NNO XVIII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1966 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1966 



ABBONAMENTI 

ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000 
UN NUMERO SEPARATO � .. .. .. .. � � .. � � � � � � 900 


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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(5213783) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



Il giorno 12 ottobre 1966 il Presidente del Consiglio dei Mi� 
nistri on. Moro, ha ricevuto l'Avvocato Generale dello Stato, 
Giovanni Zappal�, il quale Gli ha presentato la relazione sui giudizi 
di costituzionalit� ed il Contenzioso dello Stato nel quin� 
quennio 1961-1.965. 

L'opera che illustra l'attivit� dell'Avvocatura dello Stato 
nel campo costituzionale e nel campo contenzioso e consultivo, 
� divisa in tre volumi, il primo dei quali � dedicato ai � giudizi 
di costituzionalit�� ed il secondo ed il terzo al �Contenzioso dello 
Stato�. 

La materia costituzionale � stata divisa in quattro Sezioni, 
delle quali la prima tratta del controllo di costituzionalit� e dei 
giudizi di legittimit� costituzionale, la seconda della tutela della 
Costituzionale nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, la 
terza dell'ordinamento regionale, la quarta della riforma fondiaria. 

La materia relativa al contenzioso dello Stato � stata divisa 

in due parti, la prima, costituita di quattro capitoli, ove sono 

state esposte le tesi sostenute dall'Avvocatura sia nei giudizi ver


titi dinanzi la Corte di Giustizia della Comunit� Europea, dinanzi 

le Commissioni di Conciliazione e dinanzi autorit� giurisdizionali 

straniere, sia in materia di giurisdizione e di responsabilit� della 

pubblica Amministrazione, avendo cura di dare notizia anche 

delle pi� rilevanti manifestazioni giurisdizionali intervenute in 

giudizi cui l'Avvocatura � rimasta estranea (per non riguardare 

lo Stato o gli Enti pubblici da essa rappresentati e difesi) e ci� 

al fine di dare un panorama generale delle varie questioni co


munque interessanti, in via diretta o indiretta, la pubblica Am


ministrazione intesa in senso lato. 

Nella seconda parte de �Il Contenzioso dello Stato� hanno 

trovato sistemazione, in cinque distinti Titoli, i � beni ed i mezzi 

dello Stato�, l'attivit� della Pubblica Amministrazione sotto lo 

aspetto formale e sostanziale e nei rapporti di diritto comune, 

il rapporto di pubblico e gli indennizzi in dipendenza della guerra. 

Trattasi di un'opera di particolare utilit� per quanti si inte


ressano ai problemi giuridici in genere ed in particolare a quelli 



relativi alla pubblica Amministrazione, e dalla quale l'uomo di 
governo, il magistrato, il funzionario, l'avvocato e lo studioso 
possono trarre un concreto ausilio, o quanto meno un primo 
orientamento, anche dalla semplice consultazione. 

A tal fine l'opera � corredata da ampi indici e da tavole statistiche 
ove l'attivit� dell'Avvocatura viene, per cos� dire, visualizzata, 
dando modo di rendersi conto della notevole mole di 
lavoro svolto in un quinquennio. 

Infatti, gli affari trattati dalla Avvocatura negli anni 1961


1965 hanno raggiunto la cifra di 184.128, dei quali 71.565 affari 
consultivi e 112.536 affari contenziosi, con un notevole incremento 
rispetto ai 164.187 affari trattati complessivamente nel quinquennio 
precedente. 

Questi dati statistici, insieme con quelli relativi agli affari 
contenziosi definiti nel quinquennio e tenendo anche conto della 
gravit� e della delicatezza delle questioni trattate, mettono in 
rilievo l'alto grado di rendimento raggiunto dall'Istituto. 



' 


INDICE 


Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTffUZIONALE E INT,ERNAZIONA>
LE pag. 755 

Sezione seconda: 
GIURISPIRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDl-
ZIONE )) 783 

Sezione terza:� 
GIURISPIRUDENZA CIVILE )) 829 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 876 

Sezione quint�a: 
GIURISPRUDENZA TRl,BUTARIA )) 894 

Sezione sesta: 
GIURISPiRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBUCHE, 
APPALTI E FORNl1TU~E )) 947 

Sezione settima: 
GIURISPiRUDENZA PENALE )) 962 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

QUESTIONI pag. 181 
RASSEGNA DI DOTTRINA )) 189 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 194 
CONSULTAZIONI )) 214 
NOTIZIARIO � 225 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagH avvocati: 
Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, 
Giuseppe 1Del Greco, Antonino Terranova 


Le rassegne. di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Luigi Mazzella e Arturo Marzano 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

ARGAN F., Osservazioni in tema di invenzioni di dipendenti sta


tali e di imposizione di vincolo di segretezza su invenzioni 

interessanti la difesa militare . . . . . . . . . . . . . . I, 788 

CARUSI F., Sostituzione nell'esecuzione di opera pubblica, occupazione 
abusiva di suolo alieno e legittimazione passiva nel 
giudizio promosso dal proprietario a tutela del proprio diritto 
leso . . . . . . . . . . . . � . . . . . . . I, 864 

MARZANO A., Ancora sulla demaniabilit� delle spiagge lacuali I, 949 

FOLIGNO D., Gli effetti dell'a dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
(nuovi spunti in margine alla sentenza sul plusvalore 
delle aree fabbricabili) . . . . . . . . . . . . . II, 181 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETCITA 


-Controversia sul se un terreno 
faccia pi� parte dell'alveo -Competenza 
del Tribunale delle Acque 
-Sussiste -Controversia 
sulla propriet� di un terreno che 
abbia cessato di far parte dell'alveo 
-Competenza del G. O. Sussiste, 
947. 

-Laghi -Condizione giuridica nel 
periodo anteriore alla legislazione 
vigente -Demanialit�, con 
nota di A. MARZANO, 948. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


AMMINISTRAZIONE DELLO f!lrATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Contratti dello Stato -Interpretazione 
extratestuale -Inammissibilit� 
-Deliberazioni preparatorie 
-Rilevanza, con nota di F. 
ARGAN, 829. 

-Delegazione amministrativa intersoggettiva 
-Eliminazione delle 
abitazioni malsane -Delega dell'Amministrazione 
dei Lavori 
Pubblici agli Istituti Autonomi 
per le case popolari -Estensione 
della delega anche alle espropriazioni 
per p. u. -Necessit� 
dell'esame dell'atto di delega Sussiste, 
838. 

-V. anche Corte dei Conti. 

APPALTO 

-V. Opere pubbliche. 

ARBITRATO 

-V. Competenza e giurisdizione. 

ATTO AMMINlSTRATIVO 

-Estradizione Provvedimento 
ministeriale -Natura, 885. 

-Firma � per il Ministro � -Irregolarit� 
nella copia notificata Rilevanza 
-Limiti, 892. 

-Silenzio -Provvedimento interlocutorio, 
a carattere meramente 
dilatorio -Non impedisce la formazione 
del silenzio impugnabile, 
877. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


CAISSAZIONE 

-Obbligazioni e contratti -Interpretazione 
della volont� contrattuale 
-Pronuncia del giudice di 
merito -Incensurabilit�, 904. 

-Procedimento innanzi alla Corte 
di Cassazione -Facolt� di produrre 
atti e documenti, non prodotti 
nei precedenti gradi del 
processo, riguardanti la nullit� 
della sentenza impugnata e l'ammissibilit� 
del ricorso e del controricorso 
-Estensione anche ai 
documenti relativi alla legittimazione 
al ricorso o al controricorso 
-Sussiste, 854. 

-Provvedimenti di carattere decisorio 
in forma di ordinanza -Ricorso 
a norma dell'art. 111 della 
Clostituzione -Ammissibilit�, con 
nota di F. ARGAN, 833. 

-Ricorso a norma dell'art. 111 
Cost. -Provvedimenti impugnabili 
-Provvedimenti decisori con 
attitudine a produrre efficacia di 
giudicato e non altrimenti impugnabili, 
con nota di F. ARGAN, 835. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Atto amministrativo di delimitazione 
del demanio naturale -Lesione 
di diritto soggettivo perfetto 
del privato -Controversia dell'A.
G.O., 947. 


VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Atto amministrativo -Poteri del 
Giudice ordinario -Accertamento 
incidentale di legittimit�, 818. 

-Atto amministrativo -Poteri del 
Giudice ordinario -Estensione 

819. 
' 
-Consiglio di Stato -Questioni 
pregiudiziali -Giudicato preclusivo 
-Limiti, 783. 

- 
Danni di guerra -Indennizzo ex 

1. n. 968 del 1953 a favore dei 
proprietari di navi requisite o 
noleggiate dallo Stato -Interesse 
legittimo Giurisdizione del 
C.d,S., 877. 
-Difetto di giurisdizione �-Deducibilit� 
anche dalla parte che abbia 
precedentemente sostenuto la 
tesi contraria -Rilevabilit� in 
ogni stadio e grado del giudizio 
anche di ufficio. 823. ' 

-Espropriazione per pubblica utilit� 
-Procedimento speciale per 
le zone terremotate -Effetti Giurisdizione 
del Giudice amministrativo 
-Fattispecie, 823. 

-Estradizione -Giurisdizione ordinaria 
e amministrativa -Discriminazione 
-Criteri, 885. 

-Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Controversie 
tra privati, 783. 

-Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Determinazione 
e criteri -Petitum sostanziale, 
822. 

-Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Discriminazione 
-Criteri, 784. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Discriminazione Criteri, 
887. 

-Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
aministrativa -Domanda 
di revoca di un atto amimnistrativo 
-Inammissibilit� -Effetti 
rispetto alla giurisdizione sulle 
altre domande, 820. 

-Impiego publico e privato -Dipendenti 
-Corte dei C'onti -Ammissione 
-Esclusione dalle prove 
d'esame -Competenza del Consiglio 
di Stato, 883. 

-Insegnanti dei Convitti Nazionali 
-Rapporti di impiego -Controversie 
-Giurisdizione amministrativa 
-Susi;;istenza, 878. 

-Principi generali -Regolamento 
di giurisdizione -Sentenza della 
Corte di Cassazione -Declaratoria 
di giurisdizione del Consiglio 
di Stato -Effetti -Obbligatoriet� 
della decisione del Consiglio 
di Stato, 384. 

-Principi generali -Regolamento 
di giurisdizione -Sentenza della 
Corte di Cassazione -Effetti . 
Decorrenza, 883. 

-Principi generali -Regolamento 
di giurisdizione -Sentenza della 
Corte di Cassazione -Fa stato 
nel giudizio davanti al Consiglio 
di Stato, 883. 

-Regolamento di competenza Ambito 
del giudizio della Corte 
di Cassazione -Designazione del 
giudice competente -Esclusione 
di ogni altra questione non attinente 
in modo diretto e necessario 
alla decisione sul punto della 
competenza -Sussiste, 848. 

.,.._ 
Regolamento di competenza 
Criterio differenziatore tra la 
competenza dei Tribunali delle 
acque pubbliche e quella della 

A. G. in sede ordinaria -Oggetto 
della controversia -Attinenza 
anche indiretta ad interessi pubblici 
relativi allo sfruttamento ed 
alla regolamentazione delle acque 
pubbliche -Controversia relativa 
alla costruzione di una 
pertinenza di un'opera di regolazione 
di acque puibbliche -Competenza 
del Tribunale Regionale 
delle acque pubbliche -Sussiste, 
848. 
-Regolamento di competenza Provvedimenti 
impugnabili -Arbitrato 
-Ordinanza del Tribunale 
declinatoria della competenza 
a provvedere sulla liquidazione 
dei compensi agli arbitri -Esclusione, 
con nota di F. ARGAN, 832. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Obbligo della parte 
di sollevare la questione di giurisdizione 
davanti al Giudice di 
merito -Insussistenza, 820. 



lND.ICJ: 
IX 


-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Proposizione da parte 
dell'attore -Ammissibilit�, 

822. 
-V. ~che A.eque pubbliche,
Espropriazione per p. u., Imposte 
e Tasse in genere. 

CONCESSIONI 

- 
V. Demanio, Mezzogiorno. 

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI 

- 
V; Sicilia, Valle d'Aosta. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

- 
V. Amministrazione dello Stato. 

CONTRABBANDO 

- 
V. Monopoli. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizio di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Applicabilit� 
di norme di esclusiva competenza 
del Giudice istruttore Legittimazione 
a sollevare la 
questione, 755. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Questione 
sollevata dal giudice dell'esecuzione 
esattoriale -Ammissibilit�, 
780. 

-Giudizio di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Regolamenti 
-Esclusione, 764. 

CORTE DEI CONTI 

-Controllo sugli Enti publici Limiti 
-Fattispecie in tema di 
societ� concessionarie di servizi 
postali marittimi, 886. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Esecuzione fiscale, Espropriazione 
per p. u., Giustizia amministrativa, 
Impiego pubblico, Im


posta di registro, Imposte e Tasse 
in genere, Patria potest�, Pensione, 
Prescrizione, Sicilia, Valle 
d'Aosta. 

DANNI 

-Sottrazione o danenggiamento di 
cose sottoposte a danenggiamento 
o sequestro -Obbiettivit� giuridica 
-Permanenza del vincolo 
sulla cosa -Sussistenza del reato 
-Cessazione del vincolo Cause, 
969. 

DANNI DI GUERRA 

-Beni mobili ed immobili -Indennizzo 
-Navi requisite o noleggiate 
dallo Stato, 1. 968 del 1953 Applicabilit�, 
877. 

-Beni perduti all'estero per trattato 
di pace -Accertamento Esigenza 
del contraddittorio Limiti, 
889. 

~ 
V. anche Competenza e giurisdizione. 


DEMANIO E PATRIMONIO 

-Beni demaniali -Concessione con 
effetti retroattivi -Irrilevanza ai 
fini del possesso utile per la usucapione, 
con nota di A. MARZANO, 

949. 
.,.... 
Beni demaniali -Possesso immemorabile 
-Effetti, con nota di 

A. 
MARZANO, 948. 
-Demanio marittimo -Concessioni 
-Prescrizioni di massima -Circolare 
10 aprile 1961, n. 41 Esclusione 
della discrezionalit� 
in ordine alla valutazione dei 
casi singoli -Non sussiste, 892. 

-Demanio marittimo -Concessioni 
-Prescrizioni di massima Circolare 
10 aprile 1961, n. 41 Divieto 
di costruzione di opere 
aventi carattere di abitazione Legittimit�, 
892. 

-Demanio naturale -Delimitazione 
ex lege -Inesistenza di un 
potere della P. A. di delimitazione 
in base a valutazioni discrezionali, 
947. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

X 

-Demanio storico ed artistico Vincolo 
Motivazione come 

� parco annesso � -Insufficienza, 
893. 
Demanio storico e artistico -Vincolo 
-Motivazione -Necessit� ed 
estremi, 892. 

Dichiarazione legislativa di demanialit� 
-Effetti, con nota di A. 
MARZANO, 948. 

-Laghi pubblici -Spiaggia -Condizione 
giuridica -Demanialit�, 
con nota di A. MARZANO, 948. 

-V. anche Acque pubbl'iche. 

EDILIZIA 

-Piano di lottizzazione -Natura Atto 
preliminare alla licenza 
edilizia -Effetti, 889. 

ENTI PUBBLICI 

-Comune -Spese per opere pubbliche 
-Esonero -Atto di esclusione 
-Sindacato del giudice amministrativo, 
887. 

-V. anche Corte dei Conti, Impiego 
pubblico, Opere pubbliche. 

ESECUZIONE FISCiALE 

-Disposizioni che non consentono 
al debitore esecutato contestazioni 
sulla valutazione dei beni 
staggiti -Violazione del principio 
di difesa -Esclusione, 780. 

ESECUZIONE FORZATA 

-Opposizione agli atti esecutivi Creditore 
procedente -Legittimazione, 
con nota di F. ARGAN, 

835. 
-Pignoramento di crediti del debitore 
verso terzi -Dichiarazione 
del terzo -Ordinanza di assegnazione 
-Natura. decisoria -Crediti 
impignorabili -Stipendi Riduzione 
del pignoramento a un 
quinto dello stipendio -Atto di 
esecuzione -Rimedio -Opposizione 
agli atti esecutivi, con nota 
di F . .ARGAN, 835. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Espropriazione -Elettrodotto Inefficacia 
per decorrenza dei 
termini della dichiarazione di 

p. u. -Emanazione del decreto di 
asservimento -Illegittimit�, 881. 
-Espropriazione -Elettrodotto Termine 
inizio lavori -Decorrenza 
-Effetti sul decreto di asservimento, 
881. 

-Giunta speciale presso la Corte 
di Appello di Napoli -Ambito 
della giurisdizione della Giunta Estensione 
alle ,questioni di chiamata 
in causa del soggetto legittimato 
-Sussiste, 854. 

-Giunta speciale presso la Corte 
di Appello di Napoli -Carattere 
normalmente preliminarei della 
pronuncia -Giunta sull'indenni


I

t� rispetto alla emissione del decreto 
espropriativo -'Sussiste Irritualit� 
della stima da parte 
di un perito provocata dal Pre


I

fa

fetto e conseguente illegittimit� 

!~

del decreto espropriativo -Susi~ 


sistono -Facolt� dell'espropria


to di limitarsi a contestare l'ade


I '

l

guatezza dell'indennit� innanzi 
alla Giunta invece di far va1ere 
l'illegittimit� del trasferimento Sussiste 
-Necessit� che in tal 
caso la stima da parte della 
Giunta sia riferita al valore dell'immobile 
alla data del decreto 


I:. 

d'espropriazione -Sussiste, 854. 

~

I

-Indennit� -Interessi compensa-: 
-: 
tivi (e non moratori) sulla parte �' 
�' di indennit� non depositata prima 
dell'emissione dal decreto di 
espropriazione -Decorrenza Immissione 
dell'espropriante nel 
possesso del bene, 841. 

-Nozione secondo la Costituzione 
-Limitazione della nozione ai 
trasferimenti coattivi -Esclusione 
-Atto espropriativo in senso 
materiale, 872. 

-Occupazione d'urgenza -Stato di 
consistenza -Avviso agli interessati 
-Forma -Irrilevanza -Limiti, 
883. 

-Occupazione d'urgenza -Stato di 
consistenza -Irregolarit� -Illegittimit� 
dell'occupazione, 883. 




INDICE XI 


-Rapporto di espropriazione -Delegazione 
amministrativa intersoggettiva 
al compimento degli 
atti necessari per il perfezionamento 
di procedura espropriativa 
-Opposizione alla stima dell'indennit� 
di espropriazione Legittimazione 
passiva dell'Ente 
delegante -Esclusione -Legittimazione 
passiva dell'Ente delegato 
-Sussiste -Fattispecie, 838. 

-V .anche Competenza e giurisdizione, 
Giustizia amministrativa. 

FARMACIA 

-Farmacia comunale -Apertura Autorizzazione 
del Medico Provinciale 
-Discrezionalit� -Farmacie 
private -Apertura -Autorizzazione 
del Medico Provinciale 
-Discrezionalit� -Differenza, 
876. 
-Farmacia Comunale -Atti del 
Medico Provinciale Definitivit� 
-Esclusione, 876. 

GIUSTIZIA AMMINlSTRATIVA 

-Intervento -Ad opponendum Presupposti 
-interesse astratto e 
futuro indipendente dalla conservazione 
dell'atto impugnato Inammissibilit�, 
890. 

-Notificazioni e comunicazioni C'ontrointeressati 
-Fattispecie, 

882. 
-Notificazioni e comunicazioni -
Controinteressati -Nozione, 882. 

-Perenzione -Art. 40 t. u. 26 giugno 
1924, n. 1054 -Contrasto con 
le norme costituzionali che prevedono 
la tutela degli interessi 
legittimi -Manifesta infondatezza, 
891. 

-Perenzione -Art. 40 t. u. 26 giugno 
1924, n. 1054 -Istanza per la 
sospensione dell'atto -Irrilevanza, 
891. 

-Perenzione -Interruzione del 
termine -Compimento dell'atto 
di procedura necessario -Prova 
legale, 885. 

-Ricorso giurisdizionale -Affittuario 
di immobile espropriato -Legittimazione 
-Esclusione, 888. 

-Ricorso giurisdizionale -Deposito 
atto impugnato -Copia non 
autentica -Inammissibilit�, 888. 

-Ricorso giurisdizionale -Identificazione 
atto impugnato -Mediante 
formule di rito -Impossibilit� 
-Fattispecie, 889. 

-Ricorso giurisdizionale -Motivi 
aggiunti non notificati -Inammissibilit�, 
888. 

-Ricorso giurisdizionale -Motivi 
dedotti in memoria -Inammissibilit�, 
885. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


IMPIEGO PUBBLICO 

-Insegnanti incaricati presso i 
Convitti Nazionali -Indennit� di 
anzianit� -Esclusione, 878. 

-Insegnanti dei Convitti Nazionali 
-Norme applicabili -Fattispecie, 
878. 

-Promozioni -Merito comparativo 
-Attitudini al grado superiore 
-Punteggio -Proporzione con 
gli altri titoli -Non � necessaria, 
880. 

-Promozioni -Merito comparativo 
-Cultura generale -Attribuzione 
del punteggio -Criterio Titolo 
di studio -Valore, 880. 

-Promozioni -Merito comparativo 
-Funzioni di quali.fica superiore 
-Non costituisce titolo a 
s�, 880. 

-Promozioni -Merito comparativo 
-Incarichi -1Svolgimento delle 
funzioni normali di ufficio Valutazione 
-Omissione -Legittimit�, 
880. 

-Promozioni -Merito comparativo 
-Qualit� del servizio prestato 
-Attribuzione -Ciriterio, 880. 

-Rapporto a termine -Prosecuzione 
di fatto -Rinnovazione tacita 
del rapporto -Esclusione, 878. 



XII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Retribuzione -Integrazione ex 
art. 36 Costituzione -Azionabilit� 
della pretesa -Condizioni, 

878. 
-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Privative per invenzioni 
industriali. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni previste dalla 1. 29 
luglio 1957, n. 634 per gli aumenti 
di capitale preordinati al potenziamento 
della attivit� industriale 
da parte di societ� aventi 
sede ed operanti nel Mezzogiorno 
-Aumenti di capitale da parte 
di societ� il cui statuto prevede 
lo svolgimento di attivit� anche 
commerciale e finanziaria e 
l'istituzione di succursali e stabi.
limenti anche fuori del Mezzogiorno 
-Inapplicabilit�, con 
nota di F. PAGANO, 943. 

-Diritto dell'Amministrazione alle 
ordinarie imposte per decadenza 
del contribuente dai benefici Termini 
prescrizionali previstidalla legge organica del registro 
-Inapplicabilit� -Prescrizione 
ordinaria decennale -Applicabilit�, 
939. 

-Divieto per i cancellieri di rilasciare 
copie di sentenze non registrate 
-Violazione del diritto 
di difesa -Illegittimit� costituzionale, 
775. 

-Imposta complementare ed imposta 
suppletiva -Nozione, 895. 

-Imposta liquidata in relazione ad 
un cespite per errore non considerato 
nella liquidazione della 
imposta principale -il imposta 
suppletiva -Mancata liquidazione 
e richiesta di tale imposta 
entro il termine di cui all'art. 21 
del d. I. 7 .agosto 1936, n. 1639 Decadenza 
-Esclusione -Fattispecie, 
895. 

-Imposta suppletiva -Prescrizione 
-Decorrenza, 927. 

-Natura ed effetti degli atti e dei 
trasferimenti -Fidejussioni bancarie, 
in favore di terzi, verso 
pubbliche amministrazioni -Fattispecie, 
927. 

-Societ� -Sovraprezzo azioni di 
nuova emissione -Imposta rproporzionale 
-Esclusione, 938. 

-Termine per la notifica dell'accertamento 
di valore -Natura Decorrenza, 
894. 

LMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-V. Profitti di contingenza. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Legge 20 novembre 1955, n. 1123, 
per l'equiparazione del trattamento 
tributario delle successioni 
da adottante ad adottato a 
quello delle successioni tra genitori 
e figli legittimi -Retroattivit� 
-Esclusione, 942. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Non imponibilit� dei corrispettivi 
relativi a � servizi internazionali 
� -Nozione di tali � servizi � 
-Attivit� dei commissionari in 
affari di importazioni ed esportazioni 
-Imponibilit� dei corrispettivi 
-Limiti, 917. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE. 

-Accertamento -Avviso di accertamento 
-Indicazione dei fatti 
obiettivi a base dell'accertamento 
e della loro qualificazione giuridica 
-Diversa qualificazione 
ad opera del giudice -Ammissibilit�, 
928. 

-Acquiescenza in ordine ad accertamento 
tributario e, in particolare, 
ad ingiunzione fiscale -Ammissibilit�, 
894. 

-Competenza e giurisdizione Controversia 
sulla regolarit� formale 
del procedimento esecutivo 
ex t. u. 14 aprile 1910, n. 639 Competenza 
del foro dello Stato Sussiste, 
921. 



XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Importazioni ed esportazioni temporanee 
-Diritti per merci introdotte 
in temporanea importazione 
e non riesportate -Natura e 
momento della nascita dell'obbligazione 
d'imposta, 922. 
-Importazioni ed esportazioni temporanee 
-Inserimento nel sistema 
generale della legislazione 
doganale -Sussiste, 922. 

INGIUNZIONE 

-V. Imposte e tasse in genere, 
Procedimento civile. 

LAVORO 

-Delega al Governo per la disciplina 
della contrattazione e erga 
omnes � -Legge di proroga Concessione 
di altri quindici mesi 
per l'esercizio della legislazione 
delegata, 765. 

-V. anche Prescrizione. 

MEZZOGIORNO 

-Cassa per il Mezzogiorno -Realizzazione 
di opere straordinade 
nelle provincie meridionali 
Esecuzione delle opere a mezzo 
di appalti diretti o di concessioni 
-Aplicabilit� delle norme vigenti 
per l'esecuzione delle opere 
di competenza del Ministero 
dei Lavori Pubblici -Sussiste, 

843. 
-Legge speciale per la citt� di Napoli 
9 aprile 1953, n. 297 -Affidamento 
da parte della Cassa per 
il Mezzogiorno dell'esecuzione 
dei lavori, a norma dell'ultimo 
comma dell'art. 41, n. 297 del 
1953, all'Amiministrazione dell'Ente 
locale interessato -Natura 
giuridica ed effetti, anche in 
ordine alla responsabilit� verso 
i terzi, 854. 

-V. anche Imposta di registro. 

MONOPOLI 

-Monopolio e dogana -Carburante 
assegnato in esenzione fiscale 

per la pesca -Mutata destinazione 
-Reato configurabile Contrabbando 
doganale per indebito 
uso, 964. 

-Monopolio e dogana -Contrabbando 
-Tabacchi esteri -Detenzione 
abusiva -Norme aplicaibili, 

962. 
NAVE 

-V. Competenza e giurisdizione. 

NOTIFICAZIONE 

-Difformit� fra l'originale e la copia 
notificata -Prevalenza della 
seconda -Decreto di citazione Data 
di comparizione -Erronea 
indicazione -Nullit�, 967. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Interessi compensativi -Nozione, 
841. 

-Interpretazione -Regole finali di 
cui all'art. 1371 c. c. -Applicabilit� 
in via sussidiaria, 904. 

-V. anche Cassazione, Espropriazione 
per p. u. 

OCCUPAZIONE 

-V. Espropriazione per p. u. 

OPERE PUBBLICHE 

-Capitolati generali per gli appalti 
delle opere pubbliche dello 
Stato -Natura regolamentare Sussiste 
-Norme processuali contenute 
nei capitolati -Applicazione 
immediata anche ai rapporti 
sorti anteriormente alla 
loro entrata in vigore -Sussiste Nuovo 
capitolato generale di appalto 
per le opere di competenza 
del Ministero dei Lavori Pubblici 
entrato in vigore n 10 settembre 
1962 -Norme sull'impugnabilit� 
del lodo arbitrale -Natura 
di norme processuali di immediata 
applicazione -Sussiste, 

843. 

INDICE xv 

-Opere pubbliche di competenzadegli enti locali -Necessit� ed 
indllleribilit� delle opere ed imposslbilit� 
degli enti locali interessati 
di provvedere al relativo 
finanziamento -Sostituzione dello 
Stato all'ente locale nell'esecuzione 
dell'opera, nei limiti della 
somma all'uopo assegnata dal 
Ministero dei Lavori Pubbliei Potere 
dell'Amministrazione dei 
lavori pubblici di avvalersi, nell'espletamento 
della sostituzione, 
dell'ufficio tecnico dell'ente locale 
sostituito -Affidamento a quest'ultimo 
della ��stessa titolarit� 
dell'esecuzione� dell'opera ... Diversa 
portata giuridica delle due 
ipotesi, con nota di F. CARusx, 

862. 
-()pere pubbliche dj competenzadegli .enti. locali ~ Sostituzione 
dello. Stato a. norma . del d. lgt. 
10 agosto 1945, n. 517 al �omune 
interessato nella costruzione 
di un edificio scolastico -.Occupazione 
senza titolo di suolo indicato. 
nel progetto redatto dal
�.. l'u6lcio tecnico del Comune .
Azione proposta dall'Amministrazione 
delle Finanze, proprietaria 
del suolo, contro il �Comune 
entrato in possesso. dell'opera 
ultimata, per ottenerne la condanna 
al rilascio del medesimo 
o, in mancanza, al pagamentodel suo valore venale -Difetto di 
legittimazione passiva del Comune 
-Sussiste, con nota di F. CARus1, 
863. 

PATRIA POTES'l'A 

-Attribuzione al padre naturale Violazione 
del principio della 
eguaglianza dei genitori -Esclusione, 
770. 

PENSIONI 

-Cumulo con lo stipendio -Limite 
-Art. 14 1. n. 149 del 1949 Eccezione 
di incostituzionalit� Manifesta 
infondatezza, 891. 

-Cumulo con lo stipendio -Limite 
-Art. 14 1. 149 del 1949 


Pensione di. riversibilit� -Applicabilit�, 
890. 

PIANO REGO:t.ATORE 

-Piano. regolatore generale -Prescrizioni 
di zona immediatamente 
efficaci -Inosservanza -Conseguenze 
-Fattispecie in tema di 
mercati, 888. 

PRESCRIZIONE 

-Decorrenza del terxnine durante 
il rapporto di lavoro -Incompati!
bilit� con l'art. 36 Cost. -Illegittimit� 
costituzionale, 758. 
-Prescrizione dei diritti di credito 
derivanti da rapporti di lavoro -
Incompatibilit� ��n la natura del 
diritto al salario -Esclusione,
758. . 

-V. anche Imposta di registro. 

P:Etrv.A'l'IVE PER INVENZIONI INDUSTRALI 


-Invenzioni realizzate durante il 
rapporto di impiego -Amministrazione 
dello� Stato -Funzione 
del Ministro preposto all'Amministrazione 
circa i diritti patrimoniali 
dell'inventore -Natura Limiti, 
con nota di F. ARGAN, 787. 

-Invenzioni utili per la difesa del 
paese -Poteri dell'Ainimnistrazione 
eompetente -Effetti, con 
nota di F. ARGAN, 787. 

-Potere di segretazione dell'Amministrazione 
della Difesa -Presupposti 
-Natura -Effetti -Non 
osservanza dei termini stabiliti 
in materia con norme regolamentari 
-Irrilevanza in rapporto alla 
funzione ed al carattere di tali 
norme, 785. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Estinzione nel corso del processo 
per mancata, tempestiva riassunzione 
della causa cancellata 
dal ruolo -Presupposto di validit� 
-Ordinanza di cancellazione 
emessa previa comunicazione a 

-



XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�tutte le parti del provvedimento 
di fissazione di udienza successiva 
a quella di mancata comparizione 
delle medesime' -Difetto 
di previa, valida cotnunic~ione di 
tale provvedimento -Conseguenze 
-Nullit� dell'atto (e di quelli 
successivi) per mancanza di requisito 
indispensabile al raggiungimento 
dello scopo -Sussiste, 

852. 
-Principio dell'onere della prova 
-Limite della sua operativit� Ipotesi, 
848. 

-Pro�edimento per ingiunzione Esecuzione 
provvisoria dietro 
cauzione -Contrasto con il diritto 
di difesa -Esclusione, 755. 

-Successione � titolo particolare 
� inter vivos � ad una delle parti 
durante il termine per ricorrere 

o controricorrere in Cassazione Notifica 
dell'impugnazione al 
.dante causa -Effetto -Impedimento 
del passaggio in giudicato 
della sentenza nei confronti dell'avente 
causa -Legitimazione 
del successore a titolo particolare 
a ricorrere o controricorrere in 
Cassazione -Sussiste, 854. 

- 
V. anche Esecuzione forzata. 

PROFITTI DI CONTINGENZA 

-Accertamento dei fatti produttivi 
dei profitti avocabili, con riguardo 
all'ipotesi impositiva di 
profitti leciti -Inquadramento 
degli stessi fatti ,ad opera del 
giudice, nell'ipotesi impositiva 
concernente i profitti illeciti Legittimit�, 
928. 

-Detrazione della quota gi� soggetta. 
all'imposta di ricchezza mobile 
-Condizione, 929. 

-Profitti in dipendenza di operazioni 
l~ali o illegali in valute Irrilevanza 
della distinzione, 929. 

REATO 

..._ 
.Reato finanziario -Luogo di accertamento 
del reato finanziario Determinazione, 
967. 

SENTENZA 

-V. Cassazione, Competenza e giurisdizione. 


SICILIA 

-Conflitto di attribuzioni -Modalit� 
sulle conferenze periodiche 
in materia di energia elettrica Competenza 
dello Stato, 772. 

-Legge regionale r�ecante disposizione 
a favore del personale in 
soprannumero della Regione Violazione 
degli artt. 3 e 97 della 
Costituzione, 771. 

STRADE 

-Strade private -Servit� di uso 
pubblico -Diritto di propriet� 
privata -Persiste, con nota di 

F. 
ARGAN, 829. 
-Uso publico -Servit� -Titolo 
costitutivo -Necessit� -con nota 
di F. ARGAN, 829. 

SERVITU. MILITARI 

-Limitazioni contemplate nell'articolo 
2 1. 20 dicembre 19'32, 

n. 1849 -Cumulo di due o pi� 
limiti -Pu� integrare una ipotesi 
di espropriazione postulante 
indennizzo, 872. 
VALLE D'AOSTA 

-Conflitto di attribuzione tra Stato 
e Regione -Nomina di Commissario 
del Governo -Sospensione 
del provvedimento impugnato Esclusione, 
765. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

10 giugno 1966, n. 62 pag. 755 
10 giugno 1966, n. 63 758 
10 giugno 1966, n. 64 762 
10 giugno 1966, n. 66 764 
10 giugno 1966, n. 67 765 
15 giugno 1966, n. 70 765 
21 giugno 1966, n. 71 770 
21 �giugno 1966, n. 72 771 
2 luglio 1966, n. 79 772 
2 luglio 1966, n. 80 775 
2 luglio 1966, n. 81 777 
2 luglio 1966, n. 83 780 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631 . 

pag. 783 
Sez. Un., 23 luglio 1965, n. 1724 . . 

787 

Sez. Un., 11 ottobre 1965, n. 2111 . 

784 

Sez. II, 14 gennaio 1966, n. 214 . 

829 

Sez. I, 17 gennaio 1966, n. 238 . . . 

894 

Sez. II, 14 febbraio 1966, n. 445 . . 

832 
Sez. III, 14 febbraio 1966, n. 453 . . 

835 
Sez. Un., 15 febbraio 1966, n. 476 . 819 
Sez. Un., 2 marzo 1966, n. 619 . . 

818 

Sez. Un., 16 marzo 1966, n. 752 . 9(}2 
Sez. I, 25 marzo 1966, n. 798 . 904 
S'ez. I, 25 marzo 1966, n. 807 . 8~8 
Sez. I, 28 marzo 1966, n. 819 . 912 
Sez. I, 28 marzo 1966, n. 821 . 913 
Sez. I, 5 aprile 1966, n. 875 . . 841 
Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 901 . 820 
Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 902 . 822 
Sez. I, 6 aprile 1966, n. 904 . . 895 
Sez. I, 6 aprile 1966, n. 909 . . 843 
Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 950 . 823 
Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 951 . 917 
Sez. III, 9 maggio 1966, n. 1186 . 921 
Sez. I, 10 maggio 1966, n. 1193 . 922 
Sez. I, 16 maggio 1966, n. 1230 . 927 
S'ez. I, 20 maggio 1966, n. 1293 . 848 
Sez. III, 28 maggio 1966, n. 1408 . 852 
Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412 . 854 
Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1451 . 928 
Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1822 . 938 
Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1826 . 939 



XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1829 . 
Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1894 . 
Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2181 . 
Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2267 . 

TRIBUNALE 

Napoli, 4 aprile 1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

7 ottobre 1965, n. 17 . 
14 ottobre 1965, n. 22 . . . . . . . . . . . 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 16 marzo 1966, n. 8 . 
Ad. Plen., 5 aprile 1966, n. 10 . 
Ad. Plen., 13 maggi<> 1966, n. 11 . 
Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 126 . 
Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 127 . 
Sez. IV, 13 marzo 1966, n. 155 . 
Sez. IV, 5 aprile 1966, n. 219 . 
Sez. IV, 20 aprile 1966, n. 245 . 
Sez. IV, 20 aprile 1966, n. 266 . 
Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 344 . 
Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 347 . 
Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 353 . 
Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 371 . 
Sez. IV, 18 maggio 1966, n. 409 . 
Sez. IV, 25 maggio 1966, n. 432 . 
Sez. V, 2 aprile 1966, n. 564 . . 
Sez. VI, 4 marzo 1966, n. 226 . 
Sez. VI, 11 marzo 1966, n. 256 . 


Sez. VI, 29 aprile 1966, n. 417 . 
Sez. VI, 17 maggio 1966, n. 452 . 


GIURISDIZIONI PENALI 

CASSAZIONE 

Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1451 
Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1465 . 
Sez. III, 28 gennaio 1966, n. 1 . 
Sez. I, 31 gennaio 1966, n. 1123 . 
Sez. I, 22 febbraio 1966, n. 1902 . 
Sez. III, 4 marzo 1966, n. 133 . . 


pag. 
862. 
947 
942 
872 

pag. 
943 

pag. 
947 
948 

pag. 
876 
877 
.878 
880 
881 

882. 
883 
883 
885 
885 
886 
887 
888 
888 
889 
889 
890 
891 
892 
892: 
pag. 
962: 
964 
966 
967 
967 
969� 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

QUESTIONI 

FOLIGNO D., Gli effetti della dich-iarazione di illegittimit� costituzionare 
(nuovi spunti in margine alla sentenza sul plusvalore 
delle aree fabbricabili) . . . . . . . . . . . . . pag. 181 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

BozzI A., Istituzioni di diritto pubblico, Giuffrr�, Milano 1965 

' 

pagg. 525 � .�.................�.' pag. 189 


CANNELLA G. -FAZIO S., Codice delle legg�i, sulla Previdenza Sociale, 
Cedam, Padova, 1965, Tomi due di compi., pagg. 4575 189 

CATALDI D. -GIACCI D., L'indennit� di buonuscita e l'assegno vitalizio, 
Giuffr�, Milano, 1966 � . . � . . . . . . . . . . 190 

GIANNINI M. S., Corso di Diritto Amministrativo (dispense anno 
accademico 1964-65), Giuffr�, Milano, 1965, pag:g. 344 . . . 19() 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

Disegno di legge n. 1663 (Camera Deputati). -Norme sui referendum 
previsti dalla costituzione e sulla iniziativa legislativa 
del popolo . . . . . . . . . . . . � . . . . . . pag. 194 

LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . . 196 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

codice penale, art. 272, secondo comma . pag. 197 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 117 . 198 
r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313 . . . > 198 
1. reg. sic. 19 febbraio 1951, n. 20 . 198 
I. 31 luglio 1956, n. 991, art. 17 . . 198 
I. 18 aprile 196�2, n. 208, art. 7 . . . . . . . . . . . 198 
I. reg. sic. aipprov. 14 dicembre 1965, artt. 4, 5, 6, 8, 10, 
secondo comma e tabella B . . . . . . . . . . . . 198 

xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 


codice penale, art. 272, primo comma . . . . . . . pag. 199 
codice penale, art. 327 . . . . . . . . . . 199 

r. d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 34, secondo e terzo 
comma ................... . .. 199 


1. 10 agosto 1950, n. 648, artt. 62, terzo comma e 64 . . 199 


1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104, art. 15, primo, 
secondo, terzo e quarto comma . . . . . . . . . . 199 


d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 202, 233, primo 
comma, lettera c, e, f, h, 235, 236, primo e secondo 
comma e 237 ................ . 200 


1. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 6, quarto comma . . 200 


1. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 3, settimo comma . 200 


1. 3 febbraio 1963, n. 126, artt. 2 e 3 . . . . . . . 200 


1. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 5, primo comma . 200 


-Norme delle quali � stato promosso giudizio di le'gittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . 201 

! 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di inammissibilit�, di manifesta 
infondatezza o di restituzione degli atti al giudice 
di merito . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche . pag. 214 Giurisdizioni speciali pag. 218 
Amministrazione pub-Impiego pubblico . 218 
blica 214 Imposta di registro . 219 
Appalto . . 214 Imposta di ricchezza 
Assicurazioni 215 mobile 220 
Commercio 215 Imposte e tasse . 220 
Competenza e giurisdi-Lotto e lotterie . 221 
zione 215 Mezzogiorno . 221 
Contrabbando 215 Notificazione . 221 
Contributi e finanzia-p,ersona giuridica . 222 
menti. 216 Piani regolatori 222 
Corte dei C'onti 216 Regioni . 222 
Dazi doganali 216 Requisizione . 222 
Demanio 217 Responsabilit� civile 223 
Edilizia economica e Servit� . 223 
popolare 217 Successioni 224 
Elettrodotti . . 217 Trattati e convenzioni 
Espropriazione per p. u. 218 internazionali 224 

NOTIZIARIO 

Convegno di studi . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 225 



PARTE PRIMA 




GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 62 -Pres. Ambrosini -
Rel. Benedetti -Soc. Matton Nord (avv. Sivieri) e Presidente Consiglio 
Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Corte costituzionale -Giudizio di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Applicabilit� di norme di esclusiva competenza del Giudice 
istruttore -Legittimazione a sollevare la questione. 
(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

Procedimento civile -Procedimento per ingiunzione -Esecuzione provvisoria 
dietro cauzione -Contrasto con il diritto di fidesa -Esclusione. 


(Cost., art. 24; c. p. c., art. 648, secondo comma). 

n giudice istruttore del processo civile di opposizione a decreto ingiuntivo 
� legittimato a proporre la questione di legittimitd costituzionale 
dell'art. 648, secondo comma, c. p. c., poich� trattasi di una norma 
che egli solo � tenuto ad applicare per decidere in merito ad un provvedimento 
di sua esclusiva competenza (1). 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 14 maggio 1964 del 
Giudice istruttore presso il Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale 13 
marzo 1965, n. 65). 
Circa la legittimazione del giudice istruttore a proporre la questione, 

la sentenza non si discosta dai precedenti della stessa Corte. 

Si ricorder�, infatti, che la sentenza 20 dicembre 1962, n. 109 (Giur. 
it., 1963, I, 1, 707 e nota di CHIARLONr; nonch� in Giur. cost., 1962, 1467 e 
nota di SATTA) la Corte aveva escluso la legittimazione del giudice istruttore 
perch�, nella particolare fattispecie, egli era sfornito di poteri decisori 
propri rispetto alla questione fatta valere. 

Ad analoghe conclusioni era pervenuta la Corte con la successiva 
sentenza 9 aprile 1963, n. 44 (Giur. it., 1963, I, 1, 937 anche essa con nota 
di CHIARLONI; nonch� in questa Rassegna 1963, 78 e nota di TRACANNA) a 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non � fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 648, secondo comma, c. p. c., che fa 
obbligo al giudice istruttore di concedere la provvisoria esecuzione al decreto 
ingiuntivo, se la parte istante offre cauzione, dato che il giudice 
deve tener conto delle eventuali deduzioni difensive del debitore nella 
determinazione della cauzione (2). 

(Omissis.). -1. -Il presente giudizio trae origine da una ordinanza 
di rinvio emessa dal Giudice istruttore del Tribunale di Bologna in un 
procedimento civile di opposizione a decreto ingiuntivo. 

La questione sottoposta all'esame della Corte � se la norma contenuta 
nell'art. 648, comma secondo, le Codice di procedura civile, che fa 
obbligo al giudice istruttore di concedere l'esecuzione provvisoria del decreto 
inginutivo qualora la parte che l'ha chiesta offra cauzione, violi 
il principio del contraddittorio e il diritto di difesa per il debitore ingiunto 
e sia conseguentemente illegittima per contrasto con l'art. 24 
della Costituzione che assicura l'inviolabilit� del diritto di difesa in ogni 
stato e grado del procedimento. 

I 

2. -La Corte osserva, in via preliminare, che esattamente il Giudice 
istruttore ha ritenuto di poter promuovere, con propria ordinanza, il 
presente giudizio di legittimit� costituzionale. 
La norma processuale denunciata riserva al giudice istruttore poteri 

decisori in ordine al provvedimento di provvisoria esecuzione del decreto 
ingiuntivo, provvedimento che, per come dispone il primo comma 
del citato articolo, assume la forma di ordinanza non impugnabile. 

proposito della legittimazione a sollevare la questione relativa agli incombenti 
fiscali nel processo. 

Il provvedimento di cui all'art. 648, secondo comma, c. p. c., viceversa, 
non solo � atto riservato alla esclusiva competenza del giudice istruttore, 
ma � anche vincolato quanto alla sua emanazione, ricorrendone tutti i 
presupposti. Di conseguenza non pu� contestarsi la legittimazione del giudice 
istruttore ad assumere la veste di giudice a quo nel giudizio di legittimit� 
costituzionale della norma in discussione. 

(2) Sulla questione di merito, pu� richiamarsi la dottrina (LIEBMAN, 
In tema di esecuzione provvisoria del decreto di ingiunzione in Riv. dir. 
proc. 1951, II, 80 e segg.; Il principio del contraddittorio e la Costituzione Postilla 
-in Riv. dir. proc. 1954, 128-129 secondo cui il diritto di difesa 
deve ritenersi rispettato nel procedimento per ingiunzione (genericamente 
considerato) �per la ragione che, sebbene il decreto venga emanato 
inaudita altera parte, l'efficacia del decreto stesso � sospesa dal termine, 

PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 757 

Poich� trattasi di una norma� �he solo il giudice istruttore in pendenza 
delropposizione � tenuto ad applicare per decidere in merito ad 
un .provvedimento che � di sua esclusiva competenza, non pu� disconoscersi 
che nel caso considerato spetti a tale giudice, e non al Collegio 
al quale egli � addetto, valutare se sia non manifestamente infondata 
e rilevante l'eccezione di incostituzionalit� riguardante detta norma e 
proporre, il1 conseguenza, a questa Corte la relativa questione di legitti:
i:riita costituzionale. 

3. ~ Per la decisione del merito della questione non occorre esaminare 
le interpretazioni correttive della norma impugnata richiamate dal1'
Avvocatura per superare la questione di legittimit�. 
�La Cp:t"te ritiene che non sussiste l'asserito contrasto tra l'art. 648, 
comzna se.condo, del Codice di procedura civile e l'art. 24 della Costituzione. 
L'esecuzione provvisoria, come risulta dallo stesso titolo della norma 
denunciata, � concessa con ordinanza �in pendenza di opposizione�, in 
un momento cio� in cui essendosi, ad istanza del debitore, instaurato 
un normale giudizio di cognizione, si � costituito il contraddittorio e il 
debitore pu� esercitare il suo diritto di difesa. E non v'ha dubbio che il 
giudice, nell'esaminare la richiesta del creditore convenuto nel giudizio 

entro il quale il debitore pu� con l'opposizione, ristabilire il contraddittorio 
momentaneamente soppresso e provvedere alla sua difesa in condizioni 
che non si discostano da quelle normali di ogni altro giudizio�. Il debitore, 
cio�, pu� legittimamente essere condananto senza essere sentito, sol 
perch� �pu� a sua volta prendere l'iniziativa del contradditodo dopo la 
pronuncia del provvedimento, ma prima che esso acquisti efficacia � (LIEBMAN, 
Il principio cit., Zoe. cit., 129). 

La misura cauzionale di cui all'art. 648, secondo comma c. p. c., poi, 
si accompagna all'emanazione di un provvedimento di condanna provvisoria, 
caratterizzato esso stesso da prevalente funzione cautelare, onde 
tale misura assume la veste di controcautela. 

Non tanto interessa l'identificazione della natura giuridica della cauzione 
(MORI, Appunti sul deposito cauzionale in Foro It. 1939, I, 364 e segg.), 
quanto la constatazione degli ampi poteri che il Giudice ha sulla indicazione 
nel modo di prestarla (DE PETRls, Cauzione -Dir. proc. civ. -in 
Enc. del diritto, VI, Milano 1960, 656 e segg.): dal combinato disposto 
degli artt. 119 del Codice e 86 delle disposizioni di attuazione si riscontrano 
quei poteri del Giudice, il quale pu� stabilire che la cauzione sia 
prestata mediante uno degli schemi di garanzia reale (pegno, ipoteca), 
mediante f�deiussone di un terzo o con deposito di danaro o di titoli. 

Di conseguenza, in questa stessa natura e funzione della cauzione 
sono da ravvisare, come la sentenza ha ravvisato, gli elementi caratterizzanti 
la tutela giuridica del debitore ingiunto. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di opposizione, debba tener conto delle eventuali deduzioni che la difesa 
del debitore riterr� di sottoporgli e che non potranno non influire sul 
provvedimento che il giudice � tenuto ad adottare. Infatti, poich� la 
provvisoria esecuzione � subordinata ad una cauzione la cui misura e 
il modo nel quale deve essere prestata restano affidati al prudente apprezzamento 
del magistrato, � evidente che le ragioni difensive del debitore 
non mancheranno di esercitare a tal fine la loro efficacia. Anche 
in ragione della gravit� dei motivi rappresentati, il giudice determiner� 
la cauzione in modo che essa risulti giusta ed adeguata s� da richiamare, 
da un canto, il creditore ad un meditato apprezzamento del proprio 
diritto e da rappresentare, d'altro canto, per il debitore una seria garanzia 
non solo per le spese e le restituzioni ma anche per i danni che 
gli potranno derivare dall'esecuzione del decreto impugnato. 

La disposizione denunciata consente al creditore, al quale non sia 
stato concesso dal giudice dell'ingiunzione, di ottenere, nel rispetto del 
contraddittorio e garantendo il debitore con congrua ca�zione, l'esecuzione 
provvisoria di un decreto emesso attraverso la preventiva valutazione 
degli elementi formali previsti dalla legge, salva naturalmente 
restando ogni ulteriore discussione in ordine alla fondatezza della pretesa 
del creditore. 

