ANNO XXI -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1969 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

l 9 6 9 


ABBONAMENTI 

ANNO . . . . . . . � . . . . � . . . . . � � . � . . . . . � � � � . L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 1.300 


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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 dcl 13 luglio 1966 


(8213709) Roma, 1969 -Istituto Poligraf�.co dello Stato P. V. 



Sezione prima: 
INDICE 
Parte prima: GIU.~ISPRUDENZA 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'av.v. Michele Savarese) pag. 609 
Sezione prima: 
INDICE 
Parte prima: GIU.~ISPRUDENZA 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'av.v. Michele Savarese) pag. 609 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura del/'avv. Benedetto Baccari) � 633 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a 
tro de Francisci) � 
cura del/'avv. Pie
� 642 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo) � � 664 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avv. 
Giuseppe Angelini Rota e del/'avv.' Carlo Bafile) � 670 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusij . � � 729 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino 
Terranova} � 775 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOT�IZIARIO 

RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Luigi Mazzella) . � . pag. 133 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 134 
CONSULTAZIONI � 164 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


COLETTA G., Incostituzionaiit� e prescrizione pag. 653 
VITTORIA P., Suita data della scrittura privata nei confronti dei 
terzi e la Finanza nella legge del registro . 670 
ALBISINNI G., Diritto del concessionario d'acqua pubblica, natura 
del relativo canone e considerazioni generali sulle concessioni 
d'acqua pubblica 729 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

-Canone di utenza -Natura giuridica 
-Carattere tributario Esclusione 
-Provento del demanio 
pubblico, con nota di G. ALBISINNI, 
729. 

-Concessione -Prestazioni e controprestazioni 
.delle parti -Corrispettivit�, 
sotto certi profili, 
delle prestazioni -Canone di 
utenza -Corrispettivo pecuniario 
del bene dato in concessione Divisibilit�, 
in casi determinati, 
del canone, con nota di G. ALBISINNI, 
729. 

-Concessione diritto perfetto alla 
utilit� inerente alla concessione 
derivante al concessionario anche 
nei confronti dell'amministrazione 
concedente -Sussiste 
condizionatamente alle esigenze 
di pubblico interesse, con nota 
di G. ALBISINNI, 729. 

Concessioni di utilizzazione di 
acqua pubblica -Natura -Obbligazione 
del concessionario di pagare 
il canone -Carattere contrattuale 
-Esclusione -Compatibilit� 
del carattere legale e 
pubblicistico dell'obbligazione di 
pagamento del canone con l'applicabilit� 
della prescrizione breve 
ex art. 2948 e.e. -Sussiste, 

738. 
Controversie in materia di acque 
pubbliche -Criteri di discriminazione 
della competenza tra 

G.O. e Tribunali delle acque pubbliche, 
737. 
AGRICOLTURA 

-Propriet� -Piccola propriet� rurale 
-Provvidenze per la regolarizzazione 
del titolo di propriet� 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
630. 

-V. anche Imposte sul 1�eddito 
agrario. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

Contabilit� generale dello Stato 
-Contratti dello Stato -Posizione 
di subordinazione del privato 
contraente e contraente con la 

P.A. -Sussiste -Condizioni generali 
di oneri -Natura ed efficacia 
di norme regolamentari Sussiste, 
762. 
-Ordinamento degli Ufficiali giudiziari 
-Retribuzione -Percentuale 
sui proventi per pene pecuniarie 
-Somme di spettanza 
dei Comuni e Provincie riscosse 
dall'Erario -Compete, 646. 

- 
V. anche Competenza e giurisdizione, 
Impiego pubblico. 

AMNISTIA 

�-Sentenza predibattimentale di 
proscioglimento -Obbligo di sentire 
le parti -Imputato che abbia 
gi� ricevuto la contestazione 
del fatto in precedenza -Esclusione 
dell'obbligo, con nota di P. 
DI TARSIA, 775. 

--V. anche Impugnazione. 

APPALTO 

-Appalto di opera pubblica -Appalto 
concorso -Aggiudicazione 
-Annullamento -Equivale all'annullamento 
del contratto, 758. 

-Appalto d'opera pubblica -Appalto 
d'opera di competenza dell'Amministrazione 
militare -Riserve 
dell'appaltatore -Arbitrato 
-Lodo arbitrale -Divieto di 
appello e di ricorso per cassazione 
sancito dall'art. 59 r .d. 17 
maggio 1932, n. 366 -Contrasto 
dell'art. 59 r.d. 17 maggio 1932, 

n. 366 con l'art. 829, comma secondo, 
c.p.c. -Non sussiste, 745. 

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VI 

-Appalto di opera pubblica -Appalto 
di opera di competenza 
dell'Amministrazione militare Riserve 
dell'appaltatore -Arbitrato 
-Verbale di accettazione 
(degli arbitri) e di costituzione 
del Collegio arbitrale -Notificazione 
alla sola Avvocatura Generale 
dello Stato e non anche al1'
Amministraz!ione dnteressata Sufficienza 
ai fini processuali Sussiste, 
744. 

-Appalto di opera pubblica -Appalto 
di opera di competenza dell'Amministrazione 
militare -Riserve 
dell'appaltatore -Determinazione 
amministrativa -Obbligo 
dell'Amministrazione di provvedere 
entro ragionevole spazio 
di tempo -Sussiste -Inerzia del1'
Amministrazione -N ecess�t� del 
procedimento giudiziario ex articolo 
1183 e.e. -Esclusione -Diffida 
dell'appaltatore all'Amministrazione 
con fissazione di congruo 
termine per il compimento 
dell'atto -Ammissibilit� ai fini 
della rimozione dell'impedimento 
per la tutela giurisdizionale del 
diffidante -Sussiste, 743. 

-Appalto di opere pubbliche -Appalto 
di opera di competenza dell'Amministrazione 
militare -Riserve 
dell'appaltatore -Determinazione 
amministrativa -Obbligo 
dell'Amministrazione di provvedere 
entro ragionevole spazio 
di tempo -Sussiste -Inerzia del!'
Amministrazione -Necessit� del 
provvedimento giudiziario ex articolo 
1183 e.e. -Esclusione Diffida 
dell'appaltatore all'Amministrazione 
con fissazione di congruo 
termine per il compimento 
dell'atto -Ammissibilit� ai fini 
della rimozione dell'impedimento 
per la tutela giurisdizionale del 
diffidante -Sussiste, 744. 

-Appalto di opere pubbliche -Appalto 
di opere ferroviarie -Richiesta 
dell'appaltatore di maggiori 
compensi -Dichiarazione 
unilaterale sottoscritta dall'appaltatore, 
di accettazione di una 
certa somma �a corpo�, a tacitazione 
di ogni sua pretesa in ordine 
all'appalto, e di correlativa 
rinunzia alle riserve proposte 


BmiffffffffffifmKillMf;f@;ff[illfill'milifillffifflliKtif:rtff@[ftmHfi@lltff&iiili@f[fillill1[fffa@trffftiftt@Iff@Ifiltfilill@J~ 


Contratto di transazione -Necessit� 
della forma scritta � ad 
substantiam �, pur se traducendosi 
nello scambio fra i contraenti 
di unilaterali dichiarazioni 
scritte -Sussiste, 771. 

-Appalto di opera pubblica -Riserve 
dell'appaltatore -Reiezione 
dell'Amministrazione -Domanda 
di arbitrato -Previo collaudo 
dell'opera -Presupposto 
necessario per l'instaurazione del 
rapporto processuale -Esclusione 
-Presupposto processuale di 
esperibilit� dell'arbitrato sopraggiungibile 
nel corso del processo 
-Sussiste, 755. � 

-V. anche Imposta di registro. 

ARBITRATO 

-V. Appalto. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Interpretazione autentica -Ammissibilit�, 
637. 

AVVOCATI E PROCURATORI 

-Cassa nazionale di previdenza e 
assistenza -Riscossione dei contributi 
sui provvedimenti giurisdizionali 
da parte dei cancellieri 
e dei procuratori del registro Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
617. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Codice della strada -Potere comunale 
di riserva di spazi per 
sosta -Eccesso rispetto alla legge 
di delega -Esclusione, 609. 

COMMERCIO 

-Commercio al pubblico -Libert� 
di iniziativa economica -Disciplina 
dei magazzini a prezzo 
unico -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 627. 


INDICE 
VII 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Amministrazione dello Stato e 
degli enti pubblici -Crediti -Pignorabilit� 
-Limiti, 633. 

-Criterio di determinazione della 
competenza -Riferimento alla 
qualifica attribuita dalle parti alla 
propria azione -Esclusione Necessit� 
di riferimento all'obiettivo 
contenuto della domanda 
dell'attore e delle deduzioni ed 
eccezioni del convenuto -Sussiste, 
738. 

-Impiego pubblico e privato -Diritti 
patrimoniali -Trattamento 
previdenziale -Azione del dipendente 
-Giurisdizione del C. 

d. s., 668. 
-Licenza di commercio -Commercio 
ambulante -Diritto soggettivo 
allo svolgimento dell'attivit� 
autorizzata -Limiti, 637. 

-Professioni -Diritto all'esercizio 
professionale -� diritto soggettivo 
-Controversia sulle tariffe per 
prestazioni professionali dei chimici 
-Difetto di giurisdizione del 
Consiglio di Stato, 665. 

- 
V. anche Acque pubbliche, Imposte 
e tasse in genere. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

- 
V. Acque pubbliche. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Clausole contrattuali predisposte 
dalla P.A. -Inapplicabilit� dell'art. 
1341 e.e. -sussiste, 763. 

-Comminatoria di penali -Improponibilit� 
nei confronti della 

P.A. dell'azione giudiziaria per 
la riduzione ad equit� delle penali, 
ai sensi dell'art. 1384 e.e. Sussiste, 
763. 
Contratti di fornitura stipulati 
dalL'Amministrazione militare Condizioni 
generali approvate 
con d.m. 20 giugno 1930. 
-Natura ed efficacia di norme regolamentari 
-Sussiste, 762. 

-Contratto a fornitura stipulata 
dall'Amministrazione militare Ricorso 
in via amministrativa ed 
azione del fornitore per la restituzione 
di penali inflitte in dipendenza 
dei � parti contrattuali 
� -Termini di esperimento 
previsti dall'art. 83 d.m. 20 giugno 
1930 -Carattere di termini 
di decadenza -Sussiste, 763. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Norma 
limitativa dell'assistenza ENPAS 
-Difetto di rilevanza della questione 
-Inammissibilit�, 624. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Ordinanza 
di remissione ,del tutto immotivata 
sulla rilevanza e sulla 
non manifesta infondatezza -Palese 
irrilevanza -Inammissibilit� 
della questione, 624. 

COSA GIUDICATA 

-V. Espropriazione per p.u., Giustizia 
amministrativa. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Agricoltura, Avvocati e Procuratori, 
Circolazione stradale, 
Commercio, Corte costituzionale, 
Fallimento, Imposta di registro, 
Procedimento penale, Reato. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Occupazione di urgenza ultra 
biennale -Risarcimento danni Giudicato 
sulla condanna generica 
formatasi in corso del giudizio 
-Successivo intervento del 
decreto di espropriazione -Irrilevanza, 
659. 

FALLIMENTO 

-Liquidazione coatta amministrativa 
-Compilazione dell'elenco 


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dei crediti ammessi da parte del 
Commissario liquidatore -Violazione 
del diritto di difesa -Esclusione, 
621. 

GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� CO


STITUZIO~ALE 

-V. Corte Costituzionale. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Cosa giudicata -Limiti soggettivi 
e oggettivi, 667. 

-Cosa giudicata -Estensione agli 
estranei alla lite -Rifiuto di registrazione 
della Corte dei Conti 
-Effetti, 664. 

-Errore scusabile -Presupposti Dubbi 
ed incertezze sorte dopo la 
maturazione e consumazione del 
potere di impugnazione -Impossibilit� 
di riconoscere l'errore 
scusabile, 666. 

-Ricorso giurisdizionale e ricorso 
straordinario -Alternativit� Decisione 
di ricorso straordinario 
-Istanza di revocazione e ricorso 
giurisdizionale -Concorso 
cumulativo -Ammissibilit�, 664. 

lMPIEGO PUBBLICO 

-Trasferimento -Esigenze di servizio 
-Motivazione -Necessit� Criteri, 
667. 

-Indennit� di licenziamento -Dipendenti 
Enti Pubblici -Norme 
applicabili -Carenza di disciplina 
autonoma -Norme dell'impiego 
privato -Applicabilit�, 668. 

-Indennit� di licenziamento -Esodo 
volontario -Art. 91 n. 604 del 
1966 -Applicabilit�, 668. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


lMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione per la formazione 
della piccola propriet� contadina 

-Estensione -Contratti di appalto 
per la costruzione di edifici 
rurali -Si applica, 686. 

-Agevolazioni e riduzioni -Benefici 
fiscali per uffici e negozi Legge 
interpretativa n. 1493 del 
1962 -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 618. 

Credito agrario -Abbonamento Cessione 
di crediti -Credito di 
esercizio -Esclusione dall'abbonamento, 
721. 

Data dell'atto -Opponibilit� ai 
contribuenti -Requisito di certezza 
della data -Necessit� Esclusione, 
con nota di P. VIT


TORIA, 670. 

-Negozi in frode alla legge fiscale 
-Negozio indiretto e negozio 
collegato -Vendita :t;ra parenti Negozio 
di provvista e negozio di 
trasferimento -Presunzione di liberalit� 
-Ammissibilit� -Condizioni, 
680. 

Societ� -Trasferimento di quote 
di societ� in accomandita semplice 
stipulato dopo il 1� gennaio 
1954 -Imposta proporzionale Applicabilit�, 
727. 

-Vendita di cosa futura -Premessa 
di vendita -Riscosso regime 
di tassazione, 725. 

-Vendita fra parenti -Presunzione 
di liberalit� -Prova della provenienza 
del prezzo -Dimostrazione 
negativa della provenienza del 
prezzo del venditore -Non � richiesta, 
680. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Reddito tassabile -Allevamento 
di cavalli da corsa -� soggetto, 

711. 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Determinazione della base imponibile 
-Deduzione di passivit� Termine 
biennale di decadenza 
per la prova -Condizioni di applicabilit� 
-Limiti, 678. 


INDICE IX 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Corrispettivi relativi a � servizi 
internazionali� -Nozione -Commissionario 
per la vendita di prodotti 
esteri -Intassabilit�, 695. 

-Esportazione di prodotti fabbricati 
con materiali importati -Restituzione 
dell'imposta sui materiali 
importati -Imposta sull'entrata 
e imposta di conguaglio Momento 
determinante del diritto 
al rimborso -E quello della 
esportazione, .703. 

Quote di partecipazione spettanti 
ai Comuni -Impignorabilit�, 

633. 
IMPOSTA STRAORDINARIA SUL 
PATRIMONIO 

-Accertamento Accertamento 
analitico e presuntivo -Notificazione 
dei dati di confronto tra i 
due accertamenti ai fini dell'articolo 
28, t.u. 9 maggio 1950, numero 
203 -Esclusione, 715. 

-Accertamento -Motivazione Accertamenti 
anteriori all'entrata 
in vigore della legge 5 gennaio 
1956, n. 1 -Necessit� -Limiti, 

715. 
IMPOSTA SUI TERRENI E SUL 
REDDITO AGRARIO 

-Esercizio normale dell'agricoltura 
-Nozione, 711. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Autonomia del diritto tributario 
-Difformit� dalle nozioni di diritto 
comune -Prevalenza, 711. 

-Competenza e giurisdizione 
Controversia d'imposta -Definizione 
-Opposizione alla pignorabilit� 
dei beni -Competenza del 
tribunale, 691. 

�-Concordato -Natura -Pattuizioni 
estranee alla determinazione 
dell'imponibile -Non inficiano la 
validit� del concordato, 697. 

-Imposta straordinaria sul patrimonio 
-Estimazione semplice e 
complessa, 715. 

-Imposte indirette -Imposte surrogatorie 
-Abbonamento -Nozione, 
720. 

-Imposte indirette -Riscossione -. 
Ingiunzione fiscale -Natura, 707. 

-Imposte indirette -Riscossione 
coattiva -Sospensione dell'esecuzione 
-Difetto di giurisdizione 
dell'A.G.0., 691. 

-Impugnazione -Regime anteriore 
all'entrata in vigore della legge 
5 gennaio 1956, n. 1 -Condizioni 
e limiti, 698. 

-Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Ricorso alla Commissione 
Centrale -Enunciazione dei 
motivi -Necessit� -Citazione 
delle norme di legge che si assumono 
violate -Insufficienza, 705. 

Violazione di leggi finanziarie e 
valutarie -Pena pecuniaria -Natura 
-Prescrizione -Norme applicabili 
-Verbale di accertamento 
-Idoneit� quale atto interruttivo, 
707. 

-V. anche Acque pubbliche. 

IMPUGNAZIONE 

-Interesse -Reato amnistiato -Ricorso 
per l'accertamento della 
prescrizione -Inammissibilit� per 
difetto d'interesse, con nota di 

P. DI TARSIA, 780. 
LAVORO 

-V. Sicilia. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Potest� regolamentare della P.A. 
-Regolamenti ministeriali auto



X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rizzati da singole leggi -Ammissibilit� 
nel vigente ordinamento 
-Sussiste, 762. 

-Sentenza di incostituzionalit� Effetti, 
668. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Contratti -Forma scritta richiesta 
� ad substantiam � -Scrittura 
privata sottoscritta da una sola 
delle parti -Equipollenza alla 
(manchevole) forma scritta del 
consens� di una delle parti della 
produzione in giudizio della scrittura 
ad opera della parte che non 
l'abbia sottoscritta ma ne invochi 
gli effetti -Necessit� che la produzione 
in giudizio abbia luogo 
prima che l'altra parte revochi il 
proprio consenso -Sussiste, 771. 

-Contratto per adesione e contratto 
per relationem perfectam Nozioni 
e differenze -Inapplicabilit� 
al contratto per relationem 
perfectam dell'art. 1341, cpv. e.e. 
-Sussiste -Fattispecie, 763. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Espropriazione per p.u., 
Responsabilitd civile. 

OPERE PUBBLICHE 

-V. Appalto. 

PIANO DI RICOSTRUZIONE 

-Prescrizioni -Operativit� immediata 
-Prescrizione ad operativit� 
immediata -Impugnazione 
tardiva -Irricevibilit�, 666. 

PRESCRIZIONE 

-Prescrizione e decadenza -Criterio 
distributivo, 763. 

-V. anche Acque pubbliche, Imposte 
e tasse in genere, Impugnazione. 


PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-V. Competenza e giurisdizione, 
Sicilia. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Contratti agrari -Competenza 
funzionale territorialmente inderogabile 
delle Sezioni Specializzate 
,.. Foro dello Stato -Prevalenza 
-Non sussiste, 661. 

-Regolamento di competenza -Sezione 
Specializzata per le controversie 
agrarie -Competenza -Limiti, 
661. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Decreto di citazione -Avviso al 
difensore -Omissione -Nullit� 
assoluta -Comparizione della 
parte interessata -Termine a difesa, 
con nota di P. DI TARSIA, 

778. 
-Decreto di citazione -Partecipazione 
ai difensori e loro facolt� Avviso 
dell'udienza -Omessa notificazione 
-Nullit� insanabile Nomina 
di un difensore di ufficio 
nel dibattimento -Irrilevanza, 
con nota di p. DI TARSIA, 777. 

-Sentenze, ordinanze, decreti Correzione 
di errori materiali Citazione 
della parte che vi ha 
interesse, se possibile -Violazione 
del diritto di difesa -Illegittimit� 
costituzionale, 611. 

-V. anche Amnistia. 

PROFESSIONI 

-V. Competenza e giurisdizione. 

REATO 

-Delitto di boicottaggio -Contrasto 
con il sistema democratico in 
generale -Esclusione -Contrasto 
con la libert� di pensiero Illegittimit� 
costituzionale parziale, 
613. 

-V. anche Impugnazione. 



XI

INDICE 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Precettori -Presunzione di responsabilit� 
-Presupposti -Centri 
di rieducazione .per minorenni 
-Danni a terzi cagionati da minore 
fuggito -Responsabilit� della 
P.A. -Sussiste, 642. 

-Responsabilit� della .p.a. per danni 
ai propri dipendenti -Risarcimento 
-Norme limitatrici -Declaratoria 
di incostituzionalit� Prescrizione 
del diritto -Decorrenza, 
con nota di G. CoLETTA, 

653. 
REVOCAZIONE 

- 
V. Giustizia amministrativa. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso straordinario -Rinuncia 
-Effetto -Decorrenza dalla notificazione 
alla controparte e deposito 
.presso il Ministero -Decisione 
del ricorso nello stesso 
giorno dalla legale conoscenza 
della rinuncia Illegittimit�, 

664. 
- 
V. anche Giustizia amministrativa. 


RICORSO STRAORDINARIO 

- 
V. Giustizia amminist1�ativa. 

SENTENZA 

-Sentenza straniera di condanna 
agli alimenti -Vincolo di sangue 
fra genitore e figlio non riconoscibile 
-Accertamento incidenter 
tantum -Lex fori -Poteri del 
giudice, 649,. 

SICILIA 

-Lavoro -Competenza in materia 
di lavoro e di previdenza sociale 
-Circolare ministeriale 31 luglio 
1968 -Conflitto di attribuzione 
con lo Stato -Parziale illegittimit�, 
626. 

SOCIET� 

- 
V. Imposta di 1�egistro. 

VENDITA 

-V. Imposta di registro, Imposta 
generale sull'entrata. 



I 

I m

INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

14 aprile 1969, n. 82 pag. 609 
14 aprile 1969, n. 83 611 
17 aprile 1969, n. 84 613 
17 aprile 1969, n. 85 617 
17 aprile 1969, n. 86 618 
17 aprile 1969, n. 87 621 
14 maggio 1969, n. 88 


623 
14 maggio 1969, n. 89 


624 
10 giugno 1969, n. 96 


626 
10 giugno 1969, n. 97 


627 
26 giugno 1969, n. 103 . 


630 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 11 novembre 1967, n. 2717 pag. 670 
Sez. III, 7 dicembre 1968, n. 3933 

642 
Sez. I, 26 aprile 1969, n. 1282 . 

678 
Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1406 . 

646 
Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1530 . 

680 
Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1535 . . 

686 
Sez. Un., 7 maggio 1969, n. 1543 . 

691 
Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1575 . 

695 
Sez. I, 12 maggio 1969, n. 1625 

697 
S'ez. I, 13 maggio 1969, n. 1626 

703 
Sez. I, 13 maggio 1969, n. 1630 

705 
Sez. I, 17 maggio 1969, n. 1692 

707 
Sez. I, 20 maggio 1969, n. 1755 . 

711 
Sez. Un., 21 maggio 1969, n. 1770 

715 
Sez. I, 22 maggio 1969, n. 1786 . 

720 
Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1893 

729 
Sez. I, 31 maggio 1969, n. 1950 

649 
Sez. III, 4 giugno 1969, n. 1959 

653 
Sez. I, 12 giugno 1969, n. 2080 

737 
Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2317 

743 
Sez. Un., 2 luglio 1969, n. 2428 

633 
Sez. Un., 2 luglio 1969, n. 2430 

637 
S'ez. Un., 4 luglio 1969, n. 2449 

755 
Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2450 . 

659 
Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2459 . 

725 
Sez. Un., 7 luglio 1969, n. 2498 

744 
Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2611 . 

758 


INDICE XIII 
Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2618 . 
Sez. I, 23 luglio 1969, n. 2766 . 
727 
762 
INDICE XIII 
Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2618 . 
Sez. I, 23 luglio 1969, n. 2766 . 
727 
762 
Sez. III, 24 luglio 1969, n. 2815 
Sez. I, 19 agosto 1969, n. 3012 . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 13 
Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 15 
Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 91 . 
Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 114 . 
S'ez. IV, 18 aprile 1969, n. 120 . 
Sez. IV, 23 aprile 1969, n. 127 . 
Sez. V, 22 aprile 1969, n. 272 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. IV, 20 giugno 1967, n. 6694 
Sez. I, 19 luglio 1969, n. 116 . 
Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1259 . 
Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1266 . 

661 
771 ' 

pag. 
664 
664 
665 
666 
667 
667 
668 

pag. 
775 
777 

778 

780 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


RASSEGNA DI DOTTRINA 

FRAGOLA G., Le leggi urbanistiche ed edilizie, CEDAM, Padova, 
1969 ........................ pag. 133 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 6, primo 
comma ................ . pag. 134 

r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 67, primo comma 134 
d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22, ,quarto comma 134 
legge 19 gennaio 1963, n. 15, art. 16, primo comma 135 
d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, primo comma 135 
legge reg. sic. 10 agosto 1965, n. 21, art. 22 135 
legge reg. sic. appr. 30 aprile 1969 . 135 
legge reg. sic. appr. 11 giugno 1969 . . . 135 
-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 


codice civile, art. 2070, primo e secondo comma 136 
codice civile, art. 2242, primo comma . . . . 136 
codice di procedura penale, art. 510, secondo comma, 

ultima parte . . . , . . . . . . 136 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141 136 
r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, art. 12 . . 136 
d.lg.Igt. 19 ottobre 1944, n. 348, art. 10 137 
d.lg. C.P.S. 27 dicembre 1946, n. 469, art. 12 137 
d.lg. 11 febbraio 1948, n. 50 137 
legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 2 137 
legge 31 luglio 1954, n. 570, artt. 1 e 3 137 
legge prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, art. 7 137 
d.p.r. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. B 138 
legge reg. sic. 9 marzo 1959, n. 3, art. 5, n. 3 138 
legge 14 novembre 1962, n. 1610, art. 4 . 138 
legge 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 5, n. 2 138 
d.p.r. 25 febbraio 1963, n. 138, art. 2 138 
d.p.r. 15 maggio 1963, n. 858, art. 140 139 
legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 1 139 

INDICE XV 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . 139 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di estinzione, di inammissibilit�, 
di manifesta infondatezza o di restituzione degli 
atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . 160 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI 

Amministraz. pubblica 
pag. 164 
Appalto 
Avvocati e Procura164 


tori 
Banche 
Circolazione 
Concessioni 

strative 
Contabilit� 

dello Stato 
Contributi 
Demanio 

164 
164 
stradale 164 

ammini165 


Generale 
165 
165 
165 

Edilizia Economica e 

Popolare 165 
Elettricit� ed Elettro


dotti 166 

(secondo l'ordine di materia) 

Espropriazione per 

pubblica utilit� 166 
Fallimento 166 
Farmacia 167 
Impiego pubblico 167 
Imposta di registro 167 
Imposte e tasse 168 
Locazioni di cose 168 
Lotto e Lotterie 168 
Militari 168 
Miniere 168 
Occupazione 169 
Polizia 169 
Responsabilit� civile 169 

Spese giudiziali 169 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE * 


CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 82 -Pres. Sandulli -
Rel. Verzi -Chiaccherini (n. c.) e Presidente del Consiglio de-i 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Circolazione stradale -Codice della strada -Potere comunale di riserva 
di spazi per sosta -Eccesso rispetto alla legge di delega Esclusione. 


(Cost., artt. 76, 77; I. 4 febbraio 1958, n. 572; d.p.r. 15 giugno 1959, n. 393, 
art. 4 lett. b). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 
lett. b del codice della strada, per violazione dei limiti posti dalla legge 
di delegazione, in quanto il potere attribuito da detta norma all'autorit� 
comunale rientra in entrambi i criteri informativi della delega, cio� 
la disciplina della circolazione ed il principio del decentramento (1). 

(Omissis). -L'esercizio della delega, concessa al Governo dalla 
legge 4 febb11aio 1958, n. �572, per la emanazione di nuove norme in 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 26 ottobre 1967 del 
Pretore di Genova (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). 
L'ordinanza di remissione � pubblicata anche in Foro it., 1968, II, 272 
e richiami. 
Sui poteri delle ordinanze comunali ex art. 4 Codice della Strada 
cfr. in dottrina DUNI, Interpretazione delle ordinanze �n materia di circolazione 
stradale, Riv. circ. trasp., 1967, 433; GASPARRI, Il potere di ordinanza 
in materia di circolazione stradale, Arch. giur. circ., 1967, 649. 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha 
collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. 



610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

materia di circolazione stradale, risulta legittimo ed ispirato ai princ1p1 
fissati dalla legge stessa, per quanto riguarda la norma dell'articolo 4, 
lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, 

n. 393, che attribuisce ai Comuni il potere di � riservare appositi spazi 
alla sosta di determinati veicoli quando ci� sia necessario per motivi 
di pubblico interesse �. 
L'ordinanza ritiene che contenendo la legge la delega ad emanare 
norme direttamente rivolte ad assicurare la disciplina della circolazione, 
adeguate alle esigenze del traffico ed alla prevenzione di incidenti al 
Governo sarebbe precluso il potre di manare disposizioni � non direttamente 
intese a soddisfare esigenze di funzionalit� e sicurezza del 
traffico �, quali sarebbero quelle relative alla sosta dei veicoli. 

Va osservato in proposito che la discipJ.ina della circolazione deve 
riguardare per sua natura non soltanto il movimento dei veicoli, ma 
anche la fermata o la sosta di essi, in quanto i veicoli in sosta, ingombrando 
necessariamente la sede stradale, ostacolano o alterano il 
movimento degli altri. 

Per altro i criteri infor~ativi della delega non riguardano soltanto 
l'attuazione di �una disciplina della ci11colazione organica ed unitaria � 

(n. 1 del capoverso dell'articolo unic� della leg.ge delegante) ma sono 
altresi dettati: 1) per l'adozione di tutte le norme idonee ad assicurare 
una disciplina della circolazione che sia adeguata alle esigenze del 
traffico ed alla prevenzione degli incidenti stradali; 2) per la attuazione 
del principio del decentramento nelle materie che riguardano soltanto 
situazioni od interessi locali. 
Orbene le esigenze del traffico richiedono la destinazione di spazi 
riservati alla sosta di determinati veicoli, come ad esempio quelli 
adibiti a pubblici trasporti, per i quali -specie nelle grandi citt� ci� 
� indispensabile per l'esercizio del servizio pubblico. La riserva di 
spazi particolari per la sosta dei veicoli privati concorre ad assicurare 
ordine e fluidit� alla circolazione, e, nel tempo stesso, a dare sicurezza 
al traffico. 

La norma impugnata, poi, riguardando soltanto la circolazione dei 
veicoli nell'ambito di ciascun Comune, disciplina interessi locali, per i 
quali la leg.ge delega intende attuare il principio del decentramento. 

Il provvedimento del Comune pu� essere adottato quando sia 
necessario per motivi di pubblico interesse. Contrariamente a quanto 
afferma l'ordinanza del pretore, il concetto di pubblico interesse di cui 
si avvale la norma in esame non � affatto generico, riguardando invece 
ogni interesse che, senza urtare con quello primario relativo alla 
circolazione, sia destinato a soddisfare esigenze rilevanti della collettivit�. 


Pertanto, neppure sotto questo profilo possono ritenersi superati 
i limiti della delega -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 611 i 
I 
CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 83 -Pres. Sandulli -Ii 

Rel. Trimarchi -Tiralosi (avv. La Ferlita). 

Procedimento penale -Sentenze, ordinanze, decreti -Correzione di 
errori materiali -Citazione della parte che vi ha interesse, se possibile 
-Violazione del diritto di difesa -Ille~ittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 24; c.p.p., art. 149, primo comma). 

L'art. 149, primo comma, codice di procedura penale, il quale 
disciplina il procedimento per la correzione degli errori materiali delle 
sentenze, delle ordinanze e dei decreti, prescrivendo la citazione, se 
possibile, della parte che vi ha interesse, con la limitazione posta da 
detto inciso non attua in ogni caso il principio del contraddittorio e 
pertanto viola l'art. 24 della Costituzione (1). 

(Omissis). -La censura � fondata. 

Alla correzione di errori materiali contenuti nelle sentenze, neJle 
ordinanz'e e nei decreti provvede, anche d'ufficio, con ordinanza in 
camera di consiglio, il giudice che ha compiuto l'atto �previa citazione, 
se � possibile, della parte che vi ha interesse �. 

Tale � .n contenuto dell'articolo 149, .comma primo. E la norma non 
sembra integrata o modificata da altre disposizioni. 

Le parti del procedimento o giudizio 'penale principale non trovano, 
nel procedimento di cui all'articolo 149, le garanzie di cui ai primi due 
commi dell'articolo 24 della Costituzione. 

Per tali parti, infatti, si distingue a seconda che abbiano interesse 

o meno alla correzione degli errori materiali. Ma non si precisa con 
rigore se tra le parti interessate rientrino solo quelle che dall'emittendo 
provvedimento si prospettino di conseguire un vantaggio ovvero 
anche quelle che temano di subire un pregiudizio e si lascia solo intendere 
che parti interessate siano unicamente le prime. 
(1) La questione era stata proposta con ordinanza 4 agosto 1967 della 
Corte di Appello di Catania (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321). 
La giurisprudenza della Cassazione era concorde nell'escludere ogni 
sanzione di nullit� in mancanza di previa citazione dell'interessato nella 
procedura di correzione di errore materiale (Cass., 28 ottobre 1966, rie. 
Bertuccelli, Giust. pen., 1967, III, 355; Cass., 5 febbraio 1963, rie. Albano, 
ivi, 1963, 592). 

La stessa Cassazione, per�, aveva, pi� recentemente, ritenuto che quando 
una parte sia direttamente e personalmente interessata all'anzidetto 
provvedimento, essa deve essere citata per il necessario contraddittorio 
(Cass., 18 aprile 1966, rie. Matrella, Giust. pen., 1967, III, 150). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E per queste, la norma .in esame non prevede che le stesse deb


ban'o essere dtate in ogni caso. La citazione della parte che vi ha 

intresse, infatti, va disposta solamente � se � possibile �. Ci� significa 

che la citazione, come ritiene la Corte di Catania, � �rimessa ad una 

valutazione discrezionale del giudice in funzione delle possibilit� (di 

individuazione) offerte dal processo penale�. 

La mancata citazione della parte che vi ha interesse, d'altro canto, 

non comporta, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, 

alcuna sanzione di nullit�, sempre che, sul ipunto, non debba farsi rife


rimento all'articolo 185, n. 3, del codice di procedura penale ovvero 

all'articolo 630 dello stesso codice. 

A tutte le parti, in caso d'iniziativa d'ufficio, e alle, parti diverse 
da quella istante nel relativo caso non � garantita la possibilit� di 
opporsi attraverso l'esercizio dei rispettivi diritti e di difendersi. Ed 
.esaurito il procedimento ex articolo 149, non � dato alle stesse il potere 

di far valere altrimenti le loro ra.gioni. 

N� si pu� valutare diversamente .il procedimento per ci� che � l'or


dinanza che dispone la correzione � soggetta al ricorso per cassazione � 

(art. 149, comma quarto): non � infatti previsto nessun apposito e 

adeguato strumento rperch� l'ordinanza di correzione venga conosciuta 

o diventi conoscibile da tutti gli interessati (o almeno da quelli intervenuti 
come parti nel procedimento o giudizio principale). 
Va, per tutto ci�, condivisa la considerazione effettuata dalla Corte 

di Catania che nella previsione normativa � il contraddittorio � rite


nuto pressocch� superfluo �. 

E tale non avrebbe potuto e dovuto presentarsi, in nessuna ipotesi. 

Non solo n�l caso (di cui al processo a quo) di correzione ed integra


zione delle omissioni della sentenza istruttoria di prosciog1imento dal 

reato di falso (caso in cui, per altro, secondo la dottrina e parte della 

giurisprudenza, il ricorso al procedimento di cui all'articolo 149 sarebbe 

del tutto ingiustificato) proprio perch� le omesse pronunce� possono 

riguardare interessi (privati) distinti e diversi da quello della fede 

pubblica. Ma neppure nel caso pi� semplice e tipico di vera e propria 

correzione di omissioni e errori (che non producono nullit� e la cui 

correzione non importa una modificazione essenziale dell'atto). 

La funzione incidentale ed accessoria del procedimento, data la sua 

importanza, esclude che possano avere rilievo le caratteristiche strut


turali e comporta ed esige che le parti del procedimento o giudizio 

principale mantengano le loro posizioni e per quanto attiene all'esercizio 

dei diritti e per quanto concerne la difesa in giudizio. 

Appare, per tutto ci�, evidente, nel procedimento previsto dall'articolo 
149, comma primo, il mancato rispetto del principio del contraddittorio. 
E di conseguenza, risulta evidente la violazione dell'articolo 24, 
commi primo e secondo, della Costituzione -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 613 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 84 -Pres. Sandulli -Rel. 
Fragali -Castaldi (avv. Leone) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Reato -Delitto di boicottaggio -Contrasto con il sistema democratico 

in generale -Esclusione -Contrasto con la libert� di pensiero 


Illegittimit� costituzionale parziale. 

(Cost., art. 21; cp. art. 507). 

La norma dell'art. 507 codice penale, incriminatrice del delitto 
di boicottaggio, mentre di per s� non � incompatibile col sistema democratico, 
viola la libert� di manifestazione del pensiero nelle ipotesi di 
propaganda esercitata non da partiti o gruppi organizzati, ma da persone 
singole, senza assumere dimensioni tali da risultare veramente 
notevole, secondo l'individuazione che ne potr� fare il giudice penale 
(1). 

(Omissis). -Preliminare all'esame delle singole eccezioni di incostituzionalit� 
si presenta queJtlo relativo alla fondatezza dell'opinione 
formulata in qualcuna delle ordinanze e ribadita dalla difesa dell'imputato 
Castaldi Benito, secondo cui costituendo l'articolo 507 una delle 
componenti di un sistema legislativo :i<l cui fondo politico-sociale � 
stato del tutto sconvolto, non si pu� ritenere compatibile con il nuovo 
assetto costituzionale che ha radicalmente innovato il precedente. Ma, 
come gi� la Corte ha ripetutamente affermato, il mutato clima storico 
attuale non ha determinato di per s� l'illegittimit� costituzionale delle 
norme anteriori, occor,rendo verificare di volta in volta se esse siano 
in grado di soddisfare esigenze attuali, assolvendo una funzione coe


(1) La questione era stata proposta con due ordinanze del Pretore di 
Roma, 5 giugno 1967 (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307) e 17 febbraio 
1968 (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 1968, n. 152) e con ordinanza 
14 marzo 1968 del .Pretore di Trieste (Gazzetta Ufficiale 10 agosto 1968, 
n. 203). 
Le sentenze della Corte citate nella motivazione sul diritto di sciopero, 
18 aprile 1960, n. 29 e 17 marzo 1969, n. 31, si possono leggere, rispettivamente, 
in Giur. Cost., 1960, ed in questa Rassegna, 1969. 

Le sentenze sulla libert� di pensiero, anch'esse citate in motivazione, 
19 febbraio 1965, n. 9, e 6 luglio 1966, n. 87, sono pubblicate, rispettivamente, 
in Giur. Cost., 1965, 67, ed in questa Rassegna, 1966, 980. 

In dottrina, cfr. SENA, Studi sul boicottaggio, Riv. dir. ind., 1966, I, 
245; BRUNETTI, Appunti sulle nozioni giuridiche di picchettaggio, cruminaggio 
e boicottaggio, Mass. Giur. Lav., 1968, 10. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rente con l'ordinamento vigente. Che la previsione del reato di boicottaggio 
non ripugni di per s� con il carattere democratico della struttura 
statale � confermato dalla constatazione che essa si riscoiitra nella 
legislazione di alcuni paesi ordinati secondo principi di libert�, e che 
anche il progetto di riforma del codice penale redatto nel 1950 conservava 
l'articolo 507 pure nella misura delle pene, con la sola soppressione 
del riferimento agli scopi specifici cui ,invece esso aveva riguardo. 

3. -Si rende altresi necessario, allo scopo di precisare in limine 
l'ambito dell'indagine da compiere, contestare l'assunto secondo cui 
le precedenti sentenze di questa Corte del 28 aprile 1960, n. 29 e 
del 17 marzo 1969, n. 31 (che hanno dichiarato l'illegittimit� costituzionale 
di disposizioni del codice penale che punivano 1o sciopero e la 
serrata) avrebbero causato la ;parziale illegittimit� costituzionale della 
disposizione impugnata. Da esse non si possono desumere argomenti 
per il giudizio circa la legittimit� costituzionale della punizione del 
boicottaggio come reato, dato che la configurazione di quest'ultimo 
prescinde da una sua dipendenza dalla materialit� dei fatti considerati 
dalle disposizioni sullo sciopero e la serrata dichiarate illegittime, consistendo 
invece nell'indurre altri, mediante propaganda o valendosi della 
forza o dell'autorit� di partiti, leghe od associazioni, a non stipulare 
patti di lavoro, a non somministrare materie o strumenti necessari al 
lavoro ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali; 
sicch� concreta in modo evidente dati strutturali autonomi e diversi 
da quelli che integrano la serrata e lo sciopero, che si concretano 
invece nella mera sospensione dell'attivit� produttiva, di scambio, o di 
lavoro. 
Nella relazione ministeriale al codice penale il boicottaggio f� 
definito � un modo di alterazione dell'ordinato svolgimento dei rapporti 
di produzione e di lavoro �, e in essa non si scorge alcun dato da 
cui desumere che il divieto dei fatti puniti sotto il titolo di boicottaggio 
sia stato posto in correlazione al divieto di sciopero, o equipollente 
dello scopero, o sulla forma particolare, ci� anche in vista del nomen 
dato alla fattispecie. Deve ,ritenersi pertanto del tutto inesatto quanto 
� affermato in una delle ordinanze del pretore di Roma nel senso di 
considerare il boicottaggio un tipico strumento di autotutela. E sarebbe 
vano ricercare il fondamento in norme costituzionali. 

4. -La disposizione denunciata, nella sua impostazione di fondo, 
si accorda con� la Carta fondamentale in quanto fa oggetto di tutela 
taluni beni cui questa d� spiccato rilievo nell'ordine sociale: la libert� 
di stipulare patti di lavoro, la libert� di iniziativa economica e ,di organizzazione 
della impresa, il diritto di realizzare attraverso l'attivit� 
commerciale i risultati positivi di quella produttiva. Beni i quali ricevono 
dretta protezione dagli articoli 35 e 41 della Costituzione, e affon

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 615 

dano profondamente le loro -radici nel riconoscimento della posizione 
del singolo e della sua personalit�, enunciato nell'articolo 2, e nel riconoscimento 
di quelle pi� immediate estrinsecazioni di quest'ultima che 
sono il diritto al lavoro e il diritto-dovere, enunciato nell'articolo 4, 
di svolgere un'attivit� che concorra al progresso materiale e spirituale 
della societ�. Beni il cui rilievo risulta poi accentuato dal carattere 
comunitario e solidaristico della societ� nazionale (artt. 1 e 2) e dall'accettazione 
del principio della programmazione economica, concatenato 
a tale carattere, pur nel quadro di un regime di economia mista, 
e ormai tradotto nella realt� legislativa (legge 27 luglio 1967, n. 685). 

5. -Tuttavia la formulazione dell'articolo � alquanto vaga, tanto 
da non permettere che resti escluso un suo parziale contrasto con norme 
della Costituzione. 
Ci� � a dire anzitutto per la parte riguardante l'impiego della 
propaganda che, considerata quale uno degli strumenti utilizzabili per 
la compressione dei diritti voluti tutelare, viene assunta secondo una 
nozione generica ed indiscriminata. Non � necessario ricordare come 
la libert� di propaganda � espressione di quella di manifestazione del 
pensiero, garantita dall'articolo 21 della Costituzione e pietr� angolare 
dell'ordine democratico. Gi� nella sentenza 22 giugno 1966, n. 87, la 
Corte, oltre a:d inserire la propaganda nella protezione cosi apprestata, 
afferm� che essa � assicurata fino al limite oltre il quale risulti leso 
il metodo democratico. 

Con tale criterio si pone in un certo contrasto l'articolo 507 del 
codice penale perch� fa pensare all'inclusione in una sfera criminosa 
anche della propaganda di puro pensiero e di pura opinione, ogniqualvolta 
possa comunque ad essa coordinarsi o semplicemente riferirsi 
un comportamento singolo che sia causa dell'evento �ivi considerato. 
La propaganda � di per s� diretta a convincere, ed infatti questa Corte, 
nella sentenza 4 febbraio 1965, n. 9, ammise che rientra nell'articolo 21 
della Costituzione ogni espressione che miri a persuadere dell'utilit� e 
della necessit� di un dato contegno; e a tale funzione la norma in 
esame viene a porre ostacolo quando, per la sua formulazione generica, 
punisce la propaganda persino se effettuata da un singolo in condizioni 
di insignificante rilievo. 

Pu� altresi notarsi che, essendo pacificamente ritenuto che il reato 
di boicottag-gio, quale reato di danno e non di mero pericolo, ammette 
il tentativo, potrebbe ritenersi la punibilit�, attraverso l'articolo 507, 
anche dell'azione che sia rimasta al puro stato di manifestazione di 
pensiero e di opinione, non avendo potuto -conseguire l'effetto che si 
proponeva. 

Una pi� limitata applicazione dell'articolo dovrebbe condurre ad 
un diverso risultato. In:llatti l'assimilazione che esso fa tra la propa




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ganda e la forza ed autorit� di partiti, di leghe o di associazioni induce 
a ritenere che essa in tanto 'riesca razionale in quanto si presupponga 
che la propaganda per essere punibile debba assumere dimensioni tali 
e raggiungere un grado tale di intensit� e di �efficacia da risultare veramente 
notevole. L'individuazione dei casi in cui sotto tale rprofilo, 
l'ipotesi criminosa pu� realizzarsi compete al giudice penale. Tuttavia la 
possibilit� che nella fattispecie considerata dall'articolo 507 vengano 
!ricomprese ipotesi di propaganda che non rag,giunga la consistenza di 
cui si � detto comporta che, limitatamente a tale circoscritta possibilit�, 
l'articolo 507 del codice penale debba essere dichiarato illegittimo per 
contrasto col principio della libert� di manifestazione del pensiero 
qual'� considerata dall'articolo 21 della Costituzione. 

6. -Per quanto attiene alla parte dell',articolo 507 rigual'dante il 
boicottaggio esereitato avvalendosi della forza di gruppi sociali � da 
mettere in rilievo che, alla pari del diritto di manifestazione deJ. pensiero, 
quello di associazione, pi� particofarmente quando si riferisce 
ai raggruppamenti a fini sindacali e politici, trova collocazione tra i 
cardini essenziali dell'ordine democratico, consa�crati negli articoli 2, 
18, 39 e 49 della Carta fondamentale. 
Ma la Costituzione, mentre assegna ai partiti e ai sindacati compiti 
che, se sono altissimi, sono specificamente delimitati, non consente alle 
altre associazioni di perseguire fini non leciti (art. 18). Onde nessuno 
potrebbe pretendere in base alla Costituzione di utilizzare tali forze 
sociali -spesso imponenti -�al fine di esereitare, in funzione degli 
interessi che esse rappresentano -e per il conseguimento dei quali 
l'ordinamento assicura altri efficaci strumenti -pressioni, sia pure 
soltanto di ordine morale, nella sfera dei diritti che la Cal'ta garantisce 
ai singoli consociati. A parte tutto, si rischierebbe di farne, in tal modo, 
strumenti di discriminazione e di rpersecuzione, esponendo il singolo, 
indifeso, alle azioni, eventualmente non giuste, di forze collettive. 

D'altronde gli scopi per i quali l'articolo 507 non consente l'istigazione 
a pratiche di boicottaggio sono perseguibili nell'ordine democratico 
attrav�erso una serie di mezzi sufficienti a soddisfare ogni esigenza 
di legittima. competizione e contestazione. Pertanto non possono 
considerarsi sacrificati per il fatto che l'ordinamento impedisce, attraverso 
l'articolo 507, che al servizio di essi vengano immediatamente 
utilizzati mezzi destinati ad escludere senz'altro taluno da �rapporti economici 
con gli altri co.nsociati. 

� poi superfluo precisare che l'ipotesi rprevista dall'articolo 507 si 
crealizza solo quando la forza e l'autorit� dei gruppi ivi considerati si 
facciano effettivamente sentiTe e valere, attraverso un loro reale peso, 
non bastando per 'contro il semplice richiamo che ad esse faccia il 
singolo il quale inciti al boicottaggio -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 617 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 85 -Pres. Sandulli -
Rel. Benedetti -De Pieri ed altri (n. c.) e Presidente de~ Consiglio 
dei Ministri (Vice avvocato .generale dello Stato Foligno). 

Avvocati e procuratori -Cassa nazionale di previdenza e assistenza 


Riscossione dei contributi sui provvedimenti giurisdizionali da 

parte dei cancellieri e dei procuratori del registro -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 53, 98; I. 5 luglio 1965, n. 798, artt. 3 e 4}. 

Le imposizioni previste dagli articoli 3 e 4 della legge 5 luglio 1965 
a favore della Cassa di previdenza .avvocati e procuratori in occasione 
della prestazione del servizio giudiziario sono da considerare tributi 
lato sensu, giudiziari, rispetto ai quali non � applicabile il principio 
della capacit� contributiva posto dall'art. 53 della Costituzione, che ha 
riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si pu� determinare 
divisibilmente; data tale loro natura, non contrasta, poi, con 
l'art. 98 della Costituzione l'affidamento del servizio di riscossione ai 
funzionari delle cancellerie giudiziarie e degli uffici di registro (1). 

(Omissis). -Venendo al merito della questione di costituzionalit� 
� anzitutto da rileva.re che essa pu� considerare propriamente proposta 
nei confronti degli articoli 3 e 4 della legge 5 luglio 1965, n. 798, che 
� l'ultima legge, in ordine di tempo, riguardante la previdenza e assistenza 
a favore degli avvocati e iprocuratori legali. Nelle censure di 
incostituzionalit�, per contrasto con gli articoli 53 e 98, comma primo, 
della Costituzione, mosse contro le norme indicate restano infatti 
assorbite le identiche censure avanzate anche nei confronti delle corrispondenti 
disposizioni contenute in ,precedenti testi normativi disciplinanti 
la stessa materia (articoli 19 e 22 le~ge 8 gennaio 1952, n. 6; 
5 e 6 legge 31 luglio 1956, n. 991; e 3 e 4 legge 25 febbraio 1963, n. 289). 

Per quanto attiene alla lamentata violazione dell'articolo 53 della 

Costituzione la questione ha gi� formato oggetto di puntuale decisione 

da parte di questa Co�rte la quale, con sentenza n. 23 del 1968 pubbli


cata nelle more del presente giudizio, ha statuito che le prestazioni patri


moniali imposte dagli articoli 3 e 4 della legge n. 798 del 1965 sono 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 26 ottobre 1967 del 
Pretore di Padova e 25 ottobre 1967 del Pretore di Asti (Gazzetta Ufficiale 
27 gennaio 1968, n. 24). 
La sentenza, come � ricordato in motivazione, trova uno specifico 
precedente nella sentenza 17 aprile 1968, n. 23, che � pubblicata in questa 
Rassegna, 1968, 170, e nota di richiami. 



618 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da considerare tributi lato sensu 1giudiziari e, in quanto tali, estranei 
aill'ambito di applicazione del citato precetto costituzionale, il quale 
ha riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si pu� 
determinare divisibilmente. 

� stato altres� affermato nella citata decisione che l'imposizione dei 
contributi in oggetto si fonda sulla necessit� discrezionalmente ma ragionevolmente 
avvertita dal legislatore di far gravare oneri patrimoniali 
sopra soggetti che godono divisibilmente del servizio giudiziario, e 
che i contributi in parO'la, sebbene affluiscano alla cassa di iprevidenza 
ed assistenza in favore degli avvocati e procuratori legali, sono rivolti 
al perseguimento di finalit� di carattere pubblico poich� � compito 
dello Stato assicurare la tutela previdenziale di una categoria di lavoratori 
o mediante erogazioni poste direttamente a suo carico o con 
l'imposizione di prestazioni patrimoniali nella forma di contributi. Nel 

. caso in �esame l'intervento dello Stato si � appunto realizzato oUre che 
per via diretta mediante versamenti alla cassa di alcuni proventi stabiliti 
per legge, anche indirettamente ponendo alcuni contributi a carico 
di quei sog.getti che, con o senza l'ausilio di un professionista legale, 
si giovane del servizio giudiziario del quale gli esercenti la professione 
forense sono indispensabili collaboratori. 

5. -Dalla motivazione della richiamata sentenza � dato trarre 
chiari e idonei argomenti per dichiarare l'infondatezza anche della 
censura di incostituzionalit� con la quale si decduce la violazione dell'articolo 
98, comma primo, della Costituzione. 
Il carattere pubblico dell'ente cui i contributi in questione vengono 
devoluti, le pubbliche finalit� previdenziali che ne hanno determinato 
l'imposizione e la loro connessione con la prestazione del servizio giudiziario, 
consentono infatti di ritenere che il particolare sistema di 
riscossione e versamento posto dalla legge impugnata a carico dei cancellieri 
e degli uffici del registro non contrasti con l'invocato precetto 
costituzionale -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 86 -Pres. Sandulli -
Rel. Rocchetti -Pierini ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (Vice avvocato Generale dello Stato Foligno). 

Imposta di registro -Agevolazioni e riduzioni -Benefici fiscali per 
uffici e negozi -Legge interpretativa n. 1493 del 1962 -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost. artt. 3, 113; I. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1 cpv.). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 3 e 113 della Costituzione, 
la disposizione dell'art. 1 cpv. della legge 6 ottobre 1962, nu



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 619 

mero 1493 nella parte in cui dispone che non si fa luogo alla restituzione 
delle imposte gi� pagate, perch� essa non esclude il rimborso 
delle imposte pagate in base ad accertamenti non ancora definitivi 
all'epoca della sua entrata in vigore (1). 

(Omissis). -Allo scopo di promuovere l'incremento edilizio, e riparare 
cosi alla carenza di alloggi, particolarmente grave dopo le distruzioni 
della guerra, la legge 2 luglio 1949, n. 408, concedeva l'esenzione 
da varie imposte per le costruzioni di nuove � case di abitazione, anche 
se comprendenti uffici o negozi � (articolo 13). Dalla terminologia usata, 
alquanto vaga ed imprecisa, nessun altro elemento emergeva circa la 
proporzione da tenersi, ai fini dell'esenzione, tr�a i due tipi di utilizzazione 
consentiti, oltre quello della prevalenza da assegnarsi alle abitazioni, 
dovendo gli edifici costruendi avere nel loro complesso la 
natura e la destinazione qualificante di � case � secondo l'espressione 
usata nel testo del citato articolo 13. 

In mancanza di pi� precise indicazioni circa i criteri cui riferirsi 
per determinare tale prevalenza, due interpretazioni emersero, quella 
dell'amministrazione finnazia�ria che, ispirandosi al disposto dell'anteriore 
norma dell'articolo 7 della legge 11 luglio 1942, n. 843, riteneva 
doversi tale prevalenza desumere dal reddito dei locali da accertarsi 
in sede fiscale, e quella della magistratura ordinaria, che si riferiva 
al pi� concreto e certo elemento quantitativo tratto dai volumi delle 
costruzioni. 

Tale contrasto interpretativo accompagn� in modo insanabile tutta 
l'applicazione della legge 408, seguitando a permanere anche quando, 
scaduta col 31 dicembre 1959 l'ultima proroga concessa alla sua efficacia 
dalla legge 10 dicembre 1957, n. 1218, essa seguit� ad applicarsi alle 
sole costruzioni completate entro quel termine e alle relative numerosissime 
pratiche pendenti giacch�, per le costruzioni successive, vennero 
poi introdotte nuove e differenti agevolazioni tributarie, a mezzo 
della legge 2 febbraio 1960, n. 35, che non si sovrappone n� si riconnette 
alla 408 del 1949 e segue poi vicende diverse. 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 24 novembre 1967 
del Tribunale di Terni (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). 
La sentenza, nella parte motiva, sottolinea con estrema lucidit� la 
tormentata vicenda sulla norma in discussione e chiarifica il limite temporale 
della ripetibilit� del tributo versato in data anteriore. 

Nell'ultima parte della motivazione, la sentenza � in linea con la costante 
giurisprudenza della Corte, la quale ricollega alla definitivit� degli 
accertamenti la preclusione di effetti pi� favorevoli al contribuente; cos�, 
ad esempio, per l'applicabilit� del condono fiscale, le sentenze 23 novembre 
1967, n. 121 e 15 dicembre 1967, n. 148, in questa Rassegna, 1967, 934. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quanto alla 408, il legislatore, nell'intento evidente di dirimere 
qui contrasto interpretativo, eman�, inser�endolo nella legge 6 ottobre 
1962, n. 1493, per vari argomenti, si riferisce al settore dell'edilizia, 
la disposizione contenuta nell'articolo 1 con J.a quale si precisava che 

� le agevolazioni fiscali previste per le case di abitazione non di, lusso 
dalle leggi 2 luglio 1949, n. 408 � (e dalle altre successive di proroga) 
� sono applicabili anche ai loc�ali destinati ad uffici o negozi quando, a 
questi ultimi, sia destinata una superficie non eccedente il quarto di 
quella totale dei piani sopra terra �. 
La nuova norma, che era accompagnata, nel capoverso dello stesso 
articolo, dalla disposizione con la quale si stabiliva che restavano salvi 
gli accertamenti gi� effettuati e divenuti comunque definitivi, n� si 
faceva luogo alla restituzione delle imposte gi� pagate, venne interpretata, 
sia in sede amministrativa che giurisprudenziale, nel senso 
�che la parte da assegnarsi agli uffici e negozi, insiem� considerati, e da 
valutarsi in base alla superficie, non dovesse eccedere il quarto, perch� 
la locuzione � questi ultimi � che, grammaticalmente invero sembrava 
dover riguardare i soli negozi, venne invece riferita ai negozi e agli 

uffici insieme. 

Cos� considerata, la norma del 1962, avente efficacia retroattiva 
perch� volta a disciplinare fattispecie gi� perfette al 31 dicembre 1959, 
sembr� una norma innovativa, come riducente, dalla met� meno .uno 
a un quarto, l'estensione degli anzidetti locali di uso diverso dall'ahitazione 
e come tale � stata ritenuta anche nell'ordinanza del giudic�e 

a quo. 

Il contenuto delle norme venne per� ulteriormente precisato attraverso 
la legge 2 dicembre 1967, n. 1212, il cui unico articolo stabilisce 
che: � l'articolo 1 della 1493 del 1962 deve intendersi nel senso 
che le agevolazioni fiscali menzionate nell'articolo stesso sono applicabili 
anche ai locali destinati ad uffici o negozi, quando ai negozi sia 
destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale dei 
piani sopra terra �. Ed aggiunge ancora lo stesso articolo unico anzidetto 
che, per le concessioni delle suddette agevolazioni, � pertanto 
necessario e sufficiente che ricorrano, congiuntamente, le seguenti 
condizioni : 

a) che almeno il 50 per cento pi� uno della superficie totale dei 
piani sopra terra sia destinata ad abitazioni; 
b) che non pi� del 25 per cento della superficie totale dei piani 
sopra terra sia destinato a negozi. 

Cosicch� la legge 1493 del 1962, letta per .cosi dir�e nel nuovo testo 
della 12.12 del 1967, non pu� apparire che quale essa intendeva essere, 
e cio� una legge interpretativa della 408, con sola precisazione e non 
immutazione dei criteri in base ai quali doveva determinarsi la preva



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 621 

lenza degli alloggi sugli altri locali, restando fisso per quelli il limite 
originario del 50 per cento ipi� uno. 

Essendo inserita in un testo cui il legislatore ha voluto attribuire 
carattere � interpretativo �, la disposizione contenuta nel capoverso 
dell'articolo 1 della egge del 1962, che fa salvi gli accertamenti gi� effettuati 
e divenuti comunque definitivi e prescrive che non si fa luogo 
alla restituzione delle imposte .gi� pagate, deve intendersi nel solo modo 
conseguente all'intento interpretativo della norma che, quanto ai pagamenti, 
sono irripetibili queHi relativi ad accertamenti definitivi, mentre 
sono invece ripetibili quegli altri che sono stat effettuati in forza di 
accertamenti non ancora definitivi alla data della legge interpretativa 
del 1962 e in rapporto ai quali questa esplica tutta la sua efficacia. 

Ne consegue che la questione di legittimit� costituzionale proposta 
con l'ordinanza 24 novembre 1967 dal tribunale di Terni deve essere 
dichiarata non fondata perch� la disposizione dell'articolo 1, capoverso, 
della legge 1493 del 1962, nella parte in cui stabilisce che � n� si fa 
luogo alla restituzione delle imposte gi� pagate � diversamente da 
quanto ritiene il giudice a quo, (fa cui ordinanza � stata emessa prima 
della pubblicazione della nuova legge di interpretazione autentica numero 
1212 del 1967) non esclude il rimborso delle imposte pagate in 
base ad accertamenti non ancora definitivi all'epoca della sua entrata 
in vigore. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 87 -Pres. Sandulli -
Rel. Reale -Bellone (n. c.) -Compagnia Mediterranea di assicurazione 
(avv. Giannini) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. generale dello Stato Soprano). 

Fallimento -Liquidazione coatta amministrativa -Compilazione del


l'elenco dei crediti ammessi da parte del Commissario liquida


tore -Violazione del diritto di difesa -Esclusione. 

(Cost., art. 24; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 201). 

Non � fondata, con riferimento ail'art. 24 della Costituzione, la 
questione di legittimit�, costituzionale deil'art. 201 della legge fallimentare, 
in quanto la procedura di elencazione dei crediti ammessi, 
da parte del Commissario liquidatore, prevista da detta norma riflette 
le stesse finalit�, pubblicistische cui sono rivolte le imprese ad essa 
soggette, e non elimina la tutela giurisdizionale, che viene solo attuata 
in un momento successivo (1). 

(1) 
La questione e�ra stata proposta con ordinanza 18 aprile 1967 del 
Tribunale 
di Roma (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). 
In dottrina, cfr. GOTTI PoRCINARI, La tutela giurisdizionale dei diritti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -La questione non � fondata. 

La legittimit� della normativa denunziata deve essere esaminata 
nel contesto della disciplina della liquidazione coatta amministrativa, 
la quale riflette le stesse finalit� pubblicistiche cui sono rivolte le imprese 
ad essa soggette: finalit� che giustificano gli interventi della 
pubblica amministrazione, mediante la vigilanza sugli organi, nonch� 
l'ingerenza e i controlli sulle attivit� delle imprese medesime. 

Queste, come � noto, sebbene si avvalgano prevalentemente di 
strutture ed attivit� ricadenti nella sfera del diritto privato, invo1gono 
tuttavia molteplici interessi o perch� attengono a particolari settori 
dell'economia nazionale, in relazione ai quali lo Stato assume il compito 
della difesa del pubblico affidamento, o perch� si trovano in rapporto 
di complementarit�, dal punto di vista teleologico e organizzativo, 
con la pubblica amministrazione. 

Per le accennate ragioni non pu� non competere a questa il presiedere 
alla liquidazione coatta di tali imprese, anche quando ne sia 
dichiarato lo stato ,di insolvenza, designandone l'organo liquidatore e 
controllando l'attivit� dello stesso, compresa quella diretta, in particolare, 
all'accertamento del passivo. 

Dal fatto che simile accertamento, per le norme della legge fallimentare, 
in parte integrative delle leggi speciali e in parte (come 
quella dell'art. 209) inderogabili, si svolga a cura di un commissario 
liquidatore, sen:za l'immediato intervento dell'autorit� giudiziaria, diversamente 
da quanto previsto per l'ordinaria procedura fall.imentare, 
e che nel frattempo i singoli creditori trovino limiti all'esperimento di 
azioni individuali, non deriva alcuna sostanziale violazione del precetto 
costituzionale dell'art. 24, .primo comma. 

Queste limitazioni, ancorch�, attinenti ad un procedimento di natura 
amministativa, inteso a dare attuazione al criterio della par condicio 
creditorum, in aderenza alla stessa funzione concorsuale della 
liquidazione coatta, sono disposte per il tempo strettamente necessario 
al liquidatore per la redazione dell'elenco dei creditori e si risolvono 
nella impropronibilit� soltanto temporanea delle domande giudiziali. 

Con particolare riferimento ai dubbi espressi in proposito nell'ordinanza 
si osserva che, da quanto sopra, non pu� derivare pregiudizio 
alla realizzazione delle pretese, che invece i . creditori medesimi hanno 
potest� di far valere avanti l'autorit� giudiziaria nei modi e nei tempi 
prescritti dalla legge fallimentare, rimanendo comunque escluso, in 

nella liquidazione coatta amministrativa, Giust. civ., 1968, III, 63; Russo, 
Legge costituzionale e tutela contro gli atti della P. A. nella liquidazione 
coatta amministrativa, Temi romana, 1967, 650; BoNSIGNORI, Note sull'accertamento 
del passivo nella liquidazione coatta amministrativa delle imprese 
di credito, Diritto fall., 1966, I, 5. 

I


�:-�'.� 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 623 

virt� dei principi generali dell'ordinamento, che un temporaneo ma 

indeclinabile e tassativo impedimento all'esercizio dell'azione, disposto 

dalla legge, possa condurre alla perdita del diritto soggettivo: ipotesi 

estrema che il tribunale ha ritenuto di prospettare, ancorch� la fatti


specie sottoposta al suo esame ne escludesse l'attualit�. 

D'altro canto si deve rilevare che l'obbligatorio espletamento di 

preventivi procedimenti amministrativi, oltre tutto preordinati, anche 

se non esclusivamente, ad una composizione extra giudiziale dei con


flitti con i terzi creditori, non pu� dirsi che comporti una illegittima 

limitazione della tutela giurisdizionale. Questa Corte ha ripetutamente 

affermato che la tutela rimane egualmente garantita, quando sia con


cesso al titolare del diritto di ,agire non immediatamente al sorgere di 

esso, ma in un secondo tempo, se ci� risponde a esigenze di ordine 

generale e a superiori finalit� di giustizia: quelle appunto che giustifi


cano, nella valutazione del legislatore, il contestuale esame, in sede 

amministrativa, delle ragioni di tutti i creditori concorrenti alla distri


buzione dell'attivo dell'impresa in liquidazione coatta. 

Quanto poi al detrimento che, secondo il tribunale, pu� derivare 
ai creditori dal mancato rispetto del termine, che una indiscussa interpretazione 
ritiene ordinatorio, apposto dall'art. 209 allo svolgimento 
�delle attribuzioni del commissario liquidatore, si osserva che a ridurre 

la portata non mancano opportuni rimedi. 

Un ritardo, infatti, non determinato dalla quantit� e complessit� 

delle situazioni esaminate e che non sia quindi inevitabile, ma sia 

invece da ascrivere a negligenza o risulti comunque imputabile al liqui


datore, potrebbe dar luogo ad azione di responsabilit� a suo carico 

(art. 199 della legge fa1limentare) a parte le sanzioni penali richiamate 

dall'art. 237 della stessa legge. Ed occorre appena far cenno alla possi


bilit� che i creditori, e per essi anche il comitato di sorveglianza (nelle 

funzioni di cui all'art. 204 della legge fallimentare), si avvalgano di 

tutti i mezzi consentiti dalle leggi, quali denunzie, istanze o diffide, 

volte a ottenere l'intervento degli organi di vigilanza e controllo della 

della pubblica amministrazione competente, perch� sollecitino il liqui


datore e, se del caso, provvedano alla sua revoca e conseguente sosti


tuzione. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1969, n. 88 -Pres. Branca -
Rel. Crisafulli -Calzaghe (n. c.) e Presidente del Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Aigr�). 

Corte Costituzionale -Giudizi di le~ittimit� costituzionale in via incidentale 
-Ordinanza di remissione del tutto immotivata sulla 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rilevanza e sulla non manifesta infondatezza -Palese irrilevanza Inammissibilit� 
della questione. 
(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; r.d. 24 febbraio 1938, n. 329, 


artt. 188, 189 e 191). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale degli 
articoli 188, 189 e 191 t. u. sul reclutamento dell'esercito 24 febbraio 
1938, n. 329, peraltro sostituito dal d. P. R. 14 febbraio 1964 n. 237, 
poich� l'ordinanza di remissione non � affatto motivata sia sulla rilevanza 
che sulla non manifesta infondatezza della questione e risulta 
palesemente l'irrilevanza della stessa (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1969, n. 89 -Pres. Branca -
Rel. De Marco -Ortolani (n. c.) -ENPAS (avv. Carbone) e Presidente 
del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato 
Tracanna). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Norma limitativa dell'assistenza ENPAS -Difetto di 
rilevanza della questione -Inammissibilit�. 

(Cost., artt. 134, 38; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; 1. 19 gennaio 1942, n. 22, 
art. 2). 


� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 
2 della legge 19 gennaio 1942 n. 22 che pone limiti e modalit� 
per l'assistenza ENPAS ai dipendenti statali, se dal testo dell'ordinanza 
di rinvio risulta chiaramente la non rilevanza della questione ai fini 
della decisione del giudizio principale (2). 

I 

(Omissis). -L'ordinanza del pretore di Sassari denuncia genericamente, 
senza alcuna motivazione, n� quanto alla non manifesta infondatezza 
n� quanto alla rilevanza della questione, gli articoli 188, 189 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 11 novembre 1967 
del Pretore di Sassari (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). 
Giurisprudenza pacifica della Corte. Cfr. da ultimo, sent. 15 dicembre 
1967, n. 132, in questa Rassegna, 1967, 940. Vedi anche la sentenza che 
segue. f.:: 

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(2) La questione era stata proposta con ordinanza 3 maggio 1967 del 
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Pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). t'.� 

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J?ARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 625 ! 

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e 191 del regio decreto 24 febbraio 1938, n. 329, testo unico sul i, 
reclutamento: poi sostituito peraltro, come osservato esattamente dal!'
Avvocatura dello Stato, dal nuovo testo unico delegato (decreto del 
Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237) con effetto a 
decorrere dalla chiamata alla leva della classe successiva a quella 
presentatasi nell'anno di entrata in vigore del decreto stesso (1964). 

L'ordinanza risulta adottata d~l pretore in accoglimento di eccezione 
sollevata dalla difesa dell'imputato e, nella assenza di motivazione, 
deve ritenersi abbia fatta propria tale eccezione, la quale, come 
si evince dagli atti di causa, aveva riferimento alla facolt�, riconosciuta 
al Consiglio di leva dal secondo comma dell'art. 188 del t. u. 
del 1938 (ora terzo comma del corrispondente art. 137 del t. u. del 
1964), di �annullare � la dichiarazione di renitenza �nei casi e nei 
limiti previsti dal regolamento �. 

Pi� particolarmente, la questione sollevata ha specifico riguardo 
alla ipotesi di cui alla lettera e) dell'art. 1074 di detto regolamento 
approvato con r.d. 3 aprile 1942, n. 1133, tuttora applicabile a norma 
dell'art. 158 del gi� menzionato decreto del Presidente della Repubblica 
del 1964. 

Una siffatta facolt� del Consiglio di leva, dal cui esercizio dipenderebbe 
il promuovimento dell'azione� penale, contrasterebbe, secondo 
l'assunto, con il principio di eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi 
alla legge e con il principio dell'obbligatoriet� dell'azione penale (articoli 
3 e 112 Costituzione). 

Ma � palese la irrilevanza della questione, poich�, comunque la 
si dovesse decidere, nessuna conseguenza ne deriverebbe sul procedimento 
penale in corso nei confronti di chi sia imputato di renitenza 
alla leva per essere stato gi� denunciato come tale all'autorit� giudiziaria. 
Ch� anzi, perfino ove l'intera disciplina dei poteri dei Consigli 
di leva in ordine alla denuncia dei renitenti fosse, in ipotesi, dichiarata 
incos�tuzionale, non soltanto permarrebbe il reato, ma ne risulterebbe 
confermato e ne sarebbe reso ancor pi� rigoroso il dovere 
di rapporto, gravante sui Consigli di leva, come su ogni altro pubblico 
ufficiale, a norma dell'art. 2, secondo comma, del codice di procedura 
penale. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -In via pregiudiziale si deve constatare che manifesta 
risulta la ir�rilevanza, ai fini della definizione del giudizio a quo, della 
questione sollevata con l'ordinanza di rinvio. 

Come si � posto in evidenza in narrativa, oggetto del giudizio 
promosso davanti al pretore di Roma, era la ripetizione di una certa 
somma che l'ENPAS, in via di eccezionale deroga, aveva accordato 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad una pensionata presso di esso iscritta, a condizione che venisse 

impiegata per il pagamento parziale delle spese di ricovero ospedaliero 

di un figlio di detta iscritta, protrattosi oltre il termine di 180 giorni 

per il quale l'ENPAS aveva provveduto all'assistenza diretta. 

Con la sollevata questione di legittimit� costituzionale, si mira, in 

sostanza, a far estendere l'obbligo dell'assistenza diretta da parte del


l'ENPAS a tutto il periodo di degenza senza il limite di 180 giorni. 

Ora ammessa in ipotesi, non soltanto la illegittimit� costituzionale 
della norma in base alla quale l'obbltgo di assistenza diretta ospedaliera 
da parte dell'ENPAS � limitato a 180 giorni per anno solare, ma, 
addirittura la sopravvivenza di una nuova norma che gi� avesse 
sancito l'obbligo a tempo indeterminato di tale assistenza diretta, da 
ci� non deriverebbe, certo, anche l'obbligo da parte dell'ENPAS di 
attribui-re all'assistita una qualsiasi somma da impiegare per il paga-
mento di assistenza ospedaliera, anzi, proprio dall'obbligo dell'assistenza 
diretta da parte dell'ENPAS l'attribuzione per il fine suddetto di tale 

somma risulterebbe senza causa. 

Pertanto, se, come � pacifico, nella specie l'ENPAS che, in via di 

deroga eccezionale, ha accordatao una certa somma a condizione che 

venisse impiegata all'espresso scopo di estinguere un certo debito 

di spedalit� e l'interessata, come si assume, ha esatto tale somma senza 

impiegarla allo scopo di cui sopra e su questo assunto poggia l'azione 

di ripetizione della somma stessa, proposta davanti al giudice a quo, 

� evidente che nessuna rilevanza avrebbe in quel giudizio la dichiara


zione di illegittimit� della norma che limita a 180 giorni per anno 

l'obbligo dell'ENPAS all'assistenza diretta. 

La proposta questione, pertanto, dev'essere dichiarata inammissi


bile. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1969, n. 96 -Pres. e Rel. 
Branca -Presidente Regione Siciliana (avv. Villari) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 


Sicilia -Lavoro -Competenza in materia di lavoro e di previdenza 

sociale -Circolare ministeriale 31 luglio 1968 -Conflitto di at


tribuzione con lo Stato -Parziale illegittimit�. 

(St. Regione siciliana, art. 17 lett. f; d.p.r. 25 giugno 1952, n. 1138, artt. 1 e 3). 

La circolare del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale 
31 luglio 1968, n. 114316, concernente il coordinamento dell'attivit� 
degli uffici periferici di detto Ministero in materia di lavoro e previ


I (denza sociale � illegittima nella parte in cui dispone che le notizie 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 627 

da fornire aU' Assessorato siciliano al lavoro possano essere date solo 
su autorizzazione del Ministero, mentre � legittima nelle restanti 
parti (1). 

(1) Con la precedente sentenza 17 giugno 1968, n. 119 (in questa Rassegna, 
1968, 692) la Corte aveva ritenuto che spetta alfa Regione (Assessorato 
al Lavoro ed alla Cooperazione) la decisione dei ricorsi gerarchici 
avverso i provvedimenti degli Ispettori del Lavoro. 
CORTE COSTITUZIONALE, 10 rgiugno 1969, n. 97 -Pres. Branca -
Rel. Bonifacio -Segalini (n. c.) e Presidente �del Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Commercio al pubblico -Libert� di iniziativa economica -Disciplina 
dei ma~azzini a prezzo unico -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 


(Cost., art. 41; r.d.l. 21 luglio 1938, n. 1468, artt. 1 e 2). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 
1 e 2 del regio decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468, relativo alla' 
disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico, in quanto il potere 
prefettizio nel rilascio delle relative licenze tende a disciplinare l'iniziativa 
economica in funzione di servizi di utilit� sociale, e non di 
interessi meramente settoriali (1). 

