ANNO XXI -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1969 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO l 9 6 9 ABBONAMENTI ANNO . . . . . . . � . . . . � . . . . . � � . � . . . . . � � � � . L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 dcl 13 luglio 1966 (8213709) Roma, 1969 -Istituto Poligraf�.co dello Stato P. V. Sezione prima: INDICE Parte prima: GIU.~ISPRUDENZA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'av.v. Michele Savarese) pag. 609 Sezione prima: INDICE Parte prima: GIU.~ISPRUDENZA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'av.v. Michele Savarese) pag. 609 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto Baccari) � 633 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a tro de Francisci) � cura del/'avv. Pie � 642 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) � � 664 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avv. Giuseppe Angelini Rota e del/'avv.' Carlo Bafile) � 670 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusij . � � 729 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino Terranova} � 775 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOT�IZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Luigi Mazzella) . � . pag. 133 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 134 CONSULTAZIONI � 164 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI COLETTA G., Incostituzionaiit� e prescrizione pag. 653 VITTORIA P., Suita data della scrittura privata nei confronti dei terzi e la Finanza nella legge del registro . 670 ALBISINNI G., Diritto del concessionario d'acqua pubblica, natura del relativo canone e considerazioni generali sulle concessioni d'acqua pubblica 729 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE -Canone di utenza -Natura giuridica -Carattere tributario Esclusione -Provento del demanio pubblico, con nota di G. ALBISINNI, 729. -Concessione -Prestazioni e controprestazioni .delle parti -Corrispettivit�, sotto certi profili, delle prestazioni -Canone di utenza -Corrispettivo pecuniario del bene dato in concessione Divisibilit�, in casi determinati, del canone, con nota di G. ALBISINNI, 729. -Concessione diritto perfetto alla utilit� inerente alla concessione derivante al concessionario anche nei confronti dell'amministrazione concedente -Sussiste condizionatamente alle esigenze di pubblico interesse, con nota di G. ALBISINNI, 729. Concessioni di utilizzazione di acqua pubblica -Natura -Obbligazione del concessionario di pagare il canone -Carattere contrattuale -Esclusione -Compatibilit� del carattere legale e pubblicistico dell'obbligazione di pagamento del canone con l'applicabilit� della prescrizione breve ex art. 2948 e.e. -Sussiste, 738. Controversie in materia di acque pubbliche -Criteri di discriminazione della competenza tra G.O. e Tribunali delle acque pubbliche, 737. AGRICOLTURA -Propriet� -Piccola propriet� rurale -Provvidenze per la regolarizzazione del titolo di propriet� -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 630. -V. anche Imposte sul 1�eddito agrario. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI Contabilit� generale dello Stato -Contratti dello Stato -Posizione di subordinazione del privato contraente e contraente con la P.A. -Sussiste -Condizioni generali di oneri -Natura ed efficacia di norme regolamentari Sussiste, 762. -Ordinamento degli Ufficiali giudiziari -Retribuzione -Percentuale sui proventi per pene pecuniarie -Somme di spettanza dei Comuni e Provincie riscosse dall'Erario -Compete, 646. - V. anche Competenza e giurisdizione, Impiego pubblico. AMNISTIA �-Sentenza predibattimentale di proscioglimento -Obbligo di sentire le parti -Imputato che abbia gi� ricevuto la contestazione del fatto in precedenza -Esclusione dell'obbligo, con nota di P. DI TARSIA, 775. --V. anche Impugnazione. APPALTO -Appalto di opera pubblica -Appalto concorso -Aggiudicazione -Annullamento -Equivale all'annullamento del contratto, 758. -Appalto d'opera pubblica -Appalto d'opera di competenza dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore -Arbitrato -Lodo arbitrale -Divieto di appello e di ricorso per cassazione sancito dall'art. 59 r .d. 17 maggio 1932, n. 366 -Contrasto dell'art. 59 r.d. 17 maggio 1932, n. 366 con l'art. 829, comma secondo, c.p.c. -Non sussiste, 745. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VI -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza dell'Amministrazione militare Riserve dell'appaltatore -Arbitrato -Verbale di accettazione (degli arbitri) e di costituzione del Collegio arbitrale -Notificazione alla sola Avvocatura Generale dello Stato e non anche al1' Amministraz!ione dnteressata Sufficienza ai fini processuali Sussiste, 744. -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore -Determinazione amministrativa -Obbligo dell'Amministrazione di provvedere entro ragionevole spazio di tempo -Sussiste -Inerzia del1' Amministrazione -N ecess�t� del procedimento giudiziario ex articolo 1183 e.e. -Esclusione -Diffida dell'appaltatore all'Amministrazione con fissazione di congruo termine per il compimento dell'atto -Ammissibilit� ai fini della rimozione dell'impedimento per la tutela giurisdizionale del diffidante -Sussiste, 743. -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opera di competenza dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore -Determinazione amministrativa -Obbligo dell'Amministrazione di provvedere entro ragionevole spazio di tempo -Sussiste -Inerzia del!' Amministrazione -Necessit� del provvedimento giudiziario ex articolo 1183 e.e. -Esclusione Diffida dell'appaltatore all'Amministrazione con fissazione di congruo termine per il compimento dell'atto -Ammissibilit� ai fini della rimozione dell'impedimento per la tutela giurisdizionale del diffidante -Sussiste, 744. -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opere ferroviarie -Richiesta dell'appaltatore di maggiori compensi -Dichiarazione unilaterale sottoscritta dall'appaltatore, di accettazione di una certa somma �a corpo�, a tacitazione di ogni sua pretesa in ordine all'appalto, e di correlativa rinunzia alle riserve proposte BmiffffffffffifmKillMf;f@;ff[illfill'milifillffifflliKtif:rtff@[ftmHfi@lltff&iiili@f[fillill1[fffa@trffftiftt@Iff@Ifiltfilill@J~ Contratto di transazione -Necessit� della forma scritta � ad substantiam �, pur se traducendosi nello scambio fra i contraenti di unilaterali dichiarazioni scritte -Sussiste, 771. -Appalto di opera pubblica -Riserve dell'appaltatore -Reiezione dell'Amministrazione -Domanda di arbitrato -Previo collaudo dell'opera -Presupposto necessario per l'instaurazione del rapporto processuale -Esclusione -Presupposto processuale di esperibilit� dell'arbitrato sopraggiungibile nel corso del processo -Sussiste, 755. � -V. anche Imposta di registro. ARBITRATO -V. Appalto. ATTO AMMINISTRATIVO -Interpretazione autentica -Ammissibilit�, 637. AVVOCATI E PROCURATORI -Cassa nazionale di previdenza e assistenza -Riscossione dei contributi sui provvedimenti giurisdizionali da parte dei cancellieri e dei procuratori del registro Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 617. CIRCOLAZIONE STRADALE -Codice della strada -Potere comunale di riserva di spazi per sosta -Eccesso rispetto alla legge di delega -Esclusione, 609. COMMERCIO -Commercio al pubblico -Libert� di iniziativa economica -Disciplina dei magazzini a prezzo unico -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 627. INDICE VII COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Crediti -Pignorabilit� -Limiti, 633. -Criterio di determinazione della competenza -Riferimento alla qualifica attribuita dalle parti alla propria azione -Esclusione Necessit� di riferimento all'obiettivo contenuto della domanda dell'attore e delle deduzioni ed eccezioni del convenuto -Sussiste, 738. -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali -Trattamento previdenziale -Azione del dipendente -Giurisdizione del C. d. s., 668. -Licenza di commercio -Commercio ambulante -Diritto soggettivo allo svolgimento dell'attivit� autorizzata -Limiti, 637. -Professioni -Diritto all'esercizio professionale -� diritto soggettivo -Controversia sulle tariffe per prestazioni professionali dei chimici -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, 665. - V. anche Acque pubbliche, Imposte e tasse in genere. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE - V. Acque pubbliche. CONTRATTI PUBBLICI -Clausole contrattuali predisposte dalla P.A. -Inapplicabilit� dell'art. 1341 e.e. -sussiste, 763. -Comminatoria di penali -Improponibilit� nei confronti della P.A. dell'azione giudiziaria per la riduzione ad equit� delle penali, ai sensi dell'art. 1384 e.e. Sussiste, 763. Contratti di fornitura stipulati dalL'Amministrazione militare Condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930. -Natura ed efficacia di norme regolamentari -Sussiste, 762. -Contratto a fornitura stipulata dall'Amministrazione militare Ricorso in via amministrativa ed azione del fornitore per la restituzione di penali inflitte in dipendenza dei � parti contrattuali � -Termini di esperimento previsti dall'art. 83 d.m. 20 giugno 1930 -Carattere di termini di decadenza -Sussiste, 763. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Norma limitativa dell'assistenza ENPAS -Difetto di rilevanza della questione -Inammissibilit�, 624. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Ordinanza di remissione ,del tutto immotivata sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza -Palese irrilevanza -Inammissibilit� della questione, 624. COSA GIUDICATA -V. Espropriazione per p.u., Giustizia amministrativa. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Agricoltura, Avvocati e Procuratori, Circolazione stradale, Commercio, Corte costituzionale, Fallimento, Imposta di registro, Procedimento penale, Reato. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Occupazione di urgenza ultra biennale -Risarcimento danni Giudicato sulla condanna generica formatasi in corso del giudizio -Successivo intervento del decreto di espropriazione -Irrilevanza, 659. FALLIMENTO -Liquidazione coatta amministrativa -Compilazione dell'elenco RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei crediti ammessi da parte del Commissario liquidatore -Violazione del diritto di difesa -Esclusione, 621. GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� CO STITUZIO~ALE -V. Corte Costituzionale. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Cosa giudicata -Limiti soggettivi e oggettivi, 667. -Cosa giudicata -Estensione agli estranei alla lite -Rifiuto di registrazione della Corte dei Conti -Effetti, 664. -Errore scusabile -Presupposti Dubbi ed incertezze sorte dopo la maturazione e consumazione del potere di impugnazione -Impossibilit� di riconoscere l'errore scusabile, 666. -Ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario -Alternativit� Decisione di ricorso straordinario -Istanza di revocazione e ricorso giurisdizionale -Concorso cumulativo -Ammissibilit�, 664. lMPIEGO PUBBLICO -Trasferimento -Esigenze di servizio -Motivazione -Necessit� Criteri, 667. -Indennit� di licenziamento -Dipendenti Enti Pubblici -Norme applicabili -Carenza di disciplina autonoma -Norme dell'impiego privato -Applicabilit�, 668. -Indennit� di licenziamento -Esodo volontario -Art. 91 n. 604 del 1966 -Applicabilit�, 668. -V. anche Competenza e giurisdizione. lMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione per la formazione della piccola propriet� contadina -Estensione -Contratti di appalto per la costruzione di edifici rurali -Si applica, 686. -Agevolazioni e riduzioni -Benefici fiscali per uffici e negozi Legge interpretativa n. 1493 del 1962 -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 618. Credito agrario -Abbonamento Cessione di crediti -Credito di esercizio -Esclusione dall'abbonamento, 721. Data dell'atto -Opponibilit� ai contribuenti -Requisito di certezza della data -Necessit� Esclusione, con nota di P. VIT TORIA, 670. -Negozi in frode alla legge fiscale -Negozio indiretto e negozio collegato -Vendita :t;ra parenti Negozio di provvista e negozio di trasferimento -Presunzione di liberalit� -Ammissibilit� -Condizioni, 680. Societ� -Trasferimento di quote di societ� in accomandita semplice stipulato dopo il 1� gennaio 1954 -Imposta proporzionale Applicabilit�, 727. -Vendita di cosa futura -Premessa di vendita -Riscosso regime di tassazione, 725. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� -Prova della provenienza del prezzo -Dimostrazione negativa della provenienza del prezzo del venditore -Non � richiesta, 680. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Reddito tassabile -Allevamento di cavalli da corsa -� soggetto, 711. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Determinazione della base imponibile -Deduzione di passivit� Termine biennale di decadenza per la prova -Condizioni di applicabilit� -Limiti, 678. INDICE IX IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Corrispettivi relativi a � servizi internazionali� -Nozione -Commissionario per la vendita di prodotti esteri -Intassabilit�, 695. -Esportazione di prodotti fabbricati con materiali importati -Restituzione dell'imposta sui materiali importati -Imposta sull'entrata e imposta di conguaglio Momento determinante del diritto al rimborso -E quello della esportazione, .703. Quote di partecipazione spettanti ai Comuni -Impignorabilit�, 633. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Accertamento Accertamento analitico e presuntivo -Notificazione dei dati di confronto tra i due accertamenti ai fini dell'articolo 28, t.u. 9 maggio 1950, numero 203 -Esclusione, 715. -Accertamento -Motivazione Accertamenti anteriori all'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Necessit� -Limiti, 715. IMPOSTA SUI TERRENI E SUL REDDITO AGRARIO -Esercizio normale dell'agricoltura -Nozione, 711. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Autonomia del diritto tributario -Difformit� dalle nozioni di diritto comune -Prevalenza, 711. -Competenza e giurisdizione Controversia d'imposta -Definizione -Opposizione alla pignorabilit� dei beni -Competenza del tribunale, 691. �-Concordato -Natura -Pattuizioni estranee alla determinazione dell'imponibile -Non inficiano la validit� del concordato, 697. -Imposta straordinaria sul patrimonio -Estimazione semplice e complessa, 715. -Imposte indirette -Imposte surrogatorie -Abbonamento -Nozione, 720. -Imposte indirette -Riscossione -. Ingiunzione fiscale -Natura, 707. -Imposte indirette -Riscossione coattiva -Sospensione dell'esecuzione -Difetto di giurisdizione dell'A.G.0., 691. -Impugnazione -Regime anteriore all'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Condizioni e limiti, 698. -Procedimento innanzi alle Commissioni -Ricorso alla Commissione Centrale -Enunciazione dei motivi -Necessit� -Citazione delle norme di legge che si assumono violate -Insufficienza, 705. Violazione di leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Natura -Prescrizione -Norme applicabili -Verbale di accertamento -Idoneit� quale atto interruttivo, 707. -V. anche Acque pubbliche. IMPUGNAZIONE -Interesse -Reato amnistiato -Ricorso per l'accertamento della prescrizione -Inammissibilit� per difetto d'interesse, con nota di P. DI TARSIA, 780. LAVORO -V. Sicilia. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Potest� regolamentare della P.A. -Regolamenti ministeriali auto X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rizzati da singole leggi -Ammissibilit� nel vigente ordinamento -Sussiste, 762. -Sentenza di incostituzionalit� Effetti, 668. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Contratti -Forma scritta richiesta � ad substantiam � -Scrittura privata sottoscritta da una sola delle parti -Equipollenza alla (manchevole) forma scritta del consens� di una delle parti della produzione in giudizio della scrittura ad opera della parte che non l'abbia sottoscritta ma ne invochi gli effetti -Necessit� che la produzione in giudizio abbia luogo prima che l'altra parte revochi il proprio consenso -Sussiste, 771. -Contratto per adesione e contratto per relationem perfectam Nozioni e differenze -Inapplicabilit� al contratto per relationem perfectam dell'art. 1341, cpv. e.e. -Sussiste -Fattispecie, 763. -V. anche Competenza e giurisdizione, Espropriazione per p.u., Responsabilitd civile. OPERE PUBBLICHE -V. Appalto. PIANO DI RICOSTRUZIONE -Prescrizioni -Operativit� immediata -Prescrizione ad operativit� immediata -Impugnazione tardiva -Irricevibilit�, 666. PRESCRIZIONE -Prescrizione e decadenza -Criterio distributivo, 763. -V. anche Acque pubbliche, Imposte e tasse in genere, Impugnazione. PREVIDENZA E ASSISTENZA -V. Competenza e giurisdizione, Sicilia. PROCEDIMENTO CIVILE -Contratti agrari -Competenza funzionale territorialmente inderogabile delle Sezioni Specializzate ,.. Foro dello Stato -Prevalenza -Non sussiste, 661. -Regolamento di competenza -Sezione Specializzata per le controversie agrarie -Competenza -Limiti, 661. PROCEDIMENTO PENALE -Decreto di citazione -Avviso al difensore -Omissione -Nullit� assoluta -Comparizione della parte interessata -Termine a difesa, con nota di P. DI TARSIA, 778. -Decreto di citazione -Partecipazione ai difensori e loro facolt� Avviso dell'udienza -Omessa notificazione -Nullit� insanabile Nomina di un difensore di ufficio nel dibattimento -Irrilevanza, con nota di p. DI TARSIA, 777. -Sentenze, ordinanze, decreti Correzione di errori materiali Citazione della parte che vi ha interesse, se possibile -Violazione del diritto di difesa -Illegittimit� costituzionale, 611. -V. anche Amnistia. PROFESSIONI -V. Competenza e giurisdizione. REATO -Delitto di boicottaggio -Contrasto con il sistema democratico in generale -Esclusione -Contrasto con la libert� di pensiero Illegittimit� costituzionale parziale, 613. -V. anche Impugnazione. XI INDICE RESPONSABILIT� CIVILE -Precettori -Presunzione di responsabilit� -Presupposti -Centri di rieducazione .per minorenni -Danni a terzi cagionati da minore fuggito -Responsabilit� della P.A. -Sussiste, 642. -Responsabilit� della .p.a. per danni ai propri dipendenti -Risarcimento -Norme limitatrici -Declaratoria di incostituzionalit� Prescrizione del diritto -Decorrenza, con nota di G. CoLETTA, 653. REVOCAZIONE - V. Giustizia amministrativa. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso straordinario -Rinuncia -Effetto -Decorrenza dalla notificazione alla controparte e deposito .presso il Ministero -Decisione del ricorso nello stesso giorno dalla legale conoscenza della rinuncia Illegittimit�, 664. - V. anche Giustizia amministrativa. RICORSO STRAORDINARIO - V. Giustizia amminist1�ativa. SENTENZA -Sentenza straniera di condanna agli alimenti -Vincolo di sangue fra genitore e figlio non riconoscibile -Accertamento incidenter tantum -Lex fori -Poteri del giudice, 649,. SICILIA -Lavoro -Competenza in materia di lavoro e di previdenza sociale -Circolare ministeriale 31 luglio 1968 -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Parziale illegittimit�, 626. SOCIET� - V. Imposta di 1�egistro. VENDITA -V. Imposta di registro, Imposta generale sull'entrata. I I m INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 14 aprile 1969, n. 82 pag. 609 14 aprile 1969, n. 83 611 17 aprile 1969, n. 84 613 17 aprile 1969, n. 85 617 17 aprile 1969, n. 86 618 17 aprile 1969, n. 87 621 14 maggio 1969, n. 88 623 14 maggio 1969, n. 89 624 10 giugno 1969, n. 96 626 10 giugno 1969, n. 97 627 26 giugno 1969, n. 103 . 630 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 11 novembre 1967, n. 2717 pag. 670 Sez. III, 7 dicembre 1968, n. 3933 642 Sez. I, 26 aprile 1969, n. 1282 . 678 Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1406 . 646 Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1530 . 680 Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1535 . . 686 Sez. Un., 7 maggio 1969, n. 1543 . 691 Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1575 . 695 Sez. I, 12 maggio 1969, n. 1625 697 S'ez. I, 13 maggio 1969, n. 1626 703 Sez. I, 13 maggio 1969, n. 1630 705 Sez. I, 17 maggio 1969, n. 1692 707 Sez. I, 20 maggio 1969, n. 1755 . 711 Sez. Un., 21 maggio 1969, n. 1770 715 Sez. I, 22 maggio 1969, n. 1786 . 720 Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1893 729 Sez. I, 31 maggio 1969, n. 1950 649 Sez. III, 4 giugno 1969, n. 1959 653 Sez. I, 12 giugno 1969, n. 2080 737 Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2317 743 Sez. Un., 2 luglio 1969, n. 2428 633 Sez. Un., 2 luglio 1969, n. 2430 637 S'ez. Un., 4 luglio 1969, n. 2449 755 Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2450 . 659 Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2459 . 725 Sez. Un., 7 luglio 1969, n. 2498 744 Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2611 . 758 INDICE XIII Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2618 . Sez. I, 23 luglio 1969, n. 2766 . 727 762 INDICE XIII Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2618 . Sez. I, 23 luglio 1969, n. 2766 . 727 762 Sez. III, 24 luglio 1969, n. 2815 Sez. I, 19 agosto 1969, n. 3012 . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 13 Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 15 Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 91 . Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 114 . S'ez. IV, 18 aprile 1969, n. 120 . Sez. IV, 23 aprile 1969, n. 127 . Sez. V, 22 aprile 1969, n. 272 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 20 giugno 1967, n. 6694 Sez. I, 19 luglio 1969, n. 116 . Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1259 . Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1266 . 661 771 ' pag. 664 664 665 666 667 667 668 pag. 775 777 778 780 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA FRAGOLA G., Le leggi urbanistiche ed edilizie, CEDAM, Padova, 1969 ........................ pag. 133 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 6, primo comma ................ . pag. 134 r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 67, primo comma 134 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22, ,quarto comma 134 legge 19 gennaio 1963, n. 15, art. 16, primo comma 135 d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, primo comma 135 legge reg. sic. 10 agosto 1965, n. 21, art. 22 135 legge reg. sic. appr. 30 aprile 1969 . 135 legge reg. sic. appr. 11 giugno 1969 . . . 135 -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale: codice civile, art. 2070, primo e secondo comma 136 codice civile, art. 2242, primo comma . . . . 136 codice di procedura penale, art. 510, secondo comma, ultima parte . . . , . . . . . . 136 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141 136 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, art. 12 . . 136 d.lg.Igt. 19 ottobre 1944, n. 348, art. 10 137 d.lg. C.P.S. 27 dicembre 1946, n. 469, art. 12 137 d.lg. 11 febbraio 1948, n. 50 137 legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 2 137 legge 31 luglio 1954, n. 570, artt. 1 e 3 137 legge prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, art. 7 137 d.p.r. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. B 138 legge reg. sic. 9 marzo 1959, n. 3, art. 5, n. 3 138 legge 14 novembre 1962, n. 1610, art. 4 . 138 legge 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 5, n. 2 138 d.p.r. 25 febbraio 1963, n. 138, art. 2 138 d.p.r. 15 maggio 1963, n. 858, art. 140 139 legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 1 139 INDICE XV -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . . . . . . . . . . . . . 139 -Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale � stato definito con pronunce di estinzione, di inammissibilit�, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . 160 INDICE DELLE CONSULTAZIONI Amministraz. pubblica pag. 164 Appalto Avvocati e Procura164 tori Banche Circolazione Concessioni strative Contabilit� dello Stato Contributi Demanio 164 164 stradale 164 ammini165 Generale 165 165 165 Edilizia Economica e Popolare 165 Elettricit� ed Elettro dotti 166 (secondo l'ordine di materia) Espropriazione per pubblica utilit� 166 Fallimento 166 Farmacia 167 Impiego pubblico 167 Imposta di registro 167 Imposte e tasse 168 Locazioni di cose 168 Lotto e Lotterie 168 Militari 168 Miniere 168 Occupazione 169 Polizia 169 Responsabilit� civile 169 Spese giudiziali 169 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE * CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 82 -Pres. Sandulli - Rel. Verzi -Chiaccherini (n. c.) e Presidente del Consiglio de-i Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Circolazione stradale -Codice della strada -Potere comunale di riserva di spazi per sosta -Eccesso rispetto alla legge di delega Esclusione. (Cost., artt. 76, 77; I. 4 febbraio 1958, n. 572; d.p.r. 15 giugno 1959, n. 393, art. 4 lett. b). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 lett. b del codice della strada, per violazione dei limiti posti dalla legge di delegazione, in quanto il potere attribuito da detta norma all'autorit� comunale rientra in entrambi i criteri informativi della delega, cio� la disciplina della circolazione ed il principio del decentramento (1). (Omissis). -L'esercizio della delega, concessa al Governo dalla legge 4 febb11aio 1958, n. �572, per la emanazione di nuove norme in (1) La questione era stata proposta con ordinanza 26 ottobre 1967 del Pretore di Genova (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). L'ordinanza di remissione � pubblicata anche in Foro it., 1968, II, 272 e richiami. Sui poteri delle ordinanze comunali ex art. 4 Codice della Strada cfr. in dottrina DUNI, Interpretazione delle ordinanze �n materia di circolazione stradale, Riv. circ. trasp., 1967, 433; GASPARRI, Il potere di ordinanza in materia di circolazione stradale, Arch. giur. circ., 1967, 649. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. 610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO materia di circolazione stradale, risulta legittimo ed ispirato ai princ1p1 fissati dalla legge stessa, per quanto riguarda la norma dell'articolo 4, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, che attribuisce ai Comuni il potere di � riservare appositi spazi alla sosta di determinati veicoli quando ci� sia necessario per motivi di pubblico interesse �. L'ordinanza ritiene che contenendo la legge la delega ad emanare norme direttamente rivolte ad assicurare la disciplina della circolazione, adeguate alle esigenze del traffico ed alla prevenzione di incidenti al Governo sarebbe precluso il potre di manare disposizioni � non direttamente intese a soddisfare esigenze di funzionalit� e sicurezza del traffico �, quali sarebbero quelle relative alla sosta dei veicoli. Va osservato in proposito che la discipJ.ina della circolazione deve riguardare per sua natura non soltanto il movimento dei veicoli, ma anche la fermata o la sosta di essi, in quanto i veicoli in sosta, ingombrando necessariamente la sede stradale, ostacolano o alterano il movimento degli altri. Per altro i criteri infor~ativi della delega non riguardano soltanto l'attuazione di �una disciplina della ci11colazione organica ed unitaria � (n. 1 del capoverso dell'articolo unic� della leg.ge delegante) ma sono altresi dettati: 1) per l'adozione di tutte le norme idonee ad assicurare una disciplina della circolazione che sia adeguata alle esigenze del traffico ed alla prevenzione degli incidenti stradali; 2) per la attuazione del principio del decentramento nelle materie che riguardano soltanto situazioni od interessi locali. Orbene le esigenze del traffico richiedono la destinazione di spazi riservati alla sosta di determinati veicoli, come ad esempio quelli adibiti a pubblici trasporti, per i quali -specie nelle grandi citt� ci� � indispensabile per l'esercizio del servizio pubblico. La riserva di spazi particolari per la sosta dei veicoli privati concorre ad assicurare ordine e fluidit� alla circolazione, e, nel tempo stesso, a dare sicurezza al traffico. La norma impugnata, poi, riguardando soltanto la circolazione dei veicoli nell'ambito di ciascun Comune, disciplina interessi locali, per i quali la leg.ge delega intende attuare il principio del decentramento. Il provvedimento del Comune pu� essere adottato quando sia necessario per motivi di pubblico interesse. Contrariamente a quanto afferma l'ordinanza del pretore, il concetto di pubblico interesse di cui si avvale la norma in esame non � affatto generico, riguardando invece ogni interesse che, senza urtare con quello primario relativo alla circolazione, sia destinato a soddisfare esigenze rilevanti della collettivit�. Pertanto, neppure sotto questo profilo possono ritenersi superati i limiti della delega -(Omissis). . i . : Wifffillilllfiifillfff:filifl'&fffirr%Wft~mtfifi1ir�Wr~fffMf~iJffftfilf1rnrrtifil'f1:r1:11ttlfilWNAfilfillfifilMl��IillII . xx l~i:i-Will.J.: x� �..��.��-ci{ ~�-���:������ ft?WA "�-' --..... w.-W-�..:%.~f""&W,p..M.�W�� �::::::::x:w::::::::::!-::x.x�" x-.:~ ~"ftl.wx,~~lea.-.aw/%i9tr?\'8 � I i I I! I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 611 i I CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 83 -Pres. Sandulli -Ii Rel. Trimarchi -Tiralosi (avv. La Ferlita). Procedimento penale -Sentenze, ordinanze, decreti -Correzione di errori materiali -Citazione della parte che vi ha interesse, se possibile -Violazione del diritto di difesa -Ille~ittimit� costituzionale. (Cost., art. 24; c.p.p., art. 149, primo comma). L'art. 149, primo comma, codice di procedura penale, il quale disciplina il procedimento per la correzione degli errori materiali delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti, prescrivendo la citazione, se possibile, della parte che vi ha interesse, con la limitazione posta da detto inciso non attua in ogni caso il principio del contraddittorio e pertanto viola l'art. 24 della Costituzione (1). (Omissis). -La censura � fondata. Alla correzione di errori materiali contenuti nelle sentenze, neJle ordinanz'e e nei decreti provvede, anche d'ufficio, con ordinanza in camera di consiglio, il giudice che ha compiuto l'atto �previa citazione, se � possibile, della parte che vi ha interesse �. Tale � .n contenuto dell'articolo 149, .comma primo. E la norma non sembra integrata o modificata da altre disposizioni. Le parti del procedimento o giudizio 'penale principale non trovano, nel procedimento di cui all'articolo 149, le garanzie di cui ai primi due commi dell'articolo 24 della Costituzione. Per tali parti, infatti, si distingue a seconda che abbiano interesse o meno alla correzione degli errori materiali. Ma non si precisa con rigore se tra le parti interessate rientrino solo quelle che dall'emittendo provvedimento si prospettino di conseguire un vantaggio ovvero anche quelle che temano di subire un pregiudizio e si lascia solo intendere che parti interessate siano unicamente le prime. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 4 agosto 1967 della Corte di Appello di Catania (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321). La giurisprudenza della Cassazione era concorde nell'escludere ogni sanzione di nullit� in mancanza di previa citazione dell'interessato nella procedura di correzione di errore materiale (Cass., 28 ottobre 1966, rie. Bertuccelli, Giust. pen., 1967, III, 355; Cass., 5 febbraio 1963, rie. Albano, ivi, 1963, 592). La stessa Cassazione, per�, aveva, pi� recentemente, ritenuto che quando una parte sia direttamente e personalmente interessata all'anzidetto provvedimento, essa deve essere citata per il necessario contraddittorio (Cass., 18 aprile 1966, rie. Matrella, Giust. pen., 1967, III, 150). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E per queste, la norma .in esame non prevede che le stesse deb ban'o essere dtate in ogni caso. La citazione della parte che vi ha intresse, infatti, va disposta solamente � se � possibile �. Ci� significa che la citazione, come ritiene la Corte di Catania, � �rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice in funzione delle possibilit� (di individuazione) offerte dal processo penale�. La mancata citazione della parte che vi ha interesse, d'altro canto, non comporta, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, alcuna sanzione di nullit�, sempre che, sul ipunto, non debba farsi rife rimento all'articolo 185, n. 3, del codice di procedura penale ovvero all'articolo 630 dello stesso codice. A tutte le parti, in caso d'iniziativa d'ufficio, e alle, parti diverse da quella istante nel relativo caso non � garantita la possibilit� di opporsi attraverso l'esercizio dei rispettivi diritti e di difendersi. Ed .esaurito il procedimento ex articolo 149, non � dato alle stesse il potere di far valere altrimenti le loro ra.gioni. N� si pu� valutare diversamente .il procedimento per ci� che � l'or dinanza che dispone la correzione � soggetta al ricorso per cassazione � (art. 149, comma quarto): non � infatti previsto nessun apposito e adeguato strumento rperch� l'ordinanza di correzione venga conosciuta o diventi conoscibile da tutti gli interessati (o almeno da quelli intervenuti come parti nel procedimento o giudizio principale). Va, per tutto ci�, condivisa la considerazione effettuata dalla Corte di Catania che nella previsione normativa � il contraddittorio � rite nuto pressocch� superfluo �. E tale non avrebbe potuto e dovuto presentarsi, in nessuna ipotesi. Non solo n�l caso (di cui al processo a quo) di correzione ed integra zione delle omissioni della sentenza istruttoria di prosciog1imento dal reato di falso (caso in cui, per altro, secondo la dottrina e parte della giurisprudenza, il ricorso al procedimento di cui all'articolo 149 sarebbe del tutto ingiustificato) proprio perch� le omesse pronunce� possono riguardare interessi (privati) distinti e diversi da quello della fede pubblica. Ma neppure nel caso pi� semplice e tipico di vera e propria correzione di omissioni e errori (che non producono nullit� e la cui correzione non importa una modificazione essenziale dell'atto). La funzione incidentale ed accessoria del procedimento, data la sua importanza, esclude che possano avere rilievo le caratteristiche strut turali e comporta ed esige che le parti del procedimento o giudizio principale mantengano le loro posizioni e per quanto attiene all'esercizio dei diritti e per quanto concerne la difesa in giudizio. Appare, per tutto ci�, evidente, nel procedimento previsto dall'articolo 149, comma primo, il mancato rispetto del principio del contraddittorio. E di conseguenza, risulta evidente la violazione dell'articolo 24, commi primo e secondo, della Costituzione -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 613 CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 84 -Pres. Sandulli -Rel. Fragali -Castaldi (avv. Leone) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Reato -Delitto di boicottaggio -Contrasto con il sistema democratico in generale -Esclusione -Contrasto con la libert� di pensiero Illegittimit� costituzionale parziale. (Cost., art. 21; cp. art. 507). La norma dell'art. 507 codice penale, incriminatrice del delitto di boicottaggio, mentre di per s� non � incompatibile col sistema democratico, viola la libert� di manifestazione del pensiero nelle ipotesi di propaganda esercitata non da partiti o gruppi organizzati, ma da persone singole, senza assumere dimensioni tali da risultare veramente notevole, secondo l'individuazione che ne potr� fare il giudice penale (1). (Omissis). -Preliminare all'esame delle singole eccezioni di incostituzionalit� si presenta queJtlo relativo alla fondatezza dell'opinione formulata in qualcuna delle ordinanze e ribadita dalla difesa dell'imputato Castaldi Benito, secondo cui costituendo l'articolo 507 una delle componenti di un sistema legislativo :i<l cui fondo politico-sociale � stato del tutto sconvolto, non si pu� ritenere compatibile con il nuovo assetto costituzionale che ha radicalmente innovato il precedente. Ma, come gi� la Corte ha ripetutamente affermato, il mutato clima storico attuale non ha determinato di per s� l'illegittimit� costituzionale delle norme anteriori, occor,rendo verificare di volta in volta se esse siano in grado di soddisfare esigenze attuali, assolvendo una funzione coe (1) La questione era stata proposta con due ordinanze del Pretore di Roma, 5 giugno 1967 (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307) e 17 febbraio 1968 (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 1968, n. 152) e con ordinanza 14 marzo 1968 del .Pretore di Trieste (Gazzetta Ufficiale 10 agosto 1968, n. 203). Le sentenze della Corte citate nella motivazione sul diritto di sciopero, 18 aprile 1960, n. 29 e 17 marzo 1969, n. 31, si possono leggere, rispettivamente, in Giur. Cost., 1960, ed in questa Rassegna, 1969. Le sentenze sulla libert� di pensiero, anch'esse citate in motivazione, 19 febbraio 1965, n. 9, e 6 luglio 1966, n. 87, sono pubblicate, rispettivamente, in Giur. Cost., 1965, 67, ed in questa Rassegna, 1966, 980. In dottrina, cfr. SENA, Studi sul boicottaggio, Riv. dir. ind., 1966, I, 245; BRUNETTI, Appunti sulle nozioni giuridiche di picchettaggio, cruminaggio e boicottaggio, Mass. Giur. Lav., 1968, 10. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rente con l'ordinamento vigente. Che la previsione del reato di boicottaggio non ripugni di per s� con il carattere democratico della struttura statale � confermato dalla constatazione che essa si riscoiitra nella legislazione di alcuni paesi ordinati secondo principi di libert�, e che anche il progetto di riforma del codice penale redatto nel 1950 conservava l'articolo 507 pure nella misura delle pene, con la sola soppressione del riferimento agli scopi specifici cui ,invece esso aveva riguardo. 3. -Si rende altresi necessario, allo scopo di precisare in limine l'ambito dell'indagine da compiere, contestare l'assunto secondo cui le precedenti sentenze di questa Corte del 28 aprile 1960, n. 29 e del 17 marzo 1969, n. 31 (che hanno dichiarato l'illegittimit� costituzionale di disposizioni del codice penale che punivano 1o sciopero e la serrata) avrebbero causato la ;parziale illegittimit� costituzionale della disposizione impugnata. Da esse non si possono desumere argomenti per il giudizio circa la legittimit� costituzionale della punizione del boicottaggio come reato, dato che la configurazione di quest'ultimo prescinde da una sua dipendenza dalla materialit� dei fatti considerati dalle disposizioni sullo sciopero e la serrata dichiarate illegittime, consistendo invece nell'indurre altri, mediante propaganda o valendosi della forza o dell'autorit� di partiti, leghe od associazioni, a non stipulare patti di lavoro, a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali; sicch� concreta in modo evidente dati strutturali autonomi e diversi da quelli che integrano la serrata e lo sciopero, che si concretano invece nella mera sospensione dell'attivit� produttiva, di scambio, o di lavoro. Nella relazione ministeriale al codice penale il boicottaggio f� definito � un modo di alterazione dell'ordinato svolgimento dei rapporti di produzione e di lavoro �, e in essa non si scorge alcun dato da cui desumere che il divieto dei fatti puniti sotto il titolo di boicottaggio sia stato posto in correlazione al divieto di sciopero, o equipollente dello scopero, o sulla forma particolare, ci� anche in vista del nomen dato alla fattispecie. Deve ,ritenersi pertanto del tutto inesatto quanto � affermato in una delle ordinanze del pretore di Roma nel senso di considerare il boicottaggio un tipico strumento di autotutela. E sarebbe vano ricercare il fondamento in norme costituzionali. 4. -La disposizione denunciata, nella sua impostazione di fondo, si accorda con� la Carta fondamentale in quanto fa oggetto di tutela taluni beni cui questa d� spiccato rilievo nell'ordine sociale: la libert� di stipulare patti di lavoro, la libert� di iniziativa economica e ,di organizzazione della impresa, il diritto di realizzare attraverso l'attivit� commerciale i risultati positivi di quella produttiva. Beni i quali ricevono dretta protezione dagli articoli 35 e 41 della Costituzione, e affon PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 615 dano profondamente le loro -radici nel riconoscimento della posizione del singolo e della sua personalit�, enunciato nell'articolo 2, e nel riconoscimento di quelle pi� immediate estrinsecazioni di quest'ultima che sono il diritto al lavoro e il diritto-dovere, enunciato nell'articolo 4, di svolgere un'attivit� che concorra al progresso materiale e spirituale della societ�. Beni il cui rilievo risulta poi accentuato dal carattere comunitario e solidaristico della societ� nazionale (artt. 1 e 2) e dall'accettazione del principio della programmazione economica, concatenato a tale carattere, pur nel quadro di un regime di economia mista, e ormai tradotto nella realt� legislativa (legge 27 luglio 1967, n. 685). 5. -Tuttavia la formulazione dell'articolo � alquanto vaga, tanto da non permettere che resti escluso un suo parziale contrasto con norme della Costituzione. Ci� � a dire anzitutto per la parte riguardante l'impiego della propaganda che, considerata quale uno degli strumenti utilizzabili per la compressione dei diritti voluti tutelare, viene assunta secondo una nozione generica ed indiscriminata. Non � necessario ricordare come la libert� di propaganda � espressione di quella di manifestazione del pensiero, garantita dall'articolo 21 della Costituzione e pietr� angolare dell'ordine democratico. Gi� nella sentenza 22 giugno 1966, n. 87, la Corte, oltre a:d inserire la propaganda nella protezione cosi apprestata, afferm� che essa � assicurata fino al limite oltre il quale risulti leso il metodo democratico. Con tale criterio si pone in un certo contrasto l'articolo 507 del codice penale perch� fa pensare all'inclusione in una sfera criminosa anche della propaganda di puro pensiero e di pura opinione, ogniqualvolta possa comunque ad essa coordinarsi o semplicemente riferirsi un comportamento singolo che sia causa dell'evento �ivi considerato. La propaganda � di per s� diretta a convincere, ed infatti questa Corte, nella sentenza 4 febbraio 1965, n. 9, ammise che rientra nell'articolo 21 della Costituzione ogni espressione che miri a persuadere dell'utilit� e della necessit� di un dato contegno; e a tale funzione la norma in esame viene a porre ostacolo quando, per la sua formulazione generica, punisce la propaganda persino se effettuata da un singolo in condizioni di insignificante rilievo. Pu� altresi notarsi che, essendo pacificamente ritenuto che il reato di boicottag-gio, quale reato di danno e non di mero pericolo, ammette il tentativo, potrebbe ritenersi la punibilit�, attraverso l'articolo 507, anche dell'azione che sia rimasta al puro stato di manifestazione di pensiero e di opinione, non avendo potuto -conseguire l'effetto che si proponeva. Una pi� limitata applicazione dell'articolo dovrebbe condurre ad un diverso risultato. In:llatti l'assimilazione che esso fa tra la propa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ganda e la forza ed autorit� di partiti, di leghe o di associazioni induce a ritenere che essa in tanto 'riesca razionale in quanto si presupponga che la propaganda per essere punibile debba assumere dimensioni tali e raggiungere un grado tale di intensit� e di �efficacia da risultare veramente notevole. L'individuazione dei casi in cui sotto tale rprofilo, l'ipotesi criminosa pu� realizzarsi compete al giudice penale. Tuttavia la possibilit� che nella fattispecie considerata dall'articolo 507 vengano !ricomprese ipotesi di propaganda che non rag,giunga la consistenza di cui si � detto comporta che, limitatamente a tale circoscritta possibilit�, l'articolo 507 del codice penale debba essere dichiarato illegittimo per contrasto col principio della libert� di manifestazione del pensiero qual'� considerata dall'articolo 21 della Costituzione. 6. -Per quanto attiene alla parte dell',articolo 507 rigual'dante il boicottaggio esereitato avvalendosi della forza di gruppi sociali � da mettere in rilievo che, alla pari del diritto di manifestazione deJ. pensiero, quello di associazione, pi� particofarmente quando si riferisce ai raggruppamenti a fini sindacali e politici, trova collocazione tra i cardini essenziali dell'ordine democratico, consa�crati negli articoli 2, 18, 39 e 49 della Carta fondamentale. Ma la Costituzione, mentre assegna ai partiti e ai sindacati compiti che, se sono altissimi, sono specificamente delimitati, non consente alle altre associazioni di perseguire fini non leciti (art. 18). Onde nessuno potrebbe pretendere in base alla Costituzione di utilizzare tali forze sociali -spesso imponenti -�al fine di esereitare, in funzione degli interessi che esse rappresentano -e per il conseguimento dei quali l'ordinamento assicura altri efficaci strumenti -pressioni, sia pure soltanto di ordine morale, nella sfera dei diritti che la Cal'ta garantisce ai singoli consociati. A parte tutto, si rischierebbe di farne, in tal modo, strumenti di discriminazione e di rpersecuzione, esponendo il singolo, indifeso, alle azioni, eventualmente non giuste, di forze collettive. D'altronde gli scopi per i quali l'articolo 507 non consente l'istigazione a pratiche di boicottaggio sono perseguibili nell'ordine democratico attrav�erso una serie di mezzi sufficienti a soddisfare ogni esigenza di legittima. competizione e contestazione. Pertanto non possono considerarsi sacrificati per il fatto che l'ordinamento impedisce, attraverso l'articolo 507, che al servizio di essi vengano immediatamente utilizzati mezzi destinati ad escludere senz'altro taluno da �rapporti economici con gli altri co.nsociati. � poi superfluo precisare che l'ipotesi rprevista dall'articolo 507 si crealizza solo quando la forza e l'autorit� dei gruppi ivi considerati si facciano effettivamente sentiTe e valere, attraverso un loro reale peso, non bastando per 'contro il semplice richiamo che ad esse faccia il singolo il quale inciti al boicottaggio -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 617 CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 85 -Pres. Sandulli - Rel. Benedetti -De Pieri ed altri (n. c.) e Presidente de~ Consiglio dei Ministri (Vice avvocato .generale dello Stato Foligno). Avvocati e procuratori -Cassa nazionale di previdenza e assistenza Riscossione dei contributi sui provvedimenti giurisdizionali da parte dei cancellieri e dei procuratori del registro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 53, 98; I. 5 luglio 1965, n. 798, artt. 3 e 4}. Le imposizioni previste dagli articoli 3 e 4 della legge 5 luglio 1965 a favore della Cassa di previdenza .avvocati e procuratori in occasione della prestazione del servizio giudiziario sono da considerare tributi lato sensu, giudiziari, rispetto ai quali non � applicabile il principio della capacit� contributiva posto dall'art. 53 della Costituzione, che ha riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si pu� determinare divisibilmente; data tale loro natura, non contrasta, poi, con l'art. 98 della Costituzione l'affidamento del servizio di riscossione ai funzionari delle cancellerie giudiziarie e degli uffici di registro (1). (Omissis). -Venendo al merito della questione di costituzionalit� � anzitutto da rileva.re che essa pu� considerare propriamente proposta nei confronti degli articoli 3 e 4 della legge 5 luglio 1965, n. 798, che � l'ultima legge, in ordine di tempo, riguardante la previdenza e assistenza a favore degli avvocati e iprocuratori legali. Nelle censure di incostituzionalit�, per contrasto con gli articoli 53 e 98, comma primo, della Costituzione, mosse contro le norme indicate restano infatti assorbite le identiche censure avanzate anche nei confronti delle corrispondenti disposizioni contenute in ,precedenti testi normativi disciplinanti la stessa materia (articoli 19 e 22 le~ge 8 gennaio 1952, n. 6; 5 e 6 legge 31 luglio 1956, n. 991; e 3 e 4 legge 25 febbraio 1963, n. 289). Per quanto attiene alla lamentata violazione dell'articolo 53 della Costituzione la questione ha gi� formato oggetto di puntuale decisione da parte di questa Co�rte la quale, con sentenza n. 23 del 1968 pubbli cata nelle more del presente giudizio, ha statuito che le prestazioni patri moniali imposte dagli articoli 3 e 4 della legge n. 798 del 1965 sono (1) La questione era stata proposta con ordinanza 26 ottobre 1967 del Pretore di Padova e 25 ottobre 1967 del Pretore di Asti (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). La sentenza, come � ricordato in motivazione, trova uno specifico precedente nella sentenza 17 aprile 1968, n. 23, che � pubblicata in questa Rassegna, 1968, 170, e nota di richiami. 618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da considerare tributi lato sensu 1giudiziari e, in quanto tali, estranei aill'ambito di applicazione del citato precetto costituzionale, il quale ha riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si pu� determinare divisibilmente. � stato altres� affermato nella citata decisione che l'imposizione dei contributi in oggetto si fonda sulla necessit� discrezionalmente ma ragionevolmente avvertita dal legislatore di far gravare oneri patrimoniali sopra soggetti che godono divisibilmente del servizio giudiziario, e che i contributi in parO'la, sebbene affluiscano alla cassa di iprevidenza ed assistenza in favore degli avvocati e procuratori legali, sono rivolti al perseguimento di finalit� di carattere pubblico poich� � compito dello Stato assicurare la tutela previdenziale di una categoria di lavoratori o mediante erogazioni poste direttamente a suo carico o con l'imposizione di prestazioni patrimoniali nella forma di contributi. Nel . caso in �esame l'intervento dello Stato si � appunto realizzato oUre che per via diretta mediante versamenti alla cassa di alcuni proventi stabiliti per legge, anche indirettamente ponendo alcuni contributi a carico di quei sog.getti che, con o senza l'ausilio di un professionista legale, si giovane del servizio giudiziario del quale gli esercenti la professione forense sono indispensabili collaboratori. 5. -Dalla motivazione della richiamata sentenza � dato trarre chiari e idonei argomenti per dichiarare l'infondatezza anche della censura di incostituzionalit� con la quale si decduce la violazione dell'articolo 98, comma primo, della Costituzione. Il carattere pubblico dell'ente cui i contributi in questione vengono devoluti, le pubbliche finalit� previdenziali che ne hanno determinato l'imposizione e la loro connessione con la prestazione del servizio giudiziario, consentono infatti di ritenere che il particolare sistema di riscossione e versamento posto dalla legge impugnata a carico dei cancellieri e degli uffici del registro non contrasti con l'invocato precetto costituzionale -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 86 -Pres. Sandulli - Rel. Rocchetti -Pierini ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Vice avvocato Generale dello Stato Foligno). Imposta di registro -Agevolazioni e riduzioni -Benefici fiscali per uffici e negozi -Legge interpretativa n. 1493 del 1962 -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost. artt. 3, 113; I. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1 cpv.). Non � fondata, con riferimento agli articoli 3 e 113 della Costituzione, la disposizione dell'art. 1 cpv. della legge 6 ottobre 1962, nu PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 619 mero 1493 nella parte in cui dispone che non si fa luogo alla restituzione delle imposte gi� pagate, perch� essa non esclude il rimborso delle imposte pagate in base ad accertamenti non ancora definitivi all'epoca della sua entrata in vigore (1). (Omissis). -Allo scopo di promuovere l'incremento edilizio, e riparare cosi alla carenza di alloggi, particolarmente grave dopo le distruzioni della guerra, la legge 2 luglio 1949, n. 408, concedeva l'esenzione da varie imposte per le costruzioni di nuove � case di abitazione, anche se comprendenti uffici o negozi � (articolo 13). Dalla terminologia usata, alquanto vaga ed imprecisa, nessun altro elemento emergeva circa la proporzione da tenersi, ai fini dell'esenzione, tr�a i due tipi di utilizzazione consentiti, oltre quello della prevalenza da assegnarsi alle abitazioni, dovendo gli edifici costruendi avere nel loro complesso la natura e la destinazione qualificante di � case � secondo l'espressione usata nel testo del citato articolo 13. In mancanza di pi� precise indicazioni circa i criteri cui riferirsi per determinare tale prevalenza, due interpretazioni emersero, quella dell'amministrazione finnazia�ria che, ispirandosi al disposto dell'anteriore norma dell'articolo 7 della legge 11 luglio 1942, n. 843, riteneva doversi tale prevalenza desumere dal reddito dei locali da accertarsi in sede fiscale, e quella della magistratura ordinaria, che si riferiva al pi� concreto e certo elemento quantitativo tratto dai volumi delle costruzioni. Tale contrasto interpretativo accompagn� in modo insanabile tutta l'applicazione della legge 408, seguitando a permanere anche quando, scaduta col 31 dicembre 1959 l'ultima proroga concessa alla sua efficacia dalla legge 10 dicembre 1957, n. 1218, essa seguit� ad applicarsi alle sole costruzioni completate entro quel termine e alle relative numerosissime pratiche pendenti giacch�, per le costruzioni successive, vennero poi introdotte nuove e differenti agevolazioni tributarie, a mezzo della legge 2 febbraio 1960, n. 35, che non si sovrappone n� si riconnette alla 408 del 1949 e segue poi vicende diverse. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 24 novembre 1967 del Tribunale di Terni (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). La sentenza, nella parte motiva, sottolinea con estrema lucidit� la tormentata vicenda sulla norma in discussione e chiarifica il limite temporale della ripetibilit� del tributo versato in data anteriore. Nell'ultima parte della motivazione, la sentenza � in linea con la costante giurisprudenza della Corte, la quale ricollega alla definitivit� degli accertamenti la preclusione di effetti pi� favorevoli al contribuente; cos�, ad esempio, per l'applicabilit� del condono fiscale, le sentenze 23 novembre 1967, n. 121 e 15 dicembre 1967, n. 148, in questa Rassegna, 1967, 934. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto alla 408, il legislatore, nell'intento evidente di dirimere qui contrasto interpretativo, eman�, inser�endolo nella legge 6 ottobre 1962, n. 1493, per vari argomenti, si riferisce al settore dell'edilizia, la disposizione contenuta nell'articolo 1 con J.a quale si precisava che � le agevolazioni fiscali previste per le case di abitazione non di, lusso dalle leggi 2 luglio 1949, n. 408 � (e dalle altre successive di proroga) � sono applicabili anche ai loc�ali destinati ad uffici o negozi quando, a questi ultimi, sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale dei piani sopra terra �. La nuova norma, che era accompagnata, nel capoverso dello stesso articolo, dalla disposizione con la quale si stabiliva che restavano salvi gli accertamenti gi� effettuati e divenuti comunque definitivi, n� si faceva luogo alla restituzione delle imposte gi� pagate, venne interpretata, sia in sede amministrativa che giurisprudenziale, nel senso �che la parte da assegnarsi agli uffici e negozi, insiem� considerati, e da valutarsi in base alla superficie, non dovesse eccedere il quarto, perch� la locuzione � questi ultimi � che, grammaticalmente invero sembrava dover riguardare i soli negozi, venne invece riferita ai negozi e agli uffici insieme. Cos� considerata, la norma del 1962, avente efficacia retroattiva perch� volta a disciplinare fattispecie gi� perfette al 31 dicembre 1959, sembr� una norma innovativa, come riducente, dalla met� meno .uno a un quarto, l'estensione degli anzidetti locali di uso diverso dall'ahitazione e come tale � stata ritenuta anche nell'ordinanza del giudic�e a quo. Il contenuto delle norme venne per� ulteriormente precisato attraverso la legge 2 dicembre 1967, n. 1212, il cui unico articolo stabilisce che: � l'articolo 1 della 1493 del 1962 deve intendersi nel senso che le agevolazioni fiscali menzionate nell'articolo stesso sono applicabili anche ai locali destinati ad uffici o negozi, quando ai negozi sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale dei piani sopra terra �. Ed aggiunge ancora lo stesso articolo unico anzidetto che, per le concessioni delle suddette agevolazioni, � pertanto necessario e sufficiente che ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni : a) che almeno il 50 per cento pi� uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazioni; b) che non pi� del 25 per cento della superficie totale dei piani sopra terra sia destinato a negozi. Cosicch� la legge 1493 del 1962, letta per .cosi dir�e nel nuovo testo della 12.12 del 1967, non pu� apparire che quale essa intendeva essere, e cio� una legge interpretativa della 408, con sola precisazione e non immutazione dei criteri in base ai quali doveva determinarsi la preva PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 621 lenza degli alloggi sugli altri locali, restando fisso per quelli il limite originario del 50 per cento ipi� uno. Essendo inserita in un testo cui il legislatore ha voluto attribuire carattere � interpretativo �, la disposizione contenuta nel capoverso dell'articolo 1 della egge del 1962, che fa salvi gli accertamenti gi� effettuati e divenuti comunque definitivi e prescrive che non si fa luogo alla restituzione delle imposte .gi� pagate, deve intendersi nel solo modo conseguente all'intento interpretativo della norma che, quanto ai pagamenti, sono irripetibili queHi relativi ad accertamenti definitivi, mentre sono invece ripetibili quegli altri che sono stat effettuati in forza di accertamenti non ancora definitivi alla data della legge interpretativa del 1962 e in rapporto ai quali questa esplica tutta la sua efficacia. Ne consegue che la questione di legittimit� costituzionale proposta con l'ordinanza 24 novembre 1967 dal tribunale di Terni deve essere dichiarata non fondata perch� la disposizione dell'articolo 1, capoverso, della legge 1493 del 1962, nella parte in cui stabilisce che � n� si fa luogo alla restituzione delle imposte gi� pagate � diversamente da quanto ritiene il giudice a quo, (fa cui ordinanza � stata emessa prima della pubblicazione della nuova legge di interpretazione autentica numero 1212 del 1967) non esclude il rimborso delle imposte pagate in base ad accertamenti non ancora definitivi all'epoca della sua entrata in vigore. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 aprile 1969, n. 87 -Pres. Sandulli - Rel. Reale -Bellone (n. c.) -Compagnia Mediterranea di assicurazione (avv. Giannini) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. generale dello Stato Soprano). Fallimento -Liquidazione coatta amministrativa -Compilazione del l'elenco dei crediti ammessi da parte del Commissario liquida tore -Violazione del diritto di difesa -Esclusione. (Cost., art. 24; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 201). Non � fondata, con riferimento ail'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimit�, costituzionale deil'art. 201 della legge fallimentare, in quanto la procedura di elencazione dei crediti ammessi, da parte del Commissario liquidatore, prevista da detta norma riflette le stesse finalit�, pubblicistische cui sono rivolte le imprese ad essa soggette, e non elimina la tutela giurisdizionale, che viene solo attuata in un momento successivo (1). (1) La questione e�ra stata proposta con ordinanza 18 aprile 1967 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). In dottrina, cfr. GOTTI PoRCINARI, La tutela giurisdizionale dei diritti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La questione non � fondata. La legittimit� della normativa denunziata deve essere esaminata nel contesto della disciplina della liquidazione coatta amministrativa, la quale riflette le stesse finalit� pubblicistiche cui sono rivolte le imprese ad essa soggette: finalit� che giustificano gli interventi della pubblica amministrazione, mediante la vigilanza sugli organi, nonch� l'ingerenza e i controlli sulle attivit� delle imprese medesime. Queste, come � noto, sebbene si avvalgano prevalentemente di strutture ed attivit� ricadenti nella sfera del diritto privato, invo1gono tuttavia molteplici interessi o perch� attengono a particolari settori dell'economia nazionale, in relazione ai quali lo Stato assume il compito della difesa del pubblico affidamento, o perch� si trovano in rapporto di complementarit�, dal punto di vista teleologico e organizzativo, con la pubblica amministrazione. Per le accennate ragioni non pu� non competere a questa il presiedere alla liquidazione coatta di tali imprese, anche quando ne sia dichiarato lo stato ,di insolvenza, designandone l'organo liquidatore e controllando l'attivit� dello stesso, compresa quella diretta, in particolare, all'accertamento del passivo. Dal fatto che simile accertamento, per le norme della legge fallimentare, in parte integrative delle leggi speciali e in parte (come quella dell'art. 209) inderogabili, si svolga a cura di un commissario liquidatore, sen:za l'immediato intervento dell'autorit� giudiziaria, diversamente da quanto previsto per l'ordinaria procedura fall.imentare, e che nel frattempo i singoli creditori trovino limiti all'esperimento di azioni individuali, non deriva alcuna sostanziale violazione del precetto costituzionale dell'art. 24, .primo comma. Queste limitazioni, ancorch�, attinenti ad un procedimento di natura amministativa, inteso a dare attuazione al criterio della par condicio creditorum, in aderenza alla stessa funzione concorsuale della liquidazione coatta, sono disposte per il tempo strettamente necessario al liquidatore per la redazione dell'elenco dei creditori e si risolvono nella impropronibilit� soltanto temporanea delle domande giudiziali. Con particolare riferimento ai dubbi espressi in proposito nell'ordinanza si osserva che, da quanto sopra, non pu� derivare pregiudizio alla realizzazione delle pretese, che invece i . creditori medesimi hanno potest� di far valere avanti l'autorit� giudiziaria nei modi e nei tempi prescritti dalla legge fallimentare, rimanendo comunque escluso, in nella liquidazione coatta amministrativa, Giust. civ., 1968, III, 63; Russo, Legge costituzionale e tutela contro gli atti della P. A. nella liquidazione coatta amministrativa, Temi romana, 1967, 650; BoNSIGNORI, Note sull'accertamento del passivo nella liquidazione coatta amministrativa delle imprese di credito, Diritto fall., 1966, I, 5. I �:-�'.� PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 623 virt� dei principi generali dell'ordinamento, che un temporaneo ma indeclinabile e tassativo impedimento all'esercizio dell'azione, disposto dalla legge, possa condurre alla perdita del diritto soggettivo: ipotesi estrema che il tribunale ha ritenuto di prospettare, ancorch� la fatti specie sottoposta al suo esame ne escludesse l'attualit�. D'altro canto si deve rilevare che l'obbligatorio espletamento di preventivi procedimenti amministrativi, oltre tutto preordinati, anche se non esclusivamente, ad una composizione extra giudiziale dei con flitti con i terzi creditori, non pu� dirsi che comporti una illegittima limitazione della tutela giurisdizionale. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la tutela rimane egualmente garantita, quando sia con cesso al titolare del diritto di ,agire non immediatamente al sorgere di esso, ma in un secondo tempo, se ci� risponde a esigenze di ordine generale e a superiori finalit� di giustizia: quelle appunto che giustifi cano, nella valutazione del legislatore, il contestuale esame, in sede amministrativa, delle ragioni di tutti i creditori concorrenti alla distri buzione dell'attivo dell'impresa in liquidazione coatta. Quanto poi al detrimento che, secondo il tribunale, pu� derivare ai creditori dal mancato rispetto del termine, che una indiscussa interpretazione ritiene ordinatorio, apposto dall'art. 209 allo svolgimento �delle attribuzioni del commissario liquidatore, si osserva che a ridurre la portata non mancano opportuni rimedi. Un ritardo, infatti, non determinato dalla quantit� e complessit� delle situazioni esaminate e che non sia quindi inevitabile, ma sia invece da ascrivere a negligenza o risulti comunque imputabile al liqui datore, potrebbe dar luogo ad azione di responsabilit� a suo carico (art. 199 della legge fa1limentare) a parte le sanzioni penali richiamate dall'art. 237 della stessa legge. Ed occorre appena far cenno alla possi bilit� che i creditori, e per essi anche il comitato di sorveglianza (nelle funzioni di cui all'art. 204 della legge fallimentare), si avvalgano di tutti i mezzi consentiti dalle leggi, quali denunzie, istanze o diffide, volte a ottenere l'intervento degli organi di vigilanza e controllo della della pubblica amministrazione competente, perch� sollecitino il liqui datore e, se del caso, provvedano alla sua revoca e conseguente sosti tuzione. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1969, n. 88 -Pres. Branca - Rel. Crisafulli -Calzaghe (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Aigr�). Corte Costituzionale -Giudizi di le~ittimit� costituzionale in via incidentale -Ordinanza di remissione del tutto immotivata sulla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rilevanza e sulla non manifesta infondatezza -Palese irrilevanza Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; r.d. 24 febbraio 1938, n. 329, artt. 188, 189 e 191). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 188, 189 e 191 t. u. sul reclutamento dell'esercito 24 febbraio 1938, n. 329, peraltro sostituito dal d. P. R. 14 febbraio 1964 n. 237, poich� l'ordinanza di remissione non � affatto motivata sia sulla rilevanza che sulla non manifesta infondatezza della questione e risulta palesemente l'irrilevanza della stessa (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1969, n. 89 -Pres. Branca - Rel. De Marco -Ortolani (n. c.) -ENPAS (avv. Carbone) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Norma limitativa dell'assistenza ENPAS -Difetto di rilevanza della questione -Inammissibilit�. (Cost., artt. 134, 38; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; 1. 19 gennaio 1942, n. 22, art. 2). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 2 della legge 19 gennaio 1942 n. 22 che pone limiti e modalit� per l'assistenza ENPAS ai dipendenti statali, se dal testo dell'ordinanza di rinvio risulta chiaramente la non rilevanza della questione ai fini della decisione del giudizio principale (2). I (Omissis). -L'ordinanza del pretore di Sassari denuncia genericamente, senza alcuna motivazione, n� quanto alla non manifesta infondatezza n� quanto alla rilevanza della questione, gli articoli 188, 189 (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 11 novembre 1967 del Pretore di Sassari (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). Giurisprudenza pacifica della Corte. Cfr. da ultimo, sent. 15 dicembre 1967, n. 132, in questa Rassegna, 1967, 940. Vedi anche la sentenza che segue. f.:: i<� (2) La questione era stata proposta con ordinanza 3 maggio 1967 del ~=~ Pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). t'.� ~~~ t:: :-:� (:; ~~ i: ~~,#~ <!�---.,.,,~ Ii I J?ARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 625 ! I e 191 del regio decreto 24 febbraio 1938, n. 329, testo unico sul i, reclutamento: poi sostituito peraltro, come osservato esattamente dal!' Avvocatura dello Stato, dal nuovo testo unico delegato (decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237) con effetto a decorrere dalla chiamata alla leva della classe successiva a quella presentatasi nell'anno di entrata in vigore del decreto stesso (1964). L'ordinanza risulta adottata d~l pretore in accoglimento di eccezione sollevata dalla difesa dell'imputato e, nella assenza di motivazione, deve ritenersi abbia fatta propria tale eccezione, la quale, come si evince dagli atti di causa, aveva riferimento alla facolt�, riconosciuta al Consiglio di leva dal secondo comma dell'art. 188 del t. u. del 1938 (ora terzo comma del corrispondente art. 137 del t. u. del 1964), di �annullare � la dichiarazione di renitenza �nei casi e nei limiti previsti dal regolamento �. Pi� particolarmente, la questione sollevata ha specifico riguardo alla ipotesi di cui alla lettera e) dell'art. 1074 di detto regolamento approvato con r.d. 3 aprile 1942, n. 1133, tuttora applicabile a norma dell'art. 158 del gi� menzionato decreto del Presidente della Repubblica del 1964. Una siffatta facolt� del Consiglio di leva, dal cui esercizio dipenderebbe il promuovimento dell'azione� penale, contrasterebbe, secondo l'assunto, con il principio di eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge e con il principio dell'obbligatoriet� dell'azione penale (articoli 3 e 112 Costituzione). Ma � palese la irrilevanza della questione, poich�, comunque la si dovesse decidere, nessuna conseguenza ne deriverebbe sul procedimento penale in corso nei confronti di chi sia imputato di renitenza alla leva per essere stato gi� denunciato come tale all'autorit� giudiziaria. Ch� anzi, perfino ove l'intera disciplina dei poteri dei Consigli di leva in ordine alla denuncia dei renitenti fosse, in ipotesi, dichiarata incos�tuzionale, non soltanto permarrebbe il reato, ma ne risulterebbe confermato e ne sarebbe reso ancor pi� rigoroso il dovere di rapporto, gravante sui Consigli di leva, come su ogni altro pubblico ufficiale, a norma dell'art. 2, secondo comma, del codice di procedura penale. -(Omissis). II (Omissis). -In via pregiudiziale si deve constatare che manifesta risulta la ir�rilevanza, ai fini della definizione del giudizio a quo, della questione sollevata con l'ordinanza di rinvio. Come si � posto in evidenza in narrativa, oggetto del giudizio promosso davanti al pretore di Roma, era la ripetizione di una certa somma che l'ENPAS, in via di eccezionale deroga, aveva accordato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad una pensionata presso di esso iscritta, a condizione che venisse impiegata per il pagamento parziale delle spese di ricovero ospedaliero di un figlio di detta iscritta, protrattosi oltre il termine di 180 giorni per il quale l'ENPAS aveva provveduto all'assistenza diretta. Con la sollevata questione di legittimit� costituzionale, si mira, in sostanza, a far estendere l'obbligo dell'assistenza diretta da parte del l'ENPAS a tutto il periodo di degenza senza il limite di 180 giorni. Ora ammessa in ipotesi, non soltanto la illegittimit� costituzionale della norma in base alla quale l'obbltgo di assistenza diretta ospedaliera da parte dell'ENPAS � limitato a 180 giorni per anno solare, ma, addirittura la sopravvivenza di una nuova norma che gi� avesse sancito l'obbligo a tempo indeterminato di tale assistenza diretta, da ci� non deriverebbe, certo, anche l'obbligo da parte dell'ENPAS di attribui-re all'assistita una qualsiasi somma da impiegare per il paga- mento di assistenza ospedaliera, anzi, proprio dall'obbligo dell'assistenza diretta da parte dell'ENPAS l'attribuzione per il fine suddetto di tale somma risulterebbe senza causa. Pertanto, se, come � pacifico, nella specie l'ENPAS che, in via di deroga eccezionale, ha accordatao una certa somma a condizione che venisse impiegata all'espresso scopo di estinguere un certo debito di spedalit� e l'interessata, come si assume, ha esatto tale somma senza impiegarla allo scopo di cui sopra e su questo assunto poggia l'azione di ripetizione della somma stessa, proposta davanti al giudice a quo, � evidente che nessuna rilevanza avrebbe in quel giudizio la dichiara zione di illegittimit� della norma che limita a 180 giorni per anno l'obbligo dell'ENPAS all'assistenza diretta. La proposta questione, pertanto, dev'essere dichiarata inammissi bile. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1969, n. 96 -Pres. e Rel. Branca -Presidente Regione Siciliana (avv. Villari) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Lavoro -Competenza in materia di lavoro e di previdenza sociale -Circolare ministeriale 31 luglio 1968 -Conflitto di at tribuzione con lo Stato -Parziale illegittimit�. (St. Regione siciliana, art. 17 lett. f; d.p.r. 25 giugno 1952, n. 1138, artt. 1 e 3). La circolare del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale 31 luglio 1968, n. 114316, concernente il coordinamento dell'attivit� degli uffici periferici di detto Ministero in materia di lavoro e previ I (denza sociale � illegittima nella parte in cui dispone che le notizie ;:; ;:. f:'. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 627 da fornire aU' Assessorato siciliano al lavoro possano essere date solo su autorizzazione del Ministero, mentre � legittima nelle restanti parti (1). (1) Con la precedente sentenza 17 giugno 1968, n. 119 (in questa Rassegna, 1968, 692) la Corte aveva ritenuto che spetta alfa Regione (Assessorato al Lavoro ed alla Cooperazione) la decisione dei ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti degli Ispettori del Lavoro. CORTE COSTITUZIONALE, 10 rgiugno 1969, n. 97 -Pres. Branca - Rel. Bonifacio -Segalini (n. c.) e Presidente �del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Commercio al pubblico -Libert� di iniziativa economica -Disciplina dei ma~azzini a prezzo unico -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 41; r.d.l. 21 luglio 1938, n. 1468, artt. 1 e 2). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 1 e 2 del regio decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468, relativo alla' disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico, in quanto il potere prefettizio nel rilascio delle relative licenze tende a disciplinare l'iniziativa economica in funzione di servizi di utilit� sociale, e non di interessi meramente settoriali (1). (Omissis). -2. -Secondo i motivi esposti nell'ordinanza, l'attuale regime delle licenze concernenti i predetti magazzini violerebbe la .libert� di iniziativa economica garantita dall'art. 41 della Costituzione. Ad avviso del giudice a quo, infatti, �le restrizioni consentite dalla leg.ge si risolvono in un danno per i consumatori e non perseguono un inte (1) La questione era stata proposta con ordinanza 2 dicembre 1967 del Pretore di Saronno (Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 1968, n. 50). La sentenza 6 luglio 1965, n. 60, citata in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1965, 620. In dottrina, cfr. GOTTI PoRCINARI, Magazzini a prezzo unico e libert� di commercio, Giur. agraria, 1968, 241. 628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO resse generale idoneo a legittimarle; il potere concesso al prefetto � preordinato all'esclusiva tutela dei comuni commercianti al minuto; la necessit�, infine, che i titolari dei grandi magazzini si muniscano' anche della normale licenza del sindaco per le merci non comprese nel possibile oggetto della licenza prefettizia costituisce ulteriore, illegittimo limite alla libera iniziativa economica. Nessuna delle critiche che in questi termini H pretore muove alla legge in esame merita di essere condivisa e la questione appare perci� non fondata. 