ANNO XXII -N. 4 

LUGLIO -AGOSTO 1970 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 
ISTITUTO POLIGRAFJ�O DEUO STATO 
1970 




ABBONAJ\4ENTI 

A.NNo ................................ L. 7.500 


UN NUMERO SEPARATO ������������������� � 1.300 

Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia � Printed in Italy 
Autorizzazione Trlbunalo di Roma -Decreto n. 11089 do! 13 luglio 1961> 



(9212790) Roma, 1970 � Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 


Nell'esprimere il profondo cordoglio per la immatura 
scomparsa del caro collega Roberto Sembiante, 
ne ricordiamo commossi le alte doti di bont� ed 
ingegno e la pr�ziosa collaborazione prestata alla 
Rassegna. 

La Redazione 



INDICE 

Parte p~ima�: GIURllSPR!UDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv. Michele Savarese) pag. 497 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a. cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdel/'
avv. Benedetto Baccari) � 543 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. 
tro de Francisci) � . . . � 
Pie
� 553 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del1' 
avv. Ugo Gargiulo) . � � � , � � � 600 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 605 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. 
Franco Carusi) � � , � � �.� , � , � � � � � 661 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura 
tonino Terranova) � . , . . , . 
del/'avv. An� 
, . � 710 

Parte seconda�: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

RASSEGNA DI DOTIRINA (a cura del/'avv. Luigi Mazze/la) � � � pag. 121 
RASSEGNA DI LEGlSLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) � 123 
CONSULTAZIONI � , � , ��� � �.�� � �� � 148 

La pubbf.icazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


DI PACE M., Regolarizzazione di societ� di fatto e imposta di 
registro . . . . . . . . . . . . . . . pag. 605 
DI TARSIA P., Un'ipotesi di peculato degli ufficiali giudiziari 710 
MARZANO A., Sulla inammissibilit� della c. d. consulenza tecnica 
nelle cause di risarcimento danni da occupazione illegittima 
o promosse per la determinazione giudiziale della 
indennit� di espropriazione . . . . . . . . . . . . . � 572 



::f, ::f, 
-Appalto di opere pubbliche Onere 
di denuncia con specifica 
ed immediata riserva da parte 
dell'appaltatore delle sue pretese 
a compensi maggiori o diversi 
da quelli che gli sono stati riconosciuti 
nel registro di contabilit� 
-Sussiste, 676. 


-Appalto di opere pubbliche -Pretese 
dell'appaltatore a maggiori 
compensi -Domanda giudiziale 


� Dies a quo � del termine perentorio 
di sessanta giorni per la 
sua proposizione, qualora la decisione 
amministrativa sulle riserve 
e l'approvazione del collaudo 
non siano contestuali, 669. 
-Appalto di opere pubbliche Pretese 
dell'appaltatore a maggiori 
compensi -Ricorso al giudizio 
arbitrale o ordinario per 
la risoluzione delle controversie 
-Condizioni di promovibilit� Necessit� 
del collaudo (approvato) 
anche qualora sia stata gi� 
emessa la decisione amministrativa 
sulle riserve -Sussiste, 668. 

-Appalto di opere pubbliche -Pretese 
di maggiori compensi o indennizzi 
per aggravi derivanti da 
fatti continuativi -Onere della 
immediata riserva da parte dell'appaltatore 
-Sussiste -Differimento 
dell'assolvimento dello 
onere alla chiusura della contabilit� 
-Esclusione, 674. 

- 
Appalto di opere pubbliche 


� Somme contestate � ai sensi e 
per gli effetti dell'ultimo comma 
dell'aa."t. 40 Cap. gen. 1895 -Nozione, 
678. 
ARBITRATO 

Arbitrato rituale e irrituale -Distinzione 
-Volont� delle parti Elementi 
decisivi, 661. 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Legge ed atti aventi forza di legge 
-Incidenza sui diritti sogget



Eilllff%t'ftMF!Jfffff@f{ff�@iffimfffif1\iiffffif:lf%#TI\ffKmfWif&:f:far&ill&ffffB%��&�rr�~ 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


APPALTO 

-Appalto di opere ferroviarie Controversie 
fra l'appaltatore e 
l'Amministrazione -Facolt� dell'appaltatore 
di adire il G.O. Esclusione, 
664. 

-Appalto di opere pubbliche -Appalto 
� a forfait� -Richieste dell'appaltatore 
di maggiori compen, 
, si o indennizzJi -Onere della 
tempestiva riserva -Sussiste, 674. 

-Appalto di opere pubbliche , Contabilizzazione 
dei lavori per 
partite provvisorie -Pretese dell'appaltatore 
a maggiori compensi 
rispetto a quelli fatturati con partite 
provvilsorie -Onere della 
immediata riserva -Esclusione, 

677. 
-Appalto di opere pubbliche Onere 
della tempestiva riserva 
dell'appaltatore -Finalit� -Controllo 
da parte dell'Amministrazione 
appaltante dell'andamento 
della spesa -Sussiste -Giustificazione 
della decadenza delle domande 
dell'appaltatore in caso di 
mancato assolvimento dell'onere 
anche nel principio della buona 
fede -Sussiste, 676. 

-Appalto di opere pubbliche Onere 
della tempestiva riserva 
dell'appaltatore -Finalit� -Controllo 
da parte dell'Amministrazione 
appaltante dell'andamento 
della spesa -Sussiste -Legittimit� 
della decadenza delle domande 
dell'appaltatore, in caso di mancato 
assolvimento dell'onere, 
comminata dal Regolamento numero 
350 del 1895, 674. 

- 
Appalto di opere pubbliche Onere 
della tempestiva riserva 
dell'appaltatore -Finalit� -Controllo 
dei fatti non pi� accertabili 
-Pretese dell'appaltatore a 
maggiori compensi o indennizzi 
per aggravi da fatto continuativo 
accertabile in ogni tempo Onere 
della immediata riserva Esclusione, 
677. 


INDICE VII 

tivi -Provvedimento ablatorio 
avente forza di legge -Questione 
di legittimit� costituzionale Giurisdizione 
del giudice ordinario, 
544. 

-Questioni concernenti lo stato e 
la capacit� dei privati individui Giurisdizione 
del giudice ordinario 
-Limiti, 543. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Rapporti con il procedimento 
al quale si riferisce Effetti 
della prosecuzione di tale 
procedimento, 543. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Rapporti con il procedimento 
al quale si riferisce Effetti 
sulla notifica della istanza 
relativa, 543. 

-Responsabilit� civile -Interessi 
legittimi -Risarcibilit� dei danni 
per la lesione di interessi -Esclusione 
-Improponibilit� della domanda, 
545. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudice � a ,quo � -Natura decisoria 
del provvedimento emesso 
dal giudice istruttore -Ammissibilit� 
della questione di legittimit� 
costituzionale, 531. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via principale -Commissioni 
per il gratuito patrocinio Inammissibilit� 
della questione, 

541. 
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Corte Costituzionale. Diritti 
promiscui ed usi civici, Energia 
Elettrica, Esecuzione forzata, Fallimento, 
Imposte e tasse in genere, 
Lavoro. Leggi e decreti, 
Misure di sicurezza, Obbligazioni 
e contrati, Ordinamento giudiziario, 
Pena, Previdenza ed assi


. stenza, Procedimento civile, Procedimento 
penale, Reato, Regione, 
Sicurezza pubblica. 

DELITTI CONTRO L'INTEGRITA 
E SANITA DELLA STIRPE 

-Delitti contro la incolumit� pubblica 
-Delitti colposi di danno e 
di pericolo -Disastro -Nozione Fattispecie 
in tema di naufragio, 

712. 
DIRITTI PROMISCUI E USI CIVICI 

-Commissariati regionali -Circoscrizioni 
-Funzioni giurisdizionali 
dei commissari -Questioni di 
costituzionalit�, 504. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Piano di zona -Decreto di approvazione 
-Impugnazione Termine 
-Decorrenza -Decorso 
del tempo -Notoriet� dell'esistenza 
dell'atto -Non importa 
presunzione di conoscenza, 603. 

-Piano per l'edilizia popolare ed 
economica Impugnazione 
Omessa opposizione alla deliberazione 
del piano -Irrilevanza, 

603. 
ENERGIA ELETTRICA 

-Norme integrative della legge 
istitutiva dell'Enel -Illegittimit� 
costituzionale per eccesso dei limiti 
della delega -Esclusione, 

498. 
ESECUZIONE FORZATA 

-Istituti autorizzati -Poteri del 
ministro di grazia e giustizia -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
521. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Azioni di risarcimento danni da 
occupazione illegittima e opposizioni 
a stima ai sensi dell'art. 51 
della legge 25 giugno 1865, nu




VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mero 2359 -Onere probatorio 
della parte istante -Contenuto 
e mezzi di osservanza -Eventuale 
attivit� suppletiva ex ufficio, 
con nota di A. MARZANO, 572.. 

-Azioni di risarcimento danni da 
occupazione illegittima e opposizioni 
a stima ai sensi dell'art. 51 
della legge 25 giugno 1865, numero 
2359 -Valore venale dell'immobile 
occupato o espropriato 
-Criterio di determinazione 
-Carattere sussidiario dell'ausilio 
del consulente tecnico e condizioni 
di ammissibilit� della nomina, 
con nota di A. MARZANO, 

572. 
-Espropriazioni ferroviarie -Territori 
colpiti dal terremoto -Indennit� 
di esproprio -Dete'.rlninazione 
-Legge applicabile, 565. 

- 
Indennizzo -Valore venale del 
bene -Valutazione, 560. 

FALLIMENTO 

-Assoggettamento del solo imprenditore 
commerciale -Questione 
infondata di costituzionalit�, 
534. 

FARMACIA 

-Medico provinciale -Atto che riconosce 
il trasferimento della 
farmacia mortis causa -Istruzioni 
dell'autorit� ,superiore -Definitivit� 
-Esclusione -Concorso Rifiuto 
di interpello ex artt. 11 
e 12 r. d. n. 1706 del 1938 -Definitivit� 
-Esclusione, 603. 

. FERROVIE 

- 
V. Appalto, Espropriazione per 

p. u. 
FRIULI-VENEZIA GIULIA 

-Istituzioni sportive Persone 
giuridiche private -Riconoscimento 
-Conflitto di attribuzioni 

-Nomina dei componenti le commissioni 
per la tenuta del ruolo 
per agenti e rappresentanti di 
commercio -Conflitto di attribuzioni 
-Spetta allo Stato, 523. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Infermit� -�Riconoscimento delle 
infermit� dipendenti da cause di 
servizio -Riconoscimento del diritto 
ad equo indennizzo -Diversit� 
di competenza degli organi 
che accertano l'uno e l'altro, 

600. 
- 
Infermit� -Riconoscimento delle 
infermit� dipendenti da causa di 
servizio -Riconoscimento del diritto 
ad equo indennizzo -Presupposti 
e procedimenti diversi, 


600. 
-Stipendi -Cumulo con la pensiqne 
-Richiamati dal congedo Fattispecie 
-Illegittimit�, 601. 

-Stipendi -Prescrizione -Restituzione 
di somme trattenute sullo 
stipendio a titolo di recupero di 
rate di pensione pagate -Prescrizione 
decennale, 601. 

- 
Stipendi -Prescrizione breve Presupposti 
-Pagamento sospeso 
per contestazione -Prescrizione 
ordinaria -Applicabilit�, 601. 

IMPOSTA DI REGISTRO , 

-Atti compiuti dal falsus procura-
tor e non ratificati -Natura Efficacia 
traslativa -Esclusione, 

631. 
-Benefici fiscali legge regionale 
siciliana n. 11 del 1954 -Fallimento 
dell'acquirente e trasferimento 
dell'area edificabile agli 
assuntori del concordato -Decadenza 
dai benefici fiscali -Obbligazione 
degli assuntori per le imposte 
normali -Sussiste, 614. 


- 
Sentenza dichiarativa dell'inefficacia 
del contratto compiuto dal 
procuratore posteriormente alla 
revoca della procura -Imposta 
di retrocessione -Non � dovuta, 

-Competenza della Regione, 502. 631. 

r[

~~ 

' 

__._,d8?JF7~'.13WMIW61MJ\11PM_.j 
::; 


versie di diritto -Controversia infondata di costituzionalit�, 541. versie di diritto -Controversia infondata di costituzionalit�, 541. 
INDICE 
IX 

-Societ� -Rimessione di debiti 
dei soci verso la societ� a scopo 
di risanamento -Animus donandi 
-Esclusione -Tassabilit� come 
conferimento, 628. 

-Societ� di fatto -Trasformazione 
in una societ� di persone Imposta 
di enunciazione di convenzione 
verbale in atto scritto 
e imposta di trasformazione Applicabilit�, 
con nota di M. DI 
PACE, 605. 

-Solidariet� delle .parti contraenti 
-Notifica dell'accertamento di 
valore ad una sola delle parti Definitivit� 
dell'accertamento nei 
confronti delle altre parti 
Esclusione, 634. 

-Vendita contemporanea della nuda 
propriet� e dell'usufrutto Imposta 
di consolidazione a carico 
del nudo proprietario -� 
dovuta, 626. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Spese e passivit� inerenti alla 
produzione del reddito -Pagamento 
da parte degli istituti di 
credito dell'imposta di r. m. cat. 
A sugli interessi dovuti ai depositanti 
e mancato esercizio dell'azione 
di rivalsa -Detraibilit� 
dal reddito di ricchezza mobile 
cat. B -Esclusione, 654. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Imposta sul valore globale -Autonomia 
-Addizionale istituita 
con d. 1. 7 novembre 1954, numero 
1025 -Non si estende all'imposta 
sul valore globale, 636. 

IMPOSTA STRAORDINARIA SUL 
PATRIMONIO 

-Presupposto -PossessQ. di beni 
-Presunzione -Prova contraria 
-Sentenza che dichiara la 
simulazione -� idonea, 636. � 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Commissioni tributarie -Controversie 
di valutazione e contro


sulla natura agricola o edificatoria 
di un terreno -� controversia 
di valutazione -Competenza 
della Commissione Centrale Esclusione, 
620. 

-Commissioni tributarie -Controversie 
di valutazione e controversie 
di diritto -,Controversia 
sulla. natura agricola o edificatoria 
di un terreno -� controversia 
di valutazione Controversia 
sull'applicabilit� delle leggi numero 
1044 del 1954 e n. 1706 del 
1962 -� controversia di diritto, 

619. 
-Competenza e giurisdizione 
Questione sui poteri delle Commissioni 
-� questione di giurisdizione, 
620. 

-Composizione delle Commissioni 
tributarie -Illegittimit� costituzionale 
dedotta innanzi al giudice 
ordinario -Irrilevanza, 645. 

-Estimazione semplice -Difetto di 
giurisdizione del giudice ordinario 
-Illegittimit� costituzionale Manifesta 
infondatezza, 645. 

-Estimazione semplice e complessa 
-Nozione -Differenze, 645. 

-Imposte dirette -Maggiorazione 
per ritardata iscrizione a ruolo Infedele 
dichiarazione -Concetto 
-Applicazione di sanzioni DiV'erso 
concetto di dichiarazione 
infedele, 641. 

-Procedimento di esecuzione esattoriale 
-Questione infondata di 
costituzionalit�, 535. 

-Riscossione -Ingiunzione fiscale 
-Requisiti -Necessit� della menzione 
della causa del credito Limiti, 
614. 

- 
Violazione delle leggi finanziarie 
e valutarie -Oblazione -Restituzione 
della somma pagata 
Esclusione, (!39. 

LAVORO 

-Contratto di lavoro marittimo Inapplicabilit� 
della disciplina 
dell'impiego privato -Questione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

X 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


,__ 
Leganti idraulici -Normativa 
delle caratteristiche tecniche e 
dei requisiti per l'accettazione Azioni 
nelle compravendite provate 
-Compressione del diritto 
di difesa -Esclusione, 499. 

-V. anche Competenza e gi1.1,Tisdizione. 


MANDATO 

-Mandato tacito -Prova -Presunzioni 
-Ammissibilit�, 553. 

MISURE DI SICUREZZA 

-Computo del periodo tli carcerazione 
preventiva -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 537. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Agenzia -Contratto a tempo in, 
determinato -Indennit� di scioglimento 
-Questione infondata 
di legittimit� costituzionale, 508. 

OPERE PUBBLICHE 

-Concorso di 'enti pubblici nella 
realizzazione dell'opera -Deliberazione 
di assunzione di spesa Efficacia 
vincolante nei rapporti 
tra gli enti, 556. 

V. 
anche Appalto. 
ORJDINAMENTO GIUDIZIARIO 

- 
Controllo di costituzionalit�, 521. 

-Magistrati -Diversit� di funzioni 
-Pretori e in sottordine � Questione 
infondata di costituzionalit�, 
521. 

PENA 

-Codice penale -Sospensione condizionale 
-Revoca di diritto Questioni 
fondate di costituzionalit�, 
527. 

PRESCRIZIONE 

-Prescrizione civile -Danni prodotti 
dalla circolazione dei vei


coli -Prescrizione biennale Presupposti 
-Carrelli elettrici in 
movimento sui marciapiedi di 
stazioni ferroviarie -Prescrizione 
biennale -Inapplicabilit�, 568. 

- 
V. anche Impiego pubblico. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Assistenza malattie -Lavoratore 
agricolo -Questione infondata di 
costituzionalit�, 530. 

PREZZI 

-Comitato provinciale prezzi 
Adunanza -Partecipazione di 
reggenti di Ufficio o di delegati Legittimit� 
-Adunanze -Interventi 
di tutti i componenti -Non 
� prescritto, 602. 

-Comitato provinciale prezzi 
Competenza, 602. 

-Comitato provinciale prezzi -Deliberazione 
-Efficacia -Termine 
per l'impugnativa -Decorrenza, 

602. 
- 
Comitato provinciale prezzi -Deliberazione 
-Impugnativa -Controinteressati 
-Esclusione, 602. 

PRIVATIVE PER INVENZIONI INDUSTRIALI 


-Consorzio industrie fiammiferi Partecipazione 
di altre imprese Impedimento 
-Riserva della fabbricazione, 
importazione e vendita 
per il consumo di apparecchi 
di accensione a pietrina focaia 
-Questioni fondate 0di costituzionalit�, 
513. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Parte vittoriosa -Riproposizione 
delle difese di primo 
grado -Appello incidentale Non 
necessario, 555. 

-Consulenti tecnici -Liquidazione 
di compensi -Natura particolare 
del compenso -Questione in



INDICE � 
XI 

fondata di legittimit� costituzio


nale, 531. 

-Disdetta -p,erdita del documento 
-Onere della prova -Prova 
testimoniale -Limitazioni per. 
valore -Non sussistono, 553. 

-Nomina del consulente tecnico Ammissibilit� 
-Limiti, con nota 
di A. MARZANO, 572. 

-Qualificazione della domanda Limiti. 
-Azioni risarcitorie da illecito 
e di responsabilit� per atti 
legittimi -Unificazione -Inammissibilit�, 
560. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Airresto ad opera �di privati Questione 
infondata di costituzionalit�, 
532. 

-Difesa dell'imputato -Gratuito 
patrocinio -Questione infondata 
di costituzionalit�, 538. 

-Esecuzione -Pagamento delle 
pene pecuniarie -Questione di 
costituzionalit� -Inammissibilit�, 

522. 
- 
Incidenti di �esecuzione -Mancata 
nomina del difensore -Mancato 
avviso del giorno della deliberazione 
Incostituzionalit�, 

501. 
REATO 

-Apologia di reato -Contrasto con 
la libert� di manifestazione del 
pensiero -Esclusione, 497. 

-Peculato -Tassa pari al decimo 
dei diritti e della indennit� di 
trasferta spettanti all'ufficiale 
giudiziario -Versamento effettuato 
nelle mani dell'ufficiale 
giudiziario -Approvazione delle 
relative somme -Sussistenza del 
reato, con nota di P. DI TARSIA, 

710. 
RESPONSABILIT� CIVILE 

-Diritto al prestigio professionale 
-Tutela -Esercizio di potere discrezionale 
dell� p. A. -Contemporanea 
lesione di diritto soggettivo 
e di interesse legittimo Configurabilit�, 
545. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Espropriazione per p. u. 

SARDEGNA 

-Dipendenti regionali eletti a cariche 
presso enti autonomi territoriali 
-Oneri a carico degli enti 
-Illegittimit� costituzionale, 511. 

SICILIA 

- 
V. Imposta di registro. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Misure di prevenzione -Persone 
pericolose per la sicurezza e la 
pubblica moralit� -Questioni di 
costituzionalit� Infondatezza 
parziale, 509. 

-Riunioni non pi"ecedute da preavviso 
-P�ene per coloro che prendono 
la parola -Parziale costituzionalit� 
della normativa, 534. 


SOCIET� 

-Societ� di fatto -Trasformazione 
in societ� in accomandita semplice 
-Ammissibilit�, con nota di 


M. iDI PACE, 605. 
-Societ� di fatto -Volont� dei soci 
di regolarizzarla -Estinzione 
della societ� -Incompatibilit�, 
con nota di M. DI PACE, 605. 


- 
V. anche Imposta di registro. 

!

i 

I

I 

l 

! 
I 

l

' 

I 

I 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CdRTE COSTITUZIONALE 

4 maggio 1970, n. 65 pag. 497 
4 maggio 1970, n. 66 498 
4 maggio 1970, n. 68 499 
18 maggio 1970, n. 69 501 
18 maggio 1970, n. 70 502 
25 maggio 1970, n. 73 504 
25 maggio 1970, n. 75 508 
25 maggio 1970, n. 76 509 
25 maggio 1970, n. 77 511 
3 giugno 1970, n. 78 513 
3 -giugno 1970, n. 79 521 
3 giugno 1970, n. 80 521 
3 giugno 1970, n. 81 522 
3 giugno 1970, n. 82 523 
10 giugno 1970, n. 86 527 
10 giugno 1970, n. 87 530 
10 giugno 1970, n. 88 531 
10 giugno 1970, n. 89 532 
10 giugno 1970, n. 90 534 
16 giugno 1970, n. 94 534 
16 giugno 1970, n. 95 535 
16 giugno 1970, n. 96 537 
16 giugno 1970, n. 97 538 
16 giugno 1970, n. 98 541 
16 giugno 1970, n. 99 541 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 10 giugno 1969, n. 2668 pag. 661 
Sez. I, 16 gennaio 1970, n. 92 605 
Sez. III, 27 gennaio 1970, n. 171 553 
Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 243 . 614 
. Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 433 . 555 
Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 442 543 
Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 448 544 
Sez. Un., 5 marzo 1970, n. 533 545 
Sez. Un., 26 marzo 1970, n. 824 619 
Sez. I, 3 aprile 1970, n. 878 . 626 
Sez. I, 4 aprile 1970, n. 907 . 628 
Sez. I, 4 aprile 1970, n. 915 . . 631 
Sez. I, 15 aprile 1970, n. 1036 560 
Sez. I, 17 aprile 1970, n. 1085 634 
Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1130 . 565 



INDICE xm 

Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1132 . . pag. 636 
Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1134 . 636 
Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1168 . 639 
Sez. I, 23 aprile 1970, n. � 1171 641 
Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1181 645 
Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1182 620 
Sez. III, 8 settembre 1970, n. 1341 568 

CORTE D'APPELLO 

Brescia, Sez. Civ., 16 gennaio 1970, n. 11 .. pag. 654 

TRIBUNALE 
Roma, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 10761 
Roma, Sez. I, 25 febbraio 1970, n. 1517 
Roma, Sez. I, 7 aprile 1970, n. 2674 
Napoli, Sez. I, 27 giugno 1970 . . . . 
pag. 
> 
> 
664 
668 
674 
572 

LODI ARBITRALI 

24 marzo 1970, n. 23 (Roma) pag. 676 
7 luglio 1970, n. 63 (Roma) > 677 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 10 aprile 1970, n. 2 . pag. 600 
Sez. IV, 10 aprile 1970, n. 245 . > 601 
Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 280 . > 601 
Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 285 . > 602 
Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 304 . > 603 
Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 308 . > 603 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. VI, 25 febbraio 1970, n. 478 . pag. 710 
Sez. IV, 28 febbraio 1970, n. 2630 712 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

DI FEDERICO G., Il reclutamento dei magistrati, Ed. Laterza, 

Bari, 1968 � . , . . . . . . . , . . . . . . . . . . . . . . , . pag. 121 
DI FEDERICO G., La Corte di Cassazione, Ed. Laterza, Bari, 1969 . 121 
Dum -DE FALCO -Depenalizzazione delle contravvenzioni stra


dali, Ed. La Tribuna, Piacenza, 1970 . . . . . . . . . . 121 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Leggi e decreti (segnalazioni) ..��.�..��.,�� pag. 123 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

codice civile, art. 145, primo comma ..... 
codice civile, art. 156, quinto comma . . . , . 
codice penale, art. 635, secondo comma, n. 2 

codice della navigazione, art. 1238, art. 1242, art. 1243, 
art. 1246, e art. 1247 . . . . . . . . . . . , . . . 

r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929, art. 7, secondo comma . , 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 15 . . . . . , . . . . 
r. d. 
16 marzo 1942, n. 267, art. 147, secondo comma . 
d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 10, ultimo comma . 
d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145, articolo unico 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico . . . . . 
-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di -legittimit� costituzionale: 

codice civile, art. 10 . . . , . . . . 
�Codice civile, art. 156, primo comma 
codice civHe, art. 1916 . . 
codice civile, art. 2221 . . 
codice di procedura civile, ~t. 621 
codice di procedura civile, art-. .700 
codice penale, art. 206, ultimo comma-. 
codice penale, art. 663 . . , . . . . . 
codice di procedura penale, art. 31, art. 74, art. 389, 


ultimo comma, art. 398 e art. 403, ultimo comma . 
codice di procedura penale, art. 93, secondo comma, 

art. 94, primo e secondo comma, art. 468 . . ... 
codice di procedura penale, art. 128, e art. 130 . . . . 
codice di procedura penale, art. 170, terzo� comma .. 
codice di procedura penale, art. 314, secondo comma . 
codice di procedura penale, art. 501, primo comma, e 

ultimo comma . . . . . . . . ' . . . . . . 
codice di procedura penale, disp. artt., 4 e 5 
codice della navigazione, art. 1304 . . . . . . 

pag. 123 
123 
> 124 

124 
124 
124 
125 
125 
> 125 
> 126 

pag. 126 
> 126 
127 
127 
127 
127 
127 
128 

> 
128 

128 
� 128 
129 
> 129 

> 
129 
129 
129 



INDICE 
xv 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 18 
pag. 130 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148 . . 
130 
r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929, artt. 5 e. 6 . 
13(} 
r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, quarto comma ; 13(), 
r. d. 28 maggio 1931, n. 602, artt. 4 e 5 . . .. 
13(), 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 108, primo comma, 
109, primo, secondo e terzo comma e 145 . 130 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 113 . . . 
131 
r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art; 116 .. 
131 
r. d. I. 6 febbraio 1936, n. 377, artt. 1 e 2 . 
131 
r. d.1. 13 settembre 1938, n. 1730 . . ... 131 
legge 23 gennaio 1941, n. 166, artt. 2 e 4 . 132: 
r. d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 1, 2, secondo comma, 
33e172 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132: 
legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. 96 e 97 . . . . . . 132 

r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1 con tutte le norme 
di legge che ne derivano . . . . . . . . . . 132: 
d. lg. C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417, art. 9 .. 132 
legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo comma 132 
d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50, artt. 1 e 2 . . . . . . 133 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 261 e 262 . . 133 
legge 
reg. sarda 17 dicembre 1968, riappr. 6 novembre 
1969, articolo unico . . . . . . . . . . . 133 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . 133 

-Norme delle quali il g.iudizio di legittimit� costituzio


nale � stato definito con pronunce di estinzione di 
inammissibilit�, di manifesta infondatezza, o di restituzione 
degli atti al giudice di merito . . . . . 140 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Aeronautica e aeromo


bili . . . . . . . 
Agricoltura . . . . 
Appalto ..... . 
Bellezze artistiche e 

naturali. . . . . 
Bonifica . . .... 
Circolazione �stradale . 
Contributi . . . . 
Danni .... 
Edilizia economica e 

popolare . 
Elettricit� ed elettro


dotti . . ..... 
Fallimento . . . . 
Ferrovie .... 
Importazione ed espor


tazione . . .... 

pag. 148 
> 148 
148 

149 
149 
149 
149 
150 

150 

150 
150 
151 

151 

Imposta di bollo . . . 
Imposta di registro . . 
Imposta di successione 
Imposte e tasse . 
Imposte varie . . , 
Invalidi di guerra 
Lavoro .. 
Previdenza ed assi


stenza . 
Prof.essioni 
Ratei finanziari 
Regioni .... 
Responsabilit� civile . 
Spese giudiziali . 
Strade . . .... . 
Terremoto .... . 
Trattati e convenzioni 

internazionali 

pag. 151 

152. 
153 
153 
.153 
153 
154 


154 
154 
154 
155 


155 
I

151> 
155� 
156 f 

156 

I 
I 


! 

. 
I 

_____,~,~~ 



. I 



PARTE PRIMA 


I


I 


,1 

I 


�~ 
~ 


! 
'


! 

I


I 
I


I 


i 

I 


I 


I 


! 


I 

I 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (~) 


CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 65 -Pres. Branca 


Rei. Rossi -Traniello (n. �C.) e P.residente del Consiglio dei Ministri 

(Sost. avv. gen. dello Stato Ca~amassima). 

Reato -Apologia di reato -Contrasto con la libert�:di manifestazione 

del pensiero -Esclusione. 

(Cost., art. 21; c.p. art. 414, ultimo comma). 

Non � fondata, con riferimento alla Ubert� di manifestazione del 
pensiero di cui aU'art. 21 Cost., la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 414, ultimo comma, codice penale, ove esso sia interpretato 
come sanzionatorio di un comportlamooto concretamente idol)'l,eo a provocare 
la commissiOl)'l,e di delitti (1). 

(Omissis). -La questione sottoposta 'all'esame della Corte � la 
seguente: se l'art. 414, ultimo comma, del �codice penale, colpendo la 
pubblica apologia di ogni delitto, non possa in talune ipotesi, �costituire 
ingiusto impedimento alla libert� di manifestare il proprio pensiero; 
libert� fondamentale garantita a tutti, senza distinzione di modi e di 
materia, dall'art. 21, primo comma, della Costituzione. 

Il denunciato contrasto non sussiste, ove dell'art. 414, ultimo comma, 

del codice penale si dia corretta interpretazione. 

Ogni ordinamento statuale prevede e indica i mezzi per mutare le 
leggi penali 'iluando esse appaiono non pi� rispondenti al �comune sentimento 
della giustizia. Non solo, quindi, i regimi autoritarii, ma altresl 
quelli liberali, democratici, popolari hanno sempre preveduto e prevedono 
il reato d'apologia del delitto, gi� contemplato nell'art. 247 del 
codice penale italiano del 1889. 

L'art. 414, ultimo comma, del codice penale non limita in alcun 

modo la critica della legislazione o della giurisprudenza, n� l'attivit� 

propagandistica di singoli, partiti, movimenti, gruppi, diretta a promuo


(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANSI. 

(1) La questione era stata proposta dal G. I. del Tribunale di Rovigo 
23 novembre 1968 (Gazzetta Uff. 29 gennaio 1969, n. 25). 

/ 

498 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vere la deletio di qualsiasi norma incriminatrice, anche nel momento 
in cui essa viene applicata in concreto. N� costituisce reato d'apologia 
l'affermare che fatti preveduti dalla legislazione vigente come delitti 
hanno, o possono avere, soggettivamente od oggettivamente positivo 
contenuto morale o sociale: che l'autore di un reato possa aver agito 
per motivi di particolare valore morale o sociale � riconosciuto del resto 
dall'art. 62, n. 1, del codice penale. 

Diversa dalla critica alla legge, dalla propaganda per il suo aggiornamento, 
dal giudizio favorevole sui moventi dell'autore, che sono tutte 
lecite manifestazioni di pensiero, � la pubblica apologia diretta, e idonea, 
a provocare la violazione delle leggi penali. 

Plaudire .a fatti �che l'ordinamento__ giuridico �punisce come delitto 
e glorificarne gli autori � da molti considerata una ipotesi di istigazione 
indiretta: certo � attacco �contro le basi stesse di ogni immaginabile 
ordinamento apologizzare il delitto come mezzo lodevole per 
ottenere l'abrogazione della legge che lo :m:evede �come tale. Non sono 
-concepibili, infatti, libert� e democrazia se non sotto forma �di obbedienza 
alle leggi che un popolo libero 1si d� liberamente e pu� liberamente 
mutare. 

L'apologia punibile ai sensi dell'art. 414, ultimo comma, del codice 
penale non �, dunque, la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma 
quella che per le sue modalit� integri comportamento concretamente 
idoneo a provocare la commissione di delitti. 

Si vuole ricordare, a chiarimento, che la libert� di manifestazione 
del pensiero, garantita dall'art. 21, primo comma, della Costituzione, 
trova i suoi limiti non soltanto nella tutela del buon costume, ma anche 
nella necessit� di proteggere altri beni di rilievo costituzionale e nella 
esigenza di prevenire e far �Cessare turbamenti della sicurezza pubblica, 
la cui tutela costituisce una finalit� immanente del sistema (sentenze 

n. 19 dell'8 marzo 1962, n. 87 del 6 luglio 1966, n. 84 del 2 aprile 
1969). -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 66 -Pres. Branca -Rel. 
Chiarelli -Enel (avv. Piccardi) -Presidente Consiglio dei Ministri 
e Ministero Industria (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Energia elettrica -Norme integrative della legge istitutiva dell'Enel 


Illegittimit� costituzionale per eccesso dai limiti della delega 



Esclusione. :�.� 

~:~�;::~::"rl::=:...~; ::~,:e:.::::::;:~::,~ 

gazione !ogUlat<oa, la que�tione di !egittimitd co.n""'�na!e de!!'arl. 3 �~ 

~~ 

I~ 


W%%U%7%/CtJt=fW1Wfy'f@Filit1'.:?TfYTo/4f;'ff7='.%ifS./Sftfdif$1i.f.1fR&S~�ft1fs!f!IfiltfffM@{�Ygqf�ffil!f@Yf@%Ef1!1 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 499 

d. P. R. 18 marzo 1965 n. 342, recante norme relative al coordinamento 
ed all'esercizio deUe attivit� elettriche esercitate da enti ed imprese 
diversi dall'Enel (1). 
(1) La questione era stata introdotta con ordinanza del Consiglio di 
Stato 2 aprile 1968 (Gazzetta Uff. 26 ottobre 1968, n. 275). 
CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 68 -Pres. Branca -Rel. 
Rossi -Spinelli Marco (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dellci Stato Tracanna). 

Leggi e decreti e regolamenti.._ Leganti idraulici -Normativa delle 
caratteristiche tecniche e dei requisiti per l'accettazione -Azioni 
nelle compra-vendite provate -Compressione del diritto di difesa Esclusione. 


(Cost., art. 24; I. 26 maggio 1965, n. 525; art. 4 e 5). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento 
all'art. 24 Cost., degli artt. 4 e 5 delia legge 26 maggio 1965, n. 525, 
recante norme sulle caratteristiche tecniche e sui requisiti dei leganti 
idraulici, le� quali condizionano le azioni derivanti da compravendita 
fra privati all'accertamento del difetto dei prescritti requisiti di accettazione 
da parte di istituti tassativamente indicati (1). 

(Omissis). -La Corte costituzionale � chiamata a decidere se non 
limitino eccessivamente il diritto di agire in giudizio, consacrato dall'art. 
24 della Costituzione, gli artt. 4 e 5 della legge 26 maggio 1965, 

n. 59~, sul presupposto che, alla stregua dei medesimi, le azioni nascenti 
dalla compravendita di leganti .idraulici potrebbero �essere esperite dall'acquirente 
soltanto ove siano state osservate la particolari formalit� 
previste per il prelievo dei campioni, da effettuarsi entro 30 giorni dalla 
spedizione; ove le analisi tecniche siano state demandate ai laboratori 
tassativamente elencati; ove infine la contestazione della merce sia stata 
notificata al fornitore entro tre mesi dalla spedizione. 
Giova innanzitutto xicordare le ragioni che hanno indotto il legtslatore 
ad emanare una disciplina speciale in tema di leganti idraulici, 
mediante un complesso di atti normativi, risalenti taluni a molte decine 
di anni or sono (e variamente rielaborati per il necessario adeguamento 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza del Tribunale di 
Pistoia 18 giugno 1968 (Gezzetta Uff. 12 ottob:e 1968, n. 261). 

/� 

500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al progresso tecnico) l'ultimo dei quali � costituito dalla vigente impugnata 
legge 26 maggio 1965, n. 595. 

� noto infatti che l'interesse pubbUco concernente la sicurezza delle 
costruzioni, e la particola-re natura delle merci impiegate, soggette a 
rapido deterioramento se non utilizzate tempestivamnte hanno giustificato 
l'emanazione di prescrizioni particolareggiate relative alla definizione 
delle carattedstiche tecniche proprie di ogni categoria e sottospecie 
di leganti, e alla necessit� che la rispondenza delle merci ai 
requisiti legali venga accertata da laboratori pubblici, altamente qualificati, 
a seguito di una speciale adeguata procedura: quella appunto 
prevista dagli impugnati artt. 4 e 5 della vigente legge, che trovano 
il loro precedente normativo nei corrispondenti artt. 25 e 216 del r.d. 
16 novembre 1939, n. 2228, 17 del r.d. 16 novembre 1939. n. 2231, e, 
prima ancora, negli artt. 15 ,del r.d.l. 29 luglio 1933, n. 1213, e 3 del 

r.d.l. 7 giugno 1928, n. 1431. 
Le disposizioni da ultimo enunciate -come quelle vigenti -hanno 
sempre prescritto ila necessit� che l'eventuale ,contestazione della merce 
avvenisse entro termini brevi, previo accertamento del difetto dei prescritti 
requisiti di accettazione, ad opera degli iistituti tassativamente 
indicati. 

Individuata quindi la giustificazione della procedura speciale di cui 
trattasi, questa appare compatibile con l'invocato principio costituzionale 
di cui all'art. 24, primo ,comma, non risultando certamente ,compromessa 
per l'acquirente la possibilit� di far valere in giudizio le proprie ragioni: 
oneri e termini (30 giorni e tre mesi) non ,sono tali che persona di 
normale diligenza non sia in grado di rispettarli. 

In verit� il tribunale di Pistofa accenna alla possibilitd che la 
norm,ativa specfale deroghi ai principi generali stabiliti dal !codi.ce 
civile in materia contrattuale, Tendendo quindi eccessivamente onerosa 
la difesa dell'acquirente; quest'ultimo, per cautelarsi contro l'eventualit� 
che il vizio del legante venga scoperto solo dopo il relativo .impiego 
ed una volta decorsi i brevi termini prescritti per il ricorso ai particolari 
accertamenti, dov�rebbe sempre, per l'acquisto di ogni singola partita 
di ,merci, valersi della procedura speciale: 

Non pare tuttavia che siffatta interpretazione delle norme impugnate 
sia pacifica o, quanto meno, quella pi� attendibile. 

� sufficiente infatti ricordare in proposito che secondo autorevole 
dottrina, e per giurisprudenza ,costante della Cassazione, la disciplina 
speciale precedentemente vigente in tema di leganti idraulici aveva 
natura meramente integrativa del codice civile, costituendo un opportuno 
perfezionamento del sistema previsto dall'art. 1513 del codice 
civile, anche al fine di consentire una pi� facile composizione delle 
controversie, senza tuttavia imporre necessariamente all'acquirente il 
ricorso alla procedura stessa, e consentendogli in ogni caso, salvo even



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 501 

tuali maggiori oneri probatori, di potersi valere delle comuni azioni 
spettanti m materia contrattuale. 

A parte ci�, �i da osservare che le norme impugnate non si distaccano 
profondamente dalla disciplina contenuta in generale, per la vendita, 
nel codice civile. Infatti, anche secondo questo codice o secondo 
gli usi �che vi sono richiamati, il termine di decadenza in �Certi casi 
decorre, come ad esempio per l� cose da trasportare, dalla consegna 
della co,sa anzich� dalla sco:i;ierta dei vizi o dei difetti di qualit� (art. 1511 
e v. 1496); inoltre, sempre per il codice, l'azione del .compratore deve 
essere esercitata entro un anno (artt. 1495 e 1497) o perfino entro tre 
mesi. (arg. ex art. 1496) press'a poco come nella vendita di leganti idraulici. 
Tutto ci� prova come la legge denunciata non fuoriesca dal sistema, 
che prevede termini diversi per diversi tipi di merce: con la conseguenza 
che la maggiore o minore brevit� del termine, pwch� contenuta 
entro limiti .congrui (il �che accade �Con le norme impugnate), non � 
irrazionale dovendosi, adattare, la difesa in giudizio, alla peculiarit� dei 
rapporti e delle situazioni. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE 18 maggio 1970, n. 69 -Pres. Branca -
Rel. Rocchetti -Mantica (n.�c.). 

Procedime:Q.to penale -Incidenti di esecuzione -Mancata nomina del 
difensore -Mancato avviso del giorno della deliberazione -Incostituzionalit�. 
(Cost., art. 24, 2� comma; c.p.p., art. 630, 1� .comma). 

In riferimento alt'art. 24, ~0 comma deita Costituzione, � illegittimo 
l'art. 630 1� comma, del codice di procedura penale neUa parte in cui 
non prevede che aU'interessato nei procedimento per incidente di esecuzione, 
anche se non ammesso al gratuito patrocinio, sia nominato 
d'ufficio un difensore, ove egli non provveda a nominarsene uno di 
fiducia e, ai sensi deU'art. 2'7 legge 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in 
cui non prevede che l'avviso del giorno detta deliberazione suit'incidente 
vada notificato anche al difensore deU'interessato (1). 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 16 ottobre 1968 della 
Corte d'assise di Milano (Gazzetta Uff. 29 gennaio 1969, n. 25). 
La medesima questione era stata ritenuta infondata dalla Corte con 
la sentenza 27 marzo 1962, n. 29, Foro it., 1962, I, 603, con nota di richiamo. 
L'illegittimit� della norma � stata ora dichiarata anche alla luce delle 
sentenze della Corte nn. 148 e 149 del 1969 (Rass. Avv. Stato, 1969, 1013 
e 1014) e n. 2 del 1970 (idem, 1970, 12). 

Sull'art. 630, 2� comma, c.p.p. v. Corte Cost. 22 gennaio 1970, n. 5, 
in questa Rassegna. retro, 16. 


502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1970, n. 70 -Pres. Branca -
Rel. Oggioni -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. �Stato 
Savarese) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Pacia). 


Regione -Friuli-Venezia Giulia -Conflitto di attribuzioni -Istituzioni 

sportive -Persone giuridiche private -, Riconoscimento ., Compe


tenza della Regione. 

(St. reg. Friuli-Venezia Giulia, art. 4, n. 14). 

Spetta alia regione Friuli-Venezia Giulia il potere di riconoscimento 
di persone giuridiche private nella materia attinente alle� istituzioni 
sportive di cui all'art. 4, n. 14, dello statuto regionale (1). 


(Omissis). -1. -Il conflitto di attribuzione sollevato dalla Presidenza 
del Consiglio dei ministri viene basato sul sostanziale motivo 
che ogni riconoscimento di persona giuridica privata, riguardando fo 
stato e la capacit� personale nella sfera privatistica, non potrebbe che 
spettare allo Stato, onde assicurare una disciplina uniforme nei confronti, 
sia dell'accertamento della rilevanza degli scopi, sia della susseguente 
tutela dei rapporti con altri soggetti di diritto. 


I 

La Corte non ritiene fondato l'addotto ,motivo di esclusione della 
competenza regionale. 


2. -Va osservato che il riconoscimento di cui agli artt. 12 del 
I

1'.

codice e 1-2' delle norme di attuazione (r.d. n. 318 del 1942) avviene f: 

mediante provvedimento amministrativo (decreto del Capo dello Stato). fil': 

che pu� essere anche adottato dai prefetti, se delegati dal Governo, 

qualora si tratti di enti ad attivit� limitata nell'ambito provinciale. 

Al rilievo che il riconoscimento e, quindi, la istituzione di persona 

giuridica privata, costituisce esercizio di funzione amministrativa, va 

fatto seguire l'altro rilievo che attiene alla materia formante oggetto 

del riconoscimento. Nel,caso in esame, la materia � quella indicata negli 

artt. 4, n. 14, ed 8 dello statuto, approvato con legge costituzionale n. l. 

del 1963 e dalle successive norme di attuazione di cui al decreto pre


sidenziale n. 1116 del 1965, nelle quali norme � precisata l'ampia com


petenza sostitutiva dell'amministrazione regionale a quella statale: com


(1) Sulla questione del riconoscimento delle persone giuridiche private 
I 

da parte della Regione v. Corte Cost. 8 aprile 1958, n. 28, Giur. cost.� 
1958, 118 con nota di PALADIN. Sui poteri della Regione nella materia con


I

cernenti il diritto privato v. Corte Cost. 6 giugno 1968, n. 60, in questa 
Rassegna 1968, 684; Corte Cost. 22 dicembre 1969, n. 160. Foro it., 1970, 
-379; Corte Cost. 18 febbraio 1970, n. 20 in questa Rassegna, 1970, 182. In 

I

dottrina v. VmGA, in Giur: cost., 1958, 410; PALADIN, ,Commento allo Statuto 
della Regione Friuli-Venezia Giulia, 1964, 37-38. f>. 

~ 

f 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 503 

presa la materia delle istituzioni sportive, espressamente attribuita alla 

competenza legislativa e, corrispondentemente, amministrativa, della 

regione. 

La Societ� nautica �Pietas julia � per le sue finalit� istituzionali, 
consistenti nell'incremento degli sports acquatici e per la sua area di 
operativit�, significata sia dalla localizzazione in sede regionale (Monfalcone) 
�sia dall'assenza di qualsiasi indice di espansione. extra-territorio, 
non pu� che ritenersi inquadrata nella suindicata materia statutaria. 

3. -� poi da �rilevare che l'attivit� amministrativa in esame, operando 
in materia di � istituzioni sportive �, non pu� non comprendere 
tutti gli aspetti concreti riconducibili alle .istituzioni medesime. 
In questo senso, il riconoscimento della personalit� ha una sua 
rilevanza nel settore della competenza regionale in esame: onde apparirebbe 
non logicamente corretto considerarlo come fenomeno giuridico 
a 1s� stante e del quale convenga ipotizzare, ai fini della compe-, 
tenza, una disciplina differente rispetto alla materia di �cui, invece, � 
parte integrante. Il che risulta ancora pi� evidente, ove si consideri che 
il generale interesse che caratterizza ed accompagna un'attivit� di educazione 
fisica �i qui rapportato alla misura locale, per cui � giustificato 
che la valutazione discrezionale degli scopi e dei mezzi pertinenti alle 
istituzioni da riconoscere, sia pi� agevolmente compiuta con gli strumenti 
d'indagine e di conoscenza a disposizione immediata e diretta 
dell'autorit� decentr�ta, alla pari di quanto lo stesso art. 12 del codice 
civile consente per determinate categorie di enti operanti nell'ambito 
provinciale anzich� nazionale. 

E ci� indipendentemente dalla natura privata dell'ente, in quanto 
la procedura che culmina nell'atto di riconoscimento si concreta e si 
esaurisce nella valutazione della sussistenza degli elementi necessari 
per poter giungere, mediante l'identificazione dei connotati dell'ente 
stesso, al conferimento della personalit�; ci� �Configurandosi come vero 
e proprio esercizio di pubblica amministrazione in una materia che, pur 
costituendo l'oggetto e lo scopo .dell'ente privato, coincide con la materia 
attribuita alla competenza amministrativa regionale. 

Le suesposte conclusioni non \risultano in contrasto con la precedente 
giurisprudenza con �cui questa Corte ha escluso la competenza 
normativa della regione in materia di diritto privato, giacch� questo 
criterio non riguarda, ovviamente, il caso in esame, in cui non si tratta 
di dettare una particolare disciplina interna in materia di rapporti privati, 
bensi di dar �corso, mediante una attivit� strettamente amministrativa, 
ad una competenza �chiaramente indicata dallo statuto. 

La soluzione adottata trova poi positivo riscontro nella sentenza 

n. 66 del 1961 con cui questa Corte, nel determinare l'ambito della 
competenza legislativa della regione della Valle d'Aosta in materia di 
attivit� agricole, industriali e �commerciali, ha precisato che la compe

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenza stessa si estende anche alla organizzazione di dette attivit� semprech� 
tale organizzazione si esaurisca nell'ambito d.i esse, cosi come 
si � sopra constatato verificarsi con riguardo all'attivit� ammin.istrativa 
di riconoschnento degli enti privati, in relazione alla materia di cui 
all'art. 4, n. 14, dello statuto speciale. 

�, infine, il caso d.i aggiungere ,che la competenza cosi riconosciuta 
alla Regione partecipa dei limiti posti dall'ordinamento al:l'attivit� della 
pubblica amministrazione, onde gli atti relativi restano suscettibili dei 
rimedi previsti dalla legge Ol'dinaria. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 73 -Pres. Branca -
Rel. Trimarchi -Frazion.i di Ponte e d.i Rocchetta (avv. Cervati) 

c. Comune di Cerreto di Spoleto; Scarpetta (avv. Astuti) c. Comune 
di Fond.i; Cervelloni (avv. Cervati) c. Comune di Terracina 
e Mari (avv. Curis); eredi d.i Scalfati c. Comune di Terracina, Comune 
di Sabaudia (avv. Cannada Bartoli e Barillaro) �e societ� 
Domiziana (avv. Franchi); Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. 
gen. Stato Chiarotti). 
Diritti promiscui e usi civici -Commissariati regionali. -Circoscrizioni 
-Funzioni giurisdizionali dei commissari -Questioni di 

costituzionali~�. 

(Cost., artt. 25 e 108, 2� comma; legge 16, giugno 1927, n. 1766, artt. 27, 1� e 
ultimo comma, 29, 2� comma; legge 16 giugno 1927, n. 1255). 

In riferimento agli artt. 25 e 108, comma secondo, della Costituzione, 
� inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� 
costituzionale. dell'art. 27, ultimo comma, del.la legge 16 giugno 
1927, n. 1766, sul ri,prdinamento degli usi civici, che attribuisce al Ministro 
per l'agricoltura e le foreste la determinazione della circoscrizione 
di ciascun commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici (1). 

In riferimento agli artt. 25 e 108, comma secondo, della Costituzione, 
� infondata la questione di costituzionalitd degli artt. 27, primo 
comma, e 29, comma secondo, i qua!i attribuiscono l'attuazione del riordinamento 
degli usi civici a commissari regionali con funzioni amministrative 
e giurisdizionali e assegnano a detti commissari la� cognizione 
di tutte le controversie circa gli usi civici (2). 

(Omissis). -2. -La Corte di appello non precisa come l'eventuale 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale delle norme denunciate possa 

(1-2) Le .quattro ordinanze della Corte d'Appello di Roma -sezione 
speciale per gli usi civici -con Le quali sono state sollevate le questioni 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 505 

rilevare nelle cause sottoposte al suo esame. Osserva solo che codeste 
norme si riferirebbero a poteri esercitati nelle fattiiwecie dal �commissario 
regionale per la liquidazione degli usi civici, facendo quindi intendere 
che, ove di dette norme dovesse risultare l'illegittimit� costituzionale, 
verrebbe meno ex tunc la base per quei poteri. 

. L'affermazione ora riportata con la sua probabile interpretazione, 
pu� valere come sufficiente motivazione circa la rilevanza a proposito 
dell'art. 27, comma primo, della citata legge 1927 n. 1766 e dell'art. 29, 
comma secondo in relazione al primo della �stessa legge, ma non anche 
per quanto ha riferimento all'art. 27, ultimo comma. 

L'eventuale dichiarazione di illegittimit� di quest'ultima norma, .in 
forza della quale il Ministero (per l'economia nazionale ed ora quello) 
dell'agricoltura e delle foreste ha il potere di determinare la circoscrizione 
e la sede di ciascun commissariato, non avrebbe modo di incidere 
autonomamente e direttamente sui giudizi di merito (infatti le controversie 
di cui si tratta sono sorte in ordine a diritti di uso �civico che 
interessano popolazioni e �comuni che insistono sul territorio compreso 
nella circoscrizione del commissariato con sede in Roma e precisamente 
sulla parte di detto territorio che � stata ad esso attribuita con un provvedimento, 
r.d. 16 giugno 1927, n. 1255, conforme all'ordinamento del 
tempo) e non modificherebbe minimamente la sfera di competenza (nascente 
da quel provvedimento) del commissario �con sede in Roma, il 
quale potrebbe continuare a �conoscere delle cause in oggetto. 

Conseguentemente, a giudicare dalla motivazione, la questione, almeno 
per quanto concerne l'art. 27, ultimo comma, deve dirsi priva 
di rilevanza. 

� 3. -La Corte � chiamata, p�rci�, a pronunciarsi 1sulla conformit� 
agli artt. 108, comma secondo, e 25 della Costituzione, dell'art. 27, comma 
primo, �e dell'art. 29, �comma secondo: in base alla prima norma i 
commissari regionali provvedono �Con funzioni amministrative e giudiziarie
� all'attuazione di quanto � disposto nella legge riguardante il 
riordinamento degli usi civici; in virt� della seconda norma i commissari 
decidono �tutte le, controversie circa la esistenza, la natura e la 
estensione dei diritti (di cui all'art. 1 della �legge) e delle altre situazioni 
indicate nel primo �comma dello stesso art. �29, comprese quelle nelle 
quali sia �contestata la qualit� demaniale del suolo o l'appartenenza a 
titolo particolare dei beni delle associazioni, nonch� tutte le questioni 
a cui dia luogo lo svolgimento delle operazioni loro affidate�. 

di costituzionalit� sono pubblicate nella Gazzetta Uff. 16 luglio 1969, n. 179 
e 5 novembre 1969, n. 280. 
Sul rapporto tra giudice ordinario e commissario regionale 1v. Cass. 
19 aprile 1968, n. 1174 Foro it.� Rep., 1968, v. Diritti promiscui, n. 11). 
In dottrina: PALERMO, EnfitetfSi, superficie, oneri reali, usi civili, 1965; 
BERRI, in Giwr. itJ., 1970, IV, 44. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

506 

Di conseguenza la Corte deve rispondere ai quesiti: se sono garantite 
l'indipendenza e l'impa~zialit� del commissario, in quanto titolare 
e nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali, per il fatto �che allo stesso 
organo sorio aissegnate o dalla stessa persona fisica vengono esercitate 
funzioni amministrative, ed in particolare perch� il commissario giudica 
dopo che in sede -amministrativa abbia ispezionato i .luoghi in contesa 

o nominato un istruttore perito (in sede di verifica demaniale) o delibato, 
senza modifiche, il progetto di legittimazione, o disposto la pubblicazione 
del progetto, o respinto le opposizioni al progetto e disposto la 
leg,ittimazione. 
4. -Va anzitutto rilevato che dalla pura e semplice coesistenza in 
testa al commissario regionale di poteri riconducibili a funzioni amministrative 
ed a funzioni giurisdizionali nulla pu� dedursi in ordine all'asserita 
mancanza di indipendenza e di imparzialit� del commissario 
quale giudice. 
Nei casi in cui egli conosca di controversie in sede giurisdizionale 
senza che ci sia in corso una fase amministrativa, � da escluder.si che il 
commissario non abbia l'indipendenza e l'imparzialit� volute; per il 
(e nel) concreto esercizio dei poteri giurisdizionali egli non ha vincoli 
di precedente attivit� amministrativa e, appartenendo all'ordine giudiziario, 
non dipende da alc;uno n� � tenuto a seguire istruzioni di alcuno, 
essendo soggetto soltanto alla legge. 

Ma, anche nell'ipotesi (normale) di esercizio delle funzioni giurisdizionali 
nell'ambito di un procedimento incidentale ed accessorio nei 
confronti di quello amministrativo, si deve, parimenti, riconoscere la 
piena indipendenza e imparzialit� dell'organo giudicante, dato che la 
coesistenza nella stessa persona delle funzioni amministrative e giurisdiziali 
no_n comporta di per s� che l'e.sercizio delle I>rime pregiudichi 
quello delle seconde. La sua stessa condizione� di appartenente all'ordine 
giudiziario � garanzia perch� il commissario distingua una funzione dall'altra 
con assoluta obiettivit�. 

La circostanza che il commissario sia chiamato. a giudicare e giu7 
dico del magistrato preposto alla funzione commissariale sono tali da 
renderlo distaccato non soltanto dall'organo che ne ha proposto la nomina, 
la quale oggi � di spettanza del Consiglio superiore della magistratura, 
ma anche dall'interesse amministrativo che l'organo proponente 
� chiamato a curare. 

5. -Non si perviene a conclusioni differenti, in ordine alla questione 
in esame, qualora se ne valutino gli aspetti particolari (ed i riflessi 
concreti). 
La circostanza che il commissario sia chiamato a giudicare e giudichi 
dopo che nella materia, in ordine alla quale � insorta la controversia, 
abbia compiuto atti nello .svolgimento delle sue funzioni amministrative, 
non deve far ritenere che il commissario quale giudice non sia 


' 


.. -I::: 

===~

�:� 

~~ 

-----:=


[f:ffiflff[t1Jffffut002Bf:fff{2f0if:fff:IE:f&ii0ifilK0lff'fffill1f:fffff:\2KsW:tff:Tf:iuiflli:w&:f&f0f&@illl~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 507 

indipendente ovvero manchi o sia messa in pericolo o in forse la sua 
imparzialit�. 

Un primo aspetto del problema si rende evidente nella eventualit� 
che il �commissario giudice abbia compiuto, nell'esercizio delle sue funzioni 
amministrative, atti per esempio di ricognizione o di accertamento 

o comunque estranei ad un1 concreto esercizio di poteri autorizzativi, 
dispositivi o concessivi, sJscettibili di incidere sulle situazioni giuridiche 
soggettive degli interessati. In tal caso, l'utilizzabilit� in sede giurisdizionale 
dei risultati a�cquisiti o accertati nella fase precedente o delle 
situazioni verificatesi in dipendenza di atti (non giurisdizionali) del 
procedimento (considerato per intero) non � in contrasto con l'obiettivo 
esercizio delle funzioni giurisdizionali. Il fenomeno non � raro a verificarsi 
qualora ad un organo giurisdizionale 1siano attribuite anche funzioni 
amministrative da esercitare pregiudizialmente o preliminarmente 
rispetto alle funzioni giurisdizionali, ed � pacifico che non compromette 
l'indipendenza o l'imparzialit� del giudice. Altrettanto perci� deve dirsi 
qualora (come nella specie) ad un organo siano attribuite istituzionalmente 
funzioni amministrative e giurisdizionali e l'esercizio di queste 
ultime funzioni normalmente sia incidentale. 
Un secondo aspetto del problema si coglie nell'eventualit� che il 
commissario giudice abbia, nell'esercizio delle sue funzioni amministrative, 
posto in essere accertamenti o pronunce nella materia o anche sulla 
questione che � oggetto del suo esame in sede giurisdizionale. 

Ma neppure in questo caso ricorre l'asserita mancanza della indipendenza 
e dell'imparz.ialit� volute dalla Costituzione. � possibile infatti 
constatare che l'attivit� giurisdizionale non � condizionata nei suoi contenuti 
da quella amministrativa svolta in precedenza; e che ( a conferma 

idi ci�), in fase giurisdizionale, sul terreno probatorio il commissario 
pu� esercitare d'ufficio un potere inquisitorio o d'iniziativa e che comunque 
le opposizioni Io.richiamano in sede giurisdizionale a nuove valutazioni 
in relazione ai vizi di attivit� che gli sono stati denunciati e sui 
quali deve esprimere esclusivamente la volont� della legge riferita al 
caso concreto. 

� vero che nell'esercizio dell'attivit� amministrativa pu� accadergli 
di manifestare il �SUO pensiero sulla questione, su cui pi� tardi deve 
pronunciar!;�i come giudice, e che con tutto ci�, in questa seconda fase, 
non pu� essere ricusato n� astenersi. Ma occorre rilevare �che l'esigenza 
di imparzialit�, che in generale trova la stia manifestazione processuale 
nell'istituzione stessa del giudice, non � disattesa dai particolari modi 
di essere della disciplina legtslativa dell'astensione e della ricusazione. 
A tal proposito -come giustamente osserva l'avvocatura dello Stato -� 
infatti da considerare 0che, mentre l'ordinamento processuale penale 
conosce come espresso e specifico motivo di ricusazione e astensione il 
fatto che il giudice abbia manifestato il suo parere sull'oggetto del 



508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

processo fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie, analogo motivo 
non � previsto dall'ordinamento processuale civile; e che la mancanza 
di codesta specifica previsione normativa, data la diversit� di situazioni, 
non sostanzia violazioni dell'invocato principio costituzionale. E ci� 
comporta che per il processo in materia di usi civici, stante il rinvio 
all'ordinamento processuale civile di cui all'art. 31, comma terzo, della 
legge n. 1766 del 1927, si debba pervenire alle stesse conclusioni. 

6. -Posta la questione nei termini sopradetti, non rilevano ai fini 
della decisione le numerose e ampie argomentazioni svolte dal giudice 
a quo e dalle parti e :relative tra l'altro allo statuto del commissario 
quale giudice ovvero alla materia delle conciliazioni. E pertanto, sulla 
base delle considerazioni fatte nei paragrafi che precedono, si conclude 
per la non fondatezza deUa questione. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 75 -Pres. Branca -
Rel. Trimarchi -Bauchi (avv. Morabito) c. Calz�turificio Barbagli 
(av:v. Sermonti, Fornario). 

Obbligazioni e contratti -Agenzia -Contratto a tempo indeterminato 


Indennit� di scioglimento -Questione infondata di legittimit� 

costituzionale. 

(Cost., artt. !31, 4 e 36; e.e., art. 1751, 1� comma). 

In riferimento agli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione, � infondata 
la questione di legittimit� costituziooole deti'a1�t. 1751, 1� comma, del 
codice 'civile, nella parte in cui dispone che l'indennit� per lo scioglimento 
del contratto di. agenzia a tempo indeterminato � dovuta so.io se 
il contratto si sciolga per fatto non imputabile all'agente (1). 

(1) La questione � stata .sollevata con ordinanze 3 luglio e 19 novembre 
1968 della Corte di Cassazione (Gazzetta Uff. 28 settembre 1968, n. 248 
e 26 marzo 1969, n. 78), con ordinanze 9 e 11 aprile 1969 del Tribunale di 
Bologna (Gazzetta Uff. 16 e 23 luglio 1969, nn. 179 e 186), con ordinanza 
7 febbraio 1969 della Corte d'appello di Milano (Gazzetta Uff. 23 aprile 
1969, n. 105) e con ordinanza 24 giugno 1969 del tribunale di Padova 
(Gazzetta Uff. 5 novembre 1969, n. 280). 
La Corte ha escluso che il rapporto di agenzia a tempo indeterminato 
sia ass�milabile al rapporto di lavoro subordinato (in questo senso v. Cass. 
2 maggio 1969, n. 1452, Foro it.. 1969, I, 3200). 

La sentenza della Corte n. 75 del 1968, sull'indennit� di anzianit� 
nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, � riportata in questa Rassegna, 
1968, 699. 

J~ 

riffffilliffilf8flmrffrnE@IEiff@f:(KfllrlMllifilfffiI@Ifmlfiffiifftifffil'ifffi1ffilMrtfillf8mflilFfff[fl'&f~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 509 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 76 -Pres. Branca -
Rel. Capalozza -D'Angela ed altri (n.c.) e P;residente Consiglio 

dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Ohiarotti). 

Sicurezza pubblica -Misure di prevenzione -Persone pericolose per la 

sicurezza e la pubblica moralit� -Questioni di costituzionalit� 


Infondatezza parziale. 

(Cost., artt. 2, 3, 13, 16, 17, 18, 24, 25 e 27; legge 27 dicembre 1956, n. 1423, 
art. 1, 2, .3, 4, 5 e 9). 

In riferimento all'art. 24, 20 comma, della Costituzione, � illegittimo 
l'art. 4, 20 comma, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (misure di prevenzione 
nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la 
publbica moralit�), ne�lla parte in cui, disciplinando la misura deZZa 
sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, da adottarsi dal tribunale 
in camera di consiglio, non prevede l'assistenza o�bbligatoria del difensore 
(1). 

In riferimento agli articoli 3, 13, secondo comma, e� 24, secondo 
comma della Costituzione, non � fondata la questione di costituzio.
nalitd degli articoli 1 e 2 delZa legge 27 dicembre 1956 n. 1423, che prevedono 
la diffida deZZe persone pericolose per la sicurezza e la pubblica 
moralitd e il rinvio� al luogo di residenza mediante foglio� di via 
obbligatorio (2). 

In riferimento agli articoli 2, 3, 13, 16, 17, 18, 25 e 27, secondo e 
terzo con,ima, della Costitu.zione, sono manifestaanente infondate le 
questioni di co�s'bituzionalitd relative agli artico�li 1, 2, 3, 5 e 9 della 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (3). 

(Omissis). -1. -Le questioni sollevate con le sette ordinanze si 
riferiscono allo stesso testo legislativo. Le relative cause sono state 
trattate congiuntamente e possono essere decise con unica sentenza. 

2. -Sono stati denunciati, per violazione degli artt. 2, 3, 13, 16, 17. 
18, 24, 25 e 27 della Costituzione, gli artt. 1 (e per relationem, l'art. 3), 
nonch� gli artt. 2, 4, 5 e 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 
(.Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la 
sicurezza e per la pubblica moralit� � ). 
(1-3) Le questioni sono state sollevate con le� seguenti ordinanze: 
13 dicembre 1968 del tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale, 26 febbraio 
1969 n. 52); 19 dicembre 1968 del pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale, 
12 marzo 1969, n. 66); 31 gennaio 1969 del tribunale di Vibo Valentia (Gazzetta 
Ufficialel, 9 aprile 1969, n. 91); 21 aprile 1969 del tribunale di Milano 
(Gazzetta Ufficiale, 13 agosto 1969, n. 207); 10 luglio 1969 del tribunaledi 
Torino (Gazzetta Ufficiale, 5 novembre 1969, n. 280); 18 settembre 1969 del 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le questioni sollevate per gli artt. 1, 2, 3, 5 e 9 sono state pi� 
volte dichiarate infondate da questa Corte in riferimento ai richiamati 
artt. 2, 3, 13, 16, 17, 25 e 27 della Costituzione (sentenze n. 27 del 
1959, n. 45 del 1960, n. 126 del 1962, n. 23 del 1964, n. 68 del 1964 
e n. 32 del 1969). 

Quanto all'assunta lesione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, 
sotto il diverso profilo dell'irrazionale e discriminatoria duplicazione 
della pena, per il fatto che colui ohe sia sottoposto alla sorve


glianza .speciale debba rispondere, insieme, di violazione dE!gli obblighi 
particolari impostigli (art. 9) e di violazione della norma di diritto 
comune che prevede un reato, tale motivo non pu� essere accolto, perch� 
altra � la situazione soggettiv.a di chi commetta un reato rispetto 
a quella �di chi lo commetta essendo sorvegliato speciale. 

N� ricorre la violazione dell'art. 3, secondo comma, dato che la 
disciplina denunciata non priva di sorvegliato speciale del diritto al 
mantenimento e all'assistenza sociale della'rt. 38 della. Costituzione. 

. 

Gli stessi criteri che sono stati adottati nella citata sentenza n. 27 
del 1959, quanto al preteso eontrasto con l'art. 17 della Costituzione, 
valgono per la denunciata lesione dell'art. 18. 

3. -Ind:ondata � anche la questione di legittimit� degli stessi articoli 
1 e 2, avanzata sotto il profilo della m~ncata previsione dell'inter-. 
rogatorio dell'inquisito, da parte del questore. La Corte costituzionale 
ha ritenuto che l'interrogatorio dell'imputato sia necessario solo quando 
ci ompiano atti istruttori. Ci� non pu� dirsi per un procedimento che, 
come quello disciplinato dalla legge impugnata, sfocia in provvedimenti 
di polizia di sicurezza non preordinati al processo. 
4. -Le doglianza, invece, sono fondate in ordine alla assunta 
violazione, ad opera dell'art. 4, secondo comma, dell'art. 24, secondo 
comma, della Costituzione, per la omessa previsione dell'assistenza 
tecnica obbligatoria del difensore (ordinanze del pretore e del tribunale 
della giurisprudenza di questa Corte, la quale, con la sentenza n. 53 
di Torino). E fo sono, per carenza del diritto di .difesa, alla stregua 
del 1968, pronunciando l'illegittimit� costituzionale degli artt. 636 e 
637 del codice di procedura penale, ha gi� esposto i motivi dell'incostituzionalit� 
dell'art. 4, secondo comma, che a quelle due norme 
espressamente si richiama (v. anche sentenza n. 69 del 6 maggio 
1970). -(Omissis). 
pretore di Novi Ligure (Gazzetta Ufficiale, 26 novembre 1969, n. 299); 
10 luglio 1969 del pretore di Legnano (Gazzetta Ufficiale, 28 gennaio 1970, 

n. 
24). 
La sentenza n. 32 del 1969, richiamata in motivazione, � pubblicata in 
questa Rassegna, 1969, 210, con nota di richiami. 
In dottrina: ELIA, Libertd personale e norme di prevenzione, Giur. 
costit., 1964, 938; NUVOLONE, ibidem, 1964, 197; BARBERA, ibidem, 1969, 325. 

�' 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 511 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 77 -Pres. Branca -
Rel. Crisafulli -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Savarese) c. Presidente Regione Sarda (avv. Gasparri). 

Regione -Sardegna -Dipendenti regionali eletti a cariche presso enti 

autonomi territoriali -Oneri a carico degli enti. -Illegittimit� 

costituzionale. 

(Cost., art. 51; St. reg. Sardegna, art. 3, lett. a). 

Per violazione dell'art. 3 lett. a deUo Statuto della Regione sarda, 
� Wegittimo l'art. 1, 2� comma, deUa legge della Regione deUa Sardegna 
approvata il 5� dicembre 1968, e riapprovata il 6 novembre 1969, disciplinante 
la posizione ed il trattamento dei dipendenti della Regione 
sarda eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, nella parte in 
cui, mediante rinvio alla legge statale 12 dicembre 1966, n. 1078, pone 
a carico degU enti o aziende locali gli assegni e relativi obblighi di 
trattenuta di cui all'art. 3, 1� comma n. 2, e commi 2�, 3� e 4�, della 
legge stessa (1). 

(Omissis). -1. -Come accennato in narrativa, la legge impugnata 
ha per oggetto la posizione ed il trattamento economico dei dipendenti 
regionali eletti a cariche presso determinati enti locali e ricalca sostanzialmente 
lo schema della corrispondente legge statale del 12 dicembre 
1966, n. 1078, differenziandosene per� sotto un duplice aspetto. 
In primo luogo, stabilendo che detti dipendenti siano collocati in aspettativa 
d'ufficio, anzich� dietro loro richiesta; in .secondo luogo, ampliando 
l'ambito deg!i enti, l'assunzione ad uffici elettivi dei quali � presa in 
considerazione ai fini del collocamento in aspettativa. Rientrano, infatti, 
nelle previsioni della legge statale, oltre all'ufficio di consigliere regionale, 
quelli di presidente di giunte provinciali e di assessore di giunte 
di provincie con� pi� di 700.000 abitanti; di sindaco di capoluogo di 
provincie ovvero di comuni con pi� di 50.000 -abitanti; di assessore di 
comuni con pi� di 100.000 abitanti; di pre.sidente di enti e di aziende 
di enti autonomi territoriali con pi� di 1.000 dipendenti. Rientrano 
invece nelle pi� larghe previsioni della legge regionale gli uffici di 
presidente e assessore provinciale, senza distinzioni; di sindaco, o di 
assessore di comuni con pi� di 15.000 abitanti; di presidente di enti 
e aziende comunali, provinciali e consortili, senza riguardo al numero 
dei rispettivi dipendenti. La legge regionale rinvia poi alla normativa 
della legge n. 1078 del 1966 per quanto concerne il trattamento eco


(1) La sentenza n. 60 del 1966, richiamata in motivazione, e massimata 
in questa Rassegna, 1966, 545. 
Sulle norme che regolano le cause di incompatibilit� con �il diritto 
elettorale passivo, cfr. sentenza n. 108 e n. 46 del 1969, in questa Rassegna, 
1969, 378 e 377. 



512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nomico di aspettativa, ponendo a carico dell'ente presso cui i dipendenti 
regionali siano stati eletti l'onere della retribuzione ad essi spettante 
nell'amministrazione di appartenenza, ovvero, quando sia prevista una 
indennit� di carica, la differenza tra i quattro decimi di quest'ultima 
e la retribuzione anzidetta. 

Su questi due punti si accentrano le censure del ricorso, deducendosi 
-quanto al primo -che la legge de qua avrebbe creato una 
incompatibilit� senza riscontro nella legislazione statale, con violazione 
dell'art. 51 della Costituzione, che vuole garantito a tutti i cittadini 
l'accesso alle cariche pubbliche elettive in condizioni di eguaglianza; 
deducendosi altresi ~quanto al secondo punto -che la legge regionale, 
imponendo il concorso finanziario di enti locali che non vi sarebbero 
altrimenti tenuti, violerebbe l'art. 3, lett. a, dello statuto, incidendo 
su materia sottratta alla competenza legislativa della regione. 

2. -La Corte osserva anzitutto che nel potere della regione di 
dettare norme in tema di � ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi 
della regione e stato giuridico ed economico del personale � 
(art. 3, lett. a, dello statuto) rientra certamente quello di regolare nel 
modo pi� adeguato all'interesse del buon andamento dell'amministrazione 
regionale (art. 97 della Costituzione) la posizione dei propri dipendenti 
che siano stati eletti a pubblici uffici di enti locali. � vero 
quanto rilevato dalla Avvocatura dello Stato, che, cio�, disponendo nei 
confronti dei dipendenti che si trovino nelle condizioni indicate l'obbligatoriet� 
del collocamento in aspettativa, la legge regionale viene a 
configurare una incompatibilit� (meramente funzionale, � da soggiungere), 
che non �� invece prevista per situazioni analoghe dalla legge 
statale; ma ci� non offre motivo di censura, dal momento che le incompatibilit� 
sono cosa diversa dalla ineleggibilit� e sono per loro natura 
caratterizzate dal duplice riferimento alle due funzioni, il cui simultaneo 
esercizio si reputi, non irragionevolmente, lesivo dei pubblici interessi 
a ciascuna connessi. Incompatibilit� possono perci� essere stabilite dal 
punto di vista dell'uno o dell'altro ufficio, dell'una o dell'altra funzione 
od atti;vit�, purch� -beninteso -da chi ne abbia rispettivamente il 
potere. E questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare che, in linea 
di principio, nell'attribuzione di potest� legislativa sull'ordinamento di 
un ente � da ritenere sia compresa la competenza a dettare norme in 
tema di incompatibilit� (sentenza n. 60 del 1966): ora, tale � appunto 
il caso della competenza spettante' alla regione della Sardegna ex art. 3, 
lett. a, dello statuto. 
Certo, come pure � stato messo in rilievo nella ricordata sentenza, 
anche la disciplina delle incompatibilit�, per �i suoi possibili riflessi sul 
concreto esercizio del diritto elettorale passivo, deve conformarsi ai 
principi enunciati nell'art. 51 della Costituzione: tra i quali viene in 
primo luogo in considerazione nella specie, trattandosi di incompatibi



PARTE �r, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 513 

lit� funzionale con l'esplicazione attiva delle mansioni di servizio dei 
dipendenti regionali, il principio dell'ultimo comma, cui la legge in 
questione risulta perfettamente aderente. Essa, infatti, mentre assicura 
ai propri dipendenti chiamati a pubbliche funzioni la conservazione 
del posto e la integrit� delle pos.izioni economiche e di carriera, consente 
loro la pratica possibilit� di dedicarsi interamente ai compiti inerenti 
agli uffici cui sono eletti, senza interferenze di sorta con l'osservanza 
dei doveri ad essi derivanti dal rapporto di servizio con l'amministrazione 
regionale. '� 

3. -Quel che invece la regione non pu� fare � di porre, in tutto 
o in parte, a c�i.rico degli enti locali presso .i quali i suoi dipendenti 
siano stati eletti a ricoprire determinat� uffici l'onere finanziario del 
trattamento economico a quelli attribuito, fuori delle ipotesi contemplate 
dalla legislazione statale. Deve, infatti, considerarsi pacifico che 
tra gli �enti amministrativi della Regione�, cui allude lo statuto nella 
lettera� a dell'art. 3, non sono inclusi gli enti ai quali ha riferimento 
la legge impugnata (provincie, comuni ed aziende rispettive): come 
risulta confermato a contrario dalla espressa previsione, in altre 
di~posizioni dello statuto e nello stesso art. 3, �sotto la lett. b, dei soli 
poteri specificamente attribuiti alla regione nei confronti di �comuni e 
provincie. 
Non avendo la regione il potere di prescrivere obblighi di spesa 
agli enti locali autonomi, essa non pu� estendere obblighi di tal genere 
ad enti locali diversi da quelli che vi sono tenuti a norma delle leggi 
statali, n� pu� modificare, per questi ultimi, la fattispecie costitutiva 
dell'obbligo, col trasformare da facoltativo in necessario il collocamento 
in aspettativa. 

Deve, perci�, ritenersi fondato il secondo motivo di censura dedotto 
nel ricorso e dichiararsi in conseguenza la illegittimit� costituzionale 
del secondo comma deli'art. 1 della legge regionale impugnata, limitatamente 
alla parte in cui ~ rinviando all'art. 3 della legge statale 

n. 1078 del 1966 -obbliga gli enti elencati nel primo comma, presso 
i quali i dipendenti regionali ricoprano le cariche elettive ivi anch'esse 
indicate, a concorrere all'onere derivante dal trattame~to economico 
complessivamente attribuito ai dipendenti medesimi a norma del medesimo 
art. 3, comma primo n. 2, e �comma terzo. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 78 -Pres. Branca -
Rel. Fragali -Soc. Ronson (avv. Benvenuti, Sorrentino) c. Consorzio 
industrie fiammiferi (avv. Giannini, Jemolo, Mastrogiovanni) 
e S.A.F.F.A. -Presidente Consiglio dei Ministri -(Sost. avv. 
gen. dello Stato Azzariti). 

Privative per invenzioni industriali -Consorzio industrie fiammiferi Partecipazione 
di altre imprese -Impedimento -Riserva della 



514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fabbricazione, importazione e vendita per il consumo di apparecchi 
di accensione a pietrina focaia -Questioni fondate di costituzionalit�. 


(Cast., art. 41; r.d. 11 marzo 1923, n. 56Q, art. 3; convenzione annessa artt. 1, 2, 
9, 10 e 12; r.d.l. 26 febbraio 1930, n. 105 convertito nella legge 1� maggio 1930, 

n. 611, art. da 2 a 15; convenzione annessa artt. l, 2, 3, 10 e 12 d.Ig. 17 aprile 
1948, n. 525 art. 1; convenzione aggiuntiva art. 12; d.l. 11 gennaio 1956, n. 2" 
convertito in 1. 16 marzo l,956, n. 109, art. 8). 
Per violazione delL'art. 41 della Costituzione deve dichiararsi l'iUegittimit� 
costituzionale. 

1) dell'art. 3, ultimo comma, del r.d. 11 marzo 1923, n. 560 (sull'abolizione 
del monopoUo dei fiammiferi e l'istituzione in sua vece 
di una imposta di fabbricazione), nonch� degli artt. 1, ultimo comma, 
2, 9, secondo comma, e 10 della Convenzione annessa al detto decreto, 
nena parte in cui essi impediscono ad altri imprenditori la partecipazione 
al Consorzio quando essa non sia in contrasto con fini di utilit� 
sodale; 

2) deU'art. 12 delle norme di esecuzione allegate al decreto legislativo 
17 aprile 1948, n. 525, reLativo alla rinnovazione delle convenzioni 
fra Lo Stato ed il Consorzio industrie fiammiferi; 

3) degli artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9 del r.d.l. 2'6 febbraio 1930, n. 105, 
convertito nella legge 1� maggio 1930, n. 611, concernente i diritti 
erariali sugli apparecchi automatici di accensione; 

4) degli artt. 1, .2, 3 e 10 della Convenzione annessa al predetto 
decreto legge: 
5) dell'art. 8 del d.l. 11 gennaio 1956, n. 109, sul diritto fisso 
dovuto per La detenzione di apparecchi di accensione. 
In applicazione deU'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve 
dichiararsi inoltre la iHegittimit� costituzionale: 
a) degli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 11 de:Lla Convenzione annessa al 
suindicato r.d.L. 26 febbraio 1930, n. 105; 

b) dell'articolo unico del r.d.l. 18 gennaio 1932, n. 14, convertito 
nella legge 7 aprile 1932, n. 356, riguardante rinnovazione della Convenzione 
tra lo Stato e iL Consorzio per quanto concerne la importazione, 
la fabbricazione e vendita degli apparecchi di accensione a pietrina 
focaia; 

c) dell'art. 4 d.lg.Lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, relativo aiia proroga 
delle Convenzioni stipulate fria lo Stato e il Consorzio. @ 

-~~ 

..~ 

(Omissis. -1. Le cause vanno decise con una sola .sentenza a W 
causa della loro connessione, dato che per il monopolio degli aceendi-r.:::: 

(1) La que"1one � mta introdotta eon o'di"""'" 14 novemb�e 1968 
. del '.!Tibun'1e di Milano (Gazzetta Utf. 26 mru-w 1969, n. 78) e eon O'<il-~ 
~ 

::~ " 

1=: 

-~~JZl7MSS1fil'.ilif~~7~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 515 

tori � in discussione la sua funzione protettiva di quello dei fiammiferi. 

2. -Deve disattendersi l'istanza Ronson diretta alla v-erifica della 
legittimit� del decreto istitutivo del consorzio per eccesso dai limiti 
della delegazione contenuta nella legge 3 dicembre 1922, n. � 1601, sul 
cui fondamento il decreto fu emanato. La questione ha formato oggetto 
di esame da part�e del Consiglio di Stato, che ne ha dichiarata la manifesta 
infondatezza; il che influisce sulla causa promossa dal tribunale 
di Milano. 
Da respingere sono le richieste del consorzio e della SAFFA di 
provocare un pi� approfondito esame della rilevanza delle questioni 
proposte, sia sotto il profilo di una asserita inconferenza della questione 
rispetto al tema della causa promossa innanzi al tribunale di Milano, 
che riguarda una pretesa concorrenza sleale, sia sotto il rifi.esso di una 
allegata perplessit� e insufficiente motivazione del giudizio espresso 
dal Consiglio di Stato sull'attuale vigore dell'art. 4 del d.lg.lgt. 12 ottobre 
1944, n. 317. Anche �su tali questioni i giudici del processo di merito 
hanno rispettivamente proceduto a diffusa indagine; e peraltro le parti j 
suddette non avver.tono che il giudizio di rilevanza su questioni di legit


I

timit� icosti:tuzionale deV1e essere condotto sulla linea di una mera 
delibazione. 

3. -Sono state .sottoposte al giudizio di questa Corte anche alcune 
I disposizioni di convenzioni fra Stato e Consorzio allegate :;id atti legislativi 
od aventi forza di legge, e disposizioni esecutive pure annesse ad 
atti di tale natura: si tratta di disposizioni che, per espressa dichia.razione 
contenuta in tali atti, ne fanno parte integrante e perci� ne acquistano 
il vafore. 

4. -Per quanto concerne la denuncia di illegittimit� costituzionale 
delle disposizioni del r.d. 11 marzo 1923, n. 560, indicate nell'ordinanza 
del Consiglio di Stato, la Corte osserva che, anteriormente alla emanazione 
di quelle norme, la vendita dei fiammiferi occol'trenti per il 
cqnsumo interno era stata riservata all'amministrazione finanziaria 
(art. 1 d.lg.lgt. 31 agosto 1916, � n .10'90). L'amministrazione avrebbe 
dovuto rifornirsi acquistando il prodotto da tutte le fabbriche esistenti, 
in una proporzione corrispondente al �contributo che ciascuna di esse 
aveva dato per approvvigionare il mercato del triennio 1911-1913 (art. 3 
terzo comma d:lg.lgt. predetto); all'amministrazione era dato il potere 
di limitare � l'uscita � dei fiammiferi dalla fabbrica in modo da mantenerla 
nella misura dei� tempi normali di vendita� (art. 7, primo comma, 
nanza 29 aprile 1969 del Consiglio di Stato (Gazzetta Uff. 24 settembre 
1969, n. 234). 
Sull'art. 41 della Costituzione cfr. Corte cost. 10 giugno 1966, n. 65, in 
questa Rassegna, 1966, 973). 
In dottrina: VARANESE, FIAMMIFERI, v. dell'Enc. del dir. 



516 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso decreto). Cosicch� veniva indirettamente a limitarsi la produzione 
per il consumo, la quale, in tal modo, risultava contingentata per quote 
specifiche. 

Tale ordinamento non trov� attuazione, perch� il Ministro delle 
finanze non determin� il giorno dal quale essa avrebbe dovuto avere 
applicazione (art. 11 decreto citato); e fu sostituito da quello disposto 
con le norme denunziate. Queste, emanate nell'esercizio della delegazione 
accordata al Governo con la suddetta legge 3 dicembre 1922, n. 1601, 
abolirono il �monopolio� statale di cui al citato d.lg.lgt. 31 agosto 1916, 

n. 1090, e istituirono � in sua vece � una imposta di fabbricazione sui 
fiammi:fe.ri; ma istituirono anche un consorzio obbligatorio fra i produttori 
dei fiammiferi destinati al consumo interno, al quale fu affidata, 
non solo la vendita, ma altres� la fabbricazione dei prodotti suddetti. 
Il consorzio doveva garantire il gettito di tale tributo (art. 5, ultimo 
comma, r.d. 11 marzo 1923, n. 560) e prendere in consegna una quantit� 
di marche corrispondente a quella dei fiammiferi estratti da -ciascuna 
fabbrica (art. 7 norme allegate al d.lg. 17 aprile 1948, n. 525); doveva 
distribuire le marche fra le imprese consorziate (art. 5, terzo ~~a, 
r.d. del 1923) e rendere mensilmente il conto delle marche esitate (art. 5, 
secondo comma, stesso decreto); doveva ripartire i contingenti di produzione 
fra le imprese predette (art. 5 convenzione allegata al citato decreto 
del 192�3) e distribuire fra i rivenditori di generi di monopolio il 
prodotto finito (art. 7 stessa convenzione). 
Con la costituzione del consorzio si volle certo attuare la direttiva, 
segnata dalla legge di delegazione suindicata, di � ridurre le funzioni 
dello Stato � nella materia tdbutaria: il consorzio ebbe attribuite quelle 
incombenze che erano state in precedenza riservate a.ll'amministrazione 
finanziaria dal d.lg.lgt. 31 agosto 1916, n. 1090, e ne rimase certo agevolato 
il conseguimento dei fini fiscali. Ma � altrettanto sicuro che la scelta 
del sistema consortile, non essendo stata ripetuta negli altri decreti 
emanati in base ai poteri delegati, fu ispirata a quelle �singolari situazioni 
dell'industria dei fiammiferi alle quali accenna la relazione al disegno 
di legge di conversione del decreto del 26 febbraio 1930 sugli accenditori, 
che d� al sistema adottato d::il decreto del 192.3 il merito di aver permesso 
� all'industria italiana dei fiammiferi di svilupparsi ed affermarsi e re'sistere 
alla politica di assorbimento del trust svede�se �; il che si �! certo 
risolto anche nella protezione dei lavoratori impegnati nel settore. Forse 
anche � esatto opinare che l'istituzione del consorzio, secondo quanto 
esso assume e secondo quanto assume la SAFFA, doveva permettere una 
distribuzione capillare delle merci, in quanto prodotto di consumo generale; 
vero � comunque che hanno ragione le parti quando deducono che 
il consorzio assolV'.e ad un tempo a fini fiscali e a fini economico-sociali, 
eppertanto l'obbligo dei produttori di assoggettarsi� ad una disciplina 
comune si pu� giudicare imposto, a parte le ragioni fiscali, nell'esercizio 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 517 

razionale della potest� normativa di prescrivere all'iniziativa privata 
limiti destinati a realizzare fini di utilit� sociale (art. 41, secondo comma, 
della Costituzione). 

Ci� che �suscita problemi di legittimit� costituzionale � invece il 
modo di organizzazione del consorzio. 

Il Consorzio venne chiuso agli imprenditori, non indicati nell'art. 3 

r.d. del 1923, che non avessero domandato di parteciparvi entro un dato 
termine (art. 1 convenzione allegata a tale decreto), e lo Stato si impegn� 
a non consentire per il tempo successivo l'insediamento di nuove imprese 
(art. 10 stessa convenzione). Quest'obbligo fu attenuato con l'art. 4 
del d.lg.lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, che diede al Ministero delle finanze 
la facolt� di dar licenza per nuove imprese che avessero l'oggetto di 
produrre fiammiferi per il consumo interno; ma esattamente il Consiglio 
di Stato ha giudicato che la norma non � riuscita a dare al consorzio una 
struttura rispettosa della libert� di iniziativa privata. Il Ministero pu� 
esercitare la facolt� conferitagli solo nel caso di necessit� di approvvigionamento 
o di 'introduzione di nuovi processi di fabbricazione ritenuti 
vantaggiosi dal punto di vista economico e fiscale, cio� in ipotesi del 
tutto eccezionali; e non convince la tesi del Consorzio e della SAFFA, 
per cui la facolt� ministeriale �si riferisce anche ad ipotesi in cui la necessit� 
di approvvigionamento � provocata da accadimenti straordinari: 
l'eccezionalit� o la straordinariet� nella specie � insita nel concetto di 
necessit�, per�ch� � ovvio �che una domanda di partecipazione al Consorzio 
potrebbe essere accolta, in base alla norma predetta, soltanto quando 
alla .sopravvenuta �necessit�� non potessero provvedere gli imprenditori 
consorziati mediante ammodernamenti, ampliamenti, nuovi finanziamenti, 
e cio� in casi impossibili o difficili ad avverarsi, data la posizione economica 
e finanziaria del Consorzio. Tanto pi� che, in base all'art. 36 
delle norme allegate al r.d.l. 18 gennaio 1932, n. 14, il Consorzio � tenuto 
ad introdul're nella fabbricazione dei fiammiferi, 1su richiesta dell'amministrazione 
finanzia:ria, quei perfezionamenti e quelle innovazioni che 
siano riconosciuti vantaggiosi dal punto di vista tecnico �e da quello economico; 
cosicch� resta impedito l'apporto perfezionativo o innovativo 
di imprenditori estranei fino a quando il perfezionamento e l'innovazione 
possono essere realizzati nel senso del consorzio, o quanto meno si consentono 
al consorzio e ai consorziati scelte meramente discrezionali fra 
l'accettazione di apporti estranei e l'attuazione diretta delle opportune 
modificazioni nel processo produttivo. Di fatto, nell'arco di venticinque 
anni, in virt� dell'art. 4 del d.lg.lgt. del 1944 sono state accordate licenze 
soltanto �con riferimento a casi eccezionali: una fu data ad una societ� 
siciliana costituitasi sotto il regime del governo militare alleato, e quindi 
senza dubbio a titolo di sanatoria, l'altra fu rilasciata per il Territorio 
libero di Trieste, ce.rto in correlazione alla 1situazione internazionale in 
cui questo si trovava, che esigeva autonomia di rifornimenti. Si noti che, 

~ 

i 

I 

I 

I 


518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel secondo caso, l'autorizzazione fu data al Consorzio, non ad un consorziato, 
e che in Consorzio dovette modificare lo statuto (d.m. 8 luglio 
1952); cosicch� rimane acclarato che la �necessit�� di approvvigionamento 
idonea ad allargare la base soggettiva del consorzio, anche secondo 
l'interpretazione data all'art. 4 del d.Ig.Igt. del 1944, poteva appagarsi 
mediante !''immissione di nuovi imprenditori nel consorzio soltanto ove 
non avessero potuto sopperirvi lo stesso consorzio o i consorziati neanche 
mediante il ricorso a mezzi straordinari adeguativi dell'ordinamento 
produttivo e dell'ordinamento giuridico del consorzio. � chiaro che questo 
sistema blocca e scoraggia ogni iniziativa d'insediamento di nuov�e imprese 
da parte di terzi; epper� non si potrebbe obiettare che, nel periodo 
preso in considerazione, non siano state fatte proposte di allargamento 
dell'organizzazione consortile n� siano state respinte istanze a tal fine 
avanzate. 

� allora del tutto irrilevante, quanto meno ai fini dell'odierno processo 
costituzionale, discutere se il predetto art. 4 del d.Ig.lgt. 12 ottobre 
1944, n. 317, sia stato abrogato dall'a.rt. 12 delle norme esecutive allegate 
al d.Ig. 17 aprile 1948, n. 525, che, nell'estendere alla produzione di 
esportazione l'obbligo dello Stato di non permettere l'insediamento di 
nuove imprese, non richiam� il potere ministeriale di licenza. Ammesso 
che l'art. 4 predetto sia sopravvissuto all'art. 12 su ricordato ( e la Corte 
non � chiamata a pronunziarsi a tal riguardo), il senso della norma non 
permette di decidere che l'ordinamento attuale del settore si accordi 
con la regola di libert� economica posta nell'art. 41, primo comma, della 
Co�stituzione. 

I limiti che possono essere prescritti a tale libert� (secondo comma 
predetto art. 41) non debbono essere tali da renderne impossibile o 
estremamente difficile l'esercizio; e, nella specie, quella impossibilit� o 
questa estrema difficolt� affiora senza alcuno sforzo di ricerca. Sostenere 
che l'organizzazione unitaria del settare doveva dare all'industria 
una sistemazione che servisse al suo incremento, al suo consolidarsi e 
forse anche a rendere possibile una distribuzione capillare dei fiammiferi, 
non vuol giustificare la necessit� di chiudere l'organizzazione ad 
imprese nuove; n� la legittimazione della soppressione dell'iniziativa 
economica pu� far.si risalire all'agevolazione che lo Stato riceve dalla � 
esistenza del consorzio nella soddisfazione dei suoi interessi fiscali: infatti 
non � escluso che analoga agevolazione sarebbe potuta venire dalla 
costituzione di un consorzio aperto. 

I programmi e i controlli che possono essere imposti all'attivit� 
economica privata (terzo comma del ricordato art. 41) non debbono poi 
sopprimere l'iniziativa individuale, potendo essi soltanto tendere ad 
indirizzarla ed a condizionarla. 

Quando alla riserva dell'art. 43 della Costituzione essa non copre 
il caso in decisione, poich� le norme sottoposte al giudizio di questa 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E-INTERNAZIONALE 519 

Corte hanno dato alle imprese consorziate posizioni di privilegio che 
la legge �pu� riservare soltanto ad alcune categorie di enti od organismi 
indicate dalla Costituzione stessa. 

Nella parte in cui impedisce la partecipazione al consorzio di im


prese nuove, il cui ingresso non risulti pregiudizievole agli interessi 

generali, il decreto del 1923 � pertanto lesivo della libert� economica. 

E in tali limiti deve dichiararsi illegittimo, secondo quanto sar� !indi


cato nel dispositivo che segue. 

5. -Altro deve dirsi per le norme che riservano al Consorzio industrie 
fiammiferi anche la fabbricazione, l'importazione e la vendita 
per il consumo interno degli apparecchi di accensione azionati da pietra 
focaia e delle parti e dei pezzi di ricambio dei medesimi (art. 2 r.d.l. 
26 febbraio 1930, n. 105). 
In precedenza pure questa riserva era stata istituita a favore dello 

Stato (art. 1 r.d.l. 2 febbraio 1922, n. 281); ma l'art. 9, secondo comma, 

della convenzione allegata al citato decreto del 1923 disponeva che, ove 

lo Stato si fosse persuaso della convenienza di rinunziare anche a quel 

monopolio, a parit� di condizioni, avrebbe dovuto dare al Consorzio la 

preferenza nella � concessione � della fabbricazione e della vendita di 

quegli articoli. L'obbligo fu adempiuto con il citato r.d.l. 26 febbraio 

1930, n. 105, il quale, nelle premesse, ebbe a richiamarlo; l'obbligo � 

anche ricordato nella relazione al disegno di legge di conversione, nella 

quale si fa parola di una vertenza arbitrale, ritenuta di esito incerto, 

che si era deciso di �risolvere in via transattiva, cio� rtservando al Con


sorzio il settore degli accenditori c.d. poveri e lasciando allo Stato il 

settore rimanente. 