(Omissis). -2. -Secondo i motivi esposti nell'ordinanza, l'attuale 
regime delle licenze concernenti i predetti magazzini violerebbe la 

.libert� di iniziativa economica garantita dall'art. 41 della Costituzione. 
Ad avviso del giudice a quo, infatti, �le restrizioni consentite dalla leg.ge 
si risolvono in un danno per i consumatori e non perseguono un inte


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 2 dicembre 1967 
del Pretore di Saronno (Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 1968, n. 50). 
La sentenza 6 luglio 1965, n. 60, citata in motivazione, � pubblicata 
in questa Rassegna, 1965, 620. 
In dottrina, cfr. GOTTI PoRCINARI, Magazzini a prezzo unico e libert� 
di commercio, Giur. agraria, 1968, 241. 



628 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

resse generale idoneo a legittimarle; il potere concesso al prefetto � 
preordinato all'esclusiva tutela dei comuni commercianti al minuto; 
la necessit�, infine, che i titolari dei grandi magazzini si muniscano' 
anche della normale licenza del sindaco per le merci non comprese 
nel possibile oggetto della licenza prefettizia costituisce ulteriore, illegittimo 
limite alla libera iniziativa economica. 

Nessuna delle critiche che in questi termini H pretore muove alla 
legge in esame merita di essere condivisa e la questione appare perci� 
non fondata. 

3. -La Corte osserva che la libert� di commercio, come gode della 
tutela accordata dall'art. 41 della Costituzione, cos� soggiace a quei 
limiti che tale disposizione consente di imporre a salvaguardia di beni 
che la Costituzione considera preminenti rispetto alla libert� di iniziativa 
economica. Fra questi limiti viene qui in evidenza quello connesso 
all'utilit� sociale, alle cui estgenze deve essere subordinata anche la 
concorrenza, che indubbiamente il vigente sistema costituzionale non 
considera di per s� idonea a realizzare o a rispettare gli interessi della 
societ�. 
In questo quadro ed in conformit� dei precedenti giurisprudenziali 
di questa Corte (cfr. sent. n. 32 del 1959 e n. 60 del 1965) va 
valutato il fondamento costituzionale della legislazione sulle licenze 
commerciali. Gli interventi autoritativi che essa prescrive, indipendentemente 
dalle ragioni occasionali o di regime che un tempo ne giustificarono 
l'introduzione e che ora hanno perduto ogni rilevanza, devono 
essere esercitati secondo le direttive che risultano dall'art. 41 
della Costituzione: di tal che essi sono legittimi se ed in quanto siano 
essenziali alla tutela di quegli interessi che, per la loro consistenza ed 
in relazione allo sviluppo della societ�, fanno capo mediatamente o 
immediatamente alla collettivit� nazionale e non esclusivamente a 
singole categorie di operatori economici. 

4. -Nelle disposizioni impugnate dall'ordinanza di rimessione 
nulla contraddice ai principi innanzi enunciati: che il potere concesso 
al prefetto per i magazzini a prezzo unico sia conferito o debba 
essere esercitato nell'esclusivo interesse degli altri comuni commercianti 
� una pura opposizione del giudice a quo, non confortata n� dal 
testo della legge n�. dalla interpretazione che costantemente la giurisprudenza 
ne ha dato. 
Sta di fatto che il r. d. 1. n. 1468 del 1938 si limit� a definire un 
particolare tipo di esercizio commerciale, sviluppatosi nella realt� 
sociale con proprie, peculiari caratteristiche (determinate dalla destinazione 
delle merci al generale consumo, dal loro valore esiguo e 
dalle modalit� di immissione in commercio), a spostare per esso dal 
sindaco al prefetto la competenza a rilasciare la licenza che il r. d. 1. 
16 dicembre 1926, n. 2174, gi� prevedevo, in generale, per il commercio 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COS;I'ITUZIONALE E INTERNAZIONALE 629 

all'ingrosso ed al minuto, e a dettare particolari disposizioni inerentei 
al procedimento. La disciplina cosi introdotta trova la sua evidente 
ragion d'essere nella circostanza, di comune esperienza, che l'apertura 
di un magazzino a prezzi unici produce serie modificazioni nella tradizionale 
rete di distribuzione con conseguenze su un mercato che 
travalica la cerchia comunale: si giustifica perci� l'attribuzione del 
potere di autorizzazione ad un organo che .anche in considerazione 
della sua pi� estesa competenza territoriale sia meglio in grado di 
valutare tutti� i fattori che devono esser presi in considerazione per un 
corretto esercizio del potere stesso. Ma a parte ci�, e a parte le necessarie 
modificazioni inerenti al procedimento amministrativo ed ai pareri 
richiesti, � certo che i criteri ai quali nei �rispettivi settori devono 
ispirarsi l'autorit� prefettizia o l'autorit� comunale sono gli stessi: 
l'esigenza di un ordinato sviluppo del mercato in funzione .dell'interesse 
della societ� vale sia per i normali esercizi commerciali sia per 
i magazzini a prezzo unico, a proposito dei quali, anzi, pi� evidente 
� il rischio che la totale liberizzazione -specie in una fase di profonda 
modificazione del sistema di distribuzione dei beni, nella quale i numerosi 
piccoli operatori non ancora hanno avuto modo di dar vita a 
forme di organizzazione adeguate alle trasformazioni sociali in atte possa 
tradursi nella creazione di moonpoli non corrispondenti all'interesse 
dei consumatori e, quindi,' della collettivit�. � ad ogni modo 
indubbio che in base alla legislazione vigente il potere del prefetto 
relativo al rilascio delle licenze per i magazzini a prezzo unico, al 
pari del potere del sindaco per i normali esercizi commerciali, deve 
tendere a disciplinare l'iniziativa economica in funzione di scopi di 

utilit� sociale e non di interessi meramente settoriali. Un suo esercizio 

a fini diversi da quelli consentiti dalla legge trova remora nelle mo


dalit� del procedimento, nei pareri necessari e nell'obbligo di moti


vazione dei provvedimenti, e pu� essere represso giurisdizionalmente 

con i normali rimedi offerti dall'ordinamento per la rimozione degli 

atti illegittimi: e a quest'ultimo proposito non pu� essere sottaciuto 

che nella costante giurisprudenza successiva alla Costituzione la legge 

in esame .. � stata sempre rigorosamente interpretata in conformit� 

dei principi desumibili dall'art. 41 della Carta. 

5. -Quanto innanzi si � detto sulle peculiarit� che, a causa delle 
particolari caratteristiche delle merci e delle modalit� della loro offerta 
al pubblico, contraddistinguono il c.d. magazzino a prezzo unico dimostra 
il fondamento razionale della delimitazione del possibile oggetto 
della licenza prefettizia e del conseguente obbligo per il titolare di 
questa di richiedere, quando intenda vendere anche merci diverse da 
quelle descritte nell'art. 2 del decreto del 1938, la normai licenza 
comunale. Anche sotto quest'ultimo profilo, dunque, la questione appare 
priva di fondamento. -(Omissis). 

630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1969, n. 103 -Pres. Branca -
Rel. Verzi -Luongo (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). 

A~ricoltura -Piccola propriet� rurale -Provvidenze per la re~o


larizzazione del titolo di propriet� -llle~ittimit� costituzio


nale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24, 111; 1. 14 novembre 1962, n. 1610, art. 4). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio costituzionale di 
eguaglianza, sia con riferimento al principio della tutela dei diritti, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 della legge 14 novembre 
1962, n. 1610 recante provvidenze per la regolarizzazione del titolo 
di propriet� della piccola propriet� rurale (1). 

(Omissis). -1. -Secondo l'ordinanza di rimessione, la pubblicit� 
del ricorso al pretore, disciplinata dall'articolo 4 della legge 14 novembre 
1962, n. 1610, (Provvidenze per la regolarizzazione del titolo di 
propriet� in favore della piccola propriet� rurale) non sarebbe sufficiente 
a portare a conoscenza di eventuali controinteressati la procedura 
istaurata per l'accertamento del diritto di propriet� del ricorrente. 
E ci� perch� la norma suindicata impone l'obbligo di notifica soltanto 
a coloro che nel ventennio ant�cedente alla presentazione della domanda 
abbiano trascritto contro l'istante o suoi danti causa domanda giudiziale 
non perenta di�retta a rivendicare la propriet� o altri diritti 
reali di godimento sui fondi medesimi. Dal fatto che il ricorso non 
venga notificato a tutti gli interessati, ed in modo particolare a coloro 
che dal catasto risultano proprietari del fondo, deriverebbe la violazione 
dell'articolo 3 della Costituzione per differente trattamento fra 
coloro che abbiano trascritto e altri che non abbiano trascritto una 
domanda di rivendica, mentre nei confronti di tutti il provvedimento 
che chiude la speciale procedura esplica identica efficacia; e deriverebbe 
altresi la violazione degil articoli 24 e 111 della Costituzione, 
perch� sarebbe l'azione giudiziaria agli interessati che non abbiano 
avuto conoscenza del ricorso; e perch� su questo la decisione viene 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza del Pretore di 
Ischia 31 maggio 1967 (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). 
L'ordinanza di remissione � pubblicata anche in Foro it., 1968, I, 
327 
e richiami. 
In dottrina, cfr. GERMAN�, Sul procedimento per la regolarizzazione 

1:
del 
titolo di propriet� rurale, Riv. dir. agrario, 1968, I, 376. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. �osTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 631 
presa con decreto, per il quale la legge non prescrive la motivazione, 
PARTE I, SEZ. I, GIURIS. �osTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 631 
presa con decreto, per il quale la legge non prescrive la motivazione, 
che invece � imposta dall'articolo 111 della Costituzione per tutti i 
provvedimenti giurisdizionali. 

2. -La questione non � fondata. 
La legge in esame reca provvidenze per sanare le irregolarit� del 
titolo di propriet� di fondi rustici classificati in catasto con reddito 
dominicale non superiore a lire trentaseimila, oppure di fondi di qualsiasi 
estensione situati in comuni montani. Poich� a causa di siffatte 
irregolarit�, molti piccoli proprietari non potevano usufruire del credito 
agrario, n� avevano i mezzi per far fro~te alla lunga e dispendiosa 
procedura ordinaria necessaria per ottenere le variazioni catastali, il 
legislatore ha voluto instaurare una procedura breve, di facile attuazione, 
e poco costosa, che -affiancata da agevolazioni fiscali -consente 
di ottenere in breve tempo il riconoscimento del diritto di propriet�, 
acquistato in forza di un titolo idoneo, oppure per usucapione 
a sensi dell'articolo 1158 del codice civile. 

Tenendo nel debito conto siffatte finalit� della legge, l'eccezionalit� 
della stessa, che, fra l'altro, ha efficacia limitata a cinque anni 
(art. 6) e la necessit� di rimediare -anche in via di sanatoria -a 
situazioni confuse rispetto a intestazioni catastali di antichissima data, 
e non facilmente regolarizzabili con le ordinarie procedure, deve riconoscersi 
che la disciplina adottata � razionale e sufficiente. La affissione 
del ricorso negli albi del comune e della pretura, la pubblicazione 
nel Foglio degli annunzi legali della provincia, l'assunzione delle prove 
addotte da ricorrente, le informazioni richieste dallo stesso pretore, 
che possono avere per oggetto anche l'accertamento della esistenza di 
altri soggetti che vantino diritti reali sul fondo e le successive ripetute 
forme di pubblicit� del pronunziato dal pretore, costituiscono un 
complesso di mezzi che ben garantiscono eventuali diritti di terzi. 

3. -Non sussistono pertanto le denunziate violazioni di precetti 
costituzionali. 
La possibilit� del diritto di difesa non � compromessa n� dal 
sistema di pubblicit� del procedimento n� dal termine perentorio 
stabilito per la opposizione al decreto del pretore: � consentito infatti 
al legislatore di regolare il modo di esercizio di tale diirtto con norme 
particolari che rispondano alla specialit� del procedimento ed alle 
finalit� che con esso, come si � sopra esposto, si vogliono raggiungere. 
� certo, poi, che l'obbligo di motivazione del decreto non opposto, con 
cui il pretore accoglie l'istanza, deriva dal fatto che trattasi di provvedimneto 
giurisdizionale. Pertanto, nel silenzio della legge, la norma 
deve essere interpretata nel senso conforme ai principi generali dell'ordinamento 
giuridico e conforme al precetto dell'articolo 111 della 
Costituzione. 

Non sussiste infine la violazione del principio di uguaglianza. 



. 


632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La notifica del ricorso a coloro che nel ventennio antecedente 
abbiano trascritto domanda giudiziale di rivendica della propriet� 
trova fondamento e logica spiegazione nel fatto che costoro hanno 
gi� manifestato nel tempo passato volont� di contrastare H diritto di 
chi vuole acquistare la propriet� per usucapione; ma ci� non pu� 
dirsi per quelle persone, di cui siano ignote l'esistenza e la pretesa, 
sicch� la notifica del ricorso, resa difficile, complessa e costosa, costituirebbe 
un inutile intralcio, tale da compromettere gli scopi che il 
legislatore si � proposto di raggiungere. Pertanto la trascrizione dell'atto 
di rivendica della propriet� d� luogo ad una diversit� di situazione, 
atta a giustificare razionalmente il trattamento differenziato. 
Per di pi�, non appare esatta la considerazione del pretore che il 

' provvedimento che conclude la speciale procedura esplica identica 
efficacia nei confronti di tutti, perch�, al contrario, il decreto, con cui, 
in caso di mancata opposizione, il pretore accoglie l'istanza, nonch� la 
sentenza definitiva passata in giudicato, ove contenga il riconoscimento 
della propriet�, hanno �effetti limitati. Essi costituiscono titolo per la 
trascrizione a sensi dell'articolo 2643 del codice civile, ma essendo 
provvedimenti di mero accertamento, fanno stato soltanto nei confronti 
di coloro che sono intervenuti come parti nel giudizio, mentre 
la trascrizione non esercita alcuna influenza sulla sostanza del negozio 
e non crea diritti. -(Omissis). 


::iEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 �luglio 1969, n. 2428 -Pres. Flore Est. 
De Santis -P. M. Di Majo (diff.). -Ditta Mecit (avv. Carloni) 

c. Ministero Finanze (avv. Stato Ricci) e Comune di Pescara (avv. 
De Simone). 
Competenza e ~iurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli 
enti pubblid -Crediti -Pignorabilit� -Limiti. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 
. 

I. ~� e. -Quote di partecipazione spettanti ai Comuni -Impignorabilit�. 
(1. 2 luglio 1952, n. 703, artt. 2 e .3; 1. 16 giugno 1960, n. 1014). 
I crediti degli Enti pubblici sono impignorabili quando abbiano la 
loro origine nell'esercizio di una potest� pubblica (1). 

I crediti dei Comuni e delle Provincie verso lo Stato per la quota 
di partecipazione ai proventi dell'imposta generale sull'entrata hanno 
origine e natura pubblicistica (2). 

(Omissis). -Il Tribunale di Pescara ha ritenuto che la somma 
dovuta dallo Stato al Comune per quota di partecipazione ai proventi 
della imposta generale sull'entrata non fosse pignorabile presso i'Amministrazione 
dello Stato, per un debito del Comune, data la natura tributaria 
di tale cespite di entrata, ma ha anche aggiunto che quando anche 
si trattasse di una contribuzione dello Stato in favore del Comune, la 
conseguenza non sarebbe diversa, dato che il contributo avrebbe pur 

(1-2) Le Sezioni Unite confermano, con questa sentenza, i principi gi� 
affermati dalla Cassazione, a Sezione semplice, con la decisione del 3 gennaio 
1967, n. 1, in questa Rassegna, 1967, I, 57. V., inoltre, Cass., Sez. Un., 
22 novembre 1966, n. 2783, in questa Rassegna, 1966, I, 1231, con nota 
redazionale. 

In genere, sulla pignorabilit� delle entrate dello Stato e degli Enti 
Pubblici, cfr., Cass., Sez. Un., 1� aprile 1930, n. 1082, Foro it., 1930, I, 983; 
Cass., 20 marzo 1952, n. 755, ivi, 1952, I, 707. 



634 nASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sempre natura pubblica e sarebbe destinato, per la sua origine, a finalit� 
pubbliche. 

Contro questa ultima affermazione della sentenza si rivolgono le 
censure del terzo mezzo, con cui la ricor�rente ditta Mecit denunzia la 
violazione e la falsa applicazione dell'art. 1 legge 2 luglio 1952, n. 703, 
in relazione all'art. 5 lett. h) legge sulla finanza locale, all'art. 2 legge 

n. 2248 all. E del 1865, aU'art. 113 della Costituzione ed all'art. 360 n. 3 
c. p. c., sostenendo che la legge n. 703 del 1952 non fissa alcuna particolare 
destinazione per il contributo che Jo Stato versa ai Comuni prelevandolo 
dal provento della imposta generale sull'entrata e che non 
basta a rendere impignorabile una entrata la sua indifferenziata destinazione 
alla spesa complessiva del bilancio; aJtrimenti nessuna somma di 
denaro sarebbe mai pignorabile nelle casse del Comune o di a'1tro ente 
�mbblico. 
Tale assunto non pu� essere condiviso. 

Questa Corte con altra recente decisione (a sezione semplice, n. 1 
del 1967) ha gi� espresso una oipinione nettamente diversa e non ha 
ora motivo per discostarsi da essa n� dalle ragioni addotte a suo fondamento. 


Con riferimento poi a quank la ricorrente sostiene a conforto della 

sua tesi, si deve in particolare rilevare che � del .tutto inammissibile 

la equiparazione che da parte della ricorrente stessa si tenta di fare, 

sostenendone la indiscriminata pignorabilit�, tra le somme liquide di 

denaro affluite ad un qualsiasi titolo nelle casse dell'ente pubblico ed i 

crediti di denaro che questo vanta nei confronti di privati o di altri 

enti. 

Se per il denaro esistente in cassa pu� ancora essere posta in discus


sione (ed � in effetti controversa in dottrina) la possibilit� di una distin


zione, a seconda della sua provenienza e della avvenuta o non avvenuta 

destinazione ad una particolare esigenza dell'ente, la necessit� di una 

distinzione � assolutamente certa per i crediti. Occorre cio� tenere sepa


rati da quelli che traggono origine da rapporti di diritto privato, i crediti 

nascenti dall'esercizio di pubbliche potest�, i cosiddetti crediti pubblici


stici o di natura pubblica, per i quali non vi � possibilit� alcuna di dubbio 

che siano vincolati al raggiungimento delle finalit� pubbliche che costi


tuiscono il presupposto e la ragione d'essere del potere. Inoltre essi sono 

sottratti alla esecuzione da parte dei creditori dell'ente, anche per 

un'altra fondamentale ragione e cio� in quanto sino alla completa loro 

realizzazione continua l'esplicazione della funzione pubblica e l'esercizio 

del potere ad essa inerente, nel quale non � dato di interferire mediante 

l'esercizio di azioni giudiziarie esecutive. 

La stessa ricorrente riconosce la esattezza delle precedenti proposizioni 
in quanto esse vadano riferite ad un rapporto tributario, in cui 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 635 

la potest� pubblica si esercita dall'ente impositore nei confronti del soggetto 
passivo del tributo. La Mecit riconosce infatti (e nessuno mai ha 
pensato diversamente) che il credito dell'ente impositore non pu� essere 
pignorato nelle mani del debitore d'imposta e neppure dell'esattore. Ma 
le ragioni della impignorabilit�, che sono fondamentalmente quelle 
innanzi riassunte, non mutano anche per gli altri crediti che, per quanto 
al di fuori di un vero e proprio rapporto tributario, hanno pur sempre 
origine in una potest� pubblica. 

N�, per quanto attiene in ;particolare al caso in esame, potrebbe 
essere fondatamente negato che, in virt� della legge n. 703 deJ 1952, 
competa ai Ccmmni ed alle Provincie quanto meno un potere di natura 
pubblica alla percezione della entrata, che si esercita esigendo dallo Stato 
la contribuzione corrispondente ad una quota del provento dell'imposta 
generale sull'entrata. L'esercizio di tale potere non cessa perci� di essere 
esercitato fino a quando la contribuzione non sia effettivamente versata 
nelle casse del Comune o della Provincia. 

D'altra parte il corrispondente dovere dello Stato di versare ai Comuni 
ed alle Provincie una quota dei proventi della imposta generale 
sull'entrata � intimamente connesso con un suo potere, relativo alla 
determinazione delle fonti di entrata con cui gli enti locali debbono 
provvedere all'espletamento delle loro funzioni. La stessa legge n. 703 
del 1952 lo rende manifesto, giacch� con essa non si dispone solo la 
attribuzione ai Comuni ed alle Provincie di una quota dell'imposta generale 
sull'entrata; tale provvedimento � invece organicamente incluso 
in una complessa riforma di norme relative alla finanza locale. 

Ci� posto, la impignorabilit� del credito di cui si dLscute appare 
del tutto manifesta, giacch� l'assoggettamento del credito stesso ana 
esecuzione comporterebbe la inammissibile sostituzione del privato alla 
amministrazione, in un rapporto di� cui egli non pu� essere soggetto. 

In base alle precedenti considerazioni perdono gran parte della 
loro rilevanza le censure mosse alla sentenza impugnata con il primo 
mezzo di annullamento, con cui si denunzia la violazione e la falsa applicazione 
di varie norme della legge istitutiva dell'imposta generale 
sull'entrata (d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in 1. 19 giugno 1940, 

n. 762) nonch� della legge n. 703 del 1952, pi� volte citata, in relazione 
all'art. 81 della Costituzione ed all'art. 360 c.p.c. e si sostiene che erroneamente 
il tribunale di Pescara abbia riconosciuta la natura tributaria 
della entrata del Comune, che fu oggetto di pignoramento presso l'amministrazione 
dello Stato. 
Si � gi� visto infatti che basterebbe la natura pubblicistica di tale 
credito ad escluderne la pignorabilit�. 
Si pu� quindi assai brevemente dire che gli argomenti addotti dalla 
ricorrente a sostegno della sua tesi non sono peraltro convincenti. 



636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Vero � infatti che il rapporto tributario, inteso come rapporto tra 
ente impositore e soggetto passivo del tributo, si instaura, quanto alla 
imposta generale sull'entrata, direttamente tra lo Stato ed il contribuente 
e che i Comuni e le Provincie non hanno dirette potest� di imposizione 
nei confronti dei privati. 

Tuttavia questo non basta perch� possa essere negato che la entrata 
dei Comuni e delle Provincie, al predetto titolo, abbia natura tributaria, 
poich�, al contrario, malgrado la interposizione dello Stato, resta fermo 
che il provento deriva da un prelievo di ricchezza privata, operata mediante 
la imposizione di un tributo. 

La legge del 1952 non si � infatti limitata a disporre sovvenzioni 
dello Stato agli enti locali e non ha indicato la provenienza dei fondi 
necessari dal gettito dell'imposta generale sull'entrata solo per ottemperare 
al disposto dell'art. 81 della Costituzione, che impone di indicare 
i mezzi per far fronte ad ogni nuova spesa, come a torto la ricorrente 
sostiene. 

L'art. 1 della legge in esame stabilisce invece testualmente la 
attribuzione ai Comuni di una quota del provento complessivo dell'imposta 
generale sull'entrata. Uguale espressione � usata dagli art. 3 e 4 
che prevedono attribuzioni di altre quote del gettito de1la imposta a 
particolari categorie di Comuni nonch� alle Provincie. 

Ci� inequivocabilmente significa che detti enti partecipano ad un 
riparto del gettito dell'imposta, sia pur dopo che questo � stato realizzato 
nell'ambito di un rapporto ,instauratosi solo tra lo Stato ed il contribuente. 


Con il secondo mezzo di annullamento, infine, la ricorrente Mecit 
denunzia la violazione o la falsa applicazione degli art. 2910 c. c. e 545 

c.p.c. con riguardo all'art. 514, n. 5 c.p.c., all'art. 14 delle preleggi ed 
all'art. 360 n. 3 c.ip.c. e sostiene che, essendo di regola pignora�bili tutti 
i beni dei debitori mentre la impignorabilit� costituisce una eccezione 
che deve essere stabilita dalla leg.ge, il denaro della amministrazione 
pubblica pu� essere pignorato indipendentemente dalla destinazione 
datagli anche se ci� � avvenuto mediante la approvazione del bilancio. 
Pertanto, anche ad ammettere la natura tributaria dell'entrata in 
questione, esauritosi il rapporto tributario, coh la riscossione dell'imposta 
da parte dello Stato, non vi sarebbe ostacolo al pignoramento presso 
l'amministrazione delJ.o Stato del credito del Comune, ancorch� la 
entrata avesse avuto in bilancio una diversa destinazione, nella specie, 
peraltro, non dimostrata. 

Nei confronti del denaro, bench� proveniente da imposizione tributaria, 
non si potrebbe poi parlare di bene indisponibile poich� esso 
non � destinabile in maniera immediata ad uno specifico fine dell'ente, 
ma solo in via strumentale e :fungibile. 

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Anche queste censure debbono essere disattese. 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 637 

La loro confutazione � .gi� in gran parte contenuta nelle argomentazioni 
svolte a proposito dei motivi di ricorso precedentemente esaminati. 
Poco altro resta perci� da aggiungere. 

Va cio� rilevato che la regola generale della assoggettabilit� ad esecuzione 
di tutti i beni del debitore, subisce, per quanto attiene agli enti 
pubblici, una limitazione, in dipendenza della v�aria natura dei beni 
appartenenti agli enti stessi, essendo noto, al punto da non richiedere 
illustrazione alcuna, che solo i beni disponibili sono espropriabili, mentre 
ci� non pu� avvenire per i beni demaniali e per quelli del patrimonio 
indisponibile. 

Non pu� dunque giovare alla ricorrente, che agisce esecutivamente 
nei confronti di un Comune, invocare il pr.incipio della generale pignorabilit� 
dei beni del debitore: quello che occorre stabilire � se il bene 
in contesa rientri nel patrimonio disponibile dell'ente. 

-N� pu� giovarle ogni argomentazione relativa aUa generale pignorabilit� 
del denaro affluito nelle casse dell'ente. Ogni questione in proposito 
� estranea al tema della presente causa, dato che, come si � visto, 
il pignoramento non ha avuto per oggetto una somma di denaro ma un 
credito. 

La origine pubblicistica di .questo, che � gi� stata sufficientemente 
illustrata, basta da sola ad escludere poi la disponibilit� del bene (che 
deve essere oggetto di determinazione da parte dello Stato) e, conseguentemente, 
la pigno.rabilit� di esso, nulla importando che il rapporto tributario 
in senso stretto, quello cio� instaurato tra lo Stato ed il contribuente, 
risulti ormai esaurito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 luglio 1969, n. 2430 -Pres. Scarpello 
-Est. Gambogi -P. M. Di Majo (conf.). -Antonicelli (avv. 
De Angelis) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Mataloni) e Comune 
di Roma (avv. Ojetti e Simoncelli). 

Competenza e giurisdizione -Licenza di commercio -Commercio 
ambulante -Diritto soggettivo allo svolgimento dell'attivit� autorizzata 
-Limiti. 

(1. 5 febbraio 1934, n. 327, art. 3). 
Atto amministrativo -Interpretazione -Interpretazione autentica Ammissibilit�. 


n titolare di una licenza di commercio ha un diritto soggettivo 
perfetto all'esercizio deli'attivit� consentitagli, purch� osservi i limiti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'autorizzazione amministrativa e le prescrizioni di legge in generale 
(1). 

Rientra nel potere discrezionale dell'autorit� amministrativa la 
facolt� di limitare l'ambito di una licenza di commercio ambulante ad 
una circoscrizione territoriale inferiore a quella prevista dall'art. 3 

della legge 5 febbraio 1934, n. 327 (2). 

L'atto amministrativo � suscettibile di una interpretazione autentica, 
pienamente vincolante, che pu� esser ricavata anche da facta 
,concludentia, e cio� dal comportamento tenuto dall'Amministrazione 
nei confronti del destinatario dell'atto (3). 

(Omissis). -L'esame del secondo motivo di ricorso, col quale 
l'Antonicelli sostiene che la licenza di commercio ambulante rilascia� 
tagli il 31 ottobre 1960 dal Comune di Roma andava interpretata nel 
senso che egli fosse con essa autorizzato a vendere le sue merci anche 
nell'agglomerato urbano di tale citt�, � pregiudiziale a quello degli 
altri mezzi. 

Se infatti la tesi del ricorrente fosse fondata, e fosse vero che 
il Comune, dopo aver concesso la licenza di commercio, ne avesse 
impedito il libero esercizio in via penale ed amministrativa, in ci� 
assecondato dalla Autorit� di P.S., non vi potrebbero essere dubbi circa 
la eststenza di violazioni di diritto soggettivo e, conseguentemente, di 
giurisdizione del giudice ordinario sulle doglianze del ricorrente. � 
infatti certo che il titolare di una licenza di commercio ha un diritto 
soggettivo perfetto all'esercizio della attivit� consentitagli purch� osservi 
i limiti della autorizzazione amministrativa e le prescrizioni di 
legge in generale; e nessuna autorit�, n� quella che ha rilasciato la licenza, 
n� altra, pu�, fuori del caso di revoca o modifica della licenza stessa 

o di provvedimenti legislativi od amministrativi che ad essa si sovrappongano 
-ad esempio il divieto generale di esercitare il commercio 
ambulante in certe zone cittadine, di cui all'art. 31 del r. d. 29 dicembre 
1939, n. 2255 -impedire o limitare tale attivit� senza violare 
il diritto soggettivo suddetto. 
Ci� posto in linea di diritto, va per� osservato che, a ben vedere, 
nella specie il problema interpretativo sollevato agli effetti della giurisdizione 
col mezzo di ricorso in esame in realt� nemmeno esiste, 
avendo il Comune di Roma costantemente dimostrato per � facta concludentia 
� -intimando contravvenzioni per mezzo dei suoi vigili, 

(1-3) Le prime due massime sono di evidente esattezza. 

La terza, per la quale non si rinvengono precedenti specifici, prospetta 
problemi di particolare interesse, che meriterebbero ulteriore approfondimento, 
impossibile in questa sede. In argomento, cfr.: GIANNINI, L'interpretazione 
dell'atto amministrativo, Milano, 1939, 92 e segg.; 369 e segg. 

Il 


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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 639 

sospendendo prima e poi revocando la licenza -di avere inteso � ab 
ori.gine � di concedere ali'Antonicelli solo il permesso di svolgere il suo 
commercio nell'Agro Romano e nella provincia di Roma con esclusione 
del centro cittadino. Pertanto, se anche il testo della licenza fosse 
stato di dubbio significato -il che, invero, nemmeno � -tale dubbio 
sarebbe stato comunque colmato dalla interpretazione autentica successivamente 
e costantemente data dal Comune al testo medesimo. 

L'Antonicelli potr� quindi sostenere che illegittimamente il Comune 
di Roma limit� � ab initio� l'ambito territoriale della licenza 
che gli concedeva, ma non pu� pretendere di sostituirsi al Comune 
sesso nell'interpretare il significato della autorizzazione amministrativa 
rilasciatagli, posto che anche l'atto amministrativo � suscettibile 
di una interpretazione autentica che, almeno a partire dal giorno in 
cui fu fornita -e cio�, nella specie, dal giorno della prima diffida o 
contravvenzione fatta dall'Antonicelli -� pienamente vincolante, 
come quella che esprime senza possibilit� di equivoci la reale volont� 
della Amministrazione o dell'Ente. interessato. Il motivo di ricorso 
pregiudiziale deve essere quindi rigettato. 

Devesi conseguentemente esaminare il primo mezzo del gravame, 
coJ. quale l'Antonicelli, denunziando la violazione dell'art. 3 della 
legge 5 febbraio 1934, n. 327 e dell'art. 31 del r. d. 29 dicembre 1939, 

n. 2235, lamenta appunto: a) che il Comune abbia violato, limitando 
l'ambito territoriale della licenza di commercio concessagli, il suo 
diritto di esercitare il commercio ambulante � nell'ambito della provincia 
di origine � ai sensi della prima delle disposizioni di legge 
invocate; 
b) che comunque tale limitazione non sia stata disposta con la 
apposita ordinanza del sindaco .prevista dalla seconda di tali disposizioni 
di legge. 

Entrambe le doglianze sono infondate. 

La norma dell'art. 3 della legge n. 327 del 1934, secondo la quale 
la licenza di commercio ambulante d� facolt� al titolare di esercitare 
tale commercio nell'ambito della provincia di origine ed, a sua richiesta, 
di altre cinque provincie finitime, � intesa, infatti, non a concedere 
al privato il diritto soggettivo di esercitare il commercio ambulante 
in tutto il territorio della sua provincia di origine, bensl a limitare 
la validit� della licenza concessa da un sindaco ad un territorio ben 
circoscritto, oltre il quale l'ambito della locale autorizzazione amministrativa 
non possa giungere; si tratta, insomma, di una delimitazione 
di competenze amministrative in materia, non della affermazione del 
diritto del singolo ad un determinato, irrestringibile ambito minimo 
della sua attivit� commerciale. 

D'altra parte, essendo pacifico che la concessione delJ.a licenza di 
commercio ambulante costituisce una facolt� discrezionale della auto


4 



'640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rit� amministrativa, sottratta come tale al sindacato del giudice ordinario, 
sarebbe assurdo rHenere che in tale facolt� discrezionale non 
rientri il potere di limitare l'ambito della licenza stessa ad una circoscrizione 
territoriale inferiore a quella fissata, solo nei suoi massimi 
ripetesi, dall'articolo 3 della legge 5 febbraio 1934, n. 327. Un evidente 
ragionamento � a maiori � impedisce infatti di ritenere che l'Antonicelli, 
che non avrebbe potuto ricorrere al giudice ordinario contro 
il diniego totale della licenza di commercio ambulante, possa invece 
ricorrere nella stessa sede contro il diniego parziale, ossia contro la 
ormai nota limitazione territoriale della licenza stessa. 

La doglianza sub a) deve esner quindi rigettata. 
Lo stesso deve dirsi della doglianza sub b) fondata su di un evidente 
equivoco. 

La ordinanza di polizia urbana prevista dall'art. 31 deJ: r. d. 29 dicembre 
1939, n. 2255, non concerne affatto l'ambito di validit� originario 
delle singole licenze di commercio ambulante, ma ha la portata 
generale -come lo stesso ricorrente riconosce -di inibire in determinate 
zone cittadine ogni forma di commercio ambulante, anche da 
parte di coloro che siano muniti di licenza che originariamente consentisse 
tale commercio in dette zone. Nella specie, invece, la licenza 
fino ab origine non consentiva all'Antonicelli di esercitare il suo commercio 
nel centro urbano di Roma, e nessuna ordinanza successiva 
era quindi necessaria per inibirgli tale commercio nel centro medesimo. 

Il primo mezzo del ricorso deve essere pertanto anch'esso rigettato. 

Col terzo ed ultimo motivo di gravame l'Antonicelli denunzia la 
violazione dell'art. 2043 cod. civ. lamentando che la sentenza impugnata 
abbia escluso l'applicazione di tale norma al fatto dannoso posto in 
essere contro di lui dai vigili urbani e da�gli agenti di P. S.. SoHeva 
altresi eccezione di illegittimit� costituzionale della stessa norma dell'art. 
2043 c. c. nel caso che essa venga interpretata appunto nel senso 
della sua inapplicabilit� aJ:la attivit� degli agenti di polizia giudiziaria. 

La censura � infondata e la eccezione di i1legittimit� costituzibnale 
irrilevante perch� estranea all'oggetto del decidere. 

I primi ~udici, infatti, non hanno affatto escluso che anche gli 
agenti di polizia giudiziaria debbano rispondere dei danni causati da 
eventuali violazioni dell'obbligo del neminem ledere, in solido con la 
Amministrazione alla quale siano legati da rapporto organico; tanto � 
vero che su questo punto non hanno dichiarato il difetto di giurisdizione. 
Detti primi giudici hanno per� rigettato � nel merito � la domanda 
di risarcimento del danno ex art. 2043, affermando che vigili 
urbani ed agenti di P. S., constatato che l'Antonicelli esercitava il suo 
commercio in hi.oghi che non rientravano nell'ambito della Ucenza, avevano 
il potere di sottoporlo alle sanzioni previste dalla legge: e tale 
affermazione non merita censura. 

N 

Il 


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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 641 

� infatti indubbio che non spetta ai tutori dell'ordine che abbiano 
rettamente interpretato -ci� che nella specie, ripetesi, � avvenuto il 
contenuto ed i limiti apposti ad una autorizzazione amministrativa 
il sindacare se taJ.e contenuto e tali limiti siano stati correttamente determinati 
dall'autorit� che la licenza ha rilasciato, perch�, finch� non 
se ne sia ottenuto nella competente sede l'annullamento, la sospensione 

o la modifica, l'atto amministrativo sussiste nella sua formale obbJ.igatoriet� 
e, come tale, deve .essere eseguito e fatto eseguire. 
Vero � che nella specie, come ricorda l'Antonicelli, il giudice penale 
ebbe rpi� volte ad archiviare le denuncie contrawenzionali contro di 
lui presentate, ma nemmeno questa circostanza potrebbe costitudre in 
colpa gli agenti di polizia giudiziaria che anche dopo tali archiviazioni 
avessero persistito ad impedire all'Antonicelli stesso di esercitare il commercio 
ambulante nei luoghi non consentitigli dalla licenza. A parte 
ogni considerazione formale circa la non obbligatoriet� delle pregresse 
archiviazioni cli fronte alle nuove contravvenzioni riscontrate e contestate 
dagli agenti, va osservato che anche nella sostanza detti agenti 
avevano ragione .di insistere nella loro attivit� repressiva, perch� effettivamente, 
come si � premesso, contrariamente a quanto ebbe a ritenere 
il Pretore di Roma, erroneamente applicando alla fattispecie il disposto 
dell'art. 31 del r. d. 29 dicembre 1939, n. 2255, la licenza rilasciata all'Antonicelli 
non gli consentiva di svolgere il suo commercio ambulante nel 
centro della citt� di Roma. Nessun atto illegittimo n� illecito fu quindi 
posto in essere ai danni del ricorrente, e pertanto anche il terzo mezzo 
del ricorso deve essere rigettato -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 dicembre 1968, n. 3933 -Pres. ed 

Est. De Santis -P. M. Caccioppoli (conf,.)) -Ministero Grazia e Giu


stizia (avv. Stato Savarese) c. Nucci (avv. Cerulli Irelli, Cocchi, Gen


tilo!ni). 

Responsabilit� civile -Precettori -Presunzione di responsabilit� Presupposti 
-Centri di rieducazione per minorenni -Danni a 
terzi cagionati da minore fuggito -Responsabilit� della P. A. Sussiste. 


(e.e. artt. 2043, 2048; r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, artt. 1, 8). 
La presunzione di responsabilit� da omessa vigilanza, sancita dall'art. 
2048 c. c. nei confronti dei precettori e degli insegnanti un mestiere 
od un'arte, per il danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi od 
apprendisti, non si pone necessariamente netl'ambito di una attivit� di 
insegnamento ma sussiste altres� qualora il rapporto abbia fini meramente 
educativi; � pertanto responsabile l'Amministrazione del danno a terzi, 
verificatosi per fatto del minore fuggito da un Istituto di osservazione, 
inquadrato nei centri di rieducazione a norma del r.d.l. 20 luglio 1934., 

n. 1404 (1). 
(Omissis). -Con il primo mezzo di annullamento la Amministrazione 
ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'ar


(1) Che nel concetto di precettore rientri anche il semplice educatore 
cfr. in motivazione Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Foro it., 1966, I, 956; 13 
ottobre 1966, n. 2451, ivi 1967, I, 2616. 
La sentenza si uniforma alla prevalente dottrina secondo la quale, nei 
confronti dei precettori e di coloro che insegnano un mestiere od un arte 
si pone, quale autonoma obbligazione risarcitoria da culpa in vigilando 
una presunzione di responsabilit� per il fatto illecito dei propri allievi 
ed apprendisti, che abbiano arrecato danno a terzi. 

Sulla entit� della vigilanza che deve esercitarsi in maniera adeguata 
alle esigenze di et�, di sviluppo biopsichico e di ambiente del minore cfr. 
Cass. 1966, n. 2451. 

Al di fuori delle ipotesi espressamente indicate nella norma di cui 
all'art. 2048 e.e., vien meno la presunzione legale di colpa, ed incombe al 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 643 

ticolo 2048, 2� e 3� comma c. c. e degli art. 8, 25, 28, 29 r. d. 20 luglio 
1934, n. 1404, modificati dall'articolo unico della le~ge 25 luglio 
1956, n. 888, il tutto ai sensi dell'art. 360, n. 3 c. p. c. 

A fondamento della predetta denunzia si sostiene che erroneamente 
la corte di appello ha ritenuto applicabile nel caso in esame 
il disposto dell'art. 2048, 2� e 3� comma c. c., che stabilisce una presunzione-
di responsabilit� per i precettori e per coloro che insegnano 
un mestiere o un'arte, per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro 

� allievi e apprendisti � nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza. 
Tale norma, che, sancendo una responsabilit� presunta e limitando 
perci� la sfera di difesa di chi ne � soggetto passivo, non potrebbe essere 
estesa oltre i casi ed i limiti contemplati dalla legge, determinerebbe, ad 
avviso della ricorrente, entro l'ambito del rapporto di insegnamento e 
non pure in quello di educazione, la relazione che deve intercorrere tra 
precettore od insegnante ed allievo o apprendista perch� il primo possa 
essere chiamato a rispondere del fatto illecito commesso dal secondo. 

D'altra parte sarebbe estraneo agli istituti di osservazione ogni compito 
non solo di istruzione ma anche di educazione essendo loro scopo 
precipuo di fare l'esame della personalit� del minore. 

Tutte le censure sopra riassunte debbono essere respinte perch� 
infondate. 

Non vi � dubbio che dell'art. 2048 2� e 3� comma c. c., di cui la 
corte di Firenze ha fatto applicazione nel caso in esame non sia consentita 
una interpretazione analogica, trattandosi di norma che, ponendo 
una presunzione di responsabilit�, limita la sfera di difesa dei soggetti 
a cui si riferisce. Ma ci� non basta per vietare anche una interpretazione 
estensiva, volta non gi� alla applicazione della norma a 
casi diversi seppure analoghi a quelli considerati, ma a determinare, 
oltre lo stretto significato delle parole del testo legislativo, quali siano 
le fattispecie dalla norma stessa regolata. Quanto al caso in esame, 
peraltro, non occorre far ricorso neppure ad interpretazione estensiva. 

danneggiato, secondo i principi generali, di dare la prova della violazione 
del dovere di vigilanza che, in quanto fatto negativo, postula l'obbligo giuridico 
di vigilare. 

Su tale ultimo aspetto della questione cfr. Cass. 10 giugno 1967, numero 
1306, in questa Rassegna, 1967, I, 991 con nota. Pi� in generale in 
dottrina cfr. DE CuP1s, Dei fatti illeciti, in Commentario, 1960, 323 ed 
autori ivi citati. 

Nel senso che la presunzione di culpa vigilando non � applicabile alla 

P.A. cfr. Cass. 7 luglio 1964, n. 1777, Foro it., Mass., 196.4, 462. In dottrina cfr. 
MAZZELLA, �Sulla responsabilitd del docente di scuola pubblica per il 
fatto illecito commesso da un allievo in danno di un condiscepolo ., in 
questa Rassegna, 1966, II, 9. 

644 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per ricondurlo nell'ambito di applicazione della norma di cui si 
discute. 
L'art. 2048 2� e 3� comma e.e., che stabilisce la responsabilit� 
dei precettori e degli insegnanti un'arte o un mestiere per i fatti ille


citi dei loro allievi, non presuppone infatti necessariamente un rapporto 
di insegnamento, ma in base alla parola stessa della legge, � 
applicabile anche nel caso in cui il rapporto tra il minore e colui che 
deve rispondere del suo fatto illecito sia soltanto un rapporto avente 
fini di educazione. 
La Amministrazione ricorrente, nel sostenere il. contrario, restringe 
in limiti inaccettabili il significato del termine e precettore> che � 
invece sinonimo non pure di maestro, ma anche di istitutore, che, �"' 
come � noto, � colui che ha ufficio di educare giovinetti. �' 
N� pu� fondatamente porsi in dubbio che gli istituti di osservazione 
abbiano compiti di educazione oltre che diagnostico-terapeutici 
nei confronti dei minori ospitati. 
Al riguardo va innanzi tutto ricordato che l'art..8 del r.d.l. 20 
luglio 1934 n, 1404, nel testo modificato dalla legge n. 888 del 25 luglio 
1956, indica, nel suo secondo comma, l'esame della personalit� 
del minore e la segnalazione delle misure pi� idonee per il suo riadattamento, 
come scopo precipuo, ma non come scopo unico degli istituti 
di osservazione. 
N� va dimenticato che, a norma del primo comma dello stesso 
articolo, gli istituti predetti sono destinati ad accogliere i minori degli 
anni 18 abbandonati, fermati per motivi di pubblica sicurezza, in stato 
di detenzione preventiva o, comunque, in attesa di un provvedimento 
della autorit� giudiziaria. 
Gli istituti di osservazione accolgono dunque i minori anche, indipendentemente 
dalla esigenza di una esatta determinazione del trattamento 
cui vanno sottoposti, previo esame della loro personalit�, e 
li ospitano oltre i limiti di tempo imposti dall'appagamento della esigenza 
predetta. 
Comunque, anche se la permanenza dei minori negli istituti di 
osservazione fosse strettamente limitata al tempo necessario all'esame 
della loro personalit� ed alla formulazione del giudizio sul trattamento 
a cui sottoporli, non � pensabile che durante tale periodo, non necessariamente 
breve, possa essere del tutto trascurata la loro educazione. 
Convince infine del contrario lo stesso testo dell'-art. 1 del r :dJ. 
n. 1404 del 1934, da cui risulta che gli istituti di osservazione fanno 
parte del complesso di istituti e di servizi che, in ciascun distretto di 
corte d'appello, costituiscono il centro di rieducazione per minorenni. 
I fini degli istituti di osservazione non vanno dunque considerati 
a s�, ma unitariamente con tutti quelli del complesso in cui si inquadrano 
(il centro di rieducazione) che sono indubbiamente fini educativi. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Non ha dunque errato la corte di Firenze nel ritenere applica


bile nei loro confronti il disposto dell'art. 2048 commi 2� e 30 e.e. 

Con il secondo mezzo di annullamento la ricorrente denunzia: 

motivazione contraddittoria, illogica ed insufficiente sopra il punto deci


sivo 
della controversia relativo alla identificazione del contenuto del


l'obbligo della vigilanza (art. 360 n. 5 c.p.c.). 

Si sostiene a fondamento di tale censura, che alla Amministrazione, 
onde superare la presunzione di responsabilit� posta dall'articolo 
2048 c.s., non incombeva altra prova se non quella di una generica 
sorveglianza sulla condotta dei minori, esclusa ogni necessit� di 
provare d'averne persino limitata e compressa la libert� personale. 

Viceversa, superando l'ambito. di applicabilit� dell'art. 2048 e.e., 
la corte di Firenze avrebbe preteso che la vigilanza fosse esercitata 
in modo da impedire l'evasione del Sini e dello Strozzi, configurando 
perci� non pi� una responsabilit� indiretta, ma una responsabilit� 
diretta della Pubblica Amministrazione, classificabile sotto il paradigma 
generale dell'art. 2043 e.e., di cui peraltro la corte manifestava in 
altra parte della sua �sentenza di non volersi occupare, ritenendolo 
superfluo. 

Pertanto la corte av,rebbe, ad avviso della ricorrente, applicato alla 
ipotesi di responsabilit� indiretta ex art. 2048 principii e .requisiti 
propri della responsabilit� diretta: fermandosi alla prima ipotesi infatti 
non avrebbe .potuto ravvisarne il fondamento nel difetto di una 
vigilanza tale da impedire l'evasione. Accertato inoltre che le porte 
dell'istituto di osservazione erano tenute chiuse tanto che il Sini e 
lo Strozzi avevano potuto uscirne solo forzando la porta della cappella, 
avrebbe dovuto ritenere adempiuto l'obbligo di vigilanza, con conseguente 
esclusione della responsabilit� dell'Amministrazione. 

Anche queste censure sono infondate. 

La responsabilit� dei precettori e degli insegnanti ex art. 2048 
e.e., bench� qualificata comunemente indiretta, in quanto che derivante 
dal fatto illecito di un altro soggetto (l'allievo o l'apprendista) 
ha il suo fondamento nella omissione di vigilanza del precettore stesso 

o 
dell'insegnante, come del resto riconosce la stessa ricorrente. 
Ci� posto la vigilanza necessaria non pu� essere valutata in ogni 
caso in base agli stessi criteri e con la stessa misura. 
Quanto al caso di minori ristretti coattivamente in istituti di 
osservazione, non si pu� ritenere errata la opinione che detta vigilanza 
si debba espUcare in primo luogo impedendo l'allontanamento 
abusivo dagli istituti stessi ed il conseguimento di una completa ed 
incontrollata libert�, di �cui i minori stessi non saprebbero verosimilmente 
fare buon uso. -(Omissis). 


646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1406 -Pres. Stella 
Richter -Est. 'Berarducci -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. D'Urso (avv. Randazzo). 

Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Ordinamento degli 
Ufficiali giudiziari -Retribuzione -Percentuale sui proventi per 
pene pecuniarie -Somme di spettanza dei Comuni e Provincie 
riscosse dall'Erario -Compete. 

(d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 122, n. 2; d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, 
art. 139). 
Compete agli Ufficiali giudiziari la quota stabilita daZl'art. 122, 

n. 2 del d. P. R. 15 dicembre 1959, n. 1229, nella percentuale del quindici 
per cento dei crediti recuperati dall'erario sui campioni penali, oltre 
che sulle somme di spettanza dello Stato stesso anche su quelle devolute 
ai Comuni ed alle Provincie (fattispecie in tema di proventi contravvenzionali 
alle norme sulla circolazione stradale, devoluti alle ProvinciP ed 
ai Comuni ai sensi dell'art. 139 d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393)_ (1). 
(Omissis). -La questione, che si presenta per la prima volta a 
questa Suprema Corte, consiste nel determinare l'esatta rportata della 
norma dell'art. 122 n. 2 del decreto presidenziale n. 1229 del 1959, e 
pi� precisamente, nello stabilire se con l'inciso � crediti recurperati del-
l'Erario sui campioni.... penali � adoperato in tale norma, il legislatore 
abbia inteso riferirsi unicamente ai crediti, per spese pecuniarie, dj 
spettanza dello Stato, oppure anche ai crediti, per pene pecuniarie, recuperati 
dallo Stato, ma di spettanza di altri enti pubblici, quali le Provincie 
ed i Comuni. 

La sentenza impugnata ha risolto la questione nel secondo senso 

e tale soluzione � conforme a diritto. 

L'Amministrazione ricorrente basa la sua tesi contraria sopratutto 

sul significato proprio del termine � erario > adoperato dal legislatore 

nella nol1llla sopra citata. Per � erario� -si ::ifferma dalla ricorrente 


(1) Non risultano precedenti in termini. 
In dottrina, per un profilo generale della materia cfr. FURIOLI, La devoluzione 
dei proventi per pene pecuniarie, Att. amm., 1959, 43; RossANo, 
Compartecipazione ai proventi delle contravvenzioni alle ordinanze sindacali 
in materia di circolazione, in Nuova Rassegna, 1956, 1683; CASTELLANO, 
Riscossione delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia per contravvenzioni 
al T.U. sulla circolazione stradale, Giust. pen., 1961, II, 662. 

Sul diritto degli Ufficiali giudiziari ai proventi recuperati nel periodo 
in cui prestavano servizio, ancorch� ripartiti dopo il collocamento a riposo 
cfr. Cons. Stato, IV, 6 maggo 1948, n. 178. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 647 

si intende, propriamente, il tesoro dello Stato, il patrimonio pubblico, 
e, pertanto, dovendo escludersi che il detto termine possa essere stato 
�usato per indicare, come affermato dai giudici di merito, lo Stato nella 
sua attivit� di riscossione, deve concludersi che il legislatore, parlando di 

� crediti recuperati dall'Erario � ha inteso riferirsi ai crediti di spe+,tanza 
dello Stato. 
Ma questo ragionamento non pu� essere condiviso. Invero, riesce 

agevole replicare che il soggetto che svolge l'attivit� di � recupero � ossia 

di realizzazione, e riscossione, dei crediti sui campioni penali (civili ed 

amministrativi) considerati dalla norma in esame, non �, non pu� essere 

l'erario che, inteso come complesso di beni, valori e crediti dello Stato, 

� privo, come tale, della capacit� di svolgere la predetta attivit�, ma � 

lo Stato medesimo, attraverso i suoi organi a ci� delegati, quali gli 

uffici del registro. 

Ne consegue che, allo�rquando la norma anzidetta parla di �crediti 

recuperati dall'Erario � ad altro non intende riferirsi che ai crediti che 

vengono recuperati dallo Stato, nella sua funzione di riscossione svolta 

tramite gli uffici del registro. 

Ci�, � vero, non risolve ancora la questione se, con l'anzidetto inciso 

il legislatore abbia inteso riferirsi ai crediti riscossi dallo Stato e di 

spettanza dello stesso Stato, oppure anche ai crediti di esclusiva spet


tanza delle Provincie e dei Comuni. Ma, in proposito, degno di rilievo 

e, innanzi tutto, il fatto che il legislatore, mentre nella seconda parte 

della norma, con riferimento alle somme ricavate dalla vendita dei corpi 

di reato, di indubbia spettanza dello Stato, parla di �somme introitate 

dall'Erario ., usa, cio�, il verbo e introitare� �per indicare le somme 

definitivamente entrate nelle casse dello Stato, nella prima parte, invece, 

con riferimento ai crediti, sui campioni penali (civili ed amministrativi), 

usa il verbo � recuperare � che, come �, noto, pu� essere usato anche 

in relazione ancora non di.propriet� del soggetto recuperante. E che in 

questo senso il verbo � recuperare � sia stato usato nel caso di specie, 

lo dimostra il fatto che la norma in questione parla, genericamente, di 

crediti recuperati sui campioni pe.ali (civili ed amministrativi), senza 

alcuna specificazione del soggetto cui i crediti si appartengono. Se si 

considera, invero, che lo Stato si � attribuito il compito di riscuotere, 

tramite gli uffici del registro, anche i proventi contravvenzionali di spet


tanza esclusiva delle Provincie e dei Comuni,. la mancata specificazione, 

nella norma, del soggetto, o dei soggetti, cui i crediti si appartengono, 

non pu� essere interpretata se non nel senso che il legislatore abbia in


teso riferirsi a tutti indistintamente i crediti dello Stato recuperati, 

anche, quin�di, �se di esclusiva spettanza delle Provincie e dei Comuni. 

Giova aggiungere che se l'anzidetta interpretazione trova giustificazione 
nel testo letterale della norma in questione, a non diversa conclusione 
si perviene tenendo presente la � ratio � della stessa norma. 



648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questa, invero, � intesa a far entrare, nella retribuzione degli ufficiali 
giudiziari, la percentuale del quindici per cento sulle somme riscosse 
dallo Stato anche merc� l'attivit� spiegata, nell'esercizio delle loro funzioni, 
dagli stessi ufficiali giudiziari. E poich� questi spiegano la loro 
attivit� anche ai fini del recupero dei proventi contravvenzionali spettant 
alle Provincie ed ai Comuni, non sussiste ragione perch� dall'ambito 
di applicazione della norma in questione debbano ritenersi esclusi tali 
proventi e ricompresi unicamente quelli spettanti allo Stato. 

� infine, da rilevare che, anche sotto il profilo storico, l'interpretazione 
della norma in esame non pu� essere diversa, dal momento che 
identico era il tenore della norma dell'art. 100 del r. d. 28 dicembre 1924, 

n. 2271, che regola la materia, allorquando, prima dell'entrata in vigore 
del nuovo codice della strada (d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393), i proventi 
per contravvenzioni elevate su strade comunali e provinciali da agenti del 
Comune o della Provincia, erano devoluti per met� a.Ilo Stato e per 
met� al Comune e alla Provincia. Anche allora tutte le somme dovute 
per pene pecuniarie relativamente a dette contravvenzioni venivano 
� recuperate � dallo Stato e ci� nonostante la norma del sopra citato 
art. 100 non distingueva tra quote di spettanza dello Stato e quote di 
spettanza dei Comuni e delle Provincie, accomunando, ovviamente, le 
une e le altre nella stessa regolamentazione ai fini della percentuale 
disposta a favore degli ufficiali giudiziari. 
N� vale opporre in contrario, la norma dell'art. 1 della legge 8 luglio 
1941, n. 710, con cui fu disposta la percentuale del dieci per cento, 
sulle quote dei proventi di spettanza dei Comuni e delle Provincie per 
le contravvenzioni stradali, unicamente a favore dei cancellieri. 

Invero come risulta dalla relazione con cui il Ministro della Giustizia 
accompagn� la presentazione del disegno di legge alla Camera 
tale disposizione trov� sua causa nel fatto che, nell'applicazione dell'art. 
1, n. 2, del Regolamento approvato con r. d. 9 febbraio 1896, n. 25, 
che prevedeva, a favore dei cancellieri, la percentuale del dieci per 
cento sulle somme recuperate per .pene pecuniarie, � escluse quelle per 
diritti spettanti ai terzi ., era sorta questione se nell'accezione di detta 
locuzione dovessero ricomprendersi anche le quote dei proventi di spettanza 
dei Comuni e delle Province, e pertanto la disposizione stessa ebbe 
lo scopo, non di concedere ai cancellieri un diritto che gi� non avessero, 
n�, tanto meno, di escludere gli ufficiali giudiziari dal diritto di cui 
gi� godevano in virt� del r. d. 28 dicembre 1924, n. 2271, ma di chiarire 
che, non potendosi i Comuni e le Provincie considerare � terzi � ai cancellieri 
competeva la percentuale del dieci per cento anche sulle quote 
dei proventi di spettanza di detti enti. 

E neppure, infine, giova opporre il pericolo che l'Amministrazione 
ricorrente possa essere tenuta, nella esecuzione di un servizio 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 649 

�sostanzialmente di mera cassa (quale quello della riscossione delle 
somme spettanti, per pene .pecuniarie, alle Provincie ed ai Comuni) a 
corrispondere contemporaneamente la percentuale del quindici per cento 
agli ufficiali giudiziari e a devolvere alle Provincie ed ai Comuni i proventi 
contravvenzionali non decurtati dalle sopradette percentuali. Tale 
pericolo, invero, non sussiste, considerato che, come si argomenta dall'ultimo 
comma dell'art. 129 del decreto presidenziale n. 1229 del 1959 
l'amministrazione finanziaria � tenuta a devolvere alle Provincie e ai 
Comuni gli anzidetti proventi, previa decurtazione della percentuale 
spettante agli ufficiali giudiziari. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 maggio 1969, n. 1950 -Pres. Malfitano 
-Est. Elia -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Ministero dell'Interno 
(avv. Stato Peronaci) c. Zanzon. 

Delibazione -Sentenza straniera di condanna agli alimenti -Vincolo 
di sangue tra genitore e figlio non riconoscibile -Accertamento 
incidenter tantum -Lex fori -Poteri del giudice. 

(e.e., art. 279; disp. sulla legge in generale, artt. 25 e 27; e.p.e., art. 797). 

Il vincolo di sangue tra il genitore ed il figlio non riconoscibile 
non d� luogo ad alcun rapporto familiare ma costituisce il presupposto 
di fatto, da accertarsi incidenter tantum, per la relativa obbligazione 
alimentare di carattere meramente privato e patrimoniale. Tale obbligo, 
ai sensi dell'art. 25 delle disposizioni sulla legge in generale, 
� regolato dalla legge del luogo ove � nato il figlio non riconoscibile, 
ed all'accertamento del fatto materiale della nascita effettuato dal giudice 
straniero non sono opponibiti le limitazioni di prova stabilite 
dall'art. 279 e.e. le quali, poich� non attengono ad alcun istituto familiare, 
non sono di ordine pubblico. Pertanto, in sede di delibazione 
della relativa sentenza straniera, al giudice � riservato un controllo 
di mera legittimit�, senza potere estendere le sue indagini alle risultanze 
delle prove acquisite, regolate dalla legge del luogo ove si svolge 
il processo, a norma dell'art. 27 delle disposizioni sulla legge in generale 
(1). 

(Omissis). Con l'unico motivo del ricorso, il ricorrente Ministero 
dell'Interno denuncia violazione degli articoli 279 e 2729 e.e., 

(1) In tali sensi � il costante orientamento della giurisprudenza. 
Le sentenze menzionate in motivazione si leggono: Cass. 10 giugno 1968, 
n. 1790, Giiis. civ. 1968, I, 1822; 27 aprile 1968, n. 1317, Forn it., 1968, I, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e 797 n. 7 c.p.c., nonch� omessa e contraddittoria motivazione in rela


zione allo 360 c.p.c., deducendo che la Corte di appello, dopo aver 

affermato che la condanna agli alimenti a favore di figlio non ricono


scibile non � contraria all'ordine pubblico italiano e che il giudice 

della deliberazione deve limitarsi ad esamina,re solo la parte dispo


sitiva della sentenza straniera, nella quale si compendia il decisum, 

si �, invece, addentrata nell'esame del merito, qualificando come indi


ziario il materiale di prova, tenuto presente dal giudice straniero, 

senza neppur considerare che l'art. 2729 e.e. ammette l'efficacia pro


batoria degli indizi, se producano presunzioni gravi, precise e con


cordanti. 

La censura � fondata. La domanda del Ministero ricorrente aveva 
per oggetto la deliberazione della sentenza svedese di condanna agli 
alimenti a favore di figlia non riconoscibile, perch� adulterina. Perch� 
� le sentenze straniere possano avere efficacia, nel territorio italiano, 
devono sussistere le condizioni richieste dalla nostra legge, e, propriamente 
dall'art. 797 c.p.c. Alcune delle dette condizioni previste ai 
numeri 2, 3 e 4 dell'art. 797 c.p.c., devono, dal giudice italiano della 
deliberazione, essere accertate con riferimento all'ordinamento dello 
Stato estero, cui appartiene il giudice che pronunci� la sentenza straniera. 
Le restanti condizioni, richieste dal medesimo art. 797 c.p.c., 
devono essere accertate, invece, con riferimento all'ordinamento 

italiano. 

In base al n. 7 del citato art. 797 c.p.c., il giudice della deliba


zione deve accertare che la sentenza straniera non contenga � disposi


zioni � contrarie all'ordine pubblico italiano. Per � disposizioni � si 

deve intendere la serie delle statuizioni in cui si compendia il deci


sum della sentenza straniera. �, invece, inibito al giudice della deli


bazione di indagare sulle ragioni poste, dal giudice straniero, a fonda


mento della pronuncia, sul sollogismo decisorio da lui adottato, sui 

presupposti di fatto della decisione, sul merito, in generale, della causa, 

e, quindi, sulla valutazione che il giudice straniero ha fatto delle 

risultanze processuali, tranne nelle ipotesi specifiche delPart. 798 c.p.c. 

(Cass. I Sez. 10 giugno 1968 n. 1790 e Cass., I Sez. 21 aprile 1966, 

n. 1015). Il controllo, ai fini della deliberazione, deve essere, c10e, 
limitato ad una indagine di mera legittimit� (Cass. I Sez. 27 aprile 
1416; 21 aprile 1966, n. 1015; id., 1966, I, 1525; 23 giugno 1964, n. 653; id., 
1964, I, 2157; 19 maggio 1958, n. 1639, in Giur. it., 1958, nI, 1, 1141; 6 marzo 
1953, n. 533, in Foro it., 1953, I, 793. In dottrina cfr. ZICCARDI, Paternit�. 
giudizialmente dichiarata all'Estero ecc., Riv. Dir. intern. priv. e proc. 
1968, 854; TREVEs, Considerazioni in tema di ordine pubblico e norme materiali 
applicabili dal giudice straniero in sede di del'ibazione, ivi 1965, 514; 
TAMBURINO, Alimenti, in Enciclopedia del diritto, n. 13. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

1968, n. 1317). Le norme relative alla istruzione probatoria e, pertanto, 
le norme concludenti dei mezzi di prova, essendo pertinenti al 
diritto processuale e cio� alla lex fOTi ed alla forma del processo, sono, 
infatti, regolate dalla legge del luogo dove il processo si svolge, ai 
sensi dell'art. 27 delle disposizioni sulla legge in generale. Quando, 
tuttavia, un rapporto sostanziale deve essere regolato dalla legge 
italiana, come avviene per i rapporti di famiglia, in relazione agli articoli 
17 e 20 delle disposizioni sulla legge in generale, l'osservanza 
delle limitazioni poste, dalla legge italiana, all'ammissibilit� delle 
prove, vincol.a anche il giudice straniero, chiamato ad applicare la 
legge sostanziale italiana, se le dette� limitazioni siano stabilite dalla 
legge italiana, regolatrice del rapporto, per ragioni di carattere sostanziale, 
che attengano al regolamento, intrinseco, del medesimo rapporto, 
da dimostrare (Cass., I Sez., 19 maggio 1958, n. 1639). Poich� tutte 
le norme cogenti, che regolano l'istituto familiare, in considerazione 
delle caratteristiche di eticit�, qualificanti i rapporti di famiglia, e 
dell'interesse pubblico, ad essi, precipuamente, collegato, appartengono 
all'ordine pubblico, anche le limitazioni di prova apposte, dalla legge 
italiana, alla dimostrazione dei detti rapporti di famiglia, vengono ad 
assumere carattere sostanziale, di ordine pubblico, e devono intendersi, 
come tali, sottratte alla lex fori, onde vincolano il giudice straniero, 
tenuto, per la norma di diritto internazionale, ad applicare la nostra 
lex patria. (Cass. 8 ottobre 1953, n. 3214; Cass. 24 novembre 1959, 

n. 3459 e Cass. 23 giugno 1964, n. 1653). Senonch�, il vincolo di sangue 
che unisce, per il mero fatto della procreazione, il genitore al figlio 
non riconoscibile, non pu� dar luogo, .per l'ordinamento italiano, ad 
alcun rapporto familiare e viene considerato, come mero presupposto 
materiale, ai fini, esclusivi, dell'obbligazione, alimentare, di natura 
meramente patrimoniale; presupposto da accertare, dunque, solo incidenter 
tantum e da cui non pu� derivare, per l'espresso divieto di 
legge, alcuno status familiare. (Cass. 4 luglio 1958, n. 2387). �Il diritto 
agli alimenti del figlio non riconoscibile, cio�, esula da ogni istituto 
familiare, � ristretto alla mera obbligazione patrimoniale, ed � regolato, 
conseguentemente, in virt� della norma dell'art. 25 delle disposizioni 
sulla legge in generale (secondo comma), dalla legge del luogo 
dove � avvenuto il fatto dal quale deriva l'obbligo di alimenti. (Cass. 
6 marzo 1953, n. 533). La condanna agli alimenti a favore del figlio 
non riconoscibile esaurisce i suoi effetti, solo nell'ambito privatistico 
patrimoniale, � estranea agli istituti familiari, e non � contraria all'ordine 
pubblico (Cass. 29 settembre 1955, n. 2683). Consegue, da tali 
principi, pi� volte affermati da questa Suprema Corte, che le limitazioni 
di prova stabilite dall'art. 279 e.e., per la dimostrazione del fatto 
materiale della nascita del figlio non riconoscibile, da accertarsi incidenter 
tantum, e senza riferimento ad alcun istituto familiare, non 

652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono di ordine pubblico. L'accertamento incidentale della procreazione 
del figlio non riconoscibile ha carattere di mero presupposto di fatto 
ed efficacia limitata all'obbligo, meramente privato e patrimoniale degli 
alimenti, regolato dalla legge del luogo ove l'obbligo medesimo sorse, 
e, cio�, del Paese straniero, ove nacque il figlio non riconoscibile. Consegue 
che le limitazioni di prova, stabilite, ai fini della dimostrazione 
del fatto materiale predetto dalla legge italiana non hanno valore 
sostanziale, ma restano nei limiti della lex fori, n� vincolano il giudice 
straniero, onde la loro violazione non pu� impedire al giudice italiano 
la delibazione della sentenza straniera di condanna agli alimenti a 
favore del figlio non riconoscibile; nato all'estero, ed a carico di un 
cittadino italiano. (Oass. 6 marzo 1953, n. 533; Cass. 19 maggio 1958, 

n. 1639; Cass. 24 novembre 1959 n. 3457 e Cass. 23 giugno 1964, numero 
1653). Non osta infatti alla dichiarazione di efficacia di una 
sentenza straniera in Italia la violazione di norma italiana limitatrici 
di mezzi di prova utHizzati dal giudice straniero, se dette norme restano 
nei limiti della lex fori, regolata dalla norma straniera e non possano 
acquistare carattere sostanziale, in quanto il rapporto da dimostrare 
non � regolato dalla legge italiana, ma da quella straniera, e 
non riguarda materia di diritto familiare, n� attiene all'ordine pubblico 
italiano. 
La violazione di norme italiane limitatrici di mezzi di prova pu� 
essere di ostacolo alla delibazione della sentenza straniera solo se la 
norma italiana abbia, invece, valore sostanziale, eccedente la lex fori, 
e il rapporto sostanziale da dimostrare, sia (regolato dalla legge italiana 
e interessi l'ordine pubblico italiano. N� a tali principi ha apportate 
modifiche, nel senso di restringere i criteri di accoglimento delle 
istanze di delibazione delle sentenze straniere, in materia di alimenti 
a favore di figli non riconoscibili, la Convenzione Internazionale per il 
recupero degli alimenti, firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa 
esecutiva in Italia con legge 23 marzo 1958, n. 338. Detta Convenzione 
richiama, anzi, all'art. 6, le norme nazionali, in materia di delibazione, 
e, per il caso che esse impedissero la possibilit� di eseguire la sentenza 
straniera nel Paese del debitore, stabilisce, all'art. 5, anche che il 
Governo del detto Paese designi un � intermediario � il quale abbia 
il compito di assistere, rappresentare ed appoggiare, anche con nuova 
azione di condanna; il cittadino straniero, interessato all'esecuzione 
della condanna emessa dal giudice del Paese estero. Come, si desume 
dal Preambolo, la Convenzione, intende facilitare, al massimo, l'esecuzione 
all'estero delle sentenze di condanna agli alimenti, ed impedire 
comunque che gli obblighi alimentari dei lavoratori emigrati restino 
privi di pronta esecuzione, rper le gravi conseguenze che il mancato o 
ritardato adempimento di tali obblighi possono avere per la vita del 
cittadino straniero creditore. 

~ 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 653 

La Corte di appello, nella sentenza impugnata, pur ammettendo 
che la condanna agli alimenti a favore del figlio non riconoscibile non 
� contraria all'ordine pubblico italiano e che ha natura �meramente 
patrimoniale �, non ha considerato che, proprio per questa sua natura, 
essa non solo non riguarda l'ordine pubblico italiano, ma � regolata 
dalla �legge straniera, onde le limitazioni di prova di cui all'art. 279 

e.e. restano nei limiti della lex fori e non acquistano carattere sostanziale. 
La Corte di appello, non ha dunque, considerato che tali limitazioni 
di prova, non potevano essere applicate a un rapporto regolato, 
per il suo carattere meramente patrimoniale e non familiare, dalla 
legge straniera, e non concernevano l'ordine pubblico italiano, e d'altra 
parte non ha considerrato che la stessa legge processuale italiana 
riconosce, per i rapporti a quale le limitazioni dell'art. 279 e.e. non 
debbono applicarsi, l'efficacia di presunzioni dedotte mediante indizi, 
sempre che esse siano, dal giudice di merito ritenute con apprezzamento 
insindacabile (Cass. 14 giugno 1965, n. 1204) .gravi, precise e concordanti, 
in relazione all'art. 279 e.e. La Corte di appello, infine, pur 
avendo esattamente affermato che il giudice della delibazione non pu� 
esaminare il merito, ha finito invece con l'esaminarlo, essendo stata 
indotta a tale illegittimo esame dagli errori, e dalle contraddizioni, in 
cui era incorsa, per aver trascurato di dedurre, dall'affermato carattere 
meramente patrimoniale, e non familiare, del rapporto, la sua sottoposizione 
alla� legge regolatrice straniera e la conseguente efficacia 
meramente formale dei limiti di prova stabiliti dalla'rt. 279 e.e. e per 
effetto di tali errori, ha ritenuto che ostasse alla delibazione il fatto 
che il giudice straniero ha posto a base del proprio convincimento 
indizi e presunzioni. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 giugno 1969, n. 1959 -Pres. ValliUo 
-Est. Poddighe -P. M. Caccioppoli (conf.). -Nencioni (avv. 
Massart) c. Ferrovie dello Stato (avv. Stato Gargiulo). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della p. a. per danni ai propri 
dipendenti -Risarcimento -Norme limitatrici -Declaratoria di 
incostituzionalit� -Prescrizione del diritto -Decorrenza. 

(Cost., artt. 28, 136; r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313, art. 1, eonv. in 1. 28 maggio 
1936, n. 1126; e.e. artt. 2935, 2947). 

n vizio di itlegittimit� costituzionale, in quanto non determina un 
impedimento legale all'esercizio del diritto dalla norma incostituzionale 
disconosciuta ma pone in essere una mera difficolt� di fatto, non incide 
sulla decorrenza della prescrizione che pertanto ha inizio dal giorno 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cui il diritto stesso poteva esser fatto valere e non daUa data detta 
declaratoria di iUegittimit� costituzionale (Fattispecie in tema di risarcimento 
dei danni subiti da dipendenti deUo Stato per incidenti a causa 
di servizio, che te disposizioni contenute net r. d. 6 febbraio 1936, n. 313 
convertito in i. 28 maggio 1936, n. 1326, di poi dichiarata incostituzionale 
con sentenza 30 gennai.o 1962, n. 1, limitava ai trattamento pensionistico 
atta stregua dette norme vigenti (1) .. 

(Omissis). -Il ricorso dei Nencioni ripropone al Supremo Collegio 
la delicat.a questione dei limiti che l'efficacia retroattiva della pronunzia 
di incostituzionalit� incontra, in conseguenza dell'interferenza, nella 
disciplina delle concrete fattispecie, di altre norme le quali neutralizzino 
a priori le conseguenze che J.a pronunzia di incostituzionalit� � astrattamente 
idonea a produrre, quando, in relazione agli atti ed ai rapporti 
precostituiti, determinate situazioni giuridiche siano esaurite e per ci� 

(1) La sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, della Corte Costituzionale � 
pubblicata in Foro it., 1962, I, 175 con nota. 
Incostituzionalit� e prescrizione 

1. -Gli elementi essenziali della controversia nella quale � intervenuta 
la sentenza che si annota possono cosi riassumersi: 
-col r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313, fu escluso che i dipendenti civili 
dello Stato avessero diritto nei confronti di quest'ultimo al risarcimento 
dei danni derivati da lesioni personali o da morte verificatesi in servizio 
od in occasione di servizio; 

-il predetto r.d.l. fu abrogato con 1. 6 marzo 1950, n. 104, ma, quest'ultima 
non avendo efficacia retroattiva (Cass., 20 ottobre 1958, n. 3360; 
Corte dei Conti, 26 ottobre 1957; Cass., 15 maggio 1956, n. 1614), fu sollevata 
(in relazione a danni .prodotti prima della sua entrata in vigore) la 
questione della illegittimit� costituzionale del detto r.d.l. 1936, n. 313, in 
quanto contrastante con l'art. 28 Cost.; 

-la Corte costituzionale con sentenza n. 1 del 2 gennaio 1962 dichiar� 
la detta illegittimit�; 

-a seguito di ci� gli attori chiesero, con citazione del settembre 1962, 
il risarcimento di danni verificatisi nel 1949, in ordine alla cui causazione 
la responsabilit� del personale dipendente dall'Amministrazione era stato 
accertato con sentenza penale del febbraio 1954; 

-l'Amministrazione eccepi la prescrizione del diritto al risarcimento 
per la ragione che la citazione era stata notificata oltre il biennio decorso 
dal giudicato penale, nulla rilevando che nel momento in cui quest'ultimo 
era intervenuto non fosse stata ancora dichiarata la illegittimit� del r.d.l. 
1936, n. 313. 

2. -Non sembra che la Corte Suprema abbia impostato correttamente 
la soluzione del problema propostole, anche se � poi pervenuta ad una 
decisione sostanzialmente esatta. 
Si tratta, pervero, di decidere se con l'entrata in vigore di una norma 
costituzionale precettiva (e non meramente programmativa), quale � l'articolo 
28 Cost., si fosse reso con ci� stesso azionabile un diritto di credito 

I


00 


PARTE I, SEZ._ III, GIURISPRUDENZA CIVILE 655 
consolidate ed intangibili ed i rapporti siano perci� diventati insuscet


tibili di essere modificati per effetto dell'eliminazione della norma 
incostituzionale. 

