ANNO XXII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1970 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFJ�O DEUO STATO 1970 ABBONAJ\4ENTI A.NNo ................................ L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO ������������������� � 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia � Printed in Italy Autorizzazione Trlbunalo di Roma -Decreto n. 11089 do! 13 luglio 1961> (9212790) Roma, 1970 � Istituto Poligrafico dello Stato P.V. Nell'esprimere il profondo cordoglio per la immatura scomparsa del caro collega Roberto Sembiante, ne ricordiamo commossi le alte doti di bont� ed ingegno e la pr�ziosa collaborazione prestata alla Rassegna. La Redazione INDICE Parte p~ima�: GIURllSPR!UDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Michele Savarese) pag. 497 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a. cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari) � 543 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. tro de Francisci) � . . . � Pie � 553 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del1' avv. Ugo Gargiulo) . � � � , � � � 600 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 605 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. Franco Carusi) � � , � � �.� , � , � � � � � 661 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura tonino Terranova) � . , . . , . del/'avv. An� , . � 710 Parte seconda�: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTIRINA (a cura del/'avv. Luigi Mazze/la) � � � pag. 121 RASSEGNA DI LEGlSLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) � 123 CONSULTAZIONI � , � , ��� � �.�� � �� � 148 La pubbf.icazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI DI PACE M., Regolarizzazione di societ� di fatto e imposta di registro . . . . . . . . . . . . . . . pag. 605 DI TARSIA P., Un'ipotesi di peculato degli ufficiali giudiziari 710 MARZANO A., Sulla inammissibilit� della c. d. consulenza tecnica nelle cause di risarcimento danni da occupazione illegittima o promosse per la determinazione giudiziale della indennit� di espropriazione . . . . . . . . . . . . . � 572 ::f, ::f, -Appalto di opere pubbliche Onere di denuncia con specifica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati riconosciuti nel registro di contabilit� -Sussiste, 676. -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Domanda giudiziale � Dies a quo � del termine perentorio di sessanta giorni per la sua proposizione, qualora la decisione amministrativa sulle riserve e l'approvazione del collaudo non siano contestuali, 669. -Appalto di opere pubbliche Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Ricorso al giudizio arbitrale o ordinario per la risoluzione delle controversie -Condizioni di promovibilit� Necessit� del collaudo (approvato) anche qualora sia stata gi� emessa la decisione amministrativa sulle riserve -Sussiste, 668. -Appalto di opere pubbliche -Pretese di maggiori compensi o indennizzi per aggravi derivanti da fatti continuativi -Onere della immediata riserva da parte dell'appaltatore -Sussiste -Differimento dell'assolvimento dello onere alla chiusura della contabilit� -Esclusione, 674. - Appalto di opere pubbliche � Somme contestate � ai sensi e per gli effetti dell'ultimo comma dell'aa."t. 40 Cap. gen. 1895 -Nozione, 678. ARBITRATO Arbitrato rituale e irrituale -Distinzione -Volont� delle parti Elementi decisivi, 661. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Legge ed atti aventi forza di legge -Incidenza sui diritti sogget Eilllff%t'ftMF!Jfffff@f{ff�@iffimfffif1\iiffffif:lf%#TI\ffKmfWif&:f:far&ill&ffffB%��&�rr�~ INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di opere ferroviarie Controversie fra l'appaltatore e l'Amministrazione -Facolt� dell'appaltatore di adire il G.O. Esclusione, 664. -Appalto di opere pubbliche -Appalto � a forfait� -Richieste dell'appaltatore di maggiori compen, , si o indennizzJi -Onere della tempestiva riserva -Sussiste, 674. -Appalto di opere pubbliche , Contabilizzazione dei lavori per partite provvisorie -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi rispetto a quelli fatturati con partite provvilsorie -Onere della immediata riserva -Esclusione, 677. -Appalto di opere pubbliche Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore in caso di mancato assolvimento dell'onere anche nel principio della buona fede -Sussiste, 676. -Appalto di opere pubbliche Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Legittimit� della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, comminata dal Regolamento numero 350 del 1895, 674. - Appalto di opere pubbliche Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit� -Controllo dei fatti non pi� accertabili -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi per aggravi da fatto continuativo accertabile in ogni tempo Onere della immediata riserva Esclusione, 677. INDICE VII tivi -Provvedimento ablatorio avente forza di legge -Questione di legittimit� costituzionale Giurisdizione del giudice ordinario, 544. -Questioni concernenti lo stato e la capacit� dei privati individui Giurisdizione del giudice ordinario -Limiti, 543. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Rapporti con il procedimento al quale si riferisce Effetti della prosecuzione di tale procedimento, 543. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Rapporti con il procedimento al quale si riferisce Effetti sulla notifica della istanza relativa, 543. -Responsabilit� civile -Interessi legittimi -Risarcibilit� dei danni per la lesione di interessi -Esclusione -Improponibilit� della domanda, 545. CORTE COSTITUZIONALE -Giudice � a ,quo � -Natura decisoria del provvedimento emesso dal giudice istruttore -Ammissibilit� della questione di legittimit� costituzionale, 531. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale -Commissioni per il gratuito patrocinio Inammissibilit� della questione, 541. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Corte Costituzionale. Diritti promiscui ed usi civici, Energia Elettrica, Esecuzione forzata, Fallimento, Imposte e tasse in genere, Lavoro. Leggi e decreti, Misure di sicurezza, Obbligazioni e contrati, Ordinamento giudiziario, Pena, Previdenza ed assi . stenza, Procedimento civile, Procedimento penale, Reato, Regione, Sicurezza pubblica. DELITTI CONTRO L'INTEGRITA E SANITA DELLA STIRPE -Delitti contro la incolumit� pubblica -Delitti colposi di danno e di pericolo -Disastro -Nozione Fattispecie in tema di naufragio, 712. DIRITTI PROMISCUI E USI CIVICI -Commissariati regionali -Circoscrizioni -Funzioni giurisdizionali dei commissari -Questioni di costituzionalit�, 504. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Piano di zona -Decreto di approvazione -Impugnazione Termine -Decorrenza -Decorso del tempo -Notoriet� dell'esistenza dell'atto -Non importa presunzione di conoscenza, 603. -Piano per l'edilizia popolare ed economica Impugnazione Omessa opposizione alla deliberazione del piano -Irrilevanza, 603. ENERGIA ELETTRICA -Norme integrative della legge istitutiva dell'Enel -Illegittimit� costituzionale per eccesso dei limiti della delega -Esclusione, 498. ESECUZIONE FORZATA -Istituti autorizzati -Poteri del ministro di grazia e giustizia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 521. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Azioni di risarcimento danni da occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, nu VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mero 2359 -Onere probatorio della parte istante -Contenuto e mezzi di osservanza -Eventuale attivit� suppletiva ex ufficio, con nota di A. MARZANO, 572.. -Azioni di risarcimento danni da occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, numero 2359 -Valore venale dell'immobile occupato o espropriato -Criterio di determinazione -Carattere sussidiario dell'ausilio del consulente tecnico e condizioni di ammissibilit� della nomina, con nota di A. MARZANO, 572. -Espropriazioni ferroviarie -Territori colpiti dal terremoto -Indennit� di esproprio -Dete'.rlninazione -Legge applicabile, 565. - Indennizzo -Valore venale del bene -Valutazione, 560. FALLIMENTO -Assoggettamento del solo imprenditore commerciale -Questione infondata di costituzionalit�, 534. FARMACIA -Medico provinciale -Atto che riconosce il trasferimento della farmacia mortis causa -Istruzioni dell'autorit� ,superiore -Definitivit� -Esclusione -Concorso Rifiuto di interpello ex artt. 11 e 12 r. d. n. 1706 del 1938 -Definitivit� -Esclusione, 603. . FERROVIE - V. Appalto, Espropriazione per p. u. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Istituzioni sportive Persone giuridiche private -Riconoscimento -Conflitto di attribuzioni -Nomina dei componenti le commissioni per la tenuta del ruolo per agenti e rappresentanti di commercio -Conflitto di attribuzioni -Spetta allo Stato, 523. IMPIEGO PUBBLICO -Infermit� -�Riconoscimento delle infermit� dipendenti da cause di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Diversit� di competenza degli organi che accertano l'uno e l'altro, 600. - Infermit� -Riconoscimento delle infermit� dipendenti da causa di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Presupposti e procedimenti diversi, 600. -Stipendi -Cumulo con la pensiqne -Richiamati dal congedo Fattispecie -Illegittimit�, 601. -Stipendi -Prescrizione -Restituzione di somme trattenute sullo stipendio a titolo di recupero di rate di pensione pagate -Prescrizione decennale, 601. - Stipendi -Prescrizione breve Presupposti -Pagamento sospeso per contestazione -Prescrizione ordinaria -Applicabilit�, 601. IMPOSTA DI REGISTRO , -Atti compiuti dal falsus procura- tor e non ratificati -Natura Efficacia traslativa -Esclusione, 631. -Benefici fiscali legge regionale siciliana n. 11 del 1954 -Fallimento dell'acquirente e trasferimento dell'area edificabile agli assuntori del concordato -Decadenza dai benefici fiscali -Obbligazione degli assuntori per le imposte normali -Sussiste, 614. - Sentenza dichiarativa dell'inefficacia del contratto compiuto dal procuratore posteriormente alla revoca della procura -Imposta di retrocessione -Non � dovuta, -Competenza della Regione, 502. 631. r[ ~~ ' __._,d8?JF7~'.13WMIW61MJ\11PM_.j ::; versie di diritto -Controversia infondata di costituzionalit�, 541. versie di diritto -Controversia infondata di costituzionalit�, 541. INDICE IX -Societ� -Rimessione di debiti dei soci verso la societ� a scopo di risanamento -Animus donandi -Esclusione -Tassabilit� come conferimento, 628. -Societ� di fatto -Trasformazione in una societ� di persone Imposta di enunciazione di convenzione verbale in atto scritto e imposta di trasformazione Applicabilit�, con nota di M. DI PACE, 605. -Solidariet� delle .parti contraenti -Notifica dell'accertamento di valore ad una sola delle parti Definitivit� dell'accertamento nei confronti delle altre parti Esclusione, 634. -Vendita contemporanea della nuda propriet� e dell'usufrutto Imposta di consolidazione a carico del nudo proprietario -� dovuta, 626. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Spese e passivit� inerenti alla produzione del reddito -Pagamento da parte degli istituti di credito dell'imposta di r. m. cat. A sugli interessi dovuti ai depositanti e mancato esercizio dell'azione di rivalsa -Detraibilit� dal reddito di ricchezza mobile cat. B -Esclusione, 654. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Imposta sul valore globale -Autonomia -Addizionale istituita con d. 1. 7 novembre 1954, numero 1025 -Non si estende all'imposta sul valore globale, 636. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Presupposto -PossessQ. di beni -Presunzione -Prova contraria -Sentenza che dichiara la simulazione -� idonea, 636. � IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissioni tributarie -Controversie di valutazione e contro sulla natura agricola o edificatoria di un terreno -� controversia di valutazione -Competenza della Commissione Centrale Esclusione, 620. -Commissioni tributarie -Controversie di valutazione e controversie di diritto -,Controversia sulla. natura agricola o edificatoria di un terreno -� controversia di valutazione Controversia sull'applicabilit� delle leggi numero 1044 del 1954 e n. 1706 del 1962 -� controversia di diritto, 619. -Competenza e giurisdizione Questione sui poteri delle Commissioni -� questione di giurisdizione, 620. -Composizione delle Commissioni tributarie -Illegittimit� costituzionale dedotta innanzi al giudice ordinario -Irrilevanza, 645. -Estimazione semplice -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario -Illegittimit� costituzionale Manifesta infondatezza, 645. -Estimazione semplice e complessa -Nozione -Differenze, 645. -Imposte dirette -Maggiorazione per ritardata iscrizione a ruolo Infedele dichiarazione -Concetto -Applicazione di sanzioni DiV'erso concetto di dichiarazione infedele, 641. -Procedimento di esecuzione esattoriale -Questione infondata di costituzionalit�, 535. -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Requisiti -Necessit� della menzione della causa del credito Limiti, 614. - Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Oblazione -Restituzione della somma pagata Esclusione, (!39. LAVORO -Contratto di lavoro marittimo Inapplicabilit� della disciplina dell'impiego privato -Questione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI ,__ Leganti idraulici -Normativa delle caratteristiche tecniche e dei requisiti per l'accettazione Azioni nelle compravendite provate -Compressione del diritto di difesa -Esclusione, 499. -V. anche Competenza e gi1.1,Tisdizione. MANDATO -Mandato tacito -Prova -Presunzioni -Ammissibilit�, 553. MISURE DI SICUREZZA -Computo del periodo tli carcerazione preventiva -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 537. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Agenzia -Contratto a tempo in, determinato -Indennit� di scioglimento -Questione infondata di legittimit� costituzionale, 508. OPERE PUBBLICHE -Concorso di 'enti pubblici nella realizzazione dell'opera -Deliberazione di assunzione di spesa Efficacia vincolante nei rapporti tra gli enti, 556. V. anche Appalto. ORJDINAMENTO GIUDIZIARIO - Controllo di costituzionalit�, 521. -Magistrati -Diversit� di funzioni -Pretori e in sottordine � Questione infondata di costituzionalit�, 521. PENA -Codice penale -Sospensione condizionale -Revoca di diritto Questioni fondate di costituzionalit�, 527. PRESCRIZIONE -Prescrizione civile -Danni prodotti dalla circolazione dei vei coli -Prescrizione biennale Presupposti -Carrelli elettrici in movimento sui marciapiedi di stazioni ferroviarie -Prescrizione biennale -Inapplicabilit�, 568. - V. anche Impiego pubblico. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Assistenza malattie -Lavoratore agricolo -Questione infondata di costituzionalit�, 530. PREZZI -Comitato provinciale prezzi Adunanza -Partecipazione di reggenti di Ufficio o di delegati Legittimit� -Adunanze -Interventi di tutti i componenti -Non � prescritto, 602. -Comitato provinciale prezzi Competenza, 602. -Comitato provinciale prezzi -Deliberazione -Efficacia -Termine per l'impugnativa -Decorrenza, 602. - Comitato provinciale prezzi -Deliberazione -Impugnativa -Controinteressati -Esclusione, 602. PRIVATIVE PER INVENZIONI INDUSTRIALI -Consorzio industrie fiammiferi Partecipazione di altre imprese Impedimento -Riserva della fabbricazione, importazione e vendita per il consumo di apparecchi di accensione a pietrina focaia -Questioni fondate 0di costituzionalit�, 513. PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Parte vittoriosa -Riproposizione delle difese di primo grado -Appello incidentale Non necessario, 555. -Consulenti tecnici -Liquidazione di compensi -Natura particolare del compenso -Questione in INDICE � XI fondata di legittimit� costituzio nale, 531. -Disdetta -p,erdita del documento -Onere della prova -Prova testimoniale -Limitazioni per. valore -Non sussistono, 553. -Nomina del consulente tecnico Ammissibilit� -Limiti, con nota di A. MARZANO, 572. -Qualificazione della domanda Limiti. -Azioni risarcitorie da illecito e di responsabilit� per atti legittimi -Unificazione -Inammissibilit�, 560. PROCEDIMENTO PENALE -Airresto ad opera �di privati Questione infondata di costituzionalit�, 532. -Difesa dell'imputato -Gratuito patrocinio -Questione infondata di costituzionalit�, 538. -Esecuzione -Pagamento delle pene pecuniarie -Questione di costituzionalit� -Inammissibilit�, 522. - Incidenti di �esecuzione -Mancata nomina del difensore -Mancato avviso del giorno della deliberazione Incostituzionalit�, 501. REATO -Apologia di reato -Contrasto con la libert� di manifestazione del pensiero -Esclusione, 497. -Peculato -Tassa pari al decimo dei diritti e della indennit� di trasferta spettanti all'ufficiale giudiziario -Versamento effettuato nelle mani dell'ufficiale giudiziario -Approvazione delle relative somme -Sussistenza del reato, con nota di P. DI TARSIA, 710. RESPONSABILIT� CIVILE -Diritto al prestigio professionale -Tutela -Esercizio di potere discrezionale dell� p. A. -Contemporanea lesione di diritto soggettivo e di interesse legittimo Configurabilit�, 545. -V. anche Competenza e giurisdizione, Espropriazione per p. u. SARDEGNA -Dipendenti regionali eletti a cariche presso enti autonomi territoriali -Oneri a carico degli enti -Illegittimit� costituzionale, 511. SICILIA - V. Imposta di registro. SICUREZZA PUBBLICA -Misure di prevenzione -Persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit� -Questioni di costituzionalit� Infondatezza parziale, 509. -Riunioni non pi"ecedute da preavviso -P�ene per coloro che prendono la parola -Parziale costituzionalit� della normativa, 534. SOCIET� -Societ� di fatto -Trasformazione in societ� in accomandita semplice -Ammissibilit�, con nota di M. iDI PACE, 605. -Societ� di fatto -Volont� dei soci di regolarizzarla -Estinzione della societ� -Incompatibilit�, con nota di M. DI PACE, 605. - V. anche Imposta di registro. ! i I I l ! I l ' I I INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CdRTE COSTITUZIONALE 4 maggio 1970, n. 65 pag. 497 4 maggio 1970, n. 66 498 4 maggio 1970, n. 68 499 18 maggio 1970, n. 69 501 18 maggio 1970, n. 70 502 25 maggio 1970, n. 73 504 25 maggio 1970, n. 75 508 25 maggio 1970, n. 76 509 25 maggio 1970, n. 77 511 3 giugno 1970, n. 78 513 3 -giugno 1970, n. 79 521 3 giugno 1970, n. 80 521 3 giugno 1970, n. 81 522 3 giugno 1970, n. 82 523 10 giugno 1970, n. 86 527 10 giugno 1970, n. 87 530 10 giugno 1970, n. 88 531 10 giugno 1970, n. 89 532 10 giugno 1970, n. 90 534 16 giugno 1970, n. 94 534 16 giugno 1970, n. 95 535 16 giugno 1970, n. 96 537 16 giugno 1970, n. 97 538 16 giugno 1970, n. 98 541 16 giugno 1970, n. 99 541 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 10 giugno 1969, n. 2668 pag. 661 Sez. I, 16 gennaio 1970, n. 92 605 Sez. III, 27 gennaio 1970, n. 171 553 Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 243 . 614 . Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 433 . 555 Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 442 543 Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 448 544 Sez. Un., 5 marzo 1970, n. 533 545 Sez. Un., 26 marzo 1970, n. 824 619 Sez. I, 3 aprile 1970, n. 878 . 626 Sez. I, 4 aprile 1970, n. 907 . 628 Sez. I, 4 aprile 1970, n. 915 . . 631 Sez. I, 15 aprile 1970, n. 1036 560 Sez. I, 17 aprile 1970, n. 1085 634 Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1130 . 565 INDICE xm Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1132 . . pag. 636 Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1134 . 636 Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1168 . 639 Sez. I, 23 aprile 1970, n. � 1171 641 Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1181 645 Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1182 620 Sez. III, 8 settembre 1970, n. 1341 568 CORTE D'APPELLO Brescia, Sez. Civ., 16 gennaio 1970, n. 11 .. pag. 654 TRIBUNALE Roma, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 10761 Roma, Sez. I, 25 febbraio 1970, n. 1517 Roma, Sez. I, 7 aprile 1970, n. 2674 Napoli, Sez. I, 27 giugno 1970 . . . . pag. > > 664 668 674 572 LODI ARBITRALI 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) pag. 676 7 luglio 1970, n. 63 (Roma) > 677 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 10 aprile 1970, n. 2 . pag. 600 Sez. IV, 10 aprile 1970, n. 245 . > 601 Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 280 . > 601 Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 285 . > 602 Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 304 . > 603 Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 308 . > 603 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 25 febbraio 1970, n. 478 . pag. 710 Sez. IV, 28 febbraio 1970, n. 2630 712 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA DI FEDERICO G., Il reclutamento dei magistrati, Ed. Laterza, Bari, 1968 � . , . . . . . . . , . . . . . . . . . . . . . . , . pag. 121 DI FEDERICO G., La Corte di Cassazione, Ed. Laterza, Bari, 1969 . 121 Dum -DE FALCO -Depenalizzazione delle contravvenzioni stra dali, Ed. La Tribuna, Piacenza, 1970 . . . . . . . . . . 121 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti (segnalazioni) ..��.�..��.,�� pag. 123 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice civile, art. 145, primo comma ..... codice civile, art. 156, quinto comma . . . , . codice penale, art. 635, secondo comma, n. 2 codice della navigazione, art. 1238, art. 1242, art. 1243, art. 1246, e art. 1247 . . . . . . . . . . . , . . . r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929, art. 7, secondo comma . , r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 15 . . . . . , . . . . r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 147, secondo comma . d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 10, ultimo comma . d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145, articolo unico d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico . . . . . -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di -legittimit� costituzionale: codice civile, art. 10 . . . , . . . . �Codice civile, art. 156, primo comma codice civHe, art. 1916 . . codice civile, art. 2221 . . codice di procedura civile, ~t. 621 codice di procedura civile, art-. .700 codice penale, art. 206, ultimo comma-. codice penale, art. 663 . . , . . . . . codice di procedura penale, art. 31, art. 74, art. 389, ultimo comma, art. 398 e art. 403, ultimo comma . codice di procedura penale, art. 93, secondo comma, art. 94, primo e secondo comma, art. 468 . . ... codice di procedura penale, art. 128, e art. 130 . . . . codice di procedura penale, art. 170, terzo� comma .. codice di procedura penale, art. 314, secondo comma . codice di procedura penale, art. 501, primo comma, e ultimo comma . . . . . . . . ' . . . . . . codice di procedura penale, disp. artt., 4 e 5 codice della navigazione, art. 1304 . . . . . . pag. 123 123 > 124 124 124 124 125 125 > 125 > 126 pag. 126 > 126 127 127 127 127 127 128 > 128 128 � 128 129 > 129 > 129 129 129 INDICE xv r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 18 pag. 130 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148 . . 130 r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929, artt. 5 e. 6 . 13(} r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, quarto comma ; 13(), r. d. 28 maggio 1931, n. 602, artt. 4 e 5 . . .. 13(), r. d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 108, primo comma, 109, primo, secondo e terzo comma e 145 . 130 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 113 . . . 131 r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art; 116 .. 131 r. d. I. 6 febbraio 1936, n. 377, artt. 1 e 2 . 131 r. d.1. 13 settembre 1938, n. 1730 . . ... 131 legge 23 gennaio 1941, n. 166, artt. 2 e 4 . 132: r. d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 1, 2, secondo comma, 33e172 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132: legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. 96 e 97 . . . . . . 132 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1 con tutte le norme di legge che ne derivano . . . . . . . . . . 132: d. lg. C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417, art. 9 .. 132 legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo comma 132 d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50, artt. 1 e 2 . . . . . . 133 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 261 e 262 . . 133 legge reg. sarda 17 dicembre 1968, riappr. 6 novembre 1969, articolo unico . . . . . . . . . . . 133 -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . . . . . . . . . . . 133 -Norme delle quali il g.iudizio di legittimit� costituzio nale � stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit�, di manifesta infondatezza, o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . 140 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Aeronautica e aeromo bili . . . . . . . Agricoltura . . . . Appalto ..... . Bellezze artistiche e naturali. . . . . Bonifica . . .... Circolazione �stradale . Contributi . . . . Danni .... Edilizia economica e popolare . Elettricit� ed elettro dotti . . ..... Fallimento . . . . Ferrovie .... Importazione ed espor tazione . . .... pag. 148 > 148 148 149 149 149 149 150 150 150 150 151 151 Imposta di bollo . . . Imposta di registro . . Imposta di successione Imposte e tasse . Imposte varie . . , Invalidi di guerra Lavoro .. Previdenza ed assi stenza . Prof.essioni Ratei finanziari Regioni .... Responsabilit� civile . Spese giudiziali . Strade . . .... . Terremoto .... . Trattati e convenzioni internazionali pag. 151 152. 153 153 .153 153 154 154 154 154 155 155 I 151> 155� 156 f 156 I I ! . I _____,~,~~ . I PARTE PRIMA I I ,1 I �~ ~ ! ' ! I I I I i I I I ! I I GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (~) CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 65 -Pres. Branca Rei. Rossi -Traniello (n. �C.) e P.residente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Ca~amassima). Reato -Apologia di reato -Contrasto con la libert�:di manifestazione del pensiero -Esclusione. (Cost., art. 21; c.p. art. 414, ultimo comma). Non � fondata, con riferimento alla Ubert� di manifestazione del pensiero di cui aU'art. 21 Cost., la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 414, ultimo comma, codice penale, ove esso sia interpretato come sanzionatorio di un comportlamooto concretamente idol)'l,eo a provocare la commissiOl)'l,e di delitti (1). (Omissis). -La questione sottoposta 'all'esame della Corte � la seguente: se l'art. 414, ultimo comma, del �codice penale, colpendo la pubblica apologia di ogni delitto, non possa in talune ipotesi, �costituire ingiusto impedimento alla libert� di manifestare il proprio pensiero; libert� fondamentale garantita a tutti, senza distinzione di modi e di materia, dall'art. 21, primo comma, della Costituzione. Il denunciato contrasto non sussiste, ove dell'art. 414, ultimo comma, del codice penale si dia corretta interpretazione. Ogni ordinamento statuale prevede e indica i mezzi per mutare le leggi penali 'iluando esse appaiono non pi� rispondenti al �comune sentimento della giustizia. Non solo, quindi, i regimi autoritarii, ma altresl quelli liberali, democratici, popolari hanno sempre preveduto e prevedono il reato d'apologia del delitto, gi� contemplato nell'art. 247 del codice penale italiano del 1889. L'art. 414, ultimo comma, del codice penale non limita in alcun modo la critica della legislazione o della giurisprudenza, n� l'attivit� propagandistica di singoli, partiti, movimenti, gruppi, diretta a promuo (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANSI. (1) La questione era stata proposta dal G. I. del Tribunale di Rovigo 23 novembre 1968 (Gazzetta Uff. 29 gennaio 1969, n. 25). / 498 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vere la deletio di qualsiasi norma incriminatrice, anche nel momento in cui essa viene applicata in concreto. N� costituisce reato d'apologia l'affermare che fatti preveduti dalla legislazione vigente come delitti hanno, o possono avere, soggettivamente od oggettivamente positivo contenuto morale o sociale: che l'autore di un reato possa aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale � riconosciuto del resto dall'art. 62, n. 1, del codice penale. Diversa dalla critica alla legge, dalla propaganda per il suo aggiornamento, dal giudizio favorevole sui moventi dell'autore, che sono tutte lecite manifestazioni di pensiero, � la pubblica apologia diretta, e idonea, a provocare la violazione delle leggi penali. Plaudire .a fatti �che l'ordinamento__ giuridico �punisce come delitto e glorificarne gli autori � da molti considerata una ipotesi di istigazione indiretta: certo � attacco �contro le basi stesse di ogni immaginabile ordinamento apologizzare il delitto come mezzo lodevole per ottenere l'abrogazione della legge che lo :m:evede �come tale. Non sono -concepibili, infatti, libert� e democrazia se non sotto forma �di obbedienza alle leggi che un popolo libero 1si d� liberamente e pu� liberamente mutare. L'apologia punibile ai sensi dell'art. 414, ultimo comma, del codice penale non �, dunque, la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma quella che per le sue modalit� integri comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti. Si vuole ricordare, a chiarimento, che la libert� di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21, primo comma, della Costituzione, trova i suoi limiti non soltanto nella tutela del buon costume, ma anche nella necessit� di proteggere altri beni di rilievo costituzionale e nella esigenza di prevenire e far �Cessare turbamenti della sicurezza pubblica, la cui tutela costituisce una finalit� immanente del sistema (sentenze n. 19 dell'8 marzo 1962, n. 87 del 6 luglio 1966, n. 84 del 2 aprile 1969). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 66 -Pres. Branca -Rel. Chiarelli -Enel (avv. Piccardi) -Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero Industria (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Energia elettrica -Norme integrative della legge istitutiva dell'Enel Illegittimit� costituzionale per eccesso dai limiti della delega Esclusione. :�.� ~:~�;::~::"rl::=:...~; ::~,:e:.::::::;:~::,~ gazione !ogUlat<oa, la que�tione di !egittimitd co.n""'�na!e de!!'arl. 3 �~ ~~ I~ W%%U%7%/CtJt=fW1Wfy'f@Filit1'.:?TfYTo/4f;'ff7='.%ifS./Sftfdif$1i.f.1fR&S~�ft1fs!f!IfiltfffM@{�Ygqf�ffil!f@Yf@%Ef1!1 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 499 d. P. R. 18 marzo 1965 n. 342, recante norme relative al coordinamento ed all'esercizio deUe attivit� elettriche esercitate da enti ed imprese diversi dall'Enel (1). (1) La questione era stata introdotta con ordinanza del Consiglio di Stato 2 aprile 1968 (Gazzetta Uff. 26 ottobre 1968, n. 275). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 68 -Pres. Branca -Rel. Rossi -Spinelli Marco (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dellci Stato Tracanna). Leggi e decreti e regolamenti.._ Leganti idraulici -Normativa delle caratteristiche tecniche e dei requisiti per l'accettazione -Azioni nelle compra-vendite provate -Compressione del diritto di difesa Esclusione. (Cost., art. 24; I. 26 maggio 1965, n. 525; art. 4 e 5). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento all'art. 24 Cost., degli artt. 4 e 5 delia legge 26 maggio 1965, n. 525, recante norme sulle caratteristiche tecniche e sui requisiti dei leganti idraulici, le� quali condizionano le azioni derivanti da compravendita fra privati all'accertamento del difetto dei prescritti requisiti di accettazione da parte di istituti tassativamente indicati (1). (Omissis). -La Corte costituzionale � chiamata a decidere se non limitino eccessivamente il diritto di agire in giudizio, consacrato dall'art. 24 della Costituzione, gli artt. 4 e 5 della legge 26 maggio 1965, n. 59~, sul presupposto che, alla stregua dei medesimi, le azioni nascenti dalla compravendita di leganti .idraulici potrebbero �essere esperite dall'acquirente soltanto ove siano state osservate la particolari formalit� previste per il prelievo dei campioni, da effettuarsi entro 30 giorni dalla spedizione; ove le analisi tecniche siano state demandate ai laboratori tassativamente elencati; ove infine la contestazione della merce sia stata notificata al fornitore entro tre mesi dalla spedizione. Giova innanzitutto xicordare le ragioni che hanno indotto il legtslatore ad emanare una disciplina speciale in tema di leganti idraulici, mediante un complesso di atti normativi, risalenti taluni a molte decine di anni or sono (e variamente rielaborati per il necessario adeguamento (1) La questione era stata proposta con ordinanza del Tribunale di Pistoia 18 giugno 1968 (Gezzetta Uff. 12 ottob:e 1968, n. 261). /� 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al progresso tecnico) l'ultimo dei quali � costituito dalla vigente impugnata legge 26 maggio 1965, n. 595. � noto infatti che l'interesse pubbUco concernente la sicurezza delle costruzioni, e la particola-re natura delle merci impiegate, soggette a rapido deterioramento se non utilizzate tempestivamnte hanno giustificato l'emanazione di prescrizioni particolareggiate relative alla definizione delle carattedstiche tecniche proprie di ogni categoria e sottospecie di leganti, e alla necessit� che la rispondenza delle merci ai requisiti legali venga accertata da laboratori pubblici, altamente qualificati, a seguito di una speciale adeguata procedura: quella appunto prevista dagli impugnati artt. 4 e 5 della vigente legge, che trovano il loro precedente normativo nei corrispondenti artt. 25 e 216 del r.d. 16 novembre 1939, n. 2228, 17 del r.d. 16 novembre 1939. n. 2231, e, prima ancora, negli artt. 15 ,del r.d.l. 29 luglio 1933, n. 1213, e 3 del r.d.l. 7 giugno 1928, n. 1431. Le disposizioni da ultimo enunciate -come quelle vigenti -hanno sempre prescritto ila necessit� che l'eventuale ,contestazione della merce avvenisse entro termini brevi, previo accertamento del difetto dei prescritti requisiti di accettazione, ad opera degli iistituti tassativamente indicati. Individuata quindi la giustificazione della procedura speciale di cui trattasi, questa appare compatibile con l'invocato principio costituzionale di cui all'art. 24, primo ,comma, non risultando certamente ,compromessa per l'acquirente la possibilit� di far valere in giudizio le proprie ragioni: oneri e termini (30 giorni e tre mesi) non ,sono tali che persona di normale diligenza non sia in grado di rispettarli. In verit� il tribunale di Pistofa accenna alla possibilitd che la norm,ativa specfale deroghi ai principi generali stabiliti dal !codi.ce civile in materia contrattuale, Tendendo quindi eccessivamente onerosa la difesa dell'acquirente; quest'ultimo, per cautelarsi contro l'eventualit� che il vizio del legante venga scoperto solo dopo il relativo .impiego ed una volta decorsi i brevi termini prescritti per il ricorso ai particolari accertamenti, dov�rebbe sempre, per l'acquisto di ogni singola partita di ,merci, valersi della procedura speciale: Non pare tuttavia che siffatta interpretazione delle norme impugnate sia pacifica o, quanto meno, quella pi� attendibile. � sufficiente infatti ricordare in proposito che secondo autorevole dottrina, e per giurisprudenza ,costante della Cassazione, la disciplina speciale precedentemente vigente in tema di leganti idraulici aveva natura meramente integrativa del codice civile, costituendo un opportuno perfezionamento del sistema previsto dall'art. 1513 del codice civile, anche al fine di consentire una pi� facile composizione delle controversie, senza tuttavia imporre necessariamente all'acquirente il ricorso alla procedura stessa, e consentendogli in ogni caso, salvo even PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 501 tuali maggiori oneri probatori, di potersi valere delle comuni azioni spettanti m materia contrattuale. A parte ci�, �i da osservare che le norme impugnate non si distaccano profondamente dalla disciplina contenuta in generale, per la vendita, nel codice civile. Infatti, anche secondo questo codice o secondo gli usi �che vi sono richiamati, il termine di decadenza in �Certi casi decorre, come ad esempio per l� cose da trasportare, dalla consegna della co,sa anzich� dalla sco:i;ierta dei vizi o dei difetti di qualit� (art. 1511 e v. 1496); inoltre, sempre per il codice, l'azione del .compratore deve essere esercitata entro un anno (artt. 1495 e 1497) o perfino entro tre mesi. (arg. ex art. 1496) press'a poco come nella vendita di leganti idraulici. Tutto ci� prova come la legge denunciata non fuoriesca dal sistema, che prevede termini diversi per diversi tipi di merce: con la conseguenza che la maggiore o minore brevit� del termine, pwch� contenuta entro limiti .congrui (il �che accade �Con le norme impugnate), non � irrazionale dovendosi, adattare, la difesa in giudizio, alla peculiarit� dei rapporti e delle situazioni. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE 18 maggio 1970, n. 69 -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Mantica (n.�c.). Procedime:Q.to penale -Incidenti di esecuzione -Mancata nomina del difensore -Mancato avviso del giorno della deliberazione -Incostituzionalit�. (Cost., art. 24, 2� comma; c.p.p., art. 630, 1� .comma). In riferimento alt'art. 24, ~0 comma deita Costituzione, � illegittimo l'art. 630 1� comma, del codice di procedura penale neUa parte in cui non prevede che aU'interessato nei procedimento per incidente di esecuzione, anche se non ammesso al gratuito patrocinio, sia nominato d'ufficio un difensore, ove egli non provveda a nominarsene uno di fiducia e, ai sensi deU'art. 2'7 legge 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in cui non prevede che l'avviso del giorno detta deliberazione suit'incidente vada notificato anche al difensore deU'interessato (1). (1) La questione � stata sollevata con ordinanza 16 ottobre 1968 della Corte d'assise di Milano (Gazzetta Uff. 29 gennaio 1969, n. 25). La medesima questione era stata ritenuta infondata dalla Corte con la sentenza 27 marzo 1962, n. 29, Foro it., 1962, I, 603, con nota di richiamo. L'illegittimit� della norma � stata ora dichiarata anche alla luce delle sentenze della Corte nn. 148 e 149 del 1969 (Rass. Avv. Stato, 1969, 1013 e 1014) e n. 2 del 1970 (idem, 1970, 12). Sull'art. 630, 2� comma, c.p.p. v. Corte Cost. 22 gennaio 1970, n. 5, in questa Rassegna. retro, 16. 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1970, n. 70 -Pres. Branca - Rel. Oggioni -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. �Stato Savarese) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Pacia). Regione -Friuli-Venezia Giulia -Conflitto di attribuzioni -Istituzioni sportive -Persone giuridiche private -, Riconoscimento ., Compe tenza della Regione. (St. reg. Friuli-Venezia Giulia, art. 4, n. 14). Spetta alia regione Friuli-Venezia Giulia il potere di riconoscimento di persone giuridiche private nella materia attinente alle� istituzioni sportive di cui all'art. 4, n. 14, dello statuto regionale (1). (Omissis). -1. -Il conflitto di attribuzione sollevato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri viene basato sul sostanziale motivo che ogni riconoscimento di persona giuridica privata, riguardando fo stato e la capacit� personale nella sfera privatistica, non potrebbe che spettare allo Stato, onde assicurare una disciplina uniforme nei confronti, sia dell'accertamento della rilevanza degli scopi, sia della susseguente tutela dei rapporti con altri soggetti di diritto. I La Corte non ritiene fondato l'addotto ,motivo di esclusione della competenza regionale. 2. -Va osservato che il riconoscimento di cui agli artt. 12 del I 1'. codice e 1-2' delle norme di attuazione (r.d. n. 318 del 1942) avviene f: mediante provvedimento amministrativo (decreto del Capo dello Stato). fil': che pu� essere anche adottato dai prefetti, se delegati dal Governo, qualora si tratti di enti ad attivit� limitata nell'ambito provinciale. Al rilievo che il riconoscimento e, quindi, la istituzione di persona giuridica privata, costituisce esercizio di funzione amministrativa, va fatto seguire l'altro rilievo che attiene alla materia formante oggetto del riconoscimento. Nel,caso in esame, la materia � quella indicata negli artt. 4, n. 14, ed 8 dello statuto, approvato con legge costituzionale n. l. del 1963 e dalle successive norme di attuazione di cui al decreto pre sidenziale n. 1116 del 1965, nelle quali norme � precisata l'ampia com petenza sostitutiva dell'amministrazione regionale a quella statale: com (1) Sulla questione del riconoscimento delle persone giuridiche private I da parte della Regione v. Corte Cost. 8 aprile 1958, n. 28, Giur. cost.� 1958, 118 con nota di PALADIN. Sui poteri della Regione nella materia con I cernenti il diritto privato v. Corte Cost. 6 giugno 1968, n. 60, in questa Rassegna 1968, 684; Corte Cost. 22 dicembre 1969, n. 160. Foro it., 1970, -379; Corte Cost. 18 febbraio 1970, n. 20 in questa Rassegna, 1970, 182. In I dottrina v. VmGA, in Giur: cost., 1958, 410; PALADIN, ,Commento allo Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, 1964, 37-38. f>. ~ f PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 503 presa la materia delle istituzioni sportive, espressamente attribuita alla competenza legislativa e, corrispondentemente, amministrativa, della regione. La Societ� nautica �Pietas julia � per le sue finalit� istituzionali, consistenti nell'incremento degli sports acquatici e per la sua area di operativit�, significata sia dalla localizzazione in sede regionale (Monfalcone) �sia dall'assenza di qualsiasi indice di espansione. extra-territorio, non pu� che ritenersi inquadrata nella suindicata materia statutaria. 3. -� poi da �rilevare che l'attivit� amministrativa in esame, operando in materia di � istituzioni sportive �, non pu� non comprendere tutti gli aspetti concreti riconducibili alle .istituzioni medesime. In questo senso, il riconoscimento della personalit� ha una sua rilevanza nel settore della competenza regionale in esame: onde apparirebbe non logicamente corretto considerarlo come fenomeno giuridico a 1s� stante e del quale convenga ipotizzare, ai fini della compe-, tenza, una disciplina differente rispetto alla materia di �cui, invece, � parte integrante. Il che risulta ancora pi� evidente, ove si consideri che il generale interesse che caratterizza ed accompagna un'attivit� di educazione fisica �i qui rapportato alla misura locale, per cui � giustificato che la valutazione discrezionale degli scopi e dei mezzi pertinenti alle istituzioni da riconoscere, sia pi� agevolmente compiuta con gli strumenti d'indagine e di conoscenza a disposizione immediata e diretta dell'autorit� decentr�ta, alla pari di quanto lo stesso art. 12 del codice civile consente per determinate categorie di enti operanti nell'ambito provinciale anzich� nazionale. E ci� indipendentemente dalla natura privata dell'ente, in quanto la procedura che culmina nell'atto di riconoscimento si concreta e si esaurisce nella valutazione della sussistenza degli elementi necessari per poter giungere, mediante l'identificazione dei connotati dell'ente stesso, al conferimento della personalit�; ci� �Configurandosi come vero e proprio esercizio di pubblica amministrazione in una materia che, pur costituendo l'oggetto e lo scopo .dell'ente privato, coincide con la materia attribuita alla competenza amministrativa regionale. Le suesposte conclusioni non \risultano in contrasto con la precedente giurisprudenza con �cui questa Corte ha escluso la competenza normativa della regione in materia di diritto privato, giacch� questo criterio non riguarda, ovviamente, il caso in esame, in cui non si tratta di dettare una particolare disciplina interna in materia di rapporti privati, bensi di dar �corso, mediante una attivit� strettamente amministrativa, ad una competenza �chiaramente indicata dallo statuto. La soluzione adottata trova poi positivo riscontro nella sentenza n. 66 del 1961 con cui questa Corte, nel determinare l'ambito della competenza legislativa della regione della Valle d'Aosta in materia di attivit� agricole, industriali e �commerciali, ha precisato che la compe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenza stessa si estende anche alla organizzazione di dette attivit� semprech� tale organizzazione si esaurisca nell'ambito d.i esse, cosi come si � sopra constatato verificarsi con riguardo all'attivit� ammin.istrativa di riconoschnento degli enti privati, in relazione alla materia di cui all'art. 4, n. 14, dello statuto speciale. �, infine, il caso d.i aggiungere ,che la competenza cosi riconosciuta alla Regione partecipa dei limiti posti dall'ordinamento al:l'attivit� della pubblica amministrazione, onde gli atti relativi restano suscettibili dei rimedi previsti dalla legge Ol'dinaria. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 73 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Frazion.i di Ponte e d.i Rocchetta (avv. Cervati) c. Comune di Cerreto di Spoleto; Scarpetta (avv. Astuti) c. Comune di Fond.i; Cervelloni (avv. Cervati) c. Comune di Terracina e Mari (avv. Curis); eredi d.i Scalfati c. Comune di Terracina, Comune di Sabaudia (avv. Cannada Bartoli e Barillaro) �e societ� Domiziana (avv. Franchi); Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Diritti promiscui e usi civici -Commissariati regionali. -Circoscrizioni -Funzioni giurisdizionali dei commissari -Questioni di costituzionali~�. (Cost., artt. 25 e 108, 2� comma; legge 16, giugno 1927, n. 1766, artt. 27, 1� e ultimo comma, 29, 2� comma; legge 16 giugno 1927, n. 1255). In riferimento agli artt. 25 e 108, comma secondo, della Costituzione, � inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� costituzionale. dell'art. 27, ultimo comma, del.la legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul ri,prdinamento degli usi civici, che attribuisce al Ministro per l'agricoltura e le foreste la determinazione della circoscrizione di ciascun commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici (1). In riferimento agli artt. 25 e 108, comma secondo, della Costituzione, � infondata la questione di costituzionalitd degli artt. 27, primo comma, e 29, comma secondo, i qua!i attribuiscono l'attuazione del riordinamento degli usi civici a commissari regionali con funzioni amministrative e giurisdizionali e assegnano a detti commissari la� cognizione di tutte le controversie circa gli usi civici (2). (Omissis). -2. -La Corte di appello non precisa come l'eventuale dichiarazione di illegittimit� costituzionale delle norme denunciate possa (1-2) Le .quattro ordinanze della Corte d'Appello di Roma -sezione speciale per gli usi civici -con Le quali sono state sollevate le questioni PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 505 rilevare nelle cause sottoposte al suo esame. Osserva solo che codeste norme si riferirebbero a poteri esercitati nelle fattiiwecie dal �commissario regionale per la liquidazione degli usi civici, facendo quindi intendere che, ove di dette norme dovesse risultare l'illegittimit� costituzionale, verrebbe meno ex tunc la base per quei poteri. . L'affermazione ora riportata con la sua probabile interpretazione, pu� valere come sufficiente motivazione circa la rilevanza a proposito dell'art. 27, comma primo, della citata legge 1927 n. 1766 e dell'art. 29, comma secondo in relazione al primo della �stessa legge, ma non anche per quanto ha riferimento all'art. 27, ultimo comma. L'eventuale dichiarazione di illegittimit� di quest'ultima norma, .in forza della quale il Ministero (per l'economia nazionale ed ora quello) dell'agricoltura e delle foreste ha il potere di determinare la circoscrizione e la sede di ciascun commissariato, non avrebbe modo di incidere autonomamente e direttamente sui giudizi di merito (infatti le controversie di cui si tratta sono sorte in ordine a diritti di uso �civico che interessano popolazioni e �comuni che insistono sul territorio compreso nella circoscrizione del commissariato con sede in Roma e precisamente sulla parte di detto territorio che � stata ad esso attribuita con un provvedimento, r.d. 16 giugno 1927, n. 1255, conforme all'ordinamento del tempo) e non modificherebbe minimamente la sfera di competenza (nascente da quel provvedimento) del commissario �con sede in Roma, il quale potrebbe continuare a �conoscere delle cause in oggetto. Conseguentemente, a giudicare dalla motivazione, la questione, almeno per quanto concerne l'art. 27, ultimo comma, deve dirsi priva di rilevanza. � 3. -La Corte � chiamata, p�rci�, a pronunciarsi 1sulla conformit� agli artt. 108, comma secondo, e 25 della Costituzione, dell'art. 27, comma primo, �e dell'art. 29, �comma secondo: in base alla prima norma i commissari regionali provvedono �Con funzioni amministrative e giudiziarie � all'attuazione di quanto � disposto nella legge riguardante il riordinamento degli usi civici; in virt� della seconda norma i commissari decidono �tutte le, controversie circa la esistenza, la natura e la estensione dei diritti (di cui all'art. 1 della �legge) e delle altre situazioni indicate nel primo �comma dello stesso art. �29, comprese quelle nelle quali sia �contestata la qualit� demaniale del suolo o l'appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, nonch� tutte le questioni a cui dia luogo lo svolgimento delle operazioni loro affidate�. di costituzionalit� sono pubblicate nella Gazzetta Uff. 16 luglio 1969, n. 179 e 5 novembre 1969, n. 280. Sul rapporto tra giudice ordinario e commissario regionale 1v. Cass. 19 aprile 1968, n. 1174 Foro it.� Rep., 1968, v. Diritti promiscui, n. 11). In dottrina: PALERMO, EnfitetfSi, superficie, oneri reali, usi civili, 1965; BERRI, in Giwr. itJ., 1970, IV, 44. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 506 Di conseguenza la Corte deve rispondere ai quesiti: se sono garantite l'indipendenza e l'impa~zialit� del commissario, in quanto titolare e nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali, per il fatto �che allo stesso organo sorio aissegnate o dalla stessa persona fisica vengono esercitate funzioni amministrative, ed in particolare perch� il commissario giudica dopo che in sede -amministrativa abbia ispezionato i .luoghi in contesa o nominato un istruttore perito (in sede di verifica demaniale) o delibato, senza modifiche, il progetto di legittimazione, o disposto la pubblicazione del progetto, o respinto le opposizioni al progetto e disposto la leg,ittimazione. 4. -Va anzitutto rilevato che dalla pura e semplice coesistenza in testa al commissario regionale di poteri riconducibili a funzioni amministrative ed a funzioni giurisdizionali nulla pu� dedursi in ordine all'asserita mancanza di indipendenza e di imparzialit� del commissario quale giudice. Nei casi in cui egli conosca di controversie in sede giurisdizionale senza che ci sia in corso una fase amministrativa, � da escluder.si che il commissario non abbia l'indipendenza e l'imparzialit� volute; per il (e nel) concreto esercizio dei poteri giurisdizionali egli non ha vincoli di precedente attivit� amministrativa e, appartenendo all'ordine giudiziario, non dipende da alc;uno n� � tenuto a seguire istruzioni di alcuno, essendo soggetto soltanto alla legge. Ma, anche nell'ipotesi (normale) di esercizio delle funzioni giurisdizionali nell'ambito di un procedimento incidentale ed accessorio nei confronti di quello amministrativo, si deve, parimenti, riconoscere la piena indipendenza e imparzialit� dell'organo giudicante, dato che la coesistenza nella stessa persona delle funzioni amministrative e giurisdiziali no_n comporta di per s� che l'e.sercizio delle I>rime pregiudichi quello delle seconde. La sua stessa condizione� di appartenente all'ordine giudiziario � garanzia perch� il commissario distingua una funzione dall'altra con assoluta obiettivit�. La circostanza che il commissario sia chiamato. a giudicare e giu7 dico del magistrato preposto alla funzione commissariale sono tali da renderlo distaccato non soltanto dall'organo che ne ha proposto la nomina, la quale oggi � di spettanza del Consiglio superiore della magistratura, ma anche dall'interesse amministrativo che l'organo proponente � chiamato a curare. 5. -Non si perviene a conclusioni differenti, in ordine alla questione in esame, qualora se ne valutino gli aspetti particolari (ed i riflessi concreti). La circostanza che il commissario sia chiamato a giudicare e giudichi dopo che nella materia, in ordine alla quale � insorta la controversia, abbia compiuto atti nello .svolgimento delle sue funzioni amministrative, non deve far ritenere che il commissario quale giudice non sia ' .. -I::: ===~ �:� ~~ -----:= [f:ffiflff[t1Jffffut002Bf:fff{2f0if:fff:IE:f&ii0ifilK0lff'fffill1f:fffff:\2KsW:tff:Tf:iuiflli:w&:f&f0f&@illl~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 507 indipendente ovvero manchi o sia messa in pericolo o in forse la sua imparzialit�. Un primo aspetto del problema si rende evidente nella eventualit� che il �commissario giudice abbia compiuto, nell'esercizio delle sue funzioni amministrative, atti per esempio di ricognizione o di accertamento o comunque estranei ad un1 concreto esercizio di poteri autorizzativi, dispositivi o concessivi, sJscettibili di incidere sulle situazioni giuridiche soggettive degli interessati. In tal caso, l'utilizzabilit� in sede giurisdizionale dei risultati a�cquisiti o accertati nella fase precedente o delle situazioni verificatesi in dipendenza di atti (non giurisdizionali) del procedimento (considerato per intero) non � in contrasto con l'obiettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali. Il fenomeno non � raro a verificarsi qualora ad un organo giurisdizionale 1siano attribuite anche funzioni amministrative da esercitare pregiudizialmente o preliminarmente rispetto alle funzioni giurisdizionali, ed � pacifico che non compromette l'indipendenza o l'imparzialit� del giudice. Altrettanto perci� deve dirsi qualora (come nella specie) ad un organo siano attribuite istituzionalmente funzioni amministrative e giurisdizionali e l'esercizio di queste ultime funzioni normalmente sia incidentale. Un secondo aspetto del problema si coglie nell'eventualit� che il commissario giudice abbia, nell'esercizio delle sue funzioni amministrative, posto in essere accertamenti o pronunce nella materia o anche sulla questione che � oggetto del suo esame in sede giurisdizionale. Ma neppure in questo caso ricorre l'asserita mancanza della indipendenza e dell'imparz.ialit� volute dalla Costituzione. � possibile infatti constatare che l'attivit� giurisdizionale non � condizionata nei suoi contenuti da quella amministrativa svolta in precedenza; e che ( a conferma idi ci�), in fase giurisdizionale, sul terreno probatorio il commissario pu� esercitare d'ufficio un potere inquisitorio o d'iniziativa e che comunque le opposizioni Io.richiamano in sede giurisdizionale a nuove valutazioni in relazione ai vizi di attivit� che gli sono stati denunciati e sui quali deve esprimere esclusivamente la volont� della legge riferita al caso concreto. � vero che nell'esercizio dell'attivit� amministrativa pu� accadergli di manifestare il �SUO pensiero sulla questione, su cui pi� tardi deve pronunciar!;�i come giudice, e che con tutto ci�, in questa seconda fase, non pu� essere ricusato n� astenersi. Ma occorre rilevare �che l'esigenza di imparzialit�, che in generale trova la stia manifestazione processuale nell'istituzione stessa del giudice, non � disattesa dai particolari modi di essere della disciplina legtslativa dell'astensione e della ricusazione. A tal proposito -come giustamente osserva l'avvocatura dello Stato -� infatti da considerare 0che, mentre l'ordinamento processuale penale conosce come espresso e specifico motivo di ricusazione e astensione il fatto che il giudice abbia manifestato il suo parere sull'oggetto del 508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO processo fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie, analogo motivo non � previsto dall'ordinamento processuale civile; e che la mancanza di codesta specifica previsione normativa, data la diversit� di situazioni, non sostanzia violazioni dell'invocato principio costituzionale. E ci� comporta che per il processo in materia di usi civici, stante il rinvio all'ordinamento processuale civile di cui all'art. 31, comma terzo, della legge n. 1766 del 1927, si debba pervenire alle stesse conclusioni. 6. -Posta la questione nei termini sopradetti, non rilevano ai fini della decisione le numerose e ampie argomentazioni svolte dal giudice a quo e dalle parti e :relative tra l'altro allo statuto del commissario quale giudice ovvero alla materia delle conciliazioni. E pertanto, sulla base delle considerazioni fatte nei paragrafi che precedono, si conclude per la non fondatezza deUa questione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 75 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Bauchi (avv. Morabito) c. Calz�turificio Barbagli (av:v. Sermonti, Fornario). Obbligazioni e contratti -Agenzia -Contratto a tempo indeterminato Indennit� di scioglimento -Questione infondata di legittimit� costituzionale. (Cost., artt. !31, 4 e 36; e.e., art. 1751, 1� comma). In riferimento agli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione, � infondata la questione di legittimit� costituziooole deti'a1�t. 1751, 1� comma, del codice 'civile, nella parte in cui dispone che l'indennit� per lo scioglimento del contratto di. agenzia a tempo indeterminato � dovuta so.io se il contratto si sciolga per fatto non imputabile all'agente (1). (1) La questione � stata .sollevata con ordinanze 3 luglio e 19 novembre 1968 della Corte di Cassazione (Gazzetta Uff. 28 settembre 1968, n. 248 e 26 marzo 1969, n. 78), con ordinanze 9 e 11 aprile 1969 del Tribunale di Bologna (Gazzetta Uff. 16 e 23 luglio 1969, nn. 179 e 186), con ordinanza 7 febbraio 1969 della Corte d'appello di Milano (Gazzetta Uff. 23 aprile 1969, n. 105) e con ordinanza 24 giugno 1969 del tribunale di Padova (Gazzetta Uff. 5 novembre 1969, n. 280). La Corte ha escluso che il rapporto di agenzia a tempo indeterminato sia ass�milabile al rapporto di lavoro subordinato (in questo senso v. Cass. 2 maggio 1969, n. 1452, Foro it.. 1969, I, 3200). La sentenza della Corte n. 75 del 1968, sull'indennit� di anzianit� nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, � riportata in questa Rassegna, 1968, 699. J~ riffffilliffilf8flmrffrnE@IEiff@f:(KfllrlMllifilfffiI@Ifmlfiffiifftifffil'ifffi1ffilMrtfillf8mflilFfff[fl'&f~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 509 CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 76 -Pres. Branca - Rel. Capalozza -D'Angela ed altri (n.c.) e P;residente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Ohiarotti). Sicurezza pubblica -Misure di prevenzione -Persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit� -Questioni di costituzionalit� Infondatezza parziale. (Cost., artt. 2, 3, 13, 16, 17, 18, 24, 25 e 27; legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1, 2, .3, 4, 5 e 9). In riferimento all'art. 24, 20 comma, della Costituzione, � illegittimo l'art. 4, 20 comma, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la publbica moralit�), ne�lla parte in cui, disciplinando la misura deZZa sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, da adottarsi dal tribunale in camera di consiglio, non prevede l'assistenza o�bbligatoria del difensore (1). In riferimento agli articoli 3, 13, secondo comma, e� 24, secondo comma della Costituzione, non � fondata la questione di costituzio. nalitd degli articoli 1 e 2 delZa legge 27 dicembre 1956 n. 1423, che prevedono la diffida deZZe persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralitd e il rinvio� al luogo di residenza mediante foglio� di via obbligatorio (2). In riferimento agli articoli 2, 3, 13, 16, 17, 18, 25 e 27, secondo e terzo con,ima, della Costitu.zione, sono manifestaanente infondate le questioni di co�s'bituzionalitd relative agli artico�li 1, 2, 3, 5 e 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (3). (Omissis). -1. -Le questioni sollevate con le sette ordinanze si riferiscono allo stesso testo legislativo. Le relative cause sono state trattate congiuntamente e possono essere decise con unica sentenza. 2. -Sono stati denunciati, per violazione degli artt. 2, 3, 13, 16, 17. 18, 24, 25 e 27 della Costituzione, gli artt. 1 (e per relationem, l'art. 3), nonch� gli artt. 2, 4, 5 e 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (.Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit� � ). (1-3) Le questioni sono state sollevate con le� seguenti ordinanze: 13 dicembre 1968 del tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale, 26 febbraio 1969 n. 52); 19 dicembre 1968 del pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale, 12 marzo 1969, n. 66); 31 gennaio 1969 del tribunale di Vibo Valentia (Gazzetta Ufficialel, 9 aprile 1969, n. 91); 21 aprile 1969 del tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale, 13 agosto 1969, n. 207); 10 luglio 1969 del tribunaledi Torino (Gazzetta Ufficiale, 5 novembre 1969, n. 280); 18 settembre 1969 del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le questioni sollevate per gli artt. 1, 2, 3, 5 e 9 sono state pi� volte dichiarate infondate da questa Corte in riferimento ai richiamati artt. 2, 3, 13, 16, 17, 25 e 27 della Costituzione (sentenze n. 27 del 1959, n. 45 del 1960, n. 126 del 1962, n. 23 del 1964, n. 68 del 1964 e n. 32 del 1969). Quanto all'assunta lesione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, sotto il diverso profilo dell'irrazionale e discriminatoria duplicazione della pena, per il fatto che colui ohe sia sottoposto alla sorve glianza .speciale debba rispondere, insieme, di violazione dE!gli obblighi particolari impostigli (art. 9) e di violazione della norma di diritto comune che prevede un reato, tale motivo non pu� essere accolto, perch� altra � la situazione soggettiv.a di chi commetta un reato rispetto a quella �di chi lo commetta essendo sorvegliato speciale. N� ricorre la violazione dell'art. 3, secondo comma, dato che la disciplina denunciata non priva di sorvegliato speciale del diritto al mantenimento e all'assistenza sociale della'rt. 38 della. Costituzione. . Gli stessi criteri che sono stati adottati nella citata sentenza n. 27 del 1959, quanto al preteso eontrasto con l'art. 17 della Costituzione, valgono per la denunciata lesione dell'art. 18. 3. -Ind:ondata � anche la questione di legittimit� degli stessi articoli 1 e 2, avanzata sotto il profilo della m~ncata previsione dell'inter-. rogatorio dell'inquisito, da parte del questore. La Corte costituzionale ha ritenuto che l'interrogatorio dell'imputato sia necessario solo quando ci ompiano atti istruttori. Ci� non pu� dirsi per un procedimento che, come quello disciplinato dalla legge impugnata, sfocia in provvedimenti di polizia di sicurezza non preordinati al processo. 4. -Le doglianza, invece, sono fondate in ordine alla assunta violazione, ad opera dell'art. 4, secondo comma, dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, per la omessa previsione dell'assistenza tecnica obbligatoria del difensore (ordinanze del pretore e del tribunale della giurisprudenza di questa Corte, la quale, con la sentenza n. 53 di Torino). E fo sono, per carenza del diritto di .difesa, alla stregua del 1968, pronunciando l'illegittimit� costituzionale degli artt. 636 e 637 del codice di procedura penale, ha gi� esposto i motivi dell'incostituzionalit� dell'art. 4, secondo comma, che a quelle due norme espressamente si richiama (v. anche sentenza n. 69 del 6 maggio 1970). -(Omissis). pretore di Novi Ligure (Gazzetta Ufficiale, 26 novembre 1969, n. 299); 10 luglio 1969 del pretore di Legnano (Gazzetta Ufficiale, 28 gennaio 1970, n. 24). La sentenza n. 32 del 1969, richiamata in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1969, 210, con nota di richiami. In dottrina: ELIA, Libertd personale e norme di prevenzione, Giur. costit., 1964, 938; NUVOLONE, ibidem, 1964, 197; BARBERA, ibidem, 1969, 325. �' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 511 CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 77 -Pres. Branca - Rel. Crisafulli -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese) c. Presidente Regione Sarda (avv. Gasparri). Regione -Sardegna -Dipendenti regionali eletti a cariche presso enti autonomi territoriali -Oneri a carico degli enti. -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 51; St. reg. Sardegna, art. 3, lett. a). Per violazione dell'art. 3 lett. a deUo Statuto della Regione sarda, � Wegittimo l'art. 1, 2� comma, deUa legge della Regione deUa Sardegna approvata il 5� dicembre 1968, e riapprovata il 6 novembre 1969, disciplinante la posizione ed il trattamento dei dipendenti della Regione sarda eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, nella parte in cui, mediante rinvio alla legge statale 12 dicembre 1966, n. 1078, pone a carico degU enti o aziende locali gli assegni e relativi obblighi di trattenuta di cui all'art. 3, 1� comma n. 2, e commi 2�, 3� e 4�, della legge stessa (1). (Omissis). -1. -Come accennato in narrativa, la legge impugnata ha per oggetto la posizione ed il trattamento economico dei dipendenti regionali eletti a cariche presso determinati enti locali e ricalca sostanzialmente lo schema della corrispondente legge statale del 12 dicembre 1966, n. 1078, differenziandosene per� sotto un duplice aspetto. In primo luogo, stabilendo che detti dipendenti siano collocati in aspettativa d'ufficio, anzich� dietro loro richiesta; in .secondo luogo, ampliando l'ambito deg!i enti, l'assunzione ad uffici elettivi dei quali � presa in considerazione ai fini del collocamento in aspettativa. Rientrano, infatti, nelle previsioni della legge statale, oltre all'ufficio di consigliere regionale, quelli di presidente di giunte provinciali e di assessore di giunte di provincie con� pi� di 700.000 abitanti; di sindaco di capoluogo di provincie ovvero di comuni con pi� di 50.000 -abitanti; di assessore di comuni con pi� di 100.000 abitanti; di pre.sidente di enti e di aziende di enti autonomi territoriali con pi� di 1.000 dipendenti. Rientrano invece nelle pi� larghe previsioni della legge regionale gli uffici di presidente e assessore provinciale, senza distinzioni; di sindaco, o di assessore di comuni con pi� di 15.000 abitanti; di presidente di enti e aziende comunali, provinciali e consortili, senza riguardo al numero dei rispettivi dipendenti. La legge regionale rinvia poi alla normativa della legge n. 1078 del 1966 per quanto concerne il trattamento eco (1) La sentenza n. 60 del 1966, richiamata in motivazione, e massimata in questa Rassegna, 1966, 545. Sulle norme che regolano le cause di incompatibilit� con �il diritto elettorale passivo, cfr. sentenza n. 108 e n. 46 del 1969, in questa Rassegna, 1969, 378 e 377. 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nomico di aspettativa, ponendo a carico dell'ente presso cui i dipendenti regionali siano stati eletti l'onere della retribuzione ad essi spettante nell'amministrazione di appartenenza, ovvero, quando sia prevista una indennit� di carica, la differenza tra i quattro decimi di quest'ultima e la retribuzione anzidetta. Su questi due punti si accentrano le censure del ricorso, deducendosi -quanto al primo -che la legge de qua avrebbe creato una incompatibilit� senza riscontro nella legislazione statale, con violazione dell'art. 51 della Costituzione, che vuole garantito a tutti i cittadini l'accesso alle cariche pubbliche elettive in condizioni di eguaglianza; deducendosi altresi ~quanto al secondo punto -che la legge regionale, imponendo il concorso finanziario di enti locali che non vi sarebbero altrimenti tenuti, violerebbe l'art. 3, lett. a, dello statuto, incidendo su materia sottratta alla competenza legislativa della regione. 2. -La Corte osserva anzitutto che nel potere della regione di dettare norme in tema di � ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della regione e stato giuridico ed economico del personale � (art. 3, lett. a, dello statuto) rientra certamente quello di regolare nel modo pi� adeguato all'interesse del buon andamento dell'amministrazione regionale (art. 97 della Costituzione) la posizione dei propri dipendenti che siano stati eletti a pubblici uffici di enti locali. � vero quanto rilevato dalla Avvocatura dello Stato, che, cio�, disponendo nei confronti dei dipendenti che si trovino nelle condizioni indicate l'obbligatoriet� del collocamento in aspettativa, la legge regionale viene a configurare una incompatibilit� (meramente funzionale, � da soggiungere), che non �� invece prevista per situazioni analoghe dalla legge statale; ma ci� non offre motivo di censura, dal momento che le incompatibilit� sono cosa diversa dalla ineleggibilit� e sono per loro natura caratterizzate dal duplice riferimento alle due funzioni, il cui simultaneo esercizio si reputi, non irragionevolmente, lesivo dei pubblici interessi a ciascuna connessi. Incompatibilit� possono perci� essere stabilite dal punto di vista dell'uno o dell'altro ufficio, dell'una o dell'altra funzione od atti;vit�, purch� -beninteso -da chi ne abbia rispettivamente il potere. E questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare che, in linea di principio, nell'attribuzione di potest� legislativa sull'ordinamento di un ente � da ritenere sia compresa la competenza a dettare norme in tema di incompatibilit� (sentenza n. 60 del 1966): ora, tale � appunto il caso della competenza spettante' alla regione della Sardegna ex art. 3, lett. a, dello statuto. Certo, come pure � stato messo in rilievo nella ricordata sentenza, anche la disciplina delle incompatibilit�, per �i suoi possibili riflessi sul concreto esercizio del diritto elettorale passivo, deve conformarsi ai principi enunciati nell'art. 51 della Costituzione: tra i quali viene in primo luogo in considerazione nella specie, trattandosi di incompatibi PARTE �r, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 513 lit� funzionale con l'esplicazione attiva delle mansioni di servizio dei dipendenti regionali, il principio dell'ultimo comma, cui la legge in questione risulta perfettamente aderente. Essa, infatti, mentre assicura ai propri dipendenti chiamati a pubbliche funzioni la conservazione del posto e la integrit� delle pos.izioni economiche e di carriera, consente loro la pratica possibilit� di dedicarsi interamente ai compiti inerenti agli uffici cui sono eletti, senza interferenze di sorta con l'osservanza dei doveri ad essi derivanti dal rapporto di servizio con l'amministrazione regionale. '� 3. -Quel che invece la regione non pu� fare � di porre, in tutto o in parte, a c�i.rico degli enti locali presso .i quali i suoi dipendenti siano stati eletti a ricoprire determinat� uffici l'onere finanziario del trattamento economico a quelli attribuito, fuori delle ipotesi contemplate dalla legislazione statale. Deve, infatti, considerarsi pacifico che tra gli �enti amministrativi della Regione�, cui allude lo statuto nella lettera� a dell'art. 3, non sono inclusi gli enti ai quali ha riferimento la legge impugnata (provincie, comuni ed aziende rispettive): come risulta confermato a contrario dalla espressa previsione, in altre di~posizioni dello statuto e nello stesso art. 3, �sotto la lett. b, dei soli poteri specificamente attribuiti alla regione nei confronti di �comuni e provincie. Non avendo la regione il potere di prescrivere obblighi di spesa agli enti locali autonomi, essa non pu� estendere obblighi di tal genere ad enti locali diversi da quelli che vi sono tenuti a norma delle leggi statali, n� pu� modificare, per questi ultimi, la fattispecie costitutiva dell'obbligo, col trasformare da facoltativo in necessario il collocamento in aspettativa. Deve, perci�, ritenersi fondato il secondo motivo di censura dedotto nel ricorso e dichiararsi in conseguenza la illegittimit� costituzionale del secondo comma deli'art. 1 della legge regionale impugnata, limitatamente alla parte in cui ~ rinviando all'art. 3 della legge statale n. 1078 del 1966 -obbliga gli enti elencati nel primo comma, presso i quali i dipendenti regionali ricoprano le cariche elettive ivi anch'esse indicate, a concorrere all'onere derivante dal trattame~to economico complessivamente attribuito ai dipendenti medesimi a norma del medesimo art. 3, comma primo n. 2, e �comma terzo. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 78 -Pres. Branca - Rel. Fragali -Soc. Ronson (avv. Benvenuti, Sorrentino) c. Consorzio industrie fiammiferi (avv. Giannini, Jemolo, Mastrogiovanni) e S.A.F.F.A. -Presidente Consiglio dei Ministri -(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Privative per invenzioni industriali -Consorzio industrie fiammiferi Partecipazione di altre imprese -Impedimento -Riserva della 514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fabbricazione, importazione e vendita per il consumo di apparecchi di accensione a pietrina focaia -Questioni fondate di costituzionalit�. (Cast., art. 41; r.d. 11 marzo 1923, n. 56Q, art. 3; convenzione annessa artt. 1, 2, 9, 10 e 12; r.d.l. 26 febbraio 1930, n. 105 convertito nella legge 1� maggio 1930, n. 611, art. da 2 a 15; convenzione annessa artt. l, 2, 3, 10 e 12 d.Ig. 17 aprile 1948, n. 525 art. 1; convenzione aggiuntiva art. 12; d.l. 11 gennaio 1956, n. 2" convertito in 1. 16 marzo l,956, n. 109, art. 8). Per violazione delL'art. 41 della Costituzione deve dichiararsi l'iUegittimit� costituzionale. 1) dell'art. 3, ultimo comma, del r.d. 11 marzo 1923, n. 560 (sull'abolizione del monopoUo dei fiammiferi e l'istituzione in sua vece di una imposta di fabbricazione), nonch� degli artt. 1, ultimo comma, 2, 9, secondo comma, e 10 della Convenzione annessa al detto decreto, nena parte in cui essi impediscono ad altri imprenditori la partecipazione al Consorzio quando essa non sia in contrasto con fini di utilit� sodale; 2) deU'art. 12 delle norme di esecuzione allegate al decreto legislativo 17 aprile 1948, n. 525, reLativo alla rinnovazione delle convenzioni fra Lo Stato ed il Consorzio industrie fiammiferi; 3) degli artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9 del r.d.l. 2'6 febbraio 1930, n. 105, convertito nella legge 1� maggio 1930, n. 611, concernente i diritti erariali sugli apparecchi automatici di accensione; 4) degli artt. 1, .2, 3 e 10 della Convenzione annessa al predetto decreto legge: 5) dell'art. 8 del d.l. 11 gennaio 1956, n. 109, sul diritto fisso dovuto per La detenzione di apparecchi di accensione. In applicazione deU'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve dichiararsi inoltre la iHegittimit� costituzionale: a) degli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 11 de:Lla Convenzione annessa al suindicato r.d.L. 26 febbraio 1930, n. 105; b) dell'articolo unico del r.d.l. 18 gennaio 1932, n. 14, convertito nella legge 7 aprile 1932, n. 356, riguardante rinnovazione della Convenzione tra lo Stato e iL Consorzio per quanto concerne la importazione, la fabbricazione e vendita degli apparecchi di accensione a pietrina focaia; c) dell'art. 4 d.lg.Lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, relativo aiia proroga delle Convenzioni stipulate fria lo Stato e il Consorzio. @ -~~ ..~ (Omissis. -1. Le cause vanno decise con una sola .sentenza a W causa della loro connessione, dato che per il monopolio degli aceendi-r.:::: (1) La que"1one � mta introdotta eon o'di"""'" 14 novemb�e 1968 . del '.!Tibun'1e di Milano (Gazzetta Utf. 26 mru-w 1969, n. 78) e eon O'<il-~ ~ ::~ " 1=: -~~JZl7MSS1fil'.ilif~~7~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 515 tori � in discussione la sua funzione protettiva di quello dei fiammiferi. 2. -Deve disattendersi l'istanza Ronson diretta alla v-erifica della legittimit� del decreto istitutivo del consorzio per eccesso dai limiti della delegazione contenuta nella legge 3 dicembre 1922, n. � 1601, sul cui fondamento il decreto fu emanato. La questione ha formato oggetto di esame da part�e del Consiglio di Stato, che ne ha dichiarata la manifesta infondatezza; il che influisce sulla causa promossa dal tribunale di Milano. Da respingere sono le richieste del consorzio e della SAFFA di provocare un pi� approfondito esame della rilevanza delle questioni proposte, sia sotto il profilo di una asserita inconferenza della questione rispetto al tema della causa promossa innanzi al tribunale di Milano, che riguarda una pretesa concorrenza sleale, sia sotto il rifi.esso di una allegata perplessit� e insufficiente motivazione del giudizio espresso dal Consiglio di Stato sull'attuale vigore dell'art. 4 del d.lg.lgt. 12 ottobre 1944, n. 317. Anche �su tali questioni i giudici del processo di merito hanno rispettivamente proceduto a diffusa indagine; e peraltro le parti j suddette non avver.tono che il giudizio di rilevanza su questioni di legit I timit� icosti:tuzionale deV1e essere condotto sulla linea di una mera delibazione. 3. -Sono state .sottoposte al giudizio di questa Corte anche alcune I disposizioni di convenzioni fra Stato e Consorzio allegate :;id atti legislativi od aventi forza di legge, e disposizioni esecutive pure annesse ad atti di tale natura: si tratta di disposizioni che, per espressa dichia.razione contenuta in tali atti, ne fanno parte integrante e perci� ne acquistano il vafore. 4. -Per quanto concerne la denuncia di illegittimit� costituzionale delle disposizioni del r.d. 11 marzo 1923, n. 560, indicate nell'ordinanza del Consiglio di Stato, la Corte osserva che, anteriormente alla emanazione di quelle norme, la vendita dei fiammiferi occol'trenti per il cqnsumo interno era stata riservata all'amministrazione finanziaria (art. 1 d.lg.lgt. 31 agosto 1916, � n .10'90). L'amministrazione avrebbe dovuto rifornirsi acquistando il prodotto da tutte le fabbriche esistenti, in una proporzione corrispondente al �contributo che ciascuna di esse aveva dato per approvvigionare il mercato del triennio 1911-1913 (art. 3 terzo comma d:lg.lgt. predetto); all'amministrazione era dato il potere di limitare � l'uscita � dei fiammiferi dalla fabbrica in modo da mantenerla nella misura dei� tempi normali di vendita� (art. 7, primo comma, nanza 29 aprile 1969 del Consiglio di Stato (Gazzetta Uff. 24 settembre 1969, n. 234). Sull'art. 41 della Costituzione cfr. Corte cost. 10 giugno 1966, n. 65, in questa Rassegna, 1966, 973). In dottrina: VARANESE, FIAMMIFERI, v. dell'Enc. del dir. 516 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stesso decreto). Cosicch� veniva indirettamente a limitarsi la produzione per il consumo, la quale, in tal modo, risultava contingentata per quote specifiche. Tale ordinamento non trov� attuazione, perch� il Ministro delle finanze non determin� il giorno dal quale essa avrebbe dovuto avere applicazione (art. 11 decreto citato); e fu sostituito da quello disposto con le norme denunziate. Queste, emanate nell'esercizio della delegazione accordata al Governo con la suddetta legge 3 dicembre 1922, n. 1601, abolirono il �monopolio� statale di cui al citato d.lg.lgt. 31 agosto 1916, n. 1090, e istituirono � in sua vece � una imposta di fabbricazione sui fiammi:fe.ri; ma istituirono anche un consorzio obbligatorio fra i produttori dei fiammiferi destinati al consumo interno, al quale fu affidata, non solo la vendita, ma altres� la fabbricazione dei prodotti suddetti. Il consorzio doveva garantire il gettito di tale tributo (art. 5, ultimo comma, r.d. 11 marzo 1923, n. 560) e prendere in consegna una quantit� di marche corrispondente a quella dei fiammiferi estratti da -ciascuna fabbrica (art. 7 norme allegate al d.lg. 17 aprile 1948, n. 525); doveva distribuire le marche fra le imprese consorziate (art. 5, terzo ~~a, r.d. del 1923) e rendere mensilmente il conto delle marche esitate (art. 5, secondo comma, stesso decreto); doveva ripartire i contingenti di produzione fra le imprese predette (art. 5 convenzione allegata al citato decreto del 192�3) e distribuire fra i rivenditori di generi di monopolio il prodotto finito (art. 7 stessa convenzione). Con la costituzione del consorzio si volle certo attuare la direttiva, segnata dalla legge di delegazione suindicata, di � ridurre le funzioni dello Stato � nella materia tdbutaria: il consorzio ebbe attribuite quelle incombenze che erano state in precedenza riservate a.ll'amministrazione finanziaria dal d.lg.lgt. 31 agosto 1916, n. 1090, e ne rimase certo agevolato il conseguimento dei fini fiscali. Ma � altrettanto sicuro che la scelta del sistema consortile, non essendo stata ripetuta negli altri decreti emanati in base ai poteri delegati, fu ispirata a quelle �singolari situazioni dell'industria dei fiammiferi alle quali accenna la relazione al disegno di legge di conversione del decreto del 26 febbraio 1930 sugli accenditori, che d� al sistema adottato d::il decreto del 192.3 il merito di aver permesso � all'industria italiana dei fiammiferi di svilupparsi ed affermarsi e re'sistere alla politica di assorbimento del trust svede�se �; il che si �! certo risolto anche nella protezione dei lavoratori impegnati nel settore. Forse anche � esatto opinare che l'istituzione del consorzio, secondo quanto esso assume e secondo quanto assume la SAFFA, doveva permettere una distribuzione capillare delle merci, in quanto prodotto di consumo generale; vero � comunque che hanno ragione le parti quando deducono che il consorzio assolV'.e ad un tempo a fini fiscali e a fini economico-sociali, eppertanto l'obbligo dei produttori di assoggettarsi� ad una disciplina comune si pu� giudicare imposto, a parte le ragioni fiscali, nell'esercizio PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 517 razionale della potest� normativa di prescrivere all'iniziativa privata limiti destinati a realizzare fini di utilit� sociale (art. 41, secondo comma, della Costituzione). Ci� che �suscita problemi di legittimit� costituzionale � invece il modo di organizzazione del consorzio. Il Consorzio venne chiuso agli imprenditori, non indicati nell'art. 3 r.d. del 1923, che non avessero domandato di parteciparvi entro un dato termine (art. 1 convenzione allegata a tale decreto), e lo Stato si impegn� a non consentire per il tempo successivo l'insediamento di nuove imprese (art. 10 stessa convenzione). Quest'obbligo fu attenuato con l'art. 4 del d.lg.lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, che diede al Ministero delle finanze la facolt� di dar licenza per nuove imprese che avessero l'oggetto di produrre fiammiferi per il consumo interno; ma esattamente il Consiglio di Stato ha giudicato che la norma non � riuscita a dare al consorzio una struttura rispettosa della libert� di iniziativa privata. Il Ministero pu� esercitare la facolt� conferitagli solo nel caso di necessit� di approvvigionamento o di 'introduzione di nuovi processi di fabbricazione ritenuti vantaggiosi dal punto di vista economico e fiscale, cio� in ipotesi del tutto eccezionali; e non convince la tesi del Consorzio e della SAFFA, per cui la facolt� ministeriale �si riferisce anche ad ipotesi in cui la necessit� di approvvigionamento � provocata da accadimenti straordinari: l'eccezionalit� o la straordinariet� nella specie � insita nel concetto di necessit�, per�ch� � ovvio �che una domanda di partecipazione al Consorzio potrebbe essere accolta, in base alla norma predetta, soltanto quando alla .sopravvenuta �necessit�� non potessero provvedere gli imprenditori consorziati mediante ammodernamenti, ampliamenti, nuovi finanziamenti, e cio� in casi impossibili o difficili ad avverarsi, data la posizione economica e finanziaria del Consorzio. Tanto pi� che, in base all'art. 36 delle norme allegate al r.d.l. 18 gennaio 1932, n. 14, il Consorzio � tenuto ad introdul're nella fabbricazione dei fiammiferi, 1su richiesta dell'amministrazione finanzia:ria, quei perfezionamenti e quelle innovazioni che siano riconosciuti vantaggiosi dal punto di vista tecnico �e da quello economico; cosicch� resta impedito l'apporto perfezionativo o innovativo di imprenditori estranei fino a quando il perfezionamento e l'innovazione possono essere realizzati nel senso del consorzio, o quanto meno si consentono al consorzio e ai consorziati scelte meramente discrezionali fra l'accettazione di apporti estranei e l'attuazione diretta delle opportune modificazioni nel processo produttivo. Di fatto, nell'arco di venticinque anni, in virt� dell'art. 4 del d.lg.lgt. del 1944 sono state accordate licenze soltanto �con riferimento a casi eccezionali: una fu data ad una societ� siciliana costituitasi sotto il regime del governo militare alleato, e quindi senza dubbio a titolo di sanatoria, l'altra fu rilasciata per il Territorio libero di Trieste, ce.rto in correlazione alla 1situazione internazionale in cui questo si trovava, che esigeva autonomia di rifornimenti. Si noti che, ~ i I I I 518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel secondo caso, l'autorizzazione fu data al Consorzio, non ad un consorziato, e che in Consorzio dovette modificare lo statuto (d.m. 8 luglio 1952); cosicch� rimane acclarato che la �necessit�� di approvvigionamento idonea ad allargare la base soggettiva del consorzio, anche secondo l'interpretazione data all'art. 4 del d.Ig.Igt. del 1944, poteva appagarsi mediante !''immissione di nuovi imprenditori nel consorzio soltanto ove non avessero potuto sopperirvi lo stesso consorzio o i consorziati neanche mediante il ricorso a mezzi straordinari adeguativi dell'ordinamento produttivo e dell'ordinamento giuridico del consorzio. � chiaro che questo sistema blocca e scoraggia ogni iniziativa d'insediamento di nuov�e imprese da parte di terzi; epper� non si potrebbe obiettare che, nel periodo preso in considerazione, non siano state fatte proposte di allargamento dell'organizzazione consortile n� siano state respinte istanze a tal fine avanzate. � allora del tutto irrilevante, quanto meno ai fini dell'odierno processo costituzionale, discutere se il predetto art. 4 del d.Ig.lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, sia stato abrogato dall'a.rt. 12 delle norme esecutive allegate al d.Ig. 17 aprile 1948, n. 525, che, nell'estendere alla produzione di esportazione l'obbligo dello Stato di non permettere l'insediamento di nuove imprese, non richiam� il potere ministeriale di licenza. Ammesso che l'art. 4 predetto sia sopravvissuto all'art. 12 su ricordato ( e la Corte non � chiamata a pronunziarsi a tal riguardo), il senso della norma non permette di decidere che l'ordinamento attuale del settore si accordi con la regola di libert� economica posta nell'art. 41, primo comma, della Co�stituzione. I limiti che possono essere prescritti a tale libert� (secondo comma predetto art. 41) non debbono essere tali da renderne impossibile o estremamente difficile l'esercizio; e, nella specie, quella impossibilit� o questa estrema difficolt� affiora senza alcuno sforzo di ricerca. Sostenere che l'organizzazione unitaria del settare doveva dare all'industria una sistemazione che servisse al suo incremento, al suo consolidarsi e forse anche a rendere possibile una distribuzione capillare dei fiammiferi, non vuol giustificare la necessit� di chiudere l'organizzazione ad imprese nuove; n� la legittimazione della soppressione dell'iniziativa economica pu� far.si risalire all'agevolazione che lo Stato riceve dalla � esistenza del consorzio nella soddisfazione dei suoi interessi fiscali: infatti non � escluso che analoga agevolazione sarebbe potuta venire dalla costituzione di un consorzio aperto. I programmi e i controlli che possono essere imposti all'attivit� economica privata (terzo comma del ricordato art. 41) non debbono poi sopprimere l'iniziativa individuale, potendo essi soltanto tendere ad indirizzarla ed a condizionarla. Quando alla riserva dell'art. 43 della Costituzione essa non copre il caso in decisione, poich� le norme sottoposte al giudizio di questa PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E-INTERNAZIONALE 519 Corte hanno dato alle imprese consorziate posizioni di privilegio che la legge �pu� riservare soltanto ad alcune categorie di enti od organismi indicate dalla Costituzione stessa. Nella parte in cui impedisce la partecipazione al consorzio di im prese nuove, il cui ingresso non risulti pregiudizievole agli interessi generali, il decreto del 1923 � pertanto lesivo della libert� economica. E in tali limiti deve dichiararsi illegittimo, secondo quanto sar� !indi cato nel dispositivo che segue. 5. -Altro deve dirsi per le norme che riservano al Consorzio industrie fiammiferi anche la fabbricazione, l'importazione e la vendita per il consumo interno degli apparecchi di accensione azionati da pietra focaia e delle parti e dei pezzi di ricambio dei medesimi (art. 2 r.d.l. 26 febbraio 1930, n. 105). In precedenza pure questa riserva era stata istituita a favore dello Stato (art. 1 r.d.l. 2 febbraio 1922, n. 281); ma l'art. 9, secondo comma, della convenzione allegata al citato decreto del 1923 disponeva che, ove lo Stato si fosse persuaso della convenienza di rinunziare anche a quel monopolio, a parit� di condizioni, avrebbe dovuto dare al Consorzio la preferenza nella � concessione � della fabbricazione e della vendita di quegli articoli. L'obbligo fu adempiuto con il citato r.d.l. 26 febbraio 1930, n. 105, il quale, nelle premesse, ebbe a richiamarlo; l'obbligo � anche ricordato nella relazione al disegno di legge di conversione, nella quale si fa parola di una vertenza arbitrale, ritenuta di esito incerto, che si era deciso di �risolvere in via transattiva, cio� rtservando al Con sorzio il settore degli accenditori c.d. poveri e lasciando allo Stato il settore rimanente. Se ne desume che i produttori di accenditori a pietra focaia furono assoggettati all'obbligo di consorzio, non per indirizzare la loro inizia tiva economica e coordinarla a fini sociali, ma per permettere allo Stato di adempiere transattivamente ad un obt>ligo ad esso fatto, che, essendo stato posto nell'interesse particolare del Consorzio, si rivela in contrasto con l'art. 41, .secondo comma, della Costituzione. Non si pu� obiettare che l'industria degli accenditori doveva necessariamente ancorarsi a quella dei fiammiferi, che dei primi sono succedanei: anteriormetite la fabbricaz-ione e la vendita degli accenditori aveva ricevuto un tratta mento distinto da quello dei fiammiferi, l'una essendo stata riservata � allo Stato, l'altra al Consorzio, e si riconosceva, in tal modo, che i due settori erano -scindibili, che la difesa collaterale dell'industria dei fiammiferi era bene assicurata dall'imposta di fabbricazione sugli accenditori e dal monopolio statale, e che non era necessaria un'organizzazione unitaria di questo secondo settore. Tanto quella difesa era assicurata che la citata relazione alla legge di conversione del decreto in esame giudicava che l'industria dei fiammiferi era gi� affermata al tempo del 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'istituzione del monopolio privato degli accenditori e capace di resistere alle pressioni economiche straniere di cui si � gi� fatta parola. Alla Corte � consentito di verificare lo scopo di una legge quando si contesta la legittimit� di quest'ultima nel confronto di una norma costituzionale che vincola ad un fine la discrezionalit� legislativa; e.d alla Corte � anche consentito di vagliare il rapporto di congruit� fra mezzi e fini, per .salvaguardare la libert� garantita contro interventi arbitrariamente restrittivi (Corte cost. 7 febbraio 1963, n. 12) o contro interventi che praticamente annullano il diritto primario inerente alla libert� stessa (Corte cost. 3 aprile 1963, � n. 39). Sotto questo secondo riflesso non � �sostenibile che la legittimit� �costituzionale delle norme in esame trovi sostegno in necessit� attinenti ad interessi fiscali. Il d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, incentr� tali interessi in un diritto annuale riscuotibile mediante vendita di marche-contrassegno, che l'utente deve apporre sull'accenditore o su un qualsiasi documento di riconoscimento personale. Il diritto predetto non viene accertato e corrisposto 1in misura della produzione di apparecchi, come era-antecedentemente per l'im�posta di fabbricazione, ma nella misura del consumo; e non � perci� corrisposto dal produttore, ma dall'utente, sia pure con corresponsabilit� del rivenditore per la marca di primo acquisto. Epper� tale ordinamento non rende congrua e razionale la limitazione della libert� di iniziativa dei produttori, del tutto estranei all'imposta, e del cui gettito non sono n� possono essere responsabili. Ci� � tanto vero che l'art. 3, secondo comma. del citato d.l. del 1956 attribuisce al Consorzio unicamente il compito della distribuzione primaria delle marche e, se � vero che ci� pu� dar luogo a riscossione anticipata del tributo, non si pu� dire che questo � garantito dal consorzio, perch� le marche che risultassero invendute alla fine dell'anno vengono sostituite con marche dell'anno successivo (art. 8 d.m. 4 febbraio 1956). Ora, appare del tutto assurdo che, per pr�>Vvedere alla distribuzione delle marche rappresentative del pagamento di una imposta da essi non dovuta, sia congruo imporre ai produttori di accenditori di riunirsi in organizzazione comune e di sottostare alle direttive che questa organizzaz.ione pu� impartire in merito alla loro attivit�. Non v'�, perci�, nelle norme denunciate alcun aspetto che resista al confronto con le norme costituzionali invocate; e se ne deve dichiarare l'illegittimit�. Il che non significa che al Consorzio fiammiferi non possa rimanere affidato il servizio di distribuzione e vendita delle marche per il diritto annuale, secondo le disposizioni dell'art. 3 del d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, ma vuol dire soltanto che il consorzio lo esplicher� non in quanto consorzio obbligatorio fra i fabbricanti di accenditori. 