'avvenuto adempimento degli obblighi 
imposti da altre leggi. 

Come tale non pone alcun limite alla difesa dei propri diritti, 
perch� se, per avventura, l'obbligo all'adempimento del quale � subordinato 
non sussiste oppure � illegittimo, il richiedente pu�, dimostrandolo, 
impugnare nelle forme e nei modi di legge il rifiuto di 
rilascio dell'atto richiesto. 

La situazione �, quindi, ben diversa da quella che si riassume 
nel principio del solve et repefJe, in base al quale non si pu� procedere 
in via giudiziaria contro l'imposizione di un obbligo. (di solito 
fiscale) se prima tale obbligo non sia stato soddisfatto, salvo ad ottenere 
la relativa riparazione, in caso di vittoria. 

Anche la denunziata violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, 
sotto il profilo che l'art. 72 della legge di p.s. porrebbe in 
essere un vero e proprio caso di solve et repete, risulta, pertanto, 
insussistente. 

3. -Nessuna delle censure di illegittimit� costituzionale sopra esaminate 
investe specificatamente, poi, l'art. 15 della legge n. 633 del 
1941, che pure nell'ordinanza di rinvio risulta menzionato. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 63 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Mura ed altri (n.c.). 

Procedimento penale -Assistenza dell'imputato in istruttoria -Ipo


tesi varie -Illegittimit� costituzionale parziale della normativa 


Infondatezza e manifesta infondatezza delle altre questioni. 

(Cost., artt. 3, 24; c.p.c., artt. 304 bis, ter, quater, 366, 367, 231, 232, 225, 348, 
389, 392, 397, 398, 364, 372, 317 bis). 

In relazione agli artt. 3 e 24 deLla Costituzione, va. dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale (1): 

(1) Per tutti i precedenti dottrinali e giurisprudenziali cfr. Foro it., 
1972, I, 1155. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 545 

(Omissis). -1) dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, 
nella parte in cui non prevede il diritto di assistenza del difensore 
all'ispezione giudiziale di cui all'art. 309 del codice di procedura 
penale; 

2) dell'art. 304 ter del �codice di procedura penale, nella parte 
in cui non prevede che il difensore, senza che debba essere preavvisato, 
.possa tuttavia presenziar.e all'ispezione �di cui sopra; 

3)� dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, nella parte in 
cui non prevede il diritto �di assistenza del difensore agli atti di perquisizione 
personale; 

4) dell'art. 304 ter del �codice di procedura penale, nella parte in 
cui non prevede che il �difensore, senza che debba essere preavvisato, 
possa tuttavia presenziare alla detta perquisizione. 

V.anno, invece, dichiarate manifesta~nte infondate: 

1) la questione di legittiinit� costituzionale degli artt. 304 bis, 
ter e quater, 366 e 367 del codice di procedura penale, nella parte 
rigua~dante l'esclusione dell'assistenza della difesa all'interrogatorio 
dell'imputato, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzi()
ne, dal .giudice iswuttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari, essendo 
l'esclusione gi� dichiarata ille�gittima con sentenza n. 190 del 19�70; 

2) la questione di legittimit� co�stituzionale degli artt. 304 bis, 
ter e quat!er del codice di procedura penale, nella parte in cui � considerata 
facoltativa e non necessaria l'assistenza del difensore agli 
atti istruttori, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, 
dal giudice i�struttore �di Pesaro, trattandosi di questione gi� decisa 
con sentenza n. 62 del 1971; 

3) le questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 231 e 232 
del codice di procedura penale, nella parte riguardante la mancata 
assistenza del difensore agli atti di polizia giudiziaria compiuti rispettivamente 
dal pretore e dal Procuratore della Repubblica, sollevate, 
in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal �giudice istruttore 
di Pesaro e dal pretore di Cagliari, trattandosi di norme gi� dichiarate 
illegittime con le sentenze n. 86 del 1968 e n. 148 del 1969; 

4) la questione �di legittimit� costituzionale dell'art. 225 del co


dice di .procedura penale, nella parte riguardante la mancata assi


stenza della �difesa al compimento degli atti di sommarie informazioni, 

sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dagli 

stessi gtudici, trattandosi �di norma gi� dichiarata illegittima con la 

sentenza n. 86 del 1968. 

Vanno, infine, dichiiarate non fondwte1: 

1) la questione di legittimit� costituzionale, degli artt. 303, 304 
bis, ter e quater, 348, 349, 389, 392, 397 e 3�98 del codice di procedura 
penale, nella parte in cui non � compresa l'assistenza del difensore 
alla escussione delle prove testimoniali, soJ.levata, in riferimento 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

546 

agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalle ordinanze, elencate in epigrafe, 
dei giudici istruttori di Pesaro, Pisa, Roma, Matera e dai .pretori 
di Cagliari e Torino; 

2) la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 304 bis e 
364 del codice di procedura penale, nella parte in cui non comprendono 
l'assistenza del difensore ai confronti tra testi, tra testi ed imputati 
e tra coimputati, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della 
Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari; 

3) le questioni di legittimit� �Costituzionale dell'art. 304 bis del 
codice di procedura .penale, nella parte in cui non comprende l'assistenza 
del difensore agli atti di sequestro, nonch� agli atti di ispezione 
corporale, solJevate in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, 
dal giudice i'struttore di Pesaro; 

4) la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 304 quater 
e 320 del codice di procedura penale, nella parte in cui la durata del 
deposito in cancelleria degli atti istruttori � sottoposta ad un termine 
fissato dal giudice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, 
dal giudice istruttore di Pesaro; 

5) la questione di legittimit� costituzionale ,dell'art. 372 del codice 
di procedura .penale, nella parte in cui � stabilito il termine di 
deposito in cancelleria dei verbali di prova testimoniale e dei confronti, 
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, 
dai giudici istruttori di Pesaro e Roma e dal pretore di Torino; 

6) la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 304 ter, 
comma ultimo, e 317 bis del codice di procedura penale, nella parte 
in cui consenton!J di procedere, nei �casi di urgenza, senza darne avviso 
ai difensori o prima del termine fissato, sollevata, in riferimento 
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 64 -Pres. Chiarelli -
Rel. Bonifacio -Nicolotto (n.c.). 

Procedimento penale -Esame e confronto di testimoni a futura memoria 
-Mancata assistenza del difensore -Ille~ittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 24; c.p.p., artt. 304 bis, 357, 364). 

� costituzioinaLmente megittimo, in relazioine al diritto di difesa, 
l'art. 304 bis codice di proce.dura penale, limitatamente �aiia parte in 
cui es.elude il diritto del dife.nsore deU'imputato di assistere� roiia testimoinianza 
a futura memoria ed al confronto fra l'imputato e� testimone 
esaminato a futura memoria (1). 

(1) Per tutti i precedenti dottrinali e giurisprudenziali cfr. Foro it., 
1972, I, 1154. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 547 

(Omissis). -1. -L'oggetto del presente giudizio -quale risulta 
dalla parte finale dell'ordi~nza di rimessione, interpretata nel quadro 
dell'intera motivazione della stessa -� costituito dall'art. 304 bis 
del codice di procedura penale, nella parte in cui quest� disposizione, 
in contrasto col principio sancito nell'art. 24, secondo comma, della 
Costituzione, esclude il diritto del difensore dell'imputato di assistere, 
nella fase istruttoria, all'esame dei testimoni a futura memoria (articolo 
357 cpv.) ed al �confronto fra questi e l'imputato (art. 364). 

2. -Con sentenza (n. 63 del 1972), depositata in data di oggi, 
questa Corte ha accertato che non viola il diritto di difesa garantito 
dalla Costituzione la norma, desumibile dall'art. 304 bis .cod. proc. 
pen., secondo la quale al difensore non � consentito di assistere all'esame 
dei testi escussi nel �corso dell'istruttoria penale. A tale conclusione 
la Corte � pervenuta in base alla considerazione che siffatta 
disciplina, mentre da un canto trova giustificazione in esigenze inerenti 
al sistema dell'istruttoria delineato dal vigente ordinamento, non 
sacrifica definitivamente la difesa dell'imputato, giacch� la prova testimoniale, 
di regola, sar� ripetuta nel successivo dibattimento, salvo 
che pubblico ministero e parti consentano la semplice lettura del verbale 
istruttorio : di modo che il contraddittorio si dispiegher�, in 
quella sede, in tutta la sua pienezza, il difensore sar� in grado di 
richiedere che al teste siano rivolte tutte le domande pertinenti all'oggetto 
della testimonianza (art. 467) ed il giudice potr� decidere tenendo 
presenti le risultante acquisite al processo col dialettico intervento 
dell'accusa e della difesa. 
Queste ragioni, che giustificano l'esclusione del difensore dall'assistenza 
alla normale prova testimoniale, non sussistono, come � 
ovvio, nel caso della testimonianza a futura memoria. Questa, infatti, 
viene assunta con 1� speciali modalit� stabilite nel secondo comma 
dell'art. 357 -fra le quali � di particolare rilievo l'imposizione del 
giuramento -proprio in previsione dell'impossibilit� che il teste, a 
causa di infermit� o di altro grave impedimento, sia riesaminato in 
giudizio: al che puntualmente e razionalmente corrisponde l'inclusione 
della deposizione a futura memoria fra gli atti dei quali � consentita 
la lettura del verbale in dibattimento (art. 462, secondo comma). 
La legge, dunque, esclude che il difensore possa assistere ad un 
atto istruttorio che essa stessa prevede come irripetibile e, in tal 
modo statuendo, consente che sia definitivamente acquisita al processo 
una prova sulla quale la difesa non ha potuto, n� potr� in seguito, 
interloquire con quei mezzi (domande, contestazioni, ecc.) che, invece, 
essa � in grado di dispiegare a proposito della normale testimonianza, 
quando questa vien ripetuta in dibattimento. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� evidente che il contrasto fra la norma denunziata ed il principio 
costituzionale di raffronto non � atj;enuato n� dall'obbligo del 
giuramento, imposto al teste per renderlo pi� sensibile al dovere di 
obiettivit� e di verit�, n� dalla possibilit� di registrazione meccanica 
della esposizione, introdotta dall'art. 2 della legge 6 dkembre 1965, 

n. 1369: .queste modalit� di assunzione della prova dimostrano, certo,� 
che il legislatore ha avvertito la sua peculiarit� rispetto alla ;normale 
testimonianza, ma non valgono a legittimare il divieto dell'assistenza 
del difensore. Giova, al �contrario, rilevare che lo stesso ordinamento 
processuale offre elementi per una positiva valutazione dell'attuale 
questione di legittimit� costituzionale. Ed invero dall'art. 304 bis, nelle 
sue disposizioni originarie ed in quelle ora risultanti dalla ricordata 
sentenza n. 63 del 1972, si deduce che al difensore dell'imputato � 
consentito di assistere (oltre che all'interrogatorio, per il quale valgono 
le particolarissime ragioni esposte nella sentenza n. 190 del 1970) 
a quegli atti che sar� impossibile ripetere in dibattimento, qu9.nto 
meno nelle stesse' condizioni di tempo e di luogo in cui essi vennero 
compiuti durante l'istruttoria: la .dichiarazione di illegittimit� costit.zionale 
della norma ora in esame elimina una ingiustificabile disarmonia 
del sistema. 
3. -Le ragioni fin qui esposte valgono anche� a dimostrare la 
fondatezza della questione nella parte relativa alla esclusione del 
diritto del difensore di assistere al confronto fra imputato e teste 
assunto a futura memoria. Vero � che nella sentenza n. 63 � stata 
ritenuta non illegittima tale esclusione nel confronto fra testi e imputato 
o fra pi� imputati: ma � chiaro che nel caso di cui ora ci si occupa 
determinante per l'opposta conclusione � la previsione dell'irripetibilit� 
del confronto in sede dibattimentale. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 66 -Pr�es. Chiarelli -
Rel. Benedetti -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
dello Stato Savarese). �C. Presidente Regione Siciliana (avv. Guarino). 


Sicilia -Conflitto di attribuzione -Deliberazioni dell'Ente sviluppo 
agricolo concernenti il personale -Approvazione assessoriale Spettanza 
del potere di concerto allo Stato. 
(St. Reg. sic., artt. 14, 20, d.l.c.s. 5 agosto 1947, n. 778, artt. 10 e 11). 

Spetta aiio Stato, e per esso al Ministero per il teso-r6, di partecipare, 
me�iCLnte iL concerto previsto daU'art. 11 d.l.C.P.S. 5 agosto 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 549 

1947, n. 778, alia emanazione di provvedimenti di approvazione, da 
parte della Regione, deUe deiiberazioni deU'Ente di svituppo agricolo 

concernenti il trattamento economico del pernonale impiegatizio ed 
operaio (1). 
(Omissis). -1. -Col ricorso in esame sono state impugnate le 

deliberazioni nn. 139 e 140 del 30 aprile 1971 con le quali l'Ente di 
sviluppo agricolo in Sicilia ha disciplinato il trattamento economico 
del proprio personale impiegatizfo ed operaio, e la nota n. 2338/RA 
dell'll maggio 1971 con fa quale l'Assessore regionale dell'agricoltura 
e foreste ha dichiarato di �prendere atto � delle suddette deliberazioni. 

La difesa della Regione ha in via preliminare eccepito l'improponibilit� 
del ricorso sia nella parte che ha per oggetto le deliberazioni 
dell'E.S.A., sia nella parte che si riiferisce alla nota assessoriale. 

Per quanto riguarda le delibere esatto � il rilievo che non da 
tali atti, ma solo dal provvedimento di approvazione potrebbe derivare 
l'invasione di competenza lamentata nella specie dallo Stato ricorrente. 
La doglianza fondamentale sostenuta negli scritti difensivi del1'
Avvocatura si rivolge, infatti, essenzialmente al <provvedimento di 
controllo dell'organo regionale, a quella nota assessoriale cli approvazione 
delle delibere dell'E.S.A. che viene denunciata per essere stata 
emanata senza il previo concerto �con il Ministero del tesoro. 

Per quanto riguarda la nota dell'Assessore prive di rilievo IS'Ono 
le considerazioni svolte secondo le quali, essendosi l'Assessore limitato 
a � prendere atto � delle delibere, non ci si troverebbe in .presenza 
di un vero atto di approvazione da parte dell'organo regionale di. tutela 
e non sarebbe quindi .configurabile l'invasione di competenza 
statale addotta dal ricorrente. 

Il testo della nota non lascia adito a dubbi che l'espressione adoperata 
� si. prende atto � equivalga, nella specie, a una vera e propria 
approvazione. 

(1) La questione era stata sottoposta all'�esame della Corte con ricorso 
,del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 2 ottobre 1971, per 
conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione Siciliana sorto a seguito 
dell'atto dell'Assessore regionale. per l'agricoltura e le foreste n. 2338/RA 
dell'll maggio 1971, mediante il quale erano state approvate le deliberazioni 
dell'Ente di sviluppo agricolo per la Sicilia 30 aprile 1971, n. 139 e 

n. 140, concernenti il trattamento economico del personale impiegatizio 
ed operaio dell'Ente. 
La decisione 16 luglio 1968, n. 105 legg.esi in questa Rassegna, 1968, 
I, 1, 879; la decisione 11 luglio 1969, n. 127 legg.esi in Foro it., 1969, I, 2059, 
con note di richiami; v. anche F. SORRENTINO e CERRI, in Giur. Costit., 1968, 
1392, 1398. 

Per quanto concerne i riferimenti a Corte dei Conti, Sez. controllo enti, 
17 e 24 maggio 1966 e 7 marzo 1967, e le norme regolanti la trasformazione 
dell'Ente per la riforma fondiaria in Sicilia, v. Foro it., 1972, I, 1149. 



550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giova tener presente 1che le deliberazioni erano state adottate dal 
Consiglio di amministrazione dell'Ente in conformit� a quanto precedentemente 
deliberato dalla Giunta regionale col provvedimento n. 92 
del 28 aprile 1'971, citato' nella lettera assessoriale. L'organo di controllo 
regionale, con la nota di cui trattasi, accertava che le deliberazioni 
erano state predisposte in modo conforme al deliberato della 
Giunta e, in vista della esecutoriet� delle stesse, raccomandava all'Ente 
� l'assoluta necessit� di adottare... tutti gli atti cautelativi necessari 
per l'eventuale recupero di somme che dovessero essere dichiarate 
non dovute � al personale � anche a seguito dell'approvazione del 
definitivo regolamento �. 

L'atto assessoriale va quindi rettamente considerato come un 
formale provvedimento di approvazione delle delibere ed in relazione 
ad esso deve ritenersi legittimamente proposto il presente ricorso. 

2. -Venendo al merito occorre anzitutto rilevare che la questione 
prospettata � sostanzialmente identica a quelle che la Corte ha avuto 
occasione di decidere con le sue precedenti sentenze n. 1015 del 1968 e 
n. 128 del 1969: stabilire do� se per la ,validit� ed efficacia delle 
indicate deliberazioni dell'E.S.A. sia sufficiente la sola approvazione 
dell'Assessore o sia anche necessario il previo concerto con il Mini:stro 
per il tesoro previsto dall'art. 11 del d.l.C.P.S. 5 agosto 1947, n. 778 
e, nell'affermativa, se l'omissione di detta intesa comporti invasione 
della sfera di competenza statale, in violazione degli artt. 14 e 20 
dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione approvate 
con d.P.R. 7 maggio 1948, n. 789. 
Il profilo nuovo sul quale fa leva il patrocinio della Re1gione, per 
dimostrare che nel caso di specie non ricorre il presupposto di applicazione 
dell'art. 11 del d.l. n. 778, sarebbe costituito dal fatto che le 
due delibere dell'E.S.A. non possono essere considerate un regolamento 
organico del personale, sia per il contenuto limitato delle� loro 
disposizioni, unicamente afferenti al trattamento economico, sia per la 
loro temporanea efficacia, trattandosi di trattamento � provvisorio � in 
attesa dell'approvazione del definitivo regolamento organico. 

Ad avviso della Corte la parzialit� del contenuto dei provvedimenti 
e la loro provvisoriet� non rappresentano elementi validi a far 
ritenere che essi non abbiano carattere di regolamento organico. Quel 
che conta al fine della individuazione di detto carattere � il contenuto 
oggettivo delle deliberazioni ed � innegabile che, nel caso in esame, 
in cui il Consiglio dell'Ente ha inteso disciplinare in maniera organica 
e completa il trattamento economico �di tutto il proprio personale impiegatizio 
ed operaio, ci si trova di fronte a materia tipica di regolamento. 
Se si desse rilievo agli argomenti della parzialit� e della provvisoriet� 
addotti dalla difesa sarebbe agevole sottrarsi all'osservanza 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 551 

della procedura di approvazione .prevista dall'art. 11 del d.l. n. 778 del 
1947, mediante l'emanazione di singoli, parziali provvedimenti concernenti 
la disciplina giuridica ed economica del personale. 

Il merito della questione trova puntuale soluzione nelle precedenti 
sentenze emesse dalla Corte. In queste � stato gi� .precisato che 
l'E.S.A. � Ente di diritto pubblico al cui mantenimento lo Stato concorre 
con propri contdbuti, sicch� ad esso devono essere applicati gli 
artt. 10 e 11 del ripetuto d.l. n. 778 del 1947. 

Ad escludere l'intervento del Ministero del tesoro nella approvazione 
dei regolamenti organici del personale dell'Ente non giova 
il rilievo, formulato nuovamente in questa sede, in ordine alla distinzione 
fra contributi di scopo e contributi istituzionali, .poich� questa 
Corte ha gi� avuto occasione (sentenza 127 del 1969) di chiarire in 
proposito che il presupposto dell'intervento del potere di approvazione 
statale � rappresentato dal carattere continuativo dei contributi corrisposti 
dallo Stato all'E.S.A. Orbene, questa continuit� dell'apporto 
finanziario risulta evidente non solo dalla legge 14 luglio 1'96,5, n. 901 
(art. 6), che ha autorizzato la spesa di cospicue somme a favore degli 
enti di sviluppo -tra i quali � stato compreso l'E.S.A. -sino all'esercizio 
finanziario del 1969, ma anche dal d.l. 26 ottobre 1971, 

n. 745 (art. 49), che ha autorizzato la spesa di 40 miliardi .per ciascuno 
degli anni 1970 e 1971 -anno, quest'ultimo, nel corso del quale sono 
state adottate le delibere nn. 139 e 140 dell'E.S.A. -per la concessione 
di contributi a favore degli stessi enti indicati nell'art. 6 della 
legge n. 901 test� citata. 
Da tutt� ci� consegue che I'Assessore, avendo .pr_ovveduto ad approvare 
e rendere esecutive le deliberazioni con la nota dell'll maggio 
1971, senza la prescritta previa intesa con il Ministro del tesoro, 
ha invaso la sfera di competenza di un organo statale; il suo provvedimento, 
quindi, in quanto contrario allo Statuto, deve essere annullato. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 67 -Pres. Chiarelli Rei. 
Reale -Tessari (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Contabilit� di 

Stato -Fermo amministrativo -Illegittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 25, 102; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, sesto comma). 

Non � fondata, con rife�rimento agLi artt. 3, 25 e 1()2 della Costituzione, 
ia ques,Jiione di Legittimit� costituzionale delt'artl. 69, sesto 


552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comma, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (cLisposizio11ti suUa amministrazione 
del patrimanio e sulla CDl!tiabilit� ge11;erale dello Sta.to) re�lativo 
al fermo ammilltistrativo di crediti di privati verso le amm:i.nristrazioni 
dello Stavo (1). 

(Omissis). --1. -Risulta dall'ordinanza della Corte d'appello di 
Trieste che nel giudizio promosso da un privato ;imprenditore contro 
l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, per il pagamento di 
crediti, co'Stituenti il corrispettivo per l'esecuzione di contratti d'appalto 
di opere pubbliche, dalla stessa Amministrazione veniva opposta 
l'inesigibilit� del credito; inesigibilit� derivante dal .provvedimento 
di fermo adottato ai sensi dell'art. 69, sesto comma, del r.d. 18 
novembre 1923, n. 2440 (sull'amministrazione del patrimonio e sulla 
contabilit� .generale dello Stato) e volto, nella specie, a garantire il 
recupero di passivit�, in corso di accertamento giudiziale, risultanti a 
carico dello stesso privato dall'inadempimento d� altro contratto di 
appalto. 

Nel corso del .giudizio la Corte ha sollevato, in riferimento .agli 
artt. 3, 25, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, 
questioni di legittimit� della norma suddetta, la quale dispone che, 

�qualora una: Amministrazione dello Stato, che abbia, a qualsiasi titolo, 
ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre 
amministrazioni, richiede la sospensione del pagamento, questa deve 
essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo �. 
Sotto il profilo dell'ugua1glianza, la Corte ha rilevato che la prevista 
sospensione del pagamento si concreta in una misura cautelare, 
la quale pu� essere imposta discrezionalmente dalla stessa Amministrazione 
debitrice con proprio atto non revocabile n� annullabile dal 
giudice ordinario e con l'effetto di impedire l'esercizio del diritto del 
privato all'esazione di un credito liquido ed esigibile. Dal che deriverebbe 
a favore dell'Amministrazione una posizione di 1supremazia 
in un rapporto di natura privatistica, non conseguente alla esplicazione 
di funzioni o al perseguimento di finalit� pubbliche. 

La misura cautelare in oggetto, risulterebbe, oltretutto, di portata 
pi� grave di quella che la legge ordinaria (artt. 670 e segg.; 700 e 
segg. c.p.c.) consente ai privati di ottene:re. 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordiIll8!
Il!Za emessa ili. 6 febbraio 1970 dailla corte d'appello di Trieste (Gazzetta 
Ufficiale n. 143 del 10 giugno 1970). 
In riferimento al �fermo amministrativo., v. Cass. 15 giugno 1967, 

n. 1389 in questa Rassegna 19'67, I, 787 (nota) e, fra le ail:tre, COns. Sitato, 
Sez. VI, 29 settembre 19'70, n. 6114, Rep. Foro it., Voce Contabil'it� dello 
Stato, Illil. 21, 22. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 553 

Inoltre la norma stessa, attribuendo alla pubblica Amministrazione 
statale il potere di incidere su diritti soggettivi, sottoposti alla 
giurisdizione del giudice ordinario, sottrarrebbe le eventuali difese 
del privato al giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo 
comma) e al giudice ordinario le funzioni che gli spettano (art. 102, 
primo comma, Cost.). 

Le questioni non sono fondate. 

2. -La norma denunziata disciplina il cosiddetto fermo amministrativo 
diretto a legittimare la sospensione, del pagamento di un 
debito liquido ed esigibile da parte di un'Amministrazione dello Stato, 
a salvaguardia della eventuale compensazione legale di esso 'con un 
credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che la stessa od 
altra branca della Amministrazione statale, considerata nella unicit� 
di soggetto di rapporti giuridici, pretenda di avere nei confronti del 
suo creditore. Il fermo � disposto in via cautelare e fino alla pronunzia 
di un successivo provvedimento con cui lo si revochi ovvero si 
disponga che ~a somma dovuta dallo Stato al creditore venga ritenuta, 
nei limiti in cui opera la compensazione legale, a soddisfazione del 
credito erariale. 
Va ricordato al riguardo che il fermo costituisce misura di auto


tutela della Amministrazione statale, avente lo scopo di assicurare la 

realizzazione dei fini cui � rivolto l'itler amministrativo procedimen


tale, necessariamente complesso e disciplinato da norme inderogabili 

e preordinate ad assicurare la regolarit� contabile e la realizzazione 

delle entrate dello Stato, quali vengono definite nell'art. 219 r.d. 23 

maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l'amministrazione del patri


monio e per la contabilit� generale dello Stato). 

� evidente, quindi, che la norma in esame non configura un irra


zionale privilegio, ma uno strumento necessario alla protezione del 

pubblico interesse connesso alle esigenze finanziarie dello Stato. 

E se � vero che l'autotutela, nella generalit� delle sue applicazioni, 
� connaturata all'attivit� della pubblica Amministrazione nei 
rapporti di diritto pubblico, non deve escludersi, in considerazione di 
quanto test� accennato, che speciali norme di legge ne consentano 
l'esercizio anche in rapporti di diritto privato, cui la pubblica Amministrazione 
partecipi per i fini che le sono propri. 

Per i precedenti in dottrina sull'autotutela, per la posizione dei creditori 
pecuniari dello Stato, per l'incostituzionalit� delle norme che limitano 
la possibilit� di espropriazione forzata contro la P. A., cfr., altres�, Foll'o it., 
1972, I, 1146. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

556 

La qualificazione giuridica dei giorni festivi � produttiva di effetti 
notevoli nel nostro ordinamento sia in campo pubblicistico (quali il 
diritto processuale, amministrativo e la legislazione sociale), sia nel 
campo dei rapporti privatistici del lavoro. Da ci� l'assoluta necessit� 
di una disciplina unitaria ed uniforme su tutto il territorio nazionale 
della materia inerente alla istituzione delle festivit�, disciplina la cui 
regolamentazione spetta esclusivamente allo Stato. 

N� vale addurre in contrario che, avendo la Regione competenza 
legislativa esclusiva in materia di commercio, ben poteva disporre che 
i negozi rimanessero chiusi, oltre che nelle domeniche e negli altri 
giorni festivi previsti dalla legge nazionale, anche nel giorno della 
festa della Regione.-L'art/ 14, lett. d), dello Statuto fa salva, nella 
materia indicata, la disciplina dei rapporti privati ed � innegabile che 
la disposizione impugnata, come esattamente rilevato dall'Avvocatura, 
abbia incidenza immediata e diretta sui rapporti economico-normativi 
tra datori di lavoro e prestatori d'opera. 

La disposizione stessa produce inoltre conseguenze rilevanti anche 
nella materia delle notificazioni giudiziarie. 

2. -Con la seconda censura di incostituzionalit�, rivolta all'articolo 
5, comma secondo, della legge in esame, si denuncia che l'esonero 
dei venditori ambulanti girova.ghi dalla osservanza degli orari di 
attivit� durante i giorni feriali contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione 
determinando in favore di essi una ingiusta condizione di privilegio, 
dannosa per la categoria dei commercianti a posto fisso. 
La Corte ritiene che nel caso di specie non sussiste una identit� 
di condizioni soggettive ed oggettive tra le due categorie di commercianti 
considerate che valga a giustificare la parit� del loro trattamento 
normativo. Come esattamente osservato dal patrocinio della 
Regione, la situazione dei venditori ambulati girovaghi � del tutto 
diversa da quella dei commercianti a posto fisso, sfa per l'entit� e 
modalit� con �cui la loro attivit� commerciale � svolta (trattandosi di 
commercio di modeste dimensioni cui attendono personalmente e a 
domicilio del �consumatore i titolari delle licenze col solo aiuto dei 
familiari), sia per le loro condizioni economiche, notoriamente inferiori 
a quelle degli altri commercianti. � proprio in relazione a questa 
differenza di situazioni e per venire incontro alle esigenze di una 
categoria economicamente pi� debole che� il trattamento differenziato 
trova razionale giustificazione. 

3. -Il terzo ed ultimo motivo di incostituzionalit�, anche esso 
riferito al principio di uguaglianza, ha per oggetto la disposizione contenuta 
nell'art. 7, comma secondo, ai sensi della quale i grandi magaz

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 557 

zini di vendita al dettaglio sono tenuti ad osservare separatamente gli 
orari di vendita e la chiusura infrasettimanale stabiliti per il settore 
alimentare e per quello non alimentare prevalente. Si assume che 
questa separata disciplina di orari sarebbe ingiusta rispetto al trattamento 
riservato sia alle attivit� commerciali miste operanti nella Regione, 
sia agli altri grandi magazzini che operano sul territorio nazionale, 
i quali, invece, giusta quanto disposto dalla legge statale 28 
luglio 1971, n. 5�58, sono tenuti all'osservanza del solo orario prescritto 
per l'attivit� prevalente. 

Ad avviso della Corte, dal fatto che la leg,ge nazionale abbia dettato 
un'unica disciplina di orario per le due categorie di esercizi, non 
deriva alcun obbligo per il legislator:e regionale di adottare una identica 
disciplina. � opportuno ricordare che nella materia di cui trattasi 
� riconosciuta alla Regione una potest� legislativa esclusiva e nell'esercizio 
di tale competenza spetta al legislatore regionale la valutazione 
sulla sussistenza della parit� o ,disparit� di situazione tra gli 
esercizi in questione nell'ambito territoriale dell'Isola. La difesa della 
Regione ha posto in evidenza che il sistema di vendita dei grandi magazzini 
� strutturato in modo sostanzialmente diverso da quello dei 
negozi misti avendo i primi, e non i secondi, personale distinto adde~
to ai vari settori di vendita. Questa obbiettiva diversit� pu� ragionevolmente 
porsi alla base d�lla disposizione impugnata che ha previsto 
solo per essi l'obbligo di osservare separatamente gli orari di 
vendita stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare 
prevalente. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 77 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozzi -Callegari (avv. Tiberini) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti e Tarin). 

Procedimento penale -Notificazioni -Deposito nella casa comunale Avviso 
al destinatario -Rilevanza della data di spedizione -Illegittimit� 
costituzionale della normativa. 
(Cost., art. 24; c.p.p. art. 169, quinto comma). 

Procedimento penale -Notificazioni -Consegna al portiere o a per


sona inferma di mente -Infondatezza della questione. 

(Cost., artt. 2, 3, 15, 24, 27; c.p.p., art. 169, comma primo, terzo e quarto). 

� costituzionalmente iiiegittimo l'art. 169, qui<nto comma, codice 
di procedura penale, limitatamente alla parte in cui consridera effet



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

558 

tuata la notificazione per deposito nella casa comunale aiia data di 
inoitro deU'avviso a} destinatario, anzich� aUa data di riceizione (1). 

Non � fondata "l� questione di legittimit� costituzfonale dell'articolo 
169, primo e terzo comma, codice di procedura penale, sulla consegna 
dell'atto al portiere in plico aperto; n� � fondata, nei sensi di 
cui in motivazione, la questione di legittimit� costituzionale de:tl'articolo 
169, qwarto comma, dello stJesso codice, :;'ULla consegna deWatto a 
persona diversa dal notific.ando che non sia manifestamente inferma 
di mente (2). 

(Omissis). -2. -Sono censurati: a) il primo comma dell'art. 169 
c.p.p., in riferimento all'art. 15, primo comma, della Costituzione, 
perch� la notificazione mediante consegna di copia dell'atto al portiere 
non offrirebbe cautele idonee a garantire la segretezza della cor~ 
rispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (ord. tribunale 
Torino 12 marzo 1972); b) insieme al primo, anche il terzo comma, in 
riferimento agli artt. 2, 15 e 27 Cost., per lo stesso ordine di motiw, 
oltre che per .l'obbligo del portiere di ottemperare ad ogni richiesta 
dell'autorit� di pubblica sicurezza (ord. pretore Milano 3 marzo 1970); 
c) il quarto comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., perch� non 
sarebbe consentito al destinatario della notificazione di fornire la prova 
della non palese infermit� di mente del consegnatario (ord. pretore 
Sampierdarena 4 settembre 1971); d) il quinto comma, in riferimento 
all'art. 24, secondo comma, Cost., in quanto, nel caso di notificazione 
mediante deposito dell'atto nella casa comunale, si avrebbe decorrenza 
dei termini per l'impugnazione dalla data di inoltro dell'avviso 
di avvenuto deposito, e non da quella della conoscenza del provvedimento 
da impugnare (ord. tribunale Sondrio 23 marzo 1970); e) ancora 
il quinto comma, in relazione agli artt. 507, secondo comma, e 509, 
terzo comma, c.p.p., e cio� limitatamente all'ipotesi di opposizione a 
decreto penale �di condanna, in riferimento allo stesso art. 24, secondo 
comma, Cost. (ord. pretore Trieste 29 aprile 1970). 

3. -Quanto alla violazione, denunziata dal pretore di Milano e 
dal tribunale di Torino, dell'art. 15 della Costituzione, non � da accogliersi 
l'assunto dell'Avvocatura dello Stato -conforme ad un'autorevole 
giurisprudenza -, secondo cui la segretezza della corrispon(
1-2) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con varie 
ordinanze emesse da giudici diversi (v. Gazzetta Ufficiale n. 136 del 3 giugno 
1970; n. 170 dell'8 luglio 1970; n. 235 del 16 settembre 1970; n. 106 del 
28 aprile 1971; n. 16 del 19 gennaio 1972). 

Per una vasta panoramica dei precedenti dottrinali e, specie, giurisplrUdenziali, 
v. la IIllota di A. PrzzoRusso, in Foro it., 1972, I, 1137. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 559 

denza e di ogni �comunicazione non pu� richiedersi nel campo penale, 
ove dominano principi opposti, tra i quali vi � quello della pubbUcit� 
del procedimento e degli atti ad esso inerenti. 

A prescindere dalla regola, tuttora vigente, del segreto istruttorio 
(seppure reso, almeno di fatto, meno rigoroso dall'introduzione dell'avviso 
di procedimento, con l'art. 8 della legge 5 dicembre 1'969, 

n. 932, che ha modificato l'art. 304 c.p.p.), certo non pu� dirsi che sia 
nell'interesse dell'imputato la pubblicit� data ad una sentenza di condanna, 
mentre -come la Corte ritiene suo dovere sottolineare -� 
di gravissimo pregiudizio morale (e spesso anche economico) la diffusione 
della notizia che taluno sia indiziato di reato (magari tanto 
ingiustamente, che potrebbe seguire la pronunzia di non promovimento 
dell'azione penale per infondatezza dell'accusa: art. 74, terzo e quarto 
comma, c.p.p.). 
Sono le modificazioni apportate con la � novella � del 1969 ad 
anticipare la fase di una (relativa) pubblicit� degli atti processuali; e 
la notificazione al portiere (o a chi ne fa le veci) non vulnera la segretezza 
pi� che non facciano altre norme dirette, nelle intenzioni, a garantire 
l'incolpato (e le altre parti private). 

La legge di riforma 18 giugno 195�5, n. 517, inserendo un nuovo 
terzo comma nell'art. 169 c.p.p. (sostanzialmente identico al quarto 
comma dell'art. 139 c.p.c.), <!on cui si richlede che il .portiere sottoscriva 
l'originale dell'atto notificato e che l'ufficiale giudiziario dia 
notizia al destinatario, con lettera raccomandata, dell'avvenuta notificazione, 
vuole raggiungere, a favore dell'interessato, il duplice intento 
di consentire il controllo del portiere sulla conformit� all'originale 
della copia consegnatagli e di dare al destinatario una maggiore 
possibilit� di conoscenza dell'avvenuta consegna. 

V'� da aggiungere che alla stregua delle norme di autonomia collettiva, 
tra gli obblighi del portiere (di�sciplinarmente sanzionati), vi � 
quello della pi� assoluta discrezione sulla vita famigliare e sulle condizioni 
economiche del proprietario e degli inquilini e su quanto altro 
li riguarda. 

N� va, inoltre, taciuto che il portiere deve ottenere, con autorizzazione 
amministrativa, l'iscrizione in apposito registro tenuto dall'autorit� 
locale di pubblica sicurezza -iscrizione che va rinnovata 
ogni anno e che � suscettiva di rifiuto e di revoca -(artt. 62 del t.u. 
delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773,. e 111-114 
del relativo regolamento 6 maggio 1940, n. 63.5). 

Non rileva l'argomento che il pretore di Milano trae, a sostegno 
dell'incostituzionalit�, dall'art. 113, secondo comma, del regolamento 
di pubblica sicurezza, che fa obbligo ai portieri di corrisponder� ad 
ogni richiesta dell'autorit� di polizia, in quanto, a parte che � piut




560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tosto .strano pensare che questa autorit� abbia bisogno di rivolgersi a 
un portiere per avere notizie di procedimenti penali in corso, si 
tratterebbe, se mai, di un problema di limiti dell'obbligo imposto 
dalla norma regolamentare e anche di contemperamento tra obblighi 
concorrenti ed opposti. 

Il dovere incombente sul portiere di corrispondere alle richieste 
dell'autorit� di pubblica sicurezza non � incondizionato n� illimitato, 
concernendo le sole richieste che traggano origine da un'attivit� di 
istituto di essa autorit� e che siano fatte J::\el pieno rispetto delle forme 
previste dalla legge. 

D'altronde, non � a dubitare che il presidio dell'art. 15 Cost. sia 
operante contro le intrusioni dei privati, oltrech� contro quelle dei 
pubblici poteri (sentenza n. 122 del 1970 di ques.ta Corte). 

Escluso, cos�, che la consegna dell'atto processuale al portiere 
importi di per s� violazione dell'art. 15, primo comma, Cost., diventa 
superfluo l'eventuale ricorso al secondo comma. 

4. -Non sono richiamati a proposito, rispetto al medesimo art. 169, 
primo e terzo comma, c.p.p., gli artt. 2 e 27 della Costituzione. 
Non l'art. 2, dappoich� una volta esclusa la violazione dell'art. 15, 
che tutela il diritto fondamentale al segreto della corrispondenza e 
delle altre comunicazioni, viene automaticamente esclusa la violazione 
dell'art. 2, che quel diritto ricomprende (citata sentenza n. 122 
del 1970). 

Non l'art. 27, dappoich� l'eventuale rivelazione di notizie concernenti 
atti processuali relativi agli indiziati di reato e a.gli imputati 
non incide sulla presunzione di non colpevolezza, proprio alla stregua 
della sostanziale differenza, posta a base di esso precetto costituzionale, 
tra indiziato e imputato, da un lato, e colpevole, dall'altro. 

5. -L'ammissibilit� (contestata dal pretore di Sampierdarena) 
della notifica a chi non � palesemente infermo di mente non viola 
l'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Giustificata che sia -per 
ragionevoli o addirittura imprescindibili esigenze imposte dal .carat-. 
tere stesso e dagli scopi del rito penale -la notificazione non a mani 
proprie, non si pu� richiedere all'ufficiale notificatore (ufficiale giudiziario: 
art. 21, n. 1, r.d. 28 maggio 1931, n. 603; aiutante dell'ufficiale 
giudiziario: artt. 32 e 33 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229; messo. di 
conciliazione: art. 34, primo comma, stesso decreto; agente di polizia 
giudiziaria: art. 166, quinto comma, c.p.p., aggiunto dall'art. 11 
d.lg.lgt. 5 ottobre 1945, n. 679) la competenza tecnica di uno specialista 
in psichiatria n� lo svolgimento di alcuna inda.gine sulla capacit� 
di chi riceve l'atto, ma solo quella comune diligenza ed avvedutezza 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 561 

che consente di avvertire lo stato di amentia, rivelata da evidenti e 
inequivocabili manifestazioni. 

Per la pretesa violazione dell'art. 3 Cost., esattamente ha replicato 
l'Avvocatura dello Stato che non � .a parlarsi di diversit� di trattamento 
in casi (sostanzialmente) eguali, essendo, all'opposto, diversa 
la situazione in cui viene a trovarsi l'ufficiale giudiziario quando il 
consegnatario sia palesemente dnfermo di mente. e quando abbia tutta 
l'apparenza della persona normale. 

Gli inc~nvenienti, del resto, sono in pratica pressoch� eliminati 
dalla tempestiva nomina del difensore, il quale, nel sistema del codice 
di rito, deve essere informato degli atti processuali rigua11danti il suo 
assistito. 

D'altro canto, soccorre l'art. 183 bis c . .p.p. sulla restituzione in 
termini; ch�, quantunque la giurisprudenza sia estremamente restrittiva 
nella sua interpretazione, non pu� giungersi a negare la stessa 
ragion d'essere della norma, che � quella di rendere possibile l'esercizio 
del diritto di difesa, allorch� l'interessato sia incorso in una 
decadenza, per non aver osservato un termine per caso fortuito o per 
forza maggiore. 

Orbene, qualora la consegna dell'atto sia stata fatta a chi,-per 
essere infermo di mente, non ne ha avvertito l'importanza, 1n conseguenza 
di che non ha provveduto a rimetterlo al destinatario, la 
presunzione di conoscenza dell'atto ritualmente notificato (cio� notificato 
nella forma e alla persona indicata nell'art. 169 c.;p.p.) non pu� 
essere assoluta, ma deve avere un limite invalicabile proprio nell'art. 
24, secondo comma, Cost., che, garantendo la difesa, presuppone, 
ovviamente, che l'interessato sia posto in grado di potersi difendere. 
Il che non si verifica se l'atto non viene a conoscenza di lui, per essere 
stato consegnato (legittimamente) a un demente. Sarebbe incongruo 
che l'infermo totale di mente, il quale, non avendo capacit� 
di intendere e di volere, non � imputabile e non incorre nelle pene 
comminate per i reati che abbia a commettere (art. 85 c.p.), sia ritenuto 
perfettamente compos sui, allorch� la sua incapacit� di intendere 
e di volere pregiudichi tanto gravemente il diritto del terzo di difendere 
la sua innocenza, cio� J.a ~ua libert�, e per di pi�, con divieto 
d'ingresso alla prova contraria. 

Come � noto, la giurisprudenza ammette che l'interessato .possa 

provare che, al momento della consegna della co.p�a dell'atto, il con


segnatario era affetto da infermit� mentale palese, ai fini dell'accer


tamento della nullit� della notificazione (art. 179 c.p.p.). Orbene, non 

� concepibile che; non potendo essere inficiata di nullit� la consegna 

a persona non palesemente inferma di mente (ch� sarebbe efficace solo 

la prova della palese infermit�), la sua regolarit� formale si risolva in 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

una :finzione giuridica, ostativa persino della rimessione in termini, 
allorch� l'infermit� effettiva, ma non palese, abbia determinato la 
distruzione o la distrazione o l'occultamento o, comunque, la mancata 
consegna dell'atto, con irreparabile danno del destinatario. 

6. -A una pronunzia parziale di illegittimit� deve, per contro, 
pervenirsi quanto alle denunce che investono, �n riferimento all'articolo 
24, secondo comma, Oost., l'ultimo comma dell'art. 169 c.rp.p. 
(o:r~dinanza del tribunale di� Sondrio e, limitatamente al caso di notificazione 
del decreto penale di condanna, ordinanza del pretore di 
Trieste). 
Il principio della decorrenza dei termini -a qualsiasi effetto 
siano posti -dalla data della conoscenza dell'atto o della situazione 
processuale, da parte dell'interessato, � stato gi� accolto da questa 
Corte �con sua sentenza n. 34 del 1'970 in tema �di �cessazione della 
causa di sospensione del processo civile (art. 297 c.p.c.). 

� risaputo �che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, 
in conformit� alla dizione della norma (l'art. 179 c.p.p. commin� 
la nullit� per la mancata comunicazione dell'avviso di deposito 
con lettera raccomandata, non per il mancato ricevimento), la notificazione 
effettuata ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 169 c.p.p. si perfeziona 
con l'invio dell'avviso raccomandato, all'interessato, dell'avvenuto 
deposito dell'atto nella casa comunale, cosicch� i termini stabiliti 
dalla legge, rispetto alla notificazione, decorrono dal momento 
in cui la raccomandata risulta spedita. 

Tuttavia, tale comunicazione pu� risultare vana, vuoi, in via generale, 
per la ristrettezza dei termini (tre giorni per �la dichiarazione 
di impugnazione, cinque giorni per l'opposizione a decreto penale), 
vuoi per motivi contingenti (ritardata distribuzione della posta ecc.), 
s� da rendere impossibile !'-esercizio del diritto di difesa. 

Ne consegue che la norma deve essere dichiarata illegittima nella 
parte in cui considera effettuata ia notifica per deposito alla data 
d'inoltro dell'avviso al destinatario, e non a quella di ricezione. 

Se � pur vero che, a differenza dell'art. 140 c.p.c., l'art. 169, 

ultimo comma, c.p.p. non prescrive la raccomandata con ricevuta di 

ritorno, sicch� la prova della ricezione e della data di ricezione non 

risulta dall'incartamento processuale, � altrettanto vero -che tale prova 

pu� essere data agevolmente mediante il controllo del registro delle 

consegne delle raccomandate e la relativa certificazione dell'ufficio po


stale. Sarebbe, del resto, auspicabile, per maggior sicurezza e spedi


tezza di contra.Ho -anche in assenza di disposizioni legislative -che 

la spedizione avvenisse per raccomandata con avviso di ricevimento. 

L'accenno contenuto nell'ordinanza del tribunale di Sondrio alla 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 563 

� effettiva conoscenza > dell'atto depositato nella casa �comunale, ai 
fini della decorxenza dei termini, non pu� indurre la Corte ad adottare 
una soluzione in tal senso: la garanzia costituzione non si estende 
sino al punto di sollevare il notificando dall'onere di ritirare l'atto. (
Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 78 -Pre'S. Chiarelli Rei. 
Rocchetti -Soc. Libco (avv. Jacobelli), INAIL (avv. Flamini) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato 
Giorgio Azzariti). 

Previdenza e assistenza -Infortuni sul lavoro -Azione di re~resso 
dell'INAIL -Elevazione del termine prescrizionale da uno a tre 
anni -Eccesso dai limiti della dele~a -Insussistenza. 

(Cost., art. 76; I. 19 gennaio 1963, n. 15, art. 30; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, 
art. 112, ultimo comma, art. 10, quinto comma). 

Non � fondata, con riferimento ai limitJi posti �daiLa legge di delegazione 
ed aU'art. 76 deLLa Costituzione~ La questione di Le.gittimrit� costituzionale 
deUe disposizioni del testo unico deLLe assicurazion.i pe-r 
gii infortwni sul Lavoro, che elevano da uno a tre .anni il termine prescrizionale 
per l'esercizio dell'azione di regresso dell'INAIL. contro il 
responsabile deLL'infortunio (1). 

(Omissis). -2. -In entrambe le ordinanze di rimessione viene 
espresso il dubbio che l'art. 112, ultimo comma, del testo unico delle 
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul 
lavoro e le malattie professionali, approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, 

n. 1124, sia in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, nella parte 
in cui varia, elevandolo da uno a tre anni, il termine per l'esercizio 
dell'azione di regresso volta ad ottenere il rimborso delle prestazioni 
erogate; azione esperibile dall'INAIL, nei confronti del datore di lavoro, 
allorch�, con sentenza penale, � stata accertata la colpa di lui 
o di un suo dipendente, nella produzione dell'evento. 
La stessa censura � stata inoltre prospettata dal tribunale di Pa-. 
dova nei confronti dell'art. 10, quinto comma, del citato decreto presidenziale, 
nella parte in cui eleva da uno a tre anni il termine rper la 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanre 
emesse: iJl. 19 :liebbrraiio 1970 dail. trrdbunail.e di Pladova (Gazzetta Ufficiale 
n. 170 deil:l'8 1uglli.o 1070); ml 16 ottobre 1970 da�l. tribWlia�le di Bari 
(Gazzetta Ufficiale n. 151 del 16 giugno 1971). � 
In relazione all'art. 30 1. 19 gennaio 1963, n. 15, v. in particolare Corte 
Cast. 30 giugno 1971, n. 145, in questa Rassegna, 1971, 979. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'fO

564 

propos1z1one, sempre da parte dell'Istituto assicuratore, dell'azione diretta 
ad accertare in sede civile la responsabilit� penalmente rilevante 
del datore di lavoro o di un suo dipendente, allorch� il processo 
penale � rimasto estinto per amnistia o per morte dell'imputato. 

La illegittimit� costituzionale delle norme denunciate sussisterebbe 
perch� l'art. 30 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, che dispo:neva 
la delega, non � avrebbe autorizzato tali variazioni. 

3. -Per quanto concerne l'ordinanza del tribunale di Padova, la 
difesa dell'INAIL eccepisce la irrilevanza della questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 112, sostenendo che nella fattispecie era 
stata esperUa la comune azione di surrogazione spettante, per l'articolo 
1916 del codice civile, all'assicuratore nei confronti del terzo. 
responsabile dell'evento dannoso. 
Invece, l'azione speciale di regresso che, ai 'Sensi del citato art. 112 
del d.P.R. n. 1124 del 1965, � proponibile contro il datore di lavoro 
che ha, per colpa penalmente rilevante, causato l'infortunio del lavoratore 
dipendente, non avrebbe potuto essere invocata nel giudizio 
a quo, in quanto l'infortunio era avvenuto in un'azienda ag.ricola e 
vittima ne era stato un altro proprietario che vi lavorava a titolo di 
scambio d'opera (art. 2139 �C.c.), comunemente ritenuto, sulla scorta 
della .giurisprudenza della Cassazione, lavoratore autonomo, coperto, 
per il rischio di lavoro, dall'assicurazione propria e non da quella del 
proprietario dell'azienda. 

L'eccezione non � fondata. 

Premesso che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, 
il giudizio di rilevanza spetta al giudice a quo e non pu� essere ridiscusso 
se non in caso di assoluta incongruenza logica, sta in fatto che 
il tribunale, nell'ordinanza di rinvio, ha ampiamente motivato sulla 
qualificazione giuridica del rapporto di scambio di mano d'opera, ritenendo, 
sia pure in contrasto con l'orientamento della Corte di cassazione, 
che il cosi detto reciprocante sia assimilabile al ;prestatore di 
lavoro dipendente per quanto attiene alla disciplina assicurativa in 
materia di infortunio sul .lavoro. 

Di conseguenza, questa Corte non pu� non ritenere ammisstbile 
l'esame della proposta questione incidentale di legittimit� costituzionale. 


4. -Nel merito, essa � per� da ritenersi non fondata. 
Il d.P.R. 17 agosto 1965, n. 1765 (art. 67), in conformit� con le 
anteriori leggi sulla disciplina delle assicurazioni sociali contro gli 
infortuni sul lavoro, fissava nel termine unico di un anno il tempo 
utile per l'esercizio delle varie azioni nascenti dal rapporto assicurativo. 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 565 

Tale termine coincideva con quello previsto prima dal codice di 
commercio (art. 924) e .poi dal codi.ce civile (art. 2952) per le varie 
azioni in materia di assicurazione. 

Con la legge 19 gennaio 1963, n. 15, che modific� in molti punti 
l'intera disciplina, il termine concesso al lavoratore .per esperire l'azione 
volta a conseguire le prestazioni venne elevato a tre anni. L'art. 30 
della stessa legge confer�, poi, al Governo un'ampia delega legislativa 
per apportare modifiche, cor.rezioni, ampliamenti, ed ove occorresse, 
soppressioni, delle norme vigenti in materia di infortuni sul lavoro, 
riordinandole e riunendole in un solo provvedimento legislativo. 

In attuazione della delega venne emanato, con il d.P.R. 30 giugno 
196�5, n. 1124, il nuovo testo unico delle disposizioni per l'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, 
nel quale i termini per l'esercizio delle varie azioni derivanti 
dal rapporto assicurativo (eccetto quello per la riscossione dei 
premi di assicurazione) sono stati nuovamente allineati e portati a tre 
anni, in conformit� di quanto la legge di delega aveva disposto per il 
solo termine relativo all'azione per il conseguimento delle prestazioni 
assicurative da parte dell'infortunato. 

Le ordinanze di rinvio, in rapporto a 'tale variazione dei termini, 
ritengono che il legislatore delegato abbia superato i limiti della delega, 
che sarebbero stati indicati nel secondo comma dell'art. 30 
della legge delegante, laddove si precisa che � ogni innovazione... 
dovr� tendere a conseguire una pi� precisa determinazione nel campo 
di applicazione, una maggiore speditezza e semplicit� nelle .procedure 
amministrative, pi� idonei controlli sugli obblighi assicurativi, pi� 
efficaci sanzioni nei confronti degli �nadempienti... �. 

E poich�, secondo le ordinanze, l'aumento dei termini per l'esperimento 
delle azioni previste negli artt. 112, ultimo comma, e 10, quinto 
comma, non perseguirebbe nessuna delle dette finalit�, ne conseguirebbe 
che le norme che quell'aumento hanno disposto sarebbero state 
emanate in violazione dell'art. 76 della Costituzione, 

5. -Va in contrario osservato che quelle finalit�, per la stessa genericit� 
della formula adoperata (ogni innovazione � diretta a conseguire 
� significando che, nel risultato, essa pu� anche non conseguirla), 
non esauriscono, sul .piano concettuale, quei � principi e criteri direttivi 
� che l'art. 76 vuole siano posti a circo1>crivere la delega, n� contengono 
tutte le indicazioni che servano a definire i termini della 
delega in concreto conferita. 
Di ben diversa importanza sono invece le altre indicazioni che si 
ricavano dall'art. 30 della legge n. 15 del 1963, sia in ordine ai .principi 
cui il Governo doveva ispirarsi e sia con riferimento agli scopi 
che il legislatore delegato era tenuto a perseguire. 



566 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quanto ai principi, l'articolo in esame precisa che le norme delegate 
devono essere emanate � nei limiti dei principi che presiedono 
alla legislazione preVidenziale vigente� e, quanto agli scopi, esso indica 
come preminente quello del coovdinamento, disponendo che il 
legislatore delegato apporti le necessarie modifiche alle norme vigenti 

� riordinandole e riunendole in un solo provvedimento legislativo �. 
Ora, per rispettare i principi della legislazione previdenziale, � 
evidente che il Governo dovesse preoccuparsi di conservare, curando 
che fosse tutelato in tutta la sua anteriore estensione, il diritto dell'INAIL, 
nei casi ammessi, a recuperare le somme erogate, perch� 
l'esercizio di esso fornisce una delle fonti di finanziamento e quindi 
delle stesse possibilit� operative dell'Istituto assicuratore. A tale scopo 
era perci� necessario eliminare la discordanza sorta tra i termini temporali 
dell'azione relativa al conseguimento delle prestazioni (tre anni) 
e dell'azione di reg.resso (un anno), giacch� l'esperimento di questa 
veniva reso impossibile tutte le volte che la prima fosse stata proposta 
dopo la data di scadenza del termine previsto per esercitare il regresso; 
termine che inizia dalla pubblicazione della sentenza emessa 
nel giudizio penale istituito contro chi abbia per colpa causato .l'infortunio. 
Il che avrebbe potuto fa.cilmente verificarsi quando il processo 
penale, specie se venisse a estinguersi per amnistia o per morte 
dell'imputato, avesse avuto breve o anche brevissima durata. 

Il ripristino della omogeneit� dei termini si imponeva quindi, non 
gi� in omaggio ad una tradizione quasi secolare, che pur doveva avere 
una sua ragion d'essere, ma per eliminare in sede di coordinamento 
le conseguenze ablative che la diversa disciplina dei termini avrebbe 
operato sull'esercizio del regresso. 

N� pu� aver pregio l'argomento sostenuto dalla difesa della societ� 
Libco, che la legge delegant.e, modifi.cando solo il termine per 
l'esercizio della azione volta a conseguire le prestazioni, aveva implicitamente 
inteso di volere mantenere fermi gli altri. Una simile interpretazione 
contrasta con la ragione prima della delegazione legislativa, 
contenuta nel citato art. 30, che era proprio quella di affidare 
all'esecutivo il compito �di coordinare la materia, eliminando le antinomie 
determinate dalla sovrapposizione delle norme emanate in tempi 
diversi, e, da ultimo, con la stessa legge di delega. 

Com..nque, quand'anche il legislatore, modificando uno solo dei 
termini, si fosse proposto di lasciare immutati gli altri, .Poich�, conferendo 
la delega, si disinteressava dei problemi di coordinamento, non 
aveva motivo n� �di avvertire n� di risolvere questioni attinenti alla 
incompatibilit� dei vecchi termini rispetto al nuovo, n�, tanto meno, 
di precludere al legislatore delegato la soluzione dei relativi contrasti. 
(Omiss.is). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 567 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 79 -Pres. Chiarelli -
Rel. Bonifacio -Presidente Regione Toscana (avv. Cheli) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 


Regione -Regioni astatuto ordinario -Beni del demanio e del patrimonio 
indisponibile -Data di passaggio -Esercizio� medio tempore
� dei poteri di gestione -Spetta allo Stato. 

(Cost., art. 119, disp. trans. VIII; 1. 16 maggio 1970, n. 281 art. 11). 

Le funzioni amministrative relative alla gesmorne. dei beni del 
demanio e del patrimonio indispo11;ibiLe tr'asferiti aiie Re1gioni a Statuto 
Mdinario, compresi gLi atti di concessione' di acque tell'mali e di 
costituzione di riserve fo'!'estali, anterio'l'mente ait'entrata in vigore 
dei decreti delegati sul trasferimento deLle funzioni, soino state legittimamente 
esercitate dallo Stato (1). 

, (Omissis). -2. -Con i quattro ricorsi indicati in epigrad:e la Regione 
denuncia altrettanti conflitti di attrilbuzioni determinati dalla 
emanazhme di due decreti del Ministro dell'industria, del commercio 
e dell'artigianato concernenti la concessione di acque termo-minerali 

(d.m. 5 marzo 1971, relativo all'acqua �Coniano�, e d.m. 7 maggio 
1971, relativo all'acqua � Bagni di Chianciano �) e di due decreti del 
Ministro dell'agricoltura e foreste, con i quali sono state costituite 
una � riserva forestale di protezione � (d.m. 26 luglio 1971 per la localit� 
� Duna Feniglia �) ed una � riserva naturale integrale � (d.m. 
26 luglio 1971 per la localit� � Poggio Tre Cancelli � ). 
Nel chiedere l'annullamento dei predetti decreti la ricorrente 
oltre che prospettare (come pi� innanzi si dir�) vizi pi� specificamente 
riguardanti 9uelli emanati dal Ministro dell'agricoltura -as


(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con quattro 
ricorsi della Regione Toscana, notificati il 30 luglio e il 20 novembre 1971, 
per conflitto di attribuzione fra la predetta Regione e lo Stato sorto a 
seguito del decreto 5 marzo 1971 del Ministero per l'industria, il co~ercio 
e l'artigianato, con il quale l'acqua termominerale � Coniano � era stata 
concessa alla Soc. Caniano-Poggibonsi; del decreto 7 maggio 1971 del Ministro 
per l'industria, il commercio e l'artigianato con il quale l'acqua termominerale 
�Bagni di Chianciano � era stata concessa alla soc. Terme di 
Chianciano; del decreto 26 luglio 1971 del Ministro per l'agricoltura e le 
foreste con il quale la localit� �Duna Feniglia � era stata costituita in 
riserve forestali; del decreto 26 luglio 1971 del Ministro per l'agricoltura 
e le for�este, con il quale la localit� �Poggio Tre Cancelli� era stata costituita 
in riserva naturale integrale. 
Per i precedenti dottrinari e giurisprudenziali, cfr. Foro it. 1972, 1535. 



568 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sume, in sostanza, che lo Stato ha esercitato una competenza che, en


trata in vigore la legge 16 maggio 1970, n. 281, pi� non .gli spetta o, 

quanto meno, non gli spetta in quella latitudine e pienezza che il 

contenuto e gli effetti degli atti impugnati presupporrebbero. 

� evidente che attraverso siffatta denunzia la Regione Toscana 

agisce a tutela di un suo interesse attuale alla rimozione di .provvedi


menti che essa ritiene incidano illegittimamente su proprie attribu


zioni costituzionalmente gara~tite (artt. 117, 118 e 119 Cost.). E 

perci� deve essere respinta l'eccezione preliminare di inammissibilit�, 

opposta dalla difesa dello Stato. 

3. -Ad avviso della Regione, il disposto della prima parte del 
quinto comma dell'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, statuendo 
che � sono � trasferite alle Regioni (oltre che le cave e torbiere, 
le quali non vengono qui in considerazione) le foreste appartenenti 
allo Stato e le acque termo-minerali, avrebbe operato l'immediato trasferimento 
di tali beni al patrimonio indisponibile regionale, senza la 
necessit� di ulterio~i, puntuali atti traslativi. Verficatosi tale effetto, 
la Regione sarebbe stata investita, ope legis, delle corrispondenti potest� 
amministrative e non potrebbe essere invocato il principio -articolo 
17 della citata legge -che per le materie di competenza regionale 
tale investitura collega all'emanazione dei decreti delegati di 
passaggio delle funzioni e del pe~sonale ovvero al decorso di un biennio. 
La ricorrente� sostiene peraltro che, anche se non le si dovesse 
riconoscere l'immediata titolarit� di quelle potest�, occorrerebbe pur 
tuttavia riconoscere che medio tempore lo Stato avrebbe ;potuto agire . 
solo per conto della Regione con la conseguente limitazione dei suoi 
poteri ad atti indirizzati alla mera conservazione dei beni in questione. 
4. -Da quanto innanzi � stato precisato risulta che l'oggetto proprio 
del presente giudizio non � costituito dall'appartenenza delle 
foreste e delle acque termo-minerali allo Stato o alla Regione, sibbene 
dalla titolarit�, all'epoca in cui i provvedimenti ministeriali furono 
emanati, delle correlative potest� amministrative ovvero, supposto che 
queste siano rimaste allo Stato, dai limiti inerenti al loro contenuto 
ed esercizio. 
Rilevato ci�, sembra superfluo accertare, ai fini che qui interessano, 
se le acque termo-minerali e le foreste appartenenti allo Stato 
siano state trasferite al patrimonio indisponibile regionale per effetto 

'immediato 
della citata disposizione legislativa o se da questa sia nato, 
invece, solo l'obbligo di trasferire alle Regioni i singoli beni compresi 
nelle predette categorie. Ritiene infatti la Corte che in ogni caso, sia 
esatta la prima o la seconda tesi, � rimasta allo Stato, fino all'emanazione 
dei decreti delegati o al decorso del biennio, la piena legit



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 569 

timazione a provvedere alla concessione delle acque ed all'imposizione 
dei vincoli forestali di destinazione. 

Si tratta, certo, di funzioni amministrative inerenti a materie 
comprese nella sfera di attribuzioni regionali (artt. 117, 118 e 119 
Cost.), ma � altrettanto vero che nel momento in cui i decreti ministeriali 
furono adottati esse non erano ancora passate alle Regioni, 
e ci� in forza di un principio che, trovando fondamento nell'VIII disposizione 
transitoria della Costituzione, � stato posto legittimamente 
(cfr. sent. n. 39 del 1971) dall'art. 17 della legge n. 281 del 1'970, ed 
al quale non pu� non riconoscersi una portata assolutamente generale. 
Ammettere che per i soli beni che si suppongano gi� entrati a 
far parte del patrimonio indisponibile regionale siano state ope legis 
trasferite le corrispondenti potest� amministrative significherebbe introdurre 
un~eccezione sicuramente incompatibile con la ratio di .quel 
principio, che � chiaramente diretto a garantire, nell'interesse della 
collettivit�, un'ordinata successione delle Regioni allo Stato attraverso 
la predisposizione degli strumenti, anche materiali, idonei ad assicurare 
che al trasferimento delle funzioni si accompagni la possibilit� 
di un effettivo ed efficiente loro esercizio. 

N� si pu� accogliere la tesi subol'dinata, sulla quale la ricorrente 
particolarmente insiste. Dal preteso gi� intervenuto trasferimento delle 
foreste e delle acque termo-minerali, �ome non si potrebbe dedurre 
una immediata successione nelle funzioni irierenti a questi beni, cosi 
non si potrebbe neanche dedurre un affievolimento del perourante 
potere statale. In via generale non si pu� escludere che in determinate 
situazioni le ,pubbliche potest� abbiano a subire una limitazione 
di esercizio, ma ci� deve risultare da specifiche e puntuali disposizioni 
o, almeno, da principi desumibili dal sistema. Orbene, per quanto 
riguavda l'attuale controversia, n� la Costituzione n� la legge del 1970 
autorizzano a ritenere che le funzioni amministrative, finch� sono rimaste 
allo Stato, avrebbero dovuto contenersi nei limiti di una mera 
attivit� di conservazione: un regime siffatto, protratto notevolmente 
nel tempo, avrebbe potuto irrimediabilmente compromettere la soddisfazione 
di pubblici interessi, con danno dello stesso patrimonio regionale. 
La supposta � gestione per conto della Regione ., ammesso 
che ne ricorressero i presupposti, �avrebbe rilievo in tema di attrtbuzion'e 
alla Regione dei risultati, anche economici, della gestione stessa 

(intorno al che qui non si controverte), ma non potrebbe mai avere 

il significato di consentire allo Stato solo atti i cui effetti siano stret


tamente limitati al tempo intevcorrente fra la loro �adozione ed il 

momento dell'effettivo subentrare dei nuovi enti nelle relative po


test�. Che in tal modo le Regioni possano trovarsi di fronte a situa


zioni giuridiche durature e non modificabili se non nei casi e nei 

limiti consentiti dalle leggi (quindi, giova aggiungere, anche dalle 


570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

emanande leggi regionali) rappresenta, al pi�, un pregiudizio di fatto, 
�he pu� peraltro connettersi a qualsiasi attivit� ammini�strativa posta 
in essere dallo Stato nel periodo transitorio fra la costituzione delle 
Regioni ed il trasferimento ad esse delle funzioni. Per quanto riguarda 
i beni pertinenti al patrimonio indisponibile regionale, si sia verificato 
per effetto della legge del 1970 un immediato trasferimento o 
sia sorto solo un obbligo �di trasferimento, l'unica attivit� preclusa 
allo Stato prima del passaggio delle funzioni era quellp. incompatibile 
col diritto acquistato dalle Regioni: vale a dire un'attivit� quale 
certamente non � quella esplicata con i decreti di cui si discute 
-che presupponesse un disconoscimento di siffatto diritto. 

5. -Va peraltro posto in rilievo, con specifico riferimento al contenuto 
dei provvedimenti impugnati, che sia la concessione delle acque 
termali e minerali sia l'imposizione di vincoli alle foreste sono estrinsecazioni 
di un�a normale gestione di tali beni. 
Per quanto riguarda le acque, la Regione finisce col non contestare 
che lo Stato potesse farne oggetto di concessione, ma sostiene 
che questa avrebbe dovuto esser contenuta in limiti di durata corrispondenti 
al tempo necessario e sufficiente per il trasferimento delle 
funzioni amministrative. Questa tesi muove dal presupposto che in 
generale la durata della concessione possa essere liberamente determinata 
dall'ente concedente e, in particolare, che in base alla legislazione 
vigente la concessione infradecennale rappresenti una regola, 
in presenza della quale quella ultradecennale costituirebbe atto di 
straordinaria gestione. Ma dall'art. 5 del d.P.R. 28 giugno 1955, n. 620, 
riguardante il decentramento dei servizi del Ministero dell'industria, 
risulta solo una ripartizione di competenze fra prefetto e Ministro, 
secondo si tratti di concessione infra o ultradecennale, e non gi� un 
principio in forza del quale si possa individuare, quanto alla durata, 
una regola ed un'eccezione. Ed invero in relazione ad un singolo ibene 
rientra nella discrezionalit� -non in un potere di libera scelta dell'autorit� 
stabilire modalit� e durata della concessione con riferimento 
al pubblico interesse e ad obiettivi elementi di valutazione, 
quali, ad esempio, quelli attinenti all'importanza del giacimento ed 
all'entit� degli impianti n,ecessari alla sua utilizzazione. E sono di 
questa natura, come risulta dal testo dei provvedimenti e degli atti 
preparatori, le motivazioni in base alle quali il Ministro dell'industria 
adott� i decreti relativi all'acqua e Coniano � ed all'acqua � Bagni di 
Chianciano �. 

Ancor pi� chiara � la situazione a proposito dei due decreti del 
Ministro dell'agricoltura. La costituzione in � riserva naturale integrale� 
della localit� �Poggio Tre Cancelli� ed in �riserva forestale 
di protezione � della localit� � Duna Feniglia � tende, con i vincoli 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 571 

che ne derivano, ad assicurare la conservazione dei beni, giacch� essa 
comporta l'esclusione di ogni attivit� che possa comprometterne lo 

stato attuale. Giova aggiungere che niente giustifica il timore della 
Regione che i due provvedimenti esprimano la determinazione .dello 
Stato -certamente incompatibile con quanto dispone il quinto comma 
dell'art. 1 della legge n. 281 del 1970 -di trattenere a s� le due foreste. 
Il �preminente interesse nazionale�, al quale la motivazione 
degli atti si richiama, risulta riferito, in effetti, solo alle ragioni che 
giustificano l'inclusione dei due territori negli elenchi dei �biotipi meritevoli 
di conservazione e di protezione� e d'altra parte il d.P.R. 
15 gennaio 1972, n. 11, pubblicato nelle more del giudizio, sia pure 
indirettamente conferma (art. 1, lett. n) che nessuna eccezione subisce 
il trasferimento delle foreste. E poich� non si pu� dubitare che, disponendo 
la predetta inclusione, il Ministro ha inteso eser'Citare una 
competenza afferente alle sue normali attribuzioni, � anche evidente 
che i due decreti non sono manifestazione di quel potere di imposizione 
di vincoli � atti a garantire l'inalienabilit�, l'indisponibilit� e 
la destinazione dei beni ., che legittimamente (cfr. sent. n. 3.9 del 1971) 
� stato assegnato allo Stato, ma che, secondo la Regione, dovrebbe 
essere esercitato con legge o, quanto meno, con atto collegiale del 
Governo : di modo che tutta la problematica sollevata in proposito 
dalla difesa regionale e contrastata, anche sotto il profilo dell'ammissibilit�, 
dall'Avvocatura dello Stato, risulta priva di presupposto 
e, quindi, irrilevante. 

6. -Per le esposte considerazioni si deve giungere alla conclusione 
che con i quattro decreti impugnati lo Stato ha esercitato una 
propria .competenza senza recar lesione alle attribuzioni della Regione 
Toscana. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 80 -Pres. Chiarelli 


Rei. Crisafulli -Leoni (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri 

(sost. avv. gen� dello Stato Giorgio Azzariti). 

Gioco d'azzardo -Differenziazione di trattamento rispetto ai Casin� 

autorizzati -Infondatezza della questione. 

(Cost., art. 13, c.p., artt. 718, primo comma, 720, primo comma). 

Non � fondata, con riferimento al princ.ipfo di uguaglianza la questione 
di legittimit� costituzionale degli artt. 718 e 720, comma primo, 
codice penale, repressivi del gioco d'azzardo, in relazioine� alle disposiziol/
1/i speciali derogatorie per i Casin� autorizzati (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 29 novembre 1969 dal pretore di Cingoli (Gazzetta Ufficiale 
n. 64 dell'll marzo 1979). 
4 



572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Ritenuto che, con ordinanza emessa il 29 novembre 
1969, nel corso di un procedimento penale a carico di Leoni Guido 
ed altri, il pretore di Cingoli ha sollevato questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 718, primo .comma, e 720, primo comma, del 
codice penale, in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, della 
Costituzione, per il diverso trattamento -privo di giustificazioni oggettive 
-disposto nei confronti dei cittadini che tengono od agevolano 
un gioco d'azzardo e di coloro che vi prendono parte in qualsiasi 
localit� del territorio nazionale, rispetto ai soggetti che sono autorizzati 
invece ad esercitare tali giochi ed a parteciparvi nei Comuni di 
Venezia, San Remo e Campione d'Italia, in virt� rispettivamente del 

r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404, convertito nella legge 14 �gennaio 1937, 
n. 62, del r.Q..l. 22 dicembre 1927, n. 2248, convertito nella legge 
27 dicembre 1928, n. 3125, e del r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201, convertito 
nella legge 8 maggio 1933, n. 505; tanto pi� che la lamentata disparit� si 
realizzerebbe _a danno dei cittadini che, a cagione di una inferiore capacit� 
economica, non sono in grado di svolgere, nelle sedi privilegiate, 
dei comportamenti che sono altrove considerati reati. 
Considerato che le disposizioni del codice penale denunziate nell'ordinanza 
pongono norme incriminatrici di carattere generale, cui 
le singole speciali disposizioni legislative rammentate dal pretore derogano 
nei riguardi di determinate e particolari situazioni; 

che, come esattamente osservato dall'Avvocatura generale dello 
Stato, nel rapporto tra norme generali e norme derogatorie, questioni 
di legittimit� costituzionale per violazione del principio di eguaglianza, 
sotto l'uno o l'altro degli aspetti cui hanno riferimento il primo e il 
secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, possono ev�ntualmente 
sorgere soltanto in ordine a queste ultime, e non certamente alle 
prime, che dettano la disciplina comune a tutti i cittadini. -(Omissis). 

Con sentenza 23 ottobre 1968, rie. Rossi, Foro it., Rep., 1970 la Cassa


zione aveva dichiarato manifestamente infondata analoga eccezione. 

Si riporta qui di seguito l'ordinanza 4 maggio 1972, n. 87 della Corte 

Costituzionale, Foro it., 1972, I, 1884 emessa in causa Soc. A.t.a. c. Com. 

Sanremo. 

�La sopravvenuta dichiarazione di fallimento della societ� che aveva 
proposto ricorso giurisdizionale amministrativo contro il Comune di Sanremo 
e il Ministero dell'interno, tra l'altro, avverso il provvedimento, 
con cui il Ministero aveva negato l'approvazione della delibera del consiglio 
comunale di Sanremo, che ebbe a prorogare per il quinquennio 
1968/1973 la concessione della gestione del Casin� municipale, con connessa 
autorizzazione alla stessa societ� all'esercizio del gioco d'azzardo, rende 
necessaria la restituzione degli atti al Consiglio di Stato perch� questo 
esamini gli �effetti della dichiarazione di fallimento sul rapporto sostanziale 
controverso e sulla stessa capacit� e legittimazione processuale delle parti �. 

SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., �20 novembre 1971, n. 3349 -Pres. 
Stella Richter -Est. Leone -P. M. Tavolaro (conf.) -Naddei ed 
altri (avv. D'Amelio, Gismondi, Punzi e Silvestri) c. Ministero Finanze 
(avv. dello Stato Conti). 

Enti e beni Ecclesiastici -Soppressione -Legge piemontese 29 maggio 
1855, n. 878. 

Deve considerarsi ente ecdesiastico, legittimamente soppresso in 
appLicazione deHa legge piemontese 29 maggio 1855, n. 878, ii monastero 
istiituito per testamento approvato' daWordinamento deU� Chiesa 
con apposite� boUe papali, nel quale era esercitata la vita rin comune 
con la professione dei voti, la soggezione ad una � regola �, la visitatio 
del Generale dell'Ordine. Al riconoscimento di tale natura non osta 
la presenza di disposizioni statutarie, poste dallo stesso fondatore e 
donante del patrimonio deU'Entie, ispirato aUa tuteila di intleressi secolari, 
che riservano ai capostipiti di determinate famiglie lo ius ponendi 
moniales e l'amministrazione de�l patrimonio dell'Ente (1). 

(1) Con questa sentienza ile Seztioni Unite h3llllDJo posto fine ad una 
controvel'S�!a immata con atti di citazione deil. 1869 dai cliscendenti di 
akune deiLlie dodici :llamigliie che Giovanni Benedetto Teroasio -vissuto 
nel XVI secolo -istituendo e dotando per testamento il Monastero dei 
SS. Filippo e Giacomo nella Citt� di Campagna (Salerno), av.eva designato 
come quelle nel cui seno dovevano essere prescelte le monache da ammettere 
nel Monastero secondo la volont� dei capostipiti delle famiglie stesse 
e dei loro discendenti maschi legittimi ai quali era anche affidata l'amministrazione 
del patrimonio della fpndazione. 
In applicazione della legge piemontese 29 maggio 1855, n. 878 estesa 
alle provin�e napoletane dopo l'annessione al Regno di Sardegna, il Monastero 
,era stato soppresso con l'avocazione del suo patrimonio allo Stato. 

L'iniziativa giudiziaria aveva per obbiettivo la dichiarazione di illegittimit� 
dell'atto di soppressione e di incameramento al demanio dei beni 
della fondazione, con la conseguente loro devoluzione alle dodici famiglie 

� favorite � dalla disposizione del Tercasio. 
Il tema decisivo della controver.sia veniva presto ad identificarsi nella 
dibattuta natura dell'Ente costituito dal �testamento Tercasio giacch� se ad 
esso doveva essere riconosciuto un prevalente scopo religioso non si sarebbe 
potuto dubitare della legittimit� della sua soppressione come ente ecclesiastico. 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

574 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1972, n. 1380 -Pres. 
Gionfrida -Rel. Iannitti Piromallo -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Conti) c. Federazione Italiana Lavoratori 
Statali (C.I.S.L.) e Gia11dina (avv. Ballero). 

Competenza e giurisdizione -Sindacati -Potere di azione per la repressione 
dei comportamenti antisind,acali -Autonomia rispetto 
al potere di azione spettante al lavoratore. 

(1. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18 e 28;. Cost. artt. 24, 103 e 113; c.p.c., art. 99). 
Il processo, dopo viarie e alterne vicende, entr� nella sua fase conclusiva 
con la sentenza 4 maggio 1963 delle Sezioni Unite che cassando la 
sentenza della Corte d'Appello di Roma (gi� giudicante in sede di rinvio) 
demandava alla Corte di Firenze il compito di v;erificare se nell'istituzione 
del Tercasio la indubbia finalit� di culto (gi� accertata nelle precedenti 
fasi del giudizio) concorresse con altri scopi di ordine materiale e, nel 
caso, quale fosse la finalit� prevalente. 

La decisione. della Corte fiorentina, favorevole al demanio, � stata 
pienamente convalidata dalle Sezioni Unite. 

� stato ritenuto il Monastero Tercasio Ente di na,tura precipuamente 
religiosa mentre � stata disattesa la configurazione che ne proponevano gli 
attori come fondazio.e laicale a beneficio di private famiglie, chiamata 
ad assolvere una funzione di tipo fideicommissario per la tutela �di interessi 
economici e �sociali facenti capo alla famiglia Tercasio e agli altri nobili 
casati. 