Problematica peraltro non nuova, che � stata oggetto di indagine 
anche di recente da parte di questo Supremo Collegio (sent. 9 a'gosto 
1968, n. 772) per cui si � arrivati alla communis opinio che, attesa 
la natura del vizio di incostituzionalit�, �intrinseco, sostanziale, originario 
(nel senso che esso risale o all'entrata in vigore della norma poi 
dichiarata incostituzionale o all'entrata in vigore della legge costituzionale 
a seconda che si tratti di norma emanata posteriormente o anteriormente 
ai precetti costituzionali), ed attesa la specifica natura della 
sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale, inquadrabile nella 
categoria dei cosi detti accertamenti costitutivi, questa comporta la totale 
e definitiva eliminazione dall'ordinamento della norma dichiarata illegittima 
con effetto ex tunc. 

che una precedente norma ordinari�, di poi dichiarata illegittima, aveva 
denegato; e dunque se dalla detta entrata in vigore, e non da un momento 
successivo fosse iniziato il decorso della prescrizione di quel diritto. Epper� 
doveva attribuirsi� priorit� logica all'esame della relazione intercorrente 
tra la norma costituzionale precettiva e la norma ordinaria illegittima, 
al fine di decidere se, reagendo con immediatezza la prima sulla seconda, 
ne derivasse altresi la rimozione del divieto che la norma ordinaria aveva 
frapposto all'esercizio dell'azione; e, soltanto se a tale quesito si fosse 
risposto negativamente, sarebbe stato da esaminarsi la relazione intercorrente 
tra la sopravvenuta sentenza dichiarativa della incostituzionalit� della 
norma ordinaria e il rapporto giuridico attinente al diritto di credito de quo. 

In breve, si trattava, vertendo la lite in punto di individuazione del 
termine iniziale della prescrizione, di acclarare il dies natae actionis: per 
la qual cosa era non tanto e non soltanto da accertarsi se gli effetti della 
sentenza dichiarativa di incostituzionalit� si esplichino o non di fronte ad 
una situazione consolidata (per intervenuta prescrizione), quanto invece 
ed anzitutto se tale situazione (consolidata) si verifichi in funzione del 
mero fatto obiettivo dell'intervento nell'ordinamento di una norma costituzionale 
precettiva. 

3. -A tal proposito va premesso che, pur nell'ambito delle norme 
costituzionali precettive, � opportuno distinguere tra norme precettive 
� con efficacia immediata � e norme che, pur essendo precettive, non possono 
tuttavia ricevere concreta attuazione se non col successivo contributo 
(auctoritatis interpositio) dello stesso legislatore ordinario (per la distinzione, 
PIERANDREI, in Enciclopedia del diritto, X, p. 905). 

Pervero la situazione di contrasto (originario o sopravvenuto) tra norma 
ordinaria e norma costituzionale si verifica, nel caso di norma costituzionale 
precettiva con efficacia immediata, nel momento stesso in cui le 
due norme vengano a coesistere nell'ordinamento; mentre, nel caso di 
norma costituzionale con efficacia differita, la situazione di contrasto potr� 
verificarsi se e soltanto quando il legislatore ordinario, adempiendo il 
compito demandatogli dal Costituente e cio� integran�lone il precetto, abbia 
reso attuale la volont� contenuta in quest'ultimo. 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� significa che dal giorno successivo a quello della pubblicazione 
della sentenza il g.iudice deve considerare la norma come mai esistita 
e non pu� applicarla ad alcun caso, osservate per� naturalmente anche 
a tal riguardo le regole sulla salvezza delle situazioni giuridiche consolidate. 


Conseguentemente, in applicazione di tali principi, il d.B. 21 ottobre 
1915, n. 1558 ed il r.d.1. 6 febbraio 1936, convertito nella J. 28 ma.ggio 
1936, n. 1126, che lim.itano il diritto dell'impiegato infortunato, nei 
confronti della P. A.; unicamente al trattamento rprevi�sto dalle norme 
che regolano il rapporto di servizio o di quiescenza con esclusione 
dell'azione risarcitoria, non potranno rpi� essere applicati ad alcun rapporto 
n� presente n� futuro dal giorno della pubblicazione nella G. U. 
della sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, della Corte Costituzionale che li 
ha dichiarati incompatibili con .gli art. 3 e 28 della Costituzione. 

Restano salve per�, come si' � detto, le situazioni giuridiche consolidate 
in quanto la efficacia ex tunc della sentenza d'accoglimento della 

Quanto poi alla norma costituzionale programmatica, non � neppure 
configurabile un suo contrasto immediato con la norma ordinaria preesistente, 
stante che la detta norma costituzionale, diretta al legislatore, tende 
a dirigere la successiva attivit� di quest'ultimo. � perci� che il contrasto 
potr� insorgere soltanto in un momento successivo alla stessa statuizione 
della norma programmatica, quando cio� il legislatore si facesse a porre 
nell'ordinamento norme non coospiranti con l'indirizzo costituzionale. 

Va peraltro notato che, pur cosi diversamente localizzatane nel tempo 
la genesi, tuttavia della illegittimit� della norma ordinaria non mutano 
di volta in volta la natura e le conseguenze. 

Non � qui il caso di soffermarsi sulla questione se la norma ordinaria 
illegittima sia nulla o meramente invalida; ma deve invece ricordarsi che 
secondo una dottrina (PUGLIATTI, Abrogazione, in Encicl. diritto, I, p. 152; 
ESPOSITO, Cost. ital., 269/272; AZZARITI, L'invalidit� della legge, passim), 
sostanzialmente condivisa dalla Corte Suprema (Cass., Sez. Un., 22 giugno 
1963, n. 1707), la norma illegittima � dotata, fino alla decisione della Corte 
costituzionale, di efficacia quanto ad esecutoriet�, ma � non anche quanto 
ad obbligatoriet� � : ditalch� rispetto ad essa si hanno contemporaneamente 
pi� condotte possibili, nel senso che da un canto l'Autorit� amministrativa 
� tenuta ad obbedire al suo comando, dall'altro il giudice deve deferirla 
(ai fini della disapplicazione) alla Corte costituzionale ed, infine, i cittadini 
� sono tenuti a non farne conto >, stante che � sarebbe veramente inesatto 
dire che essi sono tenuti ad obbedire alla legge incostituzionale fino alla 
dichiarazione di illegittimit� della Corte � (ESPOSITO, op. cit., p. 270). 

In definitiva, la norma ordinaria, dal momento (come sopra individuato) 
in cui se ne sia determinata la illegittimit� per contrasto con una 
norma costituzionale attualmente efficace, diviene per ci� stesso, e cio� 
per l'antitesi con la norma di grado superiore, non vincolante per il cittadino: 
il quale potr� altres� -con i mezzi all'uopo apprestatigli dall'ordinamento 
-ottenere la declaratoria della liceit� del suo comportamento 
pur se questo sia apparentemente non in chiave con la norma 
ordinaria. 


�. 
. �. 
. 
PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 657 

Corte Costituzionale trova possibilit� d'applicazione ai rapporti che siano 
ancora suscettibili di giudizio. 

A questo punto la problematica si sposta dall'ambito della disciplina 
costituzionale al campo diverso delle singole norme, dovendosi indagare 
se i rapporti in questione siano ancora sensibili oppure no alla dichiarazione 
di incostituzionalit� della norma che li regolava. 

Nella casistica giurisprudenziale J'.insensibilit� del rapporto a1la 
dichiarazione di incostituzioanlit� � collegata agli effetti preclusivi del 
giudicato (sent. 772 del 1968) o al maturarsi di termini di prescrizione 

o di decadenza o dipende da atti negoziali o da altri atti o fatti che 
siano rilevanti sul piano sostanziale o processua,le nonostante l'inefficacia 
della norma incostituzionale (sent. 1707 del 1963). 
Pertanto, tenuto conto di ci�, si pu� dire che la efficacia retroattiva 
della pronunzia rdi incostituzionalit�, non trova alcun limite neppure 
estrinseco quando si tratti di rapporti ai quali la norma avrebbe potuto 
essere applicata se non fosse stata dichiarata viziata da iHegittimit�. 

4. -� evidente allora che il difetto di obbligatoriet� della norma 
ordinaria illegittima non pu� non comportare la elisione radicale dei limiti 
che, per avventura, quella norma aveva statuito a carico del cittadino. 
Ditalch� ove, pi� particolarmente, quei limiti fossero consistiti o nella 
negazione di un diritto (che la norma costituzionale ha invece riconosciuto) 
oppure nell'impedimento all'eserci,zio di un diritto (esercizio che 
la norma costituzionale ha invece liberalizzato), il cittadino ben pu� (dal 
momento in cui la obbligatoriet� della norma ordinaria � venuta meno 
e cio� dal momento in cui � insorto il contrasto tra le norme) dichiararsi 
titolare del diritto ed esercitarlo. 
Gli rester� -� vero -da rimuovere previamente la norma ordinaria 
illegittima deducendone la incostituzionalit�, ma -a ben guardare trattasi 
di un onere non dissimile da quello che � proprio delle questioni 
pregiudiziali in genere (CALAMANDREI, L'illegittimit� costituzionaLe): rispetto 
alle quali non si � mai affermato che la loro presenza costituisce 
un impedimento giuridico assoluto all'esercizio del diritto che si intenda 
far valere e dunque tale da impedire il decorso della prescrizione. 

D'altronde il brocardo secondo cui actioni nondum natae non praescribitur, 
di cui v'� codificazione nell'art. 2935 e.e., ha pur sempre ricevuto 
la specificazione che toties actioni nondum natae praescribitur quoties nativitas 
ejus in potestate creditoris; e cio� che se � vero che non si estingue 
per prescrizione un diritto non azionabile, � vero altres� che incombe al 
creditore che voglia evitare la prescrizione l'onere di rimuovere -ove 
l'ordinamento ci� consenta -quegli eventuali ostacoli che si frappongono 
al concreto esercizio dell'azione (Cass., 29 aprile 1965, n. 759). 

Or non pu� esservi dubbio che, poich� la questione di illegittimit� 
costituzionale pu� essere sollevata dallo stesso attore (creditore) (PIERANDREI, 
op. cit., p. 947; CAPPELLETTI, La pregiudizialit�, 19i20), ditalch� questi 
pu� egli stesso provocare, attraverso l'accertamento incidentale della Corte 
costituzionale, la nativitas dell'azione gi� denegata dalla norma ordinaria 
illegittima, v'� quanto basta perch� si riconosca che nello stesso momento 
in cui interviene il contrasto tra norma costituzionale e norma ordinaria, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Resta ora da vedere appunto se al rapporto fatto valere in giudizio 
dai Nencioni si sarebbe potuta applicare la normativa limitatrice invocata 
dall'Amministrazione ferroviaria qualora essa non fosse stata dichiarata 
incostituzionale. 

La risposta negativa data al quesito dalla Corte fiorentina non pu� 
essere che approvata essendosi maturato nel frattempo e, cio�, prima 
che fosse stata proposta l'azione (con la citazione 20 settembre 1962), 
il periodo prescriziona>le del diritto al risarcimento. 

La situazione, a quella data, era, invero, esaurita, ossia consolidata, 
intangibile, insuscettibile di essere diversamente regolata, iper effetto preelusivo 
di un fatto rilevante sul piano sostanziale, nonostante l'inefficacia 
della norma dichiarata incostituzionale. 

Correttamente il termine a quo del detto periodo prescrizionale 
biennale � stato identificato nel giorno in cui � passata in cosa giudicata 
la sentenza penale 12 febbraio 1954 del Tribunale di Arezzo (art. 2947 

c. c.) : �conseguentemente il detto periodo � stato ritenuto gi� trascorso 
alla data di introduzione di questo giudizio. 
la voluntas del creditore acquisisce una efficacia decisiva per il concreto 
esercizio del diritto e dunque che da quel momento inizia il decorso della 
prescrizione. 

Ci� resta comprovato dalla considerazione che appunto a seguito della 
proposizione di un'azione risarcitoria, astrattamente incappante nel divieto 
di cui al r.d.1. 1936, n. 313, il Tribunale di Venezia pot� sollevare la questione 
di legittimit� di quest'ultimo, che fu poi accolta con la sentenza 

n. 1 del 1962 della Corte cost�tuzionale; e dunque resta conclamato che 
gi� con l'entrata in vigore dell'art. 28 Cost. era � cessata la impossibilit� 
giuridica � (derivante dal r.d.1. 1936, n. 313) di azionare la pretesa di 
risarcimento. 
5. -La prescrizione estingue il diritto e costituisce, dunque, la fattispecie 
pi� radicale di conclusione od esaurimento del rapporto giuridico 
che quel diritto concerneva (PIERANDREI, op. cit., p. 973). 
E dunque la sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale che 
dichiara la illegittimit� della norma ordinaria non reagisce in modo alcuno 
sul rapporto (sul quale la prescrizione abbia gi� agito), neppure 
nel senso di rimettere in termine il creditore. 

Per contro una simile rimessione in termine, se non consegue alla 
pronunzia della Corte Costituzionale, � provocata invece dal conflitto tra 
le norme di grado diverso e si verifica ope juris nello stesso momento 
in cui tale conflitto insorge: come � stato gi� ritenuto, in relazione all'art. 
113 Cost., nel caso di norme pi;eesistenti alla Costituzione, le quali 
dichiaravano non impugnabili alcuni atti amministrativi (Cons. Stato 20 
novembre 1951, in Cons. Stato, 1951, 1450; Cons. Stato 20 ottobre 1964, 
in Foro it., 1965, III, 83). 

Conformemente a quanto si � sin qui esposto hanno deciso, sempre 
con riferimento al r.d.1. 1936, n. 313, il Tribunale di Firenze (sent. 1� luglio 
1963, in Foro it., 1964, I, 182) ed il Tribunale di Milano (sent. 21 maggio 
1964, in Foro it., 1965, I, 520). 

GIOVANNI CoLETTA 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 659 

N� tale termine a quo pu� essere spostato fino alla data di pubblicazione 
della sentenza 30 gennafo 1962, n. 1, della Corte Costituzionale 
perch� gli effetti della dichiarazione di illegittimit� della norma cosi 
privata di efficacia risalgono al momento in cui nell'ordinamento vigente 
essa si trov� in contrasto con i principi di cui agli art. 3 e 28 della Costituzione 
e perch� la questione di illegittimit� costtiuzionale della legge 
limitatrice del diritto al risarcimento avrebbe potuto essere proposta 
innanzi alla Corte Costituzionale. 

Non sarebbe stato pi� impossibile quindi ottenere il risarcimento 
dovuto ed, in ultima analisi, non poteva trovare applicazione J.a regola 
contra non valentem... recepita nell'art. 2935 c. c. ed invocata da�i 
ricorrenti. 

Questa, infatti, disponendo che la prescrizione comincia a decorrere 
dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere, si riferisce alla possibilit� 
legale, dando rilievo esclusivo aJ.le cause impeditive dell'esercizio 
del diritto e non anche aUe difficolt�, a.gli ostacoli, a un eventuale 
impossibilit� di fatto. 

L'esecutivit� della legge affetta da ilJ.egittimit� costituzionale pu� 
essere, invero, fatta cessare con la denunzia di questa alla Corte Costituzionale, 
osservate le forme e le condizioni prescritte, da parte del cittadino 
che ne abbia interesse e, pertanto la presenza nell'ordinamento 
di una norma in contrasto con i principi garantiti dalla Costituzione 
se da una �P,arte non impedisce, in modo assoluto, l'esercizio di un diritto 
che un soggetto intenda far valere in contrasto con quella norma, dall'altra 
non pu� ostacolarne il decor�so della prescrizione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2450 -Pres. Rossano Est. 
Malfitano -P. M. Di Majo (diff.) -A.N.A.S. (avv. Stato Lancia) 
c. Marangolo (avv. Gatto). 

Espropriazione per p. u. :-Occupazione di urgenza ultra biennale Risarcimento 
danni -Giudicato sulla condanna generica formatasi 
in corso del giudizio -Successivo intervento del decreto di esproprio 
-Irrilevanza. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, 73; e.e. art. 2909). 
Il decreto di espropriazione per p. u., intervenuto nel corso del 
giudizio promosso dal proprietario per conseguire il risarcimento dei 
danni da occupazione ultra biennale del fondo, ha l'effetto di contenere 
l'obbligo dell'espropriante al pagamento del relativo valore nei limiti 
dell'indennitd di esproprio, in conseguenza del venir meno della iHegit




660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

timit� dell'occupazione, semprecch� non sias>i gi� formato ii giudicato 
sul capo afferente la condanna generica al risarcimento dei danni. In 
tal caso conservano invece effetto le statuizioni della sentenza non solo 
sul diritto al risarcimento, ma anche sulla portata e specifica consistenza 
di questo (1). 

(Omissis). -Con i primi due motivi del ricorso, che vanno esaminati 
congiuntamente stante la J.oro intima connessione, denunziandosi 
la violazione degli articoli 1, 24, 46, 50 e 73 della legge n. 2359 del 1865 
e degli articoli 2909, 2043, 2056 del c. �c., si censura la sentenza impugnata 
per avere ritenuto che, nonostante il sopravvenuto decreto di espropriazione, 
dovesse essere liquidato agli espropriati il risarcimento del danno 
commisurato al valore venale attuale del terreno occupato e. alle opere 
necessarie per �conservare il fondo residuo nelle medesime condizioni 
esistenti all'atto dell'occupazione cosi come era stato stabilito con la 
sentenza non definitiva pronunziata in primo grado e contro la quale 
non era stato proposto o riservato l'appello. In proposito si deduce che, 
sopravvenuto il decreto di espropriazione, era venuto meno il diritto 
degli espropriati a conseguire quella parte del danno rappresentato dall'equivalente 
economico del terreno, dovendo gli stessi essere soddisfatti 
soltanto attraverso l'indennit� di espropriazione e che a ci� non era di 
ostacolo H. giudicato fomiatosi con la sentenza non definitiva in quanto 
essa conteneva soltanto una condanna geenrica al risarcimento di danni. 

La censura � infondata. 

(1) Non constano precedenti in termini. 
Cfr., in Giust. civ., 1969, I, 1397 la requisitoria in senso difforme 
del P.M. 
Sugli effetti del decreto di espropriazione intervenuto in sede di giudizio 
di rinvio, da considerarsi alla stregua dello ius superveniens, ricorrendone 
la medesima ratio, cfr. Cass. 27 maggio 1963, n. 1386 in Foro it., 
1963, I, 1392 con nota di riferimenti. 

Costituisce d'altra parte giurisprudenza ormai pacifica che, intervenuto 
il decreto di espropriazione per p.u. successivamente al decorso biennio di 
occupazione in via di urgenza del fondo, ha termine la illegittimit� nella 
detenzione del bene ed al proprietario del fondo spettano, oltre al risarcimento 
del danno per il periodo di occupazione abusiva tra la scadenza 
del biennio e la data del decreto di esproprio, la indennit� di occupazione 
biennale e quella di espropriazione (cfr. Cass., 19 giugno 1968, n. 2031; 
24 maggio 1968, n. 1572; 13 febbraio 1965, n. 223 in questa Rasseg11Ja, 1965, 
I, 337; 28 luglio 1964, n. 2142, ivi, 1964, I, 733 con note di riferimento). 

Circa la condanna generica al risarcimento dei danni la quale, costituendo 
una semplice declaratoria iuris, non pregiudica l'accertamento, anche 
se siano stati precisati gli eventuali titoli di essi, che in sede di liquidazione 
dovr� fare il giudice per stabilire in concreto se e quali siano i 
danni cfr. Cass., 22 giugno 1968, n. 2087; 16 ottobre 1967, n. 2482. 


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PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 661PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 661
I, III, 

� vero che la sopravvenienza del decreto di espropriazione dopo 
il biennio di occupazione legittima fa venire meno la illegittimit� dell'occupazione 
protrattasi oltre il biennio e il diritto di propriet� � trasferito 
dalla data del menzionato decreto con la conseguenza che all'espropriato 
spettano l'indennit� per J.'occupazione temporanea legittima, l'indennit� 
di espropriazione e il risarcimento del danno cagionato dal protrarsi 
della occupazione temporanea relativamente al periodo tra la scadenza 
del biennio e il decreto. di espropriazione e consistente neHa mancata 
percezione dei frutti del fondo salvo il maggior danno, se ne sia data 
la �prova, la Corte di merito ha correttamente ritenuto che questi principi 
non potessero essere applicati nella fattispecie in esame perch� vi 
ostava il giudfcato formatosi con la sentenza non definitiva del Tribunale 
del 30 dicembre 1955 con la quale fu dichiarata la illegittimit� dell'occupazione 
del fondo rustico di propriet� dei resistenti per il periodo 
successivo alla scadenza del biennio e fu pronunziata la condanna dell'ANAS 
al pagamento dell'indennit� per il periodo di occupazione legittima 
e al risarcimento' dei danni per il periodo successivo, precisandosi 
che il risarcimento medesimo dovesse comprendere il valore del fondo 
occupato alla scadenza del biennio di occupazione, il mancato godimento 
dello stesso da tale data e l'importo delle opere necessarie per conservare 
il fondo residuo nelle stesse condizioni in cui trovavasi all'atto 
dell'occupazione. 

Con tale sentenza, invero, si era formato il giudicato non solo sulla 
condanna generica al risarcimento dei danni, ma anche sulla statuizione 
relativa alla portata e aila specifica consistenza di tale risarcimento. 

La liquidazione dei danni, quindi, doveva essere eseguita sulla base 
di tale statuizione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 luglio 1969, n. 2815 -Pres. Vinci 
Orlando -Est. Miani -P. M. Pedace (parz. diff.). -Consorzio Agricolo 
Industriale Maremma (avv. Limone) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Vitaliani). 

Procedimento civile -Regolamento di competenza -Sezione Specializzata 
per le controversie agrarie -Competenza -Limiti. 

(1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1). 
Procedimento civile -Contratti agrari -Competenza funzionale territorialmente 
inderogabile delle Sezioni Specializzate -Foro dello 
Stato -Prevalenza -Non sussiste. 

(c.p.c. art. 25, t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 6, 7). 
La competenza delle Sezioni Specializzate per le controversie agrarie 
sussiste in base alla domanda proposta, indipendentemente dalla sua 



662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fondatezza, allorch� si prospetti una questione inerente un contratto 

agrario, rientrante tra quelle demandate alla cognizione della Sezione 

specializzata (1). 

La competenza delle Sezioni Specializzate per le controversie agra


rie ha carattere funzionale ratione materiae ed � territorialmente inde


rogabile, in quanto fondata sulla particolare esperienza delle situazioni 

locali e pertanto la competenza del giudice loci rei sitae si pone in deroga 
.anche delle norme sul foro dello Stato (2). 

(Omissis). -In ordine alla questione di competenza, si osserva che 
erroneamente la Sezione Specializzata A.graria presso il Tribunale di 
Grosseto ha, con la sentenza impugnata, fatto dipendere la determinazione 
della competenza dall'accertamento dell'esistenza, nel caso concreto, 
di una valida concessione-contratto di affitto dei terreni di cui 
trattasi. La predetta determinazione deve infatti avvenire in base alla 
domanda cosi come proposta, prescindendo dalla sua fondatezza o meno, 
e avendo riguardo al quid disputatum e non al quid decisum. E pertanto, 
una volta che il Caim, assumendo che la Pubblica Amministrazione �gli 
aveva concesso il godimento di quei terreni, aveva chiesto la determinazione 
dell'equo canone di affitto degli stessi, ai sensi della 1. 12 giugno 
1962, n. 567, la risoluzione della controversia a cui tale domanda si 
riferiva apparteneva, a norma dell'art. 15 della citata legge e dell'art. 1 
della 1. 2 marzo 1963, n. 320, alla competenza della Sezione Specializzata 
Agraria, e l'accertamento dell'esistenza o meno di una valida concessionecontratto 
costituiva una questione di merito circa l'esistenza del diritto 
fatto valere in giudizio, dalla cui soluzione, in senso positivo o negativo, 

(1) La sentenza conferma un orientamento ormai pacifico, per il quale 
sussiste la competenza delle Sezioni Speeialiwate agrarie allorch� sia 
dedotta la esistenza di un contratto agrario e la questione rientri tra quelle 
devolute alle Sezioni Specializzate -cfr. Cass. 11 febbraio 1969, n. 468; 
18 gennaio 1969, n. 121, Foro it. Mass. 
Tale competenza tuttavia vien meno allorquando prima facie e senza 
necessit� di ulteriore istruttoria, sia dato rilevare la inesistenza di un 
contratto agrario. Cass. 7 marzo 1967, n. 536; 18 ottobre 1966, n. 2527; 31 
gennaio 1966, n. 364. 

In tema di controversie sui canoni di affitto, si conviene che la materia 
devoluta alla cognizione esclusiva delle sezioni specializzate sia quella concernente 
l'adeguamento o la perequazione del canone di affitto, ed il diritto 
dell'affittuario alla attribuzione del premio di coltivazione, senza che sia 
daro pervenire ad un ampliamento della controversia per ragioni di connessione, 
cfr. Cass. 18 ottobre 1968, n. 3367; 24 luglio 1969, n. 2813. 

(2) In senso conforme cfr Trib. Firenze 17 aprile 1962, in questa Rassegna 
1963, p. 197, nella quale sono altresi riportati parte dei motivi a sostegno 
del regolamento di competenza proposto dall'Avvocatura dello Stato 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 663 

dipendenza l'accoglimento o il rigetto della domanda stessa, e non la 
declaratoria di co~etenza o incompetenza. 

Posto, quindi, che competente per materia a decidere era in ogni 
caso la Sezione Specializzata Agraria, anche se il fondo apparteneva 
alla Pubblica Amministrazione, resta da esaminare se la Sezione competente 
fosse quella istituita presso il Tribunale di Grosseto ovvero, 
come sostiene il P. M., quella presso il Tribunale di Firenze, dove ha 
sede l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato. 

La questione, gi� decisa nel senso della prevalenza del foro erariale 
(Cass. 26 gennaio 1968, n. 254) � stata successivamente riesaminata pervenendo 
alla soluzione opposta, che � da ritenersi preferibile. 

Se � vero, infatti, che l'inderogabilit� della competenza del foro dello 
Stato risulta dagli art. 6 e segg. del r. d. 30 ottobre.1933, n. 1611, non 
� tuttavia men vero che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente 
affermato che la competenza delle Sezioni Specializzate Agrarie 
non solo ha carattere funzionale ratione materiae, ma � anche territorialmente 
inderogabile, in quanto il giudice particolarmente qualificato 
a decidere le controversie in materia di canoni e di proroghe dei contratti 
agrari si identifica con il giudice loci 'J'.ei sitae. Dovendosi quindi 
stabilire a quale di tali due criteri debba riconoscersi la prevalenza, 
occorre aver riguardo alle ragioni sulle quali essi rispettivamente si fondano. 
Ora, se si considera che la regola del foro dello Stato trova la sua 
giustificazione in motivi di convenienza amministrativa e procedurale 

(v. Corte Cost. 22 dicembre 1964, n. 118), mentre, per contro, l'elemento 
territoriale riveste un'importanza essenziale per il funzionamento delle 
Sezioni Specializzate Agrarie (in quanto la definizione delle controversie 
ad esse devolute presuppone una particolare esperienza delle situazioni 
locali, e la stessa loro co~sizione con esperti agrari del luogo si ispira 
a tale esigenza), si deve concludere che non soltanto ratione materiae, 
ma anche ratione loci, la competenza delle Sezioni stesse � inderogabile 
ed � assorbente di ogni altro criterio di competenza, prevalendo' perci� 
anche su quella del foro erariale. -(Omissis). 
Sul carattere territorialmente inderogabile della competenza delle Sezioni 
Specializzate agrarie cfr. Cass. 17 febbraio 1969, n. 551, in Foro it., 
Mass. 164; 23 gennaio 1969, n. 205, ivi, 63; 13 ottobre 1956, n. 3578. 

La sentenza 26 gennaio 1968 -254 citata in motivazione, con la quale 
la Cassazione aveva invece riconosciuto la inderogabilit� delle norme sul 
foro dello Stato anche in tema di controversie dinanzi alle Sezioni Specializzate 
agrarie, � riportata in questa Rassegna 1968, I, 417 con note di 
riferimento. 

In dottrina cfr. FAVARA, Concorso di competenze fwnzionali per territorio 
tra foro per le controversie agrarie e foro dello Stato, Giur. agr., 
1964, n. 535. 



SEZIONE QUARTA SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 13 -Pres. Papaldo 
-Est. Daniele -Seppi ed altri (avv. Guarino G.) c. Ministero 
dei Lavori Pubblici (avv. Stato Carafa), Vari ed altri (n. c.). 

Giustizia amministrll.tiva Cosa 
giudicata -Estensione agli estranei 
alla lite -Rifiuto di registrazione della Corte dei conti -Effetti. 
Nel caso che la p. a. abbia ritenuto estendere il giudicato nei confronti 
di tutti i soggetti che si trovino nella stessa situazione dei ricorrenti 
e tale determinazione non sia divenuta efficace a causa del rifiuto 
di registrazione da parte della Corte dei Conti, rientra nell'apprezzamento 
discrezionale dell'Amministrazione stessa valutare l'opportunit� 
di insistere o no, per l'ulteriore corso d~l provvedimento, eventualmente 
provocando la registrazione con riserva (1). 
(1) :ai pacifico l'orientamento nella giurisprudenza, secondo il quale, in 
seguito al rifiuto del visto da parte della Corte dei Conti, la p.a. deve 
valutare l'interesse pubblico concreto ad eliminare l'atto non vistato con 
l'interesse inerente alle posizioni giur�diche eventualmente consolidatesi: 
cfr. Sez. VI, 22 dicembre 1966, n. 985, Foro it. Rep., voce Atto amm., n. 185. 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 15 -Pres. Papaldo 
-Est. Granito -Loffredo e Jovino (avv.ti !emolo e Selvaggi), 
Grillo e Cimaglia (avv. Stoppani) c. Ministero della Sanit� (avv. 
Stato Gior.gio Azzariti), Ospedali riuniti per bambini di Napoli 
(n. c.), Pomponio (avv. Abbamonte), Vetrano ed altri (n. c.). 
Giustizia amministrativa Ricorso 
giurisdizionale e ricorso straordi-
' nario -Alternativit� Decisione 
di ricorso straordinario Istanza 
di revocazione e ricorso giurisdizionale -Concorso cumulativo -
Ammissibilit�. 
Ricorsi amministrativi -Ricorso straordinario -Rinuncia -Effetto -
Decorrenza dalla notificazione alla controparte e deposito presso 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 665 

il Ministero -Decisione del ricorso nello stesso giorno dalla legale 
conoscenza della rinuncia -Illegittimit�. 

L'alternativa prevista dall'art. 34 secondo comma t.u. 26 giugno 
1924, n. 1054, tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario -per 
il suo carattere, eccezionale, di disposizione limitativa dell'esercizio 
del diritto di azione -non � suscettibile di applicazione analogica ad 
ipotesi non previste dalla norma; pertanto, deve ritenersi ammissibile 
il concorso cumulativo dell'istanza in revocazione del decreto presidenziale 
decisorio di gravame straordinario con altro mezzo di gravame 
contro la stessa pronuncia, non trovando applicazione, nel giudizio 
davanti al Consiglio di Stato, l'art. 398 ultimo comma c.p.c. (secondo 
cui la proposizione della revocazione sospende il termine per proporre 
il ricorso per cassazione o il procedimento relativo) (1). 

�In base ai principi desumibili daZl'art. 46 r.d.l. 17 agosto 1907, 

n. 642, applicabili anche al ricorso straordinario al Presidente della 
Repubblica, il provvedimento con cui si d� atto della rinuncia al gravame, 
di natura dichiarativa, spiega i suoi effetti, retroattivamente, sin 
dalla data in cui la rinunzia fu notificata alle controparti e depositata 
presso il Ministero c:.nnpetente ad istruire il ricorso straordinario; pertanto 
� illegittimo il decreto presidenziale decisorio di ricorso straordinario 
che risulti emanato lo stesso giorno in cui l'Autorit� decidente 
ebbe conoscenza legale della rinunzia al ricorso, per difetto di un 
necessario presupposto (esistenza di un ricorso) (2). 
(1-2) Cfr. sul principio dell'alternativit�, interpretato dopo le sentenze 
della Corte Costituzionale 1� febbraio 1964, n. 1 e 2 luglio 1966, n. 78, cfr. 
Ad. plen. 28 settembre 1967, n. 11, in questa Rassegna, 1967, I, 1018, con nota. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 91 -Pres. Tozzi Est. 
Laschena -Manna ed altro (avv. Abbamonte) e Bianchi (avv. 
D'Audino V. e F.) c. Ministero della Sanit� (avv. Stato Giorgio 
Azzariti), Ministero del Tesoro (n. c.) e Federazione nazionale Ordine 
dei Medici (avv. Guarino G.). 

Competenza e giurisdizione -Professioni -Diritto all'esercizio professionale 
-� diritto soggettivo -Controversia sulle tariffe per 
prestazioni professionali dei chimici -Difetto di giurisdizione del 
Consiglio di Stato. 

In base al criterio di discriminazione della giurisdizione ordinaria 
da quella amministrativa, desumibile non tanto dal petitum, ma daUa 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

causa petendi, il diritto di libert� all'esercizio professionale ha la consistenza 
di diritto soggettivo perfetto, in quanto costituisce diretta 
esplicazione dei diritti inviolabili deil'individuo, salvo che, in base ad 
espressa previsione dell'ordinamento, sussistono speciali esigenze di 
pubblico interesse; pertanto, poich� la legge 19 luglio 1957, n. 579 riconasce 
ai chimici il diritto all'esercizio professionale al di fuori di 
qualsiasi potere discrezionale della P.A., la controversia sulla legittimit� 
del decreto presidenziale che determina le tariffe degli esami di 
laboratorio sfugge alla giurisdizione del Consiglio di Stato (1). 

(1) Cfr. Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1112, Il Consiglio di Stato, 1966, 
I, 2316. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 114 -Pres. Tozzi Est. 
Felici -Scremin (avv.ti 'Alessi, Ballarini Puviani e Pallottino) 

c. Comune di Rdccione (n. c.), Antinori ed altro (avv. Dallari 
G. M.). 
Piano di ricostruzione -Prescrizioni -Operativit� immediata -Prescrizione 
ad operativit� immediata -Impugnazione tardiva Irricevibilit�. 


Giustizia amministrativa -Errore scusabile -Presupposti -Dubbi 

ed incertezze sorte dopo la maturazione e consumazione del potere 

di impugnazione -Impossibilit� di riconoscere l'errore scusabile. 

L'immediata operativit� del piano di ricostruzione deve essere 
riconosciuta non soltanto alle indicazioni in esso contenute circa le 
camtteristiche delle costruzioni, ma anche alle destinazioni deile varie 
aree fabbricabili ed ai limiti posti per l'ordinato incremento urbanistico 
(c. d. zonizzazione architettonica e funzionale); pertanto, il 
ricorso proposto contro le prescrizioni di piano immediatamente restrittive 
del potere di costruzione nel territorio comunale � irricevibile ove 
risulti notificato a molti anni dalla data in cui. il piano stesso � divenuto 
efficace (1). 

Al fine della concessione del beneficio dell'errore scusabile, � 
essenziale che lo stato di dubbio o di incertezza che ha causato la tardiva 
od irrituale proposizione dell'impugnazione sia sorto nel periodo 
di tempo durante il quale doveva essere proposto il gravame e si sia 
protratto successivamente in modo da rendere pienamente scusabile 
l'errore; pertanto, ii beneficio non pu� essere concesso, ove i dubbi e 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 667 

le incertezze siano sopravvenuti quando era gi� maturato e consumato 
il potere di impugnazione, �Costituendo altrimenti tale beneficio una 
arbitraria agevolazione contrastante con il carattere perentorio del 
termine e con l'insanabilit� della decadenza (2). 

(1-2) Sull'efficacia dei piani regolatori cfr. Sez. IV, 6 marzo 1968, 

n. 133, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 372; sull'errore ,scusabile dr. Sez. IV, 
11 dicembre 1968, n. 767, ivi, 1968, I, 2031. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 aprile 1969, n. 120 -Pres. Potenza 
-Est. Granito -Orlando (avv. Garilli) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Dallari). 

Impiego pubblico -Trasferimento -Esigenze di servizio -Motivazione 
-Necessit� -Criteri. 

Il provvedimento che trasferisce d'ufficio l'impiegato dello Stato 
deve essere adeguatamente motivato, ai sensi dell'art. 32 secondo comma 
t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, con riguardo alle esigenze di servizio 
che l'hanno determinato, che possono essere le pi� disparate (di natura 
soggettiva o oggettiva, interamente discrezionali o solo in parte, concernenti 
la sede di provenienza o quella di destinazione); pertanto, tale 
provvedimento � illegittimo se l'Amministrazione ha disposto il trasferimento 
in base all'affermata carenza di personale nella sede di destinazione, 
senza dimostrare tale carenza, senza valutare comparativamente 
la possibilit� di utilizzare il dipendente meglio nella sede di 
-Origine o in quella nuova (1). 

(1) Giurisprudenza costante; cfr. Sez. IV, 22 novembre 1967, n. 626, 
Il Consiglio di Stato, 1967, I, 2197. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 aprile 1969, n. 127 -Pres. Tozzi Est. 
Melito -Catullo ed altri (avv. Stoppani) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Peronaci), Drago ed altri (n. c.). 

Giustizia amministrativa -Cosa giudicata -Limiti soggettivi e oggettivi. 


In base al principio consolidato in giurisprudenza, secondo cui 

i 

promossi per esami debbono fruire di una decorrenza pari a quella dei 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

colleghi promossi per scrutinio di merito comparativo e debbono, comunque, 
precederli nel ruolo, ancorch� H compfosso iter degli esami 
si venga a concludere posteriormente alle operazioni di scrutinio per 
merito comparativo, la P.A. legittimamente non limita l'esecuzione 
del giudicato solo a favore dei ricorrenti, ma ne estende gli effetti a 
tutti gli impiegati anche non ricorrenti, comunque interessati, sia che 
fossero vincitori dello stesso concorso, sia che si fossero utilmente 
classificati nei concorsi per merito distinto e negli esami di idoneit� 
dei cicli successivi, in quanto la lesione di posizioni soggettive che ha 
formato oggetto di vittoriosa impugnativa da parte di alcuni interessati 
non attenga, a motivi strettamente individuabili e soggettivi, ma comporti 
la soluzione di questioni di massima, riguardanti l'interpretazione 
e l'applicazione di norme con carattere di generalit�, e comunque sia 
strettamente collegata con altre situazioni soggettive che dal riesame 
delle prime vengano coinvolte e modificate per motivi comuni e non 
scindibili (1). 

(1) Massima esatta che applica un princ1p10 consolidato in giurisprudenza 
sui limiti ,;oggettivi ed oggettivi del giudicato amministrativo. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 22 aprile 1969, n. 272 -Pres. Lugo Est. 
Chiep.pa -Bonomo (avv. Barettoni e Ni,gro) c. Associazione 
Croce Rossa Italiana (avv. Stato Di Tarsia) e Ministeri della Sanit� 
e d�l Tesoro (n. c.). 

Impiego pubblico -Indennit� di licenziamento -Dipendenti Enti Pubblici 
-Norme applicabili -Carenza di disciplina autonoma Norme 
dell'impiego :(>rivato -Applicabilit�. 

Leggi e decreti -Sentenza di incostituzionalit� -Effetti. 

Impiego pubblico -Indennit� di licenziamento Esodo volontario Art. 
9 1. n. 604 del 1966 -Applicabilit�. 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali 
-Trattamento previdenziale -Azione del dipendente Giurisdizione 
del C. d. S.� 

In mancanza di diversa disciplina della materia delia quiescenza 
con legge o con regolamento speciale, non � consentito all'Ente pubblico 
di modificare sfavorevolmente al lavoratore il sistema di calcolo 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 669 

dell'indennit� di anzianit�, o di fine rapporto, stabilito dalle norme sul


l'impiego privato (1).) 

La dichiarazione di ilLegittimit� costituzionale di una norma ne 
produce gli effetti paralizzanti non solo per il giudizio in cui � sorta 
la questone incidentale decisa dalla Corte costituzionale, ma in tutti 
i rapporti, anche pregressi, salvo che sia intervenuto il giudicato e salvo 
che si tratti di situazioni giuridiche .comunque divenute irrevocabili 
(ad esempio, per decorso di termini a pena di decadenza, o per prescri. 
zione, o per difetto di possibilit� di portare ancora la questione davanti 

al giudice) (2). 

L'art. 9 l. 15 luglio 1966, n. 604, anche se dettata in occasione dei 

licenziamenti individuali con riguardo ai. rapporti a tempo indeter


minato, ha disposto l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere l'in


dennit� di anzianit� in ogni caso di risoluzione (rectius cessazione) .del 

rapporto, e quindi anche se per colpa di lui o per dimissioni vo


lontarie (3). 

Rientra nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato l'esa


me della controversia avente ad oggetto la mancanza assoluta del trat


tamento previdenziale di un dipendente di Ente pubblico, giacch� tale 

controversia involge questioni che, anche se di carattere patrimoniale, 

trovano il loro titolo necessario e non occasionale nel rapporto di pub


blico impiego (4). 

(1-4) Sulla prima massima, che � esatta, non constano precedenti; sulla 
seconda cfr. Corte Cost. 29 dicembre 1966, n. 127, in questa Rassegna, 1966, 
I, 1185, con nota; sulla terza cfr. Corte Cost. 27 giugno 1968, n. 75, ivi, 
1968, I, 280; sulla quarta cfr. Cass. Sez. Un. 28 luglio 1967, n. 2000, ivi, 
1967, I, 956, con nota. 



I ~ 

SEZIONE QUINTA 

I

li 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 novembre 1967, n. 2'717 -Pres. 
Stella Richter -Est. D'Armiento -P. M. Toro (conf.) -Ottolina 
(avv. Valensise e Molteni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 

I 

Angelini Rota). 

I

Imposta di registro -Data dell'atto -Opponibilit� ai contribuenti Requisito 
di certezza della data -Necessit� -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n 3269; e.e., art. 2704). 
I

Agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro la data risulfil


M 

tante dagli atti � sempre opponibile ai contribuenuti, anche se essa sia 

00

;r; 

sfornita dei requisiti di certezza prescritti dal codice civile per la r~.

(*'

apponibilit� ai terzi, e ci� perch� dalla nozione di terzo, considerata 

�r~~

nell'art. 2704 e.e., va escluso il Fisco, il quale si avvale della registra?~$. 
zione allo scopo di percepire un tributo in forza di un diritto proprio ~~ 
del tutto distinto e non in conflitto con quelli derivanti ai contraenti 
dal contratto sottoposto a registrazione (1). 

(Omissis). -Con gli ultimi due mezzi (5� e 6<>) si censura la sen


I

w

tenza per omessa pronunzfa su di un punto decisivo della controver-

I 
~ 

~::~ 

(1) Sulla data della scrittura privata nei confronti dei terzi e la Finanza 
nella legge del registro. 
I 

1. -Nella controversia decisa con la sentenza in rassegna si discuteva a 
della applicabilit� delle aliquote di imposta, previste dalle disposizioni con-@ 
tenute negli artt. 32 e 35 della legge 6 agosto 1954, n. 603, aliquote che 00 
l'art. 37 della legge disponeva dovessero applicarsi agli atti che sarebbero !ij 
stta~ stipul.at~ dopo1a dsuta ed~tratta itn yigo~e e adquelli stipulatifin data an-~-' 
111a � a a i en ra a in vigore e 1 �'-'

eriore, pei .qua i a 1 a 1egge non osse ancora 
scaduto il termine normale di registrazione se questa fosse seguita entro tale m 

I ~~

termine. fi! 

Si trattava, nella specie, d'un atto stipulato per scrittura privata, datata ~\\ 
10 novembre 1952 e sottoposta alla registrazione il 4 luglio 1957: dunque di ~': 
un atto cui, a norma del citato art. 37, le aliquote previste dalla legge 603 f 
del 1954 non potevano applicarsi. j::: 

Si assumeva dalla parte che la data della scrittura non poteva consi-,. 
dem�i oerta in eonhonto della Fina=a, a no,ma dell'art. 2704 eod. clv., 


PARTE l, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 671 

sia, e cio� sulla data del contratto di associazione, che dal ricorrente 
era stata contestata, perch� apposta al di sotto delle firme; e si denun


che dalla data della registrazione e, dunque, che l'atto dovesse considerarsi 
stipulato dopo l'entrata in vigore della legge. 

La Corte ha osservato che la Finanza non � �terzo� rispetto alle parti 
dell'atto sottoposto alla registrazione ed agli effetti dell'applicazione della 
legge del registro e che essa pu� sempre opporre ai contribuenti la data 
risultante dagli atti. 

Alla medesima affermazione era in precedenza pervenuta la Commissione 
centrale delle imposte (dee. 20 gennaio 1964, n. 4680, Riv. giur. edil., 
1966, I, 1278) che, in un caso analogo, aveva osservato che � nei confronti 
del fisco, la data certa di una scrittura privata non � rappresentata necessariamente 
dalla data della sua registrazione, ma � quella che generalmente 
risulta in essa apposta dalle parti, con la conseguenza che, in caso 
di tardiva registrazione, si rende applicabile la relativa sopratassa �. 

2. -La Corte, nell'affermare che il fisco non � terzo rispetto alle parti 
dell'atto registrato ed agli effetti dell'applicazione della legge del registro. 
ha richiamato la propria precedente sentenza 8 marzo 1953, n. 1280, pubblicata 
in Foro it., 1953, I, 1119, Giur. it., 1953, I, 1, 763, Giust. civ., 1953, 
1356 e Dir. prat. trib., 1955, II, 369 con nota di LmuoRI, Data certa ai fini 
delt'imposta di registro e proroga di societ�, e commentata da BERLIRI, 
Sull'apponibilit� alLa Finanza della data delle scritture private, in Giur. it., 
1953, IV, 188. 
Si discuteva in quell'occasione della qualificazione giuridica dell'atto 
(proroga di societ� gi� esistente o costituzione di nuova societ�) e perci� 
della sua effettiva consistenza ai fini dell'applicazione d'uno o d'altro articolo 
della tariffa; determinante, per la soluzione della questione, la prova 
della data dell'atto, poich�, mentre la deliberazione di proroga appariva 
adottata prima della scadenza del termine ;per cui la societ� era stata costituita, 
la registrazione dell'atto, pur eseguita in termini, era avvenuta posteriormente. 


L'Amministrazione sosteneva che, a norma dell'art. 1327 cod. civ. 1865 
(ora 2704), �rispetto alla data della scrittura privata che non abbia concorso 
a formare, terzo � colui che in relazione alla data stessa subisce o 
pu� subire pregiudizio o menomazione nel suo diritto o nelle potest� che 
dalla legge gli sono riconosciuti, e che quindi anche la Finanza, quando � 
proprio la data dell'atto che assurge ad elemento determinante per l'esatta 
percezione del tributo, assume la veste di terzo a tutti gli effetti di legge �. 

La medesima fattispecie aveva dato luogo nel corso del medesimo giudizio 
ad identica pronunzia da parte del giudice di secondo grado (App. 
Brescia 13 luglio 1951, in Foro pad., 1952, I, 346 e Foro it., 1952, I, 1102, con 
nota adesiva di BERLIRI, Sui limiti di opponibilit� della data dell'atto soggett� 
a registrazione, dove possono leggersi altri precedenti giurisprudenziali) 
ed avrebbe poi dato luogo ad un decesione contraria della Commissione 
centrale delle imposte (dee. 19 ottobre 1956, n. 85271, Massime, 1957, 
31828, p. 358) che, in un caso in cui la registrazione non era per� seguita in 
termini, statuiva nel senso che � il verbale di deliberazione dell'assemblea 
generale di una societ� anonima, bench� iscritto sull'apposito registro tenuto 
nei modi di legge, costituisce una scrittura privata, la quale assume data 
certa di fronte ai terzi, e tale deve essere -considerata dalla finanza, con 

6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zia altres�, la violazione dell'art. 2704 e.e. per avere ritenuto non applicabile 
al fisco l'istituto della data certa. 
Anche dette censure sono prive di giuridica consistenza. 

la registrazione, come stabilisce espressamente l'art. 3 capoverso della legge 
� (1). 

3. -In sede di interpretazione della norma dettata dall'art. 2704 cod. 
civ., giurisprudenza e dottrina sono pervenute alla individuazione della 
comprensivit� della nozione di terzo di cui nella norma stessa � menzione. 
Osserva il FORTUNATO (Sulla computabilit� della data della scrittura privata 
nei confronti dei terzi, Giust. civ., 1953, 213) che scopo della norma 
posta dall'art. 2704 e.e. (art. 1327 e.e. 1865) � � quello di risolvere i conflitti 
fra due titolari di diritti tra loro incompatibili, regolando la prova 

. 
della data anteriore dei rispettivi titoli quando dall'autorit� di essa dipenda 
la prevalenza di un diritto sull'altro� (op. cit., 217); se, dunque, 
i terzi sono da individuare attraverso una situazione di conflitto in cui essi 
vengono a trovarsi con la situazione affermata e risultante dalla scrittura 
privata, terzi, nella citata norma dell'art. 2704, � non possono essere che 
coloro i quali sono titolari di diritti giuridicamente incompatibili con la 
situazione creata dal negozio contenuto nella scrittura, perch� se non sussiste 
una vera e propria incompatibilit�, se la sussistenza degli uni non 
esclude la coesistenza degli altri, nessun motivo si avrebbe di stabilire quale 
dei due debba prevalere sull'altro e nessuno scopo avrebbe accertare il momento 
della rispettiva nascita per inferirne appunto una ragione di prevalenza 
dell'anteriore sul successivo. 

Ora questa incompatibilit� non pu� esservi che tra diritti reali o similari 
ai diritti reali � (op. cit., 218). 

Il GIACOBBE (Data certa, Milano 1962, 700) osserva dal canto suo 
che � l'art. 2704 e.e., ponendo come ambito di operativit� della norma 
in esso contenuta l'opponibilit� della scrittura, in sostanza intende fare riferimento 
a quelle ipotesi nelle quali un soggetto diverso dalle parti del 
rapporto sia portavoce di una situazione giuridica attiva in conflitto con le 
situazioni costituite dalle parti stesse, attraverso la realizzazione del rapporto� 
(op. cit., 701); ne inferisce che �terzo non � chiunque non sia parte, 
sibbene quel soggetto, (che non � parte) qualificato, rispetto al rapporto, 
da una particolare situazione legittimante, che si vonga in conflitto con le 
parti, in virt� proprio della situazione legittimante in forza della quale 
agisce � (op. cit., 702). 

Il FERRUCCI (NATOLI-FERRUCCI, Della tutela dei diritti, in Commentario 
del codice civile. Libro VI, Tomo I, Torino 1959, sub art. 2704, pagg. 311316) 
rileva anch'egli che la norma � si applica in tutti i casi in cui la legge, 
ai fini della determinazione della prevalenza tra le posizioni incompatibili 
di soggetti diversi (vantanti di regola diritti reali o personali di godimento 

(1) Merita porre in rilievo che la questione di specie non potrebbe oramai profilarsi, 
in quanto la giurisprudenza � costante nel ritenere che la proroga tardiva di 
societ� di persone o di capitali � soggetta alla tassa fissa di registro prevista dall'art. 
86 della tariffa Allegato A: in tal senso, Comm. centr. imp. 4 giugno 1964, 
n. 10589, Giur. imp. 1966, 127; Cass. 28 aprile 1964, n. 1015, Giur. imp., 1964, 261; 
Cass. 1 giugno 1964, n. 1335, Giur. imp., 1964, n. 374. 

PARTE I, SEZ. V. GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA 673 

A confutazione della prima osserva questo Collegio che la sentenza 
impugnata ha bene chiarito il motivo per cui doveva ritenersi 

sullo stesso bene), adotta il princ1p10 prior in tempore, potior in iure, ritenendo 
decisiva la precedenza cronologica risultante da �scrittura avente 
data certa anteriore �. 

Questo l'avviso della dottrina (si rinvia per altri richiami agli autori 
citati), cui si richiama la giurisprudenza per affermare che �terzo in senso 
tecnico non va inteso qualsiasi estraneo, ma colui che � soggetto di un 
rapporto giuridico in conflitto con un altro rapporto giuridico al quale non 
ha partecipato, ma che ha in comune col primo l'altro soggetto � -Cass. 
8 maggio 1953, n. 1280, cit., in Foro it., 1953, I, 1120; od anche che � la disposizione 
dell'art. 1327 e.e. ha per iscopo di regolare la prova della data 
anteriore fra due pretese giuridiche in conflitto quando dalla anteriorit� 
della data dipende la prevalenza dell'una pretesa sull'altra � -Cass. 28 
febbraio 1935, Foro it., 1935, I, 417. Cos� individuata la nozione di terzo cui 
ha riguardo l'art. 2704 e.e., va pure osservato che la certezza della data 

� come fattispecie legale i cui limiti di disciplina sono determinati dall'articolo 
2704 e.e., esplica la propria rilevanza limitatamente all'efficacia probatoria 
del documento -con esclusione quindi della dichiarazione documentata 
-e, nell'ambito di questa, della scrittura privata� (GIACOBBE, 
op. cit., 700). 
Ci� che dunque viene in questione non � la esistenza o la natura del 
rapporto posto in essere dalle parti, q.ale risulta dalla scrittura privata, 
ma la opponibilit� di tale rapporto a determinati terzi; opponibilit� che, 
quando la prova del rapporto e del tempo in cui � sorto la si vuol dare mediante 
una scrittura privata non autenticata, � esclusa quante volte la 
scrittura non abbia data certa. 

4. -Se quella avanti delineata � la classe di conflitti di interessi per 
la risoluzione dei quali la norma � stata dettata e quello da ultimo indicato 
il suo profilo di rilevanza, � ben evidente come, in ambedue le fattispecie 
in principio richiamate, a 'sproposito si sia invocata l'applicazione dell'articolo 
2704 e.e. 
Nei due casi richiamati 'al n. 1, invero, non il supposto terzo, cio� il 
Fisco, pretendeva di disconoscere l'efficacia probatoria del documento relativamente 
al tempo in cui il rapporto era venuto in essere, bens� una delle 
parti di esso. 

La fallacia del richiamo all'art. 2704 e.e. � agevolmente avvertibile 
purch� si osservi che, per coonestare la propria pretesa, il Fisco ben avrebbe 
potuto produrre in giudizio la scrittura sottoposta alla registrazione e, solo 
il disconoscimento d'essa, da parte del contribuente, avrebbe potuto evitare 
che la scrittura facesse piena prova in suo confronto, come della provenienza, 
cosi del contenuto e della data (art. 2702 e.e.; sul punto, cfr. FORTUNATO, 
op. cit., 217). 

L'art. 2704 e.e., in altri termini, disciplina l'idoneit� della scrittura privata 
non autenticata a valere come prova del rapporto che si pretenda 
opporre a determinati terzi, non viene in questione quando dal terzo si 
pretenda fondare un proprio diritto sul rapporto posto in essere dalle parti, 
quale risulta dalla scrittura. 

Nel secondo ordine di casi, in cui si discuteva della qualificazione del 
negozio in termini di proroga o costituzione di nuova societ�, il Fisco, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che la data di stipulazione del contratto era quella del 10 novembre 
1952, e la motivazione su detto punto � adeguata. La Corte di merito 

supposto terzo, pretendeva in realt� non di disconoscere efficacia probatoria 
alla scrittura in ordine al rapporto da essa risultante ed al tempo 
della sua costituzione, ma di presumere la esistenza di un rapporto diverso, 
disconoscendo alla scrittura la idoneit� a fornire in suo confronto la prova 
del rapporto che da essa risultava, cio� la idoneit� a porsi come fonte di 
prova contraria. 

Ed invero, il diritto della Finanza all� percezione della tassa di registro 
si fonda sul presupposto che sia stato posto in essere un atto soggetto 
a registrazione; dunque, la pretesa tributaria si fondava sulla supposizione 
di un rapporto diverso da quello risultante dalla scrittura, senza 
di che una pretesa neppur sarebbe stata configurabile; in conclusione, la 
vicenda non si prestava ad essere ricondotta allo schema del soggetto tito�are 
di un diritto, che afferma la inopponibilit� a s� del rapporto tra altri 
soggetti, risultante da scrittura privata non autenticata priva di data certa: 
a tale schema, cio� a quello preso in considerazione dall'art. 2704 e.e., la 
vicenda avrebbe potuto ricondursi solo mediante un'operazione riduttrice, 
consistente nell'eliminare la supposizione del rapporto diverso da quello 
risultante dalla scrittura, cio� la questione del potersi o no ammettere da 
parte del Fisco, in quella fattispecie, la presunzione della esistenza di un 
atto soggetto a registrazione, diverso da quello risultante dalla scrittura 
presentata alla registrazione dalle parti. 

Risolta in senso affermativo la individuata questione pregiudiziale, si 
sarebbe potuta porre quella concernente la applicabilit� dell'art. 2704 e.e., 
dovendosi decidere se potesse o no considerarsi � terzo � il Fisco, titolare 
di un diritto, suscettibile di risultare pregiudicato dalla esistenza di un rapporto 
tra le parti la prova del quale e del tempo del suo venir in essere si 
pretendeva dare con una scrittura privata non autenticata priva di data 
certa. 

Questa seconda questione � stata risolta nel senso che si � detto, nel 
senso cio� di escludere la qualit� di terzo del Fisco e ci� anche facendo 
leva sulla nozione di terzo avanti richiamata. 

L'esame della prima questione, concernente l'ammissibilit� del presumersi 
dalla Finanza un negozio diverso da quello risultante dall'atto, appare 
costituire utile approccio alla indagine sulla applicabilit� della norma, 
dettata dall'art. 2704 e.e., nei rapporti tra le parti degli atti soggetti a registrazione 
E!d il Fisco. 

5. -L'art. 47 della legge del registro, al comma 1�, dispone, com'� 
noto � che nei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso gli immobili per 
destinazione (z), che trovansi in servizio o per la coltivazione del fondo, 
sono considerati, agli effetti della tassa di registro, trasferiti all'acquirente 
dell'immobile, ancorch� nell'atto si dichiarino esclusi �; identicamente 
(2) � I beni che il e.e. 1865 considerava immobili per lestinazione in oggi costituiscono 
la categoria delle pertinenze>: cosi, UcKMAR, La legge del registro, Padova 
1958, II, p. 232; sul punto, nello stesso senso, CELORIA, I � beni immobili per destinazione� 
e le �pertinenze� in relazione agli artt. 46 e 47 l. registro (nota a Co.mm. 
centr. imp. 10 marzo 1964, n. 695), Dir. prat. trib., 1967, II, 369, ivi, richiami di dot

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 675 

ha, infatti spiegato che tale era la data apposta sulla relativa scrittura, 
e che tale era la data risultante dal deposito presso il notaio Zanuso 
della scrittura. 

dispone il comma 3� riguardo ai trasferimenti o conferimenti del suolo, 

quando ne siano stati esclusi gli alberi, i frutti pendenti o le accessioni. 

Per vincere tale presunzione, dispone il comma 2 dell'art. 47, l'ac


quirente dell'immobile deve provare che gli immobili per destinazione e 

perci� anche le accessioni, gli alberi e i frutti pendenti, gli sono perve


nuti da altri ed appartengono ad altri, per atto che abbia acquistato data 

certa anteriore col mezzo della trascrizione. 

L'art. 18 della legge del registro consente, poi, in presenza di elementi 
che siano idonei a farne presumere la esistenza, di assoggettare a tassazione, 
in mancanza di prove dirette, la trasmissione di un immobile a titolo 
di propriet� o di usufrutto ed il godimento di un immobile a titolo di 
-locazione o di anticresi, ed in mancanza di denunzia, i contratti verbali 
di cessione della propriet�, della locazione o del godimento di un'azienda 

dj industria o commercio. 

Lo stesso articolo, ai commi 3� e 6�, riserva la prova contraria esclusa 

quella testimoniale. 

L'art. 6 dell'All. B al d.l. 15 novembre 1937, n. 1924 parimenti consente, 

in mancanza di denunzia ma in presenza di elementi che facciano presu


mere l'esistenza del negozio giuridico, di assoggettare a tassa di registro 

i contratti verbali di appalto di ogni specie, le concessioni di pubblici ser


vizi, come pure le cessioni verbali totali o parziali di tali contratti e !. 

contratti verbali di sub-appalto e di sub-concessione, pur qui facendo salva 

la prova contraria esclusa quella testimoniale. 

Le norme richiamate consentono q11alche osservazione. 

L'esistenza di previsioni specifiche, concernenti la possibilit� per il 

Fisco di presumere la esistenza di negozi soggetti a registrazione anche 

in mancanza della presentazione degli atti o delle denunzie ad opera delle 

parti, esclude che al di fuori delle ipotesi considerate possa dal Fisco pre


sumersi la esistenza di negozi soggetti a registrazione (sul punto cfr. BER


LIRI, Sui limiti di opponibilit� della data dell'atto soggetto a registrazione, 

cit.) ma perci� anche di negozi diversi da quelli risultanti dagli atti pre


sentati alla registrazione: ne deriva, che fondatamente si � affermato � do


versi l'imposta liquidare unicamente in base a quanto risulta dall'atto re


gistrato � (BERLIRI, op. cit.). 

Ma ci� gi� di per s� sarebbe sufficiente ad escludere che possa farsi 

questione di applicabilit� dell'art. 2704 e.e. nei rapporti tra Fisco e parti, 

quantomeno quando venga in questione la qualificazione giuridica del rap


porto risultante dall'atto presentato alla registrazione. 

D'altro canto, che non possa farsi luogo a presunzioni fuori dei casi 

previsti dalla legge � confermato, se bi.sogno ve ne fosse, dalla previsione 

contenuta nel d.l. 26 settembre 1935, n. 1749 introduttiva dell'istituto della 

c.d. registrazione coattiva, che non avrebbe avuto ragion d'essere ove la 
esistenza del rapporto soggetto a registrazione avesse potuto in ogni caso 
presumersi (sui limiti dell'istituto, PEKELIS, Appunti sulla registrazione 
coattiva in genere e specialmente su quella delle convenzioni verbali 'enunciate, 
Foro it., 1936, IV, 319; UcKMAR, Regime fiscal'e dei contratti verbali 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A confutazione della seconda censura osserva che correttamente 
e con perfetta aderenza a tali risultanze documentali la Corte di merito 

di trasporto, Dir. prat. trib., 1949, I, 94 e 97; In., La legge del registro, Padova 
1958, III, p. 6 a 14; !AMMARINO, Commento alla legge sulle imposte di 
registro, T'orino 1959, I, n. 667, 670; Cass. 22 maggio 1963, n. 1352, Foro it., 
1964, I, 1040, con nota di BATISTONI FERARA, Registrazione di ufficio e possesso 
dell'atto; Comm. centr. �mp., 5 aprile 1962, n. 87315, Riv. leg. fisc., 
1963, 176; Comm. centr. imp., 8 luglio 1955, n. 7420, Riv. leg. fisc. 1955, 1350). 

Una conferma alla inapplicabilit� dell'art. 2704 e.e. viene poi dalle richiamate 
disposizioni dell'art. 18, commi 3� e 6�, della legge del registro. 
Ove il legislatore avesse inteso costituire il Fisco nella posizione di terzo 

o come tale l'avesse considerato, avrebbe richiamato l'art. 1327 e.e. 1865 
(ora art. 2704) ovvero omesso di prevedere espressamente l'esclusione della 
prova testimoniale (3): una tale espressa previsione mostra come si sia 
inteso escludere solo che la prova contraria potesse darsi per testimoni, 
non anche considerare il. Fisco come terzo, ch�, altrimenti, si sarebbe richiamato 
l'art. 1327, ci� che avrebbe implicitamente significato anche l'esclusione 
della prova testimoniale. 
La esattezza del rilievo appare confermata dalla giurisprudenza formatasi 
nell'applicazione dell'art. 18 della legge del registro in tema di prova 
del tempo della costituzione della societ� di fatto e degli acquisti di questa, 
a fine della individuazione dei conferimenti da assoggettarsi a tassa di registro 
in occasione della registrazione di atti contenenti la enunciazione di 
societ� di fatto o irregolari. 

Come � noto la prevalente giurisprudenza � da ultimo orientata nel 
senso che l'imponibile, agli effetti dell'imposta di registro, va determinato 
con riferimento al. tempo della costituzione del vincolo sociale; che esso 
pu� essere accertato presuntivamente in base al patrimonio sociale ed agli 
elementi inerenti al funzionamento della societ� esistenti al momento della 
enunciazione; che la .parte interessata pu� dare la prova del tempo della 
costituzione del vincolo sociale e dell'essere, i beni esistenti nel patrimonio 
pervenuti alla societ� successivamente alla sua costituzione per acquisto 
da essa fattone; che tale prova pu� essere data con ogni mezzo escluse la 
prova testimoniale e quella per presunzioni ma anche la necessit� che la 
si dia con atti di data certa -Cass. 14 giugno 1967, n. 1331, Giust. civ., 1967, 
I, 1812 e Giur. imp., 1967, 408; Cass. 12 novembre 1965, n. 2357, Giust. civ., 

(3) Identico ragionamento svolge, a proposito dell'art. 22 della legge tributaria 
sulle successioni, AZZARITI Grns., in Determinazione della base imponibile ai fini 
della imposta di successione: deduzione del passivo ed esclusione di beni dall'attivo, 
Riv. dir. fin. scienz. fin., 1967, 610 e 625. Come � noto l'art. 22 cit., che in tema di 
imposte sulle successioni disciplina una fattispecie identica a quella presa in considerazione 
dall'art. 18 della legge del registro, riserva la prova contraria, ma non 
riproduce la clausola contenuta nell'art. 18 in ordine alla esclusione della prova testimoniale. 
Osserva l'AzzARITI che �la omessa menzione della esclusione della prova 
testimoniale nell'art. 22 non pu� trovare giustificazione che solo di fronte alla possibilit� 
che di quella esclusione si faccia deduzione da altra norma, si da doversi 
concludere che sarebbe stato inutile anche dirlo li ove viene ivi fatta riserva della 
prova contraria �. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 677 

ha quindi distinto fra la data di registrazione dell'atto (4 luglio 1957) 
e � quella del 10 novembre 1952, giorno in cui avvenne la stipula


1966, I, 1381 e Foro it., 1966, I, 39; Comm. centr. imp. 21 maggio 1965, 

n. 21056, Dir. prat. trib., 1966, II, 472, con nota di MORETTI, Enunciazione 
di atto registrato; Comm. centr. imp. 12 maggio 1965, n. 20652, Giust. civ., 
1966, II, 133, con nota di MERCATALI, Osservazioni in tema di determinazione 
della base imponibile nella enunciazione della societ� di fatto; Cass. 
18 luglio 1960, n. 1997, Foro it., 1961, I, 1956; contra, Comm. centr. imp. 
31 ottobre 1956, n. 85740, Massime 1957, 170; Comm. centr. imp. 15 luglio 
1952, n. 38978, Massime 1953, 206, che hanno affermato doversi aver riguardo 
alla data di registrazione dell'atto enunciante, facendo salva, ma 
con riferimento all'art. 2704 e.e., la prova della data di costituzione del 
rapporto, da darsi quindi con atti aventi data certa ( 4). 
Alla luce di tali considerazioni, l'assunto della inapplicabilit� dell'articolo 
2704 e.e. riceve ulteriore conferma da ci�, che la legge del registro 
ha fatto riferimento in determinati casi alla certezza della data -cos� in 
tema di prescrizione, art. 142 ed in quello, gi� richiamato, di trasferimenti 
di immobili per destinazione, art. 47 comma 2� -e dal rilievo che tali disposizioni 
non avrebbero ragion d'essere ove al Fisco fosse da riconoscere 
la qualit� di terzo (in tal senso, cfr. Cass. 8 maggio 1953, n. 1880, cit.). 

6. -Queste note possono concludersi con l'esame di altre norme contenute 
nella legge del registro, riguardo all'applicazione delle quali appare 
gi� in ipotesi da escludere che possa farsi questione dell'applicabilit� 
o meno dell'art. 2704 e.e. 
L'art. 82 della legge del registro, concernente gli atti per scrittura privata 
non autenticati nelle firme e soggetti a registrazione in termine fisso, 
individua nella data dell'atto il dies a quo di decorrenza del termine per 
richiedere la registrazione : tale norma poi acquista rilievo ai fini della 
applicazione di quelle che disciplinano gli effetti della mancata o ritardata 
registrazione (capo II del titolo III). 

Orbene, si � esattamente osservato (Cass. 8 maggio 1953, n. 1880, cit.) 
che, se si pretendesse di far applicazione dell'art. 2704 e.e., il Fisco avrebbe 
diritto di pretendere in ogni caso la sopratassa per tardiva registrazione o 
di negare benefici fiscali, quando le scritture private non avessero data 
certa, ci� che costringerebbe il contribuente a far acquisire data certa 
all'atto prima della sua registrazione, quando funzione di questa, a norma 
dell'art. 3 della legge del registro � proprio quella di imprimere alle scritture 
private data certa in confronto dei terzi (5). 

Che se si assumesse poi che l'art. 2704 e.e. ha tratto anche ai casi in 
cui � la parte di un atto che pretende di dire irrilevante in confronto del 
terzo la data della scrittura (sono le situazioni richiamate al punto 1), 
postularne l'applicazione significherebbe voler tenere per non scritte norme 
quali quelle contenute negli artt. 100 e 110 della legge del registro. 

(4) Nello stesso senso, riguardo a diversa fattispecie, Comm. centr. imp. 18 
gennaio 1956, n. 77949, Dir. prat. trib. 1956, II, 226 con nota di MARCHESE, Data certa 
agli effetti detle imposte di registro. 
(5) Nello stesso senso, BERLIRI, Su.U'opponibilit� alla Finanza della data delle 
scritture private, Giur. it. 195.3, IV, 188 e 190. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione � facendo decorrere da quest'ultima il termine di venti giorni 
per effettuare fa re~strazione. 

� noto, infatti, che agli effetti della tassazione di registro � sempre 
opponibile ai contribuenti la data risultante dagli atti, anche se 
sfornita dei requisiti dii certezza, prescritti dal codice civile per la opponibilit� 
ai terzi, e ci� in quanto, come la sentenza 8 maggio 1953 di 
questa Corte Suprema ha bene chiarito -dalla nozione di � terzo � 
considerata nell'art. 2704 cod. civ., va escluso il fisco, il quale si avvale 
della registrazione allo scopo di percepire un tributo in forza di un 
diritto proprio, del tutto distinto e non in conflitto con quelli derivanti 
ai contraenti dal contratto sottoposto a registrazione. -(Omissis). 

Si perviene cos� alla conclusione che la data della scrittura privata non 
autenticata, per le parti dell'atto come per il Fisco, � quella che risulta 
dall'atto della cui registrazione � questione, ancorch� non sia certa nei 
modi previsti dall'art. 2704 e.e. 

Ne deriva, infine, che deve aversi riguardo alla data risultante dalla 
scrittura quante volte la determinazione del tempo di costituzione del rapporto 
che da essa risulta � rilevante al fine della individuazione della tassa 
da applicarsi in concreto per la registrazione dell'atto a tal fine presentato 
dalle parti o di quello soggetto a registrazione in termine fisso e pervenuto 
in possesso dell'Amministrazione. 

P. VITTORIA 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1968, n. 1282 -Pres. D'Armiento 
-Est. Miele -P. M. De Marco (conf.) -Contessi (avv. Avez:l:a 
e De Matteis) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Lancia). 

Imposta di successione -Determinazione della base imponibile Deduzione 
di passivit� -Termine biennale di decadenza per la 
prova -Condizioni di applicabilit� -Limiti. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 50). 
Il termine biennale, previsto dall'art. 50 della legge tributaria sulle 
successioni, per la prova dell'e�sistenza dei debiti ereditari, decorrente 
dalla presentazione della denunzia di successione, � applicabile quando 
vi sia stata la liquidazione della tassa ed il contribuente abbia presentato 
domanda di deduzione di passivit� e di restituzione della tassa percepita 
in pi�, non quando il debito denunziato sia stato ammesso in 
deduzione e l'ammissione sia poi revocata: in questo caso il contribuente 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 679 

pu� compLetare o integrare ia documentazione prodotta a suo tempo, 
per resistere aHa richie�sta di imposta suppLetiva (1). 

(Omissis). -La ricorrente con l'unico motivo propone sostanzialmente 
due censure alla impugnata decisione. Con la prima deduce la 
violazione e la falsa applicazione dell'art. 50 del r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3270, in relazione agli articoli 1, 45, 48 e 86 dello stesso decreto e 
all'art. 111 della Costituzione, sostenendo che erroneamente la Commissione 
Centrale ha ritenuto che nella specie si fosse verificata la decadnza 
sancita dall'art. 50 cit., mancandone i presupposti. Con la seconda 
sostiene che erroneamente la Commissione Centrale ha ritenuto inidonea 
la documentazione originariamente prodotta a dimostrare la dedotta 
passivit�, dovendo la stessa esaminare anche i documenti successivamente 
prodotti, non ricori'endo la decadenza dell'art. 50 cit. 
La censura � fondata. Invero, come ha gi� ritenuto questa Suprema 
Corte (sent. 28 giugno 1963, n. 1758) il termine biennale di cuii 
all'art. 50 della legge tributaria sulle successioni, decorrente dalla 
presentazione della denunzfa di successione per la prova della esistenza 
dei debiti ereditari, � applicabile quando vi sia stata la liquidazione 
della tassa ed il contribuente abbia presentato domanda di deduzione 
di passivit� e di restituzione della tassa percepita in pi�. Se, invece, 
il debito denunziato sia stato ammesso in deduzione e poi tale ammissione 
sia stata revocata -caso di specie -non vi � pi� luogo alla 
suddetta decadenza, onde il contribuente pu� completare o integrare 
la documentazione prodotta a suo tempo per resistere alla richiesta di 
imposta suppletiva. 

L'esattezza di tale interpretazione emerge chiara dalla lettura dell'art. 
50 cit., ivi prevedendosi la possibilit� della deduzione della passivit� 
anche dopo la liquidazione della tassa ed il pagamento della stessa, 
pur~h� per� la passivit� sia stata provata entro due anni dalla denunzia 

(1) La questione -in ordine alla quale, per osservazioni in senso contrario 
a quello della presente decisione, si veda Relazione Avvocatura dello 
Stato 1961-1965, II, n. 213, pag. 573 -era stata in precedenza risolta negli 
stessi termini da Cass. 28 giugno 1963, n. 1758, in Riv. leg. fisc., 1963, 2005 
e Giur. it., 1964, I, 1, 52, e Cass. 27 novembre 1963, n. 3045, in Temi trib., 
1964 e Giust. civ., 1964, I, 1014. 
Nello stesso senso, Trib. Firenze 25 novembre 1964, Giur. it. 1966, I, 
184; App. Brescia 17 gennaio 1961, Giust. civ., 1961, I, 501; App. Caltanissetta 
23 maggio 1959, Giur. sic., 1959, 963; Comm. centr. imp. 18 ottobre 
1963, n. 656, Giust. civ. Rep., 1964, imposta successioni e donazioni, 57; 
Comm. centr. imp. 14 aprile 1961, n. 41568, Riv. trib., 1962, 724; Comm. 
centr. imp. 26 giugno 1959, n. 18568, Giust. civ. Rep., 1961, Imposta successioni 
e donazioni, 56; Comm. centr. imp. 23 maggio 1953, n. 48171, Dir. e 
prat. trib., 1955, II, 244. 



680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di successione. E, trattandosi di decadenza, questa deve essere pronunziata 
nella ipotesi testualmente regolata dalla legge; onde se il debito 
sia stato denunziato prima della liquidazione e l'amministrazione finanziaria 
l'abbia ammesso in detrazione, viene meno il presupposto della 
decadenza. Pertanto, se successivamente l'amministrazione stessa revochi 
l'ammissione, il debitore d'imposta pu� .provare il diritto alla detrazione 
producendo altri documenti idonei. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1530 -Pres. Scarpello 
-Est. Miele -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Masi) c. Juker (avv. Tamborini e Guerra). 

Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� 


Prova della provenienza del prezzo -Dimostrazione negativa della 

provenienza del prezzo dal venditore -Non � richiesta. 

(d.1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 
Imposta di registro -Negozi in frode alla legge fiscale -Negozio indiretto 
e negozio collegato -Vendita fra parenti -Negozio di provvista 
e negozio di trasferimento -Presunzione di liberalit� -Ammissibilit� 
-Condizioni. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 
La prova della provenienza e della destinazione del prezzo, richiesta 
per vincere la presunzione di liberalitd nei trasferimenti immobiliari 
fra parenti entro il terzo grado (art. 5 d.l. 8 marzo 1945 n. 90) � idonea 
se contiene la dimostrazione, nelle forme prescritte, dell'appartenenza 
del denaro al patrimonio dell'acquirente, mentre non � necessaria la 
prova negativa che il denaro non provenga mediatamente dal patrimonio 
dell'ali~nante (1). 

(1-2) Conforme � la sent. 3 maggio 1969, n. 1472. 

Sulla prima massima, il cui valore non pu� essere dissociato dal contenuto 
della successiva, la giurisprudenza � concorde; la dimostrazione 
della provenienza del prezzo da parte del compratore non richiede la 
prova ulteriore del modo di acquisizione della somma al suo patrimonio 
(Cass. 25 novembre 1963, n. 3031, Foro it., 1964, I, 892; per altri riferimenti 
cfr. la nota a Cass. 7 gennaio 1967, n. 65, in questa Rassegna, 1967, I, 291). 

Di grande interesse la seconda massima, non soltanto sul punto specifico 
della prova contraria alla presunzione di liberalit�. 

Indubbiamente la donazione di titoli di Stato, esenti da imposta di 
trasferimento, e la commutazione di essi in denaro che costituir� il prezzo 
sarebbe un mezzo assai facile per vincere la presunzione di liberalit�, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 681 

In base all'art. 8 della legge di registro, secondo il quale la tassazione 
opera con riferimento agli istituti giuridici, ossia agli effetti propri 
della qualificazione giuridica del fatto economico quale emerge dall'atto 
indipendentemente dalla sua forma apparente, la finanza ha il 
potere di determinare l'intrinseca natura e gli effetti non solo dall'atto 
tassato, ma anche di altri atti che, trovandosi in collegamento con 
esso, portino ad una diversa valutazione giuridica del negozio; ne consegue 
che, per sventare frodi alla legge tributaria, � consentito ricercare 
la causa vera del negozio, diversa da quella tipica dei negozi' 
adottati dalle parti, e ci� anche nel caso del negozio indiretto e del 
negozio collegato_. Pertanto nell'ipotesi di vendita tra parenti entro 
il terzo grado preceduta da donazione disposta dal venditore al compratore 
di titoli dall'utilizzo dei quali il compratore abbia ricavato il 
prezzo pagato in corrispettivo dei beni venduti, pu� emergere, dal 
collegamento fra i due negozi, che l'effettiva situazione negoziale 
escluda la causa onerosa della compravendita ed in tal caso legittimamente 
la Finanza pu�, nell'unico negozio effett�vo risultante dai 
due atti con causa tipica soltanto apparente, presumere la liberalit� in 
conformit� dell'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945 n. 90. Tuttavia non � sufficiente 
la mera successione cronologica tra due atti per poterne considerare 
la unicit� di effetti, ma � necessaria la dimostrazione di un 
collegamento di mezzo al fine (2). 

(Omissis). -Con atto pubblico del 17 ottobre 1959 Giacomo 
Jucker vendeva alla figlia Gabriella la nuda propriet� di un immobile 

qualora non fosse consentito qualificare unitariamente i due atti in unico 
negozio per sventare l'evidente frode fiscale. Un troppo formalistico ossequio 
al concetto di� imposta di registro come imposta d'atto potrebbe 
essere di ostacolo alla ricomposizione dell'unit� del negozio emergente da 
una pluralit� di atti collegati. Assai importante � quindi la decisione in 
Rassegna che, non soltanto in relazione al problema della vendita fra parenti, 
ha riconosciuto il potere della finanza di operare la qualificazione 
giuridica del negozio diretta a determinare � l'istituto giuridico � tipico a 
cui la norma tributaria fa riferimento non solo in base all'intrinseca 
natura di ogni singolo atto, ma anche col sussidio di atti diversi purch� 
risulti la connessione di mezzo al fine. Tale operazione non si risolve, 
come � ovvio, nella ricerca non ammissibile di un effetto economico prevalente 
su quello giuridico, caldeggiata da una dottrina ormai generalmente 
ripudiata, ma resta perfettamente aderente al corretto concetto della 
imposizione di registro secondo gli effetti giuridici propri dell'atto; sarebbe 
anzi contrario a tale indirizzo ignorare in sede tributaria che l'effetto giuridico 
di diritto comune del negozio risultante da atti collegati pu� essere 
diverso da quello tipico di ciascuno dei singoli atti. 

� doveroso anzi sottolineare la precisione con cui la sentenza in rassegna 
motiva la sua conclusione partendo dall'art. 8: � la legge di registro 



682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
posto in Milano per il prezzo di lire 118.000.000, che nell'atto si dichiarava 
versato mediante assegni circolari. Si precisava anche che la 
somma stessa proveniva �dalla vendita di buoni del tesoro novennali ad 
essa donati dal padre con atto pubblico del 15 ottobre 1959. L'atto 
veniva registrato col pagamento della imposta relativa ad atto di compravendita 
ma successivamente l'Ufficio del Registro riteneva che non 
fosse stata data la prova della provenienza del prezzo alla stregua dell'art. 
5 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, e pertanto notificava ingiunzione 
per il pagamento di imposta suppletiva nella misura di lire 18.715.750. 
Proposta opposizione all'ingiunzione avanti al Tribunale di Milano, questo 
la respingeva. Su gravame dei contribuenti la Corte di Milano, 
con sentenza 1 aprile 1966, accoglieva l'opposizione dichiarando illegittima 
l'imposizione suppletiva. 
Considerava la Corte che sia l'atto di donazione dei titoli di Stato 
sia la compravendita erano da considerarsi pienamente legittimi alla 
stregua delle leggi civili e di quelle fiscali. Inoltre non vi era atipicit� 
delle cause essendosi veramente volute sia la donazione che la compravendita, 
mentre la donazione dei titoli di Stato gode dell'esenzione 
tributaria di cui le parti si erano avvalse. Contrariamente a quanto 
ritenuto dal Tribunale non poteva ravvisarsi nella fattispecie un negozio 
indiretto di liberalit� con conseguente atipicit� della causa nella 
strumentazione ideata ed attuata con i due negozi giuridici, al fine 
di conseguire un vantaggio nella registrazione dell'atto di compravendita 
attraverso il collegamento dei due negozi. Difatti, osservava la 
e la tariffa elencano gli atti in base alla loro natura giuridica... e le tasse 
vengono applicate con riferimento agli istituti giuridici � sicch� il fatto 
economico, che pure � alla base della tassazione, va esaminato in funzione 
� del negozio giuridico nel quale si esprime �; ma ai fini della qualificazione 
giuridica all'Amministrazione finanziaria, non vincolata dal titolo e dalla 
forma apparente, per sventare frodi alle leggi finanziarie � non pu� essere 
inibita � l'indagine sul negozio indiretto o sul negozio collegato; � non 
basta che formalmente i singoli atti siano conformi alla legge, ma occorre 
che l'utilizzazione di essi non sortisca un effetto contrario alla norma 
impedativa �. 
� certamente difficile stabilire limiti all'applicazione del principio affermato 
nella decisione e prevedere le difficolt� della sua attuazione in 
concreto. Nel caso deciso il problema era facilitato perch� la dimostrazione 
della frode fiscale si appoggiava sulla norma espressa dall'art. 5 del 
d.l. 9 marzo 1945, n. 90 mentre uno dei negozi collegati era esente da imposta. 
Pi� difficoltosa pu� essere la ricerca del negozio atipico reale, non 
emergente dalle cause tipiche degli atti singoli, quando non esiste una 
presunzione o un'espressa qualificazione legale. Assai grave � poi il problema 
se la tassazione del negozio atipico debba aggiungersi a quella dei 
singoli atti componenti ovvero possa assorbirla. 
La recente pronuncia della S.C. � dunque di grande importanza in 
quanto pone i presupposti per un ampio dibattito. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 683 

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Corte, trattandosi di due negozi con cause tipiche, dal loro collegaI 


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mento non poteva nascere una causa atipica. Inoltre questa atipicit� i 
dovrebbe emergere dal fatto che la intrinseca natura del secondo contratto, 
collegato al primo, avesse carattere di liberalit� e non di onerosit�, 
cio� dal collegamento dei due contratti dovrebbe risultare la 


I 

simulazione di altro contratto, il che invece non era stato dimostrato. 

Osservava ancora che se l'esenzione tributaria disposta per la 
donazione di titoli di Stato non vi fosse stata, le parti avrebbero dovuto 
pagare l'imposta relativa sui due atti onde se ci� non � avvenuto, � 
diipenso dalla volont� del legislatore il quale ha conceduta l'esenzione. 

Contro la sentenza propone ricorso per cassazione l'Amministrazione 
finanziaria dello Stato, deducendo due motivi. Resistono con controricorso 
gli Jucker, i quali hanno anche presentata memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo lAmministratore delle Finanze dello Stato 
deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 5 e 3 del d.1.1. 
8 marzo 1945, n. 90, in relazione agli articoli 4, 5, 8 della legge di 
registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e delle norme e dei principi 
in tema di interpretazione della legge; l'omessa motivazione su un 
punto decisivo della controversia in relazione �ll'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. 

Sostiene al riguardo che la Corte di merito ha omesso di esaminare 
l'argomentazione da essa esposta secondo cui, in considerazione 
della ratio legis dell'art. 5 cit., onde vincere la presunzione di gratuit� 
devesi dimostrare che il prezzo proviene dal patrimonio dell'acquirente, 
ma devesi anche escludere che i mezzi impiegati per il pagamento 
del prezzo provengano dal patrimonio dell'alienante come emergeva 
chiaramente nel caso di specie. 

La censura � infondata. ll!lvero l'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90 
deroga al principio posto dall'art. 8 della legge di registro, secondo 
cui la tassazione dell'atto deve essere fatta in relazione all'intrinseca 
natura e agli effetti dell'atto, ponendo il legislatore la presunzione di 
gratuit� dell'atto pel solo fatto che sia intervenuto tra persone legate 
da vil!lcolo di parentela entro il terzo grado. Ci� per�, come � precisato 
nell'articolo stesso, solo al fine di applicare l'aliquota relativa agli 
atti a titolo gratuito in quanto ci� porti ad una tassazione maggiore di 
quella per l'atto a titolo oneroso, onde, ad ogni altro effetto l'atto � 
da considerare a titolo oneroso. Pertanto, trattandosi di una disposizione 
speciale anche rispetto all'art. 8 della legge di registro, essa � 
suscettibile solo di una interpretazione tassativa. Ne deriva che per 
vincere la presunzione di gratuit�, ai fini della tassazione, � sufficiente 
che si provi, nei modi indicati dalla legge. la provenienza del denaro 
dal patrimonio dell'acquirente e non occorre .provare anche come tale 



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684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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denaro sia entrato nel patrimonio dell'acquirente. Non occorre, pertanto, 
provare che il denaro non provenga (prova negativa) dal patrimonio 
dell'alienante, come ritiene l'amministrazione ricorrente, ma 

I

solo che tale denaro, al momento dell'acquisto, si trovava nel patrimonio 
dell'acquirente. 

Pertanto la Corte di merito, ritenendo vinta la presunzione posta 
dall'art. 5 mediante la esibizione degli assegni circolari della Banca 
Commerciale, rilasciati all'ordine dell'acquirente, prima dell'acquisto 

iIe da questo di poi girati al venditore dell'immobile, ha fatta esatta 
applicazione della legge. 

Con il secondo motivo la ricorrente ,Amministrazione deduce la 
violazione e la falsa applicazione degli articoli 5 e 3 del d.l. 8 marzo 
1945, n. 90; degli articoli '769 e segg. e.e., 1414 e seg�g. e.e. in rela


I

zione agli 4 e 5 della legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; 
delle norme e dei principi in tema d'interpretazione dei contratti (articoli 
1362 e segg. e.e.); e dell'art. 8 della legge di registro. Si assume 

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al riguardo che la Corte ha errato nell'escludere la possibilit� di con


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figurare i due contratti, sulla base del loro evidente collegamento, W

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ammesso anche dalla Corte, come negozio indiretto, avente ad oggetto Y/.:i

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la donazione dell'immobile. Non valeva ad escludere tale effetto la 
sussistenza di due cause tipiche, come ha erroneamente ritenuto la 
Corte, e neppure � esatto che il negozio indiretto postuli la simulazione 
dei contratti collegati. Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata 
aveva omesso di esaminare l'atto secondo i criteri di cui all'articolo 
8 della legge di registro per ricercarne l'intrinseca natura ed i 
reali effetti. 

La cansura � fondata. Va premesso che l'art. 8 della legge di registro 
stabilisce che la tassazione degli atti va fatta secondo l'intrinseca 
natura e gli effetti degli atti, anche se non vi corrisponda il titolo o 
la forma apparente. Tale norma viene interpr.etata da ormai costante 
giurisprudenza di questa Corte Suprema (Cass. 15 dicembre 1966, 

I 
I 
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n. 2946) nel senso che le situazioni negoziali, oggetto dell'imposizione, 
debbono essere valutate, ai fini della tassazione, secondo i principi 
dell'ordinamento giuridico e non gi� in relazione alla sostanza econoIru 


mica degil atti, a meno che la legge tributaria non disponga diversamente. 
Invero la legge di registro e la tariffa elencano gLi atti in base 

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alla loro natura giuridica, richiamando spesso anche le specifiche r:,, 
norme di legge e le tasse vengono applicate con riferimenti agli isti~~ 
tuti giuridici. Pertanto il fatto ecoonmico, che � indubbiamente alla li 
base della tassazione, non va considerato indipendentemente dal negozio 

tiii 

giuridico nel quale si esprime, ma va esaminato in funzione di questo. n~ 

r.::::

Ne viene che la natura intrinseca e gli effetti sono solo quelli che de-:-:-:� 

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rivano daUa qualificazione giuridica dell'atto. Nell'indagare e nel qua


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lificare l'atto giuridico, l'amministrazione finanziaria non � per� vinco


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 685 

lata dal titolo o dalla forma apparente dell'atto giuridico, come espressamente 
stabilisce l'art. 8 cit., onde pu� tenere conto di ogni elemento 
ric�avato dall'atto stesso o da altri atti che, trovandosi in collegamento 
con l'atto da tassare, portino eventualmente ad una diversa valutazione 
giuridica dell'atto. A tal proposito va ricordato che nella dottrina giuridica 
si sono elaborate le figure giuridiche del negozio indiretto e 
del negozio collegato, quale deviazione, voluta dalla parte, dalla causa 
tipica del negozio adottato, volendosi raggiungere determinati effetti, 
che, quantunque non siano propri del negozio adottato, li permettano, 
oppure mediante la combinazione di pi� negozi giuridici, tra ioro collegati. 
Stante l'ampia espressione dell'art. 8 cit., l'indagine in tale senso 
non pu� essere inibita all'amministrazione finanziaria, e questa indagine, 
d'altronde, � spesso indispensabile non solo per l'esatta qualificazione 
del negozio giuridico da tass�are, ma anche per sventare frodi 
alle leggi finanziarie. Invero la frode, importando la violazione della 
legge stessa non in via diretta ma attraverso l'inosservanza o il travisamento 
delle finaUt� della legge, pu� conseguirsi con mezzi e strumenti 
diversi e tra questi si coUocano anche il negozio indiretto e 
quello collegato. In questa ultima ipotesi, i contratti collegati, singolarmente 
considerati, sono veri e reali e sono forniti dei requisiti di 
legge, ma, ove vi sia l'intento deHa frode, il loro coordinamento o 
collegamento non dipende da intrinseca necessit� od opportunit�, in 
base alla libera e discrezionale scelta degli strumenti giuridici offerti 
dalla legge al cittadino per raggiungere un fine particolare, ma costituisce 
solo l'artificio per eludere la disponsizione imperativa della 
legge. Pertanto non basta che formalmente i singoli atti siano conformi 
alla legge, ma occorre che l'utilizzazione di essi non sortisca un effetto 
contrario alla legge imperativa. 

Ci� posto, aippare chiaro che la Corte di merito ha inesattamente 
ed illogicamente motivato in ordine al punto decisivo della frode alla 
legge fiscale, limitandosi a rilevare che la tipicit� degli atti stessi 
escludeva che il loro collegamento (da essa Corte ritenuto sussistente) 
potesse dar luogo ad una situazione di contrariet� alla legge. Dovendosi 
accertare, ai fini della tassazione, la natura gratuita ed onerosa dell'atto 
(e a tal fine, onde evitare frodi, la legge appresta alla finanza le 
presunzione dell'art. 5 della legge n. 90 del 1945), questa va ricavato 
da1la effettiva situazione negoziale, onde, anche in presenza di un 
prezzo realmente sborsato dall'acquirente, pu� mancare la causa onerosa, 
ove risulti che la prestazione del prezzo sia avvenuta mediante 
l'utilizzazione di una precedente attribuzione patrimoniale effettuata 
dal venditore al compratore al solo fine di far risultare il pagamento. 
� chiaro per� che tale situazione non si verifica in ogni caso, ma solJ.o 
se i due atti (quello di provvista � e quello di acquisto) siano collegati 
come mezzo al fine, non invece quando vi sia solo una successione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cronolo.g-ica di atti, in cui il primo, in ordine di tempo, pur fornendo 
al futuro acquirente la disponibilit� per l'acquisto successivo, non sia 
stato predisposto per l'effettuazfone del secondo. 

L'accertamento di taU differenti situazioni d� luogo ad una questione 
di fatto, richiedendo l'esa!lle e la valutazione di concr�ete circostanze 
di fatto e pertanto esso spetta esclusivamente al giudice di 
merito. Ne deriva ancora che La motivazione adottata, se sufficiente 
e priva di errol'i logici o giuridici, si sottrae a riesame in sede di 
legittimit�. Nel caso di specie, invece, la motivazione della sentenza 
impugnata, � viziata da una difettosa impostazione giuridica, come si 
� rilevato, il che ha portato a trascurare i!l fatto decisivo prospettato 
dall'amministrazione finanziaria delLa frode alla legge fiscale, ipotesi 
di frode che se fosse stata esaminata' alla stregua dei criteri indicati, 
poteva portare ad una diversa decisione. Pertanto la sentenza impugnata 
va cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altra Corte 

. 
di appello, la quale, sulla base degli elementi emergenti dagli atti 
di causa, dovr� valutare se tra la donazione dei titoli, di cui � cenno 
nell'atto di compravendita de quo, ed il successivo acquisto, sussista il 
collegamento fun2lionale che permetta di ritenere che il gen[tore abbia 
inteso, mediante l'utilizziazione dell'accrescimento patrimoniaile in tal 
modo procurato all'acquirente, far risultare a titolo oneroso l'atto, 
che, invece, nella sostanza, � a titolo gratuito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1535 -Pres. Malfitano 
-Esb. Geri -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Cavalli) c. Martorelli. 

Imposta di registro -Agevolazione per la formazione della piccola 
propriet� contadina -Estensione -Contratti di appalto per la 
costruzione di edifici rurali -Si applica. 

(1. 6 agosto 1954, n. 604, art. 1; 1. 1 febbraio 1956, n. 53, art. 3; 1. 2 giugno 
1961, n. 454, art. 28). 
La nozione di atti inerenti alla formazione della piccola proprietd 
contadina si � andata dilatando, attraverso una serie di leggi, fino a 
non lasciar scoperto alcun atto pi� o meno direttamente coUegato con 

l.a creazione di piccole unitd poderali sicch� non soltanto gii atti primari 
(compravendita, concessione di enfiteusi, permuta, ecc.) ma anche 
gli atti accessori e secoindari comportanti un miglioramento fondiario 
sono da ricomprendere nell'agevolazione; ci� emerge particolarmente 
dall'art. 3 della legge 10 febbraio 1956 n. 53 che dichiara �inerenti� 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 687 

alta formazione deLla piccola propriet� contadina, non soltanto ai fini 
deUe facilitazioni creditizie ma anche agli effetti delle agovelazioni 
fiscali, le opere di miglioramento fondiario. Ne consegue che per i detti 
negozi secondari, che giovano mediatamente alla formazione della piccola 
propriet� contadina ed ai destinatari di essa (coltivatori manuali), 
non si richiede per l'agevolazione tributaria la sussistenza dei requisiti 
oggettivi e soggettivi stabilfti nella legge per gli atti primari, sempre 
che soddisfino l'unica esigenza della destinazione (inerenza) alla formazione 
della piccola propriet� rustica. Godono pertanto dell'agevolazione 
tributaria dell'art. 28 della legge 2 giugno 1961 n. 454 i contratti di 
appalto stipulati dalla Cassa per la formazione della piccola propriet� 
contadina per la costruzione di case colcmiche, staLle, fienili, ecc. (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione 
finanziaria propone in sostanza tre distinte censure per avere la Corte 
di merito affermata la sussistenza del beneficio fiscale su contratti di 
appalto per la costruzione di edifici rurali intervenuti fra la Cassa per 
la formazione della piccola propiret� contadina e l'impresa Martorelli 
Carlo. 

Il riferimento all'art. 3 della legge 1� febbraio 1956, n. 53, ai fini 
della estensione delle agevolazioni t:vibutarie, non sarebbe probante 
nel senso del beneficio, poich� la definizione degli atti inerenti alla 
formazione della piccola propiret� contadina contenuta nel predetto 
art. 3 andava riferita alle agevolazioni creditizie in tale legge contemplate 
e non a quelle tributarie. 

Inoltre neppure ricorrerebbero le condizioni oggettive e soggettive 
richieste dalla legge n. 604 del 1954 ai fini della concessione del 
beneficio. 

Infatti, oggettivamente, quest'ultimo non fu previsto per i contratti 
di appalto, mentre, soggettivamente coloro che potevano usufruirne 
non avrebbero potuto essere degli appaltatori, ma persone dedite abitualmente 
alla lavorazione manuale della terra. 

(1) La decisione sopra riportata d� un'ulteriore prova della tendenza 
giurisprudenziale ad ampliare la portata dei benefici tributari con una 
giustificazione finalistica. Questa volta lo sforzo compiuto � notevole, perch� 
il fine della formazione della piccola propriet� contadina (che resta 
ancor oggi definito nell'art. 1 della legge 6 agosto 1964, n. 604, consistente 
nella formazione di unit� poderali attraverso vendite, permute, enfiteusi, 
ecc.) � cosa del tutto diversa dal miglioramento fondiario; sembra 
quindi opinabile affermare che le norme intese a favorire la costituzione 
di unit� poderali � rischierebbero di rivelarsi superflue e inadeguate se 
non fossero seguite da analoghe agevolazioni per quegli atti che, pur 
essendo accessori e secondari, hanno un'importante funzione strumentale 
�. N� l'eccessivo sforzo di dilatazione del beneficio � giustificato 
dal tentativo di ricercarne una giustificazione nell'interpretazione della 
7 



688 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infine la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria, nonch� 
sempHcistica, circa l'affermata destinazione delle opere alla formazione 
della piccola propriet� contadina in base alla natura dell'ente appaltante, 
poich� non � quest'ultimo a richiedere il beneficio, ma un estraneo 
alla formazione di cui sopra cio� l'appaltatore, sul quale grava 
ogni onere fiscale senza diritto a rivafaa. 

Il ricorso � destituito di fondamento. 

L'art. 28, ultimo comma, della legge 2 giugno 1961, n. 454, concernente 
il piano quinquennale di sviluppo dell'agricoltura, stabilisce 
in L. 500, la misura fissa dell'imposta di registro e di quella ipotecaria 
sugli atti inerenti alla formazione della piccola propriet� contadina 
nonch� al suo arrotondamento o accoripamento, posti in essere ai sensi � 
delle leggi vigenti in questa particolare materia. 

Attraverso una serie di leggi varie, susseguitesi in un arco di 
tempo di circa cento anni, la nozione di atti inerenti alla formazione 
della piccola propriet� contadina si � andata via via dilatando, al 
fine di non lasciar scoperto alcun atto pi� o meno direttamente collegato 
con la creazione di piccole unit� poderali, in ordine ai benefici 
creditizi e tributari ispirati a codesta finalit� ritenuta di pubblico generale 
interesse. 

Non v'� dubbio alcuno sul fondamento razionale di questa tendenza, 
poich� le agevolazioni dei negozi giuridici, che si potrebbero 
chiamare primari (come quelli di compravendita, concessione in enfiteusi, 
permuta di fondi rustici ed acquisto di case coloniche) rischierebbero 
di rivelarsi superflue o inadeguate, se non fossero seguite da 
analoghe agevolazioni per quegli atti che, pur essendo accessori e 
secondari rispetto ad primi, hanno una importante funzione strumentale, 
affinch� quest'ultimi possano raggiungere lo scopo al quale sono destinati. 
Infatti non basta, per la formazione di una efficiente propriet� 
poderale, che si disponga di un fondo rustico, ma occorre ohe lo stesso 
sia dotato di edifici per l'abdtazione del coltivatore, il ricovero degli 

norma; � infatti evidentissimo che la legge 1 febbraio 1956, n. 53, dopo 
aver, negli artt. 1 e 2 precisato e prorogato la portata delle agevolazioni 
fiscali previste nelle leggi anteriori che sono confermate senza 
apprezzabili innovazioni, disciplina negli art. 3 e seguenti le facilitazioni 
creditizie che costituiscono il vero oggetto di questa legge; in particolare 
l'art. 3 su cui fa leva la motivazione della sentenza, estende le disposizioni 
dell'art. 2 del r.d.1. 24 febbraio 1948, n. 114, sul mutuo di favore concesso 
per l'acquisto e la �concessione di enfiteusi a tutti gli altri atti per la formazione 
della propriet� contadina (permuta, affitto a miglioria, ecc.) previsti 
nell'art. 1 della legge 6 agosto 1954, n. 604 ed al capoverso dichiara 

�agli effetti della presente legge� (che ha per oggetto essenzialmente faciritazioni 
creditizie) inerenti alla formazione della propriet� contadina le 
opere di miglioramento fondiario. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 689 

animali, la conservazione, il deposito, la lavorazione dei prodotti, l'even


tuale sistemazione idraulica ed irrigua, ecc. 

Agevolare, sia ai fini creditizi che tributari, i primi e non gli altri 

atti significherebbe compromettere il raggiungimento delle finalit� che 

il legislatore si � proposto nell'intento di diffondere al massimo la 

propriet� dei coltivatori diretti. 

Questo orientamento sta appunto alla base dell'art. 3 legge 10 feb


braio 1956, n. 53, che estende la concessione dei mutui al compratore, 

prevista per le ipotesi di formazione della piccola propriet� contadina, 

indicate nell'art. 1 della legge 6 agosto 1954, n. 604, anche alle opere 

di miglioramento fondiario ed in particolare alle costruzioni di edifici 

ruraili di abitazione, ricovero di animali e derrate, ai lavori di disso


damento e di sistemazione irrigua ed idraulica e simili. 

Ove, poi, si consideri che questo ampliamento del concetto di 

� inerenza � alla formazione della piccola propriet� contadina fu espressamente 
disposto � agli effetti � della legge di cui sopra, cio� di quella 
n. 53 del 1956, la quale non era stata limitata alle provvidenze creditizi:
e, ma prorogava con modificazioni le precedenti disposizioni di favore 
in materia tributaria deve convenirsi che la nozione di � atti inerenti 
� alla formazione di cui sopra deve ormai considerarsi comprensiva 
degli atti primari e secondari sopra delineati. La stessa � ratio � 
investe anche la legge 2 giugno 1961, n. 454 in base ad una visione globale, 
ispirata cbstantemente al perfezionamento delle norme di favore 
.per la .propriet� contadina, in modo da evitrure che un qualche atto 
di rilevante utilit� per la formazione della stessa potesse restare privato 
dei benefici previsti. 

Pertanto l'esclusione dall'ultimo comma dell'art. 28 legge n. 454 
del 1961 degli atti di miglioramento fondiario, gi� contemplati nell'articolo 
3 della precedente legge n. 53 del 1956, si porrebbe in evidente 
confu:"asto , con la ratio Zegis ora illustrata, rivolta manifestamente ad 

L'affermata dilatazione del beneficio fiscale ha reso necessaria l'ultima 
e pi� preoccupante affermazione che per gli atti cosidetti secondari, che 
giovano, mediatamente alla formazione deHa propriet� rurale e ai suoi 
destinatari, non si pretende n� la sussistenza n� la dimostrazione dei requisiti 
oggettivi e soggettivi stabiliti nella norma di agevolazione; cosicch� 
l'atto, proprio perch� non rientrante nella previsione legislativa, dovrebbe 
godere di un'agevolazione pi� ampia. Nemmeno, infine, tempera la gravit� 
di quest'ultima proposizione l'affermata esigenza di destinazione dell'atto 
alla formazione della propriet� rustica (che dovrebbe essere verificata, sembra, 
dal giudice di merito non si sa in base a quali criteri ed a quali mezzi 
di prova) che resta una vaga riserva concretamente imprecisabile e che 
� in contrasto col sistema di accertamento e certificazione del fine rimesso 
dalla legge ad un organo tecnico dello stato. 

! 

Wfffti.tfffftfafffflf:%ffftffff:ffiiifilf[f:W@Iftf@IT&Tuffiffil%Vftffiffffff%ffiff�trrrrifffillff(clf(f'fillfffffl[lff;1[1f:Ntm~ 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

una dilatazione delle norme di favore concernenti la formazione della 

propriet� rurale. 

Ci� tanto pi� in quanto lo stesso capo III della predetta legge 
parla espressamente dello � sviluppo e " consolidamento ,, della propriet� 
contadina � con trasparente riferimento all'esigenza di assicurare 
la mass.ima efficienza e funzionalit� alla propriet� medesima mediante 
quelle opere comunemente dette di miglioramento fondiario, 
che si realizzano appunto attraverso gli atti qualificati come collaterali 
e accessori. 

N�, d'altro canto, � possibile negare le agevolazioni per difetto 
delle condizioni soggettive ed oggettive, di cui si parla nel ricorso, 
poich� tali condizioni sono espressamente previste, come � naturale, 
nella legge n. 604 del 1954 per .gli atti primari'di compravendita, enfiteusi, 
permuta di fondi rustici, ecc., non certo per quelli di miglioramento 
fondiario, pena la loro esclusione da ogni beneficio. Infatti 
quest'ultimi solo mediatamente riguardano le persone (coltivatori manuali) 
e 'g1i atti fondamentali per la formazione della propriet�; n� 
risultano subordinati in legge alle medesime condizioni. 

Non per questo essi vengono meno al ruolo di contribuire utilmente 
e validamente alla formazione ed al consolidamento della propriet� 
contadina. 

Infatti l'agevolazione, che giova in apparenza all'imprenditore delle 
opere predette, si risolve pur sempre in vantaggio della costituita unit� 
rustica, il cui costo di formazione e d:i impianto ne risulta ridotto e pi� 
accessibile al coltivatore. 

Ecco perch� una volta ammessi, detti atti, a fruire del beneficio, 
non avrebbe senso pretendere la ri�orrenza delle medsime condizioni 
soggettive ed oggettive previste per gli atti primari. 

Unica esigenza, sulla quale l'interprete deve porre l'accento, � la 
destinazione dell'atto alla formazione della propriet� rustica cio� la 
sua � inerenza � al detto scopo. Sul punto per�, mentre � privo di pregio, 
per le suesposte ragioni, il rilievo dell'Amministrazione ricorrente, 
secondo cui il carico tributario graverebbe soltanto sull'appaltatore, 
estraneo alla coltivazione del fondo, postoch� lo stesso andrebbe ad 
incidere pur sempre nel costo di formazione e consolidamento della 
propriet�, occorre osservare che l'accertamento di tale destinazione � 
stato compiuto con insindacabile apprezzamento dal giudice di merito. 

E poich� detto accertamento, sul cui rigore � opportuno porre l'accento 
onde evitare una facile frode fiscale, � fondato su una motivazione 
immune da errori logici e �giuridici, esso si sottrae al sindacato di legit-. 
timit�. Esattamente, in proposito, osserva la denunziata sentenza che 
non soltanto la destinazione delle opere risulta evidente del contratto 
di appalto, ma � sopratutto garantita dall'ente appaltante (la Cassa per 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 691 

la formazione della piccola propriet� contadina), istituito appunto per 
assicurare il conseguimento di detta finalit�. 
Questa motivazione, per quanto concisa, d� sufficiente ragione del 
convincimento del giudice e non merita censura. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1969, n. 1543 -Pres. 
Flore -Est. Geri -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Freni) c. Comune di Milazzo. 

Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia 
d'imposta -Definizione -Opposizione alla pignorabilit� dei beni Competenza 
del tribunale. 

(c.p.c., art. 9; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; r.d.l. 30 ottobre 1933, 

n. 1611, art. 8). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione coattiva Sospensione 
dell'esecuzione -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 145; 
t.u. 14 aprile 1910, n. 639, art. 31). 
La caratterizzazione di una controversia � data non dalle questioni 
di maggior riiievo discusse pi� frequentemente ma dalla qualit� delle 
persone interessate (aspetto soggettivo) e dall'oggetto specifico dedotto 
in giudizio (aspetto obiettivo). � quindi contrnv�rsia d'imposta anche 
quella che, svolgendosi fra l'ente impositore e la persona fiscalmente 
obbligata, riguarda ogni questione, sia in fase cognitiva che esecutiva, 
concernente l'esistenza e la misura del tributo, le eventuali esenzioni 
dallo stesso, le forme, i termini e i privilegi per la sua riscossione, le 
modalit� di pagamento e in genere tutti quei problemi che direttamente 
o mediatamente investono ogni aspetto dell'obbligazione tributaria 
dedotta in giudizio. Entro questi amplissimi limiti esterni possono 
agitarsi le questioni pi� varie generiche o specific'he, di diritto comune 

o speciale, senza che per ci� venga meno il fondamentale carattere tributario 
della controversia. � quindi controversia d'imposta quella concernente 
soltanto la pignorabilit� dei beni colpiti con l'esecuzione 
fiscale (1). 
Poich� sulla norma comune dell'art. 624 c.p.c. prevalgono quelle 
speciali che regolano il procedimento esecutivo di carattere tributario, 
la sospensione dell'esecuzione intrapresa per la riscossione dei tribiiti, 
sia se si definisca una revoca (temporanea) delL'atto amministrativo non 
consentita dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, sia se si 
consideri come un atto che nessun giudice ha il potere di emettere 

(1-2) Sulla prima massima la giurisprudenza � costante: Cass., 9 maggio 
1966, n. 1186, in questa Rassegna, 1966, I, 921; 14 giugno 1965, n. 1207 
e 18 giugno 1965, n. 1261, ivi, 1965, I, 561, con note di richiamo. Deve essere 



692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per il divieto contenuto nell'art. 145 della legge di registro e nell'art. 31, 
in relazione agli artt. 3 e 5, del t. u. 14 aprile 1910, n. 639, in ogni caso 
importa il difetto di giurisdizione del giudice ordinario (2). 

(Omissis). -Si sostiene nel ricorso la violazione degli artt. 9, 
cod. proc. civ., 8 t. u. 30 �ttobre 1933, n. 1611, 147, r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, 3 e 4 t. u. 14 aprile 1910, n. 639 in relazione all'articolo 
42 c.p.c., in quanto il Pretore avrebbe errato escludendo il carattere 
tributario della controversia, derivante invece dalle predette disposizioni 
di legge, ed in particolare dagli artt. 9 c.p.c., 8 t.u. n. 1611 
del 1933, il quale attribuisce al Tribunale la decisione delle controversie 
riguardanti le tasse e sopratasse � anche se insorte in sede di 
esecuzione�, e 147 legge di registro. 

Peraltro la sospensione della esecuzione intrapresa con l'ingiunzione 
tributaria si tradurrebbe in una inammissibile sospensione della 
efficacia di un atto amministrativo, quale � appunto l'ingiunzione di 
cui sopra, in contrasto con il divieto di legge (art. 4 legge 20 marzo 1965, 

n. 2248 all. E sull'abolizione del contenzioso amministrativo). Ne conseguirebbe 
il difetto di .giurisdizione del giudice ordinario, il quale trova 
altresl una sua :puntuale conferma nel divieto di sospendere l'esecuzione 
contenuto nell'art. 145 della legge di registro e nell'art. 31 in relazione 
agli artt. 3 e 5 t. u. 14 aprile 1910, n. 639. 
Il ricorso � fondato e merita accoglimento. 

La questione di giurisdizione, che si profila, dipende anzitutto dalla 
natura della controversia, non essendo dubbia la giurisdizione ordinaria 
ai sensi dell'art. 624 c.p.c. qualora, trattandosi di opposizione all'esecuzione 
in base agli artt. 615 II comma e 619 c.p.c., dovessero trovare piena 
applicazione le norme di diritto :processuale comune. 

Se al contrario dette norme, in ordine alla sospensione dell'esecuzione, 
non possono essere applicate vertendosi in tema di controversia 
d'imposta, sorgerebbe il problema della sussistenza o meno del potere 
di sospendere da parte del �giudice ordinario e per conseguenza quello 
della di lui giurisdizione. 

H Pretore ha ritenuto di escludere la lite tributaria, perch� non v'�, 
nella specie, contestazione alcuna in ordine all'obbligazione d'imposta, 
n� si verifica, la necessit� di interpretare norme di carattere fiscale. 

tuttavia segnalata l'ampiezza e la precisione della motivazione della pronunzia 
in rassegna. 

Anche sull'argomento della seconda massima la giurisprudenza � pacifica 
e del resto l'impossibilit� di sospendere l'esecuzione fiscale � stabilita 
nelle norme in modo non equivoco. Importante � per� l'affermazione del 
difetto assoluto di giurisdizione di ogni giudice, cosa che dovrebbe frenare 
la pronunzia della sospensione dell'esecuzione, spesso generosamente disposta 
con decreto dai ;pretori, anche quando riconoscono la propria incompetenza. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 693 

Questa opinione -limitata ad alcuni aspetti soltanto eventuali, 
anche se importanti, della causa -non pu� essere corldivisa. 

Infatti, la caratterizz,azione di una controversia non � data in 
via esclusiva dalle questioni di maggior rilievo discusse ed agitate 
pi� fr,equentemente secondo la materia trattata, ma dalla qualit� delle 
persone interessate (aspetto soggettivo) e dall'oggetto specifico dedotto 
in giudizio (aspetto obiettivo). 

Questi due aspetti si integrano fra loro ed offrono perci� una 
pi� sicura tipizzazione della causa, distinguendola da ogni altra. (
Omissis). 

Esattamente perci� � stato ritenuto, in linea di generale principio, 
essere tributaria la controversia che, svolgendosi fra l'ente impositore 
e la persona fiscalmente obbligata, riguarda ogni questione, 
sia in fase cognitiva che esecutiva, concernente l'esistenza e la misura 
del tributo, le eventuali esenzioni dallo stesso, le forme, i termini, 
i privilegi per la sua riscossione (Cass. n. 1261 del 1965 e 

n. 1021 del 1964), le modalit� di pagamento ed in genere tutti quei problemi, 
che direttamente o mediatamente investono ogn:i aspetto della 
obbligazione tributaria dedotta in giudizio. 
Entro questi amplissimi limiti esterni possono agitarsi le questioni 
pi� varie �generiche o specifiche, di diritto comune o speciale, senza che 
perci� venga meno il fondamentale carattere tributario della controversia. 


Nella specie si verte in tema di esecuzione mobiHare in base a pignoramento 
conseguente ad una ingiunzione fiscale per la riscossione 
dell'imposta sull'entrata dovuta e non pagata dal Comune di Milazzo. 

Per quanto l'opposizione proposta da quest'ultimo rientri nell'ambito 
del procedimento esecutivo ed investa il problema di diritto comune 
sulla pignorabilit� o meno di determinati beni mobili, la controversia 
tuttavia si svolge fra i soggetti del rapporto d'imposta ed � finalisticamente 
rivolta alla riscossione del tributo. 

Non si pu� dunque negare ad essa, in base alle illustrate osservazioni, 
un suo preminente carattere tributario, a nuHa rilevando che le 
questioni specifiche sottoposte all'esame del giudice anzich:� investire 
(come suole pi� spesso accadere nel processo di cognizione) la sussistenza 
del potere impositivo o l'interpretazione delle norme che lo prevedono, 
si risolvano in un smplice problema di diritto processuale civile, strumentalmente 
preordinato per� alla esazione di un tributo. 

Una conferma quanto mai significativa di ci� � data proprio dal 
quesito, che si a.gita in giudizio, circa la sussistenza del potere di sospendere 
l'esecuzione. 

Infatti se non si trattasse di una 'ingiunzione fiscale, che ha carattere 
amministrativo, tale quesito non avrebbe avuto modo neppure di 



694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO.STATO 

prospettarsi, poich� il potere di sospendere l'esecuzione ordinaria � 
previsto espressamente nell'art. 624 c.p.c. 

Il fatto stesso della sua insorgenza, appunto perch� all'origine del 
processo trovasi un atto amministrativo emanato come estrinsecazione 
del potere d'imposizione dello Stato, conferisce alla controversia quel 
carattere tributario, che il Pretore ha erroneamente negato in base ad 
una visione eccessivamente ristretta del problema sottoposto al suo 
esame. 

Poich� dunque sulla norma comune di cui all'art. 624 c.p.c. prevalgono 
quelle speciali che, in via generale, regolano il giudizio nei confronti 
della P.A. ed, in via particolare, quello esecutivo di carattere 
tributario, si pone il quesito se il giudice ordinario, relativamente alla 
esecuzione fiscale in materia� di imposte indirette sia soggetto a limiti 
interni nell'esercizio del suo potere giurisdizionale -il che � negato 
dalla denunziata sentenza -per quanto concerne la sospensione della 
esecuzione dell'atto amministrativo. !ili

.0l

f::::

Qualora la sospensione della esecuzione di un atto amministrativo 

00

debba essere equiparata, come qualche decisione giurisprudenziale ha 

00 

riconosciuto (Cass., Sez. Un., n. 2084 del 1963 e n. 903 del 1962), ad una 

i 
fili w

revoca temporanea dell'atto stesso, non v'� dubbio ch'essa incorrerebbe 

f 

nel divieto di cui all'art. 4 della legge sull'abolizione del contenzioso 
amministrativo. Questo divieto di revocare, modificare o annullare gli 

~F

atti amministrativi, si traduce in un difetto totale di giurisdizione del 
giudice ordinario, qualora non siano state a lui proposte altre domande, 
limitatamente alle quali debba invece essere affermata o supposta la 
giurisdizione st'essa. 

~ 

Ma se pure la sospensione dell'atto d'ingiunzione fisca�le non si por~ 
tesse equiparare ad una sua provvisoria revoca, sul riflesso che l'atto 

il

medesimo resterebbe integro nei suoi requisiti essenziali essendone sol


!~ 

tanto impedita temporaneamente l'efficacia, si dovrebbe pervenire ad ~:j 
identica soluzione, poich�, nella specie, la carenza del potere di sospen-~ 
dere deriva da norme speciali applicabili alla controversia d'imposta. 
Infatti l'art. 145 della legge di registro, della quale non si contesta 

i

rapplicabilit� ai fini del procedimento coattivo di riscossione, espressamente 
esclude la sospensione in seguito ad opposizione in via giudiziale ' 
(salvo che si tratti di imposta suppletiva o soprattassa). X 

.

I

Lo stesso divieto risulta evidente nell'art. 31 del t. u. 14 aprile 1910, 

r.~. 

n. 639, laddove vengono richiamati, ai fini della loro applicabilit� ai prow
?::! 

cedimenti esecutivi, �gli articoli dal 5� al 29� del t. u. medesimo, con 

~ 

espressa esclusione, nell'art. 5 della parte concernente l'art. 3, dove � con1::
� 
cessa all'autorit� giudiziaria adita la facolt� di sospendere, con decreto 


~-:

in calce al ricorso, il procedimento coattivo. 
Ogni ipotesi di carenza del potere di compiere determinati atti di :; 
risolve pur sempre, limitatamente ad essi, in un difetto di giurisdizione, f.~~ 

i;,: 

li 

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IF~~AU'AarAJFIAJFI~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 695 

anche se quest'ultima debba essere affermata in ordine ad altri capi 

o aspetti della domanda, poich� non consente al giudice n� di provvedere, 
n� quindi di conoscere quanto sarebbe necessario per l'adozione del provvedimento 
vietato. 
Nella specie la denunziata sentenza non pu� conseguire alcun effetto 
circa la disposta sospensio:ne, perch� nessun �giudice avrebbe potuto adottarla; 
resta ferma invece relativamente alla dichiarazione di incompetenza, 
competente essendo per materia (non gi� per valore come erroneamente 
vi si legge) ed in via esclusiva il Tribunale, al quale � stata 
rimessa la causa. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1575 -Pres. Rossano 
-Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Soc. Commissionaria Mercantile 
(avv. Barbera) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposta generale sull'entrata -Corrispettivi relativi a� servizi inter


nazionali� -Nozione -Commissionario per la vendita di prodotti 

esteri -I.ntassabilit�. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1, lett. h). 
L'esenzione prevista neli'art. 1 lettera h della legge istitutiva dell'I.
G.E. per i corrispettivi relativi a servizi internazionali non pu� essere 
riferita ai soli servizi intesi a favorire le esportazioni, ma deve ritenersi 
applicabile a tutti i servizi internazionali, anche inerenti alle importazioni, 
rispetto ai quali la norma tributaria d'imposizione non intende 
produrre turbamento al libero gioco economico nel commercio internazionale. 
Sono conseguentemente esenti dall'imposizione i corrispettivi 
percepiti da commissionari per la vendita di prodotti esteri (1). 

(Omissis). -La Societ� ricorrente lamenta, col primo motivo, 
violazione dell'art. 1, 3� comma lett. h del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito 
nella legge 19 .giugno 1940, n. 762, in relazione all'art. !) dello 
stesso d.l. ed osserva che, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte 
di merito, la norma che dispone non costituire entrate tassabili con l'IGE 
i corrispettivi relativi a servizi internazionali si applica anche alle provvigioni 
corrisposte al commissionario per l'importazione di merci estere, 
attivit� che costituisce anch'essa un servizio internazionale. 

La censura � stata disattesa da questa Corte regolatrice con le sentenze 
16 aprile 1966, n. 951 (a Sez. Un.) e 24 luglio 1965, nn. 1756, con 
le quali � stato osservato che la norma innanzi richiamata, con l'espressione 
� servizi internazionali � si riferisce bensi a prestazioni di servizi 
compiute parte in Italia, parte all'estero e comprende, perci�, anche 

(1) Le sentenze citate nel testo 24 luglio 1965, n. 1756 e 16 aprile 1966, 
n. 951 sono pubblicate in questa Rassegna, 1965, I, 1237 e 1966, I, 917. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'attivit� del commissionario (lato sensu) di ditte estere; ma, per �rientrare 
nella esenzione disposta dalla legge, tale attivit� deve avere una 
funzione strumentale rispetto alle esportazioni di prodotti dall'Italia, 
dato che la disciplina normativa in esame accomuna i servizi internazionali 
all'esportazione di materie, merci e prodotti e data anche la 
ratio della norma che intende favorire le esportazioni nazionali. Di conseguenza, 
� stato affermato nelle sentenze indicate, le provvigioni corrisposte 
agli intermediari, incaricati da ditte estere della vendita in Italia 
di prodotti esteri costituisce entrata imrponibile, non operando la ratio 
di favore concernente le esportazioni. 

� avvenuto, per�, che lAmministrazione delle Finanze, con proprie 
circolari (Dir. Gen. Tasse, Div. XXIV, circ. 29 del 12 maggio 1967 e 

n. 33 del 27 aprile 1968), ha modificato le istruzioni impartite in precedenza 
ai propri uffici, in ordine all'interpretazione dell'art. 1, comma 3<> 
lett. h della legge 19 giugno 1940, n. 762 ed ha disposto che i corrispettivi 
pagati dalla ditta estera al proprio intermediario, per l'attivit� da 
questi svolta nello Stato, sono in ogni caso esenti dall'I.G.E. ed ha, di 
conseguenza, autorizzato anche il rimborso dell'imposta .gi� pagata agli 
interessati che ne abbiano fatto temrpestiva domanda. 
La difesa dell'Amministratore resistente, nel confermare tale capovolgimento 
di istruzioni, ha spiegato che l'Amministrazione ha trovato 
probabilmente difficolt� nel separare, ai fini della tassazione, il corrispettivo 
dell'attivit� di importazione da quello dell'attivit� di esportazione 
compiuta dal medesimo intermediario nell'esplicazione di un servizio 
strutturalmente complesso ma fondamentalmente unico. 

In considerazione del cennato comportamento e delle ragioni che 
possono averlo determinato, questa Suprema Corte, sensibile alle concrete 
esigenze economico-sociali alle quali deve applicarsi la disciplina 
normativa, � indotta a rivedere l'interpretazione data con le precedenti 
sentenze alla norma sopraindicata. 

Questa dispone testualmente: � Non costituiscono entrate, ai sensi 
del presente decreto, le somme introitate per l'esportazione delle materie, 
merci e prodotti e per noli ed altri corrispettivi relativi a servizi 
internazionali �. 

Nell'interpretare tale norma le sentenze richiamate innanzi hanno 
argomentato, come s'� detto, essenzialmente sull'identit� della � ratio � 
che avrebbe ispirato la norma stessa nelle sue varie previsioni di fatti 
economici, nel senso che la disposizione si spiegherebbe unicamente 
con l'intento di favorire le esportazioni nazionali, anche agevolando i 
servizi internazionali �di intermediazione commerciale di tali esportazioni. 

Quest'argomento, per�, pu� essere contraddetto, perch� il nesso 
di necessaria considerazione unitaria dei fatti economici, che non costituiscono 
entrata tassabile secondo la norma in esame, non solo non � 
chiaro, ma pu� essere addirittura escluso, data la sostanziale diversit� 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

di struttura tra i fatti economici di esportazione di materie, merci e 
prodotti, da una parte, ed i fatti �economici di trasporto o di altri 
servizi internazionali, dall'altra. Tale intrinseca diversit� induce a ritenere 
pi� razionale di ricercare la ragione dell'esclusione dalla tassazione 
con l'I.G.E. nei tratti caratteristici di ciascuna operazione economica 
considerata e ravvisare il fondamento dell'esclusione dei corrispettivi 
dei servizi internazionali nell'intento di realizzare un clima di cooperazione 
tra gli Stati per lo svolgimento di tali servizi di interesse reciproco, 
con l'esclusione di mezzi anche indiretti di intervento statale 
sul libero gioco economico di .costi dei servizi medesimi: interventi. 
indiretti a mezzo di imposizione tributaria che potrebbero determinare 
oltre che difficolt� non esattamente prevedibili per gli operatori, misure 
di ritorsione degli Stati esteri, che nell'imposizione tributaria in Italia 
sui corrispettivi dei servizi internazionali ravvisassero pregiudizio per 
i costi dei servizi organizzati in italia dai loro operatori economici. 

Comunque, in presenza di un testo legislativo che non enuncia un 
collegamento necess�rio tra le previsioni dei distinti fatti economici e 
non rivela una precisa e non equivoca � mens legis � la prudenza dell'interprete 
dev'essere sollecitata al massimo. Appare, perci�, preferibile 
attenersi al significato letterale e logico-tecnico delle locuzioni del testo, 
respingendo la suggestione di ricercare la recondita mens legis, .che le 
espressioni usate non enuncerebbero esattamente. 

D'altra parte � insegnamento di autorevole dottrina in tema di teoria 
giuridica dell'interpretazione che lo scopo della legge dev'essere desunto 
dal suo stesso contenuto normativo, nel quale lo scopo manifesta attivamente 
la sua efficacia di fattore determinante della volont� creativa 
della legge e nello stesso tempo, della direzione teleologica della disciplina 
normativa; sicch� non pu� l'interprete ric~rcare detto scopo in 
base a considerazioni estrinseche, la cui �scelta deriverebbe da valutazioni 
subiettive, con un fondo pi� o meno sensibile di arbitrariet�. 

E le locuzioni testuali, nell'escludere che costituiscano entrata tassabile 
i corrispettivi relativi ai servizi internazionc:ili, non accennano 
al contenuto specifico del servizio e neppure al risultato che esso dia 
utilit� per le esportazioni nazionali. Di conseguenza, rimangono fuori 
dell'ambito oggettivo dell'applicazione dell'I.G.E. i detti corrispettivi, 
anche se relativi ad attivit� intermediarie di importazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 ma.ggio 1969, n. 1625 -Pres. Pece Est. 
D'Orsi -P. M. Del Grosso (conf.) -Vaselli (avv. Tumedei) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Concordato -Natura -Pattuizioni estranee 
alla determinazione dell'imponibile -Non infic;iano la validit� 
del concordato. 


698 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Concordato -Impugnazione -Regime anteriore 
all'entrata in vigore della 1. 5 gennaio 1956, n. 1 -Condizioni 
e limiti. 
(reg. 17 luglio 1907, n. 560, art. 91; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 41). 

Il concordato tributario non ha carattere negoziale o transattivo ma 
si concreta in un atto unilaterale della Pubblica Amministrazione che 
pone in essere con l'adesione del contribuente un mezzo per l'accertamento 
dell'imponibile su cui deve essere applicata l'imposta. Se l'atto, 
oltre al vero e proprio concordato sulla determinazione dell'imponibile, 
contiene anche altre pattuizioni estranee (irrilevanti, o rilevanti ad altro 
fine) non perde tuttavia validit� per la parte che determina l'imponibile. 
Eventuali incompletezze del concordato attinenti alla causa o all'oggetto 
(nella specie riferimento alla misura dell'imposta senza indicazione 
esatta delrimponibile) possono dar luogo all'annullabilit� del concordato, 
da denunciare entro termini di decadenza, ma non ne determinano l'inesistenza 
(1). 

Prima dell'entrata in vigore della l. 5 gennaio 1956, n. 1, l'impugnazione 
del concordato da parte del contribuente, anche se riguardante un 
vizio di consenso, poteva essere esercitata nelle forme e nei termini 
dell'ordinario procedimento contenzioso tributario, cio� col ricorso alla 
Commissione nel termine di venti giorni (art. 91 reg. 11 luglio 1907, 

n. 560) successivamente portato a trenta giorni (art. 41 r. d. 7 agosto 
1936, n. 1639). Era quindi esclusa l'impugnabilit� nel termine quinquennale 
dell'azione contrattuale (2). 
(Omissis). -Con l'unico mezzo i ricorrenti, denunciando la violazione 
dei principi generali che regolano il concordato tributario (desumibili, 
tra l'altro, dall'art. 40 del t. u. 24 agosto 1877, n. 4021 e dagli 
artt. 81 e 107 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560), la violazione del principio 
fondamentale, sancito anche dall'art. 23 della Costituzione, dell'inderogabilit� 
dell'obbligazione tributaria; la violazione degli artt. 1346, 1418 
e 2033 c. c. nonch� illogicit�, contraddittoriet� ed insufficienza della 
motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver ravvisato nell'accordo 
4 ottobre 1948 un concordato tributario. 

A tale concezione osterebbe la circostanza che con l'accordo suddetto 
non sarebbe stato accertato il presupposto del debito d'imposta, ma 

(1-2) Sulla nozione di concordato la giurisprudenza � del tutto pacifica 
sia in riferimento alla legislazione successiva al 1956 sia a quella anteriore 
(Cass., 17 febbraio 1966, n. 498, in questa Rassegna, 1966, I, 421; 23 marzo 
1964, n. 896, ivi, 1964, I, 588; 13 dicembre 1946, n. 1358, Riv. leg. fisc., 1947, 
41; v. anche Relazione Avvocatura Stato, 1942-50, I, 410; 1951-55, I, 361; 
1956-60, II, 331). Interessante l'applicazione del principio al caso di specie, 
veramente singolare, ed esattissime le due affermazioni sulla necessit� di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 699 

sarebbe stato determinato senz'altro il debito, mediante una manifestazione 
di volont� del contribuente. Ora, essendo causa del concordato 
non la imposizione o riscossione del tributo, ma l'accertamento del presupposto 
dal quale la legge fa nascere l'obbligazione tributaria, nella 
specie, secondo i ricorrenti -non potrebbe trattarsi di concordato per 
la mancanza di causa. Analogamente, essendo oggetto del concordato 
il presupposto accertato, mancherebbe anche l'oggetto. 

Ci si troverebbe, quindi, di fronte ad un atto atipico (e non ad un 
concordato), che sarebbe nullo perch� diretto ad imporre un'imposta 
omettendo l'accertamento del presupposto e sostituendo questo con una 
manifestazione di volont� del contribuente. 

Il mezzo � infondato. 

La Corte di appello ha premesso che la scrittura 4 ottobre 1948 
sottoscritta da Vaselli Ernesto, in proprio e quale mandatario di Vaselli 
Romolo, Mario e Giuseppe, e dal Direttore del II Ufficio Distrettuale 
delle imposte dirette (Reparto speciale profitti di regime) constava di vari 
punti, e cio�: 

a) riconoscimento da parte dell'Amministrazione dell'inesistenza 
di incrementi patrimoniali avocabili quali profitti di regime, in quanto 
gli incrementi patrimoniali accertati per il periodo dal gennaio 1925 
al dicembre 1943 trovavano �giustificazione nei frutti del patrimonio preesistente 
ed in quelli dell'attivit� imprenditoriale svolta dai contribuenti; 

b) accertamento di redditi effettivi netti, relativi allo stesso periodo, 
non interamente corrispondenti a quelli precedentemente accertati 
in sede fiscale ed assoggettati alle relative imposte ordinarie e straordinarie; 


e) dichiarazione del Vaselli di voler soddisfare integralmente i 
tributi inerenti ai redditi realizzati dalle sue imprese e suoi personali, 
rinunciando anche transattivamente a qualsiasi decadenza o prescrizione 
eventualmente maturata ed accettando anche a proprio danno gli effetti 
della svalutazione monetaria, e ci� anche in considerazione delle necessit� 
finanziarie dello Stato, impegnato nell'opera di ricostruzione; 

isolare il concordato da altre eventuali pattuizioni anomale e sulla sopravvivenza 
del concordato nonostante l'esistenza di imperfezioni che non comportano 
la nullit� assoluta dell'atto. 

Sulla impugnabilit� del concordato nei modi e nei termini dell'ordinario 
procedimento, la giurisprudenza � stata del pari costante anche se 
ha avuto qualche oscillazione circa l'inquadramento del ricorso da esperire 
in quello contro l'accertamento (art. 41 r .d. 7 agosto 1936, n. 1639) o in 
quello contro il ruolo (art. 52 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 modificato con 
l'art. 3 1. 10 giugno 1888, n. 5458, art. 117, reg. 11 luglio 1907, n. 560); 
cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1930-41, II, 59 e 1942-50, I, 411. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d) impegno del Vaselli di corrispondere all'Erario la somma di 

L. 200 milioni in sessanta rate bimestrali per soddisfare a quanto sopra 
enunciato sub b) e c); 
e) annullamento da parte dell'Amministrazione dell'accertamento 
notificato a titolo di profitti di regime con la precisazione di non avere 
altre pretese nei confronti dei Vaselli, nemmeno a titolo di profitti di 
guerra e di contingenza per il periodo 1925-1943. 

Fatta questa premessa, la Corte di merito ha definito il concordato 
tributario come un atto complesso costituito da un atto unilaterale della 
amministrazione fondato sulla sua potest� tributaria e contenente un 
progetto di accertamento e dall'adesione unilaterale del contribuente 
specificando che i due atti, in quanto collogati da un comune intento, 
pur non fondendosi in una comune volont� contrattuale, per la diversit� 
dei piani in cui operano, restano avvinti nel previsto risultato cui sono 
diretti, che � quello di raggiungere un accertamento consensuale dei 
presupposti del tributo, in luogo .dell'ordinario accertamento d'ufficio. 

Passando, poi, ad esaminare la disciplina delle impugnazioni del 
concordato tributario, la Corte di merito ha distinto le impugnative 
aventi per oggetto l'atto negoziale di adesione (da farsi valere sia dinanzi 
alla giustizia tributaria nel termine di trenta giorni dalla notifica dell'accertamento 
compiuto col concordato, sia davanti all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria, nel termine quinquennale di prescrizione ex art. 1442 

c. c.) da quelle aventi per oggetto l'atto dell'autorit� finanziaria. Per 
queste ultime ha fatto richiamo alla teoria generale dell'atto amministrativo1 
distinguendo ,gli atti nulli (in cui difetta un elemento essenziale) 
dagli atti annullabili, cio� inficiati da un vizio di legittimit�, e 
distinguendo ancora gli atti illeciti da quelli illegittimi, e precisando che 
solo in presenza di un atto radicalmente nullo od illecito potevano considerarsi 
direttamente proponibili in sede di giurisdizione ordinaria domande 
collegate con l'accertamento del relativo vizio, laddove in presenza 
di atti illegittimi si intendeva prescritto in materia di imposte 
dirette il preventivo ricorso al giudice tributario entro il termine di decadenza 
di trenta giorni dalla data di stipulazione del concordato o di 
conoscenza dei fatti integranti il vizio, analogamente a quanto si verificava 
per i ricorsi in genere contro gli accertamenti tributari d'ufficio. 
La Corte d'appello ha, quindi, escluso che l'atto amministrativo in 
discussione, a cui i contribuenti avevano prestato la loro adesione, potesse 
considerarsi nullo per difetto di causa, avendo gli atti amministrativi 
una causa tipica e sussistendo nella specie lo scopo diretto all'imposizione 
e riscossione dei tributi ed ha escluso, altresi, che potesse considerari 
nullo per mancanza dell'oggetto, in quanto tale nullit� sussiste 
solo quando risulti impossibile individuare il rapporto al quale l'atto 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 701 

si � riferito laddove, nella specie, l'impossibilit� non sussisteva, potendosi 
eventualmente parlare di vizio di legittimit�. 

Ha infine escluso la nullit� per contrasto con le norme imperative 
della legge 5 gennaio 1956, n. 1, essendo state queste emanate in epoca 
successiva all'atto in questione, e con l'art. 23 della Costituzione, non 
trattandosi di imposizione tributaria per imposte non previste dalla legge. 

Questo ragionamento; anche se .contiene alcuni errori di diritto pei 
quali questa Corte ritiene di far ricorso al potere correttivo di cui 
all'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. -sorregge un dispositivo 
conforme al diritto. 

Non � innanzi tutto esatto che il concordato tributario costituisca 
un atto complesso, perch� la manifestazione di volont� del privato e 
quella della Amministrazione non sono omogenee; per parlarsi di atto 
amministrativo complesso, �, infatti, necessario che entrambe le manifestazioni 
di volont� provengano da soggetti appartenenti alla P.. A. 

Il concordato tributario,. secondo la giurisprudenza di questa Corte 
e la prevalente dottrina, non ha carattere negoziale o transattivo, ma si 
concreta in un atto unilaterale della P. A., la quale pone in essere, con 
l'adesione del contribuente, un mezzo di accertamento dell'imponibile, 
su cui deve essere applicata l'imposta (Cassaz. 17 febbraio 1966, n. 498; 
13 dicembre 1946, n. 1358; 17 marzo 1963, n. 626). E in particolare l'adesione 
del contribuente si pone concettualmente prima dell'atto di imposizione, 
si da poter essere piuttosto vista come un elemento del procedimento 
amministrativo. 

Ma, nonostante l'inesatta affermazione sulla funzione strutturale 
della volont� del privato, la Corte di merito ha colto ugualmente nell'atto 
sottoposto al suo esame le caratteristiche del concordato ed esattamente 
ha definito tale l'accordo 4 ottobre 1948, col metterne in luce la 
funzione di determinare un debito d'imposta attraverso l'adesione dei 
contribuenti e, pi� precisamente, con l'accertamento consensuale tra 
l'Amministrazione finanziaria e il contribuente dei presupposti del tributo 
(redditi percepiti negli anni 1925-1943 e non assoggettati alle 
relative imposte ordinarie e straordinarie). 

E in questa qualificazione tipologica non si riscontrano vizi di mo


tivazione. La Corte d'appello non poteva, infatti, negare il valore di con


cordato all'atto perch� questo comprendeva affermazioni estranee al 

contenuto del concordato, sia provenienti dall'Amministrazione (come 

la dichiarazione di non aver a pretendere nulla per profitti di guerra), 

sia provenienti dal contribuente (come la �dichiarazione di voler far fronte 

a tutti i passati impegni tributari per contribuire all'opera di ricostru


zione dello Stato). 

Si tratta; infatti, di dichiarazioni che o sono prive di rilevanza giu


r\dica o riguardano materia estranea a quella costituente il contenuto 

del concordato e che, una volta isolate dal vero contenuto giuridico 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'atto, lasciano ,chiaramente scorgere l'atto di accertamento della P.A. 
degli obblighi tributari dei contributi relativi ai tributi inerenti ai redditi 
e l'adesione dei contribuenti medesimi. 

La Corte d'appello -contrariamente all'assunto dei ricorrenti non 
poteva neppure negare che l'atto fosse un concordato sotto il profilo 
della mancanza di causa o di oggetto, perchi� la .genericit� dell'oggetto e 
la mancata indicazione dell'imponibile su cui i ricorrenti particolarmente 
insistono potevano, come in sostanza ha riconosciuto la Corte di 
appello, costituire iin ipotesi un vizio del concordato medesimo; ma non 
ne intaccavano l'esistenza. 

Una volta accertato, quindi, che l'atto posto in essere tra 1'Amministrazione 
finanziaria e i Vaselli era nelle sue linee essenziali un concordato 
relativo alle imposte sui redditi, il quesito che si presentava alla 
Corte d'appello era solo quello di stabilire quali fossero i mezzi e i 
tempi d'impugnazione, perch� solo con un'azione tempestivamente spiegata 
nelle forme e nei modi di legge sarebbe stato possibile scendere ad 
esaminare il merito delle doglianze. 

Ora la Corte di appello ha in proposito erroneamente distinto fuorviata 
dalla natura di atto complesso attribuita al concordato -le 
impugnative proposte avverso l'atto della P. A. (precisandone in trenta 
giorni il termine di proposizione), da quelle avverso l'atto di adesione 
del privato (per le quali se l'azione veniva spiegata davanti all'Autorit� 
giudiziaria ordinaria, ha indicato il termine di cinque anni). 

Questa distinzione -che per altro non ha avuto conseguenze di 
ordine pratico, dato il lungo tempo trascorso tra la stipulazione dell'atto 
e l'inizio della causa -� sicuramente errata. Essa risente dell'incertezza 
che regnava nella dottrina e nella ,giurisprudenza meno recenti per la 
mancata previsione legislativa dei modi di impugnazione del concordato, 
prima dell'emanazione della legge n. 1 del 1956, ma questa Corte Suprema, 
superando la tesi estrema dell'inimpugnabilit� del concordato o 
della sua impugnabilit� nel termine di cinque anni previsto in materia 
negoziale dall'art. 1300 c. c. del 1865, afferm� che le impugnazioni del 
concordato da parte del contribuente -pure se l'impugnativa riguardava 
un vizio di consenso -dovevano essere riportate nella disciplina 
imposta dall'ordinamento tributario, quanto alle forme e quanto al termine 
(Cass. 31 luglio 1939, n. 3018; 21 luglio 1936, n. 2631), che era 
quello fissato per i ricorsi avverso gli accertamenti tr1butari (e cio� venti 
giorni secondo l'art. 91 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 elevati, poi a 
trenta dall'art. 41 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639). 

E fin da allora fu posta in luce l'esigenza dell'uniformit� delle 
forme di impugnazione per qualsivoglia vizio e della brevit� dei termini 
per l'impugnativa onde evitare di rendere per lungo tempo incerti i 
rapporti tributari, laddove l'incertezza � incompatibile con questa materia, 
rispetto alla quale sono invece cura e pregio delle leggi finanziarie 


.PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 703 

assicurare precisa e rapida definizione dei rapporti e delle contestazioni 
relative. 

Questa esigenza trovava ulteriore conferma nell'art. 53 della legge 
24 agosto 1877, n. 4021, secondo cui il diritto di ricorso all'Autorit� Giudiziaria 
per qualsivoglia questione riguardante il debito dell'imposta si 
prescriveva nel termine di sei mesi dal giorno della pubblicazione del 
ruolo o dell'applicazione della ritenuta. 

L'impugnazione proposta dai Vaselli con l'atto di citazione del 
19 luglio 1960 avverso il concordato stipulato dodici anni prima -senza 
neppure adire previamente le commissioni tributarie -era in ogni 
caso tardiva e non era, quindi, possibile alcun esame delle addotte cause 
di nullit� o di annullabilit�, una volta accertato che l'atto aveva le caratteristiche 
essenziali di un concordato tributario. 

Questi rilievi rendono non rilevante ai fini specifici di causa l� 
questione -su cui l'Avvocatura dello Stato ha particolarmente insistito 
nella discussione orale -circa il carattere processuale della norma 
contenuta nel secondo comma dell'art. 4 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, 
successivamente trasfuso nell'art. 34 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
relativo al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del concordato, 
norma che sarebbe di immediata applicazione e regolerebbe anche le 
impugnative dei concordati stipulati prima d�lla sua entrata in vigore. 

Manifestamente infondata appare, infine, la dedotta violazione deil'art. 
2033 c. c., non potendosi parlare di indebito oggettivo per somme 
versate in adempimento di un'obbligazione tributaria regolarmente assunta 
e non trattandosi di imposizione di prestazione patrimoniale non 
in base alla legge. 

Il che � sufficiente a rendere manifestamente infondato il riferimento 
�fatto dai ricorrenti alla norma di cui all'art. 23 della Costituzione, 
la quale si limita a prescrivere -precisamente -che la potest� impositiva 
deve trovare la propria base nella legge. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1969, n. 1626 -Pres. Rossano 
-Est. Malfitano -P. M. Pandolfelli (conf.) -Soc. Dalmine (avv. 
Quinto) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). 

Imposta generale sull'entrata -Esportazione di prodotti fabbricati 
con materiali importati -Restituzione dell'imposta sui materiali 
importati -Imposta sull'entrata e imposta di conguaglio -Momento 
determinante del diritto al rimborso -� quello dell'esportazione. 


(1. 31 luglio 1954, n. 570, artt. 1 e 5; 1. 9 novembre 1961, n. 1233). 
Poich� la legge ammette la restituzione dell'imposta pagata sui materiali 
importati solo se e quando i prodotti con detti materiali fabbricati 

8 



704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siano esportati, il diritto alla restituzione sorge soltanto al momento 
dell'esportazione ed � quindi regolato dalla norma in questo momento 
vigente. Conseguentemente se i materiali furono importati sotto il vigore 
della l. 3 luglio 1954, n. 570 (che prevedeva il rimborso dell'imposta sui 
prodotti esportati con detrazione soltanto dell'ammontare della normale 
imposta sull'entrata sui materiali importati) ed i prodotti finiti sono 
esportati dopo l'entrata in vigore della l. 9 novembre 1961, n. 1233 (che 
dal rimborso prevede la detrazione oltre che della normale imposta anche 
dell'imposta di conguaglio prevista nell'art. 1 della l. n. 570 del 1954), 
il diritto al rimborso � regolato dalla legge, meno favorevole al contribuente, 
del 1961 vigente al tempo dell'esportazione dei prodotti finiti (1)). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza 
impugnata per avere ritenuto che la riesportazione dei tubi prodotti 
dalla Dalmine con l'acciaio temporaneamente tmportato� prima della 
entrata in vigore della legge 9 novembre 1961, n. 1233 dovesse essere 
regolata dalle disposizioni in questa contenute per essere la riesportazione 
avvenuta dopo l'entrata in vigore di detta legge e, conseguentemente, 
affermato che dalla somma dovuta alla Dalmine a titolo di rimborso 
della imposta generale sull'entrata dovesse essere detratta anche 
l'imposta di conguaglio. In proposito si deduce che tale detrazione non 
poteva essere operata perch�, essendo il rapporto di imposta sorto all'atto 
della temporanea importazione, la legge applicabile era quella 
del 31 luglio 1954, n. 570, la quale non prevedeva la detrazione dellu 
imposta di conguaglio. 

La censura � infondata. 

A norma degli articoli 1 e 5 della legge 31 luglio 1954, n. 570, 
gli esportatori di prodotti fabbricati �con materiali temporaneamente 
importati avevano diritto alla restituzione dell'imposta generale sull'entrata 
relativa alle merci ed alle materie prime ed altri prodotti impiegati 
nella loro fabbricazione, decurtata dell'ammontare della imposta 
generale sull'entrata relativa ai materiali esteri. 

Con la legge del 9 novembre 1961, n. 1233, modificativa dell'articolo 
5 della legge n. 570 del 1954, dall'ammontare dell'imposta da restituire 
ai detti esportatori va detratto non solo il.'imposta sull'entrata, ma 
anche quella di conguaglio corrispondente al valore dei materiali esteri, 
la quale, per la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 1 della 
legge n. 570 del 1954 � dovuta sui prodotti industriali importati dall'estero 
ed elencati nella tabella allegato B al decreto previsto dall'articolo 
3 della legge medesima ed � rapportata all'imposta generale sul


(1) Massima di evidente esattezza. Non constano precedenti. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 705 

l'entrata che .gli stessi prodotti avrebbero assolto durante la loro fabbricazione 
in Italia. 

Ora, poich� la legge ammette la restituzione dell'imposta soltanto 
se i prodotti fabbricati con i materiali temporaneamente importati siano 
esportati, � evidente che il diritto a tale restituzione sorge con il verificarsi 
della esportazione, la quale, pertanto, assume il carattere di fatto 
costitutivo di esso e di elemento condizionante la sua insorgenza. Conseguentemente 
la disciplina legale di tale diritto � quella vigente al tempo 
in cui l'esportazione ha luogo e ad essa, perci� occorre fare riferimento 
per stabilire se e quali detrazioni debbano essere operate dall'ammontare 
dell'imposta da restituire agli esportatori e quali siano le modalit� di 
attuazione della restituzione. 

N� il fatto che l'imposta generale sull'entrata e quella di conguaglio 
relativa ai materiali esteri impiegati nella fabbricazione dei prodotti 
esportati siano dovute all'atto della loro temporanea importazione (art. 1 
comma secondo legge n. 570 del 1954), pu� indurre a ritenere applicabile 
alla restituzione dell'imposta prevista a favore degli esportatori 
la disciplina vigente al tempo della importazione di detti materiali, per 
ch� il diritto alla restituzione dell'imposta � collegato soltanto all'esportazione 
dei prodotti, la quale � un fatto produttivo di conseguenze giuridiche 
autonome e indipendente dalla importazione dei materiali e, 
peraltro, del tutto eventuale, perch� ben pu� verificarsi l'ipotesi (alla 
quale la legge ricollega i relativi effetti fiscali) che prodotti fabbricati 
con materiali temporaneamente importati siano destinati al commercio 
interno. 

Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha ritenuto che la 
restituzione dell'imposta generale sull'entrata spettante alla Dalmine 
per effetto della esportazione dei tubi fabbricati con materiali temporaneamente 
importati dall'estero dovesse essere disciplinata dalla legge 

n. 1233 del 1961, in quanto la esportazione dei menzionati prodotti 
era avvenuta dopo l'entrata in vigore di questa legge. 
La Corte, quindi, ha esattamente affermato che dall'ammontare 
dell'imposta da restituire alla Dalmine fosse detratta anche l'imposta 
di conguaglio come prescrive la legge del 1961. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1969, n. 1630 -Pres. Stella 
Richter -Est. Miele -P. M. Del Grosso (conf.) -Costa (avv. Zavattaro) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Ricorso 
alla Commissione Centrale -Enunciazione d�i motivi 




706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Necessit� -Citazio11e delle norme di legge che si assumono violate 
-Insufficienza. 

(r.d. 7 agosto 1937, n. 1516, art. 46). 
� inammissibile il ricorso alla Commissione Centrale motivato con 
la sola menzione della norma di legge che si assume violata,, anche 
nel caso in cui la norma abbia un contenuto ristretto o addirittura 
limitato a un'ipotesi unica (1). 