Si pu�, quindi, affermare che la difesa della parte debitrice sia 
formalmente e sostanzialmente assicurata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 63 -Pres. Ambrosini -
Rel. Branca -Giacchetta (avv. Di Stefano) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Savarese). 

Prescrizione -Prescrizione dei diritti di credito derivanti da rapporti 

di lavoro -Incompatibilit� con la natura del diritto al salario 


Esclusione. 

(Cost., artt. .3, 4, 36; c. c., artt. 2948, nn. 4 e 5; 2955, n. 2; 2956, n. 1). 

Prescrizione -Decorrenza del termine durante il rapporto di lavoro 


Incompatibilit� con l'art. 36 Cost. -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 36; c. c., artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2; 2956, n. 1). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 3, 4 e 36 Cost., la questione 
della prescrittibilit� dei diritti di credito derivanti da rapporto di lavoro, 
in quanto la tutela costituzionale del diritto al salario d� al diritto stesso 
una forza maggiore di quella che gli deriverebbe dalla legge ordinaria, 
ma non lo rende necessariamente perpetuo, dato che la prescrizione � 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 759 

un modo generale di estinzione dei diritti, fondata sull'esigenza di certezza 
dei rapporti giuridici (1). 

� fondata, con riferimento an'art. 36 Cost., la questione di legittimit� 
costituzionale relativa alla prescrizione, sia breve che presuntiva, 
dei crediti derivanti da rapporto di lavoro, limitatamente alla parte in 
cui si consente che la prescrizione stessa decorra durante il rapporto 
di lavoro (2). 

(Omissis.). 1. -Sono stati denunciati gli artt. 2948 nn. 4 e 5, 2955 

n. 2 e 2956 n. 1 c. c. per contrasto con gli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione: 
la prescrizione quinquennale e quella presuntiva, previste per le 
retribuzioni corrisposte a periodi non superiori o superiori al mese, sarebbero 
incompatibili con la natura del diritto al salario qual'� garantito 
dalla Costituzione. 
Presa nella sua assolutezza, la denuncia non pu� essere accolta. Dato 
che la prescrizione � modo generale d'estinzione dei diritti, la garanzia 
costituzionale d'un diritto non vieta, di per s�, che esso si estingua per 
il decorso del tempo; la tutela constituzionale d� al diritto soggettivo una 
forza maggiore di quella che gli deriverebbe dalla legge ordinaria; ma 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 16 settembre 1964 
del Tribunale di Ancona� (Gazzetta Ufficiale 3 aprile 1965, n. 85). 
Con la precedente sentenza 14 giugno 1962, n. 57 (Giur. it., 1962, I, 1, 

1295) la Corte Costituzionale affermava che non c'� norma della Costi


tuzione che inibisca alla legge di stabilire termini prescrizionali da diritto 

a diritto, implicitamente ammettendo, cosi, che non c'� norma della 

Costituzione la quale vieti al legislatore di stabilire termini di prescri


zione in via assoluta. 

Con la sentenza in rassegna, la Corte ribadisce il principio della pre


scrittibilit� di tutti i diritti, anche di quelli � �ostituzionalizzati � purch�, 

naturalmente, disponibili. 

E mentre la disponibilit� � stata esclusa l� dove la Costituzione parla 
espressamente di irrinunciabilitd (art. 36 Cost., ultimo comma), cio� pel 
riposo settimanale (sent. 7 luglio 1962, n. 76, Giur. cost. 1962, 893 e nota 
di PROSPERETTI) e per le ferie annuali retribuite (sent. 19 maggio 1963, 

n. 66, ivi, 1963, 569 e nota di TAVASSI), con la sentenza in esame la Corte 
non ha confermato l'equivalen';;a fra i due termini relativamente ai crediti 
salariali. 
Dalla irrinunciabilit� delle prestazioni salariali (non espressa, ma 
implicitamente desumibile, secondo la Corte, dall'ultimo comma dell'art. 36 
Cost.), la. sentenza ha tratto solo la statuizione di cui alla seconda massima, 
dichiarando l'illegittimit� costituzionale degli artt. 2948, n. 4, 2955, 

n. 2 e 2956, n. 1 c. c., limitatamente alla parte in cui consentono che la 
prescrizione decorra anche durante il rapporto di lavoro. 
Per la verit�, le predette disposizioni del c. c. nulla affermano circa la 
decorrenza della prescrizione ivi indicata. Il problema della decorrenza 
� piuttosto collegato all'art. 2935 c. c. (contra non valentem agere non 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

760 

non lo rende necessariamente perpetuo poich�, se alla base della prescrizione 
sta un'esidenza di certezza dei rapporti giuridici, questa tocca 
di regola qualunque diritto, compresi quelli costituzionalmente garantiti. 

La parte privata nelle sue deduzioni si richiama a una dottrina che 
qualifica il diritto alla retribuzione � sufficiente � come diritto della personalit�: 
ne deriverebbe che, alla pari di tutti questi diritti, esso sarebbe 
imprescrittibile; ma, accettata la premessa, non se ne pu� sottoscrivere 
la deduzione, una cosa essendo il diritto al salario, che secondo 
questa dottrina spetterebbe erga omnes, ed altra il diritto alle prestazioni 
salariali dovute periodicamente dal datore di lavoro: il diritto della 
personalit� � imprescrittibile solo nel senso che le facolt�, di cui si compone, 
potranno sempre esercitarsi per un lunghissimo periodo di tempo; 
non nel senso che anche le pretese patrimoniali, derivanti di volta in 
volta dalla lesione di quel diritto, possano farsi valere in perpetuo. Dissociazione, 
questa, che si produce anche in altri rapporti, come accade 
per il diritto agli alimenti, che � imprescrittibile mentre si prescrivono 
in un quinquennio le singole annualit� delle prestazioni alimentari. 

2. -Vero � che nel nostro ordinamento non sono soggetti a prescrizione 
i diritti indisponibili (art. 2934 c. c.); ma l'indisponibilit� del 
diritto alle prestazioni salariali non � sancita nell'art. 36 n� si ricava 
da altre norme della Costituzione: ad esso il lavoratore non pu� rinunciare, 
come si desume a fortiori dall'ultimo comma dello stesso art. 36, 
currit praescriptio) che alle norme sostanziali le quali stabiliscono i vari 
termini. 

(2) Da un punto di vista formale, pertanto, non potrebbe disconoscersi 
che la sentenza, per giungere ad un risultato equitativo nei confronti della 
parte pi� debole del rapporto di �avoro, ha tenuto fermi i termini delle 
varie prescrizioni, brevi e presuntive, aggiungendo, idealmente, un ulteriore 
comma agli articoli del c. c.: � La prescrizione di cui ai numeri ..... 
non comincia a decorrere se non dal giorno della cessazione del rapporto 
di lavoro�. 
Migliore via sarebbe stata, viceversa, operare direttamente, almeno 
per quanto riguarda la prescrizione presuntiva, sull'art. 2957 c. c., che 
fissa appunto il dies a quo del relativo termine; ma c'era l'ostacolo costituito 
dall'ordinanza di remissione, che non denunciava tale ultimo articolo. 
Di qui la decisione adottata nei limiti, la quale, tuttavia, nella fattispecie, 
si configura come vero e proprio atto di produzione legislativa. . 

Sull'art. 36 Cost. cfr. MoRTATI, Il lavoro nella Costituzione, Dir. lav. 
1954, I, 149; PuGLIATTI, Sulla minima retribuzione sufficiente ai lavoratori, 
Riv. giur. lav. 1951, II, 174. 

In giurisprudenza, per la decorrenza della prescrizione da ogni singola 
scadenza del credito, cfr. Cass. 15 febbraio 1962, n. 308, Giust. civ. 
1962, I, 869. 

-



PARTE I, SEZ. I, .GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 761 

che. stabilisce l'arrinunciabilit� del diritto alle ferie e al riposo settimanale; 
ma l'irrinunciabilit�, essendo concetto meno ampio dell'indisponibilit� 
richiamata dal c. c., non basta a rendere perpetuo un diritto 
soggettivo. 

Infine la denuncia contenuta nell'ordinanza di rinvio non trova conforto 
neanche nell'a.rt. 4 della� Costituzione, che .garantisce il diritto 
aLlavoro ma, alla pari dell'aJ,'t. 3, non .contiene precetti od insegnamenti 
sulla sorte delle singole prestazioni salariali; n� lo trova nell'art. 2 poich� 
l'inviolabilit� dei diritti dell'uomo non esclude che il tempo consumi 
ie. pretese di �carattere patrimoniale ad essi collegati. 

3. � Pero; se il diritto alle presta~iorii s�lariali pu� prescriversi, non 
tutt� il regime della prescrizione � compatibile colla speciale garanzia 
che deriva dall'art. 36 della Costituzione. 
Iri un rapporto non dotato di quella resistenza, che caratterizza 
invece. il rapporto d'impiego pubblico, il timore del recesso, cio� del liceniiamento, 
spinge o pu� spingere il lavoratore sulla via della rinuncia 
a una parte dei propri diritti; dimodoch� la rinuncia, quando � fatta 
durante quel rapporto, non pu� essere considerata una libera espressione 
di volont� negoziale e la sua validit� � sancita dall'art. 3�6 della Costituzione: 
lo stesso art. 2113 c. c., che la giurisprudenza ha gi� inquadrato 
nei principi costituzionali, ammette l'annullamento della rinuncia proprio 
se questa � intervenuta prima della cessazione del rapporto di lavoro 
o subito dopo. In sostanza si � voluto proteggere il contraente pi� 
debole contro la sua propria debolezza di soggetto interessato alla conservazione 
del rapporto. 

Le norme impugnate, in verit�, non si riferiscono al negozio di rinuncia; 
per� consentono che la prescrizione prenda inizio dal momento 
in cui matura il diritto a ogni singola prestazione salariale: se si eccettua 
n n. 5 dell'art. 2948, il termine prescrizionale decorre fatalmente anche 
durante il rapporto di lavoro poich� non vi sono ostacoli giuridici che 
impediscano di farvi valere il diritto al salario. Vi sono tuttavia ostacoli 
materiali, cio� la situazione psicologica del lavoratore, che pu� essere 
indotto a non esercitare il proprio diritto per lo stesso motivo per cui 
molte volte � portato a rinunciarvi, cio� per timore del licenziamento; 
cosicch� la prescrizione, decorrendo durante il rapporto di lavoro, produce 
proprio quell'effetto che l'art. 36 ha inteso precludere vietando 
qualunque tipo di rinuncia: anche quella che, in particolari situazioni, 
pu� essere implicata nel mancato esercizio del proprio diritto e pertanto 
nel fatto che si lasci decorrere la prescrizione. 

Entro questi limiti la questione � fondata: il precetto costituzionale, 
pur ammettendo la prescrizione del diritto al salario, non ne consente il 
decorso finch� permane quel rapporto di lavoro durante il quale essa 
maschera spesso una rinuncia. -(Omissis). 



762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 64 -Pres. Ambrosini -
ReZ. Branca -Fallimento Serventi (n. c.), Esattoria Civica di Cremona 
(avv. Citti), Presidente Consiglio dei Ministri e Amministrazione 
finanziaria dello Stato (sost. avv. gen. Stato Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Privilegi stabiliti dal testo unico delle impo� 
ste dirette -Innovazione alla disciplina stabilita dal codice civile � 

Eccesso di delega -Esclusione. 

(Cost., art. 76; 1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 63; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, 
art. 211; e.e., artt. 2752, 2771). 

L'art. 211 del t. u. sulle imposte dirette (d. P. R. 29 gennaio 1958, 

n. 645), emanato in virt� della delega di cui all'art. 63 della legge 5 
gennaio 1956, n. 1, stabilendo il privilegio legale delle ultime quattro 
annualitd di imposta iscritta nei ruoli. non ha innovato alla disciplina 
generale stabilita dagli artt. 2752 e 2771 c. c., ma costituisce il legittimo 
esercizio di quegli ampi poteri di coordinamento, in relazione al 
mutamento del sistema di iscrizione a ruolo, che la legge di delegazione 
aveva conferito al Governo (1). 
(Omissis). -� stato denunciato, in riferimento all'art. 76 della 
Costituzione, l'art. 211 del t. u. delle leggi sulle imposte dirette (d. P. R. 
29 gennaio 1958, n. 645): questa norma assicurerebbe sempre il privilegio 
legale delle ultime quattro annualit� di imposta iscritte nei ruoli 
e perci� rappresenterebbe una vera e propria innovazione rispetto agli 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 30 marzo 1965 dal 
Tribunale di Cremona (Gazzetta Uffeciale 19 giugno 1965, n. 151). 
La Corte ha accolto la tesi prospettata dall'Avvocatura, relativa all'adeguamento 
della diSPosizione impugnata alle nuove norme previste dal 

t. u. delle imposte dirette in materia di ruoli. L'art. 182 del detto t. u., infatti, 
ha eliminato ogni distinzione fra ruoli principali e ruoli suppletivi, stabilendo, 
invece, una nuova distinzione fra ruoli ordinari (di prima e seconda 
serie), speciali e straordinari (cfr. in dottrina, DE ANGELIS, PoTENZA E TESTA, 
T. u. delle leggi sulle imposte dirette, Milano, 1960, 891; COCIVERA, Guida 
alle imposte dirette, Torino, 1961, 180). 
Tutti i ruoli, quindi, a qualunque serie appartengano, possono avere, 
in pratica, iscritte imposte relative a periodi anteriori all'anno dell'esecuzione 
ed a quello precedente. Giustamente, per tale evenienza, il legislatore 
ha previsto, nell'art. 211 del t. u., che rstano fermi i limiti fissati dagli 
artt. 2752 e 2711 c. c. 

Per la giurisprudenza dominante, ricordata dalla Corte costituzionale, 
nel senso che �l'ultimo biennio., � stato identificato nelle due annualit� 
pi� recenti iscritte nel complesso dei ruoli relativi ad una stessa imposta, 
cfr. Cass. 5 gennaio 1963, n. 13 (Dir. prat. trib., 1963, II, 349, e nota di 
MARINI). 

In dottrina, nel senso della sentenza in rassegna, cfr. Ruxs1, Ancora 
in tema di privilegio generale dei crediti per imposte dirette, Riv. trim. 
dir. e proc. civ., 1961, 695). 



764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 66 -Pres. Ambrosini Rei. 
Bonifacio -Pasceri (n. c.). 

Corte Costituzionale -Giudizio di le~ittimit� costituzionale in via inci


t,, 

dentale -Re~olamenti -Esclusione. 

(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; r. d. 6 maggio 1940, n. 635, 
art. 225). 

� inammissibile la auestione di legittimit� costituzionale in via incidentale 
di una norma regolamentare (nella specie art. 225 Reg. P. S.) 
la quale � svrovvista di forza di legge (1). 

(1) Questione sollevata dal Pretore di Pizzo con ordinanza 30 giugno 
1965 (Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1965, n. 297) e decisa con procedimento 
in Camera di Consiglio, in mancanza di costituzione di parti. 
Giurisprudenza conforme alle precedenti pronuncie della stessa Corte, 
fedelmente aderenti al testo ed allo spirito dell'art. 134 della Costituzione. 

Con la sentenza 22 novembre 1962, n. 92 (Giur. it., 1963, I, 1, 323 e 
nota di PizzoRusso), invero, veniva dichiarata inammissibile la censura di 
illegittimit� costituzionale riferita al r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, per l'esecuzione 
della legge comunale e provinciale; e, successivamente, con la sentenza 
9 aprile 1963, n. 47 (Giur. cast., 1963, 201 e nota di CRISAFULLI, Atti. 
con forza di legge e regolamenti atipici) eguale decisione veniva adottata 
a proposito delle � norme di attuazione)> della legge 13 marzo 1958, n. 264. 
Quest'ultima sentenza identificava i canoni ermeneutici che portavano ad 
escludere la natura legislativa del testo impugnato nei seguenti criteri, 
che, ovviamente, sono validi anche fuori della fattispecie allora esaminata: 

a) denominazione usata sia nell'intestazione che nel corpo del provvedimento; 


b) approvazione della pretesa legge di delegazione, in base alla 
quale le norme di attuazione erano state emanate, da parte del Parlamento 
in Commissione e non nelle Assemblee, come �, invece, prescritto, 
per tal genere di leggi, dall'art. 72 Cost.; 

c) audizione del parere del Consiglio di Stato, che � prescritto solo 
per i regolamenti. 
Nella specifica materia del regolamento di esecuzione della legge di 

P.S. � da ricordare, altresi, la sentenza 24 giugno 1961, n. 38 (Giust. pen., 
1961, I, 260) la quale, fra l'altro, dichiarava inammissibile la questione di 
legittimit� costituzionale riferita all'artt. 197 di detto regolamento. La Corte 
rilevava che, anche se la norma regolamentare integrasse la norma legislativa, 
ci� non sarebbe sufficiente per attrarre nell'ambito della competenza 
della Corte un atto che, per sua natura, ne � escluso; sar� competenza 
del giudice ordinario esaminare se la norma regolamentare si , 
sia tenuta nei limiti della legge, o non abbia inteso, invece, sotto specie di 
integrazione, aggiungere qualcosa ad essa, modificandone od ampliandone 
la sfera di efficacia. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS, COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 765 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 67 -Pres. Ambrosini -
Rel. Chiarelli -Martino (n. c.), De Franceschi, (n. c.) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Savarese, Agr�). 

Lavoro -Delega al Governo per la disciplina della contrattazione � erga 
omnes� -Legge di proroga -Concessione di altri quindici mesi per 
l'esercizio della legislazione delegata. 
(Cc.st., art. 76; 1. 11 luglio 1959, n. 741, 1. lo ottobre 1960, n. 1027, art. 2). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale di due decreti 
delegati di recezione di contratti collettivi (d. p. r. 9 maggio 1961, 

n. 803 e d. p. r. 2 gennaio 196.2, n. 346) ai sensi della c. d. legge � erga 
omnes � (l. 14 luglio 1959, n. 741) per la scadenza del termine di delega, 
in quanto la legge di proroga di detto termine (l. 1� ottobre 1960, numero 
1027) aggiunse agli originari 12 mesi l'ulteriore termine di 15 
mesi, per dar modo al Governo di completare, mediante l'esercizio della 
delega la sua opera di emanazione di norme conformi ai contratti collettivi 
(1). 
(1) La questione, decisa con unica sentenza, era stata sollevata in 
relazione ai due decreti delegati con ordinanza del Pretore di Campobasso 
rispettivamente del 6 maggio 1965 (Gazzetta Ufficiale 19 giugno 1965, 
n. 151) e 
26 aprile 1965 (Gazzetta Ufficiale 17 luglio 1965, n. 178). 
Sui problemi connessi alla reiterazione della delega legislativa della 
c. d. legge erga omnes, si richiama la precedente sentenza della Corte Costituzionale 
19 dicembre 1962, n. 106 (Giur. cost., 1962, 1414 e nota di 
�CRISAFULLI, Su alcuni aspetti problematici della delega ecc.). 

CORTE COSTITUZIONAL�E, 15 giugno 1966, n. 70 (ordinanza) -Pres. 
Ambrosini -Rel. Cassandro -Presid_ente Regiqne Val d'Aosta (avv. 
Lucatello) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato 
Guglielmi). 

Valle d'Aosta -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Nomina 
di Commissario del Governo -Sospensione del provvedimento 
impugnato -Esclusione. 

(Cost., art. 134; l. 11 marzo 1953, n. 87, art. 40). 

Non pu� essere accolta l'istanza di sospensione del provvedimento 
del Presidente del Consiglio dei Ministri, impugnato dalla Regione Val 



766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d'Aosta per conflitto di attribuzione, col quale veniva nominato un Commissario 
di Governo nella Regione col compito di indire la convocazione 
del Consiglio regionale (1). 

(Omissis). -Ritenuto che, con ricorso notificato il 23 maggio 1966, 
il Presidente pro tempore della Giunta regionale della Regione valdostana 
ha sollevato conflitto di attribuzioni chiedendo l'annullamento del 
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 maggio 1966 col 
quale il dott. Guido Padalino veniva nominato Commissario del Governo 

(1) Data la delicatezza e novit� della questione decisa con l'ordinanza, 
si ritiene utile riportare integralmente il testo delle deduzioni difensive 
depositate dall'Avvocatura nell'interesse del Presidente del Consiglio dei 
Ministri: 
L'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione 
fra Stato e Regione -dispone l'art. 40 1. 11 marzo 1953, n. 87 pu� 
essere sospesa per gravi ragioni in pendenza del giudizio. La norma, 
anche in relazione al rinvio contenuto nel precedente art. 22 al regolamento 
di procedura del Consiglio di Stato, � stata finora interpretata nel 
senso che possa pervenirsi alla sospensione dell'atto impugnato se v'� pericolo 
nel ritardo e sempre che il ricorso appaia, prima facie, fondato, onde 
la necessit� di esaminare se sussiste pericolo nel ritardo o se per avventura 
l'atto non abbia esaurito i suoi effetti e se sussiste il fumus boni iuris. 

In ordine al primo punto ci sembra di potere affermare con tutta 
tranquillit� che l'atto di nomina del Commissario, avendo esaurito i suoi 
effetti con la riunione del Consiglio, non sia suscettibile di sospensione. 
Il Consiglio regionale ormai si convoca, si riunisce e delibera -secondo 
noi validamente, ma la cosa non ha importanza -per effetto di provvedimenti 
o iniziative sue proprie, prescindendo del tutto dall'impulso iniziale 
dato dalla nomina del Oommissario e dal conseguente invito da lui 
rivolto al Consiglio di riunirsi. 

L'invasione della sfera di competenza della Regione -posto che vi 
sia stata, cosa che noi contestiamo -� durata solo per il tempo necessario 
a diramare gli inviti. Da questo momento ogni cosa si � svolta per iniziativa 
degli organi regionali ed �, perci�, che noi definiamo irrilevante, ai 
fini del giudizio per conflitto di attribuzione, ogni questione relativa alla 
regolarit� delle deliberazioni adottate dal Consiglio e delle sue successive 
convocazioni. 

Nell'attivit� esplicata dal Consiglio -dopo che i consiglieri ebbero 
ricevuto l'invito del Commissario -non c'� stata e non c'� interferenza 
statale, che possa far ipotizzare un insorgere o un perpetuare del conflitto. 


Ai fini che interessano, una pronunzia di sospensione del provvedimento 
di nomina del Commissario non avrebbe alcun effetto pratico perch� 
non potrebbe rendere infectum quod factum est. Non sussiste uno 
status permanente, che possa ricollegarsi, come causa ad effetto permanente, 
al provvedimento impugnato e che sia .suscettibile di essere eliminato, 
sospendendo o annullando quest'ultimo. Le successive convoca




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 767 

con l'incarico di indire la convocazione del Consiglio regionale della 
Valle, fissandone la data e l'ordine del giorno, e di assicurare il libero 
accesso alla sede assembleare dei consiglieri regionali; nonch� di tutti 
i provvedimenti adottati conseguentemente dal Consiglio regionale; 

che contestualmente il Presidente pro tempore della Giunta regionale 
della Valle d'Aosta chiedeva la sospensione del provvedimento data 
la sua gravit� ed il pericolo di turbamento dell'ordine pubblico; 

zioni e le deliberazioni adottate dal Consiglio non traggono pi� origine � 
dall'invito del Commissario, ma da atti del Consiglio stesso, cio�, compiuti 
da un organi regionale nell'esercizio della sua autonomia. 

Non sussistono, perci�, quelle gravi ragioni, che giustificano la sospensione 
del provvedimento in pendenza del giudizio, perch� non c'� nessuna 
situazione giuridica o stato di fatto, dipendente da quel provvedimento ad 
effetti istantanei -che possa essere fatto cessare sospendendone l'efficacia. 


� N�. all'invocato provvedimento di sospensione potrebbero attribuirsi 
gli effetti, non previsti dall'ordinamento, di un provvisorio annullamento 
del procedimento . impugnato. 

Sotto questo profilo pu� anzi dirsi che il ricorso sia divenuto inammissibile 
per sopravvenuto difetto di interesse e cessata attualit� del 
conflitto. Il Consiglio, organo massimo della Regione, nella sua prima riunione 
poteva e doveva verificare i suoi poteri, controllando la legittimit� 
della convocazione e dell'Adunanza. Se, nell'esercizio della sua autonomia, 
ha ritenuto di essere legittimamente costituito, ha cosi sanato ogni eventuale 
vizio della convocazione. Con le sue successive ordinanze e deliberazioni, 
cio�, il Consiglio, ratificando la convocazione fatta dal Commissario 
ha fatto cessare ogni ipotetico conflitto ed ha fatto venire meno ogni interesse 
ad una .pronunzia sulla legittimit� della prima convocazione, che 
certamente non potrebbe travolgere i successivi atti e le successive deliberazioni 
adottate dal Consiglio stesso nell'esercizio della sua autonomia. 

Il secondo punto, cio�, la sussistenza di un fumus boni iuris merita, 
forse, un pi� lungo discorso. 

L'art. 20 S.S.VA. dispone che � il Consiglio � convocato dal suo Presidente 
in sessione ordinaria nella prima settimana di aprile e di ottobre 
di ogni anno e in sessione straordinaria su richiesta del Presidente della 
Giunta regionale o di almeno un terzo dei suoi componenti �; l'art. 21 a 
sua volta, stabilisce che �le deliberazioni del Consiglio della Valle non 
sono valide se non � presente la maggioranza dei suoi componenti e se 
non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che sia prescritta una 
maggioranza speciale �. Dal combinato disposto di queste due disposizioni 
si evince, a nostro avviso, che la convocazione �, per il Presidente, un 
atto dovuto, ma non � presupposto per la validit� delle deliberazioni del 
Consiglio, che deve, perci�, ritenersi possa autoconvocarsi. 

Questa conclusione trova conferma anche nell'art. 62 Cost., il quale 
prevede, per le Camere, la riunione di diritto, cio�, senza convocazione 

o su convocazioni di un terzo dei componenti (autoconvocazione). Analogamente 
provvedono gli artt. 20 e 21 S.S.S.A. e l'art. 14 1. 10 febbraio 
1953, n. 62. 
Se la tesi � esatta nel senso, cio�, che il Consiglio possa autoconvocarsi, 
deve escludersi che la nomina di un Commissario per � indire la 

====


-


768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso 
dall'Avvocatura dello Stato, ha depositato deduzioni il 6 giugno 1966, 
sostenendo l'insussistenza del grave pericolo nel ritardo e della fondatezza 
prima facie del ricorso che, a suo avviso, debbono concorrere 
per potersi dar luogo al provvedimento di sospensione degli atti che 
hanno dato origine al conflitto di attribuzioni; 

che la Giunta della Regione della Valle d'Aosta con deliberazione 8 
giugno 1966 ha revocato l'incarico conferito con deliberazione 22 maggio 

convocazione � abbia invaso la sfera di compentenza attribuita in via esclu


siva al Presidente del Consiglio regionale e sia, perci�, idoneo a porre in 

essere un conflitto di attribuzione costituzfonale. L'invito del Commissa


rio non ha sostituito, n� sotto il profilo della titolarit� n� sotto quello 

degli effetti giuridici, l'attivit� dell'inerte Presidente, che aveva il potere


dovere di convocare il Consigli'O; il predetto invito � e resta un atto giu


ridicamente irrilevante (i nostri contraddittori lo definiscono giuridica


mente inesistente), non suscettibile di invadere la sfera di attribuzione 

degli organi regionali. Non � esercizio di un potere regionale, cui faccia 

riscontro il dovere di altri 'Organi, � l'invito del buon padre di famiglia, 

che esorta i figlioli ribelli a fare il loro dovere, senza sanzione giuridica. 

D'altra parte, il Presidente del Consiglio regionale � organo dotato 

di poteri esterni nel quadro dell'ordinamento regionale. Le sue funzi'Oni 

si esauriscono nell'ambito dell'Assemblea, che le riassume, onde pu� af


fermarsi che -come l'atto del Presidente in s� non � idoneo ad invadere 

la sfera di attribuzione riservata allo Stato -cos� l'atto sostitutivo del 

C'Ommissario � inidoneo ad invadere la sfera di competenza attribuita al 

Consiglio regionale. Infatti, se il Consiglio aderisce all'invito, ratifica l'atto 

di convocazione che resta assorbito nella deliberazione consiliare, con la 

conseguente cessazione dell'ipotetico conflitto; se il Consiglio non aderisce, 

l'atto di convocazione resta privo di ogni effetto, salvo quello connesso al 

fatto della mancata riunione consiliare, quale sintom'O della sua impossi


bilit� di funzionamento. 

Giuridicamente rilevante -e forse non solo giuridicamente -� 

l'altra funzione attribuita al Commissario, ma trattasi di potere certa


mente statale, non contestato dalla Regione: quello di mantenere l'ordine 

pubblico, qual'Ora il Presidente della Regione non avesse provveduto, e 

di garantire la libera autoconvocazione del Consiglio ed il libero svolgi


mento delle sue attivit� istituzionali. 

Sul punto, dovendosi limitare la memoria a contestare il fumus boni 

iuris del ricorso, riteniamo sufficienti questi pochi accenni, salvo a svilup


pare i concetti esposti nella discussione di merito. 

Resta da aggiungere qualche consider:azione sulla spettanza del potere 

allo Stato per l'ipotesi, in cu dovesse ritenersi che il compito attribuito 

al Commissario di � indire la conV'Ocazione del Consiglio � s'identifichi con 

il potere-dovere del Presidente del Consiglio stesso di convocarlo. 

Il provvedimento, che ha dato origine al ricorso, � fondato non sol'O 

(e non tanto) sulla interpretazione analogica dell'art. 19 1. 10 febbraio 

1953, n. 62, quanto sul principio -pi� volte riaffermato dalla Corte 


secondo il quale spetta allo Stato e, per esso, al Governo un potere gene


rale di vigilanza su tutti gli enti ed organi compresi nel suo ordinamento 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 769 

dello stesso anno agli avvocati Guido Lucatello e Giuseppe Guarino; 
Considerato che il provvedimento impugnato ha conseguito per intero 
i suoi effetti; 
che non sussistono le gravi ragioni addotte per indurre la Corte a 

concedere la invocata sospensione del provvedimento; 

Visti l'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e l'art. 28 delle 
Norme integrative del 16 marzo 1956; 

per garantre la tutela della legalit� e l'indefettibile funzionamento delle 
istituzioni e degli organi pubblici. L'esistenza di questo principio generale 
dell'ordinamento � innegabile ed � stato pi� volte riconosciuto dalla Corte 
ecc.ma, la quale ha ritenuto che il potere generale di vigilanza attribuito 
per quanto riguarda pi� direttamente il presente giudizio, dall'art. 48 
agli organi centrali dello Stato (enunciato o presupposto, fra l'altro, dagli 
artt. 6 e 19 t. u. leggi com. e prov., 19 1. 10 febbraio 1953, n. 62, nonch� 
S.S.VA.) trova un limite solo in situazioni costituzionalmente garantite, che 
impongono al Governo di proporre ricorso alla Corte per la risoluzione 
del conflitto, escludendo, perci�, la possibilit� di un suo intervento diretto. 

Occorre, perci�, .accertare se sussista questo limite .o se, invece, come 
noi riteniamo, non esista una norma, che implicitamente riconosca al Governo 
il potere di no!Ilinare un Commissario per sostituire l'iniziativa di 
un organo regionale, colpevolmente inerte. 

Il discorso a questo punto si concentra sull'art. 48 S.S.VA., che, secondo 
i nostri contraddittori, pone un limite, formale e sostanziale, al patere di 
vigilanza spettante al Governo sul funzionamento degli organi regionali 
e, secondo noi, invece, ribadisce la spettanza di questo potere e consente 
l'emanazione del provvedimento impugnato. 

L'art. 48 cit. attribuisce al Governo il potere di promuovere lo scioglimento 
o, qualora l'atto si ritenga del Governo e non proprio del Presidente 
della Repubblica, sciogliere il Consiglio regionale quando ricorrano 
determinati presupposti, fra cui l'impossibilit� di funzionamento. All'uopo 
prevede un particolare procedimento, che culmina col decreto motivato 
del Presidente della Repubblica. Ora, a prescindere dalla considerazione 
che il pi� comprende il meno e che, perci�, se � attribuito al Governo il 
potere di sciogliere il Consiglio, deve ritenersi che gli spetti anche quello, 
minore, di convocarlo quando gli organi regionali, che avrebbero il dovere 
di farlo, restano colpevolmente inerti, deve tenersi presente che l'art. 48 
attribuisce, sia pure implicitamente ma inequivocabilmente, al Presidente 
del Consiglio un potere di inizatva. � il Presidente del Consiglio, infatti, 
che deve promuovere la deliberazione del Consiglio dei iMnistri, richiedere 
il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali 
e, infine, sottoporre alla firma del Presidente della Repubblica il dcreto 
di scioglimento, di cui, con la controfirma, assume la piena responsabilit�. 

Se questo � vero -e ci sembra incontestabile -non pu� negarsi al 

Presidente del Consiglio il potere-dovere di accertare la sussistenza dei 

presupposti, che legittimano il provvedimento di scioglimento, e nella 

specie tale accertamento non poteva essere effettuato senza la convoca


zione del Consiglio. Questa rappresentava una condicio sine qua non per 

l'accertamento dell'impossibilit� di funzionare, che deve sussistere in senso 

obiettivo e per ragioni intrinseche, indipendentemente, cio�, dall'inter




770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per questi motivi la Corte Costituzionale riservata ogni decisione 
sulle questioni di rito e di merito sollevate, compresa quella sulla validit� 
della revoca del mandato ai difensori della Giunta regionale; 

rigetta l'istanza di sospensione del provvedimento 18 maggio 1966 
del Presidente del Consiglio dei Ministri, presentata dal Presidente della 
Giunta regionale della Valle d'Aosta col ricorso notificato il 23 maggio 
1966. -(Omissis). 

vento di cause esterne, che nella specie si identificavano con l'arbitrario 
comportamento omissivo dell'Ufficio di Presidenza. 

N�, a tali effetti, si poteva prescindere dalla considerazione che nella 
seduta del 23 marzo il Consiglio regionale aveva espresso una maggioranza 
(destinata ad essere incrementata con l'intervento dei due consiglieri chiamati 
a sostituire i dimissionari) che ben lo poneva in grado di funzionare. 

L'inerzia, dolosa, dell'Ufficio di Presidenza -inadempiente al dovere 
di convocare il Consiglio, in sessione ordinaria, nella prima settimana di 
aprile e, in sessione straordinaria, sulla richiesta di un terzo dei consiglieri 
-che non consentiva al Consiglio di esprimere una valida maggioranza 
non era certo sufficiente ad accertare se il Consiglio fosse o meno in 
grado di funzionare, onde la necessit� di convocarlo al fine di accertare la 
sussistenza del presupposto per la legittimit� del richiesto provvedimento 
di scioglimento. 

A prescindere, quindi, da ogni considerazione sulla natura del potere 

esercitato dal Governo e della funzione attribuita al Commissario e, con


seguentemente, della idoneit� dell'atto ad invadere la sfera di competenza 

attribuita dallo Statuto alla Regione, deve ritenersi che il potere eserci


tato dal Presidente del Consiglio, al quale spetta l'iniziativa per il prov


vedimento di sciogliment�o previsto dall'art. 48 S.S.V A., rientrava, come 

mezzo al fine, fra i poteri istruttori, che necessariamente spettano a chi � 

tenuto ad adottare iniziative sul presupposto di circostanze determinate. 

Questa conclusione, cui agevolmente si perviene attraverso una serena 

disamina dell'art. 48, ci esonera, almeno in questa fase incidentale, dal


l'esaminare la questione se spetti al Governo in via generale un potere 

di controllo sostitutivo sugli organi della Regione Valdostana. 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 71 -Pres. Ambrosini -
Rel. Mortati -Minuto (n. c.). 

Patria potest� -Attribuzione al padre naturale -Violazione del princi


pio dell'e~ua~lianza dei ~enitori -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 29; c. c., art. 260). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 260 

c. c. che attribuisce l'esercizio della patria potest� al padre naturale, sia 
-



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 771 

con riferimento alL'art. 29 Cost., il quale riguarda solo la famiglia legittima, 
sia con riferimento all'art. 3 Cost., dato che la norma denunciata 
non � n� arbitraria, n� irrazionale, ma dettata nell'interesse del figlio (1). 

(1) Questione sollevata con ordinanza 15 maggio 1965 dal Tribunale 
dei minorenni di Torino (Gazzetta Ufficiale 17 luglio 1965, n. 178) e decisa 
con provvedimento in Camera di Consiglio, non essendovi stata costituzione 
di parti. 
Anche nella motivazione di questa sentenza la Corte costituzionale 
ha rivolto un chiaro invito al legislatore per l'adeguamento della legislazione 
familiare alle norme della Costituzione. 

Ci� era gi� avvenuto nella precedente sentenza 23 maggio 1966, n. 49, 
in questa Rassegna 1966, I, 530. Cfr. anche, per l'illegittimit� costituzionale 
dell'art. 156, primo comma, c. c., la coeva sentenza 23 maggio 1966, n. 46, 
ivi, I, 1966, 528 e nota di richiami di dottrina. 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 72 -Pres. Ambrosini -
Rel. Jaeger -Commissario Stato per la Regione Siciliana (sost. avv. 
gen. Stato Guglielmi) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Silvestri). 


Sicilia -Legge regionale recante disposizione a favore del personale in 

soprannumero della Regione -Violazione degli artt. 3 e 97 della 

Costituzione. 

(Cost., artt. 3, 97; 1. reg. 26 ottobre 1965}. 

� costituzionalmente illegittima, per violazione sia del principio 
di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., sia del principio del buon ordi'
namento della P. A., previsto dall'art. 97 Cost., la legge regionale siciliana 
26 ottobre 1965, a favore del personale in soprannummero della 
Regione, la quale crea sperequazioni di trattamento rispetto al personale 
di ruolo, provocando notevole malcontento fra questo e rendendo 
pi� difficile la collaborazione necessaria, a discapito dell'efficenza 
.della P. A. (1). 

(1) La sentenza in rassegna � da segnalare, al di l� della questione 
specifica cui essa si riferisce, per la precisazione del concetto di buon 
andamento della P. A., giusta l'art. 97 della Costituzione. 
Sulla identificazione di tale concetto la giurisprudenza della Corte ha 
seguito un progressivo affinamento e, si potrebbe dire, una progressiva 
incidenza in profondit�, al di l� degli aspetti meramente estrinseci e formali 
dell'organizzazione della P. A. 

Nella sentenza 9 marzo 1959, n. 9 (Giur. cost., 1959, 237), la Corte 
aveva, anzitutto, lasciato impregiudicata la questione se l'art. 97 Cost. si 



772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riferisse solo all'organizzazione dello Stato, oppure a quella di altri Enti 
pubblici. Aveva affermato, poi, che l'apprezzamento della idoneit� delle 
norme dirette ad assicurare il buon andamento e l'imparzialit� della P. A. 
in quanto non contrastanti con specifiche norme costituzionali, rientrava 
nell'esercizio del potere discrezionale del legislatore. 

Un passo pi� avanti venne compiuto dalla successiva sentenza 12 marzo 
1962 n. 14 (Foro it,. 1962, 1061) con la quale la Corte ravvisava la violazione 
dell'art. 97 Cost. tutte le volte che la legge provvedesse ad istituire 
uffici ed a destinarvi personale, ma omettesse di stabilire, di quegli uffici, 
ordinamento ed attribuzioni. 

Fin qui si restava ancora nel campo formale ed oggettivo del problema, 
riguardato esclusivamente con riferimento agli uffici ed alla loro organizzazione. 


Il problema � stato posto a fuoco anche dal punto di vista soggettivo, 
invece, e con indagine condotta sulla intrinseca validit� dell'organizzazione, 
con la sentenza 10 marzo 1966, n. 22 (Foro it., 1966, 543) la quale ha ravvisato 
nell'applicazione del principio di eguaglianza tra i funzionari una 
garanzia del buon funzionamento della P. A. 

Con la sentenza in esame, infine, il principio di eguaglianza viene con-: 
siderato anche nei riflessi psicologici che una sua disapplicazione o misap


I

plicazione provocherebbe nei funzionari, creando malcontento nell'ambito 
degli uffici, e rendendo, per tal via, meno efficiente la P. A. 
Attraverso questo iter giurisprudenziale � daito cogliere, quindi, una '

I

affermazione di competenza della Corte a sindacare la validit� intrinseca 

delle soluzioni legislative approntate in materia di organizzazione della 

I

Pubblica Amministrazione, sia essa statale, regionale o locale. Validit� che 

I ~ 

va necessariamente rapportata ai criteri di ragionevolezza e di non arbi0 
trariet�, nei quali si sustanzia �-secondo la consolidata giurisprudenza 
della Corte -il principio costituzionale di eguaglianza. 


CORTE COSTITUZIONAL�E, 2 luglio 1966, n. 79 -Pres. Ambrosini -Rel. 
Cassandro -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 


Sicilia -Conflitto di attribuzioni -Modalit� sulle conferenze periodiche 

in materia di energia elettrica -Competenza dello Stato. 

(St. spec. reg. sic., artt. 14, lett. d), 20; l. P. R. 15 dicembre 1962, n. 1670, 
art. 2, n. 5). 

Poich� la Regione Siciliana non ha competenza nelle materie delle 
riforme economiche e sociali, tra le quali rientra la nazionalizzazione 
dell'industria elettrica, spetta allo Stato la competenza ad emanare le: 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 773 

norme di organizzazione che agevolino l'attuazione delle riforme e la 
loro aderenza alle necessitd locali (1). 

(Omissis). -Le due censure mosse dalla Regione al provvedimento 
del Ministro per l'industria e il commercio, che regola la composizione e 
il funzionamento delle conferenze periodiche in materia di energia elettrica, 
sono infondate: sia la prima, che costituisce la tesi principale della 
difesa regionale, sia la seconda, che � proposta come tesi subordinata. 

Quanto alla prima, che _rivendica alla Regione la competenza nella 
determinazione delle �modalit� esecutive � delle conferenze periodiche, 
occorre ricordare che la Regione siciliana non ha competenza nelle materie 
delle riforme economiche e sociali, tra le quali, come la Corte ha 
avuto occasione di affermare (sent. n. 13 del 1964), rientra la nazionalizzazione 
dell'industria elettrica. Il richiamo alla competenza regionale 
in materia di industria e commercio (art. 14, lett. d, dello Statuto 
siciliano) e alle relative norme di attuazione (d. p. r. 5 novembre 1949, 

n. 1182) non � fatto a proposito, perch� la competenza nella materia 
delle riforme agrarie e industriali esplicitamente riservata allo Stato, in 
virt� del primo comma dell'art. 14 dello Statuto siciliano, npn pu� 
ritenersi trasferita alla Regione come parte della competenza che ad essa 
spetta in materia di industria e commercio. N� il richiamo a questa 
competenza pu� superare il generale limite dell'interesse nazionale che 
la potest� legislativa regionale incontra e che � prevalente nel caso della 
nazionalizzazione dell'industria elettrica. Pertanto, il trasferimento delle 
funzioni amministrative alla Regione in materia di industria e commercio 
si deve intendere avvenuto col rispetto dei limiti assegnati alla competenza 
legislativa regionale, conformemente al sistema che prevede, nell'ambito 
regionale -e anche in quello delle Regioni a statuto speciale 
-, una stretta correlazione fra potest� legislativa e potest� amministrativa. 
Di conseguenza, cosi come spetta allo Stato la competenza a 
deliberare le riforme agrarie e industriali, anche allo Stato spetta la 
competenza ad emanare le relative norme di organizzazione. Se esigenze 
di buon funzionamento richiedono l'istituzione di organi e strutture periferiche, 
che agevolino l'attuazione delle riforme e l'aderenza loro alle 
(1) La Regione siciliana aveva proposto giudizio per conflitto di attribuzione 
avverso il decreto del Ministro per l'industria ed il Commercio 
28 ottobre 1965 recante le modalit� relative alle conferenze per1oa1cne 
in materia di energia elettrica. 
Sui problemi connessi all'istituzione dell'Enel, cfr. la successiva sentenza 
11 luglio 1966, n. 94 retro. 
In dottrina, cfr. LANDI, voce Energia elettrica, in Enciclopedia dir., 
pag. 875 e segg. 



774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

necessit� locali, non ne consegue che la normativa di siffatta organizzazione, 
articolata su base regionale o su altra ripartizione territoriale, 
sia di competenza della Regione. 

2. -Se � infondata la censura principale mossa dalla Regione al 
provvedimento ministeriale, infondata � anche la censura proposta in via 
subordinata. 
Infatti, se la determinazione delle modalit� esecutive delle conferenze 
periodiche non spetta in via di principio alla Regione, non si vede 
come possa spettargliene una parte: la designazione, cio�, degli enti che 
devono essere rappresentati negli organi consultivi, o l'individuazione 
delle organizzazioni di categoria pi� rappresentative operanti nella Regione, 
indicate nei numeri 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 215 del primo 
comma dell'art. 3 del decreto ministeriale, alle quali l'E.N.E.L. � tenuto 
a richiedere la nomina di rappresentanti, o, infine, la determinazione degli 
organismi di ricerca e cultura, i cui rappresentanti devono essere invitati 
dal Ministro a far parte delle conferenze, o degli esperti che il 
Ministro medesimo deve designare, �qualora se ne ravvisi la necessit��. 
Anche per questi particolari aspetti della composizione degli organi consultivi, 
che vanno sotto il nome di conferenze periodiche, la competenza 
non pu� essere se non dello Stato. Non che sia da escludere in via di 
principio la possibilit� di un concorso di competenze amministrative 
tra Stato e Regione, ma ci� sempre quando vi sia un analogo concorso di 
competenze legislative non quando, come nel caso, la competenza spetti 
nella materia del tutto allo Stato (o alla Regione) e, per di pi�, l'eventuale 
diversit� di criteri ispiratori della duplice e concorrente competenza 
amministrativa possa dar luogo a una ridotta funzionalit� dell'organo 
e a una non perfetta sua corrispondenza allo scopo per il quale � 
costituito. 

La Corte ha avuto si occasione di affermare che nella disciplina 
delle materie di competenza generale dello Stato, come le riforme agrarie 
e industriali e la programmazione, deve essere fatta salva la competenza 
delle Regioni e la tutela degli interessi, dei quali queste sono 
portatrici. Ma, nel caso di specie, si � visto che non sussisteva una 
competenza della Regione che potesse perci� essere illegittimamente 
disattesa; e sta poi in fatto che, in questa periodica consultazione che 
l'Ente � tenuto a fare nello svolgimento della sua attivit�, necessariamente 
impostata su fondamenti unitari, estesa a tutto il territorio dello 
Stato e rivolta a interessi generali, gli interessi regionali sono tenuti 
presenti, la maggior parte dei componenti delle conferenze essendo rappresentanti 
di enti ed organismi regionali o di organi statali operanti 
nella Regione e designati di regola da codesti medesimi enti, organismi 
od organi, e non dal Ministro, n� dall'E.N.E.L. -(Omissis). 



PARTE l, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 775 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 80 -Pres. Ambrosini -

Rel. Mortati -Di Bella (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 

(sost. avv. gen. Stato Carbone). 

Imposta di registro -Divieto per i cancellieri di rilasciare copie di sen


tenze non registrate -Violazione del diritto di difesa -Ille~ittimit� 

costituzionale. 

(Cost., art. 24; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 117). 

L'art. 117 della vigente legge di registro, che fa divieto ai cancellieri 
di rilasciare copia di sentenze non ancora registrate, con la conseguenza 
dell'improcedibilit�. del giudizio di gravame, nel quale la 
copia dev'essere prodotta (art. 347 e 348 c. p. c.) � costituzionalmente 
illegittimo, in relazione all'art. 24 Cost., in quanto del tutto estmneo alle 
esigenze del giudizio, e diretto a finalit� esclusivamente fiscali (1). 

(Omissis). -La questione sollevata dalla Corte di appello di Catania 
deve essere esaminata anzitutto con riguardo al primo dei motivi 
di incostituzionalit� prospettati, qual'� fatto derivare dal contrasto delle 
norme di legge denunciate con l'art. 24 della Costituzione. Il problema 
della compatibilit� fra il principio costituzionale, che garantisce a tutti 
di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, e le norme che 
impongono oneri fiscali a carico di chi tale tutela intenda richiedere, 
� stato oggetto di ripetuto esame da parte della Corte, e questa ha 
ritenuto che, per risolverlo, si renda necessario distinguere fra gli 
oneri che siano razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, 
allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme 
alla sua funzione, di prevenire altres� eccessi riprovevoli nell'esercizio 
del diritto di azione, eccitando nel titolare un senso di responsabilit�, 
e che perci� devono ritenersi consentiti, e quegli altri i quali 

(1) La �questione era stata proposta con ordinanza 16 luglio 1965 della 
Corte di Appello di Catania (Gazzetta Ufficiale, 25 settembre 1965, n. 242). 
Le conseguenze pratiche della decisione in rassegna non riguardano come 
bene la Oorte ha precisato -l'istituto della improcedibilit� dell'appello 
nel suo complesso, perch� esso concerne anche ipotesi diverse dalla 
mancata presentazione del fascicolo di parte contenente copia della sentenza 
appellata (art. 347, secondo comma, art. 348, n. 2, c. p. c.), ma solo 
l'art. 117 della legge di registro. 

D'ora in avanti, fermo l'obbligo dei cancellieri, sancito dall'art. 80 n. 2 
legge di registro, di trasmettere le sentenze all'ufficio del registro, essi 
potranno rilasciare copia delle medesime anche prima ed indipendentemente 
dalla registrazione; pi� esattamente, anzi, eliminato l'ostacolo costituito 
dall'art. 117 legge di registro, dovranno rilasciare la copia a chiunque la 
richieda, come � tassativamente prescritto dagli artt. 347 e segg. c.ip.c. 

� evidente, quindi, che la � liberalizzazione � cos� introdotta nel rilascio 
delle copie di sentenze, si riferisce a tutte le sentenze, sia quelle appellabili 



776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

invece tendono alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalit� 
predette, e, conducendo al risultato di precludere o ostacolare 
gravemente l'esperimento della tutela giurisdizionale, incorrono nella 
sanzione dell'incostituzionalit� sent. 45, 56, 83, 113 del 1963; 47, 69, 
91, 100 del 1964). 

Alla stregua del criterio richiamato deve ritenersi fondata l'eccezione 
proposta in confronto all'art. 117 del r. d. n. 3269 del 19,23 (modificato 
con il r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313) quando sia messo in relazione 
con l'art. 348 c. p. c.. Infatti il divieto ch'esso impone ai funzionari 
delle cancellerie giudiziarie di rilasciare copia di qualsiasi atto soggetto 
a registrazione, prima che questa sia stata effettuata, in quanto precluda 
il rilascio della copia della sentenza di primo grado a favore di colui 
che intenda proporre gravame contro di essa, ha per conseguenza di 
pregiudicare il valido esercizio di tale diritto, dato che l'ultimo comma 
del citato art. 348 c. p. c. fa derivare l'improcedibilit� dell'appello stesso 
dal mancato deposito, alla prima udienza di comparizione, del fascicolo 
dell'appellante, fascicolo del quale � elemento essenziale la copia della 
sentenza impugnata, secondo il tassativo disposto del precedente art. 347. 