Non era certo il caso di negare che tra le motivazioni del testatore 
Tercasio fosse presente quella di assicurare alle donne delle famiglie designate 
una sistemazione che, secondo le vedute ed i costumi sociali dell'epoca, 
rappresentava l'unica conv;eniente alternativa al matrimonio. 

Ma il pregio della soluzione additata dalle Sezioni Unite e puntualmente 
trovata dalla Corte di Firenze sta proprio nell'aver saputo tener ferma, 
nell'analisi della fattispecie negoziale, la distinzione tra i motivi soggettivi 
che animano la disposizione testamentaria di fondazione e lo scopo oggettivo, 
trascendente la persona del fondatore, che sorregge l'Ente creato da 
quella disposizione. 

L'aver tenuto a mente questa distinzione non � equivalso ad adottare 
un criterio puramente oggettivo che abbia condotto ad identificare la finalit� 
istituzionale della persona giuridica indipendentemente o addirittura 
in contrasto dalla volont� del disponente fondatore. 

Se � vero che a questo compete la determinazione dello scopo, occorre 
pur sempre ricostruirne la volont� in questo specifico senso espressa e 
ricerca11e quindi tra le plurime motivazioni del riegozio di fondazione quella 
che lo stesso disponente ha considerato dotata di un valore assoluto e 
finale cosi da sentire la necessit� di elevarla a causa di erezione di un ente. 

Il giudice di rinvio ha esattamente inteso la volont� del Tercasio 
allorch� ha considerato che se in lui poteva aver anche agito il desiderio 
di proteggere nel futuro 1e sorti di alcune famiglie, non era tuttavia in ci� 
che aveva posto la vera ragione di essere della istituita fondazione alla 
quale aveva voluto dare una impronta autenticamente religiosa. secondo 
il suo intento, la vita in comune delle donne ammesse all'istituzione, assi




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 575 

Competenza e giurisdizione -Procedimento per la repressione dei 
comportamenti antisindacali -Comportamenti posti in essere 
nel settore del pubblico impiego -Proponibilit�. 

(1. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 28 e .37; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, t.u. sul 
Consiglio di Stato, artt. 26 e 29; I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4). 
curata dalla dotazione patrimoniale, non doveva essere fine a se stessa ma 
il mezzo per attuar�e una vera comunit� monastica soggetta ad una �regola� 
-quella delle clarisse -che poneva la necessit� di prendere i voti e di 
sottomettersi alla direzione spirituaie di un confessore, all'istruzione di una 
madre badessa, alla � visitatio � del Generale dell'Ordine Francescano. 

I motivi di natura �secolare� emergono pur sempre nelle tavole di 
fondazione attraver.so il carattere � clausus � del monastero, lo � ius ponendi 
moniales � riservato ai capostipiti delle famiglie de.signate, l'affidamento 
agli stessi dell'amministrazione del patrimonio della fondazione. 

Si tratta per� di modalit� secondarie introdotte dal fondatore avvalendosi 
della sua potest� statutaria senza l'intento di pregiudicare la 
sostanza religiosa della sua istituzione. Il Tercasio, che godeva fama di 
esperto del diritto divino ed umano, era probabilmente consapevole che 
quelle clausole erano, secondo il diritto canonico, applicabili ad una istituzione 
religiosa. Tanto pi� che egli volle assicurarsi che la sua fondazione 
sorgesse e prosperasse con la protezione della Chiesa accettandone 
quindi la potest�; nel testamento ordin� che � ... praedicti ius habentes 
ponendi moniales debeant impetrare bullam a Summo Pontefice erectionis 
et fundationis dicti monasterii... �. 

Sollecitata ed ottenuta la bolla papale, l'Ente Tercasio ebbe i vantaggi 
che derivavano dal riconoscimento e quindi dalla tutela dell'ordinamento 
della Chiesa; e se ci� ne favori forse l'esistenza plurisecolare, valse anche 
--con il concorso delle vicende storiche -a valorizzare ed egemonizzare 
nel funzionamento della istituzione la � causa pia � a scapito degli interessi 
� secolari �. 

L'indagine del giudice non poteva limitarsi alla vicenda costitutiva 
dell'Ente occorrendo ricostruirne il corso dell'esistenza fino al momento 
del decreto di soppressione con riferimento al quale doveva� giudicarsi della 
sua natura ecclesiastica o laica. 

L'approfondita disamina della Corte d'Appello di Firenze, resa possibile 
dall'ampia documentazione faticosamente raccolta dalla difesa del1'
Amministrazfone, ha ben delineato la storia del Monastero Tercasio. 

Coinvolto nelle tormentate vicissitudini dello Stato Napoletano venne 
progressivamente assorbito dalla organizzazione della Chiesa che se ne 
avvalse nell'interesse degli ordini monastici nei difficili tempi del dominio 
napoleonico e della resta�razione. Raccolte in esso le monache di altri 
conventi, scomparvero mano a mano quegli attributi che lo legavano agli 
interessi secolari delle famiglie: alla grave limitazione dello � ius ponendi 
moniales � si aggiunse la_ perdita dell'originario privilegio che 10 esentava 
dalla giurisdizione dell'Ordinario Diocesano finch� non si ebbe la sua trasformazione 
in un normale monastero dell'Ordine benedettino presentandosi 
come tale all'Autorit� dello Stato italiano che ne dispose la soppressione. 


P.G.F. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giurisdizione -Disposizioni processuali e sostanziali 

contenute nello Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit� nei con


fronti dello Stato. 

(1. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 1-41; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; I. 18 marzo 
1968, n. 249, artt. 45-50; I. 28 ottobre 1970, n. 775, art. 20). 
Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Collocazione delle 

organizzazioni sindacali -Principio di eguaglianza dei cittadini 


Compatibilit�. 

(Cost., artt. 3, 39, 51 e 113; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 146). 

Lo Statuto dei lavoratori attribuisce agli organismi sindacali una 
legittimazione ad agire dinanzi all' A.G.O. a tutela della Libert�. e deUe 
attivit� sindacali nonch� de.i diritto di sciopero; questi intereS�i collettivi, 
per ci� stesso, assumono la consistenza di diritti soggettivi. 
Tale legittimazione � autonoma� e concorrente rispetto a quella rico~ 
nosciuta al lavoratore per la tutela delle situazioni so,ggettive che a 
lui sono attribuite, anche nelle ipotesi in cui vi sia compene,trazione 
tra interesse individuale del lavoratore e interessi collettivi di categoria; 
in queste ipotesi il lavoratore � legittimato a intervenire nel 
proce�dimento promosso daU'organismo sindacale (nella spede, .trattavasi 
di trasferimento) (1). 

Il giudice ordinario pu� in linea di massima conoscere deLie domande 
per la repressione dei comportamenti antisindacali posti in essere 
nel settore pubblico, non ostando a oi� n� il carattere esclus.ivo 
deUa giurisdizione amministrativa sulle controversie relative al rapporto 
di pubblico� impiego, n� il principio di cui amart. 4 legge� 20 
marzo 1865, all. E, che inibisce al giudice ordinario di annullare re-
vacare o modificare i provvedimenti amministrativi (2). 

Nella Locuzione � altri enti pubblici � contenuta nell'art. 37 dello 

Statuto dei lavoravori non pu� ritenersi compreso lo Stato. Le dispo


sizioni del menzionati} Statuto non sono perci� applicabili ai rapporti 

di impiego e ai rapporti sindacali con amministrazioni statali. Per tali 

rapporti risuitano idonei e sufficie.nti i mezzi ordinari di tute�la giu


risdizionale predisposti dall'ordinamento giuridico per rimuovere, anche 

in via di urgenz.a, i provvedimenti amministramvi iUegittimi (e tali 

sono anche i provvedimenti sostanzia,lmente diretti a reprimere e a 

limitare la libert� e l'attivit� sindacale) (3). 

(1-4) Statuto dei lavoratori, impiego pubblico statale, e riparto tra le 
giurisdizioni ordinaria e amministrativa. 

1. -Premessa. -Rapporti di lavoro di diritto privato, rapporti di 
lavoro di diritto pubblico, rapporti tra associazioni sindacali e imprenditori 
(privati o pubblici), rapporti tra associazioni sindacali e amministrazioni 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 577 

Premesso che nella specie l'as.sociazione sindacale � insorta non 
per rimuovere provvedimenti adotta1Ji direttamernte contro di e$a e 
rivolti a impedire il co'Ytcreto esercizio di taluna deLle facoU� ad essa 
attribuite ma per preservare un dipendente statale da un trasferimento 
che si assume disposto per rappresaglia, non contJrasta con il principio 
di eguaglianza de,ttato dall'art. 3 deUa Costituzio11te la mancata attribuzione 
agli organismi mndaoali di una legittimazione autonoma a tutela 
degli interessi collettivi di categoria; ci� illt quanto a detti organismi 
� riconosciuta dalle norme speciali concernenti il pubblico impiego 
una posizione di collaborazione e non di contmpposizione co11t 
l'amministrazione statale (4). 

(Omissis). -Con ricorso .proposto al pretore di Cagliari in data 
29 marzo 1971 Luigi Floris, segretario provinciale della Federazione 
lavoratori statali -CISL di Cagliari -e Felice Giardina, segretario 
provinciale� del sindacato nazionale Amministrazione Dogana -CISL 
di Cagliari -impugnarono, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 della 
legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), il provvedimento 
con il quale l'Amministrazione della Dogana aveva, in data 

dello Stato e pubbliche in genere: le distinzioni e le combinazioni tra 
queste quattro entit� concettuali costituiscono la trama di un discorso sull'applicazione 
nel settore pubblico delle disposizioni contenute nella 

1. 20 maggio 1970, n. 300, comunemente detta �statuto dei lavoratori�. 
Peraltro, la trama di questo discorso si complica ulteriormente, quando 
la prospettiva dell'indagine si sposta sul piano processuale, perch� alle 
quattro indicate entit� si aggiungono altri due punti di riferimento: giurisdizione 
ordinaria, giurisdizione amministrativa (quest'ultima sia � esclusiva. 
in materia di pubblico impiego che �generale� a tutela degli interessi 
legittimi). Il giudice ordinario e il giudice amministrativo si ripartiscono 
il territorio della giurisdizione secondo criteri -le � materie � controverse 
e la consistenza delle situazioni soggettive lese -che fanno capo 
alla disciplina sostanziale dei rapporti. La ormai quasi secolare esperienza 
ha per� indicato come il riparto tra le giurisdizioni, lungi dall'essere il 
risultato di automatiche trasposizioni, abbia piuttosto di frequente contribuito 
a determinare la configurazione dei rapporti sostanziali. 

Anche la sentenza in rassegna -la cui importanza � evidente -ha 
affrontato dal punto di vista della questione di giurisdizione problemi 
che esorbitano dalla dimensione processuale e coinvolgono persino l'organizzazione 
� materiale � delle pubbliche amministrazioni. 

2. -Rapporto di lavoro di diritto privato e rapporto di lavoro di diritto 
pubblico. -L'esistenza nel nostro ordinamento di due differenziate discipline 
del rapporto di lavoro, l'una regolata integralmente dal diritto pubblico 
e l'altra invece in parte affidata al diritto privato, pu� essere assunta 
in questa sede come un dato non abbisognevole di dimostrazione (per una 
esposizione delle vicende che hanno portato a questa differenziazione, da 
ultimo GIANNINI M. S., Impiego pubblico, teoria e storia, Enc. dir. vol. XX, 
1970, 293 ss.). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4 dicembre 1970, disposto il trasferimento del nominato dipendente 
Giardina dalla Dogana di Cagliari a quella di Portovesme, assumendo 
che il trasferimento stesso era stato deciso per impedire o, quanto 
meno, per limitare l'attivit� sindacale del predetto impiegato. � 

L'Amministrazione delle finanze dello Stato, costituitasi, eccep� 
l'inapplicabilit� della legge 20 maggio 1970, n. 300 ai dipendenti statali 
e, pertanto, la carenza di giurisdizione dell'adito pretore. 

Nel corso del procedimento la stessa Amministrazione proponeva, 
con atto del 13 aprile 1971, rieorso per regolamento preventivo di 

La validit� della distinzione non pu� essere superata dalla constatazione 
che �il nostro diritto positivo conosce in realt� una molteplicit� di 
modi di regolazione dei rapporti di lavoro con figure soggettive pubbliche, 
dei quali i rapporti di lavoro pubblico e quello privato costituiscono gli 
estremi� (GIANNINI M. S., Appunti sul rapporto di lavoro con le aziende 
municipali, in Scritti in memoria di A. Giuffr�, vol. III, 1967, 483). Un crinale 
tra le due categorie pu� e deve essere reperito, e con esso va a coincidere 
il confine tra le giurisdizioni: cos�, la giurisprudenza della Corte di 
Cassazione � pervenuta a qualificare i rapporti di lavoro con gli enti pubblici 
economici come rapporti di diritto privato (Cass. S.U. 7 maggio 1951, 

n. 1088, Foro amm., 1951, II,. 308, Cass. S.U., 17 aprile 1952, n. 1038, Foro it., 
1953, I, 370) a conclusione di una evoluzione che ha fatto leva congiuntamente 
su disposizioni sostanziali (1. 3 aprile 1926, n. 563, r.d. 1� luglio 1926, 
n. 1130, I. 16 giugno 1938, n. 1303, art. 2093 e.e.) e su disposizioni d5. Qarattere 
processuale (1. 24 febbraio 1941, n. 254, e art. 429, n. 3 c.p.c.). 
D'altro canto, la distinzione tra lavoro pubblico e lavoro privato � ben 
lungi dall'essere annientata dal fenomeno, in corso, di una sensibile convergenza 
tra lo stato giuridico del lavoratore pubblico e il regime del 
lavoratore privato. La prima manifestazione di tale tendenza risale a un 
provvedimento Legislativo tutt'altro che recente, il r.d. 13 novembre 1924, 

n. 1825 (nel quale, per�, all'art. 18 comma secondo si aveva cura di precisare 
che �nulla � innovato circa la competenza stabilita da altre leggi 
sulle controversie relative a rapporti d'impiego di dipendenti da enti pubblici 
e parastatali �). L'art. 2129 e.e. � successivamente venuto ad elevare 
le norme dettate dal codice civile per U lavoro privato a � fonte del diritto � 
sussidiaria (e cio� � salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla 
legge �) per la disciplina dei rapporti di diritto pubblico con i � prestatori 
di lavoro dipendenti da enti pubblici�. E altre leggi (cosi, le 11. 26 agosto 
1950, n. 860 e 30 dic-embre 1971, n. 1204, a tutela delle lavoratrici madri) 
sono state emanate per operare per tutti i rapporti di lavoro, senza distinzione 
tra pubblico e privato. 
L'innegabile convergenza nei profili contenutistici della regolamentazione 
delle due categorie di rapporti di lavoro, tuttavia, oltre a non essere 
di per s� diretta nel senso di una reductio ad unum, appare anche non 
idonea a condurre ad .un siffatto risultato: oltre alle ragioni di ordine 
politico e organizzativo che giustificano anche oggi un regime differenziato 
del pubblico impiego, � la diversit� dei modi e degli organi della 
tutela giurisdizionale che oppone un impedimento non superabile ad una, 
allo stato problematica, spinta alla unificazione (sul punto, ORLANDO, Il rap



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 579 

giurisdizione, sostenendo il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria in ordine alla domanda proposta dal Floris e dal 
Giardina. 

Questi ultimi hanno resistito con controricorso, deducendo, in via 
subordinata, l'illegittimit� costituzionale dell'art._ 37 della legge 20 
maggio 1970, n. 300 per violazione del principio di eguaglianza di cui 
all'art. 3 della Costituzione, in relazione agli artt. 1, 18, 21, 35, 39, 
51 e 113, comma primo e terzo, della stessa. 

Sia l'Amministrazione ricorrente che i resistenti hanno presentato 
memoria. 

porto di pubbLico impiego, Riv. dir. pub., 1935, I, 623 e ss., VITTA, La legge 
sult'impiego privato in rapporto ai pubblici impiegati, Foro amm., 1937, 4, 
CASETTA, Ancora sul concetto di rapporti di pubblico impiego, Boll. scuola 
perf. e spec. dir. lav. Univ. Tries.te, dicembre 1958, ROMAGNOLI, Statuto dei 
lavoratori e pubblico imPiego, Riv. trim. dir. pub., 1971, 1569). 

Del resto, una conferma del permanere di una netta separazione tra 
i due regimi, del lavoro pubblico e di quello privato, � venuta recentemente 
in occasione di una vicenda applicativa della 1. 15 luglio 1966, n. 604 sui 
licenziamenti individuali. Questa legge, che per molti versi ha costituito per 
cos� dire il prologo dello � statuto dei lavoratori ., ha in comune con detto 

� statuto � di essere stata redatta con riguardo unicamente al lavoro privato 
e di aver sub�to all'ultimo minuto un emendamento concernente i rapporti 
nei quali datore di lavoro � un ente pubblico. 
� in tal modo che nell'art. 1 della 1. n. 604 � stato calato, senza alcun 
coordinamento con le disposizioni contestuali, un inciso in forza del quale 
l'ambito di applicazione delle norme da essa dettate � stato esteso ai rapporti 
di lavoro a tempo indeterminato � con enti pubblici �. E poich� nell'ultimo 
comma del successivo art. 6 si legge che � a conoscere delle controversie 
derivanti dall'applicazione della presente legge � competente il 
pretore�, � sorta questione, se dall'operare di queste due norme fosse derivata 
una modificazione nel riparto tra la giurisdizione ordinaria e quella 
amministrativa. 

Com'� noto, la Corte di Cassazione, adita anche in quel caso con regolamento 
di giurisdizione (Cass. S.U. 23 maggio 1969, n. 1811, Foro it., 1969, 
I, 2546), dopo aver osservato che � la competenza attribuita al pretore dalla 
norma in esame non esorbita dai limiti della giurisdizione ordinaria di cui 
il pretore stesso fa parte ., ha escluso che � il legislatore, con la 'disposizione 
dell'art. 6, ultimo comma, abbia inteso derogare alla riserva di giurisdizione 
di cui all'art. 29, n. 1 del testo unico del 1924 � (delle I. sul Consiglio 
di Stato). 

Peraltro, nella sentenza anzidetta, dopo essersi limitato l'intervento del 
Giudice Ordinario allte controversie concernenti il lavoro privato (ancorch� 
con ente pubblico economico), si � introdotta una riserva significativa circa 
l'eventuale idoneit� della 1. n. 604 ad operare come fonte regolatrice, in 
via sussidiaria, del lavoro pubblico, affermando che � non � dato desumere 
dalla legge un principdo di necessaria correlazione tra ambito della disciplina 
sostanziale e ambito della giurisdizione ordinaria�. 

L'affermazione che la legge anzidetta non ha apportato deroga o 
modifica ai criteri del riparto tra le giurisdizioni � stata condivisa dal 



580 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

L'Amministrazione ricorrente ha, col proposto regolamento preventivo 
di giurisdizione, sostenuto che l'autorit� giudiziaria ordinaria 
� priva della potestas decidendi, in ordine all'azione esperita da Luigi 
Floris e da Felice Giardina a tutela di diritti sindacali, che essi assumono 
violati da detta Amministrazione con il disposto trasferimento 
del nominato ispettore doganale Giardina dalla sede di Cagliari a 
quella di Portovesme. 

Secondo l'assunto del Floris, segretario provinciale della Federazione 
lavoratori statali (CISL), e del Giardina, tale provvedimento 
sarebbe stato adottato per rappresaglia contro l'attivit� sindacale svolta 

Consiglio di Stato (sez. VI, 14 novembre 1969, n. 714, Foro amm., 1969, 
I, 2, 1364). In dottrina, sull'argomento, FRENI, Disciplina dei licenziamenti 
individuali e rapporti di impiego dei dipendenti da enti pubblici, in questa 
Rassegna, 1968, I, 756, PmANI, Rapporto di pubblico' impiego e limiti di 
applicazione della legge 15 luglio 1966, n. 604, Riv. giur. lav., 1969, I, 353 
e ss., RIVA SANSEVERINO, Diritto del lavoro, 1967, 400, Il campo di applicazione 
della l. 15 luglio 1966, n. 604 sui �licenziamenti individuali, Quad.' 
scienze soc., 1967, 35, CANFORA, Pubblico impiego, l. 15 luglio 1966, n. 604 e 
statuto� dei lavratori, Dir. lav., 1970, I, 297, SANTACROCE, Nota, in Dir. lav., 
1970, II, 150. 

Da quanto precede risulta un quadro assai lineare, basato sulla simmetrica 
contrapposizione di due combinazioni: da un lato, lavoro privato 
e giurisdizione ordinaria; dall'altro lato, lavoro pubblico e giurisdizione 
amministrativa. 

3. -Le innovazioni introdotte dalle il. 18 marzo 1968, n. 249 e 28 ottobre 
1970, n. 775, e dallo �statuto dei lavoratori�. -Il quadro ovviamente 
si complica con l'apparizione delle disposizioni legislative per la disciplina 
e la tutela della libert� e della attivit� sii.ndacale (pervero disposizioni di 
tale contenuto erano pervenute nell'ordinamento italiano gi� con le leggi 
23 marzo 1958, n. 367 e 3 giugno 1965, n. 929, di ratifica e per la esecuzione 
di trattati ii.Lnrtlemaziicmali in mateTia: in p:mposito, RIVA SANsEVERINO, L'attuazione 
delle convenzioni internazionali del lavoro, in La politica sociale 
della comunit� economica europea, 1960, 61 e ss.). 
Va subito segnalato che le leggi e lo � statuto � anzidetto sono testi 
compositi. Le ll. n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 contengono, come � noto, 
numerose disposizioni concernenti i rapporti di pubblico impiego dei dipendenti 
statali, e, in pi�, un drappello di disposizioni in materia di libert� 
e diritti sindacali (articoli da 45 a 50 della 1. n. 249 e art. 20 della 1. n. 775, 
ai quali pu� aggiungersi l'art. 7 della legge n. 249 modificato dall'art. 7 
del1a 1. n. 775). 

Lo � statuto dei lavoratori � � ancora pi� compoSlito: in esso sono 
infatti individuabili quattro gruppi di disposizioni (oltre ad alcune norme 
che si possono considerare � isolate ., quale ad esempio rart. 36). In un 
primo gruppo possono essere aggregate le disposizioni modificative della 
disciplina dei rapporti di lavoro, tra esse includendo anche quelle poste 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 581 

dal Giardina nella qualit� di segretario provinciale del sindacato nazionale 
Amministrazione Dogana (CISL) e rientrerebbe, pertanto, tra 
ie ipotesi in relazione alle quali l'art. 28 dello Statuto dei lavoratori 
(legge 20 maggio 1970, n. 300) abilita gli organismi locali delle associazioni 
sindacali nazionali a chiedere al pretore l'adozione di provvedimenti 
immediati, intesi a far cessare il comportamento illegittimo 
del datore di lavoro e la rimozione dei conseguenti effetti. 

L'Amministrazione ricorrente ha contestato l'applicabilit� della 
predetta norma, sostenendo che l'impiego statale esula dal campo 
di applicazione della citata legge n. 300 del 1970, quale risulta determinato 
dagli artt. 35 e 37 della stessa. 

'


a garanzia delle libert� e delle attivit� sindacali: a titolo indicativo e con 
larga approssimazione, possono cos� raggrupparsi gran parte delle disposiz�oni 
del titolo primo della 1. n. 300 del 1970 (debbono escludersi, ad 
esempio, �gli artt. 2 commi primo 1lerro e qUJM"�to, 11 e 12), nO!tl!Ch� parte dellle 
disposizioni dettate dagli artt. 15 (limitatamente alla lettera b), 16, 18 
(limitatamente alle disposizioni sostanziali), 20 .(1imitatamente alla utilizzazione 
delle dieci ore annue pagate), 22, 23, 24, 26 commi secondo e terzo, 
30, 31, 32 e 35 (in quanto delimitano il �campo di applicazione� di alcune 
de11e dlisposiziOITii�. ~n (P['eaedenza iJIJJdioate) ln UIIl secondo gruppo p01Ssoho 
essere comprese le norme amministrative in tema di collocamento, di cui 
al titolo quinto della legge. Un terzo gruppo omogeneo pu� essere formato 
dalle disposizioni sostanziali di � diritto sindacale � in senso stretto, 
ossia delle disposizioni che riconoscono e disciplinano la libert� e le attivit� 
sindacali senza dil'ettamente incidere sui singoli rapporti di lavoro 

(su questi rapporti incidono indirettamente .esprimendo valutazioni di 
liceit� di comportamenti tenuti dai dipendenti in quanto anche associati 
nei sindacati): possono essere incluse in questo gruppo buona parte delle 
disposizioni poste nei titoli secondo e terzo e quarto dello � statuto �. 
Infine, appare possibile procedere alla form�zione di un quarto raggruppamento 
di norme, comprensivo delle disposizioni processuali e anche delle 
disposizioni che prev;edono decisioni contenziose amministrative: e cio� 
degli artt. 6 commi terzo e quarto, 7 commi sesto e settimo, 16 secondo 
comma, 18 e 28 (limitatamente alle norme processuali), e 33 commi ottavo 
e decimo. � 

Al tema dell'applicazione dello � statuto dei lavoratori � ai dipen


denti degli enti pubblici (tra essi, come si vedr�, non compresi i dipen


denti dello Stato) � dedicato l'art. 37. Le vicende che hanno cond9tto 

alla formulazione e alla approvazione in sede legislativa delle due parti 

di questo articolo sono ampiamente riferite nella sentenza in rassegna, 

nel decreto 17 aprile 1972 del Pretore di Firenze (in Foro it., 1972, I, 1503), 

nella sentenza 8 novembre 1971 del Tribunale di Milano (in Riv. giur. lav., 

1971, II, 685), e, 1n dOlttri.na, da ALIBRANDI T. (L'art. 28 detto statuto dei 

lavoratori nei confronti degli enti pubblici, Giur. it., 1972, I, 2, 341), da 

FRENI �e GIUGNI (Lo statuto dei lavdratori, 1971, 157) e da FALCUCCI e VINCI 

(Statuto dei lavoratori e dipendenti statali, Riv. giur. lav., 1971, 216)./ 

Ora, non pare che dia luogo a problemi l'applicazione dello � statuto 

dei lavoratori � ai rapporti di lavoro di diritto privato con gli enti pub




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582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l 
Pi� in particolare si assume che il legislatore, nel disporre, con 1~ 
1'.ultimo periodo di questa seconda norma, che lo Statuto dei lavoratori 
-di cui aveva gi� sancito l'applicabilit� alle imprese private 
aventi certe determinate dimensioni e ai rapporti di lavoro e di impiego 
de~ dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente e 
prevalentemente attivit� economica -si applica anche � ai rapporti 
di impiego dei dipendenti degli altri enti pubblici, salvo che la materia 
sia diversamente regolata da norme speciali ., non abbia inteso 
comprendere lo Stato tra questi � altri enti pubblici �. 
blici economici. La prima parte dell'art. 37 � per� tutt'altro che inutile: 
come si � visto, lo �statuto� contiene non soltanto di<sposizioni relative 
ai rapporti di lavoro con i singoli dipendenti, ma anche norme sulla libert� 
e sulle attivit� dei sindacati �all'interno dei luoghi di lavoro�. E, in assenza 
di una esplicita statuizione, si sarebbe potuto porre il problema della 
compatibilit� di queste norme con l'assetto organizzativo dli enti (pur 
sempre qualificati pubblici. 
Dubbi interpretativi sono invece esplosi per la seconda parte dell'art. 
37: e non poteva accadere diversamente, dal momento ch� la norma 
� stata una consapevole rimessione all'interprete del compito di reperire 
un coordinamento non raggiungibile in sede parlamentare per i dissensi 
all'interno delle maggioranze. 
Un primo importante ruolo deve comunque essere affidato alla norma 
de qua: quello di statuire che le nuove disposiziioni modificative della 
disciplina sostanziale dei rapporti di lavoro di diritto privato -e cio�, 
grosso modo, le norme di cui al primo dei quattro gruppi sopra individuati 
-operano come fonte regolatrice, in via sussidi,aria { � salvo che la 
materia sia dive11samente regolata da norme ,speciali � ), dei rapporti di 
lavoro di diritto pubblico. 
i: stato osservato che � se il legislatore avesse voluto con l'art. 37 
ripetere la norma dell'art. 2129 cod. civ., la disposizione dell'art. 37 apparirebbe 
inutile o, quanto meno, tautologica � (Bozzi G., Statuto dei lavoratori 
e rapporti di impiego dei dipendenti degli enti pubblici, Mass. giur. 
lav., 1971, 412). L'osservazione non pare dectsiva: gli articoli di legge 
che confermano principi o norme gi� in precedenza altrove affermati si 
rinvengono numerosi nel corpo del nostro diritto oggettivo, e risultano 
tutt'altro che inutili. Per di pi�, il � meccanismo � di rinvio posto in 
essere dalla seconda parte dell'art. 37 non � in concreto di cos� maneggevole 
utilizzazione da far ritenere che esso avrebbe automaticamente 
operato anche in assenza di una disposizione esplicifa. Un esame analitico 
non � possibile in questa sede: a titolo esemplificativo, si segnalano come 
emblematiche le perplessit� manifestate in ordine all'applicabilit�, nei 
confronti degli enti pubblici, degli artt. 5, 7 e 10 dello � statuto � da 
RoEHRSSEN (Lo statuto dei lavoratori e il rapporto di pubblico impiego, 
Riv. dir. lav., 1971, I, 469) e da BENVENUTO (Alcune osservazioni sull'applicabilit� 
delle norme deilo statuto dei lavoratori ai rapporti di pubblico 
impiego, Foro amm., 1970, III, 457). 
Una � reazione di rigetto � ancora pi� radicale si avverte nello scritto 
di FRAGOLA (Diritto amministrativo e statuto dei lavoratori, Foro amm., 
1970, III, 955), ove si conclude che � tutta la materia di ogni ramo, oggi, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 583 

Prima di .esaminare e risolvere tale questione occorre precisare 
la posizione assunta nel processo dai denuncianti Floris e Giardina, 
attesoch� l'Avvocatura dello Stato, sostenendo che la fattispecie � 
inquadrabile nell'ipotesi in relazione alla quale l'art. 24 della legge 
26 giugno 1924, n. 1054 conferisce al Consiglio di Stato la giurisdizione 
esclusiva, ha mostrato di attribuire primaria importanza, ai fini 
della legittimazione ad agire, alla qualit� di impiegato rivestita dal 
Giardina, anzich� alla qualit� sindacale del Floris e dello stesso 
Giardina. 

del pubblico impiego di qualunque tipo � diversamente regolata da norme 
speciali ., al punto che la seconda parte dell'art. 37 sarebbe solo � una 
presa in giro �. 

In realt�, per l'app1icazione della disposizione in esame come fonte 
sussidiaria regolartrice dei rapporti di pubblico ampi-ego, � necessaria quella 
che il ROMANO SANTI (Giuristi, in Frammenti di un dizionario giuridico, 
1953, 116) giustamente indica come la dote prima del giurista, e cio� 

�mente equilibrata e prudente�. Un grande equilibrfo e una attenta sensibilit� 
� infatti necessaria per �far proprio lo spirito animatore dello 
statuto e svilupparne le potenzialit� liberatrici, senza soccombere sotto il 
peso di vecchi schemi interpretativi e senza peraltro neppur cedere ad 
ingenue impazienze eversive dell'intero sistema �del diritto del lavoro � 
(CONTI M., Recensione al commento di FRENI e GIUGNI, in questa Rassegna, 
1971, II, 43). 

Il ruolo sinora assegnato alla seconda parte dell'art. 37 �, di per s�, 
sufficientemente gravoso. Un secondo � spazio � di applicazione � peraltro 
rinvenibile per la norma in esame, e concerne i rapporti di lavoro di 
diritto privato istituiti da enti pubblici non economici. Uno �spazio� certamente 
non vasto, considerato che, per tali enti, il ricorso al lavoro privato 
�, almeno al presente, marginate e limitato. 

4. -Le norme statuali di � diritto sindacale �. -Chi si fermasse a 
considerare unicamente il gruppo delle disposizioni modificative della disciplina 
sostanziale dei rapporti di lavoro coglierebbe soltanto una parte delle 
novit� introdotte dallo � statuto dei lavoratori � e dalle parallele norme 
poste, per l'impiego statale, dal1e ll. n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970. Le 
innovazioni forse pi� significativ.e si rinvengono nel gruppo delle norme 
statuali a livello d[ legislazione ordinaria che, confermato il riconoscimento 
della libert� dell'organizzazione sindacale (art. 39, comma primo, 
Cost.), provvedono a garantire -e, al tempo stesso, anche a disciplinare 
e a uniformare -l'organizzazione e le attivit� �sindacali� (quali siano 
queste attivit� non � esplicitamente definito) anche �all'interno dei luoghi 
di lavoro�. 
La normativa statuale cos� dettata � tutt'altro che esauriente, essendo 
il leg1slatore intervenuto a regolare solo taluni momenti della vita sindacale, 
a difesa di valori fondamentali quali la libert� di costituzione e di 
orgamdzzazione deii sindacati, !La libert� dell singolo lavoratore di aderii'vi 

o meno, la possibilit� per coloro che ricoprono � cariche � sindacali di 
svolgere le relative attivit�, la salvaguardia del diritto di sciopero. Comunque, 
non � tanto la maggiore o minore completezza di tale normativa che 
qui rileva, quanto la constatazione che essa concerne entit� soggettive 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'Avvocatura ha invero sostenuto che quest'ultimo, quale pubblico 
impiegato, poteva dedurre l'asserita arbitrariet� del subito trasferimento 
come vizio di legittimit� (eccesso di potere) del provvedhnento 
adottato dall'Amministrazione nei suoi confronti e chiederne 
l'annullamento al Consiglio di Stato, mentre il Floris, quale esponente 
sindacale, avrebbe potuto tutelare il proprio interesse indiretto, spiegando 
intervento, ai sensi degli artt. 37 e segg. del r.d. 17 agosto 1907, 

n. 642, nel giudizio promosso dal Giardina, o, addirittura, agire in 
surrogazione o come sostituto processuale dello stesso. 
(gli organismi 1siindaciali) diveiise dai sim,goJd Lavoratori, e mpporti giuridici 
distinti da quelli di lavoro subordinato anche se con essi strettamente 
connessi. 

Il legislatore statale, invertendo una tendenza di non intervento che 
era stata costante dall'epoca della soppressione delle corporazioni fasciste 
(e giustamente TARELLo, Teorie e ideologie del diritto sindacale, 1967, 7, 
ha osservato che peculiarit� del diritto sindacale applicato in Italia era 

� quella di apparire creato, spesso consapevolmente, dai giudici o dai giuristi, 
oltre che, spesso inconsapevolmente, dalla prassi sindacale, e di non 
apparire creato, se non in piccola �parte, dal legislatore �), ha ora dettato 
un, �sia pur incompleto, � dilrMto oggettivo sindacaile � ([}Jeilll'accezione di 
diritto regolante i sindacati e non di diritto posto in essere dai sindacati), 
un diritto, potrebbe dirsi, speciale rispetto al comune diritto privato nel 
quale in precedenza si erano rifugiate le organizzazioni e le attivit� silldacali 
(la teoria privatistica, elaborata soprattutto da SANTORo-PASSARELLI, 
dapprima nel saggio Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, 
in Riv. it. se. giur., 1949, 138 ss., e poi nelle varie edizioni del manuale di 
Nozioni di diritto del lavoro, nonch� nella voce Autonomia collettiva, Enc. 
dir., vol. IV, 1959, pur risultando per molti aspetti inadeguata, ha avuto 
il merito di aprire ai sindacati il vastissimo ambito di libert� riconosciuto 
all'autonomia privata; incidentalmente, si riferisce che nell'ultima edizione, 
la XXIV, de1rLe Nozioni, a p. 25 si a:ffiea:ma che lo � stai1iuito dei il.avoratori 
non pu� dirsi una legge sindacale, in quanto non regola l'organizzazione 
sindacale, ma la sostiene � ). 
Ovviamente, la normativa statuale di che trattasi non esaurisce il 
diritto sindacale: essa si aggiunge ad altre fonti di diritto, vuoi statuali 
vuoi collettive vuoi autonome (con quest'ultimo aggettivo si allude, in 
particolare, agli statuti delle singole associazioni; sulle fonti autonome 
e eteronome del diritto sindacale, GRANDI, Rappresentanza e rappresentativitd 
sindacale, in Nuovo trattato di diritto del lavoro, vol. I, 1971, 54). 

Ora, appare evidente come ci� che si � individuato come diritto sindacale 
non possa �essere ricondotto e rinchiuso negli schemi delle discipline 
sostanziali -alternativamente, di diritto pubblico e di diritto privato 
-dei rapporti di lavoro subordinato. Appare per� anche evidente 
come uno strumento quale il principio codificato nell'art. 2129 cod. civ. 

(e conf�ermato nella sua utilizzabilit� dall'art. 37 citato) sia di per s� non 
idoneo a risolvere il problema dell'applicabilit� al settore pubblico, e in 
particolare al settore degli enti pubblici non economici, delle disposizioni 
di diritto sindacale introdotte dallo �statuto dei lavoratori �. Il discorso si 
sposta quindi, necessariamente, dalla mera esegesi a un piano ricostruttivo 
e sistematico. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 585 

L'Avvocatura, peraltro, nella sua ampia ed accurata difesa non 
ha disconosciuto che lo Statuto dei lavoratori attribuisca agli organi 
locali delle associazioni sindacali nazionali una legittimazione autonoma 
e indipendente da quella del lavoratore a tutela della libert� 
e delle attivit� sin:dacali nonch� del diritto di sciopero, e, cio�, di 
interessi di categoria, ma ha escluso che, ove l'interesse collettivo 
sia, come nella specie compenetrato con quello del singolo dipendente, 
l'organo associativo sia legittimato a far valere pretese autonome, 
ipoteticamente non collimanti o addirittura divergenti rispetto 
a quelle dell'impiegato direttamente colpito dal provvedimento impugnato. 


5. -Il sindacato nel settore del pubblico impiego. -La collocazione 
e il ruolo del sindacato nel settore del pubblico impiego formano da tempo 
il dibattito, di un dibattito pervero non m�lto approfondito forse per il 
carattere �interdisciplinare� della tematica (non � privo di significato che 
essa non compaia nella pur pregevole raccolta n diritto sindacale, a cura 
di MANCINI e ROMAGNOLI, edita nel 1971 da Il Mulino; tra gli autori italiani 
si indicano, senza pretesa di completezza, DE FRANCESCO, Del diritto di associazione 
e di sindacato dei pubblici funzionari, Riv. dir. pub., 1912, 209; 
ROMANO SANTI, Lo Stato moderno e la sua crisi, Riv. dir. pub., 1919, 97 ss.; 
, 
RANELLETTI, Il sindacato nella pubblica amministrazione, Riv. dir. pub., 
1920, 456 ss.; DI MARCANTONIO, 1 L'organizzazione sindacale dei dipendenti 
statali, Dir. Lav., 1950, I, l!i'2 ss.; PERGOLESI, Alcune osservazioni marginali 
sul disegno di legge Rubinacci, Dir. lav., 19�52, 227 ss., e Il sindacalismo 
nella pubblica amministrazione, Riv. pol. ec., 1952, 1088 ss.; ESPOSITO, Lo 
Stato e i sindacati nella costituzione italiana, in Accademia Nazionale dei 
Lincei, Rapporti tra Stato e sindacati, 1956, 30 ss., MAZZONI, I rapporti 
collettivi di lavoro, 1967, 182 ss.; MATTARELLA, Il sindacato nel pubblico 
impiego, in Indagine sul sindacato, a cura dello I.S.L.F., 467 ss.; GHERA, 
Rapporto di lavoro e burocrazia nel pubblico impiego, Riv. dir. lav., 1971, 
156 ss.; ROMAGNOLI, op. cit., 1591 ss.; inoltre, merita segnalazione la dedsione 
del C()IIlJsiglio di Stato, Ad. plen., 4 febba-aio 1966, n. 5, Cons. Stato, 1966, I, 
185). Peraltro, ancora oggi rimane non superata e non risolta la difficolt� 
ad ammettere una contrapposizione e un conflitto tra gli interessi collettivi 
dei dipendenti pubblici (e segnatamente dei dipendenti statali), e 
l'interesse generale, �espresso a livello nazionale o locale dagli organi che 

�rappresentano� il popolo sovrano, e canonizzato in norme legislative o 
anche amministrative regolatrici dell'organizzazione dei pubblici uffici. 
Nel ventaglio delle possibili posizioni un punto :llermo pu�, comunque, 
essere individuato: allo stato della legislazione, al sindacato operante nel 
.settore del pubblico impiego � riconosciuto un ruolo sensibilmente differente 
da quello attribuito al sindacato operante nel settore del lavoro 
privato. Tale diversit� non pu� essere liquidata col definire � una piccola 
voragine di nulla � le peculiari esigenze e le speciali caratteristiche del 
rapporto di pubblico impiego, o con il constatare che � l'antagonismo degli 
interessi -quello pubblico dell'oente e quello collettivo dei dipendenti � 
accettato dall'ordinamento nelle forme tipiche della dialettica sindacale 
� (ROMAGNOLI, op. cit., 1578). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

586 

In ordine alla questione di legittimazione si osserva che lo Statuto 
dei lavoratori ha riconosciuto agli organi locali delle associazioni 
sindacali nazionali una capacit� giuridica .propria, esplicantesi, sul 
piano processuale, nella facolt� di agire direttamente, e cio� indipendentemente 
dalle iniziative dei propri aderenti, a tutela della Ubert� 
e delle attivit� sindacali, nonch� del diritto di sciopero. 

Lo Statuto dei lavoratori, rendendo giudizialmente tutela.bili questi 
interessi, ha conferito agli stessi, nella loro concreta esplicazione, 
la consistenza dei diritti soggettivi, attuando cos� i precetti costituzionali 
che tali diritti avevano astrattamente proclamato con l'implicazione 
che si provvedesse, in sede legislativa, a disporne i mezzi 
di tutela. 

La rilevata diversit� discende da copiosi e inequivoci dati normativi, 
tutti concordemente disponenti la esclusione dell'autonomia collettiva dal 
novero delle fonti normative regolatrici dei rapporti di pubblico impiego; 
esclusione che, �a monte� della disposizione di cui al primo comma dell'art. 
2068 cod. civ., �, in fondo, il dato essenziale e individuante dei 
rapporti di lavoro di diritto pubblico, intesi appunto come rapporti integralmente 
regolati da fonti eteronome (atti legislativi o atti della � pubblica 
autorit� � facenti capo in ultima istanza alla sovranit�), senza possibilit� 
di intervento dell'autonomia privata e di quella particolare specie 
di essa che �, ancora nel momento attuale, l'autonomia collettiva (ossia 
il co]ltratto collettivo � di diritto comune �). 

Cosl, la stessa Costituzione riserva al legislatore r.iispettivamente statale 

o regionale (artt. 97, 98 e 117) la potest� di disporre in ordine alla organizzazione 
dei pubblici uffici, e �noltre, gli riserva le tradizionali esclusive 
potest� iin tema di spese pubbliche; e ancora colloca gli artt. 39 e 40 
sotto il titolo dei � rapporti economici ., mentre altrove sono sistemate le 
norme che trattano della pubbUca amministrazione e dei suoi dipendenti. 
Dal canto suo, il legislatore ordinario � intervenuto a regolare i rapporti 
di lavoro pubblico in misura oltremodo frequente, giungendo per l'impiego 
pubblico statale a disciplinare senza residui apprezzabili ogni momento 
dei vari rapporti; e persino la disposizione che, in questa materia, 
appare pi� � aperta � al contributo del sindacato, l'art. 24 della 1. n. 775 
del 1970, conferma che il lavoro pubblico statale non pu� essere disciplinato 
�Wreittameme dallil'iaurtonomia 1oollettiva e che � riservata 811 legislatore 
ordinario ila � �.�. .a(plpll"OvaziionJe... dle1La eventuaiLe copertm-a finarnzmria �. 
L'ordinamento preclude quindi alle associazioni sindacali dei pubblici 
dipendenti lo strumento del contratto collettivo, � connaturale � invece 
per gli altri sindacati (Corte Cost., sent. 16 luglio 1968, n. 101, Foro it., 
1968, I, 2382). Peraltro, il menzionato art. 24, limitatamente al personale 
delle categorie di concetto, esecutiva e ausiliaria e al personale operaio, 
riconosce all'� accordo� sindacale giuridica rilevanza, sia pure come atto 
inserito in un procedimento concludentesi con l'emanazione di un regolamento 
amministrativo (salva sempre, e non solo nel caso .di mancato 

�accordo�, la possibilit� di un intervento del legislatore); e l'art. 47 della 
1. n. 249 del 1968 prevede � trattative sindacali su convocazione dell'amministrazione�. 
Nel complesso, al sindacato operante nel settore pubblico 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 587 

Gli interessi collettivi presidiati dal disposto del citato art. 28 
possono talora concorrere, come nelle ipotesi di trasferimento, di licenziamento 
ecc., con quelli individuali, fruenti di propria tutela secondo 
princip� preesistenti allo Statuto dei lavoratori e da questo non 
modificati. 

Sicch� potrebbe verificarsi il caso che la violazione di diritti indiyiduali 
possa dar luo.go ad una duplice azione, l'una degli organismi 
sindacali a protezione dell'interesse collettivo e l'altra del singolo dipendente 
a protezione del proprio interesse. 

L'eteronomia degli interessi che sorreggono tali azioni porta a 
respingere la tesi adombrata dall'Avvocatura, secondo la quale, nell'ipotesi 
che sussista detta commistione e concorrenza di interessi, 

pu� ritenersi affidato il compito di coagulare e di esprimere i �desideri. 
e le � rivendicazioni � delle categorie rappresentate ma non anche di 
dichiarare � volont� � contrattuali direttamente costitutive della normativa 
dei rapporti di lavoro. 

La riferita peculiarit� dei sindacati operanti nel settore del pubblico 
impiego non � priva di riflessi e sviluppi ulteriori. Non � il caso di e,saminare 
in questo scritto il tema dell'estensione del diritto di sciopero per i 
pubblici dipendenti e il quesito -allo staito parvero piuttosto accademico 
-se le associazioni sindacali dei pubblici dipendenti siano tutelate 
solo dall'art. 18 della Costituzione oppure anche dal successivo' art. 39; 
merita comunque di essere segnalata la cautela manifestata, in ordine al 
quesito anzidetto, dalla Corte Costituzionale nella sentenza 17 marzo 1969, 

n. 3,1 (in questa Rassegna, 1969, I, 209), ove 1si Leg,ge il.'inoiso � ... anche ad 
ammettere che la libert� di associazione di categoria per coloro il cui 
rapporto di lavoro non sia regolato dalla contrattazione collettiva trovi 
fondamento in detta norma (l'art. 39), e non debba piuttosto farsi discendere 
dal principio consacrato nell'art. 18... �, 
Qui interessa invece sottolineare come, esclusa una contrapposizione, 
su un piano paritetico e a fini di autonomia, tra interessi collettivi dei 
dipendenti pubblici e interessi generali della collettivit�, all'azione dei 
sindacati del pubblico impiego residuino �diverse possibilit� di sviluppo. 
In questo settore, l'iniziativa �a tutela del personale si realizza da un 
lato nell'azione che tende a una posizione contrattuale di fatto, peraltro 
negata dalle leggi e non avente veste giuridica � (l'affermazione contenuta 
in quest'ultimo inciso non pare sempr,e esatta, per c;iuanto si � detto dianzi) 

� e dall'altro nella hnmissione delle rappresentanze negli organi direttivi 
dell'ente perch� possano far valere l'interesse che rappresentano concorrendo 
alle determinazioni relative alla vita e all'azione dell'ente stesso � 
(SIMI, Partecipazione del sindacato a funzioni pubbliche, in Nuovo trattato 
di diritto del lavoro, vol. I, 1971, 188). � quanto, in sostanza, la Corte di 
Cassazione ha osservato nell'ultima parte della sentenza in rassegna, laddove 
si afferma che � le associazioni sindacali, per quanto estranee alla 
amministrazione statale, sono in posizione di collaborazione e non di contrapposizione 
con la stessa �. 
In un ambiente di lavoro in cui il contrasto di cl�asse, per definizione, 
non emerge (e non perch� esso non sia reperibile, ma perch� l'ordina


5 



588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'organismo sindacale possa agire unicamente in surrogazione in sostituzione 
o in ausilio del singolo e non come titolare di un interesse 
autonomo e indipendente da quello individuale del lavoratore. 

Ci� premesso riesce agevole precisare la posizione delle parti nel 
presente processo. 

Come si rileva dal ricorso ;presentato dal Floris e dal Giavdina 
al pretore di Cagliari in data 2�9 marzo 1971, gli stessi intesero agire 
unicamente a tutela .dell'interesse collettivo che assumevano violato 
dal provvedimento di trasfe.rimento adottato nei confronti del Giardina 
dall'Amministrazione delle Finanze in data 4 dicembre 1970 e 
comunicato il 12 successivo. 

mento lo considera risolto interamente e senza residui a livello legislativo 
e in genere nelle sedi in cui la �pubblica autorit�� detta n regolamento 
dei rapporti di lavoro), la partecipazione del sindacato all'attivit� 
amministrativa appare la risposta pi� idonea a garantire, nel momento 
dell'applicazione concreta della normativa, la migliore possibile 

� coesistenza � tra interessi pubblici primari affidati alla cura dell'amministrazione 
e o dell'ente e interessi collettivi dei dipendenti. Interessi, 
si noti, tra loro non necessariamente confilggenti, se si considera che la 
presenza sindacale pu� assolv�er�e a una funz,ione di garanzia della legittimit� 
e del �buon andamento�. � ancora oggi valido quanto osservato 
all'inizio del secolo nella relazione a un disegno di legge sul pubblico 
impiego: � non � possibile rendere (i pubblici impiegati) perseveranti e 
energici nell'adempimento dei loro doveri, senza che sia loro giuridicamente 
assicurata una difesa contro la possibilit� di arbitrii, di favor'1tismi � 
(relazione ZANARDELLI, Atti Parlamentari del Senato, legi,slatura XXI, sezione 
1902-1904, doc. n. 217). 

La partecipazione anzidetta produce, naturalmente, l'inserimento degli 
interessi collettivi dei dip�endenti pubblici nel coacervo degli interessi 
generali espressi e curati dall'organizzazione amministrativa. La stessa 
attivit� sindacale finisce con il proiettarsi all'interno della �funzione � 
amministrativa e con il costituirne un momento, ancorch� nettamente differenziato 
(sta~te ffi estraneit� organizzativa e la libert� del sindacato). 

Se, a questo punto, si torna ad esaminare lo � statuto dei lavoratori ., 

ci si avvede agevolmente come ,le norme statuali di �diritto sindacale� 

(nel significato sopra precisato) da esso dettate non po�ssono trovare appli


cazione nei confronti delle associazfoni sindacali del pubblico impiego. 

La disposizione su cui poggta tutta la normativa in questione � l'art. 19; 
a questo articolo si aggancia.rio l'art. 20 ( � le riunioni... indette... dalle 
rappresentanze sindacali aziendali �), l'art. 21 ( � ... referendum... indetti da 
tutte le vapp.resentanz,e sindacali aziendali... � ), gli �artt. 22 e 23 ( � .. dirigenti 
delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19... �) e con 
essi gld artt. 18 quarto comma e 24, nonch� l'art. 30. Om, llart. 19 qualifica 
come associazione sindacale riconosciuta e garantita dallo � statuto dei 
lavoratori � quella che � � firmataria di contratti collettivi nazionali o provinciali 
�di lavoro applicati nell'unit� produttiva� oppure quella che � aderisce 
� alle � confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale 
� . Ai contratti collettivi di lavoro rinvia, inoltre, l'art. 26 dello 

�statuto�. 

PARTE I, SEZ�. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 589 

I ricorrenti richiamarono �espressamente l'art. 2.8 dello Statuto dei 
lavoratori e, in aderenza allo stesso, chiesero che l'adito pretore rimuovesse 
gli effetti del provvedimento impugnato mediante reintegrazione 
del Giardina nelle sue funzioni di ispettore presso la dogana 
di Cagliari. 

La titolarit� di tale azione apparteneva al Floris nella dichiarata 
qualit� di segretario provinciale della Federazione italiana lavoratori 
statali (CISL) di Cagliari e non anche al Giardina che, pur rivestendo 
una qualit� rappresentativa di carattere sindacale (segretario provinciale 
del Sindacato nazionale Amministrazione Dogana -CISL di Ca-

Posto che nel settore del pubblico impdego nessuna associazione pu� 
rendersi �firmataria � di contratti collettivi, l'art. 19, con tutta la serie 
delle norme ad esso satelliti, non pu� operare. Deve infatti escludersi che 
esso possa operare in un modo discriminatorio: e all'interprete non � 
consentito Titenere che il legislatore abbia inteso conculcare la libert� 
proclamata dall'art. 39 della Costituzione, proprio nel momento in cui ha 
dato a tale libert� concrete ga:ranzie. 

Del resto, conferma della validit� di quanto precede � rinvenibile 
negli artt. 7, 20 e 24 della l. n. 775 del 1970: i sindacati dei dipendenti 
dello Stato traggono quallificazione dalla circostanza di essere � vappresentati 
nei consigli di amministrazione�, in esito a elezioni dirette. La partecipazione 
all'organo collegiale di governo del personale � assunta a dato 
qualificante, in vece dena �firma� di un contratto collettivo applicato 

� nell'unit� produttiva �. 
Invero, il titolo terzo dello �statuto dei lavoratori� � stato scritto 
per le � imprese industriali e commerciali � e per le � imprese agricole � 
(art. 35); e in detto ambito la ddscipl:ina sindacale dettata risulta congrua 
e operante. Le rilevate asperit� applicative si hanno solo se si vuole caricare 
la seconda parte dell'art. 37 di significati e di compiiti che essa non 
pu� reggere e che il legislatore non ha esternato di volerle attribudre. 

Pi�� corretto appare invece affidare alla seconda parte dell'art. 37 i 
ruoli gi� visti nel terzo paragrafo di questo scritto, e ritenere che, per il 
settore del pubblico impiego statale (o presso �altri enti pubblici che in 
concreto abbiano uniformato la disciplina del proprio personale e quelle 
del personale statale �: FRENI e GIUGNI, op. cit., 158) la disciplina della 
libert� e delle attivit� sindacali sia dettata unicamente dalle 1. n. 249 del 
1968 e n. 775 del 1970, e che, per il rimanente settore del pubblico impiego, 
debba per analogia farsi ricorso ai principi enunciati da tali leggi, 
ove appiliicabilld. Del vesto, l'art. 37 prevede esplicitamente il.'applioazione 
del1le disiposiziOl!li .del1lo � statuto� 1a:i � mppotl'lti di impiego� ded diipernderufli 
degli enti pubblici, e non anche ai rapporti tra le amministrazioni pubbliche 
e ile assoc.iaziond sindacali. 

In sostanza, sono individuapili due sistemi autp.nomi (anche se non 
reciprocamente chiusi): un diritto sindacale per il settore privato e per 
gli enti pubblici �economici, facente capo allo �statuto dei lavoratori�; e 
un diritto amministrativo in materia sindacale per il settoTe pubblico, 
facente capo delle due leggi anzidette. Ed � pr.oprio questa, se non si va 
errati, la � intenzione del legislatore � quale emerge dagli atti parlamentari. 



590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gliari), si associ� al primo nella sola veste di dipendente della direzione 
generale delle dogane e imposte indirette del Ministero delle 
Finanze. 

Ci� non impedisce, peraltro, di ritenere legittima la partecipazione 
del Giardina al processo, poich� la concordanza del suo individuale 
interesse con quello collettivo, facente capo all'�rganismo sindacale 
rappresentato dal Floris, lo abilit�va indubbiamente a sorreggere 
adesivamente nel processo le ragioni sostenute da quest'ultimo. 

Precisato che l'interesse sostanziale ,di cui si � chiesto fa tutela 
giurisdizionale � quello collettivo del sindacato e non quello individuale 
del Giardina, cade l'eccezione dell'Avvocatura secondo la quale, 

6. -La tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive riconosciute 
ai sindacati operanti nel settore pubblico. -Passando sul terreno processuale, 
giova anzitutto rammentare che la giurisprudenza amministrativa 
da tempo ha riconosciuto alle associazioni sindacali (in genere, e cio� non 
solo a quelle dei pubblici dipendenti) la legittimazione a ricorrere a tutela 
delle situazioni soggettive ad esse �personalmente� attribuite da specifiche 
norme giuridiche (Cons. Stato, VI Sez., 11 luglio 1956, n. 570, Cons. 
Stato, 1956, I, 996, nonch� IV sez., 3 maggio 1957, n. 480, ivi, 1957, I, 580, 
VI sez., 31 gennaio 1962, n. 102, ivi, 1962, I, 152, e 23 maggio 1962, n. 421, 
ivi, 1962, I, 1026, e ancora 12 novembre 1968, n. 659, ivi, 1968, I, 1883), e 
tali situazioni soggettive ha contrapposto a quelle d.nvece attribuite a singoli 
associati, e anche ai generiei e non qualificati (come legittimanti al 
ricorso) �interessi di categoria�. Alla cognizione del giudice amministrativo 
sono state portate, di regola, controversie concernenti la partecipazione 
di rappresentanti sindacali a collegi amministrativi; e non risulta 
si siano avuti dubbi sul punto che siffatti jura ad officia dovessero essere 
qualificati come interessi ,legittimi e non come diritti soggettivi. 
Gli artt. 45 e seguenti della 1. 249 del 1968 e successivamente l'art. 20 
della I. 775 del 1970 (per non parlare di altre disposizioni di applicazione 
pi� limitata, quali gli artt. da 49 a 54 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130) 
hanno esteso il novero delle situazioni soggettive attribuite ai sindacati 
operanti nel settore pubblico, e per conseguenza hanno aperto ad essi 
ulteriori possibilit� di adil'e la giurisdizione. Ed infatti appare possibile 
che alle associazioni sindacali venga riconosciuta legittimazione a ricorrere 
nei casi di provvedimenti emessi (o rifiutati) in violazione delle disposizioni 
anzidette, ,e forse anche in altri casi, per � quel fenomeno di osmosi 
che ha accompagnato, �e con ottimi risultati, l'evoluzione di questo settore 
del diritto amministrativo � (RoEHRSSEN, op. cit., 474). Non pu� quindi 
escludersi che il giudice amministrativo possa trovarsi a dissentire, in 
occasione di qualche controversia, con l'affermazione contenuta nella sentenza 
in rassegna, secondo cui � lo statuto dell'impiego statale... non consente 
agli organismi sindacali di assumere, sia pure a tutela dei propri 
interessi, la protezione del singolo dipendente che, a causa di attivit� 
spiegata nell'interesse collettivo, abbia sub�to provvedimenti di rappresaglia... 
�. 

� comunque fin d'ora consentito ritenere che le situazioni soggettive 
riconosciute alle assicurazioni sindacali dalle disposizioni citate possono, di 
regola, trovare tutela giurisdizionale soltanto dinanzi al giudice ammini




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 591 

inerendo la posizione soggettiva da restaurare al rapporto di pubblico 
impiego, la potestas decidendi apparterrebbe in via esclusiva al Consiglio 
di Stato a norma dell'art. 29 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. 

La tesi dell'Avvocatura � inficiata dall'ulteriore errore di ritenere 
inderogabile la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia 
di pubblico impiego, non considerando che essa, in quanto non 
sancita da una norma costituzionale, pu� essere derogata da norma 
ordinaria. 

Ne consegue che l'asserita inscindibilit� dell'interesse collettivo 
da quello individuale non offre idoneo argomento per affermare la 
giurisdizione del Consiglio di Stato. 

strativo. Nel procedere alla dimostrazione di tale asserto, � opportuno 
disting-.ere, secondo il linguaggio della sentenza in rassegna, le controversie 
concernenti � provvedimenti adottati direttamente contro di essa 

(associazione sindacale) o rivolti a impedire il concreto esercizio di alcuna 
delle facolt� ad essa attribuite � (ad esempio, il rifiuto della concessione 
deg1i spazi per le affissioni murali), dalle controversie concernenti il rapporto 
di impiego del singolo dipendente investito di mandato sindacale 
(artt. 45-48), o semplicemente associato a un sindacato (art. 50), o anche 
soltanto facultato a partecipare a una � riunione � sindacale (art. 20 della 
legge n. 775 del 1970). 

Che questa seconda categoria di controversie debba essere portata 
alla cognizione del giudice amministrativo, e non possa, sotto alcun profilo, 
essere sottoposta al giudice ordinario, � indicato da molteplici considerazioni. 
La pi� evidente � d'ordine processuale, e trova radice nell'art. 29 
del testo unico del 1924 sul Consiglio di Stato e nell'art. 4 del contemporaneo 
testo unico sulla G.P.A. in sede giurisdizionale (richiamato dall'art. 
2 lettera a della legge 6 dicembre 1971, n. 1034), i quali, com'� noto, 
attribuiscono alla giurisdizione amministrativa la cognizione esclusiva dei 
ricorsi � relativi al rapporto � (ovvero � per questioni derivanti dal rapporto�) 
di impiego pubblico. Ne discende necessariament_e che le uniche 
pronuncie giurisdizionali consentite dall'ordinamento sulle �questioni derivanti 
dal rapporto di impiego� sono quelle rese dal giudice amministrativo 
(decisione di annullamento, ordinanza di sospensione, ecc.). 

Deve infatti escludersi, per principio, la possibilit� di due competenze 
giurisdizionali concorrenti (ROMANO SANTI, Le giurisdizioni speciali 
amministrative, in Trattato Orlando, vol. III, 1907, 594); ci� trova conferma 
e sanzione anche nella carta costituzionale, la quale chiaramente vieta al 
legislatore ordinario di configurare attribuzioni giurisdizionali in rapporto 
di concorrenza tra loro, quando nell'ultimo comma dell'art. 113 usa la 
disgiuntiva � o � nel parlare �di � giurisdizione ordinaria o amministrativa �, 
e, inoltre, quando d� ri1ievo e importanza alla predeterminazione del � giudice 
naturale �. 

Per inciso, pu� brevemente aggiungersi che �l'espressione, utilizzata 
negli artt. 29 e 4 dei sopra menzionati testi unici, � ... i ricorsi... prodotti 
dagli impiegati... �, non sta a indicare che solo il singolo dipendente � 
legittimato a ricorrere; l'espressione, descrittiva dell'ipotesi pi� frequente, 
� stata utilizzata senza .che ad essa si intendessero attribuire particolari e 
precisi significati, e solo per formulare la distinzione tra le rispettive com




592 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pu�, invero, ipotizzarsi che il legislatore, proprio in considerazione 
di tale commistione e della ravvisata esigenza di apprestare 
tempestiva protezione al diritto sindacale leso, abbia inteso devolvere 
la materia alla cognizione del pretore, abilitato all'adozione di provvedimenti 
immediati. 

L'illustrata autonomia ed indipendenza dell'interesse collettivo da 
quello individuale, l'inconfigurabilit� di principi ostativi alla coesistenza 
dei due mezzi di tutela, l'irrilevanza sul piano giuridico della 
eventuale discordanza tra l'atteggiamento dell'organismo sindacale e 
quello del singolo e la possibilit� di coordinare sul piano pratico la 

petenze del Consiglio di Stato e della G.P.A. Tecnicamente pi� esatto, 
ma di eguale portata, il� testo dell'art. 65 del testo unico 12 luglio 1934, 

n. 1214 sulla Corte dei Conti; nelle norme concernenti la Corte Costituzionale, 
si parla indifferentemente di ricorsi � dei dipendenti � (art. 4 della 
1. 18 marzo 1958, n. 265) e � degli interessati � (art. 2 del regolamento 
approvato dalla Corte 1'8 aprile 1960). 
Nella sentenza in rassegna si legge che la diversit� tra �interesse 
collettivo del sindacato � e interesse individuale del dipendente (pi� esattamente 
tra le situazioni soggettive legittimanti) sarebbe di per s� sufficiente 
a consentire una concorrenza tra le due giurisdizioni. Tale asserzione, 
oltretutto priva nella sentenz�a di una adeguata motivazione, si 
rivela prima facie inaccettabile: non una semplice e pacifica � coesistenza � 
ma un grave conflitto pratico di giudicati si verifica nel caso, tutt'altro che 
improbabile, di � comandi � giurisdizionali opposti o anche solo divergenti; 
conflitto che pu� risultare insanabile qualora il giudice amministrativo 
(oppure, ov.e lo si riconosca autorizzato, il giudice ordinario) 
decida di eliminare il provvedimento :impugnato, cos� innovando, con pronuncia 
� costitutiva � e quindi senza mediazione alcuna, la realt� giuridica. 

Invero, posto che la sentenza divenuta giudicato conclude e perfeziona 
l'ordinamento giuridico ed � espressione della potestas jus dicendi 
e cio� di una potest� di imperio, non par�e consentito proporre un riparto 
tra le due giurisdizioni che, affidandosi unicamente alla diversit� tra situazioni 
soggettive legittimanti, non tenga conto del � comando � imperativo 
costituente, per cos� dire, il nocciolo di ogni sentenza, e finisca per considerare 
accettabile e non rilevante l'eventualit� del concorrere di pi� 

�comandi� tra loro effettivamente incompatibili. Tra il 1915 e il 1930 � 
stata sperimentata l'impraticabilit� di un riparto tra le giurisdizioni ordinarfa 
e amministrativa affidato unicamente alla diversit� del petitum; altrettanto 
poco corretto si rivelerebbe oggi un riparto che si limitasse a osservare 
unicamente la diversit� di quelli che la sentenza in rassegna denomina 
gli � interessi �. 
Alla considerazione d'ordine processuale ora segnalata si connette una 
considerazione d'ordine sostanziale. Lo � interesse collettivo del sindacato 
� rispetto alle questioni derivanti dal rapporto di impiego del singolo 
dipendente, anche nei casi in cui ottenga riconoscimento e protezione 
giurisdizionale (ad esempio, allorch� concerne il collocamento in aspettativa 
di lavoratori che ricoprono cariche sindacali elettive), si trova pur 
sempre a concorrere con la situazione soggettiva dell'ci.mpiegato, e in posizione 
per cosi dire di � dipendenza � rispetto ad essa. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 593 

repressione dell'attivit� antisindacale con l'eventuale acquiescenza del 
lavoratore al provvedimento aLiunde impugnato (il suo assenso, se 
liberamente prestato, potrebbe fornire al .provvedimento una giustificazione 
atto a renderlo innovativo e sostitutivo di quello precedel'}temente 
adottato con spirito di rappresaglia), mentre rivelano la debolezza 
della tesi sostenuta dall'Avvocatura, inducono a concludere 
che, data la natura dell'azione esperita dal Floris con l'adesione del 
Giardina, si � fuori dell'ipotesi contemplata dall'art. 29 del ripetuto 

t.u. n. 1054 del 1924, che deferisce al Consiglio di Stato la cognizione 
delle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego, indicando 
quale legittimato alla relativa azione unicamente l'impiegato. 
Una siffatta collocazione dell'interesse collettivo �, per i�l lavoro privato, 
insita nel disposto dell'art. 18 dello � statuto dei lavoratori�, per il 
quale il sindacato � legittimato a partecipare al giudizio solo ai fini della 
emissione del provvedimento cautelare di cui al quarto comma e solo a 
condizione che vi sia la �istanza congiunta� del lavoratore (di tal che 
potr�ebbe prospettarsi un confronto tra la Legittimazione del sindacato e 
quella richiesta per l'dnterveniente adesivo; d'altro canto, l'interesse di 
questo interveniente si trova esplicitamente avvicinato all'interesse legittimo 
in ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. I, 195'4, 297; 
sull'intervento del sindacato nel processo conseguente al licenziamento 
dei sindiacalisti � i:niterTlli �, PERA, Disposizioni processuali dello statuto dei 
lavoratori, in Riv. dir. proc., 1970, I, 380; NAPOLETANO, Lo statuto dei lavoratori, 
1971, 82 e LANFRANCHI, Il diritto processuale e la repressione della 
condotta antisindacale, in Riv. giur. lav., 1972, I, 37). Una similare collocazione 
dell'interesse coHettivo � peraltro desumibile dal sistema anche 
per il settore del pubblico impiego, dal momento che la materia della 
controversia � pur sempre costituita dal rapporto amministrativo tra l'amministrazione 
e il dipendente. Una �conferma in tal senso �viene dalla 
sentenza �in rassegna, dove, sia pure artificiosamente e nel tentativo di 
uscir.e dalle secche di alcune contestuali prese di posizione, si prospetta 
come l'acquiesc�enza del pubblico dipendente al provvedimento emesso 
nei suoi confronti � con spirito di rappresaglia � precluda al sindacato 
qualsiasi iniziativa giudiziaria in quanto fornirebbe �al provvedimento una 
giustificazione atta a renderlo innovativo e sostitutivo di quello precedentemente 
adottato ., 

Pu� quindi con una certa tranquillit� confermarsi che, nelle controversie 
della categoria ora in esame il cosidetto � interesse collettivo del 
sindacato� non pu� avere la conststenza di un diritto soggettivo tutela-'bile 
dinanzi alla A.G.O., allorquando la concorrente situazione giuridica 
del singolo dipendente � configurabile come interesse legittimo, e comunque 
(se non altro per il carattere esclusivo della giurisdizione) riceve 
tutela unicamente dal giudice amministrativo. 

Del resto, per strana ironia, alcuni di coloro i quali sostengono con 
fervore che l'esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo nella materia 
del pubblico impiego non ha importanza alcuna ai fini della giurisdizione 
sulle controversie per la tutela degli inter�essi sindacali, si trovano 
a sottolineare, in sede di interpretazione dell'art. 28 dello � statuto dei 
lavoratori ., la � interdipendenza � tra interessi collettivi e interessi indi




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

594 


L'Avvocatura ha aggiunto che l'applicabilit� del citato art. 28 
dello Statuto dei lavoratori al pubblico impiego trova ostacolo anche 
nel principio sancito dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
~IL E, che vieta al giudice ordinario di annullare gli atti amministrativi 
di cui egli abbia accertato l'illegittimit�. 

Su tale argomento pu� ripetersi quanto innanzi si � detto a proposito 
dell'art. 29 del t.u. n. 1054 del 1924, giacch� l'enunciato principio 
non risulta costituzionalizzato ed ha subito nel vigente OI'dinamento 
giuridico notevoli eccezioni, tra le quali assume particolare 
rilievo quella introdotta dallo stesso art. 37 dello Statuto dei lavoratori, 
che espressamente sancisce l'applicabilit� delle relative norme 
e, .pertanto, anche di quella che consente al pretore di ordinare �'la 

viduali (in ordine a questa �interdipendenza., ROMAGNOLI, Aspetti processuali 
dell'art. 28 dello �statuto dei lavoratori�, in Riv. trim. dir. proc. 
civ., 1971, I, 1309 e segg.; TREU, Attivitd antisindacali e interessi individuali 
dei lavoratori, in Pol. dir., 1971, 565 e segg.; 'PERSIANI, Condotta antisindacale, 
interessi del sindac�to, interessi collettivi e interessi individuali 
dei lavoratori, in Pol. dir., 1971, 543 e segg.; LANFRANCHI, op. cit., 3 e segg.; 
di � circolarit��e continuit� tra gli interessi individuali e quelli collettivi � 
parla ScoGNAMIGLIO, Considerazioni sull'art. 28 dello statuto dei lavoratori, 
in Riv. giur. lav., 1971, I, 180; sottolineano invece la possibilit� di � esperimento 
parallelo � delle procedure di tutela dei vari interessi, e quindi la 
separazione di questi, FRENI e GIUGNI, op. cit., 123 e segg.). 

Una ulteriore considerazione d'ordine sostanziale deve essere formulata: 
non pare esatto da un riconoscimento legislativo degli � interessi 
collettivi del sindacato� far discendere automaticamente, (e, come nella 
sentenza in rassegna, senza alcuna specifica indagine) che le situazioni 
giuridiche soggettive conseguenti a tale riconoscimento hanno sempre consistenza 
di �diritti soggettivi�. Laddove ad una pubblica amministrazione 
l'ordinamento attribuisce il compito e il potere di porre in essere atti 
amministrativi caratterizzati da imperativit� e in genere attivit� di rilievo 
pubblicistico, � doveroso quanto meno problematicam�ente esainin�re se 
gli.. dntere0ssi compresenti facenti capo ad altri soggetti, nella specie gli 

� interessi collettivi del sindacato ., siano riconosciuti e tutelati alla stregua 
degli interessi legittiini e non dei diritti soggettivi; e non pare corretto 
ignorare del tutto quella commisurazione, quella proportio tra interessi 
pubblici e interessi pl'ivati (o collettivi), che costituisce la ragione politica 
del riparto tra le due giuri.sdizioni, e quindi anche il criterio -com'� 
noto, .fil non facile utilizzazione specie ove manchino momenti di discrezionalit� 
amministrativa -per individuare il crinale che le separa. 
Ora, se si procede a un esame siffatto, risulta senza possibilit� di 
ragionevole dubbio che, di fronte al provv:edimento imperativo (ancorch� 
negativo o silenzioso) emesso dalla pubblica amininistrazione per regolare 
il rapporto di impiego del singolo dipendente pubblico, l'� interesse 
collettivo del sindacato� ha riconoscimento e protezione come interesse 
legittimo �e non come diritto soggettivo. 

La considerazione che precede � valida anche in relazione all'altra 
categoria di controversie, quelle aventi a oggetto i provvedimenti ammi



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 595 

cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti �, 
nei confronti degli enti pubblici non economici, se la materia non risulti 
diversamente regolata da speciale normativa. 

Sgomberato il campo dalle esaminate questioni ed esclusa l'esistenza 
di principi che possano condizionare l'interpretazione dell'art. 37 
dello Statuto dei lavoratori in senso contrario all'applicabilit� dello 
stesso all'impiego statale, pu� procedersi alla determinazione dell'ambito 
di operativit� della norma, onde stabilire se, in base al significato 
proprio delle parole, al senso risultante dalla connessione di esse e 
all'intenzione del legislatore (art. 12 disp. prel. � civ.) l'art. 28 dello 
Statuto possa trovare applicazioni nei confronti dell'Amministrazione 
dello Stato. 

nistrativi concernenti i beni ( � spazio per l'affissione ., � locale da adibire 
ad ufficia sindacale �) il cui uso deve essere � concesso � alle associazioni 
sindacali, oppure le facolt� che ,alle stesse sono dalla legge attribuite. 
L'interesse del �privato� in relazione al procedimento che si conclude 
con l'atto di concessione di un bene pubblico pu� palesemente ricevere 
riconoscimento ,e tutela solo come inter�esse legittimo; inoltre, per l'art. 5 
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, le controversie in materia di rapporti 
di concessioni di beni sono state devolute alla giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo. 

Per quanto concerne invece le facolt� attribuite ai sindacati da disposizioni 
legislative rivolte a configurare l'organizzazion� delle pubbliche 
amministrazioni o di particolari organismi di esse ('si pensi alla designazione 
di alcuni componenti di� .collegi amministrativi, o anche alla iniziativa, 
connessa alla presenza nel consiglio di amministrazione, per la convocazione 
dell~ �riunioni� di dipendenti), la stessa finalit� organizzatoria 
de1Le d!�Jsposiziond, rhlev:abi.We 1anche dall ClOIIlJ1lesto del l(Xrovvedimeinto i!Jegislativo 
di cui esse fanno parte, di per s� costituisce sufficiente e sicura 
indicazione del rilievo accordato dal legislatore agli interessi pubblici 
previsti dall'art. 97 della Costituzione, rispetto ai quali si vuole che gli 

�interessi collettivi del sindacato� risultino commisurati e funzionalmente 
ordinati. Sicch� le disposizioni che, in un siffatto contesto e per assicurare 
la collaborazione delle associazioni sindacali, attribuiscono a queste facolt� 
di intervento e di � partecipazione � all'azione amministrativa, correttamente 
possono essere riguardate come norme � strumentali � regolatrici 
dell'iattivit�-amministrativa per finalit� genernJJi. (e cio�, usando UllJa terminologia 
ormai classica anche se un po' fuori moda, come � norme di 
azione �), e non come norme poste per delimitare sfere giuridiche distinte 
dell'Amministrazione e del sindacato. 
Una qualificazione siffatta delle norme in esame � maggiormente evidenziata 
dal legislatore allorquando l'atto proveniente dall'associazione 
sindacale si inserisce un procedimento concludentesi con un provvedimento 
amministrativo (come si � detto dianzi, pi� volte il Consiglio di Stato ha 
conosciuto di ricorsi avV"erso nomine o rifiutate nomine di persone designate 
da un sindacato); la stessa qualificazione appare per� consentita 
anche quando non � previsto che tale inserimento debba necessariamente 
aver luogo. 

.; .. � 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

596 

Il citato art. 37, dopo aver disposto, .come gi� si � detto, che le 
norme dell'indicato Statuto si applicano mentre ai rapporti di lavoro 
e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente 
o prevalentemente attivit�_ economica, soggiunge che esse � si 
applicano altres� ai rapporti di impiego dei dipendenti da altri enti 
pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme 
speciali�. 

L'usata locuzione � altri enti pubblici � � lessicalmente idonea a 
comprendere anche lo Stato, considerato in dottrina come ente pubblico 
primario. 

Senonch� la locuzione stessa �, nelle leggi concernenti i rapporti 
di impiego e di lavoro, generalmente usata in senso restrittivo, non 
comprendente lo Stato. 

Il discorso meriterebbe ulteriori approfondimenti: in questa sede ci 
si limita a proporre un metodo di indagare che sia meno sommario di 
quello della indifferenziata e immotivata... promozione di tutti gli interessi 
sindacali a diritti soggettivi pieni; fermo restando che non � acc�ettabile 
la tesi presentata (da ROMAGNOLI, Statuto dei lavoratori cit., 1606) con 
audacia ma senza aderenza alla realt� del nostro ordinamento, tesi secondo 
la quale la pr�esenza dell'interesse collettivo del sindacato opererebbe, in 
sostanza, una vanificazione delle potest� amministrative, e per conseguenza, 
una qualificazione privastistica dell'attivit� dell'amministrazione. 

Le indicazioni sin qui raccolte provvisoriamente prescindendo dalla 
considerazione dei mezzi processuali offerti dallo �statuto dei lavoratori�, 
consentono di confermare che la tutela delle situazioni sogg.ettive attribuite 
ai sindacati in quanto operanti, per cos� dire, � all'interno � delle 
pubbliche amministrazioni costituisce, di regola, compito del giudice amministrativo; 
tanto pi� che (come rilevato da BACHELET, La giustizia amministrativa 
nella costituzione italiana, 1966, 50) il legislatore ordinario non 
potrebbe attribuire alla A.G.O. la tutela di interessi legittimi, senza violare 
l'art. 103 primo comma della Costituzione. 

