ANNO XXlll-N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1971 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

l 9 7 l 



ABBONAMENTI 

ANNO L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO . . � . . � � � � � . � . � � . � � � 1.300 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(1212932) Roma. 1972 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 727 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdell'avv. 
Benedetto Baccari) � 752 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a 
tro de Francisci} 
cura del/'avv. Pie. 
� 783 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de/1' 
avv. Ugo Gargiulo) . � 808 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 833 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi) '. � � 924 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. 
Di Tarsia di Be/monte) 
Paolo 
� 938 

Parte seconda': QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

RASSEGNA DI DOTfRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazze/la} . . . pag. 153 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) � 155 
CONSULTAZIONI � . . � � . � � . � . � � � . � 178 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

ROSSI A., Cenni in tema di realizzazione di plusvalenza da parte 
di soggetto tassabile in base a bilancio . . . . , . . . . pag. 833 

VIRGILIO R., Appunti in tema di responsabilit� della P. A. 
per atti legittimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 767 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Concessione di udienza di acqua 
pubblica -Impossibilit� o diminuzione 
di godimento della concessione 
-Irresponsabilit� della 
Amministrazione concedente 
Limiti, 924. 

-Ricorsi aventi per oggetto diritti 

o interessi che si pretendono 
lesi dall'avvenuta concessione di 
utenza di acqua pubblica -Termine 
di decadenza -Applicabilit� 
nei riguardi del terzo concessionario 
che assuma di essere stato 
leso nel suo diritto dalla nuova 
concessione -Esclusione, 924. 
ALBERGHI 

-Mutamento di destinazione 
Autorizzazione ministeriale allo 
svincolo -Comproprietario gestore 
dell'albergo -Interesse Sussiste, 
819. 

-Mutamento di destinazione -Autorizzazione 
su istanza di taluni 
comproprietari Illegittimit�, 

819. 
APPALTO 

-Appalti di opere pubbliche Provvedimento 
finale dell'Amministrazione 
appaltante sulle riserve 
dell'appaltatore -Notificazione 
formale dell'atto ai fini del decorso 
del termine di decadenza per 
la proposizione della domanda 
di arbitrato, o davanti al giudice 
competente secondo le disposizioni 
del codice di procedura civile 
e del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611 
-Necessit� -Sussiste, 933. 

-Appalto di opere pubbliche Appalti 
della Regione Siciliana Regolamento 
sulla direzione, contabilit� 
e collaudo dei lavori pubblici 
statali appr. con r.d. 25 
maggio 1895, n. 350 -Applica


bilit� agli appalti della Regione 
Siciliana in virt� dell'art. 1 1. 1 
luglio 1947, n. 3 -Sussiste, 928. 

-Appalto di opere pubbliche Collaudo 
-Funzione, 929. 

-Appalto di opere pubbliche -Collaudo 
-Pretesa dell'appaltatore 
al risarcimento dei danni per assunto 
ritardo nell'effettuazione 
del collaudo -Onere della riserva 
-Sussiste, 929. 

-Appalto di opere pubbliche. Gestione 
e contabilit� dell'appalto 
-Oneri della immediata: contestazione 
e della immediata riserva 
da parte dell'appaltatore 
relativamente alle circostanze 
che riguardano la sua prestazione 
e siano suscettibili di produrre 
un incremento della spesa prevista 
-Sussiste, 929. 

APPELLO 

-Cognizione del giudice di appello 
-Divieto di reformatio in 
peius (in genere) -�oncessione 
d'ufficio della provvisionale Violazione 
del divieto -Esclusione, 
940. 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI 


-Frode nella preparazione e commercio 
di prodotti alimentari Compartecipazione 
degli analisti 
e scopritori al provento delle pene 
p�cuniarie -Inammissibilit� 
della questione, 746. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Assegnazione di farmacia al vincitore 
del concorso -� atto definitivo, 
817. 

-Atto collegiale -Composizione 
del collegio -Partecipazione di 
congiunto ad un soggetto interessato 
alla deliberazione -Illegittimit�, 
814. 


VI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Reclamo -Nozione -Potere dell'Autorit� 
decidente -Limiti Motivi 
di impugnazione -Specificazione 
-Necessit�, 831. 

AUTOVEICOLI E AUTOLINEE 

Ipoteca giudiziale -Ammissibilit�, 
783. 

BELLEZZE NATURALI 

Costruzioni edilizie -Ordine di 
demolizione -Eccesso di potere 
per omessa demolizione di altre 
costruzioni realizzate in difformit� 
ai viri.coli -Non sussiste, 

818. 
-Costruzioni edilizie� sottoposte a 
vincolo della Sovrintendenza Inosservanza 
delle prescnz10ni 
relative -Ordine di demolizione 
-Soggetto passivo -� il costruttore, 
818. 

Costruzioni edilizie sottoposte a 
vincolo dalla Sovrintendenza 

� Omessa impugnazione � -Inosservanza 
delle prescrizioni relative 
-Effetti, 818. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

Concessioni amministrative 
Gestione di pubblico servizio di 
trasporto in danno del concessionario 
-Tutela del concessionario 
-Giurisdizione del giudice ordinario, 
761. 

-Contratti della P.A. -Revisione 
prezzi -Controversie -Giurisdizione 
C.d.S., 827. 

Contratti pubblici -Revisione 
prezzi -Giurisdizione del Consiglio 
di Stato -Limiti, 811. 

-Edilizia popolare ed economica Alloggi 
cooperativi -Approvazione 
del riparto spese -Controversia 
-Giurisdizione del C.d.S., 

831. 
- 
Elezioni amministrative -Competenza 
del Consiglio di Stato Limiti, 
809. 

-Elezioni amministrative -Operazioni 
elettorali -Controversie 
-Competenza del Consiglio di 
Stato, 808. 

-Espropriazione per pubblica utilit� 
-Decreto di espropriazione 
e piano particolareggiato -Impugnazione 
-Giurisdizione del giudice 
amministrativo, 752. 

-Giudicato -Estensione e preclusioni 
-Limiti, 752. 

Impiego pubblico -Giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato Limiti, 
757. 

Interesse legittimo Nozione, 

808. 
-Organizzazione degli uffici pubblici 
-Interesse del dipendente Non 
sussiste, 808. 

- 
Responsabilit� della P.A. per atti 
legittimi -Indennizzo -Giurisdizione 
del giudice ordinario, 
con nota di R. VIRGILIO, 767. 

COMUNE 

-Imposte di consumo -Delibera 
di assunzione diretta -Alternativa 
con l'appalto -Elementi valutabili 
-Criterio, 822. 

-Imposte di consumo -Delibera di 
assunzione diretta -Annullamento 
prefettizio -Possibilit� di 
nuova delibera indenne da vizi Sussiste, 
822. 

-Imposte di consumo -Delibera di 
assunzione diretta -Incompletezza 
e contraddittoriet� dei presupposti 
-Annullamento prefettizio 
-Legittimit�, 822. 

CONFISCA 

- 
Mezzo d'impugnazione, 938. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Contratti della P.A. -Revisione 
prezzi -Lavori concessi dal Ministero 
LL.PP. con contributo 
forfettario -Inammissibilit� della 
revisione prezzi, 825. 



INDICE VII 

-Contratti della P.A. -Revisione 
prezzi -.Parere della Commissione 
ministeriale -Atto interno non 
impugnabile, 824. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Aggiunte e varianti -Con alterazione 
dei prezzi d'appalto -Atto 
di sottomissione o appendice al 
contratto -Duplicit� di rapporti 
contrattuali -Esclusione, 827. 

-Qualificazione del rapporto -Accertamento 
del concreto intento 
negoziale perseguito �dalle parti Necessit�, 
810. 

-Qualificazione del rapporto -Richiamo 
al Capitolato d'oneri delle 
forniture -Valore -Clausola 
diretta ad escludere la rivalutazione 
del compenso -Legittimit�, 

810. 
-Revisione prezzi -Diniego basato 
sulla qualificazione del rapporto 
contrattuale -Legittimit�, 

811. 
-Revisione prezzi -Domanda Presentata 
dopo l'ultimazione dei 
lavori -Pu� essere esaminata 
dall'Amministrazione, 827. 

-Revisione prezzi -Domanda Termine 
-Opere pubbliche degli 
Enti locali -Art. 5 1. n. 463 del 
1964 -Criterio di applicazione, 

827. 
-Revisione prezzi -Parere interlocutorio 
della Commissione Comunicazione 
all'interessato Non 
� impugnabile, 826. 

-Revisione prezzi -Provvedimento 
ministeriale -Insindacabilit� Art. 
5 terzo comma d.l.vo n. 1501 
del 1947 -Non � pi� in vigore, 

827. 
CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Giudice 
a quo -Commissione elettorale 
mandamentale -Inammissibilit� 
della questione, 743. 

COSA GIUDICATA 

-Esecuzione -Ricorso ex art. 27, 

n. 4 -Presupposti -Assenza di 
giudicato nei confronti della P. 
A. -Inammissibilit� del ricorso, 
809. 
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Approvvigionamenti e consumi, 
Corte Costituzionale, Danni 
di guerra, Imposte e tasse in genere, 
Lavoro, Proce(iimento penale, 
Reato, Regione, Siicilia, 
Trentino Alto-Adige. 

DANNI DI GUERRA 

-Concessione di indennizzi per 
danni all'estero -Requisito della 
residenza o del domicilio in Italia 
del danneggiato -Violazione 
del principio di eguaglianza Esclusione, 
731. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Assegnazione alloggi -Competenza 
della Commissione Centrale 
ex art. 14 d.P.R. 17 gennaio 
1959, n. 2 -Limiti, 815. 

-Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 Criteri 
e principi generali -Adozioni'! 
del piano da parte di comuni 
c;h.e gi� dispongono di aree 
fabbricabili -Legittimit�, 820. 

-Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 
-Incremento demografico -Calcolo 
-Criteri, 821. 

-.Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Motivazione 
per relationem alla 
relazione illustrativa -Sufficienza, 
820. 

-Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 Previsione 
della spesa -Art. 81 
Cost. -Inapplicabilit�, 821. 

-Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Scelta 
delle aree -Elementi valutabili 
-Insindacabilit�, 820. 


VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Dichiarazione di indifferibilit� e 
occupazione d'urgenza -Impugnazione 
cumulativa -Ammissibilit�, 
811. 

-Espropriazione Decreto di 
espropriazione -Omessa specificazione 
dell'indennit� -Desumibilit� 
aliunde -Legittimit�, 

823. 
Espropriazione Decreto di 
espropriazione -Omesso calcolo 
dell'area di sedime -Illegittimit�, 
826. 

- 
Espropriazione -Edilizia popolare 
ed economica -Art. 13 1. n. 
246 del 1963 -Acquisto di area 
fabbricabile da parte del Comune 
-Deliberazione per l'acquisto 
-Mancanza di approvazione 
della G.P.A. -Preclude la possibilit� 
di espropriazione, 829. 

Espropriazione -Edilizia popolare 
ed economica -Art. 13 1. numero 
246 del 1963 -A�quisto di 
area fabbricabile da parte del 
Comune -Deliberazione per l'acquisto 
-Richiesta al Prefetto Atti 
preparatori non impugnabili, 
829. 

-Espropriazione -Opere militari Designazione 
delle propriet� 
espropriative od espropriande Firma 
del provvedimento -Funzionario 
precariamente preposto 
alla Direzione generale -Legittimit�, 
825. 

-Espropriazione -Opere militari Espropriazione 
di aree gi� occupate 
anni prima e che la P.A. 
aveva dichiarato di voler restituire 
-Legitimit� -Contraddittoriet� 
-Non sussiste, 82.5. 

-Espropriazione -Opere militari Scelta 
dell'area -Omessa motivazione 
-Legittimit�, 825. 

-Espropriazione -Servit� militare 
-Limite di distanza -T.U. 

n. 401 del 1900 e r.d. n. 12 del 
1901 -Non sono pi� in vigore, 
824. 
- 
Espropriazione -Servit� militare 
-Procedimento -Procedura 

abbreviata Intervento della 
Commissione tecnica -Non oc


corre, 824. 

-Espropriazione re 
-Urgenza dell'urgenza 


824. 
Servit� militaApprezzamento 
Insindacabilit�, 

-Espropriazione -Servizio militare 
-Indennit� annua -� stabilita 
dalla legge -Manifesto della 
Autorit� -Omessa indicazione 
dell'indennizzo Irrilevanza, 

823. 
- 
Pubblica utilit� dichiarata per 
legge -Individuazione del provvedimento 
impugnabile -� il 
decreto di esproprio, 812. 

-Strade -Approvazione del progetto 
dei lavori -Equivale a dichiarazione 
di pubblica utilit� Effetti, 
814. 

FALLIMENTO 

Compensazione -Riserva della 
compensazione all'atto della insinuazione 
del credito da compensare 
-Non occorre, 864. 

Concordato -Fattispecie complessa 
-Crediti privilegiati Fallimento 
dell'assuntore -Efficacia 
del privilegio generale nei 
confronti dell'assuntore, 787. 

FARMACIA 

-Morte del titolare -Assegnazione 
per concorso -Invito del Prefetto 
al vincitore del concorso ad 
accordarsi sull'importo dell'indennit� 
di avviamento -Atto 
preparatorio -Impugnazione Inammissibilit�, 
817. 

-Morte del titolare -Pagamento 
degli eredi, provviste e dotazioni 
-Contestualit� alla consegna 
della farmacia -Non occorre, 

817. 
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Procedimento giurisdizionale ~ Perenzione 
per inattivit� delle 
parti -Presupposti e limiti, 816. 



INDICE 

-Procedimento giurisdizionale davanti 
al Consiglio di Stato Morte 
del ricorrente -Interruzione 
del processo -Non sussiste, 

817. 
- 
Ricorso giurisdizionale -Atto 
impugnabile e non -Impugnativa 
contro il diniego di risultato pi� 
favorevole -Mancata impugnativa 
del risultato meno favorevole-
Irrilevanza, 832. 

GUERRA 

-Danni di guerra -Beni italiani 
all'estero -Perduti per trattato 
di pace -Liquidazione dell'indennizzo 
-Sindacato di legittimit�-
Limiti, 830. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Concorso -Inquadramento -Dipendenti 
C.R.I. -Concorsi -Ammissione 
-Requisiti -Si ha riguardo 
alle mansioni effettivamente 
esercitate, 832. 

Dovere di obbedienza -Limite Omesso 
esercizio -Della rimostranza 
-Punibilit� del dipendente 
-Fattispecie, 823. 

-Indennit� di buonuscita -Emolumenti 
computabili -Previsione 
regolamentare in deroga all'articolo 
1221 e.e. -Legittimit�, 820. 

Infortunio in itinere -Dipendenza 
di causa di servizio -Riconoscimento 
-Mezzo di trasporto 
utilizzato -Limiti, 814. 

Orario di lavoro -Determinazione 
con circolare -Necessit� di 
impugnazione in termini -Non 
sussiste, 815. 

-Orario di lavoro -Disciplina introdotta 
dal decreto 17 settembre 
1939 -i: in vigore, 815. 

Procedimento disciplinare -Annullamento 
in sede giurisdizionale 
-Rinnovazione dell'atto viziato 
-Legittimit�, 813. 

-Procedimento disciplinare -Contestazione 
del fatto tratto dall'accertamento 
compiuto in sede penale 
-Legittimit�, 810. 

-Procedimento disciplinare -Contestazione 
degli addebiti -Irrogazioni 
per gli stessi fatti di sanzioni 
diverse da parte di distinte 
Commissioni di disciplina -Eccesso 
di potere per disparit� di 
trattamento -Insussistenza, 810. 

-Procedimento disciplinare -Termine 
ex art. 120 t.u. 10 gennaio 
1957, n. 3 -Perenzione -Non 
sussiste, 813. 

-Procedimento disciplinare -Valutazione 
dei fatti e delle prove Discrezionalit�, 
810. 

-Procedimento disciplinare -Valutazione 
dei fatti e delle prove 
risultanti da distinte statuizioni 
penali -Insufficienza -Illegittimit�, 
813. 

-Promozione -Discrezionalit� della 
P.A. -Limiti, 816. 

-Promozione -Merito comparativo 
-Attitudine alla qualifica 
superiore -Elementi valutabili 


,Legittimit�, 812. 

-Promozione -Merito comparativo 
-Attitudine alla qualifica superiore 
-Parere della Commissione 
di vigilanza -Non � vincolante 
per la Commissione giudicatrice, 
812. 

-Promozione -Merito comparativo 
-Criteri di massima -Determinazione 
del punteggio massimo 
per le sole categorie relative 
a titoli di studio universitari 
-Legittimit�, 812. 

-Promozione -Rinnovazione -A 
seguito di annullamento giurisdizionale 
-Criteri da osservare, 

828. 
- 
Promozione -Rinnovazione -A 
seguito di annullamento giurisdizionale 
-Scrutini� annullato 
interamente -Rinnovazione solo 
per il ricorrente -Illegittimit�, 

828. 
-Provvedimento disciplinare 
Fatti punibili �-Omesso esercizio 
di poteri di direzione, vigilanza 
e controllo -Punibilit�, 823. 

- 
Risoluzione del rapporto per 
morte del dipendente -Indennit� 
di buonuscita -Omesso computo 
del servizio non di ruolo Illegittimit�, 
820. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni -Controversie Prova 
testimoniale -Inammissibilit�, 
con nota di u. GARGIULO, 

914. 
- 
Agevolazioni per le opere pubbliche 
di interesse degli enti locali 
-Natura -Limiti, 882. 

Agevolazioni per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Costituzione 
di societ� e aumenti di capitale 
-Possibilit� di costituire 
sedi e succursali fuori del mezzogiorno 
-Esclusione dell'agevolazione, 
895. 

-Appalto e concessione di pubblico 
servizio -Servizio di ristoro 
sulle Ferrovie dello Stato -� 
concessione amministrativa, 872. 

-Concessione sul demanio stradale 
-Stazione di servizio -Costituzione 
di diritto di servit� Tassazione, 
860. 

-Finanziamento a medio termine 
con contributo statale -Imposta 
in abbonamento -� dovuta, 849. 

Finanziamento bancario -Imposta 
di bollo surrogatoria dell'imposta 
di registro -Finanziamento 
mediante cambiali -Costituzione 
di ipoteca -Si estende, 

843. 
-Mutuo fondiario -Anticipazione 
in denaro prima del perfezionamento 
della operazione -Tassazione 
di autonomo negozio, 852. 

- 
Mutuo fondiario -Deposito di 
cartelle fino alla iscrizione di 
prima ipoteca -Tassazi-One come 
contratto autonomo -Esclusione, 

852. 
-Presunzione di appartenenza dei 
macchinari all'opificio -Art. 47 
quinto comma legge di registro Illegittimit� 
costituzionale -Manifesta 
infondatezza, 902. 

-Presunzione� di appartenenza dei 
macchinari all'opificio -�Presunzione 
assoluta, 902. 

- 
Regione Sieiliana -Potest� legislativa 
concorrente con quella 
dello Stato -Concorso di disposizioni 
diverse o compatibili Conseguenze 
-Fattispecie (esen


zione per le nuove costruzioni 
adibite ad abitazioni in Sicilia), 
con nota di u. GARGIULO, 914. 

-Usufrutto su edificio -Perimetro 
-Ricostruzione da parte del 
proprietario ex art. 1018 cpc. c. c. 
-Estinzione dell'usufrutto -Successiva 
morte dell'usufruttuario 
-Consolidazione -Non si verifica, 
846. 


-Vendita fra parenti -Presunzione 
di liberalit� -Prova della 
provenienza del prezzo -Certificazioni 
bancarie -Idoneit�, 899. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Plusvalenza -Permuta di titoli 
azionari -Realizzazione di reddito 
tassabile -Esclusione, con 
nota di A. RossI, 833. 

-IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Deduzioni di passivit� -Assegno 
bancario -Prova del debito verso 
la banca -Insufficienza -Con


. 
tratto di apertura di credito di 
data certa -Necessit�, 888. 

-Deduzione di passivit� -Legge 
interpretativa 24 dicembre 1969, 

n. 1083 -Esclusione del rimborso 
di imposte versate -Illegittimit� 
costituzionale -Manifesta 
infondatezza, 888. 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Entrata imponibile -Mance nelle 
case da gioco, 868. 

IMPOSTE DOGANALI 

- 
Importazione di merci tassabili 

� ad valorem � -Prezzo normale 
-Prezzo indicato in fattura Valore 
mm1mo imponibile 
Esclusione, 858. 
- 
Uscita delle merci dagli spaz~ 
doganali -Qualificazione merc:i:importate 
-Accertamento di fatto 
-Impossibilit�, 884. 



INDICE XI 

-Valvole radioelettriche -Minore 
aliquota stabilita per il mercato 
comune -Limitazione alle valvole 
destinate ad apparecchi radioriceventi, 
885. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

I.G.E. corrisposta a mezzo marche 
-Irripetibilit� -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 727. 
-Impignorabilit� del credito di 
imposta -Non costituisce. ostacolo 
alla compensazione con altri 
debiti della Amministrazione 
finanziaria, 864. 

Imposta di R.M. -Soggetti tassabili 
in base a bilancio -Deducibilit� 
degli interessi passivi in 
maniera presuntiva -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 744. 

Imposta di successione -Azione 
giudiziaria condizionata alla presentazione 
della denuncia fiscale 

Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
747. 

-Imposte sulle lotterie -Concorsi 
a premio e operazioni a premio Premi 
per l'incremento delle vendite 
-Premi promessi agli addetti 
alla vendita -Tassabilit�, 

879. 
-Imposte automobilistiche -Supplemento 
-Prescrizione triennale 
della legge di registro -Si 
estende, 878. 

-Imposte dirette -Accertamento 


-Accertamento analitico -Obbligatoriet� 
-Eccezioni -Contribuente 
obbligato alla tenuta di scritture 
contabili, 841. 

Imposte dirette -Accertamento Obbligo 
della tenuta di scritture 
contabili -Societ� in accomandita 
semplice -Sussiste, 841. 

Imposte dirette -Frode fiscale Eccesso 
rispetto alla legge di delega 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 735. 

-Imposte dirette -Riscossione Fallimento 
del contribuente Compensazione 
fra crediti della 
Esattoria e debiti dell'Ammini


strazione finanziaria -Ammissi


bilit�, 863. 

Imposte indirette -Competenza 
. e giurisdizione -Decisione della 
Commissione provinciale di valutazione 
che risolve questioni di 
diritto -Incompetenza -Impu' 
gnazione al Tribunale ex art. 29 
terzo comma .r.d. 7 agosto 1936, 

n. 1639 per difetto di calcolo ed 
errore di apprezzamento -Annullamento 
della decisione impugnata 
per incompetenza della 
Commissione -Deve essere pro�
nunciato d'ufficio, 909. 

-Imposte indirette -Controversie 
di valutazione e controversie di 
diritto -Decisioni -Regime processuale, 
892. 

-Imposte indirette -Procedimento 
�dinanzi alle Commissioni Vizi 
del procedimento -Valutazione 
dei fondi rustici -Parere 
della Commissione censuaria 
provinciale -Omissione -Nullit� 
della decisione -Omessa impugnazione 
Formazione del 
giudicato, 907.. 

�-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Comunicazione della 
data dell'udienza -Rinvio -Comunicazione 
della data della 
nuova udienza -Non � richiesta, 

907. 
IMPUGNAZIONE 

-Impugnazioni civili Cause 
scindibili -Decorrenza unica del 
termine -Condizioni, 805. 

INTERESSE PRIVATO IN ATTI DI 
UFFICIO 

-Inefficacia, invalidit� o revocabilit� 
dell'atto -Irrilevanza, 941. 

LAVORO 

-Consulenti di lavoro -Divieto di 
svolgimento dell'attivit� per relazioni 
ambientali -Discriminazione 
con altre categorie di consulenti 
-Illegittimit� costituzionale, 
729. 


XII 

-Prestazioni discontinue -Inapplicabilit� 
della limitazione dell'orario 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 741. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


Legislazione preunitaria -Regno 
delle Due Sicilie -Decreti di 
concessione agli Enti Locali dei 
beni dei soppressi ordini religiosi 
-Leggi provvedimenti -Attribuzione 
in propriet�, 796. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Obbligazioni solidali -Pagamento 
-Surroga legale del condebitore 
-Limiti -Eccezioni opponibili, 
802. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Legittimazione -Qualit� di erede 
-Accertamento -Prova desunta 
dal comportamento processuale 
delle parti -Ammissibilit� 
-Limiti, 792. 

Sospensione dei termini processuali 
dispos,ta dalla legge 1965, 

n. 818 -Applicabilit� ai soli termini 
compresi nel periodo feriale 
-Sospensione disposta dalla 
legge n. 742 del 1969 -Efficacia 
retroattiva -Esclusione, 805. 
PROCEDIMENTO PENALE 

-Computo della pena agli effetti 
del mandato di cattura -Computo 
della recidiva -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 742. 

Giudizi di impugnazione -Avviso 
di deposito della sentenza Esclusione 
della notifica al difensore 
del dibattimento -Illegittimit� 
costituzionale, 739. 

REATO 

Reati e pene -Vilipendio delle 
FF.AA. -Autorizzazione a procedere 
-Violazione dell'indipen-

INDICE 

denza della Magistratura e del 
principio di eguaglianza -Esclusione, 
732. 

REGIONE 

-Regioni a statuto ordinario -Potest� 
legislativa -Necessit� del 
previo trasferimento delle funzioni 
-Piano regolatore generale 
degli acquedotti -Ricorso in via 
principale -Inammissibilit�, 749. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso gerarchico -Motivazione 
-Sufficienza, 822. 

SENTENZA 

-Interessi civili -Provvisionale Concessione 
d'ufficio a favore 
della parte civile -Legittimit�, 

939. 
Interessi civili -Provvisionale Contenimento 
entro la misura del 
danno provato -Esclusione, 939. 

SICILIA 

-Valle dei Templi di Agrigento -
Perimetrazione della zona da 
parte del Ministero della P .I. Violazione 
della riserva di legge 
e della competenza della Regione 
Siciliana -Insussistenza, 737. 

SUCCESSIONE 

Chiamato all'eredit� -Poteri Atti 
conservativi -Legittimazione 
a resistere in giudizio, 792. 

TRENTINO ALTO-ADIGE 

Conflitto di attribuzione con lo 
Stato -Legge urbanistica provinciale 
di Bolzano -Decreto di vincolo 
per edilizia scolastica 
Variante al piano regolatore ge: 
nerale -Potere spettante alla 
Provincia, 734. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

29 aprile 1971, n. 88 . pag. 727 
29 aprile 1971, n. 89 . 729 
29 aprile 1971, n. 90 . 731 
29 aprile 1971, n. 91 . 732 
29 aprile 1971, n. 92 . 734 
29 aprile 1971, n. 93 . 735 
11 maggio 1971, n. 94 . 737 
11 maggio 1971, n. 96 . 739 
11 maggio 1971, n. 99 . 741 
11 maggio 1971, n. 100 . 742 
11 maggio 1971, n. 102 . 743 
26 maggio 1971, n. 107 . 744 
26 maggio 1971, n. 110 . 746 
26 maggio 1971, n. 111 . 747 
9 giugno 19971, n. 119 . 749 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 29 ottobre 1970, n. 2231 . pag. 833 
Sez. I, 30 marzo 1971, n. 908 . 841 
Sez. I, 30 marzo 1971, n. 911 . 843 
Sez. I, 30 marzo 1971, n. 913 . 846 
Sez. I, 30 marzo 1971, n. 914 . 849 
Sez. I, 3 aprile 1971, n. 944 . 852 
Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1018 . 752 
Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1023 . 858 
Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1038 . 860 
Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1056 . 852 
Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1061 . 863 
Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1064 . 868 
. Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1070 . 872 
Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1075 . 878 
Sez. Un., 17 aprile 1971, n. 1104 . 757 
Sez. I, 19 aprile 1971, n. 1112 . 879 
Sez. Un., 22 aprile 1971, n. 1157 . 882 
Sez. I, 26 aprile 1971, n. 1233 . 884 
Sez. I, 28 aprile 1971, n. 1240 . 888 
Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1362 . 892 
Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1363 . 895 
Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1364 . 899 
Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1378 . 783 
Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1381 . 902 
Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1386 . 907 
Sez. I, 15 maggio 1971, n. 1408 . 909 
Sez. Un., 15 maggio 1971, n. 1442 . 761 
Sez. I, 27 maggio 1971, n. 1580 . 787 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 5 giugno 197i, n. 1673 . . . pag. 792 
Sez. I, 7 giugno 1971, n. 1693 . . . 796 
Sez. Un., 14 giugno 1971, n. 1823 . 924 
Sez. III, 21 giugno 1971, n. 1952 . 802 
Sez. Un., 22 giugno 1971, n. 1959 . 767 
Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1962 . . 928 
Sez. I, 30 giugno 1971, n. 2053 . 914 
Sez. I, 7 luglio 1971, n. 2126 . 933 
Sez. I, 8 luglio 1971, n. 2157 . . 805 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 26 gennaio 1971, n. 1 . pag. 808 
Ad. Plen., 6 aprile 1971, n. 3 . 808 
Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 183 . 809 
Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 188 . 810 
Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 190 . 810 
Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 225 . 811 
Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 231 . 812 
Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 237 . 813 
Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 279 . 814 
Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 280 . 814 
Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 283 . 814 
Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 366 . 815 
Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 367 . 815 
Sez. IV, 6 aprile 1971, n. 426 . . 816 
Sez. �Iv, 16 aprile 1971, n. 451 . 816 
Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 452 . 817 
Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 463 . 818 
Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 467 . 819 
Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 469 . 820 
Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 510 . 820 
Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 511 . 822 
Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 542 . 823 
Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 546 . 823 
Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 565 . 824 
Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 568 . . 825 
Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 583 . 826 
Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 586 .. 828 
Sez. IV, 15 giugno 1971, n. 639 . . 829 
Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 643 . 830 
Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 644 . 831 
Sez. V, 11 maggio 1971, n. 449 . . 832 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 9 aprile 1970, n. 1349 . pag. 938 
Sez. IV, 13 novembre 1970, n. 1686 . 939 
Sez. VI, 25 novembre 1970, n. 1718 . 941 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

QNDEI E., Il matrimonio con effetto civile nella giurisprudenza, 
Ed. CEDAM, Padova, 1971 . . . . . . . . . . . . . . . pag. 153 

PIRAINO S., La presupposizione negli accordi in tema di espropriazione 
per pubblica utilitd, Giuffr�, Milano, 1971 . . . 153 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Leggi e decreti (Segnalazioni) 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

Norme dichiarate incostituzionali: 

codice di procedura civile, art. 305 . pag. 155 
codice di procedura civile, art. 707, primo comma, e 
art. 708 . . . . . . . . . . . . 155 
codice penale, art. 136, primo comma . 155 
codice penale, art. 151, primo comma . 156 
codice di procedura penale, art. 246 . . 156 
codice di procedura penale, art. 263 bis . 156 

r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, art. 21 delle disposizioni 
annesse . . . . . . . . . . . . . . 156 

r. d. 18 giugno 1931, n. 914, art. 45, primo comma . 156 

r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 63 . . . . . . . . 157 

d. 1. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10, primo comma . . 157 
legge 10 agosto 1950, n. 648, art.. 92, primo comma e 
tutti gli altri commi . . . . . . . . . . . . . . 157 
legge 14 luglio 1959, n. 741, art. 7, secondo comma 157 

d. P. R. emanati in base alla delega di cui agli artt. 1 
e 7 della legge 14 luglio 1959, n. 741 . . . . . . . 158 

d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 ....... . 158 
legge 15 giugno 1966, n. 604, art. 11 primo comma . 158 
legge 21 maggio 1970, n. 282, artt. 1, 2 e 5 . . . . 158 

d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283, artt. 1, 2, e 5 . . . . 158 
legge reg. Trentino-Alto Adige appr. 29 settembre 1970 
e riapp. 7 ottobre 1970 . . . . . . . . . . . . . . 159 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimitd costituzionale: 


codice penale, art. 27 . . . . . . . . . pag. 159 
codice penale, art. 596, primo comma . 159 
codice penale, art. 650 . . . . . . . 159 
codice penale, art. 650 . . . . . . . . 159 
codice di procedura penale, art. 152 . . 160 
codice di procedura penale, art. 152, primo comma . 160 
codice di procedura penale, art. 236 . . . . . . . > 160 


XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 269 . . . . . . pag. 160 
codice di procedura penale, art. 586, quarto comma . 160 
codice di procedura penale, art. 591 . 161 
codice di procedura penale, art. 592 . . . . . . . 161 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4 . . . . . . . . 161 

r. d. 18 novembre 1920, n. 1626, art. 12, terzo comma . 161 
legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1, secondo comma, 
n. 9 .......� . . . . . . . . . . . 161 
d. 1. 21 febbraio 1938, n. 246, art. 19 . . . . . . 161 
r. d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 33, ultimo comma . 162 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 98, primo comma . 162 
legge 3 gennaio 1951, n. 27, art. 1 . . . . . . . 162 
legge 7 novembre 1957, n. 1051, articolo unico . 162 
d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237, art. 137, terzo comma . 162 
legge 4 aprile 1964, n. 171, art. 7, terzo comma . 162 
d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 . . 163 
legge 5 giugno 1967, n. 431, art. 6 . . . 163 
legge 6 agosto 1967, n. 765 . . . . . . 163 
legge 21 maggio 1970, n. 282, artt. 1 e 5 . 163 
legge 21 maggio 1970, n. 282, art. 5, lett. d . 163 
legge 21 maggio 1970, n. 282, art. 11 . . . . 164 
d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283, artt. 1 e 5 . 164 
d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 5, penultimo comm 164 
legge 10 dicembe 1970, n. 898, art. 2 . . . . . 164 
-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . 164 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di inammissibilit�, di 
manifesta infondatezza o di restituzione degli atti del 
Giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . . . . 175 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche pag. 178 Imposta di successio-
Amministrazione pub-ne pag. 184 

blica 178 Imposta generale sul-
Appalto 178 l'entrata 185 
Circolazione stradale . 178 Imposte di fabbrica-
Contabilit� generale zione 185 

dello Stato 179 Imposte e tasse 185 

Dazi doganali 179 

Imposte ipotecarie 186 

Difesa dello Stato . 180 

Imposte varie . 186

Edilizia economica e 

Istruzioni superiore . 187

popolare 180 

Lavoro 187

Elettricit� ed elettro-

Lotto e lotterie 188

dotto 181 

Previdenza e assisten-

Esecuzione forzata . 181 

za 188

Espropriazione per 
pubblica utilit� 181 


Propriet� 188 
Impiego pubblico 182 Regione Sicilia 189 
lmp. concessioni go-Regioni 189 

vernative 183 Responsabilit� civile . 189 
Imposta di consumo . 183 Ricorsi amministrativi 189 
Imposta di registro . 183 Tributi locali 190 



PARTE PRIMA 


GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (**) 


CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 88 -Pres. B;ranca -Rel. 
De Marco -Soc. Adena (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri e 
Amministrazione Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. dello Sfato 
Tracanna). 

Imposte e tasse in genere -I~G.E. corr~sposta a mezzo marche -Irripetibilit� 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3; d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito nella legge 19 giugno 1940, 

n. 762, art. 47). 
Non � fondata, con riferimento al principio di eguagiiarnza, la questione 
di legittimit� costituzionale deLl'art. 47 legge orgmi,ica IGE, che 
esclude la ripetibiUt� deil'imposta corrisposta a mezzo marche applicate 
dal contribuente (1). 

(Omissis). -1. -In base alla legge istitutiva ed a successive modificazioni, 
l'imposta generale sull'entrata viene pagata nei seguenti modi: 

1) in modo ordinario (auto tassazione) mediante: a) applicazione 
di marche, obbligatoria per il pagamento di somme inferiori alle lire 
100 e facoltativa per il pagamento di somme superiore alle lire 100 e 
non alle lire 2.0-00; b) versamento in conto corrente postale, facoltativo 
per i pagamenti di somme �superio<ri a lire 100 e non superiori a lire 
2.000, obbligatorio negli altri casi; c) ;postagiro settimanale; 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 4 .giugno 1969 del 
Tribunale di Gesova (Gazzetta UjJ�ciale 5 novembre 1969, n. 280). 
Le sentenze :nn. 13, 33 e 114 del 1970 sono riportate in questa Rassegna 
1970 rispettivamente 30, 195 e 729; � sull'art. 3 Costituzione vedasi anche 
Corte Cost. 30 :marzo 1971, n. 66. 

In dottrina, sull'I.G.E. v. la bibliografia alla voce dell'Enc. del dir. 
Imposta generale sull'entrata, a cura di STA.MMATI. 
(**) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. 



728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2) in modo virtuale: a) viersamento diretto all'ufficio del registro; 
b) abbonamento, in base a canoni provvisori soggetti a conguaglio; e) 
abbonamento in base al volume degli affari. 

Ai fine del presente giudizio interessa soltanto il modo di pagamento 
preveduto dall'art. 7, comma primo, lettera b), dlel d.l. 3 maggio 
1948, n. 799, in forza del quale, quando l'ammontare complessivo del 
tributo, per ogni entrata, suipera lire 100 e non 2.000, il pagamento stess 
opu� essere effettuato facoltativamente a mezzo di marche o a mezzo 
del servizio dei �conti correnti postali. 

Rispetto a questo modo di pagamento, secondo l'ordinanza di rinvio, 
l'art. 47, comma pr~mo, della legge istitutiva del tributo, in forza del 
quale l'imposta, erroneamente corrisposta a mezzo di marche applicate 
dal contribuente, non � �rimborsabile, violerebbe il principio di uguaglianza 
tra i contribuenti, che debitori dello stesso tributo ed .allo stesso 
titolo, a seconda che abbiano scelto il ,pa.gamento a mezzo mal'che o 
quello a mezzo conto corrente, in caso di pagamento non dovuto, non 
hanno oppure hanno il diritto al rimborso. 

2. -Cosi precisatine i termini, la questione risulta infond8;ta. 
Secondo la costante giurisprudenza di qu~sta Corte non si ha vio


lazione del pl'inctpio di uguaglianza tutte le volte che� una disciplina 

differenziata corriisponde ad una situazione differenziata (v. da ultimo 

sentenze nn. 13, 33 e 114 del 1970). 

Ora non pu� essere posto in dubbio che il pagamento di un tributo 

mediante l'apposizione di marche effettuata da'llo stesso contribuente, 

con annullamento all'atto dell'uso, � ben diverso da quello effettuato a 

mezzo �conto �Corrente postale. 

Poich� tra contribuenti che si trovano nelle stesse condizioni di 

debito, ossia debbano versare tributi di importo superiore a lire 100 e 

non superiore a lire 2.000, non �j ima;iosto ad alcuni un modo e ad altri 

un modo diverso di pagamento, ma � loro �concessa facolt� di scelta tra 

l'uno e l'altro modo, la differenziazione rigua~da non i .soggetti che l'ef


fettuano ma il modo di pagamento ed � 'llll'a differenza nota all'atto della 

scelta, nota perch� l'art. 47 � molto .chiaro al riguarda. 

Quindi chi trova pi� conveniente o ipi� comodo effettuare il pagamento 
mediante marche, volontariamente si espone alla differente ddsl'!
iplina che la legge ha ritenuto di adottare, in caso di imposta non dovuta, 
per quella forma di pagamento e non pu� lamentare disparit� di 
trattamento rispetto a chi abbia scelto l'altra forma di pagamento. 

3. -Ma, contrariamente a quanto ritiene l'Avvocatura generale dello 
Stato, il .giudice a quo, pur non avendo esplicitamente contestata la 
razionalit� della denunciata differenziazione, implicitamente lo ha fatto, 
quando, sulla base della dottrina e della giurisprudenza, ha creduto di 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 729 

ravvisare una differenza tra tasse di bollo ed imposta IGE e quando ha 
trienuto che il pagamento mediante marche non impedisce di ra~giungere 
la prova piena del pagamento indebito, ai fini della azione preveduta 
dall'art. 20-33 del codice civile. 

Occorre, pertanto, precisare che quando una tassa o una imposta � 
pagabile mediante marche, non per un criterio empirico o per semplici 
ragioni pratiehe, in caso di pa.gamento erroneo, � escluso il rimborso, 
ma per motivi di stretto rigore giuridico. 

La carta da bollo, i francobolli, le marche da bollo come quelle per 
l'IGE, infatti, sono valori emessi dallo Stato, per i fini fiscali o di corrispettivo 
di servizi, per eonseguire i quali sono predisposti e conservano 
il loro valore finch� non siano usati. 

Una volta usati, non importa se esattamente o erroneamente, la loro 
funzione si esaurisce lin quanto, per effetto dell'uso, restano annullati. 
Di qui la razfonalit� della disciplina differenziane adottata dal le


gislatore con il contestato art. 47. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 89 -Pres. Bran'Ca -Rel. 
Rocchetti -Coppari (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Donadio). 

Lavoro -Consulenti di lavoro -Divieto di svolgimento dell'attivit� 

per relazioni ambientali -Discriminazione con altre categorie di 

consulenti -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., �art. 3;. I. 12 ottobre 1964, n. 1081, art. 4, secondo comma). 

� costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di 
eguaglianza rispetto ad altre categorie di consulenti del lavoro, i'art. 4 
detia legge 12 ottobre 1964, n. 1081, che per i consul~ti del lavoro autorizzati 
dagH Ispettorati del lavoro vieta lo svolgimento del,l'attivit�� 
nel territorio entro il qua.le il coniuge, parenti od affini prestill'l-0 servizio 
come dipendenti del Ministero del Lavoro o di Isti.tuti previdenzial.i od 
assistenziali (1). 

(Omissis). -Sono state sollevate questioni di costituzionalit� dell'art. 
4, secondo comma, della legge 12 ottobre 1964, n. 1081, recante 
norme sull'istituzione dell'albo dei consulenti del lav.oro. 

(1) La questione era stata proposta con ordinanze 1<> maggio 1969 del 
Pretore di Recanati (Gazzetta Ufficiale, 6 agosto 1969, n. 200) e con ordinanza 
9 febbraio 1970 del Pretore di Cagli (Gazzetta Ufficiale 10 giugno 
1970, n. 143). 
Su altra questione concernente i consulenti del lavoro V. Corte Cost. 
16 luglio 1968, n. 102, in questa Rassegna 1968, 872. 



730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il detto articolo, inibendo ai �consulenti del� lavoro l'esel'cizio della 
loro attivit� nell'ambito del territorio in 1cui il coniuge, parenti ed affini 
sino al secondo g.rado, ,prestano servizio come dipendenti del Ministero 
del lavoro e della previdenza sociale, degli Lstituti di !Previdenza 
e assistenza sociale, e degli Istitluti di patronato, violerebbe, secondo le 
ordinanze di rimessione, gli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione. 

Nel ritenere, in contrario avviso con l'Avvocatura, sufficiente la 
motivazdone in ordine alla rilevanza, si osserva in merito che l'art. 3 del


. la Costituzione si assume violato, sotto un primo profilo, per trattamento 
eguale di situazioni soggettive ed oggettive differenziate, in quanto, nella 
incompatibilit� sorgente dai rapporti di coniugio, di parentela e di affinit�, 
tra il consulente del lavoro e il pubblico dlipendente, non si fa alcuna 
distinzione fra il caso in cui le mansioni cui quest'ultimo adempie, 
nell'ufficio al quale � addetto, interferiscono con l'attivit� �che quello 
svolge presso lo stesso ufficio e quello in cui esse, in �concreto, non interferiscono 
affatto. 

La censura non � fondata. 

La norma che, in �conformit� dell'art. 97 della Costituzione, mira a 
garantire l'imparzialit�, e quindi la moralit�, dell'azione amministrativa, 
non pu� ritenersi priva di ragionevolezza. 

Essa non pu� perci� essere sindacata, nei termini della sua formulazione, 
per quanto riguarda l'omessa distinzione del caso per caso, sulla 
quale, in so.stanza, la censura si impernia, pel'cr� non � consentito alla 
Corte un esame cosi penetrante della norma afferente il suo contenuto 
di merito, la cui regolamentazione � riservata alla discrezionalit� del 
legislatore. 

2. -Ma, nelle ordinanze di rimessione, la violazione dell'art. 3 viene 
dedotta anche sotto altro profilo, in connessione con l'art. 4 della Costituzione. 
Si deduce al ri~rdo una differenza di trattamento tra i consulenti 
del lavoro autorizzati all'esercizio dagli Ispettorati del lavoro e quei 
professionisti (avvocati, procuratori, ragionieri ecc.) �Cui � consentito per 
legge di svo1gere la stessa attivit� di consulenza, perch� soltanto per i 
primi � configurata la incompatibilit� .di cui si � detto ed � disposto il 
divieto dell'esercizio. 

La questione � fondata. 

Pur ammettendo che le situazioni soggettive dei consulenti autorizzati 
con provvedimento amministrativo e quelle dei professionisti autorizzati 
direttamente dalla legge a svolgere l'attivit� di consulenti del 
lavoro siano differenziabilli, non pu� ammettersi fra 'loro a1cuna distinzione 
in raip.porto a una situazione che ha �Carattere oggettivo, come 
quella del rap,porto di coniugio, parentela o affinit� �con pubblici dipendenti 
di determinati uffici aventi sede nello stesso luogo. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 731 

La ragione della incompati!bilit� che dai quei vincoli si induce non 
pu� non essere eguale per tutti perch� consiste nella esigenza di evitare 
anche il sospetto di possibili collusioni a danno della pubblica ammindstrazione 
fra professionisti e pubblici dipendenti che svolgono attivit� 
contrapposte, in rapporto agli �stessi interessi, e nel medesimo ambito 
territoriale. 

Di fronte a tale identit� di presupposti, la differenza di trattamento, 
che inibisce ad alcuni e non ad altri l'esercizio dell'attiv'it�, non trova 
alcuna razionale �gdustificazione, e viola, perci�, come � stato dedotto, 
l'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 90 -Pres. Branca -Rel. 
Oggioni -Girardi (n. c.) e Presidente Consiglio dei 'Ministri e Ministero 
del Tesoro (sost. avv. gen. dello Stato Vitucd). 

Danni di guerra -Concessione di indennizzi per danni all'estero 


Requisito della residenza o del domicilio in Italia del danneggiato 

-Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. 

(Cost., art. 3; 1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 52). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguagLianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 52 deLla legge 27 dicembre 
1953, n. 968 che co'IU1,iziorna la concessione di indennizzi per danni di 
guerra subiti all'estero al requisito deUa residenza o del domicilio in 
ltalia del danneggiato (1). 

(Omissis). -3. -La proposta questione di costituzionalit� non � 
fondata. 

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il principio di uguaglianza, 
dichiarato dall'art. 3 della Costituzione, postula due �corollari: a situazioni 
uguali deve corrispondere trattamento uguale, a situazioni diverse, 
trattamento differenziato: il tutto nei limiti di valutazioni razionali. 


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 7 marzo 1969 del 
Consiglio di Stato, sezione IV (Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1969, n. 179). 
Sulla stessa questione e su questioni connesse, Cons. Stato 18 giugno 
1969, n. 286 (Foro It., Rep. 1969, v. Danni di guerra, n. 10) e 27 ottobre 
1970, n. 7 (Foro it., 1971, III, 8). 

In dottrina, G. DALLARI, Guerra (danni di), voce dell'Enc. del diritto, 
1970, XIX. 



732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Come anzidetto, nell'ordinanza di rinvio si assume che a situazioni 
diverse (concessione di contributi -concessione di indennit�) la legge 
ha dettato una stessa regola di trattamento con la comune condizione del 
domicilio e della residenza in Italia per i richiedenti: la quale condizione, 
razionale per la prima ipotesi, non lo sarebbe per la seconda. 
Ugual difetto si riscontrerebbe con l'accordare o negare l'indennit�, a 
cittadini italiani di pari diritto, in relazione ad un evento personale 
esteriore ed indifferente ai fini della legge. 

Cosi posta la questfone, sostanzialmente come questione di razionalit� 
di disposizioni, la Corte .osserva e ritiene che la norma in esame, 
considerata in se stessa e nel quadro dei motivi che l'hanno determinata, 
ha la sua logica giustificazione. Questa giustificazione � posta in evidenza 
dagli atti parlamentari (Relazione Vanoni al disegno d{ legge e successiva 
discussione) da cui risulta che, con la concessione di indennit� ai 
danneggiati che non avessero chiesto il contributo �per ricostruire, si � 
inteso di agevolare comunque il reinserimento dei danneggi�l;ti stessi nel 
ciclo della vita economiica e della ripresa produttiva del paese: ci� mediante 
la reintegrazione patrimoniale dei singoli, considerata come mezzo 
e non come fine. Al raggiungimento di questo fine si � poi voluto 
dichiaratamente assegnare anche un valore �etico e morale�, oltre che 
economico. 

La condizione del domicilio e della residenza in Italia, alla quale � 
stato sottoposto il conseguimento della indennit�, trova, quindi, la sua 
collocazione nel sistema che il legislatore, nell'esercizio della sua scelta, 
ha voluto istituire. Trattasi di condizione non arbitraria, ma diretta, nei 
limiti di una presumibilit� di risultati, ad ottenere che l'uso delle somme 
ricevute come indennit� non subisca deviazioni verso utilizzazioni estranee 
al profitto da attuarsi mediante reinvestimento in area italiana. 

La questione, sotto entrambi i pJ:'Ofili con ciui � stata proposta, va 

dichiarata non fondata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 91 -Pres. Branca -Re!. 
Crisafulli -Porta (n. c.). 

Reato -Reati e pene -Vilipendio delle FF.AA. -Autorizzazione a pro


cedere -Violazionefdell'indipendenza della Magistratura e del 

principio di eguaglianza -Esclusione. 

(Cost., art. 104, c.p. art. 313, comma terzo). 

L'autorizzazione a pll"oced.ere da parte del Ministro GuardasigiUi 
per il reato di vilipendio deHe Forze Armate detto Statoi, pl/"evista d:all'art. 
313, terzo comma, codice p�enale, non lede il principio deU'Vndipen




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E 'INTERNAZIONALE 733 

denza della Magistratura n� -dovendosi ritenere indivisibile -ii principio 
di eguaglianza rispetto a tutti gLi imputati cLeUo stesso reato (1). 

(Omissis). -2. -L'ordinanza del tribunale di Lucca ripropone, 'con 
esclusivo riferimento all'art. 104, primcr �comma, della Costituzione, la 
stessa questione di legittimit� costituzionale dell'art. 313, terzo comma, 
del codke penale, �che questa Corte ebbe gi� a dichiarare non fondata con 
la sentenza n. 22 del 1959, alla stregua, tra l'altro, della norma costituzionale 
dell'art. 104, cui si rtchiama il tribunale di Lucca. 

E poich� l'ordinanza non addUICe motivi nuovi n�l si ravvisano ragioni 
�che ,possano indurre a diversa decisione, la questione dev'essere dichiarata 
manifestamente infQndata . 

. 

3. -Presenta, invece, un profilo parzialmente nuovo l'ordinanza della 
Corte d'assise di Torino, con riferimento -questa volta -al solo 
art. 3 dellla Costituzione e con specifico riguardo alla ,partkolare ipotesi, 
che si era concretamente verificata nel caso di specie, di �Coilicorso 
di pi� persone nel medesimo fatto-reato, l'autorizzazione a procedere 
prevista dall'art. 313, terzo comma, essendo stata concessa nei confronti 
di un imputato e negata, per contro, nei confronti di un altro. Di qui, 
e muovendo dalla premessa che una tale illimitata facolt� di !Scelta sia 
effettivamente consentita al Ministro per la giustizia dall'art. 313, la denunciata 
violazione del principio di eguaglianza. 
Senonch�, l'interpretazione assunta -peraltro, dubitativamente dall'ordinanza, 
oltre ad essere disattesa dalla dottrina pressoch� unanime, 
si rivela in contraddizione con la ragion d'essere dell'istituto regolato 
nell'art. 313 cod. pen., tale disposizione prescrivendo la necessit� 
dell'autorizzazione a procedere in considerazione della natura oggettiva 
dei reati ivi contemplati, e non in considerazione delle qualit� personali 
degli imputati. 

Come questa Corte ebbe ad affermare nella menzionata sentenza 

n. 22 del 1959 �la valutazione demandata al Ministro ;per la giustizia 
ha per oggetto il promuovimento o la prosecuzione dell'azione penale 
per determinati reati, chiunque ne sia l'autore �; ed � per questo che la 
norma dell'art. 313, non Ojperando alcuna discriminazione tra i cittadini 
che versino in identica situazione, venne riconosciuta non in contrasto 
con l'art. 3 della Costituzione. 
(1) Il giudizio � stato promosso con ordinanze 22 febbraio 1969 del 
giudice istruttore del Tribunale di Lucca (Gazzetta Ufj�ciale 16 aprile 1969, 
n. 98) e 28 novembre 1969 della Corte d'Assise di Torino (Gazzetta Ufficiale 
4 marzo 1970, n. 57). 

734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� da ritenere perci� conforme ai principi l'indivisibilit� dell'autorizzazione, 
stabilita, come nel caso dell'art. 313, con �riguardo al fatto, nulla 
rilevando in contrario che manchi nel codice una espressa disposizione in 
tal senso, quale si rinviene invece negli artt. 120, 12-3, 129 e 130, per la 
querela, la richiesta e l'istanza. Giac-ch�, in queste ultime ipotesi, a differenza 
che in quella dell'art. 313, terzo comma, la procedibilit� o la 
proseguibilit� dell'azione penale possono indifferentemente essere subordinate 
a . valutazioni di ordine soggettivo, oltre ,che oggettivo, ed era 
quindi necessaria una norma che ne estendesse in ogni caso, d� malg.
rado, l'efficacia ai coimputati. -(Omissis). 


La sentenza n. 22 del 1959, richiamata in motivazione, leggesi in Foro 
It. 1959, I, 909. V. pure Corte Cost. 28 gennaio 1970, n. 9, in questa .Rassegna 
1970, 26. 

Sull'effetto non estensivo dell'autorizzazione v. Cass. Sez. un., 18 novembre 
1958, CLEMENTI, Giust. pen. 1959, II, 321. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 92 -Pres. Branca -Rel. I 
Crisafulli -Presidente Re'.gione Trentino Alto Adige (avv. Guarino) 

c. Presidente Consiglio dei Ministri (so.st. avv. gen. dello Stato Sal 


varese). 

Trentino Alto Adige -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Legge 

urbanistica provinciale di Bolzano -Decreto di vincolo per edilizia 

scolastica -Variante al piano regolatore generale -Potere spet


tante alla Provincia. 

(St. reg. art. 11, n. 6; 1. 28 luglio 1967, n. 641, art. 60; d.1. 24 ottobre 1969, 

n. 701, conv. in 1. 22 dicembre 1969, n. 952, art. 5). 
Poich� ia competenza statale in materia di edilizia scolastica deve 
essere coordinata con le competenze attribuite aLla Regione ed aila provincie 
trentine, il decreto di vincolo di un'area da destimare ad ediLizia 
scoLastica, da parte del Provveditore regionale alle 00.PP., pu� essere 
emanato solo dopo �he la giunta provinciale abbia detiberato suila proposta 
di variante del piano regolatore generale del Comune interessato 
(1). 


(1) Sulla legge statale 28 luglio 1967, n. 641 v. Corte Cost. 10 luglio 
1968, n. 92, Foro it., 1968, I, 2362. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 735 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 93 -Pres. Branca -Rel. 
De Marco -De Sica (avv. Graziadei) e Presidente Consiglio� dei Ministri 
(sost. avv. gen. dell<> Stato Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Frode fiscale -Eccesso 

rispetto alla legge di delega -Illegittimit� costituzionale -Esclu


sione. 

(Cost., art. 76, 1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 63; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 

art. 261, comma quarto). 

Non � fondata, per violazione dei Limiti deila delega legislativa di 
cui aLl'art. 63 legge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione aWart. 76 della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 261, comma 
quarto, t.u. suUe imposte dirette, che punisce il contribuern;te moroso 
il quale abbia compiuto atti fraudolenti sui propri o sugli attrui beni 
(1). 

(Omissis). -L'art. 30 del r.d. 17 settembre 1931, n. 1608 (approvazione 
del t.u. delle disposizioni riguardanti le dichiarazioni dei redditi 
e le sanzioni in materia di imposte dirette), prevedeva una partcolare 
figura di r~ato (frode fiscale) riguardante il contribuente, moroso 
per sei rate successive d'imposta diretta, il quale, per sottrarsi al .pagamento, 
�compie�, sui propri e sugli altrui beni, atti fraudolenti, che 
rendano in tutto o in parte inefficace l'esecuzione forzata promossa dall'esattore. 


Sembra pacifica, ed � presupposto logico dell'ordinanza di rinvio, 
l'opinione che per la S'USsistenza del reato, da quella n<>rrna preveduto, 
occorressero i due estremi della mora .protratta per sei rate consecutive 
d'imposta ed il compimento di atti f.raudolenti, ;posti in essere dopo il 
veriif�carsi di tale mora. 

In attuazione della delega legislativa contenuta nell'art. 63 della legge 
5 gennaio 1956, n. 1, la s�opra esaminata norma � stata trasfusa nell'art. 
261 del t.u. approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, �che al 
primo �comma prevede, come reato punibile con l'ammenda da L.. 1.000 
a L. 20.0.000, il mancato pagamento di sei rate consecutive d'imposta per 
un ammontare complessivo non inferiore a L. 12.00.0 ed al quarto comma, 
come reato punibile �Con la reclusione fino a tre mesi, il fatto del 
contribuente �incorso in morosit�� che, al fine di sottrarsi al pagamento 
delle imposte dovute, �abbia compiuto�, sui propri o sugli altrui beni, 

(1) Il giudizio era stato promosso con ordinanza 19 aprile 1969 della 
Corte di Appello di Roma (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1969, n. 186). 

736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atti fraudolenti che rendano in tutto o in parte inefficace l'esecuzione 
esattoriale. 

Argomentan.do dalla dizione � abbia ,compiuto � il giudice a quo ha 

ritenuto che nel testo unico sia stata introdotta una nuova fi.gura di 
reato, per la quale il contribuente moroso viene colpito anche nel caso 
che gli atti fraudolenti siano stati pos.ti in essere anteriormente al verificarsi 
della mora, con conseguente violazione dell'art. 76 della Costituzione, 
in quanto per il sopra citato art. 63 della legge di delega il 
Governo doveva limitarsi alle modifiche necessarie per l'attuazione dei 
seguenti criteri: 

1) adattamento delle disposizioni all'esigenza di semplificare nell'applicazione 
dei tributi ed a quella di una razionale organizzazione dei 
servizi; 

2) perfezionamento delle norme concernenti l'attivit� dell'Amministrazione 
finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi. 

Ma, come concordemente oppongono sia l'Avvocatura generale dello 
Stato nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri, sia il 
patrocinio della iparte pdvata, non pu� ritenersi che il legislatore delegato 
abbia preveduto una nuova figura di reato. 

Presupposti comuni tanto all'art. 30 del t.u. del 1931, quanto all'articolo 
261 del' t.u. del 19518 sono: 
a) l'esistenza di uno stato di morosit�, qualificato dall'omesso pagamento 
di sei rate consecutive d'imposta; 
b) �compimento di atti fraudolenti, diretti a rendere inefficace 
l'azione esecutiva dell'esattore. 
Il raffronto tra l'art. 3-0 del t.u. del 1'931 e l'art. 261 del t.u. del 
1958 dimostra che i due presupposti sopra indicati esistono immu


tati nelle due norme. 

In particolare il diverso uso del verbo �compiere � al presente nel


l'art. 30, al (congiuntivo) passato nell'art. 261, �omma quarto del t.u. 

del 1958, � conse~enza diretta della formalmente diversa espressione 

adoperata per indicare la condizione di morosit� del debitore d'imposta: 

l' 

nell'art. 30 la morosit� qualificata � definita direttamente; nell'art. 261 
� definita nel .primo comma a.gli effetti del pi� Heve reato contravvenzionale 
consistente nel solo fatto di tale mora e viene poi richiamata 
�nel quarto comma �con la dizione � incorso in morosit� � agli effetti del 
pi� grave reato delittuoso commesso da �Chi voglia rendersi insolvibile 

ed eludere, cos�,. il debito fiscale. 

Di qui l'esclusione della volont� del legislatore delegato di inno


vare sulla previsione delittuosa gi� contemplata dall'art. 30 del t.u. del 

1931 e, conse.guentemente, la non violazione dell'art. 76 della Costi


tuzione. 

La sollevata questione deve, quindi, dichiararsi non fondata. 



PARTE I, S�Z. I, GIURIS. co_STITUZIONALE E_INTERNAZIONALE 737 

. CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 94 -Pres. Branca -

Rel. Rossi -Ferlisi (n..c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 

avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Sicilia -Valle dei Templi di Agrigento -Perimetrazione della zona 

da parte del Ministro della P. I. -Violazione della riserva di legge 

e della competenza della Regione Siciliana -Insussistenza. 

(Cost., art. 42; si. reg. sic. art. 14; 1. 28 settembre 1966, n. 749, art. 2 bis). 

La 
questione di legittimit� costituzicmaLe deU'art. 2 bis Legge 28 

,settembre 1966, n. 749, che d� facolt� al Ministro deLLa P.I. di pirocedere 

aUa perimetrozioo,e della zona archeologica della Vane dei Templi. di 

Agrigento non � fondata con riferimento aLla riserva di legge di cui ano 

art. 42 della Costituzione; ed � manifestamente infondata con riferi


mento alla competenza della Regione Siciiiana di cui all'art. 14 del rela


tivo statuto speciale (1). 

1. -La Corte �costituzionale � chiamata a decidere le seguenti questioni: 
a) se l'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, -disponendo 
che �la Valle dei Templi di Agrigento � dichiarata zona archeolqgica 
di interesse nazionale� e �che �il Ministro per la pubblica 
istruzione, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici, determina, 
con proprio decreto, il perimetro della zona, le prescrizioni d'uso, i vincoli 
di inedificabilit�� -contrasti o meno con la riserva di legge di 
cui all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, per non aver specificato 
i criteri cui la pubblica amministrazione avrebbe dovuto adeguarsi 
nel dare esecuzi�ne al dettato legislativo; 

b) se la norma predetta, provvedendo in siffatta maniera alla 
tutela del complesso archeologico della Valle dei Templi, non contrasti 
con l'art. 14 dello Statuto regionale, secondo cui l'Assemblea regionale 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 20 marzo 1970 del 
Pretore di Agrigento (Gazzetta Ufficiale 17 giugno 1970, n. 150). 
Sull'art. 42, 2a comma, della Costituzione v. Corte Cost. 21 maggio 
1968, 
n. 55 e 56 in questa Rassegna, 1968, 661 e 662. 
In dottrina, CASSESE, I beni pubblici, 1969. 
La sentenza n. 74 .del 1969 � pubblicata in questa Rassegna, 1969, 415. 



738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siciliana ha la legislazione esdusiva in materia di � 1conservazione delle 
antichit� e delle OJ;>ere artistiche�. 

2. -Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la riserva 
relativa di legge, invocata anche nella specie, conse.nte al legislatore di 
attribuire alla pubblica Amministrazione il potere di incidere sulla 
concreta disciplina del godimento degli immobili � qualora, nella legge 
ordinaria, siano contenuti elementi e criteri idonei a delimitare chiaramente 
la discrezionalit� dell'Amministrazione � (sentenza n. 38 del 1966). 
Di tale principio la Corte fece applicazione in relazione agli ampi 
poteri conferiti ai Comuni dall'art. 7 della .legge urbanistica, secondo 
cui, .com'�i noto, mediante l'emanazione dei piani regolatori il territorio 
comunale viene distinto in zone pi� o meno edificabili, con rilevanti conseguenze 
per il diritto del proprietario. In tale occasione fu riconosciuto 
che l'imposizione di vincoli di zona sulle aree altrimenti .fabbricabili 
non costituisce esercizio �di discrezionalit� indiscriminata ed incontrollabile
�, � bensi di discre~ionalit� tecnica�, rimanendo pertanto esclusa 
la iproSiPettata violazione della riserva di legge. 

I medesimi criteri consentono a fortio1�i di escludere, anche nella 
fattispecie ora in esame, il vizio di illegittimit� costituzionale denunziato. 


Invero i poteri attribuiti dalla norma impugnata al Ministro per la 
pubblilca istruzione, concernenti la delimitazione del perimetro della 
Valle dei Tempi, le prescrizioni d'uso dei terreni, ed i vincoli di inedificabilit�, 
involgono apprezzamenti e valutazioni strettamente connessi 
con discipline tecniche, e sono stati �conferiti all'unico evidente fine di 
salvaguardare l'interesse aricreologico nazionale del �comprensorio. Sono 
stati cosi previsti il divieto di usare particolari mezzi meccanici per il 
dissodamento del terreno e l'imposizione di limitazioni edificatorie variament� 
configurate in relazione alla distanza dei terreni dai monumenti 
areheologici allo scopo di non danneggiare la proSiPettiva e la visione 
d'assieme. 

Deve quindi riconoscersi che la circoscritta discrezionalit� conferita 
alla pubblica Amministrazione dalla norma in esame � sufficientemente 
definita ed ha natura tecnica. Pertanto l'asserita violazione dell'art. 42., 
secondo comma, della Costituzione, non sussiste. 

3. -� chiara poi la manifesta infondatezza della seconda questione 
in esame. Invero questa Corte, con la sentenza n. 74 del 1969, ha gi� 
escluso l'illegittimit� costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 
1966, n. 749, a suo tempo denunciato per asserita violazione dell'a.rticolo 
14 dello Statuto regionale siciliano, questione ora riproposta -in 
termini del tutto generici -senza 1che siano addotti nuovi motivi. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTl!lRNAZIONALE 739 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 96 -Pres. Branca -

Ret. Capalozza -Catenaccio ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei 

Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Giudizi di impugnazione -Avviso di deposito 

della sentenza -Esclusione della notifica al difensore del dibatti


mento -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 24; c.p.p. art. 151, terzo comma). 

� costituzionalmente illegittimo, per violazione del diritto di difesa, 
l'art. 151, terzo comma, Codice di procedura penale, nella parte in cui 
esclude che l'avviso di deposito della sentenza pronunziata in seguito a 
dibattimento sia notificato anche al difensore nel dibattimento non impugnante 
o non d~signato dall'imputato (1). 

(Omissis). -2. -La questione � fondata. 

� da premettere che dalla sistematica del codice di diritto proces


suale penale (art. 125 e seg.g.) eme;rge il princLpio generale secondo cui 

il difensore non cessa dal mandato e dall'ufficio sino a quando non sia 

sostituito .con altro difensore (di fiducia o d'ufficio): la revoca e la no


mina del nuovo difensore non producono effetto se non �Comunicate alla 

autorit� giudiziaria (art. 133, secondo comma, cod. proc. pen.); e il di


fensore di fiducia deve essere sostituito �con il difensore d'ufficio tanto 

nel caso in cui, essendo stato revocato dall'imputato, da questo non 

venga sostituito con un altro, quanto nel caso in �cui sia egli stesso ad 

abbandonare l'incarico. 

Una puntuale a1Pplicazione di tale principio si ha nell'art. 201, pri


mo comma, �cod. proc. pen., che, proprio per il coordinamento con la 

norme impugnata, abilita chi � stato difensore nel dibattimento a pre


disporre, sottoscrivere e presentare i motivi, pur se l'imputato, diretta


mente impugnate, non l'abbia designato nella dichiarazione di grava


me (e, si ;ritiene, persino se nella dichiarazfone sia stato designato altro 

difensore: invero, il nuovo difensore potrebbe non accettare il man


dato). 

3. -Detto ci�, se si scende all'esame diretto della questione, se ne 
scorge immediatamente la fondatezza. 
Come � noto, l'avviso ha lo scopo di far decorrere il termine per 
l'individuazione, la formulazione e la presentazione dei motivi, i quali 

(1) Il .giudizio era stato promosso con varie ordinanze dei giudici di 
merito e della Cassazione. 
In dottrina, CAPALOZZA, in Riv. it. dir. proc. pen. 1968, 629 e 630; CoNso, 
Questioni nuove di procedura penale, 1969. 



740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

debbono essere esposti specificamente, a pena di decadenza (art. 201, 
ultimo comma, cod. proc. pen.). Orbene, l'art. 151, terzo comma, cod. 
proc. pen., indicando ed elencando i soggetti a eui va fatta la notifica del 
deposito della sentenza di:battimentaie, esclude tale notrnca per il difensore 
nel dibattimento, che non abbia proposto l'impugnazione per eonto 
della parte privata o che non sia stato, dalla parte direttamente impugnante, 
designato nella diehiarazione di gravame. 

Sicch� esso difensore, al quale l'avviso non va notificato, non ha 
conoscenza autonoma del 1proposto gravame n� dell'avvenuto deposito 
della sentenza impugnata e perci� non v'� la sicurezza che sia messo 
in condizione di appresta.re tempestivamente la difesa. Il che contrasta 
col criterio, pi� volte affermato dalla Corte, per �cui l'art. 24, secondo 
comma, della Costituzione eontiene un'effettiva garanzia del diritto della 
parte (e specialmente dell'imputato) all'assistenza tecnica in ogni stato 
e grado del procedimento e, correlativamente, del diritto del difensore 
a svolgere l'attivit� necessaria per l'espletamento del mandato affidatogli 
'(vedi, da ultimo, sentenza n. 62/1971). 

L'illegittimit� .costituzionale deriva, dunque, da ei�: che -nel momento 
forse pi� delicato del procedimento e in una fase costitutiva del 
gravame in eui le ottemperanze, a pena di decadenza e di �Conseguente 
inammissibilit� (artt. 201, ultimo �comma, 207, primo comma, e 209, primo 
comma, cod. proc. pen.), sono ristrette entro termini assai angusti 
di tempo -l'interessato pu� trovarsi privo dell'assistenza del difensore 
professionale; il che � illogico, fra l'altro, se si pensa �che' chi sia 
stato difensore nel giudizio a quo pu� presenta.re i motivi di .gravame 
(sopra, n. 2). 

4. -Devono essere disattese le argomentazioni dell'Avvocatura dello 
Stato -secondo la quale vigilantibus iura succurrunt -poich� l'imputato 
e le altre parti private possono non essere in grado di conoscere 
o comprendere le esigenze essenziali d,el processo penale e, 1n particolar, 
la necessit� della tempestiva redazione dei motivi con l'eventuale 
ausilio del difensore. 
Al rilievo della stessa Avvocatura che il difensore ~u� presentare 
i motivi senza attendere la comunicazione della parte, � agevole replicare 
che egli, come si � gi� accennato, non � in grado di predisporli se 
ignora persino che il deposito � avvenuto, n� redigerli, se non ha diretta 
conoscenza della sentenza e di quant'altro vi attiene (vedi art. 201, terzo 
comma, cod. proc. pen.), dato che essi concernono la motivazione. E non 
� vero che la mancata conferma del precedente difensore autorizzi a 
dedurre che la parte intenda sostituirlo: infatti, la nuova nomina va 
effettuata con atto ricevuto dall'autorit� giudiziaria, o ad essa present.
ato, ovvero con dkhiarazione resa, anche per lettera, alla cancelleria o 
segreteria (art. 134 cod. proc. pen.) o, quando si tratta di detenuto, con 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 741 

dichiarazione ricevuta presso lo stabilimento carcerario (art. 80 cod. 
;proc. pen.); e sino a che uno di questi atti non esista, resta difensore chi 
lo � stato in precedenza. 

Ad ogni modo, quel che occmre � la sicurezza di una difesa tecnica 
subito dopo la dichiarazione di gravame, sicurezza che la norma impugnata 
non d�. A taeere, poi, del caso particolare in cui l'imputato non sia 
in grado o possa non essere in grado di provvedere alla difesa, allorch�, 
essendo minorenne o altrimenti incapaiee, il genitore o il tutore impugnante 
(persona diversa da lui) non abbia designato il nuovo difensore. 
~ (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 99 -Pres. Branca -
Rel. Chiarelli -De Lucia (n.c.). 

Lavoro -Prestazioni discontinue -Inapplicabilit� della limitazione 
dell'orario -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione~ 
(Cost.� art. 36; r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692, art. ~). 

NO'n � fondata, con riferimento aUa tutela del lavoratore, la questione 
di legittimit� costituziornale dell'art. 3 del decreto-legge 15 mm�zo 
1923, n. 692, che sottrae aiza disciplina della durata massima della gio1�nata 
lavorativa le occupazioni discontinue o di semplice attesa o di 
custodia (1). 

(Omissis). -Si assume nell'ordinanza che l'art. 3 del decreto legge 
15 marzo 1�923, n. 692, nel sottz:arre alla disciplina della durata massima 
della giornata lavorativa le occupazioni discontinue o di semplice attesa 
o custodia, elude il disposto eostituzionale dell'art. 36, secondo 
comma, della Costituzione, che richiede che U limite di orario sia fissato 
dalla legge in via generale e inderogabile. 

Ma la questione non � fondata. 

� esatto che la citata norma costituzionale riconosce e garantisce il 
principio del limite legale della durata massima della giornata lavorativa. 
Tale principio trova rispondenza nell'art. 2'107 del codice civile, il 
quale stabilisce che la durata giornaliera e settimanale della prestazione 
di lavoro non ;pu� superare i limiti posti dalla leggi speciali, e nell'articolo 
2108 del codice civile, che prevede un aumento della retribuzione 
per il lavoro straordinario, la �C'Ui durata, insieme alla misura della 
maggiorazione, � fissata dalla legge. 

(1) J;,.a questione era stata proposta con ordinanza 21 marzo 1969 del 
Tribunale di S. Maria Capua Vetere (Gazzetta Uffeciale 6 agosto 1969, 
n. 200). 
Sull'art. 36 della Costituzione v. Corte Cost. 15 dicembre 1957, n. 150, 
in questa Rassegna 1968, 8; Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 1968, idem, 443. 



742 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma dall'art. 36, secondo comma, della Costituzione non discende 
che il limite della giornata lavorativa debba essere fissato dalla legge in 
modo unifo.rme per ogni tipo di lavoro. � conforme alla comune esperienza, 
e corrisponde a un criterio di razionalit�, che la disciplina della 
duarta giornaliera del lavoro subordinato applicabile alle prestazioni di 
lavoro continuo non pu� essere .la stessa per quelle prestazioni che non 
si svolgono continuamente nel tempo o che non si svolgono alle dipendenze 
di una impresa; ni! pu� aversi una disciplina unica e indifferenziata 
.per le prestazioni di lavoro non continuativo, data la variet� dei 
modi in cui queste si esplicano. 

Ci� premesso, va rilevato che l'art. 3 del decreto legge n. 692 del 
1923 determina la sfera a cui � applicabile la disciplina del lavoro �continuo 
�, contenuta nel medesimo decreto, Telativo alle imprese industriali 
e comerciali; ma non esdude che, in attuazione del precetto costituzionale, 
altre leggi, in relazione ai vari tipi di rapporti di lavoro non 
compresi in quel decreto, regolino la durata o comunque il m-0do di prestazione 
nel tempo dell'attivit� lavorativa (es., l'art. 8 legge 2 aprile 
1958, n. 33,9, sul lavoro domestico). 

N� dall'esistenza id una xegolamentazione dell'orario di lavoro continuativo, 
contenuta nel decreto n. 692 del 1923, discende che l'attivit� 
lavorativa di diverso tipo possa essere prestata senza alcun limite gfornalilero 
di tempo. Ove manchi, infatti, una normazione speciale, la disctplina 
della durata delle prestazioni, in applicazione del principio 
cotsituzionale di tutela dell'integrit� fisica del .lavoratore, sar� sempre 
deducibile dall'ordinamento, secondo le disposizioni sulla legge in generale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 10-0 -Pres. Brai.1ca -
Rel. Rossi -Gonella (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Savarese). 

Procedimento penale -Computo della pena agli effetti del mandato� 

di cattura -Computo della recidiya -Illegittimit� costituzionale


-Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p.p., art. 255). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale deU'art. 255 codice procedura penale� 
che prescrive l'obbligo di tener cointo della recidiva nel computo delta 
pena gli effetti del mandato di cattura (1). 

(1) Il giudizio era stato promosso con ordinanza 27 maggio 1969 d'�l 
Tribunale di Torino (Gazzetta Utl�ciale 5 novembre 1969, n. 280). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTIT.UZIONALE E INTERNAZIONALE 743 

(Omissis). -La norma per ooi nel computo della pena agli effetti 
del mandato di �cattura (art. 253., 254, 255 c.p.,p.) si deve tener conto 
anche della recidiva non contrasta col principio di uguaglianza fra i cittadini 
sancito nell'art. 3 della Costituzione. 

L'ordinanza del tribunale di Torino ritiene �non .conforme al principio 
di uguaglianza U far discendere l'obbligatoriet� in ordine al mandato 
di cattura da quella che dottrina e giurisprudenza considerano 
come una condizione, o qualit� ;personale dell'individuo, l'essere cio� 
recidivo�. 

A prescindere dal rilievo che la recidiva �, secondo molti autori, 
non una condizione o qualit� personale dell'imputato, ma� piuttosto una 
circostanza aggravante dell'imputabilit� e della pena, � fuori dubbio 
che la recidiva costituisca un fatto oggettivo giudiziariamente accertato. 

Le,� condizioni personali e sociali�, collocate dall'art. 3 della Costituzione 
su,llo stesso piano del sesso, della razza, della lingua, della 
religione, delle opinioni poiitiche, per escludere ogni discriminazione 
fra �cittadini, non sono certamente quelle c.he derivano da un'attivit� 
illegale, o addirittura criminosa, posta in essere dal soggetto. 

Il .principio di uguaglianza � invocabile in situazioni obiettivamente 

uguali, o giuridicamente compara:bili. � assurdo. pensare che .chi ha ripor


tato precedenti condanne penali ed � indiziato di un nuovo delitto non 

,possa, e non debba, venir considerato pi� pericoloso del �cittadino incen


surato, in virt� di una astratta uguaglianza. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 102 -Pres. Branca -
Rel. Mortati-Rossi (n.c.). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via in


cidentale -Giudice a quo -Commissione elettorale mandamentale 

-Inammissibil_it� della questione. 

(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

� inammissibil.e la questione di legittimit� costituzionale soUevata 
in via incidentale da una Commissione elettorale mandamentale, poich� 
essa non esercita poteri giurisdizionali neppure quando provvede 
aila decisione dei ricorsi relativi alle iscrizioni nelle liste e�lettoraii (1). 

(1) Sulla questione v. Corte Costituzionale 17 febbraio 1971, n. 17, in 
questa Rassegna, 1971, 236. In dottrina, M. S. GIANNINI, La giustizia amministrativa, 
1964, 111; PALMA, Elezioni, voce dell'Enc. del dir., 1965, XIV, 
PIZZORUSSO, in Foro amm. 1965, 18, nota 30, 31. 

744 RASSEGNA DELL'AVV?CATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1971, n. 107 -Pres. Branca -
Rel. Benedetti -Soc. Edison (avv. Uckmar), Presidente Consiglio dei 
Ministri e Amministrazione Fnanziaria dello Stato (sost. avv. gen. 
dello Stato Tracanna). 

Imposte e tasse in genere -Imposta di R. M. -Soggetti tassabili in 
base a bilancio -Deducibilit� degli interessi passivi in maniera 
presuntiva -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 53; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 23, comma secondo; d.P.R. 29 gennaio 
1958, n. 645, art. 110). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che 
a quello della capacit� contributiva la questione di legittimit� costituzionale 
dell'a1�t. 23 della legge 5 11ennaio 1956, n. 1, corrispondente ora 
all'articolo 110 testo unico delle imposte dirette, che�stabilisce, per i soggetti 
tassabili in base a bilancio, ta deducibitit� degli interessi passivi 
per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi lordi 
che compongono il reddito mobiliare e l'ammontare comples$ivo di tutti� 
i ricavi del contribuente (1). 

(Omissis). -1. -Il tribunale di Milano ha de.IJJUnciato l'illegittimit� 
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, della 
norma contenuta nell'art. 23, comma secondo, della legge 5 gennaio 
1956, n. 1, la quale -ai fini della determinazione del reddito imponibile 
agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile dei soggetti tassabili 
in base al bilancio -dispone �che: � gli interessi passivi sono dedudbili 
per la parte corrispondente al ra�p.porto tra l'ammontare dei ricavi 
lordi che entrano a comporre il reddito assoggetta:bile a imposta di� R.M., 
e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi lordi del �Contribuente�� 

La questione non � fondata. 

2. -In tema di detraibilit� degli interessi ;passivi la norma impugnata 
-ora corrispondente all'art. 110 del testo unico delle leggi .sulle 
imposte dirette approvato �con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 -detta, 
per la societ� ed enti tassabili in base a bilancio e ,per gli altri contri(
1) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Milano con ordinanza 
21 marzo 1969 (Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 1969, n. 256). 
In dottrina V. AMADIO, in Imp. dir. erariali, 1970, 404; BELLIRI, T.JI. 
della legge sulle imposte dirette, 1969; ZAPPAL�-LANZA, L'imposta sui redditi 
mobiliari, 1964. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 745 

buenti �che chiedano �che il loro imponibile sia accertato in base ai risultati 
delle scritture contabili, un criterio diverso da quello previsto per 
i soggetti non tassati sul bilancio. T.rattasi del criterio della proporzfonalit� 
in virt� del quale, nel caso in cui il contribuente tassabile in base al 
bilancio sia nello stesso tempo titolare di redditi assoggettabili e di redditi 
non assoggettabili all'imposta di ricchezza mobile, la determinazione 
degli interessi passivi detraibi1i viene effettuata nei limiti della 
quota percentuale corrispondente al rapporto fra l'ammontare dei ricavi 
lordi che �compongono il reddito assoggettabile a .tale imposta e l'ammontare 
complessivo di tutti i.ricavi lordi del contribuente. 

La nota differenziale di questo �crierio rispetto a quello stabilito per 
i soggetti non tassati in base a bilancio -(per i quali, anche :per la 
deducibilit� degli interessi passivi si applica la regola generale sulla 
deducibilit� degli interessi passivi si applica la regola generale sulla �deduzione 
delle spese e passivit� di cui al primo comma dell'art. 23 'della 
legge impugnata) -consiste nel fatto che col primo criterio l'accertamento 
degli inte.ressi deducibili � presuntivamente effettuato sulla base 
di un calcolo proporzionale che non consente, n� al contribuente, n� alla 
mAmniistrazione finanziaria, di dimostrare che nel caso concreto gli 
interessi sono inerenti esclusivamente o in misura maggiore di quella 
risultante dall'anzidetta proporzione al red<lito tassabile, o .correlativa� 
mente, a redditi esenti o soggetti ad altri tributi; col secondo criterio, 
invece, la detrazione � subordinata alla dimostrazione specifica della inerenza 
degli interessi passivi al reddito assoggettabile al tributo mobiliare. 


Ad avviso della Corte questa diversit� di disd:plina legislativa non 
� in contrasto con l'art. 3 della Costituzione sussistendo una diversit� di 
situazioni tra le due categorie di �contribuenti presi in �considerazione. 

La ragione giustificatrice della norma impugnata � esposta negli 
stessi lavori preparatori della legge 5 gennaio 1056, n. 1, nei quali � dato 
appunto le.ggere che il criterio della proporzionalit� � corrisponde alle 
situazioni obbiettive e ad esigenze di equit� .ed eliminer� difficili accertamenti 
e numerose contestazioni�; che la sua introduzione � dettata 
dal fatto che � � impossibile spesso determinare quale sia l'incidenza degli 
interessi passivi ripartendoli in relaz:ione alle somme .spese per la 
produzione di redditi esenti e a quelli corrispondenti ad altri investimenti
�. 

La norma si riferisce solo alle societ� e imprese tassa�bili in base a 
bilancio perch� solo per esse si verifica la tassazione con un unico procedimento 
di pi� redditi, eventualmente di diversa natura, che vengono 
ad essere in tal modo conside-rati quali componenti di un unico reddito 
imponibile. E non � quindi .contestabile la grave difficolt� di sta



746 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bilire e dimostrare il rapporto di inerenze tra gli interessi passivi e le 
varie parti del reddito �Complessivo di bilancio. 
Del resto quello in esame non � l'unico esempio di trattamento differenizato 
tra i soggetti tassabili e quelli non tassabili in base al bilancio 

� reso necessario dalla diversa situazione di fatto e di diritto nella quale 
si trovano i primi rispetto ai secondi (si confr01ntino, tra gli altri, gli 
artt. 7 e 8 della legge impugnata e 43, 44 e 109 del t.u. n. 645 del 1958). 

3. -Del pari privo di fondamento � l'asserito contrasto con l'art. 53 
della Costituzione. 
Il �calcolo proporzionale che il legislatore ha posto a base della determinazione 
degli interessi detraibili non pu� ritenersi privo di razionalit�. 
Esso � peraltro valido e operante sia nei �confronti dell'Amministrazione 
finanziaria che del contribuente, di tal che, se fo taluni casi 
la sua applicazione pu� dar ~uogo a �conseguenze positive �o negative, 
queste possono indifferentemente interessare ciascuno dei due soggetti 
del rapporto tributario. 

L'avere rimesso a un criterio pl'esuntivo �cos� congegnato l'accertaemnto 
del reddito imponibile e la conseguente determinazione del 
tributo non vulnera il p;rindpio della capacit� contributiva giacch� scopo 
della norma, come gi� posto in evidenza, � fondamental:rnente quell� di 
semplificare la procedura di accertamento, eliminare contestazioni, rendere 
agevole, rapida e precisa la rilevazione di un reddito spesso insuscettibile 
di effettiva stima evitando nel contempo il fenome dell'evasione. 
Sono tutte finalit� che si connettono alla necessit� della tutela dell'interesse 
generale alla riscossione dei tributi e che direttamente giustificano 
la norma impugnata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1971, n. 110 -Pres. Branca -
Rel. Verz� -Liore ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Approvvi~ionanientl e consumi -Frode nella preparazione e commercio 
di prodotti alimentari -Compartecipazione de~li analisti 
e scopritori al provento delle pene pecuniarie -Inammissibilit� 
della questione. 

(Cost., art. 97, 98; 1. 5 aprile 1961, n. 322 art. unico). 

� inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimtt� 
costituzionale dell'articolo unico della legge 5 aprile 1961, n. 322 sulla 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 747 

compartecipazione al provento deUe pene pecuniarie degli agenti ver


balizzanti ed analisti nei procedimenti per vioLazione deUe leggi suita 
tutela dei prodotti agrari (1). 

(1) Il giudizio � stato introdotto con ordinanze 26 maggio 1969 del 
Pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1969, n. 299) e 10 dicembre 
1969 del Pretore di C:ampobasso (Gazzetta Uffi�iale 4 marzo 1960, 
n. 57). 
Con la sentenza in rassegna la Corte ha pure dichiarato la manifesta 
infondatezza della questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della 
legge 30 aprile 1962, n. 283, modificata dall'art. 1 della legge 26 febbraio 

1963, n. 441, in riferimento agli artt. 3, primo comma e 24, secondo comma, 
�della Costituzione in quanto la questione era stata gi� decisa dalla Corte 
con sentenza n. 149 del 27 novembre 1969 (in questa Rassegna, 1969, 1014). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1971, n. 111 -Pres. Branca -
Rel. Fragali -Tamani (avv. Sergio) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). 

Jmposte e tasse in genere -Imposta di successione -Azione giudiziaria 

condizionata alla presentazione della denuncia fiscale -Illegitti


mit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 24; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 77, 78). 

Non � fondata, con riferimento al principio di difesa, la questione di 
legittimit� costituzionaie degli artt. 77 e 78 detia legge tributaria sulle 
.successioni nella parte in cui, rispettivamente, prectudml.o l'inizio o la 
prosecuzione di un giudizio sul!a base di un titolo ereditario sem:a che sia 
data la prova deita presentazione deiia denuncia. deU'eredit� o del legato 
(1). 

(Omissis). -1. -Si ,propone alla Corte una questione analoga ad 
altra gi� decisa: la legittimit� costituzionale di una norma che impone 
la denuncia fiscale come presupposto per l'esercizio alla tutela giuri.
sdizionale. Corte, con la sentenza 20 novembre 1964, n. 91, ha dichiarato 
non fondota la questione con riguardo alla disposizione dell'art. 250, 
comma terzo, del d.P.R. 2"9 gennaio 1958, n. 645, il quale subordina alla 

(1) La questione era stata sollevata con quattro ordinanze del Tribunale 
di Roma. 
La sentenza 20 novembre 1964, n. 91, richiamata in motivazione, � riportata 
in questa Rassegna 1964, 995. 



748 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denuncia predetta l'esercizio dell'azione giudiziaria, a tutela di un credito 
produttivo di reddito di ricchezza mobile di categoria A; ed oggi la 
questione � prospettata con riferimento agli artt. 77 e 79 del r.d. 30 
dicembre 19,23, n. 3270, che sottopone l'azione giudiziaria, nella quale 
si deduca la qualit� di erede o quella di legatario, alla denuncia della 
eredit� o del legato, agli effetti dell',imposta di successione. 

La Corte per�, anche prima della sentenza succitata, aveva giudicato 
che il determinare 'Concrete modalit� di esercizio del diritto alla 
tutela giurisdizionale lede la garanzia apprestata dall'art. 24, comma 
primo, della Costituzione soltanto se ne risulti difficile o impossibile la 
esplicazione del diritt�; entro tali limiti [possono imporsi oneri fiscali, 
purch� vi sia connessione fra l'oggetto de medesimi e la res iudicanda,. 
cosi da rispondere a criteri di razionalit�. 

2. -L'onere di denunciare agli uffici tributari la successione o il 
legato quando si deduce in giudizio la qualit� di erede o quella di legatario 
non � irrazionale, perch� � in connessione con il titolo della pretesa 
o comunque �con la legittimazione dell'attore; � di facile ottemperanza 
perch� si risolve in una semplice comunicazione agli uffici predetti dell'evento 
successorio, sia pure accompagnata. da ogni elemento idoneo 
all'accertamento del tributo. La sanzione della sospensione del processo, 
con la quale si colpisce l'inosservanza dell'ortere, non � sproporzionata 
al fine della protezione dell'interesse statale all'accertamento �e alla riscossione 
dell'imposta di successione, che, essendo collegato all'esigenza 
di copertura della spesa pubblica, attiene al regolare funzionamento dei 
servizi necessari alla vita della 1comunit�, e ne condiziona l'esistenza 
(sentenze 4 ap�rile 1963, n. 45, e 16 giugno 1965, n. 50). 
Deve disattendersi l'obiezione dell'inutilit� della denuncia, sotto U 
profilo che l'Amministrazione finanziaria pu� accertare di ufficio il tributo 
e a sua protezione sono disposte sanzioni pecuniarie �contro l'inadellliPiente 
all'obbligo imposto daUa legge fiscale; e non vale nemmeno 
rilevare che l'interesse dell'Amministrazione stessa pu� essere efficacemente 
protetto imponendosi altri incombenti che non incidano sul diritto 
alla tutela giudiziaria. Non � sindacabile in sede .di legittimit� costituzionale 
n� la scelta legislativa dei mezzi idonei a garantire la ipretesa 
tributaria, n� l'apprestamento di pi� mezzi in concorso reciproco; ed � 
razionale che l'ordinamento apra all'AmministraZ1ione finanziaria ogni 
via che �conduca alla realizzazione del .suo interesse o che l'ordinamento 
ritiene possa condurvi. So;prattutto deve respingersi il rilievo prospettato 
dalla parte privata, per cui � sufficiente, al fine di cui si tratta, 
l'obbligo di sottoporre a ;registrazione la sentenza; 1a registrazione, se 
comporta il pagamento della c.d. imposta di titolo, lo comporta per ci� 
che il titolo sia soggetto a registrazione, non anche con riferimento alla 
imposta di successione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 749 

3. -Senonch� due delle ordinanze che hanno proposto la questione 
delineano, riguardo alle norme denunciate, �conseguenze di applicazione 
ritenute del tutto antitetiche al risultato voluto dalla Costituzione, perch�, 
per un verso, sottrarrebbero il convenuto alla persecuzione giudiziaria, 
e, per altro verso, negherebbero al medesimo la tutela dei diritti 
che pu� far valere unicamente nello stesso giudizio in relazione alla 
domanda dell'attore, com'� U diritto al rimborso delle spese giudiziarie 
sostenute; 
Senonch�, il vantaggio che il �convenuto riceve dalla sospensione 
sine die del processo � .conseguenza del compoctamento dell'attore, il 
quale, se omette di osservare l'onere della denuncia, ovviamente ritiene 
non essere di suo interesse insistere nel richiedere la protezione giurisdizionale, 
che � un suo diritto, non un suo dovere. 

Quanto al rilievo che la sospensione stessa toglie aJ. convenuto il 
diritto ad ottenere la condanna dell'attore al rimborso delle spese pa:"Ocessuali, 
la conseguenza deriva da norme diverse da queUe impugnate; 
cosicch� non � opponibile nell'-odierna sede. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 119 -Pres. Branca Rei. 
Fragali -Regione Lombardia (avv. Allorio), Regione Abruzzo 
(avv. Tranquilli Leali) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. ,gen. dello Stato Savarese). 