(Omissis). -La ricorrente denunziando la violazione degli articoli 
46, 48 e 38 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, in relazione all'art. 360 

n. 3 e 4 c.p.c., lamenta che la Commissione non abbia dichiarato l'inammissibilit� 
del ricorso, in quanto la semplice indicazione della norma 
violata avrebbe dato luogo a genericit� ed indeterminatezza dei motivi. 
In merito a tale motivo di ricorso l'Amministrazione resistente deduce 
che, notificata il 25 maggio 1966 la decisione con la comunicazione che 
l'ufficio proponeva impugnazione fondata sulla violazione dell'art. 117 
del t.u. sulle imposte dirette, entro i trenta giorni successivi (il 15 
giugno 1966) esso ufficio aveva rpresentato alla Commissione centrale 
il proprio ricorso nel quale erano specificate le ragioni della sua 
doglianza, fondata sull'art. 117 predetto. 
Va preliminarmente osservato che l'assunto dell'Amministrazione 
finanziaria sopra riportato non risulta comprovato dagli atti in quanto 
non � stata prodotta copia del ricorso depositato alla segreteria della 
Commissione centrale. Si aggiunga che la Commissione nella sua decisione 
ha cons~derato che il ricorso contenesse solo l'indicazione dell'articolo 
di legge che si assumeva violato e su tale contenuto del ricorso 
ha fondato la sua decisione. Pertanto, ove vi fosse stata omissione 
dell'esame dell'effettivo contenuto di tale ricorso, ci� avrebbe dovuto 
formare oggetto di impugnazione sia pure condizionata da parte della 
Amministrazione resistente. 

La censura della ricorrente � fondata. Questa Suprema Corte ha 
pi� volte ritenuto che la sola indicazione degli articoli di legge che 
si assumono violati non � sufficiente ai fini della specificazione dei motivi 
prescritti dall'art. 46 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (Cass. 22 marzo 
1967, n. 644; 21 ottobre 1967, n. 2592). 

Invero l'art. 46 cit. rprescrive che il ricorso debba contenere, fra 
l'altro; �le questioni e i carpi della decisione contestata, indicando gli 

(1) Conforme � l'altra sentenza in pari data n. 1629. 
La giurisprudenza � costante: 22 marzo 1967, n. 644, in questa Rassegna, 
1967, I, 670; 25 maggio 1966, n. 1336, ivi, 1966, I, 1299. Sul diverso 
rigore della motivazione richiesta per il ricorso alla Commissione Provinciale 
cfr. Cass., 23 gennaio 1969, n. 182 e 6 febbraio 1969, n. 395 e 396, 
ivi, 1969, I, 114. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 707 

articoli di legge o di regolamento che si affermano violati od erroneamente 
applicati �. La �precettivit� della norma diretta a consentire sia 
al giudice sia alla controparte di individuare �le ragioni della dog�anza, 
non permette che si possa ritenere assolto tale onere attraverso la sola 
indicazione degli articoli di legge che si assumono violati. E ci� anche 
nel caso in cui la norma di legge indicata come violata abbia un 
contenuto ristretto o addirittura limitato ad una determinata ipotesi, 
Invero, avendo la norma carattere astratto, il precetto di legge devE. 
essere collegato ad una concreta fattispecie, la quale, pu� avere il pi� 
diverso contenuto. Di qui la necessit� di specificare il motivo, onde la 
controparte possa, in modo diretto, attraverso l'atto stesso, e non m 
via di congettura, prendere conoscenza della doglanza e preparare la 
difesa ed il giudice delimitare l'ambito del suo giudizio. 

Ne consegue che nel caso in esame, avendo l'amministrazione finanziaria, 
nell'atto notificato al contribuente, dedotto che la decisione veniva 
impugnata per violazione dell'art. 117 del t.u. delle imposte dirette 

n. 645 del 29 gennaio 1958, il ricorso era privo del requisito della 
specificit� dei motivi e doveva essere dichiarato inammissibile. (
Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 maggio 1969, n. 1692 -Pres. Scarpello 
-Est. Mazzacane -P. M. Del Grosso (conf.) -Sforza c. Ministero 
del Tesoro (avv. Stato Angelini Rota). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione 
fiscale -Natura. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639). 
Imposte e tasse in genere -Violazioni di leggi finanziarie e valutarie Pena 
pecuniaria -Natura -Prescrizione -Norme applicabili Verbale 
di accertamento -Idoneit� quale atto interruttivo. 

(1. 7 gennaio, 1929, n. 4, art. 17; r.d. 5 dicembre 1938, n. 1928, art. 3; e.e., 
art. 2943). 
L'ingiunzione fiscale disciplinata dal t.u. 14 aprile 1910 n. 639 � 
l'atto iniziale di un procedimento monitorio sui generis che cumula 
in s� le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto e la cui notifica 
soddisfa l'esigenza posta dall'art. 479 c.p.c. anche nel caso in cui esista 
un precedente atto dimostrativo del credito (nella specie decreto de1 
Ministro del Tesoro) che non sia stato notificato (1). 

(1-2) Sulla prima massima sono numerose le sentenze conformi: da 
ultimo 9 maggio 1969, n. 1581 �e 1585 in questa Rivista 1969, I, 527 con nota 



708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La pena pecuniaria comminata per la violazione di norme finanziarie 
e valutarie (l. 7 gennaio 1929, n. 4 e r.d. 5 dicembre 1938, n. 1928) 
ha natura di obbligazione civile ed � quindi regolata dalle norme di 
diritto civile quanto alla prescrizione; hanno conseguentemente effetto 
interruttivo i verbali di accertamento delle infrazioni purch� in essi 
si esprima in modo inequivoco ed esplicito la volont� dell'Amm.ne 
creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio credito (2). 

(Omissis). -L'esame del secondo motivo � preliminare, poich� 
esso attiene alla validit� della ingiunzione notificata allo Sforza il 
20 agosto 1960. 

Sostiene il ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 497 c.p.c. 
e dell'art. 7 del r.d.1. 4 dicembre 1938 e dell'art. 3 del t.u. 14 aprile 
1910, n. � 639, che l'ingiunzione del 20 agosto 1960 avrebbe dovuto 
essere dichiarata illegittima per omessa notifica del titolo esecutivo 
e cio� del decreto del Ministero del Tesoro posto a fondamento della 
ingiunzione medesima; che l'avvenuta notifica del titolo ad altri condebitori 
non avrebbe potuto sanare il difetto di notificazione ad esso 
Sforza. Aggiunge il ricorrente che il principio per cui la prescrizione 
interrotta contro un debitore ha efficacia contro gli altri condebitori 
solidali (art. 1310 e.e.) � in contrasto con l'art. 24 della Costituzione 
poich� pregiudica il diritto di difesa dei debitori solidali che ignorano 
la pretesa del creditore avanzata verso altri debitori. 

La censura � infondata. 

Per l'art. 7 del r.d.l. 1938, n. 1528, l'esecuzione del decreto del 
Ministro che applica sanzioni pecuniarie per infrazioni valutarie ha 
luogo con l'osservanza del t.u. delle disposizioni relative alla procedura 
coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato 
approvato con r.d. 14 aprile 1910, n. 639. Orbene � giurisprudenza 
costante che l'ingiunzione fiscale disciplinata dal citato testo unico 
rappresenta l'atto iniziale di un procedimento monitorio sui generis 
apprestato dalla legge per la spedita riscossione delle entrate patrimoniali 
dello Stato e di altri enti pubblici. Esso, come tale, cumula 
in s� le caratteristiche del titolo esecutivo giudiziale e del precetto 

a cui si rimanda. Degna di considerazione � la precisazione riguardante 
la notifica del titolo esecutivo (ove esso esista in atto separato) che pu� 
essere sostituita dalla notifica dell'ingiunzione. 

Anche sulla seconda massima l'indirizzo giurisprudenziale � costante 
(14 aprile 1969, n. 1186, in questa Rassegna, 1969, I, 335 con citazione di 
precedenti). Le sentenze citate nel testo 34/68 e 1399/67 sono pubblicate 
in questa Rassegna, 1967, I, 880 e 1968, I, 102. Riguardo alla volont� � esplicita 
� di ottenere l'adempimento che deve risultare dal verbale di accertamento, 
.sottolineata nella decisione in rassegna che ha cassato la sentenza 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 709 
(cfr. da ultimo, sent. n. 38 del 1968 e n. 2339 del 1967) di .guisa che 
PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 709 
(cfr. da ultimo, sent. n. 38 del 1968 e n. 2339 del 1967) di .guisa che 
la notifica della ingiunzione soddisfa alla esigenza posta dell'art. 479 

c.p.c. che richiede la notifica del titolo esecutivo e del precetto. Per 
di pi�, la irrilevanza della mancata previa notifica allo Sforza del 
decreto ministeriale discende dalla particolare natura del giudizio di 
opposizione alla ingiunzione intimata a norma del citato t.u. Infatti 
l'atto di opposizione proposto dal debitore costituisce formalmente la 
domanda giudiziale che instaura un processo di cognizione, avente ad 
oggetto l'accertamento del credito posto a fondamento della ingiunzione. 
In tale giudizio l'opponente assume la posizione processuale di 
attore, tenuto a dare la prova delle sue allegazioni, e quindi della 
infondatezza della pretesa tributaria, mentre l'Amministrazione assume 
la veste di convenuta, legittimata a proporre eccezioni di rito e di 
merito, nonch� domande riconvenzionali (cfr. sent. citate). Nella specie 
risulta dalla sentenza impugnata che l'Amministrazione esibi nel giudizio 
di appello il decreto ministeriale giustificativo del credito fatto 
valere mediante l'ingiunzione, di guisa che il giudice del merito, anche 
per tale ragone, ha legittimamente giudicato sul credito contestato, 
nonostante la mancata notifica allo Sforza del decreto ministeriale. 
Le suesposte argomentazioni sono sufficienti a sorreggere, sul punto 
in esame, la decisione impugnata, onde restano assorbiti i rilievi del 
ricorrente in ordine alle ulteriori argomentazioni svolte ad abundantiam 
dalla sentenza stessa sulla irrilevanza della mancata notifica del 
decreto ministeriale allo Sforza per l'avvenuta notifica di esso al condebitore 
Bonizzoni. 

Nello svolgimento del motivo il ricorrente ha profilato la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 1310 e.e. (per il quale gli 
atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei 
debitori in solido hanno effetto riguardo agli altri debitori) in rapporto 
all'art. 24 della Costituzione. La rilevanza di tale questione va 
esaminata, per ragioni di sistematicit�, insieme con il primo motivo 
del ricorso. 

Con il primo motivo lo Sforza denuncia la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2943 e 1219 e.e., e dell'art. 2 r.d.l. 5 dicembre, 

di merito in quanto aveva individuato nell'accertamento una volont� � implicita�, 
� ovvio che l'atto � pur sempre idoneo a costituire in mora il 
debitore anche se il credito non � ancora certo e liquido e se la pena 
pecuniaria � indicata con riferimento al massimo e al minimo; la semplice 
contestazione del fatto (infrazione), che non pu� non essere esplicita, � 
idonea a costituire in mora .per tutte le obbligazioni che potranno derivarne 
e che saranno successivamente accertate e dichiarate in competente sede. 
In definitiva � ben difficilmente ipotizzabile una contestazione che non 
contenga l'esplicita volont� dell'Amministrazione creditrice di ottenere il 
soddisfacimento del suo credito. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 1928, nonch� omessa e insufficiente motivazione della sentenza impugnata, 
in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. Egli sostiene che 
la Corte del merito ha erroneamente ritenuto che i verbali di accertamento 
della infrazione valutaria possano avere efficacia interruttiva 
della prescrizione, e che, comunque, la Corte del merito, con illogica 
motivazione, ha erroneamente affermato che il verbale di accertamento 
del 31 maggio fosse idoneo ad interrompere il corso della prescrizione. 
La censura � fondata sotto il profilo del denunciato vizio di motivazione. 


Costituisce jus receptum, nella giurisprudenza di questa Suprema 
Corte, che l'obbligazione al pagamento di una somma a titolo di pena 
pecuniaria (in applicazione della I. 7 gennaio 1929, n. 4 e r.d.I. 5 dicembre 
1938, n. 1928) ha carattere civile ed � quindi regolata dalle 
norme di diritto civile anche quanto alla prescrizione; e che i verbali 
di accertamento della infrazione valutaria hanno effetto interruttivo 
purch� in essi si esprima in modo inequivoco ed esplicito la volont� 
dell'Amministrazione creditrice di otteenre il soddisfacimento del 
proprio credito ed esigere la pena pecuniaria (cfr. sent. n. 34 del 1968 
e n. 1399 del 1967). La Corte del merito, pur avendo fatto richiamo 
ai suesposti principi, ha poi valutato l'idoneit� del verbale 31 maggio 
1952 ad interrompere la prescrizione con motivazione che non 
si sottrae al sindacato di legittimit�, poich� inadeguata e inficiata da 
vizi logici. La Corte del merito, invero, procedendo all'esame del verbale 
di accertamento del 31 maggio 1952 ha rilevato che era � possi


' 

bile � interpretarlo come atto di costituzione in mora (per il fine 
dell'accertamento, per l'ammontare delle infrazioni valutarie, per l'avvenuta 
comunicazione agli interessati) ma � per implicito � e che era 

� possibile � ravvisare in esso la richiesta � implicita � della pretesa 
dell'Amministrazione Finanziaria. Siffatta motivazione � inadeguata 
perch� non prende compiutamente in esame tutte le risultanze del 
menzionato verbale di accertamento ed � contraddittoria poich�, dopo 
aver premesso che l'atto di costituzione in mora deve provenire da 
una manifestazione espressa di voolnt�, fa poi derivare gli effetti di 
essa da una richiesta �implicita �. 
La sentenza deve essere pertanto cassata in relazione al mezzo 
accolto e la causa deve essere rinviata ad altro giudice di pari grado che 
si designa nella Corte di Appello di Torino -il quale procedendo 
a nuovo esame del verbale di accertamento del 31 maggio 1952, in base 
ai principi suindicati (espressi, segnatamente, nelle sentenze n. 34 del 
1968 e n. 1399 del 1967), dovr� accertare se esso, esprimendo la esplicita 
ed inequivoca volont� dell'Amministrazione creditrice di ottenere 
il soddisfacimento del proprio credito e di esigere la pena pecuniaria, 
possa avere effetto interruttivo della prescrizione. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 711 

La Corte di rinvio provveder� anche sulle spese di questo giudizio. 
La indicata questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1310 

e.e. in relazione all'art. 24 della Costituzione, � superata, allo stato, 
dalla cassazione della sentenza sul punto impugnato poich� soltanto 
se il termine quinquennale della prescrizione (decorrente dal giugno 
1950 -settembre 1951, data della commessa infrazione) dovesse ritenersi 
interrotto per effetto del vevbale di accertamento del 31 maggio 
1952, essa diventerebbe rilevante (a parte la sua fondatezza) in 
relazione all'efficacia interruttiva della interruzione attribuita alla 
notificazione eseguita al corresponsabile Bonizzoni il 3 gennaio 1967, 
non essendovi stati altri atti interruttivi, nei confronti dello Sforza, 
fino al 20 agosto 1960. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1969, n. 175,5 -Pres. Favara 
-Est. Milano -P. M. Toro (conf.) -Baraldi (avv. Guerra) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Salvatori). 

Imposte e tasse in genere -Autonomia del diritto tributario -Difformit� 
dalle nozioni di diritto comun� -Prevalenza. 

Imposta' sul reddito agrario -Esercizio normale dell'agricoltura Nozione. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 65; e.e., art. 2135). 
Imposta di ricchezza mobile -Reddito tassabile -Allevamento di cavalli 
da corsa -� soggetto. 

La legislazione finanziaria, pure presupponendo e ponendo i rapporti 
di diritto privato a base delle imposte, segue tuttavia criteri propri 
del diritto tributario, qualificandone gli effetti in conformit� a tali 
criteri, talvolta in difformit� dai principi di diritto privato; attesa l'autonomia 
strutturale e funzionale del diritto tributario, in caso di difformit� 
tra la norma fiscale e quella di diritto privato la prima deve avere 
la prevalenza (1). 

Pur non sussistendo un reale contrasto tra il concetto di reddito 
agrario, definito nell'art. 65 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 e quello pro


(1-3) La prima massima enuncia in termini generali un concetto che 
pu� dirsi pacifico: Cass. 31 gennaio 1958, n. 282, in Foro it., 1958, I, 1109; 
20 dicembre 1951, n. 2867, in Riv. dir. fin., 1953, II, 213 con nota di G. Z1NGAL1; 
v. anche Relazione Avvocatura Stato, 1956-60, II, 311 e 1961-65, II, 

282. Per le applicazioni specifiche del principio cfr. Cass. 5 gennaio 1963, 
n. 11, in questa Rassegna, 1963, I, 142; 8 giugno 1964, n. 1402, ivi, 1964, I, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prio dell'impresa agraria disciplinata nell'art. 2135 e.e., deve ritenersi 
che, oltre le tre attivit� fondamentali (coltivazione del fondo, silvicoltura 
e allevamento del bestiame) siano da ricomprendere nella definizione 
di reddito agrario le altre attivit� minori che rientrano nell'esercizio 
normale dell'agricoltura, cio� nel ciclo produttivo agrario considerato 
in senso obiettivo e non con riferimento all'accessoriet� quale 
� determinata subiettivamente dal contribuente (2). 

L'attivit� diretta alla riproduzione e all'allevamento di cavalli da 
corsa si concreta in un'attivit� industriale soggetta all'imposta di ricchezza 
mobile e non all'imposta sui redditti agrari (3). 

(Omissis). -Passando, dopo ciO, all'esame dei primi due motivi 
del ricorso osservasi che con gli stessi il ricorrente denuncia la violazione 
degli artt. 2135 e.e. e 65 t.u. sulle imposte dirette, nonch� il 
difetto di motivazione su punti decisivi della controversia e censura 
la sentenza impugnata per aver ritenuto che, ai fini di stabilire la 
natura del reddito derivante dall'allevamento di cavalli da corsa, dovevasi 
aver riguardo, non alla disciplina dettata dall'art. 2135 e.e. per la 
definizione dell'impresa agricola, bensi al concetto di reddito agrario 
quale � posto dall'art. 65 t.u. sulle imposte dirette e per avere, di conseguenza, 
escluso che un modesto allevamento di cavalli �da corsa non 
rientrasse nella normale attivit� agraria. 

Premesso che, essendo il reddito agrario quello dell'imprenditore 
agricolo, la norma da applicare era quella di diritto comune, anche 
perch� non � concepibile una diversa disciplina dello stesso fenomeno 
giuridico-economico dal punto di vista civilistico e dal punto di vista 
tributario, il ricorrente sostiene che, in base al secondo comma dell'art. 
2135, determinate attivit�, anche se non tipicamente agrarie, possono 
essere assunte nell'attivit� agricola, qualora, come nella fattispecie, 
si tratti di quelle attivit� che possono normalmente essere svolte 
e divenire accessorie rispetto alla coltivazione del fondo. Aggiunge che 
anche applicando la norma fiscale il reddito derivante dal suo allevamento 
da corsa era pur sempre reddito agrario, in quanto tale attivit� 
era svolta nei limiti della potenzialit� del fondo, e con l'impiego di 
capitale d'esercizio, integrandosi nell'allevamento del bestiame e nella 
utilizzazione dei prodotti del fondo. Deduce, infine, che in ogni caso 

1133; 9 novembre 1964, n. 2705, ivi, 1964, I, 1009; 25 maggio 1965, n. 1036, 
ivi, 1965, I, 795; 16 luglio 1965, n. 1573, ivi, 1965, I, 1054. 

Sulla seconda e terza massima cfr. in senso conforme Com. Centrale 
26 ottobre 1966, n. 85853, in Riv. leg. fisc., 1967, 781; per una casistica delle 
attivit� connesse all'agricoltura, tassabili con l'imposta sul reddito agrario 
e con l'imposta di ricchezza mobile cfr. N. D'AMATI, v. Redditi agrari, in 
Nuovissimo digesto italiano. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 713 

la motivazione della sentenza denunciata appare difettosa in quanto 
non giustifica l'affermazione che l'allevamento di pochi cavalli in rapporto 
alla potenzialit� del fondo non rientrava nel normale esercizio 
dell'agricoltura. 

I due mezzi sono infondati. 

Esattamente si � ritenuto dalla Corte di merito che, ai fini di 
accertare se il reddito derivante al Baraldi dall'attivit� diretta alla 
riproduzione ed all'allevamento di cavalli da corsa,dovevasi far capo, 
non tanto alla disciplina dettata dall'art. 2135 e.e., quanto al concetto 
di redidto agrario fissato dall'art. 65 t.u. delle leggi sulle imposte 
dirette. 

� noto invero che la legislazione finanziaria, pure presupponendo 
e ponendo i rapporti di diritto privato a base delle imposte, segue 
tuttavia criteri propri al diritto tributario, qualificandone gli effetti in 
conformit� a tali criteri, talvolta in difformit� dei principi di diritto 
privato che li reggono e, attesa l'autonomia strutturale e funzionale 
del diritto tributario, � evidente che in caso di difformit� tra la norma 
fiscale e quella di diritto privato, la prima deve avere la prevalenza 
(Cass. Sez. un. 20 dicembre 1951, n. 2523 e 31 gennaio 1958, n. 285). 

Per altro, neppure sembra a questa Corte che tra l'art. 2135 del 
e.e., che definisce l'oggetto dell'impresa agricola, e l'art. 65 del citato 
t.u., che definisce il reddito agrario come base per l'imposta omonima, 
vi sia sostanziale contrasto. 

La norma fiscale, pure richiamandosi infatti agli artt. 29 e 30 della 
legge 8 giugno 1936, n. 1231 ed agli artt. 4 e 7 del r.d. 4 aprile 1939, 

n. 589, riproduce nella lettera e nello spirito la norma di diritto civile 
dettata in materia di impresa agricola, in quanto, al pari della suddetta 
disposizione, dopo aver indicato le tre attivit� agrarie per intrinseca 
natura (coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame), 
riconosce legislativamente. che, per_ delimitare il campo di applicazione 
dell'imposta sul reddito agrario rispetto a quello dell'imposta 
di ricchezza mobile, cui � assoggettato il reddito derivante dall'industria, 
� sempre al concetto del normale ciclo produttivo agrario che 
si deve ricorrere. 
Vero � che la norma di diritto privato stabilisce che debbono 
considerarsi agricole � le attivit� dirette alla trasformazione o all'alienazione 
dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale 
dell'agricoltura ., mentre la legge fiscale usa la diversa dizione � normale 
esercizio dell'impresa agricola secondo la tecnica che lo governa 
., onde si � ritenuto che il legislatore fiscale con il richiamo alla 
tecnica agraria intende il criterio del normale esercizio dell'impresa 
agraria, non tanto con riferimento all'id quod plerunque accidit, bens� 
nel senso di ritenere il normale ciclo agrario comprensivo di tutte le 
possibili tecniche anche le pi� progredite. 



714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma mentre tale diversit� di dizione non assume rilevanza per la 
risoluzione della controversia, � in ogni caso certo che il legislatore, 
con entrambe le norme, ha inteso fornire dei principi non rigidi per 
la discriminazione dell'attivit� agricola da quella industriale in modo 
da consentire l'accoglimento di quelle modificazioni che, in un prosieguo 
di tempo, si sarebbero necessariamente verificate nella realt�, come 
� altrettanto certo che il criterio della normalit� dell'esercizio dell'impresa 
agricola � il solo e valido criterio per determinare se determinate 
attivit�, che non siano quelle definite agrarie dalla stessa norma di 
legge, rientrino o meno nell'ambito dell'impresa agraria e debbano 
essere, quindi, assoggettate all'imposta sui redditi agrari, a prescindere 
da ogni altra considerazione e, in particolare, a prescindere dalla considerazione 
che le attivit� stesse possano ritenersi prevalenti o accessorie 
ovvero necessarie rispetto alla coltivazione della terra. 

Ed a tale criterio si � appunto attenuta la Corte di merito al fine 
di escludere che l'attivit� diretta alla riproduzione ed all'allevamento 
di cavalli da corsa appartenga all'esercizio normale dell'impresa agricola 
e sia da considerarsi atta a produrre un reddito di natura agraria. 
Ha, infatti, esattamente osservato la Corte che per esercitare un'attivit� 
del genere non sono certo sufficienti le normali cognizioni del 
comune agricoltore, ma � necessario un complesso di specifiche conoscenze 
tecniche in un campo che esula del tutto da quello propriamente 
agricolo. Ha, inoltre, del pari esattamente rilevato che il Baraldi, 
non soltanto allevava e vendeva cavalli da corsa, ma riusciva 
anche a percepire ingenti premi nelle gare di corsa alla quali partecipavano 
i cavalli da lui allevati, deducendone che il risultato economico 
di quella attivit� era dovuto a fattori in gran parte estranei al 
normale esercizio dell'impresa agraria. 

Questo giudizio di merito, fondato su un esatto concetto del � normale 
� esercizio dell'impresa agraria e sorretto da motivazione ineccepibile 
sotto il profilo logico-giuridico, si sottrae ad ogni censura. In 
particolare non pu� rimproverarsi alla Corte di merito di non aver 
preso in adeguata considerazione la circostanza che, nella specie, si 
&arebbe trattato di un allevamento di poco conto, svolto in un'azienda 
agraria promiscuamente ad altro bestiame con l'impiego della stessa 
mano d'opera, per cui esso si presentava come un'attivit� accessoria 
rispetto a quella principale e prevalente della coltivazione della terra. 

L'inconsistenza di tale assunto del ricorrente (per altro non corrispondente 
agli accertamenti di mer�to) si evince facilmente osservando 
che, come si � gi� accennato, il criterio dell'accessoriet�, non 
soltanto � stato respinto dal nostro legislatore quale criterio discriminatore 
tra il reddito �agrario e quello industriale, ma � anche in 
netta contraddizione con il criterio della normalit� dell'esercizio del



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 715 

mente soggettivo, in quanto con esso si classifica un'attivit� in rapporto 
ad altra o ad altre attivit� del soggetto, mentre il criterio della normalit� 
del ciclo produttivo � un criterio oggettivo, giacch� con esso l'attivit� 
del soggetto viene classificata sulle possibili tecniche di una im-. 
presa agraria in relazione alla specifica attivit� presa in considerazione. 

Bene a ragione, �pertanto, la Corte di merito ha anche considerato 
irrilevanti le circostanze dedotte a prova dal ricorrente concernenti 
l'entit� dell'allevamento dei cavalli da corsa e la congruit� dell'allevamento 
stesso in relazione alle dimensioni del fondo giacch�, una 
volta venuto a mancare il presupposto qualificativo del reddito, la 

� potenzialit� � e la capienza produttiva del fondo perdevano totalmente 
la funzione di metro di discriminazione tra il reddito agrario e 
quello industriale e si manifestavano, nel quadro economico dell'attivit� 
industriale e commerciale del Baraldi, quali risparmi nei costi 
di esercizio. 
I primi due motivi del ricorso vanno, pertanto, rigettati. 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 maggio 1969, n. 1770 -Pres. 
Tavolaro -Est. Geri -P. M. Criscuoli (conf.) -Taeggi Piscitelli 
(avv. Pretelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). 

Imposte e tasse in genere -Imposta straordinaria sul patrimonio Estimazione 
semplice e complessa. 

(t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 28). 
Imposta straordinaria sul patrimonio -Accertamento -Motivazione Accertamenti 
anteriori all'entrata in vigore della 1. 5 gennaio 1956, 

n. 1 -Necessit� -Limiti. 
(t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 28; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, artt. 1 e 5). 
Imposta straordinaria sul patrimonio -Accertamento -Accertamento 
analitico e presuntivo -Notificazione dei dati di confronto tra i due 
accertamenti ai fini dell'art. 28, t. u. 9 maggio 1950, n. 203 -Esclusione. 


(t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art 28). 
L'esigenza di indagini di fatto, pur se preordinate mediatamente 
verso l'accertamento ~el cespite imponibile, non � da sola sufficiente 
per configurare la ricorrenza in modo esclusivo di un giudizio di estimazione 
semplice; le questioni di fatto che costituiscono il presupposto 
strumentale diretto per l'applicazione della legge rientrano nel campo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'estimazione complessa, propria della giurisdizione ordinaria. � 
quindi questione di estimazione complessa quella inerente alla legittimitd 
del ricorso all'accertamento presuntivo in luogo di quello analitico 
in materia di imposta straordinaria sul patrimonio (1). 

Prima dell'entrata in vigore della l. 5 gennaio 1956, n. 1, che ha 
imposto la motivazione analitica degli accertamenti (art. 1) sopprimendo 
(art. 5) la facoltd della Commissione distrettuale di aumentare 
gli accertamenti proposti dall'Ufficio (legge che non ha efficacia retroattiva), 
l'accertamento aveva valore di contestatio litis e si svolgeva 
innanzi alla Commissione distrettuale senza alcun vincolo nascente dal 
gid notificato avviso di accertamento; esso pertanto, non avendo natura 
di atto introduttivo che determina irrevocabilmente la pretesa dell'Ufficio, 
non richiedeva una rigorosa motivazione analitica (2)). 

A norma dell'art. 28 t.u. 9 maggio 1950, n. 203 l'Ufficio non � 
tenuto a notificare sia l'accertamento analitico che quello presuntivo, 
ambedue adeguatamente motivati, per dimostrare con raffronto fra 
di essi la preferenza per quello presuntivo, ma deve soltanto notifi.care 
l'accertamento opportunamente motivato col metodo prescelto, anche 
nal caso in cui l'accertamento presuntivo faccia seguito ad una denuncia 
analitica del contribuente (3). 

(Omissis). -In via di precedenza logica occorre esaminare il 
ricorso incidentale dell'Amministrazione finanziaria, secondo il quale 
l'autorit� giudiziaria sarebbe carente di giurisdizione, poich� si verterebbe 
in materia di estimazione semplice, in quanto tutte le indagini 
da compiere per definire la controversia sarebbero di mero fatto e non 
importerebbero la risoluzione di questioni giuridiche. 

A tanto si dovrebbe pervenire, aggiunge lAmministrazione ricorrente, 
quand'anche si dovesse ritenere che l'art. 28 t.u. 9 ma1ggio 1950, 

n. 203 delle disposizioni riguardanti l'imposta sul patrimonio, postuli 
un confronto fra le risultanze dell'indagine analitica e quelle della 
valutazione globale, perch� si tratterebbe in ogni caso di un confronto 
fra due serie di elementi di puro fatto, analitici e presuntivi. 
Il ricorso � destituito di fondamento. 
Occorre anzitutto osservare che l'esigenza di indagini di fatto, 
pur se preordinate mediatamente verso l'accertamento del cespite impo


(1-3) La prima massima ricalca la sent. delle Sez. Un., 20 febbraio 

1969, n. 565 (in questa Rassegna, 1969, I, 141) e come quella non offre 

una definizione sufficientemente chiara del concetto ampliato di estimazione 

complessa. 

Sulla seconda massima cfr. Cass. 8 gennaio 1966, n. 148, ivi, 1966, I, 

172 con nota di A. QUARANTA. Sull'ultima massima, assai persuasiva, non 

constano precedenti. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 717 

nibile, non � da sola sufficiente per configurare la ricorrenza in modo 
esclusivo di un giudizio di estimazione semplice. 

� stato infatti posto in evidenza recentemente, anche da queste 
stesse Sezioni Unite Civili (sent. n. 565 del 20 febbraio 1969)), che 
le questioni di fatto, le quali costituiscano il presupposto strumentale 
diretto per l'applicazione della legge, rientrano pur sempre negli ampi 
limiti della cosidetta estimazione complessa, propria -come � noto della 
giurisdizione ordinaria. 

Basterebbero le predette brevi osservazioni per togliere fondamento 
alla tesi dell'Amministrazione, postoch� la ricerca degli elementi analitici 
e di quelli presuntivi, mentre assolve alla funzione mediata di accertamento 
quantitativo degli imponibili, risulta invece in via diretta 
preordinata all'applicazione della legge (estimazione complessa), col 
rendere possibile il confronto fra le risultanze analitiche e quelle 
induttive voluto dalla norma (art. 28 del t.u. n. 203/1950). 

Nella specie per� nemmeno occorre esaminare se le questioni di 
fatto insorgenti siano dirette ad un mero 1giudizio di valutazione quantitativa 
oppure costituiscano lo strumento necessario per l'applicazione 
della legge, poich� quelle fondamentali poste al giudice ordinario hanno 
carattere essenzialmente giuridico. 

� sufficiente al riguardo rilevare che il quesito di fondo della 
controversia investe l'interpretazione e la portata dell'art. 28 del t.u., 
onde dedurne e delimitarne le condizioni che legittimano l'adozione del 
criterio induttivo in luogo di quello analitico. Trattasi, all'evidenza, di 
un giudizio di valore squisitamente giuridico che rientra pienamente 
nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario. 

La ricorrente principale ha anche sostenuto l'obbligo dell'amministrazione 
finanziaria di notificare al contribuente i risultati dell'accertamento 
analitico. Anche questo quesito ha natura palesemente giuridica 
e come tale proprio della giurisdizione ordinaria. 

L'ulteriore problema se, dei beni divenuti manifesti dopo il 28 
marzo 1947 (data alla quale doveva essere riferita la consistenza patrimoniale 
colpita dall'imposizione straordinaria) e precisamente nel 
1950, si potesse tener conto legittimamente ai fini dell'accertamento 
induttivo di un patrimonio occulto esistente alla data suddetta, � essa 
pure una questione di diritto, poich� involge una questione sui limiti 
di ammissibilit� delle prove presuntive, ih materia tributaria. 

Non si verte dunque in tema di estimazione semplice, come sostiene 
la Finanza, bensi di estimazione complessa sog.getta alla cognizione del 
giudice ordinario. 

Nel primo motivo del ricorso principale si sostiene la ~iolazione 

degli artt. 68, 75, 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 in relazione agli arti


coli 28 e 45 t.u. 9 maggio 1950, n. 203, nonch� contraddittoriet�, omis


sione ed insufficienza di motivazione, perch� non soltanto l'Ufficio delle 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

imposte avrebbe l'obbligo di motivare l'accertamento, anche ai fini della 
regolare costituzione del contraddittorio tributario, ma, con specifico 
riferimento all'imposta straordinaria sul patrimonio, dovrebbe anche 
notificare al contribuente i dati del confronto fra criterio analitico e 
criterio presuntivo, onde giustificare l'adozione di quest'ultimo. 

La Corte di merito, negando l'esigenza dei due diversi accertamenti 
da notificare distintamente, avrebbe erroneamente ritenuto che 
la legge limiti ad un fatto interno dell'Ufficio imposte l'obbligo di 
eseguire il confronto fra i valori presunti e quelli rettificati analiticamente, 
senza darne ragione al contribuente nell'avviso di accertamento 
con motivazione succinta. 

Il mezzo non � fondato. 

Esso, pur facendo formale riferimento alle norme in vigore al 
momento dell'accertamento, risulta essenzialmente basato -a giudicar 
dall'iter logico e dai richiami seguiti -sulla disposizione dell'articolo 
1 legge 5 gennaio 1956, n. 1, secondo la quale � gli accertamenti 
delle imposte dirette devono essere analiticamente motivati � a pena 
di nullit�. Questa norma � stata .poi trasfusa nell'art. 37 del t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645 delle leggi sulle imposte dirette. 

Non senza ragione il legislatore del 1956 e quindi quello del 1958 
ha preteso un particolare pi� intenso rigore relativamente all'obbligo 
di motivare l'accertamento, a pena di nullit�, rispetto alle disposizioni 
precedentemente in vigore. Infatti, essendo stata soppressa, ai sensi 
dell'ultimo comma dell'art. 5 della stessa legge n. 1 del 1956, la facolt� 
di aumentare i redditi accertati dall'Ufficio, attribuita alle Commissioni 
distrettuali per le imposte dirette, l'accertamento tributario 
doveva necessariamente trasformarsi da mero atto introduttivo, mutevole 
e soggetto a variazioni persino nella prima fase del contenzioso, 
ad atto di particolare rilievo per l'intera fase successiva, nel quale 
vengono fissati irrevocabilmente, secondo la pretesa dell'Ufficio, la specificazione 
e la quantit� degli imponibili. 

Questo diverso carattere dell'accertamento .postula -a pena di 
nullit� -una motivazione analitica, che non appariva necessaria o, 
quanto meno, aveva un pi� modesto rilievo nel sistema precedente, 
nel quale la contestatio litis si verificava davanti alla Commissione distrettuale 
senza alcun vincolo nascente dal gi� notificato avviso di 
accertamento. 

Ove poi si consideri che questo mutamento legislativo, dato il 
suo indubbio carattere innovativo, non pu� essere applicato retroattivamente 
agli accertamenti notificati anteriol'mente all'entrata in vigore 
della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (cosi anche sent. n. 148 del 1966), 
ancor pi� manifesta si dimostra l'infondatezza del primo fondamentale 
mezzo del ricorso principale. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 719 

Infatti il diverso sistema anteriormente vigente non richiedeva, 
come si � detto, un particolare rigore nella motivazione degli accertamenti, 
appunto perch� gli stessi r�ppresentavano un mutevole presupposto 
della successiva fase, nella quale soltanto la controversia tributaria, 
nel corso del contenzioso di prima istanza, assumeva una sua 
stabile ed immodificabile dimensione. 

Ecco perch� prima della legge di cui sopra (la n. 1 del 1956) i 
dati del confronto fra accertamento analitico e accertamento sintetico 
ben potevano trovare la loro manifestazione nel contraddittorio differito 
davanti alla Commissione distrettuale e quindi davanti a quelle 
successive. 

La ricorrente tuttavia, pur avendo trascurato del tutto gli illustrati 
problemi di diritto transitorio, sembra voler fondare la propria tesi 
circa l'esigenza della notificazione dei dati del confronto di cui sopra 
anche sulla portata e sulla interpretazione dell'art. 28 t.u. n. 203 del 
1950, cio� indipendentemente dal nuovo orientamento legislativo, che 
richiede, come s'� detto, una motivazione analitica particolarmente 
rigorosa. 

Senonch�, pur tenendo conto di questo diverso profilo, la censura 
si dimostra destituita di fondamento. 

L'art. 28 stabilisce che allorquando il tenore di vita del contribuente, 
posto in relazione con i suoi redditi conosciuti, o altri elementi 
indiziari lascino fondatamente ritenere che il patrimonio accertato a 
suo carico in via analitica sia inferiore a quello effettivamente posseduto, 
pu� procedersi ad accertamento presuntivo. 

Questa disposizione, la quale nulla aggiunge e nulla toglie al generale 
principio dell'obbligo di motivare gli accertamenti trib.tari, non 
contiene per� un analogo obbligo di motivare e notificare i dati del 
confronto, in base al quale l'Ufficio abbia ritenuto di adottare il sistema 
induttivo. 

Quel generale principio perci� deve ritenersi soddisfatto quando 
l'accertamento prescelto, sia esso analitico o presuntivo, venga adeguatamente 
motivato. 

Qualora, ci� malgrado, il contribuente ritenga illegittima od arbitraria 
la scelta, da parte dell'Ufficio, del tipo di accertamento applicabile 
al caso concreto, egli ben pu� dolersene nella competente sede, 
propria del contenzioso tributario, dimostrandone l'affermata illegittimit�. 
Al contrario, se la motivazione dell'accettamento presuntivo gli 
appaia soddisfacente, egli potr� ad essa acquietarsi oppure impugnarla 

� limitatamente � al quantum. Dal che resta dimostrato che l'obbligo 
della motivazione non investe, .come � naturale che sia e come le 
ricordate disposizioni richiedono, il procedimento comparativo dei due 
sistemi di accertamento, ma soltanto il tipo di accertamento adottato. 
9 



720 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'arbitrariet�, l'insufficienza, l'inesattezza della motivazione ben 
possono costituire elementi indicativi dell'erronea scelta del sistema 
induttivo in luogo di quello analitico, giustificando cos� l'impugnazione 
del contribuente, senza necessit� che gli siano preventivamente notificati 
i dati del confronto. 

Il sindacato del giudice � dunque limitato ad accertare, in seguito 
alle censure del contribuente, se siasi proceduto al sistema analitico 
e se, in base al risultato ottenutone, l'adozione di quello presuntivo trovi 
una sua adeguata giustificazione. Questo � appunto quanto � stato fatto 
in sede di merito, come si evince dalla diffusa motivazione, sul punto, 
della impugnata sentenza, laddove sono state prese in esame le varie 
operazioni analitiche effettuate dall'Ufficio prima di notificare alla 
contribuente il contestato avviso. 

Nel quale peraltro non � soltanto contenuta un'ampia motivazione 
dell'accertamento presuntivo adottato �(cosa che neppur la contribuente 
ha potuto contestare), ma, anche i dati analitici riferitiall� 
denunzia tributaria presentata dalla ricorrente medesima. Pertanto 
una base comparativa fra i due criteri � stata portata a conoscenza 
dell'interessata, in modo da consentirle una adeguata difesa, ove si 
tenga presente che l'eccessivit� del divario fra cespiti analiticamente 
dichiar�ati e cespiti presuntivamente accertati va attribuita al fatto del 
contribuente, quando l'accertamento induttivo trovi un sufficiente e 
ragionevole fondamento, come nella specie, in una convincente e diffusa 
motivazione. 

Al riguardo la difesa sostiene (cos� almeno sembra) che l'Ufficio 
di fronte ad una denunzia analitica infedele debba necessariamente ed 
in ogni caso procedere ad una rettifica, pur essa analitica. 

Ma ci� non si evince n� dalla lettera n� dallo spirito della legge, 
la quale, a tutela delle parti, ha preteso esclusivamente la motivazione 
dell'accertamento, onde ben pu� ritenersi legittima la rettifica sintetica 
di una dichiarazione analitica, quando quest'ultima si dimostri manifestamente 
inattendibile o non contenga sufficienti elementi di controllo 
della sua attendibilit�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1969, n. 1786 -Pres. 
Pece -Est. Mazzacane -P. M. Gedda (conf.) -Istituto di credito 
agrario per l'Italia centrale (avv. Mesiano) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Masi). 

Imposte e tasse in ~enere -Imposte indirette -Imposte surro~atorie � 
Abbonamento -Nozione. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 721 

Imposta di re~istro -Credito a~rario -Abbonamento -Cessione di 
crediti -Credito di esercizio -Esclusione dall'abbonamento. 

(1. 5 luglio 1928, n. 1760, artt. 6, 8, 9 e 21; L 6 dicembre 1965, n. 1381). 
n sistema di abbonamento presuppone necessariamente un calcolo 
in via approssimativa del capitale impiegato annualmente in negozi 
giuridici sottratti aUa normale tassazione; ne deriva che la disciplina 
dell'abbonamento per la struttura stessa del sistema di accertamento 
deve essere applicata per le imposte sostituite esclusivamente alle operazioni 
che rientrano nell'attivit� ordinaria dell'ente, nelle forme specifiche 
previste dalla legge ed esclude l'estensione a qualsiasi altro 
atto che sia in semplice relazione con l'attivit� dell'ente stesso (1). 

Mentre per le operazioni di credito agrario di miglioramento le 
garanzie possono comprendere, oltre l'ipoteca, qualunque altra garanzia 
ritenuta idonea dall'istituto mutuante, per le operazioni di credito agrario 
di esercizio le garanzie non possono estendersi oltre i privilegi 
legali sui prodotti, sul bestiame, sulle macchine e sugli attrezzi ed 
eventualmente i privilegi convenzionali su questi stessi beni. Conseguentemente 
la cessione di crediti, che d� sempre luogo alla trasmissione 
della titolarit� del credito anche se espressamente pattuita al 
solo scopo di garanzia, accessoria ad una operazione di credito agrario 
di esercizio non pu� rientrare nel regime di abbonamento ed � soggetta 
ad autonoma imposizione di registro. La legge interpretativa 
6 dicembre 1965 n. 381 non ha ampliato. lo schema delle garanzie disciplinato 
nella legge n. 1760 del 1928, ma ha semplicemente chiarito che 
gli atti con cui si costituiscono le garanzie, in quanto ammesse, possono 
contenere clausole intese a mantenerle integre (proroghe e innovazioni) 
o a disciplinare il rapporto di prestit� in caso di inadempienza 
anche con la pattuizione della decadenza dal beneficio del termine e 
della corresponsione di interessi moratori (2)). 

(Omissis). -Con il primo mezzo l'Istituto denuncia la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 12 primo comma preleggi e dell'art. 21 

r.d.l. 29 luglio 1927, n. 1502, convertito in legge 5 luglio 1928, n. 1760, 
in relazione all'art. 2 della stessa r.d.l., nonch� in relazione all'art. 1 
lett. G del d.m. 23 gennaio 1929, contenente norme regolamentari, ed 
agli artt. 1 e ss. del d.m. 11 marzo 1939, contenente le norme per l'am(
1-2) La prima massima fornisce un utile sussidio, di generale applicazione, 
per la delimitazione dell'ampiezza del sistema di abbonamento. 

La seconda massima � assai importante soprattuttp nella parte in cui 
chiarisce la portata della legge interpretativa 6 dicembre 1965, n. 1381. 
La sentenza 16 maggio 1963, n. 1244, citata nel testo, si legge in Foro it., 
1963, I, 2187. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

missione degli istituti di credito agrario all'abbonamento annuo alle 
tasse sugli affari, anche sotto il profilo della omessa, insufficiente e 
contraddittoria motivazione (art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.). Il ricorrente 
sostiene che -contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito 
-la cessione di credito, stipulata da esso quale mutuante, con 
il mutuatario debitore, allo scopo di rafforzare una garanzia resa nella 
specie meno efficiente dal fatto che il privilegio (legale o convenzionale), 
consentito dalla legge n. 1760 del 1928, non era esercitabile a 
motivo dell'incommerciabilit� del prodotto del fondo, � attratta nel 
regime tributario dell'abbonamento previsto dalla citata legge, e successive 
modificazioni; esso aggiunge, con la memoria illustrativa, che 
la tesi prospettata trova conferma nella sopravvenuta legge del 6 dicembre 
1965 n. 1381. 


La censura � infondata. 

Per la legge 5 luglio 1928, n. 1760, gli Istituti Regionali di Credito 
agrario, indicati dall'art. 14 della legge stessa, sono obbligati a corrispondere 
un canone annuo di abbonamento, commisurato sul capitale 
impiegato in ogni esercizio annuale, in luogo del pagamento delle tasse 
sugli affari e dell'imposta di ricchezza mobile. Il sistema di abbonamento 
presuppone necessariamente, per quanto concerne il conglobamento 
in esso della imposta di registro, un calcolo, in via approssimativa, 
del capitale impiegato annualmente in negozi giuridici, sottratti 
alla normale tassazione. Ne deriva che la disciplina dell'abbonamento, 
per la �struttura stessa del sistema di accertamento, deve essere applicata 
per la imposta di registro (come del resto per altre imposte sostituite 
da esso) esclusivamente alle operazioni che rientrano nell'attivit� 
ordinaria dell'ente, nelle forme specifiche previste dalla legge, ed 
esclude l'estensione -pretesa del ricorrente -a qualsiasi atto che 
sia comunque in relazione con una operazione di credito agrario. 


La premessa permette di riportare la controversia nei suoi precisi 
termini: si tratta di stabilire se gli atti in questione siano compresi o 
non fra quelli per i quali gli Istituti di credito agrario sono ammessi 
al regime tributario dell'abbonamento. 


Orbene la sentenza impugnata ha rilevato che, negli atti tassati, 
il mutuatario pose a disposizione dell'Istituto i prezzi dei prodotti ricavandi 
dalle culture, ai fini dell'esercizio del privilegio legale di cui 
all'art. 8 legge n. 1760 del 1928, e, per di pi�, cedette al mutuante � a 
maggior garanzia � il proprio credito nei �confronti della Fattoria Autonoma 
Tabacchi, per il tabacco gi� consegnato nell'anno precedente. In 


, quest'ultima dichiarazione esattamente la Corte ha ravvisato una cessione 
di credito. Per vero il fatto che le parti avessero dichiarato di 
voler costituire la cessione a scopo di garanzia non � idoneo ad attribuire 
al negozio un carattere diverso dalla cessione. Questa, infatti, 
rientra fra i negozi a causa variabile onde pu� essere stipulata anche 

I!~ 

1~: 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 723 

a fine di garanzia, dando egualmente luogo alla trasmissione immediata 
della titolarit� del credito ceduto. In tal caso si ha un eccesso del 
mezzo che caratterizza il negozio, riconducendolo fra quelli indiretti, 
ma non una diversa figura negoziale (cfr. Cass., Sez. Un., 16 maggio 
1963, n. 1244). 

Cosi qualificato il negozio, deve escludersi che esso rientri fra 
quelli per i quali gli Istituti di credito agrario sono ammessi al regime 
tributario dell'abbonamento. 

� incontestato che le sovvenzioni concesse dall'Istituto ricorrente 
ai tabacchicoltori costituirono operazioni concernenti il credito agrario 
di esercizio. Per tali operazioni la legge n. 1760 del 1928 prevede che 
i mutui concessi dall'Istituto sono assistiti da privilegi legali sui prodotti, 
sulle derrate, sul bestiame, sulle macchine e sugli attrezzi (articolo 
8) e, eventualmente, da � privilegi convenzionali � sui beni stessi, 
per la parte del valore eccedente i crediti, gi� assistiti da privilegio 
legale. Per contro, quanto alle operazioni di credito agrario di miglioramento, 
l'art. 6 della legge n. 1760 del 1928 stabilisce che alla garanzia 
ipotecaria pu� essere aggiunta qualsiasi altra garanzia � ritenuta 
idonea dall'Istituto mutuante �. Il raffronto fra le garanzie previste per 
le operazioni di credito agrario di esercizio (artt. 8 e 9) e quelle indicate 
per le operazioni di credito agrario di miglioramento (art. 6) 
chiarisce con evidenza che, mentre le prime sono garanzie tipiche, 
le seconde sono garanzie in parte tipiche ed in parte atipiche, rimesse 
queste ultime �alla libera autonomia delle parti. Ne consegue che la 
cessione in garanzia ben pu� rientrare nell'ampia dizione dell'art. 6 
citato, ma non certo fra gli atti di garanzia tipici previsti per le operazioni 
di credito agrario di esercizio (cfr. Cass., Sez. Un., 16 maggio 
1963, n. 1244), e che, quindi, per tali operazioni, se le parti deroghino 
alla specifica regolamentazione del rapporto, con pattuizioni aggiuntive 
suscettibili di autonoma imposizione tributaria, ad esse non potr� 
essere esteso il regime di abbonamento tributario previsto dalla legge 

n. 1760 del 1928. 
Non giovano alla tesi del ricorrente le disposizioni regolamentari 
da esso richiamate, per la concessione dei crediti agrari e l'art. unico 
della 1. 6 dicembre 1965, n. 1381. 

L'art. 1 del regolamento per l'esecuzione della legge sul credito 
agrario, approvato con d.l. 23 gennaio 1928, al comma I lett. g accenna, 
per le operazioni di credito agrario di esercizio, ad � eventuali garanzie 
sussidiarie offerte � dal mutuatario. La norma, per la sua natura 
regolamentare, incontra un limite nella legge cui essa � collegata; e 
pertanto essa deve essere necessariamente riferita, come i giudici del 
merito hanno esattamente rilevato, alle garanzie di cui all'art. 9 della 
legge n. 1760 del 1928 le quali sono � eventuali ., appunto perch� convenzionali, 
e perch� sussidiarie, in quanto dirette a coprire � la parte 



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. I 

I

724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

@.