7. -L'art. 28 dello �statuto dei lavoratori� e le pubbliche amministrazioni. 
-La situazione descritta nel precedente paragrafo non � mutata 
con l'entrata in vigore dello � statuto dei lavoratori �: non � dato reperire 
in detto �statuto� alcuna norma che abbia modificato i criteri del riparto 
tra le giurisdizioni, trasferendo dal giudice amministrativo al giudice ordinario 
il compito di tutelare le situazioni soggettive riconosciute ai sindacati 
operanti nel settore pubblico e, tanto meno, il compito di jus dicere 
nella materia del pubblico impiego. 
Si �, cionondimeno, tentato di utilizzare l'art. 28 dello � statuto � come 
una sorta di jolly buono per ogni gioco. E, nella sentenza in esame, si pu� 
forse avvertire come la stessa Corte di Cassazione abbia in qualche misura 
sub�to la tentazione a far compiere al giudice ordinario una grossa avanzata 
per � conquistare nuove provincie � sul territorio assegnato al giudice 
amministrativo (un esplicito incitamento in tal senso � in ROMAGNOLI, 
op. cit., 1604); tentazione che per� � stata, se non del tutto respinta, 
quanto meno allontanata per la considerazione della � idoneit� dei mezzi 
di tutela. offerti dalla giurisdizione amministrativa �per rimuovere, anche 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 597 

Basta al riguardo ricordare l'art. 29 del t.u. 26 giugno 1924, 

n. 1054 che, nel determinare l'ambito della giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato, fa separato riferimento ai rapporti di impiego 
con lo Stato e a quelli con gli enti o istituti pubblici, l'art. 44 della 
legge sulla Corte dei conti 12 luglio 1934 che, in materia di pensioni, 
distingue lo Stato dalle altre ,pubbliche amministrazioni, quantunque 
i ri:spettivi provvedimenti siano assoggettati al medesimo sindacato 
giurisdizionale, la legge 24 maggio 1970, n. 336 sui benefici combattentistici 
a favore dei dipendenti civili dello Stato ed � enti pubblici ., 
che nella sua stessa intestazione presenta la ripetuta distinzione. 
Deve aggiungersi che la giurisprudenza ha, di consueto, separatamente 
considerato lo Stato dagli Enti pubblici, sia quando ha ritenuto 
applicabile agli uni e agli altri la medesima disciplina, sia quando 
ha adottato diversa soluzione. 

in via di urgenza (sospensione), provvedimenti che, comunqu,e motivati, 
fossero sostanzialmente diretti a reprimere la loro attivit� sindacale 

(eccesso di potere)�. 

Pervero, questa considerazione, come le altre che le sono affiancate 
nel medesimo brano della motivazione avrebbero dovuto condurre a un 
discorso pi� chiaro e deciso di quello, un po' troppo flebile e vago, fatto 
dalla Corte, e, per di pi�, avrebbero dovuto condurre a un discorso valido 
per tutto il pubblico impiego e non limitato solo all'impiego statale. �-1: infatti 
possibile rilevare come i mezzi aggiuntivi di tutela giurisdizionale 
offerti dallo � statuto dei lavoratori ,, non siano pi� penetranti e, nel complesso, 
non siano neppure pi� efficaci delle possibilit� di tutela gi� in 
precedenza assicurate al pubblico dipendente con il ricorso al giudice 
amministrativo (sul punto, pi� ampiamente, ALIBRANDI T., op. cit., 345); 
e da questa constatazione � doveroso dedurre l'insussistenza di una seria 
ragione politica per un trasJierimento di competenze �giurisdizionali da 
detto giudice all'A.G.O. (trasferimento, del resto, non disposto da alcuna 
norma). 

Nel paragrafo cinque di questo scritto si � pervenuti a concludere 
che le norme sostanziali di diritto sindacale dettate dalla 1. n. 300 del 1970 
non possono trovare applicazione nei confronti delle associazioni sindacali 
oper�anti nel settore del pubblico impiego. Alla medesima conclusione si 
deve pervenire per l'art. 28 in esame: e ci� non solamente per quanto 
attiene alle disposizioni sostanziali in esso contenute (ScoGNAMIGLIO, op. cit., 
1971, 168, acutamerJJte propone un dupllicie aocostameiruto .tra il divieto dellla 
" condotta antisindacale � e i divieti di compiere atti Lesivi di interessi 
tutelati dall'ordinamento, quali i diritti di person:alit� di cui agli artt. 7, 
8 e 10 cod. dv., e tra il rimedio di cui all'art. 28 e le �inibitorie� a protezione 
di dette situazioni soggettive), ma anche per quanto attiene alle 
disposizioni pi� propriamente processuali. 

Due sono le ragioni della inapplicabilit� dell'art. 28. La prima si col


lega a quanto sin qui sostenuto: le situazioni soggettive riconosciute dal


l'ordinamento, allo stato attuale, alle associazioni sindacali vuoi perch� 

hanno consistenza di interessi legittimi vuoi perch�, nelle ipotesi di con


correnza di situazioni soggettive dei singoli dipendenti, si collocano 



598 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Al riguardo giova particolarmente ricordare quella formatasi sugli 
artt. 2093 e 2129 e.e. sull'art. 1 della legge 15' luglio 1966, n. 604 relativa 
ai licenziamenti individuali (Sez. Un., n. 1811 del 13 luglio 1969) 
e sulla decorrenza dei termini di prescrizione dei crediti di lavoro 
(sent. Costituzionale, n. 143 del 20 novembre 1969, che :prende in 
considerazione i crediti verso lo Stato e gli Enti pubblici). 

Il processo formativo dello Statuto dei lavoratori fornisce conferma 
che il legislatore ha inteso escludere l'impiego statale dal suo 
ambito di applicazione. 

Il disegno di legge presentato dal Governo al Senato (n. 29 giugno 
196�9_ con relazione del ministro Brodolini), come quelli che lo precedettero 
(n. 8 del 7 giugno 1968 sen. Tommassini etc.; n. 56 del 12 luglio 

rispetto a queste in posizione � dipendente ., ricevono tutela di regola dal 
giudice amministrativo. Rilevare, come nella sentenza in rassegna, che 
l'esclusivit� della giurisdizione di tale giudice .nena materia di pubblico 
impiego non � sancita dalla Costituzione, � osservazione del tutto inidonea 
a dimostrare la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie delle 
quali si tratta. 

8. -Segue: in relazione all'art. 4 della l. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E. 
La seconda ragione di inapplicabilit� dell'art. 28 � d,ovuta, essa pure, ad 
un limite della giurisdizione del giudice ordinario, conseguente per� non 
dal riparto tra le giurisdizioni, bens� dai principi e dalle norme che salvaguardano 
le attribuzioni del potere esecutivo. 
Solitamente si � fatto, in proposito, riferimento al noto art. 4 della 

1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Di esso la senten21a in rassegna (come in 
precedenza il Tribunale di Napoli nella sentenza 7 giugno 1971 pubblicata 
in Foro it., 1971, I, 1989) si � liberata in modo pervero alquanto spicciativo, 
col rilevare solamente che � il principio'... che vieta al giudice ordinario 
di annullare gli atti amministrativi di cui egli abbia accertato la 
illegittimit�... non rLsulta costituzionalizzato e ha sub�to... notevoli eccezioni 
., tra le quali, appunto, dovrebbe annoverarsi anche quella insita 
nel congiunto operare degli artt. 28 e 37 dello � statuto dei lavoratori �. 
Che l'art. 4 non risulti costituzionalizzato, � affermazione anzitutto 
non unanimemente accettata (ad essa si � opposto TORRENTE, La competenza 
del giudice ordinario e i suoi poteri di cognizione cui � faiteressata 
la pubblica amministrazione, in Atti del Congresso celebrativo delle leggi 
amministrative di-unificazione tenutosi a Firenze nel 1965), e comunque 
almeno in parte sicuramente inesatta. 

L'ultimo comma dell'art. 113 della Costituzione statuisce esplicitamente 
�che organi della giurisdizione (amministrativa oppure anche ordinaria) 
possono � annullare � gli atti della pubblica amministrazione � n'ei 
casi e con gli effetti previsti � dal legislatore ordinario, e implicitamente 
che la norma attributiva ad un organo giurisdizionale del potere di annullare 
l'atto amministrativo ha carattere eccezionale, la regola essendo costituita 
dalla esclusione di un potere siffatto e -a fortiori di poteri pi� vasti 
e incisivi. E recentemente la Corte Costituzionale (sentenza 6 luglio 1971, 

n. 161, in Foro it., 1971, I, 2112) ha avuto modo di ribadire la coerenza e la 
coessenzialit� dell'art. 4 con i lineamenti del sistema costituzionale, e di 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 599 

1968 del sen. Prisco etc.; n. 70 del 14 giugno 1968 on. Vecchietti; numero 
240 del 10 ottobre 1968 sen. Zuccal�, n. 700 del 4 giugno. 1969 
sen. Tor�lli), fa esclusivo riferim~nto alle imprese (art.. 24), rivelando 
cos� l'iniziale intendimento di non assoggettare alla disciplina dell'emanando 
Statuto l'impiego pubblico in generale. 

La commissione senatoriale per il lavoro aggiunse al testo governativo 
l'art. 24 ter, estendente l'applicazione dello Statuto ai rapporti 
di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgono 
esclusivamente o .prevalentemente attivit� economica. 

� Con l'ultimo comma dello stesso articolo fu predisposta una 
delega al Capo dello Stato per l'emanazione, entro due anni, di norme 
� intese ad uniformare, compatibilmente con la natura del rapdisattender
�e la tesi prospettata in dottrina (da NIGRO M., L'esecuzione delle 
sentenze di condanna contro ia pubbHca amministrazione, in Atti del 
XVI convegno di Varenna, 84 e segg.) �di una almeno parziale incostituzionalit� 
dell'articolo stesso. 

Ora, la parola � annullare � ha un significato tecnico ben preciso, pienamente 
noto al Costituente (una breve esposizione dei lavori dell'Assemblea 
costituente � in BACHELET, op. cit., 48 nota 68); con essa pu� ritenersi 
consentito anche il � sospendere� cautelarmente (in tal senso la Corte 
Cost. 4 marzo '1970, n. 32, in Giust. civ., 1970, III, 123), ma non pare si 
possa andare molto oltre. 

Non si pu� arrivare ad includere nello �annullare� anche il �sostituire�, 
in tutto o in parte (e cio� il �modificare�, il contenuto di un 
atto �emesso dalla pubblica amministrazione, o l'ordinare ad essa un facere 
infungibile o un non facere, o il creare ex novo in sua vece un atto mai 
emesso dall'organo investito deJJ.a potest� amministrartliva); e ci� speciia!L� 
mente laddove detta potest� presenta margini di discrezionalit� (a tutti 
� presente la cautela e '1a sostanziale moderazione manifestate dal Consiglio 
di Stato, nella sua ormai lunga esperienza nell'applicazione del 
vimedio di C'U� ailil'art. 27, n. 4 del testo umco n. 10'54 del 1924). 

Del resto, sulla profonda diversit� tra �annullare� e �sostituire� � 
basato il delicato equilibrio � tra due imperativit�, quella della sentenza 
e quella del provvedimento amministrativo �: la sentenza eliminatoria 
dell'atto non ha � �efficacia diretta nei confronti dell'amministrazione, giacch� 
si s�ontra con il potere proprio e originario di quest'ultima, e si tratta 
allora di conciliare l'effetto della sentenza con questa autonomia de�l 
potere amministrativo � (BENVENUTI, voce Giudicato amministrativo, Enc. 
dir., 900 e segg.), 

A questo punto appare pi� che evidente come non possa eludersi il 
quesito se, per il rilevato carattere eccezionale delle deroghe al principio 
di non ingerenza (diretta) degli organi giurisdizionali nel�l'azione amministrativa 
e per l'elementare criterio di logica ermeneutica indusio unius 
exciusio aiterius (applicato, ad �esempio, nella sentenza 16 febbraio 1963, 

n. 8 della Corte Costituzionale, in Foro it., 1963, I, 616), sia compatibile 
con l'art. 113 (e, eventuaimente, in quali limiti) l'attribuzione ad organi 
giurisdizionali del potere di emettere pronuncie � sostituitive � di atti della 
pubblica amministrazione o comunque pi� incisive di quelle meramente 

600 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

porto, il trattamento giuridico dei dipendenti degli uffici e delle aziende 
dello Stato, delle Ragioni, delle provincie e dei Comuni e degli altri 
enti pubblici alle disposizioni della presente legge. 

�L'emendamento successivamente presentato dai senatori Filetti 
ed altri per la soppressione dell'intero articolo fu respinta. 
Uguale sorte ebbe l'emendamento sostitutivo ,presentato dai senatori 
Tomassimi ed altri, inteso ad estendere l'applicazione della 
legge in discussione ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti 
di enti pubblici e dello Stato�. 

Anche l'emendamento subordinato presentato dal sen. Magno ed 
altri per assoggettare alle norme dello Statuto le aziende dello Stato 
che svolgano attivit� analoghe (saline, monopoli, etc.) a quello degli 

eliminatorie degli atti stessi. Il quesito non coinvolge necessariamente le 
marginali �competenze dell'A.G.O. in materia di tenuta di registri (si pensi, 
ad esempio, aH'art. 454 cod. civ.) o albi professionali o liste elettorali, competenze 
che sostanzialmente non incidono sulle attribuzioni essenziali 
(e quindi �di rilievo costituzionale) del potere esecutivo; e pu� anche non 
coinvolgere la giurisdizione di merito del giudice amministrativo, vuoi per 
la maggore propinquit� di questo giudice all'amministrazione vuoi per le 
consistenti ragioni che in alcuni casi (si pensi al giudizio di ottemperanza) 
rendono non solo opportuna ma necessaria una maggiore latitudine dei 
suoi poteri decisori (a dubbi sulla costituzionalit� di tale giurisdiziQne si 
� accennato, recentemente, da PoTOSCHNING, Origini e prospettive del sindacato 
di merito nella giurisdizione amministrativa, in Riv. trim. dir. pub., 
1969, 506; NIGRO, La giurisdizione amministrativa di merito, in Foro it., 
1969, V, 59 e GIANNINI M. S. e PIRAS, voce Giurisdizione amministrativa, 
Enc. dir., 263). 

In sostanza, una giurisdizione con poteri sostitutori dell'azione amministrativa 
non � prevista dalla Costituzione; e il silenzio su questo punto, 
lungi dall'essere casuale, appare indicare come '1a separazione dei �poteri 
dello Stato � costituisca ancora un principio fondamentale, seppure non 
assoluto, del nostro ordinamento. Si impone, quindi, una cautela estrema 
all'interprete che ritenga di ravvisare una deroga a detto principio organizzatorio. 


Dinanzi ad uria problematica tanto ricca, il passo breve e tranchant 
con la quale la Corte di Cassazione si � sbarazzata deH'art. 4 appare 
manifestazione di quella sorta di fascino dello extra ordinem, che lo � statuto 
dei lavoratori � � riuscito a creare intorno a s�, tale da indurre 
taluno ad osservar�e come molti magistrati si dimostrino �allegramente 
dimentichi del filtro attraverso il quale � inevitabile che, tecnicamente, 
le varie e complesse questioni poste da questa legge debbono essere considerate� 
(PERA, La legittimazione nel procedimento sommario di repressione 
dell!attivit� antisindacale, in Riv. dir. proc., 1971, 324). 

Se ora si torna a leggere l'art. 28 dello � statuto dei lavoratori ., appare 

evidente come risulterebbe gravemente contrastante con ii! sistema costi


tuzionale, prima che in particolare con l'art. 4 menzionato, il riconosci


mento al giudice ordinario del potere di impartir�e a una pubblica ammi'." 

nistrazione un �ordine � a compiere quella qualsiasi attivit� il giudice 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDfZIONE 601 

enti pubblici economici ebbe esito negativo dopo un intervento del 
Ministro per il lavoro (Donat Cattin), il quale osserv� che � la materia 
riguardante i pubblici dipendenti � inclusa nella delega per la 
riforma della pubblica amministrazione, che naturalmente si ,rifletter� 
anche sulle aziende dello Stato �. 

Fu, invece, approvato l'emendamento presentato dal senatore Bisantis, 
escludente la delega al Capo dello Stato prevista dal testo 
innanzi riportato dell'art. 24 ter. 

Il nominato presentatore di tale emendamento fece presente che 
la legge 18 marzo 1968, n. 249 gi� si occupava della stessa materia, 
che detta legge conteneva una delega avente ad oggetto di disciplina 
dell'impiego statale, per il quale, tra l'altro, gi� esisteva apposito 
statuto, che il settore del pubblico impiego non era mai stato preso in 
considerazione quando venne promosso ed elaborato il disegno di 
legge sottoposto all'esame del Senato. 

medesimo t!'itenga di imporre (il contenuto dei decreti ex art. 28 non � 
predeterminato dal legislatore), in nome della finalit� di ottenere �la cessazione 
del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti �. Si 
omette di ipotizzare l'eventualit� di uno sviamento di tale potere, eventualit� 
della quale peraltro sarebbe doveroso tener conto nella interpretazione 
di norme potenzialmente idonee a turbare i rapporti tra poteri 
dello Stato (e quando si vogliono riconoscere. poteri tanto immediati e 
incisivi a un giudice monocratico); � sufficiente infatti rilevare che la disposizione 
in esame va ben oltre i limiti della mera eliminazione dell'atto 
della pubblica amministrazione, eliminazione che -essa pure -� dall'art. 
113 della CosUtuzione di regola esclusa, e consentita in via eccezionale 
(con riserva di legge ordinaria e soltanto � nei casi e con gli 
effetti previsti dalla legge stessa �). 

Del resto, anche chi auspica un largo spazio di applicazione per il 

� rimedio di cui all'art. 28 doverosamente riconosce che � secondo i principi 
il pretore adito ex art. 28 (ma -deve qui aggiungersi -il discorso vale 
anche il Tribunale adito con la " opposizione") non pu� annuMare l'atto 
amministrativo... n� pu� condannare la pubblica amministrazione a eseguire 
i comportamenti, materiali o giuridici, necessari per rimuovere la 
lesione del diritto prodotta dall'atto disapplicato, sicch� il giudizio di 
ottemperanza avanti al Consiglio di Stato sarebbe pur sempre un passaggio 
obbJJLgato. (ROMAGNOLI, op. ult. cit., 1604). Si prospetta in tal modo 
una sorta di applicazione ,solo parziale dell'art. 28 nei confronti delle 

1 

amministrazioni pubbliche, la quale per� oltre tutto contrasta con i caratteri 
essenziali e con la funzione del rimedio previsto da detto articolo 
(esattamente resping�e la tesi di una applicazione parziale dell'art. 28, 
la sentenza del Tribunale di Vigevano 29 ottobre 1971, in Riv. giur. lav., 
1971, II, 698). 

Si � sin qui osservato come l'ammissione del mezzo previsto dall'art. 
28 nel settor�e del pubblico impiego contrasterebbe con principi di 
rilievo costituzionale. Con argomentazione logicamente subordinata, deve 
aggiungersi che, a tutto concedere, una deroga ai normali limiti della 
giurisdizione nei cQnfronti dell'amministrazione avrebbe dovuto essere 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

602 

A questo punto (seduta dell'll dicembre 1969) il Ministro per il 
Lavoro (on. Donat Cattin), che nei precedenti interventi si era mostrato 
contrario tanto agli emendamenti che tendevano ad escludere 
dall'ambito di applicazione dello Statuto gli enti pubblici economici 
contemplati nel testo del primo comma dell'art. 24 t.er, quanto agli 
emendamenti rivolti a comprendere nell'indicato ambito le amministrazione 
ed aziende statali svo1genti attivit� economiche, riassunse il 
proprio pensiero in un emendamento integrativo del predetto comma, 
cos� formulato: � le disposizioni della presente legge si applicano 
altres� ai rapporti di impiego dei dipendenti da altri enti pubblici (e 
cio� i non economici) salvo che la materia sia diversamente regolata 
da norme speciali�. 

� Tale emendamento fu approvato �. 
Cosicch� l'attuale testo dell'art. 37 risulta composto dal primo 
comma dell'art. 24 bis pro.posto dalla decima commissione del Senato 
e dalla disposizione ag.giuntiva proposta dal Ministro per il lavoro. 

L'iter formativo delle leggi non ha, in genere, rilevanza nell'interpretazione 
delle stesse, in quanto la volont� legislativa, una volta 
esternata, si spersonalizza, nel senso che si distacca da quella dei suoi 
autori, assumendo valore espressivo della comune volont� della collettivit� 
nazionale; sicch� la mens legis si identifica col senso obbiettivo 
della norma. 

Peraltro, quando si tratta di legge di recente formazione l'intendimento 
manifestato dai rappre:sentanti di detta collettivit� in sede 

proclamata in modo chiaro e univoco dal legislatore (in tal senso anche 
ROMAGNOLI, op. ult. cit., 1601, e Pretura Firenze, decreto 17 aprile 1972, 
citato), e comunque non pu� essere �data alla luce., e con fatica, dall'interprete. 


Altri argomenti, anche desunti dal testo dell'art. 28, potrebbero essere 
addotti per dimostrarne la inapplicabilit� nei confronti delle pubbliche 
amministrazioni operanti nella veste pubblicistica; non pare per� necessario 
prolungare oltre un discorso la cui conclusione non dovrebbe presentare 
margini di dubbio. 

9. -Inapplicabilit� dello statuto dei lavoratori per i dipendenti dello 
St.ato. -Piena adesione merita la parte della sentenza in rassegna concernente 
l'interpretazione del secondo comma dell'art. 37 dello � statuto dei 
lavoratori � (nello stesso senso il menzionato decreto 17 aprile 1971 del 
Pretore di Firenze). Invero, la mancata approvazione dei due emendamenti 
presentati dinanzi alla decima Commissione del Senato per l'estensione 
dello � statuto � ai dipendenti statali esclude ogni dubbio circa la 
reale � intenzione del legislatore �. 
NOIIl pu� condivLder,si invece ;iia tesi ,afi�acciarta in Wla brieve nota appairsa 
a commento della sentenza medesima (di PERA, in Foro �it., 1972, I, 1201): 
postulata una distinzione netta tra la � zona dell'art. 37 dello statuto � e 
la di~ciplina processuale di cui all'art. 28, si � ivi sostenuto che il pretore 
dovrebbe applicare � la diversa normativa sostanziale eventualmente esi




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 603 

di elaborazione delle norme pu� fornire indicazioni utili, anche se non 
determinanti, ai fini dell'identificazione della ratio obbiettivata nel 
testo legislativo. 

Quanto innanzi si � esposto sulla genesi dell'art. 37 dello Statuto 
dei lavoratori avvalora il gj� espresso convincimento che nella locuzione 
� altri enti pubblici � non possa ritenersi com.preso lo Stato, sia 
perch�, nei lavori preparatori della legge e nei testi dei ricordati 
emendamenti, intesi ad escludere o a comprendere gli enti pubblici 
non economici, esso ha sempre formato oggetto di separata menzione, 
sia perch� l'estensione della disciplina sancita dallo Statuto agli 
enti pubblici non economici � stata deliberata dopo il fallimento dei 
tentativi (emendamenti Tomassini e Magni) compiuti per far aggiungere 
� lo Stato � o quanto meno � le Amministrazioni dello Stato � 
nel testo della norma (art. 24 ter) predisposta dalla decima commissione 
del Senato e dopo che il Ministro proponente dell'approvata 
estensione (agli enti pubblici non economici) si �era espresso in �senso 
contrario all'inclusione dello Stato e delle aziende statali nell'ambito 
di a.ppLicazione della legge. 

L'esclusione dell'impiego statale da detto ambito trova ragione 
nella preesistenza di uno � statuto degli impiegati civili dello Stato � 
approvato con d.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957, modificato e integrato 
dalla legge 18 marzo 1968, n. 249 e nella delega dalla stessa conferita 
al Governo per il riordinamento dell'amministrazione dello Stato, 
per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e 
delle retribuzioni dei dipendenti statali. 

L'indicato statuto gii� consentiva e disciplinava l'attivit� sindacale 

in seno all'amministrazione statale, ammettendo l'ingerenza delle or


ganizzazioni sindacali dei lavoratori nella designazione di un certo 

numero di rappresentanti del personale nei consi.gld di amministra


stente � per i rapporti con i sindacati operanti nel settore del pubblico 

impiego. Rilevando anzitutto che l'art. 28 non si limita ad attribuire 

una speciale competenza al pretore ma prevede anche un giudizio di 

�opposizione� sempre dinanzi alla A.G.0., appare palese che la tesi rife


rita non riesce a dimostrare come, distaccato l'art. 28 dall'art. 37, potrebbe 

pervenirsi alla ammi�ssibilit� del il"imedio de quo nei confronti degli enti 

pubblici. 

A conclusione di questo discorso, merita segnalare come, in epoca 

recente, talvolta si �ceda alla .suggestione per una sempre pi� vasta sotto


posizione delle amministrazioni pubbliche al diritto �comune�. � questa 

una suggestione, spesso solo � facile ., rispetto alla quale il giurista inter


prete deve approntare qualche difesa, se vuole r~manere fedele al mo


dello di organizzazione dei pubblici poteri delineato nella Costituzione 

repubblicana e nelle norme fondamentali del nostro ordinamento giuridico. 

FRANCO FAVARA 

6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT�

604 

zione (art. 146 del d.P.R. n. 3 del 1957, modificato dall'art. 7 della 
legge n. 249 del 1968), attribuendo a dette organizzazioni la facolt� di 
chiedere il collocamento in aspettativa dei dipendenti investiti di 
mandato sindacale (art. 45), prevedendo la concessione di permessi 
per la partecipazione alle riunioni degli organi collegiali e per l'espletamento 
della normale attivit� sindacale (art. 47), la concessione di 
locali da adibire ad ufficio sindacale e di appositi spazi per affissioni 
.murali (art. 49), consentendo la riscossione dei contributi sindacali a 
mezzo dell'amministrazione (art. 50), stabilendo che i periodi di 
aspettativa o di assenze autorizzate pe.r motivi sindacali sono utili a 
tutti gli effetti giuridici ed economici (artt. 46 e 48). 

Tale disciplina, che anticipa sotto molti aspetti quella sancita per 
le imprese private e gli enti pu:bblici dallo Statuto dei lavoratori di 
cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300, � stata ulteriormente integrata 
dalla legge n. 775 del 28 ottobre 1970, che, con l'art. 20, ha espressamente 
riconosciuto ai dipendenti dvili dello Stato il diritto di riunione 
durante l'orario di lavoro, per un certo numero di ore, senza 
perdita� della -normale retribuzione, ed il diritto delle organizzazioni 
sindacali rappresentate nel consiglio di amministrazione di indire riunioni-
per le trattazione di materia di interesse sindacale e del lavoro, 
aperte anche alla partecipazione di .dirigenti sindacali non dipendenti 
dalla pubblica amministrazione. 

L'idoneit� di tale disciplina a garantire l'operativit� dei sindacati 

nell'amministrazione. dello Stato, l'inconfigurabilit� di contrapposizioni 

contrattualistiche nell'ambito dell'organizzazione statale, preordinata 

a fini che trascendono gli -interessi individuali e di categoria, la spe


cifica protezione di �cui � dotato il dipendente statale in ordine alla 

conservazione del posto di lavoro, ai trasferimenti e alle sanzioni 

disciplinari, l'idoneit� dei mezzi di tutela ad essi accordata dall'ordi


namento giuridico per rimuovere, anche in via di urgenza (sospen


sione), provvedimenti che, comunque motivati, fossero sostanzialmente 

diretti a reprimere la loro attivit� sindacale (eccesso di potere), danno, 

nel loro insieme, adeguata ragione della mancata inclusione dell'im


piego statale nel campo di applicazione dello Statuto dei lavoratori. 

Il Floris �e il Giardina hanno, in relamone a tale inte11pretazione, 

sollevato una questione �di illegittimit� costituzionale, sostenendo che 

l'esclusione dell'impiego statale da detto campo di applicazione � in 

contrasto col principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costi


tuzione, per quanto concerne i diritti garantiti dagli artt. 1, 18, 21, 

35, 39, 51, 113 comma primo e secondo della stessa. 

La questione, rapportata alla fattispecie in esame, � manifestamente 
infondata. 
Va tenuto presente che l'associazione sindacale non � insorta per 
'rimuovere provvedimenti adottati direttamente contro di essa o rivolti 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 605 

ad impedire il concreto esercizio di alcuna delle facolt� ad essa attribuite 
da specifiche norme dello Statuto, ma per .preservare un dipendente 
statale da un trasferimento che essa assumeva disposto per rappresaglia 
contro l'attivit� sindacale da lui svolta nella rivestita qualit� 
di segretario provinciale di un sindacato di categoria, provvedimento,. 
peraltro, tale, da precludere l'ulteriore esplicazione di detta attivit�. 

Ai fini dell'esame dell'indicata questione giova ricordare che, 
come la Corte costituzionale ha .pi� vblte precisato, il principio di 
uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione non inibisce al legislatore 
ordinario di emanare norme differenzdate riguardo a situazioni 
obbiettivamente diverse, purch� queste norme rispondono anche all'esigenza 
che la disparit� di trattamento sia fondata su presupposti 
logici obbiettivi che razionalmente ne giustifichino l'adozione (sent. 

n. 7 del 16 febbraio 1963). 
L'inapplicabilit� dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori nelle 
ipotesi in cui il dipendente statale sia colpdto da provvedimenti adottati 
con intento antisindacale trova ragione nelle gi� esposte peculiarit� 
dell'impiego statale. 

La relativa disciplina, con l'attrdbuire alle organizzazioni statali 
la titolarit� di certe iniziative, specificamente determinate, ha conferito 
ai corrispondenti interessi collettivi il carattere di posizioni giuridiche 
soggettive, suscetti.bili come tali di autonoma tutela, precorrendo, 
in detto settore, la disciplina dettata dallo Statuto dei lavoratori. 

Peraltro lo Statuto dell'impiego statale, a differenza di quello dei 
ia'voratori, non consente agli organismi sindacali di assumere sia pure 
a tutela di .propri interessi la protezione del singolo dipendente che, 
a causa di attivit� spiegata nell'interesse collettivo, abbia subito provvedimenti 
di rappresaglia idonei a ripercuotersi sull'ulteriore attivit� 
sindacale. 

Tale diversit� di trattamento trae giustificazione dalla partecipazione 
degli esponenti sindacali ai Consigli di amministrazione da cui 
detti provvedimenti siano stati predisposti (art. 146 del d.P.R. 10 gennaio 
1957, n. 3) e dalle particolari .garanzie da cui � presidiato lo stato 
giuridico ed economico dei dipendenti statali (v. sent. C. Cast. n. 143 
del 20 novembre 1969), rigidamente regolato da norme legislative intese 
ad evitare la possibilit� di arbitri e �soprusi ai loro danni e, .pertanto, 
anche idonee ad impedire rappresaglie ispirate da intento antisindacale 
e a preservare interessi che trascendono quello del singolo 
dipendente. 

Relativamente ai ripetuti provvedimenti le associazioni sindacali, 
per quanto estranee all'Amministrazione statale, sono. in posizione di 
collaborazione e non di �Contrapposizione con la stessa, giacch�, per il 
principio della collegialit�, le determinazioni assunte dai consigli di 
amministrazione debbono considerarsi espressione di volont� unitaria. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

606 

Questo particolare �sistema di tutela preventiva risulta integrato 
e potenziato dalla facolt�, di cui l'impiegato pu� avvalersi, con l'eventuale 
ausilio dell'organismo sindacale interessato, di invocare, in sede 
giurisdizionale, l'immediata sospensione del provvedimento subito e 
la rimozione dello stesso per eccesso di potere (artt. 26 e 39 t.u. numero 
1054 del 1924). 

In conclusione per quanto riguarda i provvedimenti che, come 
quello di cui si discute, siano diretti contro singoli dipendenti, si 
ritiene di poter escludere che l'inapplicabilit� dell'art. 28 dello Statuto 
dei lavoratori all'impiego statale dia luogo a violazione del principio 
di ugua.glianza di cui all'art. 3 della Costituzione, poich� tale 
denunciata disparit� di trattamento trova ragione nella .precisata diversit� 
di situazioni obbiettive e nella es�istenza di uno Statuto specificamente 
dettato per detto impiego, la cui disciplina presenta l'idoneit� 
necessaria a .presidiare gli interessi sindacali in modo consono 
alla peculiare natura e struttura del rapporto stesso e a contemperare, 
mediante la partecipazione degli esponenti sindacali all'iter formativo 
dei provvedimenti riguardanti il personale, detti .interessi con 
quelli attinenti all'organizzazione dello Stato. 

In esito a quanto esposto deve dichiararsi improponibile per carenza 
assoluta di .giurisdizione la domanda proposta da Luigi Floris 
nella qualit� di rappresentante sindacale e da Felice Giardina al Pretore 
di Cagliari per ottenere l'adozione nei confronti dell'Amministrazione 
finanziaria dello Stato, dei prov:vedimenti repressivi previsti 
dall'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. 

Attesa la novit� delle .questioni sottoposte all'esame di qu�sto 

supremo Collegio si ravvisano giusti motivi per �compensare tra le 

parti le spese del ;presente giudizfo. -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1972, n. 778 -Pres. Giannattasio 
-Est. Miele -P. M. De Marco (conf.). -Camporeale (avv. 
Gatta e Cariota Ferrara) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Arnone). 

Demanio e patrimonio -Strade -Tratturi e Trazzere -Poteri di vigilanza 
dell'Intendente di Finanza -Operazioni di riordino da parte 
del Commissario di reintegra dei tratturi -Limitazione del potere 
di vigilanza e repressione -Non sussiste. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3944, artt. 10 e 15; r.d. 29 dicembre 1972, n. 2801, 
art. 3). 
Obbligazioni e contratti -Interpretazione del contratto -Accerta-� 
mento del giudice di merito -Incensurabilit�. 

(C. civ., art. 1362). 
Il potere dell'Intendente di Finarnza, di reprime1�e gli abusi relativi 
aWintegrit� e coinsis.tenza dei tr:atturi e delte trazzere e� di c:om.minare 
le previste penaLit�, non viene limita.to daUe operaziorni di 
riordino da parte del Commissario di reintegra dei tratturi, sicch� ii 
possessore abusivo, ancorch� ritenuto legittimabile dal piredeitto Commissario, 
� tenuto al pagamento delle penalit� inftittegti (1). 

La interpretazione dei contratti e de'gli atti giuridici irn g'enere � 
riservata all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, 
se sorretto da mo,tiv.azione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, 
si sottrae al sindacato di legittimit�. 

(1) Non constano precedenti. La sentenza ha correttamente applicato 
la disciplina in materia, riordinata con r.d. 30 dicembre 1923, n. 3244 e 
succ. mod., e con il regolamento 29 dicembre 1927, n. 2801. 
L'azione di vigilanza, manutenzione e tutela sui tratturi e sulle trazzere 
spetta al Ministero dell'Agricoltura e Foreste e le attribuzioni degli 
organi dell'Azienda Autonoma della strada in materia di polizia della 
strada, sono deferite alle Intendenze di Finanza �ed agli Uffici Tecnici di 
Finanza (reg:to artt. 53 e 54). � 

Circa la natura dei provvedimenti dell'Intendente di Finanza con cui 
si irrogia,no sanziorui ai rt:i,iasgresSQr:i cfr. Cons. Stato, Ad. G:en., 23 novem~
e 1950, Il Consiglio di Stato, 1950, p. 1291). 



'608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione 
e falsa applicazione delle norme sulla tutela dei tratturi e sui 
poteri dell'Intendente di Finanza, nonch� violazione delle norme di 
inferpretazione della leg.ge, erronea e contraddittoria :ip.otivazione, 
affermano che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che l'esercizio 
del potere di vigilanza dell'Intendente di finanza sia indipe~dente 
dall'attivit� del Commissaiio per la reintegra dei tratturi, mentre 
invece, secondo i ricorrenti, dalla legge e dal regolamento si ricava 
chiaramente che, in attesa del compimento dell'opera del Commissario, 
� .sospeso ogni potere dell'Intendente. I ricorrenti affermano ancora 
che la Corte di merito ha contraddittoriamente ritenuto da un 
lato che sussiste l'autonomia del potere di vigilanza dell'Intendente e 
che dall'a~tro l'Intendente debba attendere la definitiva approvazione 
del piano di riassetto per potere agire contro chi persista nella abusiva 
occupazione. 

Le censure del mezzo sono infondate. 

Il r.d. 30 dicembre 1923, n. 3244 istituisce il Commissario per la 
reintegra dei tratturi '(art. 15) con il compito di provvedere all'accertamento 
dei tratturi e della loro consistenza, alla classificazione di 
essi ai fini della loro sistemazione definitiva a seconda se tuttora indispensabili 
ai bisogni dell'industria armentizia o ad altre riconosciute 
esigenze di pubblico interesse oppure no (con la conseguente conferma 
della deman�alit� o della sdemanializzazione -art. 7 del r.d. cit.). 
L'attivit� del Commissario � puramente preparatoria e a carattere 
amministrativo. Invere, come ris.lta dall'art. 3 del reg. 2'9 dicembre 
1927, n. 2801, egli, qualora accerti l'esistenza di tratturi, potr� includerli 
nel piano di sistemazione solo dopo che ne sia stata accertata e 
dichiarata la demanialit� dal Ministro dell'Agricoltura (art. 1 del reg.). 
Provvede poi solo alla istruttoria delle pratiche per la legittimazione 
dei possessi abusivi (artt. 17-18 del reg.) e alla predisposizione del 
piano di assetto definitivo dei tratturi, ma sia la legittimazione sia 
l'approvazione del piano spettano (a:rt. 23 e segg. del regolamento) al 
Ministro dell'Agricoltura. 

Al Commissario non sono attribuiti in .via ordinaria neppure poteri 
di vigilanza o di tutela sui tratturi, che sono invece attribuiti all'In-

Le decisioni del Ministro dell'Agricoltura. contro gli atti dell'Intendente 
di Finanza, emessi ai sensi dell'art. 10 r.d. �1923, n. 3244 per la repressione 
delle occupazioni abusive dei tratturi, so:�.o impugnabili dinanzi alla 
Autorit� Giudiziaria ocdinaria in quanto oggetto della controversia deve 
considerarsi la demanialit� del terreno (cfr. C. Stato, VI;''19 dicembre 1964, 

n. � 1033). 
In dottrina cfr. LuzzATo, Tratturi di Puglia e Trazzere. di Sicilia nel 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 3244 in Riv. dir. civ., 1924. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tendente di finanza (art. 10 del r.d. cit.; 53 e�segg. del reg.) poteri, �che 

solo in via eccezionale, possono essergli attribuiti dal Ministro del


l'Agricoltura (cpv. art. 53 del reg.). 

II potere di vigilanza attribuito all'Intendente non incontra alcuna 
limitazione dallo svolgimento delle operazioni di riordino dei 
tratturi da parte del Commissario per la reintegra sia in quanto a 
questo non competono ordinariamente poteii di vigilanza e tutela dei 
tratturi, come si � osservato (e non sarebbe pensabile che nel periodo 
necessario all'espfotamento del riordino detti beni demaniali restino 
, indifesi) sia in quanto anche nel caso in cui il poss�sso abusivo sia 
ritenuto legittimabile del Commissario, colui che chiede la legittimazione 
� egualmente tenuto a pagare le penalit� inflittegli, il che � 
riprova della legittimit� dell'esercizio del potere di vigilanza anche 
durante le operazioni di riassetto. Ci� � confermato inoltre dal potere 
attribuito all'Intendente �di assentire. la sistemazione precaria delle 

zone abusivamente occupate (art.� 67 del .regolamento). 

Con il secondo motivo i ri�orrenti, deducendo violazione e falsa 

applicazione delle norme e dei principi sulla interpretazione degli atti 

giuridici (art. 1362 e.e.); delle norme e dei principi regolanti i ibeni 

demaniali ed i tratturi; erronea ed insufficiente motivazione; omesso 

esame di fatto decisivo e omessa motivazione sulla rilevanza dei' mezzi 

probatori, affermano che la Corte di merito ha erroneamente inter


pretato l'atto originale di concessione del 18 marzo 1807 ed il suc


cessivo atto di rinnovazione della censurazione in data 18 marzo 1823, 

in quanto da tali atti se, rettamente interpretati, poteva ricavarsi al 

pi� che vi era stata costituzione di servit� periodica di transumanza, 

servit� che, in ogni caso, si sarebbe estinta per effetto dell'atto di 

affrancazione del 29 maggio 1869, del successivo comportamento della 

autorit� amministrativa, comportamento dal quale si ricavava la vo


lont� di non mantenere la destinazione del tratturo all'uso pubblico. 

Su questa ultima questione espressamente prospettata la Corte 

aveva omesso o insufficientemente motivato. 

Le censure non sono fondate. Va ricordato che l'interpretazione 

dei contratti ed, in genere, degli atti giuridici, spetta esclusivamente 

al giudice di merito; dovendosi valutare situazioni di fatto e com


portamenti, onde la motivazione adottata ove sia sufficiente e priva 

di errori logici o giuridici .si sottrae a riesame in questa sede di legit


timit� (cfr. Cass. 25 febbraio 1970, n. 463). 

La Corte di merito ha diligentemente e adeguatamente motivato 

il suo convincimento circa il contenuto dell'atto 16 marzo 1807, nel 

senso che la concessione in enfiteusi dei terreni al dante causa dei 

ricorrenti, riguardava solo suoli diversi da quelli costituenti tratturo 

e che, in parte, attraversano detti suoli dati in enfiteusi. A tal pro.po



610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sitc:f 
�>. 
la Corte si � richiamata sia alle espressioni del citato contratto 
'Sia al contenuto economico dello stesso e ha tenuto conto, a tal fine, 
anche delle disposizioni di legge da poco tempo emanate a tutela dei 
tratturi e richiamate espressamente nell'atto stesso: Ha escluso che i 
suoli concessi in enfiteusi potessero ritenersi soggetti alla sola servit� 
di passaggio delle transumanze, facendo riferimento al chiaro significato 
della frase � soggezione del tratturo � contenuta nell'atto. 

Neppure sussiste il preteso omesso esame del fatto decisivo costituito 
dall'atto di affranc� del 1'869. Invero, come ha rilevato il tribunale 
(e la situazione non si � modificata nella successiva fase di appello), 
gli attuali ricorrenti non hanno prodotto in giudizio detto atto 
di affranco, onde la Corte di merito non avrebbe potuto farne una 
valutazione ai fini di causa. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 aprile 1972, n. 1204 -Pres. Favara 
-Est. Lipari -P. M. Gentile (parz. diff.) -Celona (avv. Scarcel.
la) c. Istituto Autonomo per le case popolari della Provincia 
di Messina (avv. Brancati) -Comune di Messina e Ministero dei 
LL.PP. (~vv. Stato Giorgio Azzariti). 

Procedimento civile -Spese giudiziali -Distrazione -Omessa pronunzia 
-Ricorso per Cassazione -Legittimazione. 
(c.p.c., artt. 93 e 100). 

Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Fatti modificativi o estintivi 
del diritto controverso -Rilevanza. 
(c.p.c., artt. 384 e 394). 

Espropriazione per p. u. -Occupazione illegittima ultra biennale Successivo 
decreto di esproprio -Risarcimento del danno -Criteri. 


(I. 25 giugno 1865, n. 2359 art. 73). 
Espropriazione per p. u. -Rapporto espropriativo -Delegazione intersoggettiva 
-Effetti -Responsabilit� del delegato nei confronti 
dei terzi -Espropriazione per p. u. -Soggetti del rapporto. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359). 
Legittimato a propOTre ricorso pe,r Cassazione avverso la sentenza 
di appeilo che abbia omesso di pronunziare suiia richiesta di disrtrazione 
deUe spese a favore del difensore della parte vittoriosa, � soz




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 611 

tanto il difensore interessato il quale assume la qualit� di parte per la 
tutela di un diritto proprio ed autonomo (1). 

La '.l)reclusione di cui al 3� comma dell'art. 394 c.p.c., per cui dinanz.
i al giudice di rinvio non � dato aUe parti di forniulare nuove 
canclusioni e nuove prove, salvo che tale necessit� non sorrga dalla 
senternza di Cassazione che abbia dete.rminato un mutamento detla 
situazione processuale, atti�ne soltanto ai fatti accertati o che� potevano 
esserlo nel proce.dimento in cui fu pronunziata la sentenza annutlata 
e che costituisce la premessa necessaria per la pironunzia di 
diritto. 

Possono invece farsi valere per la prima voLta nel giudizio di 
rinvio fatti modificativi o estintivi del �irit.to dedotto in giwdizio, verificatosi 
in un momento successivo a queUo della possbile lo'l"o atlegazione 
nel giudizio di appeUo, ma non necessariamente swccessivo 
anche alla sentenia della Corte di Cassazione, dimanzi a.ira quale non 
possono invocarsi circostanze nuove rispetto a queUe accertate nelle 
fasi di merito, n� prodursi documenti oltre i limiti segnati daU'articolo 
372 c.p.c. (2). 

La dete.rminazione del danno conseguente alla iUegititimit� dell'occupazione 
d�l fondo protrattasi oltre il biennio, pu� essere effettuata 
dal giudice con varie modalit� di calcolo e tm di esse anche con 
riferimento al pa.rametro costitwito dalla differenza tra l'ammontare 
del valo!l'e venale del fondo e dell'indennit� di esproprio (3). 

Di regola il rapporto di espropriazione si instaura tra il soggetto 
a cui vantaggio l'espropriazione viene pronunzill.ta e quelio sottoposto 
al sacrificio della propriet� privata, onde tra di essi sorgono� i conseguenti 
diritti ed obblighi. 

NeU'ipotesi tuttavia di c�legazione amministrativa interwggettiva, 
che comporta deroga alla normale� competenza amministrat.iva 

(1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass. 25 marzo 1970, n. 809, 6 marzo 
1969, n. 724, ecc. 
La pronunzia di distrazione delle spese � diretta a regolare il rapporto 
tra difeso e difensore e, seppure impegna il soccombente a prestarvi 
ossequio, non determina di per s� l'inserimento di un nuovo soggetto 
nel giudizio; consegue che il difensore della parte vittoriosa in sede di 
merito, distrattario delle spese, assume la qualit� di parte nel giudizio 
di Cassazione, soltanto quando sorge specifica controversia sulla distrazione, 
quando cio� la sentenza impugnata non abbia provveduto sulla relativa 
istanza o l'abbia respinta oppure quando il ricorso investa specificamente 
la pronunzia di attribuzione (cfr. Cass., 13 agosto 1964, n. 2318). 

(2) Cillr. Cass., 27 maggio 1963, n. 1389, in Giur. it., 1963, I, 1392 e sentenze 
in vario senso ivi richiamate. 
In dottrina cfr. SATTA, Commentario 1966, pag. 313 e segg. 

(3) Cfr. Cass. 1 � giugno 1964, n. 1356; 24 gennaio 1962, n. 119, ecc. 

612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comsentita preventivamente daUa legge, l'Ente delegato, qwaLoll'a non 
siasi dis:posito divell'samente con l'atto di confell'imento, � inve'Stito del 
potere di provvedere in nome proprio, ancorch� nell'interesse del deLegante, 
rispetto ail'oggetto della defoga ed � il solo responsabile Vel/'SO 
i terzi degli atti all'uopo posti in essere, a p!l'escindere daLla loll'o incidenza 
nei rapporti interni tra gli Enti (4). 

(Omissis). -Col primo mezzo del ricorso principale i ricorrenti 
denunziano la violazione degli artt. 112 e 93 c.p.c. e lamentano che la 
Corte del merito abbia omesso di pronunciare sulla richiesta didistrazione 
delle spese giudiziali anticipate dal difensore. 

La censura � inammissibile, in quanto sollevata dalle parti sostanziali 
del giudizio, anzich� dall'avvocato antistatario. 

Se il giudice d'appello ometta di pronunciare -come nella specie 
-sulla richiesta di distrazione delle spese a favore del difensore 
della parte vittoriosa, tale vizio pu� essere fatto valere, in via esclusiva, 
solo dal difensore interessato, che � l'unico legittimato a proporre 
ricorso per cassazione, impugnando la sentenza direttamente e personalmente 
per la tutela di un diritto proprio ed autonomo ed assumendo 
la qualit� di parte. (Cfr., Cass. 25 marzo 1970, 'n. 809; 6 marzo 
1969, n. 724; 2 agosto 1968, n. 2762; 19 ottobre 1967, n. 2544; 19 maggio 
1967, n. 26i5). 

, Non pu� quindi avere ingresso una censura sulla distrazione delle 
spese proposta dagli attori, anzich� dal difensore. 

Con il secondo motivo del ricorso principale, i ricorrenti sostengono 
che i giudici di rinvio avrebbero violato l'art. 394 c.p.c. consentendo 
la formulazione �di conclusioni diverse da quelle prese nel giu


dizio nel quale era stata pronunciata la sentenza cassata, senza che 
la necessit� della modificazione discendesse dalla precedente sentenza 
di questa Corte (17 luglio 1965, n. 1558), ma per effetto della sopravvenienza 
del decreto di espropriazione intervenuto prima ancora che 
si concludesse la fase processuale del giudizio di cassazione, e quindi 
suscettibile di essere fatto valere in quella sede. 

Nello sviluppare la censura si osserva ~he la violazione del �citato 
art. 394 c.p.c. era gi� stata dedotta davanti al giudice di rinvio il quale; 
per escluderla, si era richiamato alla decisione di questa Corte 27 
maggio 1963, n. 138'9 che, essendo espressione di un orientamento 

(4) Cass. 21 giugno 1969, n. 2203, in Giust. Civ., 1969, I, 2056; cfr. al-ii� 
tres� Cass. 17 aprile 1969, n. 1212 ivi, 19:69, I, 989 in cui si evidenzia il f
,,,

principio per il quale il delegante � per� passivamente legittimato rela-f 
tivamente aUe conseguenze degli atti che, malgrado abbia ad altri dele-f 
gato, ponga direttamente in essere. I. 