6. -Resta assorbita ogni altra questione. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 521 CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 79 -Pres. Branca -, Rel. Benedetti -Finanze c. Patrizi. Esecuzione forzata -Istituti autorizzati -Poteri del Ministro di Grazia e Giustizia -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost,, artt. 70 a 82, 87, 5� comma; r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 159, 3� comma). In riferimento agli artt. 87, 5� comma, e 70 a 82 della Costituzione, � infondata la questione di costituzionalit� dell'<art. 159, 3� comma, deUe disposizioni per L'attuazione del codice di procedura civile, che consente al Ministro di grazia e giustizia di stabilire modalit� e controlli per l'esenzione degli incarichi affidati agli istituti autorizzati all'incanto e aU'amministrazione dei beni (1). (1) La questione � stata sollevata con ordinanza 15 novembre 1968 del pretore di Recanati (Gazzetta Uff. 29 gennaio 1969, n. 25). La Corte ha dichiarato inammissibile la stessa questione con sentenza 23 novembre 1967, n. 118, in questa Rassegna, 1967, 927 Sui regolamenti ministeriali cfr. MoRTATI, Istituzione dir. pubblico, 1969. I I CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 80 -Pres. Branca -Rel. ~ r f ~ Rocchetti -Moruzzi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 1 i avv. gen. Stato Agr�). Ordinamento giudiziario-Controllo di costituzionalit� -Ammissibilit�. (Cost., disp. trans. VII; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). I Ordinamento giudiziario -Magistrati -Diversit� di funzioni -Pretori I � in sottordine� -Questione infondata di costituzionalit�. I (Cost., art. 25, 1� comma, 101 e 107, 3� comma; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 4, 31, 34, 1� comma, 39, 1� comma). In qualunque modo dovesse essere interpretata la VII disposizione transitoria della Costituzione, una voita avvenuta la revisione, sia pure parziale, deH'ordinamento giudiziario preesistente, le norme conservate, cui si inseriscono e sovrappongono le nuove, non possono sfuggire al sindacato di legittimit� costituzionale (1). 1-2) La questione � stata promossa con ordinanze del 14 novembre 1968, del pretore di Bologna (Gazzetta Uff. 12 marzo 1969, n. 66) e del 26 giugno 1969 del pretore di Torino (Gazzetta Uff. 5 novembre 1969, n. 280). Su problemi della magistratura cfr Corte Cost. 23 dicembre 1963, 522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In riferimento agli artt. 25, 1� comma, 101 e 107, 3� comma, della Costituzione, � infondata la questione di costituzionalit� degli artt. 4, 31, 34, 1� comma, e 39, 1� comma, dell'ordinamento giudiziario approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, i quali prevedono 7,'esistenza di magistrati di diverso �grado � e di pretori �in sottordine � e sono stati riplasmati dalle disposizioni di cui alla legge 24 maggio 1951, n. 392, che stabilisce che i magistrati ordinari si distinguono secondo le funzioni (2). n. 168, Foro it., 1964, I, 3, commentata da .ABBAMONTE in Giust. civ., 1964, III, 40. I In dottrina: PEDACE, Ordinamento giudiziario, v. d�l Novissimo dig., 1965, XII, 16; BARTOLE, Autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario, I 1969, 251. CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 81 -Pres. Branca -Rel. Rossi -Quaranta (n.c. ePresidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Procedimento penale -Esecuzione -Pagamento delle pene pecuniarie Questione di costituzionalit� -Inammissibilit�. (Cost., art. 3; r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701, art. 237 e 238). In quanto sollevata dal giudice dell'ufficio giudiziario cui appartiene il canceniere competente per L'esecuzione, � inammissibile la questione di legittimit� costituzioinale degU artt. 237 e 238 del r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701, per i quali la dilazione o la rateazione delLe pene pecuniarie pu� essere concessa, in presenza di garanzie reali o personali, a seguito di un procedimento meramente amministrativo al quale 7,'organo giudiziario, preposto alL'esecuzione penale, partecipa con l'emanazione di un semplice parere (1). (Omi.!Ssis). -La Corte costituzionale � chiamata a decidere se contrastino o meno con il principio costituzionale d'uguaglianza, per disparit� di trattamento tra cittadini abbienti e non abbienti, gli artt. 237 e 23,8 del r.d. 23 dicembre 1865, n. 2701 (c.d. tariffa penale), nella (1) La questione era stata introdotta, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 6 dicembre 1968 del pretore di Guastalla (Gazzetta Uff. 26 febbraio 1969, n. 52). In tema di conversione delle pene detentive cfr. Corte Cost. 27 marzo 1962, n. 29, commentata da GrANzr, in Giur. cost., 1962, 229. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 523 parte in cui richiedono al condannato di prestare garanzie immobiliari o personali perch� l'amministrazione finanziaria possa concedergli la dilazione del pagamento della pena pecuniaria. Occorre preliminarmente esaminare se la questione sollevata sia ammissibile in riferimento alla circostanza che il giudice a quo, a seguito della presentazione al cancelliere dell'istanza di dilazione, non era autorizzato ad emettere alcun provvedimento decisorio, ma un semplice parere, necessario perch� la domanda stessa potesse venire inoltrata all'amministrazione finanziaria ai fini della decisione di merito. � noto che la riscossione delle pene pecuniarie avviene iistituzionalmente a cura dell'affiministrazione finanziaria dello Stato, alle cui dipendenze operano, nel settore� specifico, le �cancellerie giudiziarie, e che ai sensi delle iimpugnate norme, modificate dall'art. 5 del r.d. 22 gennaio 1922, n. 200, compete all'intendenza di finanza accordare la dilazione al pagamento delle pene suddette qualora concordi nell'avviso espresso dal procuratore della Repubblica o dal pretore. In caso di dissenso, invece, l'intendente di finanza deve riferirne al superiore ministero che provvede in modo definitivo, salva, ovviamente, secondo i principi generali oggi vigenti, la possibilit� di esperire i comuni ricorsi giurisdizionali avverso il provvedimento ora menzionato. Da quanto precede risulta che le norme impugnate esplicano la loro efficacia nell'ambito di un procedimento meramente amministrativo, al quale l'organo giudiziario preposto all'esecuzione penale rimane estraneo, eccetto che per l'emanazione di un parere. Il controllo giudsdizionale della legittimit� del provvedimento emesso appartiene al giudice amministrativo. Consegue pertanto che il giudice a quo, cui non compete alcun pote.re decisionale in applicazione delle norme impugnate, non ha veste per poter sollevare la relativa questione di legittimit� costituzionale innanzi a questa Corte: la questione stessa deve essere quindi dichiarata inammissibile.~ (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 82 -Pres. Branca -Rel. Reale -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Pacia). Regione -Friuli-Venezia Giulia -Conflitto di attribuzioni -Nomina dei componenti le com.missioni per la tenuta del ruolo per agenti e rap presentanti di com.mercio -Spetta allo Stato. (St. reg. Friuli-Venezia Giulia, artt. 4 n. 6 e 8; d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, art. 8 e segg.; 1. 12 marzo 1968, n. 316, art. 4). Spetta allo Stato, e non alla Regione Friuli-Venezia Giulia, la competenza. a nomioore le commissioni per la tenuta dei ruoli degli a.genti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 524 e rappresentanti di commercio ai sensi deU'art. 4 legge 12 marzo 1968, n. 316 (1). (Omissis). -1. -I quattro ricorsi, di analogo contenuto, vanno riuniti e decisi con unica sentenza. 2. -Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rivendicato allo Stato la �competenza a provvedere, ai sensi della legge 12 marzo 1968, n. 316, alla nomina dei componenti le commissioni per la formazione e tenuta dei ruoli degli agenti e rappresentanti di commercio; ruoli istituiti presso le .camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura della quattro provincie (Trieste, Udine, Gorizia e Pordenone) della Regione Friuli-Venezia Giulia. Ed ha concluso perch� questa Corte annulli i quattro decreti in data 9 settembre 1969, con i quali l'assessore per l'industria e commercio della Regione ha nominato le commissioni nelle provincie suddette, cos� esercitando i poteri che l'art. 4 della legge sopra citata attribuisce ai prefetti. L'Avvocatura generale ha contestato che, ai sensi degli artt. 4 n. 6 e 8 dello statuto speciale (i quali sottopongono rispettivamente alla potest� legislativa primaria ed alla correlativa potest� amministrativa regionale la materia dell'industria e commercio), nonch� ai sensi degli artt. 8 e seguenti delle norme di attuazione dello statuto speciale (d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116), possa ritenersi demandata alla Regione, come invece � da questa sostenuto, la composizione delle commissioni in questione. Ci� ancorch� dalla legge statale, �che le ha istituite, siano disciplinate quali organi speciali delle camere di .commercio, enti pubblici locali che sono soggetti alla competenza regionale, ma solo nei limiti fissati dalle norme statutarie e di attuazione. I ricorsi sono fondati. 3. -La legge 12 marzo 1968, n. 3�16, la cui applicazione, per quanto attiene alle commissioni predette, d� luogo al presente conflitto di attribuzioni, � volta a stabilire, come si evince dai lavori preparatori (ed in ispecie dalle relazioni alle proposte di legge di iniziativa parlamentare, che, congiuntamente discusse, hanno condotto all'approvazione del testo attuale), una efficace ed organica regolamentazione della profes�sione degli agenti e rappresentanti di commercio, idonea a soddisfare varie aspettative, compre.se quelle della categoria, e ad integrare la disciplina, ritenuta insufficiente, risultante dalla legislazione in vi( 1) In generale, sui limiti della competenza regionale cons. Corte Cost. 22 dicembre 1961, n. 66. Con sentenza 15 dicembre l 967, n. 153 (in questa Rassegna 1968, 13) la Corte ha dichiarato che spetta .allo Stato la competenza a costituire le Commissioni per gli albi degli esportatori dei prodotti ortofrutticoli e agrumi anche nel territorio della Regione siciliana. In dottrina: PALADrsr Commento allo Statuto del Friuli Venezia Giulia. :ili =~~ filiWtrrfifiWfiffilfiffMfffffHf;illiITf1IffffillfffMfifffJillillill&1illffilEfllif:fff:f@llillifllifffffEINKf0ffffififfiffmfffff0fEJ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 525 gore. In particolare, la legge in esame ha inteso tutelare gli interessi professionali degli agenti e rappresentanti di commercio e, al tempo stesso, gli interessi di quanti partecipano ai settori della produzione e degli scambi. Ha e.reato, infatti; unsistema che non � diretto soltanto a dare pubblica notizia dei soggetti esercenti l'attivit� intermediaria, costituente, come � scritto nella relazione ad una delle proposte di legge (dpcumento n. 539, 4" legislatura, Camera dei deputati), �importante anello di congiunzione tra� le fonti di produzione e l'apparato commerciale di distribuzione�, ma � volto principalmente ad accertare i requisiti di idoneit� morale e tecnica dei ,soggetti predetti. Ci�, come sembra evidente, in considerazione sia del carattere fiduciario dell'attivit� da essi svolta nell'interesse degli imprenditori e della pubblica fede, sia delle esigenze del mercato internazionale, in particolar modo di quello della Comunit� economic� europea, nei cui confronti vigono per lo Stato italiano speciali impegni. L'accertamento summenzionato, nel sistema della legge, ha natura giuridica di atto avente funzione costitutiva della legittimazione all'esercizio dell'attivit� professionale e si estrinseca nella delibera di 1scrizione nel ruolo articolato in due elenchi, l'uno transitorio, l'altro effettivo. Per l'iscrizione nel ruolo, istituito presso la camera di commercio di propria residenza, occorrono nel richiedente (e, quand� si tratti di societ�, nei legali rappresentanti di essa) la qualit� di cittadino italiano, o, se straniero, l'appartenenza a Stato membro della e.E.E., ovvero la residenza in Italia, nonch� il godimento dei diritti �civili, il non essere interdetto o inabilitato, fallito o condannato per determinati gravi reati, il possesso del titolo di studio di scuola secondaria. � inoltre prevista qualche incompatibilit� e preclusione (artt. 5 e 6 della legge). La prima iscrizione ha luogo nell'elenco transitorio; la seconda in quello effettivo, dopo il decorso di un biennio dalla prima e la dimostrazione da parte dell'interessato di avere effettivamente svolto l'attivit� di agente o rappresentante. Come emerge dall'art. 9 della legge, che nel terzo comma prevede per i contravventori sanzioni penali, � fatto divieto, a chi non � iscritto nel ruolo, di esercitare le attivit� predette e sono, del pari, � vietati i contratti di agenzia o rappresentanza nei quali l'agente o il rappresentante non sia iscritto nel ruolo�. La formazione e la conservazione del ruolo provinciale � deman data alle commissioni sopra ricordate, aUe quali � attribuito il potere, non discrezionale, di ricognizione dei titoli il cui possesso � richiesto dalla legge per l'iscrizione, con effetti i quali incidono sul diritto alla esplicazione delle attivit� lavorative. Diritto suscettibile, sotto l'aspetto pubblicistico, soltanto di controlli autoritativi iniziali, al momento della iscrizione, e di controlli successivi, a seguito dei quali pu� anche essere disposta la cancellazione dal ruolo (art. 7, commi quarto, quinto e s�esto). 526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In relazione alle accennate finalit�, l'avere il legislatore affidato la tenuta dei ruoli provinciali alle commissioni predette, aventi sede presso le camere di commercio, risponde semplicemente ad un criterio generale di organizzazione dei relativi servizi e di opportuna ripartizione, su base territoriale, degli accennati compiti di accertamento e vigilanza sui componenti la categoria professionale, residenti nella provincia. Non mancano, d'al~a parte, nella legge in esame, e ci� � molto significativo, norme volte ad assicurare la uniforme applicazione della disciplina professionale nel territorio della Repubblica, garantendo a tutti gli interessati parit� di trattamento, nel rispetto dei principi di legalit� amministrativa, in ordine all'esercizio della propria attivit� professionale, anche fuori dell'ambito regionale. Agli stessi interessati, infatti, � accordato il diritto di proporre, contro le deliberazioni non definitive delle commissioni provinciali, e che negano la iscrizione o dispongono la cancellazione, ricorso alla commissione centrale presso il Ministero dell'industria (art. 8 della legge). Ed alla stessa esigenza di uniformit� risponde, altres�, l'attribuzione al prefetto, quale rappr�sentante del Governo nella provincia, del compito di nominare, con suo decreto, il presidente (che � lo stesso presidente della camera di commercio o un suo delegato) ed i membri effettivi e supplenti delle commissioni provinciali, scelti fra agenti e rappresentanti di commercio, che siano in posse:,so dei requisiti per la iscrizione nel ruolo effettivo, su designazione delle organizzazioni provinciali aderenti alle organizzazioni nazionali firmatari-e degli accordi economici collettivi della categoria. Ovviamente (come � confermato dalla prassi che viene citata dalla stessa difesa regionale) nell'esercizio delle attribuzioni affidategli il prefetto agisce in base a direttive impartite dal Ministero dell'industria. 4. -Le precedenti considerazioni dimostrano che la materia della disciplina della professione di agente e rappresentante di �commercio, dettata in modo unitario ed organico dalla legge statale in esame, risponde alla tutela di interessi generali che spetta soltanto allo Stato di perseguire, secondo i precetti di cui agli artt. 3 e 120, terzo comma, della Costituzione: interessi tali che non possono essere oggetto di provvedimenti diversi da regione a regione. La materia esula, quindi, dall'ambito regionale e deve ritenersi che non possa essere compresa ed inquadrata nelle attribuzioni, legislative e amministrative, della Regione Friuli-Venezia Giulia: precisamente in quelle concernenti l'industria e commercio, di cui all'art. 4, n. 6, in correlazione con l'art. 8 dello statuto speciale �ed agli artt. 8 e seguenti delle norme di attuazione pi� volte citate. 5. -Non valgono in contrario gli argomenti che la difesa regionale, richiamandosi anche al disposto dell'art. 32 n. 3 del testo unico appro:~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 527 vato con r.d. 20 settembre 1934, n. 2011, sui consigli provinciali dell'economia (ora camere di commercio), fonda sull'asserto �Che vari ruoli, elenchi ed albi di operatori economici sono tenuti presso le camere di commercio del Friuli-Venezia Giulia da commtssioni costituite con. provvedimenti degli organi della regione. Si tratterebbe di professioni, come quelle degli stimatori e pesatori pubblici, dei periti ed esperti, dei mediatori, degli agenti marittimi, degli spedizionieri, aventi, secondo la difesa regionale, affinit� con quella di agente o rappresentante di commel'cio. Orbene tali situazioni hanno rilievo di mero fatto e non possono, quindi, fornire argomenti per la soluzione, nel senso indicato dal~a Regione, del presente .conflitto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 86 -Pres. Branca - Rel. Fragali -Parasole ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. d�llo Stato Chiarotti e Casamassin:ia). Pena -Codice penale -Sospensione condizionale -Revoca di diritto -Questioni fondate di costituzionalit�. (Cost., artt. 3 e 27; cod. pen., art. 164 e 168). In riferimento all'arfJ. 3 della Costituzione, sono illegittimi gli articoli 164, comma secondo, e 168 del codice penale sulla parte� in cui dispongono che il giudice non possa esercitare il; porfJere di concedere o negare, per La pena da comminare, il beneficio della sospensione condizionale, o debba revocare di diritto la sospensione gi� concessa quando il secondo reato si lega con il vincolo de�lla continuit� a quello punito co-n pena sospe�sa; � del pari illegittimo lo stesso articolo 168 del codice penale, nella parte in cui, per l'ipotesi di successiva irrogazione di pena pecuniaria, non conferisce al giudfoe il potere di subordinare la revoca della sospensione della pena detentiva al mancato pagamento della pena pecuniaria (1). (Omissis). -1. -� indubitabile che ciascuna delle questioni proposte dalle tre ordinanze, solo per ragioni di rilevanza � stata riferita (1) Le questioni sono state proposte con le seguenti ordinanze: 8 novembre 1968 del pretore di Caltagirone (Gazzetta Ufficiale, 29 gennaio 1969, n. 25); 2 dicembre 1968 del Tribunale di Livorno (Gaz?.etta Ufficiale 29 gennaio 1969, n. 25); 16 giugno 1969 del pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale, 5 novembre 1969, n. 280). Sulla sospensione condizionale della pena in riferimento ai reati elettorali cfr. la sentenza della Corte Cost. n. 48 del 1962. 1Sul reato continuato cfr la sentenza n. 9 del 196.6.. 4 l ~ I ' ~ I ! ' 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO separatamente ed esclusivamente a uno solo dei numeri di cui si compone il primo comma dell'art. 168 del codice penale, mentre, per la loro sostanza, ogni questione riguarda tutte le fattispecie enunciate nello stesso articolo. Le cause debbono perci� essere decise con una sola sentenza. 2. -Sulla seconda delle questioni, esattamente il tribunale di Li~ vorno e il pretore di Torino rilevato che il caso di cui sono oggetto le loro ordinanze, riguardante fatti legati da nesiso di continuit� con altri puniti con sentenza rprecedente, non pu� essere trattato diversamente da quello in cui la continuazione � accertata con unica sentenza; per cui, come, in quest'ultimo caso, la pena pu� essere sospesa, nel concorso dei presupposti ,di legge, con riguardo al reato considerato nella sua unit�, cosi non dovrebbe revocarsi la sospensione della prima condanna quando la seconda, cumulata con la prima, non oltrepassi i massimi indicati nell'art. 163 stesso codice. Tale ragionamento investe il combinato disposto degli artt. 164, comma secondo n. 1, e 168, primo comma n. 2, nella parte in cui, quando il secondo reato sia in relazione di continuit� con altro gi� punito con pena sospesa, si esclude che il giudice possa esercitare il potere di concedere o di negare per l'intera pena il beneficio della sospensione condizionale e si impone che sia revocata di diritto la sospensione condizionale gi� concessa. Si muove, nelle ordinanze, dal contenuto che la giurisprudenza ha dato alle norme denunciate: infatti si � giudicato che la sospensione della prima condanna deve essere revocata quando la continuazione del reato emerge in un processo successivo. Con questo contenuto vivono perci� le norme predette; ma esse, nella sostanza, fanno dipendere l'esistenza del nesso di continuit� fra due reati da circostanze occasionali, e cio� a dire, dal fatto che la continuazione sia accertata in un solo tempo anzich� in tempi successivi, circostanze che non possono elevarsi a fondamento di una diversa disciplina. Assumere, coll'Avvocatura, che la scoperta di fatti anteriori alla prima condanna smentisca la presunzione di ravvedimento posta dal giudice a giustificazione del beneficio accordato, vuol dire denunciare l'irrazionalit� della distinzione, anzich� giustificarla: infatti nemmeno nel primo giudizio la continuazione pu� essere, di per s� sola, ragione di rifiuto del beneficio della sospensione, dovendo sempre verificarsene la rilevanza per decidere se possa presumersi che l'imputato si asterr� dal comemttere altri reati. La circostanza che il primo giudice non era a notizia che l'imputato aveva, in 1continuazione, ancora violato la legge penale, non pu� perci� impedire al secondo giudice di compiere gli apprezzamenti che avrebbe fatto il primo, e imporgli di sostituire, al suo libero convincimento, una presunzione legale di inopportunit� della sospensione. Tale inopportunit� non pu� spiegarsi nemmeno con il rilievo che l'imputato non rese noto al giudice di aver commesso i 'lj @iliiffil'if&filf:fffJfffffi'Jffff{ffK@iWfilfffTulftl@Hfilf@fl[fff[ffffilffffff@ill[[@][ffiffili10filf:m10rrftfilfai&JM1WJf=ZmflKtmJ[iliiib@�t~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. eOSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 529 nuovi reati, perch�, se cos� potesse ragionarsi, dalla norma si farebbe derivare una inconcepibile sanzione alla reticenza dell'imuptato; al quale invece l'ordinamento garantisce piena libert� di comportamento processuale, al riparo dalla presunzione della sua non colpevolezza. / Il legame logico tra gli artt. 164 e 168 del codice penale � indiscutibile: ed � irrazionale inibire al giudice chiamato a decidere sulla revoca della sospensione quegli apprezzamenti che egli pu� compiere quando deve decidere se la pena debba sospendersi. 3. -L'altra questione, quella proposta dal pretore di Caltagirone, pone in risalto l'incoerenza tra il principio adottato nell'art. 168 del codice penale, che non distingue pena da pena agli effetti della revoca di una precedente sospensione, e l'art. 164, quinto comma, stesso codice che, al contrario, agli effetti della concessione del beneficio della sospensione, differenzia caso da caso in relazione al tipo di pena che deve comminarsi con la seconda sentenza. Dato il rilevato legame logico che esiste tra concessione e revoca del beneficio, poggiare i poteri del giudice riguardo alla sospensione della pena su presupposti meno rigidi di quelli ai quali si informa il dovere di revocare la sospensione, � chiara prova della violazione del principio di eguaglianza: secondo la legge il giudice dovrebbe revocare il beneficio in casi in cui gli � invece permesso di concederlo e dovrebbe concederlo in casi in cui egli � tenuto poi a revocarlo. In particolare, il pretore di Caltagirone ha esteso il confronto fra l'art. 164 predetto e il successivo art. 168 all'ipotesi di successione di una pena pecuniaria a una pena detentiva, non espressamente regolata dall'art. 164, quinto comma, e ritiene che a fortiori il giudice pu� concedere il beneficio quando ad una pena detentiva debba seguire la pena pecuniaria che l'imputato sia disposto a pagare, essendo la fattispecie me-itevole di un pi� .benevolo apprezzamento, come indice, anzich� di un aggravarsi della spinta criminosa, al pari del caso contemplato dall'art. 164, quinto comma, di una attenuazione della spinta stessa. Il giudice a quo esattamente cio� opina che l'art. 164, quinto comma, permette all'imputat~ di godere del beneficio ove paghi entro un congruo termine l'importo della pena pecuniaria, senza far differenze tra il caso in cui la seconda sentenza deve comminare una pena detentiva e quello in cui deve ripetere una condanna a pena pecuniaria; in altre parole consente a colui che in due tempi successivi sia punito con pena pecuniaria e con pena detentiva, di fruire del beneficio della sospensione della pena detentiva, indipendentemente dal fatto che gli sia stata irrogata prima la pena pecuniaria e poi quella detentiva o viceversa. Cos� essendo, viene a dimostrarsi che l'art. 168 del codice penale viola l'art. 3 della Costituzione: la norma impugnata si manifesta lesiva della regola di eguaglianza nella parte 530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui npn distingue fra le due ipotesi e permett� che la revoca della sospensione possa pronunciarsi, con riguardo al caso di pena pecuniaria, anche quando la sospensione dovrebbe essere concessa secondo quanto � prescritto nell'art. 164. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 87 -Pres. Branca - Rel. Verzi -Carlon (avv. Barile ed Agostini), INAM (avv. Giorgianni e Fo�) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Previdenza e assistenza -Assistenza malattie -Lavoratore agricolo Questione infondata di costituzionalit�. (Cost., artt. 3 e 38; d.lg.lgt. 9 aprile 1946, n. 212, art. 4). In riferimeinto agli articoli 3 e 38 della Costituzione non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 del d.lg.lgt. 9 aiprile 1946 n. 212, il quale dispone che il diirtto aLle prestazioni assistenziali in caso di malattia sorge per i dipendenti daUe imprese� agricole (a differenza dai dipendenti dalle imprese industriali) con la iscrizione in particolari elenchi nominativi e decorre dalla data di validit� di tali elenchi (1). ' (1) La questione � stata introdotta con ordinanza del Tribunale di terni del 12 novembre 1968 (Gazzetta Ufficiale, 12 febbraio 1969, n. 38). La sentenza ha accolto la tesi dell'Avvocatura, la quale, ha sostenuto che la pvestazione d'opera in agricoltura presenta la particolarit� di esseve, durante l'anno, non solo discontinua, ma anche conseguente ad una pluralit� piuttosto rilevante di rapporti correnti con datori di lavoro diversi. La difficolt� di individuare tali singoli rapporti ai fini della costituzione della posizione previdenziale di ciascun lavoratore ha indotto il legislatore a cr�eare una vera e propria anagrafe di lavoratori agricoli, mediante la formazione di elenchi nominativi con validit� quinquennale, da aggiornarsi ogni tre mesi (art. 12 r.d. 24 settembre 1940, n. 1949) riflettente la situazione lavorativa di ciascun iscritto. L'iscrizione in detti elenchi, non essendo rimessa ad un apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione, ma conseguente all'accertamento della effettiva occupazione di ciascun interessato, non attribuisce alcun diritto al lavoratore, ma si risolve in un atto ricognitivo prima, e dichiarativo poi, del possesso da parte del prestatore d'opera di specifici requisiti condizionanti il sorgere di determinati dritti. Il che � confermato dal disposto del quarto comma dello stesso art. 4, per il quale, malgrado la non iscrizione, l'interessato pu� conseguire ugualmente le prestazioni, purch� esibisca un certificato dell'organo preposto alla formazione degli elenchi, attestante il titolo dell'interessato stesso ad esservi incluoo, titolo che, senza alcun dubbio, � costituito dalla prestazione di � lavoro subordinato in agricoltura. Da tutto ci� consegue che la diversit� di regolamentazione tra i lavoratori dell'industria e quelli dell'agricoltura non a ttiene al presupposto (prestazione di lavoro subordinato) del diritto -%. -%. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 531 all'assicurazione malattia, ma soltanto all'accertamento di tale presupposto, accertamento che � diverso nei due casi per la diversit� di situazione,_ Poich� tale diversit� giustifica la disciplina adottata dal legislatore, non sussisterebbe la violazione di principio di eguaglianza. La citata disposizione del quarto comma dell'art. 4 convince altres� che non vi � neppure violazione dell'art. 38 della Costituzione. La mancata iscrizione negli elenchi non preclude infatti il diritto a conseguire le prestazioni di malattia, se, anche in mancanza di tale iscrizione, l'assistenza � dovuta sol che si esibisca l'attestato della esistenza del rapporto di lavoro subordinato. Va rilevato infine che la disciplina dettata dall'art. 4; si risolve in un vantaggio, almeno per le categorie di lavoratori agricoli classificati eccezionali ed occasionali, per la modesta attivit� da essi svolta. Ed invero, qualora al sistema degli elenchi nominativi si sostituisse il sistema proprio di altri settori, detti lavoratori potrebbero vedere grandemente scemato il diritto alla assistenza malattia. In dottrina vedasi CHIAPPELLI, L'assicurazione di malattia, 1969, 107 segg. CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 88 -Pres. Branca - Rel. Trimavchi -Salvatori (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Corte costituzionale -Giudice � a quo � -Natura decisoria del prov vedimento emesso dal giudice istruttore -Ammissibilit� della questione di legittimit� costituzionale. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). Procedimento civile -Consulenti tecnici -Liquidazione di compensi Natura particolare del compenso -Questione infondata di legitti mit� costituzionale. (Cost., art. 36, 1� comma; legge 10 dicembre 1956, n. 1426, artt. 1, 3 e 4). Poich� in sede di liquidazione del compenso al consulente te�_nico d'ufficio, il giudice istruttore civile � organo giurisdizionale ed emette, nel. caso, un provvedimento decisorio, esso � legittimato� a so.ZZevare la questione di legittimit� costituzionale (1). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 2, 3, 4 della legge 1� dicembre 1956, n. 1426 (sui compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni �seguite a richiesta della'utorit� giudiziaria), in riferimento all'art. 36, comma primo, della Costituzione (2). 1-2) La questione � stata sollevata con ordinanza 30 giugno 1968 del giudice istruttore del Tribunale di Ferrara. Sulla incompetenza, in linea di massima, del giudice istruttore civile a promuovere questione di legittimft� costituzionale, cfr. Corte Cost. sentenze n. 109 del 1962, n. 44 del 1963. Sulla legittimazione del giudice istruttore, inparticolari casi, vedasi la sentenza n. 62 del 19~6. 532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ..~ CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 89 -Pres. Branca - Rel. Mortati -Greco (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Procedimento penale -Arresto ad opera di privati -Questione infondata di costituzionalit�. (Cost., art. 13, 3� comma; c.p.p., art. 242). In riferimentJo all'art.13, 30 comma, delLa Costituzione, non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 242 del codice di procedura penale, il quale consente, in presenza di determinate condizioni, l'arresto del reo ad opera di privati (3). (Omissis). -La questione sollevata dal pretore di Monopoli con cui si eccepisce la illegittimit� costituzionale dell'art. 242 del codice di Pl'ocedura penale, nella considerazione che l'arresto ivi previsto, per opera di un privato, di chi sia colto in flagranza di reato si pon~ in contrasto con l'art. 13, terzo comma, della Costituzione il quale consente l'adozione di siffatti provvedimenti provvisori restrittivi della libert� personale solo all'autorit� di pubblica sicurezza -, non a'ppare fondata. �. esatto che i provvedimenti in parola, costituendo deroga al principio consacrato nel citato articolo, che incentra nella sola autorit� giudiziaria ogni potere di �disporre misure incidenti sulla libert� delle persone, devono ritenersi di stretta interpretazione, e quindi non suscettibili di applicazione estensiva. Tuttavia � da ritenere che la facolt� conferita al privato dalla norma in contestazione non opera una vera estensione della portata propria della disposizione costituzionale, in quanto il privato, allorch� agisce in presenza delle condizioni e rimane nei limiti stabiliti dalla norma stessa, assume la veste di organo di polizia, sia pure straordinario e temporaneo, ed in conseguenza viene a godere, nell'esercizio delle funzioni pubbliche assunte, della stessa speciale posizione giuridica conferita agli ufficiali di polizia giudiziaria, come risulta dal n. 2 dell'art. 357 del codice penale. Ci� non diversamente da quanto avviene nell'ipotesi prevista dall'articolo 652 del codice penale che impone al ,privato, sotto comminatoria di sanzioni penali, �di prestare ,se richiesto, il proprio aiuto o la propria opera nella flagranza di un reato. Il fatto che in quest'ultima ipotesi (1) La questione � stata proposta con ordinanza del Pretore di Monopoli emessa il 3 febbraio 1969 (Gazzetta Ufficiale 2 aprile 1969; n. 85). In dottrina C. AMATOG Individuo e autorit� nella disciplina della libert� personale, 1967, 420 (nota 101); M. S. GIANNINI, Corso diritto amministrativo, 1965,. I-II, 290 segg.; SANDULLI, Manuale diritto amministrativo, 1969, 318 e segg, :: ~fdifilfilIT&fWfftG1Mffftm'ff%fM@fafdiliBf1fimiiififffif@fmf'filiiTINiifffffifffiinf8ffffKtfEilif'&filffiBbt".d PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 533 il privato obbedisca ad un ordine, conseguente all'accertamento della flagranza. stessa da parte di una pubblica autorit�, mentre nell'altra agisce di propria iniziativa e sulla base della constatazione della flagranza da lui stesso effettuata, non muta sostanzialmente il tipo di attivit� giuridica che egli viene ad esplicare nelle due ipotesi, diversificabili pertanto fra loro solo sotto l'aspetto quantitativo della durata del tempo di apprensione del colpevole fino al momento dell'intervento dell'autorit� ordinaria di polizia. In entrambi i casi esaminati si fa applicazione del principio generate della � collaborazione civica � in base al quale ogni cittadino �, secondo i casi; obbligato o fa.cultato a syolgere attivit� richieste, con carattere di assoluta e urgente necessit�, nel comune interesse, per far fronte ad eventi rispetto ai quali, data la loro eccezionalit� o imprevedibilit�, le autorit� costituite rion siano in grado di intervenire con la necessaria tempestivit�, oppure in misura sufficiente al bisogno. Il ricorso al privato nel caso denunciato deve farsi derivare dal richiamo che l'art. 2 della Costituzione fa all'osservanza dei �doveri di solidariet� sociale ., e che trova nel diritto vigente numerose specie di applicazione. La circostanza che il campo di azione consentito al privato dall'art. 242 sia pi� limitato di quello in cui si muove l'autorit� costituita e ~i limiti alla sola apprensione materiale del reo (e all'eventuale custodia delle cose costituenti il corpo del reato), non comprendendo la compilazione del processo verbale dell'arresto o qualunque comunicazione all'autorit� giudiziaria (mentre egli pu� pretendere dagli uffici di polizia il certificato del fermo da lui operato), discende dalla veste che viene ad assumere di organo straor�dinario, fornito, come tale, dei soli poteri strettamente necessari ad evitare il pericolo della fuga, e limitatamente al tempo anch'esso strettamente necessario ad operare la consegna dell'arrestato alla .pi� vicina autorit�. Analogamente la facoltativit� del potere ex art. 242 trova la sua ovvia spiegazione nell'esigenza di evitare al privato l'assunzione dell'obbligo di iniziative che, oltre a presentare pericoli alla propria integrit� fisica, possono far sorgere in lui ragioni di dubbio circa la sussistenza dei requisiti che, ai sensi dell'articolo stesso, sono necessari a legittimare l'arresto. Le considerazioni che precedono conducono a far concludere che la �disposizione denunciata non contrasta con il terzo comma dell'art. 13, non facendo a ci� ostacolo n� il fatto che quest'ultimo non ricordi espressamente il privato fra gli abilitati all'adozione delle attivit� ivi menzionate, n� la considerazione che alla potest� consentita' al privato non si adegui la qualifica di provvedimento, adottata dall'articolo stesso (in realt� detto termine non assume un significato tecnico, e pertanto � da interpretare come includente qualsivoglia misura, comunque adottata dal cittadino nella veste di titolare straordinario �di una pubblica 534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO funzione, assunta sotto la propria responsabilit�). Ci� semprech� l'attivit� esercitata si mantenga nei limiti derivanti dalla natura stessa del potere consentito, e che inoltre rimanga fermo il rispetto del limite massimo di vigenza di ogni provvedimento provvisorio qual � stabi~ lito dall'art. 13, con la conseguenza che l'inzio del termine di 48 ore prescritto per la comunicazione all'autorit� giudiziarta venga sempre fatto decorrere dal momento dell'arresto operato dal privato e non gi� da quello della consegna da parte sua all'autorit� di polizia. ...,..... (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1970, n. 90 -Pres. Branca Rei. Mortati -Minnitti (n.c.). Sicurezza pubblica -Riunioni non precedute da preavviso -Pene per co loro che prendono la parola -Parziale costituzionalit� della nor mativa. (Cost., art. 21; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, 3� comma). In riferimento aWart. 21 della Costituzione � illegittimo il terzo comma dell'art. 18 del testo� unico delle leggi di pubbliea sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coLoro che prendono la mrola essendo a cono~ scenza dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma (1). (1) La questione � stata proposta con ordinanza emessa il 10 giugno 1968 dal pretore di Brindisi (Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1968, n. 248) e con ordinanza emessa 1'8 ottobre 1969 dal pretore d� Verona (Gazzetta Ufficiai.e 10 dicembre 1969, n. 311). Sul primo comma dell'art. 18 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, la Corte si � gi� pronunziata con la sentenza n. 9 del 1956. In dottrina cons. PACE: La libert� di riunione nella Costituzione italiana, 1967. CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 94 -Pres. Branca - Rel. Chiarelli -Segantini (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). % Fallimento -Assoggettamento del solo imprenditore commerciale f~ ili ::::::~::::::::::,::::~,-:~~~ndma le que-~ "'�"e di legittimitd oootituzionale degli artkoli 2221 e.e. e 1 r.d. 16 --. I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 535 marzo 1942, n. 267, � con tutte ie norme di legge che ne derivano � i quali assoggettano ai faUimento soltanto gli imprenditori commerciali con esclusione deHa generalit� di cittadini ed anche dei piccoli imprenditori (1). 1 (1) La questione � stata promossa con ordinanza del Pretore di Roma emessa il 27 giugno 1968 (Gazzetta Ufficiale, 26 marzo 1969, n. 78). Sulla esclusione del fallimento del piccolo imprenditore vedasi anche la sentenza n. 43 del 1970, in questa Rassegna, 1970). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 95 -Pres. Branca Rei. Oggioni -Esattoria di Modena ed altri (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Imposte e tasse in genere -Procedimento di esecuzione esattoriale Questione infondata di costituzionalit�. (Cost., art. 3, primo comma, art. 24, primo e secondo comma, art. 25, primo comma; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 205). In riferimento agii articoli 3, 24 e 25 deHa Costituzione non � fondata ia questione di legittimit� deU'art. 205 dei testo� unico deHe leggi suHe imposte dirette (1). (Omissis). -1. -Con la suindicata ordinanza di rimessione, la questione di costituzionalit� dell'art. 205 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette viene sollevata sotto triplice profilo. Si assume che la surroga dell'esattore in procedimenti esecutivi immobiliari gi� iniziati da altri, avrebbe come conseguenza lo spostamento in ogni caso e la concentrazione degli atti da compiere, nell'ambito esclusivo dell'ufficio pretorile, a norma degli artt. 200 e seguenti del predetto testo unico: ci� con l'effetto di distogliere le parti interessate dal giudice naturale, garantito dall'art. 25 prima parte della Costituzione. Si assume, in secondo luogo, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, che la surroga dell'esattore al creditore procedente costrin (1) La questione � stata sollevata dal pretore di Modena con ordinanza del 30 ottobre 1968 (Gazzetta Ufficiale, 26 febbraio 1969, n. 52). Le sentenze della Corte n. 87 del 1962, n. 83 del 1966 e n. 115 del 1967 relative all'esecuzione esattoriale sono riportate la prima in Giur. it., I, 1, 1281 e le altre due in questa Rassegna, rispettivamente 1966, 780 e 1967, 727 con note di richiami. 536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gerebbe questi e sottostare coattivamente, senza possibilit� di contrapporre utili difese, all'iniziativa dell'esattore, con l'effetto di vedere neutralizzato il soddisfacimento dei propri diritti di credito. Infine, si assume che il trattamento di favore riservato all'esattore, risolventesi in una forma di autotutela, condurrebbe a porre i cittadini in genere, in condizioni di inferiorit�, perch� privati della garanzia loro derivante dall'espletamento dell'ordinario� procedimento concorsuale, con violazione dell'art. 3 della Costituzione. La questione, in tutti gli aspetti sotto cui � presentata, non � da ritenersi fondata. 2. -L'esecuzione cosiddetta esattoriale � gi� stata pi� volte espressamente considerata da questa Corte (sentenze n. 87 del 1962; n. 83 del 1966; n. 115 del 1967) come un procedimento particolare, che si conforma, sia pure accentuandolo, al principio della esecutoriet� degli atti amministrativi: e l'intervento direzionale del giudice pretorile ne significa e garantisce la giurisdizionalit�. L'art. 205 in esame ripete, perfezionandola, la formula adottata fin dal precedente testo unico n. 1401 (art. 65) e si pone dietro la scia di principii basilari, ai quali '� estraneo il dubbio di una arbitraria sottrazione ,di competenza alla ordinaria sede concorsuale. In particolare, le precitata sentenza n. 115 del 1967 ha fatto applicazione �di quei principii nel caso di rapporti tra esecuzione esattoriale e procedura concorsuale fallimentare (art. 206 t. u.). Va, conseguentemente, esclusa la non corrispondenza della norma in esame al principio che garantisce il rispetto del giudice naturale, inteso, secondo comune interpretazione, quale giudice precostituito per legge; ci� in quanto, nel caso, l'intervento e la sede dell'organo giurisdizionale risultano istituiti dalla legge in base a criteri generali fissati in anticipo e non gi� � a posteriori ., in vista di singole controversie. 3. -Quanto � detto al numero precedente, vale anche come premessa per escludere che l'art. 205 in esame contrasti con l'art. 24 della Costituzione. Questa Corte, con la seconda delle citate sentenze (la n. 83 del 1966) ha gi� esaminato a fondo il problema della compattbilit� dell'esecuzione esattoriale immobiliare con i diirtti �di azione e di difesa garantiti costituzionalmente, concludendo che questa garanzia debba riconoscersi operante, ove la si inquadri nel sistema della legge speciale, volto a tutelare il preminente interesse della pubbltca finanza mediante strumenti (atti amministrativi) dei quali � sempre ammiss~bile contestare la legittimit� ai sensi della'rt. 113 della Costituzione. Non sussistono n� vengono qui prospettati validi motivi che possano sorreggere diversa decisione. L'ordinanza di rinvio d�, bens�, rilievo al fatto che, secondo l'articolo 205 in questione, il creditore procedente o il debitore vengono ad PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 537 essere sottoposti alla rigorosa alternativa di pagare subito all'esattore l'importo del suo credito, ovvero di sottostare alla surroga. Tuttavia, siffatta situazione, a parte quanto si � detto, in generale, circa la razionalit� del sistema, non impone ma lascia al creditore procedente o al debitore, la scelta volontaria tra le due soluzioni, secondo i propri calcoli di convenienza. Qualora, a s~guito de! mancato soddisfacimento, l'esattore eserciti il diritto di surroga, proseguendo negli atti esecutivi gi� iniziati, perverr� ad ottenere il pagamento della� somma a condizione che � nell'esecuzione non siano intervenuti altri creditori aventi diritto di rprelazione prevalente o concorrente � (artt. 205 e 239 t.u.). Il diritto di intervento e di partecipazione di tutti i creditori del contribuente nella procedura davanti al pretore per concorrere alla distribuzione del prezzo, basta per escludere che il sistema ponga l'esattore in tale condizione di arbitraria supremazia da compromettere la difesa �di privati interessi. Inoltre, la eventualit�, quando il terzo incanto abbia avuto esito negativo, che l'immobile sia devoluto di diritto allo Stato per la minor somma tra il prezzo base e l'ammontare della imposta (art. 238 t.u.) non � tale da compromettere irrazionalmente la tutela dei diritti del creditore istante, come, invece,. prospetta l'ovdinanza di rinvio. La norma predetta, al pari delle altre del sistema, risponde alla immanente finalit� di ovviare al pericolo di lunghe dilazioni nella riscossione delle imposte, che deriverebbe dalla applicazione della legge ordinaria (art. 591 c.p.c.) con la possibilit� di moltiplic�zione degli incanti, a prezzo base estremamente rtdotto, a tutto vantaggio dell'eventuale � acquirente pi� che dei singoli creditori. 4. -Infine, nemmeno � fondata la questione, prospettata in relazione all'osservanza del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Questo principio, inv-ero, � applicabile quando vi sia omogeneit� di situazioni da regolare legislativamente in modo unitario e coerente, non quando si tratti di situazioni che, pur derivanti da basi comuni, differiscano tra loro per aspetti distintivi particolari: come nel caso in esame, caratterizzato dalla finalit� di natura pubblicistica di agevolare la sollecita riscossione dei tributi erariali. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 96 -Pres. Branca - ReL. Capalozza -Vella (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Misure di sicurezza -Computo del periodo di carcerazione preventiva Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p., art. 206, ultimo comma). , Considerata La dicotomia pena-misura di sicurezza prevista daUa Costituzione e la diversit� per natura e funzione della carcerazione pre 538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ventiva dalia misura di sicurezza, non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 206, ultimo comma, del codice penale, in base al quale non si pu� tener conto del periodo tras�orso in carcere di sicurezza (1). (1) La questione � stata pramossa con ordinanza emessa il 7 febbraio 1969 dal giudice di sorveglianza del tribunale di Mantova. Sulla natura e sulla funzione della carcerazione preventiva la Corte si � pronunziata pure con la sentenza n. 64 del 1970 in questa Rassegna, 1970, ... ed in Foro it., 1970, I, 1284, con osservazioni di P1zzonusso. CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 97- Pres. Branca - Rel. De Marco -Zangrilli ed altri (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Procedimento penale -Difesa dell'imputato -Gratuito patrocinio - Questione infondata di costituzionalit�. (Cost., artt. l, 2, 3, 4, 23, 24, .35 e 36; c.p.c., artt. 128 e 130; r.d. 28 maggio 1931, n. 602 artt. 4 e 5; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 18). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale de,gli articoli 128 e 130 del codice di procedura penale, che disciplinano, con gli articoli 4 e 5 del r.d. 28 maggio 1931 n. 602 contenenti le disposizioni di attuazione, la difesa d'ufficio per gli imputati ammessi al gratuito patrocinio, e dell'art. 18 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, contenente l'approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio, in riferimento agli articoli 1, 2, 3, 4, 24, 35 e 36 della Costituzione (1). ~'.~ ~:a ::% J � I I n (Omissis). -4. -Il pretore di Roma, con l'ordinanza 10 dicembre 1968, prende le mosse proprio dalla sentenza di questa Corte n. 114 del 1964. , Infotti, egli premette che questa Corte, con tale sentenza � dichia-~E ~:, ~ � rando infondata l'analoga questione relativa al gratuito patrocinio, f~< ~:=� riconduceva questo alle prestazioni obbligatorie previste dall'art. 23 l" .i:!" (l)La questione � stata sollevata con le seguenti ordinanze: 17 aprile � ~~; 1968 del pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale, 28 settembre 1968, n. 248); 12 w agosto 1968 del giudice istruttore del Tribunale di Vercelli (Gazzetta Uffi1:::: ciale, 30 novembre 1968, n. 305); 10 dicembre 1968 del pretore di Roma r= (Gazzetta Ufficiale, 26 marzo 1969, n. 78); 12 aprile 1969 del giudice istrut ,,:1: tore del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale, 22 ottobre 1969, n. 269). Nel giudizio si � costituito in proprio l'avv. Maurizio Catti, difensore b I lii f: ::~ . -~ - ' ' I m1r&mrff�fBff�mfmtr1fmmfftffffl&1rffrfffff:filftsftir1frffilsillfEffillffillErufJ&ffilfEf&ffrfffEf:Bmflliit~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 539 della Costituzione, avvertendo, peraltro, che in caso di prestazioni imposte ai liberi professionisti la presenza di vari presupposti valeva a legittimarla e fra questi indicava in particolare: � a) ragioni di interesse generale; b) condizioni di imposizioni tali, che la prestazione del servizio non trasformasse la libera professione in modo da annullare le soddisfazioni delle esigenze economiche e morali del soggetto >. Dopodich� il pretore rileva che: a) mentre la Costituzione garantisce la �difesa gratuita dei non abbienti, nulla dice per gli abbienti, cosicch� non sembra legittimo, proprio in relazione all'art. 23 della Costituzione ed alle finalit� di pubblico interesse che esso presuppone, imporre all'avvocato �di assumere il rischio patrimoniale di non essere retribuito, che giova soltanto al prevenuto; b) la difesa d'ufficio si �, in concreto, trasformata in una finzione tale da abbattere moralmente lo stesso avvocato che, per i suoi impegni, non pu� materialmente svolgere' con la debita seriet� il compito affidatogli senza vedersi ridurre e quindi, annullare quelle soddisfazioni economiche che l'incarico di fiducia, al contrario, gli conferisce. In base a questi rilievi il pretore ha sollevato la questione de legittimit� costituzionale degli artt. 128 del codice di procedura penale e 4 e 5 delle relative norme di attuazione, in riferimento agli artt. 23 e 36 della Costituzione. Precisati cosi i termini della questione, si rileva: L'art. 24 della Costituzione al secondo comma sancisce che la difesa � diritto inviolabile del cittadino in ogni stato e grado di procedimento. L'esercizio di tale diritto �, poi, praticamente imposto dalla normativa vigente in materia processuale. Nel giudizio penale l'imputato deve, a pena di nullit�, essere assistito dal difensore (art. 125 c.p.p.) e in base alla pi� recente giurisprudenza di questa Corte tale obbligo deve essere esteso anche al periodo istruttorio. In materia civile davanti al pretore le parti di regola non possono stare in giudizio se non con il ministero di un difensore; salvo i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti ai tribunali e alle Corti d'appello le parti debbono stare in giudizio col ,ministero di un 1procuratore legalmente esercente I dello Zangrilli, e la Corte ha deliberato, con ordinanza dibattimentale, la inammissibilit� di tale costituzione. ! , ' La Corte ha gi� esaminato la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 128, comma secondo, e 131 �.p.p., in connessione col gratuito ~ patrocinio, con la sentenza n. 114 del 1964, in questa Rasesgna, 1964, 1Q14. ~ La sentenza n. 23 del 1968, richiamata in motivazione, � pure riportata I' i in questa Rassegna, 1968, 170. > Sulla natura delle commissioni per il gratuito patrocinio cfr. la sentenza n. 98 del 1970 qu� di seguito riportata. I I I ! m:~~~ 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e davanti la Corte di' cassazione col ministero di un avvocato iscritto in apposito albo (art. 82 c.p.p). Davanti a questa Corte e davanti al Consiglio di Stato ed alla Corte dei conti � pure obbligatorio il patrocinio di un avvocato iscritto nell'apposito albo delle magistrature superiori. Ecco perch� gli esercenti le professioni forensi, in quanto dell'opera di essi il pubblico sio per legge obbligato a valersi, agli effetti della legge penale,, sono considerati persone esercenti un servizio di pubblica necessit� (art. 359, n. 1, c.p.). �, poi, molto significativo in relazione alla questione in esame che il secondo comma dello stesso art. 359 del codice penale considera persone esercenti un servizio di pubblica necessit� anche i privati che, non esercitando una pubblica funzione n� prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessit� mediante �n atto della pubblica Amministrazione, essendo evidente il riferimento alla materia ora soggetta all'osservanza del precetto di cui all'art. 23 della Costituzione. Ma in materia penale vi � di pi�: poich� l'imputato deve essere assistito dal difensore a pena di nullit� del giudizio, interessa tutta la collettivit� che quella nullit� non si verifichi e pevci� il'difensore d'ufficio deve essere nominato anche all'imputato abbiente che per qualsiasi ragione ne sia rimasto privo o, addirittura, non intenda nominarne uno di fiducia. Appunto in considerazione di quanto precede questa Corte non solo con la pi� volte citata decisione del 1964, n. 114, argomentando dall'art. 23 della Costituzione, ha escluso l'illegittimit� dell'imposizione agli avvocati dell'obbligo di difesa gratuita dei non abbienti; ma, con la decisione n. 23 del 1968, per il carattere di pubblico interesse, data la funzione di essenziale collabomzione con gli organi della giurisdizione riconosciuto alla professione forense, ha ritenuto legittima la corresponsione obbligatoria di predeterminati contributi alla Cassa nazionale di previdenza e di assistenza degli avvocati e procuratori, anche da parte di soggetti diversi dagli esevcenti tali professioni ed indipendentemente da tale qualit�. Ci� posto, il sostenere che l'imposizione dell'obbligo della difesa d'ufficio nel giudizio penale anche di persone eventualmente abbienti (che, quindi, in base all'art. 4 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale sono tenute a corrispondere l'onorario al difensore) esuli dalla previsione dell'art. 23 della Costituzione perch� � impone all'avvocato di assumere il rischio patrimoniale di non essere retribuito � � veramente eccessivo : infatti, come sopra si � posto in rilievo, la difesa dell'imputato, con o senza retribuzione, � di interesse pubblico, in quanto attiene alla validit� del giudizio che, alla sua volta, � di azione e di interesse pubblico; perci� la si pu� imporre. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 541 Sul .punto, poi, che una seria ed effettiva difesa di ufficio impegnerebbe talmente da annuUare la possibilit� dell'esercizio della professione libera, si � pronunciata questa Corte -sempre con la sentenza n. 114 del 1964 -osservando: �Ma nel caso in esame non v'� dubbio che la previsione, contenuta nella legge, di una saltuaria prestazione obbligatoria, eventualmente gratuita, non contvasta con l'indicata norma costituzionale (art. 23) n� col sistema di principi che da essa si ricava�. N� l'ordinanza di rinvio contie.ne argomenti tali da potere indurre questa Corte a mutare opinione. Dimostrato, cosi, che non pu� ravvisarsi alcuna violazione dell'art. 23 della Costituzione, in base ai princ�pi sopra richiamati, viene meno anche la prospettata violazione dell'art. 36. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 98 -Pres. Branca - Rel. De Marco -Chiesa (n.c.). Corte costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via principale -Commissioni per il gratuito patrocinio -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 134; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 5, 20 e 22). Poich� le commissioni per il gratuito patrocinio non sono organi giurisdizionali, � inammissibile la questione di legittimit� costituziona.le da esse sollevata (1). (1) La questione � stata proposta con ordinanza 18 gennaio 1969 dalla commissione per il gratuito patrocinio presso il Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale, 9 aprile 1969, n. 91). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 99 -Pres. Branca - Rel. Chiarelli -Di Carlo (avv. Bussi) c. SIRM (avv. Biamonti). Lavoro -Contratto di lavoro marittimo -Inapplicabilit� della disciplina dell'impiego privato -Questione infondata di costituzionalit�. (Cost., art. 39; r.d.1. 6 febbraio 1936, n. 337, art. 1 e 2; Cod. navig., art. 1034). In riferimento all'art. 39 della Costituzione, non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli articoLi 1 e 2 del r.d.l. 6 feb 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO braio 1936 n. 337, che, disciplinando la risoluzione del rapporto marittimo a tempo indeterminato, in connessione con l'art. )304 del codice della navigazione, non operano una riserva normativa a favore della contrattazione collettiva (1). (1) La questione � stata introdotta con ordinanza 3 maggio 1968 della Corte di Cassazione (Gazzetta Ufficiale, 28 dicembre 1968, n. 329). Sull'arti-� colo 39 della Costituzione cfr. Corte Cost. 19 dicembre 1962, n. 106, Foro it., 1963, I, 17 e 648, con nota di PERA. SEZIONE SECONDA GIU:RISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 442 -Pres. Flore -Rel. Leone -P. M. Trotta (conf.) Automobil Club d'Italia (avvocati Andrioli,' Ferri, Galateria e Piccardi) c. S.M.I.V.E. soc. p. az. (avvocati Benvenuti, Delitala e Guarino) e nei confronti del Ministero dei Lavori pubblici, del Comitato Centrale per l'albo costruttori presso il Ministero dei lavori pubblici, del Comitato regionale per l'albo costruttori presso il provveditorato alle opere pubbliche di Palermo, dell'Assessorato per i lavori pubblici della Regione siciliana e della Commissione per la formazione e la tenuta nell'albo regionale degli appaltatori presso I'Assessorato per i lavori pubblici della Regione siciliana (avvocato Stato Al�bisinni), della Amministrazione provinciale �di Messina (n.c.) e della Soc. p. az. Servizio Segnalazioni Stradali (avvocati Giannini e Paoletti) nonch� di quest'ultima .contro l'Automobil Club d'Italia e nei confronti di tutte le altre parti. \ Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdi zione -Rapporti con il procedin,iento al quale si riferisce -Effetti sulla notifica della istanza relativa. (c.p.p~ artt. 41 e 170). Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Rapporti con il procedimento al. quale si riferisce -Effetti della prosecuzione di tale procedimento. (c.p.c., artt. 41 e 367). Competenza e giurisdizione -Questioni concernenti lo stato e la capa .... cit� dei privati individui -Giurisdizione del giudice ordinario Limiti. (legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, artt. 1 e segg.; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054,, art. 28). Il regolamento preventivo di giurisdizione � una fase del procedimento nel quale si inserisce, fase rivolta a far precisare dalla Corte Suprema, con effetto vincolante per le parti e per il Giudice, quale sia 5 544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il Giudice, ordinario o speciale, cui spetti di conoseere la controversia; quindi, l'istanza di regolamento deve essere considerata atto dell'unico procedimento pendente, sul quale produce effetti diretti ed i~mediati, e di conseguenza la notij�eazione deve essere fatta, per Le parti costituite, al rispettivo pq-ocuratore (1). Il regolamento preventivo di giurisdizione � esperibile anche quando il giudizio pende davanti ad un giudice speciale e perfino la eventuale decisione nel merito da parte di questo, nonostante la pendenza del regolamento anzidetto di cui abbia pur legale conoscenza, non impedisce alla Suprema Corte di pronunciarsi sul rego('amento stesso dichiarando anche la giurisdizione di un giudice diverso (2). L'ultimo comma dell'art. 28 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, che attribuisce alla competenza esclusi12a dell'Autorit� giudiziaria ordinaria le questioni concernenti lo stato e la capacit� dei privati individui, si riferisce unicamente alle persone fisiche, mentre le analo,ghe questiol)'l,i relative alle persone giuridiche seguono la regola comune secondo cui il giudice amministrativo pu� conoscere con effetti limitati al giudizio principale le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti soggettivi, quando la soluzione di tali questioni funzioni da presupposto necessario per la decisione deUa controversia relativa ad un interesse (3). (1-2-3) La sentenza � pubblicata per esteso in Foro it., 1970, I, 1063. Sulle massime di cui si tratta cfr. ivi le note 1 e 2 nonch� di seguito le note 3 e 4, con ampi richiami di dottrina e di giurisprudenza. Su talune delle relative questioni cfr. altres� Cass., Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631, in questa Rassegna, 1966, I, 783 ed ivi, 784 nota 2, nonch� Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1965, n. 259 e Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1401 in questa Rassegna, 1966, I, 289 e segg. ed ivi note 1 e 2. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 448. -Pres. Marletta -Rel. Greco -P. M. Di Majo (conf.) -Cosimini (avv. Turco) c. Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste (avv. Stato Savarese) e Cosimini (avv. Doria). Competenza e giurisdizione -Legge ed atti avertti forza di legge -In cidertza sui diritti soggettivi -Provvedimento ablatorio avente forza di legge -Questione di legittimit� costituzionale -Giurisdi zione del giudice ordinario. (Cost., artt. 134 e 136, primo comma; legge 20 marzo 1865, 2248, all. E, art. 2). Quando la tutela giurisdiziol)'l,ale venga invocata in ordine ad una situazione originariamente di diritto soggettivo, sulla quale abbia incisa - PARTE 1, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 545 un provvedimento ablatorio ave111,te forza di legge, nel presupposto della illegittimitd costituzionale del provvedimento stesso, da dichiararsi dalla Corte Costituzionale, la giurisdizione awartiene al giudice ordinario (1). (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 24 giugno 1967, n. 1556 in questa Rassegna, 1968, I, 17 ed ivi not� 1-2. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 marzo 1970, n. 533 -Pres. Flore - Rel. Moscone -P. M. Di Majo (conf.) -Raparelli (avv. D'Abbiero) c. Mini.stero della Pubblica Istruzione (avv. Stato Gentile) e Vaccari (n.c.). Competenza e giurisdizione -Responsabilit� civile -Interessi legittimiRisarcibilit� dei danni per lesione di interessi -Esclusione -Improponibilit� della domanda. (e.e., art. 2043). Responsabilit� civile -Diritto al prestigio professionale -Tutela Esercizio di potere discrezionale della p. A. -Contemporanea lesione di diritto soggettivo e di interesse legittimo ,.. Configura bilit�. (e.e., art. 2043). Qando una norma (norma d'azione) impone alla pubblica Amministrazio111, e un determinato comportamento allo scopo diretto ed immediato di disciplinarlo in vista di un interesse pubblico, apprestando solo indirettamente ed occasionalmente una tutela giuridica al privato che si trovi in UM particolare situazione, tale tutela non pu� non. esaurirsi davanti al Giudice amministrativo, dapprima con l'impugnazione del provvedimento per illegittimitd e poi eventualmente, con il cosiddetto g.iudizio di ottemperanza: se cosi non fosse e se a seguito della pronunzia di annullamento fosse consentito proporre l'azione di risarcimento, la situazione originaria del privato verre�bbe ingiustificatamente ma necessariamente a trasformarsi da una posizione di interesse legittimo ad una posizione di diritto soggettivo (1). Il diritto al prestigio professionale � tutelabile no111, solo in sede penale ma anche in 'sede civile ed un determinato comportamento della p.a., pur nell'esercizio di un potere discrezionale, pu� in un caso con (1-2) La prima massima riguarda la questione della risarcibilit� degli interessi, risolta sempre negativamente dalla giurisprudenza: alla sentenza citata in quella, di cui si tratta (Cass., Sez. Un., 30 giugno 1969, n. 2371) 546 �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO creto risultare ai tempo stesso Lesivo non solo di un interesse legittimo ma altres� di un diritto soggettivo, qualora di per s� costituisca violazione della norma fondamentale dei neminem laedere (2). (Omissis). -Per trattare secondo un ordine logico le varie censure, occorre esaminare dapprima i due ultimi motivi, concernenti la domanda nei confronti del Mip.istero della P.I., e poi i primi tre, concernenti quella nei confronti della Vaccari, mentre anche all'interno di ciascuno gruppo � opportuno non seguire l'ordine adottato nel ricorso. Col quinto mezzo la Raparelli denunzia, in relazione ai nn. 1, 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 28 Cost., 803 cod. civ., 142 t.u. n. 577 del 1928, 32 t.u. n. 3 del 1957, 2 e 3 d.l. n. 237 del 1946, e 30 t.u. n. 1054 del 1924, dolendosi che la Corte di merito non abbia esaminato la domanda contro il Ministero della P.I. sotto il profilo che il diritto agli assegni speciali non percepiti e il diritto al rimborso delle spese sostenute in sede gerarchica sarebbero stati conseguenziali al provvedimento con cui venne data esecuzione alla decisione del Consiglio di Stato, e la abbia dichiarata improponibile sotto il profilo del risarcimento dei danni, affermando erroneamente la non risarcibilit� di danni derivati da lesione d'interessi legittimi e l'inesistenza di un diritto soggettivo della Raparelli all'assegnazione provvisoria. Si tratta di censure palesemente infondate. Non occorre soffermarsi sulla tesi della risarcibilit� dei danni che il 1privato assuma essergli derivati dalla lesione da parte della P.A. di un suo interesse legittimo: tesi respinta con costante giurisprudenza da questa Corte Suprema (da ult. n. 2371 del 30 giugno 1969), e a so .stegno della quale la stessa ricorrente ha speso pochissime parole, senza addurre argomenti nuovi. Al riguardo basta osservare che, quando una norma (norma d'azione) impone alla P.A. un determinato comportamento allo scopo diretto o immediato d.i disciplinarlo in vista di un interesse pubblico, e appresta solo indirettamente ed occasionalmente una tutela giuridica al privato che si trovi in una particolare situazione, adde tra le altre numerose, Cass. 15 ottobre 1968, n. 3291, Cass. 31 marzo 1967, n. 709 e Cass. 3 maggio 1966, n. 1109, quest'ultima in Foro it., 1967, I, 338 ed ivi nota 1 con ampi richiami. In dottrina v., per tutti, FoLIGNo, La pretesa responsabilit� della P.A. per lesione di interessi legittimi, in questa Rassegna,, 1963, 1 e segg. Sulla seconda massima cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 397, MAND�, In tema di responsabilit� della p.a. ,Per la migliore comprensione di entrambe le massime e per l'interesse delle questioni che vi hanno dato origine, tutte risolte nel caso di specie favorevolmente alla p.a., si ritiene opportuna la pubblicazione dell'intera sentenza. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 547 tale tutela non pu� non esaurirsi avanti al giudice amministrativo, dapprima con l'impugnazione del provvedimento per illegittimit� e poi, eventualmente, con il cosiddetto giudizio di ottemperanza. Se cos� non fosse e se, a seguito della pronunzia di annullamento fosse consentito proporre l'azione di risarcimento, la situazione originaria del privato verrebbe ingiustificatamente ma necessariamente a trasformarsi da una :posizione d'interesse J.egittimo a una posizione di diritto soggettivo. D'altra parte, sono facilmente criticabili gli argomenti addotti a sostegno della tesi che la Raparelli potesse vantare un diritto sqggettivo alla assegnazione provvisoria alla scuola statale delll.'Istituto Vaccari, e va comunque escluso che l'interesse di un maestro, con sede di servizio in un comune, ad essere assegnato provvisoriamente dal Provveditore agli studi a una scuola di un altro ,comune, pur mantenendo come sede di servizio effettiva quella anteriore, possa configurarsi come un interesse direttamente e immediatamente protetto da una norma norma di relazione) e costituisca, pertanto, un diritto soggettivo. Anzitutto, l'assegnazione provvisoria de qua non pu� confondersi con quella prevista dall'art. 142 del t.u. n. 577 del 1928 sull'istruzione elementare, la quale riguarda un trasferimento effettivo, anche se non definitivo, da una a un'altra sede, per motivi di servizio, nel corso dell'anno scolastico. Ad ogni modo, non � esatta rl'affermazione della ricorrente che, in materia di pubblico impiego, tutte le posizioni soggettive previste dagli artt. 31 e segg. del t.u. n. 3 del 1957 sullo statuto degli impiegati civili dello Stato costituiscano diritti soggettivi, perch�, per esempio, va escluso proprio un diritto soggettivo alla sede, in quanto le norme relative ai trasferimenti, sono da ,classificarsi come norme d'azione (cfr. Cass., S.U. n. 1419 del 1966). Inoltre, bene la sentenza I impugnata ha affermato che nessun diritto soggettivo scaturiva dalla civcolare con cui il Ministero della P.I. aveva impartito ai Provveditori agli studi istruzioni per la formazione di una graduatoria dei maestri aspiranti ad assegnazione provvisoria, ovvero dall'inclusione nella graduatoria, giacch� le circolari ministeriali costituiscono atti interni della P .A. che, se vincolano gli uffici dipendenti a un dato comportamento nello svolgimento dell'attivit� amministrativa, non possono far sorgere di per s� solo diritti soggettivi a favore dei privati. N� la Corte di merito avrebbe potuto ritenere, come vorrebbe la ricorrente, che neJ.la specie un diritto soggettivo fosse scaturito dal fatto che il Provveditore agli studi di Roma aveva portato a conoscenza dei maestri da lui dipendenti il contenuto della circolare, dopo averlo recepito in un suo proprio :i;irovvedimento, ovvero in quanto, a seguito dell'emanazione di quest'ultimo provvedimento, il quale, sempre secondo J.a ricorrente, avrebbe contenuto anche norme di relazione, il Provveditore sarebbe stato vincolato ad accogliere le domande dei maestri che si trovassero nelle previste condizioni. Tutto ci�, infatti, � frutto di confusione di 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concetti, giacch�, ove una pos1z10ne di diritto soggettivo non sia prevista in una norma di relazione .emanata con un atto avente valore di legge, essa non pu� mai sorgere per effetto di puri e semplici atti inerenti all'azione amministrativa, anche se un determinato ufficio sia tenuto a comportarsi, in quegli atti; in ottemperanza di disposizioni impartitegli da un ufficio superiore, o nell'eseguire di un proprio atto precedente. Infine, non poteva la sentenza impugnata esaminare la domanda sotto il profilo che un �diritto agli assegni speciali non percepiti e un diritto al .rimborso delle spese sostenute in sede gerarchica sarebbero sorti come diritti conseguenziali al provvedimento con cui il Ministero della P.I., in esecuzione della decisione del Consiglio di Stato, riconobbe che alla Raparelli spettava la richiesta assegnazione provvisoria. Invero, a parte che era stata proposta soltanto un'azione di risarcimento di danni, non � concepibile il sorgere del preteso diritto a rimborso per �effetto dell'atto amministrativo emesso in sostituzione di quello lesivo di un interesse legittimo. D'altra parte, se un diritto al conseguimento di assegni speciali era eventualmente sorto in conseguenza del nuovo provvedimento ministeriale, la relativa pretesa doveva farsi valere avanti al Consiglio di Stato, �l quale ha giurisdizione esclusiva per tutte le controversie derivanti dal rapporto d'impiego, ivi comprese quelle aventi per oggetto il pagamento di stipendi ed altri assegni. Col quarto mezzo fa ricorrente denunzia, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., 2043 cod. civ. e 323 c.p. In proposito �si duole che sia stata respinta la domanda di risarcimento dei danni provocati dal comportamento colposo del Provveditore agli studi di Roma, il quale con imprudenza e negligenza avrebbe avallato gli apprezzamenti ingiuriosi della Vaccari, assume che nella specie sussisteva una posizione di diritto soggettivo, per essere stati direttamente 1esi da tale comportamento il suo prestigio professionale e il .suo patrimonio (mancata percezione di assegni e spese legali), e osserva che un diritto tutelabile in sede penale pu� essere tutelato ancl�e in sede civile quando l'azione penale sia venuta meno, e' che una lesione patrimoniale pu� concorrere con la distinta violazione di un interesse legittimo. Anche questo mezzo va rigettato. � indubbio che la Corte di merito � caduta in errore, laddove ha affermato che il diritto al prestigio professionale � tutelabile unicamente in sede penale. Ed � del pari indubbio che un determinato comportamento della P.A., pur nell'esercizio di un potere discrezionale, pu� in un caso concreto risultare al tempo stesso lesivo, oltre che di un interesse legittimo, anche di il.Il diritto soggettivo, qualora di per s� costituisca violazione della norma fondamenta�le del neminem laedere. ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 549 Ma nella specie, anche a volere ammettere che il Provveditore agli studi di Roma avesse re8pinto la richiesta della Raparelli basandosi soltanto, imprudentemente ,e negligentemente, sug.Ji apprezzamenti sfavor, evoli della Vaccari, senza controllarne la fondatezza, un comportamento di questo genere non avrebbe certo leso in modo diretto e immediato n� il prestigio professionale n� il patrimonio dell'attuale ricorrente, giacch� in ogni caso simHi lesioni si sar,ebbero verificate come mera conseguenza della mancata assegnazione provvisoria e, quindi, della lesione di un interesse legittimo. Per quanto concerne la domanda proposta nei confronti della Vaccari, la Raparelli con il secondo mezzo denunzia, in relazione ai numeri 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e 1362 e.e., nonch� del t.u. n. 577 del 1928, del r.d. n. 1297 del 1928 e successive modificazioni, e del t.u. n. 3 del �1957, dolendosi che la Corte di merito abbia ritenuto che lo statuto dell'Istituto Vaccari e la convenzione da questo stipulata con il Ministero della P. I. conferiscono alla Vaccari, quale presidente del detto Istituto, il poter,e di vigilanza sull'attivit� didattica dei maestri della scuola statale funzionante presso l'Istituto stesso. La censura va rigettata, giacch�, attraverso varie argomentazioni apparentemente dirette a porre in luce er,rori di diritto e vizi ilogici, in sostanza tutta invece si risolve nell'inammissibile tentativo di sostituire una diversa interpretazione di tale statuto a quella compiuta con insindacabile apprezzamento dai giudici di merito. Sostiene anzitutto la ricowente che questi giudici non avrebbero considerato: a) che le norme dello statuto non sarebbero state formulate con riferimento alla scuola elementare statale funzionante presso l'Istituto, bens� con riferimento a una scuola non statale ad esso annessa, di cui all'art. 28 del r.d. 1� luglio 1935, n. 787; b) che ci� risulterebbe dagli artt. 5 e 6� dello statuto; e) che, diversamente da qu_anto affermato in sentenza, il sucaessivo art. 13 conferirebbe al Consiglio dell'Istituto, non al Presidente, il poter,e di sovraintendere all'andamento delle scuole annesse e, comunque, non vi comprenderebbe la possibilit� di un giudizio sulla attitudine didattica �dei maestri, spettante per legge al direttore didattico e all'ispettore scolastico. Ma cos� facendo, oltre ad esprimere con le argomentazioni di cui sub e) veri ,e propri apprezzamenti di fatto difformi da quelli della sentenza impugnata, si dimentica che questa, prendendo espressamente in esame identiche censure mosse contro la sentenza di primo grado, ha ritenuto che, appunto in considerazione degli scopi dell'Istituto Vaccari enunciati negli arti. 5 e 6 dello statutQ, alla cui reailizzazione serve la scuola elementare statale, non si pu� concepire una completa separazione fra il servizio scolastico da essa fornito e _la restante organizzazione dell'ente, e che, di conseguenza, i poteri di sorveglianza attribuiti dall'art. 13 dello statuto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 550 al Presidente devono evidentemente esplicarsi anche nei confronti della scuola stessa. Pertanto, rion vi � stata violazione dei principi di ermeneutica, n� omesso esame di punti decisivi. In secondo luogo, la Corte di merito sar,ebbe incorsa in una contraddizione nell'affermare, da un lato, il dovere degli organi dell'Istituto di non interferire nello stato giuridico dei maestri e, dall'altro, la � legittimit� della valutazione attitudinale della Raparelli da parte della Presidente, ignorando che una valutazione di questo genere � un momento dello stato giuridico (rapporto informativo) e ,rientra nella competenza del direttor,e didattico e dell'ispettore scolastico, e ignorando inoltre che l'atto della Vaccari determin� il diniego del trasferimento temporaneo (assegnazione provvisoria), il quale � un altro momento dello stato giuridico. Ora, � esatto che la valutazione delle attitudini didattiche degli insegnanti costituisce una tipica attivit� delle autorit� scolastiche a cui spetta redigere il rapporto informativo, e che essa incide nella formazione del loro stato giuridico; ed � esatto altresi che l'assegnazione temporanea di un maestro a una scuola � un atto determinante una variazione del suo stato giuridico. Tuttavia, ci� constatato, non si pu� accogliere nel resto l'argomentazione della ricorrente. Invero, allorch� la Vaccari espresse un giudizio sulle attitudini della Raparelli (e si noti che, secondo l'accertamento di fatto della sentenza, co,ntenne il suo rilievo nei limiti dehla valutazione delle attitudini ad attendere all'insegnamento nei confronti di minorati fisici), non interferi lilffatto nel di lei stato giuridico, ma forni semplicemente al Provveditore delle informazioni, che ,egli poteva e doveva valutare con assoluta discrezionalit�, senza restarne in aJ.cun modo vincolato. Il che del pari si verifica ogni qualvolta l'organo competente alla compilazione del rapporto informativo per l'impiegato si avvalga di informazioni da altri fornitegli. Col primo mezzo la ricorrente denunzia, in relazione ai nn. 1, 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., 2907 e.e., 4 � 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), dolendosi che la Corte di merito, la quale ritenne non necessaria l'esibizione dehla convenzione stipulata fra il Provveditorato agli studi di Roma e l'Istituto Vaccari per il funzionamento di una scuola statale presso quest'ultimo, abbia omesso di esaminare la sua eccezione subordinata di illegittimit� di tale convenzione e dehlo statuto dell'ente nei punti contrastanti con lo stato giuridico dei maestri di ruolo, sebbene si tratta.sse d'indagine decisiva, posto che vennero esclusi s~,a i reati di diffamazione e di abuso d'ufficio sia l'illecito civile solo perch� la Vaccari avrebbe esercitato �un potere legittimo conferitole dallo statuto. Va premesso che nella memoria ihlustrativa la ricorrente ha lamentato, fra l'altro, l'omesso ordine di esibizione della conrvep.zione, sebbene ci� non avesse formato oggetto di specifico motivo di ricorso, e che, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 551 comunque, ove si potesse esaminare tale doglianza, la Corte di merito, nei cui poteri discrezionali rientrava ogni decisione circa la necessit� o meno di acquisire il documento, non risulterebbe censurabile, avendo giustificato con adeguata motivazione H rigetto della relativa istanza. Va inoltre notato che, come si ricava dal verbale di udienza dell'8 marzo 1965 e dalla comparsa conclusionale della Raparelli, costei in grado d'appello ,si limit� a chiedere il.'esibizione della convenzione, allo scopo di meglio dimostrare che la Vaccari non aveva poteri di vigilanza sulle maestre, ma non eccepl affatto l'illegittimit� della convenzione ste,ssa, onde il giudice di appello non poteva prendere in esame la questione, n� questa pu� dedursi per la prima volta in sede di legittimit�. Per il resto, l'anzidetta censura � priva di fondamento, perch� non pu� dirsi affatto che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare la � questione della legittimit� o meno delle disposizioni statutarie, le quali, secondo l'interpretazione da essa acco'1ta, attribuivano alla Vaccari, nella sua qualit� di presidente dell'omonimo Istituto, il potere di controllare le attitudini delle maestre della scuola statale esistente presso I l'Istituto stesso a svolgere il particolare insegnamento ivi richiesto. Invero, la questione appare implicitamente affrontata e risolta laddove, dopo avere affermato che lo statuto attribuisce al Consiglio e al Pre I II ~ sidente il potere di sorveglianza sul servizio scolastico, si osserva che F.~ per� gli organi indicati devono astenersi, nell'esercizio di tale potere, dall'interferire nello stato giuridico degli insegnanti, indicando cosi i limiti contro i quali vanno interpretate le disposizioni statutarie. D'altronde, dopo quanto si � detto a proposito del secondo motivo di ricorso, � chiaro che ci� bastava per respingere l'eccezione d'illegittimit� dello statuto. Infine col terzo _mezzo la ricorrente denunzia, in relazione ai nu I meri 1, 3 ,e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p,c., 28 Cost., 51, 323 e 595 c.p., e 2045 e.e., e si duole che la Corte di merito abbia negato la sussistenza dei reati di diffamazione e abuso d'ufficio, affermando (a proposito del diritto al prestigio professionale) che la lesione di un diritto tutelabile penalmente non � perseguibile in sede civile dopo l'estinzione dell'azione'penale, e che l'esercizio di un potere � sufficiente da solo a escludere tali reati, e abbia omesso di esaminare nel merito la sussistenza dell'illecito civile. Anche queste ultime censure non meritano accoglimento. Anzitutto, l'affermazione erronea (cfr. quanto si � detto a proposito del quarto motivo di ricorso) deHa tutelabilit� del diritto al prestigio professionale esclusivamente in sede penale venne fatta dalla sentenza impugnata a proposito della domanda contro il Ministero della P.I., n� venne richiamata o incise �n alcun modo ,sul1a pronunzia relativa aUa domanda contro la Vaccari e sulla sua motivazione. In secondo luogo, non � esatto che la Corte di merito abbia affermato che, in ast:rat 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to, l'esercizio di un potere sia sufficiente da solo a escludere la sussistenza dei reati di diffamazione e abuso d'ufficio, vero essendo invece che essa si limit� a ritenere che, nel caso concreto, era da escludere il dolo dia parte della Vaccari, la quale aveva fatto esercizio del potere conferitOile dallo statuto dell'ente da lei presieduto, e non aveva oltrepassato i Hmiti .di tale potere. Concludendo, il ricorso va integralmente rigettato, con conseguente condanna della Raparelli alla perdita del deposito e al pagamento delle spese del giudizio di cassazione a favore dell'Amministrazione resistente. -(Omissis). ~~~~ ��-= .;~ rt-Ewrw.rtmirm111wmmrzmfffmmfffff&100mrffrr01rriffs%ITfillfffillfrt&Ff&ft1r1r1�rrtffmffffffITTrmfimrE&Ef&tfif~ SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 gennaio 1970, n. 171 -Pres, Vallillo -Est. D�ni -P. M. Pandolfelli (conf.) -Piscitelli (avv. Tassoni) c. Opera Valorizzazione Sila (Avv. Stato Agr�). Procedimento civile -Disdetta -Perdita del documento -Onere della prova -Prova testimoniale -Limitazioni per valore -Non sussi stono. (e.e., artt. 2721; 2724; 2729). Mandato -Mandato tacito -Prova -Presunzioni -Ammissibilit�. (e.e., art. 1703). La disdetta, quale atto unilaterale, non soggiace alle restrizioni stabilite in tema di contratti in 01�dine alla prova per testimoni e per presunzioni e pertanto, in �caso di perdita del documento, colui che intende giovarsene pu� in ogni caso avvalersi di taLi mezzi probatori con l'onere di provarne la esistenza; il contenuto, al fine di stabilirne la regolarit� formale e sostanzialit�; e la sua mancanza di colpa in tale perdita (1). (1) In senso conforme oltre alla sentenza 24 agosto 1954, n. 303, citata in motivazione, cfr. Cass., 17 giugno 1942, n. 1688 con riferimento alla disciplina dettata dall'abrogato codice civile (art. 1341). Che la disposizione contenuta nell'art. 2721 e.e., sui limiti di valore per l'ammissibilit� della prova testimoniale, si riferisca ai contratti, in quanto siano invocati come fonte di _diritti ed obblighi dalle parti, cfr. Cass., 23 maggio 1953, n. 1517. Sulla natura della disdetta, quale atto negoziale unilaterale e recettizio in senso stretto, diretta ad un soggetto determinato con efficacia al momento in cui perviene (art. 1334 e.e.) cfr. Cass., 30 maggio 1963, n. 1428; 18 giugno 1953, n. 1811. In dottrina ROMAGNOLI, voce Disdetta, in Enciclopedia del diritto; CARIOTA- FERRARA, Il negozio giuridico nel dir. priv. it., 1956, p. 154, il quale respinge il dubbio che la disdetta possa essere intesa come atto non negoziale e cio� consistente in una mera comunicazione della futura cessazione del rapporto, in quanto costituisce essa l'atto che ne determina la cessazione. 554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La esistenza di un tacito mandato pu� essere desunta anche mediante presunzioni con riferimento, in particolare, al comportamento interno ed esterno delle parti, in funzione della contemplatio domini (2). (Omissis). �-Con il primo motivo i ricorrenti -denunciando vfolazione :(j falsa applicazione degli artt. 6 della legge 12 maggio 1950, n. 230, ed unico della legge 25 luglio 1950, n. 525, 360 n. 3 c. p. c. deducono che ai fini del controllo dell'efficacia della diffida era indispensabile l'esibizione dell'originale, perch� solamente in tal modo avrebbe potuto darsi la prova di una valida manifestazione di volont� del Presidente dell'O.V.S. o di un suo procuratore speciale, e che la prova testimoniale era inammissibile, giacch� non era stato dimostrato lo smarrimento avvenuto per colpa, Il motivo � infondato. Deve subito premettersi che le restrizioni alla prova per testimoni e per presunzioni, che la legge stabilisce per i contratti, non possono estendersi anche alla disdetta, che � un atto unilaterale (Cass. 2ri agosto 1954, n. 3003). Chi, poi, invoca a proprio ~avore un documento, che assume e'ssere andato perduto, deve, in deroga alle limitazioni imposte dalla legge, dimostrare le seguenti circostanze: a) l'esistenza del documento stesso; b) il su.o contenuto, allo scopo di stabilire la sua validit� formale e sostanziale; e) la perdita verificatasi senza sua colpa. Orbene, la Corte di merito, attraverso un minuzioso ed esauriente esame delle prove acquisite (documenti e testimonianze) ha accertato l'esistenza ed il valido contenuto formale e sostanziale delle due disdette notificate nelle date 30 maggio e 30 luglio 1950 a Giuseppe e Luigi Piscitelli, affittuari dei fondi espropriati, deducendo, attraverso la ricostruzione delle 'stesse, �che non occorreva la loro produzione. Si sostiene pure che la Corte di merito avrebbe erroneamente interpretato e valutato le prove stesse, ma, in conformit� della consolidata giurisprudenza di questo Collegio, spetta al giudic~ di merito, individuare le fonti del proprio convincimento e valutarne le prove, controllarne l'attendibilit� e le conseguenze, scegliere fra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee, a dimostrare i fatti costitutivi della domanda (2) Giurisprudenza pacifica; cfr. Cass., 9 settembre 1963, n. 2454; 17 ottobre 1958, n. 3296; 4 giugno 1956, n. 1885; 31 luglio 1954, n. 2802. Il mandato non costituisce infatti un contratto formale onde l'incarico ben pu� essere conferito verbalmente ed essere accertato con ogni mezzo di prova, secondo le regole generali. Sul valor del contratto, al fine dei limiti di ammissibilit� della prova per testi cfr. MINERVINI, Il mandato, Utet, 1957, per il quale occorre tener conto del valore dell'atto di cui il mandatario � stato incaricato. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 555 o dell'eccezione, dar prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, rientrando tutto questo nel suo potere discrezionale ai sensi dell'articolo 116 c.p.c. N� il giudice di merito ha, poi, l'obbligo di esaminare analiticamente tutte le risultanze processuali, ma dopo averle valutate nel loro complesso, � solo tenuto ad indicare le ragioni del suo convincimento, restando in conseguenza disattese, per implicito, quelle prove che, pur non essendo state confutate, siano tuttavia incompatibili con la dedsione adottata. Perci� la valutazione delle risultanze processuali, effettuate dal giudice di merito, si risolve in, un apprezzamento dei fatti, il quale sfugge al sindacato in sede di legittimit�, salvo che sussista un vizio di motivazione, che non ricorre nel caso in esame. N�, infine, pu� e'ssere censurato l'apprezzamento della corte di merito relativo allo smarrimento delle disdette, avendo riscontrato la condotta dell'Ente pubblico priva di elementi di imprudenza e negligenza, anche in considerazione del tempo decorso dall'intimazione delle disdette. Con il secondo motivo i ricorrenti -denunziando omessa motivazione, omesso esame degli elementi probatori e violazione del giudicato interno (art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.), nonch� violazione degli artt. 1456, 1306, 1308 e 1708 c. c. -sostengono che la notificazione delle disdette a due soltanto degli affittuari non estendeva i suoi effetti anche agli altri due affittuari, ai quali l'Opera avrebbe dovuto comunicare la volont� di avvalersi della risoluzione di diritto non essendo ipotizzabile una rappresentanza di fatto, men,tre a nulla rileva l'acquiescenza del Giuseppe Piscitelli all'intertuzione del rapporto di locazione. Anche questa censura � infondata. Come ha avuto occasione di rilevare questa Corte (n. 2802 del 1954), l'esistenza di un mandato tacito ,pu� essere desunto da una serie di elementi presuntivi da valutarsi con riferimento in special modo all'esteriore comportamento tenuto dalle parti nei rappo,rti interni ed esterni, in funzione della � contemplatio domini�._-(Omi..~sis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 433 -Pres. Marletta -Est. Geri -P. M. Caccioppoli (diff.) -Comune di Corleone (avv. Restivo e Corso) c. Assessorati Igiene e Sanit� e LL. PP. della Regione Siciliana (avv. Stato Foligno). Procedimento civile -Appello -Parte vittoriosa -Riproposizione delle difese di primo grado -Appello incidentale -Non necessario. (c.p.c., artt. 343 e 346). 556 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Opere pubbliche -Concorso di enti pubblici nella realizzazione del l'opera -Deliberazione di assunzione di spesa -Efficacia vinco lante nei rapporti tra ~li enti. La parte vittoriosa non � tenuta a riproporre le proprie difese con appeUo incidentale, ma pu� semplicemente lim'itarsi a riprospettarle con comparsa di risposta e negli ulterio1�i scritti difensivi (1). La deliberazione con la quale il Comune stabilisce di concorrere, mediante assunzione di parte della spesa, alla realizzazione di un'opera pubblica (nella specie di un ospedale) che, seppure compresa tra quene poste a carico della Regione, soddi.