Regione -Regioni a statuto ordinario -Potest� legislativa -Necessit� 
del previo trasferimento delle funzioni -Piano re~olatore generale 
degli acquedotti -Ricorso in via principale -Inammissibilit�. 

(Cost., artt. 115, 117, 118, 119; I. 16 maggio 1970, n. 281; l. 4 febbraio 1963, 

n. 129, artt. 1, 2, 3, 4, 5). 
Poich� le Regioni a statuto ordinario non possono legiferare nelle 
materie loro attribuite dal.la Costituzione se non dopo l'avvenuto trasferimento, 
non oltre un biennio, dalle correlative funzioni IJ:ello S,ta'ito, � 
inammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata in via 
principale contro la legge 4 febbraio 1963, n. 129 sul piano regolat0f1'e 
generale degli acquedotti (1). 

(Omissis). -3. -Essi per� sono inammissibili sotto altro riflesso. 
L'art. 9 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, nel testo modificato dal


(1) La precedente sentenza della Corte 27 febbraio 1971, n. 39 � pubblicata 
in questa Rassegna, 1971. 
Con le contestuali sentenze 9 giugno 1971, nn. 120 e 121 fra le stesse 
parti, la Corte ha dichiarato l'inammissibilit� delle questioni proposte in 



750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281, prescrive che le regioni a 
statuto ordinario possono esercitM"e la funzione legislativa e quella amministrativa 
di loro com;petenza dopo che gliene sar� fatto trasferimento 
, <e dopo che sar� passato nei loro ruoli n relativo personale dipendente 
dallo Stato; in mancanza, la loro competenza potr� esercitarsi dopo de
�Corsi i due anni dall'entrata in vi.gore della ,predetta legge 16 maggio 
1970, n. 281. Questa norma fu denunziata dalla Lomba�rdia, dal Veneto 
�e dagli Abruzzi, sotto il ;profilo che essa pone alla �competenza regionale 
limiti costituzionalmente non previsti, che peraltro ne impediscono, ne 
<>stacolono o indebitamente ne limitano l'esercizio. Ma, con sentenza 25 
febbraio 1971, n. 39, la questione � stata dichiarata priva di fondatezza: 
.si � considerato anzitutto che la necessit� del presupposto del previo 
trasferimento delle funzfoni e .del ;personale statale risponde ad esigenze 
�di certezza nei rapporti fra Stato e Regioni, di ordinato e coordinato 
.svolgimento delle relative attribuzioni, di necessaria gradualit� del passaggio 
da un sistema di organizzazione fortemente �c.centrato ad uno, per 
-contro, di largo decentramento, anche a livello legislativo; si � rilevato, 
in secondo luogo, che la fissazione di un termine decorso il quale le 
regioni potrebbero esplicare il loro ,potere anche per quelle materie rigua:
rdo alle quali non � ancora avvenuto il trasferimento di funzioni, 

soddisfa all'esigenza di evitare �Che venga :procrastinata sine die e rimessa 
alfa mera discrezione statale l'effettiva esplicazione delle competenze 
che alle regioni attribuisce la Costituzione. 

Non risulta che sia avvenuto il trapasso alle ricorrenti di funzioni 
statali relative alla materia oggetto della legge denunziata�; e non � 
nemmeno decorso ancora il biennio di cui sopra si � detto. La potest� 
legislativa delle ricorrenti riguardo alle materie stesse non � perci� 
.ancora esercitabile, quindi non � rivendicabile. Nel frattempo � ovvio 
che lo Stato deve continuare ad esercitare la propria competenza; e 
.cosi ad esso soltanto ~etta la valutazione discrezionale dell'opportunit� 
di interventi normativi nelle materie predette. 

Le regioni, in altre parole, avrebbero potuto rilevare che, nelle 
materie in esame, secondo il loro giudizio, si erano verificate invasioni 
nella sfera della loro potest� da parte dello Stato soltanto se fosse 
venuto meno l'impedimento costituzionale �che non ne consentiva l'esplieazione; 
sussistendo ancora tale impedimento, manca nelle medesime 

via principale, rispettivamente, avverso la legge ospedaliera 12 febbraio 
1968, n. 132 e la legge sugli interventi nel Centro Nord, 22 luglio 
1966, n. 614. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 751 

-0gni interesse all'imipugnazione delle leggi denunciate, emanate dallo 
Stato in materia per la quale esso ha ritenuto non differibile una sistemazione 
normativa. Donde l'inammissibilit� delle doglianze proposte. 

Si obietta .senza fondamento che la legge denuncipta, essend-0 desitnata 
ad operare anche dopo che le �regioni avranno acquistato la 
legittimazione all'esercizio della rispettiva competenza, vengono a confiscare 
a favore dello Stato le corrispondenti potest� regionali anche 
.per il tempo -in cui ne sar� legittimo l'esercizio. Senonch�, la legg~ 
-emanata dallo Stato in periodo di .quiescenza della potest� legislativa 
regionale non ha la forza di impedire l'esercizio di quella potest�, do.po 
che ne saranno maturati i presupposti: concorrer� ad indicare i principi 
.fondamentali che le regioni ricorrenti dovranno osservare nella materia 
di cui si tratta e gli interessi che esse dovranno rispettare, secondo 
quanto prescrive l'art. 117 della Costituzione e l'art. 9 della citata legge 
10 febbraio 1953, n. 62. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1018 -Pres. Scarpella 
-Rel. Greco -P. M. Tavolaro (diff.) -Assessorato ai lavori 
pubblici della Regiom'! Siciliana (avv. Stato Coronas) c. Fernandez 

n. q. (Avvocati Cavoli e Fernandez). 
Competenza e giurisdizione -Giudicalo -Estensione e preclusioni Limiti. 
(art. 2909 e.e.; artt. 324 e 386 e.p.e.). 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblica utilit� Decreto 
di espropriazione e piano particolare~giato -Imp~gnazione 
-Giurisizione del giudice amministrativo. 


(1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 16 e 48). 
li 

Il giudicato copre anche le ragioni giuridiche fatte valere esplicitamente 
nel giudizio e tutte I.e aitre che, in via di azione o di eccezione, 
si sarebbero potute o dovute dedurre e far valere: esso per� non si fo1�ma 
suUe qu.estioni che, sebbene dedotte, non siano state esaminate dal 
Giudice per l'avvenuta definizione di questioni di carattere pl/'eiiminare 

o pregiudiziali, di rito o di merito, di carattere decisivo, in via esclusiva, 
I

e impeditivo della pronuncia di altre questioni di rito o di merito, n� l 
si forma sulle considerazioni sv'olte dal giudice ad abundantiam, le quali & 

IT 

siccome incidentali e ultronee, restano irrilevanti (1). 

Per quanto riguarda il decreto di espropriazione, la sua impugna~ 
zione e quella del piano particolareggiato, che evidenzia la designazione 
e la utilizzazione particolare dei beni espropriati rispetto ai quali si � 

I

co'ncret.izzata la dichiarazione di pubblico interesse, rientrmw nella1 
giurisdizione del Giudice amministrativo (2). 

(Omissis). -Concetta Nisi, con citazione del 20 novembre 1965, 
convenne in giudizio, dinanzi all Tribunale di Palermo, l'Assessorato ai 
Lavori Pubblici della Regione Siciliana, chiedendone la condanna al 
risarcimento dei danni, perch�, per negligenza ed imperizia dei suoi 

(1-2) Massime ovvie nella affermazione dei principi e tuttavia di particolare 
rilevanza nella specie, tanto che il P. M. aveva concluso per il 
rigetto del ricorso dell'Amministrazione, accolto invece dalla Corte: si 
ritiene, quindi, opportuna la pubblicazione integrale della sentenza. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 753 

organi, le aveva espropriato una quantit� di terreno (mq. 1~.585) maggiore 
di quella necessaria e sufficiente (mq. 12.000) e aveva destinato 
ad altra opera la maggiore � estensione del terreno illegittimamente 
espropriato. 

� L'Assessorato Regionale eccep� il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario ed in subordine, chiese il rigetto della domanda nel merito. 
Con sentenza del 4 agosto 1966 il Tribunale dichiar� �inammissibile 
la domanda per difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 
Appell� la Nisi e resistette alla impugnazione l'Assessorato Re


gionale. 

La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 17 luglio 1967, 
dichiar� la giurisdizione del giudice ordinario e rimise la causa al 
Tribunale. Consider� che la Nisi aveva gi� proposta la stessa domanda 
di risarcimento danni, negli identici termini nei confronti dello stesso 
Assessora~o, ma irritualmente nella comparsa conclusionale; il Tribunale 
aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
ma essa ne aveva riconosciuta la giurisdizione dichiarando per� inammissibile 
la domanda in quanto irritualmente proposta; le Sezioni 
Unite di questa Corte, su ricorso principale della Nisi e incidentale 
dell'Assessorato Regionale, in ordine alla domanda di risarcimento danni, 
avevano ritenuto che l'azione aquiliana, come formulata apparteneva 
sicuramente alla competenza del giudice ordinario, trattandosi di materia 
in cui si faceva questione di un diritto soggettivo e pertanto avevano 
escluso il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, avevano per� 
confermata la decisione di inammissibilit� della domanda rigettando il 
ricorso �incidentale; la suddetta decisione emessa dalle Sezioni Unite 
nell'esercizio della loro funzione istituzionale di assicurare il rispetto dei 
limiti delle diverse giurisdizioni, risolvendo i conflitti ;positivi o negativi 
di giurisdizione e statuendo sulla giurisdizione in una determinata 
lite, operava anche al di fuori del processo nel quale era stata emessa 
e vincolava qualsiasi giudice, sempre che si trattasse della stessa questione 
tra le stesse parti; ricorrendo nella fattispecie le suddette condi


zioni, non poteva �dubitarsi della vincolativit� della suddetta sentenza 
nel presente giudizio. 

Avverso la sentenza ha ricorso per cassazione l'Assessorato ai Lavori 
Pubblici della Regione Siciliana. Resiste mediante controricorso 
l'esecutore testamentario della Signora Concetta Nisi. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

L'Amministrazione Regionah~, con l'unico mezzo del ricorso. nel 
denunciare la violazione degli artt. 386 c .�p..c., 2909 �e.e., 4 legge 20 mm-zo 
1865, n. 2248 all. E, sostiene che la Corte di appello � incorsa in errore 
nella identificazione dei limiti del giudicato, in quanto le affermazioni 


754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contenute nella precedente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di 
Cassazione, della giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di 
risarcimento di danni, non era vincolante, sempre agii effetti della giurisdizione, 
in ordine alla nuova domanda proposta dalla Nisi, la cui 
decisione implica un sindacato di legittimit� di atti amministrativi inoppugnabili 
sotto il profilo di un cattivo esercizio di poteri discrezionali e 
si risolve in un'azione di invalidazione di atti �mministrativi inoppugnabili 
(programma approvato dalla Giunta Regionale, decreto di espropriazione, 
successivo provvedimento di rigetto� della istanza di retrocessione 
ecc.) non essendo stati aditi .tempestivamente i competenti 
organi della giurisdizione amministrativa ed essendo intervenuti accordi 
tra le part{ 

Il ricorso � fondato. 
Ritengono queste Sezioni Unite, anzitutto, �che non sussiste la eccepita 
preclusione da giudicato sulla giurisdizione. 

Invero nella precedente sentenza esse non esaminarono affatto la 
questione di .giurisdizione ora portata per la prima volta al loro giudizio; 
esse non accertarono affatto se il giudice ordinario avesse o meno la 
potest� di decidere l'azione di risal'cimento dei danni proposta dalla 
Concetta Nisi nei confronti dell'Assessorato Regionale per il suo cornpoi'


!

tamento colpevole, per avere espropriato per le opere pubbliche, indi


' 

cate nella dichiarazione di pubblica utilit�, una quantit� di terreno j 
maggiore di quella occorrente ma si limitarono a �confermare la pro


1 

nuncia di inammissibilit� emessa dalla Corte di merito per essere stata 
la domanda proposta irritualmente nella comparsa conc1usionale, avvertendo 
esplicitamente che la questione di giurisdizione non aveva 

II

carattere preliminare in quanto su di essa non si era affatto formato il 

contraddittorio. 

Solo incidentalmente, e ad abundatiam, osservarono �che la domanda, 

se fosse stata ritualmente proposta sarebbe stata di competenza del giu


dice ordinario. 

Ora, in tale situazione, non si ;pu� ritenere che si sia formato il 

giudieato sulla giurisdizione.� Certamente la cosa giudicata in senso 

sostanziale si forma non sol�o sulle statuizioni espresse nel dispositivo 

ma anche sugli accertamenti e le pronuncie del giudice, effettuati in 

relazione alle domande e alle eccezioni delle parti, anche se contenute 

nella motivazione, purch� abbiano carattere decisorio e si pongano come 

premessa e fondamento logico-giuridico della decisione. Il �giudicato 

copre anche le ragioni giuridiche fatte valere esplicitamente nel giu


dizio e tutte le altre che, in via di azione o di eccezioni, si sarebbero 

potuto o dovuto dedurre e far valere. Esso per� non si forma sulle 

questioni �Che, sebbene dedotte, non siano state esaminate dal giudice 

per l'avvenuta decisione di q1Uestioni di carattere preliminare o pre


giudiziali, di rito o di merito, di carattere decisivo in via esclusiva, e 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 755� 

impeditivo della pronuncia di altre questioni di rito o di merito; n� si 
forma sulle considerazioni svolte dal giudice ad abundantiam, le quali, 
siccome incedentali, e .ultronee, restano irrilevanti. 

Esclusa la preclusione da giudicato e passando al:l'esame della que-stione 
di giurisdiZione, queste Sezioni Unite, i.n applicazione dei criteri 
di determinazione della giurisdizione pi� volte ribaditi, secondo cui devesi 
considerare il petitum sostanziale, cio� il petitum in relazione alla. 
causa petendi, ritengono di dovere individuare la situazione di cui la 
resistente invoca la tutela giurisdizionale, se cio� essa sia di diritto 
soggettivo o di interesse, in relazione alle norme di -cui si assume la 
violazione, se di relazione o di azione. 

Ora in tema di espropriazione, ed essa � il tema della controversia 
-il diritto del privato riceve a volta una tutela pi� ampia dinanzi 
al giudice ordinario, in quanto � rimasto diritto di contro all'attivit� 
della pubblica amministrazione mentre altre situazioni in �cui esso . �� 
degradato a interesse, sono affidate per la tutela al -giudi-ce amministrativo. 


Nella fase antecedente alla costruzione dell'opera pubbli-ca, sono� 
tutelabili dinanzi al: giudice ordinario, sempre nei confronti della pubblica 
amministrazione, le situazioni in cui sussiste una carenza del potere 
di espropriazione; sono invece tutelabili dinanzi al giudice amministrativo 
quelle che importano un sindacato sull'esercizio o sull'uso del 
potere espropriativo. Per quanto riguarda specificamente la dichiarazione 
di pubblica utilit�, ehe a sua volta -condiziona lo stesso decreto� 
di espropriazione, ma � a sua volta condizionata dall'interesse pubblico 
sia come presupposto (interesse alla espropriazione) sia come effettua-zione 
(scelta e indicazione dei beni idonei a soddisfare rinteresse pubblico 
per la esecuzione dell'opera pubblica) � di competenza del giudice� 
ordinario l'accertamento della sussistenza e del~a sua efficacia (osservanza 
dei termini) o della materia oggetto della attivit� amministrativa 
ipotizzantesi una carenza di potere; restano invece di competenza del 
giudice amministrativo l'accertamento dei vizi di legittimit� e di merito 
della stessa dichiaraz_ione, il cui accertamento importa un sindacato� 
sull'uso e sull'esercizio del potere (di espropriazione). 

Per quanto riguarda il decreto di espropriazione, la sua impugna-


zione e quella del piano particolareggiato, che evidenzia la designa


zione e la utilizzazione particolare dei beni espropriati rispetto ai quali 

si � concretizzata la dichiarazione di pubblico interesse -sono di com


petenza del giudice amministrativo. 

Inoltre nello stesso procedimento di espropriazione sono poi pre


viste due ipotesi di retrocessione; la prima (art. 63 e 60) si rifeliisce 

alla mancata utilizzazione dei beni espropriati nei termini e discende� 

dalla impossibilit� giuridica di dare ai beni espropriati o ad alcuni di 

essi la prevista destinazione per effetto della decadenza della dichiara-� 


756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione di pubblica utilit�, per scadenza del termine o per fatti sopravvenuti, 
che diano la assolulta certezza �che quella opera non sar� fatta 
e quei beni non saranno pi� destinati all'opera ;pubblica per �cui sono 
stati espropriati. Nell'altra ipotesi (art. 61 legge espr.) la inutilizzazione 
del bene consegue alla avvenJUta esecuzione dell'opera pubblica 
e riguarda un singolo bene o una parte dei beni espropriati che l'amministrazione 
deve prima riconoscere che non servono pi� alla esecuzione 
dell'opera pubblica ossia i relitti. Relitt_o � infatti il bene che 
sopravvanza dopo che sia stata costruita l'opera pubblica e che sia rimasto 
completamente inutilizzato o che sia in parte utilizzato per una 
opera non specificante prevista; che cio� non abbia avuta la prevista 
destinazione. 

La prima situazione i�i di competenza del giudice ordinario, attesa 
la verificatasi inefficace della dichiarazione .di pubblica utilit� -che egli 
pu� accertare e dichiarare; la seconda invece � di competenza dello 
stesso giudice ordinario ma solo dopo -che la pubblica amministrazione 
abbia emanato il relativo decreto che accerti se i beni residui servano o 
meno all'opera pubblica in quanto non si pu� es.eludere in senso assoluto 
e aprioristico, un rapporto di utilit� tra il i�elitto e l'opera pubblica 
anche per ragioni di semplice accessoriet� e dipendenza; trattasi di acaccertamento 
che investe la �sfera di discrezionalit� amministrativa e 
quindi � demandato isti1�1zionalmente alfa stessa pubblica amministra


l f 

zione. 
Ora nella fattispecie, non pu� ritenersi che sussista la giurisdizione 
del giudice ordinario. 
La situazione denunciata come violata dalla resistente non � di 
diritto soggettivo in quanto essa importa l'indagine sulla violazione di 

I

una norma regolatrice del potere della pubblica amministrazione e il i 

sindacato sull'uso e l'esercizio di esso; e non denuncia affatto una ca


renza di potere. Del resto non si nega che la .dichiarazione di pubblica 

utilit� sia intervenuta ed ~sista; ma, assumendosi che essa ha riguardato 

un complesso di beni, maggiore di quella occorrente al compimento 

delle opere pubbliche, si sindaca la scelta dei beni occorrenti per esse 

e la �loro determinazione quantitativa, che � un �concreto esercizio e uso 

del potere espropriativo la .cui esistenza non � posta nemmeno in dubbio. 

Si precisa poi che le opere indicate nella dichiarazione di pubblica 

utilit� sono state compilllte e che � rimasto un relitto e che su di esso 

� stata costruita una diversa opera pubblica, e si adisce il giudice ordi


nario senza che sia stata accertata prima in sede amministrativa la rela


zione tra il relitto e l'opera pubbliea -atto necessario e indispensabile 

per la creazione della situazione di diritto soggettivo tutelabile dinanzi 

al giudice ordinario e in concreto solo con il risarcimento dei danni es


sendovi stata di esso utilizzazione dalla pubblica amministrazione sia 

pure per un'opera diversa. 



J J 
PARTE I, SEZ. II, GIURI$. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 757 

Pertanto il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata deve 
essere cassata senza rinvio per difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
a decidere sulla domanda della Nisi Concetta. 

Del deposito va ordinata la restituzione mentre ricorrono giusti 
motivi per la �compensazione per intero delle spese dell'intero gi:udizio. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSA~IONE ,Sez. Un., 17 aprile 1971, n. 1104 -Pres. Flore 
-Rel. Berarducci -P. M. Di Majo (conf.) -Ascheri (avvocati Gelpi 
e Levi) c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato 
Dallari). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato -Limiti. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1058, artt. 29, nn. 1 e 30). 
La giurisdizione esclusiva dei Consiglio di Stato in niateria di rapporti 
con i dipendenti deUo Stato e degl.i altri ,enti pubbtici si estende a 
tutte le controversie che rifiettooo questioni attinenti sia alle situazioni 
di diritto soggettivo sia aUe situazioni di interesse iegittimo, cotnprese 
pure queUe aventi contenuto patrimoniale, solo per� quando vi sia u:n 
collegamento causaie tra i1, rapporto di pubbLico impiego e la pretesa 
dedotta in giudizio, cio� quando tale rapporto, neila sua consistenza e 
nel suo svoigimento, operi quale momento genetico diretto ed immediato, 
della. pretesa stessa (1). 

(Omissis). -La questione posta con il regolamento di competenza, 
richiesto di ufficio dal Tribunale di Milano, � se la controversia insorta 
tra l'Amministrazione finanziaria ed il 'Conservatore dei registri immobiliari 
di Como, avente per oggetto il rimborso; a �detta Amministrazione, 
delle somme gi� �pagate dagli utenti dei servizi della conservatoria, 
a titolo di emolumenti; al conservatore, e da questo prelevate 
dalla cassa dell'ufficio, a' sensi dell'art. 35 della legge 25 giugno 1943, 

n. 540, abbia, oppur no, natura tributaria. 
(1) Cfr. oltre a �Oass., sez., un., 17 aprile 1969, n. 1211; richiamata nella 
sentenza di cui si tratta, Cass., 25 febbraio 1967, n. 430 in questa Rassegna 
1969, I, 238. 
Nel caso le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno pure deciso 
una interessante questione di competenza con riferimento alla natura della 
controversia in esame, questione sulla quale non risultano precedenti 
specifici. 

Pertanto, si ritiene opportuna la pubblicazione integrale dei motivi 
della decisione. 

4 



758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'anzidetto Tribunale ha p;rospettato la soluzione negativa della. 
questione rilevando che, pur avendo gli emolumenti previsti dal sopra 
citato art. 35 a favore del conservatore, natura di entrate di diritto pub


blico, ossia di tasse, la �controversia in oggetto concerne il momento 
successivo alla riscossione del tributo e verte, non ,gi� tra l'ente pubblico 
e la persona che, in forza di legge, ha pagato il tributo, ma tra 
l'ente pubblico ed un suo funzionario per la restituzione di somme che 
si assumono illegittimamente prelevate dai tributi riscossi. 

Tale soluzione va .condivisa, anche se queste Sezioni Unite ritengono 
che, ai fini della decisione dell'anzidetta questione, sia superflua l'indagine 
diretta ad accertare la natu;ra giuridica degli emolumenti, che gli 
utenti dei servizi della conservatoria dei registri immobiliari son tenuti 
a corrispondere al conservatore a' sensi dell'art. 35 della legge n. 540 
del 1943, se cio� tali emolumenti, nel rapporto che instaura tra il conservatore 
e gli utenti, abbiano, oppur no; natura tributaria. 

Devesi, preliminarmente, osservare che il legislatore, nell'attribuire 
al conservatore dei registri immobiliari, il diritto di percepire gli 
emolumenti indicati nella tariffa tabella D, parte I e II, annessa alla 
leg.ge n. 540 del 1943 (v. art. 35 di detta legge), ipone l'obbli.go del pagamento 
di tali emolumenti a carico degli utenti dei servizi della conservatoria 
dei registri immobiliari. Pertanto, mentre l'oggetto di tale ob


I

bligazione � costituito dalla prestazione di detti emolumenti, soggetti 
dell'obbligazione medesima sono, da un lato, il conservatore (creditore), 
e, dall'altro, gli utenti dei servizi della conservatoria (debitori). 

1 

Ci� premesso, va rilevato che la �conkoversia che costituisce oggetto 
�del presente giudiizo non si .svolge tra il conservatore e gli utenti, 
ossia tra il soggetto attivo ed i soggetti passivi dell'obbligazione relativa 
agli anzidetti emolumenti, e non ha, d'altra parte, per oggetto, ta.le 
obbligazione. ~La �controversia si svolge, invece, tra l'Amministrazione 
finanziaria -che ha rimborsato imposte ed emolumenti ai contribuenti, 
ritenendoli non dovuti -ed il cons&vatore, ed il suo oggetto � costituito 
dalla questione se fu legittimo, o no, il prelievo, effettuato dal 
conservatore, dalla cassa dell'Ufficio, ai sensi del secondo comma dell'art. 
35 della leg.ge n. 540 del 19~, delle somme versate dagli utenti 
in adempimento della detta obbligazione, e .se, di conseguenza, lo Stato 
avendo rimborsato agli utenti gli emolumenti riscossi dal Conservatore, 
ritenendoli non dovuti, possa pretenderne la restituzione a questo. 

Pertanto, qualunque sia la natura che all'obbHgazione, gi� dagli 

utenti adempiuta, voglia riconoscersi, non par dubbio che essa, non 

costituendo detta obbligazione oggetto del giudizio, non sia idonea ad 

incidere sull'indole della �controversia in esame. 

Non giova, infatti, opporre che l'accertamento della sussistenza, o 

meno, del diritto del conservatore di prelevare le somme versategli da.g_li 

utenti a titoli di emolumenti, involge la risolJUzione della questione della 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 759 

sussistenza, o meno, dell'obbligo degli utenti medesimi di corrispondere 
tali emolumenti. Invero, il giudice � chiamato a :pronunciarsi .su questa 
ultima qu�stione, non in via prindpale, nei �confronti del soggetto �ttivo 
e dei soggetti passivi della predetta obbligazione, ma incidenter tantum, 
nei confronti del coruiervatore e dell'Amministrazione finanziaria -che 
� terza rispetto all'obbli:gazione medes�ma -, al solo scopo di accertare 
la sussistenza, o meno, dei presupposti del diritto del conservatore a 

resistere alla pretesa dell'amministrazione -destinataria dei tributi, in 

occasione dei quali .gli emolumenti furono perc~iti -con effetti, quindi, 

limitati alla controversia oggetto dello stesso giudizio. Ed � noto che la 

�aratterizzazion~ della controversia oggetto del giJUdizio, � data dalla 

questione la cui decisione � chiesta in via principale, e non dalla que


stione di cui il giudice conosce solo incidentalmente. 

Posto, dunque, che il carattere degli emolumenti dovuti dagli utenti 

al conservatore dei registri ~mmobiliari, non incide sull'indole della 

controversia in oggetto, ne consegue che questa non pu� essere quali


ficata che �conformemente all'unica questione sottoposta all'esame del 

giudice in via principale, ossia �Conformemente alla questione dell'ac


certamento della legittimit� della pretesa della amministrazione e di 

coruieguenza della Je.gittimit� o no, del p:relievo, effettuato dal conser


vatore, dalla cassa dell'ufficio, delle somme in oggetto. E non v'ha dubbio, 

che questa sia una tipica questione di diritto patrimoniale, in quanto, 

praticamente, si contende sull'appartenenza di un bene economico, quale 

�, indubbiamente, il denaro esistente nella �cassa di un pubblic� ufficio, 

qualunque sia il titolo in virt� del quale in tale cassa esso sia entrato. 

Accertato che la controversia in esame non pu� qualificarsi di na


tura tributaria, si profila la questione -prospettata, in via subordinata;. 

dall'Amministrazione :finanziaria, nella sua memoria ~ se tale contro


versia rientri nella giurisdizione del giudice ordinario, oppure in quella 

del giudice amministrativo, ossia del Consiglio di Stato. 

Assume, infatti, 1'Amministrazione finanziaria, che i conservatori 

dei registri immobiliari sono funzionari statali, che appartengono alla 

carriera del Ministero delle Finanze e fruiscono di quei trattamenti 

economici speciali dovuti a particolari situazioni giuridiche, di talch� 

ogni questione riguardante tali trattamenti -fra �cui quello relativo 

agli emolumenti previsti dalla legge n. 54() del 1943 -investe i diritti 

patrimoniali inerenti al rapporto di pubblico impiego, materia che, com'� 

noto, rientra nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, a norma 

degli articoli 29, n. 1 e 30 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1058. 

Questa tesi � infondata. 

�, indubbiamente esatto che la giurisdizione esclusiva del Consi


glio di Stato, in materia di rapporto di dipendenti dello Stato, e di altri 

enti pubblici, di cui agli artt. 29, n. 1 e 30, 1� e 2� comma, del dianzi 



760 RAS~EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

citato t.u. del 1924, n. 1058, si estende a tutte le controversie che riflettono 
questioni atti.nenti sia alle situazioni di diritto soggettivo sia a quelle 
di interesse legittimo, comprese anche quelle aventi contenuto patrimoniale. 


Devesi, per� osservare che, com'� giurisprudenza di queste Sezioni 
Unite, l'anzidetta giurisdizione, determinata ratione materiae, sussiste 
solo allorch� vi sia un collegamento causale tra il rapporto di pubblico 
impiego e la pretesa dedotta in giudizio; il che si verifica quando tale 
rapporto, nella sua consistenza e nel suo .svolgimento, operi quale momento 
genetico, diretto ed immediato, della pretesa stessa, allorquando 
cio� si controverta sulla sussistenza od estensione di tale rapporto e dei 
diritti da esso derivanti e che si assuma non essere stati dall'ente pubblico 
riconosciuti al suo dipendente, come, ad esempio, nel caso delle 
questioni relative alla mancata corresponsione ed alla misura di stipendi, 
indennit� od altri assegni, �che abbiano attinenza immediata e diretta �Con 
il rapporto di p1ibblico impiego e che costituiscano o integrino la retribuzione 
(cfr. sent. 17 aprile 1969, n. 1211). 

Orbene, nel caso particolare, non sussiste alcun collegamento causale, 
come sopra� inteso tra il rapporto di pubblico impiego, che lega iJ 
conservatore dei registri immobiliari all'Amministrazione finanziaria �e 
la pretesa dello stesso conservatore, in quanto tale pretesa trae la sua 
origine, in via diretta 'ed immediata, non dalla sussistenza o dallo svolgimento 
dell'anzidetto rapporto di impiego, che � fuori di ogni possibile 
contestazione, ma in virt� dell'art. 35 della legge n. 540 del 1943, dal 
particolare ra.piporto che si instaura tra il conservatore e gli utenti dei 
servizi della conservatoria, per la prestazione di tali servizi. � per 
�ffetto di tale prestazione, e, quindi, di tale rapporto, �Che, con il diritto 
di percepire gli emolumenti relativi alla prestazione medesima, la legge 
riconosce al conservatore il diritto di prelevare dalla cassa dell'ufficio 
le somme all'anzidetto titolo� riscosse. e non v'ha dubbio, pertanto, .che, 
non avendo tale diritto alcuna attinenza diretta ed immediata con il 
rapporto di pubblico impiego, allorquando di esso si :controverta, tale 
controversia appartenga, non alla giurisdizione del Consiglio di Stato, 
ma, �come ogni altra wtonoma questione di diritto ;patrimoniale, alla 
giurisdizione del giudice ordinario. 

Escluso, quindi, che la controversia in oggetto abbia natura tribu


taria e rientri, come tale, a' sensi dell'art. 9, 2� comma, c.p.c., nella com


petenza del Tribunale ed escluso, altresl, .che tale controversia rientri 

nella giurisdizione del Consiglio di Stato, la conseguenza che ne di


scende � che deve affermarsi la competenza del Pretore a conoscere 

della controversia medesima. 

Ricorrono giusti motivi perch� le spese del presente giudizio siano 

dichiarate interamente compensate tra 'le parti. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 761 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 maggio 1971, n. 1442 -Pres. 
Scarpello -Rel. Cambogi -P. M. Tavolaro (conf.) -Societ� catanese 
trasporti (avvocati Restivo, Sangior.gi e Sorrentino) c. Assessorato 
ai trasporti della regione siciliana (avv. Stato Del Greco). 

Competenza e giurisdizione -Conce'ssioni amministrative -Gestione 
di pubblico servizio di trasporto in danno del concessionario Tutela 
del concessionario -Giurisdizione del giudice ordinario. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4; r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336, art. 1; 
I. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 21). 
Non esiste il potere della pubblica Amministrazione di continuare 
in danno del concessionario decaduto la gestione di un pubblico servizio 
di trasporti in concessione privata e la inesistenza in rad.ice di tale .potere 
appare ancora pi� 'flagrante quando la decadenza sia stata dichiarata 
non per inadempienza colpevole del concessionario (nel quale caso 
si avrebbe almeno un ri'fl,esso degli scopi di legge) ma per altri motivi (1). 

(Omissis). -La Societ� Catanese Trasporti (SCAT), concessionaria 
dei servizi filotranviari della �citt� di Catania fino dal 1951, a seguito 
dell'aumento dei costi di esercizio e del blocco delle tariffe passeggeri 
si trov� nel 1963 in precaria situazione economica, denunzia:ndo un deficit 
complessivo di lire 789.610:.077 per il sdlo periodo marzo 1962 marzo 
1963. 

A seguito di ci�, essendo andato completamente perduto il capitale 
sociale, l'Assemblea Straordinaria degli Azionisti, nella seduta del 6 giugno 
1963, deliber� di porre in liquidazione la societ�. 

Il liql..J.idatore, peraltro, 'Prosegu� la .gestione del servizio, ;pur facendo 
presente al competente Assessorato Regionale� ai Trasvorti che tale gestione 
non awebbe potuto esser protratta �che .per qualche giorno do.po 
il 15 luglio 1963. ' 

L'Assessorato Regionale ai Trasporti, con decreto del 29 luglio successivo, 
facendo seguito ad intimazione telegrafica del 24 luglio, dichiar� 
la SCAT decaduta di pieno diritto da'lla concessione per effetto della 
messa in liquidazione, dispose la gestione dei servizi in danno della stessa 
SCAT; nomin� un commissario gestore autorizzandolo ad avvalersi dei 
mezzi, del materiale e della organizzazione della ex concessionaria; fiss� 
il termine improrogabile di cinque mesi alla gestione in danno. Detto 

(1) La massima, cui consegue pure nella specie la giurisdizione del 
Giudice ordinario, ricalca quella estratta dalla sentenza n. 118 del 1970 
(in questa Rassegna 197.0, I, 752) riguardante analoga questione. La riaffer... 
mazione del principio allora enunciato, con l'apporto di ulteriori argomentazioni, 
induce a pubblicare per esteso la sentenza di cui trattasi. 

762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

termine fu poi prorogato, con altri cinque successivi decreti assessoria'li 
fino al 16 maggio 1964. 

Contro il decreto 29 luglio 1963, i successivi decreti di proroga ed 
un decreto in data 30 novembre 1963 .col quale fu stabilito un compenso 
mensile di lire 150.000, a carico dell'esercizio, per il Commissario gestore, 
la SCAT propose distinti ricorsi al Consiglio di Giustizia Amministrativa 
per la Re�gione Siciliana, chiedendo 'l'annullamento dei provvedimenti 
impugn�ti. 

Con decisione 19 giugno -19 ottobre 1967 detto Consiglio di Giustizia, 
riuniti i ricorsi: a) dichiar� ii proprio difetto di giurisdizione in 
ordine al ricorso rivolto contro il decreto assessoriale 2�9 luglio 1963 
per la parte in cui si dichiarava la decadenza della SCAT dalla concessione; 
b) rigett� i'.l ricorso contro tale decreto per la parte con cui 
si disponeva inizialmente la gestione in danno; e) rigett� il r~corso relativo 
al compenso per il commissario; d) ordin� ulteriori accertamenti 
istruttori per quanto �concerneva i decreti di proroga della gestione in 
danno ed i servizi automobilistici. 

Osserv� all'uopo: a) che per quanto concerneva la dichiarazione di 

decadenza daHa concessione, questa poteva implicare la violazione di 

diritti soggettivi e rientrava, quindi, nella giurisdizione del giudice or


dinario; b) che il provvedimento che disponeva la gestione in danno, 

provvedimento �che implicitamente ritenne sottoposto alla giurisdizione 

amministrativa, era legittimo, in quanto nessuna incompatibilit� sus


sisteva tra esso e la decadenza del concessionario della concessione, e 

;perch�, dal complesso delle norme che rego'lano il regime dei pubblici 

servizi, si poteva evincere il principio di carattere generale per cui 

l'autorit� amministrativa cc:mcedente deve in ogni tempo assicurare la 

continuit� dei pubblici servizi stessi e predisporne la continuazione; 

e) che, infatti, l'art. 1 del r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336, recante norme 

per le gestioni governative di ferrovie concesse all'industria privata, 

stabiliva .che, nel caso di inadempienza de'l concessionario, l'autorit� 

pu� disporre ia gestione a rischio e pericolo di costui finch� la linea 

possa esser.gli riconsegnata o, nel caso di decadenza, consegnata ad altri; 

d) che ci� dimostrava �come nessuna incompatibilit� sussista tra deca


denza e gestione in danno; e) che l'Amministrazione nella s,pecie aveva 

inteso assicurare la continuazione del servizio indipendentemente dal'la 

decadenza, avendo lo stesso liquidatore della SCAT dichiarato che la 

societ� era in grado di .provvedere a detta continuazione soltanto fino 

al 31 luglio 1963; j) che da ci� deducevasi, appunto, che l'assessorato 

ai Trasporti non aveva inteso �ancorare � la .gestione in danno alla 

de.cadenza, ma solo prevenire la preannunziata interruzione del servi


zio; g) che a tanto l'Amministrazione era abilitata dall'art. 1 del r.d.l. 

14 luglio 1937, n. 1728, che estendeva alle filovie il regime legislativo 

delle tranvie ed autoservizi di linea, e, conseguentemente, dall'art. 1 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 763 

-del r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336 in materia di tranvie e dall'art. 21 
della le.gge 2:8 settembre 1939, n. 1822 in materia di autoservizi di linea, 
che, appunto, davano diritto, rispettivamente, alla gestione in danno 
ed al'la prosecuzione del servizio per mezzo degli impianti e dei materiali 
del concessionario; h) che comunque la gestione. in danno :presupponeva 
la utilizzazione �di tali impianti e materiali; i) che quindi, in 
definitiva, il :provvedimento era legittimo sia che si applicasse l'art. 21 
della legge sugli autoservizi, sia che si aipplicasse l'art. 1 di quella sulle 
tranvie, non potendosi ammettere che runa societ� ,concessionaria sia 
abilitata ad interrompere unilateralmente il pubblico servizio col semplice 
espediente di decidere il proprio scioglimento; L) che la completa 
perdita del capitale e il disavanzo della gestione erano problemi interni 
della SCAT, che non ;potevano esser fatti valere dinanzi al giudice amministrativo 
e che non tog'lievano l'obbligo dell'Amministrazione di procedere 
ad assicurare la prosecuzione del servizio; m) che la SCAT non 
aveva mai invocato la tutela giurisdizionale in ordine ad eventuali dinieghi 
di sovvenzioni da parte dell'Amministrazione, m\ del resto, 
avrebbe avuto diritto a tali sovvenzioni; n) �che legittimo era anche il 
provvedimento col quale era stato concesso il comipenso al commissario, 
la cui cong.ruit� :poteva comunque essere va'l�tata in sede di rendicontc 
della gestione in danno; o) che la doglianza relativa alla gestione in 
danno dei servizi automobi:listici, rper i quali non era stata disposta la 
decadenza, doveva essere ulteriormente istruita in via documentale. 

Contro tale decisione ricorre, sotto il profilo ,del di:fetto di giurisdizione 
del Consig'lio di Giustizia Amministrativa della Regione Skiliana 
anche in ordine al provvedimento �che disponeva la gestione in danno, 
e sulla base di due motivi di ricorso illustrati con memoria, la SCAT. 
Resiste con controricorso 1'Assessorato ai Trasporti della Regione Siciliana. 


MOTIVI DELLA DECISIONE 

Col primo mezzo del ricorso la SCAT sostiene che dalla declaratoria 
di difetto di �giurisdizione con 'la quale il Consiglio di Giustizia 
Amministrativa per la Regione Sidliana si � spogliato della questione 
relativa al:I:a dichiarazione di decadenza di essa SCAT dalla concessione 
del pubblico servizio discende necessariamente l'impossibilit� per detto 
Consiglio di :pronunciarsi sulla legittimit� della disposta gestione in 
danno. 

All'esame di tale doglianza � per� pregiudiziale la decisione sul 
secondo motivo di ricorso col quale si deduce che il Consiglio difettava 
comunque di giurisdizione in ordine alla .gestione in danno :perch� non 
esiste il generico potere dell'Amministrazione di disporre la gestione 
stessa in ogni caso, indipendentemente, anche, dalla gi� verificatasi decadenza 
del concessionario. � evidente, infatti, che se detto autonomo 


764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

potere esistesse, almeno in radice, l'interessato potrebbe censurare l'indebito 
uso soltanto dinanzi al giudice amministrativo; e pertanto bene 
avrebbe fatto in tal caso il Consiglio di Giustizia .Amministrativa a scin


l

dere, dal punto di vista della giurisdizione, le due questioni. 
Passando cos� all'esame dell'assorbente secondo motivo del gravame 
questa Corte Suprema deve riconoscerne la fondatezza, non esistendo 

i 

quel generico ed. incondizionato potere dell'Amministrazione di disporre 
la gestione in danno del concessionario, ancorch� decaduto, sul quale 
la decisione impugnata ha basato la sua giurisdizione, e costituendo, 
quindi, vero e proprio diritto soggettivo dell'interessato il non sottostare 
a tale gravosa imposizione fuori dai casi in cui la cui la legge 
espressamente la prevede. 

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha osservato che � dal 
complesso de'lle varie norme � che nel nostro ordinamento regolano 
la concessione dei pubblici servizi di trasporti sembra potersi evincere 
un principio di carattere generale secondo cui � compito dell'autorit� 
amministrativa concedente assicurare in qualsiasi tempo la continuit� 
dei pubblici servizi stessi e prevenirne l'interruzione. Ora tale principio 
potr� anche -esistere; ma come regola istituzionale che imipone 
all'Amministrazione di provvedere alla continuazione e prevenire l'in~ 
terruzione del servizio, non come norma che imponga al ,privato in genere, 
od anche al concessionario di servizi in particolare, di mettere 
all'uopo a disposizione i propri beni e la propria re::rponsahilit� economica 
anche fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nonostante 
il disposto dell'art. 23 della Costituzione. 

Di ci�, evidentemente, si � reso conto il Consiglio di Giustizia Amministrativa 
�che, dopo l'enunciazione del predetto principio generale, 
ha cercato di trovare anche le specifiche norme di legge che nellla 
specie avrebbero autorizzato la gestione in danno per provvedere alla 
continuazione del servizio. Ed all'uopo ha invocato, congiuntamente, 
l'art. 21 della legge 28 settembre 1939, n. 1822 sulla disciplina degli 
autoservizi di linea e l'art. 1 del r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336 sulle gesti~
ni governative di ferrovie concesse .all'industria 'privata, affermando 
che sia in base all'una che in base all'altra di tali disposizioni di legge 
l'Amministrazione �aveva l'obbHgo e quindi il potere� di assicurare 
la prosecuzione del servizio, occorrendo con la gestione in danno. 

La societ� ricorrente si duole di questa doppia giustificazione legislativa 
del provvedimento, rilevando che alle concessioni di servizi 
pubblici filoviari non si pu� allo stesso tempo applicare il regime delle 
ferrovie in concessione privata e quelle delle concessioni di autoservizi 
se i due regimi legislativi sono distinti; ma il contemporaneo richiamo 

delle due leggi pu� essere effettivamente utile per una costruzione unitaria 
dell'istituto della � gestione in danno ., del quale, per evidenti 
ragioni logiche e sistematiche, non si potrebbe comunque negare l'ap




PARTE I, _SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 765 

plicabilit� al caso della gestione di pubblici servizi filoviari in concessione. 


Ma ci� posto, deve allora riconoscersi che la fisionomia giuridica 
dell'istituto amministrativo de quo, quale risulta da1:le cennate disposizioni 
di legge, � completamente diversa da quena ipotizzata dal Consiglio 
di Giustizia Amministrativa. 

La decisione impugnata, infatti, .partendo dal presupposto che � l'obbligo 
della Pubblica Amministrazio:{le di assicurare comunque la prosecuzione 
del pubblico servizio a convertirsi sic et simpliciter in potere di 
provvedere giunge senz'altro alla consegu_enza che la gestione in danno 
p�� disporsi anche nei confFonti del concessionario decaduto, come se 
di fronte all'obbligo suddetto ed alla necessit� di non interrompere il 
servizio non potessero esistere diritti soggettivi del privato. 

Ora, come si � premesso, la possibilit� giuridica della gestione in 
danno non discende da un simile generico ed indiscriminato potere. di 
disporre dei beni e della attivit� altrui, potere che, ripetesi, non esiste, 
ma da precise e -particolareggiate norme di legge che esattamente delineano 
la natura, la portata ed i limiti del provvedimento. In base a tali 
norme, che sono appunto quelle indicate dalla decisione impugnata e 
sopra ricordate, la gestione in danno pu� essere disposti:i nel caso di 
gra~i e ripetute irregolarit� della gestione ;privata, quando il �Concessionario 
non abbia ottemperato aUa regolarizzazione nel termine all'uopo 
prefissogli dall'Ispettorato generale ferrovie, tramvie ed automobili; ed 
� destinata a .cessare quando � le condizioni per la riconsegna della linea 
al concessionario, quando questi sia stato dichiarato decaduto, per la 
consegna ad altro ente, siano tali da assicurare, a giudizio esclusivo 
della amministrazione, la regolarit� e continuit� del servizio � (art. 1 

r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336). 
I capisaldi del sistema (che per le concessioni di autolinee risultano 
dal combinato disposto degli artt. 20, 21 e 34 lett. b) della legge 28 S\ettembr
�e 1939, n. 18�22) sono dunque tre; e cio�: a) la 0constatata e ripetuta 
inadempienza del concessionario ai suoi obblighi come giustificazione 
de1:1:a grave misura; b) la ;possibilit� data al concessionario di porre 
fine a tale inadempienza ed alla gestione in danno mediante 1a regolarizzazione
� del servizio e la eliminazione degli inconvenienti; c) la successiva 
eventuale decadenza del concession�rio dalla concessione ove tale 
regolarizzazione non si verifichi. 

Che l'inciso � quando questo sia dichiarato decaduto � contenuto 
ne'l:l'art. 1 del r.d.l. 1336, del 1936 si riferisca ad un momento successivo 
al provvedimento di gestione in danno risulta chiaramente dalla rimanente 
parte della norma, il cui primo comma presenta a;ppunto la decadenza 
come momento terminale della procedura iniziata con la diffida 
e nella quale medio-tempore si inserisce, come misura provvisionale, la 
gestione in danno (secondo comma). 


766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se cos� stanno le cose, non � dato vedere come 'la ges~ione in danno 
possa essere invece disposta, .senza che l'Amministrazione esorbiti dai 
limiti dello speciale potere di autotutela �concessole dalla legge eccezionalmente, 
nei confronti di un concessionario decaduto, sia pure all'atto 
stesso della dichiarazione di decadenza. Anche ammessa, in. tal caso, in 
tesi generale (ne'.l:la specie, infatti, la decadenza era stata esclusivamente 
dichiarata in relazione alla messa in liquidazione della SCAT secondo 
quanto ha espressamente rilevato la decisione impugnata) la esistenza 
della inadempienza del concessionario decaduto, e cio� la esistenza del 
presupposto sub a), mancano sempre quelli sub b) e .sub c), e cio� l'alternativa 
concessa dalla legge, come preciso diritto del concessionario, tra 
ripristino della regolarit� del servizio e prosecuzione della gestione in 
danno con la prospettiva sempre in caso di persistenza nella inadempienza, 
del provv�edimento di decadenza della .concessione come momento 
finale del proce.dimento amministrativo; nel .quale, ripetesi, rordine di 
gestione in danno si inserisce non come ulteriore sanzione. conseguente 
alla decadenza, ma .come eventuale misura provvisionale, prodromica 
alla decadenza stessa. � evidente, quindi, che se si dispone la gestione 
in danno del concessionario decaduto, si muta profondamente la fisionomia 
del provvedimento, che invece di essere una misura destinata a stimolare 
il concessionario alla regolarizzazione del servizio ed a provvedere 
me�dio-tempore alle esigenze del servizio stesso, diviene una sanzione 
contro il concessionario decaduto, il� quale non pu� far cessare la 
dannosa situazione (il secondo �comma dell'art. 2 del r.d.l. n. 13~6, del 
1936 precisa bene che le spese sostenute dall'Amministrazione per la 
gestione vengono recuperate nelle forme e con i privilegi delle imposte 
fondiarie) fino a che l'Amministrazione non abbia proceduto a nuova 
concessione del servizio. 

Deve pertanto ritenersi che anche l'esegesi delle norme di legge 
richiamate dalla decisione impugnata conferma che non esiste il potere 
dell'Amministrazione di continuare in danno del concessionario decaduto 
la gestione di un pubblico servizio di trasporti in concessione privata; 
e sar� appena il caso di osservare che la inesistenza in radice di tale 
potere appare ancora pi� flagrante quando la decadenza sia stata dichiarata 
non per inadempienza �colpevole del concessionario (nel qual caso 
si avrebbe almeno un riflesso degli scopi di legge) ma per altri motivi. 
Anche nel caso di fallimento .del concessionario, ad esempio, sarebbe 
possibile la prosecuzione della gestione in danno se questa potesse ritenersi 
sufficientemente giustificata, come sembra ritenere il Consiglio di 
Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, dalla sola esigenza 
di non interrompere il pubblico servizio; con la �Conseguenza che .detta 
gestione si svolgerebbe, in realt�, in danno dei creditori del concessionario 
fallito, risolvendosi cos� in una specie di bancarotta obbligatoria 

per factum principis. 

i 

j 

1 


I 


~ 




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 767 

In conclusione, quindi, deve affermarsi che �manca in radice il 
potere della Pubblica Amministrazione di disporre la gestione di un 
pubblico servizio di trasporti in danno del �concessionario gi� dichiarato, 
decaduto dalla concessione�; e che conseguentemente quella lamentata 
nella specie dalla SCAT �i una violazione di diritto soggettivo e non di 

un sem.plice interesse legittimo, secondo quanto � giurisprudenza costante 
di questa Corte Suprema. 

Il �onsiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 
difettava, pertanto, di giurisdizione non solo sulla questione della decadenza 
della SCAT dalla concessione, ma anche sulla questione della 
legittimit� del provvedimento che disponeva la gestione in danno; ed 
il ricorso della SCAT medesima deve essere conseguentemente accolto, 
cassandosi snza rinvio la decisione iJ:hpugnata e dichiarandosi la giurisdi.
zione del giudice ordinario; e tuttoci� in piena armonia con la precedente 
sentenza n. 118 del 1970 di queste stesse Sezioni Unite, che gi� ebbe a 
decidere nello stesso senza una controversia identica alla presente tra 
la Societ� Anonima Siciliana Trasporti (SAST) e l'Assessorato Regionale 
ai ~rasparti. 

Alla ricorrente 8CAT deve essere restituito il deposito, mentre 
la Regione Siciliana deve essere condannata al pagamento delle spese. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 giugno 1971, n. 1959 -Pres. 
Flore -Rei. Pratis -P. M. Trotta (.parz. diff.) -Ministero degli Interni 
(avv. Stato Cerocchi) c. Consorzio cooperative tra gli istituti di 
vigilanza privata ed altri (avvocati Romanelli e Grasso). 

Competenza e giurisdizione -Responsabilit� della P. A. per atti legittimi 
-Indennizzo -Giurisdizione del giudice ordinario. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4; t.u. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 133-139). 
Rientra nei principi generali del nostro 01�dinamento ia regola secondo 
cui, quando io Stato si trova nella necessit� di disporre anche 
solo temporaneamente di cose di propriet� dei privati cittadini o� dell'opera 
dei medesimi, a questi ultimi" � dovuto un adeguato indennizzo: 

(1) Appunti in tema di responsabilit� della P. A. per atti legittimi. 
La sentenza in esame � importante in quanto viene a modificare la tesi 
finora seguita dalla Suprema Corte in tema di responsabilit� per atti legittimi 
della P. A. Di tale questione si � ampiamente occupata la dottrina e 
la giurisprudenza degli ultimi anni giungendo a soluzioni non del tutto 
.concordanti. 



768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la competenza giurisdizionale a decidere deUa sussistenza del sacrificio 
e deila sua entit� ai fini deU!indennizzo non pu� che essere attribuita 
all'autorit� giudiZiaria ordinaria la quale nel ritenere sussistente 
il sacrificio del privato e nel liquidare l'indennizzo, dovr�, quando la 
legge non disponga �altrimenti, accertare suiza base della comune esperienza 
e deUe prove fornite dagli interessati, quale sia stato l'effettivo 
pregiudizio risentito dal privato. 


(Omissis). -Con il secondo mezzo la ricorrente Amministrazione 
denuncia violazione dell'art. 139 del testo unico delle leggi di pubblica 
sicurezza, approvato .con r.d. 18 giugno 1931, n. 773 e deduce l'erroneit� 
della tesi seguita dalla Corte del merito, secondo la quale lo speciale 
dovere di prestazione della �propria opera, posto a .carico . degli istituti 
di vigilanza privata dalla predetta disposizione, non trova il suo fondamento 
in un preesistente rapporto fra l'autorit� di Pubblica� Sicurezza 
e gli istituti, costituito in conseguenza della licenza da questi ultimi ottenuta 
a norma degli artt. 133 e seg.g. dello stesso testo unico, ma sol-


� noto come con responsabilit� per atti legittimi si� indichi il problema 
se la Amministrazione che in seguito ad una sua legittima attivit� sacrifichi 


I 

diritti ed interessi del privato sia tenuta al risarcimento del danno o meglio 
dell'indennizzo. 


i 

S'i preferisce parlare di indennizzo dal momento che il risarcimento 
� sempre legato al concetto di attivit� antigiuridica e co1pevole nei sensi 


I 

di cui all'art. 2043 e.e. (ALEss1, Responsabilit� da atti legittimi in Nss. Dig. 
It. XV, 625; Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2482) laddove l'indennizzo 


I 

presuppone una attivit� consentita dalla legge. In tale significato il termine 

I

� anche sovente adoperato al di fuori del diritto amministrativo (v. art. 843, 
1� e 2<> comma e.e., art. 925 e.e.), nella specie della imposizione di servit� f 
coattiva (art. 1032 e segg, e.e.) e del danno cagionato in stato di necessit� 

(art. 2045 e.e.). 

In molti casi anche nel diritto amministrativo le norme che facultano 
l'Amministrazione a sacrificare le ragioni del privato prevedono la corresponsione 
di una indennit� (v. artt. 24 e segg. legge 25 giugno 1865, numero 
2359; legge 4 marzo 1888, n. 525; d.l. 7 giugno 1894, n. 232; legge 13 
giugno 1907, n. 103, art. 10; r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 265; r.d. 27 luglio 
1934, n. 1265, art. 1; legge 26 dicembre 1940, n. 1543 ecc.). 


Per tutte queste norme essendovi una espressa previsione di indennizzo 
il problema non si pone a somiglianza di quanto previsto nelle surricordate 
disposizioni del codice civile. 


La questione sorge allorch� nesuna indennit� � prevista di fronte alla 
posibilit� per l'Amministrazione di disporre dei diritti del privato, ovvero 
nei casi in cui nessuna norma le conceda detta possibilit�. Questa ultima ipotesi 
pu� verificarsi quando il sacrifico del privato sia conseguenza soltanto 
indiretta di una attivit� consentita all'Amministrazione ovvero di un'attivit� 
necessitata per esigenze improrogabili di pubblico interesse (v. ALESSI, 


� 
op. cit.; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, 1958, I, pag. 349). La 
concezione pi� restrittiva (ZANOBINI) tende ad escludere tale forma di responsabilit� 
sia ove la legge non disponga l'indennizzo in contrapposto alla 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 769 

tanto nella richiesta di prestazioni fatta a norma del predetto art. 139, 
escludendosi cos� la gratuit� di quelle prestazioni e altres� ogni relazione 
sinallagmatica o di corrispettivit� fra queste e la tutela accordata 
dallo Stato agli istituti nell'esercizio della loro attivit�. 

Con il terzo mezzo l'Amministrazione ricorrente rileva, anzitutto, 
che nel caso in cui si dovesse ritenere esperibile l'azione di locupletazione, 
secondo la tesi subordinata degli istituti, poich� la valutazione 
del vantaggio conseguito dalla Pubblica Amministrazione non potrebbe 
essere fatta che da quest'ultima, ogni azione avanti all'autorit� giudiziaria 
ordinaria si dovrebbe ritenere ;preclusa. Denuncia poi violazione 
dell'art. 135 e, nuovamente dell'art. 139 del citato testo unico, sostenendo 
che non si pu� ravvisare, come ritenuto dalla Corte d'Appello, 
nel rapporto costituitosi fra lAmministrazione e gli istituti di vigilanza, 

prev1,s10ne del sacrificio individua~e. sia negli altri casi m cui non esista 
una norma che preveda il sacrificio del singolo a meno che, a detta dell'autore, 
si tratti di diritti di propriet� e di altre analoghe fattispecie sempre 
in materia comunque di diriti reali. Altra dottrina (SANDULLI), in un primo 
lavoro (Spunti in tema di indennizzo per atti legittimi dela P.A., Foro lt., 
1947, I, 938) afferma invece che la responsabilit� per atti legittimi della P.A. 
avrebbe portata generale .anche in mancanza di norma espressa. Successivamente 
per� l'Autore (Manuale di Dir. Amm., Napoli, 1970, pag. 665-668) 
nega trattarsi di un principio generale affermando che attualmente detta 
responsabilit� pur essendo una esigenza largamente diffusa � da considerare 
pi� una direttiva tendenziale che un criterio basato su norme po'sitive. 


Di con~ro altra corrente dottrinale (ALESSI, op. cit., ID, La responsabilit� 
della P.A., Milano, 1955, 115 segg., ID, L'illecito e la responsabilit� 
civile della P.A., Milano, 1964, 123 segg.; CASETTA, L'illecito degli enti pubblici, 
Torino, 1953, pag. 104 segg.), sostiene l'esistenza nel nostro diritto 
di un principio generale basato su un conceto di giustizia distributiva o di 
ristabilimento del'equivalenza patrimoniale e fondato sulle norme di cui 
all'art. 42 Costituzione e 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359 in materia di 
espropriazione. A detta di tale corrente, che interpreta estensivamente le 
norme sopraccitate, sarebbe accolto nel nostro sistema il principio per cui, 
anche in mancanza di previsione espressa, il sacrificio del diritto del singolo 
autorizzato dalla lege per un pubblico interesse debba essere equamente 
indennizzato dalla P.A.. Su di un punto per� tutte le teorie sono 
concordi; nell'escludere cio� la responsabilit� della P.A. per atti legittimi 
nel caso che venga sacrificato un interesse legittimo invece che �n diritto 
soggettivo e, alla obiezione che gli atti legittimi della P.A. proprio in quanto 
legittimi non possono �Che degradare i diritti ad interessi, si risponde che la 
distinzione va operata tra diritti ed interessi precedentemente all'eventuale 
affievolimento dei primi, rimanendo esclusa la indennizzabilit� per i soli 
interessi legittimi originariamente tali prima che su di essi incidano le norme 
che ne autorizzano il sacrificio. Il caso pi� trattato � quello della revoca 
della concessione amministrativa, in cui dottrina e giurisprudenza escludono 
concordemente un diil'itto del concessionario all'indennizzo (v. per 
tutte Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 febbraio 1969, n. 266 .con nota di GIUNTA 
in Finanza Pubblica, 1969, II, 123). 



770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un rapporto privatistico di lo�catio operis, soggetto, perci�, alle normali 
tariffe per le operazioni degli istituti, indicate nell'apposita tabella vidimata 
dal Prefetto. La ricorrente osserva che le tariffe sarebbero applicabili 
nei rapporti fra istituti e privati ma non nei confronti dell'Amministrazione, 
con la quale non sussiste alcun rapporto contrattuale, 
ma, al ,Pi�, un diritto all'indennizzo, nel calcolo del quale dovrebbe 
essere, comunque, escluso il lucro cessante, mentre le tariffe tengono 
conto anche del profitto dell'impresa, che costituisce per l'imprenditore 
una mera aspettativa e non mai un diritto. La difesa dell'Amministrazione 
conclude, quindi, che, anche se si dovesse da.re ingresso all'azione 
degli istituti, il credito vantato da questi ultimi potrebbe ess~re determinato 
soltanto in termini di costo, basandosi non nelle tariffe delle 
prestazioni degli istituti di vigilanza, bensi .sulle tabelle dei salari da 
essi corrisposti ai loro dipendenti, tenendo conto dell'effettivo servizio 

� poi da notare che mentre alcuni limitano il principio in analogia allo 
art. 42 C:ost. ai soli diritti patrimoniali o pi� propriamente reali, altri 
(ALEss1, Op. cit.) lo estendono a tutti i casi in cui viene inciso un diritto 
anche della i)ersona come quello all'inviolabilit� fisica ed alfa libert� personale. 


Non sembra anzitutto che all'art. 46 legge espr. possa attribuirsi una 
portata cos� generale da farne la base della teoria della responsabilit� per 
atti legittimi della P.A.. Occorre infatti considerare il contesto storico in 
cui la norma fu dettata. , 

Con l'abolizione dei Tribunali del contenzioso amministrativo ed essendosi 
ricondotti alla giurisdizione del Consiglio di Stato i soli. interessi 
legittimi, per i danni derivanti dalla costruzione di opere pubbliche si sent� 
la necessit� di emanare una disposizione che ne stabilisse la indennizzabilit�. 


All'epoca non era chiara la differenza tra discrezionalit� amministrativa 
e discrezionalit� tecnica della P.A. per cui le fattj.specie previste dall'art. 
46 essendo dovute al potere discrezionale della P.A. nel campo delle 
valutazioni eminentemente tecniche sarebbero rimaste sfornite di tutela. A 
quel tempo infatti era escluso per il Consiglio di Stato, il sindacato di merito, 
sotto il quale prevalentemente avrebbero potuto ricadere, :poich� la 
mancanza di un formale provvedimento ed i criteri di contingente opportunit� 
e convenienza non avrebbero potuto farle esaminare sotto l'aspetto 
del controllo di legittimit� per violazione di qualche disposizione di legge. I 
danni cagionati nella esecuzione di opere pubbliche, invero per 1o pi�, sono 
basati sulla violazione di regole tecniche o di buona amministrazione che 
non sono norme giuridiche � la cui applicazione rientra nel campo del me


rito amministrativo. 

Lo stesso poteva dirsi per quanto riguardava la giurisdizione ordinaria. 
Anche se si fosse esaminata la fattispecie di cui all'art. 46 legge esp. sotto 
il profilo della violazione di diritti soggettivi, trattandosi di una responsabilit� 
extra contrattuale, difficilmente avrebbe potuto essere riconosciuta 
dato che a quei tempi tale forma di responsabilit� dello Stato si riteneva 
esclusa dalla dottrina e giurisprudenza dominanti. 

Si argomentava infatti (MANTELLINI, Lo Stato e il Codice Civile,.. Firenze 
1879, pa.g, 56 e conforme giurispr.). che lo Stato in quanto titolare 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 771 

prestato a favore dell'Amministrazione da ogni agente dipendente degli 
istituti. 

La difesa dell'Amministrazione si diffonde sulla considerazione della 
natura dell'atto, con il quale si consente agli i.Stituti di vigilanza e di 
investigazione privata l'esercizio della loro attivit� e conclude che tale 
atto, se pure non integra in s� �tutti ed esattamente gli estremi di una 
concessione amministrativa �, neppure costituisce � una semplice autorizzazione
�, in quanto la licenza prevista dall'art. 134 del testo unico� 
della legge di pubblica sicurezza � attribuisce al [privato �parte dei compiti 
e delle facolt� degli agenti di pubblica sicurezza, compiti e facolt� 
che non spettano, in via normale, alla generalit� dei cittadini�. In base 
a detta licenza gli istituti verrebbero ad essere, quindi, investiti da particolari 
poteri pubblici e a fruire di una speciale tutela; altrettanto dovrebbe 
dirsi per gli agenti da essi dipendenti, in seguito all'approvazione 

della sovranit� e quindi della superiorit� e dei potere di i;mperio, non potesse 
porsi con gli altri soggetti su quel piano di eguaglianza che � il presupposto 
della responsabilit� aquiliana. Si affermava (MEuccI, Della responsabilit� 
indiretta delle pubbliche amministrazioni in relazione alle giurisdizioni 
amministrative, Arch. Giur., 1878, 341) che l'art. 1153 cod. civ. 
1865 il quale fondava la responsabilit� indiretta del committente per i danni 
dei commessi sulla culpa in eligendo o in vigilando, non si sarebbe potuto 
applicare allo Stato i cui dipendenti sono scelti con provvedimenti che tali 
forme di colpa escludono. Altri ancora, distinguendo tra atti di gestione ed 
atti di imperio, (MANTELLINI, op. cit., pag. 59; BONASI, La responsabilit� dello 
Stato per atti dei suoi funzionari pag. 262; GIORGI, Teorie delle obbligazioni, 
Torino, pag. 574, ritenevano esclusa per i secoli (e rientravano in 
essi le ipotesi di cui al'art. 46 legge espr.) qualsiasi forma di responsabilit�. 
Altri infine (v. SABBATINI-BIAMONTI, Commento alle leggi sull'espropriazione 
per p.u. e sul risarcimento, 3a ed., Torino 1913, I, pag. 772 e giurisprudenza 
ivi richiamata) escludevano la responsabilit� della P.A. sul presupposto che 
la necesaria indagine sull'elemento della colpa avrebbe comportato una 
indagine sull'uso del potere da parte della P.A. vietata al giudice ordinario. 
Queste teorie oggi non sono molto seguite, ma � passato da allora oltre un 
secolo di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, ed � pi� logico rite-� 
nere, date le vedute dei tempi, che l'art. 46 legge espr. riguardasse non gi� 
un caso di responsabilit� dell'Amministrazione per atti legittimi bens� di 
responsabilit� per illecito che, in mancanza della disposizione in esame, non 
avrebbe potuto ricevere tutela n� in sede di .giurisdizione amministrativa n� 
di giurisdizione ordinaria. In tale norma infatti non � previsto alcun potere 
per l'Amministrazione di sacrificare i diritti dei privati n� tale potere 
pu� ritenersi insito in quello di costruire l'opera pubblica poich� la stessa 
legge sull'espropriazione indica tassativamente quali diritti possono essere 
sacrificati e con quali garanzie. Opinando diversamente si verebbe a rite-� 
nere che la P.A., nella esecuzione di attivit� ad esse consentite ed in virt� 
della legge che tale attivit� faoulta, abbia il potere di comprimere ogni 
interesse di qualsiasi specie che venga a confl.iggere con l'interesse pubblico� 

(v. conforme TORREGROSSA, Il problema della responsabilit� da atto lecito, 
Milano, 1964).. 

772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della loro nomina a guardie particolari. .A tutto ci� conseguirebbe che 
le prestazioni alle quali sono tenute gli istituti, ai sensi dell'art. 139 
dello stesso testo unico, troverebbero la loro giustificazione in quel preesistente 
rapporto di diritto pubblico e si dovrebbero inquadrare nella 

categoria delle prestazioni di privati alla Pubblica Amministrazione, 
prestazioni da ritenersi gratuite ove non. sia previsto dalla legge alcun 
corrispettivo. L'Amministrazione insiste, infine, nel sostenere la relazione 
sinallagmatica, ed anzi di vera e propria corrispettivit�, delle prestazioni 
richieste in base al predetto art. 139, rispetto alla tutela accordata 
dallo Stato agli istituti, nell'esercizio della loro attivit�. 

L'assunto dell'Amministrazione non :pu� essere condiviso. 
Lo stesso ricorrente concorda nell'escludere che la �licenza� rilasciata 
agli istituti di vigilanza privata per l'esercizio della loro attivit� 

Ci� appare in contrasto con i principi in materia ed in particolare con 
quello che richiede da parte della P.A. il rispetto delle norme giuridiche 
e la necessit� di un formale atto amministrativo e della previsione legislativa 
allorch� si sacrifichino diritti del singolo, principio quest'ultimo oggi 
addirittura sottoposto con l'art. 23 Cost. a riserva di legge. Ed � proprio 
questa invece la conseguenza che discende dal voler considerare l'art. 46 
come la base della I'eSPonsabilit� della P.A. per atti legittimi e cio�, come 
sopra rilevato, di considerare non antigiuridico il sacrificio di ogni diritto, 
operato dalla P.A. nel corso di un'ativit� che � bensi autorizzata dalla legge 
ma che tale sacrificio non preveda. Sembrerebbe invece pi� aderente al 
sistema ritenere che allorch� la P.A. si trovi a dover incidere su diritti 
di privati il cui sacrificio non � eSPressamente previsto da una norma, si 
versi nell'ipotesi di carenza di potere come tale generante reSPonsabilit� 
per illecito secondo i principi generali. 

Tra l'attivit� di un soggetto (privato o P.A.) e i diritti dei singoli si 
pone la regola del neminem laedere che, nello Stato moderno, fa considerare 
illecito ogni violazione di essi diritti inferta non solo contra legem, ma 
anche praeter legem quando cio� la legge nulla disponga in proposito. Questo 
principio che oggi � largamente accolto soprattutto dalla giurisprudenza 

che ne ha esteso l'applicazione in modo tale che SPesso partendo dall'articolo 
2043 e.e. il giudice ordinario viene ad invadere a sproposito il campo 
della discrezicmalit� amministrativa, allora era praticamente inesistente 
per le teorie vigenti surricordate e, proprio per tale motivo, si senti come 
si � detto la necessit� dell'art. 46 che prevedeva un'eccezionale responsabilit� 
per illecito della P.A. in un'epoca che tale responsabilit� per lo pi� 
negava. 

La riprova di questo si ha nei �casi analoghi a qu�llo dell'art. 46 di danni 
a terzi derivanti dall'adozione da parte della P.A. nell'ambito del suo 
potere discrezionale di misure o criteri in contrasto con norme tecniche o 
di buona amministrazione o, pi� generale, con le regole della comune previdenza 
e diligenza. :�ll noto come tale responsabilit� in mancanza di una 
norma come l'art. 46 in principio fosse completamente esclusa, come in 
prosieguo fu amessa solo in caso di violazione di norme tassative (Cass. 24 
febraio 1927, Foro It., 1927, I, 591), poi fu estesa ai casi di inosservanza di 
norme tecniche (C'ass. 28 luglio 1932, Foro lt., 1933, I, 25) ma solo oggi la � 
si ammetta in caso di violazione della normale prudenza e diligenza (o 



PARTE I, SEZ. Ii:, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 773 

abbia natura di concessione amministrativa, attributiva, come tale, di 
determinate :pubbliche funzioni. Ma la Corte Suprema ritiene �che neppure 
ad altro titolo possa dirsi consentito -soltanto in forza della suddetta 
licenza -agli istituti di vigilanza privata l'esercizio di pubbliche 
:funzioni. � infatti la stessa legge a disporre espressamente (art. 134, 
ultimo comma del citato testo unico) che la licenza medesima �non 
pu� essere conceduta per operazi'Oni che comportino l'esercizio di pubbliche 
funzioni�, ed anche in considerazione di ci� � stato ripetutamei:ite 
.affermato, in giurisprudenza, che gli istituti di vigilanza ed investiga:
zione privata hanno carattere di impresa commerciale, che esercita un 
servizio nell'interesse dei privati e per propri fini di lucro. L'esercizio 
di tale attivit� � soggetto a � licenza � (cos� come � soggetta ad � ap


addirittura delle istruzioni interne e disposizioni di servizio) come responsabilit� 
aquiliana per illecito (v. per tutte Cass. 5 luglio 1966, n. 2039, C;ass. 
21 febraio 1966, n. 520), in diretta derivazione del principio generale del 
neminem laedere a volte anche erroneamente in violazione dei criteri di 
separazione delle gi.urisdizioni. Concludendo su �questo :punto sembrerebbe 
che allorch� l'Amministrazione sacrifi.chi diritti del singolo al di fuori di 
ogni autorizzazione espressa in norme di legge non possa parlarsi di responsabilit� 
della P.A. per atti legittimi e sussista invece una comune responsabilit� 
per illecito. 

Il problema che per� rimane da risolvere e che pi� interessa concerne 
l'ipotesi in cui, pur essendo dalla norma previsto il sacrificio dei diritti 
del singolo, non sia concessa alcuna forma di indennizzo o addirittura si 
neghi esplicitamente la possibilit� di indennizzo. 

La sentenza in esame aderendo alla tesi suesposta (.A:LEssI, opp. citt.) 
afferma l"esi�stenza di una regola generale del nostro sistema per cui il 
sacrificio del singolo nell'interesse generale dev.e essere ripartito sulla collettivit� 
e pertanto indennizzato anche nel caso (come nella specie) di prestazioni 
person~li obbligatorie in analogia a quanto stabilito nell'art. 42 
Cost. in tema di esproprio della privata prQPriet�. Ci� non pu� ritenersi 
esatto. Esaminiamo anzitutto il problema delle prestazioni personali obbli


gatorie. La norma costituzionale che le concerne in una con quelle patrimoniali 
� l'art. 23, il quale non fa alcun cenno all'indennizzo. Mentre per� 
per le seconde il prindpio potrebbe anche ricavarsi dall'art. 42, salvo quanto 
si dir� in seguito, ci� non pu� dirsi per le prime che, per tradizione storica 
;;ono sempre state gratuite. 

L'art. 23 infatti mira esclusivamente ad imped'ire che possano imporsi 
prestazioni con provvedimenti discriminati o addirittura singolari da parte 
della P .A. senza le garanzie offerte dal procedimento di formazione della 
legge e successivo controllo di costituzionalit�, e ci� in relazione ai precedenti 
periodi storici in cui tali garanzie non sussistevano o, quanto meno, 
erano imperfettamente applicate. 

N� tale principio generale pu� ricavaTsi dall'aTt. 42 che si riferisce oltretutto 
alla sola espropriazione per p.u. della privata propriet�. E se pure 
nella espressione privata propriet� potessero farsi rientrare i diritti reali 
che partecipano al pari della propriet� del rapporto diretto del titolare con 
la cosa e che tradizionalmente sono considerati quasi come una parte del 
diritto di propriet� stesso ed in esso compresi, non si vede come tale 

5 



774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

provazione '> la scelta di coloro che prestino la propria specifica opera 
lavorativa di guardia particolare alle dipendenze degli istituti) solo 
per soddisfare all'esigenza di accertare l'esistenza delle specifiche condizioni 
poste per garantire che una attivit� autonomamente scelta, ma 
che tuttavia ha scopi in parte convergenti con le finalit� proprie delle 
funzioni di polizia, sia conforme alle necessit� della sicurezza pubblica 
e a quelle della tutela della libert� dei cittadini. Il fatto, poi, chie le 
guardie dipendenti da tali istituti possano, come tutte le guardie particolari 
private, eccezionalmente assumere la qualit� di pubblici. ufficiali, 
quando, nell'esercizio delle loro mansioni, si trovino ad adempiere alle 
funzioni di prevenzione dei reati, non influisce sulla natura degli istituti 
e sul carattere della loro attivit�, nello svolgimento della quale l'inte


espressione possa essere aUargata fino a comprendere i diritti personali che 
presentano caratteri addirittura antitetici a quelli reali. Ci� premesso ri:sulta 
evidente ohe in mancanza di direttive costituzionali in maiteTia la risoluzione 
della questione non pu� che essere affidata al legislatore ordinario 
il quale, in caso di sacrificio di diritti personali, c�nceder� o meno l'indennizzo 
secondo ci� sia pi� o meno avvertito dalla coscienza sociale di cui 
� interprete. Ne discende che in caso di mancata previsione legislativa, 
detto indennizzo dovr� ritenersi escluso, non sussistendo alcun principio 
generale in proposito da fa:r valere nel silenzio della legge. 

La riprova di tale assunto � nelle difficolt� incontrate dal giudice nello 
stabilire casi e modalit� di indennizzo per essersi voluto sostituire ail legislatore 
nella qualit� di interprete della coscienza sociale. Si legge infatti 
che le prestazioni obbligatorie sono da ritenersi gTatuite allorch� siano tali 
da non importare un apprezzabile sacrificio a carico degli obbligati e che 
diversamente deve concludersi allorch� le prestazioni determinino notevole 
intralcio alla normale attivit� del soggetto o addirittura la paralisi 
di .questo, in modo da arrecare un apprezzabile pregiudizio. � chiara la 
contraddizione. Una volta affermato come principio generale che ogni prestazione 
anche personalle � indennizzabile non ha luogo discernere quando 
la medesima compolt'ti un sacrificio piccolo o grande per farne discendere 
appunto la sua indennizzabilit�. Ogni prestazione per definizione, anche 
minima, ogni sacrificio pu� valutarsi pecuniariamente e corrisponde ad un 
sia pur minimo indennizzo e, voler affidare il criterio tra casi di indennizzo 
e non, a concetti variabili e soggettivi sia per le condizioni personali 
dell'obbligato, sia �per le situazioni particolari in cui. la prestazione venga 
richiesta, significa affidare all'apprezzamento del giudice necessariamente 
mutevole in relazione alle varie �circostanze, quella valutazione che invece 
� riservata alla legge allorch�, nell'autorizzare il sacrificio dei diritti del 
singolo, concede o meno quell'indennizzo che, come �si � visto, non assurge 
nel nostro sistema del diTitto a principio generale. Ci sembra infatti che pi� 
che sull'indennizzo l'attuale ordinamento giuridico abbia voluto porre l'accento 
su una funzione sociale delle attivit� e dei beni dell'uomo. Al giorno 
d'oggi cio� in contrapposto all'esaltazione dell'individualismo del secolo 
scorso si tende a coordinare i vari diriti;i del singolo in funzione dell'interesse 
collettivo della societ�. Ci� � ravvisabile in ogni campo del diritto. 
Non a caso lo stesso art. 42 Costituzione parla di funzione sociale della propriet� 
privata, da cui discende una serie imponente di limiti di diritto 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 775 

resse privato pu� bens� considere con quello pubblico, ma senza che il 
soddisfacimento di quest'ultimo rientri fra i fini specifici che gli istituti 
si propongono. 

Nessun rapporto particolare si instaura, pertanto, fra la� pubblica 
amministrazione e gli istituti di vigilanza privata per il solo fatto 
del rilascio a questi ultimi della licenza per l'esercizio della loro attivit�; 
sicch�, non preesistendo un rapporto, dal quale possa direttamente 
ed immediatamente discendere un obbligo per gli istituti di 
prestare la propria opera' a favore dell'autorit� di pubblica sicurezza, 
questa ultima pu�, solo in forza dell'espressa disposizione dell'art. 139, 
del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 richiedere a quegli istituti particolari prestazioni 
e conferire agli agenti da essi dipendenti particolari poteri pub-

civile e amministrativo alla medesima. Cosi in materia di lavoro che ormai 
pu� dirsi quasi completamente sottr.atta all'ini2:ioativa privata e regolata� da 
norme inderogabili al fine di tutelare la funzione sociale-. Nel diritto penale 
ove la solidariet� assurge ad obbligo giuridico ed al singolo � imposto 
di prestare la propria attivit� in caso di infortunio, tumulto, flagranza di 
di reato (art. 652 c.p.) ovvero a favore .di persone incapaci di provvedere 
a .se stesse (art. 593 c.p.). Lo stesso diritto tributario con il sistema progressivo 
(art. 53 oost.) mira con la falcidia dei cespiti pi� elevati ad assicurare 
a fini socia<li una redistribuzione della ricchezza e la perequazione 
del reddito. Nel diritto amministrativo poi la maggior parte delle norme 
ed in particolare quelle esterne sono rivolte a costemperare l'interesse del 
singolo con quello generale. 

La via scelta daoll'ordinamento per raggiungere lo scopo di controUare 
ed indirizzare lo sviluppo sociale nella direzione voluta � quella di porre 
limiti ai vari diritti astrattamente considerati. Cos� la libert� personale e 
domicili-are � inviolabile ma, nei casi previsti dailla legg.e, pu� essere limi:tata 
(art. 13-14 Cbst.). Non possono imporsi prestazioni personali e patrimoniali, 
ma non in assoluto, bensi con le garanzie della legge (art. 123). 
L'iniziativa economica privata � libera; ma 1a legge determina programmi 
e controlli a fini sociali (art. 41). La propriet� � riconosciuta e garantita, 
ma la legge ne determina i limiti a fini sociali (art. 42). Quando pertanto 
la norma impone ai privati obblighi positivi e negativi di fa!re, di non fare 
di dare, di tollerare e cos� via non fa che limitare nel contenuto, nell'estensione, 
nel tempo i vari diritti fondamentali astrattamente considerati, assolvendo 
in ci� a quella che � ed � sempre stata la funzione del diritto e 
cio� di porre delle regole ai rapporti umani. Da tali limitazioni poste chiaramente 
peir un interesse generale ben potr� derivare un detrimento all'interesse 
del singolo, ma nessuno si � mai posto in questi casi il problema 
dell'indennizzo. Cosi per rimanere nell'ambito del diritto amministrativo 
si possono portare ad esempio i vari vincoli CIUi � soggetta la propriet� 
privata per esigenze idrogeologiche e di difesa fluviale (d.1. 30 dicembre 
1923, n. 3267) per ragioni di interesse storico ed artistico (1. 1� giugno 1939, 

. n. 1089) per esigenze di razionale sviluppo dell'edilizia urbana, come pure 
per ragioni di igiene e sicurezza (t.u. 27 luglio 1937, n. 1265; t.u. 18 giugno 
1931, n. 773). Come mai in questi caSi non sorge un problema di re.sponsabilit� 
della P.A. per atti legittimi? Si risponde (ALEss1, Responsabilit� della 
P.A., Milano, 1955, pag. 128; ZANOBINI, Corso cti., Vol. I, pag. 350; GIUNTA, 



776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

blici, dei quali altrimenti gli stessi non sarebbero investiti. Ci� vale a 
far respingere la tesi, secondo la quale le prestazioni in esame si porrebbero 
in sinallagma o addirittura in rapporto di corrispettivit� con 
la tutela accordata dallo Stato agli istituti di vigilanza privata. 

Ci� posto, occorre determinare la natura del rapporto che si viene 
a stabilire fra l'autorit� di Pubblica Sicurezza e �gli istituti di vigilanza 
privata quando la prima, avvalendosi della potest� attribuitale dall'art. 
139 della legge di pubblica sicurezza, richieda ai secondi la propria 
opera. 

A questo proposito e �Con riferimento al caso di specie secondo la 
Corte del merito gli istituti, pur collaborando con l'autorit� di pubblica 
sicurezza per il conse.guimento dei fini pubblici inerenti allo 

Considerazioni sulla c.d. responsabilit� per atti legittimi della P.A. in Finanza 
Pubblica, 1969, II, 123) che in questi casi ed analoghi si tratterebbe di 
limitazioni ai vari diritti del �singolo operati direttamente da norme generali, 
e, per.tanto connaturati all'essenza stessa del diritto laddove quando la 
limitazione sia si prevista in generale dalla norma, ma debba poi essere 
applicata in concreto dalla P.A. nei confronti di singoli beni o persone singole, 
allora si sarebbe in presenza di un sacrificio a carattere particolare 
generante ~ c.d. responsabilit� dell:a P.A. per atti legittimi ed il conseguente 
indell!llizzo. Si pu� obiettare anzitutto che gli esempi dimostrano al 
contrario sempre l'esistenza di un provvedimento amministraitivo particolare 
da cui discendono tutti gli obblighi per il privato, cos� la notifica al 
proprietado di cosa di notevole interesse artistico oppure la notifica di interesse 
pubblico ai fini della imposizione di vincoli ex art. 6-7 legge 29 giugno 
1939, n.. 1497 (v. in tema sentenza Corte Cost. 29 maggio 1968, n. 56). 
Lo stesso pu� dirsi in caso di vincoli ex art. 7 legge urbanistica che prevede 
la pubibiicazione di piani di zona (v. Corte Cost. sent. 14 maggio 1966, 

n. 38) e (art. 13) di piani particolareggiati in cui sono indicati i singoli 
edifici soggetti a demolizione ricostruzione ecc. e gli elenchi delle propriet� 
da vincolare. Ed anche riguardo alla di:Struzione di piante infette si trova un 
provvedimento amministrativo particolare ('art. 4 legge 18 giugno 1931, 
n. 987) in cui espressamente � escluso qualsiasi indennizzo ai proprietari. 
Ma inoltre se fosse vero che ove sia un provvedimento particolare della 
P.A. si verserebbe in tema di sacrificio indennizzabile, lo stesso servizio militare 
dovrebbe ricadere in tale ipotesi dato che gli obblighi militari sorgono 
con l'arruolamento (TATTOLI, Leva Militare Nss. Dig . .It., 11, 779; SANDULLI, 
op. cit., pag. 591) che consiste in un provvedimento singolare del consiglio 
di leva considerati i requisiti fisici e giuridici dell'iscritto nelle liste. 
In realt�, �sembra, a nostro avviso, che allorch� la norma preveda in via 
generale ed astratta la possibilit� di sacrificio di determinati diritti ci si 
trovi di fronte ad una limitazione insita nella natura del diritto stesso. Il 
fatto che in alcuni casi la concreta applicazione della norma stessa sia demandata 
aUa P.A. e che il provvedimento concerna non tutti i soggetti previsti 
in astratto ma questo o quel soggetto determinato in rellazione alle 
varie ciircostanze non modifica il punto in questione. Ci� d'altronde pu� 
avvenire per ragioni di pratica opportunit�. �1 evidente che qualora si prevedano 
prestazioni obbligatorie personali o reali in occasione specialmente 
di eventi eccezionali non potr� prescindersi da un provvedimento ammini

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 777 

espletamento delle operazioni elettorali, ci� avevano fatto, tuttavia, 
senza cessare di perseguire quel fine di lucro .che � inerente alla gestione 
del loro normale servizio, con la conseguenza che, essendo stata 
la richiesta della pubblica amministrazione determinata da esigenze 
di carattere transitorio ed eccezionale, si era istituito tra le parti un 
rapporto di natura privatistica -aderente allo schema della locatio 
operis -tale da legittimare l'accoglimento della domanda principale 
degli istituti di vigilanza, relativa alla condanna dell'Amministrazione 
a corrispondere ad essi il compenso per l'opera prestata, determinandolo 
secondo le tariffe vigenti per i servizi di guardianaggio. Orbene, 
c�n tali affermazioni, la Corte del merito ha sostanzialmente eluso il 
problema, risolvendolo sulla base di una mera petizione di principio. 

strativo particolaire per questo o quel privato, ma ci� non toglie che tale 
atto abbia il suo titolo nella legge la cui previsione �, si ripete, �sempre 
generale ed astratta. Jil diritto sorge limitato o viene ad essere limitato gi� 
con l'emanazione della norma ed � soggetto ad affievolimento allorch� ricorrano 
le circostanze prevedute dalla legge. 

Pu� derivaTe quindi che solo alcuni siano in concreto obbligati e cio� 
solo coloro nei cui confronti si realizzino tali circostanze, ma il fenomeno 
� identico in ogni specie di limitazione. Non ne esiste infatti che si applichi 
in concreto a tutti i soggetti astrattamente previ.'Sti dalla norma. Lo stesso 
servizio militare non viene assolto da tutti i cittadini, bens� solo da quelli 
aventi determinati requisiti fisici e morali o addirittura da elemelllti estratti 
a sorte qualO!I'a il contingente di leva sia superiore alla forza necessaria in 
quel momento. 

N� sembra potersi accogliere la 'tesi basata sulla distinzione tra sacrificio 
del diritto che sia inerente all� natura ed all'essenza stessa di questo, 
secondo i caratteri impressi dall'ordinamento e non soggetto ad indennizzo 

(SANDULLI, Manuale cit., pag. 66, Corte Cost., sent. 29 mag.gio 1968, n. 55) 

ed incisioni che vanno al di l� di tali limiti connaturali ai diritti stessi e 

che tale indennizzo richiedono. 

Chiarendo meglio il concetto con l'espressione connaturali secondo que


ste teorie si indicano quelle limitazioni ai nostri diritti che per essere 

recepite da precedenti periodi storici, per essere state sempre osservate 

e ritenute giuste, sono dal'la coscienZ'a sociale dell'attuale momento storico 

comunemente accettate e considerate come qualcosa di illlSito all'essenza 

stessa del diritto, compatibili con il suo �esercizio, indispensabili all'ordi


nato svolgimento delle attivit� sociali e non subordinate pertanto ad inden


nizzo nella loro introduzione ed applicazione. 

Al contrario per im(posizioni non connaturali si indicano quelle che 

incidono in modo rilevante sul diritto e che ne rendono diffici.le o impossi


bile l'eseir:cizio in contrasto a quanto ritiene l'attuale cosciellZ'B sociale es


serne la naturale destinazione. 

Queste ultime .pertanto non si potrebbero imporre senza offrire al pri


vato come contropartita un equo indennizzo e le norme che eventuailmente 

non lo prevedessero sarebbero incostituzionali relativamente a tale punto. 

Non sembra questa ricostruzione del tutto corretta in quanto appare 

basata su una distinzione di categorie che non pi� giuridica ma che trova 

la sua spiegazione in conceti metagiuridici e in principi equitativi che non 


778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I giudici d'appello non avrebbero, invece, dovuto prescindere dalla 
considerazione che le prestazioni previste dall'art. 139 del r.d. 18 giu� 

gno 1931, n. 773 pi� volte citato sono poste a carico degli istituti di 

vigilanza per fini esclusivamente pubblicistici, senza che gli istituti 
medesimi possano in alcuna maniera sottrarvisi. Pertanto, il rapporto 
�he si instaura, in tal caso fra autorit� di pubblica sictirezza ed il 
singolo istituto che viene richiesto di prestare la propria opera �, quindi, 
un tipico rapporto di diritto pubblico, rientrante nella categoria di 
quelli che si istituiscono fra amministrazione pubblica e privati citta� 
dini, quando la prima, per esigenze pubbliche, � legittimata dalla legge 
a disporre autoritativamente di beni che si trovino nella disponibilit� 
dei secondi o ad imporre ai medesimi determinate prestazioni, alle quali 
essi siano in grado di adempiere. 
possono essere presi come base in sede di applica:cione dell'ordi1namento 
positivo per spiegare le vicende concrete del diritto. Cos� ad esempio l'indennizzo 
viene giustificato con la pi� volte ripetuta esigenza di giustizia 
sociale per cui iJ. sacrificio imposto al singolo a titoio particoilare a favore 
della collettivit� non debba essere acco'l'.lato al solo obbligato ma ripartito 
proporzionalmente fra tutti. D'altronde per� lo stesso principio completamente 
rovesciato e cio� come obbJ.igo per il singalo di subire limitazioni 
ai suoi diritti a favore della collettivit� per esigenze di giustizia sociale, 
di difesa, di solidariet�, viene invocato dalla stessa dottrina e giurisprudenza 
allorch� giustifica il,sistema tributario progressivo, le prestazioni personali 
obbligatorie in occasione di .calamit� naturali, il servizio militare. N� 1 i 
vale opporre che queste ultime limitazioni sarebbero sentite come necessarie 
dall'attuale coscienza sociale. Occorre infatti ricordare che la medesima 
corrente ripetutamente afferma che solo i'l legislatore � sovrano interprete 
di tale coscienza, garante dell'evoluzione del diritto e del costante 
adeguamento dello stesso. 
Ne consegue che di fronte ad una norma che ponga una limitazione ad 
un diritto senza alcuna indennit� non si pu� andare ad indagare se tale 
limite sia o meno avvertito come connaturale dai consociati e se i!1 legislatore 
non prevedendo l'indennizzo abbia malamente i.n.teripretato la volont� 
collettiva o l'abbia precorsa. Non � questo il compito dell'interprete 
del diritto, tanto meno del giudice ordinario e neanche del giill.lidice costituzionale 
che troppo spesso invece si � arrogato tale facolt� dando luogo ad 
una vera e propria legislazione abrogativa. Questo controllo � semmai demandato 
alla stessa collettivit� che di fronte ad una norma che ritenga non 
corrispondente ana sua volont� pu� provocarne tramite g1i strumenti a sua 
disposizione (movimenti di opinione, partiti, parlamento, referendum) la 
modifica o l'a�brogazione. 
Al contrario sembra pi� conforme ai principi dell'ordinamento rUenere 
che allo:reh� una disposizione incida in date circostanze su di un diritto, 
quest'ultimo sorga e per tutta la sua esistenza �porti con s� quella limitazione 
e cio� di essere soggetto alla possibilit� di diminuzione nel suo contenuto 
od esercizio qualora si verifichino in conCll'eto le circostanze prevedute 
dalla legige. � in definitiva la legge che crea nuove situazioni giuridiche 
o modifica e limita la natura dei diritti gi� esistenti e non gi� questi 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 779 , 

Escluso cos� che, in occasione della rkhiesta, fatta dalla prefettura 
di Genova agli istituti di vigilanza di quella citt�, di prestare l'opera 
dei propri agenti per la sorveglianza alle sezioni elettorali, si fosse 
istituito fra la pubblica amministrazione e quegli istituti un rapporto 
di natura privatistica, rimane da esaminare la tesi dell'Amministrazione 
ricorrente, secondo la quale, anche a prescindere dalla considerazione 
della .corrispettivit� fra prestazioni richieste a norma dello 
art. 139 del testo unico delle leg.gi di pubblica sicurezza e concessione 
della licenza a norma del precedente art. 134, poich�, nel pieno rispetto 
dell'art. 23 della costituzione (che riserva alla legge la previsione 
di prestazioni imposte) la disposizione del predetto art. 139 prevede 
l'obbligo di determinate prestazioni, queste ultime si dov.rebbero 
ni ogni caso ritenere gratuite, non prevedendo la legge akun compenso 

o corrispettivo. 
La delicata questione non pu�, peraltro, essere risolta semplicisticamente 
sulla base d� quest'ultima osservazione. La Corte Suprema �ritiene, 
invece, che si debba operare, in proposito, una netta distinzione. 
Il predetto art. 139, del r.d. 18 giugno 19�31, n. 773 oltre a prevedere 
che gli istituti di vigilanza ed investigazione privata siano tenuti a prestare 
la loro opera a richiesta dell'autorit� di pubblica sicurezza, prevede 
altresl che i loro agenti siano obbligati ad aderire a tutte le richieste 
ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli aigenti di pubblica sicurezza 
o di polizia giudiziaria. Orbene, l'opera richiesta agli istituti o 
ai singoli agenti � da ritenersi gratuita quando essa sia tale da non 

ultimi a reagire contro la norma, g.iacch� accogliendo questa tesi si verrebbe 
ad instaurare un controllo di merito sull'oper.ato del legisliatore che 
� bens� possibile in un sistema democratico durante il processo di formazione 
de1la legge ma non in sede della sua concreta applicazione. 