3. -La Corte osserva che la libert� di commercio, come gode della tutela accordata dall'art. 41 della Costituzione, cos� soggiace a quei limiti che tale disposizione consente di imporre a salvaguardia di beni che la Costituzione considera preminenti rispetto alla libert� di iniziativa economica. Fra questi limiti viene qui in evidenza quello connesso all'utilit� sociale, alle cui estgenze deve essere subordinata anche la concorrenza, che indubbiamente il vigente sistema costituzionale non considera di per s� idonea a realizzare o a rispettare gli interessi della societ�. In questo quadro ed in conformit� dei precedenti giurisprudenziali di questa Corte (cfr. sent. n. 32 del 1959 e n. 60 del 1965) va valutato il fondamento costituzionale della legislazione sulle licenze commerciali. Gli interventi autoritativi che essa prescrive, indipendentemente dalle ragioni occasionali o di regime che un tempo ne giustificarono l'introduzione e che ora hanno perduto ogni rilevanza, devono essere esercitati secondo le direttive che risultano dall'art. 41 della Costituzione: di tal che essi sono legittimi se ed in quanto siano essenziali alla tutela di quegli interessi che, per la loro consistenza ed in relazione allo sviluppo della societ�, fanno capo mediatamente o immediatamente alla collettivit� nazionale e non esclusivamente a singole categorie di operatori economici. 4. -Nelle disposizioni impugnate dall'ordinanza di rimessione nulla contraddice ai principi innanzi enunciati: che il potere concesso al prefetto per i magazzini a prezzo unico sia conferito o debba essere esercitato nell'esclusivo interesse degli altri comuni commercianti � una pura opposizione del giudice a quo, non confortata n� dal testo della legge n�. dalla interpretazione che costantemente la giurisprudenza ne ha dato. Sta di fatto che il r. d. 1. n. 1468 del 1938 si limit� a definire un particolare tipo di esercizio commerciale, sviluppatosi nella realt� sociale con proprie, peculiari caratteristiche (determinate dalla destinazione delle merci al generale consumo, dal loro valore esiguo e dalle modalit� di immissione in commercio), a spostare per esso dal sindaco al prefetto la competenza a rilasciare la licenza che il r. d. 1. 16 dicembre 1926, n. 2174, gi� prevedevo, in generale, per il commercio PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COS;I'ITUZIONALE E INTERNAZIONALE 629 all'ingrosso ed al minuto, e a dettare particolari disposizioni inerentei al procedimento. La disciplina cosi introdotta trova la sua evidente ragion d'essere nella circostanza, di comune esperienza, che l'apertura di un magazzino a prezzi unici produce serie modificazioni nella tradizionale rete di distribuzione con conseguenze su un mercato che travalica la cerchia comunale: si giustifica perci� l'attribuzione del potere di autorizzazione ad un organo che .anche in considerazione della sua pi� estesa competenza territoriale sia meglio in grado di valutare tutti� i fattori che devono esser presi in considerazione per un corretto esercizio del potere stesso. Ma a parte ci�, e a parte le necessarie modificazioni inerenti al procedimento amministrativo ed ai pareri richiesti, � certo che i criteri ai quali nei �rispettivi settori devono ispirarsi l'autorit� prefettizia o l'autorit� comunale sono gli stessi: l'esigenza di un ordinato sviluppo del mercato in funzione .dell'interesse della societ� vale sia per i normali esercizi commerciali sia per i magazzini a prezzo unico, a proposito dei quali, anzi, pi� evidente � il rischio che la totale liberizzazione -specie in una fase di profonda modificazione del sistema di distribuzione dei beni, nella quale i numerosi piccoli operatori non ancora hanno avuto modo di dar vita a forme di organizzazione adeguate alle trasformazioni sociali in atte possa tradursi nella creazione di moonpoli non corrispondenti all'interesse dei consumatori e, quindi,' della collettivit�. � ad ogni modo indubbio che in base alla legislazione vigente il potere del prefetto relativo al rilascio delle licenze per i magazzini a prezzo unico, al pari del potere del sindaco per i normali esercizi commerciali, deve tendere a disciplinare l'iniziativa economica in funzione di scopi di utilit� sociale e non di interessi meramente settoriali. Un suo esercizio a fini diversi da quelli consentiti dalla legge trova remora nelle mo dalit� del procedimento, nei pareri necessari e nell'obbligo di moti vazione dei provvedimenti, e pu� essere represso giurisdizionalmente con i normali rimedi offerti dall'ordinamento per la rimozione degli atti illegittimi: e a quest'ultimo proposito non pu� essere sottaciuto che nella costante giurisprudenza successiva alla Costituzione la legge in esame .. � stata sempre rigorosamente interpretata in conformit� dei principi desumibili dall'art. 41 della Carta. 5. -Quanto innanzi si � detto sulle peculiarit� che, a causa delle particolari caratteristiche delle merci e delle modalit� della loro offerta al pubblico, contraddistinguono il c.d. magazzino a prezzo unico dimostra il fondamento razionale della delimitazione del possibile oggetto della licenza prefettizia e del conseguente obbligo per il titolare di questa di richiedere, quando intenda vendere anche merci diverse da quelle descritte nell'art. 2 del decreto del 1938, la normai licenza comunale. Anche sotto quest'ultimo profilo, dunque, la questione appare priva di fondamento. -(Omissis). 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1969, n. 103 -Pres. Branca - Rel. Verzi -Luongo (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). A~ricoltura -Piccola propriet� rurale -Provvidenze per la re~o larizzazione del titolo di propriet� -llle~ittimit� costituzio nale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24, 111; 1. 14 novembre 1962, n. 1610, art. 4). Non � fondata, sia con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, sia con riferimento al principio della tutela dei diritti, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 della legge 14 novembre 1962, n. 1610 recante provvidenze per la regolarizzazione del titolo di propriet� della piccola propriet� rurale (1). (Omissis). -1. -Secondo l'ordinanza di rimessione, la pubblicit� del ricorso al pretore, disciplinata dall'articolo 4 della legge 14 novembre 1962, n. 1610, (Provvidenze per la regolarizzazione del titolo di propriet� in favore della piccola propriet� rurale) non sarebbe sufficiente a portare a conoscenza di eventuali controinteressati la procedura istaurata per l'accertamento del diritto di propriet� del ricorrente. E ci� perch� la norma suindicata impone l'obbligo di notifica soltanto a coloro che nel ventennio ant�cedente alla presentazione della domanda abbiano trascritto contro l'istante o suoi danti causa domanda giudiziale non perenta di�retta a rivendicare la propriet� o altri diritti reali di godimento sui fondi medesimi. Dal fatto che il ricorso non venga notificato a tutti gli interessati, ed in modo particolare a coloro che dal catasto risultano proprietari del fondo, deriverebbe la violazione dell'articolo 3 della Costituzione per differente trattamento fra coloro che abbiano trascritto e altri che non abbiano trascritto una domanda di rivendica, mentre nei confronti di tutti il provvedimento che chiude la speciale procedura esplica identica efficacia; e deriverebbe altresi la violazione degil articoli 24 e 111 della Costituzione, perch� sarebbe l'azione giudiziaria agli interessati che non abbiano avuto conoscenza del ricorso; e perch� su questo la decisione viene (1) La questione era stata proposta con ordinanza del Pretore di Ischia 31 maggio 1967 (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). L'ordinanza di remissione � pubblicata anche in Foro it., 1968, I, 327 e richiami. In dottrina, cfr. GERMAN�, Sul procedimento per la regolarizzazione 1: del titolo di propriet� rurale, Riv. dir. agrario, 1968, I, 376. f.~ I!r: f:: i:: f:: ii1i�iiiiiW~~li�ji!l~SIAl!JW~AW'Al!lW~~4l!l!!llllrj PARTE I, SEZ. I, GIURIS. �osTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 631 presa con decreto, per il quale la legge non prescrive la motivazione, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. �osTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 631 presa con decreto, per il quale la legge non prescrive la motivazione, che invece � imposta dall'articolo 111 della Costituzione per tutti i provvedimenti giurisdizionali. 2. -La questione non � fondata. La legge in esame reca provvidenze per sanare le irregolarit� del titolo di propriet� di fondi rustici classificati in catasto con reddito dominicale non superiore a lire trentaseimila, oppure di fondi di qualsiasi estensione situati in comuni montani. Poich� a causa di siffatte irregolarit�, molti piccoli proprietari non potevano usufruire del credito agrario, n� avevano i mezzi per far fro~te alla lunga e dispendiosa procedura ordinaria necessaria per ottenere le variazioni catastali, il legislatore ha voluto instaurare una procedura breve, di facile attuazione, e poco costosa, che -affiancata da agevolazioni fiscali -consente di ottenere in breve tempo il riconoscimento del diritto di propriet�, acquistato in forza di un titolo idoneo, oppure per usucapione a sensi dell'articolo 1158 del codice civile. Tenendo nel debito conto siffatte finalit� della legge, l'eccezionalit� della stessa, che, fra l'altro, ha efficacia limitata a cinque anni (art. 6) e la necessit� di rimediare -anche in via di sanatoria -a situazioni confuse rispetto a intestazioni catastali di antichissima data, e non facilmente regolarizzabili con le ordinarie procedure, deve riconoscersi che la disciplina adottata � razionale e sufficiente. La affissione del ricorso negli albi del comune e della pretura, la pubblicazione nel Foglio degli annunzi legali della provincia, l'assunzione delle prove addotte da ricorrente, le informazioni richieste dallo stesso pretore, che possono avere per oggetto anche l'accertamento della esistenza di altri soggetti che vantino diritti reali sul fondo e le successive ripetute forme di pubblicit� del pronunziato dal pretore, costituiscono un complesso di mezzi che ben garantiscono eventuali diritti di terzi. 3. -Non sussistono pertanto le denunziate violazioni di precetti costituzionali. La possibilit� del diritto di difesa non � compromessa n� dal sistema di pubblicit� del procedimento n� dal termine perentorio stabilito per la opposizione al decreto del pretore: � consentito infatti al legislatore di regolare il modo di esercizio di tale diirtto con norme particolari che rispondano alla specialit� del procedimento ed alle finalit� che con esso, come si � sopra esposto, si vogliono raggiungere. � certo, poi, che l'obbligo di motivazione del decreto non opposto, con cui il pretore accoglie l'istanza, deriva dal fatto che trattasi di provvedimneto giurisdizionale. Pertanto, nel silenzio della legge, la norma deve essere interpretata nel senso conforme ai principi generali dell'ordinamento giuridico e conforme al precetto dell'articolo 111 della Costituzione. Non sussiste infine la violazione del principio di uguaglianza. . 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La notifica del ricorso a coloro che nel ventennio antecedente abbiano trascritto domanda giudiziale di rivendica della propriet� trova fondamento e logica spiegazione nel fatto che costoro hanno gi� manifestato nel tempo passato volont� di contrastare H diritto di chi vuole acquistare la propriet� per usucapione; ma ci� non pu� dirsi per quelle persone, di cui siano ignote l'esistenza e la pretesa, sicch� la notifica del ricorso, resa difficile, complessa e costosa, costituirebbe un inutile intralcio, tale da compromettere gli scopi che il legislatore si � proposto di raggiungere. Pertanto la trascrizione dell'atto di rivendica della propriet� d� luogo ad una diversit� di situazione, atta a giustificare razionalmente il trattamento differenziato. Per di pi�, non appare esatta la considerazione del pretore che il ' provvedimento che conclude la speciale procedura esplica identica efficacia nei confronti di tutti, perch�, al contrario, il decreto, con cui, in caso di mancata opposizione, il pretore accoglie l'istanza, nonch� la sentenza definitiva passata in giudicato, ove contenga il riconoscimento della propriet�, hanno �effetti limitati. Essi costituiscono titolo per la trascrizione a sensi dell'articolo 2643 del codice civile, ma essendo provvedimenti di mero accertamento, fanno stato soltanto nei confronti di coloro che sono intervenuti come parti nel giudizio, mentre la trascrizione non esercita alcuna influenza sulla sostanza del negozio e non crea diritti. -(Omissis). ::iEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 �luglio 1969, n. 2428 -Pres. Flore Est. De Santis -P. M. Di Majo (diff.). -Ditta Mecit (avv. Carloni) c. Ministero Finanze (avv. Stato Ricci) e Comune di Pescara (avv. De Simone). Competenza e ~iurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblid -Crediti -Pignorabilit� -Limiti. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). . I. ~� e. -Quote di partecipazione spettanti ai Comuni -Impignorabilit�. (1. 2 luglio 1952, n. 703, artt. 2 e .3; 1. 16 giugno 1960, n. 1014). I crediti degli Enti pubblici sono impignorabili quando abbiano la loro origine nell'esercizio di una potest� pubblica (1). I crediti dei Comuni e delle Provincie verso lo Stato per la quota di partecipazione ai proventi dell'imposta generale sull'entrata hanno origine e natura pubblicistica (2). (Omissis). -Il Tribunale di Pescara ha ritenuto che la somma dovuta dallo Stato al Comune per quota di partecipazione ai proventi della imposta generale sull'entrata non fosse pignorabile presso i'Amministrazione dello Stato, per un debito del Comune, data la natura tributaria di tale cespite di entrata, ma ha anche aggiunto che quando anche si trattasse di una contribuzione dello Stato in favore del Comune, la conseguenza non sarebbe diversa, dato che il contributo avrebbe pur (1-2) Le Sezioni Unite confermano, con questa sentenza, i principi gi� affermati dalla Cassazione, a Sezione semplice, con la decisione del 3 gennaio 1967, n. 1, in questa Rassegna, 1967, I, 57. V., inoltre, Cass., Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2783, in questa Rassegna, 1966, I, 1231, con nota redazionale. In genere, sulla pignorabilit� delle entrate dello Stato e degli Enti Pubblici, cfr., Cass., Sez. Un., 1� aprile 1930, n. 1082, Foro it., 1930, I, 983; Cass., 20 marzo 1952, n. 755, ivi, 1952, I, 707. 634 nASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sempre natura pubblica e sarebbe destinato, per la sua origine, a finalit� pubbliche. Contro questa ultima affermazione della sentenza si rivolgono le censure del terzo mezzo, con cui la ricor�rente ditta Mecit denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1 legge 2 luglio 1952, n. 703, in relazione all'art. 5 lett. h) legge sulla finanza locale, all'art. 2 legge n. 2248 all. E del 1865, aU'art. 113 della Costituzione ed all'art. 360 n. 3 c. p. c., sostenendo che la legge n. 703 del 1952 non fissa alcuna particolare destinazione per il contributo che Jo Stato versa ai Comuni prelevandolo dal provento della imposta generale sull'entrata e che non basta a rendere impignorabile una entrata la sua indifferenziata destinazione alla spesa complessiva del bilancio; aJtrimenti nessuna somma di denaro sarebbe mai pignorabile nelle casse del Comune o di a'1tro ente �mbblico. Tale assunto non pu� essere condiviso. Questa Corte con altra recente decisione (a sezione semplice, n. 1 del 1967) ha gi� espresso una oipinione nettamente diversa e non ha ora motivo per discostarsi da essa n� dalle ragioni addotte a suo fondamento. Con riferimento poi a quank la ricorrente sostiene a conforto della sua tesi, si deve in particolare rilevare che � del .tutto inammissibile la equiparazione che da parte della ricorrente stessa si tenta di fare, sostenendone la indiscriminata pignorabilit�, tra le somme liquide di denaro affluite ad un qualsiasi titolo nelle casse dell'ente pubblico ed i crediti di denaro che questo vanta nei confronti di privati o di altri enti. Se per il denaro esistente in cassa pu� ancora essere posta in discus sione (ed � in effetti controversa in dottrina) la possibilit� di una distin zione, a seconda della sua provenienza e della avvenuta o non avvenuta destinazione ad una particolare esigenza dell'ente, la necessit� di una distinzione � assolutamente certa per i crediti. Occorre cio� tenere sepa rati da quelli che traggono origine da rapporti di diritto privato, i crediti nascenti dall'esercizio di pubbliche potest�, i cosiddetti crediti pubblici stici o di natura pubblica, per i quali non vi � possibilit� alcuna di dubbio che siano vincolati al raggiungimento delle finalit� pubbliche che costi tuiscono il presupposto e la ragione d'essere del potere. Inoltre essi sono sottratti alla esecuzione da parte dei creditori dell'ente, anche per un'altra fondamentale ragione e cio� in quanto sino alla completa loro realizzazione continua l'esplicazione della funzione pubblica e l'esercizio del potere ad essa inerente, nel quale non � dato di interferire mediante l'esercizio di azioni giudiziarie esecutive. La stessa ricorrente riconosce la esattezza delle precedenti proposizioni in quanto esse vadano riferite ad un rapporto tributario, in cui PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 635 la potest� pubblica si esercita dall'ente impositore nei confronti del soggetto passivo del tributo. La Mecit riconosce infatti (e nessuno mai ha pensato diversamente) che il credito dell'ente impositore non pu� essere pignorato nelle mani del debitore d'imposta e neppure dell'esattore. Ma le ragioni della impignorabilit�, che sono fondamentalmente quelle innanzi riassunte, non mutano anche per gli altri crediti che, per quanto al di fuori di un vero e proprio rapporto tributario, hanno pur sempre origine in una potest� pubblica. N�, per quanto attiene in ;particolare al caso in esame, potrebbe essere fondatamente negato che, in virt� della legge n. 703 deJ 1952, competa ai Ccmmni ed alle Provincie quanto meno un potere di natura pubblica alla percezione della entrata, che si esercita esigendo dallo Stato la contribuzione corrispondente ad una quota del provento dell'imposta generale sull'entrata. L'esercizio di tale potere non cessa perci� di essere esercitato fino a quando la contribuzione non sia effettivamente versata nelle casse del Comune o della Provincia. D'altra parte il corrispondente dovere dello Stato di versare ai Comuni ed alle Provincie una quota dei proventi della imposta generale sull'entrata � intimamente connesso con un suo potere, relativo alla determinazione delle fonti di entrata con cui gli enti locali debbono provvedere all'espletamento delle loro funzioni. La stessa legge n. 703 del 1952 lo rende manifesto, giacch� con essa non si dispone solo la attribuzione ai Comuni ed alle Provincie di una quota dell'imposta generale sull'entrata; tale provvedimento � invece organicamente incluso in una complessa riforma di norme relative alla finanza locale. Ci� posto, la impignorabilit� del credito di cui si dLscute appare del tutto manifesta, giacch� l'assoggettamento del credito stesso ana esecuzione comporterebbe la inammissibile sostituzione del privato alla amministrazione, in un rapporto di� cui egli non pu� essere soggetto. In base alle precedenti considerazioni perdono gran parte della loro rilevanza le censure mosse alla sentenza impugnata con il primo mezzo di annullamento, con cui si denunzia la violazione e la falsa applicazione di varie norme della legge istitutiva dell'imposta generale sull'entrata (d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in 1. 19 giugno 1940, n. 762) nonch� della legge n. 703 del 1952, pi� volte citata, in relazione all'art. 81 della Costituzione ed all'art. 360 c.p.c. e si sostiene che erroneamente il tribunale di Pescara abbia riconosciuta la natura tributaria della entrata del Comune, che fu oggetto di pignoramento presso l'amministrazione dello Stato. Si � gi� visto infatti che basterebbe la natura pubblicistica di tale credito ad escluderne la pignorabilit�. Si pu� quindi assai brevemente dire che gli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno della sua tesi non sono peraltro convincenti. 636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vero � infatti che il rapporto tributario, inteso come rapporto tra ente impositore e soggetto passivo del tributo, si instaura, quanto alla imposta generale sull'entrata, direttamente tra lo Stato ed il contribuente e che i Comuni e le Provincie non hanno dirette potest� di imposizione nei confronti dei privati. Tuttavia questo non basta perch� possa essere negato che la entrata dei Comuni e delle Provincie, al predetto titolo, abbia natura tributaria, poich�, al contrario, malgrado la interposizione dello Stato, resta fermo che il provento deriva da un prelievo di ricchezza privata, operata mediante la imposizione di un tributo. La legge del 1952 non si � infatti limitata a disporre sovvenzioni dello Stato agli enti locali e non ha indicato la provenienza dei fondi necessari dal gettito dell'imposta generale sull'entrata solo per ottemperare al disposto dell'art. 81 della Costituzione, che impone di indicare i mezzi per far fronte ad ogni nuova spesa, come a torto la ricorrente sostiene. L'art. 1 della legge in esame stabilisce invece testualmente la attribuzione ai Comuni di una quota del provento complessivo dell'imposta generale sull'entrata. Uguale espressione � usata dagli art. 3 e 4 che prevedono attribuzioni di altre quote del gettito de1la imposta a particolari categorie di Comuni nonch� alle Provincie. Ci� inequivocabilmente significa che detti enti partecipano ad un riparto del gettito dell'imposta, sia pur dopo che questo � stato realizzato nell'ambito di un rapporto ,instauratosi solo tra lo Stato ed il contribuente. Con il secondo mezzo di annullamento, infine, la ricorrente Mecit denunzia la violazione o la falsa applicazione degli art. 2910 c. c. e 545 c.p.c. con riguardo all'art. 514, n. 5 c.p.c., all'art. 14 delle preleggi ed all'art. 360 n. 3 c.ip.c. e sostiene che, essendo di regola pignora�bili tutti i beni dei debitori mentre la impignorabilit� costituisce una eccezione che deve essere stabilita dalla leg.ge, il denaro della amministrazione pubblica pu� essere pignorato indipendentemente dalla destinazione datagli anche se ci� � avvenuto mediante la approvazione del bilancio. Pertanto, anche ad ammettere la natura tributaria dell'entrata in questione, esauritosi il rapporto tributario, coh la riscossione dell'imposta da parte dello Stato, non vi sarebbe ostacolo al pignoramento presso l'amministrazione delJ.o Stato del credito del Comune, ancorch� la entrata avesse avuto in bilancio una diversa destinazione, nella specie, peraltro, non dimostrata. Nei confronti del denaro, bench� proveniente da imposizione tributaria, non si potrebbe poi parlare di bene indisponibile poich� esso non � destinabile in maniera immediata ad uno specifico fine dell'ente, ma solo in via strumentale e :fungibile. ~: Anche queste censure debbono essere disattese. I lii ~4!l'iW59rlll4!f%11..,,4!1'iW5~~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 637 La loro confutazione � .gi� in gran parte contenuta nelle argomentazioni svolte a proposito dei motivi di ricorso precedentemente esaminati. Poco altro resta perci� da aggiungere. Va cio� rilevato che la regola generale della assoggettabilit� ad esecuzione di tutti i beni del debitore, subisce, per quanto attiene agli enti pubblici, una limitazione, in dipendenza della v�aria natura dei beni appartenenti agli enti stessi, essendo noto, al punto da non richiedere illustrazione alcuna, che solo i beni disponibili sono espropriabili, mentre ci� non pu� avvenire per i beni demaniali e per quelli del patrimonio indisponibile. Non pu� dunque giovare alla ricorrente, che agisce esecutivamente nei confronti di un Comune, invocare il pr.incipio della generale pignorabilit� dei beni del debitore: quello che occorre stabilire � se il bene in contesa rientri nel patrimonio disponibile dell'ente. -N� pu� giovarle ogni argomentazione relativa aUa generale pignorabilit� del denaro affluito nelle casse dell'ente. Ogni questione in proposito � estranea al tema della presente causa, dato che, come si � visto, il pignoramento non ha avuto per oggetto una somma di denaro ma un credito. La origine pubblicistica di .questo, che � gi� stata sufficientemente illustrata, basta da sola ad escludere poi la disponibilit� del bene (che deve essere oggetto di determinazione da parte dello Stato) e, conseguentemente, la pigno.rabilit� di esso, nulla importando che il rapporto tributario in senso stretto, quello cio� instaurato tra lo Stato ed il contribuente, risulti ormai esaurito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 luglio 1969, n. 2430 -Pres. Scarpello -Est. Gambogi -P. M. Di Majo (conf.). -Antonicelli (avv. De Angelis) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Mataloni) e Comune di Roma (avv. Ojetti e Simoncelli). Competenza e giurisdizione -Licenza di commercio -Commercio ambulante -Diritto soggettivo allo svolgimento dell'attivit� autorizzata -Limiti. (1. 5 febbraio 1934, n. 327, art. 3). Atto amministrativo -Interpretazione -Interpretazione autentica Ammissibilit�. n titolare di una licenza di commercio ha un diritto soggettivo perfetto all'esercizio deli'attivit� consentitagli, purch� osservi i limiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'autorizzazione amministrativa e le prescrizioni di legge in generale (1). Rientra nel potere discrezionale dell'autorit� amministrativa la facolt� di limitare l'ambito di una licenza di commercio ambulante ad una circoscrizione territoriale inferiore a quella prevista dall'art. 3 della legge 5 febbraio 1934, n. 327 (2). L'atto amministrativo � suscettibile di una interpretazione autentica, pienamente vincolante, che pu� esser ricavata anche da facta ,concludentia, e cio� dal comportamento tenuto dall'Amministrazione nei confronti del destinatario dell'atto (3). (Omissis). -L'esame del secondo motivo di ricorso, col quale l'Antonicelli sostiene che la licenza di commercio ambulante rilascia� tagli il 31 ottobre 1960 dal Comune di Roma andava interpretata nel senso che egli fosse con essa autorizzato a vendere le sue merci anche nell'agglomerato urbano di tale citt�, � pregiudiziale a quello degli altri mezzi. Se infatti la tesi del ricorrente fosse fondata, e fosse vero che il Comune, dopo aver concesso la licenza di commercio, ne avesse impedito il libero esercizio in via penale ed amministrativa, in ci� assecondato dalla Autorit� di P.S., non vi potrebbero essere dubbi circa la eststenza di violazioni di diritto soggettivo e, conseguentemente, di giurisdizione del giudice ordinario sulle doglianze del ricorrente. � infatti certo che il titolare di una licenza di commercio ha un diritto soggettivo perfetto all'esercizio della attivit� consentitagli purch� osservi i limiti della autorizzazione amministrativa e le prescrizioni di legge in generale; e nessuna autorit�, n� quella che ha rilasciato la licenza, n� altra, pu�, fuori del caso di revoca o modifica della licenza stessa o di provvedimenti legislativi od amministrativi che ad essa si sovrappongano -ad esempio il divieto generale di esercitare il commercio ambulante in certe zone cittadine, di cui all'art. 31 del r. d. 29 dicembre 1939, n. 2255 -impedire o limitare tale attivit� senza violare il diritto soggettivo suddetto. Ci� posto in linea di diritto, va per� osservato che, a ben vedere, nella specie il problema interpretativo sollevato agli effetti della giurisdizione col mezzo di ricorso in esame in realt� nemmeno esiste, avendo il Comune di Roma costantemente dimostrato per � facta concludentia � -intimando contravvenzioni per mezzo dei suoi vigili, (1-3) Le prime due massime sono di evidente esattezza. La terza, per la quale non si rinvengono precedenti specifici, prospetta problemi di particolare interesse, che meriterebbero ulteriore approfondimento, impossibile in questa sede. In argomento, cfr.: GIANNINI, L'interpretazione dell'atto amministrativo, Milano, 1939, 92 e segg.; 369 e segg. Il r PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 639 sospendendo prima e poi revocando la licenza -di avere inteso � ab ori.gine � di concedere ali'Antonicelli solo il permesso di svolgere il suo commercio nell'Agro Romano e nella provincia di Roma con esclusione del centro cittadino. Pertanto, se anche il testo della licenza fosse stato di dubbio significato -il che, invero, nemmeno � -tale dubbio sarebbe stato comunque colmato dalla interpretazione autentica successivamente e costantemente data dal Comune al testo medesimo. L'Antonicelli potr� quindi sostenere che illegittimamente il Comune di Roma limit� � ab initio� l'ambito territoriale della licenza che gli concedeva, ma non pu� pretendere di sostituirsi al Comune sesso nell'interpretare il significato della autorizzazione amministrativa rilasciatagli, posto che anche l'atto amministrativo � suscettibile di una interpretazione autentica che, almeno a partire dal giorno in cui fu fornita -e cio�, nella specie, dal giorno della prima diffida o contravvenzione fatta dall'Antonicelli -� pienamente vincolante, come quella che esprime senza possibilit� di equivoci la reale volont� della Amministrazione o dell'Ente. interessato. Il motivo di ricorso pregiudiziale deve essere quindi rigettato. Devesi conseguentemente esaminare il primo mezzo del gravame, coJ. quale l'Antonicelli, denunziando la violazione dell'art. 3 della legge 5 febbraio 1934, n. 327 e dell'art. 31 del r. d. 29 dicembre 1939, n. 2235, lamenta appunto: a) che il Comune abbia violato, limitando l'ambito territoriale della licenza di commercio concessagli, il suo diritto di esercitare il commercio ambulante � nell'ambito della provincia di origine � ai sensi della prima delle disposizioni di legge invocate; b) che comunque tale limitazione non sia stata disposta con la apposita ordinanza del sindaco .prevista dalla seconda di tali disposizioni di legge. Entrambe le doglianze sono infondate. La norma dell'art. 3 della legge n. 327 del 1934, secondo la quale la licenza di commercio ambulante d� facolt� al titolare di esercitare tale commercio nell'ambito della provincia di origine ed, a sua richiesta, di altre cinque provincie finitime, � intesa, infatti, non a concedere al privato il diritto soggettivo di esercitare il commercio ambulante in tutto il territorio della sua provincia di origine, bensl a limitare la validit� della licenza concessa da un sindaco ad un territorio ben circoscritto, oltre il quale l'ambito della locale autorizzazione amministrativa non possa giungere; si tratta, insomma, di una delimitazione di competenze amministrative in materia, non della affermazione del diritto del singolo ad un determinato, irrestringibile ambito minimo della sua attivit� commerciale. D'altra parte, essendo pacifico che la concessione delJ.a licenza di commercio ambulante costituisce una facolt� discrezionale della auto 4 '640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rit� amministrativa, sottratta come tale al sindacato del giudice ordinario, sarebbe assurdo rHenere che in tale facolt� discrezionale non rientri il potere di limitare l'ambito della licenza stessa ad una circoscrizione territoriale inferiore a quella fissata, solo nei suoi massimi ripetesi, dall'articolo 3 della legge 5 febbraio 1934, n. 327. Un evidente ragionamento � a maiori � impedisce infatti di ritenere che l'Antonicelli, che non avrebbe potuto ricorrere al giudice ordinario contro il diniego totale della licenza di commercio ambulante, possa invece ricorrere nella stessa sede contro il diniego parziale, ossia contro la ormai nota limitazione territoriale della licenza stessa. La doglianza sub a) deve esner quindi rigettata. Lo stesso deve dirsi della doglianza sub b) fondata su di un evidente equivoco. La ordinanza di polizia urbana prevista dall'art. 31 deJ: r. d. 29 dicembre 1939, n. 2255, non concerne affatto l'ambito di validit� originario delle singole licenze di commercio ambulante, ma ha la portata generale -come lo stesso ricorrente riconosce -di inibire in determinate zone cittadine ogni forma di commercio ambulante, anche da parte di coloro che siano muniti di licenza che originariamente consentisse tale commercio in dette zone. Nella specie, invece, la licenza fino ab origine non consentiva all'Antonicelli di esercitare il suo commercio nel centro urbano di Roma, e nessuna ordinanza successiva era quindi necessaria per inibirgli tale commercio nel centro medesimo. Il primo mezzo del ricorso deve essere pertanto anch'esso rigettato. Col terzo ed ultimo motivo di gravame l'Antonicelli denunzia la violazione dell'art. 2043 cod. civ. lamentando che la sentenza impugnata abbia escluso l'applicazione di tale norma al fatto dannoso posto in essere contro di lui dai vigili urbani e da�gli agenti di P. S.. SoHeva altresi eccezione di illegittimit� costituzionale della stessa norma dell'art. 2043 c. c. nel caso che essa venga interpretata appunto nel senso della sua inapplicabilit� aJ:la attivit� degli agenti di polizia giudiziaria. La censura � infondata e la eccezione di i1legittimit� costituzibnale irrilevante perch� estranea all'oggetto del decidere. I primi ~udici, infatti, non hanno affatto escluso che anche gli agenti di polizia giudiziaria debbano rispondere dei danni causati da eventuali violazioni dell'obbligo del neminem ledere, in solido con la Amministrazione alla quale siano legati da rapporto organico; tanto � vero che su questo punto non hanno dichiarato il difetto di giurisdizione. Detti primi giudici hanno per� rigettato � nel merito � la domanda di risarcimento del danno ex art. 2043, affermando che vigili urbani ed agenti di P. S., constatato che l'Antonicelli esercitava il suo commercio in hi.oghi che non rientravano nell'ambito della Ucenza, avevano il potere di sottoporlo alle sanzioni previste dalla legge: e tale affermazione non merita censura. N Il f:~ ~j~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 641 � infatti indubbio che non spetta ai tutori dell'ordine che abbiano rettamente interpretato -ci� che nella specie, ripetesi, � avvenuto il contenuto ed i limiti apposti ad una autorizzazione amministrativa il sindacare se taJ.e contenuto e tali limiti siano stati correttamente determinati dall'autorit� che la licenza ha rilasciato, perch�, finch� non se ne sia ottenuto nella competente sede l'annullamento, la sospensione o la modifica, l'atto amministrativo sussiste nella sua formale obbJ.igatoriet� e, come tale, deve .essere eseguito e fatto eseguire. Vero � che nella specie, come ricorda l'Antonicelli, il giudice penale ebbe rpi� volte ad archiviare le denuncie contrawenzionali contro di lui presentate, ma nemmeno questa circostanza potrebbe costitudre in colpa gli agenti di polizia giudiziaria che anche dopo tali archiviazioni avessero persistito ad impedire all'Antonicelli stesso di esercitare il commercio ambulante nei luoghi non consentitigli dalla licenza. A parte ogni considerazione formale circa la non obbligatoriet� delle pregresse archiviazioni cli fronte alle nuove contravvenzioni riscontrate e contestate dagli agenti, va osservato che anche nella sostanza detti agenti avevano ragione .di insistere nella loro attivit� repressiva, perch� effettivamente, come si � premesso, contrariamente a quanto ebbe a ritenere il Pretore di Roma, erroneamente applicando alla fattispecie il disposto dell'art. 31 del r. d. 29 dicembre 1939, n. 2255, la licenza rilasciata all'Antonicelli non gli consentiva di svolgere il suo commercio ambulante nel centro della citt� di Roma. Nessun atto illegittimo n� illecito fu quindi posto in essere ai danni del ricorrente, e pertanto anche il terzo mezzo del ricorso deve essere rigettato -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 dicembre 1968, n. 3933 -Pres. ed Est. De Santis -P. M. Caccioppoli (conf,.)) -Ministero Grazia e Giu stizia (avv. Stato Savarese) c. Nucci (avv. Cerulli Irelli, Cocchi, Gen tilo!ni). Responsabilit� civile -Precettori -Presunzione di responsabilit� Presupposti -Centri di rieducazione per minorenni -Danni a terzi cagionati da minore fuggito -Responsabilit� della P. A. Sussiste. (e.e. artt. 2043, 2048; r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, artt. 1, 8). La presunzione di responsabilit� da omessa vigilanza, sancita dall'art. 2048 c. c. nei confronti dei precettori e degli insegnanti un mestiere od un'arte, per il danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi od apprendisti, non si pone necessariamente netl'ambito di una attivit� di insegnamento ma sussiste altres� qualora il rapporto abbia fini meramente educativi; � pertanto responsabile l'Amministrazione del danno a terzi, verificatosi per fatto del minore fuggito da un Istituto di osservazione, inquadrato nei centri di rieducazione a norma del r.d.l. 20 luglio 1934., n. 1404 (1). (Omissis). -Con il primo mezzo di annullamento la Amministrazione ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'ar (1) Che nel concetto di precettore rientri anche il semplice educatore cfr. in motivazione Cass. 22 ottobre 1965, n. 2202, Foro it., 1966, I, 956; 13 ottobre 1966, n. 2451, ivi 1967, I, 2616. La sentenza si uniforma alla prevalente dottrina secondo la quale, nei confronti dei precettori e di coloro che insegnano un mestiere od un arte si pone, quale autonoma obbligazione risarcitoria da culpa in vigilando una presunzione di responsabilit� per il fatto illecito dei propri allievi ed apprendisti, che abbiano arrecato danno a terzi. Sulla entit� della vigilanza che deve esercitarsi in maniera adeguata alle esigenze di et�, di sviluppo biopsichico e di ambiente del minore cfr. Cass. 1966, n. 2451. Al di fuori delle ipotesi espressamente indicate nella norma di cui all'art. 2048 e.e., vien meno la presunzione legale di colpa, ed incombe al PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 643 ticolo 2048, 2� e 3� comma c. c. e degli art. 8, 25, 28, 29 r. d. 20 luglio 1934, n. 1404, modificati dall'articolo unico della le~ge 25 luglio 1956, n. 888, il tutto ai sensi dell'art. 360, n. 3 c. p. c. A fondamento della predetta denunzia si sostiene che erroneamente la corte di appello ha ritenuto applicabile nel caso in esame il disposto dell'art. 2048, 2� e 3� comma c. c., che stabilisce una presunzione- di responsabilit� per i precettori e per coloro che insegnano un mestiere o un'arte, per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro � allievi e apprendisti � nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza. Tale norma, che, sancendo una responsabilit� presunta e limitando perci� la sfera di difesa di chi ne � soggetto passivo, non potrebbe essere estesa oltre i casi ed i limiti contemplati dalla legge, determinerebbe, ad avviso della ricorrente, entro l'ambito del rapporto di insegnamento e non pure in quello di educazione, la relazione che deve intercorrere tra precettore od insegnante ed allievo o apprendista perch� il primo possa essere chiamato a rispondere del fatto illecito commesso dal secondo. D'altra parte sarebbe estraneo agli istituti di osservazione ogni compito non solo di istruzione ma anche di educazione essendo loro scopo precipuo di fare l'esame della personalit� del minore. Tutte le censure sopra riassunte debbono essere respinte perch� infondate. Non vi � dubbio che dell'art. 2048 2� e 3� comma c. c., di cui la corte di Firenze ha fatto applicazione nel caso in esame non sia consentita una interpretazione analogica, trattandosi di norma che, ponendo una presunzione di responsabilit�, limita la sfera di difesa dei soggetti a cui si riferisce. Ma ci� non basta per vietare anche una interpretazione estensiva, volta non gi� alla applicazione della norma a casi diversi seppure analoghi a quelli considerati, ma a determinare, oltre lo stretto significato delle parole del testo legislativo, quali siano le fattispecie dalla norma stessa regolata. Quanto al caso in esame, peraltro, non occorre far ricorso neppure ad interpretazione estensiva. danneggiato, secondo i principi generali, di dare la prova della violazione del dovere di vigilanza che, in quanto fatto negativo, postula l'obbligo giuridico di vigilare. Su tale ultimo aspetto della questione cfr. Cass. 10 giugno 1967, numero 1306, in questa Rassegna, 1967, I, 991 con nota. Pi� in generale in dottrina cfr. DE CuP1s, Dei fatti illeciti, in Commentario, 1960, 323 ed autori ivi citati. Nel senso che la presunzione di culpa vigilando non � applicabile alla P.A. cfr. Cass. 7 luglio 1964, n. 1777, Foro it., Mass., 196.4, 462. In dottrina cfr. MAZZELLA, �Sulla responsabilitd del docente di scuola pubblica per il fatto illecito commesso da un allievo in danno di un condiscepolo ., in questa Rassegna, 1966, II, 9. 644 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per ricondurlo nell'ambito di applicazione della norma di cui si discute. L'art. 2048 2� e 3� comma e.e., che stabilisce la responsabilit� dei precettori e degli insegnanti un'arte o un mestiere per i fatti ille citi dei loro allievi, non presuppone infatti necessariamente un rapporto di insegnamento, ma in base alla parola stessa della legge, � applicabile anche nel caso in cui il rapporto tra il minore e colui che deve rispondere del suo fatto illecito sia soltanto un rapporto avente fini di educazione. La Amministrazione ricorrente, nel sostenere il. contrario, restringe in limiti inaccettabili il significato del termine e precettore> che � invece sinonimo non pure di maestro, ma anche di istitutore, che, �"' come � noto, � colui che ha ufficio di educare giovinetti. �' N� pu� fondatamente porsi in dubbio che gli istituti di osservazione abbiano compiti di educazione oltre che diagnostico-terapeutici nei confronti dei minori ospitati. Al riguardo va innanzi tutto ricordato che l'art..8 del r.d.l. 20 luglio 1934 n, 1404, nel testo modificato dalla legge n. 888 del 25 luglio 1956, indica, nel suo secondo comma, l'esame della personalit� del minore e la segnalazione delle misure pi� idonee per il suo riadattamento, come scopo precipuo, ma non come scopo unico degli istituti di osservazione. N� va dimenticato che, a norma del primo comma dello stesso articolo, gli istituti predetti sono destinati ad accogliere i minori degli anni 18 abbandonati, fermati per motivi di pubblica sicurezza, in stato di detenzione preventiva o, comunque, in attesa di un provvedimento della autorit� giudiziaria. Gli istituti di osservazione accolgono dunque i minori anche, indipendentemente dalla esigenza di una esatta determinazione del trattamento cui vanno sottoposti, previo esame della loro personalit�, e li ospitano oltre i limiti di tempo imposti dall'appagamento della esigenza predetta. Comunque, anche se la permanenza dei minori negli istituti di osservazione fosse strettamente limitata al tempo necessario all'esame della loro personalit� ed alla formulazione del giudizio sul trattamento a cui sottoporli, non � pensabile che durante tale periodo, non necessariamente breve, possa essere del tutto trascurata la loro educazione. Convince infine del contrario lo stesso testo dell'-art. 1 del r :dJ. n. 1404 del 1934, da cui risulta che gli istituti di osservazione fanno parte del complesso di istituti e di servizi che, in ciascun distretto di corte d'appello, costituiscono il centro di rieducazione per minorenni. I fini degli istituti di osservazione non vanno dunque considerati a s�, ma unitariamente con tutti quelli del complesso in cui si inquadrano (il centro di rieducazione) che sono indubbiamente fini educativi. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Non ha dunque errato la corte di Firenze nel ritenere applica bile nei loro confronti il disposto dell'art. 2048 commi 2� e 30 e.e. Con il secondo mezzo di annullamento la ricorrente denunzia: motivazione contraddittoria, illogica ed insufficiente sopra il punto deci sivo della controversia relativo alla identificazione del contenuto del l'obbligo della vigilanza (art. 360 n. 5 c.p.c.). Si sostiene a fondamento di tale censura, che alla Amministrazione, onde superare la presunzione di responsabilit� posta dall'articolo 2048 c.s., non incombeva altra prova se non quella di una generica sorveglianza sulla condotta dei minori, esclusa ogni necessit� di provare d'averne persino limitata e compressa la libert� personale. Viceversa, superando l'ambito. di applicabilit� dell'art. 2048 e.e., la corte di Firenze avrebbe preteso che la vigilanza fosse esercitata in modo da impedire l'evasione del Sini e dello Strozzi, configurando perci� non pi� una responsabilit� indiretta, ma una responsabilit� diretta della Pubblica Amministrazione, classificabile sotto il paradigma generale dell'art. 2043 e.e., di cui peraltro la corte manifestava in altra parte della sua �sentenza di non volersi occupare, ritenendolo superfluo. Pertanto la corte av,rebbe, ad avviso della ricorrente, applicato alla ipotesi di responsabilit� indiretta ex art. 2048 principii e .requisiti propri della responsabilit� diretta: fermandosi alla prima ipotesi infatti non avrebbe .potuto ravvisarne il fondamento nel difetto di una vigilanza tale da impedire l'evasione. Accertato inoltre che le porte dell'istituto di osservazione erano tenute chiuse tanto che il Sini e lo Strozzi avevano potuto uscirne solo forzando la porta della cappella, avrebbe dovuto ritenere adempiuto l'obbligo di vigilanza, con conseguente esclusione della responsabilit� dell'Amministrazione. Anche queste censure sono infondate. La responsabilit� dei precettori e degli insegnanti ex art. 2048 e.e., bench� qualificata comunemente indiretta, in quanto che derivante dal fatto illecito di un altro soggetto (l'allievo o l'apprendista) ha il suo fondamento nella omissione di vigilanza del precettore stesso o dell'insegnante, come del resto riconosce la stessa ricorrente. Ci� posto la vigilanza necessaria non pu� essere valutata in ogni caso in base agli stessi criteri e con la stessa misura. Quanto al caso di minori ristretti coattivamente in istituti di osservazione, non si pu� ritenere errata la opinione che detta vigilanza si debba espUcare in primo luogo impedendo l'allontanamento abusivo dagli istituti stessi ed il conseguimento di una completa ed incontrollata libert�, di �cui i minori stessi non saprebbero verosimilmente fare buon uso. -(Omissis). 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1406 -Pres. Stella Richter -Est. 'Berarducci -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. D'Urso (avv. Randazzo). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Ordinamento degli Ufficiali giudiziari -Retribuzione -Percentuale sui proventi per pene pecuniarie -Somme di spettanza dei Comuni e Provincie riscosse dall'Erario -Compete. (d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 122, n. 2; d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 139). Compete agli Ufficiali giudiziari la quota stabilita daZl'art. 122, n. 2 del d. P. R. 15 dicembre 1959, n. 1229, nella percentuale del quindici per cento dei crediti recuperati dall'erario sui campioni penali, oltre che sulle somme di spettanza dello Stato stesso anche su quelle devolute ai Comuni ed alle Provincie (fattispecie in tema di proventi contravvenzionali alle norme sulla circolazione stradale, devoluti alle ProvinciP ed ai Comuni ai sensi dell'art. 139 d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393)_ (1). (Omissis). -La questione, che si presenta per la prima volta a questa Suprema Corte, consiste nel determinare l'esatta rportata della norma dell'art. 122 n. 2 del decreto presidenziale n. 1229 del 1959, e pi� precisamente, nello stabilire se con l'inciso � crediti recurperati del- l'Erario sui campioni.... penali � adoperato in tale norma, il legislatore abbia inteso riferirsi unicamente ai crediti, per spese pecuniarie, dj spettanza dello Stato, oppure anche ai crediti, per pene pecuniarie, recuperati dallo Stato, ma di spettanza di altri enti pubblici, quali le Provincie ed i Comuni. La sentenza impugnata ha risolto la questione nel secondo senso e tale soluzione � conforme a diritto. L'Amministrazione ricorrente basa la sua tesi contraria sopratutto sul significato proprio del termine � erario > adoperato dal legislatore nella nol1llla sopra citata. Per � erario� -si ::ifferma dalla ricorrente (1) Non risultano precedenti in termini. In dottrina, per un profilo generale della materia cfr. FURIOLI, La devoluzione dei proventi per pene pecuniarie, Att. amm., 1959, 43; RossANo, Compartecipazione ai proventi delle contravvenzioni alle ordinanze sindacali in materia di circolazione, in Nuova Rassegna, 1956, 1683; CASTELLANO, Riscossione delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia per contravvenzioni al T.U. sulla circolazione stradale, Giust. pen., 1961, II, 662. Sul diritto degli Ufficiali giudiziari ai proventi recuperati nel periodo in cui prestavano servizio, ancorch� ripartiti dopo il collocamento a riposo cfr. Cons. Stato, IV, 6 maggo 1948, n. 178. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 647 si intende, propriamente, il tesoro dello Stato, il patrimonio pubblico, e, pertanto, dovendo escludersi che il detto termine possa essere stato �usato per indicare, come affermato dai giudici di merito, lo Stato nella sua attivit� di riscossione, deve concludersi che il legislatore, parlando di � crediti recuperati dall'Erario � ha inteso riferirsi ai crediti di spe+,tanza dello Stato. Ma questo ragionamento non pu� essere condiviso. Invero, riesce agevole replicare che il soggetto che svolge l'attivit� di � recupero � ossia di realizzazione, e riscossione, dei crediti sui campioni penali (civili ed amministrativi) considerati dalla norma in esame, non �, non pu� essere l'erario che, inteso come complesso di beni, valori e crediti dello Stato, � privo, come tale, della capacit� di svolgere la predetta attivit�, ma � lo Stato medesimo, attraverso i suoi organi a ci� delegati, quali gli uffici del registro. Ne consegue che, allo�rquando la norma anzidetta parla di �crediti recuperati dall'Erario � ad altro non intende riferirsi che ai crediti che vengono recuperati dallo Stato, nella sua funzione di riscossione svolta tramite gli uffici del registro. Ci�, � vero, non risolve ancora la questione se, con l'anzidetto inciso il legislatore abbia inteso riferirsi ai crediti riscossi dallo Stato e di spettanza dello stesso Stato, oppure anche ai crediti di esclusiva spet tanza delle Provincie e dei Comuni. Ma, in proposito, degno di rilievo e, innanzi tutto, il fatto che il legislatore, mentre nella seconda parte della norma, con riferimento alle somme ricavate dalla vendita dei corpi di reato, di indubbia spettanza dello Stato, parla di �somme introitate dall'Erario ., usa, cio�, il verbo e introitare� �per indicare le somme definitivamente entrate nelle casse dello Stato, nella prima parte, invece, con riferimento ai crediti, sui campioni penali (civili ed amministrativi), usa il verbo � recuperare � che, come �, noto, pu� essere usato anche in relazione ancora non di.propriet� del soggetto recuperante. E che in questo senso il verbo � recuperare � sia stato usato nel caso di specie, lo dimostra il fatto che la norma in questione parla, genericamente, di crediti recuperati sui campioni pe.ali (civili ed amministrativi), senza alcuna specificazione del soggetto cui i crediti si appartengono. Se si considera, invero, che lo Stato si � attribuito il compito di riscuotere, tramite gli uffici del registro, anche i proventi contravvenzionali di spet tanza esclusiva delle Provincie e dei Comuni,. la mancata specificazione, nella norma, del soggetto, o dei soggetti, cui i crediti si appartengono, non pu� essere interpretata se non nel senso che il legislatore abbia in teso riferirsi a tutti indistintamente i crediti dello Stato recuperati, anche, quin�di, �se di esclusiva spettanza delle Provincie e dei Comuni. Giova aggiungere che se l'anzidetta interpretazione trova giustificazione nel testo letterale della norma in questione, a non diversa conclusione si perviene tenendo presente la � ratio � della stessa norma. 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questa, invero, � intesa a far entrare, nella retribuzione degli ufficiali giudiziari, la percentuale del quindici per cento sulle somme riscosse dallo Stato anche merc� l'attivit� spiegata, nell'esercizio delle loro funzioni, dagli stessi ufficiali giudiziari. E poich� questi spiegano la loro attivit� anche ai fini del recupero dei proventi contravvenzionali spettant alle Provincie ed ai Comuni, non sussiste ragione perch� dall'ambito di applicazione della norma in questione debbano ritenersi esclusi tali proventi e ricompresi unicamente quelli spettanti allo Stato. � infine, da rilevare che, anche sotto il profilo storico, l'interpretazione della norma in esame non pu� essere diversa, dal momento che identico era il tenore della norma dell'art. 100 del r. d. 28 dicembre 1924, n. 2271, che regola la materia, allorquando, prima dell'entrata in vigore del nuovo codice della strada (d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393), i proventi per contravvenzioni elevate su strade comunali e provinciali da agenti del Comune o della Provincia, erano devoluti per met� a.Ilo Stato e per met� al Comune e alla Provincia. Anche allora tutte le somme dovute per pene pecuniarie relativamente a dette contravvenzioni venivano � recuperate � dallo Stato e ci� nonostante la norma del sopra citato art. 100 non distingueva tra quote di spettanza dello Stato e quote di spettanza dei Comuni e delle Provincie, accomunando, ovviamente, le une e le altre nella stessa regolamentazione ai fini della percentuale disposta a favore degli ufficiali giudiziari. N� vale opporre in contrario, la norma dell'art. 1 della legge 8 luglio 1941, n. 710, con cui fu disposta la percentuale del dieci per cento, sulle quote dei proventi di spettanza dei Comuni e delle Provincie per le contravvenzioni stradali, unicamente a favore dei cancellieri. Invero come risulta dalla relazione con cui il Ministro della Giustizia accompagn� la presentazione del disegno di legge alla Camera tale disposizione trov� sua causa nel fatto che, nell'applicazione dell'art. 1, n. 2, del Regolamento approvato con r. d. 9 febbraio 1896, n. 25, che prevedeva, a favore dei cancellieri, la percentuale del dieci per cento sulle somme recuperate per .pene pecuniarie, � escluse quelle per diritti spettanti ai terzi ., era sorta questione se nell'accezione di detta locuzione dovessero ricomprendersi anche le quote dei proventi di spettanza dei Comuni e delle Province, e pertanto la disposizione stessa ebbe lo scopo, non di concedere ai cancellieri un diritto che gi� non avessero, n�, tanto meno, di escludere gli ufficiali giudiziari dal diritto di cui gi� godevano in virt� del r. d. 28 dicembre 1924, n. 2271, ma di chiarire che, non potendosi i Comuni e le Provincie considerare � terzi � ai cancellieri competeva la percentuale del dieci per cento anche sulle quote dei proventi di spettanza di detti enti. E neppure, infine, giova opporre il pericolo che l'Amministrazione ricorrente possa essere tenuta, nella esecuzione di un servizio PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 649 �sostanzialmente di mera cassa (quale quello della riscossione delle somme spettanti, per pene .pecuniarie, alle Provincie ed ai Comuni) a corrispondere contemporaneamente la percentuale del quindici per cento agli ufficiali giudiziari e a devolvere alle Provincie ed ai Comuni i proventi contravvenzionali non decurtati dalle sopradette percentuali. Tale pericolo, invero, non sussiste, considerato che, come si argomenta dall'ultimo comma dell'art. 129 del decreto presidenziale n. 1229 del 1959 l'amministrazione finanziaria � tenuta a devolvere alle Provincie e ai Comuni gli anzidetti proventi, previa decurtazione della percentuale spettante agli ufficiali giudiziari. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 maggio 1969, n. 1950 -Pres. Malfitano -Est. Elia -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Ministero dell'Interno (avv. Stato Peronaci) c. Zanzon. Delibazione -Sentenza straniera di condanna agli alimenti -Vincolo di sangue tra genitore e figlio non riconoscibile -Accertamento incidenter tantum -Lex fori -Poteri del giudice. (e.e., art. 279; disp. sulla legge in generale, artt. 25 e 27; e.p.e., art. 797). Il vincolo di sangue tra il genitore ed il figlio non riconoscibile non d� luogo ad alcun rapporto familiare ma costituisce il presupposto di fatto, da accertarsi incidenter tantum, per la relativa obbligazione alimentare di carattere meramente privato e patrimoniale. Tale obbligo, ai sensi dell'art. 25 delle disposizioni sulla legge in generale, � regolato dalla legge del luogo ove � nato il figlio non riconoscibile, ed all'accertamento del fatto materiale della nascita effettuato dal giudice straniero non sono opponibiti le limitazioni di prova stabilite dall'art. 279 e.e. le quali, poich� non attengono ad alcun istituto familiare, non sono di ordine pubblico. Pertanto, in sede di delibazione della relativa sentenza straniera, al giudice � riservato un controllo di mera legittimit�, senza potere estendere le sue indagini alle risultanze delle prove acquisite, regolate dalla legge del luogo ove si svolge il processo, a norma dell'art. 27 delle disposizioni sulla legge in generale (1). (Omissis). Con l'unico motivo del ricorso, il ricorrente Ministero dell'Interno denuncia violazione degli articoli 279 e 2729 e.e., (1) In tali sensi � il costante orientamento della giurisprudenza. Le sentenze menzionate in motivazione si leggono: Cass. 10 giugno 1968, n. 1790, Giiis. civ. 1968, I, 1822; 27 aprile 1968, n. 1317, Forn it., 1968, I, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e 797 n. 7 c.p.c., nonch� omessa e contraddittoria motivazione in rela zione allo 360 c.p.c., deducendo che la Corte di appello, dopo aver affermato che la condanna agli alimenti a favore di figlio non ricono scibile non � contraria all'ordine pubblico italiano e che il giudice della deliberazione deve limitarsi ad esamina,re solo la parte dispo sitiva della sentenza straniera, nella quale si compendia il decisum, si �, invece, addentrata nell'esame del merito, qualificando come indi ziario il materiale di prova, tenuto presente dal giudice straniero, senza neppur considerare che l'art. 2729 e.e. ammette l'efficacia pro batoria degli indizi, se producano presunzioni gravi, precise e con cordanti. La censura � fondata. La domanda del Ministero ricorrente aveva per oggetto la deliberazione della sentenza svedese di condanna agli alimenti a favore di figlia non riconoscibile, perch� adulterina. Perch� � le sentenze straniere possano avere efficacia, nel territorio italiano, devono sussistere le condizioni richieste dalla nostra legge, e, propriamente dall'art. 797 c.p.c. Alcune delle dette condizioni previste ai numeri 2, 3 e 4 dell'art. 797 c.p.c., devono, dal giudice italiano della deliberazione, essere accertate con riferimento all'ordinamento dello Stato estero, cui appartiene il giudice che pronunci� la sentenza straniera. Le restanti condizioni, richieste dal medesimo art. 797 c.p.c., devono essere accertate, invece, con riferimento all'ordinamento italiano. In base al n. 7 del citato art. 797 c.p.c., il giudice della deliba zione deve accertare che la sentenza straniera non contenga � disposi zioni � contrarie all'ordine pubblico italiano. Per � disposizioni � si deve intendere la serie delle statuizioni in cui si compendia il deci sum della sentenza straniera. �, invece, inibito al giudice della deli bazione di indagare sulle ragioni poste, dal giudice straniero, a fonda mento della pronuncia, sul sollogismo decisorio da lui adottato, sui presupposti di fatto della decisione, sul merito, in generale, della causa, e, quindi, sulla valutazione che il giudice straniero ha fatto delle risultanze processuali, tranne nelle ipotesi specifiche delPart. 798 c.p.c. (Cass. I Sez. 10 giugno 1968 n. 1790 e Cass., I Sez. 21 aprile 1966, n. 1015). Il controllo, ai fini della deliberazione, deve essere, c10e, limitato ad una indagine di mera legittimit� (Cass. I Sez. 27 aprile 1416; 21 aprile 1966, n. 1015; id., 1966, I, 1525; 23 giugno 1964, n. 653; id., 1964, I, 2157; 19 maggio 1958, n. 1639, in Giur. it., 1958, nI, 1, 1141; 6 marzo 1953, n. 533, in Foro it., 1953, I, 793. In dottrina cfr. ZICCARDI, Paternit�. giudizialmente dichiarata all'Estero ecc., Riv. Dir. intern. priv. e proc. 1968, 854; TREVEs, Considerazioni in tema di ordine pubblico e norme materiali applicabili dal giudice straniero in sede di del'ibazione, ivi 1965, 514; TAMBURINO, Alimenti, in Enciclopedia del diritto, n. 13. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1968, n. 1317). Le norme relative alla istruzione probatoria e, pertanto, le norme concludenti dei mezzi di prova, essendo pertinenti al diritto processuale e cio� alla lex fOTi ed alla forma del processo, sono, infatti, regolate dalla legge del luogo dove il processo si svolge, ai sensi dell'art. 27 delle disposizioni sulla legge in generale. Quando, tuttavia, un rapporto sostanziale deve essere regolato dalla legge italiana, come avviene per i rapporti di famiglia, in relazione agli articoli 17 e 20 delle disposizioni sulla legge in generale, l'osservanza delle limitazioni poste, dalla legge italiana, all'ammissibilit� delle prove, vincol.a anche il giudice straniero, chiamato ad applicare la legge sostanziale italiana, se le dette� limitazioni siano stabilite dalla legge italiana, regolatrice del rapporto, per ragioni di carattere sostanziale, che attengano al regolamento, intrinseco, del medesimo rapporto, da dimostrare (Cass., I Sez., 19 maggio 1958, n. 1639). Poich� tutte le norme cogenti, che regolano l'istituto familiare, in considerazione delle caratteristiche di eticit�, qualificanti i rapporti di famiglia, e dell'interesse pubblico, ad essi, precipuamente, collegato, appartengono all'ordine pubblico, anche le limitazioni di prova apposte, dalla legge italiana, alla dimostrazione dei detti rapporti di famiglia, vengono ad assumere carattere sostanziale, di ordine pubblico, e devono intendersi, come tali, sottratte alla lex fori, onde vincolano il giudice straniero, tenuto, per la norma di diritto internazionale, ad applicare la nostra lex patria. (Cass. 8 ottobre 1953, n. 3214; Cass. 24 novembre 1959, n. 3459 e Cass. 23 giugno 1964, n. 1653). Senonch�, il vincolo di sangue che unisce, per il mero fatto della procreazione, il genitore al figlio non riconoscibile, non pu� dar luogo, .per l'ordinamento italiano, ad alcun rapporto familiare e viene considerato, come mero presupposto materiale, ai fini, esclusivi, dell'obbligazione, alimentare, di natura meramente patrimoniale; presupposto da accertare, dunque, solo incidenter tantum e da cui non pu� derivare, per l'espresso divieto di legge, alcuno status familiare. (Cass. 4 luglio 1958, n. 2387). �Il diritto agli alimenti del figlio non riconoscibile, cio�, esula da ogni istituto familiare, � ristretto alla mera obbligazione patrimoniale, ed � regolato, conseguentemente, in virt� della norma dell'art. 25 delle disposizioni sulla legge in generale (secondo comma), dalla legge del luogo dove � avvenuto il fatto dal quale deriva l'obbligo di alimenti. (Cass. 6 marzo 1953, n. 533). La condanna agli alimenti a favore del figlio non riconoscibile esaurisce i suoi effetti, solo nell'ambito privatistico patrimoniale, � estranea agli istituti familiari, e non � contraria all'ordine pubblico (Cass. 29 settembre 1955, n. 2683). Consegue, da tali principi, pi� volte affermati da questa Suprema Corte, che le limitazioni di prova stabilite dall'art. 279 e.e., per la dimostrazione del fatto materiale della nascita del figlio non riconoscibile, da accertarsi incidenter tantum, e senza riferimento ad alcun istituto familiare, non 652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono di ordine pubblico. L'accertamento incidentale della procreazione del figlio non riconoscibile ha carattere di mero presupposto di fatto ed efficacia limitata all'obbligo, meramente privato e patrimoniale degli alimenti, regolato dalla legge del luogo ove l'obbligo medesimo sorse, e, cio�, del Paese straniero, ove nacque il figlio non riconoscibile. Consegue che le limitazioni di prova, stabilite, ai fini della dimostrazione del fatto materiale predetto dalla legge italiana non hanno valore sostanziale, ma restano nei limiti della lex fori, n� vincolano il giudice straniero, onde la loro violazione non pu� impedire al giudice italiano la delibazione della sentenza straniera di condanna agli alimenti a favore del figlio non riconoscibile; nato all'estero, ed a carico di un cittadino italiano. (Oass. 6 marzo 1953, n. 533; Cass. 19 maggio 1958, n. 1639; Cass. 24 novembre 1959 n. 3457 e Cass. 23 giugno 1964, numero 1653). Non osta infatti alla dichiarazione di efficacia di una sentenza straniera in Italia la violazione di norma italiana limitatrici di mezzi di prova utHizzati dal giudice straniero, se dette norme restano nei limiti della lex fori, regolata dalla norma straniera e non possano acquistare carattere sostanziale, in quanto il rapporto da dimostrare non � regolato dalla legge italiana, ma da quella straniera, e non riguarda materia di diritto familiare, n� attiene all'ordine pubblico italiano. La violazione di norme italiane limitatrici di mezzi di prova pu� essere di ostacolo alla delibazione della sentenza straniera solo se la norma italiana abbia, invece, valore sostanziale, eccedente la lex fori, e il rapporto sostanziale da dimostrare, sia (regolato dalla legge italiana e interessi l'ordine pubblico italiano. N� a tali principi ha apportate modifiche, nel senso di restringere i criteri di accoglimento delle istanze di delibazione delle sentenze straniere, in materia di alimenti a favore di figli non riconoscibili, la Convenzione Internazionale per il recupero degli alimenti, firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa esecutiva in Italia con legge 23 marzo 1958, n. 338. Detta Convenzione richiama, anzi, all'art. 6, le norme nazionali, in materia di delibazione, e, per il caso che esse impedissero la possibilit� di eseguire la sentenza straniera nel Paese del debitore, stabilisce, all'art. 5, anche che il Governo del detto Paese designi un � intermediario � il quale abbia il compito di assistere, rappresentare ed appoggiare, anche con nuova azione di condanna; il cittadino straniero, interessato all'esecuzione della condanna emessa dal giudice del Paese estero. Come, si desume dal Preambolo, la Convenzione, intende facilitare, al massimo, l'esecuzione all'estero delle sentenze di condanna agli alimenti, ed impedire comunque che gli obblighi alimentari dei lavoratori emigrati restino privi di pronta esecuzione, rper le gravi conseguenze che il mancato o ritardato adempimento di tali obblighi possono avere per la vita del cittadino straniero creditore. ~ - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 653 La Corte di appello, nella sentenza impugnata, pur ammettendo che la condanna agli alimenti a favore del figlio non riconoscibile non � contraria all'ordine pubblico italiano e che ha natura �meramente patrimoniale �, non ha considerato che, proprio per questa sua natura, essa non solo non riguarda l'ordine pubblico italiano, ma � regolata dalla �legge straniera, onde le limitazioni di prova di cui all'art. 279 e.e. restano nei limiti della lex fori e non acquistano carattere sostanziale. La Corte di appello, non ha dunque, considerato che tali limitazioni di prova, non potevano essere applicate a un rapporto regolato, per il suo carattere meramente patrimoniale e non familiare, dalla legge straniera, e non concernevano l'ordine pubblico italiano, e d'altra parte non ha considerrato che la stessa legge processuale italiana riconosce, per i rapporti a quale le limitazioni dell'art. 279 e.e. non debbono applicarsi, l'efficacia di presunzioni dedotte mediante indizi, sempre che esse siano, dal giudice di merito ritenute con apprezzamento insindacabile (Cass. 14 giugno 1965, n. 1204) .gravi, precise e concordanti, in relazione all'art. 279 e.e. La Corte di appello, infine, pur avendo esattamente affermato che il giudice della delibazione non pu� esaminare il merito, ha finito invece con l'esaminarlo, essendo stata indotta a tale illegittimo esame dagli errori, e dalle contraddizioni, in cui era incorsa, per aver trascurato di dedurre, dall'affermato carattere meramente patrimoniale, e non familiare, del rapporto, la sua sottoposizione alla� legge regolatrice straniera e la conseguente efficacia meramente formale dei limiti di prova stabiliti dalla'rt. 279 e.e. e per effetto di tali errori, ha ritenuto che ostasse alla delibazione il fatto che il giudice straniero ha posto a base del proprio convincimento indizi e presunzioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 giugno 1969, n. 1959 -Pres. ValliUo -Est. Poddighe -P. M. Caccioppoli (conf.). -Nencioni (avv. Massart) c. Ferrovie dello Stato (avv. Stato Gargiulo). Responsabilit� civile -Responsabilit� della p. a. per danni ai propri dipendenti -Risarcimento -Norme limitatrici -Declaratoria di incostituzionalit� -Prescrizione del diritto -Decorrenza. (Cost., artt. 28, 136; r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313, art. 1, eonv. in 1. 28 maggio 1936, n. 1126; e.e. artt. 2935, 2947). n vizio di itlegittimit� costituzionale, in quanto non determina un impedimento legale all'esercizio del diritto dalla norma incostituzionale disconosciuta ma pone in essere una mera difficolt� di fatto, non incide sulla decorrenza della prescrizione che pertanto ha inizio dal giorno RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui il diritto stesso poteva esser fatto valere e non daUa data detta declaratoria di iUegittimit� costituzionale (Fattispecie in tema di risarcimento dei danni subiti da dipendenti deUo Stato per incidenti a causa di servizio, che te disposizioni contenute net r. d. 6 febbraio 1936, n. 313 convertito in i. 28 maggio 1936, n. 1326, di poi dichiarata incostituzionale con sentenza 30 gennai.o 1962, n. 1, limitava ai trattamento pensionistico atta stregua dette norme vigenti (1) .. (Omissis). -Il ricorso dei Nencioni ripropone al Supremo Collegio la delicat.a questione dei limiti che l'efficacia retroattiva della pronunzia di incostituzionalit� incontra, in conseguenza dell'interferenza, nella disciplina delle concrete fattispecie, di altre norme le quali neutralizzino a priori le conseguenze che J.a pronunzia di incostituzionalit� � astrattamente idonea a produrre, quando, in relazione agli atti ed ai rapporti precostituiti, determinate situazioni giuridiche siano esaurite e per ci� (1) La sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, della Corte Costituzionale � pubblicata in Foro it., 1962, I, 175 con nota. Incostituzionalit� e prescrizione 1. -Gli elementi essenziali della controversia nella quale � intervenuta la sentenza che si annota possono cosi riassumersi: -col r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313, fu escluso che i dipendenti civili dello Stato avessero diritto nei confronti di quest'ultimo al risarcimento dei danni derivati da lesioni personali o da morte verificatesi in servizio od in occasione di servizio; -il predetto r.d.l. fu abrogato con 1. 6 marzo 1950, n. 104, ma, quest'ultima non avendo efficacia retroattiva (Cass., 20 ottobre 1958, n. 3360; Corte dei Conti, 26 ottobre 1957; Cass., 15 maggio 1956, n. 1614), fu sollevata (in relazione a danni .prodotti prima della sua entrata in vigore) la questione della illegittimit� costituzionale del detto r.d.l. 1936, n. 313, in quanto contrastante con l'art. 28 Cost.; -la Corte costituzionale con sentenza n. 1 del 2 gennaio 1962 dichiar� la detta illegittimit�; -a seguito di ci� gli attori chiesero, con citazione del settembre 1962, il risarcimento di danni verificatisi nel 1949, in ordine alla cui causazione la responsabilit� del personale dipendente dall'Amministrazione era stato accertato con sentenza penale del febbraio 1954; -l'Amministrazione eccepi la prescrizione del diritto al risarcimento per la ragione che la citazione era stata notificata oltre il biennio decorso dal giudicato penale, nulla rilevando che nel momento in cui quest'ultimo era intervenuto non fosse stata ancora dichiarata la illegittimit� del r.d.l. 1936, n. 313. 2. -Non sembra che la Corte Suprema abbia impostato correttamente la soluzione del problema propostole, anche se � poi pervenuta ad una decisione sostanzialmente esatta. Si tratta, pervero, di decidere se con l'entrata in vigore di una norma costituzionale precettiva (e non meramente programmativa), quale � l'articolo 28 Cost., si fosse reso con ci� stesso azionabile un diritto di credito I 00 PARTE I, SEZ._ III, GIURISPRUDENZA CIVILE 655 consolidate ed intangibili ed i rapporti siano perci� diventati insuscet tibili di essere modificati per effetto dell'eliminazione della norma incostituzionale. Problematica peraltro non nuova, che � stata oggetto di indagine anche di recente da parte di questo Supremo Collegio (sent. 9 a'gosto 1968, n. 772) per cui si � arrivati alla communis opinio che, attesa la natura del vizio di incostituzionalit�, �intrinseco, sostanziale, originario (nel senso che esso risale o all'entrata in vigore della norma poi dichiarata incostituzionale o all'entrata in vigore della legge costituzionale a seconda che si tratti di norma emanata posteriormente o anteriormente ai precetti costituzionali), ed attesa la specifica natura della sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale, inquadrabile nella categoria dei cosi detti accertamenti costitutivi, questa comporta la totale e definitiva eliminazione dall'ordinamento della norma dichiarata illegittima con effetto ex tunc. che una precedente norma ordinari�, di poi dichiarata illegittima, aveva denegato; e dunque se dalla detta entrata in vigore, e non da un momento successivo fosse iniziato il decorso della prescrizione di quel diritto. Epper� doveva attribuirsi� priorit� logica all'esame della relazione intercorrente tra la norma costituzionale precettiva e la norma ordinaria illegittima, al fine di decidere se, reagendo con immediatezza la prima sulla seconda, ne derivasse altresi la rimozione del divieto che la norma ordinaria aveva frapposto all'esercizio dell'azione; e, soltanto se a tale quesito si fosse risposto negativamente, sarebbe stato da esaminarsi la relazione intercorrente tra la sopravvenuta sentenza dichiarativa della incostituzionalit� della norma ordinaria e il rapporto giuridico attinente al diritto di credito de quo. In breve, si trattava, vertendo la lite in punto di individuazione del termine iniziale della prescrizione, di acclarare il dies natae actionis: per la qual cosa era non tanto e non soltanto da accertarsi se gli effetti della sentenza dichiarativa di incostituzionalit� si esplichino o non di fronte ad una situazione consolidata (per intervenuta prescrizione), quanto invece ed anzitutto se tale situazione (consolidata) si verifichi in funzione del mero fatto obiettivo dell'intervento nell'ordinamento di una norma costituzionale precettiva. 