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�

di valore eccedente i crediti assistiti dal privilegio legale � (art. 9 i�~ 

1. n. 1760 del 1928). r,1 
~}

L'articolo unico della legge 6 dicembre 1965 n. 1381, poi, testual


~~~ 

mente dispone: 

�Nel trattamento tributario previsto dall'art. 21 del r.d.l. 29 lulii 
glio 1927, convertito con modificazioni nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, 
e successive modificazioni ed integrazioni, rientrano tutti gli atti ed I 
i contratti relativi alle operazioni di credito agrario, anche se contengono 
clausole intese a mantenere integre le garanzie prestate dal 
debitore e a disciplinare il rapporto di prestito in caso di inadempienza 
I

totale o parziale dell'obbligazione, ivi comprese quelle inerenti alla 
decadenza dal beneficio del termine ed alla pattuizione di interessi moratori 
ai sensi del secondo comma dell'art. 1224 e.e. 

La prima parte della norma, se separata dalla specificazione sue-

II

cessiva, non sta certo a significare, nella sua generica previsione, che 
il legislatore abbia ampliato lo schema delle garanzie precedentemente 
predisposte. Ma in realt� la prima parte della norma, anzich� *'fa

ii\

separata, deve essere integrata dalla seconda parte di essa, di tal che 

m

'V.::

la norma medesima, esaminata nel suo complesso, rivela che il legi


v:, 

slatore ha inteso, dirimendo i dubbi sorti nella interpretazione dell'ar,;:, 
ticolo 21 della legge n. 1760 del 1928, precisare che devono godere 
del trattamento tributario previsto dalla disposizione ora citata anche 
gli atti diretti a mantenere integre le garanzie (quali le proroghe o le 

~ 

>::::

rinnovazioni). La puntualizzazione della legge interpretativa va posta 
in relazione al principio giurisprudenziale per cui un particolare trat!..
I: 
tamento previsto per un atto di garanzia non � pi� applicabile quando b 

I J3 

l'atto stesso contenga, oltre alla garanzia, una regolamentazione anche 
parziale, di rapporti giuridici soggetti a tassa proporzionale. Con la 
norma interpretativa si � voluto quindi precisare che le clausole 
accessorie alla garanzia prestata secondo il normale schema della 
legge n. 1760, le quali prevedano il pagamento di interessi moratori, 
non modificano la natura della garanzia, alla quale sar� egualmente 
applicabile il trattamento tributario di cui all'art. 21 citato. 

Senonch� la fattispecie oggetto della presente controversia � di-'

&.' 

versa: in essa non si discute dell'estensione dell'agevolazione fiscale a 

. 

clausole accessorie inerenti alla garanzia prestata a norma di leg�ge, 

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ma si c01;itesta dall'Amministrazione finanziaria che l'atto, con il quale ' 

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si � inteso raggiungere indirettamente un eventuale fine di garanzia, 
possa rientrare nel trattamento tributario di abbonamento. La norma 

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interpretativa non pu� perci� essere utilmente invocata, poich� essa 

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non � idonea a dilatare l'ambito di applicazione del citato art. 21, sino ,...� 
a farvi rientrare un atto non espressamente previsto. 
Pertanto, esclusa la possibilit� di inserire l'atto fra quelli per 
quali l'Istituto fruisce del regime dell'abbonamento, esattamente i giu



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 725 

dici del merito hanno ritenuto che esso, avendo -come si � detto l'intrinseca 
natura e i reali effetti di una cessione di credito, fosse 
assoggettabile alla normale imposta di registro prevista per tale 
negozio. 

Con il secondo motivo l'Istituto ricorrente denuncia la violazione 
e falsa applicazione degli artL 1362 e 1363 e.e. sotto il profilo della 
omissione, insufficiente, illogicit� e contraddittoriet� della motivazione 
(art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.). Sostiene l'Istituto ricorrente che la Corte 
non ha dato alcun valore alla manifestazione di volont� dei contraenti, 
e, pur riconoscendo l'intento delle parti di costituire una garanzia, ha 
poi del tutto omesso di valutare il contratto in conformit� a tale intenzione 
che pure era resa palese dalla stessa intestazione del modulo 
contenente la dichiarazione sottoposta a registrazione. 

La confutazione di tale motivo -palesemente infondato -� insita 
nelle argomentazioni svolte nell'esame, del primo motivo. Invero ivi 
si sono indicate le ragioni per cui l'atto in questione -pur con le 
dichiarate finalit� di garanzia -avesse la natura di una cessione di 
credito, e le ragioni per cui l'atto stesso, cos� qualificato, non potesse 
ritenersi compreso nell'abbonamento tributario. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2459 -Pres. Rossano 
-Est. Mazzacane -P. M. Gentile (conf.) -Rodrigues (avv. Siracusano 
e Sacca) c. Ministero delle Finanze -(avv. Stato Peronaci). 

Imposta di registro -Vendita di cosa futura -Promessa di vendita Diverso 
regime di tassazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 5). 
Per l'art. 5 della tariffa aU. A della legge di registro, sono soggette 
a tassa fissa le promesse bilaterali di compravendita che abbiano per 
oggetto non il trasferimento della propriet� della cosa, ma l'obbligo 
di concludere il contratto che attua tale trasferimento, mentre � dovuta 
la imposta proporzionale per quei contratti che, indipendentemente 
dalle denominazioni usate dalle parti, sono idonei ,di per s�, senza bisogno 
di una ulteriore manifestazione di consenso, a produrre il voluto 
trasferimento del diritto, immediato o differito (1). 

(Omissis). -Il primo motivo del ricorso, con cui si denuncia la 
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. e 4, 81 e 82 della legge 

(1) La presente sentenza, di identico contenuto della successiva n. 2460, 
merita di essere segnalata per la esatta distinzione, ai fini della applicazione 

-. 

726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ 

sulle imposte di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), nonch� omessa 
insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, si articola in 
due distinte censure che si esaminano separatamente. 

Con la prima censura s� sostiene che la Corte del merito ha erroneamente 
ritenuto applicabile al contratto de quo l'art. 5 tar. all. A 
della legge di registro, poich� la norma citata comprende i contratti 
che, bench� qualificati dalle parti come promesse di vendita, sono di 
per s� idonei a produrre il trasferimento immediato o differito del diritto, 
ma non i contratti che, come quello in esame hanno efficacia 
meramente obbligatoria (promessa di costruire un aliscafo) ed esigono, 
per il trasferimento del diritto, una ulteriore manifestazione di consenso 
dei soggetti contraenti. 

La censura non ha fondamento. 

La sentenza impugnata ha accertato che con la scrittura provata 
del 9 aprile 1960 le parti non si obbligarono ad addivenire in un momento 
successivo alla vendita di un costruendo aliscafo, ma vollero 
trasferire la �propriet� di esso senza bisogno di successive manifestazioni 
negoziali. La Corte ha infatti rilevato che l'atto de quo contiene 
l'accordo delle parti sia sulla cosa (costruendo aliscafo) che sul prezzo 
con le relative modalit� di pagamento, che le parti conclusero un contratto 
di vendita di cosa futura perfetto ab initio poich� ricorrevano 
in esso tutti gli elementi essenziali (i soggetti, la causa venditionis, 
l'oggetto costituito dalla res sperata o in fieri) (cass. civ. 6 aprile 
1966 n. 910) e non era prevista la necessit� di una successiva dichiarazione 
di volont� delle parti per produrre l'effetto traslativo quando la 
cosa venduta fosse venuta ad esistenza. 

Il convincimento espresso dalla Corte sulla interpretazione della 
volont� delle parti non pu� essere contrastato dai documenti esibiti in 
questa sede dal ricorrente, perch� inammissibili a norma dell'art. 372 

c.p.c. e costituisce un apprezzamento di fatto che per essere adeguata-
della imposta di registro, fra promesse di vendita e vendite obbligatorie. 

Entrambe tali fattispecie non determinano, come � noto, il trasferimento 
immediato di ricchezza che l'imposta di registro colpisce, ma c�� non pu� 
giustificare il loro assoggettamento ad uguale regime di tassazione. 

Difatti, mentre le promesse di vendita non hanno per oggetto il trasferimento 
del diritto ma il solo obbligo di concludere successivamente 
il relativo contratto, le vendite obbligatorie invece (nella specie vendita 
di cosa futura) hanno proprio tale oggetto, ed il relativo effetto traslativo 
si produce direttamente 1n base ad esse, seppure differito ad un momento 
successivo (nella specie al momento della venuta ad esistenza della cosa 
ex art. 1472 c. c.). 

La sentenza 5 gennaio 1963, n. 11 richiamata in motivazione � pubblicata 
in questa Rassegna, 1963, 142. In argomento cfr. anche Relazione 
Avv. Stato, 1961-65, II, p, 507. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 727 

mente motivato ed immune da vizi logico giuridici, sfugge al sindacato 
di legittimit�. 

La sentenza impugnata ha quindi concluso, uniformandosi ai principi 
enunciati da questa Corte Suprema (sent. n. 11 e n. 1927 del 1963), 
che l'atto era assoggettabile all'imposta proporzionale di registro, poich�, 
per l'art. 5 della tar. all. A della legge di registro, sono soggette 
a tassa fissa le premesse bilaterali di compravendita che abbiano per 
oggetto non il trasferimento della propriet� della cosa, ma l'obbligo 
di concludere il contratto che attua tale trasferimento, mentre � dovuta 
l'imposta proporzionale per quei contratti che indipendentemente 
dalle denominazioni usate dalle parti, sono idonei di per s� -senza 
bisogno di una ulteriore manifestazione di consenso -a produrre il 
voluto trasferimento del diritto (immediato o trasferito). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2618 -Pres. Malfitano 
-Est. Elia -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Coronas) c. Simone (avv. Iona e Rosati). 

Imposta di registro -Societ� -Trasferimento di quote di societ� in 
accomandita semplice stipulato dopo il 1� gennaio 1954 -Imposta 
proporzionale -Applicabilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 108; l. 6 agosto 1954, n. 603, 
artt. 26 e 36). 
L'art. 26 della legge 6 agosto 1954 n. 603 ha abolito l'imposta di 
negoziazione con effetto dal 1� gennaio 1954. Ora, poich� nel regime 
tributario anteriore il pagamento della imposta di negoziazione costituiva 
il presupposto della esenzione dal pagamento della imposta proporzionale 
di registro sui trasferimenti delle quote o carature di societ� 
in accomandita semplice, l'abolizione dell'imposta di negoziazione ha 
comportato la simultanea inapplicabilit� della detta esenzione (1).) 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza 
impugnata per aver ritenuto che la cessione delle carature 
della societ� in accomandita semplice � Stabilimenti Industriali Valle 
Elvo di Simone Giovanni e Figlio � fosse esente dal pagamento della 
imposta proporzionale di registro sebbene fosse stata eseguita con atto 
registrato in data successiva al 1� gennaio 1954, cio� quando non era 

(1) La presente sentenza conferma il principio di cui alla precedente 
Cass. 16 dicembre 1966, n. 2941 (in questa Rassegna, 1967, 1, p. 145) onde 
la giurisprudenza sul punto pu� ormai ritenersi consolidata. 

728 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pi� applicabile l'imposta di negoziazione, avendo la legge 6 agosto 
1954, n. 603 abolita la detta imposta (prevista dal r.d. 15 dicembre 
1938, n. 1975 modificato dal d.1. 5 settembre 1947, n. 1173) a decorrere 
dal 1� gennaio 1954. In proposito deduce l'Amministrazione ricorrente 
che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che l'abolizione con 
effetto retroa~tivo della imposta di negoziazione non comporti l'inapplicabilit� 
per il periodo di retroattivit� anche della esenzione dal pagamento 
della imposta proporzionale di registro, perch�, venuto meno 
il presupposto dell'esenzione, questa non era pi� applicabile e quindi 
la cessione era soggetta alla normale imposta di registro sui trasferimenti. 


La censura � fondata. 

L'art. 26 della legge 6 agosto 1954, n. 603 ha abolito l'imposta di 
negoziazione con effetto dal 1� gennaio 1954. Ora, poich�, come pi� 
volte questa Corte Suprema ha affermato (Cass. 15 dicembre 1966, 

n. 2941; Cass. 6 luglio 1968, n. 2300), nel regime tributario anteriore 
al 10 gennaio 1954, il pagamento della imposta di negoziazione costituiva 
i presupposto dell'esenzione dal pa�gamento dell'imposta proporzionale 
di registro sui trasferimenti delle quote e carature delle societ� 
in accomandita semplice, l'abolizione della imposta di negoziazione 
comportava la simultanea inapplicabilit� della detta esenzione. 
Conseguentemente l'atto di cessione delle carature della suddetta 
societ� in accomandita semplice per le quali non era stata pagata l'imposta 
di negoziazione era soggetto al pagamento della imposta proporzionale 
di registro sui trasferimenti. 

N� vale obbiettare che cosi concludendo si viene a dare effetto retroattivo 
all'art. 36 della legge n. 603 del 1954, contenente il nuovo testo 
dell'art. 108 della legge di registro, il quale non fa pi� riferimento alla 
imposta di negoziazione, sebbene il legislatore non abbia compreso tale 
articolo fra quelli ai quali ha attribuito effetto retroattivo, perch� la 
conclusione alla quale si � pervenuto � il risultato non dell'attribuzione 
di effetto retroattivo alla cennata norma, ma della puntuale applicazione 
del principio secondo cui, abrogata una norma, viene meno 
la possibilit� di applicazione di quelle che trovano in essa il presupposto 
per la loro applicazione. 

La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto ritenere legittimo l'accertamento 
dell'imposta proporzionale di registro sull'atto di cessione 
delle carature sociali e, conseguentemente, accogliere la domanda in 
tali sensi proposta dalla Amministrazione Finanziaria. -(Omissis). 

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SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1893 -Pres. 
Scarpello -Rel. Berri -P. M. Di Majo (conf.) -Ente Nazionale 
per l'Energia Elettrica -ENEL -(avv. Giuseppe ed Ernesto Conte) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni). 
Acque pubbliche -Concessione -Diritto perfetto alla utilit� inerente 
alla concessione derivante al concessionario anche nei confronti 
dell'amministrazione concedente -Sussiste condizionatamente 
alle esigenze di pubblico interesse. 

(r.d. 11 licembre 1933, n. 1775, artt. 2 e segg.). 
Acque pubbliche -Canone di utenza -Natura giuridica -Carattere 
tributario -Esclusione -Provento del demanio pubblico. 

(r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 35; r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 17; 
r.d. 14 aprile 1910, n, 639, art. 1; art. 2774, e.e.). 
Acque pubbliche -Concessione -Prestazioni e controprestazioni delle 
parti -Corrispettivit�, sotto certi profili, delle prestazioni Canone 
di utenza -Corrispettivo pecuniario del bene dato in 
concessione -Divisibilit�, in casi determinati, del canone. 

(r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 35, 36, 37, 48 e 55; r.d. 14 agosto 1920, 
n. 1285, art. 17; I. 2 agosto 1945, n. 638, artt. 1, 2 e 3; I. 21 gennaio 1949, n. 8. 
artt. 6, 8; I. 21 dicembre 1961, n. 150i, art. 6). 
Dalla concessione di acque pubbliche e per la durata della stessa, 
deriva al concessionario, anche nei confronti dell'Amministrazione concedente, 
un diritto perfetto all'utilit� inerente alla concessione, fino a 
che non si verifichi l'esigenza del suo sacrificio per ragioni di pubblico 
interesse (1). 

(1-3) Diritto del concessionario d'acqua pubblica, natura del relativo 
canone e considerazioni generali sulle concessioni d'acqua pubblica. 

(1) Il principio enunciato nella prima massima � conforme alla precedente 
giurisprudenza della Corte di Cassazione (si confrontino, per tutte, 

730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il canone di utenza di acque pubbliche non ha, nel sistema vigente, 
carattere tributario. Esso va, invece, compreso nella categoria dei proventi 
del demanio dello Stato, prevista come categoria a s� anche dall'art. 
1 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639 (2). 

Nella concessione di acque pubbliche sussistono prestazioni e controprestazioni 
di entrambe le parti e la prestazione di una parte �, 
in un certo senso, il corrispettivo della prestazione dell'altra. Il canone 
di utenza di acque pubbliche ha sostanzialmente funzione di corrispettivo 
pecuniario del bene dato in concessione: l'ammontare del canone 
�, infatti, strettamente ragguagliato al quantitativo di acqua 
(moduli) o di forza motrice (kilowatt), oltre che alla possibilit� di restituzione 
delle colature e ai diversi usi della derivazione assentita 

le sentenze, r:ichiamate nella stessa sentenza che si annota, n. 3851 del 
18 ottobre 1954 e n. 2481 del 28 ottobre 1961). 

Il principio �, naturalmente, un principio di carattere generale, che 
lascia impregiudicate le questioni che, in singole fattispecie, si presentino 
circa la estensione dei diritti del concessionario di derivazioni di acque 
pubbliche e circa i poteri di affievolimento dei diritti medesimi che spettino, 
nel pubblico interesse, alla Amministrazione concedente (cfr., in proposito, 
le interessanti osservazioni contenute in Gu1ccIARDI, Natura e problemi 
della sottensione di utenza, Giur. it., 1952, I, 2, 45 e segg.). 

(2) In relazione alla seconda massima va rilevato che la Corte di Cassazione 
ha, per la prima volta, puntualizzato la natura giuridica dei canoni 
di utenza di acque pubbliche, esattamente classificando tali canoni fra le 
entrate di diritto pubblico di carattere non tributario e precisamente fra 
i proventi del pubblico demanio. 
La Suprema Corte aveva in precedenza, con la sentenza n. 1600 del 
25 giugno 1943, genericamente enunciato che: � Il canone di utenza delle 
acque pubbliche ha carattere pubblicistico; esso va considerato non gi� 
quale corrispettivo di natura patrimoniale o prezzo dell'acqua, ma come 
un vero tributo di ricognizione dell'alto dominio dello Stato �. 

Tale enunciazione � sfata ripresa dalla stessa Corte in una recente 
sentenza, la n. 1395 del 7 maggio 1968, nella quale si afferma: � ... mentre 
il canone � un tributo che si paga allo Stato per il suo "ius eminens" sulle 
acque pubbliche, il sovracanone ha il carattere di un corrispettivo che si 
paga agli Enti local'i per i danni, anche sotto forma di una privazione di 
vantaggi, ad essi cagiolftati dalla installazione di impianti elettrici .. L'affermazione 
circa la natura tributaria del canone appare, in tale sentenza, 
fatta in via che potrebbe dirsi incidentale, in quanto quello che interessava 
precisare, nella controversia decisa con la detta sentenza, era la natura 
giuridica del sovracanone, dovuto agli Enti locali a norma dell'art. 53 del 

t.u. sulle Acque e gli Impianti Elettrici e della I. 4 dicembre 1956, n. 1377, 
e non la natura del canone. L'affermazione, comunque, lasciava -a nostro 
avviso -perplessit�. Non vi � dubbio, infatti, che il canone di utenza di 
acque pubbliche ha carattere pubblicistico. Ove, per�, non si vogliano riportare 
tutte le entrate dello Stato, le quali non abbiano fonte in un 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 731 

(artt. 35 e 36, n. 1775, del 1933), ragguaglio che non avrebbe ragion 
d'essere ove nel canone non fosse dato ravvisare alcun elemento di 
corrispettivit�. 

Ancora gli elementi dell'utilizzabilit� e dell'utilizzazione dell'acqua 
sono tenuti presenti dall'art. 37 del citato t.u. del 1933 quanto alla 
decorrenza dell'obbligo di pagamento, sia per le piccole che per le 
grandi derivazioni, e dall'art. 48 dello stesso testo, in relazione alla 
sopravvenienza di eventi naturali modificativi del regime o del corso 
dell'acqua, che possono portare non solo alla riduzione ma anche alla 
cessazione del pagamento del canone. 

Il legame esistente fra concessione e canone sta ad indicare che 
entrambe le prestazioni costituiscono le necessarie componenti del rapporto 
di concessione, componenti indispensabili per il conseguimento del 

rapporto negoziale di diritto privato, fra le entrate tributarie e si voglia 
conservare la distinzione fra entrate tributarie ed altre entrate di diritto 
pubblico (ed il concetto di entrate di diritto pubblico aventi carattere non 
tributario � indubbiamente noto sia alla interpretazione giurisprudenziale 
della legge sia alla dottrina), fra le tipiche entrate aventi carattere pubblicistico, 
da tenersi distinte dalle entrate tributarie, sono proprio tutti i 
canoni dovuti allo Stato per l'uso speciale, concesso a singole persone, dei 
beni demaniali indicati nell'art. 822 del cod. civ. e cio� tutti i canoni dovuti 
per l'uso del demanio marittimo (uso precario di alcuni porti, costituzione 
di servit� di luce e di prospetto su spiagge e costiere, concessione di aree 
destinate agli scopi pi� svariati, ecc.), del demanio stradale (concessioni 
riguardanti la costruzione di opere e depositi di materiale sulle strade 
pubbliche, le diramazioni dalle strade pubbliche per raggiungere i fondi 
laterali, lo scarico o la conduttura di acque nei fossi delle strade, l'occupazione 
di aree, ecc.), ed, infine, del demanio idraulico (le concessioni 
riguardanti la occupazione di spiagge dei laghi e, soprattutto, quelle riguardanti 
la derivazione e la utilizzazione di acque per uso potabile, di 
bonifica, di irrigazione, produzione di forza motrice, disciplinate dal t.u. 
11 dicembre 1933, n. 1775). 

Esattamente, quindi -a nostro avviso -, la Corte di Cassazione ha 
ora classificato i canoni di utenza di acque pubbliche nella categoria, indubbiamente 
di carattere pubblicistico ma non tributario, dei proventi del 
pubblico demanio, giustamente osservando, a conforto del principio affermato, 
che anche il r.d. 14 aprile 1910, n. 639, prevede, all'art. 1, come 
categoria a s� stante, rispetto a quella delle entrate patrimoniali, i proventi 
del Demanio pubblico. 

La Suprema Corte ha anche esattamente rilevato, a ulteriore dimostrazione 
della distinzione esistente nel nostro ordinamento giuridico positivo 
fra entrate tributarie ed entrate di diritto pubblico a carattere non 
tributario, che l'art. 2774 del cod. civ. attribuisce allo Stato uno speciale 
privilegio, diverso da quelli riguardanti i tributi, per i crediti relativi ai 
canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o di acque derivate da 
canali demaniali. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

risultato finale, ancorch� il rapporto non sia riconducibile nell'ambito 
di un sinallagma di carattere privatistico (3). 

(Omissis). -L'E.N.E.L. ricorrente deduce violazione dell'art. 35 
del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, dell'art. 17 lett. b) del r.d. 14 agosto 
1929, n. 1285, dell'art. 11 delle preleggi, degli artt. 1 e 6 della 1. 21 
dicembre 1961, n. 1501, dei princip� generali in materia di tributi e di 
quelli relativi' al regime e alle concessioni dei beni demaniali; violazione 
degli artt. 1467 e 1468 cod. civ. e contraddittoriet� della motivazione. 


Assume innanzitutto il ricorrente che ha errato il Tribunale Superiore, 
affermando che il canone pagato dai concessionari rappresenti 
un corrispettivo, quando la maggior parte della dottrina � convinta 
della natura tributaria di tale canone (perseguendo lo Stato non l'interesse 
economico della percezione di un compenso, ma quello connesso 
alla migliore utilizzazione delle acque pubbliche). Se il canone � una: 
tassa da pagarsi periodicamente a determinate scadenze, una legge, 
come quella del 1961, n. 1501, che ne stabilisce l'aumento senza disposizioni 
di carattere retroattivo, si applica solo a partire dalla prima 
scadenza successiva alla sua entrata in vigore. 

Ma anche a voler ammettere la natura di corrispettivit� del canone, 
il godimento dell'acqua da parte del concessionario non pu� essere concepito 
come il risultato di una prestazione dello Stato, atteso il carattere 
reale del diritto nascente dalla concessione. Secondo il ricorrente 
viene cos� a cadere l'esigenza di una continua equivalenza economica 
tra la prestazione statale -che si esaurisce istantaneamente con l'atto 

(3) Sono, a nostro avviso, esatte anche le affermazioni, contenute nella 
sentenza in rassegna, che vengono enunciate nelle massime sub 3). 
La Corte, infatti, ha anzitutto affermato, in via di premessa, richiamandosi 
�alla costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite �, che non 
era in discussione la �natura prevalentemente pubblicistica della concessione, 
per l� preminenza in essa attribuita atl'interesse pubblico � (per 
considerazioni sulle concessioni, in genere, d'uso di beni pubblici, cfr. 
CARUSI, nota, in questa Rassegna, 1964, I, pag. 1066 e segg.). Ha, poi, rilevato 
che non pu� disconoscersi che nella concessione di acque pubbliche 
sussistono prestazioni e controprestazioni di entrambe le parti e che la 
prestazione di una parte �, in un certo senso, il corrispettivo della prestazione 
dell'altra. Ma, pur osservando, di seguito, che � il legame esistente 
tra concessione e canone sta ad indicare che entrambe le prestazioni costituiscono 
le necessarie componenti del rapporto di concessione, componenti 
indispensabili per il conseguimento del risttltato finale ., ha tassativamente 
escluso che il � rapporto sia riconducibile neil'ambito di un sinallagma 
di carattere privatistico �. 

Non quindi, secondo l'insegnamento della Corte, corrispettivit� di prestazioni 
su di un piano negoziale privatistico, sibbene prestazioni da parte 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 733 

di concessione -e la relativa controprestazione, costituita dal canone. 
E cade, altres�, la possibilit� di considerare le singole annualit� di canone 
come il controvalore di un anno di godimento del bene demaniale: 
ed invero -secondo l'E.N.E.L. -se l'attribuzione del diritto di natura 
reale avviene una volta per tutte con l'atto di concessione, si deve conseguentemente 
ammettere che il coacervo dei canoni � il prezzo del 
diritto acquistato dal concessionario e le singole annualit� rappresentano 
frazioni di tale prezzo. 

Ora se ad un certo momento il legislatore ha ritenuto accessorio 
l'adempimento di questo prezzo, afferma l'E.N.E.L. che una questione 
di decorrenza non pu� farsi. 

Poich� si tratta di stabilire a quante frazioni l'adeguamento si 
riferisca, in mancanza di qualunque specificazione, esso deve riferirsi 
alle frazioni non ancora pagate al momento dell'entrata in vigore della 
legge. 

In conclusione il ricorrente afferma che la sentenza del Tribunale 

Superiore � contraddittoria nell'ammettere il sorgere di un diritto reale 

del concessionario dall'atto di concessione e nel fondare, poi, la moti


vazione sul presupposto di una prestazione statale, che, nel caso della 

concessione, diventerebbe eccessivamente onerosa, mentre il concetto di 

eccessiva onerosit� � inapplicabile ad un'attribuzione patrimoniale che 

si saurisce istantaneamente. 

Cos� riassunto il motivo di ricorso rilevano le Sezioni Unite che 

esso non � fondato. 

In primo luogo deve essere osservato che alla soluzione della deli


cata questione di diritto transitorio, questione che costituisce l'oggetto 

dell'Amministrazione concedente e prestazioni da parte del concessionario, 

le une e le altre stabilite dalla legge, collegate fra di loro al fine del 

raggiungimento del risultato finale, concretantesi nell'interesse pubblico alla 

concessione di un uso speciale sul bene demaniale. 

La questione decisa dalla Corte di Cassazione traeva origine dalla 

applicazione della 1. 21 dicembre 1961, n. 1501, la quale dispone, all'art. 1, 

che �L'ammontare dei canoni, dei proventi demaniali e dei sovracanoni, 

quale irsulta dai commi primo e terzo deH'art. 1 della l. 21 gennaio 1949. 

n. 8, � aumentato., e, all'art. 6: �La presente legge ha efficacia dal primo 
giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione nena Gazzetta 
Ufficiale�. 
La legge era stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 31 gennaio 
1962 ed entrava, pertanto, in vigore, il successivo 1� febbraio dello 
stesso anno. 

L'Amministrazione finanziaria richiedeva a concessionari di acque pubbliche, 
che avevano gi� assolto al pagamento anticipato delle annualit� 
dei canoni di utenza, a norma dell'art. 17, lett. b, del Regolamento n. 1285 
del 14 agosto 1920, pagamenti a conguaglio, in relazione alla disposta duplicazione 
dei detti canoni, per il periodo dal 1� febbraio 1962 fino alla 



734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della controversia, nessun apporto utile pu� essere dato dal richiamo 
alla natura prevalentemente pubblicistica della concessione, per la 
preminenza in essa attribuita all'interesse pubblico. Invero l'impugnata 
sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche non ha conte: 
stato affatto tale assunto, che � conforme alla costante giurisprudenza 
di queste stesse Sezioni Unite. Dal pari non � contestato che dalla 
concessione di acque pubbliche e per la durata della stessa derivi al 
concessionario, anche nei confronti dell'Amministrazione, un diritto 
perfetto all'utilit� inerente alla concessione stessa, fino a che non si 
verifichi l'esigenza del suo sacrificio per ragioni di pubblico interesse 
(Cass. sentt. nn. 2481 del 1961 e 3851 del 1954). 

Ma neppure l'indagine circa la natura del canone ha efficacia risolutiva. 
L'impugnata sentenza non ha affermato che il canone sia � il 
prezzo � dell'acqua pubblica, ch� anzi ha rilevato che se pur si volesse 
attribuire al canone natura tributaria e pi� precisamente la natura di 
tassa, non potrebbe escludersi una certa relazione tra le somme corrisposte 
all'erario e la prestazioni. Il rilievo � aderente alla nozione di 
tassa generalmente acquisita, ritenuta una forma di controprestazione 
per l'utilizzazione di un pubblico servizio, la cui misura � autoritativamente 
stabilita. 

Peraltro va osservato che nel caso l'impugnata sentenza ha escluso 
nei canoni in questione carattere tributario; il che � esatto nel sistema 
vigente. Basta considerare l'art. 1 del t.u. sulla riscossione coattiva 
delle entrate patrimoniali dello Stato (r.d. 14 aprile 1910, n. 639), che 
prevede come categoria a s� i proventi del demanio dello Stato e l'articolo 
2774 del vigente cod. civ., che attribuisce uno speciale privilegio, 

data della scadenza della annualit� in corso. I concessionari si opponevano 
alla richiesta e venivano perci� emesse ingiunzioni di pagamento, avverso 
le quali i concessionari proponevano opposizione giudiziaria, sostenendo 
che, essendosi gi� da essi assolto all'obbligo di pagamento dell'annualit� 
anticipata del canone ed in mancanza di una espressa dichiarazione di 
retroattivit� della legge, gli aumenti non potevano incidere sulla annualit� 
gi� pagata ma potevano decorrere esclusivamente dall'inizio della nuova 
annualit� successiva all'entrata in vigore della legge medesima. 

La tesi sostenuta dagli opponenti veniva accolta dai Tribunali regionali 
delle AA.PP. di Torino, Venezia e Napoli, respinta dal Tribunale regionale 
�elle AA.PP. di Milano. 

Il Tribunale Superiore delle AA.PP. aveva disatteso, invece, le ragioni 
dei concessionari. 

La Corte di Cassazione, con la sentenza che si annota e con altre 
cinque (nn. 1894, 1895, 1896, 1897 e 1898) portanti la stessa data, ha rigettato 
i ricorsi proposti dai concessionari e confermato le decisioni del 
Tribunale Superiore delle AA.PP. 

G. ALBISJNNI 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 735 

diverso da quello riguardante i tributi, ai crediti per concessione di 
acque. 

Quello che non pu� disconoscersi � che nella concessione di acque 
pubbliche sussistono prestazioni e controprestazioni di entrambe le parti 
e che la prestazione di una parte �, in certo senso, il corrispettivo della 
prestazione dell'altra, come lo stesso Tribunale Superiore ha ritenuto 
con sentenza 24 aprile 1961, n. 7. 

Perci� nessun errore di diritto pu� ravvisarsi nella sentenza impugnata 
per l'affermazione di una corrispondenza tra il canone e la 
prestazione, ancorch� voglia attribuirsi, con l'impugnata sentenza, natura 
reale al diritto nascente dalla concessione. Dire che il coacervo dei 
canoni � il prezzo del diritto acquistS;tO dal concessionario e che le 
singole annualit� rappresentano frazioni di tale prezzo non significa 
precludere al legislatore il potere di intervenire a modificare i canoni, 
con quella decorrenza che egli ritiene opportuna nell'esercizio dei suoi 
poteri, come � avvenuto chiaramente nel 1949, con la legge 21 gennaio 
1949, n. 8, di cui sar� fatto cenno pi� avanti. 

L'affermazione della sentenza in esame del Tribunale Superiore 
delle acque pubbliche, che il canone ha sostanzialmente funzione di 
corrispettivo pecuniario del bene dato in concessione, ha base non 
soltanto sul rilievo che il concessionario mira a conseguire il risultato 
economico del provvedimento di concessione, ma su argomenti che 
hanno il loro chiaro fondamento nell'atto di concessione e nei testi 
legislativi. Invero la parte ricorrente non ha potuto contrapporre nessuna 
valida argomentazione all'osservazione che l'ammontare del canone 
� strettamente ragguagliato al quantitativo di acqua (moduli) o 
di forza motrice (chilowatt), oltre che alla possibilit� di restituzione 
delle colature e ai diversi usi della derivazione assentita (artt. 35 e 
36 t.u. n. 1775 de 1933) ragguaglio che non avrebbe ragion d'essere 
ove nel canone non fosse dato ravvisare alcun elemento di corrispettivit�. 
Ancora gli elementi dell'utilizzabilit� e dell'utilizzazione del~ 
l'acqua sono tenuti presenti dall'art. 37 del citato t.u. del 1933 quanto 
alla decorrenza dell'obbligo di pagamento, tanto per le piccole, quanto 
per le grandi derivazioni e dall'art. 48 dello stesso testo per la sopravvenienza 
di eventi naturali modificativi del regime o del corso di acqua, 
che possono portare non solo alla riduzione, ma anche alla cessazione 
del pagamento del canone. N� possono essere invocati, come argomento 
contrario, gli artt. 55 del t.u. del 1933, n. 1775, n� l'art. 17 del r.d. 
14 agosto 1920, n. 1285: per il primo il pagam�nto dell'intero canone 
annuo al concessionario che incorre nella decadenza � attribuibile normalmente 
al comportamento dello stesso, ivi compreso il caso del non 
uso per un triennio consecutivo; per il secondo (lett. b) il pagamento in 
annualit� anticipate -e non frazionabili da parte del privato -� 

10 



736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

una modalit� di pagamento ricollegabile alla natura pubblicistica del 
rapporto. 

Venuti cosi meno i principali argomenti contro la corrispondenza 
del canone all'acqua utilizzabile e quelli contro la pretesa indivisibilit� 
del canone, divisibile invece nei c~si sopra citati dell'art. 48 del t.u. 
del 1933 e ogniqualvolta la legge ne prevede il frazionamento (cosi 
come per gli artt. 1, 2, 3, della legge 2 agosto 1945, n. 638, sulla sospensione 
del pagamento dei canoni relativi a derivazioni d'acque pubbliche 
danneggiate, distrutte o impedite da causa di guerra, e per la 
legge del 1949, n. 8, di cui sar� fatto cenno tra breve) e comunque ragguagliate 
al quantitativo di acqua o di forza motrice (artt. 35 e 36 del 

t.u. del 1933), sono stati acquisiti elementi utili per l'interpretazione 
dell'art. 6 della legge 22 dicembre 1961, n. 1501 sull'adeguamento dei 
canoni demaniali e dei sovracanoni. Per detto articolo la le,gge � ha 
efficacia dal primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione 
nella Gazzetta Ufficiale � e cio� dal 1� febbraio 1962, essendo 
stata la legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 
1962. Tale testo si differenzia; nell'espressione letterale, dal corrispondente 
art. 6 della legge 22 gennaio 1949, n. 8, il quale disponeva che 
� gli aumenti previsti dalla presente legge si applicano anche se i 
canoni... siano stati, all'entrata in vigore della legge stessa, gi� corrisposti 
o regolarmente liquidati �. 
� chiaro che la diversa espressione dell'art. 6 della legge del 1961, 
rispetto a quella del corrispondente art. 6 della legge del 1949 non � 
di per s� motivo sufficiente a risolvere la questione d'interpretazione, 
nel senso voluto dalla parte ricorrente, giacch� non si pu� certo escludere 
che il legislatore non abbia adottato la stessa espressione letterale 
precedente, non solo e non tanto per averla ritenuta superflua dato che 
il criterio da essa seguito potrebbe desumersi dai principi, quanto per 
il fatto che ha rubricato la legge del 1961 quale � adeguamento dei 
canoni demaniali e dei sovracanoni dovuti agli enti locali ai sernii della 
legge 21 gennaio 1949, n. 8 �. Essa, pertanto, risulta integrativa della 
legge del 1949, il cui sistema pu� ritenersi tuttora vigente e immutato, 
anche per quanto riguarda l'aumento immediato dei canoni gi� corrisposti 
per periodi non ancora interamente decorsi, secondo l'assunto 
dell'Avvocatura dello Stato. 

Ma anche prescindendo da tale ar,gomento, la soluzione della questione 
a cui, in ogni caso, dovrebbe pervenirsi non potrebbe essere 
diversa. 

Invero, ritenuta la corrispondenza tra canone e utilizzazione dell'acqua 
e ammessa la possibilit� del frazionamento del canone annuo, 
per stabilire se la nuova legge possa essere fatta valere nei confronti dei 
canoni gi� corrisposti (per il periodo che temporaneamente rientra sotto 
il suo vigore) � necessario accertare che non sussistano diritti quesiti, 



i'ARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 737 

dipendenti da atti esauriti. Le Sezioni Unite osservano che non pu� 
dirsi che col pagamento anticipato del canone il rapporto siasi esaurito. 
Invero il rapporto potrebbe dirsi esaurito se con il pagamento del 
canone si estinguessero tutte le obbligazioni derivanti dal rapporto 
medesimo. Ora cos� non �, perch� certo dopo il pagamento del canone 
permane l'obbligazione dello Stato di consentire la disponibilit� dell'acqua 
per tutto il periodo a cui il canone si riferisce. 

Il legame esistente tra concessione e canone sta ad indicare che 
entrambe le prestazioni costituiscono le necessarie componenti del 
rapporto di concessione, componenti indispensabili per il conseguimento 
del risultato finale, ancorch� il rapporto non sia riconducibile 
nell'ambito di un sinallagma di carattere privatistico, come esattamente 
ha ritenuto il Tribunale Superiore delle acque pubbliche. 

Vi �, poi, un argomento di parit� di trattamento degli utenti, che 
rende logica l'interpretazione della legge nel senso dell'immediata applicazione 
dell'aumento anche ai canoni per utenze in corso. Se si dovesse 
opinare diversamente si verrebbero a determinare situazioni discriminatorie 
contro il principio della uguaglianza, giacch� per uno 
stesso periodo di tempo alcuni concessionari corrisponderebbero un 
canone non aumentato ed altri un canone aumentato in relazione alla 
diversa data di decorrenza e quindi di scadenza dell'obbligo di pagamento 
del canone di utenza. 

Infine ha pregio anche un ultimo argomento messo in luce dall'impugnata 
sentenza: il legislatore ha inteso adeguare la disciplina 
negoziale ad una situazione economica venutasi gravemente a modificare 
durante lo svolgimento del rapporto: di qui l'esigenza di ristabilire 
l'iniziale equilibrio patrimoniale con l'immediata applicazione del 
coefficiente di adeguamento automatico anche per il periodo infrannale 
posteriore all'entrata in vigore della nuova le.gge, prescindendo 
dallo svolgimento in atto della derivazione. Ne consegue che l'efficacia 
degli aumenti dei canoni dal 1<> febbraio 1962 si applica anche ai 
canoni gi� corrisposti, per il periodo di utilizzazione delle acque pub-� 
bliche ricadente sotto il vigore della nuova legge. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 giugno 1969, n. 2080 -Pres. Rossano 
-Est. Berarducci -P. M. De Marco (diff.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Foligno) c. Ente Nazionale Energia Elettrica 


E.N.E.L. (avv. Mazzullo). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Controversie in materia di acque pubbliche 
-Criteri di discriminazione della competenza tra G. O. e 
Tribunali delle acque pubbliche. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 

738 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giurisdizione -Criterio di determinazione della competenza 
-Riferimento alla qualifica attribuita dalle parti alla propria 
azione -Esclusione -Necessit� di riferimento all'obiettivo 
contenuto della domanda dell'attore e delle deduzioni ed eccezioni 
del convenuto -Sussiste. 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessioni di utilizzazione di acqua 
pubblica -Natura -Obbligazione del concessionario di pagare il 
canone -Carattere contrattuale -Esclusione -Compatibilit� del 
carattere legale e pubblicistico dell'obbligazione di pagamento 
del canone con l'applicabilit� della prescrizione breve ex art. 
2948 c. c. -Sussiste. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 19, comma secondo, 37, 40, 45, 47, 54, 55). 
Le controversie in materia di acque pubbliche sono di competenza 
dei .Tribunali delle acque quando involgono questioni aventi ad oggetto 
un rapporto immediato delle parti con l'acqua pubblica, ossia incidenti 
direttamente sulla disciplina giuridica concernente la derivazione o 
l'utilizzazione dell'acqua, e che, comunque, investano, nena sua legittimit�, 
nel suo contenuto o nella sua estensione, l'atto con cui la P. A. 
abbia concesso o riconosciuto oppure negato un diritto relativo all'acqua 
pubblica, mentre sono di competenza del G. O., quando" invece, involgano 
questioni di carattere patrimoniale, non contestandosi la legittimit�, 
il contenuto o l'estensione della concessione amministrativa su 
cui si basa il diritto di utilizzazione e derivazione dell'acqua pubblica 
(1). 

Ai fini della determinazione della competenza, si deve fare riferimento 
non alla qualifica attribuita dalle parti alla propria azione, ma 
all'oggetto del giudizio, quale risulta dal contenuto della domanda 
dell'attore e dalle deduzioni ed eccezioni formulate dal convenuto, entrambe 
delimitanti il tema del dibattito (2). 

(1) Sul problema della discriminazione della competenza fra GO. e 
Tribunali delle acque pubbliche si veda l'ampia rassegna di giurisprudenza 
contenuta in nota sub 2 alla sentenza del Tribunale superiore acque 3 settembre 
1964, n. 23, in questa Rassegna, 1964, I, 1166, cui adde Cass., 10 
gennaio 1966, n. 178, ivi, 1966, I, 458, sub 2. 
(2) Cfr. Cass., 3 luglio 1968, n. 2229, Giur. it., Mass., 1968, 806, la quale 
avverte, comunque, che l'esame del contenuto della domanda deve prescin-. 
dere da ogni indagine sulla sua fondatezza e quello delle difese formulate 
nella comparsa di risposta va ad esse rivolto: � in quanto introducano 
nuova materia nel thema decidendum, ma non mai in quanto si limitino 
a negare il fondamento della domanda, trattandosi in tal caso di questione 
di puro merito�. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 739 

Il rapporto di concessione non ha natura contrattuale e la fonte 
dell'obbligazione del concessionario di pagare il canone deve essere 
rintracciata nella legge; ci� non esclude, tuttavia, in mancanza di diversa 
disposizione legislativa, l'applicabilit� anche nel campo pubblicistico, 
e in particolare all'obbligazione di pagamento de�l canone per 
la utilizzazione di acqua pubblica, della prescrizione breve di cui all'art. 
2948, n. 4, e.e. (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione dell'art. 
140 -lett. e) -in relazione agli articoli 3 e segg. del t.u. 11 
dicembre 1933, n. 1775, e si lamenta che la sentenza impugnata abbia 
affermato la competenza del giudice ordinario, anzich� quella del Tribunale 
regionale delle acque pubblice, su una questione riguardante 
la prescrizione del diritto alla percezione dei canoni di una concessione 
di grande derivazione ad uso idroelettrico. Si sostiene che la questione 
dedotta investiva il titolo costitutivo della concessione, tanto che la 
sentenza ha dovuto stabilire se si trattasse di conguaglio di utenza 
ovvero di puro e semplice addebito di canoni stabiliti nel disciplinare 
per l'ipotesi di utilizzazione anticipata. Si aggiunge che la controversia 
sulla prescrizione dei canoni, oltre ad involgere la interpretazione dell'atto 
costitutivo del diritto di derivazione, toccava rilevanti interessi 
pubblici sull'utilizzo delle acque in generale e richiedeva soluzione di 
carattere tecnico proprio in ordine alla determinazione del canone. 

Il motivo � infondato. 

In tema di discriminazione della competenza fra il giudice ordinario 
ed il Tribunale delle acque pubbliche, la giurisprudenza di questa 
Corte Suprema � consolidata nel senso che le controversie in materia 
di acque pubbliche sono di competenza della Magistratura delle acque 
quando involgono questioni che hanno ad oggetto un rapporto immediato 
delle parti con l'acqua pubblica, e cio� che incidono direttamente 
nella disciplina giuridica concernente la derivazione e l'utilizzazione 
dell'acqua, e che, comunque, investono, nella sua legittimit�, nel suo 
contenuto e nella sua estensione, l'atto con cui la Pubblica Amministrazione 
abbia concesso o riconosciuto, oppure negato un diritto relativo 
all'acqua pubblica, mentre sono di competenza del giudice ord�


(3) Sembra quasi superfluo segnalare l'importanza della prima parte 
della massima, che fa giustizia della vieta figura della c.d. concessionecontratto, 
accogliendo ed applicando all'ipotesi di utenza di acqua pubblica 
la concezione strettamente pubblicistica della concessione d'uso di beni 
pubblici (su cui v. CARUSI, In tema di concessione d'uso di beni pubblici, 
in questa Rassegna, 1964, I, 1066 e segg., ove anche disamina di dottrina 
e giurisprudenza). 

740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nario, quando, inv�ce, involgono questioni di carattere patrimoniale, 
non contestandosi la legittimit�, il contenuto o l'estensione della concessione 
amministrativa su cui si basa il diritto di utilizzazione e 
derivazione dell'acqua pubblica. 

In coerenza con tale giurisprudenza -e col principio secondo cui, 
ai fini della determinazione della competenza, si deve fare riferimento 
non alla qualifica attribuita dalle parti alla propria azione, ma all'oggetto 
del giudizio, quale risulta dal contenuto della domanda dell'attore 
e delle deduzioni ed eccezioni formulate dal convenuto, entrambe 
delimitanti il tema da dibattere -esattamente la Corte del merito 
ha ritenuto la controversia in esame di esclusiva competenza del giudice 
ordinario. 

Devesi, infatti, rilevare che, come risulta dall'ingiunzione emessa 
dall'Amministrazione finanziaria a carico della S.T.E. (dante causa 
dell'E.N.E.L.) e dagli atti nella stessa ingiunzione richiamati (distinta 
di cui a nota 23 settembre 1961, n. 1672 di prot. e nota intendentizia 
9 settembre 1961, n. 26243 di prot.) il pagamento della somma di 
lire 16.214.495 � stato richiesto all'anzidetta societ�, non a titolo di 
e conguaglio di utenza � o di � addebito di canoni ex lege dovuti ma 
facoltativamente addebitabili in via provvisoria o anticipata �, come 
dall'Amministrazione ricorrente sostenuto, rispettivamente, nel secondo 
grado del giudizio di merito e in questa sede di legittimit�, ma a 
mero titolo di canoni arretrati, cosi come previsti dall'atto di concessione, 
per il periodo di utilizzazione anticipata dell'acqua rispetto alla 
data originariamente fissata nel disciplinare di concessione per l'ultimazione 
dei lavori. 

Risulta, inoltre, che, la societ�, cui il pagamento � stato richiesto 
ed ora l'E.N.E.L., non hanno contestato, con le loro deduzioni, n� la 
natura n� la misura n� la portata dei canoni cosi come specificati nella 
ingiunzione fiscale, n� hanno, altres�,_ contestata la originaria obbligazione 
come nascente dall'atto di concessione, ma hanno solo opposto 
la perdita del diritto dell'Amministrazione finanziaria di pretendere 
il pagamento richiesto, per avvenuta prescrizione, per avere, cio�, la 
stessa A:rl).ministrazione fatto decorrere il tempo utile entro il quale la 
legge le consentiva di far valere tale pretesa. 

Tutto ci� importa che la controversia in esame, limitata all'accertamento 
dell'avvenuta prescrizione, o meno del diritto fatto valere 
dall'Amministrazione finanziaria, non involge una questione che investa, 
nella sua legittimit�, nel suo contenuto o nella sua estensione, 
l'atto di concessione, e che, comunque, tocchi, in via diretta od indiretta, 
interessi della P. A. in ordine al regime delle acque, ma involge 
solo una questione di carattere puramente patrimoniale, che non determina 
sottrazione della controversia medesima alla normale competenza 
del giudice ordinario. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTJ ECC. 741 

Con il secondo motivo si lamenta che dalla Corte del merito sia 
stata ritenuta applicabile, nel caso di specie, la prescrizione quinquennale 
di cui all'art. 2948, n. 4, e.e., anzich� quella ordinaria, decennale. 
Si sostiene che i canoni in questione, ripetendo la loro causa, non da 
una concessione-contratto ma da una concessione pubblica pura e semplice, 
sorgente ex lege attraverso il provvedimento amministrativo, che 
� l'atto unilaterale in s� costitutivo dei diritti di cui all'atto di sottomissione, 
hanno, non natura tributaria, come ritenuto dalla sentenza 
impugnata, ma natura di � diritti pubblici di prestazione patrimoniale., 
come tali non ricollegabili ai cosiddetti contratti di durata. D'altra 
parte -si afferma -la norma dell'art. 2948 n. 4 e.e. si riferisce 
esclusivamente agli interessi ed alle altre prestazioni di carattere ugualmente 
accessorio, pagabili ad anno od a termini pi� brevi, e non 
anche alle prestazioni aventi carattere principale, quale quella di specie. 

Si aggiunge, infine, che, comunque, i canoni per l'anticipata utilizzazione 
di acqua si differenziano dal vero e proprio canone di �concessione, 
in quanto, dovendo essere ragguagliati alla entit� dell'acqua 
effettivamente utilizzata, ;non sono dovuti ad anno, come appunto il 
canone di concessione, ma globalmente, a far tempo dall'inizio della 
utilizzazione, sino al giorno della utilizzazione degli impianti. 

Il motivo � privo di fondamento. 

Invero, il fatto che il rapporto di concessione non � un rapporto 
contrattuale e che, pertanto, la fonte della obbligazione del concessionario, 
di pagare il canone, deve essere rintracciata nella legge, non 
esclude l'applicabilit�, a tal figura di obbligazione, della prescrizione 
breve di cui alla norma del n. 4 dell'art. 2948 e.e., la quale, considerata 
la sua generica formulazione, non riferibile, quindi, unicamente alle 
obbligazioni del diritto privato, � applicabile, in mancanza di una 
contraria disposizione, anche nel campo del diritto pubblico, e, pertanto,
� come gi� ritenuto da questa Corte Suprema nella sentenza 16 
gennaio 1925, n. 118, anche alle obbligazioni consistenti nel pagamento 
dei canoni per la utilizzazione di acqua pubblica. 

Inesatta � anche la tesi secondo cui la norma in esame si riferirebbe 
esclusivamente alle prestazioni di carattere accessorio. Una siffatta 
interpretazione, di carattere restrittivo, non trova giustificazione, 
invero, nella lettera della norma, che, con l'inciso � ... e, in generale, 
tutto ci� che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi� 
brevi �, posto dopo la dizione � gli interessi ... ., appare riferibile, oltre 
che alle prestazioni periodiche di carattere accessorio, quali quelle 
relative agli interessi, anche alle obbligazioni periodiche di carattere 
principale, sempre che siano in dipendenza di una causa debendi continuativa; 
n� nella ratio della norma stessa, che essendo informata al 
criterio di liberare il debitore dalle prestazioni scadute e non richieste 
tempestivamente, quando le prestazioni siano periodiche, esclude che il 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

742 

legislatore, nell'ambito di tali prestazioni, dipendenti da una causa 
debendi continuativa, abbia inteso distinguere fra prestazioni di carattere 
principale e prestazioni di carattere accessorio e non abbia, invece, 
inteso accomunare le une e le altre nella stessa disciplina. 

Non meno inconsistente �, infine, la tesi secondo cui i canoni per 
l'anticipata �tilizzazione di acqua, quali quelli di specie, si differenzierebbero 
dal canone di concessione. 

� sufficie;,_te, invero, rilevare, in proposito, che la norma dell'art. 
37 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 non pone ,alcuna distinzione 
tra canone dovuto in caso di ultimazione dei lavori alla data stabilita 
per tale ultimazione e canone dovuto in caso di anticipata utilizzazione, 
che non sia quella concernente la loro diversa decorrenza, stabilendo 
espressamente che, per le grandi derivazioni, il canone annuo decorre, 
improrogabilmente, dalla scadenza del termine originariamente assegnato 
per l'ultimazione dei lavori, salvo che la utilizzazione dell'acqua 
si inizi prima dell'anzidetto termine, nel qual caso il termine di decorrenza 
del canone -che resta sempre annuale -coincide con quello 
della utilizzazione. 

Con il terzo motivo, infine, si deduce che, in caso di utilizzazione 
anticipata, il meccanismo di accertamento opera in guisa che solo dopo 
la comunicazione del Genio civile pu� farsi decorrere il termine prescrizionale. 
Si afferma, infatti, che, mentre dal disciplinare possono 
ricavarsi date specifiche di scadenza solo in relazione al canone, cosi 
come predeterminato in funzione della piena e normale utilizzazione 
della concessione, il contrario si verifica per quanto attiene ai cosiddetti 
conguagli di utenza, per i quali, sia in relazione alla potenza 
totale o parziale dell'impianto, sia in. relazione alla reale entit� dell'acqua 
utilizzata, ogni richiesta rimane subordinata o ad una eventuale 
comunicazione del concessionario, o alla indagine tecnica rimessa 
all'Ufficio del Genio Civile, il quale ultimo fruisce di un termine decennale 
per effettuare il detto controllo e comunicarne i risultati all'Amministrazione 
Demaniale. 

Anche questo motivo � infondato ed � sufficiente a fornirne dimostrazione 
il rilievo che, come � stato accertato in fatto ai fini della 
risoluzione della questione di competenza, sia in sede di merito che 
in questa sede, nel caso di specie non si trattava di conguagli di utenza, 
ma di canoni arretrati per utilizzazione anticipata di acqua, per i quali 
non pu� contestarsi che l'obbligo del pagamento decorra, in forza 
della norma dell'art. 37 del t.u. del 1933, n. 1775, dalla data dell'inizio 
della utilizzazione. 

E deve, inoltre, osservarsi che il giudice del merito ha accertato in 
fatto, con apprezzamento insindacabile in questa sede, che la dedotta 
impossibilit� di agire, da parte dell'Amministrazione Demaniale, non 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 743 

sussisteva, atteso che detta Amministrazione, dal momento in cui l'impianto 
di utilizzazione dell'acqua entr� � ufficialmente e fiscalmente 
in funzione ., avrebbe avuta la possibilit� di conoscere, sol che fosse 
stata pi� solerte, tutti gli elementi tecnici necessari per procedere alla 
determinazione del quantum dovuto dalla societ� concessionaria e pretenderne 
il pagamento. --(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2317 -Pres. Rossano 
-Est. Geri -P. M. Caristo (conf.) -Ministero Difesa Aeronautica 
(avv. Stato Fanelli) c. Impresa Bonofeder (avv. Ambrosio 
Dino). 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza 
dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore -Determinazione 
amministrativa -Obbligo dell'Amministrazione di 
provvedere entro ragionevole spazio di tempo -Sussiste -Inerzia 
dell'Amministrazione -Necessit� del procedimento giudiziario 
ex art. 1183 c. c. -Esclusione -Diffida dell'appaltatore ali'Amministrazione 
con fissazione di congruo termine per il compimento 
dell'atto -Ammissibilit� ai fini della rimozione dell'impedimento 
per la tutela giurisdizionale del diffidante -Sussiste. 

(r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 50, 51, 54; e.e., artt. 1374, 1375). 
n contratto di appalto di opera pubblica ha essenzialmente indole 
privatistica e carattere commutativo, dando luogo a posizioni paritetiche, 
epper�, pur se si voglia ritenere che l'esigenza deUa determinazione 
amministrativa sulle riserve dell'appaltatore sia stata prevista 
onde impedire che l'Amministrazione venga convenuta in giudizio prima 
di aver potuto adeguatamente esaminare le richieste dell'appaltatore 
e rispondere alle stesse, non per questo � possibile ammettere la facoltd 
dell'Amministrazione di trascurare indefinitamente l'esame delle riserve, 
impedendo sine die la tutela giurisdizionale delle ragioni dell'altra 
parte; ma deve, viceversa, ritenersi, in base ai principi dell'integrazione 
del contratto e della sua esecuzione di buona fede, che l'Amministrazione 
committente sia obbligata a rispondere alle riserve con 
ragionevole tempestivitd, in mancanza di che pu� lo stesso appaltatore, 
senza necessitd di ricorrere al giudice a norma dell'art. 1183 e.e., fissarle 
con atto di diffida un termine, affinc�h� l'atto venga compiuto, o, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in difetto, s'abbia per rimossa ogni preclusione alla tutela giurisdizionale 
del diffidante (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. pn., 7 luglio 1969, n. 2498 -Pres. 
Flore -Est. Geri -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Difesa Esercito 
(avv. Stato Terranova) c. Fallimento Impresa G. De Luca (avv. 
Ambrosio Domenico). 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza 
dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore 
-Determinazione amministrativa -Obbligo dell'Amministrazione 
di provvedere entro ragionevole spazio di tempo Sussiste 
-Inerzia dell'Amministrazione -Necessit� del procedimento 
giudiziario ex art. 1183 c. c. -Esclusione -Diffida dell'appaltatore 
all'Amministrazione con fissazione di congruo termine 
per il compimento dell'atto -Ammissibilit� ai fini della 
rimozione dell'impedimento per la tutela giurisdizionale ael diffidante 
-Sussiste. 

\ 

(r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 50, 51, 54; e.e., artt. 1374, 1375). 
Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza 
dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore Arbitrato 
-Verbale di accettazione (degli arbitri) e di costituzione 
del Collegio arbitrale -Notificazione alla sola Avvocatura 
Generale dello Stato e non anche all'Amministrazione interessata 
-Sufficienza ai fini processuali -Sussiste. 

(r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 59; e.p.e., art. 813). 
Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza 
dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore Arbitrato 
-Lodo arbitrale -Divieto di appello. e di ricorso per 

(1-2) Per la necessit� del ricorso al Giudice ai fini della fissazione 

all'Amministrazione di un termine a norma dell'art. 1183 e.e., v., invece, 

Cass., 11 aprile 1963, n. 927, Foro it., 1963, I, 1143. 
La premessa dell'insegnamento delle due .sentenze sopra in rassegna 
non appare conciliarsi col riconoscimento, che altra volta la giurisprudenza 
della Corte di Cassazione � pur costretta a fare, circa la mancanza 
della pariteticit� in senso privatistico nell'appalto di opere pubbliche (cfr. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 745 

cassazione sancito dall'art. 59 r. d. 17 maggio 1932, n. 366 Contrasto 
con l'art. 829, comma secondo, c. p. c. -Non sussiste. 

(r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 59; c.p.c., art. 829, comma secondo). 
Poich� il contratto di appalto di opera pubblica ha indole essenzialmente 
privatistica e carattere commutativo, dando origir.e a posizioni 
paritetiche delle parti, deve ritenersi, in base ai principi dell'integrazione 
del contratto e della sua esecuzione di buona fede, la sussistenza 
di un obbligo della P. A. di provvedere entro un tempo ragionevole 
sulle riserve dell'appaltatore, in mancanza di che non � necessario 
il procedimento giudiziale ex art. 1183 e.e., ma � ben ammissibile 
la messa in mora dell'Amministrazione mediante diffida da parte dell'appaltatore, 
con fissazione di congruo termine, affinch� l'atto venga 
compiuto, o, in difetto, s'abbia per rimossa ogni preclusione alla tutela 
giurisdizionale del diffidante (2). 

Agli effetti processuali del verbale di accettazione (degli arbitri) 
e di costituzione del Collegio Arbi.trale, deve ritenersi adeguata e sufficiente 
la notificazione del verbale medesimo al difensore, e, quindi, 
per l'Amministrazione interessata, all'Avvocatura dello Stato (3). 

Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questo stesso fascicolo, 762 e segg., ed 
ivi nota 1; per altre considerazioni v. nota 1 a Lodo arbitrale, 29 marzo 
1968, n. 15 (Roma), in questa Rassegna, 1968, I, 289 e seg.; v. anche, per 
la contrapposizione degli appalti di opere pubbliche � agli appalti regolati 
dal codice civile � Corte App. Roma, 30 novembre 1968, n. 2790, 
ibidem, 1128-1129, nella motivazione. 

(3) Sulla costituzione del rapporto processuale nell'arbitrato relativo 
agli appalti di opere pubbliche, v. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa 
Rassegna, 1964, I, 969, nonch�, in particolare, 973, nella motivazione; v., 
peraltro, Lodo arbitrale, 13 luglio 1966, n. 52 (Roma), in questa Rassegna. 
1966, I, 692, e, per l'arbitrato ordinario, Cass., 29 luglio 1963, n. 2127, 
Giur. it., Mass., 1963, 719. Sulla natura �processuale della domanda d'arbitrato 
(da notificare presso l'Avvocatura dello Stato: Cass., Sez. Un., 6 ottobre 
1964, n. 2523, in questa Rassegna, 1964, I, 973) e della dichiarazione 
di esclusione della competenza arbitrale ex art. 47 Cap. gen. app. oo.pp. 1962, 
v. Corte Appello Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 1969, I, 
151, in part. 161, nella motivazione, ove si avverte che il Capitolato anzidetto 
� pone due Giudici ugualmente competenti, con ampia facolt� di scelta 
per l'attore e pi� limitata facolt� per il convenuto �. Sul carattere di norma 
processuale dell'art. 47 cit. Cap. gen. 1962 e per l'esclusione della natura meramente 
contrattuale della clausola compromissoria contenuta nell'art. 42, 
�che con l'imperativit� propria delle norme di diritto obiettivo ne impone 
l'inserzione in ogni contratto di appalto di cui sia parte contraente la 
P. A . ., v. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 971 
e seg., nella motivazione. In dottrina, sugli effetti dell'accettazione degli 
arbitri, v. PASTORE, L'arbitrato negli appalti di opere pubbliche, Milano, 
1961, 94 e segg.; CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non sussiste al.cun contrasto fra l'art. 59 r.d. 17 marzo 1932, n. 366, 
che prevede la sottrazione del lodo ad impugnazione per ragioni di 
diritto sostanziale, e l'art. 829, comma secondo, c.p.c., che, facendo salva 
l'efficacia di speciali disposizioni o convenzioni, trova applicazione solo 
in mancanza delle medesime (4). 

I 

(Omissis). -Il primo motivo del ricorso denunzia la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 5, 112, 817 e 829 c.p.c., artt. 50, 51 e 
54 r.d. 17 marzo 1932, n. 366 e artt. 96, 97 r.d. 17 marzo 1932, n. 365. 

Premesso che l'art. 97 del Regolamento (r.d. 17 marzo 1932, 

n. 365) si riferirebbe soltanto alla costituzione -e non gi� alla domanda 
-del collegio arbitrale, essendo. quest'ultima proponibile esclusivamente 
quando si siano verificate le condizioni di cui agli artt. 50, 51 e 54 
r.d. n. 366 del 1932, cio� la determinazione amministrativa sulle riserve 
oppure una situazione equipollente, lAmministrazione nega che siasi 
verificata siffatta situazione (della quale, trattandosi di � error in procedendo�, 
sarebbe giudice del fatto anch~ la Suprema Corte) per le 
seguenti ragioni: 
1) l'impresa appaltatrice non avrebbe potuto assegnare all'Amministrazione 
un termine, ma, caso mai, ricorrere alla procedura di 
cui all'art. 1183 e.e., 

2) in ogni caso, anche ammesso che si potesse ricorrere alla norma 
ed ai principi sul silenzio-rifiuto, dovevano essere rispettati i termini 
e le forme di cui all'art. 5 t.u. 3 marzo 1934, n. 383; 

3) la situazione di proponibilit� dell'arbitrato doveva essersi verificata, 
ai sensi dell'art. 5 c.p.c., al momento della proposizione della 
domanda, non potendo all'uopo tenersi conto della possibilit� che gli 
arbitri concedano un ulteriore termine (con sanatoria della temporanea 
improcedibilit�) e dell'infruttuoso protrarsi del tempo nelle more del 
procedimento arbitrale. 

Il mezzo � destituito di fondamento. 

Occorre anzitutto premettere che la denunziata sentenza ha affermato, 
in ci� non contraddetta dalla Amministrazione ricorrente, che su 
richiesta di quest'ultima non v'erano state trattative di amichevole 

807; sulla disputa in ordine alla fonte degli obblighi e diritti degli arbitri 
( � investiti direttamente dalla legge della funzione giurisdizionale � : Cass., 
18 aprile 1966, n. 969, Giur. it., Mass., 1966, 430), v. ANDRIOLI, Commento al 
codice di procedura civile, Napoli, 1964, 812 �e segg. 

(4) Cfr. Cass., Sez. Un., 2 febbraio 1966, n. 372, Giust. civ., Mass., 1966, 
199; Cass., 21 giugno 1965, n. 1298, id., 1965, 670. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURI$. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 747 

composizione della controversia in sede amministrativa, sicch� esse non 
potevano essere interrotte ai sensi dell'art. 97 del Regolamento, n� 
detta interruzione considerata quale presupposto processuale per adire 
il collegio arbitrale in luogo della determinazione amministrativa sulle 
riserve prevista nell'art. 54 r.d. n. 366 del 1932. Il problema, quindi, 
del coordinamento, ai fini della regolare instaurazione del collegio 
degli arbitri, fra i due decreti, n. 35,5 (Regolamento) e n. 366 del 1932, 
onde accertare se si fossero veri:liicati i presupposti necessari per detta 
instaurazione, non ha ragion d'essere in questo giudizio, postoch� detti 
presupposti non si fanno risalire ad una pretesa interruzione di non 
accertate trattative, ma soltanto alla manifestazione da parte dell'impresa, 
mediante un atto di diffida, di voler promuovere il procedimento 
arbitrale. E l'intera materia del contendente, in argomento, si concentra 
sul quesito se detta diffida potesse dar luogo ad una situazione equipollente 
a quella propria della determinazione amministrativa sulle 
riserve, in seguito alla quale l'appaltatore pu� accettarla oppure domandare 
la tutela giurisdizionale degli arbitri, senza altri ostacoli di 
carattere processuale. 

L'infondatezza delle prime due censure di questo primo mezzo, 
come subito si vedr�, assorbe anche la terza, una volta ritenuto che, 
ai sensi dell'~rt. 5 c.p.c., le condizioni processuali per la regolare instaurazione 
del procedimento arbitrale s'erano verificate al momento 
della proposizione della domanda. 

Sulla dedotta inammissibilit� o irrilevanza della diffida, senza aver 
chiesto al giudice la fissazione di un termine ai sensi dell'art. 1183 

e.e. ed in spregio dei termini previsti nell'art. 5 t.u. della legge comunale 
e provinciale (silenzio-rifiuto), occorre subito osservare (in conformit� 
con la pi� recente giurisprudenza delle Sezioni Unite, giusta 
la sentenza n. 1563 del 19619 ed altra decisa il giorno 8 maggio 1969) 
che il rapporto controverso ha essenzialmente indole privatistica e d� 
luogo a situazioni peritetiche. 
Ci� deriva dall'esistenza, fra le parti, di un contratto di carattere 
commutativo, alla cui osservanza costoro, compresa quindi la P. A., 
sono tenute in base ai principi della integrazione del negozio (art. 1374 
e.e.) e della sua esecuzione di buona fede (art. 1375). 

Pertanto, se pur si voglia ritenere che l'esigenza della determinazione 
amministrativa sulle riserve sia stata prevista onde impedire che 
lAmministrazione venga convocata in giudizio prima di aver potuto 
adeguatamente esaminare e rispondere alle richieste dell'appaltatore, 
non per questo � possibile ammettere la facolt� dell'Amministrazione 
stessa di tras�urare indefinitamente l'esame delle riserve ed impedire 
cosi � sine die � la tutela giurisdizionale delle ragioni dell'altra parte. 

� anzi proprio in base ai ricordati principi di integrazione e di 
buona fede che ben si configura un obbligo della P. A. di rispondere, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con ragionevole tempestivit�, alle riserve, appunto perch� detta risposta 
appare strumentalmente necessaria per la corretta esecuzione e 
definizione del contratto. 

Se ci� non avvenga, sebbene si tratti di un atto dovuto, appare 
ben ammissibile la messa in mora dell'Amministrazione, mediante diffida, 
con f�ssazionedi un termine affinch� l'atto venga compiuto, o, in 
difetto, s'abbia per rimossa ogni preclusione alla tutela giurisdizionale 
dell'altro cop.traente. 

N�, a tal fine occorre ricotrere, come ad unico rimedio giuridicamente 
ammissibile, a quello previsto dall'art. 1183 e.e., fondato sul 
presupposto del difetto di un termine per adempiere. 

Essendo infatti la determinazione amministrativa un atto dovuto, 
che deve essere compiuto in un ragionevole arco di tempo compreso nei 
limiti della tollerabilit� e delle comuni esigenze di definire il rapporto 
senza indugi ingiustificati, ne deriva non g�� una incolmabile 
carenza del termine, ma la sua sussistenza, che si verifica tuttavia 
quand'esso, pur non essendo determinato in misura cronologicamente 
esatta, � per� determinabile con relativa agevolezza, in base ai predetti 
criteri, senza bisogno di ricorrere al giudice a norma dell'art. 1183 e.e. 

Ad ulteriore conforto di questo indirizzo, si osserva come sia compreso 
nei poteri del contraente quello di diffidare la controparte ad 
adempiere il contratto nella sua totalit�, pena la risoluzione (articolo 
1454 e.e.). 

A �maggior ragione vi rientra, quale un � minus �, la diffida a compiere 
una prestazione dovuta, che non rappresenta un adempimento 
integrale (come nell'ipotesi di cui all'art. 1454 ora citato), con la conseguente 
definizione ed estinzione del rapporto, ma un semplice strumento 
per consentire quella definizione, cio� un elemento puramente 
mediato e quindi di minor rilievo rispetto all'adempimento integrale. 

Riconosciuta la giuridica ammissibilit� della diffida al fine di 
rimuovere l'impedimento per adire il giudice arbitrale, quando la 
prolungata inerzia della P. A. non trovi alcuna giustificazione in fatti 
indipendenti dalla sua volont�, deve ritenersi insorto il presupposto 
processuale prima mancante, ai fini di consentire alla �parte la prevista 
tutela giurisdizionale. 

Tuttavia, si deduce nel secondo mezzo che il termine di 30 giorni 

non possa essere ritenuto adeguato in considerazione della complessit� 

della azione amministrativa e della impossibilit� di adottare in breve 

tempo una decisione. 

N� al termine assegnato potrebbe essere calcolato il tempo gi� de


corso, non facente parte del termine stesso. 

Anche questo secondo mezzo � destituito di fondamento. 

Va premesso, infatti, che, nel momento, nel quale l'impresa no


tific� l'atto di diffida, contenente il termine di 30 giorni, erano decorsi 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 749 

quasi tre anni dalla ultimazione dei lavori e dalla liquidazione del 
conto finale e circa due dal collaudo definitivo. 

La denunziata sentenza, al fine del giudizio di congruit� del termine, 
non ha ad esso aggiunto tutto il lungo tempo in precedenza trascorso 
nell'inerzia del!'Amministrazione, come inesattamente sembra 
affermare il ricorso, ma ha tenuto conto degli anni di silenzio dell'Amministrazione 
stessa, nel corso dei quali, trattandosi di un atto dovuto, 
ben si poteva supporre che le varie e molteplici questioni nascenti 
dalle riserve avessero subito un qualche esame ed una sufficiente 
delibazione. 

Poich� la fissazione di un termine non � operazione meramente 
astratta, ma ha riferimento all'esigenza di tener conto, ai fini della sua 
congruit�, di tutte le circostanze concrete e contingenti della fattispecie, 
onde evitare ad un tempo una sua misura in eccesso oppure in 
difetto rispetto alle prestazioni da compiere, non viola alcuna disposizione 
di legge il giudice che, nel suo discrezionale apprezzamento di 
tale congruit�, abbia prudentemente tenuto conto di codeste circostanze. 

Tanto pi�* detta considerazione appare esatta, ove si rifletta, con 
riferimento specifico alla presente controversia, che gli anni trascorsi 
prima della diffida danno luogo alla ragionevole presunzione di adeguata 
conoscenza e di sufficiente approfondimento della materia controversa, 
per quanto complessa potesse essere, da parte dei competenti 
organi amministrativi. 

Questo ben poteva influire, come in realt� influi, sulla misura 
relativamente ridotta del termine, senza perci� renderlo incongruo; 
la stessa cosa avrebbe potuto verificarsi, in senso inverso, se la diffida 
fosse stata notificata immediatamente dopo l'ultimazione dei lavori, 
quando l'Amministrazione era ben lungi dall'aver potuto adeguatamente 
vagliare le riserve dell'impresa, con conseguente ovvio bisogno, 
a tal fine, di un termine di gran lunga maggiore. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Nel primo mezzo del ricorso si deduce un difetto di 
giurisdizione da parte degli arbitri sotto tre distinti profili: 

a) per la mancanza della determinazione amministrativa sulle 
riserve, intesa quale carenza di un presupposto processuale, non surrogata 
dal preteso silenzio-rifiuto ai sensi dell'art. 5 t.u. della legge 
comunale e provinciale, applicabile soltanto alla materia dei ricorsi 
gerarchici e degli interessi e non a quella privatistica dei diritti, rispetto 
alla quale la curatela avrebbe dovuto richiedere al giudice la fissazione 
di un termine ai sensi dell'art. 1183 e.e., unico rimedio utile per supplire 
alla predetta carenza; 



750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

b) perch� non era stata impugnata la determinazione amministrativa 
sopravvenuta in corso di causa davanti agli arbitri. Anzi questa 
mancata impugnazione, secondo l'Amministrazione ricorrente, avrebbe 
determinato la cessazione della materia del contendere, onde viene 
sussunta, nel terzo motivo del ricorso, come censura per omessa pronunzia 
su tale pretesa cessazione, in quanto il difetto di impugnazione 
della determinazione di offrire all'impresa, a tacitazione complessiva 
delle sue riserve, l'importo di L. 562.500 avrebbe reso incontestabile 
l'offerta medesima. Questo secondo profilo (lett. b) del primo mezzo 
pu� quindi essere trattato congiuntamente con il terzo �motivo, data 
l'intima loro connessione; 

e) perch� le riserve non erano state inserite nel libro di contabilit�. 


Al riguardo sarebbe apodittica e immotivata l'affermazione della 
Corte di merito circa l'inesistenza di una contabilit� regolare, smentita 
dal riconosciuto inserimento d'una delle riserve predette nell'apposito 
registro. ~ 

Il mezzo � destituito di fondamento sotto tutti e tre i profili sopra 
indicati. 

In ordine alla prima censura (sub a) si osserva che il rapporto 
controverso ha essenzialmente indole privatistica, come ammette la 
stessa ricorrente, e d� luogo a situazioni giuridiche paritetiche in base 
ad un contratto avente carattere commutativo, alla cui osservanza le 
parti, compresa quindi la P. A., sono tenute in base ai principi dell'integrazione 
d.el negozio e della sua esecuzione di buona fede (artt. 1374 
e 1375 e.e.). 

Pertanto, se pur si voglia ritenere che l'esigenza della determinazione 
amministrativa sulle riserve sia stata prevista onde impedire che 
l'Amministrazione venga convocata in giudizio prima di aver potuto 
adeguatamente esaminare e rispondere alle richieste dell'appaltatore, 
non per questo � possibile ammettere la facolt� dell'amministrazione 
stessa di trascurare indefinitamente l'esame delle riserve ed impedire 
cosi � sine die > la tutela giurisdizionale delle ragioni dell'altra parte. 

Risponde anzi ai ricordati principi di integrazione del contratto e 
di buona fede la configurazione di un obbligo della P. A. di rispondere, 
entro un tempo ragionevole, alle istanze dell'altro contraente, appunto 
perch� detta risposta appare strumentalmente necessaria per la 
rimozione delle incertezze sulla esecuzione e definizione del contratto 
e, qualora ci� non avvenga, � ben ammissibile la messa in mora dell'Amministrazione, 
mediante diffida con fissazione di un congruo termine, 
affinch� l''atto venga compiuto o, in difetto, s'abbia per rimossa 
ogni preclusione alla tutela giurisdizionale dell'altra parte. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 751 

N�, a tal fine, appare strettamente indispensabile ricorrere, come 

ad unico rimedio, giusta quanto si afferma nel ricorso, all'aggravio del 

procedimento giudiziale ai sensi dell'art. 1183 e.e., fondato sul presup


posto del difetto di un termine per adempiere. 

Infatti la determinazione amministrativa non costituisce un atto, 
il cui compimento -come s'� detto -possa essere rinviato indefinitamente, 
ma deve al contrario essere posto in essere in un arco di 
tempo compreso nei limiti della tollerabilit� e delle normali esigenze 
di definire il rapporto senza indugi ingiustificati. Ne consegue. non gi� 
la carenza, ma la sussistenza di un termine, il quale, pur non essendo 
determinato in misura cronologicamente esatta, � per� determinabile 
con relativa agevolezza in base ai predetti criteri, senza bisogno di 
ricorrere al giudice ai sensi dell'art. 1183 e.e. 

Ma v'� di pi�: rientra nei poteri del contraente (art. 1454 e.e.) 
diffidare la controparte ad adempiere il contratto nella sua totalit� 
(pena la risoluzione). A maggior ragione vi rientra, come un � minus �, 
la diffida a compiere un'attivit� dovuta, la quale non rappresenta 
l'adempimento integrale con la conseguente definizione ed estinzione 
del rapporto, ma un semplice mezzo per consentire quella definizione, 
cio� un elemento meramente strumentale di minore importanza rispetto 
all'adempimento medesimo.. 

Riconosciuta la giuridica ammissibilit� della diffida, onde rimuovere 
l'impedimento per adire il giudice arbitrale, quando la prolungata 
inerzia della P. A. non trovi alcuna giustificazione in fatti indipendenti 
dalla sua volont�, pu� considerarsi insorto il presupposto processuale 
prima mancante, ai fini della tutela giurisdizionale, spettante comunque 
al giudice civile in ordine alla posizione di diritto soggettivo nascente 
per l'appaltatore dal contratto. 

A questo punto la ricorrente avrebbe potuto contestare soltanto 
la congruit� del termine. In difetto di tale contestazione il relativo problema 
trovasi fuori della controversia ed � quindi sottratto all'esame 
del giudice. 

La pi� recente giurisprudenza di queste stesse Sezioni Unite si � 
orientata nel senso di cui sopra, senza necessit�, dato il carattere fondamentalmente 
privatistico del rapporto, di ricorrere al principio del 
silenzio-rifiuto della P. A. (sent. n. 1563 dell'8 maggio 1969). 

Con la seconda censura del primo mezzo l'Amministrazione, dimenticando 
di aver espressamente riconosciuto il carattere paritetico 
delle rispettive posizione delle controparti, oppone una pretesa incontestabilit� 
della determinazione amministrativa sopravvenuta in corso 
di causa, per difetto di impugnazione da parte dell'impresa, ed osserva 
che, di conseguenza, la mancanza d'impugnazione avrebbe fatto cessare 
la materia del contendere. 

11 



752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma l'Amministrazione trascura che quando la determinazione intervenne 
era gi� in atto l'esercizio dell'azione innanzi agli arbitri e il 
fallimento faceva valere pretese ben maggiori delle somme attribuitegli 
dall'Amministrazione. Il rapporto processuale aveva quindi un oggetto 
ben determinato. 

Questo oggetto non poteva mutare per il fatto sopravvenuto, in 
corso di causa, del parziale riconoscimento del debito da part� della 

P. A. ci� potendo ridurre l'ambito quantitativo della controversia, nella 
quale restava per� fermo l'interesse alla pronunzia giurisdizionale radicatosi 
fin dal momento della proposizione della domanda. Peraltro la 
eventuale riduzione del contrasto, in caso di riconoscimento parziale, 
non � la conseguenza dell'adozione meramente formale dell'atto, ma 
della effettiva eliminazione della lesione del diritto. 
Tanto pr�messo, non si vede in qual modo la sopravvenuta determ:
inazione amministrativa sulle riserve possa aver influito, come pretende 
l'Amministrazione ricorrente, sulla giurisdizione, risolvendosi in 
un suo difetto. 

Anzitutto la giurisdizione deve essere determinata con riferimento 
all'epoca della domanda (art. 5 c.p.c.), quando -nella specie -pienamente 
ricorreva; in secondo luogo, tenuto conto che si verte in un 
rapporto di natura negoziale a base privatistica, soltanto il giudice del 
merito avrebbe potuto conoscere, in base alla richiesta delle parti, 
dell'eventuale .cessazione della materia del contendere e non certo 
quello della nullit� formale del lodo. 

Tutto ci�, anzi, per altro verso, sta indirettamente a dimostrare 
come una siffatta pronunzia gi� presupponga la giurisdizione e come, 
nella specie, la medesima non poteva essere adottata, contrariamente a 
quanto si sostiene nel terzo motivo, perch� la � parzialit� � del riconoscimento 
non escludeva il contrasto. 

Quanto sopra viene rilevato � ad abundantiam �, postoch� il preteso 
vizio del lodo e della denunziata sentenza, per non aver dichiarata 
la cessazione della materia del contendere in un rapporto sostanziale 
di diritto privato, si risolve in un � error in iudicando � sottratto 
al sindacato di nullit� ed a maggior ragione a quello di legittimit�. 


In ordine alla terza censura del primo mezzo (lett. c) deve riteners~ 
inesatta l'affermazione della Amministrazione ricorrente, secondo 
cui sarebbe apodittico ed immotivato l'accertamento della Corte circa 
l'il)sussistenza di una regolare contabilit�, che aveva reso impossibile 
all'impresa di inserire le proprie riserve nel registro di contabilit�. 

Viceversa, tanto il lodo arbitrale quanto la denunziata sentenza diffusamente 
motivano sulla dedotta circostanza, rilevando come l'eccezionale 
urgenza dei lavori, dovuta alle pressioni dell'Amministrazione, 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 753 

aveva costretto l'impresa ad inserire le proprie riserve in foglietti volanti, 
in attesa di poterle trasferire sui libri contabili. 

Anzi la circostanza che una sola delle tante pot� essere inserita 
in un registro di contabilit� non doveva essere considerata dimostrativa 
di una pretesa negligenza dell'impresa, n� valeva ad escludere la 
situazione di urgenza e di conseguente precariet� amministrativo-contabile, 
nella quale l'appaltatore fu costretto ad operare durante l'esecuzione 
dei lavori. 

Che inoltre le riserve facessero difetto � smentito, in modo evidente, 
non soltanto dalle stesse implicite ammissioni della Amministrazione, 
ma soprattutto dall'adozione da parte sua della determinazione 
amministrativa, con la quale si offriva alla impresa una certa 
somma a tacitazione delle riserve medesime. 

La mancanza delle quali, in ogni caso, avrebbe potuto risolversi 
nella mancanza di un presupposto processuale del giudizio arbitrale, 
piuttostoch� in un difetto di giurisdizione. 

Nel secondo motivo del ricorso si oppone l'irregolare notificazione 
del verbale di costituzione del collegio arbitrale all'Avvocatura generale 
dello Stato anzich� all'Amministrazione interessata. Ci� importerebbe 
la mancanza di una valida accettazione degli arbitri. 

Anche questo mezzo � destituito di fondamento. 

Si sostiene in contrario (ed � quanto si legge nella denunziata 

sentenza) l'insussistenza del dedotto vizio a causa del difetto di una 

qualsiasi norma, che richieda la notificazione alla parte anzich� al 

difensore, o viceversa, del verbale di accettazione e costituzione del 

collegio arbitrale. 

La verit� di codesta constatazione (difetto di previsioni legislative 

� ad hoc �) non impedirebbe, per�, in astratto, l'insorgenza di una eventuale 
ragione di inefficacia, qualora si ritenesse che, trattandosi di 
un atto recettizio, se ne debba dare comunque �comunicazione agli interessati, 
onde assicurarne l'operativit�. 
Senonch�, al fine di risolvere il problema, occorre distinguere fra 

eftfetti sostanziali ed effetti processuali del verbale di accettazione e co


stituzione del collegio arbitrale. 

Sotto il primo profilo -che peraltro concerne soltanto il rap


porto nascente fra la parte e l'arbitro -non sorge discussione, poich� 

gli arbitri designati accettarono ed eseguirono l'incarico loro confe


rito e le parti non hanno sollevato questioni specifiche, di natura so


stanziale, al riguardo. 

In difetto di diverse risultanze (ricusazioni, sostituzioni, contestazioni 
ecc. di taluno o di tutti gli arbitri) ben pu� ritenersi chiuso e 
concluso detto rapporto senza alcun particolare riflesso sullo svolgimento 
della procedura arbitrale. 



754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sotto il secondo profilo (quello processuale) acquista determinante 
rilievo l'osservanza del fondamentale principio del contraddittorio, 
al fine di consentire alle parti una completa loro difesa. Soddisfa 
adeguatamente a questa essenziale esigenza di difesa e di � parcondicio 
� delle parti nel processo la notificazione del verbale di costituzione 
del collegio arbitrale al difensore, onde metterlo nelle condizioni 
di esercitare il proprio compito di assistenza e rappresentanza 
in giudizio. 

Questa censura, che si risolve in un motivo meramente formalistico, 
appare quindi del tutto inconsistente e non merita accoglimento. 

Sulla infondatezza del terzo mezzo, circa un preteso obbligo del 
giudice di dichiarare la cessazione della materia del contendere, gi� 
s'� parlato a proposito della seconda censura del primo mezzo. Non 
occorre qui aggiungere altre considerazioni. 

Nel quarto motivo si afferma, in contrasto con il contenuto della 
denunziata sentenza al riguardo, la sussistenza dell'interesse da parte 
dell'Amministrazione ad eccepire l'irregolarit� della acquisizione della 
relazione Baldi, in quanto la stessa avrebbe riguardato tutto l'appalto. 

� opportuno anzitutto osservare come l'affermazione, secondo cui 
la predetta relazione avrebbe investito l'appalto nella sua totalit�, non 
soltanto non � dimostrata e soprattutto non � stata adeguatamente specificata, 
restando allo stato di generica asserzione, ma non investe il 
punto fondamentale, che avrebbe reso rilevante, in ipotesi, il vizio 
lamentato. Infatti, anche ammesso che detta relazione tecnica riguardi 
il rapporto nella sua interezza, ci� non di meno la pretesa irregolarit� 
della sua acquisizione al processo dovrebbe considerarsi irrilevante, se, 
come nella specie � avvenuto, essa non abbia esercitato alcuna influenza 