La soliuzione del problema della responsabilit� dela P .A. per atti legittimi 
sembra quindi da ricercare anzich� in criteri astratti nella lettera delle 
singole leggi e nelle -disposizioni a carattere generale dettate dall'ordinamento 
in materia. Di queste ultime tuttavia non se ne ravvisano concernenti 
l'indennizzo e neanche possono ricavarsi dalla Costituzione che in materia 
di imposizioni ai singoli non richiede altro che una legge in senso formale, 

mentre il prfocipio dell'indennizzabi1it� � costituzionalizzato solo per quan


to riguarda il potere della P .A. di disporre mediante esproprio di beni de


terminati del singolo cittadino. 

Da questo art. 42 tecnicamente preciso che richiama, come si � detto, 

la sola procedura per esproprio di beni determinati si � voluto enucleare 

il principio dell'indennizzo in via generale, sia ampliando analogicamente 

i casi di espropriazione anche l� ove non sia trasferimento nella titolarit� 

del bene (caratteri�stica la citata sentenza Corte Cost. 29 maggio 1968, 

n. 55), sia facendo rientrare �nel termine propriet� privata v.ia via i diritti 
reali, quelli patrimoniali, quelli personali laddove l'esame obiettivo dei termini 
tecnici adoperati non pu� lasc.iare adito a dubbi sul suo campo di 
applicazione. La verit� � che le teorie finora esaminate partono tutte dal 

780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

importare un apprezzabile sacrificio a carico degli obbligati (come ad 
esempio nel caso che venga richiesta ad uno di quegli istituti una limitata 
collaborazione con l'autorit� di pubblica sicurezza, che possa essere 
data senza intralci per l'attivit� svolta dagli istituti nella gestione dei 
propri normali servizi o quando il.singolo agente venga richiesto di 
dare occasionalmente ausilio alla forza pu:bbUca. 

Diversamente deve ritenersi quando, invece, ad uno di quegli istituti 
venga richiesta una prestazione che determini un notevole intralcio 
nella sua normale attivit� o addirittura la paralisi di questa, in modo 
da arrecare un apprezzabile pregiudizio all'istituto stesso. In tal caso, 
nel silenzio di ogni norma, si deve applicare il principio generale secondo 
cui, quando la legge riconosce ai pubblici poteri la facolt� di 
imporre ai privati, per pubblico interesse, un determinato sacrificio, 
questo deve essere , di regola, indennizzato. 

Tale principio � costituzionalmente per quanto riguarda il potere 

dell'amministrazione pubblica di disporre della propriet� privata a mezzo 

dell'espropriazione, quando, cio�;, il cittadino viene privato definitiva


mente di un determinato bene. In tal caso, infatti, a norma dell'art. 42 

concetto pi� volte ricordato che l'onere necessario alla produzione di una 

utilit� collettiva vada distribuito tra i membri della coUettivit� e non debba 

pesare su uno o su pochi. 

Naturalmente da queste premesse e da questo concetto di giustizia di


strirbutiva tanto pi� si fa sentir.e la necessit� di un indennizzo quanto .pi� 

ristretta � la classe dei soggetti astrattamente pq-evisti come obbligati e 

maggiore � la possibilit� che solo alcuni di essi vengano onerati; ed allora 

s1 parla di responsabilit� della P.A. per atti legtttimi e di limiti non con


naturali ai diTitti. 

Quando invece la classe� �� relativamente ampia e di conseguenza si fa 

grande il numero dei suoi componenti che vengono via via gravati si pre


ferisce par'lare di limitazione del diritto connaturale allo stesso e non in


dennizzabii�e. 

Come si � visto per� questa tesi non trova alcuna base nella odierna 

legislazione posiitiva che, in materia di indennizzo ha lasciato al legisla


tore ordinario ogni deciJSione in merito, sottraendogli il solo campo della 

espropriazione per p.u. di singoli beni. 

Abbiamo perci� norme particolari che concedono o non concedono o 

addirittura negano qualsiasi indennizzo secondo criteri di opportunit�, con


venienza e giustizia sociale rimessi alla valutazione del solo legislatore 

ordinario e, volerle. tutte ricondurre a un unico princ:Lpio significa inter


pretare tali dispo�sizioni non gi� in base all'ordinamento attuale ma a quello 

che si ritiene dovrebbe essere in futuro. 

Pertanto pur meritando il problema di essere globalmente rivisto de 

uire condendo, onde evitare dubbi di interpretazione e di applicazione, allo 

stato, tuttavia, non pu� non ritenersi questo orientamento g.iurisprudenzia


le destituito di positivo fondamento ed auspicarne il riesame su ba�si pi� 

aderenti alla normazione attualmente vigente. 

RICCARDO VIRGILI� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 781 

della Costituzio:ne � sempre dovuto un �indennizzo, che pu� anche non 
consistere nell'integrale risarcimento, dovendosi intendere, secondo 
secondo quanto ha ritenuto la Corte Costituzionale (v. sentenza n. 61, 
del 1957), come il massimo di retribuzione e di riparazione che, nell'ambito 
degli scopi di generale interesse, la pubblica amministrazione 
pu� garantire all'interesse privato. A parte ci�, rientra nei princip� 
generali del nostro ordinamento la regola secondo cui quando lo Stato 
si trova nella necessit� di disporre anche solo temporaneamente, di 
cose di propriet� dei privati cittadini o dell'opera dei medesimi, a questi 
ultimi � dovuto un adeguato indennizzo. Sono ispirate a questi 
prin�ipi le disposizioni vigenti iD: tema di requisizione (r.d.l. 9 dicembre 
1926, n. 2889; legge 13 luglio 1939, n. 1134; r.d. 18 agosto 1940, 

n. 1741. 
Ora, analoghi principi devono regolare, anche in difetto di una 
espressa disposizione di legge, il caso in �cui, dalla prestazione dell'opera 
richiesta a norma dell'art. 139 del testo unico della legge di 
pubblica sicurezza, agli istituti di vigilanza e di investigazione privata 
venga a ~erivare un apprezzabile pregiudizio. 

Cosi definit� la natura del rapporto, che si � venuto ad istituire fra 
amministrazione pubblica ed istituti in seguito alla richiesta della prefettura 
di Genova in occasione delle elezioni ;politiche del 1963, rimane 
senz'altro superata la questione di giurisdizione, �prospettata dal Ministero 
ricorrente .in relazione a queHa valutazione che esclusivamente 
l'Amministrazione dovrebbe compiere in conseguenza del titolo invocato 
in subordine dai resistenti istituti. Devesi, infatti, prescindere da 
tale titolo, essendo da escludere �Che ricorra uno di quei casi in cui il 
danneggiato, non potendo esercitare altra azione, debba necessariamente 
far ricorso all'azione sussidiaria di indebito arrichimento. Dovendosi, 
invece, ritenere applicabili i principi di quel particolare rapporto 
pubblicistico, che ~i istituisce fra amministrazione pubblica e privati 
in ogni caso in cui la prima impone ai secondi sulla base della 
legge, un determinato sacrificio, con la conseguenza che ai medesimi 
� dovuto un indennizzo -�ove non ricorra una di quelle ipotesi nelle 
quali, per previsione esplicita della legge ed in virt� di un obbligo 
specificamente qualificato (obbligo tributario, obbligo del servizio militare, 
ecc.), quel sacrificio dev.e essere sopportato gratuitamente, la 
competenza giurisdizionale a decidere della sussistenza del sacrificio 
e delia sua entit�, ai fini dell'indennizzo, non pu� che essere attribuita 
all'autorit� giudiziaria ordinaria. 

Alla luce di tali principi quest'ultima, nel ritenere sussistente il 
sacrificio del privato e nel liquidare l'indennizzo, dovr�, quando la 
legge non disponga altrimenti, accertare sulla base della �Comune esperienza 
e delle prove fornite dagli interessati, quale sia stato l'effettivo 
pregiudizio risentito dal privato. 


782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A tale stregua � chiaro che quel pregiudizio, nel caso di specie, 
in cui gli istituti (cos� come risulta accertato in linea di fatto insinda


' 

cabilmente dalla sentenza impugnata) hanno dovuto mettere a dispo


sizione della pubblica autorit� soltanto le prestazioni dei propri agenti, 

I

non poteva essere indennizzato sulla base delle tariffe previste dall'art. 
135 del testo unico della legge di pubblica sicurezza per i servizi 
e le operazioni alle quali gli istituti attendono. Infatti a parte che .gli 
istituti medesimi non avrebbero (secondo quell'accertamento di fatto) 
messo a disposizione dell'autorit� richiedente la propria organizzazione, 
dette tariffe sono comprensive anche del profitto proprio del1'impresa 
per quei servizi ed il mancato conseguimento di tale profitto non rientra 
in nessun caso nell'ambito . del pregiudizio indennizzabile. Potrebbe 
rientrare invece in tale ambito il costo della ;prestazione dell'opera degli 
agenti e cio� la retribuzione e gli ac.cessori che agli stessi siano stati 
corrisposti dagli istituti, nonostante la nessuna prestazione d'opera a 
favore degli istituti per un determinato periodo di tempo, nonch� la 
perdita subita dagli istituti medesimi per non aver potuto impiegare 
gli agenti (o almeno una parte di essi) in operazioni a proprio profitto, 
valutando tale perdita in relazione a concrete possibilit� di impiego 
degli agenti e non sulla base di una irreale supposizione relativa alla 
possibilit� di im,piego di tutti gli agenti. Sar�, comunque, compito del 
giudice di rinvio determinare in concreto, suHa base de principi so. 
praindicati, se e quale indennizzo spetti ai singoli istituti odierni re


. sistenti, procedendo, in proposito, ad un riesame del merito, '

I

Il secondo ed il terzo mezzo devono essere, pertanto, accolti, per 
quanto di ragione. -(Omissis). 


I 
I
!'.\ 
" 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1:971, n. 1378 -Pres. Caporaso 
-Est. Santosuosso -P. M. Pandolfelli (diff.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Salto) c. A.C.I. e Conservatore del Pubblico 
Registro Automobilistico (avv. Guerra). 

Autoveicoli e Autolinee -Ipoteca giudiziale -Aminissibilit�. 

(e.e. art. 2810; r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, artt. 2 e 4). 
Gli autoveicoli, che la vigente disciplina generale annovera tra i 
beni capaci di ipoteca, possono formare oggetto di garanzia oltre che 
per le ipotesi di ipoteca legale e volontaria previste daU'art. 2 de'l r.d.l. 
15 marzo' 1927, n. 436, anche per ogni altro tipo di ipoteca, come quella 
giudiziale, ove ricorrano i requisiti previsti dal codice civile (1). 

(Omissis). -Denunciando la violazione degli artt. 2810, 2877, 
-e 2818 e.e., la ricorrente Amministrazione finanziaria dello Stato censura 
la sentenza dei giudici di merito per aver ritenuto che sugli autoveicoli 
sono ammessi soltanto due tipi di ipoteca, quella legale a favore 
dell'alienante e del sovventore del prezzo e quella volontaria. 
Deduce, in proposito, che il e.e. del 1942 ha espressamente statuito 
che gli aut'Oveicoli sono �capaci di ipoteca�, senza alcuna limitazione, 
e che l'espressione �secondo le leggi ~he li riguardano� non pu� essere 

(1) La Corte di Cassazione, con la sentenza che si annota, ha risolto, 
:sulla base di ineccepibili considerazioni di diritto, il contrasto che si era 
andato determinando tra i giudiei di merito, in ordine alla possi,bilit�, per 
gli autoveicoli, di formare oggetto di garanzia ipo,tecaria al di :liuori deliJ.e 
ipotesi previste dalla legge speciale 19~7, n. 436. 
In senso conforme cfr. Trib. Bologna 8 giugno 1968, in Foro It., 1968, 

I, 3120; Trlb. Lecce 27 settembre 1965 e Trib. Cremona 19 maggio 1965 in 

Fodo Padano 1966, I, 86 con nota di MoNTEL. 

Contro, oltre la sentenza cassata dalla Corte di Appello di Milano 1� 
ottobre 1968 e quella da questa confermata del Tribunale di Mifano del 2 
ottobre 1967, in Foro Padano 1968, I, 887 cfr. Tribunale di Firenze 22 ottobre 
1951 in Foro It. Rep. 1952 voce Automobili (circolazione) 423. 

In dottrina, in senso conforme, cfr. GoRLA, Del pegno e delle ipoteche, 
in Commentario di S'CIALOIA e BRANCA, 1966, 186; contra RUBINO, L'ipoteca 
immobiliare e mobiliare, 1956, 202; ZANELLI, Se si possa iscrivere ipoteca 
giudiziale sugli autoveicoli, in Riv. Circ. e Tra,:ip., 1947, 122. 



784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

interpretata nel senso � nei soli casi previsti dalle leggi che li 
riguardano �. 

Con il secondo mezzo, l'Amministrazione sostiene che, avrebbe 
dovuto riconoscersi l'ammissibilit�, quanto meno, dell'iscrizione sugli 
autoveicoli dell'ipoteca legale c.d. penale, quella cio� prevista dagli 
artt. 2817, n. 4 e.e., 189 c.p. e 216 legge 7 gennaio 19�29, n. 4. 

Le questioni, sottoposte per la prima volta all'esame di questa 
Suprema Corte, sono indubbiamente di notevole momento giuridico e 
pratico ed hanno dato luogo a contrastanti opinioni in dottrina nonch� 
a sentenze di giudici di merito divise fra i diversi orientamenti. 

Ponderati i seri argomenti addotti a suffragio deHe opposte tesi, 
questa Corte ritiene prevalenti quelli a favore della iscrivibilit� sugli 
autoveicoli di altri tipi di ipoteca, oltre i casi particolarmente disciplinati 
dalla legge speciale, quando ricorrono i requisiti costitutivi previsti 
dal codice. 

A tale conclusione si perviene attraverso tre dimostrazioni che la 
normativa generale delle ipoteche previste dal codice civile ha una 
funzione integrativa delle precedenti disposizioni contenute nella legge 
speciale ancora vigente; che altri tipi di ipoteca disciplinati dalla legge 
comune non sono incompatibili con le norme particolari riguardanti 
il P.R.A.; che non sussiste una disposizione espressa contraria all'iscrivibHit� 
di altre ipoteche sugli autoveicoli. 

Sul primo punto occorre pa.rtire dall'affermazione -che non esige 
lunga dimostrazione, secondo cui il legislatore del 1942, nel dettare la 
normativa comune delle ipoteche al capo IV del libro sesto dedicato alla 
tutela dei diritti, ha inteso disciplinare compiutamente l'istituto stesso;. 
e, pur non abrogando le disposizioni relative all'ipoteca mobiliare contenuta 
in alcune leggi specia:li, non ha escluso che numerose norme della 
disciplina generale dovessero applicarsi a tutti i beni, anche a quelli cui 
si riferiscono -per particolari aspetti -le predette leggi speciali. 

Si consideri, in :proposito, che nell'art. 2�810 e.e. -collocato tra ie 
� disposizioni genera:li � del menzionato capo, il codke stabilisce che 
� sono anche capaci d'ipoteca... ,gli autoveicoli �, e che � sono considerate 
ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli�. Ora, se queste 
cause di prelazione, impropriamente definite privilegi dal legislatore del 
1927, sono state dal codice civile quali.ficate ipoteche e ricondotte nell'a�
lveo di questo istituto, da ci� consegue che la normativa comune del 
codice civile -anche se dettata pi� ampiamente per gli immobili riguarda 
tutti i �beni�, e quindi pu� applicarsi anche all'ipoteca mobiliare, 
in quanto non sia incompatibile con la natura dei mobili iscritti 
in :pubbUci registri o con la particolare disciplina delle leggi speciali, 
richiamate dal codice stesso. 

Bisogna ora chiedersi se, tra le numerose norme previste dal codice 
civile che sono state ritenute applicabili anche alle ipoteche sugli aut�




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

veicoli (come quelle sul valore costitutivo dell'iscrizione, sulla specialit� 
e i;ndivisibilit� dell'ipoteca, sulla commer�iabilit� e indivisibilit� dei 
beni) possono comprendersi quelle che contemplano altri tipi di ipoteca 
oltre i casi particolari disciplinati dalla legge speciale. Questa Corte 
ritiene non decisivi gli argomenti addott~ per sostenere l'incompatibilit� 
di altre ipoteche rispetto a quelle regolate dal r.d.l. 15 marzo 1927, 

n. 436, e che pertanto ci si trova di fronte solo ad un apparente conflitto� 
di disposizioni. 
Sembra anzitutto superabile l'argomento principe; quello che si trae 
dalla lettera dell'art. 2 di detta legge speciale. Con una forzata interpretazione 
letterale, si sostiene che il legislatore del 1927 a:bbia inteso, 
non soltanto limitare la sua disciplina a due casi di ipoteca, ma escludere 
tassativamente che altri tipi di ipoteca potessero mai ammettersi 
su detti beni. ' 

Senonch�, il testo del citato art. 2 non contiene formule che univocamente 
stabiliscano fiffatta rigorosa tassativit�, come al contrario si 
evince dalla diversa e chiara espressione usata da codice della navigazione 
(artt. 565 e 1027), secondo cui �sulla nave (e sull'aeromobile) 
pu� soio concedersi ipoteca volontaria�. 

Se il legislatore del 1927, avendo ,configurato come privilegio la 
eausa di prelazione da esso prevista sugli autoveicoli, non intese snaturare 
troppo questo istituto inserendovi tutti i casi di ipoteca, non pu� 
escludersi per questo che l'�spansione consegua naturalmente da una 
pi� corretta qualificazione e da un diverso inquadramento di detta causa 
di prelazione, cos� come volle il codice del 1942. 

Pi� fragi!le si rivela l'argomento tratto -a dimostrazione della 
pretesa tassativit� -dallo spirito del menzionato art. 2 del r.d.l. n. 436 
del 1927, ravvisato nell'esigenza di favorire unicamente il credito automobilistico 
ai fini di un incremento delle vendite. 

A parte l'incertezza di questa mens tegislatoris -posto che la norma 
prevede anche l'ipoteca volontaria per qualsiasi credito che nulla 
ha da vedere con la vendita ~� noto �Che l'interprete, pur restando fedele 
�alla �chiara lettera della legge, non esaurisce il suo compito nel 
momento ricognitivo della volont� del legislatore, ma deve accertare 
se la norma, per la sua interna carica vitale, non abbia obbiettivamente 
maturato un significato ulteriore e diverso dal contesto sociale che la 
occasion�. La sensibilit� dell'interprete deve,, in altri termini, avvertire 
quali nuove esigenze la legge, sempre col rispetto del senso proprio delle 
sue parole, � suscettibile di soddisfare nelle mutate condizioni di vita. 

Ora, anche se fosse storicamente spiegabile la prospettata idea originaria 
della legge del 1927, essa cederebbe nella mutata realt� umana 
e sociale (enorme sviluppo delle vendite automobilistiche, facilit� del 
relativo credito, espansione della propriet� mobiliare rispetto a quella 
immobiliare) di fronte all'esigenza di riequilibrare le garanzie reali con 


786 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la loro ammissibilit� anche sui predetti beni mobili registrati, posseduti 
da numerosissimi debitori. 

N� pu� trascurarsi al riguardo la considerazione che, rispetto all'ipoteca 
iscritta sugli autoveicoli per privata convenzione, non minor 
forza deve riconoscersi ad altri titoli che la legge mostra di pre~erire 
chiaramente per garantire debiti che S1Pesso rivestono una ma.ggiore rilevanza 
sociale. 

Va parimenti escluso carattere decisivo all'argomento circa le difficolt� 
di coordinamento �Che l'iscrivibilit� .sugli autoveicoli di una ipoteca 
diver.sa da quelle previste dal citato art. 2 della legge speciale 
determinerebbe con il disposto deH'art. 4 .stessa legge. Stabilisce questa 
norma che colui a cui favore sia co.stituito il privilegio ha l'obbligo 
di assicurare il debitore, per i casi di responsabilit� �civile verso i terzi 
derivanti da danni prodotti dall'autoveicolo. Al terzo comma si soggiunse: 
� In mancanza di assicurazione, ai creditori di .somme� eventualmente 
dovute per danni causati dall'autoveicolo, non sono opponibili i 
privilegi di cui al presente articoJ.o. �. 

Il legislatore ha voluto, in altri termini, contemperare la posizione 

privilegiata dei creditori garantiti dall'ipoteca automobilistica con le 

aSiPettative di risarcimento a favore di terzi danneggiati, stabilendo che 

i primi hanno �l'onere di curare (a spese del. debitore) l'assicurazione 

per responsabilit� civile verso terzi, se vogliono opporre a questi ultimi 

la loro situazione di garanzia prioritaria. 

Ne risulta che questa disposizione non � incompatibile con l'iscri


vibilit� di altri tipi di ipoteca, volta che anche per questi casi, in man


canza di assicurazione, (caso sempre pi� raro, in regime di assicura


zione obbligatoria) varr� la stessa conseguenza dell'inopponibilit� a 

terzi della po.sizione privilegiata del creditore ipotecario. 

Le due p.rime con.elusioni (che .cio� in materia di ipoteca mobiliare 

la normativa comune si applica ad integrazione delle leggi speciali, e 

che altre ipoteche regolate dal codice civile sono compatibili con le 

norme particolari riguardanti il P.R.A.) hanno spianato la strada alla 

terza indagine, avendo esse offerto argomenti utili anche per esami


nare se vi siano disposizioni contrarie alla espansione della iscrivibi


lit� di dette ipoteche sugli autoveicoli. 

Pur non sottovalutandosi le perplessit� che pu� far sorgere l'espres


sione dell'art. 2.810 (�secondo le leggi che li riguardano�), questa Corte 

ritiene che, a prescindere da ogni altra considerazione, sarebbe indub


biamente forzata l'interpretazione che ravvisasse nella citata espressione 

un rinvio di tutta la disciplina dell'ipoteca automobilistica ai � soli casi � 

e coi � soli effetti � previsti dalla legge speciale. Per cui riesce pi� atten


dibile ritenere 'che la predetta espressione si riferisca sopratutto alle 

modalit� di iscrizione, senza escludere altri casi ed altri effetti dell'ipo


teca mobiliare non contemplati dalla legge speciale. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Basta, inoltre, ripetere che certamente altri effetti di quei tipi di 
ipoteca mobi.Uare discendono dalla normativa comune e che il legislatore 
del 1942, inquadrando gli autoveicoli tra tutti gli altri � benl� 
� capaci di ipoteca �, non aveva motivi per escludere detti beni mobili 
da altri fond1amentali ipotesi di garan~ia ipotecaria. 

Queste conclusioni valgono a maggior ragione per l'ipoteca legale 

c.d. penale, in genere preferita -per evidenti ragioni -dal legislatore; 
tanto ;pi� che per gli stessi crediti dello Stato di autoveicoli possono 
essere -come pacificamentesi riconosce -oggetto di sequestro conservativo 
(istituto anch'esso previsto dal titolo III del libro sesto del 
codice civile). 
� significativo notare che la stessa Sede centrale dell'AutomobH 
Club d'Italia (nella circolare 17 dicembre 1947 ai Conservatori del P.R.A. 
che ripete precedenti disposizioni), pur OP,inando per l'inammissibilit� 
dell'ipoteca giudiziale, riconosceva che -rispetto al sequestro conservativo 
-era preferibile l'iscrivibilit� dell'ipoteca ordinata dall'autorit� 
giudiziaria in .sede penale, osservando che �tale atto, meramente cautelativo, 
mentre elimina le vigenti spese di �custodia e il deperimento 
del veicolo, consente che il proprietario possa continuare a servirsi dell'automezzo 
bench� questo resti oggetto di garanzia reale per l'adempimento 
delle obbligazioni eventualmente derivanti dal reato�. 

Concludendosi, per l'iscrivibilit� sugli autoveicoli di altri tipi di 
ipoteca~ oltre i casi particolarmente disciplinati dalla legge speciale, 
ove ricorrono i requisiti costitutivi previsti dal 'codice civile, deve accogliersi 
il primo motivo del ricorso proposto dall'Amministrazione :finanziaria 
dell,o Stato, con assorbimento del secondo mezzo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1971, n. 1580 -Pres. Caporaso 
-, Est. Scanzano -P. M. Minetti (dllf.). -Amministrazione 
delle Finanze dello Stato (avv. Stato Freni) c. Fall. S.p.Az. Immobiliare 
di Lainate (avv. Mela e Santo Ferrari). 

Fallimento -Concordato -Fattispecie complessa -Crediti privilegiati 
-Fallimento dell'assuntore -Efficacia del privilegio generale nei 
confronti dell'assuntore. 

(e.e. artt. 1263, 2745; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 124, 128, 137). 
n concordato fallimentare, quale fattispecie complessa al.la cui perfezione 
concorrono con il ruolo di presupposti elementi di nati1,1�a negoziale 
e, con carattere preponderante, provvedimenti tipicamente processuali, 
si pone in maniera strettamente connessa al sottoposto fallimento, 


788 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

onde it trasferimento det passivo aU'assuntore non determina it sorgere 
di un'autonoma causa obtigandi dei singoti crediti che to costituiscono e 
pertanto, non mutando ta causa originaria deU'obbtigazione, it creditore 
conserva anche nei confronti dett'assuntore it privitegio generate ad. essa 
retativo (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso 1'Amministrazione delle 
Finanze denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1230, 1232, 
1235, 1263, 1275, 2112, 2560 e 2�745 �C.c.; 124, 127, 129 1. faU.; 44 l. 19 
giugno 194-0, n. 762, nonch� difetto di motivazione su punti decisivi. 

Contestata la validit� delle argomentazioni adottate dalla Corte di 
merito, ed illustrata la ratio degli artt. 1232 e 1275, essa sostiene traendo 
argomento anche dall'art. 1.2�3 e.e. -che il trasferimento del 
debito all'assuntore non immuta la causa dell'obbligazione, Ghe rimane 
identica anche nei suoi confronti, per cui anche nei suoi confronti il 
creditore conserva il ,privilegio generale, che, a differenza di quello speciale, 
non � condizionato dal �collegamento con un determinato bene. 

La censura � fondata. 

Il principio della tipicit� dei privilegi, richiamato dalla Corte di 
merito non ha in s� un rilievo decisivo. Esso importa �che l'esistenza 
della prelazione non possa essere riconosciuta �che a favore di quei crediti 
specificamente considerati dal legislatore, e ritenuti meritevoli di 
tutela preferenziale in ra.gione della loro causa. 

(1) La prevalente giurisprudenza ha abbandonato la concezione cos� 
detta contriattua'.l.ista de11. concordato (cfr. S.U. 2 liuglio 1965, n. 1373; 28 ottobre 
1969, n. 3541 in Giust. Civ., 19.69, I, 541 ecc.) riconoscendovi invece 
contenuto e natura pubb!Uci:stica ed in cui il raggiiungimento delle mag.gioranze 
appare come semplice presupposto. 
In dottrina cfr. PROVINCIAL, La natura pubblicistica del concordato, affermata 
d.atla SS.UU. in Dir. Fall., 1965, II, 529. 
Per la teoria contrattualistica del concol'dato cfr. FERRARA, Concordato 
fallimentare, in Enciclopedia det diritto. 

Con la sentenza che si annota la Corte di Cassazione, risolvendo il contrasto 
che si era profilato tra i giudici di merito, cfr. in senso conforme 
Trib. Milano 14 settembre 1964 Amm.ne Finanze dello Stato ed altri c. Fall. 
Transitalia in Giur. It., 1966, I, 2, 619, ha accolto la tesi prospettata dalla 
Amm.ne, ponendo in rilievo come con il concordato i debiti del fallito si 
trasferiscono nel!l.'assunto!'e. conservando la loro originai'ia causa,. sicch� si 
trasferiscono altresi le caratteristiche che� sono ad essi proprie, ed in particolare 
il privilegio accoroato in considerazione della causa del db:itto di 
credito, al quale, il legislatore ha inteso riconoscere una distinta posizione 
rispetto ai diritti concorrenti. 

Sulla f�~m dell'assuntore, sucessore nel'l:a posizione dei fallito, cfr. 
Cass. 15 maggio 1963, n. 1219, in Dir. Fall. 1963, 487; 30 maggio 1963, n. 1452 
ivi 201; Aipp. Firenze 3 ottobre 1960 in Foro Padano, 1962, I, 72. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 789 

Il richiamato principio, pertanto, pu� acquistare 'rilevanza solo 
dopo aver accertato se sia mutata o meno, per effetto del concordato, la 
causa del credito di cui si controverte. 

Non � ;pertinente, infine, il riferimento alla mancanza -nel privilegio 
generale -delle ius sequelae, n� sono esatte le osservazioni in 
base alle quali il principio relativo � stato utilizzato: che cio� detto privilegio 
sarebbe sorto � appunto � su un certo patrimonio, il cui contenuto 
attivo si sarebbe� volatizzato, per trasferimento in blocco ad altri�. 

Il privilegio generale non � dotato di quella particolare inerenza ai 
beni del debitore, .che la Corte di merito sembra presupporre. Il fatto 
che esso si eserciti su tutti i beni del debitore significa che tutti tali 
beni, gi� �Considerati dall'art. 2740 come generica garanzia di tutti i 
creditori, sono, nell'ipotesi di concorso, destinati anzitutto al soddisfacimento 
dei crediti privilegiati, ma non significa affatto che il privilegio 
sorga ('come invece accade nel privilegio specia.J.e) con riferimento particolare 
a certi beni esistenti, al momento della nascita del credito, nel 

.patrimonio del debitor�. 

Non giova, quindi, alla tesi del �controricorrente il fatto che l'ori


ginario debitore non possiede pi� quel complesso di beni, dovendo anzi, 

ove mai sussistesse \la supposta inerenza, trarsi conclusioni contrarie a 

tale tesi dal fatto che quei beni sono .stati, per effetto dell'omolo.gazione 

del concordato, trasferiti proprio a colui che � divenuto debitore e nei 

cui �confronti, appunto, la pretesa �Creditoria viene esercitata. 

Non �, infine, ragione sufficiente per escludere la conservazione del 

privilegio il fatto che dal �concordato derivino nuove autonome garanzie 

e che, secondo l'intento del \legislatore, i creditori privilegiati debbono 

essere soddisfatti senza dilazione. A parte, invero, la considerazione che 

anche un concordato omologato secondo lo schema legale pu� rimanere 

inadempiuto, e che le garanzie all'uopo costituite possono venir meno 

9 risultare, comunque, inefficienti, nulla vieta che con esse concorrano 

altre cause di prelazione, potendo anche un credito privilegiato essere 

rafforzato con garanzie personali o reali. 

Pi� pertinente, invece, � l'indagine svolta ad accertare se, per effetto 

del trasferimento del passivo all'assuntore del co>ncordato, possa dir.si 

mutata la causa dei singoli crediti che lo costituiscono : indagine che il 

controricorrente, in conformit� dell'opinione del primo giudice, conclude 

in senso affermativo sul rilievo che l'assunzione di concordato realizza 

gli estremi di un accollo e che la causa dell'obbligazione dell'accollante 

risiede nello stesso negozio di accollo ed � svincolata da quella che sor


regge l'obbligazione originaria. 

Tali proposizioni, che rieccheggiano le conclusioni cui sull'argo


mento � giunta parte della dottrina italiana e straniera, non possono 

essere condivise in relazione al caso che ne occupa, non potendo l'assun


zione del concordato ricondursi sic et simpliciter nello schema dell'ac


6 


790 RASSEGNA DELI/AVVOCATURA DELLO STATO 

collo. Il riferimento che in tal senso � contenuto nell'art. 124 I. fall. 
scolpisce il risultato finale della fattiSI:>ecie concordataria, ma non autorizza 
affatto la predetta trasposizione. 

Come ha gi� rilevato questa Corte (sent. 28 ottobre 1969, n. 3541). 
il concordato si realizza attraverso una fatti.specie complessa, alla cui 
perfezione concorrono elementi di natura negoziale ed attivit� e provvedimenti 
tipicamente processuali, i quali ultimi hanno funzione e rilievo 
preponderanti. L'attivit� di tipo negoziale ha, infatti, il ruolo di un 
presupposto, �Che prescinde dall'adesione di tutti i ereditori (essendo i 
privilegiati esclusi dal voto, e i dissenzienti vincolati dal voto della maggioranza, 
salvo il loro diritto di intervenire, mediante l'opposizione, 
nella fase successiva, e non pi� negoziale, della omologazione) e produce 
effetto anche per i creditori non insinuati, cio� per soggetti che, essendosi 
estraniati dal concorso fallimentare, non sono stati neppure chiamati 
a partecipare alla formazione del presupposto negoziale. 

Ma ci� che esclude addirittura l'utilit� del riferimento all'accollo 

� la considerazione che al concordato non si addice la qualifica di astrat


tezza in base alla quale la richiamata dottrina svincola la causa dell'ob


bligazione dell'accollante da quella dell'obbligazione originaria, ed esclu


de l'operativit� del privilegio nei confronti del primo. 

Va in proposito, ricordato che la medesima dottrina non esita a 

negare la validit� delle conclusioni anzidette nell'ipotesi in cui l'accollo 

si perfezioni con il riferimento alla situazione di base o comunque da 

questa non prescinda, .come nel caso di cessione d'azienda o di succes


sione in patrimonio. 

Orbene, un dato di cui non pu� in alcun modo dubitarsi � appunto 

questo: �che il con�ordato falli:mentare non � �concepibile come situa


zione procedimentale ed effettuale svincolata dal fallimento sottostante. 

� sufficiente, in proposito, rilevare che esso � un modo di cessa


zione della procedura fallimentare e, con la .sua omologazione, determina 

la chiusura del fallimento; che la fattispecie relativa si perfeziona col 

concorso ..della massa passiva fallimentare e degli organi preposti al 

fallimento;. che la valutazione di merito affidata al giudice della omo


logazione (come, gi� prima, al curatore, al .comitato dei creditori e al 

giudice delegato) .� strettamente connessa al risultato di un rapporto tra 

le possibilit� di soddisfacimento assicurate dalla liquidazione fallimen


tare e quelle offerte dalla soluzione concordataria (che in definitiva si 

pone, quindi, .come uno strumento diretto ad eliminare gli effetti del 

dissesto); ehe l'assuntore � vincolato dalle risultanze dello stato passivo. 

Nell'ambito di tale disciplina � inconcepibile la posstbilit� di uti


lizzare l'astrattezza del negozio di accollo per svincolare dalla situazione 

sottostante gli obblighi dell'assuntore: cio� ravvisare nell'assunzione 

in s� un'autonoma causa obligandi ed escludere per tal via l'efficacia 

dei !Privilegi nei suoi confronti. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Deve, quindi, concludersi che la causa del credito che si fa valere 
verso l'assuntore � quella originaria e che da essa continua appunto ad 
essere �caratterizzata la posizione dei creditori che lo stesso s'� impegnato 
a soddisfare, non rilevando sull'elemento causale che egli sia 
tenuto in limiti e con modalit� diverse. 

E la conclusione � identica sia nel caso in cui all'assunzione del 
concordato segua la liberazione del fallito, sia nel caso contrario. 

Osserva il controricorrente che in una materia -quale quella dei 
privilegi -in cui l'autonomia privata � contenuta dal legislatore in limiti 
ristretti e rigorosi, non potrebbe l'assuntore dar vita con la sua 
sola volont� a debiti privilegiati, aggr~vando cosi la posizione dei suoi 
creditori personali. 

L'osservazione non ha pregio. � sufficiente infatti, in contrario, ricordare 
che la permanenza del privilegio <� la conseguenza non gi� della 
volont� dell'assuntore ma della dimostrata permanenza dell'identit� d,ella 
causa delle obbligazioni assunte. Peraltro i �creditori non possono, in 
genere, interferire negli atti di autonomia privata con cui il loro debitore 
contra.gga ulteriori obbligazioni, ancorch� privilegiate, salvo che 
non ricorrano gli estremi dell'azione revocatoria e salvo il ricorso ai 
mezzi specifici di tutela del loro credito, che la legge appresta (si veda, 
ad esempio, l'art. 1186 e.e.). 

Ribadito, dunque, il principio innanzi enunciato, la Corte rileva 
che la sua validit� � indirettamente confermata da varie disposizioni 
di legge. 

Esclusa la pertinenza dell'art. 1275 e.e. (che, per comune opinione 
si riferisce alle garanzie convenzionali) osservasi che nella novazione 
oggettiva, caratterizzata dalla sostituzione di una obbligazione mediante 
altra, diversa per l'oggetto o anche per il titolo (cio� ;per quell'elemento 
che il legislatore assume come determinante nell'accordare il privilegio), 
� data alle parti la facolt� di mantenere in vita il privilegio e di utilizzarlo 
per rafforzare il nuovo diverso credito (art. 1232). 

Nella cessione di credito, questo si trasferisce con i:l privilegio che 
lo assiste (art. 1263) pur essendo la cessione un negozio astratto o, secondo 
altri, a causa generica, in cui la posizione creditoria del cessionario 
trae il titolo dal negozio di cessione in s�. 

Nel~e varie ipotesi di surrogazione previste dalla legge (art. 1202, 
1203, 1955, ecc.) il creditore .__ che trae titolo alla sua pretesa dalla 
fattispecie da cui il diritto di surrogazione deriva -subentra anche nel 
privilegio che assisteva il credito del surrogafo. 

Il complesso di tali disposizioni autorizza il rilievo che, nel sistema 
della legge, la causa originaria del �credito ha un vigore ed un'inerenza 
particolarmente penetranti e per cosi dire, ultrattivi, che permettono 
atti di autonomia (art. 1232 e.e.) in materia in cui di norma. non v'� 
spazio per l'autonomia privata, e consentono in definitiva il'eserdzio del 


792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

privilegio anche quando sia estinto il credito sorretto da detta causa e 
sia stato soddisfatto l'originario titolare, che � poi quello la cui posizion~ 
il legislatore ha �considerato, ed ha inteso agevolare nel concorso con 
altri creditori. 

A maggior ragione il principio e la conclusione debbono valere nel 
caso di specie, in .cui tale soggetto continua a identificarsi nella ricorrente 
Amministrazione, che si presenta tuttora come titolare insoddisfatta 
di un credito d'imposta. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 giugno 1971, n. 1673 -Pres. Giannattasio 
-Est. Caputo -P. M. Cutrupia (conf.) -Amministrazione 
delle Finanze dello Stato (avv. Stato Ciardulli) c. Pernigo (avv. 
Clarizia e Facchini). 

Procedimento civile -Legittimazione -Qualit� di erede' -Accertamento 
-Prova desunta dal comportamento processuale delle parti Ammissibilit� 
-Limiti. 

(e.p.e. art. 116; e.e. art. 471). 
Successione -Chiamato all'eredit� -Poteri -Atti conservativi -Legittimazione 
a resistere in giudizio. 

(e.e. artt. 460, 486). 
Pur essendo consentito al giudice, in tema di accertamento del.la 
Iegitimatio ad causam, di trarre argomenti di prova anche dal comportamento 
processuale delle parti, tuttavia se si tratta di eredit� devoluta 
ai minori, la cui accettazione pu� effettuarsi solo in forma espressa 
e con beneficio di inventario, la qualit� di erede pu� provarsi solo con 
documenti da cui risultino adempiute le formalit� all'uopo prescritte (1). 

La difesa pll"ocessuale per rispandere alle istanze proposte contro 

il patrimonio ereditario, costituisce una misura di carattere conservativo 

~a quale, indipendentemente dal possesso o meno dei beni, rientra nei 

poteri di amministrazione del chiamato all'eredit�. 

(1) Cbstituisce principio pacifico che l'eredit� devoluta ai minori possa 
essere vaUdamente accettata dai loro legittimi rappresentanti solo in forma 
espressa e con beneficio d'inventario (artt. 471 e 472 e.e.), si>cch� ogni altra 
forma di accettazione, espressa o tacita, � nei loro confronti improduttiva 
di effetti giuridici e quindi inidonea a conferire loro la qualit� di erede, 
cfr. Cass. 9 aprilJ.e 1969, n. 1444; 20 di.cembre 1969, n. 4020 ecc. � 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 793 

In conseguenza, sia in base alla pi� generale disciplina dettata dall'art. 
460 e.e. che sulla scorta della specifica disposizione di cui al successivo 
art. 486, al legittimo rappresentante del minore chiamato alla 
eredit� spetta, durante i termini per fare l'inventario, la legittimazione 
a partecipare al giudizio in qualit� di rappresentante deLZ'eredit� (2). 

(Omissis). -A prescindere dalla questione, che non � soltanto terminologia, 
se nella specie il termine � legittimazione � sia stato adoperato 
con esclusivo riferimento alla soggettivit� del rapporto sostanziale 
dedotto in giudizio, come sembra potersi evincere dalla sentenza 
impugnata, ove si parla soltanto di legitimatio ad' causam, o se invece 
a tale termine corrisponda un concetto di natura processuale, coincidente 
con la posizione di colui che chiede o nei cui confronti � chiesto 
al giudice di pronunciare su una determinata controversia, come sicuramente 
intesero gli appellanti allorch� eccepirono, all'atto della precisazione 
delle conclusioni in appello, il proprio difetto di legitimatio ad 
processum; � certo che la esistenza o meno deH'uno o dell'altro tipo di 
legittimazione pu� essere accertata anche di uffido in ogni stato e grado 
del processo, essendo la relativa questione soggetta soltanto aUa preclusione 
del giudicato che siasi eventualmente formato quando la qu�stione 
medesima sia stata sollevata e discussa in primo grado. 

Stante tale principio, universalmente accolto dalla dottrina e dalla 
giurisprudenza, evidente appare la erroneit� dell'assunto della ricorrente 
secondo la quale dal non essere stato eccepito in primo grado il 
difetto di legittimazione degli attori o dal trovarsi nella sentenza emessa 
in tale grado il generico riconoscimento di questi ultimi quali eredi 
dell'originario appunto, discenderebbero validi motivi di preclusione rispetto 
alla indagine sulla esistenza o no di cruella condizione dell'azione. 

Invero il semplice fatto che la questione della legittimazione degli 

attori non sia stata sollevata n� discussa avanti al Trtbunale no.n pu� 

(2) Dalla sentenza sembra potersi trarre, tra gli altri, due concetti di 
indubbio rilievo: il primo per il quale, nella generale diisciplina dettata 
dall'art. 460 e.e. circa la posizione giuridica del� chiamato all'eredit� rien-' 
trerebbe, tra i poteri di amministrazione, anche quel1o di rappresentare, in 
quaut� di convenuto, l'eredit� di giudizio; 
l'altro, secondo cui anche per l'ipotesi di cui al successivo art. 486 sa


rebbe dato prescindere dal possesso dei beni ereditari. 

Ove la sentenz�a sia stata rettamente intesa non possono tuttavia, ed 

in particolare il secondo principio, non suscitare perplessit�: le disposizio


ni degli artt. 460-486 e.e. mirano a conciliare l'interesse del chiamato alla 

conservazione del patrimonio ereditario, con l'altro di non perdere la fa


colt� di dectdere se accettare o meno tale eredit�. 

Per quel che concerne gli atti conservativi di vigilanza, la norma di 
cui all'art. 460 indubbiamente prescinde dal possesso dei beni da parte del 
chiamato cui � dato di compiere una serie di attivit�, come l'interruzione 



794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fare presumere la esistenza della legittimazione stessa e tanto meno 
tale risultato pu� ritenersi raggiunto, in mancanza di qualsiasi questione 
al riguardo, in base alla sola circostanza ehe la sentenza di primo grado, 
J.".lgettando la op.posizione dei Menon, li abbia genericamente indicati 
come eredi dell'originario opponente. 

Peraltro se � pacifico in giurisprudenza, ed � accolto nella norma 
dell'art. 116, comma 2, c.p.c., il principio secondo cui il giudice di merito, 
in tema di accertamento della legittimazione attiva e passiva ad, 
causam, pu� trarre argomenti di prova anche dal comportamento processuale 
delle parti, onde si ~ ritenuto possibile desumere la qualit� di 
erede, ai fini della legittimazione, anche da elementi indiziari (cfr. 
Cass. 14 gennaio 1953, n. 84), tale astratta possibilit� deve escludersi, 
inve�e, nella fattispecie, in quanto le eredit� devolute ai minori, come 
quella in disamina, possono essere validamente accettate solo dai loro 
legittimi rappresentanti in forma espressa e con beneficio d'inventario 
(art. 471 �e.e.), sicch� in tal caso la prova relativa alla qualit� di erede 
� assai pi� rigorosa, potendosi essa fornire soltanto con documenti dai 
quali risultino eseguite le predette formalit�. 

Con il secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione delle 
norme contep.ute negli artt. 460, 486 'e.e., 100 105 e 110 cod. proc. civ. 
in relazione all'art. 3'60, nn. 3 e 5 di quest'ultimo codice, per avere la 
Corte di merito erroneamente limitato alla sola ipotesi_della intervenuta 
accettazione dell'eredit� col benefido d'inventario e dell'acquisto della 
qualit� di erede la legittimazione della parte nella controversia de qua. 

Osserva la ricorrente che dagli artt. 460 e 486 e.e. deve desumersi 
come nelle more dell'accettazione il chiamato all'eredito disponga di un 
potere di vigilanza sul patrimonio ereditario 'che gli consente di contraddire 
legittimamente nei giudizi aventi ad oggetto il patrimonio 
medesimo. 

N� sembra, aggiunge la ricorrente, �Che tale potere sia riconosciuto 

soltanto al chiamato che sia in possesso dei beni ereditari e non sia co


della prescrizione o dell'usucapione, l'apposizione dei sigilli, il rinnovo delle 

ipoteche ecc. nonch� di farrsi attore in giudizio, cfr. Oass. 24 gennaio 1950, 

n..201. In dottrina, C1cu, Sucessione per causa di morte, 1961, 143; GIAN


NATTASIO, Delle successioni in Commentario e.e., 1968, 135. 

La disposizione invece di cui al �successivo art. 486 che prevede espres


samente la legittimazione passiva, corrisponde a que'.Lla contenuta nell'ar


ticolo 964 dell'abrogato codice, la quale quailificava curatore di d~ritto il 

chiamato all'eredit�, e pur avendo eliminato tale ultima espressione per la


sciare alla dottrina il compito di identificare la natura delle funzioni, indub


biamente si riferisce al chiamato nel possesso dei beni ereditari ex art. 485, 

e la successiva disposizione dell'art. 528 disoiplf.ina l'ipotesi del chiamato che 

non sia invece nel possesso. 

Cfr . .Aippello Brescia 20 maggio 1947 in Foro It., Rep. 1948 voce Succ�s


sione leg. o testam. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

munque riconducibile pure a colui che, anche se non abbia il possesso 
dei beni, sia ugualmente interessato alla tutela dell'asse ereditario: ch� 
se in tale prosipettiva avesse inteso muoversi il ragionamento della Corte 
di merito, non si potrebbe che trarre una ulteriore raigione di censura 
della sentenza impugnata per non avere svolto alcuna indagine e non 
essersi pronunciata sul punto decisivo del possesso o meno dei detti beni 
da parte degli interessati. 

Rileva in ultima ipotesi la ricorrente �che le controparti si sarebbero 
costituite nel giudizio di propria iniziativa e non perch� convenute in 
riassunzione, onde la loro partecipazione al processo risulterebbe comunque 
legittima sotto il profilo dell'�intervento volontario, non apparendo 
dubbia, quanto meno sotto quest'ultimo asipetto, la sussistenza di 
un interesse a sostenere le ragioni dell'originario opponente nel giudizio 
in parola, e quindi ad intervenire nel medesimo, a termini del II capoverso 
dell'art. 105 c.p.c. 

Il mezzo, nella prima parte, � fondato. 

Gi� in base aH'art. 460 e.e., ch'� norma di .carattere generale �contenente 
la disciplina del :potere di amministrazione del chiamato all'eredit� 
prima dell'accettazione, sembrerebbe potersi ritenere che rappresentando 
la difesa processuale del patrimonio ereditario una misura 
essenzialmente �Conservativa, essa rientri senz'altro nella sfera di competenza 
del chiamato all'eredit�. 

E ci� a prescindere dal fatto che egli si trovi nel possesso dei beni 
ereditari, -circostanza che comunque avrebbe dovuto essere, non che 
provata, almeno dedotta dall'Amministrazione -, in quanto anche per 
il chiamato all'eredit� che non sia nel possesso dei beni la necessit� della 
conservazione e della tutela del patrimonio ereditari.o comporta che 
anche egli possa stare in giudizio per rispondere alle istanze direttamente 
proposte contro il detto patrimonio o che comunque possano 
diminuirlo. 

Ma la legittimazione dei resistenti a partecipare al giudizio de quo 
deriva in ogni caso dall'art. 486 e.e. -ch'� norma specifica e particolare 
alla materia della eredit� devoluta ai minori o agli interdetti ove 
� prevista esplicitamente 'la legittimazione del chiamato che non 
abbia ancora accettato, il quale, si dice, � pu� stare in ,giudizio quale 
convenuto per rappresentare la eredit��. 

Vero � che la disposizione legislativa si riferisce al chiamato non 
in proprio ma quale rappresentante dell'eredit�, in funzione di un interesse 
oggettivo, cio� non ancora suo, che egli � chiamato a tutelare, ma 
ci� non implica alcuna differenza sostanziale, nel caso concreto in quanto 
dichiarata la interruzione del processo per la morte dell'originario opponente, 
la istanza venne bene riassunta nei confronti degli eredi del 
defunto, collettivamente ed impersonalmente, dovendosi in tale formula 
comprendere anche il chiamato alla eredit�, �che non abbia ancora 


796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

accettato, in considerazione del potere di rappresentanza che per legge 
gli spetta. 

Per altro il corrispondente art. �964 del codice civile del 1865, pur 
diversamente formulato, affermava lo stesso concetto, e cio� che il chiamato, 
che non avesse ancora accettato, come euratore di diritto della 
eredit� poteva stare in giudizio per rappresentarla e rispondere alle 
istanze contro la medesima proposta, onde questa Suprema Corte, con 
sentenza n. 1168 del 1953, dichiarava la �procedibilit� � dell'azione 
proposta dal creditore contro l'erede, minore di et�, in persona di chi ne 
abbia la legale rappresentanza, pur non avendo l'attore specificato di 
avere convenuto il minore stesso come erede, � dovendosi ritenere che 
questi sia chiamato in giudizio, a norma dellQ art. 964 e.e., come curatore 
della eredit� e quindi per rispondere non ultra vires here�itarias �. 

Pertanto, non essendo la Pernigo nella qualit� ;priva di legittimazione 
a stare in giudizio, come invece ritennero i giudici di .appello, la 
sentenza denunciata, in accoglimento della censura or ora esaminata, 
deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata per l'esame del merito 
ad altra Corte di Appello, la quale provveder� anche sulle spese di 
questo grado del giudizio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 giugno 1971, n. 1693 -Pres. Caporaso 
-Est. Sposato -P. M. Sciaraffia (conf.) -Comune di Putignano 

(avv. Stoppati e Console) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Tomasicchio). 


Leggi, decreti e regolamenti �-Legislazione preunitaria -Regno deile 
Due Sicilie -Decreti di concessione agli Enti Locali dei beni dei 
soppressi ordini religiosi -Leggi provvedimenti -Attribuzione 
in propriet�. 

l 

(decreto 25 aprile 1813, n. 1730 di Gioacchino Murat; decreto 6 novembre 1816, 

n. 583 di Ferdinando I di Borbone). 
�I 

IZ decreto 25 aprile 1813, n. 1150 di Gioacchino Murat, confermato 
poi da Ferdinando I (o IV) di Borbone, con cui furono concessi ai Comu,
ni i beni dei soppressi ordini religiosi, gi� riuniti a.i demanio dei 
Regno deile Due Sicilie per effetto deita Legge 7 agosto 1809 n.. 448 con. 

La sentenza della Corte di Cassazione, che ha ravvisato nelle concessioni 
dei beni demaniali gi� appartenenti ai soppressi ordipi religfosi, ad 
opera di Gioacchino .Murat nel Regno delle Due Sicilie, un'attribuzione in 
propriet� de,gli Enti Locali, risolve in favore di questi ultimi una questione 
di indubbio rilievo, ove si consideri le numerose concessioni che all'epoca 
erano state effettuate. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 797 

facolt� per il monarca di destinarli secondo i bisogni dei rispettivi dipartimenti, 
ha natura di legge provvedimento, mediante il quale venne 
attuato il trasferimento dei beni stessi in propriet� degli Enti Locali. 

(Omissis). -L'edificio del Monastero dei Carmelitani di Putignano 
di Bari, riunito al demanio del Regno delle Due Sicilie per effetto della 
legge 7 agosto 1809, n. 448 del Re Gioacchino Murat, venne con real 
decreto 25 aprile 1813, n. 1750 dello stesso Re Gioacchino, conceduto al 
Comune di Putignano per essere destinato a Carceri, Giustizia di pace 
e Casa Comunale. 

Tornati i Borboni sul trono di Napoli, Ferdinando IV o I, con real 
decreto 6 novembre 1816, n. 533, conferm� in beneficio di ciascun comune 
o stabilimento pubblico le concessioni dei vari locali del demanio 
avvenuto durante �l'occupazione miUtare � locali di cui per � sua sovrana 
volont� � i detti �cocuni e stabilimenti �provvisoriamente sono 
stati conservati in possesso�. Dichiarava il re borbonico d� sanare 
� colla pienezza della nostra potest� ogni vizio e nullit� che in dette 
concessioni fossero cadute tanto per la fol'ma quanto per .lo mancamento 
di facolt� dei concedenti �. 

(Omissis). -I due ricorsi debbono essere riuniti (art. 335 c.p.c.) 
e con la prima delle due censure formulata nel primo motivo del ricorso 
il Comune di Putigano ripropone la tesi, disattesa dalla Corte di merito, 
che le disposizioni contenute nel decreto murattiano e nel decreto 
borbonico sono da intendere come attribuzioni di propriet� e non come 
semplici concessioni in uso dell'edificio monastico gi� appartenente ai 
Carmelitani. 

La censura -che, per evidente tuziorismo, � stata formulata sotto 
il duplice profilo del n. 3 e del n. 5 dell'art. 360 c.p.c. -deve essere 
considerata soltanto �come denunzia di violazione di norme di diritto 
ed ammissibile come tale. Difatti il decreto di re Gioacchino del 1&13, 
mediante il quale il monarca si avvalse e fece uso della facolt� riservatasi 
nell'art. 31 del precedente decreto 7 agosto 1S09 -eio� della 
facolt� di fissare la destinazione dei locali gi� appartenenti agli Ordini 
religiosi soppressi e riuniti al demanio dello Stato secondo i bisogni 
dei �rispettivi dipartimenti� -� da considerare provvedimento di 
natura legislativa, riconducibile nella categoria elaborata dalla dogmatica 
moderna, delle leggi-provvedimenti. Provvedimento legislativo, formalmente 
e sostanzialmente, �, anche il real .decreto borbonico del 1816 

Ci riserviamo pertanto di ritornare sull'argomento che, malgrado l'ampia 
motivazione della sentenza, non sembra che possa ritenersi esaurito. 

Circa le leggi-provvedimento, cfr. SPAN� in Nuova Rass., 1960, 897; PALADIN, 
In tema di leggi personali, in Giur. Cost., 1961, 1262. 



798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che segui, abrogandolo, al real decreto 14 agosto 1815 con il quale re 
Ferdinando, -non appena rimesso piede nel regno, aveva dichiarato 
nulle le concessioni fatte durante il decennio francese. 

La censura � anche fondata. 

La denunziata sentenza ha affermato che il provvedimento murattiano, 
poi annullato e, poi ancora, confermato dal decreto borbonico, 
contiene una semplice concessione in uso e non un trasferimento di 
propriet� in favore del ricorrente comune, fondandosi sulle considerazioni 
che seguono: 

-la locuzione � sono conceduti � -adoperata, senza alcun'altra 
specificazione, nell'art. I del decreto del 1813, non pu� avere il significato 
di e trasferire in propriet� > ; 

-il significato proprio dell'espressione murattiana viene illuminato 
di luce retrospettiva dalle disposizioni del decreto borbonico del 
1816, nel cui preambolo si parla delle �Concessioni ,come di concessioni 
di � locali del demanio � e nel cui art. I il termine � concessioni � viene 
usato senza l'aggiunta che dette concessioni, che il decreto conferma, 
sono concessioni in propriet�; 

-il carattere di �concessione amministrativa� come atto posto 
in essere dal pubblico potere nell'esercizio del suo :ius imperii, si rivela 
nella imposizione autoritativa della destinazione da dare ai locali oggetto 
della concessione; 

-la finalit�, perseguita dal legislatore napoleonico e da quello 
borbonico, di destinare gli immobili a servizi di pubblica utilit�, poteva 
essere raggiunta mediante una semplice concessione in uso senza bisogno 
di effettuarne alcun trasferimento di propriet�; 

-a differenza del precedente decreto eversivo del 13 febbraio 1807 
di Giuseppe Napoleone, che prevedeva la vendita, a profitto dei creditore 
dello Stato, delle propriet� appartenti agli Ordini religiosi con 
esso soppressi, il decreto murattiano disponeva che i beni acquisiti mediante 
la soppressione fossero riuniti al Demanio dello Stato, riservata 
al monarca la facolt� di fissarne la destinazione � secondo i bisogni dei 
rispettivi dipartimenti �. 

In base a tali considerazioni la Corte di merito.___ ;pur ammettendo 
che il sovrano, detentore di una potestas perfecte disponendi, avesse la 
possibilit� di vendere o comunque di cedere in propriet� i beni appartenenti 
al demanio -ha ritenuto che nella fattispecie si ebbe una 
semplice concessione in uso e non un trasferimento di propriet� sia pur 
gravato dall'onere di una determinata destinazione. 

Tali considerazioni non sono, per� convincenti. 

I termini �concedere e � conceduti � non hanno, nei provvedimenti 
dei quali si tratta, il preciso significato tecnico-giuridico che soltanto 
molto pi� tardi hanno assunto nella legislazione e nella scienza del 
diritto amministrativo. Basti considerare che essi vengono usati, anche 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dopo un cinquantennio, nella leg,ge 7 luglio 1866, n. 3036 e precisamente 
nell'art. 20 di questa leg.ge con il significato di �trasferire� e di �trasferiti
� in piena e definitiva propriet� (v. per l'interpretazione di detto 
articolo nel senso indicato: Cass. 9 giugno 1958, n. 1884). D'altra parte 
l'indicazione della destinazione da dare al bene conceduto, senza la 
specificazione che essa debba aver luogo soltanto attraverso l'uso immediato 
e diretto del bene, non esclude ed anzi implica che l'utilizzazione 
del bene ai fini �per i quali � stato concesso possa aver luogo in 
forma mediata e diversa da quella dell'uso diretto, e codesta � una 
possibilit� che presuppone il trasferimento del dominio. Alle esigenze 
dei pubblici servizi in contemplazione delle quali i beni sono �stati concessi 
-con un provvedimento che � sempre un atto autoritativo anche 
se la concessione -� fatta a titolo di trasferimento dei beni in propriet� 
-il concessionario pu� provvedere, ed in alcuni casi pu� meglio 
provvedere, mediante un impiego redditizio dei beni medesimi o me~ 
diante la loro alienazione. In :proposito questa Suprema Corte ha avuto 
modo di affermare (v . .sent. n. 1525 del 16 giugno 1962) che i .comuni 
e le provincie, divenuti proprietari dei fabbricati soppressi ai sensi 
degli artt. 20 e 21 della legge 7 luglio 1866, n. 3036, e cio� divenutine 
proprietari con l'onere della destinazione dei fabbricati medesimi a 
scuole, asili, ospedali, ricoveri od altre opere di beneficienza o di pubblica 
utilit�, hanno il potere di disporne e non possono proporre contro 
i terzi ai quali li abbiano alienati veruna eccezione neanche per quanto 
attiene all'o.sservanza del vincolo di destinazione dei beni medesimi. 
Infine la richiamata disposizione del decreto di Giuseppe Napoleone 
non ,giova a dimostrare il diverso intendimento che avrebbe avuto 
Gioacchino Napoleone di assegnare definitivamente al demanio dello 
Stato le propriet� dellel quail si tratta: una volta che il re Gioacchino, 
mentre le riuniva al demanio statale, esprimeva, nello stesso suo decreto, 
la volont� di assegnarle ai �rispettivi di:partimenti �, cio� ai dipartimenti 
nel cui territorio gli edifici erano sorti, bene spes.so -come 
pare fosse avvenuto nel caso -con l'aiuto e le munifiche elargizioni 
degli enti e delle popolazioni locali e con l'intendimento che restassero 
a loro beneficio. La volont� del napoleonide di voler favorire i � rispettivi 
dipartimenti� sta a significare che gi� sin da allora cominciava a 
:farsi strada quella concezione divenuta dominante nel diritto moderno, 
della quale si trova un'enunciazione, in termini pressoch� identici, nel 
citato art. 20 della legge del 1866. Questo articolo, difatti, parlando 
degli .scopi di pubblica utilit� per i quali le concessioni degli edifici 
monastici dovevano aver luogo, precisa che tali scopi debbono venire 
in considerazione non gi� in via generale, ma � nel rapporto dei .comuni 
e delle provincie �. � la concezione che non trova conforme a giustizia 
il principio che lo Stato debba subentrare nei beni degli enti morali 
che cessano di esistere, e sostiene essere giusto che detti beni vengano 


800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

attribuiti tenendo conto delle particolari finalit� per le quali l'ente era 
stato costituito, ossia la concezione che ora ispira le vigenti disposizioni 
dettate in materia dal codice civile. 

Ma, oltre a quello .che gi� si � detto, � ovvia l'osservazione che,. ai 
fini dell'interpretazione di un testo legislativo e delle espressioni in 
esso usate, bisogna tener conto del clima storico nel quale � stato emanato. 
Ora il periodo storico nel quale legiferavano a Napoli i napoleonici, 
cio� il decennio francese del regno di Napoli � caratterizzato, 
dalla riorganizzazione amministrativa del regno, che fu diviso in quattordici 
provincie e suddiviso in distretti a capo dei quali stavano i 
sottintendenti ed i consigli distrettuali, composti da possidenti scelti dal 
re sulla proposta dei decurioni, cio� dei rappresentanti dei �comuni, 
scelti a loro volta dal ceto dei possidenti; e dal riordinamento della 
propriet� fondiaria per cui fu abolito l'ordinametno feudale, furono 
rese libere le terre, annullati i fedecommessi, cominciati a� ripartire fra 
le popolazioni i demani comunali, censiti ai ftttuari i pascoli del Tavoliere 
di Puglia. In tutto codesto complesso di provvedimenti, ispirati da 
una parte ad un maggior riguardo degli interessi e delle autonomie 
locali e, dall'altra parte, all'affrancamento della propiret� fondiaria dai 
vincoli di vario genere che da secoli la gravavano; non � possibile inquadrare 
il decreto murattiano come un provvedimento accentratore, 
inteso. a costituire nuove forme di assoggettamento dei �comuni al potere 
centrale, e nuove e pletoriche categorie di beni demaniali, mentre i 
demani comunali si venivano �sciogliendo: quando, al contrario -come 
gi� si � detto -l'intendimento di sovvenire ai bisogni dei �rispettivi 
dipartimenti:., ossia la cura degli interessi degli enti locali, ha una manifestazione 
esplicita nella legge in base alla quale la concessione dei 
locali ebbe luogo. N�, sotto il rispetto che qui viene in considerazione, 
le cose cambiarono con la restaurazione borbonica. Le condizioni sociali 
erano tanto diverse da quelle esistenti prima del decennio che, 
dopo il primo e gi� ricordato decreto di annullamento del 14 agosto 
1815, parve saggezza al governo borbonico ripristinare le concessioni. 
Vi provvide, per quanto riguarda le concessioni dei locali -e fra 
questi era il Monastero gi� dei Carmelitani di Puti-gnano -con il 
r�al decreto 6 novembre 1816 n. 433. Alla corretta interpretazione di 
codesto decreto giova, da una part�, tener presente il suo letterale 
tenore e, d'altro canto, il paragone con gli altri decreti che furono 
emanati lo stesso giorno 6 novembre 1816. 

Si dice nel preambolo: -�Letti da Noi i decreti di concessione 
di vari locali del demanio, durante l'occupazione militare, a' comuni ed 
altri pubblici stabilimenti, giusta lo stato annesso all'originale del presente 
decreto, per le quali concessioni i comuni ed i pubblici stabilimenti 
per nostra sovrana volont� provvisoriamente ne sono stati conservati 
in possesso� -; e si dice nell'art. I -�Sono confermati in 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

beneficio di ciascun comune o stabilimento pubblico le concessioni dei 
locali suddetti, dovendosi le medesime considerare come se fossero state 
da Noi accordate, sanando colla pienezza della nostra potest� ogni vizio 
-e nullit� che in dette concessioni fossero cadute tanto per la forma 
quanto per lo mancamento di facolt� dei concedenti�. 

Ci� �che nel riportato preambolo � significativo non � la specificazione 
dei locali� del demanio, posto che con tale specificazione si pu� 
indifferentemente avere inteso che i locali continuivano ad essere del 
demanio dopo la concessione oppure che erano del demanio prima 
della concessione. Significativo �, invece, che sia nel preambolo, sia 
nell'art. I, si parli di concessione di locali e non di .concessione dell'uso 
dei locali: non essendo plausibile che il legislatore, i;upposto che volesse 
limitare la concessione all'uso, non abbia avvertito che la formula era, 
per lo meno, ambigua. Ancor pi� significativo � che la sovrana vofont� 
di conservare gli enti nel possesso provvisorio dei locali viene contrapposta 
alla determinazione di confermare, a beneficio degli enti, le concessioni 
dei locali, e che tale determinazione si giustifichi con il sol~mne 
richiamo alla pienezza della potest� regia, e �che, inoltre, venga 
.sanata ogni nullit� derivante da mancamento di facolt� dei concedenti. 
Non � chi non veda come codesti solenni richiami ed insistenti precisazioni 
sarebbero stati sovrabbondanti ove si fosse trattato di una semplice 
concessione in uso, come tale .sempre revocabile e provvisoria. 
Se di questa si fosse semplicemente trattato, il suo annullament~ 


decretato nel 1815 -con la contestuale conservazione degli enti nel 
possesso provvisorio dei locali, sarebbe stato �un non senso: posto che 
la mera �Concessione dell'uso altro possesso non d� che provvisorio e, 
di conseguenza, essa sarebbe stata .insieme annullata e conservata. � 
chiaro, pertanto, che il provvedimento borbonico del 1815 annull� le 
concessioni in propriet� conservandole come concessioni in mero uso, 
implicanti un possesso provvisorio; e che il decreto dell'anno successivo 
fece rivivere Ie concessioni in propriet� fornendo un titolo di possesso 
definitivo, e non pi� provvisorio come nell'intervallo di tempo fra il 
decreto d'annullamento e quello di conferma. 

Ma ancora pi� illuminante delle esposte considerazioni di ordine 

letterale e logico, � la constatazione �che, nello stesso giorno 6 novem


bre 1816, Ferdinando IV o I promulg� altri decreti (quello n. 531 a 

conferma delle concessioni a favore di stabilimenti di educazione, scien


za ed arti, quello n. 532 ad analoga conferma a favore degli stabili


menti di piet�) relativamente ai quali la questione che ne occupa addi


rittura non si pu� porre. Tali altri decreti, nelle loro rubriche e nei 

loro testi, parlano, infatti, di conferma delle concessioni di beni, anche 

rustici, di dotazioni, di concessioni di censi e rendite civili, ossia di 

beni di spiccato carattere patrimoniale, con esclusiva o prevalente fun


zione redditizia, dei quali gli enti che ne venivano favoriti (erano, ad 


802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esempio, fra questi, i Licei di .Salvatore d~ Napoli, Salerno e Catanzaro 
ed i collegi di Maddaloni, Lucera, Bari, Lecce, Solmona), potevano 
avvalersi, ai fini di pubblilca utilit� da essi perseguiti, normalmente, 
mediante un impiego redditizio od anche alienandoli: cose codeste che 
presuppongono la titolarit� del diritto dominicale. Non � plausibile che 
lo stesso monarca, lo �stesso giorno, �Con provvedimenti recanti tutti 
una stessa motivazione, abiba voluto attuare criteri diversi di politica 
legislativa a �seconda che si tratasse di fabbricati ovvero di beni rustici 

o diritti di altra natura. Esatta �, pertanto, l'interpretazione (sostenuta 
da un'autorevolissima dottrina) dei provevdimenti del periodo napoleon 
iocnel senso -0he le concessioni, con esse disposte e poi confermate 
dal Borbone, hanno la stessa natura delle concessioni che furono, inseguito, 
prveiste dalla legge dello Stato Unitario del 7 luglio 1866, numero 
3036, e sono, cio�, da consid~rarsi come attribuzioni di propriet� 
gravate da un modus e non da una condizione: come risulta dall'art. 20 
della citata legge che, a differenza di quanto essa stessa dispone nel 
suo art. 35 per le concesisoni ai comuni del quarto della rendita corrispondente 
ai beni delle corporazioni soppresse nei comuni medesimi, 
onere, gravante le concessioni dei fabbricati ex~conventuali. 
(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 giugno 1971, n. 1952 -Pres. Boccia 
-Est. Auriti -P. M. Gentile (conf.) -Girondino (avv. Carrieri) 

c. Amministrazione 1!'. S. (avv. Stato Gentile). 
Obbligazioni e contratti -Obbligazioni solidali -Pagamento -Surroga 
legale del condebitore -Limiti -Eccezioni opponibili. 

(e.e. artt. 1203, n. 3, 1299). 
Qualora per il fatto dannoso siano obbiigati in solido al risarcimento 
pi� soggetti, quello di essi che, escluso dal creditore, abbia effettuato ii 
pagamento deU'intero, ha regresso verso ciascuno dei coobbligati nei 
limiti della quota determinata dalla rispettiva colpa ed entit� delle con-

L'art. 1203, n. 3 di0spone espressamente che la surrogazione ha luogo 
a favore di chi, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, 
aveva interesse a soddisfarlo, ed � opinione comune che la surroga legale 
operi a favore del condebitore solidale che ha pagato. 

Ofr. Oass. 12 novembre 1960, n. 3025; 20 ottobre 1959, n. 2996 ecc. In 
dottrina G10RGI, Teoria gen. delle obblig., 1910, vol. VII, 291 e segg.; GRosso, 
Teoria gen. delle obbl. e contratti, 1948, pagg. 57 e 148; MEssINEO~ Manuale, 
1950, II, 197. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 803 

seguenze relative, ed � surrogato nei diritti del creditore verso l'altro 
condebitore, che pu� opporre non solo le eccezioni derivanti dal rapporto 
interno tra di essi condebitori solidali ma anche quelle inerenti al 
rapporto esterno coin il creditore, sulla esistenza ed ammointare del debito 
pagato, che si coocretano in fatti estintivi, limitativi o impeditivi 
della pretesa creditoria. 

(Omissis). -Col primo mezzo il ricorrente denuncia l'errata interpretazione 
ed applicazione dell'art. 1304 e.e. e sostiene che, poiich�i egli 
aveva dichiarato di non voler approfittare della transazione stipulata 
tra la sua condebitrice solidale Amministrazione FF. SS. e le creditrici 
sorelle Giuliano, la Corte di merito non avrebbe potuto condannarlo a 
rimborsare alla detta Amministrazione la met� della somma della stessa 
corrisposta alle sorelle Giuliano in virt� dell'atto transativo. 

La censura � infondata. 

Invero, come � p~cifico fra �le parti, con la menzionata sentenza 
penale della Corte di Appello di Bari, passata in cosa giudicata, il Girondino 
ed il Degni, dipendente dell'Amministrazione FF. SS. e del cui 
operato la detta Amministrazione era quindi tenuta a rispondere, vennero 
condannati in dipendenza della ritenuta foro colpevolezza per concorso 
nel reato di omicidio colposo; a risarcire in solido alle sorelle 
Giuliano i danni derivanti dalla morte del loro genitore. 

In conseguenza, l'Amministrazione FF. SS. avendo integralmente 

risarcito i danni alle sorelle Giuliano, come � rimasto accertato nel giu


dizio di merito ed � altresi pacifico fra le parti, aveva diritto a ;promuo


vere azione di regresso, nei confronti del condebitore solidale Girondino, 

della met� della somma da essa corrisposta alle dette sorelle Giuliano. 

Tale azione, come la denunciata .sentenza ha esattamente rilevato, 

non era fondata sull'art. 1304 e.e., invocato dal ricorrente, che dispone 

che �la transazione fatta dal creditore con uno dei .condebitori in solido 

non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarino 

di volerne approfittare�, bensi sull'art. 11203; n. 3 e.e., rettamente appli


cato dalla corte di merito, il quale dispone che �la surrogazione ha 

luogo di diritto a vantaggio di colui che, essendo tenuto �con altri o per 

altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo�. 

Se il fatto dannoso �, come nella specie, imputabile a pi� soggetti 

(il Degni ed il Girondino) e se quindi tutti sono obbligati al risarci-

Al condebitore che ha paigato � concessa altresl l'azione di regresso disciplinata 
daiH.'art. 1299 e.e., la quale per�, a differenza deLla prima che 
rende il surrogante portatore del diritto del creditore soddisfatto, costituisce 
invece un'azione propria di colui che chiede il pagamento di ci� che 
ha pagato ad altri. Cfr. M1cc10, Commentario, 1966, vol. IV, tomo I, 
pagg. 505 e segg. 



804 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento, il creditore pu� rivolgersi contro uno soltanto di essi e pretendere 
l'intero risarcimento (c.d. rapporto esterno), mentre il coobbligato 
escusso ha regresso contro ciascuno degli altri coobbligati, ma limitatamente 
alla misura determinata dalla gravit� della ri~ttiva colpa e 
dell'entit� delle conseguenze che ne sono derivate: c.d. rapporti interni 
(Cass. 15 luglio 1964, n. 1905). Il condebitore solidale (nel caso presente, 
l'Amministrazione FF. SS.), che ha adempiuto l'obbligazione, estinguendola, 
� surrogato nei diritti del creditore (nel caso presente, le 
sorelle Giuliano) verso l'altro condebitore (il Girondino), il quale,� per 
neutralizzare l'azione di regresso, pu� far valere nei �Confronti del coobbligato 
adempiente non soltanto le eccezioni relative al rapporto interno 
di debitori solidali, ma anche quelle opponibili al creditore in ordine alla 
esistenza ed all'ammontare del debito pa~ato e che si �Concretino nella 
deduzione di fatti estintivi, limitativi o impeditivi della pretesa creditoira 
(Cass. 2-0 ottobre 1959, n. 2996). 

Senonch�, il Girondino non ha fatto valere, nel giudizio di merito, 
alcuna delle dette eccezioni, n� nei rapporti interni verso la condebitrice 
solidale Amministrazione FF. SS. n� verso le creditrici sorelle Giuliano 

Ne deriva �che legittimamente la Corte di merito ha ritenuto �Che 
l'Amministrazione FF. SS., avendo risarcito integralmente alle sorelle 
Giuliano i danni cui era tenuta. in solildo �coll Girondino, avesse diritto 
.all'azione di regresso nei confronti dello stesso Girondino, nei limiti della 
:ritenuta responsabilit� di quest'ultimo, in quanto ricorrevano nella specie 
le due condizioni, richieste dalla legge ;per la sorrogazione legale di 
cui al n. 3 dell'art. 12-03 e.e., ossia quella dell'assistenza, in concreto, 
dell'obbligo giuridico dell'Amministrazione FF. SS. di pagare il debito 
per un altro (il Girondino) e quella dell'esistenza di un rapp-0rto che 
attribuiva alla prima una ragione di regresso verso il secondo (Cass. 
12 novembre 1960, n. 3025). 

Col secondo mezzo il ricorrente denuncia l'errata applicazione del


l'art. 1203, n. 3 e.e., perch� ilcredito, nel quale l'Amministrazione FF.SS. 

aveva inteso surrogarsi, non era certo e liquido, e la detta Ammini


strazione non ne aveva provato l'esistenza e l'ammontare. 

Anche questa censura � infondata. 

Invero, la Corte di merito ha accertato �che la somma di L. 900.000, 

pari.alla met� di quella corrisposta dell'Amministrazione FF. SS. alle 

sorelle Giuliano, nella quale la detta Amministrazione intendeva surro


garsi ai diritti delle creditrici sorelle Giuliano, era congrua ed equa e 

non risultava eccessiva in relazione alla natura del danno ed alle origi


narie richieste delle �creditrici. Orbene, il convincimento espresso dal 

giudice di merito in ordine all'entit� del danno risarcibile si risolve in 

un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimit�, se, come 

nel:la specie, cogruamente e logicamente motivato (Cass. 21 febbraio 

1970, n. 398). -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 805 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1971, n. 2157 -Pres. Favara Est. 
Milano -P. M. Chir� (conf.) -Coluori (avv. De Filippis e Angelucci) 
c. Ministero Difesa-Esercito e Ministero Industria e Commercio 
(avv. Zoboli), Giorgi (avv. Mastrobuono) e Olivetti 
(avv. Lulani). 

Procedimento civile -Sospensione dei termini processuali disposta 

dalla legge 1965 n. 818 -Applicabilit� ai soli termini compresi 

nel periodo feriale -Sospensione disposta dalla legge n. 742 del 

1969 -Efficacia retroattiva -Esclusione. 

(legge 14 luglio 1965, n. 818, art. 1; legge 7 ottobre 1969, n. 742). 

Impugnazione -Impugnazioni civili -Cause scindibili -Decorrenza 
unica del termine -Condizioni. 

(c.p.cc. artt. 326, 332). 
La sospensione dei termini processuali disposta dalla legge 14 luglio 
1965, n. 818 opera soitanto nel caso in cui iL termilne venga a scade1
�e nel periodo feriale compresso trait 10 agosto ed il 15 settembre. 

La legge 7 ottobre 1969, n. 74.2, con la quale � stata invece disposta 
la sospensione del decorso dei termini processuali dal 1� agosto al 15 settembre 
di ogni anno, non ha efficacia retroottiva (1). 

Nel processo con pluralit� di parti, il principio del.la decorrenza 
unica del termine per la proposizione del gravame nei confronti di t'l,f,tte 
Le parti tra loro, quando la notificazione sW. stata fatta ad istanza di una 
soltanto di esse, trova applicazione anche al di fuori dell'ipotesi di litisconsorzio 
necessario o di causa inscindibile, ove la decisione incida su 
di un unico rapporto giuridico sostamziale, anche se si verta in tema di 
obbligazioni divisibili (2). 

(1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass. 21 marzo 1970, n. 767; 17 marzo 
1970, n. 706; 28 giugno 1969, n. 2338 ecc. 
La Corte di Cassazione, cfr. sent. 24 aprile 1971, n. 1191 in Foro It., 
1971, I, 1749, ha altresi ritenuto manifestamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 1 legge 1965, n. 819, sia per il profilo che 
pur intendendo il legiS.latore concedere un periodo feriale agli esercenti la 
professione lega'le, una tale finalit� non aveva inteso assicurare .indiscriminatamente, 
sia perch� la pi� favorevole normativa introdotta dalla successiva 
legge 1969, n. 742 non valeva ad inficiare, per ci� stesso, di illegittimit� 
costituzionale sopravV'enuta la norma. 

Per una approfondita disamina delle due leggi in materia cfr. TARZIA, 

Una nuova legge sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, 
in Riv. Diritto processuale, 1970, 90 e segg. con richiami di dottrina 
e giurisprudenza. 

(2) Giurisprudenza costante. 
7 



806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Preliminarmente si rileva che, come eccepito dal Giorgi e dall'Olivetti, 
il ricorso � inammissibile perch� proposto oltre il termine perentorio 
di giorni sessanta previsto dalla iegge. 

.Come dianzi si � precisato, la sentenza della Corte d'appello di 
Roma fu regolarmente n�tificata dalle resistenti Amministrazioni al Caluori 
ed al Chiarinelli il 25 agosto 1969, per cui H termine per l'impugnazione 
scadeva il giorno 24 ottobre 1969, mentre il gravame � stato 
proposto il 13 novembre successivo, ossia venti giorni dopo che era 
scaduto n termine utile. 

Benvero che la decorrenza del termine per la impugnazione ebbe 
inizio durante la sospensione dei termini ;processuali nel periodo feriale, 
ma, come � ormai ius receptum di questa Corte Suprema, la disposizione 
dell'art. 1 della legge 14 luglio 1965, n. 818, sia in base alla interpretazione 
letterale che a quella logica, deve essere intesa come riferentesi 
all'ipotesi in cui l'ultimo giorno del termine processuale venga a scadere 
entro il 1� agosto ed il 15 settembre di ciascun anno e non �, quindi, 
applicabile ai termini che, come si verifica nella fattispecie, scadono 
successivamente, anche se il foro decorso aibbia avuto inizio prima o durante 
il periodo di cui alla norma indicata. 

N� vale obiettare, come si �obietta dal patrocinio dei ricorrenti, che 

la decadenza non si sarebbe nella specie verificata per effetto della so-. 

pravvenuta legge 7 ottobre 1969, n. 742, con cui � stata disposta la so


spensione per il suindicato periodo di tempo del decorso dei termini pro


cessuali, che riprendono, quindi, a decorrere alla fine del periodo 

medesimo. 

Questa nuova legge, come questa Corte ha gi� avuto oecasione di 

affermare con le recenti sentenze n. 1216 del 4 settembre 1970 e n. 146-0 

del 15 settembre 1970, essendo innovativa e non interpretativa della pre


cedente legge ed essendo entrata in vigore il 6 novembre 1969 (giorno 

della sua pubblicazione .nena Gazzetta Uff�ciaLe), non pu� essere appli


cata alle situazioni gi� esaurite (come quella di specie) e compiute sotto 

il vigore della legge precedente. 

Non pu�, itllfine, essere �Condivisa la tesi prospettata dalla difesa dei 

ricorrenti nella memoria illustrativa secondo cui il ricorso dovrebbe, 

comunque, ritenersi ritualmente proposto contro i resistenti Giorgio ed 

Olivetti, che non hanno provveduto alla notificazione della sentenza, 

posto che, non vertendosi in tema di litisconsorzio necessario, non po


trebbero ad essi estendersi gli effetti della notificazione della sentenza 

eseguita dalle Amministrazioni. 

Ed invero, come pi� volte ha avuto occasione di affermare questa 

Suprema Corte, nella ipotesi di processi con pluralit� di parti, il prin


cipio della decorrenza unica del termine per la proposizione del gra


vame nei confronti di tutte le parti tra loro, quando la notificazione J>ta 

stata fatta ad istanza di una soltanto di esse, trova applicazione, non 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

soltanto quando ricorra un'ipotesi di litisconsorzio necessario, o di causa 
inscindibile, ma anche quando la decisione incida su un unico rapporto 
giuridko sostanziale, anche se si verta in tema di obbligazioni divisibili 
(Cass. sentenze n. 599 e n. 808 del 1961, n. 818 del 1962, n. 351 del 1'960, 

n. 3050 e n. 3873 del 1969). 
Nella specie, ricorre, appunto, quest'ultima ipotesi, ove �si consideri 
che gli odierni ricorrenti hanno posto a fondamento della loro domanda 
di risarcimento di danni omissioni e comportamenti vari che, posti in 
essere da dipendenti delle resistenti Amministrazioni e, in particolare 
dell Giorgi e dell'Olivetti, costituirebbe fonte di responsabilit� non soltanto 
per quest'ultimi, ma anche, in virt� del rapporto di immedesimazione 
organica, per le stesse Amministrazioni. 

E se � innegabile �che, ove si faccia questione di responsabilit� civile 
della Pubblica Amministrazione e di singoli funzionari o dipendenti, 
autori del fatto dannoso, tra le due cause esiste soltanto un vincolo� di 
connessione materiale per l'oggetto od il titolo, che d� !luogo ad un 
litisconsorzio facoltativo proprio e non necessario, si deve tuttavia riconoscere 
che in tale ipotesi la emessa decisione incida su un unico 
rapporto giuridico sostanziale comune a tutte le parti e che, di conseguenza, 
il.a decisione stessa non pu� non passare in cooa giudicato in un 
unico momento nei confronti di tutti i soggetti del rapporto processuale. 
-(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl., 26 gennaio 1971, n. 1 -Pres. Vetrano Est. 
Brignola -De Rosa (avv.ti Piras, Lanocita e Cervati) c. Ospedali 
riuniti di Salerno (avv. Volpe), Comune di Salerno ed altri 
(n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Interesse legittimo -Nozione. 

Competenza e giurisdizione -Organizzazione degli uffici pubblici Interesse 
del dipendente -Non sussiste. 

Si qualifica come interesse legittimo l'interesse i71;dividuale strettamente 
connesso con queUo pubblico e da quest'ultimo indirettamente 
protetto. 

In materia di riorganizzazione di reparti ospedalieri non sussiste 
l'interesse del pubblico dipendente aUa conservazione deUe precedenti 

j

strutture e competenze, in mancanza deUa necessaria connessione fra 1 
l'interesse-pubblico ai migliora.mento dei servizi di assistenz� ospedaliera 
e queUo deUo status personale del dipende'nte, che non ne risulti 
in alcun modo neppure indirettamente modificato (1). 


(1) Giurisprudenza costante: cfr. Ad. pl. 26 febbraio 1965, n. 5 ne Il 
Consiglio di Stato, 1965, I, 133. 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl., 6 aprile 1971, n. 3 -Pres. Vetrano Est. 
Granito -Michitto (avv. Sandulli) c. Ufficio Elettorale centrale 
presso Tribunale di S. Maria Capua Vetere, Commissione elettorale 
mandamentale del Comu;ne di Casagiove, Prefetto e Amministrazione 
provinciale di Caserta (n. c.). 

Competenza e giurisdizione -Elezioni amministrative -Operazioni 
elettorali -Controversie -Competenza del Consiglio di Stato. 

(*) Alla redazione delle massime delle note di questa Sezione ha collaborato 
anche l'avv. FRANCESCO MARIUZZO. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 809 

Competenza e giurisdizione -Elezioni amministrative -Competenza 
del .Consiglio di Stato -Limiti. 

In materia di operazioni elettorali amministrative l'interesse pubblico 
e generale della coilettivitd � preminente rispetto a quello personale 
dei singoli candidati, La cui posizioneJ in conseguenza, si configura 
come di mero interesse legittimo, tutelabile davanti al Consiglio di Stato 
a seguito .de'lla dichiarazione di illegittianitd costituzionale dell'art. 2 
della l. 23 dicembre 1966, n. 1H7. (1). 

Sussiste la competenza giurisdizionale deil'A.G.O. non appena sia 
divenuto inoppugnabile l'atto di proclamazione degl.i eletti, mentre al 

.contrario, la giurisdizione amministrativa si configura �nell'ipotesi che 
detto provvedimento sia impugnato, quale atto finale di un procedimento 
amministrativo ispirato in ogni sua fase al pubblico interesse (2). 

(1-2) Corte Cost. 27 maggio 1968, n. 49 in questa Rassegna, 1968, I, 365 
e riferimenti ivi indicati. � 

Cfr. SS.UU. 30 settembre 1968, n. 3043, in Giust. civ., 1969, I, 210; 
SS.UU. 14 aprile 1969, n. 1179, in Giust. civ., 1969, I, 998; SS.UU. 26 maggio 
1969, n. 1863, in Giust. civ., 1969, I, 1405. 

Contrariamente all'indirizzo ora precisato dall'Adunanza plenaria si 
era pronunciata la V Sezione con decisioni del 22 aprile 1969, n. 334 ne n 
Consiglio di Stato. I, 599 e 9 dicembre� 1969, n. 1565, ivi, J, 2546. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 _marzo 1971, n. 183 -Pres. Mezzanott� 
-Est. Melito -Imperi (avv. Trotta) c. Comune di Cerreto Laziale 
(avv. Baiocchi). 

Cosa giudicata. -Esecuzione -Ricorso ex art. 27, n. 4 -Presupposti Assenza 
di giudicato n~i confronti della P. A. -Inammissibilit� 
del ricorso. 
(art. 27, n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054). 

L'esperimento del ricorso per l'esecuzione del giudicato � subordinato, 
oltre che all'esistenza obbiettiva della cosa giudicata, alla circostanza 
che la sentenza, di cui si lamenta l'inesecuzione, sia resa nei confronti 
della Pubblica Amministrazione (1). 

. (1) Giurisprudenza costante: vedasi per riferimenti in generale al problema 
del giudicato, civile e amministrativa, ed alla sua esecuzione gli atti 
del Convegno tenutosi a Napoli il 23, 24, 25 �aprile 1960, GrnFFR�, 1962. 



810 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 188 -Pres. Barra Carac<:
iolo -Est. Bernardinetti Restano 
(avv. Guerra) c. Mini.stero Difesa 
(avv. Stato-Mataloni). 
Impiego pubblico Procedimento 
disciplinare Contestazione 
del fatto 
tratto dall'accertamento compiuto in sede penale -Legittimit�. 
Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Contestazione degli 
addebiti -Irrogazioni per gli stessi fatti di sanzioni diverse da 
parte di distinte Commissioni di disciplina -Eccesso di potere 
per disparit� di trattamento -Insussistenza. 
Impiego pubblico -Procedimento disciplinare 
e delle prove -Discrezionalit�. 
-Valutazione dei fatti 
La contestazione dei fatti all'interessato, cos� come traiti dalla sentenza 
penale di condanna divenuta irrevocabile, non pu� essere censurata 
sul piano deLla legittimit�,, ove contenga sia pure sobriameinte la 
specificazione dei fatti posti a base-del procedimento disciplinare (1). 
� legittima l'irrogazione di sanzioni diverse per gli stessi fatti, nell'ipotesi 
che la concreta valutazione degli addebiti sia effettuata nel corso 
di autonomi procedimenti disciplinari e da parte di distinti orgarni amministrativi 
(2). 
La valutazione sulla sussistenza e sulla gravit�, dei fatti contestati, 
ove sia sorretta da un motivato apprezzamernito, � insindacabile in sede 
di legittimit�, (3). I 
. 
' 
(1) Cfr. IV 2 marzo 1971, n. 186 ne n Consiglio di Stato, 362. 
(2) Massima esatta. 
(3) Cfr. IV 8 marzo 1967, n. 73 in �questa Rassegna, 1967, 409. 
CONSIGUO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 190 -Pres. BarraCarac<:
iolo -Est. Felici -S.p.A. Jupiter (avv. Tornassi) c. Ministero 
Difesa (avv. Stato Carusi). 
Contratti pubblici -Qualificazione del rapporto -Accertamento del 
concreto intento negoziale perseguito dalle parti -Necessit�. 
Contratti pubblici Qualificazione 
del rapporto -Richiamo al Capitolato 
d'oneri delle forniture -Valore Clausola 
diretta ad escludel."e 
la rivalutazione del compenso -Legittimit�. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 811 

Contratti pubblici�-Revisione prezzi -Diniego basato sulla qualificazione 
del rapporto contrattuale -Legittimit�. 

Competenza e giurisdizione -Contratti pubblici -Revisione prezzi Giurisdizione 
del Consiglio di Stato -Limiti. 

Non coincidendo integralmente la fornitura di materiale deila P.A. 
con le ordinarie forme di scambio tra privati l'accertamento della natura 
del rapporto va fatto esctusivamente sulla base dell'intento negoziale, 
quale risulta in concreto essere stato perseguito dai contraenti (1). 

n richiamo espresso, formulato nei contratto, al Capitolato d'.oneri 
deUe forniture � elemento sufficiente per configurare il c01itratto stesso 
come di approvvigionamento, anzich� come contratto d'appalto per la 
costruzione di opere ptUbbiiche, con la conseguenza che, non essenQ,o i 
contratti di pubblica fornitura sottoposti necessariamente alla revisione 
dei prezzi, la clausola ostativa a detta revisione non appare censurabile 
sul piano della legittimit�, trovando la swa fonte esclusiva nella volont� 
delle parti (2). 