Quando, come nella specie, l'onere del previo pagamento prescritto 
dal citato art. 117 non riguarda solo la spesa di registrazione della sentenza, 
ma si riferisce anche al titolo posto a base della medesima e 
formante oggetto della contestazione, appare chiara la sua estraneit� 
alle esigenze del giudizio di appello ed il suo rivolgersi a finalit� esclusivamente 
fiscali, qual'� quella di stimolare il contribuente al pagamento 
dell'imposta sul titolo predetto, e per conseguenza il suo netto e radicale 
contrasto con il precetto costituzionale. 

L'esercizio del potere di gravame garantito a favore di chi si senta 

ingiustamente leso dalla sentenza di primo grado viene subordinato 

alla condizioni del previo pagamento di una imposta, rispetto alla quale 

sia quelle ricorribili; per cui non sembra fondata l'opinione espressa 

dall'ANDRIOLI (Foro it., 1966, I, 1002) sulla necessit� di una autonoma 

questione di legittimit� costituzionale per l'art. 369, n. 2 c. p. c., che sanziona 

l'improcedibilit� del ricorso per Cassazione allorch� non venga prodotta 

copia autentica del1a sentenza impugnata; o sulla dichiarabilit� d'ufficio, 

ex art. 27 I. 11 marzo 1953, n. 87, di tutti i � combinati disposti � che san


ciscono improcedibilit� delle impugnazioni per mancato deposito della 

sentenza. 

E l'uno e l'altro strumento sono superflui, perch�, d'ora in avanti, 

l'improcedibilit� per mancato deposito della sentenza potr� s�, continuare a 

sussistere ed operare, ma eventualmente solo per fatto imputabile alla 

parte, la quale non trova pi� alcun ostacolo d'ordine fiscale alla � conquista � 

della prescritta copia della sentenza. 

Sui problemi connessi agli oneri fiscali nel processo cfr. la precedente 

sentenza della Corte 9 aprile 1963, n. 45 (Riv. dir. proc., 1965, 443 e nota 

di CoMAGLio), e per i procedimenti davanti alla stessa Corte, la sentenza 

6 dicembre 1965, n. 75, in questa Rassegna, 1965, 1102). 

-



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 777 

non riesce ancora possibile la determinazione non gi� solo del suo 
esatto ammontare, ma della stessa sussistenza dell'obbligo correlativo, 
data la mancanza di definitivit� dell'accertamento giudiziale sul titolo 
controverso. La condizione stessa, nel caso che ha dato luogo al giudizio, 
assume poi aspetto particolarmente gravoso, trattandosi di sentenza che 
ha ritenuto la simulazione della compravendita in contestazione, sulla 
quale l'imposta � da applicare in misura proporzionale. 

Nulla potrebbe dedursi in contrario dal potere discrezionale, che 
l'art. 348 del Codice di procedura civile attribuisce al Consigliere istruttore, 
di concedere all'appellante una dilazione alla presentazione del fascicolo. 
A parte l'ovvia considerazione che la dilazione, anche se fosse 
consentito disporla a tempo indeterminato, non soddisfa l'interesse alla 
tutela giurisdizionale, la quale pu� raggiungersi solo con l'emanazione 
di una sentenza definitiva di merito, impossibile ad ottenersi senza il 
previo pagamento del tributo, � da osservare che essa, differendo da 
quella necessaria ex art. 195 c. p. c., o dall'altra di cui all'art. 108 della 
legge di registro, esige la fissazione di un termine, decorso il quale, 
(ove non si verifichino le ipotesi di cui agli artt. 305 o 307 c. p. c.), si 
apre alla parte interessata la facolt� di richiedere la definizione del giudizio 
sospeso, che non potrebbe altrimenti effettuarsi se non con la 
dichiarazione di improcedibilit�. 

Una volta accertata la incostituzionalit� della norma denunciata, 

pel suo contrasto con l'art. 24, non si rende necessario prendere in 

esame la questione sollevata in confronto all'art. 3 della Costituzione. 

La pronuncia di incostituzionalit� deve essere limitata all'art. 117 

della legge di registro, nella parte denunciata dall'ordinanza, poich�, 

venuto meno il divieto ch'esso impone, la improcedibilit� sancita dall'ul


timo comma dell'art. 348 rimarrebbe necessariamente limitata ai casi 

di inadempienze da parte dell'appellante diverse da quelle della man


cata esibizione della sentenza impugnata per effetto dell'omessa osser


vanza dell'obbligo fiscale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONAL�E, 2 luglio 1966, n. 81 -Pres. Ambrosini -
Rel. Benedetti -Fondazione Girola (avv. Nonnis, Mazzullo) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr�). 

Imposte e tasse in genere -Legge istitutiva di una ritenuta di acconto 

sugli utili distribuiti dalle societ� -Sperequazione di trattamento 

allorch� il soggetto percipiente sia esente dall'imposta sulle societ� 

Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 53; 1. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 3, settimo comma). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, 
settimo comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1745 istitutiva di una 


778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritenuta di imposta sugli utili percepiti da soggetti esenti dall'imposta 
sulle societ�, dato che, per questi ultimi, la ritenuta ha carattere di 
una nuova imposta, basata su presupposti diversi da quelli che sono a 
fondamento della ritenuta d'acconto per gli enti soggetti all'imposta 
sulle societ� (1). 

(Omissis). -La questione prospettata dall'ordinanza di rinvio non 
� fondata. 

Il giudice a quo ha ravvisato un contrasto tra la disposizione contenuta 
nell'art. 3, comma settimo, della 1. 29 dicembre 1962, n. 1745 
e gli artt. 3 e 53, comma primo, della Costituzione perch� ha ritenuto 
sussistente una identit� di situazione tra gli enti soggetti all'imposta 
sulle societ� nei confronti dei quali la ritenuta istituita con tale legge 
� operata a titolo di acconto, e gli enti esenti dall'anzidetto tributo nei 
confronti dei quali la norma impugnata dispone che la ritenuta sia 

I 

eseguita a titolo d'imposta. 
E' per� evidente che trattasi di situazioni cos� diverse che legitti


I 

mano una disparit� di trattamento normativo sotto l'aspetto tributario 
qui considerato. 
Infatti la ritenuta d'acconto sugli utili spettanti ai soggetti tassa


I

bili in base a bilancio non � un tributo autonomo, ma costituisce una 
parte dell'imposta sulle societ� e perci� viene dedotta dall'ammontare 
dell'imposta dovuta per l'esercizio sociale nel corso del quale il diritto 

I 

agli utili � stato acquisito. ' 

La ritenuta d'imposta, invece, costituisce un nuovo tributo basato 
su presupposti diversi da quelli che hanno giustificato la ritenuta di 
acconto in quanto richiede che il soggetto passivo sia esente dall'imposta 
sulle societ�. 

(1) La questione era stata introdotta dalla Commissione Distrettuale 
delle Imposte di Milano con ordinanza 24 novembre 1964 (Gazzetta Ufficiale 
30 aprile 1965, n. 109). 
La trasformazione della ritenuta d'acconto in una nuova ed autonoma 
imposta, anche per i contribuenti sottoposti all'imposta sulle societ�, � resa 
ancor pi� evidente nella c. d. � cedolare secca ., istituita dall'art. 1, secondo 
comma, del d. 1. 23 febbraio 1964, n. 27, conv. nella 1. 12 aprile 
1964, n. 191. 

Ci� elimina ogni sospetto di sperequazione rispetto alle due categorie 
di soggetti considerati dalla sentenza in rassegna. 

Per i problemi posti dalla legge sulla imposta cedolare, cfr. FERRI, La 
legge istitutiva del'la imposta cedolare di acconto ed i problemi che determina, 
Riv. dir. comm., 1965, I, 63; e, in particolare, con riferimento alla �cedolare 
secca�, PIAZZA, Cedolare d'acconto dell'imposta complementare e dell'imposta 
sulle societ�, Milano, 1965. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 779 

La ritenuta a titolo d'imposta istituita con la norma impugnata non 
comporta quindi violazione dei principi di eguaglianza e della capacit� 
contributiva. Baster� all'uopo rilevare che, prima della sua istituzione, 
gli utili spettanti agli enti esenti dall'imposta sulle societ� non erano 
soggetti ad alcun tributo, mentre gli utili sui quali � effettuata la ritenuta 
di acconto erano gi� assoggettati a tributo, costituendo uno degli 
elementi del reddito complessivo sul quale viene applicata l'imposta 
sulle societ�. 

Del pari erroneo � sostenere che sarebbero stati violati i suddetti 
principi perch� l'aliquota della ritenuta d'imposta, elevata dal 15 al 30 
per cento per il triennio nel quale hanno efficacia le disposizioni del 

d. l. 23 febbraio 1964, n. 27, � pi� alta dell'aliquota dell'imposta sulle 
societ� e perci� a parit� di reddito non corrisponderebbe parit� d'imposizione 
fiscale. 
L'ordinanza vorrebbe istituire un raffronto tra l'onere tributario 
che grava sugli utili soggetti alla ritenuta in conto dell'imposta sulle 
societ� e quello che grava sugli utili soggetti alla ritenuta prevista 
dalla norma impugnata. 

L'inammissibilit� del raffronto � per� evidente perch� gli utili 
soggetti alla prima forma di ritenuta si cumulano, agli effetti dell'applicazione 
del tributo, con gli altri redditi immobiliari e mobiliari del 
contribuente (art. 148 del t. u. delle leggi sulle imposte dirette), mentre 
l'obbligazione tributaria dei soggetti esenti dall'imposta sulle societ� 
� limitata agli utili azionari. 

Nessun rilievo pu� poi essere attribuito alla circostanza che tra 
i soggetti colpiti dalla ritenuta d'imposta vi siano enti -come la Fondazione 
Girola -le cui finalit� assistenziali avevano rappresentato 
valido motivo per la concessione della esenzione dall'imposta sulle societ�. 
Non pu�, infatti, configurarsi come violazione del principio di 
eguaglianza il fatto che il legislatore non abbia ritenuto, nella sua discrezionale 
valutazione, concedere l'esenzione anche in ordine al tributo 
ora in questione. 

L'istituzione della cedolare d'acconto e d'imposta fu originata dalla 
necessit� di colpire il fenomeno di evasione fiscale degli utili derivanti 
dai titoli azionari, fenomeno che la legge istitutiva della nominativit� 
obbligatoria di tali titoli e successive modifiche (leggi 9 febbraio 1942, 

n. 962 e 5 gennaio 1956, n. 1) non erano riuscite ad eliminare. E fu 
proprio in relazione alla gravit� e generalit� di tale fenomeno che la 
norma denunciata non ritenne di disporre esenzioni in favore di soggetti 
percettori di dividendi azionari ed istitu�, in forma di autonoma 
imposta, il tributo di cui trattasi anche nei confronti di quegli enti 
che erano stati originariamente esentati dall'imposta sulle societ� in 
considerazione della loro natura giuridica e dei fini perseguiti'. (
Omissis). 

780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 83 -Pres. Ambrosini -
Rel. Mortati -Pozzi, Esattoria di Livorno Ferraris (n. c.) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr�). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costitu.zionale in via incidentale 
-Questione sollevata dal giudice dell'esecuzione esattoriale 
-Ammissibilit�. 

(Cost., art. 134; I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, 
art. 2,3). 

Esecuzione fiscale -Disposizioni che non consentono al debitore esecutato 
contestazioni sulla valutazione dei beni staggiti -Violazione 
del principio di difesa -Esclusione. 

(Cost., artt. 24, 113; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 236, 237). 

n giudice preposto aH'esecuzione esattoriale � legittimato a sollevare 
questione di legittimit�; costituzionale in via incidentale (1). 

Non contrasta col principio del diritto di difesa la norma dell'articolo 
236 t. u. delle imposte dirette (e connesse norme degli artt. 202, 
233, 235, 237), la quale vieta al debitore esecutato ogni contestazione 
sul valore dei beni staggiti nell'esecuzione esattoriale, sia perch� si verte 
in una fase amministrativa, nella quale non � applicabile l'art. 24 Cost., 
sia perch� le determinazioni amministrative adottate dall'Intendente di 
Finanza sono impugnabili in via giurisdizionale davanti ai competenti 
organi della giustizia amministrativa (2). 

(Omissis). -In via preliminare � da accertare se il Pretore, quale 
giudice preposto all'esecuzione esattoriale immobiliare ai sensi dell'articolo 
200 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, sia legittimato a sollevare 

(1) La questione era stata sollevata dal Pretore di Santhi� con ordinanza 
6 febbraio 1965 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1965, n. 122). 
Per quanto concerne la legittimazione del giudice a proporre questione 
di legittimit� costituzionale, si rinvia alla nota redazionale, in questa Rassegna 
1966, 30, a commento della sentenza della Corte costituzionale 12 febbraio 
1966, n. 13. 

(2) Con la sentenza 7 luglio 1962 n. 87 (Dir. e prat. trib., 1962, II,. 440)), 
menzionata nel testo, la Corte costituzionale aveva dichiarato non fondata 
la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 208 e 209 del t. u. 
sulle imposte dirette, dato che il legislatore -fu ritenuto -non ha 
negato al contribuente le garanzie apprestate dal codice di procedura civile, 
ma le ha sostituite con altri mezzi di tutela, conformi al carattere amministrativo 
dell'esecuzione forzata. 
Ad analoghe conclusioni la Corte era pervenuta con le sentenze 26 novembre 
1964, n. 93 e 16 giugno 1964, n. 42 (in questa Rassegna, 1964, rispettivamente 
998 e 634). 

Egualmente la C:orte aveva gi� fissato i principi che avverso i provvedimenti 
dell'Intendente di Finanza sono ammessi il ricorso in via giurisdizionale 
.o quello straordinario al Capo dello Stato (sent. 26 novembre 1964, 

n. 93 cit., e sent. 4 luglio 1963, n. 116, Giur. it., 1963, I, 1, 1172). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 781 

le questioni di illegittimit� costituzionale di cui all'art. 134 della Costituzione. 
La Corte, nelle sue precedenti pronuncie, ha ritenuto che gli 
artt. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948, 23 della legge n. 87 del 
1953 e 1 delle Norme 'integrative consentano una determinazione dei 
requisiti necessari alla valida proposizione delle questioni stesse, tale 
da condurre, per una parte, a far considerare �autorit� .giurisdizionale � 
anche organi che, pur estranei all'organizzazione della giurisdizione 
ed istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura, siano tuttavia 
investiti, anche in via eccezionale, di funzioni giudicanti per l'obiettiva 
applicazione della legge, ed all'uopo posti in posizione super partes, e 
per un'altra a conferire carattere di �giudizio � a procedimenti che, 
quale che sia la loro natura e le modalit� di svolgimento, si compiano 
per� alla presenza e sotto la direzione del titolare di un ufficio giurisdizionale. 


Poich�, pertanto,. alla stregua dell'interpretazione adottata, i due 
requisiti, soggettivo ed oggettivo, non debbono necessariamente concorrere 
affinch� si realizzi il presupposto processuale richiesto dalle 
norme richiamate, e poich� nella specie ricorre uno di essi, e cio� l'intervento 
di un soggetto appartenente all'autorit� giudiziaria ordinaria, 
anche se non destinato (almeno nella fase del procedimento esecutivo 
riguardante la vendita dei beni pignorati) alla risoluzione di controversie, 
la questione sollevata con l'ordinanza in esame si deve ritenere 
ammissibile. 

Nel merito la questione � infondata. Deve anzitutto essere con


fermato quanto la Corte ha gi� in precedenza statuito in ordine al 

carattere sostanzialmente amministrativo del procedimento previsto da


gli artt. 200 e seguenti del citato t. u. (sent. n. 87 del 1962). Dal che 

deriva che non potrebbe mai riscontrarsi nella disciplina disposta dalle 

norme sottoposte alla Corte una violazione del diritto di difesa, che 

l'art. 24 vuole sempre garantito, ma per i soli procedimenti giurisdi


zionali. Nessuna questione di costituzionalit� pu� pertanto proporsi in 

confronto all'art. 236, nella parte in cui non consente il ricorso ad altro 

consulente tecnico che non sia l'ufficio tecnico erariale, allorch� si 

debba procedere a perizia del prezzo base di incanto del bene pigno


rato, essendo proprio dei procedimenti amministrativi di giovarsi, quan


do occorra, dell'opera di consulenza degli uffici appositamente costi


tuiti a tale scopo nel seno della P. A.. Nessun accostamento si rende 

possibile fra la norma in esame e quella che la sentenza n. 70 del 1961 

ha dichiarato incostituzionale perch� sottraeva al giudice, cui erano 

sottoposte controversie in materia di diritti soggettivi, il potere di scelta 

del perito e lo vincolava all'accertamento dei fatti compiuto dall'uf


ficio tecnico designato dalla norma stessa. 

Neppure fondate, sotto l'aspetto dell'allegata violazione dell'art. 24, 

possono considerarsi le censure riguardanti la diversa posizione che 



782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella esecuzione esattoriale viene attribuita al giudice rispetto all'altra 
che questi riveste nell'ordinario procedimento esecutivo, ed in particolare 
la censura rivolta all'art. 202, secondo cui la vendita dei beni 
pignorati si effettua a cura dell'esattore senza autorizzazione dell'autorit� 
giudiziaria. Infatti tale diversit� corrisponde alla specifica finalit� 
del primo tipo di esecuzione, intesa a tutelare il preminente interesse 
della pubblica finanza, che esige il ricorso a strutture pi� agili e rapide, 
nelle quali il posto predominante � rilasciato all'attivit� di impulso e 
di decisione dei soggetti dell'amministrazione, come l'Intendente di finanza, 
o operanti per suo conto, come l'esattore. Il quale ultimo, essendo 
tenuto all'obbligo del non riscosso per riscosso, non potrebbe 
adempier1o se non fosse messo in condizione di venire rapidamente in 
possesso della somma dovuta dal debitore di imposta. 

Risulta dalle precedenti considerazioni che la questione di costituzionalit� 
in esame � prospettabile solo con riferimento al primo comma 
del detto art. 24, che garantisce a tutti di agire in giudizio per la 
tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Principio che trova applicazione, 
quando si contesti la legittimit� degli atti amministrativi, nella 
norma dell'art. 113, al quale esclusivamente deve aversi riguardo per 
la soluzione della questione prospettata. Tale articolo ha, nel secondo 
comma, inibito al legislatore di disporre esclusioni o limitazioni della 
tutela giurisdizionale per singole categorie di atti o per singoli mezzi 
di impugnativa, consentendogli solo, nell'ultimo comma, di determinare 
in quali casi sia possibile disporre l'annullamento dell'atto (escludendone 
eventualmente alcuni), nonch� gli organi competenti a dichiararlo e 
gli effetti conseguenziali. 

Non � esatta l'interpretazione che nell'ordinanza si d� della norma 
dell'art. 236 t. u. (che � quella direttamente rilevante per la soluzione 
del giudizio a quo), secondo cui al debitore d'imposta sarebbe riconosciuto 
il solo potere di rivolgere istanza all'Intendente di finanza, diretta 
a chiedergli che si disponga una nuova stima degli immobili pignorati, 
mentre i conseguenti provvedimenti dell'Intendente stesso non sarebbero 
assoggettabili ad alcun sindacato. E' invece da ritenere che, 
contrariamente a quanto afferma il Pretore, le norme generali sulla giustizia 
amministrativa trovino piena applicazione anche in confronto al 
sub-procedimento di cui all'art. 236, che si conclude con la decisione 
dell'Intendente di finanza in ordine alla determinazione del prezzo base. 
Il principio consacrato nell'art. 113 appare suscettibile di piena applicazione 
anche in confronto alle decisioni relative alla determinazione 
del prezzo base, impugnabili, per qualsiasi motivo di illegittimit� compreso 
quello dell'eccesso di potere, o mediante il ricorso straordinario 
(entro il minore termine stabilito dall'art. 208) o con ricorso al Consiglio 
di Stato, al quale compete anche il potere di disporre la sospensione 
del procedimento in corso di svolgimento. -(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631 -Pres. Ma


stropasqua -Est. Giannattasio -P. M. Criscuoli (conf.) -Societ� 

Ariston (avv. Parodi) c. Maglio (avv. Fragola). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Controversie tra privati. 

(I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2}. 
Competenza e giurisdizione -Consiglio di Stato -Questioni pregiudiziali 
-Giudicato preclusivo -Limiti. 

(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 28}. 
La giurisdizione del Giudice ordinario sussiste tutte le volte che si 
controverta tra privati e la controversia pur ricollegandosi eventualmente 
ad un atto amministrativo non investa direttamente quest'ultimo 
ma si esaurisca nell'ambito delle posizioni di diritto soggettivo dei privati 
medesimi (1). 

Il Consiglio di Stato decide le questioni pregiudiziali a norma dell'art. 
28 r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 senza preclusione dell'ulteriore co


(1) La prima massima ribadisce un principio pi� volte affermato dalle 
sezioni unite della Corte di Cassazione, specialmente in materia di acque 
(v. Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2481, in Foro it., 1962, I, 271 e Cass., 
Sez. Un., 12 marzo 1960, n. 497, in Foro it., 1960, I, 360) ed in materia di 
piani regolatori (v. C1ass., Sez. Un., 27 gennaio 1959, n. 221, in Foro it., 
1959, I, 216). 
Le sentenze ora citate e quella, di cui si tratta, hanno peraltro ben 
precisato che quando la lite tra privati trae origine dall'uso fatto da una 
delle parti dei poteri inerenti ad una sua situazione soggettiva ed incidenti 
su situazioni soggettive di altri privati, qualificate dall'ordinamento giuridico 
come diritti soggettivi, e la legittimit� dell'uso di tali poteri dipende 
dal previo esercizio di una potest� da parte della P. A., rispetto al quale 
esercizio sussistono altre distinte posizioni soggettive, in direzioni contrarie, 
di entrambi i privati, il problema relativo alla giurisdizione ha differenti 
soluzioni a seconda che si contenda tra privati intorno alle lesioni 
del diritto o si investa direttamente l'atto della P. A. lesivo di un interesse 
legittimo; aggiungendosi, implicitamente od esplicitamente, come nella sentenza 
in rassegna, che ove la controversia venga mantenuta nell'ambito 



784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gnizione ordinaria: pu� aversi giudicato preclusivo solo quando le questioni 
decise costituiscano l'oggetto principale e diretto della controversia 
(2). 

della lesione del diritto soggettivo, la giurisdizione spetta sempre al giudice 
ordinario perch� in tal caso rimane estranea alla causa ogni questione 
relativa all'atto amministrativo, mentre, se invece l'esercizio della potest� 
pubblica � oggetto di cognizione diretta, la questione � proposta conitro la 

P. A. ed essa concerne posizioni di interesse legittimo nel senso tradizionale, 
le quali si connettono esclusivamente all'attivit� amministrativa, onde la 
domanda non pu� essere proposta che davanti al Giudice amministrativo. 
Con tali precisazioni e con le relative conseguenze, nei limiti di cui si 
dir� appresso (in questa Rassegna, 1966, I, 821), il principio innanzi esposto 
pu� accettarsi. 

(2) Che a norma dell'art. 28 del r. d. 26 giugno 1924, n. 1024 il Consiglio 
di Stato sia autorizzato a decidere tutte le questioni pregiudiziali ed 
incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare 
sulla questione principiale di sua competenza anche in materia in cui non 
ha giurisdizione esclusiva risulta dall'espressa disposizione della norma 
riportata (v. pure, in terminis, per le questioni pregiudiziali, Cass., s�ez. 
Un., 21 giugno 1965, n. 1297, in Giust. civ., 1965, I, 2226, e, per le questioni 
incidentali, C. d. S., V sez., 3 marzo 1962, n. 184, in Giust. civ., 1962, II, 
121), come da questa risulta che su dette questioni pregiudiziali ed incidentali, 
tuttavia, la efficacia della cosa giudicata rimane limitata alla questione 
principale decisa nel caso (v. pure Cass., Sez. Un., 27 luglio 1962, 
n. 2175, in Giust. civ., 1963, I, 1385), ossia alla decisione sull'atto impugnato, 
all'infuori di che non vi � giudicato, onde le questioni relative ai diritti 
risolte in via pregiudiziale od incideniaie dal Giudice amministrativo potrebbero 
successivamente essere riproposte dalle stesse parti al Giudice 
ordinario il cui potere non resterebbe paralizzato dall'exceptio rei iudicatae 
(Gu1cc1ARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1954, 171). In questi sensi 
sembra debba intendersi il principio contenuto nella massima, di cui si 
tratta, derivata tuttavia da un'affermazione fatta per incidens nella sentenza. 
� appena poi il caso di ricordare che, a' sensi dell'ultimo comma dell'articolo 
innanzi citato, restano sempre in esclusiva competenza dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria l'incidente di falso e le questioni concernenti lo 
stato e la capacit� dei privati individui, salvo che si tratti della capacit� 
di stare in giudizio. 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11ottobre1965, n. 2111 -Pres. Tavolaro 
-Est. Jannelli -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Difesa-Esercito 
(avv. Stato Tracanna) c. Boffa (avv. Cosinelli). 

Competenza e ~iurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ~iurisdizione 
amministrativa -Discriminazione -Criteri. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 785 

Privative per invenzioni industriali -Potere di segretazione dell'Ammi 
nistrazione della Difesa -Presupposti -Natura -Effetti -Non osservanzadei 
termini stabiliti in materia con norme regolamentari � 
Irril�vanza in rapporto alla funzione ed al carattere di tali norme. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 5; r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, 
art. 40; r.d. 5 febbraio 1940, ri. 244, artt. 45 e 46). 
Ai fini della discriminazione tra la giurisdizione del Giudice 01�dinario 
e quella del Giudice amministrativo, in mate1�ia nella quale quest'uitimo 
non abbia giurisdizione esclusiva, occorre accertare quale sia 
l'oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio e cio� se la parte 
istante intenda far valere un diritto soggettivo od un interesse legittimo 
tenendo.presente che se la legge conferisce. all'Au.torit� amministrativa ii 
potere di incidere sui diritti soggettivi per la tutela di un interesse pubblico, 
il diritto soggettivo del singolo si attenua nella sua consistenza e si 
trasforma, soltanto relativamente, ossia soltanto di fronte alla Pubbli�a 
Amministrazione, in un interesse legittimo, come tale tutelabile in sede 
contenziosa soltanto davanti alla Giurisdizione amministrativa; ma poich� 
in tanto il diritto si attenua nella sua consistenza e ne muta la tutela 
giurisdizionale in quanto un potere discrezionale di disporre di esso 
sia conferito all'Autorit� amministrativa, ove dal soggetto controinteressato 
si nega che un siffatto potere sia all'Autorit� stessa conferito e la 
negazione presenti in concreto sostanziale aderenza alla legge, spetta al 
Giudice ordinario conoscere della vertenza, occorrendo accertare se il 
diritto soggettivo sia tale pure di fronte alla pubblica Amministrazione, 
laddove allorquando la vertenza abbia invece per oggetto il preteso 
scorretto uso dell'esercizio del potere discrezionale da parte della pubblica 
Amministrazione sotto l'aspetto della competenza, della forma e del 
contenuto, specie con riferimento all'eccesso di potere in tutte le sue 
manifestazioni, spetta al Giudice amministrativo conoscere della vertenza 
medesima (1). 

(1) Con la prima masima della prima sentenza le sezioni unite della 
Corte di Cassazione ritornano sui criteri di discriminazione tra giurisdizione 
ordinaria e giurisdizione amministrativa. Benvero, talune delle espressioni 
usate nell'anzidetta sentenza sembrano riecheggiare la cosiddetta teoria della 
prospettazione, ormai ritenuta inconferente ai fini dell'accennata discriminazione, 
fondata, invece, dalla giurisprudenza fin qui costante delle medesime 
sezioni unite sul criterio del petitum sostanziale (in contrapposto 
appunto al petitum formale): cfr. da ultimo Cass., sez. un., 12 febbraio 1965, 
n. 220 in questa Rassegna, 1965, I, 1117 e Cass., sez. un., 19 luglio 1965, 
n. 1628, ivi, 1965, I, 829, nonch� le rispettive note di richiami. Ma, in 
realt�, dopo gli accenni � alla necessit� di accertare se la parte istante 
intenda far valere un diritto soggettivo od un interesse legittimo ., � al 
cittadino che nega l'esistenza del potere� nell'Amministrazione e all'esercizio, 
che � si pretenda � scorretto con riferimento a tale potere, si fa 

786 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il potere di segretazione (di cui all'art. 40 del r. d. 29 giugno 1939, 

n. 1127) sui brevetti per invenzioni industriali � sottoposto, sia per 
quanto attiene al suo sorgere �sia per quanto attiene alla possibilit� del 
suo esercizio, alla sola condizione che il brevetto riguardi un'invenzione 
utile per la difesa militare del paese: compete, quindi, alla discrezionalit� 
dell'Amministrazione della Difesa lo stabilire in concreto se sussista una 
tale utilit� e se sussistendo questa di quel potere sia conveniente l'esercizio, 
di fronte al quale pertanto si affievolisce il diritto del privato inventore 
titolare del brevet~o, il cui interesse � protetto dalla legge solo 
nel modo e nella misura concretamente compatibile con le esigenze 
dell'interesse pubblico come innanzi apprezzato; n� il potere stesso � 
limitato nei confronti del controinteressato, il cui diritto rimane sempre 
affievolito salvi gli eventuali vizi dell'atto amministrativo e salvo ove sia 
tempestivo il ricorso alla giurisdizione amministrativa, dalla inosservanza 
dei termini stabiliti per il suo esercizio negli artt. 45 e 46 del r. d. 5 febbraio 
1940, n. 244 (contenente le disposizione regolamentari in materia 
di brevetti per invenzioni industriali), pur dichiarati perentori dalla 
seconda di dette norme, giacch� queste hanno entrambe contenuto e carattere 
interni, senza alcuna efficacia preclusiva nei rapporti tra l'Amministrazione 
della Difesa ed i controinteressati in quanto dirette non 
a circoscrivere rigidamente l'ambito dei poteri spettanti all'anzidetta 
Amministrazione nei confronti degli inventori ma piuttosto a regolare 
i rapporti tra i Ministeri interessati e l'ufficio centrale dei brevetti, e 
comunque sarebbero contra legem in quanto contrastanti con la no1�ma 
primaria dell'art. 40 del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, e come tali suscettibili 
quindi di disapplicazione a norma dell'art. 5 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E (2). 
richiamo alla �legge� per stabilire se essa �conferisca all'Autorit� amministrativa 
il potere di incidere sui diritti soggettivi ., mutandone consistenza 
e tutela, e se ad essa quella � negazione presenti in concreto 
sostanziale aderenza �. In definitiva, si ritiene che con la sentenza, di cui 
si tratta, le sezioni unite della Oorte di Cassazione hanno inteso attraverso 
le rilevate contrapposizioni chiarire esemplificando come si desuma congiuntamente 
dai due elementi della domanda e della natura della controversia 
il petitum sostanziale (l'oggetto della domanda, secondo l'espressione 
dell'art. 386 c. p. c.), costituito proprio dalla vicendevole integrazione di 
quei due elementi e di cui � dato per pacifico all'inizio della parte motiva 
la funzione di criterio discriminatore. 

(2-3-4) Dalla seconda delle due sentenze, che pubblichiamo entrambe 

per esteso pure nella parte di fatto onde il lettore possa rendersi meglio 

conto delle situazioni, cui esse si riferiscono, � parso il caso di estrarre 

soltanto le due massime dportate. 

Benvero, con tale seconda sentenza, la Corte di Cassazione, riaffermato 

.che essa ha il potere dovere di interpretare il giudicato formatosi nello 

stesso processo e statuito che nel caso concreto si � formato il giudicato 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 78 7 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 luglio 1965, n. 1724 -Pres. Ma


stropasqua -Est. Pratillo -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Difesa


Aeronautica (avv. Stato Carafa) c. Nunzi e Scelzo (avv. Ozzo). 

Privative per invenzioni industriali -Invenzioni realizzate durante il 
rapporto di impiego -Amministrazione dello Stato -Funzione del 
Ministro preposto all'Amministrazione circa i diritti patrimoniali 
dell'inventore -Natura -Limiti. 

(r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 25, comma secondo). 
Privative per invenzioni industriali -Invenzioni utili per la difesa del 
paese -Poteri dell'Amministrazione competente -Effetti. 

(r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 40; 1. 1� luglio 1959, n. 514, art. 5). 
La funzione del Ministro preposto all'Amministrazione dello Stato, 
da cui dipende l'inventore, di stabilire ii premio, il canone o ii prezzo a 
questo spettante, a differenza di quella del collegio arbitrale previsto 
neUa medesima legislazione speciale, � di natura amministrativa e riguarda 
solo il quantum debeatur (3). 

In tema di invenzioni utili per la difesa del paese l'Amministrazione 
competente ha il potere di �segretazione �, il cui esercizio produce l'effetto 
di bloccare �de iure� per otto mesi (salva la proroga per un triennio) 
la ordinaria procedura di rilascio dell'attestato, nonch� il potere di 
procedere atla espropriazione: nei termini di cui sopra, ove essa non 
abbia .manifestato la volont� di procedere all'espropriazione, la procedura 
ordinaria di rilascio dei brevetti, cessando �de iure � la segretazione, 
riprende il suo corso; ove, invece, abbia manifestato la volont� di 
procedere alla espropriazione, senza poi provvedervi tempestivamente, 
.essa � tenuta per i danni nei confronti dell'inventore (4). 

riguardo alla giurisdizione del giudice ordinario a decidere sull'an debeatur 
.ed alla competenza del Ministro della Difesa-aeronautica a stabilire il 
.quantum, ha richiamato suoi precedenti al fine di differenziare rispetto 
:alla natura ed ai poteri del collegio arbitrale previsto nel primo comma 
dell'art. 25 del r. d. n. 1127 del 1939 la natura ei i poteri del Ministro pre:
POsto all'Amministrazione dello .Stato, da cui dipende l'inventore. 

Inoltre, con la stessa sentenza, la Corte di Cassazione, pur affermando i 

�principi, di cui alla seconda massima della prima sentenza innanzi ripor


tata, circa la discrezionalit� dell'Amministrazione e l'affievolimento dei 

diritti dell'inventore, ha ribadito quanto esplicitamente disposto dalle nor


me degli artt. 40 del r. d. n. 1127 del 1939 e 5 della 1. n. 514 del 1959 ed ha 

.ritenuto di poter dichiarare l'Amministrazione responsabile dei danni nei 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

788 

I 

(Omissis). ~ Boffa Giuseppe conveniva innanzi al Tribunale di 
Roma il Ministero della Difesa Esercito esponendo che il 22 agosto 1942, 
previi adempimenti di legge, l'ufficio centrale dei brevetti gli aveva rilasciato 
il brevetto n. 397490, relativo alla invenzione di uno speciale apparecchio, 
denominato telegoniometro econometro elettromagnetico. 
L'Amministrazione Militare, sebbente interpellata dal detto Ufficio, ai 
sensi dell'art. 40 r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, lasciava trascorrere il termine 
prescritto dalle speciali disposizioni in materia, senza opporsi alla 
esecuzione del brevetto. Solo il 18 settembre 1942 detta Amministrazione 
imponeva il vincolo del segreto militare, che durava breve tempo e 
cio� sino al 9 aprile 1943. 

Ci� premesso, il Boffa deduceva che tale provvedimento, adottato 

in violazione delle norme di cui ai rr. dd. 3 giugno 1939, n. 1127, 3 aprile 

1941, n. 396, e 3 febbraio 1940, n. 244, aveva impedito la pubblicazione 

del brevetto industriale e lo sfruttamento della invenzione e chiedeva, 

quindi, previa declaratoria di illegittimit� ed inefficacia del vincolo di. 

segretazione posto al brevetto, o, quanto meno, previa dichiarazione che 

il vincolo stesso concretava una requisizione di brevetto, la condanna 

del Ministero Difesa-Esercito al risarcimento dei danni, da liquidarsi in 

seperata sede. 

confronti dell'inventore per non aver provveduto � tempestivamente � in 

rapporto al preannunciato procedimento espropriativo. 

Orbene, se sulla natura amministrativa della funzione svolta dal Mi


nistro, a' sensi del secondo comma del citato art. 25, si deve convenire, 

sembra che siano da formulare delle riserve circa i limiti fissati per tale 

funzione e che con le statuizioni, di cui si tratta, non possa considerarsi 

definitivamente risolta per casi del genere ogni questione di giurisdi


zione circa la tutela dell'inventore nei riguardi del provvedimento mini


steriale mentre non pare da condividersi, almeno in linea di massima, la 

anzidetta ritenuta responsabilit� dell'Amministrazione. 

Di tutto ci�, comunque, anche, si scriver� nelle seguenti 

Osservazioni in tema di invenzioni di dipendenti statali e di imposizione 
di vincolo di segretezza su invenzioni interessanti la difesa militare. 

1. -Nelle due sentenze che si annotano, le Sezioni Unite della Corte 
di Cassazione hanno deciso alcune questioni di notevole interesse in materia 
di invenzioni di dipendenti di amministrazioni statali e di imposizione 
di vincolo di segretezza su invenzioni interessanti la difesa militare. 
La prima questione affrontata dalla Corte Suprema nella sentenza 
23 luglio 1965, n. 1724 attiene alla competenza a decidere sull'an debeatur 
del premio spettante, nell'ipotesi dell'art. 23 2� comma r. d. 29 giugno 1939, 

n. 1127, al dipendente di Amministrazione statale per l'invenzione fatta 
nell'esecuzione o nello adempimento del rapporto di impiego, in relazione 
al potere attribuito al Ministro preposto all'Amministrazione stessa dall'art. 
25 2� comma 1. inv. di provvedere, in luogo del Collegio arbitrale 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 789 

L'Amministrazione convenuta eccepiva che: 

a) la domanda era impronibile per difetto di diritto soggettivo; 

b) il Ministero aveva fatto legittimamente uso del potere di segretazione; 


e) non esisteva il preteso danno. 

Il Tribunale di Roma, con sentenza 10 marzo 1961 accoglieva la domanda. 


Proponeva impugnazione il Ministero Difesa-Esercito insistendo 
nelle eccezioni avanzate in primo grado ed eccependo, inoltre, il proprio 
difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del preteso diritto al 
risarcimento dei danni. 

La Corte di Appello di Roma, con sentenza 26 luglio 1963, confermava 
la sentenza di primo grado. 

Preliminarmente la Corte dichiarava la domanda proponibile, sussistendo 
la giurisdizione del giudice ordinario, essendo stata denunciata 
la lesione della situazione giuridica soggettiva connessa alla titolarit� 
dei diritti derivanti dal brevetto, sul presupposto dell'inesistenza del potere 
amministrativo di incidere su tale situazione. 

Nel merito, la Corte osservava che era infondata la tesi dell'Amministrazione, 
secondo la quale i termini perentori stabiliti dagli articoli 
45 �e 46 r. d. 5 febbraio 1940, n. 244 (termine di 20 giorni dalla comunicazione 
della domanda di brevetto per potere prendere visione della 
domanda stessa; ulteriore termine successivo, pure di 20 giorni, per 
chiedere il differimento della concessione del brevetto) erano illegittimi 
perch� fissati in un decreto che, contenendo il regolamento di esecuzione 
del t. u. 29 giugno 1939, n. 1127, non poteva fissare i termini pe


(previsto dal 1� comma dello stesso articolo), a stabilire il premio medesimo 
con deliberazione insindacabile. 

Sul problema della competenza la Corte di Cassazione si era gi� 
pronunciata, nello stesso giudizio, con riguardo alla giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato in materia di rapporto di pubblico impiego (1). La 
sussistenza di siffatta giurisdizione era stata negata dalla C:assazione -in 
ordine all'azione promossa ex art. 23 1. inv. dall'inventore dipendente di 
Amministrazione statale -in base alla considerazione che, anche quando 
l'attivit� inventiva � prevista come oggetto del rapporto di impiego, l'invenzione 
realizzata mediante tale attivit� non trova nel rapporto d'impiego la 
sua causa ma � unicamente l'occasione �. La Corte aveva osservato che 
non � possibile considerare l'attivit� inventiva svolta in esecuzione del 
contratto di impiego � quale semplice prestazione di lavoro, sia pure 
intellettuale�, data �la natura del bene prodotto, l'invenzione, che � realiz


(1) Sez. Un. 16 maggio 1952, n. 1412, Foro it., 1952, 1, 856. Per un approfondito 
commento critico, cfr. TRACANNA, In tema di invenzioni degti impiegati de!!o Stato, 
in questa Rasse!!na, 1953, 41. La sentenza fu invece annotata favorevolmente da: 
FORMIGGINI, in Riv. dir. industriale, 1952, 2, 121; RIBOLZI, in Foro pad., 1952, 1175; 
SORDELLI, ivi, 1952, 1179. 
-ffii . . . . , X � �~~: ===::;:== ,== 



790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rentori all'esercizio di poteri previsti in un atto legislativo, senza trasmodare 
dai rigorosi limiti entro i quali deve esercitarsi il potere regolamentare 
del Governo nel porre le norme di esecuzione della legge. 
� infatti legittima e coerente -osservava la Corte -con gli scopi 
che si intendono perseguire attraverso le norme di esecuzione, la norma 
regolamentare che, :p.ell'ambito della legge cui accede, circoscriva rigorosamnte, 
entro stretti limiti di tempo, l'esercizio di poteri di supremazia 
riconosciuti all'Amministrazione e destinati ad incidere nella sfera 
di interessi privati, perch� costituisce una autolimitazione della pubblica 
autorit�, che determina meglio, nell'interesse dei cittadini, l'ambito dei 
poteri spettanti all'Amministrazione. 

Pertanto, il superamento dei detti termini perentori non dava vita 
alla semplice illegittimit� degli atti di cui si esprimeva l'esercizio del 
potere discrezionale ed alla conseguente potest� di tutela del privato mediante 
ricorso alla giurisdizione amministrativa. Quando la potest� discrezionale 
dell'Amministrazione deve esercitarsi entro i prefissi limiti 
di tempo, la trasgressione di tali limiti deve essere considerata come 
superamento dell'ambito entro il quale l'Amministrazione pu� legittimamente 
comprimere la sfera degli interessi del privato, e quindi sussiste 
un diritto soggettivo del singolo verso l'Amministrazione. 


Non poteva, poi, sostenersi che il potere esercitato, nella specie, 
avesse il suo titolo nell'art. 43 del t. u. 29 giugno 1939, n. 1127, la quale 
norma consentirebbe all'Amministrazione una ulteriore ed estrema possibilit� 
di inserimento, mediante la facolt� accordatale di chiedere che 
il procedimento di concessione del brevetto si svolga in forma segreta, 
assicurandosi cosl la possibilit� di raggiungere, in ogni caso, le finalit� 
specifiche a cui presidio � posto l'istituto della segretazione. La norma 
delrart. 43 stabilisce soltanto che, qualora, in ipotesi di differimento di 

zazione, mediante processo intellettivo, dell'idea inventiva, la cui pater


nit� attiene alla personalit� dell'autore � ed � tutelata anche nelle ipotesi 

contemplate dall'art. 23 I. inv. 

Identico orientamento � stato assunto, in due decisioni (una delle quali 

pronunciata sempre nella stessa complessa controversia decisa dalla sen


tenza che si annota), dal Consiglio di Stato (2), il quale ha sostanzialmente 

riprodotto, nel suo contenuto essenziale, la motivazione della citata sen


tenza della Suprema Corte. In senso opposto, il Consiglio di Stato si era 

invece pronunciato in una precedente decisione (3), emessa per� in una 

(2) Sez. VI, 7 novembre 1959, n. 800, Cons. Stato, 1959, 1, 1544; Sez. V, 21 ottobre 
1961, n. 548, Cons. Stato, 1961, 1, 1676. 
(3) Sez. IV, 4 maggio 1956, n. 475, Foro amm., 1956, 1, 1, 430 con nota contraria 
di RUBINO. Con la recente decisione 15 novembre 1963, n. 850, in questa Rassegna 
I

(mass.) 1964, l, 346 (pubblicata per esteso in Foro it., 1964, 3, 176 e Giust. civ., 
1964, 2, 60), il Consiglio di Stato non si � invece occupato della questione di giurisdizione 
di cui trattasi, avendo soltanto implicitamente ritenuto la propria competenza 


I 

(in sede di ordinaria giurisdizione di legittimit� e non di giurisdizione esclusiva) in 
una controversia che atteneva esclusivamente ai criteri adottati dal Ministro nella 
determinazione del quantum del premio di cui al capoverso dell'art. 2.3 1. inv. 


I 
! ! 

i 

-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 791 

cui all'art. 40, il Ministero consenta la concessione del brevetto, la procedura 
si svolge, a richiesta dello stesso Ministero, in forma segreta; e 
quindi la norma non riconosce all'Amministrazione una sorta di potere 
residuale che possa sopperire alla sua inerzia nella fase pregressa della 
procedura, ma accorda all'Amministrazione di far luogo ad un procedimento 
segreto allorch� essa, nel rispetto dei termini suddetti, non abbia 
inteso procedere all'esproprio. ma abbia consentito alla concessione 
del brevetto, in modo che possano conciliarsi le giuste esigenze del privato 
con i i superiori interessi pubblici attinenti alla difesa dello Stato. 
L'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 1941, n. 396 non aveva innovato 
tale sistema, ma aveva soltanto svincolato l'Amministrazione dal 
termine di otto mesi stabilito dall'art. 40 t. u. n. 1127 del 1939 per la 
comunicazione della sua intenzione di procedere all'espropriazione. Pertanto, 
accertato che il vincolo era stato imposto oltre i rigorosi limiti di 
tempo stabiliti dalle norme sopra indicate, doveva concludersi che la 
proposta domanda era diretta alla tutela di un diritto soggettivo del 
Boffa conculcato in concreto da un atto arbitrario della pubblica Amministrazione, 
e doveva escludersi l'ipotesi di una responsabilit� per atto 

legittimo. 

Legittimato passivo era il Ministero della Difesa. Al riguardo, a 
nulla rilevavano la pa.rticolare autonomia dell'Ufficio centrale dei brevetti 
e la sua dipendenza dal Ministero dell'Industria, perch� il provvedimento 
di vincolo era stato voluto dal Ministero della Guerra e l'Ufficio 
centrale dei brevetti si era limitato ad eseguirne le determinazioni. Al 
pi� si sarebbe potuto configurare una responsabilit� solidale dell'Ufficio 
centrale dei brevetti con quella del Ministero della Difesa. 

Ai fini della condanna generica il danno derivava, in ipotesi, dall'arbitraria 
imposizione del vincolo e dal conseguente ostacolo, di natura 

fattispecie in cui la contestazione verteva non sull'an debeatur ma soltanto 
sul quantum del premio spettante all'inventore-dipendente ai sensi dell'art. 
23 comma 2� 1. inv. 

2. -Anche ai fini dell'impostazione del problema della soggezione, o 
meno, alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato delle controversie 
che possono sorgere in sede di applicazione dell'art. 23 1. inv. (4) non 
sembra potersi trascurare il rilievo, di ordine generale, che oggetto del 
rapporto di impiego o di lavoro non pu� mai essere l'invenzione, ma soltanto 
l'attivit� inventiva, intesa come attivit� rivolta al conseguimento dell'invenzione. 
Mentre l'opera dell'ingegno pu� essere concepita come diretto 
oggetto di un contratto di lavoro, in quanto -come osservava acutamente 
Ascarelli (5) -�� forse sempre possibile scrivere un brutto poema, ma 
(4) La questione presenta interesse anche in relazione alla competenza del 
Ministro (di cui si � specificamente occupata la sentenza che si annota), sotto il 
profilo della determinazione del giudice cui spetta di conoscere delle impugnazioni 
dei provvedimenti emessi dal Ministro in subiecta materia. 
(5) AscARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 
1960, 806. 

792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giuridica ed economica, che un tale provvedimento pu� arrecare al lecito 
sfruttamento dell'invenzione. 

La prescrizione, infine, eccepita dall'Amministrazione, era stata interrotta, 
da varie istanze dirette dal Boffa al Ministero della Difesa per 
la tutela dei suoi diritti relativi all'invenzione: tali missive, anche 
quando non contengono particolari indicazioni sull'ammontare e sulle 
modalit� del credito, sono idonee ad interrompere la prescrizione se manifestano, 
come nella specie, la chiara volont� del creditore di ottenere 
il soddisfacimento del suo diritto. 

Contro tale sentenza ricorre per cassazione il Ministero Difesa-Esercito 
sulla base di cinque motivi di annullamento, illustrati da memoria. 
Resiste, con controricorso, il Boffa. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente, ~denunciando 
violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4 e 5 I. 20 marzo 1865, 

n. 2248 all. E, degli artt. 40, 41 e 43 r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, degli 
artt. 45 e 46 r. d. 5 febbraio 1940, n. 244 e dell'art. 13 r. d. I. 3 aprile 
1941, n. 396, nonch� difetto di motivazione, in relazione allo art. 360 
nn. 1, 3 e 5 c p. c., -sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto 
dalla Corte di merito, la domanda giudiziale del Boffa � assolutamente 
improponibile ed inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario; e la Corte di merito ha errato ritenendo che, avendo nella 
specie l'Amministrazione esercitato il potere di segretazione oltre i limiti 
temporanei stabiliti dagli artt. 45 e 46 del regolamento 5 febbraio 1940, 
n. 244, il diritto soggettivo del privato non potesse ritenersi legittima-
non perci� sempre possibile raggiungere una sia pur modesta invenzione ., 

l'invenzione, dato il suo carattere di mera eventualit� (6), non � invece 

suscettibile di essere dedotta in un rapporto di impiego o di lavoro come 

oggetto della prestazione dovuta dal prestatore d'opera. Di conseguenza, 

non sembra potersi affermare, a rigore, che tra rapporto d'impiego ed 

invenzione sia individuabile un nesso diretto e necesario di causa ad 

effetto (7), ma piuttosto una relazione di occasionalit� sia pure assai 

prossima. 

Qualora l'invenzione sia conseguita, i diritti che al dipendente spet


tano quale inventore si mantengono pertanto -a sommesso avviso di 

chi scrive -pur sempre concettualmente autonomi rispetto ai diritti ed 

(6) Ci� appare in maniera particolarmente evidente nei sistemi, come quello 
italiano, che ritengono costituire invenzione (intrinsecamente) nuova e brevettabile 
soltanto quel trovato che trascenda le possibilit� del tecnico medio e sia frutto di 
uno sforzo inventivo, ma appare vero anche in un sistema che, come quello francese, 
ripudi il requisito del � niveau inventif � (CASALONGA, Trait� technique et pratique 
des brevets d'invention, Paris, 1949, voi. 3o, 24 segg.). 
(7) Cfr. nello stesso senso, AscARELLI, op. cit., 603. Contra, invece, FORMIGGINI, 
op. cit. 



