ANNO XXIV -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1972 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1972 ABBONAMENTI ANNO ................................ L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO .....�............ � 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219055) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima�: GIU,RISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele SavareseJ pag. 539 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari) � 573 Sezione terza: GIURISPRUDENZA tro de Francisci) CIVILE (a cura del/'avv. Pie � 607 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) . � 641 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafi/e) � 659 Sezione sesto: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) . � � � 723 Sezione settimo� GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Di Tarsia di Be/monte} . � Paolo � 731 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . � . . pag. 115 INDICE BIBLIOGRAFICO � 125 CONSULTAZIONI � 126 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Sui nuovi problemi della solidariet� tributaria . . pag. 663 DI TARSIA P., L'arresto dello straniero imputato di contrabbando . . . . . . . . . . . . 734 DI TARSIA P., Principi giurisprudenziali sulla scelta del rito istruttorio dopo tre anni di applicazione del nuovo testo dell'art. 389 c.p.p. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 732 FAVARA F., Statuto dei lavoratori, impiego pubblico statale, e riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativaJ 576 ;ots:iovvs'llsb ettenib 9 eno�:>s::ii!dduq &J OJUJ<J9.A8 0�)U INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI Collocazione delle organizzazioni sindacali -Principio di eguaglianza dei cittadini -Compatibilit�, con nota di F. FAVARA, 576. -Contabilit� di Stato -Fermo amministrativo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 551. -Delegazione amministrativa -.Delegazione intersoggettiva -Effetti -Responsabilit� del delegato nei confronti dei terzi, 622. APPALTO -Appalto stipulato da un Istituto Autonomo Case Popolari per incarico della Gestione INA-Casa (ora Gestione Case Lavoratori) ai sensi dell'art. 11 I. 28 febbraio 1949, n. 43 -Diretta applicazione � ope legis � d,el Capitolato generale di appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici ai sensi dell'art. 80 t.u. 28 aprile 1938, n. 116'5 -Esclusione ,723. -Contratti di appalto ai quali sia applicabile l'art. 45 del Capitolato generale oo.pp. del 1895 Necessit� di formale notificazione del provvedimento dell'Amministrazione appaltante sulle riserve dell'appaltatore, ai fini della decorl'enza del termine di decadenza .�di trenta giorni previsto da quel Capitolato per la proposizione della domanda di arbitrato -Esclusione, 723. Contratti di appalto disciplinati dal Capitolato generale della Gestione INA-Casa -Richiamo contrattuale delle. norm,e del Capitolato generale statale � per tutto quanto non previsto e non specificato nel Capitolato generale INA-Casa � -Portata, 723. -Contratti di appalto stipulati da �enti pubblici sotto l'osservanza di Capitolati g1enerali propri degli stessi, p�er i quali la legge preveda che essi si uniformino al Capitolato generale statale -Na-tura contrattuale del Capitolato generale degli anzidetti Enti Sussiste -Carattere recettizio del rinvio contrattuale al Capitolato generale statale -Applicabilit� delle div.erse norme, ancorch� processuali, contenute in successivo Capito1ato generale statale Esclusione, 723, ATTO AMMINISTRATIVO -Atto collegial�e -Attivit� del Collegio -Convocazione ed ordine del giorno -Notificazione o spedizione per raccomandata Norme �eccezionali -Mancanza Consegna per camminatore o per posta ordinaria -Legittimit� Consiglio Superiore LL.PP., 657. -Atto coUegiale -Votazione -Tacita o implicita -Nozione -Ammissibilit� -Limite, 657. -Azione amministrativa -Norme relativ�e -Ius superveniens Applicabilit� -Presupposto e limite, 651. -ConvaUda -Atto annullato in sede giurisdizionale -Impossibilit� di conv,aJida, 653. AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA -Distributol'e di carburante -Poteri del Prefetto -Elementi valutabili -Diniego -Motivazione -Necessit� -Criterio, 655. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Disposizioni processuali e sostanziali contenute nello Statuto dei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lavoratori -Inapplicabilit� nei confronti dello Stato con nota di F. FAVARA, 576. - Procedimento per la repressione dei comportamenti antisindacali Comportamenti posti in essere nel settore del pubblico impiego -Proponibilit�, con nota di F. FAVARA, 575. - Sindacati -Potere di azione p�er la repressione dei comportamenti antisindacali -Autonomia rispetto al potere di azione spettante al lavoratore, con nota di F. FAVARA, 574. -Sospensione atto impugnato Ordinanza -Ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali -Competenza del C.d.S. fino all'insediamento dei T.A.R. 643. -Tribunali amministrativi regionali -Norme intertemporali Art. 42 1. n. 1034 del 1971, 643. - Tribunali amministrativi regionali -Ricorsi pendenti davanti al C.d.S. -Norma tr�ansitoria -Articolo 38 1. n. 1034 del 1971, 643. - Tribunali amministrativi regionali -Ricorsi pendenti davanti al C.d.S. -Norma transitoria Art. 38 1. n. 1034 del 1971 -Passaggio ai T.A.R. -Riferimento alla data di insediamento, 643. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Clausole -Incidenza sul contenuto dell'atto -Apprezzamento di fatto, 632. � Permesso � di estrazione di materiali dal letto dei fiumi -Convenzione attuativa -Concessione contratto, 631. CONTRATTI PUBBLICI -Licitazione privata -Esclusione Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione -Intervento nel provvedimento di esclusione del rappresentante deH'Amministrazione dei lavori pubblici -Legittiinit�, 656. -Licitazione privata -Esclusione Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione -Legittimit�, 656. -Licitazione privata -Esclusione Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di �esclusione -Potere dell'Amministrazione di valutare l'essenzialit� della prescrizione -Insussistenza, 656. -Licitazione privata -Esclusione Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione -Preventiva apertura di tutte le buste -Irrilevanza, 656. COSA GIUDICATA - Esecuzione -Ricorso ex art. 27 n. 4 -Sentenza A.G.O. di condanna al pagamento di somma di denaro -Ammissibilit� cl,el giudizio di ottemperanza -Deferimento della questione all'Adunanza Pa.enaria, 649. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici, Gioco d'azzardo, Previdenza e assistenza, Procedimento penate, Propriet� intellettuale, Regioni a statuto ordinario, Sicilia. DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio stradale -Ordine di ripristino -Competenza del Prefetto -Carattere comunale della strada -Irrilevanza -Provvedimento del Sindaco -Illegittimit�, 643. -In tema di demanio -Demanio stradale -Ordine di ripristino Impugnativa -Proprietari di terreni finitimi -Non sono contrainteressati, 643. -Strade -Tratturi e Trazzere ..: Poteri di vigilanza dell'Intendente di Finanza -Operazioni di riordino da parte del Commissario di reintegra dei tratturi -Limitazione del potere di vigHanza e repressione -Non sussiste, 607. INDICE VII EDILIZIA -Demolizione e sospensione lavori -Sospensione -Potere del Ministro LL.PP. ex art. 7, quarto comma 1. n. 765 del 1967 -connessione col procedimento di annullamento della licenza edilizia -Conseguenza, 647. -Licenza di costruzione -Annullamento d'ufficio -Annullamento ex art. 7, L. n. 765 del 1967 -Termine di 18 mesi -Decorrenza Accertamento delle violazioni Nozione -Contrasto di giurisprudenza -Deferimento al!'Adunanza Plenaria, 647. -Lfoenza di costruzione -Criteri e principi generali -Norme applicabili -Sono quelle vigenti alla data del provvedimento -Eccezioni, 653. -Licenza di costruzione -Licenza in sanatoria -Deve essere conforme alle norme vigenti alla data del rilascio, 653. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Commissione di vigilanza -Attivit� di decisione e di intervento d'ufficio -Attivit� di decisione Contraddittorio -Instaurato solo con la Cooperativa e non con i soci interessati -Irritualit�, 650. Commissione di vigilanza -Attivit� di decisione e di intervento d'ufficio -Attivit� di decisione Irrituale formazione del contraddittorio -Illegittimit�, 650. -Costruzioni di alloggi a cura del!' Amministrazione dei LL.PP. Delega all'l.A.C.P. estesa alla procedura di occupazione ed esproprio dell'area -Obbligo del delegante di anticipazione delle spese per l'esecuzione della delega , Non sussiste -Responsabilit� dell'l.A.C.P. verso il terzo danneggiato -Diritto di rivalsa nei confronti dell'Ente delegante -Limiti, 622. -Piani ex I. n. 167 del 1962 -Aree acquisibili -Aree edificate, 641. -Piani ex I. n. 167 del 1962 -Aree acquisibi.J.i -Aree edificate Norme sull'indennizzo -Principi generali, 641. -Piani ex I. n. 167 del 1962 -Aree acquisibili -Consistenza delle aree, 641. -Piani ex I. n. 167 del 1962 -Approvazione -Notifica del relativo decreto -Omissione -Irrilevanza sulla legittimit� del piano, 646. -Piani ex I. n. 167 del 1962 -Approvazione -Notifica del relativo decreto -Va fatta al proprietario catastale risultante alla data del decreto -Effetto sui termini per l'impugnazione, 646. -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Destinazione delle aree -Limitazioni a� sfere giuridiche private Necessit� ". Mancanza -Illegittimit� -Fattisp,ecie, 641. -Piani ex I. n. 167 del 1962 -Impugnative -Omessa presentazione di opposizioni nel corso del procedimento -Non preclude impugnazione dell'atto di approvazione, 645. -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Rapporti col ri>iano regolatore ancora inefficace -Impossibilit� di approvare il p.e.e.p., 646. ENTI E BENI ECCLESIASTICI -Soppressione -Legge piemontese 29 maggio 1855 n. 878, con nota di P.G.F., 573. ENTI PUBBLICI -Ente pubblico e privato -Controllo Corte dei Conti -Assoggettamento -Valutazione della particolare tenuit� del contributo statale -Criterio relativo -Assoggettamento del Club alpino italiano -Illegittimit�, 650. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Delegazione amministrativa Soggetti del rapporto, 622. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Modifiche nella !"ealizzazione dell'opera pubblica prevista -Par' zia1e utilizzazione del fondo espropriato -Retrocessione -Disciplina, 626. -Occupazione illegittima ultra biennale -Successivo decreto di esproprio Risarcimento del danno -Criteri, 610. -Rapporto espropriativo -Delegazione intersoggettiva -Effetti Responsabilit� del delegato nei confronti dei terzi -Espropriazione per p.u. -Soggetti del rapporto, 610. FARMACIA -Concorso -Esaurimento del concorso -Avviene con la conclusione dell'attivit� della Commissione -Successive fasi -Irrilevanza sulla posizione dei concorrenti utilmente collocati in graduatoria, 651. Concorso -Esaurimento del concorso -Formazione della graduatorfa -Sopravvenienza della 1. n. 475 del 1968 -Irrilevanza Approvazione del concorso intervenuto solo successivamente Irrilevanza, 652. GIOCO D'AZZARDO -Differenziazione di trattamento rispetto ai Casin� autorizzati Infondatezza della questione, 571. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso giurisdizionale -Giurisdizione esclusiva -Pretese patrimoniali -Previo ricorso gerarchico -Non occOTre, 658. -Ricorso giurisdizionale -In tema di Ente ospeda1iero -Classificazione dell'Ospedale -Dipendenti dell'Ospedale -Hanno interesse -Intervento in giudizio -Ammissibilit�, 648. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Decadenza -PrescrizJ.one -Regime ante riore alla 1. 2 febbraio 1960 n. 35 -Termine triennale -Deconenza, 718. -Concordato preventivo con cessione di beni -Non contiene obbligazioni di somme -Imposta proporzionale dell'art. 32 tariffa A della legge di registro -Non � dovuta, 706. -Enunciazione -Enunciazione di societ� di fatto -Negozio bancario di finanziamento in favore di societ� Connessione diretta Sussiste, 678. -Forniture alle .Amministrazioni dello Stato -Legge 23 marzo 1940 n. 283 -Natura -Eseruiione di cui all'art. 45 tabella D della legge di registro -� compatibile, 692. -Prezzi e corrispettivi -Concessione di suolo pubblico -Canone -Costituisce, corrispettivo, 721. -Solidariet� Enunciazione Soggetto partecipante all' atto � estraneo alla convenzione enunciata -� obbligato, 678. -Transazione -Legale in favore di persona giuridica -Autorizzazdone governativa -Rinuncia in corrispettivo di denaro -� atto di trasferimento, 659. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Azione in sede ordinaria -Termine di sessanta giorni dell'art. 52 della 1. 19 giugno 1940, n. 762 Decorrenza -Ordinanza definitiva dell'Intendente .-Ricorso tarddvo al Ministro -Irrilevanza -Opposizione contro fa successiva ingiunzione -Inammissibilit�, 681. Impresa agricola -Nozione -Pollicoltura in batteria -Costituisce impresa commerciale, 699. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Concetto di tassa -Canond per l'utilizzazione dei beni del demanio marittimo -Non sono tributi, 683. INDICE IX -Diritti erariali sugli spettacoli Addizionale dell'art. 7 defila 1. 18 febbraio 1963, n. 67 -Arrotondamento -Va eseguito sull'importo di ciascun biglietto, 713. -Domicilio fiscale -Trasferimento -D'autorit� ex art. 10 t.u. n. 645 del 1958 -Legittimit�, 653. -Imposte dirette -Azione di accertamento negativo -Pendenza della esecuzione esattoriale Ammissibilit� -Limiti, 709. -Imposte dirette -Azione ordinaria -Necessit� di preventiva pronuncia di una commissione -Opposizione del liquidatore di societ� dichiarato responsabile in proprio -Esclusione, 709. Imposte indirette -Azione ordinaria -Autonomia -Decisione di commissione -Termine semestrale -Domanda riconvenzionale -Inammissibilit�, 694. -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Valutazione Grave ed evidente errol'e di apprezzamento contenuto nell'accertamento -Deducibilit� dinanzi all'A.G.O. -Esclusione, 686. -Imposte indirette -Ingiunzione Intimazione di seconda ingiunzione per lo stesso titolo -Legittimit�, 718. -Imposte indirette -Solidariet� Imposta suppletiva di registro Opposizione -Litisconsorzio necessario -Non sussiste, con nota di C. BAFIL~, 664. ' -Imposte indirette -Solidariet� Notifica dell'accertamento di valore -Pluralit� di coobbligati Notifica ad uno soltanto -Nullit� dell'intero accertamento, 663. -Imposte indirette -Solidariet� Notifica dell'accertamento di valore -Pluralit� di coobbligati Notifica ad uno soiltanto -Validit� nei confronti del soggetto notificato_ -Irrilevanza verso gli altri, con nota di C. BAFILE, 663. -Imposte indirette -Valutazione Beni gravati da vincoli ed oneri Determinazione del valore venale in comune commercio, 697. -Imposte indirette -Valutazione Scelta dei criteri di stima -Competenze della Commissione di valutazione, 686. ISTITUZIONE PUBBLICA DI ASSISTENZA E BENEFICENZA -Ente Ospedaliero -Classificazione -Mancanza di servizi ed attrezzature -Non impediscono l'emanazione del provvedimento di classifica, 648. -Enti ospedalieri -Classificazione -Provvedimento relativo Effetto costitutivo -Rilevanza sulle posizioni giuridiche di terzi -Sussiste -Fattispecie, 648. -In tema di Enti ospedalieri Classificazione -Enti mutualistici convenzionati con �l'Ospedale Hanno interesse, 649. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Interpr-etazione -Dubbi -Preferenza al significato conforme alla Costituzione, 642. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Interpretazione del contratto Accertamento del giudice di merito -Incensurabilit�, 607. PENSIONI -Pensione e quiescenza -Indennit� buonuscita E.N.P.A.S. -Vedova �ed orfani �sen2ia diritto a pensione -Esclusione -Art. 5 1. n. 1407 del 195�6 -Questione di incostituzionalit� -Non � manifestamente infondata, 658. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Infortuni sul lavoro -Azione di regresso dell'INAIL -Elevazione del termine prescrizionale da uno a tre anni -Eccesso dai limiti della delega -Insussistenza, 563. PROCEiDIMENTO CIVILE -Giudizio di rinvio -Fatti modificativi o estintivi del diritto controV'erso -Rilevanza, 610. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Spese giudiziali -Distrazione Omessa pronunzia -Ricorso per Cassazione -Legittimazione, 610. PROCEDIMENTO PENALE -Assistenza dell'imputato in istruttoria -Ipotesi varie -Illegittimit� costituzionale parziale della normativa -Infondatezza e ma-� nifesta infondatezza delle altre questioni, 544. -Esame e confronto di testimoni a futura memoria -Mancata assistenza del dif�ensore -Illegittimit� costituzionale, 546. -Istruzione penale -Sc�elta del rito -Richiesta di istruzione formale -Contrasto tra G. I. e P. M. Elevazione del conflitto da parte del G. I., con nota di P. D. I TARSIA, 732 , -Notificazioni -Consegna al portiere o a persona inferma di mente -Infondatezza deHa que.stione, 557. -Notificazioni -Deposito nella casa comunale -Avviso al destinatario -Rilevanza della data di spedizione -Illegittimit� costituzionale della normativa, 557. -Nullit� nel processo penale Concernenti le parti private diverse dall'imputato -Mancata citazione della persona offesa Nullit� relativa -Soggetti legittimati a dedurla -Sono il P. M. e la persona offesa, 731. PROPRIET� INTELLETTUALE. -Diritto d'autore -Protezione del diritto morale -Opere fptografiche -Diversit�. di normativa per le opere italiane pubblicate al' l'estero -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 539. -Diritto d'autore -Utilizzazione di musica leggera -Subordinazione al pagamento dei diritti d'autore alla SIAE -Illegittiinit� costituzionale -Esclusione, 539. REATI FINANZIARI -Contrabbando -Art. 139 legge doganale -Arresto dello straniero -Cittadini greci -ApplicabiJ. it�, con nota di P. DI TARSIA, 734. REGIONE. -Beni del demanio e del patrimonio indisponibile -Data di passaggio Esercizio � medio tempore � dei poteri di gestione Spetta allo Stato, 567. RESPONSABILIT� CIVILE -Amministrazione delle F. S. Esercizio ferroviario -Presunzione di responsabilit� per l'esercizio di attivit� pericolosa -Inapplicabilit�, 635. -Attivit� pericolosa -Colpa del danneggiato -Rilevanza -Interruzione del rapporto causale Estremi, 635. SICILIA -Conflitto di attribuzione -Deliberazione dell'Ente sviluppo agricolo concernenti il personale Approvazione assessoriale -Spettanza del potere di concerto allo Stat�, 548: -Disciplina dell'orario dei negozi Legge regionale -Illegittimit� costituzionale parziale, 555. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 15 marzo 1972, n. 48 . pag. 539 19 aprile 1972, n. 65 . 539 19 aprile 1972, n. 63 . 544 19 aprile 1972, n. 64 . 546 19 aprile 1972, n. 66 . 548 19 aprile 1972, n. 67 . 551 4 maggio 1972, n. 76 . 555 4 maggio 1972, n. 77 . 557 4 maggio 1972, n. 78 . 563 4 maggio 1972, n. 79 . 567 4 maggio 1972, n. 80 . 571 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 20 novembre 1971, n. 3349 . pag. 573 Sez. I, 16 marzo 1972, n. 778 . 607 Sez. I, 20 marzo 1972, n. 850 . 723 Sez. I, 13 aprile 1972, n. 1158 . 659 Sez. I, 17 aprile 1972, n. 1204 . 610 Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1357 . 663 Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1358 . 678 Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1362 . 681 Sez. I, 5 maggio 1972, n. 1363 . 683 Sez. Un., 6 magg�io 1972, n. 1374 686 Sez. Un., 6 maggio 1972, n. 1380 . 574 Sez. Un., 9 maggio 1972, n. 1395 622 Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1447 . 692 Sez. I, 15 maggio 1972, n. 14~9 . 694 Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1457 . 697 Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1463 . 699 Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1464 . 706 Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1483 . 626 Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1484 . 709 Sez. I, 19 maggio 1972, n. 1525 . 713 Sez. I, 19 maggio 1972, n. 1526 . 718 Sez. I, 23 maggio 1972, n. 1576 . 631 Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1680 . 721 Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1805 . 664 Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1944 . 663 xn RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI APPELLO Milano, Sez. I, 17 marzo 1972. . . . . . . . . . . . . . pag. 635 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 1 marzo 1972, n. 4 . pag. 641 Ad. Plen., 14 aprile 1972, n. 5 . 642 Sez. IV, 7 marzo 1972., n. 163 . 645 Sez. IV (Ord.), 10 mario 1972, n. 174 . 647 Sez. IV, 10 marzo 1972, n. 178 . . . . 648 Sez. IV, 14 marzo 1972, n. 181 . . . . 648 Sez. IV (Ord.), 28 marzo 1972, n. 243 . 649 Sez. IV, 11 aprile 1972, n. 250 . 650 Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 312 . 650 Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 316 . 651 Sez. V, 14 marzo 1972, n. 168 . 653 Sez. V, 14 aprile 1972, n. 242 . 653 Sez. V, 26 aprile 1972, n. 306 . 655 Sez. V, 26 aprile 1972, n. 341 . 656 Sez. VI, 7 marzo 1972, n. 120 . 657 Sez. VI (Ord.), 18 aprile 1972, n. 149 . 658 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 22 febbraio 1972, n. 100 . pag. 731 Sez. I, 25 febbraio 1972, n. 2174 . 732 Sez. III, 24 aprile 1972, n. 415 . 734 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I) Norme dichiarate incostituzionali pag. 115 II) Questioni dichiarate non fondate 117 III) Questioni proposte . 120 INDICE BIBLIOGRAFICO . . . . . . 125 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Appalto . pag. 126 Imposta di bollo . pag. 130 Bellez2le artistiche e Imposta di registro 131 naturali . 126 Imposta di ricchezza Bonifica 127 mobile 131 Concessioni amminiImposta di successione 131 strative . 127 Imposte di fabbrica- Contributi e finanzia-zdone ..... . 131 menti. 127 Inf�rtuni sul lavoro 132 Danni di guerra . 128 Pensioni 132 Dazi doganali 128 Piani l'egolatori 133 Difesa dello Stato . 128 Pl'ezzi 133 Edilizia economica e Propriet� intellettuale 133 popolare 129 �Requisizione 133 Eseuczione forzata 129 Responsabilit� civile . 133 Espropriaz. per pubServit�. 134 blica utilit� 129 Trasporto. 134 Fallimento 130 Tributi locali 135 Impiego pubblico 132 Vendita. 135 PARTE PRIMA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA'DELLO STATO 540 deUa P. A., la questione di Legittimit� costituzio11ale delfo d�sposizioni della legge' sui diritto d'1autore (Legge 22 arp'l'ile 1941, n. 633) che condiziona ml pagamento d.ei dirittJi dovuti alla SIAE la possibiliit� cl.i intmprendere attivit� cl.i utilizzazione, in p�bblico, di musica leggera (2). I (Omissis). -1. -Come viene posto in rilievo in narrativa, con l'orclinanza di rinvio vengono denunziati a questa Corte gli articoli da 87 a 92 della legge 22 aprile 1941, n. 5,g.3, concernenti la disciplina speciale dei diritti relativi alle fotografie, in quanto non concedono ai rispettivi autori anche la protezione del diritto mo�rale di cui all'art. 20 della legge stessa e 6 bis, comma primo, della Convenzione di Berna del 1886, riveduta a Bruxelles nel 1948, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 16 febbraio 1953, n. 247, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il limitato profilo della disparit� ,di trattamento tra l'autore italiano �di cfotografia eseguita in Italia, che ha diritto soltanto alla minore protezione preveduta dalle norme 'denunziate ed altro autore, pure italiano, che avendo eseguita la fotografia in altro Paese aderente alla Convenzione �di Berna, avrebbe diritto anche in Italia alla maggiore protezione dall'art. 6 bis, comma primo, di detta Convenzione. 2. -Cos� precisati i termini della questione, occorre, in via pregiudiziale, esaminare .le due eccezioni �di inammissibilt�, per difetto di rilevanza, sollevate, sotto diverso profilo, dal patrocinio della Societ� TOTAL e dall'Avvocatura generale dello Stato. Entrambe tali eccezioni risultano, peraltro, infondate: a) Secondo la TOTAL, infatti, il difetto di rilevanza dovrebbe ravvisar.si in quanto l'eventuale dichiarazione di illegittimit� delle norme denunziate avrebbe soltanto }'.effetto di far pel'dere all'autore di fotografie, costituenti opere protette, i pi� limitati diritti contemplati da dette norme, senza attribuire loro la maggiore protezione contemplata dall'art. 20 della legge n. 633 del 1941 e dall'art. 6 bis, comma primo, della Convenzione di Berna. Sul diritto d'autore in materia fotografica, v. G. FABIANI, Diritto d'autore, 1963, 158 e segg. (2) La questione era stata .sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 2 aprile 1970 dal pretor.e penale di Chioggia (Gazzetta Ufficiale n. 150 del 17 giugno 1970). Per la ,sentenza 17 aprile 1968, n. 25, citata nel testo, relativa alla 1. 22 aprile 1941, n. 633, v. in questa Rassegna, 1968, I, 1, 179; v. anche, per l'esclusione di una violazione della riserva di legge in relazione alle norme di itutellia del diiritto demaltldiailie sde opeoc-e di prubblrico dominio, Corte Cost., 15 aprile 1970, n. 58 in questa Rassegna, 1970, I, 1, 354 (cfr. anche Foro it., 1970, I, 1766 nota). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 541 Senonch� � fa.elle obbiettare che, con l'ordinanza di rinvio, la di_chiarazione di illegittimit� � prospettata proprio in riferimento al diniego di quella ma�ggiore protezione, della quale, pertanto, tale di chiarazione implicherebbe il riconoscimento. b) Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, invece, l'irrilevanza deriverebbe dalla natura di trattato � self-executing � della Conven zione di Berna, per effetto della quale, una volta intervenute la rati fica e � la piena ed intera esecuzione � conferite con la legge 16 feb braio 1953, n. 247, dovrebbe ritenersi entrato, 1senz'altro, nel .nostro ordinamento giuridico il principio della protezione piena �estesa al ri conoscimento anche del diritto morale dell'autore per le opere foto grafiche. Ma dal testo del n. 1 dell'art. 4, nonch� da quello dell'art. 5 di detta Convenzione, chiaramente si evince che gli obblighi reciproci con essa assunti dai Paesi dell'Unione consistono nel riconoscimento, ciascuno nel proprio territorio, agli autori di altri Paesi aderenti al l'Unione stessa, di diritti non inferiori a quelli attribuiti ai propri cit tadini, nonch� dei diritti discendenti dalla Convenzione. Ne consegue che ben pu� un cittadino di altro Paese aderente all'Unione, autore di un'opera eseguita o pubblicata nel Paese di origine, ottenere in Italia una protezione della propria opera, riconosciutagli dalla legislazione del proprio Paese, maggiore di quella accordata dalla legislazione italiana ai propri cittadini, come pure' che ad un cit. tadino italiano autore di un'opera eseguita o pubblicata in altro Paese dell'Unione venga col� riconosciuta l'eventuale maggiore protezione dalla legislazione di quel Paese accol'data ai propri cittadini, o la pro tezione discendente dalla Convenzione. Ma non consegue altres� che ad un cittadino italiano possa essere riconosciuta in Italia, anche per opera eseguita o pubblicata in altro Paese dell'Unione, protezione maggiore di quella accordata dalla le gislazione italiana ad opera analoga eseguita o pubblicata in Italia da cittadini italiani. Se questo � il contenuto della Convenzione di Berna � evidente che, anche a considerarlo e self-executing �, la � piena ed intera ese cuzione � disposta con la citata legge di ratifica non pu� far s� che, in esecuzione di essa, debba ritenersi estesa in Italia e nei confronti dei cittadini italiani la protezione del �diritto morale di autore alle opere fotografiche. 3. -Le �Considerazioni che precedono dimostrano anche che la questione, cos� com'� stata prospettata, � de.stituita di fondamento. Come 1sopra si � posto in rilievo, presupposto della denunziata violazione del principio di eguaglianza � che il cittadino italiano autore di fotografie eseguite o pubblicate in altro Paese dell'Unione, nel RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale sia ammessa la protezione .morale delle opere fotografiche, abbia diritto a tale maggiore protezione anche in Italia. Questo presupposto, alla stregua delle richiamate considerazioni, deve ritenersi insussistente: ne consegue che viene a mancare la disparit� di trattamento nella quale dovrebbe ravvisarsi la violazione del detto principio. -(Omiss.is). II (Omissis). -1. -Come si � esposto in narrativa, il presupposto logico e giuridico, sul quale poggiano le questioni prospettate con l'ordinanza di rinvio, constste nell'assunto che, in forza delle denunziate norme della legge n. 633 del 1941 (nonch� dell'art. 72 del t.u. delle leggi di p.s., richiamato ma non denunziato), la SIAE opererebbe, nel settore del mercato della musica leggera, in regime di monopolio di :fatto e di diritto o quanto meno in posizione dominante, con la .possibilit� di creare, per le sue caratteristiche obbiettive, situazioni di abuso e quindi illecite, avverso le quali gli interessati non avrebbero alcun rimedio giuridico per insorgere. Questo presupposto �, peraltro, errato. Anzitutto non pu� :parlarsi di monopolio neppure di fatto, poich� l'esclusiva dell'attivit� di intermediario accordata dal dem,mziato articolo 180 della legge n. 633 del 1941 alla SIAE non .preclude all'autore, che ne abbia la volont� e la possibilit�, la protezione e l'esereizio diretto dei propri diritti, anche nel settore della musica leggera, particolarmente difficoltoso, in quanto non � certo agevole controllare esecuzioni, che si svolgono nei luoghi pi� disparati e remoti, senza quell'adeguata organizzazione capillare, di cui dispone la SIAE e che soltanto pochi autori .particolarmente dotati e, soprattutto, affermati, potrebbero, sia pure in misura ridotta, permettersi. Ma non pu� contestarsi che quella esclusiva ponga la SIAE in una indubbia posizione di preminenza, resa necessaria, peraltro, come risulta del resto da quanto si � test� rilevato dalle difficolt� che in molti casi presenta il .controllo delle attivit� che hanno per oggetto l'utilizzazione economica di opere protette. Questa posizione di preminenza, per� come la Corte ha avuto occasione di affermare con la sentenza n. 25 del 1968 pronunziata in altro giudizio, nel quale la legittimit� dello stesso art. 180 della legge n. 633 del 1941 veniva �contestata in riferimento all'art. 18 della Costituzione, trova piena e razionale giustificazione nell'esigenza �di interesse generale e, quindi, pubblico, di adeguata protezione del diritto di autore e di altri �diritti connessi, che il legislatore ha dconosciuto PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 543 talmente rilevante da dover preordinare, al fine di soddisfarla, particolari mezzi di difesa e di tutela sia .penali sia civili. Tra questi ultimi va compresa l'istituzione stessa della SIAE definita appunto �Ente di diritto pubblico per la protezione e l'esercizio del diritto di autore �. Senonch� questa innegabile e rilevante esigenza di difesa e di tutela non pu� giungere fino a giustificare l'attribuzione, -sia pure ad un Ente �di diritto pubblico, di poteri arhitrari e, comunque, incontrollabili. Infatti, anche �se il regolamento per l'esecuzione della legge n. 633 del 1941, approvato �con r.d. 18 maggio 1942, n. 1369, nel Capo J:I, relativo alla determinazione dei �compensi ed agli accertamenti tecnici, non contiene disposizioni particolari per la musica leggera, non per questo pu� ritenersi �che l'operato della SIAE in materia sia incontrollabile. Intanto, poich� quale ente di diritto pubblico la SIAE � soggetta a vigilanza 'governativa (in base all'art. 182 della legge n. 633 del 1941 del Ministero della �cultura popolare, ora della Presidenza del Consiglio dei ministri), i Sl:loi atti sono soggetti ai comuni gravami in via amministrativa. Comunque, resta sempre aperta la via giurisdizionale sia amministrativa, ove si ritenga che la potest� di determinare i compensi incida su semplici interessi legittimi, sia ordinaria, ove si ritenga invece che incida su diritti perfetti. Infine � bene chiarire che la sanzione penale preveduta dal denunziato art. 171, lett. b, della legge n. 633 del 1941 colpisce non il rifiuto di accettare il compenso determinato e richiesto dalla SIAE ma l'esecuzione d~ll'opera senza aver corrisposto alcun compenso. 2. -Dimostrato che il presupposto, sul quale poggiano le questioni in esame, � errato, � facile trarre le seguenti conseguenze. a) Poich� da quanto precede risulta che, ove il compenso richiesto dalla SIAE per l'esecuzione di musica leggera a chi intenda intraprendere tale attivit� sia ritenuto eccessivo, l'imprenditore ha i mezzi legali per far valere le proprie ragioni, se questi tali mezzi non usa oppure, avendoli usati, dette ragioni siano state dichiarate infondate, � evidente che l'imprenditore che persista nel non voler ritenere congruo tale compenso, non pu� pretendere di intraprendere egualmente quell'attivit� senza ledere il diritto dell'autore e, quindi, non pu� lamentare che sia lesa la sua libert� di iniziativa privata. Di qui l'inesistenza della denunziata violazione dell'art. 41 della Costituzione. b) La riconosciuta non fondatezza della questione di legittimit� costituzionale dell'art. 180 della legge n. 633 del 1941, l'applicabilit� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 544 dell'art. 171, lett. b, della stessa legge non alle sole opere di musica leggera, le .particolari difficolt� del controllo dell'esecuzione di tali opere, il costante riconoscimento che non pu� ra,vvisarsi violazione del principio di eguaglianza quando a posizioni differenziate corrisponda una disciplina �differenziata, escludono che .possa ritenersi violato l'art. 3 della Costituzione sotto i vari profili prospettati con l'ordinanza di rinvio. c) L'art. 72 della legge di p.s. � una delle tante norme, comuni specie alle leggi fiscali, che subordinano l'emanazione di taluni atti amministrativi alla dimostrazione dell'avvenuto adempimento degli obblighi imposti da altre leggi. Come tale non pone alcun limite alla difesa dei propri diritti, perch� se, per avventura, l'obbligo all'adempimento del quale � subordinato non sussiste oppure � illegittimo, il richiedente pu�, dimostrandolo, impugnare nelle forme e nei modi di legge il rifiuto di rilascio dell'atto richiesto. La situazione �, quindi, ben diversa da quella che si riassume nel principio del solve et repefJe, in base al quale non si pu� procedere in via giudiziaria contro l'imposizione di un obbligo. (di solito fiscale) se prima tale obbligo non sia stato soddisfatto, salvo ad ottenere la relativa riparazione, in caso di vittoria. Anche la denunziata violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, sotto il profilo che l'art. 72 della legge di p.s. porrebbe in essere un vero e proprio caso di solve et repete, risulta, pertanto, insussistente. 3. -Nessuna delle censure di illegittimit� costituzionale sopra esaminate investe specificatamente, poi, l'art. 15 della legge n. 633 del 1941, che pure nell'ordinanza di rinvio risulta menzionato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 63 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Mura ed altri (n.c.). Procedimento penale -Assistenza dell'imputato in istruttoria -Ipo tesi varie -Illegittimit� costituzionale parziale della normativa Infondatezza e manifesta infondatezza delle altre questioni. (Cost., artt. 3, 24; c.p.c., artt. 304 bis, ter, quater, 366, 367, 231, 232, 225, 348, 389, 392, 397, 398, 364, 372, 317 bis). In relazione agli artt. 3 e 24 deLla Costituzione, va. dichiarata l'illegittimit� costituzionale (1): (1) Per tutti i precedenti dottrinali e giurisprudenziali cfr. Foro it., 1972, I, 1155. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 545 (Omissis). -1) dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il diritto di assistenza del difensore all'ispezione giudiziale di cui all'art. 309 del codice di procedura penale; 2) dell'art. 304 ter del �codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il difensore, senza che debba essere preavvisato, .possa tuttavia presenziar.e all'ispezione �di cui sopra; 3)� dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il diritto �di assistenza del difensore agli atti di perquisizione personale; 4) dell'art. 304 ter del �codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il �difensore, senza che debba essere preavvisato, possa tuttavia presenziare alla detta perquisizione. V.anno, invece, dichiarate manifesta~nte infondate: 1) la questione di legittiinit� costituzionale degli artt. 304 bis, ter e quater, 366 e 367 del codice di procedura penale, nella parte rigua~dante l'esclusione dell'assistenza della difesa all'interrogatorio dell'imputato, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzi() ne, dal .giudice iswuttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari, essendo l'esclusione gi� dichiarata ille�gittima con sentenza n. 190 del 19�70; 2) la questione di legittimit� co�stituzionale degli artt. 304 bis, ter e quat!er del codice di procedura penale, nella parte in cui � considerata facoltativa e non necessaria l'assistenza del difensore agli atti istruttori, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal giudice i�struttore �di Pesaro, trattandosi di questione gi� decisa con sentenza n. 62 del 1971; 3) le questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 231 e 232 del codice di procedura penale, nella parte riguardante la mancata assistenza del difensore agli atti di polizia giudiziaria compiuti rispettivamente dal pretore e dal Procuratore della Repubblica, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal �giudice istruttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari, trattandosi di norme gi� dichiarate illegittime con le sentenze n. 86 del 1968 e n. 148 del 1969; 4) la questione �di legittimit� costituzionale dell'art. 225 del co dice di .procedura penale, nella parte riguardante la mancata assi stenza della �difesa al compimento degli atti di sommarie informazioni, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dagli stessi gtudici, trattandosi �di norma gi� dichiarata illegittima con la sentenza n. 86 del 1968. Vanno, infine, dichiiarate non fondwte1: 1) la questione di legittimit� costituzionale, degli artt. 303, 304 bis, ter e quater, 348, 349, 389, 392, 397 e 3�98 del codice di procedura penale, nella parte in cui non � compresa l'assistenza del difensore alla escussione delle prove testimoniali, soJ.levata, in riferimento RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 546 agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalle ordinanze, elencate in epigrafe, dei giudici istruttori di Pesaro, Pisa, Roma, Matera e dai .pretori di Cagliari e Torino; 2) la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 304 bis e 364 del codice di procedura penale, nella parte in cui non comprendono l'assistenza del difensore ai confronti tra testi, tra testi ed imputati e tra coimputati, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari; 3) le questioni di legittimit� �Costituzionale dell'art. 304 bis del codice di procedura .penale, nella parte in cui non comprende l'assistenza del difensore agli atti di sequestro, nonch� agli atti di ispezione corporale, solJevate in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice i'struttore di Pesaro; 4) la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 304 quater e 320 del codice di procedura penale, nella parte in cui la durata del deposito in cancelleria degli atti istruttori � sottoposta ad un termine fissato dal giudice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro; 5) la questione di legittimit� costituzionale ,dell'art. 372 del codice di procedura .penale, nella parte in cui � stabilito il termine di deposito in cancelleria dei verbali di prova testimoniale e dei confronti, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dai giudici istruttori di Pesaro e Roma e dal pretore di Torino; 6) la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 304 ter, comma ultimo, e 317 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui consenton!J di procedere, nei �casi di urgenza, senza darne avviso ai difensori o prima del termine fissato, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 64 -Pres. Chiarelli - Rel. Bonifacio -Nicolotto (n.c.). Procedimento penale -Esame e confronto di testimoni a futura memoria -Mancata assistenza del difensore -Ille~ittimit� costituzionale. (Cost., art. 24; c.p.p., artt. 304 bis, 357, 364). � costituzioinaLmente megittimo, in relazioine al diritto di difesa, l'art. 304 bis codice di proce.dura penale, limitatamente �aiia parte in cui es.elude il diritto del dife.nsore deU'imputato di assistere� roiia testimoinianza a futura memoria ed al confronto fra l'imputato e� testimone esaminato a futura memoria (1). (1) Per tutti i precedenti dottrinali e giurisprudenziali cfr. Foro it., 1972, I, 1154. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 547 (Omissis). -1. -L'oggetto del presente giudizio -quale risulta dalla parte finale dell'ordi~nza di rimessione, interpretata nel quadro dell'intera motivazione della stessa -� costituito dall'art. 304 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui quest� disposizione, in contrasto col principio sancito nell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, esclude il diritto del difensore dell'imputato di assistere, nella fase istruttoria, all'esame dei testimoni a futura memoria (articolo 357 cpv.) ed al �confronto fra questi e l'imputato (art. 364). 2. -Con sentenza (n. 63 del 1972), depositata in data di oggi, questa Corte ha accertato che non viola il diritto di difesa garantito dalla Costituzione la norma, desumibile dall'art. 304 bis .cod. proc. pen., secondo la quale al difensore non � consentito di assistere all'esame dei testi escussi nel �corso dell'istruttoria penale. A tale conclusione la Corte � pervenuta in base alla considerazione che siffatta disciplina, mentre da un canto trova giustificazione in esigenze inerenti al sistema dell'istruttoria delineato dal vigente ordinamento, non sacrifica definitivamente la difesa dell'imputato, giacch� la prova testimoniale, di regola, sar� ripetuta nel successivo dibattimento, salvo che pubblico ministero e parti consentano la semplice lettura del verbale istruttorio : di modo che il contraddittorio si dispiegher�, in quella sede, in tutta la sua pienezza, il difensore sar� in grado di richiedere che al teste siano rivolte tutte le domande pertinenti all'oggetto della testimonianza (art. 467) ed il giudice potr� decidere tenendo presenti le risultante acquisite al processo col dialettico intervento dell'accusa e della difesa. Queste ragioni, che giustificano l'esclusione del difensore dall'assistenza alla normale prova testimoniale, non sussistono, come � ovvio, nel caso della testimonianza a futura memoria. Questa, infatti, viene assunta con 1� speciali modalit� stabilite nel secondo comma dell'art. 357 -fra le quali � di particolare rilievo l'imposizione del giuramento -proprio in previsione dell'impossibilit� che il teste, a causa di infermit� o di altro grave impedimento, sia riesaminato in giudizio: al che puntualmente e razionalmente corrisponde l'inclusione della deposizione a futura memoria fra gli atti dei quali � consentita la lettura del verbale in dibattimento (art. 462, secondo comma). La legge, dunque, esclude che il difensore possa assistere ad un atto istruttorio che essa stessa prevede come irripetibile e, in tal modo statuendo, consente che sia definitivamente acquisita al processo una prova sulla quale la difesa non ha potuto, n� potr� in seguito, interloquire con quei mezzi (domande, contestazioni, ecc.) che, invece, essa � in grado di dispiegare a proposito della normale testimonianza, quando questa vien ripetuta in dibattimento. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � evidente che il contrasto fra la norma denunziata ed il principio costituzionale di raffronto non � atj;enuato n� dall'obbligo del giuramento, imposto al teste per renderlo pi� sensibile al dovere di obiettivit� e di verit�, n� dalla possibilit� di registrazione meccanica della esposizione, introdotta dall'art. 2 della legge 6 dkembre 1965, n. 1369: .queste modalit� di assunzione della prova dimostrano, certo,� che il legislatore ha avvertito la sua peculiarit� rispetto alla ;normale testimonianza, ma non valgono a legittimare il divieto dell'assistenza del difensore. Giova, al �contrario, rilevare che lo stesso ordinamento processuale offre elementi per una positiva valutazione dell'attuale questione di legittimit� costituzionale. Ed invero dall'art. 304 bis, nelle sue disposizioni originarie ed in quelle ora risultanti dalla ricordata sentenza n. 63 del 1972, si deduce che al difensore dell'imputato � consentito di assistere (oltre che all'interrogatorio, per il quale valgono le particolarissime ragioni esposte nella sentenza n. 190 del 1970) a quegli atti che sar� impossibile ripetere in dibattimento, qu9.nto meno nelle stesse' condizioni di tempo e di luogo in cui essi vennero compiuti durante l'istruttoria: la .dichiarazione di illegittimit� costit.zionale della norma ora in esame elimina una ingiustificabile disarmonia del sistema. 3. -Le ragioni fin qui esposte valgono anche� a dimostrare la fondatezza della questione nella parte relativa alla esclusione del diritto del difensore di assistere al confronto fra imputato e teste assunto a futura memoria. Vero � che nella sentenza n. 63 � stata ritenuta non illegittima tale esclusione nel confronto fra testi e imputato o fra pi� imputati: ma � chiaro che nel caso di cui ora ci si occupa determinante per l'opposta conclusione � la previsione dell'irripetibilit� del confronto in sede dibattimentale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 66 -Pr�es. Chiarelli - Rel. Benedetti -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). �C. Presidente Regione Siciliana (avv. Guarino). Sicilia -Conflitto di attribuzione -Deliberazioni dell'Ente sviluppo agricolo concernenti il personale -Approvazione assessoriale Spettanza del potere di concerto allo Stato. (St. Reg. sic., artt. 14, 20, d.l.c.s. 5 agosto 1947, n. 778, artt. 10 e 11). Spetta aiio Stato, e per esso al Ministero per il teso-r6, di partecipare, me�iCLnte iL concerto previsto daU'art. 11 d.l.C.P.S. 5 agosto PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 549 1947, n. 778, alia emanazione di provvedimenti di approvazione, da parte della Regione, deUe deiiberazioni deU'Ente di svituppo agricolo concernenti il trattamento economico del pernonale impiegatizio ed operaio (1). (Omissis). -1. -Col ricorso in esame sono state impugnate le deliberazioni nn. 139 e 140 del 30 aprile 1971 con le quali l'Ente di sviluppo agricolo in Sicilia ha disciplinato il trattamento economico del proprio personale impiegatizfo ed operaio, e la nota n. 2338/RA dell'll maggio 1971 con fa quale l'Assessore regionale dell'agricoltura e foreste ha dichiarato di �prendere atto � delle suddette deliberazioni. La difesa della Regione ha in via preliminare eccepito l'improponibilit� del ricorso sia nella parte che ha per oggetto le deliberazioni dell'E.S.A., sia nella parte che si riiferisce alla nota assessoriale. Per quanto riguarda le delibere esatto � il rilievo che non da tali atti, ma solo dal provvedimento di approvazione potrebbe derivare l'invasione di competenza lamentata nella specie dallo Stato ricorrente. La doglianza fondamentale sostenuta negli scritti difensivi del1' Avvocatura si rivolge, infatti, essenzialmente al <provvedimento di controllo dell'organo regionale, a quella nota assessoriale cli approvazione delle delibere dell'E.S.A. che viene denunciata per essere stata emanata senza il previo concerto �con il Ministero del tesoro. Per quanto riguarda la nota dell'Assessore prive di rilievo IS'Ono le considerazioni svolte secondo le quali, essendosi l'Assessore limitato a � prendere atto � delle delibere, non ci si troverebbe in .presenza di un vero atto di approvazione da parte dell'organo regionale di. tutela e non sarebbe quindi .configurabile l'invasione di competenza statale addotta dal ricorrente. Il testo della nota non lascia adito a dubbi che l'espressione adoperata � si. prende atto � equivalga, nella specie, a una vera e propria approvazione. (1) La questione era stata sottoposta all'�esame della Corte con ricorso ,del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 2 ottobre 1971, per conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione Siciliana sorto a seguito dell'atto dell'Assessore regionale. per l'agricoltura e le foreste n. 2338/RA dell'll maggio 1971, mediante il quale erano state approvate le deliberazioni dell'Ente di sviluppo agricolo per la Sicilia 30 aprile 1971, n. 139 e n. 140, concernenti il trattamento economico del personale impiegatizio ed operaio dell'Ente. La decisione 16 luglio 1968, n. 105 legg.esi in questa Rassegna, 1968, I, 1, 879; la decisione 11 luglio 1969, n. 127 legg.esi in Foro it., 1969, I, 2059, con note di richiami; v. anche F. SORRENTINO e CERRI, in Giur. Costit., 1968, 1392, 1398. Per quanto concerne i riferimenti a Corte dei Conti, Sez. controllo enti, 17 e 24 maggio 1966 e 7 marzo 1967, e le norme regolanti la trasformazione dell'Ente per la riforma fondiaria in Sicilia, v. Foro it., 1972, I, 1149. 550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giova tener presente 1che le deliberazioni erano state adottate dal Consiglio di amministrazione dell'Ente in conformit� a quanto precedentemente deliberato dalla Giunta regionale col provvedimento n. 92 del 28 aprile 1'971, citato' nella lettera assessoriale. L'organo di controllo regionale, con la nota di cui trattasi, accertava che le deliberazioni erano state predisposte in modo conforme al deliberato della Giunta e, in vista della esecutoriet� delle stesse, raccomandava all'Ente � l'assoluta necessit� di adottare... tutti gli atti cautelativi necessari per l'eventuale recupero di somme che dovessero essere dichiarate non dovute � al personale � anche a seguito dell'approvazione del definitivo regolamento �. L'atto assessoriale va quindi rettamente considerato come un formale provvedimento di approvazione delle delibere ed in relazione ad esso deve ritenersi legittimamente proposto il presente ricorso. 2. -Venendo al merito occorre anzitutto rilevare che la questione prospettata � sostanzialmente identica a quelle che la Corte ha avuto occasione di decidere con le sue precedenti sentenze n. 1015 del 1968 e n. 128 del 1969: stabilire do� se per la ,validit� ed efficacia delle indicate deliberazioni dell'E.S.A. sia sufficiente la sola approvazione dell'Assessore o sia anche necessario il previo concerto con il Mini:stro per il tesoro previsto dall'art. 11 del d.l.C.P.S. 5 agosto 1947, n. 778 e, nell'affermativa, se l'omissione di detta intesa comporti invasione della sfera di competenza statale, in violazione degli artt. 14 e 20 dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 7 maggio 1948, n. 789. Il profilo nuovo sul quale fa leva il patrocinio della Re1gione, per dimostrare che nel caso di specie non ricorre il presupposto di applicazione dell'art. 11 del d.l. n. 778, sarebbe costituito dal fatto che le due delibere dell'E.S.A. non possono essere considerate un regolamento organico del personale, sia per il contenuto limitato delle� loro disposizioni, unicamente afferenti al trattamento economico, sia per la loro temporanea efficacia, trattandosi di trattamento � provvisorio � in attesa dell'approvazione del definitivo regolamento organico. Ad avviso della Corte la parzialit� del contenuto dei provvedimenti e la loro provvisoriet� non rappresentano elementi validi a far ritenere che essi non abbiano carattere di regolamento organico. Quel che conta al fine della individuazione di detto carattere � il contenuto oggettivo delle deliberazioni ed � innegabile che, nel caso in esame, in cui il Consiglio dell'Ente ha inteso disciplinare in maniera organica e completa il trattamento economico �di tutto il proprio personale impiegatizio ed operaio, ci si trova di fronte a materia tipica di regolamento. Se si desse rilievo agli argomenti della parzialit� e della provvisoriet� addotti dalla difesa sarebbe agevole sottrarsi all'osservanza PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 551 della procedura di approvazione .prevista dall'art. 11 del d.l. n. 778 del 1947, mediante l'emanazione di singoli, parziali provvedimenti concernenti la disciplina giuridica ed economica del personale. Il merito della questione trova puntuale soluzione nelle precedenti sentenze emesse dalla Corte. In queste � stato gi� .precisato che l'E.S.A. � Ente di diritto pubblico al cui mantenimento lo Stato concorre con propri contdbuti, sicch� ad esso devono essere applicati gli artt. 10 e 11 del ripetuto d.l. n. 778 del 1947. Ad escludere l'intervento del Ministero del tesoro nella approvazione dei regolamenti organici del personale dell'Ente non giova il rilievo, formulato nuovamente in questa sede, in ordine alla distinzione fra contributi di scopo e contributi istituzionali, .poich� questa Corte ha gi� avuto occasione (sentenza 127 del 1969) di chiarire in proposito che il presupposto dell'intervento del potere di approvazione statale � rappresentato dal carattere continuativo dei contributi corrisposti dallo Stato all'E.S.A. Orbene, questa continuit� dell'apporto finanziario risulta evidente non solo dalla legge 14 luglio 1'96,5, n. 901 (art. 6), che ha autorizzato la spesa di cospicue somme a favore degli enti di sviluppo -tra i quali � stato compreso l'E.S.A. -sino all'esercizio finanziario del 1969, ma anche dal d.l. 26 ottobre 1971, n. 745 (art. 49), che ha autorizzato la spesa di 40 miliardi .per ciascuno degli anni 1970 e 1971 -anno, quest'ultimo, nel corso del quale sono state adottate le delibere nn. 139 e 140 dell'E.S.A. -per la concessione di contributi a favore degli stessi enti indicati nell'art. 6 della legge n. 901 test� citata. Da tutt� ci� consegue che I'Assessore, avendo .pr_ovveduto ad approvare e rendere esecutive le deliberazioni con la nota dell'll maggio 1971, senza la prescritta previa intesa con il Ministro del tesoro, ha invaso la sfera di competenza di un organo statale; il suo provvedimento, quindi, in quanto contrario allo Statuto, deve essere annullato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 aprile 1972, n. 67 -Pres. Chiarelli Rei. Reale -Tessari (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Contabilit� di Stato -Fermo amministrativo -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 3, 25, 102; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, sesto comma). Non � fondata, con rife�rimento agLi artt. 3, 25 e 1()2 della Costituzione, ia ques,Jiione di Legittimit� costituzionale delt'artl. 69, sesto 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comma, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (cLisposizio11ti suUa amministrazione del patrimanio e sulla CDl!tiabilit� ge11;erale dello Sta.to) re�lativo al fermo ammilltistrativo di crediti di privati verso le amm:i.nristrazioni dello Stavo (1). (Omissis). --1. -Risulta dall'ordinanza della Corte d'appello di Trieste che nel giudizio promosso da un privato ;imprenditore contro l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, per il pagamento di crediti, co'Stituenti il corrispettivo per l'esecuzione di contratti d'appalto di opere pubbliche, dalla stessa Amministrazione veniva opposta l'inesigibilit� del credito; inesigibilit� derivante dal .provvedimento di fermo adottato ai sensi dell'art. 69, sesto comma, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� .generale dello Stato) e volto, nella specie, a garantire il recupero di passivit�, in corso di accertamento giudiziale, risultanti a carico dello stesso privato dall'inadempimento d� altro contratto di appalto. Nel corso del .giudizio la Corte ha sollevato, in riferimento .agli artt. 3, 25, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimit� della norma suddetta, la quale dispone che, �qualora una: Amministrazione dello Stato, che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richiede la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo �. Sotto il profilo dell'ugua1glianza, la Corte ha rilevato che la prevista sospensione del pagamento si concreta in una misura cautelare, la quale pu� essere imposta discrezionalmente dalla stessa Amministrazione debitrice con proprio atto non revocabile n� annullabile dal giudice ordinario e con l'effetto di impedire l'esercizio del diritto del privato all'esazione di un credito liquido ed esigibile. Dal che deriverebbe a favore dell'Amministrazione una posizione di 1supremazia in un rapporto di natura privatistica, non conseguente alla esplicazione di funzioni o al perseguimento di finalit� pubbliche. La misura cautelare in oggetto, risulterebbe, oltretutto, di portata pi� grave di quella che la legge ordinaria (artt. 670 e segg.; 700 e segg. c.p.c.) consente ai privati di ottene:re. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordiIll8! Il!Za emessa ili. 6 febbraio 1970 dailla corte d'appello di Trieste (Gazzetta Ufficiale n. 143 del 10 giugno 1970). In riferimento al �fermo amministrativo., v. Cass. 15 giugno 1967, n. 1389 in questa Rassegna 19'67, I, 787 (nota) e, fra le ail:tre, COns. Sitato, Sez. VI, 29 settembre 19'70, n. 6114, Rep. Foro it., Voce Contabil'it� dello Stato, Illil. 21, 22. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 553 Inoltre la norma stessa, attribuendo alla pubblica Amministrazione statale il potere di incidere su diritti soggettivi, sottoposti alla giurisdizione del giudice ordinario, sottrarrebbe le eventuali difese del privato al giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma) e al giudice ordinario le funzioni che gli spettano (art. 102, primo comma, Cost.). Le questioni non sono fondate. 2. -La norma denunziata disciplina il cosiddetto fermo amministrativo diretto a legittimare la sospensione, del pagamento di un debito liquido ed esigibile da parte di un'Amministrazione dello Stato, a salvaguardia della eventuale compensazione legale di esso 'con un credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che la stessa od altra branca della Amministrazione statale, considerata nella unicit� di soggetto di rapporti giuridici, pretenda di avere nei confronti del suo creditore. Il fermo � disposto in via cautelare e fino alla pronunzia di un successivo provvedimento con cui lo si revochi ovvero si disponga che ~a somma dovuta dallo Stato al creditore venga ritenuta, nei limiti in cui opera la compensazione legale, a soddisfazione del credito erariale. Va ricordato al riguardo che il fermo costituisce misura di auto tutela della Amministrazione statale, avente lo scopo di assicurare la realizzazione dei fini cui � rivolto l'itler amministrativo procedimen tale, necessariamente complesso e disciplinato da norme inderogabili e preordinate ad assicurare la regolarit� contabile e la realizzazione delle entrate dello Stato, quali vengono definite nell'art. 219 r.d. 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l'amministrazione del patri monio e per la contabilit� generale dello Stato). � evidente, quindi, che la norma in esame non configura un irra zionale privilegio, ma uno strumento necessario alla protezione del pubblico interesse connesso alle esigenze finanziarie dello Stato. E se � vero che l'autotutela, nella generalit� delle sue applicazioni, � connaturata all'attivit� della pubblica Amministrazione nei rapporti di diritto pubblico, non deve escludersi, in considerazione di quanto test� accennato, che speciali norme di legge ne consentano l'esercizio anche in rapporti di diritto privato, cui la pubblica Amministrazione partecipi per i fini che le sono propri. Per i precedenti in dottrina sull'autotutela, per la posizione dei creditori pecuniari dello Stato, per l'incostituzionalit� delle norme che limitano la possibilit� di espropriazione forzata contro la P. A., cfr., altres�, Foll'o it., 1972, I, 1146. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 556 La qualificazione giuridica dei giorni festivi � produttiva di effetti notevoli nel nostro ordinamento sia in campo pubblicistico (quali il diritto processuale, amministrativo e la legislazione sociale), sia nel campo dei rapporti privatistici del lavoro. Da ci� l'assoluta necessit� di una disciplina unitaria ed uniforme su tutto il territorio nazionale della materia inerente alla istituzione delle festivit�, disciplina la cui regolamentazione spetta esclusivamente allo Stato. N� vale addurre in contrario che, avendo la Regione competenza legislativa esclusiva in materia di commercio, ben poteva disporre che i negozi rimanessero chiusi, oltre che nelle domeniche e negli altri giorni festivi previsti dalla legge nazionale, anche nel giorno della festa della Regione.-L'art/ 14, lett. d), dello Statuto fa salva, nella materia indicata, la disciplina dei rapporti privati ed � innegabile che la disposizione impugnata, come esattamente rilevato dall'Avvocatura, abbia incidenza immediata e diretta sui rapporti economico-normativi tra datori di lavoro e prestatori d'opera. La disposizione stessa produce inoltre conseguenze rilevanti anche nella materia delle notificazioni giudiziarie. 2. -Con la seconda censura di incostituzionalit�, rivolta all'articolo 5, comma secondo, della legge in esame, si denuncia che l'esonero dei venditori ambulanti girova.ghi dalla osservanza degli orari di attivit� durante i giorni feriali contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione determinando in favore di essi una ingiusta condizione di privilegio, dannosa per la categoria dei commercianti a posto fisso. La Corte ritiene che nel caso di specie non sussiste una identit� di condizioni soggettive ed oggettive tra le due categorie di commercianti considerate che valga a giustificare la parit� del loro trattamento normativo. Come esattamente osservato dal patrocinio della Regione, la situazione dei venditori ambulati girovaghi � del tutto diversa da quella dei commercianti a posto fisso, sfa per l'entit� e modalit� con �cui la loro attivit� commerciale � svolta (trattandosi di commercio di modeste dimensioni cui attendono personalmente e a domicilio del �consumatore i titolari delle licenze col solo aiuto dei familiari), sia per le loro condizioni economiche, notoriamente inferiori a quelle degli altri commercianti. � proprio in relazione a questa differenza di situazioni e per venire incontro alle esigenze di una categoria economicamente pi� debole che� il trattamento differenziato trova razionale giustificazione. 3. -Il terzo ed ultimo motivo di incostituzionalit�, anche esso riferito al principio di uguaglianza, ha per oggetto la disposizione contenuta nell'art. 7, comma secondo, ai sensi della quale i grandi magaz PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 557 zini di vendita al dettaglio sono tenuti ad osservare separatamente gli orari di vendita e la chiusura infrasettimanale stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare prevalente. Si assume che questa separata disciplina di orari sarebbe ingiusta rispetto al trattamento riservato sia alle attivit� commerciali miste operanti nella Regione, sia agli altri grandi magazzini che operano sul territorio nazionale, i quali, invece, giusta quanto disposto dalla legge statale 28 luglio 1971, n. 5�58, sono tenuti all'osservanza del solo orario prescritto per l'attivit� prevalente. Ad avviso della Corte, dal fatto che la leg,ge nazionale abbia dettato un'unica disciplina di orario per le due categorie di esercizi, non deriva alcun obbligo per il legislator:e regionale di adottare una identica disciplina. � opportuno ricordare che nella materia di cui trattasi � riconosciuta alla Regione una potest� legislativa esclusiva e nell'esercizio di tale competenza spetta al legislatore regionale la valutazione sulla sussistenza della parit� o ,disparit� di situazione tra gli esercizi in questione nell'ambito territoriale dell'Isola. La difesa della Regione ha posto in evidenza che il sistema di vendita dei grandi magazzini � strutturato in modo sostanzialmente diverso da quello dei negozi misti avendo i primi, e non i secondi, personale distinto adde~ to ai vari settori di vendita. Questa obbiettiva diversit� pu� ragionevolmente porsi alla base d�lla disposizione impugnata che ha previsto solo per essi l'obbligo di osservare separatamente gli orari di vendita stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare prevalente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 77 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozzi -Callegari (avv. Tiberini) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti e Tarin). Procedimento penale -Notificazioni -Deposito nella casa comunale Avviso al destinatario -Rilevanza della data di spedizione -Illegittimit� costituzionale della normativa. (Cost., art. 24; c.p.p. art. 169, quinto comma). Procedimento penale -Notificazioni -Consegna al portiere o a per sona inferma di mente -Infondatezza della questione. (Cost., artt. 2, 3, 15, 24, 27; c.p.p., art. 169, comma primo, terzo e quarto). � costituzionalmente iiiegittimo l'art. 169, qui<nto comma, codice di procedura penale, limitatamente alla parte in cui consridera effet RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 558 tuata la notificazione per deposito nella casa comunale aiia data di inoitro deU'avviso a} destinatario, anzich� aUa data di riceizione (1). Non � fondata "l� questione di legittimit� costituzfonale dell'articolo 169, primo e terzo comma, codice di procedura penale, sulla consegna dell'atto al portiere in plico aperto; n� � fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimit� costituzionale de:tl'articolo 169, qwarto comma, dello stJesso codice, :;'ULla consegna deWatto a persona diversa dal notific.ando che non sia manifestamente inferma di mente (2). (Omissis). -2. -Sono censurati: a) il primo comma dell'art. 169 c.p.p., in riferimento all'art. 15, primo comma, della Costituzione, perch� la notificazione mediante consegna di copia dell'atto al portiere non offrirebbe cautele idonee a garantire la segretezza della cor~ rispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (ord. tribunale Torino 12 marzo 1972); b) insieme al primo, anche il terzo comma, in riferimento agli artt. 2, 15 e 27 Cost., per lo stesso ordine di motiw, oltre che per .l'obbligo del portiere di ottemperare ad ogni richiesta dell'autorit� di pubblica sicurezza (ord. pretore Milano 3 marzo 1970); c) il quarto comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., perch� non sarebbe consentito al destinatario della notificazione di fornire la prova della non palese infermit� di mente del consegnatario (ord. pretore Sampierdarena 4 settembre 1971); d) il quinto comma, in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost., in quanto, nel caso di notificazione mediante deposito dell'atto nella casa comunale, si avrebbe decorrenza dei termini per l'impugnazione dalla data di inoltro dell'avviso di avvenuto deposito, e non da quella della conoscenza del provvedimento da impugnare (ord. tribunale Sondrio 23 marzo 1970); e) ancora il quinto comma, in relazione agli artt. 507, secondo comma, e 509, terzo comma, c.p.p., e cio� limitatamente all'ipotesi di opposizione a decreto penale �di condanna, in riferimento allo stesso art. 24, secondo comma, Cost. (ord. pretore Trieste 29 aprile 1970). 3. -Quanto alla violazione, denunziata dal pretore di Milano e dal tribunale di Torino, dell'art. 15 della Costituzione, non � da accogliersi l'assunto dell'Avvocatura dello Stato -conforme ad un'autorevole giurisprudenza -, secondo cui la segretezza della corrispon( 1-2) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con varie ordinanze emesse da giudici diversi (v. Gazzetta Ufficiale n. 136 del 3 giugno 1970; n. 170 dell'8 luglio 1970; n. 235 del 16 settembre 1970; n. 106 del 28 aprile 1971; n. 16 del 19 gennaio 1972). Per una vasta panoramica dei precedenti dottrinali e, specie, giurisplrUdenziali, v. la IIllota di A. PrzzoRusso, in Foro it., 1972, I, 1137. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 559 denza e di ogni �comunicazione non pu� richiedersi nel campo penale, ove dominano principi opposti, tra i quali vi � quello della pubbUcit� del procedimento e degli atti ad esso inerenti. A prescindere dalla regola, tuttora vigente, del segreto istruttorio (seppure reso, almeno di fatto, meno rigoroso dall'introduzione dell'avviso di procedimento, con l'art. 8 della legge 5 dicembre 1'969, n. 932, che ha modificato l'art. 304 c.p.p.), certo non pu� dirsi che sia nell'interesse dell'imputato la pubblicit� data ad una sentenza di condanna, mentre -come la Corte ritiene suo dovere sottolineare -� di gravissimo pregiudizio morale (e spesso anche economico) la diffusione della notizia che taluno sia indiziato di reato (magari tanto ingiustamente, che potrebbe seguire la pronunzia di non promovimento dell'azione penale per infondatezza dell'accusa: art. 74, terzo e quarto comma, c.p.p.). Sono le modificazioni apportate con la � novella � del 1969 ad anticipare la fase di una (relativa) pubblicit� degli atti processuali; e la notificazione al portiere (o a chi ne fa le veci) non vulnera la segretezza pi� che non facciano altre norme dirette, nelle intenzioni, a garantire l'incolpato (e le altre parti private). La legge di riforma 18 giugno 195�5, n. 517, inserendo un nuovo terzo comma nell'art. 169 c.p.p. (sostanzialmente identico al quarto comma dell'art. 139 c.p.c.), <!on cui si richlede che il .portiere sottoscriva l'originale dell'atto notificato e che l'ufficiale giudiziario dia notizia al destinatario, con lettera raccomandata, dell'avvenuta notificazione, vuole raggiungere, a favore dell'interessato, il duplice intento di consentire il controllo del portiere sulla conformit� all'originale della copia consegnatagli e di dare al destinatario una maggiore possibilit� di conoscenza dell'avvenuta consegna. V'� da aggiungere che alla stregua delle norme di autonomia collettiva, tra gli obblighi del portiere (di�sciplinarmente sanzionati), vi � quello della pi� assoluta discrezione sulla vita famigliare e sulle condizioni economiche del proprietario e degli inquilini e su quanto altro li riguarda. N� va, inoltre, taciuto che il portiere deve ottenere, con autorizzazione amministrativa, l'iscrizione in apposito registro tenuto dall'autorit� locale di pubblica sicurezza -iscrizione che va rinnovata ogni anno e che � suscettiva di rifiuto e di revoca -(artt. 62 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773,. e 111-114 del relativo regolamento 6 maggio 1940, n. 63.5). Non rileva l'argomento che il pretore di Milano trae, a sostegno dell'incostituzionalit�, dall'art. 113, secondo comma, del regolamento di pubblica sicurezza, che fa obbligo ai portieri di corrisponder� ad ogni richiesta dell'autorit� di polizia, in quanto, a parte che � piut 560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tosto .strano pensare che questa autorit� abbia bisogno di rivolgersi a un portiere per avere notizie di procedimenti penali in corso, si tratterebbe, se mai, di un problema di limiti dell'obbligo imposto dalla norma regolamentare e anche di contemperamento tra obblighi concorrenti ed opposti. Il dovere incombente sul portiere di corrispondere alle richieste dell'autorit� di pubblica sicurezza non � incondizionato n� illimitato, concernendo le sole richieste che traggano origine da un'attivit� di istituto di essa autorit� e che siano fatte J::\el pieno rispetto delle forme previste dalla legge. D'altronde, non � a dubitare che il presidio dell'art. 15 Cost. sia operante contro le intrusioni dei privati, oltrech� contro quelle dei pubblici poteri (sentenza n. 122 del 1970 di ques.ta Corte). Escluso, cos�, che la consegna dell'atto processuale al portiere importi di per s� violazione dell'art. 15, primo comma, Cost., diventa superfluo l'eventuale ricorso al secondo comma. 4. -Non sono richiamati a proposito, rispetto al medesimo art. 169, primo e terzo comma, c.p.p., gli artt. 2 e 27 della Costituzione. Non l'art. 2, dappoich� una volta esclusa la violazione dell'art. 15, che tutela il diritto fondamentale al segreto della corrispondenza e delle altre comunicazioni, viene automaticamente esclusa la violazione dell'art. 2, che quel diritto ricomprende (citata sentenza n. 122 del 1970). Non l'art. 27, dappoich� l'eventuale rivelazione di notizie concernenti atti processuali relativi agli indiziati di reato e a.gli imputati non incide sulla presunzione di non colpevolezza, proprio alla stregua della sostanziale differenza, posta a base di esso precetto costituzionale, tra indiziato e imputato, da un lato, e colpevole, dall'altro. 5. -L'ammissibilit� (contestata dal pretore di Sampierdarena) della notifica a chi non � palesemente infermo di mente non viola l'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Giustificata che sia -per ragionevoli o addirittura imprescindibili esigenze imposte dal .carat-. tere stesso e dagli scopi del rito penale -la notificazione non a mani proprie, non si pu� richiedere all'ufficiale notificatore (ufficiale giudiziario: art. 21, n. 1, r.d. 28 maggio 1931, n. 603; aiutante dell'ufficiale giudiziario: artt. 32 e 33 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229; messo. di conciliazione: art. 34, primo comma, stesso decreto; agente di polizia giudiziaria: art. 166, quinto comma, c.p.p., aggiunto dall'art. 11 d.lg.lgt. 5 ottobre 1945, n. 679) la competenza tecnica di uno specialista in psichiatria n� lo svolgimento di alcuna inda.gine sulla capacit� di chi riceve l'atto, ma solo quella comune diligenza ed avvedutezza PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 561 che consente di avvertire lo stato di amentia, rivelata da evidenti e inequivocabili manifestazioni. Per la pretesa violazione dell'art. 3 Cost., esattamente ha replicato l'Avvocatura dello Stato che non � .a parlarsi di diversit� di trattamento in casi (sostanzialmente) eguali, essendo, all'opposto, diversa la situazione in cui viene a trovarsi l'ufficiale giudiziario quando il consegnatario sia palesemente dnfermo di mente. e quando abbia tutta l'apparenza della persona normale. Gli inc~nvenienti, del resto, sono in pratica pressoch� eliminati dalla tempestiva nomina del difensore, il quale, nel sistema del codice di rito, deve essere informato degli atti processuali rigua11danti il suo assistito. D'altro canto, soccorre l'art. 183 bis c . .p.p. sulla restituzione in termini; ch�, quantunque la giurisprudenza sia estremamente restrittiva nella sua interpretazione, non pu� giungersi a negare la stessa ragion d'essere della norma, che � quella di rendere possibile l'esercizio del diritto di difesa, allorch� l'interessato sia incorso in una decadenza, per non aver osservato un termine per caso fortuito o per forza maggiore. Orbene, qualora la consegna dell'atto sia stata fatta a chi,-per essere infermo di mente, non ne ha avvertito l'importanza, 1n conseguenza di che non ha provveduto a rimetterlo al destinatario, la presunzione di conoscenza dell'atto ritualmente notificato (cio� notificato nella forma e alla persona indicata nell'art. 169 c.;p.p.) non pu� essere assoluta, ma deve avere un limite invalicabile proprio nell'art. 24, secondo comma, Cost., che, garantendo la difesa, presuppone, ovviamente, che l'interessato sia posto in grado di potersi difendere. Il che non si verifica se l'atto non viene a conoscenza di lui, per essere stato consegnato (legittimamente) a un demente. Sarebbe incongruo che l'infermo totale di mente, il quale, non avendo capacit� di intendere e di volere, non � imputabile e non incorre nelle pene comminate per i reati che abbia a commettere (art. 85 c.p.), sia ritenuto perfettamente compos sui, allorch� la sua incapacit� di intendere e di volere pregiudichi tanto gravemente il diritto del terzo di difendere la sua innocenza, cio� J.a ~ua libert�, e per di pi�, con divieto d'ingresso alla prova contraria. Come � noto, la giurisprudenza ammette che l'interessato .possa provare che, al momento della consegna della co.p�a dell'atto, il con segnatario era affetto da infermit� mentale palese, ai fini dell'accer tamento della nullit� della notificazione (art. 179 c.p.p.). Orbene, non � concepibile che; non potendo essere inficiata di nullit� la consegna a persona non palesemente inferma di mente (ch� sarebbe efficace solo la prova della palese infermit�), la sua regolarit� formale si risolva in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una :finzione giuridica, ostativa persino della rimessione in termini, allorch� l'infermit� effettiva, ma non palese, abbia determinato la distruzione o la distrazione o l'occultamento o, comunque, la mancata consegna dell'atto, con irreparabile danno del destinatario. 6. -A una pronunzia parziale di illegittimit� deve, per contro, pervenirsi quanto alle denunce che investono, �n riferimento all'articolo 24, secondo comma, Oost., l'ultimo comma dell'art. 169 c.rp.p. (o:r~dinanza del tribunale di� Sondrio e, limitatamente al caso di notificazione del decreto penale di condanna, ordinanza del pretore di Trieste). Il principio della decorrenza dei termini -a qualsiasi effetto siano posti -dalla data della conoscenza dell'atto o della situazione processuale, da parte dell'interessato, � stato gi� accolto da questa Corte �con sua sentenza n. 34 del 1'970 in tema �di �cessazione della causa di sospensione del processo civile (art. 297 c.p.c.). � risaputo �che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, in conformit� alla dizione della norma (l'art. 179 c.p.p. commin� la nullit� per la mancata comunicazione dell'avviso di deposito con lettera raccomandata, non per il mancato ricevimento), la notificazione effettuata ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 169 c.p.p. si perfeziona con l'invio dell'avviso raccomandato, all'interessato, dell'avvenuto deposito dell'atto nella casa comunale, cosicch� i termini stabiliti dalla legge, rispetto alla notificazione, decorrono dal momento in cui la raccomandata risulta spedita. Tuttavia, tale comunicazione pu� risultare vana, vuoi, in via generale, per la ristrettezza dei termini (tre giorni per �la dichiarazione di impugnazione, cinque giorni per l'opposizione a decreto penale), vuoi per motivi contingenti (ritardata distribuzione della posta ecc.), s� da rendere impossibile !'-esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che la norma deve essere dichiarata illegittima nella parte in cui considera effettuata ia notifica per deposito alla data d'inoltro dell'avviso al destinatario, e non a quella di ricezione. Se � pur vero che, a differenza dell'art. 140 c.p.c., l'art. 169, ultimo comma, c.p.p. non prescrive la raccomandata con ricevuta di ritorno, sicch� la prova della ricezione e della data di ricezione non risulta dall'incartamento processuale, � altrettanto vero -che tale prova pu� essere data agevolmente mediante il controllo del registro delle consegne delle raccomandate e la relativa certificazione dell'ufficio po stale. Sarebbe, del resto, auspicabile, per maggior sicurezza e spedi tezza di contra.Ho -anche in assenza di disposizioni legislative -che la spedizione avvenisse per raccomandata con avviso di ricevimento. L'accenno contenuto nell'ordinanza del tribunale di Sondrio alla PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 563 � effettiva conoscenza > dell'atto depositato nella casa �comunale, ai fini della decorxenza dei termini, non pu� indurre la Corte ad adottare una soluzione in tal senso: la garanzia costituzione non si estende sino al punto di sollevare il notificando dall'onere di ritirare l'atto. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 78 -Pre'S. Chiarelli Rei. Rocchetti -Soc. Libco (avv. Jacobelli), INAIL (avv. Flamini) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Previdenza e assistenza -Infortuni sul lavoro -Azione di re~resso dell'INAIL -Elevazione del termine prescrizionale da uno a tre anni -Eccesso dai limiti della dele~a -Insussistenza. (Cost., art. 76; I. 19 gennaio 1963, n. 15, art. 30; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, ultimo comma, art. 10, quinto comma). Non � fondata, con riferimento ai limitJi posti �daiLa legge di delegazione ed aU'art. 76 deLLa Costituzione~ La questione di Le.gittimrit� costituzionale deUe disposizioni del testo unico deLLe assicurazion.i pe-r gii infortwni sul Lavoro, che elevano da uno a tre .anni il termine prescrizionale per l'esercizio dell'azione di regresso dell'INAIL. contro il responsabile deLL'infortunio (1). (Omissis). -2. -In entrambe le ordinanze di rimessione viene espresso il dubbio che l'art. 112, ultimo comma, del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sia in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, nella parte in cui varia, elevandolo da uno a tre anni, il termine per l'esercizio dell'azione di regresso volta ad ottenere il rimborso delle prestazioni erogate; azione esperibile dall'INAIL, nei confronti del datore di lavoro, allorch�, con sentenza penale, � stata accertata la colpa di lui o di un suo dipendente, nella produzione dell'evento. La stessa censura � stata inoltre prospettata dal tribunale di Pa-. dova nei confronti dell'art. 10, quinto comma, del citato decreto presidenziale, nella parte in cui eleva da uno a tre anni il termine rper la (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanre emesse: iJl. 19 :liebbrraiio 1970 dail. trrdbunail.e di Pladova (Gazzetta Ufficiale n. 170 deil:l'8 1uglli.o 1070); ml 16 ottobre 1970 da�l. tribWlia�le di Bari (Gazzetta Ufficiale n. 151 del 16 giugno 1971). � In relazione all'art. 30 1. 19 gennaio 1963, n. 15, v. in particolare Corte Cast. 30 giugno 1971, n. 145, in questa Rassegna, 1971, 979. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'fO 564 propos1z1one, sempre da parte dell'Istituto assicuratore, dell'azione diretta ad accertare in sede civile la responsabilit� penalmente rilevante del datore di lavoro o di un suo dipendente, allorch� il processo penale � rimasto estinto per amnistia o per morte dell'imputato. La illegittimit� costituzionale delle norme denunciate sussisterebbe perch� l'art. 30 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, che dispo:neva la delega, non � avrebbe autorizzato tali variazioni. 3. -Per quanto concerne l'ordinanza del tribunale di Padova, la difesa dell'INAIL eccepisce la irrilevanza della questione di legittimit� costituzionale dell'art. 112, sostenendo che nella fattispecie era stata esperUa la comune azione di surrogazione spettante, per l'articolo 1916 del codice civile, all'assicuratore nei confronti del terzo. responsabile dell'evento dannoso. Invece, l'azione speciale di regresso che, ai 'Sensi del citato art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, � proponibile contro il datore di lavoro che ha, per colpa penalmente rilevante, causato l'infortunio del lavoratore dipendente, non avrebbe potuto essere invocata nel giudizio a quo, in quanto l'infortunio era avvenuto in un'azienda ag.ricola e vittima ne era stato un altro proprietario che vi lavorava a titolo di scambio d'opera (art. 2139 �C.c.), comunemente ritenuto, sulla scorta della .giurisprudenza della Cassazione, lavoratore autonomo, coperto, per il rischio di lavoro, dall'assicurazione propria e non da quella del proprietario dell'azienda. L'eccezione non � fondata. Premesso che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il giudizio di rilevanza spetta al giudice a quo e non pu� essere ridiscusso se non in caso di assoluta incongruenza logica, sta in fatto che il tribunale, nell'ordinanza di rinvio, ha ampiamente motivato sulla qualificazione giuridica del rapporto di scambio di mano d'opera, ritenendo, sia pure in contrasto con l'orientamento della Corte di cassazione, che il cosi detto reciprocante sia assimilabile al ;prestatore di lavoro dipendente per quanto attiene alla disciplina assicurativa in materia di infortunio sul .lavoro. Di conseguenza, questa Corte non pu� non ritenere ammisstbile l'esame della proposta questione incidentale di legittimit� costituzionale. 4. -Nel merito, essa � per� da ritenersi non fondata. Il d.P.R. 17 agosto 1965, n. 1765 (art. 67), in conformit� con le anteriori leggi sulla disciplina delle assicurazioni sociali contro gli infortuni sul lavoro, fissava nel termine unico di un anno il tempo utile per l'esercizio delle varie azioni nascenti dal rapporto assicurativo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 565 Tale termine coincideva con quello previsto prima dal codice di commercio (art. 924) e .poi dal codi.ce civile (art. 2952) per le varie azioni in materia di assicurazione. Con la legge 19 gennaio 1963, n. 15, che modific� in molti punti l'intera disciplina, il termine concesso al lavoratore .per esperire l'azione volta a conseguire le prestazioni venne elevato a tre anni. L'art. 30 della stessa legge confer�, poi, al Governo un'ampia delega legislativa per apportare modifiche, cor.rezioni, ampliamenti, ed ove occorresse, soppressioni, delle norme vigenti in materia di infortuni sul lavoro, riordinandole e riunendole in un solo provvedimento legislativo. In attuazione della delega venne emanato, con il d.P.R. 30 giugno 196�5, n. 1124, il nuovo testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nel quale i termini per l'esercizio delle varie azioni derivanti dal rapporto assicurativo (eccetto quello per la riscossione dei premi di assicurazione) sono stati nuovamente allineati e portati a tre anni, in conformit� di quanto la legge di delega aveva disposto per il solo termine relativo all'azione per il conseguimento delle prestazioni assicurative da parte dell'infortunato. Le ordinanze di rinvio, in rapporto a 'tale variazione dei termini, ritengono che il legislatore delegato abbia superato i limiti della delega, che sarebbero stati indicati nel secondo comma dell'art. 30 della legge delegante, laddove si precisa che � ogni innovazione... dovr� tendere a conseguire una pi� precisa determinazione nel campo di applicazione, una maggiore speditezza e semplicit� nelle .procedure amministrative, pi� idonei controlli sugli obblighi assicurativi, pi� efficaci sanzioni nei confronti degli �nadempienti... �. E poich�, secondo le ordinanze, l'aumento dei termini per l'esperimento delle azioni previste negli artt. 112, ultimo comma, e 10, quinto comma, non perseguirebbe nessuna delle dette finalit�, ne conseguirebbe che le norme che quell'aumento hanno disposto sarebbero state emanate in violazione dell'art. 76 della Costituzione, 5. -Va in contrario osservato che quelle finalit�, per la stessa genericit� della formula adoperata (ogni innovazione � diretta a conseguire � significando che, nel risultato, essa pu� anche non conseguirla), non esauriscono, sul .piano concettuale, quei � principi e criteri direttivi � che l'art. 76 vuole siano posti a circo1>crivere la delega, n� contengono tutte le indicazioni che servano a definire i termini della delega in concreto conferita. Di ben diversa importanza sono invece le altre indicazioni che si ricavano dall'art. 30 della legge n. 15 del 1963, sia in ordine ai .principi cui il Governo doveva ispirarsi e sia con riferimento agli scopi che il legislatore delegato era tenuto a perseguire. 566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto ai principi, l'articolo in esame precisa che le norme delegate devono essere emanate � nei limiti dei principi che presiedono alla legislazione preVidenziale vigente� e, quanto agli scopi, esso indica come preminente quello del coovdinamento, disponendo che il legislatore delegato apporti le necessarie modifiche alle norme vigenti � riordinandole e riunendole in un solo provvedimento legislativo �. Ora, per rispettare i principi della legislazione previdenziale, � evidente che il Governo dovesse preoccuparsi di conservare, curando che fosse tutelato in tutta la sua anteriore estensione, il diritto dell'INAIL, nei casi ammessi, a recuperare le somme erogate, perch� l'esercizio di esso fornisce una delle fonti di finanziamento e quindi delle stesse possibilit� operative dell'Istituto assicuratore. A tale scopo era perci� necessario eliminare la discordanza sorta tra i termini temporali dell'azione relativa al conseguimento delle prestazioni (tre anni) e dell'azione di reg.resso (un anno), giacch� l'esperimento di questa veniva reso impossibile tutte le volte che la prima fosse stata proposta dopo la data di scadenza del termine previsto per esercitare il regresso; termine che inizia dalla pubblicazione della sentenza emessa nel giudizio penale istituito contro chi abbia per colpa causato .l'infortunio. Il che avrebbe potuto fa.cilmente verificarsi quando il processo penale, specie se venisse a estinguersi per amnistia o per morte dell'imputato, avesse avuto breve o anche brevissima durata. Il ripristino della omogeneit� dei termini si imponeva quindi, non gi� in omaggio ad una tradizione quasi secolare, che pur doveva avere una sua ragion d'essere, ma per eliminare in sede di coordinamento le conseguenze ablative che la diversa disciplina dei termini avrebbe operato sull'esercizio del regresso. N� pu� aver pregio l'argomento sostenuto dalla difesa della societ� Libco, che la legge delegant.e, modifi.cando solo il termine per l'esercizio della azione volta a conseguire le prestazioni, aveva implicitamente inteso di volere mantenere fermi gli altri. Una simile interpretazione contrasta con la ragione prima della delegazione legislativa, contenuta nel citato art. 30, che era proprio quella di affidare all'esecutivo il compito �di coordinare la materia, eliminando le antinomie determinate dalla sovrapposizione delle norme emanate in tempi diversi, e, da ultimo, con la stessa legge di delega. Com..nque, quand'anche il legislatore, modificando uno solo dei termini, si fosse proposto di lasciare immutati gli altri, .Poich�, conferendo la delega, si disinteressava dei problemi di coordinamento, non aveva motivo n� �di avvertire n� di risolvere questioni attinenti alla incompatibilit� dei vecchi termini rispetto al nuovo, n�, tanto meno, di precludere al legislatore delegato la soluzione dei relativi contrasti. (Omiss.is). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 567 CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 79 -Pres. Chiarelli - Rel. Bonifacio -Presidente Regione Toscana (avv. Cheli) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni astatuto ordinario -Beni del demanio e del patrimonio indisponibile -Data di passaggio -Esercizio� medio tempore � dei poteri di gestione -Spetta allo Stato. (Cost., art. 119, disp. trans. VIII; 1. 16 maggio 1970, n. 281 art. 11). Le funzioni amministrative relative alla gesmorne. dei beni del demanio e del patrimonio indispo11;ibiLe tr'asferiti aiie Re1gioni a Statuto Mdinario, compresi gLi atti di concessione' di acque tell'mali e di costituzione di riserve fo'!'estali, anterio'l'mente ait'entrata in vigore dei decreti delegati sul trasferimento deLle funzioni, soino state legittimamente esercitate dallo Stato (1). , (Omissis). -2. -Con i quattro ricorsi indicati in epigrad:e la Regione denuncia altrettanti conflitti di attrilbuzioni determinati dalla emanazhme di due decreti del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato concernenti la concessione di acque termo-minerali (d.m. 5 marzo 1971, relativo all'acqua �Coniano�, e d.m. 7 maggio 1971, relativo all'acqua � Bagni di Chianciano �) e di due decreti del Ministro dell'agricoltura e foreste, con i quali sono state costituite una � riserva forestale di protezione � (d.m. 26 luglio 1971 per la localit� � Duna Feniglia �) ed una � riserva naturale integrale � (d.m. 26 luglio 1971 per la localit� � Poggio Tre Cancelli � ). Nel chiedere l'annullamento dei predetti decreti la ricorrente oltre che prospettare (come pi� innanzi si dir�) vizi pi� specificamente riguardanti 9uelli emanati dal Ministro dell'agricoltura -as (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con quattro ricorsi della Regione Toscana, notificati il 30 luglio e il 20 novembre 1971, per conflitto di attribuzione fra la predetta Regione e lo Stato sorto a seguito del decreto 5 marzo 1971 del Ministero per l'industria, il co~ercio e l'artigianato, con il quale l'acqua termominerale � Coniano � era stata concessa alla Soc. Caniano-Poggibonsi; del decreto 7 maggio 1971 del Ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato con il quale l'acqua termominerale �Bagni di Chianciano � era stata concessa alla soc. Terme di Chianciano; del decreto 26 luglio 1971 del Ministro per l'agricoltura e le foreste con il quale la localit� �Duna Feniglia � era stata costituita in riserve forestali; del decreto 26 luglio 1971 del Ministro per l'agricoltura e le for�este, con il quale la localit� �Poggio Tre Cancelli� era stata costituita in riserva naturale integrale. Per i precedenti dottrinari e giurisprudenziali, cfr. Foro it. 1972, 1535. 568 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sume, in sostanza, che lo Stato ha esercitato una competenza che, en trata in vigore la legge 16 maggio 1970, n. 281, pi� non .gli spetta o, quanto meno, non gli spetta in quella latitudine e pienezza che il contenuto e gli effetti degli atti impugnati presupporrebbero. � evidente che attraverso siffatta denunzia la Regione Toscana agisce a tutela di un suo interesse attuale alla rimozione di .provvedi menti che essa ritiene incidano illegittimamente su proprie attribu zioni costituzionalmente gara~tite (artt. 117, 118 e 119 Cost.). E perci� deve essere respinta l'eccezione preliminare di inammissibilit�, opposta dalla difesa dello Stato. 3. -Ad avviso della Regione, il disposto della prima parte del quinto comma dell'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, statuendo che � sono � trasferite alle Regioni (oltre che le cave e torbiere, le quali non vengono qui in considerazione) le foreste appartenenti allo Stato e le acque termo-minerali, avrebbe operato l'immediato trasferimento di tali beni al patrimonio indisponibile regionale, senza la necessit� di ulterio~i, puntuali atti traslativi. Verficatosi tale effetto, la Regione sarebbe stata investita, ope legis, delle corrispondenti potest� amministrative e non potrebbe essere invocato il principio -articolo 17 della citata legge -che per le materie di competenza regionale tale investitura collega all'emanazione dei decreti delegati di passaggio delle funzioni e del pe~sonale ovvero al decorso di un biennio. La ricorrente� sostiene peraltro che, anche se non le si dovesse riconoscere l'immediata titolarit� di quelle potest�, occorrerebbe pur tuttavia riconoscere che medio tempore lo Stato avrebbe ;potuto agire . solo per conto della Regione con la conseguente limitazione dei suoi poteri ad atti indirizzati alla mera conservazione dei beni in questione. 4. -Da quanto innanzi � stato precisato risulta che l'oggetto proprio del presente giudizio non � costituito dall'appartenenza delle foreste e delle acque termo-minerali allo Stato o alla Regione, sibbene dalla titolarit�, all'epoca in cui i provvedimenti ministeriali furono emanati, delle correlative potest� amministrative ovvero, supposto che queste siano rimaste allo Stato, dai limiti inerenti al loro contenuto ed esercizio. Rilevato ci�, sembra superfluo accertare, ai fini che qui interessano, se le acque termo-minerali e le foreste appartenenti allo Stato siano state trasferite al patrimonio indisponibile regionale per effetto 'immediato della citata disposizione legislativa o se da questa sia nato, invece, solo l'obbligo di trasferire alle Regioni i singoli beni compresi nelle predette categorie. Ritiene infatti la Corte che in ogni caso, sia esatta la prima o la seconda tesi, � rimasta allo Stato, fino all'emanazione dei decreti delegati o al decorso del biennio, la piena legit PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 569 timazione a provvedere alla concessione delle acque ed all'imposizione dei vincoli forestali di destinazione. Si tratta, certo, di funzioni amministrative inerenti a materie comprese nella sfera di attribuzioni regionali (artt. 117, 118 e 119 Cost.), ma � altrettanto vero che nel momento in cui i decreti ministeriali furono adottati esse non erano ancora passate alle Regioni, e ci� in forza di un principio che, trovando fondamento nell'VIII disposizione transitoria della Costituzione, � stato posto legittimamente (cfr. sent. n. 39 del 1971) dall'art. 17 della legge n. 281 del 1'970, ed al quale non pu� non riconoscersi una portata assolutamente generale. Ammettere che per i soli beni che si suppongano gi� entrati a far parte del patrimonio indisponibile regionale siano state ope legis trasferite le corrispondenti potest� amministrative significherebbe introdurre un~eccezione sicuramente incompatibile con la ratio di .quel principio, che � chiaramente diretto a garantire, nell'interesse della collettivit�, un'ordinata successione delle Regioni allo Stato attraverso la predisposizione degli strumenti, anche materiali, idonei ad assicurare che al trasferimento delle funzioni si accompagni la possibilit� di un effettivo ed efficiente loro esercizio. N� si pu� accogliere la tesi subol'dinata, sulla quale la ricorrente particolarmente insiste. Dal preteso gi� intervenuto trasferimento delle foreste e delle acque termo-minerali, �ome non si potrebbe dedurre una immediata successione nelle funzioni irierenti a questi beni, cosi non si potrebbe neanche dedurre un affievolimento del perourante potere statale. In via generale non si pu� escludere che in determinate situazioni le ,pubbliche potest� abbiano a subire una limitazione di esercizio, ma ci� deve risultare da specifiche e puntuali disposizioni o, almeno, da principi desumibili dal sistema. Orbene, per quanto riguavda l'attuale controversia, n� la Costituzione n� la legge del 1970 autorizzano a ritenere che le funzioni amministrative, finch� sono rimaste allo Stato, avrebbero dovuto contenersi nei limiti di una mera attivit� di conservazione: un regime siffatto, protratto notevolmente nel tempo, avrebbe potuto irrimediabilmente compromettere la soddisfazione di pubblici interessi, con danno dello stesso patrimonio regionale. La supposta � gestione per conto della Regione ., ammesso che ne ricorressero i presupposti, �avrebbe rilievo in tema di attrtbuzion'e alla Regione dei risultati, anche economici, della gestione stessa (intorno al che qui non si controverte), ma non potrebbe mai avere il significato di consentire allo Stato solo atti i cui effetti siano stret tamente limitati al tempo intevcorrente fra la loro �adozione ed il momento dell'effettivo subentrare dei nuovi enti nelle relative po test�. Che in tal modo le Regioni possano trovarsi di fronte a situa zioni giuridiche durature e non modificabili se non nei casi e nei limiti consentiti dalle leggi (quindi, giova aggiungere, anche dalle 570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO emanande leggi regionali) rappresenta, al pi�, un pregiudizio di fatto, �he pu� peraltro connettersi a qualsiasi attivit� ammini�strativa posta in essere dallo Stato nel periodo transitorio fra la costituzione delle Regioni ed il trasferimento ad esse delle funzioni. Per quanto riguarda i beni pertinenti al patrimonio indisponibile regionale, si sia verificato per effetto della legge del 1970 un immediato trasferimento o sia sorto solo un obbligo �di trasferimento, l'unica attivit� preclusa allo Stato prima del passaggio delle funzioni era quellp. incompatibile col diritto acquistato dalle Regioni: vale a dire un'attivit� quale certamente non � quella esplicata con i decreti di cui si discute -che presupponesse un disconoscimento di siffatto diritto. 5. -Va peraltro posto in rilievo, con specifico riferimento al contenuto dei provvedimenti impugnati, che sia la concessione delle acque termali e minerali sia l'imposizione di vincoli alle foreste sono estrinsecazioni di un�a normale gestione di tali beni. Per quanto riguarda le acque, la Regione finisce col non contestare che lo Stato potesse farne oggetto di concessione, ma sostiene che questa avrebbe dovuto esser contenuta in limiti di durata corrispondenti al tempo necessario e sufficiente per il trasferimento delle funzioni amministrative. Questa tesi muove dal presupposto che in generale la durata della concessione possa essere liberamente determinata dall'ente concedente e, in particolare, che in base alla legislazione vigente la concessione infradecennale rappresenti una regola, in presenza della quale quella ultradecennale costituirebbe atto di straordinaria gestione. Ma dall'art. 5 del d.P.R. 28 giugno 1955, n. 620, riguardante il decentramento dei servizi del Ministero dell'industria, risulta solo una ripartizione di competenze fra prefetto e Ministro, secondo si tratti di concessione infra o ultradecennale, e non gi� un principio in forza del quale si possa individuare, quanto alla durata, una regola ed un'eccezione. Ed invero in relazione ad un singolo ibene rientra nella discrezionalit� -non in un potere di libera scelta dell'autorit� stabilire modalit� e durata della concessione con riferimento al pubblico interesse e ad obiettivi elementi di valutazione, quali, ad esempio, quelli attinenti all'importanza del giacimento ed all'entit� degli impianti n,ecessari alla sua utilizzazione. E sono di questa natura, come risulta dal testo dei provvedimenti e degli atti preparatori, le motivazioni in base alle quali il Ministro dell'industria adott� i decreti relativi all'acqua e Coniano � ed all'acqua � Bagni di Chianciano �. Ancor pi� chiara � la situazione a proposito dei due decreti del Ministro dell'agricoltura. La costituzione in � riserva naturale integrale� della localit� �Poggio Tre Cancelli� ed in �riserva forestale di protezione � della localit� � Duna Feniglia � tende, con i vincoli PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 571 che ne derivano, ad assicurare la conservazione dei beni, giacch� essa comporta l'esclusione di ogni attivit� che possa comprometterne lo stato attuale. Giova aggiungere che niente giustifica il timore della Regione che i due provvedimenti esprimano la determinazione .dello Stato -certamente incompatibile con quanto dispone il quinto comma dell'art. 1 della legge n. 281 del 1970 -di trattenere a s� le due foreste. Il �preminente interesse nazionale�, al quale la motivazione degli atti si richiama, risulta riferito, in effetti, solo alle ragioni che giustificano l'inclusione dei due territori negli elenchi dei �biotipi meritevoli di conservazione e di protezione� e d'altra parte il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, pubblicato nelle more del giudizio, sia pure indirettamente conferma (art. 1, lett. n) che nessuna eccezione subisce il trasferimento delle foreste. E poich� non si pu� dubitare che, disponendo la predetta inclusione, il Ministro ha inteso eser'Citare una competenza afferente alle sue normali attribuzioni, � anche evidente che i due decreti non sono manifestazione di quel potere di imposizione di vincoli � atti a garantire l'inalienabilit�, l'indisponibilit� e la destinazione dei beni ., che legittimamente (cfr. sent. n. 3.9 del 1971) � stato assegnato allo Stato, ma che, secondo la Regione, dovrebbe essere esercitato con legge o, quanto meno, con atto collegiale del Governo : di modo che tutta la problematica sollevata in proposito dalla difesa regionale e contrastata, anche sotto il profilo dell'ammissibilit�, dall'Avvocatura dello Stato, risulta priva di presupposto e, quindi, irrilevante. 6. -Per le esposte considerazioni si deve giungere alla conclusione che con i quattro decreti impugnati lo Stato ha esercitato una propria .competenza senza recar lesione alle attribuzioni della Regione Toscana. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 80 -Pres. Chiarelli Rei. Crisafulli -Leoni (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen� dello Stato Giorgio Azzariti). Gioco d'azzardo -Differenziazione di trattamento rispetto ai Casin� autorizzati -Infondatezza della questione. (Cost., art. 13, c.p., artt. 718, primo comma, 720, primo comma). Non � fondata, con riferimento al princ.ipfo di uguaglianza la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 718 e 720, comma primo, codice penale, repressivi del gioco d'azzardo, in relazioine� alle disposiziol/ 1/i speciali derogatorie per i Casin� autorizzati (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 29 novembre 1969 dal pretore di Cingoli (Gazzetta Ufficiale n. 64 dell'll marzo 1979). 4 572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Ritenuto che, con ordinanza emessa il 29 novembre 1969, nel corso di un procedimento penale a carico di Leoni Guido ed altri, il pretore di Cingoli ha sollevato questione di legittimit� costituzionale degli artt. 718, primo .comma, e 720, primo comma, del codice penale, in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, per il diverso trattamento -privo di giustificazioni oggettive -disposto nei confronti dei cittadini che tengono od agevolano un gioco d'azzardo e di coloro che vi prendono parte in qualsiasi localit� del territorio nazionale, rispetto ai soggetti che sono autorizzati invece ad esercitare tali giochi ed a parteciparvi nei Comuni di Venezia, San Remo e Campione d'Italia, in virt� rispettivamente del r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404, convertito nella legge 14 �gennaio 1937, n. 62, del r.Q..l. 22 dicembre 1927, n. 2248, convertito nella legge 27 dicembre 1928, n. 3125, e del r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201, convertito nella legge 8 maggio 1933, n. 505; tanto pi� che la lamentata disparit� si realizzerebbe _a danno dei cittadini che, a cagione di una inferiore capacit� economica, non sono in grado di svolgere, nelle sedi privilegiate, dei comportamenti che sono altrove considerati reati. Considerato che le disposizioni del codice penale denunziate nell'ordinanza pongono norme incriminatrici di carattere generale, cui le singole speciali disposizioni legislative rammentate dal pretore derogano nei riguardi di determinate e particolari situazioni; che, come esattamente osservato dall'Avvocatura generale dello Stato, nel rapporto tra norme generali e norme derogatorie, questioni di legittimit� costituzionale per violazione del principio di eguaglianza, sotto l'uno o l'altro degli aspetti cui hanno riferimento il primo e il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, possono ev�ntualmente sorgere soltanto in ordine a queste ultime, e non certamente alle prime, che dettano la disciplina comune a tutti i cittadini. -(Omissis). Con sentenza 23 ottobre 1968, rie. Rossi, Foro it., Rep., 1970 la Cassa zione aveva dichiarato manifestamente infondata analoga eccezione. Si riporta qui di seguito l'ordinanza 4 maggio 1972, n. 87 della Corte Costituzionale, Foro it., 1972, I, 1884 emessa in causa Soc. A.t.a. c. Com. Sanremo. �La sopravvenuta dichiarazione di fallimento della societ� che aveva proposto ricorso giurisdizionale amministrativo contro il Comune di Sanremo e il Ministero dell'interno, tra l'altro, avverso il provvedimento, con cui il Ministero aveva negato l'approvazione della delibera del consiglio comunale di Sanremo, che ebbe a prorogare per il quinquennio 1968/1973 la concessione della gestione del Casin� municipale, con connessa autorizzazione alla stessa societ� all'esercizio del gioco d'azzardo, rende necessaria la restituzione degli atti al Consiglio di Stato perch� questo esamini gli �effetti della dichiarazione di fallimento sul rapporto sostanziale controverso e sulla stessa capacit� e legittimazione processuale delle parti �. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., �20 novembre 1971, n. 3349 -Pres. Stella Richter -Est. Leone -P. M. Tavolaro (conf.) -Naddei ed altri (avv. D'Amelio, Gismondi, Punzi e Silvestri) c. Ministero Finanze (avv. dello Stato Conti). Enti e beni Ecclesiastici -Soppressione -Legge piemontese 29 maggio 1855, n. 878. Deve considerarsi ente ecdesiastico, legittimamente soppresso in appLicazione deHa legge piemontese 29 maggio 1855, n. 878, ii monastero istiituito per testamento approvato' daWordinamento deU� Chiesa con apposite� boUe papali, nel quale era esercitata la vita rin comune con la professione dei voti, la soggezione ad una � regola �, la visitatio del Generale dell'Ordine. Al riconoscimento di tale natura non osta la presenza di disposizioni statutarie, poste dallo stesso fondatore e donante del patrimonio deU'Entie, ispirato aUa tuteila di intleressi secolari, che riservano ai capostipiti di determinate famiglie lo ius ponendi moniales e l'amministrazione de�l patrimonio dell'Ente (1). (1) Con questa sentienza ile Seztioni Unite h3llllDJo posto fine ad una controvel'S�!a immata con atti di citazione deil. 1869 dai cliscendenti di akune deiLlie dodici :llamigliie che Giovanni Benedetto Teroasio -vissuto nel XVI secolo -istituendo e dotando per testamento il Monastero dei SS. Filippo e Giacomo nella Citt� di Campagna (Salerno), av.eva designato come quelle nel cui seno dovevano essere prescelte le monache da ammettere nel Monastero secondo la volont� dei capostipiti delle famiglie stesse e dei loro discendenti maschi legittimi ai quali era anche affidata l'amministrazione del patrimonio della fpndazione. In applicazione della legge piemontese 29 maggio 1855, n. 878 estesa alle provin�e napoletane dopo l'annessione al Regno di Sardegna, il Monastero ,era stato soppresso con l'avocazione del suo patrimonio allo Stato. L'iniziativa giudiziaria aveva per obbiettivo la dichiarazione di illegittimit� dell'atto di soppressione e di incameramento al demanio dei beni della fondazione, con la conseguente loro devoluzione alle dodici famiglie � favorite � dalla disposizione del Tercasio. Il tema decisivo della controver.sia veniva presto ad identificarsi nella dibattuta natura dell'Ente costituito dal �testamento Tercasio giacch� se ad esso doveva essere riconosciuto un prevalente scopo religioso non si sarebbe potuto dubitare della legittimit� della sua soppressione come ente ecclesiastico. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 574 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1972, n. 1380 -Pres. Gionfrida -Rel. Iannitti Piromallo -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Conti) c. Federazione Italiana Lavoratori Statali (C.I.S.L.) e Gia11dina (avv. Ballero). Competenza e giurisdizione -Sindacati -Potere di azione per la repressione dei comportamenti antisind,acali -Autonomia rispetto al potere di azione spettante al lavoratore. (1. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18 e 28;. Cost. artt. 24, 103 e 113; c.p.c., art. 99). Il processo, dopo viarie e alterne vicende, entr� nella sua fase conclusiva con la sentenza 4 maggio 1963 delle Sezioni Unite che cassando la sentenza della Corte d'Appello di Roma (gi� giudicante in sede di rinvio) demandava alla Corte di Firenze il compito di v;erificare se nell'istituzione del Tercasio la indubbia finalit� di culto (gi� accertata nelle precedenti fasi del giudizio) concorresse con altri scopi di ordine materiale e, nel caso, quale fosse la finalit� prevalente. La decisione. della Corte fiorentina, favorevole al demanio, � stata pienamente convalidata dalle Sezioni Unite. � stato ritenuto il Monastero Tercasio Ente di na,tura precipuamente religiosa mentre � stata disattesa la configurazione che ne proponevano gli attori come fondazio.e laicale a beneficio di private famiglie, chiamata ad assolvere una funzione di tipo fideicommissario per la tutela �di interessi economici e �sociali facenti capo alla famiglia Tercasio e agli altri nobili casati. Non era certo il caso di negare che tra le motivazioni del testatore Tercasio fosse presente quella di assicurare alle donne delle famiglie designate una sistemazione che, secondo le vedute ed i costumi sociali dell'epoca, rappresentava l'unica conv;eniente alternativa al matrimonio. Ma il pregio della soluzione additata dalle Sezioni Unite e puntualmente trovata dalla Corte di Firenze sta proprio nell'aver saputo tener ferma, nell'analisi della fattispecie negoziale, la distinzione tra i motivi soggettivi che animano la disposizione testamentaria di fondazione e lo scopo oggettivo, trascendente la persona del fondatore, che sorregge l'Ente creato da quella disposizione. L'aver tenuto a mente questa distinzione non � equivalso ad adottare un criterio puramente oggettivo che abbia condotto ad identificare la finalit� istituzionale della persona giuridica indipendentemente o addirittura in contrasto dalla volont� del disponente fondatore. Se � vero che a questo compete la determinazione dello scopo, occorre pur sempre ricostruirne la volont� in questo specifico senso espressa e ricerca11e quindi tra le plurime motivazioni del riegozio di fondazione quella che lo stesso disponente ha considerato dotata di un valore assoluto e finale cosi da sentire la necessit� di elevarla a causa di erezione di un ente. Il giudice di rinvio ha esattamente inteso la volont� del Tercasio allorch� ha considerato che se in lui poteva aver anche agito il desiderio di proteggere nel futuro 1e sorti di alcune famiglie, non era tuttavia in ci� che aveva posto la vera ragione di essere della istituita fondazione alla quale aveva voluto dare una impronta autenticamente religiosa. secondo il suo intento, la vita in comune delle donne ammesse all'istituzione, assi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 575 Competenza e giurisdizione -Procedimento per la repressione dei comportamenti antisindacali -Comportamenti posti in essere nel settore del pubblico impiego -Proponibilit�. (1. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 28 e .37; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, artt. 26 e 29; I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4). curata dalla dotazione patrimoniale, non doveva essere fine a se stessa ma il mezzo per attuar�e una vera comunit� monastica soggetta ad una �regola� -quella delle clarisse -che poneva la necessit� di prendere i voti e di sottomettersi alla direzione spirituaie di un confessore, all'istruzione di una madre badessa, alla � visitatio � del Generale dell'Ordine Francescano. I motivi di natura �secolare� emergono pur sempre nelle tavole di fondazione attraver.so il carattere � clausus � del monastero, lo � ius ponendi moniales � riservato ai capostipiti delle famiglie de.signate, l'affidamento agli stessi dell'amministrazione del patrimonio della fondazione. Si tratta per� di modalit� secondarie introdotte dal fondatore avvalendosi della sua potest� statutaria senza l'intento di pregiudicare la sostanza religiosa della sua istituzione. Il Tercasio, che godeva fama di esperto del diritto divino ed umano, era probabilmente consapevole che quelle clausole erano, secondo il diritto canonico, applicabili ad una istituzione religiosa. Tanto pi� che egli volle assicurarsi che la sua fondazione sorgesse e prosperasse con la protezione della Chiesa accettandone quindi la potest�; nel testamento ordin� che � ... praedicti ius habentes ponendi moniales debeant impetrare bullam a Summo Pontefice erectionis et fundationis dicti monasterii... �. Sollecitata ed ottenuta la bolla papale, l'Ente Tercasio ebbe i vantaggi che derivavano dal riconoscimento e quindi dalla tutela dell'ordinamento della Chiesa; e se ci� ne favori forse l'esistenza plurisecolare, valse anche --con il concorso delle vicende storiche -a valorizzare ed egemonizzare nel funzionamento della istituzione la � causa pia � a scapito degli interessi � secolari �. L'indagine del giudice non poteva limitarsi alla vicenda costitutiva dell'Ente occorrendo ricostruirne il corso dell'esistenza fino al momento del decreto di soppressione con riferimento al quale doveva� giudicarsi della sua natura ecclesiastica o laica. L'approfondita disamina della Corte d'Appello di Firenze, resa possibile dall'ampia documentazione faticosamente raccolta dalla difesa del1' Amministrazfone, ha ben delineato la storia del Monastero Tercasio. Coinvolto nelle tormentate vicissitudini dello Stato Napoletano venne progressivamente assorbito dalla organizzazione della Chiesa che se ne avvalse nell'interesse degli ordini monastici nei difficili tempi del dominio napoleonico e della resta�razione. Raccolte in esso le monache di altri conventi, scomparvero mano a mano quegli attributi che lo legavano agli interessi secolari delle famiglie: alla grave limitazione dello � ius ponendi moniales � si aggiunse la_ perdita dell'originario privilegio che 10 esentava dalla giurisdizione dell'Ordinario Diocesano finch� non si ebbe la sua trasformazione in un normale monastero dell'Ordine benedettino presentandosi come tale all'Autorit� dello Stato italiano che ne dispose la soppressione. P.G.F. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Competenza e giurisdizione -Disposizioni processuali e sostanziali contenute nello Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit� nei con fronti dello Stato. (1. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 1-41; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; I. 18 marzo 1968, n. 249, artt. 45-50; I. 28 ottobre 1970, n. 775, art. 20). Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Collocazione delle organizzazioni sindacali -Principio di eguaglianza dei cittadini Compatibilit�. (Cost., artt. 3, 39, 51 e 113; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 146). Lo Statuto dei lavoratori attribuisce agli organismi sindacali una legittimazione ad agire dinanzi all' A.G.O. a tutela della Libert�. e deUe attivit� sindacali nonch� de.i diritto di sciopero; questi intereS�i collettivi, per ci� stesso, assumono la consistenza di diritti soggettivi. Tale legittimazione � autonoma� e concorrente rispetto a quella rico~ nosciuta al lavoratore per la tutela delle situazioni so,ggettive che a lui sono attribuite, anche nelle ipotesi in cui vi sia compene,trazione tra interesse individuale del lavoratore e interessi collettivi di categoria; in queste ipotesi il lavoratore � legittimato a intervenire nel proce�dimento promosso daU'organismo sindacale (nella spede, .trattavasi di trasferimento) (1). Il giudice ordinario pu� in linea di massima conoscere deLie domande per la repressione dei comportamenti antisindacali posti in essere nel settore pubblico, non ostando a oi� n� il carattere esclus.ivo deUa giurisdizione amministrativa sulle controversie relative al rapporto di pubblico� impiego, n� il principio di cui amart. 4 legge� 20 marzo 1865, all. E, che inibisce al giudice ordinario di annullare re- vacare o modificare i provvedimenti amministrativi (2). Nella Locuzione � altri enti pubblici � contenuta nell'art. 37 dello Statuto dei lavoravori non pu� ritenersi compreso lo Stato. Le dispo sizioni del menzionati} Statuto non sono perci� applicabili ai rapporti di impiego e ai rapporti sindacali con amministrazioni statali. Per tali rapporti risuitano idonei e sufficie.nti i mezzi ordinari di tute�la giu risdizionale predisposti dall'ordinamento giuridico per rimuovere, anche in via di urgenz.a, i provvedimenti amministramvi iUegittimi (e tali sono anche i provvedimenti sostanzia,lmente diretti a reprimere e a limitare la libert� e l'attivit� sindacale) (3). (1-4) Statuto dei lavoratori, impiego pubblico statale, e riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativa. 1. -Premessa. -Rapporti di lavoro di diritto privato, rapporti di lavoro di diritto pubblico, rapporti tra associazioni sindacali e imprenditori (privati o pubblici), rapporti tra associazioni sindacali e amministrazioni PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 577 Premesso che nella specie l'as.sociazione sindacale � insorta non per rimuovere provvedimenti adotta1Ji direttamernte contro di e$a e rivolti a impedire il co'Ytcreto esercizio di taluna deLle facoU� ad essa attribuite ma per preservare un dipendente statale da un trasferimento che si assume disposto per rappresaglia, non contJrasta con il principio di eguaglianza de,ttato dall'art. 3 deUa Costituzio11te la mancata attribuzione agli organismi mndaoali di una legittimazione autonoma a tutela degli interessi collettivi di categoria; ci� illt quanto a detti organismi � riconosciuta dalle norme speciali concernenti il pubblico impiego una posizione di collaborazione e non di contmpposizione co11t l'amministrazione statale (4). (Omissis). -Con ricorso .proposto al pretore di Cagliari in data 29 marzo 1971 Luigi Floris, segretario provinciale della Federazione lavoratori statali -CISL di Cagliari -e Felice Giardina, segretario provinciale� del sindacato nazionale Amministrazione Dogana -CISL di Cagliari -impugnarono, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), il provvedimento con il quale l'Amministrazione della Dogana aveva, in data dello Stato e pubbliche in genere: le distinzioni e le combinazioni tra queste quattro entit� concettuali costituiscono la trama di un discorso sull'applicazione nel settore pubblico delle disposizioni contenute nella 1. 20 maggio 1970, n. 300, comunemente detta �statuto dei lavoratori�. Peraltro, la trama di questo discorso si complica ulteriormente, quando la prospettiva dell'indagine si sposta sul piano processuale, perch� alle quattro indicate entit� si aggiungono altri due punti di riferimento: giurisdizione ordinaria, giurisdizione amministrativa (quest'ultima sia � esclusiva. in materia di pubblico impiego che �generale� a tutela degli interessi legittimi). Il giudice ordinario e il giudice amministrativo si ripartiscono il territorio della giurisdizione secondo criteri -le � materie � controverse e la consistenza delle situazioni soggettive lese -che fanno capo alla disciplina sostanziale dei rapporti. La ormai quasi secolare esperienza ha per� indicato come il riparto tra le giurisdizioni, lungi dall'essere il risultato di automatiche trasposizioni, abbia piuttosto di frequente contribuito a determinare la configurazione dei rapporti sostanziali. Anche la sentenza in rassegna -la cui importanza � evidente -ha affrontato dal punto di vista della questione di giurisdizione problemi che esorbitano dalla dimensione processuale e coinvolgono persino l'organizzazione � materiale � delle pubbliche amministrazioni. 2. -Rapporto di lavoro di diritto privato e rapporto di lavoro di diritto pubblico. -L'esistenza nel nostro ordinamento di due differenziate discipline del rapporto di lavoro, l'una regolata integralmente dal diritto pubblico e l'altra invece in parte affidata al diritto privato, pu� essere assunta in questa sede come un dato non abbisognevole di dimostrazione (per una esposizione delle vicende che hanno portato a questa differenziazione, da ultimo GIANNINI M. S., Impiego pubblico, teoria e storia, Enc. dir. vol. XX, 1970, 293 ss.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4 dicembre 1970, disposto il trasferimento del nominato dipendente Giardina dalla Dogana di Cagliari a quella di Portovesme, assumendo che il trasferimento stesso era stato deciso per impedire o, quanto meno, per limitare l'attivit� sindacale del predetto impiegato. � L'Amministrazione delle finanze dello Stato, costituitasi, eccep� l'inapplicabilit� della legge 20 maggio 1970, n. 300 ai dipendenti statali e, pertanto, la carenza di giurisdizione dell'adito pretore. Nel corso del procedimento la stessa Amministrazione proponeva, con atto del 13 aprile 1971, rieorso per regolamento preventivo di La validit� della distinzione non pu� essere superata dalla constatazione che �il nostro diritto positivo conosce in realt� una molteplicit� di modi di regolazione dei rapporti di lavoro con figure soggettive pubbliche, dei quali i rapporti di lavoro pubblico e quello privato costituiscono gli estremi� (GIANNINI M. S., Appunti sul rapporto di lavoro con le aziende municipali, in Scritti in memoria di A. Giuffr�, vol. III, 1967, 483). Un crinale tra le due categorie pu� e deve essere reperito, e con esso va a coincidere il confine tra le giurisdizioni: cos�, la giurisprudenza della Corte di Cassazione � pervenuta a qualificare i rapporti di lavoro con gli enti pubblici economici come rapporti di diritto privato (Cass. S.U. 7 maggio 1951, n. 1088, Foro amm., 1951, II,. 308, Cass. S.U., 17 aprile 1952, n. 1038, Foro it., 1953, I, 370) a conclusione di una evoluzione che ha fatto leva congiuntamente su disposizioni sostanziali (1. 3 aprile 1926, n. 563, r.d. 1� luglio 1926, n. 1130, I. 16 giugno 1938, n. 1303, art. 2093 e.e.) e su disposizioni d5. Qarattere processuale (1. 24 febbraio 1941, n. 254, e art. 429, n. 3 c.p.c.). D'altro canto, la distinzione tra lavoro pubblico e lavoro privato � ben lungi dall'essere annientata dal fenomeno, in corso, di una sensibile convergenza tra lo stato giuridico del lavoratore pubblico e il regime del lavoratore privato. La prima manifestazione di tale tendenza risale a un provvedimento Legislativo tutt'altro che recente, il r.d. 13 novembre 1924, n. 1825 (nel quale, per�, all'art. 18 comma secondo si aveva cura di precisare che �nulla � innovato circa la competenza stabilita da altre leggi sulle controversie relative a rapporti d'impiego di dipendenti da enti pubblici e parastatali �). L'art. 2129 e.e. � successivamente venuto ad elevare le norme dettate dal codice civile per U lavoro privato a � fonte del diritto � sussidiaria (e cio� � salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge �) per la disciplina dei rapporti di diritto pubblico con i � prestatori di lavoro dipendenti da enti pubblici�. E altre leggi (cosi, le 11. 26 agosto 1950, n. 860 e 30 dic-embre 1971, n. 1204, a tutela delle lavoratrici madri) sono state emanate per operare per tutti i rapporti di lavoro, senza distinzione tra pubblico e privato. L'innegabile convergenza nei profili contenutistici della regolamentazione delle due categorie di rapporti di lavoro, tuttavia, oltre a non essere di per s� diretta nel senso di una reductio ad unum, appare anche non idonea a condurre ad .un siffatto risultato: oltre alle ragioni di ordine politico e organizzativo che giustificano anche oggi un regime differenziato del pubblico impiego, � la diversit� dei modi e degli organi della tutela giurisdizionale che oppone un impedimento non superabile ad una, allo stato problematica, spinta alla unificazione (sul punto, ORLANDO, Il rap PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 579 giurisdizione, sostenendo il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria in ordine alla domanda proposta dal Floris e dal Giardina. Questi ultimi hanno resistito con controricorso, deducendo, in via subordinata, l'illegittimit� costituzionale dell'art._ 37 della legge 20 maggio 1970, n. 300 per violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, in relazione agli artt. 1, 18, 21, 35, 39, 51 e 113, comma primo e terzo, della stessa. Sia l'Amministrazione ricorrente che i resistenti hanno presentato memoria. porto di pubbLico impiego, Riv. dir. pub., 1935, I, 623 e ss., VITTA, La legge sult'impiego privato in rapporto ai pubblici impiegati, Foro amm., 1937, 4, CASETTA, Ancora sul concetto di rapporti di pubblico impiego, Boll. scuola perf. e spec. dir. lav. Univ. Tries.te, dicembre 1958, ROMAGNOLI, Statuto dei lavoratori e pubblico imPiego, Riv. trim. dir. pub., 1971, 1569). Del resto, una conferma del permanere di una netta separazione tra i due regimi, del lavoro pubblico e di quello privato, � venuta recentemente in occasione di una vicenda applicativa della 1. 15 luglio 1966, n. 604 sui licenziamenti individuali. Questa legge, che per molti versi ha costituito per cos� dire il prologo dello � statuto dei lavoratori ., ha in comune con detto � statuto � di essere stata redatta con riguardo unicamente al lavoro privato e di aver sub�to all'ultimo minuto un emendamento concernente i rapporti nei quali datore di lavoro � un ente pubblico. � in tal modo che nell'art. 1 della 1. n. 604 � stato calato, senza alcun coordinamento con le disposizioni contestuali, un inciso in forza del quale l'ambito di applicazione delle norme da essa dettate � stato esteso ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato � con enti pubblici �. E poich� nell'ultimo comma del successivo art. 6 si legge che � a conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione della presente legge � competente il pretore�, � sorta questione, se dall'operare di queste due norme fosse derivata una modificazione nel riparto tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa. Com'� noto, la Corte di Cassazione, adita anche in quel caso con regolamento di giurisdizione (Cass. S.U. 23 maggio 1969, n. 1811, Foro it., 1969, I, 2546), dopo aver osservato che � la competenza attribuita al pretore dalla norma in esame non esorbita dai limiti della giurisdizione ordinaria di cui il pretore stesso fa parte ., ha escluso che � il legislatore, con la 'disposizione dell'art. 6, ultimo comma, abbia inteso derogare alla riserva di giurisdizione di cui all'art. 29, n. 1 del testo unico del 1924 � (delle I. sul Consiglio di Stato). Peraltro, nella sentenza anzidetta, dopo essersi limitato l'intervento del Giudice Ordinario allte controversie concernenti il lavoro privato (ancorch� con ente pubblico economico), si � introdotta una riserva significativa circa l'eventuale idoneit� della 1. n. 604 ad operare come fonte regolatrice, in via sussidiaria, del lavoro pubblico, affermando che � non � dato desumere dalla legge un principdo di necessaria correlazione tra ambito della disciplina sostanziale e ambito della giurisdizione ordinaria�. L'affermazione che la legge anzidetta non ha apportato deroga o modifica ai criteri del riparto tra le giurisdizioni � stata condivisa dal 580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE L'Amministrazione ricorrente ha, col proposto regolamento preventivo di giurisdizione, sostenuto che l'autorit� giudiziaria ordinaria � priva della potestas decidendi, in ordine all'azione esperita da Luigi Floris e da Felice Giardina a tutela di diritti sindacali, che essi assumono violati da detta Amministrazione con il disposto trasferimento del nominato ispettore doganale Giardina dalla sede di Cagliari a quella di Portovesme. Secondo l'assunto del Floris, segretario provinciale della Federazione lavoratori statali (CISL), e del Giardina, tale provvedimento sarebbe stato adottato per rappresaglia contro l'attivit� sindacale svolta Consiglio di Stato (sez. VI, 14 novembre 1969, n. 714, Foro amm., 1969, I, 2, 1364). In dottrina, sull'argomento, FRENI, Disciplina dei licenziamenti individuali e rapporti di impiego dei dipendenti da enti pubblici, in questa Rassegna, 1968, I, 756, PmANI, Rapporto di pubblico' impiego e limiti di applicazione della legge 15 luglio 1966, n. 604, Riv. giur. lav., 1969, I, 353 e ss., RIVA SANSEVERINO, Diritto del lavoro, 1967, 400, Il campo di applicazione della l. 15 luglio 1966, n. 604 sui �licenziamenti individuali, Quad.' scienze soc., 1967, 35, CANFORA, Pubblico impiego, l. 15 luglio 1966, n. 604 e statuto� dei lavratori, Dir. lav., 1970, I, 297, SANTACROCE, Nota, in Dir. lav., 1970, II, 150. Da quanto precede risulta un quadro assai lineare, basato sulla simmetrica contrapposizione di due combinazioni: da un lato, lavoro privato e giurisdizione ordinaria; dall'altro lato, lavoro pubblico e giurisdizione amministrativa. 3. -Le innovazioni introdotte dalle il. 18 marzo 1968, n. 249 e 28 ottobre 1970, n. 775, e dallo �statuto dei lavoratori�. -Il quadro ovviamente si complica con l'apparizione delle disposizioni legislative per la disciplina e la tutela della libert� e della attivit� sii.ndacale (pervero disposizioni di tale contenuto erano pervenute nell'ordinamento italiano gi� con le leggi 23 marzo 1958, n. 367 e 3 giugno 1965, n. 929, di ratifica e per la esecuzione di trattati ii.Lnrtlemaziicmali in mateTia: in p:mposito, RIVA SANsEVERINO, L'attuazione delle convenzioni internazionali del lavoro, in La politica sociale della comunit� economica europea, 1960, 61 e ss.). Va subito segnalato che le leggi e lo � statuto � anzidetto sono testi compositi. Le ll. n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 contengono, come � noto, numerose disposizioni concernenti i rapporti di pubblico impiego dei dipendenti statali, e, in pi�, un drappello di disposizioni in materia di libert� e diritti sindacali (articoli da 45 a 50 della 1. n. 249 e art. 20 della 1. n. 775, ai quali pu� aggiungersi l'art. 7 della legge n. 249 modificato dall'art. 7 del1a 1. n. 775). Lo � statuto dei lavoratori � � ancora pi� compoSlito: in esso sono infatti individuabili quattro gruppi di disposizioni (oltre ad alcune norme che si possono considerare � isolate ., quale ad esempio rart. 36). In un primo gruppo possono essere aggregate le disposizioni modificative della disciplina dei rapporti di lavoro, tra esse includendo anche quelle poste PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 581 dal Giardina nella qualit� di segretario provinciale del sindacato nazionale Amministrazione Dogana (CISL) e rientrerebbe, pertanto, tra ie ipotesi in relazione alle quali l'art. 28 dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300) abilita gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali a chiedere al pretore l'adozione di provvedimenti immediati, intesi a far cessare il comportamento illegittimo del datore di lavoro e la rimozione dei conseguenti effetti. L'Amministrazione ricorrente ha contestato l'applicabilit� della predetta norma, sostenendo che l'impiego statale esula dal campo di applicazione della citata legge n. 300 del 1970, quale risulta determinato dagli artt. 35 e 37 della stessa. ' a garanzia delle libert� e delle attivit� sindacali: a titolo indicativo e con larga approssimazione, possono cos� raggrupparsi gran parte delle disposiz�oni del titolo primo della 1. n. 300 del 1970 (debbono escludersi, ad esempio, �gli artt. 2 commi primo 1lerro e qUJM"�to, 11 e 12), nO!tl!Ch� parte dellle disposizioni dettate dagli artt. 15 (limitatamente alla lettera b), 16, 18 (limitatamente alle disposizioni sostanziali), 20 .(1imitatamente alla utilizzazione delle dieci ore annue pagate), 22, 23, 24, 26 commi secondo e terzo, 30, 31, 32 e 35 (in quanto delimitano il �campo di applicazione� di alcune de11e dlisposiziOITii�. ~n (P['eaedenza iJIJJdioate) ln UIIl secondo gruppo p01Ssoho essere comprese le norme amministrative in tema di collocamento, di cui al titolo quinto della legge. Un terzo gruppo omogeneo pu� essere formato dalle disposizioni sostanziali di � diritto sindacale � in senso stretto, ossia delle disposizioni che riconoscono e disciplinano la libert� e le attivit� sindacali senza dil'ettamente incidere sui singoli rapporti di lavoro (su questi rapporti incidono indirettamente .esprimendo valutazioni di liceit� di comportamenti tenuti dai dipendenti in quanto anche associati nei sindacati): possono essere incluse in questo gruppo buona parte delle disposizioni poste nei titoli secondo e terzo e quarto dello � statuto �. Infine, appare possibile procedere alla form�zione di un quarto raggruppamento di norme, comprensivo delle disposizioni processuali e anche delle disposizioni che prev;edono decisioni contenziose amministrative: e cio� degli artt. 6 commi terzo e quarto, 7 commi sesto e settimo, 16 secondo comma, 18 e 28 (limitatamente alle norme processuali), e 33 commi ottavo e decimo. � Al tema dell'applicazione dello � statuto dei lavoratori � ai dipen denti degli enti pubblici (tra essi, come si vedr�, non compresi i dipen denti dello Stato) � dedicato l'art. 37. Le vicende che hanno cond9tto alla formulazione e alla approvazione in sede legislativa delle due parti di questo articolo sono ampiamente riferite nella sentenza in rassegna, nel decreto 17 aprile 1972 del Pretore di Firenze (in Foro it., 1972, I, 1503), nella sentenza 8 novembre 1971 del Tribunale di Milano (in Riv. giur. lav., 1971, II, 685), e, 1n dOlttri.na, da ALIBRANDI T. (L'art. 28 detto statuto dei lavoratori nei confronti degli enti pubblici, Giur. it., 1972, I, 2, 341), da FRENI �e GIUGNI (Lo statuto dei lavdratori, 1971, 157) e da FALCUCCI e VINCI (Statuto dei lavoratori e dipendenti statali, Riv. giur. lav., 1971, 216)./ Ora, non pare che dia luogo a problemi l'applicazione dello � statuto dei lavoratori � ai rapporti di lavoro di diritto privato con gli enti pub i;~{fmmwEr~�. r,:.,,,,,;:;:�=�=====:�-=====::==i=====mi:&rlP�.,4=:r~�lf�M:�.H*rlf\.tff.t=�~iE+JWl{fll. -~fx#Mf&t>=��;.:���, ,,1}~u{t&.ltiw~}##il@lfiif@Fil'lifilt=\ii;Jt�M@WNtkflW�1:: - . ..� < ~ ;I 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l Pi� in particolare si assume che il legislatore, nel disporre, con 1~ 1'.ultimo periodo di questa seconda norma, che lo Statuto dei lavoratori -di cui aveva gi� sancito l'applicabilit� alle imprese private aventi certe determinate dimensioni e ai rapporti di lavoro e di impiego de~ dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente e prevalentemente attivit� economica -si applica anche � ai rapporti di impiego dei dipendenti degli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali ., non abbia inteso comprendere lo Stato tra questi � altri enti pubblici �. blici economici. La prima parte dell'art. 37 � per� tutt'altro che inutile: come si � visto, lo �statuto� contiene non soltanto di<sposizioni relative ai rapporti di lavoro con i singoli dipendenti, ma anche norme sulla libert� e sulle attivit� dei sindacati �all'interno dei luoghi di lavoro�. E, in assenza di una esplicita statuizione, si sarebbe potuto porre il problema della compatibilit� di queste norme con l'assetto organizzativo dli enti (pur sempre qualificati pubblici. Dubbi interpretativi sono invece esplosi per la seconda parte dell'art. 37: e non poteva accadere diversamente, dal momento ch� la norma � stata una consapevole rimessione all'interprete del compito di reperire un coordinamento non raggiungibile in sede parlamentare per i dissensi all'interno delle maggioranze. Un primo importante ruolo deve comunque essere affidato alla norma de qua: quello di statuire che le nuove disposiziioni modificative della disciplina sostanziale dei rapporti di lavoro di diritto privato -e cio�, grosso modo, le norme di cui al primo dei quattro gruppi sopra individuati -operano come fonte regolatrice, in via sussidi,aria { � salvo che la materia sia dive11samente regolata da norme ,speciali � ), dei rapporti di lavoro di diritto pubblico. i: stato osservato che � se il legislatore avesse voluto con l'art. 37 ripetere la norma dell'art. 2129 cod. civ., la disposizione dell'art. 37 apparirebbe inutile o, quanto meno, tautologica � (Bozzi G., Statuto dei lavoratori e rapporti di impiego dei dipendenti degli enti pubblici, Mass. giur. lav., 1971, 412). L'osservazione non pare dectsiva: gli articoli di legge che confermano principi o norme gi� in precedenza altrove affermati si rinvengono numerosi nel corpo del nostro diritto oggettivo, e risultano tutt'altro che inutili. Per di pi�, il � meccanismo � di rinvio posto in essere dalla seconda parte dell'art. 37 non � in concreto di cos� maneggevole utilizzazione da far ritenere che esso avrebbe automaticamente operato anche in assenza di una disposizione esplicifa. Un esame analitico non � possibile in questa sede: a titolo esemplificativo, si segnalano come emblematiche le perplessit� manifestate in ordine all'applicabilit�, nei confronti degli enti pubblici, degli artt. 5, 7 e 10 dello � statuto � da RoEHRSSEN (Lo statuto dei lavoratori e il rapporto di pubblico impiego, Riv. dir. lav., 1971, I, 469) e da BENVENUTO (Alcune osservazioni sull'applicabilit� delle norme deilo statuto dei lavoratori ai rapporti di pubblico impiego, Foro amm., 1970, III, 457). Una � reazione di rigetto � ancora pi� radicale si avverte nello scritto di FRAGOLA (Diritto amministrativo e statuto dei lavoratori, Foro amm., 1970, III, 955), ove si conclude che � tutta la materia di ogni ramo, oggi, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 583 Prima di .esaminare e risolvere tale questione occorre precisare la posizione assunta nel processo dai denuncianti Floris e Giardina, attesoch� l'Avvocatura dello Stato, sostenendo che la fattispecie � inquadrabile nell'ipotesi in relazione alla quale l'art. 24 della legge 26 giugno 1924, n. 1054 conferisce al Consiglio di Stato la giurisdizione esclusiva, ha mostrato di attribuire primaria importanza, ai fini della legittimazione ad agire, alla qualit� di impiegato rivestita dal Giardina, anzich� alla qualit� sindacale del Floris e dello stesso Giardina. del pubblico impiego di qualunque tipo � diversamente regolata da norme speciali ., al punto che la seconda parte dell'art. 37 sarebbe solo � una presa in giro �. In realt�, per l'app1icazione della disposizione in esame come fonte sussidiaria regolartrice dei rapporti di pubblico ampi-ego, � necessaria quella che il ROMANO SANTI (Giuristi, in Frammenti di un dizionario giuridico, 1953, 116) giustamente indica come la dote prima del giurista, e cio� �mente equilibrata e prudente�. Un grande equilibrfo e una attenta sensibilit� � infatti necessaria per �far proprio lo spirito animatore dello statuto e svilupparne le potenzialit� liberatrici, senza soccombere sotto il peso di vecchi schemi interpretativi e senza peraltro neppur cedere ad ingenue impazienze eversive dell'intero sistema �del diritto del lavoro � (CONTI M., Recensione al commento di FRENI e GIUGNI, in questa Rassegna, 1971, II, 43). Il ruolo sinora assegnato alla seconda parte dell'art. 37 �, di per s�, sufficientemente gravoso. Un secondo � spazio � di applicazione � peraltro rinvenibile per la norma in esame, e concerne i rapporti di lavoro di diritto privato istituiti da enti pubblici non economici. Uno �spazio� certamente non vasto, considerato che, per tali enti, il ricorso al lavoro privato �, almeno al presente, marginate e limitato. 4. -Le norme statuali di � diritto sindacale �. -Chi si fermasse a considerare unicamente il gruppo delle disposizioni modificative della disciplina sostanziale dei rapporti di lavoro coglierebbe soltanto una parte delle novit� introdotte dallo � statuto dei lavoratori � e dalle parallele norme poste, per l'impiego statale, dal1e ll. n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970. Le innovazioni forse pi� significativ.e si rinvengono nel gruppo delle norme statuali a livello d[ legislazione ordinaria che, confermato il riconoscimento della libert� dell'organizzazione sindacale (art. 39, comma primo, Cost.), provvedono a garantire -e, al tempo stesso, anche a disciplinare e a uniformare -l'organizzazione e le attivit� �sindacali� (quali siano queste attivit� non � esplicitamente definito) anche �all'interno dei luoghi di lavoro�. La normativa statuale cos� dettata � tutt'altro che esauriente, essendo il leg1slatore intervenuto a regolare solo taluni momenti della vita sindacale, a difesa di valori fondamentali quali la libert� di costituzione e di orgamdzzazione deii sindacati, !La libert� dell singolo lavoratore di aderii'vi o meno, la possibilit� per coloro che ricoprono � cariche � sindacali di svolgere le relative attivit�, la salvaguardia del diritto di sciopero. Comunque, non � tanto la maggiore o minore completezza di tale normativa che qui rileva, quanto la constatazione che essa concerne entit� soggettive RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Avvocatura ha invero sostenuto che quest'ultimo, quale pubblico impiegato, poteva dedurre l'asserita arbitrariet� del subito trasferimento come vizio di legittimit� (eccesso di potere) del provvedhnento adottato dall'Amministrazione nei suoi confronti e chiederne l'annullamento al Consiglio di Stato, mentre il Floris, quale esponente sindacale, avrebbe potuto tutelare il proprio interesse indiretto, spiegando intervento, ai sensi degli artt. 37 e segg. del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, nel giudizio promosso dal Giardina, o, addirittura, agire in surrogazione o come sostituto processuale dello stesso. (gli organismi 1siindaciali) diveiise dai sim,goJd Lavoratori, e mpporti giuridici distinti da quelli di lavoro subordinato anche se con essi strettamente connessi. Il legislatore statale, invertendo una tendenza di non intervento che era stata costante dall'epoca della soppressione delle corporazioni fasciste (e giustamente TARELLo, Teorie e ideologie del diritto sindacale, 1967, 7, ha osservato che peculiarit� del diritto sindacale applicato in Italia era � quella di apparire creato, spesso consapevolmente, dai giudici o dai giuristi, oltre che, spesso inconsapevolmente, dalla prassi sindacale, e di non apparire creato, se non in piccola �parte, dal legislatore �), ha ora dettato un, �sia pur incompleto, � dilrMto oggettivo sindacaile � ([}Jeilll'accezione di diritto regolante i sindacati e non di diritto posto in essere dai sindacati), un diritto, potrebbe dirsi, speciale rispetto al comune diritto privato nel quale in precedenza si erano rifugiate le organizzazioni e le attivit� silldacali (la teoria privatistica, elaborata soprattutto da SANTORo-PASSARELLI, dapprima nel saggio Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, in Riv. it. se. giur., 1949, 138 ss., e poi nelle varie edizioni del manuale di Nozioni di diritto del lavoro, nonch� nella voce Autonomia collettiva, Enc. dir., vol. IV, 1959, pur risultando per molti aspetti inadeguata, ha avuto il merito di aprire ai sindacati il vastissimo ambito di libert� riconosciuto all'autonomia privata; incidentalmente, si riferisce che nell'ultima edizione, la XXIV, de1rLe Nozioni, a p. 25 si a:ffiea:ma che lo � stai1iuito dei il.avoratori non pu� dirsi una legge sindacale, in quanto non regola l'organizzazione sindacale, ma la sostiene � ). Ovviamente, la normativa statuale di che trattasi non esaurisce il diritto sindacale: essa si aggiunge ad altre fonti di diritto, vuoi statuali vuoi collettive vuoi autonome (con quest'ultimo aggettivo si allude, in particolare, agli statuti delle singole associazioni; sulle fonti autonome e eteronome del diritto sindacale, GRANDI, Rappresentanza e rappresentativitd sindacale, in Nuovo trattato di diritto del lavoro, vol. I, 1971, 54). Ora, appare evidente come ci� che si � individuato come diritto sindacale non possa �essere ricondotto e rinchiuso negli schemi delle discipline sostanziali -alternativamente, di diritto pubblico e di diritto privato -dei rapporti di lavoro subordinato. Appare per� anche evidente come uno strumento quale il principio codificato nell'art. 2129 cod. civ. (e conf�ermato nella sua utilizzabilit� dall'art. 37 citato) sia di per s� non idoneo a risolvere il problema dell'applicabilit� al settore pubblico, e in particolare al settore degli enti pubblici non economici, delle disposizioni di diritto sindacale introdotte dallo �statuto dei lavoratori �. Il discorso si sposta quindi, necessariamente, dalla mera esegesi a un piano ricostruttivo e sistematico. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 585 L'Avvocatura, peraltro, nella sua ampia ed accurata difesa non ha disconosciuto che lo Statuto dei lavoratori attribuisca agli organi locali delle associazioni sindacali nazionali una legittimazione autonoma e indipendente da quella del lavoratore a tutela della libert� e delle attivit� sin:dacali nonch� del diritto di sciopero, e, cio�, di interessi di categoria, ma ha escluso che, ove l'interesse collettivo sia, come nella specie compenetrato con quello del singolo dipendente, l'organo associativo sia legittimato a far valere pretese autonome, ipoteticamente non collimanti o addirittura divergenti rispetto a quelle dell'impiegato direttamente colpito dal provvedimento impugnato. 5. -Il sindacato nel settore del pubblico impiego. -La collocazione e il ruolo del sindacato nel settore del pubblico impiego formano da tempo il dibattito, di un dibattito pervero non m�lto approfondito forse per il carattere �interdisciplinare� della tematica (non � privo di significato che essa non compaia nella pur pregevole raccolta n diritto sindacale, a cura di MANCINI e ROMAGNOLI, edita nel 1971 da Il Mulino; tra gli autori italiani si indicano, senza pretesa di completezza, DE FRANCESCO, Del diritto di associazione e di sindacato dei pubblici funzionari, Riv. dir. pub., 1912, 209; ROMANO SANTI, Lo Stato moderno e la sua crisi, Riv. dir. pub., 1919, 97 ss.; , RANELLETTI, Il sindacato nella pubblica amministrazione, Riv. dir. pub., 1920, 456 ss.; DI MARCANTONIO, 1 L'organizzazione sindacale dei dipendenti statali, Dir. Lav., 1950, I, l!i'2 ss.; PERGOLESI, Alcune osservazioni marginali sul disegno di legge Rubinacci, Dir. lav., 19�52, 227 ss., e Il sindacalismo nella pubblica amministrazione, Riv. pol. ec., 1952, 1088 ss.; ESPOSITO, Lo Stato e i sindacati nella costituzione italiana, in Accademia Nazionale dei Lincei, Rapporti tra Stato e sindacati, 1956, 30 ss., MAZZONI, I rapporti collettivi di lavoro, 1967, 182 ss.; MATTARELLA, Il sindacato nel pubblico impiego, in Indagine sul sindacato, a cura dello I.S.L.F., 467 ss.; GHERA, Rapporto di lavoro e burocrazia nel pubblico impiego, Riv. dir. lav., 1971, 156 ss.; ROMAGNOLI, op. cit., 1591 ss.; inoltre, merita segnalazione la dedsione del C()IIlJsiglio di Stato, Ad. plen., 4 febba-aio 1966, n. 5, Cons. Stato, 1966, I, 185). Peraltro, ancora oggi rimane non superata e non risolta la difficolt� ad ammettere una contrapposizione e un conflitto tra gli interessi collettivi dei dipendenti pubblici (e segnatamente dei dipendenti statali), e l'interesse generale, �espresso a livello nazionale o locale dagli organi che �rappresentano� il popolo sovrano, e canonizzato in norme legislative o anche amministrative regolatrici dell'organizzazione dei pubblici uffici. Nel ventaglio delle possibili posizioni un punto :llermo pu�, comunque, essere individuato: allo stato della legislazione, al sindacato operante nel .settore del pubblico impiego � riconosciuto un ruolo sensibilmente differente da quello attribuito al sindacato operante nel settore del lavoro privato. Tale diversit� non pu� essere liquidata col definire � una piccola voragine di nulla � le peculiari esigenze e le speciali caratteristiche del rapporto di pubblico impiego, o con il constatare che � l'antagonismo degli interessi -quello pubblico dell'oente e quello collettivo dei dipendenti � accettato dall'ordinamento nelle forme tipiche della dialettica sindacale � (ROMAGNOLI, op. cit., 1578). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 586 In ordine alla questione di legittimazione si osserva che lo Statuto dei lavoratori ha riconosciuto agli organi locali delle associazioni sindacali nazionali una capacit� giuridica .propria, esplicantesi, sul piano processuale, nella facolt� di agire direttamente, e cio� indipendentemente dalle iniziative dei propri aderenti, a tutela della Ubert� e delle attivit� sindacali, nonch� del diritto di sciopero. Lo Statuto dei lavoratori, rendendo giudizialmente tutela.bili questi interessi, ha conferito agli stessi, nella loro concreta esplicazione, la consistenza dei diritti soggettivi, attuando cos� i precetti costituzionali che tali diritti avevano astrattamente proclamato con l'implicazione che si provvedesse, in sede legislativa, a disporne i mezzi di tutela. La rilevata diversit� discende da copiosi e inequivoci dati normativi, tutti concordemente disponenti la esclusione dell'autonomia collettiva dal novero delle fonti normative regolatrici dei rapporti di pubblico impiego; esclusione che, �a monte� della disposizione di cui al primo comma dell'art. 2068 cod. civ., �, in fondo, il dato essenziale e individuante dei rapporti di lavoro di diritto pubblico, intesi appunto come rapporti integralmente regolati da fonti eteronome (atti legislativi o atti della � pubblica autorit� � facenti capo in ultima istanza alla sovranit�), senza possibilit� di intervento dell'autonomia privata e di quella particolare specie di essa che �, ancora nel momento attuale, l'autonomia collettiva (ossia il co]ltratto collettivo � di diritto comune �). Cosl, la stessa Costituzione riserva al legislatore r.iispettivamente statale o regionale (artt. 97, 98 e 117) la potest� di disporre in ordine alla organizzazione dei pubblici uffici, e �noltre, gli riserva le tradizionali esclusive potest� iin tema di spese pubbliche; e ancora colloca gli artt. 39 e 40 sotto il titolo dei � rapporti economici ., mentre altrove sono sistemate le norme che trattano della pubbUca amministrazione e dei suoi dipendenti. Dal canto suo, il legislatore ordinario � intervenuto a regolare i rapporti di lavoro pubblico in misura oltremodo frequente, giungendo per l'impiego pubblico statale a disciplinare senza residui apprezzabili ogni momento dei vari rapporti; e persino la disposizione che, in questa materia, appare pi� � aperta � al contributo del sindacato, l'art. 24 della 1. n. 775 del 1970, conferma che il lavoro pubblico statale non pu� essere disciplinato �Wreittameme dallil'iaurtonomia 1oollettiva e che � riservata 811 legislatore ordinario ila � �.�. .a(plpll"OvaziionJe... dle1La eventuaiLe copertm-a finarnzmria �. L'ordinamento preclude quindi alle associazioni sindacali dei pubblici dipendenti lo strumento del contratto collettivo, � connaturale � invece per gli altri sindacati (Corte Cost., sent. 16 luglio 1968, n. 101, Foro it., 1968, I, 2382). Peraltro, il menzionato art. 24, limitatamente al personale delle categorie di concetto, esecutiva e ausiliaria e al personale operaio, riconosce all'� accordo� sindacale giuridica rilevanza, sia pure come atto inserito in un procedimento concludentesi con l'emanazione di un regolamento amministrativo (salva sempre, e non solo nel caso .di mancato �accordo�, la possibilit� di un intervento del legislatore); e l'art. 47 della 1. n. 249 del 1968 prevede � trattative sindacali su convocazione dell'amministrazione�. Nel complesso, al sindacato operante nel settore pubblico PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 587 Gli interessi collettivi presidiati dal disposto del citato art. 28 possono talora concorrere, come nelle ipotesi di trasferimento, di licenziamento ecc., con quelli individuali, fruenti di propria tutela secondo princip� preesistenti allo Statuto dei lavoratori e da questo non modificati. Sicch� potrebbe verificarsi il caso che la violazione di diritti indiyiduali possa dar luo.go ad una duplice azione, l'una degli organismi sindacali a protezione dell'interesse collettivo e l'altra del singolo dipendente a protezione del proprio interesse. L'eteronomia degli interessi che sorreggono tali azioni porta a respingere la tesi adombrata dall'Avvocatura, secondo la quale, nell'ipotesi che sussista detta commistione e concorrenza di interessi, pu� ritenersi affidato il compito di coagulare e di esprimere i �desideri. e le � rivendicazioni � delle categorie rappresentate ma non anche di dichiarare � volont� � contrattuali direttamente costitutive della normativa dei rapporti di lavoro. La riferita peculiarit� dei sindacati operanti nel settore del pubblico impiego non � priva di riflessi e sviluppi ulteriori. Non � il caso di e,saminare in questo scritto il tema dell'estensione del diritto di sciopero per i pubblici dipendenti e il quesito -allo staito parvero piuttosto accademico -se le associazioni sindacali dei pubblici dipendenti siano tutelate solo dall'art. 18 della Costituzione oppure anche dal successivo' art. 39; merita comunque di essere segnalata la cautela manifestata, in ordine al quesito anzidetto, dalla Corte Costituzionale nella sentenza 17 marzo 1969, n. 3,1 (in questa Rassegna, 1969, I, 209), ove 1si Leg,ge il.'inoiso � ... anche ad ammettere che la libert� di associazione di categoria per coloro il cui rapporto di lavoro non sia regolato dalla contrattazione collettiva trovi fondamento in detta norma (l'art. 39), e non debba piuttosto farsi discendere dal principio consacrato nell'art. 18... �, Qui interessa invece sottolineare come, esclusa una contrapposizione, su un piano paritetico e a fini di autonomia, tra interessi collettivi dei dipendenti pubblici e interessi generali della collettivit�, all'azione dei sindacati del pubblico impiego residuino �diverse possibilit� di sviluppo. In questo settore, l'iniziativa �a tutela del personale si realizza da un lato nell'azione che tende a una posizione contrattuale di fatto, peraltro negata dalle leggi e non avente veste giuridica � (l'affermazione contenuta in quest'ultimo inciso non pare sempr,e esatta, per c;iuanto si � detto dianzi) � e dall'altro nella hnmissione delle rappresentanze negli organi direttivi dell'ente perch� possano far valere l'interesse che rappresentano concorrendo alle determinazioni relative alla vita e all'azione dell'ente stesso � (SIMI, Partecipazione del sindacato a funzioni pubbliche, in Nuovo trattato di diritto del lavoro, vol. I, 1971, 188). � quanto, in sostanza, la Corte di Cassazione ha osservato nell'ultima parte della sentenza in rassegna, laddove si afferma che � le associazioni sindacali, per quanto estranee alla amministrazione statale, sono in posizione di collaborazione e non di contrapposizione con la stessa �. In un ambiente di lavoro in cui il contrasto di cl�asse, per definizione, non emerge (e non perch� esso non sia reperibile, ma perch� l'ordina 5 588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'organismo sindacale possa agire unicamente in surrogazione in sostituzione o in ausilio del singolo e non come titolare di un interesse autonomo e indipendente da quello individuale del lavoratore. Ci� premesso riesce agevole precisare la posizione delle parti nel presente processo. Come si rileva dal ricorso ;presentato dal Floris e dal Giavdina al pretore di Cagliari in data 2�9 marzo 1971, gli stessi intesero agire unicamente a tutela .dell'interesse collettivo che assumevano violato dal provvedimento di trasfe.rimento adottato nei confronti del Giardina dall'Amministrazione delle Finanze in data 4 dicembre 1970 e comunicato il 12 successivo. mento lo considera risolto interamente e senza residui a livello legislativo e in genere nelle sedi in cui la �pubblica autorit�� detta n regolamento dei rapporti di lavoro), la partecipazione del sindacato all'attivit� amministrativa appare la risposta pi� idonea a garantire, nel momento dell'applicazione concreta della normativa, la migliore possibile � coesistenza � tra interessi pubblici primari affidati alla cura dell'amministrazione e o dell'ente e interessi collettivi dei dipendenti. Interessi, si noti, tra loro non necessariamente confilggenti, se si considera che la presenza sindacale pu� assolv�er�e a una funz,ione di garanzia della legittimit� e del �buon andamento�. � ancora oggi valido quanto osservato all'inizio del secolo nella relazione a un disegno di legge sul pubblico impiego: � non � possibile rendere (i pubblici impiegati) perseveranti e energici nell'adempimento dei loro doveri, senza che sia loro giuridicamente assicurata una difesa contro la possibilit� di arbitrii, di favor'1tismi � (relazione ZANARDELLI, Atti Parlamentari del Senato, legi,slatura XXI, sezione 1902-1904, doc. n. 217). La partecipazione anzidetta produce, naturalmente, l'inserimento degli interessi collettivi dei dip�endenti pubblici nel coacervo degli interessi generali espressi e curati dall'organizzazione amministrativa. La stessa attivit� sindacale finisce con il proiettarsi all'interno della �funzione � amministrativa e con il costituirne un momento, ancorch� nettamente differenziato (sta~te ffi estraneit� organizzativa e la libert� del sindacato). Se, a questo punto, si torna ad esaminare lo � statuto dei lavoratori ., ci si avvede agevolmente come ,le norme statuali di �diritto sindacale� (nel significato sopra precisato) da esso dettate non po�ssono trovare appli cazione nei confronti delle associazfoni sindacali del pubblico impiego. La disposizione su cui poggta tutta la normativa in questione � l'art. 19; a questo articolo si aggancia.rio l'art. 20 ( � le riunioni... indette... dalle rappresentanze sindacali aziendali �), l'art. 21 ( � ... referendum... indetti da tutte le vapp.resentanz,e sindacali aziendali... � ), gli �artt. 22 e 23 ( � .. dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19... �) e con essi gld artt. 18 quarto comma e 24, nonch� l'art. 30. Om, llart. 