Il provvedimento di diniego dell'istanza di revisione prezzi aware 
sufficientemente motivato dal richiamo alla natura giuridica ed al contenuto 
del contratto, previo accertamento dell'inesistenza dei presupposti 
necessari per accordare la revisione dei prezzi concordati (3). 

Rientrano nella giurisdizione del Consiglio di Stato le controversie 
aventi ad oggetto la revisione dei prezzi contrattuati nella sola ipotesi 
che detta revisione sia prevista dalla legge, mentre, al contrario, ove la 
previsione relativa. sia contenuta nel contratto trovandosi espticita soluzione, 
le censure avanzate in ordine alla legittimit� del diniego sono 
inammissibili, sfuggendo in tal caso la vertenza alla generale cognizione 
di legittimit� del giudice amministrativo (4). 

(1-2-3-4) Massime da condividere. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 22:5 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Giura -Timossi (avv.ti Marcellini e Menghini) c. Provveditorato 
regionale 00.PP. per la Liguria (avv. Stato Albisinni) e 
Comune di Serra Ricc� (avv. Tanello). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Dichiarazione di indifferibilit� 
e occupazione d'urgenza -Impugnazione cumulativa -Ammissibilit�. 




812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per pubblica utilit� -Pubblica utilit� dichiarata per 
legge -Individuazione del provvedimento impugnabile -� il decreto 
di esproprio. 

Possono essere impugnati con l.o stesso ricorso giurisdizional.e, trattandosi 
di atti tra foro connessi, il. decreto che dichiara l'indifferibiLilt� 
e l'urgenza deHe opere e ii decreto di occupazione (1). 

Nell'ipotesi che la pubbiica util.it� delle opere da reaiizzare sia dichiarata 
con legge gl.i atti che nel procedimento precedono ii provvedimento 
definitivo, non sono autonomamente impugnabili, essendo m,eramente 
preparatori rispetto aL decreto d'esproprio (2). 

(1-2) Giurisprudenza costante. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 231 -Pres. Potenza Est. 
Felici -Fico (avv. Tropea) c. Ministero di Grazia e Giustizia 
(avv. Stato Gentile) e Romano (n.c.). 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Criteri di massima 
-Determinazione del punteggio massimo per le sole categorie 
relative a titoli di studio universitari -Le~ittlmit�. 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Attitudine 
alla qualifica superiore -Parere della Commissione di vigilanza Non 
� vincola~te per la Commissione ~iudicatrice. 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Attitudine 
alla qualifica superiore -Elementi valutabili -Legittimit�. 

Ai fini della promozione per merito comparativo dei Cancel.lieri e 
dei Segretari giudiziari � legittima, in sede di prefissione di criteri direttivi, 
la val.utazione dei titol.i di studio in possesso dei candidati a seconda 
del foro diverso valore, universitario o di scuola media superiore, 
essendo essa giustificata dal. pi� approfondito livello di preparazione 
richiesto per i titoli di grado superiore, riflettendosi in generale sulla 
complessiva p1�eparaziooe cui.turale dei singoli partecipanti allo scrutinio 
(1). 

It parere in precedenza espresso ai fini dello scrutinio da parte della 
Commissione di vigilanza non � vincolante rispetto all'autonoma valuta


(1-2-3) Giurisprudenza costante. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 813 

zione da compiersi in sede di scrutinio, risolvendosi in una generica 
valutazione di idoneit� allo svolgimento delle mansioni superiori (2). 

La valutazione dell'attitudine aUo svolgimento di mansioni superiori 
va rapportata non soltanto ai risultati dell'esame delle altre categorie 
di titoli, ma anche ai rapporti informativi e ad ogni ulteriore elemento 
utile risultante dai fascicoli personali dei candidati (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 2.37 -Pres. Potenza Est. 
Pianese -Monterosso (avv. Marzano) c. Ministero Finanze 
(avv. Stato Ricci). 

Impiego pubbligo -Procedimento disciplinare -Termine ex art. 120 

t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Perenzione -Non sussiste. 
(art. 120 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). 
Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Annullamento in sede 
giurisdizionale -Rinnovazione dell'atto viziato -Legittimit�. 
(art. 119 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). 

Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Valutazione dei fatti 
e delle prove risultanti da distinte statuizioni penali -Insufficienza 
-Illegittimit�. 

L'estinzione del procedimento disciplinare nel termine di novanta 
giorni presuppone la completa inattivit� deila P. A. nei periodo co'llSiderato, 
ed a tal fine vanno considerati tutti gli atti interruttivi, anche meramente 
interni, posti in essere medio tempore �all' Amministro.zione (1). 

A seguito di annullamento intervenuto in sede giurisdizionale di taluni 
atti del procedimento disciplinare legittimamente l'Amministrazione 
d� nuovamente impulso all'azione disciplinare rinnovando gli atti 
annullati (2). 

La Commissione di disciplina ha il potere, in sede di rinnovazione 
del procedimento, di valutare autonomamente i fatti e le prove emerse 
nei confronti del dipendente in sede penale con l'obbLigo, tuttavia, reso 
pi� intenso dalla presenza di contrastanti statuizioni penali, di procedere 
all'esame di tutti i fatti e delle prove allo scopo di motivare adeguatamente 
l'eventuale convincimento suUa colpevolezza, cui ritenga di dover 
pervenire. 

(1-2) Appliicazione di principi generali: cfr. IV 20 apri:le 1971, n. 453 ne 
Il Consiglio di Stato, 1971, I, pag. 728. 

(3) L'affermazione costituisce un coronario del generale obbligo di motivare 
gli atti contenenti statuizioni sfavorevoli agli intere.ssati. 

814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 27'9 -Pres. Potenza 
-Est. Catallozzi -Cor.bino (avv. Ferrante) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Dallari). 

Impiego pubblico -Infortunio in itinere -Dipendenza da causa di ser


vizio -Riconoscimento -Mezzo di trasporto utilizzato -Limiti. 
(art. 2 I. 4 agosto 1955, n. 721). 

Legittimamente l'Amministrazione rifiuta il riconosci.mento della 
causa di servizio neU'ipotesi di lesioni riportate dal dipendente infortunatosi 
a seguito di un incidente stradale occorso in occasione del servizio, 
ove non sussista la previa autorizzazione all'uso del mezzo personale (1). 

(1) Massima esatta. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 280 -Pres. Potenza Est. 
Catallozzi -Coop. ed. Esattoriali (avv. Silva) c. Provveditore 
regionale 00. PP. per la Campania e Prefetto di Napoli (avv. Stato 
Lancia). Amministrazione� provinciale di Napoli (avv. Florio e del 
Pozzo) e Comune di Boscotrecase (n.c.). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Strade -Approvazione del progetto 
dei lavori -Equivale a dichiarazione di pubblica utilit� Effetti. 


(artt. 18 e 22 I. 12 febbraio 1958, n. 126 e art. 2 I. 26 gennaio 1963, n. 31). 

L'apprO'Vazione del progetto di lavori stradali da parte del Ministero 
dei LL. PP. o del Provveditore alle 00. PP. e la correlativa concessione 
del contributo dello Stato equivalgcmo a dichiarazione di p.u. e non sono, 
per tali ragioni, soggette alla pubblicit� prevista in via generale della 

l. 25 giugno 1865, n. 2359 (1); 
(1) Cfr. IV, 15 maggio 1968, n. 343 e n. 663, Il Consiglio di Sbato, 1968, 
I, 801 e 1500; Ad. plen. 24 gennaio 1961, n. 10, ivi, I, 649. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1971, n. ,283 -Pres. Potenza Est. 
De Roberto -Colucci (avv. S. A. Brusca) e altri c. Ministero di 
Grazia e Giustizia (avv. Stato Peronaci). 

Atto amministrativo -Atto collegiale -Composizione del collegio Partecipazione 
di congiunto ad un soggetto interessato alla deliberazione 
-Illegittimit�. 

L'esistenza di una situazione di incompatibilit� dipendente dal legame 
di parentela esistente fra un membro della Commissione di scrutinio 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 815 

ed un soggetto partecipante a quest'ultimo rende iHegitt�lma la composizione 
dell'organo collegiale e, in conseguenza, i provvedimenti di questo 
emanati, a nulla rilevando l'indagine sulla eventuale assoluta imparzialit� 
e l'indipendenza di giudizio in concreto dimostrata (1). 

(1) G~urisprudenz�a costante sul principio generale motivato da esigenze 
di imparzialit� nell'esercizio di funzioni pubbliche. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 366 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Catallozzi -Istituto Autonomo Case Popolari di Latina 
(avv. Zeppieri e Vinciguerra) c. Commissione Centrale di vigilanza 
per l'edilizia popolare ed economica (avv. Stato Dallari) e Abbate 
(avv. Mele). 

Edilizia popolare ed economica -Assegnazione alloggi -Competenza 
della Commissione Centrale ex art. 14 D. P. R. 17 gennaio 1959, 

n. 2 -Limiti. 
Con l'entrata in vig~re della l. 27 aprile 1962, n. 231, che ha semptificato 
la procedura di trasferimento in propriet� degti alloggi di tipo 
popolare ed economico, l'originaria competenza in sede contenziosa della 
Commissione Centrale di Vigilanza si � ristretta atte sole assegnazioni, 
previste in via generale daU'art. 14 del d.P.R. 17 gennaio 1959, 2, di 
aUoggi mai attribuiti in locazione o in propriet�, ovvero che siano rimasti 
liberi per rinunzia, decadenza o morte (1). 

(1) Massima esatta. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 367 -Pres. BarraCaracciolo 
-Est. De Roberto -Fabbri (avv. Adami) c. Ministel'.o ��� 
Trasporti (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Impiego pubblico -Orario di lavoro -Determinazione con circolare 
-Necessit� di impugnazione in termine -Non sussiste. 


Impiego pubblico -Orario di lavoro -Disciplina introdotta dal decreto � 
17 settembre 1939 -� in vigore. 

I provv�edimenti con cui il Direttore Generale dell'Azienda Autonoma 
deite FF. SS. ha impartito istruzioni suUo svolgimento deU'orario 
di lavoro da esigere dal personale dipendente non spiegano effetti im




816 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mediati nei confronti degli interessati, cui non fa carico correlativamente 
un autonomo onere di impugnativa in termine. 

La disciplina speciale e differenziata dal lavoro dei pubblici dipendenti 
della Capitale, introdotta con decreto 17 settembre 1939 in dipendenza 
delle necessit� di guerra, � stata formalmente recepita nelle 
disposizioni di legge di cui agli artt. 4 del d.P.R. e 11 gennaio 1956, 
nn. 17 e 14 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 aprile 1971, n. 426 -Pres. Mezzanotte 
-Est. De Roberto -Amici (avv. Guarino) c. Ministero Difesa 
(avv. Stato Del Greco). 

Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale -Perenzione 
per inattivit� delle parti -Presupposti e limiti. 

L'inattivit� delle parti che� si prolunghi per un biennio � causa della 
perenzion-e del procedimento giurisdizionale nel caso in cui la fase del 
processo richieda esciusiva,mente l'iniziativa delle parti, fattispecie quest'ultima 
non ricorrente nell'ipotesi di ordinanza presidenziale istrut


I 
toria emanata dopo la cancellazione della causa dal ruolo e notific'ata 
alla sola Amministrazione parte del giudizio amministrativo e non al 

i 

I 
(ricorrente. 

i 

(1) Con questa decisione la Sezione ha disposto la revocazione della 
precedente sentenza 29 apTile 1969, n. 141, che aveva dichiarato la perenzior 
ne del ricorso suHa base dell'erroneo presupposto dell'inattivit� per due 
� 

anni del rkorrente. 

' 

I

CONSIGLIO D !STATO, Sez. IV, 16 aprile 1971, n. 451 -Pres. Mere


gazzi -Est. Bernardinetti -Turchetto (avv. Capezza) c. Ministero 

Difesa (avv. Stato Dallari). 

I 

Impiego pubblico -Promozione -Discrezionalit� della P. A. -Limiti. 

I

(art. 1 d.P.R. 18 novembre 1965, n. 1479, art. 2 1. 12 dicembre 1962, n. 1862). 

I 

Nell'ipotesi che la legge disponga la costituzione di u.n 1�uolo organico, 
sia pure in via temporanea, illegittimamente viene disposto il conferimento 
di un solo posto, anzich� di quelli p1�evisti nella tabe�lla organica, 
dovendosi ritenere cogente per la P. A. l'interesse al pieno e tempestivo 
funzionamento nel nuovo Ufficio costituito. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 817 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 452 -Pres. Barra 
Caracciolo -Est. Granito -Cantarella ed altro (avv. Fragola U.) 

c. Ministero della Sanit� e Prefetto di Napoli (avv. Stato Lancia) 
e Paparotti (avv. La Torre). 
Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale davanti al 
Consiglio di Stato -Morte del ricorrente -Interruzione del processo 
-Non sussiste. 

(art. 92 r.d. 1097, n. 642). 

Farmacia -Morte del titolare -Assegnazione per concorso -Invito 
del Prefetto al vincitore del concorso di accordarsi sull'importo 
dell'indennit� di avviamento�-Atto preparatorio -Impugnazione 
-Inammissibilit�. 

(art. 110 t.u. 27 luglio 1934, n. 1265). 

Atto amministrativo -Assegnazione di farmacia al vincitore del concorso 
-� atto definitivo. 
(art. 105 t.u. 27 luglio 1934, n. 1265). 

Farmacia -Morte del titolare -Pagamento degli arredi, provviste e 
dotazioni -Contestualit� alla consegna della farmacia -Non occorre. 


Diversamente da quanto accade nel processo civile il giudizio am-� 
ministrativo non si interrompe per la morte deUa p.wrte o del suo difensore, 
trovando detta disciplina la sua giustificazione neUa particolare 
struttura, funzione e disciplina del processo davanti ai Consiglio di 
Stato (1). 

L'iwvito rivolto dal Prefetto ai vincitore del concorso� indetto per 
l'assegnazione di una farmacia, resasi vacante per la morte' del suo titolare, 
ed agli eredi di quest'ultimo allo scopo di avviare contatti per il 
versamento dell'indennit� di avviamento e per il rilievo degLi arredi 

(1) La massima non sembra possa essere condivisa, in quanto le norme 
del c,p,c. relative all'interruzione del processo esprimono delle esigenze di 
carattere generale in merito all'immediata rilevanza sul piano processuale 
di taluni eventi che riguardano direttamente le parti o i loro difensori nella . 
loro concreta partecipazione al giudizio; ove si consideri, poi, che la motivazione 
della sezione si richiama esclusivamente al carattere autonomo 
del giudizio amministrativo, la conclusione sopra indicata appare ancora pi� 
persuasiva alla Luce di quanto � stato deciso, sia pure per altra fatti!llpecie, 
dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con decisione 18 settembre 
1970, n. 1563 in questa Il.assegna, 1970, I, 1079. 

818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si cori:figura quale atto preparatorio del procedimento d'assegnazione, 
inidoneo come tale a ledere direttamente la posizione soggettiva di terzi. 

n provvedimento di assegnazione di farmacia a seguito delL'espletamento 
di concorso ha carattere definitivo ed in conseguenza di ci� � 
inammissibile il ricorso proposto avverso il preteso silenzio -rigetto del 
ricorso gerarchico avanzato contro il predetto atto. 

La corresponsione dell'indennit� per ii riliev'o degli arredi, provviste 
e dotazioni della farmacia, dia determinarsi in caso di disaccordo fra 
le parti con l'intervento della Commissione provinciale prevista dall'art. 
105 del t.u. 27 luglio 1934, n. 1265, pu� effettuarsi anche successivamente 
alla consegna della farmacia dia parte degli eredi del plJ'Jecedente 
titolare. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 463 -Pres. Potenza Est. 
Felici -Pane (avv. Gava) c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. 
Stato Carafa). 

Bellezze naturali -Costruzioni edilizie sottoposte a vincolo della Sovrintendenza 
-Inosservanza delle prescrizioni relative -Ordine 
di demolizione -Soggetto passivo -� il costruttore. 

(art. 15 1. 29 giugno 1939, n. 1497). 

Bellezze naturali -Costruzioni edilizie sottoposte a vincolo dalla Sovrintendenza 
-Omessa impugnazione -Inosservanza delle prescrizioni 
relative -Effetti. 

Bellezze naturali -Costruzioni edilizie -Ordine di demolizione -Eccesso 
di potere per omessa demolizione di altre costruzioni realizzate 
in difformit� ai vincoli -Non sussiste. 

Soggetto passivo deU'ordine di demoLizione delle opere abusivamente 
eseguite deve ritenersi, ai sensi di quanto previsto dall'art. 15 
della l; 29 giugno 1939, n. 1497, colui che abbia eseguito l'opera con 
violazione dei limiti in precedenza posti alla sua attivit�, a nulla rile�vando 
la circostanza 'che la propriet� dell'immobile sia stata venduta a 
terzi in tutto o in parte (1). 

(1-2) Massime esatte e coerenti nella loro impostazione. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 819 

L'omessa impugnazione del provvedimento prescrivente i vincoli 
da realizzare per una costruzione edilizia, emanata dalla Sovrintendenza 
ai Monumenti, comporta l'inammissibilit� del ricorso pr'!posto avverso 
l'ordine di demoUzione emesso sul presupposto della inosservanza delle 
prescrizioni gi� disposte, non essendo configurabile un accertamento 
incidenter tantum della invaiidit� di atti divenuti inoppugnabili, n� 
l'annullamento dell'atto conseguenziale in via derivata, che pu� derivare, 
infatti, esclusivamente da un'invalidazione pregressa� o contestuale dell'atto 
presupposto (2). 

L'esistenza di abusi edilizi realizzati da privati in epoca anteriore 
all'imposizione del vincolo dimostra in modo palese la necessit� di una 
azione amministrativa diretta ad evitare l'espandersi del disordine edilizio 
ed in s� e per s� considerata � inidonea ad inteware gli estremi 
della manifesta ingiustizia o della disparit� di trattamento (3). 

(3) Massime da condividere: cfr. comunque per riferimenti Ad. pl. 8 
gennaio 1966, n. 1 ne Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 467 -Pres. Potenza Est. 
Vivenzio -Bianchi (avv. Nelli) �c. Ministero turismo e Spettacolo 
(avv. Stato Mataloni) e Venturelli (avv. Doletti). 

Alberghi -Mutamento di destinazione -Autorizzazione su istanza di 
taluni comproprietari -Illegittimit�. 
(artt. 1, 2 e 3 1. 24 luglio 1936, n. 1692). 

Alberghi -Mutamento di destinazione -Autorizzazione ministeriale 
allo svincolo -Comproprietario gestore dell'albergo -Interesse Sussiste. 


� illegittimo il provvedimento del M'imistero del Turismo e dello 

Spettacolo che autorizzi lo svincolo dalla destinazione di un edificio 

attualmente adibito ad albergo, senza che vi concorra la volont� di tutti 

i comproprietari del medesimo. 

Sussiste l'interesse all'impugnazione del provvedimento ministeriale 

di autorizzazione allo svincolo, anche se da questo non deriva automati


camente il venir meno della destinazione alberghiera, rendendosi, infatti 

in tal modo possibile giuridicamente la diversa utilizzazione del..l'im


mobile. 



820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 469 -Pres. Potenza Est. 
Catallozzi -Trabacchi (avv. Caravita di Toritto) c. Istituto centrale 
di Statistica (avv. Stato Mataloni). 

I 

Impiego pubblico -Risoluzione del rapporto per morte del dipendente 

t 

-Indennit� di buonuscita -Omesso computo del servizio non di 

ruolo -Illegittimit�. 

Impiego pubblico -Indennit� di buonuscita -Emolumenti compu


tabili -Previsione regolamentare in deroga all'art. 1221 c. c. 


Legittimit�. 

(art. 1221 e.e.). 

La liquidazione dell'indennit� di buonuscita a favore degli aventi 

causa di un dipendente deve tener conto, oltre che degli anni di ser


vizio svolti come impiegato di ruolo, anche del periodo trascorso in 

posizione non di ruolo, a nulla rilevando che al momento del passaggio 

in ruolo sia stata concordata la rinuncia all'indennit� sino ad aitora 

maturata, cui va riconosciuto ii limitato valore di rinuncia alla solai 

riscossione immediata e non anche alla futura valutazione allo stesso 

fine del servizio complessiva.mente prestato. 

Il principio generale in materia di impiego privato stabilito dal


l'art. 1221 e.e., in bCU!e al quale l'indennit� di fine lavoro deve compu


tarsi sulla base della retribuzione, ivi compreso ogni compenso, � ap


plicabile anche alla Pubblica Amministrazione nella sola ipotesi in cui 

non sussista un'apposita disciplina legislativa o regolamentare in deroga . 

. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 510 -Pres. (f.f.) 
Granito -Est. Felici -Ferrari (avv. Capozzi, Lucifredi e Camici) . 

c. Ministero Lavori Pubblici e Provveditorato 00.PP. per l'Emilia 
(avv. Stato Terranova) e Comune di S. Ilario d'Enza (avv. Menoni 
e Jemolo). 
Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Criteri 
e principi generali -Adozione del piano da parte di comuni 
che gi� dispongono di aree fabbricabili -Legittimit�. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Motivazione 
per relationem alla relazione illustrativa -Sufficienza. 
(art.5 1. 18 aprile 1962, n. 167). 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 16!1 Scelta 
delle aree -Elementi valutabili -Insindacabilit�. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 821 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Incremento 
demografico -Calcolo -Criteri. 

Edilizia popolare ed economica� -Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 Previsione 
della spesa -Art. 81 Cost. -Inapplicabilit�. 

La finalit� della legge 18 apriLe 1962, n. 167 � di consentire ai comuni 
la possibilit� di favorire l'incremento dell'edilizia popolare ed economica 
con la creazione di alloggi in quantit� adeguata al fabbisogno; 
in conseguenza la predisposizione e l'adozione dei relativi piani deve 
ritenersi legittima anche per i comuni che gi� dispongano di aree fabbricabili 
o che gi� abbiano svolto attivit� diretta ad agevolare ed indirizzare 
lo sviLuppo urbanistico del proprio territorio (1). 

La relazione iliustrativa del PEEP for.ma parte integrante del -n:iedesimo 
unitamente alle planimetrie, agli elenchi catastali ed al compendio 
di norme urbanistiche ed edilizie ed� �, pertanto, idonea a contenere 
l'analitica motivazione per relationem della delibera di adozione 
del piano (2). 

Ai fini della scelta delle aree, che costituisce oggetto di apprezzamento 
discrezionale, sono rilevanti le generali caratteristiche delle aree 
suddette in rapporto al.le linee di sviluppo cittadino, alle distanze dal 
centro, alla rete di comunicazione ed, alle opere di urbanizzazione primaria 
o secondaria senza che sussista, in conseguenza, la necessit� di 
un analitico esame dei terreni appartenenti a ciascun proprietario (3). 

In sede di adozione del piano di zona deve ritenersi giustificato il 

calcolo dell'incremento demografico effettuato sulla base di una recente 

trasformazione della situazione locale, che abbia indotto a valorizzare 

nel computo del prevedibile aumento di popolazione i dati demografici 

risultanti dalle pi� recenti indagini rispetto a quelli di una pregressa 

e ormai superata situazione di fatto. 

La distribuzione delle abitazioni nelle zone del piano deve essere 

fissata in relazione all'entit� del fabbisogno reale, alle dimensioni del


l'abitato, alle linee di espansione ed all'opportunit� di conservare con


grui spazi per l'urbanizzazione, non risultando dalla legge la predeter


minazione di tipologie edilizie a.ssolute ed invariabili. 

L'art. 81 della Costituzione � posto a tutela di esigenze diverse da 

quelle inerenti la formazione dei piani di zona, riguardamdo l'emana-� 

zione di leggi comportanti oneri a conto del bilancio dello Stato, e non 

trova, perci�, ap'J)licazione in sede di deliberazione del piano di zona 

per l'edilizia popolare ed economica. 

(1-2-3) Giurisprudenza costante. 



822 RASSEGNA DELL'AVVO�ATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 511 -Pres. Potenza Est. 
Felici -Comune di Prato (avv. Ferri) c. Ministero Finanze 
(avv. Stato Carafa) e S.p.A. Trezza (n.c.). 

Comune -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Incompletezza 
e contraddittoriet� dei presupposti -Annullamento 
prefettizio -Legittimit�. 

Comune -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Annullamento 
prefettizio -Possibilit� di nuova delibera indenne da 
vizi -Sussiste. 

Comune -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Alternativa 
con l'appalto -Elementi valutabili -Criterio. 

Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Motivazione -SuffiCienza. 


Legittimamente viene disposto dal Prefetto l'annullamento di una 
delibera comunale, avente ad oggetto la riassunzione in gestione diretta 
del servizio di accertamento e riscossione delle imposte di consumo, ove 
risulti accertata l'incompletezza e la contraddittoriet� dei calcoli effettuati 
dal Comune. 

L'annullamento della delibera comunale di adozione della gestione 
diretta delle imposte di consumo determinata dalla rilevata incompletezza 
e contraddittoriet� dei calcoli effettuati non pregiudica per l'autorit� 
comunale la possibilit� di u.na nu.ova, autonoma deliberazione di 
assunzione del servizio che sia indenne dai vizi riscontrati in sede di 

. l.:

legittimit�. . 

~

La possibilit� per i comuni di operare una scelta tra la forma di 

f~ 

gestione diretta del servizio di riscossione delle imposte di consu.mo e 
quella dell'appalto non pu� fondarsi esclusivamente sulla rilevazione 
degli oneri anteriormente sostenuti dal comune per l'appalto, ma deve 
presupporre u.na previsione di costi ragguagliata alle future possibilit� 
di svolgimento, diretto o indi1�etto, del servizio. 

In sede di decisione di ricorso gerarchico non sussiste l'obbligo di 
una analitica confutazione delle argome'ntazioni, essendo su.fficiente ia 
enunciazione delle ragioni che hanno indotto alla reiezione del gravame, 
dalle quali risulti che l'intera vertenza � stata esaurientemente comiderata: 
in relazione a tutte le censure formulate. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 823 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 542 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Figliolia -Clemente (avv.ti Resta e Motzo) c. Ministero 
Difei;;a (avv. Stato Onufrio). 

Impiego pubblico -Provvedimento disciplinare -Fatti punibili-Omesso 
esercizio di poteri di direzione, vigilanza e controllo -Punibilit�. 

Impiego pubblico -Dovere di obbedienza -Limite -Omesso esercizio 
della rimostranza -Punibilit� del dipendente -Fattispecie. 

Ai sensi dell'art. 2 r.d. 30 aprile 1931, n. 586, � legittimo il provvedimento 
disciplinare adottato nei confronti di un direttore dei conti 
il cui comportamento colpevole risulti comprovato dall'omesso esercizio 
dei poteri, al medesimo spettanti, di direzione, vigilanza e controllo sull'operato 
dei dipendenti del suo ufficio (1). 

Il dovere di subordinazione dell'impiegato rispetto al superiore gerarchico, 
stabilito dall'art. 16 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, non ha carattere 
assoluto, dovendosi ammettere, ai sensi del successivo art. 17, l'obbligo 
dello stesso impiegato, aUorch� l'atto dispositivo sia palesemente illegittimo, 
di fare rimostranza al superiore gerarchico; pertanto, � legittimo 
il provvedimento disciplinare adottato nei confronti del funzionario che, 
nell'esercizio di delicate funzioni (nella specie, direttore dei conti di 
uno stapilimento del Genio militare), abbia omesso di rappresentare ai 
suoi superiori la situazione di illegittimit� in cui versava l'Ufficio di 
amministrazione nel quale prestava servizio, al fine di richiamare l'attenzione 
degli stessi ed indurli a sospettare della irregolarit� del sistema 
di pagamento adottato, sulla base di una circolare ministeriale, per la 
registrazione dei contratti interessanti l'Ufficio stesso e, ove tale situazione 
non fosse stata rimossa, provocare .,la confer.ma per iscritto dell'atto 
dispositivo illegittimo (2). 

(1-2) Massime esatte. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 546 -Pres. Mezzanotte 
-Rel. Bernardinetti -Soc. SATIM in Napoli (avv.ti Salemme, 
Capezza e Paresce) �C. Di-partimento militare marittimo del Basso 
Tirreno (avv. Stato Del Greco). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Decreto di espro


priazione -Omessa specificazione dell'indennit� -Desumibilit� 

aliunde -Legittimit�. 



824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Servit� militare 
-Indennit� annua -� stabilit� dalla legge -Manifesto della 
Autorit� -Omessa indicazione dell'indennizzo -Irrileyanza. 

Espropriazi�ne per pubblica utilit� -Espropriazione -Servit� militare 
.-Urgenza -Apprezzamento dell'urgenza -Insindacabilit�. 

L'omessa indicazione dell'indennit� non inficia il decreto di espropriazione 
per pubblica utilit�, ove l'ammontare della stessa sia desumibile 
aliunde, e cio� attraverso il riferimento ad altri atti del procedimento, 
del quale l'egpropriato abbia avuto in precedenza, precisa notizia 
(1). 

Nel caso delle servit� militari, l'indennizzo a_nniw per la durata del 
vincolo a favore dei proprietari degli immobili colpiti scaturisce diret


.tamente dalla legge 8 marzo 1968, n. 180, e da questa � desumibile nel 
suo esatto ammontare; pertanto, legittimamente il manifesto dell'Autorit� 
militare, concernente imposizioni di servit� miLitare, non contiene 
riferimenti specifici all'indennizzo (2). 

La valutazione del requisito dell'urgenza, ai fini dell'imposizione 
delle servit� miiitari, si effettua in relazione alle specifiche e contingenti 
circosta:nze di tempo e di luogo che determinano l'assoggettamento 
della propriet� privata, in quanto l'urgenza discende diall'esigenza di 
disciplinare il funzionamento degli impianti e la sicurezza delle operazioni 
militari; pertanto, al riguardo � sufficiente che le opere siano 
destinate anche indirettamente alla difesa nazionale, implicando la relativa 
valutazione un apprezzamento tecnico discrezionale dell'Amministrazione, 
non censurabile in sede di legittimit� (3). 

(1-3) Per riferimenti, cfr. Sez. IV, 30 ottobre 1963, n. 667 e 15 gennaio 
1964, n. 3, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1342 e 1964, 1, 11. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 565 -Pres. Potenza 
-Est. Melito -Camozza (avv.ti Clarizia e Piccioli) c. Ministero 
Lavori Pubblici (avv. Stato La:qcia). 

Contabilit� generale dello Stato -Contratti della P. A. -Revisione prezzi 
-Parere della Commissione ministeriale -Atto interno n9n 
impugnabile. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 825 

Contabilit� generale dello Stato -Contratti della P. A. -Revisione prezzi 
-Lavori concessi dal Ministero LL. PP. con contributo forfettario 
-Inammissibilit� della revisione prezzi. 

Il parere della Commissione ministeriale per l'esame dei ricorsi 
sulla revisione dei prezzi dei contratti di awalto, di cui l'interessato 
abbia avuto notizia, costituisce atto interno, come tale non ancora lesivo 
della sfera dei diritti o interessi dell'istante; ed �, pertanto, non impugnabile 
(1). 

Nel caso di un contratto di appalto rispetto al quale l' A mministmzione 
dei lav�ri pubblici sia rimasta del tutto estranea, essendosi limitata, 
con la concessione dei lavori, ad erogare un contributo forfettario, 
per sua natura fisso ed inviolabile, � legittima la rei~zione della domanda 
di revisione dei prezzi presentata dal. concessionario (sulla scorta di analoga 
domanda a� 1.ui presentata dall'awaltatore), in quanto l'istante, che 
beneficia del predetto contributo una tantum, non-� legittimato, ai sensi 
del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501, a chiedere ed ottenere un compenso 
revisionale sul contratto stipulato con i'impresa assuntrice dei lavori (2). 

(1-2) Siul:La ammissibilit�, in genere, della revisione dei .prezzi nei contratti 
siipuilati eon la p.r., cfr. Sez. IV, 24 maggio 1967, n. 189, in questa 
Rassegna, 1967, I, 624. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 568 -Pres. Potenza 
-Est. Vivenzio -Bellini ed altri (a.vv.ti Denti, Salvalaggio 
e Carboni Corner) c. Ministero Difesa e Prefetto di Cremona (avv. 
Stato Dallari). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Opere militari 
-Designazione delle propriet� espropriate od, espropriande Firma 
del provvedimento -Funzionario precariamente preposto 
alla Direzione generale -Legittimit�. 

Espropriazione per. pubblica utilit� -Espropriazione -Opere militari 
-Espropriazione di aree� gi� occupate anni prima e che la 

P. A. aveva dichiarato di voler restituire -Legittimit� -Contraddittoriet� 
-Non sussiste. 
Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Opere militari 
-Scelta dell'area -Omessa motivazione -Legittimit�. 



826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Decreto di espropriazione 
-Omesso calcolo dell'area di sedime -Illegittimit�. 

In esecuzione della delega per assumere impegni sul bilancio dell'Amministrazione, 
con le limitazioni �indicate nel d.P.R. 20 giugno 1952, 

n. 1021, il funzionario neHa qualit� di sostituto del Direttore generale, 
pu� legittimamente sottoscrivere gli atti di competenza di una Direzione 
generale; pertanto, il provvedimento di designazione delle propriet� p!l'ivate 
espropriate per l'esecuzione di opere militari, � legittimamente sottoscritto 
dal predetto funzipnario delegato, ove risulti che detto provvedimento 
rientra fra quelli di competenza della Direzione generale a cui 
il funzionario � precariamente preposto (1). 
Non pu� essere disconosciuto il potere ampiamente discrezionale 
dell'Amministrazione militare di adottare diverse determinazioni, in relazione 
all'esecuzione di opere m�litari, a distanza di molti anni (nella 
specie, circa quattordici), per sopravvenute esigenze riconnesse ad impegni 
internazionali assunti nel frattempo dallo Stato italiano; pertanto, 
in relazione a tali nuove esigenze, non � inficiato da contraddittoriet� 
il comportamento dell'Amministrazione che, gi� disposta a restituire ai 
proprietari i terreni da tempo occv.pati ai detti fini e ad alienare i fabbricati 
costruiti sugli stessi, dopo lungo periodo di tempo abbia mutato 
avviso e si sia orientata per l'espropriazione dell'area in questione (2). 

In sede di espropriazione di un'area privata necessaria per l'esecuzione 
di opere militari, deve ritenersi legittima la mancata enunciazione 
dei motivi in base ai quali sia stata ritenuta la maggiore idoneit� dell'area, 
ove la loro esplicazione importi la violazione del segreto militare 
dal quale la costruzione sia coperta (3). 

� illegittimo il decreto prefettizio di espropriazione di un immobile, 
ove dell'area di sedime del fabbricato insistente sull'immobile stesso 
non si sia tenuto cQnto nel calcolo della superficie espropriata complessivamente 
e, conseguentemente, nel calcolo dell'indennit� depositata 
presso la Cassa depositi e prestiti (4). 

(1-4) Cfr. Ad. gen. 27 agosto 1964, n. 848, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 
2558 (m.). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 5,s3 -Pres. BarraCaracciolo 
-Est. Schinaia -Amministrazione Provinciale di Savona 
(avv.ti Acquarone e Pulvirenti) c. Ministero Interno (avv. Stato 
Azzariti) e Impresa �Costruzioni edili affini (avv.ti Ivaldi, Silvestri 
e Natoli). 

Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Parere interlocutorio della 
Commissione -Comunicazione all'interessato -Non � impugnabile. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 827 

Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Provvedimento ministeriale Insindacabilit� 
-Art. 5 terzo comma d. l.vo n. 1501 del 1947 Non 
� pi� in vigore. 

Competenza e giurisdizione -Contratti della P. A. -Revisione prezzi 
-Controversie -Giurisdizione C. d. S. 

Contratti della P. A. -Aggiunte e varianti -Con alterazione dei prezzi 
d'appalto -Atto di sottomissione o appendice al contratto -Duplicit� 
di rapporti contrattuali -Esclusione. 

Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Domanda -Termine -Opere 
pubbliche degli Enti locali -Art. 5 1. n. 463 del 1964 -Criterio di 
applicazione. 

Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Domanda -Presentata dopo 
l'ultimazione dei lavori -Pu� essere esaminata dall'Amministrazione. 


n provvedimento col quale l'Amministrazione centrale comunica 
ad un Ente pubblico ii parere interlocutorio emesso daHa Commissione 
ministeriale per la revisione dei prezzi contrattuali dene opere pubbliche 
non � atto definitivo; pertanto, ~ inammissibile ii ricorso giurisdizionale 
proposto direttamente contro di esso (1). 

La disposizione deH'art. 5, terzo comma, d.1.vo 6 dicembre 1947, 

n. 1501 (richiamata dal successivo art. 8, uitimo comma) secondo cui i 
provvedimenti ministeriali in materia di revisione dei prezzi sono insindacabili, 
deve ritenersi caducata, perch� contrastante con l'art. 113 Cost., 
secondo cui � in ogni caso ammessa la tutela giurisdizionale degli interessi 
legittimi che si pretendano lesi da un atto amministrativo. 
La revisione dei prezzi contr�ttuaH deUe opere pubbliche � consentita 
daUa legge, che attribuisce in proposito un potere discrezionale ana 

P. A., ma non deriva da un atto o da una clausola contrattuale; pertanto 
la relativa controversia, in quanto afferente a posizioni giuridiche di interesse 
legittimo, rientra nena giurisdizione del gjudice amministrativo 
(2). 
L'art. 343 legge 20 mm�zo 1865, n. 2.248, aU. F, nel prevedere l'ipotesi 
deU'introduzione, in un progetto di opera pubblica gi� in corso di 
esecuzione, di variazioni ed aggiunte che non siano previste nel contratto 
e diano luogo ad alterazione dei prezzi di appaito, imponendo al 
riguardo una distinta sottomissione o un'appendice al contratto principale, 
non considera la distinta sottomissione come fatto genetico di un 

(1-5) Cfr. Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 314, 3 aprile 1968, n. 222, Il Consiglio 
di Stato, 1967, I, 1142 e 1968, I, 594. 



828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nuovo rapporto, ma semplicemente come fatto aggiuntivo all'originario 
rapporto, inserendosi il primo automaticamente neWuitimo, di cui diviene 
parte integrante; pertanto, in tale ipotesi, stante l'unicit� del fatto 
genetico, si � in presenza di un unico e yion di due distinti rapporti contrattuali 
(3). 


L'art. 5 legge 21 giugno 1964, n. 463 (recante disposizioni in materia 
di appalto per opere pubbliche), con riguardo alle ipotesi di ope1�e 
di Enti locali non assistite dal contributo dello Stato, nel richiamare le 
singole ipotesi previste dall'art. 2, primo comma, legge 23 ottobre 1963, 

n. 1481, espressamente stabilisce che per i contmtti stipulati anteriormente 
alla sua entrata in vigore concernenti opere eseguite posteriormente 
al l� febbraio 1963 la domanda di revisione dei prezzi deve essere 
presentata entro sei mesi dalla ultimazione dei lavori; pertanto � 
illegittima la deliberazione del Consiglio provinciale che respinge pei� 
intempestivit� la chiesta revisione dei prezzi concernenti opere di interesse 
dell'Amministrazione provinciale, ove risulti che la relativa istanza 
sia stata prodotta prima che i lavori fossero ultimati (4). 
Ai sensi dell'art. 5 legge 21 giugno 1964, n. 463 (recante disposizioni 
in materia di appalti per opere pubbliche), la Pubblica Amministrazione 
pu� prendere in esame la domanda di revisione del prezzor 
contrattuale anche se sia stata proposta successivamente aH'ultimazione 
predetta, in quanto la richiamata norma ammette espressamente la possibilit�, 
per l'appaltatore, di presentare la domanda entro un determinato 
termine da.ll'ultimazione dei lavori (5). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 586 -Pres. Barra 
Caracciolo -Est. Catalozzi -Bilotti (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero 
Tesoro (avv. Stato Casamassima), Zingarini ed altri (n.c.). 


I 

Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione -A seguito di annul


.I 

lamento giurisaizionale -Scrutinio annullato interamente -Rin


t

novazione solo per il ricorrente -Illegittimit�. 

Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione -A seguito di annullam�nto 
giurisdizionale -Criteri da osservare. 


In sede di esecuzione del giudicato amministrativo che abbia travolto 
in toto non solo l'atto di conferimento di promozioni ad -..na data 
qualifica del pubblico impiego, ma anche le operazioni dello scrutinio 
per merito comparativo, in relazione sia al punteggio riportato dal ri.
corrente (non utilmente collocato in graduatoria), sia, necessariamente, 
a quelli ottenuti da tutti gli altri candidati, lasciando fetme unicamente 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 829 

l'ammissione dei singoli impiegati allo scrutinio stesso e la predeterminazione 
dei criteri di massima, iUegittimamente il Con8iglio di amministrazione 
sottopone a nuova valutazione esclusivamente il ricorrente, 
eseguendo un confronto tra il medesimo e gli altri candidati ed utilizzando 
i coefficienti numerici assegnati a questi ultimi nello scrutinio 
annullato, in base alla convinzione, che l'annullamento ,_ determinato 
dalla erronea applicazione di alcuni criteri di massima al rico1�rente predetto 
-si riferisce soltanto a costui. 

Ogni procedimento di valutazione comparativa, esige, per sua stessa 
natura, che le relative operazioni di giudizio, da effettuare rispetto ad 
una pluralit�, di soggetti e di oggetti in conformit�, di canoni identici, 
siano posti in essere nell'ambito di un unico contesto logico, ed importa, 
quindi, l'impossibilit�, di scindere tali momenti valutativi e di avvalersi 
di operazioni compiute in una diversa procedura avente carattere analogo; 
pertanto, considerato tale vincolo di connessione, l'incidenza del 
motivo per il quale viene annullato dal giudice amministrativo uno 
scrutinio di promozioni per merito comparativo sulle posizioni di alcuni 
degli scrutinati e non di tutti determina sempre la necessit�,, in sede di 
esecuzione del giudicato, di rinnovare anche le operazioni che riguardano 
soggetti diversi dai ricorrenti e che non risultano intaccate direttamente 
da alcuna illegittimitP,. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 giugno 1971, n. 639 -Pres. Potenza 
-Est. Schinaia -Soc. per az. San Donato (avv.ti Sequi e Podest�) 
c. Comune di Genova (avv.ti Grasso e Romanelli) e Prefetto 
di Genova (avv. Stato Di Tarsia). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Edilia popolare 
ed economica -Art 13 1. n. 246 del 1963 -Acquisto di area fabbricabile 
da parte del Comune -Deliberazione per l'ac~uisto -Richiesta 
al Prefetto -Atti preparatori non impu~nabili. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Edilizia popolare 
ed economica -Art. 13 1. n. 246 del 1963 -Acquisto di area 
fabbricabile da parte del Comune -Deliberazione per l'acquisto Mancanza 
di approvazione della G. P. A. -Preclude la possibilit� 
di espropriazione. 

La deliberazione del Comune riguardante l'acquisto di un'area fabbricabile 
ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 l. 5 marzo 1963, n. 246 e 
quella riguardante la richiesta al Prefetto di emettere il decreto di esproprio 
dell'area stessa sono atti del procedimento amministrativo attra



830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

verso il quale si attua l'esercizio della facolt� del Comune di acquistare 
aree fabbricabili ed essendo atti preparatori, non immediatamente lesivi 
degli interessi del proprietario, non sono impugnabili. 

n principio deUa retroattivit� demapprovazione, da parte della 
Giunta provinciale amministrativa, deUe deliberazioni comunali sin dalla 
data deUa deliberazione sottoposta ad approvazione, ha carattere gene-
1�aie e trova normalmente applicazione a meno che la deliberazione non 
debba svolgere particolari effetti che incidano su posizioni giuridiche 

I

soggettive di terzi, in relazione a cui la mancanza di effetti propri entro 
un determinato termine, pu� impedire l'attuazione deUa finalit� prevista 
daHa legge; pertanto, poich�, nel sistema deUa legge 5 marzo 1963, 

n. 246, la deliberazione del Comune, ancora sottoposta all'approvazione 
della G.P.A., non � idonea a produrre gli effetti giuridici che le sono 
propri, in quanto la deliberazione di acquistd, da notificarsi entro un 
termine perentorio al contraente, ha in sostanza anche ia funzione di 
proposta di un contratto da stipulare tra le parti, il privato che deve 
conseguire ia certezza giuridica in ordine ai comportamento deUa P. A., 
deve essere posto di frante ad un atto pienamente efficace per poter 
decidere se aderire o meno aLla delibera proposta di acquisto, con la 
I

conseguenza che non pu� procedersi alla espropriazione deU'area ove la 

1 
Jt

delibera sia ancora sottoposta a controllo ano scadere dei termini perentori 
previsti daUa legge (2). 

i l:l 
(1-2) Cfr. Sez. IV, 23 dicembre 1969, n. 758, Il Consiglio di Stato, 1969, 
I, 2458. 

i 

' 

CONSIGLJO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 643 -Pres. (ff.) 
Granito -Est. Bernardinetti -Capla (avv.ti Gherbaz e Mariani) 


c. Ministero tesoro (avv. Stato Carafa). 
Guerra -Danni di guerra -Beni italiani all'estero -Perduti per trattato 
di pace -Liquidazione dell'indennizzo -Sindacato di legittimit� 
-Limiti. 

Sebbene le censure di merito concernenti la valutazione dei beni 
perduti all'estero in conseguenza del Trattato di pace, ai fini della liquidazione 
dell'indennizzo, siano inammissibili in sede di legittimit�, il 
sindacato del giudice amministrativo ben pu� esercitarsi se la p. a., nell'adottare 
le sue determinazioni, non abbia violato le disposizioni della 
legge che regolano la materia, o non sia incorsa in qualche vizio d~ 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 831 

legittimit�; pertanto, il provvedimento di liquidazione definitiva dell'indennizzo 
� illegittimo ove nel relativo procedimento emerga un evidente 
vizio di legittimit� per contraddittoriet�, per mancanza di una logica 
connessione tra le premesse di fatto e le successive deduzioni dell'Amministrazione, 
in sede di parere istruttorio dell'Ufficio stime. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 644 -Pres. BarraCaracciolo 
-Est. Felici -Memoli ed altri (avv.ti Salerni e Siniscakhi) 
c. Ministero trasporti (avv. Stato Mataloni) e Soc. Coop. 
Edilizia �Domus mea � (avv. Salvia). 

Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Alloggi 
cooperativi -Approvazione del riparto spese -Controversia Giurisdizione 
del C. d. S. 

Atto amministrativo -Reclamo -Nozione -Potere dell'Autorit� decidente 
-Limiti -Motivi di impugnazione -Specificazione -Necessit�. 


L'approvazione del riparto delle spese riguardanti i fabbricati delle 
Societ� cooperative sovvenzionate dallo Stato � un provvedimento anteriore 
alla stipulazione dei mutui individuali ed il suo conte11JUto non 
si esaurisce in una mera operazione di mutuo condominiale, trattandosi, 
al contrario, di un atto che viene compiuto per finalit� di pubblico interesse, 
perseguite dallo Stato nel campo dell'edilizia popolare ed economica; 
pertanto, la relativa controversia si riferisc� alla lesione di un 
interesse legittimo e rientra nella competenza del giudice amministrativo 
(1). 

n ricorso costituisce una manifestazione della tutela giurisdizionale 
concessa dall'ordinamento al soggetto che abbia subito una lesione della 
sua sfera giuridica e la delimitazione della controversia � demandata 
all'iniziativa del soggetto medesimo, non potendo l'Autorit� decidente 
far uso illimitatamente dei suoi poteri, in quanto tenuta a pronunciarsi 
sul contenuto specifico del ricorso proposto dall'interessato; pertanto, 
in virt� della predetta potest� propulsiva spettante alla parte, risultano 
essenziali i motivi dell'impugnazione, che circoscrivono ed indicano le 
ragioni per le quali il ricorso � stato promosso, e che determinano i 
punti della vertenza rispetto ai quali l'Autorit� decidente � chiamata 
ad esaminare la fattispecie e ad emettere la propria. pronuncia (2). 

(1-2) Cfr. Sez. VI, 17 novembre 1964, n. 823, Il Consiglio di Stato, 1964, 
I, 2072. 



832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 11 maggio 1971, n. 449 -Pres. Lugo Est. 
Sterlicchio -Tagliavia (avv.ti Graceffo e Conte) c. Croce Rossa 
Italiana (avv. Stato di Tarsia). 

Giustizia amininistrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile 
e non -Impugnativa contro il diniego di risultato pi� favorevole Mancata 
impugnativa del risultato meno favorevole -Irrilevanza. 

Impiego pubblico -Concorso -Inquadramento -Dipendenti C.R.I. Concorsi 
-Ammissione -Requisiti -Si ha riguardo alle mansioni 
effettivamente esercitate. 

Il vincitore di un concorso, per essere ammesso ad impugnare un 
distinto provvedimento negativo di. un risultato pi� favorevole, non � 

\ 

tenuto a chiedere l'annullamento del minore risultato utile 'conseguito. 

Ai sensi dell'art. 135 del regolamento organico del personale della 
Croce Rossa Italiana (C.R.I.), per l'ammissione ai concorsi di inquadramento 
deve tenersi conto non della qualificazione formale inerente al 
grado rivestito, bens� deila reale natura delle mansioni concretamente 
espletate dall'interessato nel periodo di servizio prestato con le funzioni 
proprie della carriera a cui appartengono i posti da conferire. 

J 

I 

I 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1970, n. 2231 -Pres. Giannattasio 
-Est. Boselli -P.M. Cutrupia (conf.) -Soc. Linoleum p. az. 
(avv.ti Biamonti e Visentini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Soprano). 

Imposta di ricchezza mobile -Plusvalenza -Permu~a di titoli azionari 
-Realizzazione di reddito tassabile -Esclusione. 

(t.u. .29 gennaio 1958, n. 6A5 artt. 81, 100, 104, 106 e 119). 
Nella permuta di titoli azionari, essendo i titoli ricevuti destinati a 
prendere il posto di quelli dati in cambio, l'eventuale differenza fra il 
costo (di quelli ceduti) e la (maggiore) quotazione di borsa di quelli 
ricevuti non pu� costituire, n� sotto il profilo del realizzo n� sotto quello 
della certezza (essendo le quotazioni dei titoli estremamente mutevoli 
nel tempo), una plusvalenza effettivamente acquisita al patrimonio del 
permutante e, quindi, tassabile con imposta di ricchezza mobile. 

(Omissis). -Con i primi due motivi del ricorso, che per la loro 
connessione possono essere trattati congiuntamente, la societ� Linoleum 
denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 100 e 106 del 

(1) Cenni in tema di realizzazione di plusvalenze da parte di soggetto 
tassabile in base a bilancio. 
1. -Con la sentenza che si annota e con altra del tutto identica emessa 
nella stessa data e portante il n. 2232, il S.C:. ha completamente modificato 
l'indirizzo accolto nella precedente decisione del 3 settembre 1966, n. 2312 
(in Dir. prat. trib. 1966, II, 593 con nota di FALsrrTA, Sulla realizzazione delle 
plusvalenze mediante permuta), sulle cui orme �si era 'posta la Comm.ne 
Centrale (v. oltre la decisione impugnata, 29 marzo 1968, n. 9610.S, in Giust. 
civ., 1969, II, 28 con nota di P. STELLA RICHTER, Assoggettabilitd ad imposta 
di. ricchezza mobile della plusvalenza di azioni permutate e principio di intmlgibilit� 
del bilancio legittimamente adottato; 11 febbraio 1970, n. 1588, 
in Boll. trib., 1970, 1298; 13 giugno 1969, n. 5658, ivi, 1970, 1194; 1� marzo 
1967, n. 88759, ivi, 1967, 1339). 
Le �considerazioni �addotte per giustificare il mutamento di indirizzo 
-considerazioni che sostanzialmente riproducono quel'le svolte dallo Stella 
Richter nello 1studio citato -non sembrano per� del tutto persuasive ed, 
anzi, suscitano non poche perplessit�. 

2. -La legige 5 g.ennaio 1956, n. 1, trasfusa ed inte.grata nel t.u. n. 645 
del 1958 (artt. 81, 100 e 106), modificando parzialmente il sistema previ

834 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

t.u. 29 gennaio.,1958, n. 645 nonch� motivazione omessa, insufficiente o 
contraddittoria su punti decisivi della controversia (in relazione all'art. 
360, nn. 3 e 5 c.p.c.) e censura la Commissione Centrale: 
a) per avere assunto a presupposto della propria decisione la 
avvenuta contabilizzazione di una � plusvalenza � che non solo non risultava 
affatto iscritta a bilancio ma che l'Ufficio -contravvenendo alla 
disposizione dell'art. 106 del t.u., n. 645 del 1958 -aveva invece 
ritenuto di poter desumere unilateralmente confrontando il valore di 
costo dei titoli ceduti con la quotazione di borsa di quelli ricevuti in 
cambio da essa ricorrente al momento della permuta; 

b) e per aver� inoltre ritenuto -sempre in contrasto con la 
disciplina legislativa della materia e senza fornire peraltro adeguata 
motivazione -che, mediante un negozio di �permuta� di titoli azionari, 
si possa realizzare una plusvalenza tassabile ogni qualvolta i 
titoli acquistati abbiano una quotazione di borsa superiore al valore 
di costo dei titoli ceduti, affermando cos� -implicitamente quanto 
erroneamente -che la differenza fra il valore di borsa e quello di 
bilancio dei titoli azionari costituisce plusvalenza assoggettabile ad imposta 
di R.M. anche quando i titoli non siano venduti sul mercato ma 
soltanto sostituiti con altri di equivalente valore economico ed iscritti 

l 

in c�ntabilit� a questo medesimo val.ore. 

i 

Le censure sono fondate. 

1

Costituisce � plusvalenza � in senso tecnico giuridico l'aumento del 

I 

valore di scamJ:>io .che assume nel tempo uno stesso cespite patrimoniale 

(segnatamente titoli azionari ed aree fabbricabili) rispetto al suo costo 

iniziale. 

Concepita pertanto fin dalle origini della sua imposizione come dif


ferenza positiva fra ricavo e costo di un determinato bene, era logico 

che detta plusvalenza non potesse venire in considerazione a fini tribu


gente (per un esame dell'abrogata legislazione e della mia interpretazione 

v. FALSITTA, Le plusvatenze nel sistema dell'imposta mobiliare, Milano, 1966; 
UcKMAR, L'imposta di r.m. sulle plusvalenze patrimoniali, e, per ila giuri-� 
spl'Udenza, LA TORRE, Rassegna di giurisprudenza sull'imposta di ricchezza 
mobile, Miilano, 1970, p. 218 ss. ove ampi :richiami anche dottrinari), stabilisce, 
per quanto riflette le plusvalenze comunque .conseguite da soggetti tassabili 
in base a bilancio -questione che qrui solo in~ressa -che esse 
sono assog.gettabili a tassazione, concorrendo a formare i!J. reddito imponibile, 
nell'esercizio nel quale �sono realizzate, distribuite o iscritte in bilancio�. 
In base al'1a chiara lettera della legge, aftinch� le plusvalenze di beni 

appartenenti ad un soggetto tassabile in base a bilancio possano concor


rere alla formazione del reddito tassabile in un determinato esercizio ai 

fini dell'imposta mobiliare, � necessario e sufficiente che si verifichi la loro 

realizzazione e la loro distribuzione o, infine, che siano iscritte in bilancio. 

Il problema che occorre por.si �allora -� se nel caso in esame, in cu� si 

discuteva circa la tassazione della plusvalenza realizzata in relazione ad una 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 835 

tari fino a tanto che fosse rimasta in un stadio meramente ;potenziale. 

E difatti, sotto� l'impero del r.d.l. 24 agosto 1877, n. 4021, che per 
primo in Italia prese in considerazione il fenomeno ad effetti �tributari, 
codesti incrementi patrimoniali furono considerati assoggettabili alla 
imposta di ricchezza mobile solo se configura;bili quali �redditi procedenti 
da industrie, commerci, ecc., ... esercitati nel Regno � (art. 3, 
lett. d) e pi� precisamente -secondo un consolidato insegnamento di 
giurisprudenza -alla duplice condizione: 

-del loro realizzo, vale a dire del trasferimento del bene in cui 
la plusvalenza era incorporata, ad un prezzo superiore a quello di 
acquisto; 

-e della loro connessione con :una operazione eminentemente 
speculativa (postulante cio� il preordinato intento dell'operatore economico, 
al momento dell'acquisto del bene, di procedere successivamente 
al suo realizzo per ricavarne un utile). 

Al fine di eliminare le molte incertezze suscitate da questa prima 
disciplina, non meno che a quello di estendere la tassabilit� degli incrementi 
patrimoniali in questione, intensificatisi segnata1lleilte nel secondo 
dopoguerra, il nostro legislatore ha provveduto a riordinare l'intera 
materia, prima con la legge 5 gennaio 1956, n. 1 e quindi, in modo pi� 
dettagliato ed organico, con l'emanazione del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

La nuova disciplina legislativa, pur presentando talune difformit� 
rispetto a quella anteriore, segnatamente in ordine alle condizioni di 
tassabilit� delle plusvalenze, che risultano diversificate a seconda della 
natura del cespite e degli stessi soggetti beneficiari, rimane tuttavia 
saldamente ancorata al principio che non vi � plusvalenza tassabile 
quando l'aumento di valore del cespite costituisca una semplice possibilit� 
futura, ma solo quando l'incremento possa considerarsi effettiva-

operazione di permuta di titoli azionari, il contratto di permuta possa essere 
considerato strumento idoneo a � realizzare � detta plusvalenza. 
La risposta negativa data dalla sentenza che si annota � basata su due 
argomenti. 
Il primo � tratto dall'art. 100 del t.ru. n. 645 del 1958, secondo il quale 

� concorrono a formare il reddito imponibile le plusvalenze, compreso l'avviamento, 
derivanti dal realizzo di beni relativi all'impresa ad un prezzo 
superiore al costo non ammortizzato o, se div.erso, all'ultimo valore riconosciuto 
ai fini della determinazione del reddito�. 
Secondo la S.C., dalla trascritta norma emergerebbe in modo indubi


tabile che isolo modo di realizzare una plusvalenza sarebbe la conversione 

in moneta del bene, conseguibile a sua volta solo attraverso un contratto di � 

compravendita. 

Questa interpretazione della norma, suffragata col richiamo all'art. 14 

delle disposizioni sulla legge in generale, non convince. 

Non convince perch�, se � indubbiamente esatto che il mezzo pi� comune 
per la realizzazione di un plu!>-valore � .Io scambio del bene contro 
moneta e a tale pi� comune ipotesi fa idferimento il.'art. 100, non � men vero 



836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente acquisito al patrimonio del soggetto, posto che il reddito, per 
ritenersi effettivamente e definitivamente prodotto, deve potersi considerare 
come una entit� staccata ed autonoma rispetto al sespite produttivo. 


In particolare, dal eombinato disposto degli artt. 81, 100 e 106 del 

t.u. dianzi citato risulta: 
a) per quanto concerne l'intento speculativo, che esso costituisce 
presup.posto unicamente per la tassazione delle plusvalenze realizzate in 
dipendenza di operazio,ni relative a beni estranei all'impresa (arg. ex 
art. 81, secondo comma, t.u.), mentre per la tassabilit� delle plusvalenze 
relative a beni dell'impresa (e tali sono considerati, per presunzione 
juris et de jure, tutti i beni appartenenti a societ� costituite nella forma 
di soc. in nome �Collettivo, in a�ccomandita semplice, in accomandita per 
azioni), � condizione sufficiente l'esercizio stesso della impresa, indipendentemente 
dal carattere strumentale o meno dei beni medesimi rispetto 
al processo produttivo del reddito dell'impresa; 

b) e, per quanto concerne il realizzo, �che esso costituisce presupposto 
esclusivo di tassabilit� unicamente per le plusvalenze ottenute da 
persone fisiche e ditte collettive, mentre ;per quelle relative a beni appartenenti 
a societ� C9'ffiillerdali od a soggetti tassabHi in base a bilancio, 
oltre al �relizzo � possono fungere da presupposto di tassabilit� anche 
la eventuale distribuzione ai soci di detto maggior valore prima del realilzzo 
dei beni o -rispettivamente -la iscrizione in bilancio della 
plusvalenza medesima. , 

R�lativamente alla introduzione di quest'ultimo presupposto di tassabilit� 
(quanto alla �distribuzione ai soci � non fa d'uopo di particolare 
giustificazione, talmente sono ovvie le ragioni della sua parificazione al 

che una plusvalenza pu� essere realizzata attraverso qualsia,si altra opera


zione che penmetta di rendere concreto ed effettivo un valore nell'ambito 

del patrimonio del soggetto. 

E che ci� si�a, lo rende palese in primo luogo il secondo comma dell'ar


ticolo 81 t.u. cit., che costituisce fa norma generale in materia, il quale fa 

riferimento a � plusvalenze realizzate in dipendenza di operazioni specu


lative�, irendendo evidente che �qualsiasi operazione � idonea ad eviden


ziare plusvalenze; e ancor pi� il primo comma della �stessa disposizione la 

quale testualmente afferma la tassabiUt� di un reddito � in natura �. 

Qunto poi all'affermazione che le norme fiscali conterrebbero regole 
speciali non applicabili oltre il caiso espressamente previsto a norma dell'articolo 
14 delle disposizioni sulla legge in generale, trattasi di assunto la cui 
inconsistenza non ha bisogno di dimostrazione, essendo troppo noto che 
anche la norma tributaria � soggetta alle stesse regole di interpretazione 
che valgono per tutte le altre di.sposizioni legislative ed in particolare alla 
� c.d. interPretazione �sistematica di cui qui si tratta di fare applicazione 

(v. GIANNINI M. S., L'interpretazione e l'integrazione delle leggi tributarie, 
in Riv. dir. fin. e se. fin., 1941, I, 95; GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto 
tributario, Milano, 1965, p. 43 ss. ove richiami). 

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 837 

�realizzo�), spiega la Relazione del Ministro delle finanze al Senato 
che essa si giustifica con la considerazione che l'iscrizione della plusva-� 
lenza in bilancio costituisce una ipotesi in cui, se non si ha ancora effettivo 
realizzo, si ha tuttavia la certezza, soggettiva oltre che og.gettiva, 
della formazione della plusvalenza: non essendovi dubbio che � se il 
contribuente medesimo, di sua iniziativa, e con l'osservanza delle norme 
del codice civile che vietano di attribuire ai cespiti valori superiori a 
qu~lli effettivi, attribuisce in bilancio ad un cespito una plusvalenza, 
questa, per riconoscimento dello stesso contribuente, ha carattere certo 
e deve considerarsi acquisita�. 

Tutto ci� premesso e ritenuto che nella specie trova applicazione 
la nuova disciplina legislativa introdotta dalla legge n. 1 del 1956 e dal 

t.u. n. 645 del 1958, � estremamente agevole rendersi conto dell'errore 
incorso dalla Commissione Centrale, e denunciato dalla societ� ricorrente 
col primo motivo di censura, aHorch�, a :fondamento della propria 
decisione favorevole alla tesi della Amministrazione (circa la esistenza 
e la tassabilit� della accertata �plusvalenza�), ha ritenuto che ricorresse 
nella specie una condizione di tassabilit� (quella consistente nella 
iscrizione della plusvalenza in bilancio) che invece era positivamente 
esclusa, essendo pacifico che gli amministratori -come, del resto, era 
in loro facolt�, a sensi dello art. 103 primo comma del citato t.u. -si 
erano limitati a contabilizzare i nuovi titoli azionari acquisiti mediante 
la permuta al loro valore di costo (vale a dire allo stesso valore di quelli 
dati in cambio). 
Che poi, a rettifica di codesta gratuita affermazione, la Commissione 
predetta abbia soggiunto che, ad ogni modo (e dunque, anche se la societ� 
non avesse contabilizzato in bilancio la plusvalenza), era in potere 
dell'Ufficio di dimostrare che la stessa si era ugualmente verificata, � 
argomentazione che attiene a tutt'altra questione (quella relativa alla 
legittimit� delll'esercizio, nella specie, da parte dell'Ufficio impositore 

3. -II �secondo argomento portato dal S.C. a sostegno della tesi accolta 
appare ancor meno convincente dell primo. 
Si �sostiene nell'annotata sentenza che la d�unzione e la struttura � della 

permuta non permetterebbero di ricomprendere tale istituto tra quelli che 

permettono di reaUzzare del!le plusvalenze �. 

In particolare, mentre si rileva che nella permuta qualsiasi divario di 

valore fra gli oggetti permutati � perfettamente compatibile con la funzione 

del contratto, �Si.cch� non �sarebbe possibile stabilire uno scaa�to di valore tra 

i beni scambiati se non procedendo ald una valutazione in danaro di en


trambi, inopinatamente si conclude che se i contraenti non operano con


guagli in danaro � segno � che �essi si prospettano -sul piano economico 

non meno che su quello giuridico -le cose scambiate come beni di ugua


le valore�. , 

Non occorre sottolineare l'incongr-uit� tra la premessa maggiore (possibilit� 
di divario di valore tra i beni scambiati; si noti che proprio su tale 

9 



838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del potere di cui all'art. 119, ultimo comma del t.u., di procedere c1oe 
alla integrazione o correzione delle impostazioni di bilancio mancanti o 
inesatte), che la societ� ricorrente ha espressamente sollevato (col terzo 
motivo del ricorso) ma la cui trattazione, in ordine logico, non pu� non 
rimanere subordinata al riconoscimento del principale supposto che l'impugnata 
decisione adduce a giusticazione della formazione della plusvalenza 
di cui si tratta e che consisterebbe nell'avvenuto suo realizzo a 
seguito della permuta dei titoli azionari. 


La questione, sollevata in questa sede col secondo motivo del ricorso, 
se possa aversi realizzo di plusvalenza nel negozio di permuta, ed 
in ispecie media~te una permuta di titoli azionari, � stata fonte di discussioni 
e perplessit� tuttora perduranti in dottrina ed in giurisprudenza. 

Questa Suprema Corte � dell'avviso che� la soluzione negativa del 

quesito sia quella che maggiormente risponde alla lettera ed aUo spi


rito della disciplina legislativa, non meno che alla funzione economico 

giuridica ed alla peculiare struttura del negozio considerato. 

Una prima specifica ed inequivoca indicazione in questo senso pro


I 

viene dallo stesso testo della legge fiscale, la quale (art. 100, primo 

j

comma, del t.u.) dispone che � concorrono a formare il reddito imponibile 
le plusvalenza... derivanti dal realizzo dei beni relativi all'impresa 


l

ad un prezzo superiore al costo non ammortizzato... �. 
Non par dubbio infatti che il significato corr�nte della espressione 
� reaUzzo �, specie nel linguaggio degli operatori economici, �1 quello 


I

della conversione di un bene in denaro liquido; e non � dubbio, del pari, 
che la monetizzazione di un incremento patrimoniale attraverso la riscossione 
di un prezzo non � concepibile -sul piano strettamente .giu


I 

ridico -se non mediante un negozio tipico: quello di compravendita. 

' 

caratteristica l:a precedente pronunzia del S.C. �:si fondava per ammettere il 

contratto di permuta tra quelli che consentono la realizzazione di una plu


svalenza) e la �conclusione raggiunta (parit� di valore dei beni scambiati), 

ma piuttosto la circostanza che la S.C. non sembra aver esattamente inter


pretato l'art. 106 t.u. cit.. 

In sostanza l'annotata sentenza ha impostato il suo ragionamento per 

dimostrare .che il contratto di permuta non � idoneo a sviluppare un'opera


zione speculativa -ci� �Che neppure appare esatto come si � visto -ma 

ha omesso di eons~derare che a norma dell'art. 106 � sufficiente per la tas


sazione H realizzo di una plusvalenza. 

Non JSembra invero possa dubitarsi che quando attraverso una permuta 

un soggetto :tassabile in base a bilancio acquista un bene che ha un valore 

di mercato maggiore del valore a cui veniva valutato in �bilancio il bene 

scambiato si realizzi una plusvalenza tassabile, anche se il nuovo bene 

acquistato venga contabilizzato allo stesso valore del precedente (conf. FAL


SITTA, Sulla realizzazione delle plusvalenze mediante permuta, cit. p. 596). 

Con la permuta si convalida definitivamente (e �quindi si �realizza�) 
il maggior valore conseguito dall'oggetto che viene scambiato, ed � perfettamente 
conseguente che tale valore sia tassato. 




PARTE I3 SEZ. V, GIURIS.PRUDENZA TRIBUTARIA 839 
Solo in senso lato (se non addirittura traslato) -il che non pare 
consentaneo rispetto a norme che, come quelle fiscali, fanno eccezione a 
regole generali (art. 14 preleggi) -una espressione legislativa di tanta 
precisione potrebbe pil;lgarsi a comprendere, oltre alla compravendita, 
anche negozi che, pur non facendo conseguire un �prezzo �, consentano 
ugualmente uno scambio di utilit� od una estinzione di obbligazioni (gli 
esempi pi� frequentemente ricorrenti sono quelli de1la datio in solutum, 
della compensazione, della. delegazione di pagamento). 
Senonch�, quand'anche ci� fosse in astratto ammissibile, ostacoli 
insormontabili, derivanti d~lla funzione e dalla struttura stessa de1l'istituto, 
si opporrebbero alla comprensione della permuta nel novero di 
consimili negozi. 
La singolarit� ed, in certo senso, l'anomalia di questa forma negoziale, 
sopravvivente allo sviluppo della economia ed allo affinarsi degli 
strumenti di scambfo (in ispecie dopo l'introduzione della mon~ta come 
comune misuratore dei valori e come mezzo .normale di scambio), consiste 
in ci� che, a differenza di ogni altro negozio di scambio (e segnatamente 
della compravendita), in essa si rende perfettamente compatibile . 
con la causa (e perde quindi� rilievo .sul piano economico giuridico) 
qualsiasi divario, anche notevole, di valore :fra gli oggetti �permutati. 
Pertanto, evidenziare a fini giuridici la esistenza di uno scarto di � 
valore fra i beni permutati non sarebbe possibile (stante la loro �eterogeneit� 
�) senza istituire un giudizio estimativo non solo del bene ceduto 
ma anche di quello ricevuto in cambio e -dovendosi a tal fine fare 
N� si dica che il nuovo og.getto (nella specie titoli azionari) che viene 
ad entrare nel patrimonio del contribuente h.a un valore isoggetto ad oscillazioni 
(parti1co1ar:mente mutevoli quelle di bol"Sa) sfoch� mancherebbe la 
�certezza� della plusvalenza acquisita. � 
� facile rel>licare, a prescindere dal il'ilievo che anche nel caso che 
rogg�etto sia scambiato con moneta questa non d� � certezza � del valore 
conseguito atteso .che la stessa moneta � soggetta ad oscillazioni di valore 
(modifiche dei .cambi e svalutazione), che 'Ci� che a norma Q.ell'art. 81 costituisce 
oggetto di tassazione non � il reddito monetario, ma il reddito comunque 
realizzato, sicch� comunque si� evidenzi tale incremento di ricchezza, 
questo deve essere tassato. 
4. Un'ultima 
osservazione. Si � visto che la societ� opponente aveva 
iscritto in bilancio i nuovi titoli allo stesso valore di quelli esistenti in precedenza 
nel suo portafoglio. 
Ci 1si pu� chiedere se tale operazione fosse legittima e comunque se sia 
consentito all'Amm.ne finanziaria procedere alla rettiif�ca. 
Sebbene la 'sentenza in rassegna abbia ritenuto superfluo esaminare la 
questione, ritenendola assorbita dall'accoglimento della tesi in precedenza 
esaminata (sul che qualdhe dubbio potrebbe pur esprimersi) � qui consentito 
un brevissimo cenno alfa questione. 
I' ' ' 



840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riterimento ad un comune parametro (la moneta) -una tale operazione 
non sarebbe, a sua volta, possibile senza scomporre la permuta in 
due distinti atti di compravendita e senza concepire i rispettivi prezzi 
come destinati ad elidersi fino alla concorrenza di quello inferiore. 

Orbene -a parte l'ovvia considerazione che, generalizzando un 
tal criterio di analisi, non si troverebbe verosimilmente un sol caso di 
permuta che non fosse al tempo stesso da qualificare e trattare, ad effetti 
giuridici, come negozio misto -� incontestabile che se i contraenti 
(come nella specie), per attuare i foro .concreti interessi, �Si servono di 
questa forma negoziale anzich� ricorrere a due compre e vendite distinte, 
e non operin� conguagli in denaro n� siano sospinti da comuni e 
palesi intenti fraudolenti o simulatori, segno � che essi si prospettano sul 
piano economico non meno che su quello giuridico -le cose scambiate 
come beni di ugual valore. 

Trattandosi poi -come nella specie -di permuta di titoli azionari, 
ed essendo i titoli ricevuti destinati a prendere il posto di quelli 
dati in cambio, si rende ancor pi� evidente come l'eventuale differenza 
fra il costo (di quelli ceduti) e la (maggiore) qruotazione di borsa di 
quelli ricevuti non possa, n� sotto il profilo del � realizzo � n� ancor 
meno sotto quello della �certezza� (essendo le quota.zioni dei titoli 
estremamente mutevoli nel tempo) considerarsi come una � plusvalenza � 
effettivamente acquisita al patrimonio del permutante fino a tanto che 

Secondo l'art. 2425 e.e. � il valore delle azioni deve essere determinato 

d&gli ammini�stratori, secondo il loro prudente apprezzamento, tenendo pre


sente, per i titoli .quotati in borsa, l'andamento delle quotazioni �. 

� noto �come i criteri di valutazione indicati dal legislatore siano con


siderati dei limiti non !�U'.Perabili nel massimo (per evitare SOIJTa valuta


zioni a danno dei terzi), ma suscettibili di riduzione, purich� questa rispon


da ad un prudente e ragionevole apprezzamento. 

Quando, invece, la svalutazione� dell'attivo � eccessiva o comunque non 

giustificata in base a norme prudenziali, il bilancio, per quella parte, � 

nullo (v. Cass. 13 febbraio 1969, n. 484, in Giur. it., 1969, I, 1.628. Per ulte


riori richiami ed esame della dottrina v. la nostra nota in Giur. merito 

1971, I, 33). 

Nella �specie si tratta di accertare se l'iscrizione in bilancio delle azioni 

pervenute in permuta allo stesso valore di �quelle permutate ri�sponda o 

meno ad una ragionevole e prudenziale valutazione. Ove ci� non sia, come 

parrebbe, non sembra dubbio che :sia consentito all'.Amm.ne finazfaria, come 

ad ogni terzo interessato, di far valere la nrul:lit� del bilancio e IJTOCedere 

a norma dell'ultimo comma dell'art. 119 t.u. cit. alla correzione della parte 

inesatta, provvedendo, quindi, alla tassazione del valore effettivo dei beni 

iscritti in bilancio. 

A. ROSSI 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 841 

l'operazione di investimento nella quale detti titoli vengono ad inserirsi 
non possa dirsi effettivamente e definitivamente esaurita. 

Accogliendosi per tali ragioni il ricorso della �Linoleum�, non fa 
d'uopo indugiare sugli ulterfori motivi dalla stessa addotti a fondamento 
del ricorso medesimo: motivi che, pertanto, rimangono assorbiti. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1971, n. 908 -Pres. Favara Est. 
Miele -P. M. Sciaraffia (conf.) -Soc. �Giuseppe Adeo Ostillio 
(avv. Brozzetti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini 
Rota). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Accertameto -Accertamento 
analitico -Obbli~atoriet� -Eccezioni -Contribuente 
obbligato alla tenuta di scritture contabili. 

(I. 29 gennaio 1958. n. 645, artt. 24, 37, 117 e 118; e.e, artt. 2215 e segg,}. 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Accertamento -Obbligo 
della tenuta di scritture contabili -Societ� in accomandita semplice 
-Sussiste. 

(e.e. art. 2214, 2302, 2315), 
Non sussiste per la Finanza l'obbligo dell'accertamento analitico 
quando il contribuente non abbia presentato denunzia analitica o quando 
il cqnt'l'ibuente, obbligato alla tenuta delle scritture contabili, pur 
avendo presentato la denunzia analitica, non sia in possesso di regolari 
scritture (1). 

Le societ� in accomandita semplice sono obbligate alla tenuta delle 
scritture contabili (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo la Societ� ricorrente deduce la 
violazione dell'art. 37 del t:u. 29 gennaio 1958, n. 645 affermando che 
l'Ufficio finanziario ha proceduto illegittimamente, accertando induttivamente 
il reddito, in ql;.J.anto era stata presentata la prescritta dichiarazione 
dei redditi ed era stato risposto alle informazioni richieste dall'Ufficio. 


(1-2) Sulla prima massima la giurisprudenza pu� considerarsi ormai 
pacifica: Cass. 25 gennaio 1967, n. 217 in questa Rassegna, 1967, I, 654; 31 
maggio 1966, n. 1454, ivi, 627; 8 .gennaio 1968, n. 29, Riv. leg. fisc., 1968, 811; 
17 gennaio 1969, n. 93, ivi, 1969, 806. La seconda massima � di evidente 
esattezza. 



J 

842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA pELLO STATO 

Tale censura, che era gi� stata formulata nel ricorso alla Com.missione 
di primo grado, � infondata. 

L'Ufficio finanziario deve procedere all'accertamento dei redditi con 
osservanza degli artt. 117 e segg. del t.u. citato, basandolo sia sui dati 
forniti dal contribuente sia su quelli accertati direttamente. Nel caso in 
cui il contribuente abbia presentata una denunzia completa; oppure 
esposto analiticamente gli elementi del reddito ed abbia corredata la 
dichiarazione dei dati, mediante l'esibizione di libri, di scritture e dei 
documenti necessari, l'accertamento non pu� prescindere dalla denunzia 
stessa e l'Ufficio deve, a pena di nullit�, motivare specificatamente l'accertamento 
stesso (�rt. 37 t.u. cit.). Allorch� trattasi di imprese commerciali 
non tassabili in base a bilancio, la dichiarazione dei redditi da 
queste presentata, deve specificare gli elementi attivi e passivi atti, secondo 
le norme concernenti le singole imposte, a permettere all'Ufficio 
di determinare i valori imponibili (art. 24, t.u.). Inoltre, a conforto della 
denunzia, le imprese commerciali tenute alla redazione delle scritture 
contabili obbligatorie, debbono a richiesta, esibirle. Se per� tali scritture 
non siano state tenute in conformit� degli artt. 2215 e segg. del 
codice civile, o se l'impresa rifiuta di esibirle, l'ufficio pu� procedere 
all'accertamento anche prescindendo dalla denunzia del contribuente e 
non � tenuto all'accertamento analitico come prescrive l'art. 37 del t.u. 
Ci� in quanto il difetto delle scritture contabili obbligatorie o la loro 
mancata esibizione rende la dichiarazione presentata dal contribuente, 
ancorch� analiticamente articolata,. solo apparentemente tale, non avendo 
l'Ufficio possibilit� di riscontrarne la fondatezza sulla base dei documenti 
contabili e quindi di motivare analiticamente il suo acc~rtamento. 
In tale ipotesi deve il contribuente esporre gli elementi che valgano a 
contrastare l'accertamento dell'Ufficio (art. 118 t.u.). Alla stregua di 
tali principi, esattamente � stato ritenuto dalla Commissione centrale 
che non ricorresse l'obbligo dell'accertamento analitico. Invero la Commissione 
Centrale ha messo in rilievo che la Societ�, come era risultato 
dall'ispezione documentale, non aveva tenuto i libri obbligatori ;prescritti 
dall'art. 2214 e.e.; era incorsa in altre irregolarit� contabili; situazione 
qu.esta d'irregolarit� che giustificava pienamente il ricorso allo 
accertamento sintetico. 

Con il secondo motivo la ricorrente societ�, deducendo la violazione 
degii artt. 117 e 118 del t.u. n. 645 del 1958, assume che la Commissione 
Centrale non aveva tenuto conto che dalla societ� era stata 
presentata una denunzia corredata dei documenti per il controllo della 
veridicit� e della completezza della dichiarazione ed era stato risposto al 
questionario dell'Ufficio. Inoltre, afferma la ricorrente, la Commissione 
ha erroneamente ritenuto che essa societ� fosse tenuta a redigere i libri 
obbligatori, non avendo considerato che si trattava di, societ� irr accomandita 
semplice, il cui regolamento rientra nella previsione dell'arti



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 843 

colo 2()83 e.e. Rilevava, infine, che la Commissione Centrale non avrebbe 
tenuto conto che la Societ� aveva fornita la prova contraria. 

Le censure del mezzo sono infondate. Va preliminarmente osservato 
che la Societ� in questione, pur avendo forma di accomandita semplice, 
era tenuta alla redazione dei libri obbligatori. Invero l'art. 2315 e.e. rinvia, 
per le norme non specificatamente predisposte per l'accomandita, 
alle norme valevoli per quelle in nome collettivo, in quanto non incoonpatibili. 
In forza dell'art. 2302 e.e. le societ� in nome collettivo debbono 
tenere i libri e le altre scritture elencate nell'art. 2214 e.e., onde a tale 
obbligo soggiacciono anche le societ� in accomandita, non essendo tale 
norma in contrasto con quelle che la regolano, .giacch�\ l'accomandita 
semplice � solo una forma modificata della societ� in nome collettivo. 

Per il resto la censura si appunta su accertamenti di fatto che la 
Commissione Centrale ha rilevato essere stati effettuati dalla commissione 
provinciale e cio� che dal ver.bale redatto secondo l'art. 39 del 

t.u. cit. risultava che la societ� in questione non aveva tenuto le scritture 
contabili; che i documenti presentati erano in parte irregolari ed 
inoltre che delle prove offerte dalla societ� per contrastare l'accertamento 
la commissione provinciale aveva esattamente tenuto conto. Trattandosi 
di motivazione riguardante la valutazione di circostanze di fatto 
e condotta senza lacune e senza errori logici o giuridici, la censura � 
inammissibile. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1971, n. 911 -Pres. Favara Est. 
Mazzacane -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Azzariti) c. Soc. Giordani. 

Imposta di registro -Finanziamento bancario -Imposta di bollo surrogatoria 
dell'imposta di registro -Finanziamento mediante cambiali 
-Costituzione di ipoteca -Si estende. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 28, 57 e 59; I. 4 aprile 1953, 
n. 261, art. 29). 
L'imposta di bollo sulle cambiali surroga l'imposta di registro sul 
negozio di finanz'iamento bancario a norma delt'art. 28 tariffa A deUa 
legge di registro a tutti gli effetti, s� che ii finanziamento mediante cam


�. 
biali � da considerare come sottoposto all'imposta proporzionale di registro 
anche agli effetti dell'art. 57 della stessa tabella che prevede l'imposta 
fissa sulla costituzione di ipoteca (1). 

(1) Si conferma l'orientamento seguito dalla sent. 11 novembre 1969, 
n. 3666, riportata in questa Rassegna, 1970, I, 258. 

844 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, deducendo la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 28, 57 e 59 della tariffa all. A del t.u. delle 
leggi di registro (r.d. 3-0 dicembre 1923, n. 3,2:69), assume che l'art. 2 
della legge 4 a,prile 1953, n. 261, il quale ha modificato il testo della 
suindicata tariffa, ha stabilito, con la nota esplicativa, che se il finanziamento 
� posto in essere mediante cambiali, la tassa graduale di bollo 
scontata sulle cambiali surroga ad ogni effetto l'imposta proporzionale 
prevista per il finanziamento; sempre che le cambiali siano integralmente 
trascritte nell'atto; che in tal modo � stata introdotta nel sistema 
non una surrogazione in senso tecnico tributario ma una agevolazione 
tributaria, con assorbimento nell'imposta graduale di bollo dell'imposta 
proporzionale sul finanziamento; che di conseguenza, nella specie, l'atto 
costitutivo di ipoteca a garanzia del finanziamento registrato senza il 
pagamento dell'imposta proporzionale deve scontare l'imposta graduale 
di registro ,prevista dall'art. 59 della tariffa e non trova applicazione il 
disposto dell'art. 57 della stessa tariffa, che stabilisce la tassa fissa di 
registro per l'atto di costituzione dell'ipoteca a garanzia di finanziamento 
stipulato dallo stesso costituente, con atto sottoposto a tassa proporzionale 
di registro. 

La censura � infondata. 

L'art. 57 della tar. all. A della legge di registro dispone che le �costituzioni 
di ipoteca a garanzia di obbligazioni anteriormente contratte dallo 
stesso costituente con atto gi� sottoposto a tassa proporzionale di registro 
sono registrate a tassa fissa; fuori di questo caso la costituzione di 
ipoteca in garanzia di operazioni bancarie o di cambiali � assog�gettata 
ad �imposta graduale (art. 59 della tar. all. A). . 

Per i finanziamenti concessi dalle aziende e dagli enti di credito 
contemplati nel d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e successive modificazioni, 
a favore di ditte commerciali ed industriali, � stabilita una pi� ridotta 
imposta proporzionale di registro. Alla stessa imposta soggiacciono i 
mutui concessi dalle casse di risparmio, societ� ed istituti di credito, 
senza deposito o pegno di merci, titoli o val�>ri, ovvero con costituzione 
di ipoteca. Qualora il finanziamento venga posto in essere mediante cambiali, 
la tassa graduale di bollo scontata sulle cambiali surroga ad ogni 
effetto le imposte'proporzionali ridotte suindicate, semprech� le cambiali 
siano inte.gralmente trascritte nell'atto (art. 28 tar. all. A, nel testo sostituito 
con l'art. 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261). 

Nell'ultima ipotesi indicata, la surrogazione dell'imposta di bollo 
sulle cambiali a quella proporzionale di registro sull'atto di finanziamento 
comporta -come la Corte del merito ha esattamente ritenuto 
-che si debba ritenere che l'atto di finanziamento medesimo sia stato 
sottoposto a tassa proporzionale di registro, e, quindi, in applicaztone 
dell'art. 57 tar. all. A, che l'atto di ipoteca a garanzia del finanziamento 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

debba essere registrato a tassa fissa e non con applicazione dell'imposta 
graduale stabilita nell'art. 59 della stessa tariffa. 

Invero � irrilevante la deduzione dell'Amministrazione per cui nella 
nota all'art. 28 della tar. all. A della legge di registro (nel testo sostituito 
con la cennata leg.ge del 1953) la locuzione � la tassa graduale di bollo 
scontata sulle cambiali surroga ad ogni effetto le imposte proporzionali � 
di registro sul finanziamento non deve essere intesa nel significato tecnico 
tributario attribuito al nome surrogazione nella designazione della � 
categoria delle imposte in surrogazione del bollo e del registro. Il problema 
non concerne l'inquadramento della fattispecie concreta in quella 
tipica dell'imposte in surrogazione, poich� si tratta invece di stabilire 
lo ~copo perseguito dalla norma con il termine �surrogare�. 

Ora, non pu� dubitarsi che il !Predetto termine, valutato nel suo 
significato letterale e logico indica che una persona, o una cosa, � messa 
in luogo di un'altra, e che tale significato lessicale risponde al concetto 
che il legislatore ha voluto esprimere, desumibile dal sistema di imposizione 
in cui si inquadra la legge n. 2,Bil del 11953. 

Infatti, il finanziamento bancario con ipoteca � soggetto all'tmposta 
proporzionale di registro sull'atto di finanziamento e all'imposta fissa 
di registro su quello concessivo di ipoteca. Ora il finanziamento bancario 
a mezzo di cambiali e con ipoteca pagherebbe, se la tesi della finanza 
fosse esatta, l'imposta di bollo sulle cambiali e l'imposta graduale sull'atto 
con una sperequazione che, priva di spiegazione logica e giuridica, 
produrrebbe il solo effetto di ince,ppare il finanziamento del credito 
bancario. Questo dovrebbe, per risparmiare sul carico tributario, operare 
su documenti diversi dalle cambiali che nella pratica creditizia costituiscono, 
invece, il mezzo di uso comune per le operazioni di credito 
in genere e per quelle bancarie in particolare. La legge n. 261 del 1953 . 
avrebbe, cosi, raggiunto uno scopo addirittura contrario a quello di agevolazione 
che, come si ricava dal contenuto stesso della legge e dal suo 
inserimento nel quadro delle agevolazioni tributarie in materia di finanziamento 
concesso dagli istituti di credito, costituisce la sua �ratio�. 
Tale �ratio� spiega l'esigenza di disporre che l'imposta di bollo corrisposta 
sulle cambiali (nelle dette operazioni di finanziamento bancario 
ed a condizione che sia assicurato, con l'integrale trascrizione delle cambiali 
nell'atto di finanziamento, che le cambiali stesse realizzino il mezza 
tecnico giuridico dell'operazione di credito) sta in luogo dell'imposta 
proporzionale di re.gistro sull'atto di finanziamento e svolge la funzione 
anche di tale imposta: e ci�, aggiunge la norma, ad ogni effetto, nell'intento 
di sottolineare che la sostituzione avviene nell'intero. ambito di 
efficacia dell'imposta proporzionale di registro, della quale riproduce 
tutti gli effetti. 

In tal modo il testo letterale della norma ed il corrispondente contenuto 
che essa deve assumere nel sistema in cui si inserisce portano ad 


846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

escludere che il legislatore abbia attuato l'agevolazione tributaria con 
l'esentare il finanziamento dall'imposta proporzionale di registro: esenzione 
che non. si enuncia con il �concetto della surrogazione, e che non 
conseguirebbe tutti gli effetti del pagamento di tale ultima imposta, se 
dovesse rimanere operante l'obbligo di corrispondere l'imposta graduale 
di registro sull'atto di costituzione dell'ipoteca a garanzia del finanziamento 
bancario, che si assume �esentato � dall'assoggettamento ed 
imposta di registro. 

Ritenuto perci� che il pagamento dell'imposta di bollo sulle cambiali 
assolve, a tutti gli effetti, alla f.nzione dell'hn.posta proporzionale 
di registro sul finanziamento posto in essere con le cambiali che siano 
trascritte nell'atto di finanziamento, il successivo atto di concessione di 
ipoteca a -garanzia del finanziamento cosi realizzato i�t soggetto solo ad 
imposta fissa di registro, a norma dell'art. 57 della tariffa all. A della 
legge organica di registro. � 

Tali conclusioni, gi� affermate da questa Corte Sup;rema con la 
sentenza 11 novembre 196�9, n. 3666, dal cui orientamento non vi � motivo 
di discostarsi per le argomentazioni ora esposte, sono in contrasto 
soltanto apparente con quelle enunciate nella sentenza n. '2868 del 5 settembre 
1900. Invero la sentenza ora citata esamin� la tesi se, nella ipotesi 
di finanziamento concesso da istituti di credito a mezzo di cambiali 
e con garanzia ipotecaria, l'imposta di bollo surrogava, oltre che l'imposta 
proporzionale di registro sull'atto di ifinanziamento, anche l'imposta 
di registro sull'atto di costituzione di ipoteca; e la questione fu decisa 
negativamente. Nella specie, invece, si ammette che l'imposta di registro 
sull'atto di garanzia sia dovuta e si discute soltanto se sia dovuta la 
imposta fissa o quella graduale: questione risolta nel senso suindicato. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3-0 marzo 1971, n. 913 -Pres . .ed Est. 
Mirabelli -P. M. Antoci (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Salto) c. Soc. Pardini (avv. Placidi). 

Imposta di registro -Usufrutto su edificio -Perimento -Ricostruzione 
da parte del proprietario ex art. 1018 cpv c. c. -Estinzione dell'usufrutto 
-Successiva morte dell'usufruttuario -Consolidazione 
-Non si v~rifi.ca. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n, 3269, art. 21; e.e. 1018). 
Nel caso di perimento dell'edificio sul quale grava l'usufrutto, ta 
iniziativa del proprietario di costruire altro edificio sulla stessa area a 

I 


I 


I 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 847 

norma delt'art. 1018 capov. e.e. fa estinguere L'usufrutto, che si trasforma 
in un diritto di credito, cosicch� alla successiva morte del titola1�e 
dell'usufrutto non si verifica consolidazione (1). 

(.Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione, ricorrente 
denuncia la violazione dell'art. 21 della legge sull'imposta di 
registro r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione agli artt. 983 e 
1018 e.e., a sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c., e sostiene che la sentenza impugnata 
ha errato, ed anzi ha enunciato un principio sostanzialmente 
contradittorio, quando, dopo avere affermato, conformemente a quanto 
avevano ritenuto i primi giudici, che l'usufrutto gravante su met� del 
fondo si era esteso, per accessione a sensi del citato art. 983, al primo 
molino costruito sul fondo medesimo, ha poi escluso che una eguale 
estensione si sia verificata quando, a seguito della distruzione di tale 
molino per eventi bellici, ha avuto luogo, ad opera della societ� coritroricorrente, 
la costruzione del nuovo molino, attualmente esistente, e conseguentemente 
ha errato nell'affermare che con la costruzione di tale 
nuovo molino l'usufrutto si sia estinto e sia rimasto a car:ico della societ� 
proprietaria il mero debito di interessi, previsto dal secondo comma del 
citato art. 1018, si che alla successiva data della morte della usufruttuaria 
non si sia verificata consolidazione dell'usufrutto e non sia dovuta 
la relativa imposta di consolidazione, prevista dal citato art. 21 della 

Legge di registro. 