~fa altres� ad un proprio specifico interesse, realizza un 1�egolamento d'indole pubblicistica dei rapporti di cooperazione tra gli Enti con efficacia vincolante, ancorch� non sia stata tradotta in un ben definito negozio giuridico (2). (Omissis). --Nel primo motivo del ricorso il ricorrente Comune sostiene che la Corte di merito non avrebbe potuto riprendere in esame la questione relativa al concorso di colpa, decisa �allo stato� dal Tribunale, senza che l'Amministrazione regionale avesse proposto appello incidentale. La c~nsura � priva di fondamento. Essa parte dal presupposto che sul predetto concorso di colpa si sarebbe formato il giudicato per difetto di impugnazione da parte dell'ente interessato. Trattasi per� di una prospettiva erronea ove si tenga presente che l'appellainte Comune invest� con il gravame, davanti al giudice di secondo grado, la statuizione sulla propria responsabilit�, negandola integralmente e giustificando, per contrasto, l'opposta difesa degli assessorati, che a loro volta negarono integralmente la propria, riproducendo le precedenti loro consider.azioni difensive. Torn� dunque in discussione l'intera materia del contendere, senza che l'appellante Comune di Corleone avesse eccepito, in 2<> grado, come (1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass., 7 maggio 1969, n. 1548; 29 aprile 1969, n. 1389; 9 aprile 1969, n. 1139, ecc. Il principio, come � noto, non si riferisce alla ipotesi di soccombenza su capi autonomi della sentenza, rispetto ai quali il riesame � possibile solo se sia proposta impugnazione in via incidentale. (Cass., 21 febbraio 1956, n. 488). Cfr. altres� Cass., 14 dicembre 1948, n. 3974 per la quale appunto la parte vittoriosa, ove intenda riproporre domanda di rivalsa nei confronti di un terzo gi� convenuto in prima istanza, per quanto eventualmente venisse condannato a pagare all'appellante, � tenuto a proporre appello incidentale. In dottrina, 8ATTA, Commentario, 1966, II, parte seconda, pagg. 120 ss. (2) Non constano precedenti in termini. La Corte di Cassazione dopo l'esame del problema concernente la imputazione giuridica, nei confronti PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZ.A CIVILE 557 Iavrebbe dovuto, il preteso difetto di appello incidentale da parte della Regione, sicch� la relativa questione risulta proposta per la prima volta in questa sede, pur potendolo ed anzi dovendolo essere in grado di I appello. ili fj Peraltro, a conferma dell'infondatezza di questo primo motivo, vale r pur sempre la. statuizione finale del Tribunale, il quale rigett� la domanda, malgrado l'affermazione nella parte motiva di un concorso di I colpa per ritardo della Regione, giustificando l'applicazione del principio secondo il quale la parte vittoriosa non � tenuta a riproporre le proprie difese con appello incidentale, essendo sufficiente la loro semplice prospettazione nella comparsa di risposta e nella ulteriori comparse o me I morie difensive (Cass. 13 settembre 1968, n. 2.940). Nel �secondo motivo del ricorso si sostiene la violazione e falsa I applicazione degli arit. 6 ed 8 della legge regionale 5 luglio 1949, n. 23, modi~cata con legge regionale 15 luglio 1950, n. 6�2, nonch� dei priq,cipi sulle obbligazioni legali della P.A. e sulla formazione dei contratti della stessa in relazione all'art. 1372 <;.c., ed infine insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia. Il Comune infatti non avrebbe assunto alcuna obbligazione nei confronti delle Amministrazioni regionali, con la propria deliberazione del 17 novembre 1950, la quale costituirebbe soltanto un atto interno, con valore limitato di mero antecedente della complessa fattispecie contrattuale d�ll'ente pubblico, non suscettibile di assumere il carattere costitutivo di un rapporto di diritto privato. Il motivo, forse esatto nella sua proiezione privatistica, � per� destituito di fondamento se venga riguardato sotto l'aspetto pubi;>licistico concernente l'esigenza della cooperazione fra enti ai fini della realizzazione di opere pubbliche. Occorre anzitutto porre in particolare risalto come nella presente controversia, non si discuta della responsabilit� del Comune ver�so i terzi espropriati dei fondi, sui quali insiste la costruzione dell'ospedale. Tale responsabilit� risulta ormai definitivamente ed irretrattabilmente accertata nei giudizi promossi, dai privati proprietari dei terreni a suo tempo occupati dal Comune e mai restituiti a causa della costruzione dell'ospedale. di terzi, degli effetti della attivit� compiuta per la realizzazione dell'opera pubblica al cui compimento abbiano concorso pi� Enti {cfr. Cass., 31 gennaio 1968, n. 313, in questa Rassegna, 1968, I, 419; 13 luglio 1968, n. 2496, ivi, 1969, I, 45; 6 maggio 1969, n. 1525, ivi, 461), con la sentenza che si annota affronta quello concernente il rapporto interno di cooperazione tra gli enti, esaminando e puntualizzando la efficacia per essi vincolante delle deliberazioni adottate nell'ambito del regolamento di indole pubblicistica, realizzato in funzione del compimento dell'opera nel comune pubblico interesse, ancorch� non tradotte in uno specifico negozio giuridico. / 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non interessa quindi in causa, se non indirettamente, l'accertamento dei rapporti fra la Regione ed il Comune ai fini di detta responsabilit�, ma ~nteressa accertarli esclusivamente ai fini dell'azione di rivalsa esercitata dal Comune, poich� la loro sussistenza o meno, la loro portata ed il loro eventuale atteggiarsi consentono di stabilire se detta azione sia fondata o infondata. � opportuno osservare, prima di procedere all'indicata [ndagine, che il carattere di antecedente necessario per la formazione di un vincolo giuridico negoziale attribuito alla delibera 17 novembre 1950, con la quale il Comune decideva di �intervenire � al fine di acquisire il fondo occorrente per la costruzione ospedaliera, non appare determinante per escludere un regolamento d'indole pubblicistica dei rapporti di cooperazione fra due enti pubblici per la costruzione di un'opera pubblica di comune interesse. In altri termini anche se la predetta delibera ed i successivi atti formali e materiali per la 'sua esecuzione possono o debbono essere considerati preparatori, e quindi non ancora tradotti in ben defi.!niti negozi giuridici, non per questo il Comune perderebbe la sua qualit� (peraltro gi� consacrata nei giudizi con i privati), di responsabile verso i terzi ed acquisterebbe il diritto di rivalsa di quanto ha dovuto versare a costoro. Ci� perch� il comportamento dell'Ente ed i corrispondenti suoi atti, quando siano rivolti alla soddisfaziO'Ile di un interesse pubblico generale ed al tempo stesso specifico dell'ente medesimo, possono essere sufficienti (e nella specie lo sono) non soltanto per renderlo obbligato verso l'esterno, ma per dar luogo ad una obbligazione propria. � questo un fenomeno comune ad ogni settore del diritto, anche se pi� spiccatamente rilevabile in quello pubblico, e si verifica quando la condotta volontaria ispirata al soddisfacimento di un bisogno proprio del soggetto a cui tale condotta va attribuita, crea effetti obbligatori non riferibili per delegazione, affidamento, mandato, rappresentanza od altre figure affini a nessun altro soggetto. Nella specie accadde che il Comune di Corleone, consapevole della grande importanza della costruzione di un ospedale nuovo e della istituzione di un corrispondente,ente ospedaliero circoscrizionale nel proprio territorio, volle evitare il pericolo che la Regione, priva di mezzi finanziari, anzich� por mano all'opera, si limitasse ad ampliare gli ospedali esistenti, con risultato manifestamente ridotto e meno rispondente alle moderne esigenze di assistenza sanitaria. Fu indotto perci� a partecipare agli oneri della erigenda costruzione, assicurando� a proprie spese il terreno occorrente per la realizzazione dell'opera, la quale rispondeva, pur essendo a carico della Regione, ad uno specifico pubblico preminente interesse delle popolazioni del Comune, nel cui territorio avrebbe dovuto sorgere. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 559 Questo intento, come � pacifico, giustific� e fu posto a base della deliberazione 17 !Il.Ovembre 1950 e di tutti i successivi atti, con i quali 11 Comune concretamente manifest� la volont� di cooperare attivamente, per la sua parte di spese spontaneamente assunta, alla realizzazione dell'opera pubblica. Non occorreva che le generali intese intercorse fra il Comune e l'Assessorato competente della Regione, in base alle quali il primo attu� cO!Il atti concreti, la cooperazione necessaria per conseguire il fine della costruzione di un nuovo moderno ospedale sul luogo, si traducessero in un preciso negozio giuridico, disciplinante pi� o meno minuziosamente i rapporti interni fra i due enti e la loro proiezione verso l'esterno, per ritenere l'insorgenza� dell'obbligo da parte del Comune stesso di sopportare l'onere dell'acquisto o della espropriazione del fondo. Era infatti sufficiente che l'uno o l'altro caso, ai fini della cooperazione e nell'ambito del compito da ciascuno assunto all'uopo, dimostrasse con atti concludenti di volere a proprio earico cooperare, entro certi limiti (che nella specie risultarono circoscritti per l'ente minore all'acquisizione del terreno), alla realizzazione dell'opera e che ci� si verificasse spontaneamente cio� in contemplazione di un proprio rilevante interesse e non gi� per effetto di un vincolo giur~dico legale o convenzio!Ilale. Il riferimento alle leggi regionali ed agli atti successivi con i quali la Regione, sostituendosi al Comune, port� a compimento l'espropriazione dei fondi, appaiono irrilevanti con riferimento alla situazione sopra delineata. Infatti la Regione non avrebbe realizzato l'opera, sebbene la legge regionale ponga a suo carico l'onere corrispondente, se fosse mancata la cooperazione del Comune, si sarebbe limitata ad ampliare l'ospedale gi� esistente ed avrebbe atteso tempi finanziariamente pi� propizi. Non pu� dunque il Comune invocare a proprio vantaggio la forza cogente di una legge, che non avrebbe avuto applicazione e soprattutto che non ripudia, ma anzi favorisce, la cooperazione fra gli enti ai fini della realizzazione di opere pubbliche di comune generale interesse. N� maggior pregio pu� avere il riferimento agli atti finali di espropriazione compiuti dalla Regione, per assolvere il Comune dal suo obbligo, appunto perch� gli stessi furono compiuti, come pone in rilievo la denunziata sentenza, a causa dell'inerzia del Comune stesso nell'assolvere ai propri compiti. Che, dunque, si voglia qualificare come delegazione o sostituzione o affidamento improprio il rapporto insorto fra i due enti (vedasi al riguardo Cass. n. 313 del 1968) ha relativa importanza, perch�. in ogni caso, il Comune � risultato responsabile verso i terzi per fatto proprio, e per la stessa ragione, essendosi assunto spontaneamente il carico della spese d'acquisto del fondo e avendo agito nel proprio prevalente interesse, pienamente compreso nei suoi fini istituzionali risulta del tutto privo di qualsiasi titolo, sia sotto il profilo pubblicistico che privatistico, per porgere un valido fondamento all'azione di rivalsa. -(Omissis). 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1970, n. 1036 -Pres. Pece Est. Fa1cone -P. M. Majo (conf.) -Azienda F.S. (Avv. Stato De Francisci) c. Ottan� (Avv. Flesca). Procedimento civile -Qualificazione della domanda -Limiti -Azioni risarcitoria da illecito e di responsabilit� per atti le~ittimi -Uni ficazione -Inammissibilit�. (e.e., art. 2043; legge 1865 n. 2359, art. 46; c.p.c., art. 112). Espropriazione per p. u. -Indennizzo -Valore venale. del bene -Valutazione. (legge 1865 n. 2359, artt. 39 e 50). L'azione di indennizzo per il nocumento sub�to da atti legittimi (art. 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359) non pu� unificarsi con quella risarcitoria da mecito (art. 2043 c. civ.) divergendo esse sia per il peti tum, limitato nel primo caso al detrimento che dalt'opera pubbiica sia stato arrecato al pat1�imonio immobitiare; sia per la causa petendi che, quale fatto giuridico costitutivo dell'azione, si sustanzia per la prima �nella liceit� della condotta e per la seconda nella itliceit� del fatto. In conseguenza, ove l'azione fatta valere in giudizio sia fondata sulLa responsabilit� per illecito, non pu� il giudice, senza esorbitare dai limiti deUa domanda, pronunziar la condanna del convenuto anche al ristoro del pregiudizio sub�to dall'attol/"e nei fondi posti in pl/"ossimit� dell'opera pubblica (1). Per dete!J"minare l'indennit� di espropriazione per p.u. occorre far riferimento al valore del fondo nel suo stato di consistenza alla data del relativo decreto costitutivo del trasferimento e pertanto dovr� tenersi conto della eventuale diminuzione di valore 1"erificatasi per vincoli di (1) La liceit� della condotta della P.A. circoscrive l'oggetto dell'indennizzo, ex art. 46 legge sull'espropriazione per p.u., alla parte sacrificata del valore intrinseco, effettivo ed attuale del bene che ha subito il pregiudizio, senza che sia possibile estenderlo al valore soggettivo e potenziale del bene leso, come si verifica invece, sia pure col rispetto del principio di causalit�, nel normale risarcimento del danno. (Cfr. Cass., S.U., 28 ottobre 1961, n. 2481 in Foro it., 1962, I, 271). Circa la impossibilit� di unificare l'azione da risarcimento per fatto� illecito con quella di cui all'art. 46 della legge 1865 n. 2359 la giurisprudenza � costante, cfr. Cass., 30 dicembre 1965, n. 2482; 29 aprile 1964, n. 1039; 12 ottobre 1959, n. 2762, in cui si precisa che, diversificando le due azioni nei presupposti, non � possibile la loro unificazione, pur essendo astrattamente ammissibile un concorso in senso alternativo. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 561 inedij�cabiiit� imposti con legge in epoca antecedente, quantunque posteriore alla preventiva occupazione del fondo medesimo da parte dell'espropriante (2). (Omissis). -Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, l'amministrazione delle Ferrovie dello Stato sostiene che i giudici di merito hanno pronunciato extra petita nell'attribuire alla Ottan� -la quale aveva proposto soltanto la domanda di risarcimento dei danni derivatile dall'occupazione ultrabiennale del fondo su cui era stata realizzata l'opera pubblica -una somma non richiesta, per un titolo non dedotto, e cio� una indennit� per il danno consistente nella inedificabilit� del fondo medesimo in conseguenza della avvenuta costruzione del raccordo dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria. La censura, circoscritta al vizio di extra petizione, per essere stato accordato, con una pronuncia eccedente i limiti della pretesa, non tocca la questione -oggetto del secondo motivo -se il diritto all'indennit� di cui alla citata norma dell'art. 46 della legge sulle espropriazioni per pubblico interesse non spettasse -in ipotesi -alla Ottan� nei confronti dell'ANAS, quale costruttrice dell'opera pubblica da cui era derivato il suddetto danno al fondo poi espropriato dalle Ferrovie dello Stato, anzich� nei confronti di queste ultime. La censura stessa � fondata. Ed invero, dal riesame degli atti del processo, consentito a questa Corte per l'accertamento dell'attivit� compiuta dalla parte quando in relazione alla stessa sia denunciato un errore in procedendo del giudice, non risulta che sia :stata proposta la domanda poi accolta dai giudici di merito con la statuizione censurata. La Ottan�, con la citazione 12 marzo 1965, in seguito all'occupazione temporanea e d'urgenza di due porzioni dell'aranceto di sua propriet� disposta dal Prefetto di Reggio Calabria (in data 6 dicembre 1960 e 6 giugno 19<61) e non seguita nel biennio dal decreto di espropriazione, ha chiesto il risarcimento dei danni subiti indicandoli analiticamente: nel �valore del suolo espropriato, corrispondente al prezzo che lo stesso avrebbe avuto in una libera contrattazione di vendita; nella distruzione delle colture in atto al momento dell'occupazione; nella mancata perce (2) In senso conforme Cass., 16 maggio 1967, n. 1019, in Foro it., 1968, I, 517. Cfr. altres� Cass., 26 luglio 1967, n. 1970, in Giust. civ., 1967, I, 1767; T. Napoli, 8 novembre 1967, in Riv. giur. edilizia, 1968, I, 81. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 562 zione dei frutti a decorrere dallo stesso momento. E, nel prospettare tali profili di danno, non ha fatto nemmeno riferimento all'occupazione definitiva, nel frattempo intervenuta (maggio 1962), di altra parte dello stesso fondo da parte dell'ANAS per la costruzione del raccordo della autostrada Salerno-Reggio Calabria, occupazione dalla quale conseguiva, per effetto dell'art. '9 della legge n. 729 del 1961, l'inedificabilit� lungo detto tracciato di una zona della profondit� di 25 metri nella quale ricadevano le porzioni gi� occupate dalle Ferrovie dello Stato. N� una domanda, come quella accolta dalla Corte di merito poteva ritenersi implicitamente compresa nell'ambito della formulazione, per quanto ampia, di una pretesa rivolta a conseguire sotto i suoi diversi aspetti, il solo risarcimento per i danni dipendenti dal comportamento illecito delle Ferrovie dello Stato. La pretesa rivolta ad ottenere il ristoro del pregiudizio di ordine materiale e giuridico sub�to dai fondi posti in prossimit� dell'opera pubblica, di cui sia causa il fatto della costruzione di questa ultima non pu�, infatti, essere unificata con la domanda di risarcimento dei danni, da cui differisce per petitum e per causa petendi. Le due azioni, di responsabilit� da illecito (art. 2043 e.e.) e di responsabilit� da atto legittimo (art. 46 1. 25 giugno 1865, n. 2359) si diversificano, infatti, sia per il petitum che nella prima si estende a tutto il pregiudizio derivato all'altrui sfera giuridico-patrimoniale e non soltanto al detrimento arrecato dall'esecuzione dell'opera pubblica al patrimonio immobiliare, sia per la causa petendi e cio� per il fatto giuridico costitutivo dell'azione, che va ravvisato, nel primo caso, nell'illiceit� del fatto e, nel secondo caso, invece, nella liceit� della condotta della pubblica amministrazione. (Cass. 30 dicembre 1965, n. 2482.; Cass. 29 aprile 1964, n. 1030). Nessun mutamento del thema decidendi si � poi verificato quando, dopo la pronuncia del decreto di espropriazione da parte del Prefetto di Reggio Calabria (12 febbraio 1966) la Ottan� ha preferito proporre opposizione alla stima dell'indennit� con citazione del 6 aprile 1966, anzich� insistere, come sarebbe stato sufficiente per raggiungere lo stesso risultato pratico, sulla domanda giudiziale da lei proposta. Quando, infatti, il decreto di espropriazione interviene dopo che l'occupazione sia divenuta illegittima, mentre � gi� in corso il giudizio promosso dal proprietario per ottenere il risarcimento del danno sub�to in conseguenza della perdita dell'immobile illegittimamente occupato ed utilizzato dalla pubblica amministrazione, non � necessaria, ove il proprietario insista sulla domanda giudiziale gi� da lui proposta, la opposizione alla stima prevista dall'art. 52 della legge n. 2359 del 1865, in quanto che, in tal caso, come il diritto di propriet� si converte in diritto alla indennit�, cos� l'originaria PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 563 azione di risarcimento del danno si converte in quella di opposizione alla stima in virt� della quale � stata determinata l'indennit� di espropriazione (Cass. 30 dicembre 1968, n. 4086). La Ottan� ha continuato a chiedere, sia pure quale giusta indennit� per l'espropriazione ormai intervenuta, la stessa somma che chiedeva a titolo di danni per la definitiva perdita della disponibilit� dell'immobile sul quale era stata costruita l'opera pubblica, pi� le altre somme domandate per i danni sub�ti durante l'occupazione legittima e quella illegittima nell'identico ammontare e per gli stessi titoli gi� dedotti; � da escludere, pertanto, che dalla attrice sia stata introdotta in questa fase un nuovo petitum fondato su una diversa causa petendi. Del resto, l'iter processuale della controversia consente, a conferma della conclusione raggiunta, l'ulteriore rilievo che la Ottan� aveva proposto la domanda di indennizzo. per l'imposizione della servitus inaedificandi sul .suolo occupato e poi espropriato dalle Ferrovie, nel separato giudizio riunito a quello di cui si discute, iniziato contro l'ANAS quale costruttrice dell'opera (raccordo autostradale) dalla quale l'imposizione della servit� anzidetta derivava. Riconosciuto, con l'accoglimento del primo motivo di ricorso, che una pretesa di indennizzo a norma dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865 non era stata mai avanzata dalla Ottan� nei confronti delle Ferrovie dello Stato, deve essere dichiarato assorbito il secondo motivo con il quale si sostiene sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 46 citato, e dell'art. 100 cod. proc. civ. che l'anzidetta indennit� poteva, in ipotesi, far carico soltanto all'ANAS, proprietaria dell'opera pubblica la cui costruzione aveva determinato la concreta imposizione della 'servit� di inedificabilit� del suolo prevista dalla legge n. 729 del 1961. Con il ricorso incidentale, condizionato al mancato rigetto del ricorso principale, la Ottan� sostiene che ove sia riconosciuto che l'indennit� a norma dell'art. 46 non era stata autonomamente domandata( in accoglimento del primo motivo) o era stata erroneamente richiesta ad un soggetto diverso da quello tenuto a corrisponderla (in accoglimento del secondo motivo), la sentenza impugnata deve essere cassata per non avere tenuto conto, nella liquidazione della indennit� di espropriazione a carico delle Ferrovie, della natura edificatoria del suolo di cui si discute, al momento dell'occupazione. La diminuzione di valore del suolo espropriato per il sopravvenuto vincolo di inedificabilit� rappresentanza infatti -ad avviso della ricorrente -una conseguenza diretta della espropriazione, poich� essa pro- I ! ' I ' ' 564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pacificamente riconosciuto al suolo al momento dell'occupazione, proprio per effetto della perduta disponibilit� di esso. La censura � infondata. Secondo la giudsprudenza costante di questa Corte, dovendo l'indennit� dL espropriazione essere. commisurata al giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera �contrattazione di compravendita, la valutazione del bene espropriato va fatta in relazione allo stato di consistenza in cui esso si trova alla data del decreto di espropriazione il quale ha effetto costitutivo del trasferimento (Cass. 21 ottobre 1965, n. 2175; Cass. 19 giugno 1968, n. 2031). Esattamente, pertanto, i giudici di merito, nel fissare l'indennit� di espropriazione a seguito dell'opposizione alla stima, hanno tenuto conto del fatto che al momento della pronuncia del decreto prefettizio, il suolo in discussione aveva ormai perduto la sua attitudine edificatoria sicch� doveva essere valutato come agrario. La circostanza, poi, che la Ottan� per effetto della servitus inaedificandi, imposta per legge a carico del fondo in seguito alla costruzione del raccordo autostradale avvenuta durante il periodo di occupazione provvLsoria del bene da parte delle Ferrovie, era stata privata di concrete possibilit� di sfruttare il suolo stesso come edificatorio, poteva, in ipotesi, prospettarsi come rilevante nell'ambito della situazione creata dall'occupazione e dei diritti che ne scaturivano. Ma al riguardo ogni questione -del resto nemmeno adombrata nelle difese dell'appellata era rimasta preclusa. Il Tribunale, come � stato esposto nello svolgimento del processo, dopo avere dato atto che nessuna pretesa era stata formulata a titolo di indennit� per l'occupazione provvisoria biennale, perch� era stata accettata la somma di lire 152.617, liquidata per l'anzidetto titolo dal Prefetto e gi� depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti, ha ritenuto di potere accogliere integralmente la domanda di risarcimento dei danni che la Ottan� assumeva di avere sofferto, sia durante tale periodo di occupazione legittima che per quello successivo di occupazione illegittima fino all'espropriazione, nella misura corrispondente al valore dei frutti non percetti. Ha, infatti, liquidato a titolo di danni per il periodo decorrente dall'occupazione del fondo fino alla pronuncia del decreto di espropriazione la somma di lire 180.000 annue, corrispondente al valore dei frutti (lire 300.000 annue) separato dalle spese di produzione (40 %), accogliendo integralmente la domanda della Ottan�. Questa statuizione, impugnate dalle Ferrovie soltanto sotto il profilo della compiuta liquidazione dei danni per il periodo di occupazione legittima ed illegittima in misura diversa e maggiore di quella corrispondente all'ammontare degli interessi legali sull'indennit� di espropria ~~~ 565 ziont;l, non sono state censur,ate dalla Ottan�, la quale avendo sentito accogliere integralmente l�i sua domanda, si � limitata a chiedere, con il rigetto dell'appello, la conferma della decisione dei primi giudici. P�ertanto la Corte di merito dopo aver~ correttamente provveduto sul capo relativo alla det~rminazione dell'indennit� di espropriazione, in base al principio che tale operazione va computata alla stregua del v�lore �lel fondo al momento della. pronuncia del decreto, non poteva �he d:ate !lltto dell'avvenuta accettazione dell'indennit� per il biennio di oocupafd~:me legittima e. limitare la sua pronuncia sui danni per il periodo. di occupazione. (legittima ed illegittima) del fondo nei limiti della. questone .ad essa devoluta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, 1Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1130 -Pres. Favara Est�. NOV�lli -P. M, De lV!arco (conf.) -Ammini�strazione delle Ferrovie <dello Sfato (a\tv. Stato De Francisci) c. lVIoUica (avv. Scarc�lla). Espropriazione. p�t.p. u. � Espropriazioni ferroviarie � Tettitori colpiti dal terremoto -Indennit� di esproprio -Determinazione Le~~e a{>pllcabil~. (legge 15 genn�io 1885, n. 2892, art. 13; 'legge 7 luglio 1907, n. 429, art. 77; (t.�.u. 19 agoSto :wl'1, :no 1399, �rt. 161). La indeooit� per le espropriazioni ferroviarie, ove i beni siano compresi nelle zone colpite da! terremoto calabro-siculo, non va determinata in base ai criteri stabiliti dalla iegge sul risanamento di Napoli 15 gennaio 1885, n. 2892 richiamata dall'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429, sull'ordinamento deU'e.sereizio ferroviario, sibbene secondo le norme dettate dalla legge fondamentale suita espropriazione del 1865, n. 2359:, cui rinvia ii t:u.19agosto1917, n. 1399, art. 161, su.i Com'Uni terremotati. (Omissis). -L'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato con l'unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 161 t.u. 19 agosto 1917, n. 1399, in relazione all'art. 77 legge 7 luglio 1Q07, n. 429, con riferimento all'art. 13 legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento della Citt� di Napoli e art. 360 n. 3 c.p.c. La questione esaminata dalla Corte di Cassazione concerne non tanto il �fenomeno della successione di leggi nel tempo, quanto involge il problema relativo alla determinazione della nozione di legge generale, speciale ed eccezionale. La sentenza ha posto in rilievo come non possa attribuirsi V1ilore assoluto alle predette classificazioni, la cui portata non � del tutto immune 566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione sottoposta all'esame di questa Corte verte sull'applicabilit� dell'art. 161 t.u. n. 1399 del 1'917 che contiene disposizioni relative al criterio di determinazione dell'indennit� nei, procedimenti espropriativi da eseguirsi nelle zone terremotate calabro-siciliane, qualora �tali procedimenti riguardino costruzioni ferroviarie per le quali provvede, con efficacia generale l'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429. E poich� la legge del 1917 sancisce l'applicabilit� della legge generale sull'espropriazione del 1865 e la legge del 1907 quella del 1885, n. 2892 sul risanamento dela dtt� di Napoli, occorre stabilire quale dei due criteri di determinazione dell'indennit� di espropriazione previsti nelle leggi richiamate deve essere adottato nell'potesi di espropriazioni da eseguirsi nei Comuni compresi nella tabella allegata al t.u. del 1917 tra i quali � il Comun.e che interessa la presente causa. Questa Corte, con decisioni 17 marzo 1925, n. 730 e 27 luglio 1937, n. 3'297, ritenne che l'art. 161 del t.u. del 1917 non avesse sostituito l'art. 77 della legge 1907 per dette zone. Senonch�, successivamente con sentenza 18 aprile 1962, n. 753, pronunciando su analoga .questione relativa alle costruzioni di edifici scolastici negli stessi territori, ha ritenuto per contro che la speciale regolamentazione, d'ordine generale, di tale materia, comprendente, tra l'altro, la determinazione dei criteri di calcolo dell'indennit� di esproprio con riferimento alla legge del 1885, dovesse applicare soltanto alle costruzioni scolastiche successive alla legge del 1928 che aveva regolato ex novo la materia, mentre per le costruzioni precedenti doveva necessariamente applicarsi la pi� favorevole legge del 1865 prevista nel t.u. del 1917. Questa sentenza, bench� si sia occupata solo incidentalmente della questione, ha espresso, in sostanza, un mutamento di indirizzo in ordine all'applicabilit� delle leggi speciali antecedenti al testo unico del 1917 che questo Collegio condivide per le ragioni che seguono. � pacifico che in tema di successioni di leggi, la non applicabilit� della legge anteriore per avvenuta abrogazione da parte della legge successiva, qualora manchi una dichiarazione espressa dal legislatore, pi� che ubbidire ad una classificazione corrispondente a categorie di leggi -per la quale resterebbe ancora da stabilire quale sia la generale e quale la speciale tra una legge che si riferisce ad una determinata materia con efficacia per tutto il territorio ed una legge che si riferisce a tutte le materie ma applicabile in una parte del territorio -deve aver riguardo all'intenzione del legislatore al fine di riscontrare o meno le da incertezze, ma occorra acclarare in concreto la voiuntas legis sulla base dei pi� generali strumenti interpretativi. Le sentenze in senso contrario, della Corte di Cassazione, menzionate in motivazione, dell'll marzo 1925, n. 730 e del 27 luglio 1931, n. 3297 si leggono rispettivamente in Giur. it., 1925, I, 705 e Foro it., 1932, I, 107. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 567 569 iotesi di abrogazione previste dall'art. 15 delle preleggi e cio� patibilit� tra le nuove disposizioni e le precedenti e la esistenza, 1ova legge, di una regolamentazione generale della materia gi� t dalla legge anteriore. .e necessit� comporta, ovviamente, che verificatosi il contrasto, ~da all'interpretazione delle leggi (art. 12) e in particolare di nuova, la quale,. proprio per essere successiva e per l'efficacia ~ propria (art. 11), deve contenere nelle sue disposizioni, la vo~ l legislatore di sostituire la precedente regolamentazione dispoiella materia in modo diverso e incompatibile con quello prece .e volont� � gi� desumibile dalla sola interpretazione letterale , 161 avuto riguardo al significato proprio delle parole secondo essione di esse, in quanto la norma dispone che � le indennit� per 1priazioni nei Comuni compresi... eseguita dallo Stato e dalle Amazioni comunali e provinciali per qualsiasi scopo... sono deterapplicando le disposizioni della legge 25 giugno 1865, n. 2359 �. bene l'espressione �per qualsiasi scopo� impedisce di operare 1i, nell'ambito dei procedimenti espropriativi, quali, le espro1i per opere ferroviarie rispetto alle altre, come sostiene la ricor �mministrazione, senza incorrere in una interpretazione di con: on lo stesso contenuto letterale della legge. raltro l'applicazione , in via generale, dei criteri di liquidazione dalla legge del 1865 per le zone terremotate, resta confermata lall'interpretazione logica qualora si consideri in pa;rticolare : la legge del 1865 stabilisce il pagamento dell'indennit� secondo il venale del bene espropriato e cio� fissa il criterio di calcolo pi� �ole in caso di espropriazione per pubblica utilit�. La norma pu� soltanto aver esteso tale pi� favorevole criterio a regolaioni meno favorevoli, tra le quali le espropriazioni ferroviarie; .il criterio previsto dalla legge del 1865 costituendo il criterio .e di liquidazione delle indennit� di esproprio, si pone come unica tiva ai criteri previsti dalle leggi speciali, non potendosi ravvitre ipotesi di applicazione della norma in discussione. In conse' se l'espressione � per qualsiasi scopo � volesse non riferirsi ai previsti dalle leggi speciali, dovrebbe concludersi che l'intera ~ione contenuta nell'art. 161 sia privo di campo di applicazione, !ome si � detto, che due possibilit� possono verificarsi in tema di it� di esproprio: l'applicazione della norma prevista nella legge l5 oppure delle norme contenute in altre leggi e Ln particolare ~gge del 1885 in pi� occasioni richiamata; e) la natura di norma di 1zione, da attribuire all'art. 161, cosi come a molte altre del t.u. . 7, non pu� essere negata avuto riguardo alla finalit� dei decreti i in detto testo unico. Essa � stata quella di favorire la ricostru ! per rag; o privata iine deUe fl,ccedervi, ma osser �.� diritto a ~soggiace ~nno pro ~re 1934, le la pre) dell'inci; alla dojlento del ( risposta l giudice fo chiuso, ~icabilit� costituito rilevarsi ~ logico! gione di !bile era !J.ando la piennale, � huizione fciapiede ~� breve la il bi- si moviun altro, �l:lte spe~ bblica o i veicoli ore 1961, 570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della stazione ferroviaria), qualifica.bile, a suo avviso, e ai fini di che trattasi, come � area di uso pubblico adibita al traffico, anche se non illimitato, di pedoni e veicoli di ogni specie�, e della natura di veicolo, attribuibile al mezzo (carrello elettrico) ,su di essa in movimento, non ha bene identificato l'esatta portata della norma (art. 2947 comma 2<>) che stabilisce la prescrizione breve di due anni per il risarcimento del danno prodotto dalla circofazione dei veicoli. L'art. 2947 c. civ., nello stabilire la prescrizione biennale per il danno cagionato da.I veicolo, pone come presupposto che l'azione causale compiuta dall'agente sia stata quella della circolazione, assunto codesto termine non nel significato empirico di un qualunque spostamento del veicolo in uno spazio qua1siasi, bens� in un significato tecnico, che gli � caratteristicamente proprio nel particolare campo della disciplina della circolazione stradale, l� dove cio� i due termini di � circolazione � e di � strada � reciprocamente si condizionano nei loro significati, nel senso. cio� che la �circolazione �, intesa come attivit� di spostamento da' un luogo ad un altro, la quale viene presa in considerazione dalle norme� di polizia predisposte per la pubblica incolumit�, � quella dei pedoni, degli animali e dei veicoli che si svolge sulle strade, e � strada � � l'area aperta, come mezzo di collegamento da un luogo ad un altro, alla circolazione dei pedoni, degli animali e dei veicoli. � pur tuttavia da osservare che il termine in questione, derivato dall'art. 120 dell'abrogato codice della strada, ed inserito nella normativa di diritto privato del nuovo codice, si affranca, nelle pi� ampie significazioni di cui in questo � suscettibile, dal limite che lo definiva nella sua particolare sede di provenienza, costituito cio� dal presupposto che l'area destinata a strada fosse di uso pubblico. Ma � pur indiscutibile, che dovendo la espressione conservare nella. diversa sede del codice civile il significato tecnico che gli � proprio, in mancanza di elementi che altro gliene assegnino, l'allargamento normativo di cui � suscettibile, si da ricomprendere anche la circolazione del veicolo su strade private, quando questa venga in considerazione come La Cassazione Penale, 30 gennaio 1963, rie. Chiodo, in Giust. pen., 1964,. II, 36, a sua volta ha pi;ecisato: a) che le norme sulla circolazione stradale contenute nel r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740 e t.u. 15 giugno 1959, n. 393, si applicano alle strade soggette a pubblico transito ed agli spazi di suolo aperti alla pubblica circolazione, ancorch� non rientrino nella nozione di strada o di sua pertinenza; b) che l'elemento che contraddistingue tutti gli spazi sopra indicati e ne determina l'assoggettamento alla disciplina della circolazione stradale � l'uso pubblico per esigenze di circolazione; e) che tale uso pu� anche essere limitato ed assoggettato ad una particolare disciplina, ma sempre in conformit� all'interesse pubblico della. circolazione, che il bene � destinato a soddisfare. PARTE I, SEZ. III, GIURIB.PRUDENZA CIVILE 571 fatto illecito che ha .cagionato danno, ai fini dal risarcimento, non pu� estreniarsi dall'ambito che obiettivamente nella sostanza le definisce cio� sempre movimento del veicolo su area destinata alla circolazione. Occorre, in definitiva, perch� la norma dell'art. 2947 sulla prescrizione dei due anni svolga la sua efficienza, che sempre vi sia stata come causa del danno la circolazione del veicolo, la quale si sia svolta su una strada, su un'area cio�, pubblica o privata, ad essa destinata. Le predette qualificazioni non trovano elementi di fatto ai quali essere congruamente riferite, quando si tratti, come nella specie, di danni cagionati da carrelli in movimento sui marciapiedi e sulle banchine delle stazioni (ferroviarie, vale a dire su spazi che normalmente sono destinati all'uso dei viaggiatori, i quali a piedi li attraversano, all'inizio del viaggio, per accedere ai convogli, o al termine di esso, _per uscire dalla stazione, nonch� a coloro che vi camminano per recarsi ai vari uffici e locali in essa siti. Manca in tal caso quel particolare ambiente, di cui dianzi si � parlato, costituito dalla �Strada., quale area �normalmente� destinata alla .circolazione di persone, animali e veicoli, sul piano della quale sia in effetti possibile svolgere un'attivit� di collegamento di un luogo con un altro, nell'osservanza delle specifiche regole di comportamento all'uopo predisposte per l'attuazione di un ordinato transito e per la tutela della incolumit� delle persone (nella specie di noli confusamente in movimento sui marciapiedi e sulla banchina delle stazioni ferroviarie). Ricorrono quindi caratteristiche differenziali che impediscono di assimilare il movimento dei carrelli elettrici sui marciapiedi e sulle banchne delle stazioni ferroviarie ad una circolazione di veicoli, come tecnicamente intesa dall'art. 2947 c. civ., quando per i danni da essa cagionati stabilisce la minore prescrizione biennale, mentre la circostanza di essere il movimento dei carrelli svincolato dall'osservanza, altresl ostacolata dalla condizione dei luoghi, delle regole che disciplinano la circolazione stradale, imprime al fatto dannoso una pi� incisiva nota di illiceit�, la cui presenza anche giustifica una pi� lunga durata per la estinzione del diritto al risarcimento del danno, vale a dire quella della ordinaria prescrizione di cinque anni prevista dallo stesso art. 2947 per i fatti illeciti in genere. Pertanto, merita accoglimento il secondo motivo del ricorso, cassandosi la impugnata decisione che indebitamente ha esteso la prescrizione breve di due anni a una fattispecie di danno diversa dai casi considerati nella relativa norma (di carattere eccezionale), la quale � I soltanto dettata per i danni cagionati dalla circolazione dei veicoli, e non pu� comprendere un qualunque movimento di veicoli in uno spazio qualsiasi, che non sia normalmente adibita, per sue caratteristiche fisiche I e per sua peculiare destinazione, alla circolazione dei veicoli. -(Omissis). I ! ~ I !1 , I _.,.~~~~.J 572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 27 giugno 1970 -Pres. Cortesani Est. Scotti -Lo Sapio (avv. Testa) c. A.N.A.S. (avv. Stato Marzano). Procedimento civile -Nomina del consulente tecnico -Ammissibilit� Limiti. (Cod. proc. civ., artt. 61-64 e 191-198; disp. att. cod. proc. civ., artt. 13-24 e 89-92). Espropriazione per pubblica utilit� -Azioni di risarcimento danni da occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 -Onere probatorio della parte istante -Contenuto e mezzi di osservanza -Eventuale attivit� suppletiva ex ufficio. "' ti (Cod. civ., art. 2043; legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51; cod. civ., art. 2697; w cod. proc. civ., art. 15, primo e secondo comma, 118 e 213). m @ Espropriazione per pubblica utilit� -Azioni di risarcimento danni da -�~ occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 j @ della legge 25 giugno 1865, n. 2359 -Valore venale dell'immobile occupato o espropriato -Criterio di determinazione -Carattere l@ ('' sussidiario dell'ausilio del consulente tecnico e condizioni di am ~fil\j missibilit� della nomina. !E (Cod. civ., art. 2043; legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 30; cod. civ., art. 2967; cod. proc. civ., art. 61, primo comma). La �onsulenza tecnica non � una prova n� un mezzo di prova e non ~ pu� essere disposta allo scopo di acquisire agii atti il materiale probatorio che le parti in causa, secondo le rispettive posizioni processuali, hanno l'onere di fornire (1). Per l'ammissibilit� della nomina del consulente tecnico � necessario che la controversia presenti oggettivamente degli aspetti tecnici e che I ~m ..,, ;:: fil w @ (1-4) Sulla inammissibilit� della c. d. consulenza tecnica nelle cause f..�. di risarcimento danni da occupazione illegittima o promosse per la deter-fffe.~. imnazione giudiziale della indennit� di espropriazione. ~ La decisione in rassegna affronta per la prima volta ex professo, con ~~ lodevole e .coraggiosa iniziativa, le questioni che in concreto si pongono in fa ordine alla concorrenza dei poteri del giudice con l'onere probatorio a pi carico delle parti in causa ed ai limiti e alle condizioni di ammissibilit� @ della nomina del consulente tecnico, pervenendo con attenta ed analitica 1,,-��:j��.'_,:',,:,�:,�. disamina a conclusioni in significativo contrasto con la prassi denunziata ;, dalla difesa della -convenuta amministrazione, quella, cio�, secondo cui \''* la decisione delle �cause di risarcimento danni da occupazione illegittima f':� o promosse ai �sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 viene f:� ad .,,,..,.. '�""'nzfalmente oon<fuionafa aile valufarioni del oonmlente tee- I .:: :-: ITrGfflliifiiifHff:f&M&'XffafiffJtr;;:::r01;;;0;r0;:z1;;;;rn;grr,~10rr:r:Ii;'~>:i;;::;1;"2r@;::;:::;rn0iffi;:m:;:~tTt':zfrt:f""'.:nr:ff1e;0 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 573 per la comprensione e valutazione di tali aspetti tecnici non basti quanto gi� acquisito al processo n� basti il ricorso alle regole di comune esperienza o ad altri mezzi istruttori disposti di ufficio: con,dizioni di ammissibilit� che comportano una valutazione correlata alla responsabile esigenza, per il giudice, di sentirsi assolutamente in grado di padroneggiare g"Li aspetti tecnici deUa vicenda giudiziaria in base alle sue conoscenze ed aUe regole di comune esperienza (2). nico, che a tanto differenti risultati conducono quanto divergenti possono risultare le vedute soggettive di ciascun consulente. Anche per il difetto di precedenti giurisprudenziali, la pregevole decisione in rassegna assume rilevanza e portata invero non indifferenti, tanto pi� che alle questioni esaminate anche la dottrina non risulta sensibile, forse perch� la generale assuefazione al denunciato sistema istruttorio non consente di avvertirne il carattere patologico e di rilevare quella incompatibilit� con i principi che una meditata ed obiettiva valutazione rende invece subito evidente. Nel merito, le affermazioni di principio contenute nella decisione vanno condivise, risultando rigorosamente conformi alle commentate disposizioni di legge, e tali, invero, da evidenziare che il problema, ove sia avvertito e re,sponsabilmente affrontato, non altra soluzione consente se non quella prospettata dal tribunale di Napoli. Alla decisione in esame pu� solo addebitarsi, tutt'al pi�, un benevolo ottimismo nella valutazione secondo cui cognizioni tecniche possano veramente consentire un efficace e non arbitrario ausilio del consulente in alcune delle ipotesi segnalate nell'ultima parte della motivazione (quelle, cio�, p,er le quali potrebbe ravvisarsi la � necessit� � di nominare il consulente tecnico), apparendo di non agevole individuazione, in particolare, il contenuto tecnico delle cognizioni che dovrebbero rendere possibile � vivificare ed aggiornare, in base a criteri generali di economia di zona, dati comparativi piuttosto vecchi � o � ricercare in un mercato instabile una costante di incremento o di decremento attraverso la media ponderata di elementi comparativi dissimili �. Cos� come rimane da spiegare quali cognizioni � tecniche � consentirebbero al consulente di valutare, e dimostrare, la incidenza dei � fattori anomali � che assumono rilievo nell'ultimo esempio ipotizzato nella motivazione della sentenza, �e quale criterio � scientifico � possa veramente consentire di determinare, senza possibilit� di alternative e secondo risultato suscettibile di verifica, il saggio di capitalizzazione da adottare in valutazione eseguita con il metodo di stima analitica. Quanto alla tesi prospettata dalla difesa della convenuta amministrazione e sostanzialmente condivisa dal tribunale di Napoli, si ritiene utile -non senza segnalare la evidente irrilevanza in contrario di norme quali quelle contenute nell'art. 32 e seguenti della legge 25 giugno 1865, n. 2359 o nell'art. 568, ultima parte, del codic~ di procedura civile, e con riserva di esaminare altri aspetti patologici del sistema (quali quelli relativi alla costante quanto erronea applicazione dell'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, o alla erroneit� di una autonoma liquidazione dei frutti pendenti quando gi� .si attribuisca, in ragione al mancato reddito, l'indennit� di occupazione) -riportare qui di seguito parte della comparsa conclusione depositata per la convenuta amministrazione: memoria difeni ~ ! i I --! ~~�A'if!'~~~~llj RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nelle cause di risarcimento danni da occupazione illegittima incombe all'attore di provare i fatti materiali posti a base della domanda (quando siano ex adverso contestati) ed il danno che assume di aver subito, cosi come nelle cause di opposizione a stima deve l'opponente dimostrare quanto valeva il bene espropriato e quale sia perci� la giusta indennit� di espropriazione: prove da fornire con testimonianze, elementi compara siva che appare opportuno riprodurre, per la rilevanza di princ1p10 della questione, anche nella breve premessa sulla necessit� di documentare la legittimazione attiva ad causam, e i cui spunti polemici vanno giustificati in ragione della novit� delle ,questioni trattate e della comprensibile reSistenza offerta dalla consolidata prassi contraria. (Omissis!. -Secondo quanto pi� volte osservato nel corso del giudizio (e senza che a tale :segnalazione abbiano le controparti dato concreto seguito) deve preliminarmente accertarsi la ricorrenza del condizionante presupposto della legittimazione ad causam degli attori: indagine che non sembra possa peraltro risolversi in senso positivo, considerato che n� le risultanze della procedura di espropriazione (promossa, come per legge, sulla base delle sole risultan~e ,catastali, prive di efficacia probatoria in ordine alla effettiva appartenenza degli immobili) n� i documenti ex adverso prodotti costituiscono elementi sufficienti a documentare la legittimazione degli istanti, cos� come non lo sarebbero, come � noto, per riscuotere la indennit� di espropriazione depositata presso la Cassa depositi e prestiti o per garantire ad un eventuale acquirente la libert� e disponibilit� degli immobili. N� pu� dall'indicato accertamento prescindersi per il fatto che il Tribunale, ove ritenesse di dover liquidare una maggiore indennit�, dovrebbe comunque limitarsi a digporre il deposito della differenza presso la Cassa depositi e prestiti (e non invece condannare l'Amministrazione al pagamento), in quanto nelle cause di opposizione alla stima la questione di legittimazione assume rilievo anche e sopratutto sotto il profilo dell'interesse ad agire, la cui ricorrenza va ugualmente verificata (anche) di ufficio, e nella carenza del quale si risolve, evidentemente, u,n eventuale difetto di l,egittimazione ad causam: rilievo la cui validit� va a maggior ragione riconosciuta quando si consideri che una sentenza emessa su istanza di soggetto non legittimato (e quindi carente di interesse) risulterebbe in realt� inutiliter data (tanto pi� che l'effettivo avente diritto non potrebbe ovviamente avvalersene) e tuttavia obbligherebbe ugual. mente l'Ammintstrazione a provvedere alla disposta integrazione (senza concreta possibilit� di ottenere poi lo svincolo del deposito), lasciandola per di pi� esposta alla condanna alle spese di un-giudizio che solo a posteriori, e quando non sarebbe comunque possibile ottenere la restimzione delle somme versate a titolo di ,spese giudiziali, Tisulterebbe (attraverso la impossibilit� di fornire, i documenti richiesti per lo svincolo della indennit�) promosso da soggetto diverso dall'effettivo avente diritto. I. "' Preliminarmente all'esame di merito al quale il Tribunale, nonostante la denunciata insufficienza di prova sulla legittimazione attiva, ritenesse di poter procedere, andrebbe disposta, ad avviso della difesa della comparente, la revoca dell'ordinanza del 10 settembre 1967, relativa alla nomina del consulente tecnico. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 575 tivi circa il valore degli immobiLi della z01ia (contratti di compravendita, accertamenti di valore, concordati fiscali, certificazioni di uffici competenti, ecc.), dati sintomatici della produttivit� generica dei fondi della zona, mezzi rivelatori della produttivit� specifica, e via dicendo, mentre ben pu� il giudice, una volta evidenziatasi un'eventuale difficoit�, per l'attore, di fornire determinati elementi probatori, dispone mezzi di La difesa della comparente ritiene infatti, secondo una tesi gi� altre volte prospettata, che la valutazione, ai fini in esame, di un immobile non costituisca materia di consulenza tecnica e, in subordine, che del ricorso all'opera di un consulente tecnico (che �Comporta notevole dispendio di attivit� e aggravio di spese) non possa comunque ravvisarsi la condizionante �necessit�� (art. 61, primo comma, c.p.c.) quando ad iniziativa delle stesse parti in causa (ed in particolare di quella cui incombe l'onere della prova) sia possibile acquisire agli atti del processo quegli stessi documentati elemen~i di valutazione ai quali il consulente di ufficio (tenuto a documentare, per il necessario controllo delle parti e del giudice, le propri.e conclusioni) dovrebbe comunque far riferimento: tesi rimasta finora priva di efficace confutazione e che gli stessi istruttori oramai convinti della sua fondatezza esitano tuttavia ad applicare in concreto senza un preventivo orientamento del Tribunale in sede collegiale. II. -Nella specie in esame, invero, cos� come in tutte le numerose analoghe controversie, occorre PTeliminarmente accertare se potessero ravvisarsi sussistenti i presupposti di ammissibilit� del ricorso all'opera del consulente tecnico, ed � questa appunto la questione che si pone, nel meditato proposito di provocare una pronuncia del Tribunale sulla concorrenza dei poteri istruttori del giudice con l'onere probatorio a carico della parte, sui limiti e sulle condizioni di ammissibilit� della c.d. consulenza tecnica, sulle finalit� che il ricorso all'opera del tecnico � predisposto a conseguire, e sul concreto contenuto della relazione prevista dall'art. 195 del codice di procedura civile. N� pu� dubitarsi della rilevanza della questione, e della conseguente necessit� di una approfondita valutazione, ove sf consideri che le pandette della sezione sono piene di cause promosse per risarcimento danni da occupazione ultrabiennale o per opposizione ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359: cause �che si risolvono, ed � notorio, sempre e solamente in danno delle convenute Amministrazioni, a carico delle quali, in ragione della ravvisata � soccombenza ., spno .poste le spese giudiziali, in importo che la immancabile � consulenza tecnica �, disposta senza che ne ricorra il condizionante presupposto dalla �necessit��, risulta a volte inadeguato al valore della controversia e comunque in ammontare pi� che doppio rispetto a quello cui �potrebbe limitarsi se si ricordasse che la parte istante, a norma dell'art. 2697 del codice civile, deve fornire la prova del danno e che all'opera del consulente tecnico � consentito di fare ricorso solo per la soluzione �di questioni di natura tecnica e sempre che a tal fine risultino insufficienti le cognizioni del giudice. Gi� per altre controversie la difesa della comparente ha avuto occasione di evidenziare quanto la prassi abbia snaturato la portata ed il contenuto delle disposizioni previste dal codice di procedura civile a proposito del consulente tecnico, ma la inammissibilit� del reclamo ex art. 178 c.p.c. avverso le ordinanze istruttorie a tale prassi aderenti -inammissibilit� ..,;: 576 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indagine ex officio come l'ispezione e la richiesta di informazioni pll"esso uffici competenti (3). Il valore venale di un immobile, ai fini deUa detelf"minazione deL risarcimento del danno da occupazione illegittima o della giusta inden nit� di esp!f"opriazione, va detelf"minato attrave!f"so l'esame comparativo degli elementi forniti dalle parti (secondo l'onelf"e probatorio) o a.equi affermata dal prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr. per�, contra: Trib. Monza, 10 marzo 1966, Mon. trib., 1967, 28, con nota di SALAFIA; Trib. Firenze, 15 giugno 1965, Foro it., Rep., 1965, 662, n. 10; Trib. Foggia, 14 luglio 1961, Giur. it., Rep. 1962, 819, n. 38) -ha impedito in concreto che su11e prospettate questioni si pronunciasse il Tribunale in sede collegiale; e quancfo pure tale occasione si � avuta (per essere stata la causa �rimessa al collegio per la decisione su questioni pregiudiziali) il Tribunale si � astenuto, pur emettendo sentenze non definitive di contenuto essenzialmente procedurale, dal prendere il problema in esame, oppure ha omesso, di esaminare la questione di fondo, quella cio� sulla contestata possibilit� di considerare la valutazione di un immobile materia di consulenza tecnica. Finora, una sola delle cause neUe quali l'accennata questione � stata prospettata, � stata decisa con sentenza definitiva (13 novembre 1969, n. 7356), ma la motivazione in argomento adottata � risultata non sofo inidonea ad una efficace confutazione, ma tale, in eff.etti, da confortare la convinzione della comparente sulla fondatezza della tesi, anche per il vizio di progpettiva che se ne desume, agevolmente, quanto alla concreta utilizzazione della c.d. consulenza tecnica. La indicata decisione, invero, ha c;onsiderato come solo parametro utile,. e nonostante le motivate argomentaZ�oni svolte dalla difesa della comparente sulla insufficienza ed inattendibilit� di tale valutazione, quell'unico contratto di compravendita indicato dal consulente di ufficio (senza estremi di registrazione) su segnalazione di un notaio della zona (.... in causa con l'amministrazione per altri immobili della stessa zona), ritenendo invece irrilevanti, ai fini della decisione, i diciannove parametri documentati (ma veramente documentati) dalla difesa della comparente con riferimento ad altri immobili della zona. Nell'evidenziare che la funzione del consulente era in effetti risultata, come per tante altre analoghe vertenze, del tutto identica (a parte il diverso costo) a quella di un qualsiasi testimone, la comparente aveva anche rilevato, nel contestare la utilizzabilit� delle notizie fornite dal consulente dt ufficio, che il consulente non pu� essere sentito come testimone (Cass., 21 marzo 1962, n. 575) �e che la relazione di consulenza non vale quando s� limita a riferire dichiarazioni di persone interrogate (Cass., 25 giugno 1953,. n. 1957), ma il Tribunale ha ritenuto che le notizie fornite dal consulente, in quanto suscettibili, per la indicazione della fonte, di controllo, fossero. in concr.eto utilizzabili, facendo peraltro con tale valutazione coincidere l'esigenza processuale di' verificare la esattezza degli elementi forniti dal consulente con la teorica possibilit� di controllo e risolvendo quindi l'attivit� � .giurisdizionale in una questione di affidamento. La questione di principio sulla contestata ammissibilit�, nella materia, della c. d. consulenza � tecnica � non � stata comunque nemmeno esaminata nella sentenza (cos� come in precedenti ordinanze collegiali), essendosi il Tribunale limitato ad affermare, ritenendo che � non � qui il caso di esa PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 577 siti di ufficio attraverso richieste di informazioni e semmai attraverso l'ispezione, potendosi far ricorso all'ausilio del consulente tecnico, se.nza mai supplire, ovviamente, alle carenze deLle part.i in relazione al rispettivo onere probatorio, solo quando la controversia presenti aspetti non risolvibili attraverso la semplice valutazione comparativa degli elementi acquisiti al processo o facendo ricorso alle comuni re- minare � le argomentazioni prospettate dalla difesa della comparente, la � utilit� � (!) di disporre consulenza tecnica (perch� siano accertati � tecnicamente � e � con visione da parte di persona competente � le caratteristiche degli immobili posti in comparazione): considerazione che non appare invero sufficiente per risolvere il problema, quando della stessa configurabilit� di una questione � tecnica� si discute. La censurabilit� della decisione (che la comparente ha naturalmente dovuto appellare) risulta del resto evidente quando si consideri che il Tribunale, nell'affermare I'� utilit�' � della consulenza tecnica proprio per l'accertamento della comparabilit� degli immobili al valore dei quali si abbia riguardo e nel denunciare al tempo stesso la �mancanza di prova� quanto alla comparabilit� dell'immobHe espropriato con quelli dei quali la convenuta Amministrazione aveva documentato il valore, � incorso in palese e sintomatica contraddizione, e secondo valutazione, oltretutto, nella quale la consulenza viene a risultare non solo un mezzo di prova, ma addirittura un mezzo di prova riservato alla parte attrice, e che solo a favore della parte attrice, e non per la convenuta, possa in concreto essere utilizzata! Nel merito, quanto cio� alla giustizia sostanziale della pronuncia (ed � proprio per ovviare alle assurde ed inique conseguenze dovute alla prassi adottata nella istruzione delle cause del genere che la questione � stata proposta), sar� suffi,ciente far presente che nessun concreto controllo � stato possibile effettuare presso le �fonti � delle informazioni riferite dal consulente tecnico; che da ulteriori indagini � risultato che all'immobile indicato dal consulente di ufficio in via comparativa � stato attribuito dall'ufficio tecnico erariale, agli effetti fiscali, un valore pari a meno di un quarto di quello che il consulente riferiva di aver appreso dal notaio della zona; e che il valore di quello stesso immobile parte del quale era stato espropriato ,� stato dichiarato, accertato e concordato (con riferimento a data addirittura successiva a quella del decreto di espropriazione) secondo un pr�ezzo unitario in misura rispettivamente pari ad un sesto, a meno della met� ed a meno di un terzo di quello che il Tribunale ha ritenuto di poter adottare nella determinazione �dell'indennit� di espropriazione. Senza necessit� di prospettare qui gli ulteriori profili di censura di cui � susc�ettibile la sopra indicata decisione (l'unica definitiva, si ripete, resa in causa nella quale sia stata trattata ex professo la questione sull'ammissibilit�, nella materia, della c.d. consulenza tecnica), risulta quindi evidente la opportunit� di riproporre la questione in sede collegiale, nell'ulteriore tentativo di evitare che ogni iniziativa della pubblica amministrazione nel campo delle opere pubbliche sia da risolvere sempre in danno, per lo Stato, del tutto sproporzionato all'effettivo p!'egiudizio economico subito dal1e parti private. La espressa finalit� con riguardo alla quale la questione viene nuovamente prospettata consenta quindi alla difesa della comparente -e tale precisazione � necessaria anche per un dovuto riguardo alla difesa delle 578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gole di esperienza, e sempre che l'indagine corrisponda ad una effettiva necessit� in rapporto a conseguenze processualmente e sostanzialmente rilevanti, e non costituisca il �motivo di ingresso � di una �consulenza tecnica� niente affatto necessaria (4). (Omissis). -Bisogna quindi determinare il valore delle superfici espropriate. controparti -di svolgere le proprie argomentazioni prescindendo dalla singola fattispecie concreta ed esaminando invece il proposto problema nei suoi aspetti generali, quali si evidenziano nella quotidiana esperienza forense. III. -Come � noto, nella prassi, la semplice domanda di risarcimento danni proposti da un proprietario che abbia subito l'occupazione di un immobile (domande nelle quali manca, spesso, una qualsiasi identificazione dell'area ,occupata, risultando proposte sulla generica affermazione che l'Amministrazione � ha occupato un immobile dell'istante �) � generalmente sufficiente per far disporre la � consulenza tecnica � sollecitata dall'istante: consulenza che spesso anzi viene non � disposta �, ma � ammessa � con formula cio� gi� di per s� sintomatica di una viziata concezione. Le deduzioni della comparente sulla necessit� di una rigorosa documentazione della legitimatio ad causam della parte attrice e sulla necessit� di condizionare a tale documentazione ogni istruttoria in ordine al quantum debeatur, vengono. spesso intese come meri espedienti difensivi a scopo defatigatorio, senza considerare che l'Amministrazione, a parte anche il diritto di difesa che le spetta come ad ogni altro soggetto, ha ovviamente interesse a pagare il valore delle aree utilizzate solo agli effettivi aventi diritto; n� si considera, in tale superficiale apprezzamento, che.nessun valido motivo pu� avere l'Amministrazione per procrastinare la definizione della vertenza, sia perch� l'emissione, medio tempore, del decreto di espropriazione vale solo a provocare un altro giudizio (risultando anzi successiva la data di rif.erimento per la determinazione del valore dell'area), sia perch� spesso la possibilit� che il decreto intervenga � esclusa a priori (o per vizio iniziale della 1:)rocedura o perch� la occupazione � avvenuta d'accordo con gli interessati, senza promuovere, cio�, la rituale procedura di espropriazione), sia perch�, infine, il naturale incremento dei prezzi di mercato rende la definizione giudiziale tanto pi� convenie!l!te, per l'amministrazione, quanto pi� sollecitamente si proceda alla determinazione del valore delle ar�ee occupate. Quanto poi ai rilievi della comparente sulla necessit� che la parte attrice fornisca la prova delle cil'costanze di fatto sulle �quali la domanda � fondata, del fatto illecito, cio�, che si assume produttivo di responsabilit� -questione che sorge, a volte, quando la stessa Amministrazione non � in grado di controllare dagli atti in suo possesso la veridicit�, in punto di fatto, delle lamentate occupazioni (alcune delle �quali si fanno risalire ad epoca remota), o quando non sia stato possibile fornire all'organo legale, in tempo utile per l'udienza di comparizione, gli elementi necessari alla difesa dell'Amministrazione nel merito -le motivate argomentazioni della difesa appaiono, a controparti e giudici istruttori, addirittura pretestuose o quanto meno � sorprendenti ., quasi che i principi stabiliti dall'art. 2697 del codice PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 57\J In ordine a tale valutazione l'avvocatura dello Stato esprime una vivace critica alle indagini� espletate dal consulente tecnico su incarico del giudice istruttore e ai risultati espressi nella relazione scritta, critica che si estende all'esercizio del potere di nomina del consulente in rapporto alle condizioni cui l'art. 61 cod. proc. civ. collega l'esercizio del potere� stesso. Nelle sue implicazioni generali, ed oltre civile e dall'art. 115 del codice di rito fossero solo discutibili suppos1z10ni dell'Avvocatura dello Stato; n� sono in passato mancati apprezzamenti negativi, gratuiti quanto giuridicamente privi di fondamento, sulla impostazione difensiva al riguardo adottata dalle convenute Amministrazioni, apprezzamenti oltretutto condiziom1ti al presupposto -quanto valido � agevole intendere -che le Amministrazioni debbano dare per scontato quanto ex adverso dedotto in punto di fatto. � La compiacenza con la quale si indulge al facile vittimismo degli interessati, e che risolve il maggior danno conseguente ad una irrituale prassi giudiziaria nel fatto che l'Amministrazione versa in re illicita, creando invero � sanzioni � di nuovo genere, non considera, inoltre, quali e quante difficolt� possono ostacolare il perfezionamento tempestivo delle procedure di espropriazione, quante volte dovrebbe in concreto escludersi la configurabilit� di un fatto illecito dell'Amministrazione espropriante, ed in qual misura la condotta degli stessi interessati determini spesso il ritardo nella emissione del decreto di espropriazione, quando non ne precluda a priori l'ammissibilit� con accordi ed adesioni che rendono superflua una specifica procedura di espropriazione e sono in prosieguo di tempo sistematicamente disconosciuti, determinandosi, quindi, situazioni di fatto che non consentono alternative alla soluzione giudiziale. IV. -A ben altre riflessioni dovrebbe poi indurre -a proposito di vittimismo -il sintomatico contrasto che si verifi9a nella posizione dei proprietari interessati nel passaggio dalla fase di progettazione di un'opera pubblica a quella della successiva realizzazione. Quando si tratt� di decidere la realizzazione di un'opera pubblica, ed in particolare quando sono in progetto la esecuzione di una nuova arteria stradale, di varianti, svincoli, ecc., o la realizzazione di raddoppi stradali (e le polemiche sorte a proposito dell'ipotizzata nuova strada della penisola sorrentina fanno scuola), si fanno capriole, come suol dirsi, perch� il tracciato interessi questa o quella zona; si discute di programmazione economica; si condizionano i progetti alla opportunit� di favorire lo sviluppo di zone depresse; sembra che solo da una particolare ubicazione dell'opera pubblica o da un determinato tracciato della strada .da costruire debba dipendere la stessa possibilit� di sviluppo di determinate zone; s'intravedono, dai singoli interessati, favorevoli prospettive correlate al prevedibile incremento di valore del1e aree interessate dalla nuova opera pubblica; si sollecitano interventi, raccomandazioni, si fanno progetti; si concordano, al momento delle occupazioni, prezzi unitari ragionevoli ed onesti; si consentono, anzi si provocano occupazioni che possono in ragione della desti I nazione delle aree risolversi in vantaggio per i suoli adiacenti; si agevolano trattative; si superano formalit� e cosi via. A cose fatte, decorso il fatidico biennio (che poteva andar bene nel 1865, ma risulta insufficiente, anche per le penuria di personale, con l'ecce- I I I 580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'aspetto tecnico-interpretativo rivolto a determinare l'esatta portata delle norme in materia, la critica esprime la preoccupazione che un uso non corretto del potere di nomina del consulente tecnico e l'assenza di un controllo tempestivo sulla di lui attivit� (cio� non solo in fase decisoria, quando l'attivit� �; gi� compiuta, ma anche nel corso dell'espletamento dell'incarico) possa alterare il principio dispositivo in rapporto all'onere probatorio e possa tradursi nella meccanica ricezione zionale incremento delle opere pubbliche dei tempi nostri), la musica cambia; qualsiasi area, in qualsiasi campagna si trovi, diventa, in sede di valutazione, � suolo edificatorio � ; 1'� area residua ., inutile dirlo, tutta deprezzata (quale che sia la sua estensione); l'opera pubblica, tanto auspicata, sembra avere determinato lo sconvolgimento di intere zone, pregiudicandone programmi edilizi (assurdamente ipotizzati proprio per calcolare l'incidenza del � deprezzamento �), e danneggiando, senza distinzione, tutte le propriet� limitrofe alle nuove arterie; si esclude l'applicazione del criterio di cui all'art. 41 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, � perch� trattasi di occupazione iUegittima � e si applica invece, e anche quando ne difettano i presupposti di fatto, il criterio stabilito dall'art. 40 per l'ipotesi di � espropriazione parziate � ; l'incremento di valore determinato dalla realizzazione dell'opera pubblica viene riconosciuto al solo fine di calcolar.e sui maggiori valori la percentuale dell'immancabi1e deprezzamento dell'� area residua �, e senza alcuna compenscitio lucri cum damno; il mancato reddito (che in quanto danno emergente dovrebbe essere specificamente provato) viene sistematicamente calcolato nella misura del cinque per cento sul valore attuale. dell'area occupata, in misura che riferita al valore dell'area alla data della occupazione risulta pari a cento volte il capitale di cui dovrebbe rappresentare il presumibi1e reddito; favoriti dalla (indiscriminata) applicazione di principi giurisprudenziali tanto consolidati quanto 'erronei ed iniqui, i proprietari interessati risolvono sempre a loro vantaggio (per quanto minima possa essere stata la superficie occupata) qualsiasi iniziativa promossa dall'Amministrazione nel campo delle opere� pubbliche, con un danno, per l'Amministrazione, del tutto sproporzionato rispetto a quello effettivamente subito dai singoli privati. Questa � la situazione nella realt� dei fatti, ed � stata gi� altre volte denunciata a chiare lettere: situazione che l'Amministrazione non � in grado di modificare con il tempestivo perfezionamento delle procedure di espropriazione, perch� lo stesso discorso si ripropone anche per le opposizioni ex art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (immancabili quanto frequenti sono le azioni di risarcimento danni da occupazione ultrabiennale), e alla quale solo la Magistratura pu� porre riparo, procedendo alla verifica dei principi giurisprudenziali che si applicano, proprio perch� consolidati, senza alcuna motivazione sulla loro validit� giuridica, e limitando il ricorso all'opera dei consulenti tecnici, che della denunciata situazione speculativa costituisce inconsapevole fattore determinante, ai soli casi in cui, per la effettiva necessit� di risolvere problemi di natura tecnica, possano ravvisarsene i condizionanti presupposti giuridici di ammissibilit�. V. -Nella prassi corrente, invero, � diffusa la convinzione, cui ci si adegua per un non giustificabile senso di assuefazione piuttosto che per ragionata deliberazione, che nelle cause per risarcimento danni da occu PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 581 I di un complesso valutativo, spesso fondato su generiche informazioni o ~ anonime notizie, che in 'buona sostanza esaurisce la ste,ssa decisione. Donde il pericolo che si trasferisca al consulente l'essenza e fa responi a sabilit� del giudizio. � opportuno quindi puntualizzare i connotati della normativa in Ii materia nell'ampia problematica sollevata dall'avvocatura dello Stato Ii e in riferimento alla natura del presente giudizio. pazione ultrabiennale (o per le liquidazioni giudiziali dell'indennit� di I espropriazione) la consulenza tecnica sia indispensabile, e che solo a suo I mezzo possa procedersi alla determinazione del valore dell'immobile: con sulenza che viene inoltre ammessa, come si � detto, senza che siano prima I fornite la prova positiva delle circostanze dedotte, in punto di fatto, nell'atto introduttivo (occupazione sine titulo dell'immobile) e la documentazione della ricorrenza dei presupposti di fatto richiesti, nella materia, per la I proponibilit� della domanda (decorso del biennio dalla data di effettiva occupazione). I Gi� in via preliminare deve osservarsi invece che la necessaria valutazione sulla ricorrenza, nei singoli casi, di quella necessit� cui la legge condiziona la ammissibliit� della � consulenza tecnica � non pu� prescindere dal preliminare accertamento della occupazione ultrabiennale, del fatto illecito cio� che si assume produttivo di responsabilit� civile e fonte dell'obbligo di risarcimento a carico della Amministrazione, non potendo evidentemente procedersi ad una istruttoria sul quantum�-debeatur quando ancora nessuna prova risulti fornita, n� offerta, in ordine �ll'an debeatur; prova che, in particolar modo per quanto attiene al fatto �storico'�, non pu� essere acquisita a mezzo di consulenza tecnica che -gi� in via di principio ammissibile solo in caso di necessit� (art. 61, primo comma, c,p.c.) ed esclusa quindi quando della fondatezza della domanda possa in altro modo fornirsi la prova -non costituisce mezzo esonerativo della prova. N� pu� la validit� di tali deduzioni contestarsi nel rilievo che le spese di una consulenza tecnica che risultasse a posteriori non rilevante graverebbero in definitiva a carico dell'istante, in quanto la consulenza tecnica, come si � precisato, non � un mezzo di prova rimesso all'iniziativa della parte, ma solo uno strumento sussidiario predisposto per fornire, quando sia necessario, chiarimenti di ordine tecnico al giudice, che pu� e deve evitare, anche con riguardo alla economia del giudizio, ogni dispendio di attivit� o aggravio di spese di cui anche solo in via ipotetica possa preventivarsi la superfluit� ai fini della decisione. La fondatezza di tali rilievi risulta del vesto confermata daWesperienza, non essendo invero mancate ipotesi (cfr. ad esempio causa Milo-ANAS) in cui, contestatasi dall'Amministrazione la dedotta occupazione e disposta ci� nonostante la consulenza tecnica, � risultato che la costruzione della strada non aveva nemmeno marginalmente interessato l'immobile dell'attore. VI. -Quando risulti acquisita agli atti la relazione di stima della procedura amministrativa, dovrebbe poi riconoscersi la rilevanza condizionante, rispetto ad ogni eventuale ulteriore istruttoria in ordine al quantum debeatur, dell'esame e della valutazione giudiziale di tale relazione, che a norma di legge e anche quando sia predisposta dagli organi tecnici dell'Amministrazione cui la legge demandi le necessarie valutazioni, ha natura ed effi 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Il sistema processuale vigente ha ,soppresso la perizia intesa come risultato di un accertamento che trova posto, quale materiale probatorio, nel sillogismo giudiziale, ed ha delineato la figura del consulente tecnico come ausiliare del giudice; cio� ha sostituito al profilo oggettivo di un accertamento tecnico (proprio del vecchio codice) il profilo soggettivo del collaboratore tecnico che assiste il giudice per il compimento di singoli atti o per tutto il processo (art. 61). cacia di stima giudiziale ed in cui risultano evidenziati tutti gli elementi in tal caso, invero, non dovrebbe prescindersi dal preventivo esame della in tal casi, invero, non dovrebbe prescindersi dal preventivo esame della r�elazione di stima, potendosi ravvisare la �necessit�� di ulteriori indagini tecniche solo qualora l'apprezzamento del magistrato sulla validit� dei � criteri adottati nella relazione di stima e sulla congruit� della liquida zione dovesse risolversi in senso negativo. l l w � La necessit� di: tale preliminare valutazione risulta anzi a maggior ra:::: . gione �evidente quando si consideri che l'ammissibilit� della consulenza tecnica � gi� in via di principio condizionata alla insufficienza, ai fini della de � cisione, degli elementi gi� acquisiti agli atti (Cass., 7 luglio 1969, n. 2501; w w 20 luglio 1966, n. 1974; 5 luglio 1966, n. 1740; 27 settembre 1965, n. 2051; &. 11 aprile 1964, n. 842; 10 novembre 1964, n. 2721; 26 novembre 1964, n. 2798; ii 14 giugno 1962, n. 1479; 15 ottobre 1960, n. 2769, Foro it., Rep., 1960, 595, I ~~ n. 2; 26 luglio 1960, n. 2163, ibidem, 596, n. 7), e che la decisione pu� essere fondata non solo su consulenze tecniche disposte in altro giudizio (Cass. 30 ' ' ~-��� marzo 1967, n. 686) e su accertamenti disposti in sede di istruzione preven ii:1:1 tiva (Cass., 21 marzo 1961, n. 638), ma anche su consulenze stragiudiziali -prive cio� della natura ,e della -efficacia pr�prie di quelle in questione e pur se impugnate dall'altra parte (Cass., 30 luglio 1969, n.2904; 7 agosto J 1967, n. 2102; 24 agosto 1964, n. 2378; 27 luglio 1962, n. 2164, Sett. Cass. 1962, 877; 18 aprile 1959, n. 1164; 17 dicembre 1957, n. 4718; 2 novembre 1957, n. 4242; 19 ottobre 1954, n. 3855; 3 luglio 1954, n. 2305); n� si comprende, invero, come possa la necessit� di indagini tecniche ravvisarsi per il solo I fatto che la parte cui incombe di provvedere si astenga dal produrre quegli , . elementi la cui acquisizione potrebbe rendere superflue le indagini tecniche, . cos� come non si comprende in virt� di quale criterio discretivo possa con' siderarsi impedito al giudice, per quanto attiene alla relazione dell'Ammini I strazione, l'esercizio di quello stesso potere di verificazione e di controllo ~ che dovr� comunque esplicare, quale perito dai periti, sulla relazione del lill ~-'. consulente di ufficio. Non pu� non considerarsi, inoltre, che le stime delle Amministrazioni d cui la legge demandi di procedere alle valutaz_ioni delle indennit� sono sem I pre calcolate secondo valori comunicati dall'Ufficio tecnico erariale, organo w della cui qualificata competenza non pu� certamente dubitarsi. Al riguardo, ~? invero, gli inter�ssati si mostrano g.eneralmente diffidenti e non esitano f~ a denunciare la inattendibilit� delle valutazioni dell'indicato organo tec nico, come se l'Ufficio tecnico erariale avesse interesse, nello espletamento dei suoi compiti istituzionali, a fornire alle Amministrazioni esproprianti informazioni inesatte e compiacenti (?); la effettiva portata di tali diffidenze I e censure risulta peraltro evidente e sintomatica non appena si consideri i: che le valutazioni dell'Ufficio tecnico erariale sono oggetto di analoghi 0t-Y0Hfftffilmffffftif&%1filillffffiffiffffff~EffWiffiMfff@Kfffffillfm@Rlfffafdil'Mfill'ifillf:WliflfKf:Klflfftf&ifJ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 583 Da questa constatazione normativa derivano alcune conseguenze. In primo luogo il codice, innovando al precedente sistema processuale e pur contemplando la possibilit� di autorizzare di volta in volta il consulente a compiere indagini da solo (artt. 62 e 194, 2� comma), ha inteso porre, quando la materia della causa lo richieda, un rapporto soggettivo costante fra il giudice e il consulente che egli abbia nominato, nel senso di partecipazione �col giudice � all'attivit� istruttoria rilievi -ma in senso diametralmente opposto! -quando si tratta di controversie in materia tributaria... VII. -Nelle cause in questione, del resto, l'ammissibilit� del ricorso all'opera del consulente tecnico dovrebbe escludersi anche sotto un differente, autonomo profilo, con riguardo cio� alla natura ed alle finalit� degli accertamenti proposti dagli istanti. Ai fini della fiquidazione del risarcimento, invero, l'unico � chiarimento in materia tecnica � � necessario � al giudice risulta normalmente attinente al valore venale dell'area occupata per la realizzazione della opera pubblica. Tale valore venale, peraltro, non pu� essere determinato dai consulenti tecnici -tenuti a documentare, per il necessario controllo delle parti e del giudice, le proprie conclusioni -se non con riferimento a precisi dati in merito ad atti di compravendita relativi ad immobili ubicati in prossimit� di quello da valutare: gli stessi dati cio� che le parti hanno la possibilit� -e quindi l'onere -di fornire a sostegno delle rispettive ragioni, e che lo stesso giudice pu� acquisire agli atti avvalendosi delle facolt� di cui agli artt. 210 e 213 c.p.c., ed ovviando con tale iniziativa, e senza necessit� di dispendiose indagini, alle �acune di ordine � tecnico� (?) che risultino eventualmente di ostacolo ad una competente determinazione del risarcimento; n� pu� seriamente dubitarsi che una valutazione fondata su elementi documentali in tal modo acquisiti agli atti risulterebbe di maggiore garanzia per gli interessi della giustizia, e ,certamente pi� valida di quelle adottate dai consulenti tecnici, molti dei quali -� notorio -determinano il valore delle aree sulla base di generiche quanto incontrollabili � informazioni assunte sul posto, �, precludendo oltre tutto, alle parti ed ai giudici, la stessa possibilit� di verificare la validit� delle conclusioni. VIII. -Gi� in via di principio del resto, e pvescindendo da quanto finora osservato, � quantomeno discutibile che l'apprezzamento di valore di un bene -suscettibile di essere documentato dalle parti con i normali mezzi di prova ed in ordine al quale il consulente tecnico pu� esprimere, per forza di cose, solo un parere pro scientia e non certamente fornire una soluzione pro veritate (quale il ricorso alla sua opera sarebbe invece predisposto ad ottenere) -possa costituire ,espressione di quella particolare competenza tecnica (art. 61 c.p.c.) di cui il giudice pu� risultare in concreto sprovvisto. La possibilit� di acquisire agli atti la prova documentale necessaria per determinare il valore di mercato da tener presente nella liquidazione del risarcimento (quella stessa prova documentale -si ripete -alla quale dovrebbe comunque far riferimento il consulente tecnico) dovrebbe quindi fare escludere, sotto un ulteriore profilo, la possibilit� di ravvisare quella � necessit� � cui la legge condiziona l'ammissibilit� del ricorso all'opera del tecnico. 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (art. 61 e 194, 1� comma). Tuttavia la prassi giudiziaria, spesso per motivi legati a disfunzioni concrete, non ultimi quelli della elevata molteplicit� di cause da trattare nella stessa udienza e della normale inosservanza del principio della concentrazione, trascura quel rapporto costante ed esaurisce la collaborazione del tecnico nell'espletamento di indagini che egli--compie da solo. IX. -Utile risultato sarebbe del resto agevole ottenere disponendo la ispezione dei luoghi (special:.iente quando, malgrado la documentazione fornita dalle parti, sussistessero dubbi sulla comparabilit� delle aree delle quali fosse stato documentato il valore con quella oggetto della valutazione), tanto pi� che in sede di sopraluogo potrebbero assumersi -senza spese quelle ulteriori informazioni delle quali si ravvisasse la necessit� ai fini della decisione. La difesa della comparente non dubita invero che ai tempi nostri, in cui anche i bambini sanno come funziona un motore ed in cui basta seguire la stampa anche non specializzata per conoscere l'andamento del mercato immobiliare,. ai giudici non difettano le cognizioni (tecniche?) necessarie per apprezzare quale di due fondi di una stessa zona sia pi� appetibile; ed a maggior ragione tale competenza va riconosciuta (anche a prescindere dalla veste propria del peritus peritorum) ove si consideri l'esperienza che ogni magistrato� acquista con la quotidiana trattazione di cause del genere. Per quanto utile possa risultare il ricorso alla ispezione dei luoghi (che andrebbe peraltro disposta solo quando risultassero forniti dalle parti tutti gli elementi documentali sopra indicati, e sempre che tale documentazione risultasse insufficiente ai fini della decisione), non si pretende, tuttavia, che a tale mezzo di istruzione sia da far ricorso per tutte le cause in argomento, o anche nei soli casi in cui possa risultare risolutivo ai fini della decisione. Si tratterebbe sempre di un rilevante numero di cause, infatti, e la dif,esa della comparente (malgrado quanto in contrario potrebbe desumersi dalla facolt� di delega prevista dall'art. 259 c.p.c. proprio con riguardo alle � esigenze di servizio �) non pu� ignorare in quali gravose e disagiate condizioni i magistrati -e per un complesso di cause ad essi certamente non imputabili -siano costretti a svolgere la loro delicata funzione, n� pu� non prevedere in quale misura l'indicato sistema istruttorio concorrerebbe a rendere ancora pi� sacrificata la loro attivit�. Tale riconoscimento non impedisce peraltro alla difesa della comparente di insistere sulla necessit� di una approfondita meditazione sulla validit� di tutto quanto ,sopra osservato e dedotto, e sulla conseguente opportunit�, quantomeno, di �evitare q-uel sistematico ricorso alla �consulenza tecnica � che ostacola la sollecita definizione delle vertenze, comporta un dispendio di attivit� a volte inadeguato al valore della controversia, e raddoppia, per lo meno, l'importo delle spese giudi,ziali, a tutto danno deile I m convenute Amministrazioni sulle quali, e per quanto minima risulti l'ecce w denza del valore accertato in via giudiziale, finisce con il gravare il mag gior onere del processo: maggiore onere che potrebbe invece evitarsi e che si ripercuote, necessariamente, su tutti i contribuenti. Di pi� sistemi istruttori possibili, invero, non � giusto ricorrere sempre e solamente a quello pi� dispendioso, e ci� a maggiot ragione se le alter native proposte siano pi� adeventi alle disposizioni del codice di rito. I r 1:1 lli - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 585 In secondo luogo la consulenza tecnica non � una prova n� un mezzo di prova, se per mezzi di prova si intendono le per�sone (testimoni), le cose (documenti) e le operazioni (ispezioni, interrogatori formali, esperimenti) dai quali e mediante i quali si traggono gli elementi di prova: il consulente � un ausiliare che assiste il giudice non solo rispondendo a quanto di tecnico gli venga richiesto ma coadiuvando, con X. -La difesa della comparente, del resto, non ha mancato di dimostrare, con i fatti, la superfluit� della c.d. consulenza tecnica, e la possibilit� di decidere prescindendo da dispendiose iniziative processuali, producendo in giudizio, pur senza averne onere alcuno, fogli di mappa, planimetrie, estratti da piani regolatori, decreti di espropriazione non opposti, accordi stipulati con le ditte espropriate, certificazioni dei competenti uffici finanziari sul valore dichiarato, accertato e concordato (e deciso dalle commissioni tributari�e) per atti di trasferimento relativi ad immobili limitrofi a quello da valutare, relazioni di consulenza o addirittura sentenze gi� intervenute in giudizi relativi ad immobili della stessa zona, ecc.; si � cio� acquisita agli atti dei processi una documentazione completa ed esauriente, tale che ad essa ;nessun ulteriore elemento potesse il consulente tecnico aggiungere, se non quella stessa valutazione comparativa alla quale l'autorit� giudiziaria potrebbe, e quindi dovrebbe direttamente procedere, evitando dispendio di spese e di attivit�. E per quante consulenze di ufficio si siano esaminate, invero, non una, a quanto consta, ha mai offerto tanti e cos� obiettivi elementi di valutazione. � Rarament_e, per�, l'impegno mostrato dalla difesa della comparente ha avuto utili risultati, perch� il pi� delle volte i giudici istruttori (e quelli stessi che condividono, in linea . di principio, la tesi sostenuta dalla difesa della comparente) hanno ugualmente disposto la �consulenza tecnica�, senza peraltro alcuna motivazione fornire sulle prospettate argomentazioni se non quella, appunto, relativa alla affermata opportunit� di provocare un preventivo orientamento del tribunale in senso diverso da quello finora sempre seguito nella prassi: motivazione certamente insufficiente (e della quale si � tuttavia tenuto debito conto, come la stessa presente memoria dimostra), considerato che la questione assume rilevanza proprio in istruttoria, mentre in sede collegiale, tanto pi� che si esclude l'ammissibilit� del reclamo ex art. 178 c.p.c., la questione risulta normalmente gi� di fatto superata. Altre volte, le argomentazioni della difesa della comparente hanno indotto i giudici istruttori a formulare ai consulenti analitici e specificati quesiti, tali da circoscrivere nei limiti del possibile la discrezionalit� delle valutazioni e diversi, comunque, da quello con il quale viene normalmente demandato al consulente di programmare il contenuto della emittenda decisione ( � determini-il consulente la indennit� di espropriazione, ecc � ); e si sono visti in udienza consulenti sorpresi e quasi risentiti da una cos� analitica e gravosa specificazione dei quesiti, sorpresa e risentimento oltretutto comprensibili quando si consideri che la prassi corrente ha finito con il far considerare i consulenti tecnici come dei ex machina della situazione in materia di espropriazione. � del resto quanto mai sintomatico che quanto i giudici istruttori, in accoglimento della tesi sostenuta dalla dif.esa della compar�ente (e per quanto nessuna documentazione risultasse fornita dalla comparente) hanno 586 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la sua esperienza tecnica, ai compiti tipici del giudice di acqms1z10ne e di valutazione delle prove. La consulenza -se proprio si vuole obiettivizzare l'opera del tecnico -� piuttosto uno strumento per l'utilizzazione dei mezzi e degli elementi di prova, perch� il consulente, impiegando le sue conoscenze specifiche, rende utili elementi solo utilizzabili. Inoltre l'opera del consulente tecnico, considerata nella prospettiva di cui al sistema vigente, cio� nella prospettiva dell'ausiliare che sta rigettato, con lodevole spirito di iniziativa, l'istanza rivolta a far � ammettere la consulenza tecnica ., invitando le parti attrici a documentare la fondatezza della domanda, tali e tanti documenti sono stati dalle controparti prodotti in giudizio (e da quelle stesse parti che assumevano la consulenza tecnica come unico ed indispensabile mezzo di accertamento) da fornire esse stesse la pi� convincente riprova della fondatezza della tesi sulla inammissibilit�, nella materia, della c.d. consulenza tecnica. XI. -Ulteriore conferma della tesi in esame si ottiene agevolmente quando si accerti se ed in qual effettiva misura l'ausilio del tecnico possa realmente fornire al giudice elementi diversi da quelli che aliunde possano comunque essere acquisiti, e se non sia invece da riconoscere che in materia di valutazione di immobili nessuna � cognizione tecnica � occorre di quelle di cui il giudice pu� risultare teoricamente sprovvisto. Com'� noto, nella liquidazione del danno da occupazione ultrabiennale e nella determinazione giudiziale dell'indennit� di espropriazione i consulenti tecnici adottano il metodo' di stima si:r;itetica (o comparativa) o quello di stima analitica, ed in genere adottano uno solo dei due sistemi, senza cio� procedere alla verifica, con il secondo dei metodi, della validit� delle conclusioni alle quali sono pervenuti applicando il primo (s� che viene in concreto preclusa, alle parti ed al giudice, quella unica possibilit� di verificazione teoricamente ipotizzabile), mentre quando alla contestuale adozione dei due metodi si procede appare spesso manifesto che la coincidenza delle conclusioni � stata in effetti raggiunta applicando il secondo metodo... a ritroso! Quanto al sistema di valutazione comparativa, i valori unitari adottati nella liquidazione del risarcimento o nella determinazione dell'indennit� risultano indicati o sulla base di fantomatiche quanto incontrollabili �informazioni assunte sui posto., oppure come la media dei due-trequattro prezzi unitari desunti da determinati atti di compravendita intervenuti per immobili della zona, generalmente ricordati senza i necessari estremi di identificazione (e con riferimento ai soli valori accertati �e non j invece a quelli definiti agli effetti tributari) e ai quali viene a volte ag,; o giunto un ulteriore valore unitario semplicemente e arbitrariamente � ipotizzato �; cos�, e proprio nel presente giudizio, indicato il prezzo di mercato, � dopo ampia ricognizione sul luogo e sentito il parere (!) dei sensali e dei Icontadini � (!) in lire 545 (!) al mq., calcolato con la stima analitica un 8 ulterior�e valore di lire 640 al mq., e � ipotizzato � un terzo valore unitario rJ di lire 2500 al mq., in ragione di una teorica utilizzabilit� edificatoria, il prezzo unitario da calcolare nella liquidazione risulta in definitiva deter1- �l. minato, con sorprendente disinvoltura, in lire 1.230 al mq. (545+640+ +2.500 :3!). E questo � solo un esempio! Quanto tali criteri siano censurabili � tanto evidente da rendere superfluo ogni commento (in particolare, nel senso che la relazione di consu- Jl~ ' ~ f@Ifffffifiliffilff@TIHf@f:ffKJillfmfif&ffiiIMtmrmrnr@@Iff!F&Ifillf[ffifilitillN�lfillEfffilmffilfifif;ffi@Mff:[filfilfffffiilll PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 587 accanto al giudice, non pu� sostituire l'onere probatorio distribuito secondo le rispettive posizioni processuali: ciascuna parte offrir� le sue prove, e il consulente -se il magistrato lo ha nominato o riterr� di nominarlo -coadiuver� il giudice nell'acquisizione e valutazione delle prove, e potr� svolgere, a questi fini, le indagini commessegli dal giudice. � evidente perci� che la nomina del consulente tecnico non pu� essere lenza non vale quand� si limita a riferire dichiarazioni di persone interrogate, cfr. Cass., 25 giugno 1953, n. 1957). � comunque ovvio che, per la prima ipotesi, quella cio� delle � informazioni assunte sul posto �, tanto varrebbe sentire i consulenti o meglio i � sensali � o i � contadini � come testimoni, mentr�e per la seconda ipotesi, quando cio� il prezzo unitario risulta determinato nella media dei prezzi desunti da atti di compravendita, � altrettanto ovvio che non occorrono � cognizioni tecniche � per reperire e acquisire agli atti determinati contratti di compravendita, n� per fare la media aritmetica di tre-quattro numeri. Quanto al metodo di stima analitico, poi, non sembra si consideri che le formule (quanto mai semplici) dell'oestimo, come in genere tutte le formule, in tanto sono utilmente applicabili in quanto si tratti di accertare una determinata incognita conoscendo come certi gli altri elementi della formula; cosi, conoscendo il reddito lordo e il costo di produzione (e quindi il reddito netto), e il saggio di capitalizzazione, si applica la formuletta e si determina il valore dell'immobile. Ma quando, come nella materia in esame, sono gli stessi consulenti a dover stabilire tutti i fattori della formula, e con valutazioni affatto soggettive e comunque non suscettibili di verifica, � ovvio che a qualsiasi risultato pu� condurre l'applicazione della formula, data la estrema variabilit� di ciascun elemento di computo e la incidenza che ogni minima variazione determina, attraverso i vari conteggi, sul risultato finale; il che poi � ancora pi� evidente nell'accertamento del fattore incidenza-suolo degli immobili di natura edificatori, quando cio� i singoli elementi con i quali il consulente deve � costruire � le formule (e che vengono indicati senza alcuna possibilit� di verificazione) sono ancora pi� numerosi e variabili. Ad evidenziare la fondatezza di tale assunto basta del resto tener presente che il valore di un immobile, agrario o edificatorio che sia, viene a risultare -immutati restando tutti gli altri elementi di computo in lire 10 milioni o 20 milioni (oppure 100 milioni o 200 milioni) e l'Amministrazione viene quindi condannare a pagare 10 o 20 milioni (oppure 100 milioni o 200 milioni) a seconda che sia del 4 per cento o del 2 per cento il saggio di capitalizzazione adottato, quel tasso, cio�, della cui specifica applicabilit� nessun consulente ha mai neppure tentato una dimostrazione, e che pur condizionando in tal misura il risultato dei conteggi risulta in definitiva �espressione della discrezionale ed insindacabile valutazione di ciascun consulente. Pertanto, o dei singoli fattori da calcolare � possibile fornire specifica documentazione (mercuriali, indici, statistiche, certificazioni della Camera di commercio o dell'Ispettorato agrario, �ecc.), e potranno allora le stesse parti interessate (eventualmente autorizzate a richiedere le necessarie certificazioni) fornire al giudice tutti gli elementi perch� possa poi calcolarsi, con semplice operazioni aritmetiche, quale valore sia da attribuire all'im 588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disposta allo scopo di acquisire al processo il materiale probatorio sostituendo l'onere delle parti. 