3. -A tal proposito va premesso che, pur nell'ambito delle norme costituzionali precettive, � opportuno distinguere tra norme precettive � con efficacia immediata � e norme che, pur essendo precettive, non possono tuttavia ricevere concreta attuazione se non col successivo contributo (auctoritatis interpositio) dello stesso legislatore ordinario (per la distinzione, PIERANDREI, in Enciclopedia del diritto, X, p. 905). Pervero la situazione di contrasto (originario o sopravvenuto) tra norma ordinaria e norma costituzionale si verifica, nel caso di norma costituzionale precettiva con efficacia immediata, nel momento stesso in cui le due norme vengano a coesistere nell'ordinamento; mentre, nel caso di norma costituzionale con efficacia differita, la situazione di contrasto potr� verificarsi se e soltanto quando il legislatore ordinario, adempiendo il compito demandatogli dal Costituente e cio� integran�lone il precetto, abbia reso attuale la volont� contenuta in quest'ultimo. 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ci� significa che dal giorno successivo a quello della pubblicazione della sentenza il g.iudice deve considerare la norma come mai esistita e non pu� applicarla ad alcun caso, osservate per� naturalmente anche a tal riguardo le regole sulla salvezza delle situazioni giuridiche consolidate. Conseguentemente, in applicazione di tali principi, il d.B. 21 ottobre 1915, n. 1558 ed il r.d.1. 6 febbraio 1936, convertito nella J. 28 ma.ggio 1936, n. 1126, che lim.itano il diritto dell'impiegato infortunato, nei confronti della P. A.; unicamente al trattamento rprevi�sto dalle norme che regolano il rapporto di servizio o di quiescenza con esclusione dell'azione risarcitoria, non potranno rpi� essere applicati ad alcun rapporto n� presente n� futuro dal giorno della pubblicazione nella G. U. della sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, della Corte Costituzionale che li ha dichiarati incompatibili con .gli art. 3 e 28 della Costituzione. Restano salve per�, come si' � detto, le situazioni giuridiche consolidate in quanto la efficacia ex tunc della sentenza d'accoglimento della Quanto poi alla norma costituzionale programmatica, non � neppure configurabile un suo contrasto immediato con la norma ordinaria preesistente, stante che la detta norma costituzionale, diretta al legislatore, tende a dirigere la successiva attivit� di quest'ultimo. � perci� che il contrasto potr� insorgere soltanto in un momento successivo alla stessa statuizione della norma programmatica, quando cio� il legislatore si facesse a porre nell'ordinamento norme non coospiranti con l'indirizzo costituzionale. Va peraltro notato che, pur cosi diversamente localizzatane nel tempo la genesi, tuttavia della illegittimit� della norma ordinaria non mutano di volta in volta la natura e le conseguenze. Non � qui il caso di soffermarsi sulla questione se la norma ordinaria illegittima sia nulla o meramente invalida; ma deve invece ricordarsi che secondo una dottrina (PUGLIATTI, Abrogazione, in Encicl. diritto, I, p. 152; ESPOSITO, Cost. ital., 269/272; AZZARITI, L'invalidit� della legge, passim), sostanzialmente condivisa dalla Corte Suprema (Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707), la norma illegittima � dotata, fino alla decisione della Corte costituzionale, di efficacia quanto ad esecutoriet�, ma � non anche quanto ad obbligatoriet� � : ditalch� rispetto ad essa si hanno contemporaneamente pi� condotte possibili, nel senso che da un canto l'Autorit� amministrativa � tenuta ad obbedire al suo comando, dall'altro il giudice deve deferirla (ai fini della disapplicazione) alla Corte costituzionale ed, infine, i cittadini � sono tenuti a non farne conto >, stante che � sarebbe veramente inesatto dire che essi sono tenuti ad obbedire alla legge incostituzionale fino alla dichiarazione di illegittimit� della Corte � (ESPOSITO, op. cit., p. 270). In definitiva, la norma ordinaria, dal momento (come sopra individuato) in cui se ne sia determinata la illegittimit� per contrasto con una norma costituzionale attualmente efficace, diviene per ci� stesso, e cio� per l'antitesi con la norma di grado superiore, non vincolante per il cittadino: il quale potr� altres� -con i mezzi all'uopo apprestatigli dall'ordinamento -ottenere la declaratoria della liceit� del suo comportamento pur se questo sia apparentemente non in chiave con la norma ordinaria. �. . �. . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 657 Corte Costituzionale trova possibilit� d'applicazione ai rapporti che siano ancora suscettibili di giudizio. A questo punto la problematica si sposta dall'ambito della disciplina costituzionale al campo diverso delle singole norme, dovendosi indagare se i rapporti in questione siano ancora sensibili oppure no alla dichiarazione di incostituzionalit� della norma che li regolava. Nella casistica giurisprudenziale J'.insensibilit� del rapporto a1la dichiarazione di incostituzioanlit� � collegata agli effetti preclusivi del giudicato (sent. 772 del 1968) o al maturarsi di termini di prescrizione o di decadenza o dipende da atti negoziali o da altri atti o fatti che siano rilevanti sul piano sostanziale o processua,le nonostante l'inefficacia della norma incostituzionale (sent. 1707 del 1963). Pertanto, tenuto conto di ci�, si pu� dire che la efficacia retroattiva della pronunzia rdi incostituzionalit�, non trova alcun limite neppure estrinseco quando si tratti di rapporti ai quali la norma avrebbe potuto essere applicata se non fosse stata dichiarata viziata da iHegittimit�. 4. -� evidente allora che il difetto di obbligatoriet� della norma ordinaria illegittima non pu� non comportare la elisione radicale dei limiti che, per avventura, quella norma aveva statuito a carico del cittadino. Ditalch� ove, pi� particolarmente, quei limiti fossero consistiti o nella negazione di un diritto (che la norma costituzionale ha invece riconosciuto) oppure nell'impedimento all'eserci,zio di un diritto (esercizio che la norma costituzionale ha invece liberalizzato), il cittadino ben pu� (dal momento in cui la obbligatoriet� della norma ordinaria � venuta meno e cio� dal momento in cui � insorto il contrasto tra le norme) dichiararsi titolare del diritto ed esercitarlo. Gli rester� -� vero -da rimuovere previamente la norma ordinaria illegittima deducendone la incostituzionalit�, ma -a ben guardare trattasi di un onere non dissimile da quello che � proprio delle questioni pregiudiziali in genere (CALAMANDREI, L'illegittimit� costituzionaLe): rispetto alle quali non si � mai affermato che la loro presenza costituisce un impedimento giuridico assoluto all'esercizio del diritto che si intenda far valere e dunque tale da impedire il decorso della prescrizione. D'altronde il brocardo secondo cui actioni nondum natae non praescribitur, di cui v'� codificazione nell'art. 2935 e.e., ha pur sempre ricevuto la specificazione che toties actioni nondum natae praescribitur quoties nativitas ejus in potestate creditoris; e cio� che se � vero che non si estingue per prescrizione un diritto non azionabile, � vero altres� che incombe al creditore che voglia evitare la prescrizione l'onere di rimuovere -ove l'ordinamento ci� consenta -quegli eventuali ostacoli che si frappongono al concreto esercizio dell'azione (Cass., 29 aprile 1965, n. 759). Or non pu� esservi dubbio che, poich� la questione di illegittimit� costituzionale pu� essere sollevata dallo stesso attore (creditore) (PIERANDREI, op. cit., p. 947; CAPPELLETTI, La pregiudizialit�, 19i20), ditalch� questi pu� egli stesso provocare, attraverso l'accertamento incidentale della Corte costituzionale, la nativitas dell'azione gi� denegata dalla norma ordinaria illegittima, v'� quanto basta perch� si riconosca che nello stesso momento in cui interviene il contrasto tra norma costituzionale e norma ordinaria, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Resta ora da vedere appunto se al rapporto fatto valere in giudizio dai Nencioni si sarebbe potuta applicare la normativa limitatrice invocata dall'Amministrazione ferroviaria qualora essa non fosse stata dichiarata incostituzionale. La risposta negativa data al quesito dalla Corte fiorentina non pu� essere che approvata essendosi maturato nel frattempo e, cio�, prima che fosse stata proposta l'azione (con la citazione 20 settembre 1962), il periodo prescriziona>le del diritto al risarcimento. La situazione, a quella data, era, invero, esaurita, ossia consolidata, intangibile, insuscettibile di essere diversamente regolata, iper effetto preelusivo di un fatto rilevante sul piano sostanziale, nonostante l'inefficacia della norma dichiarata incostituzionale. Correttamente il termine a quo del detto periodo prescrizionale biennale � stato identificato nel giorno in cui � passata in cosa giudicata la sentenza penale 12 febbraio 1954 del Tribunale di Arezzo (art. 2947 c. c.) : �conseguentemente il detto periodo � stato ritenuto gi� trascorso alla data di introduzione di questo giudizio. la voluntas del creditore acquisisce una efficacia decisiva per il concreto esercizio del diritto e dunque che da quel momento inizia il decorso della prescrizione. Ci� resta comprovato dalla considerazione che appunto a seguito della proposizione di un'azione risarcitoria, astrattamente incappante nel divieto di cui al r.d.1. 1936, n. 313, il Tribunale di Venezia pot� sollevare la questione di legittimit� di quest'ultimo, che fu poi accolta con la sentenza n. 1 del 1962 della Corte cost�tuzionale; e dunque resta conclamato che gi� con l'entrata in vigore dell'art. 28 Cost. era � cessata la impossibilit� giuridica � (derivante dal r.d.1. 1936, n. 313) di azionare la pretesa di risarcimento. 5. -La prescrizione estingue il diritto e costituisce, dunque, la fattispecie pi� radicale di conclusione od esaurimento del rapporto giuridico che quel diritto concerneva (PIERANDREI, op. cit., p. 973). E dunque la sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale che dichiara la illegittimit� della norma ordinaria non reagisce in modo alcuno sul rapporto (sul quale la prescrizione abbia gi� agito), neppure nel senso di rimettere in termine il creditore. Per contro una simile rimessione in termine, se non consegue alla pronunzia della Corte Costituzionale, � provocata invece dal conflitto tra le norme di grado diverso e si verifica ope juris nello stesso momento in cui tale conflitto insorge: come � stato gi� ritenuto, in relazione all'art. 113 Cost., nel caso di norme pi;eesistenti alla Costituzione, le quali dichiaravano non impugnabili alcuni atti amministrativi (Cons. Stato 20 novembre 1951, in Cons. Stato, 1951, 1450; Cons. Stato 20 ottobre 1964, in Foro it., 1965, III, 83). Conformemente a quanto si � sin qui esposto hanno deciso, sempre con riferimento al r.d.1. 1936, n. 313, il Tribunale di Firenze (sent. 1� luglio 1963, in Foro it., 1964, I, 182) ed il Tribunale di Milano (sent. 21 maggio 1964, in Foro it., 1965, I, 520). GIOVANNI CoLETTA PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 659 N� tale termine a quo pu� essere spostato fino alla data di pubblicazione della sentenza 30 gennafo 1962, n. 1, della Corte Costituzionale perch� gli effetti della dichiarazione di illegittimit� della norma cosi privata di efficacia risalgono al momento in cui nell'ordinamento vigente essa si trov� in contrasto con i principi di cui agli art. 3 e 28 della Costituzione e perch� la questione di illegittimit� costtiuzionale della legge limitatrice del diritto al risarcimento avrebbe potuto essere proposta innanzi alla Corte Costituzionale. Non sarebbe stato pi� impossibile quindi ottenere il risarcimento dovuto ed, in ultima analisi, non poteva trovare applicazione J.a regola contra non valentem... recepita nell'art. 2935 c. c. ed invocata da�i ricorrenti. Questa, infatti, disponendo che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere, si riferisce alla possibilit� legale, dando rilievo esclusivo aJ.le cause impeditive dell'esercizio del diritto e non anche aUe difficolt�, a.gli ostacoli, a un eventuale impossibilit� di fatto. L'esecutivit� della legge affetta da ilJ.egittimit� costituzionale pu� essere, invero, fatta cessare con la denunzia di questa alla Corte Costituzionale, osservate le forme e le condizioni prescritte, da parte del cittadino che ne abbia interesse e, pertanto la presenza nell'ordinamento di una norma in contrasto con i principi garantiti dalla Costituzione se da una �P,arte non impedisce, in modo assoluto, l'esercizio di un diritto che un soggetto intenda far valere in contrasto con quella norma, dall'altra non pu� ostacolarne il decor�so della prescrizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2450 -Pres. Rossano Est. Malfitano -P. M. Di Majo (diff.) -A.N.A.S. (avv. Stato Lancia) c. Marangolo (avv. Gatto). Espropriazione per p. u. :-Occupazione di urgenza ultra biennale Risarcimento danni -Giudicato sulla condanna generica formatasi in corso del giudizio -Successivo intervento del decreto di esproprio -Irrilevanza. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, 73; e.e. art. 2909). Il decreto di espropriazione per p. u., intervenuto nel corso del giudizio promosso dal proprietario per conseguire il risarcimento dei danni da occupazione ultra biennale del fondo, ha l'effetto di contenere l'obbligo dell'espropriante al pagamento del relativo valore nei limiti dell'indennitd di esproprio, in conseguenza del venir meno della iHegit 660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO timit� dell'occupazione, semprecch� non sias>i gi� formato ii giudicato sul capo afferente la condanna generica al risarcimento dei danni. In tal caso conservano invece effetto le statuizioni della sentenza non solo sul diritto al risarcimento, ma anche sulla portata e specifica consistenza di questo (1). (Omissis). -Con i primi due motivi del ricorso, che vanno esaminati congiuntamente stante la J.oro intima connessione, denunziandosi la violazione degli articoli 1, 24, 46, 50 e 73 della legge n. 2359 del 1865 e degli articoli 2909, 2043, 2056 del c. �c., si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che, nonostante il sopravvenuto decreto di espropriazione, dovesse essere liquidato agli espropriati il risarcimento del danno commisurato al valore venale attuale del terreno occupato e. alle opere necessarie per �conservare il fondo residuo nelle medesime condizioni esistenti all'atto dell'occupazione cosi come era stato stabilito con la sentenza non definitiva pronunziata in primo grado e contro la quale non era stato proposto o riservato l'appello. In proposito si deduce che, sopravvenuto il decreto di espropriazione, era venuto meno il diritto degli espropriati a conseguire quella parte del danno rappresentato dall'equivalente economico del terreno, dovendo gli stessi essere soddisfatti soltanto attraverso l'indennit� di espropriazione e che a ci� non era di ostacolo H. giudicato fomiatosi con la sentenza non definitiva in quanto essa conteneva soltanto una condanna geenrica al risarcimento di danni. La censura � infondata. (1) Non constano precedenti in termini. Cfr., in Giust. civ., 1969, I, 1397 la requisitoria in senso difforme del P.M. Sugli effetti del decreto di espropriazione intervenuto in sede di giudizio di rinvio, da considerarsi alla stregua dello ius superveniens, ricorrendone la medesima ratio, cfr. Cass. 27 maggio 1963, n. 1386 in Foro it., 1963, I, 1392 con nota di riferimenti. Costituisce d'altra parte giurisprudenza ormai pacifica che, intervenuto il decreto di espropriazione per p.u. successivamente al decorso biennio di occupazione in via di urgenza del fondo, ha termine la illegittimit� nella detenzione del bene ed al proprietario del fondo spettano, oltre al risarcimento del danno per il periodo di occupazione abusiva tra la scadenza del biennio e la data del decreto di esproprio, la indennit� di occupazione biennale e quella di espropriazione (cfr. Cass., 19 giugno 1968, n. 2031; 24 maggio 1968, n. 1572; 13 febbraio 1965, n. 223 in questa Rasseg11Ja, 1965, I, 337; 28 luglio 1964, n. 2142, ivi, 1964, I, 733 con note di riferimento). Circa la condanna generica al risarcimento dei danni la quale, costituendo una semplice declaratoria iuris, non pregiudica l'accertamento, anche se siano stati precisati gli eventuali titoli di essi, che in sede di liquidazione dovr� fare il giudice per stabilire in concreto se e quali siano i danni cfr. Cass., 22 giugno 1968, n. 2087; 16 ottobre 1967, n. 2482. ~ !:: ___,~-~ PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 661PARTE SEZ. GIURISPRUDENZA CIVILE 661 I, III, � vero che la sopravvenienza del decreto di espropriazione dopo il biennio di occupazione legittima fa venire meno la illegittimit� dell'occupazione protrattasi oltre il biennio e il diritto di propriet� � trasferito dalla data del menzionato decreto con la conseguenza che all'espropriato spettano l'indennit� per J.'occupazione temporanea legittima, l'indennit� di espropriazione e il risarcimento del danno cagionato dal protrarsi della occupazione temporanea relativamente al periodo tra la scadenza del biennio e il decreto. di espropriazione e consistente neHa mancata percezione dei frutti del fondo salvo il maggior danno, se ne sia data la �prova, la Corte di merito ha correttamente ritenuto che questi principi non potessero essere applicati nella fattispecie in esame perch� vi ostava il giudfcato formatosi con la sentenza non definitiva del Tribunale del 30 dicembre 1955 con la quale fu dichiarata la illegittimit� dell'occupazione del fondo rustico di propriet� dei resistenti per il periodo successivo alla scadenza del biennio e fu pronunziata la condanna dell'ANAS al pagamento dell'indennit� per il periodo di occupazione legittima e al risarcimento' dei danni per il periodo successivo, precisandosi che il risarcimento medesimo dovesse comprendere il valore del fondo occupato alla scadenza del biennio di occupazione, il mancato godimento dello stesso da tale data e l'importo delle opere necessarie per conservare il fondo residuo nelle stesse condizioni in cui trovavasi all'atto dell'occupazione. Con tale sentenza, invero, si era formato il giudicato non solo sulla condanna generica al risarcimento dei danni, ma anche sulla statuizione relativa alla portata e aila specifica consistenza di tale risarcimento. La liquidazione dei danni, quindi, doveva essere eseguita sulla base di tale statuizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 luglio 1969, n. 2815 -Pres. Vinci Orlando -Est. Miani -P. M. Pedace (parz. diff.). -Consorzio Agricolo Industriale Maremma (avv. Limone) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). Procedimento civile -Regolamento di competenza -Sezione Specializzata per le controversie agrarie -Competenza -Limiti. (1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1). Procedimento civile -Contratti agrari -Competenza funzionale territorialmente inderogabile delle Sezioni Specializzate -Foro dello Stato -Prevalenza -Non sussiste. (c.p.c. art. 25, t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 6, 7). La competenza delle Sezioni Specializzate per le controversie agrarie sussiste in base alla domanda proposta, indipendentemente dalla sua 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fondatezza, allorch� si prospetti una questione inerente un contratto agrario, rientrante tra quelle demandate alla cognizione della Sezione specializzata (1). La competenza delle Sezioni Specializzate per le controversie agra rie ha carattere funzionale ratione materiae ed � territorialmente inde rogabile, in quanto fondata sulla particolare esperienza delle situazioni locali e pertanto la competenza del giudice loci rei sitae si pone in deroga .anche delle norme sul foro dello Stato (2). (Omissis). -In ordine alla questione di competenza, si osserva che erroneamente la Sezione Specializzata A.graria presso il Tribunale di Grosseto ha, con la sentenza impugnata, fatto dipendere la determinazione della competenza dall'accertamento dell'esistenza, nel caso concreto, di una valida concessione-contratto di affitto dei terreni di cui trattasi. La predetta determinazione deve infatti avvenire in base alla domanda cosi come proposta, prescindendo dalla sua fondatezza o meno, e avendo riguardo al quid disputatum e non al quid decisum. E pertanto, una volta che il Caim, assumendo che la Pubblica Amministrazione �gli aveva concesso il godimento di quei terreni, aveva chiesto la determinazione dell'equo canone di affitto degli stessi, ai sensi della 1. 12 giugno 1962, n. 567, la risoluzione della controversia a cui tale domanda si riferiva apparteneva, a norma dell'art. 15 della citata legge e dell'art. 1 della 1. 2 marzo 1963, n. 320, alla competenza della Sezione Specializzata Agraria, e l'accertamento dell'esistenza o meno di una valida concessionecontratto costituiva una questione di merito circa l'esistenza del diritto fatto valere in giudizio, dalla cui soluzione, in senso positivo o negativo, (1) La sentenza conferma un orientamento ormai pacifico, per il quale sussiste la competenza delle Sezioni Speeialiwate agrarie allorch� sia dedotta la esistenza di un contratto agrario e la questione rientri tra quelle devolute alle Sezioni Specializzate -cfr. Cass. 11 febbraio 1969, n. 468; 18 gennaio 1969, n. 121, Foro it. Mass. Tale competenza tuttavia vien meno allorquando prima facie e senza necessit� di ulteriore istruttoria, sia dato rilevare la inesistenza di un contratto agrario. Cass. 7 marzo 1967, n. 536; 18 ottobre 1966, n. 2527; 31 gennaio 1966, n. 364. In tema di controversie sui canoni di affitto, si conviene che la materia devoluta alla cognizione esclusiva delle sezioni specializzate sia quella concernente l'adeguamento o la perequazione del canone di affitto, ed il diritto dell'affittuario alla attribuzione del premio di coltivazione, senza che sia daro pervenire ad un ampliamento della controversia per ragioni di connessione, cfr. Cass. 18 ottobre 1968, n. 3367; 24 luglio 1969, n. 2813. (2) In senso conforme cfr Trib. Firenze 17 aprile 1962, in questa Rassegna 1963, p. 197, nella quale sono altresi riportati parte dei motivi a sostegno del regolamento di competenza proposto dall'Avvocatura dello Stato PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 663 dipendenza l'accoglimento o il rigetto della domanda stessa, e non la declaratoria di co~etenza o incompetenza. Posto, quindi, che competente per materia a decidere era in ogni caso la Sezione Specializzata Agraria, anche se il fondo apparteneva alla Pubblica Amministrazione, resta da esaminare se la Sezione competente fosse quella istituita presso il Tribunale di Grosseto ovvero, come sostiene il P. M., quella presso il Tribunale di Firenze, dove ha sede l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato. La questione, gi� decisa nel senso della prevalenza del foro erariale (Cass. 26 gennaio 1968, n. 254) � stata successivamente riesaminata pervenendo alla soluzione opposta, che � da ritenersi preferibile. Se � vero, infatti, che l'inderogabilit� della competenza del foro dello Stato risulta dagli art. 6 e segg. del r. d. 30 ottobre.1933, n. 1611, non � tuttavia men vero che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che la competenza delle Sezioni Specializzate Agrarie non solo ha carattere funzionale ratione materiae, ma � anche territorialmente inderogabile, in quanto il giudice particolarmente qualificato a decidere le controversie in materia di canoni e di proroghe dei contratti agrari si identifica con il giudice loci 'J'.ei sitae. Dovendosi quindi stabilire a quale di tali due criteri debba riconoscersi la prevalenza, occorre aver riguardo alle ragioni sulle quali essi rispettivamente si fondano. Ora, se si considera che la regola del foro dello Stato trova la sua giustificazione in motivi di convenienza amministrativa e procedurale (v. Corte Cost. 22 dicembre 1964, n. 118), mentre, per contro, l'elemento territoriale riveste un'importanza essenziale per il funzionamento delle Sezioni Specializzate Agrarie (in quanto la definizione delle controversie ad esse devolute presuppone una particolare esperienza delle situazioni locali, e la stessa loro co~sizione con esperti agrari del luogo si ispira a tale esigenza), si deve concludere che non soltanto ratione materiae, ma anche ratione loci, la competenza delle Sezioni stesse � inderogabile ed � assorbente di ogni altro criterio di competenza, prevalendo' perci� anche su quella del foro erariale. -(Omissis). Sul carattere territorialmente inderogabile della competenza delle Sezioni Specializzate agrarie cfr. Cass. 17 febbraio 1969, n. 551, in Foro it., Mass. 164; 23 gennaio 1969, n. 205, ivi, 63; 13 ottobre 1956, n. 3578. La sentenza 26 gennaio 1968 -254 citata in motivazione, con la quale la Cassazione aveva invece riconosciuto la inderogabilit� delle norme sul foro dello Stato anche in tema di controversie dinanzi alle Sezioni Specializzate agrarie, � riportata in questa Rassegna 1968, I, 417 con note di riferimento. In dottrina cfr. FAVARA, Concorso di competenze fwnzionali per territorio tra foro per le controversie agrarie e foro dello Stato, Giur. agr., 1964, n. 535. SEZIONE QUARTA SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 13 -Pres. Papaldo -Est. Daniele -Seppi ed altri (avv. Guarino G.) c. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Carafa), Vari ed altri (n. c.). Giustizia amministrll.tiva Cosa giudicata -Estensione agli estranei alla lite -Rifiuto di registrazione della Corte dei conti -Effetti. Nel caso che la p. a. abbia ritenuto estendere il giudicato nei confronti di tutti i soggetti che si trovino nella stessa situazione dei ricorrenti e tale determinazione non sia divenuta efficace a causa del rifiuto di registrazione da parte della Corte dei Conti, rientra nell'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione stessa valutare l'opportunit� di insistere o no, per l'ulteriore corso d~l provvedimento, eventualmente provocando la registrazione con riserva (1). (1) :ai pacifico l'orientamento nella giurisprudenza, secondo il quale, in seguito al rifiuto del visto da parte della Corte dei Conti, la p.a. deve valutare l'interesse pubblico concreto ad eliminare l'atto non vistato con l'interesse inerente alle posizioni giur�diche eventualmente consolidatesi: cfr. Sez. VI, 22 dicembre 1966, n. 985, Foro it. Rep., voce Atto amm., n. 185. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 15 -Pres. Papaldo -Est. Granito -Loffredo e Jovino (avv.ti !emolo e Selvaggi), Grillo e Cimaglia (avv. Stoppani) c. Ministero della Sanit� (avv. Stato Gior.gio Azzariti), Ospedali riuniti per bambini di Napoli (n. c.), Pomponio (avv. Abbamonte), Vetrano ed altri (n. c.). Giustizia amministrativa Ricorso giurisdizionale e ricorso straordi- ' nario -Alternativit� Decisione di ricorso straordinario Istanza di revocazione e ricorso giurisdizionale -Concorso cumulativo - Ammissibilit�. Ricorsi amministrativi -Ricorso straordinario -Rinuncia -Effetto - Decorrenza dalla notificazione alla controparte e deposito presso PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 665 il Ministero -Decisione del ricorso nello stesso giorno dalla legale conoscenza della rinuncia -Illegittimit�. L'alternativa prevista dall'art. 34 secondo comma t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario -per il suo carattere, eccezionale, di disposizione limitativa dell'esercizio del diritto di azione -non � suscettibile di applicazione analogica ad ipotesi non previste dalla norma; pertanto, deve ritenersi ammissibile il concorso cumulativo dell'istanza in revocazione del decreto presidenziale decisorio di gravame straordinario con altro mezzo di gravame contro la stessa pronuncia, non trovando applicazione, nel giudizio davanti al Consiglio di Stato, l'art. 398 ultimo comma c.p.c. (secondo cui la proposizione della revocazione sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo) (1). �In base ai principi desumibili daZl'art. 46 r.d.l. 17 agosto 1907, n. 642, applicabili anche al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, il provvedimento con cui si d� atto della rinuncia al gravame, di natura dichiarativa, spiega i suoi effetti, retroattivamente, sin dalla data in cui la rinunzia fu notificata alle controparti e depositata presso il Ministero c:.nnpetente ad istruire il ricorso straordinario; pertanto � illegittimo il decreto presidenziale decisorio di ricorso straordinario che risulti emanato lo stesso giorno in cui l'Autorit� decidente ebbe conoscenza legale della rinunzia al ricorso, per difetto di un necessario presupposto (esistenza di un ricorso) (2). (1-2) Cfr. sul principio dell'alternativit�, interpretato dopo le sentenze della Corte Costituzionale 1� febbraio 1964, n. 1 e 2 luglio 1966, n. 78, cfr. Ad. plen. 28 settembre 1967, n. 11, in questa Rassegna, 1967, I, 1018, con nota. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 91 -Pres. Tozzi Est. Laschena -Manna ed altro (avv. Abbamonte) e Bianchi (avv. D'Audino V. e F.) c. Ministero della Sanit� (avv. Stato Giorgio Azzariti), Ministero del Tesoro (n. c.) e Federazione nazionale Ordine dei Medici (avv. Guarino G.). Competenza e giurisdizione -Professioni -Diritto all'esercizio professionale -� diritto soggettivo -Controversia sulle tariffe per prestazioni professionali dei chimici -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. In base al criterio di discriminazione della giurisdizione ordinaria da quella amministrativa, desumibile non tanto dal petitum, ma daUa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO causa petendi, il diritto di libert� all'esercizio professionale ha la consistenza di diritto soggettivo perfetto, in quanto costituisce diretta esplicazione dei diritti inviolabili deil'individuo, salvo che, in base ad espressa previsione dell'ordinamento, sussistono speciali esigenze di pubblico interesse; pertanto, poich� la legge 19 luglio 1957, n. 579 riconasce ai chimici il diritto all'esercizio professionale al di fuori di qualsiasi potere discrezionale della P.A., la controversia sulla legittimit� del decreto presidenziale che determina le tariffe degli esami di laboratorio sfugge alla giurisdizione del Consiglio di Stato (1). (1) Cfr. Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1112, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 2316. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 aprile 1969, n. 114 -Pres. Tozzi Est. Felici -Scremin (avv.ti 'Alessi, Ballarini Puviani e Pallottino) c. Comune di Rdccione (n. c.), Antinori ed altro (avv. Dallari G. M.). Piano di ricostruzione -Prescrizioni -Operativit� immediata -Prescrizione ad operativit� immediata -Impugnazione tardiva Irricevibilit�. Giustizia amministrativa -Errore scusabile -Presupposti -Dubbi ed incertezze sorte dopo la maturazione e consumazione del potere di impugnazione -Impossibilit� di riconoscere l'errore scusabile. L'immediata operativit� del piano di ricostruzione deve essere riconosciuta non soltanto alle indicazioni in esso contenute circa le camtteristiche delle costruzioni, ma anche alle destinazioni deile varie aree fabbricabili ed ai limiti posti per l'ordinato incremento urbanistico (c. d. zonizzazione architettonica e funzionale); pertanto, il ricorso proposto contro le prescrizioni di piano immediatamente restrittive del potere di costruzione nel territorio comunale � irricevibile ove risulti notificato a molti anni dalla data in cui. il piano stesso � divenuto efficace (1). Al fine della concessione del beneficio dell'errore scusabile, � essenziale che lo stato di dubbio o di incertezza che ha causato la tardiva od irrituale proposizione dell'impugnazione sia sorto nel periodo di tempo durante il quale doveva essere proposto il gravame e si sia protratto successivamente in modo da rendere pienamente scusabile l'errore; pertanto, ii beneficio non pu� essere concesso, ove i dubbi e PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 667 le incertezze siano sopravvenuti quando era gi� maturato e consumato il potere di impugnazione, �Costituendo altrimenti tale beneficio una arbitraria agevolazione contrastante con il carattere perentorio del termine e con l'insanabilit� della decadenza (2). (1-2) Sull'efficacia dei piani regolatori cfr. Sez. IV, 6 marzo 1968, n. 133, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 372; sull'errore ,scusabile dr. Sez. IV, 11 dicembre 1968, n. 767, ivi, 1968, I, 2031. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 aprile 1969, n. 120 -Pres. Potenza -Est. Granito -Orlando (avv. Garilli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Dallari). Impiego pubblico -Trasferimento -Esigenze di servizio -Motivazione -Necessit� -Criteri. Il provvedimento che trasferisce d'ufficio l'impiegato dello Stato deve essere adeguatamente motivato, ai sensi dell'art. 32 secondo comma t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, con riguardo alle esigenze di servizio che l'hanno determinato, che possono essere le pi� disparate (di natura soggettiva o oggettiva, interamente discrezionali o solo in parte, concernenti la sede di provenienza o quella di destinazione); pertanto, tale provvedimento � illegittimo se l'Amministrazione ha disposto il trasferimento in base all'affermata carenza di personale nella sede di destinazione, senza dimostrare tale carenza, senza valutare comparativamente la possibilit� di utilizzare il dipendente meglio nella sede di -Origine o in quella nuova (1). (1) Giurisprudenza costante; cfr. Sez. IV, 22 novembre 1967, n. 626, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 2197. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 aprile 1969, n. 127 -Pres. Tozzi Est. Melito -Catullo ed altri (avv. Stoppani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Peronaci), Drago ed altri (n. c.). Giustizia amministrativa -Cosa giudicata -Limiti soggettivi e oggettivi. In base al principio consolidato in giurisprudenza, secondo cui i promossi per esami debbono fruire di una decorrenza pari a quella dei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colleghi promossi per scrutinio di merito comparativo e debbono, comunque, precederli nel ruolo, ancorch� H compfosso iter degli esami si venga a concludere posteriormente alle operazioni di scrutinio per merito comparativo, la P.A. legittimamente non limita l'esecuzione del giudicato solo a favore dei ricorrenti, ma ne estende gli effetti a tutti gli impiegati anche non ricorrenti, comunque interessati, sia che fossero vincitori dello stesso concorso, sia che si fossero utilmente classificati nei concorsi per merito distinto e negli esami di idoneit� dei cicli successivi, in quanto la lesione di posizioni soggettive che ha formato oggetto di vittoriosa impugnativa da parte di alcuni interessati non attenga, a motivi strettamente individuabili e soggettivi, ma comporti la soluzione di questioni di massima, riguardanti l'interpretazione e l'applicazione di norme con carattere di generalit�, e comunque sia strettamente collegata con altre situazioni soggettive che dal riesame delle prime vengano coinvolte e modificate per motivi comuni e non scindibili (1). (1) Massima esatta che applica un princ1p10 consolidato in giurisprudenza sui limiti ,;oggettivi ed oggettivi del giudicato amministrativo. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 22 aprile 1969, n. 272 -Pres. Lugo Est. Chiep.pa -Bonomo (avv. Barettoni e Ni,gro) c. Associazione Croce Rossa Italiana (avv. Stato Di Tarsia) e Ministeri della Sanit� e d�l Tesoro (n. c.). Impiego pubblico -Indennit� di licenziamento -Dipendenti Enti Pubblici -Norme applicabili -Carenza di disciplina autonoma Norme dell'impiego :(>rivato -Applicabilit�. Leggi e decreti -Sentenza di incostituzionalit� -Effetti. Impiego pubblico -Indennit� di licenziamento Esodo volontario Art. 9 1. n. 604 del 1966 -Applicabilit�. Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali -Trattamento previdenziale -Azione del dipendente Giurisdizione del C. d. S.� In mancanza di diversa disciplina della materia delia quiescenza con legge o con regolamento speciale, non � consentito all'Ente pubblico di modificare sfavorevolmente al lavoratore il sistema di calcolo PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 669 dell'indennit� di anzianit�, o di fine rapporto, stabilito dalle norme sul l'impiego privato (1).) La dichiarazione di ilLegittimit� costituzionale di una norma ne produce gli effetti paralizzanti non solo per il giudizio in cui � sorta la questone incidentale decisa dalla Corte costituzionale, ma in tutti i rapporti, anche pregressi, salvo che sia intervenuto il giudicato e salvo che si tratti di situazioni giuridiche .comunque divenute irrevocabili (ad esempio, per decorso di termini a pena di decadenza, o per prescri. zione, o per difetto di possibilit� di portare ancora la questione davanti al giudice) (2). L'art. 9 l. 15 luglio 1966, n. 604, anche se dettata in occasione dei licenziamenti individuali con riguardo ai. rapporti a tempo indeter minato, ha disposto l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere l'in dennit� di anzianit� in ogni caso di risoluzione (rectius cessazione) .del rapporto, e quindi anche se per colpa di lui o per dimissioni vo lontarie (3). Rientra nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato l'esa me della controversia avente ad oggetto la mancanza assoluta del trat tamento previdenziale di un dipendente di Ente pubblico, giacch� tale controversia involge questioni che, anche se di carattere patrimoniale, trovano il loro titolo necessario e non occasionale nel rapporto di pub blico impiego (4). (1-4) Sulla prima massima, che � esatta, non constano precedenti; sulla seconda cfr. Corte Cost. 29 dicembre 1966, n. 127, in questa Rassegna, 1966, I, 1185, con nota; sulla terza cfr. Corte Cost. 27 giugno 1968, n. 75, ivi, 1968, I, 280; sulla quarta cfr. Cass. Sez. Un. 28 luglio 1967, n. 2000, ivi, 1967, I, 956, con nota. I ~ SEZIONE QUINTA I li GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 novembre 1967, n. 2'717 -Pres. Stella Richter -Est. D'Armiento -P. M. Toro (conf.) -Ottolina (avv. Valensise e Molteni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato I Angelini Rota). I Imposta di registro -Data dell'atto -Opponibilit� ai contribuenti Requisito di certezza della data -Necessit� -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n 3269; e.e., art. 2704). I Agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro la data risulfil M tante dagli atti � sempre opponibile ai contribuenuti, anche se essa sia 00 ;r; sfornita dei requisiti di certezza prescritti dal codice civile per la r~. (*' apponibilit� ai terzi, e ci� perch� dalla nozione di terzo, considerata �r~~ nell'art. 2704 e.e., va escluso il Fisco, il quale si avvale della registra?~$. zione allo scopo di percepire un tributo in forza di un diritto proprio ~~ del tutto distinto e non in conflitto con quelli derivanti ai contraenti dal contratto sottoposto a registrazione (1). (Omissis). -Con gli ultimi due mezzi (5� e 6<>) si censura la sen I w tenza per omessa pronunzfa su di un punto decisivo della controver- I ~ ~::~ (1) Sulla data della scrittura privata nei confronti dei terzi e la Finanza nella legge del registro. I 1. -Nella controversia decisa con la sentenza in rassegna si discuteva a della applicabilit� delle aliquote di imposta, previste dalle disposizioni con-@ tenute negli artt. 32 e 35 della legge 6 agosto 1954, n. 603, aliquote che 00 l'art. 37 della legge disponeva dovessero applicarsi agli atti che sarebbero !ij stta~ stipul.at~ dopo1a dsuta ed~tratta itn yigo~e e adquelli stipulatifin data an-~-' 111a � a a i en ra a in vigore e 1 �'-' eriore, pei .qua i a 1 a 1egge non osse ancora scaduto il termine normale di registrazione se questa fosse seguita entro tale m I ~~ termine. fi! Si trattava, nella specie, d'un atto stipulato per scrittura privata, datata ~\\ 10 novembre 1952 e sottoposta alla registrazione il 4 luglio 1957: dunque di ~': un atto cui, a norma del citato art. 37, le aliquote previste dalla legge 603 f del 1954 non potevano applicarsi. j::: Si assumeva dalla parte che la data della scrittura non poteva consi-,. dem�i oerta in eonhonto della Fina=a, a no,ma dell'art. 2704 eod. clv., PARTE l, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 671 sia, e cio� sulla data del contratto di associazione, che dal ricorrente era stata contestata, perch� apposta al di sotto delle firme; e si denun che dalla data della registrazione e, dunque, che l'atto dovesse considerarsi stipulato dopo l'entrata in vigore della legge. La Corte ha osservato che la Finanza non � �terzo� rispetto alle parti dell'atto sottoposto alla registrazione ed agli effetti dell'applicazione della legge del registro e che essa pu� sempre opporre ai contribuenti la data risultante dagli atti. Alla medesima affermazione era in precedenza pervenuta la Commissione centrale delle imposte (dee. 20 gennaio 1964, n. 4680, Riv. giur. edil., 1966, I, 1278) che, in un caso analogo, aveva osservato che � nei confronti del fisco, la data certa di una scrittura privata non � rappresentata necessariamente dalla data della sua registrazione, ma � quella che generalmente risulta in essa apposta dalle parti, con la conseguenza che, in caso di tardiva registrazione, si rende applicabile la relativa sopratassa �. 2. -La Corte, nell'affermare che il fisco non � terzo rispetto alle parti dell'atto registrato ed agli effetti dell'applicazione della legge del registro. ha richiamato la propria precedente sentenza 8 marzo 1953, n. 1280, pubblicata in Foro it., 1953, I, 1119, Giur. it., 1953, I, 1, 763, Giust. civ., 1953, 1356 e Dir. prat. trib., 1955, II, 369 con nota di LmuoRI, Data certa ai fini delt'imposta di registro e proroga di societ�, e commentata da BERLIRI, Sull'apponibilit� alLa Finanza della data delle scritture private, in Giur. it., 1953, IV, 188. Si discuteva in quell'occasione della qualificazione giuridica dell'atto (proroga di societ� gi� esistente o costituzione di nuova societ�) e perci� della sua effettiva consistenza ai fini dell'applicazione d'uno o d'altro articolo della tariffa; determinante, per la soluzione della questione, la prova della data dell'atto, poich�, mentre la deliberazione di proroga appariva adottata prima della scadenza del termine ;per cui la societ� era stata costituita, la registrazione dell'atto, pur eseguita in termini, era avvenuta posteriormente. L'Amministrazione sosteneva che, a norma dell'art. 1327 cod. civ. 1865 (ora 2704), �rispetto alla data della scrittura privata che non abbia concorso a formare, terzo � colui che in relazione alla data stessa subisce o pu� subire pregiudizio o menomazione nel suo diritto o nelle potest� che dalla legge gli sono riconosciuti, e che quindi anche la Finanza, quando � proprio la data dell'atto che assurge ad elemento determinante per l'esatta percezione del tributo, assume la veste di terzo a tutti gli effetti di legge �. La medesima fattispecie aveva dato luogo nel corso del medesimo giudizio ad identica pronunzia da parte del giudice di secondo grado (App. Brescia 13 luglio 1951, in Foro pad., 1952, I, 346 e Foro it., 1952, I, 1102, con nota adesiva di BERLIRI, Sui limiti di opponibilit� della data dell'atto soggett� a registrazione, dove possono leggersi altri precedenti giurisprudenziali) ed avrebbe poi dato luogo ad un decesione contraria della Commissione centrale delle imposte (dee. 19 ottobre 1956, n. 85271, Massime, 1957, 31828, p. 358) che, in un caso in cui la registrazione non era per� seguita in termini, statuiva nel senso che � il verbale di deliberazione dell'assemblea generale di una societ� anonima, bench� iscritto sull'apposito registro tenuto nei modi di legge, costituisce una scrittura privata, la quale assume data certa di fronte ai terzi, e tale deve essere -considerata dalla finanza, con 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zia altres�, la violazione dell'art. 2704 e.e. per avere ritenuto non applicabile al fisco l'istituto della data certa. Anche dette censure sono prive di giuridica consistenza. la registrazione, come stabilisce espressamente l'art. 3 capoverso della legge � (1). 3. -In sede di interpretazione della norma dettata dall'art. 2704 cod. civ., giurisprudenza e dottrina sono pervenute alla individuazione della comprensivit� della nozione di terzo di cui nella norma stessa � menzione. Osserva il FORTUNATO (Sulla computabilit� della data della scrittura privata nei confronti dei terzi, Giust. civ., 1953, 213) che scopo della norma posta dall'art. 2704 e.e. (art. 1327 e.e. 1865) � � quello di risolvere i conflitti fra due titolari di diritti tra loro incompatibili, regolando la prova . della data anteriore dei rispettivi titoli quando dall'autorit� di essa dipenda la prevalenza di un diritto sull'altro� (op. cit., 217); se, dunque, i terzi sono da individuare attraverso una situazione di conflitto in cui essi vengono a trovarsi con la situazione affermata e risultante dalla scrittura privata, terzi, nella citata norma dell'art. 2704, � non possono essere che coloro i quali sono titolari di diritti giuridicamente incompatibili con la situazione creata dal negozio contenuto nella scrittura, perch� se non sussiste una vera e propria incompatibilit�, se la sussistenza degli uni non esclude la coesistenza degli altri, nessun motivo si avrebbe di stabilire quale dei due debba prevalere sull'altro e nessuno scopo avrebbe accertare il momento della rispettiva nascita per inferirne appunto una ragione di prevalenza dell'anteriore sul successivo. Ora questa incompatibilit� non pu� esservi che tra diritti reali o similari ai diritti reali � (op. cit., 218). Il GIACOBBE (Data certa, Milano 1962, 700) osserva dal canto suo che � l'art. 2704 e.e., ponendo come ambito di operativit� della norma in esso contenuta l'opponibilit� della scrittura, in sostanza intende fare riferimento a quelle ipotesi nelle quali un soggetto diverso dalle parti del rapporto sia portavoce di una situazione giuridica attiva in conflitto con le situazioni costituite dalle parti stesse, attraverso la realizzazione del rapporto� (op. cit., 701); ne inferisce che �terzo non � chiunque non sia parte, sibbene quel soggetto, (che non � parte) qualificato, rispetto al rapporto, da una particolare situazione legittimante, che si vonga in conflitto con le parti, in virt� proprio della situazione legittimante in forza della quale agisce � (op. cit., 702). Il FERRUCCI (NATOLI-FERRUCCI, Della tutela dei diritti, in Commentario del codice civile. Libro VI, Tomo I, Torino 1959, sub art. 2704, pagg. 311316) rileva anch'egli che la norma � si applica in tutti i casi in cui la legge, ai fini della determinazione della prevalenza tra le posizioni incompatibili di soggetti diversi (vantanti di regola diritti reali o personali di godimento (1) Merita porre in rilievo che la questione di specie non potrebbe oramai profilarsi, in quanto la giurisprudenza � costante nel ritenere che la proroga tardiva di societ� di persone o di capitali � soggetta alla tassa fissa di registro prevista dall'art. 86 della tariffa Allegato A: in tal senso, Comm. centr. imp. 4 giugno 1964, n. 10589, Giur. imp. 1966, 127; Cass. 28 aprile 1964, n. 1015, Giur. imp., 1964, 261; Cass. 1 giugno 1964, n. 1335, Giur. imp., 1964, n. 374. PARTE I, SEZ. V. GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA 673 A confutazione della prima osserva questo Collegio che la sentenza impugnata ha bene chiarito il motivo per cui doveva ritenersi sullo stesso bene), adotta il princ1p10 prior in tempore, potior in iure, ritenendo decisiva la precedenza cronologica risultante da �scrittura avente data certa anteriore �. Questo l'avviso della dottrina (si rinvia per altri richiami agli autori citati), cui si richiama la giurisprudenza per affermare che �terzo in senso tecnico non va inteso qualsiasi estraneo, ma colui che � soggetto di un rapporto giuridico in conflitto con un altro rapporto giuridico al quale non ha partecipato, ma che ha in comune col primo l'altro soggetto � -Cass. 8 maggio 1953, n. 1280, cit., in Foro it., 1953, I, 1120; od anche che � la disposizione dell'art. 1327 e.e. ha per iscopo di regolare la prova della data anteriore fra due pretese giuridiche in conflitto quando dalla anteriorit� della data dipende la prevalenza dell'una pretesa sull'altra � -Cass. 28 febbraio 1935, Foro it., 1935, I, 417. Cos� individuata la nozione di terzo cui ha riguardo l'art. 2704 e.e., va pure osservato che la certezza della data � come fattispecie legale i cui limiti di disciplina sono determinati dall'articolo 2704 e.e., esplica la propria rilevanza limitatamente all'efficacia probatoria del documento -con esclusione quindi della dichiarazione documentata -e, nell'ambito di questa, della scrittura privata� (GIACOBBE, op. cit., 700). Ci� che dunque viene in questione non � la esistenza o la natura del rapporto posto in essere dalle parti, q.ale risulta dalla scrittura privata, ma la opponibilit� di tale rapporto a determinati terzi; opponibilit� che, quando la prova del rapporto e del tempo in cui � sorto la si vuol dare mediante una scrittura privata non autenticata, � esclusa quante volte la scrittura non abbia data certa. 4. -Se quella avanti delineata � la classe di conflitti di interessi per la risoluzione dei quali la norma � stata dettata e quello da ultimo indicato il suo profilo di rilevanza, � ben evidente come, in ambedue le fattispecie in principio richiamate, a 'sproposito si sia invocata l'applicazione dell'articolo 2704 e.e. Nei due casi richiamati 'al n. 1, invero, non il supposto terzo, cio� il Fisco, pretendeva di disconoscere l'efficacia probatoria del documento relativamente al tempo in cui il rapporto era venuto in essere, bens� una delle parti di esso. La fallacia del richiamo all'art. 2704 e.e. � agevolmente avvertibile purch� si osservi che, per coonestare la propria pretesa, il Fisco ben avrebbe potuto produrre in giudizio la scrittura sottoposta alla registrazione e, solo il disconoscimento d'essa, da parte del contribuente, avrebbe potuto evitare che la scrittura facesse piena prova in suo confronto, come della provenienza, cosi del contenuto e della data (art. 2702 e.e.; sul punto, cfr. FORTUNATO, op. cit., 217). L'art. 2704 e.e., in altri termini, disciplina l'idoneit� della scrittura privata non autenticata a valere come prova del rapporto che si pretenda opporre a determinati terzi, non viene in questione quando dal terzo si pretenda fondare un proprio diritto sul rapporto posto in essere dalle parti, quale risulta dalla scrittura. Nel secondo ordine di casi, in cui si discuteva della qualificazione del negozio in termini di proroga o costituzione di nuova societ�, il Fisco, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la data di stipulazione del contratto era quella del 10 novembre 1952, e la motivazione su detto punto � adeguata. La Corte di merito supposto terzo, pretendeva in realt� non di disconoscere efficacia probatoria alla scrittura in ordine al rapporto da essa risultante ed al tempo della sua costituzione, ma di presumere la esistenza di un rapporto diverso, disconoscendo alla scrittura la idoneit� a fornire in suo confronto la prova del rapporto che da essa risultava, cio� la idoneit� a porsi come fonte di prova contraria. Ed invero, il diritto della Finanza all� percezione della tassa di registro si fonda sul presupposto che sia stato posto in essere un atto soggetto a registrazione; dunque, la pretesa tributaria si fondava sulla supposizione di un rapporto diverso da quello risultante dalla scrittura, senza di che una pretesa neppur sarebbe stata configurabile; in conclusione, la vicenda non si prestava ad essere ricondotta allo schema del soggetto tito�are di un diritto, che afferma la inopponibilit� a s� del rapporto tra altri soggetti, risultante da scrittura privata non autenticata priva di data certa: a tale schema, cio� a quello preso in considerazione dall'art. 2704 e.e., la vicenda avrebbe potuto ricondursi solo mediante un'operazione riduttrice, consistente nell'eliminare la supposizione del rapporto diverso da quello risultante dalla scrittura, cio� la questione del potersi o no ammettere da parte del Fisco, in quella fattispecie, la presunzione della esistenza di un atto soggetto a registrazione, diverso da quello risultante dalla scrittura presentata alla registrazione dalle parti. Risolta in senso affermativo la individuata questione pregiudiziale, si sarebbe potuta porre quella concernente la applicabilit� dell'art. 2704 e.e., dovendosi decidere se potesse o no considerarsi � terzo � il Fisco, titolare di un diritto, suscettibile di risultare pregiudicato dalla esistenza di un rapporto tra le parti la prova del quale e del tempo del suo venir in essere si pretendeva dare con una scrittura privata non autenticata priva di data certa. Questa seconda questione � stata risolta nel senso che si � detto, nel senso cio� di escludere la qualit� di terzo del Fisco e ci� anche facendo leva sulla nozione di terzo avanti richiamata. L'esame della prima questione, concernente l'ammissibilit� del presumersi dalla Finanza un negozio diverso da quello risultante dall'atto, appare costituire utile approccio alla indagine sulla applicabilit� della norma, dettata dall'art. 2704 e.e., nei rapporti tra le parti degli atti soggetti a registrazione E!d il Fisco. 5. -L'art. 47 della legge del registro, al comma 1�, dispone, com'� noto � che nei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso gli immobili per destinazione (z), che trovansi in servizio o per la coltivazione del fondo, sono considerati, agli effetti della tassa di registro, trasferiti all'acquirente dell'immobile, ancorch� nell'atto si dichiarino esclusi �; identicamente (2) � I beni che il e.e. 1865 considerava immobili per lestinazione in oggi costituiscono la categoria delle pertinenze>: cosi, UcKMAR, La legge del registro, Padova 1958, II, p. 232; sul punto, nello stesso senso, CELORIA, I � beni immobili per destinazione� e le �pertinenze� in relazione agli artt. 46 e 47 l. registro (nota a Co.mm. centr. imp. 10 marzo 1964, n. 695), Dir. prat. trib., 1967, II, 369, ivi, richiami di dot PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 675 ha, infatti spiegato che tale era la data apposta sulla relativa scrittura, e che tale era la data risultante dal deposito presso il notaio Zanuso della scrittura. dispone il comma 3� riguardo ai trasferimenti o conferimenti del suolo, quando ne siano stati esclusi gli alberi, i frutti pendenti o le accessioni. Per vincere tale presunzione, dispone il comma 2 dell'art. 47, l'ac quirente dell'immobile deve provare che gli immobili per destinazione e perci� anche le accessioni, gli alberi e i frutti pendenti, gli sono perve nuti da altri ed appartengono ad altri, per atto che abbia acquistato data certa anteriore col mezzo della trascrizione. L'art. 18 della legge del registro consente, poi, in presenza di elementi che siano idonei a farne presumere la esistenza, di assoggettare a tassazione, in mancanza di prove dirette, la trasmissione di un immobile a titolo di propriet� o di usufrutto ed il godimento di un immobile a titolo di -locazione o di anticresi, ed in mancanza di denunzia, i contratti verbali di cessione della propriet�, della locazione o del godimento di un'azienda dj industria o commercio. Lo stesso articolo, ai commi 3� e 6�, riserva la prova contraria esclusa quella testimoniale. L'art. 6 dell'All. B al d.l. 15 novembre 1937, n. 1924 parimenti consente, in mancanza di denunzia ma in presenza di elementi che facciano presu mere l'esistenza del negozio giuridico, di assoggettare a tassa di registro i contratti verbali di appalto di ogni specie, le concessioni di pubblici ser vizi, come pure le cessioni verbali totali o parziali di tali contratti e !. contratti verbali di sub-appalto e di sub-concessione, pur qui facendo salva la prova contraria esclusa quella testimoniale. Le norme richiamate consentono q11alche osservazione. L'esistenza di previsioni specifiche, concernenti la possibilit� per il Fisco di presumere la esistenza di negozi soggetti a registrazione anche in mancanza della presentazione degli atti o delle denunzie ad opera delle parti, esclude che al di fuori delle ipotesi considerate possa dal Fisco pre sumersi la esistenza di negozi soggetti a registrazione (sul punto cfr. BER LIRI, Sui limiti di opponibilit� della data dell'atto soggetto a registrazione, cit.) ma perci� anche di negozi diversi da quelli risultanti dagli atti pre sentati alla registrazione: ne deriva, che fondatamente si � affermato � do versi l'imposta liquidare unicamente in base a quanto risulta dall'atto re gistrato � (BERLIRI, op. cit.). Ma ci� gi� di per s� sarebbe sufficiente ad escludere che possa farsi questione di applicabilit� dell'art. 2704 e.e. nei rapporti tra Fisco e parti, quantomeno quando venga in questione la qualificazione giuridica del rap porto risultante dall'atto presentato alla registrazione. D'altro canto, che non possa farsi luogo a presunzioni fuori dei casi previsti dalla legge � confermato, se bi.sogno ve ne fosse, dalla previsione contenuta nel d.l. 26 settembre 1935, n. 1749 introduttiva dell'istituto della c.d. registrazione coattiva, che non avrebbe avuto ragion d'essere ove la esistenza del rapporto soggetto a registrazione avesse potuto in ogni caso presumersi (sui limiti dell'istituto, PEKELIS, Appunti sulla registrazione coattiva in genere e specialmente su quella delle convenzioni verbali 'enunciate, Foro it., 1936, IV, 319; UcKMAR, Regime fiscal'e dei contratti verbali RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A confutazione della seconda censura osserva che correttamente e con perfetta aderenza a tali risultanze documentali la Corte di merito di trasporto, Dir. prat. trib., 1949, I, 94 e 97; In., La legge del registro, Padova 1958, III, p. 6 a 14; !AMMARINO, Commento alla legge sulle imposte di registro, T'orino 1959, I, n. 667, 670; Cass. 22 maggio 1963, n. 1352, Foro it., 1964, I, 1040, con nota di BATISTONI FERARA, Registrazione di ufficio e possesso dell'atto; Comm. centr. �mp., 5 aprile 1962, n. 87315, Riv. leg. fisc., 1963, 176; Comm. centr. imp., 8 luglio 1955, n. 7420, Riv. leg. fisc. 1955, 1350). Una conferma alla inapplicabilit� dell'art. 2704 e.e. viene poi dalle richiamate disposizioni dell'art. 18, commi 3� e 6�, della legge del registro. Ove il legislatore avesse inteso costituire il Fisco nella posizione di terzo o come tale l'avesse considerato, avrebbe richiamato l'art. 1327 e.e. 1865 (ora art. 2704) ovvero omesso di prevedere espressamente l'esclusione della prova testimoniale (3): una tale espressa previsione mostra come si sia inteso escludere solo che la prova contraria potesse darsi per testimoni, non anche considerare il. Fisco come terzo, ch�, altrimenti, si sarebbe richiamato l'art. 1327, ci� che avrebbe implicitamente significato anche l'esclusione della prova testimoniale. La esattezza del rilievo appare confermata dalla giurisprudenza formatasi nell'applicazione dell'art. 18 della legge del registro in tema di prova del tempo della costituzione della societ� di fatto e degli acquisti di questa, a fine della individuazione dei conferimenti da assoggettarsi a tassa di registro in occasione della registrazione di atti contenenti la enunciazione di societ� di fatto o irregolari. Come � noto la prevalente giurisprudenza � da ultimo orientata nel senso che l'imponibile, agli effetti dell'imposta di registro, va determinato con riferimento al. tempo della costituzione del vincolo sociale; che esso pu� essere accertato presuntivamente in base al patrimonio sociale ed agli elementi inerenti al funzionamento della societ� esistenti al momento della enunciazione; che la .parte interessata pu� dare la prova del tempo della costituzione del vincolo sociale e dell'essere, i beni esistenti nel patrimonio pervenuti alla societ� successivamente alla sua costituzione per acquisto da essa fattone; che tale prova pu� essere data con ogni mezzo escluse la prova testimoniale e quella per presunzioni ma anche la necessit� che la si dia con atti di data certa -Cass. 14 giugno 1967, n. 1331, Giust. civ., 1967, I, 1812 e Giur. imp., 1967, 408; Cass. 12 novembre 1965, n. 2357, Giust. civ., (3) Identico ragionamento svolge, a proposito dell'art. 22 della legge tributaria sulle successioni, AZZARITI Grns., in Determinazione della base imponibile ai fini della imposta di successione: deduzione del passivo ed esclusione di beni dall'attivo, Riv. dir. fin. scienz. fin., 1967, 610 e 625. Come � noto l'art. 22 cit., che in tema di imposte sulle successioni disciplina una fattispecie identica a quella presa in considerazione dall'art. 18 della legge del registro, riserva la prova contraria, ma non riproduce la clausola contenuta nell'art. 18 in ordine alla esclusione della prova testimoniale. Osserva l'AzzARITI che �la omessa menzione della esclusione della prova testimoniale nell'art. 22 non pu� trovare giustificazione che solo di fronte alla possibilit� che di quella esclusione si faccia deduzione da altra norma, si da doversi concludere che sarebbe stato inutile anche dirlo li ove viene ivi fatta riserva della prova contraria �. ,-:�'. I fj ~. ili�;:i PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 677 ha quindi distinto fra la data di registrazione dell'atto (4 luglio 1957) e � quella del 10 novembre 1952, giorno in cui avvenne la stipula 1966, I, 1381 e Foro it., 1966, I, 39; Comm. centr. imp. 21 maggio 1965, n. 21056, Dir. prat. trib., 1966, II, 472, con nota di MORETTI, Enunciazione di atto registrato; Comm. centr. imp. 12 maggio 1965, n. 20652, Giust. civ., 1966, II, 133, con nota di MERCATALI, Osservazioni in tema di determinazione della base imponibile nella enunciazione della societ� di fatto; Cass. 18 luglio 1960, n. 1997, Foro it., 1961, I, 1956; contra, Comm. centr. imp. 31 ottobre 1956, n. 85740, Massime 1957, 170; Comm. centr. imp. 15 luglio 1952, n. 38978, Massime 1953, 206, che hanno affermato doversi aver riguardo alla data di registrazione dell'atto enunciante, facendo salva, ma con riferimento all'art. 2704 e.e., la prova della data di costituzione del rapporto, da darsi quindi con atti aventi data certa ( 4). Alla luce di tali considerazioni, l'assunto della inapplicabilit� dell'articolo 2704 e.e. riceve ulteriore conferma da ci�, che la legge del registro ha fatto riferimento in determinati casi alla certezza della data -cos� in tema di prescrizione, art. 142 ed in quello, gi� richiamato, di trasferimenti di immobili per destinazione, art. 47 comma 2� -e dal rilievo che tali disposizioni non avrebbero ragion d'essere ove al Fisco fosse da riconoscere la qualit� di terzo (in tal senso, cfr. Cass. 8 maggio 1953, n. 1880, cit.). 6. -Queste note possono concludersi con l'esame di altre norme contenute nella legge del registro, riguardo all'applicazione delle quali appare gi� in ipotesi da escludere che possa farsi questione dell'applicabilit� o meno dell'art. 2704 e.e. L'art. 82 della legge del registro, concernente gli atti per scrittura privata non autenticati nelle firme e soggetti a registrazione in termine fisso, individua nella data dell'atto il dies a quo di decorrenza del termine per richiedere la registrazione : tale norma poi acquista rilievo ai fini della applicazione di quelle che disciplinano gli effetti della mancata o ritardata registrazione (capo II del titolo III). Orbene, si � esattamente osservato (Cass. 8 maggio 1953, n. 1880, cit.) che, se si pretendesse di far applicazione dell'art. 2704 e.e., il Fisco avrebbe diritto di pretendere in ogni caso la sopratassa per tardiva registrazione o di negare benefici fiscali, quando le scritture private non avessero data certa, ci� che costringerebbe il contribuente a far acquisire data certa all'atto prima della sua registrazione, quando funzione di questa, a norma dell'art. 3 della legge del registro � proprio quella di imprimere alle scritture private data certa in confronto dei terzi (5). Che se si assumesse poi che l'art. 2704 e.e. ha tratto anche ai casi in cui � la parte di un atto che pretende di dire irrilevante in confronto del terzo la data della scrittura (sono le situazioni richiamate al punto 1), postularne l'applicazione significherebbe voler tenere per non scritte norme quali quelle contenute negli artt. 100 e 110 della legge del registro. (4) Nello stesso senso, riguardo a diversa fattispecie, Comm. centr. imp. 18 gennaio 1956, n. 77949, Dir. prat. trib. 1956, II, 226 con nota di MARCHESE, Data certa agli effetti detle imposte di registro. (5) Nello stesso senso, BERLIRI, Su.U'opponibilit� alla Finanza della data delle scritture private, Giur. it. 195.3, IV, 188 e 190. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione � facendo decorrere da quest'ultima il termine di venti giorni per effettuare fa re~strazione. � noto, infatti, che agli effetti della tassazione di registro � sempre opponibile ai contribuenti la data risultante dagli atti, anche se sfornita dei requisiti dii certezza, prescritti dal codice civile per la opponibilit� ai terzi, e ci� in quanto, come la sentenza 8 maggio 1953 di questa Corte Suprema ha bene chiarito -dalla nozione di � terzo � considerata nell'art. 2704 cod. civ., va escluso il fisco, il quale si avvale della registrazione allo scopo di percepire un tributo in forza di un diritto proprio, del tutto distinto e non in conflitto con quelli derivanti ai contraenti dal contratto sottoposto a registrazione. -(Omissis). Si perviene cos� alla conclusione che la data della scrittura privata non autenticata, per le parti dell'atto come per il Fisco, � quella che risulta dall'atto della cui registrazione � questione, ancorch� non sia certa nei modi previsti dall'art. 2704 e.e. Ne deriva, infine, che deve aversi riguardo alla data risultante dalla scrittura quante volte la determinazione del tempo di costituzione del rapporto che da essa risulta � rilevante al fine della individuazione della tassa da applicarsi in concreto per la registrazione dell'atto a tal fine presentato dalle parti o di quello soggetto a registrazione in termine fisso e pervenuto in possesso dell'Amministrazione. P. VITTORIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1968, n. 1282 -Pres. D'Armiento -Est. Miele -P. M. De Marco (conf.) -Contessi (avv. Avez:l:a e De Matteis) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Lancia). Imposta di successione -Determinazione della base imponibile Deduzione di passivit� -Termine biennale di decadenza per la prova -Condizioni di applicabilit� -Limiti. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 50). Il termine biennale, previsto dall'art. 50 della legge tributaria sulle successioni, per la prova dell'e�sistenza dei debiti ereditari, decorrente dalla presentazione della denunzia di successione, � applicabile quando vi sia stata la liquidazione della tassa ed il contribuente abbia presentato domanda di deduzione di passivit� e di restituzione della tassa percepita in pi�, non quando il debito denunziato sia stato ammesso in deduzione e l'ammissione sia poi revocata: in questo caso il contribuente PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 679 pu� compLetare o integrare ia documentazione prodotta a suo tempo, per resistere aHa richie�sta di imposta suppLetiva (1). (Omissis). -La ricorrente con l'unico motivo propone sostanzialmente due censure alla impugnata decisione. Con la prima deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 50 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, in relazione agli articoli 1, 45, 48 e 86 dello stesso decreto e all'art. 111 della Costituzione, sostenendo che erroneamente la Commissione Centrale ha ritenuto che nella specie si fosse verificata la decadnza sancita dall'art. 50 cit., mancandone i presupposti. Con la seconda sostiene che erroneamente la Commissione Centrale ha ritenuto inidonea la documentazione originariamente prodotta a dimostrare la dedotta passivit�, dovendo la stessa esaminare anche i documenti successivamente prodotti, non ricori'endo la decadenza dell'art. 50 cit. La censura � fondata. Invero, come ha gi� ritenuto questa Suprema Corte (sent. 28 giugno 1963, n. 1758) il termine biennale di cuii all'art. 50 della legge tributaria sulle successioni, decorrente dalla presentazione della denunzfa di successione per la prova della esistenza dei debiti ereditari, � applicabile quando vi sia stata la liquidazione della tassa ed il contribuente abbia presentato domanda di deduzione di passivit� e di restituzione della tassa percepita in pi�. Se, invece, il debito denunziato sia stato ammesso in deduzione e poi tale ammissione sia stata revocata -caso di specie -non vi � pi� luogo alla suddetta decadenza, onde il contribuente pu� completare o integrare la documentazione prodotta a suo tempo per resistere alla richiesta di imposta suppletiva. L'esattezza di tale interpretazione emerge chiara dalla lettura dell'art. 50 cit., ivi prevedendosi la possibilit� della deduzione della passivit� anche dopo la liquidazione della tassa ed il pagamento della stessa, pur~h� per� la passivit� sia stata provata entro due anni dalla denunzia (1) La questione -in ordine alla quale, per osservazioni in senso contrario a quello della presente decisione, si veda Relazione Avvocatura dello Stato 1961-1965, II, n. 213, pag. 573 -era stata in precedenza risolta negli stessi termini da Cass. 28 giugno 1963, n. 1758, in Riv. leg. fisc., 1963, 2005 e Giur. it., 1964, I, 1, 52, e Cass. 27 novembre 1963, n. 3045, in Temi trib., 1964 e Giust. civ., 1964, I, 1014. Nello stesso senso, Trib. Firenze 25 novembre 1964, Giur. it. 1966, I, 184; App. Brescia 17 gennaio 1961, Giust. civ., 1961, I, 501; App. Caltanissetta 23 maggio 1959, Giur. sic., 1959, 963; Comm. centr. imp. 18 ottobre 1963, n. 656, Giust. civ. Rep., 1964, imposta successioni e donazioni, 57; Comm. centr. imp. 14 aprile 1961, n. 41568, Riv. trib., 1962, 724; Comm. centr. imp. 26 giugno 1959, n. 18568, Giust. civ. Rep., 1961, Imposta successioni e donazioni, 56; Comm. centr. imp. 23 maggio 1953, n. 48171, Dir. e prat. trib., 1955, II, 244. 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di successione. E, trattandosi di decadenza, questa deve essere pronunziata nella ipotesi testualmente regolata dalla legge; onde se il debito sia stato denunziato prima della liquidazione e l'amministrazione finanziaria l'abbia ammesso in detrazione, viene meno il presupposto della decadenza. Pertanto, se successivamente l'amministrazione stessa revochi l'ammissione, il debitore d'imposta pu� .provare il diritto alla detrazione producendo altri documenti idonei. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1530 -Pres. Scarpello -Est. Miele -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi) c. Juker (avv. Tamborini e Guerra). Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova della provenienza del prezzo -Dimostrazione negativa della provenienza del prezzo dal venditore -Non � richiesta. (d.1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Imposta di registro -Negozi in frode alla legge fiscale -Negozio indiretto e negozio collegato -Vendita fra parenti -Negozio di provvista e negozio di trasferimento -Presunzione di liberalit� -Ammissibilit� -Condizioni. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). La prova della provenienza e della destinazione del prezzo, richiesta per vincere la presunzione di liberalitd nei trasferimenti immobiliari fra parenti entro il terzo grado (art. 5 d.l. 8 marzo 1945 n. 90) � idonea se contiene la dimostrazione, nelle forme prescritte, dell'appartenenza del denaro al patrimonio dell'acquirente, mentre non � necessaria la prova negativa che il denaro non provenga mediatamente dal patrimonio dell'ali~nante (1). (1-2) Conforme � la sent. 3 maggio 1969, n. 1472. Sulla prima massima, il cui valore non pu� essere dissociato dal contenuto della successiva, la giurisprudenza � concorde; la dimostrazione della provenienza del prezzo da parte del compratore non richiede la prova ulteriore del modo di acquisizione della somma al suo patrimonio (Cass. 25 novembre 1963, n. 3031, Foro it., 1964, I, 892; per altri riferimenti cfr. la nota a Cass. 7 gennaio 1967, n. 65, in questa Rassegna, 1967, I, 291). Di grande interesse la seconda massima, non soltanto sul punto specifico della prova contraria alla presunzione di liberalit�. Indubbiamente la donazione di titoli di Stato, esenti da imposta di trasferimento, e la commutazione di essi in denaro che costituir� il prezzo sarebbe un mezzo assai facile per vincere la presunzione di liberalit�, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 681 In base all'art. 8 della legge di registro, secondo il quale la tassazione opera con riferimento agli istituti giuridici, ossia agli effetti propri della qualificazione giuridica del fatto economico quale emerge dall'atto indipendentemente dalla sua forma apparente, la finanza ha il potere di determinare l'intrinseca natura e gli effetti non solo dall'atto tassato, ma anche di altri atti che, trovandosi in collegamento con esso, portino ad una diversa valutazione giuridica del negozio; ne consegue che, per sventare frodi alla legge tributaria, � consentito ricercare la causa vera del negozio, diversa da quella tipica dei negozi' adottati dalle parti, e ci� anche nel caso del negozio indiretto e del negozio collegato_. Pertanto nell'ipotesi di vendita tra parenti entro il terzo grado preceduta da donazione disposta dal venditore al compratore di titoli dall'utilizzo dei quali il compratore abbia ricavato il prezzo pagato in corrispettivo dei beni venduti, pu� emergere, dal collegamento fra i due negozi, che l'effettiva situazione negoziale escluda la causa onerosa della compravendita ed in tal caso legittimamente la Finanza pu�, nell'unico negozio effett�vo risultante dai due atti con causa tipica soltanto apparente, presumere la liberalit� in conformit� dell'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945 n. 90. Tuttavia non � sufficiente la mera successione cronologica tra due atti per poterne considerare la unicit� di effetti, ma � necessaria la dimostrazione di un collegamento di mezzo al fine (2). (Omissis). -Con atto pubblico del 17 ottobre 1959 Giacomo Jucker vendeva alla figlia Gabriella la nuda propriet� di un immobile qualora non fosse consentito qualificare unitariamente i due atti in unico negozio per sventare l'evidente frode fiscale. Un troppo formalistico ossequio al concetto di� imposta di registro come imposta d'atto potrebbe essere di ostacolo alla ricomposizione dell'unit� del negozio emergente da una pluralit� di atti collegati. Assai importante � quindi la decisione in Rassegna che, non soltanto in relazione al problema della vendita fra parenti, ha riconosciuto il potere della finanza di operare la qualificazione giuridica del negozio diretta a determinare � l'istituto giuridico � tipico a cui la norma tributaria fa riferimento non solo in base all'intrinseca natura di ogni singolo atto, ma anche col sussidio di atti diversi purch� risulti la connessione di mezzo al fine. Tale operazione non si risolve, come � ovvio, nella ricerca non ammissibile di un effetto economico prevalente su quello giuridico, caldeggiata da una dottrina ormai generalmente ripudiata, ma resta perfettamente aderente al corretto concetto della imposizione di registro secondo gli effetti giuridici propri dell'atto; sarebbe anzi contrario a tale indirizzo ignorare in sede tributaria che l'effetto giuridico di diritto comune del negozio risultante da atti collegati pu� essere diverso da quello tipico di ciascuno dei singoli atti. � doveroso anzi sottolineare la precisione con cui la sentenza in rassegna motiva la sua conclusione partendo dall'art. 8: � la legge di registro 682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posto in Milano per il prezzo di lire 118.000.000, che nell'atto si dichiarava versato mediante assegni circolari. Si precisava anche che la somma stessa proveniva �dalla vendita di buoni del tesoro novennali ad essa donati dal padre con atto pubblico del 15 ottobre 1959. L'atto veniva registrato col pagamento della imposta relativa ad atto di compravendita ma successivamente l'Ufficio del Registro riteneva che non fosse stata data la prova della provenienza del prezzo alla stregua dell'art. 5 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, e pertanto notificava ingiunzione per il pagamento di imposta suppletiva nella misura di lire 18.715.750. Proposta opposizione all'ingiunzione avanti al Tribunale di Milano, questo la respingeva. Su gravame dei contribuenti la Corte di Milano, con sentenza 1 aprile 1966, accoglieva l'opposizione dichiarando illegittima l'imposizione suppletiva. Considerava la Corte che sia l'atto di donazione dei titoli di Stato sia la compravendita erano da considerarsi pienamente legittimi alla stregua delle leggi civili e di quelle fiscali. Inoltre non vi era atipicit� delle cause essendosi veramente volute sia la donazione che la compravendita, mentre la donazione dei titoli di Stato gode dell'esenzione tributaria di cui le parti si erano avvalse. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale non poteva ravvisarsi nella fattispecie un negozio indiretto di liberalit� con conseguente atipicit� della causa nella strumentazione ideata ed attuata con i due negozi giuridici, al fine di conseguire un vantaggio nella registrazione dell'atto di compravendita attraverso il collegamento dei due negozi. Difatti, osservava la e la tariffa elencano gli atti in base alla loro natura giuridica... e le tasse vengono applicate con riferimento agli istituti giuridici � sicch� il fatto economico, che pure � alla base della tassazione, va esaminato in funzione � del negozio giuridico nel quale si esprime �; ma ai fini della qualificazione giuridica all'Amministrazione finanziaria, non vincolata dal titolo e dalla forma apparente, per sventare frodi alle leggi finanziarie � non pu� essere inibita � l'indagine sul negozio indiretto o sul negozio collegato; � non basta che formalmente i singoli atti siano conformi alla legge, ma occorre che l'utilizzazione di essi non sortisca un effetto contrario alla norma impedativa �. � certamente difficile stabilire limiti all'applicazione del principio affermato nella decisione e prevedere le difficolt� della sua attuazione in concreto. Nel caso deciso il problema era facilitato perch� la dimostrazione della frode fiscale si appoggiava sulla norma espressa dall'art. 5 del d.l. 9 marzo 1945, n. 90 mentre uno dei negozi collegati era esente da imposta. Pi� difficoltosa pu� essere la ricerca del negozio atipico reale, non emergente dalle cause tipiche degli atti singoli, quando non esiste una presunzione o un'espressa qualificazione legale. Assai grave � poi il problema se la tassazione del negozio atipico debba aggiungersi a quella dei singoli atti componenti ovvero possa assorbirla. La recente pronuncia della S.C. � dunque di grande importanza in quanto pone i presupposti per un ampio dibattito. ~~j 1�~ 1[ ~dP'a?"A#AJWlllllfa1P7&l!!7Ai1!1P'All!VJJ!fiifaTiilf��"l&!!P&1Blfdfiiii?J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 683 Ii Corte, trattandosi di due negozi con cause tipiche, dal loro collegaI ' mento non poteva nascere una causa atipica. Inoltre questa atipicit� i dovrebbe emergere dal fatto che la intrinseca natura del secondo contratto, collegato al primo, avesse carattere di liberalit� e non di onerosit�, cio� dal collegamento dei due contratti dovrebbe risultare la I simulazione di altro contratto, il che invece non era stato dimostrato. Osservava ancora che se l'esenzione tributaria disposta per la donazione di titoli di Stato non vi fosse stata, le parti avrebbero dovuto pagare l'imposta relativa sui due atti onde se ci� non � avvenuto, � diipenso dalla volont� del legislatore il quale ha conceduta l'esenzione. Contro la sentenza propone ricorso per cassazione l'Amministrazione finanziaria dello Stato, deducendo due motivi. Resistono con controricorso gli Jucker, i quali hanno anche presentata memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo lAmministratore delle Finanze dello Stato deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 5 e 3 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, in relazione agli articoli 4, 5, 8 della legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e delle norme e dei principi in tema di interpretazione della legge; l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione �ll'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. Sostiene al riguardo che la Corte di merito ha omesso di esaminare l'argomentazione da essa esposta secondo cui, in considerazione della ratio legis dell'art. 5 cit., onde vincere la presunzione di gratuit� devesi dimostrare che il prezzo proviene dal patrimonio dell'acquirente, ma devesi anche escludere che i mezzi impiegati per il pagamento del prezzo provengano dal patrimonio dell'alienante come emergeva chiaramente nel caso di specie. La censura � infondata. ll!lvero l'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90 deroga al principio posto dall'art. 8 della legge di registro, secondo cui la tassazione dell'atto deve essere fatta in relazione all'intrinseca natura e agli effetti dell'atto, ponendo il legislatore la presunzione di gratuit� dell'atto pel solo fatto che sia intervenuto tra persone legate da vil!lcolo di parentela entro il terzo grado. Ci� per�, come � precisato nell'articolo stesso, solo al fine di applicare l'aliquota relativa agli atti a titolo gratuito in quanto ci� porti ad una tassazione maggiore di quella per l'atto a titolo oneroso, onde, ad ogni altro effetto l'atto � da considerare a titolo oneroso. Pertanto, trattandosi di una disposizione speciale anche rispetto all'art. 8 della legge di registro, essa � suscettibile solo di una interpretazione tassativa. Ne deriva che per vincere la presunzione di gratuit�, ai fini della tassazione, � sufficiente che si provi, nei modi indicati dalla legge. la provenienza del denaro dal patrimonio dell'acquirente e non occorre .provare anche come tale ..;���z==�======'~:=wm.tt.U �.� ..�..� ..�Pf:ft.f@B-����p:::::�=='*m "':,fl ���-�.�,,..�.��-����=����rum� .... .,. . f.m:.F-0���~�:<x ���..�� w~... ~Q=;)i"<== ::::: , ra&-&%( �x ww. .. 00 i@ 684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � \!!:2 ~ denaro sia entrato nel patrimonio dell'acquirente. Non occorre, pertanto, provare che il denaro non provenga (prova negativa) dal patrimonio dell'alienante, come ritiene l'amministrazione ricorrente, ma I solo che tale denaro, al momento dell'acquisto, si trovava nel patrimonio dell'acquirente. Pertanto la Corte di merito, ritenendo vinta la presunzione posta dall'art. 5 mediante la esibizione degli assegni circolari della Banca Commerciale, rilasciati all'ordine dell'acquirente, prima dell'acquisto iIe da questo di poi girati al venditore dell'immobile, ha fatta esatta applicazione della legge. Con il secondo motivo la ricorrente ,Amministrazione deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 5 e 3 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90; degli articoli '769 e segg. e.e., 1414 e seg�g. e.e. in rela I zione agli 4 e 5 della legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; delle norme e dei principi in tema d'interpretazione dei contratti (articoli 1362 e segg. e.e.); e dell'art. 8 della legge di registro. Si assume I I fg al riguardo che la Corte ha errato nell'escludere la possibilit� di con r=� figurare i due contratti, sulla base del loro evidente collegamento, W tii ammesso anche dalla Corte, come negozio indiretto, avente ad oggetto Y/.:i H la donazione dell'immobile. Non valeva ad escludere tale effetto la sussistenza di due cause tipiche, come ha erroneamente ritenuto la Corte, e neppure � esatto che il negozio indiretto postuli la simulazione dei contratti collegati. Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata aveva omesso di esaminare l'atto secondo i criteri di cui all'articolo 8 della legge di registro per ricercarne l'intrinseca natura ed i reali effetti. La cansura � fondata. Va premesso che l'art. 8 della legge di registro stabilisce che la tassazione degli atti va fatta secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli atti, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. Tale norma viene interpr.etata da ormai costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (Cass. 15 dicembre 1966, I I ~~ n. 2946) nel senso che le situazioni negoziali, oggetto dell'imposizione, debbono essere valutate, ai fini della tassazione, secondo i principi dell'ordinamento giuridico e non gi� in relazione alla sostanza econoIru mica degil atti, a meno che la legge tributaria non disponga diversamente. Invero la legge di registro e la tariffa elencano gLi atti in base @ alla loro natura giuridica, richiamando spesso anche le specifiche r:,, norme di legge e le tasse vengono applicate con riferimenti agli isti~~ tuti giuridici. Pertanto il fatto ecoonmico, che � indubbiamente alla li base della tassazione, non va considerato indipendentemente dal negozio tiii giuridico nel quale si esprime, ma va esaminato in funzione di questo. n~ r.:::: Ne viene che la natura intrinseca e gli effetti sono solo quelli che de-:-:-:� ~{ rivano daUa qualificazione giuridica dell'atto. Nell'indagare e nel qua h lificare l'atto giuridico, l'amministrazione finanziaria non � per� vinco ~r, 1::: !:l1 ~=== E::: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 685 lata dal titolo o dalla forma apparente dell'atto giuridico, come espressamente stabilisce l'art. 8 cit., onde pu� tenere conto di ogni elemento ric�avato dall'atto stesso o da altri atti che, trovandosi in collegamento con l'atto da tassare, portino eventualmente ad una diversa valutazione giuridica dell'atto. A tal proposito va ricordato che nella dottrina giuridica si sono elaborate le figure giuridiche del negozio indiretto e del negozio collegato, quale deviazione, voluta dalla parte, dalla causa tipica del negozio adottato, volendosi raggiungere determinati effetti, che, quantunque non siano propri del negozio adottato, li permettano, oppure mediante la combinazione di pi� negozi giuridici, tra ioro collegati. Stante l'ampia espressione dell'art. 8 cit., l'indagine in tale senso non pu� essere inibita all'amministrazione finanziaria, e questa indagine, d'altronde, � spesso indispensabile non solo per l'esatta qualificazione del negozio giuridico da tass�are, ma anche per sventare frodi alle leggi finanziarie. Invero la frode, importando la violazione della legge stessa non in via diretta ma attraverso l'inosservanza o il travisamento delle finaUt� della legge, pu� conseguirsi con mezzi e strumenti diversi e tra questi si coUocano anche il negozio indiretto e quello collegato. In questa ultima ipotesi, i contratti collegati, singolarmente considerati, sono veri e reali e sono forniti dei requisiti di legge, ma, ove vi sia l'intento deHa frode, il loro coordinamento o collegamento non dipende da intrinseca necessit� od opportunit�, in base alla libera e discrezionale scelta degli strumenti giuridici offerti dalla legge al cittadino per raggiungere un fine particolare, ma costituisce solo l'artificio per eludere la disponsizione imperativa della legge. Pertanto non basta che formalmente i singoli atti siano conformi alla legge, ma occorre che l'utilizzazione di essi non sortisca un effetto contrario alla legge imperativa. Ci� posto, aippare chiaro che la Corte di merito ha inesattamente ed illogicamente motivato in ordine al punto decisivo della frode alla legge fiscale, limitandosi a rilevare che la tipicit� degli atti stessi escludeva che il loro collegamento (da essa Corte ritenuto sussistente) potesse dar luogo ad una situazione di contrariet� alla legge. Dovendosi accertare, ai fini della tassazione, la natura gratuita ed onerosa dell'atto (e a tal fine, onde evitare frodi, la legge appresta alla finanza le presunzione dell'art. 5 della legge n. 90 del 1945), questa va ricavato da1la effettiva situazione negoziale, onde, anche in presenza di un prezzo realmente sborsato dall'acquirente, pu� mancare la causa onerosa, ove risulti che la prestazione del prezzo sia avvenuta mediante l'utilizzazione di una precedente attribuzione patrimoniale effettuata dal venditore al compratore al solo fine di far risultare il pagamento. � chiaro per� che tale situazione non si verifica in ogni caso, ma solJ.o se i due atti (quello di provvista � e quello di acquisto) siano collegati come mezzo al fine, non invece quando vi sia solo una successione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cronolo.g-ica di atti, in cui il primo, in ordine di tempo, pur fornendo al futuro acquirente la disponibilit� per l'acquisto successivo, non sia stato predisposto per l'effettuazfone del secondo. L'accertamento di taU differenti situazioni d� luogo ad una questione di fatto, richiedendo l'esa!lle e la valutazione di concr�ete circostanze di fatto e pertanto esso spetta esclusivamente al giudice di merito. Ne deriva ancora che La motivazione adottata, se sufficiente e priva di errol'i logici o giuridici, si sottrae a riesame in sede di legittimit�. Nel caso di specie, invece, la motivazione della sentenza impugnata, � viziata da una difettosa impostazione giuridica, come si � rilevato, il che ha portato a trascurare i!l fatto decisivo prospettato dall'amministrazione finanziaria delLa frode alla legge fiscale, ipotesi di frode che se fosse stata esaminata' alla stregua dei criteri indicati, poteva portare ad una diversa decisione. Pertanto la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altra Corte . di appello, la quale, sulla base degli elementi emergenti dagli atti di causa, dovr� valutare se tra la donazione dei titoli, di cui � cenno nell'atto di compravendita de quo, ed il successivo acquisto, sussista il collegamento fun2lionale che permetta di ritenere che il gen[tore abbia inteso, mediante l'utilizziazione dell'accrescimento patrimoniaile in tal modo procurato all'acquirente, far risultare a titolo oneroso l'atto, che, invece, nella sostanza, � a titolo gratuito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1969, n. 1535 -Pres. Malfitano -Esb. Geri -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Martorelli. Imposta di registro -Agevolazione per la formazione della piccola propriet� contadina -Estensione -Contratti di appalto per la costruzione di edifici rurali -Si applica. (1. 6 agosto 1954, n. 604, art. 1; 1. 1 febbraio 1956, n. 53, art. 3; 1. 2 giugno 1961, n. 454, art. 28). La nozione di atti inerenti alla formazione della piccola proprietd contadina si � andata dilatando, attraverso una serie di leggi, fino a non lasciar scoperto alcun atto pi� o meno direttamente coUegato con l.a creazione di piccole unitd poderali sicch� non soltanto gii atti primari (compravendita, concessione di enfiteusi, permuta, ecc.) ma anche gli atti accessori e secoindari comportanti un miglioramento fondiario sono da ricomprendere nell'agevolazione; ci� emerge particolarmente dall'art. 3 della legge 10 febbraio 1956 n. 53 che dichiara �inerenti� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 687 alta formazione deLla piccola propriet� contadina, non soltanto ai fini deUe facilitazioni creditizie ma anche agli effetti delle agovelazioni fiscali, le opere di miglioramento fondiario. Ne consegue che per i detti negozi secondari, che giovano mediatamente alla formazione della piccola propriet� contadina ed ai destinatari di essa (coltivatori manuali), non si richiede per l'agevolazione tributaria la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi stabilfti nella legge per gli atti primari, sempre che soddisfino l'unica esigenza della destinazione (inerenza) alla formazione della piccola propriet� rustica. Godono pertanto dell'agevolazione tributaria dell'art. 28 della legge 2 giugno 1961 n. 454 i contratti di appalto stipulati dalla Cassa per la formazione della piccola propriet� contadina per la costruzione di case colcmiche, staLle, fienili, ecc. (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione finanziaria propone in sostanza tre distinte censure per avere la Corte di merito affermata la sussistenza del beneficio fiscale su contratti di appalto per la costruzione di edifici rurali intervenuti fra la Cassa per la formazione della piccola propiret� contadina e l'impresa Martorelli Carlo. Il riferimento all'art. 3 della legge 1� febbraio 1956, n. 53, ai fini della estensione delle agevolazioni t:vibutarie, non sarebbe probante nel senso del beneficio, poich� la definizione degli atti inerenti alla formazione della piccola propiret� contadina contenuta nel predetto art. 3 andava riferita alle agevolazioni creditizie in tale legge contemplate e non a quelle tributarie. Inoltre neppure ricorrerebbero le condizioni oggettive e soggettive richieste dalla legge n. 604 del 1954 ai fini della concessione del beneficio. Infatti, oggettivamente, quest'ultimo non fu previsto per i contratti di appalto, mentre, soggettivamente coloro che potevano usufruirne non avrebbero potuto essere degli appaltatori, ma persone dedite abitualmente alla lavorazione manuale della terra. (1) La decisione sopra riportata d� un'ulteriore prova della tendenza giurisprudenziale ad ampliare la portata dei benefici tributari con una giustificazione finalistica. Questa volta lo sforzo compiuto � notevole, perch� il fine della formazione della piccola propriet� contadina (che resta ancor oggi definito nell'art. 1 della legge 6 agosto 1964, n. 604, consistente nella formazione di unit� poderali attraverso vendite, permute, enfiteusi, ecc.) � cosa del tutto diversa dal miglioramento fondiario; sembra quindi opinabile affermare che le norme intese a favorire la costituzione di unit� poderali � rischierebbero di rivelarsi superflue e inadeguate se non fossero seguite da analoghe agevolazioni per quegli atti che, pur essendo accessori e secondari, hanno un'importante funzione strumentale �. N� l'eccessivo sforzo di dilatazione del beneficio � giustificato dal tentativo di ricercarne una giustificazione nell'interpretazione della 7 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infine la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria, nonch� sempHcistica, circa l'affermata destinazione delle opere alla formazione della piccola propriet� contadina in base alla natura dell'ente appaltante, poich� non � quest'ultimo a richiedere il beneficio, ma un estraneo alla formazione di cui sopra cio� l'appaltatore, sul quale grava ogni onere fiscale senza diritto a rivafaa. Il ricorso � destituito di fondamento. L'art. 28, ultimo comma, della legge 2 giugno 1961, n. 454, concernente il piano quinquennale di sviluppo dell'agricoltura, stabilisce in L. 500, la misura fissa dell'imposta di registro e di quella ipotecaria sugli atti inerenti alla formazione della piccola propriet� contadina nonch� al suo arrotondamento o accoripamento, posti in essere ai sensi � delle leggi vigenti in questa particolare materia. Attraverso una serie di leggi varie, susseguitesi in un arco di tempo di circa cento anni, la nozione di atti inerenti alla formazione della piccola propriet� contadina si � andata via via dilatando, al fine di non lasciar scoperto alcun atto pi� o meno direttamente collegato con la creazione di piccole unit� poderali, in ordine ai benefici creditizi e tributari ispirati a codesta finalit� ritenuta di pubblico generale interesse. Non v'� dubbio alcuno sul fondamento razionale di questa tendenza, poich� le agevolazioni dei negozi giuridici, che si potrebbero chiamare primari (come quelli di compravendita, concessione in enfiteusi, permuta di fondi rustici ed acquisto di case coloniche) rischierebbero di rivelarsi superflue o inadeguate, se non fossero seguite da analoghe agevolazioni per quegli atti che, pur essendo accessori e secondari rispetto ad primi, hanno una importante funzione strumentale, affinch� quest'ultimi possano raggiungere lo scopo al quale sono destinati. Infatti non basta, per la formazione di una efficiente propriet� poderale, che si disponga di un fondo rustico, ma occorre ohe lo stesso sia dotato di edifici per l'abdtazione del coltivatore, il ricovero degli norma; � infatti evidentissimo che la legge 1 febbraio 1956, n. 53, dopo aver, negli artt. 1 e 2 precisato e prorogato la portata delle agevolazioni fiscali previste nelle leggi anteriori che sono confermate senza apprezzabili innovazioni, disciplina negli art. 3 e seguenti le facilitazioni creditizie che costituiscono il vero oggetto di questa legge; in particolare l'art. 3 su cui fa leva la motivazione della sentenza, estende le disposizioni dell'art. 2 del r.d.1. 24 febbraio 1948, n. 114, sul mutuo di favore concesso per l'acquisto e la �concessione di enfiteusi a tutti gli altri atti per la formazione della propriet� contadina (permuta, affitto a miglioria, ecc.) previsti nell'art. 1 della legge 6 agosto 1954, n. 604 ed al capoverso dichiara �agli effetti della presente legge� (che ha per oggetto essenzialmente faciritazioni creditizie) inerenti alla formazione della propriet� contadina le opere di miglioramento fondiario. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 689 animali, la conservazione, il deposito, la lavorazione dei prodotti, l'even tuale sistemazione idraulica ed irrigua, ecc. Agevolare, sia ai fini creditizi che tributari, i primi e non gli altri atti significherebbe compromettere il raggiungimento delle finalit� che il legislatore si � proposto nell'intento di diffondere al massimo la propriet� dei coltivatori diretti. Questo orientamento sta appunto alla base dell'art. 3 legge 10 feb braio 1956, n. 53, che estende la concessione dei mutui al compratore, prevista per le ipotesi di formazione della piccola propriet� contadina, indicate nell'art. 1 della legge 6 agosto 1954, n. 604, anche alle opere di miglioramento fondiario ed in particolare alle costruzioni di edifici ruraili di abitazione, ricovero di animali e derrate, ai lavori di disso damento e di sistemazione irrigua ed idraulica e simili. Ove, poi, si consideri che questo ampliamento del concetto di � inerenza � alla formazione della piccola propriet� contadina fu espressamente disposto � agli effetti � della legge di cui sopra, cio� di quella n. 53 del 1956, la quale non era stata limitata alle provvidenze creditizi: e, ma prorogava con modificazioni le precedenti disposizioni di favore in materia tributaria deve convenirsi che la nozione di � atti inerenti � alla formazione di cui sopra deve ormai considerarsi comprensiva degli atti primari e secondari sopra delineati. La stessa � ratio � investe anche la legge 2 giugno 1961, n. 454 in base ad una visione globale, ispirata cbstantemente al perfezionamento delle norme di favore .per la .propriet� contadina, in modo da evitrure che un qualche atto di rilevante utilit� per la formazione della stessa potesse restare privato dei benefici previsti. Pertanto l'esclusione dall'ultimo comma dell'art. 28 legge n. 454 del 1961 degli atti di miglioramento fondiario, gi� contemplati nell'articolo 3 della precedente legge n. 53 del 1956, si porrebbe in evidente confu:"asto , con la ratio Zegis ora illustrata, rivolta manifestamente ad L'affermata dilatazione del beneficio fiscale ha reso necessaria l'ultima e pi� preoccupante affermazione che per gli atti cosidetti secondari, che giovano, mediatamente alla formazione deHa propriet� rurale e ai suoi destinatari, non si pretende n� la sussistenza n� la dimostrazione dei requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti nella norma di agevolazione; cosicch� l'atto, proprio perch� non rientrante nella previsione legislativa, dovrebbe godere di un'agevolazione pi� ampia. Nemmeno, infine, tempera la gravit� di quest'ultima proposizione l'affermata esigenza di destinazione dell'atto alla formazione della propriet� rustica (che dovrebbe essere verificata, sembra, dal giudice di merito non si sa in base a quali criteri ed a quali mezzi di prova) che resta una vaga riserva concretamente imprecisabile e che � in contrasto col sistema di accertamento e certificazione del fine rimesso dalla legge ad un organo tecnico dello stato. ! Wfffti.tfffftfafffflf:%ffftffff:ffiiifilf[f:W@Iftf@IT&Tuffiffil%Vftffiffffff%ffiff�trrrrifffillff(clf(f'fillfffffl[lff;1[1f:Ntm~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una dilatazione delle norme di favore concernenti la formazione della propriet� rurale. Ci� tanto pi� in quanto lo stesso capo III della predetta legge parla espressamente dello � sviluppo e " consolidamento ,, della propriet� contadina � con trasparente riferimento all'esigenza di assicurare la mass.ima efficienza e funzionalit� alla propriet� medesima mediante quelle opere comunemente dette di miglioramento fondiario, che si realizzano appunto attraverso gli atti qualificati come collaterali e accessori. N�, d'altro canto, � possibile negare le agevolazioni per difetto delle condizioni soggettive ed oggettive, di cui si parla nel ricorso, poich� tali condizioni sono espressamente previste, come � naturale, nella legge n. 604 del 1954 per .gli atti primari'di compravendita, enfiteusi, permuta di fondi rustici, ecc., non certo per quelli di miglioramento fondiario, pena la loro esclusione da ogni beneficio. Infatti quest'ultimi solo mediatamente riguardano le persone (coltivatori manuali) e 'g1i atti fondamentali per la formazione della propriet�; n� risultano subordinati in legge alle medesime condizioni. Non per questo essi vengono meno al ruolo di contribuire utilmente e validamente alla formazione ed al consolidamento della propriet� contadina. Infatti l'agevolazione, che giova in apparenza all'imprenditore delle opere predette, si risolve pur sempre in vantaggio della costituita unit� rustica, il cui costo di formazione e d:i impianto ne risulta ridotto e pi� accessibile al coltivatore. Ecco perch� una volta ammessi, detti atti, a fruire del beneficio, non avrebbe senso pretendere la ri�orrenza delle medsime condizioni soggettive ed oggettive previste per gli atti primari. Unica esigenza, sulla quale l'interprete deve porre l'accento, � la destinazione dell'atto alla formazione della propriet� rustica cio� la sua � inerenza � al detto scopo. Sul punto per�, mentre � privo di pregio, per le suesposte ragioni, il rilievo dell'Amministrazione ricorrente, secondo cui il carico tributario graverebbe soltanto sull'appaltatore, estraneo alla coltivazione del fondo, postoch� lo stesso andrebbe ad incidere pur sempre nel costo di formazione e consolidamento della propriet�, occorre osservare che l'accertamento di tale destinazione � stato compiuto con insindacabile apprezzamento dal giudice di merito. E poich� detto accertamento, sul cui rigore � opportuno porre l'accento onde evitare una facile frode fiscale, � fondato su una motivazione immune da errori logici e �giuridici, esso si sottrae al sindacato di legit-. timit�. Esattamente, in proposito, osserva la denunziata sentenza che non soltanto la destinazione delle opere risulta evidente del contratto di appalto, ma � sopratutto garantita dall'ente appaltante (la Cassa per PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 691 la formazione della piccola propriet� contadina), istituito appunto per assicurare il conseguimento di detta finalit�. Questa motivazione, per quanto concisa, d� sufficiente ragione del convincimento del giudice e non merita censura. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1969, n. 1543 -Pres. Flore -Est. Geri -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Comune di Milazzo. Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia d'imposta -Definizione -Opposizione alla pignorabilit� dei beni Competenza del tribunale. (c.p.c., art. 9; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 8). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione coattiva Sospensione dell'esecuzione -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 145; t.u. 14 aprile 1910, n. 639, art. 31). La caratterizzazione di una controversia � data non dalle questioni di maggior riiievo discusse pi� frequentemente ma dalla qualit� delle persone interessate (aspetto soggettivo) e dall'oggetto specifico dedotto in giudizio (aspetto obiettivo). � quindi contrnv�rsia d'imposta anche quella che, svolgendosi fra l'ente impositore e la persona fiscalmente obbligata, riguarda ogni questione, sia in fase cognitiva che esecutiva, concernente l'esistenza e la misura del tributo, le eventuali esenzioni dallo stesso, le forme, i termini e i privilegi per la sua riscossione, le modalit� di pagamento e in genere tutti quei problemi che direttamente o mediatamente investono ogni aspetto dell'obbligazione tributaria dedotta in giudizio. Entro questi amplissimi limiti esterni possono agitarsi le questioni pi� varie generiche o specific'he, di diritto comune o speciale, senza che per ci� venga meno il fondamentale carattere tributario della controversia. � quindi controversia d'imposta quella concernente soltanto la pignorabilit� dei beni colpiti con l'esecuzione fiscale (1). Poich� sulla norma comune dell'art. 624 c.p.c. prevalgono quelle speciali che regolano il procedimento esecutivo di carattere tributario, la sospensione dell'esecuzione intrapresa per la riscossione dei tribiiti, sia se si definisca una revoca (temporanea) delL'atto amministrativo non consentita dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, sia se si consideri come un atto che nessun giudice ha il potere di emettere (1-2) Sulla prima massima la giurisprudenza � costante: Cass., 9 maggio 1966, n. 1186, in questa Rassegna, 1966, I, 921; 14 giugno 1965, n. 1207 e 18 giugno 1965, n. 1261, ivi, 1965, I, 561, con note di richiamo. Deve essere 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per il divieto contenuto nell'art. 145 della legge di registro e nell'art. 31, in relazione agli artt. 3 e 5, del t. u. 14 aprile 1910, n. 639, in ogni caso importa il difetto di giurisdizione del giudice ordinario (2). (Omissis). -Si sostiene nel ricorso la violazione degli artt. 9, cod. proc. civ., 8 t. u. 30 �ttobre 1933, n. 1611, 147, r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 3 e 4 t. u. 14 aprile 1910, n. 639 in relazione all'articolo 42 c.p.c., in quanto il Pretore avrebbe errato escludendo il carattere tributario della controversia, derivante invece dalle predette disposizioni di legge, ed in particolare dagli artt. 9 c.p.c., 8 t.u. n. 1611 del 1933, il quale attribuisce al Tribunale la decisione delle controversie riguardanti le tasse e sopratasse � anche se insorte in sede di esecuzione�, e 147 legge di registro. Peraltro la sospensione della esecuzione intrapresa con l'ingiunzione tributaria si tradurrebbe in una inammissibile sospensione della efficacia di un atto amministrativo, quale � appunto l'ingiunzione di cui sopra, in contrasto con il divieto di legge (art. 4 legge 20 marzo 1965, n. 2248 all. E sull'abolizione del contenzioso amministrativo). Ne conseguirebbe il difetto di .giurisdizione del giudice ordinario, il quale trova altresl una sua :puntuale conferma nel divieto di sospendere l'esecuzione contenuto nell'art. 145 della legge di registro e nell'art. 31 in relazione agli artt. 3 e 5 t. u. 14 aprile 1910, n. 639. Il ricorso � fondato e merita accoglimento. La questione di giurisdizione, che si profila, dipende anzitutto dalla natura della controversia, non essendo dubbia la giurisdizione ordinaria ai sensi dell'art. 624 c.p.c. qualora, trattandosi di opposizione all'esecuzione in base agli artt. 615 II comma e 619 c.p.c., dovessero trovare piena applicazione le norme di diritto :processuale comune. Se al contrario dette norme, in ordine alla sospensione dell'esecuzione, non possono essere applicate vertendosi in tema di controversia d'imposta, sorgerebbe il problema della sussistenza o meno del potere di sospendere da parte del �giudice ordinario e per conseguenza quello della di lui giurisdizione. H Pretore ha ritenuto di escludere la lite tributaria, perch� non v'�, nella specie, contestazione alcuna in ordine all'obbligazione d'imposta, n� si verifica, la necessit� di interpretare norme di carattere fiscale. tuttavia segnalata l'ampiezza e la precisione della motivazione della pronunzia in rassegna. Anche sull'argomento della seconda massima la giurisprudenza � pacifica e del resto l'impossibilit� di sospendere l'esecuzione fiscale � stabilita nelle norme in modo non equivoco. Importante � per� l'affermazione del difetto assoluto di giurisdizione di ogni giudice, cosa che dovrebbe frenare la pronunzia della sospensione dell'esecuzione, spesso generosamente disposta con decreto dai ;pretori, anche quando riconoscono la propria incompetenza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 693 Questa opinione -limitata ad alcuni aspetti soltanto eventuali, anche se importanti, della causa -non pu� essere corldivisa. Infatti, la caratterizz,azione di una controversia non � data in via esclusiva dalle questioni di maggior rilievo discusse ed agitate pi� fr,equentemente secondo la materia trattata, ma dalla qualit� delle persone interessate (aspetto soggettivo) e dall'oggetto specifico dedotto in giudizio (aspetto obiettivo). Questi due aspetti si integrano fra loro ed offrono perci� una pi� sicura tipizzazione della causa, distinguendola da ogni altra. ( Omissis). Esattamente perci� � stato ritenuto, in linea di generale principio, essere tributaria la controversia che, svolgendosi fra l'ente impositore e la persona fiscalmente obbligata, riguarda ogni questione, sia in fase cognitiva che esecutiva, concernente l'esistenza e la misura del tributo, le eventuali esenzioni dallo stesso, le forme, i termini, i privilegi per la sua riscossione (Cass. n. 1261 del 1965 e n. 1021 del 1964), le modalit� di pagamento ed in genere tutti quei problemi, che direttamente o mediatamente investono ogn:i aspetto della obbligazione tributaria dedotta in giudizio. Entro questi amplissimi limiti esterni possono agitarsi le questioni pi� varie �generiche o specifiche, di diritto comune o speciale, senza che perci� venga meno il fondamentale carattere tributario della controversia. Nella specie si verte in tema di esecuzione mobiHare in base a pignoramento conseguente ad una ingiunzione fiscale per la riscossione dell'imposta sull'entrata dovuta e non pagata dal Comune di Milazzo. Per quanto l'opposizione proposta da quest'ultimo rientri nell'ambito del procedimento esecutivo ed investa il problema di diritto comune sulla pignorabilit� o meno di determinati beni mobili, la controversia tuttavia si svolge fra i soggetti del rapporto d'imposta ed � finalisticamente rivolta alla riscossione del tributo. Non si pu� dunque negare ad essa, in base alle illustrate osservazioni, un suo preminente carattere tributario, a nuHa rilevando che le questioni specifiche sottoposte all'esame del giudice anzich:� investire (come suole pi� spesso accadere nel processo di cognizione) la sussistenza del potere impositivo o l'interpretazione delle norme che lo prevedono, si risolvano in un smplice problema di diritto processuale civile, strumentalmente preordinato per� alla esazione di un tributo. Una conferma quanto mai significativa di ci� � data proprio dal quesito, che si a.gita in giudizio, circa la sussistenza del potere di sospendere l'esecuzione. Infatti se non si trattasse di una 'ingiunzione fiscale, che ha carattere amministrativo, tale quesito non avrebbe avuto modo neppure di 694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO.STATO prospettarsi, poich� il potere di sospendere l'esecuzione ordinaria � previsto espressamente nell'art. 624 c.p.c. Il fatto stesso della sua insorgenza, appunto perch� all'origine del processo trovasi un atto amministrativo emanato come estrinsecazione del potere d'imposizione dello Stato, conferisce alla controversia quel carattere tributario, che il Pretore ha erroneamente negato in base ad una visione eccessivamente ristretta del problema sottoposto al suo esame. Poich� dunque sulla norma comune di cui all'art. 624 c.p.c. prevalgono quelle speciali che, in via generale, regolano il giudizio nei confronti della P.A. ed, in via particolare, quello esecutivo di carattere tributario, si pone il quesito se il giudice ordinario, relativamente alla esecuzione fiscale in materia� di imposte indirette sia soggetto a limiti interni nell'esercizio del suo potere giurisdizionale -il che � negato dalla denunziata sentenza -per quanto concerne la sospensione della esecuzione dell'atto amministrativo. !ili .0l f:::: Qualora la sospensione della esecuzione di un atto amministrativo 00 debba essere equiparata, come qualche decisione giurisprudenziale ha 00 riconosciuto (Cass., Sez. Un., n. 2084 del 1963 e n. 903 del 1962), ad una i fili w revoca temporanea dell'atto stesso, non v'� dubbio ch'essa incorrerebbe f nel divieto di cui all'art. 4 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo. Questo divieto di revocare, modificare o annullare gli ~F atti amministrativi, si traduce in un difetto totale di giurisdizione del giudice ordinario, qualora non siano state a lui proposte altre domande, limitatamente alle quali debba invece essere affermata o supposta la giurisdizione st'essa. ~ Ma se pure la sospensione dell'atto d'ingiunzione fisca�le non si por~ tesse equiparare ad una sua provvisoria revoca, sul riflesso che l'atto il medesimo resterebbe integro nei suoi requisiti essenziali essendone sol !~ tanto impedita temporaneamente l'efficacia, si dovrebbe pervenire ad ~:j identica soluzione, poich�, nella specie, la carenza del potere di sospen-~ dere deriva da norme speciali applicabili alla controversia d'imposta. Infatti l'art. 145 della legge di registro, della quale non si contesta i rapplicabilit� ai fini del procedimento coattivo di riscossione, espressamente esclude la sospensione in seguito ad opposizione in via giudiziale ' (salvo che si tratti di imposta suppletiva o soprattassa). X . I Lo stesso divieto risulta evidente nell'art. 31 del t. u. 14 aprile 1910, r.~. n. 639, laddove vengono richiamati, ai fini della loro applicabilit� ai prow ?::! cedimenti esecutivi, �gli articoli dal 5� al 29� del t. u. medesimo, con ~ espressa esclusione, nell'art. 5 della parte concernente l'art. 3, dove � con1:: � cessa all'autorit� giudiziaria adita la facolt� di sospendere, con decreto ~-: in calce al ricorso, il procedimento coattivo. Ogni ipotesi di carenza del potere di compiere determinati atti di :; risolve pur sempre, limitatamente ad essi, in un difetto di giurisdizione, f.~~ i;,: li ~=: f:: f:: IF~~AU'AarAJFIAJFI~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 695 anche se quest'ultima debba essere affermata in ordine ad altri capi o aspetti della domanda, poich� non consente al giudice n� di provvedere, n� quindi di conoscere quanto sarebbe necessario per l'adozione del provvedimento vietato. Nella specie la denunziata sentenza non pu� conseguire alcun effetto circa la disposta sospensio:ne, perch� nessun �giudice avrebbe potuto adottarla; resta ferma invece relativamente alla dichiarazione di incompetenza, competente essendo per materia (non gi� per valore come erroneamente vi si legge) ed in via esclusiva il Tribunale, al quale � stata rimessa la causa. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1575 -Pres. Rossano -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Soc. Commissionaria Mercantile (avv. Barbera) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposta generale sull'entrata -Corrispettivi relativi a� servizi inter nazionali� -Nozione -Commissionario per la vendita di prodotti esteri -I.ntassabilit�. (1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1, lett. h). L'esenzione prevista neli'art. 1 lettera h della legge istitutiva dell'I. G.E. per i corrispettivi relativi a servizi internazionali non pu� essere riferita ai soli servizi intesi a favorire le esportazioni, ma deve ritenersi applicabile a tutti i servizi internazionali, anche inerenti alle importazioni, rispetto ai quali la norma tributaria d'imposizione non intende produrre turbamento al libero gioco economico nel commercio internazionale. Sono conseguentemente esenti dall'imposizione i corrispettivi percepiti da commissionari per la vendita di prodotti esteri (1). (Omissis). -La Societ� ricorrente lamenta, col primo motivo, violazione dell'art. 1, 3� comma lett. h del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito nella legge 19 .giugno 1940, n. 762, in relazione all'art. !) dello stesso d.l. ed osserva che, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte di merito, la norma che dispone non costituire entrate tassabili con l'IGE i corrispettivi relativi a servizi internazionali si applica anche alle provvigioni corrisposte al commissionario per l'importazione di merci estere, attivit� che costituisce anch'essa un servizio internazionale. La censura � stata disattesa da questa Corte regolatrice con le sentenze 16 aprile 1966, n. 951 (a Sez. Un.) e 24 luglio 1965, nn. 1756, con le quali � stato osservato che la norma innanzi richiamata, con l'espressione � servizi internazionali � si riferisce bensi a prestazioni di servizi compiute parte in Italia, parte all'estero e comprende, perci�, anche (1) Le sentenze citate nel testo 24 luglio 1965, n. 1756 e 16 aprile 1966, n. 951 sono pubblicate in questa Rassegna, 1965, I, 1237 e 1966, I, 917. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'attivit� del commissionario (lato sensu) di ditte estere; ma, per �rientrare nella esenzione disposta dalla legge, tale attivit� deve avere una funzione strumentale rispetto alle esportazioni di prodotti dall'Italia, dato che la disciplina normativa in esame accomuna i servizi internazionali all'esportazione di materie, merci e prodotti e data anche la ratio della norma che intende favorire le esportazioni nazionali. Di conseguenza, � stato affermato nelle sentenze indicate, le provvigioni corrisposte agli intermediari, incaricati da ditte estere della vendita in Italia di prodotti esteri costituisce entrata imrponibile, non operando la ratio di favore concernente le esportazioni. � avvenuto, per�, che lAmministrazione delle Finanze, con proprie circolari (Dir. Gen. Tasse, Div. XXIV, circ. 29 del 12 maggio 1967 e n. 33 del 27 aprile 1968), ha modificato le istruzioni impartite in precedenza ai propri uffici, in ordine all'interpretazione dell'art. 1, comma 3<> lett. h della legge 19 giugno 1940, n. 762 ed ha disposto che i corrispettivi pagati dalla ditta estera al proprio intermediario, per l'attivit� da questi svolta nello Stato, sono in ogni caso esenti dall'I.G.E. ed ha, di conseguenza, autorizzato anche il rimborso dell'imposta .gi� pagata agli interessati che ne abbiano fatto temrpestiva domanda. La difesa dell'Amministratore resistente, nel confermare tale capovolgimento di istruzioni, ha spiegato che l'Amministrazione ha trovato probabilmente difficolt� nel separare, ai fini della tassazione, il corrispettivo dell'attivit� di importazione da quello dell'attivit� di esportazione compiuta dal medesimo intermediario nell'esplicazione di un servizio strutturalmente complesso ma fondamentalmente unico. In considerazione del cennato comportamento e delle ragioni che possono averlo determinato, questa Suprema Corte, sensibile alle concrete esigenze economico-sociali alle quali deve applicarsi la disciplina normativa, � indotta a rivedere l'interpretazione data con le precedenti sentenze alla norma sopraindicata. Questa dispone testualmente: � Non costituiscono entrate, ai sensi del presente decreto, le somme introitate per l'esportazione delle materie, merci e prodotti e per noli ed altri corrispettivi relativi a servizi internazionali �. Nell'interpretare tale norma le sentenze richiamate innanzi hanno argomentato, come s'� detto, essenzialmente sull'identit� della � ratio � che avrebbe ispirato la norma stessa nelle sue varie previsioni di fatti economici, nel senso che la disposizione si spiegherebbe unicamente con l'intento di favorire le esportazioni nazionali, anche agevolando i servizi internazionali �di intermediazione commerciale di tali esportazioni. Quest'argomento, per�, pu� essere contraddetto, perch� il nesso di necessaria considerazione unitaria dei fatti economici, che non costituiscono entrata tassabile secondo la norma in esame, non solo non � chiaro, ma pu� essere addirittura escluso, data la sostanziale diversit� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA di struttura tra i fatti economici di esportazione di materie, merci e prodotti, da una parte, ed i fatti �economici di trasporto o di altri servizi internazionali, dall'altra. Tale intrinseca diversit� induce a ritenere pi� razionale di ricercare la ragione dell'esclusione dalla tassazione con l'I.G.E. nei tratti caratteristici di ciascuna operazione economica considerata e ravvisare il fondamento dell'esclusione dei corrispettivi dei servizi internazionali nell'intento di realizzare un clima di cooperazione tra gli Stati per lo svolgimento di tali servizi di interesse reciproco, con l'esclusione di mezzi anche indiretti di intervento statale sul libero gioco economico di .costi dei servizi medesimi: interventi. indiretti a mezzo di imposizione tributaria che potrebbero determinare oltre che difficolt� non esattamente prevedibili per gli operatori, misure di ritorsione degli Stati esteri, che nell'imposizione tributaria in Italia sui corrispettivi dei servizi internazionali ravvisassero pregiudizio per i costi dei servizi organizzati in italia dai loro operatori economici. Comunque, in presenza di un testo legislativo che non enuncia un collegamento necess�rio tra le previsioni dei distinti fatti economici e non rivela una precisa e non equivoca � mens legis � la prudenza dell'interprete dev'essere sollecitata al massimo. Appare, perci�, preferibile attenersi al significato letterale e logico-tecnico delle locuzioni del testo, respingendo la suggestione di ricercare la recondita mens legis, .che le espressioni usate non enuncerebbero esattamente. D'altra parte � insegnamento di autorevole dottrina in tema di teoria giuridica dell'interpretazione che lo scopo della legge dev'essere desunto dal suo stesso contenuto normativo, nel quale lo scopo manifesta attivamente la sua efficacia di fattore determinante della volont� creativa della legge e nello stesso tempo, della direzione teleologica della disciplina normativa; sicch� non pu� l'interprete ric~rcare detto scopo in base a considerazioni estrinseche, la cui �scelta deriverebbe da valutazioni subiettive, con un fondo pi� o meno sensibile di arbitrariet�. E le locuzioni testuali, nell'escludere che costituiscano entrata tassabile i corrispettivi relativi ai servizi internazionc:ili, non accennano al contenuto specifico del servizio e neppure al risultato che esso dia utilit� per le esportazioni nazionali. Di conseguenza, rimangono fuori dell'ambito oggettivo dell'applicazione dell'I.G.E. i detti corrispettivi, anche se relativi ad attivit� intermediarie di importazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 ma.ggio 1969, n. 1625 -Pres. Pece Est. D'Orsi -P. M. Del Grosso (conf.) -Vaselli (avv. Tumedei) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Concordato -Natura -Pattuizioni estranee alla determinazione dell'imponibile -Non infic;iano la validit� del concordato. 698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Concordato -Impugnazione -Regime anteriore all'entrata in vigore della 1. 5 gennaio 1956, n. 1 -Condizioni e limiti. (reg. 17 luglio 1907, n. 560, art. 91; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 41). Il concordato tributario non ha carattere negoziale o transattivo ma si concreta in un atto unilaterale della Pubblica Amministrazione che pone in essere con l'adesione del contribuente un mezzo per l'accertamento dell'imponibile su cui deve essere applicata l'imposta. Se l'atto, oltre al vero e proprio concordato sulla determinazione dell'imponibile, contiene anche altre pattuizioni estranee (irrilevanti, o rilevanti ad altro fine) non perde tuttavia validit� per la parte che determina l'imponibile. Eventuali incompletezze del concordato attinenti alla causa o all'oggetto (nella specie riferimento alla misura dell'imposta senza indicazione esatta delrimponibile) possono dar luogo all'annullabilit� del concordato, da denunciare entro termini di decadenza, ma non ne determinano l'inesistenza (1). Prima dell'entrata in vigore della l. 5 gennaio 1956, n. 1, l'impugnazione del concordato da parte del contribuente, anche se riguardante un vizio di consenso, poteva essere esercitata nelle forme e nei termini dell'ordinario procedimento contenzioso tributario, cio� col ricorso alla Commissione nel termine di venti giorni (art. 91 reg. 11 luglio 1907, n. 560) successivamente portato a trenta giorni (art. 41 r. d. 7 agosto 1936, n. 1639). Era quindi esclusa l'impugnabilit� nel termine quinquennale dell'azione contrattuale (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo i ricorrenti, denunciando la violazione dei principi generali che regolano il concordato tributario (desumibili, tra l'altro, dall'art. 40 del t. u. 24 agosto 1877, n. 4021 e dagli artt. 81 e 107 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560), la violazione del principio fondamentale, sancito anche dall'art. 23 della Costituzione, dell'inderogabilit� dell'obbligazione tributaria; la violazione degli artt. 1346, 1418 e 2033 c. c. nonch� illogicit�, contraddittoriet� ed insufficienza della motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver ravvisato nell'accordo 4 ottobre 1948 un concordato tributario. A tale concezione osterebbe la circostanza che con l'accordo suddetto non sarebbe stato accertato il presupposto del debito d'imposta, ma (1-2) Sulla nozione di concordato la giurisprudenza � del tutto pacifica sia in riferimento alla legislazione successiva al 1956 sia a quella anteriore (Cass., 17 febbraio 1966, n. 498, in questa Rassegna, 1966, I, 421; 23 marzo 1964, n. 896, ivi, 1964, I, 588; 13 dicembre 1946, n. 1358, Riv. leg. fisc., 1947, 41; v. anche Relazione Avvocatura Stato, 1942-50, I, 410; 1951-55, I, 361; 1956-60, II, 331). Interessante l'applicazione del principio al caso di specie, veramente singolare, ed esattissime le due affermazioni sulla necessit� di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 699 sarebbe stato determinato senz'altro il debito, mediante una manifestazione di volont� del contribuente. Ora, essendo causa del concordato non la imposizione o riscossione del tributo, ma l'accertamento del presupposto dal quale la legge fa nascere l'obbligazione tributaria, nella specie, secondo i ricorrenti -non potrebbe trattarsi di concordato per la mancanza di causa. Analogamente, essendo oggetto del concordato il presupposto accertato, mancherebbe anche l'oggetto. Ci si troverebbe, quindi, di fronte ad un atto atipico (e non ad un concordato), che sarebbe nullo perch� diretto ad imporre un'imposta omettendo l'accertamento del presupposto e sostituendo questo con una manifestazione di volont� del contribuente. Il mezzo � infondato. La Corte di appello ha premesso che la scrittura 4 ottobre 1948 sottoscritta da Vaselli Ernesto, in proprio e quale mandatario di Vaselli Romolo, Mario e Giuseppe, e dal Direttore del II Ufficio Distrettuale delle imposte dirette (Reparto speciale profitti di regime) constava di vari punti, e cio�: a) riconoscimento da parte dell'Amministrazione dell'inesistenza di incrementi patrimoniali avocabili quali profitti di regime, in quanto gli incrementi patrimoniali accertati per il periodo dal gennaio 1925 al dicembre 1943 trovavano �giustificazione nei frutti del patrimonio preesistente ed in quelli dell'attivit� imprenditoriale svolta dai contribuenti; b) accertamento di redditi effettivi netti, relativi allo stesso periodo, non interamente corrispondenti a quelli precedentemente accertati in sede fiscale ed assoggettati alle relative imposte ordinarie e straordinarie; e) dichiarazione del Vaselli di voler soddisfare integralmente i tributi inerenti ai redditi realizzati dalle sue imprese e suoi personali, rinunciando anche transattivamente a qualsiasi decadenza o prescrizione eventualmente maturata ed accettando anche a proprio danno gli effetti della svalutazione monetaria, e ci� anche in considerazione delle necessit� finanziarie dello Stato, impegnato nell'opera di ricostruzione; isolare il concordato da altre eventuali pattuizioni anomale e sulla sopravvivenza del concordato nonostante l'esistenza di imperfezioni che non comportano la nullit� assoluta dell'atto. Sulla impugnabilit� del concordato nei modi e nei termini dell'ordinario procedimento, la giurisprudenza � stata del pari costante anche se ha avuto qualche oscillazione circa l'inquadramento del ricorso da esperire in quello contro l'accertamento (art. 41 r .d. 7 agosto 1936, n. 1639) o in quello contro il ruolo (art. 52 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 modificato con l'art. 3 1. 10 giugno 1888, n. 5458, art. 117, reg. 11 luglio 1907, n. 560); cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1930-41, II, 59 e 1942-50, I, 411. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d) impegno del Vaselli di corrispondere all'Erario la somma di L. 200 milioni in sessanta rate bimestrali per soddisfare a quanto sopra enunciato sub b) e c); e) annullamento da parte dell'Amministrazione dell'accertamento notificato a titolo di profitti di regime con la precisazione di non avere altre pretese nei confronti dei Vaselli, nemmeno a titolo di profitti di guerra e di contingenza per il periodo 1925-1943. Fatta questa premessa, la Corte di merito ha definito il concordato tributario come un atto complesso costituito da un atto unilaterale della amministrazione fondato sulla sua potest� tributaria e contenente un progetto di accertamento e dall'adesione unilaterale del contribuente specificando che i due atti, in quanto collogati da un comune intento, pur non fondendosi in una comune volont� contrattuale, per la diversit� dei piani in cui operano, restano avvinti nel previsto risultato cui sono diretti, che � quello di raggiungere un accertamento consensuale dei presupposti del tributo, in luogo .dell'ordinario accertamento d'ufficio. Passando, poi, ad esaminare la disciplina delle impugnazioni del concordato tributario, la Corte di merito ha distinto le impugnative aventi per oggetto l'atto negoziale di adesione (da farsi valere sia dinanzi alla giustizia tributaria nel termine di trenta giorni dalla notifica dell'accertamento compiuto col concordato, sia davanti all'Autorit� giudiziaria ordinaria, nel termine quinquennale di prescrizione ex art. 1442 c. c.) da quelle aventi per oggetto l'atto dell'autorit� finanziaria. Per queste ultime ha fatto richiamo alla teoria generale dell'atto amministrativo1 distinguendo ,gli atti nulli (in cui difetta un elemento essenziale) dagli atti annullabili, cio� inficiati da un vizio di legittimit�, e distinguendo ancora gli atti illeciti da quelli illegittimi, e precisando che solo in presenza di un atto radicalmente nullo od illecito potevano considerarsi direttamente proponibili in sede di giurisdizione ordinaria domande collegate con l'accertamento del relativo vizio, laddove in presenza di atti illegittimi si intendeva prescritto in materia di imposte dirette il preventivo ricorso al giudice tributario entro il termine di decadenza di trenta giorni dalla data di stipulazione del concordato o di conoscenza dei fatti integranti il vizio, analogamente a quanto si verificava per i ricorsi in genere contro gli accertamenti tributari d'ufficio. La Corte d'appello ha, quindi, escluso che l'atto amministrativo in discussione, a cui i contribuenti avevano prestato la loro adesione, potesse considerarsi nullo per difetto di causa, avendo gli atti amministrativi una causa tipica e sussistendo nella specie lo scopo diretto all'imposizione e riscossione dei tributi ed ha escluso, altresi, che potesse considerari nullo per mancanza dell'oggetto, in quanto tale nullit� sussiste solo quando risulti impossibile individuare il rapporto al quale l'atto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 701 si � riferito laddove, nella specie, l'impossibilit� non sussisteva, potendosi eventualmente parlare di vizio di legittimit�. Ha infine escluso la nullit� per contrasto con le norme imperative della legge 5 gennaio 1956, n. 1, essendo state queste emanate in epoca successiva all'atto in questione, e con l'art. 23 della Costituzione, non trattandosi di imposizione tributaria per imposte non previste dalla legge. Questo ragionamento; anche se .contiene alcuni errori di diritto pei quali questa Corte ritiene di far ricorso al potere correttivo di cui all'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. -sorregge un dispositivo conforme al diritto. Non � innanzi tutto esatto che il concordato tributario costituisca un atto complesso, perch� la manifestazione di volont� del privato e quella della Amministrazione non sono omogenee; per parlarsi di atto amministrativo complesso, �, infatti, necessario che entrambe le manifestazioni di volont� provengano da soggetti appartenenti alla P.. A. Il concordato tributario,. secondo la giurisprudenza di questa Corte e la prevalente dottrina, non ha carattere negoziale o transattivo, ma si concreta in un atto unilaterale della P. A., la quale pone in essere, con l'adesione del contribuente, un mezzo di accertamento dell'imponibile, su cui deve essere applicata l'imposta (Cassaz. 17 febbraio 1966, n. 498; 13 dicembre 1946, n. 1358; 17 marzo 1963, n. 626). E in particolare l'adesione del contribuente si pone concettualmente prima dell'atto di imposizione, si da poter essere piuttosto vista come un elemento del procedimento amministrativo. Ma, nonostante l'inesatta affermazione sulla funzione strutturale della volont� del privato, la Corte di merito ha colto ugualmente nell'atto sottoposto al suo esame le caratteristiche del concordato ed esattamente ha definito tale l'accordo 4 ottobre 1948, col metterne in luce la funzione di determinare un debito d'imposta attraverso l'adesione dei contribuenti e, pi� precisamente, con l'accertamento consensuale tra l'Amministrazione finanziaria e il contribuente dei presupposti del tributo (redditi percepiti negli anni 1925-1943 e non assoggettati alle relative imposte ordinarie e straordinarie). E in questa qualificazione tipologica non si riscontrano vizi di mo tivazione. La Corte d'appello non poteva, infatti, negare il valore di con cordato all'atto perch� questo comprendeva affermazioni estranee al contenuto del concordato, sia provenienti dall'Amministrazione (come la dichiarazione di non aver a pretendere nulla per profitti di guerra), sia provenienti dal contribuente (come la �dichiarazione di voler far fronte a tutti i passati impegni tributari per contribuire all'opera di ricostru zione dello Stato). Si tratta; infatti, di dichiarazioni che o sono prive di rilevanza giu r\dica o riguardano materia estranea a quella costituente il contenuto del concordato e che, una volta isolate dal vero contenuto giuridico RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'atto, lasciano ,chiaramente scorgere l'atto di accertamento della P.A. degli obblighi tributari dei contributi relativi ai tributi inerenti ai redditi e l'adesione dei contribuenti medesimi. La Corte d'appello -contrariamente all'assunto dei ricorrenti non poteva neppure negare che l'atto fosse un concordato sotto il profilo della mancanza di causa o di oggetto, perchi� la .genericit� dell'oggetto e la mancata indicazione dell'imponibile su cui i ricorrenti particolarmente insistono potevano, come in sostanza ha riconosciuto la Corte di appello, costituire iin ipotesi un vizio del concordato medesimo; ma non ne intaccavano l'esistenza. Una volta accertato, quindi, che l'atto posto in essere tra 1'Amministrazione finanziaria e i Vaselli era nelle sue linee essenziali un concordato relativo alle imposte sui redditi, il quesito che si presentava alla Corte d'appello era solo quello di stabilire quali fossero i mezzi e i tempi d'impugnazione, perch� solo con un'azione tempestivamente spiegata nelle forme e nei modi di legge sarebbe stato possibile scendere ad esaminare il merito delle doglianze. Ora la Corte di appello ha in proposito erroneamente distinto fuorviata dalla natura di atto complesso attribuita al concordato -le impugnative proposte avverso l'atto della P. A. (precisandone in trenta giorni il termine di proposizione), da quelle avverso l'atto di adesione del privato (per le quali se l'azione veniva spiegata davanti all'Autorit� giudiziaria ordinaria, ha indicato il termine di cinque anni). Questa distinzione -che per altro non ha avuto conseguenze di ordine pratico, dato il lungo tempo trascorso tra la stipulazione dell'atto e l'inizio della causa -� sicuramente errata. Essa risente dell'incertezza che regnava nella dottrina e nella ,giurisprudenza meno recenti per la mancata previsione legislativa dei modi di impugnazione del concordato, prima dell'emanazione della legge n. 1 del 1956, ma questa Corte Suprema, superando la tesi estrema dell'inimpugnabilit� del concordato o della sua impugnabilit� nel termine di cinque anni previsto in materia negoziale dall'art. 1300 c. c. del 1865, afferm� che le impugnazioni del concordato da parte del contribuente -pure se l'impugnativa riguardava un vizio di consenso -dovevano essere riportate nella disciplina imposta dall'ordinamento tributario, quanto alle forme e quanto al termine (Cass. 31 luglio 1939, n. 3018; 21 luglio 1936, n. 2631), che era quello fissato per i ricorsi avverso gli accertamenti tr1butari (e cio� venti giorni secondo l'art. 91 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 elevati, poi a trenta dall'art. 41 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639). E fin da allora fu posta in luce l'esigenza dell'uniformit� delle forme di impugnazione per qualsivoglia vizio e della brevit� dei termini per l'impugnativa onde evitare di rendere per lungo tempo incerti i rapporti tributari, laddove l'incertezza � incompatibile con questa materia, rispetto alla quale sono invece cura e pregio delle leggi finanziarie .PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 703 assicurare precisa e rapida definizione dei rapporti e delle contestazioni relative. Questa esigenza trovava ulteriore conferma nell'art. 53 della legge 24 agosto 1877, n. 4021, secondo cui il diritto di ricorso all'Autorit� Giudiziaria per qualsivoglia questione riguardante il debito dell'imposta si prescriveva nel termine di sei mesi dal giorno della pubblicazione del ruolo o dell'applicazione della ritenuta. L'impugnazione proposta dai Vaselli con l'atto di citazione del 19 luglio 1960 avverso il concordato stipulato dodici anni prima -senza neppure adire previamente le commissioni tributarie -era in ogni caso tardiva e non era, quindi, possibile alcun esame delle addotte cause di nullit� o di annullabilit�, una volta accertato che l'atto aveva le caratteristiche essenziali di un concordato tributario. Questi rilievi rendono non rilevante ai fini specifici di causa l� questione -su cui l'Avvocatura dello Stato ha particolarmente insistito nella discussione orale -circa il carattere processuale della norma contenuta nel secondo comma dell'art. 4 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, successivamente trasfuso nell'art. 34 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, relativo al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del concordato, norma che sarebbe di immediata applicazione e regolerebbe anche le impugnative dei concordati stipulati prima d�lla sua entrata in vigore. Manifestamente infondata appare, infine, la dedotta violazione deil'art. 2033 c. c., non potendosi parlare di indebito oggettivo per somme versate in adempimento di un'obbligazione tributaria regolarmente assunta e non trattandosi di imposizione di prestazione patrimoniale non in base alla legge. Il che � sufficiente a rendere manifestamente infondato il riferimento �fatto dai ricorrenti alla norma di cui all'art. 23 della Costituzione, la quale si limita a prescrivere -precisamente -che la potest� impositiva deve trovare la propria base nella legge. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1969, n. 1626 -Pres. Rossano -Est. Malfitano -P. M. Pandolfelli (conf.) -Soc. Dalmine (avv. Quinto) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). Imposta generale sull'entrata -Esportazione di prodotti fabbricati con materiali importati -Restituzione dell'imposta sui materiali importati -Imposta sull'entrata e imposta di conguaglio -Momento determinante del diritto al rimborso -� quello dell'esportazione. (1. 31 luglio 1954, n. 570, artt. 1 e 5; 1. 9 novembre 1961, n. 1233). Poich� la legge ammette la restituzione dell'imposta pagata sui materiali importati solo se e quando i prodotti con detti materiali fabbricati 8 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO siano esportati, il diritto alla restituzione sorge soltanto al momento dell'esportazione ed � quindi regolato dalla norma in questo momento vigente. Conseguentemente se i materiali furono importati sotto il vigore della l. 3 luglio 1954, n. 570 (che prevedeva il rimborso dell'imposta sui prodotti esportati con detrazione soltanto dell'ammontare della normale imposta sull'entrata sui materiali importati) ed i prodotti finiti sono esportati dopo l'entrata in vigore della l. 9 novembre 1961, n. 1233 (che dal rimborso prevede la detrazione oltre che della normale imposta anche dell'imposta di conguaglio prevista nell'art. 1 della l. n. 570 del 1954), il diritto al rimborso � regolato dalla legge, meno favorevole al contribuente, del 1961 vigente al tempo dell'esportazione dei prodotti finiti (1)). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la riesportazione dei tubi prodotti dalla Dalmine con l'acciaio temporaneamente tmportato� prima della entrata in vigore della legge 9 novembre 1961, n. 1233 dovesse essere regolata dalle disposizioni in questa contenute per essere la riesportazione avvenuta dopo l'entrata in vigore di detta legge e, conseguentemente, affermato che dalla somma dovuta alla Dalmine a titolo di rimborso della imposta generale sull'entrata dovesse essere detratta anche l'imposta di conguaglio. In proposito si deduce che tale detrazione non poteva essere operata perch�, essendo il rapporto di imposta sorto all'atto della temporanea importazione, la legge applicabile era quella del 31 luglio 1954, n. 570, la quale non prevedeva la detrazione dellu imposta di conguaglio. La censura � infondata. A norma degli articoli 1 e 5 della legge 31 luglio 1954, n. 570, gli esportatori di prodotti fabbricati �con materiali temporaneamente importati avevano diritto alla restituzione dell'imposta generale sull'entrata relativa alle merci ed alle materie prime ed altri prodotti impiegati nella loro fabbricazione, decurtata dell'ammontare della imposta generale sull'entrata relativa ai materiali esteri. Con la legge del 9 novembre 1961, n. 1233, modificativa dell'articolo 5 della legge n. 570 del 1954, dall'ammontare dell'imposta da restituire ai detti esportatori va detratto non solo il.'imposta sull'entrata, ma anche quella di conguaglio corrispondente al valore dei materiali esteri, la quale, per la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 1 della legge n. 570 del 1954 � dovuta sui prodotti industriali importati dall'estero ed elencati nella tabella allegato B al decreto previsto dall'articolo 3 della legge medesima ed � rapportata all'imposta generale sul (1) Massima di evidente esattezza. Non constano precedenti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 705 l'entrata che .gli stessi prodotti avrebbero assolto durante la loro fabbricazione in Italia. Ora, poich� la legge ammette la restituzione dell'imposta soltanto se i prodotti fabbricati con i materiali temporaneamente importati siano esportati, � evidente che il diritto a tale restituzione sorge con il verificarsi della esportazione, la quale, pertanto, assume il carattere di fatto costitutivo di esso e di elemento condizionante la sua insorgenza. Conseguentemente la disciplina legale di tale diritto � quella vigente al tempo in cui l'esportazione ha luogo e ad essa, perci� occorre fare riferimento per stabilire se e quali detrazioni debbano essere operate dall'ammontare dell'imposta da restituire agli esportatori e quali siano le modalit� di attuazione della restituzione. N� il fatto che l'imposta generale sull'entrata e quella di conguaglio relativa ai materiali esteri impiegati nella fabbricazione dei prodotti esportati siano dovute all'atto della loro temporanea importazione (art. 1 comma secondo legge n. 570 del 1954), pu� indurre a ritenere applicabile alla restituzione dell'imposta prevista a favore degli esportatori la disciplina vigente al tempo della importazione di detti materiali, per ch� il diritto alla restituzione dell'imposta � collegato soltanto all'esportazione dei prodotti, la quale � un fatto produttivo di conseguenze giuridiche autonome e indipendente dalla importazione dei materiali e, peraltro, del tutto eventuale, perch� ben pu� verificarsi l'ipotesi (alla quale la legge ricollega i relativi effetti fiscali) che prodotti fabbricati con materiali temporaneamente importati siano destinati al commercio interno. Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha ritenuto che la restituzione dell'imposta generale sull'entrata spettante alla Dalmine per effetto della esportazione dei tubi fabbricati con materiali temporaneamente importati dall'estero dovesse essere disciplinata dalla legge n. 1233 del 1961, in quanto la esportazione dei menzionati prodotti era avvenuta dopo l'entrata in vigore di questa legge. La Corte, quindi, ha esattamente affermato che dall'ammontare dell'imposta da restituire alla Dalmine fosse detratta anche l'imposta di conguaglio come prescrive la legge del 1961. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1969, n. 1630 -Pres. Stella Richter -Est. Miele -P. M. Del Grosso (conf.) -Costa (avv. Zavattaro) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Ricorso alla Commissione Centrale -Enunciazione d�i motivi 706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Necessit� -Citazio11e delle norme di legge che si assumono violate -Insufficienza. (r.d. 7 agosto 1937, n. 1516, art. 46). � inammissibile il ricorso alla Commissione Centrale motivato con la sola menzione della norma di legge che si assume violata,, anche nel caso in cui la norma abbia un contenuto ristretto o addirittura limitato a un'ipotesi unica (1). (Omissis). -La ricorrente denunziando la violazione degli articoli 46, 48 e 38 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, in relazione all'art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., lamenta che la Commissione non abbia dichiarato l'inammissibilit� del ricorso, in quanto la semplice indicazione della norma violata avrebbe dato luogo a genericit� ed indeterminatezza dei motivi. In merito a tale motivo di ricorso l'Amministrazione resistente deduce che, notificata il 25 maggio 1966 la decisione con la comunicazione che l'ufficio proponeva impugnazione fondata sulla violazione dell'art. 117 del t.u. sulle imposte dirette, entro i trenta giorni successivi (il 15 giugno 1966) esso ufficio aveva rpresentato alla Commissione centrale il proprio ricorso nel quale erano specificate le ragioni della sua doglianza, fondata sull'art. 117 predetto. Va preliminarmente osservato che l'assunto dell'Amministrazione finanziaria sopra riportato non risulta comprovato dagli atti in quanto non � stata prodotta copia del ricorso depositato alla segreteria della Commissione centrale. Si aggiunga che la Commissione nella sua decisione ha cons~derato che il ricorso contenesse solo l'indicazione dell'articolo di legge che si assumeva violato e su tale contenuto del ricorso ha fondato la sua decisione. Pertanto, ove vi fosse stata omissione dell'esame dell'effettivo contenuto di tale ricorso, ci� avrebbe dovuto formare oggetto di impugnazione sia pure condizionata da parte della Amministrazione resistente. La censura della ricorrente � fondata. Questa Suprema Corte ha pi� volte ritenuto che la sola indicazione degli articoli di legge che si assumono violati non � sufficiente ai fini della specificazione dei motivi prescritti dall'art. 46 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (Cass. 22 marzo 1967, n. 644; 21 ottobre 1967, n. 2592). Invero l'art. 46 cit. rprescrive che il ricorso debba contenere, fra l'altro; �le questioni e i carpi della decisione contestata, indicando gli (1) Conforme � l'altra sentenza in pari data n. 1629. La giurisprudenza � costante: 22 marzo 1967, n. 644, in questa Rassegna, 1967, I, 670; 25 maggio 1966, n. 1336, ivi, 1966, I, 1299. Sul diverso rigore della motivazione richiesta per il ricorso alla Commissione Provinciale cfr. Cass., 23 gennaio 1969, n. 182 e 6 febbraio 1969, n. 395 e 396, ivi, 1969, I, 114. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 707 articoli di legge o di regolamento che si affermano violati od erroneamente applicati �. La �precettivit� della norma diretta a consentire sia al giudice sia alla controparte di individuare �le ragioni della dog�anza, non permette che si possa ritenere assolto tale onere attraverso la sola indicazione degli articoli di legge che si assumono violati. E ci� anche nel caso in cui la norma di legge indicata come violata abbia un contenuto ristretto o addirittura limitato ad una determinata ipotesi, Invero, avendo la norma carattere astratto, il precetto di legge devE. essere collegato ad una concreta fattispecie, la quale, pu� avere il pi� diverso contenuto. Di qui la necessit� di specificare il motivo, onde la controparte possa, in modo diretto, attraverso l'atto stesso, e non m via di congettura, prendere conoscenza della doglanza e preparare la difesa ed il giudice delimitare l'ambito del suo giudizio. Ne consegue che nel caso in esame, avendo l'amministrazione finanziaria, nell'atto notificato al contribuente, dedotto che la decisione veniva impugnata per violazione dell'art. 117 del t.u. delle imposte dirette n. 645 del 29 gennaio 1958, il ricorso era privo del requisito della specificit� dei motivi e doveva essere dichiarato inammissibile. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 maggio 1969, n. 1692 -Pres. Scarpello -Est. Mazzacane -P. M. Del Grosso (conf.) -Sforza c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Angelini Rota). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Natura. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639). Imposte e tasse in genere -Violazioni di leggi finanziarie e valutarie Pena pecuniaria -Natura -Prescrizione -Norme applicabili Verbale di accertamento -Idoneit� quale atto interruttivo. (1. 7 gennaio, 1929, n. 4, art. 17; r.d. 5 dicembre 1938, n. 1928, art. 3; e.e., art. 2943). L'ingiunzione fiscale disciplinata dal t.u. 14 aprile 1910 n. 639 � l'atto iniziale di un procedimento monitorio sui generis che cumula in s� le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto e la cui notifica soddisfa l'esigenza posta dall'art. 479 c.p.c. anche nel caso in cui esista un precedente atto dimostrativo del credito (nella specie decreto de1 Ministro del Tesoro) che non sia stato notificato (1). (1-2) Sulla prima massima sono numerose le sentenze conformi: da ultimo 9 maggio 1969, n. 1581 �e 1585 in questa Rivista 1969, I, 527 con nota 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La pena pecuniaria comminata per la violazione di norme finanziarie e valutarie (l. 7 gennaio 1929, n. 4 e r.d. 5 dicembre 1938, n. 1928) ha natura di obbligazione civile ed � quindi regolata dalle norme di diritto civile quanto alla prescrizione; hanno conseguentemente effetto interruttivo i verbali di accertamento delle infrazioni purch� in essi si esprima in modo inequivoco ed esplicito la volont� dell'Amm.ne creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio credito (2). (Omissis). -L'esame del secondo motivo � preliminare, poich� esso attiene alla validit� della ingiunzione notificata allo Sforza il 20 agosto 1960. Sostiene il ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 497 c.p.c. e dell'art. 7 del r.d.1. 4 dicembre 1938 e dell'art. 3 del t.u. 14 aprile 1910, n. � 639, che l'ingiunzione del 20 agosto 1960 avrebbe dovuto essere dichiarata illegittima per omessa notifica del titolo esecutivo e cio� del decreto del Ministero del Tesoro posto a fondamento della ingiunzione medesima; che l'avvenuta notifica del titolo ad altri condebitori non avrebbe potuto sanare il difetto di notificazione ad esso Sforza. Aggiunge il ricorrente che il principio per cui la prescrizione interrotta contro un debitore ha efficacia contro gli altri condebitori solidali (art. 1310 e.e.) � in contrasto con l'art. 24 della Costituzione poich� pregiudica il diritto di difesa dei debitori solidali che ignorano la pretesa del creditore avanzata verso altri debitori. La censura � infondata. Per l'art. 7 del r.d.l. 1938, n. 1528, l'esecuzione del decreto del Ministro che applica sanzioni pecuniarie per infrazioni valutarie ha luogo con l'osservanza del t.u. delle disposizioni relative alla procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con r.d. 14 aprile 1910, n. 639. Orbene � giurisprudenza costante che l'ingiunzione fiscale disciplinata dal citato testo unico rappresenta l'atto iniziale di un procedimento monitorio sui generis apprestato dalla legge per la spedita riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e di altri enti pubblici. Esso, come tale, cumula in s� le caratteristiche del titolo esecutivo giudiziale e del precetto a cui si rimanda. Degna di considerazione � la precisazione riguardante la notifica del titolo esecutivo (ove esso esista in atto separato) che pu� essere sostituita dalla notifica dell'ingiunzione. Anche sulla seconda massima l'indirizzo giurisprudenziale � costante (14 aprile 1969, n. 1186, in questa Rassegna, 1969, I, 335 con citazione di precedenti). Le sentenze citate nel testo 34/68 e 1399/67 sono pubblicate in questa Rassegna, 1967, I, 880 e 1968, I, 102. Riguardo alla volont� � esplicita � di ottenere l'adempimento che deve risultare dal verbale di accertamento, .sottolineata nella decisione in rassegna che ha cassato la sentenza PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 709 (cfr. da ultimo, sent. n. 38 del 1968 e n. 2339 del 1967) di .guisa che PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 709 (cfr. da ultimo, sent. n. 38 del 1968 e n. 2339 del 1967) di .guisa che la notifica della ingiunzione soddisfa alla esigenza posta dell'art. 479 c.p.c. che richiede la notifica del titolo esecutivo e del precetto. Per di pi�, la irrilevanza della mancata previa notifica allo Sforza del decreto ministeriale discende dalla particolare natura del giudizio di opposizione alla ingiunzione intimata a norma del citato t.u. Infatti l'atto di opposizione proposto dal debitore costituisce formalmente la domanda giudiziale che instaura un processo di cognizione, avente ad oggetto l'accertamento del credito posto a fondamento della ingiunzione. In tale giudizio l'opponente assume la posizione processuale di attore, tenuto a dare la prova delle sue allegazioni, e quindi della infondatezza della pretesa tributaria, mentre l'Amministrazione assume la veste di convenuta, legittimata a proporre eccezioni di rito e di merito, nonch� domande riconvenzionali (cfr. sent. citate). Nella specie risulta dalla sentenza impugnata che l'Amministrazione esibi nel giudizio di appello il decreto ministeriale giustificativo del credito fatto valere mediante l'ingiunzione, di guisa che il giudice del merito, anche per tale ragone, ha legittimamente giudicato sul credito contestato, nonostante la mancata notifica allo Sforza del decreto ministeriale. Le suesposte argomentazioni sono sufficienti a sorreggere, sul punto in esame, la decisione impugnata, onde restano assorbiti i rilievi del ricorrente in ordine alle ulteriori argomentazioni svolte ad abundantiam dalla sentenza stessa sulla irrilevanza della mancata notifica del decreto ministeriale allo Sforza per l'avvenuta notifica di esso al condebitore Bonizzoni. Nello svolgimento del motivo il ricorrente ha profilato la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1310 e.e. (per il quale gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto riguardo agli altri debitori) in rapporto all'art. 24 della Costituzione. La rilevanza di tale questione va esaminata, per ragioni di sistematicit�, insieme con il primo motivo del ricorso. Con il primo motivo lo Sforza denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 1219 e.e., e dell'art. 2 r.d.l. 5 dicembre, di merito in quanto aveva individuato nell'accertamento una volont� � implicita�, � ovvio che l'atto � pur sempre idoneo a costituire in mora il debitore anche se il credito non � ancora certo e liquido e se la pena pecuniaria � indicata con riferimento al massimo e al minimo; la semplice contestazione del fatto (infrazione), che non pu� non essere esplicita, � idonea a costituire in mora .per tutte le obbligazioni che potranno derivarne e che saranno successivamente accertate e dichiarate in competente sede. In definitiva � ben difficilmente ipotizzabile una contestazione che non contenga l'esplicita volont� dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del suo credito. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 1928, nonch� omessa e insufficiente motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. Egli sostiene che la Corte del merito ha erroneamente ritenuto che i verbali di accertamento della infrazione valutaria possano avere efficacia interruttiva della prescrizione, e che, comunque, la Corte del merito, con illogica motivazione, ha erroneamente affermato che il verbale di accertamento del 31 maggio fosse idoneo ad interrompere il corso della prescrizione. La censura � fondata sotto il profilo del denunciato vizio di motivazione. Costituisce jus receptum, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, che l'obbligazione al pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria (in applicazione della I. 7 gennaio 1929, n. 4 e r.d.I. 5 dicembre 1938, n. 1928) ha carattere civile ed � quindi regolata dalle norme di diritto civile anche quanto alla prescrizione; e che i verbali di accertamento della infrazione valutaria hanno effetto interruttivo purch� in essi si esprima in modo inequivoco ed esplicito la volont� dell'Amministrazione creditrice di otteenre il soddisfacimento del proprio credito ed esigere la pena pecuniaria (cfr. sent. n. 34 del 1968 e n. 1399 del 1967). La Corte del merito, pur avendo fatto richiamo ai suesposti principi, ha poi valutato l'idoneit� del verbale 31 maggio 1952 ad interrompere la prescrizione con motivazione che non si sottrae al sindacato di legittimit�, poich� inadeguata e inficiata da vizi logici. La Corte del merito, invero, procedendo all'esame del verbale di accertamento del 31 maggio 1952 ha rilevato che era � possi ' bile � interpretarlo come atto di costituzione in mora (per il fine dell'accertamento, per l'ammontare delle infrazioni valutarie, per l'avvenuta comunicazione agli interessati) ma � per implicito � e che era � possibile � ravvisare in esso la richiesta � implicita � della pretesa dell'Amministrazione Finanziaria. Siffatta motivazione � inadeguata perch� non prende compiutamente in esame tutte le risultanze del menzionato verbale di accertamento ed � contraddittoria poich�, dopo aver premesso che l'atto di costituzione in mora deve provenire da una manifestazione espressa di voolnt�, fa poi derivare gli effetti di essa da una richiesta �implicita �. La sentenza deve essere pertanto cassata in relazione al mezzo accolto e la causa deve essere rinviata ad altro giudice di pari grado che si designa nella Corte di Appello di Torino -il quale procedendo a nuovo esame del verbale di accertamento del 31 maggio 1952, in base ai principi suindicati (espressi, segnatamente, nelle sentenze n. 34 del 1968 e n. 1399 del 1967), dovr� accertare se esso, esprimendo la esplicita ed inequivoca volont� dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio credito e di esigere la pena pecuniaria, possa avere effetto interruttivo della prescrizione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 711 La Corte di rinvio provveder� anche sulle spese di questo giudizio. La indicata questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1310 e.e. in relazione all'art. 24 della Costituzione, � superata, allo stato, dalla cassazione della sentenza sul punto impugnato poich� soltanto se il termine quinquennale della prescrizione (decorrente dal giugno 1950 -settembre 1951, data della commessa infrazione) dovesse ritenersi interrotto per effetto del vevbale di accertamento del 31 maggio 1952, essa diventerebbe rilevante (a parte la sua fondatezza) in relazione all'efficacia interruttiva della interruzione attribuita alla notificazione eseguita al corresponsabile Bonizzoni il 3 gennaio 1967, non essendovi stati altri atti interruttivi, nei confronti dello Sforza, fino al 20 agosto 1960. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1969, n. 175,5 -Pres. Favara -Est. Milano -P. M. Toro (conf.) -Baraldi (avv. Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salvatori). Imposte e tasse in genere -Autonomia del diritto tributario -Difformit� dalle nozioni di diritto comun� -Prevalenza. Imposta' sul reddito agrario -Esercizio normale dell'agricoltura Nozione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 65; e.e., art. 2135). Imposta di ricchezza mobile -Reddito tassabile -Allevamento di cavalli da corsa -� soggetto. La legislazione finanziaria, pure presupponendo e ponendo i rapporti di diritto privato a base delle imposte, segue tuttavia criteri propri del diritto tributario, qualificandone gli effetti in conformit� a tali criteri, talvolta in difformit� dai principi di diritto privato; attesa l'autonomia strutturale e funzionale del diritto tributario, in caso di difformit� tra la norma fiscale e quella di diritto privato la prima deve avere la prevalenza (1). Pur non sussistendo un reale contrasto tra il concetto di reddito agrario, definito nell'art. 65 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 e quello pro (1-3) La prima massima enuncia in termini generali un concetto che pu� dirsi pacifico: Cass. 31 gennaio 1958, n. 282, in Foro it., 1958, I, 1109; 20 dicembre 1951, n. 2867, in Riv. dir. fin., 1953, II, 213 con nota di G. Z1NGAL1; v. anche Relazione Avvocatura Stato, 1956-60, II, 311 e 1961-65, II, 282. Per le applicazioni specifiche del principio cfr. Cass. 5 gennaio 1963, n. 11, in questa Rassegna, 1963, I, 142; 8 giugno 1964, n. 1402, ivi, 1964, I, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prio dell'impresa agraria disciplinata nell'art. 2135 e.e., deve ritenersi che, oltre le tre attivit� fondamentali (coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame) siano da ricomprendere nella definizione di reddito agrario le altre attivit� minori che rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura, cio� nel ciclo produttivo agrario considerato in senso obiettivo e non con riferimento all'accessoriet� quale � determinata subiettivamente dal contribuente (2). L'attivit� diretta alla riproduzione e all'allevamento di cavalli da corsa si concreta in un'attivit� industriale soggetta all'imposta di ricchezza mobile e non all'imposta sui redditti agrari (3). (Omissis). -Passando, dopo ciO, all'esame dei primi due motivi del ricorso osservasi che con gli stessi il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2135 e.e. e 65 t.u. sulle imposte dirette, nonch� il difetto di motivazione su punti decisivi della controversia e censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che, ai fini di stabilire la natura del reddito derivante dall'allevamento di cavalli da corsa, dovevasi aver riguardo, non alla disciplina dettata dall'art. 2135 e.e. per la definizione dell'impresa agricola, bensi al concetto di reddito agrario quale � posto dall'art. 65 t.u. sulle imposte dirette e per avere, di conseguenza, escluso che un modesto allevamento di cavalli �da corsa non rientrasse nella normale attivit� agraria. Premesso che, essendo il reddito agrario quello dell'imprenditore agricolo, la norma da applicare era quella di diritto comune, anche perch� non � concepibile una diversa disciplina dello stesso fenomeno giuridico-economico dal punto di vista civilistico e dal punto di vista tributario, il ricorrente sostiene che, in base al secondo comma dell'art. 2135, determinate attivit�, anche se non tipicamente agrarie, possono essere assunte nell'attivit� agricola, qualora, come nella fattispecie, si tratti di quelle attivit� che possono normalmente essere svolte e divenire accessorie rispetto alla coltivazione del fondo. Aggiunge che anche applicando la norma fiscale il reddito derivante dal suo allevamento da corsa era pur sempre reddito agrario, in quanto tale attivit� era svolta nei limiti della potenzialit� del fondo, e con l'impiego di capitale d'esercizio, integrandosi nell'allevamento del bestiame e nella utilizzazione dei prodotti del fondo. Deduce, infine, che in ogni caso 1133; 9 novembre 1964, n. 2705, ivi, 1964, I, 1009; 25 maggio 1965, n. 1036, ivi, 1965, I, 795; 16 luglio 1965, n. 1573, ivi, 1965, I, 1054. Sulla seconda e terza massima cfr. in senso conforme Com. Centrale 26 ottobre 1966, n. 85853, in Riv. leg. fisc., 1967, 781; per una casistica delle attivit� connesse all'agricoltura, tassabili con l'imposta sul reddito agrario e con l'imposta di ricchezza mobile cfr. N. D'AMATI, v. Redditi agrari, in Nuovissimo digesto italiano. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 713 la motivazione della sentenza denunciata appare difettosa in quanto non giustifica l'affermazione che l'allevamento di pochi cavalli in rapporto alla potenzialit� del fondo non rientrava nel normale esercizio dell'agricoltura. I due mezzi sono infondati. Esattamente si � ritenuto dalla Corte di merito che, ai fini di accertare se il reddito derivante al Baraldi dall'attivit� diretta alla riproduzione ed all'allevamento di cavalli da corsa,dovevasi far capo, non tanto alla disciplina dettata dall'art. 2135 e.e., quanto al concetto di redidto agrario fissato dall'art. 65 t.u. delle leggi sulle imposte dirette. � noto invero che la legislazione finanziaria, pure presupponendo e ponendo i rapporti di diritto privato a base delle imposte, segue tuttavia criteri propri al diritto tributario, qualificandone gli effetti in conformit� a tali criteri, talvolta in difformit� dei principi di diritto privato che li reggono e, attesa l'autonomia strutturale e funzionale del diritto tributario, � evidente che in caso di difformit� tra la norma fiscale e quella di diritto privato, la prima deve avere la prevalenza (Cass. Sez. un. 20 dicembre 1951, n. 2523 e 31 gennaio 1958, n. 285). Per altro, neppure sembra a questa Corte che tra l'art. 2135 del e.e., che definisce l'oggetto dell'impresa agricola, e l'art. 65 del citato t.u., che definisce il reddito agrario come base per l'imposta omonima, vi sia sostanziale contrasto. La norma fiscale, pure richiamandosi infatti agli artt. 29 e 30 della legge 8 giugno 1936, n. 1231 ed agli artt. 4 e 7 del r.d. 4 aprile 1939, n. 589, riproduce nella lettera e nello spirito la norma di diritto civile dettata in materia di impresa agricola, in quanto, al pari della suddetta disposizione, dopo aver indicato le tre attivit� agrarie per intrinseca natura (coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame), riconosce legislativamente. che, per_ delimitare il campo di applicazione dell'imposta sul reddito agrario rispetto a quello dell'imposta di ricchezza mobile, cui � assoggettato il reddito derivante dall'industria, � sempre al concetto del normale ciclo produttivo agrario che si deve ricorrere. Vero � che la norma di diritto privato stabilisce che debbono considerarsi agricole � le attivit� dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura ., mentre la legge fiscale usa la diversa dizione � normale esercizio dell'impresa agricola secondo la tecnica che lo governa ., onde si � ritenuto che il legislatore fiscale con il richiamo alla tecnica agraria intende il criterio del normale esercizio dell'impresa agraria, non tanto con riferimento all'id quod plerunque accidit, bens� nel senso di ritenere il normale ciclo agrario comprensivo di tutte le possibili tecniche anche le pi� progredite. 714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma mentre tale diversit� di dizione non assume rilevanza per la risoluzione della controversia, � in ogni caso certo che il legislatore, con entrambe le norme, ha inteso fornire dei principi non rigidi per la discriminazione dell'attivit� agricola da quella industriale in modo da consentire l'accoglimento di quelle modificazioni che, in un prosieguo di tempo, si sarebbero necessariamente verificate nella realt�, come � altrettanto certo che il criterio della normalit� dell'esercizio dell'impresa agricola � il solo e valido criterio per determinare se determinate attivit�, che non siano quelle definite agrarie dalla stessa norma di legge, rientrino o meno nell'ambito dell'impresa agraria e debbano essere, quindi, assoggettate all'imposta sui redditi agrari, a prescindere da ogni altra considerazione e, in particolare, a prescindere dalla considerazione che le attivit� stesse possano ritenersi prevalenti o accessorie ovvero necessarie rispetto alla coltivazione della terra. Ed a tale criterio si � appunto attenuta la Corte di merito al fine di escludere che l'attivit� diretta alla riproduzione ed all'allevamento di cavalli da corsa appartenga all'esercizio normale dell'impresa agricola e sia da considerarsi atta a produrre un reddito di natura agraria. Ha, infatti, esattamente osservato la Corte che per esercitare un'attivit� del genere non sono certo sufficienti le normali cognizioni del comune agricoltore, ma � necessario un complesso di specifiche conoscenze tecniche in un campo che esula del tutto da quello propriamente agricolo. Ha, inoltre, del pari esattamente rilevato che il Baraldi, non soltanto allevava e vendeva cavalli da corsa, ma riusciva anche a percepire ingenti premi nelle gare di corsa alla quali partecipavano i cavalli da lui allevati, deducendone che il risultato economico di quella attivit� era dovuto a fattori in gran parte estranei al normale esercizio dell'impresa agraria. Questo giudizio di merito, fondato su un esatto concetto del � normale � esercizio dell'impresa agraria e sorretto da motivazione ineccepibile sotto il profilo logico-giuridico, si sottrae ad ogni censura. In particolare non pu� rimproverarsi alla Corte di merito di non aver preso in adeguata considerazione la circostanza che, nella specie, si &arebbe trattato di un allevamento di poco conto, svolto in un'azienda agraria promiscuamente ad altro bestiame con l'impiego della stessa mano d'opera, per cui esso si presentava come un'attivit� accessoria rispetto a quella principale e prevalente della coltivazione della terra. L'inconsistenza di tale assunto del ricorrente (per altro non corrispondente agli accertamenti di mer�to) si evince facilmente osservando che, come si � gi� accennato, il criterio dell'accessoriet�, non soltanto � stato respinto dal nostro legislatore quale criterio discriminatore tra il reddito �agrario e quello industriale, ma � anche in netta contraddizione con il criterio della normalit� dell'esercizio del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 715 mente soggettivo, in quanto con esso si classifica un'attivit� in rapporto ad altra o ad altre attivit� del soggetto, mentre il criterio della normalit� del ciclo produttivo � un criterio oggettivo, giacch� con esso l'attivit� del soggetto viene classificata sulle possibili tecniche di una im-. presa agraria in relazione alla specifica attivit� presa in considerazione. Bene a ragione, �pertanto, la Corte di merito ha anche considerato irrilevanti le circostanze dedotte a prova dal ricorrente concernenti l'entit� dell'allevamento dei cavalli da corsa e la congruit� dell'allevamento stesso in relazione alle dimensioni del fondo giacch�, una volta venuto a mancare il presupposto qualificativo del reddito, la � potenzialit� � e la capienza produttiva del fondo perdevano totalmente la funzione di metro di discriminazione tra il reddito agrario e quello industriale e si manifestavano, nel quadro economico dell'attivit� industriale e commerciale del Baraldi, quali risparmi nei costi di esercizio. I primi due motivi del ricorso vanno, pertanto, rigettati. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 maggio 1969, n. 1770 -Pres. Tavolaro -Est. Geri -P. M. Criscuoli (conf.) -Taeggi Piscitelli (avv. Pretelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). Imposte e tasse in genere -Imposta straordinaria sul patrimonio Estimazione semplice e complessa. (t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 28). Imposta straordinaria sul patrimonio -Accertamento -Motivazione Accertamenti anteriori all'entrata in vigore della 1. 5 gennaio 1956, n. 1 -Necessit� -Limiti. (t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 28; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, artt. 1 e 5). Imposta straordinaria sul patrimonio -Accertamento -Accertamento analitico e presuntivo -Notificazione dei dati di confronto tra i due accertamenti ai fini dell'art. 28, t. u. 9 maggio 1950, n. 203 -Esclusione. (t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art 28). L'esigenza di indagini di fatto, pur se preordinate mediatamente verso l'accertamento ~el cespite imponibile, non � da sola sufficiente per configurare la ricorrenza in modo esclusivo di un giudizio di estimazione semplice; le questioni di fatto che costituiscono il presupposto strumentale diretto per l'applicazione della legge rientrano nel campo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'estimazione complessa, propria della giurisdizione ordinaria. � quindi questione di estimazione complessa quella inerente alla legittimitd del ricorso all'accertamento presuntivo in luogo di quello analitico in materia di imposta straordinaria sul patrimonio (1). Prima dell'entrata in vigore della l. 5 gennaio 1956, n. 1, che ha imposto la motivazione analitica degli accertamenti (art. 1) sopprimendo (art. 5) la facoltd della Commissione distrettuale di aumentare gli accertamenti proposti dall'Ufficio (legge che non ha efficacia retroattiva), l'accertamento aveva valore di contestatio litis e si svolgeva innanzi alla Commissione distrettuale senza alcun vincolo nascente dal gid notificato avviso di accertamento; esso pertanto, non avendo natura di atto introduttivo che determina irrevocabilmente la pretesa dell'Ufficio, non richiedeva una rigorosa motivazione analitica (2)). A norma dell'art. 28 t.u. 9 maggio 1950, n. 203 l'Ufficio non � tenuto a notificare sia l'accertamento analitico che quello presuntivo, ambedue adeguatamente motivati, per dimostrare con raffronto fra di essi la preferenza per quello presuntivo, ma deve soltanto notifi.care l'accertamento opportunamente motivato col metodo prescelto, anche nal caso in cui l'accertamento presuntivo faccia seguito ad una denuncia analitica del contribuente (3). (Omissis). -In via di precedenza logica occorre esaminare il ricorso incidentale dell'Amministrazione finanziaria, secondo il quale l'autorit� giudiziaria sarebbe carente di giurisdizione, poich� si verterebbe in materia di estimazione semplice, in quanto tutte le indagini da compiere per definire la controversia sarebbero di mero fatto e non importerebbero la risoluzione di questioni giuridiche. A tanto si dovrebbe pervenire, aggiunge lAmministrazione ricorrente, quand'anche si dovesse ritenere che l'art. 28 t.u. 9 ma1ggio 1950, n. 203 delle disposizioni riguardanti l'imposta sul patrimonio, postuli un confronto fra le risultanze dell'indagine analitica e quelle della valutazione globale, perch� si tratterebbe in ogni caso di un confronto fra due serie di elementi di puro fatto, analitici e presuntivi. Il ricorso � destituito di fondamento. Occorre anzitutto osservare che l'esigenza di indagini di fatto, pur se preordinate mediatamente verso l'accertamento del cespite impo (1-3) La prima massima ricalca la sent. delle Sez. Un., 20 febbraio 1969, n. 565 (in questa Rassegna, 1969, I, 141) e come quella non offre una definizione sufficientemente chiara del concetto ampliato di estimazione complessa. Sulla seconda massima cfr. Cass. 8 gennaio 1966, n. 148, ivi, 1966, I, 172 con nota di A. QUARANTA. Sull'ultima massima, assai persuasiva, non constano precedenti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 717 nibile, non � da sola sufficiente per configurare la ricorrenza in modo esclusivo di un giudizio di estimazione semplice. � stato infatti posto in evidenza recentemente, anche da queste stesse Sezioni Unite Civili (sent. n. 565 del 20 febbraio 1969)), che le questioni di fatto, le quali costituiscano il presupposto strumentale diretto per l'applicazione della legge, rientrano pur sempre negli ampi limiti della cosidetta estimazione complessa, propria -come � noto della giurisdizione ordinaria. Basterebbero le predette brevi osservazioni per togliere fondamento alla tesi dell'Amministrazione, postoch� la ricerca degli elementi analitici e di quelli presuntivi, mentre assolve alla funzione mediata di accertamento quantitativo degli imponibili, risulta invece in via diretta preordinata all'applicazione della legge (estimazione complessa), col rendere possibile il confronto fra le risultanze analitiche e quelle induttive voluto dalla norma (art. 28 del t.u. n. 203/1950). Nella specie per� nemmeno occorre esaminare se le questioni di fatto insorgenti siano dirette ad un mero 1giudizio di valutazione quantitativa oppure costituiscano lo strumento necessario per l'applicazione della legge, poich� quelle fondamentali poste al giudice ordinario hanno carattere essenzialmente giuridico. � sufficiente al riguardo rilevare che il quesito di fondo della controversia investe l'interpretazione e la portata dell'art. 28 del t.u., onde dedurne e delimitarne le condizioni che legittimano l'adozione del criterio induttivo in luogo di quello analitico. Trattasi, all'evidenza, di un giudizio di valore squisitamente giuridico che rientra pienamente nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario. La ricorrente principale ha anche sostenuto l'obbligo dell'amministrazione finanziaria di notificare al contribuente i risultati dell'accertamento analitico. Anche questo quesito ha natura palesemente giuridica e come tale proprio della giurisdizione ordinaria. L'ulteriore problema se, dei beni divenuti manifesti dopo il 28 marzo 1947 (data alla quale doveva essere riferita la consistenza patrimoniale colpita dall'imposizione straordinaria) e precisamente nel 1950, si potesse tener conto legittimamente ai fini dell'accertamento induttivo di un patrimonio occulto esistente alla data suddetta, � essa pure una questione di diritto, poich� involge una questione sui limiti di ammissibilit� delle prove presuntive, ih materia tributaria. Non si verte dunque in tema di estimazione semplice, come sostiene la Finanza, bensi di estimazione complessa sog.getta alla cognizione del giudice ordinario. Nel primo motivo del ricorso principale si sostiene la ~iolazione degli artt. 68, 75, 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 in relazione agli arti coli 28 e 45 t.u. 9 maggio 1950, n. 203, nonch� contraddittoriet�, omis sione ed insufficienza di motivazione, perch� non soltanto l'Ufficio delle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imposte avrebbe l'obbligo di motivare l'accertamento, anche ai fini della regolare costituzione del contraddittorio tributario, ma, con specifico riferimento all'imposta straordinaria sul patrimonio, dovrebbe anche notificare al contribuente i dati del confronto fra criterio analitico e criterio presuntivo, onde giustificare l'adozione di quest'ultimo. La Corte di merito, negando l'esigenza dei due diversi accertamenti da notificare distintamente, avrebbe erroneamente ritenuto che la legge limiti ad un fatto interno dell'Ufficio imposte l'obbligo di eseguire il confronto fra i valori presunti e quelli rettificati analiticamente, senza darne ragione al contribuente nell'avviso di accertamento con motivazione succinta. Il mezzo non � fondato. Esso, pur facendo formale riferimento alle norme in vigore al momento dell'accertamento, risulta essenzialmente basato -a giudicar dall'iter logico e dai richiami seguiti -sulla disposizione dell'articolo 1 legge 5 gennaio 1956, n. 1, secondo la quale � gli accertamenti delle imposte dirette devono essere analiticamente motivati � a pena di nullit�. Questa norma � stata .poi trasfusa nell'art. 37 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 delle leggi sulle imposte dirette. Non senza ragione il legislatore del 1956 e quindi quello del 1958 ha preteso un particolare pi� intenso rigore relativamente all'obbligo di motivare l'accertamento, a pena di nullit�, rispetto alle disposizioni precedentemente in vigore. Infatti, essendo stata soppressa, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 5 della stessa legge n. 1 del 1956, la facolt� di aumentare i redditi accertati dall'Ufficio, attribuita alle Commissioni distrettuali per le imposte dirette, l'accertamento tributario doveva necessariamente trasformarsi da mero atto introduttivo, mutevole e soggetto a variazioni persino nella prima fase del contenzioso, ad atto di particolare rilievo per l'intera fase successiva, nel quale vengono fissati irrevocabilmente, secondo la pretesa dell'Ufficio, la specificazione e la quantit� degli imponibili. Questo diverso carattere dell'accertamento .postula -a pena di nullit� -una motivazione analitica, che non appariva necessaria o, quanto meno, aveva un pi� modesto rilievo nel sistema precedente, nel quale la contestatio litis si verificava davanti alla Commissione distrettuale senza alcun vincolo nascente dal gi� notificato avviso di accertamento. Ove poi si consideri che questo mutamento legislativo, dato il suo indubbio carattere innovativo, non pu� essere applicato retroattivamente agli accertamenti notificati anteriol'mente all'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (cosi anche sent. n. 148 del 1966), ancor pi� manifesta si dimostra l'infondatezza del primo fondamentale mezzo del ricorso principale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 719 Infatti il diverso sistema anteriormente vigente non richiedeva, come si � detto, un particolare rigore nella motivazione degli accertamenti, appunto perch� gli stessi r�ppresentavano un mutevole presupposto della successiva fase, nella quale soltanto la controversia tributaria, nel corso del contenzioso di prima istanza, assumeva una sua stabile ed immodificabile dimensione. Ecco perch� prima della legge di cui sopra (la n. 1 del 1956) i dati del confronto fra accertamento analitico e accertamento sintetico ben potevano trovare la loro manifestazione nel contraddittorio differito davanti alla Commissione distrettuale e quindi davanti a quelle successive. La ricorrente tuttavia, pur avendo trascurato del tutto gli illustrati problemi di diritto transitorio, sembra voler fondare la propria tesi circa l'esigenza della notificazione dei dati del confronto di cui sopra anche sulla portata e sulla interpretazione dell'art. 28 t.u. n. 203 del 1950, cio� indipendentemente dal nuovo orientamento legislativo, che richiede, come s'� detto, una motivazione analitica particolarmente rigorosa. Senonch�, pur tenendo conto di questo diverso profilo, la censura si dimostra destituita di fondamento. L'art. 28 stabilisce che allorquando il tenore di vita del contribuente, posto in relazione con i suoi redditi conosciuti, o altri elementi indiziari lascino fondatamente ritenere che il patrimonio accertato a suo carico in via analitica sia inferiore a quello effettivamente posseduto, pu� procedersi ad accertamento presuntivo. Questa disposizione, la quale nulla aggiunge e nulla toglie al generale principio dell'obbligo di motivare gli accertamenti trib.tari, non contiene per� un analogo obbligo di motivare e notificare i dati del confronto, in base al quale l'Ufficio abbia ritenuto di adottare il sistema induttivo. Quel generale principio perci� deve ritenersi soddisfatto quando l'accertamento prescelto, sia esso analitico o presuntivo, venga adeguatamente motivato. Qualora, ci� malgrado, il contribuente ritenga illegittima od arbitraria la scelta, da parte dell'Ufficio, del tipo di accertamento applicabile al caso concreto, egli ben pu� dolersene nella competente sede, propria del contenzioso tributario, dimostrandone l'affermata illegittimit�. Al contrario, se la motivazione dell'accettamento presuntivo gli appaia soddisfacente, egli potr� ad essa acquietarsi oppure impugnarla � limitatamente � al quantum. Dal che resta dimostrato che l'obbligo della motivazione non investe, .come � naturale che sia e come le ricordate disposizioni richiedono, il procedimento comparativo dei due sistemi di accertamento, ma soltanto il tipo di accertamento adottato. 9 720 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'arbitrariet�, l'insufficienza, l'inesattezza della motivazione ben possono costituire elementi indicativi dell'erronea scelta del sistema induttivo in luogo di quello analitico, giustificando cos� l'impugnazione del contribuente, senza necessit� che gli siano preventivamente notificati i dati del confronto. Il sindacato del giudice � dunque limitato ad accertare, in seguito alle censure del contribuente, se siasi proceduto al sistema analitico e se, in base al risultato ottenutone, l'adozione di quello presuntivo trovi una sua adeguata giustificazione. Questo � appunto quanto � stato fatto in sede di merito, come si evince dalla diffusa motivazione, sul punto, della impugnata sentenza, laddove sono state prese in esame le varie operazioni analitiche effettuate dall'Ufficio prima di notificare alla contribuente il contestato avviso. Nel quale peraltro non � soltanto contenuta un'ampia motivazione dell'accertamento presuntivo adottato �(cosa che neppur la contribuente ha potuto contestare), ma, anche i dati analitici riferitiall� denunzia tributaria presentata dalla ricorrente medesima. Pertanto una base comparativa fra i due criteri � stata portata a conoscenza dell'interessata, in modo da consentirle una adeguata difesa, ove si tenga presente che l'eccessivit� del divario fra cespiti analiticamente dichiar�ati e cespiti presuntivamente accertati va attribuita al fatto del contribuente, quando l'accertamento induttivo trovi un sufficiente e ragionevole fondamento, come nella specie, in una convincente e diffusa motivazione. Al riguardo la difesa sostiene (cos� almeno sembra) che l'Ufficio di fronte ad una denunzia analitica infedele debba necessariamente ed in ogni caso procedere ad una rettifica, pur essa analitica. Ma ci� non si evince n� dalla lettera n� dallo spirito della legge, la quale, a tutela delle parti, ha preteso esclusivamente la motivazione dell'accertamento, onde ben pu� ritenersi legittima la rettifica sintetica di una dichiarazione analitica, quando quest'ultima si dimostri manifestamente inattendibile o non contenga sufficienti elementi di controllo della sua attendibilit�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1969, n. 1786 -Pres. Pece -Est. Mazzacane -P. M. Gedda (conf.) -Istituto di credito agrario per l'Italia centrale (avv. Mesiano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in ~enere -Imposte indirette -Imposte surro~atorie � Abbonamento -Nozione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 721 Imposta di re~istro -Credito a~rario -Abbonamento -Cessione di crediti -Credito di esercizio -Esclusione dall'abbonamento. (1. 5 luglio 1928, n. 1760, artt. 6, 8, 9 e 21; L 6 dicembre 1965, n. 1381). n sistema di abbonamento presuppone necessariamente un calcolo in via approssimativa del capitale impiegato annualmente in negozi giuridici sottratti aUa normale tassazione; ne deriva che la disciplina dell'abbonamento per la struttura stessa del sistema di accertamento deve essere applicata per le imposte sostituite esclusivamente alle operazioni che rientrano nell'attivit� ordinaria dell'ente, nelle forme specifiche previste dalla legge ed esclude l'estensione a qualsiasi altro atto che sia in semplice relazione con l'attivit� dell'ente stesso (1). Mentre per le operazioni di credito agrario di miglioramento le garanzie possono comprendere, oltre l'ipoteca, qualunque altra garanzia ritenuta idonea dall'istituto mutuante, per le operazioni di credito agrario di esercizio le garanzie non possono estendersi oltre i privilegi legali sui prodotti, sul bestiame, sulle macchine e sugli attrezzi ed eventualmente i privilegi convenzionali su questi stessi beni. Conseguentemente la cessione di crediti, che d� sempre luogo alla trasmissione della titolarit� del credito anche se espressamente pattuita al solo scopo di garanzia, accessoria ad una operazione di credito agrario di esercizio non pu� rientrare nel regime di abbonamento ed � soggetta ad autonoma imposizione di registro. La legge interpretativa 6 dicembre 1965 n. 381 non ha ampliato. lo schema delle garanzie disciplinato nella legge n. 1760 del 1928, ma ha semplicemente chiarito che gli atti con cui si costituiscono le garanzie, in quanto ammesse, possono contenere clausole intese a mantenerle integre (proroghe e innovazioni) o a disciplinare il rapporto di prestit� in caso di inadempienza anche con la pattuizione della decadenza dal beneficio del termine e della corresponsione di interessi moratori (2)). (Omissis). -Con il primo mezzo l'Istituto denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 primo comma preleggi e dell'art. 21 r.d.l. 29 luglio 1927, n. 1502, convertito in legge 5 luglio 1928, n. 1760, in relazione all'art. 2 della stessa r.d.l., nonch� in relazione all'art. 1 lett. G del d.m. 23 gennaio 1929, contenente norme regolamentari, ed agli artt. 1 e ss. del d.m. 11 marzo 1939, contenente le norme per l'am( 1-2) La prima massima fornisce un utile sussidio, di generale applicazione, per la delimitazione dell'ampiezza del sistema di abbonamento. La seconda massima � assai importante soprattuttp nella parte in cui chiarisce la portata della legge interpretativa 6 dicembre 1965, n. 1381. La sentenza 16 maggio 1963, n. 1244, citata nel testo, si legge in Foro it., 1963, I, 2187. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO missione degli istituti di credito agrario all'abbonamento annuo alle tasse sugli affari, anche sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.). Il ricorrente sostiene che -contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito -la cessione di credito, stipulata da esso quale mutuante, con il mutuatario debitore, allo scopo di rafforzare una garanzia resa nella specie meno efficiente dal fatto che il privilegio (legale o convenzionale), consentito dalla legge n. 1760 del 1928, non era esercitabile a motivo dell'incommerciabilit� del prodotto del fondo, � attratta nel regime tributario dell'abbonamento previsto dalla citata legge, e successive modificazioni; esso aggiunge, con la memoria illustrativa, che la tesi prospettata trova conferma nella sopravvenuta legge del 6 dicembre 1965 n. 1381. La censura � infondata. Per la legge 5 luglio 1928, n. 1760, gli Istituti Regionali di Credito agrario, indicati dall'art. 14 della legge stessa, sono obbligati a corrispondere un canone annuo di abbonamento, commisurato sul capitale impiegato in ogni esercizio annuale, in luogo del pagamento delle tasse sugli affari e dell'imposta di ricchezza mobile. Il sistema di abbonamento presuppone necessariamente, per quanto concerne il conglobamento in esso della imposta di registro, un calcolo, in via approssimativa, del capitale impiegato annualmente in negozi giuridici, sottratti alla normale tassazione. Ne deriva che la disciplina dell'abbonamento, per la �struttura stessa del sistema di accertamento, deve essere applicata per la imposta di registro (come del resto per altre imposte sostituite da esso) esclusivamente alle operazioni che rientrano nell'attivit� ordinaria dell'ente, nelle forme specifiche previste dalla legge, ed esclude l'estensione -pretesa del ricorrente -a qualsiasi atto che sia comunque in relazione con una operazione di credito agrario. La premessa permette di riportare la controversia nei suoi precisi termini: si tratta di stabilire se gli atti in questione siano compresi o non fra quelli per i quali gli Istituti di credito agrario sono ammessi al regime tributario dell'abbonamento. Orbene la sentenza impugnata ha rilevato che, negli atti tassati, il mutuatario pose a disposizione dell'Istituto i prezzi dei prodotti ricavandi dalle culture, ai fini dell'esercizio del privilegio legale di cui all'art. 8 legge n. 1760 del 1928, e, per di pi�, cedette al mutuante � a maggior garanzia � il proprio credito nei �confronti della Fattoria Autonoma Tabacchi, per il tabacco gi� consegnato nell'anno precedente. In , quest'ultima dichiarazione esattamente la Corte ha ravvisato una cessione di credito. Per vero il fatto che le parti avessero dichiarato di voler costituire la cessione a scopo di garanzia non � idoneo ad attribuire al negozio un carattere diverso dalla cessione. Questa, infatti, rientra fra i negozi a causa variabile onde pu� essere stipulata anche I!~ 1~: ~ !: ~~ ~ ~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 723 a fine di garanzia, dando egualmente luogo alla trasmissione immediata della titolarit� del credito ceduto. In tal caso si ha un eccesso del mezzo che caratterizza il negozio, riconducendolo fra quelli indiretti, ma non una diversa figura negoziale (cfr. Cass., Sez. Un., 16 maggio 1963, n. 1244). Cosi qualificato il negozio, deve escludersi che esso rientri fra quelli per i quali gli Istituti di credito agrario sono ammessi al regime tributario dell'abbonamento. � incontestato che le sovvenzioni concesse dall'Istituto ricorrente ai tabacchicoltori costituirono operazioni concernenti il credito agrario di esercizio. Per tali operazioni la legge n. 1760 del 1928 prevede che i mutui concessi dall'Istituto sono assistiti da privilegi legali sui prodotti, sulle derrate, sul bestiame, sulle macchine e sugli attrezzi (articolo 8) e, eventualmente, da � privilegi convenzionali � sui beni stessi, per la parte del valore eccedente i crediti, gi� assistiti da privilegio legale. Per contro, quanto alle operazioni di credito agrario di miglioramento, l'art. 6 della legge n. 1760 del 1928 stabilisce che alla garanzia ipotecaria pu� essere aggiunta qualsiasi altra garanzia � ritenuta idonea dall'Istituto mutuante �. Il raffronto fra le garanzie previste per le operazioni di credito agrario di esercizio (artt. 8 e 9) e quelle indicate per le operazioni di credito agrario di miglioramento (art. 6) chiarisce con evidenza che, mentre le prime sono garanzie tipiche, le seconde sono garanzie in parte tipiche ed in parte atipiche, rimesse queste ultime �alla libera autonomia delle parti. Ne consegue che la cessione in garanzia ben pu� rientrare nell'ampia dizione dell'art. 6 citato, ma non certo fra gli atti di garanzia tipici previsti per le operazioni di credito agrario di esercizio (cfr. Cass., Sez. Un., 16 maggio 1963, n. 1244), e che, quindi, per tali operazioni, se le parti deroghino alla specifica regolamentazione del rapporto, con pattuizioni aggiuntive suscettibili di autonoma imposizione tributaria, ad esse non potr� essere esteso il regime di abbonamento tributario previsto dalla legge n. 1760 del 1928. Non giovano alla tesi del ricorrente le disposizioni regolamentari da esso richiamate, per la concessione dei crediti agrari e l'art. unico della 1. 6 dicembre 1965, n. 1381. L'art. 1 del regolamento per l'esecuzione della legge sul credito agrario, approvato con d.l. 23 gennaio 1928, al comma I lett. g accenna, per le operazioni di credito agrario di esercizio, ad � eventuali garanzie sussidiarie offerte � dal mutuatario. La norma, per la sua natura regolamentare, incontra un limite nella legge cui essa � collegata; e pertanto essa deve essere necessariamente riferita, come i giudici del merito hanno esattamente rilevato, alle garanzie di cui all'art. 9 della legge n. 1760 del 1928 le quali sono � eventuali ., appunto perch� convenzionali, e perch� sussidiarie, in quanto dirette a coprire � la parte .__, . I I 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO @. w � di valore eccedente i crediti assistiti dal privilegio legale � (art. 9 i�~ 1. n. 1760 del 1928). r,1 ~} L'articolo unico della legge 6 dicembre 1965 n. 1381, poi, testual ~~~ mente dispone: �Nel trattamento tributario previsto dall'art. 21 del r.d.l. 29 lulii glio 1927, convertito con modificazioni nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, e successive modificazioni ed integrazioni, rientrano tutti gli atti ed I i contratti relativi alle operazioni di credito agrario, anche se contengono clausole intese a mantenere integre le garanzie prestate dal debitore e a disciplinare il rapporto di prestito in caso di inadempienza I totale o parziale dell'obbligazione, ivi comprese quelle inerenti alla decadenza dal beneficio del termine ed alla pattuizione di interessi moratori ai sensi del secondo comma dell'art. 1224 e.e. La prima parte della norma, se separata dalla specificazione sue- II cessiva, non sta certo a significare, nella sua generica previsione, che il legislatore abbia ampliato lo schema delle garanzie precedentemente predisposte. Ma in realt� la prima parte della norma, anzich� *'fa ii\ separata, deve essere integrata dalla seconda parte di essa, di tal che m 'V.:: la norma medesima, esaminata nel suo complesso, rivela che il legi v:, slatore ha inteso, dirimendo i dubbi sorti nella interpretazione dell'ar,;:, ticolo 21 della legge n. 1760 del 1928, precisare che devono godere del trattamento tributario previsto dalla disposizione ora citata anche gli atti diretti a mantenere integre le garanzie (quali le proroghe o le ~ >:::: rinnovazioni). La puntualizzazione della legge interpretativa va posta in relazione al principio giurisprudenziale per cui un particolare trat!.. I: tamento previsto per un atto di garanzia non � pi� applicabile quando b I J3 l'atto stesso contenga, oltre alla garanzia, una regolamentazione anche parziale, di rapporti giuridici soggetti a tassa proporzionale. Con la norma interpretativa si � voluto quindi precisare che le clausole accessorie alla garanzia prestata secondo il normale schema della legge n. 1760, le quali prevedano il pagamento di interessi moratori, non modificano la natura della garanzia, alla quale sar� egualmente applicabile il trattamento tributario di cui all'art. 21 citato. Senonch� la fattispecie oggetto della presente controversia � di-' &.' versa: in essa non si discute dell'estensione dell'agevolazione fiscale a . clausole accessorie inerenti alla garanzia prestata a norma di leg�ge, I ma si c01;itesta dall'Amministrazione finanziaria che l'atto, con il quale ' W� si � inteso raggiungere indirettamente un eventuale fine di garanzia, possa rientrare nel trattamento tributario di abbonamento. La norma f;i interpretativa non pu� perci� essere utilmente invocata, poich� essa ~jjj (�'.� non � idonea a dilatare l'ambito di applicazione del citato art. 21, sino ,...� a farvi rientrare un atto non espressamente previsto. Pertanto, esclusa la possibilit� di inserire l'atto fra quelli per quali l'Istituto fruisce del regime dell'abbonamento, esattamente i giu PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 725 dici del merito hanno ritenuto che esso, avendo -come si � detto l'intrinseca natura e i reali effetti di una cessione di credito, fosse assoggettabile alla normale imposta di registro prevista per tale negozio. Con il secondo motivo l'Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artL 1362 e 1363 e.e. sotto il profilo della omissione, insufficiente, illogicit� e contraddittoriet� della motivazione (art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.). Sostiene l'Istituto ricorrente che la Corte non ha dato alcun valore alla manifestazione di volont� dei contraenti, e, pur riconoscendo l'intento delle parti di costituire una garanzia, ha poi del tutto omesso di valutare il contratto in conformit� a tale intenzione che pure era resa palese dalla stessa intestazione del modulo contenente la dichiarazione sottoposta a registrazione. La confutazione di tale motivo -palesemente infondato -� insita nelle argomentazioni svolte nell'esame, del primo motivo. Invero ivi si sono indicate le ragioni per cui l'atto in questione -pur con le dichiarate finalit� di garanzia -avesse la natura di una cessione di credito, e le ragioni per cui l'atto stesso, cos� qualificato, non potesse ritenersi compreso nell'abbonamento tributario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 luglio 1969, n. 2459 -Pres. Rossano -Est. Mazzacane -P. M. Gentile (conf.) -Rodrigues (avv. Siracusano e Sacca) c. Ministero delle Finanze -(avv. Stato Peronaci). Imposta di registro -Vendita di cosa futura -Promessa di vendita Diverso regime di tassazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 5). Per l'art. 5 della tariffa aU. A della legge di registro, sono soggette a tassa fissa le promesse bilaterali di compravendita che abbiano per oggetto non il trasferimento della propriet� della cosa, ma l'obbligo di concludere il contratto che attua tale trasferimento, mentre � dovuta la imposta proporzionale per quei contratti che, indipendentemente dalle denominazioni usate dalle parti, sono idonei ,di per s�, senza bisogno di una ulteriore manifestazione di consenso, a produrre il voluto trasferimento del diritto, immediato o differito (1). (Omissis). -Il primo motivo del ricorso, con cui si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. e 4, 81 e 82 della legge (1) La presente sentenza, di identico contenuto della successiva n. 2460, merita di essere segnalata per la esatta distinzione, ai fini della applicazione -. 726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ sulle imposte di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), nonch� omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, si articola in due distinte censure che si esaminano separatamente. Con la prima censura s� sostiene che la Corte del merito ha erroneamente ritenuto applicabile al contratto de quo l'art. 5 tar. all. A della legge di registro, poich� la norma citata comprende i contratti che, bench� qualificati dalle parti come promesse di vendita, sono di per s� idonei a produrre il trasferimento immediato o differito del diritto, ma non i contratti che, come quello in esame hanno efficacia meramente obbligatoria (promessa di costruire un aliscafo) ed esigono, per il trasferimento del diritto, una ulteriore manifestazione di consenso dei soggetti contraenti. La censura non ha fondamento. La sentenza impugnata ha accertato che con la scrittura provata del 9 aprile 1960 le parti non si obbligarono ad addivenire in un momento successivo alla vendita di un costruendo aliscafo, ma vollero trasferire la �propriet� di esso senza bisogno di successive manifestazioni negoziali. La Corte ha infatti rilevato che l'atto de quo contiene l'accordo delle parti sia sulla cosa (costruendo aliscafo) che sul prezzo con le relative modalit� di pagamento, che le parti conclusero un contratto di vendita di cosa futura perfetto ab initio poich� ricorrevano in esso tutti gli elementi essenziali (i soggetti, la causa venditionis, l'oggetto costituito dalla res sperata o in fieri) (cass. civ. 6 aprile 1966 n. 910) e non era prevista la necessit� di una successiva dichiarazione di volont� delle parti per produrre l'effetto traslativo quando la cosa venduta fosse venuta ad esistenza. Il convincimento espresso dalla Corte sulla interpretazione della volont� delle parti non pu� essere contrastato dai documenti esibiti in questa sede dal ricorrente, perch� inammissibili a norma dell'art. 372 c.p.c. e costituisce un apprezzamento di fatto che per essere adeguata- della imposta di registro, fra promesse di vendita e vendite obbligatorie. Entrambe tali fattispecie non determinano, come � noto, il trasferimento immediato di ricchezza che l'imposta di registro colpisce, ma c�� non pu� giustificare il loro assoggettamento ad uguale regime di tassazione. Difatti, mentre le promesse di vendita non hanno per oggetto il trasferimento del diritto ma il solo obbligo di concludere successivamente il relativo contratto, le vendite obbligatorie invece (nella specie vendita di cosa futura) hanno proprio tale oggetto, ed il relativo effetto traslativo si produce direttamente 1n base ad esse, seppure differito ad un momento successivo (nella specie al momento della venuta ad esistenza della cosa ex art. 1472 c. c.). La sentenza 5 gennaio 1963, n. 11 richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna, 1963, 142. In argomento cfr. anche Relazione Avv. Stato, 1961-65, II, p, 507. fil I f@ ~!; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 727 mente motivato ed immune da vizi logico giuridici, sfugge al sindacato di legittimit�. La sentenza impugnata ha quindi concluso, uniformandosi ai principi enunciati da questa Corte Suprema (sent. n. 11 e n. 1927 del 1963), che l'atto era assoggettabile all'imposta proporzionale di registro, poich�, per l'art. 5 della tar. all. A della legge di registro, sono soggette a tassa fissa le premesse bilaterali di compravendita che abbiano per oggetto non il trasferimento della propriet� della cosa, ma l'obbligo di concludere il contratto che attua tale trasferimento, mentre � dovuta l'imposta proporzionale per quei contratti che indipendentemente dalle denominazioni usate dalle parti, sono idonei di per s� -senza bisogno di una ulteriore manifestazione di consenso -a produrre il voluto trasferimento del diritto (immediato o trasferito). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2618 -Pres. Malfitano -Est. Elia -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Simone (avv. Iona e Rosati). Imposta di registro -Societ� -Trasferimento di quote di societ� in accomandita semplice stipulato dopo il 1� gennaio 1954 -Imposta proporzionale -Applicabilit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 108; l. 6 agosto 1954, n. 603, artt. 26 e 36). L'art. 26 della legge 6 agosto 1954 n. 603 ha abolito l'imposta di negoziazione con effetto dal 1� gennaio 1954. Ora, poich� nel regime tributario anteriore il pagamento della imposta di negoziazione costituiva il presupposto della esenzione dal pagamento della imposta proporzionale di registro sui trasferimenti delle quote o carature di societ� in accomandita semplice, l'abolizione dell'imposta di negoziazione ha comportato la simultanea inapplicabilit� della detta esenzione (1).) (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la cessione delle carature della societ� in accomandita semplice � Stabilimenti Industriali Valle Elvo di Simone Giovanni e Figlio � fosse esente dal pagamento della imposta proporzionale di registro sebbene fosse stata eseguita con atto registrato in data successiva al 1� gennaio 1954, cio� quando non era (1) La presente sentenza conferma il principio di cui alla precedente Cass. 16 dicembre 1966, n. 2941 (in questa Rassegna, 1967, 1, p. 145) onde la giurisprudenza sul punto pu� ormai ritenersi consolidata. 728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pi� applicabile l'imposta di negoziazione, avendo la legge 6 agosto 1954, n. 603 abolita la detta imposta (prevista dal r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975 modificato dal d.1. 5 settembre 1947, n. 1173) a decorrere dal 1� gennaio 1954. In proposito deduce l'Amministrazione ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che l'abolizione con effetto retroa~tivo della imposta di negoziazione non comporti l'inapplicabilit� per il periodo di retroattivit� anche della esenzione dal pagamento della imposta proporzionale di registro, perch�, venuto meno il presupposto dell'esenzione, questa non era pi� applicabile e quindi la cessione era soggetta alla normale imposta di registro sui trasferimenti. La censura � fondata. L'art. 26 della legge 6 agosto 1954, n. 603 ha abolito l'imposta di negoziazione con effetto dal 1� gennaio 1954. Ora, poich�, come pi� volte questa Corte Suprema ha affermato (Cass. 15 dicembre 1966, n. 2941; Cass. 6 luglio 1968, n. 2300), nel regime tributario anteriore al 10 gennaio 1954, il pagamento della imposta di negoziazione costituiva i presupposto dell'esenzione dal pa�gamento dell'imposta proporzionale di registro sui trasferimenti delle quote e carature delle societ� in accomandita semplice, l'abolizione della imposta di negoziazione comportava la simultanea inapplicabilit� della detta esenzione. Conseguentemente l'atto di cessione delle carature della suddetta societ� in accomandita semplice per le quali non era stata pagata l'imposta di negoziazione era soggetto al pagamento della imposta proporzionale di registro sui trasferimenti. N� vale obbiettare che cosi concludendo si viene a dare effetto retroattivo all'art. 36 della legge n. 603 del 1954, contenente il nuovo testo dell'art. 108 della legge di registro, il quale non fa pi� riferimento alla imposta di negoziazione, sebbene il legislatore non abbia compreso tale articolo fra quelli ai quali ha attribuito effetto retroattivo, perch� la conclusione alla quale si � pervenuto � il risultato non dell'attribuzione di effetto retroattivo alla cennata norma, ma della puntuale applicazione del principio secondo cui, abrogata una norma, viene meno la possibilit� di applicazione di quelle che trovano in essa il presupposto per la loro applicazione. La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto ritenere legittimo l'accertamento dell'imposta proporzionale di registro sull'atto di cessione delle carature sociali e, conseguentemente, accogliere la domanda in tali sensi proposta dalla Amministrazione Finanziaria. -(Omissis). I b 1'. i~: �:: - SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1893 -Pres. Scarpello -Rel. Berri -P. M. Di Majo (conf.) -Ente Nazionale per l'Energia Elettrica -ENEL -(avv. Giuseppe ed Ernesto Conte) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche -Concessione -Diritto perfetto alla utilit� inerente alla concessione derivante al concessionario anche nei confronti dell'amministrazione concedente -Sussiste condizionatamente alle esigenze di pubblico interesse. (r.d. 11 licembre 1933, n. 1775, artt. 2 e segg.). Acque pubbliche -Canone di utenza -Natura giuridica -Carattere tributario -Esclusione -Provento del demanio pubblico. (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 35; r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 17; r.d. 14 aprile 1910, n, 639, art. 1; art. 2774, e.e.). Acque pubbliche -Concessione -Prestazioni e controprestazioni delle parti -Corrispettivit�, sotto certi profili, delle prestazioni Canone di utenza -Corrispettivo pecuniario del bene dato in concessione -Divisibilit�, in casi determinati, del canone. (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 35, 36, 37, 48 e 55; r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 17; I. 2 agosto 1945, n. 638, artt. 1, 2 e 3; I. 21 gennaio 1949, n. 8. artt. 6, 8; I. 21 dicembre 1961, n. 150i, art. 6). Dalla concessione di acque pubbliche e per la durata della stessa, deriva al concessionario, anche nei confronti dell'Amministrazione concedente, un diritto perfetto all'utilit� inerente alla concessione, fino a che non si verifichi l'esigenza del suo sacrificio per ragioni di pubblico interesse (1). (1-3) Diritto del concessionario d'acqua pubblica, natura del relativo canone e considerazioni generali sulle concessioni d'acqua pubblica. (1) Il principio enunciato nella prima massima � conforme alla precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione (si confrontino, per tutte, 730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il canone di utenza di acque pubbliche non ha, nel sistema vigente, carattere tributario. Esso va, invece, compreso nella categoria dei proventi del demanio dello Stato, prevista come categoria a s� anche dall'art. 1 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639 (2). Nella concessione di acque pubbliche sussistono prestazioni e controprestazioni di entrambe le parti e la prestazione di una parte �, in un certo senso, il corrispettivo della prestazione dell'altra. Il canone di utenza di acque pubbliche ha sostanzialmente funzione di corrispettivo pecuniario del bene dato in concessione: l'ammontare del canone �, infatti, strettamente ragguagliato al quantitativo di acqua (moduli) o di forza motrice (kilowatt), oltre che alla possibilit� di restituzione delle colature e ai diversi usi della derivazione assentita le sentenze, r:ichiamate nella stessa sentenza che si annota, n. 3851 del 18 ottobre 1954 e n. 2481 del 28 ottobre 1961). Il principio �, naturalmente, un principio di carattere generale, che lascia impregiudicate le questioni che, in singole fattispecie, si presentino circa la estensione dei diritti del concessionario di derivazioni di acque pubbliche e circa i poteri di affievolimento dei diritti medesimi che spettino, nel pubblico interesse, alla Amministrazione concedente (cfr., in proposito, le interessanti osservazioni contenute in Gu1ccIARDI, Natura e problemi della sottensione di utenza, Giur. it., 1952, I, 2, 45 e segg.). (2) In relazione alla seconda massima va rilevato che la Corte di Cassazione ha, per la prima volta, puntualizzato la natura giuridica dei canoni di utenza di acque pubbliche, esattamente classificando tali canoni fra le entrate di diritto pubblico di carattere non tributario e precisamente fra i proventi del pubblico demanio. La Suprema Corte aveva in precedenza, con la sentenza n. 1600 del 25 giugno 1943, genericamente enunciato che: � Il canone di utenza delle acque pubbliche ha carattere pubblicistico; esso va considerato non gi� quale corrispettivo di natura patrimoniale o prezzo dell'acqua, ma come un vero tributo di ricognizione dell'alto dominio dello Stato �. Tale enunciazione � sfata ripresa dalla stessa Corte in una recente sentenza, la n. 1395 del 7 maggio 1968, nella quale si afferma: � ... mentre il canone � un tributo che si paga allo Stato per il suo "ius eminens" sulle acque pubbliche, il sovracanone ha il carattere di un corrispettivo che si paga agli Enti local'i per i danni, anche sotto forma di una privazione di vantaggi, ad essi cagiolftati dalla installazione di impianti elettrici .. L'affermazione circa la natura tributaria del canone appare, in tale sentenza, fatta in via che potrebbe dirsi incidentale, in quanto quello che interessava precisare, nella controversia decisa con la detta sentenza, era la natura giuridica del sovracanone, dovuto agli Enti locali a norma dell'art. 53 del t.u. sulle Acque e gli Impianti Elettrici e della I. 4 dicembre 1956, n. 1377, e non la natura del canone. L'affermazione, comunque, lasciava -a nostro avviso -perplessit�. Non vi � dubbio, infatti, che il canone di utenza di acque pubbliche ha carattere pubblicistico. Ove, per�, non si vogliano riportare tutte le entrate dello Stato, le quali non abbiano fonte in un PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 731 (artt. 35 e 36, n. 1775, del 1933), ragguaglio che non avrebbe ragion d'essere ove nel canone non fosse dato ravvisare alcun elemento di corrispettivit�. Ancora gli elementi dell'utilizzabilit� e dell'utilizzazione dell'acqua sono tenuti presenti dall'art. 37 del citato t.u. del 1933 quanto alla decorrenza dell'obbligo di pagamento, sia per le piccole che per le grandi derivazioni, e dall'art. 48 dello stesso testo, in relazione alla sopravvenienza di eventi naturali modificativi del regime o del corso dell'acqua, che possono portare non solo alla riduzione ma anche alla cessazione del pagamento del canone. Il legame esistente fra concessione e canone sta ad indicare che entrambe le prestazioni costituiscono le necessarie componenti del rapporto di concessione, componenti indispensabili per il conseguimento del rapporto negoziale di diritto privato, fra le entrate tributarie e si voglia conservare la distinzione fra entrate tributarie ed altre entrate di diritto pubblico (ed il concetto di entrate di diritto pubblico aventi carattere non tributario � indubbiamente noto sia alla interpretazione giurisprudenziale della legge sia alla dottrina), fra le tipiche entrate aventi carattere pubblicistico, da tenersi distinte dalle entrate tributarie, sono proprio tutti i canoni dovuti allo Stato per l'uso speciale, concesso a singole persone, dei beni demaniali indicati nell'art. 822 del cod. civ. e cio� tutti i canoni dovuti per l'uso del demanio marittimo (uso precario di alcuni porti, costituzione di servit� di luce e di prospetto su spiagge e costiere, concessione di aree destinate agli scopi pi� svariati, ecc.), del demanio stradale (concessioni riguardanti la costruzione di opere e depositi di materiale sulle strade pubbliche, le diramazioni dalle strade pubbliche per raggiungere i fondi laterali, lo scarico o la conduttura di acque nei fossi delle strade, l'occupazione di aree, ecc.), ed, infine, del demanio idraulico (le concessioni riguardanti la occupazione di spiagge dei laghi e, soprattutto, quelle riguardanti la derivazione e la utilizzazione di acque per uso potabile, di bonifica, di irrigazione, produzione di forza motrice, disciplinate dal t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775). Esattamente, quindi -a nostro avviso -, la Corte di Cassazione ha ora classificato i canoni di utenza di acque pubbliche nella categoria, indubbiamente di carattere pubblicistico ma non tributario, dei proventi del pubblico demanio, giustamente osservando, a conforto del principio affermato, che anche il r.d. 14 aprile 1910, n. 639, prevede, all'art. 1, come categoria a s� stante, rispetto a quella delle entrate patrimoniali, i proventi del Demanio pubblico. La Suprema Corte ha anche esattamente rilevato, a ulteriore dimostrazione della distinzione esistente nel nostro ordinamento giuridico positivo fra entrate tributarie ed entrate di diritto pubblico a carattere non tributario, che l'art. 2774 del cod. civ. attribuisce allo Stato uno speciale privilegio, diverso da quelli riguardanti i tributi, per i crediti relativi ai canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o di acque derivate da canali demaniali. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risultato finale, ancorch� il rapporto non sia riconducibile nell'ambito di un sinallagma di carattere privatistico (3). (Omissis). -L'E.N.E.L. ricorrente deduce violazione dell'art. 35 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, dell'art. 17 lett. b) del r.d. 14 agosto 1929, n. 1285, dell'art. 11 delle preleggi, degli artt. 1 e 6 della 1. 21 dicembre 1961, n. 1501, dei princip� generali in materia di tributi e di quelli relativi' al regime e alle concessioni dei beni demaniali; violazione degli artt. 1467 e 1468 cod. civ. e contraddittoriet� della motivazione. Assume innanzitutto il ricorrente che ha errato il Tribunale Superiore, affermando che il canone pagato dai concessionari rappresenti un corrispettivo, quando la maggior parte della dottrina � convinta della natura tributaria di tale canone (perseguendo lo Stato non l'interesse economico della percezione di un compenso, ma quello connesso alla migliore utilizzazione delle acque pubbliche). Se il canone � una: tassa da pagarsi periodicamente a determinate scadenze, una legge, come quella del 1961, n. 1501, che ne stabilisce l'aumento senza disposizioni di carattere retroattivo, si applica solo a partire dalla prima scadenza successiva alla sua entrata in vigore. Ma anche a voler ammettere la natura di corrispettivit� del canone, il godimento dell'acqua da parte del concessionario non pu� essere concepito come il risultato di una prestazione dello Stato, atteso il carattere reale del diritto nascente dalla concessione. Secondo il ricorrente viene cos� a cadere l'esigenza di una continua equivalenza economica tra la prestazione statale -che si esaurisce istantaneamente con l'atto (3) Sono, a nostro avviso, esatte anche le affermazioni, contenute nella sentenza in rassegna, che vengono enunciate nelle massime sub 3). La Corte, infatti, ha anzitutto affermato, in via di premessa, richiamandosi �alla costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite �, che non era in discussione la �natura prevalentemente pubblicistica della concessione, per l� preminenza in essa attribuita atl'interesse pubblico � (per considerazioni sulle concessioni, in genere, d'uso di beni pubblici, cfr. CARUSI, nota, in questa Rassegna, 1964, I, pag. 1066 e segg.). Ha, poi, rilevato che non pu� disconoscersi che nella concessione di acque pubbliche sussistono prestazioni e controprestazioni di entrambe le parti e che la prestazione di una parte �, in un certo senso, il corrispettivo della prestazione dell'altra. Ma, pur osservando, di seguito, che � il legame esistente tra concessione e canone sta ad indicare che entrambe le prestazioni costituiscono le necessarie componenti del rapporto di concessione, componenti indispensabili per il conseguimento del risttltato finale ., ha tassativamente escluso che il � rapporto sia riconducibile neil'ambito di un sinallagma di carattere privatistico �. Non quindi, secondo l'insegnamento della Corte, corrispettivit� di prestazioni su di un piano negoziale privatistico, sibbene prestazioni da parte p I i: i:: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 733 di concessione -e la relativa controprestazione, costituita dal canone. E cade, altres�, la possibilit� di considerare le singole annualit� di canone come il controvalore di un anno di godimento del bene demaniale: ed invero -secondo l'E.N.E.L. -se l'attribuzione del diritto di natura reale avviene una volta per tutte con l'atto di concessione, si deve conseguentemente ammettere che il coacervo dei canoni � il prezzo del diritto acquistato dal concessionario e le singole annualit� rappresentano frazioni di tale prezzo. Ora se ad un certo momento il legislatore ha ritenuto accessorio l'adempimento di questo prezzo, afferma l'E.N.E.L. che una questione di decorrenza non pu� farsi. Poich� si tratta di stabilire a quante frazioni l'adeguamento si riferisca, in mancanza di qualunque specificazione, esso deve riferirsi alle frazioni non ancora pagate al momento dell'entrata in vigore della legge. In conclusione il ricorrente afferma che la sentenza del Tribunale Superiore � contraddittoria nell'ammettere il sorgere di un diritto reale del concessionario dall'atto di concessione e nel fondare, poi, la moti vazione sul presupposto di una prestazione statale, che, nel caso della concessione, diventerebbe eccessivamente onerosa, mentre il concetto di eccessiva onerosit� � inapplicabile ad un'attribuzione patrimoniale che si saurisce istantaneamente. Cos� riassunto il motivo di ricorso rilevano le Sezioni Unite che esso non � fondato. In primo luogo deve essere osservato che alla soluzione della deli cata questione di diritto transitorio, questione che costituisce l'oggetto dell'Amministrazione concedente e prestazioni da parte del concessionario, le une e le altre stabilite dalla legge, collegate fra di loro al fine del raggiungimento del risultato finale, concretantesi nell'interesse pubblico alla concessione di un uso speciale sul bene demaniale. La questione decisa dalla Corte di Cassazione traeva origine dalla applicazione della 1. 