La censura, per�, non � fondata, anche se pu� apparire giustificata 
da talune enunciazioni espresse nella motivazione della ~entenza impugnata. 


(1) La decisione desta serie perplessit�. 
� innanzi tutto dubbio che l'usufrutto si estingua ex art. 1(}18 ca.pov.; 
anche se il diritto dell'usufruttuario si trasferisce su una somma, ci� non 
significa che sia venuto meno interamente e �a tutti gli effetti il dia:itto reale 
di usufrutto. Ma il problema ha .particolari profili sul piano tributario. 
Anche ammettendo che l'usufrutto �si estingua, ci� non potrebbe mai essere 
indifferente ai fini dell'imposta di registro. 

Il �particolare me�canismo dell'art. 21 rinvia �al momento della consolidazione 
la liquidazione dell'imposta complementaa-e sull'atto di costituzione 
dell'usufrutto; questa importante operazione non pu� di certo essere eliminata, 
perch� un usufrutto costituito deve in un qualche modo avere uri 
epilogo. Il problema � allora soltanto quello di stabilire se, nella particolare 
ipotesi decisa, il momento della riunione � quello della ricostruzione 
dell'edificio distrutto o quello della morte del titolaa-e dell'usufrutto. Ma 
sembra evidente che, fintanto che dura il diritto, sia pur trasformato, dell'usufruttuario 
a percepire una utilit� gravante �sul bene, non si possa dalla 
Finanza pretendere l'imposta sulla consolidazione; e ci� anche perch� la 
ricostruzione dell'edificio � un fatto mat&iale che di norma la Finanza 
ignora e che non produce un'effetto opponibile ai terzi. 



848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La situazione di fatto che i giudici di merito hanno accertato � che 
sul fondo, sul quale l'usufrutto era stato costituito al momento dell'acquisto, 
era stato costruito un edificio, '�che lo aveva occupato interamente; 
ed infatti dal rilievo che dell'intera area avente l'estensione. di mq. 7975 
l'edificio occupava mq. 5368,80 e che la parte rimasta non edificata era 
adibita esclusivamente al servizio dell'opiJf�.cio, i giudici del merito hanno 
tratto la deduzione, pienamente logica e incensurabile in sede di giudizio 
di legittimit�, che il bene �fondo�, sul quale l'usufrutto risultava 
costituito, era stato interamente sostituito dal bene �edificio�. 

I ,giudici del merito hanno anche accertato, per confessione della 
stessa parte interessata, e cio� della societ� proprietaria, che su tale 
edificio era considerato gravante l'usufrutto, per una eguale quota ed a 
favore della medesima usufruttuaria; ma l'affermazione che tale usufrutto 
sull'edificio sussistesse in forza del principio della. accessione, e 
non per altra causa, non solo non trova alcun riferimento con gli elementi 
di fatto accertati, ma risulta effettivamente in contrasto, come 
esattamente la difesa della ricorrente ha rilevato, con l'altra affermazione, 
sulla quale la decisione degli stessi giudici si fonda, secondo cui, 
a se.guito della costruzione dell'edificio l'usufrutto � venuto ad evere 
come oggetto tale edificio, e non il fondo, dovendosi considerare non 

� fondo�, ma solo accessorio dell'edificio, l'area circostante non edificata. 
Quel che conta, infatti, e costituisce il punto decisivo della controversia, 
� che, una volta accertato che, nel mom.ento 1che viene in considerazione, 
l'usufrutto ha per oggetto un ediJf�.cio e non un fondo, le vicende 
attraverso le quali tale situazione si � venuta a formare non hanno 
alcuna :rilevanza; ed � questo il rilievo sul quale, in effetti, i giudici del 
merito hanno esattamente fondato la loro p:i;onuncia. 

L'applicabilit� della eccezionale disposizione contenuta nel secondo 
comma dell'art. 1018 dipende meramente dall'accertamento che, al momento 
del perimento dell'edificio, sia in atto un rapporto di usufrutto 
avente ad oggetto non �un fondo del quale fa parte un edificio�, alla 
quale ipotesi si applica il primo comma dello stesso articolo, ma �soltanto 
un edificio�, ed � suffici�nte l'accertamento che oggetto dell'usufrutto, 
al mom.ento del perimento, sia un edificio, e non un fondo, perch� 
si verifichi la situazione ivi prevista secondo la quale il nuovo edificio 
costruito dal proprietario non � pi� soggetto ad usufrutto ed all'usufruttuario 
rimane soltanto un diritto di credito, avente ad oggetto gli 
interessi sul valore dell'area e dei materiali, residuati alla distruzione. 

L'errore e la contraddizione, che la difesa dell'Amministrazione 
ricorrente ha ritenuto di rilevare nella sentenza impugnata, in sostanza 
non sussistono, giacch�, quando i giudici del merito hanno incidentalmente 
enunciato che l'usufrutto sull'edificio si era costituito per accessione, 
� stata menzionata una circostanza del tutto irrilevante ai fini 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 849 

della soluzione della controversia, in quanto decisivo era soltanto l'accertamento, 
che essi correttamente hanno compiuto ed enunciato, della 
circostanza che, al momento del perimento del precedente edificio, questo, 
e non altro bene, era oggetto dell'usufrutto, si che la situazione 
controversa rientrava pienamente nella fattispecie prevista dal citato 
secondo comma dell'art. 1018, che sancisce, come la dottrina ha unitamente 
riconosciuto, appunto una eccezione alla regola generale contenuta 
nel citato art. 983. --(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1971, n. 914 -Pres. Stella 
Richter -Est. Mazzacane -P. M. Trotta (conf.) -Istituto Credito a 
Medio Termine per l'Emilia e� Romagna (avv. fy.Iesiano) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Carafa). 

Imposta di re~istro -Finanziamento a medio termine con contributo 
statale -Imposta in abbonamento -� dovuta. 

(l. 30 luglio 1959, n. 623, art. 8; 1. 22 giugno ~950, n. 445, art. 6). 
I finanziamenti a medio termine assistiti da 'contributo statale a 
favore di piccole e medie industrie non godono deH'esenzione assoluta, 
bensi dell'agevolazione dell'imposta in abbonamento, in quanto l'art. 8 
della l. 30 luglio 1959, n. 623, nel richiamare il secondo comma dell'art. 
6 della legge 22 giugno 1950, n. 445, fa riferimento anche al terzo 
comma che prevede l'abbonamento in compenso delle operazioni esenti 
da imposta (1). 

(Omissis). -Il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione 
dell'art. 8 della legge 30 luglio 1959, n. 623, dell'art. 6 legge 22 
giugno 1950, n. 445; e dell'art. 12 disp. prelim. e.e., in relazione agli 
artt. 360, nn. 3 e 5 e 13~ c.p.c., sostiene che la Corte del merito, affermando 
che anche l'ammontare dei finanziamenti posti in essere in forza 
della I. �n. 623 del 1959 �J soggetto alla imposta dello 0,10 % prevista dal 
terzo comma dell'art. 6, 1. n. 445 del 1950, ha erroneamente ritenuto 
che il richiamo contenuto nell'art. 8 1. 623 del 1'9�59, riferito esclusivamente 
al secondo �comma dell'art. 6 1. 445 del 1950, sia invece estensibile 
al terzo comma, considerato inscindibile da quello precedente. 

Con legge 22 giugno 19�50, n. 445 venne concessa facolt� al Ministero 
del Tesoro, di costituire, di concerto col Ministero dell'Industria e 

(1) Non constano precedenti in termini. 

850 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Commercio, Istituti regionali per il finanziamento a medio termine alle 
medie e piccole industrie con 'Competenza locale. 

L'art. 6 di detta leg,ge dispone, per le operazioni di finanziamento 
effettuate dai detti Istituti, l'esenzione da ogni imposta e tassa, facendo 
obbligo agli istituti regionali di corrispondere in compenso un'imposta 
forfettaria in ragione di cent. 10 per ogni cento lire di capitale impiegato. 

Successivamente, con la legge 25 luglio 1952, n. 949, fu istituito 
l'Istituto Centrale per il credito a medio termine a favore delle medie e 
piccole industrie, avente lo scopo di finanziare le aziende regionali esercenti 
il credito medesimo. 

L'Istituto Centrale fu altresi autorizzato a riscontare gli effetti 

cambiari relativi alle operazioni di finanziamento in discorso, compiute 

dagli Istituti e Aziende Regionali. 

Analogamente a quanto previsto dall'art. 6 della citata le~.ge 22 giu


gno 1950, n. 445, l'art. 30 della legge del 1952, n. 949 dispone a favore 

dell'Istituto Centrale lo stesso regime dell'abbonamento tributario costi


tuito dal pagamento dello 0,10 % sul capitale complessivamente impie


gato nell'anno. 

Infine, l'art. 8, 2� comma della legge 30 luglio 1959, n. 623, ha 

esteso ai finanziamenti assistiti da contributo statale di cui al primo 

comma ed ai precedenti articoli della legge, � le agevolazioni tributarie 

di cui al secondo comma dell'art. 6 della legge 22 giugno 1950, n. 445 �. 

Sulla base delle menzionate disposizioni legislative � infondata la 

pretesa dell'Istituto odierno ricorrente di non dover corrispondere alcuna 

imposta sui finanziamenti assistiti dal contributo statale in conto inte


ressi perch� a questi applicabile la esenzione prevista dal secondo comma 

dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950, ,senza l'obbligo dell'assolvimento 

della imposta prevista dal terzo comma, in compenso di tale esenzione. 

Infatti, � vero che il secondo comma dell'art. 8 della legge n. 623 

del 1959 richiama soltanto il secondo comma dell'art. 6 della legge 

n. 445 del 1950, dove si parla di esenzione tributaria ( ... sono esenti...). 
Ma la interpretazione sistematica <;lelle norme citate induce a ritenere 
che il legislatore, sia pure con imprecisa dizione, abbia in effetti voluto 
applicare anche ai finanziamenti assistiti dal contributo statale in conto 
interessi il regime tributario previsto per i finanziamenti degli istituti 
regionali per il medio credito non assistiti dal contributo, quale risulta 
dai comma terzo e quarto dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950: che 
abbia cio� voluto estendere alle operazioni in questione l'imposta surrogatoria 
istituita dal terzo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950. 
Invero il secondo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 19�50 non 
pu� essere considerato a se stante, poich� � connesso, anche sintatticamente, 
con il successivo terz� comma il quale � in compenso � della 
esenzione obbliga gli Istituti regionali a corrispondere una quota� di 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 851 

abbonamento annuo di centesimi dieci per ogni cento lire di capitale 
impiegato, accertato alla fine .di ogni esercizio. Pertanto il citato art. 6 
non prevede una � esenzione � dai tributi considerati, ma una � agevolazione 
� costituita dalla sostituzione a tali tributi di una sola imposta 
dovuta in abbonamento e commisurata ad una aliquota pi� modesta. In 
sostanza il secondo comma dell'art. 6 della 1. n. 445 del 1950 parla di 
� esenzione � in senso improprio intendendo dire piuttosto � agevolazione
� poich� la espressione � in compenso �, di cui al terzo comma 
dell'articolo stesso, limita la portata della proposizione enunciata nel 
secondo comma. 

Ritenuto che il secondo ed il terzo comma dell'�rt. 6 della legge 

n. 445 del 1950, integrandosi a vicenda, realizzano un unico regime di 
agevolazione fiscale, ne consegue la inesattezza della interpretazione 
dell'.art. 8, 2� comma della legge n. 623 del 1959 nel senso, affermato 
dal ricorrente, che tale norma, attraverso il richiamo al solo secondo 
comma dell'art. 6 della legge n. 445 del rn5o, abbia voluto stabilire 
una esenzione assoluta per gli Istituti regionali dalle imposte ivi c�nsiderate. 
A conferma di ci� ,deve rilevarsi che l'art. 8 della legge n. 6�23 
del 1959 parla di �agevolazioni� tributarie e non di �esenzione�. 
Infine -come la Corte del merito ha esattamente rilevato -la 
pretesa diversit� di trattamenot tributario per le operazioni assistite dal 
contrtbuto statale in conto interessi e quelle che non lo sono non avrebbe 
una razionale giustificazione. Infatti gli Istituti regionali non ricevono 
vantaggi o pregiudizio dalla legge n. 623 del 1959 rispetto alla situazione 
creata dalla legge n. 445 del 1950: sono le imprese clienti che possono 
usufruire -in base alla le.gge n. 623 del 1959 .__ di finanziamenti ad 
un tasso di interessi pi� favorevole, mentre gli l'Stituti regionali illOn 
subiscono alcun pregiudizio, in quanto. lo Stato corrisponde ad essi la 
differenza fra il tasso praticato e quello relativo ad operazioni similari 
� (art. 4 legge 30 luglio 1959, n. 623). Ci� dimostra che l'Istituto ricava 
un utile, dalle operazioni di finanziamento eseguite dopo la lMge n. 623 
del 1959, non inferiore a quello che ricavava in precedenza, quando non 
usufruiva del contributo statale, poich� questo assicura agli Istituti regionali 
la riscossione di un tasso eguale a quello usualmente praticato nelle 

operazioni di finanziamento. 

Pertanto la interpretazione sistematica e razionale delle norme 
citate induce a concludere che esattamente la Corte del merito ha ritenuto 
che l'art. 8, 2� comma della legge n. 6213 del 1959 abbia inteso 
richiamare, per le operazioni ivi considerate, non soltanto la disposizione 
del secondo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950, ma 
tutto il regime, tributario unitariamente previsto dal legislatore con il 
secondo ed il terzo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950. 


(Omissis). 


852 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 aprile 1971, n. 944 -Pres. Stella 
Richter -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Cavalli) c. Credito Fondiario (avv. Sequi). 

Imposta di registro -Mutuo fondiario -Deposito di cartelle fino alla 
iscrizione di prima ipoteca -Tassazione come contratto autonomo 
-Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9 e tariffa B, art. 46; t.u. 16 luglio 1905, 
n. 646, artt. 13 e 27; 1. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). 
La norma dell'art. 46 deUa tariffa B allegata alla legge di registro, 
secondo la quale � ricompiresa nella quota di abbonamento l'imposta di 
registro dovuta su tutti gli atti connessi col contratto di mutuo fondiario 

o da esso necessariamente dipendenti, � di contenuto pi� ampio della 
norma generale dell'art. 9 della legge; di conseguenza il contratto di 
deposito presso l'ente mutuante di una parte delle cartelle eseguito 
all9 scopo di _ga'l'antirlo in ordine alla canceUazione di un'ipoteca di 
primo grado gi� iscritta, � compreso nell'abbonamento e non � tassabile 
in via autonoma (1). 
II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1056 -Pres. Rossano 
-Est. Sposato -P. M. Trotta (iconf.) -Banco di Sicilia (avv. La 
Ferlitta e Voltaggio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposta di registro -Mutuo fondiario -Anticipazione in denaro prima 
del perfezionamento della operazione -Tassazione di autonomo 
negozio. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9 e tariffa B, art. 46; t.u. 16 luglio 1905, 
n. 646, artt. 16 e 27). 
Se si conviene di anticipare al mutuatario una somma di denaro 
prima del contratto definitivo di mutuo fondiario e della iscrizione di 
ipoteca, si d� vita ad una disposizione contrattuale diversa da quella 
direttamente agevolata di mutuo fondiario, che � soggetta ad autonoma 
tassazione se non collegata come mezzo al fine con l'atto agevolato (2). 

(1-2) Sulla questione specifi.ca oggetto della prima sentenza v. Cass. 
11 luglio 1966, n. 1820 (Riv. leg. fisc., 1966, 1928. Su simili �questioni decise 
vario modo cfr. Cass. 19 agosto 1969, n. 3013, in questa Rassegna 1970, I, 268 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 853 

I 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia violazione 
degli artt. 1 e seguenti della legge 27 luglio 1962., n. 1228, degli artt. 12, 
13 e 27 del r.d. 16 luglio 190�5, n. 646 e dell'art. 14 delle disposizioni 
sulla legge in generale ed insiste nella tesi �che il deposito in questione, 
costituendo un negozio aggiunto del tutto indipendente dalla convenzione 
principale di mutuo fondiario, doveva essere sottoposto ad autonoma 
tassazione. Sostiene che la Corte d'Appello ha ragionato sul presupposto 
che in ogni caso il finanziamento debba essere garantito da 
prima ipoteca, presu,pposto non esatto, perch� la legge consente il finanziamento 
per credito fondiario anche quando la garanzia non � costituita 
da prima ipoteca, se l'istituto mutuante si ritenga sufficientemente 
garantito. Inoltre il mutuo aveva lo scopo di offrire un finanziamento 
senza una specifica destinazione, n� risultava che lo stesso dovesse essere 
destinato in parte all'estinzione del residuo credito verso l'Istituto 
Nazionale Finanziario Ricostruzioni. Aggiunge che la Corte di merito 
ha ravvisato nel deposito in questione una ritenuta 'di somma da parte 
dell'Istituto mutuante a garanzia del difetto di pegno a norma dell'art. 
13 del t.u. n. 646 del 1905, ma nella specie difettava l'indisponibilit� 
della somma rappresentata dai titoli depositati, tanto che le mutuatarie 
ne hanno disposto per estinguere il loro iPrecedente debito ipotecario. 


Le censure sono prive di giuridico fondamento. 

Dispone l'art. 46 della tariffa all. B del t.u. delle leggi di registro 

(r.d. n. 3269 del 1923) che per i contratti condizionali e definitivi di 
mutuo stipulati con istituti di credito fondiario ila tassa di registro � 
compresa nel compenso annuale che viene pagato a titolo di abbonamento 
per le tasse di qualunque specie. La norma aggiunge che nel 
detto compenso sono comprese anche le tasse di registro dovute oltre 
che per gli atti fatti dopo il contratto condizionato di mutuo allo scopo 
che l'istituto consegua la prima ipoteca, in generale per tutti gli atti 
connessi col contratto di mutuo o da esso necessariamente d~pendenti. 
e i precedenti ivi richiamati. Pi� in generale sulla c.d. connessione strumentale 
tra mutuo e altre operazioni bancarie v. Cass. 30 giugno 1969, 

n. ?397, ivi, 1969, I, 900, con nota di C. BAFILE. 
La seconda sentenza afferma in modo deciso che la sussistenza della connessione 
di mezzo al fine � oggetto di un apprezzamento di merito incensurabile, 
il ohe sembra opinabile perch� una ta:le connessione (ammesso che sia 
rilevanie ai fini tributari) andrebbe definita e delimitata in via generale, in 
relazione alla tipicit� di atti, e non caso per caso con riferimento alle situazioni 
di fatto. 

10 



854 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale disposizione particolare per i contratti stipulati con istituti di 
credito fondiario, ispirata da intento agevolativo, � di contenuto pi� 
ampio rispetto a quella dell'art. 9 del citato r.d. del 1923�, relativo agli 
atti �con pluralit� di disposizioni; secondo tale ultima norma un atto 
che comprende pi� disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per loro intrinseca natura le une dalle altre � considerato, quanto alla 
tassa di registro, come se comprendesse la sola disposizione che d� 
luogo alla tassa pi� grave. Studiando i rapporti tra le due norme, questa 
Corte ha gi� avuto modo di stabilire �che lo s,peciale trattamento tributairo 
di cui all'art. 27 del t.u. 16 luglio 1905, n. 646, riprodotto .nell'art. 
46 ali. B al testo unico delle leggi di registro, si applica ai contratti 
di mutuo fondiario ed ai negozi connessi, a prescindere dalla necessaria 
derivazione di una disposizione dall'alt-ra, dovendo la norma speciale 
contenuta nella tariffa prevalere su quella di carattere generale di cui 
all'art. 9 della legge di registro (Cass. 11 luglio 1966, n. 1820). 

Ancora pi� ampio � l'ambito di applicazione dell'art. 1 della legge 
27 luglio 1962, n. 12128, che, regolando il trattamento tributario degli 
istituti di credito a medio e lungo termine col sistema dell'imposta 
annua di abbonamento di quindici centesimi per ogni cento lire dello 
ammontare dei crediti esistenti alla fine dell'esercizio annuale per finanziamenti 
a medio e lungo termine effettuati da ciascun istituto, specifica 
che detta imposta � sostitutiva, tra l'altro, di tutte :le tasse ed imposte 
indirette sugli affari relative ai detti finanziamenti ed alla loro esecuzione, 
modificazione ed estinzione, nonch� alle garanzie di qualunque 
tipo e da chiunque prestate. 

� sufficiente, dunque, la semplice connessione tra 'le diverse disposizioni 
del contratto di mutuo fondiario e tra tale contratto di mutuo ed 
atti successivi al contratto condizionato di mutuo, riferibili alla conclusione 
del contratto definitivo ed all'esecuzione di esso in conformit� 
della disciplina normativa dei mutui fondiari, nonch� alle garanzie ottenute 
dall'istituto mutuante, perch� la tassa di registro su tali atti debba 
ritenersi compresa nel compenso annuale di abbonamento pagato dall'Istituto. 


Orbene, nella specie i giudici di merito hanno accertato insindaca


bilmente, con ampia e corretta argomentazione, �che il mutuo � stato 

convenuto in conformit� della previsione dell'art. 12 lett. A del t.u. 

16 luglio 1905, n. 646 delle leggi sul credito fondiario, cio� come mutuo 

rimborsabile con ammortizzazione dietro iscrizione di prima ipoteca; e 

che il deposito presso l'istituto mutuante di un certo numero di cartelle 

di credito ,gi� trasferite alle mutuatarie aveva avuto per scopo di ga


rantire l'istituto in ordine all'estinzione di un'ipoteca di primo grado 

gi� iscritta a favore di altro ente, estinzione per effetto della quale 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

l'ipoteca a favore del Credito Fondiario Sardo sarebbe divenuta di 
primo grado. 

Sulla base di questo accertamento ,che, si ripete, in quanto rappresenta 
la conclusione di un ragionamento svolto in base all'esame degli 
atti negoziali e condotto con buona logica (la stessa Amministrazione 
ricorrente non fa questione di violazione dei criteri ermeneutici dei negozi 
giuridici o di illogicit� o insufficienza di motivazione, ai sensi 
dell'art. 360, n. 5 c.p:c.) non � rivedibile in questa sede di legittimit�, 
aippare puntuale e precisa l'applicazione fatta dalla Corte d'Appello 
della disposizione del citato art. 46 della tariffa all. B della legge di 
registro, in collegamento con l'art. 1 � della legge n. 1228 del 1962, 
essendo evidente che nella specie il deposito dei titoli non solo era 
connesso con la stipulazione del contratto definitivo di mutuo, ma rappresentava 
addirittura un atto necessario, nelle concrete circostanze, 
perch� l'ipoteca a favore del Credito Fondiario Sa~do potesse essere 
considerata equivalente -medio tempore ~ad ipoteca di primo ,grado 
e rispondere alle condizioni volute dalle norme sul credito fondiario 
per i prestiti di somma rimborsabile con ammortizzazione dietro iscrizione 
di prima ipoteca; rappresentava comunque una garanzia del mutuo, 
cui l'art. 1 � della cennata legge del 1962 estende il trattamento tributario 
di conglobamento nell'imposta annua corrisposta in abbonamento. 
-(Omissis). 

II 

(Omissis). -La sentenza di rinvio ha enunciato il seguente prin


cipio di diritto : che non si pu� il principio sulla indipendenza delle 

disposizioni contenute in un atto invocare al fine di escludere l'esten


sione delle agevolazioni fiscali, cui una delle due disposizioni sia am


messa, all'altra che di per s� non godrebbe di tale beneficio, e deve, 

quindi, il ;principio dell'art. 9 della legge di registro essere integrato 

con l'altro secondo il quale il diritto al trattamento tributario di favore 

riguarda anche gli atti che come mezzo al lf�ne siano in correlazione 

con l'atto che gode dell'agevolazione pure non essendo �con esso necessa


riamente connesso e derivante; e che, di conseguenza, la controversia 

in esame deve essere decisa non in base alle regole ,generali dettate dal 

citato art. 9, ma in base alle norme speciali dell'art. 27 del t.u. sul 

Credito Fondiario e dell'art. 46 della tariffa all. B alla legge organica 

di registro. 

La Corte di Messina -alla quale la causa fu rinviata perch�, in 

applicazione del riferito principio, stabilisse, in linea di fatto, se fra 


856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il negozio d'anticipazione e l'o.perazione di mutuo fondiario sussistesse, 

o meno, una relazione di mezzo a fine -ha escluso la sussistenza di 
un tal nesso, osservando che nessuna menzione, esplicita o implicita, 
dello scopo per cui l'acconto venne sti,pulato, si rinveniva nell'atto, e 
che neppure poteva ritenersi che l'anticipazione fosse stata concessa allo 
scopo implicito di dar modo ai mutuatari di provvedere agli adempimenti 
posti a condizione della stipula del contratto definitivo (adempi. 
menti che consistevano nell'iscrizione dell'ipoteca, e nell'assicurazione 
degli immobili ipotecati �contro i danni, gli incendi ed i fulmini). 

Difatti la somma concessa in acconto non avrebbe potuto essere 

svincolata ];?rima dei detti adempimenti. Sulla :base di tali considera


zioni ed in base all'ulteriore rilievo che l'acconto era concesso in de


naro �contante e non in cartelle ed all'interesse del 7 % , cio� ad un 

tasso superiore a quello previsto per il mutuo fondiario, sicch� esso 

neppure poteva considerarsi come una preventiva, parziale erogazione 

della somma che sarebbe stata messa a disposizione dei mutuatari con 

diverse modalit� e con un diverso tasso di interessi, la Corte di merito 

ha espresso .il convincimento che quello che i contraenti chiamavano 

acconto era, in realt�, un contratto di finanziamento autonomo e del 

tutto distinto dall'operazione di mutuo fondiario. 

Con il suo nuovo ricorso, il Banco di Sicilia sostiene �che la deci


sione del giudice di rinvio � viziata da errore in procedendo, perch� non 

si sarebbe uniformata al criterio dettato da questa Suprema Corte, e 

che �, conseguentemente, viziata da errore in iudicando giacch�, disco


standosi da quel criterio, ha inesattamente interpretato ed applicato la 

disciplina legislativa del credito fondiario e, particolarmente, le norme 

degli artt. 14, 16, 2�7 e 32 .del t.u. n. 646 del 1905 e degli artt. 5 e 13 del 

Regolamento approvato con r.d. 5 maggio 1910, n. 472, ed avrebbe, 

infine, omesso di motivare su punti decisivi della controversia. In so


stanza, il ricorrente assume che il giudice di rinvio non avrebbe dovuto 

indagare sulle finalit� per cui si fece l'acconto, perch� tali finalit� 

rientrano nel campo dei motivi interni e sono del tutto irrilevanti; che 

nessuna norma di legge vieta agli enti autorizzati all'esercizio del credito 
fondiario di consentire anticipazioni sui mutui e che, anzi, simili 
concessioni rappresentano una prassi normale nel settore del credito 
fondiario; che l'erogazione della somma mutuata in denaro contante, 
anzich� in cartelle, � priva di qualsiasi valore indicativo, ,posto che, di 
solito, l'ente mutuante s'incarica di consegnare al mutuario non le cartelle, 
ma il loro ricavato; e che lo stesso � a dirsi della pattuizione degli 
interessi ad un saggio superiore a quello consentito dal mutuo fondiario, 
giacch�, se tale pattuizione � illecita, essa viene automaticamente sostituita 
dall'altra conforme alla legge. In definitiva, secondo il ricor




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 857 

rente, nulla ostando a ravvisare nella �stipulazione dell'acconto una 
parziale esecuzione anticipata del �Contratto di mutuo fondiario, codesta 
pattuizione costituirebbe un esempio tipico di negozio connesso e collegato, 
come mezzo al fine, all'attuazione dell'unico ed inscindibile negozio 
complesso di mutuo fondiario posto in essere dalle parti e favorito 
dalla norma tributaria. 

Osserva questa Suprema Corte come allo stesso ricorrente non 
sfugga che, ammessa la duplicit� dei contratti --ossia la distinzione 
fra il negozio di anticipazione ed il mutuo fondiario -non vi � modo 
di contrastare l'affermazione del giudice di rinvio che ha escluso la 
sussistenza di qualsiasi nesso finalistico del primo rispetto al secondo, 
dando del suo ap,prezzamento di fatto una motivazione esauriente e non 
suscettibile di censura in questa sede. Perci� la questione viene prospettata 
dal ricorrente sotto un diverso profilo; cio� che l'anticipazione costituisce 
una parziale attuazione del mutuo, ossia non un contratto distinto 
dal contratto di mutuo fondiario, ma una parziale anticipata 
esecuzione di esso, come negozio unico ed inscindibile che comprende 
l'altro. Ma, se �cosi fosse, non vi sarebbe bisogno ed, anzi, non vi sarebbe 
neppure la possibilit� di far Ticorso al criterio del nesso di mezzo a fine, 
gi� dettato per la decisione della controversia da questa Suprema Corte, 
ed al quale, nondimeno, il Banco continua a far riferimento: esclusa la 
pluralit� dei contratti, non vi � pi� nesso, ma semplice identit�. Senonch� 
i contratti di mutuo fondiario in cartelle per i quali l'art. 27 del t.u. 
delle leggi sul credito fondiario e l'art. 46 della Tariffa all. B) alla legge 
organica di registro concedono lo speciale trattamento fiscale del quale 
si tratta, sono i contratti la cui struttura ed il cui contenuto sono determinati 
dalle stesse norme del t.u. e dalle successive modificazioni. Ora, 
n� dall'art. 16 t.u. -secondo il quale le cartelle vengono consegnate 

a:l mutuatario all'atto della stipulazione del contratto definitivo __.:__ n� 
dalla legge 3 febbraio 1961, n. 39 -che pure concede agli istituti autorizzati 
all'egercizio del credito fondiario di emettere, sotto certe condizioni, 
le cartelle fondiarie anche prima che siano stipulati i contratti 
definitivi -� prevista la possibilit� di acconti del genere di quello del 
quale si tratta, cio� in denaro contante ed anteriormente all'iscrizione 
dell'ipoteca. Se, pertanto, si conviene di anticipare al mutuatario una 
data somma, ancorch� la medesima debba, poi, essere conteggiata nel 
valore delle cartelle che gli saranno consegnate all'atto della stipulazione 
del contratto definitivo, codesta rappresenta una disposizione contrattuale 
diversa da quella per la quale la legge accorda direttamente 
l'agevolazione tributaria, e �che potr� godere, anche essa, del medesimo 
trattamento di favore, ma a condizione che sia �collegata con quella da 
un nesso di mezzo a fine, ossia da quel nesso che, nel caso concreto, il 
giudice di rinvio ha escluso. -(Omissis). � 

858 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 10!23 -Pres. Pece Est. 
Leone -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Galleani) c. Soc. .A!cciaieria e tu:bificio di Brescia (avv. Ozzola). 

Imposte doganali -Importazione di merci tassabili� ad valorem� Prezzo 
normale -Prezzo indicato in fattura -Valore minimo im


ponibile -~sclusione. 

(d.p.r. 23 dicembre 1955, n. 1280, art. 7; d.p.r. 26 dicembre 1958, n. 1105, 
artt. 18.29). 
In adempimento degli obblighi <Usunti con la convenzione internazionale 
di Bruxelles firmata dall'Italia l'll gennaio 1951, approvata e 
resa esecutiva con legge 31 ottobre 1952, n. 1976, l'ordinamento tributaria 
risultante dal d.p.r. 23 dicembre 1955 (Il. 1280, riprodotto nella 
nuova tariffa doganale approvata con d.p.r. 26 dicembre 1958, n. 1105, 
� stato adeguato al sistema di imposizione ad valorem secondo il quale 

,, i dazi sono commisurati al prezzo normale, cio� al prezzo teorico che 
pu� ritenersi stabilito in una vendita che si supponga conclusa in regime 
di libera concorrenza tra un venditore e un compratore indipendenti, 
valore questo .che pu� discostarsi dal prezzo in concreto pattuito e risultante 
dalla fattura. La legge prevede anche, in determinati casi, la possibilit� 
di considerare come valore imponibile il prezzo di fattura siccome 
corrispondente a quello normale; .ma u.n tale crit�rio di determinazione 
dell'imponibile � su.ssidiario e non alternativo rispetto a quello 
principalmente considerato nella norma. Consegu.entemente qu.alora la 
Dogana abbia liquidato il tributo sulla base del prezzo normale teorico, 
non si pu� in sede di verifica e dopo l''UScita delle merci dag!li spazi 
doganali, pretendere la maggiore imposta riferibile al prezzo di fattu.ra, 
non essendo ravvisabile nella prima liquidazione u.n'erronea applicazio?J.e 
della legge che giustifichi l'annu.llamento di un accertamento illegittimo 
(1). 

(Omissis). -Con l'unico moti:vo del ricor�so principale il Ministero 
delle Finanze denunzia la violazione e falsa ap:plicazione dell'art. 7 
(sotto artt. da 17 a 28) del d.p.r. 2.3 dicembre 1955, n. 1280, degli artt. 18 
a 29 disp. prel. al d.p.r. 26 dicembre 1958, n. 1105~ dell'art. 16 �legge 25 
settembre 1940, n. 1424, nonch� la violazione degli artt. 1, 17 e 18, .3� e 
5� comma, r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 1940, 

n. 762 e del regol. approvato con r.d. 26 gennaio 1940, n. 10�. Al riguardo 
sostiene che, al fine di determinare il valore imponibile delle merci 
(1) Viene confermato delle Sezioni Unite l'indirizzo seguito dalla prima 
sezione .con la sentenza 21 gennaio 1970, n. 125 (in questa Rassegna, 1970, 
[, 283). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

importate soggette ai diritti di confine, il ricorso al prezzo di fattura 
costituisce, per l'Amministrazione, una facolt� alternativa, svincolata 
da qualsiasi condizione, e non gi�, come ha ritenuto la sentenza impugnata, 
un mezzo meramente sussidiario rispetto alla complessa indagine 
di mercato prevista dagli artt. 18 e 21 del dt. d.p.r. n. 1105 del 1958. 
A suo dire, inoltre, ricorrono gli stessi errori in rrelazione all'I.G.E., 
anch'essa pretesa con le due ingiunzioni e anch'essa dovuta a titolo di 
diritto di confine. 

La tesi del ricorrente dev'essere disattesa. 

Dopo la :proposizione del presente ricorso, la Prima Sezione di questa 
Corte Suprema ha gi� esaminato e respinto una simile tesi, pronunziando 
sulla medesima questione le sentenze n. 124 e n. 12�5 del 21 gennaio 
1970, ila seconda delle quali emessa fra le stesse parti del giudizio 
attuale. Orbene, non si ravvisano nuove ragioni, che d'altronde il ricorrente 
non ha indicato, atte a giustirf�care un mutamento di giurisprudenza. 


Come � stato esattamente posto in rilievo con le citate sentenze, il 

d.P.R. 23 dicembre 1955, n. 1280, venne emanato per adeguare il nostro 
ordinamento doganale al sistema d'imposizione ad valorem (peraltro 
gi� in parte accolto col d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442), in adempimento 
degli obblighi assunti con la Convenzione di Bruxelles sul valore di 
dogana delle merci, firmata dall'Italia 1'11 gennaio 1951 e resa esecutiva 
con legge 31 ottobre 1952, n. 1976. L'ar.t. 7 di tale d.P.R. del 1955 introdusse 
con �gli artt. da 17 a 28 (poi riprodotti nelle disposizioni preliminari 
alla nuova tariffa approvata con d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1105) una 
normativa, dalla quale risulta, valutandola e nel suo comple~so e nelle 
singole disposizioni, che i dazi doganali d'importazione vanno commisurati, 
per le merci tassate ad valorem, sul valore imponibile delle merci 
stesse, il quale si identifica col loro prezzo normale, ossia con quel 
prezzo (teorico) che pu� ritenersi pattuito in una vendita, conclusa in 
regime di piena concorrenza, tra un compratore e un venditore indipen.
denti, aiJ.la data in cui si procede alla verifica della merce e nel porto o 
luogo d'introduzione nel territorio doganale della Repubblica. In un sistema 
siffatto, l'organo accertatore deve, almeno di regola, prescindere 
dal :prezzo contrattuale delle fatture, anche se reputato effettivo. Infatti, 
secondo l'art. 26, l'importatore non ha l'obbligo di dichiarare all'ufficio 
doganale il prezzo contrattuale, bensl il valore imponibile come sopra 
determinato, n� � tenuto a presentare la fattura, se non gli venga richiesta; 
mentre la ratio del sistema consiste :p.el mirare a rendere, per 
quanto possibile, uniforme presso tutte le dogane �l'incidenza specifica 
dei dazi ad valorem per un'identica merce e nello stesso periodo di tempo, 
e a svincolarla dalle condizioni congiunturali pi� o meno favorevoli 
nelle quali siano stati operati gli acquisti. � vero �che all'Amministrazione 
� accordata (art. 17) la facolt� di �considerare come valore impo



860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nibile il prezzo di fattura; ma, considerato d� in relazione al complesso 
delle altre norme, tale facolt� appare solo come un �complemento, anche 
se di rilevante portata pratica. Si tratta, cio�, non gi� di un sistema 
alternativo rispetto a quello fondamentale cui si ispira la legge, bens� 
di un semplice criterio sussidiario, destinato a consentire di raggiungere 
pi� agevolmente, in talune ipotesi, l'individuazione del � prezzo normale
�. In ogni caso, quindi, il ;prezzo di fattura potr� venire assunto 
come valore imponibile se ed in quanto corrisponda al � prezzo 
normale>. 

Dopo quello che precede, sembra sufficiente aggiungere, per quanto 
riguarda l'accenno del ricorrente a un preteso errore della sentenza 
impugnata in punto accertamento dell'imponibile per l'l.G.E., che tale 
sentenza ha correttamente affermato che, nel caso di merci importate 
dall'estero, questo tributo � dovuto, a norma degli artt. 17 e 18 r.d.l. 
9 gennaio 1940, n. 2, per il fatto obbiettivo dell'importazione e in base 
alla previa dichiarazione del valore delle merci da parte dell'interessato, 
non gi� in base al prezzo risultante dai documenti contrattuali, pur 
essendo in facolt� della dogana di richiedere l'esibizione della fattura. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1038 -Pres. Rossano 
-Est. Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Zagari) c. Soc. Esso Standard. 

Imposta di registro -Concessione sul demanio stradale per accesso 

a stazione di servizio -Costituzione di diritto di servit� -Tas


sazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 1 e 44). 
L'atto con cui si consente l'installazione di una stazione di servizio 
con relativo accesso su '!Lna strada pubblica, integra una concessione per 
uso eccezionale di bene demaniale da considerare ai fini tribtttari come 
costituzione di diritto reale di servit� (1). 

(Omissis). -Con disciplinare del 20 novembre 1953 il Compartimento 
di Genova dell'Azienda Autonoma delle Strade Statali (ANAS) 
concesse alla Soc. per az. Esso Standard Italiana la Hcenza di accesso 
ad una stazi~ne di servizio di distribuzione di caTburanti che detta societ� 
andava ad istituire al Km 572,900 della strada statale Aurelia. La 

(1) Identica � la coeva sentenza n. 1039. Il precedente deHe Sez. Un. 
3�1 ottobre 1958, n. 3584 � riportato in Foro It., 1959, I, 236. La questione era 
gi� stata recentemente affrontata con la sentenza 26 ottobre 1970, n. 2164 
in questa Rassegna, 1971, I, 356 e pu� ritenersi ormai definitivamente risolta. 

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

licenza di accesso comprendeva anche il diritto di esecuzione delle opere 
necessarie per consentire materialmente detto accesso dalla strada alla 
stazione di servizio. 

L'Ufficio del Registro di Genova ravvis� nel disciplinare una locazione 
di terreno demaniale ed applic� all'atto l'imposta proporzionale 
di registro dello 0,50 % prevista dall'art. 44 della Tariffa all. A; ma in 
sede di verifica ispettiva si ritenne che, invece, l'atto concretasse la costituzione 
di un diritto di servit�, da tassarsi con l'aliquota del 10 % 
relativa ai trasferimenti di diritti reali immobiliari; e pertanto fu ri~ 
chiesto alla Esso il relativo supplemento di imposta. 

La societ� propose ricorso in sede di contenzioso tributario; ed il 
relativo procedimento si chiuse con qecisione della Commissione Centrale 
delle Imposte che dichiar� dovuta l'imposta nell'aliquota dello 
0,50 % originariamente applicata. 

Con citazione del 5 giugno 1964 l'Amministrazione delle Finanze 
convenne in giudizio, dinanzi,al Tribunale di Genova, la Esso Standard 
e sostenendo che nella specie si verificava un'ipotesi di uso eccezionale 
di beni demaniali, e -cio� di costituzione di un diritto reale immobiliare, 
chiese che all'atto fosse applicata l'aliquota prevista dall'art. 1 della Tariffa 
all. A alla legge di registro per i trasferimenti immobiliari. 

Con sentenza 21 febbraio-9 aprile 1966 il Tribunale accolse la tesi 
della Finanza e dichiar� l'atto imponibile come costituzione di uso eccezionale 
sul bene demaniale stradale. 

La Esso Standard propose appello e la Corte di Genova, con la 
sentenza 4 gennaio-8 marzo 1'968 oggi impugnata, accolse il gravame 
dichiarando l'illegittimit� del supplemento di imposta di registro richiesto 
dalla Finanza. 

Ritenne all'uopo : a) che agli effetti della distinzione tra uso speciale 
dei beni demaniali ed uso eccezionale dei beni stessi doveva ritenersi 
sussistente la seconda ipotesi allorch� al privato venga consentito, 
mediante apposita concessione, un uso che non corrisponda alla normale 
destinazione del bene demaniale; b) che l'uso della strada demaniale 
da parte dei proprietari frontisti non comporta la sottrazione del piano 
stradale alla sua normale destinazione, e pertanto costituisce solo u_so 
speciale della strada; c) che infatti l'accesso ai fondi limitrofi costituisce 
una funzione della strada che non � meno tipica di quella della circolazione; 
d) che il fatto che la EssQ Standard nella specie fosse stata 
autorizzata a compiere opere murarie per l'accesso alla stazione di servizio 
non aveva rilevanza agli effetti di causa, perch� dette opere erano 
state eseguite esclusivamente sul terreno di propriet� della societ�, anche 
�se al confine della propriet� demaniale; e) che la precedente sentenza 
n. 3584 del 1958 di questa Corte Suprema, invocata dal Tribunale 
a sostegno della sua decisione, in realt� confermava che per .giudicare 
della esistenza dell'uso eccezionale si doveva tener conto con delle opere 


862 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

necessarie per rendere possibile l'accesso, bens� della situazione di soggezione 
speciale in, cui veniva posta la strada; f) �Che tale soggezione 
peraltro non ricorreva nell'ipotesi .dell'istituzione di una stazione di rifornimento 
di carburanti che non comportasse opere incidenti sul piano 
stradale, perch� fra detta stazione e la strada esiste un rapporto di complementariet� 
e non di soggezione, dato che la circolazione senza il rifornimento 
di carburante � inconcepibile; g) chle l'ANAS consentendo 
l'apetura del nuovo accesso dalla strada alla stazione di rifornimento 
aveva semplicemente posto in essere un'autorizzzazione amministrativa, 
soggetta come tale alla registrazione a tassa fissa. 

Contro tale sentenza ricorre, sulla base di unico motivo di ricorso, 
l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, resiste con controricorso 
la Esso Standard Italiana. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con l'unico mezzo del suo ricorso l'Amministrazione delle Finanze, 
denunziando la violazione dell'art. 8 della legge di Registro e dell'art. 1 
della relativa Tariffa all. A, nonch� il difetto di motivazione, lamenta 
che la Corte di Appello abbia erroneamente parificato nella specie lo 
stato di � soggezione � 'Cui pu� essere sottoposta una strada statale, e 
che forma oggetto di concessione amministrativa anche ai sensi del t.u. 
stradale approvato con r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, per questa parte 
ancora in vigore, all'uso speciale che consente di aprire accessi dalle 
private propriet� sulla pubblica via mediante semplice autorizzazione 
amministrativa. Deduce che, ad o~i modo, l'esistenza dello stato di 
soggezione predetto non � stata dimostrata con adeguata motivazione. 
Aggiunge infine che la sentenza impugnata fa formale ossequio alla 
sentenza n. 3584 del 1958 delle Sezioni Unite di .questa Corte Suprema 
ma in realt� disapplica il principio in detta sentenza affermato. 

Tutte queste censure sono fondat.e. 

Che la precedente sentenza di questa Corte Suprema sia stata erroneamente 
utilizzata per confortare il convincimento della Corte di 
Genova risulta testualmente dalla massimazione della sentenza stessa, 
nella quale proprio il servizio di distribuzione dei carburanti � definito 
come uso eccezionale della strada, soggetto, come tale, a concessione e 
non a semplice autorizzazione amministrativa; e l'inopportunit� del richiamo 
non appare certo diminuita dalla �considerazione che la sentenza 
delle Sezioni Unite accolse la tesi della Finanza in una causa in cui la 
la contribuente era la medesima Esso Standard e la pronunzia cassata 
proveniva dalla medesima Corte di Genova. 

Si potrebbe, se mai, osservare, dal punto di vista dell'influenza del 
precedente giurisprudenziale, che l'affermazione che l'istituzione di una 
stazione di rifornimento carburanti implichi un uso eccezionale della 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

finitima strada pubblica non costituisce forse un puro principio di diritto, 
come quella che risolve una fattiSPecie concreta, seppure riferentesi 
ad una gamma vastissima di casi. Ma anche se la .massima ufficiale 
de qua non dovesse considerarsi un valido precedente giuridico, la sentenza 
impugnata non sfug,girebbe per questo a censura. 

L'unico argomento addotto, infatti, dalla Corte di Genova per sostenere 
in proposito la tesi della �specialit�� e non �eccezionalit�� 
dell'uso privato per escludere, cio�, l'esistenza dello stato di � soggezione
�, sembra essere quello che l'istituzione di stazioni di rifornimento 
� addirittura � complementare � per la circolazione sulle strade, che sarebbero 
ridotte a �piste desertiche� se le stazioni stesse non ci fossero; 
complementarit� che sarebbe, ovviamente, incompatibile col concetto 
di eccezionalit�. 

Ora questa argomentazione non inquadra affatto il problema giuridico 
da risolvere nella specie, perch� confonde il rapporto tra strada 
ed utente della circolazione col rapporto fra strada e proprietari dei 
fondi adiacenti, che �i quello oggi in discussione. Per chi circola � motorizzato
� le stazioni di rifornimento :di carburanti sono effettivamente, 
pi� che cosa normale, cosa necessaria; ma per il proprietario del fondo 
confinante con la strada non � .n� necessario n� abituale adibire il fondo 
stesso a stazione di rifornimento. E per quanto riguarda la � soggezione � 
cui la strada � sottoposta (criterio principale da adottare per risolvere 
la questione) non .ap,pare affatto dimostrato che sia paragonabile -ci� 
dicesi non per risolvere nel merito la causa ma per dimostrare la inadeguatezza 
della motivazione adottata dalla Corte di Genova -l'intralcio 
alla circolazione che pu� essere causato dall'accesso ad una privata 
abitazione con quello causato dall'esistenza di una stazione di servizio, 
anche se non ubicata sull'orlo della strada che impone, se non 
altro, un rallentamento del flusso circolatorio per via delle macchine 
che entrano ed escono dal piazzale di rifornimento. 

Il ricorso della Finanza deve essere pertanto accolto; la sentenza 
impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per :ouovo esame ad 
altra Corte di Appello. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1061 -Pres. Caporaso 
-Est. Ffilcone -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero delle Fi,
nanze (avv. Stato Cavalli) c. Soc. per az. Nuove Industrie Tessili 
(avv. Feri). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Riscossione -Fallimento 
del contribuente -Compensazione fra crediti dell'Esattoria e debiti 
dell'Amministrazione finanziaria -Ammissibilit�. 


864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Fallimento -Compensazione -Riserva dell~ compensazione all'atto 
della insinuazione del credito da compensare -Non occorre. 

(r.d. 26 marzo 1942, n. 267, art. 56; e.e. artt. 1241 e segg.). 
Imposte e tasse in ~enere -Impi~norabilit� del credito di imposta 


Non costituisce ostacolo alla compensazione con altri debiti della 

Amministrazione finanziaria. 

(e.e. art. 1246, n. 3) 
Titolare del credito tributario per imposte dirette rimane, anche 
dopo la trasmissione dei ruoli all'esattore, l'ente impositore. � pertanto 
ammissibile la compensazione nei confronti del fallimento del contribuente 
di un debito dell'Amministmzione finanziaria per rimborso di 

I.G.E. con un credito per imposte dirette fatto valere dal.l'esattore (1). 
Il creditore, nel presentare la do.manda di ammissione del suo credito 
al passivo del fallimento del debitore, non � tenuto a manifestare 
la sua volont� di compensare, totalmente o parzialmente, il credito di 
cui chiede la insinuazione con altro suo debito verso il fallito (2). 

Al titolare di un credito assoggettabile a pignoramento pu� essere 
opposto in compensazione dall'Amministrazione finanziaria un suo c1�edito, 
anche se impignorabile, come .il credito di i'1111JJOSta (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, denunciando la violazione 
delle disposizioni di legge che disciplinano l'istituto della compensazione 
(artt. 1241 e segg. e.e.; art. 56 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) 
e delle norme sull'accertamento e la riscossione dei tributi, l'Amministrazione 
delle Finanze dello Stato sostiene che la sentenza impugnata 
le ha negato il diritto di opporre in compensazione alla richiesta avanzata 
dal fallimento della societ� N.I.T., �di pagamento delle somme dovute 
per rimborso di imposta generale sull'entrata e di imposta di fabbricazione, 
il credito da essa vantato per tributi diretti verso la fallita 
societ�, in base a due argomentazioni entrambe destituite di giuridico 
fondamento. 

La considerazione di carattere pi� generale, secondo la quale i rapporti 
di credito e di debito non sussistono nella specie tra gli stessi 
soggetti, perch� il debito del fallimento della societ� N.I.T., opposto' in 

(1-3) Si segnala la importanza della presente sentenza che ha risolto in 
modo ineccepibile, con perfetta aderenza ai principi generali e con esatta 
comprensione delle esigenze pratiche della materia, molteplici quesiti relativi 
al problema della comoensabilit�, nei confronti del fallimento del contribuente, 
dei crediti di iI~poste dirette fatti valere dall'esattore con� altri 
debiti dello Stato. 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TJlIBUTARIA 

compensazione del credito di esso fallimento verso l'Amministrazione 
finanziaria per rimborso di imposte indirette, non � debito verso la stessa 
Amministrazione ma verso l'esattore, in quanto relativo ad imposte dirette, 
si dimostra erronea, ad avviso della ricorrente, perch� la circo
�stanza �che le imposte dirette siano riscosse dall'esattore non ha alcuna 
influenza sulla titolarit� del credito di imposta che �, e resta sempre, 

dell'Amministrazione finanziaria. 

La �censura � fondata. 

La .questione � stata .gi� sottoposta all'esame di questa Corte, la 

quale, a Sezioni Unite (Sez. Un., 16 giugno 1967, n. 1379), �confermando 

la propria giurisprudenza (Cass.; 19 giugno 1964, n. 1588; Cass., 31 ot


tobre 1960, n. 2962), ha affermato che titolare del credito tributario per 

imposte dirette rimane, anche dopo la trasmissione dei it'Uoli all'esattore, 

l'Ente impositort:!. 

Ed invero, il riconoscimento del diritto dell'esattore ad ottenere il 

rimborso delle somme versate per le quali � tenuto aM'obbligo del non 

riscosso �come riscosso, quando dimostri nei modi e termini di legge di 

non averle potute riscuotere (art. 87 t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401, ora 

art. 82� d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858); la devoluzione dei beni non ven


duti all'asta per la soddisfazione del debito di imposta all'Ente im.posi


tore (art. 238 t.u. 2,9 gennaio 1958, n. 645); ill principio che anche dopo 

la trasmissione dei ruoli, ove �Sia contestata la legittimit� del credito di 

imposta, deve essere chiamato in .giudizio l'Ente impositore (art. 17 dei 

capitoli normali per l'esercizio delle esattorie approvati con r.d. 18 set


tembre 1912:3, ora art. 77 del d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858); il divieto 

di imputazione delle somme riscosse a titolo di imposta a crediti privati 

dell'esattore (art. 142 d.P.R. n. 858 del 1963, cit.), concorrono a far 

ritenere che l'esattore non � un concessionario del credito tributario, 

ma soltanto un agente della riscossione al quale con l'atto di concessione 

(c.d. contratto esattoriale) � trasferito ilsolo esercizio della riscossione, 
mentre la titolarit� del rapporto tributario rima.ne sempre all'ente impositore. 
Ritenuto, pertanto, che i rapporti di credito per imposte dirette 
dovute dalla fallita societ� N.I.T. ed il debito per rimborso di imposta 
generale sull'entrata e di imposta di fabbricazione devono imputarsi 
sussistenti tra gli stessi soggetti, e cio�'\ tra l'Amministrazione delle finanze 
dello Stato e la fallita societ�, e che -come � appena il caso 
di ricordare -l'esattore � tenuto ad eseguire le disposizioni che l'ufficio 
impositore gli impartisce in ordine alle modifiche cui � soggetto 
il credito tributario (arg. ex artt. 198, 1�99 del t.u. 29 goonaio 1958, 

n. 645 e art. 58 d.P.R. 15 gennaio 1963, n. 858), si deve �concludere ne�l 
senso che erroneamente i giudici di appello hanno negato all'Amministrazione 
delle finanze, sotto il profilo che si considera, il diritto di eccepire 
la compoosazione legale. 

866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'Amministrazione ricorrente censura, poi, l'affermazione della 
Corte di merito, secondo la qua1le la compensazione, anche se ammissibile 
dal punto di vista soggettivo, non poteva, in ogni caso, operare 
nella specie per non essere stata fatta valere con la domanda di ammissione 
del credito al passivo del fallimento. Deduce, a sostegno della censura, 
�che il decreto del giudice delegato che approva e rende esecutivo 
lo stato passivo non preclude al creditore -il quale all'atto dell'insinuazione 
non abbia invocato la compensazione tra il proprio credito ed 
il reciproco credito del fallito -il diritto di invocare ed -0pporre successivamente 
tale compensazione allorch� venga richiesto del pa.gamento 
di quanto da lui dovuto al faltimento medesimo. 

Anche questa eensura � fondata. 

La tesi dei giudici di merito riposa, implicitamente, suli'assunto 
che il creditore, nel presentare la domanda di ammissione al passivo 
sia tenuto a manifestare la sua volont� di �compensare� (totalmente o 
parzialmente) il credito di cui chiede l'insinuazione con il suo debito 
verso il fallito al fine di evitare �la conseguenza �che, con il decreto di 
ammissione del credito per l'intero ammontare, diventi definitiva la 
situazione giuridica conseguente alla mancata dichiarazione di volersi 
avvalere della compensazione, e cio� la perdita del diritto di opporre 
la compensazione stessa. 

Questa tesi viene a ragione criticata, perch� trasforma il diritto 
potestativo di far vaJlere la �Compensazione, nella situazione di cui si 
discute, in un vero e proprio onere dalla cui inosservanza discenderebbero 
conseguenze sfavorevoli al creditore-debitore che chiede l'ammissione 
del suo credito nel passivo fallimentare, e ci� sebbene una domanda 
di pagamento nei confronti di lui non sia stata ancora proposta e non sia 
dato prevedere quando e, al limite, se sar� mai formulata. 

N� ricorrono, d'altra parte, quelle s,pecifiche esigenze di tutela deUe 
ragioni dei terzi, le quali soltanto sorreggono l'unica norma che configura 
espressamente l'eccezione di compensazione come onere a carico 
del debitore che pu� invocarla (art. 1251 c1c.). 

Si imporrebbe, poi, a.J creditore, secondo la tesi che si respinge, un 
onere tanto pi� ingiustificato quando si consideri che, essendo conferito 
al giudice delegato, in sede di formazione dello stato passivo, un potere 
inquisitorio (artt. 95, 96 r.d. 16 marzo 1942, n. 267), la compensazione, 
se ritenuta giovevole per il fallimento, potrebbe essere rilevata di ufficio 
e tradursi, nel caso di maggior importo del credito insinuato al 
passivo, in un provvedimento di ammissione di tale credito per la sola 
parte residuata alla compensazione. 

Esclusa la sussistenza, a carico del creditore che domanda l'ammissione 
a�l passivo, dell'onere di invocare la compensazione di tale~credito 
con il suo debito verso il fallito, nessuna preclusione pu� farsi discen



PAMTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dere dal decreto di ammissione e di approvazione dello stato passivo, 
quando la compensazion~, che deve essere dedotta perch� po&sa operare 
(art. 1242 e.e.), non sia stata n� opposta dal curatore -il quale, peraltro, 
non ha in ge:p.erale, interesse ad eccepirla -n� rilevata di ufficio. 

Il decreto di approvazione dedlo stato passivo, concludendo il procedimento 
giurisdizionale di verificazione dei crediti, d� luogo, nell'ambito 
del processo fallimentare, alla preclusione di ogni ulteriore possi-� 
bilit� di controversia sulla sussistenza del credito ammesso e sul:la �sua 
entit�, nonch� sulla validit� del titolo dal quale esso credito deriva e 
su.Ile cause di prelazione che lo assistono (Cass., 5 settembre 1968, 

n. 2689; Cass., 25 maggio 1966, n. 1338; Cass. 20 ottobre 1.965, n. 3156), 
ma non impedisce che il credito accertato ai fini d~ concorso possa, 
finch� non soddisfatto, essere opposto in compensazione nel giudizio 
promosso dal curatore per il recupero di un credito verso il fallito, cio� 
in un giudizio �che ha diretto riferimento alla procedura fallimentare 
e si svolge nel corso e nell'aml;>ito di essa dirianzi al Tribunale fallimentare, 
anche se nQn nel pi� ristretto ambito del ;procedimento di verifica. 
Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato, il fallimento 
della societ� N.I.T. censura la sentenza impugnata per avere 
affermato che iia impignorabilit� del credito dell'Amministrazione finanziaria 
verso esso fallimento non impediva la opponibilit� di tale credito 
in compensazione del debito dell'Amministrazione medesima a titolo di 
rimborso di imposta .generale sull'entrata e di imposfa di fabbricazione, 
e, denunciando la violazione degli artt. 1!252. e 1246, n. 3 e.e., sostiene 
che l'impignorabilit� dei crediti prevista dailla legge si ispira sempre 
-e tanto pi� quando trattisi di crediti di imposta -a ragioni di interesse 
generale, sicch�j il divieto di compensazione che ne consegue 
non pu� essere superato neppure per concorde volont� delle parti. 

La censura non pu� essere aecolta. 

L'ostacolo al v~rifi.carsi della compensazione nell'ipotesi di credito 

dichiarato impignorabile (art. 1246, n. 3 e.e.) si configura, invero, come 

divieto posto a carico di colui soltanto contro ili quale opera la norma. 

La finalit�, ehe l'art. 1246 e.e. intende garantire, di assicurare a 

taluni crediti una particolare tutela, in considerazione dei bisogni alla 

cui soddisfazione essi sono destinati o della particolare situazione giu


ridfoa che li ha determinati, viene, infatti, raggiunta quando al titolare 

di un �credito impignorabile che agisca per ottenerne il pagamento non 

possa opporsi ila compensazione con un suo debito per diverso titolo. 

E, pertanto, ai fini dell'applicazione della norma, deve tenersi conto solo 

della natura del credito al quale la eompensazione viene opposta, e non 

anche ai quella del eredito Ojpposto di compensazione, che rimane irri


levante. 

Consegue che esattamente la sentenza impugnata ha affermato che 
ail titolare di un credito assoggettabile a pignoramento, quale quello del 


868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

privato per rimborso di imposte indirette, pu� essere opposto in compensazione 
da parte dell'Amministrazione un suo ,credito nascente da 
altro titolo, anche se impignorabile, come il credito di imposta. 

Questa conclusione, come ha esattamente considerato la Corte di 
merito, � confermata dal rilievo che la norma gi� richiamata, nell'escludere 
il verificarsi della compensazione di talluni crediti, si prospetta la 
situazione del creditore il quale agisca per il pagamento ed �l quale si 
opponga in compensazione del suo �credito di natura privilegiata, un 
credito ,contro di lui di diversa natura, senza attribuire alcun rilievo secondo 
la regola generale -a.illa natura del credito opposto in compensazione. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1064 -Pres. Rossano 
-Est. Miele -P. M. Chir� (conf.) -Soc. A.T.A. (avv. Uckmar) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). 
Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Mance nelle case 
da gioco�. 

(1. 19 giugno 1940, n. 769, art. 1}. 
Poich� l'imposta generale suU'entrata � dovuta su ogni attribuzione 
patrimoniale corrispettiva (in senso lato) della cessione di beni o 
del:la prestazione di servizi, anche la quota parte delle mance elargite 
dal giocatore vincente ai � croupiers � e da questi divise con la casa da 
gioco, costituisce entrata imponibile per ii gestore (1). 

(Omissis) ~La ricorrente societ� con i primi tre mezzi di ricorso 
espone al'.gomentazioni le quali costituiscono aspetti complementari della 
stessa sostanziale censura, per cui � opportuno il loro esame congiunto. 
Con essi si censura la sentenza impugnata affermando che la Corte di 
merito pur avendo �esattamente ritenuto che presupposto del tributo 

I.G.E. sia l'attribuzione patrimonia\le che abbia carattere negoziale, abbia 
poi erroneamente ravvisato tale presupposto, nella fattispecie, nel contratto 
di lavoro intercorrente tra i �croupiers � e la casa di gioco, nel 
q�ale si inserirebbe la consuetudine normativa, per la quale il giocatore 
(1) Sulla nozione di entrata imponibile, che prescinde da un rapporto 
di scambio inteso in senso stretto, cfr. Cass., 17 marzo 1967, n. 602, in questa 
Rassegna, 1967, I, 866; sulla questione specifica v. Cass., 14 ottobre 1963, 
n. 2732, Riv. teg. fisc., 1963, 167. 

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

vincente lascia mance al � croupier � e questo � tenuto a dividerne 
l'importo cori la casa di gioco. Osserva ila ricorrente societ� che, a parte 
il fatto che la Corte di merito avrebbe confuso uso normativo ed uso 
contrattuale ed inoltre ha supposto esistente tale uso senza adeguata 
prova, tale uso (consuetudine) non potrebbe riportarsi nell'ambito del 
contratto di lavoro in questione in quanto esso � estraneo alla struttura 
del rapporto di lavoro, onde era inapplicabile l'invocato art. 1374 cod. 

civ. Quindi, afferma la ricorrente, dovendosi escludere che la consuetudine 
nella fattispecie sia entrata a far .Parte del contratto di lavoro, onde 
possa darsi fondamento negoziale alla attribuzione patrimoniale, si potrebbe 
in ipotesi ritenere soltanto che l'attribuzione :patrimoniale derivi 
direttamente dailla consuetudine secondo l'art. 8 delle disposizioni preliminari 
al cod. dv. ma, in tal caso, vie.n meno il presupposto (attribuzione 
patrimoniale derivante da negozio giuridico) del tributo. 
I ricorsi, principale ed incidentale, vanno riuniti secondo l'articolo 
335 c.p.c. 

Con il quinto motivo, che pur esso si ricollega alla contestata sussistenza 
della fonte negoziale dell'attribuzione patrimoniale e che pertanto 
� opportuno esaminare insieme ai primi tre, si �critica la soluzione 
alternativa prospettata dalla Corte di merito, secondo cui la fonte negoziale 
de1l'attribuzione .patrimoniale risiederebbe nel rapporto tra giocatore 
e casa di gioco nel quale inciderebbe la consuetudine di lasciare 
mance al � croupier �, eon l'intesa che questi le ripartisca tra croupiers 
e casa di gioco, secondo la tesi affermata dalla sentenza 14 ottobre 1963, 

n. 273,2 di 'questa Suprema Corte. Si afferma al riguardo che, come per 
il contratto di lavoro, tale consuetudine � estranea a1la specifica natura 
del rapporto tra giocatore e casa di .gioco, rilevandosi inoltre che tale 
rapporto di gioco .non potrebbe neppure quali:f�.cars.i �come contratto. 
Nei .motivi sopra esposti si da per incontroverso che il presupposto 
del tributo I.G.E. risiede nel carattere negoziale dell'attribuzione patrimoniale, 
intendendosi con tale espressione, verisimilmente, che l'attribuzione 
stessa dipenda da un negozio giuridico intercorrente tra l'accipiesa 
e colui che effettua l'attribuzione patrimoniale. Tale impostazione 
non � per� al tutto conforme alla regolazione del tributo quale emerge 
dalla legge fondamentale e da quelle integrative e modificative, e ne 
restringe l'effettiva portata. Invero nell'art. 1 della legge 9 giugno 1940, 

n. 762, ai fini della tassazione, si richiede che vi sia stata un'attribuzione 
patrimoniale �in corrispondenza� di servizi o di cessioni di beni 
da parte dell'accipiens, ma non viene richiesto che a fondamento della 
attribuzione vi sia un negozio .giuridico. N� tale limitazione potrebbe 
trarsi implicitamente dalla norma stessa, in quanto, al contrario, nel 
seguito dell'articolo, elencandosi ipotesi in cui non vi � entrata imponibile, 
si menzionano casi nei quali fa indubbiamente difetto un'attribu-
Il 


870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione negoziale, nel senso precisato (come ad esempio nel caso delle 

entrate degli esattori delle imposte di consumo; i contributi alle associa


zioni sindacali) onde � da ritenere� che se il tributo avesse avuto ad 

unico presupposto l'attribuzione negoziale dell'entrata non sarebbe oc


corsa la previsione espressa .di tali eccezioni. 

Non � richiesto poi �che l'entrata sia in rapporto di corrispettivit� 

col servizio e con la cessione dei beni, in quanto l'art. 1 usa l'espressione: 

�in corrispondenza� la quale ha indubbiamente pi� ampio signiificato 

di �quale corrispettivo� e ,pertanto pu� essere sufficiente che 1a entrata 

si trovi in rapp�rto di derivazione o di occasionalit� con il servizio o la 

cessione di beni. In definitiva pu� ritenersi che si abbia entrata impo


nibile in tutti i casi. in cui vi sia stata un'attribuzione patrimoniale che 

non abbia mero carattere di liberalit� ma abbia una causa giuridica 

(sia questa il negozio giuridico o una norma giuridica o Gomunque uno 

altro atto vincolante) ed inoltre che l'entrata abbia diretta origine da un 

servizio o da una cessione di beni. 

Tenendo ci� presente, perdono pregio le critiche esposte nei sud


detti mezzi di ricorso, in quanto attengono alla denegata sussistenza 

della fonte negoziale dell'attribuzione patrimoniale; invece, una volta 

affermata dalla Corte di merito l'esistenza dell'uso normativo, secondo 

cui il giocatore vincente lascia mance al �croupier�, sapendo che tali 

mance saranno ripartite tra i croupiers e la casa di 1gioco, sussiste uno 

dei presupposti del tributo, .cio� l'attribuzione patrimoniale fondata su 

una causa giuridica (l'uso normativo) e l'indagine deve essere limitata 

ad accertare se l'attribuzione stessa sia in corrispondenza di un servizio 

o di una �cessione di beni. 
D'altronde, accertata l'esistenza del suddeto uso, (ed in attuazione� 
di questo alla societ� ricorrente � stata attribuita parte delle mance, 
oggetto della tassazione), non � neppure erronea l'affermazione della 
sentenza impugnata secondo cui tale uso lla avuto riflessi sul rapporto 
di lavoro. Invero l'art. 1374 cod. civ. obbliga il contraente non solo a 
quanto � oggetto del contratto ma anche a tutte le conseguenze che ne 
derivano secondo legge, secondo gli usi o l'equit�. Perci� esistendo l'uso 
normativo per cui H croupier incassa le mance e poi le divide con la 
casa di gioco, tale oggetto, anche in mancanza di apposita clausola, si 
inserisce nel contratto stesso ed obbliga il prestatore d'opera a quel 
determinato comportamento. Ci� per� non significa che sia il coupiel" 
ad effettuare l'attribuzione patrimoniale alla casa di gioco, in quanto 
proprio per effetto dell'uso, dovendosi le mance dividersi con la casa di 
gioco, l'attribuzione deriva direttamente dal giocatore che lascia la 
mancia, ed il croupier agisce come mandatario del gestore della casa di 

� gioco, cos� come mette in rilievo la sentenza 14 ottobre 1963, n. 273,2 di 
questa suprema Corte. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Che poi il rapporto di gioco sia da considerarsi un contratto oppur 
no, non occorre precisare ai fini del decidere, essendo sufficiente, come 
si � osservato, �che in dipendenza della vincita, il giocatore sia tenuto, 
in forza dell'uso, a lasciare ma.nce, con quella destinazione. 

Con H quarto motivo, si �censura �1a sentenza impugnata denunziando 
la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1 della legge istitutiva 
dell'[.G.E. per avere la Corte di merito ritenuto sussistente il nesso 
di corrispettivit� tra l'attribuzione del tronco ma.m::e da parte degli 
impiegati a favore del gestore della casa di gioco con altre prestazioni 
cqrrelative, rappresentate dal fatto che il gestore garantisce di non 
vietare l'erogazione delle mance da parte dei giocatori. 

Tale censura non ha fondamento oye si tenga presente quanto gi� 
osservato. Invero l'art. l della legge I.G.E. non richiede in modo esclusivo 
la corrispettivit� ma ai fini della tassazione � sufficiente che l'attribuzione 
patrimoniale segua ad un servizio o ad una cessione di beni, 
cio� � sufficiente che il servizio (o la cessione di beni) costituisca il movente 
dell'attribuzione patrimoniale, senza che occorra propriamente 
corrispettivit� di prestazioni. D'altronde, come si � osservato, non � il 
croupier che effettua direttamente l'attribuzione patrimoniale, ma egli, 
in forza dell'uso, agisce solo da tramite tra giocatore e casa �di gioco 
per la ricezione delle mance e la successiva divisione del monte delle 
mance., 

Con il sesto motivo si censura la sentenza per avere questa individuato 
la corrispettivit� dell'attribuzione patrimoniale del tronco mance 
al gestore nell'obbligo da parte del gestore di predisporre l'organizzazione 
della casa di gioco per permettere il regolare andamento del gioco. 

La censura non ha fondamento. Invero secondo quanto si � osservato 
la corrispettivit� non � indispensabile ma � sufficiente che l'attribuzione 
patrimoniale trovi �causa o occasione nel servizio (o nella cessione 
dei beni). Quindi nel caso del giocatore vincente che lascia mance 
in forza dell'uso normativo, l'attribuzione patrimoniale segue certamente, 
ed � in collegamento con il servizio prestato dalla casa di gioco, 
che, predisponendo 1'or,ganizzazione di gioco, ha consentito al giocatore 
la vincita, dal qual fatto, in forza dell'uso normativo, � sorto l'obbligo 
di �corrispondere le mance. 

Con il settimo motivo si critica il richiamo fatto dalla Corte di 

merito, a sostegno della decisione, all'art. 48 del regolamento su11'im


posta I.G.E. affermandosi che la Corte ha erroneamente interpretata 

l'espressione di tale articolo �somme introitate. per i giochi� nel senso 

che sia comprensiva sia delle poste perdute sil! di tutte le somme co


munque riscosse a causa del gioco, omettendo,�secondo la ricorrente, di 

coordinare la norma stessa con quella della legge fondamentale, secondo 

cui l'I.G.E. colpisce ogni corrispettivo della prestazione di un bene o di 

un servizio, corrispettivit� che mancherebb� nel caso delle mance. 


872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura � infondata. Posto �che presupposto del tributo in questione 
� l'attribuzione patrimoniale in dipendenza della prestazione di 
un servizio o di una cessione di beni, non occorre accertare la corri


spettivit� in senso proprio, ma solo che in corrispondenza del servizio 
della casa di gioco (organizzazione del gioco) sia sorto pel giocatore il 
dovere di rilasciare mance, se vincitore. Pertanto l'interpretazione di 
tale norma non contrasta affatto �con il principio dell'art. 1, ma semmai 
� una precisa attuazione del principio stesso. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1070 -Pres. Favara 
Est. Gambogi -P. M. De Mareo (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Compa.gnia Internazionale Carrozze Letti 
(avv. Giannini). 

Imposta di re~istro -Appalto e concessione di pubblico servizio Servizio 
di ristoro sulle Ferrovie dello Stato -� concessione amministrativa. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n . .3269, artt. 55 e 56, tariffa A, art. 52). 
Il servizio di ristoro sulle Ferrovie dello Stato, in quanto acces3orio 
di un servizio incontestabilmente pubblico, � anch'esso un servizio 
pubblico. Esso pu� essere affidato a privati sia in concessione che in 
appalto; ricorre la prima ipotesi quando (come nel caso concreto della 
concessione del servizio ambulante di ristoro sui treni affidato �alla 
Azienda delle Ferrovie deUo Stato alla Compagnia Internazionale car


rozze con letti) una porzione dei poteri pubbliici vengo-p,o distaccati dalla 
Amministrazione e conferiti, mediante una forma di investitura di diritto 
pubblico, al privato concessionario; si ha invece appalto quando 
si crea un rapporto di diritto privato che non d� luogo a sostituzione del 
privato nei poteri dell'Amministrazione (1). 

(1) Con altra recente sentenza � stato precisato che il presupposto della 
concessione amministrativa � l'attribuzione al privato della possibilit� di 
esercitare attivit� di carattere pubblico tali do� che interessano la collettivit� 
e richiedono di essere svolte con criteri di tutela dell'interesse pubblico, 
anche �se ci� non comporta affatto l'esercizio di poteri pubblici; anche delle 
mere attivit� materiali e tecniche possono integrare quindi un servizio pubblico 
(Cass. 10 dicembre 1970, n. 2629, in questa Rassegna, 1971, I, 377 con 
richiami). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 873 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso principale l'Amministrazione 
delle finanze, denunziando la violazione dell'art. 52 della Tariffa 
di Registro ali. A, degli artt. 55 e 56 della legge di Registro, dell'art. 
1 del d.l. 9 maggio 1935, n. 606 convertito in legge 13 giugno 1935, 

n. 1084, dell'art. 1 d.1.1. 15 novembre 11937, n. 192�4 ali. B, in relazione ai 
principi generali di diritto in materia di distinzione fra appalti di servizi 
e 'Concessioni di pubblici servizi, nonch� ai principi fondamentali 
della imposta di registro di cui agli artt. 8 e 4 della legge ~9 luglio 1941, 
n. 771, censura la sentenza impugnata sotto due aspetti, e cio�: a) per 
avere la Corte di Appello erroneamente attribuito la natura di servizio 
pubblico al servizio di ristoro sui treni, che non potrebbe invece mai 
costituire esplicazione di attivit� amministrativa; b) per aver la stessa 
Corte di appello trascurato di considerare che dal complesso della 
legislazione fiscali:i risulta che l'elemento del corrispettivo in denaro 
non � essenziale per la qualificazione giuridica di un contratto come 
appalto ai fini della imposta di registro. 
Lamenta, infine, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. 


Tutte queste censure sono infondate od irrilevanti. 

Per quanto si riferisce alla denegata qualifica di pubblico al ser


vizio de quo sotto il profilo della mancanza di �una attivit� che rientri 
nei compiti istituzionali di un ente pubblico�, attivit� che, invece, dovrebbe 
ravvisarsi -anche secondo la decisione 10 marzo 1961 della 
Commissione Centrale delle Imposte, i cui az:gomenti la finanza fa propri 
riproducendoli testualmente col ricorso -nel trasporto ferroviario, la 
sentenza impugnata ha giustamente rilevato che il servizio di ristoro 
rientra nell'ambito di una situazione giuridica generale di esclusiva 
pertinenza della Pubblica Amministrazione, e cio� nella gestione delle 
ferrovie in regime di monopolio; gestione alla quale, ripetesi, la finanza 
riconosce espressamente natura pubblicistica. Trattasi indubbiamente, 
quindi, di un servizio accessorio che come tale, non pu� avere natura 
giuridica diversa -come esattamente implica il rilievo fatto dalla 
Corte di Appello -dal pubblico servizio principale nel� cui interno viene 
svolto. Illogica pertanto appare la distinzione fatta, sempre sulle scorte 
della decisione della Commissione Centrale delle Imposte, daUa finanza 
a questo proposito;' specialmente se si considera che la distinzione do-

A lume di 1questa definizione, che appare pi� approfondita, mentre si ha 
concessione di servizio pubbUco nel caso ad es. della illuminazione pubblica 
che involge una semplice organizzazioi:ie aziendale, � dubbio che ci� si 
verifichi nel caso del servizio di ristoro ,sui treni che pur dovendosi esercitare 
in una certa forma pubblicizzata, in quanto accessorio del servizio ferroviario, 
non ha per oggetto un servi:iio di intere.sse della collettivit� che 
non ammette di essere disimpegnato al di fuori del controllo pubblico. 



874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vrebbe valere anche per il servizio di ristorante sui treni e per il servizio 
dei vagoni letto, che sono attivit� che non possono evidentemente 
avere natura giuridica diversa e distinta da quella del trasporto ferroviario, 
cui ineriscono come necessarie appendici. E ci� dicesi, n�turalmente, 
non per ampliare l'apprezzamento di fatto reso dalla Corte di 
Appello, ma per sottolineare la perfetta logicit� e coerenza della motivazione 
all'uopo fornita. 

Questo della accessoriet� ad un pi� ampio servizio di natura incontestabilmente 
pubblica non �, del resto, l'unico argomento in proposito 
addotto dalla sentenza impugnata. La Corte di Appello, invero, con 
altro apprezzamento di fatto basato sull'esame delle clausole della convenzione, 
ha affermato che il servizio de quo � consentito dalla Amministrazione 
ferroviaria non per scopo di lucro, ma per offrire ai viaggiatori 
la possibilit� di ristorarsi; ed ha aggiunto -sempre con riferimento 
al tenore della convenzione -che i �penetranti poteri di controllo e 
di vigilanza che le ferrovie si sono riservati � sono diretti, per la maggior 

I

parte, non a tutelare gli interessi dello Stato ad un maggior guadagno, 
bensl allo scopo -in un certo senso antitetico ~ di assicurare agli I 
utenti un servizio soddisfacente di ristoro. 


Questi rilievi di fatto �-la cui rispondenza alle clausole della 

I

convenzione non viene contestata dalla finanza -appaiono anch'essi 

I

particolarmente probanti, sul piano giuridico, agli effetti della discrimi


I ~ 

nazione tra attivit� pubblica e privata della Pubblica Amministrazione, 
essendo noto che il fine primario dell'attivit� considerata � il principale 
criterio per tale discriminazione; e che altro criterio sussidiario, ma 
sempre di grande importanza, � quello dei controlli che sulla attivit� 

I

stessa, se non esercitata direttamente dall'Amministrazione interessata, 

vengano da questa effettuati nel pubblico interesse. 

Deve pertanto essere rigettata, in base a questa insindacabile, perch� 
motivata e giuridicamente corretta interpretazione della convenzione 
de qua, la tesi per cui il servizio di ristoro sui treni sarebbe solamente 
-a tanto dovrebbesi giungere portando ad consequentiis il ragionamento 
della finanza -una attivit� commerciale marginale dell'Amministrazione, 
una entrata economica paragonabile all'affitto di un immobile 
del patrimonio disponibile ed allo sfalcio dell'erba in un terreno 
demaniale, e che l'Amministrazione ferroviaria avrebbe trovato conveniente 
dare in appalto piuttosto che gestire in economia. 

Ci� posto, la controversia non � ancora risolta, perch� se � vero che 
la natura non pubblica del servizio avrebbe fatto necessariamente esulare 
alla radice il concetto di concessione di pubblico servizio, � altrettanto 
vero che un pubblico servizio pu� essere dato, oltre che in concessione, 
anche in appalto, e che dal punto di vista della imposta. di 
registro l'appalto relativo � trattato come ogni altro. Occorre quindi 



PARTE I, �SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 875 

ricercare, fermo restando che il servizio di rist�ro sui treni � un servizio 
pubblico, se bene abbia deciso, sotto il profilo dei nn. 3 e 5. dell'art. 360 
c.p.c., la Corte di Appello nell'escludere che. detto servizio sia stato dato, 
con la convenzione de qua, in appalto e nell'affermare che invece esso � 
stato dato in concessione. 

In proposito non ha decisiva rilevanza la censura sub b), relativa 
alla non essenzialit� del corrispettivo in denaro per la qualificazione}' 
dell'appalto a.gli effetti fiscali. Su questo punto la finanza pu� anche 
essere astrattamente nel giusto, perch�, anche secondo la definizione 
data all'appalto dall'art. 1655 e.e., nulla impedisce che detto � corrispettivo 
in denaro� genericamente richiesto dalla legge possa essere direttamente 
percepito dall'appaltatore come parte del ricavo della alienazione 
o fornitura a terzi dell'opera o del servizio appaltati. Se, ad esempio, 
il committente della edificazione di uno stabile affida all'impresario 
appaltatore non solo l'esecuzione dell'edificio ma anche l'alienazione di 
questo, autorizzandolo a trattenere come corrispettivo per l'appalto ci� 
che possa realizzare al di l� di una �somma fissa attribuita al committente 
stesso, la convenzione cosi posta in essere non cessa certl:\mente 
dal rimanere un appalto, anche se il �corrispettivo in denaro non venga 
erogato nella forma normale di un pagamento diretto mediante �stati 
di avanzamento� dal committente all'appaltatore. 

Ed indubbiamente questa conciliabilit� col concetto di appalto di 
forme particolari od anomale di corrispettivo trova conferma specifica, 
nel campo fiscale, nelle disposizioni della legge n. 771 del 1941 e del 

d.l. n. 1924 del 1937 �che, appunto, si riferiscono ad un corrispettivo 
� comunque determinato � e ad un corrispettivo � determinato in misura 
fissa, a cottimo, a misurazione od in altro modo�. 
La esistenza nella specie di un appalto di servizio (pubblico) non 
pu� quindi essere esclusa soltanto col rilievo che sarebbe la CICL, presunta 
appaltatrice, a corrispondere un compenso alla Amministrazione 
ferroviaria e non viceversa, come nell'appalto dovrebbe avvenire. Su 
questo punto la motivazione addotta dalla Corte di Appello non appare 
convincente, come quella che si ferma all'apparenza esteriore delle cose 
�e che porterebbe, come logica conseguenza, ad escludere che la CICL 
non tragga un guadagno netto dall'attivit� che l'Amministrazione le ha 
consentito ed affidato. E poich�, in definitiva, la Corte di Appello stessa 
� giunta per esclusione (e cio� negando le ipotesi dell'appalto e della 
autorizzazione amministrativa) alla definizione della convenzione come 
concessione di servizio pubblico, Ja motivazione della sentenza impugnata, 
esatta e sufficiente per quanto concerne fa natura di cservizio pubblico 
dell'attivit� de qua, non pu� essere integralmente accettata per 
.quanto attiene invece alla definizione del negozio attraverso il quale 
detto servizio pubblico viene dalla CICL esercitato. 


876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma questo rilievo non �, come dicevasi, decisivo per l'accoglimento 
del ricorso deH.a finanza, che, se ha posto in luce la insufficienza in proposito 
della motivazione censurata, non ha per� potuto dare dimostrazione 
positiva del suo assunto circa la esistenza nella specie di un contratto 
di appalto. E ci� anche in questa sede andava dalla ricorrente 
fatto, perch� rientra notoriamente nei poteri di questa Corte Suprema 
di dare essa stessa, quando sia necessario, l'appropriata definizione giuridica 
alla fattispecie negoziale sulla 'base degli apprezzamenti di fatto 
risultanti dalla sentenza impugnata per riconoscere, .sotto diverso profilo 
di diritto, l'esattezza del dispositivo, pur correggendo, ai sensi dell'articolo 
384 cpv. C.P.C., la motivazione della sentenza stessa; operazione 
cui devesi, appunto, nella specie procedere. 

La distinzione giuridica tra appalto e concessione di pubblico servizio, 
pure essendo talora, data la infinit� e la peculiarit� delle .fattispecie, 
di non agevole applicazione al caso pratico, � da uh punto di vista 
dogmatico piuttosto semplice e netta. Secondo la dottrina istituzionale, 
mentre la concessione di pubblico servizio .si concreta nel distacco di 
una porzione dei poteri della Amministrazione e nella attribuzione di 
essi al privato mediante una forma di investitura di diritto pubblico, 
l'appalto si instaura attraverso un contratto di diritto privato che non 
d� luogo ad alcuna forma di sostituzione dell'appaltatore alla Amministrazione; 
l'appaltatore si obbliga verso l'amministrazione ma non assume 
alcun diretto rapporto giuridico coi terzi; a differenza del concessionario 
egli non gestisce il servizio in nome proprio, ma in nome e per conto 
dell'Amministrazione. 

Questo concetto dogmatico della comune dottrina � puntualmente 
ripreso dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema che, giudicando 
nei due opposti sensi in ordine allo stesso pubblico servizio (la nettezza 
urbana), ha ritenuto la esistenza della concessione nella ipotesi di un 
gestore in contatto giuridico diretto (potere di elevare contravvenzioni, 
creazione di un ufficio reclami) con gli utenti, sul presupposto del trapasso 
di una parte del potere di supremazia dall'ente (che si tratti del 
Comune o dello Stato ovviamente non rileva) al gestore stesso (sentenza 

n. 1354 del 1966); ed ha, invece, definito appalto e non concessione la 
gestione dello stesso tipico pubblico servizio affidata a chi esegua soltanto 
le attivit� materiali inerenti al servizio, senza la instaurazione di 
rapporti (giuridici) diretti tra l'impresa assuntrice e i privati destinatari 
della utilit�, i quali, anche per quanto attiene alla prestazione concreta 
del servizio, possono proporre azione solo nei confronti della 
amministrazione (sentenza n. 2965 del 1960). 
Ora, se di tali concetti si fa applicazione aHa fattispecie quale risulta 
dalla interpretazione data dalla Corte di Appello alla convenzione de 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

qua, si dovr� concludere che la definizione giuridica da darsi alla convenzione 
stessa � proprio quella della 'Concessione; e ci� non solo per 
esclusione della figura dell'appalto, ma per la presenza di tutti i lineamenti 
caratteristici dell'istituto di diritto pubblico in questione. 

La Corte di Appello, infatti, anzitutto ha affermato esplicitamente 
(sia pure aH'effetto di escludere la figura della autorizzazione amministrativa) 
che con la convenzione I'Amministrazione delle ferrovie si � 
spogliata di una parte della sua � sfera di ,potere � attribuendola alla 
Compagnia; e questa affermazione appare non contestata, ma convalidata 
dal ricorso della finanza, J.a quale, invocando fa clausola 9 della convenzione 
�che, fra l'altro, impone alla CICL l'esercizio del potere disciplinare 
sui suoi dipendenti e l'uso, per questi, di una speciale uniforme (che 
non �, ovviamente, quella dei ferrovieri), pone proprio in luce aspetti 
caratteristici ed anche materialmente evidenti del distacco di una parte 
del potere pubblico (del quale azione disciplinare ed uniforme ,sono 
elementi normali e ti,pici nei confronti dell'attivit� privata) e dell'attribuzione 
di esso ad un concessionario di pubblico servizio. 

Anche la clausola 11, sempre invocata dalla finanza col suo ricorso, 
attribuendo alla CICL1 la � responsabilit� � per il servizio di ristoro nei 
confronti dei ristoranti. � probante agli effetti della definizione della 
fattispecie, come quella che si riporta proprio alla facoltd di reclamo 
da parte del terzo utente, utilizzata da questa Corte Suprema con le 
sentenze sopra citate come altro elemento tipico di distinzione tra concessione 
ed appalto, secondo che essa sia attribuita nei confronti dell'ente 
pubblico (a,ppalto) o del privato gestore del servizio (concessione). 

Devesi pertanto concludere che la definizione giuridica data dalla 
Corte di Appello aJ.la fattispecie � quella esatta cui devesi pervenire 
in base alla interpretazione data alla convenzione sia dalla sentenza 
impugnata che dallo stesso ricorso della finanza, pur dovendosi modificare 
nel senso sopra veduto, in diritto, la motivazione a sostegno' del 
dispositivo. II ricorso delJ.a finanza deve essere, quindi, rigettato. 

Da quanto sin qui detto segue anche il rigetto del ricorso incidentale. 
La esistenza di un parziale trasferimento di pubblico potere dalla 
Amministrazione alla CICL, e, ancora a monte di tale trasferimento, 
la natura di pubblico servizio da attribuirsi al �ristoro� sui treni, sono 
infatti lineamenti inconciliabili col concetto della autorizzazione amministrativa, 
che consiste nella rimozione di limiti generali all'esercizio 
di una privata attivit�, che tale resta anche quando viene specificamente 
consentita nei termini di legge. 

La estraneit� di questo concetto alla fattispecie -che verrebbe 
altrimenti degradata ad una licenza di vendita ambulante anche se su 
vasta scala ed in uno speciale ambiente -sembra evidente. -(Omissis). 


878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1075 -Pres. Favara Est. 
Fanetti -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. 
Stato De Fra.ncisci) c. Lenci (avv. Asquini). 

Imposte e tasse in genere -Imposte automobilistiche -Supplemento Prescrizione 
triennale della legge di registro -Si estende. 

(d.p. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 9; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136). 
In foTza del rinvio dell'art. 9 del d.p. 5 febbraio 1953 n. 39 alle 
disposizioni della legge di registro per la riscossione dei supplementi, 
deve ritenersi che anche la nor.ma dell'art. 136 sulla P,.escrizione sia 
applicabile alla prescrizione dei supplementi delle imposte automobilistiche 
(1). 

(Omissis). -Merita invece accoglimento il nono motivo, mentre 
ex adverso deve respingersi il concorrente motivo del ricorso principale. 
La corte d'appello, pur avendo riJ.evato, nell'inizio della sua motivazione, 
che il .gravame del Lenci riproponeva al suo esame � tutt'intera 
la materia del contender.e �, ha poi contraddittoriamente affermato che 
sulla ritenuta inapplicabilit� della prescrizione triennale la sentenza di 
primo grado faceva ormai stato, per difetto di impugnazione al riguardo. 
� vero invece che l'impugnazione c'era stata, non solo per generale e 
complessiva ripresa delle argomentazioni gi� svolte in primo grado, ma 
anche per espressa e specifica conferma dell'eccezione di prescrizione, 
come .gi� dedotta e disatesa in quella sede (prescrizione triennale ex 
art. 136 legge di registro). 

Proprio questa invece � la prescrizione che deve applicarsi in materia, 
secondo il rinvio alla legge di registro disposto dall'art. 9 del t.u. 
5 febbraio 1953 n. 39. In tal senso una recente sentenza di questa suprema 
corte ha risolto il problema (cfr. C!'1'ss. 10 novembre 1969, n. 3655), 
e gli ar.gomenti di quella pronuncia possono adesivamente ripetersi qui, 
nella formulazione del seguente principio di diritto: �Il rinvio contenuto 
nel t.u. delle leggi sulle tasse automobilistiche 5 febbraio 1953 n. 39 
alla disciplina della legge di registro sulla riscossione dell'imposta comprende 
anche le norme che regolano la prescrizione del diritto della 
:finanza alla riscossione e rende applicabile in materia il termine triennale 
previsto dall'art. 136 della citata legge�. Invero, poich� la legge 
di registro designa come riscossione la concreta attuazione del diritto 
sostanziale della :finanza, e poich�, come � ovvio, la possibilit� di attuazione 
di un diritto in via coattiva sussiste entro i medesimi limiti ai 

(1) La sent. 10 novembre 1969, n. 3655, �citata nel testo, � pubblicata in 
questa Rassegna, 1970, I, 85. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 879 

quali � soggetto il diritto, ne consegue che, quando altre leggi rinviano 
alle norme dettate dalla legge organica .per la riscossione, il rinvio concerne 
tutte le norme che in detta legge regolano l'attuazione concreta 
del diritto al .pagamento del tributo, comprese quelle che stabiliscono le 
cause estintive di tale diritto. Non c'� dubbio pertanto che il rinvio dell'art. 
9 alle disposizioni della legge di registro per la riscossione dei supplementi 
di tassa si riferisce non soltanto a quelle fra dette disposizioni 
che disciplinano le modalit� della riscossione, ma anche alle altre che 
riguardano la riscossione come applicazione dell'imposta, o attuazione 
del diritto al suo pagamento, e quindi l'esistenza ovvero l'estinzione 
per prescrizione di codesto diritto. Si pu� inoltre notare che, se il termine 
triennale per la riscossione dei supplementi rimane costantemente 
fissato nelle materie pi� varie (ved. ad es. l'art. 13 della legge 26 giugno 
1943 n. 540 sulle imposte ipotecarie; l'art. 28 del decr. pres. 24 giugno 
1954 n. 342 sull'imposta di ,pubblidt�; l'art. 2'9 della legge 29 ottobre 
1961 n. 1216, recante nuove disposizioni tributarie in materia di 
assicurazioni private e di contratti vitalizi), ed anche quando, per altri 
diritti della finanza o del contribuente, cambiano i termini stabiliti dalla 
legge di registro, non � plausibile supporre che soltanto per i supplementi 
delle tasse di circolazione automobilistica il legislatore abbia inteso, per 
implicito, stabilire il termine ordinario della legge comune, termine pi� 
�che tre volte maggiore del termine solito, e adottare solo in tal caso 
un trattamento affatto particolare, di cui non � dato scorgere akuna 
ragione. 