3. -Il potere del giudice di nominare un consulente tecnico � condizionato dalla �necessit� � (art. 61) di ricorrere all'ausilio di un soggetto che ha le cognizioni tecniche occorrenti; ci� non � contraddetto dall'espressione �pu��, che pur si riscontra nella norma, perch� tale espresmobile in questione (e una tale prova andrebbe fornita, ad esempio, sull'effettivo r�eddito del fondo, certo meno fantomatico di quello teoricamente ipotizzabile); in questo caso, quindi, non si farebbe altro che applicare, nella materia, i normali criteri di liquidazione adottati, e senza che nessuno se ne meravigli, in tutte le altre cause di risarcimento danni, come ad esempio in tema di danni alla persona, in cui il lucro cessante, per non dire del mancato -reddito (dalla specifica prova del quale nessun giudice penserebbe mai di poter prescindere), viene liquidato, secondo prestabiliti criteri, sull'effettivo e documentato reddito del danneggiato e non certo in base ad una teorica possibilit� di guadagno! Oppure dei singoli fattori di valutazione non � possibile fornire una documentazione, e allora � ovvio che il metodo di stima analitica, basato su formule che in tanto possono valere in quanto una sia la incognita da accertare, e sulla base di dati certi e controllabili, non �, nella materia, concretamente applicabile; il che porta necessariamente ad ammettere che la � consulenza tecnica � a tale criterio di liquidazione ispirata non serve a niente, di nessuna garanzia potendosi riconoscere ai fini di una decisione giusta se a tanti risultati pu� condurre quanto variabili siano le vedute soggettive di ciascun consulente. A parte il fatto, poi,. che l'ammissibilit� di una stima analitica deve nella materia in esame escludersi a priori, avendo il legislatore espressamente stabilito che l'indennit� deve consistere nel giusto prezzo che l'immobile avr-ebbe avuto �in una libera contrattazione di compravendita�, in un prezzo, cio� da accertare esclusivamente con il sistema di valutazione comparativa! A tali considerazioni di principio pu� aggiungersi brevemente: a) quanto alla natura agraria o edificatoria di un immobile, trattasi di questione di contenuto certamente pi� giuridico che tecnico, e�ssendo la individuazione dei caratteri della edificatoriet� frutto della elaborazione giurisprudenziale, e oggetto, comunque, di valutazione da adottare con riguardo alla ricorrenza di predeterminati presupposti di fatto (destinazione pr-evista nel piano regolatore o, in alternativa, � facilitd di accesso, esistenza di vie pubbliche e di collegamento con la cittd vicina, edificazione gid iniziata nella zona, ~resenza di servizi pubblici necessari al vivere civile, quali acqua, luce, fognature, ecc. �): presupposti di fatto per l'accertamento dei quali non occorrono certo � cognizioni tecniche � e che spetta comunque alle parti interessate di documentare, come per ogni � fatto � dedotto a fondamento di una domanda giudiziale; b) questione altrettanto giuridica va ovviamente riconosciuta quella relativa alla individuazione del criterio di legge applicabile nella determinazione dell'indennit�, ed � sulla base di determinati presupposti di fatto, per la determinazione e l'accertamento dei quali vale quanto gi� sopra osservato, che pu� ammettersi o escludersi l'applicabilit� del criterio stabilito dalla legge per l'ipotesi di espropriazione parziale; PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 589 sione va riferita al potere ex officio, nel senso che il giudice, per nominare il consulente tecnico, non ha bisogno di richiesta n� di sollecitazione di parte. Il termine �necessit� � deve essere bene inteso: in primo luogo richiede che la controversia presenti oggettivamente degli aspetti tecnici per la cui comprensione e valutazione non basti quanto gi� acquisito al e) quando al � deprezzamento� dell'area residua, risarcibile solo quando risultino ricorrenti i presupposti di fatto dell'espropriazi�ne parziale (e non inv�ece per il solo fatto che l'area espropriata sia parte di un immobile di maggior estensione), si domanda quale � cognizione tecnica .. possa consentire una documentabile determinazione (escluse, per i motivi sopra indicati, l'ammissibilit� e la validit� di una stima analitica per differenza), e se non sia il buon senso, patrimonio dei magistrati almeno quanto dei consulenti tecnici, guida pi� sicura che non un inesistente criterio � tecnico. nella determinazione della percentuale di deprezzamento. XII. -La fondatezza della tesi in e,same, del resto, risulta maggiormente evidente quando si consideri in qual �effettiva misura l'intervento del consulente tecnico condizioni in pratica le decisioni giudiziali e quanto fondato possa essere il dubbio che nella materia in esame si sia nella prassi pervenuti ad un nuovo tipo di arbitrato o quantomeno di arbitraggio processuale. La difesa della comparente, invero, nel prospettare la propria tesi (sostenuta, espressamente, proprio in relazione alle inique conseguenze cui conduce, sul piano pratico, l'attuale prassi giudiziaria) non ha mancato di segnalare che molte, moltissime relazioni di consulenza risultano motivate, per quanto attiene alla indicazione del valore venale unitario, esclusivametne sulle � informazioni assunte sul posto �, senza documentazione alcuna che consenta alle parti ed. al giudice di controllare la validit� delle conclusioni del consulente di ufficio. In pratica, quindi, le aree delle quali le Amministrazioni occupanti o esproprianti devono corrispondere il valore sono pagate, in �effetti, a lire 100 (o 90) 1.000 (o 900) o 10.000 (o 9.000) al metro quadrato a seconda che il singolo consulente di ufficio -arbitratore di nuovo tipo -abbia indicato in lire 100, o 1.000 o 10.000 al metro quadrato il prezzo unitario da calcolare nella determinazione del valore complessivo, nessun dato documentale risultando fornito al giudice che gli consenta di verificare la effettiva congruit� del prezzo determinato dal consulente o gli permetta altro che di giostrare attorno a quello specifico valore indicato, senza documentazione, dal consulente (ed ovvio che non � questione di sfiducia o di diffidenza nei confronti del singolo consulente tecnico, cosi come :r;ion pu� evidentemente parlarsi di sfiducia o di diffidenza per il magistrato quando se ne censuri una decisione per difetto di motivazione!). Anche le riduzioni generalmente apportate ai valori unitari risultanti dalle relazioni di consulenza, infatti, non possono riferirsi che a quel determinato valore affermato dal consulente, nessuna seria alternativa ponendosi al giudice, per il difetto di elementi documentali, se non quella di sostituire, al valore che ritenesse non attendibile, quello effettivo che la sua competenza in materia gli consentisse di indicare: con la conseguenza, per�, in questo caso, che la decisione a tale diversa valutazione ispirata risulterebbe 590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO processo n� basti il ricorso alle regole di comune esperienza o ad altri mezzi istruttori disposti di ufficio; in secondo luogo esso comporta una valutazione correlata alla responsabile esigenza, per il giudice, di sentirsi assolutamente in grado di padroneggiare gli aspetti tecnici della vicenda giudiziaria in base alle sue conoscenze ed alle regole di comune esperien evidentemente suscettibile di quella stessa critica che � possibile muovere alle relazioni non documentate! Che se poi si riconosce al giudice, quale perito dei periti, la competenza necessaria per valutare la congruit� dei prezzi indicati dai consulenti e per discostarsene, occorrendo, oltre che per una riduzione (o maggiorazione) a tali prezzi invece riferita, dovr� a maggior ragione riconoscersi la validit� di quanto sopra osservato sulla superfluit� delle dispendiose � consulenze tecniche � e sulla pi� obiettiva valutazione cui � possibile pervenire sulla base della documentazione che le parti possono fornire e che il giudice pu� acquisire, anche di ufficio, agli atti del processo. Ad evidenziare 1a fondatezza di tali rilievi sar� del resto sufficiente considerare che se non si vuole ammettere che le sentenze rese nella materia sono necessariamente condizionate, quanto meno per la cifra-base, alle valutazioni del consulente-arbitratore, dovr� riconoscersi che ad ogni valutazione differente da quelle del consulente di ufficio e che se ne discosti in misura rilevante il Tribunale pu� in effetti pervenire solo in base alle proprie cognizioni nella materia: quelle stesse cognizioni, cio�, che avrebbero reso superfluo il ricorso all'opera del consulente tecnico (cfr. nel senso che il giudice possa esimersi dalla nomina del consulente quando si ritenga in possesso di quelle nozioni di comune esperienza che stima sufficienti ai -fini della decisione, Cass. 27 nov�embre 1963, n. 3046, Foro it., 1964, I, 820; 23 agosto 1962, n. 2634; 14 ottobre 1954, n. 3679; nel senso che possa il giudice procurarsi aliunde 1e cognizioni necessarie, cfr. Cass. 11 aprile 1964, n. 842; 22 febbraio 1952, n. 470). XIII. -Le argomentazioni sopra riassunte, se sono valse a far ravvisare la necessit� di condizionare l'istruzione sul quantum debeatur alla preventiva documentazione della legitimatio ad causam (ma ci si contenta a volte del solo titolo di acquisto, se non addini.ttura di semplici certificati catastali), hanno trovato sporadico accoglimento, in sede istruttoria, quanto all� necessit� di una pi� severa indagine sulla ammissibilit� della � consulenza tecnica � e sulla effettiva indispensabilit� delle indagini � tecniche� . La c.d. consulenza tecnica (e si dice � cosidetta � perch� nessuna disposizione contempla tale termine, parlandosi sempre e solo di � consulente tecnico � in significativa armonia con il sistema quale la difesa della comparente ritiene doversi ravvisare nella materia in esame) continua per lo pi� ad essere -nei risultati concr�eti se non per quanto dai mandati conferiti potrebbe desumersi -un vero e proprio mezzo di prova (e quantomeno sotto questo profilo dovrebbe ammettersi il reclamo ex art. 178 c.p.c.): mezzo di prova della legittimazione ad causam, mezzo di prova dell'an debeatur, mezzo di prova del quantum debeatur. Secondo i principi, la consulenza tecnica � non va intesa come mezzo esonerativo della prova, che � retta dal principio della disponibilit� di cui all'art. 115 c.p.c., ma � solo un mezzo sussidiario messo a disposizione del giudice per avere, quando sia necessario, la possibilit� di ricevere chiarimenti in materia tecnica� (Cass., 5 g�ennaio 1966, n. 93, Rass. Avv. Stato, PARTE I, SE.Z. III, GIUJilISPRUDENZA CIVILE 591 za; quindi, ove il giudice non si ritenga, con adeguato senso di responsabilit�, del tutto autosufficiente in rapporto agli aspetti tecnici del caso giudiziario, ricorre senz'altro la � necessit� � di cui all'art. 61. Insomma una incertezza, sia pure parziale, sulla propria autosufficienza equivale a necessit� tale da giustificare la nomina del consulente. In questi ter 1966, I, 106 (102); sulla funzione della consulenza tecnica, v. pure: Cass., 24 ottobre 1968, n. 3454; 22 marzo 1968, n. 908; 28 luglio 1967, n. 2010; 27 novembre 1964, n. 2817; 16 ottobre 1960, n. 2769, Foro it., Rep, 1960, 595, n. 2; 12 marzo 1960, ri. 477; 8 febbraio 1960, n. 176; 6 aprile 1955, n. 996; 28 dicembre 1954, n. 4619; 7 giugno 1954, n. 1845; Trib. Napoli, 28 luglio 1964, Foro nap., 1965, I, 49): questa la funzione della � consulenza tecnica ., quale risulta dal complesso delle norme che disciplinano il ricorso all'opera del consulente tecnico (cp.c., artt. 61-64 e 191-198; disp. att. c.p.c. artt. 13-24 e 89-92). Nella prassi invece -con costante disapplicazione, in particolare; delle norme di cui all'art. 194, primo comma, ultima parte, c.p.'c. e all'art. 90, secondo comma, disp. att. c.p.c. (e tale ultima norma � di evidente rilievo quanto ai limiti delle indagini commesse al consulente tecnico); senza tener presente che il consulente tecnico, in quanto ausiliario del giudice, non pu� sostituirsi alla parte nel fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a fondamento della domanda giudiziale (Cass. 7 giugno 1965, n. 1131; 6 aprile 1955, n. 996; Tuffi. Spoleto, 23 luglio 1955, Foro it., Rep. ~955, 538, n. 40); e con sostanziale violazione dei diritti della difesa -la �consulenza tecnica � viene in concreto utilizzata come mezzo di prova. Nel merito, il ricorso all'ausilio del consulente tecnico si risolve, cosi come � inteso nella consolidata prassi giudiziaria, in una inammissibile forma di arbitraggio processuale, con notevole dispendio di attivit� ed evitabile aggravio di spese, e senza nulla aggiungere a quanto le stesse parti possono documentare se non sterili riassunti dei fatti della vertenza, artificiose argomentazioni pseudoscientifiche ,e soggettive valutazioni del singolo consulente;.,arbitratore. Quel che pi� sorprende, comunque, � come professionisti di indiscussa qualificazione possano veramente credere, in perfetta buona fede (del che non vuol dubitarsi), nella validit� delle loro valutazioni (tanto mutevoli quanto variabili sond i singoli fattori che ne costituiscono l'affermato e non controllabile presupopsto), come possano, cio�, pretendere veramente di poter fornire una dimostrazione scientifica del valore venale di un immobile, e come non si rendano conto, ad esempio, di ,quanto sia assurda una affermazione quale quella per cui un valore unitario di lire 21.487 (ventunomilaquattrocentottantasette!) viene in analoga controversia indicato come valore che � rispecchia fedelmente il valore di mercato � e tale da farlo � considerare libero dai tradizionali concetti di approssimazione e talvolta di scetticismo con i quali si � soliti guardare l'estimo .. Le relazioni c.' d. di consulenza tecnica, in effetti, sono condizionate a preconcetti schemi logici ed a paradigmi aprioristici, cui si adegua per un non giustificabile senso di assuefazione piuttosto che per ragionata consapevolezza; e non vi � relazione (e la presente controversia ne offre palese riprova) della quale non possa fornirsi efficace confutazione (sullo stesso terreno logico sul quale dovrebbero determinate conclusioni essere prospettate), cos� come non vi � argomentazione o calcolo di cui non sia 8 592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mini -e soltanto in questi termini -pu~ dirsi che la nomina del consulente � discrezionale. 4. -Chiariti in termini generali la funzione del consulente tecnico e i poteri del giudice al riguardo, occorre riferirsi, pi� specificamente, alle controversie che abbiano per oggetto l'occupazione di immobili da parte agevole dimostrare la infondatezza o l'erroneit�! � del resto sintomatico che gli stessi consulenti � tecnici �, interpellati nelle vie brevi e in posizione svincolata, quindi, dall'automatico condizionamento cui sono costretti quando debbono predisporre relazioni, non hanno esitato a riconoscere che a tanti diversi risultati pu� condurre una .� consulenza tecnica .~ quanto differenti siano le vedute soggettive di ciascun � tecnico ., e che il valore di un determinato immobile, quando non lo conoscano gi� per diretta esperienza di mercato (come qualsiasi mediatore o chiunque abbia interesse ad acquistare immobili in una determinata zona), tanto diverso pu� in concreto risultare quanto variabili siano i singoli fattori di computo considerati e differenti i criteri estimativi adottati da ciascun singolo consulente. Dal complesso delle disposizioni in argomento previste nel codice di procedura civile (travisate da una irrituale prassi giudiziaria) � invero agevole desumere che il ricorso all'ausilio del consulente tecnico � stato previsto dal legislatore per la soluzione pro veritate di questioni tecniche, tale da presupporre cio� particolari cognizioni scientifiche, idonee, per loro natura, a non consentire alternative alla soluzione raggiunta: presupposti dei quali non � certo possibile ravvisare la ricorre~a nella materia in esame. Ad avvertire la validit� di tale conclusione � invero sufficiente considerare, con riferimento ad una qualsiasi relazione di consulenza, a quanto diversi risultati dovrebbe il giudice condizionare le proprie determinazioni se solo variassero i valori unitari assunti dal consulente a base della liquidazione o se differente saggio di capitalizzazione risultasse adottato nella stima analitica o se differente decurtazione fosse stata apportata dal consulente nel calcolare un eventuale deprezzamento: rilievo la cui validit� maggiormente si evidenzia quando si consideri che la ipotizzata diversa indicazione delle cifre base (e l'esame di qualsiasi relazione convalida tale affermazione) non comporterebbe modifica alcuna alla motivazione tutta della relazione, il che vale a dire che una relazione di consulenza a tali e tanti risultati pu� condurr�e, ed altrettanti motivarne, quanto differenti possono in concreto risultare le vedute soggettive di ciascun consulente tecnico in ordine ai prezzi correnti nella zona, a quei valori cio� proprio per accertare i quali si vorrebbe giustificare il ricorso� al �tecnico� (e senza che aleunch� di tecnico possa invece ravvisarsi), e che risultano in definitiva (e diversamente da quanto pu� dirsi per valutazioni condotte su adeguati elementi documentali) espressione di personali e ovviamente variabili convincimenti, oltretutto non suscettibili di verifica. Quanto ai concreti risultati ai quali conduce la erronea conc�ezione della funzione e della portata della �consulenza tecnica� nella materia in esame, la difesa della comparente preferirebbe astenersi da ogni commento. Certo � che in grado di appello -ed il rilievo induce ad illazioni di evidenza tanto intuitiva da renderne superflua la precisazione -cause PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 593 della pubblica amministrazione per l'impiego nella esecuzione di opere pubbliche senza che sia intervenuto un atto di esproprio ovvero l'opposizione alla stima. Non c'� dubbio che queste controversie rispondono alle regole probatorie comuni. Li'occupazione abusiva, inizialmente tale o divenuta tale promosse ad iniziativa dei privati non ve ne sono. E ci� malgrado che in primo grado i valori determinati dai consulenti �di ufficio, quando non sono accettati dal Tribunale, siano oggetto sempre di riduzioni e non certamente di maggiorazioni! Una ragione di tutto questo deve pur esserci, �e non pu� sfuggire certo alla sensibilit� del Tribunal�e. Senza voler commentare le numerosissime fattispecie dalle quali pure potrebbero desumersi elementi utili ai fini in esame, sar� tuttavia utile ricordare al Tribunale che solo producendo in giudizio fotografie di un immobile di cui doveva determinarsi il valore (causa Sorrentino contro ANAS) la difesa della �omparente � riuscita ad evidenziare quanto inattendibili fossero le conclusioni del consulente di ufficio; dalle fotografie, infatti, risultava che l'immobile -valutato dal consulente, con una relazione apparentemente motivata e documentata, in lire 7.500 al metro quadrato -era costituito da un roccione alto circa 30 metri a strapiombo sulla strada, assolutamente inutilizzabile anche a scopi solamente agrari! Un suolo nelle immediate vicinanze della Mostra d'Oltremare, invece, (uno di quei suoli che in qualsiasi campagna si trovino diventano subito edificatori non appena siano utilizzafi per la realizzazione di un'opera pubblica), � stato valutato dal consulente (n� dubbi sulla validit� della relazione sono sorti n� supplementi� di istruttoria sono stati disposti), in L. 2.000 (duemila) al metro quadrato, divenute poi circa 1.000 (mille) per l'applicazione del criterio di cui all'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (sentenza 20 gennaio 1968, in causa Deo-Mostra d'Oltremare), mentre per altro suolo della stessa zona si � arrivati anche a lire 300 (trecento) al metro quadrato (sentenza 10 novembre 1967, ih causa PisaMostra d'Oltremare). Ma in entrambi i casi si trattava -lou� soit qui mal j pense -di retrocessione! Quanto fondate e valide siano le argomentazioni prospettate dalla difesa della comparente sulla necessit� di escludere a priori che la valu tazione di un immobile possa costituire materia di consulenza tecnica dovr� del resto necessariamente riconoscersi quando si consideri che lo stesso immobile valutato dal Tribunale, nella sentenza ora ricordata, secondo il prezzo unitario di lire 2.000 (duemila), lo stesso immobile, si ripete, � stato valutato, con autonoma e contemporanea indagine tecnica condotta, in una nuova procedura di espropriazione medio tempore pro mossa dall'Italsider, in lire 40.000 (quarantamila) al mq.! (ordinanza di deposito 21 gennaio 1968 del Tribunale di Napoli). Nello stesso periodo di tempo, cio�, due consulenti tecnici, l'uso nominato dall'istruttore in una causa di retrocessione, l'altro dal presidente del tribunale nella procedura di espropriazione promossa, per lo stesso immobile oggetto della retrocessione, dall'Italsider (e tutti e due valenti professionisti di indiscutibile capacit�), hanno determinato il valore di uno .stesso Ii I I 1 fllififJ&f�fm{ti�'.wffiRiff@lft!tWrii&Mff!ff~Ifflfiliilifilffil{filj\ffil~t&ITifl'EKfll�fi\fif:tr:f:flfl'ffftlK'frrtf�' 594 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O per decorrenza del biennio dal decreto di urgenza, � un illecito per cui incombe all'attore la prova del fatto materiale e del danno che pretende di aver subito; e� da notare in proposito che spesso la pubblica amministrazione non contesta il fatto in s� e per s�, ma solo l'entit� del danno in relazione al valore economico del bene occupato (ed impiegato nel / immobile, e con due relazioni entrambe esaurienti, -convincenti e documentate, in lire 2.000 (duemila) e in lire 40.000 (quarantamila) al metro quadrato. In analoga vertenza poi (Maresca-ANAS) � stato addirittura lo stesso consulente -si ripete, lo stesso consulente -e senza spendere nemmeno una parola sulla presupposta erroneit� della prima valutazione a determinare il valore di un immobile prima in lire 190 e poi in lire 3.000 al mq., con lo stesso sintomatico riferimento alle � caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell'immobile �. Vedr� ora il Tribunale come possa una immotivata quanto frequente duplicit� di valutazioni conciliarsi con la presupposta � necessit� � di ricorrere, nella materia, all'ausilio del consulente tecnico, e quanta rilevanza possa in argomento attribuirsi alle c.d. � cognizioni tecniche ., a quelle cognizioni, cio�, che consentono ad un consulente di valutare un fondo, con due distinte ed entrambe �motivate � relazioni, a lire 190 o a lire 3.000 al mq. Cosi come rimane al Tribunale di valutare, tenendo presente che la scienza non ammette alternative ai risultati che consente di determinare, quanto di � tecnico � e di � scientifico � possa nella materia rinvenirsi, se� a tale disparit� di conclusioni pu� uno stesso consUlente pervenire, e con la stessa �scrupolosa� (1" rel.) e �serena� (2" rel.) �obiettivit� �i e di quale validit� possa considerarsi, e quale garanzia possa costituire, e per il cittadino e per l'Amministrazione, un �Sistema istruttorio che a tale divergenza di risUltati consenta di pervenire. XIV. -Si � gi� sopra accennato quale sistema probatorio sia d�t adottare, ad avviso della difesa della comparente, che consenta di evitare il dispendio di attivit� e l'aggravio di spese correlati alle indagini � tecniche � e al tempo stesso garantisca la equit� delle decisioni certo pi� del ricorso alla opera del consulente-arbitratore. La espressa finalit� della presente memoria induce peraltro la difesa della comparente ad aggiungere in argomento ulteriori considerazioni, anche per evidenziare che la eccepita inammissibilit� del ricorso all'opera di un consulente tecnico non costituisce un defatigatorio espediente difensivo, ma consegue alla effettiva e concreta possibilit� di fornire altrimenti, e senza spese, tutti gli elementi necessari ai fini �della decisione. Deve innanzitutto precisarsi, per�, che la fondatezza della tesi della inammissibilit�, nella materia in esame, della c.d. consulenza tecnica, non pu� ovviamente essere confutata replicandosi che �da cento anni a questa parte si � sempre fatto cos� �, trattandosi evidentemente di argomentazione priva di rilevanza giuridica e fondata per di pi� su quella stessa prassi costante di cui si contesta la validit�. Cos� come non pu� in contrario argomentarsi dalle eventuali difficolt� che gli interessati possono tncontrare nella ricerca degli elementi di valutazione, pbich� � ovvio che le stesse difficolt� si pongorio per il consulente tecnico, non comprendendosi quali � particolari cognizioni tecniche � (!) ' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 595 l'opera pubblica) e, semmai, le dimensioni del bene stesso e l'esistenza di altri eventuali danni. Quanto alle controversie di opposizione alla stima, per dimostrare l'inesattezza e l'erroneit� della stima l'attore deve provare, secondo le regole dell'onere probatorio, quanto valeva il bene espropriato e perci� quale sia la� giusta indennit� di espropriazione. possano essergli di aiuto nel reperimento dei dati presso i competenti uffici pubblici. In concreto, va tenuto presente che in molte fattispecie l'acquisto del bene espropriato, per atto inter vivos o per successione mortis causa, � di data recente, tale cio� da consentire all'interessato di fornire utili elementi � di valutazione riferiti proprio all'immobile del quale deve determinarsi il valore: elementi che possono essere determinanti quando la eventuale divergenza tra il valore calcolato per la determinazione dell'indennit� e quello denunciato agli effetti fiscali risulti tale da assorbire ogni ipotizzabile ulteriore aumento di valore conseguito dall'immobile nell'ultimo periodo fino alla data della espropriazione, e da rendere quindi irrilevante, sotto il profilo pratico, il fatto che non ci sia perfetta coincidenza temporale fra le due valutazioni (tanto pi� che tutti gli altri eventuali atti di trasferimento per immobili della zona, quegli atti, cio�, ai quali sarebbe necessario aver riguardo nella valutazione comparativa, non risulteranno certo stipulati nella stessa data di emissione del decreto di espropriazione). La difesa della compar,ente non pretende, peraltro, che ai soli valori dichiarati dalle parti agli effetti tribuari si abbia riguardo nell'indagine sulla congruit� dell'indennit� determinata per la espropriazione, essendo notorio che i contribuenti dichiarano spesso (se non sempre) valori i~ponibili inferiori a quelli effettivi; e non si vuol ,certo ritorcere a danno delle controparti, la valutazione, da esse stesse adottaita ai fini fiscali, per quanto sarebbe agevole giustificare una tale ritorsione. Non comprende per�, la difesa della comparente, quali difficolt� impediscano agli interessati di produrre in giudizio l'avviso di accertamento di maggior valore eventualmente notificato dall'Amministrazione finanziaria o di documentare l'effettivo valore imponibile sul quale sono state in definitiva liquidate le imposte di registro o di successione (a seguito di concordato o di decisione delle commissioni tributarie). � ovvio, del resto, che le parti istanti non possono certo pretendere di calcolare l'indennit� di espropriazione secondo valori unitari diversi da quelli determinati in sede fiscale (risolvendo cio� sia il rapporto di espropriazione sia quello tributario sempr,e e solamente a danno dello Stato), tanto pi� che la legge prevede, e con analoga formula, lo stesso criterio di valutazione sia: per la determinazione del valore imponibile che per la determinazione dell'indennit� di espropriazione (cfr. art. 39 della legge 25 giugno 1865; n. 2359 e art. 30 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269). Nelle ipotizzate fattispecie, quindi, � possibile acquisire agli atti del processo ~senza dispendio di attivit� n� aggravio di spese -elementi di valutazione relativi proprio all'immobile del quale deve determinarsi il valore: elementi cio� ovviamente pi� pertinenti di tutti quelli ai quali dovrebbe comunque far riferimento comparativo un eventuale consulente tecnico, e tali da evidenziare sotto un ulteriore profilo la superfluit� di dispendiose indagini � tecniche � (?). La fondatezza di tale rilievo risulta a maggior ragione evidente, poi, \ 596 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto, la nomina di un consulente tecnico disposta al fine specifico ed esclusivo di sostituire con la sua opera l'attivit� probatoria dell'attore violerebbe il principio dispositivo e snaturerebbe .la figura stessa del consulente tecnico. Quindi rimane l'onere della parte di provare i fatti posti a base della sua domanda, attraverso testimonianze, attraverso quando si consideri che nella. materia in esame la legge stabilisce espressamente che l'indennit� di espropriazione va determinata con il metodo di valutazione comparativa (art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359), implicitamente escludendo l'adozione di ogni altro possibile sistema, e che la congruit� o meno dell'indennit� di espropriazione dovrebbe quindi essere accertata con riguardo ai valori di mercato degli immobili della zona, quali risultano dai trasferimenti intervenuti (inter vivos o mortis causa) all'epoca della espropriazione, secondo elementi di valutazione, cio�, riferiti adimmobili diversi da quello da valutare e di portata analoga a quelli che gli stessi opponenti possono invece fornire, senza spese, proprio per l'immobile in questione. In altri termini, la valutazione comparativa che un eventuale consulente tecnico dovesse effettuare dovrebbe essere fondata, in sostanza, sulle stime dell'Ufficio tecnico erariale o dei competenti uffici del registro relative ad altri immobili della zona, o meglio sui valori concordati (o stabiliti dalle commissioni tributari�e) per la liquidazione delle imposte di trasferimento: su elementi, cio�, in ogni caso della stessa natura �e portata, ma meno determinanti e pertinenti di quelli che le stesse parti possono acquisire agli atti, e senza spese. Quante volte dagli stessi documenti prodotti sulla legitimatio ad causam risultasse di recente data l'acquisto dell'immobile poi espropriato sarebbe quindi agevole acquisire, e senza spese, utili e determinanti elementi ai fini della decisione. Quando invece non sia possibile acquisire agli atti elementi di valutazione riferiti allo stesso immobile del quale deve determinarsi il valore, le parti istanti potranno chiedere all'istruttore di essere autorizzate a svolgere dirette indagini presso il competente Ufficio tecnico erariale, al fine di accertare quali trasferimenti (inter vivos o mortis causa) siano intervenuti negli ultimi anni relativamente ad altri immobili della zona, e ad ottenere dai competenti Uffici del registro, sulla base degli estremi in tal modo acquisiti, distinti certificati nei quali siano indicati, per ciascun trasferimento e con specificazione degli estremi catastali e della superficie di ciascun immobile trasferito, il valore dichiarato dalle parti, quello dPterminato in sede di accertamento fiscale e quello sul quale sono state in definiti.va liquidate le imposte complementari di registro o di successione a seguito di concordato o di decisioni delle commissioni tributarie. Gli stessi elementi potranno del resto essere acquisiti anche di ufficio, con ricorso alla facolt� di cui all'art. 213 del codice di procedura civile, ed ulteriori elementi eventualmente necessarci per la determinazione del reddito potranno essere forniti dall'Ispettorato agrario provinciale e dalla Camera di commercio. Agli atti del processo risulter� in tal modo acquisita tutta la docu mentazione necessaria per procedere ad una valutazione comparativa (a quell'unica valutazione, cio�, nella specie consentita): senza aggravio di spese, senza dispendio di attivit� e senza dilazionare per mesi e mesi la definizione della vertenza. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 597 elementi comparativi circa il valore degli immobili nella zona (contratti di compravendita, accertamenti di valore, concordati fiscali, certificazioni di ufficio competenti, ecc.), attraverso dati sintomatici della produtti vit� generica dei fondi nella zona, attraverso mezzi rivelatori della produttivit� specifica, e via dicendo. Tuttavia bisogna rendersi conto delle La liquidazione giudiziale dell'indennit�, inoltre, non sar� pi� l'esito di un arbitraggio rimesso al consulente tecnico, che ad essa pervenga con affermazioni non suscettibili di effettiva verifica da parte del giudice, ma costituir� il risultato di una consapevole valutazione, propria del giudice, condotta sulla base di elementi documentali e certi, .e tale da svincolare l'esito del giudizio da soggettivi ad arbitrari apprezzamenti. XV. -Certamente, non pu� escludersi a priori che la documentazione come sopra acquisita agli atti del processo possa risultare insufficiente ai fini della decisione. In tale ipotesi la domanda della parte attrice, a carico della quale grava l'onere di documentare la dedotta insufficienza dell'indennit� di espropriazione, dovrebbe essere in via di principio rigettata, tanto pi� che non si comprende quali poteri o cognizioni possano consentire ad un tecnico di integrare .gli elementi di valutazione come .sopra raccolti con dati di cui sia gi� a priori accertata la insussistenza; n� tale conclusione dovrebbe sorprendere, quando si consideri che non � certo la concreta impossibilit� di indicare testi sulle modalit� di un ,sinistro (o sul fatto stesso che l'incidente sia effettivamente avvenuto) ad impedire il rigetto della domanda di risarcimento fondata sul dedotto fatto illec�to. Anche a voler prescindere da tali considerazioni, peraltro (e dalla stessa possibilit� di integrare eventuali lacune con una ispezione dei luoghi), sar� sempre condizionatamente alla ravvisata insufficienza dei documenti che le parti hanno la possibilit�, e quindi l'onere, di produrre in giudizio che potranno !'!Ventualmente ritenersi � necessarie � le indagi-ni tecniche sollecitate dagli interessati, non potendo ovviamente una tale necessit� ravvisarsi solo per avere la parte omesso di assolvere l'onere probatorio a suo carico (cfr. Cass., 17 dicembre 1951, n. 2842 nel senso che non possa disporsi la consulenza per supplire alla deficienza della prova, e non sia quindi censurabile il rifiuto del giudice di ricorrere al consulente perch� indaghi sull'eventuale sussistenza di altri elementi; cfr. pure Cass., 8 febbraio 1960, n. 176). La comparente non � ovviamente in grado di anticipare quali potrebbero essere le risultanze di una documentazione predisposta nei termini sopra indicati, ma l'eventualit� che ile risultanze siano contrarie agli interessi dell'Amministrazione non pu� costituire utile motivo per indurre la difesa della comparente a desistel'e da una impostazione fondata sulla inammissibilit�, nella materia, della consulenza tecnica, e: sulla possibilit� quindi di evitare l'aggravio di spese a tale mezzo istruttorio_ necessariamente conseguente. Del resto, non vi � certo ragione di negare agli aventi diritto quella maggiore indennit� che risultasse effettivamente dovuta. N� a tal fine .pu� naturalmente essere ispirata la difesa dell'Amministrazione. (Omissis). ARTURO MARZANO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 598 difficolt� e degli ostacoli che talvolta la parte incontra, almeno per alcuni a'spetti probatori; e certo il privato non ha quelle disponibilit� presso uffici pubblici che invece ha l'avvocatura dello Stato. In tali casi �!Jen pu� il giudke, una volta evidenziatosi l'ostacolo, disporre mezzi di indagine ex officio, come l'ispezione e la richiesta di informazioni presso uffici competenti. 5. -L'avvocatura dello Stato pone in termine generali il quesito se l'accertamento del valore di un fondo occupato o espropriato costituisca oppur no una questione tecnica, tale cio� da giustificare, a prescindere dalla quesHone dell'onere probatorio, la nomina del consulente; quindi riosolve in senso negativo il quesito stesso, affermando che il criterio di determinazione del valore dell'immobile, dovendo consistere l'indennit� di espropriazione nel � giusto prezzo che avrebbe avuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita � (e il problema, salvo eccezioni, si pone in termini analoghi quando occorra determinare il risarcimento per un bene di cui il proprietario sia stato privato a seguito di occupazione illegittima),� corrisponde a quello del �valore in comune commercio � enunciato dall'art. 30, 2�, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 al fini dell'imposta di trasferimento. Ne consegue -secondo l'avvocatura -che non si tratta di un problema tecnico ma di semplice indagine comparativa da effettuarsi (secondo le indicazioni contenute nell'art. 30 del r.d. del 1923) sui valori delle alienazioni di altri immobili che si trovino nella stessa localit� e in analoghe condizioni,. oltre che sulle alienazioni, divisioni e stime giudiziarie dello stesso immobile anteriori di non oltre un quinquennio. Il collegio non ritiene che la questione possa risolversi-in termini generali; nel contempo sottolinea, ad evitare �confusioni metodologiche, che una cosa � l'aspetto tecnico della controversia (presupposto indispensabile perch� il giudice possa avvalersi dell'ausiliare), altra cosa � l'alter" nativa fra la possibilit� di autosufficiente valutazione e la necessit� (ritenuta dal giudice) di valersi dell'opera del consulente tecnico in questa valutazione. � indubbiamente esatto che, in molti casi, l'esame comparativo di elementi offerti dalle parti, secondo l'onere probatorio o acquisiti di ufficio attraverso richieste di informazioni e semmai attraverso l'ispezione, consenta di determinare il risarcimento del danno o (secondo la natura della causa) la giusta indennit� di esproprio. Questo non esclude I>er� che vi possono essere aspetti tecnici non risolvibili attraverso la semplice valutazione comparativa o facendo ricorso alle comuni regole di esperienza. Si pensi, per esempio, alla eventuale necessit� di individuazione del suolo occupato o espropriato rispetto alle risultanze dei titoli di propriet�, cio� alla necessit� di �localizzare� gli estremi documentali con cui :q.ei titoli viene identificato il bene (purch�, sia ben chiaro, l'indagine corrisponda ad una effettiva necessit� in rapporto a conse PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 599 guenze processualmente e sostanzialmente rilevanti, e non costituisca il � motivo di ingresso � di una � consulenza tecnica � niente affatto necessaria); si pensi alla necessit� di accertare l'esistenza di falde freatiche nell'immediato sottosuolo o di una cavit� che rendano discutibile un insediamento edilizio in zone apparentemente edificabili; si pensi ad indagini sul sistema di irrigazione di un fondo, che potrebbe venire alterato dall'occupazione o espropriazione parziale; si pensi ancora alla eventuale necessit� di vivificare ed aggiornare, in base a criteri generali di economia di zona, dati comparativi piuttosto vecchi o di ricavare in un mercato instabile una costante di incremento o di decremento attravel'so la media ponderata di elementi comparativi dissimili. Si aggiunga che non sempre il mer�cato dei suoli ha un andamento per cos� dire fisiologico, ma talvolta subisce alterazioni dovute a fattori anomali non evidenziabili attraverso una meccanica comparazione; accade cos� che un suolo, semmai dotato di infrastrutture ambivalenti e non decisive, pur non avendo possibilit� � giuridiche � di edificabilit�, abbia tuttavia acquistato, in breve tempo e a prescindere dall'esecuzione dell'opera :Pub blica, un valore pi� �lto rispetto al suo impiego agricolo. Ebbene in tutti questi casi possono non bastare le regole di esperienza e pu� risultare indispensabile l'aiuto del consulente tecnico nella valutazione dei dati obiettivi offert,i dalle parti o acquisiti d'ufficio, e pu� apparire opportuno incaricare il consulente di indagini specifiche, a norma degli artt. 61 e 194 cod. proc. civ. (senza mai supplire, ovviamente, alle carenze delle parti in relazione al rispettivo onere probatorio), indagini rivolte ad una pi� esatta e aderente valutazione dei dati stessi. Inoltre, se � vero che in tema di espropriazione bisogna adottare il criterio estimativo sintetico avendo la legge posto l'accento sul � giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita�, � ugualmente vero che potrebbero mancare idonei dati comparativi, per cui bisogna far ricorso al metodo analitico; cos� come si potrebbe far ricorso a questo metodo in materia di o�cupazione abusiva. Ed in proposito no.n Pl\� condividersi la riduzione -che l'avvocatura fa -ad una semplicistica formula aritmetica della valutazione di un fondo in termini di stima. analitica: il fatto �stesso che vi siano delle incognite (in particolare il tasso di capitalizzazione) le quali vanno risolte alla stregua di criteri non certo giuridici e attraverso una �adeguata � lettura di elementi indicativi (offerti dalle parti o acquisiti di ufficio), significa �che bisogna compiere una valutazione tecnica in cui il giudice pu� avvertire la necessit� dell'ausiliare. Ovviamente qu�sti, nel dare il suo apporto, dovr� motivare e spiegare; che talvolta -o spesso, come dice l'avvocatura -non spieghi, costitutsce una deficienza concreta senz'altro censurabile, ma non dimostra la generale inidoneit� e super fluit� dell'intervento del tecnico. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 10 aprile 1970, n. 2 -Pres. Vetrano -Est. Mezzanotte -Esposito (avv. Delavigne) c. Ministero Interno (avv. Stato Terranova). Impiego pubblico -Infermit� -Riconoscimento delle infermit� dipen denti da causa di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Presupposti e procedimenti diversi. Impiego pubblico -Infermit� -Riconoscimento delle infermit� dipendenti da cause di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Diversit� di competenza degli organi che accertano l'uno e l'altro. In materia di impiego pubblico il riconoscimento delle infermit� da causa di servizio ha presupposti diversi dal riconoscimento del diritto ad equo indennizzo, e diversi sono i procedimenti: l'infermit� riconosciuta con apposito procedimento come contratta a causa di servizio, che non sia accompagnata da una menomazione dell'integrit� fisica, d� luogo ai benefici che la �fogge prevede; se invece produce un.a menomazione dell'integrit� fisica, � previsto l'ulteriore beneficio di un equo indennizzo, con un autonomo procedimento (1). In sede di procedimento per la concessione dell'equo indennizzo, il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie deve esprimersi sul se la menomazione sia conseguenza deU'infermit� gi� dichiarata dipendente da causa di servizio, non potendo riesamina.re l'accertamento della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio, n� sotto il profilo di e.ventuali vizi del procedimento, n� sotto ii profilo di merito. � illegittima pertanto la pronuncia del Comitato, la quale,\ nel pronunciarsi sulla domanda di concessione dell'indennizzo, rieswmini le questioni gi� risolte, di procedura o di merito, in sede di riconoscimento della malattia come dipendente da causa di servizio (2). (1-2) Si segnala l'interesse della decisione che ha risolto un contrasto in vario modo manifestatosi nelle pronuncie della IV e VI sezione del Consiglio di Stato: cfr. Sez. IV, 25 settembre 1964, n. 1001, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1438; Sez. VI, 29 marzo 1968, n. 299, ivi, 1968, I, 507. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 601 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 aprile 1970, n. 245 -Pres. Lancli Est. Melito -Fiorentino (avv. Tamburini) c. Ministero Difesa (avv. Stato Petroni). Impiego pubblico -Stipendi -Cumulo con la pensione -Richiamati dal congedo -Fattispecie -Illegittimit�. � iUegittimo il diniego di cumulo tra pensione e stipendio, ai sensi dell'art. 100 t.u. 31 dicembre 1928, n. 3458, sul presupposto della posizione di richiamato dal congedo del dipendente, ove il nuovo servizio (anche se militare) no1'1. sia prosecuzione del precedente servizio ed abbia propria autonomia (1). (1) Non constano precedenti: Massima esatta. I CONSIGLIO DI STATO, 1Sez. IV, 14 apri�le 1970, n. 280 -Pres. Mezzanotte -Est. Vivenzio -Mazzanti (avv. Gor�) c. Ministero Te II soro (avv. Stato Mataloni). I Impiego pubblico -Stipendi -Prescrizione breve -Presupposti -Pagamento sospeso per contest�zione "' Prescrizione ordinaria II Applicabilit�. Impiego pubblico -Stipendi -Prescrizione -Restituzione di somme trattenute sullo stipendio a titolo di recupero di rate di pensione ~ pagate -Prescrizione decennale. La prescrizione breve si applica aHa ipotesi in cui, essendo paci fico il diritto del dipendente alla percezio1ie dello stipendio, la P. A. si astenga di fatto dal corrispondere le rate dovute, e in tal caso il dipendente ha l'onere di proporre l'istanza per l'interruzione ai sensi dell'art. 2 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 entro il biennio decorrente dal giorno di scadenza della rata non pagata. Nell'ipotesi, invece, in cui la P. A. contesti il diritto alla percezione delle rate s1cadute e ne sospende il pagamento, la situazione litigiosa che ne deriva � disci plinata daLla prescrizione decennale deH'art. 2946 e.e. (1). Nel caso di restituzione di somme trattenute nello stipendio a titolo di recupero di rate di pensioni pagate, � applicabile la prescri zione decennale (2). (1-2) Entrambe le massime sono esatte. Per i precedenti cfr. Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1002, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2129. ! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 285 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Felici -Soc. Gestione Acqua Massima di Punta del Lago (avv. Lordi) c. Comitato provinciale prezzi di Viterbo (avv. Stato . Ciardulli). Prezzi -Comitato provinciale pressi -Deliberazione -Efficacia Termine per l'impugnativa -Decorrenza. Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Deliberazione -Impugnativa - Controinteressati -Esclusione. Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Competenza. Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Adunanza -Partecipazione di reggenti di Uffici o di delegati -Legittimit� -Adunanze -l:.t�r �" venti di tutti i componenti -Non � prescritto. Le deliberazioni del comitato provinciale dei prezzi ai sensi dell'art. 10 d.l. 15 settembre 1947, n. 896, acquistano efficacia mediante . . la pubblicazione nel foglio degli annunci legali; e, perci�, prima di tale pubblicazione, non sono impugnabili, non e�ssendo ancora operative, anche se �gi�, conosciute dagli interessati (1). La deliberazione del Comitato provinciale dei prezzi � emessa per soddisfare un'esigenza di interesse coUettivo; pertanto, per la rituautd dell'impugnativa, non si configurano controinteressati al ricorso proposto contro di essa (2). Il Comitato provinciale dei prezzi emette determinazioni generali, ma anche speciali, allorch� la fissazione di tariffe per particolari rap.porti contrattuaU costituisca ii correttivo di situazioni pi� ampie e sia preo!l'dinata al fine di ~ere:quare un settore economico avente interesse nell'ambito generale (nazio11iale o provinciale);� pertanto, la man�ata valutazione, in tal caso della sit!Uazione generale per adattarla al caso particolare, costituisce vizio di illegittimi.t�, deilla delibera (3). Alle adunanze del Comitato provinciale dei prezzi legittimamente partecipa, in vece del titolare, il reggente deilL'Ufficio vacante o un delegato; ma non � prescritto l'intervento di tutti i componenti nelle adunanze, che pertanto sono regolate dal principio maggioritario (4). (1-4) Cfr. Sez. IV, 7 dicembre 1955, n. 957, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 1334: Sez. IV, 16 marzo 1966, n. 151, ivi, 1966, I, 405; Sez. IV, 26 giugno 1963, n. 494, ivi, 1963, I, 922; Sez. IV, 25 maggio 1966, n. 437, ivi, 1966, I, 956. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 603 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 304 -Pres. Potenza -Est. Mezzanotte -Di Marco (avv. Siniscalchi) c. Ministero della Sanit� (avv. Stato Zagari). I Farmacia -Medico provinciale -Atto che riconosce il trasferimento della farmacia mortis causa -Istruzioni dell'autorit� superiore Definitivit� -Esclusione -Concorso -Rifiuto di interpello ex artt. 11 e 12 r. d. n. 1706 del 1938 -Definitivit� -Esclusione. In seguito ait'entrata in vigore deHa legge 2 aprile 1968, n. 475, relativa ai servizio farmaceutico, sono in vigore le norme non in co.ntrasto con tale legge e, quindi, ai sensi deil'art. 357 del t.u. 27 luglio 1934, n. 1265, contro i provvedimenti deU'autorit� inferiori � ammesso ricorso all'autorit� superiore. Pertanto, il provvedinJ-ento del me,dico provinciale che riconosce il diribto al trasferimento della farmacia anche se � confotrme alle istruzioni delL'autorit� superiore ovvero il .provvedimento che rifiuta l'interpello dei farmacisti con�orrenti ad una sede farmaceutica, graduati prima dell'interessato, � atto non definitivo (1). (1) Sulla definitivit� dei provvedimenti adottati su istruzione dell'autorit� centrale, cfr. Sez. VI, 14 novembre 1969, n. 718 e 20 gennaio 1970, n. 23, H Consiglio di Stato, 1969, I, 106. Sulle altre questioni cfr. da un punto di vista generale Ad. plen. 17 marzo 1966, n. 8, ivi, 1966, I, 517. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 308 -Pres. Potenza -Est. Battara -Angeletti (avv. Gava) c. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Casamassima). Edilizia popolare ed economica -Piano di zona -Decreto di approvazione -Impugnazione -Termine -Decorrenza -Decorso del tempo -Notoriet� dell'esistenza dell'atto -Non importa presuniione di conoscenza. Edilizia popolare ed economica -Piano� per l'edilizia popolare ed economica -Impugnazione -Omessa opposizione alla deliberazione del piano -Irrilevanza. Il termine per, impugnare in s.g..il decreto di approvazione di un piano di zona per l'ediLizia p()polare ed economica, ai sensi dell'art. 8 legge 18 aprile 1962, n. 167, non decorre daila data di notifica del- I I 604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ili' Irn j l'eseguito deposito presso la segreteria comunale, bens� dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta UfficiaJe, anche se � noto1Tia l'esistenza del piano, la quale non ne fa p1Tesumere la conoscenza (1). La deliberazione con la quale� il ConsigLio comunale adotta il piano per l'edilizia popolare ed economica, � atto p!Teparatorio del procedimento che si conclude col decreto ministeriale di app!Tovazione del piano, il quale � impugnabile anche� per vizi dell'atto p1Teparatorio; pertanto, la mancata proposizione di opposizioni all'atto p1Teparatorio non preclude il sindacato di. legittimit� dell'atto., in quanto atto definitivo, che � costituito dal decreto di approvazione del P.E.E.P. da parte del Ministero dei LL.PP. o da parte del Provvedito1�e 00.PP. (2) ~ I II ~ � 1z rl ~=-~ fil'"' Ii 1ii I !iil M Ml;,:;, l'j. ~ ,, ., 0 (:: (1-2) Sulla prima massima cfr. Sez. IV, 29 novembre 1958, n. 953, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1295; nella seconda cfr. Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 78, ivi, 1967, I, 367. ~ii~ SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1970, n. 92 -Pres. Giannattasio -Est. Alibrandi -P. M. Caccioppoli (conf.). Ditta Piazza Battista di Piazza Ubaldo e C.S.A.S. (avv. Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tracanna). Societ� -Societ� di fatto -Trasformazione in societ� in accomandita semplice -Ammissibilit�. (e.e., artt. 2498 ss., 2247, 2297, 2;313). Societ� -Societ� di fatto -Volont� dei soci di re~olarizzarla -Estinzione della societ� -Incompatibilit�. (e.e., artt. 2498 ss., 2308 ss., 1362). Imposta di Re~istro -Societ� di fatto -Trasformazione in una societ� di persone -Imposta di enunciazione di convenzione verbale e imposta di trasformazione -Applicabilit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 62, secondo e terzo comma; tariffa all. A, artt. 81 e 83). La disposizione contenuta nelL'art. 2498 c. c. relativa alla trasformazione di una societ� di persone in una societ� di capitali, si applica sia alla societ� in nome coUettivo non 1�egolarmente costituita che si trasformi in una societ� di capitali, sia all'ipotesi di una societ� di fatto che si trasformi in .uno dei tipi legali. di societ� di persorne (1). La volont� dei soci di regoLarizzare una societ� di fatto in un tipo legale di societ� � incompatibile con la volont� di estinzione della stessa, ove risulti accertato dal giudice di merito, con giudizio insindacabile in cassazione, la persistenza dell'identit� soggettiva dei soci ed oggettiva dei beni patrimoniali, l'identit� dell'oggetto sociale e la mancanza di liquidazione effettiva di tutti i rapporti giuridici coi terzi (2). (1~3) Regolarizzazione di societ� di fatto e imposta di registro. La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, ha ribadito il suo noto positivo orientamento sull'ammissibilit� nel nostro ordinamento delle trasformazioni di societ� irregolari e di fatto in tipi di societ� legali regolate dal codice civile. Tale orientamento, iniziatosi con la sentenza 18 .. .. ':?'ffe:>.=:~=/./.:Y.%W.-:W"W..:::::w.1ff.W-/.'"'''"''1""'''f.'>::w�~0n<'.:::w��-=".�.w.-M'="",.,,z-%=='.W.::W.::?::,...:::>~::::::wz.:-..::~.,,,.~�==w.'{"''"z..::mw.vm"'""'"'"J.m>;:;aw.7"x�~~::m.=J v.,w-..:-;NfP/.1.=W:tf?t'*.t?-rM=frit(W.:::"Ji@.:::=-&tif4.?.?d(t1'.f.??0Wif:::ffx~V#&W'.iffe.tNpf&iftf:ftJ.t%Vtf'.i%li:W4�fi.fifgf.%:=Jff.i@q:.-=r&r@~rg"' 606 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � dovuta, oltre all'imposta sulla trasformazione, anche l'imposta sull'enunciazione della societ� di. fatto contenuta nell'atto con cui i soci manifestano la volont� di regolarizzarla in un tipo di societ� previsto dalla legge, non comportando tale intento la estinzione della societ� enunciata nell'atto (3). (Omissis). -Con il primo motiyo del ricorso la soc. Piazza Battista, denunziando la violazione dell'art. 2248 c. c., in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., si duole che la Corte del merito abbia ritenuto ammissibile la trasformazione di una societ� di fatto in una societ� in accomandita semplice. Deduce la ricorrente che la sentenza impugnata, facendo erronea applicazione dei principi giuridici che presidiano la trasformazione e l'estinzione delle societ� commerciali, non ha considerato che la tra- aprile 1958, n. 1268 (annotata in senso sfavorevole dal BIANCHI D'EsPINOSA in Giust.� civ., 1958, I, 1045) ha incontrato resistenze sia da parte della dottrina che da parte della giurisprudenza di merito. (Per la dottrina: oltre al BIANCHI D'ESPINOSA cit. v. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, Milan(), 1953, p ..551; ROMANO-PAVONI, Le deliberazioni delle assemblee delle societ�, �Milano, 1952, p. 235 ss.; MossA, Trattato del nuovo diritto commerciale, vol. II, Padova, 1951, p. 611; BRACCINI, in nota a Comm. Centr. 9 gennaio 1963, n. 93841, in Dir. e pr. tributaria, 1964, II, 113; e 1968, II, 903; per la giurisprudenza: Trib. Brescia, 11 febbraio 1963, in Foro pad., 1963, I, 577; Trib. Firenze, 14 marzo 1966, in Giust. civ., 1966, p. 1016, con nota di GIANNATTASIO, nella quale si auspicava un interv �ento delle S.U. della Cassazione. Costantemente contraria alla tesi della sentenza. annotata � la giurisprudenza della Commissione Centrale delle imposte, la quale ha ritenuto applicabile l'imposta di costituzione in tutti i casi di trasformazione di societ� irregolari e di fatto in societ� regolari: cfr. le decisioni citate in nota a Cass., 25 maggio 1966, n. 1347, in Foro it., 1967, p. 607, ma in senso contrario ora Comm. Centr., 24 aprile 1969, n. 3431, 6966, in Comm. Centr. imp., 1969, I, 410; Comm. Centr., 7 luglio 1967 ,n. 43803, in Rep. foro it., 1968, voce Registro, n. 266). Peraltro, la giurisprudenza della Cassazione � costante nel senso della ammissibilit� della 'trasformazione di una societ� di fatto o irregolare in una societ� avente personalit� giuridica (cfr. Cass., 26 luglio 1968, n. 2708, in questa Rassegna, 1969, I, 88, con nota di FAVARA; Cass., 3 luglio 1967, n. 827, in Foro it., 1967, I, 1215, con nota di RoVELLI; Cass., 11 giugno 1968, n. 1849, in Riv. leg. fi,sc., 1969, 135; Cass., 25 maggio 1966, n. 1340, in questa Rassegna, 1966, I, 1301, con nota di Pagano; Cass., 18 maggio 1967, n. 1070; Cass., 16 febbraio 1966, n. 482, in Mass. Foro it., 1966, p. 159; Cass., 18 ottobre 1966, n. 2502, in Riv. leg. fi,sc., 1967, p. 255; Cass., 25 maggio 1966, n. 1347, in questa Rassegna, 1967, 120 e in Foro it., 1967, p. 607, con nota redazionale), ed ora ha esteso tale principio, con l'annotata sentenza, anche alla trasformazione di una societ� di fatto in una societ� di persone (nella specie in accomandita semplice) affermando che anche tale tipo di trasformazione si deve ritenere previsto e regolato dall'art. 2498 e.e. Ne deriva che la c.d. regolarizzazione della societ� di fatto la quale assuma la for,ma di una delle societ� tipiche del codice civile non comporta m!fffifil;&�&011mr12J.Xmrt�t�wI1�wtWITf&tffitt1F&�mrm:�&t&W1tffifv~��&r~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 607 one � consentita soltanto tra societ� costituite secondo le norme il quale non prevede e non disciplina la societ� di fatto, esprese designa soltanto un insieme di rapporto al quale il nostro ~nto giuridico, che determina i tipi legali delle societ�, non ~ natura societaria. LOtivo non � fondato. mdo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la disposizione a nell'art. 2498 cod. civ., relativa alla trasformazione di societ� 1e in societ� di capitali, si applica sia alla societ� in nome colon regolarmente costituita che si trasforma in societ� di capi t. n. 1268 del 1958, sent. n. 2502 del 1966 e sent. n. 827 del :i alla societ� di fatto che si trasforma in societ� a responsabilit� ne della prima societ� e la creazione di un nuovo centro di im! di diritti e di obblighi, avendosi soltanto la continuazione della mciet� la quale, in una nuova veste, resta titolare dei rapporti patrimoniali da essa costituiti prima della trasformazione. biezione che la trasformazione presuppone una societ� regolar1stituita mentre la societ� di fatto non � prevista dalla legge, la le risponde richiamando gli artt. 2297 e 2317 e.e. secondo i quali ~t� che non � iscritta nel registro delle imprese si estendono le mi relative alla societ� semplice nei rapporti con i terzi, mentre ~ggi (art. 4, 1. 17 febbraio 1968, n. 57) hanno espressamente previsto � di fatto o irregolari equiparando la c.d. regolarizzazione alla tzione regolata dall'art. 2498 e.e. esi della Cassazione appare esatta ove si tengano presenti due da ritenersi ormai acquisiti nel diritto delle societ�, dei quali il mlve in senso positivo il problema dell'ammissibilit� e della riletridica nel nostro ordinamento delle c.d. societ� di fatto, da tenere wncettualmente distinte dalle societ� irregolari per mancata iscri! registro delle imprese, anche se a queste sono accomunate da regole giuridiche nei rapporti con i terzi; il secondo riguarda di applicazioni dell'art. 2498 e.e. nel senso che la possibilit� della 1zione in senso tecnico deve essere compresa e limitata entro l'am a � causa societaria � i cui elementi sono da individuarsi nella le dell'art. 2247 e.e. missibilit� nel nostro ordinamento giuridico delle c.d. societ� di iva dal fatto che nelle societ� organizzate su base personale il sociale non � di per s� un contratto formale, e la redazione del itto nella societ� in nome collettivo o in accomandita semplice ta non per esigenze di forma o di prova, ma unicamente quale sto della pu}?blicit� legale, per cui, per la costituzione di un rap societ�, basta che vi sia il conferimento di beni o servizi da parte pi� persone per l'esercizio in comune di un'attivit� economica dividerne gli utili (art. 2247 e.e.). ci� sia realizzato, pu� dirsi che si � realizzata una societ�, mentre ~ealizzare altri requisiti voluti dalla legge (in genere requisiti for : aversi una societ� di un dato tipo. 11 ch� � ormai pacifico in giurisprudenza che ai fini dell'esistenza 609 II :rmazione ~ ta. societ� -ffe. lsta obie- I quali r i ] ~tendono, ~ iPOSiziop.i i secondo principi ~ varsi che \roJ.azioni b. per le i. estende (rregolari tituita in provveda ~ontenuto I Ua strut ~ io il con % t ~ ~lla legge e.e., ma ! ~ppresen ! :; i � ~a societ� )n si tra~ cando di ; un tipo itali � un 29 mag::. ~te nella ~n unico ~ un tipo!r il solo !prese, si ronti dei i rapporti il diverso loci�t� i;n lo per le ~rtt. 2297, ~do com..; e societ� �rispettii: l societ� e. ver ideniolare, ha - 610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che dopo la data di entrata in vigore della legge stessa (cto� quella del 1965) si regolarizzino mediante atto assoggettato alla registrazione con il pagamento delle relative imposte>� (art. 4 comma I), equiparando, agli effetti fiscali, la c. d. regolarizzazione delle societ� di fatto ed irregolari alla trasformazione della societ� ex art. 2498 c. c. Ben vero che questa norma, di carattere innovativo, non � applicabile nel caso in esame, essendo entrat� in vigore successivamente all'atto di regolarizzazione dell'll febbraio 1960. Tuttavia essa, facendo particolare applicazione nel campo tributario di una regola di pi� ampia portata, propria del diritto comune, sta ad indicare che il sistema della legge in materia di societ� non respinge la possibile trasformazione di una societ� di fatto in societ� di persone, conforme ad un modello legale. Con il secondo motivo del ricorso la soc. Piazza, nel denunziare, in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., la violazione degli artt. 1362 ss. c. c., dato adito alla giuirisprudenza prevalente della Commissione Centrale che, non ritenendo possibile una trasformazione da una societ� irregolare ad una regolare per l'assorbente motivo che la prima non � un dato tipo di societ� ma solo una societ� gi� tipica sia pure irregolare, ha ritenuto applicabi�e solo l'imposta di costituzione, ove detta imposta non fosse stata corrisposta in precedenza, nel caso di regolarizzazione di una societ� di fatto in una regolare di p,ersone. (V. R. BRACCINI, in Dir. e pr. trib., 1968, II, 908). Ma, se tale tesi pu� ritenersi esatta per la regolarizzazione di una societ�, di persone irregolare che si iscriva nel registro deUe societ�, perch� tale atto non implica trasformazione, ove la c.d. r,egolarizzazione avvenga per una societ� di fatto, l'atto implica una trasformazione strutturale e formale dell'organismo sociale. Infatti la trasformazione prevista dall'art. 2498 e.e. implica un mu-� tamento di struttura della societ� che assume una forma diversa corrispondente ad un diverso tipo sociale senza perdere la sua individualit�. La legge prevede, attraverso la modifica del contratto sociale e ove esista dell'atto costitutivo, che una societ� muti la sua forma senza che essa per� diventi un'altra societ�, in modo che prosegua la sua esistenza come organismo economico-giuridico senza soluzione di continuit�, mutata solo nella forma. Ci� � possibile anche per la societ� di fatto perch� essa partecipa della � causa societaria �. Infatti la trasformabilit� nel nostro ordinamento opera solo nell'ambito della causa sociale e del tipo contrattuale di societ� poich�, �~ .�� fermi restando i caratteri costanti della causa sociale previsti nell'art. 2247 e.e. per tutti i tipi di societ�, vengono ad essere mutati i c.d. elementi variabili della causa come ad es.: la responsabilit� dei soci, la partecipazione dei soci all'amministrazione, l'acquisto della personalit� giuridica, �') l'autonomia patrimoniale (v. SIMONETTO, Trasformazione e fusione delle societ�, in Comm. Scialoia e Branca, pp. 34). E proprio perch� la legge (art. 2437 e.e.) indica la trasformazione come una delle modifiche, sia pure gravi, dell'atto costitutivo, la volont� dei soci di trasformare la societ� � incompatibile con la volont� di estinguere la medesima, creandone un'altra di tipo diverso. Esattamente la Cl:!ssazione ha ritenuto che, ammessa in via generale la :: ffil?~~�-Rrfrf&ift-Thf@I&triffili&r��*Z*ifm&filfilii&irim;w&r&i}.:i{i}.:=:&==='4 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 611 lamenta che la Corte del merito, esaminando il contenuto negoziale dell'atto pubblico 11 febbraio 1960, sia incorsa nella violazione delle norme di legge sulla interpretazione dei contratti. In particolare, sostiene la ricorrente che il giudice d'appello, malgrado il chiaro tenore delle clausole inserite nell'atto, abbia erroneamente inteso la volont� delle parti nel senso della trasformazione della societ� di fatto, senza la sua contestuale estinzione, mentre tale volont� -a dire della ricorrente -era univocamente diretta ad estinguere la societ� di fatto ed a conferire i beni patrimoniali di questa nella societ� in accomandita semplice, costituita �ex noyo � con l'atto di regolarizzazione sopra indicato. La censura non si ravvisa fondata. Premesso che � insindacabile in sede di legittimit� l'accertamento del giudice di merito secondo cui una societ� commerciale � la trasformazione di altra gi� esistente e non gi� una societ� nuova, con estinzione di quella precedente (Cass. 15 febbraio 1958, n. 504), rilevasi che la trasformabilit� di� una societ� di fatto in una di persone .regolare, tale questione in concreto sia da risolvere in base all'interpretazione delle clausole contenute nell'atto modificativo. Infatti lo stesso risultato economico giuridico si pu� raggiungere sia attraverso la modificazione della struttura sociale in una di diverso tipo, che con l'estinzione della precedente societ� e la creazione di una nuova di tipo diverso. Ma ove tutti gli elementi essenziali della societ� precedente non risultino mutati dall'atto deliberativo di trasformazione, n� la societ� suddetta sia stata posta in liquidazione effettiva, e non solo formale, di modo che tutti i rapporti con i terzi e con i soci non siano stati definiti, � evidente che non potr� mai parlarsi di estinzione del vecchio organismo, e creazione del nuovo, ma solo di trasformazione della sua forma in altra di tipo diverso con continuazione della sua esistenza. Seguendo un costante orientamento giurisprudenziale la sentenza annotata ribadisce che per aversi estinzione di una societ� non solo debbono mutare i suoi elementi strutturali (ma � dubbio che il mutamento di alcuni degli elementi strutturali, ad es. dell'oggetto sociale, possa comportare l'estinzione), ma la societ� deve aver definiti i rapporti giuridici con i terzi e con i soci, rapporti che ad essa facevano capo (art. 2456 e.e., Cass. 30 aprile 1969, n. 1396), attraverso la procedura della liquidazione che per la societ� regolare termina con la concellazione della societ� dal registro delle imprese. Ove invece non solo non avviene tale liquidazione, ma i soci prevedono nell'atto deliberativo che la nuova societ� subentri in tutti i diritti e gli obblighi della precedente, non vi pu� essere dubbio che si � di fronte ad un atto di trasformazione di struttura e non ad un atto estintivo della societ�, con esclusione di una successione tra gli enti. � Gli aspetti privatistici sopra delineati in via generale sulla trasformazione delle societ�, danno conto dell'esattezza della terza massima della sentenza in esame, poich� la tassazione dell'atto modificativo con l'imposta pi� farevole sulle trasformazioni sociali (art. 83 tariffa allegato A alla legge di registro), ma anche, ove si tratti di societ� di fatto non precedentemente tassata, con la c.d. tassa di enunciazione, � diretta conseguenza della considerazione che con l'atto modificativo non si � verificata 612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentenza impugnata ha ampiamente� motivato, senza incorrere in errori logico-giuridici, in ordine alla esclusione della prospettata estinzione della 'societ� di fatto. Invero, la Corte del merito, dopo aver rilevato che la manifestata volont� delle parti, di regolarizzare la societ�, facendole assumere una veste c�nforme ad un tipo legale, era� incompatibile con la volont� di estinguere la societ� medesima, si � data carico di sottolineare che l'identit� soggettiva dei soci, quella oggettiva dei beni patrimoniali e l'immutata destinazione di questi nell'ambito di un medesimo oggetto sodale dimostravano la ininterrotta continuit� tra i due enti societari. Ed ha appropriatamente aggiunto che il subingres�so di una societ� in tutti i diritti e gli obblighi che facevano capo ad altra costituiva sicuro indice della volont� dei soci, diretta a trasformare l'originaria societ�, _in quanto la fattispecie concreta risultante dall'atto di regolarizzazione ben poteva essere ricondotta nella previs\one di cui all'articolo 2498 cod. civ. La Cor>te d'appello ha anche correttamente dimostrato che alla clausola n. 7 dell'atto di regolarizzazione, relativa al dichiarato intento dei soci di estinguere la societ� di fatto -clausola 'sulla quale, anche in questo giudizio fa in particolar modo ~eva la difesa della ricorrente '-non poteva attribuirsi quel valore riconosciutole dal Tribunale, osservando, anzitutto, che detta clausola era in contrasto con la volont� l'estinzione del precedente ente sia pure di fatto, ma la sua trasformazione in un altro ente societario di tipo diverso. � noto che l'art. 62 della legge di registro richiede per la tassabilit� delle �onvenzioni verbali enunciate in un atto scritto che queste, oltre alla enunciazione in un atto soggetto a registrazione, siano in connessione diretta con l'atto enunciante, e che non siano gi� estinte o si estinguano con l'atto che contiene l'enunciazione. Oltre questi requisiti la giurisprudenza costantemente richiede che l'enunciazione contenga tutti gli elementi per individuare la natura e il contenuto della convenzione verbale enunciata e che l'atto enunciante sia stipulato dalle medesime persone tra le quali � intervenuta la convenzione verbale, (v. Cass., 25 maggio 1966, n. 1340, in questa Rassegna, 1966, p. 1301, con nota critica di PAGANO; Cass., 8 gennaio 1968, n. 32; Cass. 4 giugno 1968, n. 1682, in Foro it., 1968, I, 2359, con nota di richiami). Pertanto una volta ammesso che la c.d. regolarizzazione della societ� di fatto in un tipo legale di societ� costituisce un semplice mutamento della precedente organizzazione e non gi� la creazione di un nuovo ente, all'atto deve essere applicato non solo il regime tributario della trasformazione della societ� (art. 83 della tariffa allegata A), ma, ove la soci-et� di f�tto non abbia scontato la tassa proporzionale di costituzione, deve essere sottoposta a quest'ultima perch� enunciata per la prima volta nell'atto modificativo, il quale non solo non la estingue, ma si presenta come un atto ricognitivo di una situazione di fatto che ha in s� tutti gli elementi di una organizzazione economica giuridica societaria sia pure irregolare, che lo stesso atto modificativo provvede a regolarizzare. M. DIPACE PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 613 �di regolarizzare la societ�, in precedenza manifestata dalle parti, e, in secondo luogo, che con essa i soci non potevano realizzare l'estinzione della societ� di fatto, �stante la pendenza di debiti e di crediti che a questa si ricollegavano, c�me risulta dalla situazione patrimoniale esposta� nello stesso atto pubblico dell'll febbraio 1960. Tale rilievo fatto dalla Corte del merito � giuridicamente corretto e si uniforma ad un principio giurisprudenziale ormai consoli.dato per cui la societ� non si estingue . se non si � verificata la liquidazione effettiva, e non soltanto formale, di tutti i rapporti giuridici che ad essa facevano .capo (cosi, da ultimo, Cass. 30 aprile 19619, n.. 1396). Tale considerazione priva di efficacia anche un altro argomento svolto dalla ricorrente la quale sostiene che dall'omessa liquidazione della societ� di fatto non � possibile dedurre una circostanza impeditiva della sua estnzione, sottolineando che, rispetto alle societ� di persone, il procedimento formale di liquidazione non � prescritto dalla legge in modo assoluto, ma costituisce una .fase facoltativa nella vita di detta societ�, �che pu� essere disposta nell'esclusivo interesse dei soci, ma questi possono evitarla pervenendo all'eStinzione dell'ente sociale attraverso una divisione consensuale. Infatti, tale argomento non �, nella spe�ie, rilevante, dato che, come ha incensurabilmente accertato la Corte del merito, con valutazione di sua esclusiva competenza, alla data del1' 11 febbraio 1960 erano ancora pendenti rapporti di debito che si riferivano alla societ� di fatto, onde, indipendentemente dalla liquidazione con .i suoi adempimenti forII).ali, l'estinzione dell'ente societario non avrebbe potuto comunque avverarsi, perch� tale evento richiede che l'elemento formale corrisponda a quello sostanziale, cio� alla realt� giuridica effettiva, secondo il principio giurisprudenziale pi� volte affermato, che � stato sopra richiamato. Con il terzo motivo la societ� ricorrente, denunziando .la vi6lazione dell'art. 62 �comma 3, della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Corte del merito non abbia ritenuto esente dall'imposta di registro l'enunciata costituzione della societ�. di fatto, sebbene la convenzione a questa relativa si estinguesse con l'atto di regolarizzazione dell'll febbraio 1960 che ne conteneva l'enunciazione. Sostiene, pertanto, la societ� ricorrente che la Corte d'appello ha malamente ritenuto non applicabile l'esenzione dall'imposta prevista nel citato art. 62 n. 3. Anche questo motivo di ricorso non � fondato. Nel sistema della legge di registro, se una convenzione verbale � enunciata in un atto scritto, resta soggetta anch'essa all'imposta (c.d. tassa di enunciazione) quando presenti una diretta connessione con il contenuto dell'atto enunciante. Questa disposizione -che, come � noto, trae il suo fondamento da un principio gi� espressamente formulato nel codice civile del 1865 (art. 1318), secondo cui l'atto scritto fornisce la 614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prova anche della convenzione verbale in esso enunciata -non � applicabile allorquando quest'ultima sia gi� estinta o si estingua per effetto dell'atto stesso che la enuncia (art. 62, comma 3, legge organica di registro). Ora, nel caso di ispecie, la censura contenuta nel mezzo che si esamina muove dal presupposto che per effetto dell'atto di regolarizzazione dell'll febbraio 1960 si sia verificata l'immediata estinzione della societ� di fatto. Tale presupposto, per�, non � esatto per i motivi svolti nell'esame del secondo mezzo. Invero, senza ripetere le considerazioni di cui sopra, � sufficiente osservare che l'esenzione prevista dal citato art. 62 n. 3 postula la estinzione della convenzione relativa alla societ� di fatto, mentre tale evento �, nella specie, escluso non solo dal contenuto nego-, ziale dell'atto di regolarizzazione, secondo l'interpretaz.ione datane dalla Corte del merito, con motivazione adeguata ed immune da errori logicogiuridici, ma anche dalla circostanza, pure incensurabilmente accertata in sede di merito, secondo cui alla data dell'll febbraio 1960 erano pendenti rapporti di debito della societ�, circostanza che ostava al verificarsi dell'estinzione della societ� medesima, come � stato in precedenza chiarito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 243 -Pres. Pece Est. Boselli -P. M. Cutrupia (conf.). Grassi e Timpanaro (avv. Famiani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Riscossione -Ingiunzione fiscale -RequisitiNecessit� della menzione della causa del credito -Limiti. (legge 14 luglio 1866, n. 3121; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 144, secondo comma; istr. min. 10 settembre 1866, art. 86). Imposta di registro -Benefici fiscali legge regionale siciliana n. 11 del 1954 -Fallimento dell'acquirente e trasferimento dell'area edificabile agli assuntori del concordato -Decadenza dai benefici fiscali -Obbligazione degli assuntori per le imposte normali -Sussiste. (1. reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 artt. 2, 9; 1. reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37. art. 1; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 135. 184). Elemento essenziale delt'ingiunzione fiscale, quale atto amministrativo col quale l'ente pubblico accerta un proprio credito e comanda al debitore di soddisfarlo, � la indicazione della causa del credito la quaie pone il contribuente in grado di stabilire se quanto gli viene richiesto sia dovuto. A soddisfare tale esigenza formale sono idonee anche le for PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 mule sintetiche adottate dagli uffici impositori purch� sufficienti a rendere noto all'intimato il presupposto di fatto e di diritto dell'ordine amministrativo (nel caso di specie si sono riteniite idonee a soddisfare la menzione della causa creditoria l'indicazione nell'ingiunzione del negozio che si intendeva in concreto perseguire e �ei soggetti che l'avevano stipulato) (1). Nel caso di trasferimento di un'area edificabile, il cui acquisto aveva goduto di agevolazioni fiscali (nella spede quelle pre�viste dall'articolo 2 della legge regionale siciLiana n. 11 del 28 aprile 1954), dalL'acquirente fallito agli assuntori del fallim�nto per concordato, quest'ultimi sono tenuti al pagamento delle imposte normali, in quanto la decadenza dalle agevolazioni fiscali concesse sul primo atto, deve farsi risalire ad epoca anteriore al concordato, essendo il fallimento dell'acquirente valso ad occertare come il fallito versasse di gi� in condizioni da non poter adempiere a nessuna delle condizioni cui era subordinato il godimento delle agevolazioni fiscali concesse (2). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso -denunziando violazioni: dell'art. 144, comma secondo, della ,legge 30 dicembre 19'23, n. 3269 -i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere respinto l'eccezione di nullit� della ingiunzione fiscale loro intimata, affermando apoditticamente che la stessa non conteneva una precisa indica1 zione d�~lla causale del tributo, laddove -essendosi con l'atto not. Pellizzi del 4 aprile 1956 (cui l'imposta aveva riferimento) operati da parte dei <:ignori Bonaiuto due distinti trasferimenti di aree fabbricabili, l'uno a favore del Costa�nzo e l'altro a favore dei germani Caviezel -il rich;amo contenuto nell'in~iunzione a tale atto rendeva lecito il dubbio (1) La prima massima conferma l'ormai pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui, essendo l'ingiunzione fiscale un atto amministrativo, elemento essenziale dell'atto bench� non espressamente previsto dall'art. 144 l.r. deve ritenersi la motivazione, la quale pu� essere succinta, purch� sia idonea a far conoscere la norma giuridica o il fatto su cui il provvedimento si fonda. Nell'ingiunzione fiscale la motivazione si traduce nella pura e semplice indicazione della causa del credito che, come ha precisato la sentenza annotata, pu� desumersi dall'indicaziOne dei soggetti passivi e del negozio cui l'imposta si riferisce. Sulla natura giuridica dell'ingiunzione fiscale e sul giudizio di opposizione; v. Cass., Sez. Un., 9 ottobre 1967, n. 2339, in questa Rassegna, 1968, p. 90 ss., con ampia nota di DI TARSIA e richiami di dottriri.a e giurisprudenza specie in nota n. 1; nonch� Cass., 9 maggio 1969, n. 1581, ivi, 1969, I, 527, con nota di BAFILE; Cass., 23 gennaio 1969, n. 196, ivi, 1969, p. 499, con nota di VITALIANI; e Cass., 23 luglio 1969, n. 2775, ivi, 1969, I, 917, con nota di BAFILE. Sulla idoneit� delle formule sintetiche contenute di solito nelle ingiunzioni fiscali, purch� sufficienti ad individuare l'ammontare del debito d'imposta e la causa di esso, ad evitare la nullit� dell'ingiunzione,-v. Cass., 616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO SE.: l'Ufhcio intendesse �richiedere le somme nascenti dalla decadenza del ;.apporto .Bonaiuto-Costanzo oppure quelle nascenti dalla decadenza dd rapporto Bonaiuto-Caviezel �. Il motivo � infondato. �L'ingiunzione -recita il secondo comma dell'art. 144 Legge di Registro -consiste ne~l'ordine emesso dal componente Ufficio del Registro di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, le tasse e sopratasse e le pene pecuniarie dall'Ufficio stesso indicate�. Sebbene non espressamente richiesta dalla legge, dottrina e giurii. prudenza hanno ritenuto ugualmente conforme alla volont� del legislatore (desumibile dall'art. 86 delle istruzioni ministeriali del 10 settembre 1866 impartite per l'esecuzione della Legge di Registro 14 luglio 18fi6, n. 3121 e del relativo Regolamento), non meno che alla intrinseca natura della ingiunzione, quale atto amministrativo col quale l'ente ?UbblLo accerta un proprio credito di denaro e comanda al debitore di soddisfarfo, e comunque rispo"ldente a criteri di logica e giustizia, che �lemcni.o essenziale dell'atto sia la indicazione della � causa del credito �, dovendo il contrtbuente -di fronte ad un ordine siffatto essere :nesso in condizione di conoscere con la necessaria precisione non @ solo l'ammont�\re del tributo ma anche la causale del debito, all'effetto :? . di .s1ab:1ire se quanto gli viene richiesto sia effettivamente dovuto. p . I ~:} In relazione, peraltro, alla funzione specifica di una tale indicazione, dottrina e giurisprudenza hanr.o ritenuto che, a soddisfare l'esigenza formale era accennata, pos:;;ano ritenersi idonee anche le formule sintetiche usualmente adottate dagli Uffici impositori, purch� sufficienti a rendere noto all'intimato il presupposto di diritto e di fatto dell'ordine t amministrativo. .:.-...; -,~fil .:.. I I -~ 3 luglio 1968, n. 2214, in Riv. leg. fisc., 1969, p. 229; Comm. Centr., Sez. IX, 12 dicembre 1967, n. 46983, ivi, 1968, p. 1073; Comm. Centr., 28 ottobre ru 1964, n. 14123, in Rep. foro it., 1966 (voce Registro n. 660), nonch� Cass., 9 maggio 1956, n. 1520, in cui per la prima volta si afferm� che l'omissione dell'esplicita menzione della causa del debito non produce la nullit� della ingiunzione fiscal�, qualora detta causa fosse facilmente desumibile dal complesso degli elementi indicati nell'atto stesso, facendo applicazione dei II principi generali in tema di sanatoria della nullit� dell'atto per raggiungimento dello scopo cui �esso mirava. (2) La seconda massima, indubbiamente esatta nella conclusione del riconoscimento dell'avvenuta decadenza dai benefici fiscali previsti dalla Il legge regionale siciliana n. 11 del 1_954 nel caso di trasferimento. dell'area . edificabile agli assuntori per concordato del fallimento, lascia perplessi !I nella motivazione ov� afferma che il trasferimento dell'area attuato merc� il concordato agli assuntori del fallimento non implica decadenza del fal~ jj~~ lito dai benefici fiscali in questione. 1:~:~ Sembra esatto invece proprio il contrario, perch� essendo pacifico che con il passaggio in giudicato della sentenza omologativa del concordato I~ �r.:.:: li!], I J J 'll ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 617 I I Ci� ~.,osto, non pan.: che ad un tal precetto non siasi ottemperato fil t nella specie sol perch� il rogito not. Pellizzi del 4 aprile rn56, indicato & r: come pre<>upposto di fatto della pretesa tributaria, era astrattamente iu.oneo ad ingenerare equivoco mlla persona dell'obbligato avendo a suo fil i~ ..:ontenuto rion solo il trasferimento a favore del Costanzo (che si intenf; f; deva eoncretam1mte coi.pire) :na anche quello a favore dei germani Cc:.viezel. Infatti, ad elimillare ogni possibilit� di dubbio in proposito, I era pi� che sufficiente;, fra �e o.ltre indicazioni, quella relativa appunto ai soggetti (Costanzo, Grassi e Timpanaro) del negozio che si intendeva concretamente perseguire. I E la riprova pi� evidente della insussistenza della denunziata equivocit� sta nel fatto che a proporre opposizione alla ingiunzione sono stati precisamente il Grassi ed il Timpanaro, ossia proprio coloro cui l'Amministrazione finanziaria intendeva rivolgere l'ordine di pagamento. Col secondo motivo i ricorrenti denunziano falsa applicazione dell'art. 135 legge fallimentare (con riferimento agli artt. 2 e 9 della Legge regionale siciliana 28 aprile 1954, n. 11, richiamat� dall'art. 1 della Legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37). Muovendo dalla duplice premessa: a) che il fallito Rosario Costanzo sarebbe decaduto dal beneficio fiscale di cui aveva fruito l'atto not. Pellizzi 4 aprile 1956, a sensi dell'art. 2 della Legge regionale siciliana n. 11 del 1954, per effetto di un evento (il ritrasferimento' ad essi assuntori dell'area acquistata con l'atto medesimo) distinto e comunque successivo alla apertura del fallil~1ento (6 ottobre 1958); si attua il trasferimento dei beni del fallito, acquisiti al fallimento, agli assuntori del concordato quale corrispettivo dell'accollo dei debiti del fallito da parte degli stessi,, nel caso in esame si verificherebbe la decadenza dalle agevolazioni fiscali di cui godeva il primo acquisto dell'ar.ea per la rivendita della stessa senza che siano state effettuate le costruzioni delle abitazioni non di lusso, dal primo acquirente, alla quale obbligazione il beneficio era vincolato. L'obiezione degli assuntori, i quali peraltro accettano la tesi della decad�nza per trasferimento dell'area in seguito al concordato, secondo cui, essendo la decadenza in questione verificatasi dopo il fallimento, il debito d'imposta doveva considerarsi sorto in epoca successiva all'apertura del fallimento e perci� al di fuori di quelli che essi si erano accollati, era facilmente superabile dall'ormai pacifico principio che nel caso in cui un atto goda di benefici fiscali vincolati al verificarsi di eventi futuri, il rapporto che si instaura con la concessione in via provvisoria dei benefici a percepire le normali imposte � sotto condizione, essendo la sua efficacia subordinata al non adempimento da parte dell'acquirente dell'obbligazione cui � vincolato il beneficio (es. quella di costruire). Da ci� la natura complementare dell'imposta in caso di decadenza dalle agevolazioni per rivendita dell'area e la conseguenza logica che il credito delle finanze a per 618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO b) e che, in caso di decadenza del contribuente da consimili benefici fiscali, il diritto della Finanza a percepire l'imposta non sorge alla data della registrazione dell'atto bens� successivamente, a seguito del verificarsi della decadenza, il Grassi ed il Timpanaro assumono che -contrariamente a quanto affermato dalla Corte del merito -essi non potevano essere tenuti a corrispondere l'imposta loro richiesta con l'impugnata ingiunzione, dato che un tal debito, dovendosi --per le ragioni ora riferite -considerare sorto in epoca successiva alla apertura del fallimento, non poteva farsi rientrare nel novero di quelli che essi si erano.accollati col concordato del 14 aprile 1961. Il motivo deve essere respinto per la palese inesattezza della premessa (sub a) che ne costituisce il principale fondamento. Senza bisogno, invero, di riesaminare in questa sede il delicato problema relativo al momento in cui sorge il debito d'imposta ai fini della applicazione dell'art. 184 legge fallimentare, nonch� della nozione di � creditori anteriori al concordato � in essa contenuta, allorquando -come nella specie -la pretesa tributaria pu� esseve fatta valere solo per effetto di decadenza da benefici fiscali, non pu� non reputarsi assorbente e decisiva, al fine di respingere l'assunto dei ricorrenti (secondo cui la decadenza in questione si sarebbe verificata successivamente alla data di apertura del fallimento), la considerazione -peraltro posta bene in evidenza dalla sentenza impugnata -che il trasferimento dell'area attuato merc� il concordato, lungi dal determinare di per s� la decadenza del fallito dal beneficio fiscale, aveva al contrario posto in evidenza come una tale decadenza dovesse farsi risalire ad epoca sicuramente anteriore al concordato, essendo valso ad accertare, in modo incontrovertibile, come il fallito versasse di gi� in condizioni da non poter adem cepire l'imposta normale sorge al momento della registrazione dell'atto, bench� non sia esigibile, perch� sottoposto. a condizione del mancato adempimento dell'obbligazione di costruire (v. Cass., S.U., 27 giugno 1969, n. 2311, in questa Rassegna, 1969, p. 567 che fa il punto, in motivazione, della questione esaminata). Pertanto sarebbe apparso evidente che la decadenza dalle agevolazioni fiscali previste dalla legge regionale siciliana in questione, di cui godeva l'acquisto dell'area da parte del fallito, per il trasferimento agli assuntori del fallimento, avendo fatto venir meno la sospensione del pagamento della residua imposta normale, aveva fatto sorgere un debito sicuramente anteriore al concordato che rientrava tra quelli che gli �assuntori si ~rano accollati. (Sulla natura giuridica dell'assuntore, del fallimento per concordato e degli effetti inerenti ai beni fallimentari, v. PROVINCIALI, Manuale di diritto fallimentare, vol. Il, par. 618 ss.; DI SABATO, L'assuntore del concordato fallimentare, Napoli, 1960; nonch� da ultimo Cass., 6 giugno 1969, n. 1975, in Giust. civ., 1969, I, 1644; Cass., 11 maggio 1968, n. 1443, in Giur. 