PARTE I, SEZ. II, Gll)"RIS. Sl)" Ql!ESTIONI DI GIURISDIZIONE 793 

mente affievolito ad interesse legittimo e quindi conservasse integra la 
tutela come diritto soggettivo perfetto dinanzi al giudice ordinario. 

Secondo 1'Amministrazione ricorrente la segretazione pu� incidere, 
oltre che sulla concessione del brevetto e quindi sulla domanda, anche 
soltanto sulla pubblicazione del brevetto gi� concesso; comunque, per 
l'art.. 4-0 del decreto n. 1127 del 1939, il potere di segretazione � condizionato 
al solo presupposto che il � brevetto riguardi invenzioni utili 
alla difesa militare del Paese � ed in presenza di questo solo presupposto 
il diritto soggettivo del privato si affievolisce di fronte alllesercizio del 
potere discrezionale di segretazione, potere che pu� essere esercitato 
anche. fuori termine, perch� questo si riferisce all'esercizio e non all'esistenza 
del .Potere stesso. E, �nche ammesso che si tratti di vera e propria 
perentoriet�, il regolamento di esecuzione 5 febbraio 1940, n. 244, quale 
fonte secondaria e subordinata, non pu� contenere decadenze di poteri 
n� a carico dei privati n� a carico della P.A., e quindi la Corte di merito 
avrebbe dovuto disapplicarlo; ai sensi dell'art. 5 1. n. 2248 all. E del 1865. 

Sempre secondo la ricorrente, n� la legge sui brevetti, n� il regolamento 
di esecuzione stabiliscono termini per l'esercizio dell'autonoma 
e separata facolt�, compresa nella materia della segretazione, di imporre 
il vincolo del segreto sul brevetto non ancora pubblicato e divulgato, 
sicch� l'Amministrazione pu� presentare la domanda di cui all'art. 43 
del r. d. n. 1127 del 1939 fino a quando le descrizioni e i disegni dei 
brevetti non siano stati pubblicati e posti a disposizione del pubblico, 
come risulterebbe anche dall'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 1941, 

n. 3�96. 
Questo Supremo Collegio osserva che, per risolvere il problema di 
giurisdizione, sollevato con questo motivo, occorre predere le mosse dal 
criterio discriminatore tra la competenza del .giudice ordinario e quella 
del giudice amministrativo, nella materia in cui quest'ultimo non abbia 

agli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, non soltanto per quanto 
attiene al diritto al riconoscimento della paternit� dell'invenzione, ma anche 
per quanto concerne i riflessi patrimoniali della posizione di inventore, 
pur se essi risultino in varia misura limitati e compressi e si atteggino in 
maniera particolaTe per effetto della influenza che sulla situazione giuridica 
dell'inventore � esercitata dalla concomitante condizione di quest'ultimo 
quale soggetto di un rapporto d'impiego. 

La difficolt� di inquadrare, stricto sensu, nell'ambito del rapporto di 
impiego subordinato i rapporti che sorgono a .seguito dell'effettivo conseguimento 
dell'invenzione � stata avvertita da quegli Autori (8), i quali 
fanno discendere il trattamento attribuito all'inventore e l'acquisizione dell'invenzione 
al datore di lavoro, nelle ipotesi contemplate dall'art. 23 1� 
e 2� comma 1. inv., da un distinto contratto, avente natura di contratto 

(8) AULETTA, Commentario al codice civile a cura di Scialoia e Branca, Zanichelli 
1947, commento all'art. 2590 e.e.; RIVA S. SEVERINO, Contratto individuale di 
lavoro, Cedam 1953, 158. 

794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

competenza esclusiva, che si desume congiuntamente dai due elementi 
della domanda e della natura della controversia, i quali si integrano a 
vicenda per costituire il petitum sostanziale, ovvero l'oggetto della domanda, 
secondo l'espressione dell'art. 386 c p. c. Occorre, pertanto, accertare 
quale sia l'oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio, e 
cio� se la parte istante intenda far valere un diritto soggettivo ovvero 
un interesse legittimo. Se la legge conferisce all'autorit� amministrativa 
il potere di incidere sui diritti soggettivi per la tutela di un interesse 
pubblico, il diritto soggettivo del singolo si attenua nella sua consistenza 
e si trasforma, soltanto relativamente, ossia soltanto di fronte alla pubblica 
amministrazione, in un interesse legittimo e come tale, non pu� 
ricevere protezione se non dalla giurisdizione amministrativa. Ma, poich� 
in tanto il diritto si attenua nella sua consistenza e muta di tutela 
giurisdizionale, in quanto un potere discrezionale di disporre di esso sia 
conferito all'autorit� amministrativa, ne deriva che, se il cittadino nega 
che siffatto potere sia all'autorit� stessa conferito e la negazione presenti 
in concreto sostanziale aderenza nella legge, la competenza a conoscere 
della controversia spetta al giudice ordinario, occorrendo appunto accertare 
se il diritto soggettivo sia tale anche di fronte alla pubblica amministrazione. 
Se, invece, la controversia abbia per oggetto l'esercizio 
che si pretende scorretto del potere discrezionale conferito sotto l'aspetto 
della competenza, della forma e del contenuto, specie in violazione all'eccesso 
di potere in tutte le sue manifestazioni, la competenza a cono


scere � del giudice amministrativo. 

A questo fondamentale criterio la Corte di merito ha, in astratto 
reso ossequio, ma in concreto ne ha tratto una conseguenza errata, 
quando ha affermato che l'attore tende a conseguire il risarcimento del 
danno derivatogli dall'atto arbitrario con il quale la pubblica amministrazione 
aveva violato il suo diritto soggettivo, impedendo la pubblicazione 
del brevetto e lo sfruttamento economico della relativa invenzione; 
e ci� perch� la denuncia della lesione della situazione giuridica 

aleatorio o di vendita di cosa futura (9), che sarebbe dato individuare 
accanto a quello di lavoro o di impiego. Il presupposto di questa costruzione 
teorica sembra, per le ragioni suaccennate, da condividere, anche 
se ,parrebbe forse pi� aderente al sistema positivo qualificare l'acquisto in 
capo al datore di lavoro dei diritti patrimoniali sull'invenzione e la corrispondente 
eliminazione o restrizione delle ragioni patrimoniali del dipendente-
inventore non quali effetti di un separato �contratto ma piuttosto 
come conseguenze ex le.ge del collegamento esistente tra l'invenzione e 

(9) Per l'AULETTA sarebbe da riscontrarsi un contratto aleatorio nell'ipotesi del 
lo comma dell'art. 23 1. inv., nel quale una retribuzione ad hoc � corrisposta al 
prestatore di lavoro indipendentemente dall'effettiva realizzazione dell'invenzione, 
mentre nell'ipotesi del capoverso dello stesso art. 23 sarebbe da ravvisarsi un contratto 
di vendita di invenzione futura, nel quale l'equo premio avrebbe natura di 
prezzo. Per la RIVA S. SEVERINO, invece, in entrambe le ipotesi previste dall'art. 23 
si avrebbe una vendita di cosa futura. 
-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 795 

subiettiva, connessa alla titolarit� dei diritti derivanti dal brevetto, presuppone, 
contrariamente al vero, l'inesistenza del potere amministrativo 
di incidere su tale situazione. 

Invero, il r. d. 1. 29 giugno 1939, n. 1127, contenente il testo delle 
disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali, 
dopo aver disciplinato nei titolo I il diritto di brevetto e nel titolo II l'oggetto 
e la titolarit� del brevetto, nel titolo III contiene le norme attinenti 
alla domanda, all'esame ed alla concessione del brevetto. L'art. 40, 
per la parte che qui interessa, cos� dispone: � L'Ufficio centrale dei 
brevetti comunica al Ministero della Difesa l'elenco delle domande ad 
esso pervenute. Qualora la domanda di brevetto riguardi invenzioni utili 
alla difesa militare del Paese, il Ministero anzidetto pu� prendere visione 
della descrizione e dei disegni appena eseguito il deposito. Pu� 
anche richiedere il differimento della concessione del brevetto e di ogni 
pubblicazione relativa alla invenzione. La richiesta di differimento deve 
essere dall'Ufficio centrale dei brevetti comunicata all'interessato. Se 
entro otto mesi dalla data del deposito della domanda di brevetto, il Ministero 
competente non avr� inviato all'Ufficio e al richiedente, in quanto 1 
questi abbia indicato il proprio domicilio nello Stato, la notizia di voler 
procedere all'espropriazione in conformit� di questo decreto, si d� seI 
guito alla procedura ordinaria per la concessione del brevetto�. Per il 
successivo art. 43 �qualora per invenzione interessante la difesa miliI 
tare del Paese, il Ministero competente richieda o, nell'.ipotesi di differi


t

mento di eui all'art. 40, consenta la concessione del brevetto, la procedura 
'-relativa si svolge, su domanda dello stesso Ministero, in forma 
segreta. In tal caso. non si ~ffettua alcuna pubblicazione e non si consentono 
le visioni indicate da questo decreto�. 

Questi due articoli fanno parte di un testo unico emanato in forza 
del potere di delega conferito al Governo dagli artt. 1, 3 e 5 del r. d. 1. 
24 febbraio 1939, n. 317, conv. nella 1. 2 giugno 1939, n. 739. 

l'attivit� diretta al suo conseguimento, in quanto dedotta come prestazione 
in un rapporto di impiego (10). 

Vi � allora da chiedersi, in relazione alla particolare natura del rapporto 
di impiego pubblico ed alla funzione della giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato, se, ai sensi dell'art. 29 della legge sul Consiglio 
di Stato, debbano necessariamente intendersi com.e inclusi nella materia 

�relativa al pubblico impiego� soltanto quei diritti che trovino la loro 
causa nel rapporto di impiego od anche quelli che, pur non traendo immediato 
fondamento da quest'ultimo, siano tanto strettamente collegati 
con il rapporto di impiego da esserne profondamente influenzati nella loro 
stessa struttura ed attengano comunque ai rapporti tra Stato ed impiegato. 
Che una tale situazione si verifichi nel caso delle invenzioni effettuate 
(10) Cfr. in questo senso GIARRATTANA, Osservazioni sugli artt. 23 e 24 r.d., 
n. 1127, del 29 giugno 1939, Foro it.., 1960, 1, 1360. Conforme anche GHIRON, Corso di 
diritto industriale, 1937, vol. 2o, 301. 

796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il r. d. 5 febbraio 1940, n. 244, invece, contiene il testo delle disposizioni 
regolamentari in materia di brevetti per invenzioni industriali ed 
� stato emanato dal Governo in forza dell'art. 105 del r. d. n. 1127 del 
1939. Detto regolamento cos� dispone all'art. 45: � L'Ufficio centrale dei 
brevetti, comunica, in via riservata, ai Ministeri della guerra, della marina 
e della aeronautica, l'elenco di tutte le domande ad esso pervenute, 
dirette ad ottenere brevetti per invenzioni industriali, indicando, nell'elenco, 
i nomi dei richiedenti e, ove siano noti, degli inventori, nonch� 
i titoli delle invenzioni. I detti Ministeri, entro venti .giorni dalla comunicazione, 
possono prendere visione, nella sede dell'ufficio centrale dei 
brevetti, a mezzo degli ufficiali o funzionari all'uopo delegati, delle descrizioni 
e dei disegni riferentisi a invenzioni ritenute utili alla difesa del 
Paese. I Ministeri anzidetti sono tenuti all'obbligo del segreto sulle descrizioni 
e sui disegni di cui hanno preso visione, nonch� sugli elenchi di 
cui al .�primo comma �. Il successivo art. 46 � cos� formulato: �La richiesta 
di differimento della concessione del brevetto e di ogni pubblicazione, 
ai sensi dell'art. 40, comma terzo, del r. d. 29 giugno 1939, 

n. 1127, limitata alle invenzioni che abbiano formato oggetto di visione, 
deve essere comunicata all'Ufficio centrale dei brevetti nei venti giorni 
successivi alla scadenza del termine fissato nell'articolo precedente. I 
termini stabiliti in questo articolo e nel precedente sono perentori �. 
Devesi subito osservare che pu� prescindersi, nell'esame del problema, 
dal ricordato art. 43 del r. d. n. 1127 del 1939, che non attribuisce 
un potere autonomo all'amministrazione militare, ma si limita a precisare 
�che, nell'ipotesi di differimento di cui al precedente art. 40, la 
procedura � segreta. Del pari l'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 1941, 

nell'ambito del rapporto di impiego sembra innegabile. Si pu� anzi affermare 
che se, per la sopra ricordata partkolare natura dell'invenzione, � 
difficilmente sostenibile che il conseguimento della stessa possa mai essere 
considerato, almeno in senso proprio, come prestazione dedotta in un rapporto 
di lavoro, tuttavia quest'ultimo (in quanto consente all'inventore di 
godere dei mezzli tecnici ed organizzativi necessari per lo svolgimento dell'attivit� 
inventiva) costituisce, almeno in una larga percentuale di casi, 
una � condicio sine qua non � per la realizzazione dell'invenzione. Per 
effetto di siffatto stretto collegamento, il diritto patrimoniale dell'inventore, 
che -di re.gola -consiste nello sfruttamento economico in esclusiva dell'invenzione, 
si trasforma nel diritto ad un corrispettivo pecuniario che, 
nelle due ipotesi dell'art. 23 1. inv., si identifica con la stessa retribuzione 
dell'impiegato (1� comma) o con un � equo premio � (2� comma), mentre, 
per converso, la propriet� dell'invenzione spetta al datore di lavoro proprio 
in virt� di tale sua qualit�. 

Sotto fil profilo or accennato, non sembra impossibile che, qualora 
dovesse affermarsi in avvenire una concezione pi� estesa dei limtii della 
giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, abbia a verificarsi una revisione 
dell'attuale prevalente orientamento giurisprudenziale. 

La reciproca influenza delle coesi.stenti posizioni di inventore e di 

prestatore di lavoro subordinato � .del resto confermata in maniera sin




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 797 

n. 396, che prevedeva, per il periodo di durata della guerra, e con il consenso 
dell'interessato, la proroga del termine di otto mesi di differimento 
della concessione del brevetto e delle pubbliche invenzioni, di cui all'art. 
40 del r. d. n. 1127 del 1939, invocato dalla ricorrente, non apporta 
alcun contributo alla risoluzione del problema, .sia perch� prevede una 
ipotesi che richiede il necessario consenso dell'interessato, sia e sopratutto 
perch� attiene alla durata del differimento della concessione del 
brevetto e delle pubblicazioni, lasciando inalterato il problema dell'esistenza 
e del modo di esercizio del potere di segretazione. 
Cosicch� la norma fondamentale da tenere presente � proprio quella, 
dianzi ricordata, dell'art. 40 del r. d. n. 1127 del 1939, per la quale il potere 
di segretazione � sottoposto ad una sola condizione, sia per quanto 
attiene al suo sorgere, sia per la possibilit� di esercizio, e cio� che il brevetto 
riguardi una invenzione utile alla difesa militare del Paese. Stabilire, 
in concreto, se sussista tale utilit� per la difesa nazionale e se, I 
in presenza di essa, sia conveniente per I'Amministrazione militare 
l'esercizio del potere di segretazione, appartiene alla discrezionalit� I 
dell'Amministrazione stessa, con la conseguenza che, di fronte all'eserdzio 
di siffatto potere discrezionale, si affievolisce il diritto soggettivo 

I 

del privato inventore titolare del brevetto. L'interesse di quest'ultimo II 
trova, cio�, -protezione nella legge solo nel modo e nella misura in con~ \
I 
creto consentita dalle esigenze dell'interesse pubblico apprezzate dil 
screzionalmente dall'autorit� amministrativa. 

i

L'impugnata sentenza ha ritenuto di potere negare l'affievolimento 
del diritto subiettivo del privato inventore di fronte all'inosservanza, da 
parte dell'Amministrazione militare, dei termini perentori degli artt. 45 
e 46 del regolamento del 1940, ma non sembra che i termini stessi pos~ 
sano rappresentare un limite all'essenza del potere di segretazione, si da 
circoscrivere nel tempo ogni possibilit� di manifestazione della volont� 

tomatica dalla circostanza (sia pure, natura:lmente, non decisiva) che 1a 

disciplina dei diritti derivanti dall'invenzione industriale dell'impiegato 

statale � stata trasfusa (sia pure .senza modifiche) nell'art. 34 del d. P. R. 

10 gennaio 1957, n. 3 (Statuto degli impiegati dello Stato). 

La definizione dei rapporti patrimoniali che possono sorgere tra dipendente-
inventore e datore di lavoro per effetto dellla realizzazione dell'invenzione 
presuppone tuttavia l'analisi del concreto atteggiarsi del rapporto 
di impiego. Tale esigenza sussiste anche nella ipotesi, regolata dall'art. 24 

1. inv., de'll'invenzione che rientri semplicemente nel campo di attivit� 
dell'azienda a cui � addetto l'inventore. Ipotesi, quest'ultima, nell.la quale 
non pu� sussistere dubbio alcuno circa la natura meramente occasionale 
della relazione intercorrente tra rapporto d'impiego ed invenzione. � d'altra 
.parte certo che la legge ha inteso attribuire un trattamento unitario, 
dal punto di vista processuale, a tutte le ipotesi contemplate dagli artt. 23 
e 24 l. inv., di�stiuguendo soltanto, in base ad un criterio sog�gettivo, le 
invenzioni dei dipendenti statali da quelle dei dipendenti da datori di 
lavoro diversi dallo Stato. 

798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da parte dell'Amministrazione. Innanzi tutto, le norme in questione, 
anche in relazione al momento storico in cui furono emanate, cio� in 
regime politico autoritario, all'indomani di due successive guerre ed alla 
vigilia dell'entrata dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, non erano 
affatto intese a circoscrivere rigidamente l'ambito dei poteri spettanti 
all'Amministrazione .nei confronti dei privati inventori, ma piuttosto a 
regolare i rapporti tra i Ministeri interessati e l'Ufficio centrale dei 
brevetti; norme, quindi, a contenuto e carattere interni, senza alcuna 
diretta efficacia preclusiva nei rapporti tra le Amministrazioni militari 
ed i privati interessati. Ove si abbia riguardo a questa ratio delle norme 
in questione -che appena menzionano i privati inventori e stabiliscono 
adempimenti che riguardano i rapporti tra l'Amministrazione militare da 
una parte e l'Ufficio centrale dei brevetti dall'altra -si pu� agevolmente 
dedurre che, malgrado la dichiarata perentoriet� del termine, stabilito 
per la visione degli elenchi, i privati non avrebbero potuto negare 
al Ministero competente �il potere di richiedere la segretazione anche 
dopo la scadenza del termine fissato per la visione ed in relazione a domande 
delle quali 1'Amministrazione militare avesse preso visione dopo 
la scadenza del termine medesimo. 

Ch�, se ci� non fosse esatto, sarebbe comunque da escludere che le 
disposizioni degli artt. 45 e 46 del r. d. del 1940 abbiano potuto porre un 
limite all'essenza del potere di segretazione, perch� il re,golamento di 
esecuzione non pu� di regola contenere decadenza dai diritti n� a carico 
dei privati n� a carico della P. A. ed ove la norma regolamentare ponga 
al potere amministrativo, riconosciuto da una disposizione avente forza 
di legge, un limite di tale gravit� qual'� quello dell'assoggettamento al 
decorso di un brevissimo termine perentorio, il giudice ordinario dovr� 
disapplicare la norma regolamentare perch� ritenuta contra legem. 

3. -Nella sentenza che si annota, le Sezioni Unite hanno negato la 
possibilit� di estendere al potere attribuito al Ministro dal capoverso 
dell'art. 25 1. inv. il principio, sancito da una giurisprudenza ormai consolidata 
(11), che la competenza del Collegio arbitrale di cui al lo comma 
dello stesso art. 25 comprende la cognizione sia dell'an che del quantum 
debeatur del premio, del canone o del prezzo spettanti all'inventore-prestatore 
di lavoro nei casi degli artt. 23 e 24 1. inv. E ci� perch�, mentre il 
procedimento che si svolge avanti al Col:legio arbitrale or menzionato � 
stato dalla Corte Suprema qualificato come un arbitrato obbligatorio (12), 
non � possibile considerare di natura giurisdizionale le funzioni attribuite 
al Ministro dal citato capoverso dell'art. 25 1. inv. senza ravvisare, nell'ipotesi 
di cui trattasi, la figura di Ministro-giudice, della cui costituzio(
11) Cfr. Coll. arb. 5 luglio 1954, Riv. dir. ind., 1955, 2, 348; Coll. arb. 16 gen-� 
naio 1961, Riv. dir. ind., 1962, 2, 307; Cass. 19 luglio 1957, n. 3050, Foro it., 1957,. 
1, 1408; Trib. Genova, 17 aprile 1962, Foro pad., 1962, 1, 1092; Cass., 5 ottobre 1964,. 
n. 2517. 
(12) Cass., 5 ottobre 1964, n. 2517 cit.; Cass., 27 gb~gno 1961, n. 1547, Giur. it.,, 
1962, 1, 1, 1464. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 799 

Infatti, il Governo pu� dettare, in un regolamento di esecuzione, le 
norme secondarie che si possono derivare, in via d'interpretazione e di 
deduzione, dalle norme �primarie, sempre per� che siano di carattere 
complementare ed integrativo di quelle contenute nella legge, e ci� in 
forza dell'art. 1 della l. 31 gennaio 1926 n. 100, che � generalmente ritenuta 
tuttora in vigore in questa parte, laddove si parla di norme necessarie. 
per l'esecuzione delle leggi; ma le norme integrative, ove contrastino 
con le norme primarie o ne limitino a tal punto la portata, da 
renderle praticamente inoperanti, incorrono nella disapplical!iione per 
non conformit� alla legge, a norma dell'art. 5 della 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248 ali. E. 
I regolamenti per la disciplina delle facolt� spettanti al potere amministrativo, 
che mirano a regolare le modalit� di uso delle facolt� stesse, 
non possono prevedere modalit� da restringere, sin quasi ad annullare, 
tali facolt�, e ci� anche nel caso che queste ultime siano discrezionali. 

Con ci� si � gi� risposto anche alla considerazione contenuta nella 
impugnata sentenza, secondo la quale il Governo con il regolamento di 
esecuzione pu� autolimitarsi circoscrivendo, entro stretti limiti di tempo, 
l'esercizio dei poteri di supremazia destinati ad incidere nella sfera degli 
interessi privati. Pu� aggiungersi che sebbene lo Stato sia una persona 
giuridica unica, quale che siano gli atti che esso compie, gli uffici centraU. 
dell'Amministrazione governativa hanno attribuzioni determinate in 
ragione della materia attine:Ote alla branca di amministrazione che qualifica 
il singolo Ministero. Ne consegue che, se il regolamento di esecuzione 
contiene le norme che il Governo detta per tradurre ad effetto una 
legge speciale, non si vea�� come il regolamento emanato dal Governo 
per dare attuazione alla legge sui brevetti industriali possa attuare una 
autolimitazione dei poteri di supremazia dell'Amministrazione militare. 

nalit� sarebbe lecito dubitare anche alla stregua della sentenza 27 giugno 

1958 n. 40 della Corte Costituzionale (13). 

La sopravvivenza, sul piano della legittimit� costituzionale, dell'art. 25 

capovevso 1. inv. non pu� pertanto essere assicurata se non considerando 

come amministrativa la competenza attribuita al Ministro da tale dispo


sizione (14). 

La differente natura delle funzioni, giurisdizionali e contenziose le 

prime, amministative le seconde, spettanti rispettivamente al Collegio arbi


(13) In questo senso, le Sezioni Unite si erano gi� espresse con la sentenza 
4 aprile 1963, n. � 853, Foro it., 1963, 1, 669. 
(14) Per il carattere amministrativo del provvedimento demandato al Ministro 
dall'art. 25 cpv., cfr. la citata d��isione del Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 
1956, n. 475, Foro amm., 1956, 1, 1, 430. La natura giurisdizionale della competenza 
attribuita al Ministro dalla norma predetta era stata, del resto, esclusa, dalla stessa 
difesa dell'Amministrazione ricorrente nella causa decisa con la sentenza che si 
annota. Cfr. pure, nello stesso senso, FACCHINO, Natura e competenza del Collegio 
previsto per la determinazione del compenso delle invenzioni dei dipendenti, Riv. 
dir. comm., 1958, 2, 121. 

800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comunque, quindi, si considerino gli artt. 45 e 46 del r. d. 5 febbraio 
1940, n. 244, e cio� se si intendano quali norme a carattere interno e 
quindi senza efficacia preclusiva nei rapporti tra l'Amministrazione militare 
e l'inventore o se si intendano invece come norme regolamentari 
contra legem e quindi da disapplicarsi, l'inosservanza dei termini in tali 
articoli stabiilti non immuta il potere di segretazione nei confronti del 
privato, il cui diritto rimane sempre affievolito, salvi gli eventuali vizi 
del potere amministrativo e, ove sia tempestiva, la consenguente tutela 
del privato mediante ricorso alla giurisdizione amministrativa. 

Il primo motivo del ricorso va pertanto accolto (con assorbimento 
di tutti gli altri) e va dichiarato il difetto di giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, con cassazione della impugnata sentenza senza 
rinvio, perch� la domanda non poteva essere proposta (art. 3�82, terzo 
comma, c. p. c.). 

Dato che ricorrono giusti motivi, stimasi compensare fra le parti 
le spese di giudizio. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Il gen. Luigi Scelzo, con atto notificato il 22 marzo 
1949, convenne a .giudizio, innanzi il Tribunale di Roma, il Ministero 
della Difesa-Aeronautica esponendo che lo Stato italiano, su proposta di 
detto Ministero, aveva proceduto nei suoi confronti a espropriazione o 
a vincolo al segreto di un importante complesso di brevetti relativi ad 
invenzioni da lui fatte, senza corrispondergli indennit� alcuna nonostante 
il decorso di un lungo periodo di tempo e le insistenti richieste, e 

trale ed al Ministro ai sensi dell'art. 25 1.� inv. comporta, quale conseguenza 
necessaria, una diversa estensione dell.e relative competenze. 

La natura dell'arbitrato, a prescindere dalle questioni di interpretazion 
letterale dell'art. 25 1� comma 1. inv. (15), non � di per s� incompatibile 
con la �cognizione della questione concernente l'esistenza e la 
titolarit� del diritto al premio, prezzo o canone di cui ai pi� volte citati 
artt. 23 e 24 1. inv. Il giudizio arbitrale, ino'ltre, per il suo carattere contenzioso, 
presuppone una controversia ( � se non si raggiunga l'accordo 
ci11ca il premio, il canone o il prezzo ., si esprime l'art. 25) sull'an o sul 
quantum debeatur o su entrambi. Il provvedimento del Ministro, previsto 
dal capoverso dello stesso art. 2,5 1. inv. si identifica, invece, indipendentemente 
dalla sussistenza di disaccordo e quindi di controversia tra le parti, 
con l'espressione formale della determinazione unilateralmente assunta 
dall'Amministrazione, di cui esso Ministro � il rappresentante, in ordine 
alle pretese del dipendente-inventore (16). Naturalmente, l'attribuzione de~ 

(15) L'orientamento accolto dalla Corte di Cassazione circa l'estensione della 
competenza del Collegio arbitrale di cui trattasi non � condiviso da parte della 
dottrina (cfr. ASCARELLI, op. cit., 604). 
(16) Cfr. in questo senso la citata decisione del Consiglio di Stato, IV Sez., 
4 maggio 1956, n. 475. 
W:ey'ff~(fil[fZ.&M::::>"�:74'{{fil'/.Yffe"""..:&:z%~Y-f/~..f%7ff'-�'T~-fo.::W-:.V.g<'X;"::::>.'<@rf-W<$X-<!:f:q-J.%W@Jf!'""''=":�:::'='":WW@ 

-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 801 

senza neppure provvedere al rimborso delle spese da lui sostenute per la 
richiesta e il mantenimento in vigore dei brevetti stessi. Precis� altresl 
che questi potevano dividersi in due gruppi, a seconda che fosse stata 
espletata, dal punto di vista formale, la espropriazione, o ne fosse, invece, 
stato disposto soltanto il vincolo al segreto. 

Afferm� che del primo gruppo favevano parte sette brevetti, dei 
quali specific� i dati relativi al numero e alla data di concessione ed 
espropriazione; del secondo gruppo altri undici, che pure specific� negli 
estremi adatti alla loro identificazione. 

Quindi l'attore chiarito che, solo nel 1940, il Ministero convenuto 
aveva disposti la pubblicazione e il rilascio di cinque dei sette brevetti 
espropriati, ne chiese la condanna al pagamento, in suo favore, della 
complessiva somma di lire 274.065.000: per il rimborso delle spese da 
lui sostenute per i diciotto brevetti e per le indennit� relative sia ai 
brevetti espropriati, sia ai brevetti mantenuti segreti ma non espropriati, 
precisando che nella somma suddetta era compresa anche la 
svalutazione monetaria nel fratempo sopravvenuta. 

La P. A. convenuta, costituitasi, eccepi tra l'altro, che, siccome lo 
Scelzo, dall'aprile 1928 al 1940, era stato addetto alla Direzione Superiore 
degli Studi ed Esperienze del Ministero dell'Aeronautica, il cui 
compito istituzionale era quello di fare �studi, ricerche, esperienze e 
prove � relative alla �definizione dei prototipi dei materiali di allestimento 
aeronautico �, e siccome i brevetti in questione erano stati conseguiti 
dallo Scelzo in tale periodo, era da ritenere che le relative invenzioni 
fossero state realizzate con mezzi dell'Amministrazione, in un 
ufficio dell'Amministrazione ed in ore di servizio; che pertanto ricorreva 
la ipotesi di cui ai primo comma deil'art..23 del decreto citato o, subordinatamente, 
la ipotesi di cui al secondo comma di tale articolo o 

premio in una data misura presuppone la implicita statuizione sulla sua 
spettanza e, d'altra parte., il Ministro ha indubbiamente il potere di emettere 
un provvedimento di diniego del premio anche per ragioni inerenti 
all'an debeatur. 

Sembra, anzi, che con la natura amministrativa del potere del Ministro 
ex art. 25 1. inv. non contrasterebbe la configurazione dell'esercizio del potere 
medesimo come un presupposto necessario della tutela dell'inventore 
in sede giurisdizionale (analogamente a quanto avviene nei casi di cosiddetta 
giurisdizione ordinaria condizionata). L'accoglimento di una simile 
impostazione (ove fosse possibile superare le perplessit� che pu� destare 
la sua applicazione in subiecta materia) consentirebbe di riconoscere al 
Ministro una competenza non troppo difforme da quella del Collegio arbitrale 
di cui al primo comma dell'art. 25 1. inv. e di conciliare cos� il 
rispetto del precetto costituzionale con l'intento perseguito dal legislatore 
che certo intese � sostituire � il Ministro al CoHegio arbitrale, attribuendogli 
poteri ugualmente estesi. 

Il provvedimento emesso dal Ministro ex art. 25 1. inv. sar� comunque 

sogg.etto ad impugnazione in diverse sedi, a seconda del suo contenuto. 



802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ancora quella di cui al successivo art. 24; ma che, comunque, era da ritenere 
la incompetenza assoluta dell'Autorit� Giudiziaria ordinaria, a 
norma dell'art. 25 del decreto medesimo, che affida al Ministro dell'Amministrazione 
interessata il compito di stabilire, con deliberazione 
insindacabile, l'ammontare del �premio �, �canone � o �prezzo � da corrispondere 
in ciascuna di tali ipotesi all'inventore, che sia dipendente 
dell'Amministrazione medesima. Aggiunse che tale disposizione doveva 
ritenersi applicabile non soltanto ai brevetti sottoposti al vincolo del 
segreto, ma anche a quelli sottoposti ad esproprio. 

Nel merito, esclusa ogni pretesa a titolo di danni per la permanenza 
del vincolo del segreto, riguardo i brevetti del secondo gruppo, oltre il 
limite degli otto mesi fissato dall'art. 40 del decreto indicato, contest� la 
fondatezza dei calcoli effettuati dallo Scelzo per il computo dei suoi pretesi 
diritti, e, negando che vi fosse una propria mora colpevole, anche la 
fondatezza della pretesa dell'attore circa la rivalutazione monetaria. 
Riconobbe, invece, il proprio debito per le spese sostenute dallo Scelzo 
limitatamente ai brevetti espropriati, ma fino al 1940, quando ne era 
stato disposto lo svincolo perch� ritenuti privi d'importanza pratica, 
contestando anche che i ritrovati dello Scelzo avessero un loro intrinseco 
valore, trattandosi di imitazioni di invenzioni straniere, e comunque 
per essere gi� noti. 

Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva del 12 aprile 1950, 
dichiar� la propria competenza dato che si controverteva in materia di 
diritti soggettivi e si trattava di stabilire, in via preliminare, se, accertata 
la natura dei rapporti intercorsi tra lo Scelzo e l'Amministrazione al 
tempo in cui vennero brevettate le invenzioni in controversia, ricorresse 
taluna delle ipotesi contemplate dagli artt. 23 e 24 della legge medesima 
e, quindi, la competenza del Ministero (art. 25): e ci� onde consentire 
conseguentemente allo Scelzo �di adire l'organo che fosse risultato competente 
per la liquidazione del quantum del suo diritto �. Peraltro il Tribunale 
rilev� che, prima di passare a tale indagine, occorreva esaminare 

Nel caso di diniego del premio, il decreto del Ministro incide infatti su 
di una posizione di diritto soggettivo dell'inventore tutelabile avanti all'Autorit� 
giudiziaria ordinaria (ove si ammetta come risolta nel senso 
accolto dalla prevalente giurisprudenza la questione di competenza tra 
giudice ordinario e Consiglio di Stato in sede di giurisdizione esclusiva). 

Per quanto concerne la determinazione del premio, � esclusa la competenza 
dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, in quanto il potere del Ministro 
di stabilire l'equo premio, in relazione all'importanza dell'invenzione, ha 
indubbio carattere discrezionale e non sono configurabili pertanto di fronte 
ad esso se non posizioni tutelabili quali semplici interessi legittimi. Sussiste 
invece la competenza del Consiglio di Stato (che, naturalmente, presuppone 
l'esistenza di un provvedimento amministrativo, espresso o tacito) per la 
impugnazione del provvedimento del Ministro in ordine alla determinazione 
del quantum del premio all'inventore. Tale competenza spetta al Consiglio 
di Stato in sede di giurisdizione generale di legittimit�, e cio (grazie 

%'frf"~Ff.='-mt~-f:Wi=m'ff#~1.:"ff@f.V'"%%ffff.{i""-@"f9'"{.~0lf.4{{;)':>.fyIT%?:'V::f::?::f=~V@?(:@fW.{:Nt:ff.'1'$.Wi:':f%':~%%W:w1%'4. 

-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 803 

l'altra questione pregiudiziale sulla nullit�, eccepita dall'Amministrazione, 
dei brevetti, in quanto ove questi fOssero risultati sostanzialmente 
nulli, sarebbe venuta meno la necessit� di ogni altro accertamento, sia 
in ordine al corrispettivo dovuto allo Scelzo, �Che alle spese e ai danni 
dallo stesso domandati, e con seperata ordinanza, pertanto, provvide per 
il proseguimento della causa. 

Avverso detta sentenza il Ministero della Difesa, oltre a formulare 
riserva di appello, propose ricorso per regolamento di giurisdizione, e in 
conseguenza il giudice istruttore all'udienza del 3 aprile 1951 dispose la 
sospensione della causa. 

Queste Sezioni Unite con sentenza n. 1412 del 16 maggio 1952 rigettarono 
il ricorso statuendo, tra l'altro; la giurisdizione del giudice ordinario, 
�e non del Consiglio di Stato (in relazione al rapporto di pubblico 
impiego fra lo Scelzo e l'Amministrazione), per accertare in quale delle 
ipotesi previste dagli artt. 23 e 24 del r. �l. 29 giugno 1939, n. 1127, rientrasse 
la fattispecie prospettata dallo Scelzo. 

Ripresa la trattazione della causa innanzi il Tribunale di Roma con 
l'intervento del P. M., vennero espletate consulenza tecnica collegiale sul 
contenuto delle invenzioni e prova testimoniale sull'attivit� svolta dallo 
Scelzo. Quindi il Tribunale, con sentenza definitiva del 2,9 agosto 1961, 
dichiar�, dopo aver respinto la eccezione di nullit� dei brevetti sollevata 
dall'Amministrazione, che tutte le invenzioni dello Scelzo erano 
state fatte nell'adempimento del rapporto d'impiego con l'Amministrazione 
Aeronautica, onde, in applicazione dell'art. 23, secondo comma, del 

r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, allo Scelzo spettava un �equo premio> 
da determinarsi dal Ministero della Difesa; condann� l'Amministrazione 
all'art. 113 della Costituzione) malgrado la insindacabilit� della deliberazione 
del Ministro sancita dall'art. 25 1. inv. (17). 

4. -La questione pure trattata della �Sentenza 23 luglio 1955, n. 1724, 
secondo la quale l'accertamento della novit� dell'invenzione costituisce apprezzamento 
di fatto non censurabile in Cassazione se adeguatamente motivato, 
non richiede particolare commento. Essa offre, tuttavia, l'occasione per 
puntualizzare che il diritto all'equo premio ex art. 23 cpv. 1. inv. presuppone 
la brevettabilit� della invenzione, sotto il profilo della sussistenza dei 
J,'equisiti di novit� (intrinseca ed. estrinseca) e di industrialit� (18). 
Si pone, anzi, il delica�o problema se la spettanza del premio suddetto 
sia subordinata all'effettiva brevettazione (e non alla sola brevettabilit�) 

(17) Cfr., implicitamente in questo senso, la decisione del Consiglio di Stato, 
Sez. IV, 15 novembre 1963, n. 850 (citata -v. nota 3), la quale ha ritenuto inammissibile, 
perch� attinente al merito della determinazione adottata dall'amministrazione, 
la censura con cui si sostiene soltanto non essere equo il premio corrisposto, 
in relazione alla importanza dell'invenzione. 
(18) Per le invenzioni non brevettabili per effetto di un espresso divieto di 
legge {quali quelle in tema di medicamenti) il problema � pi� complesso e non pu� 
essere affrontato in questa sede. Cfr. al riguardo FoRMIGGINI, La legge S'Utle privative 

8C4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al rimborso di met� delle spese di giudizio, dichiarando comp'ensate fra 
le parti la residua met�, ed al rimborso dell'intero importo delle spese 
di consulenza tecnica. 

Avverso tale sentenza, e l'altra non definitiva del 12 aprile 1950, 
propose appello, con atto notificato agli eredi Scelzo (essendo nel frattempo 
deceduto il generale Luigi Scelzo), l'Amministrazione della Difesa-
Aeronautica, la quale, deducendo quattro motivi di gravarne, chiese 
che, in riforma della sentenza impugnata, si dichiarasse, in via principale, 
quanto ai brevetti, il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria a decidere se spettasse un � premio � allo Scelzo (ed ora 
ai suoi eredi), ai sensi degli artt. 23, secondo cornrna, e 25 secondo cornrna 
del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, e, in via subordinata, la nullit� dei 
brevetti a sensi dell'art. 59, n. 1, della legge citata; quanto alle domande 
di brevetto, in via principale, il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria a provveder.e sulle pretese relative alle � domande 
segretate �, in via subordinata o la inammissibilit� della domanda ai 

"sensi dell'art. 40, u. c. della legge o il difetto di giurisdizione 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria a decidere se e quanto spettasse allo 
Scelzo (ed ora ai suoi eredi) come premio, ai sensi degli artt. 23, 
secondo cornrna, e 25 secondo cornrna della legge citata, o, ancora, la 
nullit� delle domande dello Scelzo. 

Gli eredi del quale, costituitisi, chiesero il rigetto dell'appello della 

P. A. e proposero appello incidentale censurando la sentenza impugnata 
per aver erroneamente ritenuto che il gen. Scelzo era pervenuto alle 
invenzioni di cui ai brevetti nell'adempimento del rapporto di impiego 
che lo legava all'Amministrazione e chiedendo quindi che, negata l'applicabilit� 
alla fattispecie delle disposizioni di cui agli artt. 23 e 25 del 
decreto n. 1127 del 1939, fossero conseguenzialmente accolte tutte le 
domande gi� proposte in primo grado. 
deJil'invenzione da parte del datore di lavoro, o quanto meno alla utilizza


zione dell'invenzione da parte di questo ultimo (19). Se non pare potersi 
industriali e le invenzioni non brevettabili, Riv. dir. comm., 1953, l, 193 segg., anche 
per l'affermazione del diritto del datore di lavoro di opporre al dipendente la inesistenza 
di un'invenzione brevettabile. Conf. App. Bologna 19 giugno 1959, Riv. dir. 
ind., 1959, 2, 281. Contra invece: App. Milano, 8 aprile 1955, Riv. dir. ind., 1956, 2, 
473. In merito alla non necessariet� dell'intervento del P. M. quando la nullit� del 
brevetto sia eccepita incidenter tantum al fine di sostenere la insussistenza del diritto 
al premio, cfr. Cass. 8 marzo 1957, n. 1586. 
(19) Per la necessit� del solo requisito della brevettabilit� e per la configurazione 
del diritto al premio quale corrispettivo della cessione legale della facolt� 
di procedere alla brevettazione cfr. Coll. arb. 16 gennaio 1961, Riv. dir. ind., 
1962, 2, 307. Nel senso che il diritto al premio presuppone la brevettazione dell'invenzione: 
Cass. 27 giugno 1961, n. 1547, Foro it., 1961, 1, 1306; Trib. Milano 28 giugno 
1959, Rep. Foro it., 1960 voce: Privative per invenzioni nn. 73-74. Nel senso, 
invece, che il diritto al premio presupponga soltanto l'utilizzazione dell'invenzione 
(anche se non brevettata) da parte del datore di lavoro: FoRMIGGINI, La legge sulle 
privative industriali e le invenzioni non brevettabili, cit. 
..: 
~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 805 

Il P. M. chiese il rigetto dell'impugnazione principale e di quella 
incidentale, e in tal senso decise la Corte d'appello di Roma con sentenza 
del 26 marzo 1964. 

La Corte ritenne che la tutela dell'interesse dell'inventore, in tutte 
le ipotesi previste dalla legge n. 1127 del 26 giugno 1939, �, pur nei limiti 
da esse previsti, piena e perfetta, cosicch� l'accertamento del diritto soggettivo 
dell'inventore, quando l'invenzione sia stata fatta nell'adempimento 
d'un rapporto di pubblico impiego ma non sia prevista come 
oggetto del rapporto stesso (art. 23 comma secondo), comprende, per necessit� 
logica, l'accertamento da parte del giudice ordinario dell'an debeatur 
del premio, rimanendo il Ministro preposto all'Amministrazione 
da cui dipende l'impiegato competente esclusivamente riguardo la determinazione 
del quantum. Osserv�, altresi, che, comunque, ogni indagine 
sulla giurisdizione era preclusa dal giudicato formatosi a seguito della 
sentenza delle Sez. Un. che aveva rigettato il ricorso per regolamento di 
di giurisdizione proposto dal Ministro della Difesa-Aeronautica contro la 
pronuncia non definitiva del Tribunale di Roma, che aveva espressamente 
affermato essere la competenza del Ministro suddetto limitata alla 
determinazione del quantum dovuto allo Scelzo. 

Circa la dedotta nullit� dei brevetti la Corte ritenne di dover respingere, 
come gi� aveva fatto. il Tribunale, l'eccezione del Ministero, in 
quanto le invenzioni dello Scelzo non mancavano di novit� estrinseca 
n� di novit� intrinseca, la quale ultima risultava accertata da esauriente 
consulenza tecnica affidata a un collegio di esperti. 

Infine, posto che l'invenzione anche prima che sia brevettata � fonte 
di diritti soggettivi per l'inventore e che la differenza, rispetto l'invenzione 
brevettata, consiste non nel difetto di tutela ma nel diverso grado 
di esclusivit� del diritto, la Corte rilev� che, avendo lo Scelzo fondata 
la sua domanda di indennizzo, quanto alle invenzioni �segretate > dal 
Ministero della Difesa-Aeronautica, nel comportamento illecito di que


disconoscere il diritto al compenso del prestatore d'opera nell'ipotesi che il 
datore di lavoro preferisca sfruttare l'invenzione (di per s� brevettabile) 
mediante il mantenimento del segreto, sembra, d'altra parte, contrario alla 
e ratio. dell'art. 23 cpv. 1. inv. imporre al datore di lavoro l'onere del 
compenso al proprio dipendente quando l'invenzione (anche se dotata dei 
requisiti di brevettabilit�) sia per lui priva (anche soltanto da un punto 
di vista soggettivo) di ogni pratico interesse. 

Tuttavia, poich� l'invenzione (se veramente tale) costituisce pur sempre 
oggettivamente un bene (di valore pi� o meno rilevante), sembrerebbe 
equo ammettere (almeno de jure condendo) che il dipendente possa esercitare 
nei confronti del datore di lavoro una sorta di actio interrogatoria 
che gli consenta, nel caso di disinteresse del datore di lavoro, di brevettare 
e di sfruttare per proprio conto l'invenzione, acquisendo, in caso contrario, 
senz'altro il diritto al compenso. E ci� per non creare una ingiustificata 
disparit� di trattamento con il dipendente che, trovandosi invece nella 
condizione prevista dal 1� comma dell'artt. 23 I. inv., non ha, sotto il profilo 



806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sto, per aver mantenuta la segretazione per diversi anni, oltre il limite 
di otto mesi consentito dall'art. 40 della 1. n. 1127 del 1939, concluse che 
il giudice ordinario aveva giurisdizione pure riguardo tale domanda 
(anche a non considerare che essa era stata dichiarata dalla citata sentenza 
delle Sez. Un., cosicch� ogni questione era sul punto preclusa), 
e che il Ministero della Difesa-Aeronautica era legittimato passivamente 
rispetto la domanda stessa. 

Contro questa sentenza il Ministero della Difesa-Aeronautica ha proposto 
ricorso per Cassazione con tre mezzi di annullamento illustrati 
da memoria; v'� controricorso degli eredi Scelzo pure illustrato con 
memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo mezzo si denuncia, in riferimento all'art. 360, nn. 3, 5 

c. p. c., la violazione e la falsa applicazione dell'art. 25 comma secondo 
del r. d. n. 1127 del 29 giugno 1939 e degli artt. 41, 324, 382 c. p. c., e si 
afferma che il giudice ordinario non avrebbe potuto pronunciare sull'an 
debeatur rispetto le invenzioni fatte dallo Scelzo nell'adempimento 
del rapporto di pubblico impiego. Si osserva, innanzi tutto, che, al riguardo, 
non vi sarebbe la preclusione, affermata dalla Corte di appello, 
conseguente alla pronuncia delle Sez. Un. n. 1412 del 13-16 maggio 
1952, in quanto con questa la giurisdizione del giudice ordinario sarebbe 
stata dichiarata limitatamente alla ritenuta esclusione delle domande 
dello Scelzo dalla giursdizione esclusiva del Conisglio di Stato, ma non 
sarebbe stata risolta la questione, attinente al caso concreto, cir�ca l'esistenza 
e l'estensione dei poteri del Ministro della Difesa-Aeronautica a 
sensi dell'art. 25 cpv. del r. d. n. 1127 del 1939. Quindi si sostiene che 
al Ministro sarebbe conferito, dalla norma ora citata, il potere di determinare, 
circa il premio dovuto all'inventore dipendente della P. A. 
patrimoniale, interesse alla brevettazione dell'invenzione, essendo stato 
compensato anticipatamente in via forfettaria mediante una speciale retribuzione 
(20). 

5. -L'ultima parte della sentenza 23 luglio 1965, n. 1724 e l'intiera 
sentenza 11 ottobre 1965, n. 2111 si occupano di alcune questioni in tema 
di e segretazione �. 
La questione decisa dalla prima sentenza riguarda una fattispecie nella 
quale, avendo l'Amministrazione militare richiesto il differimento della 
concessione del brevetto ai sensi dell'art. 40 1. inv., il vincolo di segretazione 
si era protratto oltre il termine di otto mesi stabilito dalla disposizione 
medesima. L'Amministrazione militare aveva contestato la competenza del 
giudice ordinario sotto il profilo del verificatosi affievolimento del diritto 

(20) Osserva l'AscARELLI (op. cit, 601) che, anche nell'ipotesi dell'art. 23, 
comma lo, 1. inv., il dipendente-inventore ha interesse alla brevettazione dell'invenzione 
e per far valere quella particolare tutela del suo diritto morale che pur la legge 
gli riconosce in relazione alla menzione .del suo nome nel brevetto �. 

PARTE I, SEZ. II,. GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 807 

non solo il quantum ma anche l'an debeatur, in conformit� a quanto � 
stato ritenuto per la competenza del Collegio arbitrale ex art. 25 comma 
secondo del r. d. n. 112'7 citato. 

Con il secondo mezzo si la:rnenta, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 
5 c. p. c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12, 15, 59, n. 1 
del :t\ d� n. 1127 >del 1939, poich� la Corte del merito, omettendo cosi 
anche di motivare su un punto decisivo della controversia, avrebbe limitatol'esame� 
del �requisito della novit� delle invenzioni, ai� fini� della 
denunciata��� nullit� d.ei .brevetti; alla �novit� estrinseca e circoscritto il 
requisito di quella intriseca all'originalit� e mancanza di notoriet�, senza 
tener 'conto affattodella��foro utilizzabilit� industriale o� no, sopratutto 
riguardo due brevetti del gen. Scalzo per i q�aU vi erano state sul punto 
divergenze anche tra i consulenti tecnici d'ufficio. 

CGn il terzo mezzo di denuncia, in rapporto all'art. 360, rin. 1, 3, 5 

c. p; c.; la violazione degli artt. 2 e 4 della 1. n. 224S alt E '.del 20 marzo 
1865, 40 del r. d. n. 112'7 del 1939, 99, 100, 101, c. p, �. in relazione agli 
artt. 41, 324 e 382 c. p. c., 2043 c. c. e si afferma che la Corte del 
merito avrebbe dovuto rilevare il proprio difetto di giurisdizione circa 
la domanda dello Scalzo di danni o indennizzi per la segretazione di 
domande di brevetto, considerando che, per l'esercizio da parte della 
P. A. del potere di vincolare al segreto domande di brevetto nell'interesse 
della difesa militare del Paese, il diritto soggettivo del privato si 
affievolirebbe senz'altro, mentre la legge non prevederebbe, in tal caso, 
indennizzo alcuno :per il differimento della concessione di brevetto. Si afferma 
altresi, che, ove nel termine previsto di otto mesi, la P. A. non 
abbia disposto di espropriare l'invenzione, automaticamente cadrebbe 
il vincolo, indipendentemente cio� da ogni ulteriore manifestazione di 
soggettivo dell'inventore di fronte al potere discrezionale di e segretazione� 

ed aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto la 

scadenza del suindicato termine di otto mesi comportava l'automatica 

cessazione del vincolo di segretazione, talch� la ulteriore protrazione dJ 

quest'ultimo non poteva costituire ragione di responsabilit� per l'Ammini


strazione militare. 