Deve quindi respingersi la tesi della ricorrente principale, che, 
rivolta a confutare l'applicabilit� della prescrizione quinquennale ex 
art. 2948 n. 4 e.e., come quella adottata nella specie dalla corte d'appello,' 
sostiene in suo luogo l'applicabilit� della prescrizione decennale 
ordinaria. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 aprile 1971, n. 1112 -Pres. Favara 
-Est. Mirabelli -P. M. Sciaraffia (conf.) -Ministero delle Finanze 
(Avv. Stato Fanelli) c. Soc. Esso Standard (avv. Zanchini). 

Imposte e tasse in genere -Imposta, sulle lotterie -Concorsi a premio 
e operazioni a premio -Premi per l'incremento delle vendite Premi 
promessi agli addetti alla vendita -Tassabilit�. 

(r.d.1. 19 ottobre 1938, n. 1933. artt. 43, 45, 49; I. 15 luglio 1950, n. 585). 
Sono soggette alla atitorizzazione e alla relativa tassazione le operazioni 
a premio dirette ad incrementare le vendite attraverso l'offerta 
-diretta sia a chi acquista i prodotti sia a chi ne incrementa io smercio, sia 


880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esso acquirente-rivenditore o venditore per conto del produtt01�e o dipendente 
del venditore o del concessionario; sono quindi soggette all'imposta 
anche le promesse di premio in favore degli addetti alla vendita dipemdenti 
dal rivenditore (1). 


(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione ricorrente 
denunzia la violazione e falsa a,pplicazione degli artt. 43, 45, 49 ss. 
del r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito nella legge 5 giugno 1939,. 

n. 973, e successive modificazioni, nonch� omissione, o quanto meno 
insufficienza, di motivazione su punto decisivo della controversia e sostiene 
che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che l'ipotesi, 
di cui si discute, non rientri nell'ambito di applicazione delle norme 
indicate. 
La censura � fondata. 

L'art. 43 del citato decreto, con le modifiche di cui alla legge 15 
luglio 1950, n. 585, � cosi formulato: �I concorsi e le operazioni a premio 
di ogni specie, intesi ad accreditare determinati prodotti o ad eccitarne 
la diffusione e lo smercio, o aventi fini ariche in parte commerci�li, 
come pure le vendite di merci al pubblico effettuate �con offerte 
di premi o di regali sotto qualsiasi forma, non possono avere luogo se 
non sono preventivamente autorizzate nei modi determinati dal presente 
decreto, tanto se i premi siano offerti ai consumatori dei prodotti, quanta 
se siano offerti ai rivenditori �. 

Il successivo art. 44, dopo avere, con il primo comma, definiti i 
concorsi a premio come � le manifestazioni pubblicitarie in cui i premi 
sono offerti ad alcuni soltanto dei partecipanti�, fissa, nel secondo c�mma, 
i caratteri delle operazioni a premio, come segue: �sono considerate 
operazioni a premi: a) le offerte di premi a tutti coloro che acquistano 
un determinato quantitativo di merci da una stessa ditta e ne 
offrono la documentazione, raccogliendo e consegnando un certo numero 
di figurine, b�oni, etichette, tagliandi od altro; l>) Je offerte di un regalo 
consegnato all'atto dell'acquisto a tutti coloro che acquistano una determinata 
merce�. 

Gli articoli che seguono stabiliscono la misura delle tasse dovute e 
le modalit� del procedimento di autorizzazione e, in particolare, l'art. 49' 

' 

prevede la tassa di lotteria e la tassa di licenza dovute per le operazioni 
a premio. 

l

Nell'ipotesi che si esamina l'offerta di premio fu rivolta non ai consumatori 
dei prodotti, n� ai concessionari dei punti di vendita, ma agli 
addetti ai distributori, dipendenti da questi ultimi, ed il diritto al premio 

I 

r 

(1) Identica � l'altra sentenza in pari data n. 1111. Non constano precedenti 
specifici. 

,J 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

era riconosciuto a costoro sulla base di buoni-premio rilasciati in proporzione 
delle vendite da loro effettuate ai �consumatori. 

La Corte di appello, dopo avere esattamente escluso che nell'ipotesi 
potesse essere ravvisato un concorso a premio, ha negato che vi fosse 
configurabile una operazione a premio in quanto ha ritenuto che la. 
nozione di queste vada limitata ai casi in cui i premi siano attribuiti 
a chi acquisti i prodotti, vuoi per consumo che per rivendita, e non 
possa essere estesa a chi ne effettui la vendita senza prima averne effettuato 
l'acquisto; ha tratto tale deduzione da un'inter.pretazione strettamente 
restrittiva del combinato disposto degli artt. 43 e 44, 2� comma, 
rilevando che in entrambi viene fatta menzione di un atto di ac.quisto 
ed escludendo che possano rientrare nella categoria dei �rivenditori�, 
quale � presa in considerazione dalla prima norma, coloro che, pur 
provvedendo alla vendita ai consumatori non siano parti di un precedente 
contratto di compravendita con il produttore, o con altro precedente 
acquirente. 

Ma questa interpretazione, anche se pu� in ipotesi trovare qualche 
giustificazione in una considerazione meramente letterale del testo delle 
disposizioni surriportate, non appare sostenibile ove si tenga presente 
l'effettivo contenuto della normativa e si interpreti il linguaggio legislativo 
in relazione alla terminologia corrente nel campo di situazioni 
cui la nol'.mativa stessa si riferisce, ossia applicando il fondamentale 
criterio della totalit� ermeneutica, imposto dalla regola enunciata nell'art. 
12, 1� comma, delle disposizioni sulla legge in generale. 

Come osserva la difesa dell'Amministrazione ricorrente ed avevano 
esattamente ritenuto i primi giudici, la legge, nell'assoggettare ad autorizzazione 
e tassazione le promesse di premi, precedentemente vietate, 
ha avuto riguardo a tutte quelle manifestazioni che sono intese a sviluppare 
il giro di affari dell'impresa che le assume ed organizza, attraverso 
l'offerta di premio sia a chi effettua l'acquisto dei prodotti, sia 
a chi ne incrementa lo smercio. Nell'ambito di questa previsione legislativa 
non ha valore decisivo e qualificante la cil'.costanza che un atto 
di acquisto abbia avuto luogo, ad opera di chi �! assunto come destinatario 
della promessa di premio, ma determinante � la qualit� di soggetto 
che ha determinato, con l'acquisto o con opera di intermediazione nello 
scambio, uno smercio dei prodotti. 

In riferimento alla situazione che la legge regola, alla locuzione 
�rivenditori�, adoperata nella specifica norma, non pu� essere attribuito,. 
quindi, il ristretto signtficato di � colui che acquista per rivendere
�, ma deve essere assegnato il valore indicativo, comunemente 
corrente nell'ambito commerciale, di riferimento ad ogni categoria che 
interviene nell'atto economico di scambio fra produttore e consumatore, 
sia esso acquirente-rivenditore, sia esso venditore per conto del produttore, 
sia esso dipendente del concessionario del produttore, ed in tale 


882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
ultimo caso vuoi che questi, a sua volta, sia acquirente vuoi che sia 
mero depositario dei prodotti a fine di vendita. 
Contrariamente a quanto ha affermato la sentenza impugnata, deve 
essere affermato, quindi, che la situazione portata in giudizio � pienam1mte 
compresa nella previsione contenuta nelle norme riportate innanzi 
e pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere 
cassata e la causa va rinviata ad altro giudice, ;per nuovo, esame, in 
aderenza al principio ora enunciato. -(Omissisi). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 aprile 1971, n. :!-1'57 -Pres. Pece Est. 
Gambogi -P. M. Secco (conf.) -Coop. Il Progrt:!sso c. Ministero 
delle Finanze (Avv. Stato Galleani). 
Imposta di registro -Agevolazioni per le opere pubbliche di interesse 
degli enti locali -Natura -Limiti. 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 94; 1. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18; 1. 2 gennaio 
1952, n. 10, art. 6). 
Le norme di incentivazione delle opere pubbliche di interesse degli 
enti Zocali non introducono delle agevolazioni tributarie oggettive, ma 
soltanto parificano gli enti ano Stato ai fini del trattamento fiscale, 
cosicch�, in applicazione dell'art. 94 della legge di registro, in taluni casi 
si verifica un'esecuzione, in aitri no (1). 
(Omissis). -Con l'unico mezzo del suo ricorso la Cooperativa 
� Il Progresso � denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 
1 e 2 legge 10 agosto 1950 n. 647, 1 delJ.a legge 29 luglio 1957, 
n. 635, 1, 6, 7 della legge 2 ,genanio 1952 n. 10, 94 della legge di registro, 
1 della tariffa allegato c, 12 delle disposizioni sulla legge in generale, 
sostenendo che con le predette leggi del 1950, 1952 e 1957 si � posto in 
essere un sistema di �esenzione oggettiv.a � per tutti gli atti e contratti 
necessari per l'esecuzione delle opere ;pubbliche straordinarie nell'Italia 
Settentrionale e Centrale, e che, quindi, per i contratti di appalto che 
abbiano per oggetto op~re pubbliche del genere non pu� applicarsi 
l'art. 94 della legge di registro che nessuna esenzione concede al privato 
che appalti opere su commissione dello Stato. 
Questa interpretazione del testo di legge in esame (art. 6 della legge 
n. 10 del 1952, che riproduce la disposizione dell'art. 18 della legge 
3 agosto 1949 n. 589, richiamata dall'art. 1 della legge n. 647 del .1950) 
non pu� essere accolta, perch� tale norma non concede genericamente 
la esenzione fiscale per tutti gli atti e contratti de quibus, bensl si limita 
.~ 
I 
(1) Massima di evidente esattezza. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

a stabilire che detti atti e contratti �sono �soggetti al trattamento fiscale 
stabilito per gli atti stipulati dallo Stato �; si limita cio�, in sostanza, 
a concedere detto trattamento privilegiato agli enti locali, alle istituzioni 
pubbliche ed ai consorsi che compiano opere pubbliche ai sensi delle 
leggi citate e che non avrebbero diritto al trattamento stesso secondo 
l'ordinario regime della legge di registro che, proprio in base all'art. 1 
della tariffa, allegato C, citato dalla ricorrente, concede la registrazione 
gratuita agli atti e contratti stipulati nell'interesse dello Stato e �delle 
amministrazioni che per legge sono parificate, nei rapporti tributari, a 
quelle deJlo Stato�. La disposizione in esame �, appunto, una disposizione 
di �parificazione�, a questi effetti, di enti pubblici minori e di 
consorzi allo Stato; e da essa, quindi, non possono derivare al contraente 
privato conse'guenze diverse da quelle previste dall'art. 94 della legge 
di registro, che pone la normale imposta a carico del privato che appalti 
opere dallo Stato. 

Contro questa interpretazione, non solo letterale ma logico-sistematica, 
della disposizione in esame la ricorrente per vero si limita ad 
invocare, per sostenere la tesi della esenzione totale od� oggettiva, che 
non pu� trovare appoggio in considerazione de iure condito, due precedenti 
sentenze di questa Corte Suprema, la n. 13'79 del 1963 e la n. 1094 
del 1965, rilevando che dette sentenze definiscono � esenzione fiscale � 
ed � esenzione tributaria � il beneficio concesso dall'art.. 6 della legge 
n, 10 del 1952, ed affermano che tale esenzione si riferisce a tutti gli 
atti ed a tutti i contratti mediante i quali si d� attuazione al progr.amma 
di potenziamento delle aree depresse nel nord e nel centro Italia, secondo 
il voto di legge. 

Il richiamo giurisprudenziale peraltro non � pertinente, perch� le 
due sentenze de quibus, relative a controversie tra un ente locale (in 
entrambi i casi l'Amministrazione Provinciale df Novara) e la finanza 
si riferivano a fattispecie nelle quali il godere del trattamento fiscale 
riservato allo Stato si risolveva, appunto, nella esenzione o registrazione 
gratuita prevista dall'art. 1 della tariffa allegato � c � per le 
pubbliche amministrazioni parificate dalla legge allo Stato; e conseguentemente 
la espressione � esenzione tributaria � trovava esatta rispondenza 
nel caso di specie, in cui non si discuteva di pretesi diritti dell'appaltatore 
privato. Ed il fatto che questa Corte Suprema, di fronte 
alle leggi di agevolazione fiscale, abbia sempre interpretato in senso 
piuttosto estensivo la nozione di atti e contratti destinati al determinato 
scopo che la legge ha voluto favorire con le agevolazioni stesse (come 
si � fatto con le sentenze n. 559 del 1966 e n. 2094 del 1964 pure citate 
dalla ricorrente) non ha, nemmeno esso, alcuna attinenza al presente 
caso, nel quale non si tratta di stabilire quali atti debbano godere di 
una determinata agevolazione, bensl di stabilire quale sia il contenuto 
intrinseco di tale agevolazione, che la ricorrente vuole identificare con 


884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

una esenzione in ogni caso e che invece, per la ragione anzidetta, consiste 
solo nella applicazione del regime tributario riservato allo Stato, 
che talvolta implica una esenzione, tal'altra no. 

Ed infine con quanto sin qui detto nemmeno contrasta la sentenza 

n. 2697 del 1961 di questa Corte Suprema, non richiamata dalla ricorrente 
ma che si riferisce alla agevolazione prevista dall'art. 18 della 
legge n. 589 del 1949, del quale, come si � premesso, l'art. 6 della legge 
n. 10 del 1952 � semplice riproduzione. Con tale sentenza questa Corte 
Suprema riconobbe il diritto dell'ente locale (Comune di Ei:ba) ad una 
esenzione fiscale non prevista a favore dello Stato; ma ci� avvenne solo 
perch� si trattava della tassa di concessione ,governativa su di un mutuo 
contratto dal suddetto ente locale c'on la Cassa Depositi e Prestiti, e cio� 
di un tributo rispetto al quale non si pu� nemmeno configurare astrattamente 
un obbligo da parte dello Stato, che non contrae mutui con la 
Cassa Depositi e Prestiti ma pu� solamente ricevere da questa anticipazioni 
per legge speciale. I~ questo caso, quindi, si verificava una vera 
e propria lacuna nel sistema di incentivazione delle opere pubbliche 
de quibus, nonostante la chiara volont� del legislatore di parificare gli 
enti locali ed i consorzi allo Stato dal punto di vista tributario; e la 
interpretazione estensiva allora resa non ha disconosciuto il principio 
che la agevolazione consiste nella parificazione dell'ente minore allo 
Stato e non in quella esenzione generale che la ricorrente oggi prospetterebbe, 
ma ha semplicemente riconosciuto detta parificazione in un 
caso che, per la sua particolare struttura, secondo una interpretazione 
strettamente letterale e formalistica, non l'avrebbe a rigore consentita. 
E se � vero che tale sentenza n. 2.697 del 1961 parla di �qualificazione 
oggettiva � degli atti che debbono fruire delle ormai note agevolazioni, 
non � meno vero che ci� � stato detto �solo per le esigenze del caso 
deciso; per ne.gare, cio� che si potesse, a tali effetti, far distinzione tra 
i mutui contratti dagli enti locali presso la Cassa Depositi e Prestiti e 
quelli contratti presso altri istituti o soggetti, e non nel senso di � esenzione 
oggettiva � di cui � parola nell'odierno ricorso. Anche questo precedente 
pertanto, � del tutto estraneo alla questione oggi trattata e 
nessun a,ppiglio nemmeno terminologico, pu� offrire alla tesi della ricorrente. 
-(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1971, n. 1233 -Pres. Mirabelli 
-Est. Miele -P. M. Antoci (conf.) -Mini~tero delle Finanze 
(avv. Stato Peronaci) c. Soc. Telefunken e Fiar Radio. 

Imposte doganali -Uscita delle merci dagli spazi doganali -Qualifi


cazione merci importate Accertamento 
di fatto -Impossibilit�. 
(1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 29). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 885 

Imposte doganali -Valvole radioelettriche -Minore aliquota stabilita 
per il mercato comune -Limitazione alle valvole destinate ad apparecchi 
radioriceventi. 

(1. 5 aprile 1950, n. 295, allegato n. 5 tabella, voce 1204 ex d). 
La qualificazione delle merci importate ai fini deU'applicazione dei 
dazi doganali pu� essere oggetto di accertamento di fatto solo fino a 
quando esse si trovino negli spazi doganali; una volta asportate le merci 
vale ai fini del 1�imborso dell'imposta che si assume pagata in pi� solo 
quanto risulta dai documenti (1). 

Le valvole radioelettriche senza altra distinzione di destinazione 
sono soggette all'imposta doganale stabilita nella voce 1204 d) tabella 
A d.P.R. del 12 luglio 1965, n. 657, mentre solo alle valvole radioelettriche 
destinabili ad apparecchi radioriceventi � applicabile la minore 
imposta della voce 1204 ex d) del protocoilo di Annecy (iegge 5 ap'l'ile 
1950, n. 295 allegato n. 5, tabella, voce 1204 ex d) (2). 

(Omissis). -Con l'unico motiv� ,!'Amministrazione ricorrente denunzia 
violazione e falsa a,pplicazione del d.P.R. 29 dicembre 1958, 

n. 1103, del d.P.R. 28 giugno 1960, n. 588, del d.P.R. 24 dicembre 1960, 
n. 1585, del d.P.R. 21 dicembre 19�61, n. 1339, dell'art. 29, terzo comma 
della legge doganale 25 settembre 1940, n. 142,4, nonch� vizio di omessa, 
contraddittoria ed insufficiente motivazione. Afferma la ricorrente Amministrazione 
che la Corte di merito, pur avendo ritenuto il carattere 
specializzante della voce doganale 1204 ex d, sebbene ampliandone il 
significato fino a comprendervi tutti gli usi radiofonici e televisivi, abbia 
poi omesso di accertare se il materiale importato fosse o meno da qualificarsi 
come rientrante nella voce 1204 ex d, in quanto destinabile esclusivamente 
ad apparecchi radioriceventi o televisivi, ovvero anche ad 
altro uso. 
Si deduce, inoltre, anche la violazione e falsa applicazione del terzo 

comma dell'art. 29 della legge doganale, che vieta i reclami dei contri


buenti sulla qualificazione delle merci, allorch� esse siano state aspor


tate dagli spazi doganali. 

Eccepiscono le resistenti societ� che il ricorso � inammissibile per 

la g~nerica enunciazione dei motivi e per l'insufficiente esposizione dei 

fatti ed inoltre per avere lAmministrazione finanziaria sollevata per la 

prima volta avanti a questa Corte la questione delle caratteristiche 

concrete delle valvole im,portate e della necessaria loro esclusiva desti


nazione ad uso di radio o di televisione. 

Tali eccezioni sono infondate. L'art. 366, n. 3 c.p.c. richiede che il 
ricorso contenga una .sommaria esposizione dei fatti, per il che basta 

(1-2) Non constano. precedenti specifici. 

12 



886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che i fatti vengano esposti nei loro tratti essenziali e non occorre che 
essi v~ngano esposti particolareggiatamente. Nel suo ricorso l'Amministrazione 
finanziaria espone la origine della controversia, la pretesa 
delle societ� resistenti ed altri dati di fatto i quali sono sufficienti a 
permettere l'individuazione della controversia in relazione ai motivi 
esposti. Come emerge dalla esposizione del motivo, questo poi P. precisato 
in modo chiaro e senza alcuna lacuna, onde � possibile individuare� 
chiaramente le ragioni della doglianza. Neppur fondato � l'altro rilievo 
circa la novit� della questione, in quanto I'Amministrazione finanziaria 
gi� nel giudizio di primo grado e poi nell'atto di appello aveva prospettata 
la necessit� che venisse data la prova della destinazione particolare 
delle valvole anche in relazione all'art. 29 della legge doganale. 

La censura proposta dall'Amministrazione ricorrente �, invece, fondata. 
Invero, affermatosi che la voce 1204 ex d del protocollo di Annecy 
avesse carattere .specializzante, cio� si riferisse solo alle valvOJe per uso 
di radio o televisione, a differenza della voce 1204 d della tariffa doganale 
generale, che applica il dazio alle valvole radioelettriche senza 
distinzione di destinazione, la Corte di merito avrebbe dovuto anche 
accertare che le valvole in questione avessero tale destinazione, tenendo. 
presente il disposto dell'art. 29 della legge doganale 25 settembre 1940, 

n. 142�4. Questo articolo, a fondamento della domanda di restituzione 
dell'imposta che si assume indebitamente pagata, richiede che il pagamento 
di una maggior imposta sia dipeso da errore di calcolo od effetto 
dell'applicazione di un diritto diverso da quello fissato in tariffa per J.a 
merce descritta nel risultato di visita. In ogni caso l'accertamento della 
qualit�, valore, origine della merce �� permesso solo finch� la merce 
importata si trovi negli spazi doganali. Una voJ.ta asportata la merce, 
non � ammesso alcun reclamo. Consegue che,. qualora tale accertamentospecifico 
non sia stato effettuato durante la sosta negli spazi doganali 
o per non essere stato richiesto dall'interessato o per non essere stato 
effettuato direttamente dall'autorit� doganale, vale ai fini del preteso 
rimborso, solo quanto risulti dai documenti doganali senza possibilit� 
di variazioni o integrazioni. 
In relazione a tale norma di legge, la Corte di merito doveva. 
portare il suo esame, per essere stato richiesto esplicitamente dall'am-� 
ministrazione finanziaria, su tali punti. Ma la Corte di merito non si 
� proposta affatto tale indagine e, a riguardo della specifica destinazione 
delle valvole a quei determinati usi, nella motivazione vi sono solo 
sporadici ed insufficienti accenni, uniti ad affermazioni senza alcun 
corredo di prova, onde � del tutto impossibile verificare quale � stato 
al riguardo il pensiero della Corte di merito. 

Ritenuto fondato, per queste ragioni, il ricorso principale, va ~saminato 
il r'lcorso incidentale condizionato. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Con il primo motivo di afferma: a) che la Corte di merito ha erroneamente 
ritenuto a carattere specializzante la voce 1204 ex d del protocollo 
di Annecy, mentre al contrario la particella ex anzich� significare 
suddistinzione della voce generale, indica solo che la voce precedentemente 
si denomina 1204 d; b) che, comunque, non occorresse far 
capo alla tariffa di detto protocollo in quanto al momento dell'entrata 
in vigore delle agevolazioni previste dal trattato di Roma (1� gennaio 
1957) la tariffa vigente in Italia era quella temporaneamente fissata 
dal d.P.R. ,3 luglio 1950, voce 1204 d, la quale applica il solo dazio ad 
vqJorem del 35 % ad ogni specie di valvola radioelettrica, con la conseguenza 
che risultava inutile l'indagine sulla speciale destinazione delle 
valvole importate, non costituendo pi� la tariffa del protocollo anzidetto 
un trattamento pi� favorevole. 

Le censure sono infondate. 

Quanto al punto a) la Corte di merito ha esaurientemente spiegato 
le ragioni per le quali alla particella ex debba essere attribuito il significato 
di facente parte della voce 1204 d), di guisa che delimita parte 
della categoria merceologica della voce 1204 e non la sostituisce, e 
perch� non sarebbe giustificato il significato di �gi��, secondo la tecnica 
legislativa corrente sulla legislazione speciale concernente la specifica 
materia; e tale argomentazione risulta ispirata a corretti criteri 
ermeneutici. 

Parimenti infondato � il secondo aspetto della censura. Invero con 
il d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442 venne promulgata la nuova tariffa doganale, 
facendosi salve per� (art. 4) le maggiori concessioni indicate nella 
lista allegata al protocollo di Annecy del 10 ottobre 1949. Con d.P.R. 
de11'8 luglio 1950 n. 453�, per�, si stabiliscono provvisoriamente altre tariffe, 
facendosi sempre salvi (art. 3 lett. c) gli eventuali dazi pi� favorevoli. 
In tale tariffa alla voce 1204 d) si stabiliva il dazio ad vaiorem 
del 35 % per ogni tipo di valvole. Successivamente con d.P.R. 12. luglio 
1956, n. 657, nel mentre si prorog� ancora una volta la tariffa provvisoria, 
si modificarono alcune voci di detta tariffa provvisoria, tra cui la 
predetta voce :L204 d, stabilendosi al riguardo il dazio del 30 % del 
valore oltre a lire 150 a pezzo per le valvole radioelettriche senza distinzione 
di destinazione. Pertanto al l� gennaio 1957 vigeva tale tariffa 
interna e la tariffa 1204 ex d del protocollo di Annecy in quanto, per 
effetto della riserva dell'art. 4 del d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442 e dell'art. 
3 lett. c, d.P.R. 8 luglio 1950, n. 453, essa risulta in relazione della 
nuova tariffa, pi� favorevole. 

Rilevante � pertanto, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti 
societ�, la indagine sulla destinazione speciale delle valvole 
importate, posto che esse societ� reclamano l'applicazione del dazio pi� 
favorevole. -(Omissis). 


888 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 aprile 1971, n. 1240 -Pres. Giannattasio 
-Est. Elia -P. M. Ciacciapoli (diff.) -Moschini (avv. Magrone) 
c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Coronas). 

Imposta di successione -Deduzione di passivit� -Assegno bancario Prova 
del debito verso la banca -Insufficienza -Contratto di 
apertura di credito di data certa -Necessit�. 

(r.d. 30 dicembre 192,3, n. 3270, art. 45). 
Imposta di successione -Deduzione di passivit� -Legge interpretativa 
24 dicembre 1969 n. 1083 -Esclusione del rimborso di imposte 
versate -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45; 1. 24 dicembre 1969, n. 1083; cost., 
artt. 3 e 53). 
La prova richiesta per dimostrare l'esistenza di un debito verso una 
banca � it contratto di apertura di credito avente data certa; non costituisce 
invece prova t'assegno bancario, anche se accompagnato da estratto 
notarile det conto e polizza di pegno, che documenta un rapporto 
obbligatorio verso it prenditore, ma non it debito verso ta banca e 'nOn 
� quindi possi�bite dare ta prova del debito det saldo passivo di conto 

'corrente nette forme stabilite net quinto comma dett'art. 45 detta legge 
sulle successioni per gli effetti dell'ordine (1). 
� manifestamente infondata la questione di illegittimit� costituzionale 
dell'ultimo comma dett'unico articolo della legge 24 dicembre 1969, 

n. 1083 che esclude il rimborso dette imposte gi� versate prima deU'entrata 
in vigore della legge (2). 
(Omissis). -Col pri~o motivo del ricorso si denuncia violazione 
dell'art. 45 r.d. 23 dicembre 1923, n. 3270 e contraddittoria motivazione 
sul punto decisivo della certezza della data delle scritture private dalle 
quali nasceva il debito di cui si richiedeva la detrazione ai fini della 
imposta di successione, in base al citato art. 45. Deducono i ricorrenti 

(1-2) Sulla prima massima dr. Cass. 30 ottobre 1969, n. 3598 in questa 
Rassegna, 1969, I, 1164; 29 .gennaio 1966, n. 350, ivi, 1966, I, 675; 25 febbraio 
1964, n. 350, ivi 1964, I, 385. La legittimit� costituzionale dell'art. 4'5 della 
legge sulle successioni � stata riconosciuta dalla sentenza della Corte Costituzionale 
26 giugno 1965, n. 50, ivi, 1965, I 867. Il problema di merito si 
presenta naturalmente in modo nuovo .dopo l'entrata in vigore della legge 
24 dicembre 1969, n. 1083, applicabile anche ai .rapporti anteriori con il limite, 
consueto in norme idel �genere, della irripetibilit� delle imposte gi� 
versate. La legittimit� costituzionale di tale Umitazione � stata riconosciuta, 
con riferimento all'art. 5 della legge 19 luglio 1961, n. 659, con la sent. J.4 
maggio 1968, n. 45 (ivi 1968, I, 360). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTABIIA 889 

che la decisione impugnata, pur riconoscendo che sono stati prodotti 
una polizza di pegno in data 9 dicembre 1960 a garanzia di un'apertura 
di credito da parte della Banca Mantovana, nonch� un assegno bancario 
di mezzo miliardo di lire all'ordine di Moschini Enzo, emesso, sulla 
Banca Mantovana, il 9 dicembre 1960, un estratto conto attestante il 
prelievo della somma medesima dal deposito di titoli di Stato esistente 
al nome del Moschini Aldo, cio� del de cuius, presso la stessa Banca, ed 
una copia della denuncia presentata il 14 novembre 1963 dalla Banca 
all'Ammini�strazione Finanziaria dello Stato, relativa al detto credito 
di esso Istituto Bancario verso l'eredit� Moschini" Aldo, tuttavia ha negata 
la detrazione, in violazione anche del quinto comma dell'art. 45 
citato. 

La censura � infondata. Il secondo comma del citato art. 45 dispone 
che sono ammessi in detrazione i debiti nascenti da .scritture private che 
abbiano acquistata .data certa anteriore all'apertura della successione, 
in uno dei modi di cui all'art. 2704 e.e. 1942 (1327 e.e. 1865), che non 
sia la morte o la fisica impossibilit� di scrivere di coloro o di colui che 
le hanno sottoscritte. Per il comma quinto del citato art. 45, possono, 
anche, essere dedotti in detrazione, dall'asse ereditario, ai fini dell'imposta 
di successione, i debiti nascenti da cambiali o altri effetti, annotati 

. nei libri del debitore o del creditore. Nella specie, come, con congrua e 
corretta motivazione, ha ritenuto la Corte di appello di Milano, nella 
sentenza qui denunciata, il debito verso la Banca Mantovana che si intende 
dedurre in detrazione dall'asse ai fini dell'imposta non nasce 
dall'assegno bancario esibito in copia il quale dimostra solo l'esistenza 
di un debito del de cuius Aldo Moschini, alla data del 9 dicembre 1960 
(la morte avvenne il 17 dicembre successivo, cio� otto giorni dopo), nei 
confronti del suo congiunto Moschini Enzo, ma non pure di un debito 
di esso de cuius verso la Banca. Il debito verso la Banca, infatti, nella 
specie, deriverebbe, invece, da un contratto di apertura di credito, dalla 
Banca al de cuius; contratto che, per il secondo comma del citato art. 45 
avrebbe dovuto, e non Io fu, essere dimostrato, ai fini fiscali, mediante 
esibizione in copia di una scrittura privata di data certa, anteriore al 
17 dicembre 1960, data di apertura della successione. Il quinto comma 
dell'art. 45, previsto per debiti nascenti da cambiali o altri effetti, non 
� infatti applicabile ai debiti nascenti da scrittura privata, per i quali 
vale invece il secondo comma dello stesso articolo, che esige la data 
certa della convem;ione scritta da cui ha origine il debito dedotto in 
detrazione. La Corte di merito ha rilevato che nella specie la scrittura 
contenente l'assunto contratto di apertura di credito non � neanche 
stata esibita in atti. 

La norma dell'art. 45 secondo comma, che esige, per la detrazione, 
l'esibizione di una scrittura da �:ui nasce il debito, non � suscettibile di 
interpretazione estensiva, onde, ai fini della detrazione non � ammessa 


890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

altra prova, n� documentale, n� orale, n� :pu� la mancata esibizione 
della scrittura di apertura di credito, essere nella specie sostituita da 
altri mezzi probatori, anche documentali, quali la polizza di pegno, 
l'assegno bancario, l'estratto conto notarile e la denuncia fiscale del 
debito come pi� volte ha avuto modo di rilevare questa Suprema Corte 
(Cass. 30 ottobre 1969, n. 3598, Cass. 29 gennaio 1966, n. 350, Oass. 26 
novembre 1964, n. 281-0). Il primo motivo del ricorso deve, dunque, 
essere rigettato. 

Col secondo, terzo e quarto motivo del ricorso, si ripropone la te.si 
della detraibilit� del debito nonostante la mancata esibizione di una 
scrittura di data certa contenente il contratto di apertura di credito, 
da cui il debito verso la Banca sarebbe nato, tesi che urta contro la lettera 
e la ratio, del secondo comma dell'art. 45, inteso a tutelare l'interesse 
pubblico fiscale e ad evitare frodi, mentre il quinto comma del 
citato artico-lo non � applicabile, trattandosi nella specie di debito nato 
non dall'assegno, ma dall'apertura di credito, come ha ritenuto, con 
congrua motivazione, in punto di fatto, la Corte di merito. Che l'assegno 
crei un obbligo del traente, a pagamento eseguito, che l'assegno possa 
essere un atto commerciale, che vi sia stato un prelievo di somme da un 
deposito di titoli e una garanzia per apertura di credito bancario, sono 
tutte circostanze che non valgono, di per s�, a costituire un rapporto 
cambiario verso la Banca (Cass. 29 gennaio 1966, n. 350) tale da rendere 
applicabile il quinto comma del citato art. 45, onde resta applicabile il 
secondo comma, che tassativamente esige l'esibizione di una scrittura 
di data certa, dalla quale nasce il debito, scrittura che nella specie non 
poteva essere che quella di apertura di credito, non prodotta, n�, ai 
fini fiscali, ricostruibile, indirettamente, attraverso l'esame di altri documenti 
(Cass. 30 ottobre 1969, n. 3598). Anche dunque, il secondo, il 
terzo e il quarto motivo del ricorso non possono essere accolti, mentre 
la Corte di merito ha rilevato che la polizza di garanzia, relativa a 
un'apertura di credito, non era fornita dei requisiti di cui all'art. 45 
citato, secondo comma, nemmeno per quanto attiene alla certezza di 
data, e solo indirettamente dimostrerebbe l'esistenza dell'apertura di 
credito bancario, circostanze che, per effetto della norma fiscale, non 
possono dimostrarsi, poi, mediante prova per testi, dovendo risultare 
dalla scrittura da cui nasce il credito. (Cass. 25 febbraio 1964, n. 415; 
Cass. 7 marzo 1958, n. 766; Cass. 10 agosto 1962, n. 2527). 

Rispetto alla norma del citato art. 45 ogni questione di illegittimit� 
costituzionale � da ritenersi manifestamente infondata, attesa la 
ratio di tutela del pubblico interesse tributario o di evitare frodi allo 
errario, come � stato ritenuto dalla Corte Costituzionale con sentenza 
2,6 .giugno 1965, n. 50. Del pari manifestamente infondata � la questione 
di illegittimit� costituzionale dell'ultimo alinea dell'articolo unico della 
legge 24 dicembre 1969, n. 1083, entrata in vigore .nel corso del presente 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

giudizio, e recante norme interpretative e integrative del citato art. 45 
r.d. 23 dicembre 1923, n. 3270. Dispone la sopravvenuta legge n. W83 
del 1969 che la detrazione dei debiti dall'asse ereditario ai fini dell'imposta 
di successione pu� aversi anche in base ad assegno bancario, se 
venga esibita dal contribuente una determinata documentazione. Peraltro, 
la stessa legge 1083 del 1969, all'ultimo alinea dell'unico articolo che 
la compone, espressamente esclude da ogni diritto a rimboriso �le somme 
gi� pagate prima dell'entrata in vigore della presente legge�. Di tale 
alinea � stata dai ricorrenti prospettata una eventuale eccezione di 
incostituzionalit� per contrasto con le norme dell'art. 3 della Costituzione, 
che fissa il principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla 
legge, e dell'art. 53 della stessa Costituzione, che tale principio, sotto 
il profilo del rapporto fra tributo e capacit� contributiva, estende al 
campo fiscale, deducendosi dai ricorrenti che, con iniquit� manifesta, 
la nuova norma dell'aliena stabilirebbe una discriminazione tra i contribuenti, 
in danno del pi� solerte tra gli obbligati all'imposta, e, cio�, 
di quello che ha adempiuto all'obbligo tributario. La questione cos� 
prospettata dai ricorrenti, che hanno pagata l'imposta, ed assumono di 
essere in condizioni di produrre la documentazione richiesta dalla nuova 
legge ai fini della detrazione del debito e della riduzione di imposta, � 
rilevante perch�, se l'alinea, che nega il rimborso del tributo gi� pagato, 
fosse costituzionalmente illegittimo e non applicabile, i ricorrenti potrebbero, 
previo rinvio in sede di merito, produrre la documentazione 
ed ottenere il rimborso. Se, invece, la disposizione dell'ultimo alinea 
dell'unico articolo della nuova legge non � incostituzionale, ed � applicabile, 
i ricorrenti non avrebbero nessuna possibilit� anche producendo 
la documentazione, di ottenere il rimborso, essendo pacifico, ed ammesso 
testualmente dai medesimi ricorrenti, nella memoria illustrativa, che 
essi hanno pagata l'imposta prima dell'entrata in vigore della legge 
1083 del 1969. Diventa cos� rilevante esaminare se l'eccezione di incostituzionalit� 
dell'alinea che nega il rimborso sia, oppure no, manifestamente 
infodata, perch�, s0 � manifestamente infondata � superfluo rinviare 
in sede di merito, a seguito dello jus superveniens, la causai 
per dar modo ai ricorrenti di esibire la documentazione, dato che essi, 
avendo pagato il tributo, non potrebbero mai avere diritto al rimborso. 
La indagine come gi� � stato accennato deve risolversi nel senso della 
manifesta infondatezza della eccezione .di incostituzionalit�, e, dunque, 
consegue il rigetto del ricorso. Con la norma dell'art. 3 della Costituzione, 
estesa, dall'art. 53 della stessa Carta Costituzionale, alla materia 
tributaria, si intende tutelare l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla 
legge; ma tale principio di eguaglianza .suppone situazioni identiche o 
analogiche: tali non sono le situazioni del contribuente che pag� l'imposta 
e quella del contribuente che non l'ha ancora pagata, e la disparit� 
della situazione � rilevante di fronte allo Stato, titolare del pubblico 


892 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

interesse tributario, e tenuto, eventualmente, al rimborso delle somme 
percepite a titolo di tributo, somme gi� entrate a far parte del patrimonio 
statale, e gi� destinate o in procinto di destinazione, gi� prevista 
secondo le leggi del bilancio, a pubblico interesse. La diversit� di situazioni 
obbiettive, anche nei confronti dello Stato, fra il contribuente che 
ha pagata l'imposta, e quello che non ha ancora eseguita l'obbligazione 
tributaria, non solo consente, un trattamento differenziale, che non altera 
alcuna eguaglianza di situazioni, ma giustifica, anzi,, ed impone, come 
opportuna per il pubblico interesse, e non lesiva di alcun interesse privato, 
la norma di esclusione dei rimborsi delle somme gi� pagate a titolo 
di tributo all'Erario. Ricollegandosi ai normali principi della irretroattivit�, 
del factum praeter preteritum, del diritto quesito, la norma dello 
alinea in questione intende evitare che l'Amministrazione Pubblica sia 
costretta al rimborso imprevisto di somme gi� percette dallo Stato e 
dunque gi� vincolate ad una destinazione di pubblico interesse, gi� 
entrate a far parte, comunque, dei piani di bilancio. Con sentenza 14 
maggio 1968, n. 45 la Corte Costituzionale affermava principi analoghi, 
dichiarando infondata la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 
5 secondo comma della l. 19 luglio 1961, �n. 659, che dispone il divieto 
di rimborso delle imposte gi� pagate, pur attribuendo portata 
retroattiva ai benefici fiscali per alcune costruzioni edilizie. Deve dunque 
ritenersi manifestamente infondata la questione di ille�gittimit� costituzionale 
dell'ultimo alinea dell'articolo unico della legge 24 dicembre 
1969, n. 1083 che vieta i rimborsi dei tributi pagati, pur prevedendo 
sotto particolari condizioni in sede d� interpretazione autentica e di integrazione 
dell'art. 45 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e con efficacia retroattiva, 
la detrazione dall'asse ereditario, ai fini della imposta, dei 
debiti confermati da assegni bancari previa esibizione di una documentazione 
particolare. -(Omissis). 

L 

p 
I 

�~ 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1362 -Pres. Caporaso 
-Est. Della Valle -P. M. Pandolfelli (conf.). -Maugeri (avv. Nicol�) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Sa�o Gargiulo). 


I 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie di valutazione 
e controversie di diritto -Decisioni -Regime processuale. 


I

Le decisioni sulle controversie di valutazione e di diritto si distinr 
guono, a tutti gli effetti, a seconda dell'organo che le ha prowunziate; 
pertanto se la sezione di valutazione della Commissione Provi'nCiale }l.a 
emesso una decisione su questioni di diritto, essa resta soggetta alle 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 

regole processuali stabilite per il procedimento di valutazione, sia per 

i mezzi di impugna.Zione, sia per i termini, sia per la competenza �el giu. 
dice di impugnazione (1). 

(Omissis). -Premesso che l'art. 94 della legge sulle successioni 

stabilisce in sei mesi, a pena di decadenza, il termine per ricorrere alla 

autorit� giudiziaria in tutte le controversie riguardanti le tasse e le 

sopratasse contemplate in detta legge, le quali abbiano formato oggetto 

di decisione amministrativa, e che tale termine decorre. dalla data di 

notifica dell'ultima decisione� definitiva intervenuta in sede di Commis


sioni tributarie, la Corte di Messina, dato atto che i motivi fatti valen 

dagli opponenti con la citazione del 17 giugno 1959 avverso l'ingiunzione 

fiscale del 18 maggio 191>9 erano sostanzialmente gli stessi che la Com


missione Provinciale delle Imposte, Sezione Valutazione, con decisione 

notificata il 12 giugno 1958, da ritenere �.definitiva � a tutti gli effetti, 

aveva avuto gi� modo di esaminare e di disattendere, ha dichiarato 

improponibile l'opposizione stessa in quanto proposta quando erano or


mai trascorsi pi� di sei mesi dalla notifica di detta decisione. 

Coi due motivi dedotti -che~ in quanto tra loro intimamente colle


gati, possono essere esaminati congiuntamente -i ricorrenti, denunciando 
la violazione e la falsa applicazione dell'art. 29 r.d. L. 7 agosto 
1936, n. 1639 e dell'art. 39 r.d. 8 luglio 1937,. n. 1516, nonch� degli articoli 
93 e 94 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 in relazione all'art. 360 
n. 3 cod. proc. civ., e 37 e 41 codice di rito in relazione all'art. 360 n. 1 
e 5 stesso codice, censurano ora tale �sentenza per aver fatto decorrere 
erroneamente il termine di decadenza di cui all'art. 94 della citata legge 
�n. 3270 del 1923 dalla data di notifica della decisione emessa il 20 marzo 
1958 dalla Commissione Provinciale delle Imposte Sezione Valutazione 
-(e cio� dal 12 giugno 1958) -nonostante che detta decisione, 
essendo stata tempestivamente impugnata davanti alla Commissione 

.Provinciale Sezione Speciale per le questioni di diritto, non fosse mai 
divenuta definitiva e nonostante che fosse tuttora pendente davanti 

(1) Deci-sione esattissima che si basa su principi del processo tributario 
ampiamente trattati nella recente giurisprudenza. Sulla distinzione tra controversie 
di valutazione e controversie di diritto v. Cass. 7 settembre 1970, 
n. 1237 e 1247 in questa Rassegna 1970, I, 855; sulla definitivit� della decisione 
della Commi-ssione di valutazione v. Cass. 14 ottobre 1970, n. 2003, 
ivi, 1970, I. 1112; sulla decorrenza del termine dalla notifica della decisione 
per sua natura definitiva e l'irrilevanza sul decorso di esso di impugnazione 
non ammessa (come nel caso del ricorso alla Commissione Centrale contro 
la decisione di valutazione) v. Cass. 26 ottobre 1970, n. 2158, ivi, 1970, I, 
1135 e 25 giugno 1966, n. 1617, ivi, 1967, I, 630. Assai importante � la precisazione 
che la decisione si �qualifica per la natura dell'organo che l'ha 
pronunciata e non per il suo contenuto. 

894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla Commissione Centrale il ricorso ,proposto avverso la pronuncia 
di merito emessa in sede di gravame da quest'ultima Commissione 
{Sezione Speciale). 

La censura non � fondata. 

Ed invero, posto che nel sistema della legge le controversie in 
materia di imposte indirette -(e tale � l'imposta di successione) si 
distinguono tra loro a secondo che hanno per oggetto la valutazione 
dell'imponibile ovvero l'applicazione della legge; che esse �sono rispettivamente 
devolute, le une, in prima istanza alla cognizione delle Commissioni 
Distrettuali ed in secondo grado alle Commissioni Provinciali 
e, le altre, all'apposita Sezione delle Commissioni Provinciali (Sezione 
Speciale di diritto) e, in grado d'appello, alla Commissione Centrale 
(art1 29 terzo e quarto comma r.d. 7 a.gosto 1936 n. 1639); ed infi;ne 
che la stessa legge dichiara espressamente �definitivo� il giudizio emesso 
dalle Commissioni Provinciali in ordine alla valutazione �dell'imponibile, 
consentendone l'impugnativa davanti all'Autorit� giudiziaria 


loltre che, beninteso, il ricorso per cassazione per violazione di legge 
ai sensi dell'art. 111 Costituz.) -solo quando, �per grave errore 
ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione del 
valore�, si ha una vera e propria violazione del diritto soggettivo del 
contribuente a che l'imposizione fiscale venga contenuta nei limiti tassativi 
di legge, non vi � dubbio che, nel promuovere l'uno o l'altro tipo 
di controversia, � tenuto il contribuente a seguire l'iter processuale per 
quel singolo tipo stabilito dalla legge, rispettando conseguentemente 
non �solo il criterio della .competenza come sopra enunciato ma altres� 
il sistema di impugnazione delle decisioni, coi limiti temporali inderogabilmente 
posti dal citato art. 29. 

Ne deriva che, ove venga per errore proposta una controversia 
davanti ad una Commissione invece che davanti all'altra -(come 
�, per l'appunto, avvenuto nella fattispecie in oggetto, nella quale � 
stata proposta una questione di diritto alla Commissione di valutazione 
invece che alla Sezione Speciale) -la procedura da seguire � pur 
sempre quella prevista per la Commissione adita, con la logica conseguenza 
che la decisione da quest'ultima emessa, indipendentemente dal 
suo �contenuto sostanziale, rimane sottoposta alle norme che� ne disciplinano 
la impugnabilit�, non essendo consentito mutuare per un tipo 
di controversia, e quindi di giudizio, le regola processuali dettate per 
l'altro ed operare per tale via una inammissibile e caotica commistione 
di norme. 

Contro la decisione pronunciata dalla Com:r:p.issione di Valutazione 
su una questione di diritto non � pertanto ammessa la diversa impugnativa 
prevista per le decisioni emesse dalle Commissioni di diritto, 
dovendosi l'impugnativa ritenere regolata non dal contenuto ma dal 



PARTE �I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 895 

tipo della decisione, avendo riguardo soprattutto all'organo da cui questa 
� stata emessa. 

La sentenza impugnata si sottrae quindi alla censura che le � stata 
mossa, non potendosi seriamente contestare che essa ha fatto retta applicazione 
della leg.ge allorch�, sul rilievo �che la decisione 2-0 marzo 
1958 della Sezione Valutazione della Commissione Provinciale era da 
-considerarsi definitiva stante l'inammissibilit� del reclamo proposto davanti 
alla Sezione Speciale di diritto della Commissione stessa, ha fatto 
decorrere dalla data di notifica della decisione medesima (12. giugno 
1958) il termine di sei mesi stabilito dall'art. 94 della legge sulle successioni 
per l'impugnativa in sede giudiziaria, ancorch� proposta 
come nella specie -sotto forma di opposizione ad ingiunzione ti.
scale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1363 -Pres. Rossano 
-Est. Della Valle -P. M. Chir� (conf.) -Soc. CEITAL (avv. 
Guadagni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Costituzione di societ� e aumenti di capitale -Possibilit� 
di costituire sedi e succursali fuori del mezzogiorno -Esclusione 
dell'agevolazione. 

(1. 23 luglio 1957, n. 634, artt. 36 e 38; d.m. 14 dicembre 1965). 
Le agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno di cui 
.agli artt. 36 e 38 della legge 29 luglio 1957, n. 634 ed al d.m. 14 diicembre 
1965, avente valore interpretativo, sono indissolubilmente legate 
al fattore �territorio�, nel senso che esse sono applicabili quando 
risulta con assoluta certezza che la societ� che le invoca � opera� nel 
mezzogiorno, cio� in detto territorio esplica tutta intera la sua attivit� 
industriale. Se pertanto � compatibile con l'agevolazione la creazione 
.fuori del territorio di organismi diretti allo smercio dei pl!'od.otti (a 
condizione che di ci� sia fatta menzione nell'atto costitutivo) non lo 
.� mai la creazione, anche soltanto eventuale, di sedi secondarie, succursali 
o simili attraverso cui la realizzazione dell'oggetto e degli scopi 
sociali si proietti fuori del territorio del mezzogiorno e ancor meno 
.� compatibile con l'agevolazione la possibilit� di trasferire la sede sociale 
in altra localit� del territorio nazionale (1). 

(1) Decisione assai importante che fa luce su una questione variamente 
risolta dai giudici di merito e dalla Commissione Centrale; cfr. Trib. Napoli 
4 aprile 1966 in questa Rassegna, 1966, I, 943. 

896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Coi due motivi dedotti -che, in quanto rivolti entrambi 
a censurare l'applicazione che la sentenza impugnata ha fatto 
in concreto del disposto degli artt. 36 e 38 della 1. 29 luglio 19<57 n. 634 
sulla industrializzazione. del Mezzogiorno, possono essere esaminati congiuntamente 
~la ricorrente CEITAL, denunciando la violazione delle 
surrichiamate norme di legge in relazione agli artt. 1362 e.e. e 360 

n. 3 e 5 cod. proc. civ., si duole che la Corte di merito, da una parte 
muovendo dall'errato rilievo che la clausola dell'art. 3 dello statuto 
sociale, col prevedere la possibilit� di � creare sedi secondarie, succursali, 
depositi e filiali in tutto il territorio nazionale � e di � spostare 
la sede sociale da un luogo all'altro�, fosse in contrasto con lo scopo 
perseguito dalla legge speciale di favorire lo sviluppo e la valorizzaziol).
e industriale del Mezzogiorno, e, dall'altra, rifiutandosi di disporre 
quella �ispezione giudiziale dei luoghi � che avrebbe consentito, se disposta, 
di accertare che lo stabilimento di essa CEITAL si �trovava in 
Giugliano in Campania, e cio� in pieno Mezzogiorno, le abbia ingiustamente 
negato quei penefici fiscali che in base alla citata legge 634 del 
1957 le sarebbero viceversa spettati. 
In particolare, essa sostiene che alla summenzionata clausola dell'art. 
3 dello statuto sociale non si sarebbe dovuta attribuire rilevanza 
giuridica alcuna, trattandosi di una clausola di mero stile; e che, ad 
ogni modo, a rivelare in modo inequivoco l'assoluta inconsistenza della 
clausola stessa stava, nella specie, oltre che la norma statuaria con la 
quale era stato tassativamente stabilito che le attivit� sociali si sarebbero 
dovute espletare �nell'ambito de11e disposizioni per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno�, la circostanza obbiettiva che il capitale 
raccolto attraverso l'aumento deliberato con l'atto registrato il 4 giugno 
1963, era stato effettivamente impiegato per realizzare il programma 
di organizzazione tecnica e di esercizio dello stabiUmento costruito in 
Giugliano per la produzione di condotture e di apparecchiature elettriche 
in genere. 

L.a censura non � fondata. 
Nell'intento di incrementare l'industrializzazione del Mezzogiorno, 
e pi� precisamente dei territori contemplati nell'art. 3 della legge 10� 
ottobre 1'950, n. 646 e successive modificazioni e integrazioni, l'art. 36 
della legge 29 luglio 1957, n. 634 stabilisce che �gli atti costitutivi di 
societ�, comprese quelle cooperative, sono soggetti alle imposte di registro 
e ipotecarie in misura fissa sempre che la costituzione abbia luogo 
entro il decennio dalla entrata in vigore della legge, che la societ.� 
costituita abbia per oggetto l'esercizio di attivit� industriale, e infine 
che il capitale relativo sia destinato all'impianto negli indicati territori 
di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati e al loro esercizio. 

La stessa legge, al successivo art. 38, avverte inoltre che il medesimo 
beneficio � concesso anche per gli aumenti di capitale, in nume




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

rario o beni o crediti, quando essi � sono preordinati al potenziamento 

dell'attivit� industriale ., anche se la ditta siasi costituita prima dell'en


trata in vigore della legge, purchfl � abbia sede ed operi � negli stessi 

suindicati territori. 

Dal coordinamento fogico di tali qorme appare pertanto evidente 
che, in quanto si collocano tra le altre ;provvidenze adottate dal legislatore 
al fine di avviare una buona volta a soluzione, in vista delle molteplici 
e gravi implicazioni d'ordine sociale ed econo.iico derivantine, 
l'annoso problema del Mezzogiorno, e cio� dell'esodo, sempre pi� mas~ 
, siccio, di cospicue forze lavorative dalle zone economicamente pi� deboli 
ed arretrate del Sud verso quelle pi� ricche e progredite del Nord 

o di altri Paesi stranieri, i benefici fiscali di cui sopra sono indissolubilmente 
legati al fattore � territorio �, nel senso che soltanto allora 
possono trovare applicazione quando risulta con assoluta �certezza che 
la societ� �che li.invoca e che viene ammessa a fruirne �opera� nell'ambito 
territoriale tassativamente delimitato dalla legge, e cio� esplica 
in questo tutta intera la sua attivit� industriale, ivi realizzando in tal 
modo gli scopi sociali ed economici a tale attivit� connessi. Gli stessi 
benefici debbono essere. viceversa negati le quante volte, per il concorso 
di particolari circostanze da valutare nei singoli casi, vi 1Sia 
ragionevole motivo di temere, anche in via di mera eventualit�, che 
di essi, attraverso maliziosi accorgimenti, la societ� beneficiata si possa 
di fatto avvalere per perseguire finalit� estranee o comunque non direttamente 
�collegate allo sviluppo ed alla valorizzazione industriale del 
Mezzogiorno, vale a dire a quell'insediamento di nuovi centri di produzione 
industriale o a quel potenziamento dei centri gi� esistenti che 
con le norme agevolative si � inteso incentivare. 
Alla stregua di tali principi la sentenza impugnata appare giuridicamente 
ineccepibile. 

Ed invero, posto che nello statuto sociale -(che per l'art. 2328 
ultimo comma cod. civ. � da considerarsi parte integrante dell'atto costitutivo, 
�ui la delibera di aumento di capitale si ricollega a sua volta) 
-era prevista espressamente per la CEITAL .la ;possibilit�, generica 
ed incondizionata, non solo di �creare sedi secondarie, succursali, depositi 
e filiali in tutto il territorio nazionale � ma altresi di �spostare 
la sede sociale da un luogo all'altro� -(e perci� anche in localit� non 
compresa nei territori contemplati dalla 1. n. 646 del 1950 e successive 
modifiche e integrazioni) -rettamente la Corte di merito, attenendosi 
implicitamente, da un lato, al criterio altra volta enunciato da questa 
Suprema Corte in tema di agevolazioni fiscali cir:ca l'esigenza di evitare 
fin dall'origine, attraverso la vincolativit� dei requisiti formali dell'atto 
assoggettato a tassazione, che il negozio in questo contenuto possa 
estendersi ad operazioni diverse� dando in tal modo luogo ad un inde



898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bito trattamento di favore (Cass. 3 aprile 1970 n. 881), ed interpretando, 
dall'altro lato, incensurabilmente, con adeguata e corretta motivazione, 
la clausola statuaria in oggetto al fine di coglierne il contenuto sostanziale 
e di identificarne, come prescrive l'art. 8 della legge di registro 
30 dicembre 19�23 n. 3269, l'intrinseca natura e gli effetti derivantine, 
� pervenuta alla conclusione che i due atti registrati il 215 gennaio ed 
il 4 giugno 1963 non potevano usufruire del beneficio invocato, essendo 
fin troppo evidente che i soci della CEITAL, incuranti o dimentichi 
del vincolo imposto alla societ� di mantenere permanentemente, per 
tutta la sua durata, la propria sede sociale nei territori indicati nella 
legge agevolativa, avevano in effetti inteso riservarsi 'la pi� ampia ed 
incondizionata libert� sia di proiettare anche al di fuori di detti territori 
la realizzazione dell'oggetto e degli scopi sociali mediante la creazione 
indiscriminata -(vale a dire. preordinata allo svolgimento di 
tutta l'attivit� sociale e non limitatamente a quello �smercio dei prodotti 
degli opifici sociali � che, atteso il suo carattere di complementarit� 
rispetto alla produzione, � da ritenersi in ogni caso consentito, 
a condizione per� che di esso sia fatta esplicita menzione nell'atto costitutivo: 
arg. art. 4� d.m. 14 dicembre 1965, interpretativo e non innovativo 
delle precedenti norme sulle modalit� di applicazione delle agevolazioni 
fiscali per il Mezzogiorno) -di � sedi secondarie, succursali, 
.ecc.�, sia di trasferire in qualsiasi momento la sede sociale da una loca


lit� all'altra del territorio nazionale. 

E non vale opporre -come la ricorrente oppone -che, avvertendo 
esplicitamente l'atto costitutivo che le attivit� sociali si sarebbero 
dovute � espletare nell'ambito delle norme sulla industrializzazione del 
mezzogiorno �, non sarebbe stato possibile, in pratica, eludere la legge, 
importando l'inosservanza di detta � avvertenza � il recesso eventuale 
dei soci dissenzienti. 

Ai fini della concessione di che trattasi la legge esige invero, come 

si � detto, che si possa presumibilmente escludere � ad origine � che 

la societ� �operi� o fissi o sposti la propria sede sociale fuori dei terri


tori per i quali le agevolazioni sono accordate: e non � certo l'eventua


lit� che qualche socio, avvalendosi della facolt� datagliene dall'arti


colo 2437 cod. civ., recer'L dalla societ�, motivo tale, di per s� solo, 

da fare escludere con ragionevolezza la possibilit� del verificarsi in 

futuro di quello � sconfinamento territoriale � che la clausola statuaria 

considera possibile ed attuabile. 

Del pari vano � dolersi, infine, che la Corte napoletana non abbia 

dato akuna rilevanza al fatto -accertabile col sopralluogo inutilmente 

richiesto da essa ricorrente -che l'aumento di capitale di cui all'atto 

registrato il 4 giugno 1963 era servito in realt� per potenziar~ lo� 

stabilimento di produzione di Giugliano in Cam,pania. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 

Anche per gli aumenti di capitale vale, infatti, il principio .concernente 
la tassativit� del vincolo che deve sussistere tra l'attivit� industriale 
e la sede sociale, da una parte, ed i territori indicati dalla legge, 
dall'altra; ond'� che, una volta accertata insindacabilmente, in base alle 
suesposte cosiderazioni, l'insussistenza, nella specie, di tale vimcolo, 
rettamente la Corte respinse, in quanto irrilevante e superflua, l'indagine 
sollecitata dalla CEITAL. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1364 -Pres. Favara 
-Est. Maccacane -P. M. De Marco (conf.) -Tamburri (avv. 
Vigliane) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di re~istro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� 
-Prova della provenienza del prezzzo -Certificazioni bancarie Idoneit�. 


(d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 
Per vincere la presunzione di trasferimento gratuito fra parenti 
posto dall'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90 � sufficiente dimostrare, con 
un qualunque atto di data. certa secondo il codke civile, la disponibilit� 
della somma con�ispondente al prezzo e l'impiego effettivo di essa nel 
pagamento del prezzo stesso; deve quindi ritenersi vinta la presunzione 
quando risulti che il prezzo sia stato pagato mediante assegni emessi 
all'ordine del compratore in data anteriore al contratto e girati al venditore 
e allorch�, mediante certificazione bancaria di data anteriore. 
da ritenersi certa per la natura pubblicistica dell'istituto bancario, si 
dimostri che l'importo degli assegni � stato ricavato dalla vendita di 
titoli di propriet�, del comp1�atore (1). 

(1) Decisione �Che non pu� essere condivisa. � bensi vero che � sufficiente 
la prova della disponibilit� della somma da parte del compratore e 
non � richiesta la prova ulteriore della non provenienza mediata dal patrimonio 
dell'alienante (Cass. 6 maggio 1969, n. 1530 e 3 maggio 1969, n. 1472 
in �questa Rassegna, 1969, I; 680); tuttavia la prova della disponibilit� della 
somma e del suo impiego per il pagamento del prezzo deve essere rigorosa 
(Cass. 23 luglio 1969, n. 2777, ivi, 914 e 23 luglio 1969, n. 2775, ivi, 917; 
25 febbraio 1971, n. 483, ivi, 1971, I, 626; 13 dicembre 1969, n. 3942, Riv. Leg. 
Fisc., 1970, 678). 
� pure esatto che, quanto ai requisiti formali, la prov�a pu� essere 
offerta con un atto che abbia acquistato data certa a norma dell'art. 2704 e.e. 
e quindi anche a seguito di �altro fatto� che stabilisca in modo egualmente 
certo l'anteriorit� della formazione del documento; ma questo non 
autorizza a dare rilevanza alle certificazioni bancarie n� in quanto atti .provenienti 
da �soggetti di diritto pubblico, n� in quanto obbiettivamente assi-stiti 
da presunzione di particolare veridicit�. 



900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunciandosi la violazione e 
falsa applicazione dell'art. 5 d.l. 8 marzo 1945, n. 90 e dell'art. 2'!003 e.e. 
si sostiene che il Tamburri, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice 
del merito, aveva fornito prova idonea a v~ncere la presunzione di liberalit� 
posta dal citato art. 5, avendo dimostrato di aver corrisposto il 
prezzo con assegni circolari emessi anteriormente alla stipulazione dell'atto 
e, per di pi�, di aver ricavato l'importo degli assegni dalla vendita 
dei titoli di sua propriet�. 

La censura � fondata. 
La disposizione dell'art. 5 d.l. 8 marzo 1945 riproduce, nelle sue 
linee strutturali, l'abrogata norma dell'art. 7 d.l. 26 settembre 1935, 

n. 1749, riducendone tuttavia il campo di applicazione ed attenuando 
il rigore formale della prova richiesta per vincere la presunzione di 
gratuit� degli atti considerati. 
Infatti, la nuova disposizione ha limitato la presunzione di liberalit� 
alle vendite immobiliari stipulate fra parenti entro il terzo grado 
(mentre la precedente norma comprendeva anche quelle fra parenti 
entro il quarto grado) e, quanto alla prova necessaria a viI?-cere la presunzione 
anzidetta, dispone che essa deve �consistere nella dimostrazione 
�della provenienza del prezzo pagato� e che tale dimostrazione deve 
essere fornita in �base ad atti aventi data �Certa ai sensi del codice 
civile� (laddove la precedente disposizione richiedeva che la data certa 
del titolo comprovante la provenienza del prezzo pagato dovesse risultar 
dalla formalit� della registrazione). 

Dalla nuova formulazione �si evince che per � provenienza del prezzo 
� deve intendersi non solo la mera disponibilit� della somma da 
parte dell'acquirente in epoca anteriore all'acquisto, ma anche � l'impiego
� della stessa nel pagamento del prezzo da corrispondere. Pertanto 
la prova per vincere la presunzione posta dalla legge deve, quanto 

Sotto il primo aspetto le banche, anche se istituti di diritto pubblico, 
agiscono nei rapporti con i propri clienti �come imprenditori privati e gli 
atti che compiono non possono mai qualificarsi atti pubblici; meno che mai 
quando 1si tratti di certificati emessi al di fuori di ogni potere di certificazione 
pubblica (Cass. 2 ottobre 1956, n. 3309, FCYro It., 1956, I, 1794); sotto 
il secondo a�spetto non pu� certo bastare l'affermazione di una .generica inverosimig.
Uanza del proposito della banca di favorire un suo cliente a conferire 
la valiidit� formale voluta dalla legge ad una semplice dichiarazione. 
Si potr� tutt'al pi� affermare che, attraverso una specifica indagine, pu� 
stabilli:si ohe gli atti della �contabilit� bancaria per iJl sistema moderno di 
organizzazione meccanizzata e automatizzata, soggetta a numerosi controlli 
e riscontri, rendono impossibile un'alterazione di dati si .che le registrazioni 
contabili possono in determinati casi ritenersi di data certa agli effetti 
dell'art. 2704 e.e.; ma ci� richiede che la dimostrazione sia data attraverso 
un atto (o la copia autentica di esso) inserito in qruel meccanismo automatico 
obiettivamente insuscettibile di manipolazione, cosa che non si verifica 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 901 

al suo contenuto, concernere entrambe le �Circostanze ora dette, ma non 
l'ulteriore circostanza del modo con cui il denaro sia entrato nel patrimonio 
dell'acquirente. Infatti l'art. 5 della legge n. 90 del 1945 deroga 
al principio dell'art. 8 della legge di registro, secondo cui la tassazione 
dell'atto deve essere fatta in relazione all'intrinseca natura ed 
agli effetti di esso, poich�) il legislatore ha posto la presunzione di gratuit� 
con esclusivo riferimento al fatto che il trasferimento sia intervenuto 
tra persone legate da vincolo di parentela entro il terzo grado. 

Ci�, peraltro, al solo fine di applicare l'aliquota relativa agli atti 
a titolo gratuito se ed in quanto essa sia maggiore, come � precisato 
dall'articolo stesso (�e sempre che la imposta di trasferimento a titolo 
oneroso risulti inferiore a quella stabilita per i trasferimenti a titolo 
gratuito � ), di guisa che, ad ogni altro effetto l'atto � da considerare a 
titolo oneroso. Pertanto il citato art. 5, eostituendo una disposizione 
speciale anche rispetto all'art. 8 della legge di registro, deve essere 
interpretato in senso tassativo, con la conseguenza che per vincere la 
presunzione di gratuit�, ai fini della tassazione, � sufficiente dimostrare, 
nei modi indicati dalla legge, la disponibilit� di una somma corrispondente 
al prezzo e l'impiego effettivo di tale somma nel pagamento del 
prezzo .stesso. 

Tali .circostanze, poi, devono essere� provate documentalmente, ossia 
mediante scritture aventi data certa e opponibili rispetto ai terzi, 

"' ai sensi dell'art. 2704 c ..c. e quindi non solo con il mezzo della registrazione 
della scrittura medesima o della sopravvenuta impossibilit� della 
sottoscrizione da parte di colui che figura firmatario o della riproduzione 
del suo contenuto in atti pubblici, ma anche mediante qualsiasi 
� altr� fatto� idoneo a stabilire, in modo egualmente certo, l'anteriorit� 
della formazione del documento all'uso �che se ne faccia nei confronti 
dei terzi (cass. nn. 1472, 1530, 3942 del 1969). 
Alla stregua di tali criteri � agevole constatare, con riguardo alla 

sempre, e in nessun caso pu� ipotizzarsi per la �certificazione che non � altro 
che la dichiarazione di un terzo (qualcosa di meno di una deposizione 
testimoniale giurata), che, a'\Plllsa dal meccanismo �complesso di registrazione, 
pu� ben essere incompleta, .reticente o compiacente. Non bisogna 
dimenticare che la legge esige che la prova sia data .con un atto formalmente 
di data certa e non sostanzialmente attendibile; non bisogna confondere 
.questi concetti e riferire alla certezza della data ci� che attiene alla 
valutazione di merito dell'attend~bilit� della prova. 

Sulla questione dell'alienazione di titoli per realizzare la disponibilit� 
della somma, va segnalato che la S:C:. con fa sent. 6 maiggio 1969, n. 1530, 
gi� citata, ha ammesso che la donazione dei titoli disposta dal venditore al 
compratore possa essere collegata con la successiva compravendita il cui 
prezzo pagato derivi dall'utilizzo dei titoli medesimi, si che dai due atti 
separati possa enuclear.si un'unico negozio nel quale risulti esclusa la causa 
onerosa. 

13 



902 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fattispecie, che la Corte del merito ha erroneamente valutato la prova 
liberatoria offerta dal Tamburri mediante la esibizione, al momento 
della conclusione del contratto, di assegni circolari ,pari al prezzo della 
compravendita, emessi dalla Banca dell'Agricoltura all'ordine dell'acquirente, 
in data anteriore al contratto, e da lui girati al venditore per 
il pagamento del prezzo pattuito, nonch� mediante la certificazione bancaria 
(avente data anteriore all'atto) idonea anche essa, in relazione 
alle circostanze concrete da esaminare, a vin�ere la presunzione di gratuit� 
di cui all'art. 5 della 1. n. 90 del 1945, stante la natura pubblicistica 
degli enti bancari e la verosimile inconcepibilit� di un intento 
della banca di alterare le proprie registrazioni per favorire i clienti 

nelle controversie di imposta (cass. civ. 30 maggio 1969, n. 1920). 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13i maggio 1971, n. 1381 -Pres. Favara 
-Est. Geri -P. M. De Marco (conf.) -Soc. Fonderie Filiberti 
(avv. Biamonti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fanelli). 

Imposta di registro -Presunzione di appartenenza dei macchinari 
all'opificio -Presunzione assoluta. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). 
Imposta di registro -Presunzione di appartenenza dei macchinari 
all'opificio -Art. 47 quinto comma legge di registro -Illegittimit� 
costit�zionale -Manifesta infondatezza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47; Cost., artt. 3 e 53). 
La presunzione di appartenenza dei macchinari all'opificio fino a 

quando non siano effettivamente smontati e trasportati � assoluta, s� 

che � irrilevante la prova che i macchinari ancora asserviti all'opificio 

siano di propiret� aliena (1). 

� manifestamente infondata la questione di illegittimit� costitu


zionale del' quinto comma dell'art. 47 della legge di registro (presun


zione di appartenenza dei macchinari all'opificio) per contrasto con gli 

artt. 3 e 53 Cost. (2). 

(1-2) La prima massima, riconfermando una giurisprudenza che pu� 
ritenersi pacHka (Ca�ss., Sez. Un., 3 luglio 1957, n. 2599, Riv. leg. Fisc., 
1957, 1743;. Sez. J:, 16 febbraio 1953, n. 387, ivi, 1953, 374),. dopo aver ricordato 
che la presunzione del quinto comma dell'art. 47, a differenza di quella del 
primo e secondo comma, � assoluta, si che � irrilevante, fino a che non sia 
avvenuta la materiale separazione, la prova della propriet� aliena, chiarisce 
che la presunzione opera in senso obiettivo, indipendentemente dalla ap




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 903 

(Omissis). -Nell'unico motivo del ricorso la societ� ricorrente 
deduce la violazione dell'art. 47 della legge organica di registro e la 
omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia ai 
sensi dell'art. 360 n. 3 e 5, nonch�( alternativamente, l'illegittimit� costituzionale 
dell'art. 47, 5� comma della legge di registro per contrasto 
con gli artt. 3 e 53 Costituzione. 

L'art. 47 leg,ge di registro, contrariamente all'opinione della Commissione 
Centrale, non porrebbe una presunzione assoluta (iuris et de 
iure) relativamente al macchinario di un opificio, che non sia stato -in. 
sede di vendita dell'uno e dell'altro -smontato e trasportato altrove, 
ma relativa al pari di quella prevista nel 1� e 2� comma dello stesso 
art. 47. La prova contraria sarebbe dunque ammissibile mediante atti 
che abbiano acquistato data certa anteriore con la registrazione, quale 
appunto dovrebbe essere ritenuto quello registrato il 3 gennaio 1956 
(cio� 7 giorni prima), secondo il quale la propriet� dei macchinari e 
delle attrezzature non era della venditrice, madre e so'rella dei soci, 
ma di quest'ultimi, �che li avevano conferiti in societ� ed in base a tale 
conferimento erano gi� stati tassati con l'aliquota immobiliare. 

Se tuttavia si volesse attribuire a detta presunzione carattere di 
assolutezza, in tal caso la norma sarebbe in contr_asto con la Costituzione 
e precisamente con il principio della parit� di imposizione tributaria 
a parit� di capacit� contr�butiva e con il connesso divieto di duplicazione 
d'imposta. 

L'Amministrazione finanziaria, dopo avere osservato che in difetto 
del distacco e trasporto altrove dei macchinari, non pu� essere data 
la prova della loro appartenenza ad altri, rileva che se pure si vo]esse 
ammettere al prova contr~;ria mediante atto registrato anteriormente, 
questa non sarebbe stata raggiunta poich� dall'atto registrato il 3 gennaio 
1956 non risultava che le pertinenze erano pervenute alla societ� 
da altri o appartenevano ad altri, onde neppur poteva 9onsiderarsi 
rilevante la qu_estione di legittimit� costituzionale, peraltro manifestamente 
infondata, essendo ben ammissibile, in base ai principi generali 
del diritto (art. 2727, 272'8 cpv., cod. civ.), la prova per presunzioni. 

Il ricorso � destituito di fondamento. 

�La societ� ricorrente, dopo avere sostenuto, nell'atto di impugna


partenenza dei macchinari al proprietario dell'immobile e quindi anche nel 
caso in cui risulti dimostrato con atti di data certa che i macchinari non 
erano .di propriet� del venditore. Assai acuta � al riguardo l'osservazione 
che la norma non fa nemmeno menzione del venditore e pone direttamente 
a carico dell'acquirente dell'immobile la presunzione di kasferimento dei 
macchinari non separati. 

La legittimit� costituzionale delle norme che stabiliscono presunzioni a 
danno del contribuente � stata pi� volte �affermata dalla Corte Costituzionlae 
(sentt. 16 luglio 1968, n. 99, in questa Rassegna, 1968, I, 542; 26 
giugno 1965, n. 90, ivi, 1965, I, 867). 



904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, la relativit� della presunzione di cui al 5� comma dell'art. 47 
della legge or.ganica di registro, consa,pevole forse della fragilit� di 
questa tesi, ha vigorosamente sostenuto, nella memoria, la sua inapplicabilit� 
per difetto del preteso presupposto della propriet� contemporanea 
nell'alienante sia dell'immobile che del macchinario. 

L'oscillazione della giurisprudenza, al riguardo, della Commissione 
tributaria centrale, ha agevolato l'impugnazione, che tuttavia deve considerarsi 
irtconsistente sotto ambedue i profili. 

In ordine al primo, concernente l'estensione indifferenziata della 
presunzione di cui al 1� e 2� comma dell'art. 47 a tutte le altre ipotesi 
espressamente previste in detta disposizione, � sufficiente osservare che 
la disciplina della vendita congiunta o s~arata dell'immobile e del 
macchinario non smontato n� trasportato altrove di un opificio si distingue 
con effetti derogativi ed eccezionali rispetto a quella generale dei 
trasferimenti di immobili �con �pertinenze�. 

Infatti � possibile dare la dimostrazione che le �pertinenze� pur


0

ch� non consistano in macchinario di un opificio, sono pervenute all'acquirente 
da altri o appartengono ad altri, senza alcuna necessit� che 
il vincolo pertinenziale �sia rotto e le � cose � siano trasportate altrove. 
Basta in tal caso un atto di data certa anteriore conseguita col mezzo 
della registrazione. 

Tale possibilit� non � ammessa per il macchinario, soggetto quindi 
ad una pi� ri.gida disciplina tributaria, a meno �che sia stato smontato 
e trasportato altrove. Solamente al verificarsi di questa condizione materiale, 
ca;pace ad un tempo di spezzare il vincolo pertinenziale e precludere 
l'uso del macchinario nell'ambito dell'opificio considerato, � 
data la prova liberatoria con atto di data certa anteriore. 

Nell'opposta ipotesi la presunzione si rivela manifestamente assoluta 
( � iuris et de iure �), essendo apparso al legislatore fiscale sommamente 
improbabile che le macchine di uno stabilimento industriale, destinate 
alla produzione ad esse propria, possano appartenere, finch� 
assolvono �in loco � a questa loro specifica funzione, a persona diversa 
dal proprietario dello stabilimento stesso (Cass. 3 luglio 1957, n. 2599). 

Le considerazioni di cui sopra spiegano altresl perch� si rivela 

inconsistente anche il secondo profilo prospettato dalla contribuente 

societ�, quello .secondo il quale la presunzione del 5� comma dell'arti


colo 47 avrebbe come suo indeclinabile presupposto che il proprietario 

alienante dell'immobile sia proprietario anche del macchinario. 

Se fosse vera siffatta proposizione la presunzione assoluta predetta 
non troverebbe pratica applicazione. Cio� la prova liberatoria ammessa 
nel 2� comma e negata nel 5�, sarebbe invece sempre ammissibile, in 
base alla pretesa esigenza del presupposto di cui sopra, senza alcuna 
necessit� che i macchinari, come invece la legge vuole, siano smontati 
e trasportati altrove. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Vero � invece che 1a norma deve essere riguardata secondo una 
sua proiezione essenzialmente obiettiva, incardinata sul trasferimento 
dell'immobile e sulla mancata asportazione dallo stesso dei relativi 
macchinari. In concomitanza di codeste condizioni tipicamente oggettive: 
vendita cio� dell'immobile e presenza delle macchine al servizio 
dell'opifiicio, si presume un trasferimento unitario, indipendentemente 
dall'appartenenza dell'una e dell'altro a persone diverse o dall'acquisto 
che persone diverse ne abbiano fatto dallo stesso o da diversi venditori. 

Anzi, in proposito, � sintomatico come, nella norma, non vi sia 
neppure un cenno all'alienante, bens� soltanto all'acquirente, e si pretenda, 
in modo quanto mai rigoroso, che per escludere l'unitariet� 
della cessione non soltanto sia necessaria la materiale separazione del 
macchinario dall'immobile, ma altres� la prova della appartenenza ad 
altri del secondo mediante un atto di data certa anteriore. 

Si pu� quindi ritenere che la propriet� delle macchine nella persona 
dell'alienante del fondo, lungi dall'essere un presupposto. di applicazione 
della presunzione, rientra viceversa nell'ambito del suo contenuto. 


N� deve meravigliare tale conclusione, cos� contrastante con i comuni 
principi di diritto civile, in quanto nel settore tributario non pu� 
essere negata, forse pi� che in altri campi del diritto, l'esigenza di rigide 
ed amplissime presunzioni contro l'evasione fiscale. 

La societ� contribu�nte, prospettando codesta soluzione, solleva, 
per l'ipotesi di un suo accoglimento, una eccezione di illegittunit� costituzionale 
della norma per contrasto con gli artt. 3 e 53 delJa Costituzione, 
in quanto l'aff~rmata presunzione assoluta importerebbe una 
disparit� di trattamento fra contribuenti, attraverso la duplicit� della 
tassazione. Infatti quando. i macchinari provenissero dall'alienante dell'immobile 
verrebbe corrisposto un unico compendio tributario in base 
all'aliquota immobiliare. Se invece provenissero da un terzo o fossero 
a lui trasferiti si dovrebbe corrispondere, oltre a quello di cui sopra, 
un secondo tributo su aliquota mobiliare, pur trattandosi del trasferimento 
delle medesime cose (macchine). 

L'amministrazione finanziaria eccepisce l'irrilevanza della questione 
e comunque la sua manifesta infondatezza. La prima deriverebbe, 
come s'� detto, dal rilievo che, anche ammessa la natura relativa della 
presunzione, difetterebbe la prova richiesta nel ,20 comma dell'art. 47 
per ritenerla vinta. 

La seconda troverebbe il suo punto di appoggio sull'ammissibilit�, 
in base ai principi, della prova per presunzioni, pacificamente riconosciuta 
anche nel campo tributario. 

Osserva il collegio che non si pu� accedere alla tesi dell'irrilevanza, 
la quale presupporrebbe non gi� il rigetto, ma l'accogHmento 
della prima censura del ricorso, quella riguardante la natura della 


906 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

presunzione.� In altri termini, se quest'ultima fosse ritenuta di carattere 
relativo e non assoluto, l'eccezione di illegittimit�, fondata sull'assolutezza 
della presunzione stessa, non avrebbe pi� ragione d'essere. 
Ci� � tanto vero che la ricorrente l'ha proposta, subordinandola al 
rigetto e non gi� all'accoglimento, come � ovvio, del ricorso. 

Ben pu� dunque ritenersi la rilevanza della questione, che per� 
appare manifestamente infondata. 

Infatti, anche volendo prescindere dalla generale ammissibilit� delle 
presunzioni in ogni settore del diritto, e particolarmente in quello 
tributario, la disparit� di trattamento, del quale si duole la societ� 
ricorrente, t�: di facile rimozione sol che gli interessati smontino e trasportino 
altrove, come vuole la norma, i macchinari non appartenenti 
al proprietario dell'immobile. Quindi la possibilit� di evitare una duplice 
tassazione, con il deprecato effetto della disparit�, non solo � 
espressamente prevista, ma deriva proprio dalla volont� degli interessati. 

Esclusa la pretesa disuguaglianza (art. 3 Cost.), qualora la norma 
venga fedelmente osservata con la rottura del vincolo pertinenziale, 
neppure �si prospetta la violazione dell'art. 53 della Costituzione, relativo 
alla capacit� contributiva. Infatti rispettata la proporzionale distribuzione
� dell'onere tributario in relazione alla capacit� contributiva di 
ciascuno, l'art. 53 potrebbe risultar violato soltanto se la misura del prelievo 
fiscale dovesse superare la base imponibile, �giusta l'indirizzo della 
Corte costituzionale (sentenza n. 89 del 6 luglio i966). 

Una seconda censura prospettata dalla ricorrente �in linea di estremo 
subordine�, riguarda l'erronea assimilazione �delle attrezzature di 
natura mobiliare (automezzi ecc.) � agli immobili per destinazione ed ai 
macchinari contemplati nell'art. 47 legge di registro. 

Che tale assimilazione indiscriminata sia erronea non v'� dubbio, 
postoch� la presunzione, di cui al 5� comma dell'art. 47 predetto, investe 
esclusivamente i � macchinari � e non gi� altre cose, che pur trovandosi 
al servizio dell'immobile, mediante incorporazione fisica o per semplice 
destinazione funzionale, non sono qualificabili come � macchine � o 
� macchinario �. ' 

L'esattezza del rilievo non consente per� l'accoglimento del ricorso, 
sia pure nel limite di cui alla predetta censura, perch� la materia del 
contendere � rimasta costantemente circoscritta al problema se la presunzione 
di cui all'art. 47, 5� comma della legge organica di registro 
debba considerarsi assoluta o relativa. 

Ci� � tanto vero -tenuto altresl conto che in secondo grado la 
soc. contribuente, lungi dal distinguere in concreto l'uno dall'altro tipo 
di pertinenza, insiste per escluderle indistintamente tutte dall'ambito 
della presunzione -che mai � stata chiesta in nessun grado la prova 
della esistenza, qualit� e quantit� delle pertinenze non costituenti 
� macchinario � onde sottrarle al rigore della presunzione assoluta. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'l:A 907 

La censura � dunque rimasta limitata ad una mera enunziazione di 
carattere teorico, incapace di per �s� di effetti pratici sulla materia in 
contesa. La stessa indicazione, fra parentesi, degli �automezzi� vien 
fatta nel ricorso come esempio di pertinenze o attrezzature mobiliari, 
che non costituiscono �macchinario�, e non gi� perch� fra tali attrezzature 
veramente vi siano degli automezzi, della cui esistenza non � 
stata mai offerta alcuna prova o dimostrazione. 

La censura non pu� dunque essere accolta, anche se astrattamente 
valida. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1386 -Pres. Giannattasio 
-Est. Mazzacane -P. M. Caccioppoli (diff.) -Ferrari (avv. 
Ferruggia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini-Rota). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Comunicazione 
della data dell'udienza -Rinvio -Comunicazione 
della data della nuova udienza -Non � richiesta. 

(l. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 50; c.p.c., art. 176). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Procedimento dinanzi 
alle Commissioni -Vizi del procedimento -Valutazione dei fondi 
rustici -Parere della Commissione censuaria provinciale -Omis~ 
sione -Nullit� della decisione -Omessa impugna2!ione -Formazione 
del giudicato. 

(l. 20 ottobre 1954, n. 1044, art. 2; c.p.c. art. 161). 
In applicazione dell'art. 176 c.p.c. secondo il quale le ordinanze. 
pronunciate in udienza si ritengoino conosciute dalle parti presenti e da 
quelle che dovevano comparirvi, al contribuente al quale sia stata comunicata 
la data della udienza non deve darsi comunicazione della successiva 
udienza alla quale la discussione sia stata rinviata coin ordi11.
anza (1). 

IZ parere della Commissione censuaria provinciale prescritto dall'art. 
2 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, per la valutazione dei fondi 
1�ustici, � un mezzo di accertamento tecnico per la decisione della Com


~1-2) La prima massima � di evi,dente esattezza; sulla esclusione del 
diritto del contribuente ad essere sentito innanzi alla Commissione chiamata 
in rogatoria a dare un parere cfr. Cass. 4 marzo 1971, n. 564, in questa 
Rassegna, 1971, I, 646. 

La seconda massima, anch'essa esattissima, riconferma la capacit� delle. 
decisioni delle Commissioni delle Imposte di passare in giudicato e quindi 



908 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

missione distrettuale di valutazione, la cui omissione induce la nuUitd 
della decisione. Trattasi peraltro di nullitd del procedimento che, se non 
dedotta (art. 161 c.p.c.) nei modi e nei termini dei mezzi di impwgnazione 
predisposti, non pu� pi� essere eccepita o rilevata d'ufficio (21). 

(Omissis). -Con il primo mezzo il Ferrari denuncia la violazione 
dell'art. 50 della leg.ge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione all'art. 360, 
nn. 3 e 4 c.p.c., sostenendo che la Commissione provinciale, nonostante 
la specifica impugnazione ,proposta al riguardo, non ha rilevato la nullit� 
della sentenza di primo grado, per non essere stato tempestivamente 
comunicato al contribuente l'avviso di fissazione della udienza di 
discussione del ricorso dinanzi alla Commissione distrettuale. 

La censura � infondata. 

Risulta dagli atti-il cui esame � consentito essendo stato denunciato 
un error in procedendo -che in data 24 ottobre 1963 fu notificato 
al Ferrari avviso per l'udienza del 14 novembre 1963, e che in. tale 
udienza, assente il Ferrari, e presente la controparte, la discussione fu 
rinviata, per esigenze ai ufficio, alla nuova udienza del 21 novembre 
1963. Pertanto il primo avviso fu notificato in tempo utile (venti giorni 
prima della udienza del 14 novembre 1963', ai sensi del �citato art. 50); 
n� il Ferrari pu� dolersi del mancato avviso per la successiva udienza 
del 21 novembre 1971 poich� per principio generale (art. 176, 2� �comma 
c..p.c.) del nostro ordinamento processuale le ordinanze pronunciate 
in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che 
dovevano comparirvi (come nella specie il Ferrari, regolamento avvisato), 
di guisa che la conoscenza legale dell'ordinanza di rinvio esaurisce 
e sostituisce l'esigenza della comunicazione di essa. Il ricorrente, 
nella discussione orale, ha fatto richiamo all'art. 28, 2� comma del 

r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (necessit� di nuovo invito al contribuente che 
abbia chiesto l'audizione personale, nel caso di rinvio della trattazione 
della causa su richiesta della parte o dell'uffido). Ma la questione in 
tal modo posta, fondata su diversi elementi di fatto, non pu� essere 
presa in esame perch� estranea al contenuto del ricorso cos� come �sono 
estranee ad esso le altre questioni, esposte solo nella memoria illustrativa, 
concernenti il mancato tempestivo avviso dinanzi alla Commissione 
distrettuale di Parma, sentita per regatoria, e la incompetenza territoriale 
di' questa ultima. 
l'applicabilit� dell'art. 161 c.p.c. in forza del quale le nullit� processuali 
non sono pi� opponibili se non si siano convertite in motivi di impugna-. 
zione, semprech� non si tratti di vizi tali da comporatre l'inesistenza della 
decisione (Cass. 1� marzo 1971, n. 515 in questa Rassegna, 1971, I, ... con 
numerosi richiami); sul .concetto di decisione inesistente v. C'ass. 20 marzo 
1971, n. 806, ivi, ... e precedenti ;richiami. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 909 

Con il secondo motivo il Ferrari deduce la violazione dell'art. 2 
della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, ed omesso esame di fatto decisivo, 
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c .. Sostiene che la Commissione 
distrettuale, e poi la Commissione provinciale, hanno deciso senza sentire 
il parere della competente Commissione censuraria provinciale, come 
prescritto dalla norma citata, ed ha omesso di esaminare la questione 
della non corrispondenza dei fondi rustici alla qualit� delle .culture 
risultanti dal catasto, elevando, anzi, per un fondo, il valore indicato 
dal catasto e richiamandosi, per esso, al valore denunciato dal contribuente, 
incorso in un evidente errore materiale. 

La censura � infondata. 

Quanto al primo aspetto di essa, deve rilevarsi che il parere ;prescritto 
dalla norma citata costituisce un particolare mezzo di accertamento 
tecnico. Esso, in quanto tale, � previsto in relazione all'attivit� 
processuale attribuita alla competenza del giudice di prima istanza (la 
Commissione distrettuale). Il parere medesimo � obbligatorio nel senso 
che � elemento essenziale del procedimento di prima istanza. Pertanto 
il provvedimento emesso 'a conclusione di un procedimento privo del 
prescritto parere � invalido per mancanza di un presupposto e precisamente 
� nullo, non inesistente, poich� il difetto del parere attiene al 
procedimento. Ne segue che la nullit� del provvedimento terminale pu� 
essere fatta valere nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di 
impugnazione (art. 161, ~primo comma c.p.c.). Ora il Ferrari con l'atto 
di impugnazione del 6-9 marzo 1964 avverso la decisione della Commissione 
distrettuale di Pontremoli non denunci� la mancata audizione della 
competente Commissione censuaria provinciale (non essendo sufficiente, 
per concretare tale specifica censura attinente ad una nullit� del provvedimento, 
la doglianza relativa alla � non corrispondenza dei fondi alla 
qualit� di colture indicate a catasto�, concernente, invece, il merito del 
provvedimento stesso) e, per le ragioni anzidette, la Commissione Provinciale 
non aveva l'obbligo, come si sostiene nella memoria illustrativa, 
di provvedere essa a richiedere il parere della Commissione censuaria, 
indipendentemente da una specifica impugnazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1971, n. 1408 -Pres. Giannattasio 
-Est. Santosuosso -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Branzini) c. Camera di Commercio di Reggio 
Emilia (avv. Formiggini) 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione 
-Decisione della Commissione provinciale di valutazione 
che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impugnazione 


910 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al Tribunale ex art. 29 terzo comma r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 
per difetto di calcolo ed errore di apprezzamento -Annullamento 
della decisione impugnata per incompetenza della Commissione 
-Deve essere pronunciato d'ufficio. 


(r.d. 7 agosto 1935, n. 1639, art. 29). 
n Giudice ordinario adito in sede di impugnazione ex art. 29 terzo 
comma del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 deve dichiarare anche di ufficio 
l'incompetenza della Commissione di V�alutazione che ha pronunciato la 
decisione impugnata ove questa abbia deciso questioni pregiudiziali di 
diritto riservate alla competenza deUa sezione speciale della Commissione 
provinciale; ove i giudici di merito non abbiano rilevato d'ufficio 
l'incompetenza, la Corte di Cassazione deve annullare le sentenze del 
giudice ordinario di primo e secondo grado e la decisione de:!la Commissione 
provinciale di valutazione. alla quale gli atti vanno restituiti 
perch� pronunci sul merito, previo giudizio della Sezione speciale di 
diritto sulla questione pregiudiziale (1). 

(Omissis). -Col primo e col secondo motivo, che -per la loro 
connessione -possono esaminarsi congiuntamente, l'Amministrazione 
delle Finanze censura la sentenza impugnata per non aver rilevato che 
nel giudizio di valutazione ex art. 29, comma terzo, del d.l. 7 agosto 
1936,' n. 1639, non poteva essere innestata una questione di sussistenza 

o meno del debito di imposta; che, in ogni caso, non erano ammissibili 
domande attinenti all'an debeatur in un giudizio riservato al quantum. 
La ricorrente espone, quindi, le ragioni per le quali la relativa eccezione 
di improponibilit� non doveva considerarsi da essa �mministrazione abbandonata. 
! 

Nei limiti di quanto si dir� appresso, le censure sono sostanzial


mente fondate. 

Giova premettere alcuni principi pacifici. �I!', 

In materia di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, le 

controversie che si riferiscono alla determinazione del valore �sono de


cise in prima istanza dalle Commissioni distrettuali ed in secondo .grado 

da quelle provinciali, mentre le controversie che attengono all'applica


zione della legge, e cio� che involgono questioni di diritto sono decise 

I ' 

(1) La dedsione segue l'orientamento recentemente tracciato dalle Sez. 
Unite �con la sent. 5 febbraio 1971, n. 290 pubblicata in questa Rassegna, 
1971, I, 436 con osservazioni alle quali si rinvia. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

in primo grado dalle Commissioni provinciali, in seno alle quali � isti


tuita un'apposita �sezione avente una particolare composizione ( la c.d . 