Se ne desume che i produttori di accenditori a pietra focaia furono 

assoggettati all'obbligo di consorzio, non per indirizzare la loro inizia


tiva economica e coordinarla a fini sociali, ma per permettere allo Stato 

di adempiere transattivamente ad un obt>ligo ad esso fatto, che, essendo 

stato posto nell'interesse particolare del Consorzio, si rivela in contrasto 

con l'art. 41, .secondo comma, della Costituzione. Non si pu� obiettare 

che l'industria degli accenditori doveva necessariamente ancorarsi a 

quella dei fiammiferi, che dei primi sono succedanei: anteriormetite la 

fabbricaz-ione e la vendita degli accenditori aveva ricevuto un tratta


mento distinto da quello dei fiammiferi, l'una essendo stata riservata 

� allo Stato, l'altra al Consorzio, e si riconosceva, in tal modo, che i due 
settori erano -scindibili, che la difesa collaterale dell'industria dei fiammiferi 
era bene assicurata dall'imposta di fabbricazione sugli accenditori 
e dal monopolio statale, e che non era necessaria un'organizzazione 
unitaria di questo secondo settore. Tanto quella difesa era assicurata 
che la citata relazione alla legge di conversione del decreto in esame 
giudicava che l'industria dei fiammiferi era gi� affermata al tempo del




520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'istituzione del monopolio privato degli accenditori e capace di resistere 
alle pressioni economiche straniere di cui si � gi� fatta parola. 

Alla Corte � consentito di verificare lo scopo di una legge quando 
si contesta la legittimit� di quest'ultima nel confronto di una norma 
costituzionale che vincola ad un fine la discrezionalit� legislativa; e.d 
alla Corte � anche consentito di vagliare il rapporto di congruit� fra 
mezzi e fini, per .salvaguardare la libert� garantita contro interventi 
arbitrariamente restrittivi (Corte cost. 7 febbraio 1963, n. 12) o contro 
interventi che praticamente annullano il diritto primario inerente alla 
libert� stessa (Corte cost. 3 aprile 1963, � n. 39). Sotto questo secondo 
riflesso non � �sostenibile che la legittimit� �costituzionale delle norme 
in esame trovi sostegno in necessit� attinenti ad interessi fiscali. 

Il d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, incentr� tali interessi in un diritto 
annuale riscuotibile mediante vendita di marche-contrassegno, che 
l'utente deve apporre sull'accenditore o su un qualsiasi documento di 
riconoscimento personale. Il diritto predetto non viene accertato e corrisposto 
1in misura della produzione di apparecchi, come era-antecedentemente 
per l'im�posta di fabbricazione, ma nella misura del consumo; 
e non � perci� corrisposto dal produttore, ma dall'utente, sia pure con 
corresponsabilit� del rivenditore per la marca di primo acquisto. Epper� 
tale ordinamento non rende congrua e razionale la limitazione della 
libert� di iniziativa dei produttori, del tutto estranei all'imposta, e del 
cui gettito non sono n� possono essere responsabili. Ci� � tanto vero 
che l'art. 3, secondo comma. del citato d.l. del 1956 attribuisce al Consorzio 
unicamente il compito della distribuzione primaria delle marche 
e, se � vero che ci� pu� dar luogo a riscossione anticipata del tributo, 
non si pu� dire che questo � garantito dal consorzio, perch� le marche 
che risultassero invendute alla fine dell'anno vengono sostituite con 
marche dell'anno successivo (art. 8 d.m. 4 febbraio 1956). Ora, appare 
del tutto assurdo che, per pr�>Vvedere alla distribuzione delle marche 
rappresentative del pagamento di una imposta da essi non dovuta, sia 
congruo imporre ai produttori di accenditori di riunirsi in organizzazione 
comune e di sottostare alle direttive che questa organizzaz.ione 
pu� impartire in merito alla loro attivit�. 

Non v'�, perci�, nelle norme denunciate alcun aspetto che resista 
al confronto con le norme costituzionali invocate; e se ne deve dichiarare 
l'illegittimit�. 

Il che non significa che al Consorzio fiammiferi non possa rimanere 
affidato il servizio di distribuzione e vendita delle marche per il 
diritto annuale, secondo le disposizioni dell'art. 3 del d.l. 11 gennaio 
1956, n. 2, ma vuol dire soltanto che il consorzio lo esplicher� non in 
quanto consorzio obbligatorio fra i fabbricanti di accenditori. 

6. -Resta assorbita ogni altra questione. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 521 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 79 -Pres. Branca -, Rel. 
Benedetti -Finanze c. Patrizi. 

Esecuzione forzata -Istituti autorizzati -Poteri del Ministro di Grazia 
e Giustizia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost,, artt. 70 a 82, 87, 5� comma; r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 159, 
3� comma). 

In riferimento agli artt. 87, 5� comma, e 70 a 82 della Costituzione, 
� infondata la questione di costituzionalit� dell'<art. 159, 3� comma, deUe 
disposizioni per L'attuazione del codice di procedura civile, che consente 
al Ministro di grazia e giustizia di stabilire modalit� e controlli per 
l'esenzione degli incarichi affidati agli istituti autorizzati all'incanto e 
aU'amministrazione dei beni (1). 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 15 novembre 1968 
del pretore di Recanati (Gazzetta Uff. 29 gennaio 1969, n. 25). 
La Corte ha dichiarato inammissibile la stessa questione con sentenza 
23 
novembre 1967, n. 118, in questa Rassegna, 1967, 927 
Sui regolamenti ministeriali cfr. MoRTATI, Istituzione dir. pubblico, 1969. 

I

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 80 -Pres. Branca -Rel. 
~ r f 

~ 

Rocchetti -Moruzzi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
1

i 

avv. gen. Stato Agr�). 

Ordinamento giudiziario-Controllo di costituzionalit� -Ammissibilit�. 
(Cost., disp. trans. VII; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). 

I Ordinamento giudiziario -Magistrati -Diversit� di funzioni -Pretori I 

� in sottordine� -Questione infondata di costituzionalit�. 
I 

(Cost., art. 25, 1� comma, 101 e 107, 3� comma; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, 

artt. 4, 31, 34, 1� comma, 39, 1� comma). 

In qualunque modo dovesse essere interpretata la VII disposizione 
transitoria della Costituzione, una voita avvenuta la revisione, sia pure 
parziale, deH'ordinamento giudiziario preesistente, le norme conservate, 
cui si inseriscono e sovrappongono le nuove, non possono sfuggire al 
sindacato di legittimit� costituzionale (1). 

1-2) La questione � stata promossa con ordinanze del 14 novembre 
1968, del pretore di Bologna (Gazzetta Uff. 12 marzo 1969, n. 66) e del 26 
giugno 1969 del pretore di Torino (Gazzetta Uff. 5 novembre 1969, n. 280). 

Su 
problemi della magistratura cfr Corte Cost. 23 dicembre 1963, 



522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In riferimento agli artt. 25, 1� comma, 101 e 107, 3� comma, della 
Costituzione, � infondata la questione di costituzionalit� degli artt. 4, 
31, 34, 1� comma, e 39, 1� comma, dell'ordinamento giudiziario approvato 
con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, i quali prevedono 7,'esistenza di 
magistrati di diverso �grado � e di pretori �in sottordine � e sono stati 
riplasmati dalle disposizioni di cui alla legge 24 maggio 1951, n. 392, 
che stabilisce che i magistrati ordinari si distinguono secondo le funzioni 
(2). 


n. 168, Foro it., 1964, I, 3, commentata da .ABBAMONTE in Giust. civ., 1964, 
III, 40. 
I

In dottrina: PEDACE, Ordinamento giudiziario, v. d�l Novissimo dig., 
1965, XII, 16; BARTOLE, Autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario, 

I 

1969, 251. 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 81 -Pres. Branca -Rel. 
Rossi -Quaranta (n.c. ePresidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Esecuzione -Pagamento delle pene pecuniarie Questione 
di costituzionalit� -Inammissibilit�. 
(Cost., art. 3; r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701, art. 237 e 238). 

In quanto sollevata dal giudice dell'ufficio giudiziario cui appartiene 
il canceniere competente per L'esecuzione, � inammissibile la questione 
di legittimit� costituzioinale degU artt. 237 e 238 del r.d. 23 dicembre 
1865, n. 2701, per i quali la dilazione o la rateazione delLe pene 
pecuniarie pu� essere concessa, in presenza di garanzie reali o personali, 
a seguito di un procedimento meramente amministrativo al quale 7,'organo 
giudiziario, preposto alL'esecuzione penale, partecipa con l'emanazione 
di un semplice parere (1). 

(Omi.!Ssis). -La Corte costituzionale � chiamata a decidere se contrastino 
o meno con il principio costituzionale d'uguaglianza, per disparit� 
di trattamento tra cittadini abbienti e non abbienti, gli artt. 237 
e 23,8 del r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701 (c.d. tariffa penale), nella 

(1) La questione era stata introdotta, con riferimento all'art. 3 della 
Costituzione, con ordinanza 6 dicembre 1968 del pretore di Guastalla 
(Gazzetta Uff. 26 febbraio 1969, n. 52). 
In tema di conversione delle pene detentive cfr. Corte Cost. 27 marzo 
1962, n. 29, commentata da GrANzr, in Giur. cost., 1962, 229. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 523 

parte in cui richiedono al condannato di prestare garanzie immobiliari 

o personali perch� l'amministrazione finanziaria possa concedergli la 
dilazione del pagamento della pena pecuniaria. 
Occorre preliminarmente esaminare se la questione sollevata sia 
ammissibile in riferimento alla circostanza che il giudice a quo, a seguito 
della presentazione al cancelliere dell'istanza di dilazione, non 
era autorizzato ad emettere alcun provvedimento decisorio, ma un semplice 
parere, necessario perch� la domanda stessa potesse venire inoltrata 
all'amministrazione finanziaria ai fini della decisione di merito. 

� noto che la riscossione delle pene pecuniarie avviene iistituzionalmente 
a cura dell'affiministrazione finanziaria dello Stato, alle cui 
dipendenze operano, nel settore� specifico, le �cancellerie giudiziarie, e 
che ai sensi delle iimpugnate norme, modificate dall'art. 5 del r.d. 22 
gennaio 1922, n. 200, compete all'intendenza di finanza accordare la 
dilazione al pagamento delle pene suddette qualora concordi nell'avviso 
espresso dal procuratore della Repubblica o dal pretore. In caso di dissenso, 
invece, l'intendente di finanza deve riferirne al superiore ministero 
che provvede in modo definitivo, salva, ovviamente, secondo i 
principi generali oggi vigenti, la possibilit� di esperire i comuni ricorsi 
giurisdizionali avverso il provvedimento ora menzionato. 

Da quanto precede risulta che le norme impugnate esplicano la 
loro efficacia nell'ambito di un procedimento meramente amministrativo, 
al quale l'organo giudiziario preposto all'esecuzione penale rimane 
estraneo, eccetto che per l'emanazione di un parere. 

Il controllo giudsdizionale della legittimit� del provvedimento 
emesso appartiene al giudice amministrativo. Consegue pertanto che 
il giudice a quo, cui non compete alcun pote.re decisionale in applicazione 
delle norme impugnate, non ha veste per poter sollevare la relativa 
questione di legittimit� costituzionale innanzi a questa Corte: la 
questione stessa deve essere quindi dichiarata inammissibile.~ (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 82 -Pres. Branca -Rel. 
Reale -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese) 
c. Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Pacia). 

Regione -Friuli-Venezia Giulia -Conflitto di attribuzioni -Nomina dei 

componenti le com.missioni per la tenuta del ruolo per agenti e rap


presentanti di com.mercio -Spetta allo Stato. 

(St. reg. Friuli-Venezia Giulia, artt. 4 n. 6 e 8; d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, 
art. 8 e segg.; 1. 12 marzo 1968, n. 316, art. 4). 

Spetta allo Stato, e non alla Regione Friuli-Venezia Giulia, la competenza. 
a nomioore le commissioni per la tenuta dei ruoli degli a.genti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

524 


e rappresentanti di commercio ai sensi deU'art. 4 legge 12 marzo 1968, 

n. 316 (1). 
(Omissis). -1. -I quattro ricorsi, di analogo contenuto, vanno 
riuniti e decisi con unica sentenza. 

2. -Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rivendicato allo 
Stato la �competenza a provvedere, ai sensi della legge 12 marzo 1968, 
n. 316, alla nomina dei componenti le commissioni per la formazione 
e tenuta dei ruoli degli agenti e rappresentanti di commercio; ruoli 
istituiti presso le .camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura 
della quattro provincie (Trieste, Udine, Gorizia e Pordenone) 
della Regione Friuli-Venezia Giulia. Ed ha concluso perch� questa Corte 
annulli i quattro decreti in data 9 settembre 1969, con i quali l'assessore 
per l'industria e commercio della Regione ha nominato le commissioni 
nelle provincie suddette, cos� esercitando i poteri che l'art. 4 
della legge sopra citata attribuisce ai prefetti. 
L'Avvocatura generale ha contestato che, ai sensi degli artt. 4 n. 6 
e 8 dello statuto speciale (i quali sottopongono rispettivamente alla 
potest� legislativa primaria ed alla correlativa potest� amministrativa 
regionale la materia dell'industria e commercio), nonch� ai sensi degli 
artt. 8 e seguenti delle norme di attuazione dello statuto speciale (d.P.R. 
26 agosto 1965, n. 1116), possa ritenersi demandata alla Regione, come 
invece � da questa sostenuto, la composizione delle commissioni in questione. 
Ci� ancorch� dalla legge statale, �che le ha istituite, siano disciplinate 
quali organi speciali delle camere di .commercio, enti pubblici 
locali che sono soggetti alla competenza regionale, ma solo nei limiti 
fissati dalle norme statutarie e di attuazione. 

I ricorsi sono fondati. 

3. -La legge 12 marzo 1968, n. 3�16, la cui applicazione, per quanto 
attiene alle commissioni predette, d� luogo al presente conflitto di attribuzioni, 
� volta a stabilire, come si evince dai lavori preparatori 
(ed in ispecie dalle relazioni alle proposte di legge di iniziativa parlamentare, 
che, congiuntamente discusse, hanno condotto all'approvazione 
del testo attuale), una efficace ed organica regolamentazione della 
profes�sione degli agenti e rappresentanti di commercio, idonea a soddisfare 
varie aspettative, compre.se quelle della categoria, e ad integrare 
la disciplina, ritenuta insufficiente, risultante dalla legislazione in vi(
1) In generale, sui limiti della competenza regionale cons. Corte Cost. 
22 dicembre 1961, n. 66. 
Con sentenza 15 dicembre l 967, n. 153 (in questa Rassegna 1968, 13) 
la Corte ha dichiarato che spetta .allo Stato la competenza a costituire le 
Commissioni per gli albi degli esportatori dei prodotti ortofrutticoli e 
agrumi anche nel territorio della Regione siciliana. 

In dottrina: PALADrsr Commento allo Statuto del Friuli Venezia Giulia. 


:ili 

=~~ 

filiWtrrfifiWfiffilfiffMfffffHf;illiITf1IffffillfffMfifffJillillill&1illffilEfllif:fff:f@llillifllifffffEINKf0ffffififfiffmfffff0fEJ 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 525 

gore. In particolare, la legge in esame ha inteso tutelare gli interessi 
professionali degli agenti e rappresentanti di commercio e, al tempo 
stesso, gli interessi di quanti partecipano ai settori della produzione 
e degli scambi. Ha e.reato, infatti; unsistema che non � diretto soltanto 
a dare pubblica notizia dei soggetti esercenti l'attivit� intermediaria, 
costituente, come � scritto nella relazione ad una delle proposte di 
legge (dpcumento n. 539, 4" legislatura, Camera dei deputati), �importante 
anello di congiunzione tra� le fonti di produzione e l'apparato 
commerciale di distribuzione�, ma � volto principalmente ad accertare 
i requisiti di idoneit� morale e tecnica dei ,soggetti predetti. Ci�, come 
sembra evidente, in considerazione sia del carattere fiduciario dell'attivit� 
da essi svolta nell'interesse degli imprenditori e della pubblica 
fede, sia delle esigenze del mercato internazionale, in particolar modo 
di quello della Comunit� economic� europea, nei cui confronti vigono 
per lo Stato italiano speciali impegni. 

L'accertamento summenzionato, nel sistema della legge, ha natura 
giuridica di atto avente funzione costitutiva della legittimazione all'esercizio 
dell'attivit� professionale e si estrinseca nella delibera di 1scrizione 
nel ruolo articolato in due elenchi, l'uno transitorio, l'altro effettivo. 

Per l'iscrizione nel ruolo, istituito presso la camera di commercio 
di propria residenza, occorrono nel richiedente (e, quand� si tratti di 
societ�, nei legali rappresentanti di essa) la qualit� di cittadino italiano, 
o, se straniero, l'appartenenza a Stato membro della e.E.E., ovvero la 
residenza in Italia, nonch� il godimento dei diritti �civili, il non essere 
interdetto o inabilitato, fallito o condannato per determinati gravi reati, 
il possesso del titolo di studio di scuola secondaria. � inoltre prevista 
qualche incompatibilit� e preclusione (artt. 5 e 6 della legge). La prima 
iscrizione ha luogo nell'elenco transitorio; la seconda in quello effettivo, 
dopo il decorso di un biennio dalla prima e la dimostrazione da parte 
dell'interessato di avere effettivamente svolto l'attivit� di agente o 
rappresentante. 

Come emerge dall'art. 9 della legge, che nel terzo comma prevede 
per i contravventori sanzioni penali, � fatto divieto, a chi non � iscritto 
nel ruolo, di esercitare le attivit� predette e sono, del pari, � vietati 
i contratti di agenzia o rappresentanza nei quali l'agente o il rappresentante 
non sia iscritto nel ruolo�. 

La formazione e la conservazione del ruolo provinciale � deman


data alle commissioni sopra ricordate, aUe quali � attribuito il potere, 

non discrezionale, di ricognizione dei titoli il cui possesso � richiesto 

dalla legge per l'iscrizione, con effetti i quali incidono sul diritto alla 

esplicazione delle attivit� lavorative. Diritto suscettibile, sotto l'aspetto 

pubblicistico, soltanto di controlli autoritativi iniziali, al momento della 

iscrizione, e di controlli successivi, a seguito dei quali pu� anche essere 

disposta la cancellazione dal ruolo (art. 7, commi quarto, quinto e s�esto). 



526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In relazione alle accennate finalit�, l'avere il legislatore affidato 
la tenuta dei ruoli provinciali alle commissioni predette, aventi sede 
presso le camere di commercio, risponde semplicemente ad un criterio 
generale di organizzazione dei relativi servizi e di opportuna ripartizione, 
su base territoriale, degli accennati compiti di accertamento e 
vigilanza sui componenti la categoria professionale, residenti nella 
provincia. 

Non mancano, d'al~a parte, nella legge in esame, e ci� � molto 
significativo, norme volte ad assicurare la uniforme applicazione della 
disciplina professionale nel territorio della Repubblica, garantendo a 
tutti gli interessati parit� di trattamento, nel rispetto dei principi di 
legalit� amministrativa, in ordine all'esercizio della propria attivit� 
professionale, anche fuori dell'ambito regionale. 

Agli stessi interessati, infatti, � accordato il diritto di proporre, 
contro le deliberazioni non definitive delle commissioni provinciali, e 
che negano la iscrizione o dispongono la cancellazione, ricorso alla 
commissione centrale presso il Ministero dell'industria (art. 8 della 
legge). Ed alla stessa esigenza di uniformit� risponde, altres�, l'attribuzione 
al prefetto, quale rappr�sentante del Governo nella provincia, 
del compito di nominare, con suo decreto, il presidente (che � lo stesso 
presidente della camera di commercio o un suo delegato) ed i membri 
effettivi e supplenti delle commissioni provinciali, scelti fra agenti e 
rappresentanti di commercio, che siano in posse:,so dei requisiti per la 
iscrizione nel ruolo effettivo, su designazione delle organizzazioni provinciali 
aderenti alle organizzazioni nazionali firmatari-e degli accordi 
economici collettivi della categoria. 

Ovviamente (come � confermato dalla prassi che viene citata dalla 
stessa difesa regionale) nell'esercizio delle attribuzioni affidategli il 
prefetto agisce in base a direttive impartite dal Ministero dell'industria. 

4. -Le precedenti considerazioni dimostrano che la materia della 
disciplina della professione di agente e rappresentante di �commercio, 
dettata in modo unitario ed organico dalla legge statale in esame, risponde 
alla tutela di interessi generali che spetta soltanto allo Stato 
di perseguire, secondo i precetti di cui agli artt. 3 e 120, terzo comma, 
della Costituzione: interessi tali che non possono essere oggetto di provvedimenti 
diversi da regione a regione. La materia esula, quindi, dall'ambito 
regionale e deve ritenersi che non possa essere compresa ed 
inquadrata nelle attribuzioni, legislative e amministrative, della Regione 
Friuli-Venezia Giulia: precisamente in quelle concernenti l'industria e 
commercio, di cui all'art. 4, n. 6, in correlazione con l'art. 8 dello statuto 
speciale �ed agli artt. 8 e seguenti delle norme di attuazione pi� 
volte citate. 
5. -Non valgono in contrario gli argomenti che la difesa regionale, 
richiamandosi anche al disposto dell'art. 32 n. 3 del testo unico appro:~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 527 

vato con r.d. 20 settembre 1934, n. 2011, sui consigli provinciali dell'economia 
(ora camere di commercio), fonda sull'asserto �Che vari ruoli, 
elenchi ed albi di operatori economici sono tenuti presso le camere di 
commercio del Friuli-Venezia Giulia da commtssioni costituite con. provvedimenti 
degli organi della regione. Si tratterebbe di professioni, come 
quelle degli stimatori e pesatori pubblici, dei periti ed esperti, dei mediatori, 
degli agenti marittimi, degli spedizionieri, aventi, secondo la 
difesa regionale, affinit� con quella di agente o rappresentante di 
commel'cio. 

Orbene tali situazioni hanno rilievo di mero fatto e non possono, 
quindi, fornire argomenti per la soluzione, nel senso indicato dal~a 
Regione, del presente .conflitto. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 86 -Pres. Branca -
Rel. Fragali -Parasole ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. d�llo Stato Chiarotti e Casamassin:ia). 

Pena -Codice penale -Sospensione condizionale -Revoca di diritto 
-Questioni fondate di costituzionalit�. 
(Cost., artt. 3 e 27; cod. pen., art. 164 e 168). 

In riferimento all'arfJ. 3 della Costituzione, sono illegittimi gli 
articoli 164, comma secondo, e 168 del codice penale sulla parte� in cui 
dispongono che il giudice non possa esercitare il; porfJere di concedere 

o negare, per La pena da comminare, il beneficio della sospensione 
condizionale, o debba revocare di diritto la sospensione gi� concessa 
quando il secondo reato si lega con il vincolo de�lla continuit� a quello 
punito co-n pena sospe�sa; � del pari illegittimo lo stesso articolo 168 
del codice penale, nella parte in cui, per l'ipotesi di successiva irrogazione 
di pena pecuniaria, non conferisce al giudfoe il potere di subordinare 
la revoca della sospensione della pena detentiva al mancato 
pagamento della pena pecuniaria (1). 
(Omissis). -1. -� indubitabile che ciascuna delle questioni proposte 
dalle tre ordinanze, solo per ragioni di rilevanza � stata riferita 

(1) Le questioni sono state proposte con le seguenti ordinanze: 8 novembre 
1968 del pretore di Caltagirone (Gazzetta Ufficiale, 29 gennaio 1969, 
n. 25); 2 dicembre 1968 del Tribunale di Livorno (Gaz?.etta Ufficiale 29 
gennaio 1969, n. 25); 16 giugno 1969 del pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale, 
5 novembre 1969, n. 280). 
Sulla sospensione condizionale della pena in riferimento ai reati elettorali 
cfr. la sentenza della Corte Cost. n. 48 del 1962. 
1Sul reato continuato cfr la sentenza n. 9 del 196.6.. 

4 

l 
~ 
I 

' 

~ 

I 

! 

' 


528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

separatamente ed esclusivamente a uno solo dei numeri di cui si compone 
il primo comma dell'art. 168 del codice penale, mentre, per la 
loro sostanza, ogni questione riguarda tutte le fattispecie enunciate 
nello stesso articolo. 

Le cause debbono perci� essere decise con una sola sentenza. 

2. -Sulla seconda delle questioni, esattamente il tribunale di Li~ 
vorno e il pretore di Torino rilevato che il caso di cui sono oggetto 
le loro ordinanze, riguardante fatti legati da nesiso di continuit� con 
altri puniti con sentenza rprecedente, non pu� essere trattato diversamente 
da quello in cui la continuazione � accertata con unica sentenza; 
per cui, come, in quest'ultimo caso, la pena pu� essere sospesa, nel concorso 
dei presupposti ,di legge, con riguardo al reato considerato nella 
sua unit�, cosi non dovrebbe revocarsi la sospensione della prima 
condanna quando la seconda, cumulata con la prima, non oltrepassi i 
massimi indicati nell'art. 163 stesso codice. Tale ragionamento investe 
il combinato disposto degli artt. 164, comma secondo n. 1, e 168, primo 
comma n. 2, nella parte in cui, quando il secondo reato sia in relazione 
di continuit� con altro gi� punito con pena sospesa, si esclude che 
il giudice possa esercitare il potere di concedere o di negare per 
l'intera pena il beneficio della sospensione condizionale e si impone 
che sia revocata di diritto la sospensione condizionale gi� concessa. 
Si muove, nelle ordinanze, dal contenuto che la giurisprudenza 
ha dato alle norme denunciate: infatti si � giudicato che la sospensione 
della prima condanna deve essere revocata quando la continuazione 
del reato emerge in un processo successivo. Con questo contenuto 
vivono perci� le norme predette; ma esse, nella sostanza, fanno 
dipendere l'esistenza del nesso di continuit� fra due reati da circostanze 
occasionali, e cio� a dire, dal fatto che la continuazione sia accertata 
in un solo tempo anzich� in tempi successivi, circostanze che non 
possono elevarsi a fondamento di una diversa disciplina. Assumere, 
coll'Avvocatura, che la scoperta di fatti anteriori alla prima condanna 
smentisca la presunzione di ravvedimento posta dal giudice a giustificazione 
del beneficio accordato, vuol dire denunciare l'irrazionalit� 
della distinzione, anzich� giustificarla: infatti nemmeno nel primo 
giudizio la continuazione pu� essere, di per s� sola, ragione di rifiuto 
del beneficio della sospensione, dovendo sempre verificarsene la rilevanza 
per decidere se possa presumersi che l'imputato si asterr� dal 
comemttere altri reati. La circostanza che il primo giudice non era a 
notizia che l'imputato aveva, in 1continuazione, ancora violato la legge 
penale, non pu� perci� impedire al secondo giudice di compiere gli 
apprezzamenti che avrebbe fatto il primo, e imporgli di sostituire, al 
suo libero convincimento, una presunzione legale di inopportunit� 
della sospensione. Tale inopportunit� non pu� spiegarsi nemmeno con 
il rilievo che l'imputato non rese noto al giudice di aver commesso i 

'lj 

@iliiffil'if&filf:fffJfffffi'Jffff{ffK@iWfilfffTulftl@Hfilf@fl[fff[ffffilffffff@ill[[@][ffiffili10filf:m10rrftfilfai&JM1WJf=ZmflKtmJ[iliiib@�t~ 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. eOSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 529 

nuovi reati, perch�, se cos� potesse ragionarsi, dalla norma si farebbe 
derivare una inconcepibile sanzione alla reticenza dell'imuptato; al 
quale invece l'ordinamento garantisce piena libert� di comportamento 
processuale, al riparo dalla presunzione della sua non colpevolezza.

/

Il legame logico tra gli artt. 164 e 168 del codice penale � indiscutibile: 
ed � irrazionale inibire al giudice chiamato a decidere sulla 
revoca della sospensione quegli apprezzamenti che egli pu� compiere 
quando deve decidere se la pena debba sospendersi. 

3. -L'altra questione, quella proposta dal pretore di Caltagirone, 
pone in risalto l'incoerenza tra il principio adottato nell'art. 168 del 
codice penale, che non distingue pena da pena agli effetti della revoca 
di una precedente sospensione, e l'art. 164, quinto comma, stesso codice 
che, al contrario, agli effetti della concessione del beneficio della sospensione, 
differenzia caso da caso in relazione al tipo di pena che deve 
comminarsi con la seconda sentenza. Dato il rilevato legame logico 
che esiste tra concessione e revoca del beneficio, poggiare i poteri del 
giudice riguardo alla sospensione della pena su presupposti meno 
rigidi di quelli ai quali si informa il dovere di revocare la sospensione, 
� chiara prova della violazione del principio di eguaglianza: secondo 
la legge il giudice dovrebbe revocare il beneficio in casi in cui gli � 
invece permesso di concederlo e dovrebbe concederlo in casi in cui 
egli � tenuto poi a revocarlo. 
In particolare, il pretore di Caltagirone ha esteso il confronto fra 
l'art. 164 predetto e il successivo art. 168 all'ipotesi di successione di 
una pena pecuniaria a una pena detentiva, non espressamente regolata 
dall'art. 164, quinto comma, e ritiene che a fortiori il giudice pu� concedere 
il beneficio quando ad una pena detentiva debba seguire la 
pena pecuniaria che l'imputato sia disposto a pagare, essendo la fattispecie 
me-itevole di un pi� .benevolo apprezzamento, come indice, 
anzich� di un aggravarsi della spinta criminosa, al pari del caso contemplato 
dall'art. 164, quinto comma, di una attenuazione della spinta 
stessa. 

Il giudice a quo esattamente cio� opina che l'art. 164, quinto 
comma, permette all'imputat~ di godere del beneficio ove paghi entro 
un congruo termine l'importo della pena pecuniaria, senza far differenze 
tra il caso in cui la seconda sentenza deve comminare una pena 
detentiva e quello in cui deve ripetere una condanna a pena pecuniaria; 
in altre parole consente a colui che in due tempi successivi 
sia punito con pena pecuniaria e con pena detentiva, di fruire del 
beneficio della sospensione della pena detentiva, indipendentemente 
dal fatto che gli sia stata irrogata prima la pena pecuniaria e poi 
quella detentiva o viceversa. Cos� essendo, viene a dimostrarsi che 
l'art. 168 del codice penale viola l'art. 3 della Costituzione: la norma 
impugnata si manifesta lesiva della regola di eguaglianza nella parte 



530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cui npn distingue fra le due ipotesi e permett� che la revoca della 
sospensione possa pronunciarsi, con riguardo al caso di pena pecuniaria, 
anche quando la sospensione dovrebbe essere concessa secondo 
quanto � prescritto nell'art. 164. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 87 -Pres. Branca -
Rel. Verzi -Carlon (avv. Barile ed Agostini), INAM (avv. Giorgianni 
e Fo�) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Coronas). 

Previdenza e assistenza -Assistenza malattie -Lavoratore agricolo 
Questione infondata di costituzionalit�. 
(Cost., artt. 3 e 38; d.lg.lgt. 9 aprile 1946, n. 212, art. 4). 

In riferimeinto agli articoli 3 e 38 della Costituzione non � fondata 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 del d.lg.lgt. 9 aiprile 
1946 n. 212, il quale dispone che il diirtto aLle prestazioni assistenziali 
in caso di malattia sorge per i dipendenti daUe imprese� agricole (a 
differenza dai dipendenti dalle imprese industriali) con la iscrizione in 
particolari elenchi nominativi e decorre dalla data di validit� di tali 
elenchi (1). ' 

(1) La questione � stata introdotta con ordinanza del Tribunale di 
terni del 12 novembre 1968 (Gazzetta Ufficiale, 12 febbraio 1969, n. 38). 
La sentenza ha accolto la tesi dell'Avvocatura, la quale, ha sostenuto che la 
pvestazione d'opera in agricoltura presenta la particolarit� di esseve, durante 
l'anno, non solo discontinua, ma anche conseguente ad una pluralit� piuttosto 
rilevante di rapporti correnti con datori di lavoro diversi. La difficolt� 
di individuare tali singoli rapporti ai fini della costituzione della posizione 
previdenziale di ciascun lavoratore ha indotto il legislatore a cr�eare una 
vera e propria anagrafe di lavoratori agricoli, mediante la formazione di 
elenchi nominativi con validit� quinquennale, da aggiornarsi ogni tre mesi 
(art. 12 r.d. 24 settembre 1940, n. 1949) riflettente la situazione lavorativa 
di ciascun iscritto. L'iscrizione in detti elenchi, non essendo rimessa ad un 
apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione, ma conseguente 
all'accertamento della effettiva occupazione di ciascun interessato, 
non attribuisce alcun diritto al lavoratore, ma si risolve in un atto ricognitivo 
prima, e dichiarativo poi, del possesso da parte del prestatore d'opera 
di specifici requisiti condizionanti il sorgere di determinati dritti. Il che � 
confermato dal disposto del quarto comma dello stesso art. 4, per il quale, 
malgrado la non iscrizione, l'interessato pu� conseguire ugualmente le 
prestazioni, purch� esibisca un certificato dell'organo preposto alla formazione 
degli elenchi, attestante il titolo dell'interessato stesso ad esservi 
incluoo, titolo che, senza alcun dubbio, � costituito dalla prestazione di � 
lavoro subordinato in agricoltura. Da tutto ci� consegue che la diversit� di 
regolamentazione tra i lavoratori dell'industria e quelli dell'agricoltura non 
a ttiene al presupposto (prestazione di lavoro subordinato) del diritto 


-%. -%. 
PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 531 

all'assicurazione malattia, ma soltanto all'accertamento di tale presupposto, 
accertamento che � diverso nei due casi per la diversit� di situazione,_ 
Poich� tale diversit� giustifica la disciplina adottata dal legislatore, non 
sussisterebbe la violazione di principio di eguaglianza. 

La citata disposizione del quarto comma dell'art. 4 convince altres� che 
non vi � neppure violazione dell'art. 38 della Costituzione. La mancata 
iscrizione negli elenchi non preclude infatti il diritto a conseguire le 
prestazioni di malattia, se, anche in mancanza di tale iscrizione, l'assistenza 
� dovuta sol che si esibisca l'attestato della esistenza del rapporto di lavoro 
subordinato. Va rilevato infine che la disciplina dettata dall'art. 4; si risolve 
in un vantaggio, almeno per le categorie di lavoratori agricoli classificati 
eccezionali ed occasionali, per la modesta attivit� da essi svolta. Ed invero, 
qualora al sistema degli elenchi nominativi si sostituisse il sistema proprio 
di altri settori, detti lavoratori potrebbero vedere grandemente scemato il 
diritto alla assistenza malattia. 

In dottrina vedasi CHIAPPELLI, L'assicurazione di malattia, 1969, 107 segg. 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 88 -Pres. Branca -
Rel. Trimavchi -Salvatori (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Corte costituzionale -Giudice � a quo � -Natura decisoria del prov


vedimento emesso dal giudice istruttore -Ammissibilit� della 

questione di legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

Procedimento civile -Consulenti tecnici -Liquidazione di compensi 


Natura particolare del compenso -Questione infondata di legitti


mit� costituzionale. 

(Cost., art. 36, 1� comma; legge 10 dicembre 1956, n. 1426, artt. 1, 3 e 4). 

Poich� in sede di liquidazione del compenso al consulente te�_nico 
d'ufficio, il giudice istruttore civile � organo giurisdizionale ed emette, 
nel. caso, un provvedimento decisorio, esso � legittimato� a so.ZZevare 
la questione di legittimit� costituzionale (1). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 
2, 3, 4 della legge 1� dicembre 1956, n. 1426 (sui compensi spettanti 
ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni 
�seguite a richiesta della'utorit� giudiziaria), in riferimento all'art. 36, 
comma primo, della Costituzione (2). 

1-2) La questione � stata sollevata con ordinanza 30 giugno 1968 del 
giudice istruttore del Tribunale di Ferrara. 

Sulla incompetenza, in linea di massima, del giudice istruttore civile 
a promuovere questione di legittimft� costituzionale, cfr. Corte Cost. sentenze 
n. 109 del 1962, n. 44 del 1963. Sulla legittimazione del giudice istruttore, 
inparticolari casi, vedasi la sentenza n. 62 del 19~6. 



532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

..~ 
CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 89 -Pres. Branca -
Rel. Mortati -Greco (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Procedimento penale -Arresto ad opera di privati -Questione infondata 
di costituzionalit�. 
(Cost., art. 13, 3� comma; c.p.p., art. 242). 

In riferimentJo all'art.13, 30 comma, delLa Costituzione, non � fondata 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 242 del codice 
di procedura penale, il quale consente, in presenza di determinate condizioni, 
l'arresto del reo ad opera di privati (3). 

(Omissis). -La questione sollevata dal pretore di Monopoli con 
cui si eccepisce la illegittimit� costituzionale dell'art. 242 del codice 
di Pl'ocedura penale, nella considerazione che l'arresto ivi previsto, 
per opera di un privato, di chi sia colto in flagranza di reato 
si pon~ in contrasto con l'art. 13, terzo comma, della Costituzione il 
quale consente l'adozione di siffatti provvedimenti provvisori restrittivi 
della libert� personale solo all'autorit� di pubblica sicurezza -, 
non a'ppare fondata. 

�. esatto che i provvedimenti in parola, costituendo deroga al 
principio consacrato nel citato articolo, che incentra nella sola autorit� 
giudiziaria ogni potere di �disporre misure incidenti sulla libert� 
delle persone, devono ritenersi di stretta interpretazione, e quindi non 
suscettibili di applicazione estensiva. Tuttavia � da ritenere che la 
facolt� conferita al privato dalla norma in contestazione non opera 
una vera estensione della portata propria della disposizione costituzionale, 
in quanto il privato, allorch� agisce in presenza delle condizioni 
e rimane nei limiti stabiliti dalla norma stessa, assume la veste 
di organo di polizia, sia pure straordinario e temporaneo, ed in conseguenza 
viene a godere, nell'esercizio delle funzioni pubbliche assunte, 
della stessa speciale posizione giuridica conferita agli ufficiali di polizia 
giudiziaria, come risulta dal n. 2 dell'art. 357 del codice penale. 
Ci� non diversamente da quanto avviene nell'ipotesi prevista dall'articolo 
652 del codice penale che impone al ,privato, sotto comminatoria 
di sanzioni penali, �di prestare ,se richiesto, il proprio aiuto o la propria 
opera nella flagranza di un reato. Il fatto che in quest'ultima ipotesi 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza del Pretore di Monopoli 
emessa il 3 febbraio 1969 (Gazzetta Ufficiale 2 aprile 1969; n. 85). In dottrina 
C. AMATOG Individuo e autorit� nella disciplina della libert� personale, 
1967, 420 (nota 101); M. S. GIANNINI, Corso diritto amministrativo, 1965,. I-II, 
290 segg.; SANDULLI, Manuale diritto amministrativo, 1969, 318 e segg, 
:: 

~fdifilfilIT&fWfftG1Mffftm'ff%fM@fafdiliBf1fimiiififffif@fmf'filiiTINiifffffifffiinf8ffffKtfEilif'&filffiBbt".d 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 533 

il privato obbedisca ad un ordine, conseguente all'accertamento della 
flagranza. stessa da parte di una pubblica autorit�, mentre nell'altra 
agisce di propria iniziativa e sulla base della constatazione della flagranza 
da lui stesso effettuata, non muta sostanzialmente il tipo di 
attivit� giuridica che egli viene ad esplicare nelle due ipotesi, diversificabili 
pertanto fra loro solo sotto l'aspetto quantitativo della durata 
del tempo di apprensione del colpevole fino al momento dell'intervento 
dell'autorit� ordinaria di polizia. 

In entrambi i casi esaminati si fa applicazione del principio generate 
della � collaborazione civica � in base al quale ogni cittadino �, 
secondo i casi; obbligato o fa.cultato a syolgere attivit� richieste, con 
carattere di assoluta e urgente necessit�, nel comune interesse, per 
far fronte ad eventi rispetto ai quali, data la loro eccezionalit� o 
imprevedibilit�, le autorit� costituite rion siano in grado di intervenire 
con la necessaria tempestivit�, oppure in misura sufficiente al bisogno. 
Il ricorso al privato nel caso denunciato deve farsi derivare dal richiamo 
che l'art. 2 della Costituzione fa all'osservanza dei �doveri di solidariet� 
sociale ., e che trova nel diritto vigente numerose specie di 
applicazione. 

La circostanza che il campo di azione consentito al privato dall'art. 
242 sia pi� limitato di quello in cui si muove l'autorit� costituita 
e ~i limiti alla sola apprensione materiale del reo (e all'eventuale custodia 
delle cose costituenti il corpo del reato), non comprendendo la compilazione 
del processo verbale dell'arresto o qualunque comunicazione 
all'autorit� giudiziaria (mentre egli pu� pretendere dagli uffici di 
polizia il certificato del fermo da lui operato), discende dalla veste che 
viene ad assumere di organo straor�dinario, fornito, come tale, dei soli 
poteri strettamente necessari ad evitare il pericolo della fuga, e limitatamente 
al tempo anch'esso strettamente necessario ad operare la 
consegna dell'arrestato alla .pi� vicina autorit�. Analogamente la facoltativit� 
del potere ex art. 242 trova la sua ovvia spiegazione nell'esigenza 
di evitare al privato l'assunzione dell'obbligo di iniziative che, 
oltre a presentare pericoli alla propria integrit� fisica, possono far sorgere 
in lui ragioni di dubbio circa la sussistenza dei requisiti che, ai 
sensi dell'articolo stesso, sono necessari a legittimare l'arresto. 

Le considerazioni che precedono conducono a far concludere che 
la �disposizione denunciata non contrasta con il terzo comma dell'art. 13, 
non facendo a ci� ostacolo n� il fatto che quest'ultimo non ricordi 
espressamente il privato fra gli abilitati all'adozione delle attivit� ivi 
menzionate, n� la considerazione che alla potest� consentita' al privato 
non si adegui la qualifica di provvedimento, adottata dall'articolo stesso 
(in realt� detto termine non assume un significato tecnico, e pertanto 
� da interpretare come includente qualsivoglia misura, comunque adottata 
dal cittadino nella veste di titolare straordinario �di una pubblica 



534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

funzione, assunta sotto la propria responsabilit�). Ci� semprech� l'attivit� 
esercitata si mantenga nei limiti derivanti dalla natura stessa del 
potere consentito, e che inoltre rimanga fermo il rispetto del limite 
massimo di vigenza di ogni provvedimento provvisorio qual � stabi~ 
lito dall'art. 13, con la conseguenza che l'inzio del termine di 48 ore 
prescritto per la comunicazione all'autorit� giudiziarta venga sempre 
fatto decorrere dal momento dell'arresto operato dal privato e non gi� 
da quello della consegna da parte sua all'autorit� di polizia. ...,..... (Omissis). 


CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 90 -Pres. Branca Rei. 
Mortati -Minnitti (n.c.). 

Sicurezza pubblica -Riunioni non precedute da preavviso -Pene per co


loro che prendono la parola -Parziale costituzionalit� della nor


mativa. 

(Cost., art. 21; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, 3� comma). 

In riferimento aWart. 21 della Costituzione � illegittimo il terzo 
comma dell'art. 18 del testo� unico delle leggi di pubbliea sicurezza, 
approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui non limita 
la previsione punitiva a coLoro che prendono la mrola essendo a cono~ 
scenza dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma (1). 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza emessa il 10 giugno 
1968 dal pretore di Brindisi (Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1968, n. 248) 
e con ordinanza emessa 1'8 ottobre 1969 dal pretore d� Verona (Gazzetta 
Ufficiai.e 10 dicembre 1969, n. 311). 
Sul primo comma dell'art. 18 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, la Corte si � 
gi� pronunziata con la sentenza n. 9 del 1956. 
In dottrina cons. PACE: La libert� di riunione nella Costituzione italiana, 
1967. 


CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 94 -Pres. Branca -
Rel. Chiarelli -Segantini (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 



% 

Fallimento -Assoggettamento del solo imprenditore commerciale f~

ili 

::::::~::::::::::,::::~,-:~~~ndma le que-~ 

"'�"e di legittimitd oootituzionale degli artkoli 2221 e.e. e 1 r.d. 16 --. I 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 535 

marzo 1942, n. 267, � con tutte ie norme di legge che ne derivano � 
i quali assoggettano ai faUimento soltanto gli imprenditori commerciali 
con esclusione deHa generalit� di cittadini ed anche dei piccoli imprenditori 
(1). 

1 (1) La questione � stata promossa con ordinanza del Pretore di Roma 
emessa il 27 giugno 1968 (Gazzetta Ufficiale, 26 marzo 1969, n. 78). Sulla 
esclusione del fallimento del piccolo imprenditore vedasi anche la sentenza 

n. 43 del 1970, in questa Rassegna, 1970). 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 95 -Pres. Branca Rei. 
Oggioni -Esattoria di Modena ed altri (n.c.) e Presidente del 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento di esecuzione esattoriale 


Questione infondata di costituzionalit�. 

(Cost., art. 3, primo comma, art. 24, primo e secondo comma, art. 25, primo 

comma; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 205). 

In riferimento agii articoli 3, 24 e 25 deHa Costituzione non � 
fondata ia questione di legittimit� deU'art. 205 dei testo� unico deHe 
leggi suHe imposte dirette (1). 

(Omissis). -1. -Con la suindicata ordinanza di rimessione, la 
questione di costituzionalit� dell'art. 205 del testo unico delle leggi 
sulle imposte dirette viene sollevata sotto triplice profilo. 

Si assume che la surroga dell'esattore in procedimenti esecutivi 
immobiliari gi� iniziati da altri, avrebbe come conseguenza lo spostamento 
in ogni caso e la concentrazione degli atti da compiere, nell'ambito 
esclusivo dell'ufficio pretorile, a norma degli artt. 200 e seguenti 
del predetto testo unico: ci� con l'effetto di distogliere le parti interessate 
dal giudice naturale, garantito dall'art. 25 prima parte della 
Costituzione. 

Si assume, in secondo luogo, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, 
che la surroga dell'esattore al creditore procedente costrin


(1) La questione � stata sollevata dal pretore di Modena con ordinanza 
del 30 ottobre 1968 (Gazzetta Ufficiale, 26 febbraio 1969, n. 52). 
Le sentenze della Corte n. 87 del 1962, n. 83 del 1966 e n. 115 del 1967 
relative all'esecuzione esattoriale sono riportate la prima in Giur. it., I, 1, 
1281 e le altre due in questa Rassegna, rispettivamente 1966, 780 e 1967, 727 
con note di richiami. 



536 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gerebbe questi e sottostare coattivamente, senza possibilit� di contrapporre 
utili difese, all'iniziativa dell'esattore, con l'effetto di vedere 
neutralizzato il soddisfacimento dei propri diritti di credito. 

Infine, si assume che il trattamento di favore riservato all'esattore, 
risolventesi in una forma di autotutela, condurrebbe a porre i cittadini 
in genere, in condizioni di inferiorit�, perch� privati della garanzia 
loro derivante dall'espletamento dell'ordinario� procedimento concorsuale, 
con violazione dell'art. 3 della Costituzione. 

La questione, in tutti gli aspetti sotto cui � presentata, non � da 
ritenersi fondata. 

2. -L'esecuzione cosiddetta esattoriale � gi� stata pi� volte espressamente 
considerata da questa Corte (sentenze n. 87 del 1962; n. 83 
del 1966; n. 115 del 1967) come un procedimento particolare, che si 
conforma, sia pure accentuandolo, al principio della esecutoriet� degli 
atti amministrativi: e l'intervento direzionale del giudice pretorile ne 
significa e garantisce la giurisdizionalit�. 
L'art. 205 in esame ripete, perfezionandola, la formula adottata 
fin dal precedente testo unico n. 1401 (art. 65) e si pone dietro la 
scia di principii basilari, ai quali '� estraneo il dubbio di una arbitraria 
sottrazione ,di competenza alla ordinaria sede concorsuale. 

In particolare, le precitata sentenza n. 115 del 1967 ha fatto applicazione 
�di quei principii nel caso di rapporti tra esecuzione esattoriale 
e procedura concorsuale fallimentare (art. 206 t. u.). 

Va, conseguentemente, esclusa la non corrispondenza della norma 
in esame al principio che garantisce il rispetto del giudice naturale, 
inteso, secondo comune interpretazione, quale giudice precostituito per 
legge; ci� in quanto, nel caso, l'intervento e la sede dell'organo giurisdizionale 
risultano istituiti dalla legge in base a criteri generali fissati 
in anticipo e non gi� � a posteriori ., in vista di singole controversie. 

3. -Quanto � detto al numero precedente, vale anche come premessa 
per escludere che l'art. 205 in esame contrasti con l'art. 24 
della Costituzione. 
Questa Corte, con la seconda delle citate sentenze (la n. 83 del 
1966) ha gi� esaminato a fondo il problema della compattbilit� dell'esecuzione 
esattoriale immobiliare con i diirtti �di azione e di difesa 
garantiti costituzionalmente, concludendo che questa garanzia debba 
riconoscersi operante, ove la si inquadri nel sistema della legge speciale, 
volto a tutelare il preminente interesse della pubbltca finanza mediante 
strumenti (atti amministrativi) dei quali � sempre ammiss~bile contestare 
la legittimit� ai sensi della'rt. 113 della Costituzione. 

Non sussistono n� vengono qui prospettati validi motivi che possano 
sorreggere diversa decisione. 
L'ordinanza di rinvio d�, bens�, rilievo al fatto che, secondo l'articolo 
205 in questione, il creditore procedente o il debitore vengono ad 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 537 

essere sottoposti alla rigorosa alternativa di pagare subito all'esattore 
l'importo del suo credito, ovvero di sottostare alla surroga. 

Tuttavia, siffatta situazione, a parte quanto si � detto, in generale, 
circa la razionalit� del sistema, non impone ma lascia al creditore 
procedente o al debitore, la scelta volontaria tra le due soluzioni, 
secondo i propri calcoli di convenienza. 

Qualora, a s~guito de! mancato soddisfacimento, l'esattore eserciti 
il diritto di surroga, proseguendo negli atti esecutivi gi� iniziati, perverr� 
ad ottenere il pagamento della� somma a condizione che � nell'esecuzione 
non siano intervenuti altri creditori aventi diritto di rprelazione 
prevalente o concorrente � (artt. 205 e 239 t.u.). Il diritto di intervento 
e di partecipazione di tutti i creditori del contribuente nella procedura 
davanti al pretore per concorrere alla distribuzione del prezzo, 
basta per escludere che il sistema ponga l'esattore in tale condizione 
di arbitraria supremazia da compromettere la difesa �di privati interessi. 

Inoltre, la eventualit�, quando il terzo incanto abbia avuto esito 
negativo, che l'immobile sia devoluto di diritto allo Stato per la minor 
somma tra il prezzo base e l'ammontare della imposta (art. 238 t.u.) 
non � tale da compromettere irrazionalmente la tutela dei diritti del 
creditore istante, come, invece,. prospetta l'ovdinanza di rinvio. 

La norma predetta, al pari delle altre del sistema, risponde alla 
immanente finalit� di ovviare al pericolo di lunghe dilazioni nella 
riscossione delle imposte, che deriverebbe dalla applicazione della legge 
ordinaria (art. 591 c.p.c.) con la possibilit� di moltiplic�zione degli 
incanti, a prezzo base estremamente rtdotto, a tutto vantaggio dell'eventuale
� acquirente pi� che dei singoli creditori. 

4. -Infine, nemmeno � fondata la questione, prospettata in relazione 
all'osservanza del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della 
Costituzione. Questo principio, inv-ero, � applicabile quando vi sia 
omogeneit� di situazioni da regolare legislativamente in modo unitario 
e coerente, non quando si tratti di situazioni che, pur derivanti da 
basi comuni, differiscano tra loro per aspetti distintivi particolari: come 
nel caso in esame, caratterizzato dalla finalit� di natura pubblicistica 
di agevolare la sollecita riscossione dei tributi erariali. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 96 -Pres. Branca -
ReL. Capalozza -Vella (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Misure di sicurezza -Computo del periodo di carcerazione preventiva Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3; c.p., art. 206, ultimo comma). 

, Considerata La dicotomia pena-misura di sicurezza prevista daUa 
Costituzione e la diversit� per natura e funzione della carcerazione pre




538 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ventiva dalia misura di sicurezza, non � fondata la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 206, ultimo comma, del codice penale, in 
base al quale non si pu� tener conto del periodo tras�orso in carcere 
di sicurezza (1). 

(1) La questione � stata pramossa con ordinanza emessa il 7 febbraio 
1969 dal giudice di sorveglianza del tribunale di Mantova. 
Sulla natura e sulla funzione della carcerazione preventiva la Corte 
si � pronunziata pure con la sentenza n. 64 del 1970 in questa Rassegna, 
1970, ... ed in Foro it., 1970, I, 1284, con osservazioni di P1zzonusso. 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 97-
Pres. Branca -
Rel. De Marco -Zangrilli ed altri (n.c.) e Presidente del Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 
Procedimento penale -Difesa dell'imputato -Gratuito patrocinio -
Questione infondata di costituzionalit�. 
(Cost., artt. l, 2, 3, 4, 23, 24, .35 e 36; c.p.c., artt. 128 e 130; r.d. 28 maggio 1931, 
n. 602 artt. 4 e 5; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 18). 
Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale de,gli articoli 
128 e 130 del codice di procedura penale, che disciplinano, con 
gli articoli 4 e 5 del r.d. 28 maggio 1931 n. 602 contenenti le disposizioni 
di attuazione, la difesa d'ufficio per gli imputati ammessi al gratuito 
patrocinio, e dell'art. 18 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, 
contenente l'approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio, 
in riferimento agli articoli 1, 2, 3, 4, 24, 35 e 36 della Costituzione (1). 
~'.~ 
~:a 
::% 
J 
� 

I
I
n 

(Omissis). -4. -Il pretore di Roma, con l'ordinanza 10 dicembre 
1968, prende le mosse proprio dalla sentenza di questa Corte n. 114 
del 1964. 


, 

Infotti, egli premette che questa Corte, con tale sentenza � dichia-~E 

~:, 
~ 

� rando infondata l'analoga questione relativa al gratuito patrocinio, f~< 

~:=� 

riconduceva questo alle prestazioni obbligatorie previste dall'art. 23 

l"

.i:!" 

(l)La questione � stata sollevata con le seguenti ordinanze: 17 aprile � 

~~;

1968 del pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale, 28 settembre 1968, n. 248); 12 w 
agosto 1968 del giudice istruttore del Tribunale di Vercelli (Gazzetta Uffi1:::: 
ciale, 30 novembre 1968, n. 305); 10 dicembre 1968 del pretore di Roma r= 
(Gazzetta Ufficiale, 26 marzo 1969, n. 78); 12 aprile 1969 del giudice istrut


,,:1:

tore del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale, 22 ottobre 1969, n. 269). 
Nel giudizio si � costituito in proprio l'avv. Maurizio Catti, difensore b


I

lii 

f:
::~ 

. -~ 

-

' 

'

I

m1r&mrff�fBff�mfmtr1fmmfftffffl&1rffrfffff:filftsftir1frffilsillfEffillffillErufJ&ffilfEf&ffrfffEf:Bmflliit~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 539 

della Costituzione, avvertendo, peraltro, che in caso di prestazioni imposte 
ai liberi professionisti la presenza di vari presupposti valeva a 
legittimarla e fra questi indicava in particolare: � a) ragioni di interesse 
generale; b) condizioni di imposizioni tali, che la prestazione del 
servizio non trasformasse la libera professione in modo da annullare 
le soddisfazioni delle esigenze economiche e morali del soggetto >. 
Dopodich� il pretore rileva che: 


a) mentre la Costituzione garantisce la �difesa gratuita dei non 
abbienti, nulla dice per gli abbienti, cosicch� non sembra legittimo, 
proprio in relazione all'art. 23 della Costituzione ed alle finalit� di 
pubblico interesse che esso presuppone, imporre all'avvocato �di assumere 
il rischio patrimoniale di non essere retribuito, che giova soltanto 
al prevenuto; 

b) la difesa d'ufficio si �, in concreto, trasformata in una finzione 
tale da abbattere moralmente lo stesso avvocato che, per i suoi 
impegni, non pu� materialmente svolgere' con la debita seriet� il 
compito affidatogli senza vedersi ridurre e quindi, annullare quelle 
soddisfazioni economiche che l'incarico di fiducia, al contrario, gli 
conferisce. 

In base a questi rilievi il pretore ha sollevato la questione de 
legittimit� costituzionale degli artt. 128 del codice di procedura penale 
e 4 e 5 delle relative norme di attuazione, in riferimento agli artt. 23 
e 36 della Costituzione. 

Precisati cosi i termini della questione, si rileva: 

L'art. 24 della Costituzione al secondo comma sancisce che la 
difesa � diritto inviolabile del cittadino in ogni stato e grado di procedimento. 
L'esercizio di tale diritto �, poi, praticamente imposto dalla 
normativa vigente in materia processuale. Nel giudizio penale l'imputato 
deve, a pena di nullit�, essere assistito dal difensore (art. 125 c.p.p.) 
e in base alla pi� recente giurisprudenza di questa Corte tale obbligo 
deve essere esteso anche al periodo istruttorio. In materia civile davanti 
al pretore le parti di regola non possono stare in giudizio se 
non con il ministero di un difensore; salvo i casi in cui la legge dispone 
altrimenti, davanti ai tribunali e alle Corti d'appello le parti debbono 
stare in giudizio col ,ministero di un 1procuratore legalmente esercente 

I

dello Zangrilli, e la Corte ha deliberato, con ordinanza dibattimentale, la 
inammissibilit� di tale costituzione. !


,

' 

La Corte ha gi� esaminato la questione di legittimit� costituzionale 
degli articoli 128, comma secondo, e 131 �.p.p., in connessione col gratuito ~ 
patrocinio, con la sentenza n. 114 del 1964, in questa Rasesgna, 1964, 1Q14. ~ 

La sentenza n. 23 del 1968, richiamata in motivazione, � pure riportata I' 
i 
in questa Rassegna, 1968, 170. 
> 
Sulla natura delle commissioni per il gratuito patrocinio cfr. la sentenza 
n. 98 del 1970 qu� di seguito riportata. 

I 
I 


I

! 

m:~~~ 



540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e davanti la Corte di' cassazione col ministero di un avvocato iscritto 
in apposito albo (art. 82 c.p.p). 

Davanti a questa Corte e davanti al Consiglio di Stato ed alla 
Corte dei conti � pure obbligatorio il patrocinio di un avvocato iscritto 
nell'apposito albo delle magistrature superiori. Ecco perch� gli esercenti 
le professioni forensi, in quanto dell'opera di essi il pubblico sio 
per legge obbligato a valersi, agli effetti della legge penale,, sono considerati 
persone esercenti un servizio di pubblica necessit� (art. 359, 

n. 1, c.p.). 
�, poi, molto significativo in relazione alla questione in esame che 
il secondo comma dello stesso art. 359 del codice penale considera persone 
esercenti un servizio di pubblica necessit� anche i privati che, 
non esercitando una pubblica funzione n� prestando un pubblico servizio, 
adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessit� mediante 
�n atto della pubblica Amministrazione, essendo evidente il riferimento 
alla materia ora soggetta all'osservanza del precetto di cui all'art. 23 
della Costituzione. 

Ma in materia penale vi � di pi�: poich� l'imputato deve essere 
assistito dal difensore a pena di nullit� del giudizio, interessa tutta 
la collettivit� che quella nullit� non si verifichi e pevci� il'difensore 
d'ufficio deve essere nominato anche all'imputato abbiente che per 
qualsiasi ragione ne sia rimasto privo o, addirittura, non intenda 
nominarne uno di fiducia. 

Appunto in considerazione di quanto precede questa Corte non 
solo con la pi� volte citata decisione del 1964, n. 114, argomentando 
dall'art. 23 della Costituzione, ha escluso l'illegittimit� dell'imposizione 
agli avvocati dell'obbligo di difesa gratuita dei non abbienti; 
ma, con la decisione n. 23 del 1968, per il carattere di pubblico interesse, 
data la funzione di essenziale collabomzione con gli organi della 
giurisdizione riconosciuto alla professione forense, ha ritenuto legittima 
la corresponsione obbligatoria di predeterminati contributi alla 
Cassa nazionale di previdenza e di assistenza degli avvocati e procuratori, 
anche da parte di soggetti diversi dagli esevcenti tali professioni 
ed indipendentemente da tale qualit�. 

Ci� posto, il sostenere che l'imposizione dell'obbligo della difesa 
d'ufficio nel giudizio penale anche di persone eventualmente abbienti 
(che, quindi, in base all'art. 4 delle disposizioni di attuazione del codice 
di procedura penale sono tenute a corrispondere l'onorario al difensore) 
esuli dalla previsione dell'art. 23 della Costituzione perch� � impone 
all'avvocato di assumere il rischio patrimoniale di non essere 
retribuito � � veramente eccessivo : infatti, come sopra si � posto in 
rilievo, la difesa dell'imputato, con o senza retribuzione, � di interesse 
pubblico, in quanto attiene alla validit� del giudizio che, alla sua volta, 
� di azione e di interesse pubblico; perci� la si pu� imporre. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 541 

Sul .punto, poi, che una seria ed effettiva difesa di ufficio impegnerebbe 
talmente da annuUare la possibilit� dell'esercizio della professione 
libera, si � pronunciata questa Corte -sempre con la sentenza 

n. 114 del 1964 -osservando: �Ma nel caso in esame non v'� dubbio 
che la previsione, contenuta nella legge, di una saltuaria prestazione 
obbligatoria, eventualmente gratuita, non contvasta con l'indicata norma 
costituzionale (art. 23) n� col sistema di principi che da essa 
si ricava�. 
N� l'ordinanza di rinvio contie.ne argomenti tali da potere indurre 
questa Corte a mutare opinione. 

Dimostrato, cosi, che non pu� ravvisarsi alcuna violazione dell'art. 
23 della Costituzione, in base ai princ�pi sopra richiamati, viene 
meno anche la prospettata violazione dell'art. 36. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 98 -Pres. Branca -
Rel. De Marco -Chiesa (n.c.). 

Corte costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale 
-Commissioni per il gratuito patrocinio -Inammissibilit� 
della questione. 

(Cost., art. 134; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 5, 20 e 22). 

Poich� le commissioni per il gratuito patrocinio non sono organi 
giurisdizionali, � inammissibile la questione di legittimit� costituziona.le 
da esse sollevata (1). 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza 18 gennaio 1969 dalla 
commissione per il gratuito patrocinio presso il Tribunale di Milano (Gazzetta 
Ufficiale, 9 aprile 1969, n. 91). 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 99 -Pres. Branca -
Rel. Chiarelli -Di Carlo (avv. Bussi) c. SIRM (avv. Biamonti). 

Lavoro -Contratto di lavoro marittimo -Inapplicabilit� della disciplina 
dell'impiego privato -Questione infondata di costituzionalit�. 


(Cost., art. 39; r.d.1. 6 febbraio 1936, n. 337, art. 1 e 2; Cod. navig., art. 1034). 

In riferimento all'art. 39 della Costituzione, non � fondata la questione 
di legittimit� costituzionale degli articoLi 1 e 2 del r.d.l. 6 feb




542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

braio 1936 n. 337, che, disciplinando la risoluzione del rapporto marittimo 
a tempo indeterminato, in connessione con l'art. )304 del codice 
della navigazione, non operano una riserva normativa a favore della 
contrattazione collettiva (1). 

(1) La questione � stata introdotta con ordinanza 3 maggio 1968 della 
Corte di Cassazione (Gazzetta Ufficiale, 28 dicembre 1968, n. 329). Sull'arti-� 
colo 39 della Costituzione cfr. Corte Cost. 19 dicembre 1962, n. 106, Foro it., 
1963, I, 17 e 648, con nota di PERA. 

SEZIONE SECONDA 

GIU:RISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 442 -Pres. 
Flore -Rel. Leone -P. M. Trotta (conf.) Automobil Club d'Italia 
(avvocati Andrioli,' Ferri, Galateria e Piccardi) c. S.M.I.V.E. soc. 

p. az. (avvocati Benvenuti, Delitala e Guarino) e nei confronti del 
Ministero dei Lavori pubblici, del Comitato Centrale per l'albo 
costruttori presso il Ministero dei lavori pubblici, del Comitato 
regionale per l'albo costruttori presso il provveditorato alle opere 
pubbliche di Palermo, dell'Assessorato per i lavori pubblici della 
Regione siciliana e della Commissione per la formazione e la tenuta 
nell'albo regionale degli appaltatori presso I'Assessorato per i lavori 
pubblici della Regione siciliana (avvocato Stato Al�bisinni), 
della Amministrazione provinciale �di Messina (n.c.) e della Soc. 
p. az. Servizio Segnalazioni Stradali (avvocati Giannini e Paoletti) 
nonch� di quest'ultima .contro l'Automobil Club d'Italia e nei confronti 
di tutte le altre parti. 
\ 

Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdi


zione -Rapporti con il procedin,iento al quale si riferisce -Effetti 
sulla notifica della istanza relativa. 
(c.p.p~ artt. 41 e 170). 


Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Rapporti 
con il procedimento al. quale si riferisce -Effetti della 
prosecuzione di tale procedimento. 

(c.p.c., artt. 41 e 367). 

Competenza e giurisdizione -Questioni concernenti lo stato e la capa


.... 

cit� dei privati individui -Giurisdizione del giudice ordinario Limiti. 
(legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, artt. 1 e segg.; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054,, 


art. 28). 

Il regolamento preventivo di giurisdizione � una fase del procedimento 
nel quale si inserisce, fase rivolta a far precisare dalla Corte 
Suprema, con effetto vincolante per le parti e per il Giudice, quale sia 

5 


544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il Giudice, ordinario o speciale, cui spetti di conoseere la controversia; 
quindi, l'istanza di regolamento deve essere considerata atto dell'unico 
procedimento pendente, sul quale produce effetti diretti ed i~mediati, 
e di conseguenza la notij�eazione deve essere fatta, per Le parti costituite, 
al rispettivo pq-ocuratore (1). 

Il regolamento preventivo di giurisdizione � esperibile anche quando 
il giudizio pende davanti ad un giudice speciale e perfino la eventuale 
decisione nel merito da parte di questo, nonostante la pendenza 
del regolamento anzidetto di cui abbia pur legale conoscenza, non impedisce 
alla Suprema Corte di pronunciarsi sul rego('amento stesso dichiarando 
anche la giurisdizione di un giudice diverso (2). 

L'ultimo comma dell'art. 28 del testo unico delle leggi sul Consiglio 
di Stato, che attribuisce alla competenza esclusi12a dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria le questioni concernenti lo stato e la capacit� dei 
privati individui, si riferisce unicamente alle persone fisiche, mentre 
le analo,ghe questiol)'l,i relative alle persone giuridiche seguono la regola 
comune secondo cui il giudice amministrativo pu� conoscere con effetti 
limitati al giudizio principale le questioni pregiudiziali o incidentali 
relative a diritti soggettivi, quando la soluzione di tali questioni funzioni 
da presupposto necessario per la decisione deUa controversia 
relativa ad un interesse (3). 

(1-2-3) La sentenza � pubblicata per esteso in Foro it., 1970, I, 1063. 
Sulle massime di cui si tratta cfr. ivi le note 1 e 2 nonch� di seguito le 
note 3 e 4, con ampi richiami di dottrina e di giurisprudenza. Su talune delle 
relative questioni cfr. altres� Cass., Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631, in 
questa Rassegna, 1966, I, 783 ed ivi, 784 nota 2, nonch� Cass., Sez. Un., 17 
febbraio 1965, n. 259 e Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1401 in questa Rassegna, 
1966, I, 289 e segg. ed ivi note 1 e 2. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 448. -Pres. 
Marletta -Rel. Greco -P. M. Di Majo (conf.) -Cosimini (avv. 
Turco) c. Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste (avv. Stato 
Savarese) e Cosimini (avv. Doria). 

Competenza e giurisdizione -Legge ed atti avertti forza di legge -In


cidertza sui diritti soggettivi -Provvedimento ablatorio avente 

forza di legge -Questione di legittimit� costituzionale -Giurisdi


zione del giudice ordinario. 

(Cost., artt. 134 e 136, primo comma; legge 20 marzo 1865, 2248, all. E, art. 2). 

Quando la tutela giurisdiziol)'l,ale venga invocata in ordine ad una 
situazione originariamente di diritto soggettivo, sulla quale abbia incisa 



-



PARTE 1, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 545 

un provvedimento ablatorio ave111,te forza di legge, nel presupposto della 
illegittimitd costituzionale del provvedimento stesso, da dichiararsi dalla 
Corte Costituzionale, la giurisdizione awartiene al giudice ordinario (1). 

(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 24 giugno 1967, n. 1556 in questa Rassegna, 
1968, I, 17 ed ivi not� 1-2. CORTE 
DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 marzo 1970, n. 533 -Pres. Flore -
Rel. Moscone -P. M. Di Majo (conf.) -Raparelli (avv. D'Abbiero) 

c. Mini.stero della Pubblica Istruzione (avv. Stato Gentile) e Vaccari 
(n.c.). 
Competenza e giurisdizione -Responsabilit� civile -Interessi legittimiRisarcibilit� 
dei danni per lesione di interessi -Esclusione -Improponibilit� 
della domanda. 

(e.e., art. 2043). 

Responsabilit� civile -Diritto al prestigio professionale -Tutela 


Esercizio di potere discrezionale della p. A. -Contemporanea 

lesione di diritto soggettivo e di interesse legittimo ,.. Configura


bilit�. 

(e.e., art. 2043). 

Qando una norma (norma d'azione) impone alla pubblica Amministrazio111,
e un determinato comportamento allo scopo diretto ed immediato 
di disciplinarlo in vista di un interesse pubblico, apprestando solo 
indirettamente ed occasionalmente una tutela giuridica al privato che 
si trovi in UM particolare situazione, tale tutela non pu� non. esaurirsi 
davanti al Giudice amministrativo, dapprima con l'impugnazione del 
provvedimento per illegittimitd e poi eventualmente, con il cosiddetto 
g.iudizio di ottemperanza: se cosi non fosse e se a seguito della pronunzia 
di annullamento fosse consentito proporre l'azione di risarcimento, 
la situazione originaria del privato verre�bbe ingiustificatamente 
ma necessariamente a trasformarsi da una posizione di interesse 
legittimo ad una posizione di diritto soggettivo (1). 

Il diritto al prestigio professionale � tutelabile no111, solo in sede 
penale ma anche in 'sede civile ed un determinato comportamento della 
p.a., pur nell'esercizio di un potere discrezionale, pu� in un caso con


(1-2) La prima massima riguarda la questione della risarcibilit� degli 
interessi, risolta sempre negativamente dalla giurisprudenza: alla sentenza 
citata in quella, di cui si tratta (Cass., Sez. Un., 30 giugno 1969, n. 2371) 



546 �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

creto risultare ai tempo stesso Lesivo non solo di un interesse legittimo 
ma altres� di un diritto soggettivo, qualora di per s� costituisca violazione 
della norma fondamentale dei neminem laedere (2). 

(Omissis). -Per trattare secondo un ordine logico le varie censure, 
occorre esaminare dapprima i due ultimi motivi, concernenti la 
domanda nei confronti del Mip.istero della P.I., e poi i primi tre, concernenti 
quella nei confronti della Vaccari, mentre anche all'interno 
di ciascuno gruppo � opportuno non seguire l'ordine adottato nel ricorso. 

Col quinto mezzo la Raparelli denunzia, in relazione ai nn. 1, 3 
e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 28 
Cost., 803 cod. civ., 142 t.u. n. 577 del 1928, 32 t.u. n. 3 del 1957, 2 
e 3 d.l. n. 237 del 1946, e 30 t.u. n. 1054 del 1924, dolendosi che la Corte 
di merito non abbia esaminato la domanda contro il Ministero della 

P.I. sotto il profilo che il diritto agli assegni speciali non percepiti e il 
diritto al rimborso delle spese sostenute in sede gerarchica sarebbero 
stati conseguenziali al provvedimento con cui venne data esecuzione 
alla decisione del Consiglio di Stato, e la abbia dichiarata improponibile 
sotto il profilo del risarcimento dei danni, affermando erroneamente la 
non risarcibilit� di danni derivati da lesione d'interessi legittimi e l'inesistenza 
di un diritto soggettivo della Raparelli all'assegnazione provvisoria. 
Si tratta di censure palesemente infondate. 

Non occorre soffermarsi sulla tesi della risarcibilit� dei danni che 

il 1privato assuma essergli derivati dalla lesione da parte della P.A. 

di un suo interesse legittimo: tesi respinta con costante giurisprudenza 

da questa Corte Suprema (da ult. n. 2371 del 30 giugno 1969), e a so


.stegno 
della quale la stessa ricorrente ha speso pochissime parole, senza 
addurre argomenti nuovi. Al riguardo basta osservare che, quando una 
norma (norma d'azione) impone alla P.A. un determinato comportamento 
allo scopo diretto o immediato d.i disciplinarlo in vista di un 
interesse pubblico, e appresta solo indirettamente ed occasionalmente 
una tutela giuridica al privato che si trovi in una particolare situazione, 

adde tra le altre numerose, Cass. 15 ottobre 1968, n. 3291, Cass. 31 marzo 

1967, n. 709 e Cass. 3 maggio 1966, n. 1109, quest'ultima in Foro it., 1967, I, 

338 ed ivi nota 1 con ampi richiami. In dottrina v., per tutti, FoLIGNo, La 

pretesa responsabilit� della P.A. per lesione di interessi legittimi, in questa 

Rassegna,, 1963, 1 e segg. 

Sulla seconda massima cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 397, MAND�, In 

tema di responsabilit� della p.a. 

,Per la migliore comprensione di entrambe le massime e per l'interesse 
delle questioni che vi hanno dato origine, tutte risolte nel caso di specie 
favorevolmente alla p.a., si ritiene opportuna la pubblicazione dell'intera 
sentenza. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 547 

tale tutela non pu� non esaurirsi avanti al giudice amministrativo, 
dapprima con l'impugnazione del provvedimento per illegittimit� e poi, 
eventualmente, con il cosiddetto giudizio di ottemperanza. Se cos� non 
fosse e se, a seguito della pronunzia di annullamento fosse consentito 
proporre l'azione di risarcimento, la situazione originaria del privato 
verrebbe ingiustificatamente ma necessariamente a trasformarsi da una 
:posizione d'interesse J.egittimo a una posizione di diritto soggettivo. 

D'altra parte, sono facilmente criticabili gli argomenti addotti 
a sostegno della tesi che la Raparelli potesse vantare un diritto sqggettivo 
alla assegnazione provvisoria alla scuola statale delll.'Istituto Vaccari, 
e va comunque escluso che l'interesse di un maestro, con sede di servizio 
in un comune, ad essere assegnato provvisoriamente dal Provveditore 
agli studi a una scuola di un altro ,comune, pur mantenendo 
come sede di servizio effettiva quella anteriore, possa configurarsi come 
un interesse direttamente e immediatamente protetto da una norma 
norma di relazione) e costituisca, pertanto, un diritto soggettivo. 

Anzitutto, l'assegnazione provvisoria de qua non pu� confondersi 
con quella prevista dall'art. 142 del t.u. n. 577 del 1928 sull'istruzione 
elementare, la quale riguarda un trasferimento effettivo, anche se non 
definitivo, da una a un'altra sede, per motivi di servizio, nel corso 
dell'anno scolastico. Ad ogni modo, non � esatta rl'affermazione della 
ricorrente che, in materia di pubblico impiego, tutte le posizioni soggettive 
previste dagli artt. 31 e segg. del t.u. n. 3 del 1957 sullo statuto 
degli impiegati civili dello Stato costituiscano diritti soggettivi, perch�, 
per esempio, va escluso proprio un diritto soggettivo alla sede, in quanto 
le norme relative ai trasferimenti, sono da ,classificarsi come norme 
d'azione (cfr. Cass., S.U. n. 1419 del 1966). Inoltre, bene la sentenza 

I

impugnata ha affermato che nessun diritto soggettivo scaturiva dalla 
civcolare con cui il Ministero della P.I. aveva impartito ai Provveditori 
agli studi istruzioni per la formazione di una graduatoria dei maestri 
aspiranti ad assegnazione provvisoria, ovvero dall'inclusione nella graduatoria, 
giacch� le circolari ministeriali costituiscono atti interni della 

P .A. che, se vincolano gli uffici dipendenti a un dato comportamento 
nello svolgimento dell'attivit� amministrativa, non possono far sorgere 
di per s� solo diritti soggettivi a favore dei privati. N� la Corte di 
merito avrebbe potuto ritenere, come vorrebbe la ricorrente, che neJ.la 
specie un diritto soggettivo fosse scaturito dal fatto che il Provveditore 
agli studi di Roma aveva portato a conoscenza dei maestri da lui dipendenti 
il contenuto della circolare, dopo averlo recepito in un suo 
proprio :i;irovvedimento, ovvero in quanto, a seguito dell'emanazione 
di quest'ultimo provvedimento, il quale, sempre secondo J.a ricorrente, 
avrebbe contenuto anche norme di relazione, il Provveditore sarebbe 
stato vincolato ad accogliere le domande dei maestri che si trovassero 
nelle previste condizioni. Tutto ci�, infatti, � frutto di confusione di 

548 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

concetti, giacch�, ove una pos1z10ne di diritto soggettivo non sia prevista 
in una norma di relazione .emanata con un atto avente valore di 
legge, essa non pu� mai sorgere per effetto di puri e semplici atti inerenti 
all'azione amministrativa, anche se un determinato ufficio sia 
tenuto a comportarsi, in quegli atti; in ottemperanza di disposizioni 
impartitegli da un ufficio superiore, o nell'eseguire di un proprio atto 
precedente. 

Infine, non poteva la sentenza impugnata esaminare la domanda 
sotto il profilo che un �diritto agli assegni speciali non percepiti e un 
diritto al .rimborso delle spese sostenute in sede gerarchica sarebbero 
sorti come diritti conseguenziali al provvedimento con cui il Ministero 
della P.I., in esecuzione della decisione del Consiglio di Stato, riconobbe 
che alla Raparelli spettava la richiesta assegnazione provvisoria. 
Invero, a parte che era stata proposta soltanto un'azione di risarcimento 
di danni, non � concepibile il sorgere del preteso diritto a rimborso 
per �effetto dell'atto amministrativo emesso in sostituzione di quello 
lesivo di un interesse legittimo. D'altra parte, se un diritto al conseguimento 
di assegni speciali era eventualmente sorto in conseguenza del 
nuovo provvedimento ministeriale, la relativa pretesa doveva farsi 
valere avanti al Consiglio di Stato, �l quale ha giurisdizione esclusiva 
per tutte le controversie derivanti dal rapporto d'impiego, ivi comprese 
quelle aventi per oggetto il pagamento di stipendi ed altri 
assegni. 

Col quarto mezzo fa ricorrente denunzia, in relazione ai nn. 3 e 5 
dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., 
2043 cod. civ. e 323 c.p. In proposito �si duole che sia stata respinta 
la domanda di risarcimento dei danni provocati dal comportamento 
colposo del Provveditore agli studi di Roma, il quale con imprudenza 
e negligenza avrebbe avallato gli apprezzamenti ingiuriosi della Vaccari, 
assume che nella specie sussisteva una posizione di diritto soggettivo, 
per essere stati direttamente 1esi da tale comportamento il suo 
prestigio professionale e il .suo patrimonio (mancata percezione di assegni 
e spese legali), e osserva che un diritto tutelabile in sede penale 
pu� essere tutelato ancl�e in sede civile quando l'azione penale sia 
venuta meno, e' che una lesione patrimoniale pu� concorrere con la 
distinta violazione di un interesse legittimo. 

Anche questo mezzo va rigettato. 

� indubbio che la Corte di merito � caduta in errore, laddove ha 
affermato che il diritto al prestigio professionale � tutelabile unicamente 
in sede penale. Ed � del pari indubbio che un determinato comportamento 
della P.A., pur nell'esercizio di un potere discrezionale, 
pu� in un caso concreto risultare al tempo stesso lesivo, oltre che di un 
interesse legittimo, anche di il.Il diritto soggettivo, qualora di per s� 
costituisca violazione della norma fondamenta�le del neminem laedere. 



' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 549 

Ma nella specie, anche a volere ammettere che il Provveditore agli 
studi di Roma avesse re8pinto la richiesta della Raparelli basandosi 
soltanto, imprudentemente ,e negligentemente, sug.Ji apprezzamenti sfavor,
evoli della Vaccari, senza controllarne la fondatezza, un comportamento 
di questo genere non avrebbe certo leso in modo diretto e immediato 
n� il prestigio professionale n� il patrimonio dell'attuale ricorrente, 
giacch� in ogni caso simHi lesioni si sar,ebbero verificate come 
mera conseguenza della mancata assegnazione provvisoria e, quindi, 
della lesione di un interesse legittimo. 

Per quanto concerne la domanda proposta nei confronti della Vaccari, 
la Raparelli con il secondo mezzo denunzia, in relazione ai numeri 
3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. 
e 1362 e.e., nonch� del t.u. n. 577 del 1928, del r.d. n. 1297 del 1928 
e successive modificazioni, e del t.u. n. 3 del �1957, dolendosi che la 
Corte di merito abbia ritenuto che lo statuto dell'Istituto Vaccari e la 
convenzione da questo stipulata con il Ministero della P. I. conferiscono 
alla Vaccari, quale presidente del detto Istituto, il poter,e di vigilanza 
sull'attivit� didattica dei maestri della scuola statale funzionante presso 
l'Istituto stesso. 

La censura va rigettata, giacch�, attraverso varie argomentazioni 
apparentemente dirette a porre in luce er,rori di diritto e vizi ilogici, 
in sostanza tutta invece si risolve nell'inammissibile tentativo di sostituire 
una diversa interpretazione di tale statuto a quella compiuta con 
insindacabile apprezzamento dai giudici di merito. 

Sostiene anzitutto la ricowente che questi giudici non avrebbero 
considerato: a) che le norme dello statuto non sarebbero state formulate 
con riferimento alla scuola elementare statale funzionante presso 
l'Istituto, bens� con riferimento a una scuola non statale ad esso annessa, 
di cui all'art. 28 del r.d. 1� luglio 1935, n. 787; b) che ci� risulterebbe 
dagli artt. 5 e 6� dello statuto; e) che, diversamente da qu_anto affermato 
in sentenza, il sucaessivo art. 13 conferirebbe al Consiglio dell'Istituto, 
non al Presidente, il poter,e di sovraintendere all'andamento delle scuole 
annesse e, comunque, non vi comprenderebbe la possibilit� di un giudizio 
sulla attitudine didattica �dei maestri, spettante per legge al direttore 
didattico e all'ispettore scolastico. Ma cos� facendo, oltre ad esprimere 
con le argomentazioni di cui sub e) veri ,e propri apprezzamenti 
di fatto difformi da quelli della sentenza impugnata, si dimentica che 
questa, prendendo espressamente in esame identiche censure mosse 
contro la sentenza di primo grado, ha ritenuto che, appunto in considerazione 
degli scopi dell'Istituto Vaccari enunciati negli arti. 5 e 6 
dello statutQ, alla cui reailizzazione serve la scuola elementare statale, 
non si pu� concepire una completa separazione fra il servizio scolastico 
da essa fornito e _la restante organizzazione dell'ente, e che, di 
conseguenza, i poteri di sorveglianza attribuiti dall'art. 13 dello statuto 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

550 

al Presidente devono evidentemente esplicarsi anche nei confronti della 
scuola stessa. Pertanto, rion vi � stata violazione dei principi di ermeneutica, 
n� omesso esame di punti decisivi. 

In secondo luogo, la Corte di merito sar,ebbe incorsa in una contraddizione 
nell'affermare, da un lato, il dovere degli organi dell'Istituto 
di non interferire nello stato giuridico dei maestri e, dall'altro, la 

� legittimit� della valutazione attitudinale della Raparelli da parte della 
Presidente, ignorando che una valutazione di questo genere � un momento 
dello stato giuridico (rapporto informativo) e ,rientra nella competenza 
del direttor,e didattico e dell'ispettore scolastico, e ignorando 
inoltre che l'atto della Vaccari determin� il diniego del trasferimento 
temporaneo (assegnazione provvisoria), il quale � un altro momento 
dello stato giuridico. Ora, � esatto che la valutazione delle attitudini 
didattiche degli insegnanti costituisce una tipica attivit� delle autorit� 
scolastiche a cui spetta redigere il rapporto informativo, e che essa 
incide nella formazione del loro stato giuridico; ed � esatto altresi 
che l'assegnazione temporanea di un maestro a una scuola � un atto 
determinante una variazione del suo stato giuridico. Tuttavia, ci� constatato, 
non si pu� accogliere nel resto l'argomentazione della ricorrente. 
Invero, allorch� la Vaccari espresse un giudizio sulle attitudini 
della Raparelli (e si noti che, secondo l'accertamento di fatto della 
sentenza, co,ntenne il suo rilievo nei limiti dehla valutazione delle attitudini 
ad attendere all'insegnamento nei confronti di minorati fisici), 
non interferi lilffatto nel di lei stato giuridico, ma forni semplicemente 
al Provveditore delle informazioni, che ,egli poteva e doveva valutare 
con assoluta discrezionalit�, senza restarne in aJ.cun modo vincolato. Il 
che del pari si verifica ogni qualvolta l'organo competente alla compilazione 
del rapporto informativo per l'impiegato si avvalga di informazioni 
da altri fornitegli. 

Col primo mezzo la ricorrente denunzia, in relazione ai nn. 1, 3 e 5 
dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., 2907 e.e., 
4 � 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), dolendosi che la Corte di merito, 
la quale ritenne non necessaria l'esibizione dehla convenzione stipulata 
fra il Provveditorato agli studi di Roma e l'Istituto Vaccari per il funzionamento 
di una scuola statale presso quest'ultimo, abbia omesso di 
esaminare la sua eccezione subordinata di illegittimit� di tale convenzione 
e dehlo statuto dell'ente nei punti contrastanti con lo stato giuridico 
dei maestri di ruolo, sebbene si tratta.sse d'indagine decisiva, posto 
che vennero esclusi s~,a i reati di diffamazione e di abuso d'ufficio sia 
l'illecito civile solo perch� la Vaccari avrebbe esercitato �un potere legittimo 
conferitole dallo statuto. 

Va premesso che nella memoria ihlustrativa la ricorrente ha lamentato, 
fra l'altro, l'omesso ordine di esibizione della conrvep.zione, sebbene 
ci� non avesse formato oggetto di specifico motivo di ricorso, e che, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 551 

comunque, ove si potesse esaminare tale doglianza, la Corte di merito, 
nei cui poteri discrezionali rientrava ogni decisione circa la necessit� 


o meno di acquisire il documento, non risulterebbe censurabile, avendo 
giustificato con adeguata motivazione H rigetto della relativa istanza. 
Va inoltre notato che, come si ricava dal verbale di udienza dell'8 
marzo 1965 e dalla comparsa conclusionale della Raparelli, costei in 
grado d'appello ,si limit� a chiedere il.'esibizione della convenzione, allo 
scopo di meglio dimostrare che la Vaccari non aveva poteri di vigilanza 
sulle maestre, ma non eccepl affatto l'illegittimit� della convenzione 
ste,ssa, onde il giudice di appello non poteva prendere in esame la questione, 
n� questa pu� dedursi per la prima volta in sede di legittimit�. 
Per il resto, l'anzidetta censura � priva di fondamento, perch� non 
pu� dirsi affatto che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare la 


� questione della legittimit� o meno delle disposizioni statutarie, le quali, 
secondo l'interpretazione da essa acco'1ta, attribuivano alla Vaccari, 
nella sua qualit� di presidente dell'omonimo Istituto, il potere di controllare 
le attitudini delle maestre della scuola statale esistente presso 

I

l'Istituto stesso a svolgere il particolare insegnamento ivi richiesto. 
Invero, la questione appare implicitamente affrontata e risolta laddove, 
dopo avere affermato che lo statuto attribuisce al Consiglio e al Pre


I 

II 
~ 
sidente il potere di sorveglianza sul servizio scolastico, si osserva che F.~ 
per� gli organi indicati devono astenersi, nell'esercizio di tale potere, 
dall'interferire nello stato giuridico degli insegnanti, indicando cosi i 
limiti contro i quali vanno interpretate le disposizioni statutarie. D'altronde, 
dopo quanto si � detto a proposito del secondo motivo di ricorso, 
� chiaro che ci� bastava per respingere l'eccezione d'illegittimit� dello 
statuto. 

Infine col terzo _mezzo la ricorrente denunzia, in relazione ai nu


I 

meri 1, 3 ,e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p,c., 

28 Cost., 51, 323 e 595 c.p., e 2045 e.e., e si duole che la Corte di merito 

abbia negato la sussistenza dei reati di diffamazione e abuso d'ufficio, 

affermando (a proposito del diritto al prestigio professionale) che la 

lesione di un diritto tutelabile penalmente non � perseguibile in sede 

civile dopo l'estinzione dell'azione'penale, e che l'esercizio di un potere 

� sufficiente da solo a escludere tali reati, e abbia omesso di esaminare 

nel merito la sussistenza dell'illecito civile. 

Anche queste ultime censure non meritano accoglimento. 

Anzitutto, l'affermazione erronea (cfr. quanto si � detto a proposito 

del quarto motivo di ricorso) deHa tutelabilit� del diritto al prestigio 

professionale esclusivamente in sede penale venne fatta dalla sentenza 

impugnata a proposito della domanda contro il Ministero della P.I., 

n� venne richiamata o incise �n alcun modo ,sul1a pronunzia relativa 

aUa domanda contro la Vaccari e sulla sua motivazione. In secondo 

luogo, non � esatto che la Corte di merito abbia affermato che, in ast:rat




552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

to, l'esercizio di un potere sia sufficiente da solo a escludere la sussistenza 
dei reati di diffamazione e abuso d'ufficio, vero essendo invece 
che essa si limit� a ritenere che, nel caso concreto, era da escludere 
il dolo dia parte della Vaccari, la quale aveva fatto esercizio del potere 
conferitOile dallo statuto dell'ente da lei presieduto, e non aveva oltrepassato 
i Hmiti .di tale potere. 