La Corte �Suprema ha invece fatto discendere siffatta responsabilit� 

dalla circostanza che, prima della scadenza del termine di otto mesi, l'Am


ministrazione militare aveva comunicato di voler procedere ad espropria


zione, prolungando cosi sine die il vincolo di segretezza, senza dare poi 

effettivo corso . al procedimento di espropriazione. Sebbene la legge non 

stabilisca un termine � per il.compimento di tale procedimento, la C'orte 

ha ritenuto che l'inerzia dell'amministrazione, se priva di valida giustifi


cazione, finisca con il rendere . i�legittimo il vincolo di segretezza e, anche 

se non lo ha espressamente affermato, a tale sopravvenuta illegittimit� del 

vincolo sembra aver ricollegato il risorgere nella sua primitiva pienezza 

del diritto soggettivo, gi� affiievoUto a fronte del potere discrezionale di 

segretazione: In questa particolare materia, le Sezioni unite hanno quindi 

adottato un indirizzo analogo a quello recentemente accolto dalla giurispru


denza dello stesso Supremo Collegio, con riferimento alle occupazioni di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

volont� della P. A., cosicch� la procedura di concessione del brevetto 
riprenderebbe il suo normale corso. Si aggiunge che, contrariamente 
a quanto affermato dalla Corte di merito, non vi sarebbe giudicato, 
derivante dalla sentenza n. 1412 del 1952 delle Sez. Un. di questa Suprema 
Corte, riguardo la giurisdizione del giudice ordinario e la legititmazione 
passiva del Ministero ricorrente in ordine alle domande di 
brevetto dello Scelzo segretate dalla P. A. 

Il primo mezzo � infondato: innanzi tutto perch�, come esattamente 
ha affermato la Corte del merito, � ormai preclusa la questione di giurisdizione 
con esso riproposta, essendosi su questa formato il giudicato 
a seguito della precedente pronuncia della Suprema Corte a Sez. Un., 
emessa a sensi degli artt. 41 e 367 c. p. c. 

Invero il Ministero della Difesa-Aeronautica eccep�, tra l'altro, innanzi 
il Tribunale di Roma, che avendo il gen. Scelzo realizzate le sue 
invenzioni e conseguiti i brevetti di cui si discuteva quando era addetto 
alla Direzione Superiore degli Studi ed Esperienze del Ministero stesso, 
ricorreva o una delle due ipotesi previste dall'art. 23, o l'altra dell'art. 24 
del r. d. 29 .giugno 1939, n. 1127, con la conseguenza che, a norma dell'art. 
25 comma secondo del r. d. citato, era il Ministro preposto ali'Amministrazione 
stessa competente a decidere se fosse o no dovuto un premio 
o canone o prezzo allo Scelzo e, in caso positivo, a determinarne 
l'ammontare. 

Ma il Tribunale di Roma, con la sua sentenza non definitiva del 
1,2 aprile 1950, respinse tale eccezione affermando che, sia per quanto 
riguardava i brevetti espropriati, sia per quelli (o le relative domande) 
sottoposti a vincolo di segreto, poich� si controverteva in materia di diritti 
soggettivi, era il giudice ordinario competente a decidere sull'an 
debeatur: quindi ad accertare quale delle tre ipotesi previste dagli 
artt. 23 e 24 del r. d. n. 1127 del 1939 ricorresse nel caso concreto, come 

urgenza disposte per l'esecuzione di opere militari ai sensi dell'art. 76 I. 25 
giugno 1865 n. 2359, cui -com'� noto -non � applicabile il termine 
biennale di cui all'art. 73 stessa legge (21). 

� opportuno, per�, puntualizzare che siffatti indirizzi giurisprudenziali, 
non essendo fondati sulla prefissione di un termine ad opera di una espressa 
disposizione di legge, vanno valutati con prudenza e con stretto riferimento 
alle singole fattispecie, in relazione alle quali sono state pronunciate le 
decisioni. Queste non possono infatti non subire l'influenza della particolare 
anormalit� di certe situazioni di fatto e non si prestano quindi facilmente 
ad essere considerate come l'espressione di principi generali. 

Vi � peraltro da chiedersi, in relazione alla particolare fattispecie 
(che conceirneva invenzioni fatte da un ufficiale nello adempimento del 
rapporto di impiego e ritenute soggette alla particolare disciplina dell'art. 23 

��: cpv. 1. inv.) se -come aveva dedotto la difesa dell'Amministrazione -la j 
declaratoria di responsabilit� dell'Amministrazione per illecita protrazion� : 
: 
del vincolo di segretezza non sia incompatibile con l'affermato diritto .} 

(21) Cfr. Cass. 30 luglio 1964, n. 2187. 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI. DI GIURISDIZIONE 809 

la validit� dei brevetti contestata dall'Amministrazione militare, mentre 
il Ministro della Difesa-Aeronautica era competente esclusivamente a 
determinare il quantum del premio o canone o prezzo. 

Tale pronuncia venne impugnata dal Ministero della Difesa-Aeronautica, 
con ricorso per regolamento di giurisdizione con il quale (secondo 
mezzo) tra l'altro si affermava che, trattandosi di controversia relativa 
a un rapporto di pubblico impiego, era il Consiglio di Stato competente 
a decidere sull'an debeatur, data la giurisdizione esclusiva di 
tale giudice amministrativo in materia di rapporti di pubblico impiego, 
e che secondo l'ipotesi prevista dall'art. 23 cpv. del r. d. n. 1127 del 
1939 (quella in discussione) sarebbe spettato al gen. Scelzo (pag. 26 del 
ricorso) � ... un equo premio, la determinazione del quale � dalla legge 
stessa sottratta alla cognizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria ed 
affidata alla competenza esclusiva del Ministro preposto all'Amministrazione 
stessa �. 

Senonch� queste Sez. Un. con la sentenza n. 1412 del 16 maggio 
1952 rigettarono tale mezzo di ricorso osservando che, nella specie, si 
controverteva in materia di diritti soggettivi riguardo sia i brevetti 
espropriati, che quelli (o le relative domande) sottoposti a vincolo di segreto, 
e che la pretesa patrimoniale dello Scelzo aveva nel rapporto di 
pubblico impiego non la sua causa petendi, sibbene un nesso meramente 
occasionale, cosicch� andava dichiarata la giurisdizione dell'Autorit� 
Giudiziaria Ordinaria �... innanzi alla quale era sin d'oggi impregiudicata 
ogni questione sull'an debeatur... � anche in riferimento all'ipotesi 
prevista dall'art. 2.3 comma 2� del r. d. n. 1127 del 1939, che sembrava 
ricorrere nella specie dato che � ... il corrispettivo, proprio sulla base 
delle deduzioni a prova della Amministrazione militare ... non era in 
diretta correlazione con le invenzioni del gen. Scelzo ... �. 

dell'inventore ad un premio per le invenzioni segretate. Ed infatti, se le 
invenzioni di cui trattasi appartenevano ab initio all'Amministrazione ex 
art. 23 cpv. 1. inv., l'ac.certamento del diritto dell'inventore al premio e la 
determinazione dell'ammontare dello stesso dovevano essere compiuti in 
base a presupposti ben diversi dal semplice protrarsi del vincolo di segretezza 
(in tal caso sempre perfettamente legittimo perch� esercitato dall'Amministrazione 
su invenzioni di sua propriet�). Se non si fosse, invece, 
versato nell'ipotesi dell'art. 23 cpv., il diritto derivante all'inventore 
dall'illecita protrazione del vincolo di segretezza non poteva concretarsi se 
non nel diritto al risarcimento del danno (ila cui determinazione esula dalla 
competenza attribuita al Ministro dall'art. 25 cpv I. inv.). 

6. -La fattispecie decisa dalla sentenza 11 ottobre 1965 n. 2111 ha 
per oggetto la imposizione del vincolo di segretezza su di una invenzione 
gi� brevettata. 
La Corte di Cassazione, dopo aver affermato, in via generale, l'affievolimento 
del diritto dell'inventore per effetto del potere di segretazione di 
cui all'art. 40 1. inv., ha escluso che possa valere ad impedire tale affievolimento, 
per sopravvenuta carenza dl. detto potere nell'Amministrazione, 

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-



810 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dopo queste precisazioni � evidente che non � possibile affermare, 
come fa il Ministero ricorrente, aver queste Sez. Un. deciso sulla giurisdizione 
dell'Autorit� .giudiziaria ordinaria rispetto soltanto il Consiglio 
di Stato e non anche rispetto quella e il Ministero della Difesa-Aeronautica. 


Infatti nel ricorso, proprio con riferimento all'ipotesi prevista dall'art. 
23 comma 20 del r. d. n. 1127 del 1939 in discussione, venne prospettata 
la tesi della competenza del suddetto Ministro a decidere e 
sull'an e sul quantum, competenza che, se pure implicitamente, in modo 
chiarissimo e sicuro queste Sez. Un. hanno respinta circa I'an debeatur 
nel confermare la sentenza non definitiva del Tribunale di Roma che 
l'aveva limitata al quantum: pronuncia contro la quale venne diretto 
il ricorso per regolamento di giurisdizione e che costituisce, anche, il 
presupposto logico e indispensabile sulla cui base va interpretata la 
precedente sentenza delle Sez. Un. Interpretazione che, essendo relativa 
a giudicato formatosi nello stesso processo, le Sezioni stesse hanno il 
potere-dovere di fare direttamente (cfr. Cass., sent. n. 314 del 14 febbraio 
1964), statuendo che senz'altro nel caso concreto si � formato il 
giudicato riguardo la giurisdizione del giudice ordinario a decidere sull'an 
debeatur e la competenza del Ministro della Difesa-Aeronautica a 
stabilire il quantum. 

Ma questa Suprema Corte ritiene essere anche giuridicamente cor


retta l'interpretazione che i giudici del merito hanno data all'art. 25 

comma 20 del r. d. n. 1127 del 29 giugno 1939, cosicch� il mezzo in esame 

andrebbe comunque respinto. � esatto aver essa Corte gi� ritenuto (sent. 

n. 3050 del 19 luglio 1957) che con il comma 1<> dell'art. 25 suddetto � 
stato conferito al Collegio arbitrale, previsto da tale norma, il potere di 
decidere su qualsiasi controversia giuridica per ci� che riguarda il compenso 
dovuto al prestatore d'opera per le sue invenzioni, cio� le questioni, 
non solo sul quantum ma anche sull'an debeatur (quindi � comla 
circostanza che la segretazione sia stata imposta dopo la scadenza dei 
due termini di 20 giorni ciascuno, stabiliti dagli artt. 45 e 46 del regolamento 
di esecuzione approvato con il r. d. 5 febbraio 1940 n. 244 ed espressamente 
dichiarati perentori dalle disposizioni medesime. Sembrano pienamente 
da condividere le argomentazioni con le quali la Corte Suprema, 
accogliendo la tesi dell'Amministrazione, ha negato la legittimit� dell'imposizione 
di siffatti termini di decadenza mediante un semplice regolam�~nto 
di esecuzione della legge (la quale non prevede altro termine se non quello 
di otto mesi di cui all'art. 40 1. inv.) ed ha comunque ritenuto che la dichiarata 
perentoriet� dei termini si riferisca soltanto ai rapporti interni tra 
Amministrazione militare ed Ufficio brevetti. A tale ultimo riguardo, sembra 
invero che i termini predetti abbiano piuttosto l'effetto di impedire il 
rilascio del brevetto prima della loro scadenza e, per converso, di abilitare 
l'Ufficio brevetti a dar corso alla concessione del brevetto medesimo non 
appena essi siano inutilmente decorsi, senza con ci� far cessare il potere 
dell'Amministrazione militare di intervenire nei modi e nei limiti di cui 



PARTE I, SEZ. II, GIU.RIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 8ll PARTE I, SEZ. II, GIU.RIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 8ll 
petente detto Collegio ad accertare la natura e il contenuto del rapporto 
d'impiego, nel corso del quale l'invenzione sia .stata fatta, e la validit� 
dei brevetti). Senonch� queste Sez. Un. hanno anche affermato (sent. cit. 
e n. 1647 del 27. giugno 1961) che il Collegio di arbitri suddetto integra 
un arbitrato obbligatorio necessario, attribuendo, pertanto, allo stesso 
fu.zioni. di. indubbia natura giurisdizionale. Ora se dovessero estendersi 
al Wnistro, di cui al comma 2� dell'art. 25 in parola, identiche funzioni, 
cio� se a lui, Jegale rappresentante diuna delle parti; si affidasse la deci11ione 
sull'esistenza e l'estensione di un diritto spettante alla controparte, 
egli . verrebbe ad assumere funzioni di natura .giurisdizionale e, 
�quindi, la figura, del tutto abnorme nella nostra legislazione, di Ministrogiudice; 
cosicch� sarebbe davvero da dubitare, di fronte agli artt. 24 e 
113 della Costituzione, della legittimit� costituzionale dell'art. 25 comma 
2<> del r. d. n .. 1127 del 1939, come accenn� questo Supremo Collegio 
con .la sentenza n. 853 del 4 aprile 1963. Limitando, invece, le funzioni 
del Ministro alla sola determinazione del quantum del premio, canone 

o prezzo dovuto all'inventore, cio� di un elemento economico del rapporto, 
ed escludendo la sua competenza circa ogni altra questione preliminare 
alla liquidazione del compenso, la norma si salverebbe dall'imputazione 
di incostituzionalit�, poich� il Ministro sarebbe un arbitrato 
e non un arbitro. 
Ora, ad avviso della Corte, a tale limitazione dei poteri del Ministro 
non solo non osta affatto come si vedr�, la lettera della legge, ma ad essa 
invita anche un principio di carattere generale affermato dalla Corte 
Costituzionale (sent. n. 40 del 27 giugno 1958), secondo cui -i provvedimenti 
delle Autorit� amministrative, sopratutto se attinenti a questioni 
in cui 1'Amministrazione stessa sia interessata, anche se inerenti ad attribuzioni 
contenziose, debbono, in mancanza di univoche qualificazioni le-

all'art. 40 segg. I. inv. Siffatta interpretazione sembra essere confortata 
dall'esame dell'analogo testo dell'art. 4 del r. d. 3 agosto 1925, n. 1491 
(contenente norme di attuazione del r. d. I. 16 ottobre 1924, n. 1828 che 
disciplinava la materia anteriormente alla legge vigente), il quale dall'inutile 
decorso degli identici termini in esso previsti faceva, con pi� chiara 
formulazione; discendere la conseguenza che �la domanda di privativa 
segue la procedura ordinaria ., senza escludere pertanto necessariamente 
la possibilit� di .un successivo intervento dell'Amministrazione militare che, 
ai sensi dell'art. 1 del r. d. 1. n. 1828 del 1924 (che non sembra destare dubbi 
interpretativi), era anzi espressamente ammesso anche dopo il rilascio 
dell'attest�to (limitatamente alle pubblicazioni), con il solo limite del termine 
di otto mesi dalla data di deposito della domanda. 

La sentenza che si annota lascia invece perplessi ove, .limitandosi ad 
affermare in via generale l'idoneit� del potere di segretazione ad affievolire 
il diritto soggettivo dell'inventore, ha omesso di precisare se e quale influenza 
eserciti su tale potere il termine di otto mesi stabilito dall'art. 40 

1. inv. ed ha escluso la rilevanza, ai fini della decisione, sia dell'art. 43 1. inv., 
cui la difesa dell'Amministrazione militare si era richiamata per affermare 
l'esistenza di un autonomo potere di segretazione in ordine ai brevetti gi� 

812 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gislative in senso diverso, essere ritenuti di natura amministrativa e non 
giurisdizionale, vale a dire che, nel dubbio sulla loro natura, debba darsi 
prevalenza all'interpretazione che li fa rientrare nell'ambito della potest� 
amministrativa, poich� giudice non pu� essere chi � portatore di 
uno degli interessi in conflitto. 

Riguardo la fattispecie, in esame, in tanto, l'aver queste Sez. Un. 
negato, con la sent. n. 1412 del 1952, la competenza del Ministro a decidere 
sull' an debeatur circa il premio o canone o prezzo spettante all'inventore 
pubblico impiegato, trattandosi di questione relativa a diritti 
soggettivi, significa gi� negare funzione giurisdizionale al Ministro in 
materia e, quindi, dare implicitamente al comma 2� dell'art. 25 in parola 
l'interpretazione che qui si sostiene. Poi l'art. 23 del r. d. n. 1602 del 
13 settembre 1934 disponeva che, ove non si fosse raggiunto l'accordo � 
e circa l'ammontare � del premio, canone o prezzo, avrebbe provveduto 
un collegio di arbitri, e si riteneva che questo aveva potere di decidere 
soltanto sulla quantit� del compenso. L'art. 25 comma 1� del r. d. n. 1127 
del 1939, invece, usa la pi� semplice e breve espressione, ma pi� ampia 
di significato, �circa � il premio, canone o prezzo, che questa Suprema 
Corte (sent. n. 3050 del 1957 cit) ha ritenuto decisiva per affermare la 
competenza del Collegio di arbitri anche riguardo all'an debeatur. Senonch� 
il comma 2� dell'art. 25 in esame non ripete, a proposito del Ministro, 
la espressione del comma precedente, ma usa l'altra: provvede 
� a stabilire � il premio, canone o prezzo, per giunta con deliberazione 
insindacabile (tuttavia al riguardo deve tenersi presente l'art. 113 della 
Costituzione). Ora (come ritiene la prevalente dottrina, che anzi punta 
decisamente sulla dizione del comma in esame per limitare al quantum 
anche la competenza del Collegio arbitrale) il comma 2� dell'art. 25 in 
parola non dice nulla di pi� e di diverso di quanto diceva l'art. 23 del 

r. d. n. 1602 del 1934, poich� �stabilire � il premio canone o prezzo 
significa determinare fissare la cifra, la somma da liquidare all'inventore 
concessi ma non pubblicati, sia dell'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 
1941 n. 396, invocata, sempre dalla difesa dell'Amministrazione in quanto 
prevedeva la proroga, in tempo di guerra, del suaccennato termine di 
<>tto mesi. 

La semenza non si � cosi specificatamente soffermata, come sarebbe 
stato desiderabile data la loro difficolt� e delicatezza, sui seguenti problemi 
ehe, oltre alla questione dell'interpretazione e della legittimit� degli artt. 45 
e 46 reg. di esecuzione del 1940, av.evano formato oggetto di ampio dibattito 
nella causa: 

1) se il potere di segretazione possa o meno incidere anche sui brevetti 
gi� concessi ma non ancora pubblicati e, nell'affermativa, se esso 
tragga fondamento, in ordine ai brevetti medesimi, dall'art. 40 o dallo 
art. 43 1. inv.; 

2) se, di eonseguenza, il differimento ex art. 40 1. inv. possa riferirsi 
anche alla sola pubblicazione disgiuntamente dalla concessione del brevetto 
o se, invece, sia configurabile un autonomo potere di imposizione del 

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PARTE I, SEZ, II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 813 

pubblico dipendente, cio� l'ammontare del premio, canone o prezzo, computo 
che pu� rientrare nei poteri discrezionali e di valutazione equitativa 
del Ministro quale arbitratore. 

Se cosi non fosse non si spiegherebbe perch� il legislatore, in due 
commi dello stesso articolo, ha usato, senza necessit�, diverse espressioni 
a proposito di un compito che si vorrebbe identico. N� vale opporre che 
il Ministro provvede �in luogo del Collegio di arbitri., perch� ci� signitlca 
soltanto che .esso; .quanto ai. pubblici dipendenti, si sostituisce a 
detto collegio,. ma non anche nelle identiche e intere :funzioni, sibbene 
solo in quelle che gli vengono commesse, cio� cosi come vengono limitate 
dalla diversa dizione della norma� . 

ln:fondato. � anche il secondo.mezzo, che � rivolto contro apprezzamenti 
di :fatto dei .giudici del merito -tali essendo quelli compiuti per 
stabilire .se delle invenzioni brevettate presentino o no il necessario requisito 
della novit� estrinseca ed intrinseca (cfr. Cass. sent. n. 1922 del 
15 luglio 1963, n. 663 del 28 marzo 196-0) -insindicabili in questa s.ede 
perch� adeguatamente motivati e immuni non solo da vizi logici ma 
anche da errori di diritto, essendosi la Corte d'appello perfettamente 
uniformata, nella propria valutazione, a principi di diritto altre volte 
affermati da questa Suprema Corte (cfr. sentt. n. 3443 del 24 ottobre 
1958 e n. 3195 del 7 dicembre 1960). Invero, posto che l'invenzione � la 
nuova soluzione di un problema tecnico atta a concrete realizzazioni nel 
campo industriale, e che requisito essenziale per la sua tutela legislativa 
� la sua novit� sia estrinseca (necessaria mancanza di notoriet� dell'invenzione 
avanti il rilascio del brevetto) che intrinseca: in senso soggettivo 
(apporto creativo originale dell'inventore) e in senso oggettivo (apporto 
originale di utilit� o un incremento di questa al patrimonio della 
tecnica industriale, quindi idoneit� dell'invenzione a conseguire un nuovo� 
effetto industriale o una soluzione nuova di un problema tecnico), i giu


solo vincolo di segretezza, che trovi fondamento nell'art. 43 I. inv., e sia 
es�rcifabile indipendentemente dalla finalit� della preordinazione di un 
provvedimento espropriativo; 

3) se, ammesso che l'art. 43 I. inv. contenga la disciplina di un 
autonomo potere della natura ora delineata, siffatto potere sia soggetto, o 
meno, quanto al suo esercizio ed ai suoi effetti, al termine di otto mesi di 
cui ai precedenti artt. 40 e 41 I. inv. 

La formazione di un autorevole precedente giurisprudenziale in materia 
sarebbe stata preziosa per l'interprete, dato che, per quanto consta, non esistono 
altri precedenti editi e le norme in questione non sembrano di agevole 
interpretazione. 

La formulazione letta-aie dell'art. 40 I. inv., che fa esclusivo rifocimento 
alla domanda di brevetto, pu� destare dei dubbi circa la persistenza,. 
nella disciplina vigente, del potere dell'Amministrazione militare (come 
si � visto, esplicitamente sancito dalla precedente legge del 1924) di richiedere 
il differimento della pubblicazione di un brevetto gi� concesso. La 
soluzione affermativa presupporrebbe, infatti, che si consideri come di




814 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dici del merito, adeguandosi peraltro sostanziamlente alle conclusioni del 
collegio dei consulenti tecnici d'ufficio proff. Bruno, Cremona e Santangelo, 
hanno ritenuto che detti requisiti esistevano in tutte le invenzioni 
del gen. Scelzo. 

Non contesta il Ministero ricorrente la novit� estrinseca di queste e, 
pertanto, nulla quaestio al riguardo. Quanto alla novit� intrinseca, sotto 
entrambi i suoi aspetti, la Corte di appello ove il parere dei consulenti 
tecnici era concorde (e si trattava della pi� parte dei ritrovati) ha ritenuto, 
giudicandole esatte e persuasive, di doverne senz'altro accettare le 
conclusioni, tanto pi� che 1'Amministrazione militare non aveva mosse 
contro di esse precise e specifiche deduzioni; ed � noto che, in tal caso, 
il giudice del merito non � tenuto a esporre specificatamente le ragioni 
del proprio convincimento, appunto perch� egli, nel condividerle, fa proprie 
le ragioni dei consulenti. Ove, invece, i periti hanno espresso parere 
non unanime la Corte non ha mancato di spiegare le ragioni per le quali 
ha ritenuto di dover accettare le conclusioni pi� favorevoli al gen. Scelzo. 
In particolare essa si � soffermata su due invenzioni (cupola girevole per 
armi montate su aeromobili e relativi completivi; sincronizzazione rotante 
per tiro attraverso l'elica) su cui, essendo stata pi� acuta la divergenza 
tra i consulenti tecnici d'ufficio, il Ministero appellante aveva richiamata 
espressamente la sua attenzione. Senonch� la Corte, giovandosi 
anche delle testimonianze di alti ufficiali dell'Aeronautica e di tecnici, 
ha ritenuto, quanto alla cupola girevole, che l'esistenza, nell'archivio 
del Ministero, di un disegno anteriore alla invenzione dello Scelzo non 
toglieva a questa il requisito della novit�, poich� vi si riscontrava senza 
altro, rispetto al disegno precedente, un progresso, un miglioramento, ed 
� noto (cfr. Cass. sent. n. 3195 del 1960 cit.) che � nuova l'invenzione che 
porta variazioni, aggiunte ad altra precedente o perfezionamenti di 
questa. 

sgiuntiva la � e � che unisce la locuzione � concessione del brevetto � a: 

quella � ogni pubblicazione relativa alla invenzione �. La perplessit� au-� 

menta ove si confronti il testo attuale con quello del r. d. del 1924, nel 

quale il differimento del rilascio dell'attestato era tenuto ben distinto dalla 

ipotesi del differimento delle sole pubblicazioni. 

D'altra parte, la interpretazione della legge in base alla sua � ratio � 

indurrebbe a ritenere che il potere di segretazione debba estendersi ai 

brevetti gi� concessi e non ancora resi pubblici, anche perch� � da escludere� 

che con il r. d. del 1939 si sia inteso restringere i poteri dell'Amministra


zione militare rispetto alla legge precedente. Inoltre dall'art. 60 (che pre


vede l'espropriazione sia dei diritti derivanti da domanda in corso, sia. 

delle invenzioni per le quali sia gi� stato concesso il brevetto) e dall'art. 61 

I. inv. (che contempla la possibilit� dell'imposizione, mediante il decreto 
di espropriazione, del vincolo di segreto sul brevetto non ancora pubblicato} 
parrebbe doversi argomentare la necessit� di una disciplina unitaria per le 
domande e per i brevetti gi� rilasciati ma non pubblicati, in quanto la 
esigenza di non pregiudicare la futura espropriazione, in ordine al mantenimento 
della segretezza, sussiste in entrambe le ipotesi. 

PARTE 1; SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 815 

Circa la sincronizzazione rotante per armi montate su aeromobili 
la Corte, basandosi anche qui su precise affermazioni di alti ufficiali del!'
Aeronautica, ha affermato che, pur essendo vero aver i tedeschi gi� 
scoperto, prima dell'invenzione del nostro generale, il principio meccanico 
sul quale la sincronizzazione era fondata, tuttavia quella aveva un 
quid novi, poich� i tedeschi non erano ancora riusciti ad applicare il 
loro principio al tiro attraverso l'elica, anzi lo ritenevano, al riguardo, 
del tutto inattuabile, e tanto l'invenzione dello Scelzo era creativa che 
gli stessi tedeschi l'adottarono. Ora nuova � anche l'invenzione di traslazione, 
cio� quella di trasposizione di un principio noto o di una precedente 
invenzione a un risultato finale diverso, suscettibile di altra utilizzazione 
industriale (cfr. Cass. sent. n. 3443 del 1958 cit). 

Neppure fondato � il terzo mezzo. Innanzi tutto che si sia formato 
il giudicato sulla giurisdizione del giudice ordinario a decidere sull'an 
debeatur pure riguardo l'indennizzo richiesto dal gen. Scelzo per le sue 
domande di brevetto segretate, tardivamente espropriate o non espropriate, 
discende da quanto sul punto � stato detto esaminando il primo 
mezzo del ricorso. Inesatta, invece, l'affermazione contenuta nella sentenza 
impugnata che si sarebbe formato il giudicato anche sulla legittimazione 
passiva del Ministero ricorrente circa la domanda d'indennizzo 
in parola : sia perch� era questione estranea alla giurisdizione, sia perch� 
la pronuncia su detta legittimazione aveva come suo necessario presupposto 
l'accertamento -non ancora avvenuto quando fu emessa da 
queste Sez. Un. la sent. n. 1412 del 1952 -che da parte del Ministero 
della Difesa vi fosse stato un comportamentto non conforme a legge, 
altrimenti legittimata passivamente sarebbe stata quella P. A. che, nonostante 
1'A. M. non avesse comunicato di voler espropriare i diritti di 
brevetto dello Scelzo, non aveva dato corso alla procedura ordinaria di 

7. -Ancor meno agevole � precisare l'esatta portata del successivo 
art. 43 1. inv. Tale disposizione, nella sua formulazione letterale, sembra 
pure riferirsi soltanto all'ipotesi di un brevetto non ancora rilasciato, la 
cui concessione sia stata in un primo tempo differita ai sensi dell'art. 40 (22) 
ed in un secondo momento consentita, ma in forma segreta. � stato ritenuto 
(23) che tale ipotesi si realizzi quando l'Amministrazione, dopo averne 
chiesto il differimento, consenta � espressamente � al rilascio del brevetto 
prima della decorrenza del termine di otto mesi, trascorsi i quali il brevetto 
sarebbe concesso secondo la procedura ordinaria anche senza esplicito 
consenso della Amministrazione. Altri, invece, (24) ha affermato che, su 
richiesta dell'Amministrazione militare, la concessione del brevetto potrebbe 
svolgersi col vincolo del segreto anche qualora, pur trascorso il termine del 
differimento ex art. 40 1. inv., l'Autorit� militare non intenda procedere 
(22) II r.d. 13 sttembre 1934, n. 1602 (mai entrato in vigore), nella corrispondente 
norma dell'art. 39 usava l'espressione � nell'ipotesi di differimento richiesto 
a termini dell'art. 36 � (corrispondente all'art. 40 del r.d. 1127 del 1939). 
(23) GHmoN, op. cit., vol. 2o, 341 segg. 
(24) AscARELLI, op. cit., 664. 

816 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rilascio dei brevetti stessi. Tuttavia tale errore non menoma, come subito 
si vedr�, la statuizione dei giudici di merito al riguardo. 
Quanto al merito si osserva che nella sentenza impugnata non si 
affermano -rispetto le vigenti disposizioni in materia: artt. 40, 43 r. d. 

n. 1127 del 1939, artt. 45, 48 r. d. n. 244 del 5 febbraio 1940 -principi 
di diritto diversi da quelli enunciati nel motivo in esame. Invero i giudici 
di appello non hanno posto in dubbio che il Ministero della Difesa 
-presa visione, come gli � consentito, delle descrizioni e dei disegni 
riferentesi a invenzioni ritenute utili per la difesa militare del Paese ha 
la facolt� discrezionale di chiedere il differimento della concessione 
dei brevetti e delle pubblicazioni relative a dette invenzioni e che, in tal 
caso, il differimento avviene de jure bloccando, per il periodo di otto 
mesi, la procedura ordinaria di rilascio dell'attestato (art. 40 r. d. n. 1127 
del 1939). Neppure hanno essi contestate le affermazioni del Ministero 
ricorrente che nessun diritto soggettivo pu�, in siffatta evenienza, vantare 
l'inventore contro detto Ministero a causa della sospensione, imposta 
dalla legge, della procedura ordinaria di concessione del brevetto per 
tale periodo (senz'altro affievolendosi il diritto dell'inventore di fronte 
al potere discrezionale di �segretazione:. concesso all'A. M.), e che la 
legge non concede indennizzo alcuno all'inventore a causa del suddetto 
differimento. N� ha negato la Corte del merito che, ove entro otto mesi 
ferimento. N� ha negato la Corte del merito che, ove entro otto mesi 
dalla data del deposito della domanda di brevetto il Ministero competente 
non abbia comunicato di voler procedere ad esproprio (l'art. 5 della 
1. 10 luglio 1959, n. 514 consente ora al Ministero interessato la richiesta 
d'un ulteriore differimento, dietro indennizzo, fino a tre anni, per una 
pi� meditata decisione circa l'esproprio), la procedura ordinaria di rilascio 
dei brevetti riprende il suo corso normale cessando de jure, automaticamente, 
la segretazione di fronte al silenzio dell'A. M. che testimonia 
il suo disinteresse per l'invenzione e la sua decisione di non voler 
all'espropriazione. Era stata questa, in sostanza, la tesi sostenuta dall'Amministrazione 
nella causa decisa con la sentenza che si annota. 

Che l'art. 43 disciplini un potere attinente all'interesse della difesa 
militare in ordine alla tutela del segreto in quanto tale, considerato autonomamente 
dalla preordinazione di una espropriazione, sembra innegabile, 
dal momento che l'amministrazione militare, quando consente la concessione 
del brevetto, dopo averla differita, manifesta implicitamente la sua intenzione 
di non procedere all'espropriazione. 

Non � invece facile stabilire se nel �consenso� del Ministero, ipotizzato 
dall'art. 43 1. inv., possa o meno ricomprendersi il tacito consenso che 
pu� dedursi dall'atteggiamento del Ministero medesimo, qualora esso lasci 
trascorrere il termine di otto mesi di cui all'art 40 1. inv. senza comunicare 
la sua intenzione di procedere all'espropriazione. In caso affermativo, il 
potere disciplinato dall'art. 43 1. inv. dovrebbe necessariamente intendersi 
svincolato dal termine di otto mesi suaccennato, sia per quanto riguarda 
il momento del suo eser�cizio sia per quanto concerne la durata del segreto 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 817 

procedere a esproprio di essa. La Corte di appello ha, invece, ritenuto 
che il Ministero della Difesa-Aeronautica comunic� esplicitamente al 
Ministero competente di voler procedere a espropriazione di alcuni diritti 
di brevetto del gen. Scelzo nell'interesse della difesa nazionale (cosi 
imponendo il protrarsi della segretazione oltre gli otto mesi), ma o esercit� 
il diritto di esproprio oltre i limiti di tempo posti dalla legge o, 
peggio, solo dopo molti anni e insistenti richieste (teste Spallino), si 
decise a togliere il vincolo della segretazione su quelle invenzioni per le 
quali non aveva, nonostante la precedente manifestazione di volont�, 
ritenuto di provvedere a espropriazione. Tutto ci� appare evidente dal 
complesso della motivazione (anche in fatto) della sentenza impugnata, 
ed era, peraltro, un dato pacifico in causa, ~sistendo in atti le copie 
autentiche delle lettere con le quali il Ministero della difesa solo nel 
giugno del 1940 (le richieste di segretazione per esproprio risalivano 
agli anni 1936-1938) aveva informato l'allora competente Ministero delle 
Corporazioni che �... non ritenendo doversi proprorre l'esproprio della 
invenzione (specificata) ... del gen. Scelzo, si prega di voler considerare 
annullata 1a caratteristica di segretezza posta a suo tempo�. 

Ancora pi� conforme a diritto appare la decisione della Corte d'appello 
ove si esamini, come si deve, la questione tenendo presenti (cosa 
che n� i giudici del merito n� le parti hanno fatto) il r. d. n. 1828 del 16 
ottobre 1924, che prima del r. d. n. 1127 del 1939 disciplinava le brevettazioni 
industriali interessanti la difesa nazionale, e il r. d. n. 1491 del 3 
agosto 1925, che approva le relative norme d'attuazione. Anche l'art. 1 
del r .d. n. 1828 del 1924 concedeva all'A. M. il potere discrezionale di 
chiedere, ottenendolo de iure, il differimento per otto mesi della concessione 
di brevetti e di pubblicazioni riguardanti invenzioni utili alla difesa 
nazionale. Se detta Amministrazoine poi, intendeva provvedere ad 
esproprio dei brevetti doveva, entro il termine degli otto mesi, non 
soltanto comunicare al Ministero competente la sua determinazione, al-

una volta imposta. Tuttavia, se l'art. 13 del r. d. I. 3 aprile 1941, n. 396 (il 
quale disponeva che l'ufficio centrale dei brevetti pu� consentire � che il 
vincolo del segreto, la concessione del brevetto, le pubblicazioni e le visioni 
pubbliche siano differite anche per un periodo di tempo superiore a quello 
di otto mesi stabilito dall'art. 40 ultimo comma... �) sembra costituire 
conferma dell'autonomia del vincolo del segreto sulle pubblicazioni, esso, 
sancendo la necessit� di una espressa proroga, sembra presupporre la soggezione 
del vincolo del segreto, pur autonomamente considerato, al termine 
di otto mesi di cui all'art. 40 I. inv. (25) Era quindi tutt'altro che irrilevante, 
ai fini della causa, il richiamo da parte dell'Amministrazione allo 

(25) La legge del 1924 stabiliva che le richieste di differimento sia del rilascio 
del brevetto, sia delle pubblicazioni, divenivano � prive di ogni effetto � se entro gli 
otto mesi dalla data del deposito della lomanda non fosse promosso il decreto di 
espropriazione. Non poteva quindi sussistere dubbio, sotto il vigore della precedente 
disciplina, sulla caducazio.ne del potere di segretazione per effetto della decorrenza 
del termine predetto. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

818 

trimenti questo provvedeva al rilascio dell'attestato all'inventore secondo 
la procedura ordinaria (artt. 6, 7 del r. d. n. 1491 del 1925), ma doveva 
anche promuovere il decreto di esproprio (art. 1 cpv. r. d. n. 1828 del 
1924); fondatamente, pertanto, il gen. Scelzo si � lamentato anche del 
ritardo della procedura di esproprio, oltre che della illegale protrazione 
del vincolo al segreto, di sue invenzioni. 

Discende da tutto ci� la legittimazione passiva del Ministero della 
Difesa-Aeronautica, rispetto la domanda di risarcimento di danno proposta 
al riguardo dal gen. Scelzo, esattamente affermata dalla Corte di 
merito insieme all'obbligo dello stesso Ministero all'an debeatur, dato il 
suo comportamento non conforme a precise norme di legge riguardo 
l'inizio della procedura di esproprio e la e segretazione � di domande di 
brevetto interessanti la difesa militare del Paese. 

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con le conseguenze di 
legge. -(Omissis). 

art. 13 del r. d. del 1941, a dimostrazione (ai fini dell'indagine sulla 
competenza dell'Autorit� giudiziaria ordinaria) della sussistenza del potere 
dell'Amministrazione medesima di protrarre il vincolo del segreto oltre 
il termine di otto mesi di cui all'art. 40 1. inv. 

8. -�, infine, da rilevare che, mentre nella sentenza 23 luglio 1965 le 
Sezioni Unite hanno ritenuto (come si � visto) che l'affievolimento del diritto 
dell'inventore sia limitato nel tempo dal decorso del termine di otto mesi 
di cui all'art. 40 1. inv. (salvo che l'Amministrazione dichiari di voler procedere 
ad espropriazione e tale procedura venga poi coltivata dall'Amministrazione 
medesima), nella successiva sentenza dell'll ottobre 1965 le stesse 
Sezioni Unite hanno affermato semplicemente l'affievolimento, per un tempo 
indefinito, del diritto dell'inventore per effetto del potere di segretazione di 
cui all'art. 40 1. inv., senza subordinare in alcun modo siffatto potere al 
rispetto del termine di otto mesi stabilito dalla disposizione medesima. Sotto 
questo aspetto (di rilevante importanza) pu� cogliersi una antinomia (anche 
se forse non deliberata) tra le due pronunce annotate. 
F.ARGAN 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 marzo 1966, n. 619 -Pres. Flore 
-Est. Felicetti -P. M. Tavolaro (conf.) -Saetta e Amato (avv. Badami 
e Barbassi Gattuso) c. soc. A. G. I. P. (avv. De Dominicis, 
Cerami e Bestivo) e Scarantino (avv. Nicol�). 

Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Poteri del Giudice 
ordinario -Accertamento incidentale di legittimit�. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). 
n giudice ordinario pu� sempre esaminare incidentalmente un atto 
amministrativo per accertarne l'eventuale illegittimit� in relazione al 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 819 

caso dedotto in giudizio, quando si controverta tra privati e la controversia 
non investa direttamente l'atto amministrativo, ma si esaurisca 
nell'ambito deZZe posizioni di diritto soggettivo deZZe parti (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 febbraio 1966, n. 476 -Pres. Lonardo 
-Est. Sparvieri -P. M. Di Majo (conf.) -Liprino (avv. Ferretti 
e Vitarelli) c. Barna (avv. Brancati e Gangemi) e Battagliola 
(avv. Brancati). 

Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Poteri del Giudice 
ordinario -Estensione. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 4 e 5). 
IZ sindacato di legittimit� deZZ'atto amministrativo da parte del 
Giudice ordinario non pu� ritenersi circoscritto al riconoscimento del 
concorso dei requisiti formali dell'atto stesso, ma si estende azza indagine 
sulla esistenza o meno del potere di emetterlo nella pubblica Am


(1-2) La prima massima riafferma il principio, di cui gi� si � detto 
(retro, p. 783), ma accenna pure ai poteri del Giudice ordinario, che 
potrebbe sempre esaminare incidentalmente un atto amministrativo sia 
pure in relazione al caso dedotto in giudizio. La giurisprudenza delle 
sezioni unite della C'orte di Cassazione .anche su ci� � ormai costante (v. 
Cass., Sez. Un., 3 febbraio 1965, n. 169, 2 marzo 1964, n. 470 e 22 maggio 
1963, n. 1357 rispettivamente in Giust. civ., 1965, I, 456, 1964, I, 495 e 1963, 
I, 2397, nonch� ivi la nota di richiami a precedenti conformi tra i quali 
Cass., Sez. Un., 29 marzo 1963, n. 789 e 13 febbraio 1963, n. 286, richiamate 
con la sentenza n. 169 del 1965, innanzi citata, nella decisione, che qui si 
considera). Ma talune precisazioni sarebbero opportune e con la seconda 
massima si chiarisce l'estensione di tale potere. Senonch� sembra a tale 
proposito il caso di richiamare la distinzione tra legalit� e legittimit� dell'atto 
amministrativo con tutte le altre considerazioni svolte a proposito 

(GuGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 

309 e segg.; cfr. pure, ivi, 1965, I, 292, n. 3 a Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1965, 

n. 63) per mantenere nei dovuti limiti il sindacato del Giudice ordinario 
sugli atti amministrativi, sia pure nelle controversie tra privati. 
In questi sensi pare interessante ricordare l'accenno fatto in altra sentenza 
delle sezioni unite (Cass., Sez. Un., 9 marzo 1964, n. 506 in Giust, civ., 
1964, I, 724) alla eventualit� di una cognizione incidentale sull'atto amministrativo 
da parte del Giudice ordinario ai fini, quando � possibile, di 
negarne l'applicazione, mentre oggetto di approfondimento che in altr~ 
occasione non mancher� di farsi sembra il principio, al quale qui con.,. 
viene accennare, pure affermato dalle sezioni unite della Corte di Cassazione 
(Cass., Sez. Un., 24 marzo 1965, n. 486) e secondo cui pure la pubblica 
Amministrazione, quando anche non si sia avvalsa della propria 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

820 

ministrazione, da cui l'atto medesimo promana, nonch� all'accertamento 
dei presupposti obbiettivamente identificabili, i quali siano eventualmente 
necessari per lo esercizio del potere (2). 

potest� di autotutela e non abbia proceduto direttamente all'annullamento 
od alla revoca di un atto amministrativo, pu� tuttavia richiederne la disapplicazione 
al giudice amministrativo, come presupposto della sua pretesa 
giudiziale di merito. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 901 -Pres. Tavolaro 
-Est. ).V!odigliani -P. M. Di Majo (conf.) -Comune di Pagani 
(avv. Postiglione) c. De Pascale (avv. Viola). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Obbligo 
della parte di sollevare la questione di giurisdizione davanti 
al Giudice di merito -Insussistenza. 
(c.p.c., art. 41). 

Co.mpetenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Domanda di revoca di un atto amministrativo Inammissibilit� 
-Effetti rispetto alla giurisdizione sulle altre domande. 


(1. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 2 e 4). 
Ai fini dell'ammissibilitd del ricorso per regolamento preventivo di 
giurisdizione non � necessario che la questione di giurisdizione sia sollevata 
davanti al Giudice di merito prima della proposizione del ri


corso (1). 

(1) Le sezioni unite della Corte di Cassazione, pure riaffermando che, 
come risulta dal testuale disposto dell'art. 41 c. p, c., l'istanza d regolamento 
di giurisdizione postula per essere ammissibile la esistenza di una questione 
sulla giurisdizione, in quanto se tutte le parti concordino nel ritenere 
la giurisdizione di un giudice in ordine alle domande oggetto del processo 
(salvo se il Giudice adito siasi pronunciato in senso diverso) non vi � 
necessit� di tale regolamento (cfr., in terminis, Cass. Sez. Un., 14 aprile 
1964, n .893, Giust. civ., 1964, I, 894 ed ivi nota di richiami), ha statuito 
che un previo dibattito nella fase di merito sulla questione di giurisdizione 
non � affatto richiesto per l'ammissibilit� del ricorso di regolamento preventivo, 
nel senso che siffatto ricorso � ammissibile, beninteso nell'osservanza 
di tutte le altre prescritte condizioni, pure se non sia stata sollevata 
precedentemente alcuna questione sul punto. In ci� sembra potersi convenire, 
dati i caratteri e la funzione dell'istituto del regolamento preventivo 
di giurisdizione, atteso che il difetto di giurisdizione, salvo il formarsi del 
giudicato su di essa, � rilevabile nure di ufficio in ogni stadio e grado 
del gudizio. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 821 

La inammissibilit� della domanda di revoca di un atto amministrativo 
da parte. del Giudice ordinario non esclude la giurisdizione di questi 
rispetto agli altri capi di domande attinenti alla lesione di un diritto 
soggettivo (2). 

(2) Su questa massima pu� pure convenirsi ma bisogna intendersi sul 
significato dell'espressione � altri capi di domanda attinenti alla lesione di 
un diritto soggettivo �. 
Nella motivazione della sentenza le sezioni unite della Corte di �assazipne. 
rilevano che gli artt. 2 e 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 
non contengono un divieto assoluto di sindacato del Giudice ordinario sugli 
atti della pubblica Amministrazione, ma stabiliscono soltanto i limiti, entro 
cui tale sindacato va esercitato, ed osservano che il Giudice ordinario, pur 
non pqtendo xnodificare o revocare un atto amministrativo denunciato come 
lesivo di un diritto ,soggettivo, deve portare la sua indagine sulla legittimit� 
dello stesso atto e conoscere dei suoi effetti lesivi. 

Orbene, se questo significa che il Giudice ordinario pu� condannare la 
pubblica Amministrazione al risarcimento dei danni, ove i suoi atti, o comportamenti, 
illegittimi abbiano leso diiritti soggettivi, le proposizioni innanzi 
riportate possono accettarsi. Gi�, per�, delle riserve devono formularsi ove 
si vogUa ritenere che, come altra volta � stato affermato dalle stesse sezioni 
unite della Corte di Cassazione, � indipendentemente dalla proposizione di 
domanda di risarcimento del danno, il Giudice ordinario pu� conoscere della 
domanda proposta dal privato, avente ad oggetto il mero accertamento della 
illegittimit� di atti o comportamenti dell'Amministrazione pubblica lesivi 
di un diritto soggettivo> (Cass., Sez. Un., 7 aprile 1965, n. 592, in questa 
Rassegna, 1965, I, 896 ed ivi. I, 898, n. 3 con richiami di precedenti giurisprudenziali). 


Ma, nella motivazione della sentenza che qui si considera, le sezioni 
unite. della Corte di Cassazione, mentre nel ricordato precedente si limitano 
alla riportata affermazione richiaxnandosi a Cass., Sez. Un. 14 luglio 1961, 

n. 1714 (v. in Giust. civ., 1961, I, 1779), precisano che per dimostrare l'interesse 
del privato a richiedere una pronuncia di mero accertamento basta 
considerare come questa costituisca .la premessa ed il fondamento non solo 
delle conseguenziali pretese di carattere patrimoniale ma pure dell'obbligo 
dell'Amministrazione di procedere alla revoca od all'annullamento dell'atto, 
ove iU esso sia dichiarata la illegittimit� (v .. pure Cass., Sez. Un., 14 aprile 
1964, n. 895, .in Giust. civ., 1964, I, 1365). C'osi, per�, sembra svuotarsi di 
contenuto la disposizione del primo comma dell'art.A della legge n. 2248, all. 
E, del 1865, ladd.ove si statuisce che i Tribunali si limiteranno. a conoscere 
� degli effetti > dell'atto. In proposito giover� richiamare, da .�un canto, 
quanto si � osservato retro (pagg. 783 e 818), aggiungendo, alle sentenze 
ivi considerate. e menzionate, Cass., .I sez. civ., 23 luglio 1964, n. 1987 (in 
Foro amm., 19641 I, 1, 489), e, rieordare; dall'altro, come nella citata sentenza 
n. 1714 del 1961 si faceva riferimento ad un sindacato del Giudice ordinario 
nei limiti di. .una declaratoria di illegittimit� ai ;fini della condanna 
ai risarcimento dei danni se atti o comportamenti della pubblica Amministrazione 
fossero stati direttamente lesivi di un diritto soggettivo, per 
concludere che onde possa sostenersi la giurisdizione del Giudice ordinario 
occorre almeno che quei fini siano espressi attraverso un'eplicita domanda 
ad hoc. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 902 -Pres. Tavolaro 
-Est. Tamburrino -P. M. Di Majo (conf.) -Impresa Fratelli 
Garr� (avv. Boccardi, Fabri e Tamburini) c. Amministrazione comunale 
di Piacenza (avv. Del Vecchio e Andreoli). 

Competenza e giurisdizione ~ Regolamento preventivo di giurisdizione 


Proposizione da parte dell'attore -Ammissibilit�. 

(c.p.c., art. 41). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione 
amministrativa -Determinazione e criteri -Petitum sostanziale. 

(I. 20 marzo 1865, n .. 2248, all. E, art. 2). 
IZ regolamento preventivo di giurisdizione � ammissibile pure se 
proposto dall'attore, essendo innegabile l'interesse anche di questi a vedere 
definitivamente determitiato, attraverso la pronuncia della Corte 
di .Cassazione sui relativo ricorso, prima delle discussioni di merito, il 
Giudice munito della potest�. di decidere sulle sue domande (1). 

Nei rapporti tra privati e pubblica Amministrazione per decidere 
se la potest�. giurisdizionale spetti ai Giudice ordinario o al Giudice amministrativo 
occorre esaminare in base alla esatta determinazione della 
domanda dell'attore -sempre tenuto conto non della mera prospettazione 
soggettiva, sibbene del cosiddetto petitum sostanziale, cio� della 
necessaria connessione tra petitum e causa petendi -quale sia l'intrinseca 
consistenza e la natura dell'interesse dedotto in giudizio, ossia se 
esso possa configurarsi come u.n diritto subbiettivo, azionabile davanti al 
Giudice ordinario, o come un interesse legittimo, deducibile, nei modi di 
legge, davanti al Giudice amministrativo (2). 