. -� . . I Il 

~~~~~~~�~~~J 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tutt'altro che consolidato, dovrebbe formare oggetto di ponderato riesame, 
perch� basata su una indebita equiparazione del factum S'Wperveniens 
allo jus superveniens, ed eccessivamente influenzata dalla 
preoccupazione metagiuridica dei risultati cui condurrebbe il principio 
del .processo chiuso. 

La critica dei ricorrenti si articola, quindi, su due piani. 

Pi� in generale si �Contesta l'esattezza del principio giuridico se


condo cui � il fatto costitutivo, impeditivo, od estintivo del diritto, 

verificatosi successivamente alla sentenza cassata, pu� essere dedotto 

e provato nel giudizio �di .rinvio �. 

Specificamente, ed, in linea logicamente subordinata, si sostiene 

che anche ad ammettere la correttezza giuridica dell'enunciato prin. 
ci.pio, esso non potrebbe trovare appUcazione nella specie, dato che la 
sopravvenienza del decreto di espropriazione avrebbe potuto essere 
allegata e provata � in pendenza del giudizio di cassazione �, mediante 


produzione, in quella fase, del relativo documento. 

La doglianza � priva di giuridica consistenza sotto entrambi i 

profili. 

Deve anzitutto precisarsi che l'indirizzo giurisprudenziale di cui 

� espressione la citata sentenza n. 1389 del 1963 (la quale ribadisce 

due precedenti conformi: 20 maggio 1959, n. 1516 e 18 ottobre 1957, 

n. 3956) non � stato modificato da successive puntuali decisioni difformi 
e si sovrappone a quello anteriore (per il quale le decisioni: 
Cass. 26 febbraio 1958, n. 643; 28 febbraio 1957, n. 716, 7 ottobre 1955, 
n. 2912). 
Contro il consapevole, argomentato ed ormai ra�dicato mutamento 
di giurisprudenza sostanzialmente i ricorrenti non adducono apprezzabili 
ragioni nuove, limitandosi a contrapporre le due fasi della evoluzione 
giurisprudenziale, la seconda delle quali implica, ovviamente, 
il superamento dialettico della prima. 

E poich� non sono richiamati adesivamente i rilievi della dottrina 
-che, occupandosi della questione quando il mutamento di giurisprudenza 
ebbe a verificarsi, senza nascondersi la carica di problematicit� 
che la vecchia come la nuova soluzione comportava, ha manifestato 
una certa concordanza nel senso che, mentre non sarebbe 
ammesso dedurre nel giudizio di rinvio ,fatti costitutivi (.perch� non 
� possibile provarne l'esistenza con nuovi mezzi istruttori e .perch� 
non � consentita alcuna nuova attivit� per darne la prova contraria) 
per quanto riguarda i fatti impeditivi ed estintivi s� dovrebbe ulteriormente 
distinguere fra quelli che operano ope legis e quelli che 
operano ope exceptionis per dare ingresso alla allegazione dei primi 
ed escludere quella dei secondi, -non pare necessario darsi carico 
delle suddette opinioni per ancorarvi la decisione del caso di specie, 


614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

risultando appagante, e non scalfita, dalle deduzioni dei Celona, la 
soluzione accolta dai giudici catanesi sulla scia dello specifico insegnamento 
di questo Supremo Collegio. 

Il potere di utilizzare per la decisione i fatti impeditivi o estintivi 
del diritto dedotto in giudizio verificatisi dopo la pronuncia della sentenza 
annullata, e quindi di allegarli e di provarli nel giudizio di rinvio 
� stato fondato da questa Suprema Corte sul rilievo che la preclusione 
di cui all'art. 394 c.p.c. riguarda solo quei fatti che le parti avrebbero 
potuto allegare e chiedere di provare nel procedimento in cui fu pronunciata 
la sentenza cassata e che esse invece in quel procedimento 
non allegarono, n� chiesero di provare (sentenze n. 3,955 del 1957, 
1516 del 1959 e n. 1389 del 1963 cit.). 

Diversamente opinando si riconoscerebbe all'qccertamento comrpiuto 
dei fatti non gi� l'efficacia di una mera preclusione processuale, 
ma l'irrevocabilit� del giudicato con rilevanza giuridica esterna. 

� esatto che, in linea di principio, davanti al giudice di rinvio le 
parti devono limitarsi a riproporre la controversia nello ,stato di istruzione 
anteriore alla sentenza cassata,. non essendo consentita la formulazione 
di nuove conclusioni e di nuove prove, salvo che la necessit� 
sorga dalla sentenza �di annullamento che abbia determinato un 
mutamento della situazione processuale, vigendo cio� il c.d. sistema 
del processo chiuso, per cui il nuovo giudizio prende esattamente il 
posto di quello precedente, e le parti sono reintegrate nella posizione 
processuale che avevano nel giudizio definito con la sentenza cassata. 
Ma la preclusione presuppone un comportamento negligente in ordine 
alla asserzione e prova dei fatti posti a �sostegno della pretesa giudiziaria, 
ed alla individuazione delle posizioni giuridiche soggettive che 
a determinati fatti, ed a fatti venuti in essere in momento temporalmente 
idoneo per la deduzione in giudizio, potevano ricollegarsi. Il 
principio di diritto enunciato dalla cassazione non pu� riguardare, 
pertanto, che i soli fatti -effettivamente accertati, o che potevano essere 
accertati nel processo e che costituisc�no le premesse necessarie per 
la pronuncia sul diritto in contestazione. 

La proiezione temporale di quel principio di diritto resta do� 
circoscritta alla situazione di fatto sussistente al momento della decisione 
e nella misura in cul tale situazione poteva essere prospettata 
e provata davanti 0al giudice di merito. 

Alle omissioni di tale attivit� non pu� porsi riparo. Ma laddove 

la situazione � mutata per il sopravvenire del fatto nuovo nella acce


zione di nuove circostanze di fatto, la disciplina �giuridica di tale im


mutazione � del tutto analoga a quella che si determinerebbe a seguito 

della pubblicazione di una disposizione legislativa applicabile alla ma


teria del contendere (jus superveniens). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Non si tratta, qui, di porre riparo a una colpevole om1ss10ne ma, 
fermo restando l'assoluto divieto di attivit� assertiva di fatti non dedotti 
nella precedente fase del giudizio, si deve saggiare se un troppo 
spinto formalismo impedisca di ottenere nel corso del giudizfo di 
rinvio, in armonia con il fondamentale principio della economia processuale, 
quello stesso risultato utile che altrimenti sarebbe giocoforza 
rkonoscere aliunde, attraverso il ricorso ad altri istituti processuali, 
o che addirittura resterebbe definitivamente pregiudkato. 

In effetti i sostenitori della tesi seguita dai rkorrenti per cui la 
situazione di fatto sulla quale verte l'esame del giudice di rinvio, e 
la prospettazione di essa, devono essere quelle gi� sottoposte alla considerazione 
del giudizio d'appello, senza che abbiano rilevanza le 
mutazioni di fatto successivamente verificatesi, perch� altrimenti verrebbero 
a modificarsi la base ed i <presupposti, espressi o impliciti della� 
sentenza �di annullamento, la quale oirdina il proseguimento del processo, 
al solo scopo di conseguire la riparazione degli errori 'della sentenza 
cassata, sono costretti a riconoscere che il concreto regolamento 
giudiziario delle contrapposte posizioni giuridiche soggettive dedotte 
in giudizio, non corrispondendo alla situazione di diritto o di fatto 
riconducibile al fatto sopravvenuto, abbisogna di correttivi, \SI.forzandosi 
di dimostrare che detti correttivi possono rinve:p.irsi nell'ordinamento, 
dato che non opererebbe il principio che il giudicato copre il 
dedotto ed il deducibile rispetto alla pronuncia emessa in sede di 
rinvio, senza che il giudke abbia potuto tener conto di quei fatti. � 
perci� da ritenere che la regola dettata dall'art. 3,94 c.p.c., nel suo 
formale riferimento al divieto di 'conclusioni nuove, contempli isolo 
l'ipotesi normale in cui il giudizio di rinvio si presenti nella sua peculiarit� 
di giudizio chiuso n relazione ad una data stuazione di fatto e 
normativa immutata ed immutabile rispetto a quella che si sarebbe 
potuta �e dovuta allegare e provare. 

Ma come non si dubita che la sopravvenienza del ,diritto imme


diatamente applicabile al caso controverso, consenta al giudice �di rin


vio di disapplicare il principio �di diritto enunciato dalla cassazione, 

in quanto non pi� rispondente alla situazione normativa che regge 

il rapporto giuridico controverso, allo ,stesso risultato deve pervenirsi 

per la corrispondente ipotesi del factum superveniens modificativo o 

estintivo del diritto dedotto in giudizio, sussistendo indubbiamente 

la stessa ratio di mancata corrispondenza fra i limiti che si vorreb


bero imporre alla decisione del :giudice di dnvio e l'adeguamento 

della emananda decisione alla realt� giuridica della bipolarit� delle 

sue componenti: fatto qualificato dalla norma. 

Il principio ,di diritto in tanto si regge e pu� mantenere autorit�, 

in quanto la norma che esso interpreta e -di cui fa applicazione ad una 

data fattispecie, sia il diritto vigente al tempo della decisione per un 


616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

determinato rapporto giuridico avente in appello stesso tempo determinate 
connotazioni. 

E come il mutare del diritto non vincola pi� il giudice di rinvio 
alla regola del decidere fissata precedentemente dalla Cassazione egualmente 
il mutare del fatto impedisce che la emananda decisione nasca, 
per cos� dire, gi� condannata perch�, in ipotesi, non corrispondente 
alla situazione che dovrebbe concretamente regolare e che non potr� 
regolare adeguatamente o perch� la sentenza riguarder� una realt� 
dimidiata o perch� essa stessa � destinata ad essere rimossa. 

La soluzione della rilevanza del factum superveniens va accolta 
perci� per la sua rispondenza a principi di evidente economia processuale, 
e per la manifesta artificiosit�. formalistica dell'opposta tesi. 
Essa si armonizza con la ratio dello jus superveniens e non contrasta 
con il nucleo fondamentale della inibizione di ogni nuova attivit� 
asseriva di fatti non dedotti nella precedente fase del giudizio di appello, 
che va ricondotta all'onere delle parti di allegare i fatti posti a 
fondamento della pretesa, giacch� il factum superveniens, proprio 
perch� sopravvenuto, non aveva potuto essere dedotto nelle .precedenti 
fasi di merito e la sua mancata allegazione e prova non era 
imputabile ad una non pi� riparabile negligenza dell'interessato. 

Le considerazioni fin qui svolte comportano il superamento anche 
delle specifiche censure dei ricorrenti cirea la pretesa deducibilit� del 
decreto di espropriazione nel precedente giudizio di cassazione. Il fatto 
sopravvenuto -come � ovvio ��-pu� essere fatto valere nel giudizio 
di rinvio solo se venuto in essere in un momento successivo a quello 
della sua possibile allegazione nel giudizio di appello. Nella specie, 
la s�ntenza cassata � stata pubblicata il 22 luglio 1963, mentre il decreto 
di espropriazione porta la data del 25 giugno 1964, ne consegue, 
con chiara evidenza, che quel fatto non poteva essere dedotto nel giudizio 
�di appello definito quasi un anno prima. Non reg�ge l'assunto 
che trattandosi di un fatto che modificava la situazione di diritto delle 
parti, la deduzione, per essere tempestiva, sarebbe dovuta avvenire 
davanti alla Cassazione. Tale singolare tesi contrasta �con i .principi 
che reggono il giudizio di legittimit� davanti a questa Suprema Corte 
e si fonda sull'erronea equiparazione della proponibilit� di questioni 
giuridiche nuove e la deducibilit� dello jus superveniens (con riferimento 
alla verifica della componente normat~va del giudizio reso dai 
giudici di merito nel presupposto della situazione di fatto da essi accertata) 
con la allegazione �di fatti giuridici nuovi (suscettibili di incidere 
sulla consistenza di diritti fatti valere in giudizio) e con la esibizione 
dei documenti comprovanti l'intervenuta modificazione. 

La sopravvenuta emanazione di un decreto di espropriazione, 
modificando i fatti, rendeva applicabili altri principi di diritto, ma 
davanti alla cassazione, che non � giudice dei fatti, non possono invo



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

carsi circostanze nuove e diverse rispetto a quelle accertate nella fase 
di merito e non possono prodursi documenti oltre i rigorosi limiti 
segnati dall'art. 372 .c.p.c. (cfr.. Cass. 16 ottobre 1970, n. 20152; 3 dicembre 
1970, n. 2530; 4 ottobre 1969, n. 3176 etc.). 

N� pu� dubitarsi della legittimit� costituzionale della disposizione 
dell'art. 372 c.p.c. che � stata riconosciuta di sicura conformit� alla 
Costituzione con sentenza delle Sez. Un., 4 ottobre 1969, n. 3176 la 
quale ha dichiarato manifestamente infondata la prospettata eccezione 
r:�!ferita agli artt. 2 e 24 Cost. giu,stifi:candosi la regola dettata dalla 
norma di sospettata incostituzionalit� alla stregua del carattere di legittimit� 
(e non di merito) della giurisdizione della Cassazione, cui � 
demandato il compito di assicurare l'esatta osservanza della legge e 
di mantenerne l'uniforme interpretazione. 

Pertanto, e per concludere, la circostanza che il decreto di espropriazione 
fosse sopravvenuto in pendenza del giudizio di cassazione 
non aveva alcun particolare rilevanza, essendo esclusivamente determinante 
la posteriorit� del decreto stesso alla chiusura della fase istruttoria 
del giudizio di appello (e nella specie, addirittura alla .pubblicazione 
della sentenza, di appello). 

Con il terzo mezzo i Celona sostengono che la sopravvenienza 
del decreto di espropriazione avrebbe potuto determinare soltanto la 
detrazione dell'importo dei danni gi� accertati e liquidati dall'indennit� 
di espropriazione. 

Il mezzo � infondato e va respinto. 

In effetti la giurisprudenza di questa Suprema Corte, in alcune 
recenti decisioni, ha affermato che il sopravvenire del decreto di espropriazione 
in pendenza del giudizio di risarcimento del danno subito 
dal proprietario rper la perdita dell'immobile, occupato illegittimamente, 
ma non pi� restituibile .perch� vi insiste l'opera pubblica, non � 
comporta la necessit� di instaurare un separato giudizio per l'opposizione 
alla stima in quanto l'originaria azione proposta dal proprietario 
si converte in detta opposizione (dr. Cass., 15 aprile 1970, 

n. 1036; 30 dicembre 1968, n. 4086). 
Ma ci� non significa che l'espropriato non possa scegliere la strada 
dell'opposizione. � quanto si � verificato nella specie. La Corte di 
rinvio ne ha dato atto in motivazione, osservando che la determinazione 
dell'indennit� correlata all'atto legittimo di espropriazione era 
stata affidata alla procedura specifica prevista dalla legge, scelta dagli 
stessi interessati (sicch� non rileva l'assolutezza dell'affermazione dei 
giudici di rinvio, che sembra non tenere conto della evidenziata possibilit� 
della conversione dell'originaria azione in opposizione alla 
stima, dato che, quand'anche tale possibilit� fosse stata negata in 
astratto, non poteva venire in considerazione nella specie in cui gli 
espropriati avevano seguito l'autonoma via dell'opposizione alla stima). 


618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ed essendo rimasto circoscritto il giudizio de quo alla valutazione 
del danno conseguito all'illegittimit� dell'occupazione .protrattasi 
oltre il biennio, da compiersi automaticamente, in un momento in cui 
ancora si ignorava quale sarebbe stata la misura definitiva dell'indennit� 
di espropriazione, non poteva venire in �considerazione quella 
modalit� di valutazione del danno suddetto che, fra le varie possibilit� 
di �Calcolo, � stata ritenuta ,conforme al diritto, consistente qualora 
il criterio 'seguito sia stato quello del valore reale del bene � nella 
detrazione della somma liquidata ;per indennit� di espropriazione, mancando 
per tale somma il fondamento stesso di un danno risarcibile � 
(cos�: Cass., 24 gennaio 196~, n. 119; 1� giugno ~964, n. 1356; 1� maggio 
1969, n. 1578). Del resto tale orientamento giurisprudenziale, contrariamente 
a quel che sembrano ritenere i ricorrenti, non comporta 
che il danno da rprotrazione dell'occupazione illegittima debba consistere 
nella differenza fra valore venale e indennit� definitiva, ma soltanto 
che possa legittimamente e da date condizioni, essere liquidato 
secondo quel parametro. 

Con il quarto mezzo del ricorso i Celona, denunziando la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 2055 e 2043 e.e. e il vizio di motivazione, 
lamentano che la Corte di merito non abbia dichiarato la 
responsabilit� solidale dell'Istituto e del Ministero, omettendo addirittura 
di prendere in considerazione il profilo giuridico della solidariet�. 

Anche questa censura � infondata. 

Questa Corte, nella precedente decisione (17 luglio 196'5, n. 1588), 
accogliendo il ricorso del Ministero dei Lavori Pubblici .per a:vere i 
giudici di merito fondato la responsabilit� diretta ed esclusiva del 
Ministero medesimo sul rapporto creatosi con l'Istituto, si � richiamata 
all'orientamento giurisprudenziale in materia di delegazione amministrativa 
intersoggettiva �(formatosi proprio su fattispecie riguardanti 
l'occupazione di immobili di propriet� privata per la costruzione 
di alloggi ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640 in provincia di 
Messina) demandando al giudice di rinvio di accertare se il rapporto 
di occupazione si era stabilito direttamente fra l'Istituto ed il privato, 
e se, nell'ambito di tale .rapporto, erlimo posti a carico dell'Istituto tutti 
gli obblighi ai quali, di regola, � soggetto l'occupante, tra cui quello 
di riconsegnare il bene alla scadenza del biennio qualora nel frattempo 
non sia stata pronunciata l'occupazione. Fermati i principi alla stregua 
dei quali, nello schema della delegazione amministratirva, doveva ravvisarsi 
la responsabilit� del delegato verso terzi e la misura dei suoi 
obblighi verso il delegante, la Corte, per scrupolo di completezza, ilpotizzava 
la possibilit� che, esauritosi il rappo�rto di delegazione, con la 
responsabilit� dell'Istituto delegato verso terzi concorresse eventualmente 
la responsabilit� del Ministero il quale aveva succe,ssivamente 
acquisito il possesso del bene e lo deteneva al momento della pro



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

nuncia della Corte (e tale detenzione illegittima mantenne fino alla 
emanazione del decreto di espropriazione avvenuta in data 25 giugno 
1964). 

Il giudice di rinvio alla luce del principio di diritto enunciato 
dalla Cassazione, circoscritta la materia del �contendere alla individuazione 
di soggetti (o del soggetto) obbligati al pagamento delle indennit� 
per l'occupazione (legittima ed illegittima) ed alla determinazione 
di questa �stante la sopravvenuta emanazione del decreto di espropriazione, 
ha riconosciuto responsabile l'I.A.C.P. nei confronti del Celona 
e .ha dichiarato il Ministero tenuto a rivalere l'istituto di quanto avrebbe 
dovuto corrispondere. 

Secondo l'accertamento di fatto del giudice di rinvio i decreti prefettizi 
di autorizzazione all'oocupazione di urgenza furono richiesti dall'Istituto 
in nome proprio; e sempre in nome proprio esso procedette 
all'esecuzione dell'opera, alla stregua di una delegazione estesa anche 
al reperimento od alla presa :di possesso dei terreni. 

L'I.A.C.P. poteva per� rivalersi nei confronti del Ministero delegante 
che aveva autorizzato la stipulazione degli a�ppalti di costruzione 
alle imprese private e, addirittura, la consegna dei lavori senza che 
esistesse un atto che assicurasse ancora la disponibilit� delle aree (che 
avrebbe dovuto fornire il Comune di Messina), sicch� l'Ente delegato 
dovette procurarsele ricorrendo all'espropriazione preceduta dalla dichiarazione 
di urgenza ed indifferibilit� delle opere, che �consenti di 
occupare i terreni necessari. 

In sostanza, per la Corte di rinvio, non si poteva profilare una 
negligenza dell'Istituto nel portare avanti il procedimento espropriativo, 
mentre al grave ritardo il Ministero avrebbe potuto ovviare, 
quale destinatario dell'espropriazione, quanto meno allorch� ottenne 
dall'I.A.C.P. la consegna degli edifici ultimati. 

Secondo i ricqrrenti questi accertamenti valorizzati esclusivamente 
per ricostruire correttamente i rapporti fra delegato e delegante nella 
dinamica del rapporto di delegazione amministrativa avrebbero dovuto 
essere portati alle loro coerenti implicazioni sul piano della solidariet� 
esterna verso i proprietari dei terreni occupati, in base alla 
chiara indicazione emergente dalla pronuncia di rinvio a questa Corte. 

Ma nella stessa articolazione della censura di omessa pronunzia 
si annida l'errore in cui sono incorsi i Celona addebitando ai giudici 
di rinvio un vizio� in procede7i>do da questi non commesso. 

� noto che, secondo pacifica giurisprudenza, costituisce vizio di 
omessa pronuncia la mancanza di decisione su un capo di domanda, 
intendendosi per capo di domanda ogni istanza che abbia un contenuto 
concreto, formulata in una conclusione specifica, sulla quale debba 
essere emessa pronuncia d'accoglimento o di rigetto (Cass., 951/1958 
e molte altre). 


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620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO % 

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Il parametro di valutazione del vizio � quindi rappresentato dalle 

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conclusioni. Nella specie, le conclusioni formulate dai Celona, nel rispetto 
dell'art. 394 c.p.c. sono state la mera riproposizione di quelle 
del giudizio d'appello chiuso con la sentenza cassata. Esse ruotavano 
intorno alla identificazione del soggetto (o dei soggetti) tenuti a rispondere 
fra quelli che avevano cooperato all'esecuzione dell'opera 
pubblica. Per tale identificazione la precedente decisione di questa 
Corte ha indicato lo schema della delegazione amministrativa intersoggettiva. 


In una situazione di incertezza giurisprudenziale, dato che al-� 
l'epoca non si era formato e consolidato l'indirizzo della Cassazione, 
il Tribunale imput� la responsabilit� dell'attivit� di occwpazione illegittima 
all'Istituto; la Corte d'appello ravvis� la responsabilit� esclusiva 
del Ministero dei Lavori Pubblici, mentre la sentenza di rinvio 
ha qualificato il rapporto come deiegazione amministrativa. Tale delegazione 
costituisce un istituto peculiare del diritto pubblico, che non 
pu� essere assimilato, senz'altro all'istituto privatistico del mandato 
con rappresentanza; l'amministrazione delegante non risponde di fronte 
ai terzi degli atti e dei fatti compiuti nel suo interesse dall'ente delegato 
al quale spetta ogni potere, e conseguentemente ogni obbligo, in 
relazione all'attivit� di realizzazione dell'opera, non escluse le occupazioni 
e le esipmpriaziorii. Mentre di regola, il rapporto di espropriazione 
si instaura, in modo diretto e immediato, tra il soggetto attivo 
a vantaggio del quale l'espropriazione viene pronunciata e il soggetto� 
passivo al quale � imposto il sacrificio della propriet� privata, e diritti 
ed obblighi derivanti dal rapporto predetto sorgono nei confronti 
di chi si giova del trasferimento coattivo e di chi ne sopporta il sacrificio, 
nell'ipotesi della delegazione, che importa una deroga, consentita 
preventivamente dalla legge, alla norma sulla competenza amministrativa, 
l'ente delegato, salvo diversa �disposizione dell'atto di 
conferimento, � investito del potere di provvedere, riospetto all'oggetto 
della delega, in nome proprio e non in veste �di rappresentante 
dell'altro soggetto, anche se per conto e nell'interesse di quest'ultimo 
ed � quindi tenuto a rispondere direttamente, nei confronti dei terzi,. 
degli atti posti in essere in esecuzione della delega, senza che, in contrario, 
possano aver rilievo le eventuali ripercussioni degli atti stessi. 
nell'ambito dei rapporti interni fra ente delegante ed ente delegato 

(dr. Cass., 11 ottobre 1963, nn. 2710 e 2711; 20 gennaio 1964, n. 128; 

13 agosto 1964, n. 2307; 17 luglio 1965, n. 1588; 19 luglio 1965, n. 1608; 

28 ottobre 1965, n. 2285;, 25 maggio 1966, n. 807; 19 aprile 1966, n. 960; 

3luglio1967, n. 161216; 31gennai�>1968, n. 313; 17 aprile 1969, n. 1212; 

21 giugno 1969, n. 2203; 22 ottobre 1969, n. 3452; 22 gennaio 1970, 

n. 136). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Questo orientamento giurisprudenziale che costituisce, altres�, il 
principfo di diritto dettato al giudice di rinvio, va apprezzato in 
quanto risolve in radice il problema della responsabilit� nel senso 
di attribuire la legittimazione passiva (o meglio, e pi� esattamente, 
la responsabilit� dell'attivit� compiuta; cfr. Cass., n. 1316 del 1970 cit.), 
solo al delegato, secondo la misura dei poteri delegat1gli. 

In applicazione dei principi che regolano la delegazione, quindi, 
ed in ottemperanza alla concreta regola del decidere, la Corte catanese 
non era chiamata ad operare una scelta fra alternativit� e solidariet� 
ma a fissare la estensione della delega ed a valutare le vicende della 
protrazione dell'occupazione per disporre, nel presupposto che il ritardo 
non foss.e imputabile all'Istituto, che quest'ultimo potesse rilevarsi 
nei confronti del Ministero. 

Il senso della ricostruzione della fattispecie come delegazione 
amministrativa � proprio questo di affermare la sola responsabilit� 
del delegante verso i terzi, escludendo quella del delegato, e quella 
congiunta di delegato e delegante. 

La giurisprudenza in tali sensi � �costantissima, n� � contraddetta 
dalla lex speciaLis rappresentata dal principio di diritto che, come si 
� visto, � perfettamente sulla linea dell'indirizzo univoco dettato per 
l'ipotesi della delegazione amministrativa intersoggettiva 

La salvezza della responsabilit� concorrente del Ministero ha un 
solo possibile senso, nella sua coesistenza logica e topografica, con le 
enunciazioni sulla portata della delegazione amministrativa; viene contemplata 
una situazione successiva all'esaurirsi della delega;zione (o 
quanto meno della fase dell'esteriorizzazione verso terzi del procedimento 
espropriativo delegato) riconducibile, come tale, ai principi generali 
della responsabilit� per fatto illecito. 

Proprio per ci� si parla di responsabilit� concorrente e successiva. 

Ma anche ad ammettere che la vicenda della delegazione amministrativa 
possa esaurirsi indipendentemente dall'esaurimento del procedimento 
espropriativo e che tale scissione comporti l'eventuale assunzione 
diretta di responsabilit� dell'ex delegante che agisce in prima 
persona e direttamente si inserisce, con efficacia causale, nella fattispecie 
generatrice dell'illecito, � di tutta evidenza che le componenti 
di fatto e di diritto integratrici di tale responsabilit� sono altre e diverse 
da quelle che sono state ricondotte allo schema qualificante della 
delegazione amministr;;ij,iva. 

Basta cio� escludere che nell'ambito di tale qualificazione possano 
ipotizzarsi verso i terzi congiunte responsabilit� del delegato e 
del delegante per inferirne, con sicura certezza, che lo spunto offerto 
dalla precedente sentenza di questa Corte, introducendo una nuova 
prospettiva postulava un ulteriore titolo di risarcimento, e poteva 
quindi giustificare una modifica delle conclusioni, oltre l'originaria 


Al'::mw~;filt#f~jl���l��JJBJJJJJJJJ&�1,;~ 


. 

. 

622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

impostazione tesa alla individuazione del responsabile (o dei responsabili), 
nell'ipotesi di �.pi� enti cooperanti all'esecuzione di un'opera 
insistente su suoli illegittimamente occupati (e per cui vale la risposta 
di fondo che si ricava dai principi della delegazione). Occorreva, quindi, 
quantomeno, una domanda specifi:ca che individuasse l'ulteriore titolo 
di responsabilit�, non potendo la chiesta estensione (contenuta nelle 
conclusioni di secondo grado) apprezzarsi se non nel collegamento con 
la fattispecie della delegazione amministrativa che postulava la sola 
responsabilit� del delegato. Ma una deduzione in tal senso manca assolutamente, 
ed � radicalmente esclusa proprio perch� i Celona si sono 
riportati alle conclusioni di appello che la responsabilit� alternativa 

o solidale faceva discendere sic et sempLiciter dal concorso dell'Istituto 
e Ministero nella costruzione delle case di cui alla legge n. 640 
del 1964. 
Viene quindi a mancare di base la doglianza di omesso esame 
(perch� fa difetto una rituale richiesta) ed il rigetto del motivo esonera 
dal verificarsi se l'ipotesi concessivamente affacciata nella pvecedente 
decisione �di questa Corte trovasse per� rispondenza negli accertamenti 
com:piuti dal giudioe di merito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 maggio 1972, n. 1395 -Pres. 
Stella Richter -Est. Moscone -P. M. Di Majo (parz. diff.) -De 
Simone (avv. Cervati e Crisafulli) c. Comune di Messina (avv. 
Roll}ilno), Istituto Autonomo Case Popolari della provincia di Messina 
(avv. Brancati) e Ministero dei LL. PP. (avv. Stato Azzariti). 

Amministrazione .dello Stato e degli Enti pubblici -Delegazione amministrativa 
-Delegazione intersoggettiva -Effetti -Responsabilit� 
del delegato nei confronti dei terzi. 

Espropriazione per p. u. -Delegazione amministrativa -Soggetti del 
rapporto. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359). 
Edilizia popolare ed economica -Costruzioni di alloggi a cura della 
Amministrazione dei LL.PP. -Delega all'I.A.C.P. estesa alla procedura 
di occupazione ed esproprio dell'area -Obbligo del delegante 
di anticipazione delle spese per l'eSfcuzione della delega Non 
sussiste -Responsabilit� dell'I.A.C.P. verso il terzo danneggiato 
-Diritto di rivalsa nei confronti dell'Ente delegante -Limiti. 

(I. 9 agosto 1954, n. 640 art. 4). 
La delegazione� amministrativa costituisce un pecuiiare istituto di 
diritto pubbLico pel quale, ove l'atto di delega non disponga diversa-

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 623. 

mente, l'Ente delegato � investito del potere di proV,vedere in nome 
pl"oprio e no11i in qualit� di rappre�sentante de:l delegante rispetto all'oggetto 
della delega.. Pertanto � direttame11ite� respomabile nei confronPi 
dei terzi degli atti posti in e�ssere a tal fine, senza che in co11itrario
� abbia ritievo la ripercussiorne degli stessi nell'ambito de1l rapporto 
interroo tra delegante e ddegato e ia loro incidema nella sfera 
giuridica del primo (1). 

Qualo!f'a per l'espletamento della procedura di espropriazione per 

p.u. vi sia stata delegazione amministrativa intersoggettiva, ii rapporto 
di espropriazione si imtaura in modo diretto ed immediato tra l'Ente 
delegato investito del potere di procedere alla espropriazione� (sia pure 
per conto e neU'interesse di colui a vantaggio del quale l'espropriazione 
viene pronunziata) ed il soggetto passivo cui viene imposto il 
sacrificio della propriet� pTivata (2). 
ALla delegazione amministrativa non si applicano, indiscriminatamente, 
i principi di diritto pTivato che reyoLano il mandato�: pertanto, 
mentre incombe al delegante di Timbo!J'sare il delegato delle spese sostenute 
per l'e�secuzione deLia dele,ga, tranne quelle che abbiano avuto 
causa da un illecito del delegato al quale sia rimasto estraneo il delegante, 
non sussiste invece alcun obbligo per quest'ultimo di anticipa.re 
le spese medesime. 

In conseguenza se per tale omessa am,ticipazione l'Ente� de�legato 
abbia Titardato nel perfezionare la procedura di e�spr�oprio�. delegatagli, 
non ha diritto ad essere rivalso dal delegante, di qua11ito debba 
corrispondere al terzo propTietario per risarcirlo del danno arrecatogli 
(3)� 

(1) Cfr. Cass., 28 ottobre 1965, n. 2285, in questa Rassegna, 1965, I, 
1193 con nota di riferimento. 
In tema di concorso di enti pubblici nella realizzazione dell'opera 
cfr. Cass. 31 gennaio 1968, n. 313, in questa Rassegna, 1968, I, 419 . 
. In dottrina cfr. F. SATTA, Concorso dello Stato nella costruzione di 
opere pubbliche: �delegazione di poteri� e ripartizione di responsabilit�, 
in Foro it., 1968, I, 1566. 

(2) Cfr. Cass. 21 giugno 1969, n. 2203, in Giust. Civ., 1969, I, 2056 e 
sentenze ivi richiamate. 
(3) Con la sentenza in rassegna, di indubbio rilievo le S.U. della 
Corte di Cassazione, rettificando il precedente indirizzo giurisprudenziale 
-cfr. Cass., 1965, n. 2285 cit. -puntualizzano che in caso di delegazione 
amministrativa intersoggettiva, l'Ente delegante non �, per il fatto stesso 
della delega, responsabile nei confronti dei terzi danneggiati dall'Hlegittimo 
esercizio dell'attivit� delegata e che l'obbligo di rimborsare, e non di 
anticipare al de~egato le spese occorse per l'esecuzione della delega, non 
si estende a quelle che abbiano avuto causa da un illecito di costui al 
quale sia rimasto estraneo il delegante. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

624 

(Omissis). -Delle doglianze ora riferite sono palesemente infondate 
quella dell'IACP e quella del De Simone. 

L'assunto dell'Istituto riceve infatti una netta smentita dalla motivazione 
della sentenza, la quale, dopo avere premesso che la legg,e 
9 agosto 1954, n. 640 attribuisce in via astratta al Ministero dei LL.PP. 
il potere di delegare le proprie attribuzioni. e le relative incombenze 
agli Istituti delle Case popolari e dopo avere rammentato, con richiamo 
ai .principi afferml:\,ti da questa Suprema Corte in tema di delegazione 
amministrativa, che �di regola e salvo che l'atto di conferimento non 
disponga altrimenti, il delegato � investito del potere di provvedere, 
rispetto all'oggetto della delega, in nome proprio e non in veste di 
rappresentante del soggetto delegante, anche se agisce per conto e 
nell'interesse di quest'ultimo �, si � dato carico di procedere ad una 
indagine circa il contenuto e l'estensione della delega conferita nella 
s,pecie dal Ministero all'IACP di Messina � al fine di accertare �se 
l'attivit� dell'ente avesse o meno esorbitato dai limiti �ad essa imposti �. 

Ed; avendo -con giudizio di fatto insindacabile in questa sede accertato 
che la delega in questione si estendeva alla procedura di 
occupazione e di ,espropriazione e che l'Istituto medesimo, nel procedere 
alla occupazione del terreno del De Simone, aveva agito appunto 
nella veste di delegato del Ministero dei LL.PP. (cfr.: copia in atti 
della sentenza impugnata, pagg. 11, 13 e 14) a buon diritto ne ha tratto 
la conseguenza che l'Ente medesimo dovesse essere tenuto a rispondere 
direttamente nei confronti dei terzi, della indennit� e dei danni in 
questione. 

Orbene, una volta accertato che alla esprorpriazfone aveva proceduto, 
per delega del Ministro dei LL.PP. l'Istituto delle Case popolari, 
a legittimare passivamente anche il Comune nei confronti delle domande 
del De Simone non poteva reputarsi sufficiente la circostanza 
che detto Comune, con due d~libere si fosse impegnato ad acquistare 
le aree ed a finanziare le espropriazioni. 

Invero, codesti impegni -dei quali peraltro il Comune ha sempre 
contestato l'assunzione -avrebbero potuto, caso mai, esercit'ii.re 
una efficacia solo interna, vale a dire nei confronti dell'Istituto delegato 
e del Ministero delegante, non anche nei confronti del terzo 
(espropriato), posto che, in caso di delegazione amministrativa, il rapporto 
di espropriazione si instaura in modo diretto ed imm�diato fra 
l'ente delegato investito del potere di procedere alla espropriazione 
(sia pure per conto e nell'interesse di colui a vantaggio del quale 
l'espropriazione viene pronunciata) ed il soggetto passivo al quale 
viene imposto il sacrificio della propriet� privata. 

Diverso e pi� favorevole giudizio deve invece essere espresso in 

ordine alle censure formulate con i due motivi dianzi accennati (se




PARTI! I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

eondo del ricorso incidentale e primo del ricorso incidentale successivo) 
dal Ministero dei LL.PP. 

Invero, dopo aver iposto in luce, conformandosi ad un indirizzo 
ormai consoltdato della giurisprudenza di questa S.C. in materia, che 
-come si � gi� riferito -di regola e salivo che l'atto-di conferimento 
(scil.: della delega) non disponga altrimenti, l'Istituto � investito del 
potere di pvovvedere in nome proprio, rispetto all'oggetto della delega, 
e non in qualit� di rappresentante del delegante anche se agisce per 
conto e nell'interesse di quest'ultimo, traendone la conseguenza -coerente 
con tale premessa -� che l'ente delegato � direttamente responsabile 
nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere in esecu:
ziorie della deleg�a, senza _che in contrario possano aveve rilievo le 
eventuali ripercussioni degli stessi nell'ambito del rapporto interno 
:fra delegante e delegato e la loro incidenza nella sfera giuridica del 
primo �, la Corte del merito no-n fornisce una spiegazione appagante 
alla proposizione con la quale, subito dopo, pronuncia la responsabilit� 
diretta (e solidale con quella dell'Istituto), sempre nei confronti 
del terzo, anche del Ministero dei LL.PP.: a tanto non potendosi reputare 
sufficiente il semplice fatto che l'occupazione fosse stata voluta e 
:soHecitata da detto Ministero per l'attuazione del programma di costruzioni 
previsto dalla citata legge n. 640 del 1954, sia pevch� l'eserdzio 
di una tale attivit� non esovbita affatto da quelle funzioni di 

I 

contro.ilo che -per costante giurisprudenza di questo stesso S.C. :
spettano per sempre al delegato rispetto agli atti di esecuzione della 
delega anche quando questa, per il suo carattere intersoggettivo ponga 
il delegato nella stessa posizione del delegante (Cass., 22 ottobre 1969); 
.sia perch�, nella sua stessa laconicit� e genericit�, la giustificazione 
riferita non offre neppure motivo a sospettare che una tale esorbitanza 
si fosse comunque concretamente verificata. 

Correlato col precedente, sebbene da esso distinto, � poi il .problema 
relativo alla distribuzione della responsabilit� nell'ambito del 
:rapporto interno fra soggetto delegante e soggetto delegato. 

Criterio, direttivo, in argomento, � quello -desumibile dall'articolo 
4 della legge 9 aprile 1954, n. 640 non meno che dai principi 
,generali in materia di delegazione amministrativa -secondo cui, se 
� obbligo del delegante quello di rimborsare al delegato le spese occorse 
per la esecuzione della delega, quest'obbligo non si estende tuttavia 
a quelle spese che abbiano causa in un illecito del delegato, a 
.meno che -beninteso -non siavi stato concorso del primo nell'illecito 
commesso dal secondo (nei rapporti esterni) o che l'illecito commesso 
da quest'ultimo sia dipeso da un comportamento illecito del 
:primo (nei rapporti interni). 

Orbene, a ragione il Ministero dei LL.PP., col terzo motivo del suo 
ricorso incidentale (ribadito dal secondo motivo di quello incidentale 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

626 

successivo) -denunziando violazi�ne e falsa applicazione dell'art. 4 
della citata legge n. 640 del 1954 e degli artt. 1710 e 1720 e.e., nonch� 
violazione dei principi generali in materia di delegazione e contraddittoriet� 
di motivazione -si duole della soluzione che ad un tale 
problema ha dato nella specie la Corte del merito quando -sul 
riflesso che se all'occupazione non era seguita nei termini, da parte 
dell'Istituto, la regolare espropriazione del terreno, ci� era dipeso 
unicamente dal fatto che, n� il Ministero, n� il Comune di Messina 
avevano corrisposto all'Istituto le relative indennit� -ha condannato 
il Ministero a rivalere l'IACP delle somme che questi era tenuto, a 
seguito della propria condanna, a .pagare al terzo (De Simone). 

Escluso infatti -per le ragioni che si sono esposte in relazione 
alla questione .precedentemente trattata -un concorso del Ministero 
nello illecito di .cui l'Istituto si era reso responsabile di fronte ai terzi, 
la rivalsa in tale modo concessa -relativamente almeno ai danni 
per il periodo di occupazione �llegittima -postula evidentemente a 
sua �giustificazione un comportamen~o di inadempienza del Ministero 
rispetto ad un obbligo (interno) che non � gi� quello di rimbo!l'sare 
al delegato le spese per la esecuzione della delega (previsto dall'art. 4 
della legge n. 640 del 1954), bensi quello di anticipare al delegato le 
spese medesime: obbligo la cui esistenza, ancorch� implicitamente 
affermata, non risulta peraltro minimamente giustificata con riferimento 
al regime ed ai principi propri della delegazione amministrativa, 
in ordine alla quale questa Suprema Corte ha anzi ripetutamente 
avuto occasione di avvertire -fra l'altro -come essa costituisca un 
Istituto peculiare del diritto pubblico che non � senz'altro assimilabile 
ai mandato per cui non possono ad esso indiscriminatamente applicare 
i principi privatistid propri di quest'ultimo (Cass. 17 luglio 1955, 

n. 2588; Id., 22 ottobre 1969, n. 3452; Id., 21 giugno 1969, n. 2203). 
Nei limiti, pertanto, di quanto ora rilevato, i motivi di cui si 
tratta debbono essere accolti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1483 -P1�es. 
Stella Richter -Est. Brancaccio -P. M. Trotta (conf.) -Azienda 
Autonoma F.S. (avv. Stato Barsi) c. Ladisa Angela (avv. Fornario 
e Cornei). 

Espropriazione per p. u. -Modifiche nella realizzazione dell'opera 
pubblica prevista -Parziale utilizzazione del fondo espropriato Retrocessione 
-Disciplina. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359 artt. 60, 61, 63). 
La reflrocessione dei beni esprop1-iati nelle ipotesi previste daUa 
legge 25 giugno 1865, n. 2359 ripo�s.a su cause distinte: nena previsione 



PARTE I, ,SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 627 

degli artt. 60 e 61 questa si identifica nella constatata omeS1Sa utiiizzaziO'lie 
deL fO'lido o di parte di esso�, per l'oper.a pubblica realizzata in 
tutto. od anche in parte, qualora �corrispofl1;da allo sicopo di pubblica 
utilit� giustificativo della relativa dichiarazione (1). 

In quella invece di cui al successivo art. 63, nelia mancata ese�cuzione, 
nei previsti termini, dell'opera pubblica ovvero nella sua incompleta 
realizzazione, ove nO'li sia utilizzabile per la specifica finalit� 
posta a base� della dichiarazione di p�u. (,20. 

(Omissis). -Con l'unko mezzo del ricorso l'Amministq1zione 
delle Fe-rrovie dello Stato denuncia � violazione e falsa applicazione 
degli artt. 12 delle preleggi e 60, 61 e 63 della legge organica sulle 
espropriazioni ., � violazione dei principi generali dell'ordinamento 
sull'interpretazione delle leggi e sull'istituto della retrocessione �, � in 
relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. �; � conseguente violazione dell'art. 
2 della legge 30 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione all'articolo 
360 nn. 1 e 5 c.p.c. �. 

Specificamente l'Amministrazione assume che la sentenza impugnata 
abbia errato nell'includere concettualmente nel tipo di retrocessione 
contemplato � dall'art. 63 anche il caso in cui una parte de�ll'opera 
pubblica, prevista nel piano particolare�ggiato, sia rimasta 
non realizzata ., in quanto in tal modo avrebbe limitato � la portata 
comprensiva degli artt. 60 e 61 alla sola ipotesi del relitto sopravanzato 
alla integrale realizzazione dell'opera pubblica secondo il piano 
particolareggiato �. Tale limitazione sarebbe in aperto contrasto col 
testo dell'art. 60, che si riferirebbe proprio all'ipotesi in cui la � .preveduta 
destinazione 0 risulti non attuata in parte ad avvenuta esecuzione 
dell'opera. L'errore della Corte di merito avrebbe avuto come 
conseguenza l'inserimento del caso di specie negli schemi dell'art. 63 
e non degli artt. 60 e 61; ora, poich� la Ladisa non avrebbe seguito 
la procedura prevista da queste ultime norme, ingiustamente le sarebbe 
stata riconosciuta una posizione di �diritto soggettivo. 

La censura � sostanzialmente fondata. 

La sentenza impugnata ha accertato in fatto -con apprezza


menti che non formano oggetto di contrasto fra le parti -che dal 

piano parcellare .predisposto ai fini dell'esproprio risulta che suoli 

(1-2) La se!!11Jem.za in rassegna va sottoiliilieata per ave!I'e u:IiteriormJetlllte 
pumituaildzzato, elabwandolli, li concetti che 'V'a1gono aid ;Ldentidioo.re \l.'i.IS'lituto 
della retrocessione nelle distinte ~potesi previste dalla 1. 1865, n. 2359. 

La precedente sentenza delle S.U., 4 marzo 1966, n. 634, richiamata in 

motivazione, � riportata in questa Rassegna, 1966, I, 1235 con nota; cfr. al


tr.esl S.U. 27 giugno 1967, n. 2062, ivi 1968, I, 963; Cass., 7 maggio 1965, 

n. 836, in Giust. Civ., 1965, I, 1318; S.U., 2 febbraio 1963, n. 183, ivi 1963, 
I, 259; 24 marzo 1959, n. 918, in Giur. it., 1960, I, 1, 462, ecc. 

628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

appartenenti a diversi .proprietari ed estesi complessivamente per 
mq. 5.329,97, fra i quali ve ne era uno della estensione di mq. 2.487,36 
di propriet� della Ladisa, erano stati destinati � a sede stabile del fabbricato 
alloggi e sue d1pendenze � per ferrovieri; che in realt� per la 
costruzione di questi alloggi fu utilizzata, per effetto di una riduzione 
del progetto originario, solo una parte delle aree espropriate ed 
in particolare, per quanto riguardava l'area gi� della Ladisa, furono 
impegnati soltanto mq. 617,36 di essa, mentre i restanti mq. 1.870 
non furono occupati con opera alcuna. 

Ci� posto in fatto, non appare dubitabile che la pretesa della 
La.disa alla retrocessione della porzione di area rimasta libera trovi 
fondamento negli artt. 60 e 61 della legge sulle espropriazioni per pubblica 
utilit� e non lo possa invece, come ritenuto dalla Corte di merito, 
trovare nel suc,cessivo art. 63. 

I giudici di appello hanno creduto di giustificare il loro conrvincimento 
col richiamo alla giurisprudenza consolidata di questa Suprema 
Corte, giurisprudenza secondo la quale la differenza fra l'ipotesi 
di retrocessione ex artt. 60 e 61 e quella ex art. 63 va ricercata 
nella diversa causa di inutilizzabilit� dell'area residua, costituita nella 
prima dalla constatazione successiva all'esecuzione dell'opera che un 
fondo o una parte di esso non siano pi� necessari per la realizzazione 
dell'opera stessa, nella seconda della mancata esecuzione di questa 

o dalla sua esecuzione incompleta nei termini prestabiliti a norma 
dell'art. 13 della stessa legge del 1865, situazioni entrambe che determinano 
la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� e la conseguente 
impossibilit� di fruizione dell'area (cfr. Cass. Sez. Un. 4 
marzo 1966, n. 634 e 21 giugno 1968, n. 20�62); questa differenza � stata 
da loro illustrata con argomenti testuali desunti dalle norme che venivano 
in discussione, argomenti consistenti essenzialmente nel rilevare 
che l'art. 60 si riferirebbe letteralmente con l'espressione �dopo l'esecuzione 
di un'opera di .pubblica utilit� � alla situazione successiva al 
completamento di questa, l'art. 61 contemplerebbe formalit� condizionanti 
il riconoscimento del diritto alla retrocessione, le quali sarebbero 
significative della possibilit� di qualificare l'area residua come 
relitto, e questa qualificazione presupporrebbe il detto completamento; 
l'art. 63 per il suo �collegamento con l'art. 13 indicherebbe che, esso 
trovi applicazione sempre quando si verifichi la decadenza prevista 
dalla seconda disposizione, decadenza �che sussisterebbe in ogni caso 
allorch� l'opera progettata non sia stata portata a compimento nei 
termini prestabiliti. Alla stregua di questa interpretazione della legge, 
� parso loro sufficiente .prendere atto che l'opera pubblica fosse stata 
realizzata solo parzialmente per poter accogliere la domanda della 
Ladisa. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Il criterio di discriminazione fra le due ipotesi di retrocessione, 
individuato da questa Suprema Corte, � indubbiamente esatto; ma 
necessita di un ulteriore approfondimento , e chiarificazione per consentire 
un soddisfacente inquadramento del caso di specie; e l'indagine 
in questa direzione rivela che la Corte di appello ha erroneamente 
interpretato ed applicato la legge. 

La corretta interpretazione delle norme in discussione, considerate, 
oltre che nella loro lettera e nella loro ratio, nel sistema legislativo 
di cui sono parte, conduce ad affermare, da un canto, che modifiche 
del progetto originario, che si risolvano in una parziale esecuzione 
dell'opera pubblica, diano luogo ad una situazione constatabile 
successivamente alla esecuzione stessa, situazione a cui si ricollega 
l'inutilizzabilit� dell'area residua, dall'altro, e conseguentemente, 
che non in ogni caso di esecuzione incompleta dell'opera nei termini 
prestabiliti si abbia decadenza dalla dichiarazione di pubblica utilit� 
e impossibilit� giuridica di utilzzazione dell'area. 

L'art. 60, quando ipotizza che dopo l'esecuzione di un'opera pubblica 
� quakhe fondo a tJal fine acquistato non ricevette in tutto o in 
parte la preceduta destinazione �, espressamente, se non esplicitamente, 
ammette che il progetto odginario dell'opera possa, in epoca 
successiva non solo alla dichiarazione di pubblica utilit�, ma anche 
all'espropriazione, subire modifiche tali che per la sua realizzazione 
non siano pi� necessari una parte di un fondo oppure un intero fondo 
oggetto dell'espropriazione stessa. Del resto la libert� dell'espropriante 
di apportare modifiche al progetto originario non pu� non essere 
ritenuto un principio del sistema,�principio che -prima ancora che 
trovare la sua fonte normativa nell'art. 3 della legge generale sulle 
espropriazioni, il quale, richiede all'espropriante, per ottenere la dichiarazione 
di pubblica utilit�, soltanto un piano di massima contenente 
� la descrizione dell'insieme delle opere ., epper� per definizione 
generico e quindi aperto ed ampie possibilit� di mutamenti, in 
sede di precisazioni ulteriori -, corrisponde ad ovvie esigenze tecniche 
e giuridiche, rappresentate dalla considerazione adeguata da 
assegnarsi rispettivamente alla fluidit� che caratterizza il processo di 
progettazione di un'opera e alla opportunit� di non vincolare l'interesse 
dell'espropriante alle modalit� di esecuzione dell'opera stessa in 
un momento iniziale, con un formalismo inutile, perch� non correlato 
ad un interesse effettivo del soggetto passivo dell'espropriazione. 

Peraltro l'ammissibilit� di modifiche non � indiscriminata, perch� 
occorre pur sempre che l'opera pubblica realizzata sia utilizzabile per 
la finalit� specifica di interesse pubblico per la quale intervenne la 
dichiarazione di pubblica utilit�: questo limite � un requisito indispensabile 
pevch� acquisti significato giuridico positivo la dichiara



630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione di pubblica utilit�, che, come � noto, condiziona l'esistenza del 
potere espropriativo, .e pu� considerarsi sufficiente a tutelare il diritto 
di propriet� da ingerenze arbitrarie della Pubblica Amministrazione. 

Le modifiche consentite possono riguardare caratteristiche dell'opera 
sia qualitative che quantitative: non vi sarebbe ragione, invero, 
per ritenere legittime le prime e non le seconde, se ci� che 
importa � il rispetto della finalit� pubbUca originaria e se codesto 
rispetto pu� aversi in entrambi i casi. 

Le modifiche delle caratteristiche quantitative dell'opera prevista 
si risolvono nella sua realizzazione parziale; onde quando si afferma 
che l'art. 60 riguarda anche questo tipo di modifiche, da una parte 
si smentisce che l'espressione in esso contenuta �dopo l'esecuzione di 
un'opera di pubblica utilit� � stia ad indicare la necessit� che questa 
sia stata completata conformemente alla sua progettazione originaria 
e non possa, invece, essere stata solo parzialmente realizzata, dall'altra 
si offre un argomento gi� di per s� decisivo per ritenere che la realizzazione 
parziale dell.'opera pubblica � condizione necessaria e sufficiente 
perch� possa apprezzarsi l'utilizzabilit� dell'area residua agli 
effetti del diritto alla retrocessione. 

La rilevanza che cosi si assegna alla realizzazione parziale consente 
anche di svalutare l'argomento che in favore della te�si opposta 
si vorrebbe desumere dall'art. 61: anche nei riguardi della opera pubblica 
eseguita solo in parte l'area residua pu� configurarsi come relitto. 
Relitto, �, infatti, il bene che sopravanza dopo che sia stata costruita la 
opera pubblica e di cui sia riconosciuto dalla Pubblica Amministrazione 
con apprezzamento discrezioifu.le la mancanza di una qualsiasi 
funzione per il rnggiungimento della finalit� dell'opera: una volta 
assimilata l'opera eseguita parzialmente a quella eseguita completamente, 
come qui si sostiene, non vi � motivo per distinguere il trattamento 
giuridico del bene che sopravvanza, e, nell'un caso come 
nell'altro, si pone la esigenza che la Pubblica Amministrazione ne 
valuti l'utilit� rispetto all'opera e, nella ipotesi negativa, �si ha la sua 
qualificazione come relitto. 

L'art. 63, rettamente inteso, esclude che, quando l'opera sia stata 
parzialmente eseguita e sia corrispondente alla finalit� originariamente 
prevtsta, si v-erif�chi la decadenza della �dichiarnzione di pubblica utilit� 
e la �Conseguente impossibilit� giuricUca di utilizzazione della area. 
L'opera non eseguita nei termini, secondo la lettera e lo spirito della 
norma, � quella che rimanga allo stato di progetto o venga arrestata 
nella fase di realizzazione ad uno stadio che la renda insuscettibile di 
consentire il conseguimento della pubblica finalit� dichiarata, di talch� 
ne risulti caducata la causa che giustific� il sacrificio del diritto 
di propriet� sul fondo; ma questa non � la situazione dell'opera non 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 631 

completata in conformit� del progetto originario, .perch� tale opera 
conserva la sua funzione rispetto al fine di pubb]jco interesse perseguito 
e pertanto permane la giustificazione del sacrtficio del diritto di 
propriet�. 

Da quanto fin qui rilevato la differenza fra le due ipotesi di retrocessione 
appare chiarita nel senso che, mentre resta fermo il principio 
della rilevanza della diversit� della causa della inutilizzabilit� dell'area 
residua, la causa che caratterizza l'ipotesi di cui agli artt. 60 e 
61 ricorre anche quando l'opera pubblica sia stata realizzata solo in 
parte, purch� essa corrisponde allo scopo di pubblica utilit� giustificativo 
dell'originaria relativa dichiarazione qualificante l'opera e correlativamente 
la causa di quella di cui all'art. 63 non comprende 
questo caso di mancato completamento della opera nei termini 
prestabiliti. 

In base a questa premessa sul significato delle norme sulla retrocessione, 
risulta evidente come la situazione di specie rientri nell'ambito 
di applicazione degli artt. 60 e 61; in quanto la costruzione 
del fabbricato per cui fu espropriato il fondo della Ladisa, anche se 
non fu completata secondo l'originaria .previsione del piano parcellare, 
� pacificamente conforme allo s;copo pubblicistico che 1giustific� la 
dichiarazione di pubblica utilit�, cio� quello di fornire alloggi a ferrovieri, 
e codesto scopo ha �consentito di ra.ggiungere. 

Poich� nella ipotesi prevista da queste norme al proprietario soggetto 
passivo dell'espropriazione non compete una posizione di diritto 
soggettivo ai fini della retrocessione del relitto anteriormente alla pronuncia 
della competente autorit� amministrativa che riconosca l'irrilevanza 
dei beni residui relativamente all'opera eseguita (cfr. Cass. 

S.u. 20 maggio 1969, n. 1757), pronuncia �che va emessa col rigoroso 
rispetto delle formalit� di cui all'art. 61 (cfr. Cass. S.u. 4 marzo 19616, 
n. 634) e che non rpu� essere sostituita da un accertamento dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria (cfr. Cass. S.u. 6 aprile 1971, n. 1018), la 
domanda della Ladisa rivolta ad ottenere la retrocessione dell'area 
residua del fondo a lei espropriato, essendo stata avanzata senza avere 
esperito la prescritta procedura amministrativa di cui al suddetto articolo 
61, risulta allo stato improponibile. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1972, n. 1'576 -Pres. Caporaso 
-Est. Virgilio -P. M. Miliotti (conf.) -Cavaceppi (avv. 
Fid�nzio e Gaeta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cerocchi). 

Concessioni amministrative -�Permesso� di estrazione di materiali 
dal letto dei fiumi -Convenzione attuativa -Concessione contratto. 

(r.d. 25 luglio 1904, n. 523 art. 97). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

632 

Concessioni amministrative -Clausole -Incidenza sul contenuto dell'atto 
-Apprezzamento di fatto. 

Il � permesso � di estrarre sabbia, ghiaia o aitro ma.teriale da 
fiumi, torrenti e canali pubblici, dis.cipLinato dall'art. 97 r.d. 25 luglio 
1904, n. 523 -t.u. delle disposizioni intorno aUe opere idratlkLiche, realizza 
una concessione amministrativa in favor�e del privato di wsare 
dei beni demaniali e dei loro frutti ed accessori, alla qua.le accede il 
negozi� tra le parti per determinare le modalit� di sfruttamento ed 
ogni aitra clausola riteinuta necessaria (concessio%e -corntratto). 

L'accertamento delL'incidenza di una determinata clausola d.ella 
concessione sul conten'UJto essenziale delL'a,tto, costituisce un appre�zzamento 
di fatto che si sottrae al sindacato di legittimit� ove sia sorre-tt� 
da ade�guata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione 
e faJ:sa applicazione degli artt. 820, 822, 826, 828, 829, 831, 1323, 
1325, 1453, 1470, 1472, 1476 e.e.; 97 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 sulle 
opere idrauliche; 1 e 19 del t.u. n. 959 del 1913 sulla navigazione 
interna e sulla fluitazione, in relazfone agli artt. 113 e 360, nn. 3 e 
5, c.p.c., per avere erroneamente la Corte del merito ravvisato nell'atto 
intervenuto tra le parti in data 8 aprile 1957 una concessione 
amministrativa avente per oggetto l'utilizzazione di un bene demaniale 
(alveo del fiume Tevere). 

Sostiene in particolare il ricorrente che la sabbia e la ghiaia (la 
cui estrazione gli era stata consentita con l'atto indicato) non sono 
beni demaniali, ma beni mobili disponibili, per cui il rapporto avrebbe 
dovuto essere inquadrato nello schema della compravendita. 

La censura non ha fondamento. 

(1) La decisione 24 gennaio 1967, n. 214 delle SS.uu., richiamata in 
motivazione, si legge in �questa Rassegna, 1967, I, 58, con nota cui si rinvia. 
Pacifico � altresi il principio peT il quale nelle concessioni-conrtratto, 
all'atto unilaterale ed autoritativo dell'Amministrazione, con cui essa accerta 
la rispondenza della concessione al pubblico interesse, si accompagna, 
conservando autonomia funzionale coordinata all'assolvimento dell'unica 
complessa funzione fondamentale, il negozio cui partecipa il concessionario 
e con il quale viene data concreta attuazione all'atto deliberativo, mediante 
la fissazione dei rispettivi diritti ed obblighi e di ogni altra modalit� 
ckca l'uso del bene e lo svolgimento del servizio, cfr. Cass., 21 luglio 1967, 

n. 1894; S.u., 10 giugno 1968, n. 1770, ecc.). 
Circa la possibilit� di conglobare inun solo documento con l'atto autoritativo 
di concessione la conv�enzione relativa alla determinazione dei 
diritti, obblighi e modalit� di concessione, cfr. S.u., 25 maggio 1968, n. 1604. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

La questione circa la natura giuridica dell'atto con il quale la 
pubblica amministrazione rilascia al privato il � permesso � di estrazione 
previsto dall'art. 97 del testo unico delle leggi sulle opere idrauUche 
approvato con r.d. 25 luglio 1904, n. 523, � stata gi� specificamente 
esaminata da questa Corte Suprema, la quale -pronunciando 
a Sezioni Unite (sent. n. 214 del 24 gennaio 1967) -ha ritenuto che 
nei casi del genere ricorre .$'ipotesi della concessione amministrativa. 

� stato al riguardo rilevato che con il termine � permesso �, di 
carattere generico, la pubblica amministrazione consente in sostanza 
al privato di usare della sabbia e della ghiaia dei fiumi, e cio� di usare 
di beni demaniali o dei frutti ed accessori di essi, stabilendo poi con 
la parte attuativa della concessione (che, pertanto, rientra nel genus 
delle concessioni-contratto) le modalit� dello sfruttamento ed ogni altra 
clausola ritenuta necessaria. 

Poich� la fattispecie in esame corrisponde esattamente a quella 
decisa �con la menzionata sentenza, e non essendo state, peraltro, addotte 
valide ragioni per contestare l'esattezza del principio affermato 
dalle Sezioni Unite di questa Corte, il primo motivo di ricorso deve 
considerarsi infondato. 

Con il secondo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione 
degli stessi articoli, nonch� degli artt. 132:i, 1453 e 1458 e.e., e 
si sostiene che la convenzione attuativa del provvedimento di concessione, 
avendo ad oggetto� beni disponibili, doveva qualificarsi come 
compravendita e, in quanto tale, soggetta al regime privatistico di 
questa. 

La infondatezza di tale censura dipende da quanto si � sopra rile


vato a proposito dell'esame del primo motivo. 

Una volta stabilito che nella specie trattasi di concessione-con


tratto, non pu� ovviamente pervenirsi alla conclusione che la con


venzione attuativa della concessione stessa abbia assunto, rispetto al 

contenuto dell'atto autoritativo, una configurazione diversa e con


trastante. 

� certamente esatto che la cosiddetta convenzione attuativa � sog


�getta al regime privatistico per quanto concerne i diritti e gli obblighi 

derivanti alle parti dalla concessione; ma ci� non significa che L'auto


nomia di cui gode, in tali limiti, la parte contrattuale dell'atto rpossa 

giungere al punto da snaturare quelli che sono i termini del rapporto 

costituito con la concessione. 

Non pu�, pertanto, da un verso affermarsi che con l'atto autori


tativo l'amministrazione abbia inteso dar vita ad una concessione, e 

dall'altro ritenere che, nella convenzione accessiva volta a discipli


nare il rapporto, abbia invece voluto addivenire ad un negozio di 

diritto privato in relazione allo stesso oggetto. 


634 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con il terzo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione 
degli artt. 1472, 1325, 1343 e 1382 e seguenti e.e., nonch� del r.d. 14 
aprile 1910, n. 639; e si deduce in particolare: a) l'illegittimit� dell'ingiunzione 
fiscale, intimata per una ;pretesa che .presupponeva la 
previa declaratoria di risoluzione del contratto da parte dell'autorit� 
giudiziaria; b) l'insussistenza del danno, essendo la sabbia e la ghiaia 
non estratte rimaste al demanio e da qussto alienate successivamente 
a terzi; e). la illegittimit� della clausola contrattuale, secondo la quale 
l'amministrazione avrebbe potuto pretendere il corrispettivo per il 
materiale non estratto. 

Anche tali ulteriori profili di censura sono infondati. 

La pretesa illegittimit� dell'ingiunzione fiscale � dal ricorrente 
riferita sempre al medesimo presupposto; e cio� che si trattasse di un 
contratto di compravendita di beni disponibili e non �di una �concessione-
contratto. 

Ne consegue che, non venendo in discussione alcun inadempimento 
dell'amministrazione in ordine agli obblighi che ad essa derivavano 
dal rapporto (che si concretavano nel consentire al ricorrente 
di avvalersi del permesso di estrazione), legittimamente l'Ufficio del 
demanio di Roma i~tim� ingiunzione per i canoni relativi agli anni 
1957 e 1958. 

Neppure ha fondamento la doglianza relativa all'insussi�stenza del 
danno dell'amministrazione per mancata estrazione della sabbia da 
parte del Cavaceppi, in quanto -come esattamente hanno rilevato i 
giudici d'appello -nell'atto di concessione era specificamente stabilito 
(art. 10) che il canone doveva essere corrisposto in ogni caso, 
indipendentemente dalla effettiva estrazione del materiale da parte 
del �concessionario. 

Quanto, infine, alla illegittimit� della clausola secondo cui il 
Cavaceppi si obbltgava al pagamento anche se i materiali contemplati 
per ogni singolo anno non fossero stati estratti, va osservato che il 
giudizio emesso su tale .punto dalla Corte del merito, che appare correttamente 
motivato, � incensurabile in questa sede, avendo la Corte 
stessa spiegato"le ragioni per le quali doveva non solo escludersi che 
si t:r~attasse di clausola penale, ma altresi ritenersi che con la pattuizione 
in esame l'amministrazione volle assicurarsi in ogni caso l'entrata 
prevista dalla concessione -contratto, cautelandosi di fronte 
ad ogni mutevole comportamento del concessionario. 

Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema (SS.UU., 31 
luglio 1964, n. 2206) l'accertamento della incidenza di una determinata 
-clausola di una concessione sul contenuto essenziale dell'atto costituisce 
apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimit� 
se congruamente motivato. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 635 

CO.RTE DI APPELLO DI MILANO, Sez. I, 17 marzo 1'972 -Pres. Trimarchi 
-Est. Bugg� -Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato Zecca) 

c. Soldaini (avv. Ferrari). 
Responsabilit� civile -Amministrazione delle F.S. -Esercizio' ferro


viario -Presunzione di responsabilit� per l'esercizio di attivit� 

pericolosa -Inapplicabilit�. 

(c. civ., art. 2050). 
Responsabilit� civile -Attivit� pericolosa -Colpa del danneggiato Rilevanza 
-Interruzione del rapporto causale -Estremi. 

(c. civ., art. 2050; c. pen., artt. 40, 41). 
La presunzione di colpa per i damni cagionati a terzi, prevista 
dall'art. 2050 e.e. verso chi ese.rcita un'attivitd perico,zosa, � inappLicabile 
nei confronti deLla Pubblica Amministrazione per l'attivit� �eia 
essa svolta in vista del soddisfacimento� di un pubbLico interesse (fattispede 
.in tema di esercizio ferroviario) (1). 

In base ai principi della caus.alit� giuridica che regoLano la responsabilit� 
aquiliana, non sussiste responsabilit� di chi pone in essere 
una situazione di pericolo, quando ii danno sia stato cagionato per 
colpa del danneggiato che volontiariamente si intrometta inell'altrui 
sfera giuridica, se siano state adottate le misure O'Pportune e sufficienti 
ad impedire siffattia intromissione od a richiamare l'attenzioine sulla 
situazione di pericolo (2). 

(Omissis). -L'Amministrazione censura l'impugnata sentenza per 
avere il primo giudice erroneamente ritenuto operativa a suo carico la 
presunzione di co1pa prevista dall'a �t. 2050 e.e.; cos� decidendo, il Tribunale 
si sarebbe discostato, senza adeguata motivazione, dal corretto e 
fermo indirizzo della Suprema Corte (di recente ribadito anche in 

(1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass., 29 giugno 1966, n. 1604, in Foro 
it., 1967, I, 776; 12 ottobre 1964, n. 2575; 23 giugno 19.64, n. 1640, in Foro 
it., Rep. 1964 voce Ferrovie; 15 giugno 1961, n. 1390; Appello Napoli, 
31 marzo 1969, Ministero Difesa c. Orlando, in Foro it., Rep. 1970, col. 
2068, ecc. 
In dottrina, in senso contrario, cfr. CASETTA, Gli enti pubblici e l'articolo 
2050 c. civ., in Giur. it., 1956, I, 1, 890; BoNASSI-BENUCCI, Attivitd 
pericolose e responsabilit� della P. A., in Temi, 1956, 231. 

(2) Cfr. Cass., 12 novembre 1969, n. 3691, in Foro it., Rep. 1970, 2072. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

636 

tema di esercizio di ferrovia) che considera la citata disposizione inapplicabile 
alla attivit� svolta dalla pubblica amministrazione per il 
soddisfacimento di' imprescindibili esigenze della collettivit�. 

Peraltro essa si duole che alla prova contraria, che pure era stata 
dedotta per tuziorismo, in primo grado sia stata negata rilevanza sotto 
il profilo, parimenti erroneo, della imprescindibile esigenza, nella specie, 
di una prova idonea a dimostrare che nello scalo ferroviario fosse 
in atto, al momento del sinistro, un adeguato servizio di sorveglianza 
diretto ad impedire che i terzi potessero riportare danni in dipendenza 
dell'esercizio del servizio ferroviario. Per contro, l'appellante nega 
che fosse suo preciso obbligo di istituire un apposito servizio di vigilanza, 
su tutto lo scalo ferroviario e sue adiacenze, allo scopo di impedire 
che qualcuno, arbitrariamente introdottosi nelle zone non destinate 
al pubblico, si arrampicasse sui carri merci e restasse folgorato 
per contatto con i soprastanti cavi elettrici: vigilanza che, d'altronde, 
in ipotesi sarebbe stato compito non dell'Amministrazione ferroviaria, 
ma dell'Amministrazione dell'interno, ai sensi dell'art. 5 r.d.l. 14 giugno 
1925, n. 1174. Essa sostiene, invece, che aveva ragione di fare assegnamento, 
al riguardo, sulla osservanza della norma, sanzionata penalmente, 
che vieta a chiunque di introdursi arbitrariamente nei recinti 
ferroviari non destinati al pubblico (art. 52, comma primo, del regolamento 
per la polizia, sicurezza e regolarit� dell'esercizio ferroviario, 
approvato con r.d. n. 1687 del 1873). Il sindacato sulla attivit� di 
polizia diretta ad impedire od a reprimere la violazione di tale divieto 
sarebbe in questa sede inammissibile. 

Da parte sua la Soldaini, pur affermando la correttezza della so


luzione accolta dal primo giudice, sostiene che specificamente riferi


bile al pericolo fosito nella conduzione della energia elettrica sia I� 

presunzione prevista dall'art. 2051 e.e. per il danno cagionato da cosa 

in custodia, la quale pu� essere vinta soltanto dalla prova del fortuito. 

A sua volta ella insiste, in subordine, nelle proprie deduzioni istrut


torie, intese a dimostrare che nessuna sorveglianza o segnalazione era 

in atto, al momento del sinistro, nello scalo ferroviario di Busto Ar


sizio, n� all'ingresso n� presso i binari, atta a prevenire od evitare il 

tragico evento di cui trattasi. 

Pare alla Corte che, nella cognizione della domanda in esame, se 

ad una presunzione di responsabilit� fosse consentito di fare capo 1per 

desumerne �criteri di giudizio basati sulla regola dell'onere della prova, 

considerata la relazione esistente tra l'evento dannoso e la situazione 

di pericolo connessa alla natura dei mezzi che� in concreto erano ado


perati nell'esercizio di una attivit�, verrebbe in evidenza, non la 

norma dell'art. 2051 e.e., riferibile alle situazioni di pericolo per i 

terzi dipendenti dall'omissione del semplice dovere di �custodia che 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

incombe al detentore della cosa, bens� il disposto del precedente articolo 
2050 che specificamente disciplina l'obbligo di chi esercita una 
attivit� pericolosa per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, 
di adottare tutte le misure idonee ad evitare il danno e stabilisce una 
presunzione iuris tantum di violazione dell'obbligo predetto, per il 
danno cagionato nello svolgimento di una siffatta attivit�. 

Senonch�, trattandosi nella specie di un evento dannoso prodottosi 
in r.elazione allo svolgimento di una attivit� .precisamente costituita 
dall'esercizio di un pubblico servizio direttamente ad opera della 
pubb!Lca amministrazione, nasce da questi peculiari tratti distintivi 
dell'attivit� pericolosa in considerazione il problema del coordinamento 
della citata norma con i noti principi vigenti in materia di tutela del 
c,:ittadino nei confronti dell'attivit� dell'amministrazione dello Stato o 
degli altri enti pubblici volta al soddisfacimento degli interessi �generali 
della collettivit�. Si pone, cosi, il quesito se, pur es.sendo la pubblica 
amministrazione soggetta, al pari dei privati, all'osservanza del 
precetto neminem Laedere e particolarmente tenuta, nell'esercizio delle 
strade ferrate, ad adottare � tutte le misure suggerite dalla scienza e 
dalla pratica per prevenire ed evitare qualunque sinistro ., come specificamente 
le impone l'art. 2 del r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687 (norma 
che, per la sua specialit�, � destinata a prevalere, nel suo contenuto 
sostanziale, sull'analoga norma generale dianzi citata), possa ritenersi 
ad .essa esteso, per i danni cagionati ad altri nello svolgimento della 
sua attivit�, il generico addebito di omissione di comportamenti dovuti, 
nel quale in sostanza si risolverebbe l'applicazione concreta della 
presunzione di re�sponsabilit� prevista dalla norma generale. 

La risposta negativa, data al quesito dalla giurisprudenza della 
Suprema corte, sembra ineccepibile. Da un Iato, la pubblica amministrazione 
non pu� sottrarsi al compito che la legge le affida, di svolgere 
il pubblico servizio, dall'altro essa � tenuta in pari tempo a 
prevenire ed evitare qualunque sinistro: resta comunque un vasto 
margine alla sua discrezionalit� nella valutazione dell'interesse pubblico 
da cui trarre guida alla concreta scelta dei mezzi meglio compatibili 
ed idonei a soddisfare contemporaneamente l'una e l'altra esigenza 
e, purch� risultino osservate le norme di legge e di comune 
prudenza, questa stessa sua scelta si sottrae al sindacato del giudice 
ordinario, cui � dato invece di valutare �con pienezza di poteri l'adeguata 
messa in opera dei mezzi prescelti, potendo darsi il caso che essi 
non abbiano funzionato oppure che, per incuria o negligenza, il loro 
concreto funzionamento sia stato difettoso. Tale limite del potere del 
giudice ordinario .e la stessa garanzia che la legge appresta alla sfera 
della discrezionalit� della pubblica amministrazione nella organizzazione 
dei suoi servizi, verrebbero praticamente elusi, qualora la re



638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sponsabilit� della medesima amministrazione potesse essere �giudizialmente 
affermata sulla base dell'apprezzamento di una non vinta presunzione 
di comportamenti omissivi imprecisati, ovvero determinati 
solo genericamente da una norma di legge a contenuto impreciso e 
perci� destinata ad essere integrata nella sua applicazione con l'uso 
di criteri discrezionali. 

Da ci� la conclusione logica che tra le attivit� pericolose cui 
l'art. 2050 fa riferimento non possono includersi le attivit� svolte 
dalla pubblica amministrazione per il soddisfacimento di imprescindibili 
esigenze della collettivit�. Spetta, pertanto, a chi deduce in giudizio 
la responsabilit� della pubblica amministrazione, a fondamento della 
propria domanda di risarcimento, l'onere di indicare, nel caso di danni 
conseguiti all'esercizio di una ferrovia, da quali comportamenti omissivi, 
del tipo genericamente descritto dal menzionato art. 2 r.d. numero 
1687 del 1873, l'evento dannoso sarebbe stato concretamente 
determii;iato, onde consentire al giudice una preventiva verifica circa 
l'ammissibilit� del particolare addebito, in corrispondenza al limite 
dei suoi poteri di sindacato in materia. 

N� serio � il dubbio se la presenza di un cotale limite nel nostro 
ordinamento si ponga in contrasto coi principi costituzionali, dovendosi 
al contrario riconoscere la sua naturale rispondenza alla delimitazione 
della sfera di attribuzioni determinata per i vari di poteri 
dello Stato dalle stesse norme costituzionali. 

Movendosi, dunque, sul terreno non delle presunzioni di colpa, 
ma delle risultanze probatorie acquisite al processo mediante gli atti 
della inchiesta penale (prodotti dalla stessa attrice), le quali si appalesano 
sufficienti ai fini del giudizio e rendono perci� superfluo il supplemento 
di istruttoria proposto in subordine dall'una e dall'altra 
parte, la Corte osserva che all'ovvio nesso di causalit� materiale, intercorrente 
tra i mezzi usati dall'Amministrazione ferroviaria nello svolgimento 
del suo servizio (alimentazione delle condutture a contatto 
per la trazione elettrica) e l'evento dannoso di cui trattasi (morte del 
Gargiulo per folgorazione a seguito di contatto con le .predette condutture), 
non corrisponde tuttavia, nella specie, ai fini della chiesta 
affermazione della responsabilit� della cbnvenuta, il necessario nesso 
di causalit� giuridica. 

Alla stregua dei noti principi sulla causalit� giuridica che regolano 
la responsabilit� aquiliana, non vi � responsabilit� da parte di 
chi pone in essere una situazione �di pericolo, quando il danno si verifica 
per colpa del danneggiato che volontariamente si intromette nella 
sfera giuridica altrui; sempre che siano state adottate, da parte di 
colui che ha posto in essere lo stato di pericolo, le misure opportune 
e sufficienti ad impedire l'abusiva intromissione nella propria �sfera giu



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

ridica o, quanto meno, a richiamare l'attenzione di chi voglia intromettersi, 
dandogli conoscenza della situazione di pericolo e del divieto 
(in tal senso, veggasi, da ultimo, Cass. 10 novembre 1971, n. 2313). 
Neppure della omissione di queste ultime cautele -tenuta presente 
la loro funzione -pu� tuttavia farsi carico all'autore della situazione 
di peticolo, se il danneggiato gi� conoscenza l'esistenza sia del pericolo 
sia del divieto, a1 momento della sua abusiva intromissione, oppure 
era pienamente in grado di apprezzare l'uno e l'altro elemento, 
per la loro� inequivoca evidenza ex se. 

Nel caso in esame ricorre, appunto, quanto meno quest'ultima 
ipotesi. Non solo al Gargiulo, dottore in chimica industriale, ma a 
chiunque fosse dotato di una esperienza media, la presenza di una 
conduttura aerea, al di sopra di un binario su cui era in sosta un convoglio 
di carri merci in uno scalo ferroviario, doveva rendere evidente 
ex se l'esistenza del pericolo che, ci� nondimeno, il medesimo Gargiulo 
si risolse ad affrontare, ponendosi, con la scalata del carro cisterna 
e con le pratiche di ispezione compiute da quella scomoda ed 
elevata positura, in condizione di non potere o non sapere evitare il 
fatale contatto e la conseguente folgorazione. Del tutto superflua appare, 
quindi, al riguardo, la prova testimoniale offerta dalla Amministrazione, 
diretta a dimostrare che � sui tralicci e pali di sostegno 
degli elettrodotti sovrastanti i binari dello scalo merci di Busto Arsizio 
esistono cartelli, in nero su fondo bianco, portanti l'indicazione del 
numero del palo e del posto telefonico pi� vicino (segnalato con la 
freccia e la �distanza) nonch� il segno di monito costituito da un teschio 
e due tibie incrociate con la scritta: �Non toccate i fili -rpericolo di 
morte � (cap. 16). Deve aggiungersi che nulla poteva giustificare l'erronea 
opinione -nella quale peraltro non si ha motivo di suppoi;re 
che il Gargiulo fosse caduto -�che ili quel momento le condutture non 
fossero percorse da corrente; come d'altronde non v'era r�agione alcuna 
per cui il Gargiulo potesse considerarsi autorizzato ad esplicare l'abnorme 
comportamento di intromettenza nel servizio ferroviario, cui 
invece os� spingersi con patente trasgressione del divieto penalmente 
sanzionato di cui all'art. 52, primo comma, del sopra citato regolamento 
di polizia ferroviaria. A dimostrare il contrario, ovviamente, 
non pu� bastare il rilievo che della presenza del vagone cisterna nello 
scalo merci egli aveva avuto conferma dal capo gestione addetto al 
transito dei treni, Omero Di Giovanni; n� ,pu� avere rilevanza la prova 
testimoniale offerta dall'attrice sul fatto che la presentazione del 
Gargiulo negli uffici dello scalo ferroviario era stata preannunciata 
per telefono dal rag. Giovanni Galmarini per conto della societ� Vita 
Mayer. Sta di fatto che il Gargiulo, come non avrebbe potuto ottenere 
l'autorizzazione ad una diretta ispezione del vagone in transito, cos� 


640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non la chiese e non la ottenne, ma si arbitr� di procedervi da solo, 
affrontando ogni rischio e violando ogni legale divieto. Superflua appare, 
infine, altres� l'indagine suggerita dall'attrice circa la possibilit� 
che l'intromissione del Gargiulo fosse evitata mediante un ,congruo 
servizio di vigilanza sugli impianti dello scalo merci e particolarmente 
sugli elettrodotti. A parte ogni dubbio sull'esistenza di un corrispondente 
obbligo preciso della Amministrazione ferroviaria e sulla sindacabilit� 
della relativa omissione, in ogni modo l'indagine si riferirebbe 
ad un antecedente di fatto da ritenersi prirvo di giuridica rilevanza 
causale, di fronte alla prova della volontariet� del ,comportamento 
del Gargiulo sia nella violazione del divieto legale di intromettersi 
nell'attivit� ferroviaria sia nella a,ccettazione del rischio connesso 
ad un pericolo che gli era ben noto. -(Omissis). 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 7 marzo 1972, n. 4 -Pres. Cesareo Est. 
Cuonzo -SICEM ed altri (avv. Dallari G. M.) c. Ministero 
LL.PP. (avv. Stato Vitucci) e Comune di Bologna (avv. Guidoboni). 


Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Aree 
acquisibili -Consistenza delle aree. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n.167del1962 -Aree acquisibili 
-Aree edificate. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n.167del1962 -Aree acquisibili 
-Aree edificate -Norme sull'indennizzo -Principi generali. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Destinazione 
delle aree -Limitazioni a sfere giuridiche private -Necessit� 
-Mancanza -Illegittimit� -Fattispecie. 

In vista del combinato disposto degli artt. 9 legge 18 aprile 1962, 

n. 167, 13 e 16 legge 17 agosto .1942, n. 1154, La finalit� deLL'attivit� 
di formazione del piano di zona per l'edilizia e:conomica e popolare � 
di realizzare, cow l'avvenuta approvazione del piano, la diichiarazione 
di pubblica utilit� deLie opere, nel piano stesso previste, talch� il correlato 
potere non incontra limiti, per quanto attiene alla determinazione 
deLle aree su cui le future opere di pubblica utilit� andranno 
ad inerire, nella particolare consistenza delle aree stesse; ci� in foirza 