21 dicembre 1961, n. 1501, la quale dispone, all'art. 1, che �L'ammontare dei canoni, dei proventi demaniali e dei sovracanoni, quale irsulta dai commi primo e terzo deH'art. 1 della l. 21 gennaio 1949. n. 8, � aumentato., e, all'art. 6: �La presente legge ha efficacia dal primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione nena Gazzetta Ufficiale�. La legge era stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 31 gennaio 1962 ed entrava, pertanto, in vigore, il successivo 1� febbraio dello stesso anno. L'Amministrazione finanziaria richiedeva a concessionari di acque pubbliche, che avevano gi� assolto al pagamento anticipato delle annualit� dei canoni di utenza, a norma dell'art. 17, lett. b, del Regolamento n. 1285 del 14 agosto 1920, pagamenti a conguaglio, in relazione alla disposta duplicazione dei detti canoni, per il periodo dal 1� febbraio 1962 fino alla 734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della controversia, nessun apporto utile pu� essere dato dal richiamo alla natura prevalentemente pubblicistica della concessione, per la preminenza in essa attribuita all'interesse pubblico. Invero l'impugnata sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche non ha conte: stato affatto tale assunto, che � conforme alla costante giurisprudenza di queste stesse Sezioni Unite. Dal pari non � contestato che dalla concessione di acque pubbliche e per la durata della stessa derivi al concessionario, anche nei confronti dell'Amministrazione, un diritto perfetto all'utilit� inerente alla concessione stessa, fino a che non si verifichi l'esigenza del suo sacrificio per ragioni di pubblico interesse (Cass. sentt. nn. 2481 del 1961 e 3851 del 1954). Ma neppure l'indagine circa la natura del canone ha efficacia risolutiva. L'impugnata sentenza non ha affermato che il canone sia � il prezzo � dell'acqua pubblica, ch� anzi ha rilevato che se pur si volesse attribuire al canone natura tributaria e pi� precisamente la natura di tassa, non potrebbe escludersi una certa relazione tra le somme corrisposte all'erario e la prestazioni. Il rilievo � aderente alla nozione di tassa generalmente acquisita, ritenuta una forma di controprestazione per l'utilizzazione di un pubblico servizio, la cui misura � autoritativamente stabilita. Peraltro va osservato che nel caso l'impugnata sentenza ha escluso nei canoni in questione carattere tributario; il che � esatto nel sistema vigente. Basta considerare l'art. 1 del t.u. sulla riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato (r.d. 14 aprile 1910, n. 639), che prevede come categoria a s� i proventi del demanio dello Stato e l'articolo 2774 del vigente cod. civ., che attribuisce uno speciale privilegio, data della scadenza della annualit� in corso. I concessionari si opponevano alla richiesta e venivano perci� emesse ingiunzioni di pagamento, avverso le quali i concessionari proponevano opposizione giudiziaria, sostenendo che, essendosi gi� da essi assolto all'obbligo di pagamento dell'annualit� anticipata del canone ed in mancanza di una espressa dichiarazione di retroattivit� della legge, gli aumenti non potevano incidere sulla annualit� gi� pagata ma potevano decorrere esclusivamente dall'inizio della nuova annualit� successiva all'entrata in vigore della legge medesima. La tesi sostenuta dagli opponenti veniva accolta dai Tribunali regionali delle AA.PP. di Torino, Venezia e Napoli, respinta dal Tribunale regionale �elle AA.PP. di Milano. Il Tribunale Superiore delle AA.PP. aveva disatteso, invece, le ragioni dei concessionari. La Corte di Cassazione, con la sentenza che si annota e con altre cinque (nn. 1894, 1895, 1896, 1897 e 1898) portanti la stessa data, ha rigettato i ricorsi proposti dai concessionari e confermato le decisioni del Tribunale Superiore delle AA.PP. G. ALBISJNNI PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 735 diverso da quello riguardante i tributi, ai crediti per concessione di acque. Quello che non pu� disconoscersi � che nella concessione di acque pubbliche sussistono prestazioni e controprestazioni di entrambe le parti e che la prestazione di una parte �, in certo senso, il corrispettivo della prestazione dell'altra, come lo stesso Tribunale Superiore ha ritenuto con sentenza 24 aprile 1961, n. 7. Perci� nessun errore di diritto pu� ravvisarsi nella sentenza impugnata per l'affermazione di una corrispondenza tra il canone e la prestazione, ancorch� voglia attribuirsi, con l'impugnata sentenza, natura reale al diritto nascente dalla concessione. Dire che il coacervo dei canoni � il prezzo del diritto acquistS;tO dal concessionario e che le singole annualit� rappresentano frazioni di tale prezzo non significa precludere al legislatore il potere di intervenire a modificare i canoni, con quella decorrenza che egli ritiene opportuna nell'esercizio dei suoi poteri, come � avvenuto chiaramente nel 1949, con la legge 21 gennaio 1949, n. 8, di cui sar� fatto cenno pi� avanti. L'affermazione della sentenza in esame del Tribunale Superiore delle acque pubbliche, che il canone ha sostanzialmente funzione di corrispettivo pecuniario del bene dato in concessione, ha base non soltanto sul rilievo che il concessionario mira a conseguire il risultato economico del provvedimento di concessione, ma su argomenti che hanno il loro chiaro fondamento nell'atto di concessione e nei testi legislativi. Invero la parte ricorrente non ha potuto contrapporre nessuna valida argomentazione all'osservazione che l'ammontare del canone � strettamente ragguagliato al quantitativo di acqua (moduli) o di forza motrice (chilowatt), oltre che alla possibilit� di restituzione delle colature e ai diversi usi della derivazione assentita (artt. 35 e 36 t.u. n. 1775 de 1933) ragguaglio che non avrebbe ragion d'essere ove nel canone non fosse dato ravvisare alcun elemento di corrispettivit�. Ancora gli elementi dell'utilizzabilit� e dell'utilizzazione del~ l'acqua sono tenuti presenti dall'art. 37 del citato t.u. del 1933 quanto alla decorrenza dell'obbligo di pagamento, tanto per le piccole, quanto per le grandi derivazioni e dall'art. 48 dello stesso testo per la sopravvenienza di eventi naturali modificativi del regime o del corso di acqua, che possono portare non solo alla riduzione, ma anche alla cessazione del pagamento del canone. N� possono essere invocati, come argomento contrario, gli artt. 55 del t.u. del 1933, n. 1775, n� l'art. 17 del r.d. 14 agosto 1920, n. 1285: per il primo il pagam�nto dell'intero canone annuo al concessionario che incorre nella decadenza � attribuibile normalmente al comportamento dello stesso, ivi compreso il caso del non uso per un triennio consecutivo; per il secondo (lett. b) il pagamento in annualit� anticipate -e non frazionabili da parte del privato -� 10 736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una modalit� di pagamento ricollegabile alla natura pubblicistica del rapporto. Venuti cosi meno i principali argomenti contro la corrispondenza del canone all'acqua utilizzabile e quelli contro la pretesa indivisibilit� del canone, divisibile invece nei c~si sopra citati dell'art. 48 del t.u. del 1933 e ogniqualvolta la legge ne prevede il frazionamento (cosi come per gli artt. 1, 2, 3, della legge 2 agosto 1945, n. 638, sulla sospensione del pagamento dei canoni relativi a derivazioni d'acque pubbliche danneggiate, distrutte o impedite da causa di guerra, e per la legge del 1949, n. 8, di cui sar� fatto cenno tra breve) e comunque ragguagliate al quantitativo di acqua o di forza motrice (artt. 35 e 36 del t.u. del 1933), sono stati acquisiti elementi utili per l'interpretazione dell'art. 6 della legge 22 dicembre 1961, n. 1501 sull'adeguamento dei canoni demaniali e dei sovracanoni. Per detto articolo la le,gge � ha efficacia dal primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale � e cio� dal 1� febbraio 1962, essendo stata la legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 1962. Tale testo si differenzia; nell'espressione letterale, dal corrispondente art. 6 della legge 22 gennaio 1949, n. 8, il quale disponeva che � gli aumenti previsti dalla presente legge si applicano anche se i canoni... siano stati, all'entrata in vigore della legge stessa, gi� corrisposti o regolarmente liquidati �. � chiaro che la diversa espressione dell'art. 6 della legge del 1961, rispetto a quella del corrispondente art. 6 della legge del 1949 non � di per s� motivo sufficiente a risolvere la questione d'interpretazione, nel senso voluto dalla parte ricorrente, giacch� non si pu� certo escludere che il legislatore non abbia adottato la stessa espressione letterale precedente, non solo e non tanto per averla ritenuta superflua dato che il criterio da essa seguito potrebbe desumersi dai principi, quanto per il fatto che ha rubricato la legge del 1961 quale � adeguamento dei canoni demaniali e dei sovracanoni dovuti agli enti locali ai sernii della legge 21 gennaio 1949, n. 8 �. Essa, pertanto, risulta integrativa della legge del 1949, il cui sistema pu� ritenersi tuttora vigente e immutato, anche per quanto riguarda l'aumento immediato dei canoni gi� corrisposti per periodi non ancora interamente decorsi, secondo l'assunto dell'Avvocatura dello Stato. Ma anche prescindendo da tale ar,gomento, la soluzione della questione a cui, in ogni caso, dovrebbe pervenirsi non potrebbe essere diversa. Invero, ritenuta la corrispondenza tra canone e utilizzazione dell'acqua e ammessa la possibilit� del frazionamento del canone annuo, per stabilire se la nuova legge possa essere fatta valere nei confronti dei canoni gi� corrisposti (per il periodo che temporaneamente rientra sotto il suo vigore) � necessario accertare che non sussistano diritti quesiti, i'ARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 737 dipendenti da atti esauriti. Le Sezioni Unite osservano che non pu� dirsi che col pagamento anticipato del canone il rapporto siasi esaurito. Invero il rapporto potrebbe dirsi esaurito se con il pagamento del canone si estinguessero tutte le obbligazioni derivanti dal rapporto medesimo. Ora cos� non �, perch� certo dopo il pagamento del canone permane l'obbligazione dello Stato di consentire la disponibilit� dell'acqua per tutto il periodo a cui il canone si riferisce. Il legame esistente tra concessione e canone sta ad indicare che entrambe le prestazioni costituiscono le necessarie componenti del rapporto di concessione, componenti indispensabili per il conseguimento del risultato finale, ancorch� il rapporto non sia riconducibile nell'ambito di un sinallagma di carattere privatistico, come esattamente ha ritenuto il Tribunale Superiore delle acque pubbliche. Vi �, poi, un argomento di parit� di trattamento degli utenti, che rende logica l'interpretazione della legge nel senso dell'immediata applicazione dell'aumento anche ai canoni per utenze in corso. Se si dovesse opinare diversamente si verrebbero a determinare situazioni discriminatorie contro il principio della uguaglianza, giacch� per uno stesso periodo di tempo alcuni concessionari corrisponderebbero un canone non aumentato ed altri un canone aumentato in relazione alla diversa data di decorrenza e quindi di scadenza dell'obbligo di pagamento del canone di utenza. Infine ha pregio anche un ultimo argomento messo in luce dall'impugnata sentenza: il legislatore ha inteso adeguare la disciplina negoziale ad una situazione economica venutasi gravemente a modificare durante lo svolgimento del rapporto: di qui l'esigenza di ristabilire l'iniziale equilibrio patrimoniale con l'immediata applicazione del coefficiente di adeguamento automatico anche per il periodo infrannale posteriore all'entrata in vigore della nuova le.gge, prescindendo dallo svolgimento in atto della derivazione. Ne consegue che l'efficacia degli aumenti dei canoni dal 1<> febbraio 1962 si applica anche ai canoni gi� corrisposti, per il periodo di utilizzazione delle acque pub-� bliche ricadente sotto il vigore della nuova legge. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 giugno 1969, n. 2080 -Pres. Rossano -Est. Berarducci -P. M. De Marco (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno) c. Ente Nazionale Energia Elettrica E.N.E.L. (avv. Mazzullo). Acque pubbliche ed elettricit� -Controversie in materia di acque pubbliche -Criteri di discriminazione della competenza tra G. O. e Tribunali delle acque pubbliche. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Competenza e giurisdizione -Criterio di determinazione della competenza -Riferimento alla qualifica attribuita dalle parti alla propria azione -Esclusione -Necessit� di riferimento all'obiettivo contenuto della domanda dell'attore e delle deduzioni ed eccezioni del convenuto -Sussiste. Acque pubbliche ed elettricit� -Concessioni di utilizzazione di acqua pubblica -Natura -Obbligazione del concessionario di pagare il canone -Carattere contrattuale -Esclusione -Compatibilit� del carattere legale e pubblicistico dell'obbligazione di pagamento del canone con l'applicabilit� della prescrizione breve ex art. 2948 c. c. -Sussiste. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 19, comma secondo, 37, 40, 45, 47, 54, 55). Le controversie in materia di acque pubbliche sono di competenza dei .Tribunali delle acque quando involgono questioni aventi ad oggetto un rapporto immediato delle parti con l'acqua pubblica, ossia incidenti direttamente sulla disciplina giuridica concernente la derivazione o l'utilizzazione dell'acqua, e che, comunque, investano, nena sua legittimit�, nel suo contenuto o nella sua estensione, l'atto con cui la P. A. abbia concesso o riconosciuto oppure negato un diritto relativo all'acqua pubblica, mentre sono di competenza del G. O., quando" invece, involgano questioni di carattere patrimoniale, non contestandosi la legittimit�, il contenuto o l'estensione della concessione amministrativa su cui si basa il diritto di utilizzazione e derivazione dell'acqua pubblica (1). Ai fini della determinazione della competenza, si deve fare riferimento non alla qualifica attribuita dalle parti alla propria azione, ma all'oggetto del giudizio, quale risulta dal contenuto della domanda dell'attore e dalle deduzioni ed eccezioni formulate dal convenuto, entrambe delimitanti il tema del dibattito (2). (1) Sul problema della discriminazione della competenza fra GO. e Tribunali delle acque pubbliche si veda l'ampia rassegna di giurisprudenza contenuta in nota sub 2 alla sentenza del Tribunale superiore acque 3 settembre 1964, n. 23, in questa Rassegna, 1964, I, 1166, cui adde Cass., 10 gennaio 1966, n. 178, ivi, 1966, I, 458, sub 2. (2) Cfr. Cass., 3 luglio 1968, n. 2229, Giur. it., Mass., 1968, 806, la quale avverte, comunque, che l'esame del contenuto della domanda deve prescin-. dere da ogni indagine sulla sua fondatezza e quello delle difese formulate nella comparsa di risposta va ad esse rivolto: � in quanto introducano nuova materia nel thema decidendum, ma non mai in quanto si limitino a negare il fondamento della domanda, trattandosi in tal caso di questione di puro merito�. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 739 Il rapporto di concessione non ha natura contrattuale e la fonte dell'obbligazione del concessionario di pagare il canone deve essere rintracciata nella legge; ci� non esclude, tuttavia, in mancanza di diversa disposizione legislativa, l'applicabilit� anche nel campo pubblicistico, e in particolare all'obbligazione di pagamento de�l canone per la utilizzazione di acqua pubblica, della prescrizione breve di cui all'art. 2948, n. 4, e.e. (3). (Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione dell'art. 140 -lett. e) -in relazione agli articoli 3 e segg. del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, e si lamenta che la sentenza impugnata abbia affermato la competenza del giudice ordinario, anzich� quella del Tribunale regionale delle acque pubblice, su una questione riguardante la prescrizione del diritto alla percezione dei canoni di una concessione di grande derivazione ad uso idroelettrico. Si sostiene che la questione dedotta investiva il titolo costitutivo della concessione, tanto che la sentenza ha dovuto stabilire se si trattasse di conguaglio di utenza ovvero di puro e semplice addebito di canoni stabiliti nel disciplinare per l'ipotesi di utilizzazione anticipata. Si aggiunge che la controversia sulla prescrizione dei canoni, oltre ad involgere la interpretazione dell'atto costitutivo del diritto di derivazione, toccava rilevanti interessi pubblici sull'utilizzo delle acque in generale e richiedeva soluzione di carattere tecnico proprio in ordine alla determinazione del canone. Il motivo � infondato. In tema di discriminazione della competenza fra il giudice ordinario ed il Tribunale delle acque pubbliche, la giurisprudenza di questa Corte Suprema � consolidata nel senso che le controversie in materia di acque pubbliche sono di competenza della Magistratura delle acque quando involgono questioni che hanno ad oggetto un rapporto immediato delle parti con l'acqua pubblica, e cio� che incidono direttamente nella disciplina giuridica concernente la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua, e che, comunque, investono, nella sua legittimit�, nel suo contenuto e nella sua estensione, l'atto con cui la Pubblica Amministrazione abbia concesso o riconosciuto, oppure negato un diritto relativo all'acqua pubblica, mentre sono di competenza del giudice ord� (3) Sembra quasi superfluo segnalare l'importanza della prima parte della massima, che fa giustizia della vieta figura della c.d. concessionecontratto, accogliendo ed applicando all'ipotesi di utenza di acqua pubblica la concezione strettamente pubblicistica della concessione d'uso di beni pubblici (su cui v. CARUSI, In tema di concessione d'uso di beni pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 1066 e segg., ove anche disamina di dottrina e giurisprudenza). 740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nario, quando, inv�ce, involgono questioni di carattere patrimoniale, non contestandosi la legittimit�, il contenuto o l'estensione della concessione amministrativa su cui si basa il diritto di utilizzazione e derivazione dell'acqua pubblica. In coerenza con tale giurisprudenza -e col principio secondo cui, ai fini della determinazione della competenza, si deve fare riferimento non alla qualifica attribuita dalle parti alla propria azione, ma all'oggetto del giudizio, quale risulta dal contenuto della domanda dell'attore e delle deduzioni ed eccezioni formulate dal convenuto, entrambe delimitanti il tema da dibattere -esattamente la Corte del merito ha ritenuto la controversia in esame di esclusiva competenza del giudice ordinario. Devesi, infatti, rilevare che, come risulta dall'ingiunzione emessa dall'Amministrazione finanziaria a carico della S.T.E. (dante causa dell'E.N.E.L.) e dagli atti nella stessa ingiunzione richiamati (distinta di cui a nota 23 settembre 1961, n. 1672 di prot. e nota intendentizia 9 settembre 1961, n. 26243 di prot.) il pagamento della somma di lire 16.214.495 � stato richiesto all'anzidetta societ�, non a titolo di e conguaglio di utenza � o di � addebito di canoni ex lege dovuti ma facoltativamente addebitabili in via provvisoria o anticipata �, come dall'Amministrazione ricorrente sostenuto, rispettivamente, nel secondo grado del giudizio di merito e in questa sede di legittimit�, ma a mero titolo di canoni arretrati, cosi come previsti dall'atto di concessione, per il periodo di utilizzazione anticipata dell'acqua rispetto alla data originariamente fissata nel disciplinare di concessione per l'ultimazione dei lavori. Risulta, inoltre, che, la societ�, cui il pagamento � stato richiesto ed ora l'E.N.E.L., non hanno contestato, con le loro deduzioni, n� la natura n� la misura n� la portata dei canoni cosi come specificati nella ingiunzione fiscale, n� hanno, altres�,_ contestata la originaria obbligazione come nascente dall'atto di concessione, ma hanno solo opposto la perdita del diritto dell'Amministrazione finanziaria di pretendere il pagamento richiesto, per avvenuta prescrizione, per avere, cio�, la stessa A:rl).ministrazione fatto decorrere il tempo utile entro il quale la legge le consentiva di far valere tale pretesa. Tutto ci� importa che la controversia in esame, limitata all'accertamento dell'avvenuta prescrizione, o meno del diritto fatto valere dall'Amministrazione finanziaria, non involge una questione che investa, nella sua legittimit�, nel suo contenuto o nella sua estensione, l'atto di concessione, e che, comunque, tocchi, in via diretta od indiretta, interessi della P. A. in ordine al regime delle acque, ma involge solo una questione di carattere puramente patrimoniale, che non determina sottrazione della controversia medesima alla normale competenza del giudice ordinario. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTJ ECC. 741 Con il secondo motivo si lamenta che dalla Corte del merito sia stata ritenuta applicabile, nel caso di specie, la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, e.e., anzich� quella ordinaria, decennale. Si sostiene che i canoni in questione, ripetendo la loro causa, non da una concessione-contratto ma da una concessione pubblica pura e semplice, sorgente ex lege attraverso il provvedimento amministrativo, che � l'atto unilaterale in s� costitutivo dei diritti di cui all'atto di sottomissione, hanno, non natura tributaria, come ritenuto dalla sentenza impugnata, ma natura di � diritti pubblici di prestazione patrimoniale., come tali non ricollegabili ai cosiddetti contratti di durata. D'altra parte -si afferma -la norma dell'art. 2948 n. 4 e.e. si riferisce esclusivamente agli interessi ed alle altre prestazioni di carattere ugualmente accessorio, pagabili ad anno od a termini pi� brevi, e non anche alle prestazioni aventi carattere principale, quale quella di specie. Si aggiunge, infine, che, comunque, i canoni per l'anticipata utilizzazione di acqua si differenziano dal vero e proprio canone di �concessione, in quanto, dovendo essere ragguagliati alla entit� dell'acqua effettivamente utilizzata, ;non sono dovuti ad anno, come appunto il canone di concessione, ma globalmente, a far tempo dall'inizio della utilizzazione, sino al giorno della utilizzazione degli impianti. Il motivo � privo di fondamento. Invero, il fatto che il rapporto di concessione non � un rapporto contrattuale e che, pertanto, la fonte della obbligazione del concessionario, di pagare il canone, deve essere rintracciata nella legge, non esclude l'applicabilit�, a tal figura di obbligazione, della prescrizione breve di cui alla norma del n. 4 dell'art. 2948 e.e., la quale, considerata la sua generica formulazione, non riferibile, quindi, unicamente alle obbligazioni del diritto privato, � applicabile, in mancanza di una contraria disposizione, anche nel campo del diritto pubblico, e, pertanto, � come gi� ritenuto da questa Corte Suprema nella sentenza 16 gennaio 1925, n. 118, anche alle obbligazioni consistenti nel pagamento dei canoni per la utilizzazione di acqua pubblica. Inesatta � anche la tesi secondo cui la norma in esame si riferirebbe esclusivamente alle prestazioni di carattere accessorio. Una siffatta interpretazione, di carattere restrittivo, non trova giustificazione, invero, nella lettera della norma, che, con l'inciso � ... e, in generale, tutto ci� che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi� brevi �, posto dopo la dizione � gli interessi ... ., appare riferibile, oltre che alle prestazioni periodiche di carattere accessorio, quali quelle relative agli interessi, anche alle obbligazioni periodiche di carattere principale, sempre che siano in dipendenza di una causa debendi continuativa; n� nella ratio della norma stessa, che essendo informata al criterio di liberare il debitore dalle prestazioni scadute e non richieste tempestivamente, quando le prestazioni siano periodiche, esclude che il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 742 legislatore, nell'ambito di tali prestazioni, dipendenti da una causa debendi continuativa, abbia inteso distinguere fra prestazioni di carattere principale e prestazioni di carattere accessorio e non abbia, invece, inteso accomunare le une e le altre nella stessa disciplina. Non meno inconsistente �, infine, la tesi secondo cui i canoni per l'anticipata �tilizzazione di acqua, quali quelli di specie, si differenzierebbero dal canone di concessione. � sufficie;,_te, invero, rilevare, in proposito, che la norma dell'art. 37 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 non pone ,alcuna distinzione tra canone dovuto in caso di ultimazione dei lavori alla data stabilita per tale ultimazione e canone dovuto in caso di anticipata utilizzazione, che non sia quella concernente la loro diversa decorrenza, stabilendo espressamente che, per le grandi derivazioni, il canone annuo decorre, improrogabilmente, dalla scadenza del termine originariamente assegnato per l'ultimazione dei lavori, salvo che la utilizzazione dell'acqua si inizi prima dell'anzidetto termine, nel qual caso il termine di decorrenza del canone -che resta sempre annuale -coincide con quello della utilizzazione. Con il terzo motivo, infine, si deduce che, in caso di utilizzazione anticipata, il meccanismo di accertamento opera in guisa che solo dopo la comunicazione del Genio civile pu� farsi decorrere il termine prescrizionale. Si afferma, infatti, che, mentre dal disciplinare possono ricavarsi date specifiche di scadenza solo in relazione al canone, cosi come predeterminato in funzione della piena e normale utilizzazione della concessione, il contrario si verifica per quanto attiene ai cosiddetti conguagli di utenza, per i quali, sia in relazione alla potenza totale o parziale dell'impianto, sia in. relazione alla reale entit� dell'acqua utilizzata, ogni richiesta rimane subordinata o ad una eventuale comunicazione del concessionario, o alla indagine tecnica rimessa all'Ufficio del Genio Civile, il quale ultimo fruisce di un termine decennale per effettuare il detto controllo e comunicarne i risultati all'Amministrazione Demaniale. Anche questo motivo � infondato ed � sufficiente a fornirne dimostrazione il rilievo che, come � stato accertato in fatto ai fini della risoluzione della questione di competenza, sia in sede di merito che in questa sede, nel caso di specie non si trattava di conguagli di utenza, ma di canoni arretrati per utilizzazione anticipata di acqua, per i quali non pu� contestarsi che l'obbligo del pagamento decorra, in forza della norma dell'art. 37 del t.u. del 1933, n. 1775, dalla data dell'inizio della utilizzazione. E deve, inoltre, osservarsi che il giudice del merito ha accertato in fatto, con apprezzamento insindacabile in questa sede, che la dedotta impossibilit� di agire, da parte dell'Amministrazione Demaniale, non .:i! ;i::\ ~ =~ ~ r::: w PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 743 sussisteva, atteso che detta Amministrazione, dal momento in cui l'impianto di utilizzazione dell'acqua entr� � ufficialmente e fiscalmente in funzione ., avrebbe avuta la possibilit� di conoscere, sol che fosse stata pi� solerte, tutti gli elementi tecnici necessari per procedere alla determinazione del quantum dovuto dalla societ� concessionaria e pretenderne il pagamento. --(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2317 -Pres. Rossano -Est. Geri -P. M. Caristo (conf.) -Ministero Difesa Aeronautica (avv. Stato Fanelli) c. Impresa Bonofeder (avv. Ambrosio Dino). Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore -Determinazione amministrativa -Obbligo dell'Amministrazione di provvedere entro ragionevole spazio di tempo -Sussiste -Inerzia dell'Amministrazione -Necessit� del procedimento giudiziario ex art. 1183 c. c. -Esclusione -Diffida dell'appaltatore ali'Amministrazione con fissazione di congruo termine per il compimento dell'atto -Ammissibilit� ai fini della rimozione dell'impedimento per la tutela giurisdizionale del diffidante -Sussiste. (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 50, 51, 54; e.e., artt. 1374, 1375). n contratto di appalto di opera pubblica ha essenzialmente indole privatistica e carattere commutativo, dando luogo a posizioni paritetiche, epper�, pur se si voglia ritenere che l'esigenza deUa determinazione amministrativa sulle riserve dell'appaltatore sia stata prevista onde impedire che l'Amministrazione venga convenuta in giudizio prima di aver potuto adeguatamente esaminare le richieste dell'appaltatore e rispondere alle stesse, non per questo � possibile ammettere la facoltd dell'Amministrazione di trascurare indefinitamente l'esame delle riserve, impedendo sine die la tutela giurisdizionale delle ragioni dell'altra parte; ma deve, viceversa, ritenersi, in base ai principi dell'integrazione del contratto e della sua esecuzione di buona fede, che l'Amministrazione committente sia obbligata a rispondere alle riserve con ragionevole tempestivitd, in mancanza di che pu� lo stesso appaltatore, senza necessitd di ricorrere al giudice a norma dell'art. 1183 e.e., fissarle con atto di diffida un termine, affinc�h� l'atto venga compiuto, o, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in difetto, s'abbia per rimossa ogni preclusione alla tutela giurisdizionale del diffidante (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. pn., 7 luglio 1969, n. 2498 -Pres. Flore -Est. Geri -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Terranova) c. Fallimento Impresa G. De Luca (avv. Ambrosio Domenico). Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore -Determinazione amministrativa -Obbligo dell'Amministrazione di provvedere entro ragionevole spazio di tempo Sussiste -Inerzia dell'Amministrazione -Necessit� del procedimento giudiziario ex art. 1183 c. c. -Esclusione -Diffida dell'appaltatore all'Amministrazione con fissazione di congruo termine per il compimento dell'atto -Ammissibilit� ai fini della rimozione dell'impedimento per la tutela giurisdizionale ael diffidante -Sussiste. \ (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 50, 51, 54; e.e., artt. 1374, 1375). Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore Arbitrato -Verbale di accettazione (degli arbitri) e di costituzione del Collegio arbitrale -Notificazione alla sola Avvocatura Generale dello Stato e non anche all'Amministrazione interessata -Sufficienza ai fini processuali -Sussiste. (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 59; e.p.e., art. 813). Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto di opera di competenza dell'Amministrazione militare -Riserve dell'appaltatore Arbitrato -Lodo arbitrale -Divieto di appello. e di ricorso per (1-2) Per la necessit� del ricorso al Giudice ai fini della fissazione all'Amministrazione di un termine a norma dell'art. 1183 e.e., v., invece, Cass., 11 aprile 1963, n. 927, Foro it., 1963, I, 1143. La premessa dell'insegnamento delle due .sentenze sopra in rassegna non appare conciliarsi col riconoscimento, che altra volta la giurisprudenza della Corte di Cassazione � pur costretta a fare, circa la mancanza della pariteticit� in senso privatistico nell'appalto di opere pubbliche (cfr. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 745 cassazione sancito dall'art. 59 r. d. 17 maggio 1932, n. 366 Contrasto con l'art. 829, comma secondo, c. p. c. -Non sussiste. (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 59; c.p.c., art. 829, comma secondo). Poich� il contratto di appalto di opera pubblica ha indole essenzialmente privatistica e carattere commutativo, dando origir.e a posizioni paritetiche delle parti, deve ritenersi, in base ai principi dell'integrazione del contratto e della sua esecuzione di buona fede, la sussistenza di un obbligo della P. A. di provvedere entro un tempo ragionevole sulle riserve dell'appaltatore, in mancanza di che non � necessario il procedimento giudiziale ex art. 1183 e.e., ma � ben ammissibile la messa in mora dell'Amministrazione mediante diffida da parte dell'appaltatore, con fissazione di congruo termine, affinch� l'atto venga compiuto, o, in difetto, s'abbia per rimossa ogni preclusione alla tutela giurisdizionale del diffidante (2). Agli effetti processuali del verbale di accettazione (degli arbitri) e di costituzione del Collegio Arbi.trale, deve ritenersi adeguata e sufficiente la notificazione del verbale medesimo al difensore, e, quindi, per l'Amministrazione interessata, all'Avvocatura dello Stato (3). Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questo stesso fascicolo, 762 e segg., ed ivi nota 1; per altre considerazioni v. nota 1 a Lodo arbitrale, 29 marzo 1968, n. 15 (Roma), in questa Rassegna, 1968, I, 289 e seg.; v. anche, per la contrapposizione degli appalti di opere pubbliche � agli appalti regolati dal codice civile � Corte App. Roma, 30 novembre 1968, n. 2790, ibidem, 1128-1129, nella motivazione. (3) Sulla costituzione del rapporto processuale nell'arbitrato relativo agli appalti di opere pubbliche, v. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 969, nonch�, in particolare, 973, nella motivazione; v., peraltro, Lodo arbitrale, 13 luglio 1966, n. 52 (Roma), in questa Rassegna. 1966, I, 692, e, per l'arbitrato ordinario, Cass., 29 luglio 1963, n. 2127, Giur. it., Mass., 1963, 719. Sulla natura �processuale della domanda d'arbitrato (da notificare presso l'Avvocatura dello Stato: Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2523, in questa Rassegna, 1964, I, 973) e della dichiarazione di esclusione della competenza arbitrale ex art. 47 Cap. gen. app. oo.pp. 1962, v. Corte Appello Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 1969, I, 151, in part. 161, nella motivazione, ove si avverte che il Capitolato anzidetto � pone due Giudici ugualmente competenti, con ampia facolt� di scelta per l'attore e pi� limitata facolt� per il convenuto �. Sul carattere di norma processuale dell'art. 47 cit. Cap. gen. 1962 e per l'esclusione della natura meramente contrattuale della clausola compromissoria contenuta nell'art. 42, �che con l'imperativit� propria delle norme di diritto obiettivo ne impone l'inserzione in ogni contratto di appalto di cui sia parte contraente la P. A . ., v. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 971 e seg., nella motivazione. In dottrina, sugli effetti dell'accettazione degli arbitri, v. PASTORE, L'arbitrato negli appalti di opere pubbliche, Milano, 1961, 94 e segg.; CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non sussiste al.cun contrasto fra l'art. 59 r.d. 17 marzo 1932, n. 366, che prevede la sottrazione del lodo ad impugnazione per ragioni di diritto sostanziale, e l'art. 829, comma secondo, c.p.c., che, facendo salva l'efficacia di speciali disposizioni o convenzioni, trova applicazione solo in mancanza delle medesime (4). I (Omissis). -Il primo motivo del ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 112, 817 e 829 c.p.c., artt. 50, 51 e 54 r.d. 17 marzo 1932, n. 366 e artt. 96, 97 r.d. 17 marzo 1932, n. 365. Premesso che l'art. 97 del Regolamento (r.d. 17 marzo 1932, n. 365) si riferirebbe soltanto alla costituzione -e non gi� alla domanda -del collegio arbitrale, essendo. quest'ultima proponibile esclusivamente quando si siano verificate le condizioni di cui agli artt. 50, 51 e 54 r.d. n. 366 del 1932, cio� la determinazione amministrativa sulle riserve oppure una situazione equipollente, lAmministrazione nega che siasi verificata siffatta situazione (della quale, trattandosi di � error in procedendo�, sarebbe giudice del fatto anch~ la Suprema Corte) per le seguenti ragioni: 1) l'impresa appaltatrice non avrebbe potuto assegnare all'Amministrazione un termine, ma, caso mai, ricorrere alla procedura di cui all'art. 1183 e.e., 2) in ogni caso, anche ammesso che si potesse ricorrere alla norma ed ai principi sul silenzio-rifiuto, dovevano essere rispettati i termini e le forme di cui all'art. 5 t.u. 3 marzo 1934, n. 383; 3) la situazione di proponibilit� dell'arbitrato doveva essersi verificata, ai sensi dell'art. 5 c.p.c., al momento della proposizione della domanda, non potendo all'uopo tenersi conto della possibilit� che gli arbitri concedano un ulteriore termine (con sanatoria della temporanea improcedibilit�) e dell'infruttuoso protrarsi del tempo nelle more del procedimento arbitrale. Il mezzo � destituito di fondamento. Occorre anzitutto premettere che la denunziata sentenza ha affermato, in ci� non contraddetta dalla Amministrazione ricorrente, che su richiesta di quest'ultima non v'erano state trattative di amichevole 807; sulla disputa in ordine alla fonte degli obblighi e diritti degli arbitri ( � investiti direttamente dalla legge della funzione giurisdizionale � : Cass., 18 aprile 1966, n. 969, Giur. it., Mass., 1966, 430), v. ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1964, 812 �e segg. (4) Cfr. Cass., Sez. Un., 2 febbraio 1966, n. 372, Giust. civ., Mass., 1966, 199; Cass., 21 giugno 1965, n. 1298, id., 1965, 670. PARTE I, SEZ. VI, GIURI$. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 747 composizione della controversia in sede amministrativa, sicch� esse non potevano essere interrotte ai sensi dell'art. 97 del Regolamento, n� detta interruzione considerata quale presupposto processuale per adire il collegio arbitrale in luogo della determinazione amministrativa sulle riserve prevista nell'art. 54 r.d. n. 366 del 1932. Il problema, quindi, del coordinamento, ai fini della regolare instaurazione del collegio degli arbitri, fra i due decreti, n. 35,5 (Regolamento) e n. 366 del 1932, onde accertare se si fossero veri:liicati i presupposti necessari per detta instaurazione, non ha ragion d'essere in questo giudizio, postoch� detti presupposti non si fanno risalire ad una pretesa interruzione di non accertate trattative, ma soltanto alla manifestazione da parte dell'impresa, mediante un atto di diffida, di voler promuovere il procedimento arbitrale. E l'intera materia del contendente, in argomento, si concentra sul quesito se detta diffida potesse dar luogo ad una situazione equipollente a quella propria della determinazione amministrativa sulle riserve, in seguito alla quale l'appaltatore pu� accettarla oppure domandare la tutela giurisdizionale degli arbitri, senza altri ostacoli di carattere processuale. L'infondatezza delle prime due censure di questo primo mezzo, come subito si vedr�, assorbe anche la terza, una volta ritenuto che, ai sensi dell'~rt. 5 c.p.c., le condizioni processuali per la regolare instaurazione del procedimento arbitrale s'erano verificate al momento della proposizione della domanda. Sulla dedotta inammissibilit� o irrilevanza della diffida, senza aver chiesto al giudice la fissazione di un termine ai sensi dell'art. 1183 e.e. ed in spregio dei termini previsti nell'art. 5 t.u. della legge comunale e provinciale (silenzio-rifiuto), occorre subito osservare (in conformit� con la pi� recente giurisprudenza delle Sezioni Unite, giusta la sentenza n. 1563 del 19619 ed altra decisa il giorno 8 maggio 1969) che il rapporto controverso ha essenzialmente indole privatistica e d� luogo a situazioni peritetiche. Ci� deriva dall'esistenza, fra le parti, di un contratto di carattere commutativo, alla cui osservanza costoro, compresa quindi la P. A., sono tenute in base ai principi della integrazione del negozio (art. 1374 e.e.) e della sua esecuzione di buona fede (art. 1375). Pertanto, se pur si voglia ritenere che l'esigenza della determinazione amministrativa sulle riserve sia stata prevista onde impedire che lAmministrazione venga convocata in giudizio prima di aver potuto adeguatamente esaminare e rispondere alle richieste dell'appaltatore, non per questo � possibile ammettere la facolt� dell'Amministrazione stessa di tras�urare indefinitamente l'esame delle riserve ed impedire cosi � sine die � la tutela giurisdizionale delle ragioni dell'altra parte. � anzi proprio in base ai ricordati principi di integrazione e di buona fede che ben si configura un obbligo della P. A. di rispondere, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con ragionevole tempestivit�, alle riserve, appunto perch� detta risposta appare strumentalmente necessaria per la corretta esecuzione e definizione del contratto. Se ci� non avvenga, sebbene si tratti di un atto dovuto, appare ben ammissibile la messa in mora dell'Amministrazione, mediante diffida, con f�ssazionedi un termine affinch� l'atto venga compiuto, o, in difetto, s'abbia per rimossa ogni preclusione alla tutela giurisdizionale dell'altro cop.traente. N�, a tal fine occorre ricotrere, come ad unico rimedio giuridicamente ammissibile, a quello previsto dall'art. 1183 e.e., fondato sul presupposto del difetto di un termine per adempiere. Essendo infatti la determinazione amministrativa un atto dovuto, che deve essere compiuto in un ragionevole arco di tempo compreso nei limiti della tollerabilit� e delle comuni esigenze di definire il rapporto senza indugi ingiustificati, ne deriva non g�� una incolmabile carenza del termine, ma la sua sussistenza, che si verifica tuttavia quand'esso, pur non essendo determinato in misura cronologicamente esatta, � per� determinabile con relativa agevolezza, in base ai predetti criteri, senza bisogno di ricorrere al giudice a norma dell'art. 1183 e.e. Ad ulteriore conforto di questo indirizzo, si osserva come sia compreso nei poteri del contraente quello di diffidare la controparte ad adempiere il contratto nella sua totalit�, pena la risoluzione (articolo 1454 e.e.). A �maggior ragione vi rientra, quale un � minus �, la diffida a compiere una prestazione dovuta, che non rappresenta un adempimento integrale (come nell'ipotesi di cui all'art. 1454 ora citato), con la conseguente definizione ed estinzione del rapporto, ma un semplice strumento per consentire quella definizione, cio� un elemento puramente mediato e quindi di minor rilievo rispetto all'adempimento integrale. Riconosciuta la giuridica ammissibilit� della diffida al fine di rimuovere l'impedimento per adire il giudice arbitrale, quando la prolungata inerzia della P. A. non trovi alcuna giustificazione in fatti indipendenti dalla sua volont�, deve ritenersi insorto il presupposto processuale prima mancante, ai fini di consentire alla �parte la prevista tutela giurisdizionale. Tuttavia, si deduce nel secondo mezzo che il termine di 30 giorni non possa essere ritenuto adeguato in considerazione della complessit� della azione amministrativa e della impossibilit� di adottare in breve tempo una decisione. N� al termine assegnato potrebbe essere calcolato il tempo gi� de corso, non facente parte del termine stesso. Anche questo secondo mezzo � destituito di fondamento. Va premesso, infatti, che, nel momento, nel quale l'impresa no tific� l'atto di diffida, contenente il termine di 30 giorni, erano decorsi PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 749 quasi tre anni dalla ultimazione dei lavori e dalla liquidazione del conto finale e circa due dal collaudo definitivo. La denunziata sentenza, al fine del giudizio di congruit� del termine, non ha ad esso aggiunto tutto il lungo tempo in precedenza trascorso nell'inerzia del!'Amministrazione, come inesattamente sembra affermare il ricorso, ma ha tenuto conto degli anni di silenzio dell'Amministrazione stessa, nel corso dei quali, trattandosi di un atto dovuto, ben si poteva supporre che le varie e molteplici questioni nascenti dalle riserve avessero subito un qualche esame ed una sufficiente delibazione. Poich� la fissazione di un termine non � operazione meramente astratta, ma ha riferimento all'esigenza di tener conto, ai fini della sua congruit�, di tutte le circostanze concrete e contingenti della fattispecie, onde evitare ad un tempo una sua misura in eccesso oppure in difetto rispetto alle prestazioni da compiere, non viola alcuna disposizione di legge il giudice che, nel suo discrezionale apprezzamento di tale congruit�, abbia prudentemente tenuto conto di codeste circostanze. Tanto pi�* detta considerazione appare esatta, ove si rifletta, con riferimento specifico alla presente controversia, che gli anni trascorsi prima della diffida danno luogo alla ragionevole presunzione di adeguata conoscenza e di sufficiente approfondimento della materia controversa, per quanto complessa potesse essere, da parte dei competenti organi amministrativi. Questo ben poteva influire, come in realt� influi, sulla misura relativamente ridotta del termine, senza perci� renderlo incongruo; la stessa cosa avrebbe potuto verificarsi, in senso inverso, se la diffida fosse stata notificata immediatamente dopo l'ultimazione dei lavori, quando l'Amministrazione era ben lungi dall'aver potuto adeguatamente vagliare le riserve dell'impresa, con conseguente ovvio bisogno, a tal fine, di un termine di gran lunga maggiore. -(Omissis). II (Omissis). -Nel primo mezzo del ricorso si deduce un difetto di giurisdizione da parte degli arbitri sotto tre distinti profili: a) per la mancanza della determinazione amministrativa sulle riserve, intesa quale carenza di un presupposto processuale, non surrogata dal preteso silenzio-rifiuto ai sensi dell'art. 5 t.u. della legge comunale e provinciale, applicabile soltanto alla materia dei ricorsi gerarchici e degli interessi e non a quella privatistica dei diritti, rispetto alla quale la curatela avrebbe dovuto richiedere al giudice la fissazione di un termine ai sensi dell'art. 1183 e.e., unico rimedio utile per supplire alla predetta carenza; 750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO b) perch� non era stata impugnata la determinazione amministrativa sopravvenuta in corso di causa davanti agli arbitri. Anzi questa mancata impugnazione, secondo l'Amministrazione ricorrente, avrebbe determinato la cessazione della materia del contendere, onde viene sussunta, nel terzo motivo del ricorso, come censura per omessa pronunzia su tale pretesa cessazione, in quanto il difetto di impugnazione della determinazione di offrire all'impresa, a tacitazione complessiva delle sue riserve, l'importo di L. 562.500 avrebbe reso incontestabile l'offerta medesima. Questo secondo profilo (lett. b) del primo mezzo pu� quindi essere trattato congiuntamente con il terzo �motivo, data l'intima loro connessione; e) perch� le riserve non erano state inserite nel libro di contabilit�. Al riguardo sarebbe apodittica e immotivata l'affermazione della Corte di merito circa l'inesistenza di una contabilit� regolare, smentita dal riconosciuto inserimento d'una delle riserve predette nell'apposito registro. ~ Il mezzo � destituito di fondamento sotto tutti e tre i profili sopra indicati. In ordine alla prima censura (sub a) si osserva che il rapporto controverso ha essenzialmente indole privatistica, come ammette la stessa ricorrente, e d� luogo a situazioni giuridiche paritetiche in base ad un contratto avente carattere commutativo, alla cui osservanza le parti, compresa quindi la P. A., sono tenute in base ai principi dell'integrazione d.el negozio e della sua esecuzione di buona fede (artt. 1374 e 1375 e.e.). Pertanto, se pur si voglia ritenere che l'esigenza della determinazione amministrativa sulle riserve sia stata prevista onde impedire che l'Amministrazione venga convocata in giudizio prima di aver potuto adeguatamente esaminare e rispondere alle richieste dell'appaltatore, non per questo � possibile ammettere la facolt� dell'amministrazione stessa di trascurare indefinitamente l'esame delle riserve ed impedire cosi � sine die > la tutela giurisdizionale delle ragioni dell'altra parte. Risponde anzi ai ricordati principi di integrazione del contratto e di buona fede la configurazione di un obbligo della P. A. di rispondere, entro un tempo ragionevole, alle istanze dell'altro contraente, appunto perch� detta risposta appare strumentalmente necessaria per la rimozione delle incertezze sulla esecuzione e definizione del contratto e, qualora ci� non avvenga, � ben ammissibile la messa in mora dell'Amministrazione, mediante diffida con fissazione di un congruo termine, affinch� l''atto venga compiuto o, in difetto, s'abbia per rimossa ogni preclusione alla tutela giurisdizionale dell'altra parte. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 751 N�, a tal fine, appare strettamente indispensabile ricorrere, come ad unico rimedio, giusta quanto si afferma nel ricorso, all'aggravio del procedimento giudiziale ai sensi dell'art. 1183 e.e., fondato sul presup posto del difetto di un termine per adempiere. Infatti la determinazione amministrativa non costituisce un atto, il cui compimento -come s'� detto -possa essere rinviato indefinitamente, ma deve al contrario essere posto in essere in un arco di tempo compreso nei limiti della tollerabilit� e delle normali esigenze di definire il rapporto senza indugi ingiustificati. Ne consegue. non gi� la carenza, ma la sussistenza di un termine, il quale, pur non essendo determinato in misura cronologicamente esatta, � per� determinabile con relativa agevolezza in base ai predetti criteri, senza bisogno di ricorrere al giudice ai sensi dell'art. 1183 e.e. Ma v'� di pi�: rientra nei poteri del contraente (art. 1454 e.e.) diffidare la controparte ad adempiere il contratto nella sua totalit� (pena la risoluzione). A maggior ragione vi rientra, come un � minus �, la diffida a compiere un'attivit� dovuta, la quale non rappresenta l'adempimento integrale con la conseguente definizione ed estinzione del rapporto, ma un semplice mezzo per consentire quella definizione, cio� un elemento meramente strumentale di minore importanza rispetto all'adempimento medesimo.. Riconosciuta la giuridica ammissibilit� della diffida, onde rimuovere l'impedimento per adire il giudice arbitrale, quando la prolungata inerzia della P. A. non trovi alcuna giustificazione in fatti indipendenti dalla sua volont�, pu� considerarsi insorto il presupposto processuale prima mancante, ai fini della tutela giurisdizionale, spettante comunque al giudice civile in ordine alla posizione di diritto soggettivo nascente per l'appaltatore dal contratto. A questo punto la ricorrente avrebbe potuto contestare soltanto la congruit� del termine. In difetto di tale contestazione il relativo problema trovasi fuori della controversia ed � quindi sottratto all'esame del giudice. La pi� recente giurisprudenza di queste stesse Sezioni Unite si � orientata nel senso di cui sopra, senza necessit�, dato il carattere fondamentalmente privatistico del rapporto, di ricorrere al principio del silenzio-rifiuto della P. A. (sent. n. 1563 dell'8 maggio 1969). Con la seconda censura del primo mezzo l'Amministrazione, dimenticando di aver espressamente riconosciuto il carattere paritetico delle rispettive posizione delle controparti, oppone una pretesa incontestabilit� della determinazione amministrativa sopravvenuta in corso di causa, per difetto di impugnazione da parte dell'impresa, ed osserva che, di conseguenza, la mancanza d'impugnazione avrebbe fatto cessare la materia del contendere. 11 752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma l'Amministrazione trascura che quando la determinazione intervenne era gi� in atto l'esercizio dell'azione innanzi agli arbitri e il fallimento faceva valere pretese ben maggiori delle somme attribuitegli dall'Amministrazione. Il rapporto processuale aveva quindi un oggetto ben determinato. Questo oggetto non poteva mutare per il fatto sopravvenuto, in corso di causa, del parziale riconoscimento del debito da part� della P. A. ci� potendo ridurre l'ambito quantitativo della controversia, nella quale restava per� fermo l'interesse alla pronunzia giurisdizionale radicatosi fin dal momento della proposizione della domanda. Peraltro la eventuale riduzione del contrasto, in caso di riconoscimento parziale, non � la conseguenza dell'adozione meramente formale dell'atto, ma della effettiva eliminazione della lesione del diritto. Tanto pr�messo, non si vede in qual modo la sopravvenuta determ: inazione amministrativa sulle riserve possa aver influito, come pretende l'Amministrazione ricorrente, sulla giurisdizione, risolvendosi in un suo difetto. Anzitutto la giurisdizione deve essere determinata con riferimento all'epoca della domanda (art. 5 c.p.c.), quando -nella specie -pienamente ricorreva; in secondo luogo, tenuto conto che si verte in un rapporto di natura negoziale a base privatistica, soltanto il giudice del merito avrebbe potuto conoscere, in base alla richiesta delle parti, dell'eventuale .cessazione della materia del contendere e non certo quello della nullit� formale del lodo. Tutto ci�, anzi, per altro verso, sta indirettamente a dimostrare come una siffatta pronunzia gi� presupponga la giurisdizione e come, nella specie, la medesima non poteva essere adottata, contrariamente a quanto si sostiene nel terzo motivo, perch� la � parzialit� � del riconoscimento non escludeva il contrasto. Quanto sopra viene rilevato � ad abundantiam �, postoch� il preteso vizio del lodo e della denunziata sentenza, per non aver dichiarata la cessazione della materia del contendere in un rapporto sostanziale di diritto privato, si risolve in un � error in iudicando � sottratto al sindacato di nullit� ed a maggior ragione a quello di legittimit�. In ordine alla terza censura del primo mezzo (lett. c) deve riteners~ inesatta l'affermazione della Amministrazione ricorrente, secondo cui sarebbe apodittico ed immotivato l'accertamento della Corte circa l'il)sussistenza di una regolare contabilit�, che aveva reso impossibile all'impresa di inserire le proprie riserve nel registro di contabilit�. Viceversa, tanto il lodo arbitrale quanto la denunziata sentenza diffusamente motivano sulla dedotta circostanza, rilevando come l'eccezionale urgenza dei lavori, dovuta alle pressioni dell'Amministrazione, ~:: ~ii ~~j ' i:: ~: ~'.'. r:� WV1JillD"IA1lll111A'ifiVA!ffiPl~All�774lilliJiilJld@V~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 753 aveva costretto l'impresa ad inserire le proprie riserve in foglietti volanti, in attesa di poterle trasferire sui libri contabili. Anzi la circostanza che una sola delle tante pot� essere inserita in un registro di contabilit� non doveva essere considerata dimostrativa di una pretesa negligenza dell'impresa, n� valeva ad escludere la situazione di urgenza e di conseguente precariet� amministrativo-contabile, nella quale l'appaltatore fu costretto ad operare durante l'esecuzione dei lavori. Che inoltre le riserve facessero difetto � smentito, in modo evidente, non soltanto dalle stesse implicite ammissioni della Amministrazione, ma soprattutto dall'adozione da parte sua della determinazione amministrativa, con la quale si offriva alla impresa una certa somma a tacitazione delle riserve medesime. La mancanza delle quali, in ogni caso, avrebbe potuto risolversi nella mancanza di un presupposto processuale del giudizio arbitrale, piuttostoch� in un difetto di giurisdizione. Nel secondo motivo del ricorso si oppone l'irregolare notificazione del verbale di costituzione del collegio arbitrale all'Avvocatura generale dello Stato anzich� all'Amministrazione interessata. Ci� importerebbe la mancanza di una valida accettazione degli arbitri. Anche questo mezzo � destituito di fondamento. Si sostiene in contrario (ed � quanto si legge nella denunziata sentenza) l'insussistenza del dedotto vizio a causa del difetto di una qualsiasi norma, che richieda la notificazione alla parte anzich� al difensore, o viceversa, del verbale di accettazione e costituzione del collegio arbitrale. La verit� di codesta constatazione (difetto di previsioni legislative � ad hoc �) non impedirebbe, per�, in astratto, l'insorgenza di una eventuale ragione di inefficacia, qualora si ritenesse che, trattandosi di un atto recettizio, se ne debba dare comunque �comunicazione agli interessati, onde assicurarne l'operativit�. Senonch�, al fine di risolvere il problema, occorre distinguere fra eftfetti sostanziali ed effetti processuali del verbale di accettazione e co stituzione del collegio arbitrale. Sotto il primo profilo -che peraltro concerne soltanto il rap porto nascente fra la parte e l'arbitro -non sorge discussione, poich� gli arbitri designati accettarono ed eseguirono l'incarico loro confe rito e le parti non hanno sollevato questioni specifiche, di natura so stanziale, al riguardo. In difetto di diverse risultanze (ricusazioni, sostituzioni, contestazioni ecc. di taluno o di tutti gli arbitri) ben pu� ritenersi chiuso e concluso detto rapporto senza alcun particolare riflesso sullo svolgimento della procedura arbitrale. 754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sotto il secondo profilo (quello processuale) acquista determinante rilievo l'osservanza del fondamentale principio del contraddittorio, al fine di consentire alle parti una completa loro difesa. Soddisfa adeguatamente a questa essenziale esigenza di difesa e di � parcondicio � delle parti nel processo la notificazione del verbale di costituzione del collegio arbitrale al difensore, onde metterlo nelle condizioni di esercitare il proprio compito di assistenza e rappresentanza in giudizio. Questa censura, che si risolve in un motivo meramente formalistico, appare quindi del tutto inconsistente e non merita accoglimento. Sulla infondatezza del terzo mezzo, circa un preteso obbligo del giudice di dichiarare la cessazione della materia del contendere, gi� s'� parlato a proposito della seconda censura del primo mezzo. Non occorre qui aggiungere altre considerazioni. Nel quarto motivo si afferma, in contrasto con il contenuto della denunziata sentenza al riguardo, la sussistenza dell'interesse da parte dell'Amministrazione ad eccepire l'irregolarit� della acquisizione della relazione Baldi, in quanto la stessa avrebbe riguardato tutto l'appalto. � opportuno anzitutto osservare come l'affermazione, secondo cui la predetta relazione avrebbe investito l'appalto nella sua totalit�, non soltanto non � dimostrata e soprattutto non � stata adeguatamente specificata, restando allo stato di generica asserzione, ma non investe il punto fondamentale, che avrebbe reso rilevante, in ipotesi, il vizio lamentato. Infatti, anche ammesso che detta relazione tecnica riguardi il rapporto nella sua interezza, ci� non di meno la pretesa irregolarit� della sua acquisizione al processo dovrebbe considerarsi irrilevante, se, come nella specie � avvenuto, essa non abbia esercitato alcuna influenza ai fini della decisione. L'unica domanda fondata sulla relazione Baldi, per come concordemente riconoscono il lodo e la denunziata sentenza, senza contrasto delle parti, � quella contenuta nella riserva n. 21, la quale venne per� abbandonata e non costitu� oggetto di decisione. L'amministrazione ricorrente non � stata in grado di indicare, con sufficiente specificit�, su quali altre statuizioni avrebbe inciso la relazione di cui sopra. Ove a questo significativo silenzio si aggiunga il rilievo secondo cui nella diffusa motivazione del lodo non si accenna all'elaborato predetto, ai fini decisori, devesi concludere come questo quarto mezzo si risolva in una censura del tutto vaga e inconsistente. Nel quinto motivo� infine si sostiene l'errore della Corte di merito di aver ritenuto che dal divieto di appello e di ricorso per cassazione contro la sentenza arbitrale derivasse l'impossibilit� di denunziare errori di diritto. f.: ':; rflmK&iillWJfffiflfl&rrm1rwrnrs11mrtwrt&~w�r&frfmffxJrife&?0llimrmillft&irmrmw&af:S'CftfitrKJrd PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 755 Infatti l'art. 59 r.d. 17 marzo 1932, n. 366, che prevede il divieto di cui sopra, sarebbe in contrasto con l'art. 829, secondo comma, c.p.c., e dovrebbe perci� essere disapplicato. Anche questo mezzo � privo di fondamento e si trova in contrasto con la giurisprudenza di questa Suprema Corte (sent. n. 372 del 1966, n. 1298 del 1965 e n. 599 del 1958). Occorre anzitutto osservare che il divieto di impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto cio� per � errores in iudicando > venne espressamente previsto nel capitolato d'appalto all'art. 14, realizzando co_si la deroga convenzionale, espressamente prevista nel secondo comma dell'art. 829, alla impugnabilit� del. lodo stesso per violazione delle regole di diritto' sostanziale. Basterebbe questo rilievo per svuotare di contenuto la censura, una volta riconosciuto che la trasfusione del contenuto di una norma in una clausola contrattuale liberamente accettata dal contraente privato d� luogo ad un vincolo negoziale. In ogni caso non si verifica il ventilato contrasto fra le du� disposizioni -pacifico essendo che la pi� antica venne prevista non gi� per sottrarre il lodo all'impugnazione per nullit� derivante da � errores in procedendo�, ma all'impugnazione per ragioni di diritto sostanziale poich� l'art. 829, II comma, trova applicazione in linea di principio appunto quando manchino speciali disposizioni o convenzioni, la cui efficacia � fatta salva proprio dalla norma generale del predetto comma dell'art. 829 del codice di rito civile. Questa disposizione derogativa, nella specie, esiste ed � quella di cui all'art. 59 r.d. 366 del 1932, della quale non si pu� dunque affermare l'abrogazione implicita, non vertendosi in una ipotesi di incompatibilit� fra le due norme emanate in tempi diversi. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 luglio 1969, n. 2449 -Pres. Tavolaro -Est. Aiiotta -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Cavalli) c. Societ� Ferrocemento Costruzioni e lavori pubblici (avv. Giordano G.). Appalto -Appalto di opera pubblica -Riserve dell'appaltatore -Reiezione dell'Amministrazione -Domanda di arbitrato -Previo collaudo dell'opera -Presupposto necessario per l'instaurazione del rapporto processuale -Esclusione -Presupposto processuale di esperibilit� dell'arbitrato, sopraggiungibile nel corso del processo -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 91 e segg.; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1036, art. 44). Negli appalti disciplinati dal Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 il collaudo dell'opera costituisce presup 756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posto processuale che condiziona l'esperibilit� dell'arbitrato (o deU'azione innanzi al G.0.), ma non addirittura la costituzione del rappoll"to processuale, per modo che il giudice debba d'ufficio rilevarne la mancanza, essendo rimesso alla parte interessata soltanto di chiedere che non si proceda: ne consegue che, a differenza di quanto s,i verifica per i presupposti processuali in senso stretto, se esso intervenga nel corso del pll"ocesso e pll"ima dell'emanazione della decisione, la domanda diventa proponibile (1). (Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Ministero dei lavori pubblici, denunziando la violazione degli artt. 820, n. 4, 360, nn. 1 e 2, e 5 c.p.c., in relazione all'art. 44 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1036, che ha approvato il Capitolato generale di appalto per le opere di competenza dello stesso Ministero, sostiene che la domanda di arbitrato era improponibile, in quanto, all'atto della notificazione della stessa, non era ancora intervenuto il collaudo, il quale, avendo natura di presup-] posto processuale, doveva sussistere al momento della proposizione fil della domanda; n� aveva quindi rilevanza il fatto che il collaudo era I intervenuto nel corso del giudizio �arbitrale, prima della emanazione m del lodo. rn Il ricorso � infondato. Infatti, pur essendo sostanzialmente esatto, secondo q'Q.anto ritenuto nella giurisprudenza di questa Corte (sentenze 12 ottobre 1968, n. 3232 e 22 dicembre 1964, n. 2968), che la preventiva effettuazione del collaudo, ai sensi dell'art. 44 del Capitolato generale per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici, approvato con d.P.R. 16 luglio 19'62, n. 1063, costituisce un presupposto processuale che condiziona l'esperibilit� dell'arbitrato, tuttavia la mancanza di questo elemento non determina in ogni caso � ipso m iw (1) Contra v. Cass., 22 dicembre 1964, n. 2968, in questa Rassegna, I 1965, I, 222, nonch� note di GARGIULO, in questa Rassegna, 1966, I, 1135, @ e di DEL GRECO, id., 1967, I, 173. Tuttavia gi� con sentenza 12 ottobre 1968, @ n. 3232 (in questa Rassegna, 1968, I, 848) le Sez. Un. della Corte di Cas-r=; saziane hanno ritenuto che il divieto di adire il giudice prima del collaudo I � concreti una fattispecie normativa di semplice improponibilit� dell'azione, I} come tale estranea al tema della giurisdizione�, se pur sempre appart.enente all'orbita dei presupposti del processo, siccome analoga all'ipotesi d prevista dall'art. 460 c.p.c. per le controversie in materia di previdenza f.; e assistenza obbligatorie. In quella sentenza, la Corte di Cassazione parla f/ di � presupposto che condiziona l'esperimento dell'azione ~, cosi come, in jj:j: altre pronunce, a proposito dell'art. 460 c.p.c., parla di � presupposto pro-V cessuale dell'azione�, anche questa volta distinto dalla giurisdizione (Cass., ~)j 10 febbraio 1968, n. 431, Giur. it., Mass., 1968, 145, sub b); v. anche Cass., v 19 luglio 1968, n. 2602, -ivi, 939; 23 luglio 1966, n. 2022, Giust. civ., Mass., 1 1966, 1157, ove ulteriod eitrudoni di gi=;,prude=� e dottrina). Ma, a P'OI PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 757 iure � l'improponibilit� della domanda. Occorre in proposito considerare che, secondo un'autorevole corrente dottrinale, alla quale questa Corte ritiene di aderire, tra i presupposti processuali ve ne sono alcuni per i quali � stata pi� propriamente adottata la denominazione di e eccezioni processuali �, che non costituiscono condizione necessaria per l'instaurazione del rapporto processuale, per modo che il giudice debba d'ufficio rilevarne la mancanza, essendo rimesso alla parte interessata soltanto di chiedere che non si proceda. Orbene, se il rapporto processuale pu� egualmente sussistere anche se manchi uno di tali elementi che legittimano l'eccezione processuale, deve ritenersi che, a differenza di quanto si verifica per i presupposti processuali in senso stretto, se questo interv�nga, nel corso del processo e prima dell'emanazione della decisione, la domanda diventa proponibile. In tale categoria rientra l'eccezione di improponibilit� della domanda arbitrale in quanto intempestivamente proposta prima del collaudo. Il che si desume dal fatto che tale presupposto non ha carattere assoluto ed inderogabile, essendo previste numerose eccezioni che ne attenuano notevolmente la portata. Infatti il citato art. 44, dopo aver stabilito in via generale nel primo comma che la domanda di arbitrato deve essere proposta dopo l'approvazione del collaudo, nel successivo comma fa espressa eccezione a tale principio: (lett. b) per le controversie la cui natura e rilevanza economica, ad avviso di una delle parti, non consenta che la loro risoluzione sia differita; (lett. c) per le controversie di cui ai precedenti artt. 13 e 35 ultimo comma, relative le prime alla determinazione di un equo compenso per variazioni regolarmente ordinate, nel caso di notevole pregiudizio per l'appaltatore, le seconde al ritardo nel pagamento degli acconti. Ed � particolarmente posito della fattispecie regolata dall'art. 460 c.p.c., la Suprema Corte regolatrice appare maggiormente conseguente rispetto alla premessa, poich� avverte che l'inesistenza del presupposto processuale � dev'essere accertata d'ufficio dal giudice, ,con riguardo al momento, in cui � stata presentata la domanda � (Cass., 18 maggio 1966, n. 1268, Giur. it., Mass., 1966, 563; 22 aprile 1965, n. 710, ivi, 1965, 250). Questa �, infatti, la regola iper i presupposti processuali (cfr. ZANZUCCHI, Dir. proc. civ., I, Milano, 1955, 61 e 71 e segg.), mentre nessuna norma, e tanto meno l'art. 44 Cap. gen. 1962, stabilisce, viceversa, che, pel caso di cui qui si tratta, il Giudice debba controllare ia regolarit� delia costituzione del rapporto processuale, al fine di stabilire se abbia il potere-dovere di esaminare il merito della domanda, solo qualora il vizio sia stato ec�epito dalla parte interessata e, per di pi�, possa ' valutare tale regolarit� con riferimento ad un momento diverso da quello della costituzione del rapporto (� noto, poi, che � la proposizione della domanda l'atto costitutivo del rapporto processuale, mentre la mancanza degli altri presupposti non impedisce tale costituzione, ma solo la regolarit� del processo, ossia preclude al Giudice l'esame del merito della domanda: LIEBMAN, Corso di diritto processuale civite, Milano, 1952, 37). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indicativo il fatto che, a norma dell'ultimo comma, � rimesso agli stessi arbitri di decidere se le controversie per le quali si domanda il loro giudizio in base alla lett. b) siano effettivamente tali da dover essere risolte immediatamente o debbano invece essere rimandate a dopo l'approvazione del collaudo. Ma l'argomento decisivo pi� importante � costituito dalla disposizione contenuta nella lettera a) del secondo comma, in base alla quale in qualsiasi ipotesi � sufficiente il semplice accordo delle� parti a rendere proponibile l'arbitrato anche prima del collaudo. Ed ulteriore conferma della esattezza della opinione accolta si ha nella � ratio � cui la norma � ispirata, che � di evitare l'insorgere di contestazioni che potrebbero essere superate o semplificate a seguito dell'intervento del collaudo in conseguenza delle determinazioni di carattere tecnico o giuridico espresse in tale sede; donde l'interesse dell'Amministrazione a protrarre la costituzione del collegio arbitrale a data posteriore all'effettuazione del collaudo. Finalit� questa che si realizza egualmente anche quando il collaudo interviene nel corso del giudizio arbitrale; per cui sarebbe contrario ad ogni principio di economia processuale l'instaurazione di un nuovo giudizio arbitrale, quando ve ne � uno gi� in corso, sia pure intempestivamente instaurato quando ancora non era intervenuto il collaudo. Pertanto il ricorso va rigettato. In quanto alle spese del giudizio di cassazione si ritiene opportuno, data la delicatezza e novit� della questione, di compensarle (artt. 385 e 92 c.p.c.). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1969, n. 2611 -Pres. Favara -Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Terranova) c. Impresa P. Cidonio (avv. Lavag �gi). Appalto -Appalto di opera pubblica -Appalto concorso -Aggiudicazione -Annullamento -Equivale all'annullamento del contratto. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 4, 16; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, articoli 40, 91). A seguito deii'annullamento da parte del giudice amministrativo degli atti della gara concernente un appalto-concorso e, quindi, della relativa aggiudicazione, deve ritenersi che venga meno lo stesso rapporto contrattuale, valendo il principio che il verbale di aggiudicazione non � un atto meramente preparatorio della successiva contrattazione, ma, come atto conclusivo della gara (che aocerta l'offerta pi� vantag PARTE I, SEZ. VI, GlURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 759 giosa e dichiara la volont� dell'Amministrazione di accettarla), ha ad ogni effetto giuridico valore di contratto (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo proposto col ricorso principale l'Amministrazione finanziaria, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 14, n. 2, della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, nonch� dei principi generali concernenti l'attivit� contrattuale della P. A. e gli effetti delle decisioni del Consiglio di Stato, si duole che la Corte di Roma abbia ritenuto che l'annullamento dell'aggiudicazione dell'appalto-concorso integrasse un'ipotesi di nullit� radicale del contratto di appalto e giustificasse, di conseguenza, la richiesta di restituzione, da parte dell'appaltatore, dell'imposta di registro scontata sul contratto d'appalto come sopra annullato. A sostegno della censura proposta, ed a dimostrazione della inapplicabilit�, nella specie, della norma del citato art. 14, n. 2, deUa legge di registro, che eccezionalmente ammette la restituzione dell'imposta, quando sia intervenuta tra le parti una sentenza che accerti la nullit� del negozio per un � vizio radicale � che non sia riconducibile alla volont� delle parti, essa ricorrente, sul rilievo che la decisione del Consiglio di Stato non ha inciso � direttamente � sul contratto d'appalto del 18 giugno 1960, in quanto si � limitata a dichiarare l'illegittimit� della delibera con cui la competente Commissione aveva proceduto alla valutazione dei progetti presentati dalle ditte concorrenti alla gara, osserva, in particolare, che il vincolo contrattuale � rimasto valido ed operante, fino a quando, in data 2 maggio 1961, non � stato annullato, in via del tutto �utonoma, anche se in conseguenza della precedente declaratoria del Consiglio di Stato, il decreto n. 3336, con cui il Ministero dei lavori pubblici aveva, il 25 luglio 1960, approvato il suddetto contratto d'appalto. (1) La sentenza in rassegna si limita a far riferimento alla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, che, sul testuale fondamento dell'art. 16, comma quarto, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sottolinea � l'effettivo valore negoziale che l'atto di aggiudicazione assume di regola nella stipulazione dei contratti conclusi con la P. A. col sistema del pubblico incanto o della licitazione privata � (v., in proposito, Cass., Sez. Un., 30 marzo 1968, n. 975, Giur. it., Mass., 1968, 335, sub C; Cass., 3 febbraio 1968, n. 349, ivi, 118, sub a, nonch� 30 gennaio 1964, n. 263, in questa Rassegna, 1964, I, 489, con nota di CARUSI), ritenendo, perci�, implicitamente, che l'appalto concorso costituisca una forma speciale di licitazione privata e prescindendo dall'approfondire la portata dell'art. 91 r.d. 23 maggio 1924, n. 827, che, in effetti, costitui,sce l'Amministrazione libera di adottare le forme che ritiene pi� idonee (per l'autonomia della figura, v., invece, RoEHRSSEN, I contratti della Pubblica Amministrazione, Bologna, 1961, 248 e segg.). La stessa sentenza in rassegna avverte anche che, quando vi sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nega, pertanto, che la dichiarazione di illegittimit� del procedimento amministrativo seguito per la scelta del contraente privato comporti di per s�, automaticamente, l'inesistenza giuridica del contratto d'appalto stipulato in esito a tale procedimento; ed aggiunge che in ogni caso -anche a voler ammettere che l'illegittimit� dell'atto amministrativo impugnato davanti al Consiglio di Stato fosse da riconoscere anche al contratto (negozio di diritto privato) stipulato successivamente -avrebbe dovuto la Corte di Roma escludere che nella specie ricorresse, agli effetti del citato art. 14, n. 2, della legge di registro, l'ipotesi del e vizio radicale indipendente dalla volont� o dal consenso delle parti � e dare viceversa atto che la disapplicazione delle norme disciplinanti il procedimento dell'appalto-concorso era da imputare all'Impresa Cidonio, la quale � aveva posto in essere in modo viziato lo strumento � richiesto per la concreta identificazione del soggetto privato con cui l'Amministrazione avrebbe dovuto stipulare successivamente il contratto. L'esposta censura non ha per� fondamento giuridico. Tralasciando, per la sua manifesta inconsistenza, l'ultimo rilievo, non potendosi ovviamente ricondurre alla volont� delle parti contraenti -(e tanto meno, poi, a quella del contraente privato, come la ricorrente pretenderebbe fare) -l'errore in cui l'A. P. incorre, allorch�, in conseguenza della mancata osservanza delle norme che ne disciplinano l'attivit� contrattuale (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato e relativo Regolamento 23 maggio 1924, n. 827, con le successive modifiche), dichiara aggiudicatario dell'appalto-concorso un soggetto diverso da quello cui tale qualifica sarebbe obiettivamente spettata, inaccettabile appare invero la tesi dell'Amministrazione finanziaria ricorrente, solo che si tenga nella dovuta .considerazione l'effettivo valore negoziale che l'atto di aggiudicazione assume di regola nella stipula la predetta, legale equipollenza, la successiva stipulazione del contratto � rappresenta una mera formalit� non avente per la sua stessa intrinseca natura alcuna influenza sul vincolo contrattuale gi� in precedenza validamente costituitosi co~ verbale di aggiudicazione�. Deve, peraltro, avvertirsi che talvolta la stipulazione formale del contratto � resa necessaria per introdurre clausole accessorie, che non risultano dal Capitolato (cfr. art. 88 Reg. cont. gen. Stato r.d. n. 827 del 1924; si pensi ad esempio ai casi di esonero dal versamento della cauzione definitiva, verso miglioramento del prezzo di aggiudicazione, di cui al d.P.R. 29 luglio 1948, n. 1309. Anche come mero fenomeno riproduttivo la stipulazione del contratto pu� essere, comunque, imposta dal Capitolato generale (v. art. 4, comma primo, d.P.R. n. 1063 del 1962) ed assumere una propria rilevanza a determinati effetti (ad es. al fine della decorrenza del termine di cui all'art. 4, comma secondo, d.P.R. n. 1063 del 1962 cit.). i::: r ~ . J PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 761 zione dei contratti conclusi con la P. A. col sistema del pubblico incanto o della licitazione privata. Come � stato pi� volte, e ancora di recente, rilevato da questa Suprema Corte, in detti contratti il verbale di aggiudicazione non �, infatti, un atto meramente preparatorio della successiva negoziazione, ma � l'atto conclusivo dell'intero procedimento di gara, cui, in vista del suo duplice contenuto, di accertamento costitutivo dell'offerta pi� vantaggiosa e, al tempo stesso, di dichiarazione mediante la quale la P. A. manifesta la propria volont� di costituire, aderendo all'offerta fattale, quel determinato vincolo giuridico, la legge (art. 16, comma 4, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) espressamente attribuisce ad ogni effetto giuridico valore di contratto. N� a diverso avviso pu� indurre il fatto che in taluni casi sia prevista una successiva stipulazione formale del contratto, .giacch� in effetti tale eventuale stipulazione rappresenta una mera formalit�, non avente, per la sua stessa intrinseca natura, alcuna influenza sul vincolo contrattuale gi� in precedenza validamente costituitosi col verbale .di aggiudicazione. (Cass., Sez. Un., 30 marzo 1968, n. 975 e 2 aprile 1965, n. 576, nonch� Cass. 3 febbraio 1968, n. 349 e 9 ottobre 1956, n. 3421). Che il giudice amministrativo, in accoglimento del ricorso presentato da un'impresa concorrente, non abbia espressamente dichiarato la nullit� del contratto d'appalto del 18 giugno 1960 cui si riferisce l'imposta di registro della cui. restituzione ora si controverte, ma si sia limitato soltanto ad annullare gli atti della gara e la seguitane aggiudicazione dell'appalto all'Impresa resistente, non vale pertanto a fare ritenere che, nella specie, non ricorresse l'ipotesi normativa prevista nel n. 2 dell'art. 14 della legge di registro e che abbia, di conseguenza, errato la Corte di merito nell'ordinare la restituzione dell'imposta di registro nonostante che questa fosse stata a suo tempo pagata dall'Impresa aggiudicataria per un contratto rispetto al quale era mancata un'espressa dichiarazione di � nullit� radicale � inducente la nullit� dell'atto fin dalla sua origine indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti. In effetti, invero, con l'annullamento degli atti della gara � stato annullato l'intero rapporto negoziale che aveva in questi il suo indispensabile presupposto giuridico; con la conseguenza che, venuta meno l'aggiudicazione, per avere il giudice amministrativo accertato in uno dei due soggetti stipulati la mancanza della titolarit� dei diritti e delle obbligazioni inerenti al contratto che aveva formato oggetto della gara esperita,. � venuto irrimediabilmente meno altresi il vincolo contrattuale da tale aggiudicazione derivante, altro non essendo stata la successiva stipulazione del 18 giugno 1960 che una formalit� di carattere meramente esecutivo, dalla quale non era sorto per le parti contraenti, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in ordine al gi� costituito rapporto negoziale, alcun diritto nuovo ed alcuna nuova obbligazione. N� vale opporre che nessun nesso di conseguenzialit� giuridica sussisterebbe tra la declaratoria di nullit� emessa dal giudice amministrativo e la caducazione del contratto d'appalto del 18 giugno 1960, in quanto quest'ultima sarebbe derivata non gi� dalla sentenza del Consiglio di Stato, ma dal decreto n. 1897 con cui il Ministero dei lavori pubblici aveva, in data 2 maggio 1961, provveduto ad annullare sia l'aggiudicazione di cui alla ministeriale dell'8 marzo 1960, sia, al tempo stesso, il successivo decreto n. 3336 del 25 luglio 1960, col quale era stato approvato detto contratto. In effetti, invero, il decreto ministeriale n. 1897 del 2 maggio 1961 si � limitato ad adeguarsi ed a dare esecuzione concreta alla pronuncia di annullamento emessa dal giudice amministrativo, all'uopo provvedendo, stante l'efficacia retroattiva della pronuncia stessa, a ripristinare la situazione giuridica preesistente alla gara ed all'aggiudicazione ed a togliere perci� di mezzo anche quel contratto del 18 giugno 1960, che, in quanto affetto da un vizio radicale inerente al suo processo formativo e non dipendente dalla volont� o dal consenso delle parti -(tale essendo quello costituito dall'essere un atto in contrasto con una norma imperativa: Cass., 13 aprile 1964, n. 867) -era fin dall'origine da considerare a tutti gli effetti -compresi quelli espressamente preveduti dal citato art. 14, n. 2, della legge di registro -come giuridicamente inesistente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 luglio 1969, n. 2766 -Pres. Malfitano -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Societ� Manifatture Cotoniere Meridionali (avv. Miletto) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Castiglione-Morelli). Amministrazione dello Stato e dipendenti pubblici -Contabilit� generale dello Stato -Contratti dello Stato -Posizione di subordinazione del privato contrattante e contraente con la P. A. -Sussiste. Condizioni generali di oneri -Natura ed efficacia di norme regolamentari -Sussiste. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 7, 88; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 45). Leggi e regolamenti -Potest� regolamentare della P. A. -Regolamenti ministeriali autorizzati da singole leggi -Ammissibilit� nel vigente ordinamento -Sussiste. (Cost., art. 87, comma quinto). Contratti pubblici -Contratti di fornitura stipulati dall'Amministrazione militare -Condizioni generali approvate con d. m. 20 giugno 1930 -Natura ed efficacia di norme regolamentari -Sussiste. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MA'fERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 763 Contratti pubblici -Clausole contrattuali predisposte dalla P. A. Inapplicabilit� dell art. 1341 c. c. -Sussiste. Obbligazioni e contratti -Contratto per adesione e contratto� per relationem perfectum� -Nozioni e differenze -Inapplicabilit� al concontratto �per relationem perfectum� dell'art. 1341, cpv., c. c. Sussiste -Fattispecie. (e.e., art. 1341), Prescrizione -Prescrizione e decadenza -Criterio distintivo. (e.e., artt. 2934 e segg., 2964 e segg.), Contratti pubblici -Contratti di fornitura stipulati dall'Amministrazione militare -Ricorso in via amministrativa ed azione giudiziaria del fornitore per la restituzione di penali � inflitte in dipendenza dei patti contrattuali� -Termini di esperimento previsti dall'art. 83 d. m. 20 giugno 1930 -Carattere di termini di decadenza -Sussiste. Contratti pubblici -Comminatoria di penali -Improponibilit� nei confronti della P. A. dell'azione giudiziaria per la riduzione ad equit� delle penali, ai sensi dell'art. 1384 c. c. -Sussiste. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, aH. E, artt. 4 e 5). Il privato che ;entri con la P. A. nei particolari rapporti disciplinati dai Capitolati generali di oneri trovasi in uno stato di subordinazione, a cui fa riscontro la natura regolamentare di quelle norme, la vincolativit� dell~ quali � indipendente dalla circostanza che siano confermate dal contratto (1). (1) Nei confronti dello Stato il privato contraente �� in un rapporto di subordinazione�: Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537; pi� di recente, v. Cass., 22 giugno 1967, n. 1486, ivi, 1967, 573, sub a). I riflessi della natura pubblica del soggetto sull'attivit� contrattuale da esso esplicato per la realizzazione dei suoi fini � si riscontrano oltre che nel processo formativo della volont� dello stesso soggetto, nelle forme... � altres� � nell'attribuzione alla medesima Amministrazione di paritcolari poteri e facolt� e nella imposizione al predetto contraente di obblighi e limitazioni ignote al diritto privato �: Cass., 30 ottobre 1954, n. 4190, Foro pad., 1955, I, 1023. Il principio che le disposizioni contenute nei Capitolati generali per le opere pubbliche dello Stato � hanno natura regolamentare e l'imperativit� esterna che � propria delle norme di diritto obiettivo� trovasi affermata, anche di recente, nella sentenza 17 marzo 1969, n. 857, in questa Rassegna, 1969, I, 348, in part. 350, nella motivazione (per applicazione alla clausola compromissoria v. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, 971 e seg., nella motivazione). Appare quasi superfluo segnalare l'importanza .dell'insegnamento della Corte di Cassazione, sopra nominato, dal quale si trae riconoscimento dell'irriducibilit� dell'appalto di opera pubblica, ad un mero contratto privatistico, dato che ad esso � connaturata la caratteristica della soggezione dell'appaltatore 764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Accanto ai regolamenti governativi di carattere tipico deve ammettersi, nel vigente ordinamento, la possibilit� che singole leggi autorizzino l'emanazione di regolamenti ministeriali (2). Le Condizioni generali di oneri per le fornivure all'Amministrazione militare app1�ovate con d.m. 20 giugno 1930 hanno natura ed efficacia di norme regolamentari (3). L'art. 1341 e.e. � inapplicabile ai contratti della P. A. (4). Mentre nel contratto per adesione lo schema contrattuale viene predisposto da una delle parti prima e al di fuori di ogni trattativa alla potest� regolamentare (sul fondamento della quale nelle leggi di contabilit� generale dello Stato e sui avori pubbici v. CARUSI, Spunti, ecc., in questa Rassegna, 1965, I, 226 e segg.) e ordinatoria della P. A. (per l'aspetto dell'autotutela, �che si traduce in veri e .propri atti amministrativi, v. CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 150 e segg.). (2) � stato, infatti, giustamente osservato che la materia dell'ordinamento delle fonti normative diverse dalle leggi e dagli atti aventi forza di legge deve formare oggetto di una legge di attuazione della Costituzione; ma fino a quando ci� non avvenga � seguitano ad appHcarsi la 1. 31 gennaio 1926, n. 100 -la quale si limita a disciplinare solo alcuni dei regolamenti governativi -le consuetudini formatesi e le norme implicite, in quanto nessuna norma contraria � contenuta nella Costituzione� (cos� GIANNINI M. S., Provvedimenti amministrativi generali e regolamenti ministeriali, Foro it., 1953, III, 21, il quale avverte che il quinto �comma dell'art. 87 della Costituzione, relativo al potere del Presidente della Repubblica di emanare i regolamenti, non ha valore innovativo �ma � una riaffermazione solenne del principio gi� contenuto nella legge del 1926 che i regolamenti esterni se�ondari del potere amministrativo, quando non sia altrimenti disposto, sono emanati dal Presidente della Repubblica �). Sull'argomento v. anche VIGNOCCHI, Il potere regolamentare dei Ministri, Napoli, 1957, 123 e segg., ove ulteriori citazioni, nonch�, in particolare, 131 e segg.; VITTA, Diritto amministrativo, I, Torino, 1949, 73 e seg. (3) Cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giust. civ., Mass., 1963, 740, sub 3 ed ivi ulteriori citazioni. (4) L'insegnamento, che viene spesso formulato a proposito di clausole che trovano gi� autonoma vincolativit�, in quanto recate da norme dei Capitolati generali, di cui viene proclamata la natura regolamentare (v. ad es. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, gi� citata a nota 1), � qui ricondotto al fenomeno della concreta contrattazione in s� della P. A. c�n i terzi e riferito alle clausole contrattuali come tali � predisposte dai suoi organi ., '!operato dei quali � si presume ispirato a finalti� d'interesse generale e, perci�, ad imparzialit� e giustizia �: cfr. anche, in tali sensi, Cass., 30 ottobre 1954, n. 4190, Foro it., Mass., 1954, 844; Cons. Stato, Ad. gen., parere 26 luglio 1957, n. 376, in appendice n. 2 a BoNORA, Il contratto d'appalto di lavori pubblici, Frascati, s.d., ma 1960, 386, nonch� in Rassegna LL. PP., 1958, 124 e segg.; v. anche nota, in questa Rassegna, 1965,. I, 228-229; per una diversa dimostrazione delle ragioni giurtdiche e pratiche della inapplicabilit� degli artt. 1341-42 e.e. ai contratti della P.A., v. F01s, La Pubblica Amministrazione e le clausole vessatorie, Foro pacL., 1964, II, 26 e segg., in part. 30. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 765 negoziale e l'altra parte si limita a prestarvi un'adesione forse non del tutto consapevole e adeguatamente deliberata, nel contratto per rela~ tionem perfectum ha luogo una cooperazione delle parti nella scelta del negozio di riferimento e nell'approvazione della clausola che dispone il rinvio, epper� in tale ipotesi il capoverso dell'art. 1341 e.e. non ha ragione di essere applicato (5). Il fondamento logico-giuridico della prescrizione va ritrovato nella . presunzione di abbandono del diritto da parte del titolare che non l'abbia esercitato per un certo tempo, laddove le comminatorie di de,cadenza sono intese alla pronta definizione dei rapporti giuridici fra i loro soggetti (6). L'art. 83 delle Condizioni generali di oneri approvate con d.m. 20 giugno 1930, sia pure con espressioni letterali non appropriate, prevede due termini, entrambi di decadenza, in relazione ai due distinti rimedi (per la restituzione delle penali inflitte ai sensi dei precedenti artt. 69-71) del ricorso in via amministrativa e dell'azione giudiziaria, fra essi coordinati, nel senso che, ove l'interessato proponga il ricorso amministrativo, il termine per l'azione giudiziaria comincia a decorrere dalla data in cui ne sia comunicato il rigetto. Non � viceversa neppure ipotizzata una decadenza anche dall'azione giudiziaria di semplice riduzione delle penali (7). L'azione giudiziaria di riduzione della penale prevista dall'articolo 1384 e.e. � improponibile nei confronti della P. A., poich� nell'uso del potere equitativo conferitogli da quella norma il giudice deve aver riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento ed una simile indagine non � ammissibile, qua~do il contratto sia posto in essere dalla P. A., per l'attuazione dei suoi fini di pubblico interesse, in conformit� a norme regolamentari, risolvendosi in un sindacato di merito del Capitolato generale ed in una valutazione dell'uso del potere discrezionale degli organi della P. A., vietati dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (8). (Omissis). -All'esposizione ed all'esame delle varie censure che la societ� ricorrente formula contro l'impugnata sentenza, � opportuno premettere che l'art. 83 delle � Condizioni generali d'oneri ., appro (5) Cfr. Cass., 27 luglio 1957, n. 3167, Giust. civ., Mass. 1957, I, 2097 e segg., sub 5 e 6; v. anche Cass., 22 giugno 1967, n. 1486, Giur. it., Mass., 1967, 573, sub b). (6) Conf. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568 cit., Giust. civ., Mass., 1963, 740, sub 2. (7) Per la legittimit� della fissazione di termini di decadenza con determinazione pattizia o normativa (regolamentare), v. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, cit. a note 3 e 6. (8) Per l'importanza e significativit� della massima, v. considerazioni a nota 1. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLo'�sTATO vate con d.m. 20 giugno 1930, in relazione al disposto dell'art. 7 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sulla contabilit� generale dello Stato, dispone testualmente: � per patto espresso e liberamente .convenuto tra le parti, qualsiasi azione, diritto e ragione per restituzione di multe inflitte in dipendenza dei patti contrattuali o per pagamento di interessi, che fossero dovuti a termini del paragrafo precedente, si intendono prescritti ed estinti, tanto in via amministrativa quanto in via giudiziaria, nel termine di sei mesi dalla data di ammissione a pagamento del mandato di saldo, o da quella in cui l'amministrazione respinse il ricorso che il fornitore avesse presentato �. Contro la pronuncia di rigetto delle domande, che il giudice di merito ha emesso in applicazione del riportato articolo, la ricorrente ha dedotto le seguenti censure: A) La Corte di merito ha ritenuto inapplicabile nella specie il capovero dell'art. 1341 e.e. sia perch� le disposizioni contenute nelle condizioni generali d'oneri dello Stato hanno carattere di norme regolamentari di organizzazione, sia perch�, anche indipendentemente da codesto carattere, quel capoverso, dettato a tutela del contraente pi� debole, non ha ragione di essere applicato, quando l'altro contraente sia la P. A., il cui operato � assistito da una presunzione di legittimit�. Ma n� l'uno n� l'altro argomento hanno giuridica consistenza. Difatti i regolamenti debbono essere approvati con decreto del Capo dello Stato; le materie di diritto privato sono sottratte alla potest� regolamentare; la stessa P. A. pu� derogare ai capitolati d'oneri; e non mancano norme di legge (v. art. 99 del r.d. n. 827 del 1924) dove le norme regolamentari ed i capitolati generali d'oneri vengono distintamente menzionati (cosi nel secondo motivo, con il quale si denunzia la violazione degli artt. 1 legge 31 gennaio 1926, n. 100, 3 delle Preleggi, 7 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 45, 99, 107, 108 e 109 r.d. 23 maggio 1924, n. 827). N� la � ratio � del capoverso dell'art. 1341 e.e. � quella indicata dalla Corte di merito, bensi quella di assicurare la consapevole formazione della volont� negoziale (cosi nel terzo motivo, con il quale si denuncia la violazione dell'art. 1341, cpv., e.e.). B) Quale che sia, regolamentare o contrattuale, il carattere delle disposizioni contenute nell'art. 83, sta di fatto che le espressioni in esse adoperate -� per patto espresso e liberamente convenuto tra le parti � -altro senso non possono avere se non quello che la efficacia vincolante delle dette disposizioni � subordinata all'integrale trasfusione di esse nel testo del singolo contratto. Cosi nel primo motivo, dove, con riferimento alle due cennate ipotesi, si denuncia la violazione del medesimo art. 83, ovvero la violazione degli artt. 1363 e 1367 e.e. C) L'art. 83 prevede non un termine di decadenza, ma di prescrizione, come tale disposto in violazione dell'art. 2936 e.e. (violazione PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 767 denunciata nel quarto motivo, insieme con quella delle norme sull'interpretazione dei contratti). Ma, anche ammesso che il termine sia di decadenza, la duplicit� degli atti interruttivi, da esso prevista e ritenuta dalla Corte di merito, � in contrasto con le norme degli artt. 2964, 2966 e 2967 e.e., dai quali risulta che unico debba essere il termine ed unico l'atto impeditivo della decadenza (quinto motivo, nel quale si denunzia la violazione dei tre articoli citati). � D) Abbia, o non abbia, l'art. 83 natura di norma regolamentare, �, in ogni caso, erronea l'interpretazione di esso, nel senso che la comminata decadenza riguardi anche la domanda -proposta dalla ricorrente in subordine -di riduzione delle penali a norma dell'art. 1384 e.e. Difatti, l'azione tendente ad ottenere la riduzione delle multe � essenzialmente diversa da quella che si propone per la restituzione delle medesime sul presupposto che siano state indebitamente pagate; l'art. 83 non contiene alcun accenno -n� potrebbe, dal momento che l'art. 1384 non aveva corrispondente nel codice del 1865, nel cui vigore esso art. 83 fu dettato -all'azione con la quale si chiede la riduzione delle penali; n�, essendo l'art. 83 norma eccezionale, � suscettibile di estensione analogica (motivo dove si denunzia la violazione delle norme sulla interpretazione della legge, o di quelle sull'interpretazione dei contratti). Inoltre, n� i regolamenti n� i contratti possono contenere norme contrarie a disposizioni di legge, che abbiano, come l'art. 1384 e.e., carattere d'inderogabilit� (settimo motivo, con il quale si denunzia la violazione dell'art. 4 delle preleggi, ovvero dell'art. 1418, 1� comma, codice civile). Le esposte censure sono infondate. Pi� volte questa Suprema Corte ha affermato che le disposizioni contenute nelle condizioni generali d'oneri dello Stato hanno natura �d efficacia di norme regolamentari, sempre che si tratti di contratti interessanti l'amministrazione statale, nei cui confronti il privato contraente � in una posizione di subordinazione, che giustifica la sua sottoposizione alla potest� regolamentare; ed in tali termini e con preciso riferimento alle condizioni generali d'oneri approvate con il d.m. 20 giugno 1930, l'affermazione � ripetuta nella sentenza 12 giugno 1963, n. 1568. Contro di essa non valgono le argomentazioni ed i riferimenti della ricorrente, i quali riguardano le procedure di formazione, emanazione e pubblicazione dei regolamenti governativi di carattere tipico, laddove tutt'altro che rari sono, nel vigente ordinamento, i casi in cui singole leggi prevedono la possibilit� che disposizioni regolamentari vengano adottate con decreti ministeriali, e, per ci� che attiene ai capitolati d'oneri, l'art. 45 del r.d.l. 23 maggio 1924, n. 827 stabilisce che essi, per ogni genere di contratti, sono approvati da ciascun ministro. E codesto r.d.l., contenente norme per l'esecuzione del d. legisla12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tivo 18 novembre 1923, n. 2440, sulla amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato, risulta emanato in conformit� di esso, che, nel suo art. 7, prevede_ i capitolati d'oneri, e, nel suo art. 88, conferisce al Governo l'incarico di modificare le norme regolamentari vigenti in materia, con facolt� di emanare ogni altra disposizione di complemento, coordinamento ed attuazione. Inoltre, il citato art. 45, distinguendo fra capitoli generali e capitoli speciali, precisa che quelli contengono le condizioni che possono applicarsi indistintamente ad un determinato genere di lavoro, contratto od appalto, e le norme da eseguirsi per le gare, mentre i capitoli speciali si riferiscono, pi� particolarmente, all'oggetto proprio del contratto, ed aggiunge che i capitoli d'oneri -quelli generali, naturalmente -debbono, fra l'altro, determinare la natura e l'importanza delle garanzie che i concorrenti debbono produrre per essere ammessi agli incanti. Non si vede, perci�, come possa sostenersi che l'efficacia obbligatoria dei capitolati generali d'oneri discenda, per il privato, soltanto dal vincolo contrattuale che egli stringe con la P. A., quando essi contengono delle norme delle quali � immediato destinatario e che gli creano degli obblighi anche prima ed indipendentemente dalla stipulazione 'del contratto e solo per essere ammesso a contrattare. � chiaro che l'efficacia di simili norme e, conseguentemente, delle altre, che vengono confermate dal contratto, ma sono logicamente anteriori ad esso perch� condizionano la possibilit� stessa di stipularlo, non pu� che dipendere dallo stato di subordinazione in cui egli viene a porsi, allorch� entri con la P. A. nei particolari rapporti disciplinati dai capitolati generali d'oneri. La contrapposizione, fatta dalla ricorrente, fra l'esigenza della tutela del contraente pi� debole e l'altra di assicurare la consapevolezza del consenso nei contratti per adesione, indicando in questa, con esclusione di quella, la �ratio � del capv. dell'art. 1341, non ha consistenza. Difatti, l'unico modo attraverso il quale questa norma appresta una tutela al contraente pi� debole � precisamente quello di metterlo in grado di contrattare con libera e consapevole determinazione, preservandolo dal pericolo di dover subire clausole vessatorie, dirette a sorprendere la sua buona fede, o, , comunque, da lui non perfettamente conosciute. E tale peri�olo non � ipotizzabile allorch� le clausole contrattuali siano state predisposte dagli organi della P. A., il cui operato si presume ispirato a finalit� d'interesse generale e, perci�, ad imparzialit� e giustizia. Oltre a ci�, la sentenza impugnata, pur enunciandole ad altro proposito -cio� nella confutazione della tesi riproposta in questa sede nei termini ricordati sotto la lettera B) -pone le premesse dell'inapplicabilit� del capoverso dell'art. 1341 anche indipendentemente dalle ragioni ostative fin qui esposte. L'impugnata sentenza osserva, difatti, che l'esigenza della libera ed espressa manifestazione di volont�, di. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 769 cui nel testo dell'art. 83, � soddisfatta dal libero assenso, espresso dal richiamo recettizio, in sede contrattuale, alle Condizioni generali d'oneri, e, quindi, anche al loro art. 83. All'uopo la sentenza precisa che, nella specie, si � fatto richiamo, nei singoli contratti, a tutte le norme delle dette Condizioni, con la dichiarazione esplicita di piena conoscenza di esse e della relativa accettazione da parte della societ�: sicch� tali contratti sono da ritenersi come specificamente comprendenti, per comune consenso dei contraenti, anche la clausola sui limiti dell'azione di cui nell'art. 83. � chiaro che, cos� motivando, la Corte del merito ha dimostrato che, nella specie, non ricorre l'ipotesi del contratto per adesione, bens� quella del contratto � per relationem perfectum ., alla quale il capoverso dell'art. 1341 non ha ragione di essere applicato. Invero -come questa Suprema Corte ha altra volta affermato (v. sent. 27 luglio 1957, n. 3167) -nel contratto �per relationem perfectum � ha luogo una cooperazione delle parti nella scelta del negozio di riferimento e nell'approvazione della clausola che dispone il rinvio, ossia una manifestazione di volont� di entrambe le parti e non una mera adesione, forse non del tutto consapevole ed adeguatamente deliberata, di una sola di esse allo schema contrattuale predisposto dall'altra, prima e fuori di ogni trattativa negoziale. Confutata con quanto si � rilevato anche la tesi di cui sub B), � da esaminare l'altra, secondo la quale il termine di sei mesi stabilito dall'art. 83 � di prescrizione e non di decadenza, per cui esso � stato stabilito in violazione dell'art. 2936 e.e. Ma il criterio distintivo fra prescrizione e decadenza � stato enunciato da questa Suprema Corte nella gi� ricordata sentenza n. 1568 del 1963, che ha indicato il fondamento logico-giuridico della prescrizione nella presunzione di abbandono del diritto da parte del titolare che non lo abbia esercitato per un certo tempo, laddove le comminatorie di decadenza sono intese alla pronta definizione dei rapporti giuridici fra i loro soggetti. Ora l'art. 83 -le cui espressioni letterali non sono tecnicamente appropriate, tanto che vi si parla indistintamente di prescrizione e di estinzione, come se quella non rientrasse in questa, all'evidente scopo di assicurare, prevenendo le questioni con la ridondanza della terminologia giuridica, la sollecita regolamentazione delle eventuali controversie nascenti dall'esecuzione del capitolato -rientra, alla stregua del menzionato principio, fra le norme che stabiliscono decadenze. Il rilievo della ricorrente, che unico debba essere il termine ed unico l'atto impeditivo della decadenza, � indubbiamente esatto. Ma l'art. 83 concede due termini in relazione ai due distinti rimedi che esso prevede: il ricorso in via amministrativa e l'azione giudiziaria; e, con disposizione che non � insolita, ma che � dello stesso genere di molte altre, dettate dalle leggi amministrative e dallo stesso codice di procedura civile (si veda l'art. 398), coordina i due rimedi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e le relative comminatorie di decadenza, stabilendo che, ove l'interessato proponga il ricorso amministrativo, il termine per l'azione giudiziaria con,i.incia a decorrere dalla data in cui detto ricorso � stato respinto. Relativamente all'ultimo gruppo di censure -quelle riportate �sotto la lettera D) -� da osservare che esse, pur non potendo essere condivise nella loro impostazione generale, toccano dei punti la cui pTecisazione -ferma beninteso anche la sua statuizione di rigetto della subordinata domanda di � reductio ad aequitatem � delle penali importa delle rettifiche alla motivazione della sentenza denunziata. Invero, posto che quella dell'art. 1384 e.e. � norma inderogabile, dettata dalla legge a salvaguardia non solo dell'interesse particolare del debitore, ma anche e soprattutto dell'interesse generale, mediante la funzione equitativa affidata al giudice per impedire sconfinamenti dell'autonomia contrattuale, oltre determinati limiti di equilibrio (v. Cass., 4 febbraio 1960, n. 163); e� posto che n� i contratti n� i regolamenti possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi (art. 4 delle preleggi): la questione non sta nel vedere .se le Condizioni generali d'oneri comminino la decadenza anche per l'azione giudiziaria di � reductio ad aequitatem � delle penali, giacch� esse, come fonti normative non aventi forza di legge, dovrebbero essere disapplicate se la comminassero, introducendo una non consentita restrizione alla funzione equitativa affidata al giudice dall'art. 1384. Ricorre, per�, una diversa ragione, che, mentre, da una parte, induce a ritenere non compresa nella comminatoria dell'art. 83 l'azione giudiziaria di riduzione della penale (azione che, altrimenti, vi si dovrebbe ritener compresa, nonostante che essa non fosse, dal codice in vigore al tempo in cui le Condizioni generali furono emanate, accordata per la manifesta eccessivit� della penale medesima, poich� l'ordinamento giuridico non � un mosaico, ma un organismo in cui le norme sopravvenute si fondano e trapassano in quelle preesistenti), dall'altra parte -conduce al medesimo risultato del rigetto, pronunziato dal Tribunale e confermato in appello, anche della domanda proposta in via subordinata dalla societ� ricorrente. Invero nell'uso del potere conferitogli dall'art. 1384 il giudice deve avere riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento, ed una simile indagine non � ammissibile, quando, come nel caso, il contratto � posto in essere dalla P. A. per l'attuazione dei suoi fini di pubblico interesse, e, per di pi�, recepisce norme dettate da un regolamento, ossia da un atto amministrativo, dal quale, anche indipendentemente dal vincolo contrattuale che le conferma, esse ricevono la loro efficacia obbligatoria. S'intende che, in tal caso, la detta indagine si risolverebbe in una valutazione dell'uso del potere discrezionale degli organi della Pubblica Amministrazione nel campo della loro attivit� di diritto amministrativo, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 771 ed in un sindacato di merito del capitolato generale che stabilisce le multe (precisamente, nel caso, agli artt. 69-71), cio� in un sindacato di merito di un atto amministrativo, non consentito dall'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Rettificata, pertanto, ai sensi dell'art. 384, cpv., c.p.c., in parte, la motivazione della denunziata sentenza, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 agosto 1969, n. 3012 -Pres. D'Armiento -Est. Leone -P. M. De Marco (conf.) -Impresa Veggi (avv. Moraggi) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Gentile). Appalto' -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opere ferroviarie Richiesta dell'appaltatore di maggiori compensi -Dichiarazione unilaterale, sottoscritta dall'appaltatore, di accettazione di una certa somma �a corpo�, a tacitazione di ogni sua pretesa in ordine all'appalto, e di correlativa rinunzia alle riserve proposte -Contratto di transazione -Necessit� della forma scritta� ad substantiam �, anche in caso di scambio fra i contraenti di unilaterali dichiarazioni scritte -Sussiste. Obbligazioni e contratti -Contratti -Forma scritta richiesta� ad substantiam � -Scrittura privata sottoscritta da una sola delle parti Equipollenza alla (manchevole) forma scritta del consenso di una delle parti della produzione in giudizio della scrittura ad opera della parte che non l'abbia sottoscritta ma ne invochi gli effetti Necessit� che la produzione in giudizio abbia luogo prima ch� l'altra parte revochi il proprio consenso -Sussiste. La dichiarazione unilaterale sottoscritta d.a un appaltatore di opera ferroviaria, di accettare una certa somma � a corpo � a tacitazione delle sue pretese, correlativamente rinunciando, per l'ipotesi di conforme liquidazione dell'Amministrazoine, alle riserve proposte, integra una transazione, che, come ogni cont1�atto della P. A., richiede la forma scritta ad substantiam e non gi� solo ad probationem; tale esigenza pu� essere soddisfatta, anche nei contratti della P. A., da un insieme di dichiarazioni scritte scambiate fra i contraenti (1). (1) La prima parte della massima, in ordine alla giuridica qualificazione come contratto di transazione di un � accordo di liquidazione � in un contratto di appalto d'opera pubblica, risultante da una unilaterale di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nei contratti per i quali sia richiesta la forma scritta ad substantiam il consenso della parte che non ha sottoscritto l'atto pu� essere manifestato �producendo in giudizio l'atto stesso e invocandone gli effetti, sempre che nel frattempo la parte che l'ha sottoscritto non abbia validamente revocato il proprio consenso (2). (Omissis). -La ricorrente, denunciando falsa applicazione dell'art. 1965 e.e. in relazione agli artt. 1321, 1326 e 1328 e.e. e 360, n. 3, c.p.c., nonch� omesso esame di un punto decisivo della controversia ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., lamenta che la Corte di merito: a) non ha considerato che la produzione in giudizio, da parte dell'Amministrazione, della scrittura del 14 luglio 1961 non poteva supplire alla mancata sottoscrizione dell'Amministrazione medesima perch� essa Impresa Veggi aveva gi� revocato il suo consenso alla conclusione del contratto transattivo con lettera raccomandata del 7 settembre 1961 e comunque con la citazione, e cio� prima della pToduzione della scrittura in giudizio; b) non ha considerato che non � applicabile alla Pubblica Amministrazione il principio che la produzione in giudizio e la invocazione della scrittura in proprio favore da parte del contraente che non abbia sottoscritto suppplisce alla mancata sottoscrizione, sempre che ci� avvenga prima della revoca del consenso da parte di chi ha sottoscritto, in quanto la Pubblica Amministrazione � vincolata a norme inderoga chiarazione sottoscritta dall'appaltatore, si evince dall'apodittica premessa, da cui muove la sentenza, per ripetere il noto insegnamento di massima, in ordine alla necessit� per tutti i contratti della P.A. della forma scritta ad substantiam, avvertendo, quindi, che tale esigenza pu� essere appagata anche dallo scambio fra i contraenti di � un insieme di dichiarazioni scritte�. In tale ultimo punto, cfr. Ciass., Sez. Un., 29 maggio 1967. Sulla prima parte della massima in rassegna, priva di qualsiasi esplicita dimostrazione, deve, invece, avvertirsi che, come pel concordato tri"'.' butario (su .cui v. GARGIULO, n concordato tributario, Napoli, 1947), anche per l'accordo di liquidazione nell'appalto di opere pubbliche non si � mancato di dimostrare la sua irriducibilit� nello schema privatistico contrattuale della transazione (CAPACCIOLI, Riserve e collaudo, Milano, 1960, 70, 296 e segg.); ci�, beninteso, non esclude che, trattandosi di fenomeno analogo economicamente a quello della transazione, ricorra ugualmente l'applicabilit� dell'art. 13 t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611 e dell'art. 14 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, in ordine ai pareri obbligatori dell'Avvocatura dello Stato e del Consiglio di Stato: Cons. Stato, par. 20 gennaio 1953, n. 23, n Consiglio di Stato, 1953, I, 408; Corte dei Conti, 9 aprile 1949, Foro amm., 1949, III, 52. (2) Conf. Cass., 24 dicembre 1968, n. 4075, Giur. it., 1969, I, 1, 1718 ed ivi (sub 1) citazioni di dottrina e giurisprudenza; v. anche ANNUNZIATA, L'esibizione in giudizio di scrittura firmata da una sola parte, Temi nap., 1966, II, 43-52. ;-; (f PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 773 bili che esigono, per la valida instaurazione di un qualsiasi rapporto contrattuale, la forma scritta a pena di nullit�. Non pu� ammettersi che, quando parte in giudizio sia la pubblica Amministrazione, la produzione del documento venga eseguita dal difensore; infatti l'Avvocatura dello Stato difende in giudizio l'Amministrazione senza altro potere che quello derivante dal rapporto di rappresentanza processuale, e quindi non pu� sostituirsi alla sua rappresentanza neppure per manifestare per implicito una volont� negoziale della P. A. La censura � fondata. Tra le questioni di notevole rilievo giuridico che essa propone, quella concernente la mancanza della scrittura negoziale relativa all'asserito contratto di transazione presenta carattere assorbente: � inutile discutere della natura, del contenuto, della efficacia di un contratto che debba risultare da atto formale, se l'atto esibito � privo dei requisiti essenziali di forma. Ora, risulta stabilito esplicitamente nel codice civile (art. 1967) che la transazione deve essere provata per iscritto, fermo il disposto del n. 12 dell'art. 1350. L'atto scritto, quindi, in linea generale e fuori della ipotesi di cui all'art. 1350 e.e., � richiesto per la transazione solo � ad probationem �. Ma quando contraente � la pubblica Amministrazione, poich� questa non pu� assumere impegni e concludere contratti se non nei modi e nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti, il contratto di transazione richiede la forma scritta � ad substantiam �, in quanto, pur essendo esso messo in essere nell'esplicazione dell'attivit� amministrativa di diritto privato, la conclusione del contratto � soggetta alle norme di contabilit� di Stato, sia per quanto riguarda la fase di formazione della volont� negoziale, sia per la fase di stipulazione e di successiva approvazione. � ammissibile che tale esigenza della forma scritta sia soddisfatta, anche nei contratti della P. A., da un insieme di dichiarazioni scritte scambiatesi fra l'uno e l'altro contraente (Cass., Sez. Un., 29 maggio 1967); ma, quando, come nella specie, si sostenga che la scrittura esibita sia l'unico documento contrattuale, esso deve presentare tutti gli elementi formali e sostanziali di siffatto documento, prime fra tutti quello delle sottoscrizioni dei contraenti. Poich�, nel caso in esame, la scrittura esibita non reca la sotto scrizione del titolare di alcun organo dell'Amministrazione FF.SS., l'Avvocatura dello Stato ha richiamato il principio giurisprudenziale che nei contratti p�r i quali sia richiesta la forma scritta �ad substan tiam � il consenso della parte che non ha sottoscritto l'atto pu� essere manifestato producendo in giudizio l'atto stesso ed invocandone gli ef fetti, sembre che, nel frattempo, la parte che l'ha sottoscritto non abbia validamente revocato il proprio consenso (Cass., 4 marzo 1966, n. 1126; 10 giugno 1968, n. 1777). 774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte d'Appello ha ritenuto applicabile tale principio anche quando contraente sia la P. M. e sia questa ad esibire l'atto non sottoscritto dai propri organi (senza peraltro offrire alla soluzione adottata su questo delicato e dibattuto punto d'indagine il necessario sostegno di ragioni logiche e giuridiche); ma non ha considerato: a) che il Veggi aveva esibito in giudizio la lettera 9 settembre 1961 a firma del suo procuratore avv. De Felice, con la quale aveva revocato la dichiarazione contenuta nella scrittura 14 luglio 1961, di accettazione del pagamento della somma di lire trecentomila a tacitazione di ogni pretesa verso l'Amministrazione delle FF.SS., lettera alla quale sia il Veggi che l'Avvoc1:1tura dello Stato. avevano fatto continui riferimenti; b) che la difesa dell'amministrazione aveva dedotto che il Veggi s'era rifiutato di ricevere il pagamento; c) che lo stesso, con l'atto di citazione rivolto a conseguire la liquidazione dell'intero (preteso) credito, aveva, ancora una volta, sia pure implicitamente, revocato il consenso all'asserito accordo transattivo. Poich�, nel richiamato principio giurisprudenziale, fondamentale e decisiva � la condizione che la parte che ha sottoscritto il documento esibito dall'altro litigante non abbia, prima dell'esibizione in giudizio della scrittura, revocato .il proprio consenso, la Corte d'appello, in presenza delle riferite, esplicite deduzioni, provenienti da entrambe le parti, aveva il dovere di �ccertare, se nelle dichiarazioni e nei comportamenti indicati fosse ravvisabile la revoca, da parte del Veggi, del proprio consenso all'accordo transattivo; ed avendo trascurato tale indagine � incorsa nel denunziato vizio di omesso esame di punto decisivo della controversia. L'Avvocatura dello Stato eccepisce che tale punto non sarebbe stato posto in discussione, neppure per implicito, nel giudizio di appello, sicch� la soluzione ad esso data dalla Corte di merito non potrebbe essere oggetto' d'indagine in questa sede di legittimit�. La deduzione � per� infondata, risultando dagli atti e dalla stessa sentenza impugnata che il Veggi, come primo motivo dell'appello da lui proposto, alleg� e che la scrittura 14 luglio 1961 era un atto unilaterale dell'impresa, ossia una dichiarazione liberatoria di crediti..., successivamente contestata con lettera raccomandata 9 settembre 1961 �: locuzioni queste, nelle quali � univocamente proposto il tema della mancanza della scrittura contrattuale anche per effetto della revoca della dichiarazione di volont�, espressa con la lettera del 9 settembre 1961. Per il rilevato vizio di motivazione la sentenza impugnata deve essere cassata, con assorbimento, come s'� detto, delle altre censure proposto col mezzo in esame. -(Omissis). Fl,;9T~dffi7~~,.;~_,,Ma?I~ ~:-: ::iEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 20 giugno 1967, n. 6694 Pres. Bernabei -Rel. Scotti -P. M. (non indicato) -Buccolini e altri. Amnistia -Sentenza predibattimentale di proscioglimento -Obbligo di sentire le parti -Imputato che abbia gi� ricevuto la contesta zione del fatto in precedenza -Esclusione dell'obbligo. (art. 421, c.c.p.). L'obbligo di sentire le parti, sancito daH'art. 421 c.p.p., prima di pronunciare la sentenza di proscioglimento deve essere osservato solo quando l'imputato sia completamente ignaro del procedimento penale esistente a suo carico, ma non trova applicazione qualora l'imputato abbia gi� ricevuto completa contestazione dell'adde'Qito, spettando in tal caso solo alla sua iniziativa di poter ottenere una pronuncia di merito, dichiarando di non voler usufruire dell'amnistia. Su ricorso prodotto da Buccolini Vittorio, nato il 25 febbraio 1919 ad Ancona e Scrinari Valnea, nata il 10 gennaio 1922 a Trieste, avverso la sentenza in data 23 settembre 1966 del Tribunale di Velletri, che L'ordinanza � conforme ad un indirizzo giurisprudenziale ormai costante (v. Cass., Sez. Un., 9 luglio 1960, in Cass. pen. Mass. annotato, 1961, m. 28, p. 34; Cass. 6 dicembre 1966, ivi, 1967, m. 1128, p. 713; 20 dicembre 1963, ivi, 1964, m. 338, p. 331; 4 luglio 1962, ivi, 1963, m. 69, p. 73), ma non sembra che possa essere condivisa appieno. Dispone l'art. 14 del d.P.R. n. 332 del 1966 che la amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa aichiarazione di non volerne usufruire. L'art. 421 c.p;p. dispone che il giudice, quando sussiste una causa di estinzione del reato pronuncia in camera di consiglio sentenza di proscioglimento, sentite le parti. La ragione di quest'ultima disposizione, introdotta con la 1. 18 giugno 1955, n. 517 sta nella necessit� di attuare una pi� efficiente difesa del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in riforma di quella emessa il 20 gennaio 1965 dal Pretore di Anzio dichiarava non doversi procedere nei confronti dei ricorrenti in ordine al delitto di lesioni colpose loro ascritto (commesso il 24 aprile 1963), per intervenuta amnistia. Sentita la relazione fatta dal Cons. dott. Salvatore Scotti; Lette le conclusioni del P. M. che ha chiesto il rigetto del gravame; Rilevato che Buccolini Vittorio e Scrinari Valnea deducono nel loro ricorso la violazione degli artt. 421 c.p.p. e 14 D.P.R. 4 giugno l'imputato, che il secondo comma dell'art. 24 della Costituzione riconosce essere diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Ci� significa che il precetto dell'art. 421 c.p.p. non pu� ritenersi rispettato quando l'imputato sia stato sentito nel giudizio di 1� �grado, poich� il diritto di difesa in ogni grado impone che di questo diritto sia consentito il pi� completo esercizio, il che evidentemente non avviene quando si privi la difesa del potere riconosciutole dall'ordinamento di avvalersi dei successivi gradi di giurisdizione. Pertanto l'inciso � sentite le parti � deve inte;ndersi con riferimento al provvedimento della cui legittima emanazione � presupposto e non con riferimento all'intero procedimento: il secondo grado di giurisdizione attuerebbe altrimenti, contro le norme, una tutela meno completa dello imputato. D'altronde applicare l'amnistia senza sentire l'imputato -o gli imputati, come nel caso di specie � avvenuto -lede sempre il diritto della difesa, sia perch� priva il procedimento di un elemento, quale l'interrogatorio, che potrebbe portare all'applicazione della pi� favorevole ipotesi di cui al II comma dell'art. 152 c.p.p., sia perch�, ove il decreto che concede la amnistia preveda -come quello n. 332 del 1966 -il diritto dell'imputato di non volersene avvalere, il non aver sentito quest'ultimo esclude la possibilit� della espressa dichiarazione di non voler usufruire dell'amnistia. Ci� elude la pi� efficiente e completa difesa realizzabile nel dibattimento, cui non pu� ovviamente sopperire la possibilit� per il giudice di applicare il II comma dell'art. 152 c.p.p. Questa norma realizza infatti, in danno dell'imputato, una situazione processuale e sostanziale completamente capovolta; mentre infatti l'imputato �, in seguito al dibattimento, assolto, quando non esistano prove che abbia commesso il fatto o che il fatto sussista (art. 479. c.p.p. II comma); nell'ipotesi del II comma dell'art. 152 c.p.p. la sentenza assolutoria non pu� essere emanata, se non risulti gi� evidente che il fatto non sussiste, che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non � preveduto dalla legge come reato. Ci� significa che, in tal caso, anche un semplice indizio impedisce l'emanazione di una �sentenza di proscioglimento nel merito. � evidente quindi che il non sentire gli imputati prima di emanare la sentenza di non doversi procedere comporta violazione del diritto di difesa anche se ci�, per un indirizzo giurisprudenziale altrettanto noto, ma non esente da critiche, non costituisce causa di nullit� assoluta ex art. 185 n. 3) c.p.p. (v. Cass. 30 giugno 1965, in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1965, m. 1906, p. 1065; Cass., Sez. Un., 16 novembre 1963, ivi, 1964, m. 767). P. DI TARSIA PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 777 1966, n. 332 per non aver potuto, a causa dell'inosservanza dell'obbligo di sentire le parti, rinunziare all'applicata amnistia; Il ricorso � infondato. Invero l'obbligo imposto al giudice di sentire le parti quando debba pronunciare sentenza di proscioglimento prima del dibattimento, ai sensi dell'art. 421 c.p.p., sussiste solo quando l'imputato sia ignaro del procedimento e dell'accusa, non nel caso -come quello di specie che egli abbia gi� ricevuto contestazione degli addebiti. N� ha giuridica rilevanza l'inosservanza dell'art. 421 c.p.p., per l'esercizio della facolt� di rinunzia dell'amnistia, in quanto, non � necessario, a tal fine, l'interpello dell'imputato che ha l'onere di rendersi parte diligente -senza sollecitazioni -nell'esercizio del diritto di cui sopra prima �che intervenga la declaratoria d'amnistia. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1969, n. 116 -Pres. Sparvieri -Rel. Bongioannini -P. M. Bianco (conf.) -Rie. Mengarotti Argeo e altri. Procedimento penale -Decreto di citazione -Partecipazione ai difensori e loro facolt� -Avviso dell'udienza -Omessa notificazione Nullit� insanabile -Nomina di un difensore di ufficio nel dibattimento -Irrilevanza. La omessa notifica al difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, dell'avviso dell'udienza fissata per il dibattimento, ai sensi deU'articofo 410 c.p.p., d� luogo ad un vizio che, invalidando il decreto di citazione (art. 412 c.p.p.), deve essere ricondotto nell'ambito dell'art. 185, n. 3, con esclusione della sanatoria di cui all'art. 422, non potendo in tale caso trovare applicazione il disposto deU'art. 188 c.p.p., dato che la nomina di un difensore di ufficio nel dibattimento non elimina il pregiudizio derivante dalla mancata partecipazione del difensore preventivamente nominato per assistere l'imputato (1). (1) La gturisprudenza della Suprema Corte, con questa decisione e le altre citate in motivazione sembra ormai essersi adeguata all'indirizzo pi� rigoroso, mentre talvolta aveva ravvisato nell'omissione dell'avviso al difensore un'ipotesi di nullit� sanabile a norma dell'art. 188 c.p.p.: v. in questo senso Cass. 19 dicembre 1966, in Cass. pen. Mass. annotato, 1967, m. 1332, p.865. V. invece in senso conforme alla sentenza annotata Cass. 6 febbraio 1967 ivi m. 1812 p. 1175 con ampia nota di richiami. P.D.T. 778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1259 -Pres. D'Arienzo -Rel. Manca -P. M. Longobardi (conf.) -Rie. Balsarini Emilio. Procedimento penale -Decreto di citazione -Avviso al difensore Omissione -Nullit� assoluta -Comparizione della parte interes sata -Termine a difesa. (art. 410, 185 n. 3, 488 c. p. p.). La norma dell'art. 410 c.p.p. concernente l'avviso al difensore della data fissata per, il dibattimento, essendo diretta a consentire la tempestiva preparazione della difesa e la partecipazione del difensore al dibattimento concerne l'assistenza dell'imputato. Invero l'espressione � disposizioni concernenti l'inbervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato � non pu� essere riservata ai soli casi nei quali, a causa dell'inosservanza, venga a mancare del tutto. l'esplicazione del diritto di difesa, dovendosi al contrario considerare connaturale il pregiudizio del diritto di difesa all'inosservanza di ogni disposizione di legge diretta ad assicurare o a consentire l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputavo. Il vizio che, a causa dell'inosservanza della norma di cui all'articolo 410 c.p.p. inficia il decreto di citazione, deve perci� essere ricondotto nell'ambito dell'art. 185, n. 3, c.p.p. Nel caso in cui il difensore faccia presente di essere comparso solo per denunciare la irregolaritd, la nullit� non � sanata a norma dell'art. 188 c.p.p. se al difensore stesso venga negato. il termine dilatorio minimo di cinque giorni (1). Rileva questo Supremo Collegio che il primo motivo del ric�rso � fondato, e merita pertanto di essere accolto. L'art. 185, n. 3, c.p.p. considera nullit� di ordine generale, insanabile e rilevabile d'ufficio .in ogni stato e grado del procedimento, l'inosservanza delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato. Riservare tale qualificazione della nullit� ai soli capi nei quali, a causa dell'inosservanza, venga a mancare del tutto l'esplicazione del (1) La giurisprudenza della Suprema Corte conferma l'indirizzo affermato, nel contrasto fra le decisioni singole, dalle Sezioni Unite con sent. 13 febbraio 1965 (in Cass. Pen., Mass. Annotato, 1965, n. 1083, p. 608). V. anche Cass., Sez. I, 15 novembre 1966, ivi, 1967, n. 1562, p. 1008. In dottrina, da tempo favorevole alla tesi della nullit� assoluta, v. CARuso, Questioni nuove di procedura penale, 1959, p. 178; LEONE, Trattato di dir. proc. pen., vol. I, 1961 !P� "727. P.D.T. ~-: i=~ _.....~~ PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 779 diritto di difesa, equivarrebbe a restringere la portata della norma, tanto da svuotare di contenuto la 'I'iforma processuale attuata con la Novella del 1955; verrebbero in considerazione, cio�, soltanto quei casi che, anteriormente alla riforma stessa, l'elaborazione giurisprudenziale aveva attratto nel concetto d'inesistenza del rapporto processuale. Invero, l'espressione � disposizioni concernenti � non consente distinzioni che abbiano riguardo alla .gravit� della menomazione del diritto di difesa e l'inciso contenuto nel n. 3 del .predetto articolo �nei casi e nelle forme che la legge stabilisce � chiarisce ultt:;riormente la ampiezza della tutela che il legislatore ha inteso predisporre, tanto da considerare connaturale il pregiudizio del diritto di difesa all'inosservanza di ogni disposizione di legge diretta ad assicurare o a consentire l'intervento, l'assistenza o la rappresentanza dell'imputato. La norma contenuta nell'art. 410 c.p.p., essendo diretta a �consentire la tempestiva preparazione della difesa e la partecipazione del difensore al dibattimento, concerne innegabilmente l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato. Nella specie, il difensore del Balzarini -presentatosi alla prima udienza del dibattimento di primo grado, avendo saputo aiiunde della celebrazione del processo -aveva espressamente dichiarato che la sua comparizione era determinata dal solo intento di far rilevare la nullit� del decreto di citazione. Il Tribunale, pertanto, riconosciuta la fondatezza dell'eccezione, non avendo ritenuto l'opportunit� di rinviare il processo a tempo indeterminato ex art. 432 c.p.p., avrebbe dovuto concedere non gi� un termine ad horas, ma un termine a difesa non inferiore a cinque giorni, secondo la disposizione contenuta nel capoverso dell'art. 188 stesso codice. E a nulla rileva che il difensore, alla lettura dell'ordinanza abbia rinunziato al termine brevissimo concessogli -non utile ai fini della preparazione di una valida difesa -insistendo peraltro nella sua eccezione, ,giacch� la sanatoria, prevista nel citato articolo, non pu� ritenersi operante se il termine minimo dilatorio venga negato, in quanto la parte si deve ritenere formalmente comparsa solo per eccepire la nullit� e per ottenere il rinvio o il termine a difesa sopra indicato. E poich� la mancata concessione di detto termine, previsto dal l'art. 188, ha determinato un'irregolare costituzione del rapporto pro cessuale che si sostanzia, come s'� gi� accennato, in una violazione delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresen tanza dell'imputato, � del pari irrilevante la circostanza che, insieme con la sentenza di primo grado, non sia stata impugnata anche l'ordi nanza dibattimentale, in quanto la nullit� -come ha esattamente os servato anche il Procuratore Generale nel corso della discussione orale -non � propria dell'ordinanza e solo ad essa circoscritta, ma RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riguarda invece la ritualit� del procedimento di primo grado, affetto da un vizio che pu� essere rilevato anche ex officio in qualsiasi stato e grado del giudizio. S'impone pertanto, per le suesposte considerazioni, l'annullamento del giudizio di primo e secondo grado, con rinvio degli atti ad un giudice di primo grado, che pu� designarsi in una diversa Sezione dello stesso Tribunale di Tdeste. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 21 luglio 1969, n. 1266 -Pres. D'Arienzo -Rel. D'Alfonso -P. M. Longobardi (conf.) -Rie. Celentano. Impugnazione -Interesse -Reato amnistiato -Ricorso per l'accerta mento della prescrizione -Inammissibilit� per difetto d'interesse. (art. 190 c. p. p.). � inammissibile per difetto d'interesse il ricorso per Cassazione con il quale l'imputato impugna una sentenza dichiarativa di estinzione del reato per amnistia, osservando che avrebbe dovuto applicarsi la prescrizione (1). (Omissis). -Celentano Carlo con artifici e raggiri riusciva ad ottenere dallo Stato una pensione d'invalidit� con la corresponsione degli assegni liquidati con d.m. 12 maggio' 1952, mentre con d.m. 11 agosto 1959 veniva liquidata la pensione annuale di L. 96.000, percepita in rate mensili di L. 8.000 ognuna fino al 26 settembre 1961. Rinviato al giudizio del Tribunale di Salerno per rispondere di truffa aggravata continuata (art. 640 cpv. n. 1 ed 81 c.p.), -esclusa (1) La sentenza � ineccepibile e conforme ai principi che disciplinano la materia e secondo i quali l'interesse all'impugnazione va inteso solo in relazione al pregiudizio penale derivante all'imputato dalla pronuncia impugnata (v. Cass. 9 maggio 1966 in Cass. pen., Mass. annotato, 1967, m. 459, p. 326; 19 maggio 1965, ivi, 1966, m. 430, p. 313. In dottrina v. LEONE, Trattato di dir. proc. pen., vol. III, 1961, p. 95; M0Rucc1, Interesse all'impugnazione e declaratoria di proscioglimento, in Riv. it; dir. e proc. pen., 1963, p. 1322. Del resto l'attivit� giurisdizionale � svolta :per i singoli casi concreti e non � quindi compatibile con essa la decisione di questioni che non possono portare a conclusioni praticamente utili v. Cass., Sez. Un., 26 novembre 1960 r. Casalotti. Per quanto concerne il momento consumativo del reato di truffa, n� la sentenza del primo giudice, n� quella della Corte d'appello avevano PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 781 la continuazione e ritenuto che con il decreto del 1952, con il quale era stato concesso il primo assegno, er:a stato conseguito l'ingiusto profitto della truffa mentre i successivi ratei erano da considerarsi come effetti del reato -, veniva dichiarato di non doversi procedere contro il Celentano per estinzione del reato per prescrizione anche perch� i su��essivi provvedimenti biennali di rinnovazione dell'assegno ed il decreto del 1959 si ricollegavano al prec�dente titolo, senza bisogno di altri artifizi o raggiri. Sull!appello del P.M. la sentenza impugnata, premessa la necessit� di un danno effettivo, non semplicemente potenziale, ai fini della sussistenza del reato di truffa, pur ritenendo che nel 1952 sarebbe stata consumata la truffa, opinava che l'attivit� truffaldina del Celentano non poteva ritenersi esaurita col decreto del 1952, ma che si era invece ripetuta ogni volta che s'esigeva un rateo di pensione, perch� si utilizzava in tale occasione un documento ideologicamente falso (il libretto) alla formazione del quale aveva contribuito lo stesso presentatore. In concorso dell'attenuante di cui al n. 4 dell'art. 62 c.p. veniva dichiarato estinto il reato per effetto dell'amnistia di cui all'art. 1, lett. B, del D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332. Ricorreva per cassazione l'imputato per violazione degli artt. 157 e 640 c.p., assumendo che avrebbe dovuto applicarsi la prescrizione. (Omissis). -Il ricorso � inammissibile perch�, avendo le due cause estintive del reato, amnistia e prescrizione, pari efficacia, tanto che quando concorrano trova applicazione quella intervenuta prima, non si ravvisa alcun interesse (art. 190, 4� comma, c.p.p.) da parte dell'imputato a pretendere l'applicazione dell'una o dell'altra. Infatti l'interesse, quale requisito per impugnare un provvedimento, deve valutarsi sulla bas� di un confronto tra la decisione pronunciata e quella cui si aspira con l'impugnazione, la quale deve tradursi nella prospettiva di un vantaggio concreto rispetto alla situazione esistente, fatto corretta applicazione delle norme: il Tribunale aveva invero r�tenuto che la truffa si fosse consumata nel momento dell'assunzione dell'obbligazione e la Corte d'Appello, in riforma di quella decisione, aveva statuito trattarsi di reato permanente. Viceversa, come aveva sostenuto da tempo l'Avvocatura, la corretta interpretazione delle norme porta ad affermare che la truffa si consuma nel momento dell'effettiva percezione del profitto e che i successivi episodi di riscossione dei ratei di pensione (nell'ipotesi -come quella di specie -di truffa in materia di pensioni di guerra) costituiscono altrettanti reati collegati dal vincolo della continuazione. In questo senso � stato deciso recentemente dalla Corte di Cassazione a S. U. (v. S. U. 22 marzo 1969 n. 2 in questa Rassegna 1969, p. 369 con nota di dottrina). P.D.T. 782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non potendo pretendersi la riforma di un provvedimento con la sostituzione di un altro per una pretesa meramente teorica, anche se mirante alla esattezza giuridica della pronuncia giudiziale. Entrambe le cause, invero, trattandosi di amnistia propria, estinguono il reato e, quindi, � indifferente sostanzialmente l'applicazione dell'una o dell'altra anche sotto il profilo civilistico, dato il principio generale comune che le cause estintive d~l reato non importano l'estinzione delle obbligazioni civili da esso derivanti (art. 198 c.p.). Il ricorso va perci� dichiarato inammissibile con tutte le conseguenze di legge, anche nei riguardi della costituita parte civile. ( Omissis). W,/,..,~ l l I I II I I j l PARTE SECONDA 13 RASSEGNA DI DOTTRINA FRAGOLA G., Le leggi urbanistiche ed edilizie. CEDAM, Padova, 1969, pagg. 278. Il problema � urbanistico � ci sta letteralmente scoppiando tra le mani. Il traffico sempre pi� intenso e caotico, prossimo in alcune grandi citt� alla paralisi, l'aria irrespirabile e le acque inquinate, gli strettissimi nessi tra programmazione economica e pianificazione territoriale ripropongono al giurista questioni scottanti, complesse ma che devono risolversi e nel pi� breve arco di tempo possibile. Nel quadro di questo rinnovato ed intensificato interesse per il problema . � urbanistico � si inserisce la fioritura di una ricca bibliografia in materia, d,i cui fa parte anche il libro in rassegna. Il volume comprende, nella sua prima parte, una raccolta, quanto mai utile, di tutta la legislazione � urbanistica � di maggior rilievo: la legge fondamentale del 17 agosto 1942, n. 1150, la legge 18 aprile 1962, n. 167, la legge 21 luglio 1965, n. 904, la legge 6 agosto 1967, n. 765 nonch� la legge di adeguamento 19 novembre 1968, n. 1187; raccoglie, altresi, altri provvedimenti di legge � minori �, elenchi dei Comuni obbligati a formare il piano regolatore del proprio territorio e dei Comuni per i cui piani particolareggiati, progetti di lottizzazione e regolamenti edilizi � richiesto l'intervento del Ministro dei LL.PP., nonch� i due decreti ministeriali. rispettivamente del 1� e del 2 aprile 1968. La seconda parte del libro � un commento teorico-pratico, ricco, cio�, di richiami dottrinali e di giurisprudenza costituzionale, amministrativa e giudiziaria. � Chiude il volume una sorta di appendice contenente notizie sulla Circolare ministeriale 28 ottobre 1967 e sul disegno di legge n. 3774 della 4" legislatura. Il libro si propone lo scopo di fornire dati, elementi di giudizio, nozioni per un approfondimento del problema urbanistico. Lo sforzo dell'A. � quello di tendere all'obbiettivit� in una materia non scevra da implicazioni politiche, a volte passionalmente e drammaticamente vissute, considerato il valore della posta in gioco. Si tratta di una materia incandescente che involge problemi la cui soluzione potrebbe anche radicalmente mutare il regime della propriet� o delle appartenenze (com'� pi� esatto dire) nel nostro ordinamento giuridico e da cui dipende il futuro dell'uomo costretto a vivere nelle megalopoli del domani. Nel libro, della drammaticit� della situazion'e � urbanistica � si coglie solo una pallida eco: predomina, come � naturale, il �distacco� del giurista, necessariamente ancorato, nella sua funzione di interprete delle leggi, alla normazione ed alla giurisprudenza. Ci� non toglie, per�, che lo strumento apprestato dal F. � di indubbia utilit� per chiunque si interessi al grave problema degli insediamenti territoriali: per l'urbanista, per l'economista, per il sociologo e, perch� no?, per lo psicoanalista (v. in proposito ALEXANDER MITSCHERLICH, Il feticsio urbano, la citt� inabitabile istigatrice di discordia, Einaudi, 1968, pagg. 142). L. MAZZELLA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (Abolizione del contenzioso amministrativo), art. 6, prim�o comma (1), limitatamente alla parte in�. cui condiziona l'esercizio dell'azione del contribuente dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria alla pubblicazione del ruolo. Sentenza 11 luglio 1969, n. 125, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1967 della Corte di appello di Napoli, G. U. 15 giugno 1968, n. 152. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e dell� malattie professionali), art. 67, primo comma, nella parte in cui dispone che l'azione per conseguire dall'I.N.A.I.L. la rendita per inabilit� permanente si prescrive col decorso del termine ivi previsto anche nel caso in cui entro lo stesso termine tale inabilit� non abbia ridotto l'attitudine al lavoro in misura superiore al minimo indennizzabile. Sentenza 8 luglio 1969, n. 116, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 28 dicembre 1967 del Tribunale di Enna, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), convertito con legge 7 giugno 1937, n. 1016, art. 22, quarto comma (2), limitatamente alla parte in cui condiziona l'esercizio dell'azione del contribuente dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria all'iscrizione a ruolo dell'imposta. Sentenza 11 luglio 1969, n. 125, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1967 della Corte di appello di Napoli, G. U. 15 giugno 1968, n. 152. (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. (1) Il secondo comma della disposizione � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 31 marzo 1961, n. 21. (2) La questione di legittimit� costituzionale degli artt. da 22 a 32 del d.I. 7 agosto 1936, n. 1639, per quanto attiene alla composizione ed al funzionamento delle commissioni tributarie, � stata dichiarata infondata, in riferimento all'art. 102 ed alla VI disp. trans. della Costituzione, con sentenza 11 marzo 1957, n. 41. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 19 gennaio 1963, n. 15 (Modifiche e integrazioni al regio decreto 17 agosto 1935, n. 1765: �Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali ., e successive modificazioni ed integrazioni, nonch� al decreto-legge luogotenenziale 23 agosto 1917, n. 1450: � Provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro agricolo � e successive modificazioni ed integrazioni), art. 16, primo comma (3). Sentenza 8 luglio 1969, n. 116, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. (Ordinanza di rimessione 28 dicembre 1967 del Tribunale di Enna, G. U. 30 marzo 1968, n. 84). d. P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 112, primo comma (3). Sentenza 8 luglio 1969, n. 116, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. (Ordinanza di rimessione 28 dicembre 1967 del Tribunale di Enna, G. U. 30 marzo 1968, n. 84). legge reg. sic. 10 agosto 1965, n. 21 (Trasformazione dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia in Ente di sviluppo agricolo) art. 22, nella parte in cui non prevede e perci� esclude il previo concerto con il Ministro per il tesoro per l'approvazione dei regolamenti organici del personale dell'E.S.A. Sentenza 11 luglio 1969, n. 127, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 16 dicembre 1968 della Corte costituzionale, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52�. legge reg. sic. appr. 30 aprile 1969 (Modifiche alle cause di ineleggibilit� previste per la elezione a consigliere comunale ed a consigliere provinciale). Sentenza 26 .giugno 1969, n. 108, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 13 maggio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. legge reg. sic. appr. 11 giugno 1969 (Provvedimenti per l'intervento nel settore agricolo alimentare). Sentenza 8 luglio 1969, n. 120, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 23 giugno 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. (3) Illegittimit� costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 2070 (Criteri di appiicazione), primo e secondo comma (art. 39, primo comma, della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1969, n. 105, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Ordinanze di rimessione 20 novembre 1967 (due) del Pretore di Napoli, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. codice civile, art. 2242 (Vitto, alloggio e assistenza), primo comma, secondo cui � il prestatore di lavoro (domestico) ammesso alla convivenza familiare ha diritto... per le infermit� di breve durata, alla cura e all'assistenza medica � (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1969, n. 135, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 5 dicembre 1967 del Pretore di Milano, G. U. 11 maggio 1968, n. 120. cod"ice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), secondo comma, ultima parte (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione) ( 4). Sentenza 8 luglio 1969, n. 119, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 18 aprile 1968 del Pretore di Livorno, G. U. 13 luglio 1968, n. 177. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 141 (artt. 3, primo comma, 24, primo comma,. e 113 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1969, n. 118, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 14 novembre 1967 della Corte di appello di Bologna, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. r. d. I. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), convertito con legge 6 luglio 1939, n. 1272, art. 12, cosi come modificato dall'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218 (artt. 3 e 37, primo comma, della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1969, n. 137, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 21 marzo 1968 del Tribunale di Arezzo, G. U. 1� giugno 1968, n. 139. (4) La questione di legittimit� costituzionale del primo comma della disposizione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 marzo 1957, n. 46. Pex l'ultimo comma, la questione di legittimit� costituzionale � stata dichiarata nor, fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 26 marzo 1969, n. 48. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 137 d. lg. lgt. 19 ottobre 1944, n. 348 (Provvedimenti in materia di imposta generale sull'entrata e di addizionale straordinaria di guerra), art. 1 O (art. 23 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1969, n. 129, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 19 ottobre 1967 del Tribunale di Milano, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. d. lg. C.P.S. 27 dicembre 1946, n. 469 (Nuovi provvedimenti in materia di imposta generale sull'entrata), art. 12 (art. 23 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1969, n. 129, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 19 ottobre 1967 del Tribunale di Milano, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri o apolidi), ratificato con legge 22 aprile 1953, n. 342 (artt. 76 e 77, 14, 3, 2 e 10 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1969, n. 104, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Ordinanze di rimessione' 15 dicembre 1967 del Tribunale di Rovereto (G. U. 24 febbraio 1968, n. 50), 26 febbraio 1968 del Pretore di Bolzano (G. U. 6 luglio 1968, n. 170), 29 aprile 1968 del Pretore di Chiusa (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52), 14 giugno 1968 (due) e 25 giugno 1968 del Pretore di San Don� di Piave (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38). legge 4 a.prile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit� la vecchiaia e i superstiti), art. 2, che modifica l'art. 12 del r. d. 14 aprile 1939, n. 636, convertito con legge 6 luglio 1939, n. 1272 (artt. 3 e 37, primo comma, della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1969, n. 137, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 21 marzo 1968 del Tribunale di Arezzo, G. U. 1-0 giugno 1968, n. 139. legge 31 luglio 1954, n. 570 (Restituzione dell'imposta generale sull'entrata sui prodotti esportati ed istituzione di un diritto compensativo sulle importazioni), artt. 1 e 3 (art. 23 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1969, n. 126, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza 5 gennaio 1968 della Corte di appello di Napoli, G. U. 6 luglio 1968, n. 170. legge prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8 (Tutela del paesaggio), art. 7 (VIII disp. trans. della Costituzione e art. 95 dello 1Statuto TrentinoAlto Adige) (5). _ Sentenza 15 luglio 1969, n. 136, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 3 novembre 1967 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 1� giugno 1968, n. 139. (5) Questione dichiarata, con la stessa sentenza, manifestamente infondata in relazione all'art. 15 della legge (cfr. sentenza 29 maggio 1968, n. 56). 