ai fini della decisione. 

L'unica domanda fondata sulla relazione Baldi, per come concordemente 
riconoscono il lodo e la denunziata sentenza, senza contrasto 
delle parti, � quella contenuta nella riserva n. 21, la quale venne 
per� abbandonata e non costitu� oggetto di decisione. 

L'amministrazione ricorrente non � stata in grado di indicare, con 
sufficiente specificit�, su quali altre statuizioni avrebbe inciso la relazione 
di cui sopra. 

Ove a questo significativo silenzio si aggiunga il rilievo secondo 
cui nella diffusa motivazione del lodo non si accenna all'elaborato 
predetto, ai fini decisori, devesi concludere come questo quarto mezzo 
si risolva in una censura del tutto vaga e inconsistente. 

Nel quinto motivo� infine si sostiene l'errore della Corte di merito 
di aver ritenuto che dal divieto di appello e di ricorso per cassazione 
contro la sentenza arbitrale derivasse l'impossibilit� di denunziare 
errori di diritto. 

f.:

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 755 

Infatti l'art. 59 r.d. 17 marzo 1932, n. 366, che prevede il divieto 
di cui sopra, sarebbe in contrasto con l'art. 829, secondo comma, c.p.c., 
e dovrebbe perci� essere disapplicato. 

Anche questo mezzo � privo di fondamento e si trova in contrasto 
con la giurisprudenza di questa Suprema Corte (sent. n. 372 del 1966, 

n. 1298 del 1965 e n. 599 del 1958). 
Occorre anzitutto osservare che il divieto di impugnazione del 
lodo per violazione delle regole di diritto cio� per � errores in iudicando 
> venne espressamente previsto nel capitolato d'appalto all'art. 14, 
realizzando co_si la deroga convenzionale, espressamente prevista nel secondo 
comma dell'art. 829, alla impugnabilit� del. lodo stesso per violazione 
delle regole di diritto' sostanziale. 

Basterebbe questo rilievo per svuotare di contenuto la censura, 
una volta riconosciuto che la trasfusione del contenuto di una norma 
in una clausola contrattuale liberamente accettata dal contraente privato 
d� luogo ad un vincolo negoziale. 

In ogni caso non si verifica il ventilato contrasto fra le du� disposizioni 
-pacifico essendo che la pi� antica venne prevista non gi� 
per sottrarre il lodo all'impugnazione per nullit� derivante da � errores 
in procedendo�, ma all'impugnazione per ragioni di diritto sostanziale poich� 
l'art. 829, II comma, trova applicazione in linea di principio 
appunto quando manchino speciali disposizioni o convenzioni, la cui 
efficacia � fatta salva proprio dalla norma generale del predetto comma 
dell'art. 829 del codice di rito civile. 

Questa disposizione derogativa, nella specie, esiste ed � quella di 
cui all'art. 59 r.d. 366 del 1932, della quale non si pu� dunque affermare 
l'abrogazione implicita, non vertendosi in una ipotesi di incompatibilit� 
fra le due norme emanate in tempi diversi. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 luglio 1969, n. 2449 -Pres. Tavolaro 
-Est. Aiiotta -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero dei Lavori 
Pubblici (avv. Stato Cavalli) c. Societ� Ferrocemento Costruzioni e 
lavori pubblici (avv. Giordano G.). 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Riserve dell'appaltatore -Reiezione 
dell'Amministrazione -Domanda di arbitrato -Previo collaudo 
dell'opera -Presupposto necessario per l'instaurazione del 
rapporto processuale -Esclusione -Presupposto processuale di 
esperibilit� dell'arbitrato, sopraggiungibile nel corso del processo 
-Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 91 e segg.; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1036, 
art. 44). 
Negli appalti disciplinati dal Capitolato generale approvato con 

d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 il collaudo dell'opera costituisce presup

756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posto processuale che condiziona l'esperibilit� dell'arbitrato (o deU'azione 
innanzi al G.0.), ma non addirittura la costituzione del rappoll"to processuale, 
per modo che il giudice debba d'ufficio rilevarne la mancanza, 
essendo rimesso alla parte interessata soltanto di chiedere che 
non si proceda: ne consegue che, a differenza di quanto s,i verifica per 
i presupposti processuali in senso stretto, se esso intervenga nel corso 
del pll"ocesso e pll"ima dell'emanazione della decisione, la domanda diventa 
proponibile (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Ministero dei lavori 
pubblici, denunziando la violazione degli artt. 820, n. 4, 360, nn. 1 e 2, 
e 5 c.p.c., in relazione all'art. 44 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1036, che 
ha approvato il Capitolato generale di appalto per le opere di competenza 
dello stesso Ministero, sostiene che la domanda di arbitrato era 
improponibile, in quanto, all'atto della notificazione della stessa, non 
era ancora intervenuto il collaudo, il quale, avendo natura di presup-] 
posto processuale, doveva sussistere al momento della proposizione fil 
della domanda; n� aveva quindi rilevanza il fatto che il collaudo era 

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intervenuto nel corso del giudizio �arbitrale, prima della emanazione 

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del lodo. rn 

Il ricorso � infondato. Infatti, pur essendo sostanzialmente esatto, 
secondo q'Q.anto ritenuto nella giurisprudenza di questa Corte (sentenze 
12 ottobre 1968, n. 3232 e 22 dicembre 1964, n. 2968), che la 
preventiva effettuazione del collaudo, ai sensi dell'art. 44 del Capitolato 
generale per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori 
pubblici, approvato con d.P.R. 16 luglio 19'62, n. 1063, costituisce un 
presupposto processuale che condiziona l'esperibilit� dell'arbitrato, tuttavia 
la mancanza di questo elemento non determina in ogni caso � ipso 

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(1) Contra v. Cass., 22 dicembre 1964, n. 2968, in questa Rassegna, I 
1965, I, 222, nonch� note di GARGIULO, in questa Rassegna, 1966, I, 1135, @ 
e di DEL GRECO, id., 1967, I, 173. Tuttavia gi� con sentenza 12 ottobre 1968, @ 
n. 3232 (in questa Rassegna, 1968, I, 848) le Sez. Un. della Corte di Cas-r=; 
saziane hanno ritenuto che il divieto di adire il giudice prima del collaudo 
I 

� concreti una fattispecie normativa di semplice improponibilit� dell'azione, I} 
come tale estranea al tema della giurisdizione�, se pur sempre appart.enente 
all'orbita dei presupposti del processo, siccome analoga all'ipotesi d 
prevista dall'art. 460 c.p.c. per le controversie in materia di previdenza f.; 
e assistenza obbligatorie. In quella sentenza, la Corte di Cassazione parla f/ 
di � presupposto che condiziona l'esperimento dell'azione ~, cosi come, in jj:j: 
altre pronunce, a proposito dell'art. 460 c.p.c., parla di � presupposto pro-V 
cessuale dell'azione�, anche questa volta distinto dalla giurisdizione (Cass., ~)j 
10 febbraio 1968, n. 431, Giur. it., Mass., 1968, 145, sub b); v. anche Cass., v 
19 luglio 1968, n. 2602, -ivi, 939; 23 luglio 1966, n. 2022, Giust. civ., Mass., 1 
1966, 1157, ove ulteriod eitrudoni di gi=;,prude=� e dottrina). Ma, a P'OI 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 757 

iure � l'improponibilit� della domanda. Occorre in proposito considerare 
che, secondo un'autorevole corrente dottrinale, alla quale questa Corte 
ritiene di aderire, tra i presupposti processuali ve ne sono alcuni per 
i quali � stata pi� propriamente adottata la denominazione di e eccezioni 
processuali �, che non costituiscono condizione necessaria per 
l'instaurazione del rapporto processuale, per modo che il giudice debba 
d'ufficio rilevarne la mancanza, essendo rimesso alla parte interessata 
soltanto di chiedere che non si proceda. Orbene, se il rapporto processuale 
pu� egualmente sussistere anche se manchi uno di tali elementi 
che legittimano l'eccezione processuale, deve ritenersi che, a differenza 
di quanto si verifica per i presupposti processuali in senso stretto, se 
questo interv�nga, nel corso del processo e prima dell'emanazione della 
decisione, la domanda diventa proponibile. 

In tale categoria rientra l'eccezione di improponibilit� della domanda 
arbitrale in quanto intempestivamente proposta prima del collaudo. 
Il che si desume dal fatto che tale presupposto non ha carattere 
assoluto ed inderogabile, essendo previste numerose eccezioni che ne 
attenuano notevolmente la portata. Infatti il citato art. 44, dopo aver 
stabilito in via generale nel primo comma che la domanda di arbitrato 
deve essere proposta dopo l'approvazione del collaudo, nel successivo 
comma fa espressa eccezione a tale principio: (lett. b) per le controversie 
la cui natura e rilevanza economica, ad avviso di una delle parti, 
non consenta che la loro risoluzione sia differita; (lett. c) per le controversie 
di cui ai precedenti artt. 13 e 35 ultimo comma, relative le 
prime alla determinazione di un equo compenso per variazioni regolarmente 
ordinate, nel caso di notevole pregiudizio per l'appaltatore, le 
seconde al ritardo nel pagamento degli acconti. Ed � particolarmente 

posito della fattispecie regolata dall'art. 460 c.p.c., la Suprema Corte regolatrice 
appare maggiormente conseguente rispetto alla premessa, poich� avverte 
che l'inesistenza del presupposto processuale � dev'essere accertata 
d'ufficio dal giudice, ,con riguardo al momento, in cui � stata presentata la 
domanda � (Cass., 18 maggio 1966, n. 1268, Giur. it., Mass., 1966, 563; 22 aprile 
1965, n. 710, ivi, 1965, 250). Questa �, infatti, la regola iper i presupposti 
processuali (cfr. ZANZUCCHI, Dir. proc. civ., I, Milano, 1955, 61 e 71 e segg.), 
mentre nessuna norma, e tanto meno l'art. 44 Cap. gen. 1962, stabilisce, 
viceversa, che, pel caso di cui qui si tratta, il Giudice debba controllare 
ia regolarit� delia costituzione del rapporto processuale, al fine di stabilire 
se abbia il potere-dovere di esaminare il merito della domanda, solo qualora 
il vizio sia stato ec�epito dalla parte interessata e, per di pi�, possa ' 
valutare tale regolarit� con riferimento ad un momento diverso da quello 
della costituzione del rapporto (� noto, poi, che � la proposizione della 
domanda l'atto costitutivo del rapporto processuale, mentre la mancanza 
degli altri presupposti non impedisce tale costituzione, ma solo la regolarit� 
del processo, ossia preclude al Giudice l'esame del merito della domanda: 
LIEBMAN, Corso di diritto processuale civite, Milano, 1952, 37). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indicativo il fatto che, a norma dell'ultimo comma, � rimesso agli 
stessi arbitri di decidere se le controversie per le quali si domanda 
il loro giudizio in base alla lett. b) siano effettivamente tali da dover 
essere risolte immediatamente o debbano invece essere rimandate a 
dopo l'approvazione del collaudo. Ma l'argomento decisivo pi� importante 
� costituito dalla disposizione contenuta nella lettera a) del secondo 
comma, in base alla quale in qualsiasi ipotesi � sufficiente il 
semplice accordo delle� parti a rendere proponibile l'arbitrato anche 
prima del collaudo. Ed ulteriore conferma della esattezza della opinione 
accolta si ha nella � ratio � cui la norma � ispirata, che � di evitare l'insorgere 
di contestazioni che potrebbero essere superate o semplificate 
a seguito dell'intervento del collaudo in conseguenza delle determinazioni 
di carattere tecnico o giuridico espresse in tale sede; donde l'interesse 
dell'Amministrazione a protrarre la costituzione del collegio 
arbitrale a data posteriore all'effettuazione del collaudo. Finalit� questa 
che si realizza egualmente anche quando il collaudo interviene nel 
corso del giudizio arbitrale; per cui sarebbe contrario ad ogni principio 
di economia processuale l'instaurazione di un nuovo giudizio arbitrale, 
quando ve ne � uno gi� in corso, sia pure intempestivamente instaurato 
quando ancora non era intervenuto il collaudo. 

Pertanto il ricorso va rigettato. In quanto alle spese del giudizio 
di cassazione si ritiene opportuno, data la delicatezza e novit� della 
questione, di compensarle (artt. 385 e 92 c.p.c.). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2611 -Pres. Favara 
-Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Terranova) c. Impresa P. Cidonio (avv. Lavag
�gi). 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto concorso -Aggiudicazione 
-Annullamento -Equivale all'annullamento del contratto. 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 4, 16; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, articoli 
40, 91). 
A seguito deii'annullamento da parte del giudice amministrativo 
degli atti della gara concernente un appalto-concorso e, quindi, della 
relativa aggiudicazione, deve ritenersi che venga meno lo stesso rapporto 
contrattuale, valendo il principio che il verbale di aggiudicazione 
non � un atto meramente preparatorio della successiva contrattazione, 
ma, come atto conclusivo della gara (che aocerta l'offerta pi� vantag



PARTE I, SEZ. VI, GlURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 759 

giosa e dichiara la volont� dell'Amministrazione di accettarla), ha ad 
ogni effetto giuridico valore di contratto (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo proposto col ricorso principale 
l'Amministrazione finanziaria, denunciando la violazione e la falsa applicazione 
dell'art. 14, n. 2, della legge di registro 30 dicembre 1923, 

n. 3269, nonch� dei principi generali concernenti l'attivit� contrattuale 
della P. A. e gli effetti delle decisioni del Consiglio di Stato, si duole 
che la Corte di Roma abbia ritenuto che l'annullamento dell'aggiudicazione 
dell'appalto-concorso integrasse un'ipotesi di nullit� radicale del 
contratto di appalto e giustificasse, di conseguenza, la richiesta di restituzione, 
da parte dell'appaltatore, dell'imposta di registro scontata sul 
contratto d'appalto come sopra annullato. 
A sostegno della censura proposta, ed a dimostrazione della inapplicabilit�, 
nella specie, della norma del citato art. 14, n. 2, deUa legge 
di registro, che eccezionalmente ammette la restituzione dell'imposta, 
quando sia intervenuta tra le parti una sentenza che accerti la nullit� 
del negozio per un � vizio radicale � che non sia riconducibile alla 
volont� delle parti, essa ricorrente, sul rilievo che la decisione del 
Consiglio di Stato non ha inciso � direttamente � sul contratto d'appalto 
del 18 giugno 1960, in quanto si � limitata a dichiarare l'illegittimit� 
della delibera con cui la competente Commissione aveva proceduto 
alla valutazione dei progetti presentati dalle ditte concorrenti alla 
gara, osserva, in particolare, che il vincolo contrattuale � rimasto 
valido ed operante, fino a quando, in data 2 maggio 1961, non � stato 
annullato, in via del tutto �utonoma, anche se in conseguenza della 
precedente declaratoria del Consiglio di Stato, il decreto n. 3336, con 
cui il Ministero dei lavori pubblici aveva, il 25 luglio 1960, approvato 
il suddetto contratto d'appalto. 

(1) La sentenza in rassegna si limita a far riferimento alla consolidata 
giurisprudenza della Corte di Cassazione, che, sul testuale fondamento dell'art. 
16, comma quarto, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sottolinea � l'effettivo 
valore negoziale che l'atto di aggiudicazione assume di regola nella 
stipulazione dei contratti conclusi con la P. A. col sistema del pubblico 
incanto o della licitazione privata � (v., in proposito, Cass., Sez. Un., 30 
marzo 1968, n. 975, Giur. it., Mass., 1968, 335, sub C; Cass., 3 febbraio 1968, 
n. 349, ivi, 118, sub a, nonch� 30 gennaio 1964, n. 263, in questa Rassegna, 
1964, I, 489, con nota di CARUSI), ritenendo, perci�, implicitamente, 
che l'appalto concorso costituisca una forma speciale di licitazione privata 
e prescindendo dall'approfondire la portata dell'art. 91 r.d. 23 maggio 1924, 
n. 827, che, in effetti, costitui,sce l'Amministrazione libera di adottare le 
forme che ritiene pi� idonee (per l'autonomia della figura, v., invece, 
RoEHRSSEN, I contratti della Pubblica Amministrazione, Bologna, 1961, 248 
e segg.). La stessa sentenza in rassegna avverte anche che, quando vi sia 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nega, pertanto, che la dichiarazione di illegittimit� del procedimento 
amministrativo seguito per la scelta del contraente privato 
comporti di per s�, automaticamente, l'inesistenza giuridica del contratto 
d'appalto stipulato in esito a tale procedimento; ed aggiunge che 
in ogni caso -anche a voler ammettere che l'illegittimit� dell'atto 
amministrativo impugnato davanti al Consiglio di Stato fosse da riconoscere 
anche al contratto (negozio di diritto privato) stipulato successivamente 
-avrebbe dovuto la Corte di Roma escludere che nella 
specie ricorresse, agli effetti del citato art. 14, n. 2, della legge di 
registro, l'ipotesi del e vizio radicale indipendente dalla volont� o dal 
consenso delle parti � e dare viceversa atto che la disapplicazione delle 
norme disciplinanti il procedimento dell'appalto-concorso era da imputare 
all'Impresa Cidonio, la quale � aveva posto in essere in modo 
viziato lo strumento � richiesto per la concreta identificazione del soggetto 
privato con cui l'Amministrazione avrebbe dovuto stipulare successivamente 
il contratto. 

L'esposta censura non ha per� fondamento giuridico. 

Tralasciando, per la sua manifesta inconsistenza, l'ultimo rilievo, 
non potendosi ovviamente ricondurre alla volont� delle parti contraenti 
-(e tanto meno, poi, a quella del contraente privato, come la 
ricorrente pretenderebbe fare) -l'errore in cui l'A. P. incorre, allorch�, 
in conseguenza della mancata osservanza delle norme che ne disciplinano 
l'attivit� contrattuale (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'amministrazione 
del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato e 
relativo Regolamento 23 maggio 1924, n. 827, con le successive modifiche), 
dichiara aggiudicatario dell'appalto-concorso un soggetto diverso 
da quello cui tale qualifica sarebbe obiettivamente spettata, 
inaccettabile appare invero la tesi dell'Amministrazione finanziaria 
ricorrente, solo che si tenga nella dovuta .considerazione l'effettivo valore 
negoziale che l'atto di aggiudicazione assume di regola nella stipula


la predetta, legale equipollenza, la successiva stipulazione del contratto 

� rappresenta una mera formalit� non avente per la sua stessa intrinseca 
natura alcuna influenza sul vincolo contrattuale gi� in precedenza validamente 
costituitosi co~ verbale di aggiudicazione�. Deve, peraltro, avvertirsi 
che talvolta la stipulazione formale del contratto � resa necessaria 
per introdurre clausole accessorie, che non risultano dal Capitolato (cfr. 
art. 88 Reg. cont. gen. Stato r.d. n. 827 del 1924; si pensi ad esempio ai 
casi di esonero dal versamento della cauzione definitiva, verso miglioramento 
del prezzo di aggiudicazione, di cui al d.P.R. 29 luglio 1948, n. 1309. 
Anche come mero fenomeno riproduttivo la stipulazione del contratto 
pu� essere, comunque, imposta dal Capitolato generale (v. art. 4, comma 
primo, d.P.R. n. 1063 del 1962) ed assumere una propria rilevanza a determinati 
effetti (ad es. al fine della decorrenza del termine di cui all'art. 4, 
comma secondo, d.P.R. n. 1063 del 1962 cit.). i::: 

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J 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 761 

zione dei contratti conclusi con la P. A. col sistema del pubblico 
incanto o della licitazione privata. 

Come � stato pi� volte, e ancora di recente, rilevato da questa 
Suprema Corte, in detti contratti il verbale di aggiudicazione non �, 
infatti, un atto meramente preparatorio della successiva negoziazione, 
ma � l'atto conclusivo dell'intero procedimento di gara, cui, in vista 
del suo duplice contenuto, di accertamento costitutivo dell'offerta pi� 
vantaggiosa e, al tempo stesso, di dichiarazione mediante la quale la 

P. A. manifesta la propria volont� di costituire, aderendo all'offerta 
fattale, quel determinato vincolo giuridico, la legge (art. 16, comma 4, 
r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) espressamente attribuisce ad ogni effetto 
giuridico valore di contratto. N� a diverso avviso pu� indurre il fatto 
che in taluni casi sia prevista una successiva stipulazione formale del 
contratto, .giacch� in effetti tale eventuale stipulazione rappresenta 
una mera formalit�, non avente, per la sua stessa intrinseca natura, 
alcuna influenza sul vincolo contrattuale gi� in precedenza validamente 
costituitosi col verbale .di aggiudicazione. (Cass., Sez. Un., 30 marzo 
1968, n. 975 e 2 aprile 1965, n. 576, nonch� Cass. 3 febbraio 1968, 
n. 349 e 9 ottobre 1956, n. 3421). 
Che il giudice amministrativo, in accoglimento del ricorso presentato 
da un'impresa concorrente, non abbia espressamente dichiarato 
la nullit� del contratto d'appalto del 18 giugno 1960 cui si riferisce 
l'imposta di registro della cui. restituzione ora si controverte, ma si 
sia limitato soltanto ad annullare gli atti della gara e la seguitane 
aggiudicazione dell'appalto all'Impresa resistente, non vale pertanto 
a fare ritenere che, nella specie, non ricorresse l'ipotesi normativa 
prevista nel n. 2 dell'art. 14 della legge di registro e che abbia, di 
conseguenza, errato la Corte di merito nell'ordinare la restituzione 
dell'imposta di registro nonostante che questa fosse stata a suo tempo 
pagata dall'Impresa aggiudicataria per un contratto rispetto al quale 
era mancata un'espressa dichiarazione di � nullit� radicale � inducente 
la nullit� dell'atto fin dalla sua origine indipendentemente dalla volont� 
e dal consenso delle parti. 

In effetti, invero, con l'annullamento degli atti della gara � stato 
annullato l'intero rapporto negoziale che aveva in questi il suo indispensabile 
presupposto giuridico; con la conseguenza che, venuta meno 
l'aggiudicazione, per avere il giudice amministrativo accertato in uno 
dei due soggetti stipulati la mancanza della titolarit� dei diritti e delle 
obbligazioni inerenti al contratto che aveva formato oggetto della gara 
esperita,. � venuto irrimediabilmente meno altresi il vincolo contrattuale 
da tale aggiudicazione derivante, altro non essendo stata la successiva 
stipulazione del 18 giugno 1960 che una formalit� di carattere 
meramente esecutivo, dalla quale non era sorto per le parti contraenti, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in ordine al gi� costituito rapporto negoziale, alcun diritto nuovo ed 
alcuna nuova obbligazione. 

N� vale opporre che nessun nesso di conseguenzialit� giuridica 
sussisterebbe tra la declaratoria di nullit� emessa dal giudice amministrativo 
e la caducazione del contratto d'appalto del 18 giugno 1960, 
in quanto quest'ultima sarebbe derivata non gi� dalla sentenza del 
Consiglio di Stato, ma dal decreto n. 1897 con cui il Ministero dei lavori 
pubblici aveva, in data 2 maggio 1961, provveduto ad annullare sia 
l'aggiudicazione di cui alla ministeriale dell'8 marzo 1960, sia, al tempo 
stesso, il successivo decreto n. 3336 del 25 luglio 1960, col quale era 
stato approvato detto contratto. In effetti, invero, il decreto ministeriale 
n. 1897 del 2 maggio 1961 si � limitato ad adeguarsi ed a dare 
esecuzione concreta alla pronuncia di annullamento emessa dal giudice 
amministrativo, all'uopo provvedendo, stante l'efficacia retroattiva della 
pronuncia stessa, a ripristinare la situazione giuridica preesistente alla 
gara ed all'aggiudicazione ed a togliere perci� di mezzo anche quel 
contratto del 18 giugno 1960, che, in quanto affetto da un vizio radicale 
inerente al suo processo formativo e non dipendente dalla volont� o 
dal consenso delle parti -(tale essendo quello costituito dall'essere 
un atto in contrasto con una norma imperativa: Cass., 13 aprile 1964, 

n. 867) -era fin dall'origine da considerare a tutti gli effetti -compresi 
quelli espressamente preveduti dal citato art. 14, n. 2, della legge 
di registro -come giuridicamente inesistente. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 luglio 1969, n. 2766 -Pres. Malfitano 
-Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Societ� Manifatture 
Cotoniere Meridionali (avv. Miletto) c. Ministero Difesa-Esercito 
(avv. Stato Castiglione-Morelli). 

Amministrazione dello Stato e dipendenti pubblici -Contabilit� generale 
dello Stato -Contratti dello Stato -Posizione di subordinazione 
del privato contrattante e contraente con la P. A. -Sussiste. 
Condizioni generali di oneri -Natura ed efficacia di norme regolamentari 
-Sussiste. 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 7, 88; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 45). 
Leggi e regolamenti -Potest� regolamentare della P. A. -Regolamenti 
ministeriali autorizzati da singole leggi -Ammissibilit� nel vigente 
ordinamento -Sussiste. 

(Cost., art. 87, comma quinto). 

Contratti pubblici -Contratti di fornitura stipulati dall'Amministrazione 
militare -Condizioni generali approvate con d. m. 20 giugno 
1930 -Natura ed efficacia di norme regolamentari -Sussiste. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MA'fERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 763 

Contratti pubblici -Clausole contrattuali predisposte dalla P. A. Inapplicabilit� 
dell art. 1341 c. c. -Sussiste. 

Obbligazioni e contratti -Contratto per adesione e contratto� per relationem 
perfectum� -Nozioni e differenze -Inapplicabilit� al concontratto 
�per relationem perfectum� dell'art. 1341, cpv., c. c. Sussiste 
-Fattispecie. 

(e.e., art. 1341), 

Prescrizione -Prescrizione e decadenza -Criterio distintivo. 
(e.e., artt. 2934 e segg., 2964 e segg.), 

Contratti pubblici -Contratti di fornitura stipulati dall'Amministrazione 
militare -Ricorso in via amministrativa ed azione giudiziaria 
del fornitore per la restituzione di penali � inflitte in dipendenza 
dei patti contrattuali� -Termini di esperimento previsti 
dall'art. 83 d. m. 20 giugno 1930 -Carattere di termini di decadenza 
-Sussiste. 

Contratti pubblici -Comminatoria di penali -Improponibilit� nei 
confronti della P. A. dell'azione giudiziaria per la riduzione ad 
equit� delle penali, ai sensi dell'art. 1384 c. c. -Sussiste. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, aH. E, artt. 4 e 5). 
Il privato che ;entri con la P. A. nei particolari rapporti disciplinati 
dai Capitolati generali di oneri trovasi in uno stato di subordinazione, 
a cui fa riscontro la natura regolamentare di quelle norme, la 
vincolativit� dell~ quali � indipendente dalla circostanza che siano 
confermate dal contratto (1). 

(1) Nei confronti dello Stato il privato contraente �� in un rapporto 
di subordinazione�: Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 
537; pi� di recente, v. Cass., 22 giugno 1967, n. 1486, ivi, 1967, 573, sub 
a). I riflessi della natura pubblica del soggetto sull'attivit� contrattuale 
da esso esplicato per la realizzazione dei suoi fini � si riscontrano oltre 
che nel processo formativo della volont� dello stesso soggetto, nelle forme... 
� altres� � nell'attribuzione alla medesima Amministrazione di paritcolari 
poteri e facolt� e nella imposizione al predetto contraente di obblighi 
e limitazioni ignote al diritto privato �: Cass., 30 ottobre 1954, n. 4190, 
Foro pad., 1955, I, 1023. 
Il principio che le disposizioni contenute nei Capitolati generali per 
le opere pubbliche dello Stato � hanno natura regolamentare e l'imperativit� 
esterna che � propria delle norme di diritto obiettivo� trovasi affermata, 
anche di recente, nella sentenza 17 marzo 1969, n. 857, in questa 
Rassegna, 1969, I, 348, in part. 350, nella motivazione (per applicazione 
alla clausola compromissoria v. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, 
in questa Rassegna, 1964, 971 e seg., nella motivazione). Appare quasi 
superfluo segnalare l'importanza .dell'insegnamento della Corte di Cassazione, 
sopra nominato, dal quale si trae riconoscimento dell'irriducibilit� 
dell'appalto di opera pubblica, ad un mero contratto privatistico, dato che 
ad esso � connaturata la caratteristica della soggezione dell'appaltatore 



764 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Accanto ai regolamenti governativi di carattere tipico deve ammettersi, 
nel vigente ordinamento, la possibilit� che singole leggi autorizzino 
l'emanazione di regolamenti ministeriali (2). 

Le Condizioni generali di oneri per le fornivure all'Amministrazione 
militare app1�ovate con d.m. 20 giugno 1930 hanno natura ed efficacia 
di norme regolamentari (3). 

L'art. 1341 e.e. � inapplicabile ai contratti della P. A. (4). 
Mentre nel contratto per adesione lo schema contrattuale viene 
predisposto da una delle parti prima e al di fuori di ogni trattativa 

alla potest� regolamentare (sul fondamento della quale nelle leggi di contabilit� 
generale dello Stato e sui avori pubbici v. CARUSI, Spunti, ecc., 
in questa Rassegna, 1965, I, 226 e segg.) e ordinatoria della P. A. (per 
l'aspetto dell'autotutela, �che si traduce in veri e .propri atti amministrativi, 

v. CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 150 e segg.). 
(2) � stato, infatti, giustamente osservato che la materia dell'ordinamento 
delle fonti normative diverse dalle leggi e dagli atti aventi forza 
di legge deve formare oggetto di una legge di attuazione della Costituzione; 
ma fino a quando ci� non avvenga � seguitano ad appHcarsi la 1. 31 gennaio 
1926, n. 100 -la quale si limita a disciplinare solo alcuni dei regolamenti 
governativi -le consuetudini formatesi e le norme implicite, 
in quanto nessuna norma contraria � contenuta nella Costituzione� (cos� 
GIANNINI M. S., Provvedimenti amministrativi generali e regolamenti ministeriali, 
Foro it., 1953, III, 21, il quale avverte che il quinto �comma dell'art. 
87 della Costituzione, relativo al potere del Presidente della Repubblica 
di emanare i regolamenti, non ha valore innovativo �ma � una 
riaffermazione solenne del principio gi� contenuto nella legge del 1926 
che i regolamenti esterni se�ondari del potere amministrativo, quando non 
sia altrimenti disposto, sono emanati dal Presidente della Repubblica �). 
Sull'argomento v. anche VIGNOCCHI, Il potere regolamentare dei Ministri, 
Napoli, 1957, 123 e segg., ove ulteriori citazioni, nonch�, in particolare, 131 
e segg.; VITTA, Diritto amministrativo, I, Torino, 1949, 73 e seg. 
(3) Cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giust. civ., Mass., 1963, 740, 
sub 3 ed ivi ulteriori citazioni. 
(4) L'insegnamento, che viene spesso formulato a proposito di clausole 
che trovano gi� autonoma vincolativit�, in quanto recate da norme dei 
Capitolati generali, di cui viene proclamata la natura regolamentare (v. ad 
es. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, gi� citata a nota 1), � qui ricondotto al 
fenomeno della concreta contrattazione in s� della P. A. c�n i terzi e riferito 
alle clausole contrattuali come tali � predisposte dai suoi organi ., 
'!operato dei quali � si presume ispirato a finalti� d'interesse generale e, 
perci�, ad imparzialit� e giustizia �: cfr. anche, in tali sensi, Cass., 30 ottobre 
1954, n. 4190, Foro it., Mass., 1954, 844; Cons. Stato, Ad. gen., parere 
26 luglio 1957, n. 376, in appendice n. 2 a BoNORA, Il contratto d'appalto 
di lavori pubblici, Frascati, s.d., ma 1960, 386, nonch� in Rassegna LL. PP., 
1958, 124 e segg.; v. anche nota, in questa Rassegna, 1965,. I, 228-229; per 
una diversa dimostrazione delle ragioni giurtdiche e pratiche della inapplicabilit� 
degli artt. 1341-42 e.e. ai contratti della P.A., v. F01s, La Pubblica 
Amministrazione e le clausole vessatorie, Foro pacL., 1964, II, 26 e 
segg., in part. 30. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 765 

negoziale e l'altra parte si limita a prestarvi un'adesione forse non del 
tutto consapevole e adeguatamente deliberata, nel contratto per rela~ 
tionem perfectum ha luogo una cooperazione delle parti nella scelta 
del negozio di riferimento e nell'approvazione della clausola che dispone 
il rinvio, epper� in tale ipotesi il capoverso dell'art. 1341 e.e. 
non ha ragione di essere applicato (5). 

Il fondamento logico-giuridico della prescrizione va ritrovato nella . 
presunzione di abbandono del diritto da parte del titolare che non l'abbia 
esercitato per un certo tempo, laddove le comminatorie di de,cadenza 
sono intese alla pronta definizione dei rapporti giuridici fra i loro 
soggetti (6). 

L'art. 83 delle Condizioni generali di oneri approvate con d.m. 
20 giugno 1930, sia pure con espressioni letterali non appropriate, 
prevede due termini, entrambi di decadenza, in relazione ai due distinti 
rimedi (per la restituzione delle penali inflitte ai sensi dei 
precedenti artt. 69-71) del ricorso in via amministrativa e dell'azione 
giudiziaria, fra essi coordinati, nel senso che, ove l'interessato proponga 
il ricorso amministrativo, il termine per l'azione giudiziaria comincia 
a decorrere dalla data in cui ne sia comunicato il rigetto. Non � viceversa 
neppure ipotizzata una decadenza anche dall'azione giudiziaria 
di semplice riduzione delle penali (7). 

L'azione giudiziaria di riduzione della penale prevista dall'articolo 
1384 e.e. � improponibile nei confronti della P. A., poich� nell'uso 
del potere equitativo conferitogli da quella norma il giudice deve aver 
riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento ed una 
simile indagine non � ammissibile, qua~do il contratto sia posto in 
essere dalla P. A., per l'attuazione dei suoi fini di pubblico interesse, 
in conformit� a norme regolamentari, risolvendosi in un sindacato di 
merito del Capitolato generale ed in una valutazione dell'uso del potere 
discrezionale degli organi della P. A., vietati dalla legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. E (8). 
(Omissis). -All'esposizione ed all'esame delle varie censure che 
la societ� ricorrente formula contro l'impugnata sentenza, � opportuno 
premettere che l'art. 83 delle � Condizioni generali d'oneri ., appro


(5) Cfr. Cass., 27 luglio 1957, n. 3167, Giust. civ., Mass. 1957, I, 2097 
e segg., sub 5 e 6; v. anche Cass., 22 giugno 1967, n. 1486, Giur. it., Mass., 
1967, 573, sub b). 
(6) Conf. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568 cit., Giust. civ., Mass., 1963, 
740, sub 2. 
(7) Per la legittimit� della fissazione di termini di decadenza con determinazione 
pattizia o normativa (regolamentare), v. Cass., 12 giugno 1963, 
n. 1568, cit. a note 3 e 6. 
(8) Per l'importanza e significativit� della massima, v. considerazioni 
a nota 1. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLo'�sTATO 

vate con d.m. 20 giugno 1930, in relazione al disposto dell'art. 7 del 

r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sulla contabilit� generale dello Stato, 
dispone testualmente: � per patto espresso e liberamente .convenuto 
tra le parti, qualsiasi azione, diritto e ragione per restituzione di multe 
inflitte in dipendenza dei patti contrattuali o per pagamento di interessi, 
che fossero dovuti a termini del paragrafo precedente, si intendono 
prescritti ed estinti, tanto in via amministrativa quanto in via giudiziaria, 
nel termine di sei mesi dalla data di ammissione a pagamento 
del mandato di saldo, o da quella in cui l'amministrazione respinse il 
ricorso che il fornitore avesse presentato �. 
Contro la pronuncia di rigetto delle domande, che il giudice di 
merito ha emesso in applicazione del riportato articolo, la ricorrente 
ha dedotto le seguenti censure: 

A) La Corte di merito ha ritenuto inapplicabile nella specie il 
capovero dell'art. 1341 e.e. sia perch� le disposizioni contenute nelle 
condizioni generali d'oneri dello Stato hanno carattere di norme regolamentari 
di organizzazione, sia perch�, anche indipendentemente da 
codesto carattere, quel capoverso, dettato a tutela del contraente pi� 
debole, non ha ragione di essere applicato, quando l'altro contraente 
sia la P. A., il cui operato � assistito da una presunzione di legittimit�. 
Ma n� l'uno n� l'altro argomento hanno giuridica consistenza. Difatti 
i regolamenti debbono essere approvati con decreto del Capo dello 
Stato; le materie di diritto privato sono sottratte alla potest� regolamentare; 
la stessa P. A. pu� derogare ai capitolati d'oneri; e non mancano 
norme di legge (v. art. 99 del r.d. n. 827 del 1924) dove le norme 
regolamentari ed i capitolati generali d'oneri vengono distintamente 
menzionati (cosi nel secondo motivo, con il quale si denunzia la violazione 
degli artt. 1 legge 31 gennaio 1926, n. 100, 3 delle Preleggi, 7 

r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 45, 99, 107, 108 e 109 r.d. 23 maggio 
1924, n. 827). N� la � ratio � del capoverso dell'art. 1341 e.e. � quella 
indicata dalla Corte di merito, bensi quella di assicurare la consapevole 
formazione della volont� negoziale (cosi nel terzo motivo, con il quale 
si denuncia la violazione dell'art. 1341, cpv., e.e.). 
B) Quale che sia, regolamentare o contrattuale, il carattere delle 
disposizioni contenute nell'art. 83, sta di fatto che le espressioni in 
esse adoperate -� per patto espresso e liberamente convenuto tra le 
parti � -altro senso non possono avere se non quello che la efficacia 
vincolante delle dette disposizioni � subordinata all'integrale trasfusione 
di esse nel testo del singolo contratto. Cosi nel primo motivo, 
dove, con riferimento alle due cennate ipotesi, si denuncia la violazione 
del medesimo art. 83, ovvero la violazione degli artt. 1363 e 1367 e.e. 

C) L'art. 83 prevede non un termine di decadenza, ma di prescrizione, 
come tale disposto in violazione dell'art. 2936 e.e. (violazione 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 767 

denunciata nel quarto motivo, insieme con quella delle norme sull'interpretazione 
dei contratti). Ma, anche ammesso che il termine sia di 
decadenza, la duplicit� degli atti interruttivi, da esso prevista e ritenuta 
dalla Corte di merito, � in contrasto con le norme degli artt. 2964, 
2966 e 2967 e.e., dai quali risulta che unico debba essere il termine 
ed unico l'atto impeditivo della decadenza (quinto motivo, nel quale 
si denunzia la violazione dei tre articoli citati). � 

D) Abbia, o non abbia, l'art. 83 natura di norma regolamentare, 
�, in ogni caso, erronea l'interpretazione di esso, nel senso che la comminata 
decadenza riguardi anche la domanda -proposta dalla ricorrente 
in subordine -di riduzione delle penali a norma dell'art. 1384 e.e. 
Difatti, l'azione tendente ad ottenere la riduzione delle multe � essenzialmente 
diversa da quella che si propone per la restituzione delle 
medesime sul presupposto che siano state indebitamente pagate; l'art. 83 
non contiene alcun accenno -n� potrebbe, dal momento che l'art. 1384 
non aveva corrispondente nel codice del 1865, nel cui vigore esso 
art. 83 fu dettato -all'azione con la quale si chiede la riduzione delle 
penali; n�, essendo l'art. 83 norma eccezionale, � suscettibile di estensione 
analogica (motivo dove si denunzia la violazione delle norme 
sulla interpretazione della legge, o di quelle sull'interpretazione dei 
contratti). Inoltre, n� i regolamenti n� i contratti possono contenere 
norme contrarie a disposizioni di legge, che abbiano, come l'art. 1384 
e.e., carattere d'inderogabilit� (settimo motivo, con il quale si denunzia 
la violazione dell'art. 4 delle preleggi, ovvero dell'art. 1418, 1� comma, 
codice civile). 

Le esposte censure sono infondate. 

Pi� volte questa Suprema Corte ha affermato che le disposizioni 
contenute nelle condizioni generali d'oneri dello Stato hanno natura 
�d efficacia di norme regolamentari, sempre che si tratti di contratti 
interessanti l'amministrazione statale, nei cui confronti il privato contraente 
� in una posizione di subordinazione, che giustifica la sua sottoposizione 
alla potest� regolamentare; ed in tali termini e con preciso 
riferimento alle condizioni generali d'oneri approvate con il d.m. 20 
giugno 1930, l'affermazione � ripetuta nella sentenza 12 giugno 1963, 

n. 1568. Contro di essa non valgono le argomentazioni ed i riferimenti 
della ricorrente, i quali riguardano le procedure di formazione, emanazione 
e pubblicazione dei regolamenti governativi di carattere tipico, 
laddove tutt'altro che rari sono, nel vigente ordinamento, i casi in cui 
singole leggi prevedono la possibilit� che disposizioni regolamentari 
vengano adottate con decreti ministeriali, e, per ci� che attiene ai 
capitolati d'oneri, l'art. 45 del r.d.l. 23 maggio 1924, n. 827 stabilisce 
che essi, per ogni genere di contratti, sono approvati da ciascun ministro. 
E codesto r.d.l., contenente norme per l'esecuzione del d. legisla12 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tivo 18 novembre 1923, n. 2440, sulla amministrazione del patrimonio 
e sulla contabilit� generale dello Stato, risulta emanato in conformit� 
di esso, che, nel suo art. 7, prevede_ i capitolati d'oneri, e, nel suo 
art. 88, conferisce al Governo l'incarico di modificare le norme regolamentari 
vigenti in materia, con facolt� di emanare ogni altra disposizione 
di complemento, coordinamento ed attuazione. Inoltre, il citato 
art. 45, distinguendo fra capitoli generali e capitoli speciali, precisa 
che quelli contengono le condizioni che possono applicarsi indistintamente 
ad un determinato genere di lavoro, contratto od appalto, e le 
norme da eseguirsi per le gare, mentre i capitoli speciali si riferiscono, 
pi� particolarmente, all'oggetto proprio del contratto, ed aggiunge che i 
capitoli d'oneri -quelli generali, naturalmente -debbono, fra l'altro, 
determinare la natura e l'importanza delle garanzie che i concorrenti 
debbono produrre per essere ammessi agli incanti. Non si vede, perci�, 
come possa sostenersi che l'efficacia obbligatoria dei capitolati generali 
d'oneri discenda, per il privato, soltanto dal vincolo contrattuale che 
egli stringe con la P. A., quando essi contengono delle norme delle 
quali � immediato destinatario e che gli creano degli obblighi anche 
prima ed indipendentemente dalla stipulazione 'del contratto e solo 
per essere ammesso a contrattare. � chiaro che l'efficacia di simili 
norme e, conseguentemente, delle altre, che vengono confermate dal 
contratto, ma sono logicamente anteriori ad esso perch� condizionano 
la possibilit� stessa di stipularlo, non pu� che dipendere dallo stato 

di subordinazione in cui egli viene a porsi, allorch� entri con la P. A. 
nei particolari rapporti disciplinati dai capitolati generali d'oneri. 

La contrapposizione, fatta dalla ricorrente, fra l'esigenza della 
tutela del contraente pi� debole e l'altra di assicurare la consapevolezza 
del consenso nei contratti per adesione, indicando in questa, con 
esclusione di quella, la �ratio � del capv. dell'art. 1341, non ha consistenza. 
Difatti, l'unico modo attraverso il quale questa norma appresta 
una tutela al contraente pi� debole � precisamente quello di metterlo in 
grado di contrattare con libera e consapevole determinazione, preservandolo 
dal pericolo di dover subire clausole vessatorie, dirette a sorprendere 
la sua buona fede, o, , comunque, da lui non perfettamente 
conosciute. E tale peri�olo non � ipotizzabile allorch� le clausole contrattuali 
siano state predisposte dagli organi della P. A., il cui operato 
si presume ispirato a finalit� d'interesse generale e, perci�, ad imparzialit� 
e giustizia. 

Oltre a ci�, la sentenza impugnata, pur enunciandole ad altro 
proposito -cio� nella confutazione della tesi riproposta in questa sede 
nei termini ricordati sotto la lettera B) -pone le premesse dell'inapplicabilit� 
del capoverso dell'art. 1341 anche indipendentemente dalle 
ragioni ostative fin qui esposte. L'impugnata sentenza osserva, difatti, 
che l'esigenza della libera ed espressa manifestazione di volont�, di. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 769 

cui nel testo dell'art. 83, � soddisfatta dal libero assenso, espresso dal 
richiamo recettizio, in sede contrattuale, alle Condizioni generali d'oneri, 
e, quindi, anche al loro art. 83. All'uopo la sentenza precisa che, nella 
specie, si � fatto richiamo, nei singoli contratti, a tutte le norme delle 
dette Condizioni, con la dichiarazione esplicita di piena conoscenza di 
esse e della relativa accettazione da parte della societ�: sicch� tali 
contratti sono da ritenersi come specificamente comprendenti, per comune 
consenso dei contraenti, anche la clausola sui limiti dell'azione 
di cui nell'art. 83. � chiaro che, cos� motivando, la Corte del merito 
ha dimostrato che, nella specie, non ricorre l'ipotesi del contratto per 
adesione, bens� quella del contratto � per relationem perfectum ., alla 
quale il capoverso dell'art. 1341 non ha ragione di essere applicato. 
Invero -come questa Suprema Corte ha altra volta affermato (v. 
sent. 27 luglio 1957, n. 3167) -nel contratto �per relationem perfectum 
� ha luogo una cooperazione delle parti nella scelta del negozio di 
riferimento e nell'approvazione della clausola che dispone il rinvio, 
ossia una manifestazione di volont� di entrambe le parti e non una mera 
adesione, forse non del tutto consapevole ed adeguatamente deliberata, 
di una sola di esse allo schema contrattuale predisposto dall'altra, prima 
e fuori di ogni trattativa negoziale. 

Confutata con quanto si � rilevato anche la tesi di cui sub B), � 
da esaminare l'altra, secondo la quale il termine di sei mesi stabilito 
dall'art. 83 � di prescrizione e non di decadenza, per cui esso � stato 
stabilito in violazione dell'art. 2936 e.e. Ma il criterio distintivo fra 
prescrizione e decadenza � stato enunciato da questa Suprema Corte 
nella gi� ricordata sentenza n. 1568 del 1963, che ha indicato il fondamento 
logico-giuridico della prescrizione nella presunzione di abbandono 
del diritto da parte del titolare che non lo abbia esercitato per 
un certo tempo, laddove le comminatorie di decadenza sono intese alla 
pronta definizione dei rapporti giuridici fra i loro soggetti. Ora l'art. 83 
-le cui espressioni letterali non sono tecnicamente appropriate, tanto 
che vi si parla indistintamente di prescrizione e di estinzione, come 
se quella non rientrasse in questa, all'evidente scopo di assicurare, 
prevenendo le questioni con la ridondanza della terminologia giuridica, 
la sollecita regolamentazione delle eventuali controversie nascenti 
dall'esecuzione del capitolato -rientra, alla stregua del menzionato 
principio, fra le norme che stabiliscono decadenze. 

Il rilievo della ricorrente, che unico debba essere il termine ed 
unico l'atto impeditivo della decadenza, � indubbiamente esatto. 

Ma l'art. 83 concede due termini in relazione ai due distinti rimedi 
che esso prevede: il ricorso in via amministrativa e l'azione giudiziaria; 
e, con disposizione che non � insolita, ma che � dello stesso 
genere di molte altre, dettate dalle leggi amministrative e dallo stesso 
codice di procedura civile (si veda l'art. 398), coordina i due rimedi 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e le relative comminatorie di decadenza, stabilendo che, ove l'interessato 
proponga il ricorso amministrativo, il termine per l'azione giudiziaria 
con,i.incia a decorrere dalla data in cui detto ricorso � stato 
respinto. 

Relativamente all'ultimo gruppo di censure -quelle riportate 
�sotto la lettera D) -� da osservare che esse, pur non potendo essere 
condivise nella loro impostazione generale, toccano dei punti la cui 
pTecisazione -ferma beninteso anche la sua statuizione di rigetto 
della subordinata domanda di � reductio ad aequitatem � delle penali importa 
delle rettifiche alla motivazione della sentenza denunziata. 
Invero, posto che quella dell'art. 1384 e.e. � norma inderogabile, dettata 
dalla legge a salvaguardia non solo dell'interesse particolare del 
debitore, ma anche e soprattutto dell'interesse generale, mediante la 
funzione equitativa affidata al giudice per impedire sconfinamenti 
dell'autonomia contrattuale, oltre determinati limiti di equilibrio (v. 
Cass., 4 febbraio 1960, n. 163); e� posto che n� i contratti n� i regolamenti 
possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi 
(art. 4 delle preleggi): la questione non sta nel vedere .se le Condizioni 
generali d'oneri comminino la decadenza anche per l'azione giudiziaria 
di � reductio ad aequitatem � delle penali, giacch� esse, come fonti normative 
non aventi forza di legge, dovrebbero essere disapplicate se la 
comminassero, introducendo una non consentita restrizione alla funzione 
equitativa affidata al giudice dall'art. 1384. Ricorre, per�, una 
diversa ragione, che, mentre, da una parte, induce a ritenere non 
compresa nella comminatoria dell'art. 83 l'azione giudiziaria di riduzione 
della penale (azione che, altrimenti, vi si dovrebbe ritener compresa, 
nonostante che essa non fosse, dal codice in vigore al tempo in 
cui le Condizioni generali furono emanate, accordata per la manifesta 
eccessivit� della penale medesima, poich� l'ordinamento giuridico non 
� un mosaico, ma un organismo in cui le norme sopravvenute si fondano 
e trapassano in quelle preesistenti), dall'altra parte -conduce al 
medesimo risultato del rigetto, pronunziato dal Tribunale e confermato 
in appello, anche della domanda proposta in via subordinata dalla 
societ� ricorrente. Invero nell'uso del potere conferitogli dall'art. 1384 
il giudice deve avere riguardo all'interesse che il creditore aveva 
all'adempimento, ed una simile indagine non � ammissibile, quando, 
come nel caso, il contratto � posto in essere dalla P. A. per l'attuazione 
dei suoi fini di pubblico interesse, e, per di pi�, recepisce norme dettate 
da un regolamento, ossia da un atto amministrativo, dal quale, anche 
indipendentemente dal vincolo contrattuale che le conferma, esse 
ricevono la loro efficacia obbligatoria. 

S'intende che, in tal caso, la detta indagine si risolverebbe in una 
valutazione dell'uso del potere discrezionale degli organi della Pubblica 
Amministrazione nel campo della loro attivit� di diritto amministrativo, 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 771 

ed in un sindacato di merito del capitolato generale che stabilisce le 
multe (precisamente, nel caso, agli artt. 69-71), cio� in un sindacato 
di merito di un atto amministrativo, non consentito dall'art. 5 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. 

Rettificata, pertanto, ai sensi dell'art. 384, cpv., c.p.c., in parte, la 
motivazione della denunziata sentenza, il ricorso deve essere rigettato. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 agosto 1969, n. 3012 -Pres. D'Armiento 
-Est. Leone -P. M. De Marco (conf.) -Impresa Veggi 
(avv. Moraggi) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. 
Stato Gentile). 

Appalto' -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opere ferroviarie Richiesta 
dell'appaltatore di maggiori compensi -Dichiarazione 
unilaterale, sottoscritta dall'appaltatore, di accettazione di una 
certa somma �a corpo�, a tacitazione di ogni sua pretesa in ordine 
all'appalto, e di correlativa rinunzia alle riserve proposte -Contratto 
di transazione -Necessit� della forma scritta� ad substantiam
�, anche in caso di scambio fra i contraenti di unilaterali 
dichiarazioni scritte -Sussiste. 

Obbligazioni e contratti -Contratti -Forma scritta richiesta� ad substantiam
� -Scrittura privata sottoscritta da una sola delle parti Equipollenza 
alla (manchevole) forma scritta del consenso di una 
delle parti della produzione in giudizio della scrittura ad opera 
della parte che non l'abbia sottoscritta ma ne invochi gli effetti Necessit� 
che la produzione in giudizio abbia luogo prima ch� 
l'altra parte revochi il proprio consenso -Sussiste. 

La dichiarazione unilaterale sottoscritta d.a un appaltatore di opera 
ferroviaria, di accettare una certa somma � a corpo � a tacitazione delle 
sue pretese, correlativamente rinunciando, per l'ipotesi di conforme 
liquidazione dell'Amministrazoine, alle riserve proposte, integra una 
transazione, che, come ogni cont1�atto della P. A., richiede la forma 
scritta ad substantiam e non gi� solo ad probationem; tale esigenza 
pu� essere soddisfatta, anche nei contratti della P. A., da un insieme di 
dichiarazioni scritte scambiate fra i contraenti (1). 

(1) La prima parte della massima, in ordine alla giuridica qualificazione 
come contratto di transazione di un � accordo di liquidazione � in 
un contratto di appalto d'opera pubblica, risultante da una unilaterale di

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nei contratti per i quali sia richiesta la forma scritta ad substantiam 
il consenso della parte che non ha sottoscritto l'atto pu� essere 
manifestato �producendo in giudizio l'atto stesso e invocandone gli 
effetti, sempre che nel frattempo la parte che l'ha sottoscritto non 
abbia validamente revocato il proprio consenso (2). 

(Omissis). -La ricorrente, denunciando falsa applicazione dell'art. 
1965 e.e. in relazione agli artt. 1321, 1326 e 1328 e.e. e 360, n. 3, 
c.p.c., nonch� omesso esame di un punto decisivo della controversia ai 
sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., lamenta che la Corte di merito: 

a) non ha considerato che la produzione in giudizio, da parte 
dell'Amministrazione, della scrittura del 14 luglio 1961 non poteva 
supplire alla mancata sottoscrizione dell'Amministrazione medesima 
perch� essa Impresa Veggi aveva gi� revocato il suo consenso alla conclusione 
del contratto transattivo con lettera raccomandata del 7 settembre 
1961 e comunque con la citazione, e cio� prima della pToduzione 
della scrittura in giudizio; 

b) non ha considerato che non � applicabile alla Pubblica Amministrazione 
il principio che la produzione in giudizio e la invocazione 
della scrittura in proprio favore da parte del contraente che non abbia 
sottoscritto suppplisce alla mancata sottoscrizione, sempre che ci� avvenga 
prima della revoca del consenso da parte di chi ha sottoscritto, 
in quanto la Pubblica Amministrazione � vincolata a norme inderoga


chiarazione sottoscritta dall'appaltatore, si evince dall'apodittica premessa, 
da cui muove la sentenza, per ripetere il noto insegnamento di massima, 
in ordine alla necessit� per tutti i contratti della P.A. della forma scritta 
ad substantiam, avvertendo, quindi, che tale esigenza pu� essere appagata 
anche dallo scambio fra i contraenti di � un insieme di dichiarazioni 
scritte�. In tale ultimo punto, cfr. Ciass., Sez. Un., 29 maggio 1967. 

Sulla prima parte della massima in rassegna, priva di qualsiasi esplicita 
dimostrazione, deve, invece, avvertirsi che, come pel concordato tri"'.' 
butario (su .cui v. GARGIULO, n concordato tributario, Napoli, 1947), anche 
per l'accordo di liquidazione nell'appalto di opere pubbliche non si � 
mancato di dimostrare la sua irriducibilit� nello schema privatistico contrattuale 
della transazione (CAPACCIOLI, Riserve e collaudo, Milano, 1960, 
70, 296 e segg.); ci�, beninteso, non esclude che, trattandosi di fenomeno 
analogo economicamente a quello della transazione, ricorra ugualmente 
l'applicabilit� dell'art. 13 t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611 e dell'art. 14 r.d. 
18 novembre 1923, n. 2440, in ordine ai pareri obbligatori dell'Avvocatura 
dello Stato e del Consiglio di Stato: Cons. Stato, par. 20 gennaio 1953, 

n. 23, n Consiglio di Stato, 1953, I, 408; Corte dei Conti, 9 aprile 1949, 
Foro amm., 1949, III, 52. 
(2) Conf. Cass., 24 dicembre 1968, n. 4075, Giur. it., 1969, I, 1, 1718 
ed ivi (sub 1) citazioni di dottrina e giurisprudenza; v. anche ANNUNZIATA, 
L'esibizione in giudizio di scrittura firmata da una sola parte, Temi nap., 

1966, II, 43-52. 

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(f 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 773 

bili che esigono, per la valida instaurazione di un qualsiasi rapporto 
contrattuale, la forma scritta a pena di nullit�. Non pu� ammettersi 
che, quando parte in giudizio sia la pubblica Amministrazione, la produzione 
del documento venga eseguita dal difensore; infatti l'Avvocatura 
dello Stato difende in giudizio l'Amministrazione senza altro potere 
che quello derivante dal rapporto di rappresentanza processuale, 
e quindi non pu� sostituirsi alla sua rappresentanza neppure per manifestare 
per implicito una volont� negoziale della P. A. 

La censura � fondata. 

Tra le questioni di notevole rilievo giuridico che essa propone, 
quella concernente la mancanza della scrittura negoziale relativa all'asserito 
contratto di transazione presenta carattere assorbente: � inutile 
discutere della natura, del contenuto, della efficacia di un contratto 
che debba risultare da atto formale, se l'atto esibito � privo dei 
requisiti essenziali di forma. Ora, risulta stabilito esplicitamente nel 
codice civile (art. 1967) che la transazione deve essere provata per 
iscritto, fermo il disposto del n. 12 dell'art. 1350. L'atto scritto, quindi, 
in linea generale e fuori della ipotesi di cui all'art. 1350 e.e., � richiesto 
per la transazione solo � ad probationem �. Ma quando contraente � la 
pubblica Amministrazione, poich� questa non pu� assumere impegni e 
concludere contratti se non nei modi e nelle forme stabilite dalla 
legge e dai regolamenti, il contratto di transazione richiede la forma 
scritta � ad substantiam �, in quanto, pur essendo esso messo in essere 
nell'esplicazione dell'attivit� amministrativa di diritto privato, la conclusione 
del contratto � soggetta alle norme di contabilit� di Stato, sia 
per quanto riguarda la fase di formazione della volont� negoziale, sia 
per la fase di stipulazione e di successiva approvazione. 

� ammissibile che tale esigenza della forma scritta sia soddisfatta, 
anche nei contratti della P. A., da un insieme di dichiarazioni scritte 
scambiatesi fra l'uno e l'altro contraente (Cass., Sez. Un., 29 maggio 
1967); ma, quando, come nella specie, si sostenga che la scrittura esibita 
sia l'unico documento contrattuale, esso deve presentare tutti gli 
elementi formali e sostanziali di siffatto documento, prime fra tutti 
quello delle sottoscrizioni dei contraenti. 

Poich�, nel caso in esame, la scrittura esibita non reca la sotto


scrizione del titolare di alcun organo dell'Amministrazione FF.SS., 

l'Avvocatura dello Stato ha richiamato il principio giurisprudenziale 

che nei contratti p�r i quali sia richiesta la forma scritta �ad substan


tiam � il consenso della parte che non ha sottoscritto l'atto pu� essere 

manifestato producendo in giudizio l'atto stesso ed invocandone gli ef


fetti, sembre che, nel frattempo, la parte che l'ha sottoscritto non abbia 

validamente revocato il proprio consenso (Cass., 4 marzo 1966, n. 1126; 

10 giugno 1968, n. 1777). 



774 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte d'Appello ha ritenuto applicabile tale principio anche 
quando contraente sia la P. M. e sia questa ad esibire l'atto non sottoscritto 
dai propri organi (senza peraltro offrire alla soluzione adottata 
su questo delicato e dibattuto punto d'indagine il necessario sostegno 
di ragioni logiche e giuridiche); ma non ha considerato: a) che il Veggi 
aveva esibito in giudizio la lettera 9 settembre 1961 a firma del suo 
procuratore avv. De Felice, con la quale aveva revocato la dichiarazione 
contenuta nella scrittura 14 luglio 1961, di accettazione del pagamento 
della somma di lire trecentomila a tacitazione di ogni pretesa 
verso l'Amministrazione delle FF.SS., lettera alla quale sia il Veggi 
che l'Avvoc1:1tura dello Stato. avevano fatto continui riferimenti; b) che 
la difesa dell'amministrazione aveva dedotto che il Veggi s'era rifiutato 
di ricevere il pagamento; c) che lo stesso, con l'atto di citazione 
rivolto a conseguire la liquidazione dell'intero (preteso) credito, aveva, 
ancora una volta, sia pure implicitamente, revocato il consenso all'asserito 
accordo transattivo. 

Poich�, nel richiamato principio giurisprudenziale, fondamentale e 
decisiva � la condizione che la parte che ha sottoscritto il documento 
esibito dall'altro litigante non abbia, prima dell'esibizione in giudizio 
della scrittura, revocato .il proprio consenso, la Corte d'appello, in presenza 
delle riferite, esplicite deduzioni, provenienti da entrambe le 
parti, aveva il dovere di �ccertare, se nelle dichiarazioni e nei comportamenti 
indicati fosse ravvisabile la revoca, da parte del Veggi, del 
proprio consenso all'accordo transattivo; ed avendo trascurato tale 
indagine � incorsa nel denunziato vizio di omesso esame di punto decisivo 
della controversia. 

L'Avvocatura dello Stato eccepisce che tale punto non sarebbe 
stato posto in discussione, neppure per implicito, nel giudizio di appello, 
sicch� la soluzione ad esso data dalla Corte di merito non potrebbe 
essere oggetto' d'indagine in questa sede di legittimit�. La deduzione 
� per� infondata, risultando dagli atti e dalla stessa sentenza impugnata 
che il Veggi, come primo motivo dell'appello da lui proposto, alleg� 

e 

che la scrittura 14 luglio 1961 era un atto unilaterale dell'impresa, 
ossia una dichiarazione liberatoria di crediti..., successivamente contestata 
con lettera raccomandata 9 settembre 1961 �: locuzioni queste, 
nelle quali � univocamente proposto il tema della mancanza della scrittura 
contrattuale anche per effetto della revoca della dichiarazione di 
volont�, espressa con la lettera del 9 settembre 1961. 

Per il rilevato vizio di motivazione la sentenza impugnata deve 
essere cassata, con assorbimento, come s'� detto, delle altre censure 
proposto col mezzo in esame. -(Omissis). 

Fl,;9T~dffi7~~,.;~_,,Ma?I~ 


~:-: 


::iEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 20 giugno 1967, n. 6694 Pres. 
Bernabei -Rel. Scotti -P. M. (non indicato) -Buccolini e altri. 

Amnistia -Sentenza predibattimentale di proscioglimento -Obbligo 

di sentire le parti -Imputato che abbia gi� ricevuto la contesta


zione del fatto in precedenza -Esclusione dell'obbligo. 

(art. 421, c.c.p.). 

L'obbligo di sentire le parti, sancito daH'art. 421 c.p.p., prima di 
pronunciare la sentenza di proscioglimento deve essere osservato solo 
quando l'imputato sia completamente ignaro del procedimento penale 
esistente a suo carico, ma non trova applicazione qualora l'imputato 
abbia gi� ricevuto completa contestazione dell'adde'Qito, spettando in 
tal caso solo alla sua iniziativa di poter ottenere una pronuncia di merito, 
dichiarando di non voler usufruire dell'amnistia. 

Su ricorso prodotto da Buccolini Vittorio, nato il 25 febbraio 1919 
ad Ancona e Scrinari Valnea, nata il 10 gennaio 1922 a Trieste, avverso 
la sentenza in data 23 settembre 1966 del Tribunale di Velletri, che 

L'ordinanza � conforme ad un indirizzo giurisprudenziale ormai costante 
(v. Cass., Sez. Un., 9 luglio 1960, in Cass. pen. Mass. annotato, 1961, 

m. 28, p. 34; Cass. 6 dicembre 1966, ivi, 1967, m. 1128, p. 713; 20 dicembre 
1963, ivi, 1964, m. 338, p. 331; 4 luglio 1962, ivi, 1963, m. 69, p. 73), ma 
non sembra che possa essere condivisa appieno. 
Dispone l'art. 14 del d.P.R. n. 332 del 1966 che la amnistia non si 
applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non 
doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa 
aichiarazione di non volerne usufruire. 

L'art. 421 c.p;p. dispone che il giudice, quando sussiste una causa di 
estinzione del reato pronuncia in camera di consiglio sentenza di proscioglimento, 
sentite le parti. 

La ragione di quest'ultima disposizione, introdotta con la 1. 18 giugno 
1955, n. 517 sta nella necessit� di attuare una pi� efficiente difesa del




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in riforma di quella emessa il 20 gennaio 1965 dal Pretore di Anzio 
dichiarava non doversi procedere nei confronti dei ricorrenti in ordine 
al delitto di lesioni colpose loro ascritto (commesso il 24 aprile 1963), 
per intervenuta amnistia. 

Sentita la relazione fatta dal Cons. dott. Salvatore Scotti; 

Lette le conclusioni del P. M. che ha chiesto il rigetto del gravame; 

Rilevato che Buccolini Vittorio e Scrinari Valnea deducono nel 
loro ricorso la violazione degli artt. 421 c.p.p. e 14 D.P.R. 4 giugno 

l'imputato, che il secondo comma dell'art. 24 della Costituzione riconosce 
essere diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. 

Ci� significa che il precetto dell'art. 421 c.p.p. non pu� ritenersi rispettato 
quando l'imputato sia stato sentito nel giudizio di 1� �grado, poich� 
il diritto di difesa in ogni grado impone che di questo diritto sia consentito 
il pi� completo esercizio, il che evidentemente non avviene quando si 
privi la difesa del potere riconosciutole dall'ordinamento di avvalersi dei 
successivi gradi di giurisdizione. 

Pertanto l'inciso � sentite le parti � deve inte;ndersi con riferimento al 
provvedimento della cui legittima emanazione � presupposto e non con 
riferimento all'intero procedimento: il secondo grado di giurisdizione attuerebbe 
altrimenti, contro le norme, una tutela meno completa dello 
imputato. 

D'altronde applicare l'amnistia senza sentire l'imputato -o gli imputati, 
come nel caso di specie � avvenuto -lede sempre il diritto della 
difesa, sia perch� priva il procedimento di un elemento, quale l'interrogatorio, 
che potrebbe portare all'applicazione della pi� favorevole ipotesi 
di cui al II comma dell'art. 152 c.p.p., sia perch�, ove il decreto che concede 
la amnistia preveda -come quello n. 332 del 1966 -il diritto dell'imputato 
di non volersene avvalere, il non aver sentito quest'ultimo 
esclude la possibilit� della espressa dichiarazione di non voler usufruire 
dell'amnistia. Ci� elude la pi� efficiente e completa difesa realizzabile nel 
dibattimento, cui non pu� ovviamente sopperire la possibilit� per il giudice 
di applicare il II comma dell'art. 152 c.p.p. 

Questa norma realizza infatti, in danno dell'imputato, una situazione 
processuale e sostanziale completamente capovolta; mentre infatti l'imputato 
�, in seguito al dibattimento, assolto, quando non esistano prove che 
abbia commesso il fatto o che il fatto sussista (art. 479. c.p.p. II comma); 
nell'ipotesi del II comma dell'art. 152 c.p.p. la sentenza assolutoria non pu� 
essere emanata, se non risulti gi� evidente che il fatto non sussiste, che 
l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non � preveduto dalla legge 
come reato. Ci� significa che, in tal caso, anche un semplice indizio impedisce 
l'emanazione di una �sentenza di proscioglimento nel merito. 

� evidente quindi che il non sentire gli imputati prima di emanare la 
sentenza di non doversi procedere comporta violazione del diritto di difesa 
anche se ci�, per un indirizzo giurisprudenziale altrettanto noto, ma 
non esente da critiche, non costituisce causa di nullit� assoluta ex art. 185 

n. 3) c.p.p. (v. Cass. 30 giugno 1965, in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1965, 
m. 1906, p. 1065; Cass., Sez. Un., 16 novembre 1963, ivi, 1964, m. 767). 
P. DI TARSIA 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 777 

1966, n. 332 per non aver potuto, a causa dell'inosservanza dell'obbligo 

di sentire le parti, rinunziare all'applicata amnistia; 
Il ricorso � infondato. 
Invero l'obbligo imposto al giudice di sentire le parti quando 

debba pronunciare sentenza di proscioglimento prima del dibattimento, 
ai sensi dell'art. 421 c.p.p., sussiste solo quando l'imputato sia ignaro 
del procedimento e dell'accusa, non nel caso -come quello di specie che 
egli abbia gi� ricevuto contestazione degli addebiti. 

N� ha giuridica rilevanza l'inosservanza dell'art. 421 c.p.p., per 
l'esercizio della facolt� di rinunzia dell'amnistia, in quanto, non � 
necessario, a tal fine, l'interpello dell'imputato che ha l'onere di rendersi 
parte diligente -senza sollecitazioni -nell'esercizio del diritto 
di cui sopra prima �che intervenga la declaratoria d'amnistia. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1969, n. 116 -Pres. Sparvieri 
-Rel. Bongioannini -P. M. Bianco (conf.) -Rie. Mengarotti 
Argeo e altri. 

Procedimento penale -Decreto di citazione -Partecipazione ai difensori 
e loro facolt� -Avviso dell'udienza -Omessa notificazione Nullit� 
insanabile -Nomina di un difensore di ufficio nel dibattimento 
-Irrilevanza. 

La omessa notifica al difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, 
dell'avviso dell'udienza fissata per il dibattimento, ai sensi deU'articofo 
410 c.p.p., d� luogo ad un vizio che, invalidando il decreto di citazione 
(art. 412 c.p.p.), deve essere ricondotto nell'ambito dell'art. 185, 

n. 3, con esclusione della sanatoria di cui all'art. 422, non potendo in 
tale caso trovare applicazione il disposto deU'art. 188 c.p.p., dato che 
la nomina di un difensore di ufficio nel dibattimento non elimina il 
pregiudizio derivante dalla mancata partecipazione del difensore preventivamente 
nominato per assistere l'imputato (1). 
(1) La gturisprudenza della Suprema Corte, con questa decisione e le 
altre citate in motivazione sembra ormai essersi adeguata all'indirizzo pi� 
rigoroso, mentre talvolta aveva ravvisato nell'omissione dell'avviso al difensore 
un'ipotesi di nullit� sanabile a norma dell'art. 188 c.p.p.: v. in 
questo senso Cass. 19 dicembre 1966, in Cass. pen. Mass. annotato, 1967, 
m. 1332, p.865. V. invece in senso conforme alla sentenza annotata 
Cass. 6 febbraio 1967 ivi m. 1812 p. 1175 con ampia nota di richiami. 
P.D.T. 

778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1259 -Pres. 
D'Arienzo -Rel. Manca -P. M. Longobardi (conf.) -Rie. Balsarini 
Emilio. 

Procedimento penale -Decreto di citazione -Avviso al difensore 


Omissione -Nullit� assoluta -Comparizione della parte interes


sata -Termine a difesa. 

(art. 
410, 185 n. 3, 488 c. p. p.). 

La norma dell'art. 410 c.p.p. concernente l'avviso al difensore 
della data fissata per, il dibattimento, essendo diretta a consentire la 
tempestiva preparazione della difesa e la partecipazione del difensore 
al dibattimento concerne l'assistenza dell'imputato. Invero l'espressione 
� disposizioni concernenti l'inbervento, l'assistenza e la rappresentanza 
dell'imputato � non pu� essere riservata ai soli casi nei quali, 
a causa dell'inosservanza, venga a mancare del tutto. l'esplicazione del 
diritto di difesa, dovendosi al contrario considerare connaturale il pregiudizio 
del diritto di difesa all'inosservanza di ogni disposizione di 
legge diretta ad assicurare o a consentire l'intervento, l'assistenza e la 
rappresentanza dell'imputavo. 

Il vizio che, a causa dell'inosservanza della norma di cui all'articolo 
410 c.p.p. inficia il decreto di citazione, deve perci� essere ricondotto 
nell'ambito dell'art. 185, n. 3, c.p.p. Nel caso in cui il difensore 
faccia presente di essere comparso solo per denunciare la irregolaritd, 
la nullit� non � sanata a norma dell'art. 188 c.p.p. se al difensore 
stesso venga negato. il termine dilatorio minimo di cinque giorni (1). 

Rileva questo Supremo Collegio che il primo motivo del ric�rso � 
fondato, e merita pertanto di essere accolto. 

L'art. 185, n. 3, c.p.p. considera nullit� di ordine generale, insanabile 
e rilevabile d'ufficio .in ogni stato e grado del procedimento, 
l'inosservanza delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza 
e la rappresentanza dell'imputato. 

Riservare tale qualificazione della nullit� ai soli capi nei quali, a 

causa dell'inosservanza, venga a mancare del tutto l'esplicazione del 

(1) La giurisprudenza della Suprema Corte conferma l'indirizzo affermato, 
nel contrasto fra le decisioni singole, dalle Sezioni Unite con sent. 
13 febbraio 1965 (in Cass. Pen., Mass. Annotato, 1965, n. 1083, p. 608). 
V. 
anche Cass., Sez. I, 15 novembre 1966, ivi, 1967, n. 1562, p. 1008. 
In dottrina, da tempo favorevole alla tesi della nullit� assoluta, 
v. CARuso, Questioni nuove di procedura penale, 1959, p. 178; LEONE, Trattato 
di dir. proc. pen., vol. I, 1961 !P� "727. 
P.D.T. 
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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 779 

diritto di difesa, equivarrebbe a restringere la portata della norma, 
tanto da svuotare di contenuto la 'I'iforma processuale attuata con la 
Novella del 1955; verrebbero in considerazione, cio�, soltanto quei casi 
che, anteriormente alla riforma stessa, l'elaborazione giurisprudenziale 
aveva attratto nel concetto d'inesistenza del rapporto processuale. 

Invero, l'espressione � disposizioni concernenti � non consente distinzioni 
che abbiano riguardo alla .gravit� della menomazione del diritto 
di difesa e l'inciso contenuto nel n. 3 del .predetto articolo �nei 
casi e nelle forme che la legge stabilisce � chiarisce ultt:;riormente la 
ampiezza della tutela che il legislatore ha inteso predisporre, tanto da 
considerare connaturale il pregiudizio del diritto di difesa all'inosservanza 
di ogni disposizione di legge diretta ad assicurare o a consentire 
l'intervento, l'assistenza o la rappresentanza dell'imputato. 

La norma contenuta nell'art. 410 c.p.p., essendo diretta a �consentire 
la tempestiva preparazione della difesa e la partecipazione del 
difensore al dibattimento, concerne innegabilmente l'assistenza e la 
rappresentanza dell'imputato. 

Nella specie, il difensore del Balzarini -presentatosi alla prima 
udienza del dibattimento di primo grado, avendo saputo aiiunde della 
celebrazione del processo -aveva espressamente dichiarato che la sua 
comparizione era determinata dal solo intento di far rilevare la nullit� 
del decreto di citazione. 

Il Tribunale, pertanto, riconosciuta la fondatezza dell'eccezione, 
non avendo ritenuto l'opportunit� di rinviare il processo a tempo indeterminato 
ex art. 432 c.p.p., avrebbe dovuto concedere non gi� un 
termine ad horas, ma un termine a difesa non inferiore a cinque giorni, 
secondo la disposizione contenuta nel capoverso dell'art. 188 stesso 
codice. 

E a nulla rileva che il difensore, alla lettura dell'ordinanza abbia 
rinunziato al termine brevissimo concessogli -non utile ai fini della 
preparazione di una valida difesa -insistendo peraltro nella sua eccezione, 
,giacch� la sanatoria, prevista nel citato articolo, non pu� ritenersi 
operante se il termine minimo dilatorio venga negato, in quanto 
la parte si deve ritenere formalmente comparsa solo per eccepire la 
nullit� e per ottenere il rinvio o il termine a difesa sopra indicato. 

E poich� la mancata concessione di detto termine, previsto dal


l'art. 188, ha determinato un'irregolare costituzione del rapporto pro


cessuale che si sostanzia, come s'� gi� accennato, in una violazione 

delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresen


tanza dell'imputato, � del pari irrilevante la circostanza che, insieme 

con la sentenza di primo grado, non sia stata impugnata anche l'ordi


nanza dibattimentale, in quanto la nullit� -come ha esattamente os


servato anche il Procuratore Generale nel corso della discussione 

orale -non � propria dell'ordinanza e solo ad essa circoscritta, ma 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riguarda invece la ritualit� del procedimento di primo grado, affetto 
da un vizio che pu� essere rilevato anche ex officio in qualsiasi stato 
e grado del giudizio. 

S'impone pertanto, per le suesposte considerazioni, l'annullamento 
del giudizio di primo e secondo grado, con rinvio degli atti ad un giudice 
di primo grado, che pu� designarsi in una diversa Sezione dello 
stesso Tribunale di Tdeste. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1266 -Pres. 
D'Arienzo -Rel. D'Alfonso -P. M. Longobardi (conf.) -Rie. Celentano. 


Impugnazione -Interesse -Reato amnistiato -Ricorso per l'accerta


mento della prescrizione -Inammissibilit� per difetto d'interesse. 

(art. 190 c. p. p.). 

� inammissibile per difetto d'interesse il ricorso per Cassazione 
con il quale l'imputato impugna una sentenza dichiarativa di estinzione 
del reato per amnistia, osservando che avrebbe dovuto applicarsi 
la prescrizione (1). 

(Omissis). -Celentano Carlo con artifici e raggiri riusciva ad ottenere 
dallo Stato una pensione d'invalidit� con la corresponsione degli 
assegni liquidati con d.m. 12 maggio' 1952, mentre con d.m. 11 agosto 
1959 veniva liquidata la pensione annuale di L. 96.000, percepita in 
rate mensili di L. 8.000 ognuna fino al 26 settembre 1961. 

Rinviato al giudizio del Tribunale di Salerno per rispondere di 
truffa aggravata continuata (art. 640 cpv. n. 1 ed 81 c.p.), -esclusa 

(1) La sentenza � ineccepibile e conforme ai principi che disciplinano 
la materia e secondo i quali l'interesse all'impugnazione va inteso solo in 
relazione al pregiudizio penale derivante all'imputato dalla pronuncia impugnata 
(v. Cass. 9 maggio 1966 in Cass. pen., Mass. annotato, 1967, m. 459, 
p. 326; 19 maggio 1965, ivi, 1966, m. 430, p. 313. In dottrina v. LEONE, Trattato 
di dir. proc. pen., vol. III, 1961, p. 95; M0Rucc1, Interesse all'impugnazione 
e declaratoria di proscioglimento, in Riv. it; dir. e proc. pen., 1963, 
p. 1322. Del resto l'attivit� giurisdizionale � svolta :per i singoli casi concreti 
e non � quindi compatibile con essa la decisione di questioni che 
non possono portare a conclusioni praticamente utili v. Cass., Sez. Un., 26 
novembre 1960 r. Casalotti. 
Per quanto concerne il momento consumativo del reato di truffa, 
n� la sentenza del primo giudice, n� quella della Corte d'appello avevano 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 781 

la continuazione e ritenuto che con il decreto del 1952, con il quale 
era stato concesso il primo assegno, er:a stato conseguito l'ingiusto profitto 
della truffa mentre i successivi ratei erano da considerarsi come 
effetti del reato -, veniva dichiarato di non doversi procedere contro 
il Celentano per estinzione del reato per prescrizione anche perch� i 
su��essivi provvedimenti biennali di rinnovazione dell'assegno ed il 
decreto del 1959 si ricollegavano al prec�dente titolo, senza bisogno 
di altri artifizi o raggiri. 

Sull!appello del P.M. la sentenza impugnata, premessa la necessit� 
di un danno effettivo, non semplicemente potenziale, ai fini della 
sussistenza del reato di truffa, pur ritenendo che nel 1952 sarebbe 
stata consumata la truffa, opinava che l'attivit� truffaldina del Celentano 
non poteva ritenersi esaurita col decreto del 1952, ma che si era 
invece ripetuta ogni volta che s'esigeva un rateo di pensione, perch� 
si utilizzava in tale occasione un documento ideologicamente falso (il 
libretto) alla formazione del quale aveva contribuito lo stesso presentatore. 
In concorso dell'attenuante di cui al n. 4 dell'art. 62 c.p. veniva 
dichiarato estinto il reato per effetto dell'amnistia di cui all'art. 1, 
lett. B, del D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332. 

Ricorreva per cassazione l'imputato per violazione degli artt. 157 
e 640 c.p., assumendo che avrebbe dovuto applicarsi la prescrizione. 

(Omissis). -Il ricorso � inammissibile perch�, avendo le due cause 
estintive del reato, amnistia e prescrizione, pari efficacia, tanto che 
quando concorrano trova applicazione quella intervenuta prima, non si 
ravvisa alcun interesse (art. 190, 4� comma, c.p.p.) da parte dell'imputato 
a pretendere l'applicazione dell'una o dell'altra. 

Infatti l'interesse, quale requisito per impugnare un provvedimento, 
deve valutarsi sulla bas� di un confronto tra la decisione pronunciata 
e quella cui si aspira con l'impugnazione, la quale deve tradursi nella 
prospettiva di un vantaggio concreto rispetto alla situazione esistente, 

fatto corretta applicazione delle norme: il Tribunale aveva invero r�tenuto 
che la truffa si fosse consumata nel momento dell'assunzione dell'obbligazione 
e la Corte d'Appello, in riforma di quella decisione, aveva 
statuito trattarsi di reato permanente. Viceversa, come aveva sostenuto 
da tempo l'Avvocatura, la corretta interpretazione delle norme porta 
ad affermare che la truffa si consuma nel momento dell'effettiva percezione 
del profitto e che i successivi episodi di riscossione dei ratei di 
pensione (nell'ipotesi -come quella di specie -di truffa in materia 
di pensioni di guerra) costituiscono altrettanti reati collegati dal vincolo 
della continuazione. In questo senso � stato deciso recentemente dalla 
Corte di Cassazione a S. U. (v. S. U. 22 marzo 1969 n. 2 in questa Rassegna 
1969, p. 369 con nota di dottrina). 

P.D.T. 

782 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non potendo pretendersi la riforma di un provvedimento con la sostituzione 
di un altro per una pretesa meramente teorica, anche se mirante 
alla esattezza giuridica della pronuncia giudiziale. 

Entrambe le cause, invero, trattandosi di amnistia propria, estinguono 
il reato e, quindi, � indifferente sostanzialmente l'applicazione 
dell'una o dell'altra anche sotto il profilo civilistico, dato il principio 
generale comune che le cause estintive d~l reato non importano l'estinzione 
delle obbligazioni civili da esso derivanti (art. 198 c.p.). 

Il ricorso va perci� dichiarato inammissibile con tutte le conseguenze 
di legge, anche nei riguardi della costituita parte civile. (
Omissis). 


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PARTE SECONDA 

13 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


FRAGOLA G., Le leggi urbanistiche ed edilizie. CEDAM, Padova, 1969, 
pagg. 278. 

Il problema � urbanistico � ci sta letteralmente scoppiando tra le mani. 
Il traffico sempre pi� intenso e caotico, prossimo in alcune grandi citt� 
alla paralisi, l'aria irrespirabile e le acque inquinate, gli strettissimi nessi 
tra programmazione economica e pianificazione territoriale ripropongono 
al giurista questioni scottanti, complesse ma che devono risolversi e nel 
pi� breve arco di tempo possibile. Nel quadro di questo rinnovato ed 
intensificato interesse per il problema . � urbanistico � si inserisce la fioritura 
di una ricca bibliografia in materia, d,i cui fa parte anche il libro 

in rassegna.
Il volume comprende, nella sua prima parte, una raccolta, quanto mai 
utile, di tutta la legislazione � urbanistica � di maggior rilievo: la legge 
fondamentale del 17 agosto 1942, n. 1150, la legge 18 aprile 1962, n. 167, 
la legge 21 luglio 1965, n. 904, la legge 6 agosto 1967, n. 765 nonch� la 
legge di adeguamento 19 novembre 1968, n. 1187; raccoglie, altresi, altri 
provvedimenti di legge � minori �, elenchi dei Comuni obbligati a formare 
il piano regolatore del proprio territorio e dei Comuni per i cui piani 
particolareggiati, progetti di lottizzazione e regolamenti edilizi � richiesto 
l'intervento del Ministro dei LL.PP., nonch� i due decreti ministeriali. 
rispettivamente del 1� e del 2 aprile 1968. 
La seconda parte del libro � un commento teorico-pratico, ricco, cio�, 
di richiami dottrinali e di giurisprudenza costituzionale, amministrativa 
e giudiziaria. � 
Chiude il volume una sorta di appendice contenente notizie sulla Circolare 
ministeriale 28 ottobre 1967 e sul disegno di legge n. 3774 della 
4" legislatura. 
Il libro si propone lo scopo di fornire dati, elementi di giudizio, nozioni 
per un approfondimento del problema urbanistico. Lo sforzo dell'A. 
� quello di tendere all'obbiettivit� in una materia non scevra da implicazioni 
politiche, a volte passionalmente e drammaticamente vissute, considerato 
il valore della posta in gioco. Si tratta di una materia incandescente 
che involge problemi la cui soluzione potrebbe anche radicalmente mutare 
il regime della propriet� o delle appartenenze (com'� pi� esatto dire) nel 
nostro ordinamento giuridico e da cui dipende il futuro dell'uomo costretto 
a vivere nelle megalopoli del domani. Nel libro, della drammaticit� della 
situazion'e � urbanistica � si coglie solo una pallida eco: predomina, come 
� naturale, il �distacco� del giurista, necessariamente ancorato, nella sua 
funzione di interprete delle leggi, alla normazione ed alla giurisprudenza. 
Ci� non toglie, per�, che lo strumento apprestato dal F. � di indubbia 
utilit� per chiunque si interessi al grave problema degli insediamenti 
territoriali: per l'urbanista, per l'economista, per il sociologo e, perch� 
no?, per lo psicoanalista (v. in proposito ALEXANDER MITSCHERLICH, Il feticsio 
urbano, la citt� inabitabile istigatrice di discordia, Einaudi, 1968, 
pagg. 142). 

L. MAZZELLA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (Abolizione del contenzioso 
amministrativo), art. 6, prim�o comma (1), limitatamente alla parte in�. 
cui condiziona l'esercizio dell'azione del contribuente dinanzi all'autorit� 
giudiziaria ordinaria alla pubblicazione del ruolo. 

Sentenza 11 luglio 1969, n. 125, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1967 della Corte di appello 
di Napoli, G. U. 15 giugno 1968, n. 152. 

r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e dell� malattie professionali), art. 67, 
primo comma, nella parte in cui dispone che l'azione per conseguire 
dall'I.N.A.I.L. la rendita per inabilit� permanente si prescrive col decorso 
del termine ivi previsto anche nel caso in cui entro lo stesso 
termine tale inabilit� non abbia ridotto l'attitudine al lavoro in misura 
superiore al minimo indennizzabile. 
Sentenza 8 luglio 1969, n. 116, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 28 dicembre 1967 del Tribunale di Enna, 

G. U. 30 marzo 1968, n. 84. 
d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), 
convertito con legge 7 giugno 1937, n. 1016, art. 22, quarto comma (2), 
limitatamente alla parte in cui condiziona l'esercizio dell'azione del 
contribuente dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria all'iscrizione a 
ruolo dell'imposta. 
Sentenza 11 luglio 1969, n. 125, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1967 della Corte di appello di 
Napoli, G. U. 15 giugno 1968, n. 152. 

(*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) Il secondo comma della disposizione � stato dichiarato incostituzionale con 
sentenza 31 marzo 1961, n. 21. 
(2) La questione di legittimit� costituzionale degli artt. da 22 a 32 del d.I. 7 
agosto 1936, n. 1639, per quanto attiene alla composizione ed al funzionamento delle 
commissioni tributarie, � stata dichiarata infondata, in riferimento all'art. 102 ed alla 
VI disp. trans. della Costituzione, con sentenza 11 marzo 1957, n. 41. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 19 gennaio 1963, n. 15 (Modifiche e integrazioni al regio decreto 
17 agosto 1935, n. 1765: �Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali ., e 
successive modificazioni ed integrazioni, nonch� al decreto-legge luogotenenziale 
23 agosto 1917, n. 1450: � Provvedimenti per l'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro agricolo � e successive modificazioni 
ed integrazioni), art. 16, primo comma (3). 

Sentenza 8 luglio 1969, n. 116, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
(Ordinanza di rimessione 28 dicembre 1967 del Tribunale di Enna, 

G. U. 30 marzo 1968, n. 84). 
d. P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per 
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
professionali), art. 112, primo comma (3). 
Sentenza 8 luglio 1969, n. 116, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
(Ordinanza di rimessione 28 dicembre 1967 del Tribunale di Enna, 

G. U. 30 marzo 1968, n. 84). 
legge reg. sic. 10 agosto 1965, n. 21 (Trasformazione dell'Ente per la 
riforma agraria in Sicilia in Ente di sviluppo agricolo) art. 22, nella 