del principio di caratte,re generale (art. 3 legge 25 giugno 1865, numero 
2359, sulle e'spropriazioni per pubblica .utilit�), secondo cui la 
dichiarazione di pubblica utilit� prescinde darla consistenza del fondo 
su cui la stessa � de�stinata ad insistere (suolo ed eventuale soprassuolo), 
acquistando tale consistenza una rilevanza sofo nella mi.ccessiva 
ed eventuale fase di espropriazione per pubblica utilit� e ai Limitati 
effetti della determinazione dell'indennit� (cfr. art. 16 legge n. 2359 
del 189,5 cit.) (1). 
n termine �area., di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, in ordine 
alla formazione dei piani di zona per l'edilizia economica e popo


(1-4) Con le rprime due massime l'Adunanza Plenaria ha risolto il contrasto 
giurisprudenziale determinatosi tra alcune decisioni della IV Sezione: 
secondo un indirizzo pi� ampio la nozione � aree da comprendere nei 
piani ., di cui all'art. 3 della Legge n. 167 deve riferirsi anche ai terreni 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lare, ha significato generico e quindi comprensivo anche di queHe in 
ipotesi edifica.te; pertanto, � legittima l'inclusione ne�l piano di zona 
di proprietd costituite, in parte da edifici in perfette condiziolfl.i igienicosanitarie 
e di stabilitd, anche se non individuate in un anteriore piano� 
particolareggiato o di risanamento (2). 

Sia l'art. 12 legge 18 aprile 1962, n. 161, sia l'art . .1 le�gge 21 
luglio 1965, n. 904 (che l'ha sostituito a seguito della dichiaraziorne di 
inc_ostituzionalit� del primo), rinviando esplicitamente, il primo alla 
legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriaziol)ti per p.u., e� il secoindo 
all'art. 13 legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento� della cittd 
di Napo.ii, hanno apprestato, in materia di foirmazione dei piani di zona 
pe.r l'edilizia e1conomica e popolare, norme che: consentono di stabilire 
L'indel)tnit� di espropriazione per qualsiasi tipo di immobile; pertanto, 
alla inclusione tira le � aree � previste dalla le1gg.e n. i 61 del 1962 di 
quelle in ipotesi edificate non � di ostacoilo la mancainza, nella stessa 
legge, di disposizioni specifiche sulla valutazione deUe costruzioni e 
sul pagamento dei relativi prezzi (3). 

La natura discrezionale delle determinazioni amministrative in 
materia di de�stinazione delle aree, in sede di formazione del piano di 
zona per l'edilizia economica e popolare, nol)'I, esonera l'Amministrazione 
dall'osservanza della regola generale che impoine l'obbligo de�lla 
motiv�azione pe1� i provvedimenti che impoirtano� limitazione della sfera 
giuridica del privato, specie ove trattisi di sacrificio di particolare 
entitd; pertanto, � illegittima la previsione nel piano� di ZOl)tll di una 
variante che destina a verde zone gi� residenziali seco111;do il piano 
regolato'l"e, ove nella re�lazione generale illust'l"ativa del piano manchi 
qualunque p'l"ospettazione de.i sacrificio che la variante� al piano regolatore 
generale importa per i privati proprietari di edifici, destinati 
alla demolizione e ovviamente qualunque compamzione tra tale 8(1,Crificio 
e l'utilitd pubblica che ne deriverebbe (4). 

edificati (dee. 14 luglio 1967, n. 330, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1169); 
secondo un diverso indirizzo, la inclusione nei piani riguardava solo le 
aree scoperte (cio� non edificate) (dee. 3 dicembre 1969, n. 748, ivi, 1969, 
I, 2449). Sull'argomento, cfr. G. ScoTTo, Brevi considerazioni sulla legge� 
18 aprile 1962, n. 161, ivi, 1968, II, 258. 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 14 aprile 1972, n. 5 -Pres. Vetrano 
-Est. Quaranta -Parboni Arquati (avv.ti Zappal� e Prosperi) 
c. Comune di Montecompatri e Prefetto di Roma (n.c.), con 
intervento di Amoroso ed altri (avv. Sorrentino). 


Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione -Dubbi -Preferenza 
al significato conforme alla Costituzione. 


~ II 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 643 

Competenza e giurisdizione -Tribunali amministrativi regionali Norme 
intertemporali -Art. 42 1. n. 1034 del 1971. 

Competenza e giurisdizione -Tribunali amministrativi regionali Ricorsi 
pendenti davanti al C. d. S. -Norma transitoria -Art. 38 

1. n. 1034 del 1971. 
Competenza� e giurisdizione -Tribunali amministrativi regionali Ricorsi 
pendenti davanti al C. d. S. -Norma transitoria -Art. 38 

I. n. 1034 del 1971 -Passaggio ai T.A.R. -Riferimento alla data 
di insediamento. 
Competenza e giurisdizione -Sospensione atto impugnato -Ordinanza 
-Ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali -Competenza 
del C. d. S. fino all'insediamento dei T.A.R. 

Demanio e Patrimonio -In tema di demanio -Demanio stradale Ordine 
di ripristino -Impugrtativa -Proprietari di terreni finitimi 
-Non sono controinteressati. 

Demanio e patrimonio -Demanio stradale -Ordine di ripristino Competenza 
del Prefetto -Carattere comunale della strada -Irri


' 

levanza -Provvedimento del Sindaco -Illegittimit�. 

Nel caso in cui una disposizioine normativa si presti, in astratto, 
per la sua formulazione letterate o per il modo in cui si inserisice nel 
sistema, ad una duplice possibile interpretazioine, L'una coinfo1Tme� al 
dettato costituzioinale l'altra difforme da esso, deve essere data la 
prefeirenza, secondo comuni canoni di ermeneutica giuridica,, aU'interpretazione 
che noin sia in contrasto con norme e princip'� di livello 
costituzionale (1). 

La disposizione che disciplina in via intertemporale la sone di 
tutti i ricorsi pendenti davanti al Consiglio di Stato alla data di entrata 
in vigore della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunali 
amministrativi regionali � esclusivame.nte l'art. 38 legge cit. (e 
non pure l'art. 42.. che al primo comma si limita a dettare modalit� 
procedimentali per la trasmissione dei fascicoli relativi a tJali vertenze 
ai nuovi organi di giustizia ed al seco'IUlo comma si riferisce� ai ricorsi, 
diversi da queilli espressamente indicati nell'art. 38, prorposti dorpo 
l'entrata in vigore della legge), in quanto soltanto in detta noirma si 
� espressamente precisato che l'attribuzione ai Tribunali amministrativi 
regionali della competenza a decidere i ricorsi nelle materie di 
rilevanza sostanzialmente ultraregionale ha effetto dopo tre� mesi dalla 

(1-7) Decisione di rilevante int�resse che tende ad eliminare, sia pure 
in parte, le imperfezioni e le contraddizioni della legg,e istitutiva dei tribunali 
regionali. 



644 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

data di insediamento dei TribunaLi me:desimi e che per i giudizi promossi 
nella stessa materia anteriormente a tale data resta ferma l'attribuzione 
di competenza prevista dalla nor1)1,ativa pre�esistente (2). 

L'art. 38 legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (istitutiva dei Tribunali 
amministrativi regionali), che disciplina in via intertemporale la sorte 
di tutti i ricorsi davanti al Consiglio di Stato pendenti alla data di 
entrata in vigore delLa legge stessa, per una gran parte dei ricorsi, di 
competenza dei nuovi giudici amminist'l'ativi, mentre da un lato si pone 
come deroga transitoria al principio della generalizzazione del doppio 
grado d� giurisdizione previsto dalla citata nuova disciplina, daU'altro 
nella delimitazione intertemporale tra la vecchia e la nuova disciplina, 
non fa riferimento alla data di entrata in vigore della legge, bens� a 
quella di inse1diamento dei nuovi organi; pertanto, poich� ne�l sistema 
della citata legge non si rinvengono altre disposizioni dis.cipUnat:rici 
dell'attribuzione specifica �ai Tribunali regionali della competenza a 
conoscere delle controversie introdotte con ricorsi proposti prima dell'erntrata 
in vigore della legge s.tessa, deve ritenersi che l'art. 38 cit. 
disciplini, per implicito, anche la sorte� dei ricorsi pende.nti alla data 
di entrata in vigore della legge e relativi alle altre materie (di interesse 
locale, di cui all'art. 2 lett. a e lett. b n. 3 e all'art. 6 le�gge numero 
1034 del 1911 cit.) rientranti nella sfera di compete�nza dei nuovi 
organi e non specificamente richiamate nell'art. 38 me1desimo (3). 

Al fine di stabilfre la sorte dei rico'l"si proposti al Consiglio di 
Stato prima deH'entrata in vigore della legge 6 dicembre 1911, n. 1034 
(istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali), nelle materie di 
interesse Locale previste dall'art. 2 lett. a) e fott. b) n. 3 e dall'art. 6 
legge cit., deve farsi riferimento aLla dcvta di insediamento dei Tribunali 
amministrativi regionaU, sia perch� la disciplina cui � informato 
l'art. 38 legge cit., si basa sul momento dell'inizio concreto deU'attivit� 
dei nuovi organi, sia perch�, in materia di disciplina del processo, 
un elementare principio di continuit� pro�cessuale, o meglio di saldatura 
tra il preesistente e il nuovo oridinamento~ postula di necessit� 
che non� vi possano essere inte1�ruzioni tra la competenza de�l vecchio 
e quella del nuovo giudice; pertanto, l'unica differenza tra la disiciplina 
intert.emporale dei 1�icorsi specificamente richiamati nell'arti. 38 (c.d. 
di interesse locale) di cui aLl'art. 2 lett. a) e lett. b) n. 3 e alL'art. 6, 
gi� pendenti alla� data di entrata in vigore della legge, consiste nel 
fatto che, mentre per i primi, rimane ferma l'a/Jtribuzione di competenza 
ad esaurimento prevista daUe norme preesistenti, per i secondi 
la spoliazione di competenza del giudice preesis.tem,te avviene� alla data 
di insediamento dei nuovi organismi, salvo quanto potr� ritenersi in 
ordine ai ricorsi per i quali siano intervenute decisioni parziali o inte1�locutorie 
(4). 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

L'ordinamento non pu� ammettere che vi siano lacune nella continuit� 
della tutela giurisdizionale di natura cautelare, per la quale 
-anche in mancanza di espresse previsiorni normative -si deve trovare 
un giudice che la CJJSsicuri, con salvezza delle, definitive pronunce 
deWorgano competente ad esaminare il merito delle controversie; pertanto, 
poich�, prima dell'insediamento dei Tribunali amministJrativi 
regionali, l'ordinamento attribuisce al Consiglio di Stato una generale 
competenza giurisdizionale a sindacare la legittimit� degli atti definitivi 
posti in essere dalla Pubblica amministrazione statale e non 
statale e lesivi di interessi legittimi, nelLa perdurante sua natura di 
giudice di unico grado per la tutela degli interessi legittimi, spetta 
al Consiglio stesso almeno la tutela cautelare ed urgente in re,lazione 
ai ricorsi pro'Posti dopo l'entrata in vigore deLla nuova normattiva (e 
fino all'insediamento dei nuovi organi di giustizia amministrativa), 
ricorsi che nel preesistente sistema rientravano nella piernezza delta 
sua sfera di attribuzioni contenziose (5). 

Rispetto aLl'impugnativa del provvedimento col quale l'Autorit� 
O!l"dina la rimessione in pristino stato di una strada che sia stata danneggiata 
o il cui tracciato sia stato alterato, norn � possibile riconoscere 
la veste di controinteressati ai proprietari dei terreni finitimi, 
essendo questi certamente portatori di un interesse di fatto alla con~
e1�vazione del p!l"ovvedimento -interesse che li legittima a proporre 
intervento ad 'opponendum -, ma non contraddittoll'i necessari nel 
giudizio di impugnazione del provvedimento medesimo, proposto dal 
destinatario dell'o!l"dine di ripristino (6). 

Ai sensi deU'all't. 20 r.d. 8 dicembll'e 1933, n. 1740 (che approva il 
testo unico per la tutela delle strade e della circolazione), spetta comunque 
al Prefetto, e non al ~i1idaco, di o!l"dinare la rime'ssioine in 
pristino stato, mediante appositi lavoll'i, delle strade poste al di fuo!l"i 
dell'abitato, a nulla rilevando la circostanza che la strada sia comunale; 
pertanto, � illegittima l'ordinanza con la quale il Sindaco ordina 
la rimessione in pristino stato di un tratto di strada situato in mperta 
campagna (7). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 marzo 1972, n. 163 -Pres,. Meregazzi 
-Est. Pianese -Morabito De Luca (avv.ti Caravitta di Toritto 
e Lenza) c. Ministero lavori pubblici e Prefetto di Potenza 
(avv. Stato Albissini), Comune di Potenza (avv. Schiavone), Coop. 
edilizia � Arianna � (avv. Schir�) e Istituto autonomo Case popolari 
di Potenza (n.c.). 

Edilizia popolare ed e�onomica -Piani 1. n. 167del1962 -Impugnative Omessa 
presentazione di opposizioni nel corso del procedimento Non 
preclude impugnazione dell'atto di approvazione. 


646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Approvazione 
-Notifica del relativo decreto -Va fatta al proprietario 
catastale risultante alla data del decreto -Effetto sui termini per 

l'impu~nazione. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Approvazione 
-Notifica del relativo decreto -Omissione -Irrilevanza 
sulla le~ittimit� del piano. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Rapporti 
col piano re~olatore ancora inefficace -Impossibilit� di approvare 
il p.e.e.p. 

Non si produce acquiesce,nza prima che il provvediment:o amministrativo, 
a conclusione del suo iter, sia stato emanato; pertanto, poich� 
il decreto ministeriale di approvazio11te del piano di ZOIJ'l,a per 
l'edilizia economica e popolare noi)'!, si concreta in un puro e semplice 
atto di approvazione, ma si risolve invece in una determinazione costitutiva 
del piano, il quale va perci� considerato un atto complesso, 
emanato ad un tempo dal Comune e dal Ministero, deve ritenersi che 
abbia piena veste per insorgere contro il piano di zona il soggetto colpito 
nei suoi interessi da tale atto, anche nell'ipotesi di ma.ncata pro


posizione di opposizioni nel corso del pll'ocedimento di foll'mazione 
dell'atto (cio� sruccessivamente alla de,U.berazfone del piano da parte 
del Comune) (1). 

Ai sensi del penultimo ed ultimo comma dell'art. 8 legge 18 
aprile 1962, n. 167, la notifica del decreto di approvazione del piano 
di zona per l'edilizia economica e popo,lare e de�gti atti allegati va 
effettuata non gi� a chi sia proprietario catastale nel mome11Jto deUa 
delibera di adozione del piano (delibera che � solo un a1Jto intermedio 
del complesso iter pl!"ocedimentale), ma a chi riveste la qualit� di proprietario 
(ovviamente catastale) nel momento di emanazione del decreto 
ministeriale di awrovazione, ohe' � l'atto conclusivo del procedimento; 
pertanto, non pu� ritenell"si irricevibile il rico1�so proposto 
contro il detJto decreto dal proprietario catastale oltre il termine di 
sessanta giorni dalla data di notifica del provvedimel)'l,to fatta a chi 
tale veste invece avesse alla data di ado,zione del piano (2). 

L'omessa notifica del decreto di approvazione del piano di zona 
per l'edilizia economica e popolare al propriefario catastale', ai sensi 
deil'art. 8. legge 18 aprile 1962, n. 167, lungi dall'influire sulle� vatidit� 
ed efficacia dell'atto, vale solo ad impedfre -nei riguardi del pro


(1-4) Giurisprudenza costante: sulle prime tre massime, cfr. Sez. IV, 
11 giugno 1959, n. 264, Il Consiglio di Stato, 1969, I, 804; sulla quarta, cfr. 
Ad. plen. 2 luglio 1969, n. 22, ivi, 1969, I, 1081. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 647 

prietario avente titolo aUa notifica -il decoll'so del termine di decadenza 
(3). 

� iUegittimo il piano di zona per l'edilizia economica e popolare 
che risulti approvato quando il piano regolatore� generale del Comune, 
in cui quello � destinato a inserirsi, risulti sfornito di efficacia perch� 
non ancora approvato; al riguardo, a nulla rileva la circostanza che 
sia ancora in vigore il piano di ricostruzione allorch� (a prescindere 
da ogni questione ci'l'ca la possibiLit� di a..'!similare tale piano ai piani 
regolatori generali e ai programmi di jabbricazione quali supposti dal 
piano di zona) esso abbia un ambito territ!Miale diverso da quello del 
pian<J di zona, che non risulta del resto uniforme al piano di ricostruzione 
(4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV (Ordinanza), 10 marzo 1972, n. 174 -
Pres. Meregazzi -Est. Calabr� -Mazzitelli ed altro (avv.ti Guarino 
e Lubrano) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Mataloni). 

Edilizia -Demolizione e sospensione lavori -Sospensione -Potere 
del Ministro LL.PP. ex art. 7, quarto comma 1. n. 765 del 1967 Connessione 
col procedimento di annullamento della licenza edilizia 
-Conse~uenza. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Annullamento d'ufficio -Annullamento 
ex art. 7, 1. n. 765 del 1967 -Termine di 18 mesi -Decorrenza 
-Accertamento delle violazioni -Nozione -Contrasto di 
~iurisprudenza -Deferimento all'Adunanza Plenaria. 

L'ordine. di sospensione dei lavori edilizi irregolari, che il Ministro 
dei lavori pubbiici pu� emette1�e ai sensi deWart. 7 quarto 
comma legge 6 agosto 1967, n. 765, essendo� strettamente connesso al 
procedimento di annullamento d'ufficio della licenza di costruzione, 
non pu� essere emesso quando sia scaduto il termine di 18 mesi entro 
il quale pu� essere emanato il provvedimento di annullamento (1). 

Al fine di determinare il die a quo del termine di 18 mesi entro 
il quale pu� e�ssere disposto l'annullamento d'ufficio delle1 licenze di 
costruzione iLlegittimamente rilasciate, ai sensi dell'art. 7 terzo comma 
legge 6 agosto 1967, n. 765, sussiste contrasto' in giurisprudenza sul 
significato da attribuire all'espressione � accertamento deUe violazioni 
., in base al quale � segnato il suddetto momento; pertanto, la 
soluzione della questione va deferita all'Adunanza plenaria del Consiglio 
di Stato (2). 

(1-2) Cfr. Sez. V, 17 marzo 1970, n. 273. 



648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 marzo 1972, n. 178 -Pres. Potenza 
-Est. Vaiano -Pio istituto dell'Addolorata (avv.ti Ricciulli 
e Pallottino) c. Ministeri Sanit�, Interni e Medico provinciale di 
Roma (avv. Stato Vitucd), Boni Brinaldo (n.c.), con intervento 
di Perez ed altri (avv. Carbone). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -In tema di Ente 
ospedaliero -Classificazione dell'Ospedale -Dipendenti dell'Ospedale 
-Hanno intere~se -Intervento in giudizio -Ammissibilit�. 

Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza -Ente Ospedali,_.ero Classificazione 
-Mancanza di servizi ed attrezzature -Non impediscono 
l'emanazione del provvedimento di classifica. 

Il personale di un Istituto ospedaliero � legivtimato ad opporsi 
alla domanda di caducazione del provvedimento di classificazione dell'Istituto 
stesso da parte del Medico provinciale, avendo interesse ad. 
ottenere una migliore posizione giuridica ed economica per effetto 
della disposta classificazione; pertanto, in sede di ricorso giurisdizionale 
propostio dall'Istituto contro il decre,to di classificazion.e � ammissibile 
l'in.tervento ad opponendum dei dipenden.ti dell'Ente 
stesso (1). 

La mancanza di idon.ei servizi ed attrezzature in un Ente� ospedaliero 
non pu� con�dizion.are la riforma sanitaria, esse.ndo scopo di 
quest'ultima proprio quello di realizzare la miglioll"e efficenza de�l servizio 
sanitario riconosciuto pubblico in senso oggettivo; pertanto, i 
requisiti tecnici indicatii nell'art. 19 le�gge 12 fe�bbraio 1968, n. 132, 
se � vero che, quando sussistono, costituiscono un criterio da seguirsi 
nella classificazione di un Ente ospedaliero, non. la impediscon.o peraltro 
quando non. esistono, dovendo in tal caso provveder�si a realizzare 
i servizi tecnici riconosciuti indispensabili (2). 

(1-2) Massime esatte. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 marzo 1972, n. 181 -Pres. Granito 
-Est. Bruno -INAM (avv.ti Di Pasquale, Carapellucci e Renzullo) 
c. Ministero sanit� (avv. Stato Peronaci), Istituti riuniti 
di benefkenza di Umbertide (n.c.). 

'Istituzione pubblica di assistenza e beneficienza -Enti ospedalieri Classificazione 
-Provvedimento relativo -Effetto costitutivo Rilevanza 
sulle posizioni giuridiche di terzi -Sussiste -Fattispecie. 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 649 

Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza -In tema di Enti 

ospedalieri -Classificazione -Enti mutualistici convenzionati con 

l'Ospedale -Hanno interesse. 

n provvedimento di classificazione de�gli ospedali ha effetto costitutivo, 
e no11t gi� semplicemente dichiarativo, in quanto iL Me�dico provinciale 
procede all'accertamento delle condizioni degU ospedali ed 
alla classificazione dei medesimi tenendo conto dei requisiti alL'uopo 
stabiliti dalla legge; pertanto, poich� tale classificazione� in una delle 
previste categorie, lungi dall'esplicare i suoi effetti esclusivamente 
all'interno dell'organizzazione amministrativa, pu� prod.urre effetti con 
immediatezza anche nei confronti dei terzi, essa � idonea, in taluni 
casi, ad incidere direttamente nella posizione� di soggetti e�stranei, i 
quali si trovino con gli Enti ospedalieri in particolari quaiificati rapporti 
(nella specie, l'INAM, legato all'Ente ospedaliero da un particolare 
qualifica.to rapporto convenzionale) (1). 

Nell'ipotesi di un Ente mutualistico convenzfonato co-n un Ente 
ospedaliero, l'attribuzione di una pi� elevata classificazio11,e� all'ospedale 
importava di regola, sino all'entrata in vigore della le�gge� 25 marzo 
1971, n. 213, non soltanto l'aumento de:lle rette di degenza, ma 
anche l'aumento dei compensi spettanti ai sanitari ospedalieri, ai sensi 
dell'art. 82 r.d. 30 settembre 1938, n. 1631; pertanto, non pu� negarsi 
agli Enti mutualistici, nella suindicata situazione, un interesse, ossia 
una posfaione legittimamente che si radica sui rapporti patrimo-niali 
intercorrenti con gli ospedali, per la cui tutela, anco!J'ch� occasionale, 
essi sono abilitati ail'impugnativa di classificazione ritenuta illegittima 
(2). 

(1-2) Cfr. Sez. V, 3 aprile 1964, n. 419, IZ Consiglio di Stato, 1964, I, 699. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 243 (Ordinanza) -
Pres. Meregazzi -Est. !annotta -Ditta Serpone (avv. Petrelli) c. 
Comune di S. Luca (n.c.). 

Cosa giudicata -Esecuzione -Ricorso ex art. 27 n. 4 -Sentenza A.G.O. 
di condanna al pagamento di somma di denaro -Ammissi~ilit� 
del giudizio di ottemperanza -Deferimento della questione ali'Adunanza 
Plenaria. 

� dubbio se il ricorso pe!J' esecuzione del giud.icato sia ammissibiie 
per l'ottemperanza a sentenze dell'Autorit� giudiziaria O'l'dinaria di 
condanna della p.a. al pagamento di somme di danaro; la que�stione 
pu� dar luogo a contrasti giurisprudenziali, e, pertanto, viene d.eferita 
all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi deU'art. 45 t.u. 
26 giugno 1924, n. 1054. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 aprile 1972, n. 250 -Pres. Potenza 
-Est. Napolitano -Club alpino italiano (avv. Menoni) c. 
Presidenza Consiglio dei ministri, Ministeri tesoro e turismo e 
spettacolo (avv. Stato Del Greco). 

Enti pubblici -Ente pubblico e privato -Controllo Corte dei Conti Assoggettamento 
-Valutazione della particolare tenuit� del contributo 
statale -Criterio relativo -Assoggettamento del Club 
alpino italiano -Illegittimit�. 

Ai sensi detl'art. 3 legge 21 marzo 1958, n. 259, ai fini dell'eiscLusione 
del controllo della Corte dei Conti di un Ente a cui lo Stato contribuisce 
in via ordinaria, la valutazione della particolare tenuit� 
della contribuzione dello Stato va fatta in .relazione alla natura del-
l'Ente e alla sua consistenza patrimoniale e finanziaria; pertanto, � 
illegittimo iL provvedimento che sottopone al controllo della Corte dei 
Conti il cLub alpino italiano (che ha personalit� giuridica pubblica e 
gode di un contributo annuo a carico dello Stato di ottanta milioni, 
ai sensi della legge 26 gennaio 1963, n. 91), data la particolare tenuit� 
del detto contributo in relazione al fatto che l'Ente in parola opera 
attraverso la Sede centrale e le varie Sezioni, ha un patrimonio costit'l!-
ito da 443 rifugi del valore di circa quattro miliardi e mezzo, da 
notevole attre�zzatura per i soccorsi alpini e da altri beni, e si avvale 
dell'apporto finanziario dei soci (ammontante a cfrca 180 milioni l'anno), 
nonch� in molti casi dell'opera da questi svolta gratuitamente. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 312 -Pres. Meregazzi 
-Est. Felici -Meschieri (avv.ti D'Angelantonio, Tranquilli, 
Leali e Galateria) c. Ministero dei lavori pubblici e Commissione 
centrale di vilanza edilizia popolare ed economica (avv. Stato 
Terranova), Coop. edilizia � La Casa � di Bari (n.c.) e Bianchi 
(avv. Delav.igne). 

Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Attivit� 
di decisione e di intervento d'ufficio -Attivit� di decisione -Irrituale 
formazione del contraddittorio -Illegittimit�. 

Edilizia popolare ed econ�mica -Commissione di vigilanza -Attivit� 
di decisione e di intervento d'ufficio -Attivit� di decisione Contraddittorio 
-Instaurato solo con la Cooperativa e non con i 
soci interessati -Irritualit�. 

-Nel caso in cui nella decisione di una vertenza da '[)arte della 
Commissione centrale di vigilanza per l'edilizia popolare ed economka 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 651 

la causa petendi ed i7, petitum ripetano 'la loro origine dal reclamo 
(i cui motivi abbiano influenzato in maniera assorbente� la soluzione 
finale data alla contestazione), e la predetta Commissione abbia inoltre 
formato ed esternato il proprio convincimento nei modi relativi alle 
pronunce suUe� �istanze del privato stabHendo univocamente un nesso 
tra l'apprezzamento della fatt.ispecie e la posizione giuridica in base 
alla quale il socio interessato ha agito, il giudizio costituisce manifestazione 
del potere di decisione del redamo, e non esercizio delle attribuzioni 
di ufficio� spettanti all'organo di cui trattasi per 'la regolare 
esplicazione delle attivit� delle Cooperative e.dilizie; pertanto, in tale 
ipotesi, deve ritenersi itlegittima la decisione della predetta CommisS
�ione, �ove, per 'la irrituale forniazione del contraddittorio, non risulti 
valutata l'esigenza delle controparti nei confronti del reclamo amministrativo 
per 'la tutela delle varie posizioni giuridiche inerenti all'oggetto
� della co111,troversia (1). 

Le ragio111,i che, in sede giurisdizionale, inducono ad attribuire natura 
personale azia difesa deUe parti si riscontrano, seppure in minor 
misura, anche sul piano delle procedure contenziose amministrative, di 
fronte alle quali l'esigenza di tutela delle varie posiizioni soggettive � 
attenuata ma non contraddetta dalle norme vigenti; pertanto, alla 
Cooperativa edilizia non pu� essere riconosciuto un titolo esclUsivo a 
resistere contro i redami proposti dinanz.i alla Commissi0111,e centrale 
di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica per pretese inerenti 
all'assegnazione e al godimento degli allo1ggi sociaii, dovendosi escludere 
che la medesima Cooperativa possa assorbire nelle proprie difese 
ed esaurire ogni eventuale argomentazione dei soggetti inter�essati alla 
conservazione dell'appartamento, imponendo agli stessi un unilaterale 
ed arbitrario apprezzamento del caso concreto (2). 

(1-2) Cf�:-. Sez. VI, 30 marzo 1960, n. 166, Il Consiglio di Stato, 1960, 
I, 522. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 316 -Pre�s. (ff.) 
Melito -Est. Quaranta -Tarantini (avv.ti Del Prete e Viola) c. 
Medico provinciale di Bari (avv. Stato Vitucci) e Tarantini M. 
(avv. Cervati). 

Atto amministrativo -Azione amministrativa -Norme relative -Ius 
superveniens -Applicabilit� -Presupposto e limite. 

Farmacia -Concorso -Esaurimento del concorso -Avviene con la conclusione 
dell'attivit� della Commissione -Successive fasi -Irrilevanza 
sulla posizione dei concorrenti utilmente collocati in graduatoria. 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Farmacia -Concorso -Esaurimento del concorso -Formazione della 
~raduatoria -Sopravvenienza della 1. n. 475 del 1968 -Irrilevanza 
-Approvazione del concorso intervenuto solo successivamente 
-Irrilevanza. 

L'esigenza dell'immediata applicazione delle norme di diritto pubblico 
dettate per disciplinare l'azione amministrativa incontra un limite 
nel principio secondo �cui la nuova legge non deve incidere su 
situazioni giuridiche ormai compiute (1). 

Nel caso in cui ta procedura di un concorso si divide in varie fasi, 
tra loro coordinate, ma dotate pur sempre d.i una certa autonomia, per 
il principio delta irretroattivit� e per L'esigenza dell'ecoinomia del


. L'azione amministrat�iva, la nuova legge� pu� trovare applicazione soltanto 
alle fasi procedimentali non anco<ra esaurite; pe.rtanto, una volta 
conclusa l'attivit� della Commissione giudicatrice di un concorso� per 
assegnazione di sedi farmaceutiche con ta formazione deUa graduatoria, 
le successive fasi dell'approvazione di detta graduatoria da parte 
del Medico provinciale e di, emanazione., da parte della ste'S'sa Auto-; 
rit�, del provvedimento di autorizzazione all'apertura e all'esercizio 
delta farmacia costituiscono rispettivamente attivit� di controllo delta 
legittimit� della graduatoria gi� fo1�mata (che, per sua natura, una 
volta intervenuto, retroa.gisce alla data di adozione delL'atto controllato) 
ed attivit� meramente conseguenziali rispetto alla graduatoria 
stessa, con la conseguenza che la posizione giuridica del concorrente 
utilmente collocato nella graduatoria, nei limiti in cui e�ssa � venuta 
legittimamente in essere s.ulla base della normativa vigente all'atto 
deHa sua formazione, non pu� pi� essere vulnerata dalla nuova normativa 
che sia venuta a modificare H regime delle fasi procedimentali 
ormai esaurite (2). 
L'atto di approvazione, da parte del Medico provinciale, della graduatoria 
formata dalla Commissione giudicat1�ice di un conco'l"so per 
assegnazione di sede farmaceutiche deve essere necessariamente adottato 
con riferimento alla normativa vigente al momento in cui ta graduatoria 
� stata formata; pertanto, una volta che tale fase si sia conclusa 
anteriormente all'entrata in vigore della legge 2 aprile 1968, 

n. 475 e che in sede di formazione della graduatoria sia stata riconosciuta 
al concorrente figlio del farmacista titolare della farmacia posta 
a co11icorso la precedenza assoluta prevista dall'art. 107 t.u. 27 luglio 
1934, n. 1265, tale posizione giuridica validamente acquisita non pu�essere 
vulnerata per effetto deila nuova normativa, a nulla rilevando 
che l'atto di approvazione della, graduatoria sia successivo all'entrata 
in vigore di quest'ultima (3). 
(1-3) Cfr. Sez. IV, 14 novembre 1970, n. 826, Il Consiglio di Stato, 1970, 
I, 1899; contra, Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 543, ivi, 1971, I, 942. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 653 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 14 marzo 1972, n. 168 -Pres. Breglia 
-Est. Chieppa -Rivaroli ed altri (avv.ti Ricci e Roncaglia) c. 
Comune di Modena (n.c.) e Rabino (avv.ti G. M. e S. Dallari). 

Atto amministrativo -Convalida -Atto annullato in sede giurisdizionale 
-Impossibilit� di convalida. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Licenza in sanatoria -Deve essere 
conforme alle norme vigenti alla data del rilascio. ' 

Edilizia -Licenza di costruzione -Criteri e principi generali -Norme 
applicabili -Sono quelle vigenti alla data del provvedimento Eccezioni. 


Non � ammessa la convalida, con effe'tti ex tunc, di un atto am


ministrativo definitivamente annuUato in sede giurisdizionale (1). 

Al fine di rilasciare una licenza edilizia in sanatoria il Sindaco 

deve fare riferimento alle norme edilizie ed urbanistiche vigenti al~ 

data in cui emette il relativo provvedimento (2). 

Il principio secondo il quale il provvedime.nto adottato, sulla do


manda di licenza edilizia deve fare applicazione deile� norme edilizie 

ed urbanistiche vigenti alla data in cui viene emesso pu� trovare una 

deroga solo. in presenza di un particolare obbligo, come nell'ipotesi 

di formazione del giudicato sull'obbligo di provvedere sulla domanda 

di licenza a seguito di silenzio-rifiufo, ovvero a seguito �i ottempe


ranza ex art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 (3). 

(1-3) Decisione di particolare interesse in tema di convalida e di riproduzione 
di un atto amministrativo, annullato in s.g. Escluso che sia ammissibile 
la convalida, ex tunc, di un atto annullato in s.g. (come ad es. se manca 
un parere obbligatorio, Sez. V, 7 maggio 1960, n. 319, Il Consiglio di Stato, 
1960, I, 907), la p.a. pu� solo riprendere il procedimento dal punto in cui 
si � verificato il vizio accertato in s.g., ma con effetti ex nunc, rispettando 
�le norme vigenti alla data del nuovo provvedimento, salvo che si sia in 
presenza dell'obbligo derivante da giudicato (Sez. V, 19 novembre 1971, 

n. 1085, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 2194). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 14 aprile 1972, n. 242 -Pres. Di Pace 
-Est. Niutta -Soc. Italpasta (avv. �Gamma) c. Ministero finanze 
(avv. Stato Mataloni). 

Imposte e tasse in genere -Domicilio fiscale -Trasferimento -D'autorit� 
ex art. 10 t. u. n. 645 del 1958 -Legittimit�. 

� legittimo il provvedimento col quale, ai sen.si dell'art. 10 t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645, l'Amministrazione finanziaria, in deroga al 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

654 

precedente art. 9, trasferisce il domicilio fiscale di un contribuente 
nel Comune in cui ii soggetto svolge in modo continuativo la propria 
attivit�, ove il provvedimento sia deterrninato dall'intento di attribuire 
la competenza in mate.ria alL'Ufficio delle imposte che, per la sua prossimit� 
all'azienda, consente un miglior eser.cizio dei poteri tributari, 
nell'interesse dell'Amministrazione e dello stesso contribuente; ai fini 
della legittimit� di tale provvedimento, a nulla rileva l'intervento� nella 
procedura di un C01nune nel quale viene trasferito il domicilio, intervento 
che si configura come semplice segnalazione rigua.r:data nel 
quadro di un normale rapporto di coUaborazione tra Pubbliche amministrazioni. 


(Omissis). -Col provvedimento impugnato, l'Intendenza di Finanza 
di Torino ha disposto il trasferimento del domicilio fiscale �della 
societ� Italpasta da Torino a La Loggia, con conseguente attribuzione 
all'ufficio imposte dirette di Moncalieri della competenza ad eseguire 
l'accertamento dei redditi nei confronti della predetta societ�. 

Tale provvedimento � pienamente conforme al disposto dell'articolo 
10 t.u. 29 gennaio 1958, n. 64!5, che prevede la fa.colt� dell'Amministrazione 
finanziaria di stabilire, in deroga alle disposizioni del 
precedente art. 9, il domicilio fiscale nel Comune ove il soggetto svo�lge 
in modo continuativo la principale attivit� ovvero, per le societ�, anche 
nel Comune ove � stabilita la sede amministrativa. 

Nella specie, dagli accertamenti esperiti dalla Guardia di finanza 
e fatti propri dall'Ispettorato compartimentale delle imposte dirette, � 
l'.isultato che la societ� ricorrente, pur avendo la sede legale in Torino, 
ha la sede amministrativa nel comune di La Loggia, ove prestano la 
propria attivit� l'amministratore delegato e gli impiegati; nello stesso 
Comune, inoltre,. � ubicato lo stabilimento per la produzione della 
pasta alimentare di pertinenza della societ�. 

In relazione a tali circostanze, sono del tutto infondati i primi 
due motivi del ricorso, con i quali si lamenta la mancanza di adeguata 
istruttoria e l'insussistenza dei presupposti su cui il provvedimento � 
fondato. 

Risulta, invero, che il provvedimento fu preceduto da opportune, 

approfondite indagini, a mezzo degli organi suindicati, che condussero 

all'accertamento della sussistenza, nella specie, delle condizioni cui 

l'art. 10 t.u. n. 645 del 1958 subordina il trasferimento del domicilio 

fiscale. 

Infondata � altres� la censura di difetto di motivazione, in quanto 

nel provvedimento de quo sono sufficientemente indicate le ragioni in 

base alle quali l'Amministrazione si era determinata ad esercitare il 

potere discrezionale conferitole dalla citata norma, mentre, per quanto 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 655 

concerne l'intervento del Comune di La Loggia nella procedura, si 
tratt� -come ha� esattamente osservato la difesa dell'Amministrazione 
-di una semplice segnalazione, che va. riguardata nel quadro 
di un normale rapporto di collaborazione tra Pubbliche amministrazione 
e che non � certo tale a determinare l'illegittimit� del provvedimento 
che risponde pienamente -come si � dimostrato -a tutte 
�e prescrizioni di sostanza e di forma imposte dalla legge. 

Quanto, infine, all'opportunit� del provvedimento in questione 
-a parte il riliev~ che la relativa censura sembra impingere nel 
campo del merito e sarebbe pertanto inammissibile nella presente 
sede -pu� comunque osservarsi che l'attribuzione della competenza 
in materia all'ufficio delle imposte di .Moncalieri consente, per la sua 
prossimit� all'azienda, un migliore esercizio dei poteri tributari, nell'interesse 
dell'amministrazione e dello stesso contribuente. 

(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 216 aprile 1972, n. 306 -P1�es. (ff.) Cesareo 
-Est. Pranzetti -Fina Italiana Soc. per az. (avv.ti Bonomo 
e Galli) c. Pre.fetto di Bergamo (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Autorizzazione amministrativa -Distributore di carburante -Poteri 
del Prefetto -Elementi valutabili -Diniego -Motivazione -Necessit� 
-Criterio. 

Anche in regime di -autorizzazione per l'impianto di distributori di 
carburante, ii Prefetto ha ii potere di valutare non solo le esigenze 
inerenti al traffico ed alla sicurezza della circolazione, ma anche le 
ragioni di ordine economico, con particolare riguardo al pregiudizio che 
l'apertura di nuovi impianti pu� arrecare alla generalit� degli utenti; 
l'apprezzamento all'uopo effettuato, ove conduca 'ad un provvedimento 
di diniego della licenza, deve fondersi sulia specifica indicazione di concreti 
elementi di fatto in ordine al numero dei punti di vendita esistenti 
ed alla loro ubicazione in confronto con l'intensit� del traffico locale e 
di transito, sicch� non possono ritenersi sufficienti le motivazioni che 
si risolvano in affermazioni generiche ed apqdittiche sull'adeguatezza 
degli impianti in atto e sull'eccesso di concorrenza che conseguirebbe 
al �rilascio di nuove autorizzazioni (1). 

(1) Giurisprudenza costante: Sez. V, 7 marzo 1972, n. 159, Il Consiglio 
di Stato, 1972, I, 384. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

656 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 26 aprile 1972, n. 341 -Pres. Lugo Est. 
De Ltse -Impresa costruzioni Benna,to (avv.ti Rizz1atrdi e Rosati) 
c. Ospedale civfile d:i Isola del1a Scala (avv.ti Zenari e Celvolotto) 
e Societ� Edilveneta (avv.ti Fanfani, Donella e Ughi). 

Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza 
di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Legittimit�. 


Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza 
di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Potere 
dell'Amministrazione di valutare l'essenzialit� della prescrizione 
-Insussistenza. 

Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza 
di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Preventiva 
apertura di tutte le buste -Irrilevanza. 

Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza 
di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Intervento 
nel provvedimento di esclusione del rappresentante 
dell'Amministrazione dei lavori pubblici. -Legittimit�. 

� legittimo il provvedimento di esclusione deUa licitazione privata 
di un concorrente per inosservanza di una prescrizione contenuta nell'invito, 
espressamente prevista a pena di esclusione (1). 

Nel caso in cui l'invito aUa licitazione privata prevede espressamente, 
per L'inosservanza di taluna delle prescrizioni contenute nell'invito 
stesso, L'esclusione daHa gara, L'Amministrazione non ha alcun 
potere di valutare L'essenzialit� o meno della prescrizione e non ha, 
conseguentemente, il potere di non attenersi aUa prescrizione stessa 
e di ammettere aUa gara iL concorrente che non L'abbia osservata (2). 

NeL caso in cui L'invito aHa licitazione privata prevede espressamente, 
per L'inosservanza di talune deLle prescrizioni contenute nell'invito 
stesso, La esclusione dalla gara, la circostanza che L'ufficiale di 
gara abbia proceduto preventivamente aH'apertura di tutte Le buste non 
costituisce causa preclusiva deUa declaratoria di esclusione del concorrente 
che non abbia osservato la predetta prescrizione (3). 

(1-4) Cfr. Sez. V, 9 giugno 1967, n. 608, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 
1237. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 657 

Nel caso in cui l'invito alla licitazione privata prevede espressamente, 
per L'inosservanza di talune delle prescrizioni contenute nell'invito 
stesso, la esclusione dalla gara, la circostanza che nell'adozione del 
provvedimento di esdusione di un concorrente che non abbia osservato 
la predetta prescrizione sia intervenuto un rappresentante dell'Amministrazione 
dei lavori pubbLici non costituisce causa di illegittimit� del 
provvedim�nto di esclusione (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 marzo 197,2, n. 120 -Pres. Tozzi Est. 
SquUlante -RaffaeHo ed �altro (avv.ti Dallari, Vetrano, Pallottino, 
Sorrentino, Brocchi e Manfredonio) c. Ministero agricoltura 
e fo["este (avv. Stato Ricd), Ente Delta Padano (avv.ti Guiicdardi 
e Vfol!a), con intervento di Toffano ed altri (avv.ti Ivanoff 
e Basile). 

Atto amministrativo -Atto collegiale -Attivit� del Collegio -Convocazione 
ed ordine del giorno -Notificazione o spedizione per raccomandata 
-Norme eccezionali -Mancanza -Consegna per camminatore 
o per posta ordinaria -Legittimit� -Consiglio Superiore 
LL.PP. 

Atto amministrativo -Atto collegiale -Votazione -Tacita o implicita Nozione 
-Ammissibilit� -Limite. 

In te.ma di attivit� del Consiglio superiore dei lavori pubblici, 
non trovano� applicazione le speciali norme, espressamente dettate per 
taluni Collegi, .che dispongono che l'ordine del giorno deve essere portato 
a conoscenza dei componenti del Coliegio mediante un vero e proprio 
procedimento notificat01�io, da eseguirsi da soggetti qualificati o 
mediante l'invio per raccomandata; pertanto, � legittima la prassi seguita 
dal Consiglio superiore predetto, secondo la quale gli ordini del giorno 
vengono trasmessi ai singoli componenti .o mediante iL cosidetto � camminatore� 
(e cio� col normale mezzo di trasmissione di cui l'Amministrazione 
si avvale per recapitare atti e documenti ai propri funzionari 
ed ai componenti di CoUegi presso di essa costituiti), oppure mediante 
il servizio postale ordinario (1). 

Nei casi in cui per gli atti di un organo collegiale la relativa normativa 
specifica si appaga del voto della semplice maggioranza dei 
votanti e non esige un particolare sistema di votazione o un particolare 
ordine nella manifestazione del voto, � consentito quel procedi


(1-2) Cfr. Sez. IV, 23 ottobre 1968, n. 654, Il Consiglio di Stato, 1968, 
I, 1488; Sez. IV, 12 giugno 1962, n. 421, ivi, 1962, I, 1108. 



658 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento di votazione denominato votazione � tacita � o � implicita �, la 
quale consiste nel fatto che i membri del Collegio, invitati dal Presidente, 
dopo la proposta della Commissione relatrice o dei relatore e dopo 
la discussione preliminare, ad intervenire nel dibattito per esprimere 
il loro eventuale dissenso, si astengano daU'accedere a tale invito rimanendo 
silenti, cosicch� ii silenzio in tal caso ha il valore giuridico di 
assenso e la proposta si intende approvata all'unanimit�; peraltro, nel 
caso che anche uno solo dei membri del Collegio manifesti il proprio 
dissenso, tale principio non pu� pi� trovare applicazione e sulle opposte 
tesi deve procedersi a votazione formale (2). 

CONSIGLIO DI STATO, Se�z. VI, _18 aprile rnn, n. 149 (011dinanza) -
Pres. Di Piace -Est. Valitutti -Gial'dina (avv. Praga) c. E.N.P.A.S. 
(avv. Sfato Giorgio Azzariti). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Giurisdizione 
esclusiva -Pretese patrimoniali -Previo ricorso gerarchico Non 
occorre. 

Pensioni -Pensione e quiescenza -Indennit� buonuscita E.N.P.A.S. Vedova 
ed orfani senza diritto a pensione -Esclusione -Art. 5 

1. n. 1407 del 1956 -Questione di incostituzionalit� -Non � manifestamente 
infondata. 
I ricorsi giurisdizionali per la tutela di diritti patrimonia.li sono 
prO'ponibili anche indipendentemente dal previo....ricorso gerarchico, sempre 
che sussista il disconoscimento da parte dell'Amministrazione dei 
diritti ~i cui gli interessati assumono la lesione. 

Non � manifestamente infondata la questione di illegittimit� costituzionale 
delle norme contenute nell'art. 5, l. 27 novembre 1956, n. 1407 
-il quale prescrive che nel caso in cui il dipendente statale, iscritto 
all'E.N.P.A.S., muoia prima del collocamento a riposo, l'indennit� di 
buonuscita non pu� essere corrisposta n� al coniuge superstite non 
avente diritto a pensione indiretta, n� ai figli non inabili a proficuo 
lavoro -sotto il profilo del contrasto con l'art. 3 Cost. (dato che tali 
norme fanno agli eredi del defunto dipendente statale un trattamento 
deteriol/'e rispetto a quello previsto dall'art. 2122 cod. civ. per gli eredi 
dei lavoratori privati) e con l'art. 36, primo comma Cast., che fa oggetto 
di particolare protezione la retribuzione dei lavo1�atori, tanto se corrisposta 
nel corso del lavoiro quanto se differita a fini previdenziali alla 
cessazione di tale rapporto (2). 

(1-2) Cfr. Sez. V, 13 gennaio 1970, n. 4, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 
85; Sez. VI, 28 agosto 1971, n. 785, ivi, 1971, I, 1410. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI C�SSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1972, n. 11518 -Pres. Giannattasio 
-Est. Santosuossol. -P. M. Minetti (coni.) -Gaggiano 
(avv. Rossini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). 

Imposta di registro -Transazione -Legato)n f~vore di persona giu


ridica -Autorizzazione governativa -Rinuncia in corrispettivo 

di denaro -� atto di trasferimento. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 60; e.e. art. 17). 
L'auto<rizzazione governativa prevista daU'art. 17 e.e. costituisce una 
condizione di efficacia per l'acquisto del legato che si produce, senza 
bisogno di accettazione, al momento deU'apertura deUa successione; 
conseguentemente, se� la persona giuridica, con atto di transazione, dietro 
corrispettivo di una somma, rinunzia a chiedere l'autorizzazione 
governativa, compie un atto di disposizione del diritto gi� acquisito si 
che la transazione, agli effetti dell'art. 60 deUa legge di registro, va 
considerata come atto di trasferimento (1). 

(Omissis). -Con i primi due mezzi, H ricoirrente, premesso che la 
accettazione di un legato da parte di un corpo morale esige J.a previa 
autorizzazione gov�e,rnativa e che, fino al .perfezionamento di questi atti, 
l'ente ha una mera aspettativa, mentre iii bene oggetto del legato resta 
nel pat~imooi:o degli eredi, sostiene che, per conseguenza, erronea � la 
qualificazione di condizione sospensiva dell'acquisto, data dalla sentenza 
impugnata dell'autorizzazione, e parimenti erroneo � ritenere operativa 
di Uril trasforimento fa transazione intervenuta prima dell'autorizzazione. 

(1) Decisione esatta. Va sottolineata '1a distinzione tra i diversi effetti 
che la mancata �autorizzazione governativa produce rispetto al legato, il cui 
acquisto � automatico, e rispetto alla donazione o alla compravendita che 
presuppongono un valido consenso. Tuttavia anche per gli acquisti negoziali 
delle persone giuridiche 1si � precisato che l'autorizzazione governativa non 
pu� definirsi una condizione di efficacia di cui all'art. 81 della legge di re-� 
gi,stro (!clferi1ia aliLe approviazioni. ed omologazioni JiJn Set!JJSO teCIIlltoo), ma � 
invece da considerare come un elemento costitutivo del negozio la cui mancanza 
d� luogo ad una inv�alidit� che, comunque la si voglia definire, non 
impedisce che il negozio produca effetti (e sia quindi soggetto a registrazione) 
fino a quando l'invalidit� non venga dichiarata. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

660 

Trattandosi, quindi, di una transazione non innovativa della situazione 
esistente in un momento anteriore alla concessione dell'autorizzazione 
dell'acquisto del legato, sulla stessa � dovuta soltanto la tassa fissa, 
prevtsta dalla prima parte deU'art. 60 del1a Jegge orgar:dca di regisU-o. 

Con il terzo mezzo si denunziano i vizi della. motivazione della 
sentenza impugn~ta sul punto decisivo della rinunzia dell'ente morale 
ad ogni diritto ,sull'eredit� del Gaggi:ano; indagine che avrebbe uJteriormernte 
dimost11ato la mancanza di accettazione del legato e la mancanza 
di effetti traslativi della transazione. 

Mentre � evidente ,l'intel'dipendenza de1le censure esposte nei primi 
due motivi, ri1sulta l'oprportunirt� di esaminare congiuntamente anche il 
terzo mezzo, in quanto esso, sia pure sortto il profilo dei difetti di motivazione, 
r:ip:ropone la decisivit� dei punti relativi al modo di acquLsto 
del legato ed ,aJJa natuTa della transazione. 

Per quanto le que,stioni sottoposte col p:resente ricorso all'esame 
di questa Corte si prestino, con suggestive argomentazioni, ad opposte 
soluzioni, il loro approfondito vaglio conduce il Supremo Collegio alla 
conclusione che la fosi del rLcorrente sia priva di fondamento. 

Occorre muoversi dall'aspetto tributaTio dei problemi sollevati. 
L'art. 60 delLa legge organi.ca di regista-o stabiUsce che siano gravate di 
tassa fissa ,1e �tran,sazioni � semplici o Umitate alla rinunzia o condonazione 
delle reciproche pretese �, mentre sottopone alla normale tassa 

� secondo la natura dei contratti � quelle transazioni che � contengono 
una novazione qualunque al.le ragioni e ai diritti dspettivamente competenti 
alle parti in forzia di titoli anteriori, oppure contengano trasferimento 
deUa propriet�, dell'usufrutto, dell'uso o godimento di beni o 
di altro dir-:itto reale, costttuzioni di rendite, obbligazioni di somme 
o valori o altri contratti assogg�etfati a tassa�. 
Il criterio, quindi, per stabilire se la transazione abbia natura dichi
�arativa o novativa, non si desume dal.l.a qualit� litigiosa o meno dei 
beni che fol1illano oggetto delle disposizioni transattive, ma dall'essersi 
l'accordo limitato alla �Composizione delJe reciproche pre,tese, oppure 
dall'aver raggiunto questa �omposizione mediante innovazione ai titoli 
originari o mediante il trasferimento di un didtto reale ovvero la previsione 
di obbltghi di �altre prestazioni. In altre parole, alla semplice 
rinuncia delle recipToche pretese, si contrappone un mutamento economico 
della 'sttuazione di fatto o di diritto delle parti tale da attribuire 
ad esise ragioni e diritti diver,si da quelli spe.t1lanti in baise a titoli precedenti 
e da determ:i:nare un nuovo movimento di valori e di ricchezza. 

Per accertare se la transazione in questione sia stata esattamente 
inquadTata dal1a Cor�te leccese nel secondo tirpo previ.sto da1la citata 
norma, oppure andava correttamente qualificata transazione meramente 
dichiarativa -come sostiene il ricorrente -� necessario esaminare 
se con detto accordo le parti abbi,ano mutato i diritti loro spettanti in 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

foi'za dei titoli originari o abbiano comunque posto in essere un negozio 
traslativo di un diritto reale o l'obbligo di corrispondere prestazioni 
nuove. Esame, questo, che involge delicate questioni relattve al modo 
di acqu1sto del legato disposto a :liavore di una persona giuridica, alla 
natura ed agli effetti dell'autorizzazione governativa in ordine a detto 
acquisto, non�h� alle conseguenze deUa rmunzia dell'ente benefkiario 
alfa richiesta di questa autorizzazione. 

Due punti fermi giovano all'orierntamento per la soluzione dei punti 
discutibili. Il primo principio � quello che si desume dall'art. 649 cod. 
civ., secondo cui il legato .si acquista � ipso iure., ,senza bisogno di 
accettazione, nel medesimo momento della delazione, in modo diretto, 
indipendentemente dalle vicende della 'trasmissione ereditaria. 

Il secondo, affermato da autorevoi.e dottrina e da numerose sentenze 
di questa Corte (n. 532 del 1966;� 3212 del 1959; 2845 del 195�8; 3599 
del 1955; 1427 del 1953; 2813 del 19'5,2; 22,81 dei 1951 ed altre), riguarda 
la natura dell'istituto dell'autorizzazione gove,rnativa prevista dall'articolo 
17 cod. 'Civ. concepita come � condido 1ur1s., richiesta non per 
l'esistenza e la validtt� dell'acquisto, ma solo per l'efficacia dell'a�cquisto 
stesso. 

La� parte discutibile pu� sintetizzarsi nel quesito se, prima dell'autorizzazione 
governativa, l.a persona giuridica abbia automaticamente 
acquistato un diritto al legato, e quale contenuto abbi:a questo diritto. 

� opportuno anzitutto ribadire, in ordine a tale questione, che 
l'autorizzazione non integra la capacit� giuridica dell'ente, n� incide 
sulla formazione del negozio per cui � richiesta, ma costituisce un atto 
a se �stante, che� viene ad aggiungersi all'accettazioine (nei casi in cui 
questa � necessaria) ed all'acquisto. Pu� anche affermarsi che accettazione,
ed acquisto 'l.'estano in stato di pendenza fino a che non interviene 
l'autorizzazione, che opera ex tunc, cio� alla data dell'atto cui essa si 
rifedsce. 

Queste piI'ime conclusioni trovano la loro dimostrazione nella ratio 
dell'istituto dell'autorizzazione e nell'espressione usata dal legislatore 
nell'art. 17 cod. civ. 

La finalit� di polirtfoa economica (che rimontano alla legge sarda 
del 5 giugno 18'50, n. 1037, ed hanno origine ancore pi� remota in altri 
Stati europei) di dduiI'l1e, cio�, i mezzi patr.}moniiali destinati ad attivit� 
non produttive, �cui si ,sono ,successivamente aggiunte ile finalit� di protezione 
di diritti di terzi (suscessibili e creditori) e di tutela degli enti 

(come espll'essamen�te risulta daH'art. 5 disp. aitt. c. c.), caratterizzano 
l'autorizzazione governativa, non quale elemento intrinseco della fattispecie 
negoziale, ma come dichiarazione di volont� degli organi goveiI'nativi, 
e�strinseca a:Lla capacit� ed alla volont� delJ.'ente, atteggiantesd. a 
condizione di legalit� da cui dipende l'effi�cac1i:a del negoz.io, gi� in s� 
perfetto. 


662 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'ar,t. 17 c. c., mentre nel testo definiitivo del libro I (approvato 
con r.d. 12 dicembre 19318, n. 1852), ripeteindo l'e1spressiooe usata nell'art. 
10 della legge n. 848 del 1929 per gU acquisti degli enti ecclesiasUci, 
disponeva che � ,senza autorizzazione... l'acquisto e l'accettazione 
sono nuHi �, fu modificato nel testo uni:fkaito nel 1senso che e senza autorizzazione, 
J'acqui!sto e l'accettazione non hanno effetto., precisandosi 
quale fosse la vera m:igi!Ilaria concezione dell'isitiLtuto, negli stessi termini 
~sati dalla rprrima citata legge in materia (n. 10317 del 1850). 

La natura dell'autorizzazione cmne me1ro requisito di efficada implica 
evidentemente 1che, prima dell'autorizzazione, il legato esiste ed � 
valido. Diversamoote deve affermarsi dguardo aLla donazione, in quan~ 
questo contratto non pu� divsi concluso (e quindi non ancora esistente 
e vaUdo) fino a che non intervenga un'accettazione efficace. Onde le 
affermazioni in ,tal senso, contenute nelle sentenze di questa Corte 
nn. 65 del 1956, 218'11 del 1961 e n. 195'4 del 1966, non si pongono in 
antitesi con la giurisprudenza prima citata riguaxdo alla natura del-
l'autorizzazione. 

A questo punto si potrebbe dar credito a quella tesi che, facendo 
leva sul verbo � conseguire � riferita daJ. legislatore (ad. 17) soltanto 
al legato, ravvisa nelle pe:risone giuridiche la p!i.ena capacit� di acquistare 
H legato, mentre solo l'esercizio della capacit� sarebbe subordinato 
alla rio:nozione di un limi1te posto dalla legge; oppure dar credito all'ana-
Ioga tesi secondo cui l'ente acquiste['ebbe automat1camente il diritto al 
legato, mentre subordinato all"autorizzazion1e ,sarebbe solo ['acqu!i.sto 
del legato, cio� '11 potere (� retinendi �) di entrare neIJ'effettivo godimento 
dei beni oggetto del legato. 

Ma non sembra indispensabile prendere posizione in proposito, ai 
fini del decidere la presente controversia, essendo sufficiente ritenere con 
certezza che un diriitto, e noo una mera aspettativa, � ci� che automaticamente 
acquista la persona giuddica beneficiaria di un legato al 
momento della ,apertwa di 'Successione, indipendentemente dalla autorizzazione 
governativa. 

Questa ,coill!clusione, mentr,e � confortata daJ.l'indirizzo della prevalente 
dottrina e giw1sprudenza sull'ammissibilit� di una. autorizzazione 
successiva all'acquisto, non risulta demolita dalla osservazione, 
che, una volta ,privato definitivamente di qualsiasi effetto l'acquiisto del 
legato per diniego o :rinunzia dell'autorizzazione, vien meno 11 contenuto 
stesso del J.egaito e qualsiasi diritto dell'ente benefidario. 

Nell'ecooomia di questa pronuncia basta affermare che, se l'impedimento 
definitivo al verificar1si de11'indica1to requisito di efficacia sia 
stato determinato dalla volont� della per;sona giuridi!ca con la rinunzia 
a �chiedere l'autodzzazione govcernativa, fa,le situazione si risolve sostanzialmente 
nena volontaria dtsposizione di que1l diritto acqmstato automaticamente, 
al momento della delazione ereditaria. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 663 

Ne consegue che la transazione, con la quale l'ente beneficiario 
abbia rinnn~ato all'autorizzazione, che avrebbe reso efficace l'acqmsto 
del legato, dietro corrispettivo di una somma di denaro da pru-te degli 
eredi, implicando 1a disposizione di un diritto della per,sona giuridica 
e stabilendo l'obbl:igo ad una contropreistazione, contiene una novazione 
alle ragioni spettanti alle pal'ti in forza dei titoli anteriori, e pootanto 
va fiscalmente �trattata, ai sensi de1la seconda parte dell'art. 60 CLegge di 
registro, in conformit� della natura del negozio in essa contenuto. 


(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 maggio 1972, n. 13�57 -Pres. Rossano 
-Est. Lo Cigno -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Avella) c. Buttafuoco. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Solidariet� -Notifica 
dell'accertamento di valore -Pluralit� di coobligati -Notifica 
ad uno soltanto -Nullit� dell'intero accertamento. 

(d.I. 7 agos;to 1936, n. 1639, art. 20 e 21; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). 
L'accertamento di valore deve essere notificato a tutti i condepitori 
solidali stante l'unicit� del debito di imposta; la notifica eseguita ad 
uno soltanto dei contribuenti rende nuHo l'accertamento anche rispetto 
al contribuente nei confronti del quale la notifica � avvenuta (1). 

II 
--, 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1944 -Pres. Ros1saino 
-Est. Elia -P. M. Mililotti (coinf.) -Ludovici (avv. Riitano) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Solidariet� -Notifica 
dell'accertamento di valore -Pluralit� di coobligati -Notifica ad 
uno soltanto -Validit� nei confronti del soggetto notificato -Irrilevanza 
verso gli altri. 

(d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 20 e 21; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). 
Ove l'avviso di accertamento di valore sia stato notificato ad uno 
soltanto fra pi� coobbligati, esso produce i suoi normali effetti nei con


(1-3) Sui nuovi problemi della solidariet� tributaria. 

Le difficoilt� che il nuorvo oooso deiliLa sollid:rurieit� tributaria aw,ebbe 
creato sono istate pi� volte segnalate in questa Rassegna (1970, I, 81 e 849, II, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

664 

fronti deita parte a cui � stato notificato, mentre non pregiudica affatto 
il diritto degli altri che di conseguenza non hanno interesse a contestare 
n� la validit� nei loro confronti dell'accertamento, n� la regolarit� del 
procedimento contenzioso svoltosi senza la loro partecipazione, non sussistendo 
una situazione di litisconsorzio necessario (2). 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1805 -Pres. Rossano 
-�st. Scanzano -P. M. Mililotti (conf.) -Cecchini (avv. Micheli) 
e Comune di Perugia c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Masi). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Solidariet� -Imposta 
suppletiva di registro -Opposizione -Litisconsorzio necessario Non 
sussiste. 

(d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93; Cost., art. 53 e 97). 
Le controversie relative all'accertamento di un'imposta suppletiva 
di registro pretesa nei confronti di pi� soggetti non soggiacciono alla 
disciplina delle cause inscindibiti e pertanto non � necessario che al 
relativo giudizio partecipino tutti tali soggetti (3,). 

I 

(Omissis). -Con il secondo motivo si deduce vioiLazione e falsa 
a!Pplicazio!Ile dell'art. 66 del r.d. 30 dicemhre 1923, n. 3270, omessa o 
insufficiente motivazione su punto dedsivo, H tutto in relazione aJl'ar.tica�:
o 360 n. 3 e 5 c.p.c. Pienamente legittimo e regolare deve ritenersi, 

189) e nella Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 477; esse sono cresciute cammin 
facendo, come chiaramente testimonia il contrasto fra le decisioni sopra 
riportate. Anche dai pi� tenaci demolitori del tradizionale principio della 
speciale solidariet�: tributaria ormai si riconosce che � il nuovo corso della 
solidariet� tributaria si avvia ad essere assai pi� tormentato del precedente � 

(FANTozz1, Il nuovo corso della solidariet� tributaria, Giur. it., 1971, I, 1, 
1425). 

ln 1effotti J.o stato della giu.rii.sprudenza � estremamente cOIIlfuso e, sopmtutto, 
� mancata una ,app!I1ofondita eltabocazio!llle ,~iurisprudenziaJ.e che 
abbia tenitato di rimettere ord.1ine fu-a :Le ep~sodiche e firammeltl!tarie piroilll.llilz~
e intervenute nel.lil.'uil1timo btienmo. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 665 

secondo l'Amministrazione dcorrente, l'opevato dell'Ufficio del Registro 
perch� detto Ufficio con la notifi.,ca dell'avviso di acce�rtamento ad uno 
solo dei coeredi, �Si � avvalso della solid~iet� sostanziale, rivolgendo la 
propria pre�tesa per la determinazione di un mag.giore valore del bene 
denunziato ad uno solo dei coobbligati solidali, che deve rispondere 
per intero dell'imposta dovuta, in conseguenza dell'accertamento eseguito 
nei suoi confronti. 

Pertanto, aggiunge la ricorrente, dalla mancata notifica dell'avviso 
di accertamento agli altri due coeredi, non � derivata la nullit� deH'accertamento 
stesso per incompleto contraddittorio, ma soltanto la improcedibilit� 
dell'azione della finanza nei confronti degli altri due coeredi, 
restando valido l'accertamento e legittima la conseguente azione per il 
recupero dell'intero tributo complementare nei confron~i del coerede 
cui l'avviso � stato notificato. 

Il rko:riso � infondato. 

Invero l'argomento al quale ha fatto rko11so l'Amministrazione, 
quello della solidariet� sostanziale, non ri1solve il problema che � quello 
di stabilire se la notifica de,1 valore venale che l'Amminiistrazione reputa 
di attribuire �ai beni debba e'ssere effettuata non ad uno solo ma a tutti 

Sembra dunque opportuno riassumere lo stato dell'ultima giurisprudenza. 
Dopo che, nel corso del 1969, con alcune approfondite e assai responsabHi 
sentenze delle Sez. Unite, la solidariet� tributaria era stata ricondotta 
nell'ambito della solidariet� di diritto comune in base a ragioni, come � 
noto, indipendenti dalla gi� affermata illegittimit� costituzionale degli articoli 
20 e 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, intervennero alcune decisioni 
che, con notevole coerenza, sul presupposto della negazione della indivisibilit� 
dell'obbligazione tributaria, ritennero che la pretesa tributaria potesse 
essere validamente esercitata contro uno soltanto dei contribuenti (Cass. 
7 settembre 1970, n. 1249, in questa Rassegna, 1970, I, 8'69) escludendo 
che l,a notifica de1ll.'1acceirtamento o det1l!a decisdione ad U!I1 solo contribuenite 
p11egiudica1sse hl dir.iJtto all'irrnpuginazione deg'li aJ.tiii coobbifil�~ati 

(Cass. 17 aprile 1970, n. 1085, Riv. leg. fisc., 1970, 1908; Cass. 17 maggio 
1969, n. 1688, ivi, 1969, 1492); per le stesse ragioni tanto il giudicato quanto 
il concordato intervenuto nei confronti di un contribuente non furono ritenuti 
estensibili ai condebitori estranei (Cass. 21 :febbraio 1969, n. 582, ivi, 
1969, 13.52; C'ass. 9 :liebbraliio 1969, n. 311, Giur. it., 19<70, I, 1, 13.51). Tutto ci� 
implicava, come nelle obbligazioni solidali di diritto comu,ne, l'esclusione 
del litisconsorzio' necessario neI procedimento tributario (Cass. 4 giugno 
1969, n. 1970 Foro it., 1969, I, 1524). Solo in una pronunzia si adombrava il 
dubbio, pur senza farne oggetto di una specifica decisione, che l'accertamento 
dovesse essere necessariamente notificato a tutti i coobbligati (Cass. 18 
aprile 1970, n. 1125, in questa Rassegna, 1970, I, 848), ma era decisamente 
prevalente l'opinione che, una volta esclusa la indivisibilit� dell'obbligazione 
e la supersolidariet�, dovesse considerarsi normale l'eventualit� che 
sul medesimo rapporto caratterizzato da una pluralit� di obbligazioni rette 
da causa unica si formassero pi� giudicati diversi e difformi (Cass. 12 dicembre 
1970, n. 2655, in qrue1sita Rassegna, 1971, I, 169). 



666 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i contribuenti obbligati al pagamento dell'imposta, problema squisitamente 
processuale �che non pu� essere esaminato alla luce dei princ.ipi 
che regolano la soJ.Ldariet� in materia tributaria, solidariet� ricondotta 
nell'ambito delle norme di diritto chrhle concernenti le obbligazioni solidali 
(Cass., sez. I, 20 gennaio 1969, n. 135). 

Del pari non ha �rilievo l'ulteriore argomento, che la mancata notifi<
la dell'avvi:so ad altri condebitori comportexebbe soltanto la improcedibilit� 
dell'azione della Finanza nei loro �Confronti perch� tale argomento 
� a torto invocato nel caso di specie. Invero, la Corte costiituzionale, 
con la sentenza n. 48 del 16 maggio 1968, ha dichiarato l'illegittimi.
t� costituzionale degH articoli 20 e 21 del r.d. 7 agosto 193�6 limitatamente 
alla parte in cui, da1la contestazion�e deH'accextamento di maggiore 
imponibile nei confronti di lllD.o solo dei coobbligati decorrono i 
termini per l� impugnazione giurisdizti.onale anche nei confronti degli 
altri, e con la sentenza n. 139 del 28 dicembre 1968 ha dichiarato l'illegittimtt� 
�costituzionale deU'art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 32,70, anche 
in questo caso nena par>te in cui la notifi�cazione, ad uno dei coobbligati 
solidali, dell'accertamento del valore r�elativo �ai beni caduti in successione, 
fa decorrrere ii termini per Ira impugnazione giurisdizionale anche 
nei �confron<ti degli altri coobbJ.igati. 

A questo pu:iirrno orientamento � .segUJito un momento di paiusa; la S.C. 
� apparsa meno sicura e, sembrerebbe, preoccupata di muoversi nel campo 
minato;� in pi� di �n'occasione la questione della solidariet� nei suoi aspetti 
processuali � stata evitata con pronunzie che, con evidente forzatura della 
norma e in contrasto con consolidati precedenti, hanno negato in radice la 
solidariet� 0si pu� ricord.are che in due occasioni, per non affrontare il problema 
.del llitisoonsorzio, � 1stato affeirmato che il.a solidariiet� per hl. pagamento 
dell'imposta di registro nel caso di atto plurimo intercorre solo fra 
i contraenti delle singole convenzioni e non fra tutti i partecipanti all'atto 
-Cass. 7 settembre 1970, n. 871 e 26 �luglio 1971, n. 2500, in questa Rassegna, 
1970, I, 871 e 19<71, I, 1464 -dev.iiando cos� da un pirdncipd.o :Eea.-m:issimo che 
vecentemente � 1stato ristabiliito con esplicirllo ri!J;l'Uldio dii queste decisioni 
(Cass. 5 maggo 1972, n. 1358, in questo� stesso faisciicoJ.o). 

In tempo pi� '.I'ecente La S.C. � tOTIJJata ail pmb:!Jema tentando llllUffierose 
e contrastanti soiLuZliolni ,che si muov�omo in tutte le possibili. di.rlezioni. 
Una nuova possibilit� si era gi� profilata con la sent. 11 novembre 1970, 

n. 2345 (Riv. l~g. fisc., 1971, 1006) che !t'.iipriendeva Ullla deoilsione defila 
Corte di Appello di Roma (23 aprile 1969, Giur. it., 1970, I, 2, ,515): la dichiarata 
illegittimit� costituzionale degli art. 20 e 21 del d.l. 7 agosto 1936, 
n. 1639 se :ci.cornd'l.Loe i11.1 v:iJa g�enera1e !La solidariet� tributaria :nel!l'ai1vieo della 
solidariet� di diritto comune, tuttavia non �esclude alcune particolarit� dell'ordinamento 
tributario; infatti la tempestiva e valida notifica dell'accertamento 
ad uno dei coobbligati, non importa la decadenza dell'Amministrazione 
ad accertare il maggior valore nei confronti degli altri ai quali, anche 
oltre il termine annuale, l'accertamento potr� essere successivamente notificato 
in applicazione dell'art. 1310 e.e.; infatti la portata della pronuncia 
costituzlonale � limitata al punto che il contribuente che non ha ricevuto 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 667 

Ci� premesso, la questione cos� come si � presentata all'esame della 

Commissione Provinciale di Palermo, va esaminata sotto il profilo della 

funzione dell'accertamento nello svolgersi del rapporto giuridico di impo


sta, considerando peraltro i due aspetti, quello sostanziale e quello pro


cessuale, e la loro interdipendenza, sul rilievo che la �provocatio ad 

opJ;Jonendum � rappresenta il mezzo apprestato dalla legge perche l'av


viso di accertamento, con la definitivit� acquisti l'efficacia sostanziale che 

gU � 1prorpria (Cass., Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3068). 

Come ha ritenuto questa Corte Suprema, hl procedimento ammini


strativo di accertamento dell'imposta tende a stabiJire qua!Le sia la 

situazione di fatto esliste111te in concreto, con la conseguente apipHcazto1ne 

della norma tributaria alla situazione accertata. Sicch�, se pi� sono i 

soggetti che partecipano al presupposto tributaTio l'accertamento espUca 

i �suoi effefftti egualmente per tutti, a condizione che tutti siano stati 

posti in grado di conosce�re tale accertamento (Cass., Sez. I, 11 novem


bre 1970, n. 2345). 

Ora, tenendo .presente che l'accertamento � elemento costLtuttvo 

de1la :liattispecie legale che d� origine al debito di imposta e che hl ;priJn


cipio della soltdariet� pil'ocessuale non si ritiene pi� operante, aprpail'e 

la notifica non decade dal diritto di impugnare l'accertamento e potr� 
quindi propone autonoma impugnazione quando venga a conoscenza dell'accertamento 
o potr� intervenire nel giudizio promosso dal coobbligato. 
� questa mdubbiwnenrlle 'l.llilia soiluzione moilto significativa, che applica 
l'art. 1310 e.e. per l'intenuzione di un termine pacificamente dtenuto di 
decadenza. Sulla stessa linea � la sent. 3 aprile 1971, n. 903 (Giur. it., 1971, 
I, 1, 1424, con La nota gi� .cd1Jata del FANTOZZI) ohe risoilveD:lldo din una oontrover.
sia non tributaria, alla quale era estranea la Finanza, la questione 
�del regresso fra coobbligati, ha ritenuto che la notifica dell'accertamento 
a un solo contribuente e il riconoscimento del debito da parte di questo 
(concordato e pagamento dell'imposta complementare) non ha effetto nei 
confronti dell'altro contribuente; questa pronuncia, per�, non dice in che 
modo potr� definirsi H rapporto verso il contribuente cui l'accertamento 

non � stato notificato. 

L'altra sentenza 20 gennaio 1972, n. 148 (in questa Rassegna, 1972, I, 

148) pur riconfermando che l'obbligazione tributaria � caratterizzata dalla 

solidariet� di diritto comune si che non pu� profila11si peil' ragioni sostan


ziali, nel giudizio di prima istanza, una situazione di litisconsorzio neces


sario, ha tuttavia affermato che al giudizio di impugnazione devono parte


cipare tutte le parti intervenute nel grado inferiore; si determinerebbe 

cio� nei giudizi di impugnazione una situazione di inscindibilit� fondata su 

ragioni soltanto processuali, il che contrasta con la regola della solidariet� 

di diritto comune che, come � noto, non postula l'wpplicazione dell'art. 331 

c.p.c. Questa soluzione intermedia potrebbe essere anche riguardata con 
attenzione, ma bisogna rilevare d'un canto che il procedimento tributario 
� privo degli strumenti processuali per realizzare l'integrazione del contradittorio 
neHe fasi di gravame (il ricorso del contribuente non viene notificato 
e non � prevista l'ordinanza che dtspone l'integrazione del contraditto10 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

668 

chiaTo .che deve procedersi al.la notifica del valore venale attribuito dalla 
Amministrazione ai beni non ad uno solo, ma a tutti i contribuenti 
obbligarti al pagamento del.l'imposta. Invero, quando negli ar:t1coli 20 e 
21 del r.d.J.. 7 agosto 1936, n. 16319 si fa mernz:ione del 001I1tribuente al 
quale deve essere notificato il valore venale e del contribuente al quale 
deve essere rivoJto l'invito a presentare ricol1So alla Commissione, ove 
non irutenda aderire alla determinazione di vafo!re fatta dall'Amministrazione, 
� :evidente che l'uso del �singolare non sta a significare che 
allla Fmanza, nella :fase che culmina con la determinazione del debLto 
di imposta, sia consentito di scegliere fra i vari condebitor.i (scelta legittima 
rsolo dopo rche dl debito � stato concretizzato) perch� il legislatore 
usando il termine � contribuente � non ha certamente voluto �iscludere 
dalla rprevisione normativa i casi nei �quali vi sia in uno stesso 

riapporto una pluralit� di contribuenti. 

Seguendo la tesi dell'Amministrazione, non conforme .alle norme 
che regolano il procedimento di accerfamento, qualora l'avvfao non 

rio, mentre con molta difficolt�, sul presupposto della solidariet� ordinaria, 
potrebbe configurarsi la possibilit� delle impugnazio!).i incidentali tardive)' 
e diall'aJtro che a sca11so r1su1tato aipprodierebbe l'dnscinclibiili.it� del pcrooodimento 
fra le parti che hanno partecipato al giudizio di prima istanza, 
quando si riconosee che nei confronti di altre parti del rapporto sostanziale 
che sono rimaste estranee al giudizio (che non hanno ricevuto la notifica 
dell'accertamento o della ingiunzione o non hanno proposto impugnazione 

o hanno sottoscritto il 1concordato o haa:mo pagaito l'imposta) il rapporto d� 
imposta pu� defini:r'.si in modo difforme. 
Delle u�.trl.me rieceruti proomnde soiprr-a riportate La pri!ma, se~e p&"-� 
tendo dalla p!l'emessa deilllta sofildwLet� di dirirtto comune, de:fIDt�ce poi, ceu:-to 
in modo poco coeirente, l'obblllig1azi01IJJe tributada undca e dindivciisiLbiLe e ta:le 
da Lmpeddre ohe si Cl'eino dive.risi acceu:-tamenti per ciasC'Ull obbiliigato e 
giunge ralla conclusione sconcertante che l'accertamento non notificato validamente 
a tUJtti i coobblliigati � 11adicallmenite nullo anche nei confronti 
dei soggetti aii. quia:li � srtato notificato, senza aimmetteTe, a quanito pare, che 
per il principii.o dell'iairit. 331 c.rp.c. la notifir�ia valida ad uno dei conmbuenti 
consenta JJa successiVIB notifica agli �ailtri. Diamet!l'alime!Ilite opp.osta � Ja seconda 
pironJU1I1Zia che icitiene via1ido l'�accell'tamento nied confronti dielUl.e pairti 
al;Le quaJ.d � stato IJJotifi.OOJto 1e i.nopponibi1e agli OOJtri >COObJ.igaiti i quali non 
harmo di conseguenza intwesse a 'corrutestare la viailidit� dehl.'accelfltamento ad 
essi non notificato e ad eccepilrie !La nuilllit� del giuddzlio a[ quale IllOn hanno� 
partecipato. L'ultima decisiOIJJe evilta per qu:alllto � possibile il pirobW!na 
e ritiene che a seguito deilla notifica deilil'mgii.unziione per ~pil:emenrto di 
imposta !IllOIIl si �ca:e1a urna rsituazdone di l:misconsorzdo, ma J.ascila in sospero 
i1l dubbio che a divensa sol'llZlicme possa .gii.ungieir,si. peir l'accertamento di 
vail.ore. 

Certamente la prima deHe sentenze in rassegna non � accettabile. Se 
l'obbli:gazLone tributaria � ulllica e indivisibile si � ben lontam da:Lla solidariet� 
di diritto comune e si va anzi al di l� della tramontata supersolidariet�; 
ma se cos� fosse non potrebbe escludersi il litisconsorzio necessari<> 
e la notifica di qualunque atto del procedimento ad uno dei coobbligati 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 669 

venga notificato �agli altri coobbligati si potrebbero avere tanti accertamenti 
quanti sono i condebitori, in contrasto con l'unicit� del debito 
d'imposta. 

Il che non � ammtssibiJe. 

Con la notifica deill'avvtso di �accertamento a tutti i condeb:Lfori 
ci:aiscuno degli obbligati pu�, in ua:i1ico processo, sperimentare i ricorsi 
ammin.istratilvi o giudizi�ari diretti a com.testare la legittimit� della pretesa 
tributaria con il. rtsultato di una conferma o di una modificazione 
dell'<accertamento nei confronti di tutti. 

La deciisione della Commissione Provinciale di PaJ.ermo che si � 
attenuta a siffatti principi non merita pertan.to ceillJsura. -(Omissis). 

'*= 

II 

(Omissis). -Con l'unico mezzo i rtcorrenti denunctano violazione 
dell'art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 nonch� dell'art. 50 1. 5 gennaio 
1956 n. 1, nonch� degli artt. 23, 28, 35 e 37 r.d. 8 J.uglio 19<37, 

n. 1516 in relazione al�l'art. 24 della Costituzione, nullit� de1l procedimento 
e delle sentenze, violazione del principio del con.traddittorio, viosalverebbe 
sempr.e il termine nei confronti di tutti e consentirebbe la successiva 
notifica ad integrazione. 

Non si conoscono nel nostro ordinamento situazioni del genere di quella 
ipotizzata in questa sentenza: la necessit� del simultanens processus non 
rende mai totalmente improduttiva di effetti la notifica ad alcuni soltanto 
dei. legittimati; vi potr� essere divisibilit� o necessit� di integrazione, ma in 
nessun caiso nullit� totale. 

Ritornando alla regola della solidariet� di diritto comune, che certamente 
� allo stato della giurisprudenza la pi� autoTevolmente e ripetutamente 
affermata, � pi� facile trovare la soluzione giuridica facendo tesoro 
deHa vasta esperienza dottrinale e giurisprudenziale elaborata sulle obbligazioni 
civili. Non vi sar� allora litisconsorzio e dovr� accettarsi la conseguenza 
della .divel'lsificazione fra i vari soggetti nella definizione del rapporto 
in sede amministrativa e nelle diverse sedi giurisdizionaii; le decadenze 
che mano a ma!l10 possono inltervienire fe:rrrneramliO in U!IlJa determlinata 
posizione verso uno dei coobbligati il rapporto che continuer� ad essere 
controverso per altri. In tal modo la possibilit� delle varianti � veramente 
altissima: fra coloro che haJ!llllO rroevuto ila notifica deil:l'accell':tamento 1JalU100 
pu� fare acquiesci:enza, altro pu� 1stipulliare fil ooncOII'ldiato, altro pu� ric()(['["ere 
alla CommissiOillJe dii.strettuiale e arprpagarsi dehla Silla decdisione, aQtro a:nieora 
ricorreire din appelilo aiLLa Comi:rndJssio�Ille pll'ovincialie, e pob:1ebbeiro seguire ile 
impugnazi0!11ii., ainche contemporaneamente 1per i!l11�ziativa d'eR:l.e diverse 
parti, innanzi alla Corte di Cassazione o innanzi al Tribunale per difetto 
di calcolo o errore di apprezzamento; in tema di imposta suppletiva la 
variabilit� delle 1soluzioni � ancorn maggiore: pu� aversi per taluno la 
definizione in sede amministrativa, e per altri l'impugnazione in uno o 



670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

!azione degli ar.tt. 101, 102 c.p.�c. in� relazione a1l'art. 360 nn. 3, 4 e 5 
c.p.c., deducendo che l'avviso di ac�ertamento fu notificato alla sola 
Elvil'a Ludovjd, e non pure agli altri �Coeredi, rispetto ai quali non si 
provvide ad integra:re il contraddittorio, ed ali quali non vi fu notifica 
degli avvisi di udienza e delle decisioni, con conseguenti nullit� dello 
accertamento e delle decisioni. 

La censura � infondata. 

Come que�sta Suprema Corte accerta in punto di fa.tto ad. fini del 

giudizio sul denunciato errore �in pro.cedendo� (Oass., 4 agosto 1967, 

n. 2077 e 22 gtugno 1967, n. 1523) la sola Elvira Ludovici, nei confronti 
della quale � tndiscutibile la regoJ.ariit� della notLfica deil.l'avviso di accertamento, 
propose r&corso alla Commissione Distrettuale, ricevendo 
avviso della udienza e della deci�!one di detta Commissione. 
La stessa Elvira Ludovici propose gravame alla Commissione Provinieiale, 
che sent� un suo delegato, il rag. Masini, ed ebbe notifica della 
deci:sione deiLla detta Commtssione, �avvel'so la quale propone il ricorso 
per cassazi:one ex art. III della Costituzione. 

Non sussiste, nei confronti de11a Elvtra Ludovici, alcuna irregolarit� 
procedU!rale. 
Nemmeno per quanto attiene agli altri coeredi, il ricovso pu� essere 
accoJ.to. 

pi� gradi dinanzi alle Commissioni, l'azione ordinaria prima durante o 
dopo la decisione delle commissioni, e il ricorso per Cassazione. Anche per 
le imposte soggette all'accertamento con la procedura della il. 7 gennaio 
1929, n. 4, pu� verificarsi acquiescienza all'ordinanza intendentizia, 
possono 1sopravvenire, anche contemporaneamente, ricorso al Ministro e 
azione ordinaria che a sua volta pu� arrestarsi per i vari coobbligati in 
divel'si gradi. 

La maggiore diffico'1t� � rappresentata dal fatto che sull'identica pretesa 
tributaria possono aversi diverse e contrastanti definizioni non soltanito 
provenienti da dive!l'si Oi!.'Wani ammirnJiiswart:ivi e gi.msdizionali (il 
che per le obbligazioni solidali � normale) ma anche provenienti dallo 