'it., 1969, I, 1, 739). M. DI PACE PARTE I, SEZ. V, GIURISPJ;tUDENZA TRIBUTARIA 619 re ad alcuna delle obbligazioni e condizioni cui era subordinato il limento delle agevolazioni concesse della citata Legge regionale siciDe per !la (art. 9 della legge n. 11 del 1954). le deci- Talch� non poteva dubitarsi che l'imposta in questione, costituendo :i delle ragioni creditorie che erano rese esigibili per effetto stesso del ~ delle Limento, rientrasse nel novero di quei debiti � ... anche se non insinua! raluta> non ancora ammessi, verso banche, istituti previdenziali, enti pub7 ago- ci in genere ed uffici tributari, etc.... � di cui il Grassi ed il Timpanaro ~rano, col concordato del 14 aprile 1961, accollato il pagamento. Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed i ricorrenti vanno con~ ifetto :uentemente condannati alla perdita del deposito ed alle spese del ~gosto ~sente giudizio di cassazione. -(Omissis). tuenti ~Iuta ,, 'que- I ~beni ::� ' >RTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 marzo 1970, n. 82'4 -Pres. Flore Est. Geri -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato bunSoprano) c. Biscardi. '1a1e, !di:fi, poste e tasse in genere -Commissioni tributarie -Controversie 954, di valutazione e controversie di diritto -Controversia sulla natura ~ssa agricola o edificatoria di un terreno -� controversia di valutazione -Controversia sull'applicabilit� delle leggi n. 1044 del 1954 pe, e n. 1706 del 1962 -� controversia di diritto. ~io. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 28, 29, 30; legge 20 ottobre 1954, n. 1044; lor legge 22 novembre 1962, n. 1706). i:>la L'accertamento della. natura di un fondo, ai fini di stabilirne l'edifi~ tta >ilit� o la rusticit�, si risolve in una questione di fatto, nella quale va !za ~uto conto, caso per caso, dello stato dei terreni, in base aLla loro tura e caratteristiche unitamente a quelle della zona circostante, per iu: lurne se abbiano una effettiva e stabile destinazione agricola, oppure !e1 no utilizzabili, all'epoca del loro trasferimento, come m;ee edifi: te ;orie in relazione al fenomeno d.i espansione edilizia, alla loro ubica~ a 'ne ed accessibilit�, all'esistenza in atto o in fieri di servizi pubblici tispensabili, di strade, fognature, acquedotti, condotture elettriche, alloro inclusione o meno nei piani regolatori, alla prossimit� di centri ltati pi� o meno importanti o di facile raggiungimento e cos� via. � 'ece controversia di diritto, devoluta in primo grado alla Commissione >vinciale -sezione di diritto -e in secondo grado alla Commissione itmle, quella relativa alla interpretazione ed applicazione concreta ile leggi n. 1044 del 1954 e n. 1706 del 1962 (1). (1-3) Sulle prime due massime la giurisprudenza � ormai del tutto ~ifica sia sul punto che la questione sulla natura agricola o edificatoria 622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale va tenuto conto, caso per caso, dello stato dei terreni, in base alla loro natura e caratt.eristiche unitamente a quelle della zona circostante, per dedurne se abbiano una effettiva e stabile destinazione agricola oppure siano invece utilizzabili, �ll'epoca del loro trasferimento, come aree edificatorie in relazione al fenomeno di espansione edilizia, alla loro ubicazione ed accessibilit�, all'esistenza in atto o �in fieri� di servizi pubblici indispensabili, di strade, fognature, acquedotti, condotture elettriche, alla loro inclusione o meno nei piani regolatori, alla prossimit� di centri abitati pi� o meno importanti� o di facile raggiungimento e cos� via. Si tratta insomma di un complesso di elementi, requisiti e fattori caratterizzanti, affidati al prudente apprezzamento del giudice al di fuori di ogni operazione di carattere giuridico, tenuto conto che la legge, nel riferirsi ai terreni, non offre alcuna definizione giuridica predeterminata della loro natura. Questo primo motivo � tuttavia fondata in ordine al dispositivo ed a quella parte della motivazione, che prescrivono una valutazione del fondo, una volta qualificatolo agricolo, con .i coefficienti automatici. � noto che l'applicabilit� del sistema estimativo tabellare, di cui alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, dei terreni rustici, si verifica ai sensi della legge 22 novembre 1962, n. 1706 quando nell'atto soggetto a registrazione non sia stato dichiarato alcun valore ed indipendentemente dall'indicazione del prezzo contrattuale e qualora non sia stato espressamente dichiarato che i fondi hanno un valore inferiore a quello risultante dalle tabelle. Escluso che la denunziata decisione abbia fatto riferimento ai �coefficienti automatici� al fine, meramente strumentale, di stabilire quale avrebbe dovuto essere il criterio valutativo del fondo, cio� se quello proprio del cosiddetto giudizio di congruit� (art. 30 legge organica di registro) o quello tabellare medesimo, ma abbia viceversa voluto prescrivere � finalisticamente � il solo criterio tabellare, come si evince agevolmente dal senso della breve motivazione sul punto, devesi ricono quella della giurisdizione ordinaria e che la Commissione Centrale avesse una funzione analoga alla Corte di Cassazione e fosse dotata di un generale potere di sindacato di legittimit� su tutte le Commissioni di merito; ci� poteva significare che ogni organo di giurisdizione speciale fosse a se stante anche quando esista per alcuni di essi una subordinazione per gradi, analogamente e quanto si affermava per la Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale ed il Consiglio di Stato. Ed una riprova di ci� si poteva vedere nel fatto che le decisioni involgenti questioni di difetto di potere delle Commissioni venivano adottate a Sezioni Unite. Nel tempo pi� recente, per�, pur essendo rimasto prevalente l'uso di devolvere, senza un'espressa motivazione, alle Sezioni Unite le dette que , , .� ..:-: ~ � ��---�.�� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 623 scere che una siffatta prescrizione si risolve in un giudizio di valore cio� in una operazione giuridica direttamente rivolta alla applicazione della legge e quindi esclusa dalla comp~tenza della Sezione estimativa. Infatti, giusta il gi� accennato tenore della legge 22 novembre 1962, �: n. 1706, non basta, ai fini dell'applicazione dei coefficienti tabellari, che il terreno sia considerato agricolo, ma occorre un'ulteriore attivit� di carattere esegetico ed accertativo per stabilire i limiti di applicazione della predetta legge. Sorgono cio�, anche in presenza di fondi rustici, una serie di probiemi, i quali postulano uria certa soluzione, prima di poter ricorrere al sistema tabell:�:e di valutazione. � necessario ad esempio individuare il significato e la portata del prezzo indicato nell'atto, esaminare� se il contribuente, dichiarandone una misura inferiore a quella tabellare, abbia voluta: invocare il giudizio di congruit�; determinare le �conseguenze giuridiche della mancata richiesta (nei ricorsi alle Commissioni tributarie) di applicazione dei coefficienti; stabilire jl rapporto corrente fra prezzo e valore; interpretare infine quella parte del precetto legislativo, secondo cui si dovrebbe procedere a valutazione tabellare <~ indipendentemente � dalla indicazione, nell'atto, di un prezzo contrattuale. Non v'.� dubbio che tutte queste operazioni abbiano carattere in tutto o in parte giuridico e siano dirette alla applicazione della legge n. 1706 del 1962 in relazione a quella n. W44 del 1954. Come tali esse sono sottratte alla cognizione della Commissione distrettuale e di quella provinciale -Sezione estimativa -essendo invece espressamente devolute' in primo grado alla Commissione provinciale -Sezione giuridica -ed in secondo grado alla Commissione Centrale. La denunziata decisione deve perci�, sul punto, essere cassata con -� rinvio alla medesima Comm1ssione provinciale, affinch�, sospeso il giudizio sulla valutazi�ne, investa la Sezione speciale di diritto delle questioni giuridiche sopra indicate circa i limiti di applicabilit� dei coefficienti tabellari cio� in definitiva della legge n. 1044 del 1954. stioni, non sono mancate pronunce sulla stessa materia �emesse dalla sezione semplice; ed anzi proprio la prima Sezione (6 giugno 1967, n. 1241, in questa Rassegna, 1967, I, 1046) ha affrontato in modo espresso il problema ed ha affermato che la ripartizione delle funzioni delle Commissioni implica una questione di competenza funzionale inderogabile ma non di giurisdizione; si'.ill� stessa linea si collocano, anche se in modo meno esplicito, le decisioni della Sez. I, 6 giugno 1967, n. 1236 (Riv. leg. f�,sc., 1967, 1998) e delle Sez. Un. 23 luglio 1969, n. '2780 (ivi, 1970, 183); nello stesso senso anche Comm. Centrale 11 gennaio 1967, n. 87440 (ivi, 1967, 1192). Di diverso avviso � invece l'altra pronuncia delle Sez. Un. 5 aprile 1966, n. 874 (ivi, 1966, 1164). Ora la sentenza che si c_ommenta affronta apertamente il problema e con- IO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ri�olto questo problema nella appropriata sede sar� poi ripreso il giudizio estimativo davanti al competente organo, che � appunto la Commissione provinciale di rinvio. -(Omissis). II (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia il difetto di giurisdizione della Commissione Centrale per le Imposte a conoscere della controversia in esame, e deduce che l'accertare, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, se un terreno abbia natura agraria o edificatoria, importando la risoluzione di una questione di mera valutazione e non di diritto, spetta, in prima istanza, alle Commissioni distrettuali e, in appello, alle Commissioni provinciali. Il motivo � fondato. Queste Sezioni Unite, invero, con le recenti sentenze 1� luglio 1968, n. 2207, 1� agosto 1968, n. 2737, 30 settembre 1968, n. 3026 e 10 febbraio 1969, n. 446, hanno definitivamente risolto la questione -che aveva dato luogo a notevoli dubbi e perplessit�, tanto da determinare incertezze giurisprudenziali -relativa alla natura della controversia (se di diritto o di mera valutazfone) sulla qualificazione, come fondo rustico o area edificatoria, di un immobile oggetto di trasferimento tassabile. Con le suindicate decisioni, pur rilevando la possibilit� di fattispecie del tutto particolari per le quali la soluzione potrebbe essere diversa, in quanto la natura del bene trasferito fosse desumibile direttamente dalla legge, queste Sezioni Unite hanno decisamente affermato che la qualificazione di un fondo come rustico o come area edificatoria, in quanto determinata da circostanze di solo fatto, non pu� essere d~finita questione di diritto, e deve essere pertanto riservata alle Commissioni di valutazione. Da tale principio, la cui esattezza non pu� essere contestata sia per l'impossibilit� di ritenere di diritto una controversia per la semplice considerazione degli effetti giuridici che dalla sua soluzione derivano (applicabilit� o meno della legge n. 1044 del 1954), sia per la concreta elude che sono questioni di giurisdizione non solo quelle in cui � si discute se la lite debba essere decisa da un giudice ordinario o da un giudice speciale, ma anche quella nella qu�le si disputi se una controversia sia devoluta alla competenza giurisdizionale dell'uno o dell'altro dei giudici speciali �; affermazione questa autorevole e chiara sulla quale si dovrebbe pienamente convenire. Ma non si pu� tacere che in altre recentissime decisioni si torna ad affermare che ogni questione sulla potest� delle Commissioni investe non gi� la giurisdizione ma la competenza (funzionale inderogabile). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 625 natura della controversia diretta a stabilire la categoria di appartenenza di un terreno, discende che nella fattispecie la Commissione Centrale, affermando che nel giudizio di valutazione dei terreni oggetto del trasferimento, dovesse applicarsi il criterio automatico stabilito dalla legge n. 1044 del 1954, anzich� il criterio della stima del valore, ha valicato i limiti della propria giurisdizione, avendo risolto una questione di mera valutazione e non di diritto. Come, infatti, pi� volte si � affermato da questa Corte (cfr. da ult. sent. n. 2184 del 19 settembre 1967) il sistema della legge (titolo IV del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) � nel senso di devolvere le controversie in tema di valutazione alle Commissioni ordinarie distrettuali, in prima istanza, e provinciali in appello, composte secondo i criteri di cui agli artt. 24 e 25 del decreto n. 1639 del 1936, e,c;;cludendo per tali decisioni, emesse, cio�, nel giudizio di valutazione, la possibilit� di impugnativa davanti alla Commissione Centrale. N� contro l'applicazione dei suesposti principi nel caso di specie vale obiettare, come si obietta dai resistenti, che fu la stessa odierna ricorrente ad adire la Commissione Centrale giacch�, essendo la determinazione della giurisdizione sottratta alla disponibilit� delle parti, � del tutto irrilevante che la parte, che prospetta il difetto di giurisdizione in sede di Cassazione, abbia essa stessa adito il giudice di cui contesta la giurisdizione oppure abbia o meno sollevato la questione nelle pregresse fasi del giudizio, dato che il giudice stesso, indipendentemente dalle posizioni assunte dalle parti, � tenuto a prendere in esame la questione quando, comunque, si prospetti. Che, poi, nella specie si tratti di una questione di giurisdizione, e non di competenza, non pare che possa dubitarsi, posto che, secondo la interpretazione pi� accolta, alle norme dell'attuale codice di rito, in materia di giurisdizfone, si deve riconoscere un campo di applicazione pi� vasto di quello proprio dei precetti della previgente legge 31 marzo 1877, n. 3761, per cui si devono considerare ricomprese tra le questioni di giurisdizione sottoposte alla disciplina del codice di rito non soltanto quelle nelle quali occorra stabilire se la pronuncia richiesta �sia o meno riservata alla giurisdizione e quelle nelle quali si discute se una determinata lite debba essere decisa dal giudice ordinario o da un giudice speciale, ma anche quelle nelle quali si disputi se una controversia sia devoluta alla competenza giurisdizionale dell'uno o dell'altro dei giudici speciali. Il ricorso dell'Amministrazione deve essere, quindi, accolto in relazione al primo motivo, restando cos� assorbito il secondo motivo che prospetta questioni di merito. L'impugnata decisione va, di conseguenza, cassata senza rinvio. -(Omissis). I I ~ I ~ I I i 1 I I ( l ~ I II 626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez.� I, 3 aprile 1970, n. 878 -Pres. Glannattasio -Est. Falletti -P. M. Gentile (conf.) -Santangeli (avv. Brugnoli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposta di registro -Vendita contemporanea della nuda propriet� e dell'usufrutto -Imposta di consolidazione a carico del nudo proprietario -� dovuta. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 5). Quando L'usufruttuario, dimettendosi daL suo diritto d'accordo col nudo proprietario, dichiari di trasferirlo ad un terzo, non si dd vita co1S� aUa cessione deLL'usufrutto prevista daH'art. 980 e.e., La quale postula il permanente collegamento dell'usufrutto con la vita del cedente, ma sorge in tal caso, con l'assoluto distacco del diritto daila persona deL cedente, una situazione di rinuncia abdicativa che comporta, come conse.guenza immediata, La riunione delL'usufnitto con la nuda proprietd neUa persona stessa del nudo proprietario. Su questo pertanto deve gravare l'imposta di,consolidazione secondo l'art. 93 n. 5 della Legge di registro (1). (Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti lamentano che la pronuncia impugnata abbia fatto erronea applicazione degli artt. 211, 86 e 91 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e degli artt. 980, 1014, 1350 e 2643 e.e. E svolgono nelle seguenti proposizioni le loro censure: a) la imposta di consolidazione ha carattere autonomo; il debito relativo sorgf' nel momento e in capo a colui che attualmente realizzi la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet�; non �. quindi un'imposta che gravi q,b origine su colui che ha acquistato 1a nuda propriet�, come parte della imposta dal medesimo dovuta per il suo acquisto; b) non � vero che il (1) Sulla applicabilit� della imposta di consolidazione a carico del nudo proprietario nel caso di vendita contemporanea dell'usufrutto e della nuda propriet� a favore della stessa persona, la Corte di Cassazione aveva gi� avuto modo di pronunciarsi affermativamente con le recenti sentenze 30 dicembre 1968, n. 4083, in Riv. leg. fisc., 1969, 1178 e 27 aprile 1968, n. 1297, ivi, 1968, 2340. Peraltro, con altra sentenza del 26 ottobre 1968, n. 3579, in Foro it., 1969, 1, 1943, la stessa Suprema Corte aveva limitato tale affermazione al caso in cui debba ritenersi, in base a valide risultanze, che l'usufrutto si sia consolidato nella persona del nudo proprietario prima della sua alienazione. ~ I . I Con la sentenza in esame la giurisprudenza inizialmente citata viene ora confermata, e di tale conforma non pu�, non darsi atto con soddisfazione, essendo del tutto evidente che, nelle ipotesi di vendita contestuale dell'usufrutto e della nuda propriet� in favore della stessa persona, l'acquisto di entrambi i diritti viene effettuato in considerazione della loro conso 11:j: lidazione come piena propriet�, onde � questa stessa che costituisce il presupposto di detto acquisto. I % .< ~~~ ~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 627 consenso alla vendita da parte dell'usufruttuario si traduca nel consenso all'estinzione dell'usufrutto, cio� alla sua consolidazione nel nudo proprietario; si verificano invece due trasferimenti: uno dell'usufrutto, l'altro della nuda propriet�, ed entrambi intercorrono con l'acquirente; n� pu� supporsi l'effetto di una rinuncia, perch�, riferendosi a diritti immobiliari, es.sa dovrebbe farsi per iscritto e sarebbe soggetta a trascrizione; c) l'imposta di consolidamento deve configurarsi come un obbligo soggetto non solo a termine ma anche a condizione: il nudo proprietario dovr� pagare l'imposta se acquister� il pieno dominio per un fatto giuridico non altrimenti assoggettabile a tributo, quale la morte dell'usufruttuario, la scadenza del termine finale, la prescrizione. Con il secondo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 132 c.p.c., perch� la Commissione Centrale, richiamandosi al prevalente indirizzo della propria giurisprudenza, non avrebbe motivato la sua pronuncia. Il ricorso non � fondato. Si pu� procedere dal secondo mezzo, la cui confutazione vale insieme a dimostrarne l'inconsistenza e ad escludere come superflue, progredite oltre i termini obiettivi e specifici della decisione impugnata, le tesi critiche svolte dai ricorrenti nel primo mezzo, sul principio di questioni inattuali e irrilevanti. La Commssione Centrale non si � limitata a richiamare genericamente la propria giurisprudenza, ma ha qualificato in senso concreto questo argomento, adeguandolo ai rilievi (concisi sia pure ma esaurienti) di una fattispecie che presentava nel merito, intrinsecamente e particolarmente, le ragioni essenziali della propria soluzione. Invero, dopo il rilievo anzidetto, la Commissione ha osservato che �di conseguenza anche nella presente fattispecie deve considerarsi avvenuto il consolidamento dell'usufrutto in capo al nudo proprietario nel momento in cui procedeva alla vendita del suo diritto contestualmente alla vendita del~ l'usufrutto da parte del rispettivo titolare, con trasferimento contemporaneo alla stessa persona �. � rimasto dunque accertato (ed � ormai incontroverso) che nel rapporto de quo gli alienanti effettuarono il trasferimento �contemporaneo � e �contestuale � dei rispettivi diritti alla medesima persona, la quale pervenne cos� ad acquisire immediatamente la piena propriet� dell'immobile compravenduto. Contestualit� dell'atto vuol dire -come la Com.missione ha ritenuto -che usufruttuario e nudo proprietario si sono accordati affinch� le rispettive ragioni di godimento e di dominio passassero insieme all'acquirente, nella confluenza strumentale di un unico negozio e neU'o;rnogenea inter-ezza di un unico diritto. Se prima e sia pure nell'imminenza della stipulazione sussistevano, separati, usufrutto e nuda propriet�; e se poi l'acquirente, per effetto appunto del contestuale negozio, ha subito acquistato, originale ed autonoma, la propriet� piena dell'immobile (non la nuda propriet� e l'usufrutto, sia pure insieme ma ancora distinti e destinati a riunirsi 628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella coincidenza della sua titolarit�), ci� significa che la riunione � avvenuta in un momento anteriore, estinguendosi dunque l'usufrutto nella persona dell'alienante, che era nudo proprietario e . ne divenne consolidatario. A questo punto anche una considerazione d'ordine generale pu� infine obiettarsi alle impostazioni critiche dei ricorrenti: che quando pure l'usufruttuario, dimettendosi dal suo diritto d'acco'l'do col nudo proprietario, dichiari di trasferirlo ad un terzo, non si d� vita cos� alla cessione dell'usufrutto prevista dall'art. 980 e.e., la quale postula tuttavia il permanente collegamento dell'usufrutto cori. la vita del cedente; ma sorge in tal caso, con l'assoluto distacco del diritto dalla persona del cedente, una situazione di rinuncia abdicativa che comporta, come conseguenza immediata, la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet� nella persona stessa del nudo proprietario: su questo pertanto deve gravare l'imposta di consolidazione, secondo l'art. 93 n. 5 della legge di registro (Cass. 27 aprile 1968, n. 1297). -(Omissis). COR'.I'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 907 -Pres. Rossano Est. Alibrandi -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. F.A.R.I. (avv. Grenga). Imposta di re~istro -Societ� -Rimessione di debiti dei soci verso la societ� a scopo di risanamento -Animus donandi -Esclusione Tassabilit� come conferimento. (r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269, art. 8 cpv.; tariffa all. A, artt. 81 e 85). La remissione di debiti dei soci verso La societ�, determirnata al fine di riportare la societ� in una situazione economico-finanziaria di normalit� e al di fuori di ogni animus donandi, bench� non prevista da u,na specifica voce delLa tariffa, � tassabile, ai sensi deU'art. 8 cpv. deUa legge di registro, come conferimento di capitale (artt. 81 e 85 della tariffa), essendo destinata in modo esclusivo ad attuare gli scopi sociali e, attraverso questi, l'interesse patrimoniale dei soci (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle finanze denunzia, con riferimento a~l'art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 85 della tariffa all. A della legge di (1) In senso conforme Cass., 17 maggio 1969, n. 1693, in Riv. leg. fis,c., 1969, 1948 e 3 luglio 1968, n. 2215, ivi 1969, 237, richiamate in motivazione. Giova per� sottolineare che trattasi in ogni caso di pronuncie di specie, i�l quanto riferite agli accertamenti di fatto compiuti dai giudici di merito in ordine alla concreta esclusione dell'animus donandi. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 629 registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 326_9) e degli artt. 8 e 44 di questa legge, in relazione alla legge 12 maggio 1949, n. 206, nonch� degli articoli 769, 2247, 2325, 2362 e 2438 ss. e.e. Deduce la ricorrente che i soci Martella e Bellucci non erano tenuti ad effettuare il loro intervento finanziario e che la rinunzia dei detti soci ai loro crediti nei riguardi della societ� d� luogo ad un vero e proprio atto di liberalit�, in quanto la partecipazione alla societ� del Martella e del Bellucci � rimasta immutat�. rispetto a quella precedente nei confronti degli altri soci che non erano intervenuti, punto questo decisivo della controversia non esaminato dalla sentenza impugnata. Aggiunge la ricorrente che, agli effetti dell'imposta proporzionale di registro, conferimenti sono solo quelli de:stinati ad incrementare il fondo sociale, in quanto si traducono nell'aumento del capitale della societ�, onde la Corte del merito �1 incorsa in errore nel ritenere applicabile all'operazione di cui trattasi la imposta prevista dalla legge per i conferimenti. Il motivo non � fondato. La questione giuridica sollevata dalla ricorrente � gi� stata esaminata, negli stessi termini e tra le medesime parti, da questa Corte suprema che ha escluso rispetto ad analoghe fattispecie, l'applicabilit� della norma della legge sull'imposta di registro relativa agli atti di liberalit� (cfr. sent. 3 luglio 1968, n. 2215 e sent. 17 maggio 19619, n. 1693). li'ondate si ravvisano tuttora le ragioni addotte nelle precedenti decisioni. L'atto cui si riferisce l'imposizione tributaria che viene in considerazione non � nominativamente indicato nella tariffa allegata alla legge organica dell'imposta di registro (r.d. n. 32.69 del 192�3) per cui � d'uopo ricercare nella tariffa stessa, formulata secondo un criterio descrittivo, l'atto che presenti maggiore analogia, per la sua natura e per i suoi effetti, a quello in concreto posto in essere, secondo il criterio contenuto nel secondo comma dell'art. 8 della medesima legge. Questa norma muove dall'intento di assicurare la regolamentazione giuridica, agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro, di atti e rapporti che non rientrano in una determinata categoria di fattispecie tipiche, intento non diverso da quello che ispira ogni disposizione che prescrive l'applicazione della legge mediante ricorso a norme che regolano casi simili o materie analoghe (art. 12 comma 2, disp. prel.). La Corte del merito, seguendo tale criterio, ha ritenuto che la fattispecie di causa presenti caratteristiche analoghe sia al conferimento di somme di danaro, eseguito in occasione di costituzione o di fusione di societ� (art. 81 ali. A), sia all'aumento di capitale in societ� gi� costituita (art. 85 ali. A), atti entrambi soggetti a tassa proporzionale. Tale apprezzamento la Corte d'appello ha esaurientemente motivato mettendo in evidenza che l'operazione compiuta dai soci Martella e Bel 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA nELLO STATO lucci, per la sua intrinseca natura e per i suoi effetti sulla situazione economica della societ�, le cui passivit� della gestione sociale venivano ad essere sanate, poteva assimilarsi agli atti previsti nei citati artt. 81 I e B5 della tariffa ali. A. D'altro lato, la Corte del merito ha escluso che l'atto dei soci suindi li cati, al quale si riferisce l'imposizione tributaria, possa, sulla base del criterio analogico previsto nel secondo �Comma del citato art. 8, assimilarsi ad un atto di liberalit�, mancandone l'elemento soggettivo (� animus donandi �). � Ora, in materia di imposta di registro, il trattamento fiscale delle remissioni di debito pu� essere ricondotto nella previsione di cui al menzionato art. 44 della legge di registro solo nel caso in cui il remittente si sia determinato all'atto esclusivamente per spirito di liberalit� e cio� quando all'obiettivit� gratuita dell'atto si accompagni l'arricchimento dell'accipiensa, con corrispondente depauperamento dell'agente, effetti .-questi -che vanno concepiti l'uno in correlazione dell'altro, realizzando la causa della donazione (art. 769 e.e.). E tale volont� dei soci Martella e Bellucci di porre in essere un atto di liberalit� la Corte del merito ha escluso 'dopo aver individuato la ragione della operazione compiuta dai predetti soci nella finalit� di riportare la soc. FARI ad una situazione economico-finanziaria di norma I lit�, precisando che questo risanamento si era reso necessario sia per I evitare lo scioglimento della societ�, sia per poter realizzare l'oggetto sociale e, quindi, la conseguente percezione d~gli utili, da ripartirsi secondo le disposizioni statutarie (art. 2328 n. 7 e.e.). In tale situazione, la Corte del merito ha ritenuto che l'operazione oggetto d'imposizione tributaria si presentava come voluta e destinata in modo esclusivo, con un rappprto di mezzo a fine, ad attuare gli scopi sociali e, attraverso questi, l'interesse patrimoniale dei soci, proprio e tipico di ogni specie di societ� lucrativa, nella quale l'esercizio in comune di un'attivit� economica � svolto � allo scopo di dividerne gli utili � (art. 2247 e.e.). L'accennato fine specifico dell'operazione, accertato in sede di merito, esdude la causa donationis, facendo venir meno l'arricchimento di una parte �con il correlativo depauperamento del1'altra. E vale, al riguardo osservare che l'ipotesi formulata nell'art. 44 della legge sull'imposta di regi~tro (donazione) corrisponde puntualmente alla fattispecie normativa delineata dal diritto comune (art. 769 e.e.), onde il problema della qualificazione dell'atto, ai fini del trattamento tributario, si ravvisa correttamente risolto dalla Corte del merito che ha fatto riferimento alla figura negoziale propria del diritto comune. La ricorrente, sempre al fine di dimostrare. l'esistenza dell'asserito atto di liberalit�, .richiama la norma dell'art. 2325 e.e. e deduce che � la FARI, quale societ� per azioni, che risponde dei debiti sociali, mentre PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 631 gli azionisti Martella e Bellucci erano tenuti solo nei limiti delle loro rispettive quote. L'argomento non �, per�, �rilevante, perch� il fatto che i detti soci non fossero tenuti personalmente a reintegrare la perdita verificatasi nella gestione sociale, non esclude che l'operazione sia stata da essi posta in essere per un fine di loro, sia pure indiretta, utilit� economica, e ci� � sufficiente per escludere l'elemento soggettivo della donazione. N� ha fondamento la censura di difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, mossa dalla ricorrente sul rilievo che la sentenza denunziata non ha preso in esame la circostanza che la partecipazione alla societ� del Martella e del Bellucci, malgrado il loro intervento finanziario, fosse rimasta immutata nei confronti degli altri soci che non erano intervenuti, circostanza questa che, secondo la ricorrente, avvalorerebbe la configurabilit� del prospettato atto di liberalit� posto in es�sere dai due soci suddetti.. Invero, escluso l'elemento soggettivo della donazione, detta circostanza, anche se fosse stata presa in esame dalla Corte del merito, non avrebbe potuto condurre a decisione diversa da quella adottata. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 915 -Pres. Stella Richter -Est. Valore -P. M. Minetti (conf.) -Valenti (avv. Vannini) c. Ministero. delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposta di registro -Atti compiuti dal falsus procurator e non ratificati -Natura -Efficacia traslativa -Esclusione. (e.e., artt. 1396, 1398 e 1399). Imposta di registro -Sentenza dichiarativa dell'inefficacia del contratto compiuto dal procuratore posteriormente alla revoca della procura -Imposta di retrocessione -Non � dovuta. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 68; tariffa all. A, artt. 114 e 120). Il negozio rappresentativo compiuto dal falsus procurator � un negozio soggettivamente complesso a formazione successiva, idaneo a produrre i suoi effetti subordinatamente al verificarsi della condicio iuris della ratifica da parte del dominus. Un simile negozio � del tutto inidoneo ; a produrre il suo effetto traslativo in quanto � inefficace ed �, quindi, privo di qualsiasi rilevanza nei confronti dell'effettivo titolare del di! ritto (1). I (1-2) Con la presente sentenza la Suprema Corte ribadisce quanto gia affermato in materia con la sentenza 8 marzo 1969, n. 754 (in questa Ras- l I i ! I I 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La pronuncia giudiziale dell'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator (o dal rappresentante oltre i limiti dei suoi poteri) e non ratificato dal dom�nus, � soggetta all'imposta fissa di registro e non gi� a quella gradt1Jale o proporzionale stabilita dall'art. 68 legge di registro e dagli artt. 114 e 120 della tariffa all. A alla legge medesima. Ci� vale anche nel caso di contratto dichiarato inefficace perch� concluso dal rappresentante dopo la revoca della pro�ura, dato che alla Finanza no1i pu� 1�iconoscersi la qualifica di terzo ai sensi dell'art. 1396 e.e., qualifica che spetta soUanto a coloro che sono parti contraenti del negozio giuridico o che, quanto meno, hanno col rappresentante contatti contrattuali (2). (Omissis). -La r1corrente, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, 1396 e.e. e 68 ultimo comma della legge di registro, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., sostiene che l'Amministrazione finanziaria non poteva invocare la salvaguardia assicurata dall'articolo 1386 e.e. -e che conseguentemente era ad essa opponibile la sentenza che dichiarava l'inefficacia della vendita -in quanto i terzi contemplati dalla norma suddetta, nei cui confronti il rappresentante ha l'onere di far conoscere la revoca della procura, sono quelli con i quali andr� a compiersi il negozio oggetto della procura medesima e non qualunque soggetto della collettivit� (nei cui confronti, peraltro, non potrebbe neppure essere adempiuto l'onere di informativa)., La censura � fondata. Premesso che la sentenza oggetto dell'imposizione ha dichiarato l'inefficacia del contratto perch� quest'ultimo era stato stipulato da chi non aveva i necessari poteri, va ricordato che questa Suprema Corte ha ripetutamente chiarito (tra le decisioni pi� recenti: 8 marzo 1969, n. 754; 28 ottobre 1967, n. 2668) che il negozio rappresentativo compiuto dal falsus procurator � un negozio soggettivamente complesso a formazione successiva, idoneo a produrre i suoi effetti subordinatamente al verificarsi della condicio iuris della ratifica da parte del dominus. Si tratta, invero, di un negozio in itenere o in stato di pendenza, dato che manca il consenso necessario per la sua conclusione che, per�, pu� essere manifestato in un secondo momento attraverso la ratifica dell'operato del falsus procu:rator. Quindi un simile negozio � del tutto inidoneo a produrre il ,suo effetto traslativo in quanto � inefficace ed �, quindi, privo di qualsiasi rilevanza ~ei confronti dell'effettivo titolare del diritto. segna, 1969, I, 300 con nota di R. SEMBIANTE alla quale si rinvia) e ne estende la applicaizone al caso del procuratore che agisce posteriormente alla revoca della procura, fornendo una interpretazione della norma dell'art. 1398 e.e. su cui non sembra possibile formulare riserve. PAR.TE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 633 Detto negozio non � nullo e neppure annullabile, posto che ci� che � nullo � privo di ogni potenziali~� di perfezionamento e posto che il negozio annullabile spiega i suoi effetti fin dal suo sorgere e li mantiene sino a quando non intervenga, eventualmente, la pronuncia che lo annulli e quegli effetti rimuova. Pertanto il negozio concluso dal falsus procurator non � suscettibile di convalida ex art. 1444 e.e., ma solo di ratifica ai sensi dell'art. 1399 e.e. Di tali principi questa Corte ha fatto coerente applicazione nel campo di diritto tributario, statuendo che la pronuncia giudiziale della inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator (o dal rappresentante oltre i limiti dei suoi poteri) e non ratificato dal dominus, � soggetta all'imposta fissa di registro e non gi� a quella graduale o proporzionale, stabilita dall'art. 68 legge Registro e dagli artt. 114 e 120 della tariffa all. A alla legge medesima, rispettivamente per le sentenze che comportino condanne r'elative ad oggetti valutabili ovvero trasmis� sioni o retrocessioni della propriet�. Ci� perch� la sentenza dichiarativa dell'inefficacia non contiene alcuna attribuzione di diritti o condanna o trasferimento di sorta, limitandosi, al contrario, ad accertare che il contratto, attraverso cui si sar�ebbe voluto trasferire la propriet�, non � mai giunto a conclusione, per il difetto del potere di disporre del diritto da parte di uno degli stipulanti, e per non essersi verificata la condicio iuris consistente nella ratifica da parte di chi avrebbe potuto disporne. Deve, altres�, escludersi che una siffatta sentenza possa aver posto in essere una retrocessione del bene costituente l'oggetto del contratto, in quanto tal retrocessione presupporrebbe quel precedente trasferimento ae1 bene che un �contratto non giunto a c�nclusione non pu� invece aver attuato. Lia denunciata sentenza della Corte milanese, pur non disconoscendo la validit� di codesti principi, afferma per� che essi non si attagliano esattamente alla peculiarit� del caso di spede, in quanto, versandosi nell'ipotesi di contratto dichiarato inefficace perch� concluso da rappresentante dopo la revoca della procura, non pu� trascurarsi la norma dell'art. 1396 e.e., che subordina l'efficacia di tale revoca all'uso dei mezzi idonei a renderla conoscibile ai terzi destinatari e, in mancanza, alla loro effettiva conoscenza. Onde, continua la sentenza, indipendentemente dalla eventuale opponibilit� della revoca al terzo acquirente, quando risulti dimostrato (come nella fattispecie) che questi la conosceva al momento della conclusione del contratto, la revoca, nel caso di inadempimento dell'onere di conoscibilit�, non pu� essere opposta, agli effetti tributari, alla Finanza, dovendosi questa ricomprendere tra quei terzi destinatari indeterminati, cui fa riferimento il citato art. 1396, in relazione all'art. 1372 e.e., che ammette la possibile incidenza del contratto nella sfera giuridica di soggetti diversi dalle parti contraenti. \ 634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'errore in cui � caduta la Corte di merito � manifesto. Senza immorare sulla problematica della posizione di �terzo� nella teoria del negozio, .che sarebbe un fuor d'opera, e rilevato che la qualifica di �terzo� ha carattere di relativit� e di variabilit� in funzione degli interessi che sono in giuoco, occorre distinguere tra la figura, indeter-. minata e non individuabile a priori, dei � terzi �, in genere, nel negozio giuridico, e cio� di tutti coloro che, di massima, non sono parti e che al negozio non hanno partecipato come parti, e quella dei � terzi � indicati negli artt. 1393-1396, e cio� nel campo dei negozi giuridici con rapporto di rappresentanza. In quest'ultima ipotesi, l'espressione �terzi� comprende s6ltanto coloro che sono parti contraenti nel negozio giuridico o che, quanto meno, hanno col rappresentante contatti contrattuali. La procura rilasciata al rappresentante ha per destinatari esclusivamente� costoro, con i quali il rappresentante � destinato ad entrare in rapporto per assolvere l'incarico assunto verso il rappresentato. A conforto di siffatta interpretazione basta rilevare che, sia la giurisprudenza che la dottrina, in relazione all'art. 1396, qualificano spesso i � terzi � indicati in detta norma come �terzi contraenti�, �terzi acquirenti�, �terzi interessati�, il che ribadisce la esatta ed al tempo stesso limitata portata del termine. Il richiamo.poi all'art. 1372, secondo comma e.e. (�il contratto non produce effetto rispetto. ai teil'zi che nei casi previsti dalla legge �) non � affatto calzante, in quanto tale disposizione concerne ipotesi del tutto diverse (contratto a favore di terzi, ecc.). Applicando l'art. 1396 la Corte del merito ha mostrato di non avere bene inteso il senso e la portata di codesta norma di legge, che nel caso di specie non poteva trovare ingresso, essendo la Finanza un terzo del tutto estraneo, giuridicamente non apprezzabile agli effetti della richiamata disposizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 aprile 1970, n. 10'85 -Pres. Giannattasio -Est. Falletti -P. M. Gentile (conf.) -Guerriero (avv. Lanciani e Struppa) c. Ministero deile Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). Imposta di registro -Solidariet� delle parti contraenti -Notifica del- l'accertamento di valore ad una sola delle parti -Definitivit� del- l'accertamento nei confronti delle altre parti -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 1; r.d.l. !_7 agosto 1936, n. 1639, artt. 20 e 21). � Per effetto della dichiarazione q,i incostituzionalit� degli artt. 20 e 21 del d.( 7 agosto 1936, n. 1639, relativamente al principio secondo cui PARTE I, SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 635 dalla contestazione ovvero dalla notificazione delL'accertamento d'imponibile ad uno solo dei coobbligati decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale anche nei confronti degli altri, la notifica dell'accertamento di maggior valore effettuata al solo venditore e la mancanza di opposizione da parte sua non pu� aver pregiudicato e reso definitivo detto accertamento anche nei riguardi del compratore (1). (Omissis). -Fondato � invece il secondo motivo, con cui i ricorrenti lamentano che la Corte d'Appello ha erroneamente interpretato l'art. 93 n. 1 della legge di registro, perch� la solidariet� ivi stabilita a carico dei contraenti per il pagamento dell'imposta non pu� estendersi, � oltre l'ambito sostanziale del rapporto, anche ai suoi riflessi processuali. In realt�, come anche riconosce la difesa dell'amministrazione resistente, manca nella legge una statuizione che sancisca espressamente l'esistenza di una solidariet� anche processuale fra i condebitori d'imposta. La giurisprudenza ne aveva peraltro ammesso il principio desumendone l'affermazione dal rigore e dalle intrinseche esigenze del sistema tributario (Cass. 1967, n. 2850; 1966, n. 2071; 1958, n. 3228; � 1955, n. 2717). Ma questa ratio normativa, cui ancora aderisce la decisione impugnata, contrasta ormai con le pronunce della Corte Costituzionale (sentenze 1968, n. 48 e 139) che hanno ritenuto l'illegittimit� degli articoli 20 e 21 del d.1.1. 7 agosto 1936, n. 1639 sulla riforma degli ordinamenti tributari, e dell'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 sulla imposta di successione, relativamente al principio secondo cui dalla contestazione ovvero dalla notificazione dell'accertamento d'imponibile ad uno solo dei coobligati decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale, anche nei confronti degli altri. Nella speci~. come � pacifico, l'accertamento del maggior valore fu soltanto notificato alla societ� venditrice e perci� la mancanza di opposizione da parte sua non pu� aver pregiudicato o reso definitivo detto accertamento anche nei riguardi dei compratori, attuali ricorrenti. ~ (Omissis). (1) Tale sentenza si pone nel quadro della nuova giurisprudenza della Suprema Corte relativamente all'istituto della solidariet� tributaria (cfr. da ultimo Cass., 28 ottobre 1969, n. 3534, in questa Rassegna, 1970, 1, 81) ed � in perfetta aderenza alle pronuncie della Corte Costituzionale richiamate. in motivazione. 636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT� CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1132 -Pres. Stella Richter -Est. Caputo -P. M. Minetti (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Guicciardini. Imposta di successione -Imposta sul valore ~lobale -Autonomia Addizionale istituita con d. 1. 7 novembre 1954, n. 1025 -Non si estende all'imposta sul valore ~lobale. (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, artt. 6, .11 e 13; d.1. 7 novembre 1954, n. 1025, art. 1). L'imposta sul valore globale, sebbene informata alla stessa finalit� di colpire i trasferimenti della ricchezza mortis causa, � nettamente distinta dall'imposta di successione e indipendente da questa; conseguentemente l'aumento dell'imposta addizionale stabHito con l'art. 1 del d.l. 7 novembre 1954, n. 1025, limitatamente all'imposta di registro, di successione e ipotecaria, non si estende all'imposta sul valore globale (1). (1) Si riafferma l'orientamento gi� emerso con le sentenze 9 febbraio 1970, n. 304 e 10 febbraio 1970; n. 321, pubblicate in questa Rassegna, 1970, I, 294, alla cui annotazione si rinvia. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1134 -Pres. Pece Est. Leone -P. M. Chir� -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Renza (avv. Di Stefano). Imposta straordinaria sul patrimonio -Presupposto -Possesso di beni -Presunzione -Prova contraria -Sentenza che dichiara la simulazione -� idonea. (t.u. 9 maggio 195(1, n. 203, artt. 1 e 34). Sebbene ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio, che colpisce il patrimonio del quale il contribuente aveva il possesso alla data del 28 marzo 1947, non sia necessaria la dimostrazione di un titolo di propriet� e bench� l'Amministrazione finanziaria possa avvalersi di presunzioni per dimostrare lo stato di possesso 1�icavandole dalla trascrizione degli atti di acquisto e dalle risultanze dei registri catastali, � consentito al contribuente offrire prove contrarie alle presunzioni per dimostrare di non _essere in possesso dei beni che risultino formalmente a suo nome dai pubblici registri. Validamente, pertanto, pu� il contribuente dimostrare che i beni che risultano da esso acquistati sono in realt� di propriet� e nel possesso di terzi mediante l'esibizione di una sentenza che abbia dichiarato simulato l'acquisto (1). (1) Come gi� affermato nella sent. 29 ottobre 1968, n. 3610, citata nel testo (in questa Rassegna, 1968, I, 1044) il possesso � sufficiente presupposto ....,..,,, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 637 (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia la sentenza di appello, perch� essa avrebbe erroneamente interpretato la legge sulla imposta ;;;traordinaria, che prefiggendosi di colpire coloro che appaiono titolari di diritti reali sugli immobili, piuttosto che seguive gli eventi sul diritto sostanziale di propriet�, parla di patrimonio posseduto e non si riferisce ai titolari dei diritti di propriet�. Nella specie, assume la ricorrente, alla data di riferimento del 28 marzo 1947, i titoli formali e .le risultanze catastali al nome di Antonietta Renza concordavano e tale concordanza rendeva legittima l'imposizione, nonostante che in data successiva fosse stato dichiarato, con sentenza costituente giudicato tra le parti, tra le quali non era presente l'Amministrazione, che l'immobile era stato acquistato dal padre della Renza, che lo aveva fittiziamente intestato ai figli. In ogni caso, aggiunge la ricorrente, la Corte d'appello non si sarebbe dato carico di accertare l'effettivo possesso dell'immobile (primo motivo). L'Amministrazione denunzia anc;ora (nel secondo motivo) che il giudice d'appello, pur dichiarando che dal giudicato suddetto risultava che Raimondo Renza aveva in realt� intestato l'immobile ai figli per ragioni fiscali anche in vista della futura successione; non avrebbe rilevato che tale fattispecie, costituiva un negozio indiretto, per cui si doveva escludere un effetto retroattivo erga omnes dell'accertamento ad esso relativo. Su tal punto, comunque, la Corte avrebbe omesso di motivare. Le censure esposte, che per la loro interdipendenza vengono esaminate congiuntamente, sono prive di fondamento giuridico. In effetti, _ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio -che colpisce il patrimonio del quale il contribuente alla data del 28 marzo 1947 aveva il possesso ed il godimento uti dominus non � necessario che dei beni assoggettabili al tributo si sia stato proprietario alla cennata data di riferimento, essendo sufficiente che di essi a quella data, si sia avuto il possesso, esercitato con lo svolgimento di una attivit� corrispondente all'esercizio della propriet� (Cass. 29 ottobre 1968, n. 3610): ed � pure da ritenere che, al fine di accertare lo stato di possesso cos� qualificato, l'Amministrazione finanziaria possa utiliz dell'imposizione quando manchi un legittimo titolo di propriet� ed � necessario requisito quando alla titolarit� formale non corrisponda la pienezza del godimento. Tuttavia proprio l'art. 34 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, imponendo al contribuente di dichiarare, fornendone le prove, chi sia l'effettivo proprietario, esclude che possa disconoscersi il .possesso dell'� intestatario � fino a che non sia dimostrato il possesso altrui. La sentenza in rassegna desta quindi qualche perplessit� su un duplice profilo: se la dichiarazione e la prova del possesso altrui deve essere fornita con la dichiarazione (da presentarsi entro il 31 dicembre 1947), � dubbio che possa essere utile � ~ ~ 638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zare gli elementi presuntivi ricavabili dalle trascrizioni degli atti di acquisto del diritto di propriet� sugli immobili e dalle iscrizioni nei registri catastali al nome di un soggetto determinato, identificato in tale modo quale soggetto passivo dell'imposta; � infatti nel sistema delle leggi relative a tributi su immobili che per l'Amministrazione finanziaria siano probatorie le risultanze dei pubblici registri, relativi allo stato di propriet� o di possesso (a seconda dei tributi) dei cespiti tas,sabili. Ma, di regola, � pure nel sistema di tali accertamenti che il contribuente -possa produrr.e le prove atte a vincere l'efficacia degli elementi presuntivi sopraindicati, per dimostrare di non essere in realt� soggetto passivo dell'imposta. Questa facolt� del soggetto, verso cui l'Amministrazione avanza la pretesa impositiva, si ricava proprio'in materia di imposte straordinarie sul patrimonio, tra l'altro, dalla disposizione dell'art. 34 cpv. del d.p.r. 9 maggio 1950, n. 2oa, che ha approvato il t.u. delle deposizioni riguardanti le dette imposte. Stabilisce la norma:regolante il contenuto della dichiarazione che il contribuente � tenuto a fare, che quando taluna delle attivit� intestate al contribuente ,sia di propriet� di terzi, il contribuente intestatario deve, nella propria dichiarazione, designare l'effettivo proprietario ed indicare la prova relativa: designazione del proprietario effettivo -corroborata da prove .,--che non pu� avere scopo diverso da quello di denunziare che all'intestazione formale non corr�sponde uno stato di possesso uti dominus e di indirizzare l'azione di accertamei;i.to verso l'effettivo contribuente. Nella specie Antonina Renza s'� avvalsa di tale facolt� di dare prova contr_aria alle presunzioni sulle quali l'Amministrazione ha fondato la -propria pretesa di tributo ed ha in effetti provato, secondo l'apprezzamento del giudice di merito, che alla data del 28 marzo 1947 l'immobile era di propriet� ed era di fatto goduto da Raimondo Renza. Tale prova ella ha fornito esibendo la sentenza del Tribunale di Napoli in data 21 novembre 1949 e passata in giudicato, con la quale era stato dichiarato che l'immobile -attualmente oggetto della controversa imposizione --era stato intestato fittiziamente ai propri figli dall'effettivo a tal fine una sentenza costitutiva pronunciata nel 1949; posto che, come si riconosce, la sentenza non � apponibile alla Finanza che non fu parte nel giudizio, sembra alquanto incongruo dar rilevanza di mezz� di prova ad una pronuncia che riconosce che nell'atto di compravendita la propriet� fu fittiziamente intestata a soggetto diverso dal reale acquirente proprio al precipuo scopo di evitare gravami fiscali. Il principio della non opponibilit�, codificato nell'art. 6 della legge sulle imposte di successione, deve essere applicato integralmente escludndo ogni rilevanza della sentenza pronunciata senza la presenza della Finanza, perch� anche la sentenza �, per legge, sospetta di simulazione attuata fra le .parti. I ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 639 acquirente e proprietario Raimondo Renza, che si era prefisso il duplice scopo di evitare gravami fiscali in ordine alla sua qualit� di commerciante (ed eventualmente sottrarre l'immobile ai creditori in caso di dissesto) e di evitare il trapasso per successione, nel caso che non vol�esse, in vita, alienare il cespite. Nella cennata sentenza veniva dato atto che i figli intestatari' avevano anche rilasciato al padre Raimondo Renza una dichiarazione coo la quale riconoscevano che l'intero immobile sarebbe rimasto sempre ne] pieno uso e godimento del padre stesso, che ne avrebbe fatto propri i frutti non per concessione dei figli ma per:ch� titolare del diritto di propriet�. Ci� posto consegue: a) che il detto giudicato, non opponibile come accertamento all:a P. A. che non fu parte del procedimento concluso con la richiamata sentenza del 1949, costituisce tuttavia prova valida del possesso eser.citato da Raimondo Renza sull'immobile de quo fin dal momento dell'acquisto di questo; I b) che la idoneit� di tale prova a vincere le presunzioni su cui la P. A. ha ritenuto di poter fondare la pretesa tributaria contro Antonina Renza � stata ritenuta dai giudici di merito, nell'esplicazione del proprio sovrano potere di apprezzamento del materiale probatorio; ed � risaputo che l'esercizio di tale potere non � censurabile in sede di legittimit�. I c) che il riferimento alla sentenza del 1949 innanzi richiamata, ~ I ~contenuto nella sentenza ora impugnata, messsa in relazione al thema ~ decidendum rettamente identificato dai giudici di mexito (stato di possesso dell'immobile alla data del 28 marzo 1947) � argomentazione valida e sufficiente a sostegno dell'accertamento conclusivo su tale punto adottata dalla Corte di appello. d) che sul cennato effetto dello stato reale di possesso non presenta alcun rilievo la struttura giuridica del negozio utilizzato per la I fittizia intestazione ai figli dell'immobile comprato da Raimondo Renza e da questi goduto uti dominus. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1168 -Pres. Pece Est. Sposato -P. M. Toro (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. AVE ed altri (avv. Uckmar). Imposte e tasse in genere -Violazione delle leggi finanziarie e valutarie Oblazione -Restituzione della somma. pagata -Esclusione. (c.p., art. 162; legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 14). Sebbene l'oblazione sia considerata dalla legge come una causa estintiva del reato, condizione della sua validit� ed efficacia non � la 11 ...... 640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sussistenza del reato, tanto vero che il principale effetto delL'oblazione, come delle altre cause-estintive del reato, � quello di impedire l'esercizio dell'azione penale ossia del mezzo che, salva qualche eccezione, � l'unico possibile per accertare se il reato sussiste oppure no. Di conseguenza l'oblatore non pu� aver diritto alla restituzione della somma pagata qualora il reato, in relazione al quale l'oblazione ha avuto luogo, risulti insussistente (1). (Omissis). -Accolto deve essere, invece, il secondo motivo. La Corte di merito ,non ha tenuto presente che le ditte armatoriali avevano esposto -e la stessa sentenza impugnata lo ha esplicitamente ricordato nella sua parte narrativa -di aver dovuto corrispondere, insieme con l'imposta generale sull'entrata, altri tributi. Di conseguenza� ha omesso di esaminare -come sarebbe stato necessario ai fini dell'affermazione dell'insussistenza del reato estinto per oblazjone -se la denunzia infedele, presentata dalla ditta acquirente della nave� Bogliasco�, dovesse servire anche alla determinazione degli altri tributi, o di alcuni di essi, oltre che alla determinazione dell'imponibile ai fini dell'imposta generaie sulla entrata all'importazione. Inoltre, e pi� in genere, non � esatta l'affermazione della sentenza denunciata, che l'oblatore abbia diritto alla restituzione della somma pagata qualora il reato, in relazione al quale l'oblazione ha avuto luogo, risulti instJ-ssistente. Difatti, sebbene l'oblazione sia considerata dalta legge (artt. 162 c.p. 13 e 14 I. 7 gennaio 1929, n. 4) come una causa estintiva del reato, risulta, nondimeno, dal sistema delle norme penali, sostanziali e processuali, che condizione della sua validit� ed efficacia non �, per nulla, la sussistenza del reato, tanto � vero che il suo primo effetto -non diversamente da ci� che avviene per altre cause che la legge definisce come cause di estinzione del reato, per esempio l'amnistia propria .__ � quello d'impedire l'esercizio dell'azione penale, ossia del mezzo che, salva qualche eccezione, � l'unico possibile per accertare se il reato sussista oppure no. -(Omissis). (1) Massima di evidente esattezza. La ragion d'essere dell'oblazione verrebbe meno qualora si ammettesse il rimborso della somma pagata; ma soprattutto, avvenuta l'oblazione, viene meno la concreta possibilit� di stabilire se il reato estinto fosse sussistente. N� potrebbe configurarsi l'applicabilit� dell'art. 152 c.p.p. perch�, oltre �che ragioni di ordine generale del processo penale, la norma espressa dell'art. 51 capov. della legge 7 gennaio 1929, n. 4 dispone che la estinzione del reato, ove il procedimento non siasi esaurito precedentemente, � dichiarata con sentenza pronuciata in camera di consiglio, il che esclude che dopo l'oblazione possa mai giungersi ad una pronuncia di merito. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 641 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1171 -Pres. Marletta -Est. Mazzacane -P. M. Del Grasso (Coof.) -AGIP (avv. Goduti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Maggiorazione per riritardata iscrizione a ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto Applicazione di sanzioni -Diverso concetto di dichiarazione infedele. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 184 bis, 199 bis e 245; legge 25 ottobre 1960, ~ Ul~ I La maggiorazione del 2,50 per cento sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base a rettifica o ad accertamento di ufficio a seguito di dichiarazione omessa, incompleta o infedele (art. 184 bis del t.u. delle imposte dirette, introdotto con l. 25 ottobre 1960, n. 1316) � dovuta dal contribuente per il sol fatto che l'iscrizione a ruolo sia ritardata, cosi come � dovuta un'indennit� di egual misura (art. 199 bis) a vantaggio del contribuente ogni volta� che sia iscritta provvisoriamente a ruolo un'imposta di ammontare superiore a quello 4efinitivamente stabilito. A questo fine � quindi � dichiarazione infedele � ogni dichiarazione comunque inesatta che provoca un ritardo nella pubblicazione dei ruoli per la parte del reddito accertato che risulti superiore a quello dichiarato. Diverso � invece il concetto di �infedele dichiarazione � di cui all'art. 245 del t.u., riferito aU'applicazione di una soprattassa a carattere sanzionatorio, che pu� o no concorrere con la maggiorazione dell'art. 184 bis, e che � dovuta solo quando l'imponibile dichiarato sia inferiore di almeno ~quarto a quello accertato ed � esclusa quando la differenza dipenda da indetraibilit� di spese, passivit� ed oneri (1). (Omissis). -L'Agip censura la sentenza impugnata assumendo: che essa, interpretando l'art. 184-bis del testo unico sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 21 gennaio 1958, n. 645 e successive modificazioni, ha erroneamente ritenuto che si abbia dichiarazione infedele, suscettibile di determinare la maggiorazione di imposta ivi prevista, in ogni ipotesi di discrepanza fra reddito dichiarato e reddito accertato; che invece i requisiti della dichiarazione infedele, alla quale consegue la maggiora (1) Massima di evidente esattezza; non constano precedenti. Notevole la motivazione che, partendo dal concetto di accertamento, distingue chiaramente le due ipotesi riportando l'indennit�, che costituisce l'analogo degli interessi nelle imposte indirette, al semplice fatto della ritardata iscrizione e la soprattassa alla sanzione per vera e propria infedelt�. La maggiorazione dell'art. 184 bis � un semplice indennizzo (nel caso inverso dall'art. 199 bis j I I II I 642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di imposta, sono quelli stessi fissati nell'art. 245 del t.u. citato, apparendo inammissibile che in un medesi.mo sistema legislativo (t.u. del 1958) Ia �dichiarazione infedele � abbia diverso significato e diverso ambito di appli.cazione, tanto pi� che l'art. 184Jbis e l'art. 245 del citato -~ . . 642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di imposta, sono quelli stessi fissati nell'art. 245 del t.u. citato, apparendo inammissibile che in un medesi.mo sistema legislativo (t.u. del 1958) Ia �dichiarazione infedele � abbia diverso significato e diverso ambito di appli.cazione, tanto pi� che l'art. 184Jbis e l'art. 245 del citato -~ . . testo unico assolvono a finalit� identiche. La censura cosi riassunta � ammissibile in rito poich� -contrariamente a quanto assume in via preliminare l'Amministrazione delle Finanze -enuncia i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata ed indica le norme di diritto su cui si fondano (art. 366 n. 4 c. p. c.). La censura medesima � peraltro infondata. La determinazione del debito di imposta � compiuta in base agli elementi di fatto necessari alla caratterizzazione del presupposto e alla individuazione della base imponibile. La liquidazione, se gli elementi occorrenti siano mancanti o insufficienti, non pu� essere eseguita nella giusta misura dovuta, di guisa che, ogni qualvolta quegli elementi vengono acquisiti 1n un secondo tempo, l'Amministrazione procede ad una nuova determinazione quantitativa del debito del contribuente, correttiva di quella precedente. Il fenomeno pu� verificarsi in concreto per omissioni od insufficienti dichiarazioni del con~ribuente, e per conseguente inesatta valutazione da parte dell'ufficio accertatore degli elementi predetti, pur se denunziati dalle parti. L.'ordinamento tributario tende ad evitare l'inconveniente stimolando, con apposite norme, l'esatto soddisfacimento, da parte dei c<;>ntribuenti, dell'obbligazione tributaria e il tempestivo adempimento, da parte della Amministrazione finanziaria, degli obblighi che ad essa incombono verso i contribuenti. In tale linea direttiva si inquadrano le disposizioni della legge 25 ottobre 1960, n. 1316 che hanno istituito a carico dei contribuenti una maggiorazione sui carichi arretrati di imposta iscritti a ruolo ed a carico dello Stato una indennit� a favore dei contribuenti ai quali venga liquidato in ritardo lo sgravio di imposte dovute. In particolare, l'art. 184-bis, 10 comma del t.u. delle leggi sulle imposte dirette (aggiunto con la menzionata legge n. 1316 del 1960) dispone: �Decorso un semestre dalla data di pubblicazione dei ruoli in cui vengono iscritte le imposte risultanti dalle dichiarazioni presen si parla appunto di indennit�) per il mancato impiego del danaro, mentre la sopratassa, bench� automaticamente doVlJta indipendentemente da una valutazione discrezionale e bench� costituisca un accessorio della imposta, risponde ad una funzione che, pur non potendosi considerare punitiva, � caratterizzata da uno scopo sanzionatorio. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 643 tate, ovvero dalla data in cui le imposte medesime si sarebbero dovute versare alla sezione di tesoreria provinciale, si applica, indipendentemente dalle sanzioni stabilite dal titolo XI, a carico del contribuente che abbia omesso la dichiarazione o che l'abbia presentata incompleta o infedele, una maggiorazione del 2,50 per cento sulle imposte e sulle maggiori imposte dovute, in base a rettifica delle dichiarazioni stesse o ad accertamento di ufficio, per ogni semestre intero successivo fino alla data di pubblicazione dei ruoli nei quali � effettuata l'iscrizione�. Correlativamente l'art. 199-bis 1� comma del citato t.u. (aggiunto anche esso dalla legge n. 1316 dei 1960) dispone: � Il contribuente che, in applicazione degli artt. 175 e 176, sia stato iscritto a ruolo a titolo provvisorio per un ammontare d'imposta superiore a quello definitivamente stabilito per lo stesso periodo, ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, ad una indennit� pari al 2,50 per cento per ogni semestre intero, escluso il primo, compreso tra la scadenza dell'ultima rata del ruolo in cui � stata iscritta la maggiore imposta e la data dell'elenco di sgravio�. In tal modo le disposizioni trascritte hanno voluto stabilire, per ragioni di e.quilibrio, una parit� di trattamento fra i contribuenti che, per effetto della omissione, incompletezza o infedelt� della dichiarazione, soddisfano con ritardo il debito tributario e l'Amministrazione finanziaria che restituisce tardivamente le somme che sono state riconosciute indebitamente percepite. Ci� posto, non pu� essere condivisa la tesi della societ� ricorrente, pi� sopra riassunta, la quale -fondata sulla dedotta coincidenza fra la �infedele dichiarazione� di cui all'art. 184-bis t.u. leggi sulle imposte dirette e la �infedele dichiarazione� di cui all'art. 245 t.u. cit. -porta alla conseguenzf che se l'imponibile dichiarato non � inferiore di a,lmeno un quarto a quello accertato o se la differenza dipende, come nella specie, da indetraibilit� di spese, passivit� ed oneri (art. 245 t.u. cit.) il contribuente non solo non pu� essere assoggettato alla sopratassa prevista dal citato art. 245, ma nemmeno alla maggiorazione di cui all'art. 184-bis t.u. cit. Invero la �infedele dichiarazione� assume, in ogni caso, il significato di una divergenza fra l'imponibile dichiarato e quello accertato, ma tale divergenza pu� avere presupposti diversi e correlativamente, effetti diversi, �onsiderati dal legislatore, gli uni e gli altri, sotto distinti aspetti. L'art. 245 ha un ambito di applicazione pi� limitato: la divergenza fra imponibile dichiarato e imponibile a,ccertato deve raggiungere un determinato importo quantitativo (1� comma) o deve concernere redditi 644 RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO STATO aventi particolare natura (2� comma); e la divergenza non ha rilievo se dipende da indetraibilit� di spese. passivit� ed oneri. Pertanto non pu� dirsi, come si assume, che nell'art. 245 sia definito il concetto di � dichiarazione infedele � a tutti gli effetti previsti dal t.u. del 1958. Anzitutto, se cosi fosse, dovrebbe giungersi alla assurda conclusiorne che, nel pensiero del legislatore, costituisce � dichiarazione :lledele � quella di un reddito imponibile inferiore di meno di un quarto a quello accertato. A parte ci�, deve rilevarsi che l'art. 245 si limita a fissare i criteri in base ai quali nella dichiarazione di un reddito inferiore (in certa misura) a quello accertato po~sono ravvisarsi gli estremi per l'appli�azione delle sanzioni previste: criteri validi per tali sanzioni, ma inestensibili alle maggiorazioni di imposta di cui all'art. 184-bis non tanto per il silenzio della legge quanto per la pi� ampia sfera di apJ?licazione di quest'ultima norma. Infatti l'art. 184-bis si applLca indipendentemente dalle sanzioni Istabilite dal titolo XI. Ne consegue che le due norme possono anche non coesistere: fa suS'sistenza dei presupposti dell'art. 245 e il mancato decorso del tempo minimo (�decorso un semestre... �) di cui all'articolo 184-bis rendono applicabile la sola sanzione indicata dall'art. 245; per contro il ritardo oltre il limite ora indicato nella pubblicaz.ione dei ruoli anche se concerne una differenza di imposta inferiore al quarto rende applicabile soltanto la maggiorazione. Ci� perch� la sopratassa ha finalit� san~ionataria e consegue alla infedelt� della denun.cia~ indipendentemente dal momento dell'accertamento definitivo (art. 245); la maggiorazione ha natura risarcitoria conseguente ad un qualsiasi fatto per cui la dichiarazione, stante la sua inesattezza, abbia provocato un ritardo nella pubblicazione dei ruoli. In tal senso dichiarazione irnfedele, per gli effetti di cui all'art. 184-bis, � anche quella in cui il contribuente abbia indicato un reddito inferiore, ottenuto mediante la detrazione di spese passivit� ed oneri -che siano poi definiti indeducibili -pokh� pure tale dichiarazione provoca, per i necessari accertamenti, quel ritardo nel pagamento della imposta che l'art. 184-bis ha inteso, invece, evitare. Infatti l'art. 184-bis testualmente prevede che la maggiorazione � applicata sull'imposta dovuta stabilita � in base a rettifica delle dichiarazio�ni � o ad accertamento di ufficio. Orbene la prima ipotesi concerne l'accerta:~ mento �in rettifica degli imponibili dichiarati� (art. 31 t.u. cit.), cio� .�:: ......:; $! anche i casi in cui l'imponibile dichiarato risulti ~nferiore per detrazioni fii in~mmissibili. N Pertanto rettamente la decisione impugnata ha ritenuto che la infe-~)i~ r~ dele dichiarazione, ai fini della maggiorazione di impo�sta di cui all'art. 184-bis, � configurabile ogni qualvolta il reddito definitivamente 1::11 a�ccertato risulti superiore a quello dichiarato. -(Omissis). il:;~ �,11 ~j~ -:=: __,~l~AlllYAlllY~AUY~ .�:~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 645 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1181 -Pres. Marletta -Est. Geri -P. M. Tavolaro (conf.) -Mantegna (avv. Sangiorgi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice -Difetto di giuri sdizione del giudice ordinario � Illegittimit� costituzionale -Ma nifesta infondatezza. (Cost., art. 113; t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 53; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). Imposte e tasse ingenere -Composizione delle Commissioni tributarieIllegittimit� costituzionale dedotta innanzi al giudice ordinario .. Irrilevanza. (Cost., artt. 102, 108, e 136; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 24, 25 e 32; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30). Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice e complessa � Nozione -Differenze. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 45; t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 48). Una volta riconosciuto carattere di giurisdizionalit� alle Commissioni tributarie, � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 53 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 e dell'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, essendo assicurata per le controversie di estimazione semplice, sia al contribuente sia all'Amministrazione, una sufficiente ed adeguata tutela giurisdizionale (1). La questione di legittimit� costituzionale degli artt. 24, 25 e 32 del r.d. 7. agosto 1936, n. 1639, che regolano la composizione delle Commissioni tributarie, � irrilevante nel giudizio innanzi al giudice ordinario (2). Sono questioni di estimazione complessa quelle�. che si risolvono in operazioni di esegesi giuridica quali sono L'identificazione dei vizio del P'J'Ocesso di accertamento, della natura del cespite onde riconoscerne o meno l'imponibilit�, della decCiidenza, della prescrizione a.pplicabile, del signifi.cato e portata di leggi, regolamenti, sentenze, atti amministrativi o negozi giuridici ecc.; sono invece questioni di estimazione semplice quelle che implicano la mera indagine sulla sussistenza di una spesa, onere o perdite oppure di un reddito fisso, n� l'operazione semplice di dedurre la prima dal secondo, al fine di determinare quantitativamente l'imponibile� (3). (1-3) Nella prima massima, confermando le precedenti impegnative pronunce sulla natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni delle imposte (20 giugno 1969, n. 2175, in questa Rassegna, 1969, I, 538 e n. 2177, Riv. leg. fisc., 1969, 2048; 21 giugno 1969, n. 2201, ivi, 1969, 2115) e sottolineando anzi che le controversie di estimazione semplice trovano nelle 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -I primi due mezzi, concernenti un difetto di motivazione (I motivo) sulla sollevata questione di legittimit� costituzionale delle norme escludenti la giurisdizione ordinaria in tema di estimazione semplice (II mezzo), devono essere esaminati congiuntamente, non senza peraltro osservare che, essendo rilevabili d'ufficio in qualsiasi stato e grado del processo le questioni di costituzionalit� delle leggi, il dedotto difetto di motivazione sul punto perde ogni sua rilevante ed autonoma incidenza ai fini della�-domandata cassazione della sentenza impugnata. � il caso tuttavia di osservare, in proposito, come il dedotto vizio sia del tutto inconsistente, poich� il giudice d'appello afferm� la manifesta infondatezza della questione di costituzionalit�, dopo aver riconosciuto il carattere giurisdizionale delle commissioni tributarie. Escluso quindi che in tema di estimazione semplice mancasse del tutto un giudizio per volont� di legge, come affermavano i contribuenti, era sufficiente riconoscere l'esistenza di codesto giudizio per soddisfare, sia pur con sobriet� e concisione, alla esigenza di motivare la decisione sul punto adottata. In questa sede, non soltanto nel secondo motivo, ma con memoria aggiunta, si ripropone-� sotto due distinti profili la questione di costituzionalit�: l'uno relativo all'art. 53 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 ed all'art. 212 d.l. 7 febbraio 1936, n. 1639, perch�, precludendo al giudice ordinario la ,cognizione delle controversie in materia di estimazione semplice, tali norme priverebbero il cittadino della tutela giurisdizionale, l'altro relativo agli artt. 24, 25, 32 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 per contrasto con gli artt. 102 2� comma e 108 2� comma della costituzione in ordine alla discrezionalit� della nomina dei componenti deHe commissioni tributarie, alla composizione delle stesse ed alle inadeguate garanzie di indipendenza dei componenti stessi. Commissioni distrettuale e provinciale un giudice �meglio qualificato� e �appositamente composto con esperti conoscitori della materia imponibile., capace quindi di esercitare � pi� che in sede di giurisdizione ordinaria � la sua funzione, le Sez. Unite hanno facilmente ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalit� delle norme che sottraggono al giudice ordinario l'estimazione semplice, imperniata sulla mancanza di tutela giurisdizionale per tali controversie. Tuttavia della questione di costituzionalit� la Corte Costituzionale � stata egualmete gi� investita con ordinanze 18 aprile 1969, del Tribunale di Milano (Giust. civ., 1970, III, 68) e 27 febbraio 1970, della Corte di Appello di Torino (ivi, 194). La seconda massima sottolinea l'indirizzo delle Sez. Unite (come gi� nella pronunzia 25 novembre 1969, n. 3823, Foro it., 1969, I, 2721) di contenere, anche nel campo specifico del diritto tributario, entro ragionevoli limiti gli effetti retroattivi delle pronunzie di accoglimento della Corte Costituzionale. Poich� il giudizio innanzi all'A.G.0., come � pacifico, non PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 647 Sul primo profilo, il solo in relazione al quale si pronunzi� la Corte di meTito, ila denunziata sentenza ha rettamente respinto l'eccezione propos~a, per manifesta infondatezza. Una volta riconosciuto infatti carattere di giurisdizionalit� alle Commissioni tributarie, come una annosa giurisprudenza di questa Suprema Corte ha costantemente affermato con dovizia di argomentazioni, ribadite di recente da queste stesse Sezioni Unite (sent. n. 2175, 2176, 2177 e 2201, del 1969), resta priva di fondamento l'affermazione che le controversie in materia di estimazione semplice siano private di un giudice idoneo ad offrire sufficiente ed adeguata tutela sia al contribuente che alla Amministrazione finanziaria. Non va dimenticato al riguardo che tali controversie meramente estimative non importano alcuna risoluzione di questioni giuridiche, talvolta difficili e delicate, n� problemi di interpretazione di leggi, regola-� menti, pronunzie, negozi giuridici, n� indagini sui vizi del processo di accertamento tributario o sugli istituti giuridici applicabili ecc., essendo limitate ai fatti materiali relativi alla sussistenza �quantitativa � del reddito al fine di determinarne l'ammontare per la concreta applicazione dell'imposta. Ora � di tutta evidenza che siffatte funzioni meramente accertative possono utilmente e pi� efficacemente essere esercitate in sede locale da organi appositamente composti con esperti conoscitori della materia imponibile, pi� che in sede di giurisdizione ordinaria. Questa tuttavia, onde evitare qualsiasi arbitrio pur 1sempi'e configurabile anche nel settoLl'e della semplice estimazi:001e, pu� essere adita ai sensi dell'art. 111 della Costituzione per violazione di legge, che si verifica ad esempio, fra l'altro, anche quando le Commissioni tributarie in sede di valutazione abbiano esorbitato dai limiti della l:oLl'o competenza giurisdizionale. costituisce una fase di impugnazione del giudizio svoltosi innanzi alle Commissioni (diversamente si sarebbe presentato il problema se si fosse trattato di ricorso per cessazione ex art. III cost.), � irirfovante la questione di illegittimit� costituzionale delle norme che regolano la composizione delle Commissioni, perch� la validit� della decisione gi� adottata non verrebbe vulnerata da un'eventuale dichiarazione di illegittimit� della norma. Sulrargomento la Corte Costituzionale, che coh la sentenza citata nel testo 22 marzo 1967, n. 30 (in questa Rassegna, 1967, I, 214) aveva ritenuto irrilevante sulle decisioni gi� pronunciate l'illegittimit� della composizione della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, ha ora escluso che violi l'art. 136 della costituzione il principio tempus regit actum secondo l'interpretazione limitativa della r.etroattivit� adottata dalla Corte di Cassazione (sent. 2 aprile 1970, n. 49, ivi, 1970, I, 339). L'ultima massima, riconnettendosi ai concetti recentemente ribaditi dalle Sez. Unite (20 febbraio 1969, n. 565, in questa Rassegna, 1969, I, 141 e 21 maggio 1969, n. 1770, ivi, 745), opportunamente riconosce di estimazione 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Mentre dunque si delinea un giudice meglio qualificato in ordine alla specifica materia devoluta alla sua cognizione, ricorre altresi un estremo controllo da parte della giurisdizione ordinaria, assicurando cosi anche ane controversie di carattere meramente estimativo quella tutela, che :a torto i ricorrenti pretendono inesistente. Il secondo profilo di illegittimit� costituzionale non � rilevante ai fini del decidere. Queste stesse Sezioni Unite hanno avuto occasione di affermare il principio secondo cui la dichiarazione di illegittimit� circa la composizione del giudice speciale (si trattava della Giunta provinciale amministrativa in sede di tributi locali) non incide sulla efficacia delle decisioni emesse dallo ,stesso giudice prima della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale (sent. n. 2201 del 1969). A maggior ragione devono tenersi ferme, nella specie, le decisioni delle Commissioni tributarie locali e di quella Centrale, non essendo stata ancora pronunziata alcuna sentenza sulla incostituzionalit� della loro composizione, in relazione alle modalit� di nomina dei loro componenti e ad un loro preteso difetto di indipendenza. Questo orientamento, ispirato alla esigenza, pi� o meno intensamente rispettata .nel nostro ordinamento, di preservare l'attivit� svolta in precedenti gradi o fasi del giudizio, risponde al generale principio di conservazione ed economia processuale. Esso non contrasta con le pi� recenti tendenze volte alla ricerca di una sicura o almeno ragionevole soluzione a'l delicato problema degli I effetti, sui rapporti giuridici non del tutto esauriti, della dichiarazione di illegittimit� c9stituzionale. I Si tratta di individuare il significato e la portata, al riguardo, dell'art. 136 Costituzione e 30 3� comma della legge 11 marzo 1953, n. 87. semplice la controversia sulla determinazione quantitativa del reddito consistente nella individuazione del reddito lordo e delle spese detraibili. Nella motivazione si accenna alla interpretazione di � norme di esperienza ., che secondo il ricorrente sarebbe oggetto di estimazione complessa, ma si esclude in concreto che l� semplice operazione aritmetica di detrarre le spese dal reddito lordo costituisca inter:i;iretazione di norme generali; non si afferma cio�, ma non si esclude nemmeno, che l'impiego di norme di esperienza trasporti il giudizio sulla determinazione del reddito nell'estimazione complessa. Sembra peraltro evidente che proprio per quanto si � affermato nella prima massima, il giudice della valutazione �meglio qualificato ed esperto conoscitore della materia imponibile ., possa avvalersi della comune esperienza nel giudizio�� di estimazione semplice meglio ed ancor pi� del giudice ordinario e che anzi proprio l'impiego di conoscenza ed esperienza da parte di un organo specializzato giustifichi la sottrazione delle questioni di estimazione semplice dalla giurisdizione dell'A.G.O. . ' Nffffm@fffffffilfffillffBffff@Mff:fil"fffffiffffff:ff:ifff&ifffff@fff@Kf@@filfffififI@MffffMxlmMW%%ilifffffffif.1.fillfill1Efifi'B PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 649 . La problematica concernente l'efficacia della dichiarazione di illegittimit� costituzionale, dopo la pubblicazione della sentenza che la contiene, sui pregressi rapporti giuridici di diritto pubblico, privato o processuale, definitivi oppure non ancoca esauriti, con effetti istantanei, oppure differiti, frazionati, periodici, permanenti ecc., si � arricchita recentemente di ulteriori preziosi apporti dottrinali e giurisprudenziali. Ci� specialmente in relazione ai limiti della retroattivit� o (secondo lo opposto punto di vista) della irretroattivit� di tale declaratoria in base alla esegesi delle predette norme fondamentali (art. 136 Cost., 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 30 3� cornrna legge ord. 11 marzo 1953, n. 87). Non soltanto devesi ormai escludere, nella soggetta materia, l'assimilabilit� di detta efficacia ad una abrogazione, non ricorrendo un caso di �ius 1superveniens � propdo di una disposizione abrogatrice, normalmente sostitutiva, che d� luogo ai ben noti problemi di diritto transitorio, ma viene progressivamente abbandonato anche il tentativo, agitatosi specialmente nella dottrina, di ricorrere ai concetti di inesistenza (da taluno negato specialmente in diritto amministrativo), nullit� o annullabilit�, propri dei negozi giuridici di diritto privato o degli atti amministrativi. Infatti questi istituti hanno uno specifico riferimento alla mancanza di requisiti essenziali od alla sussistenza di vizi originari dei negozi o degli atti con il conseguente effetto retroattivo della loro dichiarazione di nullit� o di annullamento. Evidente appare la particolare difficolt� di poterli adattare ai rapporti sorti in base ad una legge che, nel momento della sua applicazione, doveva ritenersi vigente e valida, come si evince significativamente dalle accennate disposizioni, secondo le quali, in seguito alfa dichiarazione d'illegittimit� costituzionale, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale. Si � prospettato all'attenzione degli interpreti -in base aU'espressione letterale della legge n. 87 del 1953 (art. 30 3� cornrna) secondo cui la norma dichiarata illegittima non pu� avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione predetta -il criterio del,Ja cosidetta � disappUcazione �, intesa come uno strumento intermedio fra l'annullamento con effetti retroattivi e l'abrogazione con effetto � ex nunc � . ed implicante in s� il concetto che non possa, in ogni caso, parlarsi di invalidit� �originaria della norma. Trattasi di una costruzione concettuale non suscettibile di inquadramento nei tradizionali istituti concernenti i limiti di efficacia o validit� delle norme giuridiche ed avente :piuttosto un certo carattere d'empirismo. Essa tuttavia, trovando una sua collocazione logica non in contrasto con il concetto di annullamento propido del giudizio incidentale 650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di costituzionalit�, consente di escludere l'adozione dei rigidi criteri di retroattivit� o irretroattivit� assolute, da respingersi ambedue. La norma dichiarata illegittima, secondo questa concezione, non soltanto deve essere disapplicata �ex nunc �, ma anche, in tutto o in 1 parte, �ex tunc �, 1se ci� discenda come necessaria esigenza dalla sua natura o dalla disciplina in essa contenuta, oppure dall'indole e dalla portata del precetto costituzionale violato, nonch� del rapporto instauratosi. Non pu� infatti escludersi �a priori� che l'incompatibilit� fra il precetto costituzionale e quello proprio della disposizione ritenuta illegittima sia tale da travolgere anche rapporti gi� definiti, ed i loro effetti perm~enti, quando la sopravvivenza degli stessi si riveli in contrasto non sanabile, anche per il passato, con la norma della Costituzione. A questa ipotesi estrema e rara, e tuttavia astrattamente configurabile, con conseguente efficacia �ex tunc � della pronunzia di illegittimit� della norma, altre se ne possono prospettare attenua-te e diverse. Ci� avviene qualora ~ppunto la disciplina prevista nella norma illegittima, la natura del rapporto dalla stessa nascente e quella del precetto costituzionale violato comportino la caducazione dei soli effetti non definitivi ed anche, nei rapporti �in itinere�, la 1sofa caducazione degli atti successivi alla pubblicazione della sentenza di incostituzionalit�, fermi restando quelli anteriori, che, nell'ambito loro proprio, pur sempre compreso nella pi� ampia cornice del rapporto considerato, hanno esaurito l in tutto o in parte i loro eventuali effetti costitutivi, estintivi, traslativi e modificativi. I Una significativa applicazione di questi generaJ.i concetti, con loro particolare approfondimento, � stata effettuata in tema di imposta sull'inbremento di valore delle aree fabbricabili (Cass., Sez. Un., 25 novembre 1969, n. 3823), fissandosi il .pdncipio secondo il quale non sono pi� dovute, anche se iscritte a ruolo, le rate d'imposta non ancora scadute nel giorno della pubblicazione della sentenza dichiarativa deH'illegittimit� costituzionale della norma, sulla cui base era.si instaurato il rapporto tributario e, �se corrisposte, sono ripetibili. Viceversa nessun effetto pu� essere attribuito alla stessa sentenza rispetto al gi� avvenuto pagamento del tributo o delle rate scadute in seguito ad accertamento divenuto definitivo nella vigenza della norma successivamente riconosciuta illegittima. Ci� perch� n� il contenuto di detta norma, n� quello del precetto costituzionale violato, sono di tal natura da importare deroga al prin. cipio di validit� della norma stessa, prima d'essere stata dichiarata illegittima. Ecco dunque spiegato il senso del concetto di �disapplicazione�, il quale, lungi dall'invalidare � ab origine � la norma riconosciuta succes PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 651 sivamente in contrasto con la Costituzione~ si dimostra tuttavia suscettibile, a seconda dei casi, dii effetti retroattivi pi� o meno limitati. Questi rilievi, non par dubbio, trovano, nella specie, utile applicazione. Infatti le dedotte cause di illegittimit� costituzionale investirebbero, se fossero in ipotesi ritenute fondate, il procedimento davanti alle Commissioni tributarie, gii� esauritosi, in base alla vigente disciplina, in tutte le sue varie fasi, alle quali hanno fatto seguito ben due gradi di giuri �sdizione ordinaria con identico oggetto. Nessuna ragione di deroga al principio di operante validit� delle norme impugnate, fifi:o alla loro dichiarazione di incostituzionalit�, ricorre, in materia processuale, per ritenere un effetto assolutamente retroattivo di detta dichiarazione. Questo effetto non si verifica n� in base al rapporto processuale tributario instauratosi davanti alle Commissioni, n� a causa delle norme che lo reggono e neppure del precetto costituzionale, con il quale, secondo i ricorrenti, si porrebbero in contrasto. Infatti, a parte ogni considerazione sul valore del principio �tempus regit actum � proprio del diritto transitorio in materia processuale e sul generale disfavore dell'ordinamento verso ogni forma di retroattivit�, la pretesa inconciliabilit� del precetto costituzionale con le norme sulla composizione delle Commissioni e la nomina e l'indipendenza dei loro componenti, quand'anche in via ipotetica si volesse ritener sussistente, non sarebbe di grado ed intensit� tali da proiettarsi nel passato fino ad invalidare atti e fasi del procedimento, che avessero gi� raggiunto il loro naturale obiettivo o dovessero considerarsi esauriti limitatamente all'ambito loro proprio. Diverso sarebbe il caso qualora l'incostituzionailit� fosse stata opposta, prima della formazione del,l'atto, proprio al fine di evitarne il compimento in base a norme ritenute non conformi all'ordinamento costituzionale. In detta ipotesi la palese rilevanza della questione importerebbe necessariamente la retroattivit� delia declaratoria di illegittimit� deHa norma e quindi dell'atto in ibase ad essa compiuto, ma non oltre questo limite temporale. Che il contestato effetto retroattivo non possa profilai'�si al di fuori dell'ipotesi ora accennata, appare tanto pi� vero in tema di controversie tributarie, ricche di tanti gradi di giurisdizione speciale ed ordinaria, in quanto si tratterebbe pur sempre di vizi di attivit�, suscettibili d'essere corretti o sanati nelle ulteriori fasi deil processo e, normalmente, incapaci di incidere in senso negativo sul rapporto di diritto sostanziale. Ben P.i� intetnSa si rivela, di solito, l'incidenza della illegittimit� su quest'ultimo rapporto, alla cui tutela � preo11dinata strumentalmente la ,'}; 652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina del procedimento, molto spesso incapace -per se stessa dd influenzarne in modo irrimediabile l'esito finale. Esito, che potrebbe invece risultare profondamente alterato o modificato se gli atti anteriori, malgrado la loro inscindibtlit� genetica o funzionale con quelli successivi del medesimo rapporto, non si dovessero ritenere travolti dalla dichiarazione di illegittimit� costituzionale intervenuta �medio tempore � fra gli uni e gli altri. Ben ,si pu� dunque affermare, nella specie, J.a irrilevanza della questione, sollevata !Peraltro dopo due gradi di giurisdizione ordinaria al trasparente scopo di travolgere l'intero lunghissimo giudizio e capovolgerne la sfavorevofo.soluzione. Questo orientamento non � confortato soltanto dalle richiamate sentenze delle Sezioni Unite, ma anche da altre precedenti (ad e:s. 2'4. apdle 1968, n. 1251, 17 maggio 1968, n. 1546, 21 giugno 1968, n. 2072,, 11 dicembre 19'65, n. 5 (quest'ultima delle Sez. Un. penali), ispirate al principio di conservazione ed economia processuale nel pres.ervare l'attivit� svolta ed esaurita in precedenti fasi e gradi del giudizio. La stessa Corte Costituzionale (decisione n. 30 del 1967) ha avvertito che l'illegittimit� della composizione della giunta provinciale amminitsrativa non ha rilevanza sulle decisioni dalla stessa pronuniiiate in ma~ teria elettorale e n9n preclude J.a prosecuzione del giudizio nei successivi gradi. Occorre dunque esaminare il merito del ricorso, concentrato nel terzo motivo. Si sostiene in esso che erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto trattarsi, nella specie, di estimazione semplice anzich� di estimazione complessa, la quaJ.e ricorrerebbe anche quando viene in considerazione l'applicazione e violazione di massime di esperienza e di norme tecniche generali costituenti le premesse della estimazione. Nell'.esercizio della tonnara l'ammontare ~lelle spese costituirebbe un dato fisso e costante indipendente dal risultato della pesca, tenuto conto che le spese stesse ,sarebbero determinate dall'impiego di materiale, mezzi e mano d'opera secondo sistemi tradizionali non suscettibili di variazioni rilevanti. Non sarebbe quindi configurabile, dn base all'esperienza, la possibilit� di una spesa, che si riduca sensibilmente rispetto a quella degli anni precedenti, fino a1la met� ed anche oltre. Il motivo � manifestamente infondato. � il caso anzitutto di ricordare che l'ammontare delle spese per l'anno 1951 venne fissato in L. 8.595.436 dalla Commissione provin-. ciale, rispetto a L. 7 .923.000 relative all'anno precedente, per il quale non v'� pi� contrasto. Differenza dunque veramente modesta, che ben poco influ� sulla determinazfone del reddito imponibile, la cui sensibile PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 653 variazione in pi� rispe.tto al 1950 deriv� essenzialmente da.I maggior reddito lordo conseguito nel 1951. Risulta dunque inesatto il rilievo contenuto nel ricorso circa un .eccessiV'O divario nella determinazione delle spese dell'uno rispelt.to all'altro anno, gli unici che interessano in questo giudizio. Tali considerazioni, derivanti da una mera constatazione di quanto risuil.ta dagli atti, validamente contribuiscono a confermare l'opinione dei giudici di merito circa il carattere di estimazione semplice della controversia. Nel tentativo di volerla riportare nell'ambito di un giudizio di valore di natura complessa, onde sottrarla al suo giudice naturaile, i ricorrenti non soltanto sono ricorsi ad affermazionti. che non trovano, come si � detto, un preciso riscontro negli atti, ma invocano l'applicazione e la violazione delle norme di esperienza, intese come premessa necessaria dell'estimazione. Senonch� � facile. osservare che la semplice operazione aritmetica di detrazione delle spese dal 'reddito lordo, ed, a maggior ragione, quella di accertare, con indagine di mero fatto, l'ammontare delle spese stesse, non costituiscono certo interpretazione di norme generali, sia pure di esperienza, che importino un giudizio di valore cio� un apprezzamento di carattere giuridico. � A nulla rileva, in proposito, che certi oneri o spese abbiano carat tere pressoch� costante. � questo infatti un fenomeno comune a qual siasi tipo di attivit� industriale o commerciale, essendo evidente come certi oneri, derivanti da fattori insuscettibili di variazione, restino fermi nel tempo in modo quasi invariato (canoni, ammortamento, manuten zione locali, etc.), mentre altri subiscono continue modifiche, in rela zione specialmente alle oscillazioni pi� o meno intense del mercato (costo del lavoro, delle materie prime, dei servizi e cosi via). La circo stanza materiale che in talune attivit� l'ammontare delle spese, data la loro natura, subisca variazioni minori (o maggiori) che in altre, non trasforma certo il fenomeno in una specie di �massima di esperienza�, la quale richieda un processo pi� o meno complesso di interpretazione, ma costituisce semplicemente un dato di fatto, del quale l'accertatore terr� conto ai fini della sua indagine, pur sempre limitata ad attivit� meramente accertative e non certo esegetiche. Diversa deve essere ritenuta, secondo il costante orientamento di questa Suprema Corte, la cosidetta estimazione complessa e, come risulta . dal testo, �l'applicazione della legge�, nella quale rientrano soltanto quelle questioni, che si rusolvono in operazioni di esegesi giuridica, quali sono l'identificazione dei vizi del processo di accertamento, della natura del cespite onde riconoscerne o meno l'imponibilit�, di una decadenza, della prescrizione applicabile, del significato e portata di leggi, regola 654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO menti, sentenze, atti amministrativi o negozi giuridici e cosi via (sentenza 565/1969). Non rentrano certamente in tale ambito n� la mera indagine sulla sussistenza, in concreto, di una spesa, onere e perdita oppure di un reddito lordo, n� �l'operazione semplice di dedurre la prima dal secondo, al fine di determinare quantitativamente l'imponibile. -(Omissis). CORTE DI APPELLO DI BRESCIA, Sez. Civ., 16 gennaio 1970, n. 11 - Pres. Loguercio -Est. Carratello -Banca PkcoJo Credito Bergamasco (avv. Tedeschi e Mesiano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Raffa). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� inerenti alla produzione del reddito -Pagamento da parte degli istituti di credito dell'imposta di r. m. cat. A sugli interessi dovuti ai depositanti e tn.f!.ncato esercizio dell'azione di rivalsa -Detraibilit� dal reddito di ricchezza mobile cat. B -Esclusione. Essendo gLi Istituti di Credito tenuti al pagamento deU'imposta di R.M. -Cat. A -sugLi interessi in qualit� di sostituto di �imposta e riconoscendo La Legge agli Istituti medesimi il diritto di rivaLsa med~ante ritenuta, iL pagamento dell'imposta non costituisce, in s�, giuridicamente una spesa, in quanto fa sorgere un credito degLi Istituti verso il depositante. Tale credito pu� essere realizzato dagli Istituti o mediante ritenuta al momento del pa.gamento degli interessi oppure in wn momento successivo, in forza dei principi generali (art. 1203, n. 3 e.e.). Nel caso in cui gli Istituti di Credito rinuncino a far valere La rivalsa ed a recuperare il credito, noin pu� ugualmente ritenersi che gli Istituti sopportino una spesa in senso giuridico, detraibile, cio�, in virt� dell'art. 91 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, �ai fini della determinazione del reddito di Cat. B, proprio degli Istituti di Credito. Il mancato esercizio della rivalsa non ha il carattere di spesa � inerente � alla produzione del reddito, che gli Istituti di Credito producono con l'esercizio della loro normale attivit� e ci� in quanto manca il necessario collegamento tra mancato esercizio della rivalsa e (preteso) incremento della produzione del reddito. Nel mancato esercizio delLa rivalsa potrebbe, a tutto coincedere, ravvisarsi una perdita, che gli Istituti di Credito subiscoino al fine di raggiungere lo scopo di evitare la concorrenza fra loro. Trattan~ dosi di perdita, per�, noin pu� prescindersi dalla volontariet� o meno della rinuncia all'esercizio deUa rivaLsa, essendo l'elemento della volontariet� quello che distingue le spese dalle perdite, in relazione al citato art. 91 (1). (1) La Corte Bresciana si � giustamente adeguata, nella sentenza in rassegna, alla giurisprudenza, che pu� dirsi ormai consolidata, della Corte PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 655 (Omissis). -1. -L'appellante sostanzialmente deduce: a) che il mancato esercizio del� rivalsa, da parte della Banca, a sensi dell'ultimo comma, lett. b) art. 127 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, d� luogo ad una spesa inerente alla produzione del reddito di categoria B della Banca, essendo diretta ad aumentare i depositi: come tale, � detraibile dal reddito lordo, in forza dell'art. 91 t.u. citat�; b) che la Banca �in via di fatto, sopporta sempre una passivit� pari all'interesse lordo -costituito dal netto v~rsato ai depositanti e dalla imposta ver:sata all'Erario -qualunque registrazione contabile venga posta in atto �; e) che il pagamento dell'imposta di rivalsa costituisce pur sempre una spesa di produzione, anche� come � parte dell'annualit� passiva �, in �quanto dalla Banca sopportata per l'acquisto dei mezzi finanziari, allo stesso titolo degH interes,si pagati ai depositanti, �senza che tale immanente caratteristica di spesa inerente alla produzione del reddito mobiliare di esercizio possa ritenersi alterata a causa del mancato esercizio della rivalsa, di fatto dalle Banche operata per compensazione �; d) che, trattandosi di rivalsa facoltativa, il creditore (sostituto d'imposta) � pu� liberamente disporre del credito, sia facendone l'ab buono, sia riscuotendolo ail.l'atto del pagamento del reddito mediante ritenuta, sia, in caso di mancata ritenuta, nei modi ordinari. Nel caso di rivalsa facoltativa, al sostituto, se incombe l'obbligo di pagare nomine proprio l'imposta, non d.ncombe l'obbligo di pagarla con somme prele vate dagli averi del terzo �. 2. -I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente dato il loro intimo legame, sono infondati. A norma dell'art. 127, ult. comma, lett. b), t.u. cit., �sono obbligati al pagamento dell'imposta� di cat. A con facolt� di rivalersene verso i. reddituari mediante ritenuta: ... b) i soggetti tassabili in base a bilancio e le aziende ed istituti di credito per gli interessi e premi dovuti, aventi natura di redditi di capitale �. di Cassazione (Cass. Romana, 24 febbraio 1902, in Foro it., 1902, I, col. 759; Cass., I Sez. 24 novembre 1927, n. 3672, in Riv. legisl. fisc. 1928, 241; Cass. I Sez., 7 maggio 1963, n. 1115, in Giur. it., 1964, I, 1, col. 822; Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125, in questa Rassegna, 1967, 1, 645). La Corte Bresciana ha, peraltro, aggiunto una ulteriore argomentazione a quelle svolte nelle sentenze della Corte di Cassazione, in relazione a � nuove deduzioni prospettate dalla Banca di piccolo credito bergamasco. Ha affermato la Corte che gli accordi interbancari e quelli, in ipotesi, intercorsi fra gli Istituti di Credito ed il depositante, in forza dei quali gli Istituti si obbligano a non rivalersi dell'imposta pagata sui depositanti, non possono essere opposti all'Amministrazione. Si tratterebbe, in tal caso, di un contratto in danno del terzo (Amministrazione Finanziaria), rispetto al quille il contratto stesso non potrebbe produrre effetti, in forza dei principi generali, (art. 1372 comma secondo e.e.). In virt�, infatti, del 12 656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rill A sensi, poi, dell'art. 91, �il reddito netto � costituito dalla diffeI renza tra l'ammontare dei ricavi lordi che compongono :LI reddito sog l getto all'imposta e l'ammontare delle spese e passivit� inerenti alla produzione di tale reddito �. It L'appellante sostiene che, in v�rt� di accordi interbancari, gli tstituti di credito, corrispondendo gli interessi ai depositanti, rinunziano a far I valere la rivalsa, loro concessa dall'art. 127, al fine di incrementare i depositi e, quindi, la produzione del reddito: da ci� consegue, conclude la Banca, che il mancato esercizio della rivalsa, essendo rivolto ad incre-' mentare la produzione del reddito, costituisce una spesa, la quale deve essere detratta nella valutazione del reddito di categoria B della Banca, a sensi dell'art. 91 [motivi sub a) b) e c)]. La questione che � all'esame della Corte � stata oggetto di ripetute decisioni da pa,rte de1l Supremo Collegio (Cass. 5 maggio 1963, n. 115; Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125), -il quale ha costantemente affermato che non possa ravvisarsi il carattere di spesa detraibile ex art. 91 nel mancato esercizio della rivalsa, da parte delle Banche. Questo Collegio � di avviso che ricorrano fondate ragioni per seguire l'indirizzo segnato dalla Corte regolatrice. Si osserva, anzitutto, che, essendo _la Banca tenuta al pagamento dell'imposta di categoria A sugli interessi in qualit� di sostituto d'imposta e riconoscendo la legge alla stessa il diritto di rivalsa mediante ritenuta, il pagamento dell'imposta non cos.tituisce, in s�, giuridicamente, una spesa, in quanto fa sorgere un credito della Banca verso il depositante. Tale credito pu� essere realizzato dalla, Banca o mediante ritenuta al momento del pagamento degli interessi oppure in un momento successivo, in forza dei principi generali (art. 1203, n. 3, c..c.). Nel caso in cui la Banca rinunci a far valere� la rivalsa ed a recuperare iii. suo credito, non pu� egualmente ritenersi che l'Istituto sopporti una spesa in senso giuridico, detraibile, cio�, in virt� dell'art. 91, ai fini della determinazione del reddito di categori~ B, proprio della Banca. l'art. 127 del t.u. sulle Imposte Dirette 29 gennaio 1958, n. 645, l'imposta di R. M. sugli interessi corrisposti ai depositanti ha come soggetto passivo il depositante e come sostituto di tale imposta gli Istituti di Credito. Questi ultimi, pagando l'imposta, hanno facolt� di rivalersene o meno sul soggetto passivo, ma non possono, rinunziando alla rivalsa in forza di un patto interbancario o con il depositante, riversare sulla Amministrazione, in tutto o in parte, l'importo della imposta pagata: tale, invero, sarebbe l'effetto della rinunzia e della tesi che considera come spesa � inerente � alla produzione del Teddito il mancato esercizio della rivalsa in applicazione degli accordi citati. I predetti accordi, per l'effetto che producono, cagionano un pregiudizio giuridico alla Finanza, poich� questa, in conseguenza dei detti accordi, verrebbe a perdere in gran parte l'imposta di Cat. A, la quale PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 657 Non pu� dirsi sicuramente dimostrato che la corresponsione degli interessi al netto dell'imposta di ricchezza mobile costituisca una spesa diretta ad incrementare i depositi e, quindi, la produzione del reddito. Non �, cio�, dimostrato che il depositante, in tanto deposita i suoi risparmi in Banca, in quanto gli vengono corrisposti gli interessi ail netto (con accollo dell'imposta, da parte della Banca). Come esattamente rileva la difesa dell'Amministrazione, pod.ch� � noto che gli interessi corrisposti dalle Banche sono i pi� bassi rispetto a tutte le a�tre forme di investimento (Buoni Postali, Obbligazioni, Cartene Fondiarie, Buoni del Tesoro, ecc.), deve logicamente ritenersi che colui, il quale deposita il suo denaro in Banca, ag1sce per ragioni diverse dalle modaJ.it� di pagamento degli interessi (opera, invero, per poter disporre liberamente e senza intralci delle somme depositate): se cosi non fosse, se, cio�, U risparmiatore tenesse presente, in modo determinante, la> circostanza del pagamento degli interessi (al lordo, o al netto, dall'imposta di R. M.), si orienterebbe verso altre forme �pi� redditizie di investimento � e non verso il deposito bancario. Ne consegue che il mancato esercJzio deUa riva'1sa nOill ha il carat tere �di spesa �inerente� alla produzione del reddito, che le Banche producono con l'esercizio della loro normale attivit�; e ci� in quanto manca il necessario �Collegamento tra mancato esercizio deHa rivalsa e (preteso) incremento della produzione del reddito. Nel mancato esercizio della rivalsa p.otrebbe, a tutto concedere, rav visarsi una � perdita �, che le Banche subiscono al fine di raggiungere lo scopo di evitare la concorrenza fra loro (e questo �, con molta proba bilit�, il vero fine del c.d. cartello bancario). Trattandosi di perdita, per�, come il Supremo Collegio ha sicura mente dimostrato, non pu� prescindersi dalla volontariet�, o meno, della rinuncia all'esercizio della rivalsa, essendo l'elemento della voilontariet� quello che distingue le spese dalle perdite, ~n relazione al citato art. 91. E, poich� la rinuncia alla rivalsa deriva da un atto contrattuale (accordi interbancari ed accordi tra la Banca ed il depositante), deve sarebbe anticipata dagli Istituti di Cred,ito all'atto della corresponsione degli ' interessi ai depositanti, ma sarebbe, poi, detratta sotto forma di spesa di produzione nella determinazione del reddito di Cat. B proprio degli Istituti di Credito: ne verrebbe che, in tutto o in parte, l'imposta di Cat. A sugli interessi non sarebbe corrisposta n� dal soggetto passivo n� dal sostituto, ma passerebbe a carico dell'Erario, ente impositore. Vi sarebbe, in tal caso, un �salto di imposta., che, se pu� essere consentito dal Legislatore per ragioni di politica fiscale, non pu� certo ammettersi che si attui, determinando una evasione fiscale, in forza di accordi fra privati, i quali, sovvertendo gli inderogabili precetti della legislazione tributaria, accollino allo Stato (in quale proporzione non ha importanza) l'imposta dovuta dal privato (cfr. Nota della Redazione, in questa Rassegna, 1969, 1, 951). 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO necessariamente concludersi che � volontaria una rinuncia (ed �, quindi, esclusa dalla detrazione di cui all'art. 91), la quale non � imposta da alcuna nocrma� di legge, ma. � liberamente consentita nell'ambito deHa autonomia contrattuale. 3. -Non solo il mancato esercizio della rivalsa non costituisce, in s� considerato, giuridicamente, una spesa, o una perdita, inerente alla 0 produzione del reddito di categoria B della Banca,ma � da ritenere che gli accordi (interbancari o tra Banca e depositante), in v<irt� dei quali la prima rinunzia a chiedere il 'l'imborso dell'imposta di categoria A pagata sugli interessi, non siano efficaci nei confronti dell'Amministra zione delle Finanze. Non vi � dubbio che la Banca sia obbligata, a sensi dell'art. 127, al pagamento dell'imposta gravante sugli interessi, nella qualit� di so stituto di iitnposta, essendo s.oggetto passivo del tributo il depo,sitante, percettore degli interessi. Li0 si desume dall'art. 14 t.u. n. 645 in relazione all'art. 127 citato: �per la prima norma, ha diritto di rivalsa il sostituto d'imposta, cio� colui che � in forza di disposizioni di legge, � obhligato al pagamento dell'im posta in luogo di altri �; per la seconda, gli Istituti di Credito � sono obbligati al pagamento dell'imposta con facolt� di rivalersene verso i reddituari mediante ritenuta�. Dal coordinamento delle due-disposizioni emerge che il soggetto passivo dell'imposta di categoria A sugli interessi � il depositante, e che la Banca �in quanto alla stessa � accordato il diritto di rivalsa�, ha soltanto la posizione di sostituto d'imposta. �, poi, certo che, mentre il 1� comma dell'art. 127 disciplina una ipotesi di rivalsa obbligatoria, il 3� comma (relativo, alla lett. b, agli istituti di credito) regola un caso di rivalsa facoltativa (�con facolt� di rivalersene mediante ritenuta�). Ci� premesso, si rileva che la facoll.tativit� della rivalsa importa che la Banca � libera di esercita.ria, o meno (a differenza dell'ipotesi di cui al primo comma dell.'�rt. 1127), essendo indifferente per l'ordinamento giuridico che la Banca recuperi l'imposta pagata sugli interessi o me diante riten'uta all'atto del pagamento di questi o in un momento succes sivo, a norma de1l'art. 1203, n. 3 e.e. La facolt�, accm:-data alle Banche, non pu� spingersi oltre, come pretende l'appellante, in particolare con il quarrto motivo. La Corte ritiene �che gli accor:di, in forza dei quali la Banca si obbliga a non rivalersi dell'imposta pagata sul depositante ed a chiederne la detrazione dal proprio reddito lordo, ai fini deilla determinazione del reddito netto assoggettabile all'imposta di R. M., categoria B, non possano essere opposti all'Amministrazione. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 659 Sii. tratta, invero, d.i un contratto in danno del terzo (Amministrazione Finanziaria), rispetto al quale non produce effetti, in forza dei principi generali (art.. 1372, comma 2� e.e.). Si ha, secondo la pi� autorevole dottrina, un contratto in danno del terzo, quando il negozio arreca, o tende �/-d arrecare, un pregiudizio giuridico al terzo rima.stovi estraneo, poich� lede gli interessi dei quali questo � titolare, anche se non � specificamente diretto a conseguire tale risultato. �, poi, irrilevante che la lesione dell'interesse altrui derivi non da un fatto positivo, bensi da un comportamento negativo (astensione; rinunzia), come � dimostrato dal disposto dell'art. 2899 e.e. Accennato ci�, � da ritenere che il patto, in forza del quale la Banca rinunzia a ripetere il'imposta di categoria A sugli interessi, non pu� vincolare l'Amministrazione delle Finanze (art. 1372, cpv. e.e.) per la ragione decisiva che il patto arreca, o tende ad arrecare, un pregiudizio giuridico alla Finanza. � da tener presente, infatti, che, in virt� del citato art. 127, l'imposta di R. M. sugli interessi da depositi bancari ha come soggetto passivo il depositante e come sostituto di tale imposta la Banca. Quest'ultima, pagando l'imposta, � ha facolt� di riva1ersene, o meno� sul 'soggetto passivo, �ma non pu��, rinunziando alla rivalsa in forza di un patto inte11bancario e con il depositante, � riversare sulla Amministrazione�, in tutti;> o in parte, �l'importo dell'imposta pagata�: tale, invero, � l'effetto della r.inunzia e della tesi che considera come spesa � inerente � alla, produzione del reddito il mancato esercizio della rivalsa, in applicazione degli accordi, pi� volte citati. I predetti accordi, per l'effetto che producono, cagionano un � pregiudizio giuridico � alla Finanza, poich� questa, in cons�eguenza di essi, verrebbe a perdere in gran parte l'imposta di categoria A, la quale:� 1) � sarebbe anticipata I dalla Banca � all'atto della corresponsione degli interessi al depositante; 2) � ma sarebbe, poi detratta sotto forma di spesa nella determinazione: del reddito di categoria B �, proprio della Banca: ne verrebbe che, in I tutto o in parte, l'imposta di categoria A sugli int�r�essi non sarebbe I! corrisposta n� dal soggetto passivo n� dal sostituto, ma passerebbe a � ( carico dell'Erario, ente impositore. l A questo punto, appare evidente che la Banca ed i privati possono j� disciplinare nel modo che meglio ritengono le modalit� dell'esercizio della rivalsa ex art. 127, ma non possono interferire sulla posizione del i ! terzo (Amministrazione Finanziaria), non avendo legittimazione ad inci,) j dere sui diritti e sugli interessi di quest'ultimo. l, Se si dichiarasse, secondo l'assunto dell'appellante, la liceit� della ! inclusione della imposta de qua tra J.e spese detraibil.i a sens,i dell'art. 91, I in forza dei citati accordi, si verificherebbe, come .� stato acutamente l I 660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO osservato da una recente dottrina, �un salto di imposta�, perch�, per la parte corrispondente alle c.d. spese detraibili, n� il soggetto passivo n� il sostituto pagherebbero l'imposta sugli interessi, la quale sarebbe compresa tra le spese inerenti alla produzione del reddito. Or, se il legislatore, per ragioni di politka fiscale, pu� talora con sentire che si verifichino duplicazioni o salti di imposta, non pu� certo ammettersi che siffatti anormali effetti si attuino in forza di privati accordi, i quali, sovvertendo gli inderogabili precetti della legislazione fiscale, accollino allo Stato (in quale proporzione non ha importanza) l'imposta dovuta dal privato. A quanto .si � detto � da aggiungere che due sono i rappOTti tributari nei riguardi della Finanza: l'uno, relativo al pagamento dell'imposta di R. M., categoria A, sugli interessi dei depositi bancari, e l'altro, relativo all'imposta di R. M., categoria B, dovuta dalla Banca sul reddito derivante daffesercizio dell'impresa commerciale. I due rapporti sono, e. debbono rimanere, distinti:. l'imposta di categoria A � commisurata al II,:< reddito del soggetto passivo (depositante e perdpiente gli interessi), la ;j imposta di categoria B � in relazione al reddito dell'impresa bancaria. La COTte di Cassazione (Sez. Un. 1967, n. 125) ha rilevato che � H rapporto tributario, di fronte al fisco, resta immutato ed indipendente dal ' soggetto passivo chiamato a risponderne, quando l'eventuale diversit� del soggetto non sia idonea a modificare l'intima natura del reddito col-ml it;j pito �. Dalle esPoste premesse, necessariamente consegue: a) che la sosti tuzione di imposta per la R. M., categoria A, non pu� influenzare, nel caso di rinunzia alla r.ivalsa, il distinto rapporto di imposta di R. M., I categoria B; b) che, nel caso di mancato esercizio della rivalsa, � gli effetti IW, si esauriscono nell'ambito del rapporto a cui la rival.sa si riferisce (R. M., ~~ cat. A)�, sicch� H sostituto, che vi ha rinunziato, non pu� chiedere la f"g riduzione dell'imposta a suo carico, dovuta in foTza di un titolo separato I (R. M., cat. B); I � ~ e) che, �nulla rilevando la sorte riservata alla rivalsa nell'economia generale dell'impresa bancaria � (Cass.. Sez. Un. cit.), l;:i Banca non pu� utilizzare, con accordi privati, lo stTumento tecnico della sosti II tuzione (voluta al fine di una pi� sicura e sollecita percezione dell'im posta sugli interessi da parte della Finanza) allo scopo di conseguire una , ' I . detrazione ed una riduzione d'imposta nell'ambito del proprio e distinto rapporto tributario (R. M., categoria B). ~~ Per quanto si � detto, l'appello va, sotto ogni aspetto, rigettato. (Omissis). I r &7~~ SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1969, n. 2668 -Pres. Rossano -Est. Perrone-Capano -P. M. Gentile (conf.) -Amm. Prov. Ancona (avv. Ascoli) c. Impresa Borghi (avv. Andriani �e Nicolai). Arbitrato -Arbitrato rituale e irrituale -Distinzione -Volont� delle parti -Elementi decisivi. La distinzione tra arbitrato rituale ed arbitrato irrituale va ricercata nella volont� delle parti, che nell'arbitrato rituale � diretta ad investire gli arbitri di una funzione giurisdizionale, al fine di ottenere una decisione destinata ad acquistare, col decreto di esecutoriet� del pretore, un'efficacia sostanzialmente identica a quella della sentenza pronunciata dal giudice, mentre nell'arbitrato irrituale � diretta ad attribuire agli arbitri, in qualit� di mandatari e non di giudici, il compito di definire in via negoziale le contestazioni insorte fra le parti, in ordine ad un determinato rapporto giuridico, mediante una composizione transattiva, o mediante un negozio di mero accertamento, e cio� mediante un'attivit� sostitutiva di quella che sul piano contrattuale potre�bbero svolgere le parti medesime, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della propria volont�, obbligatoria e vincolante (1). (1) La sentenza, il cui testo pu� leggersi in Foro it., 1969, I, 3061, merita di essere segnalata in particolare per la precisazione in essa contenuta degli indici in concreto rivelatori dell'uno o dell'altro tipo di arbitrato (rituale e irrituale). Il criterio, affermato nella prima massima per distinguere i due tipi di arbitrato, poggia sulla intuizione �Che diversi siano nei due casi l'attivit� degli arbitri e il modo attraverso il quale avviene la composizione della lite: e cio� che nell'arbitrato rituale si abbia una attivit� logica identica a quella del giudice e nell'arbitrato irrituale un'attivit� formalmente e materialmente identica a quella che potrebbero svolgere le parti. 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Al fine di accertare se in concreto ricorra l'una o l'altra figura di arbitrato, non riLeva n� che gli arbitri siano stati qualific,ati come amichevoli compositori e siano stati investiti del potere di decidere secondo equit�, n� che le parti non abbiano espressamente manifestato la volont� che la decisione degli arbitri abbia ed ottenga efficacia di sentenza. li;lementi rilevanti sono� invece la circostanza che l'arbitrato abbia o non il suo fondamento in una clausola compromissoria; la �considerazione o non degli arbitri come rappresentanti dell'una o deti'altra parte, autorizzati a manifestare una volont� nell'ambito meramente contrattuale; ta natura del rapporto sostanziale e la qualit� delle parti; l'at- Se si fosse approfondito il discorso, la �contrapposizione avrebbe potuto essere espressa in termini pi� rigorosi, nel senso cio�, incisivamente evidenziato da SANTORo-PASsARELLI, (Negozio e giudizio, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1956, pag.-1197 .e segg.), che la diversit� sostanziale tra arbitrato rituale e arbitrato irrituale risiede nel fatto che la composizione della lite nel primo avviene attraverso l'accertamento (cio� attraverso un'attivit� logica identica a quella del giudice), mentre nel secondo avviene attraverso la disposizione della situazione esistente, (cio� attraverso una attivit� formalmente e materialmente identica a quella che potrebb~ro svolgere le stessa parti). La sentenza, invece, non essendosi impegnata ad approfondire questo punto, tralatiziamente finisce per mettere sullo stesso piano negozio di accertamento, transazione e arbitrato irrituale (in arg. cfr. VECCHIONE, in nota a Cass. 24 novembre 1960, n. 3134 in Giur. it., 1961, I, 1, 1075). Com'� stato notato (cfr. VASETTI, Arbitrato irrituale, in Nuovissimo Digesto Italiano, voi. 1/2, pag. 856), non pu� per� darsi eccessivo peso al rilevato accostamento, che nella giurisprudenza � mitigato dal riferimento ad un accertamento concretantesi in una composizione transattiva della lite, tornadosi cos�, sia pure implicitamente, ad ammettere che l'arbitrato irrituale postula un atto di disposizione. Verosimilmente l'equivoco deriva da una non sempre esatta nozione dell'accertamento negoziale" e della stessa transazione (in arg. cfr. SANTORO PASSARELL, Accertamento negoziale e transazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1956, pagg. 1 e segg.) e dalla mancata considerazione che � la composizione dell1:1 lite mediante arbitrato irrituale non comporta necessariamente sacri fici per entrambe 1e parti in lite, a differenza della transazione, caratteriz zata dalle reciproche concessioni, proprio_ perch� l'intervento del terzo � l'alternativa, ancora sul piano negoziale, alla reciprocit� delle con cessioni� (SANTORO-PASSARELLI, Negozio e giudizio, loc. cit., p. 163; 'cfr. altres� NoRI, in nota a Cass. 6 marzo 1959, n. 369, in Acque, Bon., Costr., 1959, pagg. 173 e segg., il quale acutamente rileva essere � chiaro che gli arbitri potrebbero non produrre alcuna modifica nella posizione reciproca delle parti, ma ci� si presenta come coincidenza e non come scopo d'el loro intervento �). D'altra parte, se si prescinde dalla rilevata distinzione sostanziale nei sensi dianzi posti, sembra insuperabile l'obiezione del SANTORO-PASSARELLI (op. da ultimo cit.) che �se l'arbitrato irrituale differisce dell'arbitrato PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERlA DI ACQUE, APPALTI ECC. 663 teggiamento tenuto dagU arbitri e il comportamento delle stesse parti (2). rituale soltanto sotto l'aspetto formale, si dovrebbe, con certezza, negarne la legittimit�, perch� non potrebbe ammettersi che i privati si sottraggono all'�sservanza delle norme pubblicistiche� regolanti l'arbitrato �. (2) In ordine alla seconda massima e per quanto attiene all'indicazi�ne degli elementi rilevanti o meno ai fini di stabilire in concreto se si tratti di arbitrato rituale o irrituale, sembrano opportune alcune precisazioni, limitatamente ad alcuni degli indici considerati dalla sentenza e segnatamente: a) Designazione degli arbitri come � amichevoli compositori �. La espressione nell'art. 20 c.p.c. abrogato era usata per indicare gli arbitri secondo equit� e nella pratica � rimasta per esprimere l'autorizzazione agli arbitri rituali di pronu"nziare secondo equit�, che� pu� essere data a norma dell'art; 822 c.p.c. con qualsiasi espressione (cfr. ScHIZZEROTTo, op. cit., pag. 143). Sembrerebbe perci� indice di arbitrato rituale anzich� soltanto, secondo l'affermazione della sentenza, elemento non decisivo per l'indivi duazione di un arbitrato irrituale. b) Attribuzione agli arbitri del potere di decidere secondo equit�. La decisione secondo equit� � compatibile solo con l'arbitrato rituale (arg. art. 822 c.p.c.) ed � invece incompatibile con l'arbitrato irrituale, atteso che il giudice, al quale � conferito dalla legge o dalle parti di decidere secondo equit�, non compie attivit� di disposizione (o negoziale) ma attivit� di giudizio o di accertamento anche se le norme che� � chiamato ad appli care non sono quelle del diritto ma quelle dell'equit� (in arg. cfr. SANTORO PASSARELLI, Negozio e giudizio, cit., pagg. 1166 e segg.). Sembrerebbe perci� indice rivelatore dell'arbitrato rituale e non elemento non decisivo all'op posto fine. c) Mancata espressa previsione ad opera delle parti che la decisione "debba avere �efficacia di sentenza: � sicuramente irrilevante essendo la particolare efficacia del lodo un effetto dell'arbitrato rituale che non pu� essere assunto ad elemento distintivo. d) C~ausola compromissoria. Sembra incompatibile con l'arbitrato irrituale dovendosi escludere la validit�' di una clausola implicante un atto di disposizione in relazione ad una controversia che non � ancora sorta (in arg. dr. VECCHIONE, L'arbitrato nel sistema del processo civile, pagg. 80 e segg. Napoli, Morano, 1953). e) Qualit� delle parti. L'arbitrato irrituale non sembra ammissibile nei confronti della P.A., la quale non pu� demandare ad altri soggetti la formazione e l'espressione della sua volont� negoziale, al di fuori e in vio1azione delle norme che regolano il processo formativo della volont� della P. A. e i controlli preventivi e successivi in ordine agli atti della P.A. e ci� in specie rispetto ad atti che si sostanziano in negozi del tipo transattivo per i quali sono richiesti procedimenti e formalit� particolari (cfr. artt. 148, n. 10, r.d. 3 marzo 1934, n. 383). Sembra Quasi superfluo ricordare che � pacifica la natura rituale dell'arbitrato previsto dal capitolato generale d'appalto per le opere pubbliche (v. Relazione deil'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, voi. III, p. 503). A. FRENI . I Eilffmmfamr1&01rr�~mmtmff&rWl&f.iftrrfe111rmffffr1smrifffiltfill&mrr0rr00rrrnrrnrr1rrru1miffilfiilltlffrt&~ 664 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 10761 -Pres. Paolicelli -Est. Verde -Impre,sa Quadrio Curzio (avv. Barbera) c. Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Del Greco). Appalto -Appalto di opere ferroviarie -Controversie fra l'appaltatore e 1'Amministrazione -Facolt� dell'appaltatore di adire il G. O. Esclusione. (Cap. gen. per l'es. lav. e forn. per conto FF. SS. appr. con del. Cons. A.mm. 3 maggio-14 luglio 1922, mod. con d.m. 13 ottobre 1931, con d.m. 20 giugno 1945, con d.m. 11 gennaio 1950 e con d.m. 30 luglio 1958, art. 14). IL Capitolato generale per l'esecuzione dei lavori pe1� conto della Amministrazione delle Ferrovie dello Stato in O'l''dine alla definizione delle controversie fra appaltatore e stazione a.ppaltante contiene una norma di jus singulare, dettata nell'esclusivo interesse dell'Amministrazione, in quanto, fermo restando il principio base� della competenza normale dell'A.G. e della competenza eccezionale del collegio arbitrale, la facolt� di devolvere la deCisione delle controversie a quest'uitimo � riservata unicamente all'Amministrazione, che pu� farla valere anche in via di eccezione nei confronti dell'appaltatore, che abbia adito il G.O. (1). (Omissis). -Rileva il Collegio che il primo esame deve essere portato sulla eccezione di caratte.r� pregiudiziale sollevata dall'Amministrazione convenuta, poich�, se la stessa dovesse trovare accoglimento, ogni esame delle altre questioni prospettate verrebbe ad essere precluso. Il Ministero dei trasporti ha eccep_ito la incompetenza dell'adito magistrato, essendo competente a conoscere della controversia un collegio arbitrale, e ci� in base ad una precisa clausola contrattuale. Giova, quindi, ricordare, anzitutto, iil testo dei patti stabiliti dalle parti nel capitolato particolare circa la definizione delle controversie: � art. 23 'L'Amministrazione appaltante si riserva la facolt� di sottoporre al giudizio d'arbitri la decisione di qualsiasi contestazione e divergenza di qualunque natura, che fossero per insorgere fra essa e l'appaltatore in dipendenza dell'appa:lto, e l'appaltatore non pu� in nessun caso rifiutarvisi �. Dalla lettura di tale patto appare evidente che le parti hanno inteso tenere obbligata in ogni caso l'appaltatrice a sottoporsi all'arbitrato (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1946, n. 171, Foro it., 1946, I, 453 e segg., ed ivi nota di riferimenti. In ordine alle affermazioni della sentenza in rassegna, sulla natura dei Capitolati generali, si richiamano quelle dello stesso Tribunale di Roma, contenute nella successiva sentenza, 7 aprile 1970, n. 2675, qui pure riportata (infra, 674), che ha chiaramente ribadito il carattere regolamentare delle condizioni generali d'oneri dello Stato, in conformit� alla giurisprudenza della Corte di Cassazione (v., di recente, Cass., 23 luglio 1969, numero 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 665 e riservare alla stazione appaltante la facolt� di deferire tutte le questioni all'arbitro e al giudice ordinario. Resta, quindi, da esaminare se il patto cos� come voluto possa produrre effetti giuridici. In dottrina ed in giurisprudenza nell'argomento della formazione del consenso per la conclusione di negozi �giuridici si ritiene norma\l.mente la validit� delle proposte ferme e delle cosiddette opzioni, in base al 1principio generale della libert� delle parti di addivenire per gradi agli impegni diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Nessuna disposizione imperativa di legge vieta che nella formazione del patto denominato clausola compromissoria le parti procedano per gradi; l'oggetto dell'accordo (impegno fermo di una parte v�erso l'altra di ricorrere agli arbitri) � lecito in quanto la stessa legge consente di compromettere le questioni. La causa si presume insita nehlo scopo pratico che l'appaltatrice si propone di raggiungere addivenendo al contratto di appalto portante clausole specifiche anche circa la definizione delle controversie. Non viene messo in essere un impegno che lasci la incertezza di .ricorrere agli arbitri ed al giudice contestualmente o promiscuamente, ma viene concretata la dichiarazione irrevocabile di una parte di compromettere tutte le questioni e la dichiarazione dell'altra, di accettare o meno la proposta ferma. La clausola compromissoria preveduta nella legge � negozio giuridico bilaterale, in quanto richiede l'accordo della volont� delle due parti di obbligarsi a compromettere e produrre l'effetto coercitivo di far luogo alla nomina di arbitri, se questa non fu fatta: ma prima che l'obbligazione di compromettere sia sorta per entrambe le parti con l'accettazione della proposta non pu� farsi riferimento ail concetto della clausola voluta ed accettata da entrambe le parti e con effetti coercitivi; evidentemente .solo dopo l'accettazione si potr� invocare l'effetto previsto dalla legge e costringere alila nomina di a.rbitri. N� pu� farsi riferimento al concetto della corrispettivit�, che non si ritiene possa attagUal'si propriamente �all'indole dei contratti di compromesso e di dausola compromissoria, i quali sono diretti a dirimere in�ertezze giuridiche e si differenziano nettamente dai contratti commutativi; comunque e poich� la forma di opzione nel concludere questi ultimi � ammessa nella giurisprudenza, a fortiori deve ammettersi per i contratti di compromesso e per le clausole compromissorie, nei quali la determinazione delle parti procede non per ottenere prestazioni reciproche ma per la convenienza comune di far capo all'arbitrato anzich� alla giurisdizione ordinaria (conf. Cass., 19 ottobre 1960, n. 2837). Non pu�, in pi�, ritenersi che l'articolo del capitolato cui si fa riferimento contiene una norma illegale e, quindi, nulla, perch� contraria al principio della parit� contrattuale, per la quale la deroga alla competenza ordina.ria non pu� dipendere dalla sola volont� della Amministrazione, ma da �quella, concorde, di tutte le parti contraenti. 666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Cos� come ha affermato il Supremo Collegio (S.U., 19 febbraio 1946), pu� rilevarsi che l'articolo citato (che sostanzialmente riproduce la norma del capitolato generale 3 maggio -4 luglio 1922, con cui furono introdotte modificazioni al capitolato generale del 9 aprile 1909 per le opere che si eseguono per conto dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato ed a cui le parti hanno fatto espresso riferimento) contenga una norma di jus singulare, dettata nello esclusivo interesse della pubblica amministrazione, in quanto, fermo restando il principio base della competenza normale dell'autorit� giudiziaria e della competenza eccezionale del collegio arbitrale, la facolt� di ricorrere a quest'ultimo � riservata unicamente alla Amministrazione e non, anche, al privato. Ma la norma di jus singulare trova la sua giustificazione nel carattere del regolamento stesso e delle finalit� alle quali � chiamato a rispondere. I capitolati generali contengono le clausole generali di un determinato tipo e di un determinato gruppo di contratti e sono prestabiliti per quelle convenzioni che si potrebbero definire di carattere strumentale in quanto con le stesse la pubblica amministrazione si procura i beni necessari alla realizzazione dei suoi scopi pubblici. Anche se abbiano originariamente e mantengano, normalmente, le caratteristiche di semplice offerta di contratto al privato, sono creati nell'indiscutibile interesse della pubblica amministrazione, la quale, nel contrasto eventuale col diritto del privato, intende provvedere nel modo migliore e pi� ampio alla propria salvaguardia, se del caso stabilendo condizioni particolari, che apparentemente possono sembrare lesive dei diritti del singolo, ma che, sostanzialmente, non lo ledono, in quanto il privato, salvo eccezioni, non � tenuto coattivamente a sottostare alle norme generali e particolari;� non � tenuto, in �altri termini, i$ ad aderire all'offerta di contratto, ma, se vi aderisce, accetta, per ci� f~ stesso, quelle norme, che vengono ad assumere efficacia imperativa fa non di per se stesse, ma solo per effetto funzionale dell'accettazione del I' privato. E la facolt�, riservata all'amministrazione e ad essa soltanto, , di adire, se del caso, un collegio arbitrale, trova inoltre la sua giustifi- I cazione in ci� che le contestazioni o le divergenze in materia di appalti (f: per opere pubbliche possono offrire ~uestioni di mero carattere giuri-~ dico o questioni di mero carattere tecnico o prevalentemente tecnico, ~ cos� che, per queste ultime, una semplificazione nella indagine istrut-i] toda possa indurre a consigliare l'esame di un collegio di arbitri ~ anzich� quello dell'autorit� giudiziaria. 1~1 Non pu�, poi, darsi alla clausola in esame una interpretazione ff restrittiva, nel senso cio� che la facolt� di adire il collegio arbitrale M sia riservata alla Amministrazione delle ferrovie soltanto nel caso in rn cui questa agisca nella veste di attrice e non nel caso di specie in cui PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 667 l'attore � appaltatore, in quanto nulla nella clausola autorizza una tale interpretaz~one. Evidente scopo della clausola; invece, � quelilo di affidare la decisione delle controversie agli arbitri, in relazione alla specifica natura del dissenso, da apprezzarsi dalla pubbblica amministrazione, che si � riservata la facolt� di accettare o meno la competenza arbitrale. Trattasi di una clausola compromissoria � unilaterale ., obbligatoria per una delle parti (l'appaltatore) e facoltativa per l'altra (il committente), la quale, se lo preferisce, potr�, invece di adire gli arbitri, portare la controversia innanzi ai giudici ordinari. Sul piano strettamente negoziale la clausola compromissoria � unilateralmente facoltativa � pu� essere inquadrata, come innanzi accennato, nella figura dell'opzione. �, difatti, opzione, a sensi dell'art. 1331 e.e., la facolt� attribuita ad un soggetto, di accettare o meno una offerta contrattuale, cui l'offerente resta vincolato per espresso accordo. In virt� del patto di opzione un contraente ottiene che l'altro si assoggetti ad un certo legame incondizionato, al quale egli non resta affatto vincolato, avendo la libera scelta fra il pretendere l'osservanza dell'obbligo ed il rinunziarvi, lasciandolo cos� cadere (Cass., 24 febbraio 1958, n. 616). Tale scelta sar� determinata dalla convenienza o dalle possibilit� del primo contraente, chiamato contraente favorito; dell'una o delle altre, questi � giudice esclusivo. L'obbligo rimane in sospeso, nel senso che non pu� avere esecuzione, sino a quando non sia esercitata, in senso affermativo, la scelta di cui si � detto; vi corrisponde per il contraente favorito (nella specie il committente) una aspettativa di diritto, che a di lui libito si trasformer� in diritto attuale. In definitiva, all'opzione si applicano le norme sulla proposta irrevocabile (art. 1329 e.e.), con la differenza strutturale che la proposta � unilaterale, mentre la opzione � convenuta contrattualmente; ma, nell'uno e nell'altro caso, per concludere il negozio, occorre una successiva manifestazione di volont�, l'adesione cio� della parte che si � riservata la facolt� di accettare o meno. Su questo punto, quindi, la clausola compromissoria obbligatoria per una delle parti, si risolve in una offerta ferma da parte del contraente che � vincolato (nel caso in esame l'appaltatore) di adire il giudizio arbitrale; ed in una facolt� dell'altro contraente di dar vita al negozio di compromesso, o di rifiuto ad esso, accettando o meno di adire il detto giudizio (Cass., 19 ottobre 1960, n. 2837). N� pu� sorgere alcun osfacolo, all'applicabilit� alla clausola compromissoria delle regole dettate per le proposte irrevocabili per le opzioni, dalla natura di accordo processuale della clausola medesima, in quanto, pur essendo il compromesso un negozio che spiega effetti di carattere processuale, ad esso non .pu� negarsi il carattere negoziale e 668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la assoggettabilit�, per diversi riguardi, alle disposizioni dettate per i contratti (Cass., 2 maggio 1960, n. 968). Va ancora ricordato che gli effetti del compromesso si riflettono, cos� come � stato costantemente ritenuto dalla Suprema Corte, nel campo della competenza. La competenza arbitrale, quindi, si pone accanto a quella ordinaria, ed � vegolata con disposizioni, che, sia pure sommariamente, possono essere paragonate a quelle �che disciplinano la competenza per territorio. L'art. 808 c.p.c., come ha osservato la Cassazione (19 febbraio 1946, n. 171), funziona soltanto in senso positivo, non in senso negativo, nel senso cio� che la competenza arbitrale, nei limiti in cui � stata accettata, non pu� essere declinata da una delle parti. Ci� non toglie, per�, che possa non essere adito il collegio arbitrale previsto, portando, invece, concordemente, la controversia innanzi al giudice competente. Nella sfera di facolt� lasciate alle parti in proposito, ben pu� inquadrarsi, quindi, l'istituto del compromesso unilateralmente facoltativo, nel quail.e una delle parti, ed una �soltanto, ha la facolt� di scelta fra competenza ordinaria e competenz� arbitrale. Il diritto di opzione va, di regola, esercitato entro dato termine predisposto dalle parti. Ma, quando, come nel caso di specie, un termine per l'accettazione non sia stato fissato, il capoverso dehl'art. 1331 c. c. dispone che esso pu� essere stabilito dal giudice. Si tratta, come � evidente, di una applicazione della regola di cui al capoverso dell'art. 1183 e.e., per cui la Impresa Quadrio Curzio avrebbe dovuto provocare una sentenza del magistrato �con la quale venisse imposto aU'Amministrazione dei trasporti di dichiarare entro un termine se intendeva o meno avvalersi della clausola compromissoria. Ci� l'attrice non ha fatto ed il mancato esperimento dell'interpello rende legittimo il comportamento della convenuta Amministrazione, che, chiamata in questa sede, ha eccepito la incompetenza dell'adito magistrato. Non si pu�, infine, riconoscere che il ricorso al giudizio arbitrale d� luogo a pratiche difficolt�, nel caso in cui, come nella-'specie, attore sia l'appaltatore (questi d�ve previamente interpellare la pubbli:ca amministrazione, per sapere se intende ricorrere all'arbitro o al giudice ordinario), essendo, come � chiaro, sufficiente che la convenuta manifesti la sua volont� di valersi della facolt� che si � riservata: ad esempio con il sollevare l'eccezione di incompetenza, se convenuta innanzi al giudice ordinario, cos� come ha fatto nel caso concreto. -(Omissis). TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 25 febbraio 1970, n. 1517 -Pres. De Martino -Est. Pittiruti -Impresa Asfalti Sintex (avv. Carbone) c. ANAS (avv. Stato Carusi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Ricorso al giudizio arbitrale o ordinario per la PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 669 risoluzione delle controversie -Condizioni di promovibilit� Necessit� del collaudo (approvato) anche qualora sia stata gi� emessa la decisione amministrativa sulle riserve -Sussiste. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 42, 44; r.d. 25 maggio 1895, n . .350, artt. 23, 54, 109). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Domanda giudiziale -� Dies a quo� del termine perentorio di sessanta giorni per la sua proposizione, qualora la decisione amministrativa sulle riserve e l'approvazione del collaudo non siano contestuali. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 46). Anche nel caso che sia gi� intervenuta in corso d'opera la decisione amministrativa sulle riserve dell'appaltatore, la domanda giudiziale di costui � improponibile, in mancanza del collaudo, e relativa approvazione, dell'opera (1). Qualora la decisione amministrativa sulle riserve intervenga in corso di opera, il termine di decadenza di sessanta giorni per la proposizione della domanda giudiziale dell'appaltatore decorre� dalla notifica del provvedimento di� apprO'Vazione del collaudo (2). (Omissis). -Preliminare � M richiamo delle norme e dei principi vigenti in materia per la definizione delle controversie in sede contenziosa, con particolare riferimento alle condizioni di ~romovibilit� del giudizio, alla cui luce �e nel cui ;rispetto debbono essere vagliate le opposte eccezioni e difese. In tema di appalti di opere pubbliche, il ricorso al giudizio avbitrale o ordipario �per la risoluzione delle controversie � subordinato al verificarsi di due condizioni di promovibilit�, a termini del Capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, condizioni che debbono congiuntamente ed autonomamente coesistere. Nel caso in esame, la citata J.egge di previsione risulta richiamata dir�et (1-2) Confutando un diverso indirizzo della giurisprudenza arbitrale (v., ad es., lodo 26 agosto 1951, in Giur. oo.pp., 1952, I, 146), la sentenza in rassegna osserva, anzitutto, che .la ratio ispiratrice della norma circa il rinvio del giudizio ad epoca successiva al collaudo, da essa ravvisata nella opportunit� di porre l'Amministrazione in grado di valutare in base alle risultanz�e del collaudo stesso la convenienza di evitare il giudizio o di resistervi, continua a sussistere, anche quando sia intervenuta la decisione amministrativa sulle riserve, poich� nulla vieterebbe all'Amministrazione di valutare nuovamente in base alle risultanze del collaudo l'opportunit� di transigere o meno la lite; e, comunque, sottolinea che, secondo la legge di pr�evisione (artt. 43 e 44 d.P.R. n. 1063 del 1962), si tratta di due 670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tamente dal contratto principale stipulato tra le parti e mediatamente dal capitolato speciale (�art. 23, ultimo comma). La prima condizione � costituita dalla necessit� che sulle pl'etese dell'appaltatore si sia previamente e definitivamente pronunziata la amministrazione. Infatti, l'art. 43 del Capit~lato generale deferisce al giudizio arbitrale, con facolt� di deroga in favore del giudice ordinario (art. 47), � tutte le controversie tra l'Amministrazione e l'appaltatore, cos� durante l'esecuzione come al termine del contratto, che non si siano potute definire in via amministmtiva a norma del pl'ecedente art. 42 �. A sua volta, questa ultima disposizione stabilisce che alla risoluzione delle controversie in via amministrativa si deve procedere a norma del regolamento approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350. Dal che deriva che il provvedimento risolutivo della controversia in sede amministrativa dovr� essere, di massima, il provvedimento previsto dall'art. 109 del citato regolamento, per 1e controversie in sede di collaudo, ovvero il provvedimento previsto dall'art. 23 dello stesso regolamento, per le controversie in corso d'opera: in entrambe le ipotesi, cio�, dovr� trattarsi di una decisione definitiva emessa dal Provveditore regionale alle opere pubbliche o dal Ministero dei Lavori Pubblici, ove a questo il primo abbia devoluto la risoluzione della controversia; in ogni caso dovr� consistere in una pronunzia emessa dal competente organo, centrale o locale, dello Stato e non suscettibile di gravame in via amministrativa. La seconda condizione � costituita dall'approvazione del collaudo: dispone, infatti, 1'.art. 44, primo comma, del Capitolato generale che per tutte le controversie non pu� proporsi l�a domanda giudiziale se non dopo l'approvazione del collaudo. La l'egola non � esente da eccezioni, poich�, ai sensi della stessa norma di previsione (art. 44 citato, secondo comma), pu� farsi luogo alla instaurazione del giudizio, anch~ durante l'es"ecuzione dei lavori e prima dell'approvazione del collaudo, quando vi sia l'accordo delle .parti o quando lo esigano la natura o la rilevanza economica della controversia. La rilevanza -precisa la presupposti � autonomi e distinti, che debbono congiuntamente sussistere ai fini della promovibilit� del giudizio�. La prefissione del termine perentorio di sessanta giorni dalla notifica della decisione amministrativa sulle riserve, di cui all'art. 46 d.P.R. n. 1063 del 1962, non fa venir meno il sistema ed i principi attinenti al tempo del giudizio arbitrale e, qualora quella decisione sia intervenuta in corso di opera, � la risoluzione 'della controversi �a, a meno che non ricorra una delle ipotesi previste in via di eccezione dall'art. 44, ugualmente non potr� aver luogo prima dell'approvazione del collaudo, ed � dalla notificazione della delibera di questa approvazione che, ove l'appaltatore abbia provveduto ad inserire tempestiva, apposita riserva nel registro di contabilit�, decorrer� il termine per la domanda giudiziale � (per gli appalti del G.M. v. art. 54 r.d. 17 marzo 1932, n. 366). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI� ECC. 671 norma -deve essere valutata in relazione all'importo totale dell'appalto ed essere tale da portare notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori. Orbene, nel caso in esame, non vi � dubbio che la prima condizione di proponibilit� si sia verificata; risulta attualmente acquisito al processo, infatti, l'ordine di servizio del 4 giugno 1968, il quale fa espresso riferimento alle citate norme procedurali del Capitolato generale e chiaramente� dimostra che sulle� pretese della societ� appaltatrice si � gi� pronunciata I'Amminisrtazione, in via definitiva, a mezzo della Direzione Generale dell'A.N.A.S., all'uopo competente quale organo esecutivo centrale dell'Azienda stessa. Ma nulla quaestio, altres�, che non si sia verificata la seconda condizione e, cio�, che non sia ancora intervenuta l'approvazione del collaudo. Sostiene la societ� che si tratta di controversia in corso d'opera, non essendo ancora ultimata l'esecuzione dei lavori, e che sussistono i presupposti normativi per la proponibilit� della domanda in costanza dei lavori medesimi. Fondato il primo assunto, non � condividibile il secondo. Se infatti � da ritenere acc�ertato che l'esecuzione dell'opus � ancora in corso, poich�, da un fato, � la comunicazione medesima dell'avvenuta reiezione delle riserve a precisare che queste sono state esaminate � durante il <:orso stessq dei lavori � e, dall'altro, non � stata contestata dall'Amministrazione l'affermazione avversaria che vi sono tuttora dei lavori in sospeso a causa di alcune varianti allo studio, � invece da escludere che le parti �Siano d'accordo nel non differire la risoluzione della controversia, o che la natura o la rilevanza economic�a di questa siano tali da esigerne la definizione in corso d'opera e prima dell'approvazione del collaudo. A sostegno della tesi .relativa al p:rieteso accordo tra le parti, la difesa dell'attrice deduce che lAmministrazione, con il procedere in corso d'opera all'esame delle riserve, ader� implicitamente a che la controversia venisse risolta prima del completamento dei lavori e prima dell"approvazione del collaudo; e ci� in quanto l'adesione alla pronunzia immediata non potrebbe ritenersi limitata al procedimento amministrativo, ma dovrebbe necessariamente intendersi estesa alla fase giudiziale. D'altronde -aggiunge l'attrice -non � nuovo alla giurisprudenza �arbitrale il principio per cui l'istanza di arbitrato pu� essere proposta anche prima dell'appirovazione del colfaudo, allorch� sia intervenuta una decisione amministrativa definitiva; verrebbe meno in tale ipotesi -si � affermato -la ratio ispiratrice del rinvio del giudizio ad epoca successiva al collaudo, rinvio� suggerito dalla opportunit� di porre l'Amministrazione in .g.rado di valutare, in base alile risultanze del collaudo stess�, la convenienza di evitare il giudizio ovvero ,,di resistervi. 672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non ritiene il Tribunale che possa essere accolto il primo sillo ,::gismo o possa essere condivisa quest'ultima giurisprudenza. Prescindendo dal:la considerazione che la ratio della norma sopravvive, come � intuitivo, anche nel caso in cui sia intervenuta una pronunzia defi' . nitiva dell'Amministrazione in corso. d'opera (poich� nulla vieta alla . Amministrazione stessa di valutare nuovamente, in base alle risultanze del collaudo, l'opportunitt� di transigere o meno LI.a lite), � agevole osservare che la legge di previsione, il citato Capitolato genei;ale di appalto, non stabilisce alcuna condizione o rp\reclusione temporale per la proposizione e la risoluzione, in via amministrativa, della domanda e dei reclami dell'impresa (art. 42); le condizioni, Le due gi� citate, sono invece �stabilite, chiare ed univoche, soltanto per la instaurazione del giudizio arbitrale, l'una costituita, �come si � detto, dal previo esperimento del rimedio amministrativo (art. 43); l'altra dail.l'avvenuta approvazione del collaudo (a.rt. 44). Si tratta di due presupposti autonomi. e distinti, che debbono congiuntamente sussistere ai fini della promovibilit� del giudizio; � del tutto arbitrario, quindi, desumere dal verificarsi dell'uno suMettivi el,ementi per elidere la necessit� dell'altro. La lettera della legge � nitida e sicura, chiaramente evidenziato� il suo contenuto obiettivo; non � consentito pertanto ricerca\re quale sia st:ata la precisa mens del legislatore e, in hase all'esito di siffata ricerca, procedere ad una interpretazione che non � pi� tale, poich� -avulsa dal valore contenutistico della norma -non pu� nemmeno definirsi restrittiva o �evolutiva, ma si traduce in una violazione della no\rma stessa sulla mera affermazione che la sua osservanza sarebbe resa superflua dalla non ravvisabilit�, nella singola fattispecie, delle ragioni che l'inspirano. � ormai canone pacifico di giurisprudenza ch� nella. interpretazione della norma il Sistema il.etterale ha preminente importanza e che gli altri criteri ermeneutici, diversi da esso, hanno carattere sussidiario ed acquistano rilevanza soltanto quando la lettera dia luogo a dubbi, in modo da rendere necessaria l'individuazione della precisa . intenzione del legislatore. Ove questi dubbi non sussistano, ma siano invece ravvisabili soJt.anto disarmonie o incongruenze non superabili con il suddetto sistema interpretativo, il giudice deve limitarsi a. metterle in luce per favorire l'intervento del legislatore, ma non pu� in nessun caso sostituirsi a quest'ultimo, sia pure nel lodevole intento di portare l'armonia tra disposizioni diverse, apparentemente diso�rgarniche o incongruenti. Esulerebbe tail.e comportamento� dai compiti demandati all'interprete e minerebbe in radice la fonda-� mentale esigenza della certezza del diritto. N� a favore della tesi sostenuta dall'attrice pu� trarsi argomento� dalla disposizione di cui all'art. 46, iH quale stabilisce che l'istanza per l'arbitrato deve essere notifieata nel termine di sessanta giorni da quello in cui :liu comunicato il provvedimento dell'Amministrazione che ' ffiillff@ffffillffiffil@MfffilfffffftfffSMif�ff&Jffffff@ffilfffiff@E@ffifilliffftfffilf1fflf@lfilfffill1fffiffffoillfili0m1%imfi�f&i@fi1fwJ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 673 ha risolto la controversia in sede amministrativa. � vero, infatti, che il termine � 'di decadenza� ed ha carattere� perentorio, ma � rpur vero che, ove il provvedimento sia. emanato in corso d'opera, non per questo verranno meno il sistema ed i principi attinenti al tempo del giudizio arbitrale: la risoluzione della controversia, a meno che non ricorra una delle ipotesi previste in via di eccezione dall'art. 44, ugualmente non potr� avere luogo prima dell'approvazione del coll.audo, ed � dalla notificazione della delibera di questa approvazione che -ove 'l'appaltatore abbia provveduto ad inseriire tempestiva apposita riserva nel registro di contabilit� -decorrer� il termine per la domanda giudiziale. Soluzione, questa, che organicamente si innesta nel sistema della legge, unanimamente � condivisa dalla dottrina, �espress�amente, con efficacia analogica, � stabilita dalle Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare (art. 54 del r.d. 17 marzo 1932, n. 366, modificato con r.d. 24 maggio 1937 n. 1062). Da'l pari infondato � l'assunto per il quale la natura e rilevanza economica della controversia sarebbero tali da non consentire che la sua risoluzione venga differita. Non ne � tale la natura -requisito, questo, sul quale per altro non si sofferma l'�ttrice -atteso che la controversia, valutata, come deve essere, sotto il profilo obiettivo, non richiede accertamenti non pro crastinabili in .riferimento �d un attua1le, prevedibilmente mutevole, stato dei luoghi; n�, considerata sotto l'aspetto contenutistico, intro duce una domanda di per s� incompatibile con la prosecuzione dei lavori, quale ad esempio la domanda di risoluzione per inadempienza dell'Amministrazione o la domanda di nullit� del contratto. Non ne � tale J.a rilevanza �economica -presupposto, questo, sul quale viene fondato l'assunto -poich� detta rilevanza, per espressa previsione del citato art. 44, deve essere �valutata in riferimento all'im porto totale dell'appalto ed alla eventuale pregiudizievole incidenza del differimento sulla continuazione dei lavori.. Orbene, la rilevanza economica della controversia � valutata, in relazione all'importo totale dell'appalto � (secondo il dettato ~lla legge), appare senz'altro esigua, in quanto gli oneri finanziari denunziati con le riserve sono dli poco superiori, nel loro complesso, al decimo dell'importo netto dei lavori appaltati. L'esito negativo dell'indagine sulla ra'vvisa�bilit� del requi sito della rilevanza economica, in riferimento al totale importo del contratto, renderebbe superfluo l'accertamento del~a esistenza del me desimo presupposto sotto il diverso profilo della sua attitudine ad arre care � notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori �. � comunque agevole osservare, sia pure per mera completezza espositiva, che l'Im presa, su cui incombeva il relativo onere, non, ha provato, non ha chiesto di provare, invero non ha nemmeno adombrato -bench� la necessit� di tale elemento fosse stata posta in risalto nella citata ordi 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nanza del Giudice Istruttore -la sussistenza e la natura di un qualsiasi pregiudizio che dal differimento della risoluzione della controversia potrebbe derivare alla esecuzione dei residui lavori; residllli lavori di cui, peraltro, � in atto la sospensione per altra causa e di cui, soprattutto, si ignorano l'importo ed il rHievo nella economia del contratto di appalto. Per le considerazioni che precedono, il Tribunale deve dichiarare improponibile la domanda. -(Omissis). I TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 7 aprile 1970, n. 2675 -Pres. Paolicelli -Est. Tondo -Impresa Antonnicola (avv. Carbone) c. ANAS (avv. Stato Carusi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Legittimit� della decadenza d~lle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, comminata dal Regolamento n. 350 del 1895. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 346 e 364; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 26). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese a maggiori compensi o indennizzi per aggravi derivanti da fatti continuativi -Onere della immediata riserva da parte dell'appaltatore -Sussiste Differimento dell'assolvimento dell'onere alla chiusura della contabilit� -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto� a forfait� -Richieste dell'appaltatore di maggiori compensi o indennizzi -Onere della tempestiva riserva -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 46 e 118). La ratio della normativa che impone l'obbligo di formulare le riserve nel corso della contabiiit� non si esaurisce nell'intento di assicurare l'efficace e tempestivo controllo da parte dell'Amministrazione su fatti non pi� accertabili, ma persegue, invece, l'ulteriore, essenziale scopo di consentire che gli organi deLl'Amministrazione sian� immediatamente PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, s� da essere in grado di esaminare il merito� .della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt� di risoluzione prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici. Nel caso� di mancata osservanza di quell'onere', legittimamente � comminata dall'art. 54 del Rego.zamento n. 350 del 1895 la decadenza dell'appaitatore dalle relative pretese, poich� L'art. 2966 e.e., quando stabilisce che iL termine di decadenza pu� essere posto� dalla legge, oltre che dal contratto, deve essere interpretato ne�l seinso dell'ammissibilit� di una determinazione� anche in virt� di regolamento, ossia di legge in senso materiale (1). Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per l'appaUatore l'onere della immediata riserva, poich�, nonostante la continuit� dell'aggravio1 � tuttavia possibile precisarne l'importo con riferimento alle partite via via contabilizzate, mentre una eventuale impossibilit� di precisazione del medesimo vale a giustificare soltan.to il differimento� della quantificazione, ma non anche� della formulazione della riserva con 1�iferimento al fatto, sia pure continuativo, che si assume produttivo dell'aggravio (2). (1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, i�.., 1969, I, 350; per la giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 320. Tale ratio dell'istituto � stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), ibidem, 1188 e segg. Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963; 537, sub c) ed in conformit� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch� lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. (2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza della Corte di Appello di Roma e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante � al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiore onere�; su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che �l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella esecuzione dell'opera � generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta �; l'onere della riserva non 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, a pena di decadenza, nei termini e nei modi stab'.iliti dal regolamento medesimo, sicch� non � dubbio 'che la forza vincolante di quest'ultimo � stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. L'impresa Antonnicola ha, inoltre, sostenuto che l'onere della riserva, stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si disc�Ute), non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando il libretto delle misure ( � notate nel libretto delle misure nel luogo dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente che gli adempimenti in esso prescritti si riferiscono agli �ppalti a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri .contabili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, mentre rim�rrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma gli appa.lti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe addirittura la ragione della iscrizione della riserva, perch� non sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di contabilit� non � traccia. La tesi per� non convince. L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a . corpo, dispone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, �soltanto a quest'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale del lavoro a�corpo, come scavi, spianamenti e simili �; ed aggiunge che ~ � ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare dupli-jjj ca;;doni ed omissioni � e che � le quantit� .saranno desunte da calcoli fil sommari, basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici �. ,_i______ ,'_r__ ,'_~-_::_:; ::_;,_i_. Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili \ abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferi- I1 mento ai lavori concretamente eseguiti, ma � vero, al -contrario, che @~ @ f~ I I ___ lJ I . ~ 1 t I ff:. J � ._f,::ff.,.,WdtLfadf:':,,,,:::i~:Jb:::f:fa:::t-&:::it:.,,:::;:�::ib:t�::::'.:itf:Mtlfilffiffil}:fffilffilffilff@[{fffJfifilM&ff1IYtf@iff:fff{:fiml 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, a pena di decadenza, nei termini e nei modi stati'.iliti dal regolamento medesimo, sicch� non � dubbio 'che la forza vincolante di quest'ultimo � stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. L'impresa Antonnicola ha, ino.Ure, ,sostenuto che l'onere della riserva, stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si diseute), non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando il libretto delle misure ( � notate nel libretto delle. misure nel luogo dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente che gli adempimenti in esso prescritti si riferiscono agli �ppalti a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri conta. bili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, mentre rimarrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma gli appalti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, ista bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, ttv.; I, I, escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di alla specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, esclude hni, rebbe addirittura la ragione del.fa iscrizione della riserva, perch� non �per sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di coninetabilit� non � traccia. con( la � La tesi per� non convince. 1tit�, L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a. corpo, ditione spone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lo in fpello lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti ammi ita 1). nistrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, ,soltanto a que oc, Ri st'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta n. 44. assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicontra. cando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale a lodo 'iserva del lavoro a corpo, come scavi, spianamenti e simili �; ed aggiunge che eppure � ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare dupli a ricocazioni ed omissioni � e che � le quantit� .saranno desunte da calcoli a nota, sommari, :basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici �. 1-4) ed di pi�, Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili giugn<> abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferi mento ai lavori concretamente eseguiti, ma � vero, al contrario, che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO enunciano lo scopo della contabilit� e dell'accertamento e della registrazione dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti del>l'onere della immediata denuncia, tva fatti istantanei e fatti continuativi ed accertabili in ogni tempo, perch� anche rispetto a questi ultimi sussiste l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit� di recedere dal rapporto. N� �sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi c.d. generali, che si ripercuotono, cio�, sul complesso dei lavori, il calcolo del danno sarebbe poSiSibile soltanto ad op&a ultimata,� con conseguente impossibilit� per l'appaltatore di predsare all'atto delle anteriori sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni �successivi (articolo 54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, mentre una siffatta impossibilit� non sempre sussiste, ben potendosi dare che, nonostante la continuit� dell'aggravio, sia tuttavia possibile precisare il corrispondente peso con riferimento alle partite successivamente contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi� sostenuto in dottrina, una eventuale impossibilit� di precisazione del quantum pu� costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi� da quello di protestare, mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure continuativo che l'aggravio determina. In conformit� della propria cosfante giurisprudenza, ritiene pertanto il Co1legio che, anche trattandosi di futti continuativi, l'intempestivit� della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte solo in sede di contabilit� fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltato.re, all'atto della firma del conto finale, � non potr� iscrivere domande per oggetto o �per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� durante fo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 )�. L�a domanda deve perci� essere dichiarata improponibile. (Omissis). II (Omissis). -1. -Il primo quesito, cos� .come viene formulato dalla Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare l'e�quilibrio economico del contratto, s� da essere in grado di esaminare il merito ,della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt� di risoluzione prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici. Nel caso� di mancata osservanza di quell'onere�, legittimamente � comminata dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895 la decadenza dell'appaltatore dalle relative pretese, poich� l'art. 2966 e.e., quando stabilisce che il termine di decadenza pu� essere posto dalla legge, oltre che dal contratto, deve essere interpretato ne�l sernso demammissibilit� di una determinazione anehe in virt� di regolamento, ossia di legge in senso materiale (1). Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per l'appaltatore l'onere della immediata riserva, poich�, nonostante la continuit� dell'aggravi�'! � tuttavia possibile precisarne l'importo con riferimento alle partite via via contabilizzate, mentre una eventuale impossibilit� di perecisazione del medesimo vale a giustificare soltanto il differimento della quantificazione, ma non anche� della formulazione della riserva con riferimento al fatto, sia pure continuativo, che si assume produttivo� dell'aggravio (2). (1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settemb!t'e 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, id.., 1969, I, 350; per la giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 320. Tale ratio dell'istituto � stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), ibidem, 1188 e segg. Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963; 537, sub c) ed in conformit� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch� lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. (2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza della Corte di Appello di Roma e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante � al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiore onere �i su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che � l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella esecuzione dell'opera � generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta �; l'onere della riserva non 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore, per far valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appalti � a forfait � (3), II LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista Impresa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. Ministero dei Lavori Pubhlici (Avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona fede -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; e.e., art. 1.375). I Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con speci I fica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati riconosciuti nel registro di contabilit� -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). Dal sistema normativo, quale risulta dalle disposizioni della l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e da quelle del Regolamento n. 350 d.el 1895 dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di ogni :fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere finan investirebbe, tuttavia, �le pretese per danni originate da mora dell'Amministrazione (come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di ~ituazione estranea e posteriore all'attivit4,.. soggetta a registrazione, che � quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera �. Questa precisazione vale a limitare significativamente la portata della predetta massima e non appare idonea, pertanto, ad inficiare i concetti esposti in nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1187 e segg.; si veda anche infra, nota 5. La sentenza n. 4046 del 1969 della Corte di Cassazione sar� pubblicata in extenso nel sesto fascicolo dell'annata in cors� di questa Rassegna. (3) Anche per tali appalti, infatti, ai sensi dell'art. 118 r.d. n. 350 del 1895, valgono le norme relative all'onere della riserva, ad essi applicabili in quanto si procede all'annotamento dei lavori per aliquote ai sensi dell'art. 46 e v'� una contabilit� di � tutti i fatti produttivi di spesa per l'esecuzione dell'opera � ai sensi dell'art. 36 stesso Regolamento: v. nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1192. ' 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore, per far valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appalti � a forfait� (3), II LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista l. II).presa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. 'Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante del~'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona fede -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n: 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; e.e., art. 1.375). I Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con specifica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue. pre- I tese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati I riconosciuti nel registro di contabilit� -Sussiste. E f.*p (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). Dal sistema normativo, quale risulta dalle disposizioni della i. 20 marzo 1865 n. 2248 alt. F e da quelle del Regolamento n. 350 d.el 1895 I dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di .ogni fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere finan ministrazione (come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di : situazione estranea e posteriore all'attivit4,. soggetta a registrazione, che � , quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera �. Questa precisa- I :i-::�.~~~el~i::.�~".::i":~'.�:=.!cii:r::n::.~~�.:or:.".r-: '::'.":~ I 11 :..;.r. .. ...�.1.:... ... ..~:,�;�[.:.~.1!..1.~.,.�.1.�.1.~.~.~~;,.1,1 ;�.~~;.b!~?E~~I~l~:~~~~ 1I ~.,.1~ r.~. . i � l'art. 46 e v'� una contabilit� di � tutti i fatti produttivi di spesa per l'es�-@ � :,"'~~:.~~::�~:.: ~:-;::~ dell'fil"t. 36 ''""'" Regolamento' v. noto, in que- I � .. . I ~ ! -~8fBVd[fjf[8f-tff&Mff:fiJ0Bflli:4%t.fXffffiltfffE[gf~.f.&---ff@r'~;;:,/t;%1:.dif! 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, a pena di decadenza, nei termini e nei modi sta�biliti dal regolamento medesimo, sicch� non � dubbio che la forza vincolante di quest'ultimo � stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. L'impresa Antonnicola ha, inoltre, �sostenuto che l'onere della riserva, sta:bil�to dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si disc�Ute), non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un r1lievo meramente letterale e formalistico: quel.Io che l'art. 53, inizialmente considerando il li:bretto delle misure ( � notate nel libretto delle. misure nel luogo dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente che gli adempimenti in esso prescritti si .riferiscono agli �ppalti a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri contabili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, mentre rim�rrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma gli appa.iti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di .specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe addirittura la ragione de1la iscrizione della riserva, perch� non sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di contabilit� non � traccia. La tesi per� non convince. L'art. 46 del regolamento, �con riferimento ai lavori a. corpo, dispone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, �soltanto a quest'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale del lavoro a �corpo, come scavi, spianamenti e simili � ; ed aggiunge che � ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare duplica: i;ioni ed omissioni �e che � le quantit� .saranno desunte da calcoli sommari, :basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici�. Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferimento ai lavori concretamente eseguiti, ma � vero, al contrario, che PARTI!: I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 681 l'aliquota deve essere riferita a ciascun elemento essenziale del lavoro a corpo e che le quantit� devono essere desunte da calcoli, sia pure sommari. Anche nell'appalto a forfait, inoltre, le notazioni sul libretto devono essere, ai sensi dell'art. 53, iscritte nel registro di contabilit�, facendo cos� sorgere l'onere di riserva di cui si discute. Se si consideri, inoltre, che, ai termini del generale disposto del l'art. 36, la contabilit� dell'opera ha, anche in questo {!aSO, per oggetto l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti produttivi di spese per il.'�esecuzione dell'opera e �che, giUtSta il secondo comma del successivo art, 37, l'accertamento e la registrazione dei fatti anzidetti deve pur sempre � procedere di pari passi al loro avvenimento, specialmente per le partite la cui esecuzione richieda scavi e demolizioni di opere, onde, colla �conoscenza dello .stato di avanzamento di lavoro, e dell'importo dei medesimi, nonch� dell'entit� dei relativi fondi � l'ufficio �S� trovi sempre in grado di rilasciare prontamente i certificati di av�nzamento dei lavori per il pagamento degli acconti (vedi art. 58) nonch� di dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per l'esecuzione dei lavori entro i limiti delle somme autorizzate, appare chiaro che, anche nell'esecuzione di un appalto a co!1po, l'appaltatore ha l'onere di con testare, mediante l'iscrizione di riserve ai sensi dell'art. 54, la registra zione dei fatti anzidetti, quando essa contrasti con le concrete moda lit� di esecuzione dell'opera o comunque pretermetta ragioni che gli diano diritto ad indennit�. L'attrice ha ancora sostenuto, in subordine, che almeno le prime tre riserve atterrebbero ad aggravi di carattere continuativo e sempre rilevabili, sicch� l'onere di riserva, anche se sussistente, si dovrebbe considerare differito al momento della ultimazione dell'opera. Ritiene peraltro il Collegio che la ratio della normativa, che im pone l'obbligo di formulare le riserve nel col"\So della contabilit�, non si esaurisce nell'intento di assicurare l'efficace e tempestivo controllo da parte dell'Amministrazione su fatti recenti, il cui accertamento sia ancora possibile, con la conseguenza che non importerebbe decadenza l'omessa riserva per quei lavori che si palesano accertabili in ogni tempo e computabili nel loro ammontare (vedi Cass., 4 dicembre 1967, n. 2869; Cass., 9 maggio 1969, n. 2393), ma persegue, invece, l'ulteriore, essenziale scopo di consentire che gli organi dell'Amministrazione , siano immediatamente informati, nel corso del rapporto, di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, si da essere messi in grado di esaminare i�l merito della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti, e, massimamente, con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt� di risoluzione prevista dall'art. 345 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici. Questa finalit�, attestata da tutta la disciplina del regol. 25 maggio 1895, n. 350, ed in particolare dai citati artt. 36, 37, che espressamente I I I ! ' ! I ; ; i I ~ I - 682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO enunciano lo scopo della contabilit� e dell'accertamento e della registrazione dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti dell'onere della immediata denuncia, tra fatti istantanei e fatti continuativi ed accertabili in ogni tempo, perch� anche rispetto a questi ultimi sussiste l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit� di recedere dal rapporto. N� sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi c.d. generali, �Che si ripercuotono, cio�, sul complesso dei lavori, il calcolo del danno sarebbe possibile soltanto ad opera ultimata,� con conseguente impossibilit� per l'appaltatore di precisare all'atto delle anteriori sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni �successivi (articolo 54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, mentre una siffatta impossibilit� non sempre sussiste, ben potendosi dare che, nonostante la continuit� dell'aggravio, sia tuttavia possibile precisare il .corrispondente peso con rHerimento alle partite successivamente contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi� sostenuto in dottrina, una eventuale impossibiUt� di precisazione del quantum pu� costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi� da quello di protestare, mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure continuativo che l'aggravio determina. In conformit� della propria costante giurisprudenza, ritiene pertanto il Col>legio che, anche trattandosi di :liatti continuativi, l'intempestivit� della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte solo in sede di contabilit� fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltatore, all'atto della firma del conto finale, � non potr� iscrivere domande per oggetto o 'per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 )�. La domanda deve perci� essere dichiarata improponibile. (Omissis). II (Omissis). -1. -Il primo quesito, cos� .come viene formulato dalla Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, si da essere in gra,do di esaminare il merito della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, deUa facolt� di risoluzione prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici. Nel caso di mancata osservanza di quell'onere', legittimamente � comminata dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895 la decadenza dell'appaltatore dalle re�lative pretese, poich� '/,'art. 2966 e.e., quando stabilisce che il termine di decadenza pu� essere posto dalla legge, oltre che dal contratto, deve essere interpretato ne�l sernso deU'ammissibilit� di una determinazione anche in virt� di regolamento, ossia di legge in senso materiale (1). Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per l'appaltatore l'onere della immediata riserva, poich�, nonostante la continuit� dell'aggravio, � tuttavia possibile precisarne l'importo con riferimento alle partite' via via contabilizzate, mentre una eventuale impossibilit� di p'!'ecisazione del medesimo vale a giustificare soltan,to il differimento della quantificazione, ma non anche' della formulazione della riserva con riferimento al fatto, sia pure continuativo, che si assume produttivo� dell'aggravio (2). (1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, id.,, 1969, I, 350'; per la giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 320. Tale ratio dell'istituto � stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), ibidem, 1188 e segg, Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537, sub e) ed in conformit� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch� lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. (2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza della Corte di Appello di Roma �e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante � al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto :forma di maggiore onere�; su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che � l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella esecuzione dell'opera � generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta �; l'onere della riserva non 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'onere della tempestiva riserva da parte deli'appaltatore, per far valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appaiti � a forfait� (3), II LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista lll). presa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit� -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona fede -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n.' 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; e.e.. art. 1.375). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con specifica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati riconosciuti nel registro di contabilit� -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). Dal sistema normativo, quale risulta daUe disposizioni della l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e da quelle del Regolamento n. 350 del 1895 dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di ogni fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere fi,nan investirebbe, tuttavia, �le pretese per danni originate da mora dell'Amministrazione (come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di l!ituazione estranea e posteriore all'attivit4,. soggetta a registrazione, che � quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera �. Questa precisaz~ one vale a limitare significativamente la portata della predetta massima e non appare idonea, pertanto, ad inficiare i concetti esposti in nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1187 e segg.; si veda anche infra, nota 5. La sentenza n. 4046 del 1969 della Corte di Cassazione sar� pubblicata in extenso nel sesto fascicolo dell'annata in cors� di questa Rassegna. (3) Anche per tali appalti, infatti, ai sensi dell'art. 118 r.d. n. 350 del 1895, valgono le norme relative all'onere della ris�rva, ad essi applicabili in quanto si procede all'annotamento dei lavori per aliquote ai sensi delli ~ l'art. 46 e v'� una contabilit� di � tutti i fatti produttivi di spesa per l'esecuzione dell'opera � ai sensi dell'art. 36 stesso Regolamento: v. nota, in queJ sta Rassegna, 1969, I, 1192. �~ ' f: ! ~{'-~~~ ~ f PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 677 ziario per la ese�cuzione dell'opera pubblica, appare chiaro che l'onere della tempestiva riserva dell'appaltatore � istituito al fine di porre l' Amministrazione medesima in grado di esplicare un controllo continuo ed efficace sulla spesa e di trarre da esso adeguate conseguenze, quali 1a tempestiva provvista di ulteriori fondi, ovvero la diminuzione di lavori o addirittura la risoluzione del contratto. La correlativa sanzione di decadenza, in caso di mancato, tempestivo assolvimento dell'onere, � giustificata anche moralmente in relazione al principio della :buona fede contrattuale (4). L'appaltatore deve, pertanto, denunciare con specifica riserva, e .subito, le sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli .sono stati riconosciuti nel registro di contabilit�, in relazione alle .singole partite di lavoro nel medesimo annotate (5). III LODO 7 luglio 1970, n. 63 (Roma) -Pres. Stumpo -Est. Condeml Impresa Marchioro (avv. Pallottino) c. Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato Carusi). Appalti -Appalto di opere pubbliche -Contabilizzazione dei lavori per partite provvisorie -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi rispetto a quelli allibrati in partite provvisorie -Onere della immediata riserva -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg.), -Appalti -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva. dell'appaltatore ,,\ Finalit� -Controllo dei fatti non pi� accertabili -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi (4) V. supra nota 1. (5) � qui opportuno ricordare che negli appalti amisura il sistema <li misurazione e determinazione del compenso globale dovuto all'appaltatore si risolve nella misurazione e determinazione dei prezzi convenuti per le singole unit� di lavoro, sui quali si riverberano necessariamente gli oneri derivanti dai c.d. fatti continuativi; da qui l'impossibilit� di configurare ragioni di compenso o indennizzo che siano sottratte all'onere della riserva, il quale ha da ritenersi operante � nel momento in cui si rende manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa, 1secondo una valutazione condotta 1con media diligenza e buona fede � : -Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712 e 721 e segg. e la successiva giurisprudenza della Corte medesima, citata .;mb nota 1. 678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per aggravi da fatto continuativo accertabile in ogni tempo -Onere della immediata riserva -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). Appalti -Appalto di opere pubbliche -�Somme contestate� ai sensi e per gli effetti dell'ultimo comma dell'art. 40 Cap. gen 1895 -Nozione. (Cap. gen. oo. pp., 28 maggio 1895, art. 40). Quando la contabilitd deU'appaito sia fo!fmalmente tmdotta ne1l Registro di contabititd, ma non eseguita con postazioni esattamente determinate, non sussiste a carico deU'appaitatMe l'onere della riserva. immediata, ma questa va formulata aUorch� le partite siano iscritte in. via definitiva (6). Poich� la rigida osservanza dei termini e dei modi stabiliti dall'articolo 54 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 per la fo!fmulazione deUe riserve � richiesta soltanto quando le contestazioni deU'appaltatore riguardino circostanze che a distanza di tempo non sarebbero pi�. controllabili dalla stazione appaltante, l'onere delta riserva relativa ad aggravi derivanti da fatto continuativo, obiettivamente accertabile in ogni tempo, non � operante, fino a quando perdurano le conseguenze dannose di quel fatto (7). (6) In senso conforme, v. lodo 28 marzo 1968, n. 16 (Roma), in questa Rassegna, 1968, I, 72 e segg., e in Arb. app., 1969, 402 e seg., nelia motiv.; contra, v. lodo 1� marzo 1966, n. 11 (Roma), in questa Rassegna, 1966, I, 1146, ove si avverte che per contabilit� provvisoria ai fini dell'esonero dalla riserva deve intendersi solo ,quella costituita da registrazioni su statini, brogliacci, o minute. Secondo il lodo in rassegna, anche le registrazioni per partite provvisorie rientrerebbero, invece, nel concetto e non determinerebbero l'onere della immediata riserva, per mancanza della materia da contestare e quantificare. Ma l'affermazione appare erronea, poich� quella � costituita, appunto, dagli allibramenti eseguiti, dei quali solo le quantit�, ma non anche i criteri di contabilizzazione e segnatamente l'applicazione dei prezzi contrattuali, hanno carattere provvisorio. La tesi del lodo in rassegna risulta, peraltro, gi� .confutata e rifiutata dalla Corte di Appello di Roma (sent. 6 maggio 1969, n. 1053, cit. in Arb. app., 1969, 39,3, nota 1). In senso contrario al lodo in 'esame, v. anche, in dottrina, CAPACCIOLI, Ri. serve e coilaudo nell'appalto di opere pubbliche, Milano, 1960, 91, n. 44. (7) Conf. lodo 9 luglio 1966, n. 47 (Roma), Arb. app., 1968, 74; contra. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), in questa Rassegna, 1967, I, 320. Il lodo in esame trae tale corollario dalla premessa che la ratio della riserva sarebbe il controllo del fatto non pi� accertabile, senza spendere neppure una parola per dar conto del rifiuto della ben diversa ed articolata ricostruzione del fondamento e della funzione dell'istituto, offerti dalla nota,. consolidata giurisprudenza della Corte di Appello romana (v. note 1-4) ed accolti dalle altre due pronunce qui in rassegna sub I e II, e, per di pi�, citando inesattamente, a conforto della propria tesi, la sentenza 30 giugno ftlfftifilf@fifil&sfffmiffmti%@filiffif[Llfmwffi1Iif:FtfffffiilffffffffwfHffilWff1[ff%1fiE0fff�ffiltf8ftfffHiffiilitffffft�ffif&fj~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 679 Per � somme contestate � ai sensi e per gli effetti dell'ultimo comma dell'm�t. 40 Cap. gen. oo. pp. 1895 devono intendersi tutte le somme attribuite all'istante in virt� della pronuncia arbitrale, ivi comprese quelle liquidate a titolo di risarcimen.to di danni per fatto dell'Amministrazione (8). I (Omissis). -Giova .premettere l'esame deUa questione, logica mente pregiudiziale, relativa alla pretesa illegittimit� dell'art. 54 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350, per aver introdotto una deca denza non prevista dalle leggi formali. � sufficiente al riguardo osservare che anche ad ammettere, in linea di mera iip<rtesi, che l'anzidetto regolamento non sia -contrariamente ~ o quanto la speciale autorizzazione contenuta nell'art. 364 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, induce invece a ritenere -un regolamento statale I libero (o, secondo altra impropria denominazione, delegato), ma sia invece un regolamento di organizzazione, .la tesi sostenuta dall'attrice non sarebbe tuttavia fondata. I La Cassazione ha infatti statuito (ved. Cass., 12 giugno 1963, nu.. f mero 1568) che i regolamenti di organizzazione (e specifkament~, le ' i condizioni generali d'oneri dello Stato), avienti �carattere inormativo ed efficacia vincolante nei confronti del privato contraente, che rispetto I allo Stato � in rapporto di subordinazione, ben possono prevedere termini di decadenza, perch� l'art.. 2966 e.e., quando stabilisce che il termine di decadenza pu� essere posto e dalla legge e dal contratto, deve �essere interpretato nel senso dell'ammissibilit� di una determinazione oltre che legislativa, anche regolamentare (legge in senso materiale). Si deve inoltre considerare che, normalmente, alla efficacia nor mativa del regolamento si aggiunge l'espresso richiamo della relativa disciplina del contratto, con l'effetto di eliminare addirittura il pro blema, perch� ljobbligatoriet� della di�sciplina stessa si fonda in questo caso anche sulla volont� dei contraenti e sarebbe perci� comunque configurabile un'ipotesi di decadenza pattizia. 1969, n. 2393 della Corte di Cassazione (in questa Rassegna, 1969, I, 579), che, viceversa, condivide quella ricostruzione e, quanto al fatto continuativo, lungi dal formulare il principio che l'onere della tempestiva riserva sia differito alla chiusura della contabilit�, si � limitata all'affermazione �generica, che riduce il problema ad una quaestio facti, riportata supra a nota 2, ove anche ulteriori riferimenti. (8) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712. 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella ,specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, n. 350, e che le osservazioni dell'arppaltatore sui predetti documenti, nonch� sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, a pena di decadenza, nei termini e nei modi stabiliti dal regolamento medesimo, sicch� non � dubbio che la forza vincolante di quest'ultimo � stata appunto ribadita e confermata dalla volont� dei contraenti. L'impresa Antonnicola ha, inoltre, sostenuto che l'onere della riserva, stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si disc,ute), non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando il libretto delle misure ( � notate nel libretto delle. misure nel luogo dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. � ), farebbe intendere chiaramente che gli adempimenti in esso prescritti si .riferiscono agli �ppalti a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri contabili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, mentre rimarrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma gli appalti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, i i � -~ bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe addirittura la ragione delfa iscrizione della riserva, perch� non sussisterebbe la necessit� di contestare fatti di cui nel registro di con I ~ tabilit� non � traccia. ru La tesi per� non convince. L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a . corpo, dispone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, ,soltanto a quest'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote � indicando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale del lavoro a�corpo, come scavi, spianamenti e simili �; ed aggiunge che � ogni notamento richiamer� i precedenti, per guisa da evitare dupl.ica?: ioni ed omissioni �e che� le quantit� saranno desunte da calcoli I sommari, basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici �. Non � quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferimento ai lavori concretamente eseguiti, ma .� vero, al contrario, che . J'., PARTJ!: I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 681 l'aliquota deve essere riferita a ciascun elemento essenziale del lavoro a corpo e che le quantit� devono essere desunte da calcoli, sia pure sommari. Anche nell'appalto a f<Yl'fait, inoltre, le notazioni sul libretto devono essere, ai sensi dell'art. 53, iscritte nel registro di contabilit�, facendo cos� sorgere l'onere di riserva di cui si discute. Se si consideri, inoltre, che, ai termini del generale disposto del l'art. 36, la contabilit� dell'opera ha, anche in questo caso, per oggetto l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti produttivi di spese per l'�esecuzione dell'opera e che, giusta il secondo comma del successivo art, 37, l'accertamento e la registrazione dei fatti anzidetti deve pur sempre � procedere �di pari passi al loro avvenimento, specialmente per le partite la cui esecuzione richieda scavi e demolizioni di opere, onde, colla �conoscenza dello . stato di avanzamento di lavoro, e dell'importo dei medesimi, nonch� dell'entit� dei relativi fondi � l'ufficio si trovi sempre in grado di rilasciare prontamente i certificati di av�nzamepto dei lavori per il pagamento degli acconti (vedi art. 58) nonch� di dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per l'esecuzione dei lavori entro i limiti delle somme autorizzate, appare chiaro che, anche nell'esecuzione di un appalto a corpo, l'appaltatore ha l'onere di con testare, mediante l'iscrizione di riserve ai sensi del.l'art. 54, la registra zione dei fatti anzidetti, quando essa contrasti com le concrete moda lit� di esecuzione dell'opera o .comunque pretermetta ragioni che gli diano diritto ad indennit�. L'attrice ha ancora sostenuto, in subordine, che almeno le prime tre riserve atterrebbero ad aggravi di carattere continuativo e sempre rilevabili, sicch� l'onere di riserva, anche se sussistente, si dovrebbe considerare differito al momento della ultimazione dell'opera. Ritiene peraltro il Collegio che la ratio della normativa, che im pone l'obbligo di formulare le riserve nel corso della contabilit�, non si esaurisce nell'intento di assicurare l'efficace e tempestivo� controllo da parte dell'Amministrazione su fatti recenti, il cui accertamento sia ancora possibile, con 'la conseguenza che non importerebbe decadenza l'omessa riserva per quei lavori che si palesano accertabili in ogni tempo e computabili nel loro ammontare (vedi Cass., 4 dicembre 1967, n. 2869; Cass., 9 maggio 1969, n. 2393), ma persegue, invece, l'ulteriore, essenziale scopo di �consentire che gli organi dell'Amministrazione . siano immediatamente informati, nel corso del rapporto, di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, si da essere messi in grado di esaminare i�l merito della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti, e, massimamente, -con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt� di risoluzione prevista dall'art. 345 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici. Questa finalit�, attestata da tutta la disciplina del rego11. 25 maggio 1895, n. 350, ed in particolare dai citati artt. 36, 37, che espressamente 682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO enunciano lo scopo della contabilit� e dell'accertamento e della registrazione dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti deH'onere della immediata denuncia, tra !fatti istantanei e fatti continuativi ed accertabili in ogni tempo, perch� anche rispetto a questi ultimi sussiste l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit� di recedere dal rapporto. N� sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi c.d. generali, che si ripercuotono, cio�, sul complesso dei lavori, il calcolo del danno sarebbe possibile soltanto ad opea:-a ultimata,� con con.seguente impossibilit� per l'appaltatore di predsare all'atto delle anteriori sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni successivi (articolo 54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, mentre una siffatta impossibilit� non sempre sussiste, ben potendosi dare che, nonostante la continuit� dell'aggravio, sia tuttavia possibile precisare il corrispondente peso con riferimento alle partite successivamente contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi� sostenuto in dottrina, una eventuale impossibiilit� di precisazione del quantum pu� costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi� da quello di protestare, mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure continuativo che l'aggravio determina. In conformit� della propria cost�ante giurisprudenza, ritiene pertanto il CoMegio che, anche trattandosi di :fiatti continuativi, l'intempestivit� della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte solo in sede di contabilit� fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltatore, all'atto della firma del conto finale, � non potr� iscrivere domande per oggetto o �per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 )�. La domanda deve perci� essere dichiarata improponibile. ( Omissis). II (Omissis). -1. -Il primo quesito, cos� .come viene formulato dalla Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 683 me: a) del muro di cinta; b) di strutture di fondaicazione n� delle ragioni della domanda n� di quanta nma l'appaltatore attribuisce all'una e quanta all'altra ategorie di lavori. intenuto delle pretese fatte valere con M quesito in rsi, con certezza, attingendo ad altre fonti, e preci- di contabilit� in cui l'Impresa Borghi provvide ad :pone il r.d. 25 maggio 1895, n. 350, le proprie do1ca indicazione delle ragioni di ciascuna di esse � Gtivamente pretese. evare che, delle L. 14.632. 709 richieste dalla Impresa o, L. 1.949.086 afferiscono ai lavori per la costruzione ~ L. 12.683.623 ai lavori per la esecuzione delle strut. Per i primi lavori viene chiesta l'applicazione del > n. 149 anzich� del prezzo n. 148 (differenza: L. 700 ;tato impiegato cemento tipo 680 in luogo di quello ondi lavori viene richiesta l'applicazione del prezzo prezzo n. 147 (differenza: L. 3.240 a mc.) sia per la cemento impiegato, sia per il diverso e pi� oneroso dall'opera. !SSO, pu� passarsi all'es'ame della prima domanda del quanto ad essa, deve dirsi preliminarmente che l'Av dello Stato, nell'interesse dell'Amministrazione dei tlleva eccezione di inammissibilit�, adducendo che la t � colpita da decadenza, perch� proposta con riserva i contabilit� del quarto stato di avanzamento: � dopo 1 stati contabilizzati nei precedenti stati di avanzailizzazione, quindi, accettata dalla Impresa, i lavori i prezzi poi contestati dall'Impresa �. > Stato fa ovviamente richiamo all'art. 54 del regolaone, contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato, . 25 maggio 1895, n. 350, disposizione richiamata al! l decreto del Ministro per i Lavori Pubblici 28 magova il capitolato generale per gli appalti delle opere Listero dei Lavori Pubblici. ifensore dell'Impresa controdeduce (2a memoria) che guarda il solo caso di mancata iscrizione della riserva itabilit� e �che l'efficacia della norma limitativa dei :ore esclude qualsiasi estensione �. te (3a memoria) lo stesso difensore, ritornando sula che l'eccezione di de{!adenza � non � confortata dalle ;tro di contabilit� e che comunque le riserve furono nbre 1962, anteriormente al 5� stato di avanzamento ~PPALTI ECC. 685 . ' iOrdine ai fatti dai fperci� la sanzione ione investa circo �� controllabili dalla isi possa verificare, ~zzabile difficolt� a pposto, che ad una ioni, quale � quella, ~e arbitrariamente !ti la finalit�, attri~ sentire che restino ~ ritiene di fondare ) pi� importante di k1ente finalit� � di :~ danno dell'ammilel costo dell'opera :~ isulta dalile disposi-0 ltrazione analitica e histrazione commit I ~a pubblica (art. 20, I, appare chiaro che I JQ l'amministrazione ! ~pesa e di trarre da i promuovere senza I ;enza di fondi � cosi ~sa, disponendo una mtratto (artt. 344 e ~ ora esposta che va ~golamento del 1895 lndare con gpecifica ii o diversi da quelli !ut� in relazione alle ~ rigorosa, ch� l'arti ~stiva iscrizione della id~mento morale nel iatto deve essere ese iegistro di contabilit� rtite di lavoro in esso ui egli ritiene di aver rva, alla stazione ap 686 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO paltante. Ove non lo faccia, la legge presume che egli abbia rinunciato definitivamente a :far valere quel suo diritto successivamente, nella stessa sede o in altra. Sulla base�delle considerazioni ora fatte, si deve dichiarare parzialmente inammissibile, per avvenuta decadenza, la domanda di indennizzo proposta con il quesito primo, lett. a), avente per oggetto un m;aggior compenso di L. 1.949.086 per mc. 2.680,486 di conglomerato cementizio impiegato nella costruzione del muro di cinta. La domanda stessa .non � inammissibile nella sua totalit�, ma solo per le partite di lavoro registrate con i primi tre stati di avanzamento, che l'appaltatore firm� senza riserva: 1� stato di avanzamento, mc. 491,503; 2� stato: mc. 819,762; 30 stato: mc. 72,000; in totale mc. 1.383,265. 3. -La domanda � invece ammissibile per le altre partite della stessa categoria e precisamente per le partite comprese nei successivi stati di avanzamento, le quali, come si evince dalla consultazione del registro di .contabHit� (muro di cinta, splateamento all. 17I A), assommano a mc. 1.297 ,221. 1Senonch� la domanda, nei limiti in �cui � ammissibile, non merita accoglimento. -(Omissis). III (Omissis). -Seguen.do l'ordine logico deve darsi la precedenza all'eccezione relativa all'asserita tardivit� delle riserve proposte daU'impresa istante, per quanto concerne i primi �cinque quesiti della domanda d'arbitrato, sia perch�, via via preliminarmente sollevata dalla difesa dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, sia perch� attinente ad una questione .pregiudiziale dei sopraspecificati quesiti e che perci� va esaminata primieramente. Come premesso nell'esposizione del fatto, l'Amministrazione resistente assume, in sostanza, che l'Impresa Marchioro sarebbe, anzitutto, decaduta dalle richieste sopra formulate sotto il profilo che le relative riserve sarebbero state tardivamente ed irritualmente proposte nella contabilit� dell'appalto. L'eccezione, validamente di volta in volta confutata dall'Impresa istante, � priva di fondamento. Ed invero, il problema della tempestiva iscrizione delle riserve, da parte dell'appaltatore, in relazione ai molteplici aspetti attraverso cui esso si manifesta, � stato oggetto di ampia elaborazione nella giurisprudenza, ritenendosi per fermo che l'onere medesimo, nei confronti dell'appaltatore, � strettamente connesso con la rigoros� osservanza delle prescrizioni relative alla tenuta dei registri contabili, da parte della, committente, in obbedienza al generale principio, secondo il quale il valore probatorio di una determinata documentazione opera soltanto se detta documentazione 1sia tenuta secondo le PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 6$7 forme e nei modi previsti dalle stesse norme che le attribuiscono una particolare efficacia probatoria; con fa conseguenza che, non sussistendo le condizioni per una regolare iscrizione di riserve fin quando la contabilizzazione dei lavori mantenga un carattere di provvisoriet�, non pu� parlarsi di decadenza dell'Impresa per la mancata tempestiva iscrizione delle riserve nel registro di contabilit� (lodo 30 ,Juglio 1962, n. 54; lodo 3 dicembre 1962, n. 65; lodo 25 genn�.io 1964, n. 2; lodo 23 gennaio 1965, n. 2; Corte di Appello di Roma 22 dicembre 196�5, n. 225). Ed, infatti, le' operazioni relative alla contabilit� devono essere eseguite .:e documentate dalla parte committente secondo ile forme e le modalit� stabilite dagli artt. 346 e 364 della legge sui lavori pubblici e dal regolamento relativo (r.d. 2�5 maggio 18'95, n. 350), cui detti articoli rinviano, in quanto la osservanza di tali norme e modalit�, mentre costituisce una garanzia per la pubblica amministrazione, riveste anche un particolare interesse �ai fini delle preclusioni che ne rpossono derivare in danno dell'appaltatore e �che, secondo l'avviso della dottrina dominante e della prevalente giurisprudenza, operano in quanto quelle norme �e quelle modalit� siano, conseguentemente, rispettate. Presupposto necessario, affinch� l'appaltatore possa ritenersi decaduto dal diritto di far valere, in qualunque tempo e modo, pretese riferentisi a fatti o contabilizzazioni, risultanti di volta in volta dall'atto contabile, �, per�, che si tratti di conta�bilit� definitiva, non gi� di registrazioni a carattere puramente provvisorio, nel qual caso questo carattere, escludendo che l'atto possa considerarsi come definitiva determinazione dell'Amministrazione, non rende operativo� l'onere della riserva. A codesto orientamento aderisce il Collegio arbitrale, posto che la norma, la quale prescrive il tempo d'iscrizione delle riserve e che commina la decadenza per inosservanza di esso, presuppone la sussistenza di una regolare e definitiva contabilit�, ma non tenuta in modo provvisorio, come quella dell'appalto de quo. Difatti, nella presente fattispecie, validamente la difesa dell'Impresa oppone .che, inizialmente e fino all'epoca della prima iscrizione delle riserve nel registro, la contabilit� � stata tenuta per partite provvisorie. Conferma codesto assunto l'approfondito esame della prodotta documentazione, da cui rilevasi che, effettivamente, le quantit� di lavoro sono state allibrate in termini provvisori e senza alcun riferimento a misurazioni esatte via via tenute. E valga il vero: la contabilizz.azione riferentesi alla galleria principale (art. 131/a elenco prezzi) � condensata tutta nel libretto delle misure n. 5, dal quale si evince che dal 28 ottobre 1960 al 4 ottobre 1961 sono state contabilizzate tutte partite provvisorie per complessivi mc. 38.500; che in data 31 gennaio 1962 sono sfa.te annullate tutte le partite provvisorie e ricontabilizzati mc. 18.176 di scavo in base alle sezioni 14 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della calotta; che in data 30 aprile 1962, ma sempre nello stesso state> di avanzamento, sono stati contabilizzati in provvisorio altri 3.000 mc. In seguito, la 'Contabilizzazione � stata tenuta in via provvisoria fino al 31 luglio 1962 e solo in data 15 settembre stesso anno, sul libretto delle misure, ed in data 23 ottobre successivo, sul registro di contabilit�, � stata operata J.a contabilizzazione definitiva seguita .dalla tempestiva riserva dell'Impresa. Tuttavia, l'intera precedente contabilit� � stata, ancora una volta, annullata in data 24 marzo �1964 (sul libretto delle misure) e ricontabilizzata in definitivo e con disegni definitivi. Per la galleria secondaria -art. n. 131/b elenco prezzi -la contabilizzazione, condensa~a tutta nel libretto delle misure n. 7, ha seguito lo stesso procedimento della galleria principale e cio� dal 29 aprile al 5 ottobre 1961 sono state contabilizzate solo partite provvisorie per complessivi mc. 18.800, nuovamente annullati in data 31 gennaio 1962 e ricontabilizzati per mc. 12.723, in base alle sezioni della calotta e dei relativi rivestimenti. Successivamente la contabilizzazione � avvenuta con gli stessi criteri, e, parte, in via chiaramente provvisoria, fino alla data del 15 settembre 1962, seguita dalla riserva della Impresa; quindi tutta la precedente contabilit�, nuovamente annullata in data 24 marzo 1964, risulta contabilizzata in definitivo e con disegni definitivi. Per il camerone -Bivio di Roiano -art. 131/A elenco prezzi la cui contabilizzazione � condensata nel libretto delle misure n. 10 & n. 10/bis, la prima partita di scavo in provvisorio per mc. 3.040 � stata contabilizzata il 31 gennaio 1962; quindi in data 15 settembre 1962 sul libretto delle misure ed in data 23 ottobre stesso anno sul registro di contabilit� � stata annullata la partita provvisoria e ricontabilizzata in. definitivo per mc. 4.442 'Con la tempestiva riserva dell'Impresa. Successivamente la contabilit� � avvenuta parte in provvisorio e parte in definitivo fino alla data del 24 marzo 1964 (li!br�tto delle misure numero 10/bis) quando tutta J.a precedente contabilizzazione � stata, ancora una volta, annullata e ricontabilizzata con disegni definitivi. Orbene, in tale situazione, � evidente che non sussisteva per l'Impresa Marchioro, sino alla data della contabilit� per partite provvisorie, alcun obbligo �di riserve, mancando anzi la materia da contestare e da quantificare, �Come prescritto dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895. Senza dire che, per quanto concerne addirittura la richiesta di cui. al 10 quesito, trattandosi di riserva, a carattere cosidetto continuativo,. essa non era soggetta all'onere della fempestiva denunzia, n� quindi alla decadenza conseguente alla sua inosservanza, fino a quando l'onere continuativo seguitava a prodursi. In tali sensi, del resto, � il costante orientamento della miglioredottrina, nonch� della pi� autorevole giurisprudenza arbitrale e della Corte Suprema. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS; IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 689 Ed, infatti, � stato costantemente ritenuto da parte degli arbitri che la rigida osservanza dei termini e dei modi stabiliti dall'<art. 54 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 per la presentazione delle riserve � richiesta solo quando le contestazioni dell'appaltatore riguardino circostanze che, a distanza di tempo, non sarebbero pi� controllabili dalla stazione appaltante, con la conseguenza che non si verifica alcuna decadenza per fatti sempre storicamente accertabili, perch� risultanti da atti amministrativi (lodo arb. 27 gennaio 1962, n. 7; lodo arb. 27 ottobre 1964, n. 69; lodo arb. 1 marzo 1966, n. 11); e da parte della Corte Regolatrice � stato autorevolmente soggiunto che le � riserve attinenti ad aggravi di carattere continuativo, se omesse, non importano decadenza per quei lavori che si palesano accertabili in ogni tempo e computabili nel loro ammontare� (Cass. 4 dicembre 1967, n. 2869; Cass. 30 giugno 1969, n. 2393). Orbene,. come � ovvio, i fatti continuativi sono quelli che non esauriscono le loro conseguenze dannose in un momento determinato, ma si protraggono nel tempo, come nella fattispecie, ove le richieste dell'appaltatore non erano inscindibilmente connesse ad elementi di mero fatto, in ordine ai quali sussisteva la necessit� dell'immediato accertamento in contraddittorio dell'appaltatore, insieme con la correlativa attestazione nei registri di contabilit�, laddove i fatti posti a fondamento della pretesa erano accertabili, obbiettivamente, in ogni tempo. Tra l'altro, sempre in relazione al 1� quesito rigu~rdante i maggiori oneri sopportati dall'Impresa negli scavi in roccia da mina, eseguiti in galleria con limitazioni nelle quantit� e nei tempi delle cariche di esplo� sivo e dei brillamenti, l'appaltatore, con lettera in data 9 novembre 1960 (doc. n. 5 dell'istante), immediatamente successiva alle prescrizioni che riducevano l'uso degli esplosivi, aveva avanzato la richiesta di compensi, riservandosi di precisare il contenuto e l'importo in relazione alla importanza dell'onere: il che poi ha regolarmente fatto, con formale riserva, inserita in registro e regolarmente sviluppata, allorch�, oltre a trovarsi, per la prima volta, in*presenza d'una contabilizZJazione per partite esatte e definitive, � stato in grado di quantificare la richiesta medesima. �La difesa dell'Amministrazione contesta la circostanZJa della con tabilit� tenuta in partite provvisorie, assumendo che, i.!1 senso giuridico, ossia secondo il regolamento n. 350 del 1895, � contabilit� provvisoria � pu� essere considerata, ai fini esonerativi dall'onere della riserva, solo quella concretantesi in registrazioni eseguite su statini, brogliacci o minute; mentre costituisce contabilit� � formale � e � definitiva ;, , agli effetti dell'onere ex art. 54 Regol. n. 350, quella tradotta in allibra menti regolarmente iscritti nel registro di contabilit�, all'uopo invo cando il conforto di un lodo arbitrale in data 1� marzo 1966, n. 11 e della decisione n. 2393 della Corte di Cassazione. (i9() RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Senonch�, deve disattendersi l'assunto dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, sia per il riflesso che l'unico ed isolato precedente arbitrale, in contrapposizione ad una copiosa corrente .uniforme in senso assolutamente contrario, contenendo un'affermazione puramente teorica e senza averne tratto materia del decidere, non � per nulla pertinente alla soggetta questione, sia perch� la Corte Regolatrice non ha affrontato, nella indicata decisione, il problema della contabilit� provvisoria <> definitiva. Peraltro, questo Collegio arbitrale condivide in pieno l'opinione della difesa dell'Impresa Marchioro, in relazione al concetto di contabilit� provvisoria e definitiva, senza esitare a concludere che, nel caso in esame, si � in presenza di una contabilit� formalmente tradotta nei documenti ufficia.Ii, ma non eseguita con postazioni esattamente determinate, secondo una prassi normalmente invalsa in materia di opere pubbliche, �, cio�, in via provvisoria, in modo da consentire rettificazioni in pi� o in meno delle partite iscritte, ma tuttavia non conforme alle disposizioni del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, fra cui sono particolarmente rilevanti quelle enunciate dall'art. 53 del detto regolamento, dalle quali � agevolmente desumibile la necessit� di esatte misurazioni nel �ibretto delle misure e della inserzione definitiva di tali misurazioni nel registro di contabilit�; sicch�, mancando o essendo incompleta o provvisoria la registrazione dei � fatti �, non � possibile far operare la decadenza, di cui al successivo art. 54 del menzionato regolamento, che � strettamente connessa alla regolare registrazione dei fatti stessi. Diversamente opinando, si dovrebbe concludere che a carico dell'appaltatore si � voluto porre un onere impossibile e .si traviserebbe, conseguentemente, lo scopo della legge, che, se da una parte permette alla Amministrazione committente di esplicare un continuo ed efficiente controllo della spesa, dall'altra parte regola il procedimento attraverso il quale l'appaltatore � ammesso a far valere i suoi diritti e non gi� ad impedirgliene l'esercizio nello stesso momento in cui gliene viene attribuita l'astratta titolariet�. Consegue, quindi, che, qualora l'Impresa richieda, come nel caso di che trattasi, il ristoro di maggiori oneri sostenuti per l'esecuzione di scavi, non pu� essere sollevata alcuna eccezione sulla tempestivit� della riserva, in quanto manca il presupposto �che ne legittima la proposizione. N� migliore sorte �pu� essere riservata all'eccezione dell'Avvocatura dello Stato, sottq l'ulteriore profilo, anche esso dedotto, di volta in volta, in relazione alle richieste, per non avere l'appaltatore osservato la procedura di cui all'art. 23 Regol. n. 350 del 1895. Tale disposizione, a .parte che non � rpregi11diziale alle riserve, � infatti inapplicabile in situazioni come quelle di specie, l'Impresa Marchioro non avendo mai sollevato alcuna contestazione alla Dirigenza in ordine alle prescrizioni, variazioni �ed esecuzione di categorie di lavori �.mx--�� x. fil�� ,.��~:@../"'�:::::-~ "/~ -.: �~!ll1llll9B 11!!!\1 I I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 691 che ha sempre accettat� di eseguire regolarmente, solo che, a suo giudizio, ha domandato il relativo compenso. Ci� posto deve respingersi l'eccezione di tardivit� della riserva sollevata dalla difesa dell'Amministrazione appaltante, che non pu� essere t seguita neppure .nelle ulteriori argomentazioni in ordine al contenuto della prima richiesta avanzata dall'appaltatore per i maggiori oneri di scavi in roccia da mina eseguiti in galleria con limitazioni (nella quan I tit� e nei tempi) delle cariche di esplosivo e dei brillamenti. I Quesito. -Secondo la committente, la riserva sarebbe infondata per il riflesso che l'Impresa non poteva ignorare, all'atto dell'offerta, l'eventualit� di incorrere in limitazioni nell'uso degli esplosivi, come effettivamente � avvenuto, a seguito delle prescrizioni dettate dalla Questura di Trieste, dato che il lavoro interessava una zona della citt� densamente abitata e le gallerie presentavano scarsa copertura di terreni; che l'evento, non attinente, peraltro, ad alcuna causa geologica, ma esclusivamente al � factum principis � era perfettamente prevedibile ed, anzi, sarebbe stato previsto in contratto col prezzo n. 131 per �lo scavo in sottosu�lo da eseguirsi in qualsiasi qualit� o natura di materie, compreso il carico, il trasporto e lo scarico a rifiuto a qualsiasi distanza e con qualunque mezzo delle materie scavate, comprese, altres�, le armature e puntellazioni, la ventilazione, gli aggottamenti e quanto altro occorrente per la completa esecuzione degli scavi ecc . ., come si evince anche dall'art. 13, primo comma, del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, !facente parte integrante del contratto di appalto, nel quale � espressamente statuito 'che � per le mine che occorressero nell'esecuzion dgli scavi, tanto all'aperto che in galleria l'appaltatore deve osservare tutte le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti in vigore �. L'Impresa Marchioro, da parte� sua, contesta energicamente l'assunto avversario adducendo -e giustamente -che l'imprevedibilit� della circostanza dello scavo, a regime ridotto, risulta chiaramente provata dallo stesso comportamento dell'Amministrazione, che, nel 1� atto aggiuntivo, redatto in data 18 novembre 1961, ha dovuto riconoscere all'appaltatore un nuovo prezzo per la parte di scavo eseguita, o che do veva essere eseguita, con divieto assoluto di mine, tanto vero che, nella stessa premessa dellq stesso atto aggiuntivo, risulta esplicitamente ammesso che �pure imprevedibile � stato il divieto delle autorit� di P.S. di procedere allo scavo, nel tratto allo scoperto e ,nella prima parte delle gallerie, con l'uso di esplosivi per la vicinanza della linea ferroviaria in esereizio e della strada statale n. 14, nonch� per la presenza di pregevoli edifici in zona di scarsa copertura �. Donde, la contraddizione di non aver poi voluto riconoscere un compenso, ancorch� minore, per la parte di scavi eseguiti con riduzione dell'uso delle mine e che era stata tale da modificare il ritmo e le caratteristiche del lavoro. 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Premesso che l'onere dello scavo con riduzione dell'impiego di mine ha interessato parzialmente tutte le categorie di detti lavori, nella galleria principale, in quella secondaria e nel camerone di raccordo, l'imprevedibilit� della circostanza suddetta, oltre che dagli elementi messi in evidenza dall'Impresa, emerge, altresi, dall'incuria dimostl'.ata dalla stessa Amministrazione in sede di rilevazioni e studi della progettazione, tanto vero che la Dirigenza dei Lavori ha dovuto �esplicitamente ammettere, sempre nella premessa del menzionato 1� atto aggiuntivo, � di es~ersi trovata dLfronte a gravi problemi ed a gravi difficolt�, dovuti, in gran parte, alla natura dei terreni, 1alla stratificazione degli stessi molto irregolari, sia negli spessori che nella disposizione � e �che � tutto ci� non si era potuto prevedere in sede di studio e di progetto per le scarse notizie � che si erano potute raccogliere presso gli organi competenti e per la mancanza di studi geognostici della zona interessata dal tracciato ferroviario�. Ne consegue che, dovendo riferirsi all'Amministrazione i difetti degli studi e dei rilievi della progettazione preventivi al lavoro, cui, peraltro, la committente era, invece, tassativamente tenuta, non poteva l'Impresa addossarsi il rischio dell'imprevedibilit� negli scavi, tanto per il divieto assoluto, quanto per la riduzione dell'impiego delle mine; imprevedibilit� del tutto identica in entrambe le ipotesi, ma con effetti di diversa graduazione nell'un caso e nell'altro. Orbene, in codesta situazione, avendo la committente riconosciuto un nuovo prezzo per lo scavo dovuto eseguire senza l'uso degli esplosivi, il che conferma che il prezzo originario dello scavo stesso era stato elaborato e accettato sul presupposto del lavoro con l'uso delle mine e non con� altri mezzi, lo stesso riconoscimento, sia pure con compensi gradualmente diversi, doveva effettuare dove fa rid4-zione degli esplosivi � stata tale da modificare ritmo e caratteristiche di lavoro, con conseguenti maggiori oneri, anch'essi non previsti contrattualmente, ma ugualmente sopportati e che hanno influito sensibilmente nell'economia dell'appalto. D'altra parte, l'appaltatore, per quanto concerne l'art. 13 del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, richiamato dal Capitolato speciale -come era suo dovere -si � sempre attenuto alle prescrizioni delle autorit� nell'impiego degli esplosivi e nella loro conseguent� disciplina, solo che ne chiede il ristoro economico, rispetto alle diverse previsioni contrattuali, ristoro cui, indubbiamente, ha diritto, trattandosi di aggravamento esecutivo d'una categoria di lavoro (scavo in roccia da mina eseguito in galleria con limitazioni delle cariche di esplosivo e dei brillamenti) con relativi maggiori oneri per l'Impresa derivati dall'intermittenza del lavoro, dalla abolizione del turno continuo, dalle diverse difficolt� di avanzamento, dai maggiori costi delle esplosioni, per via dell'ordinti imposto dalla autorit� di P.S. di Trieste. E come risulta dal documento n. 6, proveniente dalla stessa Ammini ! ~~0"~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 693 strazione, mentre la Direzione dei Lavori non ha potuto non riconoscere durante il corso degli scavi (lettera 9 aprile 1963) le difficolt� e gli <meri sopportati dall'Impresa per la riduzione dell'impiego delle mine, per gli effetti di codesta imposizione sull'andamento e razionalit� del lavoro, .per la imprevedibilit� della inconsistenza delle rocce, delle direzioni e intensit� di.propagazione dell'onda esplosiva, con rischi sui fabbricati e manufatti ivi esistenti; dal documento n. 10 si riieva che le riduzioni dell'impiego di mine hanno avuto carattere continuativo e sistematico per tutto il periodo dell'esecuzione degli scavi e sono stati determinati dalla imprevista natura del terreno, dall'andamento di propagazione dell'onda esplosiva e dalle distanze di certi man�fatti che i progettisti avevano ritenuto non potessero essere disturbati dall'onda medesima, ma che, in concreto, si sono rivelati, invece, seriamente niinacciatL La richiesta �di indennizzo, fondata sotto il profilo dell'art. 1664, secondo com.ma, cod. civ., il quale, come � noto, stabilisce che � se nel corso dell'opera si manifestino difficolt� di esecuzione derivanti da cause .geologiche, idriche e 'simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto ad un �equo compenso �, deve, pertanto, accogliersi sulla base e nei limiti di quanto sar� esposto in seguito. Secondo lAmministrazione resistente non � proprio a parlarsi, nella specie, di sorpresa geologica, n� di applicabilit� dell'art. 1664 e.e., : la tesi prospettata dalla difesa dell'istante dovendosi disattendere in diritto per il riflesso che la disposizione in esame non pu� applicarsi negli appalti di opere pubbliche, per i quali vige, al contrario, la procedura ex art. 21 e seguenti del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350. Senonch� l'applicabilit� nei contratti di opere pubbliche della norma di cui all'art. 1664 e.e. � generalmente ammessa da tutta la dottrina e dalla costante giurisprudenza, mentre, per quanto concerne la notevole maggiore onerosit� della intera prestazione, la stessa difesa della committente non contesta la �effettiva sussistenza attribuendola, erron�amente ed esclusivamente, al factum principis e non a fatto imputabile all'Amministrazione. Posto in questi termini il ,problema relativo al merito del primo quesito e rilevato che all'appaltatore Marchioro spetta il ristoro economi. co, rispetto alle diverse previsioni contrattuali, per lo scavo in roccia da mina, eseguito in gall:eria con limitazione delle cariche di esplosivo e dei brillamenti, osserva il Collegio che l'Impresa istante chiede un compenso di L. 284.089.757 basandolo su calcoli ed analisi che, se non possono integralmente accettarsi, tuttavia sono indicativi dei costi di esecuzione del lavoro di scavo, dovuti effettuare con l'uso limitato dei detti esplosivi. seguita seguita �� 694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le limitazioni delle cariche �e dei tempi di brillamento imposte dalla Questura di Trieste, su parere della Commissione Esplosivi, risul tano chiaramente dalla documentazione prodotta dalle parti. Da essa si evince, infatti, che al divieto assoluto di uso degli esplo sivi all'aperto e nei primi tratti di imbocco delle gallerie � l'autorizzazione di uso limitato di esplosivo con un minimo di 200 gr. per carica da aumentare progressivamente con l'avanzamento della galleria e con l'allontanamento dai bfnari .ferroviari. Gli aumenti concessi risultano da gr. 370 fino a gr. 780 per la � galleria principale, da gr. 260 a gr. 780 per la galleria secondaria e fino a gr. 1.000 per il camerone, senza arrivare mai al quantitativo. normalmente usato per lavori del genere da gr. 2.000 a gr. 3.000. Le limitazioni delle cariche erano integrate con la limitazione dell'orario dei brillamenti fissato dalle ore 7 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 21 dei soli giorni feriali. Tale termine � stato protratto alle ore 22 per il solo nucleo del ca,merone e con riduzione delle singole cariche delle mine dopo le ore 20. Gli scavi in sotterraneo sono stati allibrati in contabilit� con i prezzi degli artt. 131/a di L. 5.500 al mc. e 131/b di L. 5.870 al mc. rispettivamente per la galleria a doppio binario e per la galleria a semplice binario. Per gli scavi eseguiti con divieto assoluto di esplosivo, sia all'aperto. sia in sotterraneo, l'Amministrazione committente ha riconosciuto i maggiori oneri incontrati dall'Impresa concordando i nuovi prezzi di L. 16.300 al mc. (art. 156/a) e di L. ut.670 al mc. (art. 156/b) sostitutivi dei prezzi di contratto gi� fissati agli artt. 131/a e 131/b. Ed allora, tenuto conto che anche dall'uso limitato delle mine nel- l'esecuzione degli scavi l'Impresa ha subito degli indiscutibili, imprevisti maggiori oneri che hanno sensibilmente influito sul costo dei lavori e sull'intera economia dell'appalto, trova �esatta giustificazione la corresponsione di un compenso per il titolo di che trattasi. Dalle contabilit� dei lavori gli scavi in sotterraneo eseguiti con le limitazioni imposte risultano cosi ripartiti: Galleria a doppio binario . Galleria a binario unico . Raccordo bivio Roiano (Camerone) TOTALE . mc. mc. 28.971,233 17.275.890 7.978.829 54.225,951 Come previsto in contratto i predetti scavi sono stati pagati per mc. 36.950,061 (Galleria a doppio binario e Camerone) con il rprezzo dell'art. 131/a di L. 5.500 per mc. e per mc. 17.275.890 (Galleria a binario unico) con il prezzo dell'art. 131/b di L. 5.870 per mc. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 695 Nella esposizione della riserva l'Impresa, per calcolare il compenso richiesto, si basa sul prezzo medio di quelli contrattuali, che essa stessa espone in L. 5.600 per mc., pari a L. 3.863 nette. In effetti, il principio adottato dall'Impresa �ppare appropriato, in quanto la limitazione delle cariche di esplosivo e dei brillamenti incide quasi esclusivamente sul costo della mano d'opera e delle attrezzature, mentre resta pressoch� immutato il costo delle armature occorrenti, che varia da galleria a galleria in relazion�_ alla sezione. In base alla comune esperienza l'incidenza della mano d'opera e delle attrezzature per lo scavo in sotterraneo viene determinata nel1' 85 % , restando il residuo 15 % come incidenza dei materiali. Nel caso in esame, il normale avanzamento dello scavo in galleria da ml. 2,50 a ml. 3,00 per ogni volata di mine � stato ridotto, con le limitazioni. imposte, in media da circa ml. 1,20 a ml. 1,50 e, conseguentemente, la produttivit�, con gli stessi operai e le attrezzature, risulta ridotta del 45 % . A ci�, si deve aggiungere il maggiore tempo impiegato per le pi� numerose perforazioni e conseguenti caricamenti, volate e tempi morti di sparo ed il maggior tempo di smarinaggio e trasporto oltre al maggior costo di esercizio degli impianti �on una incidenza generale che pu� essere congruamente determinata nel 15 % . Pertanto, rispetto ai normali sistemi di avanzamento, ne risulta una riduzione globale della produttivit� del 60 % , che incide solo sul costo della mano d'opera e delle attrezzature. Sulla base dei predetti elementi e del prezzo medio contrattuale ritiene il Collegio di poter determinare il compenso spettante all'Imprsa per tutto il volume dei suddetti scavi, compenso che per essere equo stimasi liquidare nella somma netta di L. 106.825.000 (Centoseimilioniottocentoventicinquemila). E cio�: 60 % X 85 % X L. 3.863 = L. 1.970 L. 1.970 X mc. 54.225,951 = L. � 106.825.000. Sull'equo compenso dovuto per i maggiori oneri, secondo la costante giurisprudenza, non � applicabile il ribasso d'asta. Infatti, tale compenso, ai sensi del II comma dell'art. 1664 e.e., copre il maggior onere della prestazione, ma non ricostituisce la posizione delle parti nella sua perfetta integrit�, ~on la conseguenza che la determinazione del compenso equitativamente liquidato ed effettuato rimane al di fuori del regime contrattuale, sicch� ad esso non va applicato alcun ribasso d'asta. Nell'indicato ammontare netto di L. 106.825.000 va accolta, quindi, la richiesta di cui al primo quesito della domanda di arbitrato. II Quesito -Con questo quesito l'Impresa ha chiesto la somma di L. 71.929.233,15 quale maggior compE;nso per lo scavo del c11merone --~� :::::@ 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel tratto d'innesto della galleria secondaria con quella principale, assumendo che nel capitolato speciale non esiste il prezzo, relativo allo scavo del camerone, avente una sezione di mq. 274,34 di gran lunga superiore alle sezioni della galleria .principale e della galleria secondaria, rispettivamente di mq. 65 e 45 circa, i cui prezzi sono stati previsti in contratto agli artt. 131/a e 131/b; laddove l'escavo del camerone, delle dimensioni eseguite, avrebbe comportato oneri notevolmente superiori di quanto fissato per la galleria principale e per quella secondaria; che ta:li maggiori oneri sarebbero stati ingigantiti dalla incoerenza dei materiali incontrati e dal fatto che sovrastando importanti manufatti la Direzione dei lavori aveva disposto il raddoppio degli spessori e dei rivestimenti con conseguenti maggiori oneri essendo stato lo scavo eseguito, data la notevole sezione, per elementi, mediante cunicoli di base e di calotta, opportunamente .armati e collegati tra loro, completando gli scavi e le centinature metalliche fino ad ottenere tutto l'arco scavato e armato con centine metalliche puntellate sul nucleo centrale. A tale richiesta l'Amministrazione ha eccepito, preliminarmente, la tardivit� della riserva e, nel merito, ne ha dedotto la sua completa infondatezza ai sensi dell'art. 5 del Capitolato Speciale di Appalto e dell'art. 67 del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, facente parte integrante del contratto, dai quali emerge che l'Amministrazione si riservava la pi� ampia, insindacabile facolt�, di modific. are, comunque, la sagoma delle gallerie, J.o spessore e la struttura dei rivestimenti murari, indicati nei disegni senza che per ci� l'appaltatore potesse sollevare ec.cezioni o pretendere compensi per qualsiasi titolo. All'accoglimento della richiesta di maggior compenso per fo scavo del camerone, delle dimensioni effettivamente eseguite, non sarebbe di ostacolo l'eccezione preliminare di asserita tardivit� della riserva iscritta nel registro di contabilit�, vaiendo all'uopo le ragioni gi� esposte, in relazione all'eccezione medesima, nella disamina del primo quesito sulla contabilit� tenuta dalla committente in via provvisoria. Senonch�, come esattamente ha rilevato la difesa dell'Amministrazione, la richiesta stessa � priva di ginridico fondamento, posto che l'impresa era tenuta per contratto allo ius variandi delle sagome della galleria, come emerge dalle invocate disposizioni (art. 5) del capitolato speciale e (art. 67) del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, facenti parte integrante del contratto d'appalto. Dall'uno e dall'altro, risulta, infatti, l'espressa riserva della committente, in relazione alla pi� ampia insindacabile facolt� di modificare, in sede di esecuzione, la caratteristica della sezione delle gallerie � quante volte per la natura dei terreni attraversati o per qualunque altra ragione lo giudicasse conveniente ., l'appaltatore essendo � obbligato rf PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 697 ad uniformarsi � e � senza che egli abbia diritto di sollevare mai eccezioni di sorta o di pretendere indennizzi o compensi speciali � , r?: sempre, beninteso, nei limiti legali della suddetta facolt� dello ius I variandi e senza aggravarne gli oneri costruttivi. Difatti, il prezzo di scavo per le gallerie non reca alcuna .specifi l�I cazione delle caratteristiche delle sagome e dell'entit� delle sezioni, =~ proprio perch� la stazione appaltante, in base alle disposizioni sopra citate, l'aveva espressamente riservate alla propria discrezionalit� tecnica, a seconda della natura dei terreni attraversati o per qualunque altra ragione di convenienza. Pertanto, l'Amministrazione, sostituendo, all'atto esecutivo, i sette cameroni previsti a sezione decrescente con un unico a sezione costante e con un volume complessivo di scavo pari, anzi, leggermente inferiore a quello di progetto, ha esercitato una facolt� contrattualmente prevista e per di pi� insindacabile. Senza dire che il lavoro eseguito dall'Impresa � risultato meno one-' roso di quello previsto, in quanto, con un avanzamento in galleria �di I ml. 42 e con l'adozione di un'unica sagoma, � stato realizzato lo stesso volume previsto con un avanzamento di ml. 86,3�5, come originariamente previsto, su ben sette sagome diverse, di cui la prima ha la stessa I ampiezza di quella eseguita. A ci� aggiungasi che l'Impresa ha evitato l'onere dei sette diaframmi riduttori ed i maggiori oneri conseguen' ziali di casseratura per il getto di congl�merato, di minori volumi di ~� I muratura extra scavo e di muratura per le serrande in calotta. -: Per le suesposte considerazioni la domanda di cui al secondo quesito va disattesa. III Quesito -Compenso di L. 17.489.364 per pagamento .di kg. 81.726 di centine metalliche incorporate nei piedritti della galleria a semplice binario. L'Impresa, nell'affermare che lo scavo a tutta sezione della galleria a semplice binario � stato adottato dopo attento studio e dopo constatata la difficolt� e pericolosit� nei primi metri �di galleria scavati in sola calotta e quindi dopo il �getto della calotta in parte sottomurata, sostiene la pratica impossibilit� di limitare la centinatura metallica incorporata alla s�la calotta e, quindi, chiede l'accreditamento della parte di centine metalliche incorporate nei piedritti in ragione di kg. 81.726. L'Amministrazione res~stente, oltre ad eccepire la tardivit� della richiesta, sotto il profilo della non tempestiva iscrizione della riserva nel registro di contabilit�, richiama all'uopo, e per negarne la sua fondatezza, l'ordine di servizio n. 19, in data '23 maggio 1961, col quale � stata rifiutata l'autorizzazione all'esecuzione di strutture aggiuntive 698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEL~O STATO ed, in particolare, al maggior sviluppo della centinatura metallica per la parte corrispondente ai piedritti. Premesso che per quanto concerne l'eccepita tardivit� della riserva vale anche qui quanto si �. avuto occasione di esporre in relazione alla contabilit� provvisoria ed alla conseguente non operativit� dell'onere della riserva, nel caso di specie va rilevato che, 'ben a ragione, I'Amministrazione ha contestato la fondatezza della richiesta in esame. Ed infatti, sulla scorta del sopracitato ordine di servizio n. f9, emesso a seguito della richiesta fatta dall'Impresa alla Direzione dei Lavori, per la concessione del nulla-osta, dal lato tecnico, in relazione all'avanzamento proposto -diverso da quello previsto in sede progettuale -con lo scavo a tutta sezione, pureh� fossero adottati tutti gli accorgimenti necessari alla buona riuscita del lavoro ed alla sicurezza delle maestranze, risulta che la detta Direzione ha rifiutato l'autorizzazione all'impiego di strutture aggiuntive, precisando esplicitamente che l'avanzamento a tutta sezione, non essendo ritenuto indispensabile alla riuscita del lavoro, doveva essere considerato unicamente a vantaggio dell'Impresa e la Dirigenza non avrebbe potuto riconoscere e contabilizzare quelle strutture aggiuntive che si fossero rese necessarie per la condotta di un tale sistema di avanzamento, ed in particolare non avrebbe potuto contabilizzare il maggior sviluppo della centinatura metallica .per la parte corrispondente ai piedritti. Giova osservare, inoltre, che il nuovo prezzo n. 152, riportato nell'atto aggiuntivo e 1� verbale di nuovi prezzi in data 18 novembre 1961, sottoscritto dall'Impresa, sp�cificatamente prevede che l'impiego delle centine sarebbe stato fatto ad esclusivo ed insindacabile giudizio della Dirigenza in relazione alla natura dei terreni attraversati, stabilendo, la medesima Dirigenza, di volta in volta, la Sf\gomatura, la lunghezza e la distanza delle centine, nonch� la sezione delle singole parti metalliche. Pertanto, l'I:mrpresa era chiaramente edotta e consap~yole, prima dell'esecuzione delle relative opere, che la �centinatura metallica dei piedritti sarebbe sta!~ esclus-a dalla contabilizzazione perch� non ritenuta indispensabile alla riuscita del lavoro e .non autorizzata, anzi negata, da parte della Dirigenza, con la conseguenza che avendo eseguito l'opera con scavo a piena sezione e con l'armatura dei piedritti l'ha fatto di sua iniziativa, a suo esclusivo vantaggio ed interesse, pur sapendo, sin dalla data dell'ordine di ,servizio n. 19 e cio� dal maggio 1961, che l'Amministrazione non gliel'avrebbe certamente ricompensata. Qualsiasi altra argomentazione dell'Impresa, relativa alla asserita necessit� del magistero in rapporto anche al vantaggio dell'opera che sarebbe stato riconosciuto dal Direttore di Lavori, e dal Collaudatore, si infrange di fronte al pi� yolte menzionato ordine di servizio n. 19 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 699 del 23 maggio 1961 ed al successivo a~to aggiuntivo, in data 18 novembre stesso anno, col quale I'Appaltatore espressamente ha accettato e riconosciuto che l'impiego delle centine sarebbe stato fatto ad esclusivo ed insindacabile giudizio della Direzione dei Lavori. Senza dire che il vantaggio a�sserito dall'Impresa � stato escluso dall'Amministrazione con il provvedimento di rigetto della riserva adottato da1 Ministro su conforme parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Va disattesa, perci�, anche questa successiva richiesta contenuta nel terzo quesito. IV Ques.ito ~ Compenso di L. 85.825.502, quale differenza di prezzo per il conglomerato cementizio del rivestimento della calotta delle gallerie. L'Impresa afferma che il -calcestruzzo per il rivestimento della volta delle gallerie � stato �contabilizzato impropriamente con il prezzo dell'art. 134, il quale prevede gli oneri insiti nello specifico tipo di. lavoro, e d� per la mancanza di un prezzo corrispondente nell'elenco allegato al contratto, d'altra parte non potuto prevedere, essendo stato progettato il. rivestimento in muratura di blocchetti con l'art'. 135 e non in calcestruzzo; che il prezzo dell'art. 134, adottato in contabilit�, di L. 13.800 al mc. si riferisce �chiaramente � al rivestimento della calotta delle nicchie� e non alla calotta delle gallerie, poich�, altrimenti, si aniverebbe all'assurdo -che non trova riscontro in nessuna altra categoria di lavoro -di comp~nsare i lavori in galleria con prezzi r inferiori a quelli dei lavori all'esterno, per i quali � stato previsto il prezzo di cui all'art. 83, con i compensi di cui agli articoli 89 e 130 che portano il prezzo complessivo a L. 19.260. per mc. A sua volta I'Amministrazione, anche in ordine a questa richiesta, ha opposto eccezione di inammissibilit� per tardivit� de1fa iscrizione della riserva, sostenendo, nel merito, che il prezzo applicato � quello arppropriato; che solo per mero errore materiale di trascrizione la voce relativa menziona � rivestimento della calotta delle nicchie �, anzich� � rivestimento della calotta e delle nicchie �, senza potersi invocare l'esistenza di un altro prezzo di elenco per il rivestimento della calotta delle gallerie in blocchetti di calcestruzzo, non esistendo, secondo contratto, calotte, ma volti delle nicchie. In ordine all'eccezione d'inammissibilit� va ricordato, per disattenderla, quanto gi� � stato osservato in precedenza relativamente alla provvisoriet� della contabilizzazione ed alla conseguente improduttivit� degli effetti preclusivi derivanti, invece, soltanto dalla sussistenza di una contabilit� regolare e definitiva. Per il resto, data la evidente diversit� delle caratteristiche fra la calotta delle gallerie e la calotta delle nicchie e dei relativi oneri, non potendosi neppure accettare l'assunto dell'Amministrazione sul mero 700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO errore materiale di stesura dell'articolo, in quanto inammissibile anche sul piano logico, avuto riguardo alla evidente diversit� di prezzo fra i lavori esterni e quelli in sotterraneo, ne consegue la fondatezza della richiesta medesima. Ed invero, la dizione dell'elenco prezzi annesso al capitolato � talmente chiara, allorch� menziona espressamente il � rivestimento della calotta delle nicchie � da non consentire equivoci di_ sorta, tanto vero che non fa alcun cenno alla volta della stessa galleria, ma solo alla calotta delle nicchie. Conferma codesto convincimento, del resto, non solo il comportamento dell'Impresa, la quale, allorch� lAmministrazione ha ordii:iato la costruzione della �volta della galleria in calcestruzzo, immediatamente, con lettera 22 dicembre 1960, ha fatto presente che in contratto mancava il prezzo di tale magistero ed ha chiesto la formulazione di idoneo prezzo nuovo, ma, sopratutto, il fatto delle maggiori difficolt� ed oneri per il getto .della volta in galleria, a causa della ristrettezza, dei maggiori volumi, rispetto al teorico, della ventilazione e maggior costo della mano d'opera, rispetto ai getti delle volte all'esterno. Dagli atti contabili .risulta che all'Impresa � gi� stato accreditato il calcestruzzo di rivestimento della calotta delle gallerie con il prezzo dell'art. 134, nel quale � compreso anche l'onere per la centinatura del volto delle nicchie, di luce fino a ml. 2,00; non � invece compreso l'onere della centinatura dei volti delle gallerie di luce ml. 10,00 ed occorre, pertanto, stabilire il nuovo prezzo atto a compensare tale mag: giore onere. Per ragguagliare il nuovo prezzo a quelli di contratto, giusta quanto preescritto dall'art. 21 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, appare applicabile, per analogia, l'art. 130/c dell'elenco prezzi, ridotto dell'onere gi� insito nell'art. 134 per la centinatura dei volti delle nicchie di luce fino a ml. 2,00 (art. 130/a) ed incrementato del 20 % per tener conto dei lavori eseguiti in sotterraneo. Esso, quindi, risulta come segue: art. 130 -compenso per centinature dei volti di luce da m. 5,01 a m: 10 L. 6.360 Detrazione compenso per volti luce fino a ml. 2 . 1.270 restano L. 5.090 Maggia.razione per lavori in ,galleria: 20 % X L. 5.090 L. 1.018 prezzo per mq. di volto 6.108 TOTALE IN CIFRA TONDA L. 6.100 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 701 Il volume totale del calcestruzzo impiegato rper i rivestimenti delle calotte delle gallerie, al netto di quello relativo alle nicchie, risulta dalla contabilit� in mc. 8.643,422 (29,409 + �21,328) = mc. 8.592,685 cui corrisponde, tenuto conto dei vari spessori, la superficie complessiva rivestita di mq. 11.478. Ora, applicando il 'prezzo, come sopra determinato, si ott~ene il compenso spettante all'Impresa per tale titolo in L. 70.015.800 (Lire 6.100 x mq. 11.478), che al netto del ribasso d'asta del 31,02 % si riduce a L. 48.296.900 (quarantottomilioniduecentonovantaseimilanovecento). Nell'indicata somma di L. 48.296.900 deve essere' accolta, perci�, la richiesta relativa al quesito in oggetto. V Quesito -Compenso di L. 19.195.982, quali maggiori oneri incontrati dall'Impresa, per lo smaltimento delle acque di scolo delle gallerie, non potute scaricare attraverso i tombini comunali. Per l'impossibilit� di smaltire le acque fuoruscenti dalle gallerie, attraverso il tombino comunale, posto all'imbocco della galleria stessa. come previsto dall'art. 7, punto 9, del Capitolato speciale di appalto, l'Impresa ha chiesto il ristoro degli oneri sopportati per il tra�sporto, a mezzo autopompe, paTte a mare e parte in pubbliche discariche, delle acque fangose di risulta. Afferma l'Impresa che, dopo un breve periodo di �regolare funzionamento, il tombino non � stato in grado di smaltire le acque immessevi, non avendo il manufatto uno scarico diretto a mare, ma solo pozzi perdenti, insufficienti �allo scopo; che per ovviare a tale inconveniente, su ordine della Dirigenza e del Comune di 'Drieste, ha dovuto provvedere prima alla pulitura continua del tombino, all'ampliamento dei pozzi perdenti ed alla costruzione di apposite vasche dt decantazione; succe~sivamente al trasporto a rifiuto delle acque fangose, mediante autobotti, con una spesa complessiva lorda di L. 19.195.982, �di cui chiede il rimborso. Anche qui _l'Amministrazione ha sollevato puntualmente l'eccezione di decadenza della quinta riserva e nel merito ha obiettato che ~a pre senza �di fanghi nelle acque � dipesa dal degradamento delle rocce marnose e che, con una migliore organizzazione del cantiere, con op portuni accorgimenti tecnici, quali per esempio la stesa di un'idonea in ghiaiata sul fondo della galleria e la tempestiva costruzione di opere provvisionali, l'Impresa avTebbe potuto eliminare i ristagni di acqua, I diminuendo conseguentemente gli effetti nelle rocce' lasciate scoperte; I che i vari magisteri, successivamente adottati dall'Impresa per l'eli minazione dei fanghi, sono dipesi da proprie imprevidenze e non pos sono costituire oggetto di particolari compensi; che, anche per il dispo I sto dell'art. 7, punto 8, del Capitolato speciale di appalto, l'Impresa era ! obbligata ad assicurare (la relativa spesa essendo compresa nei prezzi Ij l RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 702 della tariffa stessa) la esecuzione, la manutenzione e il regolare esercizio degli impianti p_er l'esaurimento delle acque di infiltrazione di qualunque entit�. Va, innanzi tutto, disattesa l'eccezione sollevata dalla difesa del1' Amministrazione, richiamando in proposito la inapplicabilit� della sanzione di preclusione, al caso di specie, per le ragioni, pi� volte esposte e che � inutile ripetere; nel merito si osserva che il Capitolato speciale di appalto, all'art. 7, punto 9, prevede espressamente che � l'Appaltatore dovr� provvedere a sua cura e spese allo smaltimento di eventuali acque di infiltrazione nell'interno della galleria fino al tombino di m. 1 posto all'imbocco della galleria stessa �. Precisa, quindi, il contratto in modo inequivocabile gli oneri ed i compiti spettanti alla Impresa, che rimanevano fissati neilo smaltimento delle acque dall'interno della g�lleria fino al tombino ,comunale. Gli. altri oneri a carico dell'Impresa, fissati al punto 8 dello stesso art. 7, quali la esecuzione, la manutenzione, il regolare esercizio degli impianti per l'esaurimento delle acque di infiltrazione di qualunqu� entit�, rimanevano, quindi, ci!rcoscritti nel tratto compreso dall'interno delle gallerie al tombino, specificato in contratto, e non <;>ltre. L'effi.denza del tombino, la sua funzionalit� ed il punto di scarico pi� o meno valido rientravano negli oneri dell'Amministrazione, essendo stata apposta nel contratto la �clausola dell'art. 7 n. 9 senza alcuna altra alternativa. Peraltro, l'affermazione dell'Amministrazione, secondo cui sarebbero stati i fanghi contenuti nelle acque a provocare l'inefficienza del tombino � certamente da ,disattendere, posto che la comune esperienza dimostra l'impossibilit� che le acque fuoruscenti da_ gallerie, nonostante tutti g1i accorgimenti, possano raggiungere un qualsiasi grado di limpidezza. Del Testo, l'Impresa, com'� incontestato, non ha esitato a pren~ere, di .propria iniziativa, 9uei provvedimenti atti ad eliminare, ma senza risultato, la irregolare .funzionalit� del tombino, avendo provveduto, a ,sue spese, a ripulire il tombino medesimo, a costruire le vasche di decantazione, a stendere una inghiaiata negli avvallamenti formatisi sul fondo delle gallerie e, allorch� tutti i provvedimenti adottati si sono � dimostrati inutili, ha dovuto cambiare radicalmente sistema di smalti mento delle dette acque, ricorrendo all'impiego di autobotti, sospen dendo il servizio solo quando I'AmmiJ!listrazione si decise ad ordinare 1 la costruzione di un'apposita condotta in acciaio per lo scarico delle acque a mare e regolarmente pagata all'Impresa. Da quanto esposto non sussiste dubbio sulla fondatezza della richie sta di compenso, nei dovuti limiti, avuto riguardo che le operazioni di smaltimento delle acque delle gallerie si sono dovute svolgere in modo del tutto diverso da quello coptrattualmente previsto e indubbiamente PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 703 pi� oneroso d.i quello fissato dal Capitolato speciale; senza dire che I'Ammin�IStrazione, prima 'con l'ordinazione dei diversi e provvisori sistemi di scarico di fortuna e, successivamente, col pagamento della conduttura in acciaio, per lo scarico diretto a mare delle acque stesse, ha rkonosciuto, in definitiva, che la previsione dell'art. 7 del Capitolato speciale era risultata, in concreto, assolutamente inadeguata. Del resto, dalle prove testimoniali hinc et. inde raccolte (senza la violazione del contraddittorio lamentata dalla difesa dell'Amministrazione nella udienza istruttoria del 21 aprile 1970, non avendo essa ottemperato -in nessuna delle risposte alla domanda avversaria [1 memoria in data 20 novembre 1969] di ammissione del1a prova testimoniale poi espletata il 23 marzo 197Cf -all'art. 244, sec~:mdo comma, c.p.c., relativamente sia all'articolazione dei fatti per la controprova diretta, sia all'indicazione dei testi) � risultato quanto appresso: -il tombino comunale, che raccoglieva le acque discendenti dalla montagna, passava in sotterraneo sotto il viale Miramare, raggiungeva, sempre in sotterraneo, la zona del Porto Franco e dopo circa 20 metri lineari si arrestava; sicch� le acque si disperdevano per assorbimento nella zona circostante comprendente anche il fascio dei binari di smistamento; -dopo l'inizio dello scarico delle acque della galleria nel tombino, a causa del fun~ionamento irregolare, lo stesso fu pi� volte espurgato e ripulito a cura e spese dell'Impresa e, persistendone il funzionamento irregolare, � intervenuto il divieto, da parte del Comune di Trieste, di scaricare le acque nel tombino stesso in data 3 maggio 1962; -in conseguenza di tale divieto, l'Impresa � stata costretta ad organizzare un servizio di autobotti con pompe ad aspirazione. Nella prima fase, e cio� dall'inizio del trasporto con autobotti fino al 20 luglio 1961, secondo il teste CARINI, indotto sia dall'Impresa, sia dall'Amministrazione, la discarica avveniva a mare nella zona concessa dalla Capitaneria di Porto di Trieste ad una distanza di drca 1 km. dal punto di carico, circostanza confermata anche dal teste CEscuT, indotto dall'Impresa, il quale ha limitato, per�, il periodo della prima fase in due o tre mesi e la distanza in km. 1,5 e, nella seconda fase, cio� dalla seconda met� di luglio 1961 fino all'agosto 1963 (geom. CARINI), nella unica discarica ammessa, alle � Noghere �, ad una distanza di circa 20 km. Anche quest'ultima circostanza � stata confermata dal geom. CEscuT, il quale ha specificato il periodo da due a tre mesi, dopo l'inizio del servizio autobotti, fino all'agosto, 1963. La quantit� giornaliera di acque fangose trasportate con autobotti � stata indicata dai due testi in mc. 12 (per un anno, secondo il CARINI 15 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e per 9 mesi secondo il CEscuT) ed in mc. 30 giornalieri sino alla fine, stabilita al 20 agosto 1963. Secondo i risultati della prova testimoniale : le autobotti impiegate erano in media due della capacit� di mc. 6 ciascuna; mentre la percentuale di materiali solidi contenuti nelle acque fangose era del 10 % ; l'Impresa aveva costruito n. 2 gruppi di vasche di decantazione con due o tre vasche ciascuno delle dimensioni di circa ml. 2 X 20 2 X 15; i fanghi depositati nelle vasche venivano portati a rifiuto con autocarri. Il piano delle gallerie era in terreno naturale costituito da marne calcaree con alternanza di arenarie e su di esso non � stata stesa alc�na inghiaiata, essendo stati colmati solo gli avvallamenti con� materiale arido e ghiaia, in proporzione circa del 40-50 % dell'intero piano, che si presentava coperto da quasi cm. 30 di fango, derivante dal degradamento dei materiali rocciosi costituenti il fondo sia per la presenza di acque freatiche sia per il passaggio degli automezzi nell'interno della galleria; le acque fangose venirvano aspirate dall'interno all'esterno mediante pompe, nella galleria a doppio binario, o fatte defluire per scorrimento nella cunetta laterale, nella galleria a binario unico. Orbene, per la determinazione del compenso da riconoscere alla Impresa, tenuto conto di tutte le circostanze sopra elencate, che hanno reso notevolmente pi� onerosa la prestazione e tenuto 1conto degli elementi di spesa indicati nella riserva dell'appaltatore, se ne deduce che: a) nessun compenso pu� spettare all'istante per la pulizia e riattivazione del tombino per '.L'uso indiscriminato di esso con acque fangose senza alcuna preventiva decantazione; b) che, del pari, nessun compenso pu� essere riconosciuto per la costruzione successiva delle vasche di decantazione, in quanto essa rientrava negli accorgimenti da adottare a cura dell'Impresa per un regolare svolgimento del lavoro; c) che nessun compenso pu� essere riconosciuto per il trasporto dei fanghi decantati �con autocarro in quanto essi rappresentavano una parte dei materiali di 1scavo, per il quale trasporto l'Impresa � gi� stata compensata; d) che il traspoTto con autobotti, prima nella zona a mare concessa dalla Capitaneria e poi alla discarica pubblica � Noghere ., deve essere compensato in ragione del tempo impiegato per ogni viaggio, ma con una. diminuzione del 10 % avuto riguardo al materiale solido contenuto nelle acque fangose; e) che per il periodo di scarico a mare, dalle met� di marzo fino al 20 luglio 1961, si possono considerare 90 giorni lavorativi; !J; .f. :] i i ~f: ~,,: ȓ il I ~ A~ !��ff w ~ II ~=~=~ Ili I, ~? PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 705 f) �che il tempo impiegato dalle autobotti per ogni viaggio in detta zona, compreso carico, scarico e manovre pu� essere determinato in ore 1; g) che per il successivo periodo dal 20 luglio 1961 alla met� di marzo 1962, durante il quale rimaneva inalterata la quantit� media di acque fangose trasportate in mc. 12, il cui s�arico avveniva alle � Noghere �, si possono considerare 170 .giorni.lavorativi; h) che per l'ultimo periodo dal marzo 1962 all'agosto 1963, riferito sempre alla discarica delle �Noghere., ma con una quantit� media giornaliera di mc. 30, tenuto conto che l'Impresa fa scadere tale periodo al 20 aprile 1963 e non al 20 agosto stesso anno, come indicato dai testi, si possono considerare 280 giorni lavorativi; i) che il tempo impiegato dalle autobotti, per ogni viaggio alle � Noghere., compreso carico e scarico pu� essere determinato in ore 2; l) che il costo medio orairio delle autobotti, riferito all'epoca di che trattasi, pu� essere fissato, in base alla comune esperienza, in L. 4.000; tanto premesso, ritiene il Collegio, quindi, di poter determinare in L. 13.176.000 (tredicimilioni centosettantaseimila) il giusto compenso da corrispondere per la riserva di cui al quesito. VI Quesito -La richiesta <riguarda il rimborso della somma di L. 640.756, corrisposta all'Amministrazione ferroviiaria per il rallentamento dei treni e la sorveglianza al momento del brillamento � delle 'mine in parte degli scavi esterni, in �corrispondenza dell'imbocco di Barcola. Secondo l'Impresa codesta somma sarebbe a carico della committente, la quale avrebbe tratto vantaggio dall'esecuzione degli scavi effettuati con mine, sia' pure ridotte nelle cariche e nei brillamenti, mentre, in caso contrario, avrebbe dovuto sopportare il maggior onere dello scavo con mezzi meccanici, retribuibile con una maggiore spesa di olt!re L. 2.000.000. Pertanto, essendo l'Amministrazione l'unica. e vera beneficiaria del sistema di scavo adottato, dovrebbe assumersi anche gli oneri relativi sopportati dall'Impresa. La difesa del Ministero, a sua volta, affermando che l'uso dell'esplosivo � ridondato ad esclusivo vantaggio dell'Impresa, la quale aveva urgenza di ampliare il piazzale antistante l'imbocco di Barcola e che la situazione dei luoghi, per la vicinanza di una ferrovia in esercizio e del frequentatissimo Viale Miramare, doveva essere ben nota all'Impresa, sin dal momento della presentazione dell'offerta, richiama il disposto dell'art. 9, lett. c), del Capitolato speciale di appalto, il quale prescrive che l'appaltatore dovr� evitare in ogni modo che, per fatto suo o dei suoi dipendenti ed operai, venga, sia pure mi:nimamente, compromessa la sicurezza del traffico e della ferrovia in esercizio. I ! l l lI l l l I I I I I 1 I j l I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 706 Il Collegio, considerato che, in effetti, l'Impresa non poteva ignorare la situazione dei luoghi, con le conseguenti limitazioni ed oneri che sarebbero stati inevitabilmente imposti; tenuto conto che la sollecita sistemazione del piazzale antistante l'imbocco Barcola ha consentito all'Impresa l'impianto del cantiere con il rapido inizio della produttivit�, ritiene che gli oneri ferroviari di che trattasi debbano essere posti a carico dell'istante. Del resto, rientra nella comune diligenza ed � �di intuitiva conoscenza per una Impresa la previsione che, durante lo sparo di mine all'esterno, debbano porsi guardiani e segnalazioni, effettuare protezioni, far rallentare i convogli ferroviari, avuto riguardo alla presenza dell'esercizio stesso in prossimit� dei lavori. Pertanto, la richiesta � da respingersi, trattandosi indubbiamente di oneri connessi al contratto di appalto, dei quali l'appaltatore Marchioro doveva tenere debito conto al momento in cui ha formulato la sua offerta. VII Quesito -Rimborso della penale per l'intero ammontare di L. 960.000, detratto sul conto finale e non per la sola somma ridotta di L. 680.000, come consentito dall'Amministraz;ione. L'Impresa afferma che tutti i lavori, compresi quelli del 20 atto aggiuntivo, costituiscono oggetto di un unico contratto, il cui termine di scadenza, con le sospensioni avvenute e con le proroghe Tegolarmente concesse, era fissato al 28 aprile 1964. Senonch�, essendo stata accertata l'ultimazione al 24 marzo 1964, essa deve ritenersi perfettamente tempestiva, anzi anticipata, con la 'conseguenza che l'eventuale breve ritardo prospettato dall'Amministrazione sarebbe dipeso unicamente �dal modo rallentato ed ostacolato in cui si svolgevano i lavoTi come dedotto nelle precedenti riserve �. La difesa della Committente, mentre nella la memoria afferma che la penaile di L. 960.000 � stata legittimamente inflitta all'impresa per l'imputabile ritardo di giorni 48, tuttavia, nella terza memoria, riconoscendo l'assunto avversario, secondo cui, in sostanza, trattasi di � oggetto unitario di un unico .contratto ., conferma l'offerta della somma di L. 680.000. Il Collegio concorda perfettamente sul punto della unicit� dell'oggetto del contratto e ritiene inesatto, nonch� in contrasto con i termini contrattuali, il procedimento adottato dall'Amministrazione di considerare i lavori del 2� atto aggiuntivo a s� stanti ai soli .fini del termine della loro ultimazione, tanto da redigere un verbale di consegna ed un verbale di ultimazione distinti da quellli dei lavori principali. Pertanto, nella specie, non pu� parlarsi di penale per il ritardo nella esecuzione di parte delle opere, semmai di ritardo nell'esecuzione PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 707 totale dellla opera rispetto all'ultimo termine contrattuale di ultima zione. In base al 2� atto aggiuntivo il termine contrattuale di ultimazione veniva ad essere differito al 10 marzo 1964, tenuto conto di una sospensione .regolarmente verbalizzata. Infatti, mentre il termine del contratto principale -tenuto conto delle sospensioni e delle proroghe veniva a scadere il 7 giugno 1963 -per effetto del 2� atto aggiuntivo che prorogava di sette mesi .il term.ine stesso e della sospensione di giorni 63 la definitiva scadenza veniva protratta al 10 marzo 1964 e cio� nove mesi e tre giorni dalla suddetta data del 7 giugno 1963. Pertanto l'ultimazione effettiva � avvenuta con soli 14 giorni di ritardo. Ma tenuto conto che il comportamento dell'Amministrazione -con la compi<lazione di due distinti verbali di ultimazione dei lavori: uno ~ relativo ai lavori previsti nel contratto originario e l'altro relativo ai I lavori previsti nel 2� atto aggiuntivo -ha disorientato l'Impresa al punto di rendere non esattamente riconoscibile l'effettiva scadenza del I termine; tenuto conto delle vicissitudini attraverso le quali si sono svo[ti (poi collaudati con piena soddisfazione dell'Amministrazione committente) per i rallentamenti causati dalle impreviste e imprevedibili difficolt� di esecuzione, si ritiene accoglibile per tali motivi (ad I dotti nel 7� quesito in via subordina.fa alla tesi principale della tem pestivit� di ultimazione dei lavori) la domanda dell'Impresa di accre I ditamento dell'intera penale di L. 960.000, comprese in tale importo ~ le 680.000 lire gi� offerte dall'Amministrazione. I In conclusione, alla stregua delle esposte considerazioni, ritiene il I ~ Collegio che, nei limiti specificati, debbano essere accolte le richieste dell'Impresa MARCHIORO, per un totale complessivo netto di Lire 169 .25 7 .900 (centosessantanovem.ilioniduecentocinquantasettem.ilanovecento) quale si evince dal seguente quadro� riassuntivo: < I 1) Compenso per maggiori oneri sopportati negli scavi in roccia con limitazioni delle cariche di esplosivo e dei brillamenti L. 106.825.000 2) Compenso per ile volte delle gallerie in getto di calcestruzzo 48.296.900 3) Compenso per maggiori oneri sopportati dall'Impresa nello smaltimento delle acque di scolo delle gallerie " 13.176.000 I 4) Rimborso importo della intera penale trattenuta dalla Amministrazione committente . 960.000 I I ~ TOTALE GENERALE L. 169.257.900 1: VIII Quesito -Con questo quesito l'Impresa richiede J.a correspon,. ~ sione di interessi, in ragione del 12 % , a decorrere dalle rispettive data f di costituzione in mora (inserimento delle riserve) fino al soddisfo. ~ f ~ -� I ---I 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alla richiesta la difesa dell'Amministrazione fondatamente oppone la disciplina stabilita nella materia di che trattasi dall'ultimo comma dell'art. 40 Cap. Gen. 1895 (applicabile nel presente appalto in quanto in vigore all'epoca della sua stipulazione) e che concede l'interesse annuo del 5 % sulle somme contestate a partire da due mesi dalla data della registrazione del decreto, emesso in esecuzione dell'atto con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono state risolte le controversie. Secondo l'Impresa istante, invece, la limitazione del 'tasso del �5 % sarebbe dettata dall'articolo -40 solo per le somme contestate, che l'ultimo comma dell'articolo riallaccia alla disciplina svolta prima nei riguardi del conto finale, non appartenendo a questa categoria le richieste di indennizzi e compensi che non avrebbero mai potuto essere in I cluse nel conto finaJe, perch� non discendenti dal prezzo pattuito originariamente o successivamente e cio� : i risarcimenti .dei danni per inadempienze o violazioni degli obblighi dell'Amministrazione committente; gli indennizzi e compensi dovuti in base all'art. 1664 e.e.; i compensi per opere non contemplate, o non tariffate e che l'Amministrazione non ha voluto iriconoscere e neppure discutere, con la conseguenza che per tutte le richieste attinenti a tali titoli, non comprese nella deroga dell'art. 40, deve essere applicata la legge civile e cio� la decorrnza degli interessi dalla produzione del fatto dannoso per i casi di illecito (art. 1219, comma Il, n. 1, cod. civ.), dalla data di costituzione in mora (data delle riserve) per gli altri titoli di debito (art. 1219, 1� comma, cod. �civ.) e misura del danno da ritardo secondo la regola dell'art. 1224, secondo comma, cod. civ. In proposito, va ricordato, invece, che la giurisprudenza arbitrale ha costantemente �ribadito che per � somme contestate � ai sensi e per gli effetti dell'ultimo comma dell'art. 40 Cap. gen. 1895 devono intendersi tutte le somme attribuite all'istante in virt� della pronuncia arbitrale, ivi comprese quelle liquidate a titolo di risarcimento danni, per la protrazione del vincolo causata da fatto dell'Amministrazione appaltante (lodo arb. ?O maggio 1963; lodo arb. 3 aprile 1967; lodo arb. 4 ottobre 1969). Ed, infatti, la formula della disposizione dell'art. 40 Cap. gen. � comprensiva di ogni ipotesi di �somma contestata�, senza alcuna possibilit� di restringere la portata deUa norma stessa, che detta un'unica disciplina dell'obbligo di corresponsione degli interessi; sicch�, di fronte alla espressa clausola, non pu� trovare applicazione la norma disciplinatrice del codice civile, tanto pi� che il 10 comma dell'art. 40 esclude qualsiasi indennizzo per ritardi di pagamento e la intera disposizione risulta �regolarmente recepita, come patto contrattuale, nell'appalto de quo. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 709 Del resto, anche l'orientamento dei giudici ordinari � dell'avviso della giurisprudenza arbitrale, essendo stato ritenuto, in sede di impugnazione di lodo, anche dalla Corte di Appello di Roma, che � gli interessi sulle somme contestate e riconosciute in sede amministrativa o contenziosa cominciano a decorrere solo dopo la registrazione del decreto emesso in esecuzione dell'atto con il quale � sfata risolta la controversia� (Corte App. Roma, 22 dicembre 1965, n. 225; Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666). -(Omissis). I I ~ SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 25 febbraio 1970, n. 478 -Pres. Restaino -Rel. Baietto -P. M. Lojacono (conf.). Rie. Laurenti. Reato -Peculato -Tassa pari al decimo dei diritti e della indennit� di trasferta spettanti all'ufficiale giudiziario -Versamento effettuato nelle mani dell'ufficiale giudiziario -Appropriazione delle relative somme -Sussistenza del reato. (art. 314 c.p.; 154 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229). In forza dell'art. 154 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, recante norme nell'ordinamento degli ufficiali giudiziari, l'Ufficiale giudiz,iario � costituito temporaneo depositario in virt� dell'obbligo di esigere dalle parti la tassa del 10 % a carico deUe medesime, delle somme a tale titolo incassate, senza che possa verificarsi alcuna confusione fra l'importo delle somme, pure ammontanti al 10 % , dovute direttamente dallo ufficiale giudiziario, quale suo tributo, e l'importo della tassa riscossa dai privati. E ci� perch� due sono i soggetti della obbligazione� tributaria, ciascuno dei quali in rapporto diretto, ai fini del debito sostanziale, con la Amministrazoine, con la ccmseguenza che l'appropriazione o la distrazione delle somme versate dai privati concreta, a carico dell'ufficiale giudiziario, il reato di peculato (1). (1) Un'ipotesi di peculato degli ufficiali giudiziari. Nel corso del processo, definito con la sentenza che si annota, era stato accertato che l'imputato, ufficiale giudiziario� dirigente del servizio presso una Pretura, non aveva versato all'ufficio del Registro le somme percepite . dalle parti a titolo di tassa nella misura del 10 % dei diritti e delle indennit� spettanti agli ufficiali giudiziari come una norma del loro ordinamento, l'art. 154 del d.P.R. n. 1229 del 1959, prescrive. Rinviato a giudizio e condannato per peculato, l'imputato aveva sostenuto la tesi che del reato contestato mancasse l'elemento essenziale dell'appartenenza del danaro alla Pubblica Amministrazione, traendo argomento dal sistema dell'ordinamento degli ufficiali giudiziari, ed, in particolare, dall'art. 122 che ne prevede la retribuzione mediante diritti da esigere sugli atti dei quali sono richiesti e dall'art. 159 che consente all'Ufficio del Registro di provvedere alla riscossione delle somme da lui dovute mediante ingiunzione fiscale, per affermare che si trattava di denaro proprio sul PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 711 quale l'Amministrazione vantava un mero diritto di credito. L'Ufficiale giudiziario incasserebbe cio� denaro destinato a pagamento di diritti ed indennit� a lui stesso spettanti e su cui l'Erario avrebbe un credito di imposta, sia cl).e il pagamento di questa tassa venga posto -in tutto o in parte -a carico della parte che paga, sia che venga posto a carico dell'ufficiale giudiziario: mancherebbe quindi qualsiasi appartenenza del denaro allo Stato, essendo anzi di spettanza dell'Ufficiale giudiziario per diritti ed indennit� (salvo il diritto di credito tributario per tassa di bollo, per tassa del doppio 10 %, per tassa del 50 % o del 70 %, se l'ammontare dei diritti e delle indennit� super� un determinato ammontare, in relazione agli st!pendi degli impiegati dello stato). L'ordinamento all'art. 122 attribuirebbe questo particolare potere di incassare denaro dalle parti, a titolo di diritti ed indennit�, e di trattenere tale denaro, in sostituzione dello stipendio che il funzionario non percepisce dallo Stato: l'ufficiale giudiziario avrebbe solo l'obbligo di annotare tutte le somme che incassa, proprio ai fini del cvedito che lo Stato ha nei confronti di quelle somme. La previsione poi, nelle � Disposizioni tributarie � di uno strumento, tipico del rapporto debitorio d'imposta, qual'� l'ingiunzione fiscale (art. 159) costituirebbe ulteriore argomento per l'affermazione difensiva respinta dalla sentenza della Corte Suprema. Nonostante le particolari norme ora citate e sulle quali l'imputato ha costruito la sua difesa, la decisione della Cassazione appare pienamente conforme al sistema. L'art. 154 del d.P.R. 15 dicembre 1958, n. 1229, stabilisce che gli ufficiali giudiziari sono tenuti a versare allo Stato una tassa del 10 % sui diritti e sulle indennit� di trasf.erta per gli atti o per le commissioni da loro compiuti. Uguale tassa � dovuta dalle parti sugli stessi diritti ed indennit�, in aggiunta all'eventuale imposta di bollo dovuta per la quietanza. Entrambe le tasse sono corrisposte, a mezzo degli ufficiali giudiziari, mediante applicazione di marche del valore corrispondente sull'originale degli atti oppure, come nella specie in modo virtuale su autorizzazione del ministero delle Finanze. Dall'esame delle suddette norme si rileva che la legge designa come debitori della tassa disgiuntamente, ciascuno per la propria quota, l'ufficiale giudiziario e la parte. Inoltre il 3� comma dell'articolo citato pone a carico dell'ufficiale giudiziario non gi� l'adempimento dell'obbligo contributivo della parte, ma la riscosisone e il versamento all'Erario delle somma da questo dovuta. Di conseguenza la citata norma non attua la sostituzione dell'ufficiale giudiziario all'.effettivo debitore della tassa nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria, ma prescrive le modalit� di esazione tramite l'ufficiale/ giudiziario stesso rendendola pi� faci1e ed economica. La parte � perci� liberata dalla sua obbligazione verso l'Erario all'atto �el versamento della tassa nelle mani dell'ufficiale giudiziario, il quale, da questo momento, � da considerarsi possessore, e non semplicemente debitore in veste di sostituto del soggetto passivo della tassa, della somma corrisposta dalla parte. In .definitiva, l'ufficiale giudiziario non � un cessionario del credito tributario, ma un semplice incaricato dell'esazione. Tale conclusione non � contrastata dal testo dell'art. 122, essendo perfettamente compatibile l'esazione dei diritti a titolo di retribuzione con l'esazione dell'imposta per conto e nell'interesse dello Stato, .n� dal testo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 712 dell'art. 159 che prevede il ricorso all'ingiunzione fiscale: nulla vieta infatti al legislatore di ricorrere ad uno strumento di esazione, normalmente adottato per i rapporti di debito e credito, anche per ipotesi di mera detenzione, specie quando, nonostante la diversit� del titolo che legittima la situazione giuridica (creditoria, di propriet�, possessoria o di semplice detenzione) non � possibile per la fungibilit� e la non determinabilit� del bene, ricorrere alla forma specifica di esecuzione e quella cio� per consegna di bene mobile (per la esclusiva riferibilit� delle �escuzioni in forma specifica a situazioni che no siano d'obbligazione, v. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, III, art. 474). Per :;iuanto concerne i precedenti giurisprudenziali, v. Cass. 9 luglio 1963, rie. P. M. c. Maestri, in Giust. pen., 1964, II, 383 massima 455, che costituisce l'unico precedente in termini. Con giurisprudenza costante, la Cassazione ritiene altres� che risponda di peculato l'agente dell'appaltatore delle imposte che si appropria del denaro versato dal contribuente (Cass. 9 luglio 1962, in Giust. pen., 1963, II, 501 massima 705; 31 marzo 1960, ivi, 1961, II, 456 massima 188; 8 luglio 1963, ivi, 1964, II, 384 massima 456). PAOLO DI TARSIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 28 febbraio 1970, n. 2630 -Pres. Piazzese -Rel. Azara -P. M. De Andreis -Rie. Monticolo. Delitti contro l'integrit� e la sanit� della stirpe -Delitti contro la incolumit� pubblica -Delitti colposi di danno e di pericolo -Disastro Nozione -Fattispecie in tema di naufragio. Per accertare la sussistenza degli estremi del delitto d~ disastro colposo, di' cui aLl'art. 449 c.p., ove � compreso il naufragio o la sommersione di una nave, si deve aver riguardo non �allo stretto significato lessicale della parola � disastro �, nel senso di eccezionale avvenimento nefasto apportatore di immam e irrimediabili rovine, bensi al concetto giuridico di evento grave e complesso, dal quale pol'Jsa deriv�are pericolo per la vita e la incolumit� delle persone, indeterminatamente considerate, e, quindi, prescindendo dal numero di coloro dei quali sia stata in pericolo l'incolumit�. In particolare, perch� si verifichi _l'anzidetta situazione di pericolo, � sufficiente che un natante non sia pi� in grado di galleggiare regolarmente, di portare U proprio carico e di navigare con esso: e ci� indipendentemente dal numero delle persone, che si trovino a bordo al momento del sinistro (1). (Omissis). -Il 15 ottobre 1964, verso le ore 7,40 la motoba'l'ca � Arianna � al comando del conduttore per la pesca costiera Italico (1) Con questa sentenza sembra che la Corte Suprema, confermando un indirizzo gi� ~spresso, (v. nello stesso senso Cass. IV 26 aprile 1968, n. 1004, in Massimario Ufficiale, 1968, p. 594, n. 107.705) ritorni sui suoi PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 713 Maier stava rientrando dalla pesca nel porto di Trieste. Dopo avere costeggiato il molo 1frate1li Bandiera ad una distanza di circa 10 metri, si accinse ad accostare a dritta per entrare nel bacino � Sacchetta �. Allorch� la detta motobarca giun~e all'altezza della testata del molo fino ad allora costeggiato, il Maier avvist� il rimorchiatore � Pirano ., comandato dail. capo barca Giuseppe Monticolo, che stava uscendo dallo stesso bacino. Poich� l'avvistamento era avvenuto a breve distanza, il Maier accost� a sinistra nel tentativo di passare di prora al rimorchiatore. Senor,ch� il rimorchiatore accost� a dritta mettendo la ma�cchina indietro. A sua volta, il Maier, accortosi non poter riuscire nella manovra di accostata a sinistra, accost� a 'dritta a tutta barra e and� ad urtare, con 'il dritto di prora della motobarca, contro il mascone di sinistra del � Pirano �. A seguito dell'urto, l' � Arianna � riport� notevoli danni a �tutte le strutture ed al fasciame della parte prodiera, per cui si diresse immediatamente p�r raggiungere la testata del molo Venezia. Non appena vi giunse, la motobarca affond� a causa dell'acqua imbarcata, mentre le due persone a bordo riuscirono a mettersi in salvo. A seguito di ci�, si procedette penalmente contro il M_aier e il Monticolo, i quali furono rinviati a giudizio davanti al Tr�!bunale di Trieste per rispondere del delitto di sommersione colposa di nave ai sensi degli artt. 41, 449 pp. e 428 pp. c.p. in relazione agli artt. 25 e 28 della legge 16 maggio 1961, n. 450 (norme per prevenire gli abbordi in mare): In particolare, al Monticolo si contest�: a) di non aver tenuto il rimorchiatore da lui comandato nella met� di destra del passaggio, rispetto alla propria rotta; b) di non aver segnalato, con un suono prolungato di fischio, che si trovava in uno specchio d'acqua riservato alle navi in entrata; c) di non aver segnalato, con un suono breve di fischio,, l'accostata a dritta da lui effettuata. Al Maier, a sua volta, si fece carico passi, dopo aver per anni posto l'accento sulla estrema gravit�, complessit� estensione ed allarme sociale che caratterizzano il disastro (v. Cass. I, 25 settembre 1964, in Cass. Pen. Massimario Annotato, 1965, p. 1017, n. 1817; I, 16 novembre 1964, ivi, 1964, p. 246, m. 412; IV, 13 novembre 1963 ivi 1964, p. 623, m. 1056; IV, 20 febbraio 1961, ivi, 1964, p. 454, m. 991; I, 1� aprile 1958, in Giust. pen., 1959, II, 243; I, 24 gennaio 1958, in Riv. it. dir. proc. pen., 1959, p. 281). Il criterfo cosi adottato peraltro non sembra che possa andare esente da critiche. Innanzi tutto l'introduzione di una distinzione fra l'accezione comune e l'accezione giuridica del termine contrasta con la ratio legis, cos� come manifestata nel sistema normativo ed espressamente indicata nella relazione del guardasigilli, che, a proposito di disastro ferroviario, recita: � Si � proposto di definire il disastro ferroviario e di indicare quali siano le condizioni che possano autorizzare il giudice a ritenerlo verificato perch� con sicurezza di criteri sia dato distinguere la situazione di pericolo dall'evento di danno in una fattispecie cos� deli 714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di avere imprudentemente accostato prfma a sinistra e poi a dritta, anzich� continuare nella sua iniziale accostata a sinistra. Con sentenza 15 novembre 1967, il detto Tribunale dichiar� il Monticolo co:lpevole del reato ascrittogli con le attenuanti generiche e lo condann� ad otto mesi di reclusione con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione; lo condann�, inoltre, al risarcimento dei danni a favore del Maier, costituitosi parte civile, assegnando provvisionale di L. 300.000. Lo stesso Tribunale prosciolse, joi, il coimputato Maier perch� il fatto non costituisce reato. Su appello del Monticolo, la Corte di Trieste, con sentenza 14 giugno 1968, ha ritenuto il concorso di colpa della parte lesa nella misura del 20 % ed ha confermato, nel resto, la pronunzia dei primi giudici. Il Monticolo ricorre ora per cassazione, deducendo due motivi di annullamento. MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo motivo di ricorso, si assume che la sommersione de1la motobarca rientrerebbe nel concetto di disastro, ma non ne rivestirebbe gli estremi richiesti dall'art. 449 cod. pen., in quanto, nella specie, non sarebbe stata messa in pericolo la incolumit� di pi� individui, non potendo due pescatori essere considerati come una pluralit� di persone. Tale doglianza non pu� essere accolta, considerando quanto segue. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 449 c.p., per accertare la sussistenza degli estremi del delitto di disastro colposo, ove � compreso il naufragio o la sommersione di una nave, si deve avere riguardo non allo stretto significato lessicale della parola � disastro � nel senso di eccezionale avvenimento nefasto apportatore di immani e irrimediabili rovine, bens� al concetto giuridico di evento grave e complesso, dal cata, che ha dato luogo a continuo e vivo dibattito, Ma la proposta non mi � sembrata accettabile. Le definizioni sono dettate soltanto nei casi in cui si � voluto dare un particolare significato giuridico ad una determinata parola, che potrebbe non coincidere perfettamente col significato filologico della stessa. � ovvio che in ogni altro caso s'intende che la parola � richiamata nel suo� significato comune�. � evidente nelle ragioni di politica legislativa, tuttora valide, che hanno posto le incriminazioni dei delitti contro l'incolumit� pubblica che l'estrema gravit� dei reati previsti e la variet� dei casi in cui sono realizzabili le fattispecie descrittive sconsigliavano l'introduzione di definizioni giuridiche cos� come hanno sconsigliato l'unificazione dei reati in un'unica fattispecie. In secondo luogo, voler distinguere un concetto giuridico da un concetto comune della parola disastro porta necessariamente, per la gravit� del significato filologico del termine, ad attribuire a questo un pi� blando significato con la conseguenza di ampliare ingiustificatamente la sfera di applicabilit� della norma ed introduce una distinzione superflua, poich� PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 715 quale possa derivare pericolo per la vita e la incolumit� delle persone, indeterminatamente considerate, e, quindi, prescindendo dal numero di coloro, dei quali sia statta posta in pericolo la incolumit�. In particolare, perch� si verifichi l'anzidetta situazione di pericolo, � sufficiente che un natante non sia pi� in grado di gal1leggiare regolarmente, di portare il proprio carico e d� navigare con esso: e ci� indipendentemente dal numero delle persone, che si trovino a bordo al momento del sinistro. Bene, pertanto, la Corte di Trieste ha affermato la responsabilit� penale del Monticolo e la colpa concorrente del Maier, perch�, con le loro rispettive azioni, avevano provocato J.'affondamento della motobarca ed avevano, conseguentemente, messo, con ci�, in pericolo la pubblica incolumit�, a nulla rilevando che l'equipaggio della motobarca medesima fosse composta di sole due persone. Parimenti infondato � il secondo motivo di ricorso, col quale si lamenta illogicit� e contraddittoriet� della motivazione, in quanto manclnerebbe il nesso di �causalit� tra il comportamento del Monticolo e la sommersione della motobarca. Secondo il ricorrente, l'evento dannoso sarebbe stato determinato esclusivamente dalla imperizia marinara del Maier. Osserva, anzitutto, la Corte che non sussiste, neJ. caso concreto, la lamentata contradittoriet� di motivazione perch� tale vizio si ha soltanto quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento della propria decisione risultino sostanzialmente contrastanti l'una con l'altra fino ad elidersi a vicenda, in guisa da rendere impossibile la ricostruzione del procedimento logico giuridico seguito da�l giudice stesso nel formare il proprio convincimento. Ci� posto, va ricordato che, ai fini della operativit� del principio, contenuto nel secondo comma dell'art. 41 c.p. -per �cui le cause il criterio, unico, al quale va fatto riferimento, � quello del pericolo per la pubblica incolumit�. � In terzo luogo, per applicare la norma di 1cui all'art. 449 c.p. al caso di specie, non vi era alcun bisogno di far ricorso alla definizione di � disastro � quasi che in questo termine il legislatore abbia voluto unificare ogni evento previsto dal capo I dei delitti contro l'incolumit� pubblica. L'art. 449 stabilisce, � vero, che � chiunque cagiona per colpa un incendio o un altro disastro previsto dal capo primo d� questo titolo, ecc. � ma con ci� non si � certo voluto dire che il naufragio, la strage, l'inondazione o il crollo di costruzioni debbano, per costituire un reato, essere naufragi disastrosi, stragi inondazioni o crolli disastrosi, sicch� se tali non siano, non vi sarebbe reato, ma semplicemente rinviare alle descrizioni contenute nella fattispecie dolose. Un naufragio quindi � un naufragio e basta, cos� come lo � un crollo, senza bisogno di alcuna altra aggettivazione o qualificazione che induca il giudice ad altra indagine oltre quella della sua mera sussistenza, da condurre con i comuni strumentt d'accertamento. Ch� anzi, voler stabi 716 RASSEGNA DELL'AVVOCA~URA DELLO STATO sopravvenute escludono il rapporto di causalit� quando siano state da sole sufficienti a determinare l'evento -causa sufficiente deve intendersi soltanto quella che, integrandosi in un fattore <fol tutto eccezionale, abbia avuto influenza decisiva per il verificarsi dell'evento. Pertanto, colui il quale iponga in essere situazioni di pericolo, risponde anche delle �conseguenze eventualmente provocate da un imprevisto comportamento imprudente della vittima; e ci� perch� tale comportamento interviene quaJ.e coefficiente, impr�visto o imprevedibile, di uno stato di fatto illegittimo, anteriormente determinatosi, il quale resta imputabile all'agente, dal momento che il caso fortuito, successivamente verificatosi, non prepondera in tal misura da assumere, di per s� solo, valore sufficiente a determinare l'evento medesimo. Pertanto, oltre a creare una situazione di pericolo, versa in colpa, in �quanto non osserva le norme per la preyenzione degU abbordi in mare, il comandante di una nave a propulsione meccanica, il quale, navigando in un canale o in un qualsiasi altro passaggio stretto, non mantenga il natante da lui condotto nella met� destra del passaggio o canale rispetto alla propria rotta, non proceda con la dovuta attenzione e cauteJ.a e ometta di segnalare la propria presenza col fischio quando, per la conformazione dei luoghi, non sia possibile avvistare altri natanti che si avvicinino in senso opposto. _ I principi di dirHto test� enunciati trovano puntuale riscontro nella impugnata sentenza. Infatti, i giudici di secondo grado -in esito ad una congrua valutazione delle risultanze processuali -hanno esattamente ritenuto che l'imputato navigava spostato tutto a sinistra, lasciando libero alla sua destra un tratto di mare di oltre 55 metri. � ovvio -esattamente si dice neJ.la denunziata sentenza -che, quando i due natanti furono alla distanza di circa 30 metri l'uno dall'altro, i rispettivi comandanti, te- lire una definizione di � disastro � da adoperare per tutti i casi previsti da quel titolo del codice penale sarebbe estremamente pericoloso, per la variabilit� delle ipotesi: il pericolo per la pubblica incolumit� nel disastro ferroviario ad esempio si atteggia in modo molto diverso che non nel naufragio o sommersione di nave ove l'evento assume; sempre, caratteri di maggior drammaticit�, sicch� quello che in terra ferma non � disastro ben pu� esserlo per mare. Ci� � tanto vero, che la Suprema Corte, avendolo esattamente percepito, ma volendo comunque dare u'na definizione di disastro valida per ogni caso, si � trovata costretta, per emanare una sentenza giusta e adeguata al caso di specie, come quella in nota, a dar�e della parola una definizione pi� ampia. Per la dottrina, v. ERRA, Disastro ferroviario, marittimo, aviatorio, in Enciclopedia del diritto, che da appunto atto del sistema analitico volutamente seguito dal codice penale. PAOLO DI TARSIA PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 717 nuto conto del tratto che li lleparava, ebbero subito la percezione del pericolo ed ognuno di essi esegu� la manovra, .c!he ritenne pi� opportuna ed efficace; manovre, che, nella loro concreta attuazione si rivelarono errate. Se il Monticolo -rettamente si conclude nehla sentenza stessa non avesse navigato col suo rimorchiatore nel settore destro della imboccatura, non avrebbe messo in crisi la navigazione della � Arianna �, la quale avrebbe potuto agevolmente incrociare, senza che il suo conduttore fosse stato costretto ad improvvisare una manovra, peraltro non riuscita, nel tentativo di schivare la pericofosa situazione creata dal Monticolo. -(Omissis). \ PARTE SECONDA l l m .., ' ~. ' . I % I f:;:a � �. ~ I!? rri ~~ ' '1~~ ' . ' 17N1filf&Zl'�illillmfillFrJFffimilllffw81r&'filffWMfillffftrttlf&l'fǥf&r�f&1rillm1m11rt� RASSEGNA DI DOTTRINA G. DI FEDERICO, n reclutamento dei magistrati. Ed. Laterza, Bari, 1968, pagg. 157. G. DI FEDERICO, La Corte di Cassazione. Ed. Laterza, Bari, 1969, pagg. 292. Entrambi i volumi del DI FEDERICO qui in esame affrontano il problema della giustizia ~ome organizzazione nel pi� .vasto quadro dell'indagine sull'Amministrazione della giustizia e della societ� italiana in trasformazione (per altri volumi della collana, gi� da noi recensiti v. questa Rassegna). Il primo volume costituisce un primo approccio alla conoscenza dei delicati problemi di natura organizzativa che concernono l'Amministrazione giudiziaria. Il secondo affronta pi� specificamente le caratteristiche della struttura organizzativa della Corte di Cassazione e dei suoi organici ed il flusso del lavoro giurisdizionale della Corte medesima. Nell'indagine sul reclutamento, accanto alla descrizione delle operazioni del processo di scelta dei magistrati, non mancano osservazioni critiche e proposte, concepite queste ultime anche sulla base dell'esame di sistemi diversi di selezione adottati, ad esempio, nei paesi anglosassoni. Nella ricerca sulla Suprema Corte appare degna di rilievo la rivelazione dei molteplici effetti negativi che sul rendimento degli Uffi.ci giudiziari possono avere i provvedimenti legislativi, le decisioni del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero di Grazia e Giustizia se adottati senza una preventiva conoscenza dei complessi fattori che incidono sull'andamento del lavoro giurisdizionale. Interessante, altres�, la individuazione presso la Corte di Cassazione di prassi e strutture del tutto informali che hanno l'effetto ora di rendere pi� funzionale l'apparato organizzativo del Supremo Consesso ora, invece, di appesantirlo rendendo pi� difficoltoso l'assolvimento degli obiettivi istituzionali. Il secondo dei volumi in rassegna � corredato da un'appendice (redatta dallo stesso A. e da R. BoRRUso) dove viene considerato, nei risultati gi� acquisiti �e nelle sue promettenti possibilit� di sviluppo futuro, l'esperimento attualmente in corso per l'utilizzazione di strumenti meccanografici ed elettronici nell'ambito del lavoro giurisdizionale. Si possono conclud�r�e queste brevi note affermando che entrambe le ricerche in rassegna contribuiscono a diffondere, attraverso un linguaggio non specialistico ed un'ampia documentazione, la conoscenza di un settore che tanto rilievo ha per il corretto funzionamento di uno Stato democratico.� Esse, d'altro canto, delineando ed evidenziando i nei che il sistema palesa forniscono elementi di giudizio per organiche iniziative di riforma e di riammodernamento delle strutture della giustizia nel nostro paese. L. M. DuNI -DE FALCO, Depenalizzazione delle contravvenzioni stradali, La Tribuna Ed., Piacenza, 1970, pagg. 208. Il lavoro recensito costituisce il pi� recente ripensamento sul sistema della c.d., � depenalizzazione � introdotta con la legge 3 maggio 1967, n. 317, limitatamente alle norme riguardanti la circolazione stradale. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Gli Autori, insigni specialisti della materia, hanno potuto mettere a frutto una esperienza teorica e applicativa oramai triennale sulla applicazione della normativa analizzata, pervenendo per questa strada ad una compiuta e coerente visione della intera disciplina, ispirata ad un'unica idea centrale, e cio� al carattere nettamente civilistico del sistema ingiunzione- opposizione-esecuzione a sua volta inquadrato in preesistenti, collaudati schemi dell'ordinamento positivo. Da questa impostazione di fondo conseguono poi coerentemente le soluzioni delle molteplici questioni interpretative relative a singoli punti della problematica discussa. Nelle linee essenziali la struttura del libro si articola secondo il testo della legge di depenalizzazione, esaminando cos� -dopo una premessa di carattere generale sulla nozione di sanzione amministrativa -i diversi momenti della serie procedimentale elaborata dal legislatore, e cio�: l'accertamento, la contestazione e la eventuale conciliazione della violazione di legg�e, l'emanazione del provvedimento di i{i_giunzione e la correlativa opposizione, l'esecuzione forzata della sanzione irrogata ed i provvedimenti relativi alla patente di guida ed alla carta di circolazione.. Il lavoro � utilmente corredato da una appendice contenente il testo della legge, una tabella sinottica delle trasgressioni depenalizzate e la circollare n. 300/44950 B del Ministero dell'Interno che indica l'orientamento interpretativo dell'Amministrazione competente. T. A. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (*) Leg9e 1� luglio 1970, n. 406. -Converte in tlegge, con modificazioni, il decreto-legge 1� maggio 1970, n. 192, concernente la determinazione della durata della custodia preventiva nella fase del giudizio e nei vari gradi di esso (G. U. 2 luglio 1970, n. 164). d. I. 27 agosto 1970, n. 621. -Contiene provvedimenti per il riequilibrio della situazione congiunturale con particolare .riguardo alla finanza pubblica e alla produztone (G. U. 27 agosto 1970, n. 216). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, nella parte in cui non subordina alla condizione che 1:a moglie non abbia mezzi sufficienti il dovere del marito di somministrarle, in proporzione delle sue sostanze, tutto ci� che � necessarfo ai bisogni della vita (1). Sentenza 13 luglio 1970, n. 13<3, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 17 giugno 1969 del pretore di Venezia, G. U. 13 agosto 196�9, n. 207. codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), quinto comma, nella parte in cui esclude la pretesa della moglie a non usare il cognome del marito, in regime di separazione per colpa di quest'ultimo, nel caso che da quell'uso possa derivarle un pregiudizio (2). Sentenza 13 luglio 1970, n. 128, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1968 del tribunale di Milano, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275. �(*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. ( � �) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. (1) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 dicembre 1967, n. 144 e 26 marzo 1969, n. 45. (2) L'art. 156, primo comma, del codice civile � stato dichiarato incostituzionale, -..,n sentenza 23 maggio 1966, n. 46, nella parte in cui pone a carico del marito, in I I ----I ~ARV~AP~~APARV~IAi!UWJ 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, nella parte in cui prevede come circostanza aggravante e come causa di procedibilit� d'ufficio del reato di danneggiamento il fatto che tale rea,to sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero o da datori di lavoro in occasione di serrata. Sentenza 6 luglio 1970, n. 119, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanze di rimessione 20 febbraio 1969 del pretore di Feltri (G. U. 9 aprile 1969, n. 91), 2 ottobre 1969 del pretore di Brescia (G. U. 24 dicembre 1'969, n. 324), e 4 dicembre 1969 del pretore di San Miniato (G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 <Competenza per le contravvenzioni), art. 1242 (Decreto di condanna), art. 1243 (Dichiarazione di opposizione e d'impugnazione), art. 1246 (Esercizio dell'azione civile), e art. 1247 (Conversione delle pene pecuniarie). Sentenza 9 luglio 1970, n. 121, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di r.imessione 11 aprile 1969 del pretore di Recanati (G. U. 18 giugno 1969, n. 152), 15 aprile 1969 del comandante del porto di Castellammare di Stabia (G. U. 8 ottobre 1969, n. 256), 5 luglio 1969 del capo di circondario marittimo di Porto S. Stefano (G. U. 22 ottobre 1969, n. 269), 5 agosto 1969 del comandante del porto di Venezia (G. U. 26 novembre 1969, n. 299), 16 settembre 1969 (due) del comandante del porto di Sall.erno (G. U. 26 novembre 1969, n. 299), 9 ottobre 1969 del tribunale di Napoli (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24), 12 novembre 1969 del tribunale di Siracusa (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24), e 17 novembre 1969 del pretore di Voltri (G. U. 11febbraio19!70, n. 37). r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le frodi nella torrefazione del caff�), art. 7, secondo comma, nella sola parte in cUi per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del �co�dice di procedura penale. Sentenza 6 luglio 1970, n. 118, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanze di rimessione 5 novembre 1969 del tdbunale di Reggio Calabria (G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e 15 novembre 1969 del pretore di Melito Porto Salvo (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 15, nella parte in cui esso non prevede l'obbligo del tr.ibunale di disporre la comparizione de1l'imprenditore in camera regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, i.ndipendentemente dalle condizioni economiche di costei. L'analoga questione proposta per la ipotesi di separazione per colpa del marito � stata invece dichiarata non fondata con sentenze 28 marzo 1969, n. 45 e 13 luglio 1970, n. 133. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 125 di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura di tale procedimento (2 bis). Sentenza 16 luglio 1970, n. 141, G. U. 22 luglio 19'�'O, n. 184. Ordinanze di rimessione 17 ottobre 1968 del tribunale di Venezia (G. U. 26 marzo 1969, n. 78), 7 novembre 1968 del tribunale di Milano (G. U. 2 luglio 1969, n. 165), e 29 gennaio 1969 della corte di appello di Brescia (G. U. 9 aprile 1969, n. 91). r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, deU'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 147, secondo comma, nelle parti in cui: a) non consente ai soci illimitatamente responsabili l'esercizio del diritto di difesa nei limiti compatib1li con la natura del procedimento di camera di consiglio prescritto per la dichiarazione di fallimento; b) nega al creditore interessato la legittimazione a proporre istanza di dichiarazione di fallimento di altri soci illimitatamente responsabili nelle forme dell'art. 6 del regio decreto predetto. Sentenza 16 1uglio 1970, n. 142, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze 8 novembre 1968 del tribunale di Udine (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25) e 12 giugno 1969 del tribunale di Livorno (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per la invaliditd, la vecchiaia e i superstiti), art. 10, ultimo comma, nella parte in cui esclude il riconoscimento del periodo di servizio militare prestato dal 25 maggio 1915 al 1� luglio 1920 quando sia computabile per le pensioni a carico di altre forme di previdenza, anzich� escluderlo solo quando per tali pensioni sia stato effettivamente comrputato (3). Sentenza 9 luglio 1970, n. 125, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 21 novembre 1968 del tribunale idi L'Aquila, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145 (Norme sul trattam~nto economico e normativo per gii agenti e 'l'appresentanti di commercio delle imprese industriali), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes il tentativo di conciliazione preveduto dall'art. 14 de~( 2 bis) Relativamente a quattro ordinanze emesse in sede penale (11 e 12 marzo 1969 e 6 dicembre 1969 del pretore di Roma, G. U. 11 giugno 1969, n. 145, 9 luglio 1969, n. 172 e 25 febbraio 1970, n. 50; e 19 maggio 1969 del tribunale di Roma, G. U. 9 luglio 1969, n. 172) la questione, cosi come quella dell'art. 18 secondo comma, � stata dichiarata inammissibile. (3) Analoga questione, proposta per il primo comma della disposizione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 8 giugno 1963, n. 78. 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'accordo economico collettivo del 20 giugno 1956, per la disciplina del rapporto d'agenzia e !l."appresentanza commerciale (4). Sentenza 9 luglio 1970, n. 127, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 10 maggio 1969 del pretore di Como, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico e normativo degli O:IJerai di:Pendenti dalle im:PTese edili ed affini delle :Provincie di Ancona, Ascoii Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 8, secondo comma, del contratto collettivo 1 � ottobre 1959, integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere rper gli operai dipendenti dalle imprese delle industrie edilizia e affini della provincia di Macerata, e nelle parti in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10, secondo comma, del medesimo contratto collettivo 1� ottobre 1959 (5) (6). Sentenza 9 luglio 1970, n. 126, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di rimessione 28 maggio 1969 del pretore di Recanati, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 10 (Inizio della obbligatoriet� delle leggi e dei rego�lamenti) (a!l."t. 21, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 9 il.uglio 1970, n. 122, G. U. 15 luglio 1970, n. 177.. Ordinanza di rimessione 30 dicembre 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, nella parte concernente l'ipotesi di separazione personale per colpa del marito (7) .. (4) Per analoghe declaratorie di illegittimit� costituzionale cfr. sentenze 6 luglio 1965, n. 56 e 4 febbraio 1967, n. 9. , (5) Per la parte relativa all'art. 10, secondo comma, del contratto collettivo 1 � ottobre 1959� la illegittimit� costituzionale � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. (6) P�r altre declaratorie di illegittimit� costituzionale del d.P.R. 2 maggio 1961, n. 868 v. in questa Rassegna, 1969, Il, 156, ed ivi nota 61. (7) Analoghe questioni sono state dichiarate non fondate con sentenze 12 dicembre 1967, n. 144 e 26 marzo 1969, n. 45. Il quinto comma dell'art. 156 del codice civile � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 13 luglio 1970, n. 128, nella parte in cui esclude la pretesa della moglie a non usare il cognome del marito, in regime di separazione personale per�colpa di quest'ultimo, nel caso che da quell'uso possa derivarle un pregiudizio. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 127 Sentenza 13 luglio 1970, n. 133, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di rimessione 17 ottobre 1968 del tribunale di Udine (G. U. 12 marzo 1969, n. 66), 21 dicembre 1968 e 8 gennaio 1969 della corte di appello di Roma (G. U. 11 giugno 1969, n. 145 e 2 luglio 1969, n. 165), e 9 gennaio 1969 della corte di appello di Genova (G. U. 21 maggio 1969, n. 128). codice civile, art. 1916 (Diritto di surrogazione dell'assicuratore) (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1970, n. 115, G. U. 8 �luglio 1970, n. 170. Ordinanza di rimessione 24 ottobre 1968 del tribunale �di Udine, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 2221 (Fallimento e concordato preventivo) (artt. 3 della Costituzione). 1Sentenza 16 giugno 1970, n. 94, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 27 giugno 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 76. codice di procedura civile, art. 621 (Limiti della prova testimoniale) (artt. 3, 24, primo comma, e 42 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1970, n. 112, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 15 dicembre 1968 del pretore di Verbania (G. U. 12 marzo 1969, n. 66) e 19 febbraio 1969 del pretore di Roma (G. U. �3 ottobre 1969, n. 256). codice di procedura civile, art. 700 (Condizioni per: la concessione), � nei sensi di cui in motivazione � (art. 21, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1970, n. 122, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 30 dicembre 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 96, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza 1di rimessione 7 febbraio 1'969 �del giudice di sorveglianza del tribunale di Mantova, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice penale, art. 663 (Vendita, distribuzione e affissione abusiva di scritti o disegni) (art. 21 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. llillif&rffiKMmmf@1ffillfi.illillNlliillf&fil@~rnmili!MKfiif:fffffffiffilf@ffffilftffilff&imifflf.lli@Kill1fffifffllifilillfI@illmf1MfiJ < 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 31 (Competenza del pretore), art. 74 <Esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero o del pretore) (8), art. 231 (Atti e informative del pretore) (9), art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), ultimo comma (10), art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) (11), e art. 403 (Domanda di riapertura), ultimo c�omma (artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, 108 e 112 della Costituzione). Sentenza 9 lu~lio 1970, n. 123, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di �rimessione 25 gennaio 1969 del pretore di Porretta Terme (G. U. 12 marzo 1969, n. 66), 24 marzo 1969 del pretore di Prato (G. U. 11 giugno 1969, n. 145), e 3 giugno 1969 del pretore di Roma (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). codice di procedura penale, art. 93 (Diehiaraz?.one costitutiva di parte civile), secondo comma, art. 94 (Formalit� della costituzione di parte civile), primo e secondo comma, e art. 468 (Discussione finale) (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1970, n. 108, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 10 gennaio 1969 del pretore di San Giovanni Valdarno (G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e 7 febbraio 1969 del tribunale di Arezzo (G. U. 26 marzo 1969, n. 78). codice di .procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore d'ufffoio all'imputato) e art. 130 (Rapporto al Consiglio deLl'Ordine a carico del difensore dell'imputato che abbandona la difesa -Provvedimenti per la sostituzione) (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione) (12). Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze d.i rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore del (8) Altra questione di legittimit� costituzionale, dell'ultima parte dell'art. 74 del codice di procedura penale � stato dichiarata non fondata con sentenza 7 dicembre 1964, n. 102. (9) Dichiarazione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, n. 148 (nella parte in cui esclude che agli atti di polizia giudiziaria compiuti o disposti dal pretore si applichino gli artt. 390, 304 bis, ter e quater) e modificata con legge 5 dicembre 1969, n. 932.' (10) Il terzo comma della disposizione (che � stata poi modificata con legge 7 novembre 1969, n. 780) � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit�, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. (11) V. retro, II, 11, ed ivi nota 18. (12) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt, 24, terzo comma, e �35, primo comma, della Costituzione, con sentenza 22 dicembre 1964, n. 114. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), 10 dicembre 1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n. 78), e 12 a!Pri � 1e 1969 del giudice istruttore del tribunale di Milano (G. U. 22 otto bre 1969, n. 269). codice di procedura penale, art. 170 (Notificazio1J1,i aU'im,putato ir1 �eperibile), terzo comma (art. 24, secondo comma della Costituzione) (13). Sentenza 6 luglio 1970, n. 117, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanza di rimessione 15 ottobre 1968 del pretore di Iseo, G. U. 11 giugno 196::>, n. 145. codice di procedura penale, art. 314 (Facolt� del giudice di procedere a perizia), secondo c�omma, limitatamente alla parte in cui fa divieto di perizia per stabilire � la tendenza a delinquere, il carattere e la personalit� dell'imputato e in genere le qualit� psichiche indipe!/1,denti da cause patologiche� (art. 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1970, n. 124, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 16 gennaio 1969 del pretore di Bologna, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di pl'ocedura .penale, art. 501 (Comparizione del contumace), primo comma, per l'inciso � prima che sia cominciata la discussione I finale �, e ultimo comma (art. 24 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1970, n. 111, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. I Ordinanze di rimessione 22 maggio 1968 della seconda sezione penale della Corte di cassazione (G. U. 30 novembre 1968, n. 305) e ! 10 dicembre 1968 della Corte d'appello di Caltanissetta (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). codice di procedura penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), artt. 4 e 5 (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore del tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), e 10 dicembre 1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n. 78). codice della navigazione, art. 1304 (Norme appUcabili al personale arruolato) (art. 39 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 99, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 3 maggio 1968 della Corte di cassazione, I G. U. 28 dicembre 1968, n. 32�9. I l (13) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, � nei sensi di cui in motivazione �. con sentenza 18 giugno 1963, n. 90. I ! �-�--Il 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delle leggi sui gratuito patrocinio), art. 18 (avtt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 12 agosto 1968 del giudice istruttore del tribunale di Vercelli, G. U. 30� novembre 1968, n. 305. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 148 (artt. �3, 24, primo, secondo e terzo comma, e 113 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1970, n. 116, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanza di rimessione 7 ottobre 1968 del tribunale di Genova G. U. 12 marzo 1969, n. 66. ' r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le frodi nella torrefazione del caff�), artt. 5 e 6 (artt. 24 e 3 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1970, n. 118, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanze di rimessione 5 novembre 1969 del tribunale di Reggio Calabria (G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e 15 novembre 1969 del pretore di Melito Porto Salvo (G. U. 28 genm;1.io 1970, n. 24). r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento deile norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sui trattamento giuridico-ecoinomico del irersonale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), cosi come modificato dall'articolo unico della legge 24 luglio 1'957, n. 633, art. 10, quarto comma (artt. 3, 24, :primo comma, e 35, prlmo comma, della Costituzione) (14). Sentenza 13 il.uglio Hl70, n. 130, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di rimessione 4 febbraio 1969 (tre) e 3 gennaio 1970 del pretore di Torino (G. U. 9 aprile 1969, n. 91 e 25 marzo 1970, n. 76). r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale), artt. 4 e 5 (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1� Luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore del tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), e 10 dicembre 1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n; 78). r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), artt. 108, primo comma, 109, primo, secondo e terzo comma, (14) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 21 marzo 1969, n. 39, in riferimento all'art. 36 della Costituzione. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 131 e 145 (artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 17 gennaio 1969 del pretore idi Orbetello (G. U. 26 marzo 1969, n. 78), 25 gennaio 1969 del pretore di Gemona del Friuli (G. U. 2 luglio 1969, n. 165), 11 febbraio 1969 del pretoire di Bologna (G. U. 16 apri.ile 1969, n. 98), 22 aprile 1969 del pretore di Sampierdarena (G. U. 9 luglio 1969, n. 172), e 17 giugno 1969 del pretore di Bologna (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). r. d'. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 113 (art. 21 della Costituzione). Sentenza l3 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni suU'assegno� bancario, sull'assegno circolare e su alcuni titoli speciali� dell'Istituto cU emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), ar,+. 116, inciso � e nei casi pi� gravi la reclusione sino a sei mesi �, nei sensi di cui in motivazione (artt. 24, secondo �comma, e 25, secondo comma, della Costituzione) (15). Sentenza 13 luglio 1970, n. 131, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 22 gennaio 1969 del pretore di Bologna, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. r. d. I. 6 febbraio 1936, n. 377 (Norme per la risoluzione del rapporto di lavoro marit.timo a tempo indeterminato), artt. 1 e 2 (art. 39 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 99, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 3 maggio 1968 della Corte di cassazione, G. U. 28 dicembre 1968, n. 32�9. r. d. I. 13 settembre 1938, n. 1730 (Autorizzazione al comune di Bologna ad applicare il contributo di fognatura), convertito. con legge 5 gennaio 1939, n. 269 (artt. 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1970, n. 113, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 28 giugno 1968 del tribunale di Bologna, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. (15) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 53 e 7 giugno 1962, n. 47. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Nolf'me integrative della cUsciplina II delle pubbliche affissioni), artt. 2 e 4 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 J.uglio 1970, n. 177. Ifj Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, secondo comma, 33 e 72 (artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, 108 e 112 della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1970, n. 123, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di rimessione 25 gennaio 1969 del pretore di Porretta Terme (G. U. 12 marzo 196,9, n. 66), 24 marzo 1969 del pretore di Prato (G. U. 11 giugno 1969, n. 145), 3 giugno 1969 del pretore di Roma (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), e 12 luglio 1969 del pretore di Torino (G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97 (art. 21, terzo comma, dclla Costituzione). Sentenza 9 luglio 1970, n. 122, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 30 dicembre 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fatlimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 1 con tutte le norme di legge che ne derivano (art. 3 della Costituzione). � Sentenza 16 giugno 1970, n. 94, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 27 giugno 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. d. lg. C. P. S. 8 novembre 1947, n. 1417 (Disciplina delle pubbliche affissioni e detla pubblicit� affine), art. 9 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni suila stampa), art. 21, terzo comma, nella parte in cui non prevede l'interrogatorio dell'imputato prima della citazione a giudizio direttissimo (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (16). 16) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 56 e 3 dicembre 1969, n. 146. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 133 Sentenza 26 giugno 1970, n. 109, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 20 dicembre 1968 del tribunale di Como, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. d. lg, 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri o apolidi), artt. 1 e 2 (artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione) (17). Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 11 febbraio 1969 del :pretore di Bologna (G. U. 16 apriie 1969, n. 98), 25 marzo 196'9 del pretore di Tione (G. U. 23 luglio 1969, n. 186) e 22 aprile 1969 del pretore di Sampierdarena (G. U. 9 luglio 1969, n. 172). d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 205 (artt. 24, 25, prima parte, e 3 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 95, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di dmessione 30 ottobre 1968 del pretore di Modena, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle le�ggi sulle imposte dirette), art+. 261 e 262. (artt. 3 e 4 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1970, n. 114, G. U . .a luglio 1970, n. 170. Ordinanze di rimessione 17 luglio 1968 del Consiglio nazionale forense (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318), 30 gennaio 1969 della Corte d'appello di Venezia (G. U. 21 maggio 1969, n. 128), e 27 marzo 1969 del tribunale di Treviso (G. U. 18 giugno 1969, n. 152). legge reg. sarda 17 dicembre 1968, riappr. 6 novembre 1969 (Autorizzazione al trasporto all'esercizio successivo degli Olf'dini di accreditamento emessi dall'Amministrazione regionale per spese in conto capitale), arti� colo unico (art. 81 della Costituzione e artt. 41 e 26 delle norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna). Sentenza 26 giugno 1970, n. 107 G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 1� dicembre 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311. NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 1751 (Indennit� per lo scioglimento del contratto), in quanto :prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo per la ipotesi (17) Altre questioni di legittimit� costituzionale del d.Ig. 11 febbraio 1948, n. 50 sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 76, 77, 14, 3, 2 e 10 della Costituzione, con sentenza 26 giugno. 1969, n. 104. 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto non imputabile all'agente (artt. 3 e 36 della Costituzione) (18). Tribunale di Naipoli, ordinanza 11 marzo 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. codice penale, art. 266 (Istigazione di militari a disobbedire all� leggi), primo comma, in quanto punisce manifestazioni di pensiero a carattere istigatorio o apologetico indipendentemente da un qualsiasi effetto sulla struttura giuridica e disciplinare della �compagine militare (aTt. 21 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 28 aprile 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto attribuisce al pubblico ufficiale un prestigio maggiore di quello. riconosciuto agli altri cittadini (artt. 1, 3, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione) (19). PretoTe di Montebel1una, ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Pretore di. Caltanissetta, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 1 � !luglio 1970, n. 163. codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, in quanto assume, come fondamento dell'aggravante speciale, con ingiustificata discriminazione a danno det lavoratori, il nesso di occasionalit� con l'eseicizio del diritto di sciopero (artt. 3 e 40 della Costituzione) (20). Giudice istruttore del tribunale di Ferrara, ordinanza 28 marzo 1970, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. codice di procedura penale, art. 28 (Autoritd del giudicato penale in altri giudici civili o amministrativi), in quanto estende gli effetti del giudicato a soggetti rimasti estranei al giudizio penale (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) (21). Tribunale di Bologna, ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. (18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 maggio 1970, n. 75. (19) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109. � (20) Dichiarazione dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con sentenza 6 luglio 1970, n. 119. (21) Questione dichiarata non fondata con sentenza 19 febbraio 1965, n. 5. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 135 codice di procedura penale, art. 169 (Prima notificazione all'imputato non detenuto), primo comma, in quanto consente la consegna a persona diversa dall'imputato di atti a contenuto pregiudizievole per la riservatezza del destinatario, senza imporre cautele idonee ad evitare la violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza (art. 15, primo comma, della Costituzione) (22). Tribunale di Torino, ordinanza 12 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. codice di procedura penale., art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), primo comma, in quanto non consente al difensore di assistere all'interrogatorio de1l'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). Corte costituzionale, ordinanza 4 giugno 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. codice di procedura penale, art. 413 (Riunione di giudizi) e art. 439 (Questioni preliminari), in quanto consentono al giudice di non applicare le noi-me �he prevedono lo spostamento di competenza in caso di connessione con procedimento pendente davanti ad �altro giudice (art. 25, primo comma, della Costituzione). Pretore di Volterra, ordinanza 2 aprile 1970, G. U. �15 luglio 1970, n. 177. r. d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compra.vendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico presso le� sedi dell'Automobile Club d'Italia), convertito con legge 19 febbraio 1928, n. 510, art. 7, secondo comma, in quanto prevede la decadenza dal beneficio del termine indipendentemente dalla gravit� delil'inadempimento o dallo stato di insolvenza del debitore, consente la vendita dell'autoveicolo sequestrato immediatamente dopo la esecuzione del sequestro e non consente al debitore di interloquire in ordine alle modalit� della vendita; art. 7, terzo comma, in quanto stabilisce per l'opposizione un termine di soli dieci giorni, pi� breve di quello stabilito dall'art. 641 del codice di procedura civile per il procedimento (22) Per l'ultimo comma della disposizione differente questione � stata proposta, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale di Sondrio (ordinanza 23 maggio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). (23) Questione gi� proposta dal pretore di Camposampiero (ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e dal pretore di Roma (ordinanza 9 febbraio 1970, G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e, per l'art. 303 del codice di procedura penale, dal giudice istruttore del tribunale di Roma (ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128). 17 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di ingiunzione (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (24). Pretore di Recanati, ordinanza 31 marzo 1970, G. U. 22 luglio I 1970, n: 184. i r. cf. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme suUa disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in ragione di concessione), artt. 26 e 27 deJl'al� legato A, in quanto limitano il diritto all'indennit� di anzianit�, non prevedendolo per i casi di destituzione e di dimissioni (art. 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. / r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento delta Corte dei conti), art. 64, in quanto, con criterio diverso da quello stabilito in tema di pensioni di guerra dall'art. 14, secondo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, sancisce la inammissibilit� del ricorso proposto da chi abbia dscosso l'indennit� concessa in luogo della pensione privilegiata ordinaria iprima della scadenza del termine per ricorrere alla Corte dei conti (artt. 3, primo .comma, 24, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione, ordinanza 2 febbraio 1970, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli �ordinamenti .tributari), art. 29, terzo c:omma, in quanto consente di ricorrere contro le decisioni delle commissioni provinciali delle imposte solo in ipotesi di � grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione deU'imponibile ., escludendo la tutela giurisdizionale per le controversie relative alla determinazione del valore imponibile (art. 113 d�1la Costituzione) (25). Tribunale di Napoli, ordinanza 29 dicembre 1969, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. (24) Altra questione di legittimit� costituzionale, proposta per il quarto comma delle disposizione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 5 maggio 1967, n. 59. (25) Questione gi� proposta dalla corte di appello di Torino (ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125) e, per l'art. 22, terzo comma, dal tribunale di Milano (ordinanza 18 aprile 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e dalla corte di appello di Torino (ordinanza citata). La stessa questione � stata gi� proposta anche per l'art. 285, primo comma, del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 (ordinanza 4 dicembre 1969 del tribunale di Rimini, G. U. 4 marzo 1970, n. 57) e per l'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (ordinanza 27 febbraio 1970 della corte di appello di Torino, G. U. 20 maggio 1970, n. 125). EfclUfilNfilTdfff�fffITi.fiWJfWJ&fflf:Ifffifffffilffffilffirff[[ffJfillmffffffilJGTurftlfffffiffffil'iffffEfflffilffiflfffJiffffffiffiffffil PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 137 r. d. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazfoni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie pe1� l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), convertito, con modifiche, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, art. 1O, prima parte, in quanto stabilisce, ai fini della qualificazione di invalido, differenti percentuali di riduzione della capacit� per gli impiegati e per gli operai (artt. 3, prima parte, e 38, secondo comma, della Costituzione) (26). Tribunale di Pesaro, ordinanza 4 aprile 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 100, primo comma, in quanto non consente al fallito di impugnare i crediti ammessi allo stato passivo (art. 24 della Costituzione). Giudice del tribunale di Alessandria, ordinanza 29 aprile 1970, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. r. d. I. 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della Magistratura), art. 34, in quanto limita l'assistenza del difensore alla sola fase di discussione orale (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, ordinanza 12 maggio 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. legge 7 novembre 1957, n. 1051 (Determinazione degli onorari, de,i diritti e delle indennit� spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia civile), articolo unico, in quanto conferisce al Consiglio nazionale forense, senza indicazione �di criteri idonei a delimitarne la discrezionalit�, il potere di determinare la misura dei compensi spettanti agli avvocati ed ai procuratori legali (art. 23 della Costituzione) (27). Pretore di Roma, ordinanza 17 marzo 1970, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. d. P. R. 11 dlcemb.re 1961, n. 1642 (Norme sul trattamento e�conomico e normativo degli operai dipendenti delle imprese edili ed affini delle provincie di Catania, Palermo, Siracusa e Trapani), articolo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 12 e 18 del ,contratto collettivo 8 novembre 1957 e l'articolo unico, lettera b del contratto (26) Questione gi� proposta, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Potenza (ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). (27) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 70 e 76 della Costituzione, con sentenza 4 aprile 1960, n. 20. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO collettivo 26 febbraio 1'959, che impongono l'accantonamento di percentuali presso la cassa edile siracusana (28). Pretqre di Lentini, ordinanza 29 gennaio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 dei vesto unico delle Leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 Luglio 1934, n. 1265: DiscipLina igienica delLa produzione e deUa vendifJa delle sostanze alimentari e deUe bevande), art. 1, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, e art. 3, in quanto consentono il compimento di atti di istruzione senza l'osservanza degli articoli 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Cosenza., ordinanza 18 marzo 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico deLLa disposizioni per L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sui Lavoro e Le maLattie professionali), art. 10, quinto comma, e art. 112, ultim�o comma, in quanto elevano a tre anni il termine di un anno stabilito, rispettivamente, dall'art. 4 e dall'art. 67, ultimo comma, del r. d. 17 agosto �1935, n. 1765, con �eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 30, secondo comma, della legge 19 gennaio 1963, n. 15 (arit. 76 e 77 della Costituzione) (30). Tribunale di Padova, ordinanza 19 febbrafo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge 18 dicembre 1967, n. 1198 (Modificazioni alLa Legge 24 marzo 1956, n. 195, suUa costituzione e funzionamento dei Consiglio superiore (28) L'articolo unico del d.P.R. 11 dicembre 1961, n. 1642 � stato gi� dichiarato incostituzionale nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 9, 10 e 13 dell'accordo collettivo 30 settembre 1959 per la provincia di Palermo (sentenze 2 aprile 1964, n. 31, 12 novembre 1964, n. 78, e 2 giugno 1965, n. 43). (29) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. (30) Il terzo comma dell'art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (nella parte in cui limita la responsabilit� civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro derivato da reato all'ipotesi in cui questo sia commesso dagli incaricati della direzione o sorveglianza del lavoro e non anche dagli altri dipendenti) e il quinto comma dello stesso articolo (in quanto consente che il giudice possa accertare che il fatto che ha provocato l'infortunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi di prescrizione del reato) sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 9 marzo 1967, n. 22. L'art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1125 � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 116. ,: rnrc:tKfilfElfffwrnmmwferrrumrt�r&w&1=tif&tiffimm;;w1&rE!1m1w�&&r2.,l&F&i.illmfifffmillffilPi&r~24 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 139 deHa magistratura) artt. 1 e 2, che modificano gli artt. 4 e 6 della legge 24 marzo 1958, n. 195, in quanto demandano la cognizione dei procedimenti disciplinari ad una sezione del Consiglio superiore della magistratura (artt. 104 e 105 della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, ordinanza 12 maggio 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia dii sicurezza sociale) art. 66, quinto comma, in quanto, nel rendere applicabili le modifiche apportate all'ordine dei privilegi anche alle procedure esecutive concorsuali ancora in corso aJ. momento della entrata in vigore della legge, non ha previsto a tutela dei creditori �Controinteressati che non erano prima legittimati alla impugnazione dei crediti ammessi per difetto di interesse, alcun mezzo che consenta loro di impugnare tardivamente l'ammissione dei crediti ai quali si trovano definitivamente posposti, in sede di graduazione, per effetto delle nuovi disposizioni di legge (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 12 febbraio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge reg. sic. 2 luglio 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia della legge nazionale� 22 luglio 1966, n. 607, reoante�: norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), in quanto contempla disciplina di rapporti privati non consentita alla legislazione regionale (eccesso di potere legislativo della Regione) e consente di determinare i canoni ed il prezzo dell'affrancazione in misura lesiva del diritto di una delle parti del rapporto (art. 42, terzo comma, della Costituzione), condizionando inoltre la proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo esperimento de.I tentativo di conciliazione (31). Tribunale di Agrigento, ordinanza 21 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Pretore di Caltanissetta, .�ordinan21a 5 maggio 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente deUa Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, in quanto il termine fissato per l'efficacia dell'amnistia non coincide con un mutamento della situazione obiettiva che valga ad attribuire diversa pO!l'tata criminale ai fatti commessi prima o dopo il termine stesso (articoli 3 e 79 della Costituzione). ' Pretore di Chieri, ordinanza 26 maggio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. (31) Questione gi� proposta dal tribunale di Palermo con ordinanza 17 gennaio 1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. ~2 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), art. 5, in quanto il termine fissato per l'�ffi.cacia dell'amnistia non coincide con un mutamento della situazione obiettiva che valga ad attribuire diversa portata criminale ai fatti commessi prima o dopo il termirie stesso (al'tt. 3 e 79 della Costituzione). Pretore di Chieri, ordinanza 26 maggio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE � STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE DI INAMMISS�BILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA, O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codic:e penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), ,primo c:omma (artt. 3 e 27 .della Costituzione) -Manifesta I infondatezza (32). I Ordinanza 16 luglio 1970, n. 150, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 25 febbraio 1970 del pretore di Seneghe, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. I w Vi c:odke penale, art. 168 (Revoca delLa sospensione) primo comma, n. 2 @] -Manifesta infondatezza (33). I ~ Or�dinanza 13 luglio 1970, n. 138, G. U. 22 1ugJ.io 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 13 marzo 1970 del pretore di Manduria, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. w rn c:odic:e penale, art. 559 (Adulte1�io), terzo e quarto c:omma, e art. 560 (Concubinato) -Manifesta infondatezza (34). ~t. I Ordinanza 16 giugno 1970, n. 103, e sentenza 26 giugno 1970, nu rx mero 108, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 22 maggio 1969 del pretore di Roma <G:� U. 1� aprile 1970, n. 82), 9 luglio 1969 del pretore di Postiglione (G. U. 5 novembre 1969, n. 280), 1 � ottobre 1969 del tribunale di Roma (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), 8 ottobre 1969 del pretore di San Pietro Verno'tiico (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37), e 25 novembre 1969 del pretore di Manfredonia (G. U. 4 marzo 1970, n. 57). c:odic:e penale, art. 666 (Spetitacoli o trattenimenti pubblici senza w licenza) -Manifesta infondatezza (35). ili i (32) Questione dichiarata non fondata con sentenza 4 marzo 1970, n. 33. (33} Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 10 giugno 1970, n. 86. !!::: (34) Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 27 novembre 1969, n. 147. (35) V. retro, II, 92, ed ivi nota 18. I .. :: fi':; :::; < ;: .� ,, f~ (= TfeffffifWW&:ff:f.f@Wft@Jillfff@fff.%0lfi1#f.fif{�1ff:&if:[ff:t'ffe'[:?f.%r-Wlffff.fff?ITIT=WiffJtff:W�ffffJfffff:fff1fEf:fff5fif&ffirttl PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 141 Ordinanza 16 luglio 1970, n. 147, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 8 settembre 1969 del pretore di San Ginesio (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5) e 24 febbraio 1970 del pretor� di San Valentino in Abruzzo (G. U. 20 maggio 1970, n. 125). codice di procedura penale, art. 54 (Risoluzione dei conflitti) e arti� c�olo 531 (Decisioni in camera di consiglio) (art. 24, se�ondo comma, della Costituzione) -Inammi,ssibilit�. Sentenza 13 luglio 1970, n .. 132, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza 'di rimessione 29 novembre 1968 della corte di appello di Bologna, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte civile), secondo comma, art. 94 (Formalit� della costituzione di parte civile), primo e secondo c�omma, e art. 468 (Discussioine finale), primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) (36). Sentenza 26 giugno 1970,. n. 108, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 9 luglio 1969 del pretore di Postiglione, G. U. �5 novembre 1969, n. 280. codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della polizia giudiziaria) (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza nei sensi di cui in motivazione (37). Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze. di rimessione 7 ottobre 1969 del pretore di Cassano d'Adda (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 3 dicembre 1969 del tribunale di Savona (G. U. 1� 'aprile 1970, n. 82). codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pre.. tore), primo comma, e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con "�istruzione sommaria), terzo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (38). Ordinanza 16 giugno 1970, n. 102, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 6 novembre 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di pl"oc:edura penale, art. 231 (Atti e informa.tive del pretore) e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (38). (36) Questioni dichiarate non fondate, in relazione ad ordinanze di altre autorit� giudiziarie, con la stessa sentenza. (37) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. (38) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. L'art. 2,31 del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale, in parte, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 148, � stato modificato con legge 5 dicembre 1969, n. 932. Sull'art. 398 del codice di procedura penale, modificato con legge 7 novembre 1969, n. 780, v. retro, II, 11, ed ivi nota 18. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 142 Ordinanza 13 luglio 1970, n. 137, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 15 aprile 1969 del pretore di Civitavecchia, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. codice di procedura penale, art. 398 (Poteri dei p1�etore nel procedimento con istruzione sommaria) (artt. 3 e 24 della Costituzione) Manifesta infondatezza (39). Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 deJ. pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. codice di ,procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) --Manifesta infondatezza (39). Ordinanza 13 luglio 1970, n. 134, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 10 dicembre 1968, 30 gennaio 1'969, 23 maggio 1969 e 19 settembre 1969 del tribunale di Ferrara (G. U. 24 settembre 1969, n. 243, 24 dicembre 1969, n. 324 e 7 gennaio 1970, n. 5), e 21 febbraio 1969 del tribilnale di Como (G. U. 21 maggio 1969, n. 128). codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decr'eto e poteri del pretore) (art. 24, secondo comma, della Costituzione) Manifesta infondatezza (40). Ordinanza 13 luglio 1970, n. 135, G. U. 22 Juglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 28 gennaio 1969 del pretore di Tione, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice di procedura penale, artt. 506, 507, 508, 509 e 51 O (Giudizio per decreto) (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (40). Ordinanza 13 luglio 1970, n. 136, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 7 marzo 1969 del pretore di Cant� (G. U. 5 novembre 1969, n. 280) e 13 giugno 1969 del pretore, di Torino (G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza per le cont1�avvenzioni), art. 1242 (Decreto di condanna), arti� colo 1243 (Dichiarazione di opposizione f! d'impugnazione), e art. 1247 (Conversione delle pene pecuniarie) -Manifesta infondatezza (41). Ordinanza 16 luglio 1970, n. 145, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 29 aprfile 1969 (due) del trtbunale di Crotone (G. U. 9 luglio 1969, n. l.72), 18 luglio 196,9 del comandante (39) V. retro, II, 11, ed ivi nota 18. (40) V. retro, II, 52, ed ivi, nota 29. (41) Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 9 luglio 1970, n. 121. (42) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 aprile 1970, n. 61. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 143 del porto di Pesaro (G. U. 22 ottobre 1969, n. 269), 11 ottobre 1969 (due) delle sezioni unite penali della Corte di cassazione (G. U. 11 marzo 1970, n. 64 e 1� aprile 1970, n. 82), e 13 novembre 1969 della terza sezione penale della Corte di cassazione (G. U. 25 marzo 1969, n. 76). legge 20 marzo 1913, n. 272 (SuH'orcUnwmento deUe� Borse di commercio, della mediazione e vassa sui contratti di Borsa), art. 5.1 (art. 24, primo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (42). Ordinanza 16 luglio 1970, n. 151, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 13 novembre 1969 del tribunale di Milano, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3278 (Legge deUe tasse sui contratti di borsa), art. 19 (art. 24, primo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (43). Ordinanza 16 luglio 1970, n. 151, G. U. 22 1luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 13 novembre 1969 del tribunale di Milano, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo u,nico deUe leggi sul gratuito patrocinio), artt. 15, primo comma, n. 2, 18., secondo c�omma, e 29, primo e secondo comma (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit� (44). Sentenza 16 giugno 1970, n. 98, G U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 18 gennaio 1969 della commissione per il gratuito patrocinio presso il tribunale di Milano, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Norme per la repressione delle frodi nella prepa.razione e nel commercio di sostanze di. uso agrario e di prodotti agrari), convertito con legge 18 marzo 1926, n. 562, artt. 41, 43, 44, 45 e 46, nel testo modificato con legge 27 febbraio 1958, n. 190 (artt, 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza nei sensi di cui in motivazione (45). Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 1� ottobre 1969 del tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi (G. U. 11 febbraio �1970, n. 37), 8 ottobre 1969 del (43) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 aprile 1970, n. 61. (44) Per l'art. 18 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 v. sentenza 16 giugno 1970, n. 97. (45) L'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, nel testo modificato della legge 27 febbraio 1958, n. 190, � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 .dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44, secondo comma, del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 � stata dichiarata non fondata con sentenza 2 aprile 1970, n. 48. Per le altre 144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pretore di Castelfranco Veneto (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), e 18 ottobre 1969 del pretore di Palliano (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). r. d. 18 giugno 193�1, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo c:omma -Manifesta infondatezza (46). Ordinanza 13 luglio 1970, n. 189, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 6 dicembre 1969 del pretore di Pisa (G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e 14 febbraio 1970 del pretore di Trento (G. U. 6 maggio 1970, n. 113). r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicu-. rezza), art. 68 -Manifesta infondatezza � nei sensi di cui in motivazione � (47). Ordinanza 16 luglio 1970, n. 147, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 8 settembre 1969 del pretore di San Gi nesio (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5) e 24 febbraio 1970 del pretore di San Valentino in Abruzzo (G. U. 20 maggi.o 1970, n. 125). r. d 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordat� preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 18, primo c:omma (art. 24, secondo comma della Costituzione) (48). Sentenza 16 luglio 1970, n. 141, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 17 ottobre 1968 del tribunale di Venezia, (G. U. 26 marzo 1969, n. 78). d. lg. 11 febbrai� 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri o apolidi) (artt. 76 e 77 della Costituzion_e) -Manifesta infondatezza (49). Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 11 febbraio 1969 del pretore di Bologna, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. legge 2 agosto 1948, n. 1036 (Disdplina dei tipi e delle caratteristidegli sfarinati, del pane e della pasfJa) -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio suLla rilevanza. Ordinanza 16 giugno 1970, n. 105, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 29 ottobre 1969 del pretore di Viggiano, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. ili ~ -~ disposizioni sopra indicate la questione � stata dichiarata, con la stessa sentenza, non ,., )'.* fondata. �g W) (46) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, n. 20, nella �parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma. Sulla disposizione v. pure sentenze .3 luglio 1956, n. 9 e 8 aprile 1958, n. 27. (47) V. retro, II, 99 ed ivi nota 40. (48) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 novembre 1962, n. 23. (49) Questione dichiarata non fondata con sentenza 26 giugno 1969, n. 104. . I;: J rrtrmlliftm11rr&1mrr&illfmmr1rn&mtNii20rrrKr&r=rurntrrrillmfITr1mmrffr�&1rr1ffmr1mrmmrarrzrEtifffsfa~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 145 d. A. C. A. 18 novembre 1953 -Restituzione degli atti per un nuovo g~udizio sull,a rilevanza. Ordinanza 16 giugno 1970, n. 105, G. U. 1� Luglio 1970, n. 163. Ordinanza di �rimessione 29 ottobre 1969 del pretore di Viggiano, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), artt. 1 e 2 (art. 3, 13 e 24, secondo comma, delil.a Costituzione) -Manifestta infondatezza (50). Ordinanza 16 luglio 1970, n. 148, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 2 e 9 dicembre 1969 del preto-re di Ozieri (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 19 dicembre 1969 del pretore di Busto Arsizio (G. U. 8 aprile 1970, n. 89). legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), art. 4, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'assistenza obbligatoria del difensore -Manifesta infondatezza (51). Ordinanza 16 luglio 1970, n. 149, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 10 luglio 1969 e 15 dicembre 1969 del tribunale di Torino, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37 e 25 marzo 1970, numero 76. � d. P. R. 19 maggio 1958, n. 719 (Regolamooto per la disciplina igie-. nica della produzione e del commercio delle acque gassate e deLle bibite analcooliche gassate e noin gassate coinfezionate in recipienti chiusi), art. 35 (art. 24 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 6 luglio 1970, n. 118, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanza di rimessione 26 settembre 1969 del pretore di Santa Maria Capua Vetere, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 lugLio 1934, n. 1265: Disciplina ig~enica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, modi.ficato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441 (art. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � ai sensi di cui in motivazione � (52). � (50) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 maggio 1970, n. 76. Per altre declaratorie di infondatezza v. decisioni segnalate retro II, 89 nota 11. (51) Disposizione dichiarata incostituzionale,� sotto l'indicato profilo, con sentenza 25 maggio 1970, n. 76. (52) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e �quater del codice di procedura penale. 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ordinanza 16 luglio 1970, n. 146, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 15 gennaio 1970 (due) del pretore di Agrigento (G. U. 22 aprile 1970, n. 102), e 29 gennaio 1970 della corte di appello di Palermo (G. U. 22 aprile 1970, n. 102). legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, .247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostianze alimentari e delle bevande), modificata dalla legge 26 febbraio 1963, n. 441, artt. 1 e 3 (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � nei sensi di cui in motivazione � (53). Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104 (G. U. 1� luglio 1970, n. 163) e sentenza 6 luglio 1970, n. 118 (G. U. 8 lug.Uo 1970, n. 170). Ordinanze di rimessione 21 ottobre 1969 del pretore di Sant'Angelo dei Lombardi (G. U. 25 marzo 1970, n. 76), 5 novembre 1969 del tribunale di Reggio Calabria (G. U. 25 marzo 1970, n. 76), 7 novembre 1969 del pretore di Bitonto (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), 10 dicembre -~ 1969 del pretore di Campobasso (G. U. 4 marzo 1970, n. 57), 11 dicembre 1969 del tdbunale di Palermo (G. U. 4 marzo 1970, n. 57), 23 gennaio 1970 del pretore di Capri (G. U. 1� aprile 1970, n. 82). d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi neiLa preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 75 (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � nei sensi di cui in motivazione � (54). Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 18 ottobre 1969 del pretore di Palliano (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), e 31 ottobre 1969 del pretore di Gallarate (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina pe1� la lavoTazione e commercio di cere�ali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimenta.ri), art. 42 (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � nei sensi di cui in motivazione � (55). Ordinanza 16 giugno 1970, n. 104, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 8 ottobre 1969 del pretore di Pisa (G. U. 25 marzo 1970, n. 76), 27 ottobre 1969 e 12 gennaio 1970) del pretore di Casarano (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24 e 11 marzo 1970, n. 64). (53) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283 � stato dichiarato incostituzionale. con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater, del codice di procedura penale. (54) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. �149 della Corte costituzionale. (55) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 147 legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati del pane e deLle paste alimentari), arti� colo 42 (art. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza � nei sensi di cui in motivazione � (56). Ordinanza 16 luglio 1970, n. 146, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 24 gennaio 1970 del pretore di Vittoria, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. legge 17 ottobre 1967, n. 977 (Tutela del lavoro di fanciuili e degli adolescenti), art. 26, primo comma (art. 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (57). Ordinanza 16 giugno 1970, n. 106, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 24 settembre 1'969 del preto<re di Genzano di Roma (G. U. 24 dicembre 1969, n. 324) e 22 ottobre 1969 del pretore di Fondi (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). (56) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 3 d~cembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'app�icazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. (57) Questione dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1970, n. 45. CONSULTAZIONI AERONAUTICA ED AEROMOBILI Navigazione aerea -Segnali sugli erigendi elettrodotti. Se le spese di impianto, manutenzione ed esercizio dei segnali da apporre, ai fini della sicurezza della navigazione aerea, sugli erigendi elettrodotti, di altezza superiore ai 45 metri, siti entro un raggio di .metri 4000 dagli aeroporti gravino sull'Amministrazione della Difesa-Aeronautica oppure sul gestore dell'elettrodotto (artt. 715 e 717 C.N. e art. 1 comma II della legge n. 1141 del 1964) (n. 25). AGRICOLTURA Agevolazioni tributarie per l'agricoltura. Se l'acquirente di beni immobili a destinazione agricola che abbia usufruito delle agevolazioni previste dall'art. 2 della legge 18 novembre 1964, n. 1271 decada dalle predette agevolazioni e incorra nelle sanzioni di cui al terzo comma del predetto articolo qualora, avendo compiuto le opere di valorizzazione agraria con le modalit� e nei termini :fissati dall'Ispettorato agrario, rivenda il terreno entro il decennio dall'acquisto agevolato (n. 64). Occupazione forestale-Indennizzo per l'occupazione temporanea di terreni al fine del rimboschimento. Se l'indennit�, attribuita d'ufficio o attraverso la procedura arbitrale, per il periodo di occupazione di terreni al fine della esecuzione dei lavori di rimboschimento sii! suscettibile di rivalutazione o se invece detto indennizzo sia in ogni caso da liquidare in misura annua e fissa (n. 65). APPALTO Contratti di appalto stipulati dalla Regione siciliana -Termine di tempestivit� per la registrazione. Se il dies a quo per la registrazione tempestiva dei contratti di appalto della Regione siciliana stipulati a seguito di asta o licitazione decorra dalla data di aggiudicazione o da quella di approvazione da parte degli organi dell'Ente (334). Se ai fini della suddetta approvazione siano ammissibili atti diversi dal decreto assessoriale vistato e registrato dalla Corte dei conti (334). PARTE II, CONSULTAZIONI 149 BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Legge 29 giugno 1939, n. 1947 -Esecuzione dei decreti ministeriali per la demolizione delle costruzioni abusive. Se -qualora venga adottato il provvedimento con il quale si ordina la demolizione di costruzioni abusive -la eventuale esecuzione d'ufficio di tale provvedimento, ove ad esso l'interessato non ottemperi, sia rimessa alla Amministrazione pubblica per quanto riguarda il tempo e le modalit�. Se, nel caso predetto, possano trovare applicazione ~e norme dettate dal codice di proceaura civile in relazione alla esistenza del titolo esecutivo e in particolare quelle relative al precetto, alla sua forma e alla durata nel tempo della sua efficacia (n. 20). BONIFICA Bonificct" campi minati -Cooperazione dei fondi -Danni alla propriet� privata. Se ai proprietari dei fondi occupati per l'esecuzione di lavori di bonifica dalle mine competa la relativa indennit� (n. 8). Se in relazione all'utilit� personale conseguita dai singoli proprietari dall'espletamento del relativo servizio pubblico, siano risarcibili i danni .alla propriet� privata necessitati dall'esecuzione dei lavori di bonifica dalle mine (n. 8). CIRCOLAZIONE STRADALE Infrazione commessa dal minore -Notifica dell'ordinanza prefettizia di cui all'art. 9 L, 3 maggio 1967, n. 317. Se l'ordinanza prefettizia di cui all'art. 9 della legge 3 maggio 1967, n. 317, nel caso in cui venga emessa nei confronti di minori di et�, debba essere notificata anche a colui che esercita la patria potest� (n. 21). CONTRIBUTI Cessione di contributi concessi a privati. Se siano cedibili i contributi concessi a privati ai sensi della legge 23 dicembre 1966, n. 1142, per la riparazione di fabbricati danneggiati da alluvione (n. 88). Se il trasferimento a terzi del diritto di propriet� dell'immobile com porti automaticamente anche il trasferimento del diritto alla riscossione del contributo (n. 88). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 150 .jj DANNI Danni prodotti da detenuti nel corso delle sommosse dell'aprile 1969. Se l'Amministrazione debba rispondere dei danni subiti dalle Imprese che gestiscono in appalto le forniture (scorte di generi alimentari) in seguito alle sommosse dell'aprile 1969 in alcuni Istituti di pena (n. 8). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Abitazioni private INA-CASA e GESCAL -Applicazione dei poteri di deroga ai sensi dell'art. 16 legge 6 agosto 1967, n. 765. Se le costruzioni ad uso di privata abitazione INA-CASA e GESCAL possano rientrare fra gli edifici suscettibili di legittimare l'esercizio dei poteri di deroga prevista da norme di piano regolatore o di regolamento edilizio, ai sensi dell'art. 16 della legge 6 agosto 1967, n. 765 (n. 221). ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI Navigazione aere� -Segnali sugli erigendi elettrodotti. Se le spese di impianto, manutenzione ed esercizio dei segnali da apporre, ai fini della sicurezza della navigazione aerea, sugli erigendi e1ettrodotti, di altezza superiore ai 45 metri, siti entro un raggio di metri 4000 dagli aeroporti, gravino sull'Amministrazione della Difesa-Auronautica oppure sul gestore dell'elettrodotto (artt. 715 e 717 c.n. e art. 1 comma U della legge n. 1141 del 1964) (n. 48). FALLIMENTO Compensazione ex art. 56 L. F. tra crediti per imposte dirette e debiti dello Stato -Ammissibilitd su richiesta della P. A. Se i crediti dell'Amministrazione delle finanze per imposte dirette verso il fallito siano compensabili con i crediti del fallito verso lo Stato, se lo richiede la P. A. (n. 123). Limitazione del compu.to degli interessi prevista dall'art. 54 della L. F. Finanziamenti per la produttivitd -Convenzioni fra Ministero Tesoro e banche delegate. Se la limitazione della durata e della misura degli interessi disposta dall'art. 54 legge fallimentare e dagli articoli 2788 e 2855 codice civile operi so,to nell'ambito della procedura concorsuale oppure anche nei rapporti interni creditore-debitore, con la conseguenza che questi non potr�ebbe PARTE II, CONSULTAZIONI 1151 essere chiamato ulteriormente a risponderne, a chiusura della procedura fallimentare (n. 124). Se, nell'accertamento delle perdite nei finanziamenti per la produttivit� di cui alla legge 31 luglio 1954, n. 626, da ripartire. fra Fondo di rotazione e Banca delegata, gli interessi vadano calcolati al tasso effettivamente pagato dal debitore o al tasso che affluisce al fondo, al netto delle spese e dei diritti di commissione della Banca delegata (n. 124). FERROVIE Tasse di bollo sui documenti di trasporto -Pertinenza. 1Se le tasse di bollo sui documenti di trasporto di cui al d.l. 7 maggio 1948, n. 1173 e successive modificazioni debbano essere attribuite alla Regione siciliana ai sensi dell'art. 2 d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (n. 410). IJl/.IPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE. Evasione degli obblighi della disciplina di abbinamento delle importazioni di olii per uso alimentare. Se l'abbinamento, consistente nel subordinare l'autorizzazione ad importare certe merci all'obbligo, assunto caso per caso dallo importatore mediante particolari formalit�, di acquistare una predeterminata quantit� delle stesse merci di provenienza statale, sia da qualificarsi come una obbligazione di natura tributaria (n. 57). Legge 25 gennaio 1966 n. 31 e successive modifiche sulla .istituzione degli Albi Nazionali Esportatori Prodotti Ortofrutticoli ed agrumari. Se la revisione triennale degli Albi da effettuarsi ai sensi dell'art. 2 della legge n. 3i del 1966 debba riguardare anche e principalmente la permanenza nelle Ditte esportatrici dei requisiti prescritti, per l'iscrizione negli Albi, dall'art. 5 n. 6 della legge 25 gennaio 1966, n. 31 -con le modifiche di cui all'art. 1 del d.l. 11 settembre 1967, n. 794 -ed alla legge 10 novembre 1967, n. 1000 (n. 58). Se il mancato esercizio di attivit� nel triennio debba essere limitato all'attivit� di esportazione. IMPOSTA DI BOLLO Tasse di bollo sui documenti di trasporto -Pertinenza. Se le tasse di bollo sui documenti di trasporto di cui al d.l. 7 maggio 1948, n. 1173 e successiv,e modificazioni debbano essere attribuite alla Regione siciliana ai sensi dell'art. 2 d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (n. 43). l8 I I ����~ !i �~ ~ ! ! f I I ~~AJ87_..._J 152 RASSEGNA DE.LL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni in materia di ricostruzione edilizia -Contratti di appalto. Se, a modifica della disciplina dettata originariamente dall'art. 3 del d.1.1. 7 giugno 1945, n. 322, con l'entrata in vigore del d.1.1. 26 marzo 1946, n. 221, la forma scritta del contratto di appalto non debba pi� considerarsi requisito indispensabile per la concessione del beneficio della registrazione a tassa fissa (n. 324). Agevolm:ioni tributarie atti di acquisto di � stabili � da parte delle Camere �i Commercio -Portata della parola � stabili �. Se il sostantivo � stabili � usato dall'art. 71 del r.d. 20 novembre 1934, n. 2011 sia comprensivo delle aree acquistate dalle Camere di Commercio per costruirvi gli edifici da destinare a sede dei dipendenti uffici (n. 325). Agevolazioni tributarie pe~l'agr'icolt�ra. Se l'acquirente di beni immobili a destinazione agric�la che abbia usufruito delle ag�evolazioni previste dall'art. 2 della legge 18 novembre 1964, n. 1271 decada dalle predette agevolazioni e incorra nelle sanzioni di cui al terzo comma del predetto articolo qualora, avendo compiuto le opere di valorizzazione agraria con le modalit� e nei termini fissati dall'Ispettorato agrario, rivenda il terreno entro il decennio dall'acquisto agevolato (n. 326). Benefici fiscali di cui alla legge 5 luglio 1928, n. 1760. Se la rivendita del fondo acquistato con i benefici fiscali di cui all'art. 1 del d. 1. 24 febbraio 1948, n, 114, determini anche la decadenza dai benefici relativi alle �operazioni di finanziamento ex art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 (n. 327). Contratti di appalto stipulati dalla Regione siciliana -Termine di tempesti vit� per la registrazione. Se il dies a quo per la registrazione tempestiva dei contratti di appalto della Regione siciliana stipulati a seguito di asta o licitazione decorra dalla data di aggiudicazione o da quella di approvazione da parte d,egli organi dell'Ente (328). Se ai fini della suddetta approvazione siano ammissibili atti diversi dal decreto assessoriale vistato e registrato dalla Corte dei conti (n. 328). I }. f."'' Trasferimenti posti in essere con scritture private registrate tar.divamente Data da considerare per la determinazione del valore. ~i! Se per i trasferimenti posti in essere con scritture private registrate ~=:~ tarivamente si debba avere riguardo, per l'accertamento del valore, alla data della stipula, anche se non divenuta certa ai sensi dell'art. 2704 c. c., 111 ovvero a quella della registrazione (n. 329). . ~ . . , . r ~ . \ !l . r e- Rifffffif@IT@f@f�f@lf'.fff@IffiWf;ffffttJff)'&ffg{ff@flf@![f[f{f@jzf@J;{;JU'f@f;fj[1%fillTif@Ifff.f:i0ffml PARTE II, CONSULTAZIONI 153 IMPOSTA DI SUCCESSIONE. Detrazione di debiti per saldi passivi di conti correnti bancari legge 24 dicembre 1969, n. 1038. Come debbano interpretarsi le disposizioni dell'articolo unico della legge 24 dicembre 1969, n. 1038, relative alla detrazione dei debiti per saldi passivi di conti correnti bancari ai fini della liquidazione delle imposte di successione (n. 65). IMPOSTE E TASSE Compensazione ex art. 56 L. F. tra crediti per imposte dirette e debiti dello Stato -Ammissibilit� su richiesta della P. A. Se i crediti dell'Amministrazione delle finanze per imposte dirette verso il fallito siano compensabili con i crediti del fallito verso lo Stato, se lo richiede la P. A. (n. 524). Legge 5 febbraio 1970, n. 21 -Estensibilit� alle imposte indirette -Imposte di fabbricazione. Se le esenzioni fiscali stabilite dall'art. 26 della legge 5 f.ebbraio 1970, n. 21 si applicino anche ai tributi indiretti (n. 525). Se tali esenzioni si applichino, in particolare, alle imposte di fabbricaziorte (n. 525). IMPOSTE VARIE. Espropriazioni compiute dall'ANAS -Diritti di scritturato ai Conservatori dei registri immobiliari. Se siano dovuti dall'ANAS i diritti di scritturato, per le espropriazioni da essa compiute per la costruzion� di strade e di autostrade, in relazione ad adempimenti e prestazioni richieste ai Conservatori dei registri immobiliari (leggi 24 luglio 1961, n. 729 e 21 novembre 1967, n. 1149) (n. 31). INVAL!Dl DI GUERRA Cessione di alloggio ONIG agli eredi in caso di decesso dell'assegnatario. Se il nipote ex fratre dell'assegnatario di un alloggio ONIG sia legittimato ad ottenere la cessione in propriet� d�ll'alloggio assegnato allo zio defunto (n. 28). Spese di mantenimento in ospedale psichiatrico privato di ex militari dementi di guerra. Se le Amministrazioni provinciali abbiano diritto al rimborso ai sensi del d.l. 21 giugno 1967 delle spese da esse sostenute per il ricovero di ex militari dementi di guerra in manicomi 'privati (n. 29). 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LAVORO Locali occorrenti per i servizi di collocamento. Se a sensi dell'art. 11 della legge 22 luglio 1961, n. 628 i comuni capoluoghi di regione siano o meno tenuti a fornir�e i locali occorrenti alle sezioni (zonali e frazionali) per i servizi di collocamento, cos� come lo sono i comuni che non siano capoluogo di regione (n. 54). Osservatori astronomici. Se ai rapporti di lavoro dei dipendenti degli Osservatori astronomici siano applicabili le disposizioni della legge 18.aprile 1952, n. 230 (n. 55). PREVIDENZA E ASSISTENZA Liquidazione supplementare indennit� di buonuscita. Se l'indennit� di buonuscita corrisposta dall'ENPAS sia istituto di carattere particolare, preordinato a finalit� diverse da que11e perseguite mediante il trattamento di quiescenza; se essa venga erogata su presupposti diversi da quelli sui cui si basa il riconoscimento del diritto a pensione, e sia regolata da norme specifiche, prevalenti rispetto ai principi generali vigenti in tema di pensione (n. 71). Se la riliquidazione dell'indennit� di buonuscita, prevista dall'art. 13 della legge 25 novembre 1957, n. 1139 sia dovuta in tutti i casi in cui gli impiegati richiamati o riassunti in servizio siano nuovamente iscritti al Fondo di previdenza, anche se non sia avvenuta la ricongiunzione dei servizi ai fini del trattamento pensionistico, in applicazione del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 758 (n. 71). PROFESSIONI Agenzia che tratta affari di mediazione -Licenza dell'autorit� di P. S. Legge 21 marzo 1958, n. 253. Se le agenzie che trattano affari di mediazione siano sottoposte alla licenza dell'autorit� di P. S. prevista dal 1� comma dell'art. 155 t.u. delle leggi di P. S., pur dopo l'entrata in vigore della legge 21 marzo 1958, n. 253 (integrata dal d.p. 6 novembre 1960, n. 1926 che approva il regolamento di esecuzione) oppure se per l'esercizio della attivit� di mediazione sia suffi ciente, in ogni caso, l'iscrizione negli appositi albi professionali (n. 8). RATEI FINANZIARI Art. 349 del Regolamento doganale 13 febbraio 1896, n. 65 -Annullamento dei verbali di contravvenzione. Se permanga in capo all'Intendente il potere giuridico di annullamento dei verbali di contravvenzione di cui all'art. 349 del regolamento doganale approvato con r.d. 13 febbraio 1896, n. 65 (n. 7). ~ f ~~ r 1111111lfilWl~I~~~~~ PARTE II, CONSULTAZIONI 155 REGIONI Contratti di appalto stipulati dalla Regione siciliana -Termine di tempestivitd per la registrazione. Se il dies a qu.o per la registrazione tempestiva dei contratti di appalto della Regione siciliana stipulati a seguito di asta o licitazione decorra dalla data di aggiudicazione o da quella di approvazione da parte degli organi dell'Ente (n. 173). Se ai fini della suddetta approvazione siano ammissibili atti diversi dal decreto assessoriale vistato e registrato dalla Corte dei Conti (n. 173). Tasse di bollo sui documenti di trasporto -Pertinenza. Se le tasse di bollo sui documenti di trasporto di cui al d.l. 7 maggio 1948, n. 1173 e successive modificazioni debbano essere attribuite_ alla Regione siciliana ai sensi dell'art. 2 d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (n. 174). RESPONSABILIT� CIVILE Cautele da adottarsi in caso di danneggiamento di veicolo che risulti gravato da privilegi. Se le somme dovute a titolo risarcimento danni arrecati ad autoveicolo gravato da privilegio siano vincolate a favore dei creditori privilegiati (n. 251). Se in caso di dissenso tra il proprietario dell'autoveicolo ed il creditore privilegiato, il debitore danneggiante debba depositare la somma dovuta a titolo risarcimento danni presso la Cassa depositi e prestiti (n. 251). SPESE GIUDIZIALI Parte ammessa al gratuito patrocinio vittoriosa -Pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari direttamente al difensore. Se, nel caso di condanna della parte avv�ersa a quella ammessa al gratuito patrocinio, le somme per diritti di procuratore e per onorari debbano essere pagate direttamente a favore del difensore, anche se dalla sentenza non risulti esplicita distrazione (n. 24)./ . STRADE Installazione abusiva di insegna pubblicitaria in zona vincolata dall'art. 7 legge 24 luglio 1961, n. 729. Se, nel caso di installazione abusiva di insegna in zona vincolata dall'art. 7 legge 24 luglio 1961, n. 729, compiuta da persone non identificate e contenente scritte pubblicitarie per un albergo appartenente a persona RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 156 diversa dal proprietario del suolo e gestito da persona ancora diversa, debba essere ordinata la rimozione ex art. 20 del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740. Se il decreto prefettizio, che ordina la rimozione, debba essere, in ogni caso, emesso in confronto dal proprietario del suolo o possa essere emesso anche in confronto degli altri soggetti autori del collocamento dei mezzi di pubblicit� (n. 80). Rimozione in propriet� privata degli impianti pubblicitari abusivi. Se la norma di cui all'art. 11 d.P.R. 15 luglio 1959, n. 393 debba interpretarsi nel senso che debbono essere rimossi e possono esserlo d'ufficio tutti i mezzi pubblicitari collocati lungo le strade o in vista di esse, senza previa autorizzazione o in modo :q.on conforme alla autorizzazione data. Se debba seguirsi il procedimento previsto dall'art. 20 del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, ed entro quali limiti, qualora l'esecuzione d'ufficio della rimozione debba avvenir�e su cartelli e mezzi di pubblicit� collocati in propriet� privata, sia stato o no il �ollocamento preceduto da autorizzazione, in confronto di soggetto diverso dal proprietario del suolo (n. 81). Violazione dell' art. 19 della legge 6 agosto 1967, n. 765 -Sanzioni e procedura di applicazione. Se debba ritenersi prevista dalla legge la sanzione della riduzione in pristino, per la violazione del precetto contenuto nell'art. 41 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (art. 19 della legge 6 agosto 1967, n. 765). Se il precetto dell'art. 19 legge 6 agosto 1967, n. 765, 1� comma, debba ritenersi aver sostituito la norma dettata nell'art. 1 n. 11 del r.d. 8 di cembre 1933, n. 1740, con conseguente applicabilit� della restituzione in pristino in base alla procedura degli artt. 20 e 124 del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, tuttora in vigore a norma dell'art. 145 penultimo comma del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (n. 82). TERREMOTO Oneri gravanti alloggi ceduti in propriet� per i terremotati. - Se la quota di debito afferente gli alloggi da riscattar.e debba essere i~putata a carico degli assegnatari riscattanti (n. 23). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Risarcimento danni da _incidenti marittimi imputati alle Forze Armate degli Stati contraenti del Trattato Nord Atlantico firmato a Washington il 4 aprile 1949. Se per i danni prodotti da fatti di navigazione sussista l'obbligo dell'accollo privativo del debito da parte dello Stato di soggiorno solo limitatamente al caso di danno alle persone, rimanendo comunque sempre esclusi i danni alle �ose (n. 36).