(1) Nel caso deciso si faceva riferimento a regolamento preventivo 
di giurisdizione proposto dalla parte attrice che aveva adito il Giudice 
ordinario, di cui in ricorso si affermava la potest� giurisdizionale, e se ne 
poneva in rilievo l'interesse a proporlo e di fronte alla esplicita eccezione di 
difetto di giurisdizione di quel giudice, formulata in limine dal convenuto �. 
Ma pare che pi� genericamente in ogni altro ipotizzabile caso chi proponga 
una domanda ad un Giudice possa aver interesse a vedere definitivamente 
determinato dalla Corte di Cassazione, attraverso la istanza per regolamento 
preventivo di giurisdizione, quanto prima e fin quando � possibile, se e 
quale Giudice abbia la potest� di decidere sulle sue domande. Circa la 
necessit� dell'esistenza di una questione sulla giurisdizione onde la istanza 
per il regolamento preventivo sia ammissibile v. retro, p. 
(2) Riaffermazione esplicita ed inequivoca del criterio discriminatore 
assunto dalla giurisprudenza ormai consolidata della Corte di Cassazione 
tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa (v. retro, p. 785); 
cfr. pure, da ultimo, con ampi richiami di dottrina, CoRso, Astratto e concreto 
nel potere: in margine al criterio discriminatore fra giurisdizione ordinaria 
e giurisdizione amministrativa, Foro amm., 1966, II, 56 e segg. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 823 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 950 -Pres. Lonardo 
-Est. Straniero -P. M. Di Majo (conf.) -Gangemi (avv. Samarelli 
e Virga) c. Prefetto Messina (avv. Stato Gargiulo), Comune 
Messina (avv. Scarcella) e Lo Pinto (avv. Brancati). 

Competenza e giurisdizione -Difetto di giurisdizione -Deducibilit� 
anche dalla parte che abbia precedentemente sostenuto la tesi contraria 
-Rilevabilit� in ogni stadio e grado del giudizio, anche di 
ufficio. 

(c.p.c., art. 37, primo comma). 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblica utilit� -Procedimento 
speciale per le zone terremotate -Effetti -Giurisdizione 
del Giudice amministrativo -Fattispecie. 

(d. 1. lgt. 19 agosto 1917, n. 1339). 
Il difetto di giurisdizione pu� essere dedotto anche dalla parte, 
la quale nene precedenti fasi del giudizio abbia sostenuto la tesi contraria, 
perch� la determinazione della giurisdizione costituisce materia 
sottratta alla disponibilit� delle parti e rilevabile pure di ufficio in 
ogni stato e grado del giudizio (1). 

Lo speciale procedimento di espropriazione previsto per le zone 
terremotate dal testo unico approvato c�>n il decreto legislativo luogotenenziale 
n. 1339 del 1917 si articola in diverse fasi, a ciascuna delle 
quali deve essere riconosciuta una relativa autonomia, che non esclude 
interdipendenza di effetti tra i vari atti preparatori dell'atto terminale 
di espropriazione ma non importa indipendenza assoluta di posizione fra 
aggiudicatario ed espropriato, onde la pretesa dell'espropriato che il 
bene non gli venga sottratto deve necessariamente importare l'impugnazione 
dell'attribuzione del bene stesso all'aggiudicatario, non potf!ndo 
coesistere i due diritti, e non sussiste, quindi, difetto assoluto di 
giurisdizione del Giudice amministrativo, il quale abbia dichiarato inammissibile 
il ricorso rivolto all'annullamento del solo decreto :prefettizio 
di espropriazione ma non involgente formale impugnativa dell'atto di 
aggiudicazione: nella specie, si erano pronunciati il Consiglio di giustizia 
amministrativa per la regione siciliana, in primo grado, ed il 
Consiglio di Stato (adunanza plenaria), in secondo grado, mentre dai 
Ticorrenti in Cassazione si assumeva che la pronuncia del Giudice amministrativo 
sarebbe intervenuta su diritti soggettivi perfetti, in quanto 
la fase della gara riservata ai comproprietari inteTessati e diretta ad 
individuare il soggetto attivo dell'espropriazione -assegnatario del 

(1) Massima costante e principio da condividersi. V. da ultimo Cass., 
Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 347 (citata nella motivazione) in Giur. it. 
1965, I, 1, 263. 

824 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comparto -costituisce una regolamentazione interna di rapporti condominiali, 
la quale avrebbe avuto natura privatistica e si porrebbe, 
rispetto alla procedura pubblicistica di espropriazione, come un semplice 
incidente eterogeneo (2). 

(Omissis). -I resistenti si oppongono in limite all'esame del ricorso 
sulla base di alcune eccezioni pregiudiziali. 

Sostiene, in primo luogo, la Lo Pinto, che la pronuncia di inammissibilit� 
emessa dal Consiglio di Stato non era impugnabile con ricorso 
a queste Sezioni Unite, a norma dell'art. 48 del t. u. sul Consiglio 
medesimo, perch� qualsiasi organo giurisdizionale ha, in quanto tale, 
la potest� fondamentale di giudicare delle condizioni formali di ammissibilit� 
delle istanze che gli vengano proposte. 

L'eccezione non � fondata. La giurisprudenza di questa Corte � nel 
senso richiamata dalla Lo Pinto (sentenza 4 maggio 1960, n. 1006, 14 
maggio 1955, n. 1398) ma la ratio che la informa, restrittiva del diritto 
di impugnazione, non pu� essere estesa alla ipotesi, propria della fattispecie 
ma sostanzialmente ben diversa, nella quale non si censura la 
valutazione che delle condizioni abbia eventualmente fatto il giudice 
amministrativo ma si deduce a motivo di ricorso che il giudice stesso 
ha pronunciato l'inammissibilit� in base a un determinato aspetto del 
rapporto espropriativo che in realt� era del tutto estraneo all'oggetto 
del giudizio, quale quest'ultimo era venuto ad enuclearsi e fissarsi 
alla stregua dell'atto introduttivo e del successivo atto di impugnazione. 

Del pari infondata � l'ulteriore eccezione, con la quale si deduce che 
i Gangemi non sono legittimati a prospettare la questione di giurisdizione 
perch� proprio essi hanno adito quel giudice amministrativo la 
cui giurisdizione pretendono ora contestare. E' sufficiente rammentare 

(2) Cfr. Cass., I Sez. civ., 15 aprile 1958, in Foro it., 1958, I, 676. La 
decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 11 novembre 1963, 
n. 20, avverso la quale � stato proposto il ricorso rigettato con la sentenza 
di cui si tratta, � pubblicata, tra l'altro, in Cons. Stato, 1963, I, 1529; la 
decisione del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana 
17 marzo 1962, n. 129, intervenuta nella medesima controversia, ivi, 
1962, I, 614. 
Le sentenze 19 ottobre 1962, n. 3047, 4 maggio 1960, n. 1006, e 24 ottobre 
1958, n. 3457, tutte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, richiamate 
nella motivazione con altre precedenti, si possono leggere rispettivamente 
in Foro it., 1963, I, 559, in Foro amm., 1960, II, 210, in Giust. civ., 1958, I, 
2029 ed ivi v. SANDULLI, Lesione di diritti soggettivi per Vese1�cizio di potestas 
nondum nata. Cfr., altres�, Sulla posizione giuridica soggettiva dei proprietari 
di immobili soggetti a trasformazione per l'attuazione dei piani regolatori, 
Riv. giur. edil., 1958, II, 52, in riferimento anche a Cass., Sez. Un., 
19 febbraio 1957, n. 591, pure citata nella motivazione della sentenza di cui 
st tratta e pubblicata, con note di commento, sia in Giust. civ., 1957, I, 3037 
sia in Giur. it., 1958, I, 1, 264. 

-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 825 

al riguardo che questa Corte ha gi� statuito (da ultimo con la sentenza 
17 febbraio 1964, n. 347) che il difetto di giurisdizione pu� essere dedotto 
anche dalla parte che nelle precedenti fasi del giudizio abbia 
sostenuto la� tesi contraria perch� la determinazione della giurisdizione 
costituisce materia sottratta alla disponibilit� delle parti e rilevabile, 
anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo. 

Sostiene, infine, il Comune che la questione di giurisdizione non 
pu� essere esaminata perch� gi� coperta dal giudicato, formatosi, nello 
stesso processo, a seguito del rigetto, da parte del Consiglio di Giustizia 
Amministrativa, della eccezione proposta, in quella sede, dalla Lo 
Pinto sul riflesso che il decreto di espropriazione in materia di ricostruzione 
di comparti del piano regolatore di Messina non � da ritenersi 
compreso nella giurisdizione amministrativa perch� aderisce ad un 
interesse privato, non gi� ad una pubblica esigenza. Sia la Lo Pinto che 
le altre parti in causa (i Gangemi si limitarono ad impugnare la decisione 
del Consiglio esclusivamente per motivi di merito) avrebbero, infatti, 
accettato la pronuncia di rigetto. 

Pur quest'ultima eccezione va, peraltro, disattesa. Nessuna preclu


sione alla valutazione del profilo di diritto alla cui stregua � stato de


dotto in questa sede il difetto di giurisdizione denunciato col primo 

motivo del ricorso, cio� la natura privatistica, attinente a diritti sog


gettivi, del cosiddetto �subprocedimento di aggiudicazione � pu�, invero, 

sorgere da una pronuncia priva di una qualsiasi statuizione di merito 

(il Consiglio di Giustizia si limit� ad accogliere un diverso profilo di 

inammissibilit�, posteriore nell'ordine logico ma dedotto dalla stessa 

Lo. Pinto) e che risolve la questione esclusivamente sotto il limitato 

aspetto del decreto di esproprio, cio� di un aspetto in ordine al quale 

i Gangemi non hanno mai contestata la giurisdizione del giudice am


minJstrativo. N�, a maggior ragione, l'eccezione di giudicato pu� 

avere fondamento per le censure, egualmente inerenti alla giurisdizione, 

prospettate col secondo motivo, dal momento che tali ultime censure 

riguardano esclusivamente affermazioni direttamente formulate dalla 

decisione impugnata e non aventi alcuno nesso o riferimento con le 

posizioni assunte dalle parti nella precedente fase del processo. 

Rimosse in tal modo le eccezioni pregiudiziali, questo Supremo 

Collegio pu� osservare che il primo motivo del ricorso si ricollega, sotto 

il profilo del difetto di giurisdizione per violazione degli artt. 2 e se


guenti della I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, sia al motivo di impugna


zione col quale i Gangemi avevano sostenuto che la procedura espro


priativa era stata svolta nei confronti di Amalia Maria Iannelli sotto 

l'erroneo presuposto che la stessa (da tempo, invece, deceduta) fosse 

ancora comproprietaria del comparto, sia alla motivazione della deci


sione impugnata, con la quale il Consiglio di Stato, dopo aver premesso 

che lo speciale procedimento di espropriazione previsto dal t. u. 9 ago




826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sto 1939, si compone di diverse fasi (delimitazione del comparto, determinazione 
della indennit� di esproprio, gara per l'aggiudicazione, decreto 
di esproprio) e che gli atti conclusivi delle singole fasi hanno una 
relativa autonomia in funzione della immediata produzione di taluni 
effetti, ha soggiunto che i Gangemi, dal momento che i vizi denunciati 

investivano direttamente gli atti del procedimento e che il soggetto 
espropriato pu� limitarsi ad impugnare il decreto di esproprio soltanto 
se intende denunciare vizi che riguardino direttamente il decreto stesso, 
avrebbero dovuto impugnare almeno il verbale di aggiudicazione, quale 
atto terminale, per l'appunto, del subprocedimento. 

Sostengono al riguardo i Gangemi che il giudice amministrativo non 
poteva pronunciare l'inammissibilit� del ricorso, in dipendenza della 
mancata impugnazione del subprocedimento, perch� le doglianze prospettate 
denunciavano soltanto i riflessi negativi, in particolare la menomazione 
delle garanzie legali di sostanza e di forma, che ai veri 
proprietari derivavano dalla anomala attuazione di un procedimento 
di espropriazione nei confronti di un soggetto passivo che dal 1939 non 
risultava pi� proprietario, degli immobili espropriati e, pertanto, non 
contestavano n� comunque ledevano il titolo ed i diritti di soggetto 
attivo della espropriazione che alla Lo Pinto erano derivati dall'aggiudicazione 
e la cui determinazione costituiva l'unico oggetto essenziale 
del subprocedimento. Aggiungono, inoltre, i ricorrenti che l'ipotesi apposta, 
il convincimento, cio�, di un fondato richiamo del Consiglio di 
Stato al subprocedimento di aggiudicazione dovrebbe risolversi, conseguenzialmente, 
nel riconoscimento che U Consiglio medesimo si sia pronunciato 
su diritti soggettivi estranei alla sfera della sua giurisdizione, 
dal momento che il subprocedimento, malgrado persegua il fine di indi\
riduare, attraverso l'assegnatario del comparto, il soggetto attivo della 
espropriazione e l'obbligato al versamento dell'indennit�, e malgrado 
si svolga sotto il controllo dell'autorit� amministrativa, concreta in 
realt� essenzialmente, con la gara riservata ai comproprietari interes


sati, una regolamentazione interna di rapporti condominiali che ha natura, 
privatistica e, in dipendenza di detta sua natura, si pone, rispetto 
alla procedura pubblicistica della espropriazione, in posizione di semplice 
incidente eterogeneo. 

Il primo profilo di doglianza non � fondato. La caratterizzazione 
in pi� fasi del procedimento espropriativo prescritto dal t. u. del 1917 
ed il riconoscimento che quella, fra tali fasi, che si incunea fra la 

pubblicazione dei piani tecnici e della stima provvisoria della indenru 


.

nit� e l'ordine di deposito di somme nella Cassa Depositi e Prestiti 
impartito dal prefetto all'assegnatario del comparto, ha uno speciale 

. 

e limitato fine, non consentono di prescindere da detta fase in sede di 
impugnazione del decreto se il vizio denunciato ad essa si riferisce. Il -:� 
carattere relativamente autonomo non significa, in altri termini, netta 

-...--:; 

%@fff.@>ff7..@Wff:='Z'.~%%.&f'%.f#&;Z.Kr%::7i?:ff.f%.f.7.-!"P'Yff.f."1W:'0.filW'"''w�.r:.:::::r:::::::::x:y:r0::r@r::::rz::::::tf:f;'(:{@'f&:'.:Z:::jf:�'.:7:::C:'0r.M 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 827 

separazione degli altri atti del procedimento, esclusione di quella interdipendenza 
di effetti fra i vari atti in funzione di elementi preparatori 
dell'atto terminale della espropriazione che informa la legge fondamentale 
del 1865 ed indipendenza assoluta di posizioni fra aggiudicatario 
ed espropriato se vero � che, come ha posto in rilievo la decisione impugnata, 
il diritto dell'aggiudicatario al bene viene affermato nei confronti 
di tutti i soggetti che .partecipano al procedimento e che, a sua 
volta, la pretesa dell'espropriato a che il bene non gli venga sottratto 
deve necessariamente importare anche l'impugnazione della attribuzione 
del bene medesimo all'aggiudicatario perch� i due diritti non possono 
coesistere. 

Neppur fondato � il secondo profilo. Certamente, questo Supremo 
Collegio, in sostanziale applicazione di una sua consolidata giurisprudenza 
(sentenza 19 ottobre 1962, n. 3047, 10 gennaio 1959, n. 42, 19 
febbraio 1957, n. 591) -in tema di procedimenti di espropriazione per 
;pubblica utilit� di immobili compresi in comparti costituenti unit� fabbricabili 
di piani regolatori, ha affermato, in relazione al t. u. del 1917 
(sent~nza 24 ottobre 1958, n. 3457), il principio che, nella particolare 
disciplina statuita per le zone terremotate calabro-sicule, la notificazione, 
agli intestatari catastali dell'area compresa nel comparto, dell'invito 
per la determinazione della consistenza dell'area stessa costituisce 
un adempimento prescritto anche al fine di assicurare loro, attraverso la 
conoscenza dell'inizio del procedimento, l'esercizio del diritto di partecipazione 
alla gara ad essi riservata e che, sia per tal motivo sia perch� 
il diritto di propriet� non riceve dal solo fatto dell'approvazione del 
piano regolatore quell'affievolimento al quale va soggetto, a seguito 
della dichiarazione di pubblica utilit�, nell'ordinario procedimento di 
espropriazione, l'omissione � sindacabile dal giudice ordinario ai fini 
della declaratoria di illegittimit� del decreto di esproprio e della conseguente 
condanna al risarcimento del danno. 

Il richiamo, da parte dei Gangemi, dei suddetti precedenti giurisprudenziali 
in relazione al loro assunto che l'erronea identificazione 
del soggetto espropriato abbia, fra l'altro, inciso negativamente proprio 
sulla formazione del contraddittorio nelle diverse sue manifestazioni e 
nelle diverse possibilit� e garanzie che esso offriva ed abbia, quindi, 
importato la conseguenza che la espropriazione, disposta senza che a 
tutti i comproprietari del comparto fosse stata offerta la possibilit� di 
esercitare il loro diritto a partecipare alla gara, debba essere considerata 
come esercizio di una potestas nondum nata e come fonte di lesione 
di diritti soggettivi, non appare, peraltro, pertinente al fine di ravvisare 
nella decisione impugnata il preteso difetto di giurisdizione per 
indebita pronuncia su tali diritti. Nessuna pronuncia che comunque si 
riferisca al procedimento di aggiudicazione ed al relativo contraddittorio 
o che comunque caratterizzi un diritto soggettivo, ha, invero, ovvia


-



828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente emesso il Consiglio di Stato se ha escluso di poter comunque 
esaminare i vizi denunciati in ordine agli atti anteriori al decreto di 
espropriazione per difetto di formale impugnazione al riguardo e se 
presupposto del riconoscimento (o della negazione) di una qualsiasi 
giurisdizione o competenza su una domanda � l'accertamento dell'effettiva 
proposizione dell.a domanda medesima. 

Il motivo di ricorso, il cui. esame ovviamente non investe n� la 
form.la della decisione che, ai sensi della giurisprudenza di questa Corte, 
il Consiglio di Stato avrebbe dovuto adottare se il ricorso avesse concretato 
una impugnativa pi� ampia n� la proponibilit� delle questioni 
di diritto soggettivo dinanzi al giudice competente, va perci� rigettato. 

Il secondo motivo si riferisce anch'esso al difetto di giurisdizione 
sotto il profilo della violazione degli artt. 2 e seguenti 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248 ali. E e dell'art. 28 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054. 
I ricorrenti sostengono, invero, che il Consiglio di Stato si � pronunciato 
su materia estranea alla giurisdizione del giudice amministrativo 
malgrado non ricorressero neppur gli estremi della q1:1estione pregiudiziale, 
quando ha affermato che �il decreto di esproprio perfeziona 
il trasferimento, costituisce titolo soggetto a trascrizione ed opponibile 
ai terzi ed ha per necessario presupposto l'attribuzione dell'immobile 
all'aggiudicatario, con effetto sia per l'ufficio espropriante sia 
per l'espropriato � ed ha inoltre soggiunto che �dall'atto di aggiudicazione 
che afferma il diritto dell'aggiudicatario nei confronti, oltre che 
degli altri concorrenti, anche di tutti i soggetti che partecipano al procedimento, 
sorge il diritto soggettivo dell'aggiudicatario medesimo all'attribuzione 
del bene�. Ci�, dal momento che le affermazioni suddette 
costituiscono una pronuncia in tema di trasferimento della propriet� 
a favore dell'aggiudicatario o comunque di diritti soggettivi che 
derivano dalla aggiudicazione. 

La censura non �, peraltro, fondata. Le affermazioni denunciate 
non costituisc.ono premessa di nessuna statuizione che comunque riguardi 
la risoluzione della controversia ma rappresentano soltanto elementi 
di una esposizione riassuntiva della struttura dello speciale procedimento 
espr()priativo, con particola..re riferimento alle conseguenze giuridiche 
dei verbali di assegnazione dei comparti e dei decreti prefettizi 
di espropriazione, che il giudice amministrativo ritenne di dover 
�fare a . migliore intelligenza delle pretese dei Gangemi e delle eccezioni 

alle stesse opposte. 

Il ricorso va perci� rigettato con le conseguenze di legge in ordine 
al deposito ed all'onere delle spese del giudizio di cassazione. (
Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 14 gennaio 1966, n. 214 -Pres. Gionfrida 
-Est. Berri -P. M. Caldarera (conf.) -Margiotta (avv. Picaro) 
c. Fallimento Ditta Bruksal, Bruni, Salamina (avv. Chiarelli). 

Strade -Strade private -Servit� di uso pubblico -Titolo costitutivo Necessit�. 


Amministrazione dello Stato e de~li enti pubblici -Contratti dello Stato 
-Interpretazione extratestuale -Inammissibilit� -Deliberazioni 
ed atti preparatori -Rilevanza ai fini interpretativi del contratto. 

Strade -Strade private -Servit� di uso pubblico -Diritto di propriet� 
privata -Persiste. 

La costituzione di una servit� di uso pubblico su di una strada privata 
presuppone l'esistenza di un valido titolo. Di conseguenza, l'accertamento 
in giudizio di una siffatta servit� comporta una iesauriente 
1Ti.otivazione sugli elementi da cui� pu� trarsi Za prova di un idoneo 
titolo costitutivo (1). 

Nei contratti in cui � parte la Pubblica Amministrazione � esclusa 
l'indagine sulla presumibile volont� delle parti, qualora !?SSa appaiQ, 
contrastante col testo letterale� della convenzione. Tuttavia, � lecito 
avvalersi, per l'interpretazione del. contratto, delle deliberazioni e degli 
altri atti che hanno costituito ii procedimento amministrativo preparatorio 
della manifestazione di volont� contrattuale della Pubblica Amministrazione 
(2). 

Le strade non cessano di essere di propriet� privata per il solo 
jatto di essere gravate da una servit� di pubblico transito, anche se 
la soggezione all'uso pubblico imprime ad esse un certo carattere di 

(1) Nello stesso senso, per la necessit� di un titolo costitutivo (convenzione 
o usucapione), quale presupposto del sorgere di una servit� di 
uso pubblico, cfr.: Cass., 15 dicembre 1960, n. 3257, Foro it., 1961, 1, 23; 
10 novembre 1964, n. 2727, id., Mass., 1964, 470; 12 luglio 1965, n. 1458, 
ivi, 1965, 422. Per una recente trattazione dei� problemi concernenti le 
strade soggette a servit� di uso pubblico cfr. pure: ORUSA L., Riflessioni 
in materia di diritti di uso pubblico, Giur. it., 1965, I, 1, 90 e Precisazioni 
in materia di diritti di uso pubblico (e di vie vicinali), id., 1966, I, 1, 161. 
(2) Sulla prima parte della massima cfr., in senso conforme: Cass., 
18 maggio 1960, n. 1255, Giust. civ., 1960, I, 2104, sub 10; 28 gennaio 1960, 
n.101, Foro it., 1961, I, 382. In dottrina, cfr.: SPAGNUOLO VIGORITA V., Rilevanza 
di elementi extratestuali ai fini dell'interpretazione e della validit� dei 
.Contratti privati della pubblica amministrazione, Rass. dir. pubbl., 1961, 
-



830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubblicit�, che si estrinseca, tra l'altro, nell'esercizio dei poteri di 
polizia da parte deU'ente titolare dell'uso pubblico. Il proprietario privato 
delta strada conserva, pertanto, il potere di tutelare il suo �iritto 
nei 'confronti di chi abbia illegittimamente occupato parte di essa, mediante 
la costruzione di un edificio (3). 

(Omissis). -Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione 
dell'art. 825 c. c., dei principi generali in tema di servit� di uso pubblico 
e di interpretazione degli atti negoziali. 

a) Lamenta la ricorrente che la Corte abbia ipotizzato l'insorgenza 
di una servit� di uso pubblico, nella stradella in questione, 
ignorando che a tanto � necessaria l'esistenza di un titolo; 

b) altra censura muove la ricorrente in relazione ai criteri di 
interpretazione degli atti, seguiti dalla Corte, che avrebbe ricercato la 
volont� dei contraenti contro il chiarissimo testo del contratto e nonostante 
che una delle pa�rti fosse un ente pubblico; per di pi� utilizzando 
soltanto una parte delle risultanze processuali e valutando il solo 
comportamento delle parti private, successivamente al contratto. 

Osserva la Suprema Corte che entrambe le censure del primo motivo 
di ricorso non sono fondate, perch� la Corte d'appello di Lecce si 
� attenuta ad esatti criteri giuridici. 

Invero la Corte di merito, ben consapevole della necessit� dell'esistenza 
di un titolo valido per la costituzione di una servit� di uso 
pubblico (da ult. Cass. sent. 2727 /1964, 3257 e 420/1960, 4135 del 1957). 
ha diligentemente ed esaurientemente motivato sull'esistenza di un 
titolo costitutivo idoneo nel caso, reperendolo nelle due delibere podestarili 
del 24 febbraio e del 23 giugno 1942 interpretate congiuntamente, 
come i richiami alla prima, contenuti nella seconda, comportavano; 
nel consecutivo avviso di asta dell'll gennaio 1943; nel successivo 
verbale di aggiudicazione del 3 febbraio 1943 a Giovanni Salamina; nel 
contratto di vendita 14 giugno 1943 del Comune di Martina Franca al 
predetto Salamina, e quindi nelle ulteriori alienazioni � pro quota � del 
teneno in contestazione, oltrech� nel costante comportamento delle parti 
in esecuzione delle varie alienazioni. 

512; GIANNINI M. S., L'interpretazione dell'atto amministrativo e la teoria 
generale dell'interpretazione, Milano, 1939, 339 segg. Sulla seconda 
parte della massima cfr., in senso conforme: Cass., 8 febbraio 1961, n. 265, 
Sett. Cass., 1961, 302. Per riferimenti cfr., pure, BATISTONI-FERRARA, Integrazione 
ed interpretazione dei contratti, in questa Rassegna, 1965, I, 1169. 

(3) Cfr., in senso conforme: Cass., 15 dicembre 1960, n. 3257, Foro it., 
1961, I, 23; 4 giugn� 1960, n. 1461, Foro amm., 1960, II, 401; 8 giugno 1961, 
n. 1333, Giust. civ., 1961, I, 1829; Pret. Atina, 1 maggi'() 1963, Nuovo dir., 
1964, 85; Cass., 12 luglio 1965, n. 1458, Foro it., Mass., 1964, 470. 
F. ARGAN 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Dall'esame, condotto con cura e penetrazione, di tutti i surriportati 
atti e in particolare dalle due deliberazioni podestarili, che costituiscono 
l'antecedente logico del contratto di vendita del 14 giugno 1943, 
e di questo ultimo contratto, atti tutti tra i quali non sussiste alcun 
contrasto, come a torto asserisce la ricorrente, richiamando quella giurisprudenza 
che giustamente esclude l'indagine sulla presumibile volont� 
delle parti nei contratti in cui interviene la P. A. qualora essa 
sia in c.ontrasto col testo letterale della convenzione (Cass., sent. n. 1255 
del 1960), contrasto nella specie assolutamente inesistente, la Corte di 
Lecce ha rilevato emer.gere, senz'ombra di dubbio, che la striscia di 
terreno in questione, secondo la volont� della P. A., alienante, veniva 
vincolata con destinazione a strada di uso pubblico e non a semplice 
strada privata di disimpegno di due lotti. Il convincimento della Corte 
di appello � basato su una serie di argomentazioni logiche; tra le altre 
vanno ricordate quelle relative alle risultanze della perizia Semeraro, 
che ha costituito parte integ1rante della deliberazione originaria e di 
tutti gli atti successivi; quelle riguardanti l'interesse pubblico relativo 
allo sviluppo urbanistico della citt�; quelle tratte dal prezzo di asta, rimasto 
invariato e corrispondente al prezzo determinato dal perito Semeraro; 
senza parlare, poi, delle varie istanze dei successivi acquirenti al 
Comune, affinch� provvedesse a dare sistemazione adeguata alla strada, 
che, infatti, a seguito delle opere curate dal Comune, si presenta 
come una via urbana: elementi questi ultimi valutati a norma dell'ultima 
.parte dell'art. 1362 c. c.. 

La ricorrente, anche in memoria, per contrastare tale ampia ed 
adeguata motivazione, assume che, non potendo desumersi da facta concludentia 
la volont� della P. A., sarebbe stato necessario che la destinazione 
della predetta strada ad uso pubblico fosse risultata esclusivamente 
dell'atto di vendita al Salamina del 14 giugno 1943; ma la Suprema 
Corte deve contrapporre che a buon diritto tale contratto tra 
il Comune e il privato doveva essere interpretato alla �stregua di ~utti 
gli atti anteriori, costituenti il necessario procedimento amministrativo 
preparatorio, e in particolare di quelli che hanno portato all'aggiudicazione 
dell'intero immobile al Salamina (cfr, Cass., sent. 265 del 1961 
e 1901 del 1962). 

I suesposti rilievi provano, poi, l'infondatezza dell'ulteriore doglianza 
della ricorrente, che assume esser.si la Corte di appello richiamata 
ad elementi di fatto equivoci, non provenienti dalla P. A., ma da 
terzi. Invece deve rilevare questo Supremo Collegio che i richiami ad 
elementi provenienti da terzi sono stati fatti unicamente per dimostrare 
che l'intendimento della P. A., chiaramente manifestato, era stato 
esattamente inteso anche dai successivi acquirenti del terreno, su cui 
era posta la strada in contestazione. 

-



832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pertanto il primo motivo si ravvisa destituito di giuridico fondamento. 
Fondato �, al contrario, il secondo motivo, con cui la ricorrente 
denuncia la violazione degli artt. 938 e 825 c. c.. 

Essa sostiene che, concessa in ipotesi l'esistenza di una servit� di 
uso pubblico nel suo terreno, non poteva trarsene -come implicitamente 
la Corte di merito aveva fatto -la perdita del suo diritto di 
propriet�. Avrebbe dovuto, quindi, la Corte esaminare la domanda proposta 
a norma dell'art. 938 c. c. per l'abusiva occupazione di un tratto 
della stradella da parte del Bruni. 

In effetti la Corte Suprema deve richiamare la sua giurisprudenza, 
secondo cui le strade private, quando siano destinate ad un uso pubblico, 
continuano ad essere oggetto di propriet� privata, anche se l'uso 
pubblico imprime ad esse un certo carattere di pubblicit�, che si estrinseca, 
tra l'altro, nell'esercizio dei poteri di polizia da parte dell'ente 
pubblico, titolare del diritto di uso pubblico (sent. 1333 del 1961). 
� Per conseguenza, la Corte di appello avrebbe dovuto egualmente 
pronunciarsi sulla domanda proposta in primo grado e ritualmente riproposta 
e coltivata in appello dalla Margiotta, diretta a conseguire 

I

il pagamento del doppio del valore del suolo occupato dal Bruni nella 
stradella, tanto pi� che l'istruttoria era vertita anche su tale occupazione. 
Invece la Corte di Appello ha omesso di motivare in merito, o 

I inavvertitamente, ovvero nell'erronea convinzione che la domanda fosse 
stata travolta dalla pronuncia dell'esistenza di una servit� di uso pubblico; 
ma detta statuizione, non escludendo sibbene presupponendo la ,'

I

propriet� privata della stradella, comportava la necessit� di un esame J 
della domanda in questione. 
La pronun�ia su detto punto, erratamente omessa, dev'essere emes, 
.

sa dal giudice� di rinvio, a cui appare opportuno rimettere la pronuncia 

Ilrelativa alla liquidazione delle spese di questo grado del giudizio (articolo 
38�5 c. p. c.). -(Omissis). 
' 

' 

II 
,

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 14 febbraio 1966, n. 445 -Pres. Gionfrida 
-Est. Corasaniti: -P. M. Pedace (conf.) -Consorzio di bonifica 
versante jonico meridionale (avv.ti Fortino, Jemolo) c. Sardiello 
(avv.ti Rizzo, D'Atena). 

lf: 
Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Provvedi


menti impugnabili -Arbitrato -Ordinanza del Tribunale decli


natoria della competenza a provvedere sulla liquidazione dei com.
� 

pensi agli arbitri -Esclusione. 

(c. p. c., artt. 42, 43, 814). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 833 

Cassazione -Provvedimenti di carattere decisorio in forma di ordinan


za -Ricorso a norma dell'art. 111 della Costituzione. Ammissi


bilit�. 

(Cost., art. 111). 

Sono impugnabili con regolamento di competenza solo le decisioni 
che per legge devono essere adottate con provvedimenti aventi il valore 
formale di sentenza, anche se siano state erroneamente emanate 
sotto forma di ordinanze. Non �, pertanto, ammissibile il regolamento 
di competenza avverso quei provvedimenti, ai quali la legge attribuisce 
la forma di or�inwnza, anche se si tratti di pronunce concernenti la sola 
questione di competenza (nella specie, ordinanza con la quale il Tribunale 
si � dichiarato incompetente ad em~t:tere il provvedimento di 
liquidazione dei compensi agli arbitri, di cui all'art. 814 c. p. c.) (1). 

Il ricorso per cassazione previsto dall'art. 111 della Costituzione � 
ammissibile anche avverso quei provvedimenti di contenuto decisorio 
che per legge devono essere pronunciati sotto forma di ordinanza, stante 
il senso lato in cui, in tale disposizione, � impiegata la locuzione � sentenza� 
(2). 

(Omissis). -Non pu� disconoscersi che il regolamento di competenza 
ad istanza di parte, sebbene, in relazione agli effetti propri della 
pronuncia cui esso mette capo (non coincidenti con quelli della pronuncia 
che esso tende a rimuovere), appaia come un mezzo di impugnazione 
affatto particolare, � nondimeno concepito dalla legge, quanto alla 
struttura, come un mezzo di impugnazione contro sentenze; che abbiano 
pronunciato sulla competenza (artt. 42, 43, 44, 323, 360, n. 2, c. p. c.). 

Di qui la necessit�, perch� sia ritenuto ammissibile il mezzo: 
da un lato, che l'organo giudiziario, avendo in astratto potest� di� deci~ 
dere controversie, abbia affermato o negato di poterla esercitare in 
ordine ad una data controversia; dall'altro, che, nel caso concreto, la 
decisione dovesse, per legge, essere adottata in forma di sentenza e 
cio� con provvedimento avente valore formale di sentenza. 

(1) Sulla prima parte della massima cfr., in senso conforme: Cass., 
22 giugno 1963, n. 1669, Foro it., Mass., 1963, 486; 25 ottobre 1963, n. 2831, 
ivi, 810; 26 ottobre 1964, n. 2659, id., 1964, 713; 8 maggio 1965, n. 864, id., 
1965, 253; 11 agosto 1965, n. 1930, ivi, 253. Sulla seconda parte della massima, 
pure in senso conforme, cfr.: Cass., 22 ottobre 1965, n. 2212, Foro it., 
Mass., 1965, 648. In dottrina cfr., anche per ampi riferimenti giurisprudenziali, 
ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. I, Napoli, 
1954, 152 e segg. 
(2) Cfr. Cass., 4 febbraio 1965, n. 181, in questa Rassegna, 1965, I, 138, 
con nota di richiami; 27 marzo 1965, n. 531, Foro it., Mass., 1965, 148; 
v. anche, sull'istituto, Cass., 14 febbraio 1966, n. 453, in questa Rassegna, 
1966, I, 835, sub 1. 
F.ARGAN 

�w.@Wfg-M"M"f�<<?-W"//"fil?.'==&=.sw.~IB?~�""'"::xw/.:.:::.:.w.f"w.'�'"'""''''""m''.~""''"=we�-""fYM"?ff.NW:f"i%:r,wa::.mrt.:r~ 
-



834 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La quale ultima proposizione non contrasta col criterio della prevalenza, 
ai fini qui considerati, della sostanza sulla forma del provvedimento. 


Tale criterio � valido, in tema di regolamento di competenza, per 
ritenere ammissibile il mezzo contro le decisioni, che abbiano assunto 
l'impropria veste di ordinanza per errore del giudice, ma non anche per 
ritenerlo ammissibile contro quelle, che siano definite ordinanze dalla 
legge, cui cio� la legge abbia attribuito valore formale di ordinanza. 

ln tal caso, infatti, la legge stessa, fissandone il regime di modificabilit� 
in rapporto al sistema delle impugnazioni (in che consiste propriamente 
l'attribuzione di un dato valore formale), ha sottratto il provvedimento 
al rimedio. 

E' chiaro, poi, che, essendo l'affermazione o la negazione di com


petenza fatta in relazione ad una data pronuncia decisoria, la forma 

legale di questa determina la forma legale della pronuncia sulla rela


tiva competenza anche se si tratti di distinta pronuncia affermativa o 

di pronuncia negativa sulla competenza stessa. 

Infatti non esiste alcun principio generale che attribuisca alle pro


nunce sulla sola competenza il valore formale, e cio� il regime di mo


dificabilit�, della sentenza. In particolare non si vede la ragione per la 

quale l'affermazione fatta con autonoma pronuncia o la negazione di 

competenza dovrebbe ritenersi sottoposta, nel caso in cui per il provve


dimento di merito � prevista la forma della ordinanza, a regime diverso 

da quello cui � sottoposta l'esplicita o implicita affermazione di com


petenza che � contenuta nel provvedimento di merito. 

N� vi sarebbe ragione di ipotizzare una diversit� di il'egime for


male tra affermazione e negazione di competenza, nel senso di ritenere 

coessenziale solo a quest'ultima il valore formale di sentenza. 

Ravvisare, poi, la ragione nell'esigenza di sottoporre in ogni caso 

la pronuncia sulla competenza al regolamento sarebbe una evidente pe


tizione di principio. 

Nella specie, il Tribunale neg� la propria competenza in ordine al 

provvedimento contemplato dall'art. 814 c. p. c. per la liquidazione delle 

spese e degli onorari degli arbitri. 

Non vi � dubbio che siffatta pronuncia declinatoria avesse per 

legge valore formale di ordinanza. Tale, infatti, a norma del richiamato 

art. 814, cpv., c. p. c., era la forma (il valore formale) del provvedimento 

di merito richiesto, provvedimento da !'itenere esso stesso, per le ragioni 

dette, sottratto al regolamento di competenza ad istanza di parte (im


pregiudicata rimanendo la sua soggezione al ricorso ordinario per cas


sazione a norma dell'art. 111 della Costituzione, stante il diverso senso 

nel quale deve essere inteso il principio della prevalenza della sostanza 

sulla forma, anche legale, delle pronunce ai fini dell'applicazione di 

-



PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 835 

questo precetto costituzionale o, meglio, stante il diverso senso in cui, 
in questo precetto, � usata la locuzione �sentenze�). 
Pertanto contro la predetta pronuncia declinatoria non � ammissibile 
il regolamento di competenza. 

N� pu� pervenirsi a diversa conclusione per il fatto che il Consorzio 
aveva eccepito la natura irrituale dell'arbitrato, giacch� la relativa 
questione, attinente al merito, non � stata esaminata dal Tribunale, 
che si dichiar� incompetente a provvedere sul ricorso come propo;;;
to, n� avrebbe potuto essere esaminata ai fini della competenza, dovendo 
questa essere determinata con riguardo alla domanda. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 14 febbraio 1966, n. 453 -Pres. Giansiracusa 
-Est. Lania -P. M. Raja (conf.) -De Simone (avv.ti Ciotola, 
Origo) c. Ciscognetti (avv.ti Cappi, Ingangi) e Ministero del 
Tesoro (avv. Stato C�rafa). 

Cassazione -Ricorso a norma dell'art. 111 Cost. -Provvedimenti impugnabili 
-Provvedimenti decisori con attitudine a produrre efficacia 
di giudicato e non altrimenti impugnabili. 

(Cost., art. 111). 

Esecuzione forzata -Pignoramento di crediti del debitore verso terzi � 
Dichiarazione del terzo -Ordinanza di assegnazione� Natura decisoria 
-Crediti impignorabili -Stipendi -Riduzione del pignoramento 
a un-quinto dello stipendio -Atto di esecuzione -Rimedio Opposizione 
agli atti esecutivi. 

(c. p. c., artt. 496, 543 e segg., 553, 617; t. u. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2). 
Esecuzione forzata -Opposizione agli atti esecutivi -Creditore procedente 
-legittimazione. 

(c. p. c., art. 617). 
Sono impugnabili con il ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 
della Costituzione i provvedimenti decisori emessi in forma di sentenza, 
ordinanza o decreto da un organo giurisdizionale ordinario o speciale 
ed aventi attitudine a produrre, con efficacia di giudicato, effetti 
di diritto sostanziale e processuale sul piano contenzioso, purch� contro 
di essi non sia dato altro rimedio (1). 

L'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c. p. c. ha natura decisoria 
ed efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo. Tuttavia � inammissibile 
il ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost. contro l'or


(1) Cfr., in senso conforme, circa i presupposti del ricorso per cassazione 
a norma dell'art. 111 della Costituzione: Cass., 4 febbraio 1965, 
n. 181, in questa Rassegna, 1965, I, 138, con nota di richiami; 27 marzo 
1965, n. 531, Foro it., Mass., 1965, 148. 
-



836 

�RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dinanza, con cui ii Pretore assegni al creditore per causa di alimenti, 

che abbia pignorato presso una P. A., fino a concorrenza di un terzo, 
gli stipendi dovuti al suo debitore, solo tm quinto delle somme dovute 
all'esecutato a titolo di stipendi, perch� tale provvedimento costituisce 

esercizio della facolt� di riduzione del pignoramento ed �, come atto 
di esecuzione, soggetto all'opposizione ex art. 617 c. p. c. (2). 
Legittimato a proporre l'opposizione agli atti esecutivi pu� anche 
essere il creditore procedente (3). 

(Omissis). -La ricorrente, col primo mezzo, denunciando violazione 
dell'art. 360, n. 3, c. p. c., si duole che il Pretore, con l'ordinanza 
impugnata, le ha assegnato solo il quinto delle somme pignorate, mentre, 
cosi come essa ricorrente aveva richiesto, avrebbe dovuto assegnarle 
il terzo di dette somme, giacch� l'art. 2, n. 1, del t. u. 5 gennaio 1950, 

n. 180, nel consentire il pignoramento, nei limiti del terzo, degli stipendi 
dei dipendenti della Pubblica Amministrazione per causa di alimenti, 
non si riferirebbe ai soli alimenti in senso stretto, ma anche al 
credito di mantenimento avente carattere alimentare. 
Col secondo motivo la stessa ricorrente, denunciando violazione 
dell'art. 360, n. 5, c. p. c., per omessa od insufficiente motivazione circa 
un punto decisivo della controversia, censura l'ordinanza impugnata per 
aver ridotto al limite del quinto l'assegnazione delle somme pignorate 
senza alcuna motivazione. 

Il ricorso � inammissibile. 
E' noto che tutti i provvedimenti� decisori, per i quali la legge 
preveda, oltre la forma della sentenza, anche la forma dell'ordinanza 

o del decreto e contro i quali non sia dato altro rimedio, purch� siano 
emessi da un organo giurisdizionale ordinario o speciale ed abbiano 
piena attitudine a produrre, con efficacia di giudicato, effetti di diritto 
sostanziale e processuale sul piano contenzioso, sono impugnabili per 
cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 2�, della Costituzione, per violazione 
�di legge, sia processuale che sostanziale, onde il �controllo di 
legittimit� comp.reP.de anche� il �vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria 
motivazione di �cui all'art. 360, n. 5, .c. p. c.. 

(2) Avverte Cass., 4 aprile 1959, Riv. dir. proc., 1960, 491 che � l'ordinanza 
d'assegnazione, al contrario della sentenza,.ha soltanto valore e por� 
tata di provvedimento esecutivo espropriativo, non contenendo in s� alcun 
accertamento giudiziale vero e proprio sulla esistenza e pertinenza del 
credito o sulla appartenenza del bene da assegnare �. , 
(3) Cfr., in senso conforme: Cass., 18 aprile 1956, n. 1159, Giur. it., 
1957, I, 1, 251, con nota favorevole di P. DRAGO, Legittimazione del creditore 
pignorante a procedere ad opposizione agli atti esecutivi e giudice 
competente a concedere il sequestro nel corso della causa di opposizione; 
v. anche Cass., 22 ottobre 1960, n. 2869, Foro it., 1960, 1, 1908. 
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F.ARGAN 

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PARTE I, SEZ. XII, GIURISPRUDENZA CIVILE 837 

Ora, in via generale, il provvedimento col quale il Pretore assegna 
in pagamento al creditore procedente le somme, di cui il terzo pignorato 
si � dichiarato debitore, nei casi e nei sensi di cui trattasi negli 
artt. 552 e 553 c. p. c. � definito ordinanza e, poich� l'assegnazione in 
pagamento fatta dal Pretore produce trasferimento di propriet� della 
somma pignorata ed assegnata e, quindi, il debitore esecutato rimane 
espropriato, non cade dubbio che tale provvedimento � di carattere decisorio 
ed abbia efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo 
pignorato. 

Nel caso in esame, trattasi di provvedimento emesso da un organo 
giurisdizionale ordinario ed avente carattere di decisoriet�; per� non 
era impugnabile con ricorso per cassazfone ai sensi del cennato articolo 
111 della Costituzione, poich� contro di esso era dato il rimedio dell'opposizione 
agli atti esecutivi, a norma dell'art. 617 c. p. c .. 

Infatti, la insequestrabilit� e la impignorabilit� di un credito � 
istituto che attiene esclusivamente al processo esecutivo ed ai provvedimenti 
cautelari; e si propone, in considerazione della natura del credito 
dichiarato impignorabile, o, come nella specie, soltanto parzialmente 
pignorabile, di garantire al debitore un minimo di reddito, che si presume 
necessario al sostentamento. Applicazioni di questo :principio generale 
sono le limitazioni della pignorabilit� dei redditi di lavoro (stipendi, 
salari, ecc.: art. 545 c. p. c.) ed in particolare degli stipendi ed 
altre retribuzioni continuative dovute agli impiegati aello Stato (t. u. 
5 gennaio 1950, n. 180). 

Infatti, a mente dell'art. 2, n. 1, di tale t. u., gli stipendi ed in 
genere le retribuzioni degli impiegati pubblici possono essere sequestrati 

o pignorati fino alla concorrenza di un terzo a causa di alimenti e fino 
alla concorrenza di un quinto per debiti verso l'ente da cui il debitore 
dipende, derivanti dal rapporto di impiego e di lavoro, oppure per tributi 
statali, provinciali o comunali. 
Ma il fatto di avere questa disposizione di legge consentito, allorch� 
si tratti di credito alimentare, il pignoramento soltanto fino alla 
concorrenza di un terzo, non implica che il giudice dell'ese�uzione, in 
sede di assegnazione, non abbia il potere di attribuire al creditore pignorante, 
mediante riduzione del pignoramento, una somma quantitativamente 
inferiore alla quota dello stipendio pignorato. 

Il creditore, invero, non potr� valersi della espropriazione presso 
terzi .sul credito dell'obbligato verso lo Stato per stipendi ed altre retribuzioni, 
se non, come si � detto, fino alla misura di un terzo dell'ammontare 
complessivo di queste, ma, quando, nell'eseguire il pignoramento 
dello stipendio, si sia avvalso della facolt� di estendere il pignoramento 
stesso fino al limite massimo di espropriabilit� consentito dalla 
legge, il Pretore, se il terzo �si dichiara debitore di somme esigibili immediatamente 
o in un termine non maggiore di 90 giorni, non ha l'ob


-



838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bligo di assegnare in pagamento, salvo esazione, l'intera quota su cui 
� caduto il pignoramento, giacch� egli ha il dovere di accertare preventivamente 
se le somme pignorate entro il limite massimo consentito 
siano superiori all'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante 
e degli eventuali creditori intervenuti ed in caso affermativo 
ha la facolt� di disporre la riduzione del pi.gnoramento, dichiarando la 
legittimit� di questo sino alla concorrenza della quota ritenuta adeguata 
al crediito. 

Nella specie, il Pretore, col provvedimento impugnato, di attribuzione 
d'una minore quantit� di somma rispetto a quella pignorata, ha 
inteso avvalersi in sede di assegnazione (che, nel caso, era la sola sede 
possibile) della facolt�, esperibile anche d'ufficio, consentita dall'art. 496 

c. p. c., in quanto, svincolando a favore del debitore la differenza tra 
l'aliquota (maggiore) staggita col pignoramento e l'aliquota (minore) 
attribuita al creditore, ha sostanzialmente ridotto da un terzo ad un 
quinto le somme pignorate presso l'Amministrazione del Tesoro e dovute 
al debitore esecutato a titolo di stipendi e di altre retribuzioni. 
Ora � evidente che la riduzione del pignoramento, operata dal Pretore 
in sede di assegnazione delle somme pignorate, costituisce vero e proprio 
atto di esecuzione, contro il quale era dato il rimedio di cui allo 
art. 617 c. p. c. per il caso in cui la riduzione fosse stata attuata fuori 
dei presupposti indicati nell'articolo 496 c. p. c .. 
Pertanto, non avendo la De Simone creduto di proporre opposizione 
agli atti esecutivi, la medesima non era legittimata ad impugnare il 
provvedimento denunciato mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 
111 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 807 -Pres. Rossano 
-Est. D'Amico -P. M. Caccioppoli (diff.) -Ricciuti e L.ovecchio 
(avv.ti Vita G. ed E.) c. Istituto Autonomo per le case popolari della 
Provincia di Potenza (avv.ti Fanelli G., Ciamarra) e Ministero dei 
Lavori Pubblici (avv. Stato Cavalli). 

Espropriazione per p. u. -Rapporto di espropriazione -Delegazione 
amministrativa intersoggettiva al compimento degli atti necessari 
per il perfezionamento di procedura espropriativa -Opposizione 
alla stima dell'indennit� di espropriazione -Legittimazione passiva 
dell'Ente delegante -Esclusione -Legittimazione passiva dell'Ente 
delegato -Sussiste -Fattispecie. 

Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Delegazione amministrativa 
intersoggettiva -Eliminazione delle abitazioni malsane 
-Delega dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici agli Istituti 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 839 

Autonomi per la case popolari -Estensione della delega anche alle 
espropriazioni per p. u. -Necessit� dell'esame dell'atto di delega Sussiste. 


(1. 9 agosto 1954, n. 640, art. 4). 
Se � vero che di regola il rapporto di espropriazione si insta'IJ,ra 
in modo diretto e immediato tra il soggetto attivo a vantaggio del qMle 
l'espropriazione viene pronunciata ed il soggetto passivo al quale � 
imposto il sacrificio della propriet� privata, cosicch�, in via normale, 
i diritti e gli obblighi derivanti da tale rapporto sorgono nei confronti 
di chi si giova del trasferimento coattivo e di chi ne sopporta il sacrificio, 
� altresi vero che, in caso di delegazione amministrativa intersoggettiva, 
estendentesi al compimento degli atti della procedura espropriativa, 
� il delegato, che, agendo in nome proprio e sotto propria 
responsabilit�, assume la veste di soggetto espropriante (1). 

Fermo che la l. 9 agosto 1954, n. 640, sulla eliminazione delle abitazioni 
malsane, conferisce in via astratta all'Amministrazione dei Lavori 
Pubblici il potere di delegare le proprie attribuzioni agli Istituti 
per le case popolari, � questione di fatto, di accertamento del concreto 
contenuto dell'atto di delega, lo stabilire se all'ente delegato sia stato 
attribuito, precisamente in tale veste, anche il compito di provvedere 
alle espropriazioni per p. u. eventualmente occorrenti (2). 