Concludendo, il ricorso va integralmente rigettato, con conseguente 
condanna della Raparelli alla perdita del deposito e al pagamento delle 
spese del giudizio di cassazione a favore dell'Amministrazione resistente. 
-(Omissis). 


~~~~ 

��-= 

.;~ 

rt-Ewrw.rtmirm111wmmrzmfffmmfffff&100mrffrr01rriffs%ITfillfffillfrt&Ff&ft1r1r1�rrtffmffffffITTrmfimrE&Ef&tfif~ 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 gennaio 1970, n. 171 -Pres, Vallillo 
-Est. D�ni -P. M. Pandolfelli (conf.) -Piscitelli (avv. Tassoni) 

c. Opera Valorizzazione Sila (Avv. Stato Agr�). 
Procedimento civile -Disdetta -Perdita del documento -Onere della 

prova -Prova testimoniale -Limitazioni per valore -Non sussi


stono. 

(e.e., artt. 2721; 2724; 2729). 

Mandato -Mandato tacito -Prova -Presunzioni -Ammissibilit�. 
(e.e., art. 1703). 

La disdetta, quale atto unilaterale, non soggiace alle restrizioni stabilite 
in tema di contratti in 01�dine alla prova per testimoni e per presunzioni 
e pertanto, in �caso di perdita del documento, colui che intende 
giovarsene pu� in ogni caso avvalersi di taLi mezzi probatori con l'onere 
di provarne la esistenza; il contenuto, al fine di stabilirne la regolarit� 
formale e sostanzialit�; e la sua mancanza di colpa in tale perdita (1). 

(1) In senso conforme oltre alla sentenza 24 agosto 1954, n. 303, citata 
in motivazione, cfr. Cass., 17 giugno 1942, n. 1688 con riferimento alla disciplina 
dettata dall'abrogato codice civile (art. 1341). 
Che la disposizione contenuta nell'art. 2721 e.e., sui limiti di valore per 
l'ammissibilit� della prova testimoniale, si riferisca ai contratti, in quanto 
siano invocati come fonte di _diritti ed obblighi dalle parti, cfr. Cass., 23 
maggio 1953, n. 1517. 

Sulla natura della disdetta, quale atto negoziale unilaterale e recettizio 
in senso stretto, diretta ad un soggetto determinato con efficacia al momento 
in cui perviene (art. 1334 e.e.) cfr. Cass., 30 maggio 1963, n. 1428; 
18 giugno 1953, n. 1811. 

In dottrina ROMAGNOLI, voce Disdetta, in Enciclopedia del diritto; CARIOTA-
FERRARA, Il negozio giuridico nel dir. priv. it., 1956, p. 154, il quale 
respinge il dubbio che la disdetta possa essere intesa come atto non negoziale 
e cio� consistente in una mera comunicazione della futura cessazione 
del rapporto, in quanto costituisce essa l'atto che ne determina la cessazione. 



554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La esistenza di un tacito mandato pu� essere desunta anche mediante 
presunzioni con riferimento, in particolare, al comportamento interno 
ed esterno delle parti, in funzione della contemplatio domini (2). 

(Omissis). �-Con il primo motivo i ricorrenti -denunciando vfolazione 
:(j falsa applicazione degli artt. 6 della legge 12 maggio 1950, 

n. 230, ed unico della legge 25 luglio 1950, n. 525, 360 n. 3 c. p. c. deducono 
che ai fini del controllo dell'efficacia della diffida era indispensabile 
l'esibizione dell'originale, perch� solamente in tal modo avrebbe 
potuto darsi la prova di una valida manifestazione di volont� del Presidente 
dell'O.V.S. o di un suo procuratore speciale, e che la prova 
testimoniale era inammissibile, giacch� non era stato dimostrato lo 
smarrimento avvenuto per colpa, 
Il motivo � infondato. 

Deve subito premettersi che le restrizioni alla prova per testimoni 
e per presunzioni, che la legge stabilisce per i contratti, non possono 
estendersi anche alla disdetta, che � un atto unilaterale (Cass. 2ri agosto 
1954, n. 3003). 

Chi, poi, invoca a proprio ~avore un documento, che assume e'ssere 
andato perduto, deve, in deroga alle limitazioni imposte dalla legge, 
dimostrare le seguenti circostanze: a) l'esistenza del documento stesso; 
b) il su.o contenuto, allo scopo di stabilire la sua validit� formale e sostanziale; 
e) la perdita verificatasi senza sua colpa. 

Orbene, la Corte di merito, attraverso un minuzioso ed esauriente 
esame delle prove acquisite (documenti e testimonianze) ha accertato 
l'esistenza ed il valido contenuto formale e sostanziale delle due disdette 
notificate nelle date 30 maggio e 30 luglio 1950 a Giuseppe e Luigi Piscitelli, 
affittuari dei fondi espropriati, deducendo, attraverso la ricostruzione 
delle 'stesse, �che non occorreva la loro produzione. 

Si sostiene pure che la Corte di merito avrebbe erroneamente interpretato 
e valutato le prove stesse, ma, in conformit� della consolidata 
giurisprudenza di questo Collegio, spetta al giudic~ di merito, individuare 
le fonti del proprio convincimento e valutarne le prove, controllarne 
l'attendibilit� e le conseguenze, scegliere fra le risultanze istruttorie 
quelle ritenute idonee, a dimostrare i fatti costitutivi della domanda 

(2) Giurisprudenza pacifica; cfr. Cass., 9 settembre 1963, n. 2454; 17 
ottobre 1958, n. 3296; 4 giugno 1956, n. 1885; 31 luglio 1954, n. 2802. 
Il mandato non costituisce infatti un contratto formale onde l'incarico 
ben pu� essere conferito verbalmente ed essere accertato con ogni mezzo 
di prova, secondo le regole generali. 

Sul valor del contratto, al fine dei limiti di ammissibilit� della prova 
per testi cfr. MINERVINI, Il mandato, Utet, 1957, per il quale occorre tener 
conto del valore dell'atto di cui il mandatario � stato incaricato. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 555 

o dell'eccezione, dar prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, 
rientrando tutto questo nel suo potere discrezionale ai sensi dell'articolo 
116 c.p.c. 
N� il giudice di merito ha, poi, l'obbligo di esaminare analiticamente 
tutte le risultanze processuali, ma dopo averle valutate nel loro complesso, 
� solo tenuto ad indicare le ragioni del suo convincimento, restando 
in conseguenza disattese, per implicito, quelle prove che, pur non 
essendo state confutate, siano tuttavia incompatibili con la dedsione 
adottata. 

Perci� la valutazione delle risultanze processuali, effettuate dal 
giudice di merito, si risolve in, un apprezzamento dei fatti, il quale 
sfugge al sindacato in sede di legittimit�, salvo che sussista un vizio di 
motivazione, che non ricorre nel caso in esame. 

N�, infine, pu� e'ssere censurato l'apprezzamento della corte di merito 
relativo allo smarrimento delle disdette, avendo riscontrato la condotta 
dell'Ente pubblico priva di elementi di imprudenza e negligenza, 
anche in considerazione del tempo decorso dall'intimazione delle disdette. 

Con il secondo motivo i ricorrenti -denunziando omessa motivazione, 
omesso esame degli elementi probatori e violazione del giudicato 
interno (art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.), nonch� violazione degli artt. 1456, 
1306, 1308 e 1708 c. c. -sostengono che la notificazione delle disdette 
a due soltanto degli affittuari non estendeva i suoi effetti anche agli 
altri due affittuari, ai quali l'Opera avrebbe dovuto comunicare la volont� 
di avvalersi della risoluzione di diritto non essendo ipotizzabile 
una rappresentanza di fatto, men,tre a nulla rileva l'acquiescenza del 
Giuseppe Piscitelli all'intertuzione del rapporto di locazione. 

Anche questa censura � infondata. 

Come ha avuto occasione di rilevare questa Corte (n. 2802 del 1954), 
l'esistenza di un mandato tacito ,pu� essere desunto da una serie di elementi 
presuntivi da valutarsi con riferimento in special modo all'esteriore 
comportamento tenuto dalle parti nei rappo,rti interni ed esterni, 
in funzione della � contemplatio domini�._-(Omi..~sis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 433 -Pres. Marletta 
-Est. Geri -P. M. Caccioppoli (diff.) -Comune di Corleone 
(avv. Restivo e Corso) c. Assessorati Igiene e Sanit� e LL. PP. della 
Regione Siciliana (avv. Stato Foligno). 

Procedimento civile -Appello -Parte vittoriosa -Riproposizione delle 
difese di primo grado -Appello incidentale -Non necessario. 
(c.p.c., artt. 343 e 346). 



556 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Opere pubbliche -Concorso di enti pubblici nella realizzazione del


l'opera -Deliberazione di assunzione di spesa -Efficacia vinco


lante nei rapporti tra ~li enti. 

La parte vittoriosa non � tenuta a riproporre le proprie difese con 
appeUo incidentale, ma pu� semplicemente lim'itarsi a riprospettarle con 
comparsa di risposta e negli ulterio1�i scritti difensivi (1). 

La deliberazione con la quale il Comune stabilisce di concorrere, 
mediante assunzione di parte della spesa, alla realizzazione di un'opera 
pubblica (nella specie di un ospedale) che, seppure compresa tra quene 
poste a carico della Regione, soddi.~fa altres� ad un proprio specifico 
interesse, realizza un 1�egolamento d'indole pubblicistica dei rapporti di 
cooperazione tra gli Enti con efficacia vincolante, ancorch� non sia stata 
tradotta in un ben definito negozio giuridico (2). 

(Omissis). --Nel primo motivo del ricorso il ricorrente Comune 
sostiene che la Corte di merito non avrebbe potuto riprendere in esame 
la questione relativa al concorso di colpa, decisa �allo stato� dal Tribunale, 
senza che l'Amministrazione regionale avesse proposto appello 
incidentale. 

La c~nsura � priva di fondamento. 

Essa parte dal presupposto che sul predetto concorso di colpa si 
sarebbe formato il giudicato per difetto di impugnazione da parte dell'ente 
interessato. Trattasi per� di una prospettiva erronea ove si tenga 
presente che l'appellainte Comune invest� con il gravame, davanti al 
giudice di secondo grado, la statuizione sulla propria responsabilit�, 
negandola integralmente e giustificando, per contrasto, l'opposta difesa 
degli assessorati, che a loro volta negarono integralmente la propria, 
riproducendo le precedenti loro consider.azioni difensive. 

Torn� dunque in discussione l'intera materia del contendere, senza 
che l'appellante Comune di Corleone avesse eccepito, in 2<> grado, come 

(1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass., 7 maggio 1969, n. 1548; 29 aprile 
1969, n. 1389; 9 aprile 1969, n. 1139, ecc. 
Il principio, come � noto, non si riferisce alla ipotesi di soccombenza 
su capi autonomi della sentenza, rispetto ai quali il riesame � possibile 
solo se sia proposta impugnazione in via incidentale. (Cass., 21 febbraio 
1956, n. 488). Cfr. altres� Cass., 14 dicembre 1948, n. 3974 per la quale 
appunto la parte vittoriosa, ove intenda riproporre domanda di rivalsa nei 
confronti di un terzo gi� convenuto in prima istanza, per quanto eventualmente 
venisse condannato a pagare all'appellante, � tenuto a proporre 
appello incidentale. 

In dottrina, 8ATTA, Commentario, 1966, II, parte seconda, pagg. 120 ss. 

(2) Non constano precedenti in termini. La Corte di Cassazione dopo 
l'esame del problema concernente la imputazione giuridica, nei confronti 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZ.A CIVILE 557 

Iavrebbe dovuto, il preteso difetto di appello incidentale da parte della 
Regione, sicch� la relativa questione risulta proposta per la prima volta 
in questa sede, pur potendolo ed anzi dovendolo essere in grado di 

I 

appello. ili

fj

Peraltro, a conferma dell'infondatezza di questo primo motivo, vale r 
pur sempre la. statuizione finale del Tribunale, il quale rigett� la domanda, 
malgrado l'affermazione nella parte motiva di un concorso di 

I 
colpa per ritardo della Regione, giustificando l'applicazione del principio 
secondo il quale la parte vittoriosa non � tenuta a riproporre le proprie 
difese con appello incidentale, essendo sufficiente la loro semplice prospettazione 
nella comparsa di risposta e nella ulteriori comparse o me


I 

morie difensive (Cass. 13 settembre 1968, n. 2.940). 
Nel �secondo motivo del ricorso si sostiene la violazione e falsa 

I 
applicazione degli arit. 6 ed 8 della legge regionale 5 luglio 1949, n. 23, 
modi~cata con legge regionale 15 luglio 1950, n. 6�2, nonch� dei priq,cipi 
sulle obbligazioni legali della P.A. e sulla formazione dei contratti della 
stessa in relazione all'art. 1372 <;.c., ed infine insufficiente e contraddittoria 
motivazione su punti decisivi della controversia. 

Il Comune infatti non avrebbe assunto alcuna obbligazione nei confronti 
delle Amministrazioni regionali, con la propria deliberazione del 
17 novembre 1950, la quale costituirebbe soltanto un atto interno, con 
valore limitato di mero antecedente della complessa fattispecie contrattuale 
d�ll'ente pubblico, non suscettibile di assumere il carattere costitutivo 
di un rapporto di diritto privato. 

Il motivo, forse esatto nella sua proiezione privatistica, � per� 
destituito di fondamento se venga riguardato sotto l'aspetto pubi;>licistico 
concernente l'esigenza della cooperazione fra enti ai fini della realizzazione 
di opere pubbliche. 

Occorre anzitutto porre in particolare risalto come nella presente 
controversia, non si discuta della responsabilit� del Comune ver�so i terzi 
espropriati dei fondi, sui quali insiste la costruzione dell'ospedale. 

Tale responsabilit� risulta ormai definitivamente ed irretrattabilmente 
accertata nei giudizi promossi, dai privati proprietari dei terreni 
a suo tempo occupati dal Comune e mai restituiti a causa della costruzione 
dell'ospedale. 

di terzi, degli effetti della attivit� compiuta per la realizzazione dell'opera 
pubblica al cui compimento abbiano concorso pi� Enti {cfr. Cass., 31 gennaio 
1968, n. 313, in questa Rassegna, 1968, I, 419; 13 luglio 1968, n. 2496, 
ivi, 1969, I, 45; 6 maggio 1969, n. 1525, ivi, 461), con la sentenza che si 
annota affronta quello concernente il rapporto interno di cooperazione tra 
gli enti, esaminando e puntualizzando la efficacia per essi vincolante delle 
deliberazioni adottate nell'ambito del regolamento di indole pubblicistica, 
realizzato in funzione del compimento dell'opera nel comune pubblico interesse, 
ancorch� non tradotte in uno specifico negozio giuridico. 



/ 

558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non interessa quindi in causa, se non indirettamente, l'accertamento 
dei rapporti fra la Regione ed il Comune ai fini di detta responsabilit�, 
ma ~nteressa accertarli esclusivamente ai fini dell'azione di rivalsa esercitata 
dal Comune, poich� la loro sussistenza o meno, la loro portata ed 
il loro eventuale atteggiarsi consentono di stabilire se detta azione sia 
fondata o infondata. 

� opportuno osservare, prima di procedere all'indicata [ndagine, che 
il carattere di antecedente necessario per la formazione di un vincolo 
giuridico negoziale attribuito alla delibera 17 novembre 1950, con la 
quale il Comune decideva di �intervenire � al fine di acquisire il fondo 
occorrente per la costruzione ospedaliera, non appare determinante per 
escludere un regolamento d'indole pubblicistica dei rapporti di cooperazione 
fra due enti pubblici per la costruzione di un'opera pubblica di 
comune interesse. 

In altri termini anche se la predetta delibera ed i successivi atti 
formali e materiali per la 'sua esecuzione possono o debbono essere considerati 
preparatori, e quindi non ancora tradotti in ben defi.!niti negozi 
giuridici, non per questo il Comune perderebbe la sua qualit� (peraltro 
gi� consacrata nei giudizi con i privati), di responsabile verso i terzi ed 
acquisterebbe il diritto di rivalsa di quanto ha dovuto versare a costoro. 

Ci� perch� il comportamento dell'Ente ed i corrispondenti suoi atti, 
quando siano rivolti alla soddisfaziO'Ile di un interesse pubblico generale 
ed al tempo stesso specifico dell'ente medesimo, possono essere sufficienti 
(e nella specie lo sono) non soltanto per renderlo obbligato verso 
l'esterno, ma per dar luogo ad una obbligazione propria. 

� questo un fenomeno comune ad ogni settore del diritto, anche se 
pi� spiccatamente rilevabile in quello pubblico, e si verifica quando la 
condotta volontaria ispirata al soddisfacimento di un bisogno proprio 
del soggetto a cui tale condotta va attribuita, crea effetti obbligatori 
non riferibili per delegazione, affidamento, mandato, rappresentanza od 
altre figure affini a nessun altro soggetto. 

Nella specie accadde che il Comune di Corleone, consapevole della 
grande importanza della costruzione di un ospedale nuovo e della istituzione 
di un corrispondente,ente ospedaliero circoscrizionale nel proprio 
territorio, volle evitare il pericolo che la Regione, priva di mezzi finanziari, 
anzich� por mano all'opera, si limitasse ad ampliare gli ospedali 
esistenti, con risultato manifestamente ridotto e meno rispondente alle 
moderne esigenze di assistenza sanitaria. Fu indotto perci� a partecipare 
agli oneri della erigenda costruzione, assicurando� a proprie spese il 
terreno occorrente per la realizzazione dell'opera, la quale rispondeva, 
pur essendo a carico della Regione, ad uno specifico pubblico preminente 
interesse delle popolazioni del Comune, nel cui territorio avrebbe dovuto 

sorgere. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 559 

Questo intento, come � pacifico, giustific� e fu posto a base della 
deliberazione 17 !Il.Ovembre 1950 e di tutti i successivi atti, con i quali 
11 Comune concretamente manifest� la volont� di cooperare attivamente, 
per la sua parte di spese spontaneamente assunta, alla realizzazione dell'opera 
pubblica. Non occorreva che le generali intese intercorse fra il 
Comune e l'Assessorato competente della Regione, in base alle quali il 
primo attu� cO!Il atti concreti, la cooperazione necessaria per conseguire 
il fine della costruzione di un nuovo moderno ospedale sul luogo, si 
traducessero in un preciso negozio giuridico, disciplinante pi� o meno 
minuziosamente i rapporti interni fra i due enti e la loro proiezione 
verso l'esterno, per ritenere l'insorgenza� dell'obbligo da parte del Comune 
stesso di sopportare l'onere dell'acquisto o della espropriazione del fondo. 

Era infatti sufficiente che l'uno o l'altro caso, ai fini della cooperazione 
e nell'ambito del compito da ciascuno assunto all'uopo, dimostrasse 
con atti concludenti di volere a proprio earico cooperare, entro certi limiti 
(che nella specie risultarono circoscritti per l'ente minore all'acquisizione 
del terreno), alla realizzazione dell'opera e che ci� si verificasse 
spontaneamente cio� in contemplazione di un proprio rilevante interesse 
e non gi� per effetto di un vincolo giur~dico legale o convenzio!Ilale. 

Il riferimento alle leggi regionali ed agli atti successivi con i quali 
la Regione, sostituendosi al Comune, port� a compimento l'espropriazione 
dei fondi, appaiono irrilevanti con riferimento alla situazione sopra delineata. 


Infatti la Regione non avrebbe realizzato l'opera, sebbene la legge 
regionale ponga a suo carico l'onere corrispondente, se fosse mancata la 
cooperazione del Comune, si sarebbe limitata ad ampliare l'ospedale gi� 
esistente ed avrebbe atteso tempi finanziariamente pi� propizi. Non pu� 
dunque il Comune invocare a proprio vantaggio la forza cogente di una 
legge, che non avrebbe avuto applicazione e soprattutto che non ripudia, 
ma anzi favorisce, la cooperazione fra gli enti ai fini della realizzazione 
di opere pubbliche di comune generale interesse. N� maggior pregio pu� 
avere il riferimento agli atti finali di espropriazione compiuti dalla Regione, 
per assolvere il Comune dal suo obbligo, appunto perch� gli stessi 
furono compiuti, come pone in rilievo la denunziata sentenza, a causa 
dell'inerzia del Comune stesso nell'assolvere ai propri compiti. 

Che, dunque, si voglia qualificare come delegazione o sostituzione 

o affidamento improprio il rapporto insorto fra i due enti (vedasi al riguardo 
Cass. n. 313 del 1968) ha relativa importanza, perch�. in ogni caso, 
il Comune � risultato responsabile verso i terzi per fatto proprio, e per 
la stessa ragione, essendosi assunto spontaneamente il carico della spese 
d'acquisto del fondo e avendo agito nel proprio prevalente interesse, 
pienamente compreso nei suoi fini istituzionali risulta del tutto privo 
di qualsiasi titolo, sia sotto il profilo pubblicistico che privatistico, per 
porgere un valido fondamento all'azione di rivalsa. -(Omissis). 
6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1970, n. 1036 -Pres. Pece Est. 
Fa1cone -P. M. Majo (conf.) -Azienda F.S. (Avv. Stato De 
Francisci) c. Ottan� (Avv. Flesca). 

Procedimento civile -Qualificazione della domanda -Limiti -Azioni 

risarcitoria da illecito e di responsabilit� per atti le~ittimi -Uni


ficazione -Inammissibilit�. 

(e.e., art. 2043; legge 1865 n. 2359, art. 46; c.p.c., art. 112). 

Espropriazione per p. u. -Indennizzo -Valore venale. del bene -Valutazione. 
(legge 1865 n. 2359, artt. 39 e 50). 

L'azione di indennizzo per il nocumento sub�to da atti legittimi 

(art. 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359) non pu� unificarsi con quella 

risarcitoria da mecito (art. 2043 c. civ.) divergendo esse sia per il peti


tum, limitato nel primo caso al detrimento che dalt'opera pubbiica sia 

stato arrecato al pat1�imonio immobitiare; sia per la causa petendi che, 

quale fatto giuridico costitutivo dell'azione, si sustanzia per la prima 
�nella liceit� della condotta e per la seconda nella itliceit� del fatto. 

In conseguenza, ove l'azione fatta valere in giudizio sia fondata 

sulLa responsabilit� per illecito, non pu� il giudice, senza esorbitare dai 

limiti deUa domanda, pronunziar la condanna del convenuto anche al 

ristoro del pregiudizio sub�to dall'attol/"e nei fondi posti in pl/"ossimit� 

dell'opera pubblica (1). 

Per dete!J"minare l'indennit� di espropriazione per p.u. occorre far 

riferimento al valore del fondo nel suo stato di consistenza alla data del 

relativo decreto costitutivo del trasferimento e pertanto dovr� tenersi 

conto della eventuale diminuzione di valore 1"erificatasi per vincoli di 

(1) La liceit� della condotta della P.A. circoscrive l'oggetto dell'indennizzo, 
ex art. 46 legge sull'espropriazione per p.u., alla parte sacrificata 
del valore intrinseco, effettivo ed attuale del bene che ha subito il pregiudizio, 
senza che sia possibile estenderlo al valore soggettivo e potenziale 
del bene leso, come si verifica invece, sia pure col rispetto del principio 
di causalit�, nel normale risarcimento del danno. (Cfr. Cass., S.U., 28 ottobre 
1961, n. 2481 in Foro it., 1962, I, 271). 
Circa la impossibilit� di unificare l'azione da risarcimento per fatto� 
illecito con quella di cui all'art. 46 della legge 1865 n. 2359 la giurisprudenza 
� costante, cfr. Cass., 30 dicembre 1965, n. 2482; 29 aprile 1964, 

n. 1039; 12 ottobre 1959, n. 2762, in cui si precisa che, diversificando le 
due azioni nei presupposti, non � possibile la loro unificazione, pur essendo 
astrattamente ammissibile un concorso in senso alternativo. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 561 

inedij�cabiiit� imposti con legge in epoca antecedente, quantunque posteriore 
alla preventiva occupazione del fondo medesimo da parte dell'espropriante 
(2). 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa 
applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 46 della 
legge 25 giugno 1865, n. 2359, l'amministrazione delle Ferrovie dello 
Stato sostiene che i giudici di merito hanno pronunciato extra petita 
nell'attribuire alla Ottan� -la quale aveva proposto soltanto la domanda 
di risarcimento dei danni derivatile dall'occupazione ultrabiennale 
del fondo su cui era stata realizzata l'opera pubblica -una somma 
non richiesta, per un titolo non dedotto, e cio� una indennit� per il danno 
consistente nella inedificabilit� del fondo medesimo in conseguenza della 
avvenuta costruzione del raccordo dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria. 


La censura, circoscritta al vizio di extra petizione, per essere stato 
accordato, con una pronuncia eccedente i limiti della pretesa, non tocca 
la questione -oggetto del secondo motivo -se il diritto all'indennit� 
di cui alla citata norma dell'art. 46 della legge sulle espropriazioni per 
pubblico interesse non spettasse -in ipotesi -alla Ottan� nei confronti 
dell'ANAS, quale costruttrice dell'opera pubblica da cui era derivato il 
suddetto danno al fondo poi espropriato dalle Ferrovie dello Stato, anzich� 
nei confronti di queste ultime. 

La censura stessa � fondata. 

Ed invero, dal riesame degli atti del processo, consentito a questa 
Corte per l'accertamento dell'attivit� compiuta dalla parte quando in 
relazione alla stessa sia denunciato un errore in procedendo del giudice, 
non risulta che sia :stata proposta la domanda poi accolta dai giudici di 
merito con la statuizione censurata. 

La Ottan�, con la citazione 12 marzo 1965, in seguito all'occupazione 
temporanea e d'urgenza di due porzioni dell'aranceto di sua propriet� 
disposta dal Prefetto di Reggio Calabria (in data 6 dicembre 1960 e 
6 giugno 19<61) e non seguita nel biennio dal decreto di espropriazione, 
ha chiesto il risarcimento dei danni subiti indicandoli analiticamente: 
nel �valore del suolo espropriato, corrispondente al prezzo che lo stesso 
avrebbe avuto in una libera contrattazione di vendita; nella distruzione 
delle colture in atto al momento dell'occupazione; nella mancata perce


(2) In senso conforme Cass., 16 maggio 1967, n. 1019, in Foro it., 1968, 
I, 517. Cfr. altres� Cass., 26 luglio 1967, n. 1970, in Giust. civ., 1967, I, 1767; 
T. Napoli, 8 novembre 1967, in Riv. giur. edilizia, 1968, I, 81. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

562 

zione dei frutti a decorrere dallo stesso momento. E, nel prospettare tali 
profili di danno, non ha fatto nemmeno riferimento all'occupazione definitiva, 
nel frattempo intervenuta (maggio 1962), di altra parte dello 
stesso fondo da parte dell'ANAS per la costruzione del raccordo della 
autostrada Salerno-Reggio Calabria, occupazione dalla quale conseguiva, 
per effetto dell'art. '9 della legge n. 729 del 1961, l'inedificabilit� lungo 
detto tracciato di una zona della profondit� di 25 metri nella quale 
ricadevano le porzioni gi� occupate dalle Ferrovie dello Stato. 

N� una domanda, come quella accolta dalla Corte di merito poteva 
ritenersi implicitamente compresa nell'ambito della formulazione, per 
quanto ampia, di una pretesa rivolta a conseguire sotto i suoi diversi 
aspetti, il solo risarcimento per i danni dipendenti dal comportamento 
illecito delle Ferrovie dello Stato. 

La pretesa rivolta ad ottenere il ristoro del pregiudizio di ordine 
materiale e giuridico sub�to dai fondi posti in prossimit� dell'opera pubblica, 
di cui sia causa il fatto della costruzione di questa ultima non pu�, 
infatti, essere unificata con la domanda di risarcimento dei danni, da cui 
differisce per petitum e per causa petendi. 

Le due azioni, di responsabilit� da illecito (art. 2043 e.e.) e di 
responsabilit� da atto legittimo (art. 46 1. 25 giugno 1865, n. 2359) si 
diversificano, infatti, sia per il petitum che nella prima si estende a tutto 
il pregiudizio derivato all'altrui sfera giuridico-patrimoniale e non soltanto 
al detrimento arrecato dall'esecuzione dell'opera pubblica al patrimonio 
immobiliare, sia per la causa petendi e cio� per il fatto giuridico 
costitutivo dell'azione, che va ravvisato, nel primo caso, nell'illiceit� 
del fatto e, nel secondo caso, invece, nella liceit� della condotta della 
pubblica amministrazione. (Cass. 30 dicembre 1965, n. 2482.; Cass. 29 
aprile 1964, n. 1030). 

Nessun mutamento del thema decidendi si � poi verificato quando, 
dopo la pronuncia del decreto di espropriazione da parte del Prefetto di 
Reggio Calabria (12 febbraio 1966) la Ottan� ha preferito proporre opposizione 
alla stima dell'indennit� con citazione del 6 aprile 1966, anzich� 
insistere, come sarebbe stato sufficiente per raggiungere lo stesso risultato 
pratico, sulla domanda giudiziale da lei proposta. Quando, infatti, il 
decreto di espropriazione interviene dopo che l'occupazione sia divenuta 
illegittima, mentre � gi� in corso il giudizio promosso dal proprietario 
per ottenere il risarcimento del danno sub�to in conseguenza della 
perdita dell'immobile illegittimamente occupato ed utilizzato dalla pubblica 
amministrazione, non � necessaria, ove il proprietario insista sulla 
domanda giudiziale gi� da lui proposta, la opposizione alla stima prevista 
dall'art. 52 della legge n. 2359 del 1865, in quanto che, in tal caso, come 
il diritto di propriet� si converte in diritto alla indennit�, cos� l'originaria 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 563 

azione di risarcimento del danno si converte in quella di opposizione 
alla stima in virt� della quale � stata determinata l'indennit� di espropriazione 
(Cass. 30 dicembre 1968, n. 4086). 

La Ottan� ha continuato a chiedere, sia pure quale giusta indennit� 
per l'espropriazione ormai intervenuta, la stessa somma che chiedeva 
a titolo di danni per la definitiva perdita della disponibilit� dell'immobile 
sul quale era stata costruita l'opera pubblica, pi� le altre somme 
domandate per i danni sub�ti durante l'occupazione legittima e quella 
illegittima nell'identico ammontare e per gli stessi titoli gi� dedotti; 
� da escludere, pertanto, che dalla attrice sia stata introdotta in questa 
fase un nuovo petitum fondato su una diversa causa petendi. 

Del resto, l'iter processuale della controversia consente, a conferma 
della conclusione raggiunta, l'ulteriore rilievo che la Ottan� aveva proposto 
la domanda di indennizzo. per l'imposizione della servitus inaedificandi 
sul .suolo occupato e poi espropriato dalle Ferrovie, nel separato 
giudizio riunito a quello di cui si discute, iniziato contro l'ANAS quale 
costruttrice dell'opera (raccordo autostradale) dalla quale l'imposizione 
della servit� anzidetta derivava. 

Riconosciuto, con l'accoglimento del primo motivo di ricorso, che 
una pretesa di indennizzo a norma dell'art. 46 della legge n. 2359 del 
1865 non era stata mai avanzata dalla Ottan� nei confronti delle Ferrovie 
dello Stato, deve essere dichiarato assorbito il secondo motivo con il 
quale si sostiene sotto il profilo della violazione e falsa applicazione 
dell'art. 46 citato, e dell'art. 100 cod. proc. civ. che l'anzidetta indennit� 
poteva, in ipotesi, far carico soltanto all'ANAS, proprietaria dell'opera 
pubblica la cui costruzione aveva determinato la concreta imposizione 
della 'servit� di inedificabilit� del suolo prevista dalla legge n. 729 del 
1961. 

Con il ricorso incidentale, condizionato al mancato rigetto del ricorso 
principale, la Ottan� sostiene che ove sia riconosciuto che l'indennit� 
a norma dell'art. 46 non era stata autonomamente domandata( in 
accoglimento del primo motivo) o era stata erroneamente richiesta ad 
un soggetto diverso da quello tenuto a corrisponderla (in accoglimento 
del secondo motivo), la sentenza impugnata deve essere cassata per non 
avere tenuto conto, nella liquidazione della indennit� di espropriazione 
a carico delle Ferrovie, della natura edificatoria del suolo di cui si 
discute, al momento dell'occupazione. 

La diminuzione di valore del suolo espropriato per il sopravvenuto 
vincolo di inedificabilit� rappresentanza infatti -ad avviso della ricorrente 
-una conseguenza diretta della espropriazione, poich� essa pro-

I 
!

' 

I 


' ' 



564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pacificamente riconosciuto al suolo al momento dell'occupazione, proprio 
per effetto della perduta disponibilit� di esso. 

La censura � infondata. 

Secondo la giudsprudenza costante di questa Corte, dovendo l'indennit� 
dL espropriazione essere. commisurata al giusto prezzo che l'immobile 
avrebbe avuto in una libera �contrattazione di compravendita, la 
valutazione del bene espropriato va fatta in relazione allo stato di consistenza 
in cui esso si trova alla data del decreto di espropriazione il 
quale ha effetto costitutivo del trasferimento (Cass. 21 ottobre 1965, 

n. 2175; Cass. 19 giugno 1968, n. 2031). 
Esattamente, pertanto, i giudici di merito, nel fissare l'indennit� 
di espropriazione a seguito dell'opposizione alla stima, hanno tenuto 
conto del fatto che al momento della pronuncia del decreto prefettizio, 
il suolo in discussione aveva ormai perduto la sua attitudine edificatoria 
sicch� doveva essere valutato come agrario. 

La circostanza, poi, che la Ottan� per effetto della servitus inaedificandi, 
imposta per legge a carico del fondo in seguito alla costruzione 
del raccordo autostradale avvenuta durante il periodo di occupazione 
provvLsoria del bene da parte delle Ferrovie, era stata privata di concrete 
possibilit� di sfruttare il suolo stesso come edificatorio, poteva, 
in ipotesi, prospettarsi come rilevante nell'ambito della situazione creata 
dall'occupazione e dei diritti che ne scaturivano. Ma al riguardo ogni 
questione -del resto nemmeno adombrata nelle difese dell'appellata era 
rimasta preclusa. 

Il Tribunale, come � stato esposto nello svolgimento del processo, 
dopo avere dato atto che nessuna pretesa era stata formulata a titolo di 
indennit� per l'occupazione provvisoria biennale, perch� era stata accettata 
la somma di lire 152.617, liquidata per l'anzidetto titolo dal Prefetto 
e gi� depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti, ha ritenuto di potere 
accogliere integralmente la domanda di risarcimento dei danni che la 
Ottan� assumeva di avere sofferto, sia durante tale periodo di occupazione 
legittima che per quello successivo di occupazione illegittima fino 
all'espropriazione, nella misura corrispondente al valore dei frutti non 
percetti. Ha, infatti, liquidato a titolo di danni per il periodo decorrente 
dall'occupazione del fondo fino alla pronuncia del decreto di espropriazione 
la somma di lire 180.000 annue, corrispondente al valore dei frutti 
(lire 300.000 annue) separato dalle spese di produzione (40 %), accogliendo 
integralmente la domanda della Ottan�. 

Questa statuizione, impugnate dalle Ferrovie soltanto sotto il profilo 
della compiuta liquidazione dei danni per il periodo di occupazione legittima 
ed illegittima in misura diversa e maggiore di quella corrispondente 
all'ammontare degli interessi legali sull'indennit� di espropria


~~~ 



565 

ziont;l, non sono state censur,ate dalla Ottan�, la quale avendo sentito 
accogliere integralmente l�i sua domanda, si � limitata a chiedere, con 
il rigetto dell'appello, la conferma della decisione dei primi giudici. 

P�ertanto la Corte di merito dopo aver~ correttamente provveduto 
sul capo relativo alla det~rminazione dell'indennit� di espropriazione, 
in base al principio che tale operazione va computata alla stregua del 
v�lore �lel fondo al momento della. pronuncia del decreto, non poteva 
�he d:ate !lltto dell'avvenuta accettazione dell'indennit� per il biennio 
di oocupafd~:me legittima e. limitare la sua pronuncia sui danni per il 
periodo. di occupazione. (legittima ed illegittima) del fondo nei limiti 
della. questone .ad essa devoluta. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, 1Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1130 -Pres. Favara Est�. 
NOV�lli -P. M, De lV!arco (conf.) -Ammini�strazione delle Ferrovie 
<dello Sfato (a\tv. Stato De Francisci) c. lVIoUica (avv. Scarc�lla). 


Espropriazione. p�t.p. u. � Espropriazioni ferroviarie � Tettitori colpiti 
dal terremoto -Indennit� di esproprio -Determinazione 


Le~~e a{>pllcabil~. 

(legge 15 genn�io 1885, n. 2892, art. 13; 'legge 7 luglio 1907, n. 429, art. 77; 
(t.�.u. 19 agoSto :wl'1, :no 1399, �rt. 161). 

La indeooit� per le espropriazioni ferroviarie, ove i beni siano compresi 
nelle zone colpite da! terremoto calabro-siculo, non va determinata 
in base ai criteri stabiliti dalla iegge sul risanamento di Napoli 15 gennaio 
1885, n. 2892 richiamata dall'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429, 
sull'ordinamento deU'e.sereizio ferroviario, sibbene secondo le norme 
dettate dalla legge fondamentale suita espropriazione del 1865, n. 2359:, 
cui rinvia ii t:u.19agosto1917, n. 1399, art. 161, su.i Com'Uni terremotati. 

(Omissis). -L'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato con 
l'unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione 
dell'art. 161 t.u. 19 agosto 1917, n. 1399, in relazione all'art. 77 legge 
7 luglio 1Q07, n. 429, con riferimento all'art. 13 legge 15 gennaio 1885, 

n. 2892, sul risanamento della Citt� di Napoli e art. 360 n. 3 c.p.c. 
La questione esaminata dalla Corte di Cassazione concerne non tanto 
il �fenomeno della successione di leggi nel tempo, quanto involge il problema 
relativo alla determinazione della nozione di legge generale, speciale 
ed eccezionale. 

La sentenza ha posto in rilievo come non possa attribuirsi V1ilore assoluto 
alle predette classificazioni, la cui portata non � del tutto immune 



566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La questione sottoposta all'esame di questa Corte verte sull'applicabilit� 
dell'art. 161 t.u. n. 1399 del 1'917 che contiene disposizioni relative 
al criterio di determinazione dell'indennit� nei, procedimenti espropriativi 
da eseguirsi nelle zone terremotate calabro-siciliane, qualora �tali 
procedimenti riguardino costruzioni ferroviarie per le quali provvede, 
con efficacia generale l'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429. E poich� 
la legge del 1917 sancisce l'applicabilit� della legge generale sull'espropriazione 
del 1865 e la legge del 1907 quella del 1885, n. 2892 sul risanamento 
dela dtt� di Napoli, occorre stabilire quale dei due criteri di determinazione 
dell'indennit� di espropriazione previsti nelle leggi richiamate 
deve essere adottato nell'potesi di espropriazioni da eseguirsi nei Comuni 
compresi nella tabella allegata al t.u. del 1917 tra i quali � il Comun.e 
che interessa la presente causa. 

Questa Corte, con decisioni 17 marzo 1925, n. 730 e 27 luglio 1937, 

n. 3'297, ritenne che l'art. 161 del t.u. del 1917 non avesse sostituito 
l'art. 77 della legge 1907 per dette zone. Senonch�, successivamente con 
sentenza 18 aprile 1962, n. 753, pronunciando su analoga .questione relativa 
alle costruzioni di edifici scolastici negli stessi territori, ha ritenuto 
per contro che la speciale regolamentazione, d'ordine generale, di tale 
materia, comprendente, tra l'altro, la determinazione dei criteri di 
calcolo dell'indennit� di esproprio con riferimento alla legge del 1885, 
dovesse applicare soltanto alle costruzioni scolastiche successive alla 
legge del 1928 che aveva regolato ex novo la materia, mentre per le 
costruzioni precedenti doveva necessariamente applicarsi la pi� favorevole 
legge del 1865 prevista nel t.u. del 1917. Questa sentenza, bench� 
si sia occupata solo incidentalmente della questione, ha espresso, in sostanza, 
un mutamento di indirizzo in ordine all'applicabilit� delle leggi 
speciali antecedenti al testo unico del 1917 che questo Collegio condivide 
per le ragioni che seguono. 
� pacifico che in tema di successioni di leggi, la non applicabilit� 
della legge anteriore per avvenuta abrogazione da parte della legge 
successiva, qualora manchi una dichiarazione espressa dal legislatore, 
pi� che ubbidire ad una classificazione corrispondente a categorie di 
leggi -per la quale resterebbe ancora da stabilire quale sia la generale 
e quale la speciale tra una legge che si riferisce ad una determinata 
materia con efficacia per tutto il territorio ed una legge che si riferisce 
a tutte le materie ma applicabile in una parte del territorio -deve aver 
riguardo all'intenzione del legislatore al fine di riscontrare o meno le 

da incertezze, ma occorra acclarare in concreto la voiuntas legis sulla base 
dei pi� generali strumenti interpretativi. 

Le sentenze in senso contrario, della Corte di Cassazione, menzionate 
in motivazione, dell'll marzo 1925, n. 730 e del 27 luglio 1931, n. 3297 si 
leggono rispettivamente in Giur. it., 1925, I, 705 e Foro it., 1932, I, 107. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 567 569 

iotesi di abrogazione previste dall'art. 15 delle preleggi e cio� 
patibilit� tra le nuove disposizioni e le precedenti e la esistenza, 
1ova legge, di una regolamentazione generale della materia gi� 
t dalla legge anteriore. 
.e necessit� comporta, ovviamente, che verificatosi il contrasto, 
~da all'interpretazione delle leggi (art. 12) e in particolare di 
nuova, la quale,. proprio per essere successiva e per l'efficacia 
~ propria (art. 11), deve contenere nelle sue disposizioni, la vo~
l legislatore di sostituire la precedente regolamentazione dispoiella 
materia in modo diverso e incompatibile con quello prece


.e volont� � gi� desumibile dalla sola interpretazione letterale 
, 161 avuto riguardo al significato proprio delle parole secondo 
essione di esse, in quanto la norma dispone che � le indennit� per 
1priazioni nei Comuni compresi... eseguita dallo Stato e dalle Amazioni 
comunali e provinciali per qualsiasi scopo... sono deterapplicando 
le disposizioni della legge 25 giugno 1865, n. 2359 �. 
bene l'espressione �per qualsiasi scopo� impedisce di operare 
1i, nell'ambito dei procedimenti espropriativi, quali, le espro1i 
per opere ferroviarie rispetto alle altre, come sostiene la ricor


�mministrazione, senza incorrere in una interpretazione di con:
on lo stesso contenuto letterale della legge. 
raltro l'applicazione , in via generale, dei criteri di liquidazione 
dalla legge del 1865 per le zone terremotate, resta confermata 
lall'interpretazione logica qualora si consideri in pa;rticolare : 
la legge del 1865 stabilisce il pagamento dell'indennit� secondo il 
venale del bene espropriato e cio� fissa il criterio di calcolo pi� 
�ole in caso di espropriazione per pubblica utilit�. La norma 
pu� soltanto aver esteso tale pi� favorevole criterio a regolaioni 
meno favorevoli, tra le quali le espropriazioni ferroviarie; 
.il criterio previsto dalla legge del 1865 costituendo il criterio 
.e di liquidazione delle indennit� di esproprio, si pone come unica 
tiva ai criteri previsti dalle leggi speciali, non potendosi ravvitre 
ipotesi di applicazione della norma in discussione. In conse' 
se l'espressione � per qualsiasi scopo � volesse non riferirsi ai 

previsti dalle leggi speciali, dovrebbe concludersi che l'intera 
~ione contenuta nell'art. 161 sia privo di campo di applicazione, 
!ome si � detto, che due possibilit� possono verificarsi in tema di 
it� di esproprio: l'applicazione della norma prevista nella legge 
l5 oppure delle norme contenute in altre leggi e Ln particolare 
~gge del 1885 in pi� occasioni richiamata; e) la natura di norma di 
1zione, da attribuire all'art. 161, cosi come a molte altre del t.u. 
. 7, non pu� essere negata avuto riguardo alla finalit� dei decreti 
i in detto testo unico. Essa � stata quella di favorire la ricostru


! per rag; 
o privata 

iine deUe 
fl,ccedervi, 
ma osser
�.� diritto a 

~soggiace 

~nno pro


~re 1934, 
le la pre)
dell'inci; 
alla dojlento 
del 
( risposta 

l giudice 
fo chiuso, 

~icabilit� 

costituito 

rilevarsi 
~ logico!
gione di 
!bile era 

!J.ando la 

piennale, 

� 

huizione 

fciapiede 

~� breve 

la il bi-

si moviun 
altro, 
�l:lte spe~
bblica o 
i veicoli 

ore 1961, 


570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della stazione ferroviaria), qualifica.bile, a suo avviso, e ai fini di che 
trattasi, come � area di uso pubblico adibita al traffico, anche se non 
illimitato, di pedoni e veicoli di ogni specie�, e della natura di veicolo, 
attribuibile al mezzo (carrello elettrico) ,su di essa in movimento, non 
ha bene identificato l'esatta portata della norma (art. 2947 comma 2<>) 
che stabilisce la prescrizione breve di due anni per il risarcimento del 
danno prodotto dalla circofazione dei veicoli. 

L'art. 2947 c. civ., nello stabilire la prescrizione biennale per il 
danno cagionato da.I veicolo, pone come presupposto che l'azione causale 
compiuta dall'agente sia stata quella della circolazione, assunto codesto 
termine non nel significato empirico di un qualunque spostamento del 
veicolo in uno spazio qua1siasi, bens� in un significato tecnico, che gli � 
caratteristicamente proprio nel particolare campo della disciplina della 
circolazione stradale, l� dove cio� i due termini di � circolazione � e di 
� strada � reciprocamente si condizionano nei loro significati, nel senso. 
cio� che la �circolazione �, intesa come attivit� di spostamento da' un 
luogo ad un altro, la quale viene presa in considerazione dalle norme� 
di polizia predisposte per la pubblica incolumit�, � quella dei pedoni, 
degli animali e dei veicoli che si svolge sulle strade, e � strada � � l'area 
aperta, come mezzo di collegamento da un luogo ad un altro, alla circolazione 
dei pedoni, degli animali e dei veicoli. 

� pur tuttavia da osservare che il termine in questione, derivato 
dall'art. 120 dell'abrogato codice della strada, ed inserito nella normativa 
di diritto privato del nuovo codice, si affranca, nelle pi� ampie 
significazioni di cui in questo � suscettibile, dal limite che lo definiva 
nella sua particolare sede di provenienza, costituito cio� dal presupposto 
che l'area destinata a strada fosse di uso pubblico. 

Ma � pur indiscutibile, che dovendo la espressione conservare nella. 
diversa sede del codice civile il significato tecnico che gli � proprio, in 
mancanza di elementi che altro gliene assegnino, l'allargamento normativo 
di cui � suscettibile, si da ricomprendere anche la circolazione del 
veicolo su strade private, quando questa venga in considerazione come 

La Cassazione Penale, 30 gennaio 1963, rie. Chiodo, in Giust. pen., 1964,. 
II, 36, a sua volta ha pi;ecisato: 

a) che le norme sulla circolazione stradale contenute nel r.d. 8 dicembre 
1933, n. 1740 e t.u. 15 giugno 1959, n. 393, si applicano alle strade 
soggette a pubblico transito ed agli spazi di suolo aperti alla pubblica circolazione, 
ancorch� non rientrino nella nozione di strada o di sua pertinenza; 

b) che l'elemento che contraddistingue tutti gli spazi sopra indicati 
e ne determina l'assoggettamento alla disciplina della circolazione stradale 
� l'uso pubblico per esigenze di circolazione; 

e) che tale uso pu� anche essere limitato ed assoggettato ad una 
particolare disciplina, ma sempre in conformit� all'interesse pubblico della. 
circolazione, che il bene � destinato a soddisfare. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIB.PRUDENZA CIVILE 571 

fatto illecito che ha .cagionato danno, ai fini dal risarcimento, non pu� 
estreniarsi dall'ambito che obiettivamente nella sostanza le definisce 
cio� sempre movimento del veicolo su area destinata alla circolazione. 


Occorre, in definitiva, perch� la norma dell'art. 2947 sulla prescrizione 
dei due anni svolga la sua efficienza, che sempre vi sia stata come 
causa del danno la circolazione del veicolo, la quale si sia svolta su una 
strada, su un'area cio�, pubblica o privata, ad essa destinata. 


Le predette qualificazioni non trovano elementi di fatto ai quali 
essere congruamente riferite, quando si tratti, come nella specie, di danni 
cagionati da carrelli in movimento sui marciapiedi e sulle banchine delle 
stazioni (ferroviarie, vale a dire su spazi che normalmente sono destinati 
all'uso dei viaggiatori, i quali a piedi li attraversano, all'inizio del 
viaggio, per accedere ai convogli, o al termine di esso, _per uscire dalla 
stazione, nonch� a coloro che vi camminano per recarsi ai vari uffici e 
locali in essa siti. Manca in tal caso quel particolare ambiente, di cui 
dianzi si � parlato, costituito dalla �Strada., quale area �normalmente� 
destinata alla .circolazione di persone, animali e veicoli, sul piano della 
quale sia in effetti possibile svolgere un'attivit� di collegamento di un 
luogo con un altro, nell'osservanza delle specifiche regole di comportamento 
all'uopo predisposte per l'attuazione di un ordinato transito e 
per la tutela della incolumit� delle persone (nella specie di noli confusamente 
in movimento sui marciapiedi e sulla banchina delle stazioni 
ferroviarie). 


Ricorrono quindi caratteristiche differenziali che impediscono di 
assimilare il movimento dei carrelli elettrici sui marciapiedi e sulle banchne 
delle stazioni ferroviarie ad una circolazione di veicoli, come 
tecnicamente intesa dall'art. 2947 c. civ., quando per i danni da essa 
cagionati stabilisce la minore prescrizione biennale, mentre la circostanza 
di essere il movimento dei carrelli svincolato dall'osservanza, altresl 
ostacolata dalla condizione dei luoghi, delle regole che disciplinano la 
circolazione stradale, imprime al fatto dannoso una pi� incisiva nota di 
illiceit�, la cui presenza anche giustifica una pi� lunga durata per la 
estinzione del diritto al risarcimento del danno, vale a dire quella della 
ordinaria prescrizione di cinque anni prevista dallo stesso art. 2947 per i 
fatti illeciti in genere. 


Pertanto, merita accoglimento il secondo motivo del ricorso, cassandosi 
la impugnata decisione che indebitamente ha esteso la prescrizione 
breve di due anni a una fattispecie di danno diversa dai casi 
considerati nella relativa norma (di carattere eccezionale), la quale � 


I 

soltanto dettata per i danni cagionati dalla circolazione dei veicoli, e non 

pu� comprendere un qualunque movimento di veicoli in uno spazio 

qualsiasi, che non sia normalmente adibita, per sue caratteristiche fisiche 

I 

e per sua peculiare destinazione, alla circolazione dei veicoli. -(Omissis). I 

! 
~ 

I 
!1 

, I 

_.,.~~~~.J 



572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 27 giugno 1970 -Pres. Cortesani Est. 
Scotti -Lo Sapio (avv. Testa) c. A.N.A.S. (avv. Stato Marzano). 

Procedimento civile -Nomina del consulente tecnico -Ammissibilit� 


Limiti. 

(Cod. proc. civ., artt. 61-64 e 191-198; disp. att. cod. proc. civ., artt. 13-24 e 89-92). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Azioni di risarcimento danni da 
occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 
della legge 25 giugno 1865, n. 2359 -Onere probatorio della parte 
istante -Contenuto e mezzi di osservanza -Eventuale attivit� suppletiva 
ex ufficio. "' 

ti 

(Cod. civ., art. 2043; legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51; cod. civ., art. 2697; w 
cod. proc. civ., art. 15, primo e secondo comma, 118 e 213). 

m 

@ 
Espropriazione per pubblica utilit� -Azioni di risarcimento danni da -�~ 

occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 

j

@

della legge 25 giugno 1865, n. 2359 -Valore venale dell'immobile 

occupato o espropriato -Criterio di determinazione -Carattere l@ 

(''

sussidiario dell'ausilio del consulente tecnico e condizioni di am


~fil\j

missibilit� della nomina. 

!E 

(Cod. civ., art. 2043; legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, art. 30; cod. civ., art. 2967; cod. proc. civ., art. 61, primo comma). 


La �onsulenza tecnica non � una prova n� un mezzo di prova e non ~ pu� essere disposta allo scopo di acquisire agii atti il materiale probatorio 
che le parti in causa, secondo le rispettive posizioni processuali, 
hanno l'onere di fornire (1). 

Per l'ammissibilit� della nomina del consulente tecnico � necessario 

che la controversia presenti oggettivamente degli aspetti tecnici e che 

I

~m

..,, 

;::

fil

w

@

(1-4) Sulla inammissibilit� della c. d. consulenza tecnica nelle cause f..�. 
di risarcimento danni da occupazione illegittima o promosse per la deter-fffe.~. 
imnazione giudiziale della indennit� di espropriazione. ~ 

La decisione in rassegna affronta per la prima volta ex professo, con ~~ 
lodevole e .coraggiosa iniziativa, le questioni che in concreto si pongono in fa 
ordine alla concorrenza dei poteri del giudice con l'onere probatorio a pi 
carico delle parti in causa ed ai limiti e alle condizioni di ammissibilit� @ 


della nomina del consulente tecnico, pervenendo con attenta ed analitica 

1,,-��:j��.'_,:',,:,�:,�. 

disamina a conclusioni in significativo contrasto con la prassi denunziata ;, 
dalla difesa della -convenuta amministrazione, quella, cio�, secondo cui \''* 
la decisione delle �cause di risarcimento danni da occupazione illegittima f':� 


o promosse ai �sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 viene f:� 
ad .,,,..,.. '�""'nzfalmente oon<fuionafa aile valufarioni del oonmlente tee-
I 

.::

:-: 

ITrGfflliifiiifHff:f&M&'XffafiffJtr;;:::r01;;;0;r0;:z1;;;;rn;grr,~10rr:r:Ii;'~>:i;;::;1;"2r@;::;:::;rn0iffi;:m:;:~tTt':zfrt:f""'.:nr:ff1e;0 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 573 

per la comprensione e valutazione di tali aspetti tecnici non basti quanto 
gi� acquisito al processo n� basti il ricorso alle regole di comune esperienza 
o ad altri mezzi istruttori disposti di ufficio: con,dizioni di ammissibilit� 
che comportano una valutazione correlata alla responsabile esigenza, 
per il giudice, di sentirsi assolutamente in grado di padroneggiare 
g"Li aspetti tecnici deUa vicenda giudiziaria in base alle sue conoscenze 
ed aUe regole di comune esperienza (2). 

nico, che a tanto differenti risultati conducono quanto divergenti possono 
risultare le vedute soggettive di ciascun consulente. 

Anche per il difetto di precedenti giurisprudenziali, la pregevole decisione 
in rassegna assume rilevanza e portata invero non indifferenti, 
tanto pi� che alle questioni esaminate anche la dottrina non risulta sensibile, 
forse perch� la generale assuefazione al denunciato sistema istruttorio 
non consente di avvertirne il carattere patologico e di rilevare quella 
incompatibilit� con i principi che una meditata ed obiettiva valutazione 
rende invece subito evidente. 

Nel merito, le affermazioni di principio contenute nella decisione vanno 
condivise, risultando rigorosamente conformi alle commentate disposizioni 
di legge, e tali, invero, da evidenziare che il problema, ove sia avvertito 
e re,sponsabilmente affrontato, non altra soluzione consente se non quella 
prospettata dal tribunale di Napoli. 

Alla decisione in esame pu� solo addebitarsi, tutt'al pi�, un benevolo 
ottimismo nella valutazione secondo cui cognizioni tecniche possano veramente 
consentire un efficace e non arbitrario ausilio del consulente in 
alcune delle ipotesi segnalate nell'ultima parte della motivazione (quelle, 
cio�, p,er le quali potrebbe ravvisarsi la � necessit� � di nominare il consulente 
tecnico), apparendo di non agevole individuazione, in particolare, 
il contenuto tecnico delle cognizioni che dovrebbero rendere possibile 

� vivificare ed aggiornare, in base a criteri generali di economia di zona, 
dati comparativi piuttosto vecchi � o � ricercare in un mercato instabile 
una costante di incremento o di decremento attraverso la media ponderata 
di elementi comparativi dissimili �. 
Cos� come rimane da spiegare quali cognizioni � tecniche � consentirebbero 
al consulente di valutare, e dimostrare, la incidenza dei � fattori 
anomali � che assumono rilievo nell'ultimo esempio ipotizzato nella motivazione 
della sentenza, �e quale criterio � scientifico � possa veramente 
consentire di determinare, senza possibilit� di alternative e secondo risultato 
suscettibile di verifica, il saggio di capitalizzazione da adottare in 
valutazione eseguita con il metodo di stima analitica. 

Quanto alla tesi prospettata dalla difesa della convenuta amministrazione 
e sostanzialmente condivisa dal tribunale di Napoli, si ritiene utile 
-non senza segnalare la evidente irrilevanza in contrario di norme quali 
quelle contenute nell'art. 32 e seguenti della legge 25 giugno 1865, n. 2359 

o nell'art. 568, ultima parte, del codic~ di procedura civile, e con riserva 
di esaminare altri aspetti patologici del sistema (quali quelli relativi alla 
costante quanto erronea applicazione dell'art. 40 della legge 25 giugno 
1865, n. 2359, o alla erroneit� di una autonoma liquidazione dei frutti 
pendenti quando gi� .si attribuisca, in ragione al mancato reddito, l'indennit� 
di occupazione) -riportare qui di seguito parte della comparsa 
conclusione depositata per la convenuta amministrazione: memoria difeni 
~ 

! 

i 

I 

--! 

~~�A'if!'~~~~llj 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nelle cause di risarcimento danni da occupazione illegittima incombe 
all'attore di provare i fatti materiali posti a base della domanda (quando 
siano ex adverso contestati) ed il danno che assume di aver subito, cosi 
come nelle cause di opposizione a stima deve l'opponente dimostrare 
quanto valeva il bene espropriato e quale sia perci� la giusta indennit� 
di espropriazione: prove da fornire con testimonianze, elementi compara


siva che appare opportuno riprodurre, per la rilevanza di princ1p10 della 
questione, anche nella breve premessa sulla necessit� di documentare la 
legittimazione attiva ad causam, e i cui spunti polemici vanno giustificati in 
ragione della novit� delle ,questioni trattate e della comprensibile reSistenza 
offerta dalla consolidata prassi contraria. 

(Omissis!. -Secondo quanto pi� volte osservato nel corso del giudizio 
(e senza che a tale :segnalazione abbiano le controparti dato concreto seguito) 
deve preliminarmente accertarsi la ricorrenza del condizionante 
presupposto della legittimazione ad causam degli attori: indagine che non 
sembra possa peraltro risolversi in senso positivo, considerato che n� le 
risultanze della procedura di espropriazione (promossa, come per legge, 
sulla base delle sole risultan~e ,catastali, prive di efficacia probatoria in 
ordine alla effettiva appartenenza degli immobili) n� i documenti ex 
adverso prodotti costituiscono elementi sufficienti a documentare la legittimazione 
degli istanti, cos� come non lo sarebbero, come � noto, per 
riscuotere la indennit� di espropriazione depositata presso la Cassa depositi 
e prestiti o per garantire ad un eventuale acquirente la libert� e disponibilit� 
degli immobili. 

N� pu� dall'indicato accertamento prescindersi per il fatto che il Tribunale, 
ove ritenesse di dover liquidare una maggiore indennit�, dovrebbe 
comunque limitarsi a digporre il deposito della differenza presso la Cassa 
depositi e prestiti (e non invece condannare l'Amministrazione al pagamento), 
in quanto nelle cause di opposizione alla stima la questione di 
legittimazione assume rilievo anche e sopratutto sotto il profilo dell'interesse 
ad agire, la cui ricorrenza va ugualmente verificata (anche) di ufficio, 
e nella carenza del quale si risolve, evidentemente, u,n eventuale 
difetto di l,egittimazione ad causam: rilievo la cui validit� va a maggior 
ragione riconosciuta quando si consideri che una sentenza emessa su 
istanza di soggetto non legittimato (e quindi carente di interesse) risulterebbe 
in realt� inutiliter data (tanto pi� che l'effettivo avente diritto 
non potrebbe ovviamente avvalersene) e tuttavia obbligherebbe ugual.
mente l'Ammintstrazione a provvedere alla disposta integrazione (senza 
concreta possibilit� di ottenere poi lo svincolo del deposito), lasciandola 
per di pi� esposta alla condanna alle spese di un-giudizio che solo a 
posteriori, e quando non sarebbe comunque possibile ottenere la restimzione 
delle somme versate a titolo di ,spese giudiziali, Tisulterebbe (attraverso 
la impossibilit� di fornire, i documenti richiesti per lo svincolo 
della indennit�) promosso da soggetto diverso dall'effettivo avente diritto. 

I. "' Preliminarmente all'esame di merito al quale il Tribunale, nonostante 
la denunciata insufficienza di prova sulla legittimazione attiva, 
ritenesse di poter procedere, andrebbe disposta, ad avviso della difesa 
della comparente, la revoca dell'ordinanza del 10 settembre 1967, relativa 
alla nomina del consulente tecnico. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 575 

tivi circa il valore degli immobiLi della z01ia (contratti di compravendita, 
accertamenti di valore, concordati fiscali, certificazioni di uffici competenti, 
ecc.), dati sintomatici della produttivit� generica dei fondi della 
zona, mezzi rivelatori della produttivit� specifica, e via dicendo, mentre 
ben pu� il giudice, una volta evidenziatasi un'eventuale difficoit�, per 
l'attore, di fornire determinati elementi probatori, dispone mezzi di 

La difesa della comparente ritiene infatti, secondo una tesi gi� altre 
volte prospettata, che la valutazione, ai fini in esame, di un immobile 
non costituisca materia di consulenza tecnica e, in subordine, che del 
ricorso all'opera di un consulente tecnico (che �Comporta notevole dispendio 
di attivit� e aggravio di spese) non possa comunque ravvisarsi la 
condizionante �necessit�� (art. 61, primo comma, c.p.c.) quando ad iniziativa 
delle stesse parti in causa (ed in particolare di quella cui incombe 
l'onere della prova) sia possibile acquisire agli atti del processo quegli 
stessi documentati elemen~i di valutazione ai quali il consulente di ufficio 

(tenuto a documentare, per il necessario controllo delle parti e del giudice, 
le propri.e conclusioni) dovrebbe comunque far riferimento: tesi 
rimasta finora priva di efficace confutazione e che gli stessi istruttori 
oramai convinti della sua fondatezza esitano tuttavia ad applicare in 
concreto senza un preventivo orientamento del Tribunale in sede collegiale. 

II. -Nella specie in esame, invero, cos� come in tutte le numerose analoghe 
controversie, occorre PTeliminarmente accertare se potessero ravvisarsi 
sussistenti i presupposti di ammissibilit� del ricorso all'opera del 
consulente tecnico, ed � questa appunto la questione che si pone, nel 
meditato proposito di provocare una pronuncia del Tribunale sulla concorrenza 
dei poteri istruttori del giudice con l'onere probatorio a carico 
della parte, sui limiti e sulle condizioni di ammissibilit� della c.d. consulenza 
tecnica, sulle finalit� che il ricorso all'opera del tecnico � predisposto 
a conseguire, e sul concreto contenuto della relazione prevista dall'art. 195 
del codice di procedura civile. 
N� pu� dubitarsi della rilevanza della questione, e della conseguente 
necessit� di una approfondita valutazione, ove sf consideri che le pandette 
della sezione sono piene di cause promosse per risarcimento danni da 
occupazione ultrabiennale o per opposizione ai sensi dell'art. 51 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359: cause �che si risolvono, ed � notorio, sempre e 
solamente in danno delle convenute Amministrazioni, a carico delle quali, 
in ragione della ravvisata � soccombenza ., spno .poste le spese giudiziali, 
in importo che la immancabile � consulenza tecnica �, disposta senza che 
ne ricorra il condizionante presupposto dalla �necessit��, risulta a volte 
inadeguato al valore della controversia e comunque in ammontare pi� che 
doppio rispetto a quello cui �potrebbe limitarsi se si ricordasse che la parte 
istante, a norma dell'art. 2697 del codice civile, deve fornire la prova del 
danno e che all'opera del consulente tecnico � consentito di fare ricorso 
solo per la soluzione �di questioni di natura tecnica e sempre che a tal fine 
risultino insufficienti le cognizioni del giudice. 

Gi� per altre controversie la difesa della comparente ha avuto occasione 
di evidenziare quanto la prassi abbia snaturato la portata ed il contenuto 
delle disposizioni previste dal codice di procedura civile a proposito 
del consulente tecnico, ma la inammissibilit� del reclamo ex art. 178 c.p.c. 
avverso le ordinanze istruttorie a tale prassi aderenti -inammissibilit� 



..,;:

576 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indagine ex officio come l'ispezione e la richiesta di informazioni pll"esso 

uffici competenti (3). 

Il valore venale di un immobile, ai fini deUa detelf"minazione deL 

risarcimento del danno da occupazione illegittima o della giusta inden


nit� di esp!f"opriazione, va detelf"minato attrave!f"so l'esame comparativo 

degli elementi forniti dalle parti (secondo l'onelf"e probatorio) o a.equi



affermata dal prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr. per�, contra: 
Trib. Monza, 10 marzo 1966, Mon. trib., 1967, 28, con nota di SALAFIA; 
Trib. Firenze, 15 giugno 1965, Foro it., Rep., 1965, 662, n. 10; Trib. Foggia, 
14 luglio 1961, Giur. it., Rep. 1962, 819, n. 38) -ha impedito in concreto 
che su11e prospettate questioni si pronunciasse il Tribunale in sede collegiale; 
e quancfo pure tale occasione si � avuta (per essere stata la causa 
�rimessa al collegio per la decisione su questioni pregiudiziali) il Tribunale 
si � astenuto, pur emettendo sentenze non definitive di contenuto essenzialmente 
procedurale, dal prendere il problema in esame, oppure ha omesso, 
di esaminare la questione di fondo, quella cio� sulla contestata possibilit� 
di considerare la valutazione di un immobile materia di consulenza tecnica. 

Finora, una sola delle cause neUe quali l'accennata questione � stata 

prospettata, � stata decisa con sentenza definitiva (13 novembre 1969, 

n. 7356), ma la motivazione in argomento adottata � risultata non sofo 
inidonea ad una efficace confutazione, ma tale, in eff.etti, da confortare la 
convinzione della comparente sulla fondatezza della tesi, anche per il 
vizio di progpettiva che se ne desume, agevolmente, quanto alla concreta 
utilizzazione della c.d. consulenza tecnica. 
La indicata decisione, invero, ha c;onsiderato come solo parametro utile,. 
e nonostante le motivate argomentaZ�oni svolte dalla difesa della comparente 
sulla insufficienza ed inattendibilit� di tale valutazione, quell'unico 
contratto di compravendita indicato dal consulente di ufficio (senza estremi 
di registrazione) su segnalazione di un notaio della zona (.... in causa con 
l'amministrazione per altri immobili della stessa zona), ritenendo invece 
irrilevanti, ai fini della decisione, i diciannove parametri documentati (ma 
veramente documentati) dalla difesa della comparente con riferimento ad 
altri immobili della zona. 


Nell'evidenziare che la funzione del consulente era in effetti risultata, 
come per tante altre analoghe vertenze, del tutto identica (a parte il diverso 
costo) a quella di un qualsiasi testimone, la comparente aveva anche rilevato, 
nel contestare la utilizzabilit� delle notizie fornite dal consulente dt 
ufficio, che il consulente non pu� essere sentito come testimone (Cass., 21 
marzo 1962, n. 575) �e che la relazione di consulenza non vale quando s� 
limita a riferire dichiarazioni di persone interrogate (Cass., 25 giugno 1953,. 


n. 1957), ma il Tribunale ha ritenuto che le notizie fornite dal consulente, 
in quanto suscettibili, per la indicazione della fonte, di controllo, fossero. 
in concr.eto utilizzabili, facendo peraltro con tale valutazione coincidere 
l'esigenza processuale di' verificare la esattezza degli elementi forniti dal 
consulente con la teorica possibilit� di controllo e risolvendo quindi l'attivit�
� .giurisdizionale in una questione di affidamento. 
La questione di principio sulla contestata ammissibilit�, nella materia, 
della c. d. consulenza � tecnica � non � stata comunque nemmeno esaminata 
nella sentenza (cos� come in precedenti ordinanze collegiali), essendosi il 
Tribunale limitato ad affermare, ritenendo che � non � qui il caso di esa



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 577 

siti di ufficio attraverso richieste di informazioni e semmai attraverso 
l'ispezione, potendosi far ricorso all'ausilio del consulente tecnico, 
se.nza mai supplire, ovviamente, alle carenze deLle part.i in relazione 
al rispettivo onere probatorio, solo quando la controversia presenti 
aspetti non risolvibili attraverso la semplice valutazione comparativa 
degli elementi acquisiti al processo o facendo ricorso alle comuni re-

minare � le argomentazioni prospettate dalla difesa della comparente, la 

� utilit� � (!) di disporre consulenza tecnica (perch� siano accertati � tecnicamente 
� e � con visione da parte di persona competente � le caratteristiche 
degli immobili posti in comparazione): considerazione che non appare 
invero sufficiente per risolvere il problema, quando della stessa configurabilit� 
di una questione � tecnica� si discute. 
La censurabilit� della decisione (che la comparente ha naturalmente 
dovuto appellare) risulta del resto evidente quando si consideri che il 
Tribunale, nell'affermare I'� utilit�' � della consulenza tecnica proprio per 
l'accertamento della comparabilit� degli immobili al valore dei quali si abbia 
riguardo e nel denunciare al tempo stesso la �mancanza di prova� quanto 
alla comparabilit� dell'immobHe espropriato con quelli dei quali la convenuta 
Amministrazione aveva documentato il valore, � incorso in palese 
e sintomatica contraddizione, e secondo valutazione, oltretutto, nella quale 
la consulenza viene a risultare non solo un mezzo di prova, ma addirittura 
un mezzo di prova riservato alla parte attrice, e che solo a favore della 
parte attrice, e non per la convenuta, possa in concreto essere utilizzata! 

Nel merito, quanto cio� alla giustizia sostanziale della pronuncia (ed 
� proprio per ovviare alle assurde ed inique conseguenze dovute alla prassi 
adottata nella istruzione delle cause del genere che la questione � stata 
proposta), sar� suffi,ciente far presente che nessun concreto controllo � stato 
possibile effettuare presso le �fonti � delle informazioni riferite dal consulente 
tecnico; che da ulteriori indagini � risultato che all'immobile indicato 
dal consulente di ufficio in via comparativa � stato attribuito dall'ufficio 
tecnico erariale, agli effetti fiscali, un valore pari a meno di un quarto di 
quello che il consulente riferiva di aver appreso dal notaio della zona; 
e che il valore di quello stesso immobile parte del quale era stato espropriato 
,� stato dichiarato, accertato e concordato (con riferimento a data 
addirittura successiva a quella del decreto di espropriazione) secondo un 
pr�ezzo unitario in misura rispettivamente pari ad un sesto, a meno della 
met� ed a meno di un terzo di quello che il Tribunale ha ritenuto di poter 
adottare nella determinazione �dell'indennit� di espropriazione. 

Senza necessit� di prospettare qui gli ulteriori profili di censura di 
cui � susc�ettibile la sopra indicata decisione (l'unica definitiva, si ripete, 
resa in causa nella quale sia stata trattata ex professo la questione sull'ammissibilit�, 
nella materia, della c.d. consulenza tecnica), risulta quindi 
evidente la opportunit� di riproporre la questione in sede collegiale, nell'ulteriore 
tentativo di evitare che ogni iniziativa della pubblica amministrazione 
nel campo delle opere pubbliche sia da risolvere sempre in danno, 
per lo Stato, del tutto sproporzionato all'effettivo p!'egiudizio economico 
subito dal1e parti private. 

La espressa finalit� con riguardo alla quale la questione viene nuovamente 
prospettata consenta quindi alla difesa della comparente -e tale 
precisazione � necessaria anche per un dovuto riguardo alla difesa delle 



578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gole di esperienza, e sempre che l'indagine corrisponda ad una effettiva 
necessit� in rapporto a conseguenze processualmente e sostanzialmente 
rilevanti, e non costituisca il �motivo di ingresso � di una �consulenza 
tecnica� niente affatto necessaria (4). 

(Omissis). -Bisogna quindi determinare il valore delle superfici 
espropriate. 

controparti -di svolgere le proprie argomentazioni prescindendo dalla 
singola fattispecie concreta ed esaminando invece il proposto problema nei 
suoi aspetti generali, quali si evidenziano nella quotidiana esperienza forense. 


III. -Come � noto, nella prassi, la semplice domanda di risarcimento 
danni proposti da un proprietario che abbia subito l'occupazione di un immobile 
(domande nelle quali manca, spesso, una qualsiasi identificazione 
dell'area ,occupata, risultando proposte sulla generica affermazione che 
l'Amministrazione � ha occupato un immobile dell'istante �) � generalmente 
sufficiente per far disporre la � consulenza tecnica � sollecitata dall'istante: 
consulenza che spesso anzi viene non � disposta �, ma � ammessa � con 
formula cio� gi� di per s� sintomatica di una viziata concezione. 
Le deduzioni della comparente sulla necessit� di una rigorosa documentazione 
della legitimatio ad causam della parte attrice e sulla necessit� 
di condizionare a tale documentazione ogni istruttoria in ordine al quantum 
debeatur, vengono. spesso intese come meri espedienti difensivi a scopo 
defatigatorio, senza considerare che l'Amministrazione, a parte anche il 
diritto di difesa che le spetta come ad ogni altro soggetto, ha ovviamente 
interesse a pagare il valore delle aree utilizzate solo agli effettivi aventi 
diritto; n� si considera, in tale superficiale apprezzamento, che.nessun valido 
motivo pu� avere l'Amministrazione per procrastinare la definizione 
della vertenza, sia perch� l'emissione, medio tempore, del decreto di espropriazione 
vale solo a provocare un altro giudizio (risultando anzi successiva 
la data di rif.erimento per la determinazione del valore dell'area), sia perch� 
spesso la possibilit� che il decreto intervenga � esclusa a priori (o per 
vizio iniziale della 1:)rocedura o perch� la occupazione � avvenuta d'accordo 
con gli interessati, senza promuovere, cio�, la rituale procedura di espropriazione), 
sia perch�, infine, il naturale incremento dei prezzi di mercato 

rende la definizione giudiziale tanto pi� convenie!l!te, per l'amministrazione, 
quanto pi� sollecitamente si proceda alla determinazione del valore delle 
ar�ee occupate. 

Quanto poi ai rilievi della comparente sulla necessit� che la parte 
attrice fornisca la prova delle cil'costanze di fatto sulle �quali la domanda � 
fondata, del fatto illecito, cio�, che si assume produttivo di responsabilit� 
-questione che sorge, a volte, quando la stessa Amministrazione non � 
in grado di controllare dagli atti in suo possesso la veridicit�, in punto di 
fatto, delle lamentate occupazioni (alcune delle �quali si fanno risalire ad 
epoca remota), o quando non sia stato possibile fornire all'organo legale, in 
tempo utile per l'udienza di comparizione, gli elementi necessari alla difesa 
dell'Amministrazione nel merito -le motivate argomentazioni della difesa 
appaiono, a controparti e giudici istruttori, addirittura pretestuose o quanto 
meno � sorprendenti ., quasi che i principi stabiliti dall'art. 2697 del codice 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 57\J 

In ordine a tale valutazione l'avvocatura dello Stato esprime 
una vivace critica alle indagini� espletate dal consulente tecnico su 
incarico del giudice istruttore e ai risultati espressi nella relazione 
scritta, critica che si estende all'esercizio del potere di nomina del 
consulente in rapporto alle condizioni cui l'art. 61 cod. proc. civ. collega 
l'esercizio del potere� stesso. Nelle sue implicazioni generali, ed oltre 

civile e dall'art. 115 del codice di rito fossero solo discutibili suppos1z10ni 
dell'Avvocatura dello Stato; n� sono in passato mancati apprezzamenti negativi, 
gratuiti quanto giuridicamente privi di fondamento, sulla impostazione 
difensiva al riguardo adottata dalle convenute Amministrazioni, apprezzamenti 
oltretutto condiziom1ti al presupposto -quanto valido � agevole 
intendere -che le Amministrazioni debbano dare per scontato quanto 
ex adverso dedotto in punto di fatto. � 

La compiacenza con la quale si indulge al facile vittimismo degli interessati, 
e che risolve il maggior danno conseguente ad una irrituale prassi 
giudiziaria nel fatto che l'Amministrazione versa in re illicita, creando 
invero � sanzioni � di nuovo genere, non considera, inoltre, quali e quante 
difficolt� possono ostacolare il perfezionamento tempestivo delle procedure 
di espropriazione, quante volte dovrebbe in concreto escludersi la configurabilit� 
di un fatto illecito dell'Amministrazione espropriante, ed in qual 
misura la condotta degli stessi interessati determini spesso il ritardo nella 
emissione del decreto di espropriazione, quando non ne precluda a priori 
l'ammissibilit� con accordi ed adesioni che rendono superflua una specifica 
procedura di espropriazione e sono in prosieguo di tempo sistematicamente 
disconosciuti, determinandosi, quindi, situazioni di fatto che non consentono 
alternative alla soluzione giudiziale. 

IV. -A ben altre riflessioni dovrebbe poi indurre -a proposito di vittimismo 
-il sintomatico contrasto che si verifi9a nella posizione dei proprietari 
interessati nel passaggio dalla fase di progettazione di un'opera 
pubblica a quella della successiva realizzazione. 
Quando si tratt� di decidere la realizzazione di un'opera pubblica, ed in 
particolare quando sono in progetto la esecuzione di una nuova arteria 
stradale, di varianti, svincoli, ecc., o la realizzazione di raddoppi stradali 
(e le polemiche sorte a proposito dell'ipotizzata nuova strada della penisola 
sorrentina fanno scuola), si fanno capriole, come suol dirsi, perch� il tracciato 
interessi questa o quella zona; si discute di programmazione economica; 
si condizionano i progetti alla opportunit� di favorire lo sviluppo di 
zone depresse; sembra che solo da una particolare ubicazione dell'opera 
pubblica o da un determinato tracciato della strada .da costruire debba 
dipendere la stessa possibilit� di sviluppo di determinate zone; s'intravedono, 
dai singoli interessati, favorevoli prospettive correlate al prevedibile 
incremento di valore del1e aree interessate dalla nuova opera pubblica; si 
sollecitano interventi, raccomandazioni, si fanno progetti; si concordano, 
al momento delle occupazioni, prezzi unitari ragionevoli ed onesti; si consentono, 
anzi si provocano occupazioni che possono in ragione della desti


I

nazione delle aree risolversi in vantaggio per i suoli adiacenti; si agevolano 
trattative; si superano formalit� e cosi via. 
A cose fatte, decorso il fatidico biennio (che poteva andar bene nel 
1865, ma risulta insufficiente, anche per le penuria di personale, con l'ecce-

I

I 

I 


580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


l'aspetto tecnico-interpretativo rivolto a determinare l'esatta portata 
delle norme in materia, la critica esprime la preoccupazione che un uso 
non corretto del potere di nomina del consulente tecnico e l'assenza 
di un controllo tempestivo sulla di lui attivit� (cio� non solo in fase 
decisoria, quando l'attivit� �; gi� compiuta, ma anche nel corso dell'espletamento 
dell'incarico) possa alterare il principio dispositivo in rapporto 
all'onere probatorio e possa tradursi nella meccanica ricezione 

zionale incremento delle opere pubbliche dei tempi nostri), la musica cambia; 
qualsiasi area, in qualsiasi campagna si trovi, diventa, in sede di valutazione, 
� suolo edificatorio � ; 1'� area residua ., inutile dirlo, tutta deprezzata 
(quale che sia la sua estensione); l'opera pubblica, tanto auspicata, sembra 
avere determinato lo sconvolgimento di intere zone, pregiudicandone programmi 
edilizi (assurdamente ipotizzati proprio per calcolare l'incidenza 
del � deprezzamento �), e danneggiando, senza distinzione, tutte le propriet� 
limitrofe alle nuove arterie; si esclude l'applicazione del criterio di cui 
all'art. 41 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, � perch� trattasi di occupazione 
iUegittima � e si applica invece, e anche quando ne difettano i presupposti 
di fatto, il criterio stabilito dall'art. 40 per l'ipotesi di � espropriazione 
parziate � ; l'incremento di valore determinato dalla realizzazione dell'opera 
pubblica viene riconosciuto al solo fine di calcolar.e sui maggiori valori la 
percentuale dell'immancabi1e deprezzamento dell'� area residua �, e senza 
alcuna compenscitio lucri cum damno; il mancato reddito (che in quanto 
danno emergente dovrebbe essere specificamente provato) viene sistematicamente 
calcolato nella misura del cinque per cento sul valore attuale. 
dell'area occupata, in misura che riferita al valore dell'area alla data della 
occupazione risulta pari a cento volte il capitale di cui dovrebbe rappresentare 
il presumibi1e reddito; favoriti dalla (indiscriminata) applicazione 
di principi giurisprudenziali tanto consolidati quanto 'erronei ed iniqui, i 
proprietari interessati risolvono sempre a loro vantaggio (per quanto minima 
possa essere stata la superficie occupata) qualsiasi iniziativa promossa 
dall'Amministrazione nel campo delle opere� pubbliche, con un danno, per 
l'Amministrazione, del tutto sproporzionato rispetto a quello effettivamente 
subito dai singoli privati. 

Questa � la situazione nella realt� dei fatti, ed � stata gi� altre volte 
denunciata a chiare lettere: situazione che l'Amministrazione non � in 
grado di modificare con il tempestivo perfezionamento delle procedure di 
espropriazione, perch� lo stesso discorso si ripropone anche per le opposizioni 
ex art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (immancabili quanto frequenti 
sono le azioni di risarcimento danni da occupazione ultrabiennale), 
e alla quale solo la Magistratura pu� porre riparo, procedendo alla verifica 
dei principi giurisprudenziali che si applicano, proprio perch� consolidati, 
senza alcuna motivazione sulla loro validit� giuridica, e limitando il ricorso 
all'opera dei consulenti tecnici, che della denunciata situazione speculativa 
costituisce inconsapevole fattore determinante, ai soli casi in cui, per la 
effettiva necessit� di risolvere problemi di natura tecnica, possano ravvisarsene 
i condizionanti presupposti giuridici di ammissibilit�. 

V. -Nella prassi corrente, invero, � diffusa la convinzione, cui ci si 
adegua per un non giustificabile senso di assuefazione piuttosto che per 
ragionata deliberazione, che nelle cause per risarcimento danni da occu

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 581 

I

di un complesso valutativo, spesso fondato su generiche informazioni o 

~ 

anonime notizie, che in 'buona sostanza esaurisce la ste,ssa decisione. 
Donde il pericolo che si trasferisca al consulente l'essenza e fa responi 
a 
sabilit� del giudizio. 


� opportuno quindi puntualizzare i connotati della normativa in 

Ii 

materia nell'ampia problematica sollevata dall'avvocatura dello Stato 

Ii 

e in riferimento alla natura del presente giudizio. 

pazione ultrabiennale (o per le liquidazioni giudiziali dell'indennit� di I 
espropriazione) la consulenza tecnica sia indispensabile, e che solo a suo I mezzo possa procedersi alla determinazione del valore dell'immobile: con


sulenza che viene inoltre ammessa, come si � detto, senza che siano prima 

I

fornite la prova positiva delle circostanze dedotte, in punto di fatto, nell'atto 

introduttivo (occupazione sine titulo dell'immobile) e la documentazione 

della ricorrenza dei presupposti di fatto richiesti, nella materia, per la 

I 

proponibilit� della domanda (decorso del biennio dalla data di effettiva 
occupazione). 

I

Gi� in via preliminare deve osservarsi invece che la necessaria valutazione 
sulla ricorrenza, nei singoli casi, di quella necessit� cui la legge condiziona 
la ammissibliit� della � consulenza tecnica � non pu� prescindere dal 
preliminare accertamento della occupazione ultrabiennale, del fatto illecito 
cio� che si assume produttivo di responsabilit� civile e fonte dell'obbligo 
di risarcimento a carico della Amministrazione, non potendo evidentemente 
procedersi ad una istruttoria sul quantum�-debeatur quando ancora nessuna 
prova risulti fornita, n� offerta, in ordine �ll'an debeatur; prova che, 
in particolar modo per quanto attiene al fatto �storico'�, non pu� essere 
acquisita a mezzo di consulenza tecnica che -gi� in via di principio ammissibile 
solo in caso di necessit� (art. 61, primo comma, c,p.c.) ed esclusa 
quindi quando della fondatezza della domanda possa in altro modo fornirsi 
la prova -non costituisce mezzo esonerativo della prova. 

N� pu� la validit� di tali deduzioni contestarsi nel rilievo che le spese 
di una consulenza tecnica che risultasse a posteriori non rilevante graverebbero 
in definitiva a carico dell'istante, in quanto la consulenza tecnica, 
come si � precisato, non � un mezzo di prova rimesso all'iniziativa della 
parte, ma solo uno strumento sussidiario predisposto per fornire, quando sia 
necessario, chiarimenti di ordine tecnico al giudice, che pu� e deve evitare, 
anche con riguardo alla economia del giudizio, ogni dispendio di attivit� 

o aggravio di spese di cui anche solo in via ipotetica possa preventivarsi 
la superfluit� ai fini della decisione. 
La fondatezza di tali rilievi risulta del vesto confermata daWesperienza, 
non essendo invero mancate ipotesi (cfr. ad esempio causa Milo-ANAS) 
in cui, contestatasi dall'Amministrazione la dedotta occupazione e disposta 
ci� nonostante la consulenza tecnica, � risultato che la costruzione della 
strada non aveva nemmeno marginalmente interessato l'immobile dell'attore. 


VI. -Quando risulti acquisita agli atti la relazione di stima della procedura 
amministrativa, dovrebbe poi riconoscersi la rilevanza condizionante, 
rispetto ad ogni eventuale ulteriore istruttoria in ordine al quantum debeatur, 
dell'esame e della valutazione giudiziale di tale relazione, che a norma 
di legge e anche quando sia predisposta dagli organi tecnici dell'Amministrazione 
cui la legge demandi le necessarie valutazioni, ha natura ed effi

582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2. -Il sistema processuale vigente ha ,soppresso la perizia intesa 
come risultato di un accertamento che trova posto, quale materiale 
probatorio, nel sillogismo giudiziale, ed ha delineato la figura del consulente 
tecnico come ausiliare del giudice; cio� ha sostituito al profilo 
oggettivo di un accertamento tecnico (proprio del vecchio codice) il profilo 
soggettivo del collaboratore tecnico che assiste il giudice per il 
compimento di singoli atti o per tutto il processo (art. 61). 
cacia di stima giudiziale ed in cui risultano evidenziati tutti gli elementi 
in tal caso, invero, non dovrebbe prescindersi dal preventivo esame della 
in tal casi, invero, non dovrebbe prescindersi dal preventivo esame della 
r�elazione di stima, potendosi ravvisare la �necessit�� di ulteriori indagini 
tecniche solo qualora l'apprezzamento del magistrato sulla validit� dei � 
criteri adottati nella relazione di stima e sulla congruit� della liquida


zione dovesse risolversi in senso negativo. 

l
l
w 

� La necessit� di: tale preliminare valutazione risulta anzi a maggior ra::::


.

gione �evidente quando si consideri che l'ammissibilit� della consulenza tecnica 
� gi� in via di principio condizionata alla insufficienza, ai fini della de


� 

cisione, degli elementi gi� acquisiti agli atti (Cass., 7 luglio 1969, n. 2501; w 

w

20 luglio 1966, n. 1974; 5 luglio 1966, n. 1740; 27 settembre 1965, n. 2051; 

&.

11 aprile 1964, n. 842; 10 novembre 1964, n. 2721; 26 novembre 1964, n. 2798; ii 
14 giugno 1962, n. 1479; 15 ottobre 1960, n. 2769, Foro it., Rep., 1960, 595, 

I ~~ 

n. 2; 26 luglio 1960, n. 2163, ibidem, 596, n. 7), e che la decisione pu� essere 
fondata non solo su consulenze tecniche disposte in altro giudizio (Cass. 30 ' 
' 
~-��� 

marzo 1967, n. 686) e su accertamenti disposti in sede di istruzione preven


ii:1:1
tiva (Cass., 21 marzo 1961, n. 638), ma anche su consulenze stragiudiziali 
-prive cio� della natura ,e della -efficacia pr�prie di quelle in questione 


e pur se impugnate dall'altra parte (Cass., 30 luglio 1969, n.2904; 7 agosto 

J 

1967, n. 2102; 24 agosto 1964, n. 2378; 27 luglio 1962, n. 2164, Sett. Cass. 1962, 

877; 18 aprile 1959, n. 1164; 17 dicembre 1957, n. 4718; 2 novembre 1957, 

n. 4242; 19 ottobre 1954, n. 3855; 3 luglio 1954, n. 2305); n� si comprende, 
invero, come possa la necessit� di indagini tecniche ravvisarsi per il solo 
I fatto che la parte cui incombe di provvedere si astenga dal produrre quegli , . 
elementi la cui acquisizione potrebbe rendere superflue le indagini tecniche, . 
cos� come non si comprende in virt� di quale criterio discretivo possa con' 
siderarsi impedito al giudice, per quanto attiene alla relazione dell'Ammini


I

strazione, l'esercizio di quello stesso potere di verificazione e di controllo ~ 

che dovr� comunque esplicare, quale perito dai periti, sulla relazione del 

lill 

~-'. 

consulente di ufficio. 
Non pu� non considerarsi, inoltre, che le stime delle Amministrazioni d 
cui la legge demandi di procedere alle valutaz_ioni delle indennit� sono sem


I 

pre calcolate secondo valori comunicati dall'Ufficio tecnico erariale, organo 

w

della cui qualificata competenza non pu� certamente dubitarsi. Al riguardo, ~? 

invero, gli inter�ssati si mostrano g.eneralmente diffidenti e non esitano f~ 

a denunciare la inattendibilit� delle valutazioni dell'indicato organo tec


nico, come se l'Ufficio tecnico erariale avesse interesse, nello espletamento 

dei suoi compiti istituzionali, a fornire alle Amministrazioni esproprianti 

informazioni inesatte e compiacenti (?); la effettiva portata di tali diffidenze 

I

e censure risulta peraltro evidente e sintomatica non appena si consideri 

i:
che le valutazioni dell'Ufficio tecnico erariale sono oggetto di analoghi 

0t-Y0Hfftffilmffffftif&%1filillffffiffiffffff~EffWiffiMfff@Kfffffillfm@Rlfffafdil'Mfill'ifillf:WliflfKf:Klflfftf&ifJ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 583 

Da questa constatazione normativa derivano alcune conseguenze. 

In primo luogo il codice, innovando al precedente sistema processuale 
e pur contemplando la possibilit� di autorizzare di volta in volta 
il consulente a compiere indagini da solo (artt. 62 e 194, 2� comma), ha 
inteso porre, quando la materia della causa lo richieda, un rapporto 
soggettivo costante fra il giudice e il consulente che egli abbia nominato, 
nel senso di partecipazione �col giudice � all'attivit� istruttoria 

rilievi -ma in senso diametralmente opposto! -quando si tratta di controversie 
in materia tributaria... 

VII. -Nelle cause in questione, del resto, l'ammissibilit� del ricorso 
all'opera del consulente tecnico dovrebbe escludersi anche sotto un differente, 
autonomo profilo, con riguardo cio� alla natura ed alle finalit� degli 
accertamenti proposti dagli istanti. 
Ai fini della fiquidazione del risarcimento, invero, l'unico � chiarimento 
in materia tecnica � � necessario � al giudice risulta normalmente 
attinente al valore venale dell'area occupata per la realizzazione della 
opera pubblica. 

Tale valore venale, peraltro, non pu� essere determinato dai consulenti 
tecnici -tenuti a documentare, per il necessario controllo delle parti e del 
giudice, le proprie conclusioni -se non con riferimento a precisi dati in 
merito ad atti di compravendita relativi ad immobili ubicati in prossimit� 
di quello da valutare: gli stessi dati cio� che le parti hanno la possibilit� 
-e quindi l'onere -di fornire a sostegno delle rispettive ragioni, e che lo 
stesso giudice pu� acquisire agli atti avvalendosi delle facolt� di cui agli 
artt. 210 e 213 c.p.c., ed ovviando con tale iniziativa, e senza necessit� di 
dispendiose indagini, alle �acune di ordine � tecnico� (?) che risultino 
eventualmente di ostacolo ad una competente determinazione del risarcimento; 
n� pu� seriamente dubitarsi che una valutazione fondata su elementi 
documentali in tal modo acquisiti agli atti risulterebbe di maggiore 
garanzia per gli interessi della giustizia, e ,certamente pi� valida di quelle 
adottate dai consulenti tecnici, molti dei quali -� notorio -determinano 
il valore delle aree sulla base di generiche quanto incontrollabili � informazioni 
assunte sul posto, �, precludendo oltre tutto, alle parti ed ai giudici, la 
stessa possibilit� di verificare la validit� delle conclusioni. 

VIII. -Gi� in via di principio del resto, e pvescindendo da quanto finora 
osservato, � quantomeno discutibile che l'apprezzamento di valore di un 
bene -suscettibile di essere documentato dalle parti con i normali mezzi 
di prova ed in ordine al quale il consulente tecnico pu� esprimere, per 
forza di cose, solo un parere pro scientia e non certamente fornire una 
soluzione pro veritate (quale il ricorso alla sua opera sarebbe invece predisposto 
ad ottenere) -possa costituire ,espressione di quella particolare 
competenza tecnica (art. 61 c.p.c.) di cui il giudice pu� risultare in concreto 
sprovvisto. 
La possibilit� di acquisire agli atti la prova documentale necessaria per 
determinare il valore di mercato da tener presente nella liquidazione del 
risarcimento (quella stessa prova documentale -si ripete -alla quale 
dovrebbe comunque far riferimento il consulente tecnico) dovrebbe quindi 
fare escludere, sotto un ulteriore profilo, la possibilit� di ravvisare quella 

� necessit� � cui la legge condiziona l'ammissibilit� del ricorso all'opera 
del tecnico. 

584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(art. 61 e 194, 1� comma). Tuttavia la prassi giudiziaria, spesso per 
motivi legati a disfunzioni concrete, non ultimi quelli della elevata 
molteplicit� di cause da trattare nella stessa udienza e della normale 
inosservanza del principio della concentrazione, trascura quel rapporto 
costante ed esaurisce la collaborazione del tecnico nell'espletamento 
di indagini che egli--compie da solo. 


IX. -Utile risultato sarebbe del resto agevole ottenere disponendo la 
ispezione dei luoghi (special:.iente quando, malgrado la documentazione 
fornita dalle parti, sussistessero dubbi sulla comparabilit� delle aree delle 
quali fosse stato documentato il valore con quella oggetto della valutazione), 
tanto pi� che in sede di sopraluogo potrebbero assumersi -senza spese quelle 
ulteriori informazioni delle quali si ravvisasse la necessit� ai fini 
della decisione. La difesa della comparente non dubita invero che ai tempi 
nostri, in cui anche i bambini sanno come funziona un motore ed in cui 
basta seguire la stampa anche non specializzata per conoscere l'andamento 
del mercato immobiliare,. ai giudici non difettano le cognizioni (tecniche?) 
necessarie per apprezzare quale di due fondi di una stessa zona sia pi� 
appetibile; ed a maggior ragione tale competenza va riconosciuta (anche 
a prescindere dalla veste propria del peritus peritorum) ove si consideri 
l'esperienza che ogni magistrato� acquista con la quotidiana trattazione di 
cause del genere. 
Per quanto utile possa risultare il ricorso alla ispezione dei luoghi (che 
andrebbe peraltro disposta solo quando risultassero forniti dalle parti tutti 
gli elementi documentali sopra indicati, e sempre che tale documentazione 
risultasse insufficiente ai fini della decisione), non si pretende, tuttavia, che 
a tale mezzo di istruzione sia da far ricorso per tutte le cause in argomento, 

o anche nei soli casi in cui possa risultare risolutivo ai fini della decisione. 
Si tratterebbe sempre di un rilevante numero di cause, infatti, e la 
dif,esa della comparente (malgrado quanto in contrario potrebbe desumersi 
dalla facolt� di delega prevista dall'art. 259 c.p.c. proprio con riguardo alle 

� esigenze di servizio �) non pu� ignorare in quali gravose e disagiate condizioni 
i magistrati -e per un complesso di cause ad essi certamente non 
imputabili -siano costretti a svolgere la loro delicata funzione, n� pu� 
non prevedere in quale misura l'indicato sistema istruttorio concorrerebbe 
a rendere ancora pi� sacrificata la loro attivit�. 
Tale riconoscimento non impedisce peraltro alla difesa della comparente 
di insistere sulla necessit� di una approfondita meditazione sulla 
validit� di tutto quanto ,sopra osservato e dedotto, e sulla conseguente opportunit�, 
quantomeno, di �evitare q-uel sistematico ricorso alla �consulenza 
tecnica � che ostacola la sollecita definizione delle vertenze, comporta un 
dispendio di attivit� a volte inadeguato al valore della controversia, e raddoppia, 
per lo meno, l'importo delle spese giudi,ziali, a tutto danno deile 


I

m

convenute Amministrazioni sulle quali, e per quanto minima risulti l'ecce


w 

denza del valore accertato in via giudiziale, finisce con il gravare il mag


gior onere del processo: maggiore onere che potrebbe invece evitarsi e che 

si ripercuote, necessariamente, su tutti i contribuenti. 

Di pi� sistemi istruttori possibili, invero, non � giusto ricorrere sempre 

e solamente a quello pi� dispendioso, e ci� a maggiot ragione se le alter


native proposte siano pi� adeventi alle disposizioni del codice di rito. 

I 

r 

1:1
lli 

-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 585 

In secondo luogo la consulenza tecnica non � una prova n� un 
mezzo di prova, se per mezzi di prova si intendono le per�sone (testimoni), 
le cose (documenti) e le operazioni (ispezioni, interrogatori formali, 
esperimenti) dai quali e mediante i quali si traggono gli elementi 
di prova: il consulente � un ausiliare che assiste il giudice non solo rispondendo 
a quanto di tecnico gli venga richiesto ma coadiuvando, con 

X. -La difesa della comparente, del resto, non ha mancato di dimostrare, 
con i fatti, la superfluit� della c.d. consulenza tecnica, e la possibilit� 
di decidere prescindendo da dispendiose iniziative processuali, producendo 
in giudizio, pur senza averne onere alcuno, fogli di mappa, planimetrie, 
estratti da piani regolatori, decreti di espropriazione non opposti, accordi 
stipulati con le ditte espropriate, certificazioni dei competenti uffici finanziari 
sul valore dichiarato, accertato e concordato (e deciso dalle commissioni 
tributari�e) per atti di trasferimento relativi ad immobili limitrofi a quello 
da valutare, relazioni di consulenza o addirittura sentenze gi� intervenute 
in giudizi relativi ad immobili della stessa zona, ecc.; si � cio� acquisita agli 
atti dei processi una documentazione completa ed esauriente, tale che ad 
essa ;nessun ulteriore elemento potesse il consulente tecnico aggiungere, 
se non quella stessa valutazione comparativa alla quale l'autorit� giudiziaria 
potrebbe, e quindi dovrebbe direttamente procedere, evitando dispendio 
di spese e di attivit�. 
E per quante consulenze di ufficio si siano esaminate, invero, non una, 
a quanto consta, ha mai offerto tanti e cos� obiettivi elementi di valutazione. 

� Rarament_e, per�, l'impegno mostrato dalla difesa della comparente 
ha avuto utili risultati, perch� il pi� delle volte i giudici istruttori (e 
quelli stessi che condividono, in linea . di principio, la tesi sostenuta dalla 
difesa della comparente) hanno ugualmente disposto la �consulenza tecnica�, 
senza peraltro alcuna motivazione fornire sulle prospettate argomentazioni 
se non quella, appunto, relativa alla affermata opportunit� di 
provocare un preventivo orientamento del tribunale in senso diverso da 
quello finora sempre seguito nella prassi: motivazione certamente insufficiente 
(e della quale si � tuttavia tenuto debito conto, come la stessa 
presente memoria dimostra), considerato che la questione assume rilevanza 
proprio in istruttoria, mentre in sede collegiale, tanto pi� che si esclude 
l'ammissibilit� del reclamo ex art. 178 c.p.c., la questione risulta normalmente 
gi� di fatto superata. 

Altre volte, le argomentazioni della difesa della comparente hanno 
indotto i giudici istruttori a formulare ai consulenti analitici e specificati 
quesiti, tali da circoscrivere nei limiti del possibile la discrezionalit� delle 
valutazioni e diversi, comunque, da quello con il quale viene normalmente 
demandato al consulente di programmare il contenuto della emittenda 
decisione ( � determini-il consulente la indennit� di espropriazione, ecc � ); 
e si sono visti in udienza consulenti sorpresi e quasi risentiti da una cos� 
analitica e gravosa specificazione dei quesiti, sorpresa e risentimento oltretutto 
comprensibili quando si consideri che la prassi corrente ha finito 
con il far considerare i consulenti tecnici come dei ex machina della situazione 
in materia di espropriazione. 