.sezione di diritto) e in secondo ,grado dalla Commissione centrale (Cass. 

nn. 471/70; 2737/68; 2'969). 

La diversa competenza dev'essere rispettat� anche quando la que


stione di diritto si presenti come pregiudiziale rispetto a quella concer


nente la determinazione del valore o costituisca un'accertamento di 

carattere incidentale. In tal caso, pertanto, il giudizio di estimazione 

dev'essere sospeso fino a quando la questione giuridica non venga defi


nitivamente�decisa dagli organi competenti (Cass. nn. 2780/69, 1749/68). 

Il ricorso al giudice ordinario, previsto dall'art. 29, terzo comma, 

del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per grave ed evidente errore di apprezza


mento, ovvero per mancanza o insufficienza di �calcolo nella determi


nazione del valore del bene oggetto della imposizione, �costituisce una 

impugnazione di mera legittimit� ed � limitato al rescindente, i�l cui 

oggetto � �circoscritto all'esistenza dei vizi anzidetti concernenti la moti


vazione in ordine alla valutazione effettuata dalle Commissioni tribu


tarie (Cass. civ. 2175/69; 1138/69; 958/69; 1156/67). Il giudice, per


tanto, il quale accerti l'invalidit� della decisione della commissione tri


butaria, non ha il potere di procedere egli stesso alla risoluzione dei 

temi che avevano costituito l'oggetto del giudizio di merito della pro


nuncia imp�gnata, apprestando alla decisione la motivazione stessa 

{Cass. n. 3568/68). 

Nel "riconfermare questi principi, le Sezioni Unite di questa Corte 

hanno recentemente (5 febbraio 1971, n. 290) affermato, non solo che 

la Cassazione pu� :rilevare anche d'ufficio il difetto di competenza per 

:materia della Commissione provinciale, Sezione valutazione, che si � 

pronunciata su questioni giuridiche, ma che �il ripristino dell'ordine 

delle competenze comporta l'annullamento delle decisioni dei giudici 

ordinari di primo e secondo grado .e della decisione della Commissione 

provinciale delle imposte, Sezione valutazione, cui gli atti vanno resti


tuiti perch� pronunzi sul merito, previo giudizio della stessa Commis


.sione, Sezione di diritto, sulla questione pregiudiziale�. 

L'applicazione di tutti i prindpi sopra richiamati alla fattispecie 
che forma oggetto di questo esame discende dall'accertamento se nel 
caso si fosse usciti dall'ambito del giudizio estimativo. Ci� che appunto 
la Camera di Commercio cop.testa, tentando di dimostrare �Che oggetto 
della vertenza non era la questione di diritto sull'estensione dell'agevolazione 
fiscale alla sala dell'ammezzato, ma solo di stabilire se detta sala 
:faceva parte del bar, o della borsa. Nella prima ipotesi, essa aumentava 
. il valore di quei locali soggetti ad imposta normale, nella seconda ipotesi, 
.si doveva riconoscere alla stessa il trattamento fiscale agevolato, in ogni 
caso, quindi -secondo l'attuale resistente -la decisione si risolveva 
in una valutazione quantitativa, rientrante nei compiti dell'autorit� .giu



912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diziaria, chiamata a pronunciarsi sul lamentato errore di apprezzamento 

o di calcolo. 
Non sembra difficile cogliere il difetto di tale ragionamento. 
Accertare se un locale appartenga ad una porzione dell'edilficio cui 
si applicano determinate agevolazioni fiscali, oppure appartenga ad altra 
porzione cui non si applicano dette agevolazioni, equivale a risolvere la 
questione giuridica se quel locale goda o meno dei benefici previsti dalla 
legge. Pi� esattamente nella fattispecie occorreva affrontare il problema 
se le norme che prevedono la registrazione a tassa fissa possono estendersi 
al caso, in cui un locale sia destinato promiscuamente sia ad uso 
rientrante nei fini istituzionali dell'ente sia ad uso che esula certamente 
dall'ambito dell'agevolazione fiscale. 

Ora, la qualificazione della natura e della destinazione di unit� immobiliari 
ed il problema di ermeneutica legislativa ora cennato implicano 
evidentemente un giudizio di diritto, che trascende il mero ambito 
estimativo del valore dell'immobile. 

Del resto, che l'indagine relativa alla sala dell'ammezzato involgesse 
una questione giuridica trova conferma, non tanto nel fatto che 
il Tribunale si era pronunciato separatamente, ritenendo, da una parte, 
viziata la motivazione compiuta dalle Commissioni in ordine all'estimazione 
e negando poi l'invocata a�pplicabilit� dell'agevolazione tributaria 
al locale ammezzato, quanto dal fatto che la Corte d'appello, nel decidere 
il punto (da essa stessa qualificato �applicazione dell'invocato 
beneficio fiscale all'acquisto della sala�), ha dovuto far ricorso alla soluzione 
di diritto, secondo cui la temporanea destinazione della sala ad 
uso accessorio del bar sottostante non farebbe perdere i benefici della 
tassa fissa di cui all'art. 71 del r.d.l. 20 settembre 1934, n. 2011, interpretandosi 
questa norma, nel senso che sarebbe sufficiente la destinazione 
normale e del tutto preminente della sala ad un servizio istituzionale 
e fondamentale dell'ente. Ed a concetti giuridici fanno riferimento, sia 
l'Amministrazione finanziaria nel terzo motivo di ricorso per sostenere. 
che l'acquisto di detta sala gode dei benefici fiscali, sia la difesa della 
Camera di Commercio per appoggiare la tesi contraria, accolta dalla 
sentenza impugnata. 

Se, allora, fra le parti era insorta contestazione su una questione 
di diritto,. la Camera di Commercio avrebbe dovuto fin dall'inizio adire 
la sezione di diritto della Commissione provinciale, oppure si sarebbe 
dovuto sospendere il giudizio di estimazione fino a quando la questione 
giuridica non fosse stata definitivamente decisa dagli organi competenti. 
In ogni caso, l'autorit� giudiziaria, adita ex art. 29, terzo comma, del 

d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per grave ed evidente errore di apprezzamento 
o insufficienza di calcolo, non avrebbe dovuto ritenere fondata 
l'una o l'altra tesi giuridica al riguardo, ma avrebbe dovuto dichiaralb'e 
il difetto di competenza dei giudici della estimazione a conoscere della 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

questione di diritto, che doveva essere rimessa alla competente sezione 
della Commissione provinciale. 

La Corte d'appello, in verit�, si � chiesta se fosse consentito dare 
�ingresso a domande che -del tutto distinte ed autonome rispetto alla 
materia della valutazione -investano le questioni giuridiche relative 
alla tassazione o alla tassabilit� del cespite �. Ma ha ritenuto superabile 
il dubbio, osservando che l'Amministrazione finanziaria aveva abbandonato 
la relativa eccezione � e che, d'altra parte, questa non � rilevabile 
d'ufficio, giacch� il cumulo delle domande non attiene all'ordine processuale, 
bens� rientra nel potere dispositivo delle parti�. Ora, a prescindere 
dall'esattezza o meno dell'affermazione circa l'abbandono dell'eccezione 
dell'Amministrazione delle finanze, la Corte d'a1ppello cos� giudicando, 
ha trascurato il principio secondo cui l'incompetenza per materia, 
quale difetto di un presupposto processuale primario e fondamentale, 
pu� e deve essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del processo; 
ed ha trascurato di considerare che il ricorso all'autorit� giudiziaria 
previsto dal citato art. 29 nell'iter del giudizio estimativo ha natura di 
impugnazione di mera legittimit� ed � limitato alla fase res.cindente. 

Ne consegue che l'improcedibilit� di una domanda, non inseribile 
nel giudizio estimativo perch� fondata su questione di diritto, � rilevabile 
di ufficio, dovendo il giudice rispettare i limiti funzionali e per 
materia della sua competenza. 

Da questi princi;pi discende anche che, non potendo innestarsi nel 
giudizio di estimazione la questione di diritto sulla estensibilit� dei 
benefici fiscali di �cui al citato art. 71 alla sala dell'ammezzato, non � 
consentito nemmeno a questa Corte prendere in esame la fondatezza del 
terzo motivo di ricorso, .che detta questione ha per oggetto. 

L'ultimo mezzo di ricorso riguarda l'applicabilit� o meno della pena 
pecuniaria per insufficiente dichiarazione del contribuente. Osserva l'Amministrazione 
finanziaria che l'Autorit� giudiziaria ordinaria difettava di 
giurisdizione al riguardo, non essendo stato ancora espletato il procedimento 
di applicazione di detta pena, previsto dagli artt. 55 e segg. 
della l.egge 7 gennaio 1929 n. 4, all'esito del quale soltanto si sarebbe 
potuta ipotizzare la lesione di un diritto soggettivo del contribuente. 
In ogni caso, poich� la legge di registro (art. 40 del r .d. 30 dicembre 
1923 n. 326�9) prevede la sanzione della pena pecuniaria esclusivamente 
in base al raffronto oggettivo fra i valori dichiarati e quelli accertati 
definitivamente, � escluso�ogni apprezzamento di elementi attinenti alla 
colpa. E, se pur si volesse fare riferimento alla colpa del contribuente, 
questa sarebbe dalla legge presunta iuris et de iure. 

A parte le questioni prospettate dalla ricorrente, questa Corte osserva 
che l'applicabilit� o meno della pena pecuniaria � strettamente dipendente 
dalla decisione di merito circa il valore delle porzioni di immobile 


914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sottoposte a tributo. � invero dall'esito del .giudizio di raffronto fra il 
valore dichiarato e quello accertato che pu� stabilirsi se ed in quale 
misura il contribuente abbia presentato una dichiarazione insufficiente 
e debba quindi subire una determinata pena pecuniaria. 

Nella specie, dovendo le Commissioni tributarie ancora determinare 
il valore definitivo dei cespiti in questione, deve rimettersi in quella 
sede anche il riesame dell'applicabilit� della pena pecuniaria e della 
misura della stessa. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 giugno 1971, n. 2053 -Pres. Favara 
-Rel. Valore -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Gargiulo) c. Rucco. 

Imposta di registro -Regione Siciliana -Potest� legislativa concor


rente con quella dello Stato -Concorso di disposizioni diverse o 

compatibili -Conseguenze -Fattispecie (esenzione per le nuove 

costruzioni adibite ad abitazione in Sicilia). 

(Statuto Reg. Sic., art. 17; I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17; 1. reg. sic. 18 gennaio 
1949, n. 2). . 

Imposta di registro -Agevolazioni -Controversie -Prova testimoniale 
-Inammissibilit�. 

Nella materia tributaria la Regione Siciliana ha competenza legi


sLativa concorrente con quella dello Stato, con la conseguenza che se 

la Regione emana disposizioni legislative che sono compatibi.ii o diverse 

da quelle Mzionali, si determina un concorso di nonne che possono 

pur sempre applicarsi nel rispettivo ambito di p1�evisione (la specie 

decisa si riferiva alle esenzioni per le nuove costruzioni adibite ad abi


tazione in Sicilia) (1). 

Nelle controversie giudiziarie relative all'applicazione dell'impo


sta di registro, anche se trattasi di accertare i presupposti al cui con


(1-2) Sulla prima massima cfr. Cass. 31 gennaio 1969, n. 287, Riv. Leg. 

fisc. 1969, 1343; in senso contrario cfr. Alta Corte per la Reg. Sic. 15 gen-. 

naio 1949 n. 6 (Foro it., 1949, I, 657). 

Sulla seconda massima, confermata dall'altra sentenza della Cassazione 

20 settembre 1971, n. 2625 .si .pubblica la seguente nota: 

Sull'inammissibilit� della prova testimoniale nel processo tributario,�con 
riguardo all'applicazione, riduzione o esenzione, dell'imposta di registro. 

, 
I 


' 
1.: 
i 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 915 

corso � condizicniato un beneficio tributario (esenzione o riduzione dell'imposta), 
la prova testimoniale non � ammissibile, essendo essa contraria 
alla natura dell'imposta che colpisce il negozio secondo il contenuto 
e gli effetti dell'atto esibito (2). 

(Omissis). -La ricorrente amministrazione, denunciando la violazione 
degli artt. 17 1. 2 luglio 1949, n. 408, 2 e segg. L. Reg. Siic. 18 
gennaio 1949 n. 2, 18, 73 e segg. 1. 30 dicembre 192,3 n. 3269 e dei principi 
sull'accertamento e sulle controversie relative all'imposta di reg�stro, 
29 d.l. 7 agosto 1986, n. 1639, 360 n. 3 c.p.c., 36 s,tatuto Reg. Sdciliana, 
sostiene che al tem,po in cui �la specie � sorta ed � stata sottoposta 
al trattamento tributario> era in vigore la legge regionale siciliana 
18 gennaio 1949, n. 2, disciplinante la stessa materia della legge 
nazionale n. 408 del 1949. Pertanto, il contribuente, una volta dec_aduto 
dai benefici previsti dalla legge regionale, non avrebbe pi� potuto 
invoc~re le agevolazioni della legge statale, non essendo questa in vigore 
nel territorio della regione. 

Con �questa sentenza la Co.rte Suprema ha, esattamente, disatteso la 
tesi, accolta dalla Corte di Appello, la quale aveva ritenuto che nel processo 
inerente a controversie �tributarie non esiste un principio che vieta 
la prova testimoniale, e quindi pu� � farsi ricoriso ai principi del codice 
civile, in base ai quali la prova testimoniale, �salvo le espresse esclusioni 
previste dalle leggi, � sempre ammi,ssibile �. In definitiva, la Co.rte di Appello 
aveva affermato ohe i:l processo tributario� (in sede amministrativa, 
contenziosa e giudlziaria) ed il processo civile sono re1golati dagli stessi 
principi in materia di prova testimoniale, e dagli stessi di'Vieti. 

Ma tale tesi, esattamente, � stata respinta, perch� essa viola i prin


cipi .tributari ed in particolare quelli sull'accertamento tributario (in tema 

d� imposta di registro) e sui limiti del sindacato giudiziario. 

Valgono al riguardo \le osservazioni che seguono. 

Giova dcordare che il'imposta di registro � un �tributo che postula la 

necessit� di un atto di accertamento (o di imposizione); di un atto, cio�, che, 

pur a prescindere dalla sua natura (dichiarativa secondo alcuni, costitutiva 

secondo altri), constati l'esistenza degli .elementi costitutivi del debito di 

imposta e determini l'ammontare da esigere dal contribuente. 

� con la registrazione che sorge '.Per la Finanza il diritto a percepire 

l'imposta; ed � al momento della registrazione che tale diritto trova una 

prima concreta esplicazione con l'accertamento degli elementi costitutivi 

dell'obbligazione, (Cass. 2 novembre 1961, n. 2536, Foro it. 1961, I, 1883). 

A tal fine precise disposizioni della legge del registro prevedono su inizia


tiva privata la esibizione dell'atto all'ufficio, e do�, il modo con cui deve 

presentarsi �l'atto (art. 75 l.r.), l'ufficio competente (art. 89), il termine di 

presentazione (artt. 80, 82); e l'ufficio provvede, con particolari formalit� 

(art. 73), alla !registrazione, che ~mporta un accertamento del contenuto 

dell'atto e del r�gime f�:scale (ordinario o agevolato), giungendo cosi alla 

liquidazione del tributo, il cui pagamento avviene contestualmente alla 

registrazione (art. 91). 



916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In linea subordinata, la ricorrente contesta, poi, l'ammissibilit� 
della prova testimoniale nel processo contenzioso tributario -e quindi 
nel successivo processo ordinario -in tema di imposta di registro, alla 
luce dei principi sull'accertamento tributario e di quelli sui limiti del 
sindacato giudiziario. 

Sotto il primo profilo -prospettato per la prima volta in questa 
sede, ma pienamente ammissibile, trattandosi di questione relativa alla 
efficacia di norma di legge -la censura non ha fondamento. 

Occorre ,premettere che la materia tributaria ed in particolare 
quella riflettente l'esonero, totale o parziale, di una determinata attivit� 
economica dall'imposizione di un determinato tributo, per rendere 
pi� agevole l'attuazione di una finalit� di carattere generale e sociale, 
quale quella dell'incremento edilizio in periodo di grave crisi di alloggi, 
non ricade sotto il disposto dell'art. 14 dello Statuto della Regione 
Siciliana il quale stabilisce tassativamente le materie su cui l'Assemblea 
Regionale ha la legislazione esclusiva. Della materia tributaria 
lo statuto si oc.cupa nell'art. a�6, per cui �al fabbisogno finanziario della 
Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione ed a mezzo 
dei tributi d�liberati dalla medesima �, restando per� sempre � ris.ervate 
allo stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto��. 

Precise norme disciplinano in tal modo i rapporti che in questa fase 

amministrativa di accertamento si svolgono tra ufficio e contribuente, dan


do luogo �d un contraddittorio, dal �quale �Si evince un primo fondamentale 

principio, e cio� che .il contraddittorio ha luogo, su iniziativa privata, con 

l'esibizione dell'atto e si svolge sulla base dell'atto che viene sottoposto a 

registrazione, senza possibilit� di far rientrare nella registrazione elementi 

che non si desumano o non siano documentati nell'atto. 

Il principio trova conferma nella natura dell'imposta di registro, che 

colpisce l'atto e non il negozio; e cio� si applica sul documento, sullo scrit


to esibito che pr-0va il negozio, e nei limiti di quanto da esso risulta. 

Se i <rapporti tra ufficio e contribuente iniziano con l'esibizione del


l'atto e si svolgono sulla baise del documento (prova scritta), non si vede 

come possa dinanzi all'ufficio ammettersi la prova orale per dimostrare un 

elemento o un contenuto negoziale che non risulti dall'atto o sia fuori 

dell'atto; non si vede come il contribuente possa richiedere che l'Ufficio 

senta testimoni su circostanze, situazioni e presupposti, che non siano docu


mentati nell'atto o non siano documentati con altra prova scritta. 

Il vero � .che sulla base dei principi sopra :richiamati, anche se non � 

affermato espressamente, la prova orale � inconcepibile nello svolgimento 

dei rapporti tra Finanza e contribuente, � inconciliabile con la natura del 

contraddittorio clle �Sin dalla fase ammini:strativa pone l'una a contatto con 

l'altro: � inconcepibile con la registrazione che accerta l'imposta in base 

allo scritto, al documento, ed � .contraria con la natura dell'imposta che 

colpisce il negozio secondo la natura e gli effetti dell'atto esibito (art. 8 1.r.). 

Se in tal .senso va individuato e concepito il contraddittorio che �si svol


ge tra Finanza e contribuente, �gli �stessi limiti, essendo identico l'oggetto, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA , 917 

Pertanto la materia tributaria, secondo quanto ritenuto anche dall'alta 
Corte per la Regione Siciliana e da questa Suprema Corte (Cass. 
31 gennaio 1969, n. 287), � oggetto di legislazione concorrente ed �, 
a termini dell'art. 17 dello Statuto R.SI. retta dal principio della prevalenza 
delle leggi nazionali su quelle regionali. Orbene, ;p-0sto per 
fermo che leggi statali hanno valore anche per il territorio della Regione 
Siciliana, deve escludersi che tale principio soffra deroga quando
�1a Regione, avvalendosi della potest� legislativa ad essa statutariamente 
conferita in via concorrente, legiferi sulla stessa materia tributaria. 
In tale caso infatti, si determina al pi�, un concorso di disposizioni 
che, se tra loro compatibili o diverse, possono pur sempre ugualmente 
applicarsi nel rispettivo ambito di previsione. Talch� ben pu� 
concorrere la diversa maggiore esenzione per le nuove costruzioni adibite 
~d abitazione in Sicilia, quale concessa dalla legge Regionale n. 2 
del 1949 (la cui -costituzionalit� � stata -gi� riconosciuta; dato che; in 

ess:o incontra allorch� si trasferisce dalla fa.se amministrativa alla fase 
contenziosa. 

Dinanzi alle Commissioni trilbutarie, le leggi che disctplinano il procedimento 
e l'istruttoria indicano particolari mezzi istruttori, ma non prevedono 
-e cosi escludono -l'esperimento della prova testimoniale: 
anch'esse �S� pronunciano sulla �base idei documenti esibiti, svolgendo eventualmente 
l'istruttoria che sia consentita dalla natura del giudizio, ma senza 
la possibilitit di introdurre la prova orale (in tal senso le Co:m.mi:ssioni 
subiscono l'influenza della loro origine amministrativa -e non giurisdizionale 
-essendo, come � noto, inammiss~bile la prova testimoniale nel 
giudizio di legittimit�, al pari di quello che si svolge dinanzi al Consiglio 
di Stato). In particolare dette leggi nel regolare l'istruttoria, attribuiscono 
alle Commissioni tributarie gli stessi poteri propri dei funzionari delle 
imposte di il'egistro: cos� espressamente dispone, in via generale, l'art. 25 

r.d. 8 luglio 1937, n. 1516: �le commissioni distrettuali hanno tutte le facolt� 
di indagine, di accesso, di ispezione, di controllo, di richiesta di dati, 
di iilformazioni e di chiarimenti, conferite dalle singole leg-gi di imposta ai 
funzionari delle imposte dirette e di registro � . ' 
In base a tale espressa disposizione non si vede come possa rientrare 
nell'istruttoria la prova testimoniale, che non sol-O non vi � indi�cata espressamente, 
ma nessuna legge la comprende nelle attr~buzioni dei funzionari 
del registro. 

Anche rper :i.e imposte dirette i poteri istruttori delle C1ommissioni sono 
in modo analogo disciplinati: cosi il r .d. 11 l'IJJglio 1907, n. 560 (reg. imposte 
R.M.) prevede che la Commi�ssione di la istanza (art. 94 terzo comma) e la 
Commissione di 2a istanza (art. 102) possono avvalersi delle stesse facolt� 
indicate nell'art. 50 legge 24 agosto 1877, n. 4021, che, a sua volta, richiama 
le facolt� dell'agente delle imposte, previste nel precedente art. 37 (al 
!1, 4 � �chiamare al suo ufficio qualunque individuo atto a f�rnire informazioni 
� ), , nel quale nessuna prova testimoniale � prevista; e mai nessun 
autore che ne ha fatto il commento vi ha mai pensato (cfr. Cr..EMENTINI, 
L'Imposta di r.m., I, 640 e II, 790). N� dal r.d. 17 .settembre 1931, n. 1608 
che, agli artt. 15 e segg, prevede le sanzioni, si pu� desumere il 

14 



918 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

conformit� dei principi posti da analoghe norme statali, assolve alla 
funzione di sollecitazione e incentivazione demattivit� edilizia) con 
quella minore e diversa, concessa per tutto lo Stato dall'art. 17 della 
legge n. 408 del 1949, con la conseguenza che nulla vieta che sia chiesta, 
in via principale, la maggiore esenzione prevista dalla legge regionale 
e, ove questa non spetti, quella generale della legge nazionale. 

Fondata per.converso, appare la censura relativa alla ammissibilit� 

della prova testimoniale. 

La Corte palermiiana, rilevato che nel processo contenzioso tribu


tario (e quindi nel successivo processo ordinario inerente a controver


sie tributarie) non esiste un principio che vieti la prova testimoniale, 

e che anzi parecchie norme alludono, in modo generico (art. 25 r.d. 8 

luglio 1937: �richiesta di dati, informazioni e chiarimenti�; art. 280 

t.u. finanza locale 14 settembre 1931 n. 1175: potest� di �procedere a 
interro~atorio ed indagini �) o specifico (art. 37 n. 4 t.u. 24 agosto 1877,. 
contrario. Le deduzioni che la Corte di Appello .aveva fatto sulle espressioni 
� fornire informazioni � � tTichieste di dati e chiarimenti � per ritenere 
che vi sia compresa la prova testimoniale, sono arbitrarie (e frutto 
di fantasia alcune parole �richieste fatte a terzi�, non contenute nella 
legge) (1). 

Al fine di confermare la validit� .e la coerenza di quanto finora espo


sto, non � irrilevante richiamare i poteri istruttori attribuiti alle Commis


sicni (Comunale e G.P.A.) in materia di finanza locale: anche se la Com


missione comrunale pu� procedere ad interrogatori (art. 280, secondo com


ma), non Si � in presenza di deposizione testimoniale che presuppone il 

giuramento; ma, comunque, il suo pi� ampio potere istruttorio � uniforme 

alla istruttoria che la G.P.A. in �Sede giurisdizionale 1svolge allorch� �Si pro


nuncia in sede di merito o in sede di legittimit� su controversie ammini


strative, nelle quali � ammessa la prova testimoniale (contrariamente alla 

istruttoria consentita dinanzi al Consiglio di Stato). � 

Anche il contraddittorio che tra Finanza e contribuente si svoLge di


nanzi al giudice ordinario, fa ritenere non ammissibile la prova orale ove 

si tenga conto non solo dei richiamati principi che disciplinano l'accerta


menot tributario (per l'imposta di registro, di cui si tratta), ma anche dei 

principi sui limiti del sindacato giudiziario: �gli uni .confermano gli altri, e 

reciprocamente si completano. Se l'accertamento si svolge sul documento 

che viene esibito, anche il sindacato giudiziario incontra gli stessi limiti, 

avendo lo stesso oggetto. 

E si deve in ogni �caso escludetTe, per la stessa ripartizione istituzio


nale delle attribuzioni fra i poteri ,dello Stato, che possa l'a,.g.o. procedere 

ad 'indagini di mero fatto, che sostanzialmente dovrebbero condurre a 

(1) E' da precisare che le norme ora citate sono state richiamate per seguire� 
e contestare il ragionamento della Corte di Appello; ma esse, in virt� dell'art. 288 
t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sono state abrogate in parte (il t.u. 24 agosto 1877, 
n. 4021, ad eccezione dell'art. 50; il r.d. 11 luglio 1907, n. 560, ad eccezione delle 
norme sui ricorsi alle commissioni o all'autorit� giudiziaria; il t.u. 17 settembre 
1931, n. 1608). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 919 

n. 4021: �chiamata per essere consultato di qualunque individuo atto 
a fornire informazioni�) all'impiego di tale mezzo di prova, ha opinato 
che ben pu� �farsi ricorso ai principi del Codice Civile, in base ai 
quali la prova testimoniale, salvo le espresse esclusioni previste dalla 
legge, � sempre ammissibile�. 
In base a tali premesse ha escluso che l'art. 18 della legge organica 
di registro n. 3269 del 19�23 -il quale consente la tassazione di 
trasferimenti accertati, in mancanza di prova diretta, mediante semplici 
presunzioni, vietando per�, contro queste, la prova testimoniale possa 
intendersi come espressione di un principio generale, per cui 
nella materia tributaria il ricorso a quella prova � in ogni caso precluso 
ed in particolare � precluso al contribuente anche al fine, nella specie 
perseguito dal Russo, di dimostrare la sussistenza di un presupposto 
al cui concorso la legge condiziona una esenzione o una riduzione di 
imposta. 

rifare l'accertamento in sede giudiziaria: l'a.g.o. pu� solo esaminare la legittimit� 
del procedimento cos� come � stato seguito dagli uffici ftnanziari 
per pervenire all'accertamento, che � l'atto terminale della complessa procedura, 
amministrativa e contenziosa, che fin dal momento iniziale si svolge, 
come .si � visto, in contraddittorio tra Finanza e contri:buente. � la legge 
che ;per le imposte in genere e in particolare per le imposte indirette (articolo 
29, d.l. 7 agosto 1936, n. 1639), dispone che �le controversie sulla 
determinazione del valore sono decise dalle Commissioni distrettuali e 
provinciali, ed il giudizio delle Commissioni provinciali � definitivo, salvo 
il ricorso all'a..g.o. per grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero 
per mancanza e insufficienza di calcolo �; e poi precisa che � tutte ie altre 
controversie relative all'appliicazione della legge sono decise in r�:imo grado 
dalla C'ommissione provinciale e in scondo grado dalla Commissione 
Centrale, salvo il ricorso all'a.g.o. nei modi e nei termini stabiliti dalle 
vigenti leggi �. 

Codesta norma non vulnera il principio secondo il quale � sottratto alla 
cognizione dei Triibunali l'esame di controversie di mera estimazione, ed 
anzi lo conferma, perch� il sindacato giudiziario, nella soggetta materia non 
si estende al merito, non comporta ap{�:"ezzamenti e indagini di puro fatto, 
ma � ristretto ad un profilo di legittimit�, dovendo investire non la valutazione 
in s�, bens� 'Soltanto il procedimento volitivo e logico seguito. In 
definitiva, a conferma del .principio consacrato daU'-art. 6 leg.ge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E, la cognizione del giudice ordinario � di mera legittimit�, 
giammai di puro fatto. 

E la giurisprudenza, in materia di imposte in genere, � pacifica nel ritenere 
che �il giudizio ordinario ha per oggetto sia la legittimit� sostanziale 
sia la legittimit� formale della tassazione, cosicch� tutte le questioni che 
concernonc 1a lesione di un diritto_, materiale e processuale, sono soggette 
al sindacato della giurisdizione ordinaria e sono escluse tutte le questioni 
di fatto-.. (Sez. Un., 27 settembre 1965, n. 2048, in questa Rassegna, 1.965, 

I. 1242), ed ha precisato che � un �sindacato giudiziario sulla regolarit� del 
procedimento in materia tributaria � rilevante, e quindi ammissibile, solo 
se i vizi di esso ledono i diritti delle parti, come nel caso in cui la que

920 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In linea generale, e conformemente alla dottrina che, sul tema, 
presenta sostanziale identit� di vedute, non pu� escludersi ehe la prova 
testimoniale abbia ingresso nel processo tributario, anche se in questo 
ultimo l'ammissibilit� di essa � ben pi� limitata rispetto al comune 
diritto processuale, e ci� sia per la sfiducia di un tale mezzo di ricerca, 
atteso il pericolo della falsa testimonianza derivante da un malinteso 
senso di difesa del contribuente nei confronti del fisco, sia per la opportunit� 
di evitare il dispendio di tempo �che l'istruttoria testimoniale 
inevitabilmente comporta, specie nel processo innanzi alle commissioni 
tributarie .gravate da una enorme mole di ricorsi. 

A diverse conclusioni deve, per�, pervenirsi, in tema di imposta 
di registro. Sulla questione, mentre la dottrina � divisa, questa Suprema 
Corte, anche a sezioni unite nelle rare occasioni in cui, sia pure in 
epoca meno recente, � stata investita della soluzione del problema, si 
� sempre pronunciata negativamente (cfr. Cass. Roma 8 febbraio 1920; 
Cass. 8 maggio 1933; Sez. Un. 31 marzo 1937 n. 932). 

stione sostanziale, risolta in sede amministrativa, sia preclusa al g.o., perch� 
si tratta di estimazone semplice o di fatto; non versandosi in detta 
ipotesi ogni indagine sulla regolarit� del procedimento amministrativo da 
parte del �g.o. deve essere esclusa (Cass., 25 novembre 1963, n. 3042, Giust. 
Civ, 1963, I, 1501). 

Se, quindi, ogni indagine di fatto � preclusa al giudice ordinario, non 
si vede come egli possa ritenere ammissibile una prova su circostanze di 
fatto, la cui valutazione .gli � inibita. 

ln definitiva, il sindacato giudiziario sull'accertamento tril;>utario, se in 
linea generale riguarda solo il procedimento nei .limiti in cui si � svolto in 
sede amministrativa, senza possibilit� di esaminare e valutare elementi di 
fatto ad esso estranei, a maggior ragione la indagine di fatto non pu� ammettersi, 
quando, come nell'imposta di Tegistro, il provvedimento ha avuto 
per oggetto solo il negozio come risulta non in fatto, ma dallo scritto, dal 
documento che � la sola prova rilevante del negozio giuridtco da tassare. 

Se le premesse osservazioni sono esatte, come .indubbiamente lo sono, 
una PTova orale non � ammissibile in �sede contenziosa e giudiziaria, come 
non � eoneepibile che ~l contribuente richieda. una prova testimoniale, nel 
momento della registrazione, all'Ufficio competente a procedervi. 

Gli esposti principi, nel disciplinare l'accertamento dell'imposta di registro, 
disciplinano altresl, restando identica la natura dell'imposta, l'accertamento 
dei presupposti al cui �concor:so � condizionato il beneficio : si 
tratta sempre di, elementi di fatto che ineriscono all'imposta di registro, 
sia questa ordinaria o ridotta. Essa non muta natura anche se nell'uno e 
nell'altro caso rientra in fattispecie legali div�er�se, ed � perci� disciplinata 
dalle stesse norme di accertamento. Si tratta di elementi di fatto, la cui 
prova, pei: espressa previsione legislativa, � sempre documentale, anche se 
pu� provenire, a seconda del suo contenuto, dallo stesso contribuente (ad. 
es. la dichiarazione che l'atto � stipulato ai fini del d.1. 7 giugno 1945, n. 322, 
sulla ricostruzione edilizia degli immobili distrutti dalla guerra: Cass. 
7 febbraio 1961, n. 254, Riv. leg. fisc. 1961, 956) o da uffici amministrativi 
all'uopo designati (la dichiarazione del Ministro dell'Industria ai sensi del




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 921 

La decisione impugnata non prospetta argomentazioni valide, che 
possano indurre a discostarsi da codesto indirizzo giurisprudenziale. 
Occorre, infatti considerare che, dal sistema delle norme della legge 
di Registro, la prova testimoniale, ai fini dell'applicazione della tassa 
sugli atti sottoposti a registrazione, viene del tutto ripudiata, avendola 
il legislatore riconosciuta inidonea a funzionare come strumento di 
accertamento di fatti che influiscono sulla determinazione e sulla misura 
del tributo. Detta prova �, infatti, contraria alla natura dell'imposta che 
colpisce il negozio, secondo la natura e gli effetti dell'atto esibito. E 
poich� l'accertamento si svolge su quest'ultimo, anche il sindacato giudiziario 
incontra gli stessi limiti, avendo lo stesso oggetto. Il giudice 
non .pu� in .genere pr.ocedere ad indagini di mero fatto che sostanzia.1mente 
dovrebbero concludere a rifare l'accertamento in sede giudiziaria, 
ma pu� solo come � noto esaminare la legittimit� del procedi-

l'art. 5 d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598 che attesta il conseguimento del fine 
dell'acquisto dell'immobile, consistente nel primo impianto di stabilimenti 
industriali: Corte di Appello Napoli 3 novembre 1965, Riv. Giur. Ed., 1966, 
I, 1238 e Cass. 15 luglio, n. 1548, ivi 1965, I, 1556; la dichiarazione del Ministro 
per la Marina Mercantile che attesta che la costruzione della nave 
risponde allo scopo stabilito dalla legge 8 novembre 1959, n. 75: Cass. 15 luglio 
1961, n. 1710, Foro It., I, 1441; la dichiarazione della Cassa per il Mezzogiorno 
ai sensi deHa legge n. !)34 del 1957: Cass. 27 febbraio 1962, n. 376, 
ivi, I, 424); ma anche se manca la previsione legislativa sulla prova documentale, 
il presupposto di fatto deve sempre provarsi con documento, idoneo 
e di data certa, in coerenza ed in applicazione dei principi sull'accertamento 
delle imposte di registro. 

In tal senso, la questione, che pi� interessa, non � rivolta a precisare se 
i presupposti devono o no esistere al momento della stipulazione dell'atto 
(risolta in senso positivo, per il �quadriennio previsto dalla legge di registro, 
all. B, art. 43 dalla Cass. 13 giugno 1942, n. 1666, Foro It. I, 82.1, e, per le 
opere di bonifica, dalla Cass. 25 febbraio 1960, n .. 335, Foro It., 1960, I, 374); 
non � rivolta a precisare .quale sia il termine (di decadenza o di prescrizione) 
entro il quale il loro accertamento deve aver luogo; n� � rivolta ad 
esaminare se la documentazione debba o no essere contestuale alla richiesta 
di registrazione (cfr., .per casi analoghi Cass. 7 febbraio 1961, n. 254, cit.; 
24 luglio 1961, n. 1710, Foro it. I, 1443); n� � rivolta ad accertare se � necessaria 
o meno la richiesta (Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706, in questa Rassegna, 
1966, I, 1347) e la loro esistenza obbiettiva (C1ass. 8 febbraio 1963, 

n. 333, Riv. Leg. Fisc. 1963, 1222), giacch� la legge n.� 408 del 1949 (e ila 
legge regionale n. 2 del 1949, artt. 2 e 10) che condiziona il beneficio per il 
trasferimento di case, qualora esso abbia luogo entro quattro anni dall'effettiva 
abitazione, � precisa e chiara, nel senso che l'effettiva abitazione � 
il presupposto di fatto che deve �sussistere al momento del trasferimento, 
il quale, pertanto, per essere agevolato, non pu� aver luogo n� prima dell'effettiva 
abitazione, n� dopo i quattro anni dall'inizio della stessa (Corte 
di Appello di Firenze, 19 novembre 1965, Riv. Giur. Ed. 1965, I, 947). 
La questione, � rivolta, invece, ad individuare la prova che, in conformit� 
agli enunciati principi sull'accertamento tributario e sui limiti del 



922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento cosi come � stato seguito dagli uffici finanziari per pervenire 
all'accertamento. A maggior ragione tale preclusione sussiste nell'ipotesi 
in cui, come nell'imposta di registro (che � imposta di atto), il 
provvedimento ha avuto per oggetto solo il negozio quale risulta dal 
documento. 

Tali principi trovano applicazione anche in ordine all'accertamento 
dei presupposti al cui concorso � condizionato il beneficio, trattandosi 
pur sempre di elementi di fatto che ineriscono all'imposta di registro 
e la cui prova ,deve essere documentale e proveniente, di regola, da 
uffici amministrativi all'uopo designati, o, talvolta, dallo stesso contribuente. 


Privo di fondamento, pertanto, sotto un duplice profilo � il rilievo 
che l'art. 18 della legge di Registro, lungi dal costituire un �sistema�, 
suffragherebbe la tesi dell'ammissibilit� della prova testimoniale, in 
quanto esclusla solo nei casi tassativamente previsti. 

Infatti, se la prova testimoniale, come mezzo di determinazione 
di fatti da cui dipende il carico dell'imposta non � ammessa neppure 
nel caso in cui legittima fonte di prova, ai fini dell'accertamento, � la 

sindacato giudiziario, deve essere fornita per dimostrare ,l'esistenza del 
presupposto di fatto; cio� se la prova pu� essere scritta o orale. E la soluzione, 
-concludendo quanto finora si � detto, non pu� essere dubbia, perch� 
si deve escludere -�si ripete -la ,prova testimoniale, mentre si deve ammettere 
solo la prova scritta, documentale, che risulti da atti di data certa 

(ad es. l'effettiva abitazione pu� risulatre dai contratti di fornitura, di luce, 
acqua gas, intestati all'acquirente). 

Non hanno alcun pregio le argomentazioni con le quali si afferma che 
l'art. 18 1.r., prevedendo la tassazione di trasferimenti, in mancanza di prova 
diretta, con semplice prerunzione e vietando la prova testimoniale, consente 
la tassazione di ufficio di una obbiettiva situazione di fatto, dalla quale pu� 
desumersi, senza equivoci, la esistenza di determinati fatti o atti generatori 
dell'imposta. 

Con l'art. 18 il legislatore ha posto due deroghe al sistema ordinario 
dell'accertamento: con l'una ha introdotto una eccezione al principio della 
iniziativa privata in tema di registrazione, consentendo la tassazione di 
ufficio, a condizione che la Finanza dimostri fatti concludenti, elencati in 
via esemplificativa (e non tassativa), proprio perch� in tal caso (e cos� 
veniamo all'altra deroga) viene assunto come presupposto dell'obbligazione 
tributaria, non il documento, ma il negozio, prescinderi:dosi dall'atto scritto 
che ne � la prova diretta (Cass. 12 novembre 1965, n. 2357, in questa Rassegna, 
1965, I, 1605). La deroga alla prova documentale avrebbe aperto la 
possibilit� a qualsiasi sistema di prove, e quindi anche alla prova orale 

(testimoniale), se il divieto non fosse stato espressamente disposto dal 
legislatore. 

In tal modo, anche nel sistema derogatorio previsto dall'art. 18, si � 
tenuto fermo il principio, essenziale al processo tr~butario, che la :erova 
testimoniale non � ammessa (la vecchia legge 13 settembre 1874, n. 2076, 
art. 14 non prevedeva il divieto) (in senso analogo pu� ragionarsi in tema 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 923 

presunzione, tanto pi� deve respingersi e dirsi inapplicabile quando 
l'imposta viene applicata non su semplit:i presunzioni, ma in base all'atto 
presentato a registrazione. 

Inoltre, come esattamente osserva la difesa dell'amm.ne, poich� 
con l'art. 18 il legislatore ha posto due deroghe al sistema ordinario 
dell'accertamento, la deroga alla prova documentale avrebbe aperto la 
possibilit� a qualsiasi sistema di prove e, quindi, anche alla prova 
orale, se il divieto non fosse stato eapressamente disposto dal legislatore. 
In tal modo, anche nel sistema derogatorio previsto dall'art. 18, 
si � mantenuto fermo il principio dell'inammissibilit� della prova testimoniale, 
che riceve conferma da quanto, in .senso analogo, il legislatore 
ha disposto in tema di registrazione di contratti di appalto (art. 6 r.d. 
15 novembre 1937 n. 1924. -(Omissis). 

di registrazione d.i contratti di appalto regolata dall'art. 6 r.d. 15 novembre 
1937, n. 1924, ohe, in determinati casi ammette la presunzione e consente 
la 'prova contraria, esclusa la prova testimoniale: Corte di Appello Bologna 
2 aprile 1965, Riv. Giur. Ed., 1966, I, 399; Cass. 9 settembre 1968, n. 2913). 

A confortare tale soluzione, vale richiamare proprio la sentenza della 
Cassazione 31 marzo 1937, Riv. leg. fisc. 1937, I, 350, secondo la quale: 

� Contrasta la prova orale col sistema delle norme della legge di registro e 
di successione quando sia diretta ad accertare fatti influenti sulla intrinseca 
natura, sul contenuto, s-q,gli effetti dell'atto da tassare o sulla misura della 
tassa � (mentre la sentenza Cass. Roma 4 settembre 1884, Foro it. 1884, 
Indice col. 827, n. 31 concerne una questione diversa, e cio� l'esistenza o 
meno, di beni immobili, caduti in eredit�, ai fini dell'applicazione della 
tassa proporzionale). 
U. GARGIULO 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 giugno 1971, n. 1823 -Pres. Marletta 
-Est. Aliotta -P. M. Trotta (conf.) -Assessorato ai lavori pubblici 
della Regione Siciliana (Avv. Stato Albisinni) c. Fallimento 
Ernesto Patern� (avv. Scaduto). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Ricorsi aventi per oggetto diritti o 
interessi che si pretendono lesi dall'avvenuta concessione di utenza 
di acqua pubblica -Termine di decadenza -Applicabilit� nei 
riguardi del terzo concessionario che assuma di essere stato 
leso nel suo diritto dalla nuova concessione -Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 18): 
Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione di utenza di acqua pubblica 
-Impossibilit� o diminuzione di godimento della concessione 
-Irresponsabilit� dell'Amministrazione concedente -Limiti. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 19). 
n termine di decadenza di giorni sessanta previsto neU'art. 18 t.u. 
11 dice.mbre 1933, n. 1775 � applicabile soltanto' nei riguardi di coloroche 
abbiano partecipato al procedimento amministrativo condusosi con 
la emanazione del decreto di concessione, ma non anche nei �confronti 
dei terzi estranei a tale procedimento, che assumano di essere sta.ti lesi 
dalla concessione in un loll'o diritto so�ggettivo (1). 

(1) Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 17 ottobre 
1955, n. 3222, Acque bon., costr., 1956, I, 34 e segg., ritennero che, quando 
� l'individuo od ente sia direttamente contemplato nell'atto o provvedimento, 
e questo gli sia stato direttamente notificato nelle forme dell'art. 145 
t.u. n. 1775 del 1933, esso individuo od ente ha rieevuto comunicazione 
legale all'atto o provvedimento, e dalla data di tale comunicazione decorre 
il termine per l'esercizio da parte sua del potere di impugnazione.... Solo 
invece per �gli individui od enti non contemplati nell'atto o provvedimento 
e che per tale motivo non ne abbiano ricevuta diretta comunicazione il 
termine per la impugnazione decorre dal giorno di pubblicazione nella 
Gazzetta Ufficiale o nel Foglio degli ~nunzi Legali, che � il modo generale 
e solenne di pubblicazione degli atti ufficiali dello Stato e in genere de1la 
P. A. Da tanto emerge, altresl, che l'art. 18, collocato nel capo I del titolo 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 925 

IZ principio che l'Amministrazione non assume alcuna gamnzia di 
godimento deU'acqua concessa, di cui aU'art. 19 t.ir.. 11 dicembre 1933, 

n. 1775, vale ad� esonerarla da responsabilit� soltanto se l'impossibilit� 
o la dimminuzione di godimento, preesistenti o sopravvenute, derivino 
da eventi naturali o da fatto di un terzo (2). 
(Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione, 
denunziando la violazione dell'art. 18 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, 
sostiene che erroneamente il Tribunale superiore delle acque pubbliche 
ha ritenuto che il termine di decadenza di giorni sessanta, previsto per 
ricorrere avverso i provvedimenti in materia di concessione di acque 
pubbliche, sia inapplicabile nei confronti dei terzi che non abbiano 
partecipato al relativo procedimento amministrativo, i quali si ritengano 
lesi nei loro diritti per effetto della concessione e intendano adire il 
gi.dice ordinario per sentire emettere la relativa declaratoria di illegittimit� 
,con conseguente condanna dell'Amministrazione al risarcimento 
dei danni. 

Il motivo � infondato. Infatti, come ha esattamente ritenuto il Tribunale 
superiore delle acque pubbliche, il citato art. 18, nel disporre 
che � i ricorsi aventi .per oggetto diritti o interessi, che si pretendono 
lesi dall'avvenuta concessione, devono essere proposti, secondo le rispettive 
competenze, ai Tribunali delle acque territoriali o al Tribunale 
superiore delle acque pubbliche e notificati entro il termine pe-

I del t.u., che comprende le norme �sostanziali e di procedura sulle derivazioni 
ed utilizzazioni delle acque pubbliche, pone un termine generale di 
impugnativa, decorrente dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, per 
la tutela, avanti al Tribunale regionale o al Tribunale superiore, dei diritti 

o interessi che l'individuo od ente giuridico stimi lesi dall'avvenuta concessione. 
Il carattere generico di detto art. 18 -� reso palese dalla sua dizione, 
che non specifica ulteriormente �. 
Nella sentenza sopra massimata le �stesse Sezioni Unite hanno, invece, 
sottolineato che le disposizioni, le quali, come quella di cui trattasi, stabiliscono 
una pre!lunzione di conoscenza di un atto o provvedimento amministrativo 
per effetto della semplice. pubblicazione del medesimo, ai fini 
della decorrenza dei termini per l'esperimento dei ricorsi del caso, hanno 
carattere eccezionale e vanno, perci�, interpretate � come riferentisi soltanto 
a coloro che hanno partecipato al procedimento in base al quale l'atto 
pregiudizievole � stato emesso, che debbono essere perci� vigili, in attesa 
dell'emanazione dello stesso, e non mai ai terzi estranei, ai quali non incombe, 
certo, un analogo dovere di vigilanza �. 

(2) Al di fuori di tali limiti, l'Amministrazione concedente, salvo i casi 
in cui, ricorrendo esigenze d'interesse pubblico, proceda con legittimo atto 
di imperio a revocare o modificare la concessione, o dichiarare decaduto il 
concesisonario, � � tenuta ad un comportamento che consenta l'utilizzazione 
dell'acqua concessa�. Pi� in: generale, v. Cass., Sez. Un., 29 maggio 1969, 
n. 1893, in questa Rassegna, 1969, I, 729 e segg., con nota di ALBISINNI. 

926 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rentorio di sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto di concessione 
nella Gazzetta Ufficiale �, va interpretato restrittivamente, nel 
senso cio� che deve ritenersi applicabile soltanto nei riguardi di coloro 
che abbiano partecipato al procedimento amministrativo conclusosi con 
la emanazione del decreto di concessione, ma non anche nei confronti 
dei terzi estranei a tale procedimento, che assumono di essere stati lesi 
dalla concessione in un loro diritto soggettivo, non potendo questo essere 
menomato dalla decorrenza di un termine collegato alla pubblicazione 
di un ;provvedimento amministrativo, che non li concerne direttamente; 
per ,cui la relativa tutela giudiziaria rimane soggetta soltanto 
ai normali termini di prescrizione. E che tale sia la portata limitata 
della norma si desume da considerazioni di ordine logico e sistematico, 
non potendo ammettersi che i terzi, estranei al procedimento 
che ha dato luogo alla concessione, vedano pregiudicata la difesa 
dei loro diritti in conseguenza della pubblicaziqne sulla Gazzetta Ufficiale 
di un provvedimento, posto in essere nei confronti di altri soggetti, 
del quale possono non essere venuti a conoscenza. Infatti, a differenza 
,di quanto � espressamente stabilito per i provvedimenti aventi 
carattere legislativo o regolamentare, per i quali un'apposita disposizione 
di legge (art. 10 delle disposizioni preliminari) presume la conoscenza 
da parte di ogni interessato nel decimo quinto giorno dalla pubblicazione, 
nessuna norma del genere � normalmente prevista in materia 
di atti amministrativi speciali, per i quali vige invece il principio 
del tutto diverso, in parte analogo a quello vigente in materia di 
atti giurisdizionali, della necessit� che l'atto sia notificato o comunicato 
o venuto comunque atiunde a conoscenza dell'interessato; per cui 
soltanto dalla data di notificazione o di comunicazione o da quella della 
conoscenza decorrono gli eventuali termini per l'impugnazione in via 
amministrativa o per esperire la tutela in via giurisdizionale. Le disposizioni 
eccezionali, nelle quali, come nella specie, la conoscenza del 

provvedimento, ai fini della decorrenza degli anzidetti termini, � presunta 
in conseguenza della semplice pubblicazione, debbono perci� 
essere interpretate come riferentisi soltanto a coloro che hanno partecipato 
al procedimento in base al quale l'atto pregiudizievole � stato 
emesso, che debbono essere per ci� vigili in attesa dell'emanazione 
dello stesso, e non mai ai terzi estranei ai quali non incombe certo un 
analogo dovere di vigilanza. 

Del pari infondato � il secondo motivo, con il quale l'Assessorato 
ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 18 e 19 del succitato 
t.u., 17 del regolamento approvato con r.d. 14 agosto 1'9120, nn. 12i85, 
e 2043 c..c., nonch� difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sostiene 
che erroneamente il Tribunale superiore delle acque pubbliche 
ha ritenuto responsabile esso ricorrente della mancata utilizzazione di 
acqua da parte del Patern�, non considerando che, in base al disposto 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 927 

dell'art. 19 del citato t.u., il concessionario non pu� invocare la concessione 
quale titolo per richiedere un risarcimento di danni alla Pubblica 
Amministrazione, in quanto il provvedimento di .concessione non 
:pu� essere in s� lesivo dei diritti soggettivi alieni, essendo dato con 
salvezza dei diritti dei terzi; il danno, se mai, deriverebbe dalla attuazione 
ed utilizzazione della concessione, per cui ne risponderebbe in 
ogni caso soltanto il concessionario. 

� ben vero, infatti, che l'art. 19 del citato t.u. sulle acque pubbliche 
dispone che � la concessione s'intende fatta entro i limiti di 
disponibilit� dell'acqua � e ehe � il concessionario non pu� mai invocare 
la ,concessione come titolo per chiedere indennizzo allo Stato ed 
� esclusivamente responsabile di qualsiasi lesione che in conseguenza 
di essa possa essere arrecata ai diritti dei terzi �; senonch�, �come esattamente 
ritenuto dal Tribunale superiore delle acque pubbliche, tale 
norma non pu� essere intesa nei sensi voluti dal ricorrente, in mcido 
da escludere in via generale ogni possibile azione per danni causati 
dalla Amministrazione concedente derivanti dalla mancata possibilit� 
di utilizzazione dell'acqua oggetto della concessione. La surriportata 
disposizione dell'art. 19 va, infatti, interpretata restrittivamente, nel 
:senso che il Legislatore, ribadendo il principio che lAmministrazione 
non assume alcuna garanzia di godimento dell'acqua concessa, ha inteso 
esonerarla da responsabilit� soltanto se l'impossibilit� o la diminuzione 
di godimento, preesistente e sopravvenuta, non sia imputabile 
alla stessa, in quanto determinata da eventi naturali o da fatto di un 
terzo; ma, al di fuori di tali limiti, � tenuta ad un comportamento che 
consenta l'utilizzazione dell'acqua concessa. In proposito va considerato 
ehe, com'� ius receptum di questa Corte, dalla concessione e per tutta 
la durata della stessa, nasce iri favore del concessionario un diritto soggettivo 
all'uso del bene che ne � oggetto, non soltanto nei confronti dei 
terzi ma anche della stessa Amministrazione concedente, che � tenuta 
a rispettarlo, Ci� non esclude evidentemente che quest'ultima, per la 
.sua posizione di supr:emazia, ai fini della realizzazione dei suoi fini 
pubblici, possa con atto d'imperio revocare o modificare la concessione 

o dichiarare decaduto il concessionario, per� deve farlo servendosi 
degli specifici poteri attribuitile dalla legge, normalmente corrispondendo 
al concessionario un equo indennizzo per il sacrificio del diritto 
d.i cui questo era portatore. Gl'indicati principi trovano conferma in 
tutta una serie di disposizioni contenute nello stesso t.u. sulle acque 
pubbliche, che prevedono soltanto in determinate ipotesi, motivate sempre 
da ragioni di interesse pubblico, e previa s'intende l'emanazione 
dei relativi provvedimenti amministrativi da parte degli organi competenti, 
�temporanee limitazioni all'uso della derivazione � dell'acqua 
concessa, � necessarie per speciali motivi di pubblico interesse � o 
.. quando si verifichino eccezionali deficienze d'acqua � (art. 43, com

928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma ultimo); la revoca di una concessione di acqua, per poter far luogo 
ad una pi� importante che sia con la prima incompatibile (art. 45, 
comma I), la pronunzia di decadenza della concessione, che fa del pari 
venir meno il diritto del concessionario, che � sancita soltanto in casi 
tassativi indicati nell'art. 55, per gravi inadempienze addebitabili al 
concessionario o per mancato uso da parte dello stesso dell'acqua, protrattosi 
per un lungo periodo di tempo. 


Ne consegue che, come ha esattamente ritenuto il Tribunale superiore 
delle acque pubbliche, l'Assessorato per i lavori pubblici della 
Regione siciliana, effettuando le nuove concessioni, senza esercitare 
alcuno dei .poteri discrezionali attribuibile in base alle citate norme e 
mancandone per giunta i presupposti, non poteva arrecare pregiudizio 
al precedente concessionario Patern� e determinare addirittura una 
soppressione totale dell'acqua in precedenza concessagli, violando con 
tale comportamento illegittimo il diritto soggettivo gi� acquisito dallo 
stesso alla utilizzazione del bene concesso. N� ha alcuna rilevanza in 

I 

favore della tesi contraria, sostenuta 'dal ricorrente, il fatto che nelle 

~ 

successive concessioni sia stata fatta espressa salvezza dei diritti dei 

!

terzi. Trattasi, infatti, di clausola di stile, normalmente inserita ed 
operante in materia di autorizzazioni amministrative, nelle quali tale 

i 

salvezza � insita nella stessa natura del provvedimento, che non tocca 
direttamente i diritti dei terzi; mentre deve considerarsi inoperante in 
materia di concessioni, nelle quali la eventuale identit�, totale o par


I 

ziale, dell'oggetto della concessione pu� determinare la lesione dei 
diritti soggettivi dei vari �concessionari, non potendo quindi l'Amministrazione 
concedente, con la semplice inserzione di tale clausola, .in 
violazione di una espressa norma contenuta nella Costituzione (artiI 
colo 28), esonerare se stessa dalla responsabilit� nascente a suo carico 
per il compimento di atti illegittimi, lesivi del diritto del concessionario. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1962 -Pres. Giannattasio 
-Est. Falletti -P. M. Trotta (conf.) -Guarino (avv. Sinatra) 
c. Assessorato ai LL.PP. della Regione Siciliana (Avv. Stato 
Del Greco). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti della Regione Siciliana 
-Regolamento sulla direzione, contabilit� e collaudo dei lavori 
pubblici statali appr. con r. d. 25 maggio 1895 n. 350 -Applicabilit� 
agli appalti della Regione Siciliana in virt� dell'art. l 1. re'g. 
l lulio 1947, n. 3 -Sussiste. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 929. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Gestione e contabilit� dell'appalto 
-Oneri della immediata contestazione e della immediata 
riserva da parte dell'appaltatore relativamente alle circostanze che 
ri~uardano la sua prestazione e siano suscettibili di produrre 
un incremento della spesa prevista -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 
91, 107). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Pretesa dell'appaltatore 
al risarcimento dei danni per assunto ritardo nell'effettuazione 
del collaudo -Onere della riserva -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 107). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Funzione. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 91 e segg.). 
Le norme del Rego1.amento r.d. 25 maggio 1895, n. 350 suita � direzione, 
contabitit� e col1.audazione dei lavori detlo Stato � sono state 
estese netl'ambito della Regione siciliana tramite l'art. 1 legge reg. 
1� luglio 1947, n. 3 e tramite l'art. 1 d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878 (1). 

Ne~ sistema del r.d. 25 maggio 1895, n. 350. l'attuazione deU'opera 
pubblica, dalla gara d'appalto, alla consegna dei lavo'l'i, alla loro esecuzione 
ed al lO'l'o coUa'lido, si articola in fasi successive, attraverso un 
procedimento formale e vincolato, che si svolge in una serie di registrazioni 
e certificazioni, alla formazione deile quali l'appaltatore � 
chiamato di volta in volta a partecipare: perci� gli � imposto l'onere 
di contestare immediatamente le circostanze � che riguardano la sua 
prestazione e siano suscettibili di produrre un incremento della spesa 
prevista (2). 

(1) Questo insegnamento dimostra la fondatezza dei rilievi critici di 
cui a nota sub 2 a Caiss., 7 � settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 
1970, I, 959, non giustificandosi la diversit� di trattamento nei confronti di 
norme dotate di uguale natura regolamentare. 
(2) La massima � di �significativa importanza, poich�, .precisando sempre 
meglio il pensiero della Suprema Corte regolatrice, quale manifestatosi 
in varie occasioni (cfr. Cass., 30 .giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 
1969, I, 578, ed. ivi nota redazionale 1-2; 29 dicembre 1969, n. 4046, 
id., 1970, I, 482, ed ivi nota 1, nonch� 1177, con nota 1-2), dimostra di condividere, 
ormai, pienamente, le tesi dell'Avvocatura, gi� accolte dalla nota 
giurisprudenza dei giudici di merito (v., per tutte, Corte App. Roma, 6 
maggio 1969, n. 1053, in questa Rasseg'Tl!a, 1970, I, 997, sub 2; v. anche Trib. 
Roma, 7 aprile 1970, n. 267�5, ivi, 674, sub 1-2), e corrobora, altresi, le osservazioni 
ed avvertenze fatte nella nota redazionale sub 2 a Cass., 13 mag

J 

930 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Il diritto dell'appaltatore di avanzare domande di risarcimento 
per il lamentato ritardo del collaudo dell'opera � precluso dalL'avvenuta 
ffrma senza riserve da parte del medesimo del certificato di collaudo 
(3). 

Il coltaudo deU'opera pubblica appaltata ha non solo lo scopo di 
accertare la rispondenza tecnica e contabile dell'opera al contratto approvato, 
ma anche quello di fissare la liquidazione del corrispettivo dovuto 
alL'appaltatore (4). 

(Omissis). -Con citazione notificata il 4 dicembre 1964 Angelo 
Guarino conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Palermo l'assessorato 
dei lavori pubblici della re~one siciliana, esponendo che 
con contratto di appalto 28 agosto 1959 l'assessorato gli aveva commesso 
la costruziooe della strada Buccheri-La Cava Sughereto; che i 
lavori erano stati finiti entro il termine contrattuale del � 17 agosto 
1960, ma l'amministrazione appaltante,� sebbene ripetutamente sollecitata, 
avev� proceduto al collaudo soltanto il 18 giugno 1963, con 
notevole ritardo rispetto al termine contrattuale di nove inesi dall'ul


gio 1971, n. 1384, in questa Rassegna, 1971, I, 698, a proposito della stretta 
correlazione fra onere della riserva e gestione contabile dell'appalto, da 
cui esulano solo i fatti illeciti dolosi o gravemente colposi degli organi. 
della stazione appaltante. 

Da segnalare che l'onere di contestazione di .cui parla genericamente la 
sentenza in rassegna comprende, pi� propriamente, quello di contestazione 
in senso stretto (art. 23 r.d. n. 350 del 1895), il mancato assolvimento del 
quale comporta il riconoscimento della conformit� ai patti contrattuali delle 
prescrizioni dell'Amm.ne, ovvero rende incontrovertibili i fatti incidenti 
sull'esecuzione dell'appalto (cfr. art. 23, comma quarto), e quello della ;riserva, 
ossi�a della domanda di maggiori somme Tispetto a quelle ammesse in 
contabilit� (artt. 23, comma terzo, 54, 64, 89 ecc.). 

(:';) V. precedente nota, a proposito dell'insegnamento di Cass., 13 maggio 
1971, n. 1384, in questa Rassegna, 1971, I, 698. � 

Significativo risulta, peraltro, nella sentenza in rassegna, il rilievo della 
differenza fra �ritardo nel pagamento di una se>mma gi� accertata e liquidata� 
e ritarde> �nel.la sua liquidazie>ne: una circostanza, cio�, anteriore 
al momento �Ce>nclusivo del collaudo ed assorbita nell'improponibilit� delle 
contestazioni non sollevate in quel momento stesso, contraddette, anzi, dalla 
firma di accettazione (del collaudo) �. 

Giova avvertire, infine, che, a norma dell'art. 96, opv., r.d. n. 350 del 
1895, �l'appaltatore non avr� diritto a chiedere alcun indennizzo, quando, 
essendo nel capitolato speciale fi.ssato un termine entro il quale il collaudo 
debba compiersi, le relative operazioni, in conse.guenza delle verificazioni 
di cui sopra, non potessero, per cause dipendenti dalla volont� dell'amministrazione, 
condursi a compimento entro il termine stabilito�. 

\4) Cfr. Cass., 15 giugno 1964, n. 1518, Giur. it., Mass., 1964, 497, sub c, 

nonch� in Foro Amm., 1964, I, 1, 527. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 931 

timazione dei lavori. Ci� premesso, il Guarino chiedeva che l'amministrazione 
convenuta fosse condannata a risarcirgli il danno da lui sub�to 
per tale ritardo, nella somma di L. 1.228.020, quali interessi del 15 % 
sull'ultima rata di L. 3.098.640, e quali premi corrisposti per la proroga 
della polizza fidejussoria. Successivamente, nel corso del processo, 
il Guarino chiedeva anche il rimborso di L. 931.680 per imposta 
generale sull'entrata. Il Tribunale dichiarava inammissibile le domande 
dell'attore e la Corte di Palermo, con sentenza 15 dicembre 1967, confermava 
la decisione, considerando che secondo l'art. 107 del r.d. 25 
maggio 1895, n. 350, applicabile, ai sensi del d.p.r. 30 luglio 1950, 

n. 878, anche agli appalti della� regione siciliana, l'appaltatore deve 
formulare, all'atto della firma del collaudo, � le domande che crede 
nel proprio interesse rispetto alle operazioni di collaudo., restando 
altrimenti tali domande precluse; che tra queste domande deve intendersi 
compresa anche quella degli interessi per il ritardo nei pagamenti, 
come si desume dalla lettera e dal sistema della legge, secondo 
cui tutte le domande dell'appaltatore che si risolvono in richieste di 
compensi e di indennizzi per il periodo compreso tra l'atto di sottomissione 
e il collaudo sono assoggettate al regime delle riserve; che il 
collaudo, inoltre, quale contratto bilaterale di accertamento, pone in 
essere un nuovo vincolo obbligatorio che si sovrappone a quello originario 
ed assorbe ogni pretesa per fatti antecedenti al collaudo; che 
nella specie, non avendo l'appaltatore espressa alcuna riserva, era irrilevante 
ogni altra questione circa la decorrenza degli interessi in base 
all'art. 36 del d.p.r. 16 luglio 1962 n. 10631 inapplicabile peraltro al 
contratto inter partes, stipulato nel 1959. 
Con atto 12 febbraio 1968 il Guarino proponeva ricorso per cassazione, 
sulla base di quattro motivi; resisteva con controricorso l'assessorato. 


MOTIVI DELLA DECISIONE 

Nei quattro motivi del ricorso, che possono essere esaminati in


sieme, il Guarino svolge le seguenti censure: 

1) la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto, in contrasto con 

la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che l'art. 107 del r.d. 25� 

maggio 1895, n. 350 sia applicabile anche agli appalti della regione si


ciliana (violazione del d.p.r. 30 luglio 1950, n. 878); 

2) comunque, l'onere della riserva � richiesto solo per maggiori 

o diversi indennizzi conseguenti alle opere previste nel capitolato speciale, 
non anche per gli interessi moratori dovuti per legge dalle singole 
scadenze delle rate (violazione deg�li artt. 107, 10, 11, 16, 22, 25,. 
40, 47, 53 e 63 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350); 

932 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

3) il nuovo capitolato ancor pi� esplicitamente sancisce il princ1p10 
�dell'automaticit� degli interessi; le sue norme erano applicabili 
al rapporto in contestazione, anch� perch� esse stabilivano l'abrogazione 
del capitolato risalente al cit. r.d. 350/1895 (violazione dell'articolo 
36 del d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063); 

4) il ritardo nell'esecuzione del collaudo, nonostante le ripetute 
messe in mora, si � protratto fino a 34 mesi dopo l'ultimazione dei 
lavori: l'amn;iinistrazione non � dunque esonerata in nessun caso dalla 
responsabilit� per i danni conseguenti (violazione degli artt. 1224 e 
1229 C.�C.). 

Le censure sono infondate. Il ricorrente contesta l'applicabilit� del 

r.d. 25 maggio 1895 n. 350 agli appalti della regione siciliana e per 
sostep.ere la sua tesi invoca il principio giurisprudenziale secondo cui 
i capitolati generali per le opere pubbliche appaltate dallo Stato hanno 
valore normativo (interno) soltanto per lo Stato e non anche per gli 
altri enti pubblici, i quali solo contrattualmente possono assumerli a 
regolamento dei propri appalti (Cass. 1969, n. 710, id. 1967, n. 528). Ma 
questo � un argomento erroneo e irrilevante. 
Erroneo,� perch� confonde il citato r.d. 25 maggio 1895, n. 350 
(che detta norme sulla direzione, contabilit� e collaudo dei lavori pubblici 
statali) col capitolato generale degli appalti statali contenuto 
nel d.m. 28 maggio 1895. Ed anche irrilevante, perch� dalla sentenza 
impugnata risulta che nella specie il contratto richiamava appunto le 
norme del capitolato generale 28 maggio 1895 allora vigente. Oltrech� 
sul fa.tto gi� decisivo di questa contrattuale efficacia impressa al regolamento 
richiamato (che comporta viceversa l'esclusione d'un diverso 
regolamento, come quello del capitolato generale sopravvenuto poi col 

d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063,. che il ricorrente .pretende tuttavia di 
assegnare al rapporto), la Corte d'appello ha dunque fondato il proprio 
giudizio sul disposto legislat~vo dell'art. 107 (in particolare) e su tutto 
il coerente sistema del r.d. 25 maggio 1895, n. 350. E questa disciplina, 
considerate le circostanze qualitative e temporali della fattispecie, 
la Corte ha � giustificatamente estesa, nell'ambito della regione 
siciliana, al rapporto in esame, tramite l'art. 1 della legge 1 � luglio 
1947, n. 3 (� lllel territorio della regione siciliana, fino a quando l'assemblea 
regionale non abbia diversamente disposto, continua ad applicarsi, 
nelle materie attribuite alla competenza regionale, la legislazione dello 
Stato... �, e tramite il d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878 (�la regione siciliana 
sv.olge nell'ambito del proprio territorio le attribuzioni del ministero 
dei LL.PP. previste dall'art. 20 dello statuto della regione., 
art. 1). Corretta, quindi, e positivamente contrassegnata da precisi testi 
di legge, � la decisione impugnata. Nel sistema del r.d. 25 maggio 18.1)5, 
n. 350 l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara d'appalto, alla con

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 933 

segna dei lavori, alla loro esecuzione e collaudo, si articola in fasi successive 
attraverso un procedimento formale e vincolato, che si svolge 
in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui� formazione l'appaltato:
r:e � chiamato di volta in volta a partecipare: perci� gli � imposto 
l'onere di contestare immediatamente le circostanze che riguardano 
la sua prestazione e suscettibili di produrre un incremento della 
spesa prevista. E cos�, alla firma del certificato di collaudo, l'appaltatore 
deve, a pena di decadenza, formulare �le domande che crede nel 
proprio interesse rispetto alle operazioni di collaudo� (art. 107 cit.). 
Il collaudo, inv.ero, non ha solo lo scopo di accertare la rispondenza 
tecnica e contabile dell'opera, ma lo scopo anche di fissare la liquidazione 
del corrispettivo dovuto all'appaltatore: in questo secondo aspetto 
esso riveste il carattere di un negozio bilaterale di acce:r:tamento, 
dal quale sorge un nuovo vincolo obbligatorio e pertanto le determinazioni 
ivi documentate e accettate hanno efficacia definitiva, precludendo 
ulteriori pretese relativamente ai fatti che precedono tl collaudo 
(Cass. 1957, n. 3669; id. 1964, n. 1'518). Legittimamente, quindi, 
poich� il Guarino av.eva firmato senza riserve l'atto di collaudo, la 
Corte ha ritenuto che gli fosse ormai precluso il diritto di avanzare 
domande di risarcimento .per il lamentato ritardo del collaudo stesso. 
Ne consegue, come la Corte d'appello ha pure osservato, che � irrilevante 
la questione cirica la decorrenza degli interessi, la loro automaticit� 
e il relativo �criterio, secondo il capitolato generale del 1895 
(art. 40), o secondo il capitolato generale del 1962 (artt. 35 e 36). 
Esclusa pregiudizialmente, come s'� detto, l'applicabilit� di quest'ultimo 
�alla fattispecie, basta inoltre considerare, con un rilievo parimenti 
decisivo nei ~iguardi di entrambi i capitolati, che il risarcimento 
preteso (sia pure nella forma degli interessi moratori) non si riferisce 
al ritardo nel pagamento di una somma gi� accertata e liquidata, ma 

.al ritardo nella sua liquidazione: una circostanza, cio�, anteriore al momento 
conclusivo del collaudo ed assocbita nell'improponibilit� delle 
contestazioni non sollevate in quel momento stesso, contraddetta anzi 
�dalla firma di accettazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 luglio 1971, n. 2126 -Pres. Rossano 
-Est. Giuliano -P. M. Di Majo (conf.) -Impresa Matozzi e 
Zini s.p.a. (avv. Silvestri, Capaccioli) c. Ministero dei Lavori Pubblici 
(Avv. Stato Carusi). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Provvedimento finale dell'Amministrazione 
appaltante sulle riserve dell'appaltatore -Notificazione 
formale dell'atto ai fini del decorso del termine di decadenza 

15 


934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per la proposizione della domanda di arbitrato,o davanti al ~iudice� 
competente secondo le disposizioni del codice di procedura civile 
e del t. u. 30 ottobFe 1933, n. 1611 -Necessit� -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 109; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 6, 
ult. comma, 46, primo comma, 47, primo comma). 
Ai fini del'/,a decorrenza del termine di decadenza di cui agli articoli 
46, comma primo, e 47, comma primo, d.P.R. 16 luglio 1962, numero 
1063, non � sufficiente la comunicazione all'appaltatore, a mezzo 
ordine di servizio della D.L., delle definitive determinazioni dell'Amministrazione 
appaltante sulle riserve del medesimo, ma � necessaria 
la formale notifica del provvedimento, mediante consegna di copia dell'atto 
a mezzo degli agenti del Comune o di qualunque altro agente 
dell'Amministrazione appaltante (1). 

(Omissis). -Il 16 aprile 1965 la societ� per azioni Impresa Ma


tozzi e Zini convenne innanzi al Tribunale di Firenze il Ministero dei 

lavori Pubblici, chiedendone la condanna al pagamento della somma 

di lire 47.000.000, a titolo di .residuo corrispettivo di lavori stradali 

da essa .eseguiti in adempimento di un contratto di appalto. 

Il Ministero, costituendosi in causa, eccep�, preliminarmente, che 

la domanda era improponibile, in quanto la societ� era incorsa nella 

decadenza sancita dagli artt, 46 e 47 del capitolato generale di ap


palto approvato col d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, avendo adito il giu


dice a pi� di sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento che 

aveva respinto le sue richieste di maggior compenso, per cui aveva in-


serito riserve nei registri di contabilit�. 

(1) La prassi della comunicazione all'appaltatore a mezzo ordine di 
servizio della D.L. delle determinazioni dell'Amministrazione sulle riserve 
� stata finora fondata sulla ritenuta equiparazione fra comunicazione e no-tificazione 
di cui all'art. 23 r.d. 25 maggio 1895, n. 350. Nessuna menomazione 
dei diritti dell'appaltatore -pareva derivarne, considerando che quegli 
non avrebbe dovuto, in sede arbitrale, o, comunque, -giudiziale, portare 
le sue doglianze �sull'atto, per il quale l'art. 109 r.d. n. 350 del 1895 non 
prescrive alcuna motivazione, ma semplicemente riproporre le sue pretese, 
a ma~giori com-pensi o indennizzi, dopo essere stato messo in condizione di 
conoscere che l'Amministrazione appaltante non intendeva accoglierle. Riprova 
dell'inesistenza, nel campo qui considerato, del principio della notificazione 
formale pareva trarsi dalla considerazione che proprio la giurisprudenza 
della Corte di Cassazione ha, per altro verso, ammesso la 
possibilit� di equipollenti dell'atto di reiezione delle riserve (e, quindi, 
della consegna della copia del medesimo all'appaltatore a mezzo di un 
ufficiale giudiziario o di un agente comunale o della stessa Amministrazione 
appaltante), allorch�, in determinate circostanze, ha ritenuto che� 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 935 

Tale notificazione, secondo il Ministero, era avvenuta, a norma 
dell'art. 109 del regolamento approvato con R.D. 25 maggio 1895, numero 
350, il 6 ottobre 1964. 

La societ� replic� che quel giorno essa aveva soltanto ricevuto una 
raccomandata, spedita dall'Ufficio del Genio Civile di Firenze, che 
aveva diretto i lavori, con la quale, nella forma di un ordine di servizio, 
le era stato sinteticamente comunioato che le sue domande eran� 
state � respinte, perch� infondate in linea di fatto e diritto �. A suo 
avviso, la notificazione, dalla quale sarebbe decorso il termine fissato 
dagli artt. 46 e 47 del capitolato generale, non era mai avvenuta: 
all'uopo, infatti, sarebbe stata necessaria la consegna, ad opera di un 
ufficiale giudiziario, di un agente del Comune o di un agente dell'Amministrazione 
committente, _del provvedimento del Provveditorato Re-~ 
gionale alle 00.PP. per la Toscana che aveva respint,o le sue richieste. 

Il Tribunale, con sentenza non definitiva 31 ottobre-13 dicembre 
1966, rigett� l'e.ccezione di decadenza; contemporaneamente, con ordinanza, 
dispose per l'istruzione della lite. 

Su appello del Ministero, a cui la societ� resistette, la Corte fiorentina, 
con la sentenza ora impugnata, dichiar� inammissibili, per intervenuta 
decadenza, le domande proposte dalla' societ�. 

Essa riput� che la notificazione menzionata dall'art. 46 del capitolato 
generale suddetto e dall'art. 109 del regolamento del 1895 � non 
implica la medesima attivit� formale prevista dal codice di procedura 
civile � e che l'avvenuta comunicaziooe dell'esito della pratica mediante 
una lettera raccomandata non aveva impedito alla .societ� la 

� piena � conoscenza della decisione amministrativa. 
La societ� ha proposto un tempestivo e rituale ricorso per cassazione,. 
con due mezzi, .rnustrati poi con memoria; il Ministero ha 
depositato un controricorso. 

l'appaltatore possa adire le vie legali pur in mancanza di notifica del prov


vedimento ex art. 109 r.d. n. 350� del 1895 e senza l'onere di sperimentare 

previamente il procedimento di cui all'art. 1183 e.e. (Cass., 7 settembre 1970,. 

n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959, sub 5). 
Ma 1a sentenza in rassegna, in relazione al contenuto dell'ultimo comma 
dell'art. 6 del nuovo Capitolato generale oo.pp. del 1962, � andata in 
contrario avviso e, dopo aver premesso che le norme disdplinanti la decadenza 
� debbono essere interpretate col rigore corrispondente a quello dei 
loro effetti., ha affermato che � I� dove la legge usa il termine notificazione 
non si pu� reputare che tale termine sia stato usato in senso atecnico o che 
alla mancanza di notificazione si possa supplire con surrogati, che la legge 
non abbia espressamente previsti �. 

Pare quasi superfluo segnalare l'importanza della massima, perch�, ad 
essa si adeguino anche gli operatori amministrativi del settore considerato. 



936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Col primo mezzo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 6, 46 e 47 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, si 
duole che la Corte del merito non abbia considerato che le norme sulla 
notificazione sono formali, che nella specie esse non erano state affatto 
osservate, e che, poich� la notificazione � un mezzo predisposto dalla 
legge per dar vita a una � conoscenza legale �, ove la notificazione sia 
mancata, non si pu� aver riguardo alla data della � piena conoscenza � 
di fatto quale .termine iniziale della decadenza, se non nelle ipotesi 1n 
cui essa sia dalla legge espressamente equi.parata alla notificazione, 
come � disposto dall'art. 36 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato 

(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054). 
Col secondo mezzo, la societ� lamenta che la Corte fiorentina abbia 
riputato sussistente la piena conoscenza con motivazione iUogica, contraddittoria 
e insufficiente. . 

La prima, assorbente censura � fondata. 

Invero, le norme che disciplinano la decadenza debbono essere 
interpretate col rigore corrispondente a quello dei loro effetti: l� dove 
la legge usa il termine notificazione non si pu� reputare che tale termine 
sia stato usato in senso atecnico o che alla mancanza di notificazione 
si possa supplire con surrogati, che la legge non abbia espressamente 
previsto. 

L'art. 109 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 dispone che le deliberazioni 
finali del Ministero (ora, nei congrui casi, a norma della legge 
23 marzo 1964, n. 194, del Provveditorato Regionale alle 00.PP.) siano, 
senza indugio, �notificate all'appaltatore�. Lo stesso decreto, nell'art. 
23, �a proposito della decisione dell'ingegnere capo, che dirima 
provvisoriamente contestazioni insorte tra il direttore dei lavori e l'appaltatore, 
dispone ch'essa sia � mediante ordine di servizio, comunicata 
all'appaltatore �. 

La distinzione tra notificazione e comunicazione mediante ordine 
di servizio �, quindi, posta con .riguardo ad atti diversi, di diversa efficacia. 


D'altra �parte; il codice di procedura civile del 1865, che vigeva 
allorch� fu emanato il regolamento ora in esame, considerava elemento 
essenziale della notificazione la consegna di una copia dell'atto (articolo 
39); e che in ci� consistesse, propriamente, la notificazione era 
ben presente al leg.islatoo:-e del 1895; esso, invero, nello stesso art. 23 
surricordato, stabil� che l'appaltatore poteva ricorrere all'ispettore del 
compartimento contro la decisione dell'ingegnere .ca.po � entro otto 
giorni dalla notificaziop.e dell'ordine di servizio �. Questo, infatti, ei:a � 
stato consegnato in copia all'appaltatore, cio�, proprfamente, notificato, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 937 

mentre, col suo contenuto, era stato un mezzo di mera comunicazione 
della decisione dell'ingegnere capo. 
L'art. 46 del ca:pitolato genera.le approvato col decveto n. 1063 del 
1962 stabilisce che il termine di decadenza in questione decorre dalla 

�notificazione � pr�scritta dal ricordato art. 109. Il concetto di notificazione 
non � mutato per eff.etto dell'entrata in vigore dell'attuale 
codice di rito: anche questo, con l'art. 137, sancisce che la notificazione 
si esegue mediante consegna al destinatario di copia conforme 
alrorigj,nale dell'atto da notificarsi. 
'Un altro requisito formale della notificazione � la �consegna della 
copia ad opera di un uffi.ci:al� pubblico munito di tale potest�. 

In proposito l'a.rt. 6 del capitolato generale dispone, espTe,ssamente, 
che le intimazioni degli atti g.iudiziari si fanno col ministero di ufficiale 
giudiziario e che le altre notificazioni possono eseguirsi anche a mezzo 
degli agenti del Comune o di qualunque a!tro agente dell'Amministrazione. 


La Corte del mer.ito a�ccert�, in fatto, �che vi era stato soltanto ordine 
di servizio dell'Ufficio del Genio Civile, trasmesso per posta e recante 
notizia della reiezione delle richieste dell'impresa appaltatrice. 

Tale situazione dove'\na essere valutata, in diritto, al lume delle 
considerazioni dianzi �esposte, che non consentivano il ricorso a equipollenti, 
sui quali, invece, si fond� la Corte fiorentina. 

Si deve, per.tanto, accogliere il .ricorso e rinviare la causa, per 
nuovo esame, a un'altra Corte d'appello, che provveder� anche sulle 
spese'di questo giudizio. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1970, n. 1349 -Pres. D'Armiento 
-Rei. Petrone -P. M. (conf.) -Rie. Speziali. 

Confisca -Mezzo d'impu~nazione. 

(artt. 212, 640, 655 c.p.p.). 

A norma degLi artt. 212 e 640 c.p.p. il mezzo di impugnazione consentito 
contro il provvedimento di confisca, se l'impugnazione non � contemporaneamente 
proposta per un altro capo della sentenza, � il ricorso 
alla Corte d'appello, giudice di sorveglianza, anche nell'ipotesi che la 
sentenza impugnata sia stata pronunciata dalla stessa Corte d'Appello 
(1). 

(Omissis). -Il ricorso � inammissibile perch� �con l'unico mezzo 
si critica la sentenza per non aver disposto la revoca della confisca 
del mezzo di trasporto -autov�ettura 1500 -che sarebbe servita al 
trasporto del tabacco di contrabbando, dal momento che la sentenza 

(1) Dopo incertezze giurisprudenziali che, sulla scia di un contrasto di 
opinioni manifestate in dottrina, avevano espresso il diverso avviso che 
il capo di sentenza concernente la confisca potesse essere impugnato autonomamente 
(opinane basata sulla negazione del1a natura di misura di sicurezza 
della confisca e sul richiamo contenuto nell'art. 655 c.p.p. agli incidenti 
d'esecuzione: v. SABATINI, Princtpi di dir. proc. pen., 1949, 485; 
VANNINI, Manuale dir. proc. pen., 1958, 347; MASSA, v. Confisca in Enciclopedia 
del diritto) la Cassazione ha affermato, con sentenza a Sezioni Unite 
(29 novembre 1958 in Giust. Pen., 1959, III, 522) il principio ora riaffermato 
con l'ordinanza che si annota e che costituisce ormai giurisprudenza 
costante: v. infatti, nello stesso senso, Cass. 20 ottobre 1964 in Cost. 
Pen. Mass. Amm., 1965, p. 1056, n. 1894; 20 dicembre 1962, in Giust. Pen., 
1964, III, c._ 106; 16 novembre 1967 in Cass. Pen. Mass. Amni. 1968, p. 1409, 
n. 2268. 
Per quanto concerne la titolarit� del diritto d'impugnazione, la decisione 
delle Sezioni Unite del 1958 (�itata) aveva stabilito che questo spettava 
non ,solamente agli interessati che subiscano la misura, ma anche al 
P.M., alla parte civile, al responsabile civile e al civil!Ilente obbligato per 
l'ammenda, anche in fase di cognizione, mentre la sentenza della I Sez. 30 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 939 

_ha eliminata l'aggravante del mezzo di trasporto appartenenti a terzi, 
.avendo riconosciuto che il tabacco non fu gi� tl'\asportato con l'autovettura 
1500, ma con un camion �di propriet� di un compartecipe del 
contrabbando rimasto sconosciuto. 

Per l'art. 212 c.p.p. la doglianza -concernente il solo accertamento 
-Oi sicurezza, senza la contemporanea impugnazione delle disposizioni 
penali della sentenza, va rivolta esclusivamente alla mag-istratura di 
sorveglianza, a norma dell'art. 640 c.p.p., e cio� alla Corte di appello, 
.anche se la sentenza impugnata sia stata pronunciata da un giudice 

di appello e, in .particolare dalla stessa Corte di appello, come nel 
caso si verifica. 

In tal senso � ferma la giurJ.sprudenza di questo S. C. che ha rite


nuto n principio applicabiue indistintamente per tutte le misure di 

sicurezza, -compresa la confisca. -(Omissis). 

marzo 1965, (in Cass. Pen. Mass. Ann. 1966, p. 1276, m. 1979), precisando il 
concetto, ha affermato che la parola � interessato � di cui al capoverso dell'art. 
212 c.p.p. sta a designare qualunque soggetto processuale che abbia 
assunto veste di parte nel procedimento di co-gnizione e che sia portatore di 
un concreto interesse all'impugnazione. 

Interessante � stata la decisione 7 novembre 1966 (in Cass. Pen. Mass. 
Ann. 1967, p. 1309, m. 2003) .che ha affermato la giurisdizione del giudice 
ordinario in tema di esecuzione di �confisca -presupponendo questa la 
cognizione di un fatto costituente reato -in una ipotesi in cui, essendo 
insorta diver.genza fra due organi dello Stato (una cancelleria di Corte 
d'Appello e un ufficio doganale) per l'incameramento della somma ricavata 
dalla vendita di un motoscafo confiscato, era stato eccepito il difetto 
di giurisdizione in quanto, trattandosi di un contrasto di interessi fra due 
amministrazioni, la decisione sa.rebbe spettata al Consiglio dei Ministri, 
a norma dell'art. 1, n. 8 r.d. 14 novembre 1901, n. 466. Sostenne in quel_
l'occasione la Cassazione che il Consiglio dei Ministri non ha .giurisdizione, 
ma mera cognizione per il regol�i.mento interno nei rapporti dei singoli 
ministeri e che la questione (nonostante la sua singolarit� e l'unicit� della 
personalit� giuridica dello Stato pur nell'articolazione dei suoi organi) non 
potesse essere sottratta all'A.G.0. 

�CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 13 novembre 1970, n. 1686 -Pres. 
Rosso -Rel. Negro -P. M. Pandolfelli (parz. diff.) -Rie. Tirentin. 

Sentenza -Interessi civili -Provvisionale -Contenimento entro la 
misura del danno provato -Esclusione. 

Sentenza -Interessi civili -Provvisonale -Concessione d'ufficio a 
favore della parte civile -Le~ittimit�. 

(c.p.p., art. 489). 



940 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Appello -Cognizione del giudice di appello -Divieto di reformatio 
in peius (in genere) -Concessione d'ufficio della provvisionale Violazione 
del divieto -Esclusione. 

(c.p.p. artt. 489, 515). 
La concessione della provvisionale ha carattere meramente deli


bativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile. Ne deriva 

che l'assegnazione di_ essa � sottratta alle regole sancite nel secondo 

comma dell'art. 278 c.p.c. secondo cui la somma di danaro concessa 

deve essere contenuta nei limiti della quantit� per la quale il giudice 

ritiene gi� raggiunta la prova del danno. 

La provvisionale pu� essere concessa anche d'ufficio dal magi


silra.to penale che condanni l'imputato al risarcimento del danno a 

Javore della parte civile da liquidarsi in separata sede (1). 

(1) La giurisprudenza � sostanzialmente concorde nello stabilire che la 
concessione della provvisionale abbia carattere meramente delibativo (v. 
Cass. 25 febbraio 1966 in Cass. Pen., Mass. Ann. 1966, p. 1330, m. 2050; 6 
ottobre 1967, ivi, 1968, p. 1192, m. 1889; 23 gennaio 1967, ivi, 1967, p. 1345, 
m. 2059; 30 agosto 1969, n. 112.783; 30 agosto 1969, n. 112.817) mentre vi 
sono tuttora ampi contra-sti sulla necessit� della prova (parziale) del danno, 
ai fini della determinazione della Pl'.OVVisionale: infatti talune decisioni 
hanno, come quella che si annota, escluso che la somma di denaro concessa 
debba essere contenuta nei limiti della quantit� per la quale il giudice 
ritenga gi� raggiunta la prova del danno (v. Cass. 23 gennaio 1967, 
citata; 6 luglio 1959 in Giust. Pen. 1960, III, c. 59), altre invece affermano 
il contrario (v. Cass. 25 ottobre 1966 in Cass. Pen. Mass. Ann. 1967, p. 1045, 
m. H>15; 30 agosto 1969, n. 112.817; 18 febbraio 1967, n. 103.502). Fra le 
due opinioni, sembra pi� accettabile la :seconda: invero, pur se l'art. 489 
cp..p. non ripete, nella sua !formulazione, l'inciso del secondo comma dell'art. 
278 c.p.c. ( � ... nei limiti della quantit� per cui ritiene gi� raggiunta 
la prova �), vi sono ragioni sufficienti a far ritenere che la misura della 
provvisionale debba corrispondere ad un accertamento -sia per parziale e 
delibativo -del danno. Tali ragioni stanno: 1) nell'unicit� dell'attivit� 
giurisdizionale, per cui sarebbe quanto meno singolare che in tal caso un 
provvedimento venga emanato senza il necessario previo accertamento; 
2) nella considerazione che il provvedimento sarebbe, altrimenti, suscettibile 
di riforma con inutile danno per il benficiario, costretto alla restituzione; 
3) nella constatazione che, una volta svincolata la determinazione 
della provvisionale da ogni collegamento con dati obiettivi, il provvedimento 
sarebbe non pi� discrezionale, ma arbitrario e ci� la legge non pu� aver 
voluto, nemmeno provvisoriamente; 4) nella constatazione che l'azione per 
il risarcimento del danno non muta, nella sua sostanza, �sia essa svolta nella 
sede sua propria o sia inserita nel processo penale, salve le modifi.cazioni di 
struttura espressamente previste (v. in questa Rassegna 1970, 332 PAOLO DI 
TARSIA, Costituzione di parte civile: accessoriet� e immanenza), onde non � 
logico interpretare restrittivamente l'art. 489 c.p.p. nonostante il suo evidentemente 
coordinamento con l'art. 278 c.p.v. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE, 941 

Non viola il principio del divieto della reformatio in peius il giudice 
di. appello che, d'ufficio, conceda la provvisionale quando condanni 
l'imputato al risarcimento del danno a favore della parte civile 
da liquidarsi in separata sede. 

In dottrina, sostengono la natura di provvedimento delibativo della 
condanna alla provisionale: GuALANDl, v. Provisionale in Nuovissimo Dig. 
it., MANZINI, Trattato dir. proc. pen. it., vol. I, 1956, p. 342. 

Sostengono, invece, .che il provvedimento ha natura di condanna parziale 
definitiva C'oRDERo, Condanna generica a favore della parte civile ed 
applicazioni improprie dei concetti di interesse ad agire e legittimazione in 
Ri-v. Dir. proc. pen. 1957, p. 222; GRIMALDI, L'azione civile nel processo penale, 
1965, p. 290. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 25 novembre 1970, n. 1718 -Pres. 
Mongiardo -Rel. Ugazzi -P. M. Baumgartner (conf.) -Rie. Oto. 

. 

Interesse privato in atti di ufficio -Inefficacia, invalidit� o revocabilit� 
dell'atto -Irrilevanza. 

(c.p. art. 324). 
Ai fini della sussistenza del delitto di interesse privato in atti di 
ufficio, non ha rilevanza che l'atto (nella specie, deliberazione del 
consiglio comunale) non sia efficace perch� soggetto all'approvazione 
dell'autorit� tutoria. L'approvazione invero non conferisce giuridica 
esistenza all'atto, e non incide sulla sua validit�, ma soltanto sulla 
sua efficacia (1). 

(1) La decisione conferma una giurisprudenza costante (Cass. 19 luglio 
1969, n. 1859, 112.248; 17 luglio 1968, n. 1877, 108. 778) ed � la logica 
conseguenza della individuazione dell'oggetto giuridico tutelato dalla norma, 
consistente nel prestigio, nell'imparzialit� e nel normale funzionamento 
della pubblica amministrazione. Poich� il fine che si � voluto .garantire con 
la norma penale � stato quello di evitare che il pubblico ufficiale potesse 
mettere a servizio di un interesse privato il pubblico potere conferitogli, 
obbligandolo ad astenersi da qualsiasi ingerenza di carattere privato, � 
evidente che non pu� essere assunta-la nozione dommatka di �atto amministrativo 
� perfetto secondo il diritto pubblico: l'utilizzazione del pubblico 
potere per fini privati pu� infatti avvenire anche con condotte omissive 
o commissive (Cass. 17 luglio 1968, n. 1877, citata) o attraverso un 
concreto esercizio di attivit� del pubblico ufficiale indipendentemente dal 
risultato di un atto formalmente valido. Ai fini della tutela penale il riferimento 
agli istituti dell'esistenza giuridica della nullit�, della validit� e 
dell'efficacia non ha alcun rilievo, dovendosi invece badare alle situa:
z.ioni reali ed effettive. 