19 qualifica come associazione sindacale riconosciuta e garantita dallo � statuto dei lavoratori � quella che � � firmataria di contratti collettivi nazionali o provinciali �di lavoro applicati nell'unit� produttiva� oppure quella che � aderisce � alle � confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale � . Ai contratti collettivi di lavoro rinvia, inoltre, l'art. 26 dello �statuto�. PARTE I, SEZ�. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 589 I ricorrenti richiamarono �espressamente l'art. 2.8 dello Statuto dei lavoratori e, in aderenza allo stesso, chiesero che l'adito pretore rimuovesse gli effetti del provvedimento impugnato mediante reintegrazione del Giardina nelle sue funzioni di ispettore presso la dogana di Cagliari. La titolarit� di tale azione apparteneva al Floris nella dichiarata qualit� di segretario provinciale della Federazione italiana lavoratori statali (CISL) di Cagliari e non anche al Giardina che, pur rivestendo una qualit� rappresentativa di carattere sindacale (segretario provinciale del Sindacato nazionale Amministrazione Dogana -CISL di Ca- Posto che nel settore del pubblico impdego nessuna associazione pu� rendersi �firmataria � di contratti collettivi, l'art. 19, con tutta la serie delle norme ad esso satelliti, non pu� operare. Deve infatti escludersi che esso possa operare in un modo discriminatorio: e all'interprete non � consentito Titenere che il legislatore abbia inteso conculcare la libert� proclamata dall'art. 39 della Costituzione, proprio nel momento in cui ha dato a tale libert� concrete ga:ranzie. Del resto, conferma della validit� di quanto precede � rinvenibile negli artt. 7, 20 e 24 della l. n. 775 del 1970: i sindacati dei dipendenti dello Stato traggono quallificazione dalla circostanza di essere � vappresentati nei consigli di amministrazione�, in esito a elezioni dirette. La partecipazione all'organo collegiale di governo del personale � assunta a dato qualificante, in vece dena �firma� di un contratto collettivo applicato � nell'unit� produttiva �. Invero, il titolo terzo dello �statuto dei lavoratori� � stato scritto per le � imprese industriali e commerciali � e per le � imprese agricole � (art. 35); e in detto ambito la ddscipl:ina sindacale dettata risulta congrua e operante. Le rilevate asperit� applicative si hanno solo se si vuole caricare la seconda parte dell'art. 37 di significati e di compiiti che essa non pu� reggere e che il legislatore non ha esternato di volerle attribudre. Pi�� corretto appare invece affidare alla seconda parte dell'art. 37 i ruoli gi� visti nel terzo paragrafo di questo scritto, e ritenere che, per il settore del pubblico impiego statale (o presso �altri enti pubblici che in concreto abbiano uniformato la disciplina del proprio personale e quelle del personale statale �: FRENI e GIUGNI, op. cit., 158) la disciplina della libert� e delle attivit� sindacali sia dettata unicamente dalle 1. n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970, e che, per il rimanente settore del pubblico impiego, debba per analogia farsi ricorso ai principi enunciati da tali leggi, ove appiliicabilld. Del vesto, l'art. 37 prevede esplicitamente il.'applioazione del1le disiposiziOl!li .del1lo � statuto� 1a:i � mppotl'lti di impiego� ded diipernderufli degli enti pubblici, e non anche ai rapporti tra le amministrazioni pubbliche e ile assoc.iaziond sindacali. In sostanza, sono individuapili due sistemi autp.nomi (anche se non reciprocamente chiusi): un diritto sindacale per il settore privato e per gli enti pubblici �economici, facente capo allo �statuto dei lavoratori�; e un diritto amministrativo in materia sindacale per il settoTe pubblico, facente capo delle due leggi anzidette. Ed � pr.oprio questa, se non si va errati, la � intenzione del legislatore � quale emerge dagli atti parlamentari. 590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gliari), si associ� al primo nella sola veste di dipendente della direzione generale delle dogane e imposte indirette del Ministero delle Finanze. Ci� non impedisce, peraltro, di ritenere legittima la partecipazione del Giardina al processo, poich� la concordanza del suo individuale interesse con quello collettivo, facente capo all'�rganismo sindacale rappresentato dal Floris, lo abilit�va indubbiamente a sorreggere adesivamente nel processo le ragioni sostenute da quest'ultimo. Precisato che l'interesse sostanziale ,di cui si � chiesto fa tutela giurisdizionale � quello collettivo del sindacato e non quello individuale del Giardina, cade l'eccezione dell'Avvocatura secondo la quale, 6. -La tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive riconosciute ai sindacati operanti nel settore pubblico. -Passando sul terreno processuale, giova anzitutto rammentare che la giurisprudenza amministrativa da tempo ha riconosciuto alle associazioni sindacali (in genere, e cio� non solo a quelle dei pubblici dipendenti) la legittimazione a ricorrere a tutela delle situazioni soggettive ad esse �personalmente� attribuite da specifiche norme giuridiche (Cons. Stato, VI Sez., 11 luglio 1956, n. 570, Cons. Stato, 1956, I, 996, nonch� IV sez., 3 maggio 1957, n. 480, ivi, 1957, I, 580, VI sez., 31 gennaio 1962, n. 102, ivi, 1962, I, 152, e 23 maggio 1962, n. 421, ivi, 1962, I, 1026, e ancora 12 novembre 1968, n. 659, ivi, 1968, I, 1883), e tali situazioni soggettive ha contrapposto a quelle d.nvece attribuite a singoli associati, e anche ai generiei e non qualificati (come legittimanti al ricorso) �interessi di categoria�. Alla cognizione del giudice amministrativo sono state portate, di regola, controversie concernenti la partecipazione di rappresentanti sindacali a collegi amministrativi; e non risulta si siano avuti dubbi sul punto che siffatti jura ad officia dovessero essere qualificati come interessi ,legittimi e non come diritti soggettivi. Gli artt. 45 e seguenti della 1. 249 del 1968 e successivamente l'art. 20 della I. 775 del 1970 (per non parlare di altre disposizioni di applicazione pi� limitata, quali gli artt. da 49 a 54 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130) hanno esteso il novero delle situazioni soggettive attribuite ai sindacati operanti nel settore pubblico, e per conseguenza hanno aperto ad essi ulteriori possibilit� di adil'e la giurisdizione. Ed infatti appare possibile che alle associazioni sindacali venga riconosciuta legittimazione a ricorrere nei casi di provvedimenti emessi (o rifiutati) in violazione delle disposizioni anzidette, ,e forse anche in altri casi, per � quel fenomeno di osmosi che ha accompagnato, �e con ottimi risultati, l'evoluzione di questo settore del diritto amministrativo � (RoEHRSSEN, op. cit., 474). Non pu� quindi escludersi che il giudice amministrativo possa trovarsi a dissentire, in occasione di qualche controversia, con l'affermazione contenuta nella sentenza in rassegna, secondo cui � lo statuto dell'impiego statale... non consente agli organismi sindacali di assumere, sia pure a tutela dei propri interessi, la protezione del singolo dipendente che, a causa di attivit� spiegata nell'interesse collettivo, abbia sub�to provvedimenti di rappresaglia... �. � comunque fin d'ora consentito ritenere che le situazioni soggettive riconosciute alle assicurazioni sindacali dalle disposizioni citate possono, di regola, trovare tutela giurisdizionale soltanto dinanzi al giudice ammini PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 591 inerendo la posizione soggettiva da restaurare al rapporto di pubblico impiego, la potestas decidendi apparterrebbe in via esclusiva al Consiglio di Stato a norma dell'art. 29 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. La tesi dell'Avvocatura � inficiata dall'ulteriore errore di ritenere inderogabile la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego, non considerando che essa, in quanto non sancita da una norma costituzionale, pu� essere derogata da norma ordinaria. Ne consegue che l'asserita inscindibilit� dell'interesse collettivo da quello individuale non offre idoneo argomento per affermare la giurisdizione del Consiglio di Stato. strativo. Nel procedere alla dimostrazione di tale asserto, � opportuno disting-.ere, secondo il linguaggio della sentenza in rassegna, le controversie concernenti � provvedimenti adottati direttamente contro di essa (associazione sindacale) o rivolti a impedire il concreto esercizio di alcuna delle facolt� ad essa attribuite � (ad esempio, il rifiuto della concessione deg1i spazi per le affissioni murali), dalle controversie concernenti il rapporto di impiego del singolo dipendente investito di mandato sindacale (artt. 45-48), o semplicemente associato a un sindacato (art. 50), o anche soltanto facultato a partecipare a una � riunione � sindacale (art. 20 della legge n. 775 del 1970). Che questa seconda categoria di controversie debba essere portata alla cognizione del giudice amministrativo, e non possa, sotto alcun profilo, essere sottoposta al giudice ordinario, � indicato da molteplici considerazioni. La pi� evidente � d'ordine processuale, e trova radice nell'art. 29 del testo unico del 1924 sul Consiglio di Stato e nell'art. 4 del contemporaneo testo unico sulla G.P.A. in sede giurisdizionale (richiamato dall'art. 2 lettera a della legge 6 dicembre 1971, n. 1034), i quali, com'� noto, attribuiscono alla giurisdizione amministrativa la cognizione esclusiva dei ricorsi � relativi al rapporto � (ovvero � per questioni derivanti dal rapporto�) di impiego pubblico. Ne discende necessariament_e che le uniche pronuncie giurisdizionali consentite dall'ordinamento sulle �questioni derivanti dal rapporto di impiego� sono quelle rese dal giudice amministrativo (decisione di annullamento, ordinanza di sospensione, ecc.). Deve infatti escludersi, per principio, la possibilit� di due competenze giurisdizionali concorrenti (ROMANO SANTI, Le giurisdizioni speciali amministrative, in Trattato Orlando, vol. III, 1907, 594); ci� trova conferma e sanzione anche nella carta costituzionale, la quale chiaramente vieta al legislatore ordinario di configurare attribuzioni giurisdizionali in rapporto di concorrenza tra loro, quando nell'ultimo comma dell'art. 113 usa la disgiuntiva � o � nel parlare �di � giurisdizione ordinaria o amministrativa �, e, inoltre, quando d� ri1ievo e importanza alla predeterminazione del � giudice naturale �. Per inciso, pu� brevemente aggiungersi che �l'espressione, utilizzata negli artt. 29 e 4 dei sopra menzionati testi unici, � ... i ricorsi... prodotti dagli impiegati... �, non sta a indicare che solo il singolo dipendente � legittimato a ricorrere; l'espressione, descrittiva dell'ipotesi pi� frequente, � stata utilizzata senza .che ad essa si intendessero attribuire particolari e precisi significati, e solo per formulare la distinzione tra le rispettive com 592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pu�, invero, ipotizzarsi che il legislatore, proprio in considerazione di tale commistione e della ravvisata esigenza di apprestare tempestiva protezione al diritto sindacale leso, abbia inteso devolvere la materia alla cognizione del pretore, abilitato all'adozione di provvedimenti immediati. L'illustrata autonomia ed indipendenza dell'interesse collettivo da quello individuale, l'inconfigurabilit� di principi ostativi alla coesistenza dei due mezzi di tutela, l'irrilevanza sul piano giuridico della eventuale discordanza tra l'atteggiamento dell'organismo sindacale e quello del singolo e la possibilit� di coordinare sul piano pratico la petenze del Consiglio di Stato e della G.P.A. Tecnicamente pi� esatto, ma di eguale portata, il� testo dell'art. 65 del testo unico 12 luglio 1934, n. 1214 sulla Corte dei Conti; nelle norme concernenti la Corte Costituzionale, si parla indifferentemente di ricorsi � dei dipendenti � (art. 4 della 1. 18 marzo 1958, n. 265) e � degli interessati � (art. 2 del regolamento approvato dalla Corte 1'8 aprile 1960). Nella sentenza in rassegna si legge che la diversit� tra �interesse collettivo del sindacato � e interesse individuale del dipendente (pi� esattamente tra le situazioni soggettive legittimanti) sarebbe di per s� sufficiente a consentire una concorrenza tra le due giurisdizioni. Tale asserzione, oltretutto priva nella sentenz�a di una adeguata motivazione, si rivela prima facie inaccettabile: non una semplice e pacifica � coesistenza � ma un grave conflitto pratico di giudicati si verifica nel caso, tutt'altro che improbabile, di � comandi � giurisdizionali opposti o anche solo divergenti; conflitto che pu� risultare insanabile qualora il giudice amministrativo (oppure, ov.e lo si riconosca autorizzato, il giudice ordinario) decida di eliminare il provvedimento :impugnato, cos� innovando, con pronuncia � costitutiva � e quindi senza mediazione alcuna, la realt� giuridica. Invero, posto che la sentenza divenuta giudicato conclude e perfeziona l'ordinamento giuridico ed � espressione della potestas jus dicendi e cio� di una potest� di imperio, non par�e consentito proporre un riparto tra le due giurisdizioni che, affidandosi unicamente alla diversit� tra situazioni soggettive legittimanti, non tenga conto del � comando � imperativo costituente, per cos� dire, il nocciolo di ogni sentenza, e finisca per considerare accettabile e non rilevante l'eventualit� del concorrere di pi� �comandi� tra loro effettivamente incompatibili. Tra il 1915 e il 1930 � stata sperimentata l'impraticabilit� di un riparto tra le giurisdizioni ordinarfa e amministrativa affidato unicamente alla diversit� del petitum; altrettanto poco corretto si rivelerebbe oggi un riparto che si limitasse a osservare unicamente la diversit� di quelli che la sentenza in rassegna denomina gli � interessi �. Alla considerazione d'ordine processuale ora segnalata si connette una considerazione d'ordine sostanziale. Lo � interesse collettivo del sindacato � rispetto alle questioni derivanti dal rapporto di impiego del singolo dipendente, anche nei casi in cui ottenga riconoscimento e protezione giurisdizionale (ad esempio, allorch� concerne il collocamento in aspettativa di lavoratori che ricoprono cariche sindacali elettive), si trova pur sempre a concorrere con la situazione soggettiva dell'ci.mpiegato, e in posizione per cosi dire di � dipendenza � rispetto ad essa. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 593 repressione dell'attivit� antisindacale con l'eventuale acquiescenza del lavoratore al provvedimento aLiunde impugnato (il suo assenso, se liberamente prestato, potrebbe fornire al .provvedimento una giustificazione atto a renderlo innovativo e sostitutivo di quello precedel'}temente adottato con spirito di rappresaglia), mentre rivelano la debolezza della tesi sostenuta dall'Avvocatura, inducono a concludere che, data la natura dell'azione esperita dal Floris con l'adesione del Giardina, si � fuori dell'ipotesi contemplata dall'art. 29 del ripetuto t.u. n. 1054 del 1924, che deferisce al Consiglio di Stato la cognizione delle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego, indicando quale legittimato alla relativa azione unicamente l'impiegato. Una siffatta collocazione dell'interesse collettivo �, per i�l lavoro privato, insita nel disposto dell'art. 18 dello � statuto dei lavoratori�, per il quale il sindacato � legittimato a partecipare al giudizio solo ai fini della emissione del provvedimento cautelare di cui al quarto comma e solo a condizione che vi sia la �istanza congiunta� del lavoratore (di tal che potr�ebbe prospettarsi un confronto tra la Legittimazione del sindacato e quella richiesta per l'dnterveniente adesivo; d'altro canto, l'interesse di questo interveniente si trova esplicitamente avvicinato all'interesse legittimo in ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. I, 195'4, 297; sull'intervento del sindacato nel processo conseguente al licenziamento dei sindiacalisti � i:niterTlli �, PERA, Disposizioni processuali dello statuto dei lavoratori, in Riv. dir. proc., 1970, I, 380; NAPOLETANO, Lo statuto dei lavoratori, 1971, 82 e LANFRANCHI, Il diritto processuale e la repressione della condotta antisindacale, in Riv. giur. lav., 1972, I, 37). Una similare collocazione dell'interesse coHettivo � peraltro desumibile dal sistema anche per il settore del pubblico impiego, dal momento che la materia della controversia � pur sempre costituita dal rapporto amministrativo tra l'amministrazione e il dipendente. Una �conferma in tal senso �viene dalla sentenza �in rassegna, dove, sia pure artificiosamente e nel tentativo di uscir.e dalle secche di alcune contestuali prese di posizione, si prospetta come l'acquiesc�enza del pubblico dipendente al provvedimento emesso nei suoi confronti � con spirito di rappresaglia � precluda al sindacato qualsiasi iniziativa giudiziaria in quanto fornirebbe �al provvedimento una giustificazione atta a renderlo innovativo e sostitutivo di quello precedentemente adottato ., Pu� quindi con una certa tranquillit� confermarsi che, nelle controversie della categoria ora in esame il cosidetto � interesse collettivo del sindacato� non pu� avere la conststenza di un diritto soggettivo tutela-'bile dinanzi alla A.G.O., allorquando la concorrente situazione giuridica del singolo dipendente � configurabile come interesse legittimo, e comunque (se non altro per il carattere esclusivo della giurisdizione) riceve tutela unicamente dal giudice amministrativo. Del resto, per strana ironia, alcuni di coloro i quali sostengono con fervore che l'esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo nella materia del pubblico impiego non ha importanza alcuna ai fini della giurisdizione sulle controversie per la tutela degli inter�essi sindacali, si trovano a sottolineare, in sede di interpretazione dell'art. 28 dello � statuto dei lavoratori ., la � interdipendenza � tra interessi collettivi e interessi indi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 594 L'Avvocatura ha aggiunto che l'applicabilit� del citato art. 28 dello Statuto dei lavoratori al pubblico impiego trova ostacolo anche nel principio sancito dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ~IL E, che vieta al giudice ordinario di annullare gli atti amministrativi di cui egli abbia accertato l'illegittimit�. Su tale argomento pu� ripetersi quanto innanzi si � detto a proposito dell'art. 29 del t.u. n. 1054 del 1924, giacch� l'enunciato principio non risulta costituzionalizzato ed ha subito nel vigente OI'dinamento giuridico notevoli eccezioni, tra le quali assume particolare rilievo quella introdotta dallo stesso art. 37 dello Statuto dei lavoratori, che espressamente sancisce l'applicabilit� delle relative norme e, .pertanto, anche di quella che consente al pretore di ordinare �'la viduali (in ordine a questa �interdipendenza., ROMAGNOLI, Aspetti processuali dell'art. 28 dello �statuto dei lavoratori�, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1971, I, 1309 e segg.; TREU, Attivitd antisindacali e interessi individuali dei lavoratori, in Pol. dir., 1971, 565 e segg.; 'PERSIANI, Condotta antisindacale, interessi del sindac�to, interessi collettivi e interessi individuali dei lavoratori, in Pol. dir., 1971, 543 e segg.; LANFRANCHI, op. cit., 3 e segg.; di � circolarit��e continuit� tra gli interessi individuali e quelli collettivi � parla ScoGNAMIGLIO, Considerazioni sull'art. 28 dello statuto dei lavoratori, in Riv. giur. lav., 1971, I, 180; sottolineano invece la possibilit� di � esperimento parallelo � delle procedure di tutela dei vari interessi, e quindi la separazione di questi, FRENI e GIUGNI, op. cit., 123 e segg.). Una ulteriore considerazione d'ordine sostanziale deve essere formulata: non pare esatto da un riconoscimento legislativo degli � interessi collettivi del sindacato� far discendere automaticamente, (e, come nella sentenza in rassegna, senza alcuna specifica indagine) che le situazioni giuridiche soggettive conseguenti a tale riconoscimento hanno sempre consistenza di �diritti soggettivi�. Laddove ad una pubblica amministrazione l'ordinamento attribuisce il compito e il potere di porre in essere atti amministrativi caratterizzati da imperativit� e in genere attivit� di rilievo pubblicistico, � doveroso quanto meno problematicam�ente esainin�re se gli.. dntere0ssi compresenti facenti capo ad altri soggetti, nella specie gli � interessi collettivi del sindacato ., siano riconosciuti e tutelati alla stregua degli interessi legittiini e non dei diritti soggettivi; e non pare corretto ignorare del tutto quella commisurazione, quella proportio tra interessi pubblici e interessi pl'ivati (o collettivi), che costituisce la ragione politica del riparto tra le due giuri.sdizioni, e quindi anche il criterio -com'� noto, .fil non facile utilizzazione specie ove manchino momenti di discrezionalit� amministrativa -per individuare il crinale che le separa. Ora, se si procede a un esame siffatto, risulta senza possibilit� di ragionevole dubbio che, di fronte al provv:edimento imperativo (ancorch� negativo o silenzioso) emesso dalla pubblica amininistrazione per regolare il rapporto di impiego del singolo dipendente pubblico, l'� interesse collettivo del sindacato� ha riconoscimento e protezione come interesse legittimo �e non come diritto soggettivo. La considerazione che precede � valida anche in relazione all'altra categoria di controversie, quelle aventi a oggetto i provvedimenti ammi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 595 cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti �, nei confronti degli enti pubblici non economici, se la materia non risulti diversamente regolata da speciale normativa. Sgomberato il campo dalle esaminate questioni ed esclusa l'esistenza di principi che possano condizionare l'interpretazione dell'art. 37 dello Statuto dei lavoratori in senso contrario all'applicabilit� dello stesso all'impiego statale, pu� procedersi alla determinazione dell'ambito di operativit� della norma, onde stabilire se, in base al significato proprio delle parole, al senso risultante dalla connessione di esse e all'intenzione del legislatore (art. 12 disp. prel. � civ.) l'art. 28 dello Statuto possa trovare applicazioni nei confronti dell'Amministrazione dello Stato. nistrativi concernenti i beni ( � spazio per l'affissione ., � locale da adibire ad ufficia sindacale �) il cui uso deve essere � concesso � alle associazioni sindacali, oppure le facolt� che ,alle stesse sono dalla legge attribuite. L'interesse del �privato� in relazione al procedimento che si conclude con l'atto di concessione di un bene pubblico pu� palesemente ricevere riconoscimento ,e tutela solo come inter�esse legittimo; inoltre, per l'art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, le controversie in materia di rapporti di concessioni di beni sono state devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Per quanto concerne invece le facolt� attribuite ai sindacati da disposizioni legislative rivolte a configurare l'organizzazion� delle pubbliche amministrazioni o di particolari organismi di esse ('si pensi alla designazione di alcuni componenti di� .collegi amministrativi, o anche alla iniziativa, connessa alla presenza nel consiglio di amministrazione, per la convocazione dell~ �riunioni� di dipendenti), la stessa finalit� organizzatoria de1Le d!�Jsposiziond, rhlev:abi.We 1anche dall ClOIIlJ1lesto del l(Xrovvedimeinto i!Jegislativo di cui esse fanno parte, di per s� costituisce sufficiente e sicura indicazione del rilievo accordato dal legislatore agli interessi pubblici previsti dall'art. 97 della Costituzione, rispetto ai quali si vuole che gli �interessi collettivi del sindacato� risultino commisurati e funzionalmente ordinati. Sicch� le disposizioni che, in un siffatto contesto e per assicurare la collaborazione delle associazioni sindacali, attribuiscono a queste facolt� di intervento e di � partecipazione � all'azione amministrativa, correttamente possono essere riguardate come norme � strumentali � regolatrici dell'iattivit�-amministrativa per finalit� genernJJi. (e cio�, usando UllJa terminologia ormai classica anche se un po' fuori moda, come � norme di azione �), e non come norme poste per delimitare sfere giuridiche distinte dell'Amministrazione e del sindacato. Una qualificazione siffatta delle norme in esame � maggiormente evidenziata dal legislatore allorquando l'atto proveniente dall'associazione sindacale si inserisce un procedimento concludentesi con un provvedimento amministrativo (come si � detto dianzi, pi� volte il Consiglio di Stato ha conosciuto di ricorsi avV"erso nomine o rifiutate nomine di persone designate da un sindacato); la stessa qualificazione appare per� consentita anche quando non � previsto che tale inserimento debba necessariamente aver luogo. .; .. � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 596 Il citato art. 37, dopo aver disposto, .come gi� si � detto, che le norme dell'indicato Statuto si applicano mentre ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente o prevalentemente attivit�_ economica, soggiunge che esse � si applicano altres� ai rapporti di impiego dei dipendenti da altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali�. L'usata locuzione � altri enti pubblici � � lessicalmente idonea a comprendere anche lo Stato, considerato in dottrina come ente pubblico primario. Senonch� la locuzione stessa �, nelle leggi concernenti i rapporti di impiego e di lavoro, generalmente usata in senso restrittivo, non comprendente lo Stato. Il discorso meriterebbe ulteriori approfondimenti: in questa sede ci si limita a proporre un metodo di indagare che sia meno sommario di quello della indifferenziata e immotivata... promozione di tutti gli interessi sindacali a diritti soggettivi pieni; fermo restando che non � acc�ettabile la tesi presentata (da ROMAGNOLI, Statuto dei lavoratori cit., 1606) con audacia ma senza aderenza alla realt� del nostro ordinamento, tesi secondo la quale la pr�esenza dell'interesse collettivo del sindacato opererebbe, in sostanza, una vanificazione delle potest� amministrative, e per conseguenza, una qualificazione privastistica dell'attivit� dell'amministrazione. Le indicazioni sin qui raccolte provvisoriamente prescindendo dalla considerazione dei mezzi processuali offerti dallo �statuto dei lavoratori�, consentono di confermare che la tutela delle situazioni sogg.ettive attribuite ai sindacati in quanto operanti, per cos� dire, � all'interno � delle pubbliche amministrazioni costituisce, di regola, compito del giudice amministrativo; tanto pi� che (come rilevato da BACHELET, La giustizia amministrativa nella costituzione italiana, 1966, 50) il legislatore ordinario non potrebbe attribuire alla A.G.O. la tutela di interessi legittimi, senza violare l'art. 103 primo comma della Costituzione. 7. -L'art. 28 dello �statuto dei lavoratori� e le pubbliche amministrazioni. -La situazione descritta nel precedente paragrafo non � mutata con l'entrata in vigore dello � statuto dei lavoratori �: non � dato reperire in detto �statuto� alcuna norma che abbia modificato i criteri del riparto tra le giurisdizioni, trasferendo dal giudice amministrativo al giudice ordinario il compito di tutelare le situazioni soggettive riconosciute ai sindacati operanti nel settore pubblico e, tanto meno, il compito di jus dicere nella materia del pubblico impiego. Si �, cionondimeno, tentato di utilizzare l'art. 28 dello � statuto � come una sorta di jolly buono per ogni gioco. E, nella sentenza in esame, si pu� forse avvertire come la stessa Corte di Cassazione abbia in qualche misura sub�to la tentazione a far compiere al giudice ordinario una grossa avanzata per � conquistare nuove provincie � sul territorio assegnato al giudice amministrativo (un esplicito incitamento in tal senso � in ROMAGNOLI, op. cit., 1604); tentazione che per� � stata, se non del tutto respinta, quanto meno allontanata per la considerazione della � idoneit� dei mezzi di tutela. offerti dalla giurisdizione amministrativa �per rimuovere, anche PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 597 Basta al riguardo ricordare l'art. 29 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 che, nel determinare l'ambito della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, fa separato riferimento ai rapporti di impiego con lo Stato e a quelli con gli enti o istituti pubblici, l'art. 44 della legge sulla Corte dei conti 12 luglio 1934 che, in materia di pensioni, distingue lo Stato dalle altre ,pubbliche amministrazioni, quantunque i ri:spettivi provvedimenti siano assoggettati al medesimo sindacato giurisdizionale, la legge 24 maggio 1970, n. 336 sui benefici combattentistici a favore dei dipendenti civili dello Stato ed � enti pubblici ., che nella sua stessa intestazione presenta la ripetuta distinzione. Deve aggiungersi che la giurisprudenza ha, di consueto, separatamente considerato lo Stato dagli Enti pubblici, sia quando ha ritenuto applicabile agli uni e agli altri la medesima disciplina, sia quando ha adottato diversa soluzione. in via di urgenza (sospensione), provvedimenti che, comunqu,e motivati, fossero sostanzialmente diretti a reprimere la loro attivit� sindacale (eccesso di potere)�. Pervero, questa considerazione, come le altre che le sono affiancate nel medesimo brano della motivazione avrebbero dovuto condurre a un discorso pi� chiaro e deciso di quello, un po' troppo flebile e vago, fatto dalla Corte, e, per di pi�, avrebbero dovuto condurre a un discorso valido per tutto il pubblico impiego e non limitato solo all'impiego statale. �-1: infatti possibile rilevare come i mezzi aggiuntivi di tutela giurisdizionale offerti dallo � statuto dei lavoratori ,, non siano pi� penetranti e, nel complesso, non siano neppure pi� efficaci delle possibilit� di tutela gi� in precedenza assicurate al pubblico dipendente con il ricorso al giudice amministrativo (sul punto, pi� ampiamente, ALIBRANDI T., op. cit., 345); e da questa constatazione � doveroso dedurre l'insussistenza di una seria ragione politica per un trasJierimento di competenze �giurisdizionali da detto giudice all'A.G.O. (trasferimento, del resto, non disposto da alcuna norma). Nel paragrafo cinque di questo scritto si � pervenuti a concludere che le norme sostanziali di diritto sindacale dettate dalla 1. n. 300 del 1970 non possono trovare applicazione nei confronti delle associazioni sindacali oper�anti nel settore del pubblico impiego. Alla medesima conclusione si deve pervenire per l'art. 28 in esame: e ci� non solamente per quanto attiene alle disposizioni sostanziali in esso contenute (ScoGNAMIGLIO, op. cit., 1971, 168, acutamerJJte propone un dupllicie aocostameiruto .tra il divieto dellla " condotta antisindacale � e i divieti di compiere atti Lesivi di interessi tutelati dall'ordinamento, quali i diritti di person:alit� di cui agli artt. 7, 8 e 10 cod. dv., e tra il rimedio di cui all'art. 28 e le �inibitorie� a protezione di dette situazioni soggettive), ma anche per quanto attiene alle disposizioni pi� propriamente processuali. Due sono le ragioni della inapplicabilit� dell'art. 28. La prima si col lega a quanto sin qui sostenuto: le situazioni soggettive riconosciute dal l'ordinamento, allo stato attuale, alle associazioni sindacali vuoi perch� hanno consistenza di interessi legittimi vuoi perch�, nelle ipotesi di con correnza di situazioni soggettive dei singoli dipendenti, si collocano 598 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Al riguardo giova particolarmente ricordare quella formatasi sugli artt. 2093 e 2129 e.e. sull'art. 1 della legge 15' luglio 1966, n. 604 relativa ai licenziamenti individuali (Sez. Un., n. 1811 del 13 luglio 1969) e sulla decorrenza dei termini di prescrizione dei crediti di lavoro (sent. Costituzionale, n. 143 del 20 novembre 1969, che :prende in considerazione i crediti verso lo Stato e gli Enti pubblici). Il processo formativo dello Statuto dei lavoratori fornisce conferma che il legislatore ha inteso escludere l'impiego statale dal suo ambito di applicazione. Il disegno di legge presentato dal Governo al Senato (n. 29 giugno 196�9_ con relazione del ministro Brodolini), come quelli che lo precedettero (n. 8 del 7 giugno 1968 sen. Tommassini etc.; n. 56 del 12 luglio rispetto a queste in posizione � dipendente ., ricevono tutela di regola dal giudice amministrativo. Rilevare, come nella sentenza in rassegna, che l'esclusivit� della giurisdizione di tale giudice .nena materia di pubblico impiego non � sancita dalla Costituzione, � osservazione del tutto inidonea a dimostrare la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie delle quali si tratta. 8. -Segue: in relazione all'art. 4 della l. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E. La seconda ragione di inapplicabilit� dell'art. 28 � d,ovuta, essa pure, ad un limite della giurisdizione del giudice ordinario, conseguente per� non dal riparto tra le giurisdizioni, bens� dai principi e dalle norme che salvaguardano le attribuzioni del potere esecutivo. Solitamente si � fatto, in proposito, riferimento al noto art. 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Di esso la senten21a in rassegna (come in precedenza il Tribunale di Napoli nella sentenza 7 giugno 1971 pubblicata in Foro it., 1971, I, 1989) si � liberata in modo pervero alquanto spicciativo, col rilevare solamente che � il principio'... che vieta al giudice ordinario di annullare gli atti amministrativi di cui egli abbia accertato la illegittimit�... non rLsulta costituzionalizzato e ha sub�to... notevoli eccezioni ., tra le quali, appunto, dovrebbe annoverarsi anche quella insita nel congiunto operare degli artt. 28 e 37 dello � statuto dei lavoratori �. Che l'art. 4 non risulti costituzionalizzato, � affermazione anzitutto non unanimemente accettata (ad essa si � opposto TORRENTE, La competenza del giudice ordinario e i suoi poteri di cognizione cui � faiteressata la pubblica amministrazione, in Atti del Congresso celebrativo delle leggi amministrative di-unificazione tenutosi a Firenze nel 1965), e comunque almeno in parte sicuramente inesatta. L'ultimo comma dell'art. 113 della Costituzione statuisce esplicitamente �che organi della giurisdizione (amministrativa oppure anche ordinaria) possono � annullare � gli atti della pubblica amministrazione � n'ei casi e con gli effetti previsti � dal legislatore ordinario, e implicitamente che la norma attributiva ad un organo giurisdizionale del potere di annullare l'atto amministrativo ha carattere eccezionale, la regola essendo costituita dalla esclusione di un potere siffatto e -a fortiori di poteri pi� vasti e incisivi. E recentemente la Corte Costituzionale (sentenza 6 luglio 1971, n. 161, in Foro it., 1971, I, 2112) ha avuto modo di ribadire la coerenza e la coessenzialit� dell'art. 4 con i lineamenti del sistema costituzionale, e di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 599 1968 del sen. Prisco etc.; n. 70 del 14 giugno 1968 on. Vecchietti; numero 240 del 10 ottobre 1968 sen. Zuccal�, n. 700 del 4 giugno. 1969 sen. Tor�lli), fa esclusivo riferim~nto alle imprese (art.. 24), rivelando cos� l'iniziale intendimento di non assoggettare alla disciplina dell'emanando Statuto l'impiego pubblico in generale. La commissione senatoriale per il lavoro aggiunse al testo governativo l'art. 24 ter, estendente l'applicazione dello Statuto ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgono esclusivamente o .prevalentemente attivit� economica. � Con l'ultimo comma dello stesso articolo fu predisposta una delega al Capo dello Stato per l'emanazione, entro due anni, di norme � intese ad uniformare, compatibilmente con la natura del rapdisattender �e la tesi prospettata in dottrina (da NIGRO M., L'esecuzione delle sentenze di condanna contro ia pubbHca amministrazione, in Atti del XVI convegno di Varenna, 84 e segg.) �di una almeno parziale incostituzionalit� dell'articolo stesso. Ora, la parola � annullare � ha un significato tecnico ben preciso, pienamente noto al Costituente (una breve esposizione dei lavori dell'Assemblea costituente � in BACHELET, op. cit., 48 nota 68); con essa pu� ritenersi consentito anche il � sospendere� cautelarmente (in tal senso la Corte Cost. 4 marzo '1970, n. 32, in Giust. civ., 1970, III, 123), ma non pare si possa andare molto oltre. Non si pu� arrivare ad includere nello �annullare� anche il �sostituire�, in tutto o in parte (e cio� il �modificare�, il contenuto di un atto �emesso dalla pubblica amministrazione, o l'ordinare ad essa un facere infungibile o un non facere, o il creare ex novo in sua vece un atto mai emesso dall'organo investito deJJ.a potest� amministrartliva); e ci� speciia!L� mente laddove detta potest� presenta margini di discrezionalit� (a tutti � presente la cautela e '1a sostanziale moderazione manifestate dal Consiglio di Stato, nella sua ormai lunga esperienza nell'applicazione del vimedio di C'U� ailil'art. 27, n. 4 del testo umco n. 10'54 del 1924). Del resto, sulla profonda diversit� tra �annullare� e �sostituire� � basato il delicato equilibrio � tra due imperativit�, quella della sentenza e quella del provvedimento amministrativo �: la sentenza eliminatoria dell'atto non ha � �efficacia diretta nei confronti dell'amministrazione, giacch� si s�ontra con il potere proprio e originario di quest'ultima, e si tratta allora di conciliare l'effetto della sentenza con questa autonomia de�l potere amministrativo � (BENVENUTI, voce Giudicato amministrativo, Enc. dir., 900 e segg.), A questo punto appare pi� che evidente come non possa eludersi il quesito se, per il rilevato carattere eccezionale delle deroghe al principio di non ingerenza (diretta) degli organi giurisdizionali nel�l'azione amministrativa e per l'elementare criterio di logica ermeneutica indusio unius exciusio aiterius (applicato, ad �esempio, nella sentenza 16 febbraio 1963, n. 8 della Corte Costituzionale, in Foro it., 1963, I, 616), sia compatibile con l'art. 113 (e, eventuaimente, in quali limiti) l'attribuzione ad organi giurisdizionali del potere di emettere pronuncie � sostituitive � di atti della pubblica amministrazione o comunque pi� incisive di quelle meramente 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO porto, il trattamento giuridico dei dipendenti degli uffici e delle aziende dello Stato, delle Ragioni, delle provincie e dei Comuni e degli altri enti pubblici alle disposizioni della presente legge. �L'emendamento successivamente presentato dai senatori Filetti ed altri per la soppressione dell'intero articolo fu respinta. Uguale sorte ebbe l'emendamento sostitutivo ,presentato dai senatori Tomassimi ed altri, inteso ad estendere l'applicazione della legge in discussione ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti di enti pubblici e dello Stato�. Anche l'emendamento subordinato presentato dal sen. Magno ed altri per assoggettare alle norme dello Statuto le aziende dello Stato che svolgano attivit� analoghe (saline, monopoli, etc.) a quello degli eliminatorie degli atti stessi. Il quesito non coinvolge necessariamente le marginali �competenze dell'A.G.O. in materia di tenuta di registri (si pensi, ad esempio, aH'art. 454 cod. civ.) o albi professionali o liste elettorali, competenze che sostanzialmente non incidono sulle attribuzioni essenziali (e quindi �di rilievo costituzionale) del potere esecutivo; e pu� anche non coinvolgere la giurisdizione di merito del giudice amministrativo, vuoi per la maggore propinquit� di questo giudice all'amministrazione vuoi per le consistenti ragioni che in alcuni casi (si pensi al giudizio di ottemperanza) rendono non solo opportuna ma necessaria una maggiore latitudine dei suoi poteri decisori (a dubbi sulla costituzionalit� di tale giurisdiziQne si � accennato, recentemente, da PoTOSCHNING, Origini e prospettive del sindacato di merito nella giurisdizione amministrativa, in Riv. trim. dir. pub., 1969, 506; NIGRO, La giurisdizione amministrativa di merito, in Foro it., 1969, V, 59 e GIANNINI M. S. e PIRAS, voce Giurisdizione amministrativa, Enc. dir., 263). In sostanza, una giurisdizione con poteri sostitutori dell'azione amministrativa non � prevista dalla Costituzione; e il silenzio su questo punto, lungi dall'essere casuale, appare indicare come '1a separazione dei �poteri dello Stato � costituisca ancora un principio fondamentale, seppure non assoluto, del nostro ordinamento. Si impone, quindi, una cautela estrema all'interprete che ritenga di ravvisare una deroga a detto principio organizzatorio. Dinanzi ad uria problematica tanto ricca, il passo breve e tranchant con la quale la Corte di Cassazione si � sbarazzata deH'art. 4 appare manifestazione di quella sorta di fascino dello extra ordinem, che lo � statuto dei lavoratori � � riuscito a creare intorno a s�, tale da indurre taluno ad osservar�e come molti magistrati si dimostrino �allegramente dimentichi del filtro attraverso il quale � inevitabile che, tecnicamente, le varie e complesse questioni poste da questa legge debbono essere considerate� (PERA, La legittimazione nel procedimento sommario di repressione dell!attivit� antisindacale, in Riv. dir. proc., 1971, 324). Se ora si torna a leggere l'art. 28 dello � statuto dei lavoratori ., appare evidente come risulterebbe gravemente contrastante con ii! sistema costi tuzionale, prima che in particolare con l'art. 4 menzionato, il riconosci mento al giudice ordinario del potere di impartir�e a una pubblica ammi'." nistrazione un �ordine � a compiere quella qualsiasi attivit� il giudice PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDfZIONE 601 enti pubblici economici ebbe esito negativo dopo un intervento del Ministro per il lavoro (Donat Cattin), il quale osserv� che � la materia riguardante i pubblici dipendenti � inclusa nella delega per la riforma della pubblica amministrazione, che naturalmente si ,rifletter� anche sulle aziende dello Stato �. Fu, invece, approvato l'emendamento presentato dal senatore Bisantis, escludente la delega al Capo dello Stato prevista dal testo innanzi riportato dell'art. 24 ter. Il nominato presentatore di tale emendamento fece presente che la legge 18 marzo 1968, n. 249 gi� si occupava della stessa materia, che detta legge conteneva una delega avente ad oggetto di disciplina dell'impiego statale, per il quale, tra l'altro, gi� esisteva apposito statuto, che il settore del pubblico impiego non era mai stato preso in considerazione quando venne promosso ed elaborato il disegno di legge sottoposto all'esame del Senato. medesimo t!'itenga di imporre (il contenuto dei decreti ex art. 28 non � predeterminato dal legislatore), in nome della finalit� di ottenere �la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti �. Si omette di ipotizzare l'eventualit� di uno sviamento di tale potere, eventualit� della quale peraltro sarebbe doveroso tener conto nella interpretazione di norme potenzialmente idonee a turbare i rapporti tra poteri dello Stato (e quando si vogliono riconoscere. poteri tanto immediati e incisivi a un giudice monocratico); � sufficiente infatti rilevare che la disposizione in esame va ben oltre i limiti della mera eliminazione dell'atto della pubblica amministrazione, eliminazione che -essa pure -� dall'art. 113 della CosUtuzione di regola esclusa, e consentita in via eccezionale (con riserva di legge ordinaria e soltanto � nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa �). Del resto, anche chi auspica un largo spazio di applicazione per il � rimedio di cui all'art. 28 doverosamente riconosce che � secondo i principi il pretore adito ex art. 28 (ma -deve qui aggiungersi -il discorso vale anche il Tribunale adito con la " opposizione") non pu� annuMare l'atto amministrativo... n� pu� condannare la pubblica amministrazione a eseguire i comportamenti, materiali o giuridici, necessari per rimuovere la lesione del diritto prodotta dall'atto disapplicato, sicch� il giudizio di ottemperanza avanti al Consiglio di Stato sarebbe pur sempre un passaggio obbJJLgato. (ROMAGNOLI, op. ult. cit., 1604). Si prospetta in tal modo una sorta di applicazione ,solo parziale dell'art. 28 nei confronti delle 1 amministrazioni pubbliche, la quale per� oltre tutto contrasta con i caratteri essenziali e con la funzione del rimedio previsto da detto articolo (esattamente resping�e la tesi di una applicazione parziale dell'art. 28, la sentenza del Tribunale di Vigevano 29 ottobre 1971, in Riv. giur. lav., 1971, II, 698). Si � sin qui osservato come l'ammissione del mezzo previsto dall'art. 28 nel settor�e del pubblico impiego contrasterebbe con principi di rilievo costituzionale. Con argomentazione logicamente subordinata, deve aggiungersi che, a tutto concedere, una deroga ai normali limiti della giurisdizione nei cQnfronti dell'amministrazione avrebbe dovuto essere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 602 A questo punto (seduta dell'll dicembre 1969) il Ministro per il Lavoro (on. Donat Cattin), che nei precedenti interventi si era mostrato contrario tanto agli emendamenti che tendevano ad escludere dall'ambito di applicazione dello Statuto gli enti pubblici economici contemplati nel testo del primo comma dell'art. 24 t.er, quanto agli emendamenti rivolti a comprendere nell'indicato ambito le amministrazione ed aziende statali svo1genti attivit� economiche, riassunse il proprio pensiero in un emendamento integrativo del predetto comma, cos� formulato: � le disposizioni della presente legge si applicano altres� ai rapporti di impiego dei dipendenti da altri enti pubblici (e cio� i non economici) salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali�. � Tale emendamento fu approvato �. Cosicch� l'attuale testo dell'art. 37 risulta composto dal primo comma dell'art. 24 bis pro.posto dalla decima commissione del Senato e dalla disposizione ag.giuntiva proposta dal Ministro per il lavoro. L'iter formativo delle leggi non ha, in genere, rilevanza nell'interpretazione delle stesse, in quanto la volont� legislativa, una volta esternata, si spersonalizza, nel senso che si distacca da quella dei suoi autori, assumendo valore espressivo della comune volont� della collettivit� nazionale; sicch� la mens legis si identifica col senso obbiettivo della norma. Peraltro, quando si tratta di legge di recente formazione l'intendimento manifestato dai rappre:sentanti di detta collettivit� in sede proclamata in modo chiaro e univoco dal legislatore (in tal senso anche ROMAGNOLI, op. ult. cit., 1601, e Pretura Firenze, decreto 17 aprile 1972, citato), e comunque non pu� essere �data alla luce., e con fatica, dall'interprete. Altri argomenti, anche desunti dal testo dell'art. 28, potrebbero essere addotti per dimostrarne la inapplicabilit� nei confronti delle pubbliche amministrazioni operanti nella veste pubblicistica; non pare per� necessario prolungare oltre un discorso la cui conclusione non dovrebbe presentare margini di dubbio. 9. -Inapplicabilit� dello statuto dei lavoratori per i dipendenti dello St.ato. -Piena adesione merita la parte della sentenza in rassegna concernente l'interpretazione del secondo comma dell'art. 37 dello � statuto dei lavoratori � (nello stesso senso il menzionato decreto 17 aprile 1971 del Pretore di Firenze). Invero, la mancata approvazione dei due emendamenti presentati dinanzi alla decima Commissione del Senato per l'estensione dello � statuto � ai dipendenti statali esclude ogni dubbio circa la reale � intenzione del legislatore �. NOIIl pu� condivLder,si invece ;iia tesi ,afi�acciarta in Wla brieve nota appairsa a commento della sentenza medesima (di PERA, in Foro �it., 1972, I, 1201): postulata una distinzione netta tra la � zona dell'art. 37 dello statuto � e la di~ciplina processuale di cui all'art. 28, si � ivi sostenuto che il pretore dovrebbe applicare � la diversa normativa sostanziale eventualmente esi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 603 di elaborazione delle norme pu� fornire indicazioni utili, anche se non determinanti, ai fini dell'identificazione della ratio obbiettivata nel testo legislativo. Quanto innanzi si � esposto sulla genesi dell'art. 37 dello Statuto dei lavoratori avvalora il gj� espresso convincimento che nella locuzione � altri enti pubblici � non possa ritenersi com.preso lo Stato, sia perch�, nei lavori preparatori della legge e nei testi dei ricordati emendamenti, intesi ad escludere o a comprendere gli enti pubblici non economici, esso ha sempre formato oggetto di separata menzione, sia perch� l'estensione della disciplina sancita dallo Statuto agli enti pubblici non economici � stata deliberata dopo il fallimento dei tentativi (emendamenti Tomassini e Magni) compiuti per far aggiungere � lo Stato � o quanto meno � le Amministrazioni dello Stato � nel testo della norma (art. 24 ter) predisposta dalla decima commissione del Senato e dopo che il Ministro proponente dell'approvata estensione (agli enti pubblici non economici) si �era espresso in �senso contrario all'inclusione dello Stato e delle aziende statali nell'ambito di a.ppLicazione della legge. L'esclusione dell'impiego statale da detto ambito trova ragione nella preesistenza di uno � statuto degli impiegati civili dello Stato � approvato con d.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957, modificato e integrato dalla legge 18 marzo 1968, n. 249 e nella delega dalla stessa conferita al Governo per il riordinamento dell'amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali. L'indicato statuto gii� consentiva e disciplinava l'attivit� sindacale in seno all'amministrazione statale, ammettendo l'ingerenza delle or ganizzazioni sindacali dei lavoratori nella designazione di un certo numero di rappresentanti del personale nei consi.gld di amministra stente � per i rapporti con i sindacati operanti nel settore del pubblico impiego. Rilevando anzitutto che l'art. 28 non si limita ad attribuire una speciale competenza al pretore ma prevede anche un giudizio di �opposizione� sempre dinanzi alla A.G.0., appare palese che la tesi rife rita non riesce a dimostrare come, distaccato l'art. 28 dall'art. 37, potrebbe pervenirsi alla ammi�ssibilit� del il"imedio de quo nei confronti degli enti pubblici. A conclusione di questo discorso, merita segnalare come, in epoca recente, talvolta si �ceda alla .suggestione per una sempre pi� vasta sotto posizione delle amministrazioni pubbliche al diritto �comune�. � questa una suggestione, spesso solo � facile ., rispetto alla quale il giurista inter prete deve approntare qualche difesa, se vuole r~manere fedele al mo dello di organizzazione dei pubblici poteri delineato nella Costituzione repubblicana e nelle norme fondamentali del nostro ordinamento giuridico. FRANCO FAVARA 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT� 604 zione (art. 146 del d.P.R. n. 3 del 1957, modificato dall'art. 7 della legge n. 249 del 1968), attribuendo a dette organizzazioni la facolt� di chiedere il collocamento in aspettativa dei dipendenti investiti di mandato sindacale (art. 45), prevedendo la concessione di permessi per la partecipazione alle riunioni degli organi collegiali e per l'espletamento della normale attivit� sindacale (art. 47), la concessione di locali da adibire ad ufficio sindacale e di appositi spazi per affissioni .murali (art. 49), consentendo la riscossione dei contributi sindacali a mezzo dell'amministrazione (art. 50), stabilendo che i periodi di aspettativa o di assenze autorizzate pe.r motivi sindacali sono utili a tutti gli effetti giuridici ed economici (artt. 46 e 48). Tale disciplina, che anticipa sotto molti aspetti quella sancita per le imprese private e gli enti pu:bblici dallo Statuto dei lavoratori di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300, � stata ulteriormente integrata dalla legge n. 775 del 28 ottobre 1970, che, con l'art. 20, ha espressamente riconosciuto ai dipendenti dvili dello Stato il diritto di riunione durante l'orario di lavoro, per un certo numero di ore, senza perdita� della -normale retribuzione, ed il diritto delle organizzazioni sindacali rappresentate nel consiglio di amministrazione di indire riunioni- per le trattazione di materia di interesse sindacale e del lavoro, aperte anche alla partecipazione di .dirigenti sindacali non dipendenti dalla pubblica amministrazione. L'idoneit� di tale disciplina a garantire l'operativit� dei sindacati nell'amministrazione. dello Stato, l'inconfigurabilit� di contrapposizioni contrattualistiche nell'ambito dell'organizzazione statale, preordinata a fini che trascendono gli -interessi individuali e di categoria, la spe cifica protezione di �cui � dotato il dipendente statale in ordine alla conservazione del posto di lavoro, ai trasferimenti e alle sanzioni disciplinari, l'idoneit� dei mezzi di tutela ad essi accordata dall'ordi namento giuridico per rimuovere, anche in via di urgenza (sospen sione), provvedimenti che, comunque motivati, fossero sostanzialmente diretti a reprimere la loro attivit� sindacale (eccesso di potere), danno, nel loro insieme, adeguata ragione della mancata inclusione dell'im piego statale nel campo di applicazione dello Statuto dei lavoratori. Il Floris �e il Giardina hanno, in relamone a tale inte11pretazione, sollevato una questione �di illegittimit� costituzionale, sostenendo che l'esclusione dell'impiego statale da detto campo di applicazione � in contrasto col principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costi tuzione, per quanto concerne i diritti garantiti dagli artt. 1, 18, 21, 35, 39, 51, 113 comma primo e secondo della stessa. La questione, rapportata alla fattispecie in esame, � manifestamente infondata. Va tenuto presente che l'associazione sindacale non � insorta per 'rimuovere provvedimenti adottati direttamente contro di essa o rivolti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 605 ad impedire il concreto esercizio di alcuna delle facolt� ad essa attribuite da specifiche norme dello Statuto, ma per .preservare un dipendente statale da un trasferimento che essa assumeva disposto per rappresaglia contro l'attivit� sindacale da lui svolta nella rivestita qualit� di segretario provinciale di un sindacato di categoria, provvedimento,. peraltro, tale, da precludere l'ulteriore esplicazione di detta attivit�. Ai fini dell'esame dell'indicata questione giova ricordare che, come la Corte costituzionale ha .pi� vblte precisato, il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione non inibisce al legislatore ordinario di emanare norme differenzdate riguardo a situazioni obbiettivamente diverse, purch� queste norme rispondono anche all'esigenza che la disparit� di trattamento sia fondata su presupposti logici obbiettivi che razionalmente ne giustifichino l'adozione (sent. n. 7 del 16 febbraio 1963). L'inapplicabilit� dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori nelle ipotesi in cui il dipendente statale sia colpdto da provvedimenti adottati con intento antisindacale trova ragione nelle gi� esposte peculiarit� dell'impiego statale. La relativa disciplina, con l'attrdbuire alle organizzazioni statali la titolarit� di certe iniziative, specificamente determinate, ha conferito ai corrispondenti interessi collettivi il carattere di posizioni giuridiche soggettive, suscetti.bili come tali di autonoma tutela, precorrendo, in detto settore, la disciplina dettata dallo Statuto dei lavoratori. Peraltro lo Statuto dell'impiego statale, a differenza di quello dei ia'voratori, non consente agli organismi sindacali di assumere sia pure a tutela di .propri interessi la protezione del singolo dipendente che, a causa di attivit� spiegata nell'interesse collettivo, abbia subito provvedimenti di rappresaglia idonei a ripercuotersi sull'ulteriore attivit� sindacale. Tale diversit� di trattamento trae giustificazione dalla partecipazione degli esponenti sindacali ai Consigli di amministrazione da cui detti provvedimenti siano stati predisposti (art. 146 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3) e dalle particolari .garanzie da cui � presidiato lo stato giuridico ed economico dei dipendenti statali (v. sent. C. Cast. n. 143 del 20 novembre 1969), rigidamente regolato da norme legislative intese ad evitare la possibilit� di arbitri e �soprusi ai loro danni e, .pertanto, anche idonee ad impedire rappresaglie ispirate da intento antisindacale e a preservare interessi che trascendono quello del singolo dipendente. Relativamente ai ripetuti provvedimenti le associazioni sindacali, per quanto estranee all'Amministrazione statale, sono. in posizione di collaborazione e non di �Contrapposizione con la stessa, giacch�, per il principio della collegialit�, le determinazioni assunte dai consigli di amministrazione debbono considerarsi espressione di volont� unitaria. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 606 Questo particolare �sistema di tutela preventiva risulta integrato e potenziato dalla facolt�, di cui l'impiegato pu� avvalersi, con l'eventuale ausilio dell'organismo sindacale interessato, di invocare, in sede giurisdizionale, l'immediata sospensione del provvedimento subito e la rimozione dello stesso per eccesso di potere (artt. 26 e 39 t.u. numero 1054 del 1924). In conclusione per quanto riguarda i provvedimenti che, come quello di cui si discute, siano diretti contro singoli dipendenti, si ritiene di poter escludere che l'inapplicabilit� dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori all'impiego statale dia luogo a violazione del principio di ugua.glianza di cui all'art. 3 della Costituzione, poich� tale denunciata disparit� di trattamento trova ragione nella .precisata diversit� di situazioni obbiettive e nella es�istenza di uno Statuto specificamente dettato per detto impiego, la cui disciplina presenta l'idoneit� necessaria a .presidiare gli interessi sindacali in modo consono alla peculiare natura e struttura del rapporto stesso e a contemperare, mediante la partecipazione degli esponenti sindacali all'iter formativo dei provvedimenti riguardanti il personale, detti .interessi con quelli attinenti all'organizzazione dello Stato. In esito a quanto esposto deve dichiararsi improponibile per carenza assoluta di .giurisdizione la domanda proposta da Luigi Floris nella qualit� di rappresentante sindacale e da Felice Giardina al Pretore di Cagliari per ottenere l'adozione nei confronti dell'Amministrazione finanziaria dello Stato, dei prov:vedimenti repressivi previsti dall'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Attesa la novit� delle .questioni sottoposte all'esame di qu�sto supremo Collegio si ravvisano giusti motivi per �compensare tra le parti le spese del ;presente giudizfo. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1972, n. 778 -Pres. Giannattasio -Est. Miele -P. M. De Marco (conf.). -Camporeale (avv. Gatta e Cariota Ferrara) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Arnone). Demanio e patrimonio -Strade -Tratturi e Trazzere -Poteri di vigilanza dell'Intendente di Finanza -Operazioni di riordino da parte del Commissario di reintegra dei tratturi -Limitazione del potere di vigilanza e repressione -Non sussiste. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3944, artt. 10 e 15; r.d. 29 dicembre 1972, n. 2801, art. 3). Obbligazioni e contratti -Interpretazione del contratto -Accerta-� mento del giudice di merito -Incensurabilit�. (C. civ., art. 1362). Il potere dell'Intendente di Finarnza, di reprime1�e gli abusi relativi aWintegrit� e coinsis.tenza dei tr:atturi e delte trazzere e� di c:om.minare le previste penaLit�, non viene limita.to daUe operaziorni di riordino da parte del Commissario di reintegra dei tratturi, sicch� ii possessore abusivo, ancorch� ritenuto legittimabile dal piredeitto Commissario, � tenuto al pagamento delle penalit� inftittegti (1). La interpretazione dei contratti e de'gli atti giuridici irn g'enere � riservata all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, se sorretto da mo,tiv.azione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, si sottrae al sindacato di legittimit�. (1) Non constano precedenti. La sentenza ha correttamente applicato la disciplina in materia, riordinata con r.d. 30 dicembre 1923, n. 3244 e succ. mod., e con il regolamento 29 dicembre 1927, n. 2801. L'azione di vigilanza, manutenzione e tutela sui tratturi e sulle trazzere spetta al Ministero dell'Agricoltura e Foreste e le attribuzioni degli organi dell'Azienda Autonoma della strada in materia di polizia della strada, sono deferite alle Intendenze di Finanza �ed agli Uffici Tecnici di Finanza (reg:to artt. 53 e 54). � Circa la natura dei provvedimenti dell'Intendente di Finanza con cui si irrogia,no sanziorui ai rt:i,iasgresSQr:i cfr. Cons. Stato, Ad. G:en., 23 novem~ e 1950, Il Consiglio di Stato, 1950, p. 1291). '608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione delle norme sulla tutela dei tratturi e sui poteri dell'Intendente di Finanza, nonch� violazione delle norme di inferpretazione della leg.ge, erronea e contraddittoria :ip.otivazione, affermano che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che l'esercizio del potere di vigilanza dell'Intendente di finanza sia indipe~dente dall'attivit� del Commissaiio per la reintegra dei tratturi, mentre invece, secondo i ricorrenti, dalla legge e dal regolamento si ricava chiaramente che, in attesa del compimento dell'opera del Commissario, � .sospeso ogni potere dell'Intendente. I ricorrenti affermano ancora che la Corte di merito ha contraddittoriamente ritenuto da un lato che sussiste l'autonomia del potere di vigilanza dell'Intendente e che dall'a~tro l'Intendente debba attendere la definitiva approvazione del piano di riassetto per potere agire contro chi persista nella abusiva occupazione. Le censure del mezzo sono infondate. Il r.d. 30 dicembre 1923, n. 3244 istituisce il Commissario per la reintegra dei tratturi '(art. 15) con il compito di provvedere all'accertamento dei tratturi e della loro consistenza, alla classificazione di essi ai fini della loro sistemazione definitiva a seconda se tuttora indispensabili ai bisogni dell'industria armentizia o ad altre riconosciute esigenze di pubblico interesse oppure no (con la conseguente conferma della deman�alit� o della sdemanializzazione -art. 7 del r.d. cit.). L'attivit� del Commissario � puramente preparatoria e a carattere amministrativo. Invere, come ris.lta dall'art. 3 del reg. 2'9 dicembre 1927, n. 2801, egli, qualora accerti l'esistenza di tratturi, potr� includerli nel piano di sistemazione solo dopo che ne sia stata accertata e dichiarata la demanialit� dal Ministro dell'Agricoltura (art. 1 del reg.). Provvede poi solo alla istruttoria delle pratiche per la legittimazione dei possessi abusivi (artt. 17-18 del reg.) e alla predisposizione del piano di assetto definitivo dei tratturi, ma sia la legittimazione sia l'approvazione del piano spettano (a:rt. 23 e segg. del regolamento) al Ministro dell'Agricoltura. Al Commissario non sono attribuiti in .via ordinaria neppure poteri di vigilanza o di tutela sui tratturi, che sono invece attribuiti all'In- Le decisioni del Ministro dell'Agricoltura. contro gli atti dell'Intendente di Finanza, emessi ai sensi dell'art. 10 r.d. �1923, n. 3244 per la repressione delle occupazioni abusive dei tratturi, so:�.o impugnabili dinanzi alla Autorit� Giudiziaria ocdinaria in quanto oggetto della controversia deve considerarsi la demanialit� del terreno (cfr. C. Stato, VI;''19 dicembre 1964, n. � 1033). In dottrina cfr. LuzzATo, Tratturi di Puglia e Trazzere. di Sicilia nel r.d. 30 dicembre 1923, n. 3244 in Riv. dir. civ., 1924. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE tendente di finanza (art. 10 del r.d. cit.; 53 e�segg. del reg.) poteri, �che solo in via eccezionale, possono essergli attribuiti dal Ministro del l'Agricoltura (cpv. art. 53 del reg.). II potere di vigilanza attribuito all'Intendente non incontra alcuna limitazione dallo svolgimento delle operazioni di riordino dei tratturi da parte del Commissario per la reintegra sia in quanto a questo non competono ordinariamente poteii di vigilanza e tutela dei tratturi, come si � osservato (e non sarebbe pensabile che nel periodo necessario all'espfotamento del riordino detti beni demaniali restino , indifesi) sia in quanto anche nel caso in cui il poss�sso abusivo sia ritenuto legittimabile del Commissario, colui che chiede la legittimazione � egualmente tenuto a pagare le penalit� inflittegli, il che � riprova della legittimit� dell'esercizio del potere di vigilanza anche durante le operazioni di riassetto. Ci� � confermato inoltre dal potere attribuito all'Intendente �di assentire. la sistemazione precaria delle zone abusivamente occupate (art.� 67 del .regolamento). Con il secondo motivo i ri�orrenti, deducendo violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi sulla interpretazione degli atti giuridici (art. 1362 e.e.); delle norme e dei principi regolanti i ibeni demaniali ed i tratturi; erronea ed insufficiente motivazione; omesso esame di fatto decisivo e omessa motivazione sulla rilevanza dei' mezzi probatori, affermano che la Corte di merito ha erroneamente inter pretato l'atto originale di concessione del 18 marzo 1807 ed il suc cessivo atto di rinnovazione della censurazione in data 18 marzo 1823, in quanto da tali atti se, rettamente interpretati, poteva ricavarsi al pi� che vi era stata costituzione di servit� periodica di transumanza, servit� che, in ogni caso, si sarebbe estinta per effetto dell'atto di affrancazione del 29 maggio 1869, del successivo comportamento della autorit� amministrativa, comportamento dal quale si ricavava la vo lont� di non mantenere la destinazione del tratturo all'uso pubblico. Su questa ultima questione espressamente prospettata la Corte aveva omesso o insufficientemente motivato. Le censure non sono fondate. Va ricordato che l'interpretazione dei contratti ed, in genere, degli atti giuridici, spetta esclusivamente al giudice di merito; dovendosi valutare situazioni di fatto e com portamenti, onde la motivazione adottata ove sia sufficiente e priva di errori logici o giuridici .si sottrae a riesame in questa sede di legit timit� (cfr. Cass. 25 febbraio 1970, n. 463). La Corte di merito ha diligentemente e adeguatamente motivato il suo convincimento circa il contenuto dell'atto 16 marzo 1807, nel senso che la concessione in enfiteusi dei terreni al dante causa dei ricorrenti, riguardava solo suoli diversi da quelli costituenti tratturo e che, in parte, attraversano detti suoli dati in enfiteusi. A tal pro.po 610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sitc:f �>. la Corte si � richiamata sia alle espressioni del citato contratto 'Sia al contenuto economico dello stesso e ha tenuto conto, a tal fine, anche delle disposizioni di legge da poco tempo emanate a tutela dei tratturi e richiamate espressamente nell'atto stesso: Ha escluso che i suoli concessi in enfiteusi potessero ritenersi soggetti alla sola servit� di passaggio delle transumanze, facendo riferimento al chiaro significato della frase � soggezione del tratturo � contenuta nell'atto. Neppure sussiste il preteso omesso esame del fatto decisivo costituito dall'atto di affranc� del 1'869. Invero, come ha rilevato il tribunale (e la situazione non si � modificata nella successiva fase di appello), gli attuali ricorrenti non hanno prodotto in giudizio detto atto di affranco, onde la Corte di merito non avrebbe potuto farne una valutazione ai fini di causa. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 aprile 1972, n. 1204 -Pres. Favara -Est. Lipari -P. M. Gentile (parz. diff.) -Celona (avv. Scarcel. la) c. Istituto Autonomo per le case popolari della Provincia di Messina (avv. Brancati) -Comune di Messina e Ministero dei LL.PP. (~vv. Stato Giorgio Azzariti). Procedimento civile -Spese giudiziali -Distrazione -Omessa pronunzia -Ricorso per Cassazione -Legittimazione. (c.p.c., artt. 93 e 100). Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Fatti modificativi o estintivi del diritto controverso -Rilevanza. (c.p.c., artt. 384 e 394). Espropriazione per p. u. -Occupazione illegittima ultra biennale Successivo decreto di esproprio -Risarcimento del danno -Criteri. (I. 25 giugno 1865, n. 2359 art. 73). Espropriazione per p. u. -Rapporto espropriativo -Delegazione intersoggettiva -Effetti -Responsabilit� del delegato nei confronti dei terzi -Espropriazione per p. u. -Soggetti del rapporto. (I. 25 giugno 1865, n. 2359). Legittimato a propOTre ricorso pe,r Cassazione avverso la sentenza di appeilo che abbia omesso di pronunziare suiia richiesta di disrtrazione deUe spese a favore del difensore della parte vittoriosa, � soz PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 611 tanto il difensore interessato il quale assume la qualit� di parte per la tutela di un diritto proprio ed autonomo (1). La '.l)reclusione di cui al 3� comma dell'art. 394 c.p.c., per cui dinanz. i al giudice di rinvio non � dato aUe parti di forniulare nuove canclusioni e nuove prove, salvo che tale necessit� non sorrga dalla senternza di Cassazione che abbia dete.rminato un mutamento detla situazione processuale, atti�ne soltanto ai fatti accertati o che� potevano esserlo nel proce.dimento in cui fu pronunziata la sentenza annutlata e che costituisce la premessa necessaria per la pironunzia di diritto. Possono invece farsi valere per la prima voLta nel giudizio di rinvio fatti modificativi o estintivi del �irit.to dedotto in giwdizio, verificatosi in un momento successivo a queUo della possbile lo'l"o atlegazione nel giudizio di appeUo, ma non necessariamente swccessivo anche alla sentenia della Corte di Cassazione, dimanzi a.ira quale non possono invocarsi circostanze nuove rispetto a queUe accertate nelle fasi di merito, n� prodursi documenti oltre i limiti segnati daU'articolo 372 c.p.c. (2). La dete.rminazione del danno conseguente alla iUegititimit� dell'occupazione d�l fondo protrattasi oltre il biennio, pu� essere effettuata dal giudice con varie modalit� di calcolo e tm di esse anche con riferimento al pa.rametro costitwito dalla differenza tra l'ammontare del valo!l'e venale del fondo e dell'indennit� di esproprio (3). Di regola il rapporto di espropriazione si instaura tra il soggetto a cui vantaggio l'espropriazione viene pronunzill.ta e quelio sottoposto al sacrificio della propriet� privata, onde tra di essi sorgono� i conseguenti diritti ed obblighi. NeU'ipotesi tuttavia di c�legazione amministrativa interwggettiva, che comporta deroga alla normale� competenza amministrat.iva (1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass. 25 marzo 1970, n. 809, 6 marzo 1969, n. 724, ecc. La pronunzia di distrazione delle spese � diretta a regolare il rapporto tra difeso e difensore e, seppure impegna il soccombente a prestarvi ossequio, non determina di per s� l'inserimento di un nuovo soggetto nel giudizio; consegue che il difensore della parte vittoriosa in sede di merito, distrattario delle spese, assume la qualit� di parte nel giudizio di Cassazione, soltanto quando sorge specifica controversia sulla distrazione, quando cio� la sentenza impugnata non abbia provveduto sulla relativa istanza o l'abbia respinta oppure quando il ricorso investa specificamente la pronunzia di attribuzione (cfr. Cass., 13 agosto 1964, n. 2318). (2) Cillr. Cass., 27 maggio 1963, n. 1389, in Giur. it., 1963, I, 1392 e sentenze in vario senso ivi richiamate. In dottrina cfr. SATTA, Commentario 1966, pag. 313 e segg. (3) Cfr. Cass. 1 � giugno 1964, n. 1356; 24 gennaio 1962, n. 119, ecc. 612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comsentita preventivamente daUa legge, l'Ente delegato, qwaLoll'a non siasi dis:posito divell'samente con l'atto di confell'imento, � inve'Stito del potere di provvedere in nome proprio, ancorch� nell'interesse del deLegante, rispetto ail'oggetto della defoga ed � il solo responsabile Vel/'SO i terzi degli atti all'uopo posti in essere, a p!l'escindere daLla loll'o incidenza nei rapporti interni tra gli Enti (4). (Omissis). -Col primo mezzo del ricorso principale i ricorrenti denunziano la violazione degli artt. 112 e 93 c.p.c. e lamentano che la Corte del merito abbia omesso di pronunciare sulla richiesta didistrazione delle spese giudiziali anticipate dal difensore. La censura � inammissibile, in quanto sollevata dalle parti sostanziali del giudizio, anzich� dall'avvocato antistatario. Se il giudice d'appello ometta di pronunciare -come nella specie -sulla richiesta di distrazione delle spese a favore del difensore della parte vittoriosa, tale vizio pu� essere fatto valere, in via esclusiva, solo dal difensore interessato, che � l'unico legittimato a proporre ricorso per cassazione, impugnando la sentenza direttamente e personalmente per la tutela di un diritto proprio ed autonomo ed assumendo la qualit� di parte. (Cfr., Cass. 25 marzo 1970, 'n. 809; 6 marzo 1969, n. 724; 2 agosto 1968, n. 2762; 19 ottobre 1967, n. 2544; 19 maggio 1967, n. 26i5). , Non pu� quindi avere ingresso una censura sulla distrazione delle spese proposta dagli attori, anzich� dal difensore. Con il secondo motivo del ricorso principale, i ricorrenti sostengono che i giudici di rinvio avrebbero violato l'art. 394 c.p.c. consentendo la formulazione �di conclusioni diverse da quelle prese nel giu dizio nel quale era stata pronunciata la sentenza cassata, senza che la necessit� della modificazione discendesse dalla precedente sentenza di questa Corte (17 luglio 1965, n. 1558), ma per effetto della sopravvenienza del decreto di espropriazione intervenuto prima ancora che si concludesse la fase processuale del giudizio di cassazione, e quindi suscettibile di essere fatto valere in quella sede. Nello sviluppare la censura si osserva ~he la violazione del �citato art. 394 c.p.c. era gi� stata dedotta davanti al giudice di rinvio il quale; per escluderla, si era richiamato alla decisione di questa Corte 27 maggio 1963, n. 138'9 che, essendo espressione di un orientamento (4) Cass. 21 giugno 1969, n. 2203, in Giust. Civ., 1969, I, 2056; cfr. al-ii� tres� Cass. 17 aprile 1969, n. 1212 ivi, 19:69, I, 989 in cui si evidenzia il f ,,, principio per il quale il delegante � per� passivamente legittimato rela-f tivamente aUe conseguenze degli atti che, malgrado abbia ad altri dele-f gato, ponga direttamente in essere. I. . -� . . I Il ~~~~~~~�~~~J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE tutt'altro che consolidato, dovrebbe formare oggetto di ponderato riesame, perch� basata su una indebita equiparazione del factum S'Wperveniens allo jus superveniens, ed eccessivamente influenzata dalla preoccupazione metagiuridica dei risultati cui condurrebbe il principio del .processo chiuso. La critica dei ricorrenti si articola, quindi, su due piani. Pi� in generale si �Contesta l'esattezza del principio giuridico se condo cui � il fatto costitutivo, impeditivo, od estintivo del diritto, verificatosi successivamente alla sentenza cassata, pu� essere dedotto e provato nel giudizio �di .rinvio �. Specificamente, ed, in linea logicamente subordinata, si sostiene che anche ad ammettere la correttezza giuridica dell'enunciato prin. ci.pio, esso non potrebbe trovare appUcazione nella specie, dato che la sopravvenienza del decreto di espropriazione avrebbe potuto essere allegata e provata � in pendenza del giudizio di cassazione �, mediante produzione, in quella fase, del relativo documento. La doglianza � priva di giuridica consistenza sotto entrambi i profili. Deve anzitutto precisarsi che l'indirizzo giurisprudenziale di cui � espressione la citata sentenza n. 1389 del 1963 (la quale ribadisce due precedenti conformi: 20 maggio 1959, n. 1516 e 18 ottobre 1957, n. 3956) non � stato modificato da successive puntuali decisioni difformi e si sovrappone a quello anteriore (per il quale le decisioni: Cass. 26 febbraio 1958, n. 643; 28 febbraio 1957, n. 716, 7 ottobre 1955, n. 2912). Contro il consapevole, argomentato ed ormai ra�dicato mutamento di giurisprudenza sostanzialmente i ricorrenti non adducono apprezzabili ragioni nuove, limitandosi a contrapporre le due fasi della evoluzione giurisprudenziale, la seconda delle quali implica, ovviamente, il superamento dialettico della prima. E poich� non sono richiamati adesivamente i rilievi della dottrina -che, occupandosi della questione quando il mutamento di giurisprudenza ebbe a verificarsi, senza nascondersi la carica di problematicit� che la vecchia come la nuova soluzione comportava, ha manifestato una certa concordanza nel senso che, mentre non sarebbe ammesso dedurre nel giudizio di rinvio ,fatti costitutivi (.perch� non � possibile provarne l'esistenza con nuovi mezzi istruttori e .perch� non � consentita alcuna nuova attivit� per darne la prova contraria) per quanto riguarda i fatti impeditivi ed estintivi s� dovrebbe ulteriormente distinguere fra quelli che operano ope legis e quelli che operano ope exceptionis per dare ingresso alla allegazione dei primi ed escludere quella dei secondi, -non pare necessario darsi carico delle suddette opinioni per ancorarvi la decisione del caso di specie, 614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risultando appagante, e non scalfita, dalle deduzioni dei Celona, la soluzione accolta dai giudici catanesi sulla scia dello specifico insegnamento di questo Supremo Collegio. Il potere di utilizzare per la decisione i fatti impeditivi o estintivi del diritto dedotto in giudizio verificatisi dopo la pronuncia della sentenza annullata, e quindi di allegarli e di provarli nel giudizio di rinvio � stato fondato da questa Suprema Corte sul rilievo che la preclusione di cui all'art. 394 c.p.c. riguarda solo quei fatti che le parti avrebbero potuto allegare e chiedere di provare nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata e che esse invece in quel procedimento non allegarono, n� chiesero di provare (sentenze n. 3,955 del 1957, 1516 del 1959 e n. 1389 del 1963 cit.). Diversamente opinando si riconoscerebbe all'qccertamento comrpiuto dei fatti non gi� l'efficacia di una mera preclusione processuale, ma l'irrevocabilit� del giudicato con rilevanza giuridica esterna. � esatto che, in linea di principio, davanti al giudice di rinvio le parti devono limitarsi a riproporre la controversia nello ,stato di istruzione anteriore alla sentenza cassata,. non essendo consentita la formulazione di nuove conclusioni e di nuove prove, salvo che la necessit� sorga dalla sentenza �di annullamento che abbia determinato un mutamento della situazione processuale, vigendo cio� il c.d. sistema del processo chiuso, per cui il nuovo giudizio prende esattamente il posto di quello precedente, e le parti sono reintegrate nella posizione processuale che avevano nel giudizio definito con la sentenza cassata. Ma la preclusione presuppone un comportamento negligente in ordine alla asserzione e prova dei fatti posti a �sostegno della pretesa giudiziaria, ed alla individuazione delle posizioni giuridiche soggettive che a determinati fatti, ed a fatti venuti in essere in momento temporalmente idoneo per la deduzione in giudizio, potevano ricollegarsi. Il principio di diritto enunciato dalla cassazione non pu� riguardare, pertanto, che i soli fatti -effettivamente accertati, o che potevano essere accertati nel processo e che costituisc�no le premesse necessarie per la pronuncia sul diritto in contestazione. La proiezione temporale di quel principio di diritto resta do� circoscritta alla situazione di fatto sussistente al momento della decisione e nella misura in cul tale situazione poteva essere prospettata e provata davanti 0al giudice di merito. Alle omissioni di tale attivit� non pu� porsi riparo. Ma laddove la situazione � mutata per il sopravvenire del fatto nuovo nella acce zione di nuove circostanze di fatto, la disciplina �giuridica di tale im mutazione � del tutto analoga a quella che si determinerebbe a seguito della pubblicazione di una disposizione legislativa applicabile alla ma teria del contendere (jus superveniens). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Non si tratta, qui, di porre riparo a una colpevole om1ss10ne ma, fermo restando l'assoluto divieto di attivit� assertiva di fatti non dedotti nella precedente fase del giudizio, si deve saggiare se un troppo spinto formalismo impedisca di ottenere nel corso del giudizfo di rinvio, in armonia con il fondamentale principio della economia processuale, quello stesso risultato utile che altrimenti sarebbe giocoforza rkonoscere aliunde, attraverso il ricorso ad altri istituti processuali, o che addirittura resterebbe definitivamente pregiudkato. In effetti i sostenitori della tesi seguita dai rkorrenti per cui la situazione di fatto sulla quale verte l'esame del giudice di rinvio, e la prospettazione di essa, devono essere quelle gi� sottoposte alla considerazione del giudizio d'appello, senza che abbiano rilevanza le mutazioni di fatto successivamente verificatesi, perch� altrimenti verrebbero a modificarsi la base ed i <presupposti, espressi o impliciti della� sentenza �di annullamento, la quale oirdina il proseguimento del processo, al solo scopo di conseguire la riparazione degli errori 'della sentenza cassata, sono costretti a riconoscere che il concreto regolamento giudiziario delle contrapposte posizioni giuridiche soggettive dedotte in giudizio, non corrispondendo alla situazione di diritto o di fatto riconducibile al fatto sopravvenuto, abbisogna di correttivi, \SI.forzandosi di dimostrare che detti correttivi possono rinve:p.irsi nell'ordinamento, dato che non opererebbe il principio che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile rispetto alla pronuncia emessa in sede di rinvio, senza che il giudke abbia potuto tener conto di quei fatti. � perci� da ritenere che la regola dettata dall'art. 3,94 c.p.c., nel suo formale riferimento al divieto di 'conclusioni nuove, contempli isolo l'ipotesi normale in cui il giudizio di rinvio si presenti nella sua peculiarit� di giudizio chiuso n relazione ad una data stuazione di fatto e normativa immutata ed immutabile rispetto a quella che si sarebbe potuta �e dovuta allegare e provare. Ma come non si dubita che la sopravvenienza del ,diritto imme diatamente applicabile al caso controverso, consenta al giudice �di rin vio di disapplicare il principio �di diritto enunciato dalla cassazione, in quanto non pi� rispondente alla situazione normativa che regge il rapporto giuridico controverso, allo ,stesso risultato deve pervenirsi per la corrispondente ipotesi del factum superveniens modificativo o estintivo del diritto dedotto in giudizio, sussistendo indubbiamente la stessa ratio di mancata corrispondenza fra i limiti che si vorreb bero imporre alla decisione del :giudice di dnvio e l'adeguamento della emananda decisione alla realt� giuridica della bipolarit� delle sue componenti: fatto qualificato dalla norma. Il principio ,di diritto in tanto si regge e pu� mantenere autorit�, in quanto la norma che esso interpreta e -di cui fa applicazione ad una data fattispecie, sia il diritto vigente al tempo della decisione per un 616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinato rapporto giuridico avente in appello stesso tempo determinate connotazioni. E come il mutare del diritto non vincola pi� il giudice di rinvio alla regola del decidere fissata precedentemente dalla Cassazione egualmente il mutare del fatto impedisce che la emananda decisione nasca, per cos� dire, gi� condannata perch�, in ipotesi, non corrispondente alla situazione che dovrebbe concretamente regolare e che non potr� regolare adeguatamente o perch� la sentenza riguarder� una realt� dimidiata o perch� essa stessa � destinata ad essere rimossa. La soluzione della rilevanza del factum superveniens va accolta perci� per la sua rispondenza a principi di evidente economia processuale, e per la manifesta artificiosit�. formalistica dell'opposta tesi. Essa si armonizza con la ratio dello jus superveniens e non contrasta con il nucleo fondamentale della inibizione di ogni nuova attivit� asseriva di fatti non dedotti nella precedente fase del giudizio di appello, che va ricondotta all'onere delle parti di allegare i fatti posti a fondamento della pretesa, giacch� il factum superveniens, proprio perch� sopravvenuto, non aveva potuto essere dedotto nelle .precedenti fasi di merito e la sua mancata allegazione e prova non era imputabile ad una non pi� riparabile negligenza dell'interessato. Le considerazioni fin qui svolte comportano il superamento anche delle specifiche censure dei ricorrenti cirea la pretesa deducibilit� del decreto di espropriazione nel precedente giudizio di cassazione. Il fatto sopravvenuto -come � ovvio ��-pu� essere fatto valere nel giudizio di rinvio solo se venuto in essere in un momento successivo a quello della sua possibile allegazione nel giudizio di appello. Nella specie, la s�ntenza cassata � stata pubblicata il 22 luglio 1963, mentre il decreto di espropriazione porta la data del 25 giugno 1964, ne consegue, con chiara evidenza, che quel fatto non poteva essere dedotto nel giudizio �di appello definito quasi un anno prima. Non reg�ge l'assunto che trattandosi di un fatto che modificava la situazione di diritto delle parti, la deduzione, per essere tempestiva, sarebbe dovuta avvenire davanti alla Cassazione. Tale singolare tesi contrasta �con i .principi che reggono il giudizio di legittimit� davanti a questa Suprema Corte e si fonda sull'erronea equiparazione della proponibilit� di questioni giuridiche nuove e la deducibilit� dello jus superveniens (con riferimento alla verifica della componente normat~va del giudizio reso dai giudici di merito nel presupposto della situazione di fatto da essi accertata) con la allegazione �di fatti giuridici nuovi (suscettibili di incidere sulla consistenza di diritti fatti valere in giudizio) e con la esibizione dei documenti comprovanti l'intervenuta modificazione. La sopravvenuta emanazione di un decreto di espropriazione, modificando i fatti, rendeva applicabili altri principi di diritto, ma davanti alla cassazione, che non � giudice dei fatti, non possono invo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE carsi circostanze nuove e diverse rispetto a quelle accertate nella fase di merito e non possono prodursi documenti oltre i rigorosi limiti segnati dall'art. 372 .c.p.c. (cfr.. Cass. 16 ottobre 1970, n. 20152; 3 dicembre 1970, n. 2530; 4 ottobre 1969, n. 3176 etc.). N� pu� dubitarsi della legittimit� costituzionale della disposizione dell'art. 372 c.p.c. che � stata riconosciuta di sicura conformit� alla Costituzione con sentenza delle Sez. Un., 4 ottobre 1969, n. 3176 la quale ha dichiarato manifestamente infondata la prospettata eccezione r:�!ferita agli artt. 2 e 24 Cost. giu,stifi:candosi la regola dettata dalla norma di sospettata incostituzionalit� alla stregua del carattere di legittimit� (e non di merito) della giurisdizione della Cassazione, cui � demandato il compito di assicurare l'esatta osservanza della legge e di mantenerne l'uniforme interpretazione. Pertanto, e per concludere, la circostanza che il decreto di espropriazione fosse sopravvenuto in pendenza del giudizio di cassazione non aveva alcun particolare rilevanza, essendo esclusivamente determinante la posteriorit� del decreto stesso alla chiusura della fase istruttoria del giudizio di appello (e nella specie, addirittura alla .pubblicazione della sentenza, di appello). Con il terzo mezzo i Celona sostengono che la sopravvenienza del decreto di espropriazione avrebbe potuto determinare soltanto la detrazione dell'importo dei danni gi� accertati e liquidati dall'indennit� di espropriazione. Il mezzo � infondato e va respinto. In effetti la giurisprudenza di questa Suprema Corte, in alcune recenti decisioni, ha affermato che il sopravvenire del decreto di espropriazione in pendenza del giudizio di risarcimento del danno subito dal proprietario rper la perdita dell'immobile, occupato illegittimamente, ma non pi� restituibile .perch� vi insiste l'opera pubblica, non � comporta la necessit� di instaurare un separato giudizio per l'opposizione alla stima in quanto l'originaria azione proposta dal proprietario si converte in detta opposizione (dr. Cass., 15 aprile 1970, n. 1036; 30 dicembre 1968, n. 4086). Ma ci� non significa che l'espropriato non possa scegliere la strada dell'opposizione. � quanto si � verificato nella specie. La Corte di rinvio ne ha dato atto in motivazione, osservando che la determinazione dell'indennit� correlata all'atto legittimo di espropriazione era stata affidata alla procedura specifica prevista dalla legge, scelta dagli stessi interessati (sicch� non rileva l'assolutezza dell'affermazione dei giudici di rinvio, che sembra non tenere conto della evidenziata possibilit� della conversione dell'originaria azione in opposizione alla stima, dato che, quand'anche tale possibilit� fosse stata negata in astratto, non poteva venire in considerazione nella specie in cui gli espropriati avevano seguito l'autonoma via dell'opposizione alla stima). 618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ed essendo rimasto circoscritto il giudizio de quo alla valutazione del danno conseguito all'illegittimit� dell'occupazione .protrattasi oltre il biennio, da compiersi automaticamente, in un momento in cui ancora si ignorava quale sarebbe stata la misura definitiva dell'indennit� di espropriazione, non poteva venire in �considerazione quella modalit� di valutazione del danno suddetto che, fra le varie possibilit� di �Calcolo, � stata ritenuta ,conforme al diritto, consistente qualora il criterio 'seguito sia stato quello del valore reale del bene � nella detrazione della somma liquidata ;per indennit� di espropriazione, mancando per tale somma il fondamento stesso di un danno risarcibile � (cos�: Cass., 24 gennaio 196~, n. 119; 1� giugno ~964, n. 1356; 1� maggio 1969, n. 1578). Del resto tale orientamento giurisprudenziale, contrariamente a quel che sembrano ritenere i ricorrenti, non comporta che il danno da rprotrazione dell'occupazione illegittima debba consistere nella differenza fra valore venale e indennit� definitiva, ma soltanto che possa legittimamente e da date condizioni, essere liquidato secondo quel parametro. Con il quarto mezzo del ricorso i Celona, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2055 e 2043 e.e. e il vizio di motivazione, lamentano che la Corte di merito non abbia dichiarato la responsabilit� solidale dell'Istituto e del Ministero, omettendo addirittura di prendere in considerazione il profilo giuridico della solidariet�. Anche questa censura � infondata. Questa Corte, nella precedente decisione (17 luglio 196'5, n. 1588), accogliendo il ricorso del Ministero dei Lavori Pubblici .per a:vere i giudici di merito fondato la responsabilit� diretta ed esclusiva del Ministero medesimo sul rapporto creatosi con l'Istituto, si � richiamata all'orientamento giurisprudenziale in materia di delegazione amministrativa intersoggettiva �(formatosi proprio su fattispecie riguardanti l'occupazione di immobili di propriet� privata per la costruzione di alloggi ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640 in provincia di Messina) demandando al giudice di rinvio di accertare se il rapporto di occupazione si era stabilito direttamente fra l'Istituto ed il privato, e se, nell'ambito di tale .rapporto, erlimo posti a carico dell'Istituto tutti gli obblighi ai quali, di regola, � soggetto l'occupante, tra cui quello di riconsegnare il bene alla scadenza del biennio qualora nel frattempo non sia stata pronunciata l'occupazione. Fermati i principi alla stregua dei quali, nello schema della delegazione amministratirva, doveva ravvisarsi la responsabilit� del delegato verso terzi e la misura dei suoi obblighi verso il delegante, la Corte, per scrupolo di completezza, ilpotizzava la possibilit� che, esauritosi il rappo�rto di delegazione, con la responsabilit� dell'Istituto delegato verso terzi concorresse eventualmente la responsabilit� del Ministero il quale aveva succe,ssivamente acquisito il possesso del bene e lo deteneva al momento della pro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE nuncia della Corte (e tale detenzione illegittima mantenne fino alla emanazione del decreto di espropriazione avvenuta in data 25 giugno 1964). Il giudice di rinvio alla luce del principio di diritto enunciato dalla Cassazione, circoscritta la materia del �contendere alla individuazione di soggetti (o del soggetto) obbligati al pagamento delle indennit� per l'occupazione (legittima ed illegittima) ed alla determinazione di questa �stante la sopravvenuta emanazione del decreto di espropriazione, ha riconosciuto responsabile l'I.A.C.P. nei confronti del Celona e .ha dichiarato il Ministero tenuto a rivalere l'istituto di quanto avrebbe dovuto corrispondere. Secondo l'accertamento di fatto del giudice di rinvio i decreti prefettizi di autorizzazione all'oocupazione di urgenza furono richiesti dall'Istituto in nome proprio; e sempre in nome proprio esso procedette all'esecuzione dell'opera, alla stregua di una delegazione estesa anche al reperimento od alla presa :di possesso dei terreni. L'I.A.C.P. poteva per� rivalersi nei confronti del Ministero delegante che aveva autorizzato la stipulazione degli a�ppalti di costruzione alle imprese private e, addirittura, la consegna dei lavori senza che esistesse un atto che assicurasse ancora la disponibilit� delle aree (che avrebbe dovuto fornire il Comune di Messina), sicch� l'Ente delegato dovette procurarsele ricorrendo all'espropriazione preceduta dalla dichiarazione di urgenza ed indifferibilit� delle opere, che �consenti di occupare i terreni necessari. In sostanza, per la Corte di rinvio, non si poteva profilare una negligenza dell'Istituto nel portare avanti il procedimento espropriativo, mentre al grave ritardo il Ministero avrebbe potuto ovviare, quale destinatario dell'espropriazione, quanto meno allorch� ottenne dall'I.A.C.P. la consegna degli edifici ultimati. Secondo i ricqrrenti questi accertamenti valorizzati esclusivamente per ricostruire correttamente i rapporti fra delegato e delegante nella dinamica del rapporto di delegazione amministrativa avrebbero dovuto essere portati alle loro coerenti implicazioni sul piano della solidariet� esterna verso i proprietari dei terreni occupati, in base alla chiara indicazione emergente dalla pronuncia di rinvio a questa Corte. Ma nella stessa articolazione della censura di omessa pronunzia si annida l'errore in cui sono incorsi i Celona addebitando ai giudici di rinvio un vizio� in procede7i>do da questi non commesso. � noto che, secondo pacifica giurisprudenza, costituisce vizio di omessa pronuncia la mancanza di decisione su un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni istanza che abbia un contenuto concreto, formulata in una conclusione specifica, sulla quale debba essere emessa pronuncia d'accoglimento o di rigetto (Cass., 951/1958 e molte altre). 1.W.ililmt""��=x� . m@fffi'U"'1""'~�='/,ff41t'�w.&llitJ.t.?='=">�'/." ""<-,::::W':;:.::.;;:::::!.&"'-:>X./.. . '*~;::,,::;;;:r0�:;�:��:<>;�'�=<:.�:=:-J.mm.tf.fl"W.�� .=<�.la=AWaM1a.a1�JM1,.,1:J1118t~i;t~~~a;�ra�,->.~ . , �: < @ fil 620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO % ij ij $�: Il parametro di valutazione del vizio � quindi rappresentato dalle r conclusioni. Nella specie, le conclusioni formulate dai Celona, nel rispetto dell'art. 394 c.p.c. sono state la mera riproposizione di quelle del giudizio d'appello chiuso con la sentenza cassata. Esse ruotavano intorno alla identificazione del soggetto (o dei soggetti) tenuti a rispondere fra quelli che avevano cooperato all'esecuzione dell'opera pubblica. Per tale identificazione la precedente decisione di questa Corte ha indicato lo schema della delegazione amministrativa intersoggettiva. In una situazione di incertezza giurisprudenziale, dato che al-� l'epoca non si era formato e consolidato l'indirizzo della Cassazione, il Tribunale imput� la responsabilit� dell'attivit� di occwpazione illegittima all'Istituto; la Corte d'appello ravvis� la responsabilit� esclusiva del Ministero dei Lavori Pubblici, mentre la sentenza di rinvio ha qualificato il rapporto come deiegazione amministrativa. Tale delegazione costituisce un istituto peculiare del diritto pubblico, che non pu� essere assimilato, senz'altro all'istituto privatistico del mandato con rappresentanza; l'amministrazione delegante non risponde di fronte ai terzi degli atti e dei fatti compiuti nel suo interesse dall'ente delegato al quale spetta ogni potere, e conseguentemente ogni obbligo, in relazione all'attivit� di realizzazione dell'opera, non escluse le occupazioni e le esipmpriaziorii. Mentre di regola, il rapporto di espropriazione si instaura, in modo diretto e immediato, tra il soggetto attivo a vantaggio del quale l'espropriazione viene pronunciata e il soggetto� passivo al quale � imposto il sacrificio della propriet� privata, e diritti ed obblighi derivanti dal rapporto predetto sorgono nei confronti di chi si giova del trasferimento coattivo e di chi ne sopporta il sacrificio, nell'ipotesi della delegazione, che importa una deroga, consentita preventivamente dalla legge, alla norma sulla competenza amministrativa, l'ente delegato, salvo diversa �disposizione dell'atto di conferimento, � investito del potere di provvedere, riospetto all'oggetto della delega, in nome proprio e non in veste �di rappresentante dell'altro soggetto, anche se per conto e nell'interesse di quest'ultimo ed � quindi tenuto a rispondere direttamente, nei confronti dei terzi,. degli atti posti in essere in esecuzione della delega, senza che, in contrario, possano aver rilievo le eventuali ripercussioni degli atti stessi. nell'ambito dei rapporti interni fra ente delegante ed ente delegato (dr. Cass., 11 ottobre 1963, nn. 2710 e 2711; 20 gennaio 1964, n. 128; 13 agosto 1964, n. 2307; 17 luglio 1965, n. 1588; 19 luglio 1965, n. 1608; 28 ottobre 1965, n. 2285;, 25 maggio 1966, n. 807; 19 aprile 1966, n. 960; 3luglio1967, n. 161216; 31gennai�>1968, n. 313; 17 aprile 1969, n. 1212; 21 giugno 1969, n. 2203; 22 ottobre 1969, n. 3452; 22 gennaio 1970, n. 136). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Questo orientamento giurisprudenziale che costituisce, altres�, il principfo di diritto dettato al giudice di rinvio, va apprezzato in quanto risolve in radice il problema della responsabilit� nel senso di attribuire la legittimazione passiva (o meglio, e pi� esattamente, la responsabilit� dell'attivit� compiuta; cfr. Cass., n. 1316 del 1970 cit.), solo al delegato, secondo la misura dei poteri delegat1gli. In applicazione dei principi che regolano la delegazione, quindi, ed in ottemperanza alla concreta regola del decidere, la Corte catanese non era chiamata ad operare una scelta fra alternativit� e solidariet� ma a fissare la estensione della delega ed a valutare le vicende della protrazione dell'occupazione per disporre, nel presupposto che il ritardo non foss.e imputabile all'Istituto, che quest'ultimo potesse rilevarsi nei confronti del Ministero. Il senso della ricostruzione della fattispecie come delegazione amministrativa � proprio questo di affermare la sola responsabilit� del delegante verso i terzi, escludendo quella del delegato, e quella congiunta di delegato e delegante. La giurisprudenza in tali sensi � �costantissima, n� � contraddetta dalla lex speciaLis rappresentata dal principio di diritto che, come si � visto, � perfettamente sulla linea dell'indirizzo univoco dettato per l'ipotesi della delegazione amministrativa intersoggettiva La salvezza della responsabilit� concorrente del Ministero ha un solo possibile senso, nella sua coesistenza logica e topografica, con le enunciazioni sulla portata della delegazione amministrativa; viene contemplata una situazione successiva all'esaurirsi della delega;zione (o quanto meno della fase dell'esteriorizzazione verso terzi del procedimento espropriativo delegato) riconducibile, come tale, ai principi generali della responsabilit� per fatto illecito. Proprio per ci� si parla di responsabilit� concorrente e successiva. Ma anche ad ammettere che la vicenda della delegazione amministrativa possa esaurirsi indipendentemente dall'esaurimento del procedimento espropriativo e che tale scissione comporti l'eventuale assunzione diretta di responsabilit� dell'ex delegante che agisce in prima persona e direttamente si inserisce, con efficacia causale, nella fattispecie generatrice dell'illecito, � di tutta evidenza che le componenti di fatto e di diritto integratrici di tale responsabilit� sono altre e diverse da quelle che sono state ricondotte allo schema qualificante della delegazione amministr;;ij,iva. Basta cio� escludere che nell'ambito di tale qualificazione possano ipotizzarsi verso i terzi congiunte responsabilit� del delegato e del delegante per inferirne, con sicura certezza, che lo spunto offerto dalla precedente sentenza di questa Corte, introducendo una nuova prospettiva postulava un ulteriore titolo di risarcimento, e poteva quindi giustificare una modifica delle conclusioni, oltre l'originaria Al'::mw~;filt#f~jl���l��JJBJJJJJJJJ&�1,;~ . . 622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO impostazione tesa alla individuazione del responsabile (o dei responsabili), nell'ipotesi di �.pi� enti cooperanti all'esecuzione di un'opera insistente su suoli illegittimamente occupati (e per cui vale la risposta di fondo che si ricava dai principi della delegazione). Occorreva, quindi, quantomeno, una domanda specifi:ca che individuasse l'ulteriore titolo di responsabilit�, non potendo la chiesta estensione (contenuta nelle conclusioni di secondo grado) apprezzarsi se non nel collegamento con la fattispecie della delegazione amministrativa che postulava la sola responsabilit� del delegato. Ma una deduzione in tal senso manca assolutamente, ed � radicalmente esclusa proprio perch� i Celona si sono riportati alle conclusioni di appello che la responsabilit� alternativa o solidale faceva discendere sic et sempLiciter dal concorso dell'Istituto e Ministero nella costruzione delle case di cui alla legge n. 640 del 1964. Viene quindi a mancare di base la doglianza di omesso esame (perch� fa difetto una rituale richiesta) ed il rigetto del motivo esonera dal verificarsi se l'ipotesi concessivamente affacciata nella pvecedente decisione �di questa Corte trovasse per� rispondenza negli accertamenti com:piuti dal giudioe di merito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 maggio 1972, n. 1395 -Pres. Stella Richter -Est. Moscone -P. M. Di Majo (parz. diff.) -De Simone (avv. Cervati e Crisafulli) c. Comune di Messina (avv. Roll}ilno), Istituto Autonomo Case Popolari della provincia di Messina (avv. Brancati) e Ministero dei LL. PP. (avv. Stato Azzariti). Amministrazione .dello Stato e degli Enti pubblici -Delegazione amministrativa -Delegazione intersoggettiva -Effetti -Responsabilit� del delegato nei confronti dei terzi. Espropriazione per p. u. -Delegazione amministrativa -Soggetti del rapporto. (I. 25 giugno 1865, n. 2359). Edilizia popolare ed economica -Costruzioni di alloggi a cura della Amministrazione dei LL.PP. -Delega all'I.A.C.P. estesa alla procedura di occupazione ed esproprio dell'area -Obbligo del delegante di anticipazione delle spese per l'eSfcuzione della delega Non sussiste -Responsabilit� dell'I.A.C.P. verso il terzo danneggiato -Diritto di rivalsa nei confronti dell'Ente delegante -Limiti. (I. 9 agosto 1954, n. 640 art. 4). La delegazione� amministrativa costituisce un pecuiiare istituto di diritto pubbLico pel quale, ove l'atto di delega non disponga diversa- Iili ! r ~ii ~~ V PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 623. mente, l'Ente delegato � investito del potere di proV,vedere in nome pl"oprio e no11i in qualit� di rappre�sentante de:l delegante rispetto all'oggetto della delega.. Pertanto � direttame11ite� respomabile nei confronPi dei terzi degli atti posti in e�ssere a tal fine, senza che in co11itrario � abbia ritievo la ripercussiorne degli stessi nell'ambito de1l rapporto interroo tra delegante e ddegato e ia loro incidema nella sfera giuridica del primo (1). Qualo!f'a per l'espletamento della procedura di espropriazione per p.u. vi sia stata delegazione amministrativa intersoggettiva, ii rapporto di espropriazione si imtaura in modo diretto ed immediato tra l'Ente delegato investito del potere di procedere alla espropriazione� (sia pure per conto e neU'interesse di colui a vantaggio del quale l'espropriazione viene pronunziata) ed il soggetto passivo cui viene imposto il sacrificio della propriet� pTivata (2). ALla delegazione amministrativa non si applicano, indiscriminatamente, i principi di diritto pTivato che reyoLano il mandato�: pertanto, mentre incombe al delegante di Timbo!J'sare il delegato delle spese sostenute per l'e�secuzione deLia dele,ga, tranne quelle che abbiano avuto causa da un illecito del delegato al quale sia rimasto estraneo il delegante, non sussiste invece alcun obbligo per quest'ultimo di anticipa.re le spese medesime. In conseguenza se per tale omessa am,ticipazione l'Ente� de�legato abbia Titardato nel perfezionare la procedura di e�spr�oprio�. delegatagli, non ha diritto ad essere rivalso dal delegante, di qua11ito debba corrispondere al terzo propTietario per risarcirlo del danno arrecatogli (3)� (1) Cfr. Cass., 28 ottobre 1965, n. 2285, in questa Rassegna, 1965, I, 1193 con nota di riferimento. In tema di concorso di enti pubblici nella realizzazione dell'opera cfr. Cass. 31 gennaio 1968, n. 313, in questa Rassegna, 1968, I, 419 . . In dottrina cfr. F. SATTA, Concorso dello Stato nella costruzione di opere pubbliche: �delegazione di poteri� e ripartizione di responsabilit�, in Foro it., 1968, I, 1566. (2) Cfr. Cass. 21 giugno 1969, n. 2203, in Giust. Civ., 1969, I, 2056 e sentenze ivi richiamate. (3) Con la sentenza in rassegna, di indubbio rilievo le S.U. della Corte di Cassazione, rettificando il precedente indirizzo giurisprudenziale -cfr. Cass., 1965, n. 2285 cit. -puntualizzano che in caso di delegazione amministrativa intersoggettiva, l'Ente delegante non �, per il fatto stesso della delega, responsabile nei confronti dei terzi danneggiati dall'Hlegittimo esercizio dell'attivit� delegata e che l'obbligo di rimborsare, e non di anticipare al de~egato le spese occorse per l'esecuzione della delega, non si estende a quelle che abbiano avuto causa da un illecito di costui al quale sia rimasto estraneo il delegante. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 624 (Omissis). -Delle doglianze ora riferite sono palesemente infondate quella dell'IACP e quella del De Simone. L'assunto dell'Istituto riceve infatti una netta smentita dalla motivazione della sentenza, la quale, dopo avere premesso che la legg,e 9 agosto 1954, n. 640 attribuisce in via astratta al Ministero dei LL.PP. il potere di delegare le proprie attribuzioni. e le relative incombenze agli Istituti delle Case popolari e dopo avere rammentato, con richiamo ai .principi afferml:\,ti da questa Suprema Corte in tema di delegazione amministrativa, che �di regola e salvo che l'atto di conferimento non disponga altrimenti, il delegato � investito del potere di provvedere, rispetto all'oggetto della delega, in nome proprio e non in veste di rappresentante del soggetto delegante, anche se agisce per conto e nell'interesse di quest'ultimo �, si � dato carico di procedere ad una indagine circa il contenuto e l'estensione della delega conferita nella s,pecie dal Ministero all'IACP di Messina � al fine di accertare �se l'attivit� dell'ente avesse o meno esorbitato dai limiti �ad essa imposti �. Ed; avendo -con giudizio di fatto insindacabile in questa sede accertato che la delega in questione si estendeva alla procedura di occupazione e di ,espropriazione e che l'Istituto medesimo, nel procedere alla occupazione del terreno del De Simone, aveva agito appunto nella veste di delegato del Ministero dei LL.PP. (cfr.: copia in atti della sentenza impugnata, pagg. 11, 13 e 14) a buon diritto ne ha tratto la conseguenza che l'Ente medesimo dovesse essere tenuto a rispondere direttamente nei confronti dei terzi, della indennit� e dei danni in questione. Orbene, una volta accertato che alla esprorpriazfone aveva proceduto, per delega del Ministro dei LL.PP. l'Istituto delle Case popolari, a legittimare passivamente anche il Comune nei confronti delle domande del De Simone non poteva reputarsi sufficiente la circostanza che detto Comune, con due d~libere si fosse impegnato ad acquistare le aree ed a finanziare le espropriazioni. Invero, codesti impegni -dei quali peraltro il Comune ha sempre contestato l'assunzione -avrebbero potuto, caso mai, esercit'ii.re una efficacia solo interna, vale a dire nei confronti dell'Istituto delegato e del Ministero delegante, non anche nei confronti del terzo (espropriato), posto che, in caso di delegazione amministrativa, il rapporto di espropriazione si instaura in modo diretto ed imm�diato fra l'ente delegato investito del potere di procedere alla espropriazione (sia pure per conto e nell'interesse di colui a vantaggio del quale l'espropriazione viene pronunciata) ed il soggetto passivo al quale viene imposto il sacrificio della propriet� privata. Diverso e pi� favorevole giudizio deve invece essere espresso in ordine alle censure formulate con i due motivi dianzi accennati (se PARTI! I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE eondo del ricorso incidentale e primo del ricorso incidentale successivo) dal Ministero dei LL.PP. Invero, dopo aver iposto in luce, conformandosi ad un indirizzo ormai consoltdato della giurisprudenza di questa S.C. in materia, che -come si � gi� riferito -di regola e salivo che l'atto-di conferimento (scil.: della delega) non disponga altrimenti, l'Istituto � investito del potere di pvovvedere in nome proprio, rispetto all'oggetto della delega, e non in qualit� di rappresentante del delegante anche se agisce per conto e nell'interesse di quest'ultimo, traendone la conseguenza -coerente con tale premessa -� che l'ente delegato � direttamente responsabile nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere in esecu: ziorie della deleg�a, senza _che in contrario possano aveve rilievo le eventuali ripercussioni degli stessi nell'ambito del rapporto interno :fra delegante e delegato e la loro incidenza nella sfera giuridica del primo �, la Corte del merito no-n fornisce una spiegazione appagante alla proposizione con la quale, subito dopo, pronuncia la responsabilit� diretta (e solidale con quella dell'Istituto), sempre nei confronti del terzo, anche del Ministero dei LL.PP.: a tanto non potendosi reputare sufficiente il semplice fatto che l'occupazione fosse stata voluta e :soHecitata da detto Ministero per l'attuazione del programma di costruzioni previsto dalla citata legge n. 640 del 1954, sia pevch� l'eserdzio di una tale attivit� non esovbita affatto da quelle funzioni di I contro.ilo che -per costante giurisprudenza di questo stesso S.C. : spettano per sempre al delegato rispetto agli atti di esecuzione della delega anche quando questa, per il suo carattere intersoggettivo ponga il delegato nella stessa posizione del delegante (Cass., 22 ottobre 1969); .sia perch�, nella sua stessa laconicit� e genericit�, la giustificazione riferita non offre neppure motivo a sospettare che una tale esorbitanza si fosse comunque concretamente verificata. Correlato col precedente, sebbene da esso distinto, � poi il .problema relativo alla distribuzione della responsabilit� nell'ambito del :rapporto interno fra soggetto delegante e soggetto delegato. Criterio, direttivo, in argomento, � quello -desumibile dall'articolo 4 della legge 9 aprile 1954, n. 640 non meno che dai principi ,generali in materia di delegazione amministrativa -secondo cui, se � obbligo del delegante quello di rimborsare al delegato le spese occorse per la esecuzione della delega, quest'obbligo non si estende tuttavia a quelle spese che abbiano causa in un illecito del delegato, a .meno che -beninteso -non siavi stato concorso del primo nell'illecito commesso dal secondo (nei rapporti esterni) o che l'illecito commesso da quest'ultimo sia dipeso da un comportamento illecito del :primo (nei rapporti interni). Orbene, a ragione il Ministero dei LL.PP., col terzo motivo del suo ricorso incidentale (ribadito dal secondo motivo di quello incidentale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 626 successivo) -denunziando violazi�ne e falsa applicazione dell'art. 4 della citata legge n. 640 del 1954 e degli artt. 1710 e 1720 e.e., nonch� violazione dei principi generali in materia di delegazione e contraddittoriet� di motivazione -si duole della soluzione che ad un tale problema ha dato nella specie la Corte del merito quando -sul riflesso che se all'occupazione non era seguita nei termini, da parte dell'Istituto, la regolare espropriazione del terreno, ci� era dipeso unicamente dal fatto che, n� il Ministero, n� il Comune di Messina avevano corrisposto all'Istituto le relative indennit� -ha condannato il Ministero a rivalere l'IACP delle somme che questi era tenuto, a seguito della propria condanna, a .pagare al terzo (De Simone). Escluso infatti -per le ragioni che si sono esposte in relazione alla questione .precedentemente trattata -un concorso del Ministero nello illecito di .cui l'Istituto si era reso responsabile di fronte ai terzi, la rivalsa in tale modo concessa -relativamente almeno ai danni per il periodo di occupazione �llegittima -postula evidentemente a sua �giustificazione un comportamen~o di inadempienza del Ministero rispetto ad un obbligo (interno) che non � gi� quello di rimbo!l'sare al delegato le spese per la esecuzione della delega (previsto dall'art. 4 della legge n. 640 del 1954), bensi quello di anticipare al delegato le spese medesime: obbligo la cui esistenza, ancorch� implicitamente affermata, non risulta peraltro minimamente giustificata con riferimento al regime ed ai principi propri della delegazione amministrativa, in ordine alla quale questa Suprema Corte ha anzi ripetutamente avuto occasione di avvertire -fra l'altro -come essa costituisca un Istituto peculiare del diritto pubblico che non � senz'altro assimilabile ai mandato per cui non possono ad esso indiscriminatamente applicare i principi privatistid propri di quest'ultimo (Cass. 17 luglio 1955, n. 2588; Id., 22 ottobre 1969, n. 3452; Id., 21 giugno 1969, n. 2203). Nei limiti, pertanto, di quanto ora rilevato, i motivi di cui si tratta debbono essere accolti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1483 -P1�es. Stella Richter -Est. Brancaccio -P. M. Trotta (conf.) -Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato Barsi) c. Ladisa Angela (avv. Fornario e Cornei). Espropriazione per p. u. -Modifiche nella realizzazione dell'opera pubblica prevista -Parziale utilizzazione del fondo espropriato Retrocessione -Disciplina. (1. 25 giugno 1865, n. 2359 artt. 60, 61, 63). La reflrocessione dei beni esprop1-iati nelle ipotesi previste daUa legge 25 giugno 1865, n. 2359 ripo�s.a su cause distinte: nena previsione PARTE I, ,SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 627 degli artt. 60 e 61 questa si identifica nella constatata omeS1Sa utiiizzaziO'lie deL fO'lido o di parte di esso�, per l'oper.a pubblica realizzata in tutto. od anche in parte, qualora �corrispofl1;da allo sicopo di pubblica utilit� giustificativo della relativa dichiarazione (1). In quella invece di cui al successivo art. 63, nelia mancata ese�cuzione, nei previsti termini, dell'opera pubblica ovvero nella sua incompleta realizzazione, ove nO'li sia utilizzabile per la specifica finalit� posta a base� della dichiarazione di p�u. (,20. (Omissis). -Con l'unko mezzo del ricorso l'Amministq1zione delle Fe-rrovie dello Stato denuncia � violazione e falsa applicazione degli artt. 12 delle preleggi e 60, 61 e 63 della legge organica sulle espropriazioni ., � violazione dei principi generali dell'ordinamento sull'interpretazione delle leggi e sull'istituto della retrocessione �, � in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. �; � conseguente violazione dell'art. 2 della legge 30 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione all'articolo 360 nn. 1 e 5 c.p.c. �. Specificamente l'Amministrazione assume che la sentenza impugnata abbia errato nell'includere concettualmente nel tipo di retrocessione contemplato � dall'art. 63 anche il caso in cui una parte de�ll'opera pubblica, prevista nel piano particolare�ggiato, sia rimasta non realizzata ., in quanto in tal modo avrebbe limitato � la portata comprensiva degli artt. 60 e 61 alla sola ipotesi del relitto sopravanzato alla integrale realizzazione dell'opera pubblica secondo il piano particolareggiato �. Tale limitazione sarebbe in aperto contrasto col testo dell'art. 60, che si riferirebbe proprio all'ipotesi in cui la � .preveduta destinazione 0 risulti non attuata in parte ad avvenuta esecuzione dell'opera. L'errore della Corte di merito avrebbe avuto come conseguenza l'inserimento del caso di specie negli schemi dell'art. 63 e non degli artt. 60 e 61; ora, poich� la Ladisa non avrebbe seguito la procedura prevista da queste ultime norme, ingiustamente le sarebbe stata riconosciuta una posizione di �diritto soggettivo. La censura � sostanzialmente fondata. La sentenza impugnata ha accertato in fatto -con apprezza menti che non formano oggetto di contrasto fra le parti -che dal piano parcellare .predisposto ai fini dell'esproprio risulta che suoli (1-2) La se!!11Jem.za in rassegna va sottoiliilieata per ave!I'e u:IiteriormJetlllte pumituaildzzato, elabwandolli, li concetti che 'V'a1gono aid ;Ldentidioo.re \l.'i.IS'lituto della retrocessione nelle distinte ~potesi previste dalla 1. 1865, n. 2359. La precedente sentenza delle S.U., 4 marzo 1966, n. 634, richiamata in motivazione, � riportata in questa Rassegna, 1966, I, 1235 con nota; cfr. al tr.esl S.U. 27 giugno 1967, n. 2062, ivi 1968, I, 963; Cass., 7 maggio 1965, n. 836, in Giust. Civ., 1965, I, 1318; S.U., 2 febbraio 1963, n. 183, ivi 1963, I, 259; 24 marzo 1959, n. 918, in Giur. it., 1960, I, 1, 462, ecc. 628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO appartenenti a diversi .proprietari ed estesi complessivamente per mq. 5.329,97, fra i quali ve ne era uno della estensione di mq. 2.487,36 di propriet� della Ladisa, erano stati destinati � a sede stabile del fabbricato alloggi e sue d1pendenze � per ferrovieri; che in realt� per la costruzione di questi alloggi fu utilizzata, per effetto di una riduzione del progetto originario, solo una parte delle aree espropriate ed in particolare, per quanto riguardava l'area gi� della Ladisa, furono impegnati soltanto mq. 617,36 di essa, mentre i restanti mq. 1.870 non furono occupati con opera alcuna. Ci� posto in fatto, non appare dubitabile che la pretesa della La.disa alla retrocessione della porzione di area rimasta libera trovi fondamento negli artt. 60 e 61 della legge sulle espropriazioni per pubblica utilit� e non lo possa invece, come ritenuto dalla Corte di merito, trovare nel suc,cessivo art. 63. I giudici di appello hanno creduto di giustificare il loro conrvincimento col richiamo alla giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, giurisprudenza secondo la quale la differenza fra l'ipotesi di retrocessione ex artt. 60 e 61 e quella ex art. 63 va ricercata nella diversa causa di inutilizzabilit� dell'area residua, costituita nella prima dalla constatazione successiva all'esecuzione dell'opera che un fondo o una parte di esso non siano pi� necessari per la realizzazione dell'opera stessa, nella seconda della mancata esecuzione di questa o dalla sua esecuzione incompleta nei termini prestabiliti a norma dell'art. 13 della stessa legge del 1865, situazioni entrambe che determinano la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� e la conseguente impossibilit� di fruizione dell'area (cfr. Cass. Sez. Un. 4 marzo 1966, n. 634 e 21 giugno 1968, n. 20�62); questa differenza � stata da loro illustrata con argomenti testuali desunti dalle norme che venivano in discussione, argomenti consistenti essenzialmente nel rilevare che l'art. 60 si riferirebbe letteralmente con l'espressione �dopo l'esecuzione di un'opera di .pubblica utilit� � alla situazione successiva al completamento di questa, l'art. 61 contemplerebbe formalit� condizionanti il riconoscimento del diritto alla retrocessione, le quali sarebbero significative della possibilit� di qualificare l'area residua come relitto, e questa qualificazione presupporrebbe il detto completamento; l'art. 63 per il suo �collegamento con l'art. 13 indicherebbe che, esso trovi applicazione sempre quando si verifichi la decadenza prevista dalla seconda disposizione, decadenza �che sussisterebbe in ogni caso allorch� l'opera progettata non sia stata portata a compimento nei termini prestabiliti. Alla stregua di questa interpretazione della legge, � parso loro sufficiente .prendere atto che l'opera pubblica fosse stata realizzata solo parzialmente per poter accogliere la domanda della Ladisa. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Il criterio di discriminazione fra le due ipotesi di retrocessione, individuato da questa Suprema Corte, � indubbiamente esatto; ma necessita di un ulteriore approfondimento , e chiarificazione per consentire un soddisfacente inquadramento del caso di specie; e l'indagine in questa direzione rivela che la Corte di appello ha erroneamente interpretato ed applicato la legge. La corretta interpretazione delle norme in discussione, considerate, oltre che nella loro lettera e nella loro ratio, nel sistema legislativo di cui sono parte, conduce ad affermare, da un canto, che modifiche del progetto originario, che si risolvano in una parziale esecuzione dell'opera pubblica, diano luogo ad una situazione constatabile successivamente alla esecuzione stessa, situazione a cui si ricollega l'inutilizzabilit� dell'area residua, dall'altro, e conseguentemente, che non in ogni caso di esecuzione incompleta dell'opera nei termini prestabiliti si abbia decadenza dalla dichiarazione di pubblica utilit� e impossibilit� giuridica di utilzzazione dell'area. L'art. 60, quando ipotizza che dopo l'esecuzione di un'opera pubblica � quakhe fondo a tJal fine acquistato non ricevette in tutto o in parte la preceduta destinazione �, espressamente, se non esplicitamente, ammette che il progetto odginario dell'opera possa, in epoca successiva non solo alla dichiarazione di pubblica utilit�, ma anche all'espropriazione, subire modifiche tali che per la sua realizzazione non siano pi� necessari una parte di un fondo oppure un intero fondo oggetto dell'espropriazione stessa. Del resto la libert� dell'espropriante di apportare modifiche al progetto originario non pu� non essere ritenuto un principio del sistema,�principio che -prima ancora che trovare la sua fonte normativa nell'art. 3 della legge generale sulle espropriazioni, il quale, richiede all'espropriante, per ottenere la dichiarazione di pubblica utilit�, soltanto un piano di massima contenente � la descrizione dell'insieme delle opere ., epper� per definizione generico e quindi aperto ed ampie possibilit� di mutamenti, in sede di precisazioni ulteriori -, corrisponde ad ovvie esigenze tecniche e giuridiche, rappresentate dalla considerazione adeguata da assegnarsi rispettivamente alla fluidit� che caratterizza il processo di progettazione di un'opera e alla opportunit� di non vincolare l'interesse dell'espropriante alle modalit� di esecuzione dell'opera stessa in un momento iniziale, con un formalismo inutile, perch� non correlato ad un interesse effettivo del soggetto passivo dell'espropriazione. Peraltro l'ammissibilit� di modifiche non � indiscriminata, perch� occorre pur sempre che l'opera pubblica realizzata sia utilizzabile per la finalit� specifica di interesse pubblico per la quale intervenne la dichiarazione di pubblica utilit�: questo limite � un requisito indispensabile pevch� acquisti significato giuridico positivo la dichiara 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di pubblica utilit�, che, come � noto, condiziona l'esistenza del potere espropriativo, .e pu� considerarsi sufficiente a tutelare il diritto di propriet� da ingerenze arbitrarie della Pubblica Amministrazione. Le modifiche consentite possono riguardare caratteristiche dell'opera sia qualitative che quantitative: non vi sarebbe ragione, invero, per ritenere legittime le prime e non le seconde, se ci� che importa � il rispetto della finalit� pubbUca originaria e se codesto rispetto pu� aversi in entrambi i casi. Le modifiche delle caratteristiche quantitative dell'opera prevista si risolvono nella sua realizzazione parziale; onde quando si afferma che l'art. 60 riguarda anche questo tipo di modifiche, da una parte si smentisce che l'espressione in esso contenuta �dopo l'esecuzione di un'opera di pubblica utilit� � stia ad indicare la necessit� che questa sia stata completata conformemente alla sua progettazione originaria e non possa, invece, essere stata solo parzialmente realizzata, dall'altra si offre un argomento gi� di per s� decisivo per ritenere che la realizzazione parziale dell.'opera pubblica � condizione necessaria e sufficiente perch� possa apprezzarsi l'utilizzabilit� dell'area residua agli effetti del diritto alla retrocessione. La rilevanza che cosi si assegna alla realizzazione parziale consente anche di svalutare l'argomento che in favore della te�si opposta si vorrebbe desumere dall'art. 61: anche nei riguardi della opera pubblica eseguita solo in parte l'area residua pu� configurarsi come relitto. Relitto, �, infatti, il bene che sopravanza dopo che sia stata costruita la opera pubblica e di cui sia riconosciuto dalla Pubblica Amministrazione con apprezzamento discrezioifu.le la mancanza di una qualsiasi funzione per il rnggiungimento della finalit� dell'opera: una volta assimilata l'opera eseguita parzialmente a quella eseguita completamente, come qui si sostiene, non vi � motivo per distinguere il trattamento giuridico del bene che sopravvanza, e, nell'un caso come nell'altro, si pone la esigenza che la Pubblica Amministrazione ne valuti l'utilit� rispetto all'opera e, nella ipotesi negativa, �si ha la sua qualificazione come relitto. L'art. 63, rettamente inteso, esclude che, quando l'opera sia stata parzialmente eseguita e sia corrispondente alla finalit� originariamente prevtsta, si v-erif�chi la decadenza della �dichiarnzione di pubblica utilit� e la �Conseguente impossibilit� giuricUca di utilizzazione della area. L'opera non eseguita nei termini, secondo la lettera e lo spirito della norma, � quella che rimanga allo stato di progetto o venga arrestata nella fase di realizzazione ad uno stadio che la renda insuscettibile di consentire il conseguimento della pubblica finalit� dichiarata, di talch� ne risulti caducata la causa che giustific� il sacrificio del diritto di propriet� sul fondo; ma questa non � la situazione dell'opera non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 631 completata in conformit� del progetto originario, .perch� tale opera conserva la sua funzione rispetto al fine di pubb]jco interesse perseguito e pertanto permane la giustificazione del sacrtficio del diritto di propriet�. Da quanto fin qui rilevato la differenza fra le due ipotesi di retrocessione appare chiarita nel senso che, mentre resta fermo il principio della rilevanza della diversit� della causa della inutilizzabilit� dell'area residua, la causa che caratterizza l'ipotesi di cui agli artt. 60 e 61 ricorre anche quando l'opera pubblica sia stata realizzata solo in parte, purch� essa corrisponde allo scopo di pubblica utilit� giustificativo dell'originaria relativa dichiarazione qualificante l'opera e correlativamente la causa di quella di cui all'art. 63 non comprende questo caso di mancato completamento della opera nei termini prestabiliti. In base a questa premessa sul significato delle norme sulla retrocessione, risulta evidente come la situazione di specie rientri nell'ambito di applicazione degli artt. 60 e 61; in quanto la costruzione del fabbricato per cui fu espropriato il fondo della Ladisa, anche se non fu completata secondo l'originaria .previsione del piano parcellare, � pacificamente conforme allo s;copo pubblicistico che 1giustific� la dichiarazione di pubblica utilit�, cio� quello di fornire alloggi a ferrovieri, e codesto scopo ha �consentito di ra.ggiungere. Poich� nella ipotesi prevista da queste norme al proprietario soggetto passivo dell'espropriazione non compete una posizione di diritto soggettivo ai fini della retrocessione del relitto anteriormente alla pronuncia della competente autorit� amministrativa che riconosca l'irrilevanza dei beni residui relativamente all'opera eseguita (cfr. Cass. S.u. 20 maggio 1969, n. 1757), pronuncia �che va emessa col rigoroso rispetto delle formalit� di cui all'art. 61 (cfr. Cass. S.u. 4 marzo 19616, n. 634) e che non rpu� essere sostituita da un accertamento dell'autorit� giudiziaria ordinaria (cfr. Cass. S.u. 6 aprile 1971, n. 1018), la domanda della Ladisa rivolta ad ottenere la retrocessione dell'area residua del fondo a lei espropriato, essendo stata avanzata senza avere esperito la prescritta procedura amministrativa di cui al suddetto articolo 61, risulta allo stato improponibile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1972, n. 1'576 -Pres. Caporaso -Est. Virgilio -P. M. Miliotti (conf.) -Cavaceppi (avv. Fid�nzio e Gaeta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cerocchi). Concessioni amministrative -�Permesso� di estrazione di materiali dal letto dei fiumi -Convenzione attuativa -Concessione contratto. (r.d. 25 luglio 1904, n. 523 art. 97). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 632 Concessioni amministrative -Clausole -Incidenza sul contenuto dell'atto -Apprezzamento di fatto. Il � permesso � di estrarre sabbia, ghiaia o aitro ma.teriale da fiumi, torrenti e canali pubblici, dis.cipLinato dall'art. 97 r.d. 25 luglio 1904, n. 523 -t.u. delle disposizioni intorno aUe opere idratlkLiche, realizza una concessione amministrativa in favor�e del privato di wsare dei beni demaniali e dei loro frutti ed accessori, alla qua.le accede il negozi� tra le parti per determinare le modalit� di sfruttamento ed ogni aitra clausola riteinuta necessaria (concessio%e -corntratto). L'accertamento delL'incidenza di una determinata clausola d.ella concessione sul conten'UJto essenziale delL'a,tto, costituisce un appre�zzamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimit� ove sia sorre-tt� da ade�guata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e faJ:sa applicazione degli artt. 820, 822, 826, 828, 829, 831, 1323, 1325, 1453, 1470, 1472, 1476 e.e.; 97 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 sulle opere idrauliche; 1 e 19 del t.u. n. 959 del 1913 sulla navigazione interna e sulla fluitazione, in relazfone agli artt. 113 e 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per avere erroneamente la Corte del merito ravvisato nell'atto intervenuto tra le parti in data 8 aprile 1957 una concessione amministrativa avente per oggetto l'utilizzazione di un bene demaniale (alveo del fiume Tevere). Sostiene in particolare il ricorrente che la sabbia e la ghiaia (la cui estrazione gli era stata consentita con l'atto indicato) non sono beni demaniali, ma beni mobili disponibili, per cui il rapporto avrebbe dovuto essere inquadrato nello schema della compravendita. La censura non ha fondamento. (1) La decisione 24 gennaio 1967, n. 214 delle SS.uu., richiamata in motivazione, si legge in �questa Rassegna, 1967, I, 58, con nota cui si rinvia. Pacifico � altresi il principio peT il quale nelle concessioni-conrtratto, all'atto unilaterale ed autoritativo dell'Amministrazione, con cui essa accerta la rispondenza della concessione al pubblico interesse, si accompagna, conservando autonomia funzionale coordinata all'assolvimento dell'unica complessa funzione fondamentale, il negozio cui partecipa il concessionario e con il quale viene data concreta attuazione all'atto deliberativo, mediante la fissazione dei rispettivi diritti ed obblighi e di ogni altra modalit� ckca l'uso del bene e lo svolgimento del servizio, cfr. Cass., 21 luglio 1967, n. 1894; S.u., 10 giugno 1968, n. 1770, ecc.). Circa la possibilit� di conglobare inun solo documento con l'atto autoritativo di concessione la conv�enzione relativa alla determinazione dei diritti, obblighi e modalit� di concessione, cfr. S.u., 25 maggio 1968, n. 1604. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE La questione circa la natura giuridica dell'atto con il quale la pubblica amministrazione rilascia al privato il � permesso � di estrazione previsto dall'art. 97 del testo unico delle leggi sulle opere idrauUche approvato con r.d. 25 luglio 1904, n. 523, � stata gi� specificamente esaminata da questa Corte Suprema, la quale -pronunciando a Sezioni Unite (sent. n. 214 del 24 gennaio 1967) -ha ritenuto che nei casi del genere ricorre .$'ipotesi della concessione amministrativa. � stato al riguardo rilevato che con il termine � permesso �, di carattere generico, la pubblica amministrazione consente in sostanza al privato di usare della sabbia e della ghiaia dei fiumi, e cio� di usare di beni demaniali o dei frutti ed accessori di essi, stabilendo poi con la parte attuativa della concessione (che, pertanto, rientra nel genus delle concessioni-contratto) le modalit� dello sfruttamento ed ogni altra clausola ritenuta necessaria. Poich� la fattispecie in esame corrisponde esattamente a quella decisa �con la menzionata sentenza, e non essendo state, peraltro, addotte valide ragioni per contestare l'esattezza del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il primo motivo di ricorso deve considerarsi infondato. Con il secondo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione degli stessi articoli, nonch� degli artt. 132:i, 1453 e 1458 e.e., e si sostiene che la convenzione attuativa del provvedimento di concessione, avendo ad oggetto� beni disponibili, doveva qualificarsi come compravendita e, in quanto tale, soggetta al regime privatistico di questa. La infondatezza di tale censura dipende da quanto si � sopra rile vato a proposito dell'esame del primo motivo. Una volta stabilito che nella specie trattasi di concessione-con tratto, non pu� ovviamente pervenirsi alla conclusione che la con venzione attuativa della concessione stessa abbia assunto, rispetto al contenuto dell'atto autoritativo, una configurazione diversa e con trastante. � certamente esatto che la cosiddetta convenzione attuativa � sog �getta al regime privatistico per quanto concerne i diritti e gli obblighi derivanti alle parti dalla concessione; ma ci� non significa che L'auto nomia di cui gode, in tali limiti, la parte contrattuale dell'atto rpossa giungere al punto da snaturare quelli che sono i termini del rapporto costituito con la concessione. Non pu�, pertanto, da un verso affermarsi che con l'atto autori tativo l'amministrazione abbia inteso dar vita ad una concessione, e dall'altro ritenere che, nella convenzione accessiva volta a discipli nare il rapporto, abbia invece voluto addivenire ad un negozio di diritto privato in relazione allo stesso oggetto. 634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con il terzo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 1472, 1325, 1343 e 1382 e seguenti e.e., nonch� del r.d. 14 aprile 1910, n. 639; e si deduce in particolare: a) l'illegittimit� dell'ingiunzione fiscale, intimata per una ;pretesa che .presupponeva la previa declaratoria di risoluzione del contratto da parte dell'autorit� giudiziaria; b) l'insussistenza del danno, essendo la sabbia e la ghiaia non estratte rimaste al demanio e da qussto alienate successivamente a terzi; e). la illegittimit� della clausola contrattuale, secondo la quale l'amministrazione avrebbe potuto pretendere il corrispettivo per il materiale non estratto. Anche tali ulteriori profili di censura sono infondati. La pretesa illegittimit� dell'ingiunzione fiscale � dal ricorrente riferita sempre al medesimo presupposto; e cio� che si trattasse di un contratto di compravendita di beni disponibili e non �di una �concessione- contratto. Ne consegue che, non venendo in discussione alcun inadempimento dell'amministrazione in ordine agli obblighi che ad essa derivavano dal rapporto (che si concretavano nel consentire al ricorrente di avvalersi del permesso di estrazione), legittimamente l'Ufficio del demanio di Roma i~tim� ingiunzione per i canoni relativi agli anni 1957 e 1958. Neppure ha fondamento la doglianza relativa all'insussi�stenza del danno dell'amministrazione per mancata estrazione della sabbia da parte del Cavaceppi, in quanto -come esattamente hanno rilevato i giudici d'appello -nell'atto di concessione era specificamente stabilito (art. 10) che il canone doveva essere corrisposto in ogni caso, indipendentemente dalla effettiva estrazione del materiale da parte del �concessionario. Quanto, infine, alla illegittimit� della clausola secondo cui il Cavaceppi si obbltgava al pagamento anche se i materiali contemplati per ogni singolo anno non fossero stati estratti, va osservato che il giudizio emesso su tale .punto dalla Corte del merito, che appare correttamente motivato, � incensurabile in questa sede, avendo la Corte stessa spiegato"le ragioni per le quali doveva non solo escludersi che si t:r~attasse di clausola penale, ma altresi ritenersi che con la pattuizione in esame l'amministrazione volle assicurarsi in ogni caso l'entrata prevista dalla concessione -contratto, cautelandosi di fronte ad ogni mutevole comportamento del concessionario. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema (SS.UU., 31 luglio 1964, n. 2206) l'accertamento della incidenza di una determinata -clausola di una concessione sul contenuto essenziale dell'atto costituisce apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimit� se congruamente motivato. -(Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 635 CO.RTE DI APPELLO DI MILANO, Sez. I, 17 marzo 1'972 -Pres. Trimarchi -Est. Bugg� -Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato Zecca) c. Soldaini (avv. Ferrari). Responsabilit� civile -Amministrazione delle F.S. -Esercizio' ferro viario -Presunzione di responsabilit� per l'esercizio di attivit� pericolosa -Inapplicabilit�. (c. civ., art. 2050). Responsabilit� civile -Attivit� pericolosa -Colpa del danneggiato Rilevanza -Interruzione del rapporto causale -Estremi. (c. civ., art. 2050; c. pen., artt. 40, 41). La presunzione di colpa per i damni cagionati a terzi, prevista dall'art. 2050 e.e. verso chi ese.rcita un'attivitd perico,zosa, � inappLicabile nei confronti deLla Pubblica Amministrazione per l'attivit� �eia essa svolta in vista del soddisfacimento� di un pubbLico interesse (fattispede .in tema di esercizio ferroviario) (1). In base ai principi della caus.alit� giuridica che regoLano la responsabilit� aquiliana, non sussiste responsabilit� di chi pone in essere una situazione di pericolo, quando ii danno sia stato cagionato per colpa del danneggiato che volontiariamente si intrometta inell'altrui sfera giuridica, se siano state adottate le misure O'Pportune e sufficienti ad impedire siffattia intromissione od a richiamare l'attenzioine sulla situazione di pericolo (2). (Omissis). -L'Amministrazione censura l'impugnata sentenza per avere il primo giudice erroneamente ritenuto operativa a suo carico la presunzione di co1pa prevista dall'a �t. 2050 e.e.; cos� decidendo, il Tribunale si sarebbe discostato, senza adeguata motivazione, dal corretto e fermo indirizzo della Suprema Corte (di recente ribadito anche in (1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass., 29 giugno 1966, n. 1604, in Foro it., 1967, I, 776; 12 ottobre 1964, n. 2575; 23 giugno 19.64, n. 1640, in Foro it., Rep. 1964 voce Ferrovie; 15 giugno 1961, n. 1390; Appello Napoli, 31 marzo 1969, Ministero Difesa c. Orlando, in Foro it., Rep. 1970, col. 2068, ecc. In dottrina, in senso contrario, cfr. CASETTA, Gli enti pubblici e l'articolo 2050 c. civ., in Giur. it., 1956, I, 1, 890; BoNASSI-BENUCCI, Attivitd pericolose e responsabilit� della P. A., in Temi, 1956, 231. (2) Cfr. Cass., 12 novembre 1969, n. 3691, in Foro it., Rep. 1970, 2072. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 636 tema di esercizio di ferrovia) che considera la citata disposizione inapplicabile alla attivit� svolta dalla pubblica amministrazione per il soddisfacimento di' imprescindibili esigenze della collettivit�. Peraltro essa si duole che alla prova contraria, che pure era stata dedotta per tuziorismo, in primo grado sia stata negata rilevanza sotto il profilo, parimenti erroneo, della imprescindibile esigenza, nella specie, di una prova idonea a dimostrare che nello scalo ferroviario fosse in atto, al momento del sinistro, un adeguato servizio di sorveglianza diretto ad impedire che i terzi potessero riportare danni in dipendenza dell'esercizio del servizio ferroviario. Per contro, l'appellante nega che fosse suo preciso obbligo di istituire un apposito servizio di vigilanza, su tutto lo scalo ferroviario e sue adiacenze, allo scopo di impedire che qualcuno, arbitrariamente introdottosi nelle zone non destinate al pubblico, si arrampicasse sui carri merci e restasse folgorato per contatto con i soprastanti cavi elettrici: vigilanza che, d'altronde, in ipotesi sarebbe stato compito non dell'Amministrazione ferroviaria, ma dell'Amministrazione dell'interno, ai sensi dell'art. 5 r.d.l. 14 giugno 1925, n. 1174. Essa sostiene, invece, che aveva ragione di fare assegnamento, al riguardo, sulla osservanza della norma, sanzionata penalmente, che vieta a chiunque di introdursi arbitrariamente nei recinti ferroviari non destinati al pubblico (art. 52, comma primo, del regolamento per la polizia, sicurezza e regolarit� dell'esercizio ferroviario, approvato con r.d. n. 1687 del 1873). Il sindacato sulla attivit� di polizia diretta ad impedire od a reprimere la violazione di tale divieto sarebbe in questa sede inammissibile. Da parte sua la Soldaini, pur affermando la correttezza della so luzione accolta dal primo giudice, sostiene che specificamente riferi bile al pericolo fosito nella conduzione della energia elettrica sia I� presunzione prevista dall'art. 2051 e.e. per il danno cagionato da cosa in custodia, la quale pu� essere vinta soltanto dalla prova del fortuito. A sua volta ella insiste, in subordine, nelle proprie deduzioni istrut torie, intese a dimostrare che nessuna sorveglianza o segnalazione era in atto, al momento del sinistro, nello scalo ferroviario di Busto Ar sizio, n� all'ingresso n� presso i binari, atta a prevenire od evitare il tragico evento di cui trattasi. Pare alla Corte che, nella cognizione della domanda in esame, se ad una presunzione di responsabilit� fosse consentito di fare capo 1per desumerne �criteri di giudizio basati sulla regola dell'onere della prova, considerata la relazione esistente tra l'evento dannoso e la situazione di pericolo connessa alla natura dei mezzi che� in concreto erano ado perati nell'esercizio di una attivit�, verrebbe in evidenza, non la norma dell'art. 2051 e.e., riferibile alle situazioni di pericolo per i terzi dipendenti dall'omissione del semplice dovere di �custodia che PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE incombe al detentore della cosa, bens� il disposto del precedente articolo 2050 che specificamente disciplina l'obbligo di chi esercita una attivit� pericolosa per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, di adottare tutte le misure idonee ad evitare il danno e stabilisce una presunzione iuris tantum di violazione dell'obbligo predetto, per il danno cagionato nello svolgimento di una siffatta attivit�. Senonch�, trattandosi nella specie di un evento dannoso prodottosi in r.elazione allo svolgimento di una attivit� .precisamente costituita dall'esercizio di un pubblico servizio direttamente ad opera della pubb!Lca amministrazione, nasce da questi peculiari tratti distintivi dell'attivit� pericolosa in considerazione il problema del coordinamento della citata norma con i noti principi vigenti in materia di tutela del c,:ittadino nei confronti dell'attivit� dell'amministrazione dello Stato o degli altri enti pubblici volta al soddisfacimento degli interessi �generali della collettivit�. Si pone, cosi, il quesito se, pur es.sendo la pubblica amministrazione soggetta, al pari dei privati, all'osservanza del precetto neminem Laedere e particolarmente tenuta, nell'esercizio delle strade ferrate, ad adottare � tutte le misure suggerite dalla scienza e dalla pratica per prevenire ed evitare qualunque sinistro ., come specificamente le impone l'art. 2 del r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687 (norma che, per la sua specialit�, � destinata a prevalere, nel suo contenuto sostanziale, sull'analoga norma generale dianzi citata), possa ritenersi ad .essa esteso, per i danni cagionati ad altri nello svolgimento della sua attivit�, il generico addebito di omissione di comportamenti dovuti, nel quale in sostanza si risolverebbe l'applicazione concreta della presunzione di re�sponsabilit� prevista dalla norma generale. La risposta negativa, data al quesito dalla giurisprudenza della Suprema corte, sembra ineccepibile. Da un Iato, la pubblica amministrazione non pu� sottrarsi al compito che la legge le affida, di svolgere il pubblico servizio, dall'altro essa � tenuta in pari tempo a prevenire ed evitare qualunque sinistro: resta comunque un vasto margine alla sua discrezionalit� nella valutazione dell'interesse pubblico da cui trarre guida alla concreta scelta dei mezzi meglio compatibili ed idonei a soddisfare contemporaneamente l'una e l'altra esigenza e, purch� risultino osservate le norme di legge e di comune prudenza, questa stessa sua scelta si sottrae al sindacato del giudice ordinario, cui � dato invece di valutare �con pienezza di poteri l'adeguata messa in opera dei mezzi prescelti, potendo darsi il caso che essi non abbiano funzionato oppure che, per incuria o negligenza, il loro concreto funzionamento sia stato difettoso. Tale limite del potere del giudice ordinario .e la stessa garanzia che la legge appresta alla sfera della discrezionalit� della pubblica amministrazione nella organizzazione dei suoi servizi, verrebbero praticamente elusi, qualora la re 638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sponsabilit� della medesima amministrazione potesse essere �giudizialmente affermata sulla base dell'apprezzamento di una non vinta presunzione di comportamenti omissivi imprecisati, ovvero determinati solo genericamente da una norma di legge a contenuto impreciso e perci� destinata ad essere integrata nella sua applicazione con l'uso di criteri discrezionali. Da ci� la conclusione logica che tra le attivit� pericolose cui l'art. 2050 fa riferimento non possono includersi le attivit� svolte dalla pubblica amministrazione per il soddisfacimento di imprescindibili esigenze della collettivit�. Spetta, pertanto, a chi deduce in giudizio la responsabilit� della pubblica amministrazione, a fondamento della propria domanda di risarcimento, l'onere di indicare, nel caso di danni conseguiti all'esercizio di una ferrovia, da quali comportamenti omissivi, del tipo genericamente descritto dal menzionato art. 2 r.d. numero 1687 del 1873, l'evento dannoso sarebbe stato concretamente determii;iato, onde consentire al giudice una preventiva verifica circa l'ammissibilit� del particolare addebito, in corrispondenza al limite dei suoi poteri di sindacato in materia. N� serio � il dubbio se la presenza di un cotale limite nel nostro ordinamento si ponga in contrasto coi principi costituzionali, dovendosi al contrario riconoscere la sua naturale rispondenza alla delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari di poteri dello Stato dalle stesse norme costituzionali. Movendosi, dunque, sul terreno non delle presunzioni di colpa, ma delle risultanze probatorie acquisite al processo mediante gli atti della inchiesta penale (prodotti dalla stessa attrice), le quali si appalesano sufficienti ai fini del giudizio e rendono perci� superfluo il supplemento di istruttoria proposto in subordine dall'una e dall'altra parte, la Corte osserva che all'ovvio nesso di causalit� materiale, intercorrente tra i mezzi usati dall'Amministrazione ferroviaria nello svolgimento del suo servizio (alimentazione delle condutture a contatto per la trazione elettrica) e l'evento dannoso di cui trattasi (morte del Gargiulo per folgorazione a seguito di contatto con le .predette condutture), non corrisponde tuttavia, nella specie, ai fini della chiesta affermazione della responsabilit� della cbnvenuta, il necessario nesso di causalit� giuridica. Alla stregua dei noti principi sulla causalit� giuridica che regolano la responsabilit� aquiliana, non vi � responsabilit� da parte di chi pone in essere una situazione �di pericolo, quando il danno si verifica per colpa del danneggiato che volontariamente si intromette nella sfera giuridica altrui; sempre che siano state adottate, da parte di colui che ha posto in essere lo stato di pericolo, le misure opportune e sufficienti ad impedire l'abusiva intromissione nella propria �sfera giu PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE ridica o, quanto meno, a richiamare l'attenzione di chi voglia intromettersi, dandogli conoscenza della situazione di pericolo e del divieto (in tal senso, veggasi, da ultimo, Cass. 10 novembre 1971, n. 2313). Neppure della omissione di queste ultime cautele -tenuta presente la loro funzione -pu� tuttavia farsi carico all'autore della situazione di peticolo, se il danneggiato gi� conoscenza l'esistenza sia del pericolo sia del divieto, a1 momento della sua abusiva intromissione, oppure era pienamente in grado di apprezzare l'uno e l'altro elemento, per la loro� inequivoca evidenza ex se. Nel caso in esame ricorre, appunto, quanto meno quest'ultima ipotesi. Non solo al Gargiulo, dottore in chimica industriale, ma a chiunque fosse dotato di una esperienza media, la presenza di una conduttura aerea, al di sopra di un binario su cui era in sosta un convoglio di carri merci in uno scalo ferroviario, doveva rendere evidente ex se l'esistenza del pericolo che, ci� nondimeno, il medesimo Gargiulo si risolse ad affrontare, ponendosi, con la scalata del carro cisterna e con le pratiche di ispezione compiute da quella scomoda ed elevata positura, in condizione di non potere o non sapere evitare il fatale contatto e la conseguente folgorazione. Del tutto superflua appare, quindi, al riguardo, la prova testimoniale offerta dalla Amministrazione, diretta a dimostrare che � sui tralicci e pali di sostegno degli elettrodotti sovrastanti i binari dello scalo merci di Busto Arsizio esistono cartelli, in nero su fondo bianco, portanti l'indicazione del numero del palo e del posto telefonico pi� vicino (segnalato con la freccia e la �distanza) nonch� il segno di monito costituito da un teschio e due tibie incrociate con la scritta: �Non toccate i fili -rpericolo di morte � (cap. 16). Deve aggiungersi che nulla poteva giustificare l'erronea opinione -nella quale peraltro non si ha motivo di suppoi;re che il Gargiulo fosse caduto -�che ili quel momento le condutture non fossero percorse da corrente; come d'altronde non v'era r�agione alcuna per cui il Gargiulo potesse considerarsi autorizzato ad esplicare l'abnorme comportamento di intromettenza nel servizio ferroviario, cui invece os� spingersi con patente trasgressione del divieto penalmente sanzionato di cui all'art. 52, primo comma, del sopra citato regolamento di polizia ferroviaria. A dimostrare il contrario, ovviamente, non pu� bastare il rilievo che della presenza del vagone cisterna nello scalo merci egli aveva avuto conferma dal capo gestione addetto al transito dei treni, Omero Di Giovanni; n� ,pu� avere rilevanza la prova testimoniale offerta dall'attrice sul fatto che la presentazione del Gargiulo negli uffici dello scalo ferroviario era stata preannunciata per telefono dal rag. Giovanni Galmarini per conto della societ� Vita Mayer. Sta di fatto che il Gargiulo, come non avrebbe potuto ottenere l'autorizzazione ad una diretta ispezione del vagone in transito, cos� 640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non la chiese e non la ottenne, ma si arbitr� di procedervi da solo, affrontando ogni rischio e violando ogni legale divieto. Superflua appare, infine, altres� l'indagine suggerita dall'attrice circa la possibilit� che l'intromissione del Gargiulo fosse evitata mediante un ,congruo servizio di vigilanza sugli impianti dello scalo merci e particolarmente sugli elettrodotti. A parte ogni dubbio sull'esistenza di un corrispondente obbligo preciso della Amministrazione ferroviaria e sulla sindacabilit� della relativa omissione, in ogni modo l'indagine si riferirebbe ad un antecedente di fatto da ritenersi prirvo di giuridica rilevanza causale, di fronte alla prova della volontariet� del ,comportamento del Gargiulo sia nella violazione del divieto legale di intromettersi nell'attivit� ferroviaria sia nella a,ccettazione del rischio connesso ad un pericolo che gli era ben noto. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 7 marzo 1972, n. 4 -Pres. Cesareo Est. Cuonzo -SICEM ed altri (avv. Dallari G. M.) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Vitucci) e Comune di Bologna (avv. Guidoboni). Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Aree acquisibili -Consistenza delle aree. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n.167del1962 -Aree acquisibili -Aree edificate. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n.167del1962 -Aree acquisibili -Aree edificate -Norme sull'indennizzo -Principi generali. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Destinazione delle aree -Limitazioni a sfere giuridiche private -Necessit� -Mancanza -Illegittimit� -Fattispecie. In vista del combinato disposto degli artt. 9 legge 18 aprile 1962, n. 167, 13 e 16 legge 17 agosto .1942, n. 1154, La finalit� deLL'attivit� di formazione del piano di zona per l'edilizia e:conomica e popolare � di realizzare, cow l'avvenuta approvazione del piano, la diichiarazione di pubblica utilit� deLie opere, nel piano stesso previste, talch� il correlato potere non incontra limiti, per quanto attiene alla determinazione deLle aree su cui le future opere di pubblica utilit� andranno ad inerire, nella particolare consistenza delle aree stesse; ci� in foirza del principio di caratte,re generale (art. 3 legge 25 giugno 1865, numero 2359, sulle e'spropriazioni per pubblica .utilit�), secondo cui la dichiarazione di pubblica utilit� prescinde darla consistenza del fondo su cui la stessa � de�stinata ad insistere (suolo ed eventuale soprassuolo), acquistando tale consistenza una rilevanza sofo nella mi.ccessiva ed eventuale fase di espropriazione per pubblica utilit� e ai Limitati effetti della determinazione dell'indennit� (cfr. art. 16 legge n. 2359 del 189,5 cit.) (1). n termine �area., di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, in ordine alla formazione dei piani di zona per l'edilizia economica e popo (1-4) Con le rprime due massime l'Adunanza Plenaria ha risolto il contrasto giurisprudenziale determinatosi tra alcune decisioni della IV Sezione: secondo un indirizzo pi� ampio la nozione � aree da comprendere nei piani ., di cui all'art. 3 della Legge n. 167 deve riferirsi anche ai terreni RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lare, ha significato generico e quindi comprensivo anche di queHe in ipotesi edifica.te; pertanto, � legittima l'inclusione ne�l piano di zona di proprietd costituite, in parte da edifici in perfette condiziolfl.i igienicosanitarie e di stabilitd, anche se non individuate in un anteriore piano� particolareggiato o di risanamento (2). Sia l'art. 12 legge 18 aprile 1962, n. 161, sia l'art . .1 le�gge 21 luglio 1965, n. 904 (che l'ha sostituito a seguito della dichiaraziorne di inc_ostituzionalit� del primo), rinviando esplicitamente, il primo alla legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriaziol)ti per p.u., e� il secoindo all'art. 13 legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento� della cittd di Napo.ii, hanno apprestato, in materia di foirmazione dei piani di zona pe.r l'edilizia e1conomica e popolare, norme che: consentono di stabilire L'indel)tnit� di espropriazione per qualsiasi tipo di immobile; pertanto, alla inclusione tira le � aree � previste dalla le1gg.e n. i 61 del 1962 di quelle in ipotesi edificate non � di ostacoilo la mancainza, nella stessa legge, di disposizioni specifiche sulla valutazione deUe costruzioni e sul pagamento dei relativi prezzi (3). La natura discrezionale delle determinazioni amministrative in materia di de�stinazione delle aree, in sede di formazione del piano di zona per l'edilizia economica e popolare, nol)'I, esonera l'Amministrazione dall'osservanza della regola generale che impoine l'obbligo de�lla motiv�azione pe1� i provvedimenti che impoirtano� limitazione della sfera giuridica del privato, specie ove trattisi di sacrificio di particolare entitd; pertanto, � illegittima la previsione nel piano� di ZOl)tll di una variante che destina a verde zone gi� residenziali seco111;do il piano regolato'l"e, ove nella re�lazione generale illust'l"ativa del piano manchi qualunque p'l"ospettazione de.i sacrificio che la variante� al piano regolatore generale importa per i privati proprietari di edifici, destinati alla demolizione e ovviamente qualunque compamzione tra tale 8(1,Crificio e l'utilitd pubblica che ne deriverebbe (4). edificati (dee. 14 luglio 1967, n. 330, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1169); secondo un diverso indirizzo, la inclusione nei piani riguardava solo le aree scoperte (cio� non edificate) (dee. 3 dicembre 1969, n. 748, ivi, 1969, I, 2449). Sull'argomento, cfr. G. ScoTTo, Brevi considerazioni sulla legge� 18 aprile 1962, n. 161, ivi, 1968, II, 258. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 14 aprile 1972, n. 5 -Pres. Vetrano -Est. Quaranta -Parboni Arquati (avv.ti Zappal� e Prosperi) c. Comune di Montecompatri e Prefetto di Roma (n.c.), con intervento di Amoroso ed altri (avv. Sorrentino). Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione -Dubbi -Preferenza al significato conforme alla Costituzione. ~ II PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 643 Competenza e giurisdizione -Tribunali amministrativi regionali Norme intertemporali -Art. 42 1. n. 1034 del 1971. Competenza e giurisdizione -Tribunali amministrativi regionali Ricorsi pendenti davanti al C. d. S. -Norma transitoria -Art. 38 1. n. 1034 del 1971. Competenza� e giurisdizione -Tribunali amministrativi regionali Ricorsi pendenti davanti al C. d. S. -Norma transitoria -Art. 38 I. n. 1034 del 1971 -Passaggio ai T.A.R. -Riferimento alla data di insediamento. Competenza e giurisdizione -Sospensione atto impugnato -Ordinanza -Ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali -Competenza del C. d. S. fino all'insediamento dei T.A.R. Demanio e Patrimonio -In tema di demanio -Demanio stradale Ordine di ripristino -Impugrtativa -Proprietari di terreni finitimi -Non sono controinteressati. Demanio e patrimonio -Demanio stradale -Ordine di ripristino Competenza del Prefetto -Carattere comunale della strada -Irri ' levanza -Provvedimento del Sindaco -Illegittimit�. Nel caso in cui una disposizioine normativa si presti, in astratto, per la sua formulazione letterate o per il modo in cui si inserisice nel sistema, ad una duplice possibile interpretazioine, L'una coinfo1Tme� al dettato costituzioinale l'altra difforme da esso, deve essere data la prefeirenza, secondo comuni canoni di ermeneutica giuridica,, aU'interpretazione che noin sia in contrasto con norme e princip'� di livello costituzionale (1). La disposizione che disciplina in via intertemporale la sone di tutti i ricorsi pendenti davanti al Consiglio di Stato alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali � esclusivame.nte l'art. 38 legge cit. (e non pure l'art. 42.. che al primo comma si limita a dettare modalit� procedimentali per la trasmissione dei fascicoli relativi a tJali vertenze ai nuovi organi di giustizia ed al seco'IUlo comma si riferisce� ai ricorsi, diversi da queilli espressamente indicati nell'art. 38, prorposti dorpo l'entrata in vigore della legge), in quanto soltanto in detta noirma si � espressamente precisato che l'attribuzione ai Tribunali amministrativi regionali della competenza a decidere i ricorsi nelle materie di rilevanza sostanzialmente ultraregionale ha effetto dopo tre� mesi dalla (1-7) Decisione di rilevante int�resse che tende ad eliminare, sia pure in parte, le imperfezioni e le contraddizioni della legg,e istitutiva dei tribunali regionali. 644 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO data di insediamento dei TribunaLi me:desimi e che per i giudizi promossi nella stessa materia anteriormente a tale data resta ferma l'attribuzione di competenza prevista dalla nor1)1,ativa pre�esistente (2). L'art. 38 legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali), che disciplina in via intertemporale la sorte di tutti i ricorsi davanti al Consiglio di Stato pendenti alla data di entrata in vigore delLa legge stessa, per una gran parte dei ricorsi, di competenza dei nuovi giudici amminist'l'ativi, mentre da un lato si pone come deroga transitoria al principio della generalizzazione del doppio grado d� giurisdizione previsto dalla citata nuova disciplina, daU'altro nella delimitazione intertemporale tra la vecchia e la nuova disciplina, non fa riferimento alla data di entrata in vigore della legge, bens� a quella di inse1diamento dei nuovi organi; pertanto, poich� ne�l sistema della citata legge non si rinvengono altre disposizioni dis.cipUnat:rici dell'attribuzione specifica �ai Tribunali regionali della competenza a conoscere delle controversie introdotte con ricorsi proposti prima dell'erntrata in vigore della legge s.tessa, deve ritenersi che l'art. 38 cit. disciplini, per implicito, anche la sorte� dei ricorsi pende.nti alla data di entrata in vigore della legge e relativi alle altre materie (di interesse locale, di cui all'art. 2 lett. a e lett. b n. 3 e all'art. 6 le�gge numero 1034 del 1911 cit.) rientranti nella sfera di compete�nza dei nuovi organi e non specificamente richiamate nell'art. 38 me1desimo (3). Al fine di stabilfre la sorte dei rico'l"si proposti al Consiglio di Stato prima deH'entrata in vigore della legge 6 dicembre 1911, n. 1034 (istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali), nelle materie di interesse Locale previste dall'art. 2 lett. a) e fott. b) n. 3 e dall'art. 6 legge cit., deve farsi riferimento aLla dcvta di insediamento dei Tribunali amministrativi regionaU, sia perch� la disciplina cui � informato l'art. 38 legge cit., si basa sul momento dell'inizio concreto deU'attivit� dei nuovi organi, sia perch�, in materia di disciplina del processo, un elementare principio di continuit� pro�cessuale, o meglio di saldatura tra il preesistente e il nuovo oridinamento~ postula di necessit� che non� vi possano essere inte1�ruzioni tra la competenza de�l vecchio e quella del nuovo giudice; pertanto, l'unica differenza tra la disiciplina intert.emporale dei 1�icorsi specificamente richiamati nell'arti. 38 (c.d. di interesse locale) di cui aLl'art. 2 lett. a) e lett. b) n. 3 e alL'art. 6, gi� pendenti alla� data di entrata in vigore della legge, consiste nel fatto che, mentre per i primi, rimane ferma l'a/Jtribuzione di competenza ad esaurimento prevista daUe norme preesistenti, per i secondi la spoliazione di competenza del giudice preesis.tem,te avviene� alla data di insediamento dei nuovi organismi, salvo quanto potr� ritenersi in ordine ai ricorsi per i quali siano intervenute decisioni parziali o inte1�locutorie (4). ! ---I; ~'.?i:J;,,~~~z~ ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA L'ordinamento non pu� ammettere che vi siano lacune nella continuit� della tutela giurisdizionale di natura cautelare, per la quale -anche in mancanza di espresse previsiorni normative -si deve trovare un giudice che la CJJSsicuri, con salvezza delle, definitive pronunce deWorgano competente ad esaminare il merito delle controversie; pertanto, poich�, prima dell'insediamento dei Tribunali amministJrativi regionali, l'ordinamento attribuisce al Consiglio di Stato una generale competenza giurisdizionale a sindacare la legittimit� degli atti definitivi posti in essere dalla Pubblica amministrazione statale e non statale e lesivi di interessi legittimi, nelLa perdurante sua natura di giudice di unico grado per la tutela degli interessi legittimi, spetta al Consiglio stesso almeno la tutela cautelare ed urgente in re,lazione ai ricorsi pro'Posti dopo l'entrata in vigore deLla nuova normattiva (e fino all'insediamento dei nuovi organi di giustizia amministrativa), ricorsi che nel preesistente sistema rientravano nella piernezza delta sua sfera di attribuzioni contenziose (5). Rispetto aLl'impugnativa del provvedimento col quale l'Autorit� O!l"dina la rimessione in pristino stato di una strada che sia stata danneggiata o il cui tracciato sia stato alterato, norn � possibile riconoscere la veste di controinteressati ai proprietari dei terreni finitimi, essendo questi certamente portatori di un interesse di fatto alla con~ e1�vazione del p!l"ovvedimento -interesse che li legittima a proporre intervento ad 'opponendum -, ma non contraddittoll'i necessari nel giudizio di impugnazione del provvedimento medesimo, proposto dal destinatario dell'o!l"dine di ripristino (6). Ai sensi deU'all't. 20 r.d. 8 dicembll'e 1933, n. 1740 (che approva il testo unico per la tutela delle strade e della circolazione), spetta comunque al Prefetto, e non al ~i1idaco, di o!l"dinare la rime'ssioine in pristino stato, mediante appositi lavoll'i, delle strade poste al di fuo!l"i dell'abitato, a nulla rilevando la circostanza che la strada sia comunale; pertanto, � illegittima l'ordinanza con la quale il Sindaco ordina la rimessione in pristino stato di un tratto di strada situato in mperta campagna (7). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 marzo 1972, n. 163 -Pres,. Meregazzi -Est. Pianese -Morabito De Luca (avv.ti Caravitta di Toritto e Lenza) c. Ministero lavori pubblici e Prefetto di Potenza (avv. Stato Albissini), Comune di Potenza (avv. Schiavone), Coop. edilizia � Arianna � (avv. Schir�) e Istituto autonomo Case popolari di Potenza (n.c.). Edilizia popolare ed e�onomica -Piani 1. n. 167del1962 -Impugnative Omessa presentazione di opposizioni nel corso del procedimento Non preclude impugnazione dell'atto di approvazione. 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Approvazione -Notifica del relativo decreto -Va fatta al proprietario catastale risultante alla data del decreto -Effetto sui termini per l'impu~nazione. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Approvazione -Notifica del relativo decreto -Omissione -Irrilevanza sulla le~ittimit� del piano. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Rapporti col piano re~olatore ancora inefficace -Impossibilit� di approvare il p.e.e.p. Non si produce acquiesce,nza prima che il provvediment:o amministrativo, a conclusione del suo iter, sia stato emanato; pertanto, poich� il decreto ministeriale di approvazio11te del piano di ZOIJ'l,a per l'edilizia economica e popolare noi)'!, si concreta in un puro e semplice atto di approvazione, ma si risolve invece in una determinazione costitutiva del piano, il quale va perci� considerato un atto complesso, emanato ad un tempo dal Comune e dal Ministero, deve ritenersi che abbia piena veste per insorgere contro il piano di zona il soggetto colpito nei suoi interessi da tale atto, anche nell'ipotesi di ma.ncata pro posizione di opposizioni nel corso del pll'ocedimento di foll'mazione dell'atto (cio� sruccessivamente alla de,U.berazfone del piano da parte del Comune) (1). Ai sensi del penultimo ed ultimo comma dell'art. 8 legge 18 aprile 1962, n. 167, la notifica del decreto di approvazione del piano di zona per l'edilizia economica e popo,lare e de�gti atti allegati va effettuata non gi� a chi sia proprietario catastale nel mome11Jto deUa delibera di adozione del piano (delibera che � solo un a1Jto intermedio del complesso iter pl!"ocedimentale), ma a chi riveste la qualit� di proprietario (ovviamente catastale) nel momento di emanazione del decreto ministeriale di awrovazione, ohe' � l'atto conclusivo del procedimento; pertanto, non pu� ritenell"si irricevibile il rico1�so proposto contro il detJto decreto dal proprietario catastale oltre il termine di sessanta giorni dalla data di notifica del provvedimel)'l,to fatta a chi tale veste invece avesse alla data di ado,zione del piano (2). L'omessa notifica del decreto di approvazione del piano di zona per l'edilizia economica e popolare al propriefario catastale', ai sensi deil'art. 8. legge 18 aprile 1962, n. 167, lungi dall'influire sulle� vatidit� ed efficacia dell'atto, vale solo ad impedfre -nei riguardi del pro (1-4) Giurisprudenza costante: sulle prime tre massime, cfr. Sez. IV, 11 giugno 1959, n. 264, Il Consiglio di Stato, 1969, I, 804; sulla quarta, cfr. Ad. plen. 2 luglio 1969, n. 22, ivi, 1969, I, 1081. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 647 prietario avente titolo aUa notifica -il decoll'so del termine di decadenza (3). � iUegittimo il piano di zona per l'edilizia economica e popolare che risulti approvato quando il piano regolatore� generale del Comune, in cui quello � destinato a inserirsi, risulti sfornito di efficacia perch� non ancora approvato; al riguardo, a nulla rileva la circostanza che sia ancora in vigore il piano di ricostruzione allorch� (a prescindere da ogni questione ci'l'ca la possibiLit� di a..'!similare tale piano ai piani regolatori generali e ai programmi di jabbricazione quali supposti dal piano di zona) esso abbia un ambito territ!Miale diverso da quello del pian<J di zona, che non risulta del resto uniforme al piano di ricostruzione (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV (Ordinanza), 10 marzo 1972, n. 174 - Pres. Meregazzi -Est. Calabr� -Mazzitelli ed altro (avv.ti Guarino e Lubrano) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Mataloni). Edilizia -Demolizione e sospensione lavori -Sospensione -Potere del Ministro LL.PP. ex art. 7, quarto comma 1. n. 765 del 1967 Connessione col procedimento di annullamento della licenza edilizia -Conse~uenza. Edilizia -Licenza di costruzione -Annullamento d'ufficio -Annullamento ex art. 7, 1. n. 765 del 1967 -Termine di 18 mesi -Decorrenza -Accertamento delle violazioni -Nozione -Contrasto di ~iurisprudenza -Deferimento all'Adunanza Plenaria. L'ordine. di sospensione dei lavori edilizi irregolari, che il Ministro dei lavori pubbiici pu� emette1�e ai sensi deWart. 7 quarto comma legge 6 agosto 1967, n. 765, essendo� strettamente connesso al procedimento di annullamento d'ufficio della licenza di costruzione, non pu� essere emesso quando sia scaduto il termine di 18 mesi entro il quale pu� essere emanato il provvedimento di annullamento (1). Al fine di determinare il die a quo del termine di 18 mesi entro il quale pu� e�ssere disposto l'annullamento d'ufficio delle1 licenze di costruzione iLlegittimamente rilasciate, ai sensi dell'art. 7 terzo comma legge 6 agosto 1967, n. 765, sussiste contrasto' in giurisprudenza sul significato da attribuire all'espressione � accertamento deUe violazioni ., in base al quale � segnato il suddetto momento; pertanto, la soluzione della questione va deferita all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (2). (1-2) Cfr. Sez. V, 17 marzo 1970, n. 273. 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 marzo 1972, n. 178 -Pres. Potenza -Est. Vaiano -Pio istituto dell'Addolorata (avv.ti Ricciulli e Pallottino) c. Ministeri Sanit�, Interni e Medico provinciale di Roma (avv. Stato Vitucd), Boni Brinaldo (n.c.), con intervento di Perez ed altri (avv. Carbone). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -In tema di Ente ospedaliero -Classificazione dell'Ospedale -Dipendenti dell'Ospedale -Hanno intere~se -Intervento in giudizio -Ammissibilit�. Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza -Ente Ospedali,_.ero Classificazione -Mancanza di servizi ed attrezzature -Non impediscono l'emanazione del provvedimento di classifica. Il personale di un Istituto ospedaliero � legivtimato ad opporsi alla domanda di caducazione del provvedimento di classificazione dell'Istituto stesso da parte del Medico provinciale, avendo interesse ad. ottenere una migliore posizione giuridica ed economica per effetto della disposta classificazione; pertanto, in sede di ricorso giurisdizionale propostio dall'Istituto contro il decre,to di classificazion.e � ammissibile l'in.tervento ad opponendum dei dipenden.ti dell'Ente stesso (1). La mancanza di idon.ei servizi ed attrezzature in un Ente� ospedaliero non pu� con�dizion.are la riforma sanitaria, esse.ndo scopo di quest'ultima proprio quello di realizzare la miglioll"e efficenza de�l servizio sanitario riconosciuto pubblico in senso oggettivo; pertanto, i requisiti tecnici indicatii nell'art. 19 le�gge 12 fe�bbraio 1968, n. 132, se � vero che, quando sussistono, costituiscono un criterio da seguirsi nella classificazione di un Ente ospedaliero, non. la impediscon.o peraltro quando non. esistono, dovendo in tal caso provveder�si a realizzare i servizi tecnici riconosciuti indispensabili (2). (1-2) Massime esatte. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 marzo 1972, n. 181 -Pres. Granito -Est. Bruno -INAM (avv.ti Di Pasquale, Carapellucci e Renzullo) c. Ministero sanit� (avv. Stato Peronaci), Istituti riuniti di benefkenza di Umbertide (n.c.). 'Istituzione pubblica di assistenza e beneficienza -Enti ospedalieri Classificazione -Provvedimento relativo -Effetto costitutivo Rilevanza sulle posizioni giuridiche di terzi -Sussiste -Fattispecie. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 649 Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza -In tema di Enti ospedalieri -Classificazione -Enti mutualistici convenzionati con l'Ospedale -Hanno interesse. n provvedimento di classificazione de�gli ospedali ha effetto costitutivo, e no11t gi� semplicemente dichiarativo, in quanto iL Me�dico provinciale procede all'accertamento delle condizioni degU ospedali ed alla classificazione dei medesimi tenendo conto dei requisiti alL'uopo stabiliti dalla legge; pertanto, poich� tale classificazione� in una delle previste categorie, lungi dall'esplicare i suoi effetti esclusivamente all'interno dell'organizzazione amministrativa, pu� prod.urre effetti con immediatezza anche nei confronti dei terzi, essa � idonea, in taluni casi, ad incidere direttamente nella posizione� di soggetti e�stranei, i quali si trovino con gli Enti ospedalieri in particolari quaiificati rapporti (nella specie, l'INAM, legato all'Ente ospedaliero da un particolare qualifica.to rapporto convenzionale) (1). Nell'ipotesi di un Ente mutualistico convenzfonato co-n un Ente ospedaliero, l'attribuzione di una pi� elevata classificazio11,e� all'ospedale importava di regola, sino all'entrata in vigore della le�gge� 25 marzo 1971, n. 213, non soltanto l'aumento de:lle rette di degenza, ma anche l'aumento dei compensi spettanti ai sanitari ospedalieri, ai sensi dell'art. 82 r.d. 30 settembre 1938, n. 1631; pertanto, non pu� negarsi agli Enti mutualistici, nella suindicata situazione, un interesse, ossia una posfaione legittimamente che si radica sui rapporti patrimo-niali intercorrenti con gli ospedali, per la cui tutela, anco!J'ch� occasionale, essi sono abilitati ail'impugnativa di classificazione ritenuta illegittima (2). (1-2) Cfr. Sez. V, 3 aprile 1964, n. 419, IZ Consiglio di Stato, 1964, I, 699. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 243 (Ordinanza) - Pres. Meregazzi -Est. !annotta -Ditta Serpone (avv. Petrelli) c. Comune di S. Luca (n.c.). Cosa giudicata -Esecuzione -Ricorso ex art. 27 n. 4 -Sentenza A.G.O. di condanna al pagamento di somma di denaro -Ammissi~ilit� del giudizio di ottemperanza -Deferimento della questione ali'Adunanza Plenaria. � dubbio se il ricorso pe!J' esecuzione del giud.icato sia ammissibiie per l'ottemperanza a sentenze dell'Autorit� giudiziaria O'l'dinaria di condanna della p.a. al pagamento di somme di danaro; la que�stione pu� dar luogo a contrasti giurisprudenziali, e, pertanto, viene d.eferita all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi deU'art. 45 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 aprile 1972, n. 250 -Pres. Potenza -Est. Napolitano -Club alpino italiano (avv. Menoni) c. Presidenza Consiglio dei ministri, Ministeri tesoro e turismo e spettacolo (avv. Stato Del Greco). Enti pubblici -Ente pubblico e privato -Controllo Corte dei Conti Assoggettamento -Valutazione della particolare tenuit� del contributo statale -Criterio relativo -Assoggettamento del Club alpino italiano -Illegittimit�. Ai sensi detl'art. 3 legge 21 marzo 1958, n. 259, ai fini dell'eiscLusione del controllo della Corte dei Conti di un Ente a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, la valutazione della particolare tenuit� della contribuzione dello Stato va fatta in .relazione alla natura del- l'Ente e alla sua consistenza patrimoniale e finanziaria; pertanto, � illegittimo iL provvedimento che sottopone al controllo della Corte dei Conti il cLub alpino italiano (che ha personalit� giuridica pubblica e gode di un contributo annuo a carico dello Stato di ottanta milioni, ai sensi della legge 26 gennaio 1963, n. 91), data la particolare tenuit� del detto contributo in relazione al fatto che l'Ente in parola opera attraverso la Sede centrale e le varie Sezioni, ha un patrimonio costit'l!- ito da 443 rifugi del valore di circa quattro miliardi e mezzo, da notevole attre�zzatura per i soccorsi alpini e da altri beni, e si avvale dell'apporto finanziario dei soci (ammontante a cfrca 180 milioni l'anno), nonch� in molti casi dell'opera da questi svolta gratuitamente. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 312 -Pres. Meregazzi -Est. Felici -Meschieri (avv.ti D'Angelantonio, Tranquilli, Leali e Galateria) c. Ministero dei lavori pubblici e Commissione centrale di vilanza edilizia popolare ed economica (avv. Stato Terranova), Coop. edilizia � La Casa � di Bari (n.c.) e Bianchi (avv. Delav.igne). Edilizia popolare ed economica -Commissione di vigilanza -Attivit� di decisione e di intervento d'ufficio -Attivit� di decisione -Irrituale formazione del contraddittorio -Illegittimit�. Edilizia popolare ed econ�mica -Commissione di vigilanza -Attivit� di decisione e di intervento d'ufficio -Attivit� di decisione Contraddittorio -Instaurato solo con la Cooperativa e non con i soci interessati -Irritualit�. -Nel caso in cui nella decisione di una vertenza da '[)arte della Commissione centrale di vigilanza per l'edilizia popolare ed economka PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 651 la causa petendi ed i7, petitum ripetano 'la loro origine dal reclamo (i cui motivi abbiano influenzato in maniera assorbente� la soluzione finale data alla contestazione), e la predetta Commissione abbia inoltre formato ed esternato il proprio convincimento nei modi relativi alle pronunce suUe� �istanze del privato stabHendo univocamente un nesso tra l'apprezzamento della fatt.ispecie e la posizione giuridica in base alla quale il socio interessato ha agito, il giudizio costituisce manifestazione del potere di decisione del redamo, e non esercizio delle attribuzioni di ufficio� spettanti all'organo di cui trattasi per 'la regolare esplicazione delle attivit� delle Cooperative e.dilizie; pertanto, in tale ipotesi, deve ritenersi itlegittima la decisione della predetta CommisS �ione, �ove, per 'la irrituale forniazione del contraddittorio, non risulti valutata l'esigenza delle controparti nei confronti del reclamo amministrativo per 'la tutela delle varie posizioni giuridiche inerenti all'oggetto � della co111,troversia (1). Le ragio111,i che, in sede giurisdizionale, inducono ad attribuire natura personale azia difesa deUe parti si riscontrano, seppure in minor misura, anche sul piano delle procedure contenziose amministrative, di fronte alle quali l'esigenza di tutela delle varie posiizioni soggettive � attenuata ma non contraddetta dalle norme vigenti; pertanto, alla Cooperativa edilizia non pu� essere riconosciuto un titolo esclUsivo a resistere contro i redami proposti dinanz.i alla Commissi0111,e centrale di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica per pretese inerenti all'assegnazione e al godimento degli allo1ggi sociaii, dovendosi escludere che la medesima Cooperativa possa assorbire nelle proprie difese ed esaurire ogni eventuale argomentazione dei soggetti inter�essati alla conservazione dell'appartamento, imponendo agli stessi un unilaterale ed arbitrario apprezzamento del caso concreto (2). (1-2) Cf�:-. Sez. VI, 30 marzo 1960, n. 166, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 522. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 316 -Pre�s. (ff.) Melito -Est. Quaranta -Tarantini (avv.ti Del Prete e Viola) c. Medico provinciale di Bari (avv. Stato Vitucci) e Tarantini M. (avv. Cervati). Atto amministrativo -Azione amministrativa -Norme relative -Ius superveniens -Applicabilit� -Presupposto e limite. Farmacia -Concorso -Esaurimento del concorso -Avviene con la conclusione dell'attivit� della Commissione -Successive fasi -Irrilevanza sulla posizione dei concorrenti utilmente collocati in graduatoria. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Farmacia -Concorso -Esaurimento del concorso -Formazione della ~raduatoria -Sopravvenienza della 1. n. 475 del 1968 -Irrilevanza -Approvazione del concorso intervenuto solo successivamente -Irrilevanza. L'esigenza dell'immediata applicazione delle norme di diritto pubblico dettate per disciplinare l'azione amministrativa incontra un limite nel principio secondo �cui la nuova legge non deve incidere su situazioni giuridiche ormai compiute (1). Nel caso in cui ta procedura di un concorso si divide in varie fasi, tra loro coordinate, ma dotate pur sempre d.i una certa autonomia, per il principio delta irretroattivit� e per L'esigenza dell'ecoinomia del . L'azione amministrat�iva, la nuova legge� pu� trovare applicazione soltanto alle fasi procedimentali non anco<ra esaurite; pe.rtanto, una volta conclusa l'attivit� della Commissione giudicatrice di un concorso� per assegnazione di sedi farmaceutiche con ta formazione deUa graduatoria, le successive fasi dell'approvazione di detta graduatoria da parte del Medico provinciale e di, emanazione., da parte della ste'S'sa Auto-; rit�, del provvedimento di autorizzazione all'apertura e all'esercizio delta farmacia costituiscono rispettivamente attivit� di controllo delta legittimit� della graduatoria gi� fo1�mata (che, per sua natura, una volta intervenuto, retroa.gisce alla data di adozione delL'atto controllato) ed attivit� meramente conseguenziali rispetto alla graduatoria stessa, con la conseguenza che la posizione giuridica del concorrente utilmente collocato nella graduatoria, nei limiti in cui e�ssa � venuta legittimamente in essere s.ulla base della normativa vigente all'atto deHa sua formazione, non pu� pi� essere vulnerata dalla nuova normativa che sia venuta a modificare H regime delle fasi procedimentali ormai esaurite (2). L'atto di approvazione, da parte del Medico provinciale, della graduatoria formata dalla Commissione giudicat1�ice di un conco'l"so per assegnazione di sede farmaceutiche deve essere necessariamente adottato con riferimento alla normativa vigente al momento in cui ta graduatoria � stata formata; pertanto, una volta che tale fase si sia conclusa anteriormente all'entrata in vigore della legge 2 aprile 1968, n. 475 e che in sede di formazione della graduatoria sia stata riconosciuta al concorrente figlio del farmacista titolare della farmacia posta a co11icorso la precedenza assoluta prevista dall'art. 107 t.u. 27 luglio 1934, n. 1265, tale posizione giuridica validamente acquisita non pu�essere vulnerata per effetto deila nuova normativa, a nulla rilevando che l'atto di approvazione della, graduatoria sia successivo all'entrata in vigore di quest'ultima (3). (1-3) Cfr. Sez. IV, 14 novembre 1970, n. 826, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 1899; contra, Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 543, ivi, 1971, I, 942. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 653 CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 14 marzo 1972, n. 168 -Pres. Breglia -Est. Chieppa -Rivaroli ed altri (avv.ti Ricci e Roncaglia) c. Comune di Modena (n.c.) e Rabino (avv.ti G. M. e S. Dallari). Atto amministrativo -Convalida -Atto annullato in sede giurisdizionale -Impossibilit� di convalida. Edilizia -Licenza di costruzione -Licenza in sanatoria -Deve essere conforme alle norme vigenti alla data del rilascio. ' Edilizia -Licenza di costruzione -Criteri e principi generali -Norme applicabili -Sono quelle vigenti alla data del provvedimento Eccezioni. Non � ammessa la convalida, con effe'tti ex tunc, di un atto am ministrativo definitivamente annuUato in sede giurisdizionale (1). Al fine di rilasciare una licenza edilizia in sanatoria il Sindaco deve fare riferimento alle norme edilizie ed urbanistiche vigenti al~ data in cui emette il relativo provvedimento (2). Il principio secondo il quale il provvedime.nto adottato, sulla do manda di licenza edilizia deve fare applicazione deile� norme edilizie ed urbanistiche vigenti alla data in cui viene emesso pu� trovare una deroga solo. in presenza di un particolare obbligo, come nell'ipotesi di formazione del giudicato sull'obbligo di provvedere sulla domanda di licenza a seguito di silenzio-rifiufo, ovvero a seguito �i ottempe ranza ex art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 (3). (1-3) Decisione di particolare interesse in tema di convalida e di riproduzione di un atto amministrativo, annullato in s.g. Escluso che sia ammissibile la convalida, ex tunc, di un atto annullato in s.g. (come ad es. se manca un parere obbligatorio, Sez. V, 7 maggio 1960, n. 319, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 907), la p.a. pu� solo riprendere il procedimento dal punto in cui si � verificato il vizio accertato in s.g., ma con effetti ex nunc, rispettando �le norme vigenti alla data del nuovo provvedimento, salvo che si sia in presenza dell'obbligo derivante da giudicato (Sez. V, 19 novembre 1971, n. 1085, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 2194). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 14 aprile 1972, n. 242 -Pres. Di Pace -Est. Niutta -Soc. Italpasta (avv. �Gamma) c. Ministero finanze (avv. Stato Mataloni). Imposte e tasse in genere -Domicilio fiscale -Trasferimento -D'autorit� ex art. 10 t. u. n. 645 del 1958 -Legittimit�. � legittimo il provvedimento col quale, ai sen.si dell'art. 10 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, l'Amministrazione finanziaria, in deroga al RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 654 precedente art. 9, trasferisce il domicilio fiscale di un contribuente nel Comune in cui ii soggetto svolge in modo continuativo la propria attivit�, ove il provvedimento sia deterrninato dall'intento di attribuire la competenza in mate.ria alL'Ufficio delle imposte che, per la sua prossimit� all'azienda, consente un miglior eser.cizio dei poteri tributari, nell'interesse dell'Amministrazione e dello stesso contribuente; ai fini della legittimit� di tale provvedimento, a nulla rileva l'intervento� nella procedura di un C01nune nel quale viene trasferito il domicilio, intervento che si configura come semplice segnalazione rigua.r:data nel quadro di un normale rapporto di coUaborazione tra Pubbliche amministrazioni. (Omissis). -Col provvedimento impugnato, l'Intendenza di Finanza di Torino ha disposto il trasferimento del domicilio fiscale �della societ� Italpasta da Torino a La Loggia, con conseguente attribuzione all'ufficio imposte dirette di Moncalieri della competenza ad eseguire l'accertamento dei redditi nei confronti della predetta societ�. Tale provvedimento � pienamente conforme al disposto dell'articolo 10 t.u. 29 gennaio 1958, n. 64!5, che prevede la fa.colt� dell'Amministrazione finanziaria di stabilire, in deroga alle disposizioni del precedente art. 9, il domicilio fiscale nel Comune ove il soggetto svo�lge in modo continuativo la principale attivit� ovvero, per le societ�, anche nel Comune ove � stabilita la sede amministrativa. Nella specie, dagli accertamenti esperiti dalla Guardia di finanza e fatti propri dall'Ispettorato compartimentale delle imposte dirette, � l'.isultato che la societ� ricorrente, pur avendo la sede legale in Torino, ha la sede amministrativa nel comune di La Loggia, ove prestano la propria attivit� l'amministratore delegato e gli impiegati; nello stesso Comune, inoltre,. � ubicato lo stabilimento per la produzione della pasta alimentare di pertinenza della societ�. In relazione a tali circostanze, sono del tutto infondati i primi due motivi del ricorso, con i quali si lamenta la mancanza di adeguata istruttoria e l'insussistenza dei presupposti su cui il provvedimento � fondato. Risulta, invero, che il provvedimento fu preceduto da opportune, approfondite indagini, a mezzo degli organi suindicati, che condussero all'accertamento della sussistenza, nella specie, delle condizioni cui l'art. 10 t.u. n. 645 del 1958 subordina il trasferimento del domicilio fiscale. Infondata � altres� la censura di difetto di motivazione, in quanto nel provvedimento de quo sono sufficientemente indicate le ragioni in base alle quali l'Amministrazione si era determinata ad esercitare il potere discrezionale conferitole dalla citata norma, mentre, per quanto PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 655 concerne l'intervento del Comune di La Loggia nella procedura, si tratt� -come ha� esattamente osservato la difesa dell'Amministrazione -di una semplice segnalazione, che va. riguardata nel quadro di un normale rapporto di collaborazione tra Pubbliche amministrazione e che non � certo tale a determinare l'illegittimit� del provvedimento che risponde pienamente -come si � dimostrato -a tutte �e prescrizioni di sostanza e di forma imposte dalla legge. Quanto, infine, all'opportunit� del provvedimento in questione -a parte il riliev~ che la relativa censura sembra impingere nel campo del merito e sarebbe pertanto inammissibile nella presente sede -pu� comunque osservarsi che l'attribuzione della competenza in materia all'ufficio delle imposte di .Moncalieri consente, per la sua prossimit� all'azienda, un migliore esercizio dei poteri tributari, nell'interesse dell'amministrazione e dello stesso contribuente. (Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 216 aprile 1972, n. 306 -P1�es. (ff.) Cesareo -Est. Pranzetti -Fina Italiana Soc. per az. (avv.ti Bonomo e Galli) c. Pre.fetto di Bergamo (avv. Stato Giorgio Azzariti). Autorizzazione amministrativa -Distributore di carburante -Poteri del Prefetto -Elementi valutabili -Diniego -Motivazione -Necessit� -Criterio. Anche in regime di -autorizzazione per l'impianto di distributori di carburante, ii Prefetto ha ii potere di valutare non solo le esigenze inerenti al traffico ed alla sicurezza della circolazione, ma anche le ragioni di ordine economico, con particolare riguardo al pregiudizio che l'apertura di nuovi impianti pu� arrecare alla generalit� degli utenti; l'apprezzamento all'uopo effettuato, ove conduca 'ad un provvedimento di diniego della licenza, deve fondersi sulia specifica indicazione di concreti elementi di fatto in ordine al numero dei punti di vendita esistenti ed alla loro ubicazione in confronto con l'intensit� del traffico locale e di transito, sicch� non possono ritenersi sufficienti le motivazioni che si risolvano in affermazioni generiche ed apqdittiche sull'adeguatezza degli impianti in atto e sull'eccesso di concorrenza che conseguirebbe al �rilascio di nuove autorizzazioni (1). (1) Giurisprudenza costante: Sez. V, 7 marzo 1972, n. 159, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 384. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 656 CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 26 aprile 1972, n. 341 -Pres. Lugo Est. De Ltse -Impresa costruzioni Benna,to (avv.ti Rizz1atrdi e Rosati) c. Ospedale civfile d:i Isola del1a Scala (avv.ti Zenari e Celvolotto) e Societ� Edilveneta (avv.ti Fanfani, Donella e Ughi). Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Legittimit�. Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Potere dell'Amministrazione di valutare l'essenzialit� della prescrizione -Insussistenza. Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Preventiva apertura di tutte le buste -Irrilevanza. Contratti pubblici -Licitazione privata -Esclusione -Per inosservanza di prescrizioni previste nell'invito a pena di esclusione Intervento nel provvedimento di esclusione del rappresentante dell'Amministrazione dei lavori pubblici. -Legittimit�. � legittimo il provvedimento di esclusione deUa licitazione privata di un concorrente per inosservanza di una prescrizione contenuta nell'invito, espressamente prevista a pena di esclusione (1). Nel caso in cui l'invito aUa licitazione privata prevede espressamente, per L'inosservanza di taluna delle prescrizioni contenute nell'invito stesso, L'esclusione daHa gara, L'Amministrazione non ha alcun potere di valutare L'essenzialit� o meno della prescrizione e non ha, conseguentemente, il potere di non attenersi aUa prescrizione stessa e di ammettere aUa gara iL concorrente che non L'abbia osservata (2). NeL caso in cui L'invito aHa licitazione privata prevede espressamente, per L'inosservanza di talune deLle prescrizioni contenute nell'invito stesso, La esclusione dalla gara, la circostanza che L'ufficiale di gara abbia proceduto preventivamente aH'apertura di tutte Le buste non costituisce causa preclusiva deUa declaratoria di esclusione del concorrente che non abbia osservato la predetta prescrizione (3). (1-4) Cfr. Sez. V, 9 giugno 1967, n. 608, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1237. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 657 Nel caso in cui l'invito alla licitazione privata prevede espressamente, per L'inosservanza di talune delle prescrizioni contenute nell'invito stesso, la esclusione dalla gara, la circostanza che nell'adozione del provvedimento di esdusione di un concorrente che non abbia osservato la predetta prescrizione sia intervenuto un rappresentante dell'Amministrazione dei lavori pubbLici non costituisce causa di illegittimit� del provvedim�nto di esclusione (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 marzo 197,2, n. 120 -Pres. Tozzi Est. SquUlante -RaffaeHo ed �altro (avv.ti Dallari, Vetrano, Pallottino, Sorrentino, Brocchi e Manfredonio) c. Ministero agricoltura e fo["este (avv. Stato Ricd), Ente Delta Padano (avv.ti Guiicdardi e Vfol!a), con intervento di Toffano ed altri (avv.ti Ivanoff e Basile). Atto amministrativo -Atto collegiale -Attivit� del Collegio -Convocazione ed ordine del giorno -Notificazione o spedizione per raccomandata -Norme eccezionali -Mancanza -Consegna per camminatore o per posta ordinaria -Legittimit� -Consiglio Superiore LL.PP. Atto amministrativo -Atto collegiale -Votazione -Tacita o implicita Nozione -Ammissibilit� -Limite. In te.ma di attivit� del Consiglio superiore dei lavori pubblici, non trovano� applicazione le speciali norme, espressamente dettate per taluni Collegi, .che dispongono che l'ordine del giorno deve essere portato a conoscenza dei componenti del Coliegio mediante un vero e proprio procedimento notificat01�io, da eseguirsi da soggetti qualificati o mediante l'invio per raccomandata; pertanto, � legittima la prassi seguita dal Consiglio superiore predetto, secondo la quale gli ordini del giorno vengono trasmessi ai singoli componenti .o mediante iL cosidetto � camminatore� (e cio� col normale mezzo di trasmissione di cui l'Amministrazione si avvale per recapitare atti e documenti ai propri funzionari ed ai componenti di CoUegi presso di essa costituiti), oppure mediante il servizio postale ordinario (1). Nei casi in cui per gli atti di un organo collegiale la relativa normativa specifica si appaga del voto della semplice maggioranza dei votanti e non esige un particolare sistema di votazione o un particolare ordine nella manifestazione del voto, � consentito quel procedi (1-2) Cfr. Sez. IV, 23 ottobre 1968, n. 654, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 1488; Sez. IV, 12 giugno 1962, n. 421, ivi, 1962, I, 1108. 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento di votazione denominato votazione � tacita � o � implicita �, la quale consiste nel fatto che i membri del Collegio, invitati dal Presidente, dopo la proposta della Commissione relatrice o dei relatore e dopo la discussione preliminare, ad intervenire nel dibattito per esprimere il loro eventuale dissenso, si astengano daU'accedere a tale invito rimanendo silenti, cosicch� ii silenzio in tal caso ha il valore giuridico di assenso e la proposta si intende approvata all'unanimit�; peraltro, nel caso che anche uno solo dei membri del Collegio manifesti il proprio dissenso, tale principio non pu� pi� trovare applicazione e sulle opposte tesi deve procedersi a votazione formale (2). CONSIGLIO DI STATO, Se�z. VI, _18 aprile rnn, n. 149 (011dinanza) - Pres. Di Piace -Est. Valitutti -Gial'dina (avv. Praga) c. E.N.P.A.S. (avv. Sfato Giorgio Azzariti). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Giurisdizione esclusiva -Pretese patrimoniali -Previo ricorso gerarchico Non occorre. Pensioni -Pensione e quiescenza -Indennit� buonuscita E.N.P.A.S. Vedova ed orfani senza diritto a pensione -Esclusione -Art. 5 1. n. 1407 del 1956 -Questione di incostituzionalit� -Non � manifestamente infondata. I ricorsi giurisdizionali per la tutela di diritti patrimonia.li sono prO'ponibili anche indipendentemente dal previo....ricorso gerarchico, sempre che sussista il disconoscimento da parte dell'Amministrazione dei diritti ~i cui gli interessati assumono la lesione. Non � manifestamente infondata la questione di illegittimit� costituzionale delle norme contenute nell'art. 5, l. 27 novembre 1956, n. 1407 -il quale prescrive che nel caso in cui il dipendente statale, iscritto all'E.N.P.A.S., muoia prima del collocamento a riposo, l'indennit� di buonuscita non pu� essere corrisposta n� al coniuge superstite non avente diritto a pensione indiretta, n� ai figli non inabili a proficuo lavoro -sotto il profilo del contrasto con l'art. 3 Cost. (dato che tali norme fanno agli eredi del defunto dipendente statale un trattamento deteriol/'e rispetto a quello previsto dall'art. 2122 cod. civ. per gli eredi dei lavoratori privati) e con l'art. 36, primo comma Cast., che fa oggetto di particolare protezione la retribuzione dei lavo1�atori, tanto se corrisposta nel corso del lavoiro quanto se differita a fini previdenziali alla cessazione di tale rapporto (2). (1-2) Cfr. Sez. V, 13 gennaio 1970, n. 4, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 85; Sez. VI, 28 agosto 1971, n. 785, ivi, 1971, I, 1410. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI C�SSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1972, n. 11518 -Pres. Giannattasio -Est. Santosuossol. -P. M. Minetti (coni.) -Gaggiano (avv. Rossini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). Imposta di registro -Transazione -Legato)n f~vore di persona giu ridica -Autorizzazione governativa -Rinuncia in corrispettivo di denaro -� atto di trasferimento. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 60; e.e. art. 17). L'auto<rizzazione governativa prevista daU'art. 17 e.e. costituisce una condizione di efficacia per l'acquisto del legato che si produce, senza bisogno di accettazione, al momento deU'apertura deUa successione; conseguentemente, se� la persona giuridica, con atto di transazione, dietro corrispettivo di una somma, rinunzia a chiedere l'autorizzazione governativa, compie un atto di disposizione del diritto gi� acquisito si che la transazione, agli effetti dell'art. 60 deUa legge di registro, va considerata come atto di trasferimento (1). (Omissis). -Con i primi due mezzi, H ricoirrente, premesso che la accettazione di un legato da parte di un corpo morale esige J.a previa autorizzazione gov�e,rnativa e che, fino al .perfezionamento di questi atti, l'ente ha una mera aspettativa, mentre iii bene oggetto del legato resta nel pat~imooi:o degli eredi, sostiene che, per conseguenza, erronea � la qualificazione di condizione sospensiva dell'acquisto, data dalla sentenza impugnata dell'autorizzazione, e parimenti erroneo � ritenere operativa di Uril trasforimento fa transazione intervenuta prima dell'autorizzazione. (1) Decisione esatta. Va sottolineata '1a distinzione tra i diversi effetti che la mancata �autorizzazione governativa produce rispetto al legato, il cui acquisto � automatico, e rispetto alla donazione o alla compravendita che presuppongono un valido consenso. Tuttavia anche per gli acquisti negoziali delle persone giuridiche 1si � precisato che l'autorizzazione governativa non pu� definirsi una condizione di efficacia di cui all'art. 81 della legge di re-� gi,stro (!clferi1ia aliLe approviazioni. ed omologazioni JiJn Set!JJSO teCIIlltoo), ma � invece da considerare come un elemento costitutivo del negozio la cui mancanza d� luogo ad una inv�alidit� che, comunque la si voglia definire, non impedisce che il negozio produca effetti (e sia quindi soggetto a registrazione) fino a quando l'invalidit� non venga dichiarata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 660 Trattandosi, quindi, di una transazione non innovativa della situazione esistente in un momento anteriore alla concessione dell'autorizzazione dell'acquisto del legato, sulla stessa � dovuta soltanto la tassa fissa, prevtsta dalla prima parte deU'art. 60 del1a Jegge orgar:dca di regisU-o. Con il terzo mezzo si denunziano i vizi della. motivazione della sentenza impugn~ta sul punto decisivo della rinunzia dell'ente morale ad ogni diritto ,sull'eredit� del Gaggi:ano; indagine che avrebbe uJteriormernte dimost11ato la mancanza di accettazione del legato e la mancanza di effetti traslativi della transazione. Mentre � evidente ,l'intel'dipendenza de1le censure esposte nei primi due motivi, ri1sulta l'oprportunirt� di esaminare congiuntamente anche il terzo mezzo, in quanto esso, sia pure sortto il profilo dei difetti di motivazione, r:ip:ropone la decisivit� dei punti relativi al modo di acquLsto del legato ed ,aJJa natuTa della transazione. Per quanto le que,stioni sottoposte col p:resente ricorso all'esame di questa Corte si prestino, con suggestive argomentazioni, ad opposte soluzioni, il loro approfondito vaglio conduce il Supremo Collegio alla conclusione che la fosi del rLcorrente sia priva di fondamento. Occorre muoversi dall'aspetto tributaTio dei problemi sollevati. L'art. 60 delLa legge organi.ca di regista-o stabiUsce che siano gravate di tassa fissa ,1e �tran,sazioni � semplici o Umitate alla rinunzia o condonazione delle reciproche pretese �, mentre sottopone alla normale tassa � secondo la natura dei contratti � quelle transazioni che � contengono una novazione qualunque al.le ragioni e ai diritti dspettivamente competenti alle parti in forzia di titoli anteriori, oppure contengano trasferimento deUa propriet�, dell'usufrutto, dell'uso o godimento di beni o di altro dir-:itto reale, costttuzioni di rendite, obbligazioni di somme o valori o altri contratti assogg�etfati a tassa�. Il criterio, quindi, per stabilire se la transazione abbia natura dichi �arativa o novativa, non si desume dal.l.a qualit� litigiosa o meno dei beni che fol1illano oggetto delle disposizioni transattive, ma dall'essersi l'accordo limitato alla �Composizione delJe reciproche pre,tese, oppure dall'aver raggiunto questa �omposizione mediante innovazione ai titoli originari o mediante il trasferimento di un didtto reale ovvero la previsione di obbltghi di �altre prestazioni. In altre parole, alla semplice rinuncia delle recipToche pretese, si contrappone un mutamento economico della 'sttuazione di fatto o di diritto delle parti tale da attribuire ad esise ragioni e diritti diver,si da quelli spe.t1lanti in baise a titoli precedenti e da determ:i:nare un nuovo movimento di valori e di ricchezza. Per accertare se la transazione in questione sia stata esattamente inquadTata dal1a Cor�te leccese nel secondo tirpo previ.sto da1la citata norma, oppure andava correttamente qualificata transazione meramente dichiarativa -come sostiene il ricorrente -� necessario esaminare se con detto accordo le parti abbi,ano mutato i diritti loro spettanti in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA foi'za dei titoli originari o abbiano comunque posto in essere un negozio traslativo di un diritto reale o l'obbligo di corrispondere prestazioni nuove. Esame, questo, che involge delicate questioni relattve al modo di acqu1sto del legato disposto a :liavore di una persona giuridica, alla natura ed agli effetti dell'autorizzazione governativa in ordine a detto acquisto, non�h� alle conseguenze deUa rmunzia dell'ente benefkiario alfa richiesta di questa autorizzazione. Due punti fermi giovano all'orierntamento per la soluzione dei punti discutibili. Il primo principio � quello che si desume dall'art. 649 cod. civ., secondo cui il legato .si acquista � ipso iure., ,senza bisogno di accettazione, nel medesimo momento della delazione, in modo diretto, indipendentemente dalle vicende della 'trasmissione ereditaria. Il secondo, affermato da autorevoi.e dottrina e da numerose sentenze di questa Corte (n. 532 del 1966;� 3212 del 1959; 2845 del 195�8; 3599 del 1955; 1427 del 1953; 2813 del 19'5,2; 22,81 dei 1951 ed altre), riguarda la natura dell'istituto dell'autorizzazione gove,rnativa prevista dall'articolo 17 cod. 'Civ. concepita come � condido 1ur1s., richiesta non per l'esistenza e la validtt� dell'acquisto, ma solo per l'efficacia dell'a�cquisto stesso. La� parte discutibile pu� sintetizzarsi nel quesito se, prima dell'autorizzazione governativa, l.a persona giuridica abbia automaticamente acquistato un diritto al legato, e quale contenuto abbi:a questo diritto. � opportuno anzitutto ribadire, in ordine a tale questione, che l'autorizzazione non integra la capacit� giuridica dell'ente, n� incide sulla formazione del negozio per cui � richiesta, ma costituisce un atto a se �stante, che� viene ad aggiungersi all'accettazioine (nei casi in cui questa � necessaria) ed all'acquisto. Pu� anche affermarsi che accettazione, ed acquisto 'l.'estano in stato di pendenza fino a che non interviene l'autorizzazione, che opera ex tunc, cio� alla data dell'atto cui essa si rifedsce. Queste piI'ime conclusioni trovano la loro dimostrazione nella ratio dell'istituto dell'autorizzazione e nell'espressione usata dal legislatore nell'art. 17 cod. civ. La finalit� di polirtfoa economica (che rimontano alla legge sarda del 5 giugno 18'50, n. 1037, ed hanno origine ancore pi� remota in altri Stati europei) di dduiI'l1e, cio�, i mezzi patr.}moniiali destinati ad attivit� non produttive, �cui si ,sono ,successivamente aggiunte ile finalit� di protezione di diritti di terzi (suscessibili e creditori) e di tutela degli enti (come espll'essamen�te risulta daH'art. 5 disp. aitt. c. c.), caratterizzano l'autorizzazione governativa, non quale elemento intrinseco della fattispecie negoziale, ma come dichiarazione di volont� degli organi goveiI'nativi, e�strinseca a:Lla capacit� ed alla volont� delJ.'ente, atteggiantesd. a condizione di legalit� da cui dipende l'effi�cac1i:a del negoz.io, gi� in s� perfetto. 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'ar,t. 17 c. c., mentre nel testo definiitivo del libro I (approvato con r.d. 12 dicembre 19318, n. 1852), ripeteindo l'e1spressiooe usata nell'art. 10 della legge n. 848 del 1929 per gU acquisti degli enti ecclesiasUci, disponeva che � ,senza autorizzazione... l'acquisto e l'accettazione sono nuHi �, fu modificato nel testo uni:fkaito nel 1senso che e senza autorizzazione, J'acqui!sto e l'accettazione non hanno effetto., precisandosi quale fosse la vera m:igi!Ilaria concezione dell'isitiLtuto, negli stessi termini ~sati dalla rprrima citata legge in materia (n. 10317 del 1850). La natura dell'autorizzazione cmne me1ro requisito di efficada implica evidentemente 1che, prima dell'autorizzazione, il legato esiste ed � valido. Diversamoote deve affermarsi dguardo aLla donazione, in quan~ questo contratto non pu� divsi concluso (e quindi non ancora esistente e vaUdo) fino a che non intervenga un'accettazione efficace. Onde le affermazioni in ,tal senso, contenute nelle sentenze di questa Corte nn. 65 del 1956, 218'11 del 1961 e n. 195'4 del 1966, non si pongono in antitesi con la giurisprudenza prima citata riguaxdo alla natura del- l'autorizzazione. A questo punto si potrebbe dar credito a quella tesi che, facendo leva sul verbo � conseguire � riferita daJ. legislatore (ad. 17) soltanto al legato, ravvisa nelle pe:risone giuridiche la p!i.ena capacit� di acquistare H legato, mentre solo l'esercizio della capacit� sarebbe subordinato alla rio:nozione di un limi1te posto dalla legge; oppure dar credito all'ana- Ioga tesi secondo cui l'ente acquiste['ebbe automat1camente il diritto al legato, mentre subordinato all"autorizzazion1e ,sarebbe solo ['acqu!i.sto del legato, cio� '11 potere (� retinendi �) di entrare neIJ'effettivo godimento dei beni oggetto del legato. Ma non sembra indispensabile prendere posizione in proposito, ai fini del decidere la presente controversia, essendo sufficiente ritenere con certezza che un diriitto, e noo una mera aspettativa, � ci� che automaticamente acquista la persona giuddica beneficiaria di un legato al momento della ,apertwa di 'Successione, indipendentemente dalla autorizzazione governativa. Questa ,coill!clusione, mentr,e � confortata daJ.l'indirizzo della prevalente dottrina e giw1sprudenza sull'ammissibilit� di una. autorizzazione successiva all'acquisto, non risulta demolita dalla osservazione, che, una volta ,privato definitivamente di qualsiasi effetto l'acquiisto del legato per diniego o :rinunzia dell'autorizzazione, vien meno 11 contenuto stesso del J.egaito e qualsiasi diritto dell'ente benefidario. Nell'ecooomia di questa pronuncia basta affermare che, se l'impedimento definitivo al verificar1si de11'indica1to requisito di efficacia sia stato determinato dalla volont� della per;sona giuridi!ca con la rinunzia a �chiedere l'autodzzazione govcernativa, fa,le situazione si risolve sostanzialmente nena volontaria dtsposizione di que1l diritto acqmstato automaticamente, al momento della delazione ereditaria. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 663 Ne consegue che la transazione, con la quale l'ente beneficiario abbia rinnn~ato all'autorizzazione, che avrebbe reso efficace l'acqmsto del legato, dietro corrispettivo di una somma di denaro da pru-te degli eredi, implicando 1a disposizione di un diritto della per,sona giuridica e stabilendo l'obbl:igo ad una contropreistazione, contiene una novazione alle ragioni spettanti alle pal'ti in forza dei titoli anteriori, e pootanto va fiscalmente �trattata, ai sensi de1la seconda parte dell'art. 60 CLegge di registro, in conformit� della natura del negozio in essa contenuto. (Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 maggio 1972, n. 13�57 -Pres. Rossano -Est. Lo Cigno -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella) c. Buttafuoco. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Solidariet� -Notifica dell'accertamento di valore -Pluralit� di coobligati -Notifica ad uno soltanto -Nullit� dell'intero accertamento. (d.I. 7 agos;to 1936, n. 1639, art. 20 e 21; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). L'accertamento di valore deve essere notificato a tutti i condepitori solidali stante l'unicit� del debito di imposta; la notifica eseguita ad uno soltanto dei contribuenti rende nuHo l'accertamento anche rispetto al contribuente nei confronti del quale la notifica � avvenuta (1). II --, CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1944 -Pres. Ros1saino -Est. Elia -P. M. Mililotti (coinf.) -Ludovici (avv. Riitano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Solidariet� -Notifica dell'accertamento di valore -Pluralit� di coobligati -Notifica ad uno soltanto -Validit� nei confronti del soggetto notificato -Irrilevanza verso gli altri. (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 20 e 21; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). Ove l'avviso di accertamento di valore sia stato notificato ad uno soltanto fra pi� coobbligati, esso produce i suoi normali effetti nei con (1-3) Sui nuovi problemi della solidariet� tributaria. Le difficoilt� che il nuorvo oooso deiliLa sollid:rurieit� tributaria aw,ebbe creato sono istate pi� volte segnalate in questa Rassegna (1970, I, 81 e 849, II, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 664 fronti deita parte a cui � stato notificato, mentre non pregiudica affatto il diritto degli altri che di conseguenza non hanno interesse a contestare n� la validit� nei loro confronti dell'accertamento, n� la regolarit� del procedimento contenzioso svoltosi senza la loro partecipazione, non sussistendo una situazione di litisconsorzio necessario (2). III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1805 -Pres. Rossano -�st. Scanzano -P. M. Mililotti (conf.) -Cecchini (avv. Micheli) e Comune di Perugia c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Solidariet� -Imposta suppletiva di registro -Opposizione -Litisconsorzio necessario Non sussiste. (d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93; Cost., art. 53 e 97). Le controversie relative all'accertamento di un'imposta suppletiva di registro pretesa nei confronti di pi� soggetti non soggiacciono alla disciplina delle cause inscindibiti e pertanto non � necessario che al relativo giudizio partecipino tutti tali soggetti (3,). I (Omissis). -Con il secondo motivo si deduce vioiLazione e falsa a!Pplicazio!Ile dell'art. 66 del r.d. 30 dicemhre 1923, n. 3270, omessa o insufficiente motivazione su punto dedsivo, H tutto in relazione aJl'ar.tica�: o 360 n. 3 e 5 c.p.c. Pienamente legittimo e regolare deve ritenersi, 189) e nella Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 477; esse sono cresciute cammin facendo, come chiaramente testimonia il contrasto fra le decisioni sopra riportate. Anche dai pi� tenaci demolitori del tradizionale principio della speciale solidariet�: tributaria ormai si riconosce che � il nuovo corso della solidariet� tributaria si avvia ad essere assai pi� tormentato del precedente � (FANTozz1, Il nuovo corso della solidariet� tributaria, Giur. it., 1971, I, 1, 1425). ln 1effotti J.o stato della giu.rii.sprudenza � estremamente cOIIlfuso e, sopmtutto, � mancata una ,app!I1ofondita eltabocazio!llle ,~iurisprudenziaJ.e che abbia tenitato di rimettere ord.1ine fu-a :Le ep~sodiche e firammeltl!tarie piroilll.llilz~ e intervenute nel.lil.'uil1timo btienmo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 665 secondo l'Amministrazione dcorrente, l'opevato dell'Ufficio del Registro perch� detto Ufficio con la notifi.,ca dell'avviso di acce�rtamento ad uno solo dei coeredi, �Si � avvalso della solid~iet� sostanziale, rivolgendo la propria pre�tesa per la determinazione di un mag.giore valore del bene denunziato ad uno solo dei coobbligati solidali, che deve rispondere per intero dell'imposta dovuta, in conseguenza dell'accertamento eseguito nei suoi confronti. Pertanto, aggiunge la ricorrente, dalla mancata notifica dell'avviso di accertamento agli altri due coeredi, non � derivata la nullit� deH'accertamento stesso per incompleto contraddittorio, ma soltanto la improcedibilit� dell'azione della finanza nei confronti degli altri due coeredi, restando valido l'accertamento e legittima la conseguente azione per il recupero dell'intero tributo complementare nei confron~i del coerede cui l'avviso � stato notificato. Il rko:riso � infondato. Invero l'argomento al quale ha fatto rko11so l'Amministrazione, quello della solidariet� sostanziale, non ri1solve il problema che � quello di stabilire se la notifica de,1 valore venale che l'Amminiistrazione reputa di attribuire �ai beni debba e'ssere effettuata non ad uno solo ma a tutti Sembra dunque opportuno riassumere lo stato dell'ultima giurisprudenza. Dopo che, nel corso del 1969, con alcune approfondite e assai responsabHi sentenze delle Sez. Unite, la solidariet� tributaria era stata ricondotta nell'ambito della solidariet� di diritto comune in base a ragioni, come � noto, indipendenti dalla gi� affermata illegittimit� costituzionale degli articoli 20 e 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, intervennero alcune decisioni che, con notevole coerenza, sul presupposto della negazione della indivisibilit� dell'obbligazione tributaria, ritennero che la pretesa tributaria potesse essere validamente esercitata contro uno soltanto dei contribuenti (Cass. 7 settembre 1970, n. 1249, in questa Rassegna, 1970, I, 8'69) escludendo che l,a notifica de1ll.'1acceirtamento o det1l!a decisdione ad U!I1 solo contribuenite p11egiudica1sse hl dir.iJtto all'irrnpuginazione deg'li aJ.tiii coobbifil�~ati (Cass. 17 aprile 1970, n. 1085, Riv. leg. fisc., 1970, 1908; Cass. 17 maggio 1969, n. 1688, ivi, 1969, 1492); per le stesse ragioni tanto il giudicato quanto il concordato intervenuto nei confronti di un contribuente non furono ritenuti estensibili ai condebitori estranei (Cass. 21 :febbraio 1969, n. 582, ivi, 1969, 13.52; C'ass. 9 :liebbraliio 1969, n. 311, Giur. it., 19<70, I, 1, 13.51). Tutto ci� implicava, come nelle obbligazioni solidali di diritto comu,ne, l'esclusione del litisconsorzio' necessario neI procedimento tributario (Cass. 4 giugno 1969, n. 1970 Foro it., 1969, I, 1524). Solo in una pronunzia si adombrava il dubbio, pur senza farne oggetto di una specifica decisione, che l'accertamento dovesse essere necessariamente notificato a tutti i coobbligati (Cass. 18 aprile 1970, n. 1125, in questa Rassegna, 1970, I, 848), ma era decisamente prevalente l'opinione che, una volta esclusa la indivisibilit� dell'obbligazione e la supersolidariet�, dovesse considerarsi normale l'eventualit� che sul medesimo rapporto caratterizzato da una pluralit� di obbligazioni rette da causa unica si formassero pi� giudicati diversi e difformi (Cass. 12 dicembre 1970, n. 2655, in qrue1sita Rassegna, 1971, I, 169). 666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i contribuenti obbligati al pagamento dell'imposta, problema squisitamente processuale �che non pu� essere esaminato alla luce dei princ.ipi che regolano la soJ.Ldariet� in materia tributaria, solidariet� ricondotta nell'ambito delle norme di diritto chrhle concernenti le obbligazioni solidali (Cass., sez. I, 20 gennaio 1969, n. 135). Del pari non ha �rilievo l'ulteriore argomento, che la mancata notifi< la dell'avvi:so ad altri condebitori comportexebbe soltanto la improcedibilit� dell'azione della Finanza nei loro �Confronti perch� tale argomento � a torto invocato nel caso di specie. Invero, la Corte costiituzionale, con la sentenza n. 48 del 16 maggio 1968, ha dichiarato l'illegittimi. t� costituzionale degH articoli 20 e 21 del r.d. 7 agosto 193�6 limitatamente alla parte in cui, da1la contestazion�e deH'accextamento di maggiore imponibile nei confronti di lllD.o solo dei coobbligati decorrono i termini per l� impugnazione giurisdizti.onale anche nei confronti degli altri, e con la sentenza n. 139 del 28 dicembre 1968 ha dichiarato l'illegittimtt� �costituzionale deU'art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 32,70, anche in questo caso nena par>te in cui la notifi�cazione, ad uno dei coobbligati solidali, dell'accertamento del valore r�elativo �ai beni caduti in successione, fa decorrrere ii termini per Ira impugnazione giurisdizionale anche nei �confron<ti degli altri coobbJ.igati. A questo pu:iirrno orientamento � .segUJito un momento di paiusa; la S.C. � apparsa meno sicura e, sembrerebbe, preoccupata di muoversi nel campo minato;� in pi� di �n'occasione la questione della solidariet� nei suoi aspetti processuali � stata evitata con pronunzie che, con evidente forzatura della norma e in contrasto con consolidati precedenti, hanno negato in radice la solidariet� 0si pu� ricord.are che in due occasioni, per non affrontare il problema .del llitisoonsorzio, � 1stato affeirmato che il.a solidariiet� per hl. pagamento dell'imposta di registro nel caso di atto plurimo intercorre solo fra i contraenti delle singole convenzioni e non fra tutti i partecipanti all'atto -Cass. 7 settembre 1970, n. 871 e 26 �luglio 1971, n. 2500, in questa Rassegna, 1970, I, 871 e 19<71, I, 1464 -dev.iiando cos� da un pirdncipd.o :Eea.-m:issimo che vecentemente � 1stato ristabiliito con esplicirllo ri!J;l'Uldio dii queste decisioni (Cass. 5 maggo 1972, n. 1358, in questo� stesso faisciicoJ.o). In tempo pi� '.I'ecente La S.C. � tOTIJJata ail pmb:!Jema tentando llllUffierose e contrastanti soiLuZliolni ,che si muov�omo in tutte le possibili. di.rlezioni. Una nuova possibilit� si era gi� profilata con la sent. 11 novembre 1970, n. 2345 (Riv. l~g. fisc., 1971, 1006) che !t'.iipriendeva Ullla deoilsione defila Corte di Appello di Roma (23 aprile 1969, Giur. it., 1970, I, 2, ,515): la dichiarata illegittimit� costituzionale degli art. 20 e 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 se :ci.cornd'l.Loe i11.1 v:iJa g�enera1e !La solidariet� tributaria :nel!l'ai1vieo della solidariet� di diritto comune, tuttavia non �esclude alcune particolarit� dell'ordinamento tributario; infatti la tempestiva e valida notifica dell'accertamento ad uno dei coobbligati, non importa la decadenza dell'Amministrazione ad accertare il maggior valore nei confronti degli altri ai quali, anche oltre il termine annuale, l'accertamento potr� essere successivamente notificato in applicazione dell'art. 1310 e.e.; infatti la portata della pronuncia costituzlonale � limitata al punto che il contribuente che non ha ricevuto ' i' �. � f. ~~;"':<;,,4;3;;.,~~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 667 Ci� premesso, la questione cos� come si � presentata all'esame della Commissione Provinciale di Palermo, va esaminata sotto il profilo della funzione dell'accertamento nello svolgersi del rapporto giuridico di impo sta, considerando peraltro i due aspetti, quello sostanziale e quello pro cessuale, e la loro interdipendenza, sul rilievo che la �provocatio ad opJ;Jonendum � rappresenta il mezzo apprestato dalla legge perche l'av viso di accertamento, con la definitivit� acquisti l'efficacia sostanziale che gU � 1prorpria (Cass., Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3068). Come ha ritenuto questa Corte Suprema, hl procedimento ammini strativo di accertamento dell'imposta tende a stabiJire qua!Le sia la situazione di fatto esliste111te in concreto, con la conseguente apipHcazto1ne della norma tributaria alla situazione accertata. Sicch�, se pi� sono i soggetti che partecipano al presupposto tributaTio l'accertamento espUca i �suoi effefftti egualmente per tutti, a condizione che tutti siano stati posti in grado di conosce�re tale accertamento (Cass., Sez. I, 11 novem bre 1970, n. 2345). Ora, tenendo .presente che l'accertamento � elemento costLtuttvo de1la :liattispecie legale che d� origine al debito di imposta e che hl ;priJn cipio della soltdariet� pil'ocessuale non si ritiene pi� operante, aprpail'e la notifica non decade dal diritto di impugnare l'accertamento e potr� quindi propone autonoma impugnazione quando venga a conoscenza dell'accertamento o potr� intervenire nel giudizio promosso dal coobbligato. � questa mdubbiwnenrlle 'l.llilia soiluzione moilto significativa, che applica l'art. 1310 e.e. per l'intenuzione di un termine pacificamente dtenuto di decadenza. Sulla stessa linea � la sent. 3 aprile 1971, n. 903 (Giur. it., 1971, I, 1, 1424, con La nota gi� .cd1Jata del FANTOZZI) ohe risoilveD:lldo din una oontrover. sia non tributaria, alla quale era estranea la Finanza, la questione �del regresso fra coobbligati, ha ritenuto che la notifica dell'accertamento a un solo contribuente e il riconoscimento del debito da parte di questo (concordato e pagamento dell'imposta complementare) non ha effetto nei confronti dell'altro contribuente; questa pronuncia, per�, non dice in che modo potr� definirsi H rapporto verso il contribuente cui l'accertamento non � stato notificato. L'altra sentenza 20 gennaio 1972, n. 148 (in questa Rassegna, 1972, I, 148) pur riconfermando che l'obbligazione tributaria � caratterizzata dalla solidariet� di diritto comune si che non pu� profila11si peil' ragioni sostan ziali, nel giudizio di prima istanza, una situazione di litisconsorzio neces sario, ha tuttavia affermato che al giudizio di impugnazione devono parte cipare tutte le parti intervenute nel grado inferiore; si determinerebbe cio� nei giudizi di impugnazione una situazione di inscindibilit� fondata su ragioni soltanto processuali, il che contrasta con la regola della solidariet� di diritto comune che, come � noto, non postula l'wpplicazione dell'art. 331 c.p.c. Questa soluzione intermedia potrebbe essere anche riguardata con attenzione, ma bisogna rilevare d'un canto che il procedimento tributario � privo degli strumenti processuali per realizzare l'integrazione del contradittorio neHe fasi di gravame (il ricorso del contribuente non viene notificato e non � prevista l'ordinanza che dtspone l'integrazione del contraditto10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 668 chiaTo .che deve procedersi al.la notifica del valore venale attribuito dalla Amministrazione ai beni non ad uno solo, ma a tutti i contribuenti obbligarti al pagamento del.l'imposta. Invero, quando negli ar:t1coli 20 e 21 del r.d.J.. 7 agosto 1936, n. 16319 si fa mernz:ione del 001I1tribuente al quale deve essere notificato il valore venale e del contribuente al quale deve essere rivoJto l'invito a presentare ricol1So alla Commissione, ove non irutenda aderire alla determinazione di vafo!re fatta dall'Amministrazione, � :evidente che l'uso del �singolare non sta a significare che allla Fmanza, nella :fase che culmina con la determinazione del debLto di imposta, sia consentito di scegliere fra i vari condebitor.i (scelta legittima rsolo dopo rche dl debito � stato concretizzato) perch� il legislatore usando il termine � contribuente � non ha certamente voluto �iscludere dalla rprevisione normativa i casi nei �quali vi sia in uno stesso riapporto una pluralit� di contribuenti. Seguendo la tesi dell'Amministrazione, non conforme .alle norme che regolano il procedimento di accerfamento, qualora l'avvfao non rio, mentre con molta difficolt�, sul presupposto della solidariet� ordinaria, potrebbe configurarsi la possibilit� delle impugnazio!).i incidentali tardive)' e diall'aJtro che a sca11so r1su1tato aipprodierebbe l'dnscinclibiili.it� del pcrooodimento fra le parti che hanno partecipato al giudizio di prima istanza, quando si riconosee che nei confronti di altre parti del rapporto sostanziale che sono rimaste estranee al giudizio (che non hanno ricevuto la notifica dell'accertamento o della ingiunzione o non hanno proposto impugnazione o hanno sottoscritto il 1concordato o haa:mo pagaito l'imposta) il rapporto d� imposta pu� defini:r'.si in modo difforme. Delle u�.trl.me rieceruti proomnde soiprr-a riportate La pri!ma, se~e p&"-� tendo dalla p!l'emessa deilllta sofildwLet� di dirirtto comune, de:fIDt�ce poi, ceu:-to in modo poco coeirente, l'obblllig1azi01IJJe tributada undca e dindivciisiLbiLe e ta:le da Lmpeddre ohe si Cl'eino dive.risi acceu:-tamenti per ciasC'Ull obbiliigato e giunge ralla conclusione sconcertante che l'accertamento non notificato validamente a tUJtti i coobblliigati � 11adicallmenite nullo anche nei confronti dei soggetti aii. quia:li � srtato notificato, senza aimmetteTe, a quanito pare, che per il principii.o dell'iairit. 331 c.rp.c. la notifir�ia valida ad uno dei conmbuenti consenta JJa successiVIB notifica agli �ailtri. Diamet!l'alime!Ilite opp.osta � Ja seconda pironJU1I1Zia che icitiene via1ido l'�accell'tamento nied confronti dielUl.e pairti al;Le quaJ.d � stato IJJotifi.OOJto 1e i.nopponibi1e agli OOJtri >COObJ.igaiti i quali non harmo di conseguenza intwesse a 'corrutestare la viailidit� dehl.'accelfltamento ad essi non notificato e ad eccepilrie !La nuilllit� del giuddzlio a[ quale IllOn hanno� partecipato. L'ultima decisiOIJJe evilta per qu:alllto � possibile il pirobW!na e ritiene che a seguito deilla notifica deilil'mgii.unziione per ~pil:emenrto di imposta !IllOIIl si �ca:e1a urna rsituazdone di l:misconsorzdo, ma J.ascila in sospero i1l dubbio che a divensa sol'llZlicme possa .gii.ungieir,si. peir l'accertamento di vail.ore. Certamente la prima deHe sentenze in rassegna non � accettabile. Se l'obbli:gazLone tributaria � ulllica e indivisibile si � ben lontam da:Lla solidariet� di diritto comune e si va anzi al di l� della tramontata supersolidariet�; ma se cos� fosse non potrebbe escludersi il litisconsorzio necessari<> e la notifica di qualunque atto del procedimento ad uno dei coobbligati PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 669 venga notificato �agli altri coobbligati si potrebbero avere tanti accertamenti quanti sono i condebitori, in contrasto con l'unicit� del debito d'imposta. Il che non � ammtssibiJe. Con la notifica deill'avvtso di �accertamento a tutti i condeb:Lfori ci:aiscuno degli obbligati pu�, in ua:i1ico processo, sperimentare i ricorsi ammin.istratilvi o giudizi�ari diretti a com.testare la legittimit� della pretesa tributaria con il. rtsultato di una conferma o di una modificazione dell'<accertamento nei confronti di tutti. La deciisione della Commissione Provinciale di PaJ.ermo che si � attenuta a siffatti principi non merita pertan.to ceillJsura. -(Omissis). '*= II (Omissis). -Con l'unico mezzo i rtcorrenti denunctano violazione dell'art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 nonch� dell'art. 50 1. 5 gennaio 1956 n. 1, nonch� degli artt. 23, 28, 35 e 37 r.d. 8 J.uglio 19<37, n. 1516 in relazione al�l'art. 24 della Costituzione, nullit� de1l procedimento e delle sentenze, violazione del principio del con.traddittorio, viosalverebbe sempr.e il termine nei confronti di tutti e consentirebbe la successiva notifica ad integrazione. Non si conoscono nel nostro ordinamento situazioni del genere di quella ipotizzata in questa sentenza: la necessit� del simultanens processus non rende mai totalmente improduttiva di effetti la notifica ad alcuni soltanto dei. legittimati; vi potr� essere divisibilit� o necessit� di integrazione, ma in nessun caiso nullit� totale. Ritornando alla regola della solidariet� di diritto comune, che certamente � allo stato della giurisprudenza la pi� autoTevolmente e ripetutamente affermata, � pi� facile trovare la soluzione giuridica facendo tesoro deHa vasta esperienza dottrinale e giurisprudenziale elaborata sulle obbligazioni civili. Non vi sar� allora litisconsorzio e dovr� accettarsi la conseguenza della .divel'lsificazione fra i vari soggetti nella definizione del rapporto in sede amministrativa e nelle diverse sedi giurisdizionaii; le decadenze che mano a ma!l10 possono inltervienire fe:rrrneramliO in U!IlJa determlinata posizione verso uno dei coobbligati il rapporto che continuer� ad essere controverso per altri. In tal modo la possibilit� delle varianti � veramente altissima: fra coloro che haJ!llllO rroevuto ila notifica deil:l'accell':tamento 1JalU100 pu� fare acquiesci:enza, altro pu� 1stipulliare fil ooncOII'ldiato, altro pu� ric()(['["ere alla CommissiOillJe dii.strettuiale e arprpagarsi dehla Silla decdisione, aQtro a:nieora ricorreire din appelilo aiLLa Comi:rndJssio�Ille pll'ovincialie, e pob:1ebbeiro seguire ile impugnazi0!11ii., ainche contemporaneamente 1per i!l11�ziativa d'eR:l.e diverse parti, innanzi alla Corte di Cassazione o innanzi al Tribunale per difetto di calcolo o errore di apprezzamento; in tema di imposta suppletiva la variabilit� delle 1soluzioni � ancorn maggiore: pu� aversi per taluno la definizione in sede amministrativa, e per altri l'impugnazione in uno o 670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO !azione degli ar.tt. 101, 102 c.p.�c. in� relazione a1l'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., deducendo che l'avviso di ac�ertamento fu notificato alla sola Elvil'a Ludovjd, e non pure agli altri �Coeredi, rispetto ai quali non si provvide ad integra:re il contraddittorio, ed ali quali non vi fu notifica degli avvisi di udienza e delle decisioni, con conseguenti nullit� dello accertamento e delle decisioni. La censura � infondata. Come que�sta Suprema Corte accerta in punto di fa.tto ad. fini del giudizio sul denunciato errore �in pro.cedendo� (Oass., 4 agosto 1967, n. 2077 e 22 gtugno 1967, n. 1523) la sola Elvira Ludovici, nei confronti della quale � tndiscutibile la regoJ.ariit� della notLfica deil.l'avviso di accertamento, propose r&corso alla Commissione Distrettuale, ricevendo avviso della udienza e della deci�!one di detta Commissione. La stessa Elvira Ludovici propose gravame alla Commissione Provinieiale, che sent� un suo delegato, il rag. Masini, ed ebbe notifica della deci:sione deiLla detta Commtssione, �avvel'so la quale propone il ricorso per cassazi:one ex art. III della Costituzione. Non sussiste, nei confronti de11a Elvtra Ludovici, alcuna irregolarit� procedU!rale. Nemmeno per quanto attiene agli altri coeredi, il ricovso pu� essere accoJ.to. pi� gradi dinanzi alle Commissioni, l'azione ordinaria prima durante o dopo la decisione delle commissioni, e il ricorso per Cassazione. Anche per le imposte soggette all'accertamento con la procedura della il. 7 gennaio 1929, n. 4, pu� verificarsi acquiescienza all'ordinanza intendentizia, possono 1sopravvenire, anche contemporaneamente, ricorso al Ministro e azione ordinaria che a sua volta pu� arrestarsi per i vari coobbligati in divel'si gradi. La maggiore diffico'1t� � rappresentata dal fatto che sull'identica pretesa tributaria possono aversi diverse e contrastanti definizioni non soltanito provenienti da dive!l'si Oi!.'Wani ammirnJiiswart:ivi e gi.msdizionali (il che per le obbligazioni solidali � normale) ma anche provenienti dallo stesso organo giurisdizionale o dalla stessa Corte di Cassazione (la stessa commissione pu� decidere la stessa controversia due volte sull'istanza di due diversi obbligati a distanza di lungo tempo e la Corte di Cassazione pu� pronunciarsi sulla stessa pretesa su ricorso ex art. 111 Cost. contro la decisione della Commi1ssione Centrale e a seguito di azione ordinaria in tuttii i suoi givadd). Mia '�11I1Che questa esfll'ema cOf!llSeguenza � iLa logica conseguenza deilla affeTmata soi!Jidtariet� di d:iriJtJto comUIIlie. N� questi inconvenienti possono essere evitati imponendo sin dall'inizio la notifica dell'atto amministrativo (accertamento, avviso di liqui-. dazdone, mgiunzdone, Oll.'dinan2la intendentiziia) a tuttd i ooobbiligati. Non soJ.tanito, imaitti, La II1otdfioa bench� tentaita pu� non riuscire valUda nei co111fl'lonti di tutti (non poche deHe sem.te:nZie esammate riflettono per 11.'appurnito conrtroV'ersie sOll.'te a causa di una notifica lDJUllllia), ma a!Illche fu-a co~ che r ~4$�':JJJ!Si#ffJ'J?l'.1Yff�'E"f'.1f1'8~~~1ff20j0":~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 671 Per J.'