� del resto quanto mai sintomatico che quanto i giudici istruttori, in 
accoglimento della tesi sostenuta dalla dif.esa della compar�ente (e per 
quanto nessuna documentazione risultasse fornita dalla comparente) hanno 



586 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la sua esperienza tecnica, ai compiti tipici del giudice di acqms1z10ne e 
di valutazione delle prove. La consulenza -se proprio si vuole obiettivizzare 
l'opera del tecnico -� piuttosto uno strumento per l'utilizzazione 
dei mezzi e degli elementi di prova, perch� il consulente, impiegando 
le sue conoscenze specifiche, rende utili elementi solo utilizzabili. 

Inoltre l'opera del consulente tecnico, considerata nella prospettiva 
di cui al sistema vigente, cio� nella prospettiva dell'ausiliare che sta 

rigettato, con lodevole spirito di iniziativa, l'istanza rivolta a far � ammettere 
la consulenza tecnica ., invitando le parti attrici a documentare la 
fondatezza della domanda, tali e tanti documenti sono stati dalle controparti 
prodotti in giudizio (e da quelle stesse parti che assumevano la consulenza 
tecnica come unico ed indispensabile mezzo di accertamento) da 
fornire esse stesse la pi� convincente riprova della fondatezza della tesi 
sulla inammissibilit�, nella materia, della c.d. consulenza tecnica. 

XI. -Ulteriore conferma della tesi in esame si ottiene agevolmente 
quando si accerti se ed in qual effettiva misura l'ausilio del tecnico possa 
realmente fornire al giudice elementi diversi da quelli che aliunde possano 
comunque essere acquisiti, e se non sia invece da riconoscere che in materia 
di valutazione di immobili nessuna � cognizione tecnica � occorre di 
quelle di cui il giudice pu� risultare teoricamente sprovvisto. 
Com'� noto, nella liquidazione del danno da occupazione ultrabiennale 
e nella determinazione giudiziale dell'indennit� di espropriazione i 
consulenti tecnici adottano il metodo' di stima si:r;itetica (o comparativa) o 
quello di stima analitica, ed in genere adottano uno solo dei due sistemi, 
senza cio� procedere alla verifica, con il secondo dei metodi, della validit� 
delle conclusioni alle quali sono pervenuti applicando il primo (s� che 
viene in concreto preclusa, alle parti ed al giudice, quella unica possibilit� 
di verificazione teoricamente ipotizzabile), mentre quando alla contestuale 
adozione dei due metodi si procede appare spesso manifesto che la coincidenza 
delle conclusioni � stata in effetti raggiunta applicando il secondo 
metodo... a ritroso! 

Quanto al sistema di valutazione comparativa, i valori unitari adottati 
nella liquidazione del risarcimento o nella determinazione dell'indennit� 
risultano indicati o sulla base di fantomatiche quanto incontrollabili 

�informazioni assunte sui posto., oppure come la media dei due-trequattro 
prezzi unitari desunti da determinati atti di compravendita intervenuti 
per immobili della zona, generalmente ricordati senza i necessari 
estremi di identificazione (e con riferimento ai soli valori accertati �e non j
invece a quelli definiti agli effetti tributari) e ai quali viene a volte ag,;
o 
giunto un ulteriore valore unitario semplicemente e arbitrariamente � ipotizzato 
�; cos�, e proprio nel presente giudizio, indicato il prezzo di mercato, 
� dopo ampia ricognizione sul luogo e sentito il parere (!) dei sensali e dei 
Icontadini � (!) in lire 545 (!) al mq., calcolato con la stima analitica un 8 
ulterior�e valore di lire 640 al mq., e � ipotizzato � un terzo valore unitario 

rJ

di lire 2500 al mq., in ragione di una teorica utilizzabilit� edificatoria, il 
prezzo unitario da calcolare nella liquidazione risulta in definitiva deter1-
�l. 
minato, con sorprendente disinvoltura, in lire 1.230 al mq. (545+640+ 
+2.500 :3!). E questo � solo un esempio! 


Quanto tali criteri siano censurabili � tanto evidente da rendere superfluo 
ogni commento (in particolare, nel senso che la relazione di consu-

Jl~ 

' 

~ 

f@Ifffffifiliffilff@TIHf@f:ffKJillfmfif&ffiiIMtmrmrnr@@Iff!F&Ifillf[ffifilitillN�lfillEfffilmffilfifif;ffi@Mff:[filfilfffffiilll 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 587 

accanto al giudice, non pu� sostituire l'onere probatorio distribuito secondo 
le rispettive posizioni processuali: ciascuna parte offrir� le sue 
prove, e il consulente -se il magistrato lo ha nominato o riterr� di 
nominarlo -coadiuver� il giudice nell'acquisizione e valutazione delle 
prove, e potr� svolgere, a questi fini, le indagini commessegli dal giudice. 
� evidente perci� che la nomina del consulente tecnico non pu� essere 

lenza non vale quand� si limita a riferire dichiarazioni di persone interrogate, 
cfr. Cass., 25 giugno 1953, n. 1957). 

� comunque ovvio che, per la prima ipotesi, quella cio� delle � informazioni 
assunte sul posto �, tanto varrebbe sentire i consulenti o meglio 
i � sensali � o i � contadini � come testimoni, mentr�e per la seconda ipotesi, 
quando cio� il prezzo unitario risulta determinato nella media dei 
prezzi desunti da atti di compravendita, � altrettanto ovvio che non occorrono 
� cognizioni tecniche � per reperire e acquisire agli atti determinati 
contratti di compravendita, n� per fare la media aritmetica di tre-quattro 
numeri. 

Quanto al metodo di stima analitico, poi, non sembra si consideri che 
le formule (quanto mai semplici) dell'oestimo, come in genere tutte le 
formule, in tanto sono utilmente applicabili in quanto si tratti di accertare 
una determinata incognita conoscendo come certi gli altri elementi della 
formula; cosi, conoscendo il reddito lordo e il costo di produzione (e 
quindi il reddito netto), e il saggio di capitalizzazione, si applica la formuletta 
e si determina il valore dell'immobile. 

Ma quando, come nella materia in esame, sono gli stessi consulenti a 
dover stabilire tutti i fattori della formula, e con valutazioni affatto soggettive 
e comunque non suscettibili di verifica, � ovvio che a qualsiasi 
risultato pu� condurre l'applicazione della formula, data la estrema variabilit� 
di ciascun elemento di computo e la incidenza che ogni minima variazione 
determina, attraverso i vari conteggi, sul risultato finale; il che poi 
� ancora pi� evidente nell'accertamento del fattore incidenza-suolo degli 
immobili di natura edificatori, quando cio� i singoli elementi con i quali 
il consulente deve � costruire � le formule (e che vengono indicati senza 
alcuna possibilit� di verificazione) sono ancora pi� numerosi e variabili. 

Ad evidenziare la fondatezza di tale assunto basta del resto tener 
presente che il valore di un immobile, agrario o edificatorio che sia, viene 
a risultare -immutati restando tutti gli altri elementi di computo in 
lire 10 milioni o 20 milioni (oppure 100 milioni o 200 milioni) e l'Amministrazione 
viene quindi condannare a pagare 10 o 20 milioni (oppure 100 
milioni o 200 milioni) a seconda che sia del 4 per cento o del 2 per cento 
il saggio di capitalizzazione adottato, quel tasso, cio�, della cui specifica applicabilit� 
nessun consulente ha mai neppure tentato una dimostrazione, e 
che pur condizionando in tal misura il risultato dei conteggi risulta in 
definitiva �espressione della discrezionale ed insindacabile valutazione di 
ciascun consulente. 

Pertanto, o dei singoli fattori da calcolare � possibile fornire specifica 
documentazione (mercuriali, indici, statistiche, certificazioni della Camera 
di commercio o dell'Ispettorato agrario, �ecc.), e potranno allora le stesse 
parti interessate (eventualmente autorizzate a richiedere le necessarie certificazioni) 
fornire al giudice tutti gli elementi perch� possa poi calcolarsi, 
con semplice operazioni aritmetiche, quale valore sia da attribuire all'im




588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disposta allo scopo di acquisire al processo il materiale probatorio sostituendo 
l'onere delle parti. 

3. -Il potere del giudice di nominare un consulente tecnico � condizionato 
dalla �necessit� � (art. 61) di ricorrere all'ausilio di un soggetto 
che ha le cognizioni tecniche occorrenti; ci� non � contraddetto dall'espressione 
�pu��, che pur si riscontra nella norma, perch� tale espresmobile 
in questione (e una tale prova andrebbe fornita, ad esempio, sull'effettivo 
r�eddito del fondo, certo meno fantomatico di quello teoricamente 
ipotizzabile); in questo caso, quindi, non si farebbe altro che applicare, 
nella materia, i normali criteri di liquidazione adottati, e senza che 
nessuno se ne meravigli, in tutte le altre cause di risarcimento danni, come 
ad esempio in tema di danni alla persona, in cui il lucro cessante, per non 
dire del mancato -reddito (dalla specifica prova del quale nessun giudice 
penserebbe mai di poter prescindere), viene liquidato, secondo prestabiliti 
criteri, sull'effettivo e documentato reddito del danneggiato e non certo 
in base ad una teorica possibilit� di guadagno! 

Oppure dei singoli fattori di valutazione non � possibile fornire una 
documentazione, e allora � ovvio che il metodo di stima analitica, basato 
su formule che in tanto possono valere in quanto una sia la incognita da 
accertare, e sulla base di dati certi e controllabili, non �, nella materia, 
concretamente applicabile; il che porta necessariamente ad ammettere che 
la � consulenza tecnica � a tale criterio di liquidazione ispirata non serve 
a niente, di nessuna garanzia potendosi riconoscere ai fini di una decisione 
giusta se a tanti risultati pu� condurre quanto variabili siano le vedute 
soggettive di ciascun consulente. 

A parte il fatto, poi,. che l'ammissibilit� di una stima analitica deve 
nella materia in esame escludersi a priori, avendo il legislatore espressamente 
stabilito che l'indennit� deve consistere nel giusto prezzo che l'immobile 
avr-ebbe avuto �in una libera contrattazione di compravendita�, in 
un prezzo, cio� da accertare esclusivamente con il sistema di valutazione 
comparativa! 

A tali considerazioni di principio pu� aggiungersi brevemente: 

a) quanto alla natura agraria o edificatoria di un immobile, trattasi 
di questione di contenuto certamente pi� giuridico che tecnico, e�ssendo la 
individuazione dei caratteri della edificatoriet� frutto della elaborazione 
giurisprudenziale, e oggetto, comunque, di valutazione da adottare con 
riguardo alla ricorrenza di predeterminati presupposti di fatto (destinazione 
pr-evista nel piano regolatore o, in alternativa, � facilitd di accesso, 
esistenza di vie pubbliche e di collegamento con la cittd vicina, edificazione 
gid iniziata nella zona, ~resenza di servizi pubblici necessari al vivere civile, 
quali acqua, luce, fognature, ecc. �): presupposti di fatto per l'accertamento 
dei quali non occorrono certo � cognizioni tecniche � e che spetta comunque 
alle parti interessate di documentare, come per ogni � fatto � dedotto a 
fondamento di una domanda giudiziale; 

b) questione altrettanto giuridica va ovviamente riconosciuta quella 
relativa alla individuazione del criterio di legge applicabile nella determinazione 
dell'indennit�, ed � sulla base di determinati presupposti di fatto, 
per la determinazione e l'accertamento dei quali vale quanto gi� sopra 
osservato, che pu� ammettersi o escludersi l'applicabilit� del criterio 
stabilito dalla legge per l'ipotesi di espropriazione parziale; 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 589 

sione va riferita al potere ex officio, nel senso che il giudice, per nominare 
il consulente tecnico, non ha bisogno di richiesta n� di sollecitazione 
di parte. 

Il termine �necessit� � deve essere bene inteso: in primo luogo 
richiede che la controversia presenti oggettivamente degli aspetti tecnici 
per la cui comprensione e valutazione non basti quanto gi� acquisito al 

e) quando al � deprezzamento� dell'area residua, risarcibile solo 
quando risultino ricorrenti i presupposti di fatto dell'espropriazi�ne parziale 
(e non inv�ece per il solo fatto che l'area espropriata sia parte di 
un immobile di maggior estensione), si domanda quale � cognizione tecnica .. 
possa consentire una documentabile determinazione (escluse, per i motivi 
sopra indicati, l'ammissibilit� e la validit� di una stima analitica per differenza), 
e se non sia il buon senso, patrimonio dei magistrati almeno quanto 
dei consulenti tecnici, guida pi� sicura che non un inesistente criterio 

� tecnico. nella determinazione della percentuale di deprezzamento. 
XII. -La fondatezza della tesi in e,same, del resto, risulta maggiormente 
evidente quando si consideri in qual �effettiva misura l'intervento del 
consulente tecnico condizioni in pratica le decisioni giudiziali e quanto 
fondato possa essere il dubbio che nella materia in esame si sia nella prassi 
pervenuti ad un nuovo tipo di arbitrato o quantomeno di arbitraggio 
processuale. 
La difesa della comparente, invero, nel prospettare la propria tesi 
(sostenuta, espressamente, proprio in relazione alle inique conseguenze cui 
conduce, sul piano pratico, l'attuale prassi giudiziaria) non ha mancato di 
segnalare che molte, moltissime relazioni di consulenza risultano motivate, 
per quanto attiene alla indicazione del valore venale unitario, esclusivametne 
sulle � informazioni assunte sul posto �, senza documentazione alcuna 
che consenta alle parti ed. al giudice di controllare la validit� delle conclusioni 
del consulente di ufficio. 

In pratica, quindi, le aree delle quali le Amministrazioni occupanti o 
esproprianti devono corrispondere il valore sono pagate, in �effetti, a lire 100 
(o 90) 1.000 (o 900) o 10.000 (o 9.000) al metro quadrato a seconda che il 
singolo consulente di ufficio -arbitratore di nuovo tipo -abbia indicato 
in lire 100, o 1.000 o 10.000 al metro quadrato il prezzo unitario da calcolare 
nella determinazione del valore complessivo, nessun dato documentale risultando 
fornito al giudice che gli consenta di verificare la effettiva congruit� 
del prezzo determinato dal consulente o gli permetta altro che di giostrare 
attorno a quello specifico valore indicato, senza documentazione, dal consulente 
(ed ovvio che non � questione di sfiducia o di diffidenza nei confronti 
del singolo consulente tecnico, cosi come :r;ion pu� evidentemente 
parlarsi di sfiducia o di diffidenza per il magistrato quando se ne censuri 
una decisione per difetto di motivazione!). 

Anche le riduzioni generalmente apportate ai valori unitari risultanti 
dalle relazioni di consulenza, infatti, non possono riferirsi che a quel determinato 
valore affermato dal consulente, nessuna seria alternativa ponendosi 
al giudice, per il difetto di elementi documentali, se non quella di sostituire, 
al valore che ritenesse non attendibile, quello effettivo che la sua competenza 
in materia gli consentisse di indicare: con la conseguenza, per�, in 
questo caso, che la decisione a tale diversa valutazione ispirata risulterebbe 



590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

processo n� basti il ricorso alle regole di comune esperienza o ad altri 
mezzi istruttori disposti di ufficio; in secondo luogo esso comporta una 
valutazione correlata alla responsabile esigenza, per il giudice, di sentirsi 
assolutamente in grado di padroneggiare gli aspetti tecnici della vicenda 
giudiziaria in base alle sue conoscenze ed alle regole di comune esperien


evidentemente suscettibile di quella stessa critica che � possibile muovere 
alle relazioni non documentate! 

Che se poi si riconosce al giudice, quale perito dei periti, la competenza 
necessaria per valutare la congruit� dei prezzi indicati dai consulenti 
e per discostarsene, occorrendo, oltre che per una riduzione (o maggiorazione) 
a tali prezzi invece riferita, dovr� a maggior ragione riconoscersi 
la validit� di quanto sopra osservato sulla superfluit� delle dispendiose 

� consulenze tecniche � e sulla pi� obiettiva valutazione cui � possibile 
pervenire sulla base della documentazione che le parti possono fornire e 
che il giudice pu� acquisire, anche di ufficio, agli atti del processo. 
Ad evidenziare 1a fondatezza di tali rilievi sar� del resto sufficiente 
considerare che se non si vuole ammettere che le sentenze rese nella 
materia sono necessariamente condizionate, quanto meno per la cifra-base, 
alle valutazioni del consulente-arbitratore, dovr� riconoscersi che ad ogni 
valutazione differente da quelle del consulente di ufficio e che se ne 
discosti in misura rilevante il Tribunale pu� in effetti pervenire solo in 
base alle proprie cognizioni nella materia: quelle stesse cognizioni, cio�, 
che avrebbero reso superfluo il ricorso all'opera del consulente tecnico 

(cfr. nel senso che il giudice possa esimersi dalla nomina del consulente 
quando si ritenga in possesso di quelle nozioni di comune esperienza che 
stima sufficienti ai -fini della decisione, Cass. 27 nov�embre 1963, n. 3046, 
Foro it., 1964, I, 820; 23 agosto 1962, n. 2634; 14 ottobre 1954, n. 3679; nel 
senso che possa il giudice procurarsi aliunde 1e cognizioni necessarie, cfr. 
Cass. 11 aprile 1964, n. 842; 22 febbraio 1952, n. 470). 

XIII. -Le argomentazioni sopra riassunte, se sono valse a far ravvisare 
la necessit� di condizionare l'istruzione sul quantum debeatur alla 
preventiva documentazione della legitimatio ad causam (ma ci si contenta 
a volte del solo titolo di acquisto, se non addini.ttura di semplici certificati 
catastali), hanno trovato sporadico accoglimento, in sede istruttoria, quanto 
all� necessit� di una pi� severa indagine sulla ammissibilit� della � consulenza 
tecnica � e sulla effettiva indispensabilit� delle indagini � tecniche� . 
La c.d. consulenza tecnica (e si dice � cosidetta � perch� nessuna disposizione 
contempla tale termine, parlandosi sempre e solo di � consulente 
tecnico � in significativa armonia con il sistema quale la difesa della 
comparente ritiene doversi ravvisare nella materia in esame) continua per 
lo pi� ad essere -nei risultati concr�eti se non per quanto dai mandati conferiti 
potrebbe desumersi -un vero e proprio mezzo di prova (e quantomeno 
sotto questo profilo dovrebbe ammettersi il reclamo ex art. 178 c.p.c.): 
mezzo di prova della legittimazione ad causam, mezzo di prova dell'an 
debeatur, mezzo di prova del quantum debeatur. 

Secondo i principi, la consulenza tecnica � non va intesa come mezzo 
esonerativo della prova, che � retta dal principio della disponibilit� di cui 


all'art. 115 c.p.c., ma � solo un mezzo sussidiario messo a disposizione del 
giudice per avere, quando sia necessario, la possibilit� di ricevere chiarimenti 
in materia tecnica� (Cass., 5 g�ennaio 1966, n. 93, Rass. Avv. Stato, 


PARTE I, SE.Z. III, GIUJilISPRUDENZA CIVILE 591 

za; quindi, ove il giudice non si ritenga, con adeguato senso di responsabilit�, 
del tutto autosufficiente in rapporto agli aspetti tecnici del caso 
giudiziario, ricorre senz'altro la � necessit� � di cui all'art. 61. Insomma 
una incertezza, sia pure parziale, sulla propria autosufficienza equivale 
a necessit� tale da giustificare la nomina del consulente. In questi ter


1966, I, 106 (102); sulla funzione della consulenza tecnica, v. pure: Cass., 
24 ottobre 1968, n. 3454; 22 marzo 1968, n. 908; 28 luglio 1967, n. 2010; 27 novembre 
1964, n. 2817; 16 ottobre 1960, n. 2769, Foro it., Rep, 1960, 595, n. 2; 
12 marzo 1960, ri. 477; 8 febbraio 1960, n. 176; 6 aprile 1955, n. 996; 28 
dicembre 1954, n. 4619; 7 giugno 1954, n. 1845; Trib. Napoli, 28 luglio 
1964, Foro nap., 1965, I, 49): questa la funzione della � consulenza tecnica ., 
quale risulta dal complesso delle norme che disciplinano il ricorso all'opera 
del consulente tecnico (cp.c., artt. 61-64 e 191-198; disp. att. c.p.c. artt. 13-24 
e 89-92). 

Nella prassi invece -con costante disapplicazione, in particolare; delle 
norme di cui all'art. 194, primo comma, ultima parte, c.p.'c. e all'art. 90, 
secondo comma, disp. att. c.p.c. (e tale ultima norma � di evidente rilievo 
quanto ai limiti delle indagini commesse al consulente tecnico); senza tener 
presente che il consulente tecnico, in quanto ausiliario del giudice, non pu� 
sostituirsi alla parte nel fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte 
a fondamento della domanda giudiziale (Cass. 7 giugno 1965, n. 1131; 6 
aprile 1955, n. 996; Tuffi. Spoleto, 23 luglio 1955, Foro it., Rep. ~955, 538, 

n. 40); e con sostanziale violazione dei diritti della difesa -la �consulenza 
tecnica � viene in concreto utilizzata come mezzo di prova. 
Nel merito, il ricorso all'ausilio del consulente tecnico si risolve, cosi 
come � inteso nella consolidata prassi giudiziaria, in una inammissibile 
forma di arbitraggio processuale, con notevole dispendio di attivit� ed evitabile 
aggravio di spese, e senza nulla aggiungere a quanto le stesse parti 
possono documentare se non sterili riassunti dei fatti della vertenza, artificiose 
argomentazioni pseudoscientifiche ,e soggettive valutazioni del singolo 
consulente;.,arbitratore. 

Quel che pi� sorprende, comunque, � come professionisti di indiscussa 
qualificazione possano veramente credere, in perfetta buona fede (del che 
non vuol dubitarsi), nella validit� delle loro valutazioni (tanto mutevoli 
quanto variabili sond i singoli fattori che ne costituiscono l'affermato e 
non controllabile presupopsto), come possano, cio�, pretendere veramente 
di poter fornire una dimostrazione scientifica del valore venale di un immobile, 
e come non si rendano conto, ad esempio, di ,quanto sia assurda una 
affermazione quale quella per cui un valore unitario di lire 21.487 (ventunomilaquattrocentottantasette!) 
viene in analoga controversia indicato come 
valore che � rispecchia fedelmente il valore di mercato � e tale da farlo 

� considerare libero dai tradizionali concetti di approssimazione e talvolta 
di scetticismo con i quali si � soliti guardare l'estimo .. 
Le relazioni c.' d. di consulenza tecnica, in effetti, sono condizionate a 
preconcetti schemi logici ed a paradigmi aprioristici, cui si adegua per 
un non giustificabile senso di assuefazione piuttosto che per ragionata 
consapevolezza; e non vi � relazione (e la presente controversia ne offre 
palese riprova) della quale non possa fornirsi efficace confutazione (sullo 
stesso terreno logico sul quale dovrebbero determinate conclusioni essere 

prospettate), cos� come non vi � argomentazione o calcolo di cui non sia 

8 



592 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mini -e soltanto in questi termini -pu~ dirsi che la nomina del consulente 
� discrezionale. 

4. -Chiariti in termini generali la funzione del consulente tecnico e 
i poteri del giudice al riguardo, occorre riferirsi, pi� specificamente, alle 
controversie che abbiano per oggetto l'occupazione di immobili da parte 
agevole dimostrare la infondatezza o l'erroneit�! 

� del resto sintomatico che gli stessi consulenti � tecnici �, interpellati 
nelle vie brevi e in posizione svincolata, quindi, dall'automatico condizionamento 
cui sono costretti quando debbono predisporre relazioni, non hanno 
esitato a riconoscere che a tanti diversi risultati pu� condurre una .� consulenza 
tecnica .~ quanto differenti siano le vedute soggettive di ciascun 

� tecnico ., e che il valore di un determinato immobile, quando non lo 
conoscano gi� per diretta esperienza di mercato (come qualsiasi mediatore 
o chiunque abbia interesse ad acquistare immobili in una determinata 
zona), tanto diverso pu� in concreto risultare quanto variabili siano i singoli 
fattori di computo considerati e differenti i criteri estimativi adottati 
da ciascun singolo consulente. 
Dal complesso delle disposizioni in argomento previste nel codice di 
procedura civile (travisate da una irrituale prassi giudiziaria) � invero 
agevole desumere che il ricorso all'ausilio del consulente tecnico � stato 
previsto dal legislatore per la soluzione pro veritate di questioni tecniche, 
tale da presupporre cio� particolari cognizioni scientifiche, idonee, per loro 
natura, a non consentire alternative alla soluzione raggiunta: presupposti 
dei quali non � certo possibile ravvisare la ricorre~a nella materia in 
esame. 

Ad avvertire la validit� di tale conclusione � invero sufficiente considerare, 
con riferimento ad una qualsiasi relazione di consulenza, a quanto 
diversi risultati dovrebbe il giudice condizionare le proprie determinazioni 
se solo variassero i valori unitari assunti dal consulente a base della 
liquidazione o se differente saggio di capitalizzazione risultasse adottato 
nella stima analitica o se differente decurtazione fosse stata apportata 
dal consulente nel calcolare un eventuale deprezzamento: rilievo la cui 
validit� maggiormente si evidenzia quando si consideri che la ipotizzata 
diversa indicazione delle cifre base (e l'esame di qualsiasi relazione convalida 
tale affermazione) non comporterebbe modifica alcuna alla motivazione 
tutta della relazione, il che vale a dire che una relazione di consulenza 
a tali e tanti risultati pu� condurr�e, ed altrettanti motivarne, 
quanto differenti possono in concreto risultare le vedute soggettive di 
ciascun consulente tecnico in ordine ai prezzi correnti nella zona, a quei 
valori cio� proprio per accertare i quali si vorrebbe giustificare il ricorso� 
al �tecnico� (e senza che aleunch� di tecnico possa invece ravvisarsi), 
e che risultano in definitiva (e diversamente da quanto pu� dirsi per 
valutazioni condotte su adeguati elementi documentali) espressione di 
personali e ovviamente variabili convincimenti, oltretutto non suscettibili 
di verifica. 

Quanto ai concreti risultati ai quali conduce la erronea conc�ezione 
della funzione e della portata della �consulenza tecnica� nella materia in 
esame, la difesa della comparente preferirebbe astenersi da ogni commento. 

Certo � che in grado di appello -ed il rilievo induce ad illazioni di 
evidenza tanto intuitiva da renderne superflua la precisazione -cause 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 593 

della pubblica amministrazione per l'impiego nella esecuzione di opere 
pubbliche senza che sia intervenuto un atto di esproprio ovvero l'opposizione 
alla stima. 

Non c'� dubbio che queste controversie rispondono alle regole probatorie 
comuni. Li'occupazione abusiva, inizialmente tale o divenuta tale 

promosse ad iniziativa dei privati non ve ne sono. E ci� malgrado che in 
primo grado i valori determinati dai consulenti �di ufficio, quando non 
sono accettati dal Tribunale, siano oggetto sempre di riduzioni e non 
certamente di maggiorazioni! 

Una ragione di tutto questo deve pur esserci, �e non pu� sfuggire certo 
alla sensibilit� del Tribunal�e. Senza voler commentare le numerosissime 
fattispecie dalle quali pure potrebbero desumersi elementi utili ai fini 
in esame, sar� tuttavia utile ricordare al Tribunale che solo producendo 
in giudizio fotografie di un immobile di cui doveva determinarsi il valore 

(causa Sorrentino contro ANAS) la difesa della �omparente � riuscita 
ad evidenziare quanto inattendibili fossero le conclusioni del consulente 
di ufficio; dalle fotografie, infatti, risultava che l'immobile -valutato 
dal consulente, con una relazione apparentemente motivata e documentata, 
in lire 7.500 al metro quadrato -era costituito da un roccione alto circa 
30 metri a strapiombo sulla strada, assolutamente inutilizzabile anche a 
scopi solamente agrari! 

Un suolo nelle immediate vicinanze della Mostra d'Oltremare, invece, 

(uno di quei suoli che in qualsiasi campagna si trovino diventano subito 

edificatori non appena siano utilizzafi per la realizzazione di un'opera 

pubblica), � stato valutato dal consulente (n� dubbi sulla validit� della 

relazione sono sorti n� supplementi� di istruttoria sono stati disposti), in 

L. 2.000 (duemila) al metro quadrato, divenute poi circa 1.000 (mille) per 
l'applicazione del criterio di cui all'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, 
n. 2892 (sentenza 20 gennaio 1968, in causa Deo-Mostra d'Oltremare), 
mentre per altro suolo della stessa zona si � arrivati anche a lire 300 (trecento) 
al metro quadrato (sentenza 10 novembre 1967, ih causa PisaMostra 
d'Oltremare). 
Ma in entrambi i casi si trattava -lou� soit qui mal j pense -di 

retrocessione! 

Quanto fondate e valide siano le argomentazioni prospettate dalla 

difesa della comparente sulla necessit� di escludere a priori che la valu


tazione di un immobile possa costituire materia di consulenza tecnica 

dovr� del resto necessariamente riconoscersi quando si consideri che lo 

stesso immobile valutato dal Tribunale, nella sentenza ora ricordata, 

secondo il prezzo unitario di lire 2.000 (duemila), lo stesso immobile, si 

ripete, � stato valutato, con autonoma e contemporanea indagine tecnica 

condotta, in una nuova procedura di espropriazione medio tempore pro


mossa dall'Italsider, in lire 40.000 (quarantamila) al mq.! (ordinanza di 

deposito 21 gennaio 1968 del Tribunale di Napoli). 

Nello stesso periodo di tempo, cio�, due consulenti tecnici, l'uso nominato 
dall'istruttore in una causa di retrocessione, l'altro dal presidente del 
tribunale nella procedura di espropriazione promossa, per lo stesso immobile 
oggetto della retrocessione, dall'Italsider (e tutti e due valenti professionisti 
di indiscutibile capacit�), hanno determinato il valore di uno .stesso 

Ii 

I 


I 
1 

fllififJ&f�fm{ti�'.wffiRiff@lft!tWrii&Mff!ff~Ifflfiliilifilffil{filj\ffil~t&ITifl'EKfll�fi\fif:tr:f:flfl'ffftlK'frrtf�' 



594 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O 

per decorrenza del biennio dal decreto di urgenza, � un illecito per cui 
incombe all'attore la prova del fatto materiale e del danno che pretende 
di aver subito; e� da notare in proposito che spesso la pubblica amministrazione 
non contesta il fatto in s� e per s�, ma solo l'entit� del danno 
in relazione al valore economico del bene occupato (ed impiegato nel


/ 

immobile, e con due relazioni entrambe esaurienti, -convincenti e documentate, 
in lire 2.000 (duemila) e in lire 40.000 (quarantamila) al metro quadrato. 


In analoga vertenza poi (Maresca-ANAS) � stato addirittura lo stesso 
consulente -si ripete, lo stesso consulente -e senza spendere nemmeno 
una parola sulla presupposta erroneit� della prima valutazione a determinare 
il valore di un immobile prima in lire 190 e poi in lire 3.000 al mq., 
con lo stesso sintomatico riferimento alle � caratteristiche intrinseche ed 
estrinseche dell'immobile �. 

Vedr� ora il Tribunale come possa una immotivata quanto frequente 
duplicit� di valutazioni conciliarsi con la presupposta � necessit� � di ricorrere, 
nella materia, all'ausilio del consulente tecnico, e quanta rilevanza 
possa in argomento attribuirsi alle c.d. � cognizioni tecniche ., a quelle 
cognizioni, cio�, che consentono ad un consulente di valutare un fondo, con 
due distinte ed entrambe �motivate � relazioni, a lire 190 o a lire 3.000 
al mq. 

Cosi come rimane al Tribunale di valutare, tenendo presente che la 
scienza non ammette alternative ai risultati che consente di determinare, 
quanto di � tecnico � e di � scientifico � possa nella materia rinvenirsi, se� a 
tale disparit� di conclusioni pu� uno stesso consUlente pervenire, e con la 
stessa �scrupolosa� (1" rel.) e �serena� (2" rel.) �obiettivit� �i e di quale 
validit� possa considerarsi, e quale garanzia possa costituire, e per il cittadino 
e per l'Amministrazione, un �Sistema istruttorio che a tale divergenza 
di risUltati consenta di pervenire. 

XIV. -Si � gi� sopra accennato quale sistema probatorio sia d�t adottare, 
ad avviso della difesa della comparente, che consenta di evitare il dispendio 
di attivit� e l'aggravio di spese correlati alle indagini � tecniche � e al 
tempo stesso garantisca la equit� delle decisioni certo pi� del ricorso alla 
opera del consulente-arbitratore. 
La espressa finalit� della presente memoria induce peraltro la difesa 
della comparente ad aggiungere in argomento ulteriori considerazioni, 
anche per evidenziare che la eccepita inammissibilit� del ricorso all'opera 
di un consulente tecnico non costituisce un defatigatorio espediente difensivo, 
ma consegue alla effettiva e concreta possibilit� di fornire altrimenti, 
e senza spese, tutti gli elementi necessari ai fini �della decisione. 

Deve innanzitutto precisarsi, per�, che la fondatezza della tesi della 
inammissibilit�, nella materia in esame, della c.d. consulenza tecnica, non 
pu� ovviamente essere confutata replicandosi che �da cento anni a questa 
parte si � sempre fatto cos� �, trattandosi evidentemente di argomentazione 
priva di rilevanza giuridica e fondata per di pi� su quella stessa prassi 
costante di cui si contesta la validit�. 

Cos� come non pu� in contrario argomentarsi dalle eventuali difficolt� 
che gli interessati possono tncontrare nella ricerca degli elementi di valutazione, 
pbich� � ovvio che le stesse difficolt� si pongorio per il consulente 
tecnico, non comprendendosi quali � particolari cognizioni tecniche � (!) 

' 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 595 

l'opera pubblica) e, semmai, le dimensioni del bene stesso e l'esistenza 
di altri eventuali danni. Quanto alle controversie di opposizione alla 
stima, per dimostrare l'inesattezza e l'erroneit� della stima l'attore deve 
provare, secondo le regole dell'onere probatorio, quanto valeva il bene 
espropriato e perci� quale sia la� giusta indennit� di espropriazione. 

possano essergli di aiuto nel reperimento dei dati presso i competenti uffici 
pubblici. 

In concreto, va tenuto presente che in molte fattispecie l'acquisto del 
bene espropriato, per atto inter vivos o per successione mortis causa, � di 
data recente, tale cio� da consentire all'interessato di fornire utili elementi � 
di valutazione riferiti proprio all'immobile del quale deve determinarsi il 
valore: elementi che possono essere determinanti quando la eventuale divergenza 
tra il valore calcolato per la determinazione dell'indennit� e quello 
denunciato agli effetti fiscali risulti tale da assorbire ogni ipotizzabile ulteriore 
aumento di valore conseguito dall'immobile nell'ultimo periodo fino 
alla data della espropriazione, e da rendere quindi irrilevante, sotto il profilo 
pratico, il fatto che non ci sia perfetta coincidenza temporale fra le due 
valutazioni (tanto pi� che tutti gli altri eventuali atti di trasferimento per 
immobili della zona, quegli atti, cio�, ai quali sarebbe necessario aver 
riguardo nella valutazione comparativa, non risulteranno certo stipulati 
nella stessa data di emissione del decreto di espropriazione). 

La difesa della compar,ente non pretende, peraltro, che ai soli valori 
dichiarati dalle parti agli effetti tribuari si abbia riguardo nell'indagine 
sulla congruit� dell'indennit� determinata per la espropriazione, essendo 
notorio che i contribuenti dichiarano spesso (se non sempre) valori i~ponibili 
inferiori a quelli effettivi; e non si vuol ,certo ritorcere a danno delle 
controparti, la valutazione, da esse stesse adottaita ai fini fiscali, per quanto 
sarebbe agevole giustificare una tale ritorsione. 

Non comprende per�, la difesa della comparente, quali difficolt� impediscano 
agli interessati di produrre in giudizio l'avviso di accertamento 
di maggior valore eventualmente notificato dall'Amministrazione finanziaria 

o di documentare l'effettivo valore imponibile sul quale sono state in definitiva 
liquidate le imposte di registro o di successione (a seguito di concordato 
o di decisione delle commissioni tributarie). 
� ovvio, del resto, che le parti istanti non possono certo pretendere 
di calcolare l'indennit� di espropriazione secondo valori unitari diversi da 
quelli determinati in sede fiscale (risolvendo cio� sia il rapporto di espropriazione 
sia quello tributario sempr,e e solamente a danno dello Stato), 
tanto pi� che la legge prevede, e con analoga formula, lo stesso criterio di 
valutazione sia: per la determinazione del valore imponibile che per la 
determinazione dell'indennit� di espropriazione (cfr. art. 39 della legge 25 
giugno 1865; n. 2359 e art. 30 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269). 

Nelle ipotizzate fattispecie, quindi, � possibile acquisire agli atti del processo 
~senza dispendio di attivit� n� aggravio di spese -elementi di valutazione 
relativi proprio all'immobile del quale deve determinarsi il valore: 
elementi cio� ovviamente pi� pertinenti di tutti quelli ai quali dovrebbe 
comunque far riferimento comparativo un eventuale consulente tecnico, e 
tali da evidenziare sotto un ulteriore profilo la superfluit� di dispendiose 
indagini � tecniche � (?). 

La fondatezza di tale rilievo risulta a maggior ragione evidente, poi, 



\ 

596 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pertanto, la nomina di un consulente tecnico disposta al fine specifico ed 
esclusivo di sostituire con la sua opera l'attivit� probatoria dell'attore 
violerebbe il principio dispositivo e snaturerebbe .la figura stessa del 
consulente tecnico. Quindi rimane l'onere della parte di provare i fatti 
posti a base della sua domanda, attraverso testimonianze, attraverso 

quando si consideri che nella. materia in esame la legge stabilisce espressamente 
che l'indennit� di espropriazione va determinata con il metodo di 
valutazione comparativa (art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359), implicitamente 
escludendo l'adozione di ogni altro possibile sistema, e che 
la congruit� o meno dell'indennit� di espropriazione dovrebbe quindi essere 
accertata con riguardo ai valori di mercato degli immobili della zona, quali 
risultano dai trasferimenti intervenuti (inter vivos o mortis causa) all'epoca 
della espropriazione, secondo elementi di valutazione, cio�, riferiti adimmobili 
diversi da quello da valutare e di portata analoga a quelli che gli stessi 
opponenti possono invece fornire, senza spese, proprio per l'immobile 
in questione. 

In altri termini, la valutazione comparativa che un eventuale consulente 
tecnico dovesse effettuare dovrebbe essere fondata, in sostanza, sulle stime 
dell'Ufficio tecnico erariale o dei competenti uffici del registro relative 
ad altri immobili della zona, o meglio sui valori concordati (o stabiliti dalle 
commissioni tributari�e) per la liquidazione delle imposte di trasferimento: 
su elementi, cio�, in ogni caso della stessa natura �e portata, ma meno determinanti 
e pertinenti di quelli che le stesse parti possono acquisire agli atti, e 
senza spese. Quante volte dagli stessi documenti prodotti sulla legitimatio 
ad causam risultasse di recente data l'acquisto dell'immobile poi espropriato 
sarebbe quindi agevole acquisire, e senza spese, utili e determinanti 
elementi ai fini della decisione. 

Quando invece non sia possibile acquisire agli atti elementi di valutazione 
riferiti allo stesso immobile del quale deve determinarsi il valore, le 
parti istanti potranno chiedere all'istruttore di essere autorizzate a svolgere 
dirette indagini presso il competente Ufficio tecnico erariale, al fine di 
accertare quali trasferimenti (inter vivos o mortis causa) siano intervenuti 
negli ultimi anni relativamente ad altri immobili della zona, e ad ottenere 
dai competenti Uffici del registro, sulla base degli estremi in tal modo 
acquisiti, distinti certificati nei quali siano indicati, per ciascun trasferimento 
e con specificazione degli estremi catastali e della superficie di ciascun 
immobile trasferito, il valore dichiarato dalle parti, quello dPterminato 
in sede di accertamento fiscale e quello sul quale sono state in definiti.va 
liquidate le imposte complementari di registro o di successione a seguito 
di concordato o di decisioni delle commissioni tributarie. 

Gli stessi elementi potranno del resto essere acquisiti anche di ufficio, 

con ricorso alla facolt� di cui all'art. 213 del codice di procedura civile, ed 

ulteriori elementi eventualmente necessarci per la determinazione del reddito 

potranno essere forniti dall'Ispettorato agrario provinciale e dalla Camera 

di commercio. 

Agli atti del processo risulter� in tal modo acquisita tutta la docu


mentazione necessaria per procedere ad una valutazione comparativa (a 

quell'unica valutazione, cio�, nella specie consentita): senza aggravio di 

spese, senza dispendio di attivit� e senza dilazionare per mesi e mesi la 

definizione della vertenza. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 597 

elementi comparativi circa il valore degli immobili nella zona (contratti 
di compravendita, accertamenti di valore, concordati fiscali, certificazioni 
di ufficio competenti, ecc.), attraverso dati sintomatici della produtti


vit� generica dei fondi nella zona, attraverso mezzi rivelatori della 
produttivit� specifica, e via dicendo. Tuttavia bisogna rendersi conto delle 

La liquidazione giudiziale dell'indennit�, inoltre, non sar� pi� l'esito 
di un arbitraggio rimesso al consulente tecnico, che ad essa pervenga con 
affermazioni non suscettibili di effettiva verifica da parte del giudice, 
ma costituir� il risultato di una consapevole valutazione, propria del giudice, 
condotta sulla base di elementi documentali e certi, .e tale da svincolare 
l'esito del giudizio da soggettivi ad arbitrari apprezzamenti. 

XV. -Certamente, non pu� escludersi a priori che la documentazione 
come sopra acquisita agli atti del processo possa risultare insufficiente ai 
fini della decisione. 
In tale ipotesi la domanda della parte attrice, a carico della quale grava 
l'onere di documentare la dedotta insufficienza dell'indennit� di espropriazione, 
dovrebbe essere in via di principio rigettata, tanto pi� che non si 
comprende quali poteri o cognizioni possano consentire ad un tecnico di 
integrare .gli elementi di valutazione come .sopra raccolti con dati di cui sia 
gi� a priori accertata la insussistenza; n� tale conclusione dovrebbe sorprendere, 
quando si consideri che non � certo la concreta impossibilit� 
di indicare testi sulle modalit� di un ,sinistro (o sul fatto stesso che l'incidente 
sia effettivamente avvenuto) ad impedire il rigetto della domanda 
di risarcimento fondata sul dedotto fatto illec�to. 

Anche a voler prescindere da tali considerazioni, peraltro (e dalla 
stessa possibilit� di integrare eventuali lacune con una ispezione dei luoghi), 
sar� sempre condizionatamente alla ravvisata insufficienza dei documenti 
che le parti hanno la possibilit�, e quindi l'onere, di produrre in giudizio 
che potranno !'!Ventualmente ritenersi � necessarie � le indagi-ni tecniche 
sollecitate dagli interessati, non potendo ovviamente una tale necessit� 
ravvisarsi solo per avere la parte omesso di assolvere l'onere probatorio 
a suo carico (cfr. Cass., 17 dicembre 1951, n. 2842 nel senso che non 
possa disporsi la consulenza per supplire alla deficienza della prova, e non 
sia quindi censurabile il rifiuto del giudice di ricorrere al consulente perch� 
indaghi sull'eventuale sussistenza di altri elementi; cfr. pure Cass., 8 
febbraio 1960, n. 176). 

La comparente non � ovviamente in grado di anticipare quali potrebbero 
essere le risultanze di una documentazione predisposta nei termini 
sopra indicati, ma l'eventualit� che ile risultanze siano contrarie agli 
interessi dell'Amministrazione non pu� costituire utile motivo per indurre 
la difesa della comparente a desistel'e da una impostazione fondata sulla 
inammissibilit�, nella materia, della consulenza tecnica, e: sulla possibilit� 
quindi di evitare l'aggravio di spese a tale mezzo istruttorio_ necessariamente 
conseguente. 

Del resto, non vi � certo ragione di negare agli aventi diritto quella 
maggiore indennit� che risultasse effettivamente dovuta. 
N� a tal fine .pu� naturalmente essere ispirata la difesa dell'Amministrazione. 
(Omissis). 

ARTURO MARZANO 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

598 

difficolt� e degli ostacoli che talvolta la parte incontra, almeno per 
alcuni a'spetti probatori; e certo il privato non ha quelle disponibilit� 
presso uffici pubblici che invece ha l'avvocatura dello Stato. In tali casi 
�!Jen pu� il giudke, una volta evidenziatosi l'ostacolo, disporre mezzi di 
indagine ex officio, come l'ispezione e la richiesta di informazioni presso 
uffici competenti. 

5. -L'avvocatura dello Stato pone in termine generali il quesito 
se l'accertamento del valore di un fondo occupato o espropriato costituisca 
oppur no una questione tecnica, tale cio� da giustificare, a prescindere 
dalla quesHone dell'onere probatorio, la nomina del consulente; 
quindi riosolve in senso negativo il quesito stesso, affermando che il 
criterio di determinazione del valore dell'immobile, dovendo consistere 
l'indennit� di espropriazione nel � giusto prezzo che avrebbe avuto l'immobile 
in una libera contrattazione di compravendita � (e il problema, 
salvo eccezioni, si pone in termini analoghi quando occorra determinare 
il risarcimento per un bene di cui il proprietario sia stato privato a seguito 
di occupazione illegittima),� corrisponde a quello del �valore in 
comune commercio � enunciato dall'art. 30, 2�, r.d. 30 dicembre 1923, 
n. 3269 al fini dell'imposta di trasferimento. Ne consegue -secondo 
l'avvocatura -che non si tratta di un problema tecnico ma di semplice 
indagine comparativa da effettuarsi (secondo le indicazioni contenute 
nell'art. 30 del r.d. del 1923) sui valori delle alienazioni di altri immobili 
che si trovino nella stessa localit� e in analoghe condizioni,. oltre che 
sulle alienazioni, divisioni e stime giudiziarie dello stesso immobile 
anteriori di non oltre un quinquennio. 
Il collegio non ritiene che la questione possa risolversi-in termini 
generali; nel contempo sottolinea, ad evitare �confusioni metodologiche, 
che una cosa � l'aspetto tecnico della controversia (presupposto indispensabile 
perch� il giudice possa avvalersi dell'ausiliare), altra cosa � l'alter" 
nativa fra la possibilit� di autosufficiente valutazione e la necessit� (ritenuta 
dal giudice) di valersi dell'opera del consulente tecnico in questa 
valutazione. 

� indubbiamente esatto che, in molti casi, l'esame comparativo di 
elementi offerti dalle parti, secondo l'onere probatorio o acquisiti di 
ufficio attraverso richieste di informazioni e semmai attraverso l'ispezione, 
consenta di determinare il risarcimento del danno o (secondo la 
natura della causa) la giusta indennit� di esproprio. Questo non esclude 
I>er� che vi possono essere aspetti tecnici non risolvibili attraverso la 
semplice valutazione comparativa o facendo ricorso alle comuni regole 
di esperienza. Si pensi, per esempio, alla eventuale necessit� di individuazione 
del suolo occupato o espropriato rispetto alle risultanze dei titoli 
di propriet�, cio� alla necessit� di �localizzare� gli estremi documentali 
con cui :q.ei titoli viene identificato il bene (purch�, sia ben chiaro, 
l'indagine corrisponda ad una effettiva necessit� in rapporto a conse



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 599 

guenze processualmente e sostanzialmente rilevanti, e non costituisca il 
� motivo di ingresso � di una � consulenza tecnica � niente affatto necessaria); 
si pensi alla necessit� di accertare l'esistenza di falde freatiche 
nell'immediato sottosuolo o di una cavit� che rendano discutibile un 
insediamento edilizio in zone apparentemente edificabili; si pensi ad indagini 
sul sistema di irrigazione di un fondo, che potrebbe venire alterato 
dall'occupazione o espropriazione parziale; si pensi ancora alla eventuale 
necessit� di vivificare ed aggiornare, in base a criteri generali di 
economia di zona, dati comparativi piuttosto vecchi o di ricavare in un 
mercato instabile una costante di incremento o di decremento attravel'so 
la media ponderata di elementi comparativi dissimili. Si aggiunga che 
non sempre il mer�cato dei suoli ha un andamento per cos� dire fisiologico, 
ma talvolta subisce alterazioni dovute a fattori anomali non evidenziabili 
attraverso una meccanica comparazione; accade cos� che un suolo, 
semmai dotato di infrastrutture ambivalenti e non decisive, pur non 
avendo possibilit� � giuridiche � di edificabilit�, abbia tuttavia acquistato, 
in breve tempo e a prescindere dall'esecuzione dell'opera :Pub


blica, un valore pi� �lto rispetto al suo impiego agricolo. 

Ebbene in tutti questi casi possono non bastare le regole di esperienza 
e pu� risultare indispensabile l'aiuto del consulente tecnico nella 
valutazione dei dati obiettivi offert,i dalle parti o acquisiti d'ufficio, e 
pu� apparire opportuno incaricare il consulente di indagini specifiche, a 
norma degli artt. 61 e 194 cod. proc. civ. (senza mai supplire, ovviamente, 
alle carenze delle parti in relazione al rispettivo onere probatorio), 
indagini rivolte ad una pi� esatta e aderente valutazione dei dati stessi. 
Inoltre, se � vero che in tema di espropriazione bisogna adottare il criterio 
estimativo sintetico avendo la legge posto l'accento sul � giusto 
prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di 
compravendita�, � ugualmente vero che potrebbero mancare idonei dati 
comparativi, per cui bisogna far ricorso al metodo analitico; cos� come si 
potrebbe far ricorso a questo metodo in materia di o�cupazione abusiva. 
Ed in proposito no.n Pl\� condividersi la riduzione -che l'avvocatura 
fa -ad una semplicistica formula aritmetica della valutazione di un 
fondo in termini di stima. analitica: il fatto �stesso che vi siano delle 
incognite (in particolare il tasso di capitalizzazione) le quali vanno 
risolte alla stregua di criteri non certo giuridici e attraverso una �adeguata 
� lettura di elementi indicativi (offerti dalle parti o acquisiti di 
ufficio), significa �che bisogna compiere una valutazione tecnica in cui il 

giudice pu� avvertire la necessit� dell'ausiliare. Ovviamente qu�sti, nel 

dare il suo apporto, dovr� motivare e spiegare; che talvolta -o spesso, 

come dice l'avvocatura -non spieghi, costitutsce una deficienza concreta 

senz'altro censurabile, ma non dimostra la generale inidoneit� e super


fluit� dell'intervento del tecnico. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 10 aprile 1970, n. 2 -Pres. Vetrano 
-Est. Mezzanotte -Esposito (avv. Delavigne) c. Ministero 
Interno (avv. Stato Terranova). 

Impiego pubblico -Infermit� -Riconoscimento delle infermit� dipen


denti da causa di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo 

indennizzo -Presupposti e procedimenti diversi. 

Impiego pubblico -Infermit� -Riconoscimento delle infermit� dipendenti 
da cause di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo 
indennizzo -Diversit� di competenza degli organi che accertano 
l'uno e l'altro. 

In materia di impiego pubblico il riconoscimento delle infermit� 
da causa di servizio ha presupposti diversi dal riconoscimento del diritto 
ad equo indennizzo, e diversi sono i procedimenti: l'infermit� 
riconosciuta con apposito procedimento come contratta a causa di servizio, 
che non sia accompagnata da una menomazione dell'integrit� 
fisica, d� luogo ai benefici che la �fogge prevede; se invece produce 
un.a menomazione dell'integrit� fisica, � previsto l'ulteriore beneficio 
di un equo indennizzo, con un autonomo procedimento (1). 

In sede di procedimento per la concessione dell'equo indennizzo, 
il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie deve esprimersi sul 
se la menomazione sia conseguenza deU'infermit� gi� dichiarata dipendente 
da causa di servizio, non potendo riesamina.re l'accertamento 
della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio, n� sotto il profilo 
di e.ventuali vizi del procedimento, n� sotto ii profilo di merito. � illegittima 
pertanto la pronuncia del Comitato, la quale,\ nel pronunciarsi 
sulla domanda di concessione dell'indennizzo, rieswmini le questioni 
gi� risolte, di procedura o di merito, in sede di riconoscimento 
della malattia come dipendente da causa di servizio (2). 

(1-2) Si segnala l'interesse della decisione che ha risolto un contrasto 
in vario modo manifestatosi nelle pronuncie della IV e VI sezione del 
Consiglio di Stato: cfr. Sez. IV, 25 settembre 1964, n. 1001, Il Consiglio di 
Stato, 1964, I, 1438; Sez. VI, 29 marzo 1968, n. 299, ivi, 1968, I, 507. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 601 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 aprile 1970, n. 245 -Pres. Lancli Est. 
Melito -Fiorentino (avv. Tamburini) c. Ministero Difesa (avv. 
Stato Petroni). 

Impiego pubblico -Stipendi -Cumulo con la pensione -Richiamati 
dal congedo -Fattispecie -Illegittimit�. 

� iUegittimo il diniego di cumulo tra pensione e stipendio, ai sensi 
dell'art. 100 t.u. 31 dicembre 1928, n. 3458, sul presupposto della 
posizione di richiamato dal congedo del dipendente, ove il nuovo servizio 
(anche se militare) no1'1. sia prosecuzione del precedente servizio 
ed abbia propria autonomia (1). 

(1) Non constano precedenti: Massima esatta. 
I 

CONSIGLIO DI STATO, 1Sez. IV, 14 apri�le 1970, n. 280 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Vivenzio -Mazzanti (avv. Gor�) c. Ministero Te


II

soro (avv. Stato Mataloni). 

I

Impiego pubblico -Stipendi -Prescrizione breve -Presupposti -Pagamento 
sospeso per contest�zione "' Prescrizione ordinaria 


II 

Applicabilit�. 

Impiego pubblico -Stipendi -Prescrizione -Restituzione di somme 
trattenute sullo stipendio a titolo di recupero di rate di pensione 

~ 

pagate -Prescrizione decennale. 

La prescrizione breve si applica aHa ipotesi in cui, essendo paci


fico il diritto del dipendente alla percezio1ie dello stipendio, la P. A. 

si astenga di fatto dal corrispondere le rate dovute, e in tal caso il 

dipendente ha l'onere di proporre l'istanza per l'interruzione ai sensi 

dell'art. 2 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 entro il biennio decorrente 

dal giorno di scadenza della rata non pagata. Nell'ipotesi, invece, in 

cui la P. A. contesti il diritto alla percezione delle rate s1cadute e ne 

sospende il pagamento, la situazione litigiosa che ne deriva � disci


plinata daLla prescrizione decennale deH'art. 2946 e.e. (1). 

Nel caso di restituzione di somme trattenute nello stipendio a 

titolo di recupero di rate di pensioni pagate, � applicabile la prescri


zione decennale (2). 

(1-2) Entrambe le massime sono esatte. Per i precedenti cfr. Sez. IV, 
29 dicembre 1965, n. 1002, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2129. 


! 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 285 -Pres. Barra 
Caracciolo -Est. Felici -Soc. Gestione Acqua Massima di Punta 
del Lago (avv. Lordi) c. Comitato provinciale prezzi di Viterbo 
(avv. Stato . Ciardulli). 

Prezzi -Comitato provinciale pressi -Deliberazione -Efficacia Termine 
per l'impugnativa -Decorrenza. 

Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Deliberazione -Impugnativa -
Controinteressati -Esclusione. 

Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Competenza. 

Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Adunanza -Partecipazione di 
reggenti di Uffici o di delegati -Legittimit� -Adunanze -l:.t�r


�" 

venti di tutti i componenti -Non � prescritto. 

Le deliberazioni del comitato provinciale dei prezzi ai sensi dell'art. 
10 d.l. 15 settembre 1947, n. 896, acquistano efficacia mediante 

. . 

la pubblicazione nel foglio degli annunci legali; e, perci�, prima di tale 
pubblicazione, non sono impugnabili, non e�ssendo ancora operative, 
anche se �gi�, conosciute dagli interessati (1). 

La deliberazione del Comitato provinciale dei prezzi � emessa per 
soddisfare un'esigenza di interesse coUettivo; pertanto, per la rituautd 
dell'impugnativa, non si configurano controinteressati al ricorso proposto 
contro di essa (2). 

Il Comitato provinciale dei prezzi emette determinazioni generali, 
ma anche speciali, allorch� la fissazione di tariffe per particolari rap.porti 
contrattuaU costituisca ii correttivo di situazioni pi� ampie e sia 

preo!l'dinata al fine di ~ere:quare un settore economico avente interesse 
nell'ambito generale (nazio11iale o provinciale);� pertanto, la man�ata 
valutazione, in tal caso della sit!Uazione generale per adattarla al caso 
particolare, costituisce vizio di illegittimi.t�, deilla delibera (3). 

Alle adunanze del Comitato provinciale dei prezzi legittimamente 
partecipa, in vece del titolare, il reggente deilL'Ufficio vacante o un 
delegato; ma non � prescritto l'intervento di tutti i componenti nelle 
adunanze, che pertanto sono regolate dal principio maggioritario (4). 


(1-4) Cfr. Sez. IV, 7 dicembre 1955, n. 957, Il Consiglio di Stato, 1955, 
I, 1334: Sez. IV, 16 marzo 1966, n. 151, ivi, 1966, I, 405; Sez. IV, 26 giugno 
1963, n. 494, ivi, 1963, I, 922; Sez. IV, 25 maggio 1966, n. 437, ivi, 1966, I, 956. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 603 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 304 -Pres. Potenza 
-Est. Mezzanotte -Di Marco (avv. Siniscalchi) c. Ministero 
della Sanit� (avv. Stato Zagari). 



I

Farmacia -Medico provinciale -Atto che riconosce il trasferimento 
della farmacia mortis causa -Istruzioni dell'autorit� superiore Definitivit� 
-Esclusione -Concorso -Rifiuto di interpello ex 
artt. 11 e 12 r. d. n. 1706 del 1938 -Definitivit� -Esclusione. 

In seguito ait'entrata in vigore deHa legge 2 aprile 1968, n. 475, 
relativa ai servizio farmaceutico, sono in vigore le norme non in co.ntrasto 
con tale legge e, quindi, ai sensi deil'art. 357 del t.u. 27 luglio 
1934, n. 1265, contro i provvedimenti deU'autorit� inferiori � ammesso 
ricorso all'autorit� superiore. Pertanto, il provvedinJ-ento del me,dico 
provinciale che riconosce il diribto al trasferimento della farmacia 
anche se � confotrme alle istruzioni delL'autorit� superiore ovvero il 


.provvedimento che rifiuta l'interpello dei farmacisti con�orrenti ad 
una sede farmaceutica, graduati prima dell'interessato, � atto non 
definitivo (1). 

(1) Sulla definitivit� dei provvedimenti adottati su istruzione dell'autorit� 
centrale, cfr. Sez. VI, 14 novembre 1969, n. 718 e 20 gennaio 1970, n. 23, 
H Consiglio di Stato, 1969, I, 106. Sulle altre questioni cfr. da un punto di 
vista generale Ad. plen. 17 marzo 1966, n. 8, ivi, 1966, I, 517. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 308 -Pres. Potenza 
-Est. Battara -Angeletti (avv. Gava) c. Ministero dei Lavori 
Pubblici (avv. Stato Casamassima). 


Edilizia popolare ed economica -Piano di zona -Decreto di approvazione 
-Impugnazione -Termine -Decorrenza -Decorso del tempo 
-Notoriet� dell'esistenza dell'atto -Non importa presuniione 
di conoscenza. 


Edilizia popolare ed economica -Piano� per l'edilizia popolare ed economica 
-Impugnazione -Omessa opposizione alla deliberazione 
del piano -Irrilevanza. 


Il termine per, impugnare in s.g..il decreto di approvazione di un 
piano di zona per l'ediLizia p()polare ed economica, ai sensi dell'art. 8 
legge 18 aprile 1962, n. 167, non decorre daila data di notifica del-


I 

I 



604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ili' 

Irn 
j l'eseguito deposito presso la segreteria comunale, bens� dalla data di 
pubblicazione del decreto nella Gazzetta UfficiaJe, anche se � noto1Tia 
l'esistenza del piano, la quale non ne fa p1Tesumere la conoscenza (1). 

La deliberazione con la quale� il ConsigLio comunale adotta il piano 
per l'edilizia popolare ed economica, � atto p!Teparatorio del procedimento 
che si conclude col decreto ministeriale di app!Tovazione del 
piano, il quale � impugnabile anche� per vizi dell'atto p1Teparatorio; 
pertanto, la mancata proposizione di opposizioni all'atto p1Teparatorio 
non preclude il sindacato di. legittimit� dell'atto., in quanto atto definitivo, 
che � costituito dal decreto di approvazione del P.E.E.P. da 
parte del Ministero dei LL.PP. o da parte del Provvedito1�e 00.PP. (2) 

~ I 

II 

~ 

� 

1z 

rl

~=-~ 

fil'"' 

Ii 
1ii 
I !iil 

M 

Ml;,:;, 

l'j. 
~ 
,,

., 

0 

(:: 

(1-2) Sulla prima massima cfr. Sez. IV, 29 novembre 1958, n. 953, Il 
Consiglio di Stato, 1958, I, 1295; nella seconda cfr. Sez. IV, 15 marzo 1967, 

n. 78, ivi, 1967, I, 367. 
~ii~ 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1970, n. 92 -Pres. Giannattasio 
-Est. Alibrandi -P. M. Caccioppoli (conf.). Ditta Piazza 
Battista di Piazza Ubaldo e C.S.A.S. (avv. Guerra) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Tracanna). 

Societ� -Societ� di fatto -Trasformazione in societ� in accomandita 
semplice -Ammissibilit�. 
(e.e., artt. 2498 ss., 2247, 2297, 2;313). 

Societ� -Societ� di fatto -Volont� dei soci di re~olarizzarla -Estinzione 
della societ� -Incompatibilit�. 
(e.e., artt. 2498 ss., 2308 ss., 1362). 

Imposta di Re~istro -Societ� di fatto -Trasformazione in una societ� 
di persone -Imposta di enunciazione di convenzione verbale e 
imposta di trasformazione -Applicabilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 62, secondo e terzo comma; tariffa all. A, 
artt. 81 e 83). 
La disposizione contenuta nelL'art. 2498 c. c. relativa alla trasformazione 
di una societ� di persone in una societ� di capitali, si applica sia 
alla societ� in nome coUettivo non 1�egolarmente costituita che si trasformi 
in una societ� di capitali, sia all'ipotesi di una societ� di fatto 
che si trasformi in .uno dei tipi legali. di societ� di persorne (1). 

La volont� dei soci di regoLarizzare una societ� di fatto in un tipo 
legale di societ� � incompatibile con la volont� di estinzione della stessa, 
ove risulti accertato dal giudice di merito, con giudizio insindacabile in 
cassazione, la persistenza dell'identit� soggettiva dei soci ed oggettiva 
dei beni patrimoniali, l'identit� dell'oggetto sociale e la mancanza di 
liquidazione effettiva di tutti i rapporti giuridici coi terzi (2). 

(1~3) Regolarizzazione di societ� di fatto e imposta di registro. 

La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, ha ribadito il suo 
noto positivo orientamento sull'ammissibilit� nel nostro ordinamento delle 
trasformazioni di societ� irregolari e di fatto in tipi di societ� legali regolate 
dal codice civile. Tale orientamento, iniziatosi con la sentenza 18 

.. .. 

':?'ffe:>.=:~=/./.:Y.%W.-:W"W..:::::w.1ff.W-/.'"'''"''1""'''f.'>::w�~0n<'.:::w��-=".�.w.-M'="",.,,z-%=='.W.::W.::?::,...:::>~::::::wz.:-..::~.,,,.~�==w.'{"''"z..::mw.vm"'""'"'"J.m>;:;aw.7"x�~~::m.=J


v.,w-..:-;NfP/.1.=W:tf?t'*.t?-rM=frit(W.:::"Ji@.:::=-&tif4.?.?d(t1'.f.??0Wif:::ffx~V#&W'.iffe.tNpf&iftf:ftJ.t%Vtf'.i%li:W4�fi.fifgf.%:=Jff.i@q:.-=r&r@~rg"' 


606 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� dovuta, oltre all'imposta sulla trasformazione, anche l'imposta sull'enunciazione 
della societ� di. fatto contenuta nell'atto con cui i soci 
manifestano la volont� di regolarizzarla in un tipo di societ� previsto 
dalla legge, non comportando tale intento la estinzione della societ� 
enunciata nell'atto (3). 

(Omissis). -Con il primo motiyo del ricorso la soc. Piazza Battista, 
denunziando la violazione dell'art. 2248 c. c., in relazione all'art. 360 

n. 3 c. p. c., si duole che la Corte del merito abbia ritenuto ammissibile 
la trasformazione di una societ� di fatto in una societ� in accomandita 
semplice. Deduce la ricorrente che la sentenza impugnata, facendo erronea 
applicazione dei principi giuridici che presidiano la trasformazione 
e l'estinzione delle societ� commerciali, non ha considerato che la tra-
aprile 1958, n. 1268 (annotata in senso sfavorevole dal BIANCHI D'EsPINOSA 
in Giust.� civ., 1958, I, 1045) ha incontrato resistenze sia da parte della 
dottrina che da parte della giurisprudenza di merito. (Per la dottrina: 
oltre al BIANCHI D'ESPINOSA cit. v. MESSINEO, Manuale di diritto civile e 
commerciale, vol. III, Milan(), 1953, p ..551; ROMANO-PAVONI, Le deliberazioni 
delle assemblee delle societ�, �Milano, 1952, p. 235 ss.; MossA, Trattato 
del nuovo diritto commerciale, vol. II, Padova, 1951, p. 611; BRACCINI, in 
nota a Comm. Centr. 9 gennaio 1963, n. 93841, in Dir. e pr. tributaria, 1964, 
II, 113; e 1968, II, 903; per la giurisprudenza: Trib. Brescia, 11 febbraio 
1963, in Foro pad., 1963, I, 577; Trib. Firenze, 14 marzo 1966, in Giust. civ., 
1966, p. 1016, con nota di GIANNATTASIO, nella quale si auspicava un interv
�ento delle S.U. della Cassazione. Costantemente contraria alla tesi della 
sentenza. annotata � la giurisprudenza della Commissione Centrale delle 
imposte, la quale ha ritenuto applicabile l'imposta di costituzione in tutti 
i casi di trasformazione di societ� irregolari e di fatto in societ� regolari: 
cfr. le decisioni citate in nota a Cass., 25 maggio 1966, n. 1347, in 
Foro it., 1967, p. 607, ma in senso contrario ora Comm. Centr., 24 aprile 

1969, n. 3431, 6966, in Comm. Centr. imp., 1969, I, 410; Comm. Centr., 7 luglio 
1967 ,n. 43803, in Rep. foro it., 1968, voce Registro, n. 266). 

Peraltro, la giurisprudenza della Cassazione � costante nel senso della 
ammissibilit� della 'trasformazione di una societ� di fatto o irregolare in 
una societ� avente personalit� giuridica (cfr. Cass., 26 luglio 1968, n. 2708, 
in questa Rassegna, 1969, I, 88, con nota di FAVARA; Cass., 3 luglio 1967, 

n. 827, in Foro it., 1967, I, 1215, con nota di RoVELLI; Cass., 11 giugno 1968, 
n. 1849, in Riv. leg. fi,sc., 1969, 135; Cass., 25 maggio 1966, n. 1340, in questa 
Rassegna, 1966, I, 1301, con nota di Pagano; Cass., 18 maggio 1967, n. 1070; 
Cass., 16 febbraio 1966, n. 482, in Mass. Foro it., 1966, p. 159; Cass., 18 ottobre 
1966, n. 2502, in Riv. leg. fi,sc., 1967, p. 255; Cass., 25 maggio 1966, 
n. 1347, in questa Rassegna, 1967, 120 e in Foro it., 1967, p. 607, con nota 
redazionale), ed ora ha esteso tale principio, con l'annotata sentenza, anche 
alla trasformazione di una societ� di fatto in una societ� di persone (nella 
specie in accomandita semplice) affermando che anche tale tipo di trasformazione 
si deve ritenere previsto e regolato dall'art. 2498 e.e. 
Ne deriva che la c.d. regolarizzazione della societ� di fatto la quale 
assuma la for,ma di una delle societ� tipiche del codice civile non comporta 

m!fffifil;&�&011mr12J.Xmrt�t�wI1�wtWITf&tffitt1F&�mrm:�&t&W1tffifv~��&r~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 607 

one � consentita soltanto tra societ� costituite secondo le norme 


il quale non prevede e non disciplina la societ� di fatto, esprese 
designa soltanto un insieme di rapporto al quale il nostro 
~nto giuridico, che determina i tipi legali delle societ�, non 
~ natura societaria. 
LOtivo non � fondato. 
mdo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la disposizione 


a nell'art. 2498 cod. civ., relativa alla trasformazione di societ� 
1e in societ� di capitali, si applica sia alla societ� in nome colon 
regolarmente costituita che si trasforma in societ� di capi


t. n. 1268 del 1958, sent. n. 2502 del 1966 e sent. n. 827 del 
:i alla societ� di fatto che si trasforma in societ� a responsabilit� 
ne della prima societ� e la creazione di un nuovo centro di im! 
di diritti e di obblighi, avendosi soltanto la continuazione della 
mciet� la quale, in una nuova veste, resta titolare dei rapporti 

patrimoniali da essa costituiti prima della trasformazione. 
biezione che la trasformazione presuppone una societ� regolar1stituita 
mentre la societ� di fatto non � prevista dalla legge, la 
le risponde richiamando gli artt. 2297 e 2317 e.e. secondo i quali 
~t� che non � iscritta nel registro delle imprese si estendono le 
mi relative alla societ� semplice nei rapporti con i terzi, mentre 
~ggi (art. 4, 1. 17 febbraio 1968, n. 57) hanno espressamente previsto 
� di fatto o irregolari equiparando la c.d. regolarizzazione alla 
tzione regolata dall'art. 2498 e.e. 
esi della Cassazione appare esatta ove si tengano presenti due 
da ritenersi ormai acquisiti nel diritto delle societ�, dei quali il 
mlve in senso positivo il problema dell'ammissibilit� e della riletridica 
nel nostro ordinamento delle c.d. societ� di fatto, da tenere 
wncettualmente distinte dalle societ� irregolari per mancata iscri! 
registro delle imprese, anche se a queste sono accomunate da 

regole giuridiche nei rapporti con i terzi; il secondo riguarda 

di applicazioni dell'art. 2498 e.e. nel senso che la possibilit� della 

1zione in senso tecnico deve essere compresa e limitata entro l'am


a � causa societaria � i cui elementi sono da individuarsi nella 

le dell'art. 2247 e.e. 

missibilit� nel nostro ordinamento giuridico delle c.d. societ� di 

iva dal fatto che nelle societ� organizzate su base personale il 

sociale non � di per s� un contratto formale, e la redazione del


itto nella societ� in nome collettivo o in accomandita semplice 

ta non per esigenze di forma o di prova, ma unicamente quale 

sto della pu}?blicit� legale, per cui, per la costituzione di un rap


societ�, basta che vi sia il conferimento di beni o servizi da parte 

pi� persone per l'esercizio in comune di un'attivit� economica 

dividerne gli utili (art. 2247 e.e.). 

ci� sia realizzato, pu� dirsi che si � realizzata una societ�, mentre 

~ealizzare altri requisiti voluti dalla legge (in genere requisiti for


: aversi una societ� di un dato tipo. 

11 ch� � ormai pacifico in giurisprudenza che ai fini dell'esistenza 

609 

II

:rmazione 

~ 

ta. societ� -ffe. 
lsta obie-

I

quali

r i ]

~tendono, 

~ 

iPOSiziop.i 

i secondo 
principi

~ 

varsi che 
\roJ.azioni 

b. per le 
i. estende 
(rregolari 
tituita in 
provveda 
~ontenuto 


I 

Ua strut


~ 

io il con


% 

t ~ 
~lla legge 

e.e., ma 

! 

~ppresen


! 

:; i 

�

~a societ� 
)n si tra~
cando di 
; un tipo 
itali � un 
29 mag::. 

~te nella 
~n unico 
~ un tipo!r il solo 
!prese, si 
ronti dei 
i rapporti 
il diverso 
loci�t� i;n 
lo per le 
~rtt. 2297, 
~do com..; 
e societ� 

�rispettii:
l societ� 
e. 
ver ideniolare, 
ha 

-


610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che dopo la data di entrata in vigore della legge stessa (cto� quella del 
1965) si regolarizzino mediante atto assoggettato alla registrazione con 
il pagamento delle relative imposte>� (art. 4 comma I), equiparando, 
agli effetti fiscali, la c. d. regolarizzazione delle societ� di fatto ed irregolari 
alla trasformazione della societ� ex art. 2498 c. c. Ben vero che 
questa norma, di carattere innovativo, non � applicabile nel caso in 
esame, essendo entrat� in vigore successivamente all'atto di regolarizzazione 
dell'll febbraio 1960. Tuttavia essa, facendo particolare applicazione 
nel campo tributario di una regola di pi� ampia portata, propria 
del diritto comune, sta ad indicare che il sistema della legge in materia 
di societ� non respinge la possibile trasformazione di una societ� di fatto 
in societ� di persone, conforme ad un modello legale. 

Con il secondo motivo del ricorso la soc. Piazza, nel denunziare, 
in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., la violazione degli artt. 1362 ss. c. c., 

dato adito alla giuirisprudenza prevalente della Commissione Centrale 
che, non ritenendo possibile una trasformazione da una societ� irregolare 
ad una regolare per l'assorbente motivo che la prima non � un dato tipo 
di societ� ma solo una societ� gi� tipica sia pure irregolare, ha ritenuto 
applicabi�e solo l'imposta di costituzione, ove detta imposta non fosse 
stata corrisposta in precedenza, nel caso di regolarizzazione di una societ� 
di fatto in una regolare di p,ersone. (V. R. BRACCINI, in Dir. e pr. trib., 1968, 
II, 908). Ma, se tale tesi pu� ritenersi esatta per la regolarizzazione di una 
societ�, di persone irregolare che si iscriva nel registro deUe societ�, perch� 
tale atto non implica trasformazione, ove la c.d. r,egolarizzazione avvenga 
per una societ� di fatto, l'atto implica una trasformazione strutturale e 
formale dell'organismo sociale. 

Infatti la trasformazione prevista dall'art. 2498 e.e. implica un mu-� 
tamento di struttura della societ� che assume una forma diversa corrispondente 
ad un diverso tipo sociale senza perdere la sua individualit�. 
La legge prevede, attraverso la modifica del contratto sociale e ove esista 
dell'atto costitutivo, che una societ� muti la sua forma senza che essa per� 
diventi un'altra societ�, in modo che prosegua la sua esistenza come organismo 
economico-giuridico senza soluzione di continuit�, mutata solo nella 
forma. 

Ci� � possibile anche per la societ� di fatto perch� essa partecipa della 
� causa societaria �. Infatti la trasformabilit� nel nostro ordinamento opera 
solo nell'ambito della causa sociale e del tipo contrattuale di societ� poich�, �~ 

.�� 
fermi restando i caratteri costanti della causa sociale previsti nell'art. 2247 

e.e. per tutti i tipi di societ�, vengono ad essere mutati i c.d. elementi 
variabili della causa come ad es.: la responsabilit� dei soci, la partecipazione 
dei soci all'amministrazione, l'acquisto della personalit� giuridica, �') 
l'autonomia patrimoniale (v. SIMONETTO, Trasformazione e fusione delle 
societ�, in Comm. Scialoia e Branca, pp. 34). 
E proprio perch� la legge (art. 2437 e.e.) indica la trasformazione come 
una delle modifiche, sia pure gravi, dell'atto costitutivo, la volont� dei soci 
di trasformare la societ� � incompatibile con la volont� di estinguere la 
medesima, creandone un'altra di tipo diverso. 

Esattamente la Cl:!ssazione ha ritenuto che, ammessa in via generale la 

:: 

ffil?~~�-Rrfrf&ift-Thf@I&triffili&r��*Z*ifm&filfilii&irim;w&r&i}.:i{i}.:=:&==='4 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 611 

lamenta che la Corte del merito, esaminando il contenuto negoziale dell'atto 
pubblico 11 febbraio 1960, sia incorsa nella violazione delle norme 
di legge sulla interpretazione dei contratti. In particolare, sostiene la 
ricorrente che il giudice d'appello, malgrado il chiaro tenore delle clausole 
inserite nell'atto, abbia erroneamente inteso la volont� delle parti 
nel senso della trasformazione della societ� di fatto, senza la sua contestuale 
estinzione, mentre tale volont� -a dire della ricorrente -era 
univocamente diretta ad estinguere la societ� di fatto ed a conferire i 
beni patrimoniali di questa nella societ� in accomandita semplice, costituita 
�ex noyo � con l'atto di regolarizzazione sopra indicato. 

La censura non si ravvisa fondata. 

Premesso che � insindacabile in sede di legittimit� l'accertamento 
del giudice di merito secondo cui una societ� commerciale � la trasformazione 
di altra gi� esistente e non gi� una societ� nuova, con estinzione 
di quella precedente (Cass. 15 febbraio 1958, n. 504), rilevasi che la 

trasformabilit� di� una societ� di fatto in una di persone .regolare, tale 
questione in concreto sia da risolvere in base all'interpretazione delle 
clausole contenute nell'atto modificativo. Infatti lo stesso risultato economico 
giuridico si pu� raggiungere sia attraverso la modificazione della struttura 
sociale in una di diverso tipo, che con l'estinzione della precedente 
societ� e la creazione di una nuova di tipo diverso. Ma ove tutti gli elementi 
essenziali della societ� precedente non risultino mutati dall'atto 
deliberativo di trasformazione, n� la societ� suddetta sia stata posta in 
liquidazione effettiva, e non solo formale, di modo che tutti i rapporti con 
i terzi e con i soci non siano stati definiti, � evidente che non potr� mai 
parlarsi di estinzione del vecchio organismo, e creazione del nuovo, ma 
solo di trasformazione della sua forma in altra di tipo diverso con continuazione 
della sua esistenza. 

Seguendo un costante orientamento giurisprudenziale la sentenza annotata 
ribadisce che per aversi estinzione di una societ� non solo debbono 
mutare i suoi elementi strutturali (ma � dubbio che il mutamento di 
alcuni degli elementi strutturali, ad es. dell'oggetto sociale, possa comportare 
l'estinzione), ma la societ� deve aver definiti i rapporti giuridici 
con i terzi e con i soci, rapporti che ad essa facevano capo (art. 2456 e.e., 
Cass. 30 aprile 1969, n. 1396), attraverso la procedura della liquidazione che 
per la societ� regolare termina con la concellazione della societ� dal registro 
delle imprese. Ove invece non solo non avviene tale liquidazione, ma i 
soci prevedono nell'atto deliberativo che la nuova societ� subentri in tutti 
i diritti e gli obblighi della precedente, non vi pu� essere dubbio che si � 
di fronte ad un atto di trasformazione di struttura e non ad un atto estintivo 
della societ�, con esclusione di una successione tra gli enti. � 

Gli aspetti privatistici sopra delineati in via generale sulla trasformazione 
delle societ�, danno conto dell'esattezza della terza massima della 
sentenza in esame, poich� la tassazione dell'atto modificativo con l'imposta 
pi� farevole sulle trasformazioni sociali (art. 83 tariffa allegato A alla 
legge di registro), ma anche, ove si tratti di societ� di fatto non precedentemente 
tassata, con la c.d. tassa di enunciazione, � diretta conseguenza 
della considerazione che con l'atto modificativo non si � verificata 


612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sentenza impugnata ha ampiamente� motivato, senza incorrere in errori 
logico-giuridici, in ordine alla esclusione della prospettata estinzione 
della 'societ� di fatto. Invero, la Corte del merito, dopo aver rilevato che 
la manifestata volont� delle parti, di regolarizzare la societ�, facendole 

assumere una veste c�nforme ad un tipo legale, era� incompatibile con 
la volont� di estinguere la societ� medesima, si � data carico di sottolineare 
che l'identit� soggettiva dei soci, quella oggettiva dei beni patrimoniali 
e l'immutata destinazione di questi nell'ambito di un medesimo 
oggetto sodale dimostravano la ininterrotta continuit� tra i due enti 
societari. Ed ha appropriatamente aggiunto che il subingres�so di una 
societ� in tutti i diritti e gli obblighi che facevano capo ad altra costituiva 
sicuro indice della volont� dei soci, diretta a trasformare l'originaria 
societ�, _in quanto la fattispecie concreta risultante dall'atto di regolarizzazione 
ben poteva essere ricondotta nella previs\one di cui all'articolo 
2498 cod. civ. La Cor>te d'appello ha anche correttamente dimostrato 
che alla clausola n. 7 dell'atto di regolarizzazione, relativa al dichiarato 
intento dei soci di estinguere la societ� di fatto -clausola 'sulla quale, 
anche in questo giudizio fa in particolar modo ~eva la difesa della ricorrente 
'-non poteva attribuirsi quel valore riconosciutole dal Tribunale, 
osservando, anzitutto, che detta clausola era in contrasto con la volont� 

l'estinzione del precedente ente sia pure di fatto, ma la sua trasformazione 
in un altro ente societario di tipo diverso. 

� noto che l'art. 62 della legge di registro richiede per la tassabilit� 
delle �onvenzioni verbali enunciate in un atto scritto che queste, oltre alla 
enunciazione in un atto soggetto a registrazione, siano in connessione 
diretta con l'atto enunciante, e che non siano gi� estinte o si estinguano 
con l'atto che contiene l'enunciazione. Oltre questi requisiti la giurisprudenza 
costantemente richiede che l'enunciazione contenga tutti gli elementi 
per individuare la natura e il contenuto della convenzione verbale enunciata 
e che l'atto enunciante sia stipulato dalle medesime persone tra le 
quali � intervenuta la convenzione verbale, (v. Cass., 25 maggio 1966, 

n. 1340, in questa Rassegna, 1966, p. 1301, con nota critica di PAGANO; Cass., 
8 gennaio 1968, n. 32; Cass. 4 giugno 1968, n. 1682, in Foro it., 1968, I, 2359, 
con nota di richiami). 
Pertanto una volta ammesso che la c.d. regolarizzazione della societ� 
di fatto in un tipo legale di societ� costituisce un semplice mutamento 
della precedente organizzazione e non gi� la creazione di un nuovo ente, 
all'atto deve essere applicato non solo il regime tributario della trasformazione 
della societ� (art. 83 della tariffa allegata A), ma, ove la soci-et� di 
f�tto non abbia scontato la tassa proporzionale di costituzione, deve essere 
sottoposta a quest'ultima perch� enunciata per la prima volta nell'atto 
modificativo, il quale non solo non la estingue, ma si presenta come un 
atto ricognitivo di una situazione di fatto che ha in s� tutti gli elementi 
di una organizzazione economica giuridica societaria sia pure irregolare, 
che lo stesso atto modificativo provvede a regolarizzare. 

M. DIPACE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 613 

�di regolarizzare la societ�, in precedenza manifestata dalle parti, e, in 
secondo luogo, che con essa i soci non potevano realizzare l'estinzione 
della societ� di fatto, �stante la pendenza di debiti e di crediti che a 
questa si ricollegavano, c�me risulta dalla situazione patrimoniale esposta� 
nello stesso atto pubblico dell'll febbraio 1960. Tale rilievo fatto dalla 
Corte del merito � giuridicamente corretto e si uniforma ad un principio 
giurisprudenziale ormai consoli.dato per cui la societ� non si estingue 

. se non si � verificata la liquidazione effettiva, e non soltanto formale, 
di tutti i rapporti giuridici che ad essa facevano .capo (cosi, da ultimo, 
Cass. 30 aprile 19619, n.. 1396). 

Tale considerazione priva di efficacia anche un altro argomento 
svolto dalla ricorrente la quale sostiene che dall'omessa liquidazione 
della societ� di fatto non � possibile dedurre una circostanza impeditiva 
della sua estnzione, sottolineando che, rispetto alle societ� di persone, 
il procedimento formale di liquidazione non � prescritto dalla legge in 
modo assoluto, ma costituisce una .fase facoltativa nella vita di detta 
societ�, �che pu� essere disposta nell'esclusivo interesse dei soci, ma 
questi possono evitarla pervenendo all'eStinzione dell'ente sociale attraverso 
una divisione consensuale. Infatti, tale argomento non �, nella 
spe�ie, rilevante, dato che, come ha incensurabilmente accertato la Corte 
del merito, con valutazione di sua esclusiva competenza, alla data del1'
11 febbraio 1960 erano ancora pendenti rapporti di debito che si riferivano 
alla societ� di fatto, onde, indipendentemente dalla liquidazione 
con .i suoi adempimenti forII).ali, l'estinzione dell'ente societario non 
avrebbe potuto comunque avverarsi, perch� tale evento richiede che 
l'elemento formale corrisponda a quello sostanziale, cio� alla realt� 
giuridica effettiva, secondo il principio giurisprudenziale pi� volte affermato, 
che � stato sopra richiamato. 

Con il terzo motivo la societ� ricorrente, denunziando .la vi6lazione 
dell'art. 62 �comma 3, della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269), in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Corte del 
merito non abbia ritenuto esente dall'imposta di registro l'enunciata 
costituzione della societ�. di fatto, sebbene la convenzione a questa relativa 
si estinguesse con l'atto di regolarizzazione dell'll febbraio 1960 
che ne conteneva l'enunciazione. Sostiene, pertanto, la societ� ricorrente 
che la Corte d'appello ha malamente ritenuto non applicabile l'esenzione 
dall'imposta prevista nel citato art. 62 n. 3. 
Anche questo motivo di ricorso non � fondato. 

Nel sistema della legge di registro, se una convenzione verbale � 
enunciata in un atto scritto, resta soggetta anch'essa all'imposta (c.d. 
tassa di enunciazione) quando presenti una diretta connessione con il 
contenuto dell'atto enunciante. Questa disposizione -che, come � noto, 
trae il suo fondamento da un principio gi� espressamente formulato nel 
codice civile del 1865 (art. 1318), secondo cui l'atto scritto fornisce la 


614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prova anche della convenzione verbale in esso enunciata -non � 
applicabile allorquando quest'ultima sia gi� estinta o si estingua per 
effetto dell'atto stesso che la enuncia (art. 62, comma 3, legge organica 
di registro). 

Ora, nel caso di ispecie, la censura contenuta nel mezzo che si esamina 
muove dal presupposto che per effetto dell'atto di regolarizzazione 
dell'll febbraio 1960 si sia verificata l'immediata estinzione della societ� 
di fatto. Tale presupposto, per�, non � esatto per i motivi svolti nell'esame 
del secondo mezzo. Invero, senza ripetere le considerazioni di 
cui sopra, � sufficiente osservare che l'esenzione prevista dal citato art. 62 

n. 3 postula la estinzione della convenzione relativa alla societ� di fatto, 
mentre tale evento �, nella specie, escluso non solo dal contenuto nego-, 
ziale dell'atto di regolarizzazione, secondo l'interpretaz.ione datane dalla 
Corte del merito, con motivazione adeguata ed immune da errori logicogiuridici, 
ma anche dalla circostanza, pure incensurabilmente accertata 
in sede di merito, secondo cui alla data dell'll febbraio 1960 erano 
pendenti rapporti di debito della societ�, circostanza che ostava al verificarsi 
dell'estinzione della societ� medesima, come � stato in precedenza 
chiarito. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 243 -Pres. Pece Est. 
Boselli -P. M. Cutrupia (conf.). Grassi e Timpanaro (avv. Famiani) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in genere -Riscossione -Ingiunzione fiscale -RequisitiNecessit� 
della menzione della causa del credito -Limiti. 
(legge 14 luglio 1866, n. 3121; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 144, secondo 
comma; istr. min. 10 settembre 1866, art. 86). 

Imposta di registro -Benefici fiscali legge regionale siciliana n. 11 
del 1954 -Fallimento dell'acquirente e trasferimento dell'area 
edificabile agli assuntori del concordato -Decadenza dai benefici 
fiscali -Obbligazione degli assuntori per le imposte normali 
-Sussiste. 

(1. reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 artt. 2, 9; 1. reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37. 
art. 1; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 135. 184). 
Elemento essenziale delt'ingiunzione fiscale, quale atto amministrativo 
col quale l'ente pubblico accerta un proprio credito e comanda al 
debitore di soddisfarlo, � la indicazione della causa del credito la quaie 
pone il contribuente in grado di stabilire se quanto gli viene richiesto 
sia dovuto. A soddisfare tale esigenza formale sono idonee anche le for




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 

mule sintetiche adottate dagli uffici impositori purch� sufficienti a rendere 
noto all'intimato il presupposto di fatto e di diritto dell'ordine amministrativo 
(nel caso di specie si sono riteniite idonee a soddisfare la menzione 
della causa creditoria l'indicazione nell'ingiunzione del negozio 
che si intendeva in concreto perseguire e �ei soggetti che l'avevano 
stipulato) (1). 

Nel caso di trasferimento di un'area edificabile, il cui acquisto aveva 
goduto di agevolazioni fiscali (nella spede quelle pre�viste dall'articolo 
2 della legge regionale siciLiana n. 11 del 28 aprile 1954), dalL'acquirente 
fallito agli assuntori del fallim�nto per concordato, quest'ultimi 
sono tenuti al pagamento delle imposte normali, in quanto la decadenza 
dalle agevolazioni fiscali concesse sul primo atto, deve farsi risalire ad 
epoca anteriore al concordato, essendo il fallimento dell'acquirente valso 
ad occertare come il fallito versasse di gi� in condizioni da non poter 
adempiere a nessuna delle condizioni cui era subordinato il godimento 
delle agevolazioni fiscali concesse (2). 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso -denunziando violazioni: 
dell'art. 144, comma secondo, della ,legge 30 dicembre 19'23, 

n. 3269 -i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere respinto 
l'eccezione di nullit� della ingiunzione fiscale loro intimata, affermando 
apoditticamente che la stessa non conteneva una precisa indica1


zione d�~lla causale del tributo, laddove -essendosi con l'atto not. Pellizzi 
del 4 aprile 1956 (cui l'imposta aveva riferimento) operati da parte 
dei <:ignori Bonaiuto due distinti trasferimenti di aree fabbricabili, l'uno 
a favore del Costa�nzo e l'altro a favore dei germani Caviezel -il 
rich;amo contenuto nell'in~iunzione a tale atto rendeva lecito il dubbio 

(1) La prima massima conferma l'ormai pacifico orientamento giurisprudenziale 
secondo cui, essendo l'ingiunzione fiscale un atto amministrativo, 
elemento essenziale dell'atto bench� non espressamente previsto dall'art. 
144 l.r. deve ritenersi la motivazione, la quale pu� essere succinta, 
purch� sia idonea a far conoscere la norma giuridica o il fatto su cui il 
provvedimento si fonda. Nell'ingiunzione fiscale la motivazione si traduce 
nella pura e semplice indicazione della causa del credito che, come ha 
precisato la sentenza annotata, pu� desumersi dall'indicaziOne dei soggetti 
passivi e del negozio cui l'imposta si riferisce. 
Sulla natura giuridica dell'ingiunzione fiscale e sul giudizio di opposizione; 
v. Cass., Sez. Un., 9 ottobre 1967, n. 2339, in questa Rassegna, 1968, 

p. 90 ss., con ampia nota di DI TARSIA e richiami di dottriri.a e giurisprudenza 
specie in nota n. 1; nonch� Cass., 9 maggio 1969, n. 1581, ivi, 1969, 
I, 527, con nota di BAFILE; Cass., 23 gennaio 1969, n. 196, ivi, 1969, p. 499, 
con nota di VITALIANI; e Cass., 23 luglio 1969, n. 2775, ivi, 1969, I, 917, con 
nota di BAFILE. 
Sulla idoneit� delle formule sintetiche contenute di solito nelle ingiunzioni 
fiscali, purch� sufficienti ad individuare l'ammontare del debito 
d'imposta e la causa di esso, ad evitare la nullit� dell'ingiunzione,-v. Cass., 


616 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

SE.: l'Ufhcio intendesse �richiedere le somme nascenti dalla decadenza 
del ;.apporto .Bonaiuto-Costanzo oppure quelle nascenti dalla decadenza 
dd rapporto Bonaiuto-Caviezel �. 

Il motivo � infondato. 

�L'ingiunzione -recita il secondo comma dell'art. 144 Legge di 

Registro -consiste ne~l'ordine emesso dal componente Ufficio del Registro 
di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, le 
tasse e sopratasse e le pene pecuniarie dall'Ufficio stesso indicate�. 

Sebbene non espressamente richiesta dalla legge, dottrina e giurii.
prudenza hanno ritenuto ugualmente conforme alla volont� del legislatore 
(desumibile dall'art. 86 delle istruzioni ministeriali del 10 settembre 
1866 impartite per l'esecuzione della Legge di Registro 14 luglio 
18fi6, n. 3121 e del relativo Regolamento), non meno che alla intrinseca 
natura della ingiunzione, quale atto amministrativo col quale l'ente 
?UbblLo accerta un proprio credito di denaro e comanda al debitore di 
soddisfarfo, e comunque rispo"ldente a criteri di logica e giustizia, che 
�lemcni.o essenziale dell'atto sia la indicazione della � causa del credito
�, dovendo il contrtbuente -di fronte ad un ordine siffatto essere 
:nesso in condizione di conoscere con la necessaria precisione non @ 
solo l'ammont�\re del tributo ma anche la causale del debito, all'effetto :? . 
di .s1ab:1ire se quanto gli viene richiesto sia effettivamente dovuto. 

p .
I

~:}

In relazione, peraltro, alla funzione specifica di una tale indicazione, 
dottrina e giurisprudenza hanr.o ritenuto che, a soddisfare l'esigenza 
formale era accennata, pos:;;ano ritenersi idonee anche le formule sintetiche 
usualmente adottate dagli Uffici impositori, purch� sufficienti a 
rendere noto all'intimato il presupposto di diritto e di fatto dell'ordine 

t

amministrativo. 

.:.-...;

-,~fil

.:.. 

I 
I 
-~ 

3 luglio 1968, n. 2214, in Riv. leg. fisc., 1969, p. 229; Comm. Centr., Sez. IX, 
12 dicembre 1967, n. 46983, ivi, 1968, p. 1073; Comm. Centr., 28 ottobre ru 
1964, n. 14123, in Rep. foro it., 1966 (voce Registro n. 660), nonch� Cass., 
9 maggio 1956, n. 1520, in cui per la prima volta si afferm� che l'omissione 
dell'esplicita menzione della causa del debito non produce la nullit� della 
ingiunzione fiscal�, qualora detta causa fosse facilmente desumibile dal 
complesso degli elementi indicati nell'atto stesso, facendo applicazione dei 

II

principi generali in tema di sanatoria della nullit� dell'atto per raggiungimento 
dello scopo cui �esso mirava. 

(2) La seconda massima, indubbiamente esatta nella conclusione del 
riconoscimento dell'avvenuta decadenza dai benefici fiscali previsti dalla 
Il 

legge regionale siciliana n. 11 del 1_954 nel caso di trasferimento. dell'area 

. 

edificabile agli assuntori per concordato del fallimento, lascia perplessi 

!I

nella motivazione ov� afferma che il trasferimento dell'area attuato merc� 
il concordato agli assuntori del fallimento non implica decadenza del fal~
jj~~ 
lito dai benefici fiscali in questione. 1:~:~ 

Sembra esatto invece proprio il contrario, perch� essendo pacifico che 
con il passaggio in giudicato della sentenza omologativa del concordato 

I~ 

�r.:.:: 

li!], 

I 

J
J
'll 
' 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 617 

I

I

Ci� ~.,osto, non pan.: che ad un tal precetto non siasi ottemperato 

fil 

t

nella specie sol perch� il rogito not. Pellizzi del 4 aprile rn56, indicato 

&

r: 
come pre<>upposto di fatto della pretesa tributaria, era astrattamente 
iu.oneo ad ingenerare equivoco mlla persona dell'obbligato avendo a suo fil 

i~

..:ontenuto rion solo il trasferimento a favore del Costanzo (che si intenf;
f; 
deva eoncretam1mte coi.pire) :na anche quello a favore dei germani 
Cc:.viezel. Infatti, ad elimillare ogni possibilit� di dubbio in proposito, 


I

era pi� che sufficiente;, fra �e o.ltre indicazioni, quella relativa appunto 
ai soggetti (Costanzo, Grassi e Timpanaro) del negozio che si intendeva 
concretamente perseguire. 