stesso organo giurisdizionale o dalla stessa Corte di Cassazione (la stessa 
commissione pu� decidere la stessa controversia due volte sull'istanza di 
due diversi obbligati a distanza di lungo tempo e la Corte di Cassazione 
pu� pronunciarsi sulla stessa pretesa su ricorso ex art. 111 Cost. contro la 
decisione della Commi1ssione Centrale e a seguito di azione ordinaria in 
tuttii i suoi givadd). Mia '�11I1Che questa esfll'ema cOf!llSeguenza � iLa logica conseguenza 
deilla affeTmata soi!Jidtariet� di d:iriJtJto comUIIlie. 

N� questi inconvenienti possono essere evitati imponendo sin dall'inizio 
la notifica dell'atto amministrativo (accertamento, avviso di liqui-. 
dazdone, mgiunzdone, Oll.'dinan2la intendentiziia) a tuttd i ooobbiligati. Non 
soJ.tanito, imaitti, La II1otdfioa bench� tentaita pu� non riuscire valUda nei co111fl'lonti 
di tutti (non poche deHe sem.te:nZie esammate riflettono per 11.'appurnito 
conrtroV'ersie sOll.'te a causa di una notifica lDJUllllia), ma a!Illche fu-a co~ che 

r 


~4$�':JJJ!Si#ffJ'J?l'.1Yff�'E"f'.1f1'8~~~1ff20j0":~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 671 

Per J.'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3.2.70 ciascuno degli eredi 
� solidalmente tenuto verso lo Stato per La totalit� deJ.la tassa sulle 
successioni. 

Per il �combinato dtsposto degli arttcoli 2�0 e 21 r.d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1639, l'ufficio IIlotifi.ca ai contribuenti avviso di accertamento del maggior 
valore dei beni soggetti ad imposta, ove ritenga che il vaJ.ore dichiarato 
dalle parti sia inferiore a queJ.lo venale, e contro l'avviso di 
accertamento � dato rkorso inel termine di giorni trenta da.Ua notificazione. 
Con �sentenza 16 maggio 1968, n. 48 la Corte Costituzionale ha 
dichiarati incosrtituzionaJ:i i citati .arti.coli 20 e 21 del r.d. 1639 de1l 1936, 
Hmitatamente alla parte .per la quale dalla contestazione di un maggior 
imponibile nei confronti di uno solo fra i contribuenti coobbligati, decoroono 
i termini per la impugnazione dell'accertamento anche pex gli 
al�tri. 

Da tale sentenza della Corte Costituzionale rtsulta che il t&mine 
pex impugnare l'accertamento .di maggiore imponibile decorre solo nei 
confronti di quelli, tra i �contr:tbuenti, che ebbero regolare notifi1ca dell'avviso 
di accertamento. 

E, dunque, � confermato che nessuna norma impone di notificare 
l'accerfameinto a �tutti i coeredi, e non v�i � alcuna nullit�, se vi sia stata 
notifi�ca soltanto nei confronti di parte di essi. 

la notifica hanmo iregolian."meinte I'lioovuto possono determi!lllarsi, come sii. � 
v~sto, diverse .iJrui:ziiaitive a tutela deJ. proprio ddritto. 

La soluzione opposta che si volesse imperniare sul principio del litisccmsorzio 
dn ogni matilifestazione piroaessuale deJ. :riapipor.to, sa:riebbe troppo 
in contrasto con le premesse della negazione di una �speciale solidariet� 
tributaria; ed infatti questa tesi non � sostenuta in nessuna deUe sentenze 
intervenute e nemmeno nella dottrina. Ma anche ricorrendo al litisconsorzio 
le difficolt� non verrebbero appianate; sarebbe sempre impossibile 
costrdngere un contribuente a seguire nelle molteplici fasi contenziose 
'1'1�lniz1'ativia di �a:Ltro coobbLi~ato; comuniqrue �Sii voglda defio:JJ.:ve l'obbliig.
aziol!lJe, non si portr� mai impedirie al oonrtribue!lllte che ne ha l'intenzdone, 
di adempiere l'obbligazione contestata dal coobbligato e soprattutto non 
sax� mai possibile fax convergere in un unico processo tutte le possibili 
liti quando �sono molteplici, alternativi e a scelta della parte i rimedi 
giurisdizionali. 

� stata .proposta dalla dottrina, e in particoilar�e dal FANTozz1 (op. cit. 
e precedenti ivi citati) una terza via: occorrerebbe distinguere la fase 
procedimentale dell'accertamento, caratterizzata dalla ne�~sit� dli intervento 
e di difesa di tutti i soggetti e ad un tempo dal rispetto del principio 
della capacit� contributiva e dell'imparzialit� dell'azione amministrativa 
nella. quantificazione del presupposto di fatto, daHa fase della 
riscossione dominata invece dalla regola della solidariet� di ddritto comune. 



'672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il �Che, con riferimento al vincolo di solidariet� fra coeredi, fissato 
dall'art. 66 del citato r.d. 3270 del 1923 si inquadra coi prirndpi stabiliti 
dall'art. 1306 c. c. in tema di obbligazioni solidali, ,secondo il quale la 
decisione pronunciata a favore del creditore e ,contro uno degli obbligati 
in solido rnon ha effetto nei �confronti degli altri coobbligati soilidali 
(Cass., 6 agosto 1965, n. 1890) che hanno faoolt�, invece, di opporre al 
credito,re una decisd:one fav�orevole ad un coobbligato, e non fondata su 
ragioni personali ad esso condebitore (Oass., 11 giugno 1965, n. 1190). 

Deriva da tac1i principi, che rkhiamano U principio generale di cui 
aU'�art. 2909 c. c. in maiteria �ii giudicato (Cass., 16 maggdio 1956, 

n. 1639) che il concetto di caUJsa inscindibile non ricorre nell'ipotesi di 
obbligazioni solidali di pi� debitol'i (Caiss., 22 J.uglio 1959, n. 2376) ne1le 
quali il cl'editoce pu� scegliere uno quaiLsiasi dei debitori soUdali per 
chiedergli il'adempimento dell'intera obbligazione (Cass., 3 aprile 1959, 
n. 993) e, pevci�, l'obbligazione >Solidale non importa mai litisconsorzio 
necessario (Cass., 28 giugno 1950, n. 1668). 
Non vi � dunque nessuna nulHt� .per la mimcata integrazi0I1e del 
contraddittorio nei confronti dei coeredi che non ebbero regolare notifica 
dell'avviso di accertamento, degli avvisi di udienza, delle decisioni, e 
rimasero dunque estranei al procedimento tr~butario. 

NeJ.Wa prima :liase �si ha unit� itJJeil. prooec1ilmento: l'accertamento, che non 
pu� essere che wno, deve essere notificato, sia pure in momenti di.ve!I'IS!i, a 
tutti �e tutti debbono porbocJ.o impugI11are aI11che imrtocvenendo nei!. prooedimffitto 
o irn esso ch:iiamati iussus iudicis (non si spiiega per� dal sostemtore 
di questa dottrina come possano atteggiarsi in questa fase H conco,rdato e 
l'acquiescienza o addirdttura il pagamento dell'imposta complementare, 
ove non vi sia partecipazione concorde di tutti i coobbligati e come possano 
svolgersi unitariamente le diverse impugnazioni); una volta definita 
l'obbligazione in modo unitario nei confronti di tutti, subentrerebbe nella 
fase di ri,scossione la regola civilistica della solidariet�. 

Non vogliamo !�IIl qUJesta sede confutaxie la teoria dell. FANTOZZI e non 
possiamo 1scendooe 1a discutere il':aJ.tro probll.ema, �che ine � alla baise, della 
natU!l'a dtchiiarativa o .oostitUJtiva deilil'acoertao:nento. POISS:i1airno peir� ll'iiJLeva;
re che questa teorda, che [plt'esuppone fU!IlJa !liJetta sepairazitone, che per 
le imposte mdJiir,ette inon si verifica, deifila :liaise prooedimeni1Jal1e d!i accertamento 
dalla :liase deil.'1:a riscossione e che porJJe l'a�ccertameinto di viaiLore 
nel.Le imposte 1irndire1Jte su di UIIl rptedistaillo troppo ailto, � stata gi� dimostrata 
inadeguarba a rdisoilvere ili. mruiltiforme xn-obilema de1:l:a soliidairiet�, 
dall'ultima delle sentenze in l'lasse,gna. 

Questa rplt'o!tlJUnJZia si � 1lrovata di :lironte app111Ilto afLla tesi del FANTozz1, 

esattamencte riassunta nei!. motivo di dcorso nel ,quale si mettevano anche 

in luc.e, proprio come nella nota alla sentenza 3 aprile 1971, n. 943, le 

difficolt� di ordme pratico .che 1a semplice solidariet� civilistica determi


nerebbe in �Sede di Tegresso :lira ,coobblli,giati. La S.C. ha esa1Jtamenrte rile




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 673 

Infatti, i terzi rimasti eistranei aJ. proced.iimento tributario, regolarmente 
SV"oltosi nei confronti di un loro coobbligato 1solidale, non possono 
subire pregiudizio daUe decisioni prese in Joro 1assenza, ve11so le quali 
non hanno dunque interesse a proporre ricor,so per cassazione, ben potendo, 
dunque, proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., 
neUe fpotesi ivi previste (Caiss., 27 marzo 1959, n. 9,33), 

� esatto che la noti.fica ad uno�dei coeredi, che non sia uno dei 
.soggetti indicati dall'art.. 139 c.p.c., non pu� ritenersi efficace nei confronti 
degli altri coobblJiigati, anche ,se il ceinde abbia acce:ttafo di riceversi 
le cop,ie destin,ate agU altri debitori d'imposta, firmando la reil.ata 
di notifica, ,con e1spre1sso impegno di consegna delle copie agJi intere,ssati 
{Cass., 30 giugno 1956, n. 2393). 

Per la valtdit�, infatti, della notifica ai sensi del:l'art. 139 c.p.c. 
occorre che l'uffidale giudiziario dia atto 1che la notifica fu eseguita in 
uno dei luoghi ivi previsti, a una delle persone ivi trovate, la quale pu� 
anche essere indicata col solo nominativo, mentre chi si avvale delJa 
notifica �, comunque, tenuto in ipotesi di contestazione, a dar la prova 
del rapporto (Cass. 'citata, n. 2393 del 1956). 

vato che tl.'imlpairziailiit� deltl.'azj,onie amminiiswativia (1art. 97 Cost.) non pu� 
esig011e :neoossM'liiametnJte \l'unitariet� de[ procedimento e che hl. principio 
del rispetto della oapadt� contributiva (art. 53 Cost.), dirietto aiLl'eseroi.z:io 
del potere di impoSI�zione nell suo momento normativo, :non � vtoWart;o 
quando l'iatto im 1coocreto emesso � legi1ttdmo. E ,scen,dendo all'esame

1

1del merito La S.C. ha consiiderato che Jia sosternita necessit� di lm:tea-" 
ento e di difesa di tutti neltl.a fase prt'ocediimenrtale di accertamento non 
si profila minimamente nell'ipotesi di supplemento di imposta di cui sia 
stato intimato il pagamento con Fingiunzione, perch� l'imposta suppletiva 
si fonda su un presupposto (l'atto registrat�) di cui � certa la sussistenza 
e pacifica la valutazione economica, mentre il'ingiunzione in cui il supplemento 
� contenuto � un atto diretto essenzialmente ana riscossione e che 
conclude la fase amministrativa di qualificazione giuridi-Oa, ma non quantitativa, 
del presupposto; giustamente quindi si conclude che in materia 
di imposta suppletiva non pu� darsi mai litisconsorzio necessario ne11a 
fase giurisdizionale di contestazione della 11egittimit� della ingiunzione, 
anche se fosse esatto (il che � invece materia di vivace dii>cussione tutt'altro 
che r1solta) che la fase procedimentale di accertamento del presupposto 
quantitativo, si concluda con un atto costitutivo, _che deve essere 
necessariamente unico verso tutti i soggetti. � facile aggiungere che ~e 
stesse considerazioni valgono per l'imposta principale quando di essa si 
discuta, nei casi meno frequenti, ma non tuttavia rari, di mancato pagamento 
in sede di registrazione o di domanda di rimborso, come pure per 
le imposte soggette aH'.accertamento con la procedura della I. 7 gennaio 
1929, n. 4; si verte anche in queste ipotesi nella fase di riscossione e quindi 
!li rimarrebbe comiu:nque netl.l'ambM della s01i!�lariiet� di d.!iritto comruine. 

Ma in tutti questi casi non ci troviamo dinanzi ad un'azione esecutiva 

in senso stretto, nettamente separata da quella di cognizione e che presup




674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie, come questa Corte Suiprema accerta ai fini del giudizio 

�su!I. denunciato errore � in procedendo �, J.a notifica alla Elvira Ludovici 

per cOlllto de�gli altri coeredi non pu� dirosi regolare, non essendosi indi


cato che gli altri coobbligati abitassero tutti nel luogo di consegna deUe 

copie, �cio� a �casa di essa Elvira Ludovici, n� essendosi dimostrato che la 

Elvira Ludovicl. aV!esse coi notificaruii UfllO dei rapporti rprevi1sti dal


l'art. 139 c.(P..c. citato. 

Ma tale ixregolarit� riguaa:dante i cowedi non annulla n� la notifica 

dell'avviso nei confronti della Elvira Ludovici, n� il pr.ocedimento tri


butario nei suoi �confronti, mentre gli a.Uri coobbligati cui non fu noti


ficato l'avvii.So, e �che restarono estranei al:la procedura, non possono 

esse.re pregiudicati dalla deci,sione emanata nel procedimento fra l'Am


ministrazione della Finanza dello Stato ed essa Elvira Ludovici. 

Pertanto le irregolarit� nei confronti della Elvira Ludovici non sus


siistono, e Je irre.golarit� vel'ISo gli altri coeredi non sono rilevanti nei 

confronti di essa �COill!tribuente, ed i coobbligati solidali non hanno inte


resse a dedurle, hon potendo subire alcun pregiudizio dalla deci:sione 

qui denunciata. -(Omissis). 

pone una definizione irretrattabile dell'obbligo tributario; � proprio a 

seguito della notifica dell'ingiunzione o dell'ordinanza intendentizia e del 

decreto ministeriale che so1rge la controversia di merito sulla legittimit� 

della pretesa; e se essa � dominata dalla solidariet� di diritto comune, 

tutte le incongruenze. di cui si � detto riemergono in piena evidenza. 

La dtstinzione tra fase procedimentale di accertamento e fase di riscossione, 
almeno per le imposte indirette, non risolve n problema deHa solidariet� 
tributaria che ovviamente postula una soluzione unitaria ed omog.
enea. Non si vede come i principi dell'imparzialit� deH'i.lposizione e del 
riispetto della capacit� contributiV1a possano dirsi soddiisfattd assicuxando 
un eguale accertamento quantitativo ma lasciando che la qualificazione 
giuridica, che d� 1luogo ad una diversa quantit� del tributo pur sulla medesima 
base imponibile, si diversifichi fra i vari contribuenti fino a toccare 
la massima disparit�, ben pi� evidente che nell'accertamento di valore, 
� tra il trattamento tributario pi� grave e l'esenzione completa e la imposta 
fissa; del tutto eguali sarebbero le conseguenze nei rapporti interni di 
regresso e (La eterogeneit� dei .giudicai1Ji. 1si :l�ar,ebbe senitirr Jin punto di impo


nibilit� non meno che in tema di valutazione. 

Si � detto che fa teoria del FANTOZZI pone su di un piedista<llo troppo 

alto la fase procedimentale dell'accertamento del presupposto quantitativp. 

L'accertamento di valore nelle imposte indirette, comunque lo si voglia 

definire, � un elemento accidentale del rapporto tributario che non trova 

posto quando il contribuente leale abbia dichiarato il valore congruo e 

nei numerosissimi rapporti che non hanno per oggetto diritti reali, e che 

pu� diventare un atto inutile se, in altra sede, risulter� dovuta l'imposta 

fissa; sembra dunque eccessivo imperniare tutto il multiforme problema 

della solidariet� sull'atto di accertamento, di cui � pur sempre problema


ttca poi ila natura cosrtiitwtiva. 

L'UJ1tima delle sentenze i!Il rassegna ha ddmostrato l'inadeguatezza 

delilla teoria del FANTozz1 a il'isollveve i'l rprob!l.ea:na della solidariet� che, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 675 

III 

(Omissis). -Col primo motivo la Soc. Cecchini, denunciando violaziOIIle 
e falsa applicazione dell'art. 93 n. 1, r.d. 30 dicembre 192.3, 

n. 3269 in rel:azioue agJi artt. 102 e 3311 c.p.c., nonch� difetto di motivazione, 
deduce la nullit� deUa ,sentenza di merito per la mancata mtegrazdone 
del contraddittorio nei �confronti della coobbligata Banca Nazionale 
del Lavoro. 
La ricorrente ammette che �secondo i princtpi comUiTh� (cui la giurisprudenza 
ha !ricondoitto la solidariet� tributaria) :La solidariet� nOIIl d� 
luogo a litisconsorzio necessario fra i coobbligati. Sostiene per� che nella 
obbligazione tributaria va tenuta distinta la fa.se del.l'accertamento da 
quella dell'adempimento,, e che la soggezione di essa ai principi priva�tistici 
deLla .soLk1ariet� riguarda solo ila se'COnda di tali fasi. Poich� -soggiunge 
-l'accertamento tributal"iio � dominato dai principi deJ.J.a obiet


ripetesi, non pu� avieir1e che una solluzione UJUitaria. Norn sarebbe una 
utile prospettiva �OOIDPildicare il p'l'obJ:ema deWLa so'.l.Ldariet� oon il'irniesa1llribitl1e 
diiscuSJSione tra questioni idi viailutaziooe .e questi.ora di impOlllibhl:
i!t� e con 1a ccmsegUJenite diJStiinzdo:ne deiliLe competenze diellile commissioni 
per pervenire a diverse conclusioni; mischiare i veleni non giova 
certamente. Ma in ogni caso non potrebbe giustificarsi un diverso atteggiamento 
della solidariet� nei suoi aspetti processuali per lo stesso rappOII"
to giuridico di imposta. La tesi del FANTOZZI potrebbe rispondere allo 
scopo se fosse possibile una netta separazione tra accertamento e riscossione 
e se fosse vero che nella prima fase rileva soltanto la solidariet� 
formale (o processuale) e nella seconda soltanto quella sostanziale; ma 
n� l'una n� l'altra condizione si verificano, perch� \l'accertamento della 
base imponibile copre un assai modesto Si.pazio nello svolgimento del rapporto 
mentre riscossione e controversia sulla legittimit� della pretesa si 
foodono insteme �e senza che possa ipd� :fa!I'sd una dis1Jiinzdorne tra sollidiao:"liet� 
formafo e sostanziale. 

Ricapitolando ile idee, necess:ai'riamente disordinate, sembra potersi 
ritenere che sia la tesi della indivisibilit� deH'obbUgazione con conseguente 
necessit� di litisconsorzio, sia la tesi intermedia che distingue fase 
procedmentale da fase di riscossione siano le meno favorite per un'affermazione 
di successo; resta la pi� coltivata tesi della solidariet� di diritto 
comune, formale e sos1;anziale, che, sebbene sia la pi� traumatica, � fa pi� 
giustificabile 'sul piano dommatico ed � la sola che consente di pervenire 
a risultati dd chiarezza. Bisogmia per� avere La costanza di a:ffro111Jtairne tutte 
le conseguenze senza timore e senza cerca['e compromessi per tentare di 
salvare, solo in minima parte, quetll'omogeneit� dell'imposizione che, piaccia 
o no, � un mito ormai sepoiLto. 

C. BAFILE 

676 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tivit�, dell'imparzialit� e del rispetto del.la capacit� contributiva; H 
preisupposto da cui tale 1capadt� via desunta non pu� che sussistere o 
non sussistere identicamente nei confronti di tutti coloro che, in base ad 
esso, diventano condebitori dell'imposta. Afferma -traendo argomento 
anche dalle difficolt� di ordine pratico che una di�versa soluzione determinerebbe 
in sede :di regre,sso fra i coobbligati -che le controversie 
relative �all'accffi'tamento di una imposta, pretesa, nei confronti di pi� 
soggetti, 'soggiacciono a1la d1sciplina de1le cause inscindibili e che peirtanto 
nella spede era necessario che al giudizio partec1passe anche la 
Banca. 

La censura noo � fondata. 

Il principio deH'imparziarlit� del1l'imposizione tributaria non � idoneo 
i1n s� a produrre le conseguenze di ovdine processuale invocate dalla 
rkorrente, 1peirch� � espTe1ssione di una norma generale, comune a tutta 
l'azione ammini1strativa (art. 97 Cost.). 

Dertte .conseguenze non derivano necessariamente neppure dal principio 
del rispetto deHa .caipacit� contributiva. E-sso, infatti, nei significato 
desumibile dall'art. 53 Cost. (richiamato neil. ricorso) esprime un'esigenza 
che � dettata per l'esercizio del poteve di imposizione nel� suo 
momento normativo. Con riferimento, invece, a1l singolo atto amministrativo, 
�con il quale detto potere v&ene ese:vcttato in concreto, il.a coerenza 
dell'imposizione con 1a capacit� contributiva del soggetto oo1pito 
va de1sunta dalla legittimit� delJ.'atto e coincide con la il.egittimit� stessa. 

Ma anche se all'accertamento del presupposto dell'obbligazione tributaria 
plurisoggettiva dove1sseTo partec1p1are tutti i coobbligati la tesi 
della Ticorrente non avrebbe fondamento. 

Occorre in proposito ricordare che si v.er,sa in materia di imposta 
indiretta e precisamente di imposta suppletiva di registro. 
Da tale precisazione deriva: 

a) che la capacit� contributi'Va � espreissa dall'atto deil.la cui. registrazione 
si tratta, cio� da un presupposto di cui � certa la sussiistenza 
ed � pacifica la valutazione economica, mentre � controve1rsa solo la 
valutazione giuridica; 

b) �che la presente controveirsia, concernente appunto quest'ultima 
valutazione, � eistranea a.I:la fase di accertamento. 

A differenza di quanto accade nelle diTertte (:in cui il presupposto 
� accertato attrav1eriso un ststema procedimentaJ.e obbligatorio che culmina 
con il.'iscrizione del tributo neil. ruollo) e nene controve:r:sie di mera 
estimaziooe che nelle imposte indirette seguono ail.la notificazLone dell'avviso 
di accertamento di valore (e che costituiscooo la fase contenziosa 
dell'accertamento :stesso), in mateda di imposta supipletiva di registTo 
pretesa dall'�fficio dirrettamente con l'iingiunz:ione, questa cumula 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

in s� Jia funzione di atto di accertamento e di atto di coazione, cio� di 
strumento divetto a conseguire l'adempimento deiLl'obbligazione tributaria, 
gi� obiettivamente definita nei suoi eJ.ementi costitutivi (Cass., 
11 novemb11e 1967, n. 2717; 28 novembre 196'8, n. 3837). E'ssa dJO� esaurtsce 
la fase de.Ll'accertamento e ne esprtme il risultato conclusivo con 
la forza propria dell'atto amministrativo assistito dalla presunzione di 
legittimit� e munirto di esecutoriet�, ed aipre la� fase delJ.'ademprimento. 
� noto infatti che l'opposiz.tone giudiz;iari!a che segue alla notificazione 
deH'ingiiunzione fiscaJ,e non costituisce prosecuzione della fase di accertamento, 
ma d� luogo ad un giudizio di cogntz]one, in cui iil contribuente 
si fa a1Jto11e per contestare la legittimit� della pretesa tributaria, ormai 
sorta con tutti i �Caratteri di una comune obbligazione pecuniaria, liquida 
ed esigibilie. 

Da tutto ci� deriva: 

a) �che le esigenze cui fa riferimento la ricorrente sono adempiute 
con la notificazione deil:l'ingiunzione a tutti i coobbligati (come nella 
specie � avV'enuto), ci� essendo sufficiente ad attuare l'accertamento 
con i criteri dell'imparz;i:ailit� e dell'uniformirt� invocati dalla ricorrente 
e a consentLre a ciascuno dei :condebitori la esatta vaJ.utaz.ione della pretesa 
tr;ibutaria; b) che la controve�r�sia .giudiziiari:a, ,successiva aJ.1a fase 
de1l'accertamento, conceme la legittimit� P,eiLla pretesa fo,rmulata dall'Ammliniistrazhme 
sulla base, appunto, di un presupposto accerfato; 
e) che pertanto fa questione, si pone nei consueti termillli di una comune 
coobbligazione solidale, che, secondo un princiipio ormai pacifico, non 
detel'mina .la necessit� del litisconsorzio fra i coobbligati. 

Non contrasta con la soluzione adottata la sentenza di questa Corte 

dell'll novembr,e 1970, n. 21345, non avendo essa affrontato �ex professo 

la questione posta dalla ricor,rente. Tale sentenza ha :solo esaminato le 

conseguenze di un avv,iso di accertamento di maggior valore notificato 

ad UlllO degli obbltgati, nei confronti de'l coobbligato ignaro: ed ha 

risolto la que,srtione nel senso che mentre la Pubblica Amministrazlione 

non decadeva dal diritto di pretendeT;e il maggforr tributo nei confronti 

del secondo, questi, a ,sua voJ.ta, non incontrava preclusioni alfa sua 

difesa, stante la di:chia,rata i:l:legiittimit� costituzionale dell'art. 21 r.d.l. 

7 agosto 19�3,6, n. 1639. E d� senza affermare 'l'e1sdistenza di un iliitiscon


sorzio nece,ssario fra i due obbligati, tanto che il giudizio si � svolto 

trn uno solo di essi e l'Amministrazione finanziaria. 

G1i altri tre motivii di cassazione coincidono, nel loro contenuto, 

con quel,J:i proposti dal comune di Peil"ug.ia col Tkorno incidentale, che 

doyrebbe essere pertanto congiuntamente e'samiinato. Tale ri:co11so (per� 

� inammissibile, pe~ch� ,alla data della sua nortmcazione (27 luglio 1970) 

era decorso tl termine di legge. Il Comune di Perugia, infatti, avendo 


678 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rfoevuto la notificazione del.fa sentenza il 30 gennaio 1970, avrebbe dovuto 
proporre ricorso entro i successivi sessanta giorni, non rkorrendo 
nei suoi confronti le condizioni che secondo l'art. 334 c.p.c. consentono 
l'impugnazione inciden.taJe tavdiva (il cui termine si sarebbe compiuto, 
nel 'caso, il 4 mag,gio 1970, e avrebbe potuto godere delila proroga concessa 
con d.m. 4 agosto 1970, in relazione all'inagibilit� dell'ufficio 
uni�co esecuzioni e protesti presso la Corte d'Appello di Roma). 

� Va, in ipropoSJito, idlevato che, !l'iispet1Jo aJ rico11so della soc. Ce:cchini, 
la posizione di detto Comune non rient:r1a neUa previsione della prima 
parte dell'art. 334 c.p.c., esso, infatti, non ha la qua:J.i.t� di ;p&te contraria, 
pevch� non � titolare di una prete,sa contrapposta, ed � anzi egualmente 
interessato aiLla cassa2)i:one della.sentenza, impugnata co1l ricorso p!rincipale. 
Le considerazioni svolte nehla confutazione de�l p!I'imo motivo di 
taile ricorso impo!l.'tano, poi, che, ne11a carusa tra J.a soc. CeccMni e l'Arnmi:
n1strazione finanz1iaria; il l:Uisconsonii.o necessario non suissiste neppure 
nei ,confronti del Comune di Perugda che, aJ pari della Banca Naziona1le 
del Lavoro, ha la posizione di un coobbligato soil.idale e non 
rientra quindi tra i soggetti cui � appliicabHe l'art. 331 c.p.c. (Cass., 29 
diicemb!I'e 1970, n. 2764). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez.. I, 5 maggio 1972, n. 135'8 -Pres. Capora.
so -Est. Arienzo -P. M. Cutrupia (conf.) -Banco di SiciUa 
(avv. L,a Ferlirta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Abd.gnente). 

Imposta di registro -Enunciazione -Enunciazione di societ� di fatto Negozio 
bancario di finanziamento in favore di societ� -Connessione 
diretta -Sussiste. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). 
Imposta di registro -Solidariet� -Enunciazione -Soggetto partecipante 
all'atto estraneo alla convenzione enunciata -� obbligato.�� 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93). 
Emergono tutti gli elementi per la tassabilit�, come convenzione 
enunciata, di una societ� di fatto, da un negozio di finanziamento bancario 
nel quale la societ� assume la parte di contraente (1). 

(1-2) La prima massima � da condividere pienamente; quando la convenzione 
enunciata costituisce il presupposto dell'atto enunciante, non solo 
non pu� dubitarsi della connessione dir�etta fra i due atti, ma gli stessi 
requisiti de11'enunciazione (cfr. Cass., 9 luglio 1971, n. 2192, in questa 
Rassegna, 1971, I, 1235) si possono ritenere implicitamente sussistenti; se 
una societ� assume un appalto o ottiene un finanziamento intervenendo in 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 679 

Quando da un negozio di finanziamento bancario emerge l'enunciazione 
di una societ� di fatto tra i mutuatari, anche la banca, bench� 
estranea alla relativa convenzione, � tenuta in solido al pagamen.to 
dell'imposta (2). 

(Omissis). -Con i primi due motivi de,l ricorso, che possono essere 
congiuntamente esamina.ti, 1sotto hl profilo della violazione dell'art. 360, 
nn. 3 e 5 e degli artt. 9, 62 e 63 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, si 
sostiene che la corte del meirito abbia: a) omesso di considerare, nelil'affeTmare 
la corunessione tra l'atto enunciante e quello enuncfato, che 
la costi�tuzione delLa societ� di fatto tra il Piiazza e il Mancuso rappresentava 
solo una premessa del tutto irmlevante rispetto al negoziio di 
finanziamento daJ. quale risuiltava indipendente; b) errato neil riJtenere 
il rtcorrente obbligato �sol:idalmente al pagamento dell'imposta, quale 
parte contraente rispetto aU'enunci�ato ll'apporto di sodet�, !in quanto 
l'adottato criterfo della connessione non � valido per determinare la 
responsabilit� tributaria di un soggetto estraneo per il pagamento deill'imposta 
di registro relativa all'atto enunciato. 

Le doglianze sono infondate. 
La 1sentenza impugnia.ta ha ritenuto ila 'sussistenza della connessione 
diretta fra la societ� enunciata ed il contratto di finanziamento consi


1

derando che il Banco, in tanto concedeva il finanziamento, in quanto 
'l'impresa socia.le Mancuso-Piazza �si era :effettivamente .costituiita, �, 
come tale, aveva ottenuto l'aggiund!kazione di un appaUo daH'l.N.A.I. 
per .La cuii �stipulazione l'impr�esa dovevia versare la cauzione di lire 

3.500.000 per l:a quale era preordinato hl finanziamento. La costituzione 
della societ� di fatto, non rappresentava una premeissa storica, 
ma aveva dato vita 1ad UJilo dei soggetti 1parteciipanti al negoziio di finanziamento 
che costituiva l'oggetto de1l'atto pl'esentato alla l'egistrazione. 
In tale atto, la pairte 1contraenrte era� anche, secondo la sentenza impug.
nafa, il Banco, H quale non poteva sottravsi aiLl'obbligo, s0Uda1le con 
le altre parti, di pagare l'intera imposta dovuta per la registraz.ione 
dell'atto medesimo, compresa queHa relativa alhl'atto enunciato al quale 
era estraneo, stante .la 1conne1ssione diretta di quest'ultimo con il primo. 
Quanto ahle premesse di fatto sulle quali ,gi fonda la dectsione impugnata, 
non sussi1ste alcun vizio di omessa o contraddittoria motiva-

quanto tale ed impegnando una responsabHit� patrimoniale distinta da 
quella dei soci, non pu� mettersi in dub�i� l'esistenza della societ�. 

Importante � la seconda massima. Recentemente qualche dissenso era 
stato espresso in ordine alla regola consolidatissima della responsabilit� 
solidale per 1'imposta di registro di tutte le parti contraenti (cfr. Cass., 
7 settembre 1970, n. 1260, in questa Rassegna, 1970, I, 871; 26 luglio 1971, 

n. 2500, ivi, 1971, I, 1464); in ambedue i casi per fini di carattere processuale 
ieJ.'a stato affermato ,che 1allorch� pti� 1oonV1enziond .sol!liO contenute in 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione atteso che, come esattamente evidenziato, la enunciazione della 
societ� di fatto non costituiva una ple01I1astiica premessa stori1ca ma 
era intimamente connessa �con il. negozio di finanziamento ottenuto dai 
soci neJ.J.'in'i�eresse della societ� �che potevia !I1isponderne con tutto i1l suo 
patrtmonio e so.Io sussidiariamente i soci pevsonaJ:mente (art. 22,67 e 
2268 e.e.). 

Sotto il profiolo gim:idico, poi, consegue che per la tassabiliit� (artiicolo 
62, secondo comma, l.r.) della convenzione verbale della societ� 
di fatto enunciata nell'atto di finanziamento, presentato per La regiistrazione, 
sussisteva una �connessione di!l'etta e funzionale perch� iJ. secondo 
non avrebbe potuto spiegare la sua efiikacia indiipenderntemente dalla 
sussiistenza deJ.1a �societ� in :l�avore della quale veniva stipulato l'atto 
dai soci. Quanto, poi, al.la 1sussistenza dehl:obbUgo solidale del Banco 
con le altre parti di pagare l'intel'a imposta, dovuta per [a registrazione 
dell'atto, essa �scaturisce dalil'art. 93 l.r. che viincola solidalmente 
al pagamento dehl'dmposta tutte le parti �contraenti con quehle nel cui 
interesse fu richiesta la formalit� deJ.la registrazione. Nel caso in esame, 
atteso che la beneficiaria del finanziamento era la societ� di fatto, non 
pu� l'evioca11si in dubbio che il Banco debba considerarsi, �ai fini dell'obbligo 
solJidaJ.e del pagamento deill'imposta, contraente o interessato 
a1J.a registrazione. 

E non pu� invocare a suo :liavore la giurisprudenza di questa Corte 
(Cass. 7 .settembire 1970, n. 1260) secondo cui quando in un atto siano 
comprese pi� convenzioni, .indipendenti fra loro, J.'obb'ligo so1Udale grrava 
sui soggetti che hanno partecipato ad ognti singola convenzione, non 
arnche su coloro che, pur essendo !intervenuti neU'atto, siano. estran1ei a 
quella convenzione, essendosi con questo principio disatteso soltanto 
quell'orientamento, dottrin�ale e giurisprudenziale che, agli effetti dei1la � 
registrazlione, �ccmsidel'a l'atto un'enttt� unica e 1nscindibiil.e. 

Pertanto, con riguardo aU'atto di finanziamento in esame deve 
a:ffiermlrnsi che, a' sensi dell'art. 93, n. 1, l.r., sussiiste J.'obbUgo solidale 
del Banco di Sicma al pagamento deJ.il'timposta di registro dell'atto di 
societ� enunciato attesa la destinazione delil'operazione di finanziamento 
alla societ�. -(Omissis). 

unico atto la solidariet� intercorre fra i gruppi di contraenti delle singole 
convenzioni e non fra tutti r partecipanti all'atto. Ora per�, con riferimento 
all'obbligo sostanziale, la sentenza 7 settembre 1970, n. 1260 � stata 
espressamernite \S!Upffi'Qta ,e si � toriniatii tSIUilila giU1sta v1a d�llla soilddadet� di 
tutte le parti contraenti; ed � da notare che la parte contraente � stata 

ritenuta obbligata non solo per l'imposta sulla convenzione, a cui � estranea, 
espressa nello stesso atto, ma anche per la convenzione semplic�mente 
enunciata. Si lascia solo nell'ombra, ma piuttosto per attenuare il contrasto 
con la sentenza del 1970, la c.d. solidariet� meramente formale, cio� quella 
della parte che partecipa all'atto per conto di a:ltri. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'IA 681 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 mag.gio 1972, n. 1362 -Pres. Gianna:
ttasio -Est. Giwliano -P. M. Caccioppoli (conf.) -Sabaitdni c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Tomasiochio). 

Imposta generale sull'entrata -Azione in sede ordinaria -Termine 
di sessanta giorni dell'art. 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 Decorrenza 
-Ordinanza definitiva dell'Intendente -Ricorso tardivo 
al Ministro -Irrilevanza -Opposizione contro la successiva 
ingiunzione ~ Inammissibilit�. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52; I. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 56-58). 
H termine di 60 giorni stabilito daWart. 52 della L. 19 giugno 1940, 

n. 762 per proporre l'azione in sede ordinaria in materia di imposta 
generale suU'entrata decorre dal giorno in cui l'ordinanza de-n'Intendente 
� diventata definitiva, si che non influisce sul decorso de'L termine 
ii' ricorso tardivo inutilmente inoitrato al Ministro deUe Finanze; n� 
pu� rimettere in termini per l'opposizione di merito la successiva notifica 
deLL'ingiunzione che ha la semplice funzione di intimazione ad adempiere 
un'obbligazione risuitante da separato titolo (1). 
(Omissis). -Col pirimo mezzo, il iI"Lcorrente si duole di violazione 
e falsa applicazione deJ.l'art. 52 della L 19 giugno 1940, n. W2 (che 
converti il d.l. 9 gennaio 1940, n. 2), degli artt. 56, 57 e 58 della 1. 7 gennaio 
1929, n. 4 e dei principi generali del diritto processuale comune 
e tributario. Egli osserva che la Corte del merito, dopo aver dichiarato 
tardivo il 1suo ricol'so al l\lllinistro contro 1'011dinanza dell'Intendente, 
:liece deicorrere dal d� !in cui l'ordinanza stessa era dii.venuta definitiva, 
per difetto di tempestivo il."icorso, il termine di sessanta giorni posto 
dal ricol'dato art. 52 per l'esp&imento delil'�azione giudiziaria; e sostiene 
che, avendo egli proposto d�. ricorso, ancorch� intempestivamente, quel 
termine non potmna decorrere :se non daJ. giorno in �CUi gili fosse stato 
notificato iJ. decreto del Ministro che avesse sancito tale intempe,stivit�, 
decreto �che, di fatto, gli fu poi notifkafo il 9 novembre 1965, cio� dopo 
l'inizio della liite. A suo avvilso, fu in ital modo violato � M principio 

(1) La massima esattissima � conforme a consolidata giurisprudenza 
(v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 851); � importante per� rilevare che, 
sia pure implicitamente, viene riconfermata la vigenza della norma dell'art. 
52 de1la il. 19 giugno 1940, n. 762 per quanto conce.rne il termine di 
60 giorni, cosa che, per una particolarissima situazione processuale, era 
stata apparentemente negata nella .sentenza 20 marzo 1972, n. 833 (in questa 
Rassegna, 1972, I, 46�7). 

682 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

::'.: 

gene.rale del nostro ordinamento, per il qua'le fa tardivLt� di un ricorso 
deve essere dichiarata o dal giudice a quo ovvero dal giudice ad quem, 
non essendo con:f�gurabi).e, nel sistema formale del diritto, la rilevanza 
procesS1UaJ.e di un mero "fatto" che non sia stato oggetto di accertamento 
da parte dell'organo investito de1l ricor1so o comunque competente 
a deUbel'arne l'ammissibHLt� �. 

Queista censrn:a � infondata. La necessit� dell.a notificazione di una 
formale dichiarazione d'inammissibilit� del ricorso contro l'ordinanza 
intendentizta aJ. fine della decorrenza del termine di sessanta� gwrni 
fissato daJ.l'arit. 5.2 della �legge sull'I.G.E. non pu� essere considerata corollario 
di un principio generale, che, in verit�, nel nostro ordinamento 
non sussiste, n� rtsponde a un'inderogabile esigenza logilC'a; anzi, � 
esclusa dalle �specifiche dtsposizioni di legge che il rii.corrente ste1sso ha 
menziionato. In generale, infatti, alJ.orch� fa legge fissa un termine perentorio 
per un'impugnazione, la decadenza che deriva dal fatto dell'inutile 
decorso del termine si avvera e produce ogni suo effetto senza 
uopo di un espresso provvedimento, il quale sarebbe, in ipotesi, meramente 
dkhtaraitivo. N� la �situazione cambia per il sempll.ice fatto che sia 
stata presentata un'impugnazione tardiva, poich� questa, essendo interV
�enuta quando gi� 11a decadenza erasi avverata, non pu� avere, al riguardo, 
efficacia alcuna. Queste considerazioni di massima trovano specifico 
Ttscontro nella disposizione dell'art. 52 deiLla legge suJ.l'I.G.E., U 
quaJ.e contempla due soli �ipotesi, cio� quella del�l'ordinanza defi.nlitiva 
deH'Intendente e quella del decreito �con �cui il Ministro � provvede sul 
ricorso., �secondo l!a previsione de1l'art. 58 della 1. 7 gennaio 1929, 

n. 4, cio� S1U un .rtcovso tempestivamente e ritua�lmente avanzato, secondo 
gli artt. 56 e 57 della stessa legge. La definitivit� dell'ordinanza dell'Intendente 
pu� essere originaria (quando concerna violazioni per cui 
la �pena pecuniaT'ia 1stabHi1Ja daHa legge non .sia superiore a un determinato 
massimo, che peit' l'I.G.E. (art. 15 del d.P. 4 febbraio 1955, 
n. 4619 � di L. 600.000) o sopravvenuta, per inutne decorso del termine 
di 30 giorni, durante il quale, negli altri casi, il contribuente pu� 
ricorrere al mintstro delle fin.am.ze. Ma in ai1cun �caso non � richiesta 
un'espressa dichiaTazione di definitivit�. 
Col .secondo mezzo, il .rtcorrente, denunciando vwfazione de1'l'art. 52 
della J.. 19 giugno 1940, n. 76:7, dell'�art. 144 del r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269 e dei principi g,enerali in materia dd opposizione a ingiunzione 
fiscale, si duole che la Corte del merito ha respinto La te.si che Ja notificazione 
de1l'inghmzione dell'Ufficio del Registro, contro la quale, formalmente, 
egili aveva fatto opposizione, :l'avesse rimesso iln termine per 
propocre l'azione giudiziaria. 
Anche questo mezzo non merita aocogilimento. 
La Covte perugina, infatti, esatt1amente rilev� che i motivi dell'opposizione 
erano in realt� diretti esclusivamente contro l'ordinanza 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRWlJTARIA 683 

de11'�l1tendente di Finanza e che, :vispettQ a questa, l'ingiunzione dell'Ufficio 
del Registro, fondata !Sull'esecutivit� che l'ordinanza aveva 
acquistato, per difetto di teID!Pestivia opposizione, a norma dell'art. 56 
dehla 1. 7 gennaio 1929, n. 4, aveva la semplice funzione di � mtimazione 
ad adempiere un'obbligazione risultante da sepaxato tirtoJ.o �, e di 

�strumento per lla realizzazione del credito di imposta�. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5, magg1o 1972, n. 1363 -Pres. Favara 
-Est. Miele -P. M. Antooi (diff.) -Faviale (avv. Spa'l'tena) 
1c. Ministero delJ.e Finanze (avv. Stato A.Hbrandi). 

Imposte e tasse in ~enere -Concetto di tassa -Canoni per l'utilizzazione 
dei beni del demanio marittimo -Non sono tributi. 

Elementi caratteristici della tassa sono la corrispettivit� di un servizio 
di carattere giuridico-amministrativo prestato daUo Stato e La 
mancanza di una coll'relazione economica tra la prestazione pecuniaria e 
il servizio. Non ha di conseguenza natura tributaria il canone corrispettivo 
dell'utilizzazione di beni del demanio marittimo che si fonda 
su un rapporto di natura prettamente economica, non � predeterminato 
nella legge, � suscettibile di modificazione, ed � sottoposto, quale cor1
�ispettivo di negozio, aH'imposta di registro (1). 

(Omissis). -Il ricorrente, denunziando vti:olazione d~ll'art. 8 del 

t.u. r.d. 30 ottobre 19313, n. 1611 e dell'art. 3 del t.u. 14 apr.Ue 1910, 
n. 639, afferma 1che hl Tribunale di Twan.to ha erroneame!IJJte ritenuta 
la competenza del foro erariale, mentre nella specie, non potendosi hl 
canone demaniale quailiificare tassa, ricorre l'ordinario �crite�rio di competenza 
terni.1ioriale. 
La censura � fondata. 

Si ritiene comunemente che la taissa isia U.!ll:a prestazione pecuniaria 
dei cittadifllo coMegata ad un servizio di carattere giuridico amminiistTativo 
prestato da1lo Srta.to, per �cui, ove manchi un � servizio., cio� 
un'attivit� 1spiegata dallo Stato �l1 rela2li�ne al risultato offerto al cittadino, 
non possa affermarsi il carattere di tassa della prestazione. 

Si � anche crilevato che, nel �caso della tassa, non vi �, di solito, 

(1) Identiche sono le coeve sentenze n. 1364 e 1365. 
La decisione riconduce nel campo delile �entoote pa1mi.mOIIld!ali non tributarle 
i �Caa:wl!1d pe!r ['uti:liz.ziaziOIJJe di beil!i. dieimainiailii (v. Relazione 
Avv. Stato, 1966-70, II, 435 e seg�g.), La 1giruriisrp.rudenm domiru:ll1:11Je � conforme 
a quesito liindiirizzo (Cass. 29 mag�gio 1969, n. 1893, in questa Rassegna, 
1969, I, 729), bEmch� lllO!!l sia manoarta qualche voce diisoo!I'de (Oass., 24 
maggio 1968, n. 158>1, Riv. Leg. fisc., 19-68, 2043). 

11 



684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relazione di vera cor.r~spetitivit� tra il serviizio e '1a prestazione pecuniaria, 
nel senso iche iJ. servizio pu� av,ere (ed ordinariamente ha), un 
costo superiore all'importo pagato e quindi la differenza di costo viene 
sopportata dalla ,collettivit�. In coosiderazione di ci� potrebbe dubitarsi 
del carattere di tassa di una prestazione a carattere pubblico 
del cLttiadino, 1se questa non sia in relazione ad un servizio prestato daJ.lo 
Stato oppure se possa affermarsi un rapporto di corrispettivit� tra servizio 
e esborso. In itali 1casi la prestazione del cittadino, pur avendo 
causa in un rapporto di dirdtto pubblko, non riveste carattere di tassa, 
e cio� natura tl'ibutaria, ma solo di ,cootribuzione di natura pubbUca. 
L'acceTtamento in concreto de1l!la natura di tassa o di sola contribuzione 
a carattere pubblico, va quindi effettuato�, ,di volta in volta, in base al 
modo come i!l rapporto risulta regolarto dalla il:~gge. 

Dopo queste pr,emesse, va subito rilevato che, nena concessione di 
un uso� eccezionale su bend del demanio marirttimo, lo Stato si Jimita, 
ordinairJamente, a porre a disposizfone del ,concessionario hl bene demaniale 
nella su.perfide e ne1la ubkazione indicate nell'atto di concessione 
,e non svolge, di ,sol:Lto, akuna attivit� giuridico-ammin~strahlva 
perch� il concessionario benefici dell'utilit� ricavabile dal bene demaniale 
1ste1sso. Quindi dn tali concessioni l'attivit� deHo Stato si limita alla 
sola prestazione (messa a disposizione del suolo demaniale) verso il corrispettivo 
del canone. 

Il canone che il concessionario � ,tenuto a corrispoodere risponde, 
in dette concessiooi, ad accentuati caratteri lucrativi PeT fo Stato, nel 
senso �Che ilo Stato -intende trarre dal bene concesso in uso esclusivo il 
maggior profitto possibile. Invero, pur essendo H 1canone determinato 
unilateralmente daHa pubblica amminiistrazigne (art. 39 cod. deHa navigazione; 
art. 16 del regolamento al codke stesso) questa deve attenersi 
a predsi. criterd posti ,daJla fogge �sia quanto ai minimi di canone sia 
per gli aumenti di tali minimi, aumenti che debbono graduarsi non gi� 
in relazione 'l:l<lla funzione pubbLic~stica della propriet� pubblica, ma a1la 
maggdoll.'e o minore utHit� ,che il concessionario pu� trarre dal bene 
demaniale. Invero il canone va stabilito noo:J. solo proporzionalmente 
a1la superfide <concessa, m~suirata in met11i quadrati, e alla durafa della 
concessione, ma anche all'uso che il privato far� del bene e della utilit� 
che ne potr� trarre (art. 39 cod. navigaZJione; l6 regolamento; acrtt. 1 e 2 
della ,l, 2,1 dicembre 196,1, n. 1501, che dtspone un ultell.'iore aumento 
dei canond. demaniali. Vart. 2 di questa legge precisa che gli aumenti 
dei canoni per le .concessioni del demanio marittimo de,vooo essere graduati 
1sulla base dell'utildt� economica che i concessionari traggono dalla 
conce,ssione). 

Quindi, nena determinazione della miSUTa del canone, hanno rilievo 
oltre, indubbiamente, ,a finalit� ;pubbfLid.siticQ'e, in prevalenza �criteri 
pur�amente economici, anzd speculativi, il che non si accorda con la 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

natura deUa tassa quale � comunemente r:Ltenuta. Non � poi irrilevante 
che il cittadino 1s:La ammesso ad esporre le sue rimostranze in me:vito 
alla misura del canone, mediante ricorso all'autorit� ammintstrativa 
superiore (art. 15 reg. cit.), facendo valere ragioni puramente economiche. 


Inoltre iJ. canone, cos� fissato, non � immutabtle, come lo � di 
solito la tassa, ma pu� essere ridotto durante l'utilizzazione del bene, 
se questa ,siasi ridotta per effetto della preesistenza di diritti di terzi 
(art. 40 cod. nawga:z;ione) ,oppure a causa di modificazioni del bene demani'a1le 
(art. 45 e.e.). 

Non � rsenza significato che il ,canone deman,iJale debba essere pagato 
anticipatamente (art. 16 reg.), quindi anche prima che il concessionario 
abbia ricavato l'utilit� del hene, e ci� non avviene per la tassa il cui 
pagamento � ordinariamente contemporianeo� alJ.'ac_certamento del presupposto 
della tassa o anche successivo. 

Si aggiunga ,che, nella pacifica prassi amminiistratiw, tali canoni 
sono considerati veri corrispettivi ai fini delJ.a sottoposizione al tributo 
di regi1stro delJ.'atto di ,concessione del bene demaniale, atto assimilliato 
in tutto ad una convenzione di affitto o di locazione di beni immobili 

o di �Costituzione di diritti reali di godimento in base aH'art. 43 della 
legge di registro. Tale soggezione al trtbuto di registro � concepibile 
solo �se si escluda il ,camttere di tassa, non riSUi1tando casi in cui una 
contribuzione a carattere tributario sfa ,sottoposta direttamente ad imposizione 
fiscaile. 
Non � poi inutile irtlevare (sempre ,ai finii dell'accertamento della 
concreta regolamentazione legislatiiva di tali canoni) che, ai fini amministrativi-
contabili dello Stato, tali canoni sono tenuti distinti dalle 
tasse. Cosi neJ.l"al't. 222 del regolamento per -l'amministrazione del patl'imonio 
e rper la 1contabllit� delLlo Stato (r.d. 23 maggio 192,4, n. 827) 
l'enfoata derivante dai canoni � colJ.ocata msieme a quelle provenienti 
da affitti censi o livel:li (lett b), mentr.e le tasse sono elencate insieme 
alle imposte (lett. d) e tale situazione si l'iproduce nella classificazione 
contenuta nel bilancio dello Stato, essendo i canoni compresi tra i 
proventi dello Stato, mentre le tasse sono collocate nel capitolo entrate 
tl'ibutarie. 

Infine � di rjiHevo La disposizione di [egge (art. 1 del t.u. 14 apl'lhle 

1910, n. 639) secondo cm alla riscussione dei canoni si rprovvede con la 

procedura di ciscossione delle entrate patrimoniali, il che conferma n 

carattere non t'Vibutario del canone. 

In definitiva va �escluso 'i1l carattere di tassa nel canone per l'utilizzazione 
di beni del demanio marittimo e pertanto non pu� trovare 
applicazione ~�art. 8 deJ. t.u. 30 ottobre 19'3r3, n. 1611, considerando questo 
,solo le � tasse �e le sopratasse � �in senso proprio cio� ipotesi di veri 
liti tributarie. (Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

686 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1972, n. 13'74 -Pres. Stel


l:a Richter -Est. Per,sico -P. M. Trotta ~conf.) -Mi.n:istero delle 
Finanze (avv. stato Vitaliafil) c. Soc. Gal:artea (avv. Persiani). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione 
-Valutazione -Grave ed evidente errore di apprezzamento 
contenuto nell'accertamento -Deducibilit� dinanzi al1'
A.G.Q. -Esclusione. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione -Scelta 
dei criteri di stima -Competenze della Commissione di valutazione 


(d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 16 e 29). 
L'impugnazione per grave ed evidente errore di appll"ezzamento prevista 
dall'art. 29 terzo comma del d.t. 7 agosto 1936, n. 1639, pu� essere 
portata dinanzi al giudice Oll"dinario, solo contro la decisione deUa Commissione 
provinciale di valutazione; urta invece cotntro il difetto di 
giurisdJizione del giuc],ice oirdinario la censura dii grave ed evidente 
errore di apprezzamento rivolta contro l'avviso di accertamento e l'ingiunzion_
e che possono essere impugnati ai fini della determinazione del 
valore soltanto dinanzi alle Commissioni (1). 

Rientra nella competenza della Commissione di valutazione, e non 
forma quindi oggetto di giudizio inddentale sulla applicazione della 
legge da rimettere alla sezione speciale della Commissione provinciale 

o all'A.G.O., la questione, di carattere soltanto tecnico, relativa al.la 
scelta dei criteri di valutazione (2). 
(Omissis). -Coli. primo motivo del ricor�SO, denunziando wo1aziooe 
e :lialsa a:pp1icazione dell'art. 6, 1. 20 marzo 1865, n. 22,48, .a11. E; art. 29, 

(1-2) Identica � la seriten:z;a in pari data, n. 1375. 

La pronunzia passa in rassegna un gran numero di questioni, tutte 
sostanzialmente pacifiche, ofl1rendo una sintesi p!l'egevole dei maggiod 
problemi del contenzioso tribu,tario. 

Fra Le molte e p~eciise emmciazi.ond, :mffi'iitano una parr1Jico(l:aire segnalazione 
quella relativa al potere dell'A.G.0. di verificare i presupposti 
sostanziali dell'imposizione, senza esercitare il controllo della legittimit� 
formale degli atti del procedimento amministrativo (Cass., 18 settembre 
1970, n. 1573, in questa Rassegna, 1970, I, 906) e il'alt!l'a coooernente 1a 
impossibilit� di fondare sull'a!l't. 2 della legge sull'abolizione del contenzioso 
amministrativo il tentativo di portare innanzi all'A.G.0. le questioni 
di estimazione semplice (in senso parzialmente contrario, Cass. 13 marzo 
1970, n. 641. ivi, 436 con nota). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 687 

comma terzo, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito nelJa 1. 7 giugno 
19'37, n. 1036 e modii�oato con d.l. 27 ottobcr:e 1937, n. 2.ol3), ai 
sensi e per gli effetti dell'art. 360, n. 1 'c.p.'c., J.a ricorrente coosura la 
statui:ziione de1la senten:tla in ordine all'affermato potere del g.o. di conoscere 
direttamente l'errore di apprezzamento nella valutazione della base 
imponibile anche in mancanza di previo esperimento di ricorso alle commissioni 
tributarie; � rsostiene che quella staituizione non solo non � 
� conjlo<rme, ma anzi chiaramente diverge dai princiipi pacifici in materia 
di imposta di registro (secondo i quali, sarlvo che in sede di riesame 
della decisione della Con;1mi1ssione provinciale, ,il ,g.o. difetta di giurisdizione 
in ordine alle questioni di estimazione �semplke) : ed ag:gtunge 
che nulla osta all'applicabilit� di ta1i principi anche ai giudizd di oppo


sizione a decr�eto ingiuntivo fiscale. 

Col secondo motivo del ricorso, denunziando violazione e :llalsa 

applicazione degli artt. 2 e 4, 1. 20 :i.arzo 1865, n. 2248, aH. E; art. 212 

c.p.c.; omessa motivazione circa pU[],to decisivo delJ.a controversia: in 

relazione all'art. 360, nn. 3 e'5 c.rp.c., la ricoNente sostiene che, anche 

a voler ritenere non coinvolti in causa i poteri di valutazione spettanti 

alla Finanz,a (1su11a dichiarazione di parrte dcl corrispettivo iX'OVVisorio 

del contratto enunciato) bensi e soltanto il diritto deJ. contribuente a non 

soggia1cere ad iHegittima pretesa fiscale, la senten:tla risulteTebbe ugual


mente �censurabile, essendosi limitata ad un giudizio di le1gittimdt�, con 

omissione di esame 1sul mer.iit;o della pretesa (in ri:llerimento all'essenza 

del giudizio di oppoSI�2ione ed al principio di corrispondenza fa�a il 

chiesto ed H pronunziato) e conseguente ipregiudiz:io dell'efficacia par


ziale del decreto monitorio nei limiti de1la minor somma ri!conosciuta 

rispetto a quelfa domandata. 

Detti motivi -che per interdipendenza delle questioni possono 

esa:qiin:arsi congiuntamente -risultano fondati. 

� opportuno chiarire, anzitutto, che, mentre con l'opposizione l:a 

soc. resistente aveva tra !l'altro contestato la legittimit� del procedi


mento adottato per ila determinazione della base imponibile e fa sen


tenza aveva convalidato la 1scelta del critevio di valutazione pervenendo 

Di notevole interesse � anche '1a seconda massima che giustamente 
esclude che costituisca una pregiudiziale di diritto, da rimettere, previa 
sospensione, alla speciale sezione deHa Commissione provinciale, la scelta 
del criterio di valutazione; infatti sulla scelta del criterio di valutazione 
non pu� proporsi censura sotto forma di violazione dell'art. 16 del d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639, potendo la Commissim:1e adottare un criterio anche 
diverso da quelli previsti dalla legge, mentre � consentito soUanto, con 
l'impugnazione ex art. 29 terzo comma, controllare l'adeguatezza della 
motivazione sul criterio prescelto (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 
539, nonch� Cass. 18 gennaio 1971, n. 90, in questa Rassegna, 1971, I, 400). 



688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
alla dec1araforia di iLlegittimit� per J.a vfa del ,riJscontro dell'errore qua688 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
alla dec1araforia di iLlegittimit� per J.a vfa del ,riJscontro dell'errore qualifka
�to, iil rilcorso (e le deduzioni della controrilcorren1Je) non coinvolgono 
1n alcun modo la ,scelta deJ detto criterio (peraltro aderente a recentissima 
gimisprudenza di questa Covte), bensi la sussistenza e la conoscibilit� 
del denunziato viziio da parte deJ giudice edito: vale a dire che 
la vertenza si mantiiene sul piano della valutazione. 

In proposito � da ricwdare che le 'controversie cui d� luogo l'accertamento 
dei tributi -tiipi1ca esplfoazione di attivit� ammiinistrativa 
compiutamente regolata da norme di relazione (S.u. 1573/70) da cui 
sorgono diritti soggettivi per iJ. privato -troviano, in materia di imposte 
indirette .sui trasferimenti di ricchezza, un diverso assetto, a seconda 
che si riferiscano alla deter:rniniaziione del valore o ad altra ipotesi di 
appHcazione deUa legge. 

L'art. 29 del d.'l. 7 agosto 193:6, n. 1639 <Stabiltsce per '1e pri:me la 
competenza in prima 1stanza de11e Commissioni distrettuali ed, 1n secondo 
grado, di quelle provi:nciaH, salvo -avverso le dedsioni di quest'ultime 
-il ricorso all'A.G.0. per � grave ed evidente errore di 
apprezzamento ovvero per mancanza o insufllcienza di calcolo nella 
determinazione del valore �; e per le altre la competenza in prilmo grado 
de1le Commissioni provinciaU ed in 1seoondo grado di quella Cenfa�ale, 
salvo M rico,vso a11'A.G.O. nei modi stabil1iti da1La [egge e salvo ;il riicorso 
diretto alla Cor,te di Cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione 
(S.u. 290/71; 118'2 e 226�4/70; 1172/68). 

Sul piano delle guarenttg,ie giurisdizionali tale diversit� (con la 
quale non si introduce, per lla iproponibillit� dinanzi al g.o. de11e controversie 
di estimazione semplice una condizione -;preventivo esperimento 
del dcorso alle Commissioni tributarie -non richie�sta per 
quelle idi ,estimazione complessa, ma si tiene conto della diversa essenza 
delle rispettive questioni), si traduce in �un difetto di giurisdizione del 

g.o. a dJirettamente oonoocere deJ.,Le questioni di mero estilmo (S.u. 
1181/70; 1766/6,8), rispetto alle quali la tuteila dei diritti soggettivi 
violati rima;ne espvessamente devoluta al detto g. speciale. 
Ed invero, mentre l'iautonomia e possibile coeststenza neJ,l'esperimento 
dei mezzi di tutela -consentita (a differenza di quanto disposto 
dall'art. 22 del r.d. 1639/36 per le II.DD.)" dall'art. 148, Lo. registro si 
coovdina alla dive11sa natura dei relativi giudizi (1l'uno avente ad 
oggetto la determinazione degli elementi dell'obbligazione tributaria, 
l'altro la legittimit� deWa,ccertamento, .tradotto in titolo esecutivo: S.u. 
2175/619; 478/65); viceversa nehle ,controversie aventi ad oggetto la dsoluzione 
di questione relative alla determiinazione del valore, il ricorso 
a1l g.o. -dall'art. 29, d.l. 1639/3,6 consootito solo dopo decisione della 
Comm1ssione provinciale -non altrimenti pu� configurarsi che come 
fase incidentale del processo tributario per l'impugnazione, di mera 
legittimtt�, della decisione definitiva, avente ad oggetto l'accertamento 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dell'esilst,enza del detto vizico e per dsUJ1tato l'annullamento della decisione 
impugnata quale mezzo al fine del:1a prosecuzione del giudizio tributario 
di merito (S.u. 352/71; 958 e 2175/69; 896/67) e tale diverso 
sistema �si coo:rdma 1aUa diversa essenza delle controversie di estimo 
(imperniate su un atto delil'Amministrazione normativamente vincolato 
al verilficarsi dei pre.supposti tipici -al quale, perci�, viene attribuita 
prevailentemente efficacia dichiar1ativa) Ja cui ,cognizione � pi� utilmente 
e pi� efficacemente affMata alla competenza giuriisdiziona,le, in 
sede :locale, di organi appositamente composti con esperti conoscitori 
della marteria imponibile (S.u. 1181/70) e che pongono questioni meramente 
estimative non implicanti la risoluzione di deUcate questioni 
giuridico interpretative. Ed � apipunrto con riferimento alla detta natura 
del giudizio ex art. 29, d.,l. 1639/316 (norma della cui conformit�, articoli 
24 e 113 Costttuzione queste S.u. hanno gi� aV-Verttto: �sent. 2,664/70) 
che questa Corte ha delineato 1a ooezione e l'ampiezza del controllo 
affidato al g.o., escludendo �sia l'impugnabilit� diretta delle decisioni 
tributarie di primo grado non investite (od inrirtua1menite) nei teTmini 
(<sent. 2664/70), sia la deducibdilit� al g,iudke di prima istanza di altri 
motivi di legittimit� (es. generico difetto di motivazione ex art. 42, 

r.d. n. 1516 de,l 937, diverso dal difetto qualifiicato ex art. 29 detto) 
in relazione all'art. 6 della il. 2248, del 186'5, aJJl. E (S.u. 90/71). 
Col controricooso, a sostegno della deducibilit� dketta, in sede di 
procedilIIlento monitorio, dei vizi denunziarti 1con l'atto di opposizione, la 
soc. resistente a�ssume che ila decisione non si � limitata ad un g,iudizio 
di mero estilIIlo, avendo esaminato �e risoilrto notevoli e controverse questioni 
di diritto, rilevanti per i,l �sindacato di legittimit� sul decreto 
ing. fiscale; ma aggiunge che, ove iJl giudice� fosse sce,so alla valutazione 
del merito della pretesa, avrebbe superato i },iJmiti della propria giurisdizione, 
invadellidlo il campo deH'�estimazione r~servato, a.J.l'Amminlistrazione 
finanziaria. 

Entrambi gli aspetti deHa deduziione non colgono nel segno. 

Il primo trova neHa proposizione conclusiva la propria smen,t:Lta. 

Ed invero, in tema di giudizi di estimazione, sono questioni di 

diritto .sulfa imposizione tr,ibutaria -fa cui ipregiudiz,i:ale risoluzione, 
attraverso finter1pretazione, anche se agevole, di 1eggi, regolamenti, 
negozi giuridici o la determinazione di criteri giuri!di:ci che debbano 
presiedere a11a valutazione 1concreta rende complessa l'estimazione e 
fonda il potere cognitivo del g.o.: sent. 8123-8.24 -1182: -1839/70; 17272207/
68; 1331/67; 1590-2048/65 -quelle necessariamente ed inscindibilmente 
connesse aLl'apprezzamento dei fatti accertati (es.: natura dell'atto 
in relazione al trasferilIIlento di i'~cchezza tassabile; natura del 
bene in relazione a norma cla1ssifi,catoria; ecc.); ma a tale categoria 
non � riconducibile la scelta del criterio di valutazione e la determinazione 
de'l valore imponibile del bene (quando risultino, come nella spe



690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cie, basarti su operazioni di ca~mttere meramente tecnico, quali sono 
quelle che attengono alla rilevazione dell'obiettiva �Consistenza quantitativa 
e qualitativa del ces1pite, aJJ.'individuazione dei fattori di calcolo 
ed a1l'espletameinto di questo: sent. 1181 -1182/70; 1172-1737I
� f�� 
302,6/68; 1241/67), 'se non a ipa:tto di �convertire da incidentali in necessarie 
s1a la pregiudizialit� deUa questione di diritto su queUa di vaJ.utazione 
che fo sdoppiamento dell'unica 'controversia tra le comm~ss1oni 
dspettivamente competenti nelJ.e !relative questioni e la conseguente 
sospensione del giudizio di valutazione. 
Ll secondo aspetto non � risolutivo. 
Ben � vero che per la natura stragiudiziaJ.e del decreto m�nitorio 
fiscale (di cui agU artt. 2 sgg. t.u. 14 aprile 1910, n. 639; 144 sgg. t.u. 
30 dicembre 19.23; n. 3269) e per la sua essenza (di atto di accertamento 
ed imposizione del tributo, nonch� di intimazione di pagamento, esecutivo 
ex art. 144 l.o.r. pur in mancanza dei requisiti richiesti dall'art. 474 
c.p.c., epperci� idoneo alla realizzazione coattiva della pretesa tributaria), 
l'opposizione deve �configurarsi come l'atto introduttivo di un giudizio 
di cognizione piena, inteso quindi non alla mera declaratoria di 
illegittimit� formaile o sostanziale del decreto, bensi ahl'accertamento 
� ci,rca l'avvenuta artrtuazione tjei presupposti stabiliti dalla legge per la 
costituzione delle situazioni attiva e passiva del rapporto tributaTio 
(S.u. 609-1573/70; 975/68; 2339/67); che, essendo la costituzione di 
tale rapporto disdpllinata da norme di relazfone, a tutela dei diritti 
soggettivi delle parti, l'opposizione introduce, sotto il pTofilo della 
� causa petendi � un'azione normalmente esperibille dinanzi al g.o. ex 
art. 2, I. 2248 del 1865, ailll. E (senrt. 5821/69; 1374/65,); che J.'in1d:agine 
affidata al giudice, fuori dai casi di vizi fOTmaili' rilevanti per la stessa 
.esistenza (ed esecutorit;t�) del decreto ingiuntivo fiscale, va in�dirizzata 
aUa verifica della sussiistenza del potere de11'Amministrazione ed, in 
defiinirtiva, deltla fondatezza della pretesa tributaria (sent. 1'5'73,/70). 
Tuttavia, �quailora l'opposizione investa il decreto ingiuntirvo anche 
neHa �SUa funzione di atto di a'ClCertamento deg1i elementi di fatto per la 
imposizione del tributo, e1suJ.a daJ.la �competenza giurisdizi'Onale del g.o. 
fa rilevazione della sussistenza e portata di erxori vizianti la concreta 
determinazione della base 1mponibHe, poich� taile rfilevazione si rifletterebbe 
'Sul portare di accertamento pertinente all'Amministrazione finanziaria, 
non contestato neU'an, e verr�ebbe� a sovvertire, in orcline al 
quantum, �l'ordine de1le giurisdizioni predi-sposto in materia p'roprio 
dall'art. 29 J...o.r. 
Ed �invero, .se �Si ammettesse l'estensibiJ.it� del giudizio monitorio 
fiscale ad ogni aspetto di fondatezza del!la pretesa, si svuoter:-ebbe di 
.contenuto la giurisdizione speciaile delle Commissioni tributarle, cui � 
devoluta da detta norma la tutela delle situazioni soggettive incise 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sformando que1la attribuita al g.o. in mateiria da incidentale di legittimit� 
(sune decisioni definitive della Commissione provinciale: per 
l'ambito di estensione del controllo vedasi: S.u. 90-71) in generale di 
merito (dato che H procedimento �coattivo di riscossione delle imposte 
indirette si ini2lia normalmente -diversamente che in materia di 
imposte dirette mscuotibili mediante ruolo, irn cui .� preceduta dalla 
notifica al OO!Il�tribuente di U!Il avviso di accertamento -propvio con 
!'�ingiunzione fiscale ex art. 144 e '149 l.o.r. 31269/23, a:lfa quai1e solitamente 
segue la pvoposizione delil'opposiziorne). 

E ad una tale lncisiorne su.11'ordine de1le giurisdizioni non saiprebbesi 
trovare n� un fondamento razionale (tenuto conto che l'orpposizione 
pu� essere proposta, a sceiLta,�sia in via amministrativa che giudiziaria 
-con l'untca :SalrJ.Zinne, nel caso la prima venga omessa, che l'Amministrazione, 
ancorch� rsoccombente, norn pu� essere condannata ahle 
spese -�e che, per riicevuta giuri�sprudenza (sent. 682/69; 1374/65; 
2850/63) il termine di trenta giorni, previsto negli art. 3, 1. 639/910 e 
145, 1. 3.269/923 daltla notifica dell'.ingiurnzione, � dilatorio per l'inizio 
dell'esecuzione e non .gi� perentorio per la proposizinne dei reclami 
e dell'oipipo:sizione; ed � conseguenziale che le contestazioni relative a 
questioni di estimo semplice non possano vel'sarsi ne0l procedimento 
monitorio fi1scale, ma debbarno porta11si alla cogniztone delle Commissioni 
fiscali); n� un fondamento positivo (esorbitandosi dalllo schema del 
rimedio ex art. 29 l.o.r., che collega il riscontro di legittimit� ad un 
vi2lio del:la decisione definitiva deilla Commirssione prov:incia�Le e non del 
provV'edimento amministrativo di accertamento.; e non potendosi, d'altra 
parte, �legare alH'art. 2 della 1. 2248/865, aill. E, un potere cognitivo 
del g.o. in deroga al msposto dell'art. 6 stessa l., da.to che l'omessa 
adizione de1la giurisdizione speciale -peraltro ritenuta pienamente 
idonea ad offrire, per le controv~sie in mateiria di estimo semplice, 
sufficiente e adeguata tutela sia al contl'ibuente che aill'Amministrazione 
finanziaria: S.u. 1181/70; 217'5/69 -crea una fuattW'.'a al nesso causale 
tra l'errrore di valutazinne e la lesione del dirttto deJ. contribuente). 

Pertanto e conclUJsivamente, mentre bene l'adito giudice conobbe 
delile contestazioni (qui non pi� controv�erse) relative alJ.'identifi.cazfone 
dell'atto-negozio sottoposto a tas~azione ed al mezzo tipico di conoscenza 
legale ,che di taile atto ebbe l'Ufiicio (enunciazione) e cio� attinenti 
ai presupposti legai.i per la costituzione del diritto ruta percezione 
del tributo, i!l cui 'accertamento implicaV'a un'operazione g.iur~dlca 
ver:ificabiJ:e anche dli utffkio con rpieno potere dii aipplli!care al caso 
concreto la rncxrma gliiuridi:ca che dieV'e 111egoJ..arlo, viceversa avirebbe 
dovuto riscontrare assoluta carenza di potest� giurisdizionale in ordine 
aiLla rilevazione di un vizio (grave ed ev:idente errore di apprezzamento) 
fuori dallo schema (trasfusione di esso nel:la pronunzia definitiva del 


692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
giudice speciaile �competente) �cui la legge attribuisce idoneit� a conferirla, 
per pavticolar.i effetti (giudizio incidentale di iegittimirt� su quella 
pronunzia). 
.A!ssorbi.ti gH altri iprofiili di �censura, in accoglimento del r-icorso, 
la sentenza dmpugnata va cassata .senza rinvio, ai sensi deil.l'art. 372 c.ip.c. 
perch� la �causa nml 1poteva essere proposta, per le ragioni di cui 
sopra. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1447 -Pres. leardi 
Est. 
Vir.giJlio -P. M. Gentiile (conf). -lmpO'l't Esiport De Angelis 
(avv. Guildi) c. Ministero delle Finanze ('avv. Stato Soprano). 
Imposta di registro -Forniture alle Amministrazioni dello Stato 
Legge 23 marzo 1940, n. 283 -Natura -Esenzione di cui all'art. 45 
tabella D della 1. di registro -� compatibile. 1 
(1. 23 marzo 1940, n. 283, art. 3; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tabella D. 
art. 45). J 
'~ n particolare regime tributario stabiLito dall'art. 3 della l. 23 mari: 
zo 1940, n. 283 non introduce una disciplina speciale dei negozi di vendita 
e appalto con i quali le Amministrazioni dello Stato si riforniscono 
di merci, derrat;� e cose mobili, ma semplicemente sottopone i 
due negozi, difficilmente distinguibili, ad un'unica aliquota e, in deroga 
all'art. 94 della legge di registro, pone sempre l'imposta a carico del 
privato contraente. Conseguentemente questo particolare ma non ectcezionale 
regime tributario non esclude che le scritture private di vendita 
di merci, macchine e prodotti industriali che nel commercio esercitato 
dal venditore siano destinate alla rivendita, siano da registrare soltanto 
in caso d'uso a norma dell'art. 45, tab. D della legge di registro (1). 
' 
(Omissis). -Con l'unico motivo di mcovso la ditta lmpOTt Export 
De Angelis denuncia v�iOllazione e fa~sa applicazione dell'art. 45 deil.la 
tal"iffa alleg�ato D a1la legge di registro, nonich� dell'art. 3 della 1. 23 marzo 
1940, n. 283, per avere erroneamente ila COTte di appello ritenuto 
applicabHe a1la fatHs1pecie negoziale (pur e1sattamente quafdficata come 
(1) La sentenza 24 ottobre 1970, n. 2136, leggesi in Foro it., 1970, I, 
2675; v. anche F. BATTISTONI FERRARA, Le forniture alla Pubblica Amministrazione 
e l'imposta di registro, in Dir. e prat. trib., 1968, II, 275. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 693 

compra:vendi<ta, e non come somministrazione od appa'l.to) l'aliquota del 
2 % prev:ista dal �citato art. 3 della l. n. 283 del 1940, e non quella 
deUo 0,50 % fissata dal!la tariffa con riferimento a:i contratti del ttpo 
in esame da registrare solo in caso d'uso. 

In partkolare, sostiene la riccmrente che il'art. 45 della tariffa allegato 
D ail:l:a legge di registro -nell'ambito del quale andava considerato 
il raipporto in :contestazione -non � stato derogato dailil'art. 3 
della 1. del 1940, 1contenente particolari disposizioni sul trattamento tributario 
relativo ai .contratti con i quali le amministrazioni defilo Stato 
od equiiparate si riforniscono, mediante compra-vendita oppure mediante 
appatlto, di merci derrate ed altre co:se mobhl.i. 

La censura � fondata. 

Questa Suprema Corte ha gi� avuto occasione di chiarire (sent. 24 ottobre 
1970, n. 2136) che la legge del 1940, n. 283 (come gi� la prec�dente 
legge n. 940 del 1930) non intese affatto creare per i �Contratti di fornitura 
stipulati con le amministrazioni dello Stato o a queste equiparate, 
una disciplina .propri�a, va:le a dire distinta e �svincolata dal regime istituito 
dalla ilegge di reg;istro per i �contratti sti!pUJlati tra i privati, ma 
intese unkamente, da una parte, al fine di evitare il!e difficolt� di discriminazione 
che in pratica si presentavano con sempre maggiore frequenza 
tra le due forme negoziaU, assimHaxe le vendite ag.U appalti, aissoggettando 
Je une e gli altri a:Ha medesi!ma aliquota del 2 % vigente per 
questi ultimi e daiH'altra porre l'wposta sempre a caxico del privato 
contraente, �sia che si fosse trattato di vendita, sia che si fosse trattato 
di appalto. 

Fu anche chiarito con la c1t~ta sentenza che l'art. 1 della legge 

n. 2�83 del 1940, denunciando il proprfo carattere derogaitJivo dspetto 
all'art. 94 della .Jeg.ge di registro (�che regola hl. carico dclil'imposta nei 
contratti con lo Stato), ed omettendo qualsiasi riferi!mento ail.la tariffa, 
rivela chiaramente che con il.e innovazioni introdotte si volle sottanto 
modificare l'irnciden2ia dell'onere dell'imposta tva le parti contraenti e 
non anche -�ci� che, oltre tutto, non avrebbe trovato alcuna grustificazione 
sul .piano logico -sottoporre i contratti di forniLture sttpulati 
con lo Stato ad un trattamento tributado pi� oneroso di quello riservato 
agli analoghi contratti conc1UJsi con i privati. 
Sulla base di questi pri!nciipi deve, quindi, ritene.rsi che al menzionato 
avt. 3 delila ilegge del 1940 non pu� attribuivsi eftl<cacia derogativa 
:anche dspetto al regime .tributairio, previsto dall'art. 45 della taTiffia 
allegarto D a:Ha legg.e di registro, riguardante ie scritture pdvate (da 
registrarsi �solo in caiso d'uso) di vendita o promesse di vendita di merci, 
macchine ed altri prodotti industriali che nel commerdo e:Sercitato dal 
venditore sono destinati al.la rivendita. 

Ne .consegue che, relativamente ai contratti stipuJati con lo stato 

o con le amministrazio'llii ad esso equtparate, l'art. 3 della legge del 1940 

694 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� operante solo neH'.iJpotesi in cui i �con.fa�atti siano da registrare iin termine 
fisso (con la con�seguenza che �iin tal caso le figure negoziaili della 
vendita e de1l'appalto sono equiparate ai fini della aliquota d'imposta), 
mentre itl!ella divel1Sa ipotesi di .contratti, stiprulati con \le pi-edette amministraz,
ioni, ri:entranti nello schema dehl'art. 45 delila tM"iffa al!legato D, 
sar� applfoabile l'ail~quota prevista da tale norma e non quella di cui 
all'art. 3 della legge del 1940. 

Nella seconda delle prospettate ipotesi risorge, conseguentemente, 
l'esiigenza �di distinguere tra contratti di appalto e di vendita, in relaz,
ione alla differienzi:azione di trattamento che fo stesso a�rt. 45 prevede 
per ile due figure contrattuali. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1449 -Pres. Ros


�sano -Est. Spaidaro -P._M. Del Grosso (coni.) -Ministero delle 
Fmanze (avv. Srtafo Soiprano) c. Girotti. 
Imposte e tasse in ~enere -Imposte indirette -Azione ordinaria -Auto


nomia -Decisione di Commissione -Termine semestrale -Do


manda riconvenzionale -Inammissibilit�. 

(r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269, art. 145 e 146). 
Poich� in tema di imposte indirette l'azione ordinaria dinanzi all' 
A.G.O. � autonoma e non costituisce impugnazione della decisione della 
Commissione delle Imposte,� la domanda della parte attr�ce non comporta 
devoluzione al giudice ordinario di tutte le questioni soUevate e 
decise in sede di contenzioso amministrativo, ma solo di quelle ritualmente 
proposte con la domanda stessa. Conseguentemente la parte convenuta, 
dopo-la scadenza del termine di sei mesi di cui aU'art. 146 della 
legge di registro, non pu�, con azione riconvenzionale, proporre domande 
che investono altri capi della decisione della Commissione diventata 
per questa parte irretrattabile (1). 

(1) La sentenza 8 giugno 1964, n. 1402, citata nel testo, � riportata 
in questa Rassegna, 1964, I, 1133. La dedsione fa esatta applicazione del 
principio della autonomia delle giurisdizioni e giunge alla conclusione che 
all'azione ordinaria non siano applicabili le regole delle impugnazioni 
incidentali. L'affermazione non pu� tuttavia essere applicata con assolutezza. 
Solo quando gli oggetti dell'azione principale e deMa domanda riconvenzionale 
siano, come nel caso, nettamente distinti e indipendenti � 
possibile negare l'accesso all'azione riconve~ionale; spesso per� la doman

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 695 

(Omissis). -Con l'unkio motivo, la ricorrente Amministrazione 
delle Finanze, denunciando il.a viotlazione dell'a:rt. 146 della il.eg.ge di re_
gistro (r.d. 3'0 dicembre 1923, n. 32.69), .in reil.azione a1l'a:rt. 360 n. 3 
c.rp.c., �ensura l:a npugnata sentenza per avere ritenuto che il.'azinne 
giudizd!aria ,proposta da essa ricorrente, pur essendo circoscritta a�hla sola 
domanda concernente la legittimit� della tassazione del valore di avviamento 
dell'azienda, che Ja Com.missione Cenrtraile, �oon la decisione del 
13 maggio 1965 aveva, invece, dichiaTata illegittima, comportasse la 
devoluzione al giudice ordinado ainche de11e ail.tre questioni, concernenti 
i criteri seguirti per l'aiccertamento di valore effettuato dahl'Ufficio con 
riferimento�alla data di 1costituzione deUa nuova Societ�, e gi� dibattuta 
avanti alil.a Commissione tributaria, che tali criteri "avevano dconosciJuti 
legittimi, e per avere in conseguenza, affermato che non sussisteva 
preclusione aLl'esame della domanda dconve:nzionaile, proposta dal BelHni 
e dal Girotti e diretta appunto a far dichiarare, con la i:llegi:ttimit� 
di .tali criteri di tassazione (con aiprpliJcazione di una diversa tariffa), 
quella dehl'intero accertamento reil.ativo all'atto del 15 novembre 1959 
in Notar Forestieri. Sostiene, .pe:rtanto, che la impugnata sentenza, prendendo 
in esame tale domanda riconvenzionale e dichiarando, col suo 
accoglimento, la Hlegittirmit� in � toto� idehl'accertamenrto di valore, di 
cui all'avviso notificato ai 1contribuenti il 12 noV'embre 1960, � incorsa 
in errore, e rileva che, essendo decorso il termine dei sei mesi, previsto 
dalil.'art. 146 della �legge di registro, per ricoo:rere a1l'autorit� giudiziaria 
avver�so la decisione dehla Co:rrtmi�ssione Centrale, i contribuenti stessi 
erano decaduti dal diritto di far valere le pretese, oggetto di quella 
domanda riconvenzionale, in ordine alle quali la diversa statuizione 
eme�ssa dalil.'anzidetta comimssione centrale sulla legittimit� dei criteri 
seguiti dalil.'Ufficio per il'accertamento, che non erano stati dedotti in 
giudizio da essa ricorrente, andava mantenuta ferma. 

LI motivo � fondato. 

Con it'ifer�irmento ad una identica fattispecie, nella quale l'Amministrazione 
delle. Finanze �aveva adito l'autorit� giudiziaria esclus1vamente 
per fare� dichiarare la legittirmit� della iJmpo�si2lione di una sovrata�ssa 
per un contratto di fornitura (e ci� in difformit� del solo capo di una 
dectsione della Commissiooe Centraile, che aveva dichiarata, invece, fa 
hlil.egittimit� di tale sovratassa sulla base di �una div;er.sa configuraz.ione 

da riconvenzionale si intreccia intimamente con la principale, incide sulla 
qualificazione dell'atto e sulla interpretazione della stessa norma invocata 
dall'attore, s� �Che diventa quanto meno difficile distinguere l'azione riconvenzionale 
dalla eccezione. In ogni caso, comunque, sar� consentito al 
convenuto invocare un diverso tit�lo della ta::;sazione, senza un mutamento 
del petitum, il che non d� luogo ad un'azione r.iconvenzionale. 



696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

data al contTatrto di fon�tura), mentre, daJ:l'altra parte, il contribuente, 
convenuto fa1 giudizio, 'aveva proposto, quando era di gi� decoTso H termine 
dei sei mesi previsto dall'art. 146 della legge di registro, domanda 
riconvenzionale per fare dichiarare ila i:lilegittimit� della misura del valore 
imponibile della ta,ssazione, che era stato, invece, ritenuto le.gittimo 
dalla statuizione della Commissione Centrale, questa Corte Suprema 
ha affermato i:l principio, secondo �cui l'autonomia del procedimento davanti 
aille Comrm:issioni amministrative rispetto a quello che viene ex 
novo instaurato davanti ailJ.'autorit� giudiziariia ordinaria non comporta 
la devoil.uzione al giudice ovdinario di tutte le questioni, sollevate e decise 
in sede di .contenzioso amministrativo, ma soil.tanto di quelle, sollevate 
.con le domande tempesti'V'amente e dtualmente proposte dalle parti, 
talch�, matUTato U termine di decadenza iprevi1sto dal citato art. 146 
de1la legge di �registro, ila statuizione deHa Commissione Centrale rimane 
ferma rispetto alle questioni ed eccezioni, gi� risolte con la ,statuizione 
stessa e non riproposte avanti al giudice ordinario, con la conseguenza 
che al.fa parte, che sia incorsa nella �suddetta decadenza, non � rp,i� consentito 
neanche riconvenzionalmente, di risollevare tali questioni ed 

eccezioni (Cass. 8 giugno 19'64, n. 1402). 

Ora, nel caso di specie oggetto del presente giudizio, � pa'Ci<fico che 
la domanda, 1proposta dall'.Amministrazione avant,i a1lJ.'autorit� giudiziaria, 
fu diTetta, come � stato �anche precisato dalla Corte del merito, 
esclusivamente a far dichiarare la le�gittimit� della tassazione del vaiLore 
di avvii.amento dell'azienda, �che la Commissione Centrale, con la decisione 
del 13 maggio 19'65, aveva, inve�ce, dichiarata illlegittima, confermando, 
per fil resto, J.a �statuizione della Commissione Provindale, concernente 
la legittimit� dei criteri seguiti dall'Ufficio per l'accertamento 
del valore imponibile (.riferibilit� dei va'loTi alla p.ata della costituzione 
della Societ� in nome ,coUettivo, ossia aiLla data deiLI'atto 'in Notaro Forestieri, 
:e legittimit� de'l<l'aliquota applicata); come � del pari pacifico 
che, �con la doma1I1da ri1convenzionale, i 1contribuenti, convenuti in giudizio, 
�chiesevo che fosse dichiarata :la illegittimit� in � toto � dell'accertamento, 
ossia ,che fossero irciesaminate anche tutte le a�ltre questioni 
relative ai criteri seguiti per 1l'accertamento� deil. valore irn!ponibile, che 
erano �state r�1solte nel �senso della loiro il.egittimit� dall'anzidetta decisione 
della Commissione Centrale e che non erano state dedotte :in giudizio 
,con la domanda giudi~iale proposta da11'Amministrazione. 

Ed �, aHJres�, pacifico che tale domanda riconvenzionale fu proposta 

quando era idi gi� maturato .fil .termine di decadenza, previsto dail.'art. 146 

della il.egge di re~i�stro. Pertanto, � �chiaro che ila �impugnaita sentenza, 

rigettando le eccezioni di decadenza di ta,le domanda riconvenzionale 

dei convenuti, sollevate dall'Ammini,$razione delle Finanze, e portando 

l'esame su essa, ,con la conseguente pronunzia di aic1coglimento e di di




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 697 

chiarazione di illegittimit� in �toto� dell'accertamento, ha violato il 
prindpio giurisprudenzia:le, .sopra richiamato, in ordine al quale non 
sussiste n� � stata addotta alcuna valida ragione per discostarsene; non 
omettendosi qui di sottolineare che la validit� di questo principio trova 
confemna nelle decisioni di qruesta stessa Corte Suiprema, la quaile, sia 
pure con riferimento ail conclamato carattere giurisdizionale delle commissioni 
tributarie, ha affermato, �conco11darndo su questo punto con la 
pronuncia n. 12 deJ. 25 gennaio 195�7 della Corte Costituzionale, che Le 
decisioni di queste �commissioni, scaduti i �teiMl.ini di decadenza fissati 
da11e J.eggi tributarie per la rp�roposizione dei mezzi d'imrpugnaz.ione alle 
Commissioni superio!l.'"i o aU'autor�it� giudiziaria, acquistano carattere 
d'inrtangibilit�, re�stando preclusa fa possibilit� di rimettere in discussione 
le questioni, ogg.etto della relativa statuizione, venendo cosi ad 
a�cquistare .efficada di giudiocaito (Sez. Un. 21 giugno 1969, n. 2201). 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1457 -Pres. leardi Est. 
Miorabelli -P. M. Pascalino (conf.) -Masonii (avv. Preioni) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Tracanna). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione -Beni gravati 