(Omissis). -Col primo mezzo i ricorrenti, denunciando la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 
nonch� il difetto di motivazione, sostengono che la Corte di merito, col 
ritenere che legittimato passivo nella presente controversia, avente per 

(1) Sulla prima parte della massima, v. Cass., 19 luglio 1965, n. 1608, 
in questa Rassegna, 1965, I, 1142, sub 9 ed ivi nota, ove si riferisce anche 
quella giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale -Cass., 11 maggio 
1964, n. 1129, Giur. it., Mass., 1964, 363 -avverte che e il procedimento 
di espropriazione pu� essere svolto e portato a compimento 
ad iniziativa di un soggetto diverso da quello che � titolare del diritto 
di ottenere la pronuncia di espropriazione, cio� ad iniziativa del concessionario, 
ed in tal caso incombe a quest'ultimo l'onere di provvedere al pagamento 
della relativa indennit�, con la conseguenza che rnei confronti dello 
stesso deve essere promosso l'eventuale giudizio di opposizione alla determinazione 
dell'indennit� � (in tal senso va letta esattamente la citazione 
della massima di Cass., 11 maggio 1964, n. 1129, dianzi citata, riportata sub 
9 a pag. 1149 di questa Rassegna, 1965, I). Nell'ambito di tale insegnamento, 
si colloca la seconda parte della massima, relativa, questa volta, non pi� 
alla concessione, ma alla delegazione amministrativa intersoggettiva: cfr., 
sull'agire in nome proprio dell'I.A.C.P. delegato, Cass., 13 agosto 1964, 
n. 2307, in questa Rassegna, 1964, I, 326; 28 ottobre 1965, n. 2285, id., 1965~ 
I, 1193, sub 1 e 2. 
(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, sub 3 (ult. parte della 
massima), in questa Rassegna, 1964, I, 698; per il rilievo del rapporto 

840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
oggetto l'opposizione contro il pronunciato decreto di espropriazione, 
fosse il Ministero dei Lavori�Pubblici e non l'Istituto Autonomo per le 
case popolari, ha errato, poich� non ha considerato che la procedura di 
espropriazione era stat.a promossa, proseguita e conclusa dal predetto 
Istituto quale delegato del Ministero dei Lavori Pubblici ai sensi dell'art. 
4 della legge 9 agosto 1954, n. 640, con la conseguenza che la 
opposizione era stata correttamente proposta, nel termine di legge 
(trenta giorni dalla notifica del decreto del Prefetto), nei confronti dell'Istituto, 
nella qualit� predetta, a nulla rilevando che le spese per le 
costruzioni previste nella legge del 1954, comprese le indennit� di espropriazione, 
facesse�ro carico al Ministero e non all'Istituto. 
La censura � fondata. Come questa Corte ha avuto modo di affermare 
con ripetute pronunce (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2711 
e 20 gennaio 1964, n. 128; Sez. I, 13 agosto 1964, n. 2307 e 19 luglio 
1965, n. 608), se � esatto che di regola il rapporto di espropriazione 
si instaura, in modo diretto ed immediato, tra il soggetto attivo a vanta.
ggio del quale l'espropriazione viene pronunciata ed il soggetto passivo 
al quale � imposto il sacrificio della propriet� privata, cosicch�, 
in via normale, i diritti e gli obblighi derivanti dal rapporto predetto 
sorgono nei confronti di chi si giova del trasferimento coattivo e di 
chi ne sopporta il sacrificio, d'altra parte, ove ricorra l'ipotesi della 
delegazione amministrativa, in particola.re di quella intersoggettiva, che 
~ Ii ' �~ :-: 
~~ 
opera tra enti diversi -tale delegazione non essendo assimilabile al 
mandato e importando una deroga, preventivamente consentita dalla 
legge, alle norme sulla competenza amministrativa -l'ente delegato, 
salvo che l'atto di conferimento non disponga diversamente, � investito 
del potere di provvedere, rispetto all'oggetto della delega, in nome 
proprio e non in veste di rappresentante dell'altro soggetto, anche se 
per conto e nell'interesse di quest'ultimo: conse.gue che l'ente delegato 
� tenuto a rispondere direttamente, nei confronti dei terzi, degli atti 
posti in essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano 
aver rilievo le eventuali ripercussioni degli atti stessi nell'ambito 
dei rapporti interni fra ente delegante ed ente delegato. 
Nella specie � vero che l'art. 1 della legge 9 agosto 1954, n. 640, 
contenente provvedimenti per l'eliminazione delle abitazioni malsane, 
pone le spese per la costruzione degli alloggi, comprese quelle inerenti 
alle espropriazioni, a carico del Ministero dei Lavori Pubblici, ma la 
interno tra ente delegante ed ente delegato v. Cass., 28 ottobre 1965, n. 2285, 
id., 1965, I, sub 2 ed ivi riferimenti. In genere e nel senso della indiscriminata 
affermazione che � tra gli atti del delegato. rientrano anche le @ 
occupazioni e le espropriazioni necessarie per l'esecuzione delle opere e 
che all'esecuzione sono intimamente connesse � v., invece, Cass., Sez. Un., !!::,�,;�;��.;::.! 
30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854 sub 
annotazione a Cass., 11 luglio 1966, n. 1829, ivi, 864 e segg. 
4; ma v. 
!Il 
r 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 841 

stessa legge, nell'art. 4, consente allo stesso Ministero la delega, anche 
per le espropriazioni, all'Istituto Autonomo per le case popolari oltre 
che all'Unrra-Casas e agli uffici del Genio Civile. 

Ora la Corte di Appello, dando .rilievo soltanto alla qualit�, nel 
Ministero dei Lavori Pubblici, di ente beneficiario dell'espropriazione, 
senza considerare in alcun modo la veste di delegato attribuita all'Istituto 
per le case popolari, ha omesso di compiere le relative indagini di 
fatto, rese pi� semplici dall'ammissione, ripetuta anche in questa sede, 
sia da parte dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici sia da pairte dell'Istituto 
delle case popolari, che quest'ultimo aveva agito, nell'iniziare 
e nel portare a compimento la procedura di espropriazione, in base alla 
delega e nei limiti di essa. 

Si deve, pertanto, cassare la sentenza impugnata, con rinvio davanti 
a giudice di pari grado, che si uniformer� al pri!ncipio di diritto sopra 
enunciato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 a.prile 1966, n. 875 -Pres. Lonardo 
-Est. Gambogi -P. M. Toro (conf.) -Giambianco (avv. Spallitta) 

c. Assessorato LL. PP. Regione Siciliana (avv. Stato Masi). 
Obbligazioni e contratti -Interessi compensativi -Nozione. 

(c. c., art. 1499). 
Espropriazione per p. u. -Indennit� -Interessi compensativi (e non 
moratori) sulla parte di indennit� non depositata prima dell'emissione 
dal decreto di espropriazione -Decorrenza -Immissione dell'espropriante 
nel possesso del bene. 

Interessi compensativi attivi sono quelli dovuti nei contratti di 
scambio, quando le reciproche prestazioni debbono avvenire contemporaneamente, 
e sono cos� chiamati perch� servona a compensare il creditore 
dei mancati frutti della cosa da lui consegnata all'altra parte, 
prima di ricevere da questa la controprestazione (1). 

Gli interessi sulla parte di indennit� di espropriazione non depositata 
prima dell'emissione del decreto di esproprio hanno natura com


(1) Cfr. Cass., 26 giugno 1956, n. 2291, Giust. civ., Mass., 1956, 775, 
sub 3 (ove � delineata anche la nozione degli interessi moratori e corrispettivi) 
ed ivi nota di riferimenti. In dottrina, v. LuzzATTo, La compravendita, 
Torino, 1961, 350; GRECO e CoTTINO, Della vendita, Commentario 
del Codice Civile a cura di A. SCIALOJA e G. BRANCA, Libro Quarto, 
artt. 1470-1547, Bologna-Roma, 1962, 268. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pensativa e non moratoria e, pertanto, non sono dovuti, finch� l'espropriante 
non sia entrato in possesso del bene espropriato (2). 

(Omissis). -Col primo motivo di ricorso il Giambianco, denunziando 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 48, 49 e 50 della 
legge 25 giugno 1865, n. 2359, 834, 1498, 1499, 2687 c. c., lamenta che 
la sentenza impugnata gli abbia negato la corresponsione di interessi 
compensativi sulla differenza tra la indennit� di espropriazione depositata 
all'atto della emanazione del decreto prefettizio e la indennit� 
liquidata definitivamente dalla Corte di Appello, sostenendo: 

a) che detti interessi gli spettavano, comunque, per il �semplice 
fatto del trasferimento di propriet� della cosa, indipendentemente dalla 
circostanza della perdita del possesso di questa; 

b) che, ad ogni modo, non spettava a lui di provare tale perdita 
del possesso. 

Queste censure sono infondate. 
Il ricorrente, infatti, riconosce che gli interessi e de quibus > non 


I possono avere carattere moratorio, ma solo compensativo, secondo quanto 
� stato stabilito da questa Corte Suprema (S. U., 4 gennaio 1964, n. 6). 

Interessi compensativi attivi, sempre secondo questa Corte Suprema 

(sentenza n. 2291 del 26 giugno 1956), sono quelli dovuti nei contratti 

di scambio, quando le reciproche prestazioni dei due contraenti deb


bono avvenire contemporaneamente, e sono cosi chiamati perch� ser


vono a compensare il creditore dei mancati frutti della cosa da lui 

consegnata all'altra parte prima di ricevere da questa la contropre


stazione. 

Inaccoglibile pertanto � la tesi del ricorrente, secondo la quale il 

decorso degli interessi compensativi dovrebbe iniziarsi col trasferimento 

della propriet� della cosa e non anche con la materiale consegna di 

questa. Tale tesi trova testuale smentita proprio nell'art. 1499 c. c., del 

quale il Giambianco denunzia la violazione. Con detta norma di legge, 

infatti, si impone l'obbligo della corresponsione di interessi compensa


tivi �qualora la cosa venduta e consegnata produca frutti od altri pro


(2) La sentenza in rassegna, quanto alla prima parte della massima, 
fa riferimento a Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 
1964, I, 319, la quale esclude che trattisi di interessi moratori, ma allude, 
poi, �alla produttivit� del danaro�, ossia, propriamente, ad interessi 
corrispettivi. Pi� chiara �, invece, l'analogia stabilita dalla sentenza in 
rassegna fra gli interessi ritenuti dovuti sulla parte di indennit� di espropriazione 
non depositata prima della emissione del decreto epropriativo 
e quelli compensativi, dovuti nella compravendita a norma dell'art. 1499 
o. c. Ma, sul punto, si vedano i rilievi in nota sub 1 a Cass., Sez. Un., 
4 gennaio 1964, n. 6, sopra citata, in questa Rassegna, 1964, I, 319 e seg. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 843 

venti �. Poich� anche� in tema di espropriazione, su questo punto, deve 
valere; come il ri�orrente, ripetesi, riconosce, lo stesso principio, manifesto 
� che gli interessi sulla parte di indennit� non depositata all'atto 
del decreto di esproprio non sono dovuti, finch� la cosa espropriata non 
sia stata consegnata, o comunque appresa dall'espropriante. -(Omissis). 

CORTE.DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 aprile :1966, n. 909. -Pres. Pece Est 
Ro~si A. -P. M, Tuttolomondo (parz. diff.)�. -Consorzio di bonifica 
dell'U,F.I.T.A. (avv .. �ompagno) c. Delle M.onache (avv. Messina) 


Mezzogionio ~ CassaperilMezzogiorno -Realizzazione di opere straordinarie
� nelle province meridionali -Esecuzione delle opere a 
mezzo di appalti diretti o di concessioni -Applicabilit� delle norme 
vigenti per l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei 
Lavori Pubblici -Sussiste. 

(1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8). 
Opere pubbliche -Capitolati generali per gli appalti delle opere pubbliche 
dello Stato -Natura regolamentare -Sussiste -Norme processualfContenute 
nei capitolati -Applicazione immediata anche ai 
rapporti sorti anteriormente alla loro entrata in vigore -Sussiste Nuovo 
capitolato generale� di appalto per le opere di competenza 
del Ministero dei Lavori Pubblici entrato in vigore il 1� settembre 
1%2 -Norme sUU'Jmpugnabillt� del todo arbitrale -Natura di 
norme processuali di immediata�applicazione "' Sussiste. 

(d. P; R. 16 luglio 1962; n. 1063, art; 51). 
A norma deit'art. 8 l. 10 agosto 1950, n. 646 la Cassa per il Mezzogiorno 
pro'l1vede alla realizzazione di opere straordinarie neZZe province 
meric.lionaZi e perse{}"l./,e i suoi fini attuando tali opere o attraverso concessioni 
ad enti pubblici, ,o mediante affidamento ad Amministrazioni ed 
Enti autonomi statali, ovvero con il sistema degli appalti diretti. In virt� 
del citato art. 8 l. n. 646 del 1950 gli appalti stipulati daila Cassa o da 
enti suoi concessionari sono considerati azza stessa stregua di quem stipulati 
dallo Stato e ad essi devono applicarsi le norme contenute nei 
capitolati generali per le opere p,ubbliche deZZo Stato (1). 

(1) C!r. Cass., 19 gennaio 1963, n. 67, Giur. it., Mass., 1963, 20, sub a), 
nonch� Cass., 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., 1958; I, 1450. Sulla particolare 
portata della nozione di � affidamento � a cui fa riferimento l'art. 8 

844 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I capitolati generali per le opere pubbliche dello Stato non hanno 
natura contrattuale, ma di regolamenti di organizzazicme, epper� le loro 
norme sono dotate di imperativit� esterna, propria delle n<mme obiet


tive, e quelle di carattere processuale sono di applicazione immediata, 
anche rispetto ai rapporti sorti anteriormente alla loro entrata in vigore. 
Fra le norme di questo tipo rientra quella del nuovo Capitolato 
generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori 
Pubblici, approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, regolante la 
impugnabilit� del lodo arbitrale, la quale, pertanto, si applica anche 
ai rapporti sorti anteriormente al 1� settembre 1962 ed agli arbitrati, 
che vengano definiti con lodo pubblicato a partire dalla predetta data 
d'entrata in vigore del nuovo Capitolato (2). 

(Omissis). -Dei primi tre mezzi del ricorso, che investono la declaratoria 
d'inammissibilit� dell'impugnazione proposta dal Consorzio contro 
la sentenza arbitrale, deve essere, in ordine logico, esaminato preliminarmente 
il secondo, con il quale il ricorrente -deducendo, ai 
sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione e la falsa applicazione 
dell'art. 8 ultimo comma della 1. 10 agosto 1950, n. 646, dell'art. 323 

1. n. 646 del 1950, da non confondere con la nozione di affidamento altre 
volte usata� dal legislatore come sinonimo di concessione (v. art. 4 

1. 9 aprile 1953, n. 297) v. annotazione in questa Rassegna, 1965, I, 1163 
� segg., ove anche citazioni di dottrina. 
(2} Sulla prima parte della massima, v., in senso conforme,. Cass., 
23 luglio 1964, n. 1989, Giur. it., Mass., 1964, 650, sub a), nonch�, anche 
sulla seconda parte della massima, Cass., 9 aprile 1965, n. 623, in questa 
-Rassegna, 1965, I, 414, sub 1; v. anche annc;>tazione ivi, 225 e segg., con 
citazioni di dottrina e giurisprudenza. Per quanto riguarda l'esclusione dell'applicabilit� 
dell'art. 51, comma terzo, del nuovo Capitolato generale di 
appalto per le opere pubbliche ai lodi pubblicati anteriormente al 1� settembre 
1962, v. Cass., 28 marzo 1966, n. 815, Giur. it., Mass., 1966, 358, sub 
a, .nonch� 14 giugno 1965, n. 1198, Foro amm., 1965, I, 431, sub 2, ove si 
afferma (433, nella motivazione) che �la forza giuridica della sentenza, cui 
appartiene !'.effetto della impugnabilit� o meno di essa, non pu� essere che 
quella del momento nel quale la stessa viene a giuridica esistenza e pertanto 
la facolt� di impugnativa e i modi e i termini per esercitarla sono disciplinati 
dalla legge vigente quando la sentenza venne pubblicata, trattandosi 
di un effetto, che, compiutosi sotto la detta legge, si sottrae perci� al principio 
della immediata applicazione della nuova legge processuale�. Non 
sembra corretto, tuttavia, pa.rlare in generale di impugnabilit� come di 
forza giuridica della stessa sentenza, oggetto dell'impugnazione, chiaro essendo 
che il potere � fuori dell'oggetto dell'atto di esercizio del medesimo 

(e, cosi, l'impugnazione non costituisce svolgimento della �forza� della 
sentenza, ma � rivolta, appunto, contro di essa, per non dire, poi, dell'appello, 
che, essendo propriamente un �gravame�, prescinde addirittura da 
specifici �vizi. della sentenza medesima: cfr. ZANzuccu1, Dir. proc. civ., 
vol. Il, Milano, 1948, 151 e segg.). 

r&Jrllit&Tmmw&.flflf�&�m&~�f~IMf.wfilimffw!WKYw&1r�1�rBrwr.&r.m 

-l~At11~1JJllllrAB 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

della I. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, dell'art. 45 r. d. 2'3 maggio 
1924, n. 827, del capitolato della Cassa ,per il Mezzogiorno 6 luglio 1954, 
del capitolato dei Lavori Pubblici approvato con d. m. 28 maggio 1895, 
degli artt. 806 e seguenti c. p. c. -censura la Corte d'appello per avere 
negato l'applicabilit� alla specie del Capitolato generale della Cassa 
per il Mezzogiorno, che non contiene alcuna clausola d'inimpugnabilit� 
del lodo. 

Premesso che l'art. 8, ultimo comma, della legge n. 646 del 1950 non 
riflette un rinvio di portata indiscriminata alle norme sulle opere pubbliche 
di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, perch� di tali 
norme prevede l'osservanza in materia di esecuzione di opere per conto 
della Cassa, solo �in quanto applicabili�, il Consorzio sostiene che, 
competendo alla Cassa il potere regolamentare spettante alle altre Amministrazioni 
dello Stato, e, in particolare, il potere di adottare, a norma 
dell'art. 323 della legge sui lavori pubblici n. 2248 del 1865, allegato F 
e dell'art. 45 del Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e 
la contabilit� generale dello Stato (decreto n. 827 del 1924), un proprio 
capitolato per la disciplina dei lavori rientranti nella sua competenza, 
il capitolato generale deliberato il 6 luglio 1954 dal consiglio di amministrazione 
della Cassa per regolare tutte le opere e forniture da questa 
finanziate -al quale, solo, le parti hanno fatto� espresso riferimento 
contrattuale -preclude, nel caso concreto, l'applicazione del capitolato 
generale per le �pere pubbliche dello Stato. 

La tesi non pu� essere accolta. 

Contrariamente a quanto ha mostrato di ritenere la Corte di appello, 
nel contratto di cottimo fiduciario, che ha dato origine alla controversia, 
le parti hanno fatto espresso richiamo al �capitolato generale a stampa 
per gli appalti e le forniture delle opere: finanziate dalla Cassa per il 
Mezzogiorno�, considerando le norme del medesimo come facenti parte 
dell'atto, purch� non derogate o modificate da quelle del capitolato 
speciale di appalto e dalle clausole dell'atto stesso (articolo primo), e 
solo � per la direzione contabilit� e collaudazione dei lavori relativi al 
presente cottimo � hanno stabilito (articolo citato, ultimo comma) l'osservanza 
delle norme del regolamento del Ministero dei Lavori Pubblici, 
di cui al r. d. 25 maggio 18,95, n. 350, ove non fosse divers�mente stabilito 
nel capitolato speciale e nell'atto stesso. 

Senonch�, anche in mancanza di richiamo contrattuale, l'applicabilit� 
alla specie delle norme del capitola,to generale dello Stato per gli� 
appalti delle opere pubbliche deriva dal tenore dell'art. 8, ultimo comma, 
della I. 10 agosto 1950, n. 646, istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno, 
che, per l'esecuzione delle opere di competenza della Cassa, prevede l'osservanza, 
�in quanto applicabili, delle norme vigenti per l'esecuzione 

-



846 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici�. 


A norma del citato art. 8, la Cassa per il Mezzogiorno ,provvede alla 
realizzazione di opere straordinarie nelle province� meridionali e persegue 
i suoi fini attuando tali opere o attraverso concessioni a enti pubblici 
o mediante affidamento � ad organi dello Stato e ad aziende autonome 
statali �, ovvero con il sistema degli appalti diretti. 

E gi� la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire (sentenza 19' 
gennaio 1963, n. 67) come il menzionato ultimo comma dell'art. 8, dichiarando 
applicabili agli appalti stipula�ti dalla Cassa le norme vigenti 
per l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei Lavori 
Pubblici, si riferisca a tutte le ipotesi previste nei commi precedenti~ 
cio� tanto a quelle in cui appaltante sia la stessa Cassa quanto a quelle� 
in cui ..__ come nel caso in esame -lo sia un ente di diritto pubblico per 
affidamento avutone dalla Cassa. 

Senza fondamento, quindi, il Consorzio sostiene che il proprio gravame 
avverso la sentenza arbitrale � a~missibile a norma del capito-� 
lato della Cassa per il Mezzogiorno, che, in materia di impugnazioni;! del 
lodo, non contiene alcuna clausola limitativa. D'altra parte, all'applica-� 
bilit� di tale capitolato alla specie non giova neppure l'ulteriore considerazione 
del ricorrente�, secondo cui i contraenti, attraverso il richiamo. 
espresso al capitolato della Cassa, avrebbero, quanto meno, derogato, 
'al capitolato ministeriale relativamente al regime di iIIljpugnazionedel 
lodo. 

Ed invero, in virt� del citato art. 8 della 1. n. 646 del 1950, gli ap-palti 
stipulati dalla Cassa o da enti suoi concessionari sono considerati 
alla stessa stregua di quelli stipulati dallo Stato e ad essi devono applicarsi 
le norme contenute nei capitolati generali per le opere pubbliche 
dello Stato, che hanno natura regolamt;mtare e quindi l'imperativit� 
esterna che � propria delle norme obiettive. 

Consegue che in siffatti appalti l'obbligo che le parti abbiano as


sunto di uniformarsi alle difformi disposizioni del capitolato della Cassa 

per il Mezzogiorno pu� valere soltanto nell'ambito delle regole del ca


pitolato per le opere pubbliche aventi carattere dispositivo; fra queste,. 

peraltro, non sono da annoverare le norme sull'arbitrato, che sono, al 

contrario, inderogabili (Cass. 14 giugno 1965, n. 1198). 

Con il terzo mezzo, denunciando, in subordine, ai sensi dell'art. 360, 

nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione del nuovo capitolato


generale delle opere pubbliche approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, del capitolato ministeriale 28 maggio 1895, dell'art. 8, ultimo 
comma, della 1. n. 646 del 1950 e dell'art. 829, secondo comma, c. p. c., il 
Consorzio censura la Corte, per avere negato l'applicabilit� in materia 
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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 847 

d'impugnazione della sentenza arbitrale del disposto dell'art. 51 del 

nuovo capitolato generale del 1962. 

La censura � fondata. 

Non possono essere condivise le ragioni con le quali -accertata 
correttamente, alla stregua del dettato dell'art. 8, ultimo comma, della 

1. n. 646 del 1950, l'applicabilit� al caso c�ncreto del capitolato generale 
d'appalto per le opere dello Stato -la Corte ha, poi, ritenuto applicabili 
le norme del capitolato del 1895 (che contiene, nell'art. 49, limiti 
d'impugnativa del lodo arbitrale non previsti nel capitolato pi� recente) 
e non gi� le norme del nuovo capitolato generale d'appalto per le opere 
dello Stato, di cui al d. P. R. n. 1063 del 1962, vigente alla data in cui 
era stata promossa la procedura arbitrale di cui � discussione. 
La questione dell'applicabilit� del nuovo capitolato generale in 
tema d'impugnabilit� del lodo reso in ordine a rapporti sorti anteriormente 
alla data della sua entrata in vigore (1� settembre 1962, giusta 
l'articolo unico della premessa al d. P. R. n. 1063 del 1962) � gi� stata 
esaminata dalla Corte di Cassazione e risolta in senso positivo con la 
sentenza 9 aprile 1965, n. 623, il cui indirizzo va tenuto fermo. 

�, invero, giurisprudenza consolidata che i capitolati generali per 

gli appalti delle opere .pubbliche hanno natura normativa (regolamenti 

di organizzazione) e non contrattuale e che le norme processuali in essi 

contenute sono di applicazione immediata anche rispetto ai rapporti sorti 

anteriormente alla loro entrata in vigore (Cass. 23 luglio 1964, n. 1989). 

Relativamente ai contratti stipulati prima del 1� settembre 196�2, 

mentre, in ordine ai reciproci diritti e obblighi delle parti contraenti 

continuano ad avere applicazione le norme del vecchio Capitolato, 

quelle del nuovo Capitolato, che regolano le situazioni giuridiche di ca


rattere processuale, sono d'immediata applicazione e devono, perci�, re


golare gli arbitrati in corso o quelli originati dai contratti di appalto 

anteriori al 1� settembre 1962. 

Di conseguenza, poich� le norme relative alla proposizione dei mezzi 

di impugnazione sono norme processuali e la sentenza arbitrale � de qua > 

� stata resa quando era gi� in vigore il nuovo capitolato, che, all'art. 51, 

ha rimosso la limitazione contenuta nell'art. 49, secondo �omma, del vec


chio capitolato, consentendo anche in � subiecta materia� l'azione di 

nullit� per � errores in iudicando �, l'impugnazione del Consorzio era 

stata legittimamente proposta secondo le nuove disposizioni. 

La sentenza denunciata, che ha negato l'applicabilit� alla fattispecie 
del capitolato del 1962, e conseguentemente l'ammissibilit� dell'impugnazione 
del lodo ai sensi delle norme del capitolato stesso, deve essere, 
pertanto, cassata, in relazione al motivo accolto. -(Omissis). 



848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1966, n. 1293. -Pres. Favara 
-Est. Malfitano -P. M. Pedace (conf.) -Milani e Fumagalli 
(avv.ti Martillaro, Vitali) c. Consorzio dell'Adda (avv. Nonnis) e Ministero 
dei Lavori Pubblici (avv. Stato Correale). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Criterio 
differenziatore tra la competenza dei Tribunali delle acque pubbliche 
e quella d�ll'A.G. in sede ordinaria -Oggetto della controversia 
-Attinenza anche indiretta ad interessi pubblici relativi allo 
sfruttamento ed alla regolamentazione delle acque pubbliche Controversia 
relativa alla costruzione di una pertinenza di un'opera 
di regolazione di acque pubbliche -Competenza del Tribunale Regionale 
delle acque pubbliche -Sussiste. 

(t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 
Procedimento civile -Principio dell'onere della prova -Limite della sua 
operativit� -Ipotesi. 

(c. c., art. 2697; c. p. c., art. 115). 
Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Ambito del 
giudizio della Corte di Cassazione -Designazione del giudice competente 
-Esclusione di ogni altra questione non attinente in modo 
diretto e necessario alla decisione sul punto della competenza Sussiste. 


(C. p. C., artt. 42, 43, 49). 
Il criterio differenziatore tra la competenza dell'Autorit� giudiziaria 
in sede ordinaria e qu�Ua dei Tribunali delle acque pubbliche � dato 
dall'oggetto della controversia, nel senso che questa � devoluta all'organo 
specializzato in materia di acque, quando attenga, direttamente o indirettamente, 
ad interessi pubblici relativi allo sfruttamento ed alLa regolamentazione 
delle acque pubbliche. Epper� anche la controvers�a relativa 
alla costruzione di una pertinenza di un'opera inerente alla regolazione 
di acque pubbl.iche rientra nella cognizione del Tribunale Regionale delle 
acque pubbliche (fattispecie di controversia relativa ad assunte, illecite 
servit�, derivanti dalla costruzione di una strada di accesso ad una diga 
di sbarramento 'fluviale) (1). 

Il principio generale, secondo cui l'onere della prova incombe su 
colui che allega i fatti posti a base deila domanda o deLl'eccezione, non 
� operante ai fini della decisione della causa, allorch� il Giudice possa 

(1) Conf. Cass., 27 luglio 1964, n. 2100, Giur. it., Mass., 1964, 696, sub 
a; 21 luglio 1960, n. 2072, Giust. Civ., Mass., 1960, 772. � 
V. anche, per applicazione del concetto di opere collegate a quelle di 

PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 849 

desumere il proprio convincimento, sulla veritd dei fatti stessi dagli elementi 
probatori acquisiti al processo, da qualunque parte forniti (2). 

I vizi della sentenza diversi. da quelli che. ne determinano l'assoluta' 
inesistenza non possono essere denunciati in sede. di regolamento di competenza, 
ma vanno fatti valere con l'ordinaria impugnazione, in quanto, 
in sede di. regolamento di competenza, ii compito della Corte di Cassazione 
� limitato alla designazione del giudice competente, con esclusione 
di ogni altra questione, anche se inerente alla decisione della 
lite~ che. non. attenga. in modo diretto e necessario alla risoluzione del 
punto relativo alla .competenza, sia che si tratti di .questioni process'l,
tali, sia che si tratti di questioni di carattere sostanziale (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo i J.'.icorrenti sostengono che il 
Tribunale abbia erroneamente ritenuto che la causa in esame rientri 
nella competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche, in 
quanto non ha accertato se l'opera di cui lamentano la costruzione sia 
compresa nel progetto per la regolazione delle acque del fiume Adda, n� 
abbia considerato che, in ogni caso, tale opera non aveva alcuna attinenza 
con il regime delle acque pubbliche, essendo destinata non a regolamentare 
l'invaso, la presa o la distribuzione del lago, ma soltanto a 
rendere possibile l'accesso degli impiegati all'ufficio amministrativo del 
Consorzio . 

. La censura � infondata. 

Come questa Corte Suprema ha pi� volte affermato, il criterio differenziatore 
.tra la coznpetenza dell'Autorit� G.iudiziaria in sede ordinaria 
e� quella�. dei Tribunali delle acque pubbliche � dato dall'oggetto della 
controversia, nel seni;;o che questa � devoluta all'organo specializzato in 
maferia. di acque, quando.� attenga direttamente.. o indirettamente ad interessi. 
pubblici. relativi al~() ~ruttamento. e.. ~la regolamentazione delle 
acque ~ubb�che (v. sent. n> 2ioo del 1Q64). . . 

Sistemazione idraulica, Cass., 20 luglio 1965, n. 1654, in questa Rassegna, 

1965, I, 1136 ed ivi nota di riferimenti. . 

SUila natura di. organi speciali degli uffici giudiziari ordinari, inseriti, 

nel complesso unitario della giUrisdizione � ordinaria, dei Tribunali� Regionali 

e del Tribunale. Superiore delle acque pubbliche, in �sede di appello dalle 

decisioui dei primi�. v. Cass., ~ez. Uu..1 22 dicembre 1964, n. 2950, in questa 

Rassegna, 1965, I, l28, sub 1, con nota di rifer.imenti. 

(2) Conf. Cass., .25 luglio . 1964, n. 2044, Giur. it., Mass., 1964, 673, 
sub d; 18 agosto 1962, ri. 2599, id., Mass., 1962, 884, sub c. Avverte ancora 
la giurisprudenza della Corte di �Cassazione �che � il materiale probatorio 
raccolto ad un certo fine pu�, nello stesso giudizio e fra le stesse parti, 
essere utilizzato anche ad altro scopo, per sostenere altre domande ed 
eccezioni�: cosi Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567, in questa Rassegna, 1965, 
I, 686, S�b �2, ed ivi nota di riferimenti. 
(3) Conf. Cass., 17 febbraio 1965, n. 262, Giur. it., Mass., 1965, 75, 
sub e e sub f, ed� ivi note (5 e 6) di ulteriori riferimenti. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie, ricorrono tutti i presupposti della competenza del giudice 
specializzato, in quanto la controversia riguarda la esecuzione di 
un'opera che ha stretta attinenza con lavori di interesse pubblico ed ha, 
quindi, anche essa natura di opera pubblica. 

Invero gli stessi attori, nell'atto di citazione, hanno testualmente 
ammesso che la strada, a sostegno della quale � stato costruito il terrapieno, 
che assumono lesivo dei diritti, � serve per accedere alla diga di 
sbarramento dell'alveo del fiume Adda e, quindi, al passaggio degli 
impiegati ed operai del Consorzio delle imprese addette alla manutenzione 
della diga � e il Consorzio ha, a sua voHa, precisat" che nel 
fabbricato sito presso la diga, al quale si accede da detta strada, non vi 
sono uffici amministrativi (i quali trovansi a Milano), ma gli impianti 
di manovra delle paratoie della diga, l'ufficio incaricato della regolazione 
e della sorveglianza diurna e notturna del livello delle acque e gli alloggi 
del personale a ci� addetto. 

Alla stregua di questi elementi, che trovano piena conferma nelle 
planimetrie e negli altri documenti esibiti, non vi � alcun dubbio che 
oggetto della controversia sia non una comune opera stradale, come 
sostengono i ricorrenti, ma una pertinenza della diga di sbarramento del 
fiume Adda, cio�, un'opera inerente alla regolazione di acque pubbliche. 


N� ha rilevanza che il Tribunale non abbia accertato se la strada 

a sostegno della quale fu costruito il terrapieno sia compresa nel pro


getto generale per la regolazione delle acque del fiume Adda, perch�, 

a parte che essa risulta compresa nella planimetria generale allegata 

al progetto definitivo di regolazione del lago di Como redatto nel no


vembre 1940, per stabilire se un'opera abbia o meno natura pubblica 

occorre aver riguardo alla funzione cui essa � in concreto destinata, 

nonch� alla sua effettiva idoneit� a soddisfare interessi pubblici e non a 

circostanze, che, pur se rivelatrici della natura pubblica di un'opera, 

possono tuttavia anche non sussistere, senza che perci� tale natura 

venga meno. 

I ricorrenti sostengono che la strada non sia strettamente necessaria 
per la realizzazione dei compiti affidati al Consorzio e che la regolazione 
delle paratoie della diga di sbarramento possa essere seguita da lontano, 
anzich� dal fabbricato al quale si accede da detta strada, ma l'indagine 
per accertare la fondatezza, o meno, di tale assunto esula dai poteri di 
questa Corte Suprema e, comunque, sarebbe irrilevante, perch�, anche 
se l'assunto risultasse fondato, non verrebbe meno la natura pubblica 
dell'opera, quale risulta dalla sua concreta destinazione alla regolamentazione 
di acque pubbliche. 

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che il Tribunale non 
abbia rilevato che il Consorzio, anzich� esibire la copia dei progetti di 
massima ed esecutivi approvati il 30 settembre 1939 ed il 25 novembre 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 851 

1940, come era stato disposto con ordinanza collegiale al fine di accertare 
l'attinenza della strada alla regolazione delle acque del fiume Adda, 
abbia prodotto un progetto del 30 maggio 1942 ed altri documenti irrilevanti. 


I progetti di cui era stata disposta la esibizione, si aggiunge, avrebbero 
chiarito che la strada in questione si sviluppa in due tronchi, uno 
dei quali � del tutto estraneo alle opere destinate alla re.golamentazione 
delle acque del fiume. 

La doglianza, che in fatto � per di pi� solo in parte fondata, perch�, 
come si rileva dal verbale di udienza del 18 aprile 1963, il Consorzio deposit� 
una copia fotostatica del progetto del 18 aprile 1940, � sotto il 
profilo giuridico del tutto irrilevante, perch� questa Corte Suprema 
deve risolvere la questione di competenza soltanto in base agli atti della 
causa, i quali, nella specie, offrono sufficienti elementi per affermare che 
la strada in questione � un'opera accessoria di quelle destinate alla 
regolazione delle acque dell'Adda, in quanto si sviluppa in due tronchi, 
dei quali uno serve per l'accesso al fabbricato ove si trovano gli impianti 
di manovra delle paratoie della diga di sbarramento e l'a1tro costituisce 
un comodo accesso dal detto fabbricato alla diga. 

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono che il Tribunale ha erroneamente 
ritenuto che incombesse loro l'onere della prova della natura 
pubblica dell'opera di cui essi lamentavano la costruzione, in quanto 
tale onere era a carico del Consorzio che aveva eccepito la incompetenza 
del Tribunale adducendo che l'opera medesima atteneva alla regolazione 
di acque pubbliche. 

La censura va disattesa. 

Invero il principio generale secondo cui l'onere della prova incombe 
a colui che allega i fatti posti a base della domanda o della eccezione 
non � operante ai fini della decisione della causa, quando, come nella 
specie, il giudice pu� desumere, in base agli elementi probatori acquisiti 
al processo, da chiunque forniti, il proprio convincimento sulla verit� 
dei fatti stessi (v. sent. Cass. 2044 del 1964). 

Con il quarto motivo si censura la sentenza del Tribunale, per avere 
ritenuto ammissibile l'intervento in causa dell'Amministrazione dei Lavori 
Pubblici, sebbene non risultasse che la strada fosse stata costruita 
con il contributo dello Stato. 

Tale censura � inammissibile. 

Invero, come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, i vizi 
della sentenza, diversi da quelli che ne determinano l'inesistenza assoluta, 
non possono essere denunciati in sede di regolamento di competenza, 
ma possono essere fatti valere con il gravame ordinario, in quanto, 
in sede di regolamento di competenza, il compito della Corte di Cassazione 
� limitato alla designazione del giudice competente, con esclusione 
di ogni altra questione, anche se inerente alla decisione della lite, che 

-



RASSEGNA DELL'AVVOdATURA DELLO STATO

852 

non attenga in modo diretto e necessario alla risoluzione del punto relativo 
alla competenza, sia che si tratti di questioni processuali, sia che 
si tratti di questioni di carattere sostanziale (v. sent. n. 262 del 1965). 

Consegue che si deve rigettare il ricorso e dichiarare la competenza 
del Tribunale Regionale delle acque pubbliche di Milano. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 maggio 1966, n. 1408. -Pres. 
Scarpella -Est. Ginetti -P. M. Raja (diff.) -Amministrazione delle 
Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini-Pallotta) c. Casati (avv.ti 
Cattaneo, Gagliardi). 

Procedimento civile -Estinzione nel corso del processo per mancata, 
tempestiva riassunzione della causa cancellata dal ruolo -Presupposto 
di validit� -Ordinanza di cancellazione emessa previa comunicazione 
a tutte la parti del provvedimento di fissazione di 
udienza successiva a quella di mancata comparizione delle medesime 
-Difetto in concreto di previa, valida comunicazione di tale 
provvedimento -Conseguenze -Nullit� dell'atto (e di quelli successivi) 
per mancanza di requisito indispensabile al raggiungimento 
dello scopo -Sussiste. 

(c. p. c., art. 309 e, in relaz., artt. 181, comma primo, 307, comma primo, 
101, 136, 170, 156, comma secondo, 159, comma primo). 
Disposta la canceUazione della causa dal ruolo a norma degli articoli 
309 e 181, comma primo, c. p. c., presupposto della estinzione del 
processo � che sussista un'ordinanza di cancellazione, validamente pronunciata, 
dopo che alle parti sia stato comunicato i1 provvedimento di 
fissazione deUa udienza successiva a quella di mancata comparizione, in 
modo che, rispettandosi i1 fondamentale principio del contraddittorio, 
ognuna di essa sia messa in condizione di conoscere la situazione processuale 
e di valutarne le conseguenze. Benvero, la comunicazione dell'anzidetto 
provvedimento costituisce elemento necessario per la perfezione 
dell'atto, la mancanza del quale lo rende invalido in rapporto a 
quel destinatario, a norma dell'art. 156, commi.a secondo, c. p. c.: e la 
nullit� non solo si ripercuote sull!.ordinanza di cancellazione, ma anche 
sulla (tardiva) riassunzione del processo e sul provvedimento di estinzione 
(1). 

(1) Ed infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, devesi 
ritenere � la nullit� di tutti gli atti compiuti in assenza di una delle 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS�PRUJ>ENZA CIVILE S53 

(Omissis). -Nel codice di rito la estinzione del processo � dettata 
dalla .esigenza di ottenere l'acceleramento dei processi e colpisce l'inattivit� 
delle parti che pu� verificarsi sia all'inizio che nel corso del processo 
stesso. 

Per quest'ultima ipotesi gli artt. 309 e 181, comma 10, c. p. c. stabiliscono 
che, se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta 
all'udienza; il giudice istruttore fissa una udienza successiva, di cui il 
cancelliere d� comunicazione alle parti costituite; se nessuna delle parti 
comparisce alla nuova udienza, il �giudiee con ordinanza non impugnabile 
dispone la cancellazione della causa dal ruolo; 

Nel caso in esame, � avvenuto che l'ordinanza di cancellazione fu 
emessa senza che alla Casati fosse stato comunicato il provvedimento di 
fissazione della udienza successiva a quella di mancata comparizione. 

Ci� posto, occorre stabilire quale valore possa avere la conseguente 
ordinanza (li estinzione del processo, pronunciata� per essere stato questo 
riassunto oltre il termine perentorio di un anno dalla data del provvedimento 
di . cancellazione. 

Presupposto della estinzione, nella ipotesi in esame, � che esista una 
ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo, pronunciata dopo che 
alle parti sia stato comunicato il provvedimento di fissazione della 
udienza successiva a quella di mancata comparizione, e siano quindi 
messe in condizione di conoscere la situazione processuale e di valutarne 
le conseguenze, in modo che la ulteriore assenza possa loro direttamente 
imputarsi. 

Quarido; invece, veriga �meno ia comunicazione ad una delle parti 
-nell� specie alla Casati che ha ri�ssurito il processo -si verifica una 
di quelle ipotesi in cui � palesemente violato il principio del contraddittorio 
sancito dall'art. 101 c. p. c. 

Peraltro la non impugnabilit� della ordinanza pronunciata ex articolo 
181, comma 1o., c. p. c. non porta ad escludere n doveroso controllo 
dei giudice sulla rego�arit� e validit� degli atti del processo. 

Nella specie, la� comunicazfone del provvedimento�. alla Casati costituiva
� un elemento necessario per la perfezione dell'atto, la cui mancanza
�� lo rendeva�� inefficace irt rapporto �a�� quel� desti:natario, per cui 
sussiste la nullit� prevista� .dall'art. 156, �comma 20, c. p. c.: nullit� che 
non solo si ripercuote sull'ordinanza di cancellazione, ma anche sulla 
riassunzione del processo e sul provvedimento di esti:nzione fondato su 
quell'ordinanza, trattandosi di atti tra loro dipendenti: art. 159, comma 
10, c. P� c. -(Omissis). 

parti dopo l'emissione di un'ordinanza pronunciata fuori udienza e non 
comunicata al procuratore costituito � . e ci� per � violazione del principio 
del contraddittorio�: Cass., 4 gennaio 1950, n. 17, .Foro it., Mass., 1950, 7. 

-



854 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412. -Pres. 
Flore -Est. Sbrocca -P. M. Di Majo (conf.) -Comune di Napoli 
(avv.ti Gleijeses, Peccerillo) c. Napolitano (avv. Mailler) e Cassa per 
il Mezzogiorno (avv. Stato Tavassi-La Greca). 

Procedimento civile -Successione a titolo particolare� inter vivos� ad 
una delle parti durante il termine per ricorrere o controricorrere 
in Cassazione -Notifica dell'impugnazione al dante causa -Effetto Impedimento 
(\el passaggio in giudicato della sentenza nei confronti 
dell'avente causa -Legittimazione del successore a titolo 
particolare a ricorrere o controricorrere in Cassazione -Sussiste. 

(c. p. c., art. 111). 
Cassazione -Procedimento innanzi alla Corte -Facolt� di produrre 
atti e documenti, non prodotti nei precedenti gradi del 
processo, riguardanti la nullit� della sentenza impugnata e l'ammissibilit� 
del ricorso e del controricorso -Estensione anche ai documenti 
relativi alla legittimazione al ricorso o al controricorso Sussiste. 


(c. p. c., art. 372). 
Espropriazione per p. u. -Giunta speciale presso la Corte di Appello 
di Napoli -Ambito della giurisdizione della Giunta -Estensione 
alle questioni di chiamata in causa del soggetto legittimato Sussiste. 


(d. 1. Igt. 27 febbraio 1919, n. 219, conv. nella I. 24 agosto 1921, n. 1290, artt. 17 
e 18). 
Mezzogiorno -Legge speciale per la citt� di Napoli 9 aprile 1953, n. 297 Affidamento 
da parte della Cassa per il Mezzogiorno dell'esecuzione 
dei lavori, a norma dell'ultimo comma dell'art. 4 1. n. 297 del 
1953, all'Amministrazione dell'Ente locale interessato -Natura 
giuridica ed effetti, anche in ordine alla responsabilit� verso i terzi. 

(I. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4, ult. comma). 
Espropriazione per p. u. -Giunta speciale presso la Corte d'Appello di 
Napoli -Carattere normalmente preliminare della pronuncia della 
Giunta sull'indennit� rispetto alla emissione del decreto espropriativo 
-Sussiste -Irritualit� della stima da parte di un perito 
provocatadal Prefetto e conseguente illegittimit�del decreto espro


i 

priativo -Sussistono -Facolt� dell'espropriato di limitarsi a con-1:: 

[I~

~ 

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-


PARTE I, SEZ~ III, GIURISPRUDENZA CIVILE 855 

testare l'adeguatezza dell'indennit� innanzi alla Giunta invece di 
far valere l'illegittimit� del trasferimento -Sussiste -Necessit� 
che in tal caso la stima da parte della Giunta sia riferita al valore 
dell'immobile alla data del decreto d'espropriazione -Sussiste. 

(d. I. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, conv. nella I. 24 agosto 1921, n. 1290, art. 17). 
Il processo prosegue tra le parti originarie, se nel corso di esso si 
trasferisce a titolo particolare, per atto tra vivi, il diritto controverso 
(non corrispondendo, cio�, alla successione nel diritto una successione 
necessaria nel rapporto processuale). Ma, poich� la notifica dell'impugnazione 
al dante causa, generalmente considerato come sostituto proces$
Uale dell'avente causa, impedisce il passaggio in giudicato della sentenza 
anche nei confronti di quest'ultimo, il successore a titolo particolare 
pu� ricorrere per cassazione o resistere al ricorso da altri 
proposto avverso la sentenza pronunziata nei riguardi del suo dante 
causa, anche se non sia interveinuto, n� sia stato chiamato nel processo 
a quo ed anche se l'intervento o la chiamata non siano stati pos$
ibili per essersi la successione verificata durante il termine per ricorrere 

o per controricorrere (1). 
L'eccezione prevista dall'art. 372 c. p. c. in ordine all'ammissibilit�, 
nel giudizio di cassazione, del deposito di atti e documenti non prodotti 
nei precedenti gradi del processo concerne anche la produzione 
di documenti relativi alla legittimazione ad agire, poich� l'esame della 
legittimazione attiva attiene all'ammissibilit� del ricorso o del controricorso 
e l'interpretazione dell'atto, a questo fine, rientra nei poteri 
del giudice di legittimit� (2). 

La giurisdizione della Giv,nta speciale per le espropriazioni per 

p. u. presso la Corte d'Appello di Napoli � relativa, oltre che all'accertamento 
del diritto all'indennit�, alle questioni che attengono alla 
(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 12 febbraio 1963, n. 259, Giur. it., Mass., 1963, 
85: � a norma dell'ultimo comma dell'art. 111 c. p. c., il successore a titolo 
particolare nel diritto controverso ha un potere autonomo di ricorrere per 
ca�ssazione, anche se non sia intervenuto o non sia stato chiamato nel giudizio 
di merito�; v. anche, in senso conforme, Cass., 12 luglio 1962, n. 1868, 
id., Mass., 1962, 671 ed ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali. 
(2) Cfr. Cass., 7 maggio 1965, n. 843, Giur. it., Mass. 1965, 305, sub b; 
v. anche Cass., 13 marzo 1965, n. 419, ibidem, 137, sub a e sub e, ove si avverte 
invece che � in ordine alle questioni di difetto di legittimazione passiva 
la Corte di Cassazione � giudice anche di fatto, ma pu� decidere soltanto 
sulla base degli eleme!llti probatori gi� acquisiti nelle fasi di merito �; ed 
infatti, come ribadisce Cass., 17 luglio 1965, n. 1604, ibidem, 586, � la possibilit� 
di produrre nel giudizio di Cassazione nuovi documenti � rigorosamente 
circoscritta dall'art. 372 c. p. c. ad ipotesi ben determinate�. 
-



856 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

misura della medesima o all'attribuzione ed alla liquidazione dell'indennit� 
per danni ai sensi dell'art. 46 l. 25 giugno 1865, n. 2359, o 
all'imposizione e determinazione dei contributi stabiliti dalle disposizioni 
legislative richiamate dal primo comma dell'art. 18 d. l. lgt. 27 febbraio 
1919, n. 219, convertito nella l. 24 agosto 1921, n. 1290, nonch� 
a quelle che attengono alla chiamata in causa del soggetto passivamente 
legittimato, dovendo ogni giudice, ordinario o speciale, accertare 
l'esistenza delle condizioni dell'azione, tra le quali � compresa la legittimazione 
azia causa. Esula dalla giurisdizione speciale deilla Giunta 
ed appartiene alla cognizione del Giudice ordinario ogni altra questione 
e cos� anche quella relativa alla chiamata in garanzia, propria o impropria, 
da parte dell'espropriante, di un terzo, per il rimborso in via di 
regresso dell'indennit� di espropriazione, o per essere risarcito degli 
effetti deila condanna da lui subita nei confronti dell'espropriato (3). 

Per effetto dell'affidamento, da parte della Cassa per il Mezzogiorno 
al Comune di Napoli interessato, dell'esecuzione dei lavori di costruzione 
di un'opera compresa in programma di cui all'art. 4 l. 9 apriie 
1953, n. 297, il Comune medesimo deve, sia nei rapporti con l'ente affidante 
che nei riguardi dei terzi, provvedere al perfezionamento delle 
necessarie procedure espropriative. Anche a prescindere dal rilievo che 
le opere appartengono alla competenza istituzionale del Comune, va osservato, 
infatti, che l'affidamento anzidetto si inquadra nella figura della 
delegazione amministrativa (intersoggettiva) e che tra gli atti del dele.,. 
gato rientrano anche le occupazioni e le espropriazioni necessarie per 
l'esecuzione deLle opere, come che ad essa inscindibilmente connesse (4). 