I

E la riprova pi� evidente della insussistenza della denunziata equivocit� 
sta nel fatto che a proporre opposizione alla ingiunzione sono stati 
precisamente il Grassi ed il Timpanaro, ossia proprio coloro cui l'Amministrazione 
finanziaria intendeva rivolgere l'ordine di pagamento. 

Col secondo motivo i ricorrenti denunziano falsa applicazione dell'art. 
135 legge fallimentare (con riferimento agli artt. 2 e 9 della Legge 
regionale siciliana 28 aprile 1954, n. 11, richiamat� dall'art. 1 della Legge 
regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37). 

Muovendo dalla duplice premessa: 

a) che il fallito Rosario Costanzo sarebbe decaduto dal beneficio 
fiscale di cui aveva fruito l'atto not. Pellizzi 4 aprile 1956, a sensi dell'art. 
2 della Legge regionale siciliana n. 11 del 1954, per effetto di un 
evento (il ritrasferimento' ad essi assuntori dell'area acquistata con l'atto 
medesimo) distinto e comunque successivo alla apertura del fallil~1ento 
(6 ottobre 1958); 

si attua il trasferimento dei beni del fallito, acquisiti al fallimento, agli 
assuntori del concordato quale corrispettivo dell'accollo dei debiti del fallito 
da parte degli stessi,, nel caso in esame si verificherebbe la decadenza 
dalle agevolazioni fiscali di cui godeva il primo acquisto dell'ar.ea per la 
rivendita della stessa senza che siano state effettuate le costruzioni delle 
abitazioni non di lusso, dal primo acquirente, alla quale obbligazione il 
beneficio era vincolato. 

L'obiezione degli assuntori, i quali peraltro accettano la tesi della 
decad�nza per trasferimento dell'area in seguito al concordato, secondo 
cui, essendo la decadenza in questione verificatasi dopo il fallimento, il 
debito d'imposta doveva considerarsi sorto in epoca successiva all'apertura 
del fallimento e perci� al di fuori di quelli che essi si erano accollati, era 
facilmente superabile dall'ormai pacifico principio che nel caso in cui un 
atto goda di benefici fiscali vincolati al verificarsi di eventi futuri, il rapporto 
che si instaura con la concessione in via provvisoria dei benefici a 
percepire le normali imposte � sotto condizione, essendo la sua efficacia 
subordinata al non adempimento da parte dell'acquirente dell'obbligazione 
cui � vincolato il beneficio (es. quella di costruire). Da ci� la natura complementare 
dell'imposta in caso di decadenza dalle agevolazioni per rivendita 
dell'area e la conseguenza logica che il credito delle finanze a per



618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

b) e che, in caso di decadenza del contribuente da consimili benefici 
fiscali, il diritto della Finanza a percepire l'imposta non sorge alla 
data della registrazione dell'atto bens� successivamente, a seguito del 
verificarsi della decadenza, il Grassi ed il Timpanaro assumono che 
-contrariamente a quanto affermato dalla Corte del merito -essi 
non potevano essere tenuti a corrispondere l'imposta loro richiesta con 
l'impugnata ingiunzione, dato che un tal debito, dovendosi --per le 
ragioni ora riferite -considerare sorto in epoca successiva alla apertura 
del fallimento, non poteva farsi rientrare nel novero di quelli che essi si 
erano.accollati col concordato del 14 aprile 1961. 

Il motivo deve essere respinto per la palese inesattezza della premessa 
(sub a) che ne costituisce il principale fondamento. 

Senza bisogno, invero, di riesaminare in questa sede il delicato problema 
relativo al momento in cui sorge il debito d'imposta ai fini della 
applicazione dell'art. 184 legge fallimentare, nonch� della nozione di 
� creditori anteriori al concordato � in essa contenuta, allorquando 
-come nella specie -la pretesa tributaria pu� esseve fatta valere solo 
per effetto di decadenza da benefici fiscali, non pu� non reputarsi assorbente 
e decisiva, al fine di respingere l'assunto dei ricorrenti (secondo 
cui la decadenza in questione si sarebbe verificata successivamente alla 
data di apertura del fallimento), la considerazione -peraltro posta bene 
in evidenza dalla sentenza impugnata -che il trasferimento dell'area 
attuato merc� il concordato, lungi dal determinare di per s� la decadenza 
del fallito dal beneficio fiscale, aveva al contrario posto in evidenza 
come una tale decadenza dovesse farsi risalire ad epoca sicuramente 
anteriore al concordato, essendo valso ad accertare, in modo incontrovertibile, 
come il fallito versasse di gi� in condizioni da non poter adem


cepire l'imposta normale sorge al momento della registrazione dell'atto, 
bench� non sia esigibile, perch� sottoposto. a condizione del mancato adempimento 
dell'obbligazione di costruire (v. Cass., S.U., 27 giugno 1969, n. 2311, 
in questa Rassegna, 1969, p. 567 che fa il punto, in motivazione, della questione 
esaminata). Pertanto sarebbe apparso evidente che la decadenza dalle 
agevolazioni fiscali previste dalla legge regionale siciliana in questione, di 
cui godeva l'acquisto dell'area da parte del fallito, per il trasferimento 
agli assuntori del fallimento, avendo fatto venir meno la sospensione del 
pagamento della residua imposta normale, aveva fatto sorgere un debito 
sicuramente anteriore al concordato che rientrava tra quelli che gli �assuntori 
si ~rano accollati. 

(Sulla natura giuridica dell'assuntore, del fallimento per concordato e 
degli effetti inerenti ai beni fallimentari, v. PROVINCIALI, Manuale di diritto 
fallimentare, vol. Il, par. 618 ss.; DI SABATO, L'assuntore del concordato 
fallimentare, Napoli, 1960; nonch� da ultimo Cass., 6 giugno 1969, 

n. 1975, in Giust. civ., 1969, I, 1644; Cass., 11 maggio 1968, n. 1443, in 
Giur. 'it., 1969, I, 1, 739). 
M. DI PACE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPJ;tUDENZA TRIBUTARIA 619 

re ad alcuna delle obbligazioni e condizioni cui era subordinato il 
limento delle agevolazioni concesse della citata Legge regionale siciDe 
per 
!la (art. 9 della legge n. 11 del 1954). le deci-

Talch� non poteva dubitarsi che l'imposta in questione, costituendo 
:i delle ragioni creditorie che erano rese esigibili per effetto stesso del ~ delle 
Limento, rientrasse nel novero di quei debiti � ... anche se non insinua!
raluta> 
non ancora ammessi, verso banche, istituti previdenziali, enti pub7 
ago-
ci in genere ed uffici tributari, etc.... � di cui il Grassi ed il Timpanaro 
~rano, col concordato del 14 aprile 1961, accollato il pagamento. 

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed i ricorrenti vanno con~
ifetto 
:uentemente condannati alla perdita del deposito ed alle spese del ~gosto 
~sente giudizio di cassazione. -(Omissis). tuenti 

~Iuta


,, 

'que-

I 

~beni 

::� ' 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 marzo 1970, n. 82'4 -Pres. Flore Est. 
Geri -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato bunSoprano) 
c. Biscardi. '1a1e, 

!di:fi,
poste e tasse in genere -Commissioni tributarie -Controversie 

954, 
di valutazione e controversie di diritto -Controversia sulla natura 

~ssa 

agricola o edificatoria di un terreno -� controversia di valutazione 
-Controversia sull'applicabilit� delle leggi n. 1044 del 1954 


pe, 

e n. 1706 del 1962 -� controversia di diritto. 

~io. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 28, 29, 30; legge 20 ottobre 1954, n. 1044; 
lor


legge 22 novembre 1962, n. 1706). 
i:>la 


L'accertamento della. natura di un fondo, ai fini di stabilirne l'edifi~
tta 
>ilit� o la rusticit�, si risolve in una questione di fatto, nella quale va !za 
~uto conto, caso per caso, dello stato dei terreni, in base aLla loro 
tura e caratteristiche unitamente a quelle della zona circostante, per iu:
lurne se abbiano una effettiva e stabile destinazione agricola, oppure !e1 
no utilizzabili, all'epoca del loro trasferimento, come m;ee edifi:
te 
;orie in relazione al fenomeno d.i espansione edilizia, alla loro ubica~
a 
'ne ed accessibilit�, all'esistenza in atto o in fieri di servizi pubblici 
tispensabili, di strade, fognature, acquedotti, condotture elettriche, alloro 
inclusione o meno nei piani regolatori, alla prossimit� di centri 
ltati pi� o meno importanti o di facile raggiungimento e cos� via. � 
'ece controversia di diritto, devoluta in primo grado alla Commissione 
>vinciale -sezione di diritto -e in secondo grado alla Commissione 
itmle, quella relativa alla interpretazione ed applicazione concreta 
ile leggi n. 1044 del 1954 e n. 1706 del 1962 (1). 

(1-3) Sulle prime due massime la giurisprudenza � ormai del tutto 
~ifica sia sul punto che la questione sulla natura agricola o edificatoria 


622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quale va tenuto conto, caso per caso, dello stato dei terreni, in base alla 
loro natura e caratt.eristiche unitamente a quelle della zona circostante, 
per dedurne se abbiano una effettiva e stabile destinazione agricola 
oppure siano invece utilizzabili, �ll'epoca del loro trasferimento, come 
aree edificatorie in relazione al fenomeno di espansione edilizia, alla 
loro ubicazione ed accessibilit�, all'esistenza in atto o �in fieri� di 
servizi pubblici indispensabili, di strade, fognature, acquedotti, condotture 
elettriche, alla loro inclusione o meno nei piani regolatori, alla 
prossimit� di centri abitati pi� o meno importanti� o di facile raggiungimento 
e cos� via. 

Si tratta insomma di un complesso di elementi, requisiti e fattori 
caratterizzanti, affidati al prudente apprezzamento del giudice al di fuori 
di ogni operazione di carattere giuridico, tenuto conto che la legge, nel 
riferirsi ai terreni, non offre alcuna definizione giuridica predeterminata 
della loro natura. 

Questo primo motivo � tuttavia fondata in ordine al dispositivo ed 
a quella parte della motivazione, che prescrivono una valutazione del 
fondo, una volta qualificatolo agricolo, con .i coefficienti automatici. 

� noto che l'applicabilit� del sistema estimativo tabellare, di cui 
alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, dei terreni rustici, si verifica ai sensi 
della legge 22 novembre 1962, n. 1706 quando nell'atto soggetto a registrazione 
non sia stato dichiarato alcun valore ed indipendentemente 
dall'indicazione del prezzo contrattuale e qualora non sia stato espressamente 
dichiarato che i fondi hanno un valore inferiore a quello risultante 
dalle tabelle. 

Escluso che la denunziata decisione abbia fatto riferimento ai �coefficienti 
automatici� al fine, meramente strumentale, di stabilire quale 
avrebbe dovuto essere il criterio valutativo del fondo, cio� se quello 
proprio del cosiddetto giudizio di congruit� (art. 30 legge organica di 
registro) o quello tabellare medesimo, ma abbia viceversa voluto prescrivere 
� finalisticamente � il solo criterio tabellare, come si evince 
agevolmente dal senso della breve motivazione sul punto, devesi ricono


quella della giurisdizione ordinaria e che la Commissione Centrale avesse 
una funzione analoga alla Corte di Cassazione e fosse dotata di un generale 
potere di sindacato di legittimit� su tutte le Commissioni di merito; ci� 
poteva significare che ogni organo di giurisdizione speciale fosse a se stante 
anche quando esista per alcuni di essi una subordinazione per gradi, analogamente 
e quanto si affermava per la Giunta provinciale amministrativa 
in sede giurisdizionale ed il Consiglio di Stato. Ed una riprova di ci� si 
poteva vedere nel fatto che le decisioni involgenti questioni di difetto di 
potere delle Commissioni venivano adottate a Sezioni Unite. 

Nel tempo pi� recente, per�, pur essendo rimasto prevalente l'uso di 
devolvere, senza un'espressa motivazione, alle Sezioni Unite le dette que




, , 
.� ..:-: 

~ �

��---�.�� 
PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 623 

scere che una siffatta prescrizione si risolve in un giudizio di valore 
cio� in una operazione giuridica direttamente rivolta alla applicazione 
della legge e quindi esclusa dalla comp~tenza della Sezione estimativa. 

Infatti, giusta il gi� accennato tenore della legge 22 novembre 1962, �: 

n. 1706, non basta, ai fini dell'applicazione dei coefficienti tabellari, che 
il terreno sia considerato agricolo, ma occorre un'ulteriore attivit� di 
carattere esegetico ed accertativo per stabilire i limiti di applicazione 
della predetta legge. 
Sorgono cio�, anche in presenza di fondi rustici, una serie di probiemi, 
i quali postulano uria certa soluzione, prima di poter ricorrere al 
sistema tabell:�:e di valutazione. 

� necessario ad esempio individuare il significato e la portata del 
prezzo indicato nell'atto, esaminare� se il contribuente, dichiarandone una 
misura inferiore a quella tabellare, abbia voluta: invocare il giudizio 
di congruit�; determinare le �conseguenze giuridiche della mancata richiesta 
(nei ricorsi alle Commissioni tributarie) di applicazione dei coefficienti; 
stabilire jl rapporto corrente fra prezzo e valore; interpretare 
infine quella parte del precetto legislativo, secondo cui si dovrebbe procedere 
a valutazione tabellare <~ indipendentemente � dalla indicazione, 

nell'atto, di un prezzo contrattuale. 
Non v'.� dubbio che tutte queste operazioni abbiano carattere in tutto 

o in parte giuridico e siano dirette alla applicazione della legge n. 1706 
del 1962 in relazione a quella n. W44 del 1954. Come tali esse sono sottratte 
alla cognizione della Commissione distrettuale e di quella provinciale 
-Sezione estimativa -essendo invece espressamente devolute' in 
primo grado alla Commissione provinciale -Sezione giuridica -ed in 
secondo grado alla Commissione Centrale. 

La denunziata decisione deve perci�, sul punto, essere cassata con -� 
rinvio alla medesima Comm1ssione provinciale, affinch�, sospeso il giudizio 
sulla valutazi�ne, investa la Sezione speciale di diritto delle questioni 
giuridiche sopra indicate circa i limiti di applicabilit� dei coefficienti 
tabellari cio� in definitiva della legge n. 1044 del 1954. 

stioni, non sono mancate pronunce sulla stessa materia �emesse dalla sezione 
semplice; ed anzi proprio la prima Sezione (6 giugno 1967, n. 1241, in questa 
Rassegna, 1967, I, 1046) ha affrontato in modo espresso il problema ed ha 
affermato che la ripartizione delle funzioni delle Commissioni implica una 
questione di competenza funzionale inderogabile ma non di giurisdizione; 

si'.ill� stessa linea si collocano, anche se in modo meno esplicito, le decisioni 
della Sez. I, 6 giugno 1967, n. 1236 (Riv. leg. f�,sc., 1967, 1998) e delle Sez. 
Un. 23 luglio 1969, n. '2780 (ivi, 1970, 183); nello stesso senso anche Comm. 
Centrale 11 gennaio 1967, n. 87440 (ivi, 1967, 1192). Di diverso avviso � 
invece l'altra pronuncia delle Sez. Un. 5 aprile 1966, n. 874 (ivi, 1966, 1164). 
Ora la sentenza che si c_ommenta affronta apertamente il problema e con-
IO 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ri�olto questo problema nella appropriata sede sar� poi ripreso il 
giudizio estimativo davanti al competente organo, che � appunto la 
Commissione provinciale di rinvio. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione 
finanziaria denuncia il difetto di giurisdizione della Commissione Centrale 
per le Imposte a conoscere della controversia in esame, e deduce 
che l'accertare, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, se un 
terreno abbia natura agraria o edificatoria, importando la risoluzione di 
una questione di mera valutazione e non di diritto, spetta, in prima 
istanza, alle Commissioni distrettuali e, in appello, alle Commissioni 
provinciali. 

Il motivo � fondato. 

Queste Sezioni Unite, invero, con le recenti sentenze 1� luglio 1968, 

n. 2207, 1� agosto 1968, n. 2737, 30 settembre 1968, n. 3026 e 10 febbraio 
1969, n. 446, hanno definitivamente risolto la questione -che aveva 
dato luogo a notevoli dubbi e perplessit�, tanto da determinare incertezze 
giurisprudenziali -relativa alla natura della controversia (se di 
diritto o di mera valutazfone) sulla qualificazione, come fondo rustico o 
area edificatoria, di un immobile oggetto di trasferimento tassabile. Con 
le suindicate decisioni, pur rilevando la possibilit� di fattispecie del tutto 
particolari per le quali la soluzione potrebbe essere diversa, in quanto 
la natura del bene trasferito fosse desumibile direttamente dalla legge, 
queste Sezioni Unite hanno decisamente affermato che la qualificazione 
di un fondo come rustico o come area edificatoria, in quanto determinata 
da circostanze di solo fatto, non pu� essere d~finita questione di diritto, 
e deve essere pertanto riservata alle Commissioni di valutazione. 
Da tale principio, la cui esattezza non pu� essere contestata sia per 
l'impossibilit� di ritenere di diritto una controversia per la semplice 
considerazione degli effetti giuridici che dalla sua soluzione derivano 
(applicabilit� o meno della legge n. 1044 del 1954), sia per la concreta 

elude che sono questioni di giurisdizione non solo quelle in cui � si discute 
se la lite debba essere decisa da un giudice ordinario o da un giudice 
speciale, ma anche quella nella qu�le si disputi se una controversia sia devoluta 
alla competenza giurisdizionale dell'uno o dell'altro dei giudici speciali 
�; affermazione questa autorevole e chiara sulla quale si dovrebbe 
pienamente convenire. Ma non si pu� tacere che in altre recentissime decisioni 
si torna ad affermare che ogni questione sulla potest� delle Commissioni 
investe non gi� la giurisdizione ma la competenza (funzionale 
inderogabile). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 625 

natura della controversia diretta a stabilire la categoria di appartenenza 
di un terreno, discende che nella fattispecie la Commissione Centrale, 
affermando che nel giudizio di valutazione dei terreni oggetto del trasferimento, 
dovesse applicarsi il criterio automatico stabilito dalla legge 

n. 1044 del 1954, anzich� il criterio della stima del valore, ha valicato i 
limiti della propria giurisdizione, avendo risolto una questione di mera 
valutazione e non di diritto. 
Come, infatti, pi� volte si � affermato da questa Corte (cfr. da ult. 
sent. n. 2184 del 19 settembre 1967) il sistema della legge (titolo IV del 

r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) � nel senso di devolvere le controversie in 
tema di valutazione alle Commissioni ordinarie distrettuali, in prima 
istanza, e provinciali in appello, composte secondo i criteri di cui agli 
artt. 24 e 25 del decreto n. 1639 del 1936, e,c;;cludendo per tali decisioni, 
emesse, cio�, nel giudizio di valutazione, la possibilit� di impugnativa 
davanti alla Commissione Centrale. 
N� contro l'applicazione dei suesposti principi nel caso di specie 
vale obiettare, come si obietta dai resistenti, che fu la stessa odierna 
ricorrente ad adire la Commissione Centrale giacch�, essendo la determinazione 
della giurisdizione sottratta alla disponibilit� delle parti, � 
del tutto irrilevante che la parte, che prospetta il difetto di giurisdizione 
in sede di Cassazione, abbia essa stessa adito il giudice di cui contesta 
la giurisdizione oppure abbia o meno sollevato la questione nelle pregresse 
fasi del giudizio, dato che il giudice stesso, indipendentemente 
dalle posizioni assunte dalle parti, � tenuto a prendere in esame la 
questione quando, comunque, si prospetti. 

Che, poi, nella specie si tratti di una questione di giurisdizione, e 
non di competenza, non pare che possa dubitarsi, posto che, secondo la 
interpretazione pi� accolta, alle norme dell'attuale codice di rito, in 
materia di giurisdizfone, si deve riconoscere un campo di applicazione 
pi� vasto di quello proprio dei precetti della previgente legge 31 marzo 
1877, n. 3761, per cui si devono considerare ricomprese tra le questioni 
di giurisdizione sottoposte alla disciplina del codice di rito non soltanto 
quelle nelle quali occorra stabilire se la pronuncia richiesta �sia o meno 
riservata alla giurisdizione e quelle nelle quali si discute se una determinata 
lite debba essere decisa dal giudice ordinario o da un giudice 
speciale, ma anche quelle nelle quali si disputi se una controversia sia 
devoluta alla competenza giurisdizionale dell'uno o dell'altro dei giudici 
speciali. 

Il ricorso dell'Amministrazione deve essere, quindi, accolto in relazione 
al primo motivo, restando cos� assorbito il secondo motivo che 
prospetta questioni di merito. L'impugnata decisione va, di conseguenza, 
cassata senza rinvio. -(Omissis). 

I 

I 
~ 

I ~ 

I 


I


i 

1 

I 

I 
( 

l

~ I 

II 



626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez.� I, 3 aprile 1970, n. 878 -Pres. Glannattasio 
-Est. Falletti -P. M. Gentile (conf.) -Santangeli (avv. Brugnoli) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). 
Imposta di registro -Vendita contemporanea della nuda propriet� e 
dell'usufrutto -Imposta di consolidazione a carico del nudo proprietario 
-� dovuta. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 5). 
Quando L'usufruttuario, dimettendosi daL suo diritto d'accordo col 
nudo proprietario, dichiari di trasferirlo ad un terzo, non si dd vita co1S� 

aUa cessione deLL'usufrutto prevista daH'art. 980 e.e., La quale postula il 
permanente collegamento dell'usufrutto con la vita del cedente, ma sorge 
in tal caso, con l'assoluto distacco del diritto daila persona deL cedente, 
una situazione di rinuncia abdicativa che comporta, come conse.guenza 
immediata, La riunione delL'usufnitto con la nuda proprietd neUa persona 
stessa del nudo proprietario. Su questo pertanto deve gravare l'imposta 
di,consolidazione secondo l'art. 93 n. 5 della Legge di registro (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti lamentano che la 
pronuncia impugnata abbia fatto erronea applicazione degli artt. 211, 
86 e 91 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e degli artt. 980, 1014, 1350 
e 2643 e.e. E svolgono nelle seguenti proposizioni le loro censure: a) la 
imposta di consolidazione ha carattere autonomo; il debito relativo sorgf' 
nel momento e in capo a colui che attualmente realizzi la riunione dell'usufrutto 
con la nuda propriet�; non �. quindi un'imposta che gravi q,b 
origine su colui che ha acquistato 1a nuda propriet�, come parte della 
imposta dal medesimo dovuta per il suo acquisto; b) non � vero che il 

(1) Sulla applicabilit� della imposta di consolidazione a carico del 
nudo proprietario nel caso di vendita contemporanea dell'usufrutto e della 
nuda propriet� a favore della stessa persona, la Corte di Cassazione aveva 
gi� avuto modo di pronunciarsi affermativamente con le recenti sentenze 
30 dicembre 1968, n. 4083, in Riv. leg. fisc., 1969, 1178 e 27 aprile 1968, 
n. 1297, ivi, 1968, 2340. Peraltro, con altra sentenza del 26 ottobre 1968, 
n. 3579, in Foro it., 1969, 1, 1943, la stessa Suprema Corte aveva limitato 
tale affermazione al caso in cui debba ritenersi, in base a valide risultanze, 
che l'usufrutto si sia consolidato nella persona del nudo proprietario prima 
della sua alienazione. ~ 
I .
I

Con la sentenza in esame la giurisprudenza inizialmente citata viene 
ora confermata, e di tale conforma non pu�, non darsi atto con soddisfazione, 
essendo del tutto evidente che, nelle ipotesi di vendita contestuale 
dell'usufrutto e della nuda propriet� in favore della stessa persona, l'acquisto 
di entrambi i diritti viene effettuato in considerazione della loro conso


11:j:
lidazione come piena propriet�, onde � questa stessa che costituisce il presupposto 
di detto acquisto. 