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3.2.70 ciascuno degli eredi � solidalmente tenuto verso lo Stato per La totalit� deJ.la tassa sulle successioni. Per il �combinato dtsposto degli arttcoli 2�0 e 21 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, l'ufficio IIlotifi.ca ai contribuenti avviso di accertamento del maggior valore dei beni soggetti ad imposta, ove ritenga che il vaJ.ore dichiarato dalle parti sia inferiore a queJ.lo venale, e contro l'avviso di accertamento � dato rkorso inel termine di giorni trenta da.Ua notificazione. Con �sentenza 16 maggio 1968, n. 48 la Corte Costituzionale ha dichiarati incosrtituzionaJ:i i citati .arti.coli 20 e 21 del r.d. 1639 de1l 1936, Hmitatamente alla parte .per la quale dalla contestazione di un maggior imponibile nei confronti di uno solo fra i contribuenti coobbligati, decoroono i termini per la impugnazione dell'accertamento anche pex gli al�tri. Da tale sentenza della Corte Costituzionale rtsulta che il t&mine pex impugnare l'accertamento .di maggiore imponibile decorre solo nei confronti di quelli, tra i �contr:tbuenti, che ebbero regolare notifi1ca dell'avviso di accertamento. E, dunque, � confermato che nessuna norma impone di notificare l'accerfameinto a �tutti i coeredi, e non v�i � alcuna nullit�, se vi sia stata notifi�ca soltanto nei confronti di parte di essi. la notifica hanmo iregolian."meinte I'lioovuto possono determi!lllarsi, come sii. � v~sto, diverse .iJrui:ziiaitive a tutela deJ. proprio ddritto. La soluzione opposta che si volesse imperniare sul principio del litisccmsorzio dn ogni matilifestazione piroaessuale deJ. :riapipor.to, sa:riebbe troppo in contrasto con le premesse della negazione di una �speciale solidariet� tributaria; ed infatti questa tesi non � sostenuta in nessuna deUe sentenze intervenute e nemmeno nella dottrina. Ma anche ricorrendo al litisconsorzio le difficolt� non verrebbero appianate; sarebbe sempre impossibile costrdngere un contribuente a seguire nelle molteplici fasi contenziose '1'1�lniz1'ativia di �a:Ltro coobbLi~ato; comuniqrue �Sii voglda defio:JJ.:ve l'obbliig. aziol!lJe, non si portr� mai impedirie al oonrtribue!lllte che ne ha l'intenzdone, di adempiere l'obbligazione contestata dal coobbligato e soprattutto non sax� mai possibile fax convergere in un unico processo tutte le possibili liti quando �sono molteplici, alternativi e a scelta della parte i rimedi giurisdizionali. � stata .proposta dalla dottrina, e in particoilar�e dal FANTozz1 (op. cit. e precedenti ivi citati) una terza via: occorrerebbe distinguere la fase procedimentale dell'accertamento, caratterizzata dalla ne�~sit� dli intervento e di difesa di tutti i soggetti e ad un tempo dal rispetto del principio della capacit� contributiva e dell'imparzialit� dell'azione amministrativa nella. quantificazione del presupposto di fatto, daHa fase della riscossione dominata invece dalla regola della solidariet� di ddritto comune. '672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il �Che, con riferimento al vincolo di solidariet� fra coeredi, fissato dall'art. 66 del citato r.d. 3270 del 1923 si inquadra coi prirndpi stabiliti dall'art. 1306 c. c. in tema di obbligazioni solidali, ,secondo il quale la decisione pronunciata a favore del creditore e ,contro uno degli obbligati in solido rnon ha effetto nei �confronti degli altri coobbligati soilidali (Cass., 6 agosto 1965, n. 1890) che hanno faoolt�, invece, di opporre al credito,re una decisd:one fav�orevole ad un coobbligato, e non fondata su ragioni personali ad esso condebitore (Oass., 11 giugno 1965, n. 1190). Deriva da tac1i principi, che rkhiamano U principio generale di cui aU'�art. 2909 c. c. in maiteria �ii giudicato (Cass., 16 maggdio 1956, n. 1639) che il concetto di caUJsa inscindibile non ricorre nell'ipotesi di obbligazioni solidali di pi� debitol'i (Caiss., 22 J.uglio 1959, n. 2376) ne1le quali il cl'editoce pu� scegliere uno quaiLsiasi dei debitori soUdali per chiedergli il'adempimento dell'intera obbligazione (Cass., 3 aprile 1959, n. 993) e, pevci�, l'obbligazione >Solidale non importa mai litisconsorzio necessario (Cass., 28 giugno 1950, n. 1668). Non vi � dunque nessuna nulHt� .per la mimcata integrazi0I1e del contraddittorio nei confronti dei coeredi che non ebbero regolare notifica dell'avviso di accertamento, degli avvisi di udienza, delle decisioni, e rimasero dunque estranei al procedimento tr~butario. NeJ.Wa prima :liase �si ha unit� itJJeil. prooec1ilmento: l'accertamento, che non pu� essere che wno, deve essere notificato, sia pure in momenti di.ve!I'IS!i, a tutti �e tutti debbono porbocJ.o impugI11are aI11che imrtocvenendo nei!. prooedimffitto o irn esso ch:iiamati iussus iudicis (non si spiiega per� dal sostemtore di questa dottrina come possano atteggiarsi in questa fase H conco,rdato e l'acquiescienza o addirdttura il pagamento dell'imposta complementare, ove non vi sia partecipazione concorde di tutti i coobbligati e come possano svolgersi unitariamente le diverse impugnazioni); una volta definita l'obbligazione in modo unitario nei confronti di tutti, subentrerebbe nella fase di ri,scossione la regola civilistica della solidariet�. Non vogliamo !�IIl qUJesta sede confutaxie la teoria dell. FANTOZZI e non possiamo 1scendooe 1a discutere il':aJ.tro probll.ema, �che ine � alla baise, della natU!l'a dtchiiarativa o .oostitUJtiva deilil'acoertao:nento. POISS:i1airno peir� ll'iiJLeva; re che questa teorda, che [plt'esuppone fU!IlJa !liJetta sepairazitone, che per le imposte mdJiir,ette inon si verifica, deifila :liaise prooedimeni1Jal1e d!i accertamento dalla :liase deil.'1:a riscossione e che porJJe l'a�ccertameinto di viaiLore nel.Le imposte 1irndire1Jte su di UIIl rptedistaillo troppo ailto, � stata gi� dimostrata inadeguarba a rdisoilvere ili. mruiltiforme xn-obilema de1:l:a soliidairiet�, dall'ultima delle sentenze in l'lasse,gna. Questa rplt'o!tlJUnJZia si � 1lrovata di :lironte app111Ilto afLla tesi del FANTozz1, esattamencte riassunta nei!. motivo di dcorso nel ,quale si mettevano anche in luc.e, proprio come nella nota alla sentenza 3 aprile 1971, n. 943, le difficolt� di ordme pratico .che 1a semplice solidariet� civilistica determi nerebbe in �Sede di Tegresso :lira ,coobblli,giati. La S.C. ha esa1Jtamenrte rile PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 673 Infatti, i terzi rimasti eistranei aJ. proced.iimento tributario, regolarmente SV"oltosi nei confronti di un loro coobbligato 1solidale, non possono subire pregiudizio daUe decisioni prese in Joro 1assenza, ve11so le quali non hanno dunque interesse a proporre ricor,so per cassazione, ben potendo, dunque, proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., neUe fpotesi ivi previste (Caiss., 27 marzo 1959, n. 9,33), � esatto che la noti.fica ad uno�dei coeredi, che non sia uno dei .soggetti indicati dall'art.. 139 c.p.c., non pu� ritenersi efficace nei confronti degli altri coobblJiigati, anche ,se il ceinde abbia acce:ttafo di riceversi le cop,ie destin,ate agU altri debitori d'imposta, firmando la reil.ata di notifica, ,con e1spre1sso impegno di consegna delle copie agJi intere,ssati {Cass., 30 giugno 1956, n. 2393). Per la valtdit�, infatti, della notifica ai sensi del:l'art. 139 c.p.c. occorre che l'uffidale giudiziario dia atto 1che la notifica fu eseguita in uno dei luoghi ivi previsti, a una delle persone ivi trovate, la quale pu� anche essere indicata col solo nominativo, mentre chi si avvale delJa notifica �, comunque, tenuto in ipotesi di contestazione, a dar la prova del rapporto (Cass. 'citata, n. 2393 del 1956). vato che tl.'imlpairziailiit� deltl.'azj,onie amminiiswativia (1art. 97 Cost.) non pu� esig011e :neoossM'liiametnJte \l'unitariet� de[ procedimento e che hl. principio del rispetto della oapadt� contributiva (art. 53 Cost.), dirietto aiLl'eseroi.z:io del potere di impoSI�zione nell suo momento normativo, :non � vtoWart;o quando l'iatto im 1coocreto emesso � legi1ttdmo. E ,scen,dendo all'esame 1 1del merito La S.C. ha consiiderato che Jia sosternita necessit� di lm:tea-" ento e di difesa di tutti neltl.a fase prt'ocediimenrtale di accertamento non si profila minimamente nell'ipotesi di supplemento di imposta di cui sia stato intimato il pagamento con Fingiunzione, perch� l'imposta suppletiva si fonda su un presupposto (l'atto registrat�) di cui � certa la sussistenza e pacifica la valutazione economica, mentre il'ingiunzione in cui il supplemento � contenuto � un atto diretto essenzialmente ana riscossione e che conclude la fase amministrativa di qualificazione giuridi-Oa, ma non quantitativa, del presupposto; giustamente quindi si conclude che in materia di imposta suppletiva non pu� darsi mai litisconsorzio necessario ne11a fase giurisdizionale di contestazione della 11egittimit� della ingiunzione, anche se fosse esatto (il che � invece materia di vivace dii>cussione tutt'altro che r1solta) che la fase procedimentale di accertamento del presupposto quantitativo, si concluda con un atto costitutivo, _che deve essere necessariamente unico verso tutti i soggetti. � facile aggiungere che ~e stesse considerazioni valgono per l'imposta principale quando di essa si discuta, nei casi meno frequenti, ma non tuttavia rari, di mancato pagamento in sede di registrazione o di domanda di rimborso, come pure per le imposte soggette aH'.accertamento con la procedura della I. 7 gennaio 1929, n. 4; si verte anche in queste ipotesi nella fase di riscossione e quindi !li rimarrebbe comiu:nque netl.l'ambM della s01i!�lariiet� di d.!iritto comruine. Ma in tutti questi casi non ci troviamo dinanzi ad un'azione esecutiva in senso stretto, nettamente separata da quella di cognizione e che presup 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, come questa Corte Suiprema accerta ai fini del giudizio �su!I. denunciato errore � in procedendo �, J.a notifica alla Elvira Ludovici per cOlllto de�gli altri coeredi non pu� dirosi regolare, non essendosi indi cato che gli altri coobbligati abitassero tutti nel luogo di consegna deUe copie, �cio� a �casa di essa Elvira Ludovici, n� essendosi dimostrato che la Elvira Ludovicl. aV!esse coi notificaruii UfllO dei rapporti rprevi1sti dal l'art. 139 c.(P..c. citato. Ma tale ixregolarit� riguaa:dante i cowedi non annulla n� la notifica dell'avviso nei confronti della Elvira Ludovici, n� il pr.ocedimento tri butario nei suoi �confronti, mentre gli a.Uri coobbligati cui non fu noti ficato l'avvii.So, e �che restarono estranei al:la procedura, non possono esse.re pregiudicati dalla deci,sione emanata nel procedimento fra l'Am ministrazione della Finanza dello Stato ed essa Elvira Ludovici. Pertanto le irregolarit� nei confronti della Elvira Ludovici non sus siistono, e Je irre.golarit� vel'ISo gli altri coeredi non sono rilevanti nei confronti di essa �COill!tribuente, ed i coobbligati solidali non hanno inte resse a dedurle, hon potendo subire alcun pregiudizio dalla deci:sione qui denunciata. -(Omissis). pone una definizione irretrattabile dell'obbligo tributario; � proprio a seguito della notifica dell'ingiunzione o dell'ordinanza intendentizia e del decreto ministeriale che so1rge la controversia di merito sulla legittimit� della pretesa; e se essa � dominata dalla solidariet� di diritto comune, tutte le incongruenze. di cui si � detto riemergono in piena evidenza. La dtstinzione tra fase procedimentale di accertamento e fase di riscossione, almeno per le imposte indirette, non risolve n problema deHa solidariet� tributaria che ovviamente postula una soluzione unitaria ed omog. enea. Non si vede come i principi dell'imparzialit� deH'i.lposizione e del riispetto della capacit� contributiV1a possano dirsi soddiisfattd assicuxando un eguale accertamento quantitativo ma lasciando che la qualificazione giuridica, che d� 1luogo ad una diversa quantit� del tributo pur sulla medesima base imponibile, si diversifichi fra i vari contribuenti fino a toccare la massima disparit�, ben pi� evidente che nell'accertamento di valore, � tra il trattamento tributario pi� grave e l'esenzione completa e la imposta fissa; del tutto eguali sarebbero le conseguenze nei rapporti interni di regresso e (La eterogeneit� dei .giudicai1Ji. 1si :l�ar,ebbe senitirr Jin punto di impo nibilit� non meno che in tema di valutazione. Si � detto che fa teoria del FANTOZZI pone su di un piedista<llo troppo alto la fase procedimentale dell'accertamento del presupposto quantitativp. L'accertamento di valore nelle imposte indirette, comunque lo si voglia definire, � un elemento accidentale del rapporto tributario che non trova posto quando il contribuente leale abbia dichiarato il valore congruo e nei numerosissimi rapporti che non hanno per oggetto diritti reali, e che pu� diventare un atto inutile se, in altra sede, risulter� dovuta l'imposta fissa; sembra dunque eccessivo imperniare tutto il multiforme problema della solidariet� sull'atto di accertamento, di cui � pur sempre problema ttca poi ila natura cosrtiitwtiva. L'UJ1tima delle sentenze i!Il rassegna ha ddmostrato l'inadeguatezza delilla teoria del FANTozz1 a il'isollveve i'l rprob!l.ea:na della solidariet� che, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 675 III (Omissis). -Col primo motivo la Soc. Cecchini, denunciando violaziOIIle e falsa applicazione dell'art. 93 n. 1, r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269 in rel:azioue agJi artt. 102 e 3311 c.p.c., nonch� difetto di motivazione, deduce la nullit� deUa ,sentenza di merito per la mancata mtegrazdone del contraddittorio nei �confronti della coobbligata Banca Nazionale del Lavoro. La ricorrente ammette che �secondo i princtpi comUiTh� (cui la giurisprudenza ha !ricondoitto la solidariet� tributaria) :La solidariet� nOIIl d� luogo a litisconsorzio necessario fra i coobbligati. Sostiene per� che nella obbligazione tributaria va tenuta distinta la fa.se del.l'accertamento da quella dell'adempimento,, e che la soggezione di essa ai principi priva�tistici deLla .soLk1ariet� riguarda solo ila se'COnda di tali fasi. Poich� -soggiunge -l'accertamento tributal"iio � dominato dai principi deJ.J.a obiet ripetesi, non pu� avieir1e che una solluzione UJUitaria. Norn sarebbe una utile prospettiva �OOIDPildicare il p'l'obJ:ema deWLa so'.l.Ldariet� oon il'irniesa1llribitl1e diiscuSJSione tra questioni idi viailutaziooe .e questi.ora di impOlllibhl: i!t� e con 1a ccmsegUJenite diJStiinzdo:ne deiliLe competenze diellile commissioni per pervenire a diverse conclusioni; mischiare i veleni non giova certamente. Ma in ogni caso non potrebbe giustificarsi un diverso atteggiamento della solidariet� nei suoi aspetti processuali per lo stesso rappOII" to giuridico di imposta. La tesi del FANTOZZI potrebbe rispondere allo scopo se fosse possibile una netta separazione tra accertamento e riscossione e se fosse vero che nella prima fase rileva soltanto la solidariet� formale (o processuale) e nella seconda soltanto quella sostanziale; ma n� l'una n� l'altra condizione si verificano, perch� \l'accertamento della base imponibile copre un assai modesto Si.pazio nello svolgimento del rapporto mentre riscossione e controversia sulla legittimit� della pretesa si foodono insteme �e senza che possa ipd� :fa!I'sd una dis1Jiinzdorne tra sollidiao:"liet� formafo e sostanziale. Ricapitolando ile idee, necess:ai'riamente disordinate, sembra potersi ritenere che sia la tesi della indivisibilit� deH'obbUgazione con conseguente necessit� di litisconsorzio, sia la tesi intermedia che distingue fase procedmentale da fase di riscossione siano le meno favorite per un'affermazione di successo; resta la pi� coltivata tesi della solidariet� di diritto comune, formale e sos1;anziale, che, sebbene sia la pi� traumatica, � fa pi� giustificabile 'sul piano dommatico ed � la sola che consente di pervenire a risultati dd chiarezza. Bisogmia per� avere La costanza di a:ffro111Jtairne tutte le conseguenze senza timore e senza cerca['e compromessi per tentare di salvare, solo in minima parte, quetll'omogeneit� dell'imposizione che, piaccia o no, � un mito ormai sepoiLto. C. BAFILE 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tivit�, dell'imparzialit� e del rispetto del.la capacit� contributiva; H preisupposto da cui tale 1capadt� via desunta non pu� che sussistere o non sussistere identicamente nei confronti di tutti coloro che, in base ad esso, diventano condebitori dell'imposta. Afferma -traendo argomento anche dalle difficolt� di ordine pratico che una di�versa soluzione determinerebbe in sede :di regre,sso fra i coobbligati -che le controversie relative �all'accffi'tamento di una imposta, pretesa, nei confronti di pi� soggetti, 'soggiacciono a1la d1sciplina de1le cause inscindibili e che peirtanto nella spede era necessario che al giudizio partec1passe anche la Banca. La censura noo � fondata. Il principio deH'imparziarlit� del1l'imposizione tributaria non � idoneo i1n s� a produrre le conseguenze di ovdine processuale invocate dalla rkorrente, 1peirch� � espTe1ssione di una norma generale, comune a tutta l'azione ammini1strativa (art. 97 Cost.). Dertte .conseguenze non derivano necessariamente neppure dal principio del rispetto deHa .caipacit� contributiva. E-sso, infatti, nei significato desumibile dall'art. 53 Cost. (richiamato neil. ricorso) esprime un'esigenza che � dettata per l'esercizio del poteve di imposizione nel� suo momento normativo. Con riferimento, invece, a1l singolo atto amministrativo, �con il quale detto potere v&ene ese:vcttato in concreto, il.a coerenza dell'imposizione con 1a capacit� contributiva del soggetto oo1pito va de1sunta dalla legittimit� delJ.'atto e coincide con la il.egittimit� stessa. Ma anche se all'accertamento del presupposto dell'obbligazione tributaria plurisoggettiva dove1sseTo partec1p1are tutti i coobbligati la tesi della Ticorrente non avrebbe fondamento. Occorre in proposito ricordare che si v.er,sa in materia di imposta indiretta e precisamente di imposta suppletiva di registro. Da tale precisazione deriva: a) che la capacit� contributi'Va � espreissa dall'atto deil.la cui. registrazione si tratta, cio� da un presupposto di cui � certa la sussiistenza ed � pacifica la valutazione economica, mentre � controve1rsa solo la valutazione giuridica; b) �che la presente controveirsia, concernente appunto quest'ultima valutazione, � eistranea a.I:la fase di accertamento. A differenza di quanto accade nelle diTertte (:in cui il presupposto � accertato attrav1eriso un ststema procedimentaJ.e obbligatorio che culmina con il.'iscrizione del tributo neil. ruollo) e nene controve:r:sie di mera estimaziooe che nelle imposte indirette seguono ail.la notificazLone dell'avviso di accertamento di valore (e che costituiscooo la fase contenziosa dell'accertamento :stesso), in mateda di imposta supipletiva di registTo pretesa dall'�fficio dirrettamente con l'iingiunz:ione, questa cumula PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA in s� Jia funzione di atto di accertamento e di atto di coazione, cio� di strumento divetto a conseguire l'adempimento deiLl'obbligazione tributaria, gi� obiettivamente definita nei suoi eJ.ementi costitutivi (Cass., 11 novemb11e 1967, n. 2717; 28 novembre 196'8, n. 3837). E'ssa dJO� esaurtsce la fase de.Ll'accertamento e ne esprtme il risultato conclusivo con la forza propria dell'atto amministrativo assistito dalla presunzione di legittimit� e munirto di esecutoriet�, ed aipre la� fase delJ.'ademprimento. � noto infatti che l'opposiz.tone giudiz;iari!a che segue alla notificazione deH'ingiiunzione fiscaJ,e non costituisce prosecuzione della fase di accertamento, ma d� luogo ad un giudizio di cogntz]one, in cui iil contribuente si fa a1Jto11e per contestare la legittimit� della pretesa tributaria, ormai sorta con tutti i �Caratteri di una comune obbligazione pecuniaria, liquida ed esigibilie. Da tutto ci� deriva: a) �che le esigenze cui fa riferimento la ricorrente sono adempiute con la notificazione deil:l'ingiunzione a tutti i coobbligati (come nella specie � avV'enuto), ci� essendo sufficiente ad attuare l'accertamento con i criteri dell'imparz;i:ailit� e dell'uniformirt� invocati dalla ricorrente e a consentLre a ciascuno dei :condebitori la esatta vaJ.utaz.ione della pretesa tr;ibutaria; b) che la controve�r�sia .giudiziiari:a, ,successiva aJ.1a fase de1l'accertamento, conceme la legittimit� P,eiLla pretesa fo,rmulata dall'Ammliniistrazhme sulla base, appunto, di un presupposto accerfato; e) che pertanto fa questione, si pone nei consueti termillli di una comune coobbligazione solidale, che, secondo un princiipio ormai pacifico, non detel'mina .la necessit� del litisconsorzio fra i coobbligati. Non contrasta con la soluzione adottata la sentenza di questa Corte dell'll novembr,e 1970, n. 21345, non avendo essa affrontato �ex professo la questione posta dalla ricor,rente. Tale sentenza ha :solo esaminato le conseguenze di un avv,iso di accertamento di maggior valore notificato ad UlllO degli obbltgati, nei confronti de'l coobbligato ignaro: ed ha risolto la que,srtione nel senso che mentre la Pubblica Amministrazlione non decadeva dal diritto di pretendeT;e il maggforr tributo nei confronti del secondo, questi, a ,sua voJ.ta, non incontrava preclusioni alfa sua difesa, stante la di:chia,rata i:l:legiittimit� costituzionale dell'art. 21 r.d.l. 7 agosto 19�3,6, n. 1639. E d� senza affermare 'l'e1sdistenza di un iliitiscon sorzio nece,ssario fra i due obbligati, tanto che il giudizio si � svolto trn uno solo di essi e l'Amministrazione finanziaria. G1i altri tre motivii di cassazione coincidono, nel loro contenuto, con quel,J:i proposti dal comune di Peil"ug.ia col Tkorno incidentale, che doyrebbe essere pertanto congiuntamente e'samiinato. Tale ri:co11so (per� � inammissibile, pe~ch� ,alla data della sua nortmcazione (27 luglio 1970) era decorso tl termine di legge. Il Comune di Perugia, infatti, avendo 678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rfoevuto la notificazione del.fa sentenza il 30 gennaio 1970, avrebbe dovuto proporre ricorso entro i successivi sessanta giorni, non rkorrendo nei suoi confronti le condizioni che secondo l'art. 334 c.p.c. consentono l'impugnazione inciden.taJe tavdiva (il cui termine si sarebbe compiuto, nel 'caso, il 4 mag,gio 1970, e avrebbe potuto godere delila proroga concessa con d.m. 4 agosto 1970, in relazione all'inagibilit� dell'ufficio uni�co esecuzioni e protesti presso la Corte d'Appello di Roma). � Va, in ipropoSJito, idlevato che, !l'iispet1Jo aJ rico11so della soc. Ce:cchini, la posizione di detto Comune non rient:r1a neUa previsione della prima parte dell'art. 334 c.p.c., esso, infatti, non ha la qua:J.i.t� di ;p&te contraria, pevch� non � titolare di una prete,sa contrapposta, ed � anzi egualmente interessato aiLla cassa2)i:one della.sentenza, impugnata co1l ricorso p!rincipale. Le considerazioni svolte nehla confutazione de�l p!I'imo motivo di taile ricorso impo!l.'tano, poi, che, ne11a carusa tra J.a soc. CeccMni e l'Arnmi: n1strazione finanz1iaria; il l:Uisconsonii.o necessario non suissiste neppure nei ,confronti del Comune di Perugda che, aJ pari della Banca Naziona1le del Lavoro, ha la posizione di un coobbligato soil.idale e non rientra quindi tra i soggetti cui � appliicabHe l'art. 331 c.p.c. (Cass., 29 diicemb!I'e 1970, n. 2764). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez.. I, 5 maggio 1972, n. 135'8 -Pres. Capora. so -Est. Arienzo -P. M. Cutrupia (conf.) -Banco di SiciUa (avv. L,a Ferlirta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Abd.gnente). Imposta di registro -Enunciazione -Enunciazione di societ� di fatto Negozio bancario di finanziamento in favore di societ� -Connessione diretta -Sussiste. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). Imposta di registro -Solidariet� -Enunciazione -Soggetto partecipante all'atto estraneo alla convenzione enunciata -� obbligato.�� (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93). Emergono tutti gli elementi per la tassabilit�, come convenzione enunciata, di una societ� di fatto, da un negozio di finanziamento bancario nel quale la societ� assume la parte di contraente (1). (1-2) La prima massima � da condividere pienamente; quando la convenzione enunciata costituisce il presupposto dell'atto enunciante, non solo non pu� dubitarsi della connessione dir�etta fra i due atti, ma gli stessi requisiti de11'enunciazione (cfr. Cass., 9 luglio 1971, n. 2192, in questa Rassegna, 1971, I, 1235) si possono ritenere implicitamente sussistenti; se una societ� assume un appalto o ottiene un finanziamento intervenendo in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 679 Quando da un negozio di finanziamento bancario emerge l'enunciazione di una societ� di fatto tra i mutuatari, anche la banca, bench� estranea alla relativa convenzione, � tenuta in solido al pagamen.to dell'imposta (2). (Omissis). -Con i primi due motivi de,l ricorso, che possono essere congiuntamente esamina.ti, 1sotto hl profilo della violazione dell'art. 360, nn. 3 e 5 e degli artt. 9, 62 e 63 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, si sostiene che la corte del meirito abbia: a) omesso di considerare, nelil'affeTmare la corunessione tra l'atto enunciante e quello enuncfato, che la costi�tuzione delLa societ� di fatto tra il Piiazza e il Mancuso rappresentava solo una premessa del tutto irmlevante rispetto al negoziio di finanziamento daJ. quale risuiltava indipendente; b) errato neil riJtenere il rtcorrente obbligato �sol:idalmente al pagamento dell'imposta, quale parte contraente rispetto aU'enunci�ato ll'apporto di sodet�, !in quanto l'adottato criterfo della connessione non � valido per determinare la responsabilit� tributaria di un soggetto estraneo per il pagamento deill'imposta di registro relativa all'atto enunciato. Le doglianze sono infondate. La 1sentenza impugnia.ta ha ritenuto ila 'sussistenza della connessione diretta fra la societ� enunciata ed il contratto di finanziamento consi 1 derando che il Banco, in tanto concedeva il finanziamento, in quanto 'l'impresa socia.le Mancuso-Piazza �si era :effettivamente .costituiita, �, come tale, aveva ottenuto l'aggiund!kazione di un appaUo daH'l.N.A.I. per .La cuii �stipulazione l'impr�esa dovevia versare la cauzione di lire 3.500.000 per l:a quale era preordinato hl finanziamento. La costituzione della societ� di fatto, non rappresentava una premeissa storica, ma aveva dato vita 1ad UJilo dei soggetti 1parteciipanti al negoziio di finanziamento che costituiva l'oggetto de1l'atto pl'esentato alla l'egistrazione. In tale atto, la pairte 1contraenrte era� anche, secondo la sentenza impug. nafa, il Banco, H quale non poteva sottravsi aiLl'obbligo, s0Uda1le con le altre parti, di pagare l'intera imposta dovuta per la registraz.ione dell'atto medesimo, compresa queHa relativa alhl'atto enunciato al quale era estraneo, stante .la 1conne1ssione diretta di quest'ultimo con il primo. Quanto ahle premesse di fatto sulle quali ,gi fonda la dectsione impugnata, non sussi1ste alcun vizio di omessa o contraddittoria motiva- quanto tale ed impegnando una responsabHit� patrimoniale distinta da quella dei soci, non pu� mettersi in dub�i� l'esistenza della societ�. Importante � la seconda massima. Recentemente qualche dissenso era stato espresso in ordine alla regola consolidatissima della responsabilit� solidale per 1'imposta di registro di tutte le parti contraenti (cfr. Cass., 7 settembre 1970, n. 1260, in questa Rassegna, 1970, I, 871; 26 luglio 1971, n. 2500, ivi, 1971, I, 1464); in ambedue i casi per fini di carattere processuale ieJ.'a stato affermato ,che 1allorch� pti� 1oonV1enziond .sol!liO contenute in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione atteso che, come esattamente evidenziato, la enunciazione della societ� di fatto non costituiva una ple01I1astiica premessa stori1ca ma era intimamente connessa �con il. negozio di finanziamento ottenuto dai soci neJ.J.'in'i�eresse della societ� �che potevia !I1isponderne con tutto i1l suo patrtmonio e so.Io sussidiariamente i soci pevsonaJ:mente (art. 22,67 e 2268 e.e.). Sotto il profiolo gim:idico, poi, consegue che per la tassabiliit� (artiicolo 62, secondo comma, l.r.) della convenzione verbale della societ� di fatto enunciata nell'atto di finanziamento, presentato per La regiistrazione, sussisteva una �connessione di!l'etta e funzionale perch� iJ. secondo non avrebbe potuto spiegare la sua efiikacia indiipenderntemente dalla sussiistenza deJ.1a �societ� in :l�avore della quale veniva stipulato l'atto dai soci. Quanto, poi, al.la 1sussistenza dehl:obbUgo solidale del Banco con le altre parti di pagare l'intel'a imposta, dovuta per [a registrazione dell'atto, essa �scaturisce dalil'art. 93 l.r. che viincola solidalmente al pagamento dehl'dmposta tutte le parti �contraenti con quehle nel cui interesse fu richiesta la formalit� deJ.la registrazione. Nel caso in esame, atteso che la beneficiaria del finanziamento era la societ� di fatto, non pu� l'evioca11si in dubbio che il Banco debba considerarsi, �ai fini dell'obbligo solJidaJ.e del pagamento deill'imposta, contraente o interessato a1J.a registrazione. E non pu� invocare a suo :liavore la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 7 .settembire 1970, n. 1260) secondo cui quando in un atto siano comprese pi� convenzioni, .indipendenti fra loro, J.'obb'ligo so1Udale grrava sui soggetti che hanno partecipato ad ognti singola convenzione, non arnche su coloro che, pur essendo !intervenuti neU'atto, siano. estran1ei a quella convenzione, essendosi con questo principio disatteso soltanto quell'orientamento, dottrin�ale e giurisprudenziale che, agli effetti dei1la � registrazlione, �ccmsidel'a l'atto un'enttt� unica e 1nscindibiil.e. Pertanto, con riguardo aU'atto di finanziamento in esame deve a:ffiermlrnsi che, a' sensi dell'art. 93, n. 1, l.r., sussiiste J.'obbUgo solidale del Banco di Sicma al pagamento deJ.il'timposta di registro dell'atto di societ� enunciato attesa la destinazione delil'operazione di finanziamento alla societ�. -(Omissis). unico atto la solidariet� intercorre fra i gruppi di contraenti delle singole convenzioni e non fra tutti r partecipanti all'atto. Ora per�, con riferimento all'obbligo sostanziale, la sentenza 7 settembre 1970, n. 1260 � stata espressamernite \S!Upffi'Qta ,e si � toriniatii tSIUilila giU1sta v1a d�llla soilddadet� di tutte le parti contraenti; ed � da notare che la parte contraente � stata ritenuta obbligata non solo per l'imposta sulla convenzione, a cui � estranea, espressa nello stesso atto, ma anche per la convenzione semplic�mente enunciata. Si lascia solo nell'ombra, ma piuttosto per attenuare il contrasto con la sentenza del 1970, la c.d. solidariet� meramente formale, cio� quella della parte che partecipa all'atto per conto di a:ltri. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'IA 681 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 mag.gio 1972, n. 1362 -Pres. Gianna: ttasio -Est. Giwliano -P. M. Caccioppoli (conf.) -Sabaitdni c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasiochio). Imposta generale sull'entrata -Azione in sede ordinaria -Termine di sessanta giorni dell'art. 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 Decorrenza -Ordinanza definitiva dell'Intendente -Ricorso tardivo al Ministro -Irrilevanza -Opposizione contro la successiva ingiunzione ~ Inammissibilit�. (1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52; I. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 56-58). H termine di 60 giorni stabilito daWart. 52 della L. 19 giugno 1940, n. 762 per proporre l'azione in sede ordinaria in materia di imposta generale suU'entrata decorre dal giorno in cui l'ordinanza de-n'Intendente � diventata definitiva, si che non influisce sul decorso de'L termine ii' ricorso tardivo inutilmente inoitrato al Ministro deUe Finanze; n� pu� rimettere in termini per l'opposizione di merito la successiva notifica deLL'ingiunzione che ha la semplice funzione di intimazione ad adempiere un'obbligazione risuitante da separato titolo (1). (Omissis). -Col pirimo mezzo, il iI"Lcorrente si duole di violazione e falsa applicazione deJ.l'art. 52 della L 19 giugno 1940, n. W2 (che converti il d.l. 9 gennaio 1940, n. 2), degli artt. 56, 57 e 58 della 1. 7 gennaio 1929, n. 4 e dei principi generali del diritto processuale comune e tributario. Egli osserva che la Corte del merito, dopo aver dichiarato tardivo il 1suo ricol'so al l\lllinistro contro 1'011dinanza dell'Intendente, :liece deicorrere dal d� !in cui l'ordinanza stessa era dii.venuta definitiva, per difetto di tempestivo il."icorso, il termine di sessanta giorni posto dal ricol'dato art. 52 per l'esp&imento delil'�azione giudiziaria; e sostiene che, avendo egli proposto d�. ricorso, ancorch� intempestivamente, quel termine non potmna decorrere :se non daJ. giorno in �CUi gili fosse stato notificato iJ. decreto del Ministro che avesse sancito tale intempe,stivit�, decreto �che, di fatto, gli fu poi notifkafo il 9 novembre 1965, cio� dopo l'inizio della liite. A suo avvilso, fu in ital modo violato � M principio (1) La massima esattissima � conforme a consolidata giurisprudenza (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 851); � importante per� rilevare che, sia pure implicitamente, viene riconfermata la vigenza della norma dell'art. 52 de1la il. 19 giugno 1940, n. 762 per quanto conce.rne il termine di 60 giorni, cosa che, per una particolarissima situazione processuale, era stata apparentemente negata nella .sentenza 20 marzo 1972, n. 833 (in questa Rassegna, 1972, I, 46�7). 682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ::'.: gene.rale del nostro ordinamento, per il qua'le fa tardivLt� di un ricorso deve essere dichiarata o dal giudice a quo ovvero dal giudice ad quem, non essendo con:f�gurabi).e, nel sistema formale del diritto, la rilevanza procesS1UaJ.e di un mero "fatto" che non sia stato oggetto di accertamento da parte dell'organo investito de1l ricor1so o comunque competente a deUbel'arne l'ammissibHLt� �. Queista censrn:a � infondata. La necessit� dell.a notificazione di una formale dichiarazione d'inammissibilit� del ricorso contro l'ordinanza intendentizta aJ. fine della decorrenza del termine di sessanta� gwrni fissato daJ.l'arit. 5.2 della �legge sull'I.G.E. non pu� essere considerata corollario di un principio generale, che, in verit�, nel nostro ordinamento non sussiste, n� rtsponde a un'inderogabile esigenza logilC'a; anzi, � esclusa dalle �specifiche dtsposizioni di legge che il rii.corrente ste1sso ha menziionato. In generale, infatti, alJ.orch� fa legge fissa un termine perentorio per un'impugnazione, la decadenza che deriva dal fatto dell'inutile decorso del termine si avvera e produce ogni suo effetto senza uopo di un espresso provvedimento, il quale sarebbe, in ipotesi, meramente dkhtaraitivo. N� la �situazione cambia per il sempll.ice fatto che sia stata presentata un'impugnazione tardiva, poich� questa, essendo interV �enuta quando gi� 11a decadenza erasi avverata, non pu� avere, al riguardo, efficacia alcuna. Queste considerazioni di massima trovano specifico Ttscontro nella disposizione dell'art. 52 deiLla legge suJ.l'I.G.E., U quaJ.e contempla due soli �ipotesi, cio� quella del�l'ordinanza defi.nlitiva deH'Intendente e quella del decreito �con �cui il Ministro � provvede sul ricorso., �secondo l!a previsione de1l'art. 58 della 1. 7 gennaio 1929, n. 4, cio� S1U un .rtcovso tempestivamente e ritua�lmente avanzato, secondo gli artt. 56 e 57 della stessa legge. La definitivit� dell'ordinanza dell'Intendente pu� essere originaria (quando concerna violazioni per cui la �pena pecuniaT'ia 1stabHi1Ja daHa legge non .sia superiore a un determinato massimo, che peit' l'I.G.E. (art. 15 del d.P. 4 febbraio 1955, n. 4619 � di L. 600.000) o sopravvenuta, per inutne decorso del termine di 30 giorni, durante il quale, negli altri casi, il contribuente pu� ricorrere al mintstro delle fin.am.ze. Ma in ai1cun �caso non � richiesta un'espressa dichiaTazione di definitivit�. Col .secondo mezzo, il .rtcorrente, denunciando vwfazione de1'l'art. 52 della J.. 19 giugno 1940, n. 76:7, dell'�art. 144 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e dei principi g,enerali in materia dd opposizione a ingiunzione fiscale, si duole che la Corte del merito ha respinto La te.si che Ja notificazione de1l'inghmzione dell'Ufficio del Registro, contro la quale, formalmente, egili aveva fatto opposizione, :l'avesse rimesso iln termine per propocre l'azione giudiziaria. Anche questo mezzo non merita aocogilimento. La Covte perugina, infatti, esatt1amente rilev� che i motivi dell'opposizione erano in realt� diretti esclusivamente contro l'ordinanza PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRWlJTARIA 683 de11'�l1tendente di Finanza e che, :vispettQ a questa, l'ingiunzione dell'Ufficio del Registro, fondata !Sull'esecutivit� che l'ordinanza aveva acquistato, per difetto di teID!Pestivia opposizione, a norma dell'art. 56 dehla 1. 7 gennaio 1929, n. 4, aveva la semplice funzione di � mtimazione ad adempiere un'obbligazione risultante da sepaxato tirtoJ.o �, e di �strumento per lla realizzazione del credito di imposta�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5, magg1o 1972, n. 1363 -Pres. Favara -Est. Miele -P. M. Antooi (diff.) -Faviale (avv. Spa'l'tena) 1c. Ministero delJ.e Finanze (avv. Stato A.Hbrandi). Imposte e tasse in ~enere -Concetto di tassa -Canoni per l'utilizzazione dei beni del demanio marittimo -Non sono tributi. Elementi caratteristici della tassa sono la corrispettivit� di un servizio di carattere giuridico-amministrativo prestato daUo Stato e La mancanza di una coll'relazione economica tra la prestazione pecuniaria e il servizio. Non ha di conseguenza natura tributaria il canone corrispettivo dell'utilizzazione di beni del demanio marittimo che si fonda su un rapporto di natura prettamente economica, non � predeterminato nella legge, � suscettibile di modificazione, ed � sottoposto, quale cor1 �ispettivo di negozio, aH'imposta di registro (1). (Omissis). -Il ricorrente, denunziando vti:olazione d~ll'art. 8 del t.u. r.d. 30 ottobre 19313, n. 1611 e dell'art. 3 del t.u. 14 apr.Ue 1910, n. 639, afferma 1che hl Tribunale di Twan.to ha erroneame!IJJte ritenuta la competenza del foro erariale, mentre nella specie, non potendosi hl canone demaniale quailiificare tassa, ricorre l'ordinario �crite�rio di competenza terni.1ioriale. La censura � fondata. Si ritiene comunemente che la taissa isia U.!ll:a prestazione pecuniaria dei cittadifllo coMegata ad un servizio di carattere giuridico amminiistTativo prestato da1lo Srta.to, per �cui, ove manchi un � servizio., cio� un'attivit� 1spiegata dallo Stato �l1 rela2li�ne al risultato offerto al cittadino, non possa affermarsi il carattere di tassa della prestazione. Si � anche crilevato che, nel �caso della tassa, non vi �, di solito, (1) Identiche sono le coeve sentenze n. 1364 e 1365. La decisione riconduce nel campo delile �entoote pa1mi.mOIIld!ali non tributarle i �Caa:wl!1d pe!r ['uti:liz.ziaziOIJJe di beil!i. dieimainiailii (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 435 e seg�g.), La 1giruriisrp.rudenm domiru:ll1:11Je � conforme a quesito liindiirizzo (Cass. 29 mag�gio 1969, n. 1893, in questa Rassegna, 1969, I, 729), bEmch� lllO!!l sia manoarta qualche voce diisoo!I'de (Oass., 24 maggio 1968, n. 158>1, Riv. Leg. fisc., 19-68, 2043). 11 684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relazione di vera cor.r~spetitivit� tra il serviizio e '1a prestazione pecuniaria, nel senso iche iJ. servizio pu� av,ere (ed ordinariamente ha), un costo superiore all'importo pagato e quindi la differenza di costo viene sopportata dalla ,collettivit�. In coosiderazione di ci� potrebbe dubitarsi del carattere di tassa di una prestazione a carattere pubblico del cLttiadino, 1se questa non sia in relazione ad un servizio prestato daJ.lo Stato oppure se possa affermarsi un rapporto di corrispettivit� tra servizio e esborso. In itali 1casi la prestazione del cittadino, pur avendo causa in un rapporto di dirdtto pubblko, non riveste carattere di tassa, e cio� natura tl'ibutaria, ma solo di ,cootribuzione di natura pubbUca. L'acceTtamento in concreto de1l!la natura di tassa o di sola contribuzione a carattere pubblico, va quindi effettuato�, ,di volta in volta, in base al modo come i!l rapporto risulta regolarto dalla il:~gge. Dopo queste pr,emesse, va subito rilevato che, nena concessione di un uso� eccezionale su bend del demanio marirttimo, lo Stato si Jimita, ordinairJamente, a porre a disposizfone del ,concessionario hl bene demaniale nella su.perfide e ne1la ubkazione indicate nell'atto di concessione ,e non svolge, di ,sol:Lto, akuna attivit� giuridico-ammin~strahlva perch� il concessionario benefici dell'utilit� ricavabile dal bene demaniale 1ste1sso. Quindi dn tali concessioni l'attivit� deHo Stato si limita alla sola prestazione (messa a disposizione del suolo demaniale) verso il corrispettivo del canone. Il canone che il concessionario � ,tenuto a corrispoodere risponde, in dette concessiooi, ad accentuati caratteri lucrativi PeT fo Stato, nel senso �Che ilo Stato -intende trarre dal bene concesso in uso esclusivo il maggior profitto possibile. Invero, pur essendo H 1canone determinato unilateralmente daHa pubblica amminiistrazigne (art. 39 cod. deHa navigazione; art. 16 del regolamento al codke stesso) questa deve attenersi a predsi. criterd posti ,daJla fogge �sia quanto ai minimi di canone sia per gli aumenti di tali minimi, aumenti che debbono graduarsi non gi� in relazione 'l:l<lla funzione pubbLic~stica della propriet� pubblica, ma a1la maggdoll.'e o minore utHit� ,che il concessionario pu� trarre dal bene demaniale. Invero il canone va stabilito noo:J. solo proporzionalmente a1la superfide <concessa, m~suirata in met11i quadrati, e alla durafa della concessione, ma anche all'uso che il privato far� del bene e della utilit� che ne potr� trarre (art. 39 cod. navigaZJione; l6 regolamento; acrtt. 1 e 2 della ,l, 2,1 dicembre 196,1, n. 1501, che dtspone un ultell.'iore aumento dei canond. demaniali. Vart. 2 di questa legge precisa che gli aumenti dei canoni per le .concessioni del demanio marittimo de,vooo essere graduati 1sulla base dell'utildt� economica che i concessionari traggono dalla conce,ssione). Quindi, nena determinazione della miSUTa del canone, hanno rilievo oltre, indubbiamente, ,a finalit� ;pubbfLid.siticQ'e, in prevalenza �criteri pur�amente economici, anzd speculativi, il che non si accorda con la PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA natura deUa tassa quale � comunemente r:Ltenuta. Non � poi irrilevante che il cittadino 1s:La ammesso ad esporre le sue rimostranze in me:vito alla misura del canone, mediante ricorso all'autorit� ammintstrativa superiore (art. 15 reg. cit.), facendo valere ragioni puramente economiche. Inoltre iJ. canone, cos� fissato, non � immutabtle, come lo � di solito la tassa, ma pu� essere ridotto durante l'utilizzazione del bene, se questa ,siasi ridotta per effetto della preesistenza di diritti di terzi (art. 40 cod. nawga:z;ione) ,oppure a causa di modificazioni del bene demani'a1le (art. 45 e.e.). Non � rsenza significato che il ,canone deman,iJale debba essere pagato anticipatamente (art. 16 reg.), quindi anche prima che il concessionario abbia ricavato l'utilit� del hene, e ci� non avviene per la tassa il cui pagamento � ordinariamente contemporianeo� alJ.'ac_certamento del presupposto della tassa o anche successivo. Si aggiunga ,che, nella pacifica prassi amminiistratiw, tali canoni sono considerati veri corrispettivi ai fini delJ.a sottoposizione al tributo di regi1stro delJ.'atto di ,concessione del bene demaniale, atto assimilliato in tutto ad una convenzione di affitto o di locazione di beni immobili o di �Costituzione di diritti reali di godimento in base aH'art. 43 della legge di registro. Tale soggezione al trtbuto di registro � concepibile solo �se si escluda il ,camttere di tassa, non riSUi1tando casi in cui una contribuzione a carattere tributario sfa ,sottoposta direttamente ad imposizione fiscaile. Non � poi inutile irtlevare (sempre ,ai finii dell'accertamento della concreta regolamentazione legislatiiva di tali canoni) che, ai fini amministrativi- contabili dello Stato, tali canoni sono tenuti distinti dalle tasse. Cosi neJ.l"al't. 222 del regolamento per -l'amministrazione del patl'imonio e rper la 1contabllit� delLlo Stato (r.d. 23 maggio 192,4, n. 827) l'enfoata derivante dai canoni � colJ.ocata msieme a quelle provenienti da affitti censi o livel:li (lett b), mentr.e le tasse sono elencate insieme alle imposte (lett. d) e tale situazione si l'iproduce nella classificazione contenuta nel bilancio dello Stato, essendo i canoni compresi tra i proventi dello Stato, mentre le tasse sono collocate nel capitolo entrate tl'ibutarie. Infine � di rjiHevo La disposizione di [egge (art. 1 del t.u. 14 apl'lhle 1910, n. 639) secondo cm alla riscussione dei canoni si rprovvede con la procedura di ciscossione delle entrate patrimoniali, il che conferma n carattere non t'Vibutario del canone. In definitiva va �escluso 'i1l carattere di tassa nel canone per l'utilizzazione di beni del demanio marittimo e pertanto non pu� trovare applicazione ~�art. 8 deJ. t.u. 30 ottobre 19'3r3, n. 1611, considerando questo ,solo le � tasse �e le sopratasse � �in senso proprio cio� ipotesi di veri liti tributarie. (Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 686 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1972, n. 13'74 -Pres. Stel l:a Richter -Est. Per,sico -P. M. Trotta ~conf.) -Mi.n:istero delle Finanze (avv. stato Vitaliafil) c. Soc. Gal:artea (avv. Persiani). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Valutazione -Grave ed evidente errore di apprezzamento contenuto nell'accertamento -Deducibilit� dinanzi al1' A.G.Q. -Esclusione. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione -Scelta dei criteri di stima -Competenze della Commissione di valutazione (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 16 e 29). L'impugnazione per grave ed evidente errore di appll"ezzamento prevista dall'art. 29 terzo comma del d.t. 7 agosto 1936, n. 1639, pu� essere portata dinanzi al giudice Oll"dinario, solo contro la decisione deUa Commissione provinciale di valutazione; urta invece cotntro il difetto di giurisdJizione del giuc],ice oirdinario la censura dii grave ed evidente errore di apprezzamento rivolta contro l'avviso di accertamento e l'ingiunzion_ e che possono essere impugnati ai fini della determinazione del valore soltanto dinanzi alle Commissioni (1). Rientra nella competenza della Commissione di valutazione, e non forma quindi oggetto di giudizio inddentale sulla applicazione della legge da rimettere alla sezione speciale della Commissione provinciale o all'A.G.O., la questione, di carattere soltanto tecnico, relativa al.la scelta dei criteri di valutazione (2). (Omissis). -Coli. primo motivo del ricor�SO, denunziando wo1aziooe e :lialsa a:pp1icazione dell'art. 6, 1. 20 marzo 1865, n. 22,48, .a11. E; art. 29, (1-2) Identica � la seriten:z;a in pari data, n. 1375. La pronunzia passa in rassegna un gran numero di questioni, tutte sostanzialmente pacifiche, ofl1rendo una sintesi p!l'egevole dei maggiod problemi del contenzioso tribu,tario. Fra Le molte e p~eciise emmciazi.ond, :mffi'iitano una parr1Jico(l:aire segnalazione quella relativa al potere dell'A.G.0. di verificare i presupposti sostanziali dell'imposizione, senza esercitare il controllo della legittimit� formale degli atti del procedimento amministrativo (Cass., 18 settembre 1970, n. 1573, in questa Rassegna, 1970, I, 906) e il'alt!l'a coooernente 1a impossibilit� di fondare sull'a!l't. 2 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo il tentativo di portare innanzi all'A.G.0. le questioni di estimazione semplice (in senso parzialmente contrario, Cass. 13 marzo 1970, n. 641. ivi, 436 con nota). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 687 comma terzo, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito nelJa 1. 7 giugno 19'37, n. 1036 e modii�oato con d.l. 27 ottobcr:e 1937, n. 2.ol3), ai sensi e per gli effetti dell'art. 360, n. 1 'c.p.'c., J.a ricorrente coosura la statui:ziione de1la senten:tla in ordine all'affermato potere del g.o. di conoscere direttamente l'errore di apprezzamento nella valutazione della base imponibile anche in mancanza di previo esperimento di ricorso alle commissioni tributarie; � rsostiene che quella staituizione non solo non � � conjlo<rme, ma anzi chiaramente diverge dai princiipi pacifici in materia di imposta di registro (secondo i quali, sarlvo che in sede di riesame della decisione della Con;1mi1ssione provinciale, ,il ,g.o. difetta di giurisdizione in ordine alle questioni di estimazione �semplke) : ed ag:gtunge che nulla osta all'applicabilit� di ta1i principi anche ai giudizd di oppo sizione a decr�eto ingiuntivo fiscale. Col secondo motivo del ricorso, denunziando violazione e :llalsa applicazione degli artt. 2 e 4, 1. 20 :i.arzo 1865, n. 2248, aH. E; art. 212 c.p.c.; omessa motivazione circa pU[],to decisivo delJ.a controversia: in relazione all'art. 360, nn. 3 e'5 c.rp.c., la ricoNente sostiene che, anche a voler ritenere non coinvolti in causa i poteri di valutazione spettanti alla Finanz,a (1su11a dichiarazione di parrte dcl corrispettivo iX'OVVisorio del contratto enunciato) bensi e soltanto il diritto deJ. contribuente a non soggia1cere ad iHegittima pretesa fiscale, la senten:tla risulteTebbe ugual mente �censurabile, essendosi limitata ad un giudizio di le1gittimdt�, con omissione di esame 1sul mer.iit;o della pretesa (in ri:llerimento all'essenza del giudizio di oppoSI�2ione ed al principio di corrispondenza fa�a il chiesto ed H pronunziato) e conseguente ipregiudiz:io dell'efficacia par ziale del decreto monitorio nei limiti de1la minor somma ri!conosciuta rispetto a quelfa domandata. Detti motivi -che per interdipendenza delle questioni possono esa:qiin:arsi congiuntamente -risultano fondati. � opportuno chiarire, anzitutto, che, mentre con l'opposizione l:a soc. resistente aveva tra !l'altro contestato la legittimit� del procedi mento adottato per ila determinazione della base imponibile e fa sen tenza aveva convalidato la 1scelta del critevio di valutazione pervenendo Di notevole interesse � anche '1a seconda massima che giustamente esclude che costituisca una pregiudiziale di diritto, da rimettere, previa sospensione, alla speciale sezione deHa Commissione provinciale, la scelta del criterio di valutazione; infatti sulla scelta del criterio di valutazione non pu� proporsi censura sotto forma di violazione dell'art. 16 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, potendo la Commissim:1e adottare un criterio anche diverso da quelli previsti dalla legge, mentre � consentito soUanto, con l'impugnazione ex art. 29 terzo comma, controllare l'adeguatezza della motivazione sul criterio prescelto (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 539, nonch� Cass. 18 gennaio 1971, n. 90, in questa Rassegna, 1971, I, 400). 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla dec1araforia di iLlegittimit� per J.a vfa del ,riJscontro dell'errore qua688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla dec1araforia di iLlegittimit� per J.a vfa del ,riJscontro dell'errore qualifka �to, iil rilcorso (e le deduzioni della controrilcorren1Je) non coinvolgono 1n alcun modo la ,scelta deJ detto criterio (peraltro aderente a recentissima gimisprudenza di questa Covte), bensi la sussistenza e la conoscibilit� del denunziato viziio da parte deJ giudice edito: vale a dire che la vertenza si mantiiene sul piano della valutazione. In proposito � da ricwdare che le 'controversie cui d� luogo l'accertamento dei tributi -tiipi1ca esplfoazione di attivit� ammiinistrativa compiutamente regolata da norme di relazione (S.u. 1573/70) da cui sorgono diritti soggettivi per iJ. privato -troviano, in materia di imposte indirette .sui trasferimenti di ricchezza, un diverso assetto, a seconda che si riferiscano alla deter:rniniaziione del valore o ad altra ipotesi di appHcazione deUa legge. L'art. 29 del d.'l. 7 agosto 193:6, n. 1639 <Stabiltsce per '1e pri:me la competenza in prima 1stanza de11e Commissioni distrettuali ed, 1n secondo grado, di quelle provi:nciaH, salvo -avverso le dedsioni di quest'ultime -il ricorso all'A.G.0. per � grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero per mancanza o insufllcienza di calcolo nella determinazione del valore �; e per le altre la competenza in prilmo grado de1le Commissioni provinciaU ed in 1seoondo grado di quella Cenfa�ale, salvo M rico,vso a11'A.G.O. nei modi stabil1iti da1La [egge e salvo ;il riicorso diretto alla Cor,te di Cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione (S.u. 290/71; 118'2 e 226�4/70; 1172/68). Sul piano delle guarenttg,ie giurisdizionali tale diversit� (con la quale non si introduce, per lla iproponibillit� dinanzi al g.o. de11e controversie di estimazione semplice una condizione -;preventivo esperimento del dcorso alle Commissioni tributarie -non richie�sta per quelle idi ,estimazione complessa, ma si tiene conto della diversa essenza delle rispettive questioni), si traduce in �un difetto di giurisdizione del g.o. a dJirettamente oonoocere deJ.,Le questioni di mero estilmo (S.u. 1181/70; 1766/6,8), rispetto alle quali la tuteila dei diritti soggettivi violati rima;ne espvessamente devoluta al detto g. speciale. Ed invero, mentre l'iautonomia e possibile coeststenza neJ,l'esperimento dei mezzi di tutela -consentita (a differenza di quanto disposto dall'art. 22 del r.d. 1639/36 per le II.DD.)" dall'art. 148, Lo. registro si coovdina alla dive11sa natura dei relativi giudizi (1l'uno avente ad oggetto la determinazione degli elementi dell'obbligazione tributaria, l'altro la legittimit� deWa,ccertamento, .tradotto in titolo esecutivo: S.u. 2175/619; 478/65); viceversa nehle ,controversie aventi ad oggetto la dsoluzione di questione relative alla determiinazione del valore, il ricorso a1l g.o. -dall'art. 29, d.l. 1639/3,6 consootito solo dopo decisione della Comm1ssione provinciale -non altrimenti pu� configurarsi che come fase incidentale del processo tributario per l'impugnazione, di mera legittimtt�, della decisione definitiva, avente ad oggetto l'accertamento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dell'esilst,enza del detto vizico e per dsUJ1tato l'annullamento della decisione impugnata quale mezzo al fine del:1a prosecuzione del giudizio tributario di merito (S.u. 352/71; 958 e 2175/69; 896/67) e tale diverso sistema �si coo:rdma 1aUa diversa essenza delle controversie di estimo (imperniate su un atto delil'Amministrazione normativamente vincolato al verilficarsi dei pre.supposti tipici -al quale, perci�, viene attribuita prevailentemente efficacia dichiar1ativa) Ja cui ,cognizione � pi� utilmente e pi� efficacemente affMata alla competenza giuriisdiziona,le, in sede :locale, di organi appositamente composti con esperti conoscitori della marteria imponibile (S.u. 1181/70) e che pongono questioni meramente estimative non implicanti la risoluzione di deUcate questioni giuridico interpretative. Ed � apipunrto con riferimento alla detta natura del giudizio ex art. 29, d.,l. 1639/316 (norma della cui conformit�, articoli 24 e 113 Costttuzione queste S.u. hanno gi� aV-Verttto: �sent. 2,664/70) che questa Corte ha delineato 1a ooezione e l'ampiezza del controllo affidato al g.o., escludendo �sia l'impugnabilit� diretta delle decisioni tributarie di primo grado non investite (od inrirtua1menite) nei teTmini (<sent. 2664/70), sia la deducibdilit� al g,iudke di prima istanza di altri motivi di legittimit� (es. generico difetto di motivazione ex art. 42, r.d. n. 1516 de,l 937, diverso dal difetto qualifiicato ex art. 29 detto) in relazione all'art. 6 della il. 2248, del 186'5, aJJl. E (S.u. 90/71). Col controricooso, a sostegno della deducibilit� dketta, in sede di procedilIIlento monitorio, dei vizi denunziarti 1con l'atto di opposizione, la soc. resistente a�ssume che ila decisione non si � limitata ad un g,iudizio di mero estilIIlo, avendo esaminato �e risoilrto notevoli e controverse questioni di diritto, rilevanti per i,l �sindacato di legittimit� sul decreto ing. fiscale; ma aggiunge che, ove iJl giudice� fosse sce,so alla valutazione del merito della pretesa, avrebbe superato i },iJmiti della propria giurisdizione, invadellidlo il campo deH'�estimazione r~servato, a.J.l'Amminlistrazione finanziaria. Entrambi gli aspetti deHa deduziione non colgono nel segno. Il primo trova neHa proposizione conclusiva la propria smen,t:Lta. Ed invero, in tema di giudizi di estimazione, sono questioni di diritto .sulfa imposizione tr,ibutaria -fa cui ipregiudiz,i:ale risoluzione, attraverso finter1pretazione, anche se agevole, di 1eggi, regolamenti, negozi giuridici o la determinazione di criteri giuri!di:ci che debbano presiedere a11a valutazione 1concreta rende complessa l'estimazione e fonda il potere cognitivo del g.o.: sent. 8123-8.24 -1182: -1839/70; 17272207/ 68; 1331/67; 1590-2048/65 -quelle necessariamente ed inscindibilmente connesse aLl'apprezzamento dei fatti accertati (es.: natura dell'atto in relazione al trasferilIIlento di i'~cchezza tassabile; natura del bene in relazione a norma cla1ssifi,catoria; ecc.); ma a tale categoria non � riconducibile la scelta del criterio di valutazione e la determinazione de'l valore imponibile del bene (quando risultino, come nella spe 690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cie, basarti su operazioni di ca~mttere meramente tecnico, quali sono quelle che attengono alla rilevazione dell'obiettiva �Consistenza quantitativa e qualitativa del ces1pite, aJJ.'individuazione dei fattori di calcolo ed a1l'espletameinto di questo: sent. 1181 -1182/70; 1172-1737I � f�� 302,6/68; 1241/67), 'se non a ipa:tto di �convertire da incidentali in necessarie s1a la pregiudizialit� deUa questione di diritto su queUa di vaJ.utazione che fo sdoppiamento dell'unica 'controversia tra le comm~ss1oni dspettivamente competenti nelJ.e !relative questioni e la conseguente sospensione del giudizio di valutazione. Ll secondo aspetto non � risolutivo. Ben � vero che per la natura stragiudiziaJ.e del decreto m�nitorio fiscale (di cui agU artt. 2 sgg. t.u. 14 aprile 1910, n. 639; 144 sgg. t.u. 30 dicembre 19.23; n. 3269) e per la sua essenza (di atto di accertamento ed imposizione del tributo, nonch� di intimazione di pagamento, esecutivo ex art. 144 l.o.r. pur in mancanza dei requisiti richiesti dall'art. 474 c.p.c., epperci� idoneo alla realizzazione coattiva della pretesa tributaria), l'opposizione deve �configurarsi come l'atto introduttivo di un giudizio di cognizione piena, inteso quindi non alla mera declaratoria di illegittimit� formaile o sostanziale del decreto, bensi ahl'accertamento � ci,rca l'avvenuta artrtuazione tjei presupposti stabiliti dalla legge per la costituzione delle situazioni attiva e passiva del rapporto tributaTio (S.u. 609-1573/70; 975/68; 2339/67); che, essendo la costituzione di tale rapporto disdpllinata da norme di relazfone, a tutela dei diritti soggettivi delle parti, l'opposizione introduce, sotto il pTofilo della � causa petendi � un'azione normalmente esperibille dinanzi al g.o. ex art. 2, I. 2248 del 1865, ailll. E (senrt. 5821/69; 1374/65,); che J.'in1d:agine affidata al giudice, fuori dai casi di vizi fOTmaili' rilevanti per la stessa .esistenza (ed esecutorit;t�) del decreto ingiuntivo fiscale, va in�dirizzata aUa verifica della sussiistenza del potere de11'Amministrazione ed, in defiinirtiva, deltla fondatezza della pretesa tributaria (sent. 1'5'73,/70). Tuttavia, �quailora l'opposizione investa il decreto ingiuntirvo anche neHa �SUa funzione di atto di a'ClCertamento deg1i elementi di fatto per la imposizione del tributo, e1suJ.a daJ.la �competenza giurisdizi'Onale del g.o. fa rilevazione della sussistenza e portata di erxori vizianti la concreta determinazione della base 1mponibHe, poich� taile rfilevazione si rifletterebbe 'Sul portare di accertamento pertinente all'Amministrazione finanziaria, non contestato neU'an, e verr�ebbe� a sovvertire, in orcline al quantum, �l'ordine de1le giurisdizioni predi-sposto in materia p'roprio dall'art. 29 J...o.r. Ed �invero, .se �Si ammettesse l'estensibiJ.it� del giudizio monitorio fiscale ad ogni aspetto di fondatezza del!la pretesa, si svuoter:-ebbe di .contenuto la giurisdizione speciaile delle Commissioni tributarle, cui � devoluta da detta norma la tutela delle situazioni soggettive incise PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sformando que1la attribuita al g.o. in mateiria da incidentale di legittimit� (sune decisioni definitive della Commissione provinciale: per l'ambito di estensione del controllo vedasi: S.u. 90-71) in generale di merito (dato che H procedimento �coattivo di riscossione delle imposte indirette si ini2lia normalmente -diversamente che in materia di imposte dirette mscuotibili mediante ruolo, irn cui .� preceduta dalla notifica al OO!Il�tribuente di U!Il avviso di accertamento -propvio con !'�ingiunzione fiscale ex art. 144 e '149 l.o.r. 31269/23, a:lfa quai1e solitamente segue la pvoposizione delil'opposiziorne). E ad una tale lncisiorne su.11'ordine de1le giurisdizioni non saiprebbesi trovare n� un fondamento razionale (tenuto conto che l'orpposizione pu� essere proposta, a sceiLta,�sia in via amministrativa che giudiziaria -con l'untca :SalrJ.Zinne, nel caso la prima venga omessa, che l'Amministrazione, ancorch� rsoccombente, norn pu� essere condannata ahle spese -�e che, per riicevuta giuri�sprudenza (sent. 682/69; 1374/65; 2850/63) il termine di trenta giorni, previsto negli art. 3, 1. 639/910 e 145, 1. 3.269/923 daltla notifica dell'.ingiurnzione, � dilatorio per l'inizio dell'esecuzione e non .gi� perentorio per la proposizinne dei reclami e dell'oipipo:sizione; ed � conseguenziale che le contestazioni relative a questioni di estimo semplice non possano vel'sarsi ne0l procedimento monitorio fi1scale, ma debbarno porta11si alla cogniztone delle Commissioni fiscali); n� un fondamento positivo (esorbitandosi dalllo schema del rimedio ex art. 29 l.o.r., che collega il riscontro di legittimit� ad un vi2lio del:la decisione definitiva deilla Commirssione prov:incia�Le e non del provV'edimento amministrativo di accertamento.; e non potendosi, d'altra parte, �legare alH'art. 2 della 1. 2248/865, aill. E, un potere cognitivo del g.o. in deroga al msposto dell'art. 6 stessa l., da.to che l'omessa adizione de1la giurisdizione speciale -peraltro ritenuta pienamente idonea ad offrire, per le controv~sie in mateiria di estimo semplice, sufficiente e adeguata tutela sia al contl'ibuente che aill'Amministrazione finanziaria: S.u. 1181/70; 217'5/69 -crea una fuattW'.'a al nesso causale tra l'errrore di valutazinne e la lesione del dirttto deJ. contribuente). Pertanto e conclUJsivamente, mentre bene l'adito giudice conobbe delile contestazioni (qui non pi� controv�erse) relative alJ.'identifi.cazfone dell'atto-negozio sottoposto a tas~azione ed al mezzo tipico di conoscenza legale ,che di taile atto ebbe l'Ufiicio (enunciazione) e cio� attinenti ai presupposti legai.i per la costituzione del diritto ruta percezione del tributo, i!l cui 'accertamento implicaV'a un'operazione g.iur~dlca ver:ificabiJ:e anche dli utffkio con rpieno potere dii aipplli!care al caso concreto la rncxrma gliiuridi:ca che dieV'e 111egoJ..arlo, viceversa avirebbe dovuto riscontrare assoluta carenza di potest� giurisdizionale in ordine aiLla rilevazione di un vizio (grave ed ev:idente errore di apprezzamento) fuori dallo schema (trasfusione di esso nel:la pronunzia definitiva del 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudice speciaile �competente) �cui la legge attribuisce idoneit� a conferirla, per pavticolar.i effetti (giudizio incidentale di iegittimirt� su quella pronunzia). .A!ssorbi.ti gH altri iprofiili di �censura, in accoglimento del r-icorso, la sentenza dmpugnata va cassata .senza rinvio, ai sensi deil.l'art. 372 c.ip.c. perch� la �causa nml 1poteva essere proposta, per le ragioni di cui sopra. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1447 -Pres. leardi Est. Vir.giJlio -P. M. Gentiile (conf). -lmpO'l't Esiport De Angelis (avv. Guildi) c. Ministero delle Finanze ('avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Forniture alle Amministrazioni dello Stato Legge 23 marzo 1940, n. 283 -Natura -Esenzione di cui all'art. 45 tabella D della 1. di registro -� compatibile. 1 (1. 23 marzo 1940, n. 283, art. 3; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tabella D. art. 45). J '~ n particolare regime tributario stabiLito dall'art. 3 della l. 23 mari: zo 1940, n. 283 non introduce una disciplina speciale dei negozi di vendita e appalto con i quali le Amministrazioni dello Stato si riforniscono di merci, derrat;� e cose mobili, ma semplicemente sottopone i due negozi, difficilmente distinguibili, ad un'unica aliquota e, in deroga all'art. 94 della legge di registro, pone sempre l'imposta a carico del privato contraente. Conseguentemente questo particolare ma non ectcezionale regime tributario non esclude che le scritture private di vendita di merci, macchine e prodotti industriali che nel commercio esercitato dal venditore siano destinate alla rivendita, siano da registrare soltanto in caso d'uso a norma dell'art. 45, tab. D della legge di registro (1). ' (Omissis). -Con l'unico motivo di mcovso la ditta lmpOTt Export De Angelis denuncia v�iOllazione e fa~sa applicazione dell'art. 45 deil.la tal"iffa alleg�ato D a1la legge di registro, nonich� dell'art. 3 della 1. 23 marzo 1940, n. 283, per avere erroneamente ila COTte di appello ritenuto applicabHe a1la fatHs1pecie negoziale (pur e1sattamente quafdficata come (1) La sentenza 24 ottobre 1970, n. 2136, leggesi in Foro it., 1970, I, 2675; v. anche F. BATTISTONI FERRARA, Le forniture alla Pubblica Amministrazione e l'imposta di registro, in Dir. e prat. trib., 1968, II, 275. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 693 compra:vendi<ta, e non come somministrazione od appa'l.to) l'aliquota del 2 % prev:ista dal �citato art. 3 della l. n. 283 del 1940, e non quella deUo 0,50 % fissata dal!la tariffa con riferimento a:i contratti del ttpo in esame da registrare solo in caso d'uso. In partkolare, sostiene la riccmrente che il'art. 45 della tariffa allegato D ail:l:a legge di registro -nell'ambito del quale andava considerato il raipporto in :contestazione -non � stato derogato dailil'art. 3 della 1. del 1940, 1contenente particolari disposizioni sul trattamento tributario relativo ai .contratti con i quali le amministrazioni defilo Stato od equiiparate si riforniscono, mediante compra-vendita oppure mediante appatlto, di merci derrate ed altre co:se mobhl.i. La censura � fondata. Questa Suprema Corte ha gi� avuto occasione di chiarire (sent. 24 ottobre 1970, n. 2136) che la legge del 1940, n. 283 (come gi� la prec�dente legge n. 940 del 1930) non intese affatto creare per i �Contratti di fornitura stipulati con le amministrazioni dello Stato o a queste equiparate, una disciplina .propri�a, va:le a dire distinta e �svincolata dal regime istituito dalla ilegge di reg;istro per i �contratti sti!pUJlati tra i privati, ma intese unkamente, da una parte, al fine di evitare il!e difficolt� di discriminazione che in pratica si presentavano con sempre maggiore frequenza tra le due forme negoziaU, assimHaxe le vendite ag.U appalti, aissoggettando Je une e gli altri a:Ha medesi!ma aliquota del 2 % vigente per questi ultimi e daiH'altra porre l'wposta sempre a caxico del privato contraente, �sia che si fosse trattato di vendita, sia che si fosse trattato di appalto. Fu anche chiarito con la c1t~ta sentenza che l'art. 1 della legge n. 2�83 del 1940, denunciando il proprfo carattere derogaitJivo dspetto all'art. 94 della .Jeg.ge di registro (�che regola hl. carico dclil'imposta nei contratti con lo Stato), ed omettendo qualsiasi riferi!mento ail.la tariffa, rivela chiaramente che con il.e innovazioni introdotte si volle sottanto modificare l'irnciden2ia dell'onere dell'imposta tva le parti contraenti e non anche -�ci� che, oltre tutto, non avrebbe trovato alcuna grustificazione sul .piano logico -sottoporre i contratti di forniLture sttpulati con lo Stato ad un trattamento tributado pi� oneroso di quello riservato agli analoghi contratti conc1UJsi con i privati. Sulla base di questi pri!nciipi deve, quindi, ritene.rsi che al menzionato avt. 3 delila ilegge del 1940 non pu� attribuivsi eftl<cacia derogativa :anche dspetto al regime .tributairio, previsto dall'art. 45 della taTiffia allegarto D a:Ha legg.e di registro, riguardante ie scritture pdvate (da registrarsi �solo in caiso d'uso) di vendita o promesse di vendita di merci, macchine ed altri prodotti industriali che nel commerdo e:Sercitato dal venditore sono destinati al.la rivendita. Ne .consegue che, relativamente ai contratti stipuJati con lo stato o con le amministrazio'llii ad esso equtparate, l'art. 3 della legge del 1940 694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � operante solo neH'.iJpotesi in cui i �con.fa�atti siano da registrare iin termine fisso (con la con�seguenza che �iin tal caso le figure negoziaili della vendita e de1l'appalto sono equiparate ai fini della aliquota d'imposta), mentre itl!ella divel1Sa ipotesi di .contratti, stiprulati con \le pi-edette amministraz, ioni, ri:entranti nello schema dehl'art. 45 delila tM"iffa al!legato D, sar� applfoabile l'ail~quota prevista da tale norma e non quella di cui all'art. 3 della legge del 1940. Nella seconda delle prospettate ipotesi risorge, conseguentemente, l'esiigenza �di distinguere tra contratti di appalto e di vendita, in relaz, ione alla differienzi:azione di trattamento che fo stesso a�rt. 45 prevede per ile due figure contrattuali. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1449 -Pres. Ros �sano -Est. Spaidaro -P._M. Del Grosso (coni.) -Ministero delle Fmanze (avv. Srtafo Soiprano) c. Girotti. Imposte e tasse in ~enere -Imposte indirette -Azione ordinaria -Auto nomia -Decisione di Commissione -Termine semestrale -Do manda riconvenzionale -Inammissibilit�. (r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269, art. 145 e 146). Poich� in tema di imposte indirette l'azione ordinaria dinanzi all' A.G.O. � autonoma e non costituisce impugnazione della decisione della Commissione delle Imposte,� la domanda della parte attr�ce non comporta devoluzione al giudice ordinario di tutte le questioni soUevate e decise in sede di contenzioso amministrativo, ma solo di quelle ritualmente proposte con la domanda stessa. Conseguentemente la parte convenuta, dopo-la scadenza del termine di sei mesi di cui aU'art. 146 della legge di registro, non pu�, con azione riconvenzionale, proporre domande che investono altri capi della decisione della Commissione diventata per questa parte irretrattabile (1). (1) La sentenza 8 giugno 1964, n. 1402, citata nel testo, � riportata in questa Rassegna, 1964, I, 1133. La dedsione fa esatta applicazione del principio della autonomia delle giurisdizioni e giunge alla conclusione che all'azione ordinaria non siano applicabili le regole delle impugnazioni incidentali. L'affermazione non pu� tuttavia essere applicata con assolutezza. Solo quando gli oggetti dell'azione principale e deMa domanda riconvenzionale siano, come nel caso, nettamente distinti e indipendenti � possibile negare l'accesso all'azione riconve~ionale; spesso per� la doman PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 695 (Omissis). -Con l'unkio motivo, la ricorrente Amministrazione delle Finanze, denunciando il.a viotlazione dell'a:rt. 146 della il.eg.ge di re_ gistro (r.d. 3'0 dicembre 1923, n. 32.69), .in reil.azione a1l'a:rt. 360 n. 3 c.rp.c., �ensura l:a npugnata sentenza per avere ritenuto che il.'azinne giudizd!aria ,proposta da essa ricorrente, pur essendo circoscritta a�hla sola domanda concernente la legittimit� della tassazione del valore di avviamento dell'azienda, che Ja Com.missione Cenrtraile, �oon la decisione del 13 maggio 1965 aveva, invece, dichiaTata illegittima, comportasse la devoluzione al giudice ordinado ainche de11e ail.tre questioni, concernenti i criteri seguirti per l'aiccertamento di valore effettuato dahl'Ufficio con riferimento�alla data di 1costituzione deUa nuova Societ�, e gi� dibattuta avanti alil.a Commissione tributaria, che tali criteri "avevano dconosciJuti legittimi, e per avere in conseguenza, affermato che non sussisteva preclusione aLl'esame della domanda dconve:nzionaile, proposta dal BelHni e dal Girotti e diretta appunto a far dichiarare, con la i:llegi:ttimit� di .tali criteri di tassazione (con aiprpliJcazione di una diversa tariffa), quella dehl'intero accertamento reil.ativo all'atto del 15 novembre 1959 in Notar Forestieri. Sostiene, .pe:rtanto, che la impugnata sentenza, prendendo in esame tale domanda riconvenzionale e dichiarando, col suo accoglimento, la Hlegittirmit� in � toto� idehl'accertamenrto di valore, di cui all'avviso notificato ai 1contribuenti il 12 noV'embre 1960, � incorsa in errore, e rileva che, essendo decorso il termine dei sei mesi, previsto dalil.'art. 146 della �legge di registro, per ricoo:rere a1l'autorit� giudiziaria avver�so la decisione dehla Co:rrtmi�ssione Centrale, i contribuenti stessi erano decaduti dal diritto di far valere le pretese, oggetto di quella domanda riconvenzionale, in ordine alle quali la diversa statuizione eme�ssa dalil.'anzidetta comimssione centrale sulla legittimit� dei criteri seguiti dalil.'Ufficio per il'accertamento, che non erano stati dedotti in giudizio da essa ricorrente, andava mantenuta ferma. LI motivo � fondato. Con it'ifer�irmento ad una identica fattispecie, nella quale l'Amministrazione delle. Finanze �aveva adito l'autorit� giudiziaria esclus1vamente per fare� dichiarare la legittirmit� della iJmpo�si2lione di una sovrata�ssa per un contratto di fornitura (e ci� in difformit� del solo capo di una dectsione della Commissiooe Centraile, che aveva dichiarata, invece, fa hlil.egittimit� di tale sovratassa sulla base di �una div;er.sa configuraz.ione da riconvenzionale si intreccia intimamente con la principale, incide sulla qualificazione dell'atto e sulla interpretazione della stessa norma invocata dall'attore, s� �Che diventa quanto meno difficile distinguere l'azione riconvenzionale dalla eccezione. In ogni caso, comunque, sar� consentito al convenuto invocare un diverso tit�lo della ta::;sazione, senza un mutamento del petitum, il che non d� luogo ad un'azione r.iconvenzionale. 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO data al contTatrto di fon�tura), mentre, daJ:l'altra parte, il contribuente, convenuto fa1 giudizio, 'aveva proposto, quando era di gi� decoTso H termine dei sei mesi previsto dall'art. 146 della legge di registro, domanda riconvenzionale per fare dichiarare ila i:lilegittimit� della misura del valore imponibile della ta,ssazione, che era stato, invece, ritenuto le.gittimo dalla statuizione della Commissione Centrale, questa Corte Suprema ha affermato i:l principio, secondo �cui l'autonomia del procedimento davanti aille Comrm:issioni amministrative rispetto a quello che viene ex novo instaurato davanti ailJ.'autorit� giudiziariia ordinaria non comporta la devoil.uzione al giudice ovdinario di tutte le questioni, sollevate e decise in sede di .contenzioso amministrativo, ma soil.tanto di quelle, sollevate .con le domande tempesti'V'amente e dtualmente proposte dalle parti, talch�, matUTato U termine di decadenza iprevi1sto dal citato art. 146 de1la legge di �registro, ila statuizione deHa Commissione Centrale rimane ferma rispetto alle questioni ed eccezioni, gi� risolte con la ,statuizione stessa e non riproposte avanti al giudice ordinario, con la conseguenza che al.fa parte, che sia incorsa nella �suddetta decadenza, non � rp,i� consentito neanche riconvenzionalmente, di risollevare tali questioni ed eccezioni (Cass. 8 giugno 19'64, n. 1402). Ora, nel caso di specie oggetto del presente giudizio, � pa'Ci<fico che la domanda, 1proposta dall'.Amministrazione avant,i a1lJ.'autorit� giudiziaria, fu diTetta, come � stato �anche precisato dalla Corte del merito, esclusivamente a far dichiarare la le�gittimit� della tassazione del vaiLore di avvii.amento dell'azienda, �che la Commissione Centrale, con la decisione del 13 maggio 19'65, aveva, inve�ce, dichiarata illlegittima, confermando, per fil resto, J.a �statuizione della Commissione Provindale, concernente la legittimit� dei criteri seguiti dall'Ufficio per l'accertamento del valore imponibile (.riferibilit� dei va'loTi alla p.ata della costituzione della Societ� in nome ,coUettivo, ossia aiLla data deiLI'atto 'in Notaro Forestieri, :e legittimit� de'l<l'aliquota applicata); come � del pari pacifico che, �con la doma1I1da ri1convenzionale, i 1contribuenti, convenuti in giudizio, �chiesevo che fosse dichiarata :la illegittimit� in � toto � dell'accertamento, ossia ,che fossero irciesaminate anche tutte le a�ltre questioni relative ai criteri seguiti per 1l'accertamento� deil. valore irn!ponibile, che erano �state r�1solte nel �senso della loiro il.egittimit� dall'anzidetta decisione della Commissione Centrale e che non erano state dedotte :in giudizio ,con la domanda giudi~iale proposta da11'Amministrazione. Ed �, aHJres�, pacifico che tale domanda riconvenzionale fu proposta quando era idi gi� maturato .fil .termine di decadenza, previsto dail.'art. 146 della il.egge di re~i�stro. Pertanto, � �chiaro che ila �impugnaita sentenza, rigettando le eccezioni di decadenza di ta,le domanda riconvenzionale dei convenuti, sollevate dall'Ammini,$razione delle Finanze, e portando l'esame su essa, ,con la conseguente pronunzia di aic1coglimento e di di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 697 chiarazione di illegittimit� in �toto� dell'accertamento, ha violato il prindpio giurisprudenzia:le, .sopra richiamato, in ordine al quale non sussiste n� � stata addotta alcuna valida ragione per discostarsene; non omettendosi qui di sottolineare che la validit� di questo principio trova confemna nelle decisioni di qruesta stessa Corte Suiprema, la quaile, sia pure con riferimento ail conclamato carattere giurisdizionale delle commissioni tributarie, ha affermato, �conco11darndo su questo punto con la pronuncia n. 12 deJ. 25 gennaio 195�7 della Corte Costituzionale, che Le decisioni di queste �commissioni, scaduti i �teiMl.ini di decadenza fissati da11e J.eggi tributarie per la rp�roposizione dei mezzi d'imrpugnaz.ione alle Commissioni superio!l.'"i o aU'autor�it� giudiziaria, acquistano carattere d'inrtangibilit�, re�stando preclusa fa possibilit� di rimettere in discussione le questioni, ogg.etto della relativa statuizione, venendo cosi ad a�cquistare .efficada di giudiocaito (Sez. Un. 21 giugno 1969, n. 2201). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1972, n. 1457 -Pres. leardi Est. Miorabelli -P. M. Pascalino (conf.) -Masonii (avv. Preioni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tracanna). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione -Beni gravati da vincoli ed oneri -Determinazione del valore venale in comune commercio. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15). � legittima e non viola il principio di eguagiianza la valutazione di beni gravati da vincoli urbanistici od altri oneri. che tenga conto dell'incidenza di taii vincoli sul valore realizzabiLe in comune commercio (1). (Omissis). -Con l'unioco motivo di ricorso i ricorrenti, denunciando la falsa applicazione deH'art. 15 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1613�9, sostengono che la Corte del merito ha erroneamente negato Ja fondatezza della questione di legittimit� costituziorn.aJe, da foro sollevata avverso questa norma, in quanto, a loro avviiso, ne ha inesattamente inteso il significato; infatti essi deducono che 'Con la locuzione e valore venale in comune commercio � sioa da intendere Iil valore che H bene avrebbe ail momento (1) Massima da condividere pienamente. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del trasferimento se :fosse esente da ogni vincolo o iLi.m.iltazione, si che tale disposizione non (Potrebbe trovail"e aippl!i!cazione nelle iipotesi in cui i beni, ail �CU� trasferimento si apipJ.i!ca l'imposizione, si trovino assoggettati a vincoli, alla data dell'accertamento, senza porsi in contrasto con il pri1ndpio enunciato :ne1l'art. 53 della Costituzione, secondo cui iJ. cittadino � assoggettato a contribuzione in base aJ.ila sua effettiva caipacit� contributiva e non con ir.iferimento a valori patdmoniali :non c01Tispondenti alla realt�. Sia la censura �che il.a questione di fogittimit� �costituziona�le cl;le con H ricorso vengono sollevate sono per�, totalmente e manifestamente infondate. Con la :locuzione � comune �commercio � contenuta nella disposizione suindicata �si fissa infatti, �come ha egregiamente precisato la sentenza impugnata, il priiillciipio che :hl. valore dei beni, ai fini dell'imposizione, va determinato nello stesso valore �che i beni hanno, attraverso,iJ. libero gioco della domanda e dell'offerta, in una contrattazione tra privati, e non ha alcun riferimento aUa circostanza che i beni siano liberi o meno da vincoJ.i od oneri; anche il bene assoggettato a vincoli od onea:-i ha un valOil"e di comune .commercio, in quanto il valotre di esso viene determinato, nelle private contTattazioni, tenendo conto del�le limitaziooi di godimento e di disponibilit� che da questi derivano. I beni soggetti a vincoli di piano regolatore non sono, d'altronde, coone del pari esattamente ha esposto la sentenza impugnata, da COIIl:Siderrure fuori commercio, appunto in quanto non esiste alcun ostacolo giuridico che ne impedisca la commerciabilit�, sulla base del valore che pu� ad essi essere attribuito i!n dipendenza delle limitazioni suddette. I soggetti �che vengono assoggettati ad imposizione in relazione aJ. trasferimento di beni �sottoposti a vincoli od oneTi non si trovano, quindi, in situazione difforme da quella di altri dttadini, che siano assoggettati ad eguale imposizione in relazione a beni liberi da vincoli, n� viene loro imposta una �cootribuzione eccedente la J.oro capacit� contributiva, giacch� tale �carpacit� 1si determina in relazione al valore: del bene, quale ri!sulta dalJ.a va1uta2Jione anche della limitazione che vi grava. Escluso quindi 1che la norma dtata, nettamente interprefafa, si [ponga in �contrasto con i principi della Costituzione, 1p:otrebbe essere ipotizzata una violazfone de1la norma medesima, qualora riisultasse che nell'accertamento del valore non 1sia stata tenuta in ccin<to J.a svalorizzazfone derivante dai vincoli �di piano re.golatore; ma nel caso in esame taJ.e violazione non �sussiste, in quanto la sentenza impugnata ha dato atto, con insindacabile giudizio di merito, �che gilri. organi tributari hanno determinato il valore imponibile con speicifico riferimento alle limitazioni gravanti sui beni. LI Ticor.so, deve e�sseTe, .peirtanto, re�spinto. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR�IA 699 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 19r72, n. 146:3 -Pres. Giannatta. sio -Est. D'Orsi -P. M. Di Maio (conf.) -Bhmchedi (a�vv. Mazzoni) c. Miniisteiro delle Finanze (avv. Sfato Alibrandi). Imposta J1enerale sull'entrata -Impresa aJ1ricola -Nozione -Pollicultura in batteria -Costituisce impresa commerciale. (1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 2; e.e., art. 2135; 1. 2 giugno 1961, n. 454, art. 29; 1. 13 giugno 1964, n. 486; 1. 13 maggio 1966, n. 356; 1. 3 :\llaggio 1971, n. 419). Rientra nell'impresa agricola l'allevamento del bestiame quando sia mantenuto un collegamento funzionale con l'attivit� agricola, mentre ha natura commerciale o industriale l'allevamento del bestiame quando l'organizzazione della produzione sia indipendente dalla coltivazione della terra. In particolare la pollicuitura, a seconda delle dimensioni e delle modalit� di funzionamento dell'azienda, rientra netl'attivitd agricola sia quando abbia valore secondario ed accessorio nella generale economia dell'azienda agricola, sia quando abbia valore preminente rispetto alla terra, mentre � da ritenere attivit� commerciale o industriale quando, per essere le attrezzature collocate sia pure in parte fuori del fondo o per essere di dimensioni sproporzionate ed e�ccessive rispetto al fondo, si venga a spezzare il collegamento funzionale con la coltivazione e lo sfruttamento della terra (1). (Omissis). -Con iJl priimo mezzo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa arppl.tcazione dell'art. 21:35 c. c., in raipporto agli artt. 1, 2, 3, 4, 6�, 7, 8, 13, 43 il. IGE 19 giugno 1940, n. 7612, e SUJccessive modifiche, art. 20 reg. 26 gennaio 1940, n. 10, in relazione �all'art. 360 n. 3 c.�p.c., omessa insufficiente e contraddirttoria motivazione art. 360 n. 5 c.p.c. e censurano la sentenza impugnata sotto il duplice aspetto della violazione di legge e del difetto di motivazione. Secondo i rtcoJ:Tenti, la Corte d'appello, dorpo essere partita dalla esatta rpl'emessa che anche la pollicultm-a pu� rientrare neil. concetto di allevamento del bestiame, �sarebbe poi <i!IlJCOl'sa in errore di diiritto e vizio J.ogko, iin quant,o non avrebbe l'itenuto che l'allevamenot del bestiame rientra ex se nella attivit� agricola, indipendentemente dalla. connessione con la �Coltivazione d�lila rterra, finendo, in conrtrasto con la (1) Decisione Cli ampda indagirne che stabiilllisce i tetrmi.nd. fondamentali della nozione di imprenditore agricolo. P�er la analoga questione, rilevante per� ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, dell'allevamento dei cavalli da corsa, (v. Cass., 20 maggio 1969, n. 1755, in questa Rassegna, 1969, I, 711); in senso contrario per l'attivit� degli ortovaisti (cfr. Cass., 20 settembre 1971, n. 2622, ivi, 1971, I, 1469; cfr. anche Cass., 15 luglio 1965, n. 1540, ivi 1966, I, 396 con nota di G. ANGELINI RoTA. 12 700 premessa, col riconoscere all'attivit� dei Bianchedi carattere industriale perch� svolta accanto e non ad integ,razione dell'impresa agricoJ.a, con esclusione di ogni rapporto di accessoriet� e di complementariet�. Nelila memoria illustrativa del Ticorso e nella discussione ora1le i ricorrenti, svi1luppando questi argomenti, hanno ritenuto di scorgere un'evoluzione legislativa de'l concetto di .i.miprenditore agricolo nel senso da loro delineato ed hanno indicato, a sostegno di tale tesi, alcune recenti disposizioni legislative, insistendo soprattutto sU!lla legge 3 maggio 1971, n. 419, la q1Ua1e, emaha.ta per l'applicazione di due regolamenti della Comunit� Economica Europea, sancirebbe il carattere agrario dell'attivit� degli allevatori delle ,speci1e avicole e costttuirebbe interpretazione autentica dell'art. 2135 c. c. Itl mezzo, anche se nel 1suo svolgimento CO!tltiene alcuni spunti interessanti che ripl"opongono a questa Cor1te la verifica del!la sua costante giurtsprudenza 1sul problema di fondo relativo al 1contenuto e ai 'limiti del concetto di 'imprenrutore agricolo in relazione all'allevamento del bestiame .i.rn genere e dei polli in specie, non pu� essere accolto. La Corte d'appello, recependo un certo indiriz2lo della dottrina, autorevolmente sostenuto, che ha trovato talvolta accoglimento presso giudici di merito, ha rit.enuto innanzi rtutto che il termine bestiame dovesse essere inteso nell'accezione generica di animali allevati per l'agricoltura e per Ll"alimentazione dell'uomo e comprendesse, quindi, ogni e qualsiasi animale da carne e da uova, ma i lim:i,ti di applicazione di queisto, concetto son0 stati delineati solo per implicito, al1lorch�, scendendo ad esaminare l'estensione dell'attivit� deH'Azienda dei Bian1chedi ha accertato: a) che vi era un distacco netto tra la tipica e tradizionale impresa agricola di quattro poderi per complessivi ettari 50 concessi a mezzadria e quella pur locallizzata, quanto aJJla sede principale deH.o stabilimento, sugli stessi fondi di ;propriet� Bianchedi diretta all'allevamento dei polli in batteria e alla produzione delle uorva da cova; b) ,che gli impianti relativi all'aMevamento non consistev,ano solo in numerosi e moderni locali con le attrezzature per la cova artifiiciale delle uova, rper i'allevaimenfo dei pulcini, per l'ingrasso e la maceLlazione dei polli e per la loro conservazione in celi~ frigorifere, insistenti su due dei quattro poderi, ma si trovavano anche in dipendenze esterne; e) che presso terze persone, in .ci,que� punti diversi, erano state collocate incubatrici ed altre attrezzature idonee alla cova di varie miglliaia di uova e all'allevamento dei pulcini da ingrasso; d) 1che l'azienda S. Rita 1si occUJpava, presso tali posti este,rni, del rifornimento delle uova e dei mangimi nonch�, generalmente, del go verno del .pollame con suo personale; e) 1che in Bologna vi era un de,posito per lo smistamento del pollame ed un altro era stato costituito in Rimini nell'estate 1959, durante la stagione ballneare; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 701 f) 'che mancava pedino la prova che venisse ricavato dai prodotti del fondo la percentuale di mangime (60 %) non soggetta all'l.G.E. (essendo il restante 40 % composto di sostanze che non potevano essere prodotte dalla coltivazione della terra); g) che non solo non era dimostrato �che I'imprendi-to'!'e si serviva della teTTa come mezzo necessado di produzione; ma che era ben chiaro che la localizzazione di parte degli impianti su propriet� Bianchedi era esclusivamente di �comodo e che il risultato voluto dall'imprenditore era rag.gilUlngibile ind~pendentemente dallo sfruttamento deJ. terreno, non uthlizzato neanche in �parte quale strumento di produ:z;ione. Secondo la Corte d'appello, .quindi, l'attivit� di allevamento di polli, pur rientrando in quella di allevamento del bestiame minuto, pu� rivestire car�attere 'agricolo solo quando per le modalit� del suo svolgimento venga a trovarsi i!n rappocto di accessoriet� e di complementariet� rispetto aihl'impresa agricola tr�dizionale della coltivazione della terra. E il collegamento, secondo il pensiero della Corte di arppeHo, potrebbe sussistere qualora, ad esempio, la terra fornisse all'allevatore il mangime per i .polli. Tali essendo le �censure dei ricorrenti e fil :ragionamento della Corte � necessario, come gi� si � detto, 'soffermarsi sul concetto di imprenditoce agricofo perch� se realmente all'attivit� di allevamento del bestiame dovesse essere riconosciuto carattere agricolo ex se e la pollicultura dovesse rientrare nel concetto di allevamento del bestiame, la sentenza impugna,ta non potrebbe esS&e mantenuta. �L'abrogato .codice di commerdo non dava una definizione di im presa; ma, 1secondo la prevalente dottrina, intendeva la nozione di im presa come elemento di commerciabilit� obiettiva e nell'art. 4 escludeva che fossero atti di commercio la vendita che fil proiprietario o il coltiva tore facesse dei prodotti del fundo �suo o da 'lui coltivato, ed anche il codice 'civile 1865 si occupava '.(lell'attivit� agraria limitatamente ai rappor.ti contrattuali interessanti l'agricoltura; alloch� poi parlava di bestiame, come nel contratto di mezzadria o in quello di soccida, Jo. faceva sempre in funzione de1la terra. La minuta disciplina del:l'impresa agricola fatta dal 'legislatore del 1942� rappresent� Uill!a novit� rispetto non solo alla legislazione prece dente, ma anche rispetto agli altri paesi euroipei; la vi,sione di fondo del problema rimase, per�, sostanziahnente immutata, e iJ. contrario non pu� certo desumersi da1 fatto ,che menrtre nel :progetto lp!reliminail"e, a proposito dell'attivit� di aHevamento del bestiame, erano incluse le parole �su fondo proprio o altrui � tali parole scomparvero dal testo� definitivo. Il motivo non fu 'certo quello indicato da parte della dottrina di una voluta ,scissione dell'aUevamento dallo sfruttamento dehla terra, bensl, pi� sempH!cemen:te, di pperare tale scissione in rapporto ad un 702 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO detel'IJninato fcmdo, al fine di evitare che potessero sorgere periplessit� in ol'din.e alla pastorizia tradizionala.nente transumante. E il termine bestiame, secondo un'autorevole opinione, fu usato per il suo valore particolare in agricoltura e cio� di bestie che servono alla coltivazione del f()[).do. Ci� ;posto, appare che ile possibili soluzioni ricavabili dall'esegesi dell'art. 2.rn5 c. c. sono tre: a) allevamento del bestiame come attivit� agricola ex se; b) allevamento del bestiame come attivit� agricola solo se in diretto rapporto con la coltivazione del fondo; c) allevamento del bestiame in .connessione col fondo (e non con la coltiivazione del fondo). La prima soluzione ha iJl ;pregio di un apparente chiarezza e del sostegno della lettera della no!l'ma; ma gi� la premessa stori.ca da cui parte (esclusione �sotto il codice abrogato de1la connessione con l'attivit� agraria) si rivela debole pel'ch� isolo in tempi molto recenti 'la tecnica ha forntto gli elementi necessari per l'aJ.l.evamento in modo particolarmente intensivo e a <Ciclo r.aipMo p!['eiscindendo da ogni proporzione tra estensione de1la tena e numero dei caipi. Nella formulazione dell'articolo, .per�, J.'aUevamento del bestiame � accomunato con la coltivazione del fondo e la sfilvicultura (attivit� di i1ndwbbia natura agricoli.a) e non � loro contrapposto ;per cui � 1ndispensabile un momento di co11egamento tra le �tre attivit� e questo non pu� essere che lo sfruttamento della terra. Questa intel'pretaziooe riJceve un'ulteriore conferma dalla nozione delle attivit� connesse qual'� data dal secondo .comma dell'art. 2135 c. c. Anche �se l'elencazione � :dconosciuta per costante g.iurisp!l'Udenza di carattere non tassativo (cfr. Cass. 16 novembre 19618, n. 3742; 15 luglio 1965, n. 1540; 4 marzo 1959, n. 6122) essa fornisce pur sempre un indispensahi. ile istrumento chiarificatore della ratio del legislatore. Orbene dal suddetto 1comma appare 1che le attivit� connesse attengono alla trasformazione e all'alienazione dei :prodotti agricoli, quando rientrano nell"esevcizio nol'male deU'agdcoltura. Se, adiunque, per le attivit� �Connesse, aventi carattere di accessoriet� � elemento essenziaJ.e l'inerenza alla terra, a maggior ragione da tale collegamento non pu� prescindeTsi in nessuna delle attivit� primarie, tra cui .rientra, come gi� 'S� � detto, quella dell'al.Ievamento del bestiame. La terza soluzione, posta di recente accanto alle altre due, asnche se frutto di un'intuizione acuta, pu� dar luogo ad incertezza e finiisce con l'Mentificarsi con la �seconda, che � queJ.la 1pi� rispondente aUa ratio e alla funzionaHt� della norma. In sostanza l'impresa agricola ha per oggetto, per definizione di legge, la coltiv�azione del fondo, la silvicoltura e l'allevamento del bestiame; ma se alcuna di queste attivit� che sono ritenute fondamentali, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 703 diviene autonoma nel senso che si 1spezzi il. co1legamento funzionale con l'atttvit� agricola o quanto meno nel senso che la coltivazione della terra risiponda solo a finalit� accessorie dell'ianpresa, J.'imrp.renditore � 1 nominalmente agricolo, ma sostanzialmente �Commerciale. Nel ca:so �specifico dell'allevamento del bestiame non �, quindi, la natura del prodotto (animale vivo per Ja riproduzione o l'allevamento o l'ingrasso, 'carne e latte) che viene ad aver rilevanza e neppure la quantit� del prodotto stesso astrattamente �considerato, ma il modo di praticare l'allevamento. Il ca�rattere discretivo delJ.'attivLt�, che secondo la precedente \legislazione era dato dalla natura dell'atto di commercio, nel vigente 'codice civile si � spostato sul cwattere organizzatorio defila produzione ed � questo che nel nostro 1sistema legislativo � necessario tener presente per J.e numerose impUcazdoni che comporta e non quello affiorante negli scambi intem.azionali e nell'ambito della stessa comunit� europea, ove, rper una visuale p1rospettiva diversa e parziale, il'accento � posto su:lla natura del p.rodotto commerciato. La gturisprudenza di q~esta Corte � pressoch� costante nell'intendere in tal senso i ~imiti dell'attivit� agraria di allevamento del bestiame ed � stato cosi ripetutamente negato che fosse imprenditore agricolo colui che pratica J.'aillevamento e la riproduzione di cavailli da corsa (Cass. 20 maggio 1969, n. 1755, 4 marzo 195�9, n. 622; .10 ottobre 1955, n. 2951), mentre per l'attivit� di monta :taurina � stata ri:conosciuta la natura agricola nella sola eventualit� in cui l'attivit� medesima rion sia esercitata acttr�aver�so un'o!fgan:izzazione aziendale autonoma, ma sia inserita nell'organizzazione di beni, di capitali e di lavoro propTi dell'azienda agricofa (Cass. 28 luglio 1965, n. 1805', 15 luglio 1965, n. 1540). La sentenza n. 1245 del 17 maggio 1966, su cui i �ricorrenti hanno particolarmente ins~stitq, pur affermando nel corpo della motivazione che l'allevamento del bestiame rientra fra le attivit� definite agricole dalla legge e che l'interp!fete non pu� subOil"dinare quella qualifica al!la connessione con la coltivazione del fondo, non pu� essere indicata come apportatrice di un diverso indirizzo. Iin quena causa, ind:atti, di natura fallimentare, la contrapposizione venne soprattutto posta tra l'attivit� di aillevamento e quehla consistente nell'acquisto del bestiame con J.a finalit� prevalente di rivenderlo. E lo svincolo delil'allevamento .dalla connessione con '1a coltivazione del fondo non venllle esaminato ex professo, ma venllle dato per preswprposto e non fu neanche esaminato il problema del:lo s:fvuttamento del fondo in funzione dell'allevamento. Pi� delicato �si pTesenta l'e�same del secondo punto e:i$io� queHo relativo all'inclusione dell'attivit� avicola nel concetto di allevamento . del bestiame. Questa Corte ha finora escluso che H termine bestiame nella sua comune accezione potesse comprendere anche i polli e da~ punto di vista 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strettamente lessicale l'affermazione � esatta. Questa interpretazione, del resto, � ailla base dell'indirizzo giurisprudenziale che, prima dell'emanazione della ilegge 13 giugno 19'64, n. 486, escludeva il beneficio fiscale de1l'esenzione daill'imposta di consumo per i mat&iali impiegati nella costruzione degli aJ.1evamenti avicoli, sotto il profilo che il beneficio previsto daJI'iart. 29 della legge 2 giugno 1961', n. 454 �spettava solo per i materiaili impiegati nella 1costruzione e riparazione da 1parte di agricoltori 1singoli od assodati di impianti e di attrezzature per la conservazione, lavorazione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli e per l'allevamento del bestiame... (nel quale non veniva faitto rientrare l'allevamento di ipolli) (Cass. 7 novembre 1970, n. 22.67; 2 dicembre 196�9, n. 38515), e In base allo stesso indirizzo � stato riconosciuto carattere innovati�VO (e non intepretaitiVO) aJ.la legge 13 giugno 1964, n. 486, che ha modificato :l.'w:t. 29 nel �senso di esentare daLla suddetta imposta i materiali per impianti e attrezzatur.e per stabulare, e far pascolare gli animali e gli uccelli, nonch� quelli impiegati per la costruzione e riparazione di abitazioni ed uffici annessi....agli allevamenti (Cass. 217 mag gio 1971, n. 1571; 2 dicembre 1969, n. 3�855). Del resto la distinzione tra aLlevamenti di bestiame e allevamenti avicoli trovava riscontro nell"art. 17 della stessa le~ge del 1961 a pro posito dei contributi per lo �sviluppo zootecnico. Ma la legge del '64, modificatrice di quella del '61, � impovtante perch�, ferma 11estando l'esigenza defila �stretta interdipendenza tra l'al levamento e lo :sfruttamento della terra, tanto che definisce agricoltori i soggetti agevolati, ha abbandonato il termine bestiame per accomunare in una medesima disciplina l'allevamento di animali e di uccel:li. La successiva .legge 13 maggio 1966, n. 356, che, dettando norme sulla iproduzione avicola, demanda compiti di vigilanza al Ministero dell'Agricoltura e foreste, non pu� fornire alcun elemento decisivo circa la natma dell'attivit� delle imprese produttrici di uova da cova e pul cini contrariamente a quanto ritengono i ricorrenti, ed � validamente invocabile solo per dimostrare .i:l crescente interesse del legislatore (do vuto anche ad esigenze di carattere internaziona�le e comunitario) per una attivit� che finora non aveva assunto rilevanza autonQma. Pi� pertinente, invece, � il riferimento alla legge 3 maggio 1971, n. 419, la �quale, emanata per l'aipplicazione dei regolamenti comunitari 1619/68 e 9�5/69 ha ne1l'art. 2., secondo comma, precisato che i tiitolari di imprese avicole singotli od associati, che dedicano direttamente ed abitualmente, in modo prevalente la loro attivit� o queHa dei propri familiari all'allevamento delle specie avicole sono considerati imprenditori agricoli. Questa norma -�contracriamente a �quanto .sostengono i ricorrenti non pu� essere vista come interpretazione autentica dell'art. 2135 c. c. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 705 Ostano a tale concezione la ,stessa formUllazione della disposizione e la sedes materiae in cui � contenuta. L'intel'!pretazione autentica di una norma (per giunta a carattere generale, quali quehle del codice ,civile) non pu� ricavarsi per implidto da una qualsiasi altra successiva disposizione di legge sulla stessa materia (rper ,giU1I1ta, a �carattere particolare), ma deve risultare chiaramente dalla nuova norma per la fondamentale �esigenza che la legge di interpretazione autentica � per sua stessa natura retroattiva e ha vigore, quindi, con riferimento al momento dell'entrata in vigore delil.a norma interpretata, venendo cos� ad operare in deroga al disposto deU'art. 11 delle preleggi. La norma in esame, invece, pu� essere vista come indice della tendenza del legislatore a tener conto dell'iimportanza e dell'estensione che hanno oggi assunto gli allevamenti avicoli e di tale tendenza -ma con effetto ex nunc -deve necessariamente tenersi conto nell'iintel"!Pil'etazione delle norme preesistenti, perch� solo in base ad essa pu� rettamente parlarsi di interpretazione evolutiva. Gli � che compito dell'interprete � quello di far rispondere la norma scritta alle esigenze de1la vita sociale quali recepite dagli organi costituzionalmente �competenti entro i limiti in cui l'intrinseco contenuto della norma lo consente, senza farsi schiavo della sua Lessicale formulazione, .e 'l'interpretazione estensiv�a ipu� anche riguM"dare solo il sig:nicato di un termine, che, inteso in un'a,ccezione pi� fata (in armonia e non in contrasto con il �suo intrinseco contenuto) pu� offrire la soluzione del caso da ri:solvetre. D'altro canto com'� stato giustamente osservato, la nozione di bestiame non si incontra nella zoologia; essa non designa una specie animale. In realt� � nozione economica e sta ad indicare gl!i animali che sono tradizionalmente allevati sul fondo. Orbene se si volesse ricercare oggi il motivo per cui H \legislatore di trent'anni :fa non parl� nell'art. 2135 c ..c. delil'allevamento di polli, non lo si 'Potrebbe certo rinvenire nella �considerazione ch�. il legislatore medesimo volle considerare non agricola l'attivit� di allevare volatili; � molto rpi� logico rpresumere che ~l ilegislatore 'Consider� che tale attivit� non potesse assumere un carattere di preminenza sulla coltivazione del fondo (.come invece ben poteva accadere per !''allevamento del bestiame) e rientrasse, quindi, per il suo carattere di accessoriet�, nella categoria aperta dal,Je attivit� connesse. Ma la possibilit� che og,gi l'allevamento di voJ.ati:li V�enga ad assumere in un'azienda agri.cola carattere preminente, si ,che nel rapporto di relazione con la coltivazione del fondo � questa secondo attivit� che viene a rivestir,e carattere secondario e strumentale, fa si che non si possano considerare in modo diverso le ipotesi in cui un agricoltore sfrutti il suo terreno unicamente per il.'a1levamento di bovini, od anche di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 706 caprini e di suini (costituenti la categoria del bestiame minuto); e queHa in cui nelle stesse condizioni allevi polli. Il carattere distintivo tra impresa agricola o commerciale e industriale di allevamento non pu� essere visto su1la base deMa specie del- l'animale ma va dcercato nella struttura dell'organizzazione produttiva e nel �SUO collegamento inte.grale con la terra. Nel concetto di allevamento del bestiame, entro i limiti e nei sensi sopra esposti, pu� farsi, quindi, rientxare anche quello dei volatili, comunemente noti come animali di bassa corte. Conseguentemente la .pollicultw-a, a �seconda deLle dimensioni e delle modalit� di funzionamento dell'azienda !rientra nelle attivit� agricole sia quando abbia valore 1secoo1dario ed accessorio nella generale e.conomia dell'azienda agricola, sia quando abbia economicamente un valore preminente rispetto a1la terra; sar�, invece, attivit� commerciale o industriale quando, per essere ile attrezzature collocate, sia pure in paxte, :lluori del f001do o .per essere di dimensioni sproporzionate ed eccessive dspetto ail fondo si venga a spezzare il collegamento funzionale con la coltivazione e lo �sfruttamento della terra. I cosiddetti a1levamenti in batteria, infatti, hanno la :funzione di eliminare i rischi e di superare i 1limtti produttivi che sono caxatteristici dell'allevamento sul fondo. Essi 1cessano di essere attiwt� agricola. Sulla base di questi principi :pu� esse!re condivisa la tesi della sentenza impugnata allorch� ha incluso i volatili nel concetto di bestiame minuto e vanno :senz'altro disattese le censure contenute nel primo mezzo �stante H riconosciuto carattere di indipendenza del:l'attivit� di pollicultura, che, come ha accertato la Corte .di appello con incensurabile accertamento di fatto, si svolgeva in buona parte al di :lluori e lontano dal fondo, con posti esterni per i c.d. allevamenti in batteria (dr. in tal senso Cass. 13 ottobre 1970, n. 19i82). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 19712., n. 1464 -Pres. !�cardi -Est. Elia -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero deJ.le Finanze (avv. Stato .AiUbrandi) c. Concordato preventivo Impresa Lucca. Imposta di registro -Concordato preventivo con cessione di beni Non contiene obbligazioni di somme -Imposta proporzionale dell'art. 32 tariffa A della legge di registro -Non � dovuta. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 26 e 32; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 160 e 186;. e.e. art. 1977). Nel concordato preventivo con cessione di beni (art. 160 e 186 della legge fallimentare) il debitore non assume alcuna obbligazione pecuniaria verso i �.creditori, nemmeno nei limiti deUa percentuale stabilita in via di mera previsione; conseguentemente l'atto di cessione di beni, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 707 assimilabile alla cessio bonorum dell'art. 1977 e.e., � soggetto all'imposta fissa dell'art. 26 delLa tariffa A della legge di registro e non all'imposta proporzionale delL'art. 32 della stessa tariffa (1). (Omissis). -Con l'un.Leo motivo del il'icorso, ila ricorrente .Amministrazione delle Finanze deillo Stato denuncia violaZJione degli articoli 8 della legge di registro 30 dicembre 1923, n .. 32.69, nonch� degli articoli 26 e 32 della Tariffa allegato A alla legge medesima, e degli artt. 1977, e.e., 160 e 186 della legge fallimentare 16 marzo 1942, n. 267, in relazione aJ.l'art. 360, n. 3 c.p.c., deducendo �che erroneamente la Corte di merito \l.'ltenne applicabile 1l'imposta fissa di registro iprevista dall'art. 26 deilla taTiffa, mentre era invece aippltcabile l'imposta proporzionale di cui alil.'art. 32 della Tariffa stessa, perch� col concordato preventivo con �Cessione di beni, il debitore assume l'obbligo di pagare una percentuale dei debiti ed i creditori, in col'lrispettivo di ta�le assunzione, rinunciano al debito residuo, onde si ha Ullla assunzione di obbligazione di somma, ipari alla percentuale, da paxte del debitore. La censura � irnfondata. Come questa Corte Suprema ha gi� avuto modo di chiarire, nel � concordato preventivo icon cessioni di beni il debi:�toce non assume alcuna obbligazione pecuniaria, nemmeno nei limiti della percentua[e stabilita, tanto che, pe�r tl.'axt. 186 della �citata legge fallimentare, iil concordato preventivo non si risolve, se nella liquidazione si sia ricavata una pel'centuale inferiore. L'art. 26 della �tariffa ail.l. A al1a legge di registro dispone il.a registrazione a tassa fissa iper ile cessioni di �beni dal debitore alla massa dei �suoi creditori ipe;�, la vendita. L'ar�t. 32 della tariffa dispone invece :la registraz.ione con tassa proporzionale in :iipotesi di convenzioni o concordati contenenti obblLgazioni di somme. L'art. 160 della legge faillimentare autorizza l'imprenditore in istato di insolvenza a proporre un concordato preventivo offrendo ai creditori per il rpagarmento dei suoi debiti ila cessione di tutti i beni esistenti nel suo .patrimonio alla data della prorposta, prurch� \la loro valutazione faccia fondatamente ritenere che i creditori rpossaino essere soddisfatti almeno nella misura del quaranta per cento dell'ammontare dei crediti. L'art. 186 della legge fallimentare stabilisce che nel caso di con cordato 1preventiv:o mediante �cessione dei beni non si verifica risolu zione del concordato re nella iiquidazione dei 1beni ceduti si sia ricavata una percentuaJ.e inferiore alla predetta percentuale del �quaranta per conto dei .crediti. (1) Nello stesso sooso CRss. 8 liuigilio 196'6', !Il. 1793, in questa Rassegna 1967, I, 635, con nota critica di G. ANGELINI ROTA alla quale si rinvia. 708 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � noto che l'art. 8 della legge di registro dispone che ile .tasse sono pagate secondo .l'intrinseca natura e gli effoti degli atti o dei trasferimenti, e che, se un atto non si trovi nominativamente indicato nella tariffa, � soggetto al!la tassa .stabilita per �l'atto �Con cui ha maggiore analogia. Poich� all'epoca di entrata in vigore de1la legge di registro non era previsto il .concordato preventivo mediante cessione di beni, instaurato dalla legge fallillll.enrtare, entrata in vigore successivamente a quella di registro, occome �considerare la natura e gli effetti del concordato preventivo con �cessiO!Ile di beni, per trovare la tassa da a.pplicare in via analogica. � da rilevare, al riguardo, che nel concordato preventivo con cessione di beni, il debitore .cede per il pagamento dei suoi debiti i propri beni, ed il tribunale, a sensi deH'm-t. 182 della stessa J.eg.ge, nomina uno o pi� liquidatori, �Che iprovvedono a rieavarne il valore. Se si ricava una pel'centuale inferiore al quaranta per �cento non si verifica risoluzione del concordato, bench� la vatl!utazione dei beni offerti in cessione, anteriore alla liquidazione, abbia dovuto far ritenere fondatamente possibile un ricavo SUJperiore a tale-percentuale. Nel sistema della legge, dunque, purch� la valutazione, anteriore alla J:iqwdazione, fa�cia .supporre un ricavo mag.giore del 40 % dei debiti, M concoroato preventivo con cessione dei beni pu� essere omol�gato, e nO!Il � risolto, se, poi, in sede di liquidazione, si ricavi un valore inferiore a tale rpereentuale. In altri termini, i creditori non hanno alcuna sicurezza di essere soddisfatti neppure nella misura del 40 % tale misura � CO!Ilsiderata dal le.gislatore come ipotesi probabile e non certa, ed il debitore, cedente i beni non � dunql,!e, tellJUto ad assicurare alcun pagamento, nemmeno nei limiti di detta ;percentuale� Non vi ha dunque alcuna obbligazione di somma, da parte del debitore, per effetto del concordato preventivo con cessione dei beni. Tale �cessiO!Ile libera il debitore, anzi, dalle obbligazioni preesistenti al concordato preventivo, e ad esse sostituisce il mandato irrevocabile, ad essi attribuito, di procede.re, con le formalit� di legge, a.Ua liquida zione dei beni, e di pagarsi col ricavo della iliquidazione dei beni, cor rendo il dschio di un realizzo inferiore anche alla percentuale del quaranta per cento. Come � noto, il debitore, per l'art. li977 c1c. pu� mediante cessiO!Ili di beni, incarica�re i creditori di liquidare .le .sue attivit� e di ripartirne il ricavato tfu'a loro, in soddisfazione dei loro �Credi.ti. Tale cessione non ha egetto traslativo della propriet� ai creditori, ma ha sostanza di un mandato a liquidare e soddisfarsi, che comporta, salvo patto contrario, la liberazione del debi-to�re (cass. 16 giugno 1965, n. 1250). Tale mandato � irrevocabile ed attribuisce ai �cessionari la rapp.resentanza del cedente (Cass. 26 febbraio 1965, n. 319). Anche quando interviene in r W�!�::::�~;,,;;;;jll;;;J;�;::;;A�*� ;.;; E;;Jf;;;;;:;;::;,w,;;:'.'.~�11~�;?:~?'�0�fftt~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 709 sede di concordato preventivo la cessio bonorum ai creditori per liquidare i beni e 'Soddisfarsi pone in essere un contratto della specie legale prevista dall'art. 1977 1c.�c. (Cass. 15 gennaio l954, n. 66). Il rilevato effetto liberatorio non � condizionato n� alila entit� del �ricavo, n� ad alcun rpagamento da parte del debitore, ma deriva unicamente, a termini del citato arit. 186� della legge fallimentare, dalla cessione dei beni. In riferimento al citato avt. 1977 �C.c., � da rilevare che esso pone in essere proprio l'ipotesi 1prevista dalla legge di registro (anteriore al codice civi1le vigente) aill'art. 26 della tariffa, di cessione di beni dal debitore ai �creditori per la vendita, i.ipotesi che sostanzialmente si identifica �con quella previista dall'art. 160, n. 2 della legge fallimentare, alla quale deve, dunque, in via analogica, ed in relazione al citato art. 8 della '1egge di registro, applicarsi �l'art. 26 e non l'art. 3.2 della Tariffa, il quale � inapplicabile, perch� 1presuppone una obbltgarlone di somme che non si verifica nel �concordato preventivo mediante cessione dei beni (Cass. 8 luglio 1966, n. 1793). Il ricorso non .pu� dunque essere �accolto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 maggio 1972, n. 1484 -Pres. Pece -Est. Miele -P. M. Di Majo (conf.) -Ministe.ro delle ~inanze (avv. Stato Coronas) c. Grandi (avv. Gandin). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione di accertamento negativo -Pendenza della esecuzione esattoriale -Ammissibilit� Limiti. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 209). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione ordinaria -Necessit� di preventiv,a pronuncia di una commissione -Opposizione del liquidatore di societ� dichiarato responsabile in proprio -Esclusione. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). Dopo iniziata l'esecuzione esattoriale � consentito proporre l'azicme di accertamento negativo del debito di imposta nei confronti dell'ente impositore, essendo il divieto dell'art. 209 del t.u. sulle imposte dirette operante soltanto per l'opposizione all'esecuzione diretta contro l'esattore (1). (1-2) La decisione riealca quella delle Sez. Un. 27 ottobre 1971, n. 3021 (in questa Rassegna, 1972, I, 146 con nota di richiami). Ancora una volta si afferma in itwmini giener1alUssimi ohe il.'ia.zione di ooce:ritamenito IIlleglati.vo 710 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n liquidatore di una societ� tassabile in base a bilancio dichiarato responsabile in proprio del pagamento delle imposte non soddisfatte con le attivit� della liquidazione, non � legittimato a ricorrere alle Commissioni tributarie e pu� di conseguenza adire direttamente il giudice ordinario anche in pendenza dell'esecuzione esattoriale (2). (Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione delle Finanze dello Stato deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario; violazione e falsa applicazione degli artt. 20.8, 209 e 265 del t.u. 2.9 gennaio 19'58, n. 645 nonch� dell'a�rt. 2,2 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; vizio di motivazione su punto deci!sivo della controversia in relazione all'art. 360, nn. 1 e �5' �c.p.c. ed afferma che .}a Corte di merito, avendo ritenuta improponibile la domanda proposta dal Grandi nei confronti dell'esattore del!le imposte, in quanto opposizione all'esecuzione, la quale, per l'art. 209 del t.u. cit., non � ammissibile nel corso della esecuzione esattoriale, abbia poi ritenruta proponi.bhle la contestuale domanda proposta contro l'Amministrazione delle Finanze dello Stato per ['accer:tamentro negativo della responsabilit� personale attribuita ad esso Grandi sulla base deWart. 265 del t.u. cirt. La ricorrente osserva al riguardo che la responsabilit� del liquidatore sulla base dell'art. 265 del t.u. debba inserirsi nel �Sistema previsto per le opposizioni all'esecuzione e cio� debba esplicar�si attraverso il ricorso avverso il ruolo (art. 188 del t.u.) o mediante i ricorsi previsti dagli artt. 207 e 208 con possibilit� di esperire !l'azione giudiziaria solo ad esecuzione esattoriale avvenuta. La censura � infondata. Quesrta Suprema Corte ha riipeturtamente affermato (Cass. 27 ottobre 1971, n. 3-021; 6 maggio 1959, n. 1528; 8 maggio ~967, n. 903') che la norma dell'art. 209 del t.u. 2,9 gen � sempre ammissibil�, in materia di imposte dirette, sol che essa sia rivolta in via autonoma contro l'ente impositore, anche se congiuntamente all'esattore; ma l'occasione di questa enunciazione di principio � pur sempre una situazione particolare in cui l'azione di accertamento non � proposta dal contrtbuente (o da soggetto che non � ritenuto tale); si dovrebbe cio� pensare che � la seconda massima� che condiziona :la prima e non viceversa, come � �sempre avvenuto in tutte �le precedenti pronunce sull'argomento (v. nota alla sentenza citata). Tuttavia �l'enunciazione della prima massima non sembra limitata alle ipotesi eccezionali in cui non � possibile il ricorso alle Commissioni o il ricorso contro il ruolo, ma vuole assumere portata generale; lo sottolinea l'affermazione che l'azione di accertamento negativo si pone come una necessit� quando esista una decisione di commissione il cui termine per l'impugnazione vada a scadere dopo l'inizio della esecuzione esattoriale. In tal caso, ovviamente, non si tratterebbe di un'azione di accertamento negativo, ma dell'ordinaria azione dinanzi aM'A.G.O. (art. 22 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) sulla quale non influisce l'esecuzione esattoriale, che pu� essere stata gi� iniziata anche in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 711 naio 1958, n. 645, .ia quale fa divieto al contribuente di proporre opposizione all'esecuzione fiscale, dandogli solo facolt� di agke per danni contro l'esattore ad esecuzione avvenuta, essendo norma eccezionale, trova ,applicazione nella precisa fattispecie legale regolata da tale articolo �con la conseguenza che mentTe � improponibile lopposizione alla esecuzione ,che ha per fine 1'.iimpedfu:'e o fil paralizzare l'azione e~cutiva fiscale, non pu� ,essere impedito al ,contribuente l'esercizio di quelle altre facolt� le 1quali non interferiscano direttamente con la continuit� de1la iniziata procedura esecutiva fiscale. Pertanto il contribuente pu�, anche in pendenza dell'azione esecutiva fiscale, agire per l'accertamento negativo delila pretesa fi'.i!scale, qualora 1per� tale accertamento non sia richiesto al fine di fermare l'esecuzione fiscale.. Se si escludesse tale possibilit� i!l contribuente, una volta iniziata la procedura esecutiva, non potrebbe agire avanti alla autorit� giudiziaria secondo l'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 con l'eventualit� della decadenza dall'impugnazione giudiziaile iper la quale sono posti termini ,perento!ri, nel caso in �Cui tale .termine scadesse 1prima della definizione della procedura esecutiva, non prevedendosi sospensione di termine per effetto della iniziata esecuzione fiscale. Peraltro, come si � ,accennato, � necessario che il contribuente proponga in via autonoona la domanda diretta alla pronunzia di illegittimit� della pretesa fiscale e non � suffidente che abhia dedotta tale i1legittimit� solo quale fondamento della proposta opposizione. Invero in tale ipotesi la dedotta i!llegittimit� ha isolo relazione col petitum proposto, costituito dalla domanda diretta alla dichiarazione di illegittimit� della procedura esecutiva e quindi � svolta come fondamento della proposta opposizione, indi una volta d~chiarata inammissibile l'opposizione, non potrebbe essere esaminata autonomamente. Se per� la pro \ pendenza del giudizio dinanzi alle Commissioni (art. 175 t.u. sulle imposte dirette). Il problema vero dell'accertamento negativo si pone invece quando l'azione non si presenti come la ordinaria domanda che segue una decisione di commissione eme�ssa o su ricorso contro l'accertamento o su rkol'ISO contro i[ ruruo. Ma, i!liOOostante i numerosi eillUIJJciati dailila S.C., deve ancora ritenersi che una tale azione sia improponibi'le dal contribuente che, se � indubbiamente tenuto ad adire le commissioni, o non pu� proporre l'azione ordinaria prima che il ricorso alla COmmissione .sia stato proposto e deciso almeno in un grado, ovvero � decaduto da ogni possibile azione se il �ricorso alla Commissione che p�teva essere esperito non � stato utilmente proposto. Il problema dell'azione di accertamento rimane quindi circoscritto alle ipotesi in cui non si verta in una controversia di imposta. Sulla seconda massima, che pur ha una importanza determinante, ila motivazione � alquanto �sommaria; non essendo possibile ridurr.e la norma dell'art. 265 del t.u. sulle imposte dirette alla responsabilit� dei liquidatori per diritto comune. 712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nunzia � chiesta in via autonoma, ancorch� non in un giudizio separato ma in oc�casione della oipposizione alla esecuzione fiscale, essa non trova ostacolo al suo esame nella norma dell'art. 209 del t.u. formando oggetto di domanda autonoma, 'pienamente ammissibile come si � osseravato. Nel caso in esame, come ha esattamente ritenuto la Corte di merito e come emerge dagli atti del :proce�sso (di 'cui � possibile l'esame in questa sede vertendosi in tema di giurisdizione) risultano chiaramente proposte due distinte domande; una nei confronti dell'amministrazione finanziaria, convenuta in giudizio dal Grandi stesso con cui si � chiesto la dichiarazione di illegittimit� del provvedimento dell'Intendente di Finanza; l'altra nei confronti dell'esattore delle imposte, con la quale, nel :presupposto della Hlegittimi:t� del provvedimento intendentizio, si � chiesta 1a 'pronunzia di ilfogittimit� della :procedura esecutiva. Ai fini dell'accertamento della autonomia delle due domande ha rilievo la circostanza che l'Amministrazione finanziada dello Stato sia stata convenuta in giudizio direttamente dal Grandi (e non sia stata chiamata ad intervenire in giudizio dall'esattore ln base all'art. 77 del t.u. 15 maggio 1963, n. 858, :per la riscossione delle imposte dirette) nei cui confronti ,soltanto pu� aversi la declaratoria chiesta. Pertanto non si � trattato di una � scelta� del ooo.venu,to operata, anche se infondatamente, da colui ,che agisce (come osserva I'Amministrazione ricorrente) ma di direzione della domanda nei confronti del legittimato passivo alla domanda proposta non essendo l'e.sattore legittimato passivamente nell'azione di accertamento negativo della pretesa tributaria, come ha ritenuto con costante giurisprudenza questa Corte. Pertanto, essendovi due domande distinte, sia pure tra loro collegate, esattamente la Corte di merito ha ritenuto che potesse essere esaminata la domanda di accertamento negativo. Con il secondo motivo l'Amministrazione finanziaria, deducendo violazione e falsa applicazione� dell'art. 265 del t.u. 29 gennaio 195i8, n. 645 in relazione all'ru:-t. 188 dello stesso t.u. e all'art. 2,2 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e difetto di giur~sdizione afferma che il.a Corte di merito, avendo individuato il titolo legittimante l'esecuzione esattoriale nell'ordinanza intendentizia, avrebbe dovuto declinare la sua giurisdizione o in quanto, trattandosi di un vero atto impositivo il Grandi aveva omesso di adire le Commissioni delile Imposte nel termine previsto dall'art. 23 del r.d.l. n. 1516 del 1937 o se il menzionato atto dell'Intendente 'si volesse assimilare al ruolo, doveva essere :proposto ricorso contro il ruolo secondo l'art. 188 del ,t.u. citato. Infine, escludendo una di queste due ipotesi, faceva ostacolo ailla proposizione dell'azione giudiziaria il 'te,rzo comma dell'art. 209� del t.u. La censura non pu� essere accolta. Come � stato rilevato nella sentenza di �questa Corte 2,7 ottobre 1971, n. 3021 (cfr. anche Cass 17 gen PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 713 naio 1954, n. 95L2,) la responsabilit� del liquidatore della societ� prevista daH'art. 265 del t.u. imposte dirette trova il suo fondamento in una condotta co1posa dcl. liquidatore stesso, condotta che ha reso impossibile all'amministrazione finanziaria di soddisfarsi dell'imposta accertata a carico della societ�. Pertanto il provvedimento dell'Intendente (peraltro non previsto a tal fine dal t.u. sulle imposte dirette ma regolato da istruzioni del ministero delle Finanze) ha carattere tributai-io solo dal punto di vista formale per l'autorit� che lo emette, mentre nel 1suo contenuto � solo affermazione di responsabilit� del liquidatore per debito d'imposta altrui, onde, anche dopo il provvedimento in questione, unico �soggetto ~ssivo dell'imposizione Timane la societ� alla quale si riferisce sia l'accertamento che Ja iscrizione a ruolo. Pertanto fanno difetto i rpresuprposti rper una controversia d'imposta di competenza delle Commissioni tributarie non facendosi questione n� dell'an n� del quantum dell'imposizione stessa n� del pari vi � una iscTizione a ruolo riguardante il liqutdatore contro la quale detto ltquidatore debba ricorrere. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1972, n. 1525 -Pres. Giannattasio -Est. Spadaro -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Azz,ariti) c. Zambelli (avv. Gianolio). Imposte e tasse in genere -Diritti erariali sugli spettacoli -Addizionale dell'art. 7 della 1. 18 febbraio 1963, n. 67 -Arrotondamento Va eseguito sull'importo di ciascun biglietto. (1. 18 febbraio 1963, n. 67, art. 7). I diritti erariali sugli spettacoli sono da definire come imposte suntuarie di consumo che colpiscono ii consumatore-spettatore, anche se ~l pagamento deve essere assolto dati'impresario-esercente, che se ne rivale sulto spettatore; conseguentemente l'addizionale istituita con l'art. 7 della l. 18 febbraio, 1963, n. 67 va liquidata con arrotondamento alla cifra superiore di dieci in dieci lire con riferimento all'importo di ciascun bialietto e non con riferimento all'importo complessi�vo di ciascuna manifestazione (1). (Omissis)� -Con l'unico motivo, la ricorrente Amministrazione delle Finanze, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 7, (1) Conforme � la sentenza in pari data n. 1524. Non constano precedenti specifici. secondo comma, della l. 18 febbraio 1963, n. 67, in relazione aH'art. 360, n. 3 c.p.c., censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto che l'arrotondamento dell'addizionale sui diritti erariali dovuti per gli spettacoli e le altre manifestazioni, 'di cui ai nn. 3 e 5 della tabella A allegata alla 1. n. 1109 del 1'9�55, debba essere effettuato sull'importo dell'addizionale stessa, determinato con riferimento all'ammontare del tributo erariale dovuto per ogni spettacolo, e non gi� con riferimento a quello del tributo dovuto per ogni singolo biglietto. In particolare, osserva che dalla stessa formulazione del secondo comma dell'art. 7 della I. n. 67 del 1963, che la Corte del merito ha del tutto trascurato di esammare, si trae un argomento letterali.e per affermai'e, in contrasto con la tesi seguita dall'impugnata .sentenza, che l'allrotondamento, dovendosi fare � in ogni caso� e � di dieci in dieci lire., deve essere effettuato sull'importo dell'addizionale stessa, determinato con Tifer�IIllento al tributo per ogni singolo biglietto; e rileva, a sostegno di 1questa mteripretazione della norma, che, mentre J.a formula deH' � introito lordo totale �, usata dalla legge con riguardo ai diritti erariali,, non sta a �significare che il fatto generatore dell'imposta sia costituito dall'incasso dell'esercente al termine di dascuna giornata di �s1*ttacolo, l'espresso riferimento ai biglietti di ingresso, contenuto negli artt. 6 e 8 della citata l. n. 67 del 1963 con riguardo ai diritti addizionali per le case da gioco e le corse dei cavalli, � giustificato esclusivamente dal fatto che per tali manifestazioni l'addizionale � prevista in misura fissa laddove per gli altri spettacoli, di cui al primo comma dell'art. 7 della stessa legge ed indicati nei commi 3 e 5 deilla tabella A, tra i quali rientrano quelli tenuti nei locali del iresistente, � stabilita in misura proporzionale, donde la ragione per la quale la norma non ha fatto riferimento, anche per questo ti,po di spettacoli, ai biglietti di ingresso per la applicazione dell'addizionale. AggiJUnge, altresi, che i diritti erariali sugli spettacoli sono regolati in modo da facilitare al massimo la traslazione di imposta dal produttore al consumatore, che fa tesi seguita dall'impugnata sentenza renderebbe, invece, i!mpossibile, e che la norma sull'arrotondamento dell'addizionale, accogliendosi 1questa tesi, si rivelerebbe, sostanzialmente, inutile, oltre che anormale, dato che la rel1ativa tassazione verrebbe ad incidere in misura non superiore a nove liie su pagamenti di tributi che, nol"malmente, ammontano a somme notevoli. Il motivo .� fondato. La �censura pone un problema di interpretazione della norma, contenuta nell'art. 7 della I. n. 67 del 1963, con fa quale � stata istituita l'addizionale nella misura del 6 % sui diritti erariali dovuti per gli spettacoli, le manifestazioni, i trattenimenti, indicati nei nn. 3 e 5 della tabella A connessa alla I. n. 1109 del 1955 e per .i biglietti di ingresso nella sala da gioco, indicati nel n. 7 della stessa tabella, interpretazione questa che esige una 1premessa illustrativa della natura dei tributi in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA questione, essendo evidente che non pu� prescindersi da una tale premessa per la individuazione della � ratio � della norma. Deve, infatti, ip'recisarsi che, anche se contrastato da qualche recente orientamento, che, tendendo ad identificai"e nell'impresario o nell'esercente .fil soggetto passivo dei diritti erariali sugli :spettacoli in genere, configura, 1pur sempre, sullo spettatore, nel partedpante o nello scommettitore di tali manifestazioni il contribuente di fatto, rimane pressocch� unanime in dottrina l'indirizzo che classifica e colloca i detti diritti erariali tra le imposte suntuarie di consumo, che, colpendo la capacit� contributiva del cittadino in occasione della indiretta manifestazione di essa attraverso il consumo della ricchezza (reddito speso), vengono, in definitiva, a gravare sul consUJroatore, e, perci�, sullo spettatore, partecipante o scommettitore. Questo indirizzo trova, tra l'altro giuridico fondamento nella disciplina, desunta dalla citata I. n. 1109 del 195'5, la quale, nel dare uin assetto unitario alla natura dei diritti erariali e nel raggruppare J.e diverse manifestazioni, alle quali essi ineriscono, in tre distinte categorie, comprendenti la prima, di cui alla tabella A, gli :spettacoli, i ,giuochi ed i trattenimenti in genere, la seconda, di cui alla tabella B, le corse dei cavalli, i concorsi ippici e gli spettacoli :sportivi .senza svolgimento di scommesse, e la terza, di cui altla tabella C, gli spettacoli icinematogr.afici e misti, ha tenuto �separato, sia pure con riferimento soltanto all.e manifestazioni previste dalle tabelle B e C, l'importo di ciascun biglietto da quello del relativo importo del diritto erariale dovuto; venendo cosi a poo-re Ullla distinzione, che rivela chiaramente (cosi come, del resto, risultava �anche daU'ar.t. 4 del r.d. n. 1591 del 1924 che prescriveva la indicazione separata, nei manifesti e negli avvisi, dell'importo del prez~o del,biglietto da quello del dii"itto erariale) la finalit� della legge di ,considerare a carico della persona che paga il biglietto, e, cio�, del consUJroatore-sipettatore, il detto diritto erariale, anche se il diritto stesso nei confronti dell'erario deve essere assolto dall'impresario ed esercente, che se ne rivale sullo spettatore: finalit� questa che, atteso il carattere unitario dell'assetto dato a questi tributi, vati.e per tutte le manifestazioni, alle quali essi ineriscono, e, :peq-ci�, anche per quelle, di cui alla tabella A, che interessano nella presente controversia. Ne consegue che questo indii"izzo va pienamente condiviso, e, pertanto, in relazione con .la ,natura dei dii"itti erariali quale risulta configurato in esso, deve proceder,si alla inteTpretazione della norma dell'art. 7 della pi� volte citata 1. n. 67 del 1963, ponendosi subito in evidenza che questa, mentre, col primo comma, nell'istituii"e l'addizionale, stabilis.ce che essa nella misura del 6 % si aippl1ca sui diritti erariali, dovuti sia per le manifestazioni, indicate nei nn. 3 e 5 della tabella A, e sia per quelle, indicate nel n. 7 della stessa tabella, col secondo comma dispone che tale addizionale deve essere arrotondata � in ogni caso � alla � cifra �superiore di dieci in dieci lire �. Queste RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 716 espressioni, con le quali la norma contenuta in questo ultimo comma, stabiltsce �che l'ar!l'otondamento deve essere effettuato � in ogni caso � e � di dieci in dieci lire �, stanno chiaramente ad indicare, attrave�rso il loro univoco significato letterale e loro logica connessione con la disposizione contenuta nel p!l'imo comma, che la detta operazione � stata prevista nella esclusiva forma di una iterazione del relativo processo di arrotondamento ( � di dieci in dieci lire �) per tutti i casi (�in ogni caso�) menzionati nel detto primo comma, e, perci�, anche per le manifestazioni, di cui ai numeri 3 e 5 della tabella A, rispetto alle quali i diritti erariali �sono dovuti, ai sensi dell'art. 1 della 1. n. 1109 del 1955, con riferimento all'introito totale lordo per ogni spettacolo, e non gi�, come per quelle indicate nel n. 7 della stessa tabella A (sale da gioco) con rife!l'imento all'importo di ciascun biglietto. Da questa previsione, �che comporta la esclusione di una sola ed unica operazione di arrotondamento, discende che, anche rper quelle manifestaziOilli indicate nei citati nn. 3 e 5 della tabella A (nelle quali manifestazioni rientrano �gli ;spettacoli tenuti nei locali del resistente), il.'arrotondamento dell'addizionale deve essere effettuato �Con riferimento ai singoli importi dell'addizionale stessa determinati per �ciascun biglietto, e non gi� con riferimento all'importo complessivo, determinato per ciascuna manifestaz~ one, essendo evidente ehe, ove fosse effettuato su quest'ultimo importo, l'operazione �si risolverebbe sem.pre in un sofo ed unico arrotondamento, ossia in quella forma che risulta esclusa dalla prescrizione normativa; e ci� in conformit� ed in aderenza, da una parte, alla esigenza dell"assetto unitario che la disciplina ha voluto dare alla materia dei tributi 1n questione, e, dall'altra parte, al prindpio sopra illustrato, da cui risulta ispiirata la disciplina stessa, �secondo il quale i detti tributi, rientrando nello schema dell:e imposte suntuarie di consumo, sono considerati, in definitiva, a carico dello spettatore. La diversa tesi, seguita dall'impugnata sentenza, � fondata, in sostanza, su tre !M"g'omenti: H primo, secondo cui, essendo i diritti erariali dovuti, ai �sensi dell'art. 1 della 1. n. 1109 del 1955, sull'introito lordo totale degli spettacoli, !'�addizionale, che ha natura accessoria rispetto ai diritti stessi, deve essere calcolata sull'importo comple�ssivo di essi per ogni spettacolo, con la conseguenza che anche l'arrotondamento deve essere effettuato sull'importo dell'addizionale stessa in tal modo determina:to e non su quello determinato per ogni singolo biglietto; l'altro, secondo cui la legge quando ha voluto commisurare l'addizionale all'importo di ogni biglietto lo ha espressamente fatto come agli artt. 6 e 8 per le case da .g1uoco e le corse dei cavalli; il terzo, secondo cui la operazione di arrotondamento assolverebbe ad una esigenza di mera comodit� �contabile, donde l'anomalia ed illogicit� di una disposizione che, attraverso il criterio del meccanismo di am:-otondamento suH'addizionale 1per ogni biglietto, ve:rrebbe a comportare un aumento note PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 717 vole delle relative aliquote. Ma i.I valore di queste argomentaz.iooi non � tale da �conferire idoneo suffragio alla itesi, sostenuta daHa Corte del merito, n� da invalida!I'e la interpretazione della norma :nel senso sopra precisato. In ordine al primo argomento �, infatti, agevole osservare che l'introito totale, �sul quale � determinato l'impo!I'to dei diritti erariali, rimane sempre (almeno per quanto attiene ai proventi dlei singoli biglietti) �costituito dall'ammontare dei 1prezzi dei singoli biglietti, sicch� quell'importo, tanto �se calcolato sull'introito lordo quanto se calcolato sui prezzi dei singoli biglietti, verrebbe a :risultare eguale, come del pari eguale verrebbe a risultail'e l'importo della addiziona-le, se calcolata per ogni singolo biglietto, restando cos� immutata la base imponibile (esempio di n. 1000 biglietti a L. 1000 ciascuno: criterio A, diritto erariale di L. 150.000; pari al 15 % su introito totale di lire 1.000.000; addizionale di L. 9'.000, pari al 6 % di L. 150.000, totale L. 159.000; criterio B, diritto e�rairiale L. 150 per ogni biglietto, pari -al 15 % sul prezzo di L. 1000, moltipltcato per il numero di 1000 biglietti, L. 150.000; addizionale di L. 9�, pari al 6 % sul tributo di L. 150 su ogni biglietto, moltiiplicato per il :numero di 1000 biglietti, L. 9�.000 con il totale di L. 159.000). Relativamente al secondo argomento � altrettanto agevole obiettare che l'espresso riferimento ai biglietti di ingresso, previsto dagli artt. 6 ed 8 della legge rtspettivamente per le case da giuoco e le corse dei 1cavaJ.li, � giustificato dal fatto che per queste manifestazioni l'addizionale � stabilita in una aliquota fissa, mentre per quelle, di cui ai nn. 3 e �5� della tabella A, � prevista in uh'aUquota proporzionale, senza dire, poi, del carattere unitario che la disciplina ha vo1uto dare alla materia, come si � sopra precisato, carattere questo che giustifica l'assunzione 1su una base unitaria del metodo di liquidazione del tributo in questione. Per quanto attiene, infine, all'ultimo argomento, deve rilevavsi che, mentre il maggiore gettito discende esclusivamente dal meccanismo dell'operazione di arrotondamento previsto dalla legge e non gi� dall'aumento della miSU!I'a dell'addizionale, che rimane invariata, l'irrisorio gettito, derivante in base al C!I'itel'io di. liquidazione affermato dall'impugnata sentenz�a e che non potrebbe, in ogni caso, anche :per importi notevoli, ,giammai superiore le L. 9, lascerebbe .senza � ratio � alcuna la 1prescrizione di una taJ.e operazione, che veNebbe a rivelarsi illogica ed �anacronistica. E deve qui sittolinearsi che manifestamente irrilevante, ai fini della decisione della presente controversia e con riguardo all'esercente degli spettacoli in argomento, � la questione di legittimit� costituzionale, rprospettata dal resistente nella nota di udienza sotto il profilo che la norma sull'arrotondamento dell'addizionale, inte~pretata nel senso che essa debba essere effettuata sul�'importo dell'addizionale stessa con il riferimento al diritto erariale per ogni singolo-biglietto, violerebbe il 1principio di e:guaglianz1a fiscale 718 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO previsto dall'art. 53 della Costituzione. Al riguardo �, infatti, sufficiente rilevare che il preteso maggiore onere, che, in ogni caso, � conseguenza di un mero meccanismo 9i calcolo, va, in definitiva, a gravare, secondo la illustrata natura dei diritti erariali in argomento ed anche secondo la teoria che inquadra il consumatore nello schema del contribuente di :fatto, a carico dello 'spettatore che paga il <biglietto; talch� la pretesa illegittimit� costituziona'.l.e della norma non investe l'impresario od esercente, �che, riscuotendo la �relativa maggiorazione unitamente al prezzo del biglietto ed in aggiunta ad esso, non ne viene a sopportare il peso. Concludendo, deve, quindi, affermarsi, in relazione alla interpretazione come sopra data alla esaminata norma, il seguente principio: �l'arrotondamento, previsto dal secondo comma dell'art. 7 della I. 1'8 febbraio 1'9-00., n. 67 per l'addizionale sui diritti erariali, dovuti per gli 'spettacoli, le manifestazioni, i trattenimenti indicati nei nn. 3 e 5 della tabella A annessa alla legge n. 1109 del 195,5, e rper i biglietti di ingresso nelle sale da giuoco indkati nel n. 7 della tabella stessa, deve essere effettuato sull'importo dell'addizionale stessa, determinato con riferimento al diritto erariale per ogni singolo btglietto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1972, n. l526 -Pres. Caporaso -Est. Pas�casio -P. M. Caccioppoli (conf.) -Consorzio Agra �rio di Ascoli Piceno (avv. Brancaccio) c. Mintstero delle Finanze (avv. Stato Cascino). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Intima! zione di seconda ingiunzione per .lo stesso titolo -Legittimit�. Imposta di registro -Agevolazioni per le case 'di abitazione non di lusso -Decadenza -Prescrizione -Regime anteriore alla legge 2 febbraio 1960, n. 35 -Termine triennale -Decorrenza. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136). � legittima l'intimaziD'ne di una secO'nda ingiunzione per il mede simo titolo (1). Prima che la materia venisse disciplinata in modo specifico con norme particolari, la prescrizione del diritto della Finanz� a percepire l'imposta normale in caso di decadenza dalle agevolaziO'ni della l. 2 lu (1-2) La prima massima � �esa1itiissima e modrifticra la contrardia affett'jlllazione della sentenza 23 gennaio 1969, n. 196 (in questa Rassegna, 1969, I, 499, con nota di E. VITALIANI). La seconda massima � ormai pacifica. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 719' giio 1949, n. 408 maturava nel termine di tre anni stabilito dall'art. 136 della l�gge �Zi registro a decorrere dal momento in cui la decadenza si era verificata, rimanendo a carico deU'Amministrazione l'onere di accertare i fatti da cui la decadenza discende (2)� (Omissis). -Col primo motivo il ricorrente denunciando la violazione del 'principio generale � ne bis in idem� in relazione aJ.l'art. 476 c.p.,c., lamenta che, avendo la prima ingiunzione carattere di titolo esecutivo, doveva considerarsi preclusiva della rpossibilit� di una seconda ingiunzione per lo stesso credito. La censura non � -fondata. � stato infatti pi� volte affermato da questa Corte surprema che l'ingiunzione fiscale costituisce una tipica manifestazione del potere di autoaccertamento della Pubblica A:mministrazione, estrinsecantesi in un atto complesso, ad un tempo dichiarativo del credito e titolo esecutivo, col quale si inizia la riscossione coattiva. In quanto tale, l'ingiunzione ha natura amministrativa e d� luogo ad un procedimento monitorio sui generis, n� la� sua ri�petizione rpu� dar luogo a dupli�it� di titoli esecutivi nei confronti del contribuente, ove sia il primo che il secondo atto si riferiscono ad unico credito fiscale, cos� �come nel caso � avvenuto. Trattasi pera.Jtro di titolo esecutivo non di natura giurisdizionale, per cui ad esso non � a1pplicabile l'aTt. 476_ c.p.'c. che inoltre si riferisce all'ipotesi che nel caso non ricorre, di divieto del rilascio di pi� di una copia in fovrna esecutiva alla stessa parte ove non ricorra un giusto motivo. � noto altres� che :l'ingiunzione fiscale cumula in s� anche le caratteristiche del precetto, soggetto al termine di inefficacia di 90 giorni qualora entro tale fasso di tempo dalla sua notifi�cazione non abbia avuto inizio l'esecuzione, sicch�, �per Teiterare l'effetto del !Pl"ecetto, l'A:mministrazione non ha altro mezzo che .quello di reiterare l'ingiunzione. E'sattamente pertanto la Corte di merito ha dichiarata la legittimit� di quest'ultima, sotto tale profilo. Col secondo motivo, denunciando la viofazione delJ'art. 136 della legge di registro e delle norme sulla interpretazione della legge in generale, �si lamenta che H termine di prescrizione dell'azione della Finanza per ottenere il pagamento dell'imposta normale a seguito dell'accertata insussistenz�a delle condizioni per ottenere il beneficio (di durata triennale e non decennale come erroneamente ritenuto dalla Corte) doveva considerarsi decorrente dalla data della Tegistrazione dell'atto o quanto meno da quella di ultimazione della costruzione. La censura � fondata. La Corte di merito infatti, dopo avere richiamata la norma dell'art. 14 della I. 2 luglio 1949, n. 408, che concede l'agevolazione della 720 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO registrazione ad imposta fissa, :fra gli altri, .ai contratti di appalto che concernono le �Costruzioni di case di abitazione ultimate entro un biennio dal loro inizio, esattamente esclude che il tel'mine di prescrizione delrazione della Finanza rper conseguire l'imposta nol'male ove ci� non si sia verificato, 1sia �quello di cinque o di sette anni, stabiliti rispettivamente dalle I. 2 febbraio 1960, n. 35 e 6 ottobre 1962, n. 1493, per l'assoribente 1ragione che queste fog.gi sono successive al tempo in cui ebbe a svolgersi il rapporto tributa1rio di cui � causa, sorto daHa registrazione del contratto di appalto che era avvenuta nell'anno 1954. Non altrettanto esattamente per� la stessa Corte ha identificato il termine con quello di prescrizione ordinarria previsto dal codice civile, senza considerare �Che la nOl'ffia dell'art. 2946 di detto codice sulla prescrizione ordinaria decennale stabilisce che questa si applica soltanto quando la legge non dispone diversamente. Nel caso invece la legge di registro, che peraltro costituisce lex speciaUs rh~pe�tto a quella generale del codice e pertanto, anche sotto tale aspetto la deroga, stabilisce, all'art. 136, il termine di prescrizione di tre anni per la .pretesa dell'Amministrazione finanziaria diretta ad ottenere il pagamento dei � supplementi � di tassa. Una simile locuzione, come questa Corte suprema ha altre volte affermato comprende non 1so1tanto le imposte SUJPpletive vere e 1proprie ma anche quelle complementari e perfino 9uelle princiipali dovute su atti registrati, per errore, gratuitamente. L'azione della Finanza dunque, diretta a recuperare l'imposta nella misura ordinaria era soggetta a termine triennale e non a quello decennale ritenuto dalla Corte anconetana. Ci� posto, resta unicamente a stabiHre quale fosse il dies a quo di tale termine che sia il citato art. 13�6 deHa Ieg,ge di registro, �Sia le leggi del 1960 e del 1962 pure citate, indicano nel giorno deHa registrazione dell'atto. Ci� tuttavia presuppone che il diritto dell'Amministrazione al ricupero della predetta imposta fosse sorto a quel giorno in quanto J:a prescrizione si basa sulla inerzia del titolare e� non si pu� parlare di inerzia quando il diritto non pu� essere fatto valere. Al riguardo pe!l'ci� va tenuto presente che, nel giorno dell'avvenuta registrazione dell'atto contratto a tassa fissa si determina un conflitto :fra il diritto del contri 1 buente a mantenere !'�agevolazione ottenuta ed il diritto dell'amministrazione a pretendere l'imposta ordinaria. Il primo � condizionato al rispetto della norma di favore che impone di destinare la costruzivne in pr~valenza ad uso di abitazione ed � l:iimitato nel suo esercizio, entro un :biennio dall'inizio di quella. Il secondo � subordinato sia all'avvenuta inosservanza della norma anzidetta, sia al mancato ri1spetto del termine di esecuzione. Nel vigore della sola legge del 1949 che altro non prescriveva, prima deHa decorrenza del biennio, giammai la Finanza avrebbe potuto eser _PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA citare l'azione di recupero dell'imposta normale, essendo in facolt� del contraente il qua.Je aveva ottenuto il beneficio, di adegua�re la costruzione alla norma di favore e di ultimarla nel tempo 'Prescritto. Ma, una volta che il biennio fosse decorso, o l:a costruzione era stata tempestivamente ultimata con le caratteristiche richieste e la insorgenza del diritto della . Finanza restava preclusa o risultava (e ben lo poteva a mezzo di accertamento, incoonbente all'Amministrazione, come necessaria modaJ.it� di esercizio del suo dkitto), che, per inosservanza del termine di esecuzione o per inosservanza delle caratteristiche costruttive imposte, il contraente aveva perduto il beneficio, per cui H contrapposto diritto della Finanza al ricupero della imposta normale era indubitatamente sorto ed H mancato esercizio nel termine triennale di prescrizione ne importava l'estinzione. � appena il caso di ac.cennare che alquanto diversa � la sttuazione per gli atti e contratti registrati successi'V'amente alla entrata in vigore delle due leggi del 1960 e del 1962 innanzi citate in quanto que�ste, entro pi� lunghi te�rmini di .prescrizione (rispettivamente di 5 e 7 anni) impongono al contribuente l'onere di una denuncia da cui ri:sulti l'avverarsi dei presupposti cui la concessione del beneficio � subordinata e fissano termini e modalit� per la stessa e per J:a contrapposta richiesta da parte del�l'Ufficio, ancorando P<?i la de'correnZ�a di detti termini di prescrizione alla data di registrazione dell'atto. Ma una simile situazione non riguarda la fattispecie in esame e non occorre perci� considerarla, essendo sufficienti alla decisione le premesse considerazioni. Ne consegue che la Corte di merito avrebbe dovuto accertare la data di inizio della costruzione e della correlativa data di scadenza del biennio per l'ultimazione della stessa al fine di stabili:re se, nei tre anni successivi, l'Ufficio finanziario avesse o meno rposti in essere atti concreti per conseguire il ricupero della imposta normale e tra�rne le conseguenze in ordine alfa compiuta prescrizio~e della relativa azione. -� (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ma.ggio 1972, n. 1680 -Pres. Giannattasio -Est. Montanari -P. M. Martinelli (conf.) -Soc. API c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). Imposta di registro -Prezzi e corrispettivi -Concessione di suolopubblico -Canone -Costituisce corrispettivo. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43). Negli atti di coincessione di suolo pubblico, il canone, bench� sia di per s� un tributo. viene assunto come indice di determinazione del 722 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO valore dell'atto soggetto a registrazione; fondatamente pertanto il canone, eventualmente in aggiunta ad altri corrispettivi, viene considerato come prezzo o corrispettivo agli effetti deU'art. 43 della legge di registro (1). (Omissis). -Con il primo mezzo di gravame la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 1 del.la Tariffa all. A in relazione all'art. 43 del r.d. 30 dicembre 19213, n. 3269. In particolare essa assume che, poich� a sensi dell'art. 43 della fogge del registro la tassa proporzionale � applicata in ragione dei prezzi e degli altri corrispettivi convenuti tra le parti (compresi gli oneri che passano a carico dell'acquirente o cessionario), costituisce un errore l'addizionare al prezzo una tassa, 'aven,te una diversa indole e che non � stata convenuta tra le parti, ma � stabilita dalla legge suHa finanza locale. Non potrebbe l'oggetto dell'imposta di registro essere costituito --anche in parte -da un'alfa.:a taissa. La doglianza � infondata. Gi� questa Suprema Corte -a Sezioni Unite (sent. n. 3584/58) ha stabilito �che nelJ.e concessioni di uso su beni demaniali la tassa per l'occupazione costituisce pur sempre un corrispettivo in denaro deH'utilit� ricevuta dal concessionario e che non hanno valore Je considerazioni circa l'inammissibilit� di un tributo che debba gravare sul canone della concessione, giacch� -ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro -detto canone viene sol-tanto assunto come indice di determinazione del valore dell'atto, quest'ultimo essendo il vero oggetto dell'imposta. Neppure pu� valere la considerazione che mentre l'obbUgo del pagamento della tassa per l'occupazione dell'area pubblica deriva direttamente dalla legge (Testo unico sulla finanza locale), J'art. 43 della legge del registro fa riferimento soltanto ai prezzi e corrispettivi � convenuti � tra le parti. Invero � evidente che, al momento della stipulazione defia concessione-contratto per l'occupazione del suolo, le parti valutano necessariamente, anche se implicitamente, nel sinallagma delle prestazioni corrispettive, anche il canone. per l'occupazione del suolo, in aggiunta agli altri eventuali corrispettivi, cosicch� il tutto deve rientrare nell'ampia nozione a cui fa riferimento l'art. 43 del r.d. n. 3269 del 1923. -(Omissis). (1) Massima di evidente esattezza. Bisogna anzi dir.e che la determinazione della base imponibile con riferimenti:> al canone (abbia o no natura tributaria) � l'ipotesi normale, mentre eccezionalmente il corrispettivo viene ricercato in altri elementi, come la devoluzione al concedente delle cose costruite e simili (Cass. 27 gennaio 1971, n. 198, in questa Rassegna, 1971, I, 417; 7 ap1ri.ile 1972, n. 10~3, ivi, 1972, I, 483). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA,IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 marzo 1972, n. 850 -Pres. Giannattasio -Est. Longo -P. M. Pedace (conf.) -Impresa Mellucci (avv. Pistoiese) c. Istituto Autonomo Case Popolari per la Provincia di Potenza (avv. Sansone) e Gestione Case Lavoratori (avv. Stato Azzariti). Appalto -Appalto stipulato da un Istituto Autonomo Case Popolari per incarico della Gestione INA-Casa (ora Gestione Case Lavoratori) ai sensi dell'art. 11 1. 28 febbraio 1949, n. 43 -Diretta applicazione � ope legis� del Capitolato generale di appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici ai sensi dell'art. 80 t., u. 28 aprile 1938, n. 1165 -Esclusione. (d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340, ert. 6; d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265, art. 6}. Appalto -Contratti di appalto stipulati da enti pubblici sotto l'osservanza di Capitolati generali propri degli stessi, per i quali la legge preveda che essi si uniformino al Capitolato generale statale Natura contrattuale del Capitolato generale degli anzidetti Enti Sussiste -Carattere recettizio del rinvio contrattuale al Capitolato generale statale -Applicabilit� delle diverse nor~e, ancorch� processuali, contenute in successivo Capitolato generale statale Esclusione. Appalto -Contratti di appalto ai quali sia applicabile l'art. 45 del Capitolato generale oo. pp. del 1895 -Necessit� di formale notificazione del provvedimento dell'Amministrazione appaltante sulle riserve dell'appaltatore, ai fini .della decorrenza del termine di decadenza di trenta giorni previsto da quel Capitolato per la proposizione della domanda di arbitrato -Esclusione. (Cap. gen. oo. pp. appr. con d.m. 28 maggio 1895, art. 45). Appalto -Contratti di appalto disciplinati dal Capitolato generale della Gestione INA-Casa -Richiamo contrattuale delle norme del Capitolato generale statale � per tutto quanto non previsto e non specificato nel Capitolato generale INA-Casa� -Portata. Nell'ipotesi di appalto stipulato da un Istituto Case Popolari per conto della Gestione INA-Casa (olf'a GESCAL) a' sensi dell'art. 11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 28 febbraio 1949, n. 43 non � prevista dalla legge' la diretta osservanza del Capitolato generale di appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, non essendo applicabiLe l'art. 80 t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, ma devono osservarsi le norme di un distinto Capitolato generale, proprio deila Gestione, sia pure uniformato a quello statale ai sensi dell'art. 6 d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340 e dell'art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265 (1). Allorch� la legge non disponga la diretta appiicazione ai contratti di appalto stipulati da Enti pubblici diversi dallo Stato, delle disposizioni del Capitolato generale statale, ,m,a si limiti a prescrivere che a questo, s�i uniformino i Capitolati generali degli Enti, tali uitimi Capitolati hanno natura contrattuale ed iL rinvio al Capitolato generale statale ha carattere negoziale e recettizio, restando esciusa l'applicabilit� di diverse norme, ancorch� processuali, contenute in successivo Capitolato generale deLZo Stato (2). Allorch� si applichi al rapporto d'appaito l'art. 45 del Capitolato generale statale oo. pp. appr. con d.m. 28 maggio 1895, non occorre la formale notificazione, ma � sufficiente la partecipazione di conoscenza all'appaltatoire del provvedimento� detl'Amministrazione suLZe riserve, ai fini del decorso de'l termine di decadenza di trenta giorni ivi previsto per la proposizione della domanda di arbitrato (3). Il richiamo contrattuale al Capitolato generale statale del 1895 � per tutto quanto non previsto e non specificato nel Capitola.to generale INA-Casa � comporta che, in caso di difformit� tra le dispo8izioni dei due Capitolati, circa lo stesso oggetto, deve prevalere quello INACasa (4). (Omissis). -Con il primo e con il secondo mezzo, che possono esaminarsi congiuntamente data la loro evidente connessione, si denunzia la violazione dell'art. 80 del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, in relazione all'art. 360, nn: 3 e 5, c.p.c., nonch� dell'art� 46 del d.p. 16 luglio 1962, n. 1063, e si sostiene che a torto la corte d'appello ha ritenuto inapplicabile all'istanza di arbitrato il termine di 60 giorni stabilito con il citato decreto del 1962 nel nuovo Capitolato ,generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici. Trattandosi di nonna a �carattere processuale, essa avrebbe dovuto considerarsi suscettibile di immediata applicazione, anche per i rap (1-2-4) Ma v. Cass., 8 settembre 1970, n. 1343, in questa Rassegna, 1970, I, 974, ove riferimenti ed osservazioni sub note 1-2. (3) :Enviece, par i repporti di appai1to disciiplina:ti dal nruovo Capiitolaito generale appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, v. Cass., 7 luglio 1971, n. 2126, in questa Rassegna, 1971, I, 933, con nota redazionale. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 725 porti derivanti da contratti conclusi prima dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni, e nonostante il carattere negoziale ricono,sciuto dalla corte al richiamo, operato in contratto, al vecchio Capitolato del 1895, contemplante il termine di 30 giorni. Il ricorrente contesta comunque il carattere negoziale ,di tale richiamo, sul riflesso della considerazione che l'appUcazione del capitolato in vigore � per le opere di conto dello Stato�� (cosi l'art. 80 del t.u. sull'edilizia economica e popolare, approvato con r.d. 28 aprile 1938, n. 1165) deriverebbe ex lege, nella specie, da espressa previsione del t.u. predetto, il quale nell'articolo citato ne prescrive inderogabilmente l'osservanza nei rapporti fra imprese appaltatrici ed enti costruttori di case popolari ed economiche, fra i quali rientra l'Istituto in parola; e deduce �Che la corte di merito, ritenendo che nel rapporto l'Istituto agisse in qualit� di stazione appaltante della GESCAL, avrebbe trascurato la cireostanza che al contratto la GESCAL non aveva partecipato e che ai rapporti intercorsi fra i due enti il ricorrente medesimo era estraneo. Le censure non appaiono fondate. Ininfluente � la dedotta circostanza che la .GESCAL (o meglio, all'epoca della stipulazione dell'appalto, la Gestione INA-Casa) non fosse parte nel contratto. Invero, �come altra volta rilevato da questo Supremo Collegio (sentenza n. 1867 del 12 giugno 1968), nelfipotesi di appalto stipulato da un Istituto Case Popolari per conto della Gestione INA-Casa, a sensi dell'art. 11 della legge 28 febbraio 1949, n. 43, non � prevista dalla legge la diretta applicazione del Capitolato generale di appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, bensl (art. 6 del d.p. 22 giugno 1949, n. 340, ed art. 6 del successivo d.p. 9 aprile 1956, n. 1265) quella di un distinto capitolato proprio della Gestione predetta, sia pure uniformato a quello statale; mentre l'applicazione diretta di quest'ultimo pu� invece ritenersi prevista, per gli appalti commessi dagli Istituti Autonomi Case Popolari, solo nell'ambito di applicazione del citato t.u. sull'edilizia popolare ed economica (conf. Cass., 28 giugno 1969, n. 2331). Nella specie -come ha accertato la corte di merito '--che l'Istituto, nel rapporto di appalto, agisse per conto della GESCAL (e, in precedenza, della� Gestione INA-Casa), era pacifico. N� il ricorrente lo contesta sotto altro profilo che quello dedotto, secondo cui la GESCAL non era stata parte nel contratto (e ci�, come si � visto, � ininfluente) e l'impresa era estranea ai rapporti fra l'Istituto e detto ente. Quanto a siffatta estraneit�, essa � smentita da altre circostanze incensurabilmente accertate in sede di merito e non contestate dal ricorrente: basti citare il fatto che il provvedimento di rigetto delle riserve, del quale il ricorrente sotto altro profilo si dolse, proveniva appunto dalla GESCAL, per conto della quale l'Istituto agiva quale stazione appaltante. 726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Versandosi, pertanto, fuori del campo di applicazione dell'art. 80 del ricordato t.u. n. 1rn5 sull'edilizia economica e popolare, tornava applicabile -come pi� volte affermato da questa Suprema Corte, anche a sezioni unite (cfr., fra le altre, le sentenze 7 settembre 1970, n. 1274; 27 marzo 1970, n. 836; 25 marzo 1970, n. 814; 12 giugno 11968, n. l8i67; S.U., 12 dicembre 1967, n. 2928) -il .principio per cui nei contratti d'appalto stipulati con privati da enti pubblici diversi dallo Stato, qualora la legge non preveda la diretta applicazione del Capitolato generale per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, ma imponga solo che a tale Capitolato si uniformino quelli di tali enti, questi ultimi capitolati hanno natura contrattuale. Del tutto inattendibile deve poi considerarsi la tesi del ricorrente, secondo cui, malgrado tale natura, la disciplina in essi contenuta, in quanto avente carattere processuale, sarebbe suscettibile di essere novata dalla diversa regolamentazione processuale (ed in particolare, con riferimento al caso di specie, da quella riguardante i termini per la proposizione dell'istanza di arbitrato) contenuta nel nu<YVo Capitolato generale dello Stato, entrato. in vigore nel 1962. In proposito questo supremo collegio ha avuto invero pi� volte occasione di �hiarire� (cfr., fra le altre, le sentenze 9 aprile 1969, n. 1135; 28 giugno 1969, n. 2331; 12 giugno 1968, n. 1867, cit. 10 agosto 1966, n. 2176; 21 luglio 1965, n. 1684) che, nel caso in cui il richiamo al Capitolato �generale dello Stato assuma carattere di recezione negoziale, il rinvio alla disciplina in esso contenuta riveste natura recettizia e non formale, con la conseguenza della inapplicabilit� di successive norme che innovino sulla regolamentazione, ancorch� processuale, dettata dai vecchio Capitolato ormai facente parte integrante del contratto. Con il terzo mezzo, denunziando la violazione degli artt. 10 e 45 del capitolato del' 1895, nonch� 6 e 46 del Capitolato del 1962, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., il ricorre11te lamenta in sostanza che la corte abbia a torto considerato iniziato, con la comunicazione a mezzo lettera raccomandata del provvedimento di .rigetto delle riserve, il termine di decadenza stabilito dalla regolamentazione (a carattere normativo, secondo il ricorrente, ma in realt� convenzionale, nella specie, come si � visto nell'esame dei primi due mezzi) sancita dal Capitolato generale del 1895, secondo cui il termine decorre dalla �notificazione� del provvedimento. Avrebbe poi errato la sentenza, ritenendo di trovar conferma, sotto il profilo storico, della propria interpretazione, nel fatto che anche il successivo Capitolato generale del 1962 parlerebbe in senso atecnico di � notifica �, nell'ipotesi corrispondente a quella di cui � causa. Deduce invero il ricorrente che anche detta notifica, in forza delle norme contenute nell'art. 6 del PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 727 nuovo Capitolato, dovrebbe essere fatta a mezzo di agenti del Comune o dell'Amministrazione. In realt� la sentenza non merita le censure mossele, avendo essa correttamente inte11pretato, secondo criteri immuni da errori di logica e di diritto, la regolamentazione 1dalle parti imposta a se medesime -mediante il richiamo alle norme del capitolato del 189�5 -cirea l'inizio del termine decadenziale in questione. I giudici di merito hanno, invero, esattamente osservato, fra l'altro, che le espressioni �notificare> e �notificazione �, in tema di dichiarazioni recettizie stragiudiziali, non debbono nel vigente ordinamento sempre intendersi come necessariamente riferentisi alla forma pubblica prevista e disciplinata dalle norme di rito, potendosi a volte interpretare invece (ad es. nelle ipotesi di � notificazione � previste dagli artt. 732 e 966 e.e.) come semplici partecipazioni di conoscenza, svincolate dall'uso di forme tassative e dall'utilizzazione dell'opera di un ufficiale notificatore; e che, nel particolar� caso di specie, la necessit� di codesta utilizzazione e di quelle forme poteva escludersi in base allo stesso tenore della norma cui facevasi riferimento. L'art. 45 del Capitolato generale del 1895, infatti, nello stabilire in 30 �giorni il termine entro il quale devesi. proporre la domanda di arbitrato, specifica espressamente che tale termine decorre dal giorno in cui � fu notificato il provvedimento amministrativo secondo gli artt. 22 e 23 del Regolamento per la direzione, contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato, approvato con r.d. del 25 magg~o 18i95, n. 350 �; con ci� univocamente riferendosi, quanto alle fon.e della menzionata � notifica �, a dette norme del regolamento citato; le quali (pi� precdsamente l'art. 231) contemplano non la notifica a mezzo usciere o agente dell'Amministrazione, prevista dall'art. 10 del Capitolato del 1895 (cui il ricorrente invano fa richiamo, data la formulazione dell'articolo 45 ed il chiaro rJnvio in esso contenuto ad altra norma), .bens� una partecipazione di conoscenza, all'appaltatore, delle decisioni del1' Amministrazione, mediante semplice � comunicazione � , attuabile quindi anche con lettera raccomandata. Data l'univocit� del richiamo testuale su cui l'interpretazione dei giudici di merito, condivisa da questa Suprema Corte, ha fatto leva, appare superfluo soffermarsi sulla critica rivolta dal ricorrente all'ulteriore argomento che, � sotto il profilo storico�, i giudic1i stessi traggono -a conforto della propria interpretazione del Capitolato del '95 -dalle norme del nuovo Capitolato del 1962; il quale, del resto, come si � visto nell'esame dei primi due mezzi, non � applicabile alla fattispecie �di cui � causa. Con il quarto mezzo, infine, denunziando violazione degli articoli 49 e �50 del Capitolato del 1895, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, v.p.c., il ricorrente lamenta che a torto, con erronea interpretazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 728 delle norme processuali (convenzionali e non), concernenti l'impugnabilit� del lodo, e con motivazione insufficiente, erronea e contraddittoria, la corte di merito abbia respinto l'eccezione preliminare di inammissibilit� dell'impugnazione del lodo, malgrado quest'ultima fosse stata proposta per violazione di norme di diritto -motivo d'impugnazione �che il ricorrente escluderebbe in base all'art. 49 del Capitolato� 1895 richiamato in contratto -ma non per alcuno dei vizi in proce dendo previsti nei numeri da 1 a 7 dell'art. 829 c.p.c. Viene �chiarito poi nella memoria, in particolare, che, ammesso (in subordine rispetto alle tesi dei primi due mezzi) che le disposizioni del Capitolato predetto abbiano nella specie natura contrattuale in virt� della recezione negoziale, il ricorrente ne trae la cons.eguenza della necessit� di un'applicazione integrale di esse -con esclusione per contro, di quelle del Capitolato Generale approvato con d.p. 16 luglio 1962, n. 1063 -anche nella parte avente carattere tipicamente processuale, quale rinvenibile nella norma dell'art. 49 (contenente rinunzia. espressa ad impugnare il lodo, valida peraltro nei limiti del secondo comma dell'art. 829 c.p.c.). Donde l'inapplicabilit� del diverso regime introdotto dal Capitolato Generale del 1962 che ammette l'impugnativa del lodo anche per violazione di norme di diritto. Inoltre, dall'art. 50 del Capitolato del 1895 il ricorrente deduce l'essenzi�ut� della predetta rinunzia, giacch� detto articolo precisa che le disposizioni � degli articoli precedenti � costituiscono � patti essenziali del contratto, senza dei quali le parti non sarebbero addivenute alla stipulazione di esso �. Alla �critica delle suesposte censure questa Corte ritiene di pre mettere due opportuni rilievi. In proposito va, invero, preliminarmente, osservato che trattasi di questione concernente i limiti della proponibilit� dell'impugnazione del lodo arbitrale avanti l'autorit� giudiziaria ordinaria, limiti che, co me previsto dall'art. 829 c.p,,c. (e in particolare dal suo secondo comma), dipendono come ,conseguenz� diretta e necessaria dal tenore della normativa che le stesse parti abbiano convenzionalmente sancita al riguardo, e quindi anche dall'interpretazione delle relative clausole del negozio� compromissorio. In materia, quindi, questa Suprema Corte pu� (come altre volte rilevato: conf. sent. 12 ottobre 1970, n. 1959; 18 gennaio 1967, n. 163; 19 ottobre 1963, n. 2784) avvalersi dei poteri pi� ampi ad essa attribuiti in tema di competenza a giudicare dei vizi in procedendo. E, dunque, al fine di stabilire entro quali limiti fosse ammessa, nella specie, l'impugnabilit� del lodo, pu� anche autonoma mente esaminare� ed interpretare dette clausole. Il secondo rilievo che conviene premettere, per quanto ovvio, ma nella specie non meno decisivo, � che anche nell'esercizio del pi� ampio sindacato, di cui poc'anzi si � detto, la cognizione di questa PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 729 Suprema Corte trova un limite invaUcabile -del resto, proprio non del solo procedimento in sede di legittimit� -nella impossibilit� di estendere l'indagine al di l� di quanto risulti dagli atti e documenti ritualmente prodotti dalle parti o comunque ritualmente acquisiti in causa. Tutto ci� premesso, questa Corte, avvalendosi dei .poteri dianzi indicati, e tenendo presente il limite da ultimo precisato, deve anzitutto osservare �che, mentre esiste in atti, esibita dal ricorrente nel fascicolo di parte del .giudizio di merito, una copia del contratto di appalto, contenente, tra l'altro, nella clausola n. 2, lett. B, un richiamo al Capitolato Generale d'appalto della Gestione INA-Casa, che si dice firmato dalle parti � come parte sostanziale ed integrante � del contratto e ad esso allegato, tuttavia detto Capitolato non risulta compreso fra gli atti esibiti in questa sede e contenuti nel fascicolo predetto, n� comunque fra gli atti prodotti dalle altre parti. Di conseguenza, per quanto riguarda le pertinenti clausole di tale capitolato, ai fini dell'indagine, sollecitata dal rkorrente, in ordine al punto della disciplina che doveva intendersi convenuta circa i limiti d'impugnabilit� del lodo, questa Corte dovr� limitarsi a desumere elementi da quanto aliunde risulta acquisito al processo in ordine a dette clausole. E in proposito appare decisiovo rilevare� come dalla sentenza impugnata sembri acclarato che quel Capitolato, all'art. 23, espressamente consentisse la impugnazione della sentenza arbitrale per inosservanza delle regole di diritto. Il ricorrente, nonostante la mancanza in atti del predetto capi tolato, pretende di contestare tale accertamento, o almeno di negare ad esso efficacia, sotto un triplice profilo. Egli nega, anzitutto, richiamandosi a un testo asseritamente in suo possesso (e cio�, a suo dire, l'edizione 1950 del Capitolato INA Casa), l'esistenza della disposizione in parola nel capitolato a suo tempo sottoscritto dalle parti. Sotto altro aspetto, egli censura l'accertamento predetto, dedu cendo in �proposito una contraddittoriet� di motivazione, vizio nel quale la Corte di merito sarebbe incorsa desumendo il tenore della clausola 23 del Capitolato da una ristampa del 1958, quindi successiva alla stipulazione del contratto. Inoltre, sottolineando, come sopra si � rilevato, in base all'art. 50 del Capitolato 00.PP. del 1895, l'essenzialit� della rinunzia all'impu gnabilit� del lodo contenuta nell'art. 49 del capitolato stesso, il ricor rente sembra assumere un carattere di poziorit� di tale clausola di rinunzia rispetto� all'impugnabilit� che invece la sentenza ha accertato sancita dal Capitolato INA-Casa recepito dalle parti. Le tesi esposte sono tutte e tre parimenti da respingere. SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZION~, Sez. V, 22 febbraio 1972, n. 100 -Pres. Iannelli -Rei. De Lellis -P. M. Ilari (conf.). -Rie. Marcucci. Procedimento penale -Nullit� nel processo penale -Concernenti le parti private diverse dall'imputato -Mancata citazione della persona offesa -Nullit� relativa -Soggetti legittimati a dedurla Sono il P. M. e la persona offesa. (c.p.p., artt. 185, 408, 412, 422). A seguito della sente.nza 20 dicem,bre 1968, n. 132 della Corte Costituzionale � stato abolito il sistem,a di sbarramento prrevisrto dall'art. 422 c.p.p. rispetto alle nulLit� comcernernti l'omessa citaziome della parte civile, dell'offeso dal reato e� de�l quereJante; nullit� rilevabili senza limiti predusivi, essendo deducibili senza il rispetto del limite tempol/�ale prima stabilito� ed ora soppl/�esso. Ciomonostante, siffatte nullit�, nom essendo riconducibili a neS'Suna delle categorie generali stabilite tassativamente daU'art. 185 c.p.p., norn possono ritenersi di carattern assoluto e non sono� quindi insanabiU e rilevabili di ufficio, ma devono nece8'Sariamente inquadrarsi tra le nullit� di caratter�e re�lativo. Legittimati ad eccepire codeste nwUit� sono soltanto le parti che vi hanno interesse e, in concreto�, il p.m., che ha il compito di vigilare sulla retta osservanza deUa legge wocessuaJe e le altre parti suindicate (parte offesa, pane civile, querelante). Tra queste non � dato annove.rare anche l'imputato -che, di regola, lungi dall'aver�e un vero interesse CJJLla citazione deU'offeso dal re�ato:. ha un intere�sse del tutto opposto, queUo cio� di evitare la pl/�esenza di un ulteriore avv�ersario ne:l giudizio a suo carico -, in quanto la prescrizione conternwta nell'art. 408 c.p.p. � volta a salvaguardare il diritto di difesa e d'azione proprio della parte civile, dell'offeso dal rea.to e del quere�lante. Vi �, pertanto, assoluta mancanza di irnteresse nell'imputato a dedurre una siffatta nullit� (1). (1) V. nello stesso senso Cass. 29 novembre 1971, n. 2462, m. 119.418; 27 luglio 1971, n. 2052, m. 118.867. L"affermazione costituisce ormai ius receptum. Per .quanto concerne la legittimazione ad eccepire la nullit� � stato statuito che essa pu� e.ssere fatta valere dal P.M. e da chi dimostri di avervi specifico interesse, anche nei motivi d'appello ~Cass., 7 dicembre 1971, n. 2501, m. 119.464). 14 W%=tti/f:f.iA!.='V'"Mffi����@..fl32:i'{i%'';~>r.w.-.i\rP===~-==~:w.2.filFii&.Bt-tr~�.n��:%3j}ijfdfml?klf:b~if'.%3M~~pJill� .�X�..... m-. lrl*fA�= w:J'l&&:+lf~!'f!,:_xdikiY8Wfu'f#J/6Zi8�2mYMA1idilf'.~,, . ' , ~~ . <I'. 0 ~ 732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fil CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 febbraio 1972, n. 2174 -Pres. 1:: Rosso -Rel. Lazzaro -P. M. conf. Confl. comp. G. I. e Proc. Rep. Trib. Rimini in proc. De Martino ed altri. Procedimento penale -Istruzione penale -Scelta del rito -Richiesta di istruzione formale -Contrasto tra G. I. e P. M. -Elevazione del conflitto da parte del G. I. (c.p.p., artt. 51, 389). n giudice istruttore qualora ravvisi che in un procedimento per il quale il P. M. abbia fatto richiesta di istruzione formalei, sussistano (1) Principi giurisprudenziali sulla scelta del rito istruttorio dopo tre anni di applicazione del nuovo testo dell'art. 389 c.p.p. La decisione, dopo 1e modificazioni introdotte al testo dell'art. 389 c.p.p. della I. 7 novembre 1969, n. 780, che ha consentito il sindacato delle decisioni del P.M. in materia di scelta del rito istruttorio, appare pienamente conforme alle norme di procedura ed alla costante interpretazione giudsprudenziale in tema di conflitti di giurisdizione e di competenza disciplinati dall'art. 51 c.p.p. Come � noto, costituisce ius receptum che confilttd P<>ssooo SOII'grere aniche fra maig;istmti. del P.M. o fra un ufficio del P.M. e un giudice e che i �casi analoghi� previsti dal penultimo comma dell'art. 51 c.p.p. comprendono ogni contrasto tra organi giudiziari che impedisca la prosecuzi�ne del procedimento e non sia eliminal;>ile con altra procedura (v. Cass., S.u., 17 maggio 1958, in Giust. Pen,, 1958, II, 737). Nello stesso senso della sentenza che si annota, v. Cass., 25 luglio 1970, n. 1143, m. 115.014). La giurisprudenza successiva alla riforma dell'art. 389 c.p.p. si � orientata nel senso di ritenere che la violazione dei criteri relativi alla scelta del rito istruttorio non determina una nullit� che possa invalidare il giudizio, trattandosi di nullit� che, non rientrando fra quelle di ordine generale, pu� essere sanata a norma dell'ultimo comma dell'art. 187 c.p.p. (Cass., 31 dicembre 1971, n. 2568, m. 119.675; 6 agosto 1970, n. 1211, massima 115.093; 31 ottobre 1970, n. 1388, m. 115.575). Ispirata invece alla � ratio � di una legg.e posta a tutela dei diritti dell'imputato e che nell'istruttoria formale ricevono la massima garanzia, � l'affermazione della Cassazione secondo la quale la violazione dei criteri dettati dalla legge perch� in luogo del rito formale possa essere adottato quel�o sommario, non � causa di numt� dell'istruttoria (Cass., 11 gennaio 1972, n. 46, m. 119.718). Per vero la giurisprudenza tende ad evolversi nel senso che, stante i rimedi espressamente consentiti all'imputato dalla le.gge modificativa, la . violazione dei criteri enunciati nell'art. 389 c.p.p. non solo non determina una nullit� d'ordine generale ex art. 185 c.p.p. ma nessun'altra nullit�, non essendo questa espressamente comminata dalla legge: v. infatti le recenti decisioni, in questo senso della Cassazione, III Sez., 11 gennaio 1972, n. 35, n. 119.704; 1Sez. I, 11 gennaio 1972, n. 46, m. 119.719. Per quanto concerne il procedimento disciplinato dal nuovo testo dell'art. 389 la giurisprudenza della Cassazione, dopo aver riconosciuto PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 733 invece le condizioni previste dall'art. 389 c.p.p. pe1� l'adozione del rito sommario, pu� e deve rifiutarsi di dar corso aU'istruttoria formale e, di fronte alla insistenza del P. M. nella sua richiesta, deve trasmetJtere che il comma terzo dell'articolo ha sostanzialmente riaffermato il potere discrezionale del P.M. di scelta del rito istruttorio, pur sottraendolo alla originaria insidacabilit� (Cass., 24 agosto 1971, n. 2154, m. 119.007), ha statuito che la nuova norma ha disciplinato in maniera rigorosa e definitiva la materia della scelta del rito istruttorio, onde la facolt� riconosciuta alla parte di contestare il giudizio di valore espresso dal P.M. nella scelta del rito istruttorio in ordine all'evidenza della prova pu� essere esercitato solo fino a quando � in corso l'istruzione sommaria, assolvendo alla specifica funzione di esercitare .il controllo delle risultanze probatorie da parte del giudice istruttore, mentre � preclusa ogni possibilit� di sindacato sulla legittimit� del rito da parte dei giudici delle ulteriori fasi del giudizio (Cass., 31 maggio 1971, n. 1475, m. 118.083; 20 marzo 1971, n. 869, m. 117.250). Come si vede, sbarrament.o del controllo sul potere discrezionale del P.M. alla fase istruttoria e esclusione della sanzione della nullit� per la violazione dei criteri stabiliti dalla norma, sono affermazioni giurisprudenziali conseguenti al diritto riconosciuto aH'imputato di ricorrere contro la scelta operata dal Pubblico Ministero. In tema di diritti dell'imputato, � stato statuito che il termine di cinque giorni previsto dall'art. 389 per la proposizione al P.M. dell'istanza di formaldzzazio1r1ie delll'istrlllttoria � stabilito a pena di diooadenm, come risulta non solo dalla formulazione della norma, ma dalla ratio dell'istituto, ispirato com'� all'intento di esaurire immediatamente e definitivamente ogni contestazione in ordine alla scelta del rito istruttorio. Tuttavia tale termine inizia nuovamente a decorrere quando intervengonosuccessive modificazioni sostanziali relative alle imputazioni per le quali si procede, come nel caso in cui l'imputato abbia avuto notizia dalla instauraxione di un procedimernito ul11lerti.oce per un 11'.liUOVO faitto noto che non sia individuabile con certezza tra �quelli indicati, sia pur sommariamente, nel precedente avviso �di procedimento (Cass., 25 luglio 1970, n. 1144, m. 115.015). Naturalmente, questa a:ffiermazione non pu� essere portata alle sue estreme conseguenze, pTetendendo che inizi il decorso di un nuovo teTmine ad ogni modificazione della situazione. Rettamente la Cassazione quindi ha circondato di riseTVe il principio ora affermato con l'ulterior.e affermazione secondo la quale �la necessit� che la richiesta del P.M. di procedere ad istruzione formale contenga l'indicazione del fatto reato per il quale l'organo requirente intende instaurare il rapporto processuale penale, non pu� estendersi fino a richiedere che da parte del P.M. medesimo venga specificato dettagliatamente l'intero thema decidendum (Cass., 25 gennaio 1972, n. 1906, m. 119.883). Contro il decreto motivato con il quale il Procuratore della Repubblica, nel terinine di cinque giorni dalla presentazione dell'istanza dell'imputato rigetta ila rriichiesta dd fm'mailizzia:ziollle dell:l'istruzionie, \l'imputato stesso pu� proporre ricorso entro i cinque giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito del decreto (art. 389 .c.p.p. VI comma) al giudice istruttore. Con il potere di controllo del giudice istruttore e con l'emanazione del irelativo provvedimento si chiude la particolare procedura disci RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 734 gU atti aLla Co?"te di Cassazicme per ia risoluzione, quale caso, analogo di conflitto di competenza, della situazione di stati venutasi a creare per il contrasto con l'organo inquirente in ordine aUe rispettive attribuzioni, relativamente a quel procedimento (1). plinata dall'art. 389, senza alcuna possibilit� di ulteriore sindacato. Infatti, il procedimento del giudice istruttore non ha carattere e contenuto decisori nei con:Eroilllti del rito iLstruttocio, C:OIIl 'Ila ooooeguenm. ,che esso � inoippugnabile, sia perch� non � previsto contro di esso alcun mezzo di impugnazione, sia perch� non si tratta di procedimento relativo alla libert� personale dell'imputato, sia perch�, quando ordini la restituzione degli atti al P.M. perch� prosegua fistruzione sommaria (art. 389, sesto comma), non costituisce provvedimento abnorme, non discostandosi, per H contenuto n� per Jia foxma, da quelJo previsto e regoLato dalla legge (Claiss., 25 giugno 1971, n. 1829, m. 118.575; 16 novembre 1971, n. 2387, m. 119.336). PAOLO DI TARSIA CORTE DI CASSAZIONE, 24 aprile 1972, n. 415 -Pres. Lippiello - Rel. D'Onofrio -P. M. D'Agostino -Rie. Theodoru Christos. Reati finanziari -Contrabbando -Art. 139 legge doganale -Arresto -dello straniero -Cittadini greci -Applicabilit�. (art. 139, 1. 25 settembre 1940, n. 1424). L'art. 139 deHa legge doganale che prevede l'arresto deilo straniero colpevole dei reati di ccmtrabbando se non abbia dato idonea cauzione o maileveria per il pagamento delle multe e delle ammende e a queste co111;dizioni subordina la sua liberazione, � applicabile anche ai cittadini greci (1). (1) L'arresto dello straniero imputato di contrabbando. Il notevole rigore della norma di cui all'art. 139 della legge doganale per quanto in particolare concerne l'arresto dello stra:rli,ero, ha pi� volte portato i giudici di merito a interp;retazioni forzate della stessa, a seguito delle quali sono state disposte delle scarcerazioni sia con cauzioni o malleverie irrismie, sia, addirittura, senza cauzione n� malleveria. � chiaro, che in 'entrambi i casi, si � frustrato lo scopo della particolare normativa che ha p;revisto una misura cautelare, corrispondente all'esigenza dello Stato di garantirsi contro l'insolvenza, esigenza che non viene meno con la pronuncia della 1sentenza di condanna a sola pena pecuniaria, mentre la dichiarazione d'infondatezza della questione di il1egittimit� costituzionale del .citato art. 139 (Corte Cost., 23 marzo 1964, n. 26), e l'esistenza di autorevoli giudicati della Suprema Corte di Cassazione come quello della sentenza che si annota, inducono a sostenere l'applicazione della norma secondo la sua cornetta ratio e la sua lettera. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 735 (Omissis). -La Corte di appello di Bari con ordinanza in data 1� ottobre 1971 rigettava l'istanza con la quale i cittadini greci Christos Theodoru, Droponietis Nikolaos e Tiginos Kostantinos condannati in primo grado dal tribunale di Bari a pena detentiva e pecuniaria per contrabbando di tabacchi lavorati esteri, dopo avere scontata la prima, avevano chiesto ai sensi dell'art. 275, secondo comma c.p..p. l'immediata scarcerazione e comunque la libert� .provvi,soria. La motivazione del provvedimento � informata sul disposto dell'art. 139 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 in virt� del quale lo straniero arrestato per reato di contrabbando nQn pu� essere scarcerato n� ottenere la libert� provvisoria -salvi i limiti massimi di detenzione posti dallo stesso articolo -a meno che non abbia prestato cauzione o malleveria a garanzia del pagamento della forma pecuniaria. F.ra �le decisioni contrarie di taluni giudici di merito, vanno ricordati due tipi di soluzioni, entrambe erronee, l'una tendente a restringere l'ambito d'applicabilit� della norma doganale entro i termini della custodia preventiva, ex art. 272 c.p.p., l'altra tendente ad escluderne comunque l'applicabilit� a stranieri appartenenti a determinate nazionalit�. Una terza soluzione in fatto, ma anche essa pregiudizievole degli interessi dell'Amministrazione finanziaria, � l'adozione di malleverie inidonee o di cauzioni irriso.rie. * * * Per quanto concerne la prirm.a soluzione, la ragione dell'attuale vigore della norma di cui all'art. 139 va ravvisata nella sua specialit�, nonostante che le norme del codice di procedura penale siano state modificate dalle 1. 18 giugno 1955, n. 517 e 1� luglio 1970, n. 406, che hanno introdotto i termini massimi di durata di custodia preventiva,-dopo il decorso dei quali l'imputato deve esse.re sca.rcerato (art. 272 c.p.p.). Pertanto la norma defil'a.rt. 139 non opm-a soilJllanito neiL1a :Dase istr:uttoiria, ma amebe doipo inrte.rvenuta la sentenza di condanna a pena non detentiva, come pi� volte la Cassazione ha affermato (Cass., 27 febbraio 1970, n. 894, m. 114.679). La contraria opinione talvolta espressa in dottrina (v. DE VINCENTIS, in Dir. Prat. Trib., 1951, II, 322) � basata su argomentazioni che non reggono al vaglio della critica e infatti: 1) la frase con la quale inizia il testo dell'a.rticolo � fe.rmo restando quanto disposto dal c.p.p. circa la libert� personale deH'imputato � significa non gi� una limtiazione della �sfera d'applicazione della norma alla sola fase istruttoria -e ci�, secondo il contrario assunto, per ragione di collocazione del capo relativo alla libert� dell'imputato nel libro del codice di proc. pen. concernente l'istruzione -ma il rinvio, secondo una nota tecnica legislativa, dalla no.rma speciale alla norma generale, applicabile ove quella non vi deroghi; 2) affermare che � cauzione � e � malleveria � sono, neHa normativa comune, istituti propri della fase istruttoria attinenti alla libert� provvisoria o che quando v'� sentenza di condanna a sola pena pecuniaria titolo 736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si � pure affermato nell'ordinanza che codesta norma trova applicazione anche in confronto dei cittadini greci nonostante le particolari disposizioni dettate dall'articolo del trattato di amicizia e di commercio italo-greco del 5 novembre 1948, reso esecutivo con legge 3 luglio 1.950, n. 886 in ordine al godimento dei diritti civili da parte dei cittadini di uno dei due stati sul terrtoro dell'altro perch� l'articolo 139 della legge doganale � da considerarsi spedale anche rispetto all'articolo del predetto trattato. Hanno proposto ricorso gli imputati deducendo l'inapplicabilit� dell'art. 139 atto a disciplinare la posizione dello stranier� in genere mentre la loro particolare condizione di cittadini greci andrebbe regolata dalla norma del trattato recepita nell'ordinamento giuridico italiano, la cui precisa dizione non consentirebbe dubbi riguardo alla parificazione dei cittadini dei due paesi per quanto riflette il godimento dei diritti civili nella misura in cui esso � attribuito ai cittadini della nazione pi� favorita. Il ricorso non ha giuridica consistenza. per l'arresto � solo l'ordine di carcerazione del P.M. dopo accertata l'insolvibilit� del condannato (art. 586 c.p.p.), sono due evidenti petizioni di principio, poich� occorrerebbe aver prima dimostrato che la norma della legge doganale non � norma speciale derogativa. Cosi sarebbe altrettanto erroneo, come pur talvolta da giudici di merito � stato �affermato, sostenere che l'art. 139 opererebbe solo nel senso di escluder.e, per il giudice, nell'arco di 'tempo compreso nei termini :rnRssimi previsti dal codice di rito per la custodia preventiva, la facolt� di concedere la libert� provvisoria, poich� la scarcerazione � comunque condizionata, prima e dopo il decorso di suddetti termini, al pagamento di idonea cauzione o malleveria, salva la riserva di legge sul limite massimo di carcerazione, contenuta nel secondo periodo del secondo comma dell'art. 139. Argomenti migliori per sostenere l'inapplicabilit� o l'abrogazione della norma in esame non possono nemmeno essere desunti dall'art. 10 della Costituzione, in relazione alla 1. 4 agosto 1955, n. 848 contenente ratifica ed esecuzione della Convenzione di Roma 4 novembre 1950, per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali. La norma del- 1'�rt. 14 di �questa, infatti, che pone il principio della� uguaglianza nel godimento dei diritti e delle libert� riconosciute senza distinzioni di sesso, razza, religione, nazionalit�, ecc., deve essere infatti coordinata con la norma di cui al precedente art. 5, che prevede fra le eccezioni alla privazione della libert� pers001ale, il caso di chi � a fait 1'objet d'une arrestation ou d'une d�tenition r�gulie�res... en vue de garantir l'ex�cution d'une obbligation prescrite par la lob (art. 5, n. 1, lett. b). * * * Per quanto concerne la seconda soluzione, lodevolmente respinta dalla Corte d'Appello di Bari e dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si annota, essa � stata prospettata per i cittadini greci, nei PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 737 Invero il trattato di amicizia italo-greco realizza con la norma invocata dai ricorrenti, l� dove essa stabilisce reciprocit� nel godimento dei diritti civili la condizione richiesta dell'art. 16 delle preleggi per il riconoscimento allo straniero dello stesso trattamento riservato dal nostro ordinamento al cittad~no italiano; ma � ovvio che nell'applica . zione di detta norma non possa ,disconorscersi la riserva di far salve le disposizioni delle leggi speciali -tale � appunto quella dell'art. 139 della legge doganale -contenuta nello stesso art. 16 delle preleggi. Esigenza tanto pi� imprescindibile ove si consideri la ratio della disposizione dell'art. 139 intesa ad assicurare allo Stato il pagamento da parte dello straniero delle multe e delle ammende inftittegli per il reato doganale; mentre � certo che siffatta finalit� verrebbe ineluttabilmente frustrata qualora fosse dato allo straniero ,cfetenuto di ricuperare lo stato di libert� senza la prestazione di idonea cauzione o malleveria e di allontanarsi definitivamente dal territorio dello Stato, il che realizzerebbe una situazione di favore per lui rispetto al cittadino italiano condannato per lo stesso reato. cui .confronti accade di procedere ad arresto per reati di contrabbando ed � basata su di una inesatta interpretazione del �Trattato di amicizia, commercio e navigazione fra l'Italia e la Grecia�, ratif��ato con 1. 3 luglio 1950, n. 886, il quale, in quanto norma speciale incompatibile con quella di cui all'art. 139 della legge doganale, derogherebbe a questo. Si � sostenuto infatti che il trattato garantir,ebbe ai cittadini greci un trattamento uguale a quello dei cittadini italiani e che il suddetto trattato, costituendo norma speciale rispetto all'art. 139 della legge doganale sia ratione personarum che ratione materiae, riferendosi esclusivamente ai cittadini greci e non agli stranieri in genere come prevede l'art. 139 derogherebbe a questo, che non sarebbe quindi applicabile ai greci. L'argomento fondamentale del quale si � avvalsa la Suprema Corte per respingere la tesi suddetta, avanzata dalla difesa, � stato quello secondo il quale il principio � genus per speciem derogatur � non pu� valere anche nei rapporti fra leggi speciali il cui ambito di applicazione sia di diversa estensione. L'affermazione � pienamente valida e costi.tuisce una coerente precisazione del principio affermato dalla giurisprudenza civile e secondo il quale � Dalle convenzioni internazionali, quando siasi proceduto all'adattamento ad esse del diritto interno mediante l'emanazione della legge di approvazione e esecuzione, e quando siano. entrate in vigore, promanano nuove norme proprie dell'ordinamento statuale e queste, in quanto deroghino alla legge generale, hanno natura di legge speciale� (Cass. S.U., 25 febbraio 1970, n. 439, in Riv. dir. int. priv. e processuale, 1971, 148; S.U., 18 settembre 1970, n. 1553, ivi, 1971, 54). La tesi della difesa peraltro era infondata, anche sotto il profilo della interpretazione letterale, nonostante talune perplessit� che talune norme del trattato potrebbero indurre, poich� la norma fondamentale di questo in materia di diritti applica la clausola della nazione pi� favorita (art. 4) per ci� che concerne � les droits civils, l'exercise du commerce, de !'industrie, des professions et des m�tieres �, in cui l'espressione � droits civils � 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � ancora da considerare che il principio genus per spe'Ciem derogatur, vigente nei rapporti tra legge generale e legge speciale, non pu� non valere anche nei rapporti :fra leggi speciali il cui ambito di applicazione sia di diversa estensione, con le conseguenze che mentre l'art. 4 del trattato di amicizia italo-greco regola solo indirettamente la libert� del cittadino greco sotto il profilo della parit� dei suoi diritti civili rispetto a quelli del cittadino italiano, l'art. 139 della legge doganale contiene una disciplina autonoma dello status libertatis (arresto .carcerazione) per p~rticolari situazioni, realizzando in tal modo la pretesa punitiva dello Stato, quale uno dei maggiori attributi della sua sovranit�. Deve quindi la norma invocata dai ricorrenti, l� dove consacra l'impegno di ciascuno degli Stati contraenti ad assicurare sul rproprio territorio ai cittadini dell'altro, in tema di godimento dei diritti civili, lo stesso trattamento fatto � ai sudditi della nazione pi� favorita�, essere intesa -per il tenore letterale di quest'ultima locuzione che si rinviene, peraltro, con frequenza, In altri paragrafi del trattato e per le considerazioni suesposte -non in relazione al limitato raffronto deve intendersi riferita al campo privatistico, tant'� che, quando il legislatore internazionale ha inteso riferirsi alla sfera giuridica pubblica e privata nella sua totalit�, non ha qualificato con l'aggettivo � civili � il sostantivo � diritti � (v. ad esempio il trattato di amicizia fra l'Italia e la Somalia, I. 1� febbraio 1962, n. 367, il cui art. 5 stabilisce che: �Ai citta, dini di ciascun paese... saranno assicurati gli stessi diritti, privilegi e trattamento... � ), onde non rpu� condividersi la contraria opinione espressa dal Tribunale di Napoli con ordinanza 27 maggio 1970 e 13 novembre 1971 (in Vita doganale, 1970, 723 e, rispettivamente, ivi, 1972, 14). Si deve ancora osservare che le norme che stabiliscono per � les ressortissants de chacune des Hautes Parties Contractantes... la m�me traitement que les nationaux � si riferiscono a materia diversa da quella della soggezione alla norma penale, come la protezione delle persone e dei beni (art. 3), il diritto di propriet� e di commercial'e (art. 5), '1a materia dell'espropriazione per pubblica utilit� (arti. 6), que~la delle requiisizioni militari (art. 8), le imposte e tasse (art. 9) e i rapporti commerciali e societari (art. 10). L'unica norma che potrebbe destare perplessit� � quella di cui all'articolo 7 che prevede il medesimo trattamento dei nazionali per quanto concerne la protezione legale e giudiziaria delle persone e dei beni. La norma, per�, sia perch� parla di protezione, sia perch� garantisce l'accesso ai Tribunali � tant pour r�clamer que pour d�fendre leur droits et int�r�ts �, sia perch� si riferisce alla Convenzione dell'Aja 17 luglio 1905 sulla procedura civile, pare possa intendersi limitata al campo del diritto civile e processuale civile. * * * La terza soluzione, infine, la pm frequente, � l;i imposizione di una cauzione irrisoria, o, peggio ancora, di una malleveria inidonea, attra-i I t ~ PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 739 (� questa l'erronea interpretazione della difesa) fra i due Stati contraenti, bensi con riferimento agli a�ccordi in materia gi� esistenti o da stipularsi in futuro fra ciascuno di essi e altri membri della comunit� internazionale, con nessuno dei quali risulta che l'Italia abbia finora convenuto l'esenzione dall'ambito di applicazione della norma doganale. Il ricorso dev'essere quindi rigettato con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento in saldo delle spese processuali. ( Omissis). verso la quale si frustra 'lo scopo della legge, mentre non pu� farsi alcun utile confronto con le norme del codice di rito e con l'ammontare delle cauzioni che in quei casi i giudici impongono a garanzia di obblighi che non hanno alcun contenuto patrimoniale (art. 282 e 283 c.p.p.). (Sulla questione, v. I Giudizi di Costituzionalit� e il Contenzioso dello Stato negli anni 1966-1970, vol. III, p. 791, n. 697). PAOLO DI TARSIA PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura civile, art. 149, primo c:omma, nella parte in cui non prevede che all'interessato sia nominato di ufficio un difensore, ove non l'abbia nominato di fiducia, e, conseguentemente, non prevede che al difensore sia notificato l'avviso della data della discussione. Sentenza 6 luglio 1972, n. 122, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. r.d 30�dicembre 1923, n. 3269, art 93, n. 2, nella parte in cui: a) dichiara solidalmente tenute verso l'amministrazione dello Stato le parti istanti nei giudizi �contenziosi civili per le tasse di registro sulle sentenze e sugli altri provvedimenti giurisdizionali e riguardanti convenzioni cui esse parti sono rimaste estranee; b) pone a carico dei procuratori le � fasse giudiziali �. Sentenza 6 luglio 1972, n. 120, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. r.d.I 15 novembre 1937, n. 19~4. art 6, primo comma, limitatamente alle parole � esclusa la testimoniale �. Sentenza 12 luglio 1972, n. 128, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge 15 febbraio 1958, n. 46, art 12, terzo c:omma, limitatamente alla parte in cui considera nullatenenti gli orfani maggiorenni che usufruiscono di un reddito non superiore alle lire 240.000 annue anzich� quelli �Che risultino non a:ssogettabili per l'ammontare del loro reddito complessivo all'imposta complementare. Sentenza 12 luglio 1972, n. 133, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge 30 aprile 1969, n. 153, art 66, quinto c:omma, nella parte in cui non prevede che i titolari di crediti privilegiati, ammessi al passivo fallimentare, in data anteriore all'entrata in vigore della detta legge, possano contestare i crediti �che, per effetto della nuova disciplina, sono stati anteposti ai loro nel grado del privilegio. Sentenza 12 luglio 1972, n. 129, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge reg. sic:., 2 luglio 1969, n 20, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 7 ed 8. Sentenza 27 luglio 1972, n. 154, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 1, secondo comma, (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1972, n. 132, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge 26 novembre 1969, n. 833, artt. 1, secondo comma, 3, terzo comma, 6, secondo comma, modificato dall'art. 56 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, nella parte in cui non riconoscono al locatore il diritto di provare che il conduttore gode di un reddito superiore a quello risultante dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1969; e nella parte in cui negano rilevanza alle variazioni del detto reddito eventualmente sopravvenuto. Sentenza 12 luglio 1�972, n. 132, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 16, secondo, decimo ed undicesimo comma, nella parte in cui non attribuiscono alla Regione Siciliana la competenza alla concessione di impianto e di esercizio dei distributori di carburanti nell'ambito del territorio regionale, all'autorizzazione alla cessione di concessioni da parte di chi sia proprietario di pi� impianti situati in diverse provincie del territorio regionale ed alla autorizzazione ai trasferimenti di impianti da una localit� ad un'altra della stessa provincia; qui�nto comma nella parte in. cui non prevede che la regione siciliana debba essere sentita da comitato interministeriale per la programmazione economica prima di deliberare sugli indirizzi per i quali il comitato ha competenza, e non prevede che la regione possa dettare criteri obiettivi per il rilascio delle nuove concessioni da accordare nel corso dell'anno successivo; tredicesimo comma nella parte in cui non .prevede la competenza della regione siciliana ad emanare norme esecutive della legge statale. Sentenza 27 luglio 1972, n. 151, G. U. 2 agosto 1972, -n. 201. legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 1, nella parte in cui non prevede alcuna forma di periodica rivalutazione del canone in danaro; artt. 3 e 4, primo comma, nella parte in cui non limitano l'applicazione delle norme sulla disciplina dell'affitto dei fondi rustici ai soli affittuari che coltivano il fondo col lavoro proprio e dei propri familiari e non escludono gli affittuari imprenditori; art. 3, secondo e sesto c�omma, nella parte in cui fissa fra 12 e 45 e, con riferimento a un caso particolare, in 36, i coefficienti di moltiplicazione del reddito dominicale ai fini della determinazione del canone. .Sentenza 27 luglio 1972, n. 15>5, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. legge reg. lombarda, 21 febbraio 1972, n. 2. Sentenza 27 luglio 1972, n. 147, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. PARTE II, LEGISLAZIONE II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 1916 (a~t. 3 e 35 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1972, n. 134, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. codice di procedura civile, disp. att. art. 24, primo comma, nei sensi di cui in motivazione (art. 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1972, n. 125, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. codice di procedura civile, art. 538, secondo comma, ;per la parte in cui dispone che nel secondo incanto della vendita esecutiva mobiliare � ammessa qualsiasi offerta. Sentenza 12 luglio 1972, n. 130, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. codice penale, art. 51, ultimo comma (artt. 3 e 28 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1972, n. 123, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. codice penale, art. 166 e 198 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1972, n. 135, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. codice di procedura penale, artt. 128 e 131 (artt. 3, primo e secondo comma, 24, primo, secondo e terzo comma, 38 e 53 della Costituzione). Sentenza 27 luglio 1972, n. 149, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. codke di .procedura penale, art. 192, ultimo comma, e 529, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 24 luglio 1972, n. 145, G. U. 26 luglio 1972, n. 194. codice di procedura penale, art. 236, ultimo c�omma Cart. 3 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1972, n. 126, G. U. 12, luglio 1972, n. 180. codice di procedura �penale, artt. 274, primo comma, legge 488, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1972, n. 135, G. U. 12 luglio 1972, n. 187. codice di procedura penale, art. 479, terzo comma (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1972, n. 124, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. codice di procedura penale, art. 552, (art. 24 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1972, n. 136, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 17, 18, 19, capitoli nn. 1502 e 5471 (artt. 76, 117, 118, 119, 127, 135 e VIII dfsp. trans. della Costituzione). Sentenza 24 luglio 1972, n. 142, G. U. 26 luglio 1972, n. 194. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 2120 (art. 36, primo comma, della Costituzione). Pretore di Recanati, ordinanza 1� maggio 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. cod:ice di procedura civile, art. 621 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 3 febbraio 1'972, G. U. 23 agosto 1972, n. 219. codice di procedura cMle, art. 663 (art. 3 primo comma, della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 26 aprile 1972, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. codice penale, art. 22 (art. 27, terzo comma, della Costituzione). Corte d'assise di Verona, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. codice penale, art. '102 (art. 3, secondo comma della Costituzione). Tribunale di Massa, ordinanza 19 aprile 1972, G. U. 3 ~gosto 1972, n. 226. codice penale, art. 164, penultimo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 2 marzo 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. codice penale, art. 188, �primo comma (artt. 3, 27, terzo comma, e 36, .primo comma, della Costituzione). Tribunale di Pis�a, ordinanza 20 marzo 1972, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. codice penale, art. 428, primo comma (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Venezia, ordinanza 13 marzo 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. codice p_enale, art. 546, secondo e terzo comma, 41 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore .di Grottaglie, ordinanza 17 maggio 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. PARTE II, LEGISLAZIONE codice penale, artt. 548 e 550 (artt. 21 e 25, secondo comma della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 17 aprile 1972, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. cod�ice di procedura penale, art. 170, secondo comma (art. 24, secondo comma della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. codice di procedura penale, artt. 304 bis, primo comma, e 304 quater, primo comma (art. 24 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Ascoli P,iceno, ordinanza. 4 marzo 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. codice di procedura penale, art. 429 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Segni, ordinanza 13 gennaio 1971, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960, art. 49 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, ordinanza 14 dicembre 1971, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. r.d. 27 febbraio 1936, n. 635, artt. 1, 166 e 178 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Bo.fogna, ordinanza 20 maggio 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. legge 1� giugno 1939, n. 1089, art. 21, pl'imo comma (artt. 42, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 24 marzo 1972, G. U. 26 luglio 1972, n. 194. d.I. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9 (art. 316 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 15 febbraio 1972, G. U. 23 agosto 1972, n. 219. d.I. 11 febbraio 1948, n. 50, artt. 1 e 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 26 luglio 1972, n. 194. legge 14 marzo 1952, n. 196, art. 1 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Sestri Levante, ordinanze 18 aprile 1972 (due), G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 14 mar210 1952, n. 196, artt. 1 e 3 (artt. 21 e 43 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 18 maggio 1'972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38, lettera el (art. 24, secondo comma della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 aprile 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge 5 luglio 1961, n. 641, art. 2, ultimo comma (artt. �97, primo comma, 51, ;primo comma, e 54, secondo comma; 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di R,ecanati, ordinanze 31 marzo 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187, e 30. agosto 1972, n. 226. d.P.R. 26 dicembre 19�61, n. 1698, articolo un�ico. Pretore di Recanati, ordinanza 1� maggio 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge 15 settembre 196~, n. 756, art. 14 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, Sezione specializzata agraria, Ol'dinanza 25 gennaio 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, primo, secondo e terzo comma (artt. 3, primo comma, e 36, .pl'imo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 25 gennaio 1972, G. U. 23 agosto 1972., n. 219. d.P.R. 30 giugno 1965, n. U24, art. 104 (art. 38, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Padova, ordinanza 3 febbraio 1972, G. U. 26 luglio 1972, n. 194. legge 26 luglio 1965, n. 965, art. 5, ultimo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, ordinanza 6 novembre 1971, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1704, art. 1 (artt. 76 e 77, .primo comma, della Costituzione). -Pretore di Bologna, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 8 giugno 1966, n. 424, art. 1 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, ordinanza 6 novembre 1971, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. legge 20 d,icembre 1966, n. 1116, art. 12, .penultimo comma (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 1� febbraio 1972, G. U. 23 agosto 1972, n. 219. legge 24 febbraio 1967, n. 62, art. 11 (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 25 gennaio 1972, G. U. 23 agosto 1972, n. 219. legge 18 marzo 1968, n. 238, ar.t. 6, lettere a e b (artt. 3, 35, 36 e 38 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, artt. 1 e 5 (artt. 3, 35, 36 e 38 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. legge 30 aprile 1969, n. 153, artt. 9, 11 e 13 (artt. 3, 35, 36 e 38 della Costituzione). Tribuna.le di Roma, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 30 agosto 1972, n. 226. legge 26 novembre 1969, n. 833, art. (artt. 3, 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 23 agosto 1972, n. 219. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzion�). Pretore di Trani, ordinanza 22 febbraio 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge 1970, n. 300, art. 19, lett. a (artt. 3 e 39, primo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 26 febbraio 1972, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 40; 41, 49 e 71 della Costituzione). Tribunale di Grosseto, ordinanza 21 gennaio 1972, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. d.I. 26 ottobre 19'70, n. 745, art. 56 (artt. 3, 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 23 agosto 1972, n. 219. d.I. 27 ottobre 1970, n. ,745, art. 32 (art. 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 13 aprile 1972, G. U. 19. luglio 1972, n. 187. d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, art. 20 (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 25 gennaio 1972, G. U. 23 agosto 1971, n. 219. legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 3:2 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, Sezione specializzata agraria, ovdinanza 25 gennaio 1972, G. U. 19 luglio 1972, n. 187. legge 29 novembre 1971, n. 1097, artt. 2 e 4 (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Manselice, ovdinanza 1'5 maggio 1972, G. U. 12 luglio 1972, n. 180. legge reg. sic., appr. 4 luglio 1972. Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 21 luglio 1972, G. U. 2 agosto 1972, n. 201. INDICE BIBLIOGRAFICO delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato TRABUCCHI .A!lberto, Istituzioni di Diritto Civile, Cedam, Padova, 1971, XVIII ediz. riveduta e aggiornata. GIANNINI Massimo Severo, Diritto Amministrativo, Vol. 1� e 2�, Giuffr�, Milano, 1970. NAPOLETANO Domenico, Lo Statuto dei Lavoratori, Liguori Editore, Napoli, 1971. CONSULTAZIONI .APPALTO Appalto opera pubblica -Revisione prezzi -costo della mano d'opera Aumento -Contrattazione aziendale -Rilevanza -Clausola -Legittimit� (d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501; l. 17 febbraio 1968, n. 93; l. 19 febbraio 1970, n. 76). Se, nell'appalto di opera, possa concol'rere ad aumentare i costi del l'opera. medesima -ai fini della revisione dei prezzi -l'onere derivante all'appaltatore da accordi aziendali che, in deroga ai contratti collettivi, fissano maggiori liveHi retributivi per i dipendenti dell'appaltatore (n. 354). Se in un contratto d'appalto d'opera pubblica possa pattuirsi una clau sola di il'evisione pTezzi che tenga conto delle variazioni del costo della mano d'opera dipendenti da accordi aziendali in forza dei quali, dero gando dai contratti collettivi, vengano fissati maggiori liveHi retdbutivi per i dipendenti dell'appaltatore (n. 354). Lavori del Genio Militare -Fallimento dell'appaltatore -Sciogl.imento del contratto d'appalto -Riappalto a maggiori oneri -Inadempimento Cauzione (artt. 8, 47 e 48 condiz. gen. lavori Genio militare appr. con r.d. 17 marzo 1932, n. 366). Se il :riappalto, che l'Amministrazione stipula con altra ditta per oneri maggiori, a seguito dello scioglimento del contratto d'appalto di lavori del Genio militare, per fallimento dell'appaltatore (art. 47 cond. gen. pe,r i lavori del Genio Militare), possa essere considerato occasione di danni, dei quali possa chiedersi il risarcimento alla ditta fallita (n. 355). Se nel caso� di inadempimento dell'appaltatore di lavori del Genio Militare, verificatosi prima della dichiarazione di fallimento, sia ricono sciuto all'Amministrazione il diritto al risarcimento del danno, quando il procedimento per l� rescissione in danno o per Ia risoluzione sia iniziato prima della pronuncia di fallimento, a nulla rilevando che il detto proce dimento si concluda dopo la detta pronuncia (n. 355). Se il diritto al risarcimento del danno per l'inadempimento dell'ap paltatore di lavori del Genio militare possa essere riconosciuto anche nel l'ipotesi in cui, fino alla pronuncia di fallimento dell'appaltatore stesso, non sia stata iniziata la procedura per la rescissione in danno o per la risoluzione del contratto (n. 355). Se possa in ogni caso procedersi all'incameramento della cauzione quando ven~a pro;nunciato H fallimento dell'appaltatore di lavori del Ge nio militare (n. 355). BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Oggetti d'interesse storico, archeologico ed artistico -Rinvenimento fortuito -Diritto al premio -Prescrizione (art. 49, 2� e 3o comma, l. 1� giugno 1939, n. 1089; art. 2946 cod. civ.). Se il diritto alla corresponsione dei premi per il rinvenimento fortuito di oggetti d'interesse storico, archeologico ed artistico si prescriva nell'ordinario termine decennale (n. 26). PARTE II, CONSULTAZIONI BONIFICA Contributi per le opere di bonifica e contributi consortili ordinari -Immobili dello Stato siti in comprensori di bonifica (r.d. 13 luglio 1933, n. 215). Se sono dovuti da parte dell'Amministrazione i contributi relativi alla spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e i contributi consortili ordinari, in relazione a fabbricati di propriet� dello Stato siti in comprensori di bonifica (n. 10). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Concessione di servizio di .bar-ristorante in stazione ferroviaria -Percezione dei canoni -Competenza. Se i canoni relativi alla concessione del serv1z10 di bar-ristorante in una stazione ferroviaria debbano essere percepiti dall'Amministrazione dei Trasporti o dall'Amministrazione delle Finanze (n. 106). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Amministrazione comunale -Opera pubblica -Concorso dello Stato Contributo miglioria specifica -Obbligatoriet� -Intendente di Finanza -Surroga -Procedimento (r.d.l. 28 novembre 1938, n. 2000, art. 17; l. 5 marzo 1963, n. 246, artt. 31 e 35). Se, nel caso di opere p�bbliche eseguite dal Comune con il concorso dello Stato, sia obbligatoria per l'Amministrazione comunale l'imposizione del contributo di miglioria specifica (n. 97). Quale sia il procedimento per l'esercizio del potere di surroga spettante all'Intendente di Finanza nell'imposizione del contributo di miglioria specifica per opere pubbliche eseguite dal Comune con il concorso dello Stato (n. 97). Finanziamento -Finanziamento con fondi dell'Istituto di credito -Finanziamento con fondi in dotazione -Garanzia dello Stato (l. 30 luglio 1959, n. 623; l. 25 luglio 1961, n. 649; l. 1� febbraio 1965, n. 60). Se la garanzia prestata dallo Stato, in virt� della I. 25 luglio 1961, n. 649 e successive modificazioni, in r�elazione �d un finanziamento deliberato da un tstitutq di credito ai sensi della 1. 30 luglio 1959, n. 623, cio� con fondi propri ed a interesse per legge prefissato, possa essere trasferita su di un finanziamento accordato ai sensi della legge 1� febbraio 1965, n. 60, cio� attraverso il fondo in dotazione all'uopo costituito dallo Stato medesimo (n. 99). Vajont -Decreti di concession~ di contributi -Revoca parziale -Imputazione (l. 4 novembre 1963, n. 1457; l. 31 maggio 1964, n. 357; articolo 1194 e.e.). Se -nel caso di revoca parziale di contributi per la catastrofe del Vajont, in dipendenza del sopravvenuto esproprio del fondo agricoio -la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 128 decurtazione del contributo debba essere imputata sul decreto concessivo di contributo per il ripristino del valore copertale del fondo, oppure sul decreto concessivo di contributo per i :Brutti pendenti (n. 100). DANNI DI GUERRA Imposta di successione -Danni di guerra -Perdita �di nave -Indennizzo Morte del titolare -Tassabilitd (1. 26 ottobre 1940, n. 1543; l. 27 dicembre 1953, n. 968; l. 29 settembre 1967, n. 655). Se sia dovuta l'imposta di successione su di un credito di indennizzo per danno di guerra relativo alla perdita di una nave, nel caso in cui il proprietario del bene sia morto nel 1953, prima della liquidazione dell'indennizzo (n. 142). Indennizzo o contributi -Cessione da parte del proprietario del bene - Ammissibilitd (art. 6, l. 27 dicembre 1953, n. 968; art. 3, l. 29 settembre 1967, n. 955). Se ed in quali limiti risulti ammessa la cessione dell'indennizzo o del contributo per la perdita, distruzione o danneggiamento di beni mobili od immobili per fatto di guerra (n. 143). Vendita del bene danneggiato -Automatica cessione del contributo (articolo 6, l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 3, l. 29 settembre 1967, n. 955). Se la vendita del bene danneggiato da fatto di guerra comporti automatica cessione del diritto al contributo per la ricostruzione in favore deil'acquirente (n. 144). DAZI DOGANALI Gestore magazzini doganali di temporanea custodia -Dipendenti -Illeciti -Responsabilitd (d.P.R. 30 dicembre 1969', n. 1134, art. 4; l. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 136; art. 2049 e.e.). Se il gestore di magazzini e recinti per la temporanea custodia di merci in dogana, di cui all'art. 4 d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1134, risponda, in virt� dell'art. 136, I. 25 settembre 1940, n. 1424 �e dell'art. 2049 e.e., degli illeciti fiscali compiuti dai propri dipendenti (n. 62). DIFESA DELLO STATO Accademie Belle Arti -Conservatori Musica -Accademia Nazionale Arte Drammatica -Accademia Nazionale Danza -Istituti e Scuole d'Arte Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura Stato (l. 2 marzo 1963, n. 262; l. 9 aprile 1962, n. 163). Se alle .Accademie di Belle Arti, ai Conservatori di Musica, all'Accademia Nazionale di Arte Drammatica ed aH'Accademia Nazionale di Danza spetti il patrocinio del!'Avvocathra dello Stato (n. 18). PARTE II, CONSULTAZIONI 129 Se agli Istituti ed alle Scuole d'Arte spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello stato (n. 18). Casse scolastiche -Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura dello Stato (artt. 102 e 107 r.d. 30 aprile 1924, n. 965; r.d. 8 giugno 1940, n. 779). Se alle Casse ,scolastiche erette in enti morali spetti il patrocinio delPAvvocatura dello Stato (n. 19). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Case per lavoratori -Alloggi Gestione INA-Casa -Consegna agli IACP ed altri Enti -Lavori di manutenzione straordinaria -Spese -Soggetto passivo (art. 3, l. 14 febbraio 1963, n. 60; art. 4 d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471). Se le spese di manutenzione straordinaria di alloggi della cessata Gestione INA-Casa, non chiesti dagli assegnatari in propriet� immediata ma consegnati ,agli Enti di cui all'art. 4, l. 14 febbraio 1963, n. 60 ed all'articolo 3 d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471, debbano far carico -qualora le spese siano necessitate da fatti verificatisi dopo la consegna ovvero evidenziatisi dopo la consegna pur trovando la loro causa in fatti precedenti alla GESCAL o agli Enti consegnatari (n. 236). Se 1e spese di manutenzione straordinaria di alloggi della cessata gestione INA-Oasa, non chiesti dagli assegnatari in propriet� immediata ma consegnati agli Enti di cui all'art. 4, 1. 14 febbraio 1963, n. 60 ed all'art. 3 d.P.R. 11 ottobre-1963, n. 1471, debbano far carico, ,qualora le spese, pur essendo relative a lavori non ancora eseguiti alla data della consegna, siano necessitate da fatti verificatisi ed accertati prima della consegna medesima -alla GESCAL ovvero agli Enti consegnatari (n. 236). ESECUZIONE FORZATA Depenalizzazione -Sanzioni amministrative -Riscossione -Esecuzione forzata -Vendita all'asta -Competenza (l. 3 maggio 1967, n. 317; artt. 10 e 11 t.u., 14 aprile 1910, n. 639). Se alla riscossione forzata delle somme dovute per sanzioni amministrative ai sensi della ,1. 3 maggio 1967, n. 317 siano pr'eposte le Direzioni Provinciali del Tesoro (n. 52). Se l'organo preposto alla riscossione forzata delle somme dovute per sanzioni amministrative ai sensi della 1. 3 maggio 1967, n. 317 sia competente a procedere alla vendita all'incanto dei beni pignorati, ovvero debba avvalersi dell'ufficiale giudiziario o dell'usciere (n. 52). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� Costruzione autostrada ex l. 24 luglio 1961, n. 729 -Fondo privato -Interclusione -Costituzione di servit� di passaggio (l. 24 luglio 1961, n. 729, art. 11). Se, nel caso in cui, a seguito della costruzione di una autostrada, rimanga intercluso un fondo privato, sia consentito all'espropriante, in 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO forza dell'art. 11, 1. 24 luglio 1961, n. 729, costituire in via di espropriazione una servit� di passaggio a favore di detto fondo, che ne elimini l'interclusione (n. 305). Espropriazione per pubblica utilit� -Decreto giudiziario deposito indennit� -Rilascio di copia aH'Amministrazione -Percezione dei diritti di cancelleria (l. 8 agosto 1890, n. 556, art. 2). Se debbano essere corri.sposti i diritti di cancelleria per rilascio alle Amministrazioni dello Stato di copia autentica del decreto con il quale il Tribunale ordina H deposito presso la Cassa depositi e prestiti della indennit� di esproprio (n. 306). Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Aree edificabili -Gescal -Procedimento -Successione di leggi (l. 18 aprile 1962, n. 167; l. 14 febbraio 1963, n. 60; l. 22 ottobre 1971, n. 865). Questioni varie in materia di successione di leggi che disciplinano l'occupazione d'urgenza e la conseguente espropriazione di aree edificabili in favore della Gescal (n. 308). Mutamento proprietario catastale in pendenza procedimento -Decreto esproprio -Destinatario (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). Se possa considerarsi legittimo il decreto di espropriazione emanato nei confronti di un soggetto non pi� intestatario della partita catastale, anche se risultante intestatario al momento della compilazione del piano particolareggiato, per essere avvenuta nelle mOire della procedura d'esproprio la voltura catastale ad altro soggetto (n. 307). FALLIMENTO Debito d'imposta -Pagamento -Revocatoria fallimentare (art. 67, 2� comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267). Se i pagamenti dei debiti d'imposta, eseguiti a seguito di esecuzione forzata ovvero in adempimento spontaneo dell'obbligo legale, siano soggetti ad azione revocatoria fallimentare quando sia dimostrato che l'organo percipiente conosceva lo stato d'insolvenza del debitore (n. 128). IMPOSTA DI BOLLO INAIL -Compensi a professionisti -Ritenute d'acconto -Versamenti Quietanze -Bollo -Esenzione (art. 38, tab. B all., d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492; art. 3, l. 28 ottobre 1970, n. 801). Se le quietanze relatiV'e a versamenti di ritenute d'acconto effettuati dall'INAIL sui compensi dovuti ai professionisti siano esenti dall'imposta di bollo (n. 44). INAIL -Retribuzioni ai dipendenti -Quietanze -Bollo -Esenzione. Se le quietanze rilasdate aH'INAIL dai propri dipendenti per gli stipendi dscossi siano esenti dall'imposta di bollo (n. 45). PARTE II, CONSULTAZIONI 131 IMPOSTA DI REGISTRO IMI -Finanziamento ex d.l. 14 gennaio 1965, n. 1 -Acquisto di beni reputati necessari per la concessione del finanziamento -Esenzione (d.l. 14 gennaio 1965, n. 1, artt. 4 e 6). Se ai sensi dell'art. 6 d.l. 14 gennaio 1965, n. 1 (come modificato dalla legge di conversione 11 marzo 1965, n. 123) sia esente da imposta di registro l'�tto di acquisto (nella specie, di un complesso aziendale) che sia posto dall1IMI come condizione per la concessione di un finanziamento in quanto ritenuto necessario, in forza dell'art. 4 legge citata, al riassetto tecnico dell'impresa finanziata (n. 372). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Matrimonio -Scioglimento -Assegno di mantenimento -Imposta R.M. Imposta complementare sul reddito -Tassabilit� (art. 5, 40 comma, l. 1� dicembre 1970, n. 898; artt. 85, 91 e 138, u.c. t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). Se l'assegno di mantenimento dovuto a seguito di sentenza di scioglimento del matrimonio costituisca reddito tassabHe ai fini delle imposte di ricchezza mobile e complementare ,sul ireddito (n. 50). IMPOSTA DI SUCCESSIONE Imposta di successione -Testamento -Riconoscimento di debito non detraibile -Legato -Presunzione -Prova contraria (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 1 e 45). Se il riconoscimento, fatto in testamento, di un debito non deducibile dall'attivo �ereditario perch� carente dei requisiti di cui all'art. 45 r.d: 30 dicembre 1923, n. 3270, possa essere considerato in via di presunzione ai fini dell'imposta di successione, come legato; e, nell'affermativa, se tale pr�esunzione possa essere vinta da qualsiasi prova contraria, compresa quella testimoniale (n. 75). IMPOSTE DI F1\BBRICAZIONE Olio d'oliva -Integrazione prezzo (d.l. 9 novembre 1966, n. 912) -Fermo amministrativo -Indennit� di mora (art. 19, d.l. 9 novembre 1966, , n. 912) -Interessi moratori -Cumulo. Se, nei casi in cui i produttori di olio �di oliva risultino morosi nel pagamento del tributo j,stituito dal d.1. 9 novembre 1966, n. 912, sia legittimo, nei confronti dei medesimi, H :llermo amministrativo delle somme loro dovute in base allo stesso d.l. n. 912/66 a titolo di integrazione del pirezzo dell'olio (n. 8). Se l'indennit� di mora, dovuta dal contribuente ex artt. 19 d.l. 9 no vembre 1966, n. 912, e 6 d.1.c.p.s. 25 novembre 1947, n. 1286, possa cumu larsi con la corresponsione degli interessi moratori, dovuti dal debitore moroso secondo H diritto comune (n. 8). 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO Combattenti -Aumenti periodici di stipendio -Applicazione -Misura (art. 3, u.c., l. 9 ottobre 1971, n. 824; artt. 1 e 2, l. 24 maggio 1970, n. 366). Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti pubblici ex combattenti od assimilati dall'art. 3 u.c. 1. 9 ottobre 1971, n. 824, siano comunque dovuti anche in aggiunta a quelli previsti e consentiti dai singoli ordinamenti e contratti collettivi (n. 734). Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti pubblici ex combattenti od assimilati dall'art. 3 u.c. 1. 9 ottobre 1971, n. 824 vadano attribuiti in misura uniforme ed obbiettiva, cio� pari a quella degli aumenti dovuti per altra causa, ovvero possano essere attribuiti in misura diversa (n. 734). Consiglio nazionale delle ricerche -Dipendenti biologi -Iscrizione albo professionale (art. 2, 2� comma, l. 24 maggio 1967, n. 396). Se i ricercatori biologi �dipendenti dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, ai quali per i contratti di lavoro � precluso l'esercizio della libera pa-ofessione, possano essere iscritti all'albo nazionale dei biologi (n. 735). Dipendente en.te pubblico -Nomina a Presidente Comitato di controllo sugli atti degli Enti locali -Compatibilit� (artt. 55 e segg. l. 10 febbraio 1953, n. 62; art. 241 t.u. 3 marzo 1934, n. 383; art. 13 t.u. 10 giugno 1957, n. 3). Se la carica di presidente (o membro) del Comitato di controllo sugli atti degli Enti locali sia compatibile con l'impiego presso un Ente pubblico (n. 736). Dipendente pubblico -Esercizio di funzioni pubbliche elettive -Assenza dal servizio (art. 51, 3� comma, Cost.; l. 12 dicembre 1966, n. 1078). Se il pubblico dipendente ha diritto di assentarsi dal servizio ~il tempo necessario all"esercizio di funzioni pubbliche elettive (nel caso, di consigliere comunale) (n. 738). INFORTUNI SUL LAVORO Infortuni 8til lavoro -Assicurazione -Portieri -Obbligatoriet� (art. 1, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124). Se sia obbligatoria l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei portieri degli stabili (n. 52). PENSIONI Pensione -Assegno di mantenimento in base a separazione consensuale dei coniugi -Trattenuta -Successivo annullamento del matrimonio Effetti. Se, qualora il matrimonio sia stato annullato con sentenza passata in giudicato, debba cessare la trattenuta operata sulla pensione del marito, PARTE �II, CONSULTAZIONI gi� disposta in base ai patti di separazione consensuale al fine di corrispondere l'assegno di mantenimento alla moglie ed alla figlia minore (n. 137). PIANI REGOLATORI Costruzione di opere pubbliche -Aree non demaniali -Licenza edilizia Necessit� (l. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 29 e 32; l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 10). Se l'Amministrazione debba munfrsi della licenza edilizia o almeno 'sentire il Comune interessato per l'esecuzione di opere su beni patrimoniali dello Stato e su beni privati, ai sensi della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, dopo le modifiche apportate dall'art. 10 della 1. 6 agosto 1967, n. 765 alla legge predetta (n. 26). PREZZI Commercio -Merci esposte per la vendita -Obbligo di indicare i prezzi Sanzione -Conciliazione amministrativa (artt. 9 e 14, l. 30 settembre 1920, n. 1349; artt. 38 e 39, l. 11 giugno 1971, n. 426; art. 162 c.p.). Se sia ammissibile la conciliazione in via amministrativa dell'infrazione all'obbligo di indicare i prezzi deHe merci esposte per la vendita, infrazione prevista dall'art. 38, 1. 11 giugno 1971, n. 426 e punita dal successivo art. 39 (n. 71). PROPRIET� INTELLETTUALE Adozione del titolo di precedente rivista gi� cessata -Diritto d'autore Lesione (l. 22 aprile 1941, n. 633, art. 100). Se l'adozione da parte di una rivi,sta dello stesso titolo di precedente rivista scientifica, che ha cessato le pubblicazioni da oltre due anni, sia lesiva di �eventuali diritti d'autore, ai 'sensi della 1. 22 aprile 1941, n. 633 (n. 25). REQUISIZIONE Sindaco -Azienda industriale -Potere di requisizione (art. 7, l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E). Se il Sindaco, nell'esercizio del potere attribuito dall'art. 7, 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, pu� disporre la requisizione di una azienda (n. 123). RESPONSABILIT� CIVILE Danni prodotti da veicolo non identificato, non assicurato, ecc. -Limitazioni al risarcimento -Danni da sinistri ferroviari -Analogia (artt. 19 e 21, l. 24 dicembre 1969, n. 990). Se le limitazioni al risarcimento, stabilite nell'art. 21, 1. 24 dicembre 1969, n. 990, per i danni prodotti da veicolo o natante non identificato, non assicurato o assicurato presso impresa in stato di liquidazione coatta, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO possano .estendersi in via analogica al risarcimento di danni di cui non sia tenuto a rispondere il Fondo di garanzia per le vittime della strada ovvero di danni prodotti da sinistri :l�erroviari (n. 258). Dipendente militare -Invalidit� imputabile alla Amministrazione -Equo indennizzo ex l. 23 dicembre 1970, n. 1094 -Risarcimento danni - Cumulabilit� (l. 23 dicembre 1970, n. 1094; t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 68). Se, nel caso di invalidit� subita da un militare in servizio per fatto imputabile all'Amministrazione, la �concessione dell'equo indennizzo di cui alla 1. 23 dicembre 1970, n. 1094 escluda il diritto anche al risarcimento del danno (n. 259). SERVITU' Servit� militari -Indennizzo -Ius superveniens (art. 1 l. 8 marzo 1968, n. 180). Se, irn virt� della le~ 8 marzo 1968, n. 180, ll'ioo.eninizzo a!lllil!UO previsto dall'art. 1 sia dovuto, per quanto riguarda le servit� militari, a caratter �e espropriativo imposte in data anteriore all'entrata in vigore della legge medesima, soltanto con decorrenza dalla suddetta entrata in vigore, ovvero anche per il periodo precedente (n. 53). TRASPORTO Concessione pubblico servizio di autolinee -Contributo -Presupposti Continuit� dell'esercizio -Varie fattispecie -Domanda -Termini di presentazione -Natura (l. 25 febbraio 1971, n. 94; d.m. 10 maggio 1971). Se, ai fini dell'assegnazione del contributo finanziario a favore di enti pubblici o di privati concessionari di pubblici servizi di autolinea; previsto dalla legge 25 febbraio 1971, n. 94 e dall'art. 1 d.m. 10 maggio 1971, sia da ritenere sussistente il presupposto della continuit� dell'esercizio dell'attivit� imprenditoriale, all'atto della liquidazione del contributo, da parte del medesimo soggetto, nei seguenti casi: 1) evedi del soggetto che, negli anni di applicazione dei benefici, era titolare ed esercente delle autolinee per cui ora i benefici stessi vengono richiesti (n. 77); 2) societ� che hanno assunto una diversa ragione sociale, in seguito a trasformazione o fusione di pi� soci�et�, rispetto a quelle che hanno eser citato, negli anni di applicazione dei benefici, 1e autolinee per le quali viene ora richiesto il contributo (n. 77); 3) societ� subentrate nella titolarit� e nell'esercizio di servizi g�estiti, negli anni di applicazione dei benefici, da imprese individuali (n. 77); 4) societ� per azioni subentrata nella titolarit� e nell'esercizio di ser vizi gestiti, neg1i anni di applicazione dei benefici, ad un'Azienda Municipa lizzata Trasporti di un Comune che in atto detiene la quasi totalit� del pac chetto azionario della predetta Societ� (n. 77); 5) 1soggetti 'che, pur essendo tuttora titolari delle concessioni dei ser vizi, non ne hann� l'esercizio, essendo stato quest'ultimo affidato in via pr�ecaria ad �altre imprese, ai sensi dell'art. 23 della legge 28 settembre 1939, n. 1822 (n. 77); PARTE II, CONSULTAZIONI 6) esercizio di servizi sospesi -pur perdurando il rapporto concessionale -dalle imprese titolari ed assunti, in via temporanea, dietro nuHa osta del Ministero, dalla Gestione Commissariale Governativa per le Ferrovie Calabro Lucane, in attesa della conclusione della procedura prescritta per il rilievo delle relativ�e concessioni, ai sensi degli artt. 6 e 7 della legge 18 marzo 1968, in. 368 (n. 77). 7) servizi gestiti, negli anni di applicazione dei benefici, da societ� in seguito fallite �ed in atto esercitati dal curatore del fallimento e da altri imprenditOiri subentrati nelle titolarit� delle relative concessioni (n. 77); 8) se il termine di 30 giorni stabilito dall'art. 2 d.m. 10 maggio 1971 per la presentazione delle domande di assegnazione del contributo finanziario a favore di enti pubblici o di privati concessionari di pubblici servizi di autolinea -di cui alla legge 25 febbraio 1971, n. 94 -abbia carattere perentorio (n. 77). , TRIBUTI LOCALI Tributi locali -Imposta di consumo -Quota partecipazione tassa circolazione autoveicoli -Delegazioni a garanzia ex l. 22 dicembre 1969, n. 964 Limiti precedenti -Applicabilit� -(L. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15; t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94; l. 18 dicembre 1959, n. 1079). Se le delegazioni di tributi locali, fatte da Comuni e Provincie ai sensi dell'art. 15 I. 22 dicembre 1969, n. 964 a garanzia dei finanziamenti delle opere pubbliche di loro competenza, siano sottoposte, quando concernano tributi la cui delegabilit� era gi� prevista da precedente legislazione (imposte di consumo e quota di partecipazione aUe t�asse di circolazione sugli autoveicoli), alle condizioni e limiti fissati da tale legislazione (rispettivamente art. 94 t.u. 14 settembre 1931, n. 1175 sulla finanza locale modificato dall'art. 11 1. 18 dicembre 1959, n. 1079; e articolo unico 1. 21 marzo 1958, n. 336) (n. 8). VENDITA Vendita -Errore sui valore del bene trasferito -AnnuHabHit� -(Art. 1429 e.e.). Se l'errore del venditore sul valore del bene venduto possa costituire causa di annullamento della compravendita per errore (n. 20).