da vincoli ed oneri -Determinazione del valore venale in comune 
commercio. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15). 
� legittima e non viola il principio di eguagiianza la valutazione di 
beni gravati da vincoli urbanistici od altri oneri. che tenga conto dell'incidenza 
di taii vincoli sul valore realizzabiLe in comune commercio (1). 

(Omissis). -Con l'unioco motivo di ricorso i ricorrenti, denunciando 
la falsa applicazione deH'art. 15 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1613�9, sostengono 
che la Corte del merito ha erroneamente negato Ja fondatezza della 
questione di legittimit� costituziorn.aJe, da foro sollevata avverso questa 
norma, in quanto, a loro avviiso, ne ha inesattamente inteso il significato; 
infatti essi deducono che 'Con la locuzione e valore venale in comune 
commercio � sioa da intendere Iil valore che H bene avrebbe ail momento 

(1) Massima da condividere pienamente. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del trasferimento se :fosse esente da ogni vincolo o iLi.m.iltazione, si che tale 
disposizione non (Potrebbe trovail"e aippl!i!cazione nelle iipotesi in cui i 
beni, ail �CU� trasferimento si apipJ.i!ca l'imposizione, si trovino assoggettati 
a vincoli, alla data dell'accertamento, senza porsi in contrasto con il 
pri1ndpio enunciato :ne1l'art. 53 della Costituzione, secondo cui iJ. cittadino 
� assoggettato a contribuzione in base aJ.ila sua effettiva caipacit� 
contributiva e non con ir.iferimento a valori patdmoniali :non c01Tispondenti 
alla realt�. 

Sia la censura �che il.a questione di fogittimit� �costituziona�le cl;le con 
H ricorso vengono sollevate sono per�, totalmente e manifestamente 
infondate. 

Con la :locuzione � comune �commercio � contenuta nella disposizione 
suindicata �si fissa infatti, �come ha egregiamente precisato la sentenza 
impugnata, il priiillciipio che :hl. valore dei beni, ai fini dell'imposizione, 
va determinato nello stesso valore �che i beni hanno, attraverso,iJ. libero 
gioco della domanda e dell'offerta, in una contrattazione tra privati, e 
non ha alcun riferimento aUa circostanza che i beni siano liberi o meno 
da vincoJ.i od oneri; anche il bene assoggettato a vincoli od onea:-i ha un 
valOil"e di comune .commercio, in quanto il valotre di esso viene determinato, 
nelle private contTattazioni, tenendo conto del�le limitaziooi di godimento 
e di disponibilit� che da questi derivano. 

I beni soggetti a vincoli di piano regolatore non sono, d'altronde, 
coone del pari esattamente ha esposto la sentenza impugnata, da COIIl:Siderrure 
fuori commercio, appunto in quanto non esiste alcun ostacolo 
giuridico che ne impedisca la commerciabilit�, sulla base del valore che 
pu� ad essi essere attribuito i!n dipendenza delle limitazioni suddette. 

I soggetti �che vengono assoggettati ad imposizione in relazione aJ. 
trasferimento di beni �sottoposti a vincoli od oneTi non si trovano, quindi, 
in situazione difforme da quella di altri dttadini, che siano assoggettati 
ad eguale imposizione in relazione a beni liberi da vincoli, n� viene loro 
imposta una �cootribuzione eccedente la J.oro capacit� contributiva, giacch� 
tale �carpacit� 1si determina in relazione al valore: del bene, quale 
ri!sulta dalJ.a va1uta2Jione anche della limitazione che vi grava. 

Escluso quindi 1che la norma dtata, nettamente interprefafa, si [ponga 
in �contrasto con i principi della Costituzione, 1p:otrebbe essere ipotizzata 
una violazfone de1la norma medesima, qualora riisultasse che nell'accertamento 
del valore non 1sia stata tenuta in ccin<to J.a svalorizzazfone derivante 
dai vincoli �di piano re.golatore; ma nel caso in esame taJ.e violazione 
non �sussiste, in quanto la sentenza impugnata ha dato atto, con 
insindacabile giudizio di merito, �che gilri. organi tributari hanno determinato 
il valore imponibile con speicifico riferimento alle limitazioni 
gravanti sui beni. 

LI Ticor.so, deve e�sseTe, .peirtanto, re�spinto. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR�IA 699 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 19r72, n. 146:3 -Pres. Giannatta.
sio -Est. D'Orsi -P. M. Di Maio (conf.) -Bhmchedi (a�vv. Mazzoni) 
c. Miniisteiro delle Finanze (avv. Sfato Alibrandi). 

Imposta J1enerale sull'entrata -Impresa aJ1ricola -Nozione -Pollicultura 
in batteria -Costituisce impresa commerciale. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 2; e.e., art. 2135; 1. 2 giugno 1961, n. 454, 
art. 29; 1. 13 giugno 1964, n. 486; 1. 13 maggio 1966, n. 356; 1. 3 :\llaggio 1971, 
n. 419). 
Rientra nell'impresa agricola l'allevamento del bestiame quando sia 
mantenuto un collegamento funzionale con l'attivit� agricola, mentre ha 
natura commerciale o industriale l'allevamento del bestiame quando 
l'organizzazione della produzione sia indipendente dalla coltivazione 
della terra. In particolare la pollicuitura, a seconda delle dimensioni e 
delle modalit� di funzionamento dell'azienda, rientra netl'attivitd agricola 
sia quando abbia valore secondario ed accessorio nella generale economia 
dell'azienda agricola, sia quando abbia valore preminente rispetto 
alla terra, mentre � da ritenere attivit� commerciale o industriale quando, 
per essere le attrezzature collocate sia pure in parte fuori del fondo 

o per essere di dimensioni sproporzionate ed e�ccessive rispetto al fondo, 
si venga a spezzare il collegamento funzionale con la coltivazione e lo 
sfruttamento della terra (1). 
(Omissis). -Con iJl priimo mezzo i ricorrenti lamentano la violazione 
e falsa arppl.tcazione dell'art. 21:35 c. c., in raipporto agli artt. 1, 2, 
3, 4, 6�, 7, 8, 13, 43 il. IGE 19 giugno 1940, n. 7612, e SUJccessive modifiche, 
art. 20 reg. 26 gennaio 1940, n. 10, in relazione �all'art. 360 n. 3 c.�p.c., 
omessa insufficiente e contraddirttoria motivazione art. 360 n. 5 c.p.c. e 
censurano la sentenza impugnata sotto il duplice aspetto della violazione 
di legge e del difetto di motivazione. 

Secondo i rtcoJ:Tenti, la Corte d'appello, dorpo essere partita dalla 
esatta rpl'emessa che anche la pollicultm-a pu� rientrare neil. concetto di 
allevamento del bestiame, �sarebbe poi <i!IlJCOl'sa in errore di diiritto e 
vizio J.ogko, iin quant,o non avrebbe l'itenuto che l'allevamenot del bestiame 
rientra ex se nella attivit� agricola, indipendentemente dalla. 
connessione con la �Coltivazione d�lila rterra, finendo, in conrtrasto con la 

(1) Decisione Cli ampda indagirne che stabiilllisce i tetrmi.nd. fondamentali 
della nozione di imprenditore agricolo. P�er la analoga questione, rilevante 
per� ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, dell'allevamento dei cavalli 
da corsa, (v. Cass., 20 maggio 1969, n. 1755, in questa Rassegna, 1969, I, 
711); in senso contrario per l'attivit� degli ortovaisti (cfr. Cass., 20 settembre 
1971, n. 2622, ivi, 1971, I, 1469; cfr. anche Cass., 15 luglio 1965, 
n. 1540, ivi 1966, I, 396 con nota di G. ANGELINI RoTA. 
12 



700 

premessa, col riconoscere all'attivit� dei Bianchedi carattere industriale 
perch� svolta accanto e non ad integ,razione dell'impresa agricoJ.a, con 
esclusione di ogni rapporto di accessoriet� e di complementariet�. 

Nelila memoria illustrativa del Ticorso e nella discussione ora1le i 
ricorrenti, svi1luppando questi argomenti, hanno ritenuto di scorgere 
un'evoluzione legislativa de'l concetto di .i.miprenditore agricolo nel senso 
da loro delineato ed hanno indicato, a sostegno di tale tesi, alcune recenti 
disposizioni legislative, insistendo soprattutto sU!lla legge 3 maggio 1971, 

n. 419, la q1Ua1e, emaha.ta per l'applicazione di due regolamenti della 
Comunit� Economica Europea, sancirebbe il carattere agrario dell'attivit� 
degli allevatori delle ,speci1e avicole e costttuirebbe interpretazione 
autentica dell'art. 2135 c. c. 
Itl mezzo, anche se nel 1suo svolgimento CO!tltiene alcuni spunti interessanti 
che ripl"opongono a questa Cor1te la verifica del!la sua costante 
giurtsprudenza 1sul problema di fondo relativo al 1contenuto e ai 'limiti 
del concetto di 'imprenrutore agricolo in relazione all'allevamento del 
bestiame .i.rn genere e dei polli in specie, non pu� essere accolto. 

La Corte d'appello, recependo un certo indiriz2lo della dottrina, autorevolmente 
sostenuto, che ha trovato talvolta accoglimento presso giudici 
di merito, ha rit.enuto innanzi rtutto che il termine bestiame dovesse 
essere inteso nell'accezione generica di animali allevati per l'agricoltura 
e per Ll"alimentazione dell'uomo e comprendesse, quindi, ogni e qualsiasi 
animale da carne e da uova, ma i lim:i,ti di applicazione di queisto, concetto 
son0 stati delineati solo per implicito, al1lorch�, scendendo ad esaminare 
l'estensione dell'attivit� deH'Azienda dei Bian1chedi ha accertato: 

a) che vi era un distacco netto tra la tipica e tradizionale impresa 
agricola di quattro poderi per complessivi ettari 50 concessi a mezzadria 
e quella pur locallizzata, quanto aJJla sede principale deH.o stabilimento, 
sugli stessi fondi di ;propriet� Bianchedi diretta all'allevamento dei polli 
in batteria e alla produzione delle uorva da cova; 

b) ,che gli impianti relativi all'aMevamento non consistev,ano solo 
in numerosi e moderni locali con le attrezzature per la cova artifiiciale 
delle uova, rper i'allevaimenfo dei pulcini, per l'ingrasso e la maceLlazione 
dei polli e per la loro conservazione in celi~ frigorifere, insistenti 
su due dei quattro poderi, ma si trovavano anche in dipendenze esterne; 

e) che presso terze persone, in .ci,que� punti diversi, erano state 

collocate incubatrici ed altre attrezzature idonee alla cova di varie 

miglliaia di uova e all'allevamento dei pulcini da ingrasso; 

d) 1che l'azienda S. Rita 1si occUJpava, presso tali posti este,rni, del 

rifornimento delle uova e dei mangimi nonch�, generalmente, del go


verno del .pollame con suo personale; 

e) 1che in Bologna vi era un de,posito per lo smistamento del pollame 
ed un altro era stato costituito in Rimini nell'estate 1959, durante 
la stagione ballneare; 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 701 

f) 'che mancava pedino la prova che venisse ricavato dai prodotti 
del fondo la percentuale di mangime (60 %) non soggetta all'l.G.E. 
(essendo il restante 40 % composto di sostanze che non potevano essere 
prodotte dalla coltivazione della terra); 

g) che non solo non era dimostrato �che I'imprendi-to'!'e si serviva 
della teTTa come mezzo necessado di produzione; ma che era ben chiaro 
che la localizzazione di parte degli impianti su propriet� Bianchedi era 
esclusivamente di �comodo e che il risultato voluto dall'imprenditore era 
rag.gilUlngibile ind~pendentemente dallo sfruttamento deJ. terreno, non 
uthlizzato neanche in �parte quale strumento di produ:z;ione. 

Secondo la Corte d'appello, .quindi, l'attivit� di allevamento di 
polli, pur rientrando in quella di allevamento del bestiame minuto, pu� 
rivestire car�attere 'agricolo solo quando per le modalit� del suo svolgimento 
venga a trovarsi i!n rappocto di accessoriet� e di complementariet� 
rispetto aihl'impresa agricola tr�dizionale della coltivazione della terra. 
E il collegamento, secondo il pensiero della Corte di arppeHo, potrebbe 
sussistere qualora, ad esempio, la terra fornisse all'allevatore il mangime 
per i .polli. 

Tali essendo le �censure dei ricorrenti e fil :ragionamento della Corte 
� necessario, come gi� si � detto, 'soffermarsi sul concetto di imprenditoce 
agricofo perch� se realmente all'attivit� di allevamento del bestiame 
dovesse essere riconosciuto carattere agricolo ex se e la pollicultura 
dovesse rientrare nel concetto di allevamento del bestiame, la sentenza 
impugna,ta non potrebbe esS&e mantenuta. 

�L'abrogato .codice di commerdo non dava una definizione di im


presa; ma, 1secondo la prevalente dottrina, intendeva la nozione di im


presa come elemento di commerciabilit� obiettiva e nell'art. 4 escludeva 

che fossero atti di commercio la vendita che fil proiprietario o il coltiva


tore facesse dei prodotti del fundo �suo o da 'lui coltivato, ed anche il 

codice 'civile 1865 si occupava '.(lell'attivit� agraria limitatamente ai 

rappor.ti contrattuali interessanti l'agricoltura; alloch� poi parlava di 

bestiame, come nel contratto di mezzadria o in quello di soccida, Jo. 

faceva sempre in funzione de1la terra. 

La minuta disciplina del:l'impresa agricola fatta dal 'legislatore del 

1942� rappresent� Uill!a novit� rispetto non solo alla legislazione prece


dente, ma anche rispetto agli altri paesi euroipei; la vi,sione di fondo 

del problema rimase, per�, sostanziahnente immutata, e iJ. contrario non 

pu� certo desumersi da1 fatto ,che menrtre nel :progetto lp!reliminail"e, a 

proposito dell'attivit� di aHevamento del bestiame, erano incluse le 

parole �su fondo proprio o altrui � tali parole scomparvero dal testo� 

definitivo. Il motivo non fu 'certo quello indicato da parte della dottrina 

di una voluta ,scissione dell'aUevamento dallo sfruttamento dehla terra, 

bensl, pi� sempH!cemen:te, di pperare tale scissione in rapporto ad un 


702 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

detel'IJninato fcmdo, al fine di evitare che potessero sorgere periplessit� 
in ol'din.e alla pastorizia tradizionala.nente transumante. 

E il termine bestiame, secondo un'autorevole opinione, fu usato per 
il suo valore particolare in agricoltura e cio� di bestie che servono alla 
coltivazione del f()[).do. 

Ci� ;posto, appare che ile possibili soluzioni ricavabili dall'esegesi 
dell'art. 2.rn5 c. c. sono tre: 

a) allevamento del bestiame come attivit� agricola ex se; 

b) allevamento del bestiame come attivit� agricola solo se in 
diretto rapporto con la coltivazione del fondo; 
c) allevamento del bestiame in .connessione col fondo (e non con 
la coltiivazione del fondo). 

La prima soluzione ha iJl ;pregio di un apparente chiarezza e del 
sostegno della lettera della no!l'ma; ma gi� la premessa stori.ca da cui 
parte (esclusione �sotto il codice abrogato de1la connessione con l'attivit� 
agraria) si rivela debole pel'ch� isolo in tempi molto recenti 'la tecnica 
ha forntto gli elementi necessari per l'aJ.l.evamento in modo particolarmente 
intensivo e a <Ciclo r.aipMo p!['eiscindendo da ogni proporzione tra 
estensione de1la tena e numero dei caipi. Nella formulazione dell'articolo, 
.per�, J.'aUevamento del bestiame � accomunato con la coltivazione 
del fondo e la sfilvicultura (attivit� di i1ndwbbia natura agricoli.a) e non 
� loro contrapposto ;per cui � 1ndispensabile un momento di co11egamento 
tra le �tre attivit� e questo non pu� essere che lo sfruttamento della terra. 

Questa intel'pretaziooe riJceve un'ulteriore conferma dalla nozione 
delle attivit� connesse qual'� data dal secondo .comma dell'art. 2135 c. c. 
Anche �se l'elencazione � :dconosciuta per costante g.iurisp!l'Udenza di carattere 
non tassativo (cfr. Cass. 16 novembre 19618, n. 3742; 15 luglio 
1965, n. 1540; 4 marzo 1959, n. 6122) essa fornisce pur sempre un indispensahi.
ile istrumento chiarificatore della ratio del legislatore. Orbene 
dal suddetto 1comma appare 1che le attivit� connesse attengono alla trasformazione 
e all'alienazione dei :prodotti agricoli, quando rientrano 
nell"esevcizio nol'male deU'agdcoltura. 

Se, adiunque, per le attivit� �Connesse, aventi carattere di accessoriet� 
� elemento essenziaJ.e l'inerenza alla terra, a maggior ragione da 
tale collegamento non pu� prescindeTsi in nessuna delle attivit� primarie, 
tra cui .rientra, come gi� 'S� � detto, quella dell'al.Ievamento del 
bestiame. 

La terza soluzione, posta di recente accanto alle altre due, asnche 
se frutto di un'intuizione acuta, pu� dar luogo ad incertezza e finiisce 
con l'Mentificarsi con la �seconda, che � queJ.la 1pi� rispondente aUa ratio 
e alla funzionaHt� della norma. 

In sostanza l'impresa agricola ha per oggetto, per definizione di 
legge, la coltiv�azione del fondo, la silvicoltura e l'allevamento del bestiame; 
ma se alcuna di queste attivit� che sono ritenute fondamentali, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 703 

diviene autonoma nel senso che si 1spezzi il. co1legamento funzionale con 
l'atttvit� agricola o quanto meno nel senso che la coltivazione della 
terra risiponda solo a finalit� accessorie dell'ianpresa, J.'imrp.renditore �

1

nominalmente agricolo, ma sostanzialmente �Commerciale. 
Nel ca:so �specifico dell'allevamento del bestiame non �, quindi, la 
natura del prodotto (animale vivo per Ja riproduzione o l'allevamento 

o l'ingrasso, 'carne e latte) che viene ad aver rilevanza e neppure la 
quantit� del prodotto stesso astrattamente �considerato, ma il modo di 
praticare l'allevamento. Il ca�rattere discretivo delJ.'attivLt�, che secondo 
la precedente \legislazione era dato dalla natura dell'atto di commercio, 
nel vigente 'codice civile si � spostato sul cwattere organizzatorio defila 
produzione ed � questo che nel nostro 1sistema legislativo � necessario 
tener presente per J.e numerose impUcazdoni che comporta e non quello 
affiorante negli scambi intem.azionali e nell'ambito della stessa comunit� 
europea, ove, rper una visuale p1rospettiva diversa e parziale, il'accento 
� posto su:lla natura del p.rodotto commerciato. 
La gturisprudenza di q~esta Corte � pressoch� costante nell'intendere 
in tal senso i ~imiti dell'attivit� agraria di allevamento del bestiame 
ed � stato cosi ripetutamente negato che fosse imprenditore agricolo 
colui che pratica J.'aillevamento e la riproduzione di cavailli da corsa 
(Cass. 20 maggio 1969, n. 1755, 4 marzo 195�9, n. 622; .10 ottobre 1955, 

n. 2951), mentre per l'attivit� di monta :taurina � stata ri:conosciuta la 
natura agricola nella sola eventualit� in cui l'attivit� medesima rion sia 
esercitata acttr�aver�so un'o!fgan:izzazione aziendale autonoma, ma sia inserita 
nell'organizzazione di beni, di capitali e di lavoro propTi dell'azienda 
agricofa (Cass. 28 luglio 1965, n. 1805', 15 luglio 1965, n. 1540). 
La sentenza n. 1245 del 17 maggio 1966, su cui i �ricorrenti hanno 
particolarmente ins~stitq, pur affermando nel corpo della motivazione 
che l'allevamento del bestiame rientra fra le attivit� definite agricole 
dalla legge e che l'interp!fete non pu� subOil"dinare quella qualifica al!la 
connessione con la coltivazione del fondo, non pu� essere indicata come 
apportatrice di un diverso indirizzo. 

Iin quena causa, ind:atti, di natura fallimentare, la contrapposizione 
venne soprattutto posta tra l'attivit� di aillevamento e quehla consistente 
nell'acquisto del bestiame con J.a finalit� prevalente di rivenderlo. E lo 
svincolo delil'allevamento .dalla connessione con '1a coltivazione del fondo 
non venllle esaminato ex professo, ma venllle dato per preswprposto e non 
fu neanche esaminato il problema del:lo s:fvuttamento del fondo in funzione 
dell'allevamento. 

Pi� delicato �si pTesenta l'e�same del secondo punto e:i$io� queHo 
relativo all'inclusione dell'attivit� avicola nel concetto di allevamento . 
del bestiame. 

Questa Corte ha finora escluso che H termine bestiame nella sua 
comune accezione potesse comprendere anche i polli e da~ punto di vista 


704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strettamente lessicale l'affermazione � esatta. Questa interpretazione, 
del resto, � ailla base dell'indirizzo giurisprudenziale che, prima dell'emanazione 
della ilegge 13 giugno 19'64, n. 486, escludeva il beneficio 
fiscale de1l'esenzione daill'imposta di consumo per i mat&iali impiegati 
nella costruzione degli aJ.1evamenti avicoli, sotto il profilo che il beneficio 
previsto daJI'iart. 29 della legge 2 giugno 1961', n. 454 �spettava solo 
per i materiaili impiegati nella 1costruzione e riparazione da 1parte di 
agricoltori 1singoli od assodati di impianti e di attrezzature per la conservazione, 
lavorazione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli 
e per l'allevamento del bestiame... (nel quale non veniva faitto rientrare 
l'allevamento di ipolli) (Cass. 7 novembre 1970, n. 22.67; 2 dicembre 
196�9, n. 38515), e In base allo stesso indirizzo � stato riconosciuto carattere 
innovati�VO (e non intepretaitiVO) aJ.la legge 13 giugno 1964, n. 486, 
che ha modificato :l.'w:t. 29 nel �senso di esentare daLla suddetta imposta 
i materiali per impianti e attrezzatur.e per stabulare, e far pascolare gli 
animali e gli uccelli, nonch� quelli impiegati per la costruzione e riparazione 
di abitazioni ed uffici annessi....agli allevamenti (Cass. 217 mag


gio 1971, n. 1571; 2 dicembre 1969, n. 3�855). 

Del resto la distinzione tra aLlevamenti di bestiame e allevamenti 

avicoli trovava riscontro nell"art. 17 della stessa le~ge del 1961 a pro


posito dei contributi per lo �sviluppo zootecnico. 

Ma la legge del '64, modificatrice di quella del '61, � impovtante 

perch�, ferma 11estando l'esigenza defila �stretta interdipendenza tra l'al


levamento e lo :sfruttamento della terra, tanto che definisce agricoltori 

i soggetti agevolati, ha abbandonato il termine bestiame per accomunare 

in una medesima disciplina l'allevamento di animali e di uccel:li. 

La successiva .legge 13 maggio 1966, n. 356, che, dettando norme 

sulla iproduzione avicola, demanda compiti di vigilanza al Ministero 

dell'Agricoltura e foreste, non pu� fornire alcun elemento decisivo circa 

la natma dell'attivit� delle imprese produttrici di uova da cova e pul


cini contrariamente a quanto ritengono i ricorrenti, ed � validamente 

invocabile solo per dimostrare .i:l crescente interesse del legislatore (do


vuto anche ad esigenze di carattere internaziona�le e comunitario) per 

una attivit� che finora non aveva assunto rilevanza autonQma. 

Pi� pertinente, invece, � il riferimento alla legge 3 maggio 1971, 

n. 419, la �quale, emanata per l'aipplicazione dei regolamenti comunitari 
1619/68 e 9�5/69 ha ne1l'art. 2., secondo comma, precisato che i tiitolari 
di imprese avicole singotli od associati, che dedicano direttamente ed 
abitualmente, in modo prevalente la loro attivit� o queHa dei propri 
familiari all'allevamento delle specie avicole sono considerati imprenditori 
agricoli. 
Questa norma -�contracriamente a �quanto .sostengono i ricorrenti non 
pu� essere vista come interpretazione autentica dell'art. 2135 c. c. 




PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 705 

Ostano a tale concezione la ,stessa formUllazione della disposizione e la 
sedes materiae in cui � contenuta. 

L'intel'!pretazione autentica di una norma (per giunta a carattere 
generale, quali quehle del codice ,civile) non pu� ricavarsi per implidto 
da una qualsiasi altra successiva disposizione di legge sulla stessa materia 
(rper ,giU1I1ta, a �carattere particolare), ma deve risultare chiaramente 
dalla nuova norma per la fondamentale �esigenza che la legge di interpretazione 
autentica � per sua stessa natura retroattiva e ha vigore, 
quindi, con riferimento al momento dell'entrata in vigore delil.a norma 
interpretata, venendo cos� ad operare in deroga al disposto deU'art. 11 
delle preleggi. 

La norma in esame, invece, pu� essere vista come indice della tendenza 
del legislatore a tener conto dell'iimportanza e dell'estensione che 
hanno oggi assunto gli allevamenti avicoli e di tale tendenza -ma con 
effetto ex nunc -deve necessariamente tenersi conto nell'iintel"!Pil'etazione 
delle norme preesistenti, perch� solo in base ad essa pu� rettamente 
parlarsi di interpretazione evolutiva. 

Gli � che compito dell'interprete � quello di far rispondere la norma 
scritta alle esigenze de1la vita sociale quali recepite dagli organi costituzionalmente 
�competenti entro i limiti in cui l'intrinseco contenuto 
della norma lo consente, senza farsi schiavo della sua Lessicale formulazione, 
.e 'l'interpretazione estensiv�a ipu� anche riguM"dare solo il sig:nicato 
di un termine, che, inteso in un'a,ccezione pi� fata (in armonia e 
non in contrasto con il �suo intrinseco contenuto) pu� offrire la soluzione 
del caso da ri:solvetre. 

D'altro canto com'� stato giustamente osservato, la nozione di bestiame 
non si incontra nella zoologia; essa non designa una specie animale. 
In realt� � nozione economica e sta ad indicare gl!i animali che 
sono tradizionalmente allevati sul fondo. 

Orbene se si volesse ricercare oggi il motivo per cui H \legislatore di 
trent'anni :fa non parl� nell'art. 2135 c ..c. delil'allevamento di polli, non 
lo si 'Potrebbe certo rinvenire nella �considerazione ch�. il legislatore 
medesimo volle considerare non agricola l'attivit� di allevare volatili; � 
molto rpi� logico rpresumere che ~l ilegislatore 'Consider� che tale attivit� 
non potesse assumere un carattere di preminenza sulla coltivazione del 
fondo (.come invece ben poteva accadere per !''allevamento del bestiame) 
e rientrasse, quindi, per il suo carattere di accessoriet�, nella categoria 
aperta dal,Je attivit� connesse. 

Ma la possibilit� che og,gi l'allevamento di voJ.ati:li V�enga ad assumere 
in un'azienda agri.cola carattere preminente, si ,che nel rapporto 
di relazione con la coltivazione del fondo � questa secondo attivit� 
che viene a rivestir,e carattere secondario e strumentale, fa si che non 
si possano considerare in modo diverso le ipotesi in cui un agricoltore 
sfrutti il suo terreno unicamente per il.'a1levamento di bovini, od anche di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

706 

caprini e di suini (costituenti la categoria del bestiame minuto); e queHa 
in cui nelle stesse condizioni allevi polli. 

Il carattere distintivo tra impresa agricola o commerciale e industriale 
di allevamento non pu� essere visto su1la base deMa specie del-
l'animale ma va dcercato nella struttura dell'organizzazione produttiva 
e nel �SUO collegamento inte.grale con la terra. 

Nel concetto di allevamento del bestiame, entro i limiti e nei sensi 
sopra esposti, pu� farsi, quindi, rientxare anche quello dei volatili, 
comunemente noti come animali di bassa corte. 

Conseguentemente la .pollicultw-a, a �seconda deLle dimensioni e delle 
modalit� di funzionamento dell'azienda !rientra nelle attivit� agricole 
sia quando abbia valore 1secoo1dario ed accessorio nella generale e.conomia 
dell'azienda agricola, sia quando abbia economicamente un valore 
preminente rispetto a1la terra; sar�, invece, attivit� commerciale o industriale 
quando, per essere ile attrezzature collocate, sia pure in paxte, 
:lluori del f001do o .per essere di dimensioni sproporzionate ed eccessive 
dspetto ail fondo si venga a spezzare il collegamento funzionale con 
la coltivazione e lo �sfruttamento della terra. 

I cosiddetti a1levamenti in batteria, infatti, hanno la :funzione di 
eliminare i rischi e di superare i 1limtti produttivi che sono caxatteristici 
dell'allevamento sul fondo. Essi 1cessano di essere attiwt� agricola. 

Sulla base di questi principi :pu� esse!re condivisa la tesi della 
sentenza impugnata allorch� ha incluso i volatili nel concetto di bestiame 
minuto e vanno :senz'altro disattese le censure contenute nel 
primo mezzo �stante H riconosciuto carattere di indipendenza del:l'attivit� 
di pollicultura, che, come ha accertato la Corte .di appello con 
incensurabile accertamento di fatto, si svolgeva in buona parte al di 
:lluori e lontano dal fondo, con posti esterni per i c.d. allevamenti in 
batteria (dr. in tal senso Cass. 13 ottobre 1970, n. 19i82). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 19712., n. 1464 -Pres. 
!�cardi -Est. Elia -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero deJ.le Finanze 
(avv. Stato .AiUbrandi) c. Concordato preventivo Impresa Lucca. 

Imposta di registro -Concordato preventivo con cessione di beni Non 
contiene obbligazioni di somme -Imposta proporzionale 
dell'art. 32 tariffa A della legge di registro -Non � dovuta. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 26 e 32; r.d. 16 marzo 1942, 
n. 267, art. 160 e 186;. e.e. art. 1977). 
Nel concordato preventivo con cessione di beni (art. 160 e 186 della 
legge fallimentare) il debitore non assume alcuna obbligazione pecuniaria 
verso i �.creditori, nemmeno nei limiti deUa percentuale stabilita 
in via di mera previsione; conseguentemente l'atto di cessione di beni, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 707 

assimilabile alla cessio bonorum dell'art. 1977 e.e., � soggetto all'imposta 
fissa dell'art. 26 delLa tariffa A della legge di registro e non all'imposta 
proporzionale delL'art. 32 della stessa tariffa (1). 

(Omissis). -Con l'un.Leo motivo del il'icorso, ila ricorrente .Amministrazione 
delle Finanze deillo Stato denuncia violaZJione degli articoli 
8 della legge di registro 30 dicembre 1923, n .. 32.69, nonch� degli articoli 
26 e 32 della Tariffa allegato A alla legge medesima, e degli artt. 1977, 
e.e., 160 e 186 della legge fallimentare 16 marzo 1942, n. 267, in relazione 
aJ.l'art. 360, n. 3 c.p.c., deducendo �che erroneamente la Corte 
di merito \l.'ltenne applicabile 1l'imposta fissa di registro iprevista dall'art. 
26 deilla taTiffa, mentre era invece aippltcabile l'imposta proporzionale 
di cui alil.'art. 32 della Tariffa stessa, perch� col concordato 
preventivo con �Cessione di beni, il debitore assume l'obbligo di pagare 
una percentuale dei debiti ed i creditori, in col'lrispettivo di ta�le assunzione, 
rinunciano al debito residuo, onde si ha Ullla assunzione di obbligazione 
di somma, ipari alla percentuale, da paxte del debitore. 

La censura � irnfondata. 

Come questa Corte Suprema ha gi� avuto modo di chiarire, nel � 
concordato preventivo icon cessioni di beni il debi:�toce non assume 
alcuna obbligazione pecuniaria, nemmeno nei limiti della percentua[e 
stabilita, tanto che, pe�r tl.'axt. 186 della �citata legge fallimentare, iil concordato 
preventivo non si risolve, se nella liquidazione si sia ricavata 
una pel'centuale inferiore. 

L'art. 26 della �tariffa ail.l. A al1a legge di registro dispone il.a registrazione 
a tassa fissa iper ile cessioni di �beni dal debitore alla massa 
dei �suoi creditori ipe;�, la vendita. 

L'ar�t. 32 della tariffa dispone invece :la registraz.ione con tassa proporzionale 
in :iipotesi di convenzioni o concordati contenenti obblLgazioni 
di somme. 

L'art. 160 della legge faillimentare autorizza l'imprenditore in istato 
di insolvenza a proporre un concordato preventivo offrendo ai creditori 
per il rpagarmento dei suoi debiti ila cessione di tutti i beni esistenti nel 
suo .patrimonio alla data della prorposta, prurch� \la loro valutazione faccia 
fondatamente ritenere che i creditori rpossaino essere soddisfatti 
almeno nella misura del quaranta per cento dell'ammontare dei crediti. 

L'art. 186 della legge fallimentare stabilisce che nel caso di con


cordato 1preventiv:o mediante �cessione dei beni non si verifica risolu


zione del concordato re nella iiquidazione dei 1beni ceduti si sia ricavata 

una percentuaJ.e inferiore alla predetta percentuale del �quaranta per 

conto dei .crediti. 

(1) Nello stesso sooso CRss. 8 liuigilio 196'6', !Il. 1793, in questa Rassegna 
1967, I, 635, con nota critica di G. ANGELINI ROTA alla quale si rinvia. 

708 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

� noto che l'art. 8 della legge di registro dispone che ile .tasse sono 
pagate secondo .l'intrinseca natura e gli effoti degli atti o dei trasferimenti, 
e che, se un atto non si trovi nominativamente indicato nella 
tariffa, � soggetto al!la tassa .stabilita per �l'atto �Con cui ha maggiore 
analogia. 

Poich� all'epoca di entrata in vigore de1la legge di registro non 
era previsto il .concordato preventivo mediante cessione di beni, instaurato 
dalla legge fallillll.enrtare, entrata in vigore successivamente a quella 
di registro, occome �considerare la natura e gli effetti del concordato 
preventivo con �cessiO!Ile di beni, per trovare la tassa da a.pplicare in 
via analogica. 

� da rilevare, al riguardo, che nel concordato preventivo con cessione 
di beni, il debitore .cede per il pagamento dei suoi debiti i propri 
beni, ed il tribunale, a sensi deH'm-t. 182 della stessa J.eg.ge, nomina uno 

o pi� liquidatori, �Che iprovvedono a rieavarne il valore. Se si ricava 
una pel'centuale inferiore al quaranta per �cento non si verifica risoluzione 
del concordato, bench� la vatl!utazione dei beni offerti in cessione, 
anteriore alla liquidazione, abbia dovuto far ritenere fondatamente possibile 
un ricavo SUJperiore a tale-percentuale. 
Nel sistema della legge, dunque, purch� la valutazione, anteriore 
alla J:iqwdazione, fa�cia .supporre un ricavo mag.giore del 40 % dei 
debiti, M concoroato preventivo con cessione dei beni pu� essere omol�gato, 
e nO!Il � risolto, se, poi, in sede di liquidazione, si ricavi un valore 
inferiore a tale rpereentuale. In altri termini, i creditori non hanno 
alcuna sicurezza di essere soddisfatti neppure nella misura del 40 % 
tale misura � CO!Ilsiderata dal le.gislatore come ipotesi probabile e non 
certa, ed il debitore, cedente i beni non � dunql,!e, tellJUto ad assicurare 
alcun pagamento, nemmeno nei limiti di detta ;percentuale� 

Non vi ha dunque alcuna obbligazione di somma, da parte del 

debitore, per effetto del concordato preventivo con cessione dei beni. 

Tale �cessiO!Ile libera il debitore, anzi, dalle obbligazioni preesistenti 

al concordato preventivo, e ad esse sostituisce il mandato irrevocabile, 

ad essi attribuito, di procede.re, con le formalit� di legge, a.Ua liquida


zione dei beni, e di pagarsi col ricavo della iliquidazione dei beni, cor


rendo il dschio di un realizzo inferiore anche alla percentuale del 

quaranta per cento. 

Come � noto, il debitore, per l'art. li977 c1c. pu� mediante cessiO!Ili 
di beni, incarica�re i creditori di liquidare .le .sue attivit� e di ripartirne 
il ricavato tfu'a loro, in soddisfazione dei loro �Credi.ti. Tale cessione non 
ha egetto traslativo della propriet� ai creditori, ma ha sostanza di un 
mandato a liquidare e soddisfarsi, che comporta, salvo patto contrario, 
la liberazione del debi-to�re (cass. 16 giugno 1965, n. 1250). Tale mandato 
� irrevocabile ed attribuisce ai �cessionari la rapp.resentanza del 
cedente (Cass. 26 febbraio 1965, n. 319). Anche quando interviene in 

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W�!�::::�~;,,;;;;jll;;;J;�;::;;A�*� ;.;; E;;Jf;;;;;:;;::;,w,;;:'.'.~�11~�;?:~?'�0�fftt~~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 709 

sede di concordato preventivo la cessio bonorum ai creditori per liquidare 
i beni e 'Soddisfarsi pone in essere un contratto della specie legale 
prevista dall'art. 1977 1c.�c. (Cass. 15 gennaio l954, n. 66). Il rilevato 
effetto liberatorio non � condizionato n� alila entit� del �ricavo, n� ad 
alcun rpagamento da parte del debitore, ma deriva unicamente, a termini 
del citato arit. 186� della legge fallimentare, dalla cessione dei beni. 

In riferimento al citato avt. 1977 �C.c., � da rilevare che esso pone 
in essere proprio l'ipotesi 1prevista dalla legge di registro (anteriore al 
codice civi1le vigente) aill'art. 26 della tariffa, di cessione di beni dal 
debitore ai �creditori per la vendita, i.ipotesi che sostanzialmente si identifica 
�con quella previista dall'art. 160, n. 2 della legge fallimentare, 
alla quale deve, dunque, in via analogica, ed in relazione al citato 
art. 8 della '1egge di registro, applicarsi �l'art. 26 e non l'art. 3.2 della 
Tariffa, il quale � inapplicabile, perch� 1presuppone una obbltgarlone di 
somme che non si verifica nel �concordato preventivo mediante cessione 
dei beni (Cass. 8 luglio 1966, n. 1793). 

Il ricorso non .pu� dunque essere �accolto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1484 -Pres. 
Pece -Est. Miele -P. M. Di Majo (conf.) -Ministe.ro delle ~inanze 
(avv. Stato Coronas) c. Grandi (avv. Gandin). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione di accertamento 
negativo -Pendenza della esecuzione esattoriale -Ammissibilit� Limiti. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 209). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione ordinaria -Necessit� 
di preventiv,a pronuncia di una commissione -Opposizione 
del liquidatore di societ� dichiarato responsabile in proprio 
-Esclusione. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Dopo iniziata l'esecuzione esattoriale � consentito proporre l'azicme 
di accertamento negativo del debito di imposta nei confronti dell'ente 
impositore, essendo il divieto dell'art. 209 del t.u. sulle imposte dirette 
operante soltanto per l'opposizione all'esecuzione diretta contro l'esattore 
(1). 

(1-2) La decisione riealca quella delle Sez. Un. 27 ottobre 1971, n. 3021 
(in questa Rassegna, 1972, I, 146 con nota di richiami). Ancora una volta 
si afferma in itwmini giener1alUssimi ohe il.'ia.zione di ooce:ritamenito IIlleglati.vo 



710 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n liquidatore di una societ� tassabile in base a bilancio dichiarato 
responsabile in proprio del pagamento delle imposte non soddisfatte 
con le attivit� della liquidazione, non � legittimato a ricorrere alle Commissioni 
tributarie e pu� di conseguenza adire direttamente il giudice 
ordinario anche in pendenza dell'esecuzione esattoriale (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione delle Finanze 
dello Stato deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario; 
violazione e falsa applicazione degli artt. 20.8, 209 e 265 del t.u. 2.9 gennaio 
19'58, n. 645 nonch� dell'a�rt. 2,2 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; 
vizio di motivazione su punto deci!sivo della controversia in relazione 
all'art. 360, nn. 1 e �5' �c.p.c. ed afferma che .}a Corte di merito, avendo 
ritenuta improponibile la domanda proposta dal Grandi nei confronti 
dell'esattore del!le imposte, in quanto opposizione all'esecuzione, la 
quale, per l'art. 209 del t.u. cit., non � ammissibile nel corso della 
esecuzione esattoriale, abbia poi ritenruta proponi.bhle la contestuale 
domanda proposta contro l'Amministrazione delle Finanze dello Stato 
per ['accer:tamentro negativo della responsabilit� personale attribuita 
ad esso Grandi sulla base deWart. 265 del t.u. cirt. La ricorrente osserva 
al riguardo che la responsabilit� del liquidatore sulla base dell'art. 265 
del t.u. debba inserirsi nel �Sistema previsto per le opposizioni all'esecuzione 
e cio� debba esplicar�si attraverso il ricorso avverso il ruolo 

(art. 188 del t.u.) o mediante i ricorsi previsti dagli artt. 207 e 208 con 
possibilit� di esperire !l'azione giudiziaria solo ad esecuzione esattoriale 
avvenuta. 

La censura � infondata. Quesrta Suprema Corte ha riipeturtamente 
affermato (Cass. 27 ottobre 1971, n. 3-021; 6 maggio 1959, n. 1528; 
8 maggio ~967, n. 903') che la norma dell'art. 209 del t.u. 2,9 gen


� sempre ammissibil�, in materia di imposte dirette, sol che essa sia 
rivolta in via autonoma contro l'ente impositore, anche se congiuntamente 
all'esattore; ma l'occasione di questa enunciazione di principio � pur sempre 
una situazione particolare in cui l'azione di accertamento non � proposta 
dal contrtbuente (o da soggetto che non � ritenuto tale); si dovrebbe 
cio� pensare che � la seconda massima� che condiziona :la prima e non 
viceversa, come � �sempre avvenuto in tutte �le precedenti pronunce sull'argomento 
(v. nota alla sentenza citata). Tuttavia �l'enunciazione della 
prima massima non sembra limitata alle ipotesi eccezionali in cui non � 
possibile il ricorso alle Commissioni o il ricorso contro il ruolo, ma vuole 
assumere portata generale; lo sottolinea l'affermazione che l'azione di accertamento 
negativo si pone come una necessit� quando esista una decisione 
di commissione il cui termine per l'impugnazione vada a scadere 
dopo l'inizio della esecuzione esattoriale. In tal caso, ovviamente, non si 
tratterebbe di un'azione di accertamento negativo, ma dell'ordinaria azione 
dinanzi aM'A.G.O. (art. 22 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) sulla quale non 
influisce l'esecuzione esattoriale, che pu� essere stata gi� iniziata anche in 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 711 

naio 1958, n. 645, .ia quale fa divieto al contribuente di proporre opposizione 
all'esecuzione fiscale, dandogli solo facolt� di agke per danni 
contro l'esattore ad esecuzione avvenuta, essendo norma eccezionale, 
trova ,applicazione nella precisa fattispecie legale regolata da tale articolo 
�con la conseguenza che mentTe � improponibile lopposizione alla 
esecuzione ,che ha per fine 1'.iimpedfu:'e o fil paralizzare l'azione e~cutiva 
fiscale, non pu� ,essere impedito al ,contribuente l'esercizio di quelle 
altre facolt� le 1quali non interferiscano direttamente con la continuit� 
de1la iniziata procedura esecutiva fiscale. Pertanto il contribuente pu�, 
anche in pendenza dell'azione esecutiva fiscale, agire per l'accertamento 
negativo delila pretesa fi'.i!scale, qualora 1per� tale accertamento non sia 
richiesto al fine di fermare l'esecuzione fiscale.. Se si escludesse tale 
possibilit� i!l contribuente, una volta iniziata la procedura esecutiva, 
non potrebbe agire avanti alla autorit� giudiziaria secondo l'art. 22 del 

r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 con l'eventualit� della decadenza dall'impugnazione 
giudiziaile iper la quale sono posti termini ,perento!ri, nel caso 
in �Cui tale .termine scadesse 1prima della definizione della procedura esecutiva, 
non prevedendosi sospensione di termine per effetto della iniziata 
esecuzione fiscale. 
Peraltro, come si � ,accennato, � necessario che il contribuente proponga 
in via autonoona la domanda diretta alla pronunzia di illegittimit� 
della pretesa fiscale e non � suffidente che abhia dedotta tale 
i1legittimit� solo quale fondamento della proposta opposizione. Invero 
in tale ipotesi la dedotta i!llegittimit� ha isolo relazione col petitum proposto, 
costituito dalla domanda diretta alla dichiarazione di illegittimit� 
della procedura esecutiva e quindi � svolta come fondamento della 
proposta opposizione, indi una volta d~chiarata inammissibile l'opposizione, 
non potrebbe essere esaminata autonomamente. Se per� la pro


\ 

pendenza del giudizio dinanzi alle Commissioni (art. 175 t.u. sulle imposte 
dirette). Il problema vero dell'accertamento negativo si pone invece 
quando l'azione non si presenti come la ordinaria domanda che segue 
una decisione di commissione eme�ssa o su ricorso contro l'accertamento 

o su rkol'ISO contro i[ ruruo. Ma, i!liOOostante i numerosi eillUIJJciati dailila 
S.C., deve ancora ritenersi che una tale azione sia improponibi'le dal contribuente 
che, se � indubbiamente tenuto ad adire le commissioni, o non 
pu� proporre l'azione ordinaria prima che il ricorso alla COmmissione .sia 
stato proposto e deciso almeno in un grado, ovvero � decaduto da ogni 
possibile azione se il �ricorso alla Commissione che p�teva essere esperito 
non � stato utilmente proposto. Il problema dell'azione di accertamento 
rimane quindi circoscritto alle ipotesi in cui non si verta in una controversia 
di imposta. 
Sulla seconda massima, che pur ha una importanza determinante, ila 
motivazione � alquanto �sommaria; non essendo possibile ridurr.e la norma 
dell'art. 265 del t.u. sulle imposte dirette alla responsabilit� dei liquidatori 
per diritto comune. 



712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nunzia � chiesta in via autonoma, ancorch� non in un giudizio separato 
ma in oc�casione della oipposizione alla esecuzione fiscale, essa non 
trova ostacolo al suo esame nella norma dell'art. 209 del t.u. formando 
oggetto di domanda autonoma, 'pienamente ammissibile come si � 
osseravato. 

Nel caso in esame, come ha esattamente ritenuto la Corte di merito 
e come emerge dagli atti del :proce�sso (di 'cui � possibile l'esame in 
questa sede vertendosi in tema di giurisdizione) risultano chiaramente 
proposte due distinte domande; una nei confronti dell'amministrazione 
finanziaria, convenuta in giudizio dal Grandi stesso con cui si � chiesto 
la dichiarazione di illegittimit� del provvedimento dell'Intendente di Finanza; 
l'altra nei confronti dell'esattore delle imposte, con la quale, 
nel :presupposto della Hlegittimi:t� del provvedimento intendentizio, si 
� chiesta 1a 'pronunzia di ilfogittimit� della :procedura esecutiva. Ai fini 
dell'accertamento della autonomia delle due domande ha rilievo la circostanza 
che l'Amministrazione finanziada dello Stato sia stata convenuta 
in giudizio direttamente dal Grandi (e non sia stata chiamata ad 
intervenire in giudizio dall'esattore ln base all'art. 77 del t.u. 15 maggio 
1963, n. 858, :per la riscossione delle imposte dirette) nei cui confronti 
,soltanto pu� aversi la declaratoria chiesta. Pertanto non si � 
trattato di una � scelta� del ooo.venu,to operata, anche se infondatamente, 
da colui ,che agisce (come osserva I'Amministrazione ricorrente) 
ma di direzione della domanda nei confronti del legittimato passivo 
alla domanda proposta non essendo l'e.sattore legittimato passivamente 
nell'azione di accertamento negativo della pretesa tributaria, come ha 
ritenuto con costante giurisprudenza questa Corte. 

Pertanto, essendovi due domande distinte, sia pure tra loro collegate, 
esattamente la Corte di merito ha ritenuto che potesse essere esaminata 
la domanda di accertamento negativo. 

Con il secondo motivo l'Amministrazione finanziaria, deducendo 
violazione e falsa applicazione� dell'art. 265 del t.u. 29 gennaio 195i8, 

n. 645 in relazione all'ru:-t. 188 dello stesso t.u. e all'art. 2,2 del r.d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639 e difetto di giur~sdizione afferma che il.a Corte di 
merito, avendo individuato il titolo legittimante l'esecuzione esattoriale 
nell'ordinanza intendentizia, avrebbe dovuto declinare la sua giurisdizione 
o in quanto, trattandosi di un vero atto impositivo il Grandi 
aveva omesso di adire le Commissioni delile Imposte nel termine previsto 
dall'art. 23 del r.d.l. n. 1516 del 1937 o se il menzionato atto dell'Intendente 
'si volesse assimilare al ruolo, doveva essere :proposto ricorso 
contro il ruolo secondo l'art. 188 del ,t.u. citato. Infine, escludendo una 
di queste due ipotesi, faceva ostacolo ailla proposizione dell'azione giudiziaria 
il 'te,rzo comma dell'art. 209� del t.u. 
La censura non pu� essere accolta. Come � stato rilevato nella 
sentenza di �questa Corte 2,7 ottobre 1971, n. 3021 (cfr. anche Cass 17 gen




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 713 

naio 1954, n. 95L2,) la responsabilit� del liquidatore della societ� prevista 
daH'art. 265 del t.u. imposte dirette trova il suo fondamento in 
una condotta co1posa dcl. liquidatore stesso, condotta che ha reso impossibile 
all'amministrazione finanziaria di soddisfarsi dell'imposta accertata 
a carico della societ�. Pertanto il provvedimento dell'Intendente 
(peraltro non previsto a tal fine dal t.u. sulle imposte dirette ma regolato 
da istruzioni del ministero delle Finanze) ha carattere tributai-io 
solo dal punto di vista formale per l'autorit� che lo emette, mentre 
nel 1suo contenuto � solo affermazione di responsabilit� del liquidatore 
per debito d'imposta altrui, onde, anche dopo il provvedimento in questione, 
unico �soggetto ~ssivo dell'imposizione Timane la societ� alla 
quale si riferisce sia l'accertamento che Ja iscrizione a ruolo. Pertanto 
fanno difetto i rpresuprposti rper una controversia d'imposta di competenza 
delle Commissioni tributarie non facendosi questione n� dell'an 
n� del quantum dell'imposizione stessa n� del pari vi � una iscTizione 
a ruolo riguardante il liqutdatore contro la quale detto ltquidatore 
debba ricorrere. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1972, n. 1525 -Pres. Giannattasio 
-Est. Spadaro -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Azz,ariti) c. Zambelli (avv. Gianolio). 

Imposte e tasse in genere -Diritti erariali sugli spettacoli -Addizionale 
dell'art. 7 della 1. 18 febbraio 1963, n. 67 -Arrotondamento Va 
eseguito sull'importo di ciascun biglietto. 

(1. 18 febbraio 1963, n. 67, art. 7). 
I diritti erariali sugli spettacoli sono da definire come imposte suntuarie 
di consumo che colpiscono ii consumatore-spettatore, anche se ~l 
pagamento deve essere assolto dati'impresario-esercente, che se ne rivale 
sulto spettatore; conseguentemente l'addizionale istituita con l'art. 7 
della l. 18 febbraio, 1963, n. 67 va liquidata con arrotondamento alla 
cifra superiore di dieci in dieci lire con riferimento all'importo di ciascun 
bialietto e non con riferimento all'importo complessi�vo di ciascuna 
manifestazione (1). 

(Omissis)� -Con l'unico motivo, la ricorrente Amministrazione 
delle Finanze, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 7, 

(1) Conforme � la sentenza in pari data n. 1524. Non constano precedenti 
specifici. 

secondo comma, della l. 18 febbraio 1963, n. 67, in relazione aH'art. 360, 

n. 3 c.p.c., censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto che l'arrotondamento 
dell'addizionale sui diritti erariali dovuti per gli spettacoli e 
le altre manifestazioni, 'di cui ai nn. 3 e 5 della tabella A allegata alla 
1. n. 1109 del 1'9�55, debba essere effettuato sull'importo dell'addizionale 
stessa, determinato con riferimento all'ammontare del tributo erariale 
dovuto per ogni spettacolo, e non gi� con riferimento a quello del 
tributo dovuto per ogni singolo biglietto. In particolare, osserva che 
dalla stessa formulazione del secondo comma dell'art. 7 della I. n. 67 
del 1963, che la Corte del merito ha del tutto trascurato di esammare, 
si trae un argomento letterali.e per affermai'e, in contrasto con la tesi 
seguita dall'impugnata .sentenza, che l'allrotondamento, dovendosi fare 
� in ogni caso� e � di dieci in dieci lire., deve essere effettuato sull'importo 
dell'addizionale stessa, determinato con Tifer�IIllento al tributo 
per ogni singolo biglietto; e rileva, a sostegno di 1questa mteripretazione 
della norma, che, mentre J.a formula deH' � introito lordo totale �, usata 
dalla legge con riguardo ai diritti erariali,, non sta a �significare che il 
fatto generatore dell'imposta sia costituito dall'incasso dell'esercente al 
termine di dascuna giornata di �s1*ttacolo, l'espresso riferimento ai 
biglietti di ingresso, contenuto negli artt. 6 e 8 della citata l. n. 67 del 
1963 con riguardo ai diritti addizionali per le case da gioco e le corse 
dei cavalli, � giustificato esclusivamente dal fatto che per tali manifestazioni 
l'addizionale � prevista in misura fissa laddove per gli altri 
spettacoli, di cui al primo comma dell'art. 7 della stessa legge ed indicati 
nei commi 3 e 5 deilla tabella A, tra i quali rientrano quelli tenuti 
nei locali del iresistente, � stabilita in misura proporzionale, donde la 
ragione per la quale la norma non ha fatto riferimento, anche per 
questo ti,po di spettacoli, ai biglietti di ingresso per la applicazione 
dell'addizionale. AggiJUnge, altresi, che i diritti erariali sugli spettacoli 
sono regolati in modo da facilitare al massimo la traslazione di imposta 
dal produttore al consumatore, che fa tesi seguita dall'impugnata 
sentenza renderebbe, invece, i!mpossibile, e che la norma sull'arrotondamento 
dell'addizionale, accogliendosi 1questa tesi, si rivelerebbe, sostanzialmente, 
inutile, oltre che anormale, dato che la rel1ativa tassazione 
verrebbe ad incidere in misura non superiore a nove liie su pagamenti 
di tributi che, nol"malmente, ammontano a somme notevoli. 
Il motivo .� fondato. 

La �censura pone un problema di interpretazione della norma, contenuta 
nell'art. 7 della I. n. 67 del 1963, con fa quale � stata istituita 
l'addizionale nella misura del 6 % sui diritti erariali dovuti per gli 
spettacoli, le manifestazioni, i trattenimenti, indicati nei nn. 3 e 5 della 
tabella A connessa alla I. n. 1109 del 1955 e per .i biglietti di ingresso 
nella sala da gioco, indicati nel n. 7 della stessa tabella, interpretazione 
questa che esige una 1premessa illustrativa della natura dei tributi in 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

questione, essendo evidente che non pu� prescindersi da una tale premessa 
per la individuazione della � ratio � della norma. 

Deve, infatti, ip'recisarsi che, anche se contrastato da qualche recente 
orientamento, che, tendendo ad identificai"e nell'impresario o nell'esercente 
.fil soggetto passivo dei diritti erariali sugli :spettacoli in genere, 
configura, 1pur sempre, sullo spettatore, nel partedpante o nello scommettitore 
di tali manifestazioni il contribuente di fatto, rimane pressocch� 
unanime in dottrina l'indirizzo che classifica e colloca i detti diritti 
erariali tra le imposte suntuarie di consumo, che, colpendo la capacit� 
contributiva del cittadino in occasione della indiretta manifestazione 
di essa attraverso il consumo della ricchezza (reddito speso), vengono, 
in definitiva, a gravare sul consUJroatore, e, perci�, sullo spettatore, 
partecipante o scommettitore. Questo indirizzo trova, tra l'altro giuridico 
fondamento nella disciplina, desunta dalla citata I. n. 1109 del 
195'5, la quale, nel dare uin assetto unitario alla natura dei diritti erariali 
e nel raggruppare J.e diverse manifestazioni, alle quali essi ineriscono, 
in tre distinte categorie, comprendenti la prima, di cui alla tabella A, 
gli :spettacoli, i ,giuochi ed i trattenimenti in genere, la seconda, di cui 
alla tabella B, le corse dei cavalli, i concorsi ippici e gli spettacoli 
:sportivi .senza svolgimento di scommesse, e la terza, di cui altla tabella C, 
gli spettacoli icinematogr.afici e misti, ha tenuto �separato, sia pure con 
riferimento soltanto all.e manifestazioni previste dalle tabelle B e C, 
l'importo di ciascun biglietto da quello del relativo importo del diritto 
erariale dovuto; venendo cosi a poo-re Ullla distinzione, che rivela chiaramente 
(cosi come, del resto, risultava �anche daU'ar.t. 4 del r.d. n. 1591 
del 1924 che prescriveva la indicazione separata, nei manifesti e negli 
avvisi, dell'importo del prez~o del,biglietto da quello del dii"itto erariale) 
la finalit� della legge di ,considerare a carico della persona che paga 
il biglietto, e, cio�, del consUJroatore-sipettatore, il detto diritto erariale, 
anche se il diritto stesso nei confronti dell'erario deve essere assolto 
dall'impresario ed esercente, che se ne rivale sullo spettatore: finalit� 

questa che, atteso il carattere unitario dell'assetto dato a questi tributi, 
vati.e per tutte le manifestazioni, alle quali essi ineriscono, e, :peq-ci�, 
anche per quelle, di cui alla tabella A, che interessano nella presente 
controversia. Ne consegue che questo indii"izzo va pienamente condiviso, 
e, pertanto, in relazione con .la ,natura dei dii"itti erariali quale 
risulta configurato in esso, deve proceder,si alla inteTpretazione della 
norma dell'art. 7 della pi� volte citata 1. n. 67 del 1963, ponendosi 
subito in evidenza che questa, mentre, col primo comma, nell'istituii"e 
l'addizionale, stabilis.ce che essa nella misura del 6 % si aippl1ca sui 
diritti erariali, dovuti sia per le manifestazioni, indicate nei nn. 3 e 5 
della tabella A, e sia per quelle, indicate nel n. 7 della stessa tabella, 
col secondo comma dispone che tale addizionale deve essere arrotondata 
� in ogni caso � alla � cifra �superiore di dieci in dieci lire �. Queste 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

716 

espressioni, con le quali la norma contenuta in questo ultimo comma, 
stabiltsce �che l'ar!l'otondamento deve essere effettuato � in ogni caso � 
e � di dieci in dieci lire �, stanno chiaramente ad indicare, attrave�rso 
il loro univoco significato letterale e loro logica connessione con la 
disposizione contenuta nel p!l'imo comma, che la detta operazione � 
stata prevista nella esclusiva forma di una iterazione del relativo processo 
di arrotondamento ( � di dieci in dieci lire �) per tutti i casi 
(�in ogni caso�) menzionati nel detto primo comma, e, perci�, anche 
per le manifestazioni, di cui ai numeri 3 e 5 della tabella A, rispetto 
alle quali i diritti erariali �sono dovuti, ai sensi dell'art. 1 della 1. n. 1109 
del 1955, con riferimento all'introito totale lordo per ogni spettacolo, 
e non gi�, come per quelle indicate nel n. 7 della stessa tabella A (sale 
da gioco) con rife!l'imento all'importo di ciascun biglietto. Da questa 
previsione, �che comporta la esclusione di una sola ed unica operazione 
di arrotondamento, discende che, anche rper quelle manifestaziOilli indicate 
nei citati nn. 3 e 5 della tabella A (nelle quali manifestazioni rientrano 
�gli ;spettacoli tenuti nei locali del resistente), il.'arrotondamento 
dell'addizionale deve essere effettuato �Con riferimento ai singoli importi 
dell'addizionale stessa determinati per �ciascun biglietto, e non gi� con 
riferimento all'importo complessivo, determinato per ciascuna manifestaz~
one, essendo evidente ehe, ove fosse effettuato su quest'ultimo importo, 
l'operazione �si risolverebbe sem.pre in un sofo ed unico arrotondamento, 
ossia in quella forma che risulta esclusa dalla prescrizione 
normativa; e ci� in conformit� ed in aderenza, da una parte, alla esigenza 
dell"assetto unitario che la disciplina ha voluto dare alla materia 
dei tributi 1n questione, e, dall'altra parte, al prindpio sopra illustrato, 
da cui risulta ispiirata la disciplina stessa, �secondo il quale i detti tributi, 
rientrando nello schema dell:e imposte suntuarie di consumo, sono 

considerati, in definitiva, a carico dello spettatore. 

La diversa tesi, seguita dall'impugnata sentenza, � fondata, in sostanza, 
su tre !M"g'omenti: H primo, secondo cui, essendo i diritti erariali 
dovuti, ai �sensi dell'art. 1 della 1. n. 1109 del 1955, sull'introito lordo 
totale degli spettacoli, !'�addizionale, che ha natura accessoria rispetto 
ai diritti stessi, deve essere calcolata sull'importo comple�ssivo di essi 
per ogni spettacolo, con la conseguenza che anche l'arrotondamento 
deve essere effettuato sull'importo dell'addizionale stessa in tal modo 
determina:to e non su quello determinato per ogni singolo biglietto; 
l'altro, secondo cui la legge quando ha voluto commisurare l'addizionale 
all'importo di ogni biglietto lo ha espressamente fatto come agli artt. 6 
e 8 per le case da .g1uoco e le corse dei cavalli; il terzo, secondo cui la 
operazione di arrotondamento assolverebbe ad una esigenza di mera 
comodit� �contabile, donde l'anomalia ed illogicit� di una disposizione 
che, attraverso il criterio del meccanismo di am:-otondamento suH'addizionale 
1per ogni biglietto, ve:rrebbe a comportare un aumento note




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 717 

vole delle relative aliquote. Ma i.I valore di queste argomentaz.iooi non 
� tale da �conferire idoneo suffragio alla itesi, sostenuta daHa Corte del 
merito, n� da invalida!I'e la interpretazione della norma :nel senso sopra 
precisato. 

In ordine al primo argomento �, infatti, agevole osservare che 
l'introito totale, �sul quale � determinato l'impo!I'to dei diritti erariali, 
rimane sempre (almeno per quanto attiene ai proventi dlei singoli 
biglietti) �costituito dall'ammontare dei 1prezzi dei singoli biglietti, sicch� 
quell'importo, tanto �se calcolato sull'introito lordo quanto se calcolato 
sui prezzi dei singoli biglietti, verrebbe a :risultare eguale, come 
del pari eguale verrebbe a risultail'e l'importo della addiziona-le, se calcolata 
per ogni singolo biglietto, restando cos� immutata la base imponibile 
(esempio di n. 1000 biglietti a L. 1000 ciascuno: criterio A, 
diritto erariale di L. 150.000; pari al 15 % su introito totale di lire 
1.000.000; addizionale di L. 9'.000, pari al 6 % di L. 150.000, totale 

L. 159.000; criterio B, diritto e�rairiale L. 150 per ogni biglietto, pari 
-al 15 
% sul prezzo di L. 1000, moltipltcato per il numero di 1000 biglietti, 
L. 150.000; addizionale di L. 9�, pari al 6 % sul tributo di L. 150 
su ogni biglietto, moltiiplicato per il :numero di 1000 biglietti, L. 9�.000 
con il totale di L. 159.000). Relativamente al secondo argomento � altrettanto 
agevole obiettare che l'espresso riferimento ai biglietti di ingresso, 
previsto dagli artt. 6 ed 8 della legge rtspettivamente per le case da 
giuoco e le corse dei 1cavaJ.li, � giustificato dal fatto che per queste 
manifestazioni l'addizionale � stabilita in una aliquota fissa, mentre 
per quelle, di cui ai nn. 3 e �5� della tabella A, � prevista in uh'aUquota 
proporzionale, senza dire, poi, del carattere unitario che la disciplina 
ha vo1uto dare alla materia, come si � sopra precisato, carattere questo 
che giustifica l'assunzione 1su una base unitaria del metodo di liquidazione 
del tributo in questione. Per quanto attiene, infine, all'ultimo 
argomento, deve rilevavsi che, mentre il maggiore gettito discende esclusivamente 
dal meccanismo dell'operazione di arrotondamento previsto 
dalla legge e non gi� dall'aumento della miSU!I'a dell'addizionale, che 
rimane invariata, l'irrisorio gettito, derivante in base al C!I'itel'io di. 
liquidazione affermato dall'impugnata sentenz�a e che non potrebbe, in 
ogni caso, anche :per importi notevoli, ,giammai superiore le L. 9, lascerebbe 
.senza � ratio � alcuna la 1prescrizione di una taJ.e operazione, che 
veNebbe a rivelarsi illogica ed �anacronistica. E deve qui sittolinearsi 
che manifestamente irrilevante, ai fini della decisione della presente 
controversia e con riguardo all'esercente degli spettacoli in argomento, 
� la questione di legittimit� costituzionale, rprospettata dal resistente 
nella nota di udienza sotto il profilo che la norma sull'arrotondamento 
dell'addizionale, inte~pretata nel senso che essa debba essere effettuata 
sul�'importo dell'addizionale stessa con il riferimento al diritto erariale 
per ogni singolo-biglietto, violerebbe il 1principio di e:guaglianz1a fiscale 


718 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

previsto dall'art. 53 della Costituzione. Al riguardo �, infatti, sufficiente 
rilevare che il preteso maggiore onere, che, in ogni caso, � conseguenza 
di un mero meccanismo 9i calcolo, va, in definitiva, a gravare, secondo 
la illustrata natura dei diritti erariali in argomento ed anche secondo 
la teoria che inquadra il consumatore nello schema del contribuente di 
:fatto, a carico dello 'spettatore che paga il <biglietto; talch� la pretesa 
illegittimit� costituziona'.l.e della norma non investe l'impresario od esercente, 
�che, riscuotendo la �relativa maggiorazione unitamente al prezzo 
del biglietto ed in aggiunta ad esso, non ne viene a sopportare il peso. 

Concludendo, deve, quindi, affermarsi, in relazione alla interpretazione 
come sopra data alla esaminata norma, il seguente principio: 

�l'arrotondamento, previsto dal secondo comma dell'art. 7 della 
I. 1'8 febbraio 1'9-00., n. 67 per l'addizionale sui diritti erariali, dovuti 
per gli 'spettacoli, le manifestazioni, i trattenimenti indicati nei nn. 3 e 5 
della tabella A annessa alla legge n. 1109 del 195,5, e rper i biglietti di 
ingresso nelle sale da giuoco indkati nel n. 7 della tabella stessa, deve 
essere effettuato sull'importo dell'addizionale stessa, determinato con 
riferimento al diritto erariale per ogni singolo btglietto. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1972, n. l526 -Pres. Caporaso 
-Est. Pas�casio -P. M. Caccioppoli (conf.) -Consorzio Agra
�rio di Ascoli Piceno (avv. Brancaccio) c. Mintstero delle Finanze 
(avv. Stato Cascino). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Intima!
zione di seconda ingiunzione per .lo stesso titolo -Legittimit�. 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case 'di abitazione non di 

lusso -Decadenza -Prescrizione -Regime anteriore alla legge 

2 febbraio 1960, n. 35 -Termine triennale -Decorrenza. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136). 
� legittima l'intimaziD'ne di una secO'nda ingiunzione per il mede


simo titolo (1). 

Prima che la materia venisse disciplinata in modo specifico con 
norme particolari, la prescrizione del diritto della Finanz� a percepire 
l'imposta normale in caso di decadenza dalle agevolaziO'ni della l. 2 lu


(1-2) La prima massima � �esa1itiissima e modrifticra la contrardia affett'jlllazione 
della sentenza 23 gennaio 1969, n. 196 (in questa Rassegna, 1969, 
I, 499, con nota di E. VITALIANI). 

La seconda massima � ormai pacifica. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 719' 

giio 1949, n. 408 maturava nel termine di tre anni stabilito dall'art. 136 
della l�gge �Zi registro a decorrere dal momento in cui la decadenza si 
era verificata, rimanendo a carico deU'Amministrazione l'onere di accertare 
i fatti da cui la decadenza discende (2)� 

(Omissis). -Col primo motivo il ricorrente denunciando la violazione 
del 'principio generale � ne bis in idem� in relazione aJ.l'art. 476 
c.p.,c., lamenta che, avendo la prima ingiunzione carattere di titolo 
esecutivo, doveva considerarsi preclusiva della rpossibilit� di una seconda 
ingiunzione per lo stesso credito. 

La censura non � -fondata. 

� stato infatti pi� volte affermato da questa Corte surprema che 
l'ingiunzione fiscale costituisce una tipica manifestazione del potere di 
autoaccertamento della Pubblica A:mministrazione, estrinsecantesi in un 
atto complesso, ad un tempo dichiarativo del credito e titolo esecutivo, 
col quale si inizia la riscossione coattiva. In quanto tale, l'ingiunzione 
ha natura amministrativa e d� luogo ad un procedimento monitorio 
sui generis, n� la� sua ri�petizione rpu� dar luogo a dupli�it� di titoli 
esecutivi nei confronti del contribuente, ove sia il primo che il secondo 
atto si riferiscono ad unico credito fiscale, cos� �come nel caso � avvenuto. 
Trattasi pera.Jtro di titolo esecutivo non di natura giurisdizionale, 
per cui ad esso non � a1pplicabile l'aTt. 476_ c.p.'c. che inoltre si riferisce 
all'ipotesi che nel caso non ricorre, di divieto del rilascio di pi� di una 
copia in fovrna esecutiva alla stessa parte ove non ricorra un giusto 
motivo. 

� noto altres� che :l'ingiunzione fiscale cumula in s� anche le caratteristiche 
del precetto, soggetto al termine di inefficacia di 90 giorni 
qualora entro tale fasso di tempo dalla sua notifi�cazione non abbia 
avuto inizio l'esecuzione, sicch�, �per Teiterare l'effetto del !Pl"ecetto, 
l'A:mministrazione non ha altro mezzo che .quello di reiterare l'ingiunzione. 


E'sattamente pertanto la Corte di merito ha dichiarata la legittimit� 
di quest'ultima, sotto tale profilo. 

Col secondo motivo, denunciando la viofazione delJ'art. 136 della 
legge di registro e delle norme sulla interpretazione della legge in 
generale, �si lamenta che H termine di prescrizione dell'azione della Finanza 
per ottenere il pagamento dell'imposta normale a seguito dell'accertata 
insussistenz�a delle condizioni per ottenere il beneficio (di 
durata triennale e non decennale come erroneamente ritenuto dalla 
Corte) doveva considerarsi decorrente dalla data della Tegistrazione dell'atto 
o quanto meno da quella di ultimazione della costruzione. 

La censura � fondata. 
La Corte di merito infatti, dopo avere richiamata la norma dell'art. 
14 della I. 2 luglio 1949, n. 408, che concede l'agevolazione della 


720 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

registrazione ad imposta fissa, :fra gli altri, .ai contratti di appalto che 
concernono le �Costruzioni di case di abitazione ultimate entro un biennio 
dal loro inizio, esattamente esclude che il tel'mine di prescrizione delrazione 
della Finanza rper conseguire l'imposta nol'male ove ci� non si 
sia verificato, 1sia �quello di cinque o di sette anni, stabiliti rispettivamente 
dalle I. 2 febbraio 1960, n. 35 e 6 ottobre 1962, n. 1493, per 
l'assoribente 1ragione che queste fog.gi sono successive al tempo in cui 
ebbe a svolgersi il rapporto tributa1rio di cui � causa, sorto daHa registrazione 
del contratto di appalto che era avvenuta nell'anno 1954. 
Non altrettanto esattamente per� la stessa Corte ha identificato il termine 
con quello di prescrizione ordinarria previsto dal codice civile, 
senza considerare �Che la nOl'ffia dell'art. 2946 di detto codice sulla 
prescrizione ordinaria decennale stabilisce che questa si applica soltanto 
quando la legge non dispone diversamente. Nel caso invece la 
legge di registro, che peraltro costituisce lex speciaUs rh~pe�tto a quella 
generale del codice e pertanto, anche sotto tale aspetto la deroga, 
stabilisce, all'art. 136, il termine di prescrizione di tre anni per la 
.pretesa dell'Amministrazione finanziaria diretta ad ottenere il pagamento 
dei � supplementi � di tassa. Una simile locuzione, come questa 
Corte suprema ha altre volte affermato comprende non 1so1tanto le 
imposte SUJPpletive vere e 1proprie ma anche quelle complementari e 
perfino 9uelle princiipali dovute su atti registrati, per errore, gratuitamente. 
L'azione della Finanza dunque, diretta a recuperare l'imposta 
nella misura ordinaria era soggetta a termine triennale e non a quello 

decennale ritenuto dalla Corte anconetana. 

Ci� posto, resta unicamente a stabiHre quale fosse il dies a quo di 
tale termine che sia il citato art. 13�6 deHa Ieg,ge di registro, �Sia le leggi 
del 1960 e del 1962 pure citate, indicano nel giorno deHa registrazione 
dell'atto. 

Ci� tuttavia presuppone che il diritto dell'Amministrazione al ricupero 
della predetta imposta fosse sorto a quel giorno in quanto J:a 
prescrizione si basa sulla inerzia del titolare e� non si pu� parlare di 
inerzia quando il diritto non pu� essere fatto valere. Al riguardo pe!l'ci� 
va tenuto presente che, nel giorno dell'avvenuta registrazione dell'atto 
contratto a tassa fissa si determina un conflitto :fra il diritto del contri


1

buente a mantenere !'�agevolazione ottenuta ed il diritto dell'amministrazione 
a pretendere l'imposta ordinaria. Il primo � condizionato al 
rispetto della norma di favore che impone di destinare la costruzivne 
in pr~valenza ad uso di abitazione ed � l:iimitato nel suo esercizio, entro 
un :biennio dall'inizio di quella. Il secondo � subordinato sia all'avvenuta 
inosservanza della norma anzidetta, sia al mancato ri1spetto del termine 
di esecuzione. 

Nel vigore della sola legge del 1949 che altro non prescriveva, prima 

deHa decorrenza del biennio, giammai la Finanza avrebbe potuto eser




_PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

citare l'azione di recupero dell'imposta normale, essendo in facolt� del 
contraente il qua.Je aveva ottenuto il beneficio, di adegua�re la costruzione 
alla norma di favore e di ultimarla nel tempo 'Prescritto. Ma, una volta 
che il biennio fosse decorso, o l:a costruzione era stata tempestivamente 
ultimata con le caratteristiche richieste e la insorgenza del diritto della 
. Finanza restava preclusa o risultava (e ben lo poteva a mezzo di accertamento, 
incoonbente all'Amministrazione, come necessaria modaJ.it� di 
esercizio del suo dkitto), che, per inosservanza del termine di esecuzione 

o per inosservanza delle caratteristiche costruttive imposte, il contraente 
aveva perduto il beneficio, per cui H contrapposto diritto della Finanza 
al ricupero della imposta normale era indubitatamente sorto ed H mancato 
esercizio nel termine triennale di prescrizione ne importava l'estinzione. 
� appena il caso di ac.cennare che alquanto diversa � la sttuazione 
per gli atti e contratti registrati successi'V'amente alla entrata in vigore 
delle due leggi del 1960 e del 1962 innanzi citate in quanto que�ste, entro 
pi� lunghi te�rmini di .prescrizione (rispettivamente di 5 e 7 anni) impongono 
al contribuente l'onere di una denuncia da cui ri:sulti l'avverarsi 
dei presupposti cui la concessione del beneficio � subordinata e 
fissano termini e modalit� per la stessa e per J:a contrapposta richiesta 
da parte del�l'Ufficio, ancorando P<?i la de'correnZ�a di detti termini di 
prescrizione alla data di registrazione dell'atto. Ma una simile situazione 
non riguarda la fattispecie in esame e non occorre perci� considerarla, 
essendo sufficienti alla decisione le premesse considerazioni. 

Ne consegue che la Corte di merito avrebbe dovuto accertare la 
data di inizio della costruzione e della correlativa data di scadenza del 
biennio per l'ultimazione della stessa al fine di stabili:re se, nei tre anni 
successivi, l'Ufficio finanziario avesse o meno rposti in essere atti concreti 
per conseguire il ricupero della imposta normale e tra�rne le conseguenze 
in ordine alfa compiuta prescrizio~e della relativa azione. -� 
(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ma.ggio 1972, n. 1680 -Pres. Giannattasio 
-Est. Montanari -P. M. Martinelli (conf.) -Soc. API c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). 

Imposta di registro -Prezzi e corrispettivi -Concessione di suolopubblico 
-Canone -Costituisce corrispettivo. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43). 
Negli atti di coincessione di suolo pubblico, il canone, bench� sia 
di per s� un tributo. viene assunto come indice di determinazione del 


722 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

valore dell'atto soggetto a registrazione; fondatamente pertanto il canone, 
eventualmente in aggiunta ad altri corrispettivi, viene considerato come 
prezzo o corrispettivo agli effetti deU'art. 43 della legge di registro (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo di gravame la ricorrente lamenta 
la violazione dell'art. 1 del.la Tariffa all. A in relazione all'art. 43 del 

r.d. 30 dicembre 19213, n. 3269. 
In particolare essa assume che, poich� a sensi dell'art. 43 della fogge 
del registro la tassa proporzionale � applicata in ragione dei prezzi e 
degli altri corrispettivi convenuti tra le parti (compresi gli oneri che 
passano a carico dell'acquirente o cessionario), costituisce un errore 
l'addizionare al prezzo una tassa, 'aven,te una diversa indole e che non 
� stata convenuta tra le parti, ma � stabilita dalla legge suHa finanza 
locale. Non potrebbe l'oggetto dell'imposta di registro essere costituito 
--anche in parte -da un'alfa.:a taissa. 

La doglianza � infondata. 

Gi� questa Suprema Corte -a Sezioni Unite (sent. n. 3584/58) ha 
stabilito �che nelJ.e concessioni di uso su beni demaniali la tassa per 
l'occupazione costituisce pur sempre un corrispettivo in denaro deH'utilit� 
ricevuta dal concessionario e che non hanno valore Je considerazioni 
circa l'inammissibilit� di un tributo che debba gravare sul canone 
della concessione, giacch� -ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro 
-detto canone viene sol-tanto assunto come indice di determinazione 
del valore dell'atto, quest'ultimo essendo il vero oggetto dell'imposta. 


Neppure pu� valere la considerazione che mentre l'obbUgo del pagamento 
della tassa per l'occupazione dell'area pubblica deriva direttamente 
dalla legge (Testo unico sulla finanza locale), J'art. 43 della legge 
del registro fa riferimento soltanto ai prezzi e corrispettivi � convenuti 
� tra le parti. Invero � evidente che, al momento della stipulazione 
defia concessione-contratto per l'occupazione del suolo, le parti valutano 
necessariamente, anche se implicitamente, nel sinallagma delle prestazioni 
corrispettive, anche il canone. per l'occupazione del suolo, in aggiunta 
agli altri eventuali corrispettivi, cosicch� il tutto deve rientrare 
nell'ampia nozione a cui fa riferimento l'art. 43 del r.d. n. 3269 del 
1923. -(Omissis). 

(1) Massima di evidente esattezza. Bisogna anzi dir.e che la determinazione 
della base imponibile con riferimenti:> al canone (abbia o no natura 
tributaria) � l'ipotesi normale, mentre eccezionalmente il corrispettivo 
viene ricercato in altri elementi, come la devoluzione al concedente delle 
cose costruite e simili (Cass. 27 gennaio 1971, n. 198, in questa Rassegna, 
1971, I, 417; 7 ap1ri.ile 1972, n. 10~3, ivi, 1972, I, 483). 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA,IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 marzo 1972, n. 850 -Pres. Giannattasio 
-Est. Longo -P. M. Pedace (conf.) -Impresa Mellucci 
(avv. Pistoiese) c. Istituto Autonomo Case Popolari per la Provincia 
di Potenza (avv. Sansone) e Gestione Case Lavoratori (avv. 
Stato Azzariti). 

Appalto -Appalto stipulato da un Istituto Autonomo Case Popolari 
per incarico della Gestione INA-Casa (ora Gestione Case Lavoratori) 
ai sensi dell'art. 11 1. 28 febbraio 1949, n. 43 -Diretta applicazione
� ope legis� del Capitolato generale di appalto per le opere 
dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici ai sensi dell'art. 80 
t., u. 28 aprile 1938, n. 1165 -Esclusione. 

(d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, ert. 6; d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265, art. 6}. 
Appalto -Contratti di appalto stipulati da enti pubblici sotto l'osservanza 
di Capitolati generali propri degli stessi, per i quali la legge 
preveda che essi si uniformino al Capitolato generale statale Natura 
contrattuale del Capitolato generale degli anzidetti Enti Sussiste 
-Carattere recettizio del rinvio contrattuale al Capitolato 
generale statale -Applicabilit� delle diverse nor~e, ancorch� 
processuali, contenute in successivo Capitolato generale statale Esclusione. 


Appalto -Contratti di appalto ai quali sia applicabile l'art. 45 del Capitolato 
generale oo. pp. del 1895 -Necessit� di formale notificazione 
del provvedimento dell'Amministrazione appaltante sulle 
riserve dell'appaltatore, ai fini .della decorrenza del termine di 
decadenza di trenta giorni previsto da quel Capitolato per la proposizione 
della domanda di arbitrato -Esclusione. 

(Cap. gen. oo. pp. appr. con d.m. 28 maggio 1895, art. 45). 

Appalto -Contratti di appalto disciplinati dal Capitolato generale 
della Gestione INA-Casa -Richiamo contrattuale delle norme 
del Capitolato generale statale � per tutto quanto non previsto e 
non specificato nel Capitolato generale INA-Casa� -Portata. 

Nell'ipotesi di appalto stipulato da un Istituto Case Popolari per 
conto della Gestione INA-Casa (olf'a GESCAL) a' sensi dell'art. 11 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 28 febbraio 1949, n. 43 non � prevista dalla legge' la diretta 
osservanza del Capitolato generale di appalto per le opere dipendenti 
dal Ministero dei Lavori Pubblici, non essendo applicabiLe l'art. 80 t.u. 
28 aprile 1938, n. 1165, ma devono osservarsi le norme di un distinto 
Capitolato generale, proprio deila Gestione, sia pure uniformato a 
quello statale ai sensi dell'art. 6 d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340 e dell'art. 
6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265 (1). 

Allorch� la legge non disponga la diretta appiicazione ai contratti 
di appalto stipulati da Enti pubblici diversi dallo Stato, delle 
disposizioni del Capitolato generale statale, ,m,a si limiti a prescrivere 
che a questo, s�i uniformino i Capitolati generali degli Enti, tali uitimi 
Capitolati hanno natura contrattuale ed iL rinvio al Capitolato generale 
statale ha carattere negoziale e recettizio, restando esciusa l'applicabilit� 
di diverse norme, ancorch� processuali, contenute in successivo 
Capitolato generale deLZo Stato (2). 

Allorch� si applichi al rapporto d'appaito l'art. 45 del Capitolato 
generale statale oo. pp. appr. con d.m. 28 maggio 1895, non occorre la 
formale notificazione, ma � sufficiente la partecipazione di conoscenza 
all'appaltatoire del provvedimento� detl'Amministrazione suLZe 
riserve, ai fini del decorso de'l termine di decadenza di trenta giorni 
ivi previsto per la proposizione della domanda di arbitrato (3). 

Il richiamo contrattuale al Capitolato generale statale del 1895 

� per tutto quanto non previsto e non specificato nel Capitola.to generale 
INA-Casa � comporta che, in caso di difformit� tra le dispo8izioni 
dei due Capitolati, circa lo stesso oggetto, deve prevalere quello INACasa 
(4). 
(Omissis). -Con il primo e con il secondo mezzo, che possono 
esaminarsi congiuntamente data la loro evidente connessione, si denunzia 
la violazione dell'art. 80 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, in 
relazione all'art. 360, nn: 3 e 5, c.p.c., nonch� dell'art� 46 del d.p. 16 
luglio 1962, n. 1063, e si sostiene che a torto la corte d'appello ha 
ritenuto inapplicabile all'istanza di arbitrato il termine di 60 giorni 
stabilito con il citato decreto del 1962 nel nuovo Capitolato ,generale 
di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici. 
Trattandosi di nonna a �carattere processuale, essa avrebbe dovuto 
considerarsi suscettibile di immediata applicazione, anche per i rap


(1-2-4) Ma v. Cass., 8 settembre 1970, n. 1343, in questa Rassegna, 
1970, I, 974, ove riferimenti ed osservazioni sub note 1-2. 

(3) :Enviece, par i repporti di appai1to disciiplina:ti dal nruovo Capiitolaito 
generale appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, v. Cass., 7 luglio 1971, 
n. 2126, in questa Rassegna, 1971, I, 933, con nota redazionale. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 725 

porti derivanti da contratti conclusi prima dell'entrata in vigore delle 
nuove disposizioni, e nonostante il carattere negoziale ricono,sciuto 
dalla corte al richiamo, operato in contratto, al vecchio Capitolato del 
1895, contemplante il termine di 30 giorni. Il ricorrente contesta 
comunque il carattere negoziale ,di tale richiamo, sul riflesso della 
considerazione che l'appUcazione del capitolato in vigore � per le opere 
di conto dello Stato�� (cosi l'art. 80 del t.u. sull'edilizia economica e 
popolare, approvato con r.d. 28 aprile 1938, n. 1165) deriverebbe 
ex lege, nella specie, da espressa previsione del t.u. predetto, il quale 