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 207, lett. b (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione) (6). Sentenza 26 giugno 1969, n. 107, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Ordinanza di rimessione 5 luglio 1967 del Tribunale di Ancona, G. U. 6 luglio 1968, n. 170. legge reg. sic. 9 marzo 1959, n. 3 (Aggiunta e modifiche alla legge 1�egionale 5 aprile 1952, n. 11, concernente: � Compo,sizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali della Regione Siciliana � ), art. 5, n. 3 (art. 13 dello Statuto della Regione siciliana). Sentenza 15 luglio 1969, n. 134, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 22 luglio 1967 del Tribunale di Siracusa, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. legge 14 novembre 1962, n. 1610 (Provvidenze per la regolarizzazione del titolo di propriet� in favore della piccola propriet� rurale), art. 4 (artt. 3, 24 e 111 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1969, n. 103, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Ordinanza di rimessione 31 maggio 1967 del Pretore di Ischia, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale pe1� la energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche), art. 5, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione) (7). Sentenza 8 luglio 1969, n. 115, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 14 aprile 1967 del Tribunale di Roma, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138 (Norme relative agli indennizzi da corrispondere alle imprese assoggettate al trasferimento all'Enel), art. 2 (artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione) (8). Sentenza 8 luglio 1969, n. 115, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 14 aprile 1967 del Tribunale di Roma, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. (6) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state di� chiarate non fondate con sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione) e 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3, 24, primo comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). (7) La questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge 6 dicembre 1962, n. 1643 � stata dichiarata non fondata con sentenze 7 marzo 1964, n. 14 (artt. 3, 4, 43 e 67 della Costituzione) e 12 luglio 1965, n. 66 (artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, secondo. comma, 113 e 76 della Costituzione). (8) La questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. 25 febbraio 1963, numero 138 nel suo complesso � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, secondo comma, 113 e 76 della Costituzione, con sentenza 12 luglio 1965, n. 66. J:: .. I I v�� f,, 1il!!ill!ID74ffi'lllV~~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 139 d. P. R. 15 maggio 1963, n. 858 (Testo unico delle leggi sui servizi di riscossione delle imposte dirette), art. 140 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1969, n. 123, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 della Corte di appello di Palermo, G. U. 24 aprile 1968, n. 102. legge 2 agosto 1967, n. 799 (Modifiche al testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia approvato con r. d. 5 giugno 1939, n. 1016), art. 1, nella parte relativa all'art. 8, nono comma, del r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1969, n. 124, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanze di rimessione 23 febbraio 1968 (due) del Pretore di Pignataro Maggiore, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, in quanto impone al marito, con obbligo diverso da quello stabilito per la moglie, di provvedere al mantenimento della moglie indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (art. 29 della Costituzione) (9). Pretore di Venezia, ordinanza 17 giugno 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, in quanto pone a carico del marito, in regime di separazione per sua colpa, l'obbligo di provvedere al mantenimento della moglie indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 29 e 3 della Costituzione) (10). Corte d'appello di Roma, ordinanza 8 gennaio 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. (9) Questione dichiarata non fondata con sentenze 12 dicembre 1967, n. 144 e 26 marzo 1969, n. 45, e riproposta nel rilievo � che la motivazione posta a fondamento deZZa sentenza n. 144 � parzialmente scaduta e superata proprio per effetto di nuove pronunce deZZa stessa Corte costituzionale �. La questione � stata gi� riproposta, sotto analogo profilo, anche dal pretore di Bordighera (ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). (10) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La disposizione � stata invece dichiarata incostituzionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione con� sensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 140 codice c:ivile, art. 1751 (Indennit� per lo scioglimento del contratto), in quanto prevede il diritt�> deWagente all'indennit� solo per la ipotesi in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto non imputabile all'agente (art. 36 della Costituzione) (11). Tribunale di Bologna, ordinanze 9 e 11 aprile 1969, G. U. 16 luglio 1969, n. 179 e 23 luglio 1969, n. 186. c:odic:e c:lvlle, art. 2946 (Prescrizione ordinaria), in quanto consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro (art. 36 della Costituzione) (12). Tribunale di Roma, ordinanza 14 febbraio 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. c:odic:e c:ivlle, art. 2946 (Prescrizione ordinaria), in quanto consente che la prescrizione del diritto esercitabile a norma dell'art. 2116, secondo comma, del codice civile decorra durante il rapporto di lavoro (art. 39 della Costituzione). Trib�nale di Firenze, ordinanza 13 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. c:odic:e penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), prlm�o c:omma, in quanto presume la imputabilit�, anche a titolo di dolo, del soggetto che abbia commesso il fatto in stato di ubriachezza (artt. 27, primo e terzo comma, e 3 della Costituzione) (13). Corte di assise di Padova, ordinanza 3 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. c:odic:e penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione), in quanto punisce la propaganda anticoncezionale (artt. 21 e 32 della Costituzione) (14). Tribunale di Viterbo, ordinanza 10 aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186 (1�5). (11) Questione gi� proposta dalla terza sezione della Corte di cassazione (ordinanze 3 luglio 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248 e 19 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e dalla Corte di appello di Milano (ordinanza 7 febbraio 1969, G. u. 23 aprile 1969, n. 105). Sotto analogo profilo, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 2120, primo comma, del codice civile (sentenza 27 giugno 1968, n. 75). (12) Questione proposta nel rilievo che la decorrenza della prescrizione durante il rapporto di lavoro � venuta meno, con la sentenza 10 giugno 1966, n. 63 della Corte costituzionale, solo per i termini di prescrizione� previsti dagli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1, del codice civile. (13) Questione proposta anche dal pretore di Roma con ordinanza 1� marzo 1969 (G. U. 11 giugno 1969, n. 145). (14) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21, secondo comma, della Costituzione (e � nei sensi e nei limiti di cui in motivazione >), con sentenza 19 febbraio 1965, n. 9, e riproposta in considerazione della opportunit� di verificare nuovamente la ricorrenza, � nel!'attuaie momento storico e sociaie ., della situazione considerata dalla Corte costituzionale nella sentenza 19 febbraio 1965, n. 9 (15) Con la stessa ordinanza il tribunale di Viterbo ha escluso la ipotizzabilit� di un contrasto dell'art. 553 del codice penale con gli artt. 29 e 31 della Costituzione. �~IJ 1::,. 1~ --'~~~,&Ai-o/M"-MW'~#-----~ = � � � ... � � ���===��-.-~:�.�====-:::-�-=�=======..:===-t-=--== �. -:::~~:::: ;:..�...�= =�-=�:=�-=--�=� -=� �.�.:==-~:::::::~?{::::�� ::-= ��~::.:? �� -~=�==��� � ==����.. =�=���=.�-== =�=;~:?~::.:::;:}===��:):~:~~t~i~f~~~6~}~:.:~:~:j:::~:r::;:-== -~~~.~;~~s:;;~_::~'.-:.;.:.~::;;:~.:.:~?:.:~\t{~;~~:;;;:j:;:~;~:;:;r:;:t~:~?:t~;~:~~~~~:~:~~Ir:f:~ PARTE II, RASSEGNA Jll LEGISLAZIONE 141 codice penale, art. 559 (Adulterio), terzo comma (16), in quanto punisce la relazione adulterina della moglie in ipotesi nella quale la corrispondente condotta del marito non costituisce reato (artt. 3 e 29 della Costituzione) (17). Pretore di Milano, ordinanza 17 giugno 1968, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. Pretore di Sant'Arcangelo, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. Pretore di Roma, ordinanza 14 febbraio 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 17 febbraio 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (18). Pretore di Piana degli Albanesi, ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. Tribunale di Sanremo, ordinanza 20 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Tribunale di Savona, ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Pretore di Rho, ordinanza 19 aprile 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. Tribunale di Siracusa, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. Tribunale di Foggia, ordinanza 29 .. aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. Pretore di Parma, ordinanza 2 maggio 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. Pretore di Sestri Levante, ordinanza 6 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. Pretore di Gorizia, ordinanza 8 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. Pretore di Caserta, ordinanze 12 e 23 maggio 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186, e 6 agosto 1969, n. 200. Pretore di Salerno, ordinanza 23 maggio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. Pretore di Pisciotta, ordinanza 6 giugno 1969, G.U. 13 agosto 1969, n. 207. Pretore di Monza, ordinanza 17 giugno 1969, G.U. 13 agosto 1969, n. 207. Pretore di Imperia, ordinanza 23 giugno 1969, G.U. 13 agosto 1969, n. 207. (16) Il primo ed il secondo comma della disposizione (ritenuti legittimi, invece, con sentenza 28 novembre 1969, n. 64) sono stati dichiarati incostituzionali con .sentenza 19 dicembre 1968, n. 126. (17) Questioni gi� proposte con altre trentacinque .ordinanze di vari giudici (v. retro, II, 77). (18) Dal tribunale di Ascoli Piceno la questione � stata proposta anche per il quarto comma della disposizione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale., art. 560 (Concubinato), in quanto punisce la relazione adulterina del marito, con criterio diverso da quello stabilito per la moglie dall'art. 559, terzo comma, del codice penale, solo quando ricorrano gli ulteriori elementi della notoriet� o della convivenza dei concubini nella casa coniugale (artt. 3 e 29 della Costituzione) (19). Pretore di Roma, ordinanze 25 febbraio 1969 (G. U. 23 luglio 1969, n. 186) e 3 luglio 1969 (G. U. 13 agosto 1969, n. 207). Pretore di Milano, ordinanza 6 marzo 1969, G. U. 16 luglio 1969, n. 179 (20). Pretore di Sala Consilina, ordinanza 7 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Pretore di Rapallo, ordinanza 26 marzo 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. Pretore di Parma, ordinanza 30 maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200 (20). codice penale, art. 573 (Sottoscrizione consensuale di minorenni), primo comma, in quanto, con disparit� di trattamento tra i coniugi, considera soggetto passivo del delitto di sottrazione consensuale di minorenne soltanto il genitore esercente la patria potest�, consentendo di ravvisare gli estremi del reato nella condotta del genitore non esercente la patria potest� (artt. 29 e 30 della Costituzione) (21). Pretore di Parma, ordinanza 2 maggio 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), primo comma, in quanto, con disparit� di trattamento tra i coniugi, consente di ravvisare gli estremi del reato nella condotta del genitore non esercente la patria potest�, escludendo invece la possibilit� di incriminare il genitore esercente la patria potest� (art. 29 della Costituzione) (22). Pretore di Biella, ordinanza 24 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. (19) Questione gi� proposta con altre nove ordinanze di vari giudici (v. retro. II, 78). (20) Nelle ordinanze dei pretori di Milano e di Parma la questione � stata proposta in riferimento al solo art. 29 della Costituzione. (21) La stessa questione, proposta per l'art. 574 del codice penale, � stata lichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 54. Nella parte in cui limitava il diritto di querela al genitore esercente la patria potest� l'art. 573 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9. (22) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 54. Nella parte in cui limitava il diritto di querela al solo genitore esercente la patria potest� l'art. 574 del c.p. � stato invece riconosciuto incostituzionale con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9. PARTE II, RASSEGNA DI LEGJSLAZIONE 143 c:odic:e penale, art. 588 (Rissa), secondo c:omma, in quanto prevede la imputazione degli eventi aggravanti �per il solo fatto della partecipazione alla rissa � (art. 27, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. c:odice penale, art. 624 (Furto) e art. 625 (Circostanze aggravanti), per la parte relativa ai massimi edittali, in quanto puniscono il furto, secondo criterio anacronistico ed ingiustificato, con severit� sproporzionata alla natura dell'interesse tutelato (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza. 27 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. c:odic:e penale, art. 707 (Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli), in quanto consente una diversa qualificazione di una situazione di possesso a seconda delle condizioni economiche e sociali del possessore (artt. 3, 13, 25 e 27, ~econdo e terzo comma, della Costituzione) (23). Pretore di Firenze, ordinanza 28 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (artt. 3 e 27, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 30 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 26 maggio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207 (artt. 1, 3, 15 e 25 della Costituzione). c:odic:e penale, art. 708 (Possesso ingiustificato di valori), in quanto assume come elemento di reato le condizioni personali e sociali dell'imputato (artt. 3 e 27 della Costituzione) (24). Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. c:odic:e penale, art. 708 (Possesso ingiustificato di valori), in quanto presume la provenienza delittuosa degli oggetti trovati in possesso dell'imputato in considerazione dei precedenti penali e delle condizioni economiche e sociali dell'imputato (artt. 3 e 27, secondo e terzo comma, della Costituzione) (25). Pretore di Firenze, ordinanza 28 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. (23) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, dal prete.re di Bologna (ordinanza 24 licembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66). V. nota seguente. (24) Disposizione gi� dichiarata incostituzionale, nei sopra indicati limiti, con sentenza 19 luglio 1968, n. 110. (25) Con sentenza 19 luglio 1968, n. 110 della Corte costituzionale (richiamata nella sopra indicata ordinanza di rimessione) l'art. 708 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale � limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicit� di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza o personale o a cauzione di buona condotta �. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 175 (Notificazioni ad altre persone), in quanto esclude la necessit� della notificazione alla parte offesa che risieda all'estero (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) (26). Tribunale di Torino, ordinanza 31 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. codice di .procedura penale, art. 222 (Atti concernenti l'arresto; assicurazione del corpo del reato), in quanto, con l'inciso �per quanto � possibile �, consente di procedere al sequestro del corpo del reato, con processo verbale suscettibile di successiva utilizzazione nel giudizio, senza l'ossrvanza dell'art. 304 quater del codice di procedura penale (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (27). Pretore di Chieri, ordinanza 28 maggio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore), in quanto consente al pretore di escludere la fase istruttoria (artt. 3 e 24 della Costituzione) (28). Pretura di Civitavec~hia, ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), primo comma, in quanto non consente al. difensore di assistere all'interrogatorio dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (29). Pretore di Camposampiero, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori dell'imputato), art. 304 bis (Avviso ai difensori) e art. 304 quater (Deposito degli atti a cui hanno diritto di assistere i difensori. Diritti (26) Questione proposta anche con riguardo alla funzione della parte civile nel processo, quale � stata riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza 20 dicembre 1968, n. 132. (27) Questione gi� proposta dal tribunale di Livorno (ordinanza 19 �settembre 1968, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318), dal pretore di Bologna (ordinanza 29 ottobre 1968, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25) e dal tribunale di Treviso. (ordinanza 11 novembre 1968, G. U. 12 febbraio 1969, n. 38). Sotto analogo profilo, sono stati gi� dichiarati incostituzionali, con sentenza 5 luglio 1968, n. 86, gli artt. 225 e 232 del codice di procedura penale. (28) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. (29) Analoga questione � stata gi� proposta per l'art. 303 del codice di procedura penale (che consente al pubblico ministero di assistere all'interrogatorio dell'imputato) dal giudice istruttore del tribunale di Roma (ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 145 del difensore dell'imputato), in quanto prevedono l'assistenza agli atti indicati nel primo comma dell'art. 304 bis del codice di procedura penale solo come un e diritto � del difensore, anzich� come un dovere (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Camposampiero, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. codi�:e di procedura penale, art. 366 (Preliminari dell'interrogatorio), secondo comma, in quanto esclude l'assistenza del difensore all'interrogatorio dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (29). Pretore di Camposampiero, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. codice di procedura penale, art. 445 (Reati concorrenti o circostanze aggravanti non contestati nell'imputazione), in quanto consente di ledere il diritto di difesa nel processo penale (artt. 2 e 24 della Costituzione). Corte di appello di Venezia, ordinanza 18 .gennaio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. codice di procedura penale, art. 446 (Concessione di un termine per la difesa), in quanto prevede la concessione di un termine insufficiente per la effettiva preparazione della difesa (artt. 2 e 24 della Costituzione). Cort di appello di Venezia, ordinanza 18 gennaio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza per le contravvenzioni), in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali all'autorit� amministrativa (artt. 25 e 102 della Costituzione) (30). Tribunale di Crotone, ordinanze 29 aprile 1969 (due), G. U. 9 luglio 1969, n. 172. codice penale militare di pace (r. d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 285 (Casi di rimessione e norme relative), in quanto consente la rimessione del procedimento, per � motivi di� servizio � e su iniziativa di (30) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1960, n. 41 (articolo 102 della Costituzione), 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della Costituzione) e 19 dicembre 1968 n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione). Con richiamo alla declaratoria di illegittimit� costituzionale delle disposizioni della legge 7 gennaio 1929, n. 4 relative alla competenza giurisdizionale dell'intendente di finanza, la questione � stata riproposta, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Recanati (ordinanza 11 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO screzionale del pubblico ministero, a tribunale militare diverso da quello competente (art. 25 della Costituzione) (31). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. codice penale militare di pace, (r. d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 350 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), in quanto, nel richiamare l'art. 389 del codice di procedura penale, rimette alla insindacabile discrezione del pubblico ministero di scegliere il tipo di istruzione con il quale procedere (art. 25, primo comma, della Costituzione) (32). Tribunale militare territoriale di Bari, ordinanza 7 maggio 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692 (Limitazioni all'orario di lavoro per gli operai e gli impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura), art. 3, in quanto sottrae le occupazioni discontinue o di semplice attesa o custodia alla disciplina della durata massima della giornata lavorativa (art. 36, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. r. d. 21 novembre 1923, n. 2480 (Nuove disposizioni sulle pensioni normali per il personale delle amministra.zioni dello Stato), art. 1, se� condo comma, in quanto esclude la computabilit�, ai fini pensionistici, del periodo di tempo durante il quale il dipendente collocato a riposo o dispensato dal servizio venga di fatto trattenuto in servizio (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione, ordinanza 9 dicembre 1968, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. r. d. I. 1 S ottobre 1925, n. 1796 (Obbligo dell'uso della lingua italiana in tutti gli uffici giudiziari della Repubblica, salve le eccezioni stabilite nei trattati internazionali per la cittd di Fiume), art. 1, secondo comma, in quanto esclude che la presentazione dei motivi di appello in lingua diversa da quella italiana sia idonea ad impedire la decorrenza dei termini (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 17 maggio 1969, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. (31) II secondo comma dell'art. 285 � stato dichiarato incostituzionale, in riferimento all'art. 111, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui consentiva che l'ordimi_nza di rimessione fosse �non motivata� (sentenza 8 luglio 1957, n. 119). (32) Questione proposta con richiamo alla sentenza 28 novembre 1968, n. 11 7, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale dell'art. 389, terzo comma, del codice di procedura penale, � nei limiti in cui esclude ia sindacabilit�, nei corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova �. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 147 r. d. I. 15 offob,re 1925, n. 2033 (Norme per Za repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), arff. 41, 42 (33), 43, 44 (34), 45 e 46, in quanto, nel disciplinare le modalit� di prelevamento ed analisi dei campioni, non prevedono l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (35). Pretore di Sala Consilina, ordinanza 14 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Pretore di Cormons, ordinanza 27 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (36). Pretore d:i Treviglio, ordinanza 16 maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. � Pretore di 'Latina, ordinanza 30 giugno 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. . le9ge 25 novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), in quanto istitutiva del tribunale speciale, rivolto specificamente a garantire gli interessi del regime fascista (artt. 3, 24 e 25 e titolo IV della Costituzione). Commissione elettorale mandamentale di Recanati, ordinanza 7 giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. r. d. 12 dicembre 1926, n. 2062 (Norme per l'attuazione della legge 25 novembre 1926, n. 2008, sui provvedimenti per la difesa dello Stato), in quanto disciplinava la composizione ed il funzionamento del tribun.ale speciale, istituzionalmente predisposto a garantire, senza imparzialit�, gli interessi del regime fascista (artt. 3, 24 e 25, e titolo IV della Costituzione). Commissione elettorale mandamentale di Recanati, ordinanza 7 giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. legge 16 giugno 1927, n. 1776 (Riordinamento degli usi civici), artt. 27, primo. ed ultimo comma, e 29, secondo comma, in quanto attribuiscono funzioni giurisdizionali al commissario per la .liquidazione degli usi civici (artt. 108, secondo comma, e 25 della Costituzione). Corte di appello di Roma, sezione speciale usi civici, ordinanze 27 marzo 1969 (tre), G. U. 16 luglio 1969, n. 179. (33} Per l'art. 42 la questione � stata proposta solo dal pretore di Treviglio, in riferini.ento, come per le altre disposizioni, all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. (34) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44, terzo e quarto comma, del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 (nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190) � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 febbraio 1965, n. 6. (35) Questione gi� proposta con numerose altre ordinanze (v. retro, II, 87, ed ivi nota 48). (36) Nell'ordinanza del pretore di Cormons la questione � proposta solo per l'art. 44, modificato dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190. 14 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 31 maggio 1928, n. 1334 (Regolamento per l'esecuzione della legge 23 giugno 1927, n. 1264, sulla disciplina delle arti ausiliari delle professioni sanitarie), art. 11, in quanto vieta all'odontotecnico, in contrasto con la disciplina stabilita dalla legge 23 giugno 1927, n. 1264 e con disparit� di trattamento rispetto agli esercenti delle altre arti ausiliarie delle professioni sanitarie, di esercitare la propria professione nei diretti confronti del pubblico (art. 33 della Costituzione). Pretore di Desio, ordinanza 1� luglio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 109, terzo c:omma, in quanto impone agli esercenti che danno alloggio per mercede di accertare l'identit� personale delle persone alloggiate e di comunicare all'autorit� di pubblica sicurezza l'arrivo, la partenza ed il luogo di destinazione delle persone alloggiate (artt. 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, e 41, primo comma, della Costituzione) (37). Pretore di Gemona del Friuli, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (artt. 13, 14, 15, 16 e 41 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 17 giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200 (artt. 16, primo comma, 17, secondo comma, e 41, primo comma, della Costituzione). r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 112, in quanto punisce la propaganda anticoncezionale (artt. 21 e 32 della Costituzione) (38) .. Tribunale di Viterbo, ordinanza 10 aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 121, primo e secondo c:�omma, in quanto condiziona l'esercizio di attivit� lavorativa con limitazioni non collegate ad alcun criterio obbiettivo di giudizio (art. 4, primo comma, della Costituzione) (39). Tribunale di Venezia, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. (37) Questione proposta dal pretore di Bologna, in riferimento agli artt. 16, primo comma, e 17, secondo comma, della Costituzione, anche con ordinanza 11 febbraio 1969 (G. U. 16 aprile 1969, n. 98). (38) Questione lichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21, secondo comma, della Costituzione (e � nei sensi e nei limiti di cui in motizzione �), con sentenza 19 febbraio 1965, n. 9, e riproposta di considerazione della opportunit� di verificare nuovamente la ricorrenza, � netl'attuale momento storico e sociale ., della situazione considerata dalla Corte costituzionale nella sentenza 19 febbraio 1965, n. 9. (39) Altra questione di legittimit� della disposizione � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, con sentenza 26 gennaio 1957, n. 33. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 149 r. d. 18 giugno 1931, n. 770 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 145, in quanto impone al datore di lavoro l'obbligo di denunziare all'autorit� di pubblica sicurezza l'assunzione di lavoratori cittadini stranieri (artt. 2, 3 e 10 della Costituzione) (40). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. legge 16 giugno 1932, n. 973 (Riposo settimanale e festivo nel commercio � ed orari dei negozi ed esercizi di vendita), art. 2, in quanto consente al prefetto di regolare o meno l'apertura dei negozi in modo assolutamente discrezional con il solo limite delle richieste delle organizzazioni sindacali (attualmente non rappresentative di tutti gli interessati) e del parere del sindaco (artt. 3, 39 e 41 della Costituzione) (41). Pretore di Roma, ordinanza 17 marzo 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali) art. 4, quinto c:omma, in quanto consente che il termine di decadenza di un anno decorra anche durante il rapporto di lavoro (art. 38, secondo comma, della Costituzione) (42). Corte di appello di Potenza, ordinanza 18 giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. r. d. 28 a.prile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni sull'ediiizia popolare ed economica), art. 32, in quanto prevede, a danno di cittadini per definizione � meno agiati � (art. 3, secondo comma, della Costituzione), una disciplina di favore per gli istituti autonomi per le case popolari (art. 3, primo comma, della Costituzione), consentendo di (40) Analoga questione, proposta per il d.lgt. 11 febbraio 1948, n. 50, � stata dichiarata non fondata con sentenza 25 giugno 1969, n. 104. (41) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenza 20 dicembre 1968, n. 133. (42) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 10 giugno 1966, n. 6.3, con la quale � stata dichiarata la illegittimit� degli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 nella parte in cui consentono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra anche durante il rapporto di lavoro. Diversa questione, prospettata per la ritenuta inadeguatezza del termine annuale, � stata proposta, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma della Costituzione, dal tribunale di Roma (ordinanza 3 febbraio 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 205). Il quinto comma dell'art. 4 del r.d. 17 ag�sto 1935, n. 1765 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 9 marzo 1967, n. 22, � in quanto consente che ii giudice civile possa accertare che ii fatto che ha provocato L'infortunio costituisca reato soitanto nella ipotesi di estinzione deU'azione penate per morte deU'imputato o per amnistia, senza menzionare L'ipotesi �di pr.escrizione det reato �. La disposizione � riprodotta all'articolo 10, quinto comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ottenere il rilascio dell'immobile senza contraddittorio e fissando per la opposizione un termine vessatorio (art. 24, secondo comma, della Costituzione) e tale da escludere in concreto la utilizzazione del gratuito patrocinio (art. 24, terzo comma, della Costituzione) (43). Giudice conciliatore di Potenza, ordinanza 23 aprile 1969, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Pretore di Milano, ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. legge 29 maggio 1939, n. 1208 (Approvazione del piano generale di massima edilizio della citt� di Napoli e delle relative norme di attuazione), nelle prescrizioni concernenti la zona grigia, che si risolvono in un vincolo di radicale inedificabilit� senza corresponsione di indennizzo (art. 42 della Costituzione). Cqnsiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 11 giugno 1968, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 32, in quanto consente la nomina a vice pretore onorario di notai e di procuratori esercenti, ai quali non � inibito, come invece per gli altri magistrati ordinari e speciali, di assumere impieghi ed uffici pubblici o privati (art. 101, secondo comma, e sezione I, titolo IV, della Costituzione). Tribunale di Trieste, ordinanza 13 maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 15, in quanto consente la declaratoria di fallimento senza preventiva audizione dell'imprenditore (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (44). Tribunale di Milano, ordinanza 7 novembre 1968, G. U. 2 luglio 1969, n. 145. Pretore di Roma, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. Tribunale di Roma, ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. (43) Analoghe questioni sono state gi� proposte dal pretore di Salerno (ordinanze 4 giugno 1968 (tre), G. U. 31 agosto 1968, n. 222) e dal giudice conciliatore di Mercato San Severino (ordinanza 22 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). (44) Questione proposta anche dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78), dalla Corte di appello di Brescia (ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91) e dal pretore di Roma (ordinanza 11 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 151 r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 151 r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 18, in quanto fa decorrere il termine utile per la opposizione dalla data di affissione dell'estratto della sentenza dichiarativa di fallimento alla porta esterna del tribunale, da una forma di P.ubblicit�, cio�, inidonea a costituire mezzo informativo di serio affidamento �soprattutto quando il debitore non sia stato preventivamente informato della procedura �fallimentare a suo carico (art. 24 della Costituzione) (45). Pretore di Roma, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. . r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 18, in quanto vieta al debitore di opporsi alla dichiarazione di fallimento quando egli stesso l'abbia proposta (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. r. d. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia di imposta di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella prevista dall'art. 50 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite dei beni ai pubblici incanti (46), consente all'Amministrazione finanziaria di procedere all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in seguito a vendite coatte promosse in dipendenza di mutui in danaro (artt. 3 e 53 della Costituzione) (47). Tribunale di Bologna, ordinanza 25 marzo 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. d. lg. lgt. 5 ottobre 1944, n. 316 (Norme per la speciale revisione delle sentenze di condanna emesse dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato soppresso con il r. decreto-legge 29 luglio 1943, n. 668), in quanto sancisce la validit�, salva la possibilit� della revisione, delle sentenze (45) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 novembre 1962, n. 93 e gi� riproposta dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78). (46) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 50, secondo comma, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. � (47) Questione dichiarata inammissibile, in ragione della ritenuta natura amministrativa delle commissioni tributarie che l'avevano proposta, con sentenza 10 febbraio 1969, n. 10. La questione risulta peraltro gi� proposta anche dal tribunale di Caltanissetta (ordinanza 4 giugno 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248). 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO emesse dal Tribunale speciale istituito con legge 25 novembre 1926, n. 2008 (artt. 3, 24 e 25, e titolo IV della Costituzione). Commissione elettorale mandamentale di Recanati, ordinanza 7 giugno 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri o apolidi), in quanto comporta l'applicazione di pene diverse a seconda della nazionalit� delle persone ospitate (artt. 2, 3 e 10 della Costituzione) (48). Pretore di Tione, ordinanza 25 marzo 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. Pretore di Sampierdarena, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. d. lg. 11 febbraio 1946, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri o apolidi), art. 1, in quanto impone al datore di lavoro l'obbligo di denunziare all'autorit� di pubblica sicurezza l'assunzione di lavoratori Cittadini stranieri (artt. 2, 3 e 10 della Costituzione) (49). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 22 aprile 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma, in quanto esclude, secondo la interpretazione adottata dalla Corte di cassazione, efficacia retroattiva alla declaratoria di illegittimit� costituzionale (art. 136 della Costituzione) (50). Tribunale di Napoli, ordinanza 1� aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, Il. 186. legge 27 dicembre 1953, n. 968 (Concessione di indennizzi e contributi per danni di guerra), art. 52, in quanto esclude la concessione dell'indennizzo per i cittadini non residenti o domiciliati nel territorio nazionale (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 7 marzo 1969, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica utilit�), art. 1, n. 3, in quanto vincola l'applicazione della misura di sicurezza a situa( 48) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 giugno 1969, n. 104. (49) Analoga questione � dichiarata non fondata con sentenza 25 giugno 1969, n. 104. (50) Questione dichiarata gi� non fondata (sentenza 29 dicembre 1966, n. 127) e riproposta per il contrasto di interpretazione sorto in argomento tra la Corte di cassazione e la Corte costituzionale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 153 zioni di sospetto, oltrettutto non tassativamente predeterminate (artt. 13, 25, terzo comma, e 27, secondo comma della Costituzione) (51); art. 5, terzo e quarto comma, nel suo complesso ed in connessione all'art. 9, in quanto consente restrizioni della libert� con misure non rieducative (artt. 2, 3, secondo comma, 25, terzo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione); comb. disp. artt. 5 e 9, in quanto pone prescrizioni (e vivere onestamente � e � non dare ragione di sospetti �) che si esauriscono in rinvii a valutazioni extragiudiriche nemmeno essere determinabili nella loro fonte e nel loro contenuto (art. 25, secondo comma, della Costituzione), e tali ( � rispettare le leggi �) da risolversi, in quanto penalmente sanzionate, in un irragionevole aggravio' della posizione del sorvegliato (artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione) (52); art. 5, terzo comma, in quanto pone prescrizioni ( � non associarsi stabilmente � a persone pregiudicate o prevenute) suscettibili di comprimere il libero sviluppo della persona e delle sue relazioni anche fuori di reali necessit� preventive e di pregiudicare la pari dignit� sociale di tutti (artt. 2, 3, e 18 della Costituzione) (53) e tali (divieto di partecipare a pubbliche riunioni) da escludere la stessa possibilit� di reinserimento del sorvegliato nella convivenza civile (art. 17 della Costituzione) (53); art. 5, quarto comma, in quanto consente al giudice di stabilire altre prescrizioni facoltative, e con discrezionalit� orientata solo alle � esigenze di difesa sociale � (artt. 2, 3, secondo comma, e 25 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 21 aprile 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. legge 17 agosto 1957, n. 843 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra l'Italia e la Libia di collaborazione economica e di regolamento delle questioni derivanti dalla Risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 15 dicembre 1950.� con scambi di Note, concluso in Roma il 2 ottobre 1956), in quanto ratifica e rende esecutivi l'art. 12 dell'accordo tra l'Italia e la Libia concluso in Roma il 2 ottobre 1956 e la nota 2 ottobre 1956 scambiata in relazione al richiamato art. 12, nella parte in cui hanno disposto il trasferimento all'Istituto libico di assicurazioni sociali delle obbligazioni derivanti dalle posizioni assicu (51) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 27 della Costituzione, con sentenza 2.3 marzo 1964, n. 23. Altra questione � stata dichia� rata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 13, secondo comma, dalla Costituzione, con sentenza 17 marzo 1969, n. 32. (52) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza 19 luglio 1968, 11. 110, dichiarativa della illegittimit� costituzionale dell'art. 708 del codice penale � limitatamente alla parte in cui fa richiamo atle condizioni personali di condannato per mendicit�, di ammonito, dl sottoposto a misure di sicurezza personate o a cauzione di buona condotta �. (53) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2 e 17 della Costituzione, con sentenza 5 maggio 1959, n. 27. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rative acquisite nei confronti dell'I.N.P.S. dai cittadini italiani residenti in Libia alla data del 1� luglio 1957 (artt. 38, 2, e 3 della Costituzione). Corte di appello di Catania, ordinanza 29 aprile 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 109, lettera e, in quanto esclude la detraibilit� delle spese non registrate nel modo prescritto dall'art. 43, lettera d (art. 53 della Costituzione) (54). Commissione distrettuale delle imposte di Udine, ordinanze 13 maggio 1968 (due), G. U. 16 luglio 1969, n. 179. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 261, quarto comma, in quanto consente di punire gli atti fraudolenti compiuti dal contribuente anche precedentemente al verificarsi della mora, secondo criterio diverso da quello prima stabilito dall'art. 30 del r. d. 17 settembre 1931, n. 1608 (art. 76 della Costituzione) (55). Corte di appello di Roma 19 aprile 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. legge 27 febbraio 1958, n. 190 (Modifica agli artt. 44 e 45 del decretolegge 15 ottobre 1925, n. 2033, convertito nella legge 18 marzo 1926, n. 562, concernente la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), artt. 1 e 2, in quanto non prevedono l'intervento dell'interessato alle operazioni di prelevamento e analisi dei campioni (artt. 3 e 24 della Costituzione) (56). Pretore di Guardia Sanframondi, ordinanza 18 aprile 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Cormons, ordinanza 27 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (art. 3 e 24 della Costituzione) (57). (54) Questione proposta anche dalla Commissione listrettuale delle imposte di Vasto (ordinanze 15 luglio 1968 (due), G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e dal tribunale di Ancona (ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). (55) Diversa questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata proposta, in riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, dal Consiglio nazionale forense (ordinanza 17 luglio 1968, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318). (56) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24 e 102 della Costituzione, con sentenza 10 maggio 1963, n. 63, e gi� riproposta, a seguito della decisione 5 luglio 1968, n. 86 della Corte costituzionale, anche dal pretore di Castelfranco Veneto (ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85), dal pretore di Sant'Elpidio a Mare (ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145) e dallo stesso pretore di Guarda Sanframondi (ordinanza 14 marzo 1969. G. U. 18 giugno 1969, n. 152). Sui precedenti, v. retro, II, 102, nota 48 e � 18, nota 16 ss. (57) Nell'ordinanza di rimessione del pretore di Cormons la questione � proposta solo per l'art. l, che modifica l'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 155 d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), art. 91, secondo comma, in quanto rimette la sospensione della patente all'assoluta discrezionalit� del prefetto (art. 3 della Costituzione) (58). Pretore di Torino, ordinanza 17 aprie 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), articolo unico, in quanto rende obbligatorie erga omnes le clausole concernenti le Casse edili di cui agli artt. 34 e 62 del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (artt. 3, 18, 23, 39 e 76 della Costituzione) (59). Pretore di Teramo, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145 (Norme sul trattamento economico e normativo per gli agenti e rappresentanti di commercio delle imprese industriali), articolo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes. l'art. 14 dell'accordo economico collettivo 20 giugno 1956 per la disciplina del rapporto di agenzia e di rappresentanza commerciale, che dispone l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in sede sindacale (art. 76 della Costituzione) (60). Pretore di Como, ordinanza 10 maggio 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. d. P. R. 9 maggio 1961 (n. 865, recte:) n. 780 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini della provincia di Campobasso, Pescara e Teramo), articolo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 6 e 11 del contratto integrativo per la provincia di Teramo (artt. 3, 18, 23 e 39 della Costituzione). Pretore di Teramo, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. (58) La questione di legittimit� costituzionale del quinto comma della disposizione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13 e 27, secClllldo comma, della Costituzione, con sentenza 14 febbraio 1962, n. 6. (59) Nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 34 e 62 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 l'articolo unico al d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. Per le altre declaratorie di illegittimit� costituzionale del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 v. retro, II, 103, nota 68). (60) Cfr., in argomento, le sentenze 6 luglio 1965, n. 56 e 4 febbraio 1967, n. 9 della Corte costituzionale. 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes l'art. 8, secondo comma, del contratto collettivo 1� ottobre 1959, integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti dalle imprese delle industrie edilizia ed affini della provincia di Macerata (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione) (61). Pretore di Recanati, ordinanza 28 maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali), art. 9, primo c�omma, in quanto non prevede indennizzo per il divieto di 'edificazione imposto ai proprietari degli immobili ubicati lungo il tracciato delle autostrade (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (62). Tribunale di Avellino, ordinanza 13 maggio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, in quanto, nel disciplinare le modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei campioni, non prevede l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (63). Pretore di Tione, ordinanze 11 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 e 13 maggio 1969 (due), G. U. 9 luglio 1969, n. 172 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Adria, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (art. 24 della Costituzione). (61) L'articolo unico del d.P.R. 9 maggio 1961, n. 868 � stato gi� dichiarato incostituzionale nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes l'art. 10 del con. tratto collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edizia ed affini della provincia di Ascoli Piceno (sentenza 8 luglio 1967, n. 99) e l'art. 12 del contratto collettivo integrativo 1� ottobre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese delle industrie edilizia ed affini della provincia di Macerata (sentenza 17 marzo 1969, n. 33). (62) Questione gi� proposta dal tribunale di Catanzaro (al quale la Corte costituzionale ha restituito gli atti, con ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, per un nuovo giudizio sulla rilevanza) e dal tribunale di Genova: v., rispettivamente, ordinanze 24 febbraio 1967 (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258) e 25 marzo 1968 (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). (63) Questione gi� proposta (e con analogo riferimento ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 5 luglio 1968, n. 86) con numerose altre ordinanze (cfr. retro, II, 105 ed ivi nota 73). I I m ~:'.:'. �: PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 157 Pretore di Camposampiero, ordinanza 14 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 30 aprile 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 14 aprile 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207 (art. 24 della Costituzione). Pretore d� Rho, ordinanza 24 maggio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207 (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (64). legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 1959, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo comma, in quanto consente di determinare la indennit� di espropriazione secondo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici anni anteriore al provvedimento espropriativo (artt. 42, terzo comma, e 3 della Costituzione) (65); Tribunale di Bari, ordinanze 20 marzo 1969 (due), G. U. 2 luglio 1969, n. 165. legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le indust1�ie elettriche), art. 5, n. 2., in quanto prevede per la determinazione dell'indennizzo un criterio unitario, la cui applicazione consente il trasferimento con indennizzo meramente simbolico delle impresa appartenenti a societ� di dimensioni economiche minime (artt. 42, terzo comma, 43 e 3, primo comma, della Costituzione) (66). Tribunale di Roma, ordinanza 11 novembre 1968, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. d. P. R. 25 febbraio 1963, n. 138 (Norme relative agli indennizzi da corrispondere alle imprese assoggettate al trasferimento all'Enel), art. 2, in quanto prevede per la rettificazione dell'indennizzo un coefficiente unico, la cui applicazione consente il trasferimento con indennizzo meramente simbolico delle imprese appartenenti a societ� di di� (64) Nell'ordinanza del pretore di Rho la questione viene proposta per il secondo e terzo comma della disposizione. (65) Questione gi� proposta, con numerose ordinanze, dallo stesso tribunale. V. retro, II, 105 ed tvi nota 74. (66) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma. e 42, terzo comma, della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1969, n. 115. La questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge 6 dicembre 1962, n. 1643 � stata dichiarata non fondata con sentenze 7 marzo 1964, n. 14 (artt. 3, 4, 47 e 67 della Costi� tuzione) e 12 luglio 1965, n. 66 (artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, secondo comma, 113 e 76 della Costituzione). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mensioni economiche minime (artt. 42, terzo comma, 43, e 3, primo comma della Costituzione) (67). Tribunale di Roma, ordinanza 11 novembre 1968, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. legge 26 febbraio 1963, n. 441 (Modifiche ed integrazioni alla legge 30 aprile 1962, n. 283, sulla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande ed al decreto del Presidente della Repubblica 11 agosto 1959, n. 750), art. 1, che modifica l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, in quanto, nel disciplinare le modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei campioni, non prevede l'intervento. dell'interessato (art. 24 della Costituzione) (68). Pretore di Tione, ordinanze 11 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 e 13 maggio 1969 (due), G. U. 9 luglio 1969, n. 172. Pretore di Adria, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Tribunale di Milano, ordinanza 14 aprile 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. Pretore di Cagliari, ordinanza 30 aprile 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi alle Sezioni specializzate agrarie), artt. 3, quarto comma, e 4, primo comma, in quanto consentono al potere esecutivo di interferire nella nomina degli esperti, con p.ttivit� prevalente e tale da incidere sui poteri valutativi e discrezionali riservati alla esclusiva competenza del Consiglio superiore della magistratura (artt. 104, 105, e 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, sezione specializzata agraria, ordinanze 25 gennaio 1969 (tre), G. U. 6 agosto 1969, n. 200. legge prov. Bolzano 3 gennaio 1964, n. 1 (Approvazione del piano regolatore generale del Comune di Bolzano), art. unico, in quanto emanata sulla base dell'art. 16 della legge provinciale 10 luglio 1960, n. 8, in difetto delle norme di attuazione riservate dall'art. 95 dello Statuto per la regione Trentino-Alto Adige alla competenza legislativa della (67) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1969, n. 115. La questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138 nel suo complesso � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 4, 47, 52, 102, secondo comma, 113 e 76 della Costituzione, con sentenza 12 luglio 1965, n. 66. (68) Questione gi� proposta con numerose altre ordinanze. V. retro, II, 106 e 26. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 159 Regione (art. 95 dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige). Tribunale di Bolzano, ordinanza 20 giugno 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. legge 12 ottobre 1964, n. 1081 (Istituzione dell'albo dei consulenti del lavoro), art. 4, sec:ondo c:omma, in quanto, con criterio diverso da quello adottato in analoghe ipotesi di incompatibilit� da altre disposizioni di legge, impedisce al consulente del lavoro di esercitare la professione per la presenza, nella stessa provincia, di un suo parente o affine alle dipendenze del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Pretore di Recanati, ordinanza 1<> maggio 1969, d. U. 6 agosto 1969, n. 200. legge reg. Trentino-Alto Adige 19 agosto 1965, n. 4 (Norme per l'assistenza ai pensionati e ai loro familiari iscritti alle Casse mutue provinciali di malattia di Trento e di Bolzano), a~t. 2, in quanto, in deroga all'art. 5, quarto comma, della legge statale 31 dicembre 1961, n. 1443, attribuisce alla competenza del Presidente della giunta regionale la determinazione dell'intera aliquota contributiva addizionale (art. 6, primo comma, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 5 novembre 1968, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), art. 10, in quanto esclude il diritto dell'apprendista all'indennit� di anzianit� (art. 3, primo comma, e 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (69). Corte di appello di Bologna, ordinanza 4 marzo 1969, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), art. 42, in quanto consente di procedere al prelievo ed all'analisi dei campioni senza l'intervento delll'interessato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (70). Pretore di Tricase, ordinanza 21 giugno 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. (69) Questione gi� proposta dal pretore di Milano (ordinanza 16 maggio 1968, G. U. 31 agosto 1968, n. 222). (70) Questione gi� proposta, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal pretore di Sant'Elpidio a Mare (ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. sic. appr. 11 giugno 1969 (Provvedimenti per l'intervento nel settore agricolo alimentare) (71). Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 23 giugno 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. legge reg. sic. appr. 17 luglio 1969 (Istituzione di una borsa di studio per allievi siciliani presso l'Istituto centrale del restauro in Roma). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 30 luglio 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE � STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, nella parte relativa all'ipotesi di separazione personale per colpa di uno solo dei coniugi (artt. 3 e 29 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (72). Ordinanza 26 giugno 1969, n. 111, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Ordinanza di rimessione 13 novembre 1968 del Tribunale di La Spezia, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. codice penale, art. 559 (Adulterio), primo comma -Manifesta infondatezza (73). Ordinanza 8 luglio 1969, n. 122, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 6 novembre 1968 del Pretore di Venezia, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. (71) Legge dichiarata incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 120. (72) Questione dichiarata non fondata con sentenza 26 marzo 1969, n. 45 L'art. 156, primo comma, del colice civile � stato dichiarato invece incostituzionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, � nella parte in cui pone a carico del marito. in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei �. Altra questione � stata proposta dal tribunale di Milano con ordinanza 14 febbraio 1968 (G. U. 26 ottobre 1968, n. 275) (73) Il primo ed il secondo comma dell'art. 559 del codice penale sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 19 dicembre 1968, n. 126. La questione era stata invece dichiarata non fondata con sentenza 28 novembre 1961, n. 64. � ~:) j!! ~� {,~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 161 codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone .incapaci) (artt. 29, secondo comma, e 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (74). Ordinanza 11 luglio 1969, n. 130, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 7 novembre 1968 del Pretore di Bologna, G. U. 8 .gennafo 1969, n. 6. legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F (Legge sui lavori pubblici), art. 317, secondo comma (art. 25 della Costituzione) --Manifesta inammissibilit� (75). Ordinanza 26 giugno 1969, n. 110, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. Ordinanza di rimessione 24 ottobre 1968 del Pretore di Barletta, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 5 febbral�o 1891, n. 99 (Rego�lamento amministrativo per l'esecuzione della legge 17 luglio 1890, n. 6972, sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), art. 16 -Manifesta inammissibilit� (76). Ordinanza 15 luglio 1969, n. 140, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del Tribunale di Trani, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. legge 2 agosto 1897, n. 382 (Provvedimenti per la Sardegna), art. 3, n. 3 (art. 25, secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 8 luglio 1969, n. 117, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 1� febbraio 1968 del Pretore di Sassari, G. U. 11 maggio 1968, n. 120. legge 22 marzo 1908, n. 105 (Sull'abolizione del lavoro notturno dei fornai) (artt. 3 e 41 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (77). Ordinanza 8 luglio 1969, n. 121, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 2 marzo 1968 del Pretore di Barcellona Pozzo di Gotto, G. U. 31 agosto 1968, n. 222. (74) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 29, secondo com� ma, della Costituzione, con sentenza 28 marzo 1969, n. 54. Nella parte in cui limitava il diritto di querela al solo genitore esercente la patria potest� l'art. 574 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9. (75) Questione gi� dichiarata inammissibile (in riferimento agli artt. l, se� condo comma, 13, secondo comma, 25, secondo comma, 70, 76 e 77 della Costituzione), e non fondata (in riferimento agli artt. 2, 13, 16 e 41 della Costituzione) con sentenza 27 giugno 1968, n. 73. (76) Inammissibilit� dichiarata in ragione della natura regolamentare della di� sposizione (conf.: Corte costituzionale, 20 marzo 1969, n. 46). (77) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenza 26 febbraio.1964, n. 21. 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Legge comunale e provinciale), artt. 10 e 14, in relazione all'art. 15, n. 3 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 {art. 15, n. 3 del d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203) (artt. 3 e 51 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (78)., Ordinanza 15 luglio 1969, n. 140, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 196a del Tribunale di Trani, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. legge 1O aprile 1951, n. 287 (Riordinamento dei giudizi di Assise), modHicata dalle leggi 24 novembre 1951, n. 1324, 5 maggio 1952, n. 405 e 27 dicembre 1956, n. 1441, art+. 3, 4, 25 e 26 (artt. 3 e 51 della Costituzione) -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza (79). Ordinanza 15 luglio 1969, n. 138, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 26 febbraio 1968 della Corte di assise di appello di Milano, G. U. 11 maggio 1968, n. 120. legge prov. Bolzano 1957, n. 8 (Tutela del paesaggio), art. 7, in relazione al successivo art. 15 -Manifesta infondatezza (80). Sentenza 15 luglio 1969, n. 136, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 3 novembre 1967 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 1-0 giugno 1968, n. 139. legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (Norme per il finanziamento delle prestazioni per l'assistenza di malattia ai pensionati), art. 5, quarto c:omma (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (81). Sentenza 26 giugno 1969, n. 112, G. U. 2 luglio 1~69, n. 165. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del Tribunale di Genova, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (78) L'art. 15, n. 3 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (art. 15, n. 3 del d.P.R. 5 aptjle 1951, n. 203) � stato dichiarato incostituzionale, in relazione agli artt. 10 e> 1.f del r.d. 3 marzo 1934, n. 383, � Umitatamente alla inclusione nette ipotesi di ineleggibilitd previste nel n. 3 dell'art. 15 di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, abbiano presentato le dimissioni astenendosi successivam,ente da ogni attivitd inerente all'ufficio � (sentenza 26 marzo 1969, n. 46). (79) Restituzione disposta perch� sia accertato se la legge 9 febbraio 1963, n. 66 non abbia gi� abrogato le denunciate disposizioni della legge 10 aprile 1951, n. 287. (80) Questione dichiarata non fondata, con la stessa sentenza, in riferimento ail'VIII disp. trans. della Costituzione ed all'art. 95 dello Statuto Trentino-Alto Adige. La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 15, secondo comma, della legge provinciale di Bolzano 24 luglio 1957, n. 8 � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, con sentenza 29 maggio 1968, n. 56. (81) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 febbraio 1969, 11. 21. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 163 legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), art. 11, primo c:omma (artt. 3 e 4 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (82). Ordinanza 11 luglio 1969, n. 131, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 11 gennaio 1969 del Pretore di Napoli, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1 (artt. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (83). Ordinanza 11 luglio 1969, n. 132, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 20 febbraio 1969 del Pretore di Manduria, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. legge 4 febbraio 1967, n. 25 (Integrazione di fondi per l'esecuzione a cura deU'A.N.A.S. di lavori di sistemazione, miglioramento ed adeguamento delle strade statali di primaria importanza), art. 4, primo c:omma (art. 81, quarto comma, della Costituzione) -Inammissibilit� (84). Ordinanza 15 luglio 1969, n. 139, G. U. 16 luglio 1969, n. 179. Ordinanza di rimessione 24 luglio 1968 della Corte dei conti a sezioni riunite, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. legge 29 aprile 1967, n. 230 (Bilancio di previsione dello Stato per l'esercizio finanziario 1967), art. 98 (art. 81, terzo comma, della Costituzione) -Inammissibilit� (84). Ordinanza 15 luglio 1969, n. 139, G. U. 16 luglio 1969, n~ 179. Ordinanza di rimessione 24 luglio 1968 della Corte dei conti a sezioni riunite, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. (82) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, con sentenza 14 aprile 1969, n. 81. (83) La disposizione � stata dichiarata incostituzionale, con sentenza 21 marzo 1969, n. 37, e limitatamente alla parte in cui comprende nella normativa anche i rapporti, che formano oggetto della legge, conclusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941 >. (84) Inammissibilit� dichiarata per ragioni gi� prospettate nella sentenza 18 dicembre 1968, n. 142, in quanto cio� � i requisiti necessari a:/1inch� questioni di legittimit� costituzionale siano rilevanti in un giudiZio non ricorrono quando la Corte dei conti proceda alla parificazione del rendiconto � ). 15 CONSULTAZIONI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Cassa Conguaglio-Zucchero. Se la Cassa Conguaglio Zucchero possa ritenersi organo dello Stato (n. 344). Se la Cassa Conguaglio possa ritenersi un ente pubblico economico (n. 344). APPALTO Custodia e vigilanza dei Poligoni di tiro. Se, ai sensi della convenzione per l'appalto del serv1z10 di custodia e vigilanza dei Poligoni di Tiro, il rapporto stesso possa essere qualificato come appalto (n. 328). AVVOCATI E PROCURATORI Avvocatura dello Stato -Interpretazione dell'art. 3 t.u. 1933, n. 1611 Se i funzionari che rappresentano le Amministrazioni dello Stato in giudizio a sensi dell'art. 3 t.u. 1933, n. 1611 debbano essere muniti della delega del competente Ministro pro-tempore (n. 71). BANCHE Banca Nazionale delle Comunicazioni -Rappresentanza del personale delle FF.SS. nel Consiglio di Amministrazione. Se nella scelta da parte dell'Amministrazione dei quattro consiglieri in rappresentanza degli iscritti sia da adottare il criterio della proporzionalit� rispetto alle organizzazioni sindacali (n. 15). Se, in tal caso, debba tenersi conto, nella scelta da effettuare, dei risultati delle elezioni interne (n. 15). CIRCOLAZIONE STRADALE Procedura per la sospensione della carta di circolazione. Se per il provvedimento di sospensione della carta di circolazione, ai sensi dell'art. 1 legge 9 luglio 1967, n. 572, debba seguirsi la procedura stabilita dall'art. 7 legge 3 maggio 1967, n. 317 (n. 18). PARTE II, CONSULTAZIONI 165 CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Scadenza del termine nel giorno festivo, prorogabilit�. Se il principio della proroga del termine scadente il giorno festivo al primo successivo non festivo, previsto da alcune norme �generali (art. 2963 e.e., art. 155 c.p.c.) sia applicabile alle procedure amm.ve (nel caso di specie alla presentazione delle denuncie di semina �del grano duro) (n. 92). CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO Responsabilit� contabile -Nozione di agente contabile -Consegnatari dell'ENCIP. Se i consegnatari dell'Ente Nazionale per l'Istruzione Professionale debbano intendersi avere la veste di consegnatari di oggetti appartenenti allo Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 178 lett. c) ultima parte del Regolamento di contabilit� delle Stato (n. 237). CONTRIBUTI Contributi di miglioria. Se la espressione � p.roprietari � contenuta all'art. 1 r.d.l. 28 novembre 1938, n. 200 debba essere intesa in senso tassativo, escludendo i titolari di diritti reali di godimento, fatta eccezione per il caso di enfiteusi (n. 81). DEMANIO Locali occupati nei palazzi di Giustizia dagli Ordini degli Avvocati e Procuratori. Se l'Amministrazione delle finanze abbia diritto a che gli Ordini degli Avvocati e Procuratori corrispondano i canoni di locazione relativi ai locali di propriet� dello Stato siti nei Palazzi di Giustizia (n. 227). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE lNA-CASA -Interessi sulle somme versate da prenotatari di alloggi dichiarati decaduti o rinunciatari. Se ai prenotatari di alloggio INA-CASA con promessa di vendita rinunciatari o dichiarati decaduti ai quali debbano essere rimborsate le somme versate per la prenotazione dell'alloggio spettino gli interessi legali su dette somme (n. 214). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI Servit� coattiva: usucapibilit� -Indennizzo per spostamento linea elettrica. Se una servit�, di contenuto analogo a quello della servit� coattiva, possa essere acquistata per usucapione (n. 44). Se l'onere delle spese di rimozione della linea elettrica, ammessa la ipotesi di usucapione della servit�, sia disciplinata dall'art. 1068 e.e. (n. 44). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� Conversione della indennit� in titoli del debito pubblico -Momento in cui l'espropriato pu� chiederla. Se la conversione della indennit� di esproprio in titoli di debito pubblico, dietro conforme richiesta dell'espropriato, possa aver luogo anche prima dell'emanazione del decreto di esproprio (n. 278). Legge 20 marzo 1968, n. 391. Se il rinvio che l'art. 33 t.u. sulle acque e sugli impianti elettrici fa all'art. 48 legge 25 giugno 1865, n. 2359 abbia natura formale e non ricettizia (n. 279). Se, in conseguenza, i provvedimenti per il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti della indennit� di espropriazione debbano essere adottati dall'autorit� giudiziaria e non dal Prefetto (n. 279). Opere di ricovero antiaereo -Indennit� -Rapporto fra la legge 2 dicemb1�e 1967, n. 1231 e legge 20 marzo 1968, n. 391. Se al deposito della indennit� presso la Cassa Depositi e Prestiti, qualora la indennit� stessa non sia stata accettata, debba provvedere direttamente il Prefetto (art. 1 quarto comma, legge 1231/67) ovvero si debba procedere dietro ordine del pretore o del tribunale competente (art. 48 nuovo testo della legge sulle espropriazioni, quale risulta dall'art. 3 legge numero 391/68) (n. 280). FALLIMENTO Crediti privitegiati -Momento della cessazione della decorrenza degli interessi. Se gli interessi di un credito privilegiato insinuato in un passivo fallimentare siano dovuti fino al giorno della vendita dei beni su cui grava il diritto di prelazione ovvero fino al giorno del suo soddisfacimento (n. 118) PARTE II, CONSULTAZIONI 167 FARMACIA Modifica da parte della nuova l'egge farmaceutica del 1968 del limite di distanza degli esercizi farmaceutici. Se il farmacista acquirente in base all'art. 18 della nuova legge farmaceutica del 1968,' possa ottenere il trasferimento del locale nell'ambito della propria sede indipendentemente dal limite di distanza di 500 m. da altra farmacia di cui all'art. 28 con la riduzione del limite a m. 200 (n. 23). JiMPIEGO PUBBLICO Aumento anticipato di stipendio a seguito di nascita di figlio (r.d. 21 agosto 1937, n. 1542 conv. in legge 3 gennaio 1939, n. 1) -Adozione ai sensi dell'art. 314/24 e.e. -Applicabilitd. Se la completa equiparazione dell'adottato al figlio legittimo prevista dalla nuova norma 314/26 e.e. introdotta dalla legge 15 maggio 1967, n. 430 importi la concessione dell'aumento anticipato di stipendio che compete ai dipendenti statali in attivit� di servizio a seguito della nascita di un figlio, anche a favore dell'adottante (n. 697). lndennitd di buona uscita -Obbligo di restituzione nel caso di riassunzione in servizio. Se i dipendenti appartenenti al personale di esercizio delle FF.SS., gi� collocati a riposo e poi riammessi in servizio nel personale d'ufficio a sensi della legge 15 febbraio 1967, siano tenuti a rendere l'indennit� di buona uscita ad essi liquidata con i relativi interessi (n. 698). Indennitd per i servizi relativi alle imposte di fabbricazione -Legge 9 novembre 1966, n. 912 art. 41 -Applicabilitd al' personale della Guardia di Finanza. Se le soppressioni di cui all'art. 141 d.l. 9 novembre 1966, n. 912 delle riduzioni disposte per la seconda, terza e successive ore, nelle aliquote orarie stabilite per tutti i servizi svolti dagli uffici tecnici delle imposte di fabbricazione e contemplate nella tabella di cui all'art. 6 d.l. 23 ottobre 1964, n. 987 (cio� quella approvata con d.m. 21 febbraio 1962), concerna solamente le indennit� del personale degli UTIF, o anche il personale della Guardia di Finanza (n. 699). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazione tributaria di cui all'art. 38 legge 29 luglio 1957, n. 634 -Impianti di nuovi stabilimenti industriali. Se l'agevolazione tributaria di cui all'art. 38 legge 29 luglio 1957, n. 634 si applichi anche agli atti di aumento di capitale preordinati all'impianto di nuovi stabilimenti industriali (n. 307). 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Donazione indiretta -Art. 5 d.l. 8 marzo 1945, n. 90. Se possa ritenersi tuttora sostenibile la tesi della donazione indiretta nelle vendite fra parenti (n. 308). IMPOSTE E TASSE Interessi moratori su somme depositate -Dogana. Se l'Amministrazione delle Finanze debba corrispondere gli interessi moratori -ai sensi dell'art. 5 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -sulle maggio~�i somme versate in dogana al fine di ottenere lo svincolo immediato di partite di merce relativamente alle quali sia sorta controversia circa il valore imponibile (n~ 508). LOCAZIONI DI COSE Legge n. 4/69 -Applicabilit� a locazioni gi� disdette. Se la proroga delle locazioni disposta con la legge n. 4/69 debba essere ritenuta applicabile quando II rapporto locatizio sia venuto meno per effetto delle disdette tempestivamente intimate (136). LOTTO E LOTTERIE Confronto tra bolletta e matrice ai fini del pagamento della somma vinta. Se il confronto tra bolletta e matrice costituisca condizione essenziale ed indispensabile, di regola, per addivenire al pagamento della vincita (n. 34). MILITARI Limiti di sicurezza delle installazioni militari -Uso delle armi -Consegne. Se, per stabilire il �limite di sicurezza�, che non deve essere sorpassato da estraneo, occorra, quando il terreno non sia di propriet� demaniale, imporre preventivamente la relativa servit� militare (n. 21). Se la � consegna � alla sentinella circa l'uso delle armi possa comprendere il caso che taluno, nonostante gli avvertimenti di rito, si avvicini al � limite di sicurezza � e lo oltrepassi (n. 21). MINIERE Possibilit� di disporre la coltivazione di una cava a � cielo aperto �. Se, alla luce della legge 184 del 1893 e del relativo regolamento approvato con r.d. 10 gennaio 1907, n. 152, sia possibile imporre all'esercente I �-��-1-:~ ::: PARTE II, CONSULTAZIONI 169 della m1mera e della cava particolari cautele, tra le quali quella della coltivazione � a cielo aperto � e se a competenza ad emettere il detto provvedimento spetti alla Autorit� che esercita poteri di polizia mineraria (n. 20). OCCUPAZIONE Calcolo deU'indennit�. Se il compenso per occupazione temporanea di urgenza, .predisposta per il successivo esproprio, debba continuare ad essere determinato sulla base d�ll'interesse legale sulla indennit� di esproprio ovvero sulla base del reddito dell'immobile, nei casi di indennit� calcolata, non secondo il valore venale del bene (art. 39 legge 1865, n. 2359), ma secondo altri criteri (nel caso specifico legge 15 gennaio 1885, n. 2832) (n. 5). POLIZIA Violazione a norma di polizia forestale -.Inapplicabilit� delle sanzioni anche ai proprietla.ri del bestiame. Se a seguito della legge 9 ottobre 1967, n. 950 le sanzioni per violazioni a norme di polizia forestale (nella specie: .pascolo in localit� vietate) possano applicarsi, oltre che ai trasgressori delle medesime, anche ai proprietari del bestiame (n. 39). RESPONSABILIT� CIVILE Responsabilit� dell'Amministrazione per incidente causato da dipendente �che si reca in servizio. Se possa configurarsi una responsabilit� civile dell'Amministrazione per danni causati da un dipendente che, con il proprio automezzo, si stia recando li dove sia stato convocato per esigenze di servizio (n. 249). SPESE GIUDIZIALI Se la trattenuta del quinto dello stipendio, indennit� o altri emolumenti che percepisce il dipendente dello Stato o di un ente pubblico, ai sensi del d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180, debba ritenersi legittima, oltre che per quella parte delle �spese giudiziali� che sono imposte e tasse (di bollo, di registro, cronologico), anche per il recupero delle altre spese anticipate dallo Stato non aventi natura tributaria (n. 23).