I

%

.< 

~~~ 

~~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 627 

consenso alla vendita da parte dell'usufruttuario si traduca nel consenso 
all'estinzione dell'usufrutto, cio� alla sua consolidazione nel nudo proprietario; 
si verificano invece due trasferimenti: uno dell'usufrutto, 
l'altro della nuda propriet�, ed entrambi intercorrono con l'acquirente; 
n� pu� supporsi l'effetto di una rinuncia, perch�, riferendosi a diritti 
immobiliari, es.sa dovrebbe farsi per iscritto e sarebbe soggetta a trascrizione; 
c) l'imposta di consolidamento deve configurarsi come un 
obbligo soggetto non solo a termine ma anche a condizione: il nudo 
proprietario dovr� pagare l'imposta se acquister� il pieno dominio per 
un fatto giuridico non altrimenti assoggettabile a tributo, quale la morte 
dell'usufruttuario, la scadenza del termine finale, la prescrizione. 

Con il secondo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 
132 c.p.c., perch� la Commissione Centrale, richiamandosi al prevalente 
indirizzo della propria giurisprudenza, non avrebbe motivato 
la sua pronuncia. 

Il ricorso non � fondato. Si pu� procedere dal secondo mezzo, la 
cui confutazione vale insieme a dimostrarne l'inconsistenza e ad escludere 
come superflue, progredite oltre i termini obiettivi e specifici della 
decisione impugnata, le tesi critiche svolte dai ricorrenti nel primo 
mezzo, sul principio di questioni inattuali e irrilevanti. 

La Commssione Centrale non si � limitata a richiamare genericamente 
la propria giurisprudenza, ma ha qualificato in senso concreto 
questo argomento, adeguandolo ai rilievi (concisi sia pure ma esaurienti) 
di una fattispecie che presentava nel merito, intrinsecamente e particolarmente, 
le ragioni essenziali della propria soluzione. Invero, dopo il 
rilievo anzidetto, la Commissione ha osservato che �di conseguenza 
anche nella presente fattispecie deve considerarsi avvenuto il consolidamento 
dell'usufrutto in capo al nudo proprietario nel momento in cui 
procedeva alla vendita del suo diritto contestualmente alla vendita del~ 
l'usufrutto da parte del rispettivo titolare, con trasferimento contemporaneo 
alla stessa persona �. � rimasto dunque accertato (ed � ormai 
incontroverso) che nel rapporto de quo gli alienanti effettuarono il trasferimento 
�contemporaneo � e �contestuale � dei rispettivi diritti alla 
medesima persona, la quale pervenne cos� ad acquisire immediatamente 
la piena propriet� dell'immobile compravenduto. Contestualit� dell'atto 
vuol dire -come la Com.missione ha ritenuto -che usufruttuario e 
nudo proprietario si sono accordati affinch� le rispettive ragioni di godimento 
e di dominio passassero insieme all'acquirente, nella confluenza 
strumentale di un unico negozio e neU'o;rnogenea inter-ezza di un unico 
diritto. Se prima e sia pure nell'imminenza della stipulazione sussistevano, 
separati, usufrutto e nuda propriet�; e se poi l'acquirente, per 
effetto appunto del contestuale negozio, ha subito acquistato, originale 
ed autonoma, la propriet� piena dell'immobile (non la nuda propriet� 
e l'usufrutto, sia pure insieme ma ancora distinti e destinati a riunirsi 



628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella coincidenza della sua titolarit�), ci� significa che la riunione � 
avvenuta in un momento anteriore, estinguendosi dunque l'usufrutto 
nella persona dell'alienante, che era nudo proprietario e . ne divenne 
consolidatario. 

A questo punto anche una considerazione d'ordine generale pu� 
infine obiettarsi alle impostazioni critiche dei ricorrenti: che quando 
pure l'usufruttuario, dimettendosi dal suo diritto d'acco'l'do col nudo 
proprietario, dichiari di trasferirlo ad un terzo, non si d� vita cos� alla 
cessione dell'usufrutto prevista dall'art. 980 e.e., la quale postula tuttavia 
il permanente collegamento dell'usufrutto cori. la vita del cedente; ma 
sorge in tal caso, con l'assoluto distacco del diritto dalla persona del 
cedente, una situazione di rinuncia abdicativa che comporta, come conseguenza 
immediata, la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet� 
nella persona stessa del nudo proprietario: su questo pertanto deve 
gravare l'imposta di consolidazione, secondo l'art. 93 n. 5 della legge 
di registro (Cass. 27 aprile 1968, n. 1297). -(Omissis). 

COR'.I'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 907 -Pres. Rossano Est. 
Alibrandi -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Soc. F.A.R.I. (avv. Grenga). 

Imposta di re~istro -Societ� -Rimessione di debiti dei soci verso la 
societ� a scopo di risanamento -Animus donandi -Esclusione Tassabilit� 
come conferimento. 

(r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269, art. 8 cpv.; tariffa all. A, artt. 81 e 85). 
La remissione di debiti dei soci verso La societ�, determirnata al fine 
di riportare la societ� in una situazione economico-finanziaria di normalit� 
e al di fuori di ogni animus donandi, bench� non prevista da u,na 
specifica voce delLa tariffa, � tassabile, ai sensi deU'art. 8 cpv. deUa legge 
di registro, come conferimento di capitale (artt. 81 e 85 della tariffa), 
essendo destinata in modo esclusivo ad attuare gli scopi sociali e, attraverso 
questi, l'interesse patrimoniale dei soci (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle 
finanze denunzia, con riferimento a~l'art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione 
e falsa applicazione degli artt. 81 e 85 della tariffa all. A della legge di 

(1) In senso conforme Cass., 17 maggio 1969, n. 1693, in Riv. leg. fis,c., 
1969, 1948 e 3 luglio 1968, n. 2215, ivi 1969, 237, richiamate in motivazione. 
Giova per� sottolineare che trattasi in ogni caso di pronuncie di specie, i�l 
quanto riferite agli accertamenti di fatto compiuti dai giudici di merito in 
ordine alla concreta esclusione dell'animus donandi. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 629 

registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 326_9) e degli artt. 8 e 44 di questa 
legge, in relazione alla legge 12 maggio 1949, n. 206, nonch� degli articoli 
769, 2247, 2325, 2362 e 2438 ss. e.e. Deduce la ricorrente che i soci 
Martella e Bellucci non erano tenuti ad effettuare il loro intervento finanziario 
e che la rinunzia dei detti soci ai loro crediti nei riguardi della 
societ� d� luogo ad un vero e proprio atto di liberalit�, in quanto la 
partecipazione alla societ� del Martella e del Bellucci � rimasta immutat�. 
rispetto a quella precedente nei confronti degli altri soci che non 
erano intervenuti, punto questo decisivo della controversia non esaminato 
dalla sentenza impugnata. Aggiunge la ricorrente che, agli effetti 
dell'imposta proporzionale di registro, conferimenti sono solo quelli 
de:stinati ad incrementare il fondo sociale, in quanto si traducono nell'aumento 
del capitale della societ�, onde la Corte del merito �1 incorsa 
in errore nel ritenere applicabile all'operazione di cui trattasi la imposta 
prevista dalla legge per i conferimenti. 

Il motivo non � fondato. 

La questione giuridica sollevata dalla ricorrente � gi� stata esaminata, 
negli stessi termini e tra le medesime parti, da questa Corte suprema 
che ha escluso rispetto ad analoghe fattispecie, l'applicabilit� 
della norma della legge sull'imposta di registro relativa agli atti di 
liberalit� (cfr. sent. 3 luglio 1968, n. 2215 e sent. 17 maggio 19619, 

n. 
1693). 
li'ondate si ravvisano tuttora le ragioni addotte nelle precedenti 
decisioni. 
L'atto cui si riferisce l'imposizione tributaria che viene in considerazione 
non � nominativamente indicato nella tariffa allegata alla legge 
organica dell'imposta di registro (r.d. n. 32.69 del 192�3) per cui � d'uopo 
ricercare nella tariffa stessa, formulata secondo un criterio descrittivo, 
l'atto che presenti maggiore analogia, per la sua natura e per i suoi 
effetti, a quello in concreto posto in essere, secondo il criterio contenuto 
nel secondo comma dell'art. 8 della medesima legge. Questa norma 
muove dall'intento di assicurare la regolamentazione giuridica, agli 
effetti dell'applicazione dell'imposta di registro, di atti e rapporti che 
non rientrano in una determinata categoria di fattispecie tipiche, intento 
non diverso da quello che ispira ogni disposizione che prescrive l'applicazione 
della legge mediante ricorso a norme che regolano casi simili o 
materie analoghe (art. 12 comma 2, disp. prel.). 

La Corte del merito, seguendo tale criterio, ha ritenuto che la fattispecie 
di causa presenti caratteristiche analoghe sia al conferimento di 
somme di danaro, eseguito in occasione di costituzione o di fusione di 
societ� (art. 81 ali. A), sia all'aumento di capitale in societ� gi� costituita 
(art. 85 ali. A), atti entrambi soggetti a tassa proporzionale. 

Tale apprezzamento la Corte d'appello ha esaurientemente motivato 
mettendo in evidenza che l'operazione compiuta dai soci Martella e Bel




630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA nELLO STATO 

lucci, per la sua intrinseca natura e per i suoi effetti sulla situazione 
economica della societ�, le cui passivit� della gestione sociale venivano 
ad essere sanate, poteva assimilarsi agli atti previsti nei citati artt. 81 

I

e B5 della tariffa ali. A. 
D'altro lato, la Corte del merito ha escluso che l'atto dei soci suindi


li

cati, al quale si riferisce l'imposizione tributaria, possa, sulla base del 
criterio analogico previsto nel secondo �Comma del citato art. 8, assimilarsi 
ad un atto di liberalit�, mancandone l'elemento soggettivo (� animus 
donandi �). � 

Ora, in materia di imposta di registro, il trattamento fiscale delle 
remissioni di debito pu� essere ricondotto nella previsione di cui al 
menzionato art. 44 della legge di registro solo nel caso in cui il remittente 
si sia determinato all'atto esclusivamente per spirito di liberalit� 
e cio� quando all'obiettivit� gratuita dell'atto si accompagni l'arricchimento 
dell'accipiensa, con corrispondente depauperamento dell'agente, 
effetti .-questi -che vanno concepiti l'uno in correlazione dell'altro, 
realizzando la causa della donazione (art. 769 e.e.). 

E tale volont� dei soci Martella e Bellucci di porre in essere un 
atto di liberalit� la Corte del merito ha escluso 'dopo aver individuato la 
ragione della operazione compiuta dai predetti soci nella finalit� di 
riportare la soc. FARI ad una situazione economico-finanziaria di norma


I 

lit�, precisando che questo risanamento si era reso necessario sia per 

I

evitare lo scioglimento della societ�, sia per poter realizzare l'oggetto 
sociale e, quindi, la conseguente percezione d~gli utili, da ripartirsi 
secondo le disposizioni statutarie (art. 2328 n. 7 e.e.). 

In tale situazione, la Corte del merito ha ritenuto che l'operazione 
oggetto d'imposizione tributaria si presentava come voluta e destinata 
in modo esclusivo, con un rappprto di mezzo a fine, ad attuare gli scopi 
sociali e, attraverso questi, l'interesse patrimoniale dei soci, proprio e 
tipico di ogni specie di societ� lucrativa, nella quale l'esercizio in comune 
di un'attivit� economica � svolto � allo scopo di dividerne gli 
utili � (art. 2247 e.e.). 

L'accennato fine specifico dell'operazione, accertato in sede di merito, 
esdude la causa donationis, facendo venir meno l'arricchimento di 
una parte �con il correlativo depauperamento del1'altra. E vale, al riguardo 
osservare che l'ipotesi formulata nell'art. 44 della legge sull'imposta 
di regi~tro (donazione) corrisponde puntualmente alla fattispecie normativa 
delineata dal diritto comune (art. 769 e.e.), onde il problema 
della qualificazione dell'atto, ai fini del trattamento tributario, si ravvisa 
correttamente risolto dalla Corte del merito che ha fatto riferimento 
alla figura negoziale propria del diritto comune. 

La ricorrente, sempre al fine di dimostrare. l'esistenza dell'asserito 

atto di liberalit�, .richiama la norma dell'art. 2325 e.e. e deduce che � 

la FARI, quale societ� per azioni, che risponde dei debiti sociali, mentre 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 631 

gli azionisti Martella e Bellucci erano tenuti solo nei limiti delle loro 
rispettive quote. L'argomento non �, per�, �rilevante, perch� il fatto che 
i detti soci non fossero tenuti personalmente a reintegrare la perdita 
verificatasi nella gestione sociale, non esclude che l'operazione sia stata 
da essi posta in essere per un fine di loro, sia pure indiretta, utilit� 
economica, e ci� � sufficiente per escludere l'elemento soggettivo della 
donazione. 


N� ha fondamento la censura di difetto di motivazione su punto 
decisivo della controversia, mossa dalla ricorrente sul rilievo che la 
sentenza denunziata non ha preso in esame la circostanza che la partecipazione 
alla societ� del Martella e del Bellucci, malgrado il loro intervento 
finanziario, fosse rimasta immutata nei confronti degli altri soci 
che non erano intervenuti, circostanza questa che, secondo la ricorrente, 
avvalorerebbe la configurabilit� del prospettato atto di liberalit� posto 
in es�sere dai due soci suddetti.. Invero, escluso l'elemento soggettivo 
della donazione, detta circostanza, anche se fosse stata presa in esame 
dalla Corte del merito, non avrebbe potuto condurre a decisione diversa 
da quella adottata. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 915 -Pres. Stella 
Richter -Est. Valore -P. M. Minetti (conf.) -Valenti (avv. Vannini) 

c. Ministero. delle Finanze (avv. Stato Freni). 
Imposta di registro -Atti compiuti dal falsus procurator e non ratificati 
-Natura -Efficacia traslativa -Esclusione. 
(e.e., artt. 1396, 1398 e 1399). 

Imposta di registro -Sentenza dichiarativa dell'inefficacia del contratto 
compiuto dal procuratore posteriormente alla revoca della 
procura -Imposta di retrocessione -Non � dovuta. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 68; tariffa all. A, artt. 114 e 120). 
Il negozio rappresentativo compiuto dal falsus procurator � un negozio 
soggettivamente complesso a formazione successiva, idaneo a produrre 
i suoi effetti subordinatamente al verificarsi della condicio iuris 
della ratifica da parte del dominus. Un simile negozio � del tutto inidoneo 

;

a produrre il suo effetto traslativo in quanto � inefficace ed �, quindi, 
privo di qualsiasi rilevanza nei confronti dell'effettivo titolare del di! 
ritto (1). 


I 

(1-2) Con la presente sentenza la Suprema Corte ribadisce quanto gia 
affermato in materia con la sentenza 8 marzo 1969, n. 754 (in questa Ras-

l 

I

i 

! 

I

I 


632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La pronuncia giudiziale dell'inefficacia del contratto concluso dal 
falsus procurator (o dal rappresentante oltre i limiti dei suoi poteri) e 
non ratificato dal dom�nus, � soggetta all'imposta fissa di registro e non 
gi� a quella gradt1Jale o proporzionale stabilita dall'art. 68 legge di registro 
e dagli artt. 114 e 120 della tariffa all. A alla legge medesima. 
Ci� vale anche nel caso di contratto dichiarato inefficace perch� concluso 
dal rappresentante dopo la revoca della pro�ura, dato che alla Finanza 
no1i pu� 1�iconoscersi la qualifica di terzo ai sensi dell'art. 1396 e.e., 
qualifica che spetta soUanto a coloro che sono parti contraenti del negozio 
giuridico o che, quanto meno, hanno col rappresentante contatti contrattuali 
(2). 

(Omissis). -La r1corrente, lamentando la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 1372, 1396 e.e. e 68 ultimo comma della legge di 
registro, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., sostiene che l'Amministrazione 
finanziaria non poteva invocare la salvaguardia assicurata dall'articolo 
1386 e.e. -e che conseguentemente era ad essa opponibile la 
sentenza che dichiarava l'inefficacia della vendita -in quanto i terzi 
contemplati dalla norma suddetta, nei cui confronti il rappresentante 
ha l'onere di far conoscere la revoca della procura, sono quelli con i 
quali andr� a compiersi il negozio oggetto della procura medesima e 
non qualunque soggetto della collettivit� (nei cui confronti, peraltro, 
non potrebbe neppure essere adempiuto l'onere di informativa)., 

La censura � fondata. 

Premesso che la sentenza oggetto dell'imposizione ha dichiarato 
l'inefficacia del contratto perch� quest'ultimo era stato stipulato da chi 
non aveva i necessari poteri, va ricordato che questa Suprema Corte ha 
ripetutamente chiarito (tra le decisioni pi� recenti: 8 marzo 1969, n. 754; 
28 ottobre 1967, n. 2668) che il negozio rappresentativo compiuto dal 
falsus procurator � un negozio soggettivamente complesso a formazione 
successiva, idoneo a produrre i suoi effetti subordinatamente al verificarsi 
della condicio iuris della ratifica da parte del dominus. 

Si tratta, invero, di un negozio in itenere o in stato di pendenza, 
dato che manca il consenso necessario per la sua conclusione che, per�, 
pu� essere manifestato in un secondo momento attraverso la ratifica 
dell'operato del falsus procu:rator. Quindi un simile negozio � del tutto 
inidoneo a produrre il ,suo effetto traslativo in quanto � inefficace ed �, 
quindi, privo di qualsiasi rilevanza ~ei confronti dell'effettivo titolare del 
diritto. 

segna, 1969, I, 300 con nota di R. SEMBIANTE alla quale si rinvia) e ne 
estende la applicaizone al caso del procuratore che agisce posteriormente 
alla revoca della procura, fornendo una interpretazione della norma dell'art. 
1398 e.e. su cui non sembra possibile formulare riserve. 



PAR.TE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 633 

Detto negozio non � nullo e neppure annullabile, posto che ci� che 
� nullo � privo di ogni potenziali~� di perfezionamento e posto che il 
negozio annullabile spiega i suoi effetti fin dal suo sorgere e li mantiene 
sino a quando non intervenga, eventualmente, la pronuncia che lo annulli 
e quegli effetti rimuova. Pertanto il negozio concluso dal falsus 
procurator non � suscettibile di convalida ex art. 1444 e.e., ma solo di 
ratifica ai sensi dell'art. 1399 e.e. 

Di tali principi questa Corte ha fatto coerente applicazione nel 
campo di diritto tributario, statuendo che la pronuncia giudiziale della 
inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator (o dal rappresentante 
oltre i limiti dei suoi poteri) e non ratificato dal dominus, � 
soggetta all'imposta fissa di registro e non gi� a quella graduale o proporzionale, 
stabilita dall'art. 68 legge Registro e dagli artt. 114 e 120 
della tariffa all. A alla legge medesima, rispettivamente per le sentenze 
che comportino condanne r'elative ad oggetti valutabili ovvero trasmis� 
sioni o retrocessioni della propriet�. 

Ci� perch� la sentenza dichiarativa dell'inefficacia non contiene 
alcuna attribuzione di diritti o condanna o trasferimento di sorta, limitandosi, 
al contrario, ad accertare che il contratto, attraverso cui si 
sar�ebbe voluto trasferire la propriet�, non � mai giunto a conclusione, 
per il difetto del potere di disporre del diritto da parte di uno degli 
stipulanti, e per non essersi verificata la condicio iuris consistente nella 
ratifica da parte di chi avrebbe potuto disporne. 

Deve, altres�, escludersi che una siffatta sentenza possa aver posto 
in essere una retrocessione del bene costituente l'oggetto del contratto, 
in quanto tal retrocessione presupporrebbe quel precedente trasferimento 
ae1 bene che un �contratto non giunto a c�nclusione non pu� invece aver 
attuato. 

Lia denunciata sentenza della Corte milanese, pur non disconoscendo 
la validit� di codesti principi, afferma per� che essi non si attagliano 
esattamente alla peculiarit� del caso di spede, in quanto, versandosi 
nell'ipotesi di contratto dichiarato inefficace perch� concluso da rappresentante 
dopo la revoca della procura, non pu� trascurarsi la norma 
dell'art. 1396 e.e., che subordina l'efficacia di tale revoca all'uso dei 
mezzi idonei a renderla conoscibile ai terzi destinatari e, in mancanza, 
alla loro effettiva conoscenza. Onde, continua la sentenza, indipendentemente 
dalla eventuale opponibilit� della revoca al terzo acquirente, 
quando risulti dimostrato (come nella fattispecie) che questi la conosceva 
al momento della conclusione del contratto, la revoca, nel caso di inadempimento 
dell'onere di conoscibilit�, non pu� essere opposta, agli 
effetti tributari, alla Finanza, dovendosi questa ricomprendere tra quei 
terzi destinatari indeterminati, cui fa riferimento il citato art. 1396, in 
relazione all'art. 1372 e.e., che ammette la possibile incidenza del contratto 
nella sfera giuridica di soggetti diversi dalle parti contraenti. 


\ 


634 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'errore in cui � caduta la Corte di merito � manifesto. 

Senza immorare sulla problematica della posizione di �terzo� nella 
teoria del negozio, .che sarebbe un fuor d'opera, e rilevato che la qualifica 
di �terzo� ha carattere di relativit� e di variabilit� in funzione degli 
interessi che sono in giuoco, occorre distinguere tra la figura, indeter-. 
minata e non individuabile a priori, dei � terzi �, in genere, nel negozio 
giuridico, e cio� di tutti coloro che, di massima, non sono parti e che 
al negozio non hanno partecipato come parti, e quella dei � terzi � indicati 
negli artt. 1393-1396, e cio� nel campo dei negozi giuridici con 
rapporto di rappresentanza. In quest'ultima ipotesi, l'espressione �terzi� 
comprende s6ltanto coloro che sono parti contraenti nel negozio giuridico 

o che, quanto meno, hanno col rappresentante contatti contrattuali. La 
procura rilasciata al rappresentante ha per destinatari esclusivamente� 
costoro, con i quali il rappresentante � destinato ad entrare in rapporto 
per assolvere l'incarico assunto verso il rappresentato. A conforto di 
siffatta interpretazione basta rilevare che, sia la giurisprudenza che la 
dottrina, in relazione all'art. 1396, qualificano spesso i � terzi � indicati 
in detta norma come �terzi contraenti�, �terzi acquirenti�, �terzi 
interessati�, il che ribadisce la esatta ed al tempo stesso limitata portata 
del termine. 
Il richiamo.poi all'art. 1372, secondo comma e.e. (�il contratto non 
produce effetto rispetto. ai teil'zi che nei casi previsti dalla legge �) non 
� affatto calzante, in quanto tale disposizione concerne ipotesi del tutto 
diverse (contratto a favore di terzi, ecc.). 

Applicando l'art. 1396 la Corte del merito ha mostrato di non avere 
bene inteso il senso e la portata di codesta norma di legge, che nel caso 
di specie non poteva trovare ingresso, essendo la Finanza un terzo del 
tutto estraneo, giuridicamente non apprezzabile agli effetti della richiamata 
disposizione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 aprile 1970, n. 10'85 -Pres. Giannattasio 
-Est. Falletti -P. M. Gentile (conf.) -Guerriero (avv. Lanciani 
e Struppa) c. Ministero deile Finanze (avv. Stato Castiglione 
Morelli). 

Imposta di registro -Solidariet� delle parti contraenti -Notifica del-
l'accertamento di valore ad una sola delle parti -Definitivit� del-
l'accertamento nei confronti delle altre parti -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 1; r.d.l. !_7 agosto 1936, n. 1639, 
artt. 20 e 21). � 
Per effetto della dichiarazione q,i incostituzionalit� degli artt. 20 e 
21 del d.( 7 agosto 1936, n. 1639, relativamente al principio secondo cui 



PARTE I, SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 635 

dalla contestazione ovvero dalla notificazione delL'accertamento d'imponibile 
ad uno solo dei coobbligati decorrono i termini per l'impugnazione 
giurisdizionale anche nei confronti degli altri, la notifica dell'accertamento 
di maggior valore effettuata al solo venditore e la mancanza di 
opposizione da parte sua non pu� aver pregiudicato e reso definitivo detto 
accertamento anche nei riguardi del compratore (1). 

(Omissis). -Fondato � invece il secondo motivo, con cui i ricorrenti 
lamentano che la Corte d'Appello ha erroneamente interpretato 
l'art. 93 n. 1 della legge di registro, perch� la solidariet� ivi stabilita a 
carico dei contraenti per il pagamento dell'imposta non pu� estendersi, � 
oltre l'ambito sostanziale del rapporto, anche ai suoi riflessi processuali. 

In realt�, come anche riconosce la difesa dell'amministrazione resistente, 
manca nella legge una statuizione che sancisca espressamente 
l'esistenza di una solidariet� anche processuale fra i condebitori d'imposta. 
La giurisprudenza ne aveva peraltro ammesso il principio desumendone 
l'affermazione dal rigore e dalle intrinseche esigenze del sistema 
tributario (Cass. 1967, n. 2850; 1966, n. 2071; 1958, n. 3228; � 1955, 

n. 2717). Ma questa ratio normativa, cui ancora aderisce la decisione 
impugnata, contrasta ormai con le pronunce della Corte Costituzionale 
(sentenze 1968, n. 48 e 139) che hanno ritenuto l'illegittimit� degli articoli 
20 e 21 del d.1.1. 7 agosto 1936, n. 1639 sulla riforma degli ordinamenti 
tributari, e dell'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 sulla 
imposta di successione, relativamente al principio secondo cui dalla 
contestazione ovvero dalla notificazione dell'accertamento d'imponibile 
ad uno solo dei coobligati decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale, 
anche nei confronti degli altri. 
Nella speci~. come � pacifico, l'accertamento del maggior valore fu 
soltanto notificato alla societ� venditrice e perci� la mancanza di opposizione 
da parte sua non pu� aver pregiudicato o reso definitivo detto 
accertamento anche nei riguardi dei compratori, attuali ricorrenti. ~ 
(Omissis). 


(1) Tale sentenza si pone nel quadro della nuova giurisprudenza della 
Suprema Corte relativamente all'istituto della solidariet� tributaria (cfr. da 
ultimo Cass., 28 ottobre 1969, n. 3534, in questa Rassegna, 1970, 1, 81) ed � 
in perfetta aderenza alle pronuncie della Corte Costituzionale richiamate. 
in motivazione. 

636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT� 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1132 -Pres. Stella 
Richter -Est. Caputo -P. M. Minetti (diff.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Guicciardini. 

Imposta di successione -Imposta sul valore ~lobale -Autonomia Addizionale 
istituita con d. 1. 7 novembre 1954, n. 1025 -Non si 
estende all'imposta sul valore ~lobale. 

(d.l. 8 marzo 1945, n. 90, artt. 6, .11 e 13; d.1. 7 novembre 1954, n. 1025, art. 1). 
L'imposta sul valore globale, sebbene informata alla stessa finalit� 
di colpire i trasferimenti della ricchezza mortis causa, � nettamente 
distinta dall'imposta di successione e indipendente da questa; conseguentemente 
l'aumento dell'imposta addizionale stabHito con l'art. 1 del d.l. 
7 novembre 1954, n. 1025, limitatamente all'imposta di registro, di successione 
e ipotecaria, non si estende all'imposta sul valore globale (1). 

(1) Si riafferma l'orientamento gi� emerso con le sentenze 9 febbraio 
1970, n. 304 e 10 febbraio 1970; n. 321, pubblicate in questa Rassegna, 1970, 
I, 294, alla cui annotazione si rinvia. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1134 -Pres. Pece Est. 
Leone -P. M. Chir� -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) 
c. Renza (avv. Di Stefano). 

Imposta straordinaria sul patrimonio -Presupposto -Possesso di 
beni -Presunzione -Prova contraria -Sentenza che dichiara la 
simulazione -� idonea. 

(t.u. 9 maggio 195(1, n. 203, artt. 1 e 34). 
Sebbene ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio, 
che colpisce il patrimonio del quale il contribuente aveva il 
possesso alla data del 28 marzo 1947, non sia necessaria la dimostrazione 
di un titolo di propriet� e bench� l'Amministrazione finanziaria possa 
avvalersi di presunzioni per dimostrare lo stato di possesso 1�icavandole 
dalla trascrizione degli atti di acquisto e dalle risultanze dei registri 
catastali, � consentito al contribuente offrire prove contrarie alle presunzioni 
per dimostrare di non _essere in possesso dei beni che risultino formalmente 
a suo nome dai pubblici registri. Validamente, pertanto, pu� 
il contribuente dimostrare che i beni che risultano da esso acquistati 
sono in realt� di propriet� e nel possesso di terzi mediante l'esibizione 
di una sentenza che abbia dichiarato simulato l'acquisto (1). 

(1) Come gi� affermato nella sent. 29 ottobre 1968, n. 3610, citata nel 
testo (in questa Rassegna, 1968, I, 1044) il possesso � sufficiente presupposto 

....,..,,, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 637 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia la sentenza di 
appello, perch� essa avrebbe erroneamente interpretato la legge sulla 
imposta ;;;traordinaria, che prefiggendosi di colpire coloro che appaiono 
titolari di diritti reali sugli immobili, piuttosto che seguive gli eventi 
sul diritto sostanziale di propriet�, parla di patrimonio posseduto e 
non si riferisce ai titolari dei diritti di propriet�. Nella specie, assume 
la ricorrente, alla data di riferimento del 28 marzo 1947, i titoli formali 
e .le risultanze catastali al nome di Antonietta Renza concordavano e tale 
concordanza rendeva legittima l'imposizione, nonostante che in data 
successiva fosse stato dichiarato, con sentenza costituente giudicato tra 
le parti, tra le quali non era presente l'Amministrazione, che l'immobile 
era stato acquistato dal padre della Renza, che lo aveva fittiziamente 
intestato ai figli. 

In ogni caso, aggiunge la ricorrente, la Corte d'appello non si sarebbe 
dato carico di accertare l'effettivo possesso dell'immobile (primo 
motivo). 

L'Amministrazione denunzia anc;ora (nel secondo motivo) che il 
giudice d'appello, pur dichiarando che dal giudicato suddetto risultava 
che Raimondo Renza aveva in realt� intestato l'immobile ai figli per 
ragioni fiscali anche in vista della futura successione; non avrebbe rilevato 
che tale fattispecie, costituiva un negozio indiretto, per cui si doveva 
escludere un effetto retroattivo erga omnes dell'accertamento ad esso 
relativo. Su tal punto, comunque, la Corte avrebbe omesso di motivare. 

Le censure esposte, che per la loro interdipendenza vengono esaminate 
congiuntamente, sono prive di fondamento giuridico. 

In effetti, _ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio 
-che colpisce il patrimonio del quale il contribuente alla data 
del 28 marzo 1947 aveva il possesso ed il godimento uti dominus non 
� necessario che dei beni assoggettabili al tributo si sia stato proprietario 
alla cennata data di riferimento, essendo sufficiente che di essi 
a quella data, si sia avuto il possesso, esercitato con lo svolgimento di 
una attivit� corrispondente all'esercizio della propriet� (Cass. 29 ottobre 
1968, n. 3610): ed � pure da ritenere che, al fine di accertare lo stato 
di possesso cos� qualificato, l'Amministrazione finanziaria possa utiliz


dell'imposizione quando manchi un legittimo titolo di propriet� ed � necessario 
requisito quando alla titolarit� formale non corrisponda la pienezza 
del godimento. Tuttavia proprio l'art. 34 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, 
imponendo al contribuente di dichiarare, fornendone le prove, chi sia l'effettivo 
proprietario, esclude che possa disconoscersi il .possesso dell'� intestatario 
� fino a che non sia dimostrato il possesso altrui. La sentenza in rassegna 
desta quindi qualche perplessit� su un duplice profilo: se la dichiarazione 
e la prova del possesso altrui deve essere fornita con la dichiarazione 
(da presentarsi entro il 31 dicembre 1947), � dubbio che possa essere utile 

� 

~ 

~ 



638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zare gli elementi presuntivi ricavabili dalle trascrizioni degli atti di 
acquisto del diritto di propriet� sugli immobili e dalle iscrizioni nei 
registri catastali al nome di un soggetto determinato, identificato in tale 
modo quale soggetto passivo dell'imposta; � infatti nel sistema delle 
leggi relative a tributi su immobili che per l'Amministrazione finanziaria 

siano probatorie le risultanze dei pubblici registri, relativi allo stato di 

propriet� o di possesso (a seconda dei tributi) dei cespiti tas,sabili. 

Ma, di regola, � pure nel sistema di tali accertamenti che il contribuente 
-possa produrr.e le prove atte a vincere l'efficacia degli elementi 
presuntivi sopraindicati, per dimostrare di non essere in realt� soggetto 
passivo dell'imposta. 

Questa facolt� del soggetto, verso cui l'Amministrazione avanza la 
pretesa impositiva, si ricava proprio'in materia di imposte straordinarie 
sul patrimonio, tra l'altro, dalla disposizione dell'art. 34 cpv. del d.p.r. 
9 maggio 1950, n. 2oa, che ha approvato il t.u. delle deposizioni riguardanti 
le dette imposte. Stabilisce la norma:regolante il contenuto della 
dichiarazione che il contribuente � tenuto a fare, che quando taluna delle 
attivit� intestate al contribuente ,sia di propriet� di terzi, il contribuente 
intestatario deve, nella propria dichiarazione, designare l'effettivo proprietario 
ed indicare la prova relativa: designazione del proprietario 
effettivo -corroborata da prove .,--che non pu� avere scopo diverso 
da quello di denunziare che all'intestazione formale non corr�sponde 
uno stato di possesso uti dominus e di indirizzare l'azione di accertamei;i.to 
verso l'effettivo contribuente. 

Nella specie Antonina Renza s'� avvalsa di tale facolt� di dare prova 
contr_aria alle presunzioni sulle quali l'Amministrazione ha fondato la -propria 
pretesa di tributo ed ha in effetti provato, secondo l'apprezzamento 
del giudice di merito, che alla data del 28 marzo 1947 l'immobile 
era di propriet� ed era di fatto goduto da Raimondo Renza. Tale prova 
ella ha fornito esibendo la sentenza del Tribunale di Napoli in data 
21 novembre 1949 e passata in giudicato, con la quale era stato dichiarato 
che l'immobile -attualmente oggetto della controversa imposizione 
--era stato intestato fittiziamente ai propri figli dall'effettivo 

a tal fine una sentenza costitutiva pronunciata nel 1949; posto che, come si 
riconosce, la sentenza non � apponibile alla Finanza che non fu parte nel 
giudizio, sembra alquanto incongruo dar rilevanza di mezz� di prova ad 
una pronuncia che riconosce che nell'atto di compravendita la propriet� 
fu fittiziamente intestata a soggetto diverso dal reale acquirente proprio al 
precipuo scopo di evitare gravami fiscali. Il principio della non opponibilit�, 
codificato nell'art. 6 della legge sulle imposte di successione, deve essere 
applicato integralmente escludndo ogni rilevanza della sentenza pronunciata 
senza la presenza della Finanza, perch� anche la sentenza �, per legge, 
sospetta di simulazione attuata fra le .parti. 

I


~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 639 

acquirente e proprietario Raimondo Renza, che si era prefisso il duplice 
scopo di evitare gravami fiscali in ordine alla sua qualit� di commerciante 
(ed eventualmente sottrarre l'immobile ai creditori in caso di 
dissesto) e di evitare il trapasso per successione, nel caso che non vol�esse, 
in vita, alienare il cespite. 

Nella cennata sentenza veniva dato atto che i figli intestatari' avevano 
anche rilasciato al padre Raimondo Renza una dichiarazione coo 
la quale riconoscevano che l'intero immobile sarebbe rimasto sempre ne] 
pieno uso e godimento del padre stesso, che ne avrebbe fatto propri i 
frutti non per concessione dei figli ma per:ch� titolare del diritto di 
propriet�. 

Ci� posto consegue: 

a) che il detto giudicato, non opponibile come accertamento all:a 

P. A. che non fu parte del procedimento concluso con la richiamata 
sentenza del 1949, costituisce tuttavia prova valida del possesso eser.citato 
da Raimondo Renza sull'immobile de quo fin dal momento dell'acquisto 
di questo; 
I

b) che la idoneit� di tale prova a vincere le presunzioni su cui la 

P. A. ha ritenuto di poter fondare la pretesa tributaria contro Antonina 
Renza � stata ritenuta dai giudici di merito, nell'esplicazione del proprio 
sovrano potere di apprezzamento del materiale probatorio; ed � risaputo 
che l'esercizio di tale potere non � censurabile in sede di legittimit�. 
I

c) che il riferimento alla sentenza del 1949 innanzi richiamata, 

~ 

I 
~contenuto nella sentenza ora impugnata, messsa in relazione al thema 

~ 

decidendum rettamente identificato dai giudici di mexito (stato di possesso 
dell'immobile alla data del 28 marzo 1947) � argomentazione valida 
e sufficiente a sostegno dell'accertamento conclusivo su tale punto 
adottata dalla Corte di appello. 

d) che sul cennato effetto dello stato reale di possesso non presenta 
alcun rilievo la struttura giuridica del negozio utilizzato per la 

I fittizia intestazione ai figli dell'immobile comprato da Raimondo Renza 
e da questi goduto uti dominus. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1168 -Pres. Pece Est. 
Sposato -P. M. Toro (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Coronas) c. Soc. AVE ed altri (avv. Uckmar). 

Imposte e tasse in genere -Violazione delle leggi finanziarie e valutarie Oblazione 
-Restituzione della somma. pagata -Esclusione. 
(c.p., art. 162; legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 14). 

Sebbene l'oblazione sia considerata dalla legge come una causa 
estintiva del reato, condizione della sua validit� ed efficacia non � la 

11 



...... 

640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sussistenza del reato, tanto vero che il principale effetto delL'oblazione, 
come delle altre cause-estintive del reato, � quello di impedire l'esercizio 
dell'azione penale ossia del mezzo che, salva qualche eccezione, � l'unico 
possibile per accertare se il reato sussiste oppure no. Di conseguenza 
l'oblatore non pu� aver diritto alla restituzione della somma pagata 
qualora il reato, in relazione al quale l'oblazione ha avuto luogo, risulti 
insussistente (1). 

(Omissis). -Accolto deve essere, invece, il secondo motivo. 
La Corte di merito ,non ha tenuto presente che le ditte armatoriali 


avevano esposto -e la stessa sentenza impugnata lo ha esplicitamente 
ricordato nella sua parte narrativa -di aver dovuto corrispondere, 
insieme con l'imposta generale sull'entrata, altri tributi. 

Di conseguenza� ha omesso di esaminare -come sarebbe stato necessario 
ai fini dell'affermazione dell'insussistenza del reato estinto per 
oblazjone -se la denunzia infedele, presentata dalla ditta acquirente 
della nave� Bogliasco�, dovesse servire anche alla determinazione degli 
altri tributi, o di alcuni di essi, oltre che alla determinazione dell'imponibile 
ai fini dell'imposta generaie sulla entrata all'importazione. Inoltre, 
e pi� in genere, non � esatta l'affermazione della sentenza denunciata, 
che l'oblatore abbia diritto alla restituzione della somma pagata qualora 
il reato, in relazione al quale l'oblazione ha avuto luogo, risulti instJ-ssistente. 
Difatti, sebbene l'oblazione sia considerata dalta legge (artt. 162 

c.p. 13 e 14 I. 7 gennaio 1929, n. 4) come una causa estintiva del reato, 
risulta, nondimeno, dal sistema delle norme penali, sostanziali e processuali, 
che condizione della sua validit� ed efficacia non �, per nulla, 
la sussistenza del reato, tanto � vero che il suo primo effetto -non 
diversamente da ci� che avviene per altre cause che la legge definisce 
come cause di estinzione del reato, per esempio l'amnistia propria .__ 
� quello d'impedire l'esercizio dell'azione penale, ossia del mezzo che, 
salva qualche eccezione, � l'unico possibile per accertare se il reato 
sussista oppure no. -(Omissis). 
(1) Massima di evidente esattezza. La ragion d'essere dell'oblazione 
verrebbe meno qualora si ammettesse il rimborso della somma pagata; ma 
soprattutto, avvenuta l'oblazione, viene meno la concreta possibilit� di 
stabilire se il reato estinto fosse sussistente. N� potrebbe configurarsi l'applicabilit� 
dell'art. 152 c.p.p. perch�, oltre �che ragioni di ordine generale del 
processo penale, la norma espressa dell'art. 51 capov. della legge 7 gennaio 
1929, n. 4 dispone che la estinzione del reato, ove il procedimento non 
siasi esaurito precedentemente, � dichiarata con sentenza pronuciata in 
camera di consiglio, il che esclude che dopo l'oblazione possa mai giungersi 
ad una pronuncia di merito. 

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 641 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1171 -Pres. Marletta 
-Est. Mazzacane -P. M. Del Grasso (Coof.) -AGIP (avv. Goduti) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Maggiorazione per riritardata 
iscrizione a ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto Applicazione 
di sanzioni -Diverso concetto di dichiarazione infedele. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 184 bis, 199 bis e 245; legge 25 ottobre 1960, 
~ Ul~ I 

La maggiorazione del 2,50 per cento sulle imposte o sulle maggiori 
imposte dovute in base a rettifica o ad accertamento di ufficio a seguito 
di dichiarazione omessa, incompleta o infedele (art. 184 bis del t.u. delle 
imposte dirette, introdotto con l. 25 ottobre 1960, n. 1316) � dovuta dal 
contribuente per il sol fatto che l'iscrizione a ruolo sia ritardata, cosi 
come � dovuta un'indennit� di egual misura (art. 199 bis) a vantaggio 
del contribuente ogni volta� che sia iscritta provvisoriamente a ruolo 
un'imposta di ammontare superiore a quello 4efinitivamente stabilito. A 
questo fine � quindi � dichiarazione infedele � ogni dichiarazione comunque 
inesatta che provoca un ritardo nella pubblicazione dei ruoli per la 
parte del reddito accertato che risulti superiore a quello dichiarato. 
Diverso � invece il concetto di �infedele dichiarazione � di cui all'art. 245 
del t.u., riferito aU'applicazione di una soprattassa a carattere sanzionatorio, 
che pu� o no concorrere con la maggiorazione dell'art. 184 bis, 
e che � dovuta solo quando l'imponibile dichiarato sia inferiore di almeno 
~quarto a quello accertato ed � esclusa quando la differenza dipenda 
da indetraibilit� di spese, passivit� ed oneri (1). 

(Omissis). -L'Agip censura la sentenza impugnata assumendo: che 
essa, interpretando l'art. 184-bis del testo unico sulle imposte dirette 
approvato con d.P.R. 21 gennaio 1958, n. 645 e successive modificazioni, 
ha erroneamente ritenuto che si abbia dichiarazione infedele, suscettibile 
di determinare la maggiorazione di imposta ivi prevista, in ogni ipotesi 
di discrepanza fra reddito dichiarato e reddito accertato; che invece i 
requisiti della dichiarazione infedele, alla quale consegue la maggiora


(1) Massima di evidente esattezza; non constano precedenti. Notevole 
la motivazione che, partendo dal concetto di accertamento, distingue chiaramente 
le due ipotesi riportando l'indennit�, che costituisce l'analogo degli 
interessi nelle imposte indirette, al semplice fatto della ritardata iscrizione 
e la soprattassa alla sanzione per vera e propria infedelt�. La maggiorazione 
dell'art. 184 bis � un semplice indennizzo (nel caso inverso dall'art. 199 bis j 
I I 

II 
I 


642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
zione di imposta, sono quelli stessi fissati nell'art. 245 del t.u. citato, 
apparendo inammissibile che in un medesi.mo sistema legislativo (t.u. del 
1958) Ia �dichiarazione infedele � abbia diverso significato e diverso 
ambito di appli.cazione, tanto pi� che l'art. 184Jbis e l'art. 245 del citato 
-~ 
. 
. 
642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
zione di imposta, sono quelli stessi fissati nell'art. 245 del t.u. citato, 
apparendo inammissibile che in un medesi.mo sistema legislativo (t.u. del 
1958) Ia �dichiarazione infedele � abbia diverso significato e diverso 
ambito di appli.cazione, tanto pi� che l'art. 184Jbis e l'art. 245 del citato 
-~ 
. 
. 
testo unico assolvono a finalit� identiche. 

La censura cosi riassunta � ammissibile in rito poich� -contrariamente 
a quanto assume in via preliminare l'Amministrazione delle Finanze 
-enuncia i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza 
impugnata ed indica le norme di diritto su cui si fondano (art. 366 

n. 
4 c. p. c.). 
La censura medesima � peraltro infondata. 
La determinazione del debito di imposta � compiuta in base agli 
elementi di fatto necessari alla caratterizzazione del presupposto e alla 
individuazione della base imponibile. La liquidazione, se gli elementi 
occorrenti siano mancanti o insufficienti, non pu� essere eseguita nella 
giusta misura dovuta, di guisa che, ogni qualvolta quegli elementi vengono 
acquisiti 1n un secondo tempo, l'Amministrazione procede ad una 
nuova determinazione quantitativa del debito del contribuente, correttiva 
di quella precedente. Il fenomeno pu� verificarsi in concreto per omissioni 
od insufficienti dichiarazioni del con~ribuente, e per conseguente 
inesatta valutazione da parte dell'ufficio accertatore degli elementi predetti, 
pur se denunziati dalle parti. L.'ordinamento tributario tende ad 
evitare l'inconveniente stimolando, con apposite norme, l'esatto soddisfacimento, 
da parte dei c<;>ntribuenti, dell'obbligazione tributaria e il 
tempestivo adempimento, da parte della Amministrazione finanziaria, 
degli obblighi che ad essa incombono verso i contribuenti. 

In tale linea direttiva si inquadrano le disposizioni della legge 25 
ottobre 1960, n. 1316 che hanno istituito a carico dei contribuenti una 
maggiorazione sui carichi arretrati di imposta iscritti a ruolo ed a carico 
dello Stato una indennit� a favore dei contribuenti ai quali venga liquidato 
in ritardo lo sgravio di imposte dovute. 

In particolare, l'art. 184-bis, 10 comma del t.u. delle leggi sulle 
imposte dirette (aggiunto con la menzionata legge n. 1316 del 1960) 
dispone: �Decorso un semestre dalla data di pubblicazione dei ruoli 
in cui vengono iscritte le imposte risultanti dalle dichiarazioni presen


si parla appunto di indennit�) per il mancato impiego del danaro, mentre la 
sopratassa, bench� automaticamente doVlJta indipendentemente da una valutazione 
discrezionale e bench� costituisca un accessorio della imposta, risponde 
ad una funzione che, pur non potendosi considerare punitiva, � 
caratterizzata da uno scopo sanzionatorio. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 643 

tate, ovvero dalla data in cui le imposte medesime si sarebbero dovute 
versare alla sezione di tesoreria provinciale, si applica, indipendentemente 
dalle sanzioni stabilite dal titolo XI, a carico del contribuente 

che abbia omesso la dichiarazione o che l'abbia presentata incompleta 

o infedele, una maggiorazione del 2,50 per cento sulle imposte e sulle 
maggiori imposte dovute, in base a rettifica delle dichiarazioni stesse 
o ad accertamento di ufficio, per ogni semestre intero successivo fino 
alla data di pubblicazione dei ruoli nei quali � effettuata l'iscrizione�. 
Correlativamente l'art. 199-bis 1� comma del citato t.u. (aggiunto 
anche esso dalla legge n. 1316 dei 1960) dispone: � Il contribuente che, 
in applicazione degli artt. 175 e 176, sia stato iscritto a ruolo a titolo 
provvisorio per un ammontare d'imposta superiore a quello definitivamente 
stabilito per lo stesso periodo, ha diritto, per la maggior somma 
effettivamente pagata, ad una indennit� pari al 2,50 per cento per ogni 
semestre intero, escluso il primo, compreso tra la scadenza dell'ultima 
rata del ruolo in cui � stata iscritta la maggiore imposta e la data dell'elenco 
di sgravio�. 

In tal modo le disposizioni trascritte hanno voluto stabilire, per ragioni 
di e.quilibrio, una parit� di trattamento fra i contribuenti che, per 
effetto della omissione, incompletezza o infedelt� della dichiarazione, 
soddisfano con ritardo il debito tributario e l'Amministrazione finanziaria 
che restituisce tardivamente le somme che sono state riconosciute indebitamente 
percepite. 

Ci� posto, non pu� essere condivisa la tesi della societ� ricorrente, 
pi� sopra riassunta, la quale -fondata sulla dedotta coincidenza fra 
la �infedele dichiarazione� di cui all'art. 184-bis t.u. leggi sulle imposte 
dirette e la �infedele dichiarazione� di cui all'art. 245 t.u. cit. -porta 
alla conseguenzf che se l'imponibile dichiarato non � inferiore di a,lmeno 
un quarto a quello accertato o se la differenza dipende, come nella 
specie, da indetraibilit� di spese, passivit� ed oneri (art. 245 t.u. cit.) 
il contribuente non solo non pu� essere assoggettato alla sopratassa 
prevista dal citato art. 245, ma nemmeno alla maggiorazione di cui 
all'art. 184-bis t.u. cit. 

Invero la �infedele dichiarazione� assume, in ogni caso, il significato 
di una divergenza fra l'imponibile dichiarato e quello accertato, ma 
tale divergenza pu� avere presupposti diversi e correlativamente, effetti 
diversi, �onsiderati dal legislatore, gli uni e gli altri, sotto distinti 
aspetti. 

L'art. 245 ha un ambito di applicazione pi� limitato: la divergenza 
fra imponibile dichiarato e imponibile a,ccertato deve raggiungere un 
determinato importo quantitativo (1� comma) o deve concernere redditi 



644 RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO STATO 

aventi particolare natura (2� comma); e la divergenza non ha rilievo 
se dipende da indetraibilit� di spese. passivit� ed oneri. Pertanto non 
pu� dirsi, come si assume, che nell'art. 245 sia definito il concetto di 
� dichiarazione infedele � a tutti gli effetti previsti dal t.u. del 1958. 

Anzitutto, se cosi fosse, dovrebbe giungersi alla assurda conclusiorne 
che, nel pensiero del legislatore, costituisce � dichiarazione :lledele � 
quella di un reddito imponibile inferiore di meno di un quarto a quello 
accertato. 

A parte ci�, deve rilevarsi che l'art. 245 si limita a fissare i criteri 
in base ai quali nella dichiarazione di un reddito inferiore (in certa 
misura) a quello accertato po~sono ravvisarsi gli estremi per l'appli�azione 
delle sanzioni previste: criteri validi per tali sanzioni, ma inestensibili 
alle maggiorazioni di imposta di cui all'art. 184-bis non tanto per 
il silenzio della legge quanto per la pi� ampia sfera di apJ?licazione di 
quest'ultima norma. 

Infatti l'art. 184-bis si applLca indipendentemente dalle sanzioni 

Istabilite dal titolo XI. Ne consegue che le due norme possono anche 
non coesistere: fa suS'sistenza dei presupposti dell'art. 245 e il mancato 
decorso del tempo minimo (�decorso un semestre... �) di cui all'articolo 
184-bis rendono applicabile la sola sanzione indicata dall'art. 245; 
per contro il ritardo oltre il limite ora indicato nella pubblicaz.ione dei 
ruoli anche se concerne una differenza di imposta inferiore al quarto 
rende applicabile soltanto la maggiorazione. Ci� perch� la sopratassa 
ha finalit� san~ionataria e consegue alla infedelt� della denun.cia~ indipendentemente 
dal momento dell'accertamento definitivo (art. 245); la 
maggiorazione ha natura risarcitoria conseguente ad un qualsiasi fatto 
per cui la dichiarazione, stante la sua inesattezza, abbia provocato un 
ritardo nella pubblicazione dei ruoli. In tal senso dichiarazione irnfedele, 
per gli effetti di cui all'art. 184-bis, � anche quella in cui il contribuente 
abbia indicato un reddito inferiore, ottenuto mediante la detrazione di 
spese passivit� ed oneri -che siano poi definiti indeducibili -pokh� 
pure tale dichiarazione provoca, per i necessari accertamenti, quel ritardo 
nel pagamento della imposta che l'art. 184-bis ha inteso, invece, evitare. 
Infatti l'art. 184-bis testualmente prevede che la maggiorazione � applicata 
sull'imposta dovuta stabilita � in base a rettifica delle dichiarazio�ni � 

o ad accertamento di ufficio. Orbene la prima ipotesi concerne l'accerta:~


mento �in rettifica degli imponibili dichiarati� (art. 31 t.u. cit.), cio� .�::


......:; 

$!

anche i casi in cui l'imponibile dichiarato risulti ~nferiore per detrazioni 

fii 
in~mmissibili. N 

Pertanto rettamente la decisione impugnata ha ritenuto che la infe-~)i~ 

r~

dele dichiarazione, ai fini della maggiorazione di impo�sta di cui all'art. 
184-bis, � configurabile ogni qualvolta il reddito definitivamente 

1::11 

a�ccertato risulti superiore a quello dichiarato. -(Omissis). 

il:;~ 

�,11 

~j~ 

-:=: 

__,~l~AlllYAlllY~AUY~ 
.�:~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 645 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1181 -Pres. Marletta 
-Est. Geri -P. M. Tavolaro (conf.) -Mantegna (avv. Sangiorgi) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice -Difetto di giuri


sdizione del giudice ordinario � Illegittimit� costituzionale -Ma


nifesta infondatezza. 
(Cost., art. 113; t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 53; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, 
art. 22). 


Imposte e tasse ingenere -Composizione delle Commissioni tributarieIllegittimit� 
costituzionale dedotta innanzi al giudice ordinario .. 
Irrilevanza. 

(Cost., artt. 102, 108, e 136; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 24, 25 e 32; legge 
11 marzo 1953, n. 87, art. 30). 

Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice e complessa � Nozione 
-Differenze. 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 45; t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 48). 
Una volta riconosciuto carattere di giurisdizionalit� alle Commissioni 
tributarie, � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 53 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 e dell'art. 22 del 

r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, essendo assicurata per le controversie di estimazione 
semplice, sia al contribuente sia all'Amministrazione, una sufficiente 
ed adeguata tutela giurisdizionale (1). 
La questione di legittimit� costituzionale degli artt. 24, 25 e 32 del 

r.d. 7. agosto 1936, n. 1639, che regolano la composizione delle Commissioni 
tributarie, � irrilevante nel giudizio innanzi al giudice ordinario (2). 
Sono questioni di estimazione complessa quelle�. che si risolvono in 
operazioni di esegesi giuridica quali sono L'identificazione dei vizio del 
P'J'Ocesso di accertamento, della natura del cespite onde riconoscerne o 
meno l'imponibilit�, della decCiidenza, della prescrizione a.pplicabile, del 
signifi.cato e portata di leggi, regolamenti, sentenze, atti amministrativi 

o negozi giuridici ecc.; sono invece questioni di estimazione semplice 
quelle che implicano la mera indagine sulla sussistenza di una spesa, 
onere o perdite oppure di un reddito fisso, n� l'operazione semplice di 
dedurre la prima dal secondo, al fine di determinare quantitativamente 
l'imponibile� (3). 
(1-3) Nella prima massima, confermando le precedenti impegnative 
pronunce sulla natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni delle 
imposte (20 giugno 1969, n. 2175, in questa Rassegna, 1969, I, 538 e n. 2177, 
Riv. leg. fisc., 1969, 2048; 21 giugno 1969, n. 2201, ivi, 1969, 2115) e sottolineando 
anzi che le controversie di estimazione semplice trovano nelle 


646 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -I primi due mezzi, concernenti un difetto di motivazione 
(I motivo) sulla sollevata questione di legittimit� costituzionale 
delle norme escludenti la giurisdizione ordinaria in tema di estimazione 
semplice (II mezzo), devono essere esaminati congiuntamente, non senza 
peraltro osservare che, essendo rilevabili d'ufficio in qualsiasi stato e 
grado del processo le questioni di costituzionalit� delle leggi, il dedotto 
difetto di motivazione sul punto perde ogni sua rilevante ed autonoma 
incidenza ai fini della�-domandata cassazione della sentenza impugnata. 

� il caso tuttavia di osservare, in proposito, come il dedotto vizio 
sia del tutto inconsistente, poich� il giudice d'appello afferm� la manifesta 
infondatezza della questione di costituzionalit�, dopo aver riconosciuto 
il carattere giurisdizionale delle commissioni tributarie. 

Escluso quindi che in tema di estimazione semplice mancasse del 
tutto un giudizio per volont� di legge, come affermavano i contribuenti, 
era sufficiente riconoscere l'esistenza di codesto giudizio per soddisfare, 
sia pur con sobriet� e concisione, alla esigenza di motivare la decisione 
sul punto adottata. 

In questa sede, non soltanto nel secondo motivo, ma con memoria 
aggiunta, si ripropone-� sotto due distinti profili la questione di costituzionalit�: 
l'uno relativo all'art. 53 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 ed 
all'art. 212 d.l. 7 febbraio 1936, n. 1639, perch�, precludendo al giudice 
ordinario la ,cognizione delle controversie in materia di estimazione 
semplice, tali norme priverebbero il cittadino della tutela giurisdizionale, 
l'altro relativo agli artt. 24, 25, 32 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 
per contrasto con gli artt. 102 2� comma e 108 2� comma della costituzione 
in ordine alla discrezionalit� della nomina dei componenti deHe 
commissioni tributarie, alla composizione delle stesse ed alle inadeguate 
garanzie di indipendenza dei componenti stessi. 

Commissioni distrettuale e provinciale un giudice �meglio qualificato� e 

�appositamente composto con esperti conoscitori della materia imponibile., 
capace quindi di esercitare � pi� che in sede di giurisdizione ordinaria � la 
sua funzione, le Sez. Unite hanno facilmente ritenuto manifestamente infondata 
la questione di costituzionalit� delle norme che sottraggono al 
giudice ordinario l'estimazione semplice, imperniata sulla mancanza di 
tutela giurisdizionale per tali controversie. Tuttavia della questione di costituzionalit� 
la Corte Costituzionale � stata egualmete gi� investita con 
ordinanze 18 aprile 1969, del Tribunale di Milano (Giust. civ., 1970, III, 68) 
e 27 febbraio 1970, della Corte di Appello di Torino (ivi, 194). 
La seconda massima sottolinea l'indirizzo delle Sez. Unite (come gi� 
nella pronunzia 25 novembre 1969, n. 3823, Foro it., 1969, I, 2721) di contenere, 
anche nel campo specifico del diritto tributario, entro ragionevoli 
limiti gli effetti retroattivi delle pronunzie di accoglimento della Corte 
Costituzionale. Poich� il giudizio innanzi all'A.G.0., come � pacifico, non 


PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 647 

Sul primo profilo, il solo in relazione al quale si pronunzi� la Corte 
di meTito, ila denunziata sentenza ha rettamente respinto l'eccezione 
propos~a, per manifesta infondatezza. 

Una volta riconosciuto infatti carattere di giurisdizionalit� alle Commissioni 
tributarie, come una annosa giurisprudenza di questa Suprema 
Corte ha costantemente affermato con dovizia di argomentazioni, ribadite 
di recente da queste stesse Sezioni Unite (sent. n. 2175, 2176, 2177 
e 2201, del 1969), resta priva di fondamento l'affermazione che le controversie 
in materia di estimazione semplice siano private di un giudice 
idoneo ad offrire sufficiente ed adeguata tutela sia al contribuente che 
alla Amministrazione finanziaria. 

Non va dimenticato al riguardo che tali controversie meramente 
estimative non importano alcuna risoluzione di questioni giuridiche, talvolta 
difficili e delicate, n� problemi di interpretazione di leggi, regola-� 
menti, pronunzie, negozi giuridici, n� indagini sui vizi del processo di 
accertamento tributario o sugli istituti giuridici applicabili ecc., essendo 
limitate ai fatti materiali relativi alla sussistenza �quantitativa � del 
reddito al fine di determinarne l'ammontare per la concreta applicazione 
dell'imposta. 

Ora � di tutta evidenza che siffatte funzioni meramente accertative 
possono utilmente e pi� efficacemente essere esercitate in sede locale da 
organi appositamente composti con esperti conoscitori della materia imponibile, 
pi� che in sede di giurisdizione ordinaria. Questa tuttavia, onde 
evitare qualsiasi arbitrio pur 1sempi'e configurabile anche nel settoLl'e della 
semplice estimazi:001e, pu� essere adita ai sensi dell'art. 111 della Costituzione 
per violazione di legge, che si verifica ad esempio, fra l'altro, 
anche quando le Commissioni tributarie in sede di valutazione abbiano 
esorbitato dai limiti della l:oLl'o competenza giurisdizionale. 

costituisce una fase di impugnazione del giudizio svoltosi innanzi alle Commissioni 
(diversamente si sarebbe presentato il problema se si fosse trattato 
di ricorso per cessazione ex art. III cost.), � irirfovante la questione di illegittimit� 
costituzionale delle norme che regolano la composizione delle 
Commissioni, perch� la validit� della decisione gi� adottata non verrebbe 
vulnerata da un'eventuale dichiarazione di illegittimit� della norma. Sulrargomento 
la Corte Costituzionale, che coh la sentenza citata nel testo 
22 marzo 1967, n. 30 (in questa Rassegna, 1967, I, 214) aveva ritenuto irrilevante 
sulle decisioni gi� pronunciate l'illegittimit� della composizione della 
Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, ha ora escluso 
che violi l'art. 136 della costituzione il principio tempus regit actum secondo 
l'interpretazione limitativa della r.etroattivit� adottata dalla Corte di Cassazione 
(sent. 2 aprile 1970, n. 49, ivi, 1970, I, 339). 

L'ultima massima, riconnettendosi ai concetti recentemente ribaditi 
dalle Sez. Unite (20 febbraio 1969, n. 565, in questa Rassegna, 1969, I, 141 e 
21 maggio 1969, n. 1770, ivi, 745), opportunamente riconosce di estimazione 



648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Mentre dunque si delinea un giudice meglio qualificato in ordine 
alla specifica materia devoluta alla sua cognizione, ricorre altresi un 
estremo controllo da parte della giurisdizione ordinaria, assicurando 
cosi anche ane controversie di carattere meramente estimativo quella 
tutela, che :a torto i ricorrenti pretendono inesistente. 

Il secondo profilo di illegittimit� costituzionale non � rilevante ai 
fini del decidere. 

Queste stesse Sezioni Unite hanno avuto occasione di affermare il 
principio secondo cui la dichiarazione di illegittimit� circa la composizione 
del giudice speciale (si trattava della Giunta provinciale amministrativa 
in sede di tributi locali) non incide sulla efficacia delle decisioni 
emesse dallo ,stesso giudice prima della pubblicazione della sentenza 
della Corte Costituzionale (sent. n. 2201 del 1969). 

A maggior ragione devono tenersi ferme, nella specie, le decisioni 
delle Commissioni tributarie locali e di quella Centrale, non essendo 
stata ancora pronunziata alcuna sentenza sulla incostituzionalit� della 
loro composizione, in relazione alle modalit� di nomina dei loro componenti 
e ad un loro preteso difetto di indipendenza. 

Questo orientamento, ispirato alla esigenza, pi� o meno intensamente 
rispettata .nel nostro ordinamento, di preservare l'attivit� svolta in precedenti 
gradi o fasi del giudizio, risponde al generale principio di conservazione 
ed economia processuale. 

Esso non contrasta con le pi� recenti tendenze volte alla ricerca 
di una sicura o almeno ragionevole soluzione a'l delicato problema degli 

I effetti, sui rapporti giuridici non del tutto esauriti, della dichiarazione 
di illegittimit� c9stituzionale. 

I

Si tratta di individuare il significato e la portata, al riguardo, dell'art. 
136 Costituzione e 30 3� comma della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

semplice la controversia sulla determinazione quantitativa del reddito consistente 
nella individuazione del reddito lordo e delle spese detraibili. Nella 
motivazione si accenna alla interpretazione di � norme di esperienza ., che 
secondo il ricorrente sarebbe oggetto di estimazione complessa, ma si 
esclude in concreto che l� semplice operazione aritmetica di detrarre le 
spese dal reddito lordo costituisca inter:i;iretazione di norme generali; non si 
afferma cio�, ma non si esclude nemmeno, che l'impiego di norme di esperienza 
trasporti il giudizio sulla determinazione del reddito nell'estimazione 
complessa. Sembra peraltro evidente che proprio per quanto si � affermato 
nella prima massima, il giudice della valutazione �meglio qualificato ed 
esperto conoscitore della materia imponibile ., possa avvalersi della comune 
esperienza nel giudizio�� di estimazione semplice meglio ed ancor pi� del 
giudice ordinario e che anzi proprio l'impiego di conoscenza ed esperienza 
da parte di un organo specializzato giustifichi la sottrazione delle questioni 
di estimazione semplice dalla giurisdizione dell'A.G.O. 

. ' 

Nffffm@fffffffilfffillffBffff@Mff:fil"fffffiffffff:ff:ifff&ifffff@fff@Kf@@filfffififI@MffffMxlmMW%%ilifffffffif.1.fillfill1Efifi'B 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 649 

. La problematica concernente l'efficacia della dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale, dopo la pubblicazione della sentenza che la contiene, 
sui pregressi rapporti giuridici di diritto pubblico, privato o processuale, 
definitivi oppure non ancoca esauriti, con effetti istantanei, 
oppure differiti, frazionati, periodici, permanenti ecc., si � arricchita 
recentemente di ulteriori preziosi apporti dottrinali e giurisprudenziali. 
Ci� specialmente in relazione ai limiti della retroattivit� o (secondo lo 
opposto punto di vista) della irretroattivit� di tale declaratoria in base 
alla esegesi delle predette norme fondamentali (art. 136 Cost., 1 legge 
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 30 3� cornrna legge ord. 11 marzo 
1953, n. 87). 

Non soltanto devesi ormai escludere, nella soggetta materia, l'assimilabilit� 
di detta efficacia ad una abrogazione, non ricorrendo un caso 
di �ius 1superveniens � propdo di una disposizione abrogatrice, normalmente 
sostitutiva, che d� luogo ai ben noti problemi di diritto transitorio, 
ma viene progressivamente abbandonato anche il tentativo, agitatosi 
specialmente nella dottrina, di ricorrere ai concetti di inesistenza (da 
taluno negato specialmente in diritto amministrativo), nullit� o annullabilit�, 
propri dei negozi giuridici di diritto privato o degli atti amministrativi. 
Infatti questi istituti hanno uno specifico riferimento alla mancanza 
di requisiti essenziali od alla sussistenza di vizi originari dei negozi 

o degli atti con il conseguente effetto retroattivo della loro dichiarazione 
di nullit� o di annullamento. 
Evidente appare la particolare difficolt� di poterli adattare ai rapporti 
sorti in base ad una legge che, nel momento della sua applicazione, 
doveva ritenersi vigente e valida, come si evince significativamente dalle 
accennate disposizioni, secondo le quali, in seguito alfa dichiarazione 
d'illegittimit� costituzionale, la norma cessa di avere efficacia dal giorno 
successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale. 

Si � prospettato all'attenzione degli interpreti -in base aU'espressione 
letterale della legge n. 87 del 1953 (art. 30 3� cornrna) secondo 
cui la norma dichiarata illegittima non pu� avere applicazione dal giorno 
successivo alla pubblicazione predetta -il criterio del,Ja cosidetta � disappUcazione 
�, intesa come uno strumento intermedio fra l'annullamento 
con effetti retroattivi e l'abrogazione con effetto � ex nunc � . ed 
implicante in s� il concetto che non possa, in ogni caso, parlarsi di invalidit� 
�originaria della norma. 

Trattasi di una costruzione concettuale non suscettibile di inquadramento 
nei tradizionali istituti concernenti i limiti di efficacia o validit� 
delle norme giuridiche ed avente :piuttosto un certo carattere d'empirismo. 
Essa tuttavia, trovando una sua collocazione logica non in contrasto 
con il concetto di annullamento propido del giudizio incidentale 



650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di costituzionalit�, consente di escludere l'adozione dei rigidi criteri di 
retroattivit� o irretroattivit� assolute, da respingersi ambedue. 
La norma dichiarata illegittima, secondo questa concezione, non 
soltanto deve essere disapplicata �ex nunc �, ma anche, in tutto o in 

1

parte, �ex tunc �, 1se ci� discenda come necessaria esigenza dalla sua 
natura o dalla disciplina in essa contenuta, oppure dall'indole e dalla 
portata del precetto costituzionale violato, nonch� del rapporto instauratosi. 


Non pu� infatti escludersi �a priori� che l'incompatibilit� fra il 
precetto costituzionale e quello proprio della disposizione ritenuta illegittima 
sia tale da travolgere anche rapporti gi� definiti, ed i loro effetti 
perm~enti, quando la sopravvivenza degli stessi si riveli in contrasto 
non sanabile, anche per il passato, con la norma della Costituzione. 

A questa ipotesi estrema e rara, e tuttavia astrattamente configurabile, 
con conseguente efficacia �ex tunc � della pronunzia di illegittimit� 
della norma, altre se ne possono prospettare attenua-te e diverse. Ci� 
avviene qualora ~ppunto la disciplina prevista nella norma illegittima, 
la natura del rapporto dalla stessa nascente e quella del precetto costituzionale 
violato comportino la caducazione dei soli effetti non definitivi 
ed anche, nei rapporti �in itinere�, la 1sofa caducazione degli atti successivi 
alla pubblicazione della sentenza di incostituzionalit�, fermi restando 
quelli anteriori, che, nell'ambito loro proprio, pur sempre compreso 
nella pi� ampia cornice del rapporto considerato, hanno esaurito 

l in tutto o in parte i loro eventuali effetti costitutivi, estintivi, traslativi 
e modificativi. 

I

Una significativa applicazione di questi generaJ.i concetti, con loro 
particolare approfondimento, � stata effettuata in tema di imposta sull'inbremento 
di valore delle aree fabbricabili (Cass., Sez. Un., 25 novembre 
1969, n. 3823), fissandosi il .pdncipio secondo il quale non sono 
pi� dovute, anche se iscritte a ruolo, le rate d'imposta non ancora scadute 
nel giorno della pubblicazione della sentenza dichiarativa deH'illegittimit� 
costituzionale della norma, sulla cui base era.si instaurato il 
rapporto tributario e, �se corrisposte, sono ripetibili. Viceversa nessun 
effetto pu� essere attribuito alla stessa sentenza rispetto al gi� avvenuto 
pagamento del tributo o delle rate scadute in seguito ad accertamento 
divenuto definitivo nella vigenza della norma successivamente riconosciuta 
illegittima. 

Ci� perch� n� il contenuto di detta norma, n� quello del precetto 
costituzionale violato, sono di tal natura da importare deroga al prin.
cipio di validit� della norma stessa, prima d'essere stata dichiarata illegittima. 


Ecco dunque spiegato il senso del concetto di �disapplicazione�, il 

quale, lungi dall'invalidare � ab origine � la norma riconosciuta succes




PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 651 

sivamente in contrasto con la Costituzione~ si dimostra tuttavia suscettibile, 
a seconda dei casi, dii effetti retroattivi pi� o meno limitati. 
Questi rilievi, non par dubbio, trovano, nella specie, utile applicazione. 


Infatti le dedotte cause di illegittimit� costituzionale investirebbero, 
se fossero in ipotesi ritenute fondate, il procedimento davanti alle Commissioni 
tributarie, gii� esauritosi, in base alla vigente disciplina, in tutte 
le sue varie fasi, alle quali hanno fatto seguito ben due gradi di giuri
�sdizione ordinaria con identico oggetto. 

Nessuna ragione di deroga al principio di operante validit� delle 
norme impugnate, fifi:o alla loro dichiarazione di incostituzionalit�, ricorre, 
in materia processuale, per ritenere un effetto assolutamente retroattivo 
di detta dichiarazione. 

Questo effetto non si verifica n� in base al rapporto processuale 
tributario instauratosi davanti alle Commissioni, n� a causa delle norme 
che lo reggono e neppure del precetto costituzionale, con il quale, secondo 
i ricorrenti, si porrebbero in contrasto. 

Infatti, a parte ogni considerazione sul valore del principio �tempus 
regit actum � proprio del diritto transitorio in materia processuale e sul 
generale disfavore dell'ordinamento verso ogni forma di retroattivit�, 
la pretesa inconciliabilit� del precetto costituzionale con le norme sulla 
composizione delle Commissioni e la nomina e l'indipendenza dei loro 
componenti, quand'anche in via ipotetica si volesse ritener sussistente, 
non sarebbe di grado ed intensit� tali da proiettarsi nel passato fino ad 
invalidare atti e fasi del procedimento, che avessero gi� raggiunto il 
loro naturale obiettivo o dovessero considerarsi esauriti limitatamente 
all'ambito loro proprio. 

Diverso sarebbe il caso qualora l'incostituzionailit� fosse stata opposta, 
prima della formazione del,l'atto, proprio al fine di evitarne il 
compimento in base a norme ritenute non conformi all'ordinamento 
costituzionale. In detta ipotesi la palese rilevanza della questione importerebbe 
necessariamente la retroattivit� delia declaratoria di illegittimit� 
deHa norma e quindi dell'atto in ibase ad essa compiuto, ma non oltre 
questo limite temporale. 

Che il contestato effetto retroattivo non possa profilai'�si al di fuori 
dell'ipotesi ora accennata, appare tanto pi� vero in tema di controversie 
tributarie, ricche di tanti gradi di giurisdizione speciale ed ordinaria, in 
quanto si tratterebbe pur sempre di vizi di attivit�, suscettibili d'essere 
corretti o sanati nelle ulteriori fasi deil processo e, normalmente, incapaci 
di incidere in senso negativo sul rapporto di diritto sostanziale. 

Ben P.i� intetnSa si rivela, di solito, l'incidenza della illegittimit� su 
quest'ultimo rapporto, alla cui tutela � preo11dinata strumentalmente la 



,'};

652 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disciplina del procedimento, molto spesso incapace -per se stessa 

dd influenzarne in modo irrimediabile l'esito finale. 

Esito, che potrebbe invece risultare profondamente alterato o modificato 
se gli atti anteriori, malgrado la loro inscindibtlit� genetica o funzionale 
con quelli successivi del medesimo rapporto, non si dovessero 
ritenere travolti dalla dichiarazione di illegittimit� costituzionale intervenuta 
�medio tempore � fra gli uni e gli altri. 

Ben ,si pu� dunque affermare, nella specie, J.a irrilevanza della questione, 
sollevata !Peraltro dopo due gradi di giurisdizione ordinaria al 
trasparente scopo di travolgere l'intero lunghissimo giudizio e capovolgerne 
la sfavorevofo.soluzione. 

Questo orientamento non � confortato soltanto dalle richiamate sentenze 
delle Sezioni Unite, ma anche da altre precedenti (ad e:s. 2'4. apdle 
1968, n. 1251, 17 maggio 1968, n. 1546, 21 giugno 1968, n. 2072,, 11 dicembre 
19'65, n. 5 (quest'ultima delle Sez. Un. penali), ispirate al principio 
di conservazione ed economia processuale nel pres.ervare l'attivit� 
svolta ed esaurita in precedenti fasi e gradi del giudizio. 

La stessa Corte Costituzionale (decisione n. 30 del 1967) ha avvertito 
che l'illegittimit� della composizione della giunta provinciale amminitsrativa 
non ha rilevanza sulle decisioni dalla stessa pronuniiiate in ma~ 
teria elettorale e n9n preclude J.a prosecuzione del giudizio nei successivi 
gradi. 

Occorre dunque esaminare il merito del ricorso, concentrato nel 
terzo motivo. 

Si sostiene in esso che erroneamente la Corte di merito avrebbe 
ritenuto trattarsi, nella specie, di estimazione semplice anzich� di estimazione 
complessa, la quaJ.e ricorrerebbe anche quando viene in considerazione 
l'applicazione e violazione di massime di esperienza e di norme 
tecniche generali costituenti le premesse della estimazione. Nell'.esercizio 
della tonnara l'ammontare ~lelle spese costituirebbe un dato fisso e costante 
indipendente dal risultato della pesca, tenuto conto che le spese 
stesse ,sarebbero determinate dall'impiego di materiale, mezzi e mano 
d'opera secondo sistemi tradizionali non suscettibili di variazioni rilevanti. 
Non sarebbe quindi configurabile, dn base all'esperienza, la possibilit� 
di una spesa, che si riduca sensibilmente rispetto a quella degli 
anni precedenti, fino a1la met� ed anche oltre. 

Il motivo � manifestamente infondato. 

� il caso anzitutto di ricordare che l'ammontare delle spese per 
l'anno 1951 venne fissato in L. 8.595.436 dalla Commissione provin-. 
ciale, rispetto a L. 7 .923.000 relative all'anno precedente, per il quale 
non v'� pi� contrasto. Differenza dunque veramente modesta, che ben 
poco influ� sulla determinazfone del reddito imponibile, la cui sensibile 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 653 

variazione in pi� rispe.tto al 1950 deriv� essenzialmente da.I maggior 

reddito lordo conseguito nel 1951. 

Risulta dunque inesatto il rilievo contenuto nel ricorso circa un 

.eccessiV'O divario nella determinazione delle spese dell'uno rispelt.to 

all'altro anno, gli unici che interessano in questo giudizio. 

Tali considerazioni, derivanti da una mera constatazione di quanto 

risuil.ta dagli atti, validamente contribuiscono a confermare l'opinione 

dei giudici di merito circa il carattere di estimazione semplice della 

controversia. 

Nel tentativo di volerla riportare nell'ambito di un giudizio di valore 

di natura complessa, onde sottrarla al suo giudice naturaile, i ricorrenti 

non soltanto sono ricorsi ad affermazionti. che non trovano, come si � 

detto, un preciso riscontro negli atti, ma invocano l'applicazione e la 

violazione delle norme di esperienza, intese come premessa necessaria 

dell'estimazione. 

Senonch� � facile. osservare che la semplice operazione aritmetica 

di detrazione delle spese dal 'reddito lordo, ed, a maggior ragione, quella 

di accertare, con indagine di mero fatto, l'ammontare delle spese stesse, 

non costituiscono certo interpretazione di norme generali, sia pure di 

esperienza, che importino un giudizio di valore cio� un apprezzamento 

di carattere giuridico. � 

A nulla rileva, in proposito, che certi oneri o spese abbiano carat


tere pressoch� costante. � questo infatti un fenomeno comune a qual


siasi tipo di attivit� industriale o commerciale, essendo evidente come 

certi oneri, derivanti da fattori insuscettibili di variazione, restino fermi 

nel tempo in modo quasi invariato (canoni, ammortamento, manuten


zione locali, etc.), mentre altri subiscono continue modifiche, in rela


zione specialmente alle oscillazioni pi� o meno intense del mercato 

(costo del lavoro, delle materie prime, dei servizi e cosi via). La circo


stanza materiale che in talune attivit� l'ammontare delle spese, data 

la loro natura, subisca variazioni minori (o maggiori) che in altre, non 

trasforma certo il fenomeno in una specie di �massima di esperienza�, 

la quale richieda un processo pi� o meno complesso di interpretazione, 

ma costituisce semplicemente un dato di fatto, del quale l'accertatore 

terr� conto ai fini della sua indagine, pur sempre limitata ad attivit� 

meramente accertative e non certo esegetiche. 

Diversa deve essere ritenuta, secondo il costante orientamento di 

questa Suprema Corte, la cosidetta estimazione complessa e, come risulta 
. dal testo, �l'applicazione della legge�, nella quale rientrano soltanto 
quelle questioni, che si rusolvono in operazioni di esegesi giuridica, quali 
sono l'identificazione dei vizi del processo di accertamento, della natura 


del cespite onde riconoscerne o meno l'imponibilit�, di una decadenza, 

della prescrizione applicabile, del significato e portata di leggi, regola



654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

menti, sentenze, atti amministrativi o negozi giuridici e cosi via (sentenza 
565/1969). 

Non rentrano certamente in tale ambito n� la mera indagine sulla 
sussistenza, in concreto, di una spesa, onere e perdita oppure di un 
reddito lordo, n� �l'operazione semplice di dedurre la prima dal secondo, 
al fine di determinare quantitativamente l'imponibile. -(Omissis). 

CORTE DI APPELLO DI BRESCIA, Sez. Civ., 16 gennaio 1970, n. 11 -
Pres. Loguercio -Est. Carratello -Banca PkcoJo Credito Bergamasco 
(avv. Tedeschi e Mesiano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Raffa). 

Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� inerenti alla produzione 
del reddito -Pagamento da parte degli istituti di credito 
dell'imposta di r. m. cat. A sugli interessi dovuti ai depositanti 
e tn.f!.ncato esercizio dell'azione di rivalsa -Detraibilit� dal reddito 
di ricchezza mobile cat. B -Esclusione. 

Essendo gLi Istituti di Credito tenuti al pagamento deU'imposta di 

R.M. -Cat. A -sugLi interessi in qualit� di sostituto di �imposta e riconoscendo 
La Legge agli Istituti medesimi il diritto di rivaLsa med~ante 
ritenuta, iL pagamento dell'imposta non costituisce, in s�, giuridicamente 
una spesa, in quanto fa sorgere un credito degLi Istituti verso il depositante. 
Tale credito pu� essere realizzato dagli Istituti o mediante ritenuta 
al momento del pa.gamento degli interessi oppure in wn momento 
successivo, in forza dei principi generali (art. 1203, n. 3 e.e.). Nel caso 
in cui gli Istituti di Credito rinuncino a far valere La rivalsa ed a recuperare 
il credito, noin pu� ugualmente ritenersi che gli Istituti sopportino 
una spesa in senso giuridico, detraibile, cio�, in virt� dell'art. 91 del 
t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, �ai fini della determinazione del reddito di 
Cat. B, proprio degli Istituti di Credito. Il mancato esercizio della rivalsa 
non ha il carattere di spesa � inerente � alla produzione del reddito, 
che gli Istituti di Credito producono con l'esercizio della loro normale 
attivit� e ci� in quanto manca il necessario collegamento tra 
mancato esercizio della rivalsa e (preteso) incremento della produzione 
del reddito. Nel mancato esercizio delLa rivalsa potrebbe, a tutto coincedere, 
ravvisarsi una perdita, che gli Istituti di Credito subiscoino al 
fine di raggiungere lo scopo di evitare la concorrenza fra loro. Trattan~ 
dosi di perdita, per�, noin pu� prescindersi dalla volontariet� o meno 
della rinuncia all'esercizio deUa rivaLsa, essendo l'elemento della volontariet� 
quello che distingue le spese dalle perdite, in relazione al citato 
art. 91 (1). 
(1) La Corte Bresciana si � giustamente adeguata, nella sentenza in 
rassegna, alla giurisprudenza, che pu� dirsi ormai consolidata, della Corte 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 655 

(Omissis). -1. -L'appellante sostanzialmente deduce: 

a) che il mancato esercizio del� rivalsa, da parte della Banca, a 
sensi dell'ultimo comma, lett. b) art. 127 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, d� 
luogo ad una spesa inerente alla produzione del reddito di categoria B 
della Banca, essendo diretta ad aumentare i depositi: come tale, � 
detraibile dal reddito lordo, in forza dell'art. 91 t.u. citat�; 

b) che la Banca �in via di fatto, sopporta sempre una passivit� 
pari all'interesse lordo -costituito dal netto v~rsato ai depositanti e 
dalla imposta ver:sata all'Erario -qualunque registrazione contabile 
venga posta in atto �; 

e) che il pagamento dell'imposta di rivalsa costituisce pur sempre 
una spesa di produzione, anche� come � parte dell'annualit� passiva �, in 
�quanto dalla Banca sopportata per l'acquisto dei mezzi finanziari, allo 
stesso titolo degH interes,si pagati ai depositanti, �senza che tale immanente 
caratteristica di spesa inerente alla produzione del reddito mobiliare 
di esercizio possa ritenersi alterata a causa del mancato esercizio 
della rivalsa, di fatto dalle Banche operata per compensazione �; 

d) che, trattandosi di rivalsa facoltativa, il creditore (sostituto 

d'imposta) � pu� liberamente disporre del credito, sia facendone l'ab


buono, sia riscuotendolo ail.l'atto del pagamento del reddito mediante 

ritenuta, sia, in caso di mancata ritenuta, nei modi ordinari. Nel caso 

di rivalsa facoltativa, al sostituto, se incombe l'obbligo di pagare nomine 

proprio l'imposta, non d.ncombe l'obbligo di pagarla con somme prele


vate dagli averi del terzo �. 

2. -I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente dato il 
loro intimo legame, sono infondati. 
A norma dell'art. 127, ult. comma, lett. b), t.u. cit., �sono obbligati 
al pagamento dell'imposta� di cat. A con facolt� di rivalersene verso i. 
reddituari mediante ritenuta: ... b) i soggetti tassabili in base a bilancio 
e le aziende ed istituti di credito per gli interessi e premi dovuti, aventi 
natura di redditi di capitale �. 


di Cassazione (Cass. Romana, 24 febbraio 1902, in Foro it., 1902, I, col. 759; 

Cass., I Sez. 24 novembre 1927, n. 3672, in Riv. legisl. fisc. 1928, 241; Cass. I 

Sez., 7 maggio 1963, n. 1115, in Giur. it., 1964, I, 1, col. 822; Cass., Sez. Un., 

12 gennaio 1967, n. 125, in questa Rassegna, 1967, 1, 645). 

La Corte Bresciana ha, peraltro, aggiunto una ulteriore argomentazione 

a quelle svolte nelle sentenze della Corte di Cassazione, in relazione a � 

nuove deduzioni prospettate dalla Banca di piccolo credito bergamasco. 

Ha affermato la Corte che gli accordi interbancari e quelli, in ipotesi, 

intercorsi fra gli Istituti di Credito ed il depositante, in forza dei quali gli 

Istituti si obbligano a non rivalersi dell'imposta pagata sui depositanti, 

non possono essere opposti all'Amministrazione. Si tratterebbe, in tal caso, 

di un contratto in danno del terzo (Amministrazione Finanziaria), rispetto 

al quille il contratto stesso non potrebbe produrre effetti, in forza dei 

principi generali, (art. 1372 comma secondo e.e.). In virt�, infatti, del


12 



656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rill 

A sensi, poi, dell'art. 91, �il reddito netto � costituito dalla diffeI 
renza tra l'ammontare dei ricavi lordi che compongono :LI reddito sog


l 

getto all'imposta e l'ammontare delle spese e passivit� inerenti alla 
produzione di tale reddito �. 

It 

L'appellante sostiene che, in v�rt� di accordi interbancari, gli tstituti 
di credito, corrispondendo gli interessi ai depositanti, rinunziano a far 

I 
valere la rivalsa, loro concessa dall'art. 127, al fine di incrementare i 
depositi e, quindi, la produzione del reddito: da ci� consegue, conclude 
la Banca, che il mancato esercizio della rivalsa, essendo rivolto ad incre-' 
mentare la produzione del reddito, costituisce una spesa, la quale deve 
essere detratta nella valutazione del reddito di categoria B della Banca, 
a sensi dell'art. 91 [motivi sub a) b) e c)]. 

La questione che � all'esame della Corte � stata oggetto di ripetute 
decisioni da pa,rte de1l Supremo Collegio (Cass. 5 maggio 1963, n. 115; 
Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125), -il quale ha costantemente 
affermato che non possa ravvisarsi il carattere di spesa detraibile ex 
art. 91 nel mancato esercizio della rivalsa, da parte delle Banche. 

Questo Collegio � di avviso che ricorrano fondate ragioni per seguire 
l'indirizzo segnato dalla Corte regolatrice. 

Si osserva, anzitutto, che, essendo _la Banca tenuta al pagamento 
dell'imposta di categoria A sugli interessi in qualit� di sostituto d'imposta 
e riconoscendo la legge alla stessa il diritto di rivalsa mediante 
ritenuta, il pagamento dell'imposta non cos.tituisce, in s�, giuridicamente, 
una spesa, in quanto fa sorgere un credito della Banca verso il depositante. 
Tale credito pu� essere realizzato dalla, Banca o mediante ritenuta 
al momento del pagamento degli interessi oppure in un momento 
successivo, in forza dei principi generali (art. 1203, n. 3, c..c.). 

Nel caso in cui la Banca rinunci a far valere� la rivalsa ed a recuperare 
iii. suo credito, non pu� egualmente ritenersi che l'Istituto sopporti 
una spesa in senso giuridico, detraibile, cio�, in virt� dell'art. 91, 
ai fini della determinazione del reddito di categori~ B, proprio della 
Banca. 

l'art. 127 del t.u. sulle Imposte Dirette 29 gennaio 1958, n. 645, l'imposta di 

R. M. sugli interessi corrisposti ai depositanti ha come soggetto passivo il 
depositante e come sostituto di tale imposta gli Istituti di Credito. Questi 
ultimi, pagando l'imposta, hanno facolt� di rivalersene o meno sul soggetto 
passivo, ma non possono, rinunziando alla rivalsa in forza di un patto interbancario 
o con il depositante, riversare sulla Amministrazione, in tutto o 
in parte, l'importo della imposta pagata: tale, invero, sarebbe l'effetto 
della rinunzia e della tesi che considera come spesa � inerente � alla produzione 
del Teddito il mancato esercizio della rivalsa in applicazione degli 
accordi citati. I predetti accordi, per l'effetto che producono, cagionano un 
pregiudizio giuridico alla Finanza, poich� questa, in conseguenza dei detti 
accordi, verrebbe a perdere in gran parte l'imposta di Cat. A, la quale 

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 657 

Non pu� dirsi sicuramente dimostrato che la corresponsione degli 
interessi al netto dell'imposta di ricchezza mobile costituisca una spesa 
diretta ad incrementare i depositi e, quindi, la produzione del reddito. 

Non �, cio�, dimostrato che il depositante, in tanto deposita i suoi 
risparmi in Banca, in quanto gli vengono corrisposti gli interessi ail 
netto (con accollo dell'imposta, da parte della Banca). 

Come esattamente rileva la difesa dell'Amministrazione, pod.ch� � 
noto che gli interessi corrisposti dalle Banche sono i pi� bassi rispetto 
a tutte le a�tre forme di investimento (Buoni Postali, Obbligazioni, Cartene 
Fondiarie, Buoni del Tesoro, ecc.), deve logicamente ritenersi che 
colui, il quale deposita il suo denaro in Banca, ag1sce per ragioni diverse 
dalle modaJ.it� di pagamento degli interessi (opera, invero, per poter 
disporre liberamente e senza intralci delle somme depositate): se cosi 
non fosse, se, cio�, U risparmiatore tenesse presente, in modo determinante, 
la> circostanza del pagamento degli interessi (al lordo, o al netto, 
dall'imposta di R. M.), si orienterebbe verso altre forme �pi� redditizie 
di investimento � e non verso il deposito bancario. 

Ne consegue che il mancato esercJzio deUa riva'1sa nOill ha il carat


tere �di spesa �inerente� alla produzione del reddito, che le Banche 

producono con l'esercizio della loro normale attivit�; e ci� in quanto 

manca il necessario �Collegamento tra mancato esercizio deHa rivalsa e 

(preteso) incremento della produzione del reddito. 

Nel mancato esercizio della rivalsa p.otrebbe, a tutto concedere, rav


visarsi una � perdita �, che le Banche subiscono al fine di raggiungere lo 

scopo di evitare la concorrenza fra loro (e questo �, con molta proba


bilit�, il vero fine del c.d. cartello bancario). 

Trattandosi di perdita, per�, come il Supremo Collegio ha sicura


mente dimostrato, non pu� prescindersi dalla volontariet�, o meno, della 

rinuncia all'esercizio della rivalsa, essendo l'elemento della voilontariet� 

quello che distingue le spese dalle perdite, ~n relazione al citato art. 91. 

E, poich� la rinuncia alla rivalsa deriva da un atto contrattuale 

(accordi interbancari ed accordi tra la Banca ed il depositante), deve 

sarebbe anticipata dagli Istituti di Cred,ito all'atto della corresponsione degli ' 
interessi ai depositanti, ma sarebbe, poi, detratta sotto forma di spesa di 
produzione nella determinazione del reddito di Cat. B proprio degli Istituti 
di Credito: ne verrebbe che, in tutto o in parte, l'imposta di Cat. A sugli 
interessi non sarebbe corrisposta n� dal soggetto passivo n� dal sostituto, 
ma passerebbe a carico dell'Erario, ente impositore. Vi sarebbe, in tal caso, 
un �salto di imposta., che, se pu� essere consentito dal Legislatore per 
ragioni di politica fiscale, non pu� certo ammettersi che si attui, determinando 
una evasione fiscale, in forza di accordi fra privati, i quali, sovvertendo 
gli inderogabili precetti della legislazione tributaria, accollino allo 
Stato (in quale proporzione non ha importanza) l'imposta dovuta dal privato 
(cfr. Nota della Redazione, in questa Rassegna, 1969, 1, 951). 



658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

necessariamente concludersi che � volontaria una rinuncia (ed �, quindi, 
esclusa dalla detrazione di cui all'art. 91), la quale non � imposta da 
alcuna nocrma� di legge, ma. � liberamente consentita nell'ambito deHa 
autonomia contrattuale. 

3. -Non solo il mancato esercizio della rivalsa non costituisce, in 
s� considerato, giuridicamente, una spesa, o una perdita, inerente alla 
0

produzione del reddito di categoria B della Banca,ma � da ritenere che 

gli accordi (interbancari o tra Banca e depositante), in v<irt� dei quali 

la prima rinunzia a chiedere il 'l'imborso dell'imposta di categoria A 

pagata sugli interessi, non siano efficaci nei confronti dell'Amministra


zione delle Finanze. 

Non vi � dubbio che la Banca sia obbligata, a sensi dell'art. 127, 

al pagamento dell'imposta gravante sugli interessi, nella qualit� di so


stituto di iitnposta, essendo s.oggetto passivo del tributo il depo,sitante, 

percettore degli interessi. 

Li0 si desume dall'art. 14 t.u. n. 645 in relazione all'art. 127 citato: 
�per la prima norma, ha diritto di rivalsa il sostituto d'imposta, cio� colui 

che � in forza di disposizioni di legge, � obhligato al pagamento dell'im


posta in luogo di altri �; per la seconda, gli Istituti di Credito � sono 

obbligati al pagamento dell'imposta con facolt� di rivalersene verso i 

reddituari mediante ritenuta�. 

Dal coordinamento delle due-disposizioni emerge che il soggetto 

passivo dell'imposta di categoria A sugli interessi � il depositante, e che 

la Banca �in quanto alla stessa � accordato il diritto di rivalsa�, ha 

soltanto la posizione di sostituto d'imposta. 

�, poi, certo che, mentre il 1� comma dell'art. 127 disciplina una 

ipotesi di rivalsa obbligatoria, il 3� comma (relativo, alla lett. b, agli 

istituti di credito) regola un caso di rivalsa facoltativa (�con facolt� 

di rivalersene mediante ritenuta�). 

Ci� premesso, si rileva che la facoll.tativit� della rivalsa importa che 

la Banca � libera di esercita.ria, o meno (a differenza dell'ipotesi di cui 

al primo comma dell.'�rt. 1127), essendo indifferente per l'ordinamento 

giuridico che la Banca recuperi l'imposta pagata sugli interessi o me


diante riten'uta all'atto del pagamento di questi o in un momento succes


sivo, a norma de1l'art. 1203, n. 3 e.e. La facolt�, accm:-data alle Banche, 

non pu� spingersi oltre, come pretende l'appellante, in particolare con 

il quarrto motivo. 

La Corte ritiene �che gli accor:di, in forza dei quali la Banca si 
obbliga a non rivalersi dell'imposta pagata sul depositante ed a chiederne 
la detrazione dal proprio reddito lordo, ai fini deilla determinazione del 
reddito netto assoggettabile all'imposta di R. M., categoria B, non possano 
essere opposti all'Amministrazione. 


PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 659 

Sii. tratta, invero, d.i un contratto in danno del terzo (Amministrazione 
Finanziaria), rispetto al quale non produce effetti, in forza dei 
principi generali (art.. 1372, comma 2� e.e.). 

Si ha, secondo la pi� autorevole dottrina, un contratto in danno del 
terzo, quando il negozio arreca, o tende �/-d arrecare, un pregiudizio 
giuridico al terzo rima.stovi estraneo, poich� lede gli interessi dei quali 
questo � titolare, anche se non � specificamente diretto a conseguire tale 
risultato. 

�, poi, irrilevante che la lesione dell'interesse altrui derivi non da 
un fatto positivo, bensi da un comportamento negativo (astensione; rinunzia), 
come � dimostrato dal disposto dell'art. 2899 e.e. 

Accennato ci�, � da ritenere che il patto, in forza del quale la Banca 
rinunzia a ripetere il'imposta di categoria A sugli interessi, non pu� 
vincolare l'Amministrazione delle Finanze (art. 1372, cpv. e.e.) per la 
ragione decisiva che il patto arreca, o tende ad arrecare, un pregiudizio 
giuridico alla Finanza. 

� da tener presente, infatti, che, in virt� del citato art. 127, l'imposta 
di R. M. sugli interessi da depositi bancari ha come soggetto passivo 
il depositante e come sostituto di tale imposta la Banca. 

Quest'ultima, pagando l'imposta, � ha facolt� di riva1ersene, o 
meno� sul 'soggetto passivo, �ma non pu��, rinunziando alla rivalsa in 
forza di un patto inte11bancario e con il depositante, � riversare sulla 
Amministrazione�, in tutti;> o in parte, �l'importo dell'imposta pagata�: 
tale, invero, � l'effetto della r.inunzia e della tesi che considera come 
spesa � inerente � alla, produzione del reddito il mancato esercizio della 
rivalsa, in applicazione degli accordi, pi� volte citati. I predetti accordi, 
per l'effetto che producono, cagionano un � pregiudizio giuridico � alla 
Finanza, poich� questa, in cons�eguenza di essi, verrebbe a perdere in 
gran parte l'imposta di categoria A, la quale:� 1) � sarebbe anticipata 

I 
dalla Banca � all'atto della corresponsione degli interessi al depositante; 
2) � ma sarebbe, poi detratta sotto forma di spesa nella determinazione: 
del reddito di categoria B �, proprio della Banca: ne verrebbe che, in 

I 

tutto o in parte, l'imposta di categoria A sugli int�r�essi non sarebbe 
I!

corrisposta n� dal soggetto passivo n� dal sostituto, ma passerebbe a 

� 

(

carico dell'Erario, ente impositore. 

l

A questo punto, appare evidente che la Banca ed i privati possono 
j�

disciplinare nel modo che meglio ritengono le modalit� dell'esercizio 
della rivalsa ex art. 127, ma non possono interferire sulla posizione del i 

! 

terzo (Amministrazione Finanziaria), non avendo legittimazione ad inci,) 


j

dere sui diritti e sugli interessi di quest'ultimo. l, 
Se si dichiarasse, secondo l'assunto dell'appellante, la liceit� della 

! 

inclusione della imposta de qua tra J.e spese detraibil.i a sens,i dell'art. 91, 

I 

in forza dei citati accordi, si verificherebbe, come .� stato acutamente 

l 

I 



660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

osservato da una recente dottrina, �un salto di imposta�, perch�, per 
la parte corrispondente alle c.d. spese detraibili, n� il soggetto passivo 
n� il sostituto pagherebbero l'imposta sugli interessi, la quale sarebbe 
compresa tra le spese inerenti alla produzione del reddito. 

Or, se il legislatore, per ragioni di politka fiscale, pu� talora con


sentire che si verifichino duplicazioni o salti di imposta, non pu� certo 

ammettersi che siffatti anormali effetti si attuino in forza di privati 

accordi, i quali, sovvertendo gli inderogabili precetti della legislazione 

fiscale, accollino allo Stato (in quale proporzione non ha importanza) 

l'imposta dovuta dal privato. 

A quanto .si � detto � da aggiungere che due sono i rappOTti tributari 

nei riguardi della Finanza: l'uno, relativo al pagamento dell'imposta di 

R. M., categoria A, sugli interessi dei depositi bancari, e l'altro, relativo 
all'imposta di R. M., categoria B, dovuta dalla Banca sul reddito derivante 
daffesercizio dell'impresa commerciale. I due rapporti sono, e. 
debbono rimanere, distinti:. l'imposta di categoria A � commisurata al 
II,:<

reddito del soggetto passivo (depositante e perdpiente gli interessi), la 

;j 

imposta di categoria B � in relazione al reddito dell'impresa bancaria. 

La COTte di Cassazione (Sez. Un. 1967, n. 125) ha rilevato che � H 

rapporto tributario, di fronte al fisco, resta immutato ed indipendente dal ' 

soggetto passivo chiamato a risponderne, quando l'eventuale diversit� 

del soggetto non sia idonea a modificare l'intima natura del reddito col-ml 

it;j

pito �. 

Dalle esPoste premesse, necessariamente consegue: a) che la sosti


tuzione di imposta per la R. M., categoria A, non pu� influenzare, nel 

caso di rinunzia alla r.ivalsa, il distinto rapporto di imposta di R. M., 

I 

categoria B; 
b) che, nel caso di mancato esercizio della rivalsa, � gli effetti 


IW,

si esauriscono nell'ambito del rapporto a cui la rival.sa si riferisce (R. M., 

~~ 

cat. A)�, sicch� H sostituto, che vi ha rinunziato, non pu� chiedere la f"g 
riduzione dell'imposta a suo carico, dovuta in foTza di un titolo separato I 


(R. M., cat. B); 
I �

~ 

e) che, �nulla rilevando la sorte riservata alla rivalsa nell'economia 
generale dell'impresa bancaria � (Cass.. Sez. Un. cit.), l;:i Banca 
non pu� utilizzare, con accordi privati, lo stTumento tecnico della sosti


II

tuzione (voluta al fine di una pi� sicura e sollecita percezione dell'im


posta sugli interessi da parte della Finanza) allo scopo di conseguire una , ' 

I 
.
detrazione ed una riduzione d'imposta nell'ambito del proprio e distinto 

rapporto tributario (R. M., categoria B). ~~ 

Per quanto si � detto, l'appello va, sotto ogni aspetto, rigettato. 

(Omissis). 

I 

r 

&7~~ 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1969, n. 2668 -Pres. Rossano 
-Est. Perrone-Capano -P. M. Gentile (conf.) -Amm. Prov. 
Ancona (avv. Ascoli) c. Impresa Borghi (avv. Andriani �e Nicolai). 

Arbitrato -Arbitrato rituale e irrituale -Distinzione -Volont� delle 
parti -Elementi decisivi. 

La distinzione tra arbitrato rituale ed arbitrato irrituale va ricercata 
nella volont� delle parti, che nell'arbitrato rituale � diretta ad 
investire gli arbitri di una funzione giurisdizionale, al fine di ottenere 
una decisione destinata ad acquistare, col decreto di esecutoriet� del 
pretore, un'efficacia sostanzialmente identica a quella della sentenza 
pronunciata dal giudice, mentre nell'arbitrato irrituale � diretta ad attribuire 
agli arbitri, in qualit� di mandatari e non di giudici, il compito 
di definire in via negoziale le contestazioni insorte fra le parti, in ordine 
ad un determinato rapporto giuridico, mediante una composizione transattiva, 
o mediante un negozio di mero accertamento, e cio� mediante 
un'attivit� sostitutiva di quella che sul piano contrattuale potre�bbero 
svolgere le parti medesime, le quali si impegnano a considerare la decisione 
degli arbitri come espressione della propria volont�, obbligatoria 
e vincolante (1). 

(1) La sentenza, il cui testo pu� leggersi in Foro it., 1969, I, 3061, 
merita di essere segnalata in particolare per la precisazione in essa contenuta 
degli indici in concreto rivelatori dell'uno o dell'altro tipo di arbitrato 
(rituale e irrituale). 

Il criterio, affermato nella prima massima per distinguere i due tipi 
di arbitrato, poggia sulla intuizione �Che diversi siano nei due casi l'attivit� 
degli arbitri e il modo attraverso il quale avviene la composizione 
della lite: e cio� che nell'arbitrato rituale si abbia una attivit� logica 
identica a quella del giudice e nell'arbitrato irrituale un'attivit� formalmente 
e materialmente identica a quella che potrebbero svolgere le parti. 



662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Al fine di accertare se in concreto ricorra l'una o l'altra figura di 
arbitrato, non riLeva n� che gli arbitri siano stati qualific,ati come amichevoli 
compositori e siano stati investiti del potere di decidere secondo 
equit�, n� che le parti non abbiano espressamente manifestato la volont� 
che la decisione degli arbitri abbia ed ottenga efficacia di sentenza. 

li;lementi rilevanti sono� invece la circostanza che l'arbitrato abbia 

o non il suo fondamento in una clausola compromissoria; la �considerazione 
o non degli arbitri come rappresentanti dell'una o deti'altra parte, 
autorizzati a manifestare una volont� nell'ambito meramente contrattuale; 
ta natura del rapporto sostanziale e la qualit� delle parti; l'at-
Se si fosse approfondito il discorso, la �contrapposizione avrebbe potuto 
essere espressa in termini pi� rigorosi, nel senso cio�, incisivamente evidenziato 
da SANTORo-PASsARELLI, (Negozio e giudizio, in Riv. trim. dir. e 
proc. civ., 1956, pag.-1197 .e segg.), che la diversit� sostanziale tra arbitrato 
rituale e arbitrato irrituale risiede nel fatto che la composizione della lite 
nel primo avviene attraverso l'accertamento (cio� attraverso un'attivit� 
logica identica a quella del giudice), mentre nel secondo avviene attraverso 
la disposizione della situazione esistente, (cio� attraverso una attivit� formalmente 
e materialmente identica a quella che potrebb~ro svolgere le 
stessa parti). La sentenza, invece, non essendosi impegnata ad approfondire 
questo punto, tralatiziamente finisce per mettere sullo stesso piano negozio 
di accertamento, transazione e arbitrato irrituale (in arg. cfr. VECCHIONE, in 
nota a Cass. 24 novembre 1960, n. 3134 in Giur. it., 1961, I, 1, 1075). 

Com'� stato notato (cfr. VASETTI, Arbitrato irrituale, in Nuovissimo 
Digesto Italiano, voi. 1/2, pag. 856), non pu� per� darsi eccessivo peso 
al rilevato accostamento, che nella giurisprudenza � mitigato dal riferimento 
ad un accertamento concretantesi in una composizione transattiva 
della lite, tornadosi cos�, sia pure implicitamente, ad ammettere che l'arbitrato 
irrituale postula un atto di disposizione. 

Verosimilmente l'equivoco deriva da una non sempre esatta nozione 

dell'accertamento negoziale" e della stessa transazione (in arg. cfr. SANTORO


PASSARELL, Accertamento negoziale e transazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 

1956, pagg. 1 e segg.) e dalla mancata considerazione che � la composizione 

dell1:1 lite mediante arbitrato irrituale non comporta necessariamente sacri


fici per entrambe 1e parti in lite, a differenza della transazione, caratteriz


zata dalle reciproche concessioni, proprio_ perch� l'intervento del terzo 

� l'alternativa, ancora sul piano negoziale, alla reciprocit� delle con


cessioni� (SANTORO-PASSARELLI, Negozio e giudizio, loc. cit., p. 163; 'cfr. 

altres� NoRI, in nota a Cass. 6 marzo 1959, n. 369, in Acque, Bon., Costr., 

1959, pagg. 173 e segg., il quale acutamente rileva essere � chiaro che gli 

arbitri potrebbero non produrre alcuna modifica nella posizione reciproca 

delle parti, ma ci� si presenta come coincidenza e non come scopo d'el loro 

intervento �). 

D'altra parte, se si prescinde dalla rilevata distinzione sostanziale nei 

sensi dianzi posti, sembra insuperabile l'obiezione del SANTORO-PASSARELLI 

(op. da ultimo cit.) che �se l'arbitrato irrituale differisce dell'arbitrato 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERlA DI ACQUE, APPALTI ECC. 663 

teggiamento tenuto dagU arbitri e il comportamento delle stesse parti 
(2). 

rituale soltanto sotto l'aspetto formale, si dovrebbe, con certezza, negarne 
la legittimit�, perch� non potrebbe ammettersi che i privati si sottraggono 
all'�sservanza delle norme pubblicistiche� regolanti l'arbitrato �. 

(2) In ordine alla seconda massima e per quanto attiene all'indicazi�ne 
degli elementi rilevanti o meno ai fini di stabilire in concreto se si tratti 
di arbitrato rituale o irrituale, sembrano opportune alcune precisazioni, 
limitatamente ad alcuni degli indici considerati dalla sentenza e segnatamente: 
a) Designazione degli arbitri come � amichevoli compositori �. La 

espressione nell'art. 20 c.p.c. abrogato era usata per indicare gli arbitri 

secondo equit� e nella pratica � rimasta per esprimere l'autorizzazione agli 

arbitri rituali di pronu"nziare secondo equit�, che� pu� essere data a norma 

dell'art; 822 c.p.c. con qualsiasi espressione (cfr. ScHIZZEROTTo, op. cit., 

pag. 143). Sembrerebbe perci� indice di arbitrato rituale anzich� soltanto, 

secondo l'affermazione della sentenza, elemento non decisivo per l'indivi


duazione di un arbitrato irrituale. 

b) Attribuzione agli arbitri del potere di decidere secondo equit�. 

La decisione secondo equit� � compatibile solo con l'arbitrato rituale 

(arg. art. 822 c.p.c.) ed � invece incompatibile con l'arbitrato irrituale, atteso 

che il giudice, al quale � conferito dalla legge o dalle parti di decidere 

secondo equit�, non compie attivit� di disposizione (o negoziale) ma attivit� 

di giudizio o di accertamento anche se le norme che� � chiamato ad appli


care non sono quelle del diritto ma quelle dell'equit� (in arg. cfr. SANTORO


PASSARELLI, Negozio e giudizio, cit., pagg. 1166 e segg.). Sembrerebbe perci� 

indice rivelatore dell'arbitrato rituale e non elemento non decisivo all'op


posto fine. 

c) Mancata espressa previsione ad opera delle parti che la decisione 
"debba avere �efficacia di sentenza: � sicuramente irrilevante essendo la 

particolare efficacia del lodo un effetto dell'arbitrato rituale che non pu� 

essere assunto ad elemento distintivo. 

d) C~ausola compromissoria. Sembra incompatibile con l'arbitrato 
irrituale dovendosi escludere la validit�' di una clausola implicante un 
atto di disposizione in relazione ad una controversia che non � ancora 
sorta (in arg. dr. VECCHIONE, L'arbitrato nel sistema del processo civile, 
pagg. 80 e segg. Napoli, Morano, 1953). 

e) Qualit� delle parti. L'arbitrato irrituale non sembra ammissibile 
nei confronti della P.A., la quale non pu� demandare ad altri soggetti la 
formazione e l'espressione della sua volont� negoziale, al di fuori e in 
vio1azione delle norme che regolano il processo formativo della volont� 
della P. A. e i controlli preventivi e successivi in ordine agli atti della 

P.A. e ci� in specie rispetto ad atti che si sostanziano in negozi del tipo 
transattivo per i quali sono richiesti procedimenti e formalit� particolari 
(cfr. artt. 148, n. 10, r.d. 3 marzo 1934, n. 383). 
Sembra Quasi superfluo ricordare che � pacifica la natura rituale dell'arbitrato 
previsto dal capitolato generale d'appalto per le opere pubbliche 

(v. Relazione deil'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, voi. III, 
p. 503). 
A. FRENI 
. I 

Eilffmmfamr1&01rr�~mmtmff&rWl&f.iftrrfe111rmffffr1smrifffiltfill&mrr0rr00rrrnrrnrr1rrru1miffilfiilltlffrt&~ 



664 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 10761 -Pres. 
Paolicelli -Est. Verde -Impre,sa Quadrio Curzio (avv. Barbera) c. 
Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Del Greco). 

Appalto -Appalto di opere ferroviarie -Controversie fra l'appaltatore 
e 1'Amministrazione -Facolt� dell'appaltatore di adire il G. O. Esclusione. 


(Cap. gen. per l'es. lav. e forn. per conto FF. SS. appr. con del. Cons. A.mm. 

3 maggio-14 luglio 1922, mod. con d.m. 13 ottobre 1931, con d.m. 20 giugno 

1945, con d.m. 11 gennaio 1950 e con d.m. 30 luglio 1958, art. 14). 

IL Capitolato generale per l'esecuzione dei lavori pe1� conto della 
Amministrazione delle Ferrovie dello Stato in O'l''dine alla definizione 
delle controversie fra appaltatore e stazione a.ppaltante contiene una 
norma di jus singulare, dettata nell'esclusivo interesse dell'Amministrazione, 
in quanto, fermo restando il principio base� della competenza 
normale dell'A.G. e della competenza eccezionale del collegio arbitrale, 
la facolt� di devolvere la deCisione delle controversie a quest'uitimo � 
riservata unicamente all'Amministrazione, che pu� farla valere anche 
in via di eccezione nei confronti dell'appaltatore, che abbia adito il 

G.O. (1). 
(Omissis). -Rileva il Collegio che il primo esame deve essere 
portato sulla eccezione di caratte.r� pregiudiziale sollevata dall'Amministrazione 
convenuta, poich�, se la stessa dovesse trovare accoglimento, 
ogni esame delle altre questioni prospettate verrebbe ad essere precluso. 
Il Ministero dei trasporti ha eccep_ito la incompetenza dell'adito magistrato, 
essendo competente a conoscere della controversia un collegio 
arbitrale, e ci� in base ad una precisa clausola contrattuale. Giova, 
quindi, ricordare, anzitutto, iil testo dei patti stabiliti dalle parti nel 
capitolato particolare circa la definizione delle controversie: � art. 23 

'L'Amministrazione appaltante si riserva la facolt� di sottoporre al giudizio 
d'arbitri la decisione di qualsiasi contestazione e divergenza di 
qualunque natura, che fossero per insorgere fra essa e l'appaltatore in 
dipendenza dell'appa:lto, e l'appaltatore non pu� in nessun caso rifiutarvisi 
�. 

Dalla lettura di tale patto appare evidente che le parti hanno inteso 
tenere obbligata in ogni caso l'appaltatrice a sottoporsi all'arbitrato 

(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1946, n. 171, Foro it., 1946, I, 453 
e segg., ed ivi nota di riferimenti. 
In ordine alle affermazioni della sentenza in rassegna, sulla natura 
dei Capitolati generali, si richiamano quelle dello stesso Tribunale di 
Roma, contenute nella successiva sentenza, 7 aprile 1970, n. 2675, qui pure 
riportata (infra, 674), che ha chiaramente ribadito il carattere regolamentare 
delle condizioni generali d'oneri dello Stato, in conformit� alla giurisprudenza 
della Corte di Cassazione (v., di recente, Cass., 23 luglio 1969, numero 
2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 665 

e riservare alla stazione appaltante la facolt� di deferire tutte le questioni 
all'arbitro e al giudice ordinario. Resta, quindi, da esaminare se 
il patto cos� come voluto possa produrre effetti giuridici. In dottrina ed 
in giurisprudenza nell'argomento della formazione del consenso per la 
conclusione di negozi �giuridici si ritiene norma\l.mente la validit� delle 
proposte ferme e delle cosiddette opzioni, in base al 1principio generale 
della libert� delle parti di addivenire per gradi agli impegni diretti a 
realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. 

Nessuna disposizione imperativa di legge vieta che nella formazione 
del patto denominato clausola compromissoria le parti procedano 
per gradi; l'oggetto dell'accordo (impegno fermo di una parte v�erso 
l'altra di ricorrere agli arbitri) � lecito in quanto la stessa legge consente 
di compromettere le questioni. La causa si presume insita nehlo scopo 
pratico che l'appaltatrice si propone di raggiungere addivenendo al 
contratto di appalto portante clausole specifiche anche circa la definizione 
delle controversie. Non viene messo in essere un impegno che 
lasci la incertezza di .ricorrere agli arbitri ed al giudice contestualmente 

o promiscuamente, ma viene concretata la dichiarazione irrevocabile 
di una parte di compromettere tutte le questioni e la dichiarazione 
dell'altra, di accettare o meno la proposta ferma. 
La clausola compromissoria preveduta nella legge � negozio giuridico 
bilaterale, in quanto richiede l'accordo della volont� delle due 
parti di obbligarsi a compromettere e produrre l'effetto coercitivo di 
far luogo alla nomina di arbitri, se questa non fu fatta: ma prima che 
l'obbligazione di compromettere sia sorta per entrambe le parti con 
l'accettazione della proposta non pu� farsi riferimento ail concetto 
della clausola voluta ed accettata da entrambe le parti e con effetti 
coercitivi; evidentemente .solo dopo l'accettazione si potr� invocare 
l'effetto previsto dalla legge e costringere alila nomina di a.rbitri. N� 
pu� farsi riferimento al concetto della corrispettivit�, che non si ritiene 
possa attagUal'si propriamente �all'indole dei contratti di compromesso 
e di dausola compromissoria, i quali sono diretti a dirimere in�ertezze 
giuridiche e si differenziano nettamente dai contratti commutativi; 
comunque e poich� la forma di opzione nel concludere questi ultimi 
� ammessa nella giurisprudenza, a fortiori deve ammettersi per i contratti 
di compromesso e per le clausole compromissorie, nei quali la 
determinazione delle parti procede non per ottenere prestazioni reciproche 
ma per la convenienza comune di far capo all'arbitrato anzich� 
alla giurisdizione ordinaria (conf. Cass., 19 ottobre 1960, n. 2837). 

Non pu�, in pi�, ritenersi che l'articolo del capitolato cui si fa 
riferimento contiene una norma illegale e, quindi, nulla, perch� contraria 
al principio della parit� contrattuale, per la quale la deroga 
alla competenza ordina.ria non pu� dipendere dalla sola volont� della 
Amministrazione, ma da �quella, concorde, di tutte le parti contraenti. 



666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Cos� come ha affermato il Supremo Collegio (S.U., 19 febbraio 1946), 
pu� rilevarsi che l'articolo citato (che sostanzialmente riproduce la 
norma del capitolato generale 3 maggio -4 luglio 1922, con cui 
furono introdotte modificazioni al capitolato generale del 9 aprile 1909 
per le opere che si eseguono per conto dell'Amministrazione delle 
Ferrovie dello Stato ed a cui le parti hanno fatto espresso riferimento) 
contenga una norma di jus singulare, dettata nello esclusivo 
interesse della pubblica amministrazione, in quanto, fermo restando 
il principio base della competenza normale dell'autorit� giudiziaria e 
della competenza eccezionale del collegio arbitrale, la facolt� di ricorrere 
a quest'ultimo � riservata unicamente alla Amministrazione e non, 
anche, al privato. 

Ma la norma di jus singulare trova la sua giustificazione nel carattere 
del regolamento stesso e delle finalit� alle quali � chiamato a 
rispondere. 

I capitolati generali contengono le clausole generali di un determinato 
tipo e di un determinato gruppo di contratti e sono prestabiliti 
per quelle convenzioni che si potrebbero definire di carattere strumentale 
in quanto con le stesse la pubblica amministrazione si procura 
i beni necessari alla realizzazione dei suoi scopi pubblici. 

Anche se abbiano originariamente e mantengano, normalmente, 
le caratteristiche di semplice offerta di contratto al privato, sono creati 
nell'indiscutibile interesse della pubblica amministrazione, la quale, 
nel contrasto eventuale col diritto del privato, intende provvedere nel 
modo migliore e pi� ampio alla propria salvaguardia, se del caso stabilendo 
condizioni particolari, che apparentemente possono sembrare 
lesive dei diritti del singolo, ma che, sostanzialmente, non lo ledono, in 
quanto il privato, salvo eccezioni, non � tenuto coattivamente a sottostare 
alle norme generali e particolari;� non � tenuto, in �altri termini, i$ 
ad aderire all'offerta di contratto, ma, se vi aderisce, accetta, per ci� f~ 
stesso, quelle norme, che vengono ad assumere efficacia imperativa fa 
non di per se stesse, ma solo per effetto funzionale dell'accettazione del 

I' 

privato. E la facolt�, riservata all'amministrazione e ad essa soltanto, , 

di adire, se del caso, un collegio arbitrale, trova inoltre la sua giustifi-

I 

cazione in ci� che le contestazioni o le divergenze in materia di appalti (f: 
per opere pubbliche possono offrire ~uestioni di mero carattere giuri-~ 
dico o questioni di mero carattere tecnico o prevalentemente tecnico, ~ 
cos� che, per queste ultime, una semplificazione nella indagine istrut-i] 
toda possa indurre a consigliare l'esame di un collegio di arbitri ~ 
anzich� quello dell'autorit� giudiziaria. 1~1 

Non pu�, poi, darsi alla clausola in esame una interpretazione ff 
restrittiva, nel senso cio� che la facolt� di adire il collegio arbitrale M 
sia riservata alla Amministrazione delle ferrovie soltanto nel caso in rn 


cui questa agisca nella veste di attrice e non nel caso di specie in cui 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 667 

l'attore � appaltatore, in quanto nulla nella clausola autorizza una tale 
interpretaz~one. Evidente scopo della clausola; invece, � quelilo di affidare 
la decisione delle controversie agli arbitri, in relazione alla specifica 
natura del dissenso, da apprezzarsi dalla pubbblica amministrazione, 
che si � riservata la facolt� di accettare o meno la competenza 
arbitrale. 

Trattasi di una clausola compromissoria � unilaterale ., obbligatoria 
per una delle parti (l'appaltatore) e facoltativa per l'altra (il 
committente), la quale, se lo preferisce, potr�, invece di adire gli arbitri, 
portare la controversia innanzi ai giudici ordinari. 

Sul piano strettamente negoziale la clausola compromissoria � unilateralmente 
facoltativa � pu� essere inquadrata, come innanzi accennato, 
nella figura dell'opzione. �, difatti, opzione, a sensi dell'art. 1331 
e.e., la facolt� attribuita ad un soggetto, di accettare o meno una offerta 
contrattuale, cui l'offerente resta vincolato per espresso accordo. In 
virt� del patto di opzione un contraente ottiene che l'altro si assoggetti 
ad un certo legame incondizionato, al quale egli non resta affatto 
vincolato, avendo la libera scelta fra il pretendere l'osservanza dell'obbligo 
ed il rinunziarvi, lasciandolo cos� cadere (Cass., 24 febbraio 
1958, n. 616). Tale scelta sar� determinata dalla convenienza o 
dalle possibilit� del primo contraente, chiamato contraente favorito; 
dell'una o delle altre, questi � giudice esclusivo. L'obbligo rimane in 
sospeso, nel senso che non pu� avere esecuzione, sino a quando non sia 
esercitata, in senso affermativo, la scelta di cui si � detto; vi corrisponde 
per il contraente favorito (nella specie il committente) una aspettativa 
di diritto, che a di lui libito si trasformer� in diritto attuale. 

In definitiva, all'opzione si applicano le norme sulla proposta 
irrevocabile (art. 1329 e.e.), con la differenza strutturale che la proposta 
� unilaterale, mentre la opzione � convenuta contrattualmente; 
ma, nell'uno e nell'altro caso, per concludere il negozio, occorre una 
successiva manifestazione di volont�, l'adesione cio� della parte che 
si � riservata la facolt� di accettare o meno. Su questo punto, quindi, 
la clausola compromissoria obbligatoria per una delle parti, si risolve 
in una offerta ferma da parte del contraente che � vincolato (nel caso 
in esame l'appaltatore) di adire il giudizio arbitrale; ed in una facolt� 
dell'altro contraente di dar vita al negozio di compromesso, o di 
rifiuto ad esso, accettando o meno di adire il detto giudizio (Cass., 19 
ottobre 1960, n. 2837). 

N� pu� sorgere alcun osfacolo, all'applicabilit� alla clausola compromissoria 
delle regole dettate per le proposte irrevocabili per le 
opzioni, dalla natura di accordo processuale della clausola medesima, in 
quanto, pur essendo il compromesso un negozio che spiega effetti di 
carattere processuale, ad esso non .pu� negarsi il carattere negoziale e 


668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la assoggettabilit�, per diversi riguardi, alle disposizioni dettate per i 
contratti (Cass., 2 maggio 1960, n. 968). 

Va ancora ricordato che gli effetti del compromesso si riflettono, 
cos� come � stato costantemente ritenuto dalla Suprema Corte, nel 
campo della competenza. La competenza arbitrale, quindi, si pone 
accanto a quella ordinaria, ed � vegolata con disposizioni, che, sia pure 
sommariamente, possono essere paragonate a quelle �che disciplinano la 
competenza per territorio. L'art. 808 c.p.c., come ha osservato la Cassazione 
(19 febbraio 1946, n. 171), funziona soltanto in senso positivo, 
non in senso negativo, nel senso cio� che la competenza arbitrale, nei 
limiti in cui � stata accettata, non pu� essere declinata da una delle 
parti. Ci� non toglie, per�, che possa non essere adito il collegio arbitrale 
previsto, portando, invece, concordemente, la controversia innanzi 
al giudice competente. Nella sfera di facolt� lasciate alle parti in 
proposito, ben pu� inquadrarsi, quindi, l'istituto del compromesso unilateralmente 
facoltativo, nel quail.e una delle parti, ed una �soltanto, 
ha la facolt� di scelta fra competenza ordinaria e competenz� arbitrale. 

Il diritto di opzione va, di regola, esercitato entro dato termine 
predisposto dalle parti. Ma, quando, come nel caso di specie, un termine 
per l'accettazione non sia stato fissato, il capoverso dehl'art. 1331 

c. c. dispone che esso pu� essere stabilito dal giudice. Si tratta, come 
� evidente, di una applicazione della regola di cui al capoverso dell'art. 
1183 e.e., per cui la Impresa Quadrio Curzio avrebbe dovuto 
provocare una sentenza del magistrato �con la quale venisse imposto 
aU'Amministrazione dei trasporti di dichiarare entro un termine se 
intendeva o meno avvalersi della clausola compromissoria. Ci� l'attrice 
non ha fatto ed il mancato esperimento dell'interpello rende legittimo 
il comportamento della convenuta Amministrazione, che, chiamata in 
questa sede, ha eccepito la incompetenza dell'adito magistrato. 
Non si pu�, infine, riconoscere che il ricorso al giudizio arbitrale 
d� luogo a pratiche difficolt�, nel caso in cui, come nella-'specie, attore 
sia l'appaltatore (questi d�ve previamente interpellare la pubbli:ca amministrazione, 
per sapere se intende ricorrere all'arbitro o al giudice 
ordinario), essendo, come � chiaro, sufficiente che la convenuta manifesti 
la sua volont� di valersi della facolt� che si � riservata: ad esempio 
con il sollevare l'eccezione di incompetenza, se convenuta innanzi 
al giudice ordinario, cos� come ha fatto nel caso concreto. -(Omissis). 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 25 febbraio 1970, n. 1517 -Pres. De 
Martino -Est. Pittiruti -Impresa Asfalti Sintex (avv. Carbone) 

c. ANAS (avv. Stato Carusi). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori 
compensi -Ricorso al giudizio arbitrale o ordinario per la 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 669 

risoluzione delle controversie -Condizioni di promovibilit� Necessit� 
del collaudo (approvato) anche qualora sia stata gi� 
emessa la decisione amministrativa sulle riserve -Sussiste. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 42, 44; r.d. 25 maggio 1895, n . .350, artt. 23, 
54, 109). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori 
compensi -Domanda giudiziale -� Dies a quo� del termine 
perentorio di sessanta giorni per la sua proposizione, qualora la 
decisione amministrativa sulle riserve e l'approvazione del collaudo 
non siano contestuali. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 46). 
Anche nel caso che sia gi� intervenuta in corso d'opera la decisione 
amministrativa sulle riserve dell'appaltatore, la domanda giudiziale 
di costui � improponibile, in mancanza del collaudo, e relativa 
approvazione, dell'opera (1). 

Qualora la decisione amministrativa sulle riserve intervenga in 
corso di opera, il termine di decadenza di sessanta giorni per la proposizione 
della domanda giudiziale dell'appaltatore decorre� dalla notifica 
del provvedimento di� apprO'Vazione del collaudo (2). 