'942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In ogni caso, essendo l'interesse privato in atti di ufficio un reat~ 
-di pericolo, per la sua punibilit� � sufficiente una personale ingerenza 
del pubblico ufficiale che comunque intervenga neU'iter di f01�mazione 

o di esecuzione deU'atto, indipendentemente dalla sua validit� o revo.
cabilit�, unico limite essendo quello costituito daU'assoluta inidoneit� 
a mggiungere lo scopo. 
Con ulteriore specificazione, � stato altresi correttamente affermato che 
la legittimit� dell'interesse privato di cui il p.u. � portatore non vale ad 
escludere la necessit� del reato, �come non vale ad escluderla la legittimit� 
degli atti d'ufficio posti in essere (Cass. 21 novembre 1967, in Cass. pen. 
l'IIass. Ann. 1968, p. 908, m. 1375) poich� n� il danno per la P.A., n� il profittQ 
.per il pubblico ufficiale rientrano fra gli elementi costitutivi della fattispecie, 
inteso il profitto nella sua correlazione con il danno per l'Am


Iministrazione. Un profitto invece, inteso come utilit� per il pubblico uffidale, 
� pur presente nella condotta criminosa e consiste appunto nello 
sfruttamento del potere per fini privati. 

Sul concetto di interesse privato, la dottrina � prevalentemente critica 
dell'affermazione giurisprudenziale secondo la quale realizza il reato sia il 

I

p.u. che agisce a favore di un interesse .privato .proprio, sia il p.u. che 
agisce a favore di un'interesse privato altrui e ritiene che la parola � privato 
� stia per � personale � e che quindi l'agire a favore di un interesse di 
terzi integrerebbe il diverso .reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) (FoscHINI, 
Favoritismo e interesse privato in Riv. It. dir. pen. 1957, p. 81; F. LEONE, 
Favoritismo e interesse privato in atti di ufficio in Giur. It. 1962, II, 149; 
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale vol. II, 1960, 656; VANNINI, Manuale 
di dir. pen., part. spec. 1951, p. 63). Rileva invece la giurisprudenza (Cass., 
26 novembre 1955 in Riv. it. dir. pen. 1957, 81; 13 giugno 1958 in Giur. it., 
1962, II, 150; 6 dicembre 1961 in Giust. pen. 1962, 261; 10 ottobre 1961 in 
Ca.ss. Pen. Mass. Ann. 1962, 16; 9 luglio 1965, ivi, 1966, p. 26~, m. 338) che 
il contrapposto negativo di �.privato � non � � altrui � bens� �pubblico � e 
che quindi non � esclusa la punibilit� quando si agisca per un interesse 
privato di terzi, tanto pi� che l'interesse del p.u. non � sinonimo di lucro 
�o di utilit� patrimoniale e che il raffronto con l'art. 322 c.p. -che prevede 
il vantaggio Q il danno ad altri -non � possibile sia perch� l'obiettivit� 
dei due reati � diversa (esula infatti dal reato' di cui all'art. 324 il concetto 
di danno e vantaggio che ricorre nel 323), sia perch� il reato di abuso 
d'ufficio � reato sussidiario. Tali cons1derazioni, ampiamente illustrate dalla 
giurisprudenza, appaiono ben pi� accettabili della contraria opinione do{:. 
trinaria. 

PARTE SECONDA 



I


I 




RASSEGNA DI DOTTRINA 


S. 
PIRAINO, La presupposizione negli accordi in tema di espropriazione per 
pubblica utilit�, Oiuffr� editore, Milano, 1971, pagg. 162. 
Lo studio degli atti negoziali, in genere, della Pubblica Amministrazione 
e, in �particolar modo, dei rapporti contrattuali fra questa ed i pri-vati, 
ha sempre suscitato in dottrina non poche dispute per i molteplici problemi 
che la materia solleva e per la difficolt� di pervenire a soluzioni 
soddisfacenti. 

Nel volume in rassegna il P. ha voluto circoscrivere l'indagine ai rapporti 
tra i motivi e la causa nei contratti fra l'Amministrazione ed i privati 
e sia per il particolare processo formativo, sia per la peculiare struttura 
della volont� negoziale della P. A., egli ha ritenuto che nel quadro dei 
predetti rapporti assumesse notevole rilevanza l'istituto giuridico della 

presupposizione. 

.L'A., in altri termini, ha inteso dimostrare che, seppure la presupposizione 
non � stata dal legislatore esplicitamente contemplata in un complesso 
organico di norme, essa tuttavia nel nostro ordinamento pu� desumersi 
da pi� articoli che ne contengono il princiipio e che sopratutto ci� 
avviene in alcuni tipici istituti del diritto amministrativo. 

Secondo il P., nel diritto amministrativo, la presupposizione si configura 
come l'istituto pi� idoneo a colmare quelle lacune che la normativa 
sui contratti della P. A., a suo giudizio, presenta correlativamente alla posizione 
del privato. Attraverso la presupposizione si pu� -a giudizio dell'A. 

E. 
ONDEI, Il matrimonio con effetto civile nella giurisprudenza, Ed. CEDAM, 
Padova, 1971, pagg. 390. 
Nella �Raccolta sistematica di giurisprudenza commentata., diretta da 

M. ROTONDI � stato recentemente pubblicato questo volume dell'O. il cui 
interesse e la cui attualit� sono facilmente intuibili. In particolare, il capitolo 
sul divorzio -introdotto, com'� noto, in .Italia dalla legge lo dicembre 
1970, n. 898 -pur nella mancanza di una �giurisprudenza in materia 
appare largamente informativo sia del .contenuto della nuova legislazione 
sia delle �questioni che essa ha suscitato sul piano della legittimit� costituzionale. 
� ben vero che l'intervenuta pronuncia della Corte Costituzionale 
ha fatto cadere molti dei problemi sollevati dall'A., ma � altrettanto incontestabile 
che la disputa non pu� dirsi finita, essendo risaputo che le sentenze 
della Corte Costituzionale sono definitive ed 1rriformabili solo quando 
producono l'estinzione dell'efficacia della legge, mentre., al contrario, quando 
confermano la sua legittimit� costituzionale, non impediscono il riproporsi 
di successive questioni di illegittimit� in base a diversi motivi. Il libro 
merita di essere segnalato anche per l'accurata presentazione: ad una parte 
espositiva, chiara ed esauriente, segue un'ordinata riproduzione dei passi 
pi� significativi delle pronunzie giurisprudenziali intervenute in materia. 
L. M. 

154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-non solo delimitare l'ambito dei poteri pubblicistici dell'Amm.ne durante 
l'esecuzione di numerosi contratti ma anche eliminare sensibilmente il 
divario delle posizioni dei contraenti. 

� chiaro, quindi, lo scopo prepostosi dal P. analizzando la configurazione 
giuridica dei c.d. poteri pubblicistici della P.A. nei suoi rapporti 
contrattuali con i privati: egli tende ad individuare la presupposizione come 
lo strumento giuridico cui pu� far ricorso il privato contraente per 
tutelare la propria posizione. 

L'esame del rapporto fra i motivi e la causa del negozio -secondo 
l'A. -� particolarmente conducente nella controver�sa questione della natura 
e degli aspetti degli a�ccordi in tema di espropriazione per pubblica 
utilit�, in .quanto consentirebbe di evidenziare le difficolt� e le possibili 
soluzioni �che presenta l'applicabilit� a tali accordi dell'istituto della presupposizione. 
Per taie motivo il P. -dopo un breve cenno sulle origini 
dell'istituto della presupposizione nel diritto privato e dopo un'analisi dell'istituto 
stesso n�gli accordi di diritto privato, prima, e di diritto pubblico, 
poi, della P.A. -conclude la sua indagine sulle tre differenti ipotesi di 
amichevoli accordi in tema di espropriazione per p.u.: a) il caso in cui l'accordo 
fra la P.A. ed il privato, avente ad oggetto il trasferimento di un 
bene espropriabile, non costituisca parte integrante di un procedimento 
espropriativo, perch� precedente alla dichiarazione stessa di p.u.; b) il caso l 
in cui l'amichevole accordo -per volont� delle parti che preferiscano 
abbandonare la procedura espropriativa gi� in atto o che preferiscano 
evitarla addirittura ab origine -abbia per oggetto non semplicemente la 
fissazione dell'indennit�, ma anche il trasferimento della propriet� del bene '

I 

da espropriare e e) il caso, infine, in cui l'accettazione o l'amichevole accorr 


' 

do riguardino solo la fissazione dell'indennit� e non sospendano quindi la 
procedura di espropriazione. 

L. MAZZELLA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (*) 

NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura civile, ari. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione 
del. processo), nella parte in cui dispone che il termine utile 
per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a 
sensi dell'art. 299 o dell'art. 300, terzo comma dello stesso codice de-corre 
dall'interruzione anzich� dalla data in cui le parti ne abbiano� 
avuto conoscenza (236). � 

Sentenza 6 luglio 1971, n. 159, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 

Ordinanze di rimessione 8 ottobre 1969 della corte di appello di 
Potenza (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24) e 27 gennaio 1970 della corte� 
di appello di Roma (G. U. 22 aprile 1970, n. 102). 

codice di .procedura civile, art. 707 (Compariziol/1,e personale delle� 
parti), primo comma, e art. 708 (Tentativo di corn.ciliazione, provvedimenti 
del presidente), nella parte in cui ai �coniugi comparsi personalmente 
davanti al presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione, 
� inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. 

Sentenza 30 giugno 1971, n. 151, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 

Ordinanze di rimessione 16 ottobre 1970 del presidente del tribunale 
di Milano (G. U. 27 gennaio 1971, n. 22) e 22 dicembre 1970 del 
presidente del tribunale di Varese (G. U. 24 marzo 1971, n. 74). 

codice penale, art. 136 (COl/1,Versione di pen� pecuniarie), primo 
comma, nella parte in cui ammette, per i reati commessi dal fallito in 
epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, la conversione della 
pena pecuniaria in pena detentiva, prima della chiusura della procedura 
fallimentare (237). 

Sentenza 30 giugno 1971, n. 149, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 

Ordinanza di rimessione 6 maggio 1969 del pretore di Catanzaro,. 

G. U. 24 settembre 1969, n. 243. 
(*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 


(236) Per quanto concerne l'ipotesi in cui all'art. 300, terzo comma, del codice 
di procedura civile la illegittimit� costituzionale dell'art. 305 � stata dichiarata ai 
sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1853, n. 87. 
(237) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione � stata di-chiarata 
non fondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 13, primo comma, della Costi-tuzione, 
con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. 

156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 151 (Amnistia), primo comma, nella parte in cui 
esclude la rinunzia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione 
dell'amnistia. 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 27 maggio 1970 del pretore di Civitanova 
Marche, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. 

codice di procedura penale, art. 246 (Provvedimenti deL procuratore 
della Repubblica e del pretore relativi aLla libert� personale deLl'arrestato), 
nella parte in cui esclude l'obbligo dell'autorit� giudiziaria di 
decidere con espresso e motivato provvedimento sulla convalida dell'arresto 
in flagranza. 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, 

G. U. 27 gennaio 1971, n. 22. 
codice di procedura penale, art. 263 bis (Impugnazioini dell'imputato 
avve.rso provvedimento di emissioine di ordine o mandato di cattura), 
nella parte in cui esclude il ricorso per cassazione contro il provvedimento 
di convalida dell'arresto emesso ai sensi dell'art. 246 del codice 
di procedura penale nel testo risultante dalla intervenuta declaratoria 
di parziale illegittimit� costituzionale (238). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
(Ordinanza 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, G. U. 27 gennaio 
1971, n. 22). 

r.d.I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli 
orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi di 
trasporti in concessione), modificato dal r.d.l. 2 ,dicembre 1923, n. 2682, 
art. 21 delle disposizioni annesse (239). 
Sentenza 30 giugno 1971, n. 146, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanze di rimessione 24 maggio 1969 del pretore di Milano 

(G. U. 5 novembre 1969, n. 280), 8 ottobre 1969 del tribunale di Milano 
(G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 4 e 5 gennaio 1971 (dieci ordinanze) 
del pretore di Torino (G. U. 7 aprile 1971, n. 87). 
r.d. 18 giugno 1931, n. 914 (Testo unico delle disposizioni legislative 
riguardanti L'ordinamento del corpo equipaggi marittimi e lo stato giuridico 
dei sottufficiali di Marina), art. 45, primo comma, nella parte in 
cui per i sottuftkiali dell'Esercito e della Marina non dispone lo stesso 
(238) Illegittimit� costituzionale dichiarata . ai sensi dell'art. 27 della legge 
11 marzo 1853, n. 87. 
(239) L'analoga disposizione dell'art. 16 � stata dichiarata incostituzionale -con 
sentenza 15 dicembre 1967, n. 150. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 157 

trattamento pensionistico regolato, per gli ufficiali, dal secondo e dal 
terzo comma dell'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626. 

Sentenza 30 giugno 1971, n. 144, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 2 ottobre 1968 della quarta sezione della 
Corte dei conti, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 

r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle le�ggi suLL'ordinamento 
della Corte dei co111,'/Ji), art. 63, nella parte in cui esclude che il termine 
stabilito per la presentazione dei ricorsi di cui al precedente art. 62 
possa essere osservato anche con la spedizione dei ricorsi stessi mediante 
raccomandata, e che, in questo caso, della data di spedizione 
faccia fede il bollo dell'ufficio postale mittente e, qualora il bollo sia 
illeggibile, la ricevuta della racco~andata. 
Sentenza 8 luglio 1971, n. 170, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanze di rimessione 23 aprile 1969 (due) della quarta sezione 
della Corte dei conti, G. U. 25-febbraio 1970, n. 50. 

d.I. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni 
obbiigatorie per l'invalidit� e La vecchiaia, per la tubercolosi 
e per La disoccupazione involontaria), convertito con legge 6 luglio 
1939, n. �272, art. 10, primo comma, nella parte espressa con le parole 
�a meno di un terzo del suo guadagno normale, per gli operai, o�, e 
con le parole finali del comma � per gli impiegati �. 
Sentenza 6 luglio 1971, n. 160, G. U. 14 luglio 1971, I).. 177. 
Ordinanze �di rimessione 10 luglio 1969 del tribunale di Potenza 

(G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e 4 aprile 1970 del tribunale di Pesaro 
(G. U. 15 luglio 1970, n. 177). 
legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle 
pensioni di guerra); art. 92, primo comma e tutti gli altri commi (240). 

Sentenza 30 giugno 1971, n. 147, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 19 .gennaio 1970 della quarta sezione per 
le pensioni di guerra della Corte dei conti, G. U. 2 settembre 1970, 

n. 222. 
legge 14 luglio 1959, n. 741 (Norme transitorie per parametri minimi 
di trattamento economico e normativo ai Lavoratori), art. 7, secondo 
comma, nella parte in cui esclude che la� sopravvenuta non corrispondenza 
dei minimi economici al salario sufficiente conferisca al giudice 
ordinario i poteri �che gli vengono dall'art. 36 della Costituzione. 

Sentenza 6 luglio 1971, n. 156, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza �di rimessione 12 giugno 1969 del tribunale di Vigevano, 

G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. 
(240) La illegittimit� costituzionale di tutti gli altri commi � stata dichiarata 
ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87). 
16 



158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dd.P.R. emanati in base alla delega di cui agli artt. 1 e 7 della le9ge 14� 
luglio 1959, n. 741, limitatamente alla ;parte in cui escludono che la sopravvenuta 
non corrispondenza dei minimi salariali fissati nei contratti 
collettivi resi con essi validi per tutti gli appartenenti alle rispettive 
categorie conferisca al giudice ordinario l'esercizio del potere attribuito 
dall'art. 36 della Costituzione (241). 

Sentenza 6 luglio 1971, n. 156, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 

(Ordinanze di rimessione 12 .giugno 1969 del tribunale di Vigevano, 
G. U. 22 ottobre 1969, n. 269, e 12 dicembre 1969 della seconda 
sezione civHe della Corte di cassazione, G. U. 25 marzo 1970, n. 76). 

d.P.R. 11 settembre 1960, n. 1326 (Norme ,sul trattamento economico 
e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche ed affini), 
articolo unico nella parte in cui esclude che la sopravvenuta non corrispondenza 
dei minimi salariali fissati nel contratto collettivo nazionale 
di lavoro 10 ottobre 19�59, per i dipendenti delle industrie grafiche 
ed affini, conferisca al giudice ordinario l'esercizio del potere derivante� 
dall'art. 36 della Costituzione. 
Sentenza 6 luglio 1971, n. 156, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 12 dicembre 1969 della seconda sezione 
civile della Corte di cassazione, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. 

legge 15 giugno 1966, n. 604 (Norme sui Licenziamenti individuali), 
art. 11, primo c:omma, nella parte in cui esclude l'applicabilit� degli articoli 
2 e 5 della stessa legge nei riguardi dei prestatori di lavoro che, 
senza essere ;pensionati o in possesso dei requisiti di legge per avere 
diritto alla pensione di vecchiaia, abbiano superato il 550 anno di et�. 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 174, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1969 del pretore di Voltri, 


G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
leg9e 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica 
per la concessione di amtnistia e di indulto), artt. 1, 2 e 5, nella 
parte in cui escludono la rinunzia, con le conseguenze indicate in motivazione, 
all'applicazione dell'amnistia. 


Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 27 maggio 1970 del pretore di Civitanova 
Marche, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. 


d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), 
artt. 1, 2 e 5, nella parte in cui escludono la rinunzia, con le conse. 
guenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'amnistia. � 
Il 

} 
\ 

(241) Declaratoria di illegittimit� costituzionale emessa ai sensi dell'art. "27� 
della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 159 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 

Ordinanze di rimessione 16 giugno 1970 del pretore di Roma (G. U. 
9 dicembre 1970, n. 311) e 30 ottobre 1970 del pretore di Pietrasanta 

(G. U. 10 febbraio 1970, n. 35). 
legge reg. Trentino-Alto Adige appr. 29 settembre 1970 e riappr. 7 ot� 
tobre 1970 (Impiego del saccarosio quale correttivo della gradazione alcoolica 
dei mosti e dei vini a denominazione di origine controllata e a 
denominazione di origine controllata e garantita). 

Sentenza 14 luglio 197-1, n. 172, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 9 
novembre 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299. 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice penale, art. 27 (Pene pecuniarie fisse e proporzionali) (articolo 
27, primo �e terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1971, n. 167, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 5 ottobre 1970 del tribunale di Pisa, G. U. 
23 dicembre 1970, n. 324. 

codice .penale, art. 596 (Esclusione della prova liberatoria), primo 
comma, ai sensi di cui in motivazione (artt. 3, primo comma, e 21, primo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 27 maggio 1970, l<> giugno 1970 (due) e 
26 giugno 1970 del tribunale di Milano (G. U. 16 settembre 1970, 

n. 235, 30 dicembre 1970, n. 329, e 7 ottobre 1970, n. 254). 
codice penale, art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti della Autoritd) 
(artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1971, n. 168, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 

Ordinanze di rimessione 27 novembre 1969 del pretore di Massa 

Marittima (G. U. 25 febbraio 1970, n. 50), e 13 aprile 1970 del pretore 

di Chiusa d'Isarco (G. U. 2 settembre 1970, n. 222). 

codice penale, art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti della Autoritd), 
limitatamente all'inciso � o� d'ordi7J-e pubblico � (arti. 2, 13, 14, 
15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 23 della Costituzione). 

Sentenza 8 luglio 1971, n. 168, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 21 maggio 1970 del pretore di Recanati, 

G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. 

160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 152 (Obbligo deU'immediata decla-
ratoria di determinate cause di non punibilit�), ai sensi di cui in motivazione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 16 giugno 1970 del pretore di Roma 


(G. U. 9 dicembre 1970, n. 311), 25 giugno 1970 del tribunale di Milano 
(G. U. 21 ottobre 1970, n. 267), 29 luglio 1970 del pretore di Padova 
(G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), 29 ottobre 1970 del pretore di 
Roma (G. U. 24 marzo 1971, n. 74), e 30 ottobre 1970 del pretore di 
Pietrasanta (G. U. 10 febbraio 1971, n. 35). 
c�odice di procedura penale, art. 152 (ObbUgo deH'immediata declaratoria 
di determinate cause di non punibiUt�), primo comma, ai sensi 
di cui in motivazione (artt. 3, primo comma, e 27, secondo comma, Jiella 
Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 15 ottobre 1970 del pretore di Napoli, 


G. U. 23 dicembre 1970, n. 324. 
codice di procedura penale, art. 236 (Arresto facoltativo in flagranza), 
nella parte in cui consente l'arresto facoltativo in flagranza (articolo 
13 della Costituzione), e nella parte in cui consente l'arresto facoltativo 
in flagranza anche allorch� �chi procede all'arresto sia la persona 
offesa dal reato (art. 13 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, 


G. U. 27 gennaio 1971, n. 22. 
codice di procedura penale, art. 269 (Scarcerazione ordinata dal giudice 
istruttore o dal pretore), nei sensi di cui in motivazione (art. 13 
della Costituzione). 

I

Sentenza 14 luglio 1971, n .. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, 


G. U. 27 gennaio. 1971, n. 22. 
I 

codice di procedura penale, art. 586 (Esecuzione di pene pecuniarie), 
quarto comma (art. 3 della Costituzione) (242). 

Sentenza 30 giugno 1971, n. 149, G. U. 7 luglio 1971, �n. 170. 
Ordinanza di rimessione 6 maggio 1969 del pretore di Catanzaro, 

G. U. 24 settembre 1969, n. 243. 
(241) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata 
dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 13, primo comma della Costituzione, 
con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE .161 

codice di procedura penale, art. 591 (Applicazione deU'amnistia o 
dell'indulto agli imputati) ai sensi di cui in motivazione (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 25 giugno 1970 del tribunale di Milano, 

G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. 
codice di procedura penale, art. 592 (Pregiudizialit� deH'amnistia ed 
eccezioni alla regola) ai sensi di cui in motivazione (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 16 giugno 1970 del pretore di Roma 

(G. U. 9 dicembre 1970, n. 311), 25 giugno 1970 del tribunale di Milano 
(G. U. 21 ottobre 1970, n. 267), 29 luglio 1970 del pretore di Padova 
(G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e 30 ottobre 1970 del pretore di 
Pietrasanta �?-U. 10 febbraio 1971, n. 35). 
legge 20 marzo 1865, n. 2248 (Sul contenzioso amministrativo), art. 4 

(artt. 24, 42 e 113 della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1971, n. 161, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 10 settembre 1970 del pretore di Chieti, 

G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. 
r.d. 18 novembre 1920, n. 1626 (Estensione ai militari de:ll'ese1�cito e 
della marina delle nuove disposizioni sulle pensioni), art. 12, terzo comma 
(art. 36 della Costituzione). 
Sentenza 30 giugno 1971, n. 144, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 2 ottobre 1968 della quarta sezione della 
Corte dei conti, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 

legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimanale). 
art. 1, second�o comma, n. 9 (artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione) 
(243). 

Sentenza 30 giugno 1971, n. 146, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanze di rimessione 4 gennaio 1971 (sei) e 5 gennaio 1971 
(quattro) del pretore di Torino, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamen~i alle radioaudizioni), 
art. 19 (art. 3, primo comma, della Costituzione) (244). 
(243) L'art. l, secondo comma, n. 6 della legge 22 febbraio 1934, n. 370 � 
stato dichiarato incostituzionale con sentenza 7 luglio 1962, n. 76. 
(244) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata 
dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 
8 giugno 1963, n. 81. 

162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sentenza 6 luglio 1971, n. 162, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 28 settembre 1970 del giudice del tribunale 
di Civitavecchia, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311. 

r.d.I. 9 gennaio 1940, n. 2 (Istituzione di una imposta generale sull'entrata), 
art. 33, ultimo comma (artt. 25, secondo comma, e 27, primo 
comma, della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1971, n. 167, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 5 ottobre 1970 del tribunale di Pisa, G. U. 
23 dicembre 1970, n. 324. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disc.iplina del fatlimento, del concordato 
preventivo, deit'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 98, primo comma (art. 24 della Costituzione}.Sentenza 
6 luglio 1971, n. 157, G. U. 14 luglio 1971, n.. 177. 
Ordinanza di rimessione 17 ottobre 1969 della corte di appello 
di Roma, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 

legge 3 gennaio 1951, n. 27 (Modificazioni alla legge 17 luglio 1942, 

n. 907, sul monopolio dei sali e dei tabaochi), art. 1 (art. 27, primo e 
terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1971, n. 167, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 5 ottobre 1970 del tribunale di Pisa, G. U. 
23 dicembre 1970, n. 324. 

legge 7 novembre 1957, � n. 1051 (Determinazione degli onorari, dei 
diritti e deUe indennit� spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni 
giudiziali in materia civile), articolo unico (art. 2~ della Costituzione). 


Sentenza 6 luglio 1971, n. 163, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 17 marzo 1970 del pretore di Roma, G. U. 
1<> luglio 1970, n. 163. 

d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, 
nella Marina e neLL'Aeronautica), art. 137, terzo comma (articoli 
3 e 25, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1971, n. 166, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 1<> agosto 1969 del pretore di Treviso, 

G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
legge 4 aprile 1964, n. 171 (Modificazioni al regio decreto-legge 
26 settembre 1930, n. 1458, sulla disciplina della vendita deite carni 
fresche e congelate), art. 7, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1971, n. 164, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanze di rimessione 22 dicembre 1969 (sei) del pretore di "Seneghe, 
G. U. 1� aprile 1970, n. 82. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 163 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'as.
sicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
professionali) (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 30 giugno 1971, n. 145, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 3 settembre 1969 del giudice istruttore del 
tribunale di Trapani, G. U. 5 novembre 1969, n. 280. 

legge 5 giugno 1967, n. 431 (Modificazioni al titolo VIII del libro I 
del codice civile �Dell'adozione � ed inserimento del nuovo capo III 
con il titolo �Dell'adozione speciale Q), art. 6, nella parte in cui esclude 
dall'adozione speciale coloro che abbiano compiuto il ventunesimo anno 
di et� alla data di entrata in vigore della legge stessa e siano affidati o 
affiliati (artt. 3, 29 e 30 della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio rn71, n. 158, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 9 dicembre 1969 del tribunale per i �minorenni 
di Bologna, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. 

legge 6 ag�osto 1967, n. 765 (Modificazioni ed inte�grazioni alla legge 
urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) (artt. 116 e 117 della Costituzione 
e art. 14, lettera f dello Statuto della Regione siciliana). 

Sentenza 30 .giugno 1971, n. 148, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 18 dicembre 1969 del pretore di Caltagirone, 
G. U. 4 marzo 1970, n. 57. 

legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica 
per la concessiooe di amnistia e di indulto), artt. 1 e 5 (artt. 1, 3, 
4, 27, 35, 39, 42 e 79 della Costituzione) (245). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 26 maggio 1970 del pretore di Chieri, 
�G. U. 8 luglio 1970, n. 170. 

legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazioni al Presidente della Repubblica 
per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, lett. d., ai 
.sensi di cui in motivazione (artt. 3, primo comma, e 21, primo comma, 
della Costituzione) (245). 

Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 27 maggio 1970, 1� giugno 1970 (due) e 
26 giugno 1970 del tribunale di Milano (G. U. 16 settembre 1970, 

n. 235, 30 dicembre 1970, n. 329 e 7 ottobre 1970, n. 254). 
(245) Gli artt. 1, 2 e 3 della legge 21 maggio 1970, n. 282 sono stati dichiarati 
incostituzionali, �on la stessa sentenza, nella parte in cui escludono la rinunzia, 
.con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'ammistii:>. 

J 

164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica 
per la concessione di amnistia e di indulto), art. 11 (art. 79, secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1971; n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 23 luglio 1970 del pretore di Pietrasanta, 

G. U. 25 novembre 1970, n. 299. 
d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (ConcessiQne di amnistia e di indulto), 
artt. 1 e 5 (artt. 1, 3, 4, 27, 35, 39, 42 e 79 della Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1971, n. i 75, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 26 maggio 1970 del pretore di Chieri 

(G. U. 8 luglio 1970, n. 170), 30 luglio 1970 del pretore di Modena 
(G. U. 9 dicembre 1970, n. 311) e 3 ottobre 1970 del tribunale di Velletri 
(G. U. 30 dicembre 1970, n. 329). 
d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto). 
art. 5, penultimo c�omma (a~t. 3, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 14 luglio.1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 25 giugno 1970 del pretore di Chieri 

(G. U. 27 gennaio 1971, n. 22) e 27 giugno 1970 del pretore di Torino 
(G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). 
legge 1� dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di sciogiimento 
del matrimonio) art. 2 (artt. 7, primo e secondo comma, 10 e 138 della 
Costituzione). 


Sentenza 8 luglio 1971, n. 169, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 20 aprile 1971 del tribunale di Siena, 

G. U. 5 maggio 1971, n. 112. 
NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 278 (Divieto di indagini sulla paternit� o maternit�) 
e art. 279 (Alimenti), in quanto limitano e condizionano il diritto 
del figlio naturale alla corresponsione degli alimenti (art. 30 della 
Costituzione). 

Tribunale di Messina, ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 14 luglio 
1971, n. 177. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 165 

codice civile, art. 2120 (Indennit� di anzianit�), in quanto determina 
il criterio di determinazione dell'indennit� di anzianit� � in relazione 
alla categoria all� quale appartiene il prestatore di lavoro � (artt. 3 e 
36 della Costituzione) (246). 

Pretore di Milano, ordinanza 16 marzo 1971, G. U. 14 luglio 1971, 

n. 177. 
codice di .procedura civile, art. 545 (Crediti impignorabili), in quanto 
per il richiamo alle limitazioni contenute in speciali disposizioni di 
legge, e quindi all'art. 1 del r.d. 5 gennaio 1950, n. 180, non consente 
il pignoramento degli stLpendi, salari e pensioni dei .pubblici dipendenti 
per il soddisfacimento dei crediti di privati (artt. 3, 24 e 28 delJ.a Costituzione) 
(247). 

Pretore di Tortona, ordinanza 7 aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, 

n. 170. 
codice penale, art. 132 (Potere discrezionele del giudice nell'applica-� 
zione della pena: limiti), secondo comma, in quanto non consente al 
giudice di condannare a reclusione di durata inferiore ai quindici giorni 
quando ritenga di applicare il massimo della pena e conceda, inoltre, 
le attenuanti generiche (art. 3, primo comma, della Costituzione) (248). 

Pretore di Lucca, ordinanza 27 maggio 1971, G. U. 21 luglio 1971, 

n. 184. 
codice penale, art. 539 (Et� della persona offesa), in quanto considera 
irrilevante la ignoranza dell'et� del soggetto passivo da parte dell'agente 
(art. 27, primo comma, della Costituzione) (249). 

Tribunale di Roma, ordinanza 2 marzo 1971, G. U. 21 luglio 1971, 

n. 184. 
(246) L'art. 2120, primo comma, del codice civile � stato dichiarata incostituzionale, 
con sentenza 27 giugno 1968, n. 75, limitatamente alla parte in cui, nel caso 
di cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, escludeva il diritto del 
prestatore di lavoro ad una indennit� proporzionale agli anni di servizio, allorquando 
la cessazione stessa derivasse da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni 
volontarie. Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata 
proposta dal pretore di Bergamo (ordinanza 9 gennaio 1970, G. U. 2 marzo 1970, 
n. 57) e dal pretore di Venezia (ordinanza 30 maggio 1970, G. U. 11 novembre 1970, 
n. 286). 
(247) Questione dichiarata inammissibile con ordinanza 15 novembre 1967,. 
n. 131. Per l'art. 1 del r.d. 5 gennaio 1950, n. 180 la stessa questione � stata dichiarata 
non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 
9 giugno 1963, n. 88. Differenti questioni, di legittimit� costituzionale dell'art. 545 
del codice di procedura civile sono state dichiarate non fondate con sentenze 28 
marzo 1968, n. 20 e 20 marzo 1970, n. 38. 
(248) Questione gi� proposta dal pretore di Massa Marittima (ordinanza 25 
marzo 1971, G . .U. 30 giugno 1971, n. 163). 
(249) Questione dichiarata non fondata con sentenze 8 luglio 1957, n. 107 (ricordata 
nell'ordinanza di rimessione) e 17 febbraio 1971, n. 20. Altra questione di 
legittimit� costituzionale delle disposizioni � stata dichiarata non fondata, in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 17 febbraio 1971, n. 19. 

.166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 688 (Ubriachezza), second�o comma, in quanto 
�Contempla un aggravamento della pena dipendente da condizioni per.
sonali (art. 3 della Costituzione) (250). 

Pretore di Rossano, ordinanza 29 marzo 1971, G. U. 14 luglio 1971, 

n. 177. 
codice di procedura penale, art. 23 (Esercizio dell'azione civile nel 
processo penale), ultima parte, in quanto esclude che il giudice penala 
possa decidere sull'azione civile quando il procedimento si chiuda con 
.declaratoria di improcedibilit� o con sentenza 'di proscioglimento per 
,qualsiasi causa (art. 111, secondo comma, della Costituzione) (251). 

Corte di .cassazione, ordinanza 25 gennaio 1971, G. U. 14 luglio 
1971, n. 177. 

codice di procedura penale, art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria 
di determinate cause di non punibilit�), secondo c:�omma, in 
-quanto esclude il proscioglimento nel merito quando manchino elementi 
che dimostrino la sussistenza del fatto o la sua commissione da 
parte dell'imputato (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della 
Costituzione) (252). 

Tribunale di Taranto, ordinanza 3 maggio 1971, G. U. 21 luglio 
1971, n. 184. 

codice di procedura penale, art. 253 (Casi nei quali il mandato di 
�cattura � obbligatorio), in quanto prevede come obbligatoria la carcerazione 
preventiva (artt. 27, secondo comma, e 10, primo comma della 
Costituzione) (253). 

Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 24 marzo 
1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 

(250) Questione dichiarata manifestamente infondata con sentenza 30 giugno 
1971, n. 155, con richiamo ai principi affermati con le sentenze 19 luglio 1968, n. 110 
e 11 maggio 1971, n. 100. 
(251) Questione gi� proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (ordinanze 16 dicembre 
1970 (due) e 19 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106, 5 maggio 1971, 
n. 112, e 21 aprile 1971, n. 99). Altra questione di legittimit� costituzionale del-
1'art. 23 del codice di procedura penale � stata dichiarata non fondata con sentenza 
27 dicembre 1965, n. 101. 
(252) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, ai sensi di cui in motivazione, 
con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. 
(253) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 4 maggio 1970, 
n. 64, nella parte in cui esclude l'obbligo della motivazione in ordine alla sussistenza 
<lei sufficienti indizi di colpevolezza. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 167 

c:odic:e di proc:edura penale, art. 259 (Casi nei quali pu� sospendersi 
�l'esecuzione del mandato di cattura), in quanto non consente di sospendere 
la esecuzione del provvedimento obbligatorio di cattura nei confronti 
di donna incinta (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Belluno, ordinanza 25 marzo 
1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 

codic:e di procedura penale, art. 304 (Avviso di procedimento. Nomina 
del difensore) nel testo modifkato dall'art. 8 della legge 5 dlc:embre -196.9, 

n. 932, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) 
e art. 409 (Requisiti del decreto di citazione davanti al pretore), 
in quanto consentono al pretore di emettere decreto di citazione a 
.giudizio senza comunicare avviso �di .procedimento all'imputato, senza 
invitarlo a designare un difensore di fiducia e senza interrogarlo sul 
fatto oggetto delJ.a imputazione (art. 24, secondo comma, della Co.
stituzione) (254). 
Pretore �di Agropoli, ordinanza 23 aprile 1971, G. U. 21 luglio 1971, 

n. 184. 
c:odfoe di proc:edura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere 
i difensori), in quanto non consente ai difensori di assistere all'esame 
dei testimoni (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (255) (256). 

Giudice istruttore del Tribunale di Roma, ordinanza 23 febbraio 
1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Pretore di Trieste, ordinanza 3 maggio 1971, G. U. 14 luglio 1971, 

n. 177 (257). 
c:odic:e di proc:edura penale, art. 37-2 (Deposito in canceileria e facolt� 
dei difensori), in quanto consente ai difensori di prendere visione degli 
atti processuali solo dopo il loro deposito in cancelleria (art. 24, secon.
do comma, della Costituzione) (258) (259). 

Giudice istruttore del Tribunale di Roma, ordinanza 23 febbraio 
1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 

(254) Questione gi� proposta, per il solo art. 304 del codice di procedura penale, 
del pretore di Livorno (ordinanza 1� aprile 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299). 
.Sui precedenti relativi all'art. 398 del codice di procedura penale v. retro nota 224. 

(255) Questione gi� proposta dal giudice istruttore del tribunale di Torino (or
�dinanza 11 maggio 1970, G. U. 11 novembre 1970, n. 286), dal giudige istruttore del 
tribunale di Pesaro (ordinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87), dal giudice 
istruttore del tribunale di Pisa (ordinanza 18 gennaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, 
n. 99) e dal giudice istruttore del tribunale di Matera (ordinanza 19 gennaio 1971, 
G. U. 28 aprile 1971, n. 106). 
(256) V. retro, nota 59. 
(257) Dal pretore di Trieste la questione � stata proposta per il primo e secondo 
�comma della disposizione, nel testo modificato dalla legge 8 marzo 1971, n. 62. 
(258) Questione gi� proposta dal pretore di Cagliari (ordinanza 28 novembre 
1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62). 
(259) V. retro, nota 96. 

168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura .penale, art. 387 (Impugnazione delle sentenze 
istruttorie di proscioglimento), prima parte, in quanto consente solo al 
procuratore generale e al procuratore della Repubblica, e non all'imputato, 
di appellare le sentenze istruttorie di proscioglimento per estinzione 
del reato per amnistia (art. 24 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Genova, ordinanza 24 aprile 
1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 

legge 15 luglio 1906, n. 327 (Legge sull'esercizio della professione di 
ragioniere), art. 2, secondo comma, lettera d, in quanto prevede per la 
iscrizione all'albo dei. ragionieri un � esame pratico � meno importante� 
e meno garantito dell'esame di Stato che altri professionisti debbono 
superare per la iscrizione ai rispettivi albi professionali e al tempo 
stesso prescrive un periodo biennale di pratica non imposto ad altre� 
categorie di professionisti (artt. 3 e 33, quinto comma, della Costituzione) 
(260). 

Tribunale di Torino, ordinanza 20 novembre 1970, G. U. 7 luglio 
1971, n. 170. 

r.d. 22 aprile 1909, n. 229 (Testo unico per le� pensioni del personale 
delle ferrovie dello Stato), art. 16, primo comma, lettera a, nel testo. 
sostituito dall'art. 1 del d.lg.lgt. 8 giugno 1945, n. 915, in quanto prevede 
la perdita del diritto a pensione da parte dell'agente ferroviario 
cessato dal servizio per dimissioni (art. 36 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 28 novembre 1970, G. U.. 
21 luglio 1971, n. 184. 

r.d.I. 19 �ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazicme degli 
orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi 
di trasporti in concessione), modificato dal r.d.l. 2 dicembre 1923, 
n. 2682, artt. 21, 26, 31 e 34 delle disposizioni annesse, in quanto prevedono 
il diritto del lavoratore al riposo settimanale secondo un criterio che 
prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, terzo comma, della Costituzione) 
(261). � 
Tribunale di Milano, ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 21 luglio� 
1971, n. 184. 

(260) Disposizione che nell'ordinanza 2 febbraio 1971, con la quale il tribunale 
di Lucca ha proposto questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1, terzo comma, 
del d.l. 15 febbraio 1969, n. 9, viene considerata abrogata, in particolare dall'art. 31, 
n. 5, del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068. 
(261) Delle disposizioni annesse al r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328 sono stati ~i� 
dichiarati incostituzionali gli artt. 16 e 21, rispettivamente con sentenze 15 dicembre� 
1967, n. 150 e 30 giugno 1971, n. 146. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 169 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina 
giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelli sul trattamento 
giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee 
di navigazione interna in regime di concessione), art. 10, modificato 
dall'art. 1 della legge 24 luglio 1957, n. 633, secondo e terzo comma, in 
quanto condiziona la proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo 
reclamo in via gerar�chica, con termini di decadenza sia per le proposizione 
del reclamo che per l'inizio del giudizio (artt. 3 e 24 della 
Costituzione) (262). 
Tribunale di Bari, ordinanza 11 marzo 1971, G. U. 14 luglio 1971, 

n. 177. 
r.d. 18 giugno .1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 112, prima parte, in quanto si riferisce anche agli scritti, 
disegni, immagini ed oggetti � contrari agli ordinamenti politici, sociali 
od economici costituiti nelio Stato o lesivi al prestigio dello Stato e 
dell'autorit�, o offensivi del sentimento nazionale� (art. 21 della Costituzione) 
(263) (264). 
Pretore di Recanati, ordinanze 8 aprile 1971 (due), G. U. 21 luglio 
1971, n. 177. 

legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimanale), 
artt. 13 e 14, in quanto disciplinano il riposo settimanale degli addetti 
alle aziende giornalistiche in modo da impedire la pubblicazione di 
giornali e quotidiani nel pomeriggio della domenica e nella mattinata 
del Iunedl; art. 28, in quanto consente il sequestro di pubblicazioni 
anche in ipotesi diverse da quelle stabilite dalla Costituzione (artt. 21 
e 3 della Costituzione) (265). 

Pretore di Napoli, ordinanza 5 aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, 

n. 170. 
r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale 
per i minorenni), art. 9, secondo comma, in quanto stabilisce lo 
spostamento della competenza del tribunale per i minorenni al tribuna!~ 
ordinario ogni qualvolta in un procedimento a carico di minori 
degU anni 18 vi siano coimputati maggiori di tale et� e quindi anche 
(262) V. precedenti ?'etra, alla nota 102, e adde ordinanza 21 ottobre 1970 del 
tribun�a1e di Milano (G. U. 12 maggio 1971, n. 119). 
(263) Questione proposta dalla stessa autorit� giudiziaria anche con ordinanze 
8 e 25 aprile 1971 (G. U. 30 giugno l.971, n. 163). 
(264) V. retro, nota 187. 
(265) Questioni gi� proposte dal pretore di Trieste (ordinanza 30 novembre 
1970, G. U. 19 febbraio 1971; n. 42), dal pretore di Bari (ordinanza 31 dicembre 
1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99) e dal pretore di Bologna (ordinanza 18 marzo 
1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151). 

170 . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
quando il reato commesso dal minore sia solo connesso o collegato 
solo ;per accidentali vicende processua.Ji con quelli commessi dagli imputati 
di et� superiore ai 18 anni (artt. 3 e 25 della Costituzione) (266). 

Tribunale di Trieste, ordinanza 14.aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, 

n. 170. 
r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale 
per i minorenni), art. 9, secondo comma, in quanto consente che i minori 
siano giudicati dal giudice ordinario (artt. 24, secondo comma, della 
Costituzione) (266). 
Tribunale di Venezia, ordinanza 5 maggio 1971, G. U. 14 luglio� 
1971, n. 177. 

r.d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezioname.nto e coordinamento della 
previdenza sociale), convertito �con legge 6 aprile 1936, n. 1155, art. 76, 
primo comma, in quanto prevede la corresponsione dell'indennit� di 
disoccupazione con discriminazione tra le varie attivit� lavorative in 
ragione della loro natura o durata temporale (art. 38 della Costituzione). 
Pretore di Recanati, ordinanza 31 marzo 1971, G. U. 7 luglio 1971, 

n. 170. 
d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle� 
previdenza sociale), convertito con legge 6 aprile 1936, n. 1155, art. 140, 
in quanto conserva tuttora in vigore le norme regolamentari penali 
degli artt. 45 e 142 del r.d. 28 agosto 1924, n. 1422 (art. 25, secondo 
comma, della Costituzione) (267). 
Pretore di Recanati, ordinanza 31 marzo 1971, G.U. 7 luglio 1971, f 

i I

n. 170. 
i 

.~ 

(266) Questione dichiarata non fondata. in riferimento all'art. 3 della Costi-� 
tuzione, con sentenza 8 febbraio 1966, n. 10 (dichiarata nell'ordinanza di rimessione). 
ed in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione con sentenza 13 luglio 
1963, n. 130 (in motivazione). Con tale ultima decisione l'art. 9, secondo comma, del 
r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 � stato invece dichiarato incostituzionale nella parte 
in cui, fino a quando non fosse per la prima volta aperto il dibattimenio, dava facolt� 
al procuratore generale della corte di appello di deliberare, con suo provvedimento 
insindacabile, che nei casi in cui si fossero coimputati maggiori e minori dei 
diciotto anni, si procedesse separatamente a carico dei priI11i. 
(267) Nell'ordinanza di rimessione si richiamano le sentenze 27 giugno 1968, 
n. 73, B luglio 1969, n. 117 e 4 maggio 1970, n. 67 della Corte costituzionale, e 
l'ordinanza 31 ottobre� 1969 dello stesso pretore di Recanati (G. U. 28 gennaio 1970, 
n. 24) relativa all'analoga questione di legittimit� costituzionale proposta per l'articolo 
unico della legge 20 marzo 1968, n. 304, dichiarata peraltro manifestamlinte 
infondata con sentenza 26 aprile 1971, n. 84. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 171" 

d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (DiscipUna degLi abbonamenti alle 
radioaudizioni), convertito con legge 4 giugno 1938, n. 880, art. 19, in 
quanto punisce con sanzione penale la detenzione di apparecchi radioriceventi 
o televisivi senza aver corrisposto il canone di abbonamento, 
mentre la detenzione abusiva di apparecchi radioriceventi installati a 
bordo di autoveicolo o motoscafo � ora punita, ai sensi dell'art. 8 della 
legge 15 dicembre 1967, n. 1235, c,on la sola pena pecuniaria (art. 3, 
primo comma, della Costituzione) (268). 
Tribunale di Milano, ordinanza 9 febbraio 1971, G. U. 14 luglio 
1971, n. 177. 
Tribunale de L'Aquila, ordinanza 27 marzo 1971, G. U. 14 luglio 
1971, n. 177. 

legge 2 febbraio 1939, n. 374 (Norme per la consegna obbligatoria 
di esempLari degii stampati delle pubblicazioni), art. 1, primo e t~rzo 
comma, in quanto pone l'obbligo, penalmente sanzionato, di consegnare� 
esemplari di qualsiasi pubblicazione, e quindi anche �di volantini o 
manifestini, prima della loro diffusione o distribuzione e prima della 
consegna al committente o ad altra persona (art. 21 della Costituzione) 
(269). 

Pretore di Recanati, ordinanze 8 aprile 1971 (due), G. U. 21 luglio� 
1971, n. 184. 

d.lg.C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896 (Nuove disposizioni per la discipLina 
dei prezzi), art. tl 5, secondo contma, in quanto impone la emissione 
obbligatoria del mandato di .cattura anche per reati, quali quelli previsti 
dall'art. 14, terzo comma, dello stesso decreto, sanzionati solo con 
la multa (artt. 3, 13 e 24 della Costituzione) (270). 

Pretore di Cingoli, ordinanza 10 maggio 1971, G. U. 21 luglio 1971, 

n. 184. 
d.lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denuncia di stranieri 
e ospiti); art. 1, in quanto comporta, a carico di chi ometta di 
comunicare all'autorit� di pubblica sicurezza le generalit� delle persone� 

(268) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 luglio 1971, n. 162. 
Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata non 
fondata con sentenza 8 giugno 196.3, n. 81. 
(269) Questione gi� proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (ordinanze 7 ottobre 
1970 e 8 e 25 aprile 1971, G. U. 2 dicembre 1970, n. 311 e 30 giugno 1971, 
n. 163). 
(270) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale 
con la sentenza 20 marzo 1970, n. 39. 

172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alloggiate, l'applicazione di pene diverse a seconda della nazionalit� 
delle persone ospitate (art. 3 dt:;!lla Costituzione) (271). 

n. 
Pretore di Massa, ordinanza 26 febbraio 1971, G. U. 7 luglio 1971, 
170. 
d.P.R. 5 CJennaio 1950, n. 180 (Testo unico delle leggi concernenti il 
.sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni 
dei dipendenti dalle pubbliche Amministrazioni), art. 1, in quanto 
esdude il pignoramento ed il sequestro delle retribuzioni dei pubblici 
dipendenti per soddisfacimento dei �crediti di privati (artt. 3, 24 e 28 
della Costituzione) (272). 
n. 
n. 
Pretore di Firenze, ordinanza 5 gennaio 1971, G. U. 14 luglio 1971, 
177). 
Pretore di Tortona, ordinanza 7 aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, 
170. 
le99e 13 marzo 1950, n. 120 (Norme relative alL'ordinamento dell'Istituto 
Nazionale di Assistenza per i Dipendenti da Enti Locali -
I.N.A.D.E.L.), art. 11, primo comma e terzo comma, ultima parte, in quanto 
esclude� ia concessione dell'assegno vitalizio per i dipendenti che senza 
aver compiuto il periodo massimo prescritto per ottenere la pensione 
siano collocati a riposo per motivi dipendenti dalla loro volont� (art. 36 
e 3 della Costituzione) (273). 
Corte dei conti, terza sezione �per le pensioni civili, ordinanze 28 
novembre 1970 e 21 gennaio 1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
le99e 23 ma99io 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e sublocazioni 
di immobili urbani), art. 37, in quanto consente un termine per il 
pagamento delle pigioni scadute solo per gli inquilini morosi che sanano 
la morosit� dopo il provvedimento di rilascio, con deroga all'art. 1453 
del codice civile della quale non possono avvantaggiarsi invece gli 
I 
f 
�~ 
' 
(271) Questione gi� dichiarata non fondata, come � ricordato nella stessa 
ordinanza di rimessione, con sentenza 26 giugno 1969, n. 104. Differente, ma analoga 
questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 
16, primo comma, 17, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione, con sentenza 16 luglio 
1970, n. 144. 
(272) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 28 della 
Costituzione, con sentenza 9 giugno 1963, n. 88. 
(273) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale 
con le sentenze 13 gennaio 1966, n. 3 e 27 giugno 1968, n. 75. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 173 

inquilini morosi che sanano Ja morosit� anteriormente al provvedimento 
di rilascio (art. 3 della Costituzione) (274). 

Pretore di Viareggio, ordinanza 20 aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, 

n. 170. 
d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 17 (Statuto degli impiegati civili dello 
Stato), art. 4, primo comma, in quanto conserva in vigore la disciplina 
differenziata dell'orario di servizio introdotta per i pubblici uffici della 
capitale con decreto 17 settembre 1939 (art. 3 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, .quarta sezione, ordinanze 30 gennaio 1971 
(due), G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 

d.P.R. 11 gennaio '1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni coincernenti 
lo statuto degli impiegati civili dello Stato), art. 14, primo comma, 
in quanto conserva in vigore la disciplina differ�enziata dell'orario di 
servizio introdotta per i pubblici uffici della capitale con decreto �17 
settembre 1939 (art. 3 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 30 gennaio 1971 
(due), G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico deUe leggi suiie imposte 
dirette), art. 243, per eccesso dai limiti conferiti con l'art. 63 della legge 
5 gennaio 1956, n. 1, in quanto prevede un'ammenda che pu� risultare 
fa misura massima superiore a quella stabilita dall'art. 34 della legge 
5 gennaio 1956, n. 1 (art. 76 della Costituzione) (275). 
Tribunale di Parma, ordinanza 19 febbraio 1971, G. U. 21 luglio 
1971, n. 184. 

legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie 
a carico dello Stato), art. 11, sesto comma, in quanto prescrive solo per 
il vedovo la condizione della convivenza a �carico della dipendente o 
pensionata statale deceduta (art. 3 della Costituzione) (276). 

Corte dei conti, terza sezione .per le pensioni civili, ordinanza 
17 ottobre 1970, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 

(274) Questione proposta dal pretore di Viareggio con ordinanza 26 marzo 
1969 (G. U. 18 giugno 1969, n. 152) e riproposta negli stessi termini per avere il 
pretore ritenuto, a seguito della ordinanza 16 marzo 1971, n. 50 con la quale la 
Corte costituzionale aveva disposto la restituzione degli atti per un nuovo giudizio 
sulla rilevanza, che la sopravvenuta legge 26 novembre 1969, n. 833 non abbia 
compromesso la rilevanza e l'attualit�, ai fini della decisione, della questione cos� 
come inizialmente proposta. 
(275) Questione gi� proposta dalla corte di appello di Roma (ordinanza 26 
gennaio 1970, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267). 
(276) Questione proposta dalla stessa autorit� giudiziaria anche con altre 
ordinanze in pari data (G. U. 30 giugno 1971, n. 163). 
17 



174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione 
della prostituzione e lotta contro io sfruttamernto della prostituzione 
altrui), art. 3, in quanto punisce con la stessa pena reati sostanzialmente 
differenti (art. 3, primo comma, della Costituzione) (277). 

Tribunale di Pavia, ordinanza 30 marzo 1971, G. U. 21 luglio 1971, 

n. 184. 
legge 8 giugno 1966, n. 424 (Abrogazione di norme che preve�dono 
la perdita, la riduzione o la sospeinsione delle pensioni a carico deHo 
Stato o di altro Ente pubblico), art. 1, in quanto contempla fra i destinatari 
del diritto alla pensione i pubblici dipendenti colpiti da condanne 
penali o da provvedimento disciplinare e non anche gli impiegati 
il cui rapporto sia cessato volontariamente (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 2�8 novembre 1970, G. U. 
21 luglio 1971, n. 184. 

legg� 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 10, limitatamente alla parte rimasta in vigore dopo la sentenza 
4 febbraio 1970, n. 14 della Corte costituzionale (278), in quanto esclude 
l'applicabilit� agli apprendisti delle norme che disciplinano il recesso 
dal rapporto di lavoro (art. 3 della Costituzione) (279). 

Pretor�e di Miano, ordinanza 18 marzo 1971, G. U. 27 luglio 1971, 

n. 184. 
d.I. 15 febbraio '1969, n. 9 (Riordinamento degli esami di Stato di 
maturitd, di abiLitazione e di Licenza della scuo�la media), convertito, 
con modificazioni, con legge 5 a�prlle 1969, n. 119, Grt. 1, terzo c:oinma, in 
quanto considera l'esame conclusivo degli studi titolo idoneo all'esercizio 
della professione di ragioniere (art. 33, quarto e quinto comma, 
della Costituzione) (280). 
Tribunale di Lucca, ordinanza 2 febbraio 1971, G. U. 7 luglio 1971, 

n. 
170 (art. 33, quarto comma, della Costituzione). 
Consiglio nazionale dei geometri, ordinanze 23 marzo Hl71 (tre), 
G. U. 7 luglio 1971, n. 170 (art. 33, quinto comma, della Costituzione). 
legge reg. sic:. 2 luglio 1969, n. 20 (AppLicazione in Sicilia deLla legge 
nazionale 22 Luglio 1966, n. 607, recante: norme in materia di enfiteusi e 
prestazioni fondiarie perpetue), art. 4, in quanto stabilisce la efficacia 

(277) Differenti questioni di legittimit� costituzionale della disposizione, proposte 
in particolare per il n. 3 e per il n. 8 della norma, sono state dichiarate n:m 
fondate, rispettivamente, con sentenze 11 dicembre 1964, n. 108 (art. 3 della Costituzione) 
e 16 giugno 1964, n. 44 (artt. 1,3 e 25, secondo comma, della Costituzione). 
(278) Con tale sentenza l'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 � stato dichiarato 
incostituzionale nella parte in cui non comprendeva gli apprendisti tra i 
beneficiari dell'indennit� dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge. 
(279) Differente questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata 
proposta dalla stessa autorit� giudiziaria con ordinanza 1� agosto 1970 (G. U. 7 aprile 
1971, n. 87). 
(280) V. retro, nota 260. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 175 

retroattiva delle norme della legge,. in contrasto con il princ1p10 secondo 
cui la Regione non pu� regolare retroattivamente situazioni gi� 
disciplinate da legge statale. 

Pretore di Troina, ordinanza 21 ottobre 1970, G. U. 14 luglio 1971, 

n. 177 (281). 
d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), 
art. 5 lettera c, in quanto non prevede l'appli,cabilit� del beneficio dell'amnistia 
ai rea.ti di peculato per distrazione per finalit� non estranee 
a quelle della pubblica amministrazione, sanzionati dall'art. 215 del 
codice di procedura militare penale, pur prevedendola per i medesimi 
reati sanzionati dall'art. 314 del codice penale (art. 3 della Costituzione) 
(282). 
Giudice istruttore del tribunale di Belluno, ordinanza 16 marzo 
1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 

0

legge i dicembre 1970,. n. 898 (Disciplina dei casi di s�ioglimento 
del matrimonio), art. 2, in quanto, senza preventivo procedimento di 
revisione costituzionale (artt. 7, secondo comma, 10 e 138, della Costituzione), 
compromette la indissolubilit� del matrimonio religioso cattolico, 
riconosciuto con l'art. 34 del Concordato (art. 7, primo comma, 
della Costituzione), e non garantisce la :permanenza degli effetti civili 
del matriimoni6 religioso trascritto (art. 7 della Costituzione) (283). 

Tribunale di Siena, ordinanza 12 maggio 1971, G. U. 14 luglio 
1971, n. 177. 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSIBILIT�, 
DI. MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI DEL GIUDICE DI MERITO 


Codice cli procedura c:lvlle, art. 707 (Comparizione personale delle 
parti), .primo c:omma (art. 24, secondo comma, della Costituzione) Inammissibilit� 
:per difetto di rilevanza (284). 

(281) Nell'ordinanza di rimessione� sono ritenute manifestamente infondate altre 
questioni cli legittimit� costituzionale della legge regionale 2 luglio 1969, n. 20, che 
altre autorit� giudiziarie hanno invece gi� rimesso all'eeame della Corte costituzionale 
(v. retro, nota 129). 
(282} L'art. 5 del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 � stato dichiarato incostituzionale, 
nella parte in cui esclude la rinunzia, �on le conseguenze indicate in motivazione, 
all'applicazione dell'amnistia, con sentenza 14 luglio 1971, n. 175, con la 
quale altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state invece 
dichiarate non fondate. 

(283) Queetione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1971, n. 169. 
(284) L'art. 707, primo comma, del codice di procedura civile � stato dichiarato 
incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, nella parte in cui ai 
coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, e nei caso di 
mancata conciliazione, � inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. 

176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sentenza 30 giugno 1971, n. 150, G. U. 7 luglio 1971, n. � 170. 
Ordinanza di rimessione 16 ottobre 1970 del pretore di Parma, 

G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
codice penale, art. 688 (Ubriachezza), secondo comma (art. 3 della 
Costituzione) -�Manifesta infondatezza (285). 

Ordinanza 30 giugno 1971, n. 155, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 27 marzo 1970 del pretore di Gardone 
Val Trompia, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro) artt. 106 e 118 
(modificato dall'art. 3 del r.d. 13 .gennaio 1936, n. 2313) (art. 3 della 
Costituzione) -Manifesta inammissibilit� per irrilevanza (286). 

Ordinanza 6 luglio 1971, n. 165, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 24 settembre 1970 del tribunale di Milano, 
G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. 

r.d. 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare 
la ricerca e la coltivazioine delle miniere), artt 2, ultima parte, 
e 45 (artt. 42, 3 e 97 della Costituzione) -Inammissibilit� del difetto 
di rilevanza. 
Sentenza 6 luglio 1971, n. 161, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 10 settembre 1970 del pretore di Chieti, 

G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. 
r.d. 13 gennaio 1936, n. 2313 (Modificazioni alla leigge del registro), 
art. 3, che modifica l'art. 118 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (art. 3 
della C�stituzione) -Manifesta inammissibilit� per irrilevanza (286). 
Ordinanza 6 luglio 1971, n. 165, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 24 settembre 1970 del tribunale di Milano, 
G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. 

d.I. 9 gennaio 1940, n. 2 (Istituzione di un'imposta generale sull'entrata), 
convertito con legge 19 giugno 1940, n. 762, artt. 28 e 30, primo 
comma, lett. d (art. 3 della Costituzione). 
Or.dinanza 6 luglio 1971, n. 165, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 24 settembre 1970 del tribunale di Milano, 
G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. 

(285) Manifesto infondatezza� dichiarata con richiamo ai principi afferm;:iti con 
le sentenze 19 luglio 1968, n. 110 e 11 maggio 1971, n. 100. 
(286) Per altre questioni di legittimit� costituzionale delle disposizioni v. retro, 
nota 22. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 177 

d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492 (Nuove norme sull'imposta di bollo), 
artt. 28 e 32, secondo c:�omma (art. 3 della Costituzione) -Manifesta 
inammissibilit� per irrilevanza. 
Ordinanza 6 luglio 1971, n. 165, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 24 settembre 1970 del tribunale di Milano, 
G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nella prevarazione e nel com.mercio dei mosti, vini ed aceti), art. 108, 
lettere b e e: (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (287). 
Ordinanza 30 giugno 1971, n. 154, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 13 novembre 1970 del pretore di Orvieto, 

G. U. 10 febbraio 1971, n. 35. 
legge 2 agosto 1967, n. 799 (Modifiche al testo unico delle norme per 
la protezione della selvaggina e per .l'esercizio della caccia, approvato 
con regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, e successive modifiche), arti� 
c:olo 8 (art. 44 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (288). 

Ordinanza 30 giugno 1971, n. 153, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 24 marzo 1970 del pretore di Firenze, 

G. U. 11 novembre 1970, n. 286. 
(287) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 14. 
(288) Manifesta infondatezza dichiarata con richiamo ai principi affermati con 
la sentenza 6 luglio 1965, n. 59. 

CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Lotta contro l'inquinamento delle acque. 

�Se la disposizione dell'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 consenta alla 

P.A. di legittimamente intervenire, con i poteri previsti in detta norma, 
anche nella lotta contro l'inquinamento delle acque (103). 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

ANAS -Norme relative al fermo amministrativo. 

Se l'istituto del fermo amministrativo, previsto dall'art. 69 della legge 
di contabilit� generale dello Stato, sia applicabile anche relativamente a 
somme dovute dall'ANAS ed a garanzia di �crediti di altre Amministrazioni 
dello Stato (n. 353). 

APPALTO 

Revisione dei prezzi -Applicabilit� delle norme sulla prescrizione. 

Se in materia di revisione di prezzi, una volta che l'appaltatore abbia, 
nel previsto termine di decadenza, presentato la relativa istanza, trovino applicazione 
le norme sulla prescrizione (n. 344). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

I 

. ' 
Erronea contestazione di violazioni -Rettifica -Ammissibilit� di una rimesk 
sione in termine per la oblazione. 

Se, in caso di erronea �contestazione di infrazioni, il contravventore, 
nonostante la scadenza del termine, possa essere invitato ad effettuare l'oblazione 
nella misura pil'evista dalla esatta qualificazione dell'illecito, inaltet'ato 
restando il fa.tto materiale contestatogli (n. 27). 

Sanzioni pecuniarie previste dalla legge 3 maggio 1967, n. 317 -Riscossione. 

Se, allorch� l'Amministrazione proceda, giusta l'art. 13 della legge 

3 maggio 1967, n. 317, al recupero delle somme dovute a titolo di sanzione 
pecuniaria, sia applicabile la procedura .speciale prevista dal r.d. 15 marzo 
1927, n. 436 (n. 26). 



PARTE II, CONSUL'l'AZIONI 179 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

A.N.A.S. -Norme relative al fermo amministrativo. 
S'e l'istituto del fermo amministrativo, previsto dall'art. 69 della legge 
di contabilit� generale dello Stato, sia applicabile anche relativamente a 
somme dovute dall'A.N.A.S. ed a garanzia di crediti di altre Amministrazioni 
dello Stato (n. 246). 

Contratti �soggetti ad approvazione -Risoluzione -consensuale anteriore al 
provvedimento di approvazione o di diniego di approvazione. 

S'e, nel caso di risoluzione consensuale di un contratto di un comune, 
sog.getto a visto prefettizio ai sensi dell'art. 296 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, 
l'approvazione della risoluzione stessa, intervenuta prima dell'emanazione 
del provvedimento positivo o negativo relativo al contratto risoluto, debba 
intendersi come approvazione anche di quest'ultimo (n. 247). 

Contratto di appalto -Recesso dell'appaltatore -Termine. 

Se la dichiarazione dell'appaltatore di volersi sciogliere da ogni impegno, 
ai sensi dell'art. 11 del r.d. n. 366 del 1932, abbia efficacia qualora 
pervenga all'Amministrazione dopo che il decreto di approvazione sia gi� 
stato emesso, ma prima che ne sia intervenuta la registrazione da parte 
della Corte dei conti (n. 248). 

DAZI DOGANALI 

Imposta all'importazione (art. 17 d.l. 9 gennaio 1940, n. 2) -Lane lavorate 
in magazzini doganali. 

Se l'imposta dovuta ai sensi dell'art. 17 del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, in 
relazione alle disposizioni dell'art. 2 della legge 12 agosto 1957, n. 757, sia 
applicabile sul valore del pirodotto greg.gio, ;per le lane lavorate in ma�gazzini 
doganali, anche nel caso di lavorazione eseguita per conto di un committente 
estero (n. 52). 

Imposta di consumo sulle banane -Importazione a daziato sospeso -In'teressi. 


Se sulle mag�giori somme dovute per imposta di consumo sulle banane, 
quando l'importazione sia stata effettuata a daziato sospeso con garanzia 
fideiussoria, il contribuente sia tenuto al pagamento degli interessi (n. 53). 

Interessi -Normativa del d.l. 2 febbraio 1970, n. 62 e normativa anteriore. 

Se gli interessi, sulle somme dovute per i dazi doganali e per gli altri 

tributi che si riscuotono in dogana, erano dovuti, prima dell'entrata in 

vigore del d.l. 2 febbraio 1970, n. 62, nella misura legale del 5 % (n. 53). 

Se per semestri solari, ai sensi dell'art. 17 del d.l. 2 febbraio 1970, 

n. 62, si debbano intendere i semestri decorrenti dal 1<> gennaio e dal 10 luglio 
di ciascun anno (n. 53). 

180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Merci viaggianti in regime TIR -Distribuzione per colpa noo grave. 

Se la disposizione dell'art. 4 bis della legge doganale (art. 1 d.P.R. 
2 febbraio 1970, n. 62), che, tra l'altro, dichiara non dovute le imDoste 
quando le merci siano andate distrutte per colpa non �grave di terzi o dello 
stesso soggetto passivo, sia applicabile anche alle merci viaggianti sotto il 
regime T.I.R., di cui alla convenzione di GineVil'a del 15 gennaio 1959, resa 
esecutiva con la legge 12 agosto 1962, n. 1517 (n. 54). � 

Oli da gas -Agevolazioni previste dalla legge 23 gennaio 1970, n. 9. 

Se l'indicazione delle altre utilizzazioni agevolate degli oli da gas, 
previste dall'art. 1 della legge 23 .gennaio 1970, n. 9, che ha ampliato le 
categorie previste dall'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 608, abbia carattere 
tassativo oppure esemplificativo (n. 55). 

DIFESA DELLO STATO 

Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 44 t.u. 1611/33 Applicabilit� 
nei riguardi di commissari governativi preposti a cooperative 
edilizie. 

Se i commissari governativi di cooperative edilizie possano richiedere 
il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 44 del t.u. 1611/33 

(n. 14). 
EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Case non di lusso -Contributi sui mutui contratti per la costruzione o pe1� 
l'acquisto -Criteri per la concessione. 

In base a quale criterio debbano graduarsi pi� domande di contributo 
per la costruzione o per il primo acquisto di a�bitazioni non di lusso, presentate 
ai sensi della legge xegionale siciliana 14 aprile 1967, n. 35 (n. 228). 

Cessione degli alloggi con pagamento rateale -Responsabilit� incombenti 
al proprietario verso i terzi. 

Se nella vendita di appa�rtamento di tito popolare ed economico con il 
sistema del pagamento rateale e della riserva di pxopriet�, preveduta 
dall'art. 15 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e succ. mod., la responsabilit� 
verso i terzi, per rovina di edificio, passi all'acquirente fin dal momento in 
cui, contestualmente alla firma del contratto, gli viene consegnato l'appartamento 
stesso (n. 229). 

Cooperative finanziate ai sensi della legge 10 agosto 1950, n. 715 -Scioglimento. 


Se le cooperative edilizie beneficiarie dei mutui previsti dalla legge 
10 agosto 1950, n. 715 siano da considerare cooperative beneficiarie di 



PARTE II, CONSULTAZIONI 181 

e concorso � o di � c;ontributo � dello Stato, a norma del t.u. 28 aprile 1938, 

n. 1165, e �i� anche ai fini dei J.imiti in tema di scioglimento per conseguimento 
dell'og.getto sociale (n. 230). 
Gescal -Assegnazione alloggi -Costruzione ed acquisto di alloggi da parte 
di lavoratori fruenti del fondo di rotazione -Agevolazioni tributarie. 

Se le agevolazioni fi�scali previste dall'art. 33, 1<> comma, della legge 

14: febbraio 1963, n. 60 siano applicabili anche agli atti di assegnazione e 
di trasferimento in propriet� degli alloggi ed alle costruzioni e acquisti di 
alloggi sul Ubero mercato effettuati da lavoratori isolati ammessi a fruire 
del fondo di rotazione (n. 231). 
ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Linee di trasmissione e distribuzione di energia elettrica costr�ite dall'Enel Autorizzazione 
-Collaudo. 

Se l'entrata in vigore della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, istitutiva 
dell'Enel, abbia implicitamente abrogato l'art. 108 t.u. 1775/1933; che prevede 
l'autorizzazione ministeriale o prefettizia per l'impianto di linee di 
trasmissione e distr.i!buzione di energia elettrica (n. 49). � 

Se il collaudo �stabilito dall'art. 43 del t.u. 215/1933, necessario ai fini 
dei sussidi o dei concorsi negli interessi dei mutui a cari:co dello Stato 0 
della Regione, debba eseguirsi anche nei riguardi delle opere effetti.tate dall'Enel 
(n. 49). 

ESECUZIONE FORZATA 

Sanzioni pecuniarie previste dalla legge 3'maggio 1967, n. 317 -Riscossione. 

Se, allorch� l'Amministrazione proceda, giusta l'art. 13 della legge 
3 maggio 1967, n. 317, al recupero delle somme dovute a titolo di sanzione 
pecuniaria, sia applicabile la procedura speciale prevista dal r.d. 15 marzo 
1927, n. 436 (n. 49). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' 

Occupazione provvisoria -Indennit�. 

Se spetti al Prefetto di stabilire, col decreto che autorizza l'occupa


zione provvisoria o con decreto successivo, la relativa indennit� da corri


spondersi ai proprietari (n. 297). 

Se l'indennit� �di occupazione, �quando $ia stabilita in misura p;:iri all'interesse 
legale, per anno, sulla indennit� di espropriazione, $petti per 
l'intero periodo per cui � durata l'occupazione, fino alla data del decreto 
di espropriazione, e sia dovuta, quindi, anche pe;r le eventuali frazioni di 
anno (n. 297). 

Se per il pagamento delle indennit� di occupazione accettate dagli 
aventi diritto sia necessario che l'Amministrazione interessata richieda 
anche i titoli afferenti al .godimento e non soltanto quelli relativi alla 
propriet� dell'immobile occupato (n. 297). 


182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se spetti all'Autorit� giudiziaTia ordinaria di esaminare i titoli afferenti 
alla propriet� ed ai diritti reali vantati da chi avanzi pretese sull'indennit� 
di occupazione, quando di quest'ultima sia stato ordinato il deposito 
presso la Cassa Depositi e Prestiti o quando ne sia stato di.sposto il 
pagamento diretto a norma della legge 20 marzo 1968, n. 391 (n. 297). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Ai:sunzione com contratto privato di operai giornalieri per la conduzione 
di autoveicoli. 

Se la norma di cui all'articolo unico della legge 12 aprile 1962, n. 205, 
che prevede l'assunzione di personale operaio per l'esecuzione di lavori condotti 
direttamente dall'Amministrazione forestale o dall'Azienda di Stato 
per le foreste demaniali, consenta anche l'assunzione di peTsonale da adibire 
alla conduzione di autoveieoli (trattori, ecc.) (n. 720). � 

Assunzioni obbligatorie -Personale delle carriere direttive -Requisiti. 

Se per le assunzioni obbligatode per concorso, di cui alla legge n. 482 
del 1968, sia richiesto, per il personale della carriera direttiva, il requisito 
dello stato di bisogno o di disoccupazione del beneficiario (n. 721). 

Dipendenti non di ruolo -Assenze per malattia -Mantenimento in servizio 
-Trattamento economico. 

Se, ai fini del mantenimento in serv1z10 e della determinazione del 

trattamento economico, in relazione all'assenza per malattia dell'impiegato 

non di ruolo (anche assunto a tempo determinato) si debba applicare la 

disposizione dell'art. 4 del regolamento approvato con d.P.R. 19 marzo 

1948, n. 246 (emanato per l'esecuzione del d.l. 4 aprile 1947, n. 207), circa 

il cumulo dei periodi di assenza (n. 722). 

Se, compiutosi il periodo massimo di assenza dal servizio, per malattia, 

del dipendente non di ruolo, questi si debba considerare licenziato. ope legis, 

ovvero se occorra un provvedimento dell'Amministrazione, e se questa 

possa discrezionalmente consentire la continuazione del rapporto (n. 722). 

Statuto dei lavoratori -Applicabilitd agli enti pubblici. 

Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) sia applicabile 
ai dipendenti degli Enti di .s�viluppo (n. 724). 

Statuto dei lavoratori -Applicabilitd agli enti pubblici. 

Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) sia applicabile 
ai dipendenti dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guara 

(n. 723). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 183 

IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 

Universit� degli Studi -Atti rogati in forma pubblico amministrativa Diritti 
di segreteria. 

Se per gli atti stipulati in forma pubblico-amministrativa dalle Universit� 
degli Studi, statali o Ubere, siano dovuti a favore dell'erario i diritti 
di segreteria, previsti dalla Tabella B del-d.P.R. lo marzo 1961, n. 121 che 
approva il t.u. delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative 
(n. 1.). 

IMPOSTA DI CONSUMO 

Istituto Mobiliare Italiano -Imposta in abbomamento. 

Se l'imposta annua di abbonamento corrisposta dall'Istituto Mobiliare 
Italiano, ai sensi dell'art. i della legge 27 luglio 1962, n. 1228 sia sostitutiva 
anche dall'imposta sul consumo di energia elettrica (n. 20). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni -Finanziamenti alle medie e piccole industrie e per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Costituzioni di garanzie. 

Se sia richiesta la �contestualit� dei finanziamenti e delle relative costituzioni 
di garanzie per l'appUcabilit� a queste ultime delle agevolazioni 
previste dall'art. 14 del d.l. 15 dicembre 1947, n. 1419 e dall'art. 3 della 
legge 29 dicembre 1968, n. 1482, e se, inoltre, tali disposizioni si debbano 
ritenere modificate da quelle dell'art. 3 della legge 4 aprile 1953, n. 261 

(n. 352). 
Agevolazioni per la piccola propriet� contadina -Fondi acquis'tati prima 
dell'entrata in vigore della legge 26 maggio 1965, n. 590 -Norme applicabili 
per la decadenza a seguito di rivendita. 

Se, nell'ipotesi di rivendita, dopo l'entrata in vigore della legge 26 maggio 
1965, n. 590, di fondi acquistati nella vigenza della precedente normativa 
sulla piccola propriet� .contadina,. sia applicabile l'art. 28 della citata 
nuova legge, che ha elevato da cinque a dieci anni il periodo durante il 
quale, a pena di decadenza dai previsti benefici, � fatto divieto di procedere 
alla rivendita stessa (n. 353). 

Atti di concessione di funivie. 

Se agli atti di concessione di funivie nella Regione Trentino-Alto Adige, 
assistite da sovvenzioni regionali, sia applicabile il trattamento privilegiato 
di registrazione ad imposta fissa (n. 354). 

Se per gli atti di concessione di tramvie (e funivie) non fruenti di sov


venzione governativa (o regionale) la liquidazione dell'imposta debba ese



184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gui.Tsi sull'ammontare della spesa totale di costruzione o di primo impianto 
della linea -secondo il valore degli impianti e del materiale mobile, da 
accertarsi mediante stima -o se, invece, la tassa debba essere liquidata 
sull'ammontare annuale dei provimti (n. 354). 

Contratti soggetti ad approvazione -Risoluzione consensuale anteriore al 
provvedimento di approvazione o di diniego di approvazione. 

S'e, nel caso di risoluzione consensuale di un contratto di un comune, 
soggetto a visto prefettizio ai sensi dell'art. 296 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, 
l'approvazione della risoluzione stessa, intervenuta prima dell'emanazione 
del provvedimento positivo o negativo relativo al contratto risoluto, debba 
intendersi come approvazione anche di quest'ultimo (n. 355). 

Convenzioni per il servizio di tesoreria -Deposito di somme. 

Se la detenzione delle �somme, da parte di un istituto di credito al quale 
sia affidato da un ente il servizio di tesoreria, possa qualificairsi come deposito, 
tassabile ai sensi dell'art. 38 della tariffa allegato A alla legge del 
registro, ovvero debba considerarsi strumentale rispetto al rapporto principale, 
e perci� in questo assorbita (n. 356). � 

Gescal -Assegnazione alloggi -Costruzione ed acquisto di alloggi da parte 
di lavoratori fruenti del fondo di rotazione -Agevolazioni tributarie. 

Se le agevolazioni fiscali previste dall'art. 33, primo comma, della le�gge 
14 febbraio 1963, n. 60 siano applicabili anche agli atti di assegnazione e 
di trasferimento in propriet� degli alloggi ed alle costruzioni e acquisti 
di alloggi sul .li:bero mercato effettuati da lavoratori isolati ammessi a fruire 
del fondo di rotazione (n. 357). 

lmposte suppletive e sopratasse -Sospensione dell'esecuzione a seguito di 
opposizicni:e giudiziaria. 

Se l'opposizione proposta in via giudiziaria comporti la sospensione 
dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 145 della leg.ge di re.gistro, quale che sia 
la natura della sopratassa contestata (principale, complementare o suppletiva) 
o �soltanto nell'ipotesi di contestazione relativa a sopratasse suppletive, 
secondo la distinzione dell'ultimo comma dell'art. 7 legge del registro 
(n. 358). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Limite previsto dall'art. 102 de!la legge -Interessi. 

Se, a norma dell'art. 102 della legge tributaria sulle successioni, gli interessi 
dovuti per il ritardato pagamento debbano comprendersi nella cifra 
insuperabile corrispondente, al netto delle passivit� deducibili, al valore 
dei beni ai quali le tasse, sopratasse, diritti e penali, si riferiscono 

(n. 70). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Imposta all'importazione (art. 17 d.l. 9 gennaio 1940, n. 2) -Lane lavorate 
in magazzini doganali. 

Se l'imposta dovuta ai sensi dell'art. 17 del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, in 
relazione alle disposizioni dell'art. 2 della legge 12 a.gosto 1957, n. 757, sia 
applicabile �sul valore del prodotto greggio, per le lane lavorate in magazzini 
doganali, anche nel caso di lavorazione eseguita per .conto di un committente 
estero (n. 136). 

IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

Oli da gas -Agevolazioni previste dalla legge 23 gennaio 1970, n. 9. 

Se l'indieazione delle altre utilizzazioni agevolate degli oli da gas, previste 
dall'art. 1 della legge 23 gennaio 1970, n. 9, che ha ampliato le categorie 
previste dall'art. 1 della legge 22 luglio 1966; n. 608, abbia carattere 
tassativo oppure esemplificativo (n. 2). 

IMPOSTE E TASSE 

Agevolazioni per la piccola propriet� contadina -Fondi acquistati prima 
dell"entrata in vigore della legge 26 maggio 1965, n. 590 -Norme applicabili 
per la decadenza a seguito di rivendita. 

Se nell'ipotesi di rivendita, dopo l'entrata in vigore della legge 26 maggio 
1965, n. 590, di fondi acquistati nella vigenza della precedente normativa 
sulla ;piccola propriet� contadina, sia applicabile l'art. 28 della citata 
nuova legge, che ha elevato da cinque a dieci anni il peTiodo durante il 
quale, a pena di decadenza dai .previsti benefici, � fatto divieto di procedere 
alla rivendita stessa (n. 539). 

Agevolazi:oni per le case non di lusso -Ipoteca legale a garanzia del residuo 
prezzo di acquisto delle atee o delle case -Ipoteca a garanzia di cambiali. 


Se le agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge 2 luglio 

1949, n. 408 per l'acquisto di aree, e dall'art. 17 per il trasferimento di case 

di abitazione di nuova �costruzione, siano estensibili al tributo ipotecario 

inerente alla eventuale iscrizione delfipoteca legale a garanzia del paga


mento del :residuo prezzo (n. 540). 

Se le agevolazioni previste dall'art. 18 della stessa legge per i contratti 

di mutuo stipulati per le costruzioni di case di cui all'art. 13 o per la prima 

compravendita delle stesse case, possano applicarsi anche nell'ipotesi di 

ipoteca .concessa a garanzia delle �cambiali rilasciate in conto prezzo o a 

copertura del debito (n. 540). 


186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Contributi dovuti all'Associazione Nazionale per il Controllo delLa Combu.stione 
-Assoggettabilit� delle Amministrazioni dello Stato. 

Se l'Amministrazione dello Stato possa essere soggetto passivo delle 
contribuzioni, aventi il carattere di co�rrispettivo di un servizio, dovute alt'Associazione 
Nazionale per il controllo della combustione (n. 541). 

Gescal -Assegnazione alloggi -Costruzione ed acquisti di alloggi da parte 
di lavoratori fruenti dei fondo di rotazione -Agevolazioni tributarie. 

Se le agevolazioni fiscali previste dall'art. 33, primo comma, della legge 
14 febbraio 1963, n. 60 �siano applicabili anche agli atti di assegnazione 
e di trasferimento in propriet� degli alloggi ed alle costruzion~ e acquisti 
di alloggi sul libero mercato effettuati da lavoratori isolati ammessi a fruire 
del fondo di rotazione (n.. 542). 

Istituto Mobiliare Italiano -Imposta in abbonamento. 

S'e l'imposta annua di abbonamento corrisposta dall'Istituto Mobiliare 
Italiano ai sensi dell'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 sia sostitutiva 
anche dell'imposta sul consumo di energia elettrica (n. 543). 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Agevolazioni per le case non di lusso -Ipoteca legale a garanzia del residuo 
prezzo di acquisto delle aree o delle case -Ipoteca a garanzia di cambiali. 


Se le agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge 2 luglio 
1949, n. 408 per l'acquisto di aree, e dall'art. 17 per il trasferimento di case 
di abitazione di nuova costruzione, siano estens~bili al tributo ipotecario 
inerente alla eventuale iscrizione dell'ipoteca legale a garanzia del pagamento 
�del residuo prezzo (n. 1). 

Se le agevolazioni previste dall'art. 18 della stessa legge per i contratti 

di mutuo stipulati per le costruzioni di case di cui all'art. 13 o per la prima 

compravendita delle stesse �case, possano applicarsi anche nell'ipotesi di 

ipoteca concessa a garanzia delle cambiali rilasciate in conto prezzo o a 

copertura del debito (n. 1). 

IMPOSTE VARIE 

Contributi dovuti all'Associazione Nazionale per il Controllo della Combustione 
-Assoggettabilit� delle Amministrazioni dello Stato. 

Se l'Amministrazione dello Stato possa essere soggetto passivo delle 
contribuzioni, aventi il carattere di corrispettivo di un servizio, dovute alla 
Associazione Nazionale per il Controllo della Combustione (n. 48). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 187 

Imposta di consumo sulle banane -Importazioni a dazio sospeso -Interessi. 


Se sulle ma.ggiori somme do\"Ute per imposta di consumo sulle banane, 
quando l'importazione sia stata effettuata a daziato sospeso con garanzia 
fideiussoria, il contribuente sia tenuto al pagamento degli inti:iressi. 

Interessi -Normativa del d.l. 2 febbraio 1970, n. 62 e normativa anteriore. 

Se gli interessi, sulle somme dovute per i dazi doganali e per gli altri 
tributi che si riscuotano in dogana, erano dovuti, prima dell'entrata iri. 
vigore del d.l. 2 febbraio 1970, n. 62, nella misura legale del cinque per 
cento (n. 49). ' 

Se per semestri solari, ai sensi dell'art. 17 del d.l. 2 feblln:aio 1970, n. 62, 
si debbano intendere i semestri decorrenti dal 10 gennaio e dal 10 luglio 
di ciascun anno (n. 49). 

Istituto Mobiliare Italiano -Imposta in abbonamento. 

Se l'imposta annua di abbonamento corrisposta dall'Istituto Mobiliare 
Italiano ai sensi dell'art.. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 sia sostitutiva 
anche dell'imposta sul consumo di .energia elettrica (n. 50). 

ISTRUZIONE SUPERIORE 

Universit� degli Studi -Atti rogati in forma pubblico-amministrativa -Diritti 
di segreteria. 

Se per gli atti stipulati in forma pubblico-ammin~strativa delle Universit� 
degli Studi, statali o Ubere, siano dovuti a favore dell'erario i diritti 
di segreteria, previsti dalla Tabella B del D.P. 1� marzo 1961, n. 121 
che approva il t.u. delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni 
governative (n. 20). 

LAVORO 

Assunzione con contratto privato di operai giornalieri per la conduzione di 
autoveicoli. 

Se la norma di cui all'articolo unico della legge 12 aprile 1962, n. 205, 
che prevede l'assunzione di personale operaio per .l'esecuzione di lavori 
condotti direttamente dall'Amministrazione !forestale e dall'Azienda di 
Stato per le foreste demaniali, consenta anche l'assunzione di personale da 
adibire alla conduzione di autoveicoli (trattori, ecc.) (n. 63). 

Statuto dei lavoratori -Applicabilit� agli enti pubblici. 

Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratorD sia applicaJ:>
ile ai dipendenti dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra 

(n. 64). 

188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Statuto di lavoratori -Applicabiiit� agli enti pubblici. 

Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) sia applicabile 
ai dipendenti degli Enti di sviluppo (n. 65). 

LOTTO E LOTTERIE 

Indennit� ai funzionari delegati alla vigilanza sulle manifestazioni a premi. 

Se anche per i concorsi e le operazioni a premio spettino ai funzionari 
incaricati della relativa vigilanza, e siano a carko dei concessionari, ai 
sensi dell'art. 133 del regolamento, le indennit� di missione ed i compensi 
per lavoro straordinario (n. 37). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Diritto di surroga dell'ENPAS per eventi morbosi indennizzabili da parte di 
terzi -Estensibilit� alle .c.d. � spese generali �. 

Se l'ENPAS, qualora agisca in surroga nei confronti di� terzi responsabili 
di eventi morbosi indennizzabili occorsi ai propri assistiti, possa pretendere, 
oltre al rimborso delle �spese per le prestazioni erogate, anche il 
pagamento delle c.d. � spese generali � (n. 79). 

Regolarizmzione posizione assicurativa degli ex dipendenti delle disciolte 
confederazioni fasciste. 

Se le richieste di regolarizzazione delle :posizioni assicurative da parte 
degli ex dipendenti delle disciolte Confederazioni fasciste siano, in via di 
massima, accogli:bili (n. 80). 

Se, in relazione ai periodi di lavoro non coperti da contribuzioni, l'Ufficio 
stralcio delle disciolte Confederazioni sia tenuto a l;)Tovvedere alla 
costituzione della rendita vitalizia, ovvero a risarcire il danno (n. 80). 

Se, e quale prescrizione, possa essere opposta ai richiedenti di cui 
scpra (n. 80). 
Se i dipendenti della disciolta Confederazione dei professioni!;ti ed 

~ 

artisti possano far valere le loro ragioni nei confronti dell'Ufficio stralcio 

1.1;.

ovvero nei confronti dei Consigli nazionali degli Ordini e Collegi profes


~ 

sionali (n. 80). ' 

Se il mancato esercizio, da parte dei detti dipendenti, della facolt� ad 
essi concessa di regolarizzare, mediante versamento dei contributi omessi, 
le singole posizioni assicurative, valga a liberare l'Uffi.cio stralcio dall'onere 
risarcitorio (n. 80). 

PROPRIET� 

Cessione degli alloggi con pagamento rateale -Responsabilit� incombenti 
al proprietario verso i terzi. 


Se nella vendita di appartamento di tipo popolare ed economico eon 
il sistema del pagamento rateale e della riserva di propriet�, p;reveduta dal




PARTE II, �CONSULTAZIONI 189 

l'art. 15 dl d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e succ. mod., la responsabilit� verso 
i terzi, per rovina di edificio, passi all'acquirente fin dal momento in cui, 
contestualmente alla firma del contratto, gli viene consegnato l'appartamento 
stesso (n. 46). 

REGIONE SICILIA 

Case non di lusso -Contributi sui mutui contratti per la costruzione o per 
.l'acquisto -Criteri per la concessione. 

In base a quale criterio debbano graduarsi pi� domande di contributo 
per la costruzione o per il primo acquisto di abitazioni non di lusso, presentate 
ai sensi della legge regionale siciliana 14 aprile 1967, n. 35 (n. 1). 

REG;IONI 

Atti di concessione di funivie. 

Se agli atti di concessione di funivie nella Regione Trentino-Alto Adige, 
assistite da sovvenzioni regionali, sia applicabile il trattamento privilegiato 
di registrazione ad imposta fissa (n. 184). 

S'e per gli atti di concessioni di tramvie (e funivie) non fruenti di sovvenzione 
governativa (o regionale) la liquidazione dell'imposta debba eseguirsi 
sull'ammontare della spesa totale di costruzione o di primo impianto 
della linea -secondo il valore degli impianti e del materiale mobile, da 
accertarsi mediante stima -o se, invece, la tassa debba essere liquidata 
sull'ammontare annuale dei proventi (n. 194). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Diritto di surroga dell'ENPAS per eventi morbosi indennizzabili da parte 
di terzi -Estensibilit� alle c.d. � spese generali�. 

Se l'ENPAS, qualora agisca in surroga nei confronti di terzi responsabili 
di eventi morbosi indennizzabili occorsi ai propri assistiti, possa pretendere, 
oltre al rimborso delle spese per le .prestazioni erogate, anche il 
pag~ento delle c.d. e spese generali � (n. 256). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Imposta di famiglia -Rico1�so per duplicazione -Presentazione -Termine. 

Se sia valido un ricorso, in materia di duplicazione di accertamento 
di imposta di famiglia, che sia presentato all'Intendente di finanza anzich� 
al Ministro, e, nell'affermativa, se la sua tempestivit� si debba valutare 
con riguardo alla data di arrivo all'Intendenza ovvero a quella di ricezione 
da parte del Ministero, a cui l'Intendenza lo abbia inoltrato (n. 14). 

18 


1fJIJ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUTI LOCALI 

Imposta di famiglia -Duplicazioni -Ricorsi -Trmine. 

Se, in relazione ad un'ipotesi di duplicazione di accertamenti di imposta 
di famiglia, effettuati da due Comuni, esperito il ricorso contro l'avviso 
di accertamento del Comune nel quale si concreta la duplicazione, sia 
possibile per il contribuente ricorrente contro le cartelle dell'esattore dello 
stesso Comune (n. 4). 

Se, in caso di duplicazione di imposta di famiglia, esperito il ricorso 
contro gli atti del Comune nel �quale �si concreta la duplicazione, il contribuente 
che ha omesso di ricorrere contro l'avviso del Comune che per 
primo �aveva accertato il tributo, possa ricorrere contro la cartella della 
Esattoria del detto primo Comune, notificata in epoca successiva all'insorta 
duplicazione (n. 4). 

Se la duplicazione, nel caso in cui il Comune al quale si !riconosce dovuta 
l'imposta aJbbia accertato �un imponibile minore di quello accertato 
dall'altro comune, vada riconosciuta limitatamente al detto minore imponibile, 
e se, quindi, il contribuente sia tenuto per la differenza verso il 
detto altro comune (n. 4). 

Imposta di famiglia -Ricorsi per duplicaZione -Pri?sentaZicme -Termine. 

s�e sia valido un ricorso, in materia di duplicazione di accertamento 
di imposta di famiglia, che sia presentato all'Intendente di :finanza anzich� 
al Ministro, e, nell'affermativa, se la sua tempestivit� si debba valutare con 
riguardo alla data di arrivo all'Intendenza ovvero a quella di ricezione da 
parte del Ministero, a cui l'Intendenza lo abbia inoltrato (n. 5).