parte in cui non prevede e perci� esclude il previo concerto con il 
Ministro per il tesoro per l'approvazione dei regolamenti organici del 
personale dell'E.S.A. 

Sentenza 11 luglio 1969, n. 127, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 16 dicembre 1968 della Corte costituzionale, 
G. U. 26 febbraio 1969, n. 52�. 

legge reg. sic. appr. 30 aprile 1969 (Modifiche alle cause di ineleggibilit� 
previste per la elezione a consigliere comunale ed a consigliere 
provinciale). 

Sentenza 26 .giugno 1969, n. 108, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 13 maggio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 

legge reg. sic. appr. 11 giugno 1969 (Provvedimenti per l'intervento 
nel settore agricolo alimentare). 

Sentenza 8 luglio 1969, n. 120, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 23 giugno 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 

(3) Illegittimit� costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27 della legge 
11 marzo 1953, n. 87. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice civile, art. 2070 (Criteri di appiicazione), primo e secondo comma 

(art. 39, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 26 giugno 1969, n. 105, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
Ordinanze di rimessione 20 novembre 1967 (due) del Pretore di 
Napoli, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. 

codice civile, art. 2242 (Vitto, alloggio e assistenza), primo comma, 
secondo cui � il prestatore di lavoro (domestico) ammesso alla convivenza 
familiare ha diritto... per le infermit� di breve durata, alla cura 
e all'assistenza medica � (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1969, n. 135, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 5 dicembre 1967 del Pretore di Milano, 

G. U. 11 maggio 1968, n. 120. 
cod"ice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), 
secondo comma, ultima parte (artt. 24, secondo comma, e 3 della 
Costituzione) ( 4). 

Sentenza 8 luglio 1969, n. 119, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 18 aprile 1968 del Pretore di Livorno, 

G. U. 13 luglio 1968, n. 177. 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 141 (artt. 3, 
primo comma, 24, primo comma,. e 113 della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1969, n. 118, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 14 novembre 1967 della Corte di appello 
di Bologna, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. 

r. d. I. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle 
assicurazioni obbligatorie per l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi 
e per la disoccupazione involontaria), convertito con legge 6 
luglio 1939, n. 1272, art. 12, cosi come modificato dall'art. 2 della legge 
4 aprile 1952, n. 218 (artt. 3 e 37, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1969, n. 137, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 21 marzo 1968 del Tribunale di Arezzo, 

G. U. 1� giugno 1968, n. 139. 
(4) La questione di legittimit� costituzionale del primo comma della disposizione 
� stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 
e 27, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 marzo 1957, n. 46. Pex 
l'ultimo comma, la questione di legittimit� costituzionale � stata dichiarata nor, 
fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 26 marzo 1969, n. 48. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 137 

d. lg. lgt. 19 ottobre 1944, n. 348 (Provvedimenti in materia di imposta 
generale sull'entrata e di addizionale straordinaria di guerra), 
art. 1 O (art. 23 della Costituzione). 

Sentenza 11 luglio 1969, n. 129, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 19 ottobre 1967 del Tribunale di Milano, 

G. U. 18 maggio 1968, n. 127. 
d. lg. C.P.S. 27 dicembre 1946, n. 469 (Nuovi provvedimenti in materia 
di imposta generale sull'entrata), art. 12 (art. 23 della Costituzione). 
Sentenza 11 luglio 1969, n. 129, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 19 ottobre 1967 del Tribunale di Milano, 

G. U. 18 maggio 1968, n. 127. 
d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri 
o apolidi), ratificato con legge 22 aprile 1953, n. 342 (artt. 76 e 
77, 14, 3, 2 e 10 della Costituzione). 
Sentenza 26 giugno 1969, n. 104, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 

Ordinanze di rimessione' 15 dicembre 1967 del Tribunale di Rovereto 
(G. U. 24 febbraio 1968, n. 50), 26 febbraio 1968 del Pretore di 
Bolzano (G. U. 6 luglio 1968, n. 170), 29 aprile 1968 del Pretore di 
Chiusa (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52), 14 giugno 1968 (due) e 25 giugno 
1968 del Pretore di San Don� di Piave (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38). 

legge 4 a.prile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione 
obbligatoria per l'invalidit� la vecchiaia e i superstiti), art. 2, 

che modifica l'art. 12 del r. d. 14 aprile 1939, n. 636, convertito con 
legge 6 luglio 1939, n. 1272 (artt. 3 e 37, primo comma, della Costituzione). 


Sentenza 15 luglio 1969, n. 137, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 21 marzo 1968 del Tribunale di Arezzo, 

G. U. 1-0 giugno 1968, n. 139. 
legge 31 luglio 1954, n. 570 (Restituzione dell'imposta generale sull'entrata 
sui prodotti esportati ed istituzione di un diritto compensativo 
sulle importazioni), artt. 1 e 3 (art. 23 della Costituzione). 

Sentenza 11 luglio 1969, n. 126, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza 5 gennaio 1968 della Corte di appello di Napoli, G. U. 
6 luglio 1968, n. 170. 

legge prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8 (Tutela del paesaggio), art. 7 

(VIII disp. trans. della Costituzione e art. 95 dello 1Statuto TrentinoAlto 
Adige) (5). 
_ Sentenza 15 luglio 1969, n. 136, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 3 novembre 1967 della quinta sezione del 
Consiglio di Stato, G. U. 1� giugno 1968, n. 139. 

(5) Questione dichiarata, con la stessa sentenza, manifestamente infondata in 
relazione all'art. 15 della legge (cfr. sentenza 29 maggio 1968, n. 56). 

138 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 207, lett. b (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 29, 
primo comma, 30, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione) 
(6). 
Sentenza 26 giugno 1969, n. 107, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
Ordinanza di rimessione 5 luglio 1967 del Tribunale di Ancona, 

G. U. 6 luglio 1968, n. 170. 
legge reg. sic. 9 marzo 1959, n. 3 (Aggiunta e modifiche alla legge 
1�egionale 5 aprile 1952, n. 11, concernente: � Compo,sizione ed elezione 
degli organi delle amministrazioni comunali della Regione Siciliana � ), 

art. 5, n. 3 (art. 13 dello Statuto della Regione siciliana). 

Sentenza 15 luglio 1969, n. 134, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 22 luglio 1967 del Tribunale di Siracusa, 

G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. 
legge 14 novembre 1962, n. 1610 (Provvidenze per la regolarizzazione 
del titolo di propriet� in favore della piccola propriet� rurale), art. 4 

(artt. 3, 24 e 111 della Costituzione). 

Sentenza 26 giugno 1969, n. 103, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
Ordinanza di rimessione 31 maggio 1967 del Pretore di Ischia, 

G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. 
legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale pe1� la 
energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le 
industrie elettriche), art. 5, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 42, terzo 
comma, della Costituzione) (7). 

Sentenza 8 luglio 1969, n. 115, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 14 aprile 1967 del Tribunale di Roma, 

G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 
d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138 (Norme relative agli indennizzi da 
corrispondere alle imprese assoggettate al trasferimento all'Enel), art. 2 
(artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione) (8). 

Sentenza 8 luglio 1969, n. 115, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 14 aprile 1967 del Tribunale di Roma, 

G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 
(6) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state di� 
chiarate non fondate con sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo comma, e 
42, secondo comma, della Costituzione) e 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3, 24, 
primo comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). 
(7) La questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge 6 dicembre 1962, 
n. 1643 � stata dichiarata non fondata con sentenze 7 marzo 1964, n. 14 (artt. 3, 4, 
43 e 67 della Costituzione) e 12 luglio 1965, n. 66 (artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 
102, secondo. comma, 113 e 76 della Costituzione). 
(8) La questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. 25 febbraio 1963, numero 
138 nel suo complesso � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli 
artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, secondo comma, 113 e 76 della Costituzione, 
con sentenza 12 luglio 1965, n. 66. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 139 

d. P. R. 15 maggio 1963, n. 858 (Testo unico delle leggi sui servizi di 
riscossione delle imposte dirette), art. 140 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 
Sentenza 11 luglio 1969, n. 123, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 della Corte di appello 
di Palermo, G. U. 24 aprile 1968, n. 102. 

legge 2 agosto 1967, n. 799 (Modifiche al testo unico delle norme 
per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia approvato 
con r. d. 5 giugno 1939, n. 1016), art. 1, nella parte relativa all'art. 
8, nono comma, del r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 11 luglio 1969, n. 124, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanze di rimessione 23 febbraio 1968 (due) del Pretore di 
Pignataro Maggiore, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, in quanto 
impone al marito, con obbligo diverso da quello stabilito per la moglie, 
di provvedere al mantenimento della moglie indipendentemente dalle 
condizioni economiche di costei (art. 29 della Costituzione) (9). 

Pretore di Venezia, ordinanza 17 giugno 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, in 
quanto pone a carico del marito, in regime di separazione per sua colpa, 
l'obbligo di provvedere al mantenimento della moglie indipendentemente 
dalle condizioni economiche di costei (artt. 29 e 3 della Costituzione) 
(10). 

Corte d'appello di Roma, ordinanza 8 gennaio 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165. 

(9) Questione dichiarata non fondata con sentenze 12 dicembre 1967, n. 144 
e 26 marzo 1969, n. 45, e riproposta nel rilievo � che la motivazione posta a fondamento 
deZZa sentenza n. 144 � parzialmente scaduta e superata proprio per effetto di 
nuove pronunce deZZa stessa Corte costituzionale �. La questione � stata gi� riproposta, 
sotto analogo profilo, anche dal pretore di Bordighera (ordinanza 21 febbraio 
1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). 
(10) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La 
disposizione � stata invece dichiarata incostituzionale, con sentenza 23 maggio 1966, 
n. 46, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione con� 
sensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie 
tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni 
economiche di costei. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

140 

codice c:ivile, art. 1751 (Indennit� per lo scioglimento del contratto), 
in quanto prevede il diritt�> deWagente all'indennit� solo per la ipotesi 
in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto 
non imputabile all'agente (art. 36 della Costituzione) (11). 

Tribunale di Bologna, ordinanze 9 e 11 aprile 1969, G. U. 16 luglio 
1969, n. 179 e 23 luglio 1969, n. 186. 

c:odic:e c:lvlle, art. 2946 (Prescrizione ordinaria), in quanto consente 
che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto 
di lavoro (art. 36 della Costituzione) (12). 

Tribunale di Roma, ordinanza 14 febbraio 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165. 

c:odic:e c:ivlle, art. 2946 (Prescrizione ordinaria), in quanto consente 
che la prescrizione del diritto esercitabile a norma dell'art. 2116, secondo 
comma, del codice civile decorra durante il rapporto di lavoro 
(art. 39 della Costituzione). 

Trib�nale di Firenze, ordinanza 13 marzo 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

c:odic:e penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero 
preordinata), prlm�o c:omma, in quanto presume la imputabilit�, anche 
a titolo di dolo, del soggetto che abbia commesso il fatto in stato di 
ubriachezza (artt. 27, primo e terzo comma, e 3 della Costituzione) (13). 

Corte di assise di Padova, ordinanza 3 marzo 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

c:odic:e penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione), 
in quanto punisce la propaganda anticoncezionale (artt. 21 e 32 
della Costituzione) (14). 

Tribunale di Viterbo, ordinanza 10 aprile 1969, G. U. 23 luglio 
1969, n. 186 (1�5). 

(11) Questione gi� proposta dalla terza sezione della Corte di cassazione (ordinanze 
3 luglio 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248 e 19 novembre 1968, G. U. 
26 marzo 1969, n. 78) e dalla Corte di appello di Milano (ordinanza 7 febbraio 1969, 
G. u. 23 aprile 1969, n. 105). Sotto analogo profilo, la Corte costituzionale ha dichiarato 
incostituzionale l'art. 2120, primo comma, del codice civile (sentenza 27 
giugno 1968, n. 75). 
(12) Questione proposta nel rilievo che la decorrenza della prescrizione durante 
il rapporto di lavoro � venuta meno, con la sentenza 10 giugno 1966, n. 63 
della Corte costituzionale, solo per i termini di prescrizione� previsti dagli artt. 2948, 
n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1, del codice civile. 
(13) Questione proposta anche dal pretore di Roma con ordinanza 1� marzo 
1969 (G. U. 11 giugno 1969, n. 145). 
(14) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21, secondo comma, 
della Costituzione (e � nei sensi e nei limiti di cui in motivazione >), con sentenza 
19 febbraio 1965, n. 9, e riproposta in considerazione della opportunit� di 
verificare nuovamente la ricorrenza, � nel!'attuaie momento storico e sociaie ., della 
situazione considerata dalla Corte costituzionale nella sentenza 19 febbraio 1965, n. 9 
(15) Con la stessa ordinanza il tribunale di Viterbo ha escluso la ipotizzabilit� 
di un contrasto dell'art. 553 del codice penale con gli artt. 29 e 31 della Costituzione. 

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PARTE II, RASSEGNA Jll LEGISLAZIONE 141 

codice penale, art. 559 (Adulterio), terzo comma (16), in quanto punisce 
la relazione adulterina della moglie in ipotesi nella quale la 
corrispondente condotta del marito non costituisce reato (artt. 3 e 29 
della Costituzione) (17). 

Pretore di Milano, ordinanza 17 giugno 1968, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200. 
Pretore di Sant'Arcangelo, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 13 
agosto 1969, n. 207. 
Pretore di Roma, ordinanza 14 febbraio 1969, G. U. 23 luglio 
1969, n. 186. 
Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 17 febbraio 1969, G. U. 2 
luglio 1969, n. 165 (18). 
Pretore di Piana degli Albanesi, ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 
23 luglio 1969, n. 186. 
Tribunale di Sanremo, ordinanza 20 marzo 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165. 
Tribunale di Savona, ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 
165. 
Pretore di Rho, ordinanza 19 aprile 1969, G. U. 6 agosto 1969, 
n. 
200. 
Tribunale di Siracusa, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 
1969, n. 172. 
Tribunale di Foggia, ordinanza 29 .. aprile 1969, G. U. 23 luglio 
1969, 
n. 186. 
Pretore di Parma, ordinanza 2 maggio 1969, G. U. 23 luglio 1969, 

n. 
186. 
Pretore di Sestri Levante, ordinanza 6 maggio 1969, G. U. 9 luglio 
1969, n. 172. 
Pretore di Gorizia, ordinanza 8 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, 

n. 
172. 
Pretore di Caserta, ordinanze 12 e 23 maggio 1969, G. U. 23 
luglio 1969, n. 186, e 6 agosto 1969, n. 200. 
Pretore di Salerno, ordinanza 23 maggio 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 
Pretore di Pisciotta, ordinanza 6 giugno 1969, G.U. 13 agosto 
1969, n. 207. 
Pretore di Monza, ordinanza 17 giugno 1969, G.U. 13 agosto 
1969, n. 207. 
Pretore di Imperia, ordinanza 23 giugno 1969, G.U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

(16) Il primo ed il secondo comma della disposizione (ritenuti legittimi, invece, 
con sentenza 28 novembre 1969, n. 64) sono stati dichiarati incostituzionali con .sentenza 
19 dicembre 1968, n. 126. 
(17) Questioni gi� proposte con altre trentacinque .ordinanze di vari giudici 
(v. retro, II, 77). 
(18) Dal tribunale di Ascoli Piceno la questione � stata proposta anche per il 
quarto comma della disposizione. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale., art. 560 (Concubinato), in quanto punisce la relazione 
adulterina del marito, con criterio diverso da quello stabilito per la 
moglie dall'art. 559, terzo comma, del codice penale, solo quando 
ricorrano gli ulteriori elementi della notoriet� o della convivenza dei 
concubini nella casa coniugale (artt. 3 e 29 della Costituzione) (19). 

Pretore di Roma, ordinanze 25 febbraio 1969 (G. U. 23 luglio 
1969, n. 186) e 3 luglio 1969 (G. U. 13 agosto 1969, n. 207). 
Pretore di Milano, ordinanza 6 marzo 1969, G. U. 16 luglio 1969, 

n. 
179 (20). 
Pretore di Sala Consilina, ordinanza 7 marzo 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165. 
Pretore di Rapallo, ordinanza 26 marzo 1969, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200. 
Pretore di Parma, ordinanza 30 maggio 1969, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200 (20). 

codice penale, art. 573 (Sottoscrizione consensuale di minorenni), 
primo comma, in quanto, con disparit� di trattamento tra i coniugi, 
considera soggetto passivo del delitto di sottrazione consensuale di 
minorenne soltanto il genitore esercente la patria potest�, consentendo 
di ravvisare gli estremi del reato nella condotta del genitore non esercente 
la patria potest� (artt. 29 e 30 della Costituzione) (21). 

Pretore di Parma, ordinanza 2 maggio 1969, G. U. 23 luglio 
1969, n. 186. 

codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), primo 
comma, in quanto, con disparit� di trattamento tra i coniugi, consente 
di ravvisare gli estremi del reato nella condotta del genitore non esercente 
la patria potest�, escludendo invece la possibilit� di incriminare 
il genitore esercente la patria potest� (art. 29 della Costituzione) (22). 

Pretore di Biella, ordinanza 24 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, 

n. 172. 
(19) Questione gi� proposta con altre nove ordinanze di vari giudici (v. retro. 
II, 78). 
(20) Nelle ordinanze dei pretori di Milano e di Parma la questione � stata 
proposta in riferimento al solo art. 29 della Costituzione. 
(21) La stessa questione, proposta per l'art. 574 del codice penale, � stata 
lichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 54. Nella parte in cui limitava 
il diritto di querela al genitore esercente la patria potest� l'art. 573 del codice penale 
� stato dichiarato incostituzionale con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9. 
(22) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 54. 
Nella parte in cui limitava il diritto di querela al solo genitore esercente la patria 
potest� l'art. 574 del c.p. � stato invece riconosciuto incostituzionale con sentenza 
22 febbraio 1964, n. 9. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGJSLAZIONE 

143 

c:odic:e penale, art. 588 (Rissa), secondo c:omma, in quanto prevede 
la imputazione degli eventi aggravanti �per il solo fatto della partecipazione 
alla rissa � (art. 27, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, 

n. 172. 
c:odice penale, art. 624 (Furto) e art. 625 (Circostanze aggravanti), 

per la parte relativa ai massimi edittali, in quanto puniscono il furto, 
secondo criterio anacronistico ed ingiustificato, con severit� sproporzionata 
alla natura dell'interesse tutelato (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Pretore di Siena, ordinanza. 27 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, 

n. 172. 
c:odic:e penale, art. 707 (Possesso ingiustificato di chiavi alterate o 
di grimaldelli), in quanto consente una diversa qualificazione di una 
situazione di possesso a seconda delle condizioni economiche e sociali 
del possessore (artt. 3, 13, 25 e 27, ~econdo e terzo comma, della 
Costituzione) (23). 

Pretore di Firenze, ordinanza 28 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 
165 (artt. 3 e 27, secondo e terzo comma, della Costituzione). 
Pretore di Livorno, ordinanza 30 marzo 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 26 maggio 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207 (artt. 1, 3, 15 e 25 della Costituzione). 

c:odic:e penale, art. 708 (Possesso ingiustificato di valori), in quanto 
assume come elemento di reato le condizioni personali e sociali dell'imputato 
(artt. 3 e 27 della Costituzione) (24). 

Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 
2 luglio 1969, n. 165. 


c:odic:e penale, art. 708 (Possesso ingiustificato di valori), in quanto 
presume la provenienza delittuosa degli oggetti trovati in possesso dell'imputato 
in considerazione dei precedenti penali e delle condizioni 
economiche e sociali dell'imputato (artt. 3 e 27, secondo e terzo comma, 
della Costituzione) (25). 

Pretore di Firenze, ordinanza 28 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 165. 
(23) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, 
dal prete.re di Bologna (ordinanza 24 licembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66). 
V. nota seguente. 
(24) Disposizione gi� dichiarata incostituzionale, nei sopra indicati limiti, con 
sentenza 19 luglio 1968, n. 110. 
(25) Con sentenza 19 luglio 1968, n. 110 della Corte costituzionale (richiamata 
nella sopra indicata ordinanza di rimessione) l'art. 708 del codice penale � stato dichiarato 
incostituzionale � limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni 
personali di condannato per mendicit� di ammonito, di sottoposto a misura di 
sicurezza o personale o a cauzione di buona condotta �. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 175 (Notificazioni ad altre persone), 
in quanto esclude la necessit� della notificazione alla parte offesa che 
risieda all'estero (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) 
(26). 

Tribunale di Torino, ordinanza 31 marzo 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

codice di .procedura penale, art. 222 (Atti concernenti l'arresto; assicurazione 
del corpo del reato), in quanto, con l'inciso �per quanto � 
possibile �, consente di procedere al sequestro del corpo del reato, con 
processo verbale suscettibile di successiva utilizzazione nel giudizio, 
senza l'ossrvanza dell'art. 304 quater del codice di procedura penale 
(art. 24, secondo comma, della Costituzione) (27). 

Pretore di Chieri, ordinanza 28 maggio 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore), 
in quanto consente al pretore di escludere la fase istruttoria (artt. 3 
e 24 della Costituzione) (28). 

Pretura di Civitavec~hia, ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165. 

codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i 
difensori), primo comma, in quanto non consente al. difensore di assistere 
all'interrogatorio dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
(29). 

Pretore di Camposampiero, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 
agosto 1969, n. 207. 

codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere 
i difensori dell'imputato), art. 304 bis (Avviso ai difensori) e art. 304 quater 
(Deposito degli atti a cui hanno diritto di assistere i difensori. Diritti 

(26) Questione proposta anche con riguardo alla funzione della parte civile 
nel processo, quale � stata riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza 
20 dicembre 1968, n. 132. 
(27) Questione gi� proposta dal tribunale di Livorno (ordinanza 19 �settembre 
1968, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318), dal pretore di Bologna (ordinanza 29 ottobre 
1968, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25) e dal tribunale di Treviso. (ordinanza 11 novembre 
1968, G. U. 12 febbraio 1969, n. 38). Sotto analogo profilo, sono stati gi� dichiarati 
incostituzionali, con sentenza 5 luglio 1968, n. 86, gli artt. 225 e 232 del codice 
di procedura penale. 
(28) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 
(29) Analoga questione � stata gi� proposta per l'art. 303 del codice di procedura 
penale (che consente al pubblico ministero di assistere all'interrogatorio dell'imputato) 
dal giudice istruttore del tribunale di Roma (ordinanza 10 marzo 1969, 
G. U. 21 maggio 1969, n. 128). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 145 

del difensore dell'imputato), in quanto prevedono l'assistenza agli atti 
indicati nel primo comma dell'art. 304 bis del codice di procedura penale 
solo come un e diritto � del difensore, anzich� come un dovere (artt. 3 
e 24 della Costituzione). 

Pretore di Camposampiero, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 
agosto 1969, n. 207. 

codi�:e di procedura penale, art. 366 (Preliminari dell'interrogatorio), 
secondo comma, in quanto esclude l'assistenza del difensore all'interrogatorio 
dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (29). 

Pretore di Camposampiero, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 
agosto 1969, n. 207. 

codice di procedura penale, art. 445 (Reati concorrenti o circostanze 
aggravanti non contestati nell'imputazione), in quanto consente di ledere 
il diritto di difesa nel processo penale (artt. 2 e 24 della Costituzione). 

Corte di appello di Venezia, ordinanza 18 .gennaio 1969, G. U. 6 
agosto 1969, n. 200. 

codice di procedura penale, art. 446 (Concessione di un termine per 
la difesa), in quanto prevede la concessione di un termine insufficiente 
per la effettiva preparazione della difesa (artt. 2 e 24 della Costituzione). 

Cort di appello di Venezia, ordinanza 18 gennaio 1969, G. U. 6 
agosto 1969, n. 200. 

codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 
(Competenza per le contravvenzioni), in quanto attribuisce funzioni 
giurisdizionali all'autorit� amministrativa (artt. 25 e 102 della Costituzione) 
(30). 

Tribunale di Crotone, ordinanze 29 aprile 1969 (due), G. U. 9 
luglio 1969, n. 172. 

codice penale militare di pace (r. d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 285 
(Casi di rimessione e norme relative), in quanto consente la rimessione 
del procedimento, per � motivi di� servizio � e su iniziativa di


(30) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1960, n. 41 (articolo 
102 della Costituzione), 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della Costituzione) 
e 19 dicembre 1968 n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione). 
Con richiamo alla declaratoria di illegittimit� costituzionale delle disposizioni 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4 relative alla competenza giurisdizionale dell'intendente 
di finanza, la questione � stata riproposta, in riferimento agli artt. 101, 
secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Recanati 
(ordinanza 11 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). 



146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

screzionale del pubblico ministero, a tribunale militare diverso da 
quello competente (art. 25 della Costituzione) (31). 

Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 aprile 
1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. 

codice penale militare di pace, (r. d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 350 
(Casi in cui si procede con istruzione sommaria), in quanto, nel richiamare 
l'art. 389 del codice di procedura penale, rimette alla insindacabile 
discrezione del pubblico ministero di scegliere il tipo di istruzione 
con il quale procedere (art. 25, primo comma, della Costituzione) (32). 

Tribunale militare territoriale di Bari, ordinanza 7 maggio 1969, 

G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692 (Limitazioni all'orario di lavoro per 
gli operai e gli impiegati delle aziende industriali o commerciali di 
qualunque natura), art. 3, in quanto sottrae le occupazioni discontinue 
o di semplice attesa o custodia alla disciplina della durata massima 
della giornata lavorativa (art. 36, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 21 marzo 1969, 

G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 
r. d. 21 novembre 1923, n. 2480 (Nuove disposizioni sulle pensioni 
normali per il personale delle amministra.zioni dello Stato), art. 1, se� 
condo comma, in quanto esclude la computabilit�, ai fini pensionistici, 
del periodo di tempo durante il quale il dipendente collocato a riposo 
o dispensato dal servizio venga di fatto trattenuto in servizio (artt. 3, 
36 e 38 della Costituzione). 
Corte dei conti, quarta sezione, ordinanza 9 dicembre 1968, G. U. 
9 luglio 1969, n. 172. 

r. d. I. 1 S ottobre 1925, n. 1796 (Obbligo dell'uso della lingua italiana 
in tutti gli uffici giudiziari della Repubblica, salve le eccezioni stabilite 
nei trattati internazionali per la cittd di Fiume), art. 1, secondo 
comma, in quanto esclude che la presentazione dei motivi di appello in 
lingua diversa da quella italiana sia idonea ad impedire la decorrenza 
dei termini (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 17 maggio 1969, G. U. 16 luglio 
1969, n. 179. 

(31) II secondo comma dell'art. 285 � stato dichiarato incostituzionale, in riferimento 
all'art. 111, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui consentiva 
che l'ordimi_nza di rimessione fosse �non motivata� (sentenza 8 luglio 1957, n. 119). 
(32) Questione proposta con richiamo alla sentenza 28 novembre 1968, n. 11 7, 
con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale dell'art. 
389, terzo comma, del codice di procedura penale, � nei limiti in cui esclude 
ia sindacabilit�, nei corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero 
sulla evidenza della prova �. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 147 

r. d. I. 15 offob,re 1925, n. 2033 (Norme per Za repressione delle frodi 
nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di 
prodotti agrari), arff. 41, 42 (33), 43, 44 (34), 45 e 46, in quanto, nel 
disciplinare le modalit� di prelevamento ed analisi dei campioni, non 
prevedono l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
(35). 
Pretore di Sala Consilina, ordinanza 14 marzo 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165. 
Pretore di Cormons, ordinanza 27 marzo 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165 (36). 
Pretore d:i Treviglio, ordinanza 16 maggio 1969, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200. � 
Pretore di 'Latina, ordinanza 30 giugno 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

. le9ge 25 novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello 
Stato), in quanto istitutiva del tribunale speciale, rivolto specificamente 
a garantire gli interessi del regime fascista (artt. 3, 24 e 25 e 
titolo IV della Costituzione). 

Commissione elettorale mandamentale di Recanati, ordinanza 7 
giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 

r. d. 12 dicembre 1926, n. 2062 (Norme per l'attuazione della legge 
25 novembre 1926, n. 2008, sui provvedimenti per la difesa dello 
Stato), in quanto disciplinava la composizione ed il funzionamento del 
tribun.ale speciale, istituzionalmente predisposto a garantire, senza 
imparzialit�, gli interessi del regime fascista (artt. 3, 24 e 25, e titolo IV 
della Costituzione). 
Commissione elettorale mandamentale di Recanati, ordinanza 7 
giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 

legge 16 giugno 1927, n. 1776 (Riordinamento degli usi civici), artt. 27, 
primo. ed ultimo comma, e 29, secondo comma, in quanto attribuiscono funzioni 
giurisdizionali al commissario per la .liquidazione degli usi civici 
(artt. 108, secondo comma, e 25 della Costituzione). 

Corte di appello di Roma, sezione speciale usi civici, ordinanze 27 
marzo 1969 (tre), G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 

(33} Per l'art. 42 la questione � stata proposta solo dal pretore di Treviglio, 
in riferini.ento, come per le altre disposizioni, all'art. 24, secondo comma, della 
Costituzione. 

(34) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44, terzo e quarto 
comma, del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 (nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 
27 febbraio 1958, n. 190) � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 febbraio 
1965, n. 6. 
(35) Questione gi� proposta con numerose altre ordinanze (v. retro, II, 
87, ed ivi nota 48). 
(36) Nell'ordinanza del pretore di Cormons la questione � proposta solo per 
l'art. 44, modificato dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190. 
14 



148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 31 maggio 1928, n. 1334 (Regolamento per l'esecuzione della legge 
23 giugno 1927, n. 1264, sulla disciplina delle arti ausiliari delle professioni 
sanitarie), art. 11, in quanto vieta all'odontotecnico, in contrasto 
con la disciplina stabilita dalla legge 23 giugno 1927, n. 1264 e con 
disparit� di trattamento rispetto agli esercenti delle altre arti ausiliarie 
delle professioni sanitarie, di esercitare la propria professione nei 
diretti confronti del pubblico (art. 33 della Costituzione). 
Pretore di Desio, ordinanza 1� luglio 1969, G. U. 13 agosto 1969, 

n. 207. 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 109, terzo c:omma, in quanto impone agli esercenti che danno 
alloggio per mercede di accertare l'identit� personale delle persone 
alloggiate e di comunicare all'autorit� di pubblica sicurezza l'arrivo, 
la partenza ed il luogo di destinazione delle persone alloggiate (artt. 13, 
14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, e 41, primo comma, della 
Costituzione) (37). 
Pretore di Gemona del Friuli, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 
2 luglio 1969, n. 165 (artt. 13, 14, 15, 16 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 17 giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, 

n. 200 (artt. 16, primo comma, 17, secondo comma, e 41, primo comma, 
della Costituzione). 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 112, in quanto punisce la propaganda anticoncezionale 
(artt. 21 e 32 della Costituzione) (38) .. 
Tribunale di Viterbo, ordinanza 10 aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, 

n. 186. 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 121, primo e secondo c:�omma, in quanto condiziona l'esercizio 
di attivit� lavorativa con limitazioni non collegate ad alcun criterio 
obbiettivo di giudizio (art. 4, primo comma, della Costituzione) (39). 
Tribunale di Venezia, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200. 

(37) Questione proposta dal pretore di Bologna, in riferimento agli artt. 16, 
primo comma, e 17, secondo comma, della Costituzione, anche con ordinanza 11 febbraio 
1969 (G. U. 16 aprile 1969, n. 98). 
(38) Questione lichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21, secondo comma, 
della Costituzione (e � nei sensi e nei limiti di cui in motizzione �), con sentenza 
19 febbraio 1965, n. 9, e riproposta di considerazione della opportunit� di verificare 
nuovamente la ricorrenza, � netl'attuale momento storico e sociale ., della situazione 
considerata dalla Corte costituzionale nella sentenza 19 febbraio 1965, n. 9. 
(39) Altra questione di legittimit� della disposizione � stata dichiarata non fondata, 
in riferimento all'art. 21 della Costituzione, con sentenza 26 gennaio 1957, n. 33. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 149 

r. d. 18 giugno 1931, n. 770 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 145, in quanto impone al datore di lavoro l'obbligo di denunziare 
all'autorit� di pubblica sicurezza l'assunzione di lavoratori 
cittadini stranieri (artt. 2, 3 e 10 della Costituzione) (40). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 
1969, n. 172. 

legge 16 giugno 1932, n. 973 (Riposo settimanale e festivo nel commercio
� ed orari dei negozi ed esercizi di vendita), art. 2, in quanto consente 
al prefetto di regolare o meno l'apertura dei negozi in modo 
assolutamente discrezional con il solo limite delle richieste delle organizzazioni 
sindacali (attualmente non rappresentative di tutti gli interessati) 
e del parere del sindaco (artt. 3, 39 e 41 della Costituzione) (41). 

Pretore di Roma, ordinanza 17 marzo 1969, G. U. 6 agosto 1969, 

n. 200. 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali) art. 4, 
quinto c:omma, in quanto consente che il termine di decadenza di un 
anno decorra anche durante il rapporto di lavoro (art. 38, secondo 
comma, della Costituzione) (42). 
Corte di appello di Potenza, ordinanza 18 giugno 1969, G. U. 6 
agosto 1969, n. 200. 

r. d. 28 a.prile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni sull'ediiizia 
popolare ed economica), art. 32, in quanto prevede, a danno di cittadini 
per definizione � meno agiati � (art. 3, secondo comma, della Costituzione), 
una disciplina di favore per gli istituti autonomi per le case 
popolari (art. 3, primo comma, della Costituzione), consentendo di 
(40) Analoga questione, proposta per il d.lgt. 11 febbraio 1948, n. 50, � stata 
dichiarata non fondata con sentenza 25 giugno 1969, n. 104. 
(41) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenza 20 dicembre 1968, n. 133. 
(42) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale 
nella sentenza 10 giugno 1966, n. 6.3, con la quale � stata dichiarata la 
illegittimit� degli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 nella parte in cui consentono 
che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra anche durante il rapporto 
di lavoro. Diversa questione, prospettata per la ritenuta inadeguatezza del 
termine annuale, � stata proposta, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo 
comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma della Costituzione, dal tribunale di 
Roma (ordinanza 3 febbraio 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 205). Il quinto comma 
dell'art. 4 del r.d. 17 ag�sto 1935, n. 1765 � stato dichiarato incostituzionale, con 
sentenza 9 marzo 1967, n. 22, � in quanto consente che ii giudice civile possa accertare 
che ii fatto che ha provocato L'infortunio costituisca reato soitanto nella 
ipotesi di estinzione deU'azione penate per morte deU'imputato o per amnistia, senza 
menzionare L'ipotesi �di pr.escrizione det reato �. La disposizione � riprodotta all'articolo 
10, quinto comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, 
con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima 
parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ottenere il rilascio dell'immobile senza contraddittorio e fissando per 
la opposizione un termine vessatorio (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione) e tale da escludere in concreto la utilizzazione del gratuito 
patrocinio (art. 24, terzo comma, della Costituzione) (43). 

Giudice conciliatore di Potenza, ordinanza 23 aprile 1969, G. U. 
16 luglio 1969, n. 179. 
Pretore di Milano, ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, 

n. 200. 
legge 29 maggio 1939, n. 1208 (Approvazione del piano generale di 
massima edilizio della citt� di Napoli e delle relative norme di attuazione), 
nelle prescrizioni concernenti la zona grigia, che si risolvono 
in un vincolo di radicale inedificabilit� senza corresponsione di indennizzo 
(art. 42 della Costituzione). 

Cqnsiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 11 giugno 1968, G. U. 
2 luglio 1969, n. 165. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 32, in 
quanto consente la nomina a vice pretore onorario di notai e di procuratori 
esercenti, ai quali non � inibito, come invece per gli altri magistrati 
ordinari e speciali, di assumere impieghi ed uffici pubblici o 
privati (art. 101, secondo comma, e sezione I, titolo IV, della Costituzione). 
Tribunale di Trieste, ordinanza 13 maggio 1969, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200. 

r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 15, in quanto consente la declaratoria di fallimento 
senza preventiva audizione dell'imprenditore (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione) (44). 
Tribunale di Milano, ordinanza 7 novembre 1968, G. U. 2 luglio 
1969, n. 145. 
Pretore di Roma, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 9 luglio 1969, 

n. 
172. 
Tribunale di Roma, ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, 
n. 172. 
(43) Analoghe questioni sono state gi� proposte dal pretore di Salerno (ordinanze 
4 giugno 1968 (tre), G. U. 31 agosto 1968, n. 222) e dal giudice conciliatore di 
Mercato San Severino (ordinanza 22 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). 
(44) Questione proposta anche dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 
1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78), dalla Corte di appello di Brescia (ordinanza 29 
gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91) e dal pretore di Roma (ordinanza 11 marzo 
1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 151 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 151 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 18, in quanto fa decorrere il termine utile per la 
opposizione dalla data di affissione dell'estratto della sentenza dichiarativa 
di fallimento alla porta esterna del tribunale, da una forma di 
P.ubblicit�, cio�, inidonea a costituire mezzo informativo di serio affidamento 
�soprattutto quando il debitore non sia stato preventivamente 
informato della procedura �fallimentare a suo carico (art. 24 della 
Costituzione) (45). 

Pretore di Roma, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 9 luglio 1969, 

n. 172. 
. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 18, in quanto vieta al debitore di opporsi alla 
dichiarazione di fallimento quando egli stesso l'abbia proposta (art. 24 
della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, 

n. 172. 
r. d. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia di imposta 
di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella 
prevista dall'art. 50 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite 
dei beni ai pubblici incanti (46), consente all'Amministrazione finanziaria 
di procedere all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in 
seguito a vendite coatte promosse in dipendenza di mutui in danaro 
(artt. 3 e 53 della Costituzione) (47). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 25 marzo 1969, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200. 

d. lg. lgt. 5 ottobre 1944, n. 316 (Norme per la speciale revisione delle 
sentenze di condanna emesse dal Tribunale speciale per la difesa dello 
Stato soppresso con il r. decreto-legge 29 luglio 1943, n. 668), in quanto 
sancisce la validit�, salva la possibilit� della revisione, delle sentenze 
(45) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 novembre 1962, n. 93 
e gi� riproposta dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78). 
(46) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 50, secondo comma, del 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli 
artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. � 
(47) Questione dichiarata inammissibile, in ragione della ritenuta natura amministrativa 
delle commissioni tributarie che l'avevano proposta, con sentenza 10 
febbraio 1969, n. 10. La questione risulta peraltro gi� proposta anche dal tribunale 
di Caltanissetta (ordinanza 4 giugno 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248). 

152 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

emesse dal Tribunale speciale istituito con legge 25 novembre 1926, 

n. 2008 (artt. 3, 24 e 25, e titolo IV della Costituzione). 
Commissione elettorale mandamentale di Recanati, ordinanza 7 
giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 

d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri 
o apolidi), in quanto comporta l'applicazione di pene diverse a 
seconda della nazionalit� delle persone ospitate (artt. 2, 3 e 10 della 
Costituzione) (48). 
Pretore di Tione, ordinanza 25 marzo 1969, G. U. 23 luglio 1969, 

n. 186. 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 
1969, n. 172. 

d. lg. 11 febbraio 1946, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri 
o apolidi), art. 1, in quanto impone al datore di lavoro l'obbligo 
di denunziare all'autorit� di pubblica sicurezza l'assunzione di lavoratori 
Cittadini stranieri (artt. 2, 3 e 10 della Costituzione) (49). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 
1969, n. 172. 

legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma, in quanto 
esclude, secondo la interpretazione adottata dalla Corte di cassazione, 
efficacia retroattiva alla declaratoria di illegittimit� costituzionale 
(art. 136 della Costituzione) (50). 

Tribunale di Napoli, ordinanza 1� aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, 
Il. 186. 

legge 27 dicembre 1953, n. 968 (Concessione di indennizzi e contributi 
per danni di guerra), art. 52, in quanto esclude la concessione dell'indennizzo 
per i cittadini non residenti o domiciliati nel territorio nazionale 
(art. 3 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 7 marzo 1969, G. U. 
16 luglio 1969, n. 179. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica utilit�), art. 1, 

n. 3, in quanto vincola l'applicazione della misura di sicurezza a situa(
48) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 giugno 1969, n. 104. 
(49) Analoga questione � dichiarata non fondata con sentenza 25 giugno 1969, 
n. 104. 
(50) Questione dichiarata gi� non fondata (sentenza 29 dicembre 1966, n. 127) 
e riproposta per il contrasto di interpretazione sorto in argomento tra la Corte di 
cassazione e la Corte costituzionale. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 153 

zioni di sospetto, oltrettutto non tassativamente predeterminate (artt. 13, 
25, terzo comma, e 27, secondo comma della Costituzione) (51); art. 5, 
terzo e quarto comma, nel suo complesso ed in connessione all'art. 9, in 
quanto consente restrizioni della libert� con misure non rieducative 
(artt. 2, 3, secondo comma, 25, terzo comma, e 27, terzo comma, della 
Costituzione); comb. disp. artt. 5 e 9, in quanto pone prescrizioni (e vivere 
onestamente � e � non dare ragione di sospetti �) che si esauriscono 
in rinvii a valutazioni extragiudiriche nemmeno essere determinabili 
nella loro fonte e nel loro contenuto (art. 25, secondo comma, della 
Costituzione), e tali ( � rispettare le leggi �) da risolversi, in quanto 
penalmente sanzionate, in un irragionevole aggravio' della posizione 
del sorvegliato (artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione) 
(52); art. 5, terzo comma, in quanto pone prescrizioni ( � non 
associarsi stabilmente � a persone pregiudicate o prevenute) suscettibili 
di comprimere il libero sviluppo della persona e delle sue relazioni 
anche fuori di reali necessit� preventive e di pregiudicare la pari dignit� 
sociale di tutti (artt. 2, 3, e 18 della Costituzione) (53) e tali 

(divieto di partecipare a pubbliche riunioni) da escludere la stessa possibilit� 
di reinserimento del sorvegliato nella convivenza civile (art. 17 
della Costituzione) (53); art. 5, quarto comma, in quanto consente al 
giudice di stabilire altre prescrizioni facoltative, e con discrezionalit� 
orientata solo alle � esigenze di difesa sociale � (artt. 2, 3, secondo 
comma, e 25 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 21 aprile 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

legge 17 agosto 1957, n. 843 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra 
l'Italia e la Libia di collaborazione economica e di regolamento delle 
questioni derivanti dalla Risoluzione dell'Assemblea generale delle 
Nazioni Unite del 15 dicembre 1950.� con scambi di Note, concluso in 
Roma il 2 ottobre 1956), in quanto ratifica e rende esecutivi l'art. 12 
dell'accordo tra l'Italia e la Libia concluso in Roma il 2 ottobre 1956 
e la nota 2 ottobre 1956 scambiata in relazione al richiamato art. 12, 
nella parte in cui hanno disposto il trasferimento all'Istituto libico di 
assicurazioni sociali delle obbligazioni derivanti dalle posizioni assicu


(51) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 27 
della Costituzione, con sentenza 2.3 marzo 1964, n. 23. Altra questione � stata dichia� 
rata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 13, secondo comma, dalla Costituzione, 
con sentenza 17 marzo 1969, n. 32. 
(52) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale 
con la sentenza 19 luglio 1968, 11. 110, dichiarativa della illegittimit� costituzionale 
dell'art. 708 del codice penale � limitatamente alla parte in cui fa 
richiamo atle condizioni personali di condannato per mendicit�, di ammonito, dl 
sottoposto a misure di sicurezza personate o a cauzione di buona condotta �. 
(53) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2 e 17 della 
Costituzione, con sentenza 5 maggio 1959, n. 27. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rative acquisite nei confronti dell'I.N.P.S. dai cittadini italiani residenti 
in Libia alla data del 1� luglio 1957 (artt. 38, 2, e 3 della Costituzione). 

Corte di appello di Catania, ordinanza 29 aprile 1969, G. U. 6 
agosto 1969, n. 200. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 109, lettera e, in quanto esclude la detraibilit� delle spese 
non registrate nel modo prescritto dall'art. 43, lettera d (art. 53 della 
Costituzione) (54). 
Commissione distrettuale delle imposte di Udine, ordinanze 13 
maggio 1968 (due), G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 261, quarto comma, in quanto consente di punire gli atti 
fraudolenti compiuti dal contribuente anche precedentemente al verificarsi 
della mora, secondo criterio diverso da quello prima stabilito 
dall'art. 30 del r. d. 17 settembre 1931, n. 1608 (art. 76 della Costituzione) 
(55). 
Corte di appello di Roma 19 aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, 

n. 186. 
legge 27 febbraio 1958, n. 190 (Modifica agli artt. 44 e 45 del decretolegge 
15 ottobre 1925, n. 2033, convertito nella legge 18 marzo 1926, 

n. 562, concernente la repressione delle frodi nella preparazione e nel 
commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), artt. 1 e 2, 
in quanto non prevedono l'intervento dell'interessato alle operazioni 
di prelevamento e analisi dei campioni (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
(56). 
Pretore di Guardia Sanframondi, ordinanza 18 aprile 1969, G. U. 
2 luglio 1969, n. 165 (art. 24 della Costituzione). 
Pretore di Cormons, ordinanza 27 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 165 (art. 3 e 24 della Costituzione) (57). 
(54) Questione proposta anche dalla Commissione listrettuale delle imposte 
di Vasto (ordinanze 15 luglio 1968 (due), G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e dal tribunale 
di Ancona (ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). 
(55) Diversa questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata 
proposta, in riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, dal Consiglio nazionale 
forense (ordinanza 17 luglio 1968, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318). 
(56) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24 e 102 della 
Costituzione, con sentenza 10 maggio 1963, n. 63, e gi� riproposta, a seguito della 
decisione 5 luglio 1968, n. 86 della Corte costituzionale, anche dal pretore di Castelfranco 
Veneto (ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85), dal 
pretore di Sant'Elpidio a Mare (ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, 
n. 145) e dallo stesso pretore di Guarda Sanframondi (ordinanza 14 marzo 1969. 
G. U. 18 giugno 1969, n. 152). Sui precedenti, v. retro, II, 102, nota 48 e � 18, 
nota 16 ss. 
(57) Nell'ordinanza di rimessione del pretore di Cormons la questione � proposta 
solo per l'art. l, che modifica l'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 155 

d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione 
stradale), art. 91, secondo comma, in quanto rimette la sospensione 
della patente all'assoluta discrezionalit� del prefetto (art. 3 della 
Costituzione) (58). 
Pretore di Torino, ordinanza 17 aprie 1969, G. U. 13 agosto 1969, 

n. 207. 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico 
e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, in quanto rende obbligatorie erga omnes le 
clausole concernenti le Casse edili di cui agli artt. 34 e 62 del contratto 
collettivo di lavoro 24 luglio 1959, per eccesso dai limiti della delega 
conferita con l'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (artt. 3, 18, 23, 
39 e 76 della Costituzione) (59). 
Pretore di Teramo, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 165. 
d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145 (Norme sul trattamento economico e 
normativo per gli agenti e rappresentanti di commercio delle imprese 
industriali), articolo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes. 
l'art. 14 dell'accordo economico collettivo 20 giugno 1956 per la disciplina 
del rapporto di agenzia e di rappresentanza commerciale, che 
dispone l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in sede 
sindacale (art. 76 della Costituzione) (60). 
Pretore di Como, ordinanza 10 maggio 1969, G. U. 23 luglio 1969, 

n. 186. 
d. P. R. 9 maggio 1961 (n. 865, recte:) n. 780 (Norme sul trattamento 
economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed 
affini della provincia di Campobasso, Pescara e Teramo), articolo unico, 
in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 6 e 11 del contratto 
integrativo per la provincia di Teramo (artt. 3, 18, 23 e 39 della Costituzione). 
Pretore di Teramo, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 165. 
(58) La questione di legittimit� costituzionale del quinto comma della disposizione 
� stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13 e 27, secClllldo 
comma, della Costituzione, con sentenza 14 febbraio 1962, n. 6. 
(59) Nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 34 e 62 del contratto 
collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 l'articolo unico al d.P.R. 14 luglio 
1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, 
n. 129. Per le altre declaratorie di illegittimit� costituzionale del d.P.R. 14 luglio 
1960, n. 1032 v. retro, II, 103, nota 68). 
(60) Cfr., in argomento, le sentenze 6 luglio 1965, n. 56 e 4 febbraio 1967, n. 9 
della Corte costituzionale. 

156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unico, 
in quanto rende obbligatorio erga omnes l'art. 8, secondo comma, del 
contratto collettivo 1� ottobre 1959, integrativo del contratto collettivo 
nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti 
dalle imprese delle industrie edilizia ed affini della provincia di Macerata 
(artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione) (61). 
Pretore di Recanati, ordinanza 28 maggio 1969, G. U. 6 agosto 
1969, n. 200. 

legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed 
autostradali), art. 9, primo c�omma, in quanto non prevede indennizzo per 
il divieto di 'edificazione imposto ai proprietari degli immobili ubicati 
lungo il tracciato delle autostrade (art. 42, terzo comma, della Costituzione) 
(62). 

Tribunale di Avellino, ordinanza 13 maggio 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 
e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 
27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della 
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, modificato 
dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, in quanto, nel disciplinare 
le modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei campioni, 
non prevede l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
(63). 

Pretore di Tione, ordinanze 11 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 165 e 13 maggio 1969 (due), G. U. 9 luglio 1969, n. 172 (art. 24, 
secondo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Adria, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 165 (art. 24 della Costituzione). 
(61) L'articolo unico del d.P.R. 9 maggio 1961, n. 868 � stato gi� dichiarato 
incostituzionale nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes l'art. 10 del con. 
tratto collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese 
edizia ed affini della provincia di Ascoli Piceno (sentenza 8 luglio 1967, n. 99) 
e l'art. 12 del contratto collettivo integrativo 1� ottobre 1959 per gli operai dipendenti 
dalle imprese delle industrie edilizia ed affini della provincia di Macerata 
(sentenza 17 marzo 1969, n. 33). 

(62) Questione gi� proposta dal tribunale di Catanzaro (al quale la Corte costituzionale 
ha restituito gli atti, con ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, per un nuovo 
giudizio sulla rilevanza) e dal tribunale di Genova: v., rispettivamente, ordinanze 
24 febbraio 1967 (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258) e 25 marzo 1968 (G. U. 28 settembre 
1968, n. 248). 
(63) Questione gi� proposta (e con analogo riferimento ai principi affermati 
dalla Corte costituzionale nella sentenza 5 luglio 1968, n. 86) con numerose altre 
ordinanze (cfr. retro, II, 105 ed ivi nota 73). 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 157 

Pretore di Camposampiero, ordinanza 14 marzo 1969, G. U. 2 luglio 
1969, n. 165 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Cagliari, ordinanza 30 aprile 1969, G. U. 13 agosto 1969, 

n. 
207 (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 14 aprile 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 
207 (art. 24 della Costituzione). 
Pretore d� Rho, ordinanza 24 maggio 1969, G. U. 13 agosto 1969, 

n. 207 (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) 
(64). 
legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione 
delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 
1959, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo 
comma, in quanto consente di determinare la indennit� di espropriazione 
secondo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici 
anni anteriore al provvedimento espropriativo (artt. 42, terzo comma, 
e 3 della Costituzione) (65); 

Tribunale di Bari, ordinanze 20 marzo 1969 (due), G. U. 2 luglio 
1969, n. 165. 

legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per 
l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le 
indust1�ie elettriche), art. 5, n. 2., in quanto prevede per la determinazione 
dell'indennizzo un criterio unitario, la cui applicazione consente 
il trasferimento con indennizzo meramente simbolico delle impresa 
appartenenti a societ� di dimensioni economiche minime (artt. 42, terzo 
comma, 43 e 3, primo comma, della Costituzione) (66). 

Tribunale di Roma, ordinanza 11 novembre 1968, G. U. 9 luglio 
1969, n. 172. 

d. P. R. 25 febbraio 1963, n. 138 (Norme relative agli indennizzi da 
corrispondere alle imprese assoggettate al trasferimento all'Enel), art. 2, 
in quanto prevede per la rettificazione dell'indennizzo un coefficiente 
unico, la cui applicazione consente il trasferimento con indennizzo 
meramente simbolico delle imprese appartenenti a societ� di di� 
(64) Nell'ordinanza del pretore di Rho la questione viene proposta per il secondo 
e terzo comma della disposizione. 
(65) Questione gi� proposta, con numerose ordinanze, dallo stesso tribunale. 
V. retro, II, 105 ed tvi nota 74. 
(66) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma. 
e 42, terzo comma, della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1969, n. 115. La questione 
di legittimit� costituzionale dell'intera legge 6 dicembre 1962, n. 1643 � stata dichiarata 
non fondata con sentenze 7 marzo 1964, n. 14 (artt. 3, 4, 47 e 67 della Costi� 
tuzione) e 12 luglio 1965, n. 66 (artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, secondo 
comma, 113 e 76 della Costituzione). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mensioni economiche minime (artt. 42, terzo comma, 43, e 3, primo 
comma della Costituzione) (67). 

Tribunale di Roma, ordinanza 11 novembre 1968, G. U. 9 luglio 
1969, n. 172. 

legge 26 febbraio 1963, n. 441 (Modifiche ed integrazioni alla legge 
30 aprile 1962, n. 283, sulla disciplina igienica della produzione e della 
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande ed al decreto del 
Presidente della Repubblica 11 agosto 1959, n. 750), art. 1, che modifica 
l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, in quanto, nel disciplinare 
le modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei campioni, 
non prevede l'intervento. dell'interessato (art. 24 della Costituzione) (68). 

Pretore di Tione, ordinanze 11 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 

n. 
165 e 13 maggio 1969 (due), G. U. 9 luglio 1969, n. 172. 
Pretore di Adria, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, 
n. 
165. 
Tribunale di Milano, ordinanza 14 aprile 1969, G. U. 13 agosto 
1969, 
n. 207. 
Pretore di Cagliari, ordinanza 30 aprile 1969, G. U. 13 agosto 1969, 

n. 207. 
legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi alle 
Sezioni specializzate agrarie), artt. 3, quarto comma, e 4, primo comma, in 
quanto consentono al potere esecutivo di interferire nella nomina degli 
esperti, con p.ttivit� prevalente e tale da incidere sui poteri valutativi 
e discrezionali riservati alla esclusiva competenza del Consiglio superiore 
della magistratura (artt. 104, 105, e 108, secondo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Roma, sezione specializzata agraria, ordinanze 25 
gennaio 1969 (tre), G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 

legge prov. Bolzano 3 gennaio 1964, n. 1 (Approvazione del piano regolatore 
generale del Comune di Bolzano), art. unico, in quanto emanata 
sulla base dell'art. 16 della legge provinciale 10 luglio 1960, n. 8, in 
difetto delle norme di attuazione riservate dall'art. 95 dello Statuto 
per la regione Trentino-Alto Adige alla competenza legislativa della 

(67) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 
e 42, terzo comma, della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1969, n. 115. La 
questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138 nel suo 
complesso � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 
4, 47, 52, 102, secondo comma, 113 e 76 della Costituzione, con sentenza 12 luglio 
1965, n. 66. 
(68) Questione gi� proposta con numerose altre ordinanze. V. retro, II, 106 e 26. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 159 

Regione (art. 95 dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto 
Adige). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 20 giugno 1969, G. U. 13 agosto 
1969, n. 207. 

legge 12 ottobre 1964, n. 1081 (Istituzione dell'albo dei consulenti del 
lavoro), art. 4, sec:ondo c:omma, in quanto, con criterio diverso da quello 
adottato in analoghe ipotesi di incompatibilit� da altre disposizioni di 
legge, impedisce al consulente del lavoro di esercitare la professione 
per la presenza, nella stessa provincia, di un suo parente o affine alle 
dipendenze del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (artt. 3, 
4 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Recanati, ordinanza 1<> maggio 1969, d. U. 6 agosto 1969, 

n. 200. 
legge reg. Trentino-Alto Adige 19 agosto 1965, n. 4 (Norme per l'assistenza 
ai pensionati e ai loro familiari iscritti alle Casse mutue provinciali 
di malattia di Trento e di Bolzano), a~t. 2, in quanto, in deroga 
all'art. 5, quarto comma, della legge statale 31 dicembre 1961, n. 1443, 
attribuisce alla competenza del Presidente della giunta regionale la 
determinazione dell'intera aliquota contributiva addizionale (art. 6, 
primo comma, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 

Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 5 novembre 1968, G. U. 
2 luglio 1969, n. 165. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 10, in quanto esclude il diritto dell'apprendista all'indennit� di 
anzianit� (art. 3, primo comma, e 3, primo e secondo comma, della 
Costituzione) (69). 

Corte di appello di Bologna, ordinanza 4 marzo 1969, G. U. 23 
luglio 1969, n. 186. 

legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio 
dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), art. 42, 
in quanto consente di procedere al prelievo ed all'analisi dei campioni 
senza l'intervento delll'interessato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (70). 

Pretore di Tricase, ordinanza 21 giugno 1969, G. U. 13 agosto 1969, 

n. 207. 
(69) Questione gi� proposta dal pretore di Milano (ordinanza 16 maggio 1968, 
G. U. 31 agosto 1968, n. 222). 
(70) Questione gi� proposta, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal 
pretore di Sant'Elpidio a Mare (ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, 
n. 145). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. sic. appr. 11 giugno 1969 (Provvedimenti per l'intervento 
nel settore agricolo alimentare) (71). 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 23 giugno 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
legge reg. sic. appr. 17 luglio 1969 (Istituzione di una borsa di studio 
per allievi siciliani presso l'Istituto centrale del restauro in Roma). 
Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 30 luglio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. 
NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, 
DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI 
RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 
Codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, nella 
parte relativa all'ipotesi di separazione personale per colpa di uno 
solo dei coniugi (artt. 3 e 29 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(72). 
Ordinanza 26 giugno 1969, n. 111, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
Ordinanza di rimessione 13 novembre 1968 del Tribunale di La 
Spezia, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
codice penale, art. 559 (Adulterio), primo comma -Manifesta infondatezza 
(73). 
Ordinanza 8 luglio 1969, n. 122, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 6 novembre 1968 del Pretore di Venezia, 
G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 
(71) Legge dichiarata incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 120. 
(72) Questione dichiarata non fondata con sentenza 26 marzo 1969, n. 45 
L'art. 156, primo comma, del colice civile � stato dichiarato invece incostituzionale, 
con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, � nella parte in cui pone a carico del marito. 
in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di 
somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente 
dalle condizioni economiche di costei �. Altra questione � stata proposta 
dal tribunale di Milano con ordinanza 14 febbraio 1968 (G. U. 26 ottobre 1968, n. 275) 
(73) Il primo ed il secondo comma dell'art. 559 del codice penale sono stati 
dichiarati incostituzionali con sentenza 19 dicembre 1968, n. 126. La questione era 
stata invece dichiarata non fondata con sentenza 28 novembre 1961, n. 64. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 161 

codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone .incapaci) (artt. 29, 
secondo comma, e 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (74). 

Ordinanza 11 luglio 1969, n. 130, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 7 novembre 1968 del Pretore di Bologna, 

G. U. 8 .gennafo 1969, n. 6. 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F (Legge sui lavori pubblici), 
art. 317, secondo comma (art. 25 della Costituzione) --Manifesta inammissibilit� 
(75). 

Ordinanza 26 giugno 1969, n. 110, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 
Ordinanza di rimessione 24 ottobre 1968 del Pretore di Barletta, 

G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
r. d. 5 febbral�o 1891, n. 99 (Rego�lamento amministrativo per l'esecuzione 
della legge 17 luglio 1890, n. 6972, sulle istituzioni pubbliche 
di assistenza e beneficenza), art. 16 -Manifesta inammissibilit� (76). 
Ordinanza 15 luglio 1969, n. 140, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del Tribunale di Trani, 

G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 
legge 2 agosto 1897, n. 382 (Provvedimenti per la Sardegna), art. 3, 

n. 3 (art. 25, secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 8 luglio 1969, n. 117, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 1� febbraio 1968 del Pretore di Sassari, 

G. U. 11 maggio 1968, n. 120. 
legge 22 marzo 1908, n. 105 (Sull'abolizione del lavoro notturno dei 
fornai) (artt. 3 e 41 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (77). 

Ordinanza 8 luglio 1969, n. 121, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 2 marzo 1968 del Pretore di Barcellona 
Pozzo di Gotto, G. U. 31 agosto 1968, n. 222. 

(74) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 29, secondo com� 
ma, della Costituzione, con sentenza 28 marzo 1969, n. 54. Nella parte in cui limitava 
il diritto di querela al solo genitore esercente la patria potest� l'art. 574 del codice 
penale � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9. 
(75) Questione gi� dichiarata inammissibile (in riferimento agli artt. l, se� 
condo comma, 13, secondo comma, 25, secondo comma, 70, 76 e 77 della Costituzione), 
e non fondata (in riferimento agli artt. 2, 13, 16 e 41 della Costituzione) con 
sentenza 27 giugno 1968, n. 73. 
(76) Inammissibilit� dichiarata in ragione della natura regolamentare della di� 
sposizione (conf.: Corte costituzionale, 20 marzo 1969, n. 46). 
(77) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenza 26 febbraio.1964, n. 21. 

162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Legge comunale e provinciale), artt. 10 
e 14, in relazione all'art. 15, n. 3 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 
{art. 15, n. 3 del d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203) (artt. 3 e 51 della Costituzione) 
-Manifesta infondatezza (78)., 
Ordinanza 15 luglio 1969, n. 140, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 196a del Tribunale di Trani, 

G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 
legge 1O aprile 1951, n. 287 (Riordinamento dei giudizi di Assise), 
modHicata dalle leggi 24 novembre 1951, n. 1324, 5 maggio 1952, n. 405 
e 27 dicembre 1956, n. 1441, art+. 3, 4, 25 e 26 (artt. 3 e 51 della Costituzione) 
-Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza 
(79). 

Ordinanza 15 luglio 1969, n. 138, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 26 febbraio 1968 della Corte di assise di 
appello di Milano, G. U. 11 maggio 1968, n. 120. 

legge prov. Bolzano 1957, n. 8 (Tutela del paesaggio), art. 7, in relazione 
al successivo art. 15 -Manifesta infondatezza (80). 

Sentenza 15 luglio 1969, n. 136, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 3 novembre 1967 della quinta sezione del 
Consiglio di Stato, G. U. 1-0 giugno 1968, n. 139. 

legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (Norme per il finanziamento delle 
prestazioni per l'assistenza di malattia ai pensionati), art. 5, quarto c:omma 
(art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (81). 

Sentenza 26 giugno 1969, n. 112, G. U. 2 luglio 1~69, n. 165. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del Tribunale di Genova, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
(78) L'art. 15, n. 3 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (art. 15, n. 3 del d.P.R. 
5 aptjle 1951, n. 203) � stato dichiarato incostituzionale, in relazione agli artt. 10 
e> 1.f del r.d. 3 marzo 1934, n. 383, � Umitatamente alla inclusione nette ipotesi di 
ineleggibilitd previste nel n. 3 dell'art. 15 di coloro che, all'atto dell'accettazione 
della candidatura, abbiano presentato le dimissioni astenendosi successivam,ente da 
ogni attivitd inerente all'ufficio � (sentenza 26 marzo 1969, n. 46). 
(79) Restituzione disposta perch� sia accertato se la legge 9 febbraio 1963, 
n. 66 non abbia gi� abrogato le denunciate disposizioni della legge 10 aprile 1951, 
n. 287. 
(80) Questione dichiarata non fondata, con la stessa sentenza, in riferimento 
ail'VIII disp. trans. della Costituzione ed all'art. 95 dello Statuto Trentino-Alto 
Adige. La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 15, secondo comma, della 
legge provinciale di Bolzano 24 luglio 1957, n. 8 � stata dichiarata non fondata, in 
riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, con sentenza 29 maggio 1968, 
n. 56. 
(81) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 febbraio 1969, 11. 21. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 163 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 11, primo c:omma (artt. 3 e 4 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(82). 

Ordinanza 11 luglio 1969, n. 131, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 11 gennaio 1969 del Pretore di Napoli, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), art. 1 (artt. 42, secondo e terzo comma, della 
Costituzione) -Manifesta infondatezza (83). 

Ordinanza 11 luglio 1969, n. 132, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 
Ordinanza di rimessione 20 febbraio 1969 del Pretore di Manduria, 

G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
legge 4 febbraio 1967, n. 25 (Integrazione di fondi per l'esecuzione 
a cura deU'A.N.A.S. di lavori di sistemazione, miglioramento ed adeguamento 
delle strade statali di primaria importanza), art. 4, primo c:omma 
(art. 81, quarto comma, della Costituzione) -Inammissibilit� (84). 

Ordinanza 15 luglio 1969, n. 139, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. 

Ordinanza di rimessione 24 luglio 1968 della Corte dei conti a 
sezioni riunite, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. 

legge 29 aprile 1967, n. 230 (Bilancio di previsione dello Stato per 
l'esercizio finanziario 1967), art. 98 (art. 81, terzo comma, della Costituzione) 
-Inammissibilit� (84). 

Ordinanza 15 luglio 1969, n. 139, G. U. 16 luglio 1969, n~ 179. 

Ordinanza di rimessione 24 luglio 1968 della Corte dei conti a 
sezioni riunite, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. 

(82) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della 
Costituzione, con sentenza 14 aprile 1969, n. 81. 
(83) La disposizione � stata dichiarata incostituzionale, con sentenza 21 marzo 
1969, n. 37, e limitatamente alla parte in cui comprende nella normativa anche i 
rapporti, che formano oggetto della legge, conclusi successivamente alla data del 
28 ottobre 1941 >. 
(84) Inammissibilit� dichiarata per ragioni gi� prospettate nella sentenza 18 
dicembre 1968, n. 142, in quanto cio� � i requisiti necessari a:/1inch� questioni di 
legittimit� costituzionale siano rilevanti in un giudiZio non ricorrono quando la 
Corte dei conti proceda alla parificazione del rendiconto � ). 
15 



CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Cassa Conguaglio-Zucchero. 

Se 
la Cassa Conguaglio Zucchero possa ritenersi organo dello Stato 

(n. 
344). 
Se la Cassa Conguaglio possa ritenersi un ente pubblico economico 
(n. 
344). 
APPALTO 

Custodia e vigilanza dei Poligoni di tiro. 

Se, ai sensi della convenzione per l'appalto del serv1z10 di custodia e 
vigilanza dei Poligoni di Tiro, il rapporto stesso possa essere qualificato 
come appalto (n. 328). 

AVVOCATI E PROCURATORI 

Avvocatura dello Stato -Interpretazione dell'art. 3 t.u. 1933, n. 1611 

Se i funzionari che rappresentano le Amministrazioni dello Stato in 
giudizio a sensi dell'art. 3 t.u. 1933, n. 1611 debbano essere muniti della 
delega del competente Ministro pro-tempore (n. 71). 

BANCHE 

Banca Nazionale delle Comunicazioni -Rappresentanza del personale delle 
FF.SS. nel Consiglio di Amministrazione. 

Se nella scelta da parte dell'Amministrazione dei quattro consiglieri 
in rappresentanza degli iscritti sia da adottare il criterio della proporzionalit� 
rispetto alle organizzazioni sindacali (n. 15). 

Se, in tal caso, debba tenersi conto, nella scelta da effettuare, dei risultati 
delle elezioni interne (n. 15). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Procedura per la sospensione della carta di circolazione. 

Se per il provvedimento di sospensione della carta di circolazione, ai 
sensi dell'art. 1 legge 9 luglio 1967, n. 572, debba seguirsi la procedura 
stabilita dall'art. 7 legge 3 maggio 1967, n. 317 (n. 18). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 165 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Scadenza del termine nel giorno festivo, prorogabilit�. 

Se il principio della proroga del termine scadente il giorno festivo al 
primo successivo non festivo, previsto da alcune norme �generali (art. 2963 
e.e., art. 155 c.p.c.) sia applicabile alle procedure amm.ve (nel caso di 
specie alla presentazione delle denuncie di semina �del grano duro) (n. 92). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Responsabilit� contabile -Nozione di agente contabile -Consegnatari dell'ENCIP. 


Se i consegnatari dell'Ente Nazionale per l'Istruzione Professionale 
debbano intendersi avere la veste di consegnatari di oggetti appartenenti 
allo Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 178 lett. c) ultima parte del 
Regolamento di contabilit� delle Stato (n. 237). 

CONTRIBUTI 

Contributi di miglioria. 

Se la espressione � p.roprietari � contenuta all'art. 1 r.d.l. 28 novembre 
1938, n. 200 debba essere intesa in senso tassativo, escludendo i titolari di 
diritti reali di godimento, fatta eccezione per il caso di enfiteusi (n. 81). 

DEMANIO 

Locali occupati nei palazzi di Giustizia dagli Ordini degli Avvocati e Procuratori. 


Se l'Amministrazione delle finanze abbia diritto a che gli Ordini degli 
Avvocati e Procuratori corrispondano i canoni di locazione relativi ai locali 
di propriet� dello Stato siti nei Palazzi di Giustizia (n. 227). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

lNA-CASA -Interessi sulle somme versate da prenotatari di alloggi dichiarati 
decaduti o rinunciatari. 

Se ai prenotatari di alloggio INA-CASA con promessa di vendita rinunciatari 
o dichiarati decaduti ai quali debbano essere rimborsate le 
somme versate per la prenotazione dell'alloggio spettino gli interessi legali 
su dette somme (n. 214). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Servit� coattiva: usucapibilit� -Indennizzo per spostamento linea elettrica. 

Se una servit�, di contenuto analogo a quello della servit� coattiva, 
possa essere acquistata per usucapione (n. 44). 

Se l'onere delle spese di rimozione della linea elettrica, ammessa la 
ipotesi di usucapione della servit�, sia disciplinata dall'art. 1068 e.e. (n. 44). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Conversione della indennit� in titoli del debito pubblico -Momento in cui 
l'espropriato pu� chiederla. 

Se la conversione della indennit� di esproprio in titoli di debito pubblico, 
dietro conforme richiesta dell'espropriato, possa aver luogo anche 
prima dell'emanazione del decreto di esproprio (n. 278). 

Legge 20 marzo 1968, n. 391. 

Se il rinvio che l'art. 33 t.u. sulle acque e sugli impianti elettrici fa 
all'art. 48 legge 25 giugno 1865, n. 2359 abbia natura formale e non ricettizia 
(n. 279). 

Se, in conseguenza, i provvedimenti per il deposito presso la Cassa 
Depositi e Prestiti della indennit� di espropriazione debbano essere adottati 
dall'autorit� giudiziaria e non dal Prefetto (n. 279). 

Opere di ricovero antiaereo -Indennit� -Rapporto fra la legge 2 dicemb1�e 
1967, n. 1231 e legge 20 marzo 1968, n. 391. 

Se al deposito della indennit� presso la Cassa Depositi e Prestiti, qualora 
la indennit� stessa non sia stata accettata, debba provvedere direttamente 
il Prefetto (art. 1 quarto comma, legge 1231/67) ovvero si debba procedere 
dietro ordine del pretore o del tribunale competente (art. 48 nuovo 
testo della legge sulle espropriazioni, quale risulta dall'art. 3 legge numero 
391/68) (n. 280). 

FALLIMENTO 

Crediti privitegiati -Momento della cessazione della decorrenza degli interessi. 


Se gli interessi di un credito privilegiato insinuato in un passivo fallimentare 
siano dovuti fino al giorno della vendita dei beni su cui grava il 
diritto di prelazione ovvero fino al giorno del suo soddisfacimento (n. 118) 


PARTE II, CONSULTAZIONI 167 

FARMACIA 

Modifica da parte della nuova l'egge farmaceutica del 1968 del limite di 
distanza degli esercizi farmaceutici. 

Se il farmacista acquirente in base all'art. 18 della nuova legge farmaceutica 
del 1968,' possa ottenere il trasferimento del locale nell'ambito 
della propria sede indipendentemente dal limite di distanza di 500 m. da 
altra farmacia di cui all'art. 28 con la riduzione del limite a m. 200 (n. 23). 

JiMPIEGO PUBBLICO 

Aumento anticipato di stipendio a seguito di nascita di figlio (r.d. 21 agosto 
1937, n. 1542 conv. in legge 3 gennaio 1939, n. 1) -Adozione ai sensi 
dell'art. 314/24 e.e. -Applicabilitd. 

Se la completa equiparazione dell'adottato al figlio legittimo prevista 
dalla nuova norma 314/26 e.e. introdotta dalla legge 15 maggio 1967, n. 430 
importi la concessione dell'aumento anticipato di stipendio che compete ai 
dipendenti statali in attivit� di servizio a seguito della nascita di un figlio, 
anche a favore dell'adottante (n. 697). 

lndennitd di buona uscita -Obbligo di restituzione nel caso di riassunzione 
in servizio. 

Se i dipendenti appartenenti al personale di esercizio delle FF.SS., gi� 
collocati a riposo e poi riammessi in servizio nel personale d'ufficio a sensi 
della legge 15 febbraio 1967, siano tenuti a rendere l'indennit� di buona 
uscita ad essi liquidata con i relativi interessi (n. 698). 

Indennitd per i servizi relativi alle imposte di fabbricazione -Legge 9 novembre 
1966, n. 912 art. 41 -Applicabilitd al' personale della Guardia 
di Finanza. 

Se le soppressioni di cui all'art. 141 d.l. 9 novembre 1966, n. 912 delle 
riduzioni disposte per la seconda, terza e successive ore, nelle aliquote orarie 
stabilite per tutti i servizi svolti dagli uffici tecnici delle imposte di 
fabbricazione e contemplate nella tabella di cui all'art. 6 d.l. 23 ottobre 
1964, n. 987 (cio� quella approvata con d.m. 21 febbraio 1962), concerna 
solamente le indennit� del personale degli UTIF, o anche il personale della 
Guardia di Finanza (n. 699). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazione tributaria di cui all'art. 38 legge 29 luglio 1957, n. 634 -Impianti 
di nuovi stabilimenti industriali. 

Se l'agevolazione tributaria di cui all'art. 38 legge 29 luglio 1957, 

n. 634 si applichi anche agli atti di aumento di capitale preordinati all'impianto 
di nuovi stabilimenti industriali (n. 307). 

168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Donazione indiretta -Art. 5 d.l. 8 marzo 1945, n. 90. 

Se possa ritenersi tuttora sostenibile la tesi della donazione indiretta 
nelle vendite fra parenti (n. 308). 

IMPOSTE E TASSE 

Interessi moratori su somme depositate -Dogana. 

Se l'Amministrazione delle Finanze debba corrispondere gli interessi 
moratori -ai sensi dell'art. 5 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -sulle 
maggio~�i somme versate in dogana al fine di ottenere lo svincolo immediato 
di partite di merce relativamente alle quali sia sorta controversia 
circa il valore imponibile (n~ 508). 

LOCAZIONI DI COSE 

Legge n. 4/69 -Applicabilit� a locazioni gi� disdette. 

Se la proroga delle locazioni disposta con la legge n. 4/69 debba essere 
ritenuta applicabile quando II rapporto locatizio sia venuto meno per effetto 
delle disdette tempestivamente intimate (136). 

LOTTO E LOTTERIE 

Confronto tra bolletta e matrice ai fini del pagamento della somma vinta. 

Se il confronto tra bolletta e matrice costituisca condizione essenziale 
ed indispensabile, di regola, per addivenire al pagamento della vincita 

(n. 34). 
MILITARI 

Limiti di sicurezza delle installazioni militari -Uso delle armi -Consegne. 

Se, per stabilire il �limite di sicurezza�, che non deve essere sorpassato 
da estraneo, occorra, quando il terreno non sia di propriet� demaniale, 
imporre preventivamente la relativa servit� militare (n. 21). 

Se la � consegna � alla sentinella circa l'uso delle armi possa comprendere 
il caso che taluno, nonostante gli avvertimenti di rito, si avvicini 
al � limite di sicurezza � e lo oltrepassi (n. 21). 

MINIERE 

Possibilit� di disporre la coltivazione di una cava a � cielo aperto �. 

Se, alla luce della legge 184 del 1893 e del relativo regolamento approvato 
con r.d. 10 gennaio 1907, n. 152, sia possibile imporre all'esercente 

I 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 169 

della m1mera e della cava particolari cautele, tra le quali quella della 
coltivazione � a cielo aperto � e se a competenza ad emettere il detto provvedimento 
spetti alla Autorit� che esercita poteri di polizia mineraria 

(n. 20). 
OCCUPAZIONE 

Calcolo deU'indennit�. 

Se il compenso per occupazione temporanea di urgenza, .predisposta 
per il successivo esproprio, debba continuare ad essere determinato sulla 
base d�ll'interesse legale sulla indennit� di esproprio ovvero sulla base 
del reddito dell'immobile, nei casi di indennit� calcolata, non secondo il 
valore venale del bene (art. 39 legge 1865, n. 2359), ma secondo altri criteri 
(nel caso specifico legge 15 gennaio 1885, n. 2832) (n. 5). 

POLIZIA 

Violazione a norma di polizia forestale -.Inapplicabilit� delle sanzioni anche 
ai proprietla.ri del bestiame. 

Se a seguito della legge 9 ottobre 1967, n. 950 le sanzioni per violazioni 
a norme di polizia forestale (nella specie: .pascolo in localit� vietate) possano 
applicarsi, oltre che ai trasgressori delle medesime, anche ai proprietari 
del bestiame (n. 39). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Responsabilit� dell'Amministrazione per incidente causato da dipendente 
�che si reca in servizio. 

Se possa configurarsi una responsabilit� civile dell'Amministrazione 
per danni causati da un dipendente che, con il proprio automezzo, si stia 
recando li dove sia stato convocato per esigenze di servizio (n. 249). 

SPESE GIUDIZIALI 

Se la trattenuta del quinto dello stipendio, indennit� o altri emolumenti 
che percepisce il dipendente dello Stato o di un ente pubblico, ai 
sensi del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180, debba ritenersi legittima, oltre che 
per quella parte delle �spese giudiziali� che sono imposte e tasse (di bollo, 
di registro, cronologico), anche per il recupero delle altre spese anticipate 
dallo Stato non aventi natura tributaria (n. 23).