(Omissis). -Preliminare � M richiamo delle norme e dei principi 
vigenti in materia per la definizione delle controversie in sede contenziosa, 
con particolare riferimento alle condizioni di ~romovibilit� del 
giudizio, alla cui luce �e nel cui ;rispetto debbono essere vagliate le 
opposte eccezioni e difese. 

In tema di appalti di opere pubbliche, il ricorso al giudizio avbitrale 
o ordipario �per la risoluzione delle controversie � subordinato al 
verificarsi di due condizioni di promovibilit�, a termini del Capitolato 
generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
condizioni che debbono congiuntamente ed autonomamente coesistere. 
Nel caso in esame, la citata J.egge di previsione risulta richiamata dir�et


(1-2) Confutando un diverso indirizzo della giurisprudenza arbitrale 
(v., ad es., lodo 26 agosto 1951, in Giur. oo.pp., 1952, I, 146), la sentenza 
in rassegna osserva, anzitutto, che .la ratio ispiratrice della norma circa il 
rinvio del giudizio ad epoca successiva al collaudo, da essa ravvisata nella 
opportunit� di porre l'Amministrazione in grado di valutare in base alle 
risultanz�e del collaudo stesso la convenienza di evitare il giudizio o di 
resistervi, continua a sussistere, anche quando sia intervenuta la decisione 
amministrativa sulle riserve, poich� nulla vieterebbe all'Amministrazione 
di valutare nuovamente in base alle risultanze del collaudo l'opportunit� 
di transigere o meno la lite; e, comunque, sottolinea che, secondo 
la legge di pr�evisione (artt. 43 e 44 d.P.R. n. 1063 del 1962), si tratta di due 



670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tamente dal contratto principale stipulato tra le parti e mediatamente 
dal capitolato speciale (�art. 23, ultimo comma). 

La prima condizione � costituita dalla necessit� che sulle pl'etese 
dell'appaltatore si sia previamente e definitivamente pronunziata la 
amministrazione. Infatti, l'art. 43 del Capit~lato generale deferisce al 
giudizio arbitrale, con facolt� di deroga in favore del giudice ordinario 
(art. 47), � tutte le controversie tra l'Amministrazione e l'appaltatore, 
cos� durante l'esecuzione come al termine del contratto, che non si 
siano potute definire in via amministmtiva a norma del pl'ecedente 
art. 42 �. A sua volta, questa ultima disposizione stabilisce che alla risoluzione 
delle controversie in via amministrativa si deve procedere a 
norma del regolamento approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350. 
Dal che deriva che il provvedimento risolutivo della controversia in 
sede amministrativa dovr� essere, di massima, il provvedimento previsto 
dall'art. 109 del citato regolamento, per 1e controversie in sede 
di collaudo, ovvero il provvedimento previsto dall'art. 23 dello stesso 
regolamento, per le controversie in corso d'opera: in entrambe le 
ipotesi, cio�, dovr� trattarsi di una decisione definitiva emessa dal 
Provveditore regionale alle opere pubbliche o dal Ministero dei Lavori 
Pubblici, ove a questo il primo abbia devoluto la risoluzione della 
controversia; in ogni caso dovr� consistere in una pronunzia emessa 
dal competente organo, centrale o locale, dello Stato e non suscettibile 
di gravame in via amministrativa. 

La seconda condizione � costituita dall'approvazione del collaudo: 
dispone, infatti, 1'.art. 44, primo comma, del Capitolato generale che 
per tutte le controversie non pu� proporsi l�a domanda giudiziale se 
non dopo l'approvazione del collaudo. La l'egola non � esente da eccezioni, 
poich�, ai sensi della stessa norma di previsione (art. 44 citato, 
secondo comma), pu� farsi luogo alla instaurazione del giudizio, anch~ 
durante l'es"ecuzione dei lavori e prima dell'approvazione del collaudo, 
quando vi sia l'accordo delle .parti o quando lo esigano la natura o la 
rilevanza economica della controversia. La rilevanza -precisa la 

presupposti � autonomi e distinti, che debbono congiuntamente sussistere ai 
fini della promovibilit� del giudizio�. La prefissione del termine perentorio 
di sessanta giorni dalla notifica della decisione amministrativa sulle 
riserve, di cui all'art. 46 d.P.R. n. 1063 del 1962, non fa venir meno il sistema 
ed i principi attinenti al tempo del giudizio arbitrale e, qualora quella 
decisione sia intervenuta in corso di opera, � la risoluzione 'della controversi
�a, a meno che non ricorra una delle ipotesi previste in via di eccezione 
dall'art. 44, ugualmente non potr� aver luogo prima dell'approvazione 
del collaudo, ed � dalla notificazione della delibera di questa approvazione 
che, ove l'appaltatore abbia provveduto ad inserire tempestiva, apposita 
riserva nel registro di contabilit�, decorrer� il termine per la domanda 
giudiziale � (per gli appalti del G.M. v. art. 54 r.d. 17 marzo 1932, n. 366). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI� ECC. 671 

norma -deve essere valutata in relazione all'importo totale dell'appalto 
ed essere tale da portare notevole pregiudizio alla continuazione 
dei lavori. 

Orbene, nel caso in esame, non vi � dubbio che la prima condizione 
di proponibilit� si sia verificata; risulta attualmente acquisito al processo, 
infatti, l'ordine di servizio del 4 giugno 1968, il quale fa espresso 
riferimento alle citate norme procedurali del Capitolato generale e 
chiaramente� dimostra che sulle� pretese della societ� appaltatrice si 
� gi� pronunciata I'Amminisrtazione, in via definitiva, a mezzo della 
Direzione Generale dell'A.N.A.S., all'uopo competente quale organo 
esecutivo centrale dell'Azienda stessa. 

Ma nulla quaestio, altres�, che non si sia verificata la seconda 
condizione e, cio�, che non sia ancora intervenuta l'approvazione del 
collaudo. Sostiene la societ� che si tratta di controversia in corso 
d'opera, non essendo ancora ultimata l'esecuzione dei lavori, e che 
sussistono i presupposti normativi per la proponibilit� della domanda 
in costanza dei lavori medesimi. 

Fondato il primo assunto, non � condividibile il secondo. Se infatti 
� da ritenere acc�ertato che l'esecuzione dell'opus � ancora in corso, 
poich�, da un fato, � la comunicazione medesima dell'avvenuta reiezione 
delle riserve a precisare che queste sono state esaminate � durante 
il <:orso stessq dei lavori � e, dall'altro, non � stata contestata 
dall'Amministrazione l'affermazione avversaria che vi sono tuttora dei 
lavori in sospeso a causa di alcune varianti allo studio, � invece da 
escludere che le parti �Siano d'accordo nel non differire la risoluzione 
della controversia, o che la natura o la rilevanza economic�a di questa 
siano tali da esigerne la definizione in corso d'opera e prima dell'approvazione 
del collaudo. 

A sostegno della tesi .relativa al p:rieteso accordo tra le parti, la 
difesa dell'attrice deduce che lAmministrazione, con il procedere in 
corso d'opera all'esame delle riserve, ader� implicitamente a che la 
controversia venisse risolta prima del completamento dei lavori e prima 
dell"approvazione del collaudo; e ci� in quanto l'adesione alla pronunzia 
immediata non potrebbe ritenersi limitata al procedimento amministrativo, 
ma dovrebbe necessariamente intendersi estesa alla fase giudiziale. 
D'altronde -aggiunge l'attrice -non � nuovo alla giurisprudenza 
�arbitrale il principio per cui l'istanza di arbitrato pu� essere 
proposta anche prima dell'appirovazione del colfaudo, allorch� sia intervenuta 
una decisione amministrativa definitiva; verrebbe meno in tale 
ipotesi -si � affermato -la ratio ispiratrice del rinvio del giudizio 
ad epoca successiva al collaudo, rinvio� suggerito dalla opportunit� di 
porre l'Amministrazione in .g.rado di valutare, in base alile risultanze 
del collaudo stess�, la convenienza di evitare il giudizio ovvero ,,di 
resistervi. 


672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non ritiene il Tribunale che possa essere accolto il primo sillo


,::gismo o possa essere condivisa quest'ultima giurisprudenza. Prescindendo 
dal:la considerazione che la ratio della norma sopravvive, come 
� intuitivo, anche nel caso in cui sia intervenuta una pronunzia defi' 
. 
nitiva dell'Amministrazione in corso. d'opera (poich� nulla vieta alla 

. 

Amministrazione stessa di valutare nuovamente, in base alle risultanze 
del collaudo, l'opportunitt� di transigere o meno LI.a lite), � agevole osservare 
che la legge di previsione, il citato Capitolato genei;ale di appalto, 
non stabilisce alcuna condizione o rp\reclusione temporale per la proposizione 
e la risoluzione, in via amministrativa, della domanda e dei 
reclami dell'impresa (art. 42); le condizioni, Le due gi� citate, sono 
invece �stabilite, chiare ed univoche, soltanto per la instaurazione del 
giudizio arbitrale, l'una costituita, �come si � detto, dal previo esperimento 
del rimedio amministrativo (art. 43); l'altra dail.l'avvenuta approvazione 
del collaudo (a.rt. 44). Si tratta di due presupposti autonomi. 
e distinti, che debbono congiuntamente sussistere ai fini della promovibilit� 
del giudizio; � del tutto arbitrario, quindi, desumere dal verificarsi 
dell'uno suMettivi el,ementi per elidere la necessit� dell'altro. 

La lettera della legge � nitida e sicura, chiaramente evidenziato� 
il suo contenuto obiettivo; non � consentito pertanto ricerca\re quale sia 
st:ata la precisa mens del legislatore e, in hase all'esito di siffata ricerca, 
procedere ad una interpretazione che non � pi� tale, poich� -avulsa 
dal valore contenutistico della norma -non pu� nemmeno definirsi 
restrittiva o �evolutiva, ma si traduce in una violazione della no\rma 
stessa sulla mera affermazione che la sua osservanza sarebbe resa 
superflua dalla non ravvisabilit�, nella singola fattispecie, delle ragioni 
che l'inspirano. � ormai canone pacifico di giurisprudenza ch� nella. 
interpretazione della norma il Sistema il.etterale ha preminente importanza 
e che gli altri criteri ermeneutici, diversi da esso, hanno 
carattere sussidiario ed acquistano rilevanza soltanto quando la lettera 
dia luogo a dubbi, in modo da rendere necessaria l'individuazione della 
precisa . intenzione del legislatore. Ove questi dubbi non sussistano, 
ma siano invece ravvisabili soJt.anto disarmonie o incongruenze non 
superabili con il suddetto sistema interpretativo, il giudice deve limitarsi 
a. metterle in luce per favorire l'intervento del legislatore, ma 
non pu� in nessun caso sostituirsi a quest'ultimo, sia pure nel lodevole 
intento di portare l'armonia tra disposizioni diverse, apparentemente 
diso�rgarniche o incongruenti. Esulerebbe tail.e comportamento� 
dai compiti demandati all'interprete e minerebbe in radice la fonda-� 
mentale esigenza della certezza del diritto. 

N� a favore della tesi sostenuta dall'attrice pu� trarsi argomento� 
dalla disposizione di cui all'art. 46, iH quale stabilisce che l'istanza 
per l'arbitrato deve essere notifieata nel termine di sessanta giorni da 
quello in cui :liu comunicato il provvedimento dell'Amministrazione che 

' 

ffiillff@ffffillffiffil@MfffilfffffftfffSMif�ff&Jffffff@ffilfffiff@E@ffifilliffftfffilf1fflf@lfilfffill1fffiffffoillfili0m1%imfi�f&i@fi1fwJ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 673 

ha risolto la controversia in sede amministrativa. � vero, infatti, che 
il termine � 'di decadenza� ed ha carattere� perentorio, ma � rpur vero 
che, ove il provvedimento sia. emanato in corso d'opera, non per 
questo verranno meno il sistema ed i principi attinenti al tempo del 
giudizio arbitrale: la risoluzione della controversia, a meno che non 
ricorra una delle ipotesi previste in via di eccezione dall'art. 44, ugualmente 
non potr� avere luogo prima dell'approvazione del coll.audo, ed 
� dalla notificazione della delibera di questa approvazione che -ove 
'l'appaltatore abbia provveduto ad inseriire tempestiva apposita riserva 
nel registro di contabilit� -decorrer� il termine per la domanda giudiziale. 
Soluzione, questa, che organicamente si innesta nel sistema 
della legge, unanimamente � condivisa dalla dottrina, �espress�amente, 
con efficacia analogica, � stabilita dalle Condizioni generali per l'appalto 
dei lavori del Genio Militare (art. 54 del r.d. 17 marzo 1932, n. 366, 

modificato con r.d. 24 maggio 1937 n. 1062). 

Da'l pari infondato � l'assunto per il quale la natura e rilevanza 

economica della controversia sarebbero tali da non consentire che la 

sua risoluzione venga differita. 

Non ne � tale la natura -requisito, questo, sul quale per altro non 

si sofferma l'�ttrice -atteso che la controversia, valutata, come deve 

essere, sotto il profilo obiettivo, non richiede accertamenti non pro


crastinabili in .riferimento �d un attua1le, prevedibilmente mutevole, 

stato dei luoghi; n�, considerata sotto l'aspetto contenutistico, intro


duce una domanda di per s� incompatibile con la prosecuzione dei 

lavori, quale ad esempio la domanda di risoluzione per inadempienza 

dell'Amministrazione o la domanda di nullit� del contratto. 

Non ne � tale J.a rilevanza �economica -presupposto, questo, sul 

quale viene fondato l'assunto -poich� detta rilevanza, per espressa 

previsione del citato art. 44, deve essere �valutata in riferimento all'im


porto totale dell'appalto ed alla eventuale pregiudizievole incidenza 

del differimento sulla continuazione dei lavori.. Orbene, la rilevanza 

economica della controversia � valutata, in relazione all'importo totale 

dell'appalto � (secondo il dettato ~lla legge), appare senz'altro esigua, 

in quanto gli oneri finanziari denunziati con le riserve sono dli poco 

superiori, nel loro complesso, al decimo dell'importo netto dei lavori 

appaltati. L'esito negativo dell'indagine sulla ra'vvisa�bilit� del requi


sito della rilevanza economica, in riferimento al totale importo del 

contratto, renderebbe superfluo l'accertamento del~a esistenza del me


desimo presupposto sotto il diverso profilo della sua attitudine ad arre


care � notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori �. � comunque 

agevole osservare, sia pure per mera completezza espositiva, che l'Im


presa, su cui incombeva il relativo onere, non, ha provato, non ha 

chiesto di provare, invero non ha nemmeno adombrato -bench� la 

necessit� di tale elemento fosse stata posta in risalto nella citata ordi



674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nanza del Giudice Istruttore -la sussistenza e la natura di un qualsiasi 
pregiudizio che dal differimento della risoluzione della controversia 
potrebbe derivare alla esecuzione dei residui lavori; residllli lavori 
di cui, peraltro, � in atto la sospensione per altra causa e di cui, 
soprattutto, si ignorano l'importo ed il rHievo nella economia del contratto 
di appalto. 

Per le considerazioni che precedono, il Tribunale deve dichiarare 
improponibile la domanda. -(Omissis). 

I 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 7 aprile 1970, n. 2675 -Pres. Paolicelli 
-Est. Tondo -Impresa Antonnicola (avv. Carbone) c. ANAS (avv. 
Stato Carusi). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva 
dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione 
appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Legittimit� 
della decadenza d~lle domande dell'appaltatore, in caso di 
mancato assolvimento dell'onere, comminata dal Regolamento 

n. 350 del 1895. 
(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; 
1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 346 e 364; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
art. 26). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese a maggiori compensi 

o indennizzi per aggravi derivanti da fatti continuativi -Onere 
della immediata riserva da parte dell'appaltatore -Sussiste Differimento 
dell'assolvimento dell'onere alla chiusura della contabilit� 
-Esclusione. 
(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto� a forfait� -Richieste 
dell'appaltatore di maggiori compensi o indennizzi -Onere della 
tempestiva riserva -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 46 e 118). 
La ratio della normativa che impone l'obbligo di formulare le riserve 
nel corso della contabiiit� non si esaurisce nell'intento di assicurare 
l'efficace e tempestivo controllo da parte dell'Amministrazione su fatti 
non pi� accertabili, ma persegue, invece, l'ulteriore, essenziale scopo di 
consentire che gli organi deLl'Amministrazione sian� immediatamente 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 

informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare 
l'equilibrio economico del contratto, s� da essere in grado di esaminare 
il merito� .della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e 
massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt� di risoluzione 
prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori 
pubblici. Nel caso� di mancata osservanza di quell'onere', legittimamente 
� comminata dall'art. 54 del Rego.zamento n. 350 del 1895 la decadenza 
dell'appaitatore dalle relative pretese, poich� L'art. 2966 e.e., quando 
stabilisce che iL termine di decadenza pu� essere posto� dalla legge, oltre 
che dal contratto, deve essere interpretato ne�l seinso dell'ammissibilit� 
di una determinazione� anche in virt� di regolamento, ossia di legge 
in senso materiale (1). 

Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per 
l'appaUatore l'onere della immediata riserva, poich�, nonostante la 
continuit� dell'aggravio1 � tuttavia possibile precisarne l'importo con 
riferimento alle partite via via contabilizzate, mentre una eventuale 
impossibilit� di precisazione del medesimo vale a giustificare soltan.to 
il differimento� della quantificazione, ma non anche� della formulazione 
della riserva con 1�iferimento al fatto, sia pure continuativo, che si 
assume produttivo dell'aggravio (2). 

(1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 
1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, 
n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, i�.., 1969, I, 350; per la 
giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 
320. Tale ratio dell'istituto � stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa 
Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 
1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), 
ibidem, 1188 e segg. Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 
12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963; 537, sub c) ed in conformit� 
Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch� 
lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, 
n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. 
(2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 
marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza 
della Corte di Appello di Roma e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 
(Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, 
pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha 
genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante 

� al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore 
della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario 
per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiore 
onere�; su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 
1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, 
in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che 
�l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella 
esecuzione dell'opera � generale e nessuna ragione di compenso pretermessa 
nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta �; l'onere della riserva non 

680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante 
del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti 
secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, 
n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, 
nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, 
a pena di decadenza, nei termini e nei modi stab'.iliti dal regolamento 
medesimo, sicch� non � dubbio 'che la forza vincolante di quest'ultimo 
� stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. 
L'impresa Antonnicola ha, inoltre, sostenuto che l'onere della riserva, 
stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, 
sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si disc�Ute), 
non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto 
previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. 

L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente 
letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando 
il libretto delle misure ( � notate nel libretto delle misure nel luogo 
dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente 
che gli adempimenti in esso prescritti si riferiscono agli �ppalti 
a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri .contabili, 
delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, 
mentre rim�rrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma 
gli appa.lti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, 
bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, 
escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di 
specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe 
addirittura la ragione della iscrizione della riserva, perch� non 
sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di contabilit� 
non � traccia. 


La tesi per� non convince. 
L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a . corpo, dispone, 
infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei 
lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi 
e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, �soltanto a quest'ultimo; 
vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta 
assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicando 
partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale 
del lavoro a�corpo, come scavi, spianamenti e simili �; ed aggiunge che ~ 

� ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare dupli-jjj 

ca;;doni ed omissioni � e che � le quantit� .saranno desunte da calcoli fil 

sommari, basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici �. ,_i______

,'_r__

,'_~-_::_:;

::_;,_i_. 

Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili \ 
abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferi-


I1

mento ai lavori concretamente eseguiti, ma � vero, al -contrario, che @~

@ 

f~ 

I 

I ___ lJ


I . ~
1

t

I ff:.

J � 

._f,::ff.,.,WdtLfadf:':,,,,:::i~:Jb:::f:fa:::t-&:::it:.,,:::;:�::ib:t�::::'.:itf:Mtlfilffiffil}:fffilffilffilff@[{fffJfifilM&ff1IYtf@iff:fff{:fiml 



680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante 
del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti 
secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, 
n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, 
nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, 
a pena di decadenza, nei termini e nei modi stati'.iliti dal regolamento 
medesimo, sicch� non � dubbio 'che la forza vincolante di quest'ultimo 
� stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. 
L'impresa Antonnicola ha, ino.Ure, ,sostenuto che l'onere della riserva, 
stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, 
sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si diseute), 
non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto 
previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. 

L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente 
letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando 
il libretto delle misure ( � notate nel libretto delle. misure nel luogo 
dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente 
che gli adempimenti in esso prescritti si riferiscono agli �ppalti 
a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri conta.
bili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, 
mentre rimarrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma 
gli appalti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, 

ista 
bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, ttv.; 
I, I,


escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di 

alla

specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, esclude


hni,

rebbe addirittura la ragione del.fa iscrizione della riserva, perch� non 

�per 
sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di coninetabilit� 
non � traccia. con(
la �

La tesi per� non convince. 

1tit�, 

L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a. corpo, ditione 
spone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lo in 
fpello

lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti ammi


ita 1).

nistrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, ,soltanto a que


oc, Ri


st'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta n. 44. 
assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicontra. 
cando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale 

a lodo 
'iserva

del lavoro a corpo, come scavi, spianamenti e simili �; ed aggiunge che 

eppure

� ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare dupli


a ricocazioni 
ed omissioni � e che � le quantit� .saranno desunte da calcoli a nota, 

sommari, :basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici �. 1-4) ed 
di pi�,

Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili 

giugn<>

abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferi


mento ai lavori concretamente eseguiti, ma � vero, al contrario, che 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

enunciano lo scopo della contabilit� e dell'accertamento e della registrazione 
dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti del>l'onere 
della immediata denuncia, tva fatti istantanei e fatti continuativi ed 
accertabili in ogni tempo, perch� anche rispetto a questi ultimi sussiste 
l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente 
informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni 
per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza 
ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, 
di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit� di recedere 
dal rapporto. 

N� �sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi 

c.d. generali, che si ripercuotono, cio�, sul complesso dei lavori, il calcolo 
del danno sarebbe poSiSibile soltanto ad op&a ultimata,� con conseguente 
impossibilit� per l'appaltatore di predsare all'atto delle anteriori 
sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni �successivi (articolo 
54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, 
mentre una siffatta impossibilit� non sempre sussiste, ben potendosi 
dare che, nonostante la continuit� dell'aggravio, sia tuttavia possibile 
precisare il corrispondente peso con riferimento alle partite successivamente 
contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi� 
sostenuto in dottrina, una eventuale impossibilit� di precisazione del 
quantum pu� costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di 
precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi� da quello di protestare, 
mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure 
continuativo che l'aggravio determina. 
In conformit� della propria cosfante giurisprudenza, ritiene pertanto 
il Co1legio che, anche trattandosi di futti continuativi, l'intempestivit� 
della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a 
maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva 
stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte 
solo in sede di contabilit� fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente 
verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltato.re, all'atto 
della firma del conto finale, � non potr� iscrivere domande per oggetto 

o �per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� 
durante fo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 
e 54 )�. 
L�a domanda deve perci� essere dichiarata improponibile. 
(Omissis). 

II 

(Omissis). -1. -Il primo quesito, cos� .come viene formulato dalla 
Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto 
delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta 
complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 

informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare 
l'e�quilibrio economico del contratto, s� da essere in grado di esaminare 
il merito ,della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e 
massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt� di risoluzione 
prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori 
pubblici. Nel caso� di mancata osservanza di quell'onere�, legittimamente 
� comminata dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895 la decadenza 
dell'appaltatore dalle relative pretese, poich� l'art. 2966 e.e., quando 
stabilisce che il termine di decadenza pu� essere posto dalla legge, oltre 
che dal contratto, deve essere interpretato ne�l sernso demammissibilit� 
di una determinazione anehe in virt� di regolamento, ossia di legge 
in senso materiale (1). 

Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per 
l'appaltatore l'onere della immediata riserva, poich�, nonostante la 
continuit� dell'aggravi�'! � tuttavia possibile precisarne l'importo con 
riferimento alle partite via via contabilizzate, mentre una eventuale 
impossibilit� di perecisazione del medesimo vale a giustificare soltanto 
il differimento della quantificazione, ma non anche� della formulazione 
della riserva con riferimento al fatto, sia pure continuativo, che si 
assume produttivo� dell'aggravio (2). 

(1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 
1966, I, 712; 28 settemb!t'e 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, 
n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, id.., 1969, I, 350; per la 
giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 
320. Tale ratio dell'istituto � stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa 
Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 
1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), 
ibidem, 1188 e segg. Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 
12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963; 537, sub c) ed in conformit� 
Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch� 
lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, 
n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. 
(2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 
marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza 
della Corte di Appello di Roma e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 
(Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, 
pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha 
genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante 

� al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore 
della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario 
per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiore 
onere �i su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 
1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, 
in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che 
� l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella 
esecuzione dell'opera � generale e nessuna ragione di compenso pretermessa 
nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta �; l'onere della riserva non 

676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore, per far 
valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori 
compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appalti � a forfait � (3), 

II 

LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista Impresa 
Soc. Borghi (avv. Fortini) c. Ministero dei Lavori Pubhlici 
(Avv. Stato Albisinni). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva 
dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione 
appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione 
della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di 
mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona 
fede -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; 
e.e., art. 1.375). 
I 


Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con speci


I 


fica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese 
a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati 
riconosciuti nel registro di contabilit� -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). 
Dal sistema normativo, quale risulta dalle disposizioni della l. 20 
marzo 1865 n. 2248 all. F e da quelle del Regolamento n. 350 d.el 1895 
dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di ogni 
:fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere finan


investirebbe, tuttavia, �le pretese per danni originate da mora dell'Amministrazione 
(come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di 
~ituazione estranea e posteriore all'attivit4,.. soggetta a registrazione, che � 
quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera �. Questa precisazione 
vale a limitare significativamente la portata della predetta massima 
e non appare idonea, pertanto, ad inficiare i concetti esposti in nota, in 
questa Rassegna, 1969, I, 1187 e segg.; si veda anche infra, nota 5. La sentenza 
n. 4046 del 1969 della Corte di Cassazione sar� pubblicata in extenso 
nel sesto fascicolo dell'annata in cors� di questa Rassegna. 

(3) Anche per tali appalti, infatti, ai sensi dell'art. 118 r.d. n. 350 del 
1895, valgono le norme relative all'onere della riserva, ad essi applicabili 
in quanto si procede all'annotamento dei lavori per aliquote ai sensi dell'art. 
46 e v'� una contabilit� di � tutti i fatti produttivi di spesa per l'esecuzione 
dell'opera � ai sensi dell'art. 36 stesso Regolamento: v. nota, in questa 
Rassegna, 1969, I, 1192. 
' 


676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore, per far 
valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori 
compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appalti � a forfait� (3), 

II 


LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista l.
II).presa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. 'Ministero dei Lavori Pubblici 
(Avv. Stato Albisinni). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva 
dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione 
appaltante del~'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione 
della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di 
mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona 
fede -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n: 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; 
e.e., art. 1.375). 
I 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con specifica 
ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue. pre-

I 

tese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati 

I 

riconosciuti nel registro di contabilit� -Sussiste. E

f.*p

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). 
Dal sistema normativo, quale risulta dalle disposizioni della i. 20 
marzo 1865 n. 2248 alt. F e da quelle del Regolamento n. 350 d.el 1895 

I 

dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di .ogni 
fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere finan



ministrazione (come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di : 

situazione estranea e posteriore all'attivit4,. soggetta a registrazione, che � , 

quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera �. Questa precisa-

I 

:i-::�.~~~el~i::.�~".::i":~'.�:=.!cii:r::n::.~~�.:or:.".r-: '::'.":~ I

11 

:..;.r. .. ...�.1.:... ...

..~:,�;�[.:.~.1!..1.~.,.�.1.�.1.~.~.~~;,.1,1 ;�.~~;.b!~?E~~I~l~:~~~~ 1I

~.,.1~ r.~.


.

i � l'art. 46 e v'� una contabilit� di � tutti i fatti produttivi di spesa per l'es�-@ 

� :,"'~~:.~~::�~:.: ~:-;::~ dell'fil"t. 36 ''""'" Regolamento' v. noto, in que-

I � .. . I 


~ !


-~8fBVd[fjf[8f-tff&Mff:fiJ0Bflli:4%t.fXffffiltfffE[gf~.f.&---ff@r'~;;:,/t;%1:.dif! 



680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante 
del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti 
secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, 
n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, 
nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, 
a pena di decadenza, nei termini e nei modi sta�biliti dal regolamento 
medesimo, sicch� non � dubbio che la forza vincolante di quest'ultimo 
� stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. 
L'impresa Antonnicola ha, inoltre, �sostenuto che l'onere della riserva, 
sta:bil�to dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, 
sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si disc�Ute), 
non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto 
previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. 

L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un r1lievo meramente 
letterale e formalistico: quel.Io che l'art. 53, inizialmente considerando 
il li:bretto delle misure ( � notate nel libretto delle. misure nel luogo 
dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente 
che gli adempimenti in esso prescritti si .riferiscono agli �ppalti 
a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri contabili, 
delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, 
mentre rim�rrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma 
gli appa.iti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, 
bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, 
escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di 
.specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe 
addirittura la ragione de1la iscrizione della riserva, perch� non 
sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di contabilit� 
non � traccia. 

La tesi per� non convince. 

L'art. 46 del regolamento, �con riferimento ai lavori a. corpo, dispone, 
infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei 
lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi 
e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, �soltanto a quest'ultimo; 
vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta 
assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicando 
partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale 
del lavoro a �corpo, come scavi, spianamenti e simili � ; ed aggiunge che 

� ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare duplica:
i;ioni ed omissioni �e che � le quantit� .saranno desunte da calcoli 
sommari, :basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici�. 

Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili 
abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferimento 
ai lavori concretamente eseguiti, ma � vero, al contrario, che 



PARTI!: I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 681 

l'aliquota deve essere riferita a ciascun elemento essenziale del lavoro 

a corpo e che le quantit� devono essere desunte da calcoli, sia pure 

sommari. Anche nell'appalto a forfait, inoltre, le notazioni sul libretto 

devono essere, ai sensi dell'art. 53, iscritte nel registro di contabilit�, 

facendo cos� sorgere l'onere di riserva di cui si discute. 

Se si consideri, inoltre, che, ai termini del generale disposto del


l'art. 36, la contabilit� dell'opera ha, anche in questo {!aSO, per oggetto 

l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti produttivi di spese per 

il.'�esecuzione dell'opera e �che, giUtSta il secondo comma del successivo 

art, 37, l'accertamento e la registrazione dei fatti anzidetti deve pur 

sempre � procedere di pari passi al loro avvenimento, specialmente per 

le partite la cui esecuzione richieda scavi e demolizioni di opere, onde, 

colla �conoscenza dello .stato di avanzamento di lavoro, e dell'importo 

dei medesimi, nonch� dell'entit� dei relativi fondi � l'ufficio �S� trovi 

sempre in grado di rilasciare prontamente i certificati di av�nzamento 

dei lavori per il pagamento degli acconti (vedi art. 58) nonch� di dare 

a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per l'esecuzione dei 

lavori entro i limiti delle somme autorizzate, appare chiaro che, anche 

nell'esecuzione di un appalto a co!1po, l'appaltatore ha l'onere di con


testare, mediante l'iscrizione di riserve ai sensi dell'art. 54, la registra


zione dei fatti anzidetti, quando essa contrasti con le concrete moda


lit� di esecuzione dell'opera o comunque pretermetta ragioni che gli 

diano diritto ad indennit�. 

L'attrice ha ancora sostenuto, in subordine, che almeno le prime 

tre riserve atterrebbero ad aggravi di carattere continuativo e sempre 

rilevabili, sicch� l'onere di riserva, anche se sussistente, si dovrebbe 

considerare differito al momento della ultimazione dell'opera. 

Ritiene peraltro il Collegio che la ratio della normativa, che im


pone l'obbligo di formulare le riserve nel col"\So della contabilit�, non 

si esaurisce nell'intento di assicurare l'efficace e tempestivo controllo 

da parte dell'Amministrazione su fatti recenti, il cui accertamento sia 

ancora possibile, con la conseguenza che non importerebbe decadenza 

l'omessa riserva per quei lavori che si palesano accertabili in ogni 

tempo e computabili nel loro ammontare (vedi Cass., 4 dicembre 1967, 

n. 2869; Cass., 9 maggio 1969, n. 2393), ma persegue, invece, l'ulteriore, 
essenziale scopo di consentire che gli organi dell'Amministrazione 
, siano immediatamente informati, nel corso del rapporto, di qualsiasi 
pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, si da essere 
messi in grado di esaminare i�l merito della pretesa e di fronteggiarla 
con adeguati provvedimenti, e, massimamente, con l'esercizio, nei congrui 
casi, della facolt� di risoluzione prevista dall'art. 345 della legge 
20 marzo 1865 sui lavori pubblici. 

Questa finalit�, attestata da tutta la disciplina del regol. 25 maggio 
1895, n. 350, ed in particolare dai citati artt. 36, 37, che espressamente 

I 

I 

I ! ' 

! 

I 

; ; 

i 
I 

~ I 


-



682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

enunciano lo scopo della contabilit� e dell'accertamento e della registrazione 
dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti dell'onere 
della immediata denuncia, tra fatti istantanei e fatti continuativi ed 
accertabili in ogni tempo, perch� anche rispetto a questi ultimi sussiste 
l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente 
informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni 
per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza 
ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, 
di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit� di recedere 
dal rapporto. 

N� sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi 

c.d. generali, �Che si ripercuotono, cio�, sul complesso dei lavori, il calcolo 
del danno sarebbe possibile soltanto ad opera ultimata,� con conseguente 
impossibilit� per l'appaltatore di precisare all'atto delle anteriori 
sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni �successivi (articolo 
54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, 
mentre una siffatta impossibilit� non sempre sussiste, ben potendosi 
dare che, nonostante la continuit� dell'aggravio, sia tuttavia possibile 
precisare il .corrispondente peso con rHerimento alle partite successivamente 
contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi� 
sostenuto in dottrina, una eventuale impossibiUt� di precisazione del 
quantum pu� costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di 
precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi� da quello di protestare, 
mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure 
continuativo che l'aggravio determina. 
In conformit� della propria costante giurisprudenza, ritiene pertanto 
il Col>legio che, anche trattandosi di :liatti continuativi, l'intempestivit� 
della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a 
maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva 
stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte 
solo in sede di contabilit� fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente 
verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltatore, all'atto 
della firma del conto finale, � non potr� iscrivere domande per oggetto 

o 'per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� 
durante lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 
e 54 )�. 
La domanda deve perci� essere dichiarata improponibile. 

(Omissis). 

II 

(Omissis). -1. -Il primo quesito, cos� .come viene formulato dalla 
Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto 
delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta 
complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 

informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare 
l'equilibrio economico del contratto, si da essere in gra,do di esaminare 
il merito della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e 
massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, deUa facolt� di risoluzione 
prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori 
pubblici. Nel caso di mancata osservanza di quell'onere', legittimamente 
� comminata dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895 la decadenza 
dell'appaltatore dalle re�lative pretese, poich� '/,'art. 2966 e.e., quando 
stabilisce che il termine di decadenza pu� essere posto dalla legge, oltre 
che dal contratto, deve essere interpretato ne�l sernso deU'ammissibilit� 
di una determinazione anche in virt� di regolamento, ossia di legge 
in senso materiale (1). 

Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per 
l'appaltatore l'onere della immediata riserva, poich�, nonostante la 
continuit� dell'aggravio, � tuttavia possibile precisarne l'importo con 
riferimento alle partite' via via contabilizzate, mentre una eventuale 
impossibilit� di p'!'ecisazione del medesimo vale a giustificare soltan,to 
il differimento della quantificazione, ma non anche' della formulazione 
della riserva con riferimento al fatto, sia pure continuativo, che si 
assume produttivo� dell'aggravio (2). 

(1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 
1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, 
n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, id.,, 1969, I, 350'; per la 
giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 
320. Tale ratio dell'istituto � stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa 
Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 
1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), 
ibidem, 1188 e segg, Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 
12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537, sub e) ed in conformit� 
Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch� 
lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, 
n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. 
(2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 
marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza 
della Corte di Appello di Roma �e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 
(Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, 
pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha 
genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante 

� al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore 
della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario 
per indicare l'importo del compenso richiesto sotto :forma di maggiore 
onere�; su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 
1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, 
in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che 
� l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella 
esecuzione dell'opera � generale e nessuna ragione di compenso pretermessa 
nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta �; l'onere della riserva non 

676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'onere della tempestiva riserva da parte deli'appaltatore, per far 
valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori 
compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appaiti � a forfait� (3), 

II 

LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista lll).
presa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. Ministero dei Lavori Pubblici 
(Avv. Stato Albisinni). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva 
dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione 
appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione 
della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di 
mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona 
fede -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n.' 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; 
e.e.. art. 1.375). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con specifica 
ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese 
a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati 
riconosciuti nel registro di contabilit� -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). 
Dal sistema normativo, quale risulta daUe disposizioni della l. 20 
marzo 1865 n. 2248 all. F e da quelle del Regolamento n. 350 del 1895 
dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di ogni 
fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere fi,nan


investirebbe, tuttavia, �le pretese per danni originate da mora dell'Amministrazione 
(come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di 
l!ituazione estranea e posteriore all'attivit4,. soggetta a registrazione, che � 
quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera �. Questa precisaz~
one vale a limitare significativamente la portata della predetta massima 
e non appare idonea, pertanto, ad inficiare i concetti esposti in nota, in 
questa Rassegna, 1969, I, 1187 e segg.; si veda anche infra, nota 5. La sentenza 
n. 4046 del 1969 della Corte di Cassazione sar� pubblicata in extenso 
nel sesto fascicolo dell'annata in cors� di questa Rassegna. 

(3) Anche per tali appalti, infatti, ai sensi dell'art. 118 r.d. n. 350 del 
1895, valgono le norme relative all'onere della ris�rva, ad essi applicabili 
in quanto si procede all'annotamento dei lavori per aliquote ai sensi delli 
~ 

l'art. 46 e v'� una contabilit� di � tutti i fatti produttivi di spesa per l'esecuzione 
dell'opera � ai sensi dell'art. 36 stesso Regolamento: v. nota, in queJ 
sta Rassegna, 1969, I, 1192. �~ ' 

f: 
! 

~{'-~~~ 
~ 
f 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 677 

ziario per la ese�cuzione dell'opera pubblica, appare chiaro che l'onere 
della tempestiva riserva dell'appaltatore � istituito al fine di porre l' Amministrazione 
medesima in grado di esplicare un controllo continuo 
ed efficace sulla spesa e di trarre da esso adeguate conseguenze, quali 
1a tempestiva provvista di ulteriori fondi, ovvero la diminuzione di 
lavori o addirittura la risoluzione del contratto. La correlativa sanzione 
di decadenza, in caso di mancato, tempestivo assolvimento dell'onere, 
� giustificata anche moralmente in relazione al principio della 
:buona fede contrattuale (4). 

L'appaltatore deve, pertanto, denunciare con specifica riserva, e 
.subito, le sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli 
.sono stati riconosciuti nel registro di contabilit�, in relazione alle 
.singole partite di lavoro nel medesimo annotate (5). 

III 

LODO 7 luglio 1970, n. 63 (Roma) -Pres. Stumpo -Est. Condeml Impresa 
Marchioro (avv. Pallottino) c. Ministero dei Lavori Pubblici 
(Avv. Stato Carusi). 

Appalti -Appalto di opere pubbliche -Contabilizzazione dei lavori per 
partite provvisorie -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi 
rispetto a quelli allibrati in partite provvisorie -Onere della 
immediata riserva -Esclusione. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg.), 
-Appalti -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva. 
dell'appaltatore ,,\ Finalit� -Controllo dei fatti non pi� accertabili 
-Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi 

(4) V. supra nota 1. 
(5) � qui opportuno ricordare che negli appalti amisura il sistema 
<li misurazione e determinazione del compenso globale dovuto all'appaltatore 
si risolve nella misurazione e determinazione dei prezzi convenuti 
per le singole unit� di lavoro, sui quali si riverberano necessariamente gli 
oneri derivanti dai c.d. fatti continuativi; da qui l'impossibilit� di configurare 
ragioni di compenso o indennizzo che siano sottratte all'onere della 
riserva, il quale ha da ritenersi operante � nel momento in cui si rende 
manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa, 
1secondo una valutazione condotta 1con media diligenza e buona fede � : 
-Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712 e 
721 e segg. e la successiva giurisprudenza della Corte medesima, citata 
.;mb nota 1. 

678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per aggravi da fatto continuativo accertabile in ogni tempo -Onere 
della immediata riserva -Esclusione. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). 
Appalti -Appalto di opere pubbliche -�Somme contestate� ai sensi e 
per gli effetti dell'ultimo comma dell'art. 40 Cap. gen 1895 -Nozione. 
(Cap. gen. oo. pp., 28 maggio 1895, art. 40). 

Quando la contabilitd deU'appaito sia fo!fmalmente tmdotta ne1l 
Registro di contabititd, ma non eseguita con postazioni esattamente determinate, 
non sussiste a carico deU'appaitatMe l'onere della riserva. 
immediata, ma questa va formulata aUorch� le partite siano iscritte in. 
via definitiva (6). 

Poich� la rigida osservanza dei termini e dei modi stabiliti dall'articolo 
54 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 per la fo!fmulazione 
deUe riserve � richiesta soltanto quando le contestazioni deU'appaltatore 
riguardino circostanze che a distanza di tempo non sarebbero pi�. 
controllabili dalla stazione appaltante, l'onere delta riserva relativa ad 
aggravi derivanti da fatto continuativo, obiettivamente accertabile in 
ogni tempo, non � operante, fino a quando perdurano le conseguenze 

dannose di quel fatto (7). 

(6) In senso conforme, v. lodo 28 marzo 1968, n. 16 (Roma), in questa 
Rassegna, 1968, I, 72 e segg., e in Arb. app., 1969, 402 e seg., nelia motiv.; 
contra, v. lodo 1� marzo 1966, n. 11 (Roma), in questa Rassegna, 1966, I, 
1146, ove si avverte che per contabilit� provvisoria ai fini dell'esonero dalla 
riserva deve intendersi solo ,quella costituita da registrazioni su statini, 
brogliacci, o minute. Secondo il lodo in rassegna, anche le registrazioni per 
partite provvisorie rientrerebbero, invece, nel concetto e non determinerebbero 
l'onere della immediata riserva, per mancanza della materia da contestare 
e quantificare. Ma l'affermazione appare erronea, poich� quella � 
costituita, appunto, dagli allibramenti eseguiti, dei quali solo le quantit�, 
ma non anche i criteri di contabilizzazione e segnatamente l'applicazione 
dei prezzi contrattuali, hanno carattere provvisorio. La tesi del lodo in 
rassegna risulta, peraltro, gi� .confutata e rifiutata dalla Corte di Appello 
di Roma (sent. 6 maggio 1969, n. 1053, cit. in Arb. app., 1969, 39,3, nota 1). 
In senso contrario al lodo in 'esame, v. anche, in dottrina, CAPACCIOLI, Ri. 
serve e coilaudo nell'appalto di opere pubbliche, Milano, 1960, 91, n. 44. 

(7) Conf. lodo 9 luglio 1966, n. 47 (Roma), Arb. app., 1968, 74; contra. 
lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), in questa Rassegna, 1967, I, 320. Il lodo 
in esame trae tale corollario dalla premessa che la ratio della riserva 
sarebbe il controllo del fatto non pi� accertabile, senza spendere neppure 
una parola per dar conto del rifiuto della ben diversa ed articolata ricostruzione 
del fondamento e della funzione dell'istituto, offerti dalla nota,. 
consolidata giurisprudenza della Corte di Appello romana (v. note 1-4) ed 
accolti dalle altre due pronunce qui in rassegna sub I e II, e, per di pi�, 
citando inesattamente, a conforto della propria tesi, la sentenza 30 giugno 
ftlfftifilf@fifil&sfffmiffmti%@filiffif[Llfmwffi1Iif:FtfffffiilffffffffwfHffilWff1[ff%1fiE0fff�ffiltf8ftfffHiffiilitffffft�ffif&fj~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 679 

Per � somme contestate � ai sensi e per gli effetti dell'ultimo comma 
dell'm�t. 40 Cap. gen. oo. pp. 1895 devono intendersi tutte le somme 
attribuite all'istante in virt� della pronuncia arbitrale, ivi comprese 
quelle liquidate a titolo di risarcimen.to di danni per fatto dell'Amministrazione 
(8). 

I 

(Omissis). -Giova .premettere l'esame deUa questione, logica


mente pregiudiziale, relativa alla pretesa illegittimit� dell'art. 54 del 

regolamento 25 maggio 1895, n. 350, per aver introdotto una deca


denza non prevista dalle leggi formali. 

� sufficiente al riguardo osservare che anche ad ammettere, in linea 

di mera iip<rtesi, che l'anzidetto regolamento non sia -contrariamente ~ 

o quanto la speciale autorizzazione contenuta nell'art. 364 1. 20 marzo 
1865, n. 2248, all. F, induce invece a ritenere -un regolamento statale 
I

libero (o, secondo altra impropria denominazione, delegato), ma sia 
invece un regolamento di organizzazione, .la tesi sostenuta dall'attrice 
non sarebbe tuttavia fondata. 

I

La Cassazione ha infatti statuito (ved. Cass., 12 giugno 1963, nu.. 
f 
mero 1568) che i regolamenti di organizzazione (e specifkament~, le ' 


i

condizioni generali d'oneri dello Stato), avienti �carattere inormativo 
ed efficacia vincolante nei confronti del privato contraente, che rispetto 

I 

allo Stato � in rapporto di subordinazione, ben possono prevedere termini 
di decadenza, perch� l'art.. 2966 e.e., quando stabilisce che il termine 
di decadenza pu� essere posto e dalla legge e dal contratto, deve 
�essere interpretato nel senso dell'ammissibilit� di una determinazione 
oltre che legislativa, anche regolamentare (legge in senso materiale). 
Si deve inoltre considerare che, normalmente, alla efficacia nor


mativa del regolamento si aggiunge l'espresso richiamo della relativa 

disciplina del contratto, con l'effetto di eliminare addirittura il pro


blema, perch� ljobbligatoriet� della di�sciplina stessa si fonda in questo 

caso anche sulla volont� dei contraenti e sarebbe perci� comunque 

configurabile un'ipotesi di decadenza pattizia. 

1969, n. 2393 della Corte di Cassazione (in questa Rassegna, 1969, I, 579), 
che, viceversa, condivide quella ricostruzione e, quanto al fatto continuativo, 
lungi dal formulare il principio che l'onere della tempestiva riserva 
sia differito alla chiusura della contabilit�, si � limitata all'affermazione 
�generica, che riduce il problema ad una quaestio facti, riportata supra a 
nota 2, ove anche ulteriori riferimenti. 

(8) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 
1966, I, 712. 

680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella ,specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante 
del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti 
secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, 
n. 350, e che le osservazioni dell'arppaltatore sui predetti documenti, 
nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, 
a pena di decadenza, nei termini e nei modi stabiliti dal regolamento 
medesimo, sicch� non � dubbio che la forza vincolante di quest'ultimo 
� stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. 
L'impresa Antonnicola ha, inoltre, sostenuto che l'onere della riserva, 
stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, 
sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si disc,ute), 
non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto 
previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. 

L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente 
letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando 
il libretto delle misure ( � notate nel libretto delle. misure nel luogo 
dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente 
che gli adempimenti in esso prescritti si .riferiscono agli �ppalti 
a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri contabili, 
delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, 
mentre rimarrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma 
gli appalti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, 

i i 
� 

-~

bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, 
escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di 
specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe 
addirittura la ragione delfa iscrizione della riserva, perch� non 
sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di con


I 
~ 

tabilit� non � traccia. ru 
La tesi per� non convince. 
L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a . corpo, dispone, 
infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei 
lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi 
e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, ,soltanto a quest'ultimo; 
vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta 
assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicando 
partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale 
del lavoro a�corpo, come scavi, spianamenti e simili �; ed aggiunge che 
� ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare dupl.ica?:
ioni ed omissioni �e che� le quantit� saranno desunte da calcoli 

I 

sommari, basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici �. 

Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili 
abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferimento 
ai lavori concretamente eseguiti, ma .� vero, al contrario, che 

. J'., 


PARTJ!: I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 681 

l'aliquota deve essere riferita a ciascun elemento essenziale del lavoro 

a corpo e che le quantit� devono essere desunte da calcoli, sia pure 

sommari. Anche nell'appalto a f<Yl'fait, inoltre, le notazioni sul libretto 

devono essere, ai sensi dell'art. 53, iscritte nel registro di contabilit�, 

facendo cos� sorgere l'onere di riserva di cui si discute. 

Se si consideri, inoltre, che, ai termini del generale disposto del


l'art. 36, la contabilit� dell'opera ha, anche in questo caso, per oggetto 

l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti produttivi di spese per 

l'�esecuzione dell'opera e che, giusta il secondo comma del successivo 

art, 37, l'accertamento e la registrazione dei fatti anzidetti deve pur 

sempre � procedere �di pari passi al loro avvenimento, specialmente per 

le partite la cui esecuzione richieda scavi e demolizioni di opere, onde, 

colla �conoscenza dello . stato di avanzamento di lavoro, e dell'importo 

dei medesimi, nonch� dell'entit� dei relativi fondi � l'ufficio si trovi 

sempre in grado di rilasciare prontamente i certificati di av�nzamepto 

dei lavori per il pagamento degli acconti (vedi art. 58) nonch� di dare 

a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per l'esecuzione dei 

lavori entro i limiti delle somme autorizzate, appare chiaro che, anche 

nell'esecuzione di un appalto a corpo, l'appaltatore ha l'onere di con


testare, mediante l'iscrizione di riserve ai sensi del.l'art. 54, la registra


zione dei fatti anzidetti, quando essa contrasti com le concrete moda


lit� di esecuzione dell'opera o .comunque pretermetta ragioni che gli 

diano diritto ad indennit�. 

L'attrice ha ancora sostenuto, in subordine, che almeno le prime 

tre riserve atterrebbero ad aggravi di carattere continuativo e sempre 

rilevabili, sicch� l'onere di riserva, anche se sussistente, si dovrebbe 

considerare differito al momento della ultimazione dell'opera. 

Ritiene peraltro il Collegio che la ratio della normativa, che im


pone l'obbligo di formulare le riserve nel corso della contabilit�, non 

si esaurisce nell'intento di assicurare l'efficace e tempestivo� controllo 

da parte dell'Amministrazione su fatti recenti, il cui accertamento sia 

ancora possibile, con 'la conseguenza che non importerebbe decadenza 

l'omessa riserva per quei lavori che si palesano accertabili in ogni 

tempo e computabili nel loro ammontare (vedi Cass., 4 dicembre 1967, 

n. 2869; Cass., 9 maggio 1969, n. 2393), ma persegue, invece, l'ulteriore, 
essenziale scopo di �consentire che gli organi dell'Amministrazione 
. siano immediatamente informati, nel corso del rapporto, di qualsiasi 
pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, si da essere 
messi in grado di esaminare i�l merito della pretesa e di fronteggiarla 
con adeguati provvedimenti, e, massimamente, -con l'esercizio, nei congrui 
casi, della facolt� di risoluzione prevista dall'art. 345 della legge 
20 marzo 1865 sui lavori pubblici. 

Questa finalit�, attestata da tutta la disciplina del rego11. 25 maggio 
1895, n. 350, ed in particolare dai citati artt. 36, 37, che espressamente 


682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

enunciano lo scopo della contabilit� e dell'accertamento e della registrazione 
dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti deH'onere 
della immediata denuncia, tra !fatti istantanei e fatti continuativi ed 
accertabili in ogni tempo, perch� anche rispetto a questi ultimi sussiste 
l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente 
informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni 
per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza 
ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, 
di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit� di recedere 
dal rapporto. 

N� sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi 

c.d. generali, che si ripercuotono, cio�, sul complesso dei lavori, il calcolo 
del danno sarebbe possibile soltanto ad opea:-a ultimata,� con con.seguente 
impossibilit� per l'appaltatore di predsare all'atto delle anteriori 
sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni successivi (articolo 
54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, 
mentre una siffatta impossibilit� non sempre sussiste, ben potendosi 
dare che, nonostante la continuit� dell'aggravio, sia tuttavia possibile 
precisare il corrispondente peso con riferimento alle partite successivamente 
contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi� 
sostenuto in dottrina, una eventuale impossibiilit� di precisazione del 
quantum pu� costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di 
precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi� da quello di protestare, 
mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure 
continuativo che l'aggravio determina. 
In conformit� della propria cost�ante giurisprudenza, ritiene pertanto 
il CoMegio che, anche trattandosi di :fiatti continuativi, l'intempestivit� 
della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a 
maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva 
stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte 
solo in sede di contabilit� fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente 
verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltatore, all'atto 
della firma del conto finale, � non potr� iscrivere domande per oggetto 

o �per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� 
durante lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 
e 54 )�. 
La domanda deve perci� essere dichiarata improponibile. (
Omissis). 

II 

(Omissis). -1. -Il primo quesito, cos� .come viene formulato dalla 
Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto 
delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta 
complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie 


VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 683 

me: a) del muro di cinta; b) di strutture di fondaicazione 
n� delle ragioni della domanda n� di quanta 
nma l'appaltatore attribuisce all'una e quanta all'altra 
ategorie di lavori. 
intenuto delle pretese fatte valere con M quesito in 
rsi, con certezza, attingendo ad altre fonti, e preci-

di contabilit� in cui l'Impresa Borghi provvide ad 
:pone il r.d. 25 maggio 1895, n. 350, le proprie do1ca 
indicazione delle ragioni di ciascuna di esse � 
Gtivamente pretese. 
evare che, delle L. 14.632. 709 richieste dalla Impresa 
o, L. 1.949.086 afferiscono ai lavori per la costruzione 
~ L. 12.683.623 ai lavori per la esecuzione delle strut. 
Per i primi lavori viene chiesta l'applicazione del 
> n. 149 anzich� del prezzo n. 148 (differenza: L. 700 
;tato impiegato cemento tipo 680 in luogo di quello 
ondi lavori viene richiesta l'applicazione del prezzo 

prezzo n. 147 (differenza: L. 3.240 a mc.) sia per la 
cemento impiegato, sia per il diverso e pi� oneroso 

dall'opera. 
!SSO, pu� passarsi all'es'ame della prima domanda del 
quanto ad essa, deve dirsi preliminarmente che l'Av


dello Stato, nell'interesse dell'Amministrazione dei 
tlleva eccezione di inammissibilit�, adducendo che la 
t � colpita da decadenza, perch� proposta con riserva 
i contabilit� del quarto stato di avanzamento: � dopo 
1 stati contabilizzati nei precedenti stati di avanzailizzazione, 
quindi, accettata dalla Impresa, i lavori 

i prezzi poi contestati dall'Impresa �. 
> Stato fa ovviamente richiamo all'art. 54 del regolaone, 
contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato, 
. 25 maggio 1895, n. 350, disposizione richiamata al!
l decreto del Ministro per i Lavori Pubblici 28 magova 
il capitolato generale per gli appalti delle opere 
Listero dei Lavori Pubblici. 
ifensore dell'Impresa controdeduce (2a memoria) che 
guarda il solo caso di mancata iscrizione della riserva 
itabilit� e �che l'efficacia della norma limitativa dei 
:ore esclude qualsiasi estensione �. 
te (3a memoria) lo stesso difensore, ritornando sula 
che l'eccezione di de{!adenza � non � confortata dalle 
;tro di contabilit� e che comunque le riserve furono 
nbre 1962, anteriormente al 5� stato di avanzamento 

~PPALTI ECC. 685 

. ' 

iOrdine ai fatti dai 
fperci� la sanzione 
ione investa circo


�� controllabili dalla 
isi possa verificare, 
~zzabile difficolt� a 
pposto, che ad una 
ioni, quale � quella, 
~e arbitrariamente 
!ti la finalit�, attri~
sentire che restino 
~ ritiene di fondare 
) pi� importante di 
k1ente finalit� � di 
:~ danno dell'ammilel 
costo dell'opera 

:~ 

isulta dalile disposi-0 
ltrazione analitica e 
histrazione commit


I ~a pubblica (art. 20, 
I, appare chiaro che 

I

JQ l'amministrazione ! 
~pesa e di trarre da 
i promuovere senza 

I 

;enza di fondi � cosi 
~sa, disponendo una 
mtratto (artt. 344 e 

~ ora esposta che va 
~golamento del 1895 
lndare con gpecifica 
ii o diversi da quelli 
!ut� in relazione alle 

~ rigorosa, ch� l'arti


~stiva iscrizione della 

id~mento morale nel 

iatto deve essere ese


iegistro di contabilit� 

rtite di lavoro in esso 

ui egli ritiene di aver 

rva, alla stazione ap




686 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

paltante. Ove non lo faccia, la legge presume che egli abbia rinunciato 
definitivamente a :far valere quel suo diritto successivamente, nella stessa 
sede o in altra. 

Sulla base�delle considerazioni ora fatte, si deve dichiarare parzialmente 
inammissibile, per avvenuta decadenza, la domanda di indennizzo 
proposta con il quesito primo, lett. a), avente per oggetto un m;aggior 
compenso di L. 1.949.086 per mc. 2.680,486 di conglomerato cementizio 
impiegato nella costruzione del muro di cinta. La domanda stessa .non � 
inammissibile nella sua totalit�, ma solo per le partite di lavoro registrate 
con i primi tre stati di avanzamento, che l'appaltatore firm� senza 
riserva: 1� stato di avanzamento, mc. 491,503; 2� stato: mc. 819,762; 
30 stato: mc. 72,000; in totale mc. 1.383,265. 

3. -La domanda � invece ammissibile per le altre partite della stessa 
categoria e precisamente per le partite comprese nei successivi stati di 
avanzamento, le quali, come si evince dalla consultazione del registro 
di .contabHit� (muro di cinta, splateamento all. 17I A), assommano a 
mc. 1.297 ,221. 
1Senonch� la domanda, nei limiti in �cui � ammissibile, non merita 
accoglimento. -(Omissis). 

III 

(Omissis). -Seguen.do l'ordine logico deve darsi la precedenza 
all'eccezione relativa all'asserita tardivit� delle riserve proposte daU'impresa 
istante, per quanto concerne i primi �cinque quesiti della domanda 
d'arbitrato, sia perch�, via via preliminarmente sollevata dalla difesa 
dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, sia perch� attinente ad una 
questione .pregiudiziale dei sopraspecificati quesiti e che perci� va esaminata 
primieramente. 

Come premesso nell'esposizione del fatto, l'Amministrazione resistente 
assume, in sostanza, che l'Impresa Marchioro sarebbe, anzitutto, 
decaduta dalle richieste sopra formulate sotto il profilo che le relative 
riserve sarebbero state tardivamente ed irritualmente proposte nella 
contabilit� dell'appalto. 

L'eccezione, validamente di volta in volta confutata dall'Impresa 
istante, � priva di fondamento. Ed invero, il problema della tempestiva 
iscrizione delle riserve, da parte dell'appaltatore, in relazione ai 
molteplici aspetti attraverso cui esso si manifesta, � stato oggetto di ampia 
elaborazione nella giurisprudenza, ritenendosi per fermo che l'onere 
medesimo, nei confronti dell'appaltatore, � strettamente connesso con 
la rigoros� osservanza delle prescrizioni relative alla tenuta dei registri 
contabili, da parte della, committente, in obbedienza al generale principio, 
secondo il quale il valore probatorio di una determinata documentazione 
opera soltanto se detta documentazione 1sia tenuta secondo le 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 6$7 

forme e nei modi previsti dalle stesse norme che le attribuiscono una 
particolare efficacia probatoria; con fa conseguenza che, non sussistendo 
le condizioni per una regolare iscrizione di riserve fin quando la contabilizzazione 
dei lavori mantenga un carattere di provvisoriet�, non pu� 
parlarsi di decadenza dell'Impresa per la mancata tempestiva iscrizione 
delle riserve nel registro di contabilit� (lodo 30 ,Juglio 1962, n. 54; lodo 
3 dicembre 1962, n. 65; lodo 25 genn�.io 1964, n. 2; lodo 23 gennaio 1965, 

n. 2; Corte di Appello di Roma 22 dicembre 196�5, n. 225). 
Ed, infatti, le' operazioni relative alla contabilit� devono essere 
eseguite .:e documentate dalla parte committente secondo ile forme e le 
modalit� stabilite dagli artt. 346 e 364 della legge sui lavori pubblici e 
dal regolamento relativo (r.d. 2�5 maggio 18'95, n. 350), cui detti articoli 
rinviano, in quanto la osservanza di tali norme e modalit�, mentre costituisce 
una garanzia per la pubblica amministrazione, riveste anche un 
particolare interesse �ai fini delle preclusioni che ne rpossono derivare in 
danno dell'appaltatore e �che, secondo l'avviso della dottrina dominante 
e della prevalente giurisprudenza, operano in quanto quelle norme �e 
quelle modalit� siano, conseguentemente, rispettate. 

Presupposto necessario, affinch� l'appaltatore possa ritenersi decaduto 
dal diritto di far valere, in qualunque tempo e modo, pretese riferentisi 
a fatti o contabilizzazioni, risultanti di volta in volta dall'atto 
contabile, �, per�, che si tratti di conta�bilit� definitiva, non gi� di registrazioni 
a carattere puramente provvisorio, nel qual caso questo carattere, 
escludendo che l'atto possa considerarsi come definitiva determinazione 
dell'Amministrazione, non rende operativo� l'onere della riserva. 

A codesto orientamento aderisce il Collegio arbitrale, posto che la 
norma, la quale prescrive il tempo d'iscrizione delle riserve e che commina 
la decadenza per inosservanza di esso, presuppone la sussistenza 
di una regolare e definitiva contabilit�, ma non tenuta in modo provvisorio, 
come quella dell'appalto de quo. 

Difatti, nella presente fattispecie, validamente la difesa dell'Impresa 
oppone .che, inizialmente e fino all'epoca della prima iscrizione delle 
riserve nel registro, la contabilit� � stata tenuta per partite provvisorie. 

Conferma codesto assunto l'approfondito esame della prodotta documentazione, 
da cui rilevasi che, effettivamente, le quantit� di lavoro 
sono state allibrate in termini provvisori e senza alcun riferimento a 
misurazioni esatte via via tenute. 

E valga il vero: la contabilizz.azione riferentesi alla galleria principale 
(art. 131/a elenco prezzi) � condensata tutta nel libretto delle 
misure n. 5, dal quale si evince che dal 28 ottobre 1960 al 4 ottobre 1961 
sono state contabilizzate tutte partite provvisorie per complessivi mc. 
38.500; che in data 31 gennaio 1962 sono sfa.te annullate tutte le partite 
provvisorie e ricontabilizzati mc. 18.176 di scavo in base alle sezioni 

14 



688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della calotta; che in data 30 aprile 1962, ma sempre nello stesso state> 
di avanzamento, sono stati contabilizzati in provvisorio altri 3.000 mc. 

In seguito, la 'Contabilizzazione � stata tenuta in via provvisoria 
fino al 31 luglio 1962 e solo in data 15 settembre stesso anno, sul libretto 
delle misure, ed in data 23 ottobre successivo, sul registro di contabilit�, 
� stata operata J.a contabilizzazione definitiva seguita .dalla tempestiva 
riserva dell'Impresa. 

Tuttavia, l'intera precedente contabilit� � stata, ancora una volta, 
annullata in data 24 marzo �1964 (sul libretto delle misure) e ricontabilizzata 
in definitivo e con disegni definitivi. 

Per la galleria secondaria -art. n. 131/b elenco prezzi -la contabilizzazione, 
condensa~a tutta nel libretto delle misure n. 7, ha seguito 
lo stesso procedimento della galleria principale e cio� dal 29 aprile al 
5 ottobre 1961 sono state contabilizzate solo partite provvisorie per complessivi 
mc. 18.800, nuovamente annullati in data 31 gennaio 1962 e 
ricontabilizzati per mc. 12.723, in base alle sezioni della calotta e dei 
relativi rivestimenti. Successivamente la contabilizzazione � avvenuta 
con gli stessi criteri, e, parte, in via chiaramente provvisoria, fino alla 
data del 15 settembre 1962, seguita dalla riserva della Impresa; quindi 
tutta la precedente contabilit�, nuovamente annullata in data 24 marzo 
1964, risulta contabilizzata in definitivo e con disegni definitivi. 

Per il camerone -Bivio di Roiano -art. 131/A elenco prezzi la 
cui contabilizzazione � condensata nel libretto delle misure n. 10 & 

n. 10/bis, la prima partita di scavo in provvisorio per mc. 3.040 � stata 
contabilizzata il 31 gennaio 1962; quindi in data 15 settembre 1962 sul 
libretto delle misure ed in data 23 ottobre stesso anno sul registro di 
contabilit� � stata annullata la partita provvisoria e ricontabilizzata in. 
definitivo per mc. 4.442 'Con la tempestiva riserva dell'Impresa. 
Successivamente la contabilit� � avvenuta parte in provvisorio e 
parte in definitivo fino alla data del 24 marzo 1964 (li!br�tto delle misure 
numero 10/bis) quando tutta J.a precedente contabilizzazione � stata, 
ancora una volta, annullata e ricontabilizzata con disegni definitivi. 

Orbene, in tale situazione, � evidente che non sussisteva per l'Impresa 
Marchioro, sino alla data della contabilit� per partite provvisorie, 
alcun obbligo �di riserve, mancando anzi la materia da contestare e da 
quantificare, �Come prescritto dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 
1895. Senza dire che, per quanto concerne addirittura la richiesta di cui. 
al 10 quesito, trattandosi di riserva, a carattere cosidetto continuativo,. 
essa non era soggetta all'onere della fempestiva denunzia, n� quindi alla 
decadenza conseguente alla sua inosservanza, fino a quando l'onere continuativo 
seguitava a prodursi. 

In tali sensi, del resto, � il costante orientamento della miglioredottrina, 
nonch� della pi� autorevole giurisprudenza arbitrale e della 
Corte Suprema. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS; IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 689 

Ed, infatti, � stato costantemente ritenuto da parte degli arbitri che 
la rigida osservanza dei termini e dei modi stabiliti dall'<art. 54 del Regolamento 
25 maggio 1895, n. 350 per la presentazione delle riserve � 
richiesta solo quando le contestazioni dell'appaltatore riguardino circostanze 
che, a distanza di tempo, non sarebbero pi� controllabili dalla 
stazione appaltante, con la conseguenza che non si verifica alcuna decadenza 
per fatti sempre storicamente accertabili, perch� risultanti da 
atti amministrativi (lodo arb. 27 gennaio 1962, n. 7; lodo arb. 27 ottobre 
1964, n. 69; lodo arb. 1 marzo 1966, n. 11); e da parte della Corte 
Regolatrice � stato autorevolmente soggiunto che le � riserve attinenti ad 
aggravi di carattere continuativo, se omesse, non importano decadenza 
per quei lavori che si palesano accertabili in ogni tempo e computabili 
nel loro ammontare� (Cass. 4 dicembre 1967, n. 2869; Cass. 30 giugno 
1969, n. 2393). 

Orbene,. come � ovvio, i fatti continuativi sono quelli che non esauriscono 
le loro conseguenze dannose in un momento determinato, ma si 
protraggono nel tempo, come nella fattispecie, ove le richieste dell'appaltatore 
non erano inscindibilmente connesse ad elementi di mero fatto, 
in ordine ai quali sussisteva la necessit� dell'immediato accertamento 
in contraddittorio dell'appaltatore, insieme con la correlativa attestazione 
nei registri di contabilit�, laddove i fatti posti a fondamento della 
pretesa erano accertabili, obbiettivamente, in ogni tempo. 

Tra l'altro, sempre in relazione al 1� quesito rigu~rdante i maggiori 
oneri sopportati dall'Impresa negli scavi in roccia da mina, eseguiti in 
galleria con limitazioni nelle quantit� e nei tempi delle cariche di esplo� 
sivo e dei brillamenti, l'appaltatore, con lettera in data 9 novembre 1960 
(doc. n. 5 dell'istante), immediatamente successiva alle prescrizioni che 
riducevano l'uso degli esplosivi, aveva avanzato la richiesta di compensi, 
riservandosi di precisare il contenuto e l'importo in relazione alla 
importanza dell'onere: il che poi ha regolarmente fatto, con formale 
riserva, inserita in registro e regolarmente sviluppata, allorch�, oltre a 
trovarsi, per la prima volta, in*presenza d'una contabilizZJazione per partite 
esatte e definitive, � stato in grado di quantificare la richiesta 
medesima. 

�La difesa dell'Amministrazione contesta la circostanZJa della con


tabilit� tenuta in partite provvisorie, assumendo che, i.!1 senso giuridico, 

ossia secondo il regolamento n. 350 del 1895, � contabilit� provvisoria � 

pu� essere considerata, ai fini esonerativi dall'onere della riserva, solo 

quella concretantesi in registrazioni eseguite su statini, brogliacci o 

minute; mentre costituisce contabilit� � formale � e � definitiva ;, , agli 

effetti dell'onere ex art. 54 Regol. n. 350, quella tradotta in allibra


menti regolarmente iscritti nel registro di contabilit�, all'uopo invo


cando il conforto di un lodo arbitrale in data 1� marzo 1966, n. 11 e 

della decisione n. 2393 della Corte di Cassazione. 


(i9() RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Senonch�, deve disattendersi l'assunto dell'Amministrazione dei Lavori 
Pubblici, sia per il riflesso che l'unico ed isolato precedente arbitrale, 
in contrapposizione ad una copiosa corrente .uniforme in senso 
assolutamente contrario, contenendo un'affermazione puramente teorica 
e senza averne tratto materia del decidere, non � per nulla pertinente 
alla soggetta questione, sia perch� la Corte Regolatrice non ha affrontato, 
nella indicata decisione, il problema della contabilit� provvisoria 
<> definitiva. 

Peraltro, questo Collegio arbitrale condivide in pieno l'opinione 
della difesa dell'Impresa Marchioro, in relazione al concetto di contabilit� 
provvisoria e definitiva, senza esitare a concludere che, nel caso 
in esame, si � in presenza di una contabilit� formalmente tradotta nei 
documenti ufficia.Ii, ma non eseguita con postazioni esattamente determinate, 
secondo una prassi normalmente invalsa in materia di opere pubbliche, 
�, cio�, in via provvisoria, in modo da consentire rettificazioni 
in pi� o in meno delle partite iscritte, ma tuttavia non conforme alle 
disposizioni del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, fra cui sono particolarmente 
rilevanti quelle enunciate dall'art. 53 del detto regolamento, 
dalle quali � agevolmente desumibile la necessit� di esatte misurazioni 
nel �ibretto delle misure e della inserzione definitiva di tali misurazioni 
nel registro di contabilit�; sicch�, mancando o essendo incompleta o 
provvisoria la registrazione dei � fatti �, non � possibile far operare la 
decadenza, di cui al successivo art. 54 del menzionato regolamento, 
che � strettamente connessa alla regolare registrazione dei fatti stessi. 

Diversamente opinando, si dovrebbe concludere che a carico dell'appaltatore 
si � voluto porre un onere impossibile e .si traviserebbe, conseguentemente, 
lo scopo della legge, che, se da una parte permette alla 
Amministrazione committente di esplicare un continuo ed efficiente controllo 
della spesa, dall'altra parte regola il procedimento attraverso il 
quale l'appaltatore � ammesso a far valere i suoi diritti e non gi� ad 
impedirgliene l'esercizio nello stesso momento in cui gliene viene attribuita 
l'astratta titolariet�. 

Consegue, quindi, che, qualora l'Impresa richieda, come nel caso di 
che trattasi, il ristoro di maggiori oneri sostenuti per l'esecuzione di 
scavi, non pu� essere sollevata alcuna eccezione sulla tempestivit� della 
riserva, in quanto manca il presupposto �che ne legittima la proposizione. 

N� migliore sorte �pu� essere riservata all'eccezione dell'Avvocatura 
dello Stato, sottq l'ulteriore profilo, anche esso dedotto, di volta in volta, 
in relazione alle richieste, per non avere l'appaltatore osservato la procedura 
di cui all'art. 23 Regol. n. 350 del 1895. 

Tale disposizione, a .parte che non � rpregi11diziale alle riserve, � 
infatti inapplicabile in situazioni come quelle di specie, l'Impresa Marchioro 
non avendo mai sollevato alcuna contestazione alla Dirigenza 
in ordine alle prescrizioni, variazioni �ed esecuzione di categorie di lavori 



�.mx--�� x.

fil�� ,.��~:@../"'�:::::-~

"/~ -.: �~!ll1llll9B 11!!!\1 I 

I 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 691 

che ha sempre accettat� di eseguire regolarmente, solo che, a suo giudizio, 
ha domandato il relativo compenso. 

Ci� posto deve respingersi l'eccezione di tardivit� della riserva sollevata 
dalla difesa dell'Amministrazione appaltante, che non pu� essere t 
seguita neppure .nelle ulteriori argomentazioni in ordine al contenuto 
della prima richiesta avanzata dall'appaltatore per i maggiori oneri di 
scavi in roccia da mina eseguiti in galleria con limitazioni (nella quan


I

tit� e nei tempi) delle cariche di esplosivo e dei brillamenti. 

I Quesito. -Secondo la committente, la riserva sarebbe infondata 
per il riflesso che l'Impresa non poteva ignorare, all'atto dell'offerta, 
l'eventualit� di incorrere in limitazioni nell'uso degli esplosivi, come 
effettivamente � avvenuto, a seguito delle prescrizioni dettate dalla Questura 
di Trieste, dato che il lavoro interessava una zona della citt� densamente 
abitata e le gallerie presentavano scarsa copertura di terreni; 
che l'evento, non attinente, peraltro, ad alcuna causa geologica, ma 
esclusivamente al � factum principis � era perfettamente prevedibile ed, 
anzi, sarebbe stato previsto in contratto col prezzo n. 131 per �lo scavo in 
sottosu�lo da eseguirsi in qualsiasi qualit� o natura di materie, compreso 
il carico, il trasporto e lo scarico a rifiuto a qualsiasi distanza e con qualunque 
mezzo delle materie scavate, comprese, altres�, le armature e 
puntellazioni, la ventilazione, gli aggottamenti e quanto altro occorrente 
per la completa esecuzione degli scavi ecc . ., come si evince anche 
dall'art. 13, primo comma, del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie 
dello Stato, !facente parte integrante del contratto di appalto, nel quale 
� espressamente statuito 'che � per le mine che occorressero nell'esecuzion 
dgli scavi, tanto all'aperto che in galleria l'appaltatore deve osservare 
tutte le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti in vigore �. 

L'Impresa Marchioro, da parte� sua, contesta energicamente l'assunto 
avversario adducendo -e giustamente -che l'imprevedibilit� 
della circostanza dello scavo, a regime ridotto, risulta chiaramente provata 
dallo stesso comportamento dell'Amministrazione, che, nel 1� atto 
aggiuntivo, redatto in data 18 novembre 1961, ha dovuto riconoscere 
all'appaltatore un nuovo prezzo per la parte di scavo eseguita, o che do


veva essere eseguita, con divieto assoluto di mine, tanto vero che, nella 
stessa premessa dellq stesso atto aggiuntivo, risulta esplicitamente ammesso 
che �pure imprevedibile � stato il divieto delle autorit� di P.S. di 
procedere allo scavo, nel tratto allo scoperto e ,nella prima parte delle 
gallerie, con l'uso di esplosivi per la vicinanza della linea ferroviaria in 
esereizio e della strada statale n. 14, nonch� per la presenza di pregevoli 
edifici in zona di scarsa copertura �. Donde, la contraddizione di non aver 
poi voluto riconoscere un compenso, ancorch� minore, per la parte di 
scavi eseguiti con riduzione dell'uso delle mine e che era stata tale da 
modificare il ritmo e le caratteristiche del lavoro. 

692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Premesso che l'onere dello scavo con riduzione dell'impiego di 
mine ha interessato parzialmente tutte le categorie di detti lavori, nella 
galleria principale, in quella secondaria e nel camerone di raccordo, l'imprevedibilit� 
della circostanza suddetta, oltre che dagli elementi messi 
in evidenza dall'Impresa, emerge, altresi, dall'incuria dimostl'.ata dalla 

stessa Amministrazione in sede di rilevazioni e studi della progettazione, 
tanto vero che la Dirigenza dei Lavori ha dovuto �esplicitamente ammettere, 
sempre nella premessa del menzionato 1� atto aggiuntivo, � di es~ersi 
trovata dLfronte a gravi problemi ed a gravi difficolt�, dovuti, in gran 
parte, alla natura dei terreni, 1alla stratificazione degli stessi molto irregolari, 
sia negli spessori che nella disposizione � e �che � tutto ci� non si 
era potuto prevedere in sede di studio e di progetto per le scarse notizie � 
che si erano potute raccogliere presso gli organi competenti e per la 
mancanza di studi geognostici della zona interessata dal tracciato ferroviario�. 


Ne consegue che, dovendo riferirsi all'Amministrazione i difetti 
degli studi e dei rilievi della progettazione preventivi al lavoro, cui, 
peraltro, la committente era, invece, tassativamente tenuta, non poteva 
l'Impresa addossarsi il rischio dell'imprevedibilit� negli scavi, tanto per 
il divieto assoluto, quanto per la riduzione dell'impiego delle mine; imprevedibilit� 
del tutto identica in entrambe le ipotesi, ma con effetti di 
diversa graduazione nell'un caso e nell'altro. 

Orbene, in codesta situazione, avendo la committente riconosciuto 
un nuovo prezzo per lo scavo dovuto eseguire senza l'uso degli esplosivi, 
il che conferma che il prezzo originario dello scavo stesso era stato elaborato 
e accettato sul presupposto del lavoro con l'uso delle mine e 
non con� altri mezzi, lo stesso riconoscimento, sia pure con compensi 
gradualmente diversi, doveva effettuare dove fa rid4-zione degli esplosivi 
� stata tale da modificare ritmo e caratteristiche di lavoro, con conseguenti 
maggiori oneri, anch'essi non previsti contrattualmente, ma ugualmente 
sopportati e che hanno influito sensibilmente nell'economia dell'appalto. 
D'altra parte, l'appaltatore, per quanto concerne l'art. 13 del 
Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, richiamato dal 
Capitolato speciale -come era suo dovere -si � sempre attenuto alle 
prescrizioni delle autorit� nell'impiego degli esplosivi e nella loro conseguent� 
disciplina, solo che ne chiede il ristoro economico, rispetto alle 
diverse previsioni contrattuali, ristoro cui, indubbiamente, ha diritto, 
trattandosi di aggravamento esecutivo d'una categoria di lavoro (scavo 
in roccia da mina eseguito in galleria con limitazioni delle cariche di 
esplosivo e dei brillamenti) con relativi maggiori oneri per l'Impresa 
derivati dall'intermittenza del lavoro, dalla abolizione del turno continuo, 
dalle diverse difficolt� di avanzamento, dai maggiori costi delle 
esplosioni, per via dell'ordinti imposto dalla autorit� di P.S. di Trieste. 

E come risulta dal documento n. 6, proveniente dalla stessa Ammini


! 

~~0"~~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 693 

strazione, mentre la Direzione dei Lavori non ha potuto non riconoscere 
durante il corso degli scavi (lettera 9 aprile 1963) le difficolt� e gli 
<meri sopportati dall'Impresa per la riduzione dell'impiego delle mine, 
per gli effetti di codesta imposizione sull'andamento e razionalit� del 
lavoro, .per la imprevedibilit� della inconsistenza delle rocce, delle direzioni 
e intensit� di.propagazione dell'onda esplosiva, con rischi sui fabbricati 
e manufatti ivi esistenti; dal documento n. 10 si riieva che le 
riduzioni dell'impiego di mine hanno avuto carattere continuativo e 
sistematico per tutto il periodo dell'esecuzione degli scavi e sono stati 
determinati dalla imprevista natura del terreno, dall'andamento di propagazione 
dell'onda esplosiva e dalle distanze di certi man�fatti che i 
progettisti avevano ritenuto non potessero essere disturbati dall'onda 
medesima, ma che, in concreto, si sono rivelati, invece, seriamente niinacciatL 


La richiesta �di indennizzo, fondata sotto il profilo dell'art. 1664, 
secondo com.ma, cod. civ., il quale, come � noto, stabilisce che � se nel 
corso dell'opera si manifestino difficolt� di esecuzione derivanti da cause 
.geologiche, idriche e 'simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente 
pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto 
ad un �equo compenso �, deve, pertanto, accogliersi sulla base e nei 
limiti di quanto sar� esposto in seguito. 

Secondo lAmministrazione resistente non � proprio a parlarsi, nella 
specie, di sorpresa geologica, n� di applicabilit� dell'art. 1664 e.e., : la 
tesi prospettata dalla difesa dell'istante dovendosi disattendere in diritto 
per il riflesso che la disposizione in esame non pu� applicarsi negli appalti 
di opere pubbliche, per i quali vige, al contrario, la procedura ex 
art. 21 e seguenti del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350. 

Senonch� l'applicabilit� nei contratti di opere pubbliche della 
norma di cui all'art. 1664 e.e. � generalmente ammessa da tutta la 
dottrina e dalla costante giurisprudenza, mentre, per quanto concerne 
la notevole maggiore onerosit� della intera prestazione, la stessa difesa 
della committente non contesta la �effettiva sussistenza attribuendola, 
erron�amente ed esclusivamente, al factum principis e non a fatto 
imputabile all'Amministrazione. 

Posto in questi termini il ,problema relativo al merito del primo 
quesito e rilevato che all'appaltatore Marchioro spetta il ristoro economi.
co, rispetto alle diverse previsioni contrattuali, per lo scavo in 
roccia da mina, eseguito in gall:eria con limitazione delle cariche di 
esplosivo e dei brillamenti, osserva il Collegio che l'Impresa istante 
chiede un compenso di L. 284.089.757 basandolo su calcoli ed analisi 
che, se non possono integralmente accettarsi, tuttavia sono indicativi 
dei costi di esecuzione del lavoro di scavo, dovuti effettuare con l'uso 
limitato dei detti esplosivi. 



seguita seguita 
�� 
694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le limitazioni delle cariche �e dei tempi di brillamento imposte 

dalla Questura di Trieste, su parere della Commissione Esplosivi, risul


tano chiaramente dalla documentazione prodotta dalle parti. 

Da essa si evince, infatti, che al divieto assoluto di uso degli esplo


sivi all'aperto e nei primi tratti di imbocco delle gallerie � 

l'autorizzazione di uso limitato di esplosivo con un minimo di 200 gr. 

per carica da aumentare progressivamente con l'avanzamento della 

galleria e con l'allontanamento dai bfnari .ferroviari. 

Gli aumenti concessi risultano da gr. 370 fino a gr. 780 per la 
� galleria principale, da gr. 260 a gr. 780 per la galleria secondaria e 

fino a gr. 1.000 per il camerone, senza arrivare mai al quantitativo. 

normalmente usato per lavori del genere da gr. 2.000 a gr. 3.000. 

Le limitazioni delle cariche erano integrate con la limitazione dell'orario 
dei brillamenti fissato dalle ore 7 alle ore 13 e dalle ore 15 
alle ore 21 dei soli giorni feriali. Tale termine � stato protratto alle 
ore 22 per il solo nucleo del ca,merone e con riduzione delle singole 
cariche delle mine dopo le ore 20. 
Gli scavi in sotterraneo sono stati allibrati in contabilit� con i 
prezzi degli artt. 131/a di L. 5.500 al mc. e 131/b di L. 5.870 al mc. 
rispettivamente per la galleria a doppio binario e per la galleria a 
semplice binario. 
Per gli scavi eseguiti con divieto assoluto di esplosivo, sia all'aperto. 
sia in sotterraneo, l'Amministrazione committente ha riconosciuto i 
maggiori oneri incontrati dall'Impresa concordando i nuovi prezzi di 
L. 16.300 al mc. (art. 156/a) e di L. ut.670 al mc. (art. 156/b) sostitutivi 
dei prezzi di contratto gi� fissati agli artt. 131/a e 131/b. 
Ed allora, tenuto conto che anche dall'uso limitato delle mine nel-
l'esecuzione degli scavi l'Impresa ha subito degli indiscutibili, imprevisti 
maggiori oneri che hanno sensibilmente influito sul costo dei 
lavori e sull'intera economia dell'appalto, trova �esatta giustificazione 
la corresponsione di un compenso per il titolo di che trattasi. 
Dalle contabilit� dei lavori gli scavi in sotterraneo eseguiti con 
le limitazioni imposte risultano cosi ripartiti: 
Galleria a doppio binario . 
Galleria a binario unico . 
Raccordo bivio Roiano (Camerone) 
TOTALE . 
mc. 
mc. 
28.971,233 
17.275.890 
7.978.829 
54.225,951 
Come previsto in contratto i predetti scavi sono stati pagati per 
mc. 36.950,061 (Galleria a doppio binario e Camerone) con il rprezzo 
dell'art. 131/a di L. 5.500 per mc. e per mc. 17.275.890 (Galleria a 
binario unico) con il prezzo dell'art. 131/b di L. 5.870 per mc. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 695 

Nella esposizione della riserva l'Impresa, per calcolare il compenso 
richiesto, si basa sul prezzo medio di quelli contrattuali, che essa stessa 
espone in L. 5.600 per mc., pari a L. 3.863 nette. 

In effetti, il principio adottato dall'Impresa �ppare appropriato, in 
quanto la limitazione delle cariche di esplosivo e dei brillamenti incide 
quasi esclusivamente sul costo della mano d'opera e delle attrezzature, 
mentre resta pressoch� immutato il costo delle armature occorrenti, che 
varia da galleria a galleria in relazion�_ alla sezione. 

In base alla comune esperienza l'incidenza della mano d'opera e 
delle attrezzature per lo scavo in sotterraneo viene determinata nel1'
85 % , restando il residuo 15 % come incidenza dei materiali. 

Nel caso in esame, il normale avanzamento dello scavo in galleria 
da ml. 2,50 a ml. 3,00 per ogni volata di mine � stato ridotto, con le 
limitazioni. imposte, in media da circa ml. 1,20 a ml. 1,50 e, conseguentemente, 
la produttivit�, con gli stessi operai e le attrezzature, 
risulta ridotta del 45 % . A ci�, si deve aggiungere il maggiore tempo 
impiegato per le pi� numerose perforazioni e conseguenti caricamenti, 
volate e tempi morti di sparo ed il maggior tempo di smarinaggio e 
trasporto oltre al maggior costo di esercizio degli impianti �on una 
incidenza generale che pu� essere congruamente determinata nel 15 % . 

Pertanto, rispetto ai normali sistemi di avanzamento, ne risulta 
una riduzione globale della produttivit� del 60 % , che incide solo sul 
costo della mano d'opera e delle attrezzature. 

Sulla base dei predetti elementi e del prezzo medio contrattuale 
ritiene il Collegio di poter determinare il compenso spettante all'Imprsa 
per tutto il volume dei suddetti scavi, compenso che per essere 
equo stimasi liquidare nella somma netta di L. 106.825.000 (Centoseimilioniottocentoventicinquemila). 


E cio�: 60 % X 85 % X L. 3.863 = L. 1.970 

L. 1.970 X mc. 54.225,951 = L. � 106.825.000. 
Sull'equo compenso dovuto per i maggiori oneri, secondo la costante 
giurisprudenza, non � applicabile il ribasso d'asta. Infatti, tale 
compenso, ai sensi del II comma dell'art. 1664 e.e., copre il maggior 
onere della prestazione, ma non ricostituisce la posizione delle parti 
nella sua perfetta integrit�, ~on la conseguenza che la determinazione 
del compenso equitativamente liquidato ed effettuato rimane al di 
fuori del regime contrattuale, sicch� ad esso non va applicato alcun 
ribasso d'asta. 

Nell'indicato ammontare netto di L. 106.825.000 va accolta, quindi, 
la richiesta di cui al primo quesito della domanda di arbitrato. 

II Quesito -Con questo quesito l'Impresa ha chiesto la somma di 

L. 71.929.233,15 quale maggior compE;nso per lo scavo del c11merone 

--~�


:::::@ 

696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel tratto d'innesto della galleria secondaria con quella principale, 
assumendo che nel capitolato speciale non esiste il prezzo, relativo allo 
scavo del camerone, avente una sezione di mq. 274,34 di gran lunga 
superiore alle sezioni della galleria .principale e della galleria secondaria, 
rispettivamente di mq. 65 e 45 circa, i cui prezzi sono stati 
previsti in contratto agli artt. 131/a e 131/b; laddove l'escavo del 
camerone, delle dimensioni eseguite, avrebbe comportato oneri notevolmente 
superiori di quanto fissato per la galleria principale e per 
quella secondaria; che ta:li maggiori oneri sarebbero stati ingigantiti 
dalla incoerenza dei materiali incontrati e dal fatto che sovrastando 
importanti manufatti la Direzione dei lavori aveva disposto il raddoppio 
degli spessori e dei rivestimenti con conseguenti maggiori oneri 
essendo stato lo scavo eseguito, data la notevole sezione, per elementi, 
mediante cunicoli di base e di calotta, opportunamente .armati e collegati 
tra loro, completando gli scavi e le centinature metalliche fino 
ad ottenere tutto l'arco scavato e armato con centine metalliche puntellate 
sul nucleo centrale. 

A tale richiesta l'Amministrazione ha eccepito, preliminarmente, 
la tardivit� della riserva e, nel merito, ne ha dedotto la sua completa 
infondatezza ai sensi dell'art. 5 del Capitolato Speciale di Appalto e 
dell'art. 67 del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, 
facente parte integrante del contratto, dai quali emerge che l'Amministrazione 
si riservava la pi� ampia, insindacabile facolt�, di modific.
are, comunque, la sagoma delle gallerie, J.o spessore e la struttura 
dei rivestimenti murari, indicati nei disegni senza che per ci� l'appaltatore 
potesse sollevare ec.cezioni o pretendere compensi per qualsiasi 
titolo. 

All'accoglimento della richiesta di maggior compenso per fo scavo 
del camerone, delle dimensioni effettivamente eseguite, non sarebbe di 
ostacolo l'eccezione preliminare di asserita tardivit� della riserva 
iscritta nel registro di contabilit�, vaiendo all'uopo le ragioni gi� 
esposte, in relazione all'eccezione medesima, nella disamina del primo 
quesito sulla contabilit� tenuta dalla committente in via provvisoria. 
Senonch�, come esattamente ha rilevato la difesa dell'Amministrazione, 
la richiesta stessa � priva di ginridico fondamento, posto che l'impresa 
era tenuta per contratto allo ius variandi delle sagome della 
galleria, come emerge dalle invocate disposizioni (art. 5) del capitolato 
speciale e (art. 67) del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie 
dello Stato, facenti parte integrante del contratto d'appalto. Dall'uno 
e dall'altro, risulta, infatti, l'espressa riserva della committente, 
in relazione alla pi� ampia insindacabile facolt� di modificare, in sede 
di esecuzione, la caratteristica della sezione delle gallerie � quante 
volte per la natura dei terreni attraversati o per qualunque altra 
ragione lo giudicasse conveniente ., l'appaltatore essendo � obbligato 

rf 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 697 

ad uniformarsi � e � senza che egli abbia diritto di sollevare mai 
eccezioni di sorta o di pretendere indennizzi o compensi speciali � , r?: 
sempre, beninteso, nei limiti legali della suddetta facolt� dello ius 

I

variandi e senza aggravarne gli oneri costruttivi. 
Difatti, il prezzo di scavo per le gallerie non reca alcuna .specifi


l�I 

cazione delle caratteristiche delle sagome e dell'entit� delle sezioni, =~ 
proprio perch� la stazione appaltante, in base alle disposizioni sopra 
citate, l'aveva espressamente riservate alla propria discrezionalit� tecnica, 
a seconda della natura dei terreni attraversati o per qualunque 
altra ragione di convenienza. 


Pertanto, l'Amministrazione, sostituendo, all'atto esecutivo, i sette 
cameroni previsti a sezione decrescente con un unico a sezione costante 
e con un volume complessivo di scavo pari, anzi, leggermente inferiore 
a quello di progetto, ha esercitato una facolt� contrattualmente prevista 
e per di pi� insindacabile. 

Senza dire che il lavoro eseguito dall'Impresa � risultato meno one-' 
roso di quello previsto, in quanto, con un avanzamento in galleria �di 

I

ml. 42 e con l'adozione di un'unica sagoma, � stato realizzato lo stesso 
volume previsto con un avanzamento di ml. 86,3�5, come originariamente 
previsto, su ben sette sagome diverse, di cui la prima ha la stessa 

I

ampiezza di quella eseguita. A ci� aggiungasi che l'Impresa ha evitato 
l'onere dei sette diaframmi riduttori ed i maggiori oneri conseguen' 
ziali di casseratura per il getto di congl�merato, di minori volumi di 
~� 


I 

muratura extra scavo e di muratura per le serrande in calotta. -: 
Per le suesposte considerazioni la domanda di cui al secondo quesito 
va disattesa. 

III Quesito -Compenso di L. 17.489.364 per pagamento .di kg. 

81.726 di centine metalliche incorporate nei piedritti della galleria a 
semplice binario. 
L'Impresa, nell'affermare che lo scavo a tutta sezione della galleria 
a semplice binario � stato adottato dopo attento studio e dopo 
constatata la difficolt� e pericolosit� nei primi metri �di galleria scavati 
in sola calotta e quindi dopo il �getto della calotta in parte sottomurata, 
sostiene la pratica impossibilit� di limitare la centinatura metallica 
incorporata alla s�la calotta e, quindi, chiede l'accreditamento della 
parte di centine metalliche incorporate nei piedritti in ragione di 
kg. 81.726. 

L'Amministrazione res~stente, oltre ad eccepire la tardivit� della 
richiesta, sotto il profilo della non tempestiva iscrizione della riserva 
nel registro di contabilit�, richiama all'uopo, e per negarne la sua fondatezza, 
l'ordine di servizio n. 19, in data '23 maggio 1961, col quale � 
stata rifiutata l'autorizzazione all'esecuzione di strutture aggiuntive 


698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEL~O STATO 

ed, in particolare, al maggior sviluppo della centinatura metallica per 
la parte corrispondente ai piedritti. 

Premesso che per quanto concerne l'eccepita tardivit� della riserva 
vale anche qui quanto si �. avuto occasione di esporre in relazione alla 
contabilit� provvisoria ed alla conseguente non operativit� dell'onere 
della riserva, nel caso di specie va rilevato che, 'ben a ragione, I'Amministrazione 
ha contestato la fondatezza della richiesta in esame. 

Ed infatti, sulla scorta del sopracitato ordine di servizio n. f9, 
emesso a seguito della richiesta fatta dall'Impresa alla Direzione dei 
Lavori, per la concessione del nulla-osta, dal lato tecnico, in relazione 
all'avanzamento proposto -diverso da quello previsto in sede progettuale 
-con lo scavo a tutta sezione, pureh� fossero adottati tutti gli 
accorgimenti necessari alla buona riuscita del lavoro ed alla sicurezza 
delle maestranze, risulta che la detta Direzione ha rifiutato l'autorizzazione 
all'impiego di strutture aggiuntive, precisando esplicitamente 
che l'avanzamento a tutta sezione, non essendo ritenuto indispensabile 
alla riuscita del lavoro, doveva essere considerato unicamente a vantaggio 
dell'Impresa e la Dirigenza non avrebbe potuto riconoscere e 
contabilizzare quelle strutture aggiuntive che si fossero rese necessarie 
per la condotta di un tale sistema di avanzamento, ed in particolare non 
avrebbe potuto contabilizzare il maggior sviluppo della centinatura 
metallica .per la parte corrispondente ai piedritti. 

Giova osservare, inoltre, che il nuovo prezzo n. 152, riportato 
nell'atto aggiuntivo e 1� verbale di nuovi prezzi in data 18 novembre 
1961, sottoscritto dall'Impresa, sp�cificatamente prevede che l'impiego 
delle centine sarebbe stato fatto ad esclusivo ed insindacabile 
giudizio della Dirigenza in relazione alla natura dei terreni attraversati, 
stabilendo, la medesima Dirigenza, di volta in volta, la Sf\gomatura, la 
lunghezza e la distanza delle centine, nonch� la sezione delle singole 
parti metalliche. 

Pertanto, l'I:mrpresa era chiaramente edotta e consap~yole, prima 
dell'esecuzione delle relative opere, che la �centinatura metallica dei 
piedritti sarebbe sta!~ esclus-a dalla contabilizzazione perch� non ritenuta 
indispensabile alla riuscita del lavoro e .non autorizzata, anzi 
negata, da parte della Dirigenza, con la conseguenza che avendo eseguito 
l'opera con scavo a piena sezione e con l'armatura dei piedritti 
l'ha fatto di sua iniziativa, a suo esclusivo vantaggio ed interesse, pur 
sapendo, sin dalla data dell'ordine di ,servizio n. 19 e cio� dal maggio 
1961, che l'Amministrazione non gliel'avrebbe certamente ricompensata. 


Qualsiasi altra argomentazione dell'Impresa, relativa alla asserita 
necessit� del magistero in rapporto anche al vantaggio dell'opera che 
sarebbe stato riconosciuto dal Direttore di Lavori, e dal Collaudatore, 
si infrange di fronte al pi� yolte menzionato ordine di servizio n. 19 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 699 

del 23 maggio 1961 ed al successivo a~to aggiuntivo, in data 18 novembre 
stesso anno, col quale I'Appaltatore espressamente ha accettato 
e riconosciuto che l'impiego delle centine sarebbe stato fatto ad esclusivo 
ed insindacabile giudizio della Direzione dei Lavori. Senza dire 
che il vantaggio a�sserito dall'Impresa � stato escluso dall'Amministrazione 
con il provvedimento di rigetto della riserva adottato da1 Ministro 
su conforme parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. 

Va disattesa, perci�, anche questa successiva richiesta contenuta 
nel terzo quesito. 

IV Ques.ito ~ Compenso di L. 85.825.502, quale differenza di prezzo 
per il conglomerato cementizio del rivestimento della calotta delle gallerie. 


L'Impresa afferma che il -calcestruzzo per il rivestimento della 
volta delle gallerie � stato �contabilizzato impropriamente con il prezzo 
dell'art. 134, il quale prevede gli oneri insiti nello specifico tipo di. lavoro, 
e d� per la mancanza di un prezzo corrispondente nell'elenco 
allegato al contratto, d'altra parte non potuto prevedere, essendo stato 
progettato il. rivestimento in muratura di blocchetti con l'art'. 135 e 
non in calcestruzzo; che il prezzo dell'art. 134, adottato in contabilit�, 
di L. 13.800 al mc. si riferisce �chiaramente � al rivestimento della 
calotta delle nicchie� e non alla calotta delle gallerie, poich�, altrimenti, 
si aniverebbe all'assurdo -che non trova riscontro in nessuna 
altra categoria di lavoro -di comp~nsare i lavori in galleria con prezzi 

r 

inferiori a quelli dei lavori all'esterno, per i quali � stato previsto il 
prezzo di cui all'art. 83, con i compensi di cui agli articoli 89 e 130 che 
portano il prezzo complessivo a L. 19.260. per mc. 

A sua volta I'Amministrazione, anche in ordine a questa richiesta, 
ha opposto eccezione di inammissibilit� per tardivit� de1fa iscrizione 
della riserva, sostenendo, nel merito, che il prezzo applicato � quello 
arppropriato; che solo per mero errore materiale di trascrizione la voce 
relativa menziona � rivestimento della calotta delle nicchie �, anzich� 

� rivestimento della calotta e delle nicchie �, senza potersi invocare 
l'esistenza di un altro prezzo di elenco per il rivestimento della calotta 
delle gallerie in blocchetti di calcestruzzo, non esistendo, secondo contratto, 
calotte, ma volti delle nicchie. 
In ordine all'eccezione d'inammissibilit� va ricordato, per disattenderla, 
quanto gi� � stato osservato in precedenza relativamente alla 
provvisoriet� della contabilizzazione ed alla conseguente improduttivit� 
degli effetti preclusivi derivanti, invece, soltanto dalla sussistenza 
di una contabilit� regolare e definitiva. 

Per il resto, data la evidente diversit� delle caratteristiche fra la 
calotta delle gallerie e la calotta delle nicchie e dei relativi oneri, non 
potendosi neppure accettare l'assunto dell'Amministrazione sul mero 


700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

errore materiale di stesura dell'articolo, in quanto inammissibile anche 
sul piano logico, avuto riguardo alla evidente diversit� di prezzo fra 
i lavori esterni e quelli in sotterraneo, ne consegue la fondatezza della 
richiesta medesima. 

Ed invero, la dizione dell'elenco prezzi annesso al capitolato � 
talmente chiara, allorch� menziona espressamente il � rivestimento della 
calotta delle nicchie � da non consentire equivoci di_ sorta, tanto vero 
che non fa alcun cenno alla volta della stessa galleria, ma solo alla 
calotta delle nicchie. 

Conferma codesto convincimento, del resto, non solo il comportamento 
dell'Impresa, la quale, allorch� lAmministrazione ha ordii:iato 
la costruzione della �volta della galleria in calcestruzzo, immediatamente, 
con lettera 22 dicembre 1960, ha fatto presente che in contratto 
mancava il prezzo di tale magistero ed ha chiesto la formulazione di 
idoneo prezzo nuovo, ma, sopratutto, il fatto delle maggiori difficolt� 
ed oneri per il getto .della volta in galleria, a causa della ristrettezza, dei 
maggiori volumi, rispetto al teorico, della ventilazione e maggior costo 
della mano d'opera, rispetto ai getti delle volte all'esterno. 

Dagli atti contabili .risulta che all'Impresa � gi� stato accreditato 
il calcestruzzo di rivestimento della calotta delle gallerie con il prezzo 
dell'art. 134, nel quale � compreso anche l'onere per la centinatura del 
volto delle nicchie, di luce fino a ml. 2,00; non � invece compreso 
l'onere della centinatura dei volti delle gallerie di luce ml. 10,00 ed 
occorre, pertanto, stabilire il nuovo prezzo atto a compensare tale mag: 
giore onere. 

Per ragguagliare il nuovo prezzo a quelli di contratto, giusta quanto 
preescritto dall'art. 21 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, appare 
applicabile, per analogia, l'art. 130/c dell'elenco prezzi, ridotto dell'onere 
gi� insito nell'art. 134 per la centinatura dei volti delle nicchie 
di luce fino a ml. 2,00 (art. 130/a) ed incrementato del 20 % per tener 
conto dei lavori eseguiti in sotterraneo. 

Esso, quindi, risulta come segue: 

art. 130 -compenso per centinature dei volti di luce 
da m. 5,01 a m: 10 L. 6.360 
Detrazione compenso per volti 
luce fino a ml. 2 . 1.270 

restano L. 5.090 

Maggia.razione per lavori in ,galleria: 

20 % X L. 5.090 L. 1.018 
prezzo per mq. di volto 6.108 
TOTALE IN CIFRA TONDA L. 6.100 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 701 

Il volume totale del calcestruzzo impiegato rper i rivestimenti delle 
calotte delle gallerie, al netto di quello relativo alle nicchie, risulta 
dalla contabilit� in mc. 8.643,422 (29,409 + �21,328) = mc. 8.592,685 
cui corrisponde, tenuto conto dei vari spessori, la superficie complessiva 
rivestita di mq. 11.478. 


Ora, applicando il 'prezzo, come sopra determinato, si ott~ene il 
compenso spettante all'Impresa per tale titolo in L. 70.015.800 (Lire 

6.100 x mq. 11.478), che al netto del ribasso d'asta del 31,02 % si riduce 
a L. 48.296.900 (quarantottomilioniduecentonovantaseimilanovecento). 
Nell'indicata somma di L. 48.296.900 deve essere' accolta, perci�, 
la richiesta relativa al quesito in oggetto. 

V Quesito -Compenso di L. 19.195.982, quali maggiori oneri incontrati 
dall'Impresa, per lo smaltimento delle acque di scolo delle 
gallerie, non potute scaricare attraverso i tombini comunali. 

Per l'impossibilit� di smaltire le acque fuoruscenti dalle gallerie, 
attraverso il tombino comunale, posto all'imbocco della galleria stessa. 
come previsto dall'art. 7, punto 9, del Capitolato speciale di appalto, 
l'Impresa ha chiesto il ristoro degli oneri sopportati per il tra�sporto, a 
mezzo autopompe, paTte a mare e parte in pubbliche discariche, delle 
acque fangose di risulta. 

Afferma l'Impresa che, dopo un breve periodo di �regolare funzionamento, 
il tombino non � stato in grado di smaltire le acque immessevi, 
non avendo il manufatto uno scarico diretto a mare, ma solo pozzi 
perdenti, insufficienti �allo scopo; che per ovviare a tale inconveniente, 
su ordine della Dirigenza e del Comune di 'Drieste, ha dovuto provvedere 
prima alla pulitura continua del tombino, all'ampliamento dei 
pozzi perdenti ed alla costruzione di apposite vasche dt decantazione; 
succe~sivamente al trasporto a rifiuto delle acque fangose, mediante 
autobotti, con una spesa complessiva lorda di L. 19.195.982, �di cui 
chiede il rimborso. 

Anche qui _l'Amministrazione ha sollevato puntualmente l'eccezione 

di decadenza della quinta riserva e nel merito ha obiettato che ~a pre


senza �di fanghi nelle acque � dipesa dal degradamento delle rocce 

marnose e che, con una migliore organizzazione del cantiere, con op


portuni accorgimenti tecnici, quali per esempio la stesa di un'idonea in


ghiaiata sul fondo della galleria e la tempestiva costruzione di opere 

provvisionali, l'Impresa avTebbe potuto eliminare i ristagni di acqua, 

I 

diminuendo conseguentemente gli effetti nelle rocce' lasciate scoperte; 

I

che i vari magisteri, successivamente adottati dall'Impresa per l'eli


minazione dei fanghi, sono dipesi da proprie imprevidenze e non pos


sono costituire oggetto di particolari compensi; che, anche per il dispo


I 

sto dell'art. 7, punto 8, del Capitolato speciale di appalto, l'Impresa era ! 
obbligata ad assicurare (la relativa spesa essendo compresa nei prezzi 

Ij 

l 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

702 

della tariffa stessa) la esecuzione, la manutenzione e il regolare esercizio 
degli impianti p_er l'esaurimento delle acque di infiltrazione di 
qualunque entit�. 

Va, innanzi tutto, disattesa l'eccezione sollevata dalla difesa del1'
Amministrazione, richiamando in proposito la inapplicabilit� della 
sanzione di preclusione, al caso di specie, per le ragioni, pi� volte esposte 
e che � inutile ripetere; nel merito si osserva che il Capitolato speciale 
di appalto, all'art. 7, punto 9, prevede espressamente che � l'Appaltatore 
dovr� provvedere a sua cura e spese allo smaltimento di 
eventuali acque di infiltrazione nell'interno della galleria fino al tombino 
di m. 1 posto all'imbocco della galleria stessa �. 

Precisa, quindi, il contratto in modo inequivocabile gli oneri ed i 
compiti spettanti alla Impresa, che rimanevano fissati neilo smaltimento 
delle acque dall'interno della g�lleria fino al tombino ,comunale. 

Gli. altri oneri a carico dell'Impresa, fissati al punto 8 dello stesso 
art. 7, quali la esecuzione, la manutenzione, il regolare esercizio degli 
impianti per l'esaurimento delle acque di infiltrazione di qualunqu� 
entit�, rimanevano, quindi, ci!rcoscritti nel tratto compreso dall'interno 
delle gallerie al tombino, specificato in contratto, e non <;>ltre. 

L'effi.denza del tombino, la sua funzionalit� ed il punto di scarico 
pi� o meno valido rientravano negli oneri dell'Amministrazione, essendo 
stata apposta nel contratto la �clausola dell'art. 7 n. 9 senza alcuna 
altra alternativa. 

Peraltro, l'affermazione dell'Amministrazione, secondo cui sarebbero 
stati i fanghi contenuti nelle acque a provocare l'inefficienza del 
tombino � certamente da ,disattendere, posto che la comune esperienza 
dimostra l'impossibilit� che le acque fuoruscenti da_ gallerie, nonostante 
tutti g1i accorgimenti, possano raggiungere un qualsiasi grado di limpidezza. 


Del Testo, l'Impresa, com'� incontestato, non ha esitato a pren~ere, 

di .propria iniziativa, 9uei provvedimenti atti ad eliminare, ma senza 

risultato, la irregolare .funzionalit� del tombino, avendo provveduto, 

a ,sue spese, a ripulire il tombino medesimo, a costruire le vasche di 

decantazione, a stendere una inghiaiata negli avvallamenti formatisi 

sul fondo delle gallerie e, allorch� tutti i provvedimenti adottati si sono � 

dimostrati inutili, ha dovuto cambiare radicalmente sistema di smalti


mento delle dette acque, ricorrendo all'impiego di autobotti, sospen


dendo il servizio solo quando I'AmmiJ!listrazione si decise ad ordinare

1

la costruzione di un'apposita condotta in acciaio per lo scarico delle 

acque a mare e regolarmente pagata all'Impresa. 

Da quanto esposto non sussiste dubbio sulla fondatezza della richie


sta di compenso, nei dovuti limiti, avuto riguardo che le operazioni di 

smaltimento delle acque delle gallerie si sono dovute svolgere in modo 

del tutto diverso da quello coptrattualmente previsto e indubbiamente 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 703 

pi� oneroso d.i quello fissato dal Capitolato speciale; senza dire che 
I'Ammin�IStrazione, prima 'con l'ordinazione dei diversi e provvisori 
sistemi di scarico di fortuna e, successivamente, col pagamento della 
conduttura in acciaio, per lo scarico diretto a mare delle acque stesse, 
ha rkonosciuto, in definitiva, che la previsione dell'art. 7 del Capitolato 
speciale era risultata, in concreto, assolutamente inadeguata. 

Del resto, dalle prove testimoniali hinc et. inde raccolte (senza la 
violazione del contraddittorio lamentata dalla difesa dell'Amministrazione 
nella udienza istruttoria del 21 aprile 1970, non avendo essa ottemperato 
-in nessuna delle risposte alla domanda avversaria [1 memoria 
in data 20 novembre 1969] di ammissione del1a prova testimoniale 
poi espletata il 23 marzo 197Cf -all'art. 244, sec~:mdo comma, 
c.p.c., relativamente sia all'articolazione dei fatti per la controprova 
diretta, sia all'indicazione dei testi) � risultato quanto appresso: 

-il tombino comunale, che raccoglieva le acque discendenti dalla 
montagna, passava in sotterraneo sotto il viale Miramare, raggiungeva, 
sempre in sotterraneo, la zona del Porto Franco e dopo circa 20 metri 
lineari si arrestava; sicch� le acque si disperdevano per assorbimento 
nella zona circostante comprendente anche il fascio dei binari di smistamento; 


-dopo l'inizio dello scarico delle acque della galleria nel tombino, 
a causa del fun~ionamento irregolare, lo stesso fu pi� volte 
espurgato e ripulito a cura e spese dell'Impresa e, persistendone il funzionamento 
irregolare, � intervenuto il divieto, da parte del Comune 
di Trieste, di scaricare le acque nel tombino stesso in data 3 maggio 
1962; 

-in conseguenza di tale divieto, l'Impresa � stata costretta ad 
organizzare un servizio di autobotti con pompe ad aspirazione. Nella 
prima fase, e cio� dall'inizio del trasporto con autobotti fino al 20 luglio 
1961, secondo il teste CARINI, indotto sia dall'Impresa, sia dall'Amministrazione, 
la discarica avveniva a mare nella zona concessa dalla 
Capitaneria di Porto di Trieste ad una distanza di drca 1 km. dal 
punto di carico, circostanza confermata anche dal teste CEscuT, indotto 
dall'Impresa, il quale ha limitato, per�, il periodo della prima fase in 
due o tre mesi e la distanza in km. 1,5 e, nella seconda fase, cio� dalla 
seconda met� di luglio 1961 fino all'agosto 1963 (geom. CARINI), nella 
unica discarica ammessa, alle � Noghere �, ad una distanza di circa 
20 km. 

Anche quest'ultima circostanza � stata confermata dal geom. CEscuT, 
il quale ha specificato il periodo da due a tre mesi, dopo l'inizio 
del servizio autobotti, fino all'agosto, 1963. 

La quantit� giornaliera di acque fangose trasportate con autobotti 
� stata indicata dai due testi in mc. 12 (per un anno, secondo il CARINI 

15 


704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e per 9 mesi secondo il CEscuT) ed in mc. 30 giornalieri sino alla fine, 

stabilita al 20 agosto 1963. 

Secondo i risultati della prova testimoniale : 

le autobotti impiegate erano in media due della capacit� di mc. 6 
ciascuna; mentre la percentuale di materiali solidi contenuti nelle acque 
fangose era del 10 % ; 

l'Impresa aveva costruito n. 2 gruppi di vasche di decantazione 
con due o tre vasche ciascuno delle dimensioni di circa ml. 2 X 20 2 
X 15; 

i fanghi depositati nelle vasche venivano portati a rifiuto con autocarri. 
Il piano delle gallerie era in terreno naturale costituito da marne 
calcaree con alternanza di arenarie e su di esso non � stata stesa alc�na 
inghiaiata, essendo stati colmati solo gli avvallamenti con� materiale 
arido e ghiaia, in proporzione circa del 40-50 % dell'intero piano, che 
si presentava coperto da quasi cm. 30 di fango, derivante dal degradamento 
dei materiali rocciosi costituenti il fondo sia per la presenza 
di acque freatiche sia per il passaggio degli automezzi nell'interno della 
galleria; 

le acque fangose venirvano aspirate dall'interno all'esterno mediante 
pompe, nella galleria a doppio binario, o fatte defluire per scorrimento 
nella cunetta laterale, nella galleria a binario unico. 

Orbene, per la determinazione del compenso da riconoscere alla 