nell'articolo citato ne prescrive inderogabilmente l'osservanza nei rapporti 
fra imprese appaltatrici ed enti costruttori di case popolari ed 
economiche, fra i quali rientra l'Istituto in parola; e deduce �Che la 
corte di merito, ritenendo che nel rapporto l'Istituto agisse in qualit� 
di stazione appaltante della GESCAL, avrebbe trascurato la cireostanza 
che al contratto la GESCAL non aveva partecipato e che ai rapporti 
intercorsi fra i due enti il ricorrente medesimo era estraneo. 

Le censure non appaiono fondate. 

Ininfluente � la dedotta circostanza che la .GESCAL (o meglio, 
all'epoca della stipulazione dell'appalto, la Gestione INA-Casa) non 
fosse parte nel contratto. Invero, �come altra volta rilevato da questo 
Supremo Collegio (sentenza n. 1867 del 12 giugno 1968), nelfipotesi 
di appalto stipulato da un Istituto Case Popolari per conto della 
Gestione INA-Casa, a sensi dell'art. 11 della legge 28 febbraio 1949, 

n. 43, non � prevista dalla legge la diretta applicazione del Capitolato 
generale di appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori 
Pubblici, bensl (art. 6 del d.p. 22 giugno 1949, n. 340, ed art. 6 del 
successivo d.p. 9 aprile 1956, n. 1265) quella di un distinto capitolato 
proprio della Gestione predetta, sia pure uniformato a quello statale; 
mentre l'applicazione diretta di quest'ultimo pu� invece ritenersi prevista, 
per gli appalti commessi dagli Istituti Autonomi Case Popolari, 
solo nell'ambito di applicazione del citato t.u. sull'edilizia popolare 
ed economica (conf. Cass., 28 giugno 1969, n. 2331). 
Nella specie -come ha accertato la corte di merito '--che l'Istituto, 
nel rapporto di appalto, agisse per conto della GESCAL (e, in 
precedenza, della� Gestione INA-Casa), era pacifico. N� il ricorrente lo 
contesta sotto altro profilo che quello dedotto, secondo cui la GESCAL 
non era stata parte nel contratto (e ci�, come si � visto, � ininfluente) 
e l'impresa era estranea ai rapporti fra l'Istituto e detto ente. 

Quanto a siffatta estraneit�, essa � smentita da altre circostanze 
incensurabilmente accertate in sede di merito e non contestate dal 
ricorrente: basti citare il fatto che il provvedimento di rigetto delle 
riserve, del quale il ricorrente sotto altro profilo si dolse, proveniva 
appunto dalla GESCAL, per conto della quale l'Istituto agiva quale 
stazione appaltante. 


726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Versandosi, pertanto, fuori del campo di applicazione dell'art. 80 
del ricordato t.u. n. 1rn5 sull'edilizia economica e popolare, tornava 
applicabile -come pi� volte affermato da questa Suprema Corte, 
anche a sezioni unite (cfr., fra le altre, le sentenze 7 settembre 1970, 

n. 1274; 27 marzo 1970, n. 836; 25 marzo 1970, n. 814; 12 giugno 11968, 
n. l8i67; S.U., 12 dicembre 1967, n. 2928) -il .principio per cui nei 
contratti d'appalto stipulati con privati da enti pubblici diversi dallo 
Stato, qualora la legge non preveda la diretta applicazione del Capitolato 
generale per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, 
ma imponga solo che a tale Capitolato si uniformino quelli di 
tali enti, questi ultimi capitolati hanno natura contrattuale. 
Del tutto inattendibile deve poi considerarsi la tesi del ricorrente, 
secondo cui, malgrado tale natura, la disciplina in essi contenuta, in 
quanto avente carattere processuale, sarebbe suscettibile di essere 
novata dalla diversa regolamentazione processuale (ed in particolare, 
con riferimento al caso di specie, da quella riguardante i termini per 
la proposizione dell'istanza di arbitrato) contenuta nel nu<YVo Capitolato 
generale dello Stato, entrato. in vigore nel 1962. 

In proposito questo supremo collegio ha avuto invero pi� volte 
occasione di �hiarire� (cfr., fra le altre, le sentenze 9 aprile 1969, 

n. 1135; 28 giugno 1969, n. 2331; 12 giugno 1968, n. 1867, cit. 10 agosto 
1966, n. 2176; 21 luglio 1965, n. 1684) che, nel caso in cui il 
richiamo al Capitolato �generale dello Stato assuma carattere di recezione 
negoziale, il rinvio alla disciplina in esso contenuta riveste natura 
recettizia e non formale, con la conseguenza della inapplicabilit� di 
successive norme che innovino sulla regolamentazione, ancorch� processuale, 
dettata dai vecchio Capitolato ormai facente parte integrante 
del contratto. 
Con il terzo mezzo, denunziando la violazione degli artt. 10 e 45 
del capitolato del' 1895, nonch� 6 e 46 del Capitolato del 1962, in relazione 
all'art. 360, n. 3, c.p.c., il ricorre11te lamenta in sostanza che la 
corte abbia a torto considerato iniziato, con la comunicazione a mezzo 
lettera raccomandata del provvedimento di .rigetto delle riserve, il 
termine di decadenza stabilito dalla regolamentazione (a carattere 
normativo, secondo il ricorrente, ma in realt� convenzionale, nella 
specie, come si � visto nell'esame dei primi due mezzi) sancita dal 
Capitolato generale del 1895, secondo cui il termine decorre dalla 

�notificazione� del provvedimento. Avrebbe poi errato la sentenza, 
ritenendo di trovar conferma, sotto il profilo storico, della propria 
interpretazione, nel fatto che anche il successivo Capitolato generale 
del 1962 parlerebbe in senso atecnico di � notifica �, nell'ipotesi corrispondente 
a quella di cui � causa. Deduce invero il ricorrente che 
anche detta notifica, in forza delle norme contenute nell'art. 6 del 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 727 

nuovo Capitolato, dovrebbe essere fatta a mezzo di agenti del Comune 

o dell'Amministrazione. 
In realt� la sentenza non merita le censure mossele, avendo essa 
correttamente inte11pretato, secondo criteri immuni da errori di logica 
e di diritto, la regolamentazione 1dalle parti imposta a se medesime 
-mediante il richiamo alle norme del capitolato del 189�5 -cirea 
l'inizio del termine decadenziale in questione. 

I giudici di merito hanno, invero, esattamente osservato, fra l'altro, 
che le espressioni �notificare> e �notificazione �, in tema di dichiarazioni 
recettizie stragiudiziali, non debbono nel vigente ordinamento 
sempre intendersi come necessariamente riferentisi alla forma pubblica 
prevista e disciplinata dalle norme di rito, potendosi a volte 
interpretare invece (ad es. nelle ipotesi di � notificazione � previste 
dagli artt. 732 e 966 e.e.) come semplici partecipazioni di conoscenza, 
svincolate dall'uso di forme tassative e dall'utilizzazione dell'opera di 
un ufficiale notificatore; e che, nel particolar� caso di specie, la necessit� 
di codesta utilizzazione e di quelle forme poteva escludersi in 
base allo stesso tenore della norma cui facevasi riferimento. L'art. 45 
del Capitolato generale del 1895, infatti, nello stabilire in 30 �giorni il 
termine entro il quale devesi. proporre la domanda di arbitrato, specifica 
espressamente che tale termine decorre dal giorno in cui � fu 
notificato il provvedimento amministrativo secondo gli artt. 22 e 23 
del Regolamento per la direzione, contabilit� e collaudazione dei lavori 
dello Stato, approvato con r.d. del 25 magg~o 18i95, n. 350 �; con ci� 
univocamente riferendosi, quanto alle fon.e della menzionata � notifica 
�, a dette norme del regolamento citato; le quali (pi� precdsamente 
l'art. 231) contemplano non la notifica a mezzo usciere o agente 
dell'Amministrazione, prevista dall'art. 10 del Capitolato del 1895 
(cui il ricorrente invano fa richiamo, data la formulazione dell'articolo 
45 ed il chiaro rJnvio in esso contenuto ad altra norma), .bens� 
una partecipazione di conoscenza, all'appaltatore, delle decisioni del1' 
Amministrazione, mediante semplice � comunicazione � , attuabile 
quindi anche con lettera raccomandata. 

Data l'univocit� del richiamo testuale su cui l'interpretazione dei 
giudici di merito, condivisa da questa Suprema Corte, ha fatto leva, 
appare superfluo soffermarsi sulla critica rivolta dal ricorrente all'ulteriore 
argomento che, � sotto il profilo storico�, i giudic1i stessi traggono 
-a conforto della propria interpretazione del Capitolato del 
'95 -dalle norme del nuovo Capitolato del 1962; il quale, del resto, 
come si � visto nell'esame dei primi due mezzi, non � applicabile alla 
fattispecie �di cui � causa. 

Con il quarto mezzo, infine, denunziando violazione degli articoli 
49 e �50 del Capitolato del 1895, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 
5, v.p.c., il ricorrente lamenta che a torto, con erronea interpretazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

728 

delle norme processuali (convenzionali e non), concernenti l'impugnabilit� 
del lodo, e con motivazione insufficiente, erronea e contraddittoria, 
la corte di merito abbia respinto l'eccezione preliminare di 
inammissibilit� dell'impugnazione del lodo, malgrado quest'ultima fosse 
stata proposta per violazione di norme di diritto -motivo d'impugnazione 
�che il ricorrente escluderebbe in base all'art. 49 del Capitolato� 
1895 richiamato in contratto -ma non per alcuno dei vizi in proce


dendo previsti nei numeri da 1 a 7 dell'art. 829 c.p.c. 

Viene �chiarito poi nella memoria, in particolare, che, ammesso 
(in subordine rispetto alle tesi dei primi due mezzi) che le disposizioni 
del Capitolato predetto abbiano nella specie natura contrattuale 
in virt� della recezione negoziale, il ricorrente ne trae la cons.eguenza 
della necessit� di un'applicazione integrale di esse -con esclusione 
per contro, di quelle del Capitolato Generale approvato con d.p. 16 
luglio 1962, n. 1063 -anche nella parte avente carattere tipicamente 
processuale, quale rinvenibile nella norma dell'art. 49 (contenente 
rinunzia. espressa ad impugnare il lodo, valida peraltro nei limiti del 
secondo comma dell'art. 829 c.p.c.). Donde l'inapplicabilit� del diverso 
regime introdotto dal Capitolato Generale del 1962 che ammette l'impugnativa 
del lodo anche per violazione di norme di diritto. 

Inoltre, dall'art. 50 del Capitolato del 1895 il ricorrente deduce 
l'essenzi�ut� della predetta rinunzia, giacch� detto articolo precisa 
che le disposizioni � degli articoli precedenti � costituiscono � patti essenziali 
del contratto, senza dei quali le parti non sarebbero addivenute 
alla stipulazione di esso �. 

Alla �critica delle suesposte censure questa Corte ritiene di pre


mettere due opportuni rilievi. 

In proposito va, invero, preliminarmente, osservato che trattasi di 

questione concernente i limiti della proponibilit� dell'impugnazione 

del lodo arbitrale avanti l'autorit� giudiziaria ordinaria, limiti che, co


me previsto dall'art. 829 c.p,,c. (e in particolare dal suo secondo comma), 

dipendono come ,conseguenz� diretta e necessaria dal tenore della 

normativa che le stesse parti abbiano convenzionalmente sancita al 

riguardo, e quindi anche dall'interpretazione delle relative clausole 

del negozio� compromissorio. In materia, quindi, questa Suprema Corte 

pu� (come altre volte rilevato: conf. sent. 12 ottobre 1970, n. 1959; 

18 gennaio 1967, n. 163; 19 ottobre 1963, n. 2784) avvalersi dei poteri 

pi� ampi ad essa attribuiti in tema di competenza a giudicare dei vizi 

in procedendo. E, dunque, al fine di stabilire entro quali limiti fosse 

ammessa, nella specie, l'impugnabilit� del lodo, pu� anche autonoma


mente esaminare� ed interpretare dette clausole. 

Il secondo rilievo che conviene premettere, per quanto ovvio, ma 

nella specie non meno decisivo, � che anche nell'esercizio del pi� 

ampio sindacato, di cui poc'anzi si � detto, la cognizione di questa 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 729 

Suprema Corte trova un limite invaUcabile -del resto, proprio non 
del solo procedimento in sede di legittimit� -nella impossibilit� di 
estendere l'indagine al di l� di quanto risulti dagli atti e documenti 
ritualmente prodotti dalle parti o comunque ritualmente acquisiti in 
causa. 

Tutto ci� premesso, questa Corte, avvalendosi dei .poteri dianzi 
indicati, e tenendo presente il limite da ultimo precisato, deve anzitutto 
osservare �che, mentre esiste in atti, esibita dal ricorrente nel 
fascicolo di parte del .giudizio di merito, una copia del contratto di 
appalto, contenente, tra l'altro, nella clausola n. 2, lett. B, un richiamo 
al Capitolato Generale d'appalto della Gestione INA-Casa, che si dice 
firmato dalle parti � come parte sostanziale ed integrante � del contratto 
e ad esso allegato, tuttavia detto Capitolato non risulta compreso 
fra gli atti esibiti in questa sede e contenuti nel fascicolo predetto, 
n� comunque fra gli atti prodotti dalle altre parti. 

Di conseguenza, per quanto riguarda le pertinenti clausole di tale 
capitolato, ai fini dell'indagine, sollecitata dal rkorrente, in ordine al 
punto della disciplina che doveva intendersi convenuta circa i limiti 
d'impugnabilit� del lodo, questa Corte dovr� limitarsi a desumere elementi 
da quanto aliunde risulta acquisito al processo in ordine a dette 
clausole. E in proposito appare decisiovo rilevare� come dalla sentenza 
impugnata sembri acclarato che quel Capitolato, all'art. 23, espressamente 
consentisse la impugnazione della sentenza arbitrale per inosservanza 
delle regole di diritto. 

Il ricorrente, nonostante la mancanza in atti del predetto capi


tolato, pretende di contestare tale accertamento, o almeno di negare ad 

esso efficacia, sotto un triplice profilo. 

Egli nega, anzitutto, richiamandosi a un testo asseritamente in 

suo possesso (e cio�, a suo dire, l'edizione 1950 del Capitolato INA


Casa), l'esistenza della disposizione in parola nel capitolato a suo 

tempo sottoscritto dalle parti. 

Sotto altro aspetto, egli censura l'accertamento predetto, dedu


cendo in �proposito una contraddittoriet� di motivazione, vizio nel 

quale la Corte di merito sarebbe incorsa desumendo il tenore della 

clausola 23 del Capitolato da una ristampa del 1958, quindi successiva 

alla stipulazione del contratto. 

Inoltre, sottolineando, come sopra si � rilevato, in base all'art. 50 

del Capitolato 00.PP. del 1895, l'essenzialit� della rinunzia all'impu


gnabilit� del lodo contenuta nell'art. 49 del capitolato stesso, il ricor


rente sembra assumere un carattere di poziorit� di tale clausola di 

rinunzia rispetto� all'impugnabilit� che invece la sentenza ha accertato 

sancita dal Capitolato INA-Casa recepito dalle parti. 

Le tesi esposte sono tutte e tre parimenti da respingere. 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZION~, Sez. V, 22 febbraio 1972, n. 100 -Pres. Iannelli 
-Rei. De Lellis -P. M. Ilari (conf.). -Rie. Marcucci. 

Procedimento penale -Nullit� nel processo penale -Concernenti le 
parti private diverse dall'imputato -Mancata citazione della persona 
offesa -Nullit� relativa -Soggetti legittimati a dedurla Sono 
il P. M. e la persona offesa. 

(c.p.p., artt. 185, 408, 412, 422). 

A seguito della sente.nza 20 dicem,bre 1968, n. 132 della Corte 
Costituzionale � stato abolito il sistem,a di sbarramento prrevisrto dall'art. 
422 c.p.p. rispetto alle nulLit� comcernernti l'omessa citaziome della 
parte civile, dell'offeso dal reato e� de�l quereJante; nullit� rilevabili 
senza limiti predusivi, essendo deducibili senza il rispetto del limite 
tempol/�ale prima stabilito� ed ora soppl/�esso. Ciomonostante, siffatte nullit�, 
nom essendo riconducibili a neS'Suna delle categorie generali stabilite 
tassativamente daU'art. 185 c.p.p., norn possono ritenersi di carattern 
assoluto e non sono� quindi insanabiU e rilevabili di ufficio, ma 
devono nece8'Sariamente inquadrarsi tra le nullit� di caratter�e re�lativo. 
Legittimati ad eccepire codeste nwUit� sono soltanto le parti che vi 
hanno interesse e, in concreto�, il p.m., che ha il compito di vigilare 
sulla retta osservanza deUa legge wocessuaJe e le altre parti suindicate 
(parte offesa, pane civile, querelante). Tra queste non � dato 
annove.rare anche l'imputato -che, di regola, lungi dall'aver�e un vero 
interesse CJJLla citazione deU'offeso dal re�ato:. ha un intere�sse del tutto 
opposto, queUo cio� di evitare la pl/�esenza di un ulteriore avv�ersario 
ne:l giudizio a suo carico -, in quanto la prescrizione conternwta nell'art. 
408 c.p.p. � volta a salvaguardare il diritto di difesa e d'azione 
proprio della parte civile, dell'offeso dal rea.to e del quere�lante. Vi �, 
pertanto, assoluta mancanza di irnteresse nell'imputato a dedurre una 
siffatta nullit� (1). 

(1) V. nello stesso senso Cass. 29 novembre 1971, n. 2462, m. 119.418; 
27 luglio 1971, n. 2052, m. 118.867. L"affermazione costituisce ormai ius 
receptum. 
Per .quanto concerne la legittimazione ad eccepire la nullit� � stato 
statuito che essa pu� e.ssere fatta valere dal P.M. e da chi dimostri di 
avervi specifico interesse, anche nei motivi d'appello ~Cass., 7 dicembre 
1971, n. 2501, m. 119.464). 

14 



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732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fil 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 febbraio 1972, n. 2174 -Pres. 1:: 
Rosso -Rel. Lazzaro -P. M. conf. Confl. comp. G. I. e Proc. Rep. 
Trib. Rimini in proc. De Martino ed altri. 

Procedimento penale -Istruzione penale -Scelta del rito -Richiesta 
di istruzione formale -Contrasto tra G. I. e P. M. -Elevazione del 
conflitto da parte del G. I. 

(c.p.p., artt. 51, 389). 

n giudice istruttore qualora ravvisi che in un procedimento per 
il quale il P. M. abbia fatto richiesta di istruzione formalei, sussistano 

(1) Principi giurisprudenziali sulla scelta del rito istruttorio dopo tre anni 
di applicazione del nuovo testo dell'art. 389 c.p.p. 
La decisione, dopo 1e modificazioni introdotte al testo dell'art. 389 

c.p.p. della I. 7 novembre 1969, n. 780, che ha consentito il sindacato delle 
decisioni del P.M. in materia di scelta del rito istruttorio, appare pienamente 
conforme alle norme di procedura ed alla costante interpretazione 
giudsprudenziale in tema di conflitti di giurisdizione e di competenza 
disciplinati dall'art. 51 c.p.p. Come � noto, costituisce ius receptum che 
confilttd P<>ssooo SOII'grere aniche fra maig;istmti. del P.M. o fra un ufficio 
del P.M. e un giudice e che i �casi analoghi� previsti dal penultimo comma 
dell'art. 51 c.p.p. comprendono ogni contrasto tra organi giudiziari che 
impedisca la prosecuzi�ne del procedimento e non sia eliminal;>ile con 
altra procedura (v. Cass., S.u., 17 maggio 1958, in Giust. Pen,, 1958, II, 
737). Nello stesso senso della sentenza che si annota, v. Cass., 25 luglio 
1970, n. 1143, m. 115.014). 
La giurisprudenza successiva alla riforma dell'art. 389 c.p.p. si � orientata 
nel senso di ritenere che la violazione dei criteri relativi alla scelta 
del rito istruttorio non determina una nullit� che possa invalidare il 
giudizio, trattandosi di nullit� che, non rientrando fra quelle di ordine 
generale, pu� essere sanata a norma dell'ultimo comma dell'art. 187 c.p.p. 
(Cass., 31 dicembre 1971, n. 2568, m. 119.675; 6 agosto 1970, n. 1211, massima 
115.093; 31 ottobre 1970, n. 1388, m. 115.575). 

Ispirata invece alla � ratio � di una legg.e posta a tutela dei diritti 
dell'imputato e che nell'istruttoria formale ricevono la massima garanzia, 
� l'affermazione della Cassazione secondo la quale la violazione dei criteri 
dettati dalla legge perch� in luogo del rito formale possa essere 
adottato quel�o sommario, non � causa di numt� dell'istruttoria (Cass., 
11 gennaio 1972, n. 46, m. 119.718). 

Per vero la giurisprudenza tende ad evolversi nel senso che, stante 
i rimedi espressamente consentiti all'imputato dalla le.gge modificativa, la 

. violazione dei 
criteri enunciati nell'art. 389 c.p.p. non solo non determina 
una nullit� d'ordine generale ex art. 185 c.p.p. ma nessun'altra nullit�, 
non essendo questa espressamente comminata dalla legge: v. infatti le 
recenti decisioni, in questo senso della Cassazione, III Sez., 11 gennaio 1972, 

n. 35, n. 119.704; 1Sez. I, 11 gennaio 1972, n. 46, m. 119.719. 
Per quanto concerne il procedimento disciplinato dal nuovo testo 
dell'art. 389 la giurisprudenza della Cassazione, dopo aver riconosciuto 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 733 

invece le condizioni previste dall'art. 389 c.p.p. pe1� l'adozione del rito 
sommario, pu� e deve rifiutarsi di dar corso aU'istruttoria formale e, 
di fronte alla insistenza del P. M. nella sua richiesta, deve trasmetJtere 

che il comma terzo dell'articolo ha sostanzialmente riaffermato il potere 
discrezionale del P.M. di scelta del rito istruttorio, pur sottraendolo alla 
originaria insidacabilit� (Cass., 24 agosto 1971, n. 2154, m. 119.007), ha 
statuito che la nuova norma ha disciplinato in maniera rigorosa e definitiva 
la materia della scelta del rito istruttorio, onde la facolt� riconosciuta 
alla parte di contestare il giudizio di valore espresso dal P.M. nella scelta 
del rito istruttorio in ordine all'evidenza della prova pu� essere esercitato 
solo fino a quando � in corso l'istruzione sommaria, assolvendo alla specifica 
funzione di esercitare .il controllo delle risultanze probatorie da 
parte del giudice istruttore, mentre � preclusa ogni possibilit� di sindacato 
sulla legittimit� del rito da parte dei giudici delle ulteriori fasi del 
giudizio (Cass., 31 maggio 1971, n. 1475, m. 118.083; 20 marzo 1971, n. 869, 

m. 
117.250). 
Come si vede, sbarrament.o del controllo sul potere discrezionale del 
P.M. alla fase istruttoria e esclusione della sanzione della nullit� per la 
violazione dei criteri stabiliti dalla norma, sono affermazioni giurisprudenziali 
conseguenti al diritto riconosciuto aH'imputato di ricorrere contro 
la scelta operata dal Pubblico Ministero. 
In tema di diritti dell'imputato, � stato statuito che il termine di cinque 
giorni previsto dall'art. 389 per la proposizione al P.M. dell'istanza 
di formaldzzazio1r1ie delll'istrlllttoria � stabilito a pena di diooadenm, come 
risulta non solo dalla formulazione della norma, ma dalla ratio 
dell'istituto, ispirato com'� all'intento di esaurire immediatamente e definitivamente 
ogni contestazione in ordine alla scelta del rito istruttorio. 
Tuttavia tale termine inizia nuovamente a decorrere quando intervengonosuccessive 
modificazioni sostanziali relative alle imputazioni per le quali 
si procede, come nel caso in cui l'imputato abbia avuto notizia dalla 
instauraxione di un procedimernito ul11lerti.oce per un 11'.liUOVO faitto noto che 
non sia individuabile con certezza tra �quelli indicati, sia pur sommariamente, 
nel precedente avviso �di procedimento (Cass., 25 luglio 1970, 

n. 1144, m. 115.015). Naturalmente, questa a:ffiermazione non pu� essere 
portata alle sue estreme conseguenze, pTetendendo che inizi il decorso di 
un nuovo teTmine ad ogni modificazione della situazione. Rettamente la 
Cassazione quindi ha circondato di riseTVe il principio ora affermato con 
l'ulterior.e affermazione secondo la quale �la necessit� che la richiesta del 
P.M. di procedere ad istruzione formale contenga l'indicazione del fatto 
reato per il quale l'organo requirente intende instaurare il rapporto processuale 
penale, non pu� estendersi fino a richiedere che da parte del 
P.M. medesimo venga specificato dettagliatamente l'intero thema decidendum 
(Cass., 25 gennaio 1972, n. 1906, m. 119.883). 
Contro il decreto motivato con il quale il Procuratore della Repubblica, 
nel terinine di cinque giorni dalla presentazione dell'istanza dell'imputato 
rigetta ila rriichiesta dd fm'mailizzia:ziollle dell:l'istruzionie, \l'imputato 
stesso pu� proporre ricorso entro i cinque giorni dalla comunicazione dell'avviso 
di deposito del decreto (art. 389 .c.p.p. VI comma) al giudice 
istruttore. Con il potere di controllo del giudice istruttore e con l'emanazione 
del irelativo provvedimento si chiude la particolare procedura disci




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

734 

gU atti aLla Co?"te di Cassazicme per ia risoluzione, quale caso, analogo 
di conflitto di competenza, della situazione di stati venutasi a creare 
per il contrasto con l'organo inquirente in ordine aUe rispettive attribuzioni, 
relativamente a quel procedimento (1). 

plinata dall'art. 389, senza alcuna possibilit� di ulteriore sindacato. Infatti, 
il procedimento del giudice istruttore non ha carattere e contenuto decisori 
nei con:Eroilllti del rito iLstruttocio, C:OIIl 'Ila ooooeguenm. ,che esso � inoippugnabile, 
sia perch� non � previsto contro di esso alcun mezzo di impugnazione, 
sia perch� non si tratta di procedimento relativo alla libert� 
personale dell'imputato, sia perch�, quando ordini la restituzione degli 
atti al P.M. perch� prosegua fistruzione sommaria (art. 389, sesto comma), 
non costituisce provvedimento abnorme, non discostandosi, per H contenuto 
n� per Jia foxma, da quelJo previsto e regoLato dalla legge (Claiss., 
25 giugno 1971, n. 1829, m. 118.575; 16 novembre 1971, n. 2387, m. 119.336). 

PAOLO DI TARSIA 

CORTE DI CASSAZIONE, 24 aprile 1972, n. 415 -Pres. Lippiello -
Rel. D'Onofrio -P. M. D'Agostino -Rie. Theodoru Christos. 

Reati finanziari -Contrabbando -Art. 139 legge doganale -Arresto 
-dello straniero -Cittadini greci -Applicabilit�. 
(art. 139, 1. 25 settembre 1940, n. 1424). 

L'art. 139 deHa legge doganale che prevede l'arresto deilo straniero 
colpevole dei reati di ccmtrabbando se non abbia dato idonea 
cauzione o maileveria per il pagamento delle multe e delle ammende 
e a queste co111;dizioni subordina la sua liberazione, � applicabile anche 
ai cittadini greci (1). 

(1) L'arresto dello straniero imputato di contrabbando. 
Il notevole rigore della norma di cui all'art. 139 della legge doganale 
per quanto in particolare concerne l'arresto dello stra:rli,ero, ha pi� 
volte portato i giudici di merito a interp;retazioni forzate della stessa, a 
seguito delle quali sono state disposte delle scarcerazioni sia con cauzioni 

o malleverie irrismie, sia, addirittura, senza cauzione n� malleveria. � chiaro, 
che in 'entrambi i casi, si � frustrato lo scopo della particolare normativa 
che ha p;revisto una misura cautelare, corrispondente all'esigenza dello 
Stato di garantirsi contro l'insolvenza, esigenza che non viene meno con 
la pronuncia della 1sentenza di condanna a sola pena pecuniaria, mentre 
la dichiarazione d'infondatezza della questione di il1egittimit� costituzionale 
del .citato art. 139 (Corte Cost., 23 marzo 1964, n. 26), e l'esistenza di 
autorevoli giudicati della Suprema Corte di Cassazione come quello della 
sentenza che si annota, inducono a sostenere l'applicazione della norma 
secondo la sua cornetta ratio e la sua lettera. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 735 

(Omissis). -La Corte di appello di Bari con ordinanza in data 
1� ottobre 1971 rigettava l'istanza con la quale i cittadini greci Christos 
Theodoru, Droponietis Nikolaos e Tiginos Kostantinos condannati in 
primo grado dal tribunale di Bari a pena detentiva e pecuniaria per 
contrabbando di tabacchi lavorati esteri, dopo avere scontata la prima, 
avevano chiesto ai sensi dell'art. 275, secondo comma c.p..p. l'immediata 
scarcerazione e comunque la libert� .provvi,soria. 

La motivazione del provvedimento � informata sul disposto dell'art. 
139 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 in virt� del 
quale lo straniero arrestato per reato di contrabbando nQn pu� essere 
scarcerato n� ottenere la libert� provvisoria -salvi i limiti massimi 
di detenzione posti dallo stesso articolo -a meno che non abbia 
prestato cauzione o malleveria a garanzia del pagamento della forma 
pecuniaria. 

F.ra �le decisioni contrarie di taluni giudici di merito, vanno ricordati 
due tipi di soluzioni, entrambe erronee, l'una tendente a restringere l'ambito 
d'applicabilit� della norma doganale entro i termini della custodia 
preventiva, ex art. 272 c.p.p., l'altra tendente ad escluderne comunque 
l'applicabilit� a stranieri appartenenti a determinate nazionalit�. Una terza 
soluzione in fatto, ma anche essa pregiudizievole degli interessi dell'Amministrazione 
finanziaria, � l'adozione di malleverie inidonee o di cauzioni 
irriso.rie. 

* * * 

Per quanto concerne la prirm.a soluzione, la ragione dell'attuale vigore 
della norma di cui all'art. 139 va ravvisata nella sua specialit�, nonostante 
che le norme del codice di procedura penale siano state modificate dalle 

1. 18 giugno 1955, n. 517 e 1� luglio 1970, n. 406, che hanno introdotto i 
termini massimi di durata di custodia preventiva,-dopo il decorso dei 
quali l'imputato deve esse.re sca.rcerato (art. 272 c.p.p.). Pertanto la norma 
defil'a.rt. 139 non opm-a soilJllanito neiL1a :Dase istr:uttoiria, ma amebe doipo inrte.rvenuta 
la sentenza di condanna a pena non detentiva, come pi� volte la 
Cassazione ha affermato (Cass., 27 febbraio 1970, n. 894, m. 114.679). 
La contraria opinione talvolta espressa in dottrina (v. DE VINCENTIS, 
in Dir. Prat. Trib., 1951, II, 322) � basata su argomentazioni che non reggono 
al vaglio della critica e infatti: 

1) la frase con la quale inizia il testo dell'a.rticolo � fe.rmo restando 
quanto disposto dal c.p.p. circa la libert� personale deH'imputato � significa 
non gi� una limtiazione della �sfera d'applicazione della norma alla sola 
fase istruttoria -e ci�, secondo il contrario assunto, per ragione di collocazione 
del capo relativo alla libert� dell'imputato nel libro del codice 
di proc. pen. concernente l'istruzione -ma il rinvio, secondo una nota 
tecnica legislativa, dalla no.rma speciale alla norma generale, applicabile 
ove quella non vi deroghi; 

2) affermare che � cauzione � e � malleveria � sono, neHa normativa 
comune, istituti propri della fase istruttoria attinenti alla libert� provvisoria 
o che quando v'� sentenza di condanna a sola pena pecuniaria titolo 



736 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si � pure affermato nell'ordinanza che codesta norma trova applicazione 
anche in confronto dei cittadini greci nonostante le particolari 
disposizioni dettate dall'articolo del trattato di amicizia e di 
commercio italo-greco del 5 novembre 1948, reso esecutivo con legge 
3 luglio 1.950, n. 886 in ordine al godimento dei diritti civili da parte 
dei cittadini di uno dei due stati sul terrtoro dell'altro perch� l'articolo 
139 della legge doganale � da considerarsi spedale anche rispetto 
all'articolo del predetto trattato. 

Hanno proposto ricorso gli imputati deducendo l'inapplicabilit� 
dell'art. 139 atto a disciplinare la posizione dello stranier� in genere 
mentre la loro particolare condizione di cittadini greci andrebbe regolata 
dalla norma del trattato recepita nell'ordinamento giuridico italiano, 
la cui precisa dizione non consentirebbe dubbi riguardo alla 
parificazione dei cittadini dei due paesi per quanto riflette il godimento 
dei diritti civili nella misura in cui esso � attribuito ai cittadini della 
nazione pi� favorita. 

Il ricorso non ha giuridica consistenza. 

per l'arresto � solo l'ordine di carcerazione del P.M. dopo accertata l'insolvibilit� 
del condannato (art. 586 c.p.p.), sono due evidenti petizioni di 
principio, poich� occorrerebbe aver prima dimostrato che la norma della 
legge doganale non � norma speciale derogativa. 

Cosi sarebbe altrettanto erroneo, come pur talvolta da giudici di 
merito � stato �affermato, sostenere che l'art. 139 opererebbe solo nel senso 
di escluder.e, per il giudice, nell'arco di 'tempo compreso nei termini :rnRssimi 
previsti dal codice di rito per la custodia preventiva, la facolt� di 
concedere la libert� provvisoria, poich� la scarcerazione � comunque condizionata, 
prima e dopo il decorso di suddetti termini, al pagamento di 
idonea cauzione o malleveria, salva la riserva di legge sul limite massimo 
di carcerazione, contenuta nel secondo periodo del secondo comma dell'art. 
139.


Argomenti migliori per sostenere l'inapplicabilit� o l'abrogazione della 
norma in esame non possono nemmeno essere desunti dall'art. 10 della 
Costituzione, in relazione alla 1. 4 agosto 1955, n. 848 contenente ratifica 
ed esecuzione della Convenzione di Roma 4 novembre 1950, per la salvaguardia 
dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali. La norma del-
1'�rt. 14 di �questa, infatti, che pone il principio della� uguaglianza nel 
godimento dei diritti e delle libert� riconosciute senza distinzioni di sesso, 
razza, religione, nazionalit�, ecc., deve essere infatti coordinata con la 
norma di cui al precedente art. 5, che prevede fra le eccezioni alla privazione 
della libert� pers001ale, il caso di chi � a fait 1'objet d'une arrestation 
ou d'une d�tenition r�gulie�res... en vue de garantir l'ex�cution d'une 
obbligation prescrite par la lob (art. 5, n. 1, lett. b). 

* * * 

Per quanto concerne la seconda soluzione, lodevolmente respinta dalla 
Corte d'Appello di Bari e dalla Suprema Corte di Cassazione con la 
sentenza che si annota, essa � stata prospettata per i cittadini greci, nei 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 737 

Invero il trattato di amicizia italo-greco realizza con la norma 
invocata dai ricorrenti, l� dove essa stabilisce reciprocit� nel godimento 
dei diritti civili la condizione richiesta dell'art. 16 delle preleggi per 
il riconoscimento allo straniero dello stesso trattamento riservato dal 
nostro ordinamento al cittad~no italiano; ma � ovvio che nell'applica


. zione di detta norma non possa ,disconorscersi la riserva di far salve 
le disposizioni delle leggi speciali -tale � appunto quella dell'art. 139 
della legge doganale -contenuta nello stesso art. 16 delle preleggi. 
Esigenza tanto pi� imprescindibile ove si consideri la ratio della 
disposizione dell'art. 139 intesa ad assicurare allo Stato il pagamento 
da parte dello straniero delle multe e delle ammende inftittegli per 
il reato doganale; mentre � certo che siffatta finalit� verrebbe ineluttabilmente 
frustrata qualora fosse dato allo straniero ,cfetenuto di 
ricuperare lo stato di libert� senza la prestazione di idonea cauzione o 
malleveria e di allontanarsi definitivamente dal territorio dello Stato, 
il che realizzerebbe una situazione di favore per lui rispetto al cittadino 
italiano condannato per lo stesso reato. 

cui .confronti accade di procedere ad arresto per reati di contrabbando 
ed � basata su di una inesatta interpretazione del �Trattato di amicizia, 
commercio e navigazione fra l'Italia e la Grecia�, ratif��ato con 1. 3 luglio 
1950, n. 886, il quale, in quanto norma speciale incompatibile con 
quella di cui all'art. 139 della legge doganale, derogherebbe a questo. Si 
� sostenuto infatti che il trattato garantir,ebbe ai cittadini greci un trattamento 
uguale a quello dei cittadini italiani e che il suddetto trattato, 
costituendo norma speciale rispetto all'art. 139 della legge doganale sia 
ratione personarum che ratione materiae, riferendosi esclusivamente ai 
cittadini greci e non agli stranieri in genere come prevede l'art. 139 derogherebbe 
a questo, che non sarebbe quindi applicabile ai greci. 

L'argomento fondamentale del quale si � avvalsa la Suprema Corte 
per respingere la tesi suddetta, avanzata dalla difesa, � stato quello secondo 
il quale il principio � genus per speciem derogatur � non pu� valere anche 
nei rapporti fra leggi speciali il cui ambito di applicazione sia di diversa 
estensione. L'affermazione � pienamente valida e costi.tuisce una coerente 
precisazione del principio affermato dalla giurisprudenza civile e secondo 
il quale � Dalle convenzioni internazionali, quando siasi proceduto all'adattamento 
ad esse del diritto interno mediante l'emanazione della legge di 
approvazione e esecuzione, e quando siano. entrate in vigore, promanano 
nuove norme proprie dell'ordinamento statuale e queste, in quanto deroghino 
alla legge generale, hanno natura di legge speciale� (Cass. S.U., 
25 febbraio 1970, n. 439, in Riv. dir. int. priv. e processuale, 1971, 148; 
S.U., 18 settembre 1970, n. 1553, ivi, 1971, 54). 

La tesi della difesa peraltro era infondata, anche sotto il profilo della 
interpretazione letterale, nonostante talune perplessit� che talune norme 
del trattato potrebbero indurre, poich� la norma fondamentale di questo 
in materia di diritti applica la clausola della nazione pi� favorita (art. 4) 
per ci� che concerne � les droits civils, l'exercise du commerce, de !'industrie, 
des professions et des m�tieres �, in cui l'espressione � droits civils � 



738 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� ancora da considerare che il principio genus per spe'Ciem derogatur, 
vigente nei rapporti tra legge generale e legge speciale, non 
pu� non valere anche nei rapporti :fra leggi speciali il cui ambito di 
applicazione sia di diversa estensione, con le conseguenze che mentre 
l'art. 4 del trattato di amicizia italo-greco regola solo indirettamente 
la libert� del cittadino greco sotto il profilo della parit� dei suoi 
diritti civili rispetto a quelli del cittadino italiano, l'art. 139 della 
legge doganale contiene una disciplina autonoma dello status libertatis 
(arresto .carcerazione) per p~rticolari situazioni, realizzando in tal 
modo la pretesa punitiva dello Stato, quale uno dei maggiori attributi 
della sua sovranit�. 

Deve quindi la norma invocata dai ricorrenti, l� dove consacra 
l'impegno di ciascuno degli Stati contraenti ad assicurare sul rproprio 
territorio ai cittadini dell'altro, in tema di godimento dei diritti civili, 
lo stesso trattamento fatto � ai sudditi della nazione pi� favorita�, 
essere intesa -per il tenore letterale di quest'ultima locuzione che 
si rinviene, peraltro, con frequenza, In altri paragrafi del trattato e 
per le considerazioni suesposte -non in relazione al limitato raffronto 

deve intendersi riferita al campo privatistico, tant'� che, quando il legislatore 
internazionale ha inteso riferirsi alla sfera giuridica pubblica e 
privata nella sua totalit�, non ha qualificato con l'aggettivo � civili � il 
sostantivo � diritti � (v. ad esempio il trattato di amicizia fra l'Italia e la 
Somalia, I. 1� febbraio 1962, n. 367, il cui art. 5 stabilisce che: �Ai citta,
dini di ciascun paese... saranno assicurati gli stessi diritti, privilegi e 
trattamento... � ), onde non rpu� condividersi la contraria opinione espressa 
dal Tribunale di Napoli con ordinanza 27 maggio 1970 e 13 novembre 1971 

(in Vita doganale, 1970, 723 e, rispettivamente, ivi, 1972, 14). 

Si deve ancora osservare che le norme che stabiliscono per � les ressortissants 
de chacune des Hautes Parties Contractantes... la m�me traitement 
que les nationaux � si riferiscono a materia diversa da quella della 
soggezione alla norma penale, come la protezione delle persone e dei beni 
(art. 3), il diritto di propriet� e di commercial'e (art. 5), '1a materia dell'espropriazione 
per pubblica utilit� (arti. 6), que~la delle requiisizioni 
militari (art. 8), le imposte e tasse (art. 9) e i rapporti commerciali e 
societari (art. 10). 

L'unica norma che potrebbe destare perplessit� � quella di cui all'articolo 
7 che prevede il medesimo trattamento dei nazionali per quanto 
concerne la protezione legale e giudiziaria delle persone e dei beni. La 
norma, per�, sia perch� parla di protezione, sia perch� garantisce l'accesso 
ai Tribunali � tant pour r�clamer que pour d�fendre leur droits et 
int�r�ts �, sia perch� si riferisce alla Convenzione dell'Aja 17 luglio 1905 
sulla procedura civile, pare possa intendersi limitata al campo del diritto 
civile e processuale civile. 

* * * 

La terza soluzione, infine, la pm frequente, � l;i imposizione di una 
cauzione irrisoria, o, peggio ancora, di una malleveria inidonea, attra-i 

I t 


~



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 739 

(� questa l'erronea interpretazione della difesa) fra i due Stati contraenti, 
bensi con riferimento agli a�ccordi in materia gi� esistenti o 
da stipularsi in futuro fra ciascuno di essi e altri membri della comunit� 
internazionale, con nessuno dei quali risulta che l'Italia abbia 
finora convenuto l'esenzione dall'ambito di applicazione della norma 
doganale. 

Il ricorso dev'essere quindi rigettato con la conseguente condanna 
dei ricorrenti al pagamento in saldo delle spese processuali. (
Omissis). 

verso la quale si frustra 'lo scopo della legge, mentre non pu� farsi alcun 
utile confronto con le norme del codice di rito e con l'ammontare delle 
cauzioni che in quei casi i giudici impongono a garanzia di obblighi che 
non hanno alcun contenuto patrimoniale (art. 282 e 283 c.p.p.). (Sulla questione, 
v. I Giudizi di Costituzionalit� e il Contenzioso dello Stato negli 
anni 1966-1970, vol. III, p. 791, n. 697). 

PAOLO DI TARSIA 



PARTE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura civile, art. 149, primo c:omma, nella parte in cui 
non prevede che all'interessato sia nominato di ufficio un difensore, ove 
non l'abbia nominato di fiducia, e, conseguentemente, non prevede che 
al difensore sia notificato l'avviso della data della discussione. 

Sentenza 6 luglio 1972, n. 122, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

r.d 30�dicembre 1923, n. 3269, art 93, n. 2, nella parte in cui: a) dichiara 
solidalmente tenute verso l'amministrazione dello Stato le parti 
istanti nei giudizi �contenziosi civili per le tasse di registro sulle sentenze 
e sugli altri provvedimenti giurisdizionali e riguardanti convenzioni 
cui esse parti sono rimaste estranee; b) pone a carico dei procuratori 
le � fasse giudiziali �. 
Sentenza 6 luglio 1972, n. 120, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

r.d.I 15 novembre 1937, n. 19~4. art 6, primo comma, limitatamente 
alle parole � esclusa la testimoniale �. 
Sentenza 12 luglio 1972, n. 128, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

legge 15 febbraio 1958, n. 46, art 12, terzo c:omma, limitatamente alla 
parte in cui considera nullatenenti gli orfani maggiorenni che usufruiscono 
di un reddito non superiore alle lire 240.000 annue anzich� 
quelli �Che risultino non a:ssogettabili per l'ammontare del loro reddito 
complessivo all'imposta complementare. 

Sentenza 12 luglio 1972, n. 133, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art 66, quinto c:omma, nella parte in cui 
non prevede che i titolari di crediti privilegiati, ammessi al passivo 
fallimentare, in data anteriore all'entrata in vigore della detta legge, 
possano contestare i crediti �che, per effetto della nuova disciplina, 
sono stati anteposti ai loro nel grado del privilegio. 

Sentenza 12 luglio 1972, n. 129, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

legge reg. sic:., 2 luglio 1969, n 20, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 7 ed 8. 

Sentenza 27 luglio 1972, n. 154, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. 



116 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 1, secondo comma, (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 12 luglio 1972, n. 132, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

legge 26 novembre 1969, n. 833, artt. 1, secondo comma, 3, terzo comma, 
6, secondo comma, modificato dall'art. 56 del decreto-legge 26 ottobre 1970, 

n. 745, nella parte in cui non riconoscono al locatore il diritto di provare 
che il conduttore gode di un reddito superiore a quello risultante 
dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1969; 
e nella parte in cui negano rilevanza alle variazioni del detto reddito 
eventualmente sopravvenuto. 
Sentenza 12 luglio 1�972, n. 132, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 16, secondo, decimo ed undicesimo 
comma, nella parte in cui non attribuiscono alla Regione Siciliana la 
competenza alla concessione di impianto e di esercizio dei distributori 
di carburanti nell'ambito del territorio regionale, all'autorizzazione 
alla cessione di concessioni da parte di chi sia proprietario di pi� 
impianti situati in diverse provincie del territorio regionale ed alla 
autorizzazione ai trasferimenti di impianti da una localit� ad un'altra 
della stessa provincia; qui�nto comma nella parte in. cui non prevede che 
la regione siciliana debba essere sentita da comitato interministeriale 
per la programmazione economica prima di deliberare sugli indirizzi 
per i quali il comitato ha competenza, e non prevede che la regione 
possa dettare criteri obiettivi per il rilascio delle nuove concessioni 
da accordare nel corso dell'anno successivo; tredicesimo comma nella 
parte in cui non .prevede la competenza della regione siciliana ad 
emanare norme esecutive della legge statale. 
Sentenza 27 luglio 1972, n. 151, G. U. 2 agosto 1972, -n. 201. 

legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 1, nella parte in cui non prevede 
alcuna forma di periodica rivalutazione del canone in danaro; artt. 3 e 
4, primo comma, nella parte in cui non limitano l'applicazione delle 
norme sulla disciplina dell'affitto dei fondi rustici ai soli affittuari che 
coltivano il fondo col lavoro proprio e dei propri familiari e non 
escludono gli affittuari imprenditori; art. 3, secondo e sesto c�omma, nella 
parte in cui fissa fra 12 e 45 e, con riferimento a un caso particolare, 
in 36, i coefficienti di moltiplicazione del reddito dominicale ai fini 
della determinazione del canone. 

.Sentenza 27 luglio 1972, n. 15>5, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. 

legge reg. lombarda, 21 febbraio 1972, n. 2. 

Sentenza 27 luglio 1972, n. 147, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice civile, art. 1916 (a~t. 3 e 35 della Costituzione). 

Sentenza 12 luglio 1972, n. 134, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

codice di procedura civile, disp. att. art. 24, primo comma, nei sensi 
di cui in motivazione (art. 24, primo e secondo comma, e 111, primo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1972, n. 125, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

codice di procedura civile, art. 538, secondo comma, ;per la parte in 
cui dispone che nel secondo incanto della vendita esecutiva mobiliare 
� ammessa qualsiasi offerta. 

Sentenza 12 luglio 1972, n. 130, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

codice penale, art. 51, ultimo comma (artt. 3 e 28 della Costituzione). 
Sentenza 6 luglio 1972, n. 123, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

codice penale, art. 166 e 198 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 12 luglio 1972, n. 135, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

codice di procedura penale, artt. 128 e 131 (artt. 3, primo e secondo 
comma, 24, primo, secondo e terzo comma, 38 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1972, n. 149, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. 

codke di .procedura penale, art. 192, ultimo comma, e 529, primo comma 

(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1972, n. 145, G. U. 26 luglio 1972, n. 194. 

codice di procedura penale, art. 236, ultimo c�omma Cart. 3 della Costituzione). 


Sentenza 6 luglio 1972, n. 126, G. U. 12, luglio 1972, n. 180. 

codice di procedura �penale, artt. 274, primo comma, legge 488, terzo 
comma (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 12 luglio 1972, n. 135, G. U. 12 luglio 1972, n. 187. 

codice di procedura penale, art. 479, terzo comma (art. 27, secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1972, n. 124, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

codice di procedura penale, art. 552, (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 12 luglio 1972, n. 136, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

17, 18, 19, capitoli nn. 1502 e 5471 (artt. 76, 117, 118, 119, 127, 135 e 
VIII dfsp. trans. della Costituzione). 

Sentenza 24 luglio 1972, n. 142, G. U. 26 luglio 1972, n. 194. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 2120 (art. 36, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Recanati, ordinanza 1� maggio 1972, G. U. 19 luglio 
1972, n. 187. 

cod:ice di procedura civile, art. 621 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 3 febbraio 1'972, G. U. 23 agosto 
1972, n. 219. 

codice di procedura cMle, art. 663 (art. 3 primo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 26 aprile 1972, G. U. 12 luglio 
1972, n. 180. 

codice penale, art. 22 (art. 27, terzo comma, della Costituzione). 

Corte d'assise di Verona, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 12 luglio 
1972, n. 180. 

codice penale, art. '102 (art. 3, secondo comma della Costituzione). 

Tribunale di Massa, ordinanza 19 aprile 1972, G. U. 3 ~gosto 
1972, n. 226. 

codice penale, art. 164, penultimo comma (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 2 marzo 1972, G. U. 19 luglio 
1972, n. 187. 

codice penale, art. 188, �primo comma (artt. 3, 27, terzo comma, e 
36, .primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Pis�a, ordinanza 20 marzo 1972, G. U. 2 agosto 1972, 

n. 201. 
codice penale, art. 428, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Giudice istruttore del Tribunale di Venezia, ordinanza 13 marzo 
1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. 

codice p_enale, art. 546, secondo e terzo comma, 41 (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore .di Grottaglie, ordinanza 17 maggio 1972, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice penale, artt. 548 e 550 (artt. 21 e 25, secondo comma della 
Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 17 aprile 1972, G. U. 2 agosto 1972, 

n. 201. 
cod�ice di procedura penale, art. 170, secondo comma (art. 24, secondo 
comma della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 30 giugno 
1971, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. 

codice di procedura penale, artt. 304 bis, primo comma, e 304 quater, 
primo comma (art. 24 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Ascoli P,iceno, ordinanza. 4 
marzo 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. 

codice di procedura penale, art. 429 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Segni, ordinanza 13 gennaio 1971, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960, art. 49 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, 
ordinanza 14 dicembre 1971, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

r.d. 27 febbraio 1936, n. 635, artt. 1, 166 e 178 (art. 21 della Costituzione). 
Pretore di Bo.fogna, ordinanza 20 maggio 1972, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 

legge 1� giugno 1939, n. 1089, art. 21, pl'imo comma (artt. 42, terzo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 24 marzo 1972, G. U. 26 luglio 
1972, n. 194. 

d.I. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9 (art. 316 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 15 febbraio 1972, 

G. U. 23 agosto 1972, n. 219. 
d.I. 11 febbraio 1948, n. 50, artt. 1 e 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 26 luglio 
1972, n. 194. 

legge 14 marzo 1952, n. 196, art. 1 (art. 21 della Costituzione). 

Pretore di Sestri Levante, ordinanze 18 aprile 1972 (due), G. U. 
12 luglio 1972, n. 180. 


122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 14 mar210 1952, n. 196, artt. 1 e 3 (artt. 21 e 43 della Costituzione). 


Pretore di Bologna, ordinanza 18 maggio 1'972, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38, lettera el (art. 24, secondo 
comma della Costituzione). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 aprile 1972, G. U. 19 luglio 
1972, n. 187. 

legge 5 luglio 1961, n. 641, art. 2, ultimo comma (artt. �97, primo 
comma, 51, ;primo comma, e 54, secondo comma; 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di R,ecanati, ordinanze 31 marzo 1972, G. U. 19 luglio 
1972, n. 187, e 30. agosto 1972, n. 226. 

d.P.R. 26 dicembre 19�61, n. 1698, articolo un�ico. 
Pretore di Recanati, ordinanza 1� maggio 1972, G. U. 19 luglio 
1972, n. 187. 

legge 15 settembre 196~, n. 756, art. 14 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della 
Costituzione). 

Tribunale di Agrigento, Sezione specializzata agraria, Ol'dinanza 
25 gennaio 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, primo, secondo e terzo comma 
(artt. 3, primo comma, e 36, .pl'imo comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 25 gennaio 1972, G. U. 
23 agosto 1972., n. 219. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. U24, art. 104 (art. 38, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Padova, ordinanza 3 febbraio 1972, G. U. 26 luglio 
1972, n. 194. 

legge 26 luglio 1965, n. 965, art. 5, ultimo comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, 
ordinanza 6 novembre 1971, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1704, art. 1 (artt. 76 e 77, .primo comma, 
della Costituzione). 
-Pretore di Bologna, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 8 giugno 1966, n. 424, art. 1 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, 
ordinanza 6 novembre 1971, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 

legge 20 d,icembre 1966, n. 1116, art. 12, .penultimo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 1� febbraio 1972, 

G. U. 23 agosto 1972, n. 219. 
legge 24 febbraio 1967, n. 62, art. 11 (artt. 3, primo comma, e 36, 
primo comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 25 gennaio 1972, G. U. 
23 agosto 1972, n. 219. 

legge 18 marzo 1968, n. 238, ar.t. 6, lettere a e b (artt. 3, 35, 36 e 38 
della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, artt. 1 e 5 (artt. 3, 35, 36 e 38 della 
Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, artt. 9, 11 e 13 (artt. 3, 35, 36 e 38 della 
Costituzione). 

Tribuna.le di Roma, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 30 agosto 
1972, n. 226. 

legge 26 novembre 1969, n. 833, art. (artt. 3, 24, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 23 agosto 1972, 

n. 219. 
legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzion�). 

Pretore di Trani, ordinanza 22 febbraio 1972, G. U. 19 luglio 
1972, n. 187. 

legge 1970, n. 300, art. 19, lett. a (artt. 3 e 39, primo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 26 febbraio 1972, G. U. 12 luglio 
1972, n. 180. 


124 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 40; 41, 49 e 71 della 
Costituzione). 

Tribunale di Grosseto, ordinanza 21 gennaio 1972, G. U. 12 luglio 
1972, n. 180. 

d.I. 26 ottobre 19'70, n. 745, art. 56 (artt. 3, 24, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 23 agosto 1972, 

n. 219. 
d.I. 27 ottobre 1970, n. ,745, art. 32 (art. 53 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 13 aprile 1972, G. U. 19. luglio 1972, 

n. 187. 
d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, art. 20 (artt. 3, primo comma, e 36, 
primo comma, della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 25 gennaio 1972, G. U. 
23 agosto 1971, n. 219. 

legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 3:2 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della 
Costituzione). 

Tribunale di Agrigento, Sezione specializzata agraria, ovdinanza 
25 gennaio 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. 

legge 29 novembre 1971, n. 1097, artt. 2 e 4 (art. 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Manselice, ovdinanza 1'5 maggio 1972, G. U. 12 luglio 
1972, n. 180. 

legge reg. sic., appr. 4 luglio 1972. 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 21 luglio 1972, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. 



INDICE BIBLIOGRAFICO 

delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato 

TRABUCCHI .A!lberto, Istituzioni di Diritto Civile, Cedam, Padova, 1971, 
XVIII ediz. riveduta e aggiornata. 

GIANNINI Massimo Severo, Diritto Amministrativo, Vol. 1� e 2�, Giuffr�, 
Milano, 1970. 

NAPOLETANO Domenico, Lo Statuto dei Lavoratori, Liguori Editore, Napoli, 
1971. 



CONSULTAZIONI 


.APPALTO 

Appalto opera pubblica -Revisione prezzi -costo della mano d'opera Aumento 
-Contrattazione aziendale -Rilevanza -Clausola -Legittimit� 
(d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501; l. 17 febbraio 1968, n. 93; l. 19 febbraio 
1970, n. 76). 

Se, nell'appalto di opera, possa concol'rere ad aumentare i costi del


l'opera. medesima -ai fini della revisione dei prezzi -l'onere derivante 

all'appaltatore da accordi aziendali che, in deroga ai contratti collettivi, 

fissano maggiori liveHi retributivi per i dipendenti dell'appaltatore (n. 354). 

Se in un contratto d'appalto d'opera pubblica possa pattuirsi una clau


sola di il'evisione pTezzi che tenga conto delle variazioni del costo della 

mano d'opera dipendenti da accordi aziendali in forza dei quali, dero


gando dai contratti collettivi, vengano fissati maggiori liveHi retdbutivi 

per i dipendenti dell'appaltatore (n. 354). 

Lavori del Genio Militare -Fallimento dell'appaltatore -Sciogl.imento del 
contratto d'appalto -Riappalto a maggiori oneri -Inadempimento Cauzione 
(artt. 8, 47 e 48 condiz. gen. lavori Genio militare appr. con 

r.d. 17 marzo 1932, n. 366). 
Se il :riappalto, che l'Amministrazione stipula con altra ditta per oneri 

maggiori, a seguito dello scioglimento del contratto d'appalto di lavori del 

Genio militare, per fallimento dell'appaltatore (art. 47 cond. gen. pe,r i 

lavori del Genio Militare), possa essere considerato occasione di danni, 

dei quali possa chiedersi il risarcimento alla ditta fallita (n. 355). 

Se nel caso� di inadempimento dell'appaltatore di lavori del Genio 

Militare, verificatosi prima della dichiarazione di fallimento, sia ricono


sciuto all'Amministrazione il diritto al risarcimento del danno, quando il 

procedimento per l� rescissione in danno o per Ia risoluzione sia iniziato 

prima della pronuncia di fallimento, a nulla rilevando che il detto proce


dimento si concluda dopo la detta pronuncia (n. 355). 

Se il diritto al risarcimento del danno per l'inadempimento dell'ap


paltatore di lavori del Genio militare possa essere riconosciuto anche nel


l'ipotesi in cui, fino alla pronuncia di fallimento dell'appaltatore stesso, 

non sia stata iniziata la procedura per la rescissione in danno o per la 

risoluzione del contratto (n. 355). 

Se possa in ogni caso procedersi all'incameramento della cauzione 

quando ven~a pro;nunciato H fallimento dell'appaltatore di lavori del Ge


nio militare (n. 355). 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Oggetti d'interesse storico, archeologico ed artistico -Rinvenimento fortuito 
-Diritto al premio -Prescrizione (art. 49, 2� e 3o comma, l. 
1� giugno 1939, n. 1089; art. 2946 cod. civ.). 

Se il diritto alla corresponsione dei premi per il rinvenimento fortuito 
di oggetti d'interesse storico, archeologico ed artistico si prescriva 
nell'ordinario termine decennale (n. 26). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

BONIFICA 

Contributi per le opere di bonifica e contributi consortili ordinari -Immobili 
dello Stato siti in comprensori di bonifica (r.d. 13 luglio 1933, 

n. 215). 
Se sono dovuti da parte dell'Amministrazione i contributi relativi alla 
spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e i 
contributi consortili ordinari, in relazione a fabbricati di propriet� dello 
Stato siti in comprensori di bonifica (n. 10). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Concessione di servizio di .bar-ristorante in stazione ferroviaria -Percezione 
dei canoni -Competenza. 

Se i canoni relativi alla concessione del serv1z10 di bar-ristorante in 
una stazione ferroviaria debbano essere percepiti dall'Amministrazione dei 
Trasporti o dall'Amministrazione delle Finanze (n. 106). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Amministrazione comunale -Opera pubblica -Concorso dello Stato Contributo 
miglioria specifica -Obbligatoriet� -Intendente di Finanza 
-Surroga -Procedimento (r.d.l. 28 novembre 1938, n. 2000, 
art. 17; l. 5 marzo 1963, n. 246, artt. 31 e 35). 

Se, nel caso di opere p�bbliche eseguite dal Comune con il concorso 
dello Stato, sia obbligatoria per l'Amministrazione comunale l'imposizione 
del contributo di miglioria specifica (n. 97). 

Quale sia il procedimento per l'esercizio del potere di surroga spettante 
all'Intendente di Finanza nell'imposizione del contributo di miglioria 
specifica per opere pubbliche eseguite dal Comune con il concorso dello 
Stato (n. 97). 

Finanziamento -Finanziamento con fondi dell'Istituto di credito -Finanziamento 
con fondi in dotazione -Garanzia dello Stato (l. 30 luglio 
1959, n. 623; l. 25 luglio 1961, n. 649; l. 1� febbraio 1965, n. 60). 

Se la garanzia prestata dallo Stato, in virt� della I. 25 luglio 1961, 

n. 649 e successive modificazioni, in r�elazione �d un finanziamento deliberato 
da un tstitutq di credito ai sensi della 1. 30 luglio 1959, n. 623, cio� 
con fondi propri ed a interesse per legge prefissato, possa essere trasferita 
su di un finanziamento accordato ai sensi della legge 1� febbraio 1965, 
n. 60, cio� attraverso il fondo in dotazione all'uopo costituito dallo Stato 
medesimo (n. 99). 
Vajont -Decreti di concession~ di contributi -Revoca parziale -Imputazione 
(l. 4 novembre 1963, n. 1457; l. 31 maggio 1964, n. 357; articolo 
1194 e.e.). 

Se -nel caso di revoca parziale di contributi per la catastrofe del 
Vajont, in dipendenza del sopravvenuto esproprio del fondo agricoio -la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

128 

decurtazione del contributo debba essere imputata sul decreto concessivo 
di contributo per il ripristino del valore copertale del fondo, oppure sul 
decreto concessivo di contributo per i :Brutti pendenti (n. 100). 

DANNI DI GUERRA 

Imposta di successione -Danni di guerra -Perdita �di nave -Indennizzo Morte 
del titolare -Tassabilitd (1. 26 ottobre 1940, n. 1543; l. 27 dicembre 
1953, n. 968; l. 29 settembre 1967, n. 655). 

Se sia dovuta l'imposta di successione su di un credito di indennizzo 
per danno di guerra relativo alla perdita di una nave, nel caso in cui 
il proprietario del bene sia morto nel 1953, prima della liquidazione 
dell'indennizzo (n. 142). 

Indennizzo o contributi -Cessione da parte del proprietario del bene -
Ammissibilitd (art. 6, l. 27 dicembre 1953, n. 968; art. 3, l. 29 settembre 
1967, n. 955). 

Se ed in quali limiti risulti ammessa la cessione dell'indennizzo o del 
contributo per la perdita, distruzione o danneggiamento di beni mobili 
od immobili per fatto di guerra (n. 143). 

Vendita del bene danneggiato -Automatica cessione del contributo (articolo 
6, l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 3, l. 29 settembre 1967, n. 955). 

Se la vendita del bene danneggiato da fatto di guerra comporti automatica 
cessione del diritto al contributo per la ricostruzione in favore 
deil'acquirente (n. 144). 

DAZI DOGANALI 

Gestore magazzini doganali di temporanea custodia -Dipendenti -Illeciti 
-Responsabilitd (d.P.R. 30 dicembre 1969', n. 1134, art. 4; l. 25 settembre 
1940, n. 1424, art. 136; art. 2049 e.e.). 

Se il gestore di magazzini e recinti per la temporanea custodia di merci 
in dogana, di cui all'art. 4 d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1134, risponda, in 
virt� dell'art. 136, I. 25 settembre 1940, n. 1424 �e dell'art. 2049 e.e., degli 
illeciti fiscali compiuti dai propri dipendenti (n. 62). 

DIFESA DELLO STATO 

Accademie Belle Arti -Conservatori Musica -Accademia Nazionale Arte 
Drammatica -Accademia Nazionale Danza -Istituti e Scuole d'Arte Rappresentanza 
ed assistenza in giudizio -Avvocatura Stato (l. 2 marzo 
1963, n. 262; l. 9 aprile 1962, n. 163). 

Se alle .Accademie di Belle Arti, ai Conservatori di Musica, all'Accademia 
Nazionale di Arte Drammatica ed aH'Accademia Nazionale di Danza 
spetti il patrocinio del!'Avvocathra dello Stato (n. 18). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 129 

Se agli Istituti ed alle Scuole d'Arte spetti il patrocinio dell'Avvocatura 
dello stato (n. 18). 

Casse scolastiche -Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura 
dello Stato (artt. 102 e 107 r.d. 30 aprile 1924, n. 965; r.d. 8 giugno 
1940, n. 779). 

Se alle Casse ,scolastiche erette in enti morali spetti il patrocinio delPAvvocatura 
dello Stato (n. 19). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Case per lavoratori -Alloggi Gestione INA-Casa -Consegna agli IACP 
ed altri Enti -Lavori di manutenzione straordinaria -Spese -Soggetto 
passivo (art. 3, l. 14 febbraio 1963, n. 60; art. 4 d.P.R. 11 ottobre 
1963, n. 1471). 

Se le spese di manutenzione straordinaria di alloggi della cessata Gestione 
INA-Casa, non chiesti dagli assegnatari in propriet� immediata ma 
consegnati ,agli Enti di cui all'art. 4, l. 14 febbraio 1963, n. 60 ed all'articolo 
3 d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471, debbano far carico -qualora le 
spese siano necessitate da fatti verificatisi dopo la consegna ovvero evidenziatisi 
dopo la consegna pur trovando la loro causa in fatti precedenti alla 
GESCAL o agli Enti consegnatari (n. 236). 

Se 1e spese di manutenzione straordinaria di alloggi della cessata 
gestione INA-Oasa, non chiesti dagli assegnatari in propriet� immediata 
ma consegnati agli Enti di cui all'art. 4, 1. 14 febbraio 1963, n. 60 ed 
all'art. 3 d.P.R. 11 ottobre-1963, n. 1471, debbano far carico, ,qualora le 
spese, pur essendo relative a lavori non ancora eseguiti alla data della 
consegna, siano necessitate da fatti verificatisi ed accertati prima della 
consegna medesima -alla GESCAL ovvero agli Enti consegnatari (n. 236). 

ESECUZIONE FORZATA 

Depenalizzazione -Sanzioni amministrative -Riscossione -Esecuzione 
forzata -Vendita all'asta -Competenza (l. 3 maggio 1967, n. 317; 
artt. 10 e 11 t.u., 14 aprile 1910, n. 639). 

Se alla riscossione forzata delle somme dovute per sanzioni amministrative 
ai sensi della ,1. 3 maggio 1967, n. 317 siano pr'eposte le Direzioni 
Provinciali del Tesoro (n. 52). 

Se l'organo preposto alla riscossione forzata delle somme dovute per 
sanzioni amministrative ai sensi della 1. 3 maggio 1967, n. 317 sia competente 
a procedere alla vendita all'incanto dei beni pignorati, ovvero 
debba avvalersi dell'ufficiale giudiziario o dell'usciere (n. 52). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Costruzione autostrada ex l. 24 luglio 1961, n. 729 -Fondo privato -Interclusione 
-Costituzione di servit� di passaggio (l. 24 luglio 1961, n. 729, 
art. 11). 

Se, nel caso in cui, a seguito della costruzione di una autostrada, 
rimanga intercluso un fondo privato, sia consentito all'espropriante, in 


130 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

forza dell'art. 11, 1. 24 luglio 1961, n. 729, costituire in via di espropriazione 
una servit� di passaggio a favore di detto fondo, che ne elimini 
l'interclusione (n. 305). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Decreto giudiziario deposito indennit� 
-Rilascio di copia aH'Amministrazione -Percezione dei diritti 
di cancelleria (l. 8 agosto 1890, n. 556, art. 2). 

Se debbano essere corri.sposti i diritti di cancelleria per rilascio alle 
Amministrazioni dello Stato di copia autentica del decreto con il quale il 
Tribunale ordina H deposito presso la Cassa depositi e prestiti della indennit� 
di esproprio (n. 306). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Aree edificabili 
-Gescal -Procedimento -Successione di leggi (l. 18 aprile 1962, 

n. 167; l. 14 febbraio 1963, n. 60; l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Questioni varie in materia di successione di leggi che disciplinano 
l'occupazione d'urgenza e la conseguente espropriazione di aree edificabili 
in favore della Gescal (n. 308). 

Mutamento proprietario catastale in pendenza procedimento -Decreto 
esproprio -Destinatario (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). 

Se possa considerarsi legittimo il decreto di espropriazione emanato 
nei confronti di un soggetto non pi� intestatario della partita catastale, 
anche se risultante intestatario al momento della compilazione del piano 
particolareggiato, per essere avvenuta nelle mOire della procedura d'esproprio 
la voltura catastale ad altro soggetto (n. 307). 

FALLIMENTO 

Debito d'imposta -Pagamento -Revocatoria fallimentare (art. 67, 2� comma, 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267). 

Se i pagamenti dei debiti d'imposta, eseguiti a seguito di esecuzione 
forzata ovvero in adempimento spontaneo dell'obbligo legale, siano soggetti 
ad azione revocatoria fallimentare quando sia dimostrato che l'organo 
percipiente conosceva lo stato d'insolvenza del debitore (n. 128). 

IMPOSTA DI BOLLO 

INAIL -Compensi a professionisti -Ritenute d'acconto -Versamenti Quietanze 
-Bollo -Esenzione (art. 38, tab. B all., d.P.R. 25 giugno 
1953, n. 492; art. 3, l. 28 ottobre 1970, n. 801). 

Se le quietanze relatiV'e a versamenti di ritenute d'acconto effettuati 
dall'INAIL sui compensi dovuti ai professionisti siano esenti dall'imposta 
di bollo (n. 44). 

INAIL -Retribuzioni ai dipendenti -Quietanze -Bollo -Esenzione. 

Se le quietanze rilasdate aH'INAIL dai propri dipendenti per gli stipendi 
dscossi siano esenti dall'imposta di bollo (n. 45). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 131 

IMPOSTA DI REGISTRO 

IMI -Finanziamento ex d.l. 14 gennaio 1965, n. 1 -Acquisto di beni 
reputati necessari per la concessione del finanziamento -Esenzione 

(d.l. 14 gennaio 1965, n. 1, artt. 4 e 6). 
Se ai sensi dell'art. 6 d.l. 14 gennaio 1965, n. 1 (come modificato dalla 
legge di conversione 11 marzo 1965, n. 123) sia esente da imposta di registro 
l'�tto di acquisto (nella specie, di un complesso aziendale) che sia 
posto dall1IMI come condizione per la concessione di un finanziamento in 
quanto ritenuto necessario, in forza dell'art. 4 legge citata, al riassetto 
tecnico dell'impresa finanziata (n. 372). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Matrimonio -Scioglimento -Assegno di mantenimento -Imposta R.M. Imposta 
complementare sul reddito -Tassabilit� (art. 5, 40 comma, 

l. 1� dicembre 1970, n. 898; artt. 85, 91 e 138, u.c. t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645). 
Se l'assegno di mantenimento dovuto a seguito di sentenza di scioglimento 
del matrimonio costituisca reddito tassabHe ai fini delle imposte di 
ricchezza mobile e complementare ,sul ireddito (n. 50). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Imposta di successione -Testamento -Riconoscimento di debito non detraibile 
-Legato -Presunzione -Prova contraria (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3270, art. 1 e 45). 

Se il riconoscimento, fatto in testamento, di un debito non deducibile 
dall'attivo �ereditario perch� carente dei requisiti di cui all'art. 45 

r.d: 30 dicembre 1923, n. 3270, possa essere considerato in via di presunzione 
ai fini dell'imposta di successione, come legato; e, nell'affermativa, 
se tale pr�esunzione possa essere vinta da qualsiasi prova contraria, compresa 
quella testimoniale (n. 75). 
IMPOSTE DI F1\BBRICAZIONE 

Olio d'oliva -Integrazione prezzo (d.l. 9 novembre 1966, n. 912) -Fermo 
amministrativo -Indennit� di mora (art. 19, d.l. 9 novembre 1966, 
, n. 912) -Interessi moratori -Cumulo. 

Se, nei casi in cui i produttori di olio �di oliva risultino morosi nel 
pagamento del tributo j,stituito dal d.1. 9 novembre 1966, n. 912, sia legittimo, 
nei confronti dei medesimi, H :llermo amministrativo delle somme 
loro dovute in base allo stesso d.l. n. 912/66 a titolo di integrazione del 
pirezzo dell'olio (n. 8). 

Se l'indennit� di mora, dovuta dal contribuente ex artt. 19 d.l. 9 no


vembre 1966, n. 912, e 6 d.1.c.p.s. 25 novembre 1947, n. 1286, possa cumu


larsi con la corresponsione degli interessi moratori, dovuti dal debitore 

moroso secondo H diritto comune (n. 8). 


132 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPIEGO PUBBLICO 

Combattenti -Aumenti periodici di stipendio -Applicazione -Misura 
(art. 3, u.c., l. 9 ottobre 1971, n. 824; artt. 1 e 2, l. 24 maggio 
1970, n. 366). 

Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti 
pubblici ex combattenti od assimilati dall'art. 3 u.c. 1. 9 ottobre 1971, 

n. 824, siano comunque dovuti anche in aggiunta a quelli previsti e consentiti 
dai singoli ordinamenti e contratti collettivi (n. 734). 
Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti 
pubblici ex combattenti od assimilati dall'art. 3 u.c. 1. 9 ottobre 1971, 

n. 824 vadano attribuiti in misura uniforme ed obbiettiva, cio� pari a 
quella degli aumenti dovuti per altra causa, ovvero possano essere attribuiti 
in misura diversa (n. 734). 
Consiglio nazionale delle ricerche -Dipendenti biologi -Iscrizione albo 
professionale (art. 2, 2� comma, l. 24 maggio 1967, n. 396). 

Se i ricercatori biologi �dipendenti dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, 
ai quali per i contratti di lavoro � precluso l'esercizio della libera 
pa-ofessione, possano essere iscritti all'albo nazionale dei biologi (n. 735). 

Dipendente en.te pubblico -Nomina a Presidente Comitato di controllo 
sugli atti degli Enti locali -Compatibilit� (artt. 55 e segg. l. 10 febbraio 
1953, n. 62; art. 241 t.u. 3 marzo 1934, n. 383; art. 13 t.u. 10 giugno 
1957, n. 3). 

Se la carica di presidente (o membro) del Comitato di controllo 
sugli atti degli Enti locali sia compatibile con l'impiego presso un Ente 
pubblico (n. 736). 

Dipendente pubblico -Esercizio di funzioni pubbliche elettive -Assenza 
dal servizio (art. 51, 3� comma, Cost.; l. 12 dicembre 1966, n. 1078). 

Se il pubblico dipendente ha diritto di assentarsi dal servizio ~il 
tempo necessario all"esercizio di funzioni pubbliche elettive (nel caso, di 
consigliere comunale) (n. 738). 

INFORTUNI SUL LAVORO 

Infortuni 8til lavoro -Assicurazione -Portieri -Obbligatoriet� (art. 1, 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124). 
Se sia obbligatoria l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le 
malattie professionali dei portieri degli stabili (n. 52). 

PENSIONI 

Pensione -Assegno di mantenimento in base a separazione consensuale 
dei coniugi -Trattenuta -Successivo annullamento del matrimonio Effetti. 


Se, qualora il matrimonio sia stato annullato con sentenza passata 
in giudicato, debba cessare la trattenuta operata sulla pensione del marito, 



PARTE �II, CONSULTAZIONI 

gi� disposta in base ai patti di separazione consensuale al fine di corrispondere 
l'assegno di mantenimento alla moglie ed alla figlia minore 

(n. 137). 
PIANI REGOLATORI 

Costruzione di opere pubbliche -Aree non demaniali -Licenza edilizia Necessit� 
(l. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 29 e 32; l. 6 agosto 1967, 

n. 765, art. 10). 
Se l'Amministrazione debba munfrsi della licenza edilizia o almeno 
'sentire il Comune interessato per l'esecuzione di opere su beni patrimoniali 
dello Stato e su beni privati, ai sensi della legge urbanistica 17 agosto 
1942, n. 1150, dopo le modifiche apportate dall'art. 10 della 1. 6 agosto 
1967, n. 765 alla legge predetta (n. 26). 

PREZZI 

Commercio -Merci esposte per la vendita -Obbligo di indicare i prezzi Sanzione 
-Conciliazione amministrativa (artt. 9 e 14, l. 30 settembre 
1920, n. 1349; artt. 38 e 39, l. 11 giugno 1971, n. 426; art. 162 c.p.). 

Se sia ammissibile la conciliazione in via amministrativa dell'infrazione 
all'obbligo di indicare i prezzi deHe merci esposte per la vendita, 
infrazione prevista dall'art. 38, 1. 11 giugno 1971, n. 426 e punita dal successivo 
art. 39 (n. 71). 

PROPRIET� INTELLETTUALE 

Adozione del titolo di precedente rivista gi� cessata -Diritto d'autore Lesione 
(l. 22 aprile 1941, n. 633, art. 100). 

Se l'adozione da parte di una rivi,sta dello stesso titolo di precedente 
rivista scientifica, che ha cessato le pubblicazioni da oltre due anni, sia 
lesiva di �eventuali diritti d'autore, ai 'sensi della 1. 22 aprile 1941, n. 633 

(n. 25). 
REQUISIZIONE 

Sindaco -Azienda industriale -Potere di requisizione (art. 7, l. 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E). 

Se il Sindaco, nell'esercizio del potere attribuito dall'art. 7, 1. 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E, pu� disporre la requisizione di una azienda (n. 123). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Danni prodotti da veicolo non identificato, non assicurato, ecc. -Limitazioni 
al risarcimento -Danni da sinistri ferroviari -Analogia (artt. 19 
e 21, l. 24 dicembre 1969, n. 990). 

Se le limitazioni al risarcimento, stabilite nell'art. 21, 1. 24 dicembre 
1969, n. 990, per i danni prodotti da veicolo o natante non identificato, 
non assicurato o assicurato presso impresa in stato di liquidazione coatta, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

possano .estendersi in via analogica al risarcimento di danni di cui non 
sia tenuto a rispondere il Fondo di garanzia per le vittime della strada 
ovvero di danni prodotti da sinistri :l�erroviari (n. 258). 

Dipendente militare -Invalidit� imputabile alla Amministrazione -Equo 
indennizzo ex l. 23 dicembre 1970, n. 1094 -Risarcimento danni -
Cumulabilit� (l. 23 dicembre 1970, n. 1094; t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, 
art. 68). 

Se, nel caso di invalidit� subita da un militare in servizio per fatto 
imputabile all'Amministrazione, la �concessione dell'equo indennizzo di cui 
alla 1. 23 dicembre 1970, n. 1094 escluda il diritto anche al risarcimento 
del danno (n. 259). 

SERVITU' 

Servit� militari -Indennizzo -Ius superveniens (art. 1 l. 8 marzo 1968, 

n. 180). 
Se, irn virt� della le~ 8 marzo 1968, n. 180, ll'ioo.eninizzo a!lllil!UO previsto 
dall'art. 1 sia dovuto, per quanto riguarda le servit� militari, a caratter
�e espropriativo imposte in data anteriore all'entrata in vigore della legge 
medesima, soltanto con decorrenza dalla suddetta entrata in vigore, ovvero 
anche per il periodo precedente (n. 53). 

TRASPORTO 

Concessione pubblico servizio di autolinee -Contributo -Presupposti Continuit� 
dell'esercizio -Varie fattispecie -Domanda -Termini di 
presentazione -Natura (l. 25 febbraio 1971, n. 94; d.m. 10 maggio 
1971). 

Se, ai fini dell'assegnazione del contributo finanziario a favore di enti 
pubblici o di privati concessionari di pubblici servizi di autolinea; previsto 
dalla legge 25 febbraio 1971, n. 94 e dall'art. 1 d.m. 10 maggio 1971, sia da 
ritenere sussistente il presupposto della continuit� dell'esercizio dell'attivit� 
imprenditoriale, all'atto della liquidazione del contributo, da parte del 
medesimo soggetto, nei seguenti casi: 

1) evedi del soggetto che, negli anni di applicazione dei benefici, era 

titolare ed esercente delle autolinee per cui ora i benefici stessi vengono 

richiesti (n. 77); 

2) societ� che hanno assunto una diversa ragione sociale, in seguito 

a trasformazione o fusione di pi� soci�et�, rispetto a quelle che hanno eser


citato, negli anni di applicazione dei benefici, 1e autolinee per le quali viene 

ora richiesto il contributo (n. 77); 

3) societ� subentrate nella titolarit� e nell'esercizio di servizi g�estiti, 

negli anni di applicazione dei benefici, da imprese individuali (n. 77); 

4) societ� per azioni subentrata nella titolarit� e nell'esercizio di ser


vizi gestiti, neg1i anni di applicazione dei benefici, ad un'Azienda Municipa


lizzata Trasporti di un Comune che in atto detiene la quasi totalit� del pac


chetto azionario della predetta Societ� (n. 77); 

5) 1soggetti 'che, pur essendo tuttora titolari delle concessioni dei ser


vizi, non ne hann� l'esercizio, essendo stato quest'ultimo affidato in via 

pr�ecaria ad �altre imprese, ai sensi dell'art. 23 della legge 28 settembre 1939, 

n. 1822 (n. 77); 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

6) esercizio di servizi sospesi -pur perdurando il rapporto concessionale 
-dalle imprese titolari ed assunti, in via temporanea, dietro nuHa 
osta del Ministero, dalla Gestione Commissariale Governativa per le Ferrovie 
Calabro Lucane, in attesa della conclusione della procedura prescritta 
per il rilievo delle relativ�e concessioni, ai sensi degli artt. 6 e 7 della legge 
18 marzo 1968, in. 368 (n. 77). 

7) servizi gestiti, negli anni di applicazione dei benefici, da societ� 
in seguito fallite �ed in atto esercitati dal curatore del fallimento e da altri 
imprenditOiri subentrati nelle titolarit� delle relative concessioni (n. 77); 

8) se il termine di 30 giorni stabilito dall'art. 2 d.m. 10 maggio 1971 
per la presentazione delle domande di assegnazione del contributo finanziario 
a favore di enti pubblici o di privati concessionari di pubblici servizi 
di autolinea -di cui alla legge 25 febbraio 1971, n. 94 -abbia carattere 
perentorio (n. 77). , 

TRIBUTI LOCALI 

Tributi locali -Imposta di consumo -Quota partecipazione tassa circolazione 

autoveicoli -Delegazioni a garanzia ex l. 22 dicembre 1969, n. 964 


Limiti precedenti -Applicabilit� -(L. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15; 

t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94; l. 18 dicembre 1959, n. 1079). 
Se le delegazioni di tributi locali, fatte da Comuni e Provincie ai sensi 
dell'art. 15 I. 22 dicembre 1969, n. 964 a garanzia dei finanziamenti delle 
opere pubbliche di loro competenza, siano sottoposte, quando concernano 
tributi la cui delegabilit� era gi� prevista da precedente legislazione (imposte 
di consumo e quota di partecipazione aUe t�asse di circolazione sugli 
autoveicoli), alle condizioni e limiti fissati da tale legislazione (rispettivamente 
art. 94 t.u. 14 settembre 1931, n. 1175 sulla finanza locale modificato 
dall'art. 11 1. 18 dicembre 1959, n. 1079; e articolo unico 1. 21 marzo 1958, 

n. 336) (n. 8). 
VENDITA 

Vendita -Errore sui valore del bene trasferito -AnnuHabHit� -(Art. 1429 
e.e.). 

Se l'errore del venditore sul valore del bene venduto possa costituire 
causa di annullamento della compravendita per errore (n. 20).