Impresa, tenuto conto di tutte le circostanze sopra elencate, che hanno 
reso notevolmente pi� onerosa la prestazione e tenuto 1conto degli elementi 
di spesa indicati nella riserva dell'appaltatore, se ne deduce che: 

a) nessun compenso pu� spettare all'istante per la pulizia e riattivazione 
del tombino per '.L'uso indiscriminato di esso con acque fangose 
senza alcuna preventiva decantazione; 

b) che, del pari, nessun compenso pu� essere riconosciuto per la 
costruzione successiva delle vasche di decantazione, in quanto essa 
rientrava negli accorgimenti da adottare a cura dell'Impresa per un 
regolare svolgimento del lavoro; 

c) che nessun compenso pu� essere riconosciuto per il trasporto 
dei fanghi decantati �con autocarro in quanto essi rappresentavano una 
parte dei materiali di 1scavo, per il quale trasporto l'Impresa � gi� stata 
compensata; 

d) che il traspoTto con autobotti, prima nella zona a mare concessa 
dalla Capitaneria e poi alla discarica pubblica � Noghere ., deve 
essere compensato in ragione del tempo impiegato per ogni viaggio, ma 
con una. diminuzione del 10 % avuto riguardo al materiale solido contenuto 
nelle acque fangose; 

e) che per il periodo di scarico a mare, dalle met� di marzo fino 
al 20 luglio 1961, si possono considerare 90 giorni lavorativi; 


!J; 

.f.

:] 

i 
i
~f: 
~,,: 

ȓ 

il 

I 
~ 

A~ 

!��ff 

w 

~ 


II 


~=~=~ 

Ili

I, 


~? 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 705 

f) �che il tempo impiegato dalle autobotti per ogni viaggio in detta 
zona, compreso carico, scarico e manovre pu� essere determinato in 
ore 1; 

g) che per il successivo periodo dal 20 luglio 1961 alla met� 
di marzo 1962, durante il quale rimaneva inalterata la quantit� media 
di acque fangose trasportate in mc. 12, il cui s�arico avveniva alle 

� Noghere �, si possono considerare 170 .giorni.lavorativi; 
h) che per l'ultimo periodo dal marzo 1962 all'agosto 1963, riferito 
sempre alla discarica delle �Noghere., ma con una quantit� media 
giornaliera di mc. 30, tenuto conto che l'Impresa fa scadere tale periodo 
al 20 aprile 1963 e non al 20 agosto stesso anno, come indicato dai 
testi, si possono considerare 280 giorni lavorativi; 

i) che il tempo impiegato dalle autobotti, per ogni viaggio alle 

� Noghere., compreso carico e scarico pu� essere determinato in ore 2; 
l) che il costo medio orairio delle autobotti, riferito all'epoca 
di che trattasi, pu� essere fissato, in base alla comune esperienza, in 

L. 4.000; tanto premesso, ritiene il Collegio, quindi, di poter determinare 
in L. 13.176.000 (tredicimilioni centosettantaseimila) il giusto compenso 
da corrispondere per la riserva di cui al quesito. 
VI Quesito -La richiesta <riguarda il rimborso della somma di 

L. 640.756, corrisposta all'Amministrazione ferroviiaria per il rallentamento 
dei treni e la sorveglianza al momento del brillamento � delle 
'mine in parte degli scavi esterni, in �corrispondenza dell'imbocco di 
Barcola. 
Secondo l'Impresa codesta somma sarebbe a carico della committente, 
la quale avrebbe tratto vantaggio dall'esecuzione degli scavi effettuati 
con mine, sia' pure ridotte nelle cariche e nei brillamenti, mentre, 
in caso contrario, avrebbe dovuto sopportare il maggior onere dello 
scavo con mezzi meccanici, retribuibile con una maggiore spesa di olt!re 

L. 2.000.000. 
Pertanto, essendo l'Amministrazione l'unica. e vera beneficiaria del 
sistema di scavo adottato, dovrebbe assumersi anche gli oneri relativi 
sopportati dall'Impresa. 

La difesa del Ministero, a sua volta, affermando che l'uso dell'esplosivo 
� ridondato ad esclusivo vantaggio dell'Impresa, la quale 
aveva urgenza di ampliare il piazzale antistante l'imbocco di Barcola 
e che la situazione dei luoghi, per la vicinanza di una ferrovia in esercizio 
e del frequentatissimo Viale Miramare, doveva essere ben nota 
all'Impresa, sin dal momento della presentazione dell'offerta, richiama 
il disposto dell'art. 9, lett. c), del Capitolato speciale di appalto, il quale 
prescrive che l'appaltatore dovr� evitare in ogni modo che, per fatto suo 

o dei suoi dipendenti ed operai, venga, sia pure mi:nimamente, compromessa 
la sicurezza del traffico e della ferrovia in esercizio. 
I 


! 


l 


l 


lI 
l 

l 

l I 

I 


I 
I 


I 


1 

I 
j 

l I 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

706 

Il Collegio, considerato che, in effetti, l'Impresa non poteva ignorare 
la situazione dei luoghi, con le conseguenti limitazioni ed oneri 
che sarebbero stati inevitabilmente imposti; tenuto conto che la sollecita 
sistemazione del piazzale antistante l'imbocco Barcola ha consentito 
all'Impresa l'impianto del cantiere con il rapido inizio della produttivit�, 
ritiene che gli oneri ferroviari di che trattasi debbano essere 
posti a carico dell'istante. 

Del resto, rientra nella comune diligenza ed � �di intuitiva conoscenza 
per una Impresa la previsione che, durante lo sparo di mine 
all'esterno, debbano porsi guardiani e segnalazioni, effettuare protezioni, 
far rallentare i convogli ferroviari, avuto riguardo alla presenza 
dell'esercizio stesso in prossimit� dei lavori. 

Pertanto, la richiesta � da respingersi, trattandosi indubbiamente 
di oneri connessi al contratto di appalto, dei quali l'appaltatore Marchioro 
doveva tenere debito conto al momento in cui ha formulato 
la sua offerta. 

VII Quesito -Rimborso della penale per l'intero ammontare di 

L. 960.000, detratto sul conto finale e non per la sola somma ridotta 
di L. 680.000, come consentito dall'Amministraz;ione. 
L'Impresa afferma che tutti i lavori, compresi quelli del 20 atto 
aggiuntivo, costituiscono oggetto di un unico contratto, il cui termine 
di scadenza, con le sospensioni avvenute e con le proroghe Tegolarmente 
concesse, era fissato al 28 aprile 1964. Senonch�, essendo stata 
accertata l'ultimazione al 24 marzo 1964, essa deve ritenersi perfettamente 
tempestiva, anzi anticipata, con la 'conseguenza che l'eventuale 
breve ritardo prospettato dall'Amministrazione sarebbe dipeso unicamente 
�dal modo rallentato ed ostacolato in cui si svolgevano i lavoTi 
come dedotto nelle precedenti riserve �. 

La difesa della Committente, mentre nella la memoria afferma 
che la penaile di L. 960.000 � stata legittimamente inflitta all'impresa 
per l'imputabile ritardo di giorni 48, tuttavia, nella terza memoria, 
riconoscendo l'assunto avversario, secondo cui, in sostanza, trattasi di 
� oggetto unitario di un unico .contratto ., conferma l'offerta della 
somma di L. 680.000. 

Il Collegio concorda perfettamente sul punto della unicit� dell'oggetto 
del contratto e ritiene inesatto, nonch� in contrasto con i 
termini contrattuali, il procedimento adottato dall'Amministrazione di 
considerare i lavori del 2� atto aggiuntivo a s� stanti ai soli .fini del 
termine della loro ultimazione, tanto da redigere un verbale di consegna 
ed un verbale di ultimazione distinti da quellli dei lavori principali. 


Pertanto, nella specie, non pu� parlarsi di penale per il ritardo 
nella esecuzione di parte delle opere, semmai di ritardo nell'esecuzione 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 707 

totale dellla opera rispetto all'ultimo termine contrattuale di ultima


zione. 

In base al 2� atto aggiuntivo il termine contrattuale di ultimazione 
veniva ad essere differito al 10 marzo 1964, tenuto conto di una 
sospensione .regolarmente verbalizzata. Infatti, mentre il termine del 
contratto principale -tenuto conto delle sospensioni e delle proroghe 
veniva a scadere il 7 giugno 1963 -per effetto del 2� atto aggiuntivo 
che prorogava di sette mesi .il term.ine stesso e della sospensione di 
giorni 63 la definitiva scadenza veniva protratta al 10 marzo 1964 e cio� 
nove mesi e tre giorni dalla suddetta data del 7 giugno 1963. Pertanto 
l'ultimazione effettiva � avvenuta con soli 14 giorni di ritardo. 

Ma tenuto conto che il comportamento dell'Amministrazione -con 
la compi<lazione di due distinti verbali di ultimazione dei lavori: uno ~ 
relativo ai lavori previsti nel contratto originario e l'altro relativo ai 

I

lavori previsti nel 2� atto aggiuntivo -ha disorientato l'Impresa al 

punto di rendere non esattamente riconoscibile l'effettiva scadenza del 

I

termine; tenuto conto delle vicissitudini attraverso le quali si sono 
svo[ti (poi collaudati con piena soddisfazione dell'Amministrazione 
committente) per i rallentamenti causati dalle impreviste e imprevedibili 
difficolt� di esecuzione, si ritiene accoglibile per tali motivi (ad


I

dotti nel 7� quesito in via subordina.fa alla tesi principale della tem


pestivit� di ultimazione dei lavori) la domanda dell'Impresa di accre


I 

ditamento dell'intera penale di L. 960.000, comprese in tale importo ~ 
le 680.000 lire gi� offerte dall'Amministrazione. 

I

In conclusione, alla stregua delle esposte considerazioni, ritiene il 

I ~ 

Collegio che, nei limiti specificati, debbano essere accolte le richieste 

dell'Impresa MARCHIORO, per un totale complessivo netto di Lire 

169 .25 7 .900 (centosessantanovem.ilioniduecentocinquantasettem.ilanovecento) 
quale si evince dal seguente quadro� riassuntivo: 
<
I 

1) Compenso per maggiori oneri sopportati negli scavi 

in roccia con limitazioni delle cariche di esplosivo 

e dei brillamenti L. 106.825.000 
2) Compenso per ile volte delle gallerie in getto di calcestruzzo 
48.296.900 
3) Compenso per maggiori oneri sopportati dall'Impresa 
nello smaltimento delle acque di scolo delle gallerie " 13.176.000 

I

4) Rimborso importo della intera penale trattenuta dalla 
Amministrazione committente . 960.000 

I 

I ~ 

TOTALE GENERALE L. 169.257.900 

1: 
VIII Quesito -Con questo quesito l'Impresa richiede J.a correspon,. 


~ 

sione di interessi, in ragione del 12 % , a decorrere dalle rispettive data f 
di costituzione in mora (inserimento delle riserve) fino al soddisfo. ~ 

f 

~ 

-� I


---I 


708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Alla richiesta la difesa dell'Amministrazione fondatamente oppone 
la disciplina stabilita nella materia di che trattasi dall'ultimo comma 
dell'art. 40 Cap. Gen. 1895 (applicabile nel presente appalto in 
quanto in vigore all'epoca della sua stipulazione) e che concede l'interesse 
annuo del 5 % sulle somme contestate a partire da due mesi 
dalla data della registrazione del decreto, emesso in esecuzione dell'atto 
con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono state risolte le controversie. 


Secondo l'Impresa istante, invece, la limitazione del 'tasso del �5 % 
sarebbe dettata dall'articolo -40 solo per le somme contestate, che 
l'ultimo comma dell'articolo riallaccia alla disciplina svolta prima nei 
riguardi del conto finale, non appartenendo a questa categoria le richieste 
di indennizzi e compensi che non avrebbero mai potuto essere in


I cluse nel conto finaJe, perch� non discendenti dal prezzo pattuito originariamente 
o successivamente e cio� : i risarcimenti .dei danni per 
inadempienze o violazioni degli obblighi dell'Amministrazione committente; 
gli indennizzi e compensi dovuti in base all'art. 1664 e.e.; i compensi 
per opere non contemplate, o non tariffate e che l'Amministrazione 
non ha voluto iriconoscere e neppure discutere, con la conseguenza 
che per tutte le richieste attinenti a tali titoli, non comprese nella deroga 
dell'art. 40, deve essere applicata la legge civile e cio� la decorrnza 
degli interessi dalla produzione del fatto dannoso per i casi di 
illecito (art. 1219, comma Il, n. 1, cod. civ.), dalla data di costituzione 
in mora (data delle riserve) per gli altri titoli di debito (art. 1219, 1� 
comma, cod. �civ.) e misura del danno da ritardo secondo la regola 
dell'art. 1224, secondo comma, cod. civ. 
In proposito, va ricordato, invece, che la giurisprudenza arbitrale 
ha costantemente �ribadito che per � somme contestate � ai sensi e per 
gli effetti dell'ultimo comma dell'art. 40 Cap. gen. 1895 devono intendersi 
tutte le somme attribuite all'istante in virt� della pronuncia arbitrale, 
ivi comprese quelle liquidate a titolo di risarcimento danni, per 
la protrazione del vincolo causata da fatto dell'Amministrazione appaltante 
(lodo arb. ?O maggio 1963; lodo arb. 3 aprile 1967; lodo arb. 4 ottobre 
1969). Ed, infatti, la formula della disposizione dell'art. 40 Cap. 
gen. � comprensiva di ogni ipotesi di �somma contestata�, senza alcuna 
possibilit� di restringere la portata deUa norma stessa, che detta 
un'unica disciplina dell'obbligo di corresponsione degli interessi; sicch�, 
di fronte alla espressa clausola, non pu� trovare applicazione la norma 
disciplinatrice del codice civile, tanto pi� che il 10 comma dell'art. 40 
esclude qualsiasi indennizzo per ritardi di pagamento e la intera disposizione 
risulta �regolarmente recepita, come patto contrattuale, nell'appalto 
de quo. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 709 

Del resto, anche l'orientamento dei giudici ordinari � dell'avviso 
della giurisprudenza arbitrale, essendo stato ritenuto, in sede di impugnazione 
di lodo, anche dalla Corte di Appello di Roma, che � gli interessi 
sulle somme contestate e riconosciute in sede amministrativa o 
contenziosa cominciano a decorrere solo dopo la registrazione del decreto 
emesso in esecuzione dell'atto con il quale � sfata risolta la controversia� 
(Corte App. Roma, 22 dicembre 1965, n. 225; Corte App. 
Roma, 19 aprile 1966, n. 666). -(Omissis). 

I 

I

~ 



SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA PENALE 
SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA PENALE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 25 febbraio 1970, n. 478 -Pres. 
Restaino -Rel. Baietto -P. M. Lojacono (conf.). Rie. Laurenti. 

Reato -Peculato -Tassa pari al decimo dei diritti e della indennit� 
di trasferta spettanti all'ufficiale giudiziario -Versamento effettuato 
nelle mani dell'ufficiale giudiziario -Appropriazione delle 
relative somme -Sussistenza del reato. 

(art. 314 c.p.; 154 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229). 
In forza dell'art. 154 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, recante 
norme nell'ordinamento degli ufficiali giudiziari, l'Ufficiale giudiz,iario 
� costituito temporaneo depositario in virt� dell'obbligo di esigere dalle 
parti la tassa del 10 % a carico deUe medesime, delle somme a tale 
titolo incassate, senza che possa verificarsi alcuna confusione fra l'importo 
delle somme, pure ammontanti al 10 % , dovute direttamente dallo 
ufficiale giudiziario, quale suo tributo, e l'importo della tassa riscossa 
dai privati. E ci� perch� due sono i soggetti della obbligazione� tributaria, 
ciascuno dei quali in rapporto diretto, ai fini del debito sostanziale, 
con la Amministrazoine, con la ccmseguenza che l'appropriazione 
o la distrazione delle somme versate dai privati concreta, a carico 
dell'ufficiale giudiziario, il reato di peculato (1). 
(1) Un'ipotesi di peculato degli ufficiali giudiziari. 
Nel corso del processo, definito con la sentenza che si annota, era stato 
accertato che l'imputato, ufficiale giudiziario� dirigente del servizio presso 
una Pretura, non aveva versato all'ufficio del Registro le somme percepite . 
dalle parti a titolo di tassa nella misura del 10 % dei diritti e delle indennit� 
spettanti agli ufficiali giudiziari come una norma del loro ordinamento, 
l'art. 154 del d.P.R. n. 1229 del 1959, prescrive. 
Rinviato a giudizio e condannato per peculato, l'imputato aveva sostenuto 
la tesi che del reato contestato mancasse l'elemento essenziale dell'appartenenza 
del danaro alla Pubblica Amministrazione, traendo argomento dal 
sistema dell'ordinamento degli ufficiali giudiziari, ed, in particolare, dall'art. 
122 che ne prevede la retribuzione mediante diritti da esigere sugli 
atti dei quali sono richiesti e dall'art. 159 che consente all'Ufficio del Registro 
di provvedere alla riscossione delle somme da lui dovute mediante 
ingiunzione fiscale, per affermare che si trattava di denaro proprio sul 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 711 

quale l'Amministrazione vantava un mero diritto di credito. L'Ufficiale 
giudiziario incasserebbe cio� denaro destinato a pagamento di diritti ed 
indennit� a lui stesso spettanti e su cui l'Erario avrebbe un credito di 
imposta, sia cl).e il pagamento di questa tassa venga posto -in tutto o in 
parte -a carico della parte che paga, sia che venga posto a carico dell'ufficiale 
giudiziario: mancherebbe quindi qualsiasi appartenenza del denaro 
allo Stato, essendo anzi di spettanza dell'Ufficiale giudiziario per 
diritti ed indennit� (salvo il diritto di credito tributario per tassa di bollo, 
per tassa del doppio 10 %, per tassa del 50 % o del 70 %, se l'ammontare 
dei diritti e delle indennit� super� un determinato ammontare, in 
relazione agli st!pendi degli impiegati dello stato). 

L'ordinamento all'art. 122 attribuirebbe questo particolare potere di 
incassare denaro dalle parti, a titolo di diritti ed indennit�, e di trattenere 
tale denaro, in sostituzione dello stipendio che il funzionario non percepisce 
dallo Stato: l'ufficiale giudiziario avrebbe solo l'obbligo di annotare 
tutte le somme che incassa, proprio ai fini del cvedito che lo Stato ha nei 
confronti di quelle somme. 

La previsione poi, nelle � Disposizioni tributarie � di uno strumento, 
tipico del rapporto debitorio d'imposta, qual'� l'ingiunzione fiscale (art. 159) 
costituirebbe ulteriore argomento per l'affermazione difensiva respinta dalla 
sentenza della Corte Suprema. 

Nonostante le particolari norme ora citate e sulle quali l'imputato 
ha costruito la sua difesa, la decisione della Cassazione appare pienamente 
conforme al sistema. 

L'art. 154 del d.P.R. 15 dicembre 1958, n. 1229, stabilisce che gli ufficiali 
giudiziari sono tenuti a versare allo Stato una tassa del 10 % sui diritti e 
sulle indennit� di trasf.erta per gli atti o per le commissioni da loro 
compiuti. 

Uguale tassa � dovuta dalle parti sugli stessi diritti ed indennit�, in 
aggiunta all'eventuale imposta di bollo dovuta per la quietanza. Entrambe 
le tasse sono corrisposte, a mezzo degli ufficiali giudiziari, mediante applicazione 
di marche del valore corrispondente sull'originale degli atti oppure, 
come nella specie in modo virtuale su autorizzazione del ministero delle 
Finanze. 

Dall'esame delle suddette norme si rileva che la legge designa come 
debitori della tassa disgiuntamente, ciascuno per la propria quota, l'ufficiale 
giudiziario e la parte. 

Inoltre il 3� comma dell'articolo citato pone a carico dell'ufficiale 
giudiziario non gi� l'adempimento dell'obbligo contributivo della parte, 
ma la riscosisone e il versamento all'Erario delle somma da questo dovuta. 
Di conseguenza la citata norma non attua la sostituzione dell'ufficiale 
giudiziario all'.effettivo debitore della tassa nei rapporti con l'Amministrazione 
finanziaria, ma prescrive le modalit� di esazione tramite l'ufficiale/ 
giudiziario stesso rendendola pi� faci1e ed economica. La parte � perci� 
liberata dalla sua obbligazione verso l'Erario all'atto �el versamento della 
tassa nelle mani dell'ufficiale giudiziario, il quale, da questo momento, � 
da considerarsi possessore, e non semplicemente debitore in veste di sostituto 
del soggetto passivo della tassa, della somma corrisposta dalla parte. 
In .definitiva, l'ufficiale giudiziario non � un cessionario del credito tributario, 
ma un semplice incaricato dell'esazione. 

Tale conclusione non � contrastata dal testo dell'art. 122, essendo 
perfettamente compatibile l'esazione dei diritti a titolo di retribuzione con 
l'esazione dell'imposta per conto e nell'interesse dello Stato, .n� dal testo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

712 

dell'art. 159 che prevede il ricorso all'ingiunzione fiscale: nulla vieta infatti 
al legislatore di ricorrere ad uno strumento di esazione, normalmente 
adottato per i rapporti di debito e credito, anche per ipotesi di mera 
detenzione, specie quando, nonostante la diversit� del titolo che legittima 
la situazione giuridica (creditoria, di propriet�, possessoria o di semplice 
detenzione) non � possibile per la fungibilit� e la non determinabilit� del 
bene, ricorrere alla forma specifica di esecuzione e quella cio� per consegna 
di bene mobile (per la esclusiva riferibilit� delle �escuzioni in forma specifica 
a situazioni che no siano d'obbligazione, v. SATTA, Commentario 
al codice di procedura civile, III, art. 474). 

Per :;iuanto concerne i precedenti giurisprudenziali, v. Cass. 9 luglio 
1963, rie. P. M. c. Maestri, in Giust. pen., 1964, II, 383 massima 455, che 
costituisce l'unico precedente in termini. Con giurisprudenza costante, la 
Cassazione ritiene altres� che risponda di peculato l'agente dell'appaltatore 
delle imposte che si appropria del denaro versato dal contribuente (Cass. 
9 luglio 1962, in Giust. pen., 1963, II, 501 massima 705; 31 marzo 1960, 
ivi, 1961, II, 456 massima 188; 8 luglio 1963, ivi, 1964, II, 384 massima 456). 

PAOLO DI TARSIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 28 febbraio 1970, n. 2630 -Pres. 
Piazzese -Rel. Azara -P. M. De Andreis -Rie. Monticolo. 

Delitti contro l'integrit� e la sanit� della stirpe -Delitti contro la incolumit� 
pubblica -Delitti colposi di danno e di pericolo -Disastro Nozione 
-Fattispecie in tema di naufragio. 

Per accertare la sussistenza degli estremi del delitto d~ disastro 
colposo, di' cui aLl'art. 449 c.p., ove � compreso il naufragio o la sommersione 
di una nave, si deve aver riguardo non �allo stretto significato 
lessicale della parola � disastro �, nel senso di eccezionale avvenimento 
nefasto apportatore di immam e irrimediabili rovine, bensi al concetto 
giuridico di evento grave e complesso, dal quale pol'Jsa deriv�are pericolo 
per la vita e la incolumit� delle persone, indeterminatamente considerate, 
e, quindi, prescindendo dal numero di coloro dei quali sia stata 
in pericolo l'incolumit�. In particolare, perch� si verifichi _l'anzidetta 
situazione di pericolo, � sufficiente che un natante non sia pi� in grado 
di galleggiare regolarmente, di portare U proprio carico e di navigare 
con esso: e ci� indipendentemente dal numero delle persone, che si 
trovino a bordo al momento del sinistro (1). 

(Omissis). -Il 15 ottobre 1964, verso le ore 7,40 la motoba'l'ca 

� Arianna � al comando del conduttore per la pesca costiera Italico 
(1) Con questa sentenza sembra che la Corte Suprema, confermando 
un indirizzo gi� ~spresso, (v. nello stesso senso Cass. IV 26 aprile 1968, 
n. 1004, in Massimario Ufficiale, 1968, p. 594, n. 107.705) ritorni sui suoi 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 713 

Maier stava rientrando dalla pesca nel porto di Trieste. Dopo avere 
costeggiato il molo 1frate1li Bandiera ad una distanza di circa 10 metri, 
si accinse ad accostare a dritta per entrare nel bacino � Sacchetta �. 
Allorch� la detta motobarca giun~e all'altezza della testata del molo 
fino ad allora costeggiato, il Maier avvist� il rimorchiatore � Pirano ., 
comandato dail. capo barca Giuseppe Monticolo, che stava uscendo dallo 
stesso bacino. Poich� l'avvistamento era avvenuto a breve distanza, il 
Maier accost� a sinistra nel tentativo di passare di prora al rimorchiatore. 
Senor,ch� il rimorchiatore accost� a dritta mettendo la ma�cchina 
indietro. A sua volta, il Maier, accortosi non poter riuscire nella 
manovra di accostata a sinistra, accost� a 'dritta a tutta barra e and� 
ad urtare, con 'il dritto di prora della motobarca, contro il mascone di 
sinistra del � Pirano �. 

A seguito dell'urto, l' � Arianna � riport� notevoli danni a �tutte 

le strutture ed al fasciame della parte prodiera, per cui si diresse immediatamente 
p�r raggiungere la testata del molo Venezia. Non appena 
vi giunse, la motobarca affond� a causa dell'acqua imbarcata, mentre 
le due persone a bordo riuscirono a mettersi in salvo. 

A seguito di ci�, si procedette penalmente contro il M_aier e il 
Monticolo, i quali furono rinviati a giudizio davanti al Tr�!bunale di 
Trieste per rispondere del delitto di sommersione colposa di nave ai 
sensi degli artt. 41, 449 pp. e 428 pp. c.p. in relazione agli artt. 25 e 28 
della legge 16 maggio 1961, n. 450 (norme per prevenire gli abbordi 
in mare): In particolare, al Monticolo si contest�: a) di non aver tenuto 
il rimorchiatore da lui comandato nella met� di destra del passaggio, 
rispetto alla propria rotta; b) di non aver segnalato, con un suono prolungato 
di fischio, che si trovava in uno specchio d'acqua riservato alle 
navi in entrata; c) di non aver segnalato, con un suono breve di fischio,, 
l'accostata a dritta da lui effettuata. Al Maier, a sua volta, si fece carico 

passi, dopo aver per anni posto l'accento sulla estrema gravit�, complessit� 
estensione ed allarme sociale che caratterizzano il disastro (v. Cass. I, 
25 settembre 1964, in Cass. Pen. Massimario Annotato, 1965, p. 1017, n. 1817; 
I, 16 novembre 1964, ivi, 1964, p. 246, m. 412; IV, 13 novembre 1963 ivi 
1964, p. 623, m. 1056; IV, 20 febbraio 1961, ivi, 1964, p. 454, m. 991; I, 1� 
aprile 1958, in Giust. pen., 1959, II, 243; I, 24 gennaio 1958, in Riv. it. dir. 
proc. pen., 1959, p. 281). Il criterfo cosi adottato peraltro non sembra che 
possa andare esente da critiche. Innanzi tutto l'introduzione di una distinzione 
fra l'accezione comune e l'accezione giuridica del termine contrasta 
con la ratio legis, cos� come manifestata nel sistema normativo ed espressamente 
indicata nella relazione del guardasigilli, che, a proposito di disastro 
ferroviario, recita: � Si � proposto di definire il disastro ferroviario 
e di indicare quali siano le condizioni che possano autorizzare il giudice 
a ritenerlo verificato perch� con sicurezza di criteri sia dato distinguere 
la situazione di pericolo dall'evento di danno in una fattispecie cos� deli



714 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di avere imprudentemente accostato prfma a sinistra e poi a dritta, 
anzich� continuare nella sua iniziale accostata a sinistra. 

Con sentenza 15 novembre 1967, il detto Tribunale dichiar� il Monticolo 
co:lpevole del reato ascrittogli con le attenuanti generiche e lo 
condann� ad otto mesi di reclusione con i benefici della sospensione 
condizionale e della non menzione; lo condann�, inoltre, al risarcimento 
dei danni a favore del Maier, costituitosi parte civile, assegnando provvisionale 
di L. 300.000. Lo stesso Tribunale prosciolse, joi, il coimputato 
Maier perch� il fatto non costituisce reato. 

Su appello del Monticolo, la Corte di Trieste, con sentenza 14 giugno 
1968, ha ritenuto il concorso di colpa della parte lesa nella misura 
del 20 % ed ha confermato, nel resto, la pronunzia dei primi giudici. 

Il Monticolo ricorre ora per cassazione, deducendo due motivi di 
annullamento. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Col primo motivo di ricorso, si assume che la sommersione de1la 
motobarca rientrerebbe nel concetto di disastro, ma non ne rivestirebbe 
gli estremi richiesti dall'art. 449 cod. pen., in quanto, nella specie, non 
sarebbe stata messa in pericolo la incolumit� di pi� individui, non 
potendo due pescatori essere considerati come una pluralit� di persone. 

Tale doglianza non pu� essere accolta, considerando quanto segue. 

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 449 c.p., per accertare la sussistenza 
degli estremi del delitto di disastro colposo, ove � compreso il 
naufragio o la sommersione di una nave, si deve avere riguardo non 
allo stretto significato lessicale della parola � disastro � nel senso di 
eccezionale avvenimento nefasto apportatore di immani e irrimediabili 
rovine, bens� al concetto giuridico di evento grave e complesso, dal 

cata, che ha dato luogo a continuo e vivo dibattito, Ma la proposta non 
mi � sembrata accettabile. Le definizioni sono dettate soltanto nei casi in 
cui si � voluto dare un particolare significato giuridico ad una determinata 
parola, che potrebbe non coincidere perfettamente col significato filologico 
della stessa. � ovvio che in ogni altro caso s'intende che la parola � richiamata 
nel suo� significato comune�. � evidente nelle ragioni di politica legislativa, 
tuttora valide, che hanno posto le incriminazioni dei delitti contro 
l'incolumit� pubblica che l'estrema gravit� dei reati previsti e la variet� 
dei casi in cui sono realizzabili le fattispecie descrittive sconsigliavano 
l'introduzione di definizioni giuridiche cos� come hanno sconsigliato l'unificazione 
dei reati in un'unica fattispecie. 

In secondo luogo, voler distinguere un concetto giuridico da un concetto 
comune della parola disastro porta necessariamente, per la gravit� 
del significato filologico del termine, ad attribuire a questo un pi� blando 
significato con la conseguenza di ampliare ingiustificatamente la sfera di 
applicabilit� della norma ed introduce una distinzione superflua, poich� 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 715 

quale possa derivare pericolo per la vita e la incolumit� delle persone, 
indeterminatamente considerate, e, quindi, prescindendo dal numero 
di coloro, dei quali sia statta posta in pericolo la incolumit�. In particolare, 
perch� si verifichi l'anzidetta situazione di pericolo, � sufficiente 
che un natante non sia pi� in grado di gal1leggiare regolarmente, 
di portare il proprio carico e d� navigare con esso: e ci� indipendentemente 
dal numero delle persone, che si trovino a bordo al momento 
del sinistro. 

Bene, pertanto, la Corte di Trieste ha affermato la responsabilit� 
penale del Monticolo e la colpa concorrente del Maier, perch�, con le 
loro rispettive azioni, avevano provocato J.'affondamento della motobarca 
ed avevano, conseguentemente, messo, con ci�, in pericolo la 
pubblica incolumit�, a nulla rilevando che l'equipaggio della motobarca 
medesima fosse composta di sole due persone. 

Parimenti infondato � il secondo motivo di ricorso, col quale si 
lamenta illogicit� e contraddittoriet� della motivazione, in quanto manclnerebbe 
il nesso di �causalit� tra il comportamento del Monticolo e la 
sommersione della motobarca. Secondo il ricorrente, l'evento dannoso 
sarebbe stato determinato esclusivamente dalla imperizia marinara del 
Maier. 

Osserva, anzitutto, la Corte che non sussiste, neJ. caso concreto, la 
lamentata contradittoriet� di motivazione perch� tale vizio si ha soltanto 
quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento della 
propria decisione risultino sostanzialmente contrastanti l'una con l'altra 
fino ad elidersi a vicenda, in guisa da rendere impossibile la ricostruzione 
del procedimento logico giuridico seguito da�l giudice stesso nel 
formare il proprio convincimento. 

Ci� posto, va ricordato che, ai fini della operativit� del principio, 
contenuto nel secondo comma dell'art. 41 c.p. -per �cui le cause 

il criterio, unico, al quale va fatto riferimento, � quello del pericolo per la 
pubblica incolumit�. � 

In terzo luogo, per applicare la norma di 1cui all'art. 449 c.p. al caso 
di specie, non vi era alcun bisogno di far ricorso alla definizione di � disastro 
� quasi che in questo termine il legislatore abbia voluto unificare ogni 
evento previsto dal capo I dei delitti contro l'incolumit� pubblica. L'art. 449 
stabilisce, � vero, che � chiunque cagiona per colpa un incendio o un altro 
disastro previsto dal capo primo d� questo titolo, ecc. � ma con ci� non 
si � certo voluto dire che il naufragio, la strage, l'inondazione o il crollo 
di costruzioni debbano, per costituire un reato, essere naufragi disastrosi, 
stragi inondazioni o crolli disastrosi, sicch� se tali non siano, non vi sarebbe 
reato, ma semplicemente rinviare alle descrizioni contenute nella fattispecie 
dolose. Un naufragio quindi � un naufragio e basta, cos� come lo � 
un crollo, senza bisogno di alcuna altra aggettivazione o qualificazione che 
induca il giudice ad altra indagine oltre quella della sua mera sussistenza, 
da condurre con i comuni strumentt d'accertamento. Ch� anzi, voler stabi



716 RASSEGNA DELL'AVVOCA~URA DELLO STATO 

sopravvenute escludono il rapporto di causalit� quando siano state da 
sole sufficienti a determinare l'evento -causa sufficiente deve intendersi 
soltanto quella che, integrandosi in un fattore <fol tutto eccezionale, 
abbia avuto influenza decisiva per il verificarsi dell'evento. 
Pertanto, colui il quale iponga in essere situazioni di pericolo, risponde 
anche delle �conseguenze eventualmente provocate da un imprevisto 
comportamento imprudente della vittima; e ci� perch� tale comportamento 
interviene quaJ.e coefficiente, impr�visto o imprevedibile, di uno 
stato di fatto illegittimo, anteriormente determinatosi, il quale resta 
imputabile all'agente, dal momento che il caso fortuito, successivamente 
verificatosi, non prepondera in tal misura da assumere, di per s� solo, 
valore sufficiente a determinare l'evento medesimo. 

Pertanto, oltre a creare una situazione di pericolo, versa in colpa, 
in �quanto non osserva le norme per la preyenzione degU abbordi in 
mare, il comandante di una nave a propulsione meccanica, il quale, 
navigando in un canale o in un qualsiasi altro passaggio stretto, non 
mantenga il natante da lui condotto nella met� destra del passaggio o 
canale rispetto alla propria rotta, non proceda con la dovuta attenzione 
e cauteJ.a e ometta di segnalare la propria presenza col fischio quando, 
per la conformazione dei luoghi, non sia possibile avvistare altri natanti 
che si avvicinino in senso opposto. _ 

I principi di dirHto test� enunciati trovano puntuale riscontro nella 
impugnata sentenza. 

Infatti, i giudici di secondo grado -in esito ad una congrua valutazione 
delle risultanze processuali -hanno esattamente ritenuto che 
l'imputato navigava spostato tutto a sinistra, lasciando libero alla sua 
destra un tratto di mare di oltre 55 metri. � ovvio -esattamente si 
dice neJ.la denunziata sentenza -che, quando i due natanti furono alla 
distanza di circa 30 metri l'uno dall'altro, i rispettivi comandanti, te-

lire una definizione di � disastro � da adoperare per tutti i casi previsti da 
quel titolo del codice penale sarebbe estremamente pericoloso, per la variabilit� 
delle ipotesi: il pericolo per la pubblica incolumit� nel disastro ferroviario 
ad esempio si atteggia in modo molto diverso che non nel naufragio 
o sommersione di nave ove l'evento assume; sempre, caratteri di 
maggior drammaticit�, sicch� quello che in terra ferma non � disastro 
ben pu� esserlo per mare. 

Ci� � tanto vero, che la Suprema Corte, avendolo esattamente percepito, 
ma volendo comunque dare u'na definizione di disastro valida per ogni 
caso, si � trovata costretta, per emanare una sentenza giusta e adeguata 
al caso di specie, come quella in nota, a dar�e della parola una definizione 
pi� ampia. 

Per la dottrina, v. ERRA, Disastro ferroviario, marittimo, aviatorio, in 
Enciclopedia del diritto, che da appunto atto del sistema analitico volutamente 
seguito dal codice penale. 

PAOLO DI TARSIA 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 717 

nuto conto del tratto che li lleparava, ebbero subito la percezione del 
pericolo ed ognuno di essi esegu� la manovra, .c!he ritenne pi� opportuna 
ed efficace; manovre, che, nella loro concreta attuazione si rivelarono 
errate. Se il Monticolo -rettamente si conclude nehla sentenza stessa non 
avesse navigato col suo rimorchiatore nel settore destro della imboccatura, 
non avrebbe messo in crisi la navigazione della � Arianna �, 
la quale avrebbe potuto agevolmente incrociare, senza che il suo conduttore 
fosse stato costretto ad improvvisare una manovra, peraltro 
non riuscita, nel tentativo di schivare la pericofosa situazione creata 
dal Monticolo. -(Omissis). 

\ 



PARTE SECONDA 




l
l
m 
.., 

' 

~. 
' 

. 

I % 


I

f:;:a

�

�. 

~ 

I!? 
rri

~~ 

'

'1~~ 

' 

. ' 

17N1filf&Zl'�illillmfillFrJFffimilllffw81r&'filffWMfillffftrttlf&l'fǥf&r�f&1rillm1m11rt� 



RASSEGNA DI DOTTRINA 



G. 
DI FEDERICO, n reclutamento dei magistrati. Ed. Laterza, Bari, 1968, 
pagg. 157. 
G. DI FEDERICO, La Corte di Cassazione. Ed. Laterza, Bari, 1969, pagg. 292. 
Entrambi i volumi del DI FEDERICO qui in esame affrontano il problema 
della giustizia ~ome organizzazione nel pi� .vasto quadro dell'indagine 
sull'Amministrazione della giustizia e della societ� italiana in trasformazione 
(per altri volumi della collana, gi� da noi recensiti v. questa Rassegna). 

Il primo volume costituisce un primo approccio alla conoscenza dei 
delicati problemi di natura organizzativa che concernono l'Amministrazione 
giudiziaria. Il secondo affronta pi� specificamente le caratteristiche 
della struttura organizzativa della Corte di Cassazione e dei suoi organici 
ed il flusso del lavoro giurisdizionale della Corte medesima. Nell'indagine 
sul reclutamento, accanto alla descrizione delle operazioni del processo di 
scelta dei magistrati, non mancano osservazioni critiche e proposte, concepite 
queste ultime anche sulla base dell'esame di sistemi diversi di selezione 
adottati, ad esempio, nei paesi anglosassoni. 

Nella ricerca sulla Suprema Corte appare degna di rilievo la rivelazione 
dei molteplici effetti negativi che sul rendimento degli Uffi.ci giudiziari 
possono avere i provvedimenti legislativi, le decisioni del Consiglio 
Superiore della Magistratura e del Ministero di Grazia e Giustizia se 
adottati senza una preventiva conoscenza dei complessi fattori che incidono 
sull'andamento del lavoro giurisdizionale. 

Interessante, altres�, la individuazione presso la Corte di Cassazione 
di prassi e strutture del tutto informali che hanno l'effetto ora di rendere 
pi� funzionale l'apparato organizzativo del Supremo Consesso ora, invece, 
di appesantirlo rendendo pi� difficoltoso l'assolvimento degli obiettivi istituzionali. 
Il secondo dei volumi in rassegna � corredato da un'appendice 
(redatta dallo stesso A. e da R. BoRRUso) dove viene considerato, nei 
risultati gi� acquisiti �e nelle sue promettenti possibilit� di sviluppo futuro, 
l'esperimento attualmente in corso per l'utilizzazione di strumenti meccanografici 
ed elettronici nell'ambito del lavoro giurisdizionale. 

Si possono conclud�r�e queste brevi note affermando che entrambe le 

ricerche in rassegna contribuiscono a diffondere, attraverso un linguaggio 

non 
specialistico ed un'ampia documentazione, la conoscenza di un settore 

che tanto rilievo ha per il corretto funzionamento di uno Stato democratico.� 

Esse, d'altro canto, delineando ed evidenziando i nei che il sistema palesa 

forniscono elementi di giudizio per organiche iniziative di riforma e di 

riammodernamento delle strutture della giustizia nel nostro paese. 

L. M. 
DuNI -DE FALCO, Depenalizzazione delle contravvenzioni stradali, La Tribuna 
Ed., Piacenza, 1970, pagg. 208. 


Il lavoro recensito costituisce il pi� recente ripensamento sul sistema 
della c.d., � depenalizzazione � introdotta con la legge 3 maggio 1967, n. 317, 
limitatamente alle norme riguardanti la circolazione stradale. 



122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Gli Autori, insigni specialisti della materia, hanno potuto mettere a 
frutto una esperienza teorica e applicativa oramai triennale sulla applicazione 
della normativa analizzata, pervenendo per questa strada ad una 
compiuta e coerente visione della intera disciplina, ispirata ad un'unica 
idea centrale, e cio� al carattere nettamente civilistico del sistema ingiunzione-
opposizione-esecuzione a sua volta inquadrato in preesistenti, collaudati 
schemi dell'ordinamento positivo. Da questa impostazione di fondo 
conseguono poi coerentemente le soluzioni delle molteplici questioni interpretative 
relative a singoli punti della problematica discussa. 

Nelle linee essenziali la struttura del libro si articola secondo il testo 
della legge di depenalizzazione, esaminando cos� -dopo una premessa di 
carattere generale sulla nozione di sanzione amministrativa -i diversi 
momenti della serie procedimentale elaborata dal legislatore, e cio�: l'accertamento, 
la contestazione e la eventuale conciliazione della violazione di 
legg�e, l'emanazione del provvedimento di i{i_giunzione e la correlativa 
opposizione, l'esecuzione forzata della sanzione irrogata ed i provvedimenti 
relativi alla patente di guida ed alla carta di circolazione.. 

Il lavoro � utilmente corredato da una appendice contenente il testo 
della legge, una tabella sinottica delle trasgressioni depenalizzate e la 
circollare n. 300/44950 B del Ministero dell'Interno che indica l'orientamento 
interpretativo dell'Amministrazione competente. 

T. A. 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI (*) 

Leg9e 1� luglio 1970, n. 406. -Converte in tlegge, con modificazioni, 
il decreto-legge 1� maggio 1970, n. 192, concernente la determinazione 
della durata della custodia preventiva nella fase del giudizio e nei vari 
gradi di esso (G. U. 2 luglio 1970, n. 164). 

d. I. 27 agosto 1970, n. 621. -Contiene provvedimenti per il riequilibrio 
della situazione congiunturale con particolare .riguardo alla finanza 
pubblica e alla produztone (G. U. 27 agosto 1970, n. 216). 
NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, nella parte 
in cui non subordina alla condizione che 1:a moglie non abbia mezzi 
sufficienti il dovere del marito di somministrarle, in proporzione delle 
sue sostanze, tutto ci� che � necessarfo ai bisogni della vita (1). 

Sentenza 13 luglio 1970, n. 13<3, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 17 giugno 1969 del pretore di Venezia, 


G. U. 13 agosto 196�9, n. 207. 
codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), quinto comma, nella 
parte in cui esclude la pretesa della moglie a non usare il cognome 
del marito, in regime di separazione per colpa di quest'ultimo, nel 
caso che da quell'uso possa derivarle un pregiudizio (2). 

Sentenza 13 luglio 1970, n. 128, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1968 del tribunale di Milano, 


G. U. 26 ottobre 1968, n. 275. 
�(*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 
( � �) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 dicembre 1967, n. 144 e 26 
marzo 1969, n. 45. 
(2) L'art. 156, primo comma, del codice civile � stato dichiarato incostituzionale, 
-..,n sentenza 23 maggio 1966, n. 46, nella parte in cui pone a carico del marito, in 
I 

I 
----I 

~ARV~AP~~APARV~IAi!UWJ 



124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, nella 
parte in cui prevede come circostanza aggravante e come causa di 
procedibilit� d'ufficio del reato di danneggiamento il fatto che tale 
rea,to sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero o da 
datori di lavoro in occasione di serrata. 

Sentenza 6 luglio 1970, n. 119, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. 
Ordinanze di rimessione 20 febbraio 1969 del pretore di Feltri 

(G. U. 9 aprile 1969, n. 91), 2 ottobre 1969 del pretore di Brescia 
(G. U. 24 dicembre 1'969, n. 324), e 4 dicembre 1969 del pretore di 
San Miniato (G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). 
codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 <Competenza 
per le contravvenzioni), art. 1242 (Decreto di condanna), 
art. 1243 (Dichiarazione di opposizione e d'impugnazione), art. 1246 
(Esercizio dell'azione civile), e art. 1247 (Conversione delle pene pecuniarie). 


Sentenza 9 luglio 1970, n. 121, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanze di r.imessione 11 aprile 1969 del pretore di Recanati 

(G. U. 18 giugno 1969, n. 152), 15 aprile 1969 del comandante del porto 
di Castellammare di Stabia (G. U. 8 ottobre 1969, n. 256), 5 luglio 1969 
del capo di circondario marittimo di Porto S. Stefano (G. U. 22 ottobre 
1969, n. 269), 5 agosto 1969 del comandante del porto di Venezia 
(G. U. 26 novembre 1969, n. 299), 16 settembre 1969 (due) del comandante 
del porto di Sall.erno (G. U. 26 novembre 1969, n. 299), 9 ottobre 
1969 del tribunale di Napoli (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24), 12 novembre 
1969 del tribunale di Siracusa (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24), 
e 17 novembre 1969 del pretore di Voltri (G. U. 11febbraio19!70, n. 37). 
r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le 
frodi nella torrefazione del caff�), art. 7, secondo comma, nella sola 
parte in cUi per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli 
artt. 390, 304 bis, ter e quater del �co�dice di procedura penale. 
Sentenza 6 luglio 1970, n. 118, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. 

Ordinanze di rimessione 5 novembre 1969 del tdbunale di Reggio 
Calabria (G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e 15 novembre 1969 del pretore 
di Melito Porto Salvo (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). 

r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 15, nella parte in cui esso non prevede l'obbligo 
del tr.ibunale di disporre la comparizione de1l'imprenditore in camera 
regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di 
somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, i.ndipendentemente 
dalle condizioni economiche di costei. L'analoga questione proposta per 
la ipotesi di separazione per colpa del marito � stata invece dichiarata non fondata 
con sentenze 28 marzo 1969, n. 45 e 13 luglio 1970, n. 133. 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 125 

di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili 
con la natura di tale procedimento (2 bis). 

Sentenza 16 luglio 1970, n. 141, G. U. 22 luglio 19'�'O, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 17 ottobre 1968 del tribunale di Venezia 

(G. U. 26 marzo 1969, n. 78), 7 novembre 1968 del tribunale di Milano 
(G. U. 2 luglio 1969, n. 165), e 29 gennaio 1969 della corte di appello 
di Brescia (G. U. 9 aprile 1969, n. 91). 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, deU'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 147, secondo comma, nelle parti in cui: a) non 
consente ai soci illimitatamente responsabili l'esercizio del diritto di 
difesa nei limiti compatib1li con la natura del procedimento di camera 
di consiglio prescritto per la dichiarazione di fallimento; b) nega al 
creditore interessato la legittimazione a proporre istanza di dichiarazione 
di fallimento di altri soci illimitatamente responsabili nelle forme 
dell'art. 6 del regio decreto predetto. 
Sentenza 16 1uglio 1970, n. 142, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 

Ordinanze 8 novembre 1968 del tribunale di Udine (G. U. 29 gennaio 
1969, n. 25) e 12 giugno 1969 del tribunale di Livorno (G. U. 
5 novembre 1969, n. 280). 

d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento 
della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni 
dell'assicurazione obbligatoria per la invaliditd, la vecchiaia e i 
superstiti), art. 10, ultimo comma, nella parte in cui esclude il riconoscimento 
del periodo di servizio militare prestato dal 25 maggio 1915 
al 1� luglio 1920 quando sia computabile per le pensioni a carico di 
altre forme di previdenza, anzich� escluderlo solo quando per tali 
pensioni sia stato effettivamente comrputato (3). 
Sentenza 9 luglio 1970, n. 125, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 21 novembre 1968 del tribunale idi L'Aquila, 
G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 

d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145 (Norme sul trattam~nto economico 
e normativo per gii agenti e 'l'appresentanti di commercio delle imprese 
industriali), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio 
erga omnes il tentativo di conciliazione preveduto dall'art. 14 de~(
2 bis) Relativamente a quattro ordinanze emesse in sede penale (11 e 12 marzo 
1969 e 6 dicembre 1969 del pretore di Roma, G. U. 11 giugno 1969, n. 145, 9 luglio 
1969, n. 172 e 25 febbraio 1970, n. 50; e 19 maggio 1969 del tribunale di Roma, G. U. 
9 luglio 1969, n. 172) la questione, cosi come quella dell'art. 18 secondo comma, � 
stata dichiarata inammissibile. 

(3) Analoga questione, proposta per il primo comma della disposizione, � stata 
dichiarata non fondata con sentenza 8 giugno 1963, n. 78. 

126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'accordo economico collettivo del 20 giugno 1956, per la disciplina 
del rapporto d'agenzia e !l."appresentanza commerciale (4). 

Sentenza 9 luglio 1970, n. 127, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 10 maggio 1969 del pretore di Como, 

G. U. 23 luglio 1969, n. 186. 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli O:IJerai di:Pendenti dalle im:PTese edili ed affini delle 
:Provincie di Ancona, Ascoii Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unico, 
nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 8, secondo 
comma, del contratto collettivo 1 � ottobre 1959, integrativo del contratto 
collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere rper gli 
operai dipendenti dalle imprese delle industrie edilizia e affini della 
provincia di Macerata, e nelle parti in cui rende obbligatorio erga 
omnes l'art. 10, secondo comma, del medesimo contratto collettivo 
1� ottobre 1959 (5) (6). 
Sentenza 9 luglio 1970, n. 126, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanze di rimessione 28 maggio 1969 del pretore di Recanati, 

G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 
NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 10 (Inizio della obbligatoriet� delle leggi e dei 
rego�lamenti) (a!l."t. 21, terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 9 il.uglio 1970, n. 122, G. U. 15 luglio 1970, n. 177.. 
Ordinanza di rimessione 30 dicembre 1968 del pretore di Roma, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, nella 
parte concernente l'ipotesi di separazione personale per colpa del 
marito (7) .. 

(4) Per analoghe declaratorie di illegittimit� costituzionale cfr. sentenze 6 luglio 
1965, n. 56 e 4 febbraio 1967, n. 9. , 
(5) Per la parte relativa all'art. 10, secondo comma, del contratto collettivo 
1 � ottobre 1959� la illegittimit� costituzionale � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 
della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
(6) P�r altre declaratorie di illegittimit� costituzionale del d.P.R. 2 maggio 
1961, n. 868 v. in questa Rassegna, 1969, Il, 156, ed ivi nota 61. 
(7) Analoghe questioni sono state dichiarate non fondate con sentenze 12 dicembre 
1967, n. 144 e 26 marzo 1969, n. 45. Il quinto comma dell'art. 156 del codice 
civile � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 13 luglio 1970, n. 128, nella 
parte in cui esclude la pretesa della moglie a non usare il cognome del marito, 
in regime di separazione personale per�colpa di quest'ultimo, nel caso che da quell'uso 
possa derivarle un pregiudizio. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 127 

Sentenza 13 luglio 1970, n. 133, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanze di rimessione 17 ottobre 1968 del tribunale di Udine 

(G. U. 12 marzo 1969, n. 66), 21 dicembre 1968 e 8 gennaio 1969 della 
corte di appello di Roma (G. U. 11 giugno 1969, n. 145 e 2 luglio 1969, 
n. 165), e 9 gennaio 1969 della corte di appello di Genova (G. U. 
21 maggio 1969, n. 128). 

codice civile, art. 1916 (Diritto di surrogazione dell'assicuratore) 
(art. 3, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1970, n. 115, G. U. 8 �luglio 1970, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 24 ottobre 1968 del tribunale �di Udine, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
codice civile, art. 2221 (Fallimento e concordato preventivo) (artt. 3 
della Costituzione). 

1Sentenza 16 giugno 1970, n. 94, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 27 giugno 1968 del pretore di Roma, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 76. 
codice di procedura civile, art. 621 (Limiti della prova testimoniale) 
(artt. 3, 24, primo comma, e 42 della Costituzione). 

Sentenza 26 giugno 1970, n. 112, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanze di rimessione 15 dicembre 1968 del pretore di Verbania 

(G. U. 12 marzo 1969, n. 66) e 19 febbraio 1969 del pretore di Roma 
(G. U. �3 ottobre 1969, n. 256). 
codice di procedura civile, art. 700 (Condizioni per: la concessione), 

� nei sensi di cui in motivazione � (art. 21, terzo comma, della 
Costituzione). 
Sentenza 9 luglio 1970, n. 122, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 30 dicembre 1968 del pretore di Roma, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di 
sicurezza), ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 16 giugno 1970, n. 96, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza 1di rimessione 7 febbraio 1'969 �del giudice di sorveglianza 
del tribunale di Mantova, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

codice penale, art. 663 (Vendita, distribuzione e affissione abusiva 
di scritti o disegni) (art. 21 della Costituzione). 

Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, 
G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 

llillif&rffiKMmmf@1ffillfi.illillNlliillf&fil@~rnmili!MKfiif:fffffffiffilf@ffffilftffilff&imifflf.lli@Kill1fffifffllifilillfI@illmf1MfiJ 
< 


128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 31 (Competenza del pretore), art. 74 
<Esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero o del 
pretore) (8), art. 231 (Atti e informative del pretore) (9), art. 389 (Casi 
in cui si procede con istruzione sommaria), ultimo comma (10), art. 398 
(Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) (11), 
e art. 403 (Domanda di riapertura), ultimo c�omma (artt. 3, primo comma, 
24, secondo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo 
comma, 107, 108 e 112 della Costituzione). 

Sentenza 9 lu~lio 1970, n. 123, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 

Ordinanze di �rimessione 25 gennaio 1969 del pretore di Porretta 
Terme (G. U. 12 marzo 1969, n. 66), 24 marzo 1969 del pretore di 
Prato (G. U. 11 giugno 1969, n. 145), e 3 giugno 1969 del pretore di 
Roma (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). 

codice di procedura penale, art. 93 (Diehiaraz?.one costitutiva di parte 
civile), secondo comma, art. 94 (Formalit� della costituzione di parte 
civile), primo e secondo comma, e art. 468 (Discussione finale) (artt. 24, 
secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 26 giugno 1970, n. 108, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 

Ordinanze di rimessione 10 gennaio 1969 del pretore di San Giovanni 
Valdarno (G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e 7 febbraio 1969 del 
tribunale di Arezzo (G. U. 26 marzo 1969, n. 78). 

codice di .procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore d'ufffoio 
all'imputato) e art. 130 (Rapporto al Consiglio deLl'Ordine a carico 
del difensore dell'imputato che abbandona la difesa -Provvedimenti 
per la sostituzione) (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione) 
(12). 

Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanze d.i rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma (G. U. 
28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore del 

(8) Altra questione di legittimit� costituzionale, dell'ultima parte dell'art. 74 
del codice di procedura penale � stato dichiarata non fondata con sentenza 7 dicembre 
1964, n. 102. 

(9) Dichiarazione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, 
n. 148 (nella parte in cui esclude che agli atti di polizia giudiziaria compiuti o 
disposti dal pretore si applichino gli artt. 390, 304 bis, ter e quater) e modificata con 
legge 5 dicembre 1969, n. 932.' 
(10) Il terzo comma della disposizione (che � stata poi modificata con legge 
7 novembre 1969, n. 780) � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 novembre 
1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit�, nel corso del processo, della 
valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. 
(11) V. retro, II, 11, ed ivi nota 18. 
(12) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli 
artt, 24, terzo comma, e �35, primo comma, della Costituzione, con sentenza 22 dicembre 
1964, n. 114. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 

tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), 10 dicembre 
1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n. 78), e 12 a!Pri
� 1e 1969 del giudice istruttore del tribunale di Milano (G. U. 22 otto


bre 1969, n. 269). 

codice di procedura penale, art. 170 (Notificazio1J1,i aU'im,putato ir1
�eperibile), terzo comma (art. 24, secondo comma della Costituzione) (13). 


Sentenza 6 luglio 1970, n. 117, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 15 ottobre 1968 del pretore di Iseo, G. U. 
11 giugno 196::>, n. 145. 


codice di procedura penale, art. 314 (Facolt� del giudice di procedere 
a perizia), secondo c�omma, limitatamente alla parte in cui fa divieto 
di perizia per stabilire � la tendenza a delinquere, il carattere e la 
personalit� dell'imputato e in genere le qualit� psichiche indipe!/1,denti 
da cause patologiche� (art. 27, terzo comma, della Costituzione). 


Sentenza 9 luglio 1970, n. 124, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 16 gennaio 1969 del pretore di Bologna, 


G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
codice di pl'ocedura .penale, art. 501 (Comparizione del contumace), 
primo comma, per l'inciso � prima che sia cominciata la discussione 


I

finale �, e ultimo comma (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 26 giugno 1970, n. 111, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 

I

Ordinanze di rimessione 22 maggio 1968 della seconda sezione 
penale della Corte di cassazione (G. U. 30 novembre 1968, n. 305) e ! 
10 dicembre 1968 della Corte d'appello di Caltanissetta (G. U. 26 febbraio 
1969, n. 52). 

codice di procedura penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), 
artt. 4 e 5 (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). 


Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanze di rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma 


(G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore 
del tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), e 
10 dicembre 1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n. 78). 
codice della navigazione, art. 1304 (Norme appUcabili al personale 
arruolato) (art. 39 della Costituzione). 


Sentenza 16 giugno 1970, n. 99, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 3 maggio 1968 della Corte di cassazione, I 


G. U. 28 dicembre 1968, n. 32�9. 
I 

l 

(13) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, � nei sensi di cui in 
motivazione �. con sentenza 18 giugno 1963, n. 90. 

I 

! 

�-�--Il 


130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delle leggi sui gratuito 
patrocinio), art. 18 (avtt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). 
Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 12 agosto 1968 del giudice istruttore del 
tribunale di Vercelli, G. U. 30� novembre 1968, n. 305. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 148 (artt. �3, 
24, primo, secondo e terzo comma, e 113 della Costituzione). 
Sentenza 6 luglio 1970, n. 116, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 7 ottobre 1968 del tribunale di Genova 

G. U. 12 marzo 1969, n. 66. ' 
r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le 
frodi nella torrefazione del caff�), artt. 5 e 6 (artt. 24 e 3 della Costituzione). 
Sentenza 6 luglio 1970, n. 118, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. 

Ordinanze di rimessione 5 novembre 1969 del tribunale di Reggio 
Calabria (G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e 15 novembre 1969 del pretore 
di Melito Porto Salvo (G. U. 28 genm;1.io 1970, n. 24). 

r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento deile norme sulla disciplina 
giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sui trattamento 
giuridico-ecoinomico del irersonale delle ferrovie, tranvie e linee 
di navigazione interna in regime di concessione), cosi come modificato 
dall'articolo unico della legge 24 luglio 1'957, n. 633, art. 10, quarto 
comma (artt. 3, 24, :primo comma, e 35, prlmo comma, della Costituzione) 
(14). 
Sentenza 13 il.uglio Hl70, n. 130, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanze di rimessione 4 febbraio 1969 (tre) e 3 gennaio 1970 
del pretore di Torino (G. U. 9 aprile 1969, n. 91 e 25 marzo 1970, n. 76). 

r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice 
di procedura penale), artt. 4 e 5 (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della 
Costituzione). 
Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� Luglio 1970, n. 163. 
Ordinanze di rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma 

(G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore 
del tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), e 
10 dicembre 1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n; 78). 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica 
sicurezza), artt. 108, primo comma, 109, primo, secondo e terzo comma, 
(14) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 21 marzo 1969, n. 39, in 
riferimento all'art. 36 della Costituzione. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 131 

e 145 (artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, 
41 e 42 della Costituzione). 

Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 17 gennaio 1969 del pretore idi Orbetello 

(G. U. 26 marzo 1969, n. 78), 25 gennaio 1969 del pretore di Gemona 
del Friuli (G. U. 2 luglio 1969, n. 165), 11 febbraio 1969 del pretoire 
di Bologna (G. U. 16 apri.ile 1969, n. 98), 22 aprile 1969 del pretore 
di Sampierdarena (G. U. 9 luglio 1969, n. 172), e 17 giugno 1969 del 
pretore di Bologna (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). 
r. d'. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica 
sicurezza), art. 113 (art. 21 della Costituzione). 
Sentenza l3 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, 
G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 

r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni suU'assegno� bancario, 
sull'assegno circolare e su alcuni titoli speciali� dell'Istituto cU emissione, 
del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), ar,+. 116, inciso 
� e nei casi pi� gravi la reclusione sino a sei mesi �, nei sensi di cui 
in motivazione (artt. 24, secondo �comma, e 25, secondo comma, della 
Costituzione) (15). 
Sentenza 13 luglio 1970, n. 131, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 22 gennaio 1969 del pretore di Bologna, 

G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
r. d. I. 6 febbraio 1936, n. 377 (Norme per la risoluzione del rapporto 
di lavoro marit.timo a tempo indeterminato), artt. 1 e 2 (art. 39 della 
Costituzione). 
Sentenza 16 giugno 1970, n. 99, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 3 maggio 1968 della Corte di cassazione, 

G. U. 28 dicembre 1968, n. 32�9. 
r. d. I. 13 settembre 1938, n. 1730 (Autorizzazione al comune di Bologna 
ad applicare il contributo di fognatura), convertito. con legge 
5 gennaio 1939, n. 269 (artt. 23 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 26 giugno 1970, n. 113, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 28 giugno 1968 del tribunale di Bologna, 

G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. 
(15) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state 
dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 53 e 7 giugno 1962, n. 47. 

132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Nolf'me integrative della cUsciplina 

II

delle pubbliche affissioni), artt. 2 e 4 (art. 21 della Costituzione). 

Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 J.uglio 1970, n. 177. 

Ifj

Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, 
G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, 
secondo comma, 33 e 72 (artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 
104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, 108 e 112 
della Costituzione). 
Sentenza 9 luglio 1970, n. 123, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 

Ordinanze di rimessione 25 gennaio 1969 del pretore di Porretta 
Terme (G. U. 12 marzo 196,9, n. 66), 24 marzo 1969 del pretore di 
Prato (G. U. 11 giugno 1969, n. 145), 3 giugno 1969 del pretore di 
Roma (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), e 12 luglio 1969 del pretore di 
Torino (G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). 

legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di 
altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97 (art. 21, terzo 
comma, dclla Costituzione). 

Sentenza 9 luglio 1970, n. 122, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 30 dicembre 1968 del pretore di Roma, 


G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fatlimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 1 con tutte le norme di legge che ne derivano (art. 3 
della Costituzione). � 
Sentenza 16 giugno 1970, n. 94, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 27 giugno 1968 del pretore di Roma, 


G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
d. lg. C. P. S. 8 novembre 1947, n. 1417 (Disciplina delle pubbliche affissioni 
e detla pubblicit� affine), art. 9 (art. 21 della Costituzione). 
Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, 
G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 

legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni suila stampa), art. 21, terzo 
comma, nella parte in cui non prevede l'interrogatorio dell'imputato 
prima della citazione a giudizio direttissimo (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione) (16). 

16) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state 
dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 56 e 3 dicembre 1969, n. 146. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 133 

Sentenza 26 giugno 1970, n. 109, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 20 dicembre 1968 del tribunale di Como, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
d. lg, 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri 
o apolidi), artt. 1 e 2 (artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 
17, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione) (17). 
Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 11 febbraio 1969 del :pretore di Bologna 

(G. U. 16 apriie 1969, n. 98), 25 marzo 196'9 del pretore di Tione 
(G. U. 23 luglio 1969, n. 186) e 22 aprile 1969 del pretore di Sampierdarena 
(G. U. 9 luglio 1969, n. 172). 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 205 (artt. 24, 25, prima parte, e 3 della Costituzione). 
Sentenza 16 giugno 1970, n. 95, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di dmessione 30 ottobre 1968 del pretore di Modena, 

G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle le�ggi sulle imposte 
dirette), art+. 261 e 262. (artt. 3 e 4 della Costituzione). 
Sentenza 6 luglio 1970, n. 114, G. U . .a luglio 1970, n. 170. 

Ordinanze di rimessione 17 luglio 1968 del Consiglio nazionale 
forense (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318), 30 gennaio 1969 della Corte 
d'appello di Venezia (G. U. 21 maggio 1969, n. 128), e 27 marzo 1969 
del tribunale di Treviso (G. U. 18 giugno 1969, n. 152). 

legge reg. sarda 17 dicembre 1968, riappr. 6 novembre 1969 (Autorizzazione 
al trasporto all'esercizio successivo degli Olf'dini di accreditamento 
emessi dall'Amministrazione regionale per spese in conto capitale), arti� 
colo unico (art. 81 della Costituzione e artt. 41 e 26 delle norme di attuazione 
dello Statuto speciale per la Sardegna). 

Sentenza 26 giugno 1970, n. 107 G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 1� 
dicembre 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311. 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 1751 (Indennit� per lo scioglimento del contratto), 
in quanto :prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo per la ipotesi 

(17) Altre questioni di legittimit� costituzionale del d.Ig. 11 febbraio 1948, 
n. 50 sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 76, 77, 14, 3, 2 e 10 
della Costituzione, con sentenza 26 giugno. 1969, n. 104. 

134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto 
non imputabile all'agente (artt. 3 e 36 della Costituzione) (18). 

Tribunale di Naipoli, ordinanza 11 marzo 1970, G. U. 15 luglio 
1970, n. 177. 

codice penale, art. 266 (Istigazione di militari a disobbedire all� 
leggi), primo comma, in quanto punisce manifestazioni di pensiero a 
carattere istigatorio o apologetico indipendentemente da un qualsiasi 
effetto sulla struttura giuridica e disciplinare della �compagine militare 
(aTt. 21 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 28 aprile 1970, G. U. 22 luglio 
1970, n. 184. 

codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto 
attribuisce al pubblico ufficiale un prestigio maggiore di quello. riconosciuto 
agli altri cittadini (artt. 1, 3, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione) 
(19). 

PretoTe di Montebel1una, ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 1� luglio 
1970, n. 163. 
Pretore di. Caltanissetta, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 1 � !luglio 
1970, n. 163. 

codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, in 
quanto assume, come fondamento dell'aggravante speciale, con ingiustificata 
discriminazione a danno det lavoratori, il nesso di occasionalit� 
con l'eseicizio del diritto di sciopero (artt. 3 e 40 della Costituzione) 
(20). 

Giudice istruttore del tribunale di Ferrara, ordinanza 28 marzo 
1970, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 

codice di procedura penale, art. 28 (Autoritd del giudicato penale 
in altri giudici civili o amministrativi), in quanto estende gli effetti del 
giudicato a soggetti rimasti estranei al giudizio penale (art. 24, primo 
e secondo comma, della Costituzione) (21). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 1� luglio 
1970, n. 163. 

(18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 maggio 1970, n. 75. 
(19) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della 
Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109. � 
(20) Dichiarazione dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con sentenza 
6 luglio 1970, n. 119. 
(21) Questione dichiarata non fondata con sentenza 19 febbraio 1965, n. 5. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 135 

codice di procedura penale, art. 169 (Prima notificazione all'imputato 
non detenuto), primo comma, in quanto consente la consegna a 
persona diversa dall'imputato di atti a contenuto pregiudizievole per 
la riservatezza del destinatario, senza imporre cautele idonee ad 
evitare la violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza 
(art. 15, primo comma, della Costituzione) (22). 

Tribunale di Torino, ordinanza 12 marzo 1970, G. U. 8 luglio 
1970, n. 170. 

codice di procedura penale., art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i 
difensori), primo comma, in quanto non consente al difensore di assistere 
all'interrogatorio de1l'imputato (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione) (23). 

Corte costituzionale, ordinanza 4 giugno 1970, G. U. 15 luglio 
1970, n. 177. 

codice di procedura penale, art. 413 (Riunione di giudizi) e art. 439 
(Questioni preliminari), in quanto consentono al giudice di non applicare 
le noi-me �he prevedono lo spostamento di competenza in caso 
di connessione con procedimento pendente davanti ad �altro giudice 
(art. 25, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Volterra, ordinanza 2 aprile 1970, G. U. �15 luglio 1970, 

n. 177. 
r. d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compra.vendita 
degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico 
presso le� sedi dell'Automobile Club d'Italia), convertito con legge 19 
febbraio 1928, n. 510, art. 7, secondo comma, in quanto prevede la decadenza 
dal beneficio del termine indipendentemente dalla gravit� delil'inadempimento 
o dallo stato di insolvenza del debitore, consente la 
vendita dell'autoveicolo sequestrato immediatamente dopo la esecuzione 
del sequestro e non consente al debitore di interloquire in ordine 
alle modalit� della vendita; art. 7, terzo comma, in quanto stabilisce 
per l'opposizione un termine di soli dieci giorni, pi� breve di quello 
stabilito dall'art. 641 del codice di procedura civile per il procedimento 
(22) Per l'ultimo comma della disposizione differente questione � stata proposta, 
in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale di 
Sondrio (ordinanza 23 maggio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). 
(23) Questione gi� proposta dal pretore di Camposampiero (ordinanza 21 marzo 
1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e dal pretore di Roma (ordinanza 9 febbraio 
1970, G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e, per l'art. 303 del codice di procedura penale, dal 
giudice istruttore del tribunale di Roma (ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128). 
17 


136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di ingiunzione (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della 
Costituzione) (24). 

Pretore di Recanati, ordinanza 31 marzo 1970, G. U. 22 luglio 

I

1970, n: 184. 

i 

r. cf. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme suUa disciplina 
giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento 
giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee 
di navigazione interna in ragione di concessione), artt. 26 e 27 deJl'al� 
legato A, in quanto limitano il diritto all'indennit� di anzianit�, non 
prevedendolo per i casi di destituzione e di dimissioni (art. 36 della 
Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, 

n. 170. 
/ 

r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento 
delta Corte dei conti), art. 64, in quanto, con criterio diverso da quello 
stabilito in tema di pensioni di guerra dall'art. 14, secondo comma, 
della legge 10 agosto 1950, n. 648, sancisce la inammissibilit� del ricorso 
proposto da chi abbia dscosso l'indennit� concessa in luogo della 
pensione privilegiata ordinaria iprima della scadenza del termine per 
ricorrere alla Corte dei conti (artt. 3, primo .comma, 24, primo comma, 
e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Corte dei conti, quarta sezione, ordinanza 2 febbraio 1970, G. U. 
1� luglio 1970, n. 163. 

r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli �ordinamenti .tributari), 
art. 29, terzo c:omma, in quanto consente di ricorrere contro le decisioni 
delle commissioni provinciali delle imposte solo in ipotesi di � grave 
ed evidente errore di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza 
di calcolo nella determinazione deU'imponibile ., escludendo la 
tutela giurisdizionale per le controversie relative alla determinazione 
del valore imponibile (art. 113 d�1la Costituzione) (25). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 29 dicembre 1969, G. U. 15 luglio 
1970, n. 177. 

(24) Altra questione di legittimit� costituzionale, proposta per il quarto comma 
delle disposizione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 5 maggio 1967, n. 59. 
(25) Questione gi� proposta dalla corte di appello di Torino (ordinanza 27 
febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125) e, per l'art. 22, terzo comma, dal tribunale 
di Milano (ordinanza 18 aprile 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e dalla corte di 
appello di Torino (ordinanza citata). La stessa questione � stata gi� proposta anche 
per l'art. 285, primo comma, del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 (ordinanza 4 dicembre 
1969 del tribunale di Rimini, G. U. 4 marzo 1970, n. 57) e per l'art. 6 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (ordinanza 27 febbraio 1970 della corte di appello 
di Torino, G. U. 20 maggio 1970, n. 125). 
EfclUfilNfilTdfff�fffITi.fiWJfWJ&fflf:Ifffifffffilffffilffirff[[ffJfillmffffffilJGTurftlfffffiffffil'iffffEfflffilffiflfffJiffffffiffiffffil 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 137 

r. d. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazfoni delle disposizioni sulle 
assicurazioni obbligatorie pe1� l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi 
e per la disoccupazione involontaria), convertito, con modifiche, 
nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, art. 1O, prima parte, in quanto stabilisce, 
ai fini della qualificazione di invalido, differenti percentuali di 
riduzione della capacit� per gli impiegati e per gli operai (artt. 3, 
prima parte, e 38, secondo comma, della Costituzione) (26). 

Tribunale di Pesaro, ordinanza 4 aprile 1970, G. U. 15 luglio 1970, 

n. 177. 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 100, primo comma, in quanto non consente al fallito 
di impugnare i crediti ammessi allo stato passivo (art. 24 della Costituzione). 
Giudice del tribunale di Alessandria, ordinanza 29 aprile 1970, 

G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
r. d. I. 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della Magistratura), art. 
34, in quanto limita l'assistenza del difensore alla sola fase di discussione 
orale (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 
Consiglio superiore della magistratura, ordinanza 12 maggio 1970, 

G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
legge 7 novembre 1957, n. 1051 (Determinazione degli onorari, de,i 
diritti e delle indennit� spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni 
giudiziali in materia civile), articolo unico, in quanto conferisce 
al Consiglio nazionale forense, senza indicazione �di criteri idonei 
a delimitarne la discrezionalit�, il potere di determinare la misura dei 
compensi spettanti agli avvocati ed ai procuratori legali (art. 23 della 
Costituzione) (27). 

Pretore di Roma, ordinanza 17 marzo 1970, G. U. 1� luglio 1970, 

n. 163. 
d. P. R. 11 dlcemb.re 1961, n. 1642 (Norme sul trattamento e�conomico 
e normativo degli operai dipendenti delle imprese edili ed affini delle 
provincie di Catania, Palermo, Siracusa e Trapani), articolo unico, in 
quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 12 e 18 del ,contratto 
collettivo 8 novembre 1957 e l'articolo unico, lettera b del contratto 
(26) Questione gi� proposta, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal 
tribunale di Potenza (ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). 
(27) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli 
artt. 70 e 76 della Costituzione, con sentenza 4 aprile 1960, n. 20. 

138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

collettivo 26 febbraio 1'959, che impongono l'accantonamento di percentuali 
presso la cassa edile siracusana (28). 

Pretqre di Lentini, ordinanza 29 gennaio 1970, G. U. 8 luglio 1970, 

n. 170. 
legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 
e 262 dei vesto unico delle Leggi sanitarie approvato con regio decreto 
27 Luglio 1934, n. 1265: DiscipLina igienica delLa produzione e deUa 
vendifJa delle sostanze alimentari e deUe bevande), art. 1, modificato 
dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, e art. 3, in quanto consentono 
il compimento di atti di istruzione senza l'osservanza degli articoli 
390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (artt. 3 
e 24, secondo comma, della Costituzione) (29). 

Pretore di Cosenza., ordinanza 18 marzo 1970, G. U. 22 luglio 1970, 

n. 184. 
d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico deLLa disposizioni per 
L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sui Lavoro e Le maLattie 
professionali), art. 10, quinto comma, e art. 112, ultim�o comma, in quanto 
elevano a tre anni il termine di un anno stabilito, rispettivamente, dall'art. 
4 e dall'art. 67, ultimo comma, del r. d. 17 agosto �1935, n. 1765, 
con �eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 30, secondo 
comma, della legge 19 gennaio 1963, n. 15 (arit. 76 e 77 della Costituzione) 
(30). 
Tribunale di Padova, ordinanza 19 febbrafo 1970, G. U. 8 luglio 
1970, n. 170. 

legge 18 dicembre 1967, n. 1198 (Modificazioni alLa Legge 24 marzo 
1956, n. 195, suUa costituzione e funzionamento dei Consiglio superiore 

(28) L'articolo unico del d.P.R. 11 dicembre 1961, n. 1642 � stato gi� dichiarato 
incostituzionale nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 9, 10 e 13 
dell'accordo collettivo 30 settembre 1959 per la provincia di Palermo (sentenze 2 
aprile 1964, n. 31, 12 novembre 1964, n. 78, e 2 giugno 1965, n. 43). 
(29) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 
26 febbraio 1963, n. 441, � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 
1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione 
degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. 
(30) Il terzo comma dell'art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (nella parte 
in cui limita la responsabilit� civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro 
derivato da reato all'ipotesi in cui questo sia commesso dagli incaricati della 
direzione o sorveglianza del lavoro e non anche dagli altri dipendenti) e il quinto 
comma dello stesso articolo (in quanto consente che il giudice possa accertare che 
il fatto che ha provocato l'infortunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione 
dell'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare 
l'ipotesi di prescrizione del reato) sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 
9 marzo 1967, n. 22. 
L'art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1125 � stato dichiarato 
incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 116. 

,: 

rnrc:tKfilfElfffwrnmmwferrrumrt�r&w&1=tif&tiffimm;;w1&rE!1m1w�&&r2.,l&F&i.illmfifffmillffilPi&r~24 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 139 

deHa magistratura) artt. 1 e 2, che modificano gli artt. 4 e 6 della legge 
24 marzo 1958, n. 195, in quanto demandano la cognizione dei procedimenti 
disciplinari ad una sezione del Consiglio superiore della magistratura 
(artt. 104 e 105 della Costituzione). 

Consiglio superiore della magistratura, ordinanza 12 maggio 1970, 

G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici 
e norme in materia dii sicurezza sociale) art. 66, quinto comma, in 
quanto, nel rendere applicabili le modifiche apportate all'ordine dei 
privilegi anche alle procedure esecutive concorsuali ancora in corso aJ. 
momento della entrata in vigore della legge, non ha previsto a tutela 
dei creditori �Controinteressati che non erano prima legittimati alla 
impugnazione dei crediti ammessi per difetto di interesse, alcun mezzo 
che consenta loro di impugnare tardivamente l'ammissione dei crediti 
ai quali si trovano definitivamente posposti, in sede di graduazione, 
per effetto delle nuovi disposizioni di legge (artt. 3 e 24, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 12 febbraio 1970, G. U. 8 luglio 
1970, n. 170. 

legge reg. sic. 2 luglio 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia della legge 
nazionale� 22 luglio 1966, n. 607, reoante�: norme in materia di enfiteusi 
e prestazioni fondiarie perpetue), in quanto contempla disciplina 
di rapporti privati non consentita alla legislazione regionale (eccesso 
di potere legislativo della Regione) e consente di determinare i canoni 
ed il prezzo dell'affrancazione in misura lesiva del diritto di una delle 
parti del rapporto (art. 42, terzo comma, della Costituzione), condizionando 
inoltre la proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo esperimento 
de.I tentativo di conciliazione (31). 

Tribunale di Agrigento, ordinanza 21 marzo 1970, G. U. 8 luglio 
1970, n. 170. 
Pretore di Caltanissetta, .�ordinan21a 5 maggio 1970, G. U. 15 luglio 
1970, n. 177. 

legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente deUa Repubblica 
per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, in quanto 
il termine fissato per l'efficacia dell'amnistia non coincide con un mutamento 
della situazione obiettiva che valga ad attribuire diversa pO!l'tata 
criminale ai fatti commessi prima o dopo il termine stesso (articoli 
3 e 79 della Costituzione). 

' 

Pretore di Chieri, ordinanza 26 maggio 1970, G. U. 8 luglio 1970, 

n. 170. 
(31) Questione gi� proposta dal tribunale di Palermo con ordinanza 17 gennaio 
1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. 

140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. ~2 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), 
art. 5, in quanto il termine fissato per l'�ffi.cacia dell'amnistia non coincide 
con un mutamento della situazione obiettiva che valga ad attribuire 
diversa portata criminale ai fatti commessi prima o dopo il termirie 
stesso (al'tt. 3 e 79 della Costituzione). 
Pretore di Chieri, ordinanza 26 maggio 1970, G. U. 8 luglio 1970, 

n. 170. 
NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE 
DI INAMMISS�BILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA, O DI 
RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codic:e penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero 
preordinata), ,primo c:omma (artt. 3 e 27 .della Costituzione) -Manifesta I 
infondatezza (32). 

I

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 150, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 

Ordinanza di rimessione 25 febbraio 1970 del pretore di Seneghe, 

G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
I

w 

Vi

c:odke penale, art. 168 (Revoca delLa sospensione) primo comma, n. 2 @] 
-Manifesta infondatezza (33). 


I ~ 

Or�dinanza 13 luglio 1970, n. 138, G. U. 22 1ugJ.io 1970, n. 184. 

Ordinanza di rimessione 13 marzo 1970 del pretore di Manduria, 

G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
w

rn

c:odic:e penale, art. 559 (Adulte1�io), terzo e quarto c:omma, e art. 560 
(Concubinato) -Manifesta infondatezza (34). 
~t.


I

Ordinanza 16 giugno 1970, n. 103, e sentenza 26 giugno 1970, nu


rx

mero 108, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 

Ordinanze di rimessione 22 maggio 1969 del pretore di Roma <G:� U. 

1� aprile 1970, n. 82), 9 luglio 1969 del pretore di Postiglione (G. U. 

5 novembre 1969, n. 280), 1 � ottobre 1969 del tribunale di Roma 

(G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), 8 ottobre 1969 del pretore di San Pietro 
Verno'tiico (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37), e 25 novembre 1969 del 
pretore di Manfredonia (G. U. 4 marzo 1970, n. 57). 
c:odic:e penale, art. 666 (Spetitacoli o trattenimenti pubblici senza 

w

licenza) -Manifesta infondatezza (35). ili 

i

(32) Questione dichiarata non fondata con sentenza 4 marzo 1970, n. 33. 
(33} Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 10 giugno 1970, n. 86. 

!!:::

(34) Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 27 novembre 1969, 
n. 147. 
(35) V. retro, II, 92, ed ivi nota 18. 
I 

.. :: 

fi':;

:::;

<

;: 

.� 

,, 

f~

(= 

TfeffffifWW&:ff:f.f@Wft@Jillfff@fff.%0lfi1#f.fif{�1ff:&if:[ff:t'ffe'[:?f.%r-Wlffff.fff?ITIT=WiffJtff:W�ffffJfffff:fff1fEf:fff5fif&ffirttl 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

141 

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 147, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 

Ordinanza di rimessione 8 settembre 1969 del pretore di San 
Ginesio (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5) e 24 febbraio 1970 del pretor� di 
San Valentino in Abruzzo (G. U. 20 maggio 1970, n. 125). 

codice di procedura penale, art. 54 (Risoluzione dei conflitti) e arti� 
c�olo 531 (Decisioni in camera di consiglio) (art. 24, se�ondo comma, 
della Costituzione) -Inammi,ssibilit�. 

Sentenza 13 luglio 1970, n .. 132, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza 'di rimessione 29 novembre 1968 della corte di appello 
di Bologna, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte 
civile), secondo comma, art. 94 (Formalit� della costituzione di parte 
civile), primo e secondo c�omma, e art. 468 (Discussioine finale), primo 
comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) (36). 

Sentenza 26 giugno 1970,. n. 108, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 9 luglio 1969 del pretore di Postiglione, 

G. U. �5 novembre 1969, n. 280. 
codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della polizia giudiziaria) 
(artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza nei 
sensi di cui in motivazione (37). 

Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 

Ordinanze. di rimessione 7 ottobre 1969 del pretore di Cassano 
d'Adda (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 3 dicembre 1969 del tribunale 
di Savona (G. U. 1� 'aprile 1970, n. 82). 

codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pre.. 
tore), primo comma, e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con 
"�istruzione sommaria), terzo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della 

Costituzione) -Manifesta infondatezza (38). 

Ordinanza 16 giugno 1970, n. 102, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 6 novembre 1968 del pretore di Roma, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
codice di pl"oc:edura penale, art. 231 (Atti e informa.tive del pretore) 
e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) 
(artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (38). 

(36) Questioni dichiarate non fondate, in relazione ad ordinanze di altre autorit� 
giudiziarie, con la stessa sentenza. 
(37) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. 
(38) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 
L'art. 2,31 del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale, in parte, con 
sentenza 3 dicembre 1969, n. 148, � stato modificato con legge 5 dicembre 1969, 
n. 932. Sull'art. 398 del codice di procedura penale, modificato con legge 7 novembre 
1969, n. 780, v. retro, II, 11, ed ivi nota 18. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

142 

Ordinanza 13 luglio 1970, n. 137, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 15 aprile 1969 del pretore di Civitavecchia, 
G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 

codice di procedura penale, art. 398 (Poteri dei p1�etore nel procedimento 
con istruzione sommaria) (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
Manifesta infondatezza (39). 

Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 deJ. pretore di Ronciglione, 
G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 

codice di ,procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
--Manifesta infondatezza (39). 

Ordinanza 13 luglio 1970, n. 134, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 

Ordinanze di rimessione 10 dicembre 1968, 30 gennaio 1'969, 23 
maggio 1969 e 19 settembre 1969 del tribunale di Ferrara (G. U. 24 
settembre 1969, n. 243, 24 dicembre 1969, n. 324 e 7 gennaio 1970, 

n. 5), e 21 febbraio 1969 del tribilnale di Como (G. U. 21 maggio 1969, 
n. 128). 
codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decr'eto e 
poteri del pretore) (art. 24, secondo comma, della Costituzione) 
Manifesta infondatezza (40). 

Ordinanza 13 luglio 1970, n. 135, G. U. 22 Juglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 28 gennaio 1969 del pretore di Tione, 

G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
codice di procedura penale, artt. 506, 507, 508, 509 e 51 O (Giudizio 
per decreto) (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(40). 

Ordinanza 13 luglio 1970, n. 136, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 

Ordinanze di rimessione 7 marzo 1969 del pretore di Cant� (G. U. 
5 novembre 1969, n. 280) e 13 giugno 1969 del pretore, di Torino (G. U. 
24 dicembre 1969, n. 324). 

codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza 
per le cont1�avvenzioni), art. 1242 (Decreto di condanna), arti� 
colo 1243 (Dichiarazione di opposizione f! d'impugnazione), e art. 1247 
(Conversione delle pene pecuniarie) -Manifesta infondatezza (41). 

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 145, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 29 aprfile 1969 (due) del trtbunale di 
Crotone (G. U. 9 luglio 1969, n. l.72), 18 luglio 196,9 del comandante 

(39) V. retro, II, 11, ed ivi nota 18. 
(40) V. retro, II, 52, ed ivi, nota 29. 
(41) Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 9 luglio 1970, n. 121. 
(42) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 aprile 1970, n. 61. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 143 

del porto di Pesaro (G. U. 22 ottobre 1969, n. 269), 11 ottobre 1969 
(due) delle sezioni unite penali della Corte di cassazione (G. U. 11 marzo 
1970, n. 64 e 1� aprile 1970, n. 82), e 13 novembre 1969 della terza 
sezione penale della Corte di cassazione (G. U. 25 marzo 1969, n. 76). 

legge 20 marzo 1913, n. 272 (SuH'orcUnwmento deUe� Borse di commercio, 
della mediazione e vassa sui contratti di Borsa), art. 5.1 (art. 24, 
primo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (42). 

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 151, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 13 novembre 1969 del tribunale di Milano, 

G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3278 (Legge deUe tasse sui contratti di 
borsa), art. 19 (art. 24, primo comma, della Costituzione) -Manifesta 
infondatezza (43). 
Ordinanza 16 luglio 1970, n. 151, G. U. 22 1luglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 13 novembre 1969 del tribunale di Milano, 

G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo u,nico deUe leggi sul gratuito 
patrocinio), artt. 15, primo comma, n. 2, 18., secondo c�omma, e 29, primo e 
secondo comma (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione) 
-Inammissibilit� (44). 
Sentenza 16 giugno 1970, n. 98, G U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 18 gennaio 1969 della commissione per il 
gratuito patrocinio presso il tribunale di Milano, G. U. 9 aprile 1969, 

n. 91. 
r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Norme per la repressione delle frodi 
nella prepa.razione e nel commercio di sostanze di. uso agrario e di 
prodotti agrari), convertito con legge 18 marzo 1926, n. 562, artt. 41, 
43, 44, 45 e 46, nel testo modificato con legge 27 febbraio 1958, n. 190 
(artt, 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza nei sensi 
di cui in motivazione (45). 
Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanze di rimessione 1� ottobre 1969 del tribunale di Sant'Angelo 
dei Lombardi (G. U. 11 febbraio �1970, n. 37), 8 ottobre 1969 del 

(43) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 aprile 1970, n. 61. 
(44) Per l'art. 18 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 v. sentenza 16 giugno 
1970, n. 97. 
(45) L'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, nel testo modificato della legge 
27 febbraio 1958, n. 190, � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 .dicembre 
1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione 
degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. Altra questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 44, secondo comma, del r.d.l. 15 ottobre 1925, 
n. 2033 � stata dichiarata non fondata con sentenza 2 aprile 1970, n. 48. Per le altre 

144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pretore di Castelfranco Veneto (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), e 18 ottobre 
1969 del pretore di Palliano (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). 

r. d. 18 giugno 193�1, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 18, terzo c:omma -Manifesta infondatezza (46). 
Ordinanza 13 luglio 1970, n. 189, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 

Ordinanze di rimessione 6 dicembre 1969 del pretore di Pisa (G. U. 
25 marzo 1970, n. 76) e 14 febbraio 1970 del pretore di Trento (G. U. 
6 maggio 1970, n. 113). 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicu-. 
rezza), art. 68 -Manifesta infondatezza � nei sensi di cui in motivazione 
� (47). 
Ordinanza 16 luglio 1970, n. 147, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 8 settembre 1969 del pretore di San Gi


nesio (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5) e 24 febbraio 1970 del pretore di San 
Valentino in Abruzzo (G. U. 20 maggi.o 1970, n. 125). 

r. d 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordat� 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 18, primo c:omma (art. 24, secondo comma della 
Costituzione) (48). 
Sentenza 16 luglio 1970, n. 141, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 17 ottobre 1968 del tribunale di Venezia, 


(G. U. 26 marzo 1969, n. 78). 
d. lg. 11 febbrai� 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri 
o apolidi) (artt. 76 e 77 della Costituzion_e) -Manifesta infondatezza 
(49). 
Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 11 febbraio 1969 del pretore di Bologna, 


G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
legge 2 agosto 1948, n. 1036 (Disdplina dei tipi e delle caratteristidegli 
sfarinati, del pane e della pasfJa) -Restituzione degli atti per un 
nuovo giudizio suLla rilevanza. 

Ordinanza 16 giugno 1970, n. 105, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di rimessione 29 ottobre 1969 del pretore di Viggiano, 


G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
ili ~ 

-~ 

disposizioni sopra indicate la questione � stata dichiarata, con la stessa sentenza, non 
,.,

)'.*

fondata. �g

W)

(46) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, n. 20, 
nella �parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola 
essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma. Sulla 
disposizione v. pure sentenze .3 luglio 1956, n. 9 e 8 aprile 1958, n. 27. 
(47) V. retro, II, 99 ed ivi nota 40. 
(48) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 novembre 1962, n. 23. 
(49) Questione dichiarata non fondata con sentenza 26 giugno 1969, n. 104. 
. I;:

J

rrtrmlliftm11rr&1mrr&illfmmr1rn&mtNii20rrrKr&r=rurntrrrillmfITr1mmrffr�&1rr1ffmr1mrmmrarrzrEtifffsfa~ 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 145 

d. A. C. A. 18 novembre 1953 -Restituzione degli atti per un nuovo 
g~udizio sull,a rilevanza. 
Ordinanza 16 giugno 1970, n. 105, G. U. 1� Luglio 1970, n. 163. 
Ordinanza di �rimessione 29 ottobre 1969 del pretore di Viggiano, 

G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 
artt. 1 e 2 (art. 3, 13 e 24, secondo comma, delil.a Costituzione) -Manifestta 
infondatezza (50). 

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 148, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 2 e 9 dicembre 1969 del preto-re di Ozieri 

(G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 19 dicembre 1969 del pretore di Busto 
Arsizio (G. U. 8 aprile 1970, n. 89). 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 
art. 4, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'assistenza obbligatoria 
del difensore -Manifesta infondatezza (51). 

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 149, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanze di rimessione 10 luglio 1969 e 15 dicembre 1969 del 
tribunale di Torino, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37 e 25 marzo 1970, numero 
76. � 

d. P. R. 19 maggio 1958, n. 719 (Regolamooto per la disciplina igie-. 
nica della produzione e del commercio delle acque gassate e deLle bibite 
analcooliche gassate e noin gassate coinfezionate in recipienti chiusi), 
art. 35 (art. 24 della Costituzione) -Inammissibilit�. 

Sentenza 6 luglio 1970, n. 118, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. 
Ordinanza di rimessione 26 settembre 1969 del pretore di Santa 
Maria Capua Vetere, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311. 

legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 
e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 
27 lugLio 1934, n. 1265: Disciplina ig~enica della produzione e della 
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, modi.ficato 
dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441 (art. 24 della Costituzione) 
-Manifesta infondatezza � ai sensi di cui in motivazione � (52). 

� (50) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 maggio 1970, n. 76. Per 
altre declaratorie di infondatezza v. decisioni segnalate retro II, 89 nota 11. 

(51) Disposizione dichiarata incostituzionale,� sotto l'indicato profilo, con sentenza 
25 maggio 1970, n. 76. 
(52) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, 
n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli 
artt. 390, 304 bis, ter e �quater del codice di procedura penale. 

146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 146, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 

Ordinanze di rimessione 15 gennaio 1970 (due) del pretore di 
Agrigento (G. U. 22 aprile 1970, n. 102), e 29 gennaio 1970 della corte 
di appello di Palermo (G. U. 22 aprile 1970, n. 102). 

legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, .247, 250 

e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 
27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della 
vendita delle sostianze alimentari e delle bevande), modificata dalla 
legge 26 febbraio 1963, n. 441, artt. 1 e 3 (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
-Manifesta infondatezza � nei sensi di cui in motivazione 
� (53). 

Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104 (G. U. 1� luglio 1970, n. 163) e 
sentenza 6 luglio 1970, n. 118 (G. U. 8 lug.Uo 1970, n. 170). 

Ordinanze di rimessione 21 ottobre 1969 del pretore di Sant'Angelo 
dei Lombardi (G. U. 25 marzo 1970, n. 76), 5 novembre 1969 del 
tribunale di Reggio Calabria (G. U. 25 marzo 1970, n. 76), 7 novembre 
1969 del pretore di Bitonto (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), 10 dicembre -~ 

1969 del pretore di Campobasso (G. U. 4 marzo 1970, n. 57), 11 dicembre 
1969 del tdbunale di Palermo (G. U. 4 marzo 1970, n. 57), 23 gennaio 
1970 del pretore di Capri (G. U. 1� aprile 1970, n. 82). 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
neiLa preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 75 
(artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � nei sensi 
di cui in motivazione � (54). 
Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
Ordinanze di rimessione 18 ottobre 1969 del pretore di Palliano 

(G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), e 31 ottobre 1969 del pretore di Gallarate 
(G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). 
legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina pe1� la lavoTazione e commercio 
di cere�ali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimenta.ri), art. 42 
(artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � nei sensi 
di cui in motivazione � (55). 

Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 

Ordinanze di rimessione 8 ottobre 1969 del pretore di Pisa (G. U. 
25 marzo 1970, n. 76), 27 ottobre 1969 e 12 gennaio 1970) del pretore 
di Casarano (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24 e 11 marzo 1970, n. 64). 

(53) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283 � stato dichiarato incostituzionale. 
con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi 
esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater, del codice di procedura 
penale. 
(54) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. �149 della Corte costituzionale. 
(55) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, 
n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli 
artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 147 

legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio 
dei cereali, degli sfarinati del pane e deLle paste alimentari), arti� 
colo 42 (art. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � nei 
sensi di cui in motivazione � (56). 

Ordinanza 16 luglio 1970, n. 146, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. 
Ordinanza di rimessione 24 gennaio 1970 del pretore di Vittoria, 

G. U. 8 aprile 1970, n. 89. 
legge 17 ottobre 1967, n. 977 (Tutela del lavoro di fanciuili e degli 
adolescenti), art. 26, primo comma (art. 3 della Costituzione) -Manifesta 
infondatezza (57). 

Ordinanza 16 giugno 1970, n. 106, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 

Ordinanze di rimessione 24 settembre 1'969 del preto<re di Genzano 
di Roma (G. U. 24 dicembre 1969, n. 324) e 22 ottobre 1969 del 
pretore di Fondi (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). 

(56) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 3 d~cembre 1969, 
n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'app�icazione degli 
artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. 
(57) Questione dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1970, n. 45. 

CONSULTAZIONI 


AERONAUTICA ED AEROMOBILI 

Navigazione aerea -Segnali sugli erigendi elettrodotti. 

Se le spese di impianto, manutenzione ed esercizio dei segnali da 
apporre, ai fini della sicurezza della navigazione aerea, sugli erigendi 
elettrodotti, di altezza superiore ai 45 metri, siti entro un raggio di .metri 
4000 dagli aeroporti gravino sull'Amministrazione della Difesa-Aeronautica 
oppure sul gestore dell'elettrodotto (artt. 715 e 717 C.N. e art. 1 comma II 
della legge n. 1141 del 1964) (n. 25). 

AGRICOLTURA 

Agevolazioni tributarie per l'agricoltura. 

Se l'acquirente di beni immobili a destinazione agricola che abbia 
usufruito delle agevolazioni previste dall'art. 2 della legge 18 novembre 
1964, n. 1271 decada dalle predette agevolazioni e incorra nelle sanzioni 
di cui al terzo comma del predetto articolo qualora, avendo compiuto le 
opere di valorizzazione agraria con le modalit� e nei termini :fissati dall'Ispettorato 
agrario, rivenda il terreno entro il decennio dall'acquisto 
agevolato (n. 64). 

Occupazione forestale-Indennizzo per l'occupazione temporanea di terreni 
al fine del rimboschimento. 

Se l'indennit�, attribuita d'ufficio o attraverso la procedura arbitrale, 
per il periodo di occupazione di terreni al fine della esecuzione dei lavori 
di rimboschimento sii! suscettibile di rivalutazione o se invece detto indennizzo 
sia in ogni caso da liquidare in misura annua e fissa (n. 65). 

APPALTO 

Contratti di appalto stipulati dalla Regione siciliana -Termine di tempestivit� 
per la registrazione. 

Se il dies a quo per la registrazione tempestiva dei contratti di appalto 
della Regione siciliana stipulati a seguito di asta o licitazione decorra 
dalla data di aggiudicazione o da quella di approvazione da parte degli 
organi dell'Ente (334). 

Se ai fini della suddetta approvazione siano ammissibili atti diversi 
dal decreto assessoriale vistato e registrato dalla Corte dei conti (334). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 149 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Legge 29 giugno 1939, n. 1947 -Esecuzione dei decreti ministeriali per la 
demolizione delle costruzioni abusive. 

Se -qualora venga adottato il provvedimento con il quale si ordina 
la demolizione di costruzioni abusive -la eventuale esecuzione d'ufficio 
di tale provvedimento, ove ad esso l'interessato non ottemperi, sia rimessa 
alla Amministrazione pubblica per quanto riguarda il tempo e le modalit�. 

Se, nel caso predetto, possano trovare applicazione ~e norme dettate dal 

codice di proceaura civile in relazione alla esistenza del titolo esecutivo e 

in particolare quelle relative al precetto, alla sua forma e alla durata nel 

tempo della sua efficacia (n. 20). 

BONIFICA 

Bonificct" campi minati -Cooperazione dei fondi -Danni alla propriet� 
privata. 

Se ai proprietari dei fondi occupati per l'esecuzione di lavori di 

bonifica dalle mine competa la relativa indennit� (n. 8). 

Se in relazione all'utilit� personale conseguita dai singoli proprietari 
dall'espletamento del relativo servizio pubblico, siano risarcibili i danni 
.alla propriet� privata necessitati dall'esecuzione dei lavori di bonifica 

dalle mine (n. 8). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Infrazione commessa dal minore -Notifica dell'ordinanza prefettizia di cui 
all'art. 9 L, 3 maggio 1967, n. 317. 

Se l'ordinanza prefettizia di cui all'art. 9 della legge 3 maggio 1967, 

n. 317, nel caso in cui venga emessa nei confronti di minori di et�, debba 
essere notificata anche a colui che esercita la patria potest� (n. 21). 
CONTRIBUTI 

Cessione di contributi concessi a privati. 

Se siano cedibili i contributi concessi a privati ai sensi della legge 

23 dicembre 1966, n. 1142, per la riparazione di fabbricati danneggiati da 

alluvione (n. 88). 

Se il trasferimento a terzi del diritto di propriet� dell'immobile com


porti automaticamente anche il trasferimento del diritto alla riscossione 

del contributo (n. 88). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

150 

.jj 
DANNI 

Danni prodotti da detenuti nel corso delle sommosse dell'aprile 1969. 

Se l'Amministrazione debba rispondere dei danni subiti dalle Imprese 
che gestiscono in appalto le forniture (scorte di generi alimentari) in 
seguito alle sommosse dell'aprile 1969 in alcuni Istituti di pena (n. 8). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Abitazioni private INA-CASA e GESCAL -Applicazione dei poteri di 
deroga ai sensi dell'art. 16 legge 6 agosto 1967, n. 765. 

Se le costruzioni ad uso di privata abitazione INA-CASA e GESCAL 
possano rientrare fra gli edifici suscettibili di legittimare l'esercizio dei 
poteri di deroga prevista da norme di piano regolatore o di regolamento 
edilizio, ai sensi dell'art. 16 della legge 6 agosto 1967, n. 765 (n. 221). 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Navigazione aere� -Segnali sugli erigendi elettrodotti. 

Se le spese di impianto, manutenzione ed esercizio dei segnali da 
apporre, ai fini della sicurezza della navigazione aerea, sugli erigendi 
e1ettrodotti, di altezza superiore ai 45 metri, siti entro un raggio di metri 
4000 dagli aeroporti, gravino sull'Amministrazione della Difesa-Auronautica 
oppure sul gestore dell'elettrodotto (artt. 715 e 717 c.n. e art. 1 comma U 
della legge n. 1141 del 1964) (n. 48). 

FALLIMENTO 

Compensazione ex art. 56 L. F. tra crediti per imposte dirette e debiti dello 
Stato -Ammissibilitd su richiesta della P. A. 

Se i crediti dell'Amministrazione delle finanze per imposte dirette 
verso il fallito siano compensabili con i crediti del fallito verso lo Stato, 
se lo richiede la P. A. (n. 123). 

Limitazione del compu.to degli interessi prevista dall'art. 54 della L. F. Finanziamenti 
per la produttivitd -Convenzioni fra Ministero Tesoro 
e banche delegate. 

Se la limitazione della durata e della misura degli interessi disposta 
dall'art. 54 legge fallimentare e dagli articoli 2788 e 2855 codice civile operi 
so,to nell'ambito della procedura concorsuale oppure anche nei rapporti 
interni creditore-debitore, con la conseguenza che questi non potr�ebbe 



PARTE II, CONSULTAZIONI 1151 

essere chiamato ulteriormente a risponderne, a chiusura della procedura 
fallimentare (n. 124). 

Se, nell'accertamento delle perdite nei finanziamenti per la produttivit� 
di cui alla legge 31 luglio 1954, n. 626, da ripartire. fra Fondo di rotazione 
e Banca delegata, gli interessi vadano calcolati al tasso effettivamente 
pagato dal debitore o al tasso che affluisce al fondo, al netto delle spese e 
dei diritti di commissione della Banca delegata (n. 124). 

FERROVIE 

Tasse di bollo sui documenti di trasporto -Pertinenza. 

1Se le tasse di bollo sui documenti di trasporto di cui al d.l. 7 maggio 
1948, n. 1173 e successive modificazioni debbano essere attribuite alla Regione 
siciliana ai sensi dell'art. 2 d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (n. 410). 

IJl/.IPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE. 

Evasione degli obblighi della disciplina di abbinamento delle importazioni 
di olii per uso alimentare. 

Se l'abbinamento, consistente nel subordinare l'autorizzazione ad importare 
certe merci all'obbligo, assunto caso per caso dallo importatore 
mediante particolari formalit�, di acquistare una predeterminata quantit� 
delle stesse merci di provenienza statale, sia da qualificarsi come una 
obbligazione di natura tributaria (n. 57). 

Legge 25 gennaio 1966 n. 31 e successive modifiche sulla .istituzione degli 
Albi Nazionali Esportatori Prodotti Ortofrutticoli ed agrumari. 

Se la revisione triennale degli Albi da effettuarsi ai sensi dell'art. 2 
della legge n. 3i del 1966 debba riguardare anche e principalmente la 
permanenza nelle Ditte esportatrici dei requisiti prescritti, per l'iscrizione 
negli Albi, dall'art. 5 n. 6 della legge 25 gennaio 1966, n. 31 -con le modifiche 
di cui all'art. 1 del d.l. 11 settembre 1967, n. 794 -ed alla legge 
10 novembre 1967, n. 1000 (n. 58). 

Se il mancato esercizio di attivit� nel triennio debba essere limitato 

all'attivit� di esportazione. 

IMPOSTA DI BOLLO 

Tasse di bollo sui documenti di trasporto -Pertinenza. 

Se le tasse di bollo sui documenti di trasporto di cui al d.l. 7 maggio 
1948, n. 1173 e successiv,e modificazioni debbano essere attribuite alla 
Regione siciliana ai sensi dell'art. 2 d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (n. 43). 

l8 

I


I


����~ 

!i 

�~ 

~ 

! 

! f 

I 
I 


~~AJ87_..._J 



152 RASSEGNA DE.LL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni in materia di ricostruzione edilizia -Contratti di appalto. 

Se, a modifica della disciplina dettata originariamente dall'art. 3 del 

d.1.1. 7 giugno 1945, n. 322, con l'entrata in vigore del d.1.1. 26 marzo 1946, 
n. 221, la forma scritta del contratto di appalto non debba pi� considerarsi 
requisito indispensabile per la concessione del beneficio della registrazione 
a tassa fissa (n. 324). 
Agevolm:ioni tributarie atti di acquisto di � stabili � da parte delle Camere 
�i Commercio -Portata della parola � stabili �. 

Se il sostantivo � stabili � usato dall'art. 71 del r.d. 20 novembre 1934, 

n. 2011 sia comprensivo delle aree acquistate dalle Camere di Commercio 
per costruirvi gli edifici da destinare a sede dei dipendenti uffici (n. 325). 
Agevolazioni tributarie pe~l'agr'icolt�ra. 

Se l'acquirente di beni immobili a destinazione agric�la che abbia 
usufruito delle ag�evolazioni previste dall'art. 2 della legge 18 novembre 
1964, n. 1271 decada dalle predette agevolazioni e incorra nelle sanzioni di 
cui al terzo comma del predetto articolo qualora, avendo compiuto le 
opere di valorizzazione agraria con le modalit� e nei termini fissati dall'Ispettorato 
agrario, rivenda il terreno entro il decennio dall'acquisto 
agevolato (n. 326). 

Benefici fiscali di cui alla legge 5 luglio 1928, n. 1760. 

Se la rivendita del fondo acquistato con i benefici fiscali di cui all'art. 1 
del d. 1. 24 febbraio 1948, n, 114, determini anche la decadenza dai benefici 
relativi alle �operazioni di finanziamento ex art. 21 della legge 5 luglio 
1928, n. 1760 (n. 327). 

Contratti di appalto stipulati dalla Regione siciliana -Termine di tempesti


vit� per la registrazione. 

Se il dies a quo per la registrazione tempestiva dei contratti di appalto 
della Regione siciliana stipulati a seguito di asta o licitazione decorra dalla 
data di aggiudicazione o da quella di approvazione da parte d,egli organi 
dell'Ente (328). 

Se ai fini della suddetta approvazione siano ammissibili atti diversi 
dal decreto assessoriale vistato e registrato dalla Corte dei conti (n. 328). 

I 
}. 
f."'' 

Trasferimenti posti in essere con scritture private registrate tar.divamente Data 
da considerare per la determinazione del valore. 

~i! 

Se per i trasferimenti posti in essere con scritture private registrate ~=:~ 
tarivamente si debba avere riguardo, per l'accertamento del valore, alla 
data della stipula, anche se non divenuta certa ai sensi dell'art. 2704 c. c., 111 
ovvero a quella della registrazione (n. 329). 

. 

~ . 
. 

, 

. 

r ~ 

. \ !l 

. r 

e-

Rifffffif@IT@f@f�f@lf'.fff@IffiWf;ffffttJff)'&ffg{ff@flf@![f[f{f@jzf@J;{;JU'f@f;fj[1%fillTif@Ifff.f:i0ffml 



PARTE II, CONSULTAZIONI 153 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE. 

Detrazione di debiti per saldi passivi di conti correnti bancari legge 24 dicembre 
1969, n. 1038. 

Come debbano interpretarsi le disposizioni dell'articolo unico della 
legge 24 dicembre 1969, n. 1038, relative alla detrazione dei debiti per 
saldi passivi di conti correnti bancari ai fini della liquidazione delle imposte 
di successione (n. 65). 

IMPOSTE E TASSE 

Compensazione ex art. 56 L. F. tra crediti per imposte dirette e debiti dello 
Stato -Ammissibilit� su richiesta della P. A. 

Se i crediti dell'Amministrazione delle finanze per imposte dirette 
verso il fallito siano compensabili con i crediti del fallito verso lo Stato, se 
lo richiede la P. A. (n. 524). 

Legge 5 febbraio 1970, n. 21 -Estensibilit� alle imposte indirette -Imposte 
di fabbricazione. 

Se le esenzioni fiscali stabilite dall'art. 26 della legge 5 f.ebbraio 1970, 

n. 21 si applicino anche ai tributi indiretti (n. 525). 
Se tali esenzioni si applichino, in particolare, alle imposte di fabbricaziorte 
(n. 525). 

IMPOSTE VARIE. 

Espropriazioni compiute dall'ANAS -Diritti di scritturato ai Conservatori 
dei registri immobiliari. 

Se siano dovuti dall'ANAS i diritti di scritturato, per le espropriazioni 
da essa compiute per la costruzion� di strade e di autostrade, in relazione 
ad adempimenti e prestazioni richieste ai Conservatori dei registri immobiliari 
(leggi 24 luglio 1961, n. 729 e 21 novembre 1967, n. 1149) (n. 31). 

INVAL!Dl DI GUERRA 

Cessione di alloggio ONIG agli eredi in caso di decesso dell'assegnatario. 

Se il nipote ex fratre dell'assegnatario di un alloggio ONIG sia legittimato 
ad ottenere la cessione in propriet� d�ll'alloggio assegnato allo zio 
defunto (n. 28). 

Spese di mantenimento in ospedale psichiatrico privato di ex militari 
dementi di guerra. 

Se le Amministrazioni provinciali abbiano diritto al rimborso ai sensi 
del d.l. 21 giugno 1967 delle spese da esse sostenute per il ricovero di ex 
militari dementi di guerra in manicomi 'privati (n. 29). 


154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LAVORO 

Locali occorrenti per i servizi di collocamento. 

Se a sensi dell'art. 11 della legge 22 luglio 1961, n. 628 i comuni 
capoluoghi di regione siano o meno tenuti a fornir�e i locali occorrenti 
alle sezioni (zonali e frazionali) per i servizi di collocamento, cos� come lo 
sono i comuni che non siano capoluogo di regione (n. 54). 

Osservatori astronomici. 

Se ai rapporti di lavoro dei dipendenti degli Osservatori astronomici 
siano applicabili le disposizioni della legge 18.aprile 1952, n. 230 (n. 55). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Liquidazione supplementare indennit� di buonuscita. 

Se l'indennit� di buonuscita corrisposta dall'ENPAS sia istituto di 
carattere particolare, preordinato a finalit� diverse da que11e perseguite 
mediante il trattamento di quiescenza; se essa venga erogata su presupposti 
diversi da quelli sui cui si basa il riconoscimento del diritto a pensione, 
e sia regolata da norme specifiche, prevalenti rispetto ai principi generali 
vigenti in tema di pensione (n. 71). 

Se la riliquidazione dell'indennit� di buonuscita, prevista dall'art. 13 

della legge 25 novembre 1957, n. 1139 sia dovuta in tutti i casi in cui gli 

impiegati richiamati o riassunti in servizio siano nuovamente iscritti al 

Fondo di previdenza, anche se non sia avvenuta la ricongiunzione dei 

servizi ai fini del trattamento pensionistico, in applicazione del d.P.R. 

5 giugno 1965, n. 758 (n. 71). 

PROFESSIONI 

Agenzia che tratta affari di mediazione -Licenza dell'autorit� di P. S. Legge 
21 marzo 1958, n. 253. 

Se le agenzie che trattano affari di mediazione siano sottoposte alla 

licenza dell'autorit� di P. S. prevista dal 1� comma dell'art. 155 t.u. delle 

leggi di P. S., pur dopo l'entrata in vigore della legge 21 marzo 1958, n. 253 

(integrata dal d.p. 6 novembre 1960, n. 1926 che approva il regolamento di 

esecuzione) oppure se per l'esercizio della attivit� di mediazione sia suffi


ciente, in ogni caso, l'iscrizione negli appositi albi professionali (n. 8). 

RATEI FINANZIARI 

Art. 349 del Regolamento doganale 13 febbraio 1896, n. 65 -Annullamento 
dei verbali di contravvenzione. 


Se permanga in capo all'Intendente il potere giuridico di annullamento 
dei verbali di contravvenzione di cui all'art. 349 del regolamento doganale 
approvato con r.d. 13 febbraio 1896, n. 65 (n. 7). 


~ 

f 

~~ 

r 

1111111lfilWl~I~~~~~ 



PARTE II, CONSULTAZIONI 155 

REGIONI 

Contratti di appalto stipulati dalla Regione siciliana -Termine di tempestivitd 
per la registrazione. 

Se il dies a qu.o per la registrazione tempestiva dei contratti di appalto 
della Regione siciliana stipulati a seguito di asta o licitazione decorra dalla 
data di aggiudicazione o da quella di approvazione da parte degli organi 
dell'Ente (n. 173). 

Se ai fini della suddetta approvazione siano ammissibili atti diversi dal 
decreto assessoriale vistato e registrato dalla Corte dei Conti (n. 173). 

Tasse di bollo sui documenti di trasporto -Pertinenza. 

Se le tasse di bollo sui documenti di trasporto di cui al d.l. 7 maggio 
1948, n. 1173 e successive modificazioni debbano essere attribuite_ alla 
Regione siciliana ai sensi dell'art. 2 d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (n. 174). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Cautele da adottarsi in caso di danneggiamento di veicolo che risulti gravato 
da privilegi. 

Se le somme dovute a titolo risarcimento danni arrecati ad autoveicolo 
gravato da privilegio siano vincolate a favore dei creditori privilegiati 

(n. 251). 
Se in caso di dissenso tra il proprietario dell'autoveicolo ed il creditore 
privilegiato, il debitore danneggiante debba depositare la somma dovuta a 
titolo risarcimento danni presso la Cassa depositi e prestiti (n. 251). 

SPESE GIUDIZIALI 

Parte ammessa al gratuito patrocinio vittoriosa -Pagamento dei diritti di 
procuratore e degli onorari direttamente al difensore. 

Se, nel caso di condanna della parte avv�ersa a quella ammessa al 
gratuito patrocinio, le somme per diritti di procuratore e per onorari 
debbano essere pagate direttamente a favore del difensore, anche se dalla 
sentenza non risulti esplicita distrazione (n. 24)./ . 

STRADE 

Installazione abusiva di insegna pubblicitaria in zona vincolata dall'art. 7 
legge 24 luglio 1961, n. 729. 

Se, nel caso di installazione abusiva di insegna in zona vincolata dall'art. 
7 legge 24 luglio 1961, n. 729, compiuta da persone non identificate e 
contenente scritte pubblicitarie per un albergo appartenente a persona 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

156 

diversa dal proprietario del suolo e gestito da persona ancora diversa, 
debba essere ordinata la rimozione ex art. 20 del r.d. 8 dicembre 1933, 

n. 1740. 
Se il decreto prefettizio, che ordina la rimozione, debba essere, in ogni 
caso, emesso in confronto dal proprietario del suolo o possa essere emesso 
anche in confronto degli altri soggetti autori del collocamento dei mezzi 
di pubblicit� (n. 80). 

Rimozione in propriet� privata degli impianti pubblicitari abusivi. 

Se la norma di cui all'art. 11 d.P.R. 15 luglio 1959, n. 393 debba interpretarsi 
nel senso che debbono essere rimossi e possono esserlo d'ufficio 
tutti i mezzi pubblicitari collocati lungo le strade o in vista di esse, senza 
previa autorizzazione o in modo :q.on conforme alla autorizzazione data. 

Se debba seguirsi il procedimento previsto dall'art. 20 del r.d. 8 dicembre 
1933, n. 1740, ed entro quali limiti, qualora l'esecuzione d'ufficio 
della rimozione debba avvenir�e su cartelli e mezzi di pubblicit� collocati 
in propriet� privata, sia stato o no il �ollocamento preceduto da autorizzazione, 
in confronto di soggetto diverso dal proprietario del suolo (n. 81). 

Violazione dell' art. 19 della legge 6 agosto 1967, n. 765 -Sanzioni e procedura 
di applicazione. 

Se debba ritenersi prevista dalla legge la sanzione della riduzione in 

pristino, per la violazione del precetto contenuto nell'art. 41 della legge 

17 agosto 1942, n. 1150 (art. 19 della legge 6 agosto 1967, n. 765). 

Se il precetto dell'art. 19 legge 6 agosto 1967, n. 765, 1� comma, debba 

ritenersi aver sostituito la norma dettata nell'art. 1 n. 11 del r.d. 8 di


cembre 1933, n. 1740, con conseguente applicabilit� della restituzione in 

pristino in base alla procedura degli artt. 20 e 124 del r.d. 8 dicembre 1933, 

n. 1740, tuttora in vigore a norma dell'art. 145 penultimo comma del d.P.R. 
15 giugno 1959, n. 393 (n. 82). 
TERREMOTO 

Oneri gravanti alloggi ceduti in propriet� per i terremotati. 

-

Se la quota di debito afferente gli alloggi da riscattar.e debba essere 
i~putata a carico degli assegnatari riscattanti (n. 23). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Risarcimento danni da _incidenti marittimi imputati alle Forze Armate degli 
Stati contraenti del Trattato Nord Atlantico firmato a Washington il 
4 aprile 1949. 

Se per i danni prodotti da fatti di navigazione sussista l'obbligo dell'accollo 
privativo del debito da parte dello Stato di soggiorno solo limitatamente 
al caso di danno alle persone, rimanendo comunque sempre esclusi 
i danni alle �ose (n. 36).