Prescindendo dall'ipotesi di procedura d'urgenza di cui all'art. 12, 
comma secondo, del d l. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, convertito nella 

(3) Sulla giurisdizione della Giunta speciale presso la Corte d'appello 
di Napoli, v. Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2858, in questa Rassegna, 
1964, I. 328, sub 1 ed ivi ulteriori riferimenti di giurisprudenza. 
(4) Per l'inquadramento dell'ipotesi di affidamento dell'esecuzione di 
opera pubbl:ioa, di cui all'ultimo comma dell'art. 4 1. 9 aprile 1953, n. 297, 
nello schema della delegazione amministrativa (intersoggettiva) v. gi� Collegio 
arbitrale: arbitri Rizzatti Pres., Gionfrida Est., Reggiani, Tesauro, 
Giannini M. S., lodo 23 dicembre 1963, Soc. Meridionale Strade c. Comune 
di Napoli, Foro it., 1964, I, 2249-2250; ma, come gi� avvertito .in nota in 
questa Rassegna, 1965, I, 1164-1165, trattasi pi� propriamente di rapporto 
di concessione di costruzione di opera pubblica, distinguibile concettualmente 
da quello di delegazione -pur se avente in comune il carattere 
sost~tutorio (l'agire in nome proprio e sotto propria responsabilit�) -per 
.ci� che la delega non soddisfarrebbe ad alcun interesse proprio del soggetto 
delegato (BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, Acque, bon., costruzioni, 
1958, 3). Nel riconoscere al Comune affidatario dei lavori la veste 

PARTE I:. SEZ. III/ GIUlUSPRUDENZA CIVILE 857 

l. 211: a{lasto.1921.. n..1290. se � vero che la legge speciale prescrive. anche 
all'.autoritt espropriante di promuovere �la pronuncia della Giunta sulla 
indennit� PTima della emissione del decreto di espTopriazione, essa non 
esclude, per.altro, ch,e, quando ii Prefetto abbia provocato irritu.almente 
la stima da parte di un, perito;, l'espropriato; iZ quale pur potrebbe accett;
ra:r(l l'i'.1'l4(:!nnit� coli~ determinata, possa limitarsi a contestarne l'adeguatezza 
di:nanzi. aiza Giunta, senza far valere l'illegittimit� del trasferime-
nto~ In tal caso, compito deUa Giunta speciale � quello di sostituire 
ia, Ptoprict, stim~ a g.'lf(?lla .indicata nel decreto di espropriazione, sempre 
�pn: rif~ri~entq al ~atore f:l<?lZ'immobile alla data del decreto stesso (5). 
.�� (Omissis)� ��......., Deve preliminarmente disponsi la riunione dei ricorsi, 
principale e.incidentale condizionato, trattandosi di impugnazioni proposte 
contro la stessa .sentenza. 

� >Al ricorso del .Comune di Napoli resistono con unico controricorso 
l'c:>riginario opponente Alberto Napolitano ed i suoi figli, cio� i fratelli 
Antonio, Concetta, Annunziata e Maria Napolitano, i quali si dichiaran� 
cessionari del credito per indennit� di espropriazione, accertato in favore 
del loro dante <:ausa dal'la sentenza impugnata, in forza di atto 
}tosanova del 1<> agosto 1964, che si assume notificato al debitore ceduto 
(Comune), ma che non � stato depositato in giudizio. 

Ora, mentre dal Comune si eccepisce l'inammissibilit� del contro


ricors() dei :fratelli Napolitano, perch�, anche se in ipotesi successori a 


~i en~ esproP~i~~te.111 Co~te.dL(:;!assazione, con la se~tenza in rassegna, :Pa 
i'i�enuto di far.�leva s'(jpi-aiutto s'iil. suo. consolidato insegn~ento.� (Cass., 19 
1ugli6 1965(n;>1608, in questa: Rassegna, 1965, I, 1142, sub. � ed ivi, 11511, 
not.a diriferimenti)1. second� il quale l'ente delegat� risponde' direttamente 
nei confronti dei terz.i dell'esecuzione della delega, affermando .che � tra gli 
atti �del delegato rientrano .a11che le o�cupazioni e .. le. �espropriazioni neces$
arie per l'esecuzione� delle �opere e� che all'esecuzione sono intimamente 
connesse �~. Peraltro, nella specie, questo insegnamento � d�vrebb~ presupporre 
che 111 stessa sostitu;ti()n� dell�, .. Cassa ai Comune si estenda alle 
espropriazioni, donde la possfbilit� c1le tale onere torni .al Comune interessato 
pereffetto dell'affidamento. Ma ladimostrazione dell'assunto, contro 
il:quale sussistono serie�obie.Zforii (cfr. fiota in questa Rassegna; 1965, I, 
1162 e 1167), manca nella sentenza, la quale si � limitata ad aderire alla 
tesi subordinata, pur sostenuta in questa Rassegna (nella predetta nota, 
in Rassegnq cit., 1965, I, 1163 e segg.). l?er altri rili~vi in ordinealla portata 
della sostituzione nell'esecuzione di opere pubbliche v. nota in questa 

Rassegna, 1966, I, 864 e segg. � .�.�. rn> !Qfr. Giunta.speciale per le espropriazioni per p. u. presso la Corte 

d'Appello di Nap�li, 6 aprUe 196.1, n. 5, Riv. giur. edil., 1961, I, 608; v. anche 

lJI MAxo A., Sui poteri della �Giunta per le espropriazioni presso la Corte 

d� �Apj>eHo di Napoli, ivi, 608 e segg. � 



858 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO 

titolo particolare nel diritto controverso, essi furono estranei alla fase 
di merito e non potrebbero intervenire in sede di legittimit�, i Napolitano 
sostengono che la sentenza � passata in giudicato nei loro confronti, 
in quanto non ebbero notifica del ricorso del Comune, che fu 
invece notificato al loro dante causa (creditore cedente). 

In proposito si osserva che secondo il pi� recente orientamento giurisprudenziale 
di questa Corte Suprema, da cui non sussistono valide 
ragioni per discostarsi (cfr. sent. n. 1868 del 1962, e n. 259 del 1963), il 
successore a titolo particolare .pu� ricorrere per cassazione o resistere al 
ricorso da altri proposto avverso la. sentenza pronunziata. nei riguardi 
del suo dante causa, anche se non sia intervenuto, n� sia stato chiamato 
nel processo a quo ed anche se l'intervento o la chiamata non sj siano 
resi possibili, perch� la successione avvenne, come si afferma nel caso 
di specie, durante il termine per ricorrere o controricorrere. 

Tuttavia, proseguendo il processo, tra le parti originarie se nei corso 
di esso si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo 
particolare, non corrispondendo cio� alla successione nel diritto una 
successione necessaria nel rapporto processuale, la notifica dell'impugnazione 
al dante causa, .generalmente considerato come sostituto processuale 
dell'avente causa, impedisce il passaggio in giudicato della 
sentenza anche nei confronti di quest'ultimo. 

Sotto tale profilo la tesi avanzata dai fratelli Napolitano � destituita 

di fondamento, mentre la dichiarazione di inammissibilit� del ricorso 

da essi proposto (e non di quello del loro dante causa) si giustifica, con


siderando che non hanno dimostrato la '.legittimazione ad agire nel giu


dizio di cassazione attraverso il deposito dell'atto Rosanova, da cui ri


sulterebbe il rapporto di successione, deposito consentito dall'art. 372 

c. p. c., attenendo l'esame della legittimazione alla ammissibilit� del 
ricorso o del controricorso e rientrando l'interpretazione a questo fine 
dell'atto nei poteri del giudice di legittimit�. 
Con il primo motivo del ricorso il Comune denuncia la violazione 

dell'art. 4 della legge 9 aprile 1953, n. 297, recante provvedimenti a 

favore della citt� di Napoli, e dell'art. 106 c. p.c., e sostiene che erro


neamente la Giunta ha ritenuto inammissibile l'intervento nel processo 

su istanza di parte della Cassa per il Mezzogiorno, a cui la causa sarebbe 

comune. 

La censura non merita accoglimento. 

Occorre premettere che, per gli articoli 17 e 18 del d. I. lgt. 27 febbraio 
1919, n. 219, convertito nella 1. 24 agosto 1921, n. 1290, la giurisdizione 
della Giunta � limitata, oltre che all'accertamento del diritto 
all'indennit�, alle questioni che attengono alla misura dell'indennit� 
stessa o alla attribuzione e liquidazione dell'indennit� per danni ai sensi . 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 859 

dell'art. 46 della legge organica sulle espropriazioni per causa di pubblica 
utilit� 25 giugno 1865, n. 2359 o all'imposizione e determinazione 
dei contributi stabiliti dalle disposizioni legislative, che il primo comma 
dell'art. 18 richiama. 

Ogni altra questione esula dalla giurisdizione del giudice speciale, 
e cosi anche quella relativa alla chiamata in garanzia, propria o impropria, 
da parte dell'espropriante, di un terzo, per il rimborso in via 
di regresso dell'indennit� di espropriazione o per essere risarcito degli 
effetti della condanna da lui subita nei confronti dell'espropriato. 

Tale questione � riservata alla giurisdizione del giudice ordinario, 
e pertanto sotto questo profilo manifestamente infondata � l'eccezione di 
illegittimit� costituzionale degli articoli 17 e 18 del d. n. 219 in relazione 
all'art. 24 della Costituzione, prospettata nella memoria della 
difesa del Comune, appunto perch� l'eventuale diritto di regresso o di 
risarcimento dell'espropriante trova davanti al giudice ordinario la sua 
naturale e pi� completa tutela. 

Sotto il profilo della comunanza di causa e della chiamata nel 
processo della Cassa per il Mezzogiorno come :passivamente legittimata 
in ordine alle controversie sull'espropriazione dei suoli necessari per 
l'esecuzione delle opere contemP'late dalla legge n. 297 del 1953, la questione 
rientra, invece, nella giurisdizione della Giunta, dovendo ogni 
giudice, ordinario o speciale, accertare la esistenza delle condizioni dell'azione, 
tra le quali � compresa la legittimazione ad agire. 

Ma, se per l'art. 4 della legge citata la Cassa provvede alla progettazione 
ed all'esecuzione delle opere di competenza del Comune di Napoli 
con il .ricavo dei mutui concessi all'ente dagli istituti a ci� autorizzati, 
l'esecuzione dei singoli lavori pu�, in base al medesimo articolo, 
essere dalla Cassa affidata all'amministrazione interessata. 

L'affidamento � stato accertato nel giudizio di merito, e la tesi 
difensiva, prospettata dalla Cassa ed ammissibile in questa sede, � che 
esso comporti la legittimazione del Comune agli atti delle procedure 
espropriative sia nei riguardi dei terzi, sia nei rapporti con l'ente affidante. 


Tesi codesta che appare pienamente accettabile, risolvendosi l'affidamento, 
consentito dalla legge, da un ente pubblico ad altro ente pubblico, 
in una delega di diritto pubblico, attributiva di competenza derivata, 
che pone il delegato, nei �imiti stabiliti dall'atto relativo e per la 
durata di esso, in una condizione pari a quella del delegante; il quale, a 
sua volta, viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, 
nella posizione di .soggetto investito di funzioni di controllo. 

Il che importa, di regol�, che l'ente delegato ha il potere di provvedere 
in merito all'oggetto della delega in nome proprio, e non in veste 
<il-rappresentante del delegante. 



860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO 

E, se cosi �, ne consegue che l'Ente delegato � direttamente responsabi'le 
nei confronti dei terzi degli atti posti in essere in esecuzione 
della delega, senza che in contrario possano assumere rilievo le eventuali 
ripercussioni degli atti stessi nell'ambito del rapporto interno con il delegante 
(cfr. sent. n. 2711 del 1963). 

Ora, tra gli atti del delegato rientrano anche le occupazioni e le 
espropriazioni necessarie per l'esecuzione delle opere e che all'esecuzione 
sono intimamente connesse, costituendone parte inscindibile, come 
l'impugnata sentenza ha implicitamente ritenuto, considerando anche che 
l'ente espropriante (delegato) � il beneficiario delle espropriazioni e che 
le opere apparterrebbero alla sua competenza istituzionale; e pertanto 
esatta � la conclusione, a cui la sentenza � pervenuta in ordine alla legittimazione 
del Comune, salvi ed impregiudicati i suoi rapporti, in base 
alla delega, con l'ente delegante. 

Il rigetto del primo motivo del ricorso principale importa l'assorbimento 
del ricorso incidentale della Cassa per il Mezzogiorno, il 
quale � stato .pa:oposto condizionatamente all'accoglimento di tale motivo. 

Con il secondo ed il sesto motivo del ricorso del Comune, che per la 
connessione delle questioni prospettate devono essere congiuntamente 
esaminati, denunciandosi la violazione degli articoli 12, 17, 18 e 19 del 

d. n. 219 del 1919, si sostiene che la Giunta abbia erroneamente determ�nato 
l'indennit� di espropriazione con riferi�nento al momento della 
decisione, cio� alla data di emanazione della sentenza; e che, in ogni 
caso, non avrebbe potuto pronunciare la condanna dell'espropriante, 
o�tre che al pagamento delle spese, al rimborso dei tributi fondiari e 
degli altri oneri afferenti i beni espropriati ri�l periodo compreso tra la 
data di occupazione dei beni stessi e quella delle volture catastali. 
Le doglianze sono in parte fondate e per quanto di ragione devono 
essere accolte. 

Ha osservato la Giunta che, se l'espropriato non ha accettato l'indennit� 
offerta dall'espropriante, la determinazione di essa, da parte del 
Prefetto, non pu� effettuarsi sulla base della perizia richiesta ai sensi 
degli artt. 31 e 32 della 1. n. 2359 del 1865, come nella specie � avvenuto. 
Questa prassi, secondo la Giunta, non si armonizzerebbe con la disciplina 
introdotta dal. decreto del 1919, che escluderebbe la fase della perizia, 
riservando al giudice speciale di stabilire l'indennit� in via preventiva, 
prima cio� della pronuncia di espropriazione. In altri termini, il decreto 
previsto dall'art. 48 della legge del 1865 dovrebbe, in ogni caso, seguire 
la determinazione dell'indennit� ad opera della Giunta, adita dall'espropriante, 
dall'espropriato o dal Prefetto, qualora l'indennit� non sia stata 
amichevolmente concordata, analogamente a quello che si verificherebbe 
per la procedura d'urgenza, regolata dall'art. 12 della legge speciale, in 
cui alla determinazione in via provvisoria, da parte del Prefetto, farebbe 
seguito quella definitiva da parte della Giunta, e soltanto dopo questa 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

determinazione potrebbe essere emanato il decreto di espropriazione. 
Ne consegue, a giudizio della Giunta, che il decreto ha nella specie violato 
la legge e che la illegittimit�, incidentalmente accertata, ne impone 
la disapplicazione, con l'effetto che l'indennit� deve essere rapportata al 
momento della decisione. 

Questa conclusione non pu� essere condivisa. 

Il decreto fu opposto dall'espropriato sotto il profilo dell'inadeguatezza 
dell'indennit�. Nessun'altra censura fu mossa contro di esso n� 
in sede giurisdizionale amministrativa (Consiglio di Stato), n� in via incidentale 
davanti alla Giunta; e pertanto la Giunta, stante l'acquiescenza 
in ordine alla pronuncia di espropriazione, non poteva proporsi d'ufficio 
la questione della sua illegittimit�, che la parte interessata non aveva 
sollevata. E, rimanendo fermo il decreto con il suo effetto essenziale, il 
trasferimento coattivo, l'indennit� doveva essere determinata, non tenendo 
conto del valore stabilito in via amministrativa dal perito, ma, 
secondo i principi, con riferimento al valore dell'immobile alla data 
della pronuncia di espropriazione. 

Prescindendo dalla procedura d'urgenza, alla quale nel caso non si 
� fatto ricorso, se � vero che la legge speciale prescrive anche all'Autorit� 
espropriante di promuovere la pronuncia della Giunta sulla indennit� 
prima dell'espropriazione, essa non esclude, peraltro, che, quando il 
Prefetto abbia provocato irritualmente la stima da parte di un perito, 
l'espropriato, il quale pur potrebbe accettare l'indennit� cos� determinata, 
possa limitarsi a contestarne l'adeguatezza dinanzi alla Giunta, 
senza farr valere l'illegittimit� del trasferimento. 

Ritenuto, quindi, �che compito della Giunta era, nella specie, di so


stituire la ;propria stima a quella indicata nel decreto di espropriazione, 

ma sempre con riferimento al valore dell'immobile alla data del decreto 

stesso, censurabile appare la decisione impugnata anche nel punto �in cui 

ha statuito non gi� sulle spese, perch� tale pTonuncia pu� essere emessa 

in base all'art. 20 del d. n. 219, ma sul rimborso dei tributi fondiari 

e degli altri oneri afferenti i beni espropriati, pronuncia quest'ultima che 

esula dalla giurisdizione della Giunta, come si � accennato precisandone 

l'ambito, e che va cassata senza rinvio. 

L'accoglimento per quanto di ragione del secondo motivo importa 

l'assorbimento del terzo, con il quale viene denunciato un vizio di extra


petizione, in cui sarebbe incorsa la Giunta, considerando, contrariamente 

all'assunto dell'opponente, non ancora definito, in sede amministrativa, il 

;procedimento espropriativo. Infatti, tale vizio � logicamente subordinato 

alle censure esaminate nella trattazione del precedente mezzo, relative ai 

limiti posti, con la sua domanda, dall'espropriato all'attivit� della Giunta. 

Gli altri motivi del ricorso sono infondati e devono essere disattesi. 

Con il quarto e con il quinto si assume che, se la decisione della 

Giunta poteva intervenire anteriormente alla pronuncia di espropria



862 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, l'espropriato non era tuttavia legittimato a provocarla, la legittimazione 
spettando all'espropriante o all'autorit� preposta al procedimento 
espropriativo; e si aggiunge che la decisione era stata emessa 
quando il procedimento, nella sua fase amministrativa, si era esaurito. 
Ma le precisazioni fatte nell'esame degli altri motivi dimostrano, senza 
necessit� di ripetizione, l'erroneit� del presupposto, su cui si basa la 
prima censura, e la contraddizione della seconda con i principi, affermati 
dello stesso ricorrente, che regolano l'attivit� della Giunta. 

Con il settimo e con l'ottavo motivo il Comune si duole che la 
sentenza impugnata abbia ritenuto pacifica la natura edificatoiria del 
suolo espropriato e sostiene che tale circostanza sarebbe stata invece 
contestata e che, in ogni caso, il difetto di contestazione, da paTte dell'espropriante, 
non era sufficiente a sostanziare la prova dei fatti dedotti 
dall'espropriato. 

Per respingere la doglianza, sarebbe sufficiente richiamare la massima, 
costantemente ripetuta da ,questa Corte Suprema, che l'aver dato 
per pacifico un fatto, che si pretende contestato, non pu� costituire materia 
di ricorso per cassazione, anche se l'apprezzamento del giudice sia 
frutto di travisamento, soccorrendo in tal caso il rimedio della revocazione. 
Ma nella specie, come risulta dalla sentenza, la Giunta non si 

� limitata a constatare la concorde opinione delle parti o, quanto meno, "! 
il difetto di contestazione dell'ente espropriante, ma ha svolto invece ::1 
un'autonoma indagine sulla natura edificatoria del suolo, situato in un .; 
rione cittadino che negli ultimi anni -si afferma -aveva avuto un 
notevolissimo sviluppo edilizio. In altri termini, la Giunta ha eseguito 
un accertamento di fatto, che, sorretto da esauriente motivazione, sfugge 
al sindacato di legittimit�. 
Concludendo, riuniti i ricorsi e dichiarata l'inammissibilit� del controricorso 
proposto dai fratelli Napolitano, deve essere rigettato il primo 
motivo del ricorso principale con l'assorbimento del ricorso incidentale 
condizionato e, per converso, devono essere accolti per quanto di ragione 

il secondo e il sesto motivo dello stesso ricorso principale, dichiarandosi 
assorbito il terzo e rigettandosi tutti gli altri motivi; e, mentre in 
relazione alla censura accolta con il sesto motivo la sentenza impugnata 
va cassata senza rinvio, in relazione al secondo motivo e a quello assorbito 
la sentenza stessa va cassata con rinvio della causa per nuovo 
esame alla Giunta speciale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1829 -Pres. Vistoso 
-Est. Roperti -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Cavalli) c. Comune di Matera (avv. Schir�). 

Opere pubbliche -Opere pubbliche di competenza degli enti locali -Ne


cessit� ed indifferibilit� delle opere ed impossibilit� degli enti lo


, 

-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 863 

cali interessati di provvedere al relativo finanziamento -Sostituzione 
dello Stato all'ente locale nell'esecuzione dell'opera, nei limiti 
della somma all'uopo assegnata dal Ministero dei Lavori Pubblici Potere 
dell'Amministrazione dei lavori pubblici di avvalersi, nell'espletamento 
della sostituzione, dell'ufficio tecnico dell'ente locale.. 
sostituito -Affidamento a quest'ultimo della stessa titolarit� dell'esecuzione 
dell'opera -Diversa portata giuridica delle due ipotesi. 

(d. Ig. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, artt. 2, 3). 
Opere pubbliche -Opere pubbliche di competenza degli enti locali -Sostituzione 
dello Stato a norma del d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517 
al Comune interessato nella costruzione di un edificio scolastico Occupazione 
senza titolo di suolo indicato nel progetto redatto 
dall'ufficio tecnico del Comune -Azione proposta dall'Amministrazione 
delle Finanze, proprietaria del suolo, contro il Comune, 
entrato in possesso dell'opera ultimata, per ottenerne la condanna 
al rilascio del medesimo o, in mancanza, al pagamento del suo 
valore venale -Difetto di legittimazione passiva del Comune Sussiste. 


(c. c., art. 2043). 
Qualora l'Amministrazione statale dei lavori pubblici, al fine preminente 
di alleviare la disoccupazione, si sostituisca al Comune interessato, 
a norma dell'art. 2 d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, nell'esecuzione 
di un'opern pubblica di competenza dell'ente locale, avente carattere 
cli necessit� ed indifferibilit� e coinvolgente largo impiego di mano 
d'opera, non � vietato alz>Amministrazione medesima di avvalersi degli 
uffici deil'ente locale, tecnicamente attrezZJati, per la progettazione dell'opera 
e la direzione dei lavoiri, da essa dati in appalto, senza che ci� 
implichi che l'opera stessa venga compiuta dall'ente locale, ove, insieme 
alla 'lJrogettazione ed alla direzione dei lavori, non venga a questo addiritt11"
a affidata la titolarit� della esecuzione dell'opern (1). 

(1) La figura dello � affidamento della titolarit� dell'esecuzione dell'opera� 
da parte dell'Amministrazione statale sostituta a norma dell'art. 
2 d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517 allo stesso ente locale interessato, 
a cui pure allude la sentenza in rassegna, si inquadra nello schema della 
concessione. Per un caso, previsto da legge speciale, di � affidamento � dell'esecuzione 
di opera pubblica -da parte di ente pubblico sostituto allo 
stesso ente sostituito, che assume, quindi, la veste di delegatario 
(rectius: concessionario), v. l'art. 4 1. 9 aprile 1953, n. 297 e nota in questa 
Rassegna, 1965, I, 1152 e ~ l!gg., segnatamente 1164 e segg.; v. anche Cass., 
Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854, sub 4. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nena predetta ipotesi, di sostituzione dell'Amministrazione statale 
dei lavori pubblici ai Comune interessato, nena realizzazione di opera 
pubqlica di competenza e pertinenza di quest'ultimo, secondo le norme 
del d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, legittimato passivo alla domanda 
giudiziale del proprietario del suolo, occupato senza titolo per l'esecuzione 
dell'opera medesima, tendente ad ottenerne la restituzione, ovvero il 
valore venale a data corrente, oltre al risarcimento dei danni, non � 
l'ente locale entrato in possesso deU'opera, ma l'Amministrazione statJale 
che l'ha costruita sul suolo medesimo -sia pure indicato nel progetto 
redatto da;Wufficio tecnico comunale -senza il rispetto deUe 
norme e forme previste dalla legge (2). 

(Omissis). -L'Amministrazione finanziaria chiedeva che il Comune 
fosse condannato a rilasciare l'immobile o a pagare la somma di lire 

ll.000.000 sulla base di lire 3.000 al mq. nonch� al risarcimento dei 
danni. Il Comune di Matera costituitosi in giudizio, eccepiva la mancanza 
della propria legittimazione passiva, in quanto l'opera era stata realizzata, 
in forza delle provvidenze straordinarie di cui al d. l. 10 agosto 
1945, n. 517 dal Provveditorato alle opere pubbliche per la Lucania 
su progetto redatto dall'ufficio del Genio Civile di Matera e l'improponibilit� 
della domanda di rilascio, in quanto erano stati ultimati i 
lavori di costruzione dell'edificio scolastico, e deduceva che la somma, 
da corrispondersi a titolo di indennit� di occupazione, doveva essere determinata 
in base al valore del suolo al momento dell'occupazione, e 
cio� a lire 500 al mq. 
(2) Cfr., per l'enunciazione del principio che passivamente legittimato 
all'azione del proprietario del suolo, occupato senza titolo per la costruzione 
di opera pubblica, a tutela del suo diritto di propriet� ingiustamente 
leso, �, in ogni caso, l'ente che ha direttamente proceduto all'illegittima 
occupazione, Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 
1139, sub 2, segnatamente: 1146, nella motivazione; ma v. sul punto, sulla 
natura dell'azione e sul problema della legittimazione passiva, riserve e 
citazioni di giurisprudenza contraria nella annotazione che segue: 
(1-2) Sostituzione nell'esecuzione di opera pubblica, occupazione abusiva 
di suolo alieno e legittimazione passiva nel giudizio promosso dal proprietario 
a tutela del proprio diritto leso. 

I. -Secondo la sentenza in rassegna, l'intervento dello Stato nell'esecuzione 
di opere pubbliche di competenza di enti locali previsto e 
disciplinato dalle norme del d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, come si evincerebbe 
anche dalla premessa contenuta nel d. lg. medesimo, ha natura 
sostitutoria (sul concetto di sostituzione v. MIELE, Principi di diritto amministrativo, 
Padova, 1953, 73 e segg.): � lo Stato, cio�, avoca a s� l'esecuzione 
dell'opera, che il Comune non � in grado di realizzare, rimanendo 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 865 

Con sentenza non definitiva 11 dicembre 1958 il Tribunale riteneva 
infondata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dal 
Comune di.Matera e dichiarava il proprio difetto di giurisdizione a provvedere 
sulla domanda di rilascio dell'immobile. Con sentenza definitiva 
del 6 novembre 1961 lo stesso Tribunale determinava in lire 2.500 
al mq. il valore del suolo occupato fissando in lire 9.200.000 la somma 
dovuta dal Comune di Matera all'Amministrazione finanziaria a titolo 
di risarcimento dei danni, oltre agli interessi legali dal giorno dello 
inizio dell'occupazione. 

Su gravame del Comune di Matera la Corte di Appello di Potenza, 
con sentenza 30 giugno 1963, ritenuto che legittimata passivamente 
doveva ritenersi esclusivamente l'Amministrazione dei LL.PP., che aveva 
realizzato l'opera, in riforma delle decisioni impugnate, rigettava la domanda 
proposta dall'Amministrazione finanziaria contro il Comune di 
Matera per difetto di legittimazione passiva di quest'ultimo. 

Avverso questa sentenza l'Amministrazione finanziaria, con atto del 
-9 ottobre 1963 ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due 
motivi di annullamento, cui resiste il Comune di Matera con controricorso. 


Motivi della decisione 

Col primo mezzo, la Pubblica Amministrazione ricorrente, denunciando 
la violazione degli articoli 1, 2, 3 del d. lg. 10 agosto 1945, n. 517, 
in relazione all'art. 360, n. 3, c. p. c., si duole che la Corte abbia escluso 
la legittimazione passiva ad causam del Comune di Matera, sulla considerazione 
che, avendo l'Amministrazione dei LL.PP. fatto uso della 

quest'ultimo soltanto obbligato verso lo Stato, con rapporto puramente 
interno fra i due enti, al rimborso rateizzato del 50 % della somma impiegata�. 
Il consenso dell'ente locale interessato alla sostituzione, a norma 
dell'art. 2 d. lg. lgt. n. 517 del 1945, giusta la denunciata sentenza della 
Corte d'Appello, convalidata dalla Corte di Cassazione, � non vale soltanto 
quale adesione alla iniziativa del Provveditore 00.PP., ma anche e sopra 
tutto quale accettazione dell'obbligo di restituire allo Stato la met� della 
spesa che quest'ultimo avr� sostenuto per eseguire il lavoro .. Dato che 
si tratti di sostituzione, � da ribadire (v. gi� nota in questa Rassegna, 
1965, I, 1167) che lo ,spostamento di attribuzioni dall'uno a1l'altro ente pubblico, 
in ordine alle attivit� di cura della materia considerata, non pu� 
verificarsi, ,se non nei precisi limiti in cui esso sia stato autorizzato 
da speciale norma di legge derogatoria, che, incidendo sull'ordinamento 
delle competenze dei due enti, ferma restando, beninteso, l'appartenenza 
del risultato alla sfera del sostituito, va interpretata con rigorosa aderenza 
al suo dettato, n� pu� essere a sua volta derogata, nella sua applicazione, 
da norme inferiori, tanto meno pattizie. Ci� si dice, per sottolineare 
che: a) non pu�, rettamente, ritenersi sottratto alla competenza 
istituzionale dell'ente sostituito, relativamente alla materia considerata, 



866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

facolt� di sostituirsi al Comune, a norma delle predette disposizioni, 
solo l'Amministrazione dello Stato fosse passivamente legittimata e dovesse 
rispondere del bene occupato, anche se destinatario e beneficiario 
dell'opera fosse il Comune, laddove le norme citate non prevedono la 
sostituzione dello Stato ai Comuni nella realizzazione delle opere e l'Amministrazione 
dei LL.PP. si � limitaita alla vigilanza ed al collaudo dell'opera 
eseguita dal Comune di Matera. 

La doglianza � infondata. 

Consider� la Corte di merito che la �costruzione dell'edificio scolastico 
doveva ritenersi realizzata, con le provvidenze di cui al d. lg. 10 
agosto 1945, n. 517, dal Provveditorato alle 00.PP. della Lucania, onde 
legittimata passivamente per il pagamento del suolo doveva ritenersi 
esclusivamente l'Amministrazione dei LL. PP., alla quale, e non al Comune 
di Matera, doveva farsi risalire la responsabilit� dell'abusiva occupazione 
del suolo medesimo. 

A tale risultato la Corte di Appello pervenne attraverso l'esame 
delle norme contenute nel citato d. lg. n. 517, che permetteva allo Stato, 
e per esso al Ministero dei LL.PP., di sostituirsi ai Comuni nella realizzazione 
di opere pubbliche di competenza degli enti locali, non senza 
avere sottolineato il fine preminente perseguito da detta legge, che era 
quello di alleviare la disoccupazione. 

Le conclusioni della sentenza impugnata resistono alle censure della 
ricorrente. 

Al riguardo assume rilevanza la premessa contenuta nel d. lg. in 
esame, che chiaramente enuncia l'interesse dello Stato a sostituirsi agli 
enti locali per la esecuzione di opere, che rivelino carattere di particolare 
importanza ed urgenza. Il secondo comma dell'indicata premessa 

nulla di pi� e di diverso di quanto previsto dalla norma di legge derogatoria; 
b) ove, secondo il disposto di tale norma, la ipotizzata sostituzione 
non si estenda all'intero ambito delle attivit� di competenza, in 
materia, dell'ente passivamente legittimato, l'assetto legale delle attribuzioni 
amministrative, quale risultante dalla intervenuta modifica, sia 
pure temporanea .e contingente, dell'ordinamento, coinvolger� necessariamente, 
nello svolgimento della sostituzi�one, e per la realizzazione del 
pubblico interesse, uno specifico rapporto di cooperazione fra i due enti, 
con rilevanza esterna, verso i terzi. 

Da ci� appare dimostrata, a sommesso avviso di chi scrive, l'inadeguatezza 
della ricostruzione del fenomeno, quale proposta, nel caso considerato, 
dalla sentenza in rassegna, con la surriferita proposizione, ove si 
vorrebbe ridurre il rapporto ente locale-Stato ad un mero rapporto interno 
di carattere finanziario. Circa l'altra proposizione, ove si afferma che, 

� avendo... la Corte di merito accertato che lo Stato si era sostituito al 
Comune nella realizzazione dell'opera, correttamente ha ritenuto che l'iniziativa 
del procedimento di espropriazione spettava al soggetto che si 
proponeva di costruire l'opera e cio� al Ministero dei LL.PP. e non al 
Comune �, � da rilevare che essa pu� esser.e ricollegata all'insegnamento 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 867 

recita, infatti: � riconosciuta l'opportunit� di assumere a cura dello 
Stato l'esecuzione di opere di enti locali�. Non si tratta, quindi, di un 
semplice intervento finanziario o tecnico, ma di assunzione diretta delle 
opere da parte dello Stato, che si surroga ai Comuni impossibilitati a 
provvedere. 

Lo Stato, cio�, avoca a s� l'esecuzione dell'opera, che il Comune non 
� in grado di realizzare, rimanendo quest'ultimo soltanto obbligato, verso 
lo Stato, con rapporto puramente interno fra i due enti, al rimborso 
rateizzato del 50 % della somma impiegata. 

� inesatto, pertanto, affermare -come fa l'Amministrazione finanziaria 
ricorrente -che le norme del citato d. lg. n. 517 del 1945 non 
consentono la sostituzione dello Stato ai Comuni nella realizzazione delle 
opere di interesse degli enti locali e che, nella specie, l'Amministrazione 
dei LL.PP. si sia limitata alla vigilanza e al collaudo dell'opera, realizzata 
dal Comune, laddove, invece, vi � stata assunzione diretta della 
opera da parte dello Stato e cio� sostituzione del soggetto nella realizzazione 
della stessa per raggiungere il fine preminente tutelato con 
il d. lg. n. 517 del 1945. 

N� a far ritenere il Comune passivamente legittimato � di ausilio 
l'argomento che esso sia stato, in definitiva, destinatario o beneficiario 
dell'opera pubblica, non versandosi, nella specie, nell'ipotesi di un normale 
rapporto di espropriazione e di occupazione di urgenza disposta dal 
Prefetto a favore del Comune, in cui tenuto al pagamento del suolo � 
colui che si giova del trasferimento coattivo del bene o dell'occupazione 
autorizzata, bensl in una ipotesi di fatto illecito lesivo dell'altrui 
propriet� (occupazione senza titolo), di cui deve rispondere chi se ne � 
reso autore. 

La prima censura va pertanto disattesa, perch� basata sopra una 

inesatta interpretazione del rapporto venuto a stabilirsi tra il Ministero 

presupposto, per esempio, nella precedente sentenza 30 maggio 1966, n. 1412 
delle Sezioni Unite (in questa stessa Rassegna, 1966, I, 854), in ordine all'estensione 
alle espropriazioni per p, u. della sostituzione della Cassa per il 
Mezzogiorno nella progettazione ed esecuzione delle opere di competenza del 
Comune o della Provincia di Napoli incluse nei programmi di cui all'art. 4 

1. 9 aprile1 19513, n. 297. Ma precisamente questo caso sta a dimostrare, ad 
avviso di chi scrive, che non basta la generica affermazione, che l'attivit� 
di occupazione ed espropriazione sono necessariamente connesse con quella 
di esecuzione dell'opera pubblica, ad autorizzare il corollario che la sostituzione 
nell'esecuzione dell'opera debba, in generale e necessariamente, essere 
estesa anche a �quelle attivit�. Ed infatti la 1. n. 297 del 1953, mentre prevede 
la predetta sostituzione, attribuisce nel contempo alla stessa Cassa per il 
Mezzogiorno la veste non gi� di ente espropriante, sibbene di autorit� sopraordinata 
alle parti del rapporto espropriativo (v. artt. 4 ed 8 1. n. 297 del 
1953 ed in relazione nota, in questa Rassegna, 1965, I, 1162). Quanto, poi, al 
d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, dell'applicazione del quale si trattava nella 

868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dei LL.PP~ ed il Comune di Matera in virt� del pi� volte menzionato 
d. lg. 10 agosto 1945, n. 517. 
Col secondo mezzo la Pubblica Amministrazione ricorrente, denunciando 
la violazione degli artt. 2043 e 2041, in relazione all'art. 360, nn. 3 
e 5, c. p. c., censura l'impugnata sentenza, per avere, ai fini dell'accertamento 
della legittimazione passiva ad causam, omessa l'indagine diretta 
ad identificare l'autore dell'occupazione, che doveva essere ricercato nel 
Comune di Matera, che aveva redatto il progetto per la costruzione dello 
edificio e diretto e contabilizzato i lavori. Inoltre l'impugnata sentenza 
non avrebbe considerato che l'onere della costruzione degli edifici per le 
scuole elementari � a carico dei Comuni, i quali ne sono per legge proprietari 
(art. 91 t. u. legge com. e prov.) e che tale titolarit� non perdono 
neanche quando l'opera venga realizzata con interventi da parte dello 
Stato. Infine, la stessa sentenza non avrebbe tenuto presente che, in 
ogni caso, anche in mancanza del fatto illecito dell'occupazione senza 
titolo, il Comune di Matera deve indennizzare lo stesso essa Amministranzione 
ricorrente della correlativa diminuzione patrimoniale, a norma 
dell'art. 2041 c. c. 
Anche tali censure non vulnerano la sentenza denunciata, giacch� 
la decisfone rimane sorretta da ragioni logico-giuridiche esatte, che la 
giustificano pienamente. 
Avendo, infatti, la Corte di medto accertato che lo Stato si era 
sostituito al Comune nella realizzazione dell'opera, correttamente ha 
ritenuto che l'iniziativa del procedimento di espropriazione spettava al 
soggetto che si proponeva di costruire l'opera e cio� al Ministero dei 
LL.PP. e non al Comune. 
specie, � da osservare che proprio gli artt. 2 e 3 del medesimo configurano 
l'attivit� sostitutiva dello Stato come relativa alla � esecuzione dei lavori � 
(art. 3) e � nei limiti delle somme che saranno all'uopo assegnate dal Ministero 
dei lavori pubblici � (art. 2). Anche tale normativa dimostra, pertanto, 
che la stretta connessione fra i due ordini di attivit� non esclude 
che giuridicamente esse possano essere attribuite a soggetti diversi: la 
complementarit� delle attivit� dimostra la necessit� della cooperazione fra 
i due enti, ma non, invece, a priori, la necessit� che la sostituzione debba 
comprenderle entrambe, mentre ci� dipende dall'attenta interpretazione, 
caso per caso, delle singole normative. La riprova dell'esattezza di tale 
assunto si potrebbe trovare ancora nell'art. 13 1. 25 giugno 1949, n. 409 
(e gi� nell'art. 59 d. lg. 10 aprile 1947, n. 261), che prevedeva espressamente 
l'attribuzione al Ministero dei lavori pubblici, quale sostituto del 
Comune nell'attuazione totale o parziale del piano di ricostruzione, del 
potere di procedere alle espropriazioni per p. u., con ci� dimostrando che 
le due attivit� sono giuridicamente scindibili e riferibili a soggetti diversi, 
nonch� nell'art. 15 della successiva 1. 27 ottobre 1951, n. 1402, che, nel 1� 
dettare la nuova disciplina del potere sostitutivo del Ministero dei lavori :: 
pubblici nell'attuazione dei piani di ricostruzione, menziona, accanto al 
conferimento di tale potere, quello di � tutte le facolt� � attribuite dalla 
~--==___;__==,�=�. 
~; 
i 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 869 

Valutando gli elementi probatori acquisiti al processo e soprattutto 
valutando il decreto del Provv�editorato alle 00. PP., hanno considerato i 
giudici di appello che con tale decreto il Comune di Matera fu espressamente 
delegato soltanto per la direzione e contabilizzazione dei lavori 
e non anche per le espropriazioni a farsi, bench� non ne ignorasse affatto 
la necessit�, come era dato evincere dal testo di tale provvedimento, col 
quale venivano approvati, a tutti gli effetti, il piano parcell'are grafico e 
descrittivo relativo alle espropriazioni occorrenti per l'esecuzione dell'opera. 


Se, quindi, l'Amministrazione dei LL.PP. aveva deliberato di realizzare 
l'opera pubblica, sia pure avvalendosi di proget.ti tecnici redatti 
dal Comune, ed in effetti costruiva l'opera stessa sul suolo altrui senza 
curare, n� preventivamente n� successivamente, l'acquisizione, in via bonaria 
o con la procedura dell'espropriazione, del suolo medesimo, a ragione 
� stata negata la legittimazione passiva del Comune nel presente 
giudizio di danni, posto che la responsabilit� del fatto lesivo dell'altrui 
propriet� doveva essere fatta risalire soltanto all'Amministrazione 
dei LL. PP., che aveva assunto la costruzione dell'opera. 

Non � di rilievo la circostanza che l'area era stata prescelta dal Comune 
e che allo stesso era stata affidata la direzione e 1a contabilizzazione 
dei lavori, in quanto la scelta del suolo non faceva venir meno 
l'onere incombente all'Amministrazione dei LL.PP. di predisporre tempestivamente 
gli atti di espropriazione e di occupazione, idonei a conseguire 
la disponibilit� del suolo stesso, mentre le funzioni delegate al 
Comune di direzione e contabilizzazione dei lavori avevano un ambito 
ben delimitato, riguardando la regolare e puntuale esecuzione dell'opera 
da parte dell'appaltatore, cui i lavori erano stati aggiudicati dal Prov


legge al Comune medesimo per l'attuazione del piano, con ci� fornendo 
la stessa dimostrazione, in ordine alla scindibilit� delle attivit�, cosi come 
del resto � confermato dall'art. 324 I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui 
lavori pubblici. A questa norma di legge fa, cosi, riscontro, pel campo 
degli appalti nonch� delle concessioni di costruzione di opere pubbliche, 
quella giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, secondo la quale: 

� quando i lavori per la esecuzione di un'opera pubblica vengano dati in 
concessione o in appalto e sia necessario a detto fine procedere ad espropriazione 
di immobili, possono essere trasferiti dall'espropriante al concessionario 
o appaltatore gli oneri concernenti il compimento degli atti 
della procedura di esproprio� (Cass., 9 maggio 1962, n. 928, Giur. it., Mass., 
1962, 336 e Foro it., 1962, I, 2105 ed ivi riferimenti, sub 1, di dottrina e 
giurisprudenza). 
II. -Sempre secondo l'annotata sentenza, il problema di legittimazione 
passiva, sollevato dalla difesa dell'Amministrazione statale ricorrente, 
doveva ritenersi relativo ad un giudizio � di danni �. Lia Corte ha 
cosi affermato che, nel caso di specie, � non interessa che in definitiva il 
Comune di Matera �Sia divenuto proprietario dell'immobile di cui trattasi, 
bensi chi ha costruito sul terreno altrui, occupandone l'area senza il rispetto 

870 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

veditorato alle 00.PP. a seguito di licitazione privata: funzioni che 
il Comune svolgeva in rappresentanza dell'Amministrazione committente. 


Non �, infatti, vietato all'Amministrazione dei LL. PP. di avvalersi 
degli uffici di enti locali, tecnicamente attrezzati, per la progettazione di 
opere pubbliche interessanti gli enti medesimi e per la direzione dei 
lavori, senza che ci� implichi che le opere stesse vengano compiute da 
detti enti locali, ove insieme alla progettazione ed alla direzione dei 
lavori non venga ad essi a.ffidata la titolarit� della esecuzione delle 
opere, ipotesi quest'ultima, nella specie, esclusa dalla Corte di merito. 

Non giova alla tesi dell'Amministrazione ricorrente l'ulteriore argomento 
che proprietari degli edifici costruiti per le scuole elementari 
sono per legge i Comuni interessati (art. 911. com. e prov.), anche quando 
il finanziamento sia avvenuto a totale carico dello Stato, in quanto, pur 
non dubitandosi che, una volta costruito e consegnato, l'edificio scolastico 
entra a far parte del patrimonio comunale, nella specie non interessa 

che in definitiva il Comune di Matera sia divenuto proprietario dell'immobile 
di cui trattasi, bens� chi ha �costruito sul terreno altrui, occupandone 
l'area senza il rispetto delle norme e forme previste dalla legge; 
e si � visto sopra che, secondo la Corte di merito, l'opera fu realizzata 
direttamente dall'Amministrazione dei LL. PP., la quale pertanto � obbligata 
a tenere indenne l'Amministrazione finanziaria ricorrente dei danni 
subiti in conseguenza dell'abusiva occupazione. 

delle norme e forme previste da1la legge �, onde, non essendo questi, 
secondo l'accertamento �attribuito alla Corte di merito, il predetto Comune, 
rettamente sarebbe stata esclusa la sua legittimazione a contraddire 
alla domanda dell'Amministrazione finanziaria, proprietaria del suolo 
abusivamente occupato. Questa conclusione, per�, non pu� non lasciare 
perplessi. Ed invero, nel caso, come peraltro rilevato dalla stessa sentenza 

denunciata, �Si tl"attava di domanda di rilascio del suolo o in mancanza 
di condanna al pagamento del suo valore venale, indicato nella somma 
di L. 11.000.000, proposta dall'Amministrazione finanziaria, dopo l'ultimazione 
dei lavori di costruzione dell'edificio scolastico, contro il Comune, 
ormai entrato in possesso dell'immobile. Ma, se cos� era e se competeva 
alla Corte, investita della questione di legittimazione passiva, 
l'esatta qualificazione della natura dell'azione (� noto, invero, che, secondo 
la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il riferimento all'impostazione 
data alla controversia dalla parte ed alla configurazione che 
le ha attribuito il giudice di merito ha luogo � quando ci� sia necessario 
per individuare le norme di rito ad essa applicabili �: Cass., 22 luglio 1966, 

I 

n. 1991 -in pubblicazione nel prossimo fascicolo di questa Rassegna I 
~ 

mentre in generale � spetta al giudice di definire la precisa natura dell'azione, 
indipendentemente dalla qualificazione prospettata dalle parti � : 
Cass., 10 gennaio 1966, n. 189, Giur. it., Mass., 1966, 78, sub c), come premessa 
indispensabile per la soluzione della questione propostale, non pare che 
l'annotata sentenza abbia colto nel segno, col ritenere azione personale, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 871 

Cade cos� la censura di vizio di motivazione in ordine al punto 
concernente l'identificazione dell'autore dell'occupazione del suolo, 
avendo i giudici di appello espresso, al riguardo, il lor� convincimento 
in forma logica e coerente, con adeguata valutazione delle risultanze 
di causa e delle deduzioni delle parti e senza che sia possibile riscontrare 
fra motivazione e dispositivo ovvero fra parti essenziali della prima una 
qualsiasi deficienza o .lacuna, tali da impedire l'individuazione dell'iter 
logico seguito dalla Corte nella decisione adottata. 

Quanto all'ultimo profilo della censura, secondo cui la Corte di merito 
avrebbe, in ogni caso, dovuto applicare l'art. 2041 c. c. e condannare 
il Comune di Matera, per l'ingiustificato arricchimento, ad indenniZzare 
l~Amministrazfone ricorirente della correlativa diminuzione paitrimoniale 
subita, � appena necessario rilevare che la norma in esame conferisce 
all'azione di arricchimento senza causa carattere esclusivamente 
sussidiario, sicch� pu� farsi ricorso all'azione stessa solo quando non 
sia stata prevista altra specifica azione per l'indennizzo. Inoltre, tale 
carattere sussidiario fa s� che essa non possa essere esperita, non solo ove 
sussista altra azione sperimentabile dal danneggiato contro l'arricchito, 
ma anche quando l'azione sia sperimentabile contro persona diversa, che 
sia, per legge o per contratto, obbligata all'indennizzo. E poich�, nella 
specie, la ricorrente Amministrazione ha azione normale contro l'Amministrazione 
dei LL. PP. in forza dell'art. 2043 c. c., ci� esclude il ricorso 
all'azione sussidiaria, di cui alla norma dell'art. 2041, contro l'arricchito 
Comune di Ma,tera. -(Omissis). 

risarcitoria, quella che, invece, doveva rettamente qualificarsi come azione 
reale, di revindica. Proprio la Suprema Cbrte regolatrice ha, infatti, gi� 
avuto occasione di avvertire che, in caso di oceupazione di immobile sine 
titulo per l'esecuzione di opera pubblica, l'azione proposta innanzi al G. O., 
essendo sperimentata a tutela del diritto di propriet�, � di natura reale e 
tale resta, pur se in luogo del rilascio dell'immobile sortisca soltanto il risarcimento 
del danno (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, Acque, bon., 
costruz., 1957, 320, con nota del CoLETTI), spiegando che, �secondo la pi� 
autorevole dottrina, chi detiene arbitrariamente la cosa altrui nega di fatto 
il diritto di propriet�, sebbene non lo contesti espressamente, perch� trae a 
s� quella utilit� che il diritto vuole attribuire al legittimo titolare. E l'azione 
che la legge appresta per ristabilire l'ordine giuridico turbato si concreta 
appunto nel diritto reale di vedersi riconosciuto il bene o il suo equivalente 
oggetto della controversia � (Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 
1961, I, 1317). Il riconoscimento del carattere reale dell'azione avrebbe, 
allora, dovuto indurre la Corte a riconoscere, altresi, la legittimazione 
passiva del Comune, esattamente convenuto in giudizio dall'Amministrazione 
finanziaria, quale possessore dell'immobile (Cass., Sez. Un., 26 maggio 
1965, n. 1038, Giur. it., Mass., 1965, 378, sub a; Cass., 9 agosto 1962, 
1962, n. 2501, id., Mass., 1962, 857). 

F. CARUSI 

872 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2267 -Pres. Pece 
-Est. D'Armiento -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Cornetti (avv.ti 
Avesani, Spano, Trabucchi) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato 
Tracanna). 

Espropriazione per p. u. -Nozione secondo la Costituzione -Limitazione 
della nozione ai trasferimenti coattivi -Esclusione -Atto 
espropriativo in senso materiale. 

(Cost., art. 42, comma terzo). 

Servit� militari -Limitazioni contemplate nell'art. 2 I. 20 dicembre 
1932, n.1849 -Cumulo di due o pi� limiti -Pu� integrare una ipotesi 
di espropriazione postulante indennizzo. 

(I. 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 2) 
La nozione di espropriazione pe1� motivi di pubblico interesse, quale 
enunciata nell'art. 42, comma terzo, della Costituzione non pu� essere 
ristretta al concetto di trasferimento coattivo, n� l'obbligo dell'indennizzabilit� 
pu� essere ricondotto esclusivamente a tale concetto. Secondo la 
logica del sistema, si ha espropriazione da indennizzare non soltanto nei 
casi in cui � posta in essere una traslazione totale o parziale del di.ritto, 
ma anche nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit�, il diritto di 
propriet� viene in concreto annuUato o menomato, ossia allorch� il godimento 
del bene, nel senso d'utilizzazione e di disposizione, sia in tutto 

o in parte sottratto al titolare del diritto, essendo senza decisiva importanza 
che tale titolarit� rimanga immutata. Epper�, ha carattere espropriativo 
anche l'atto, che, pur non disponendo una tmslazione totale o 
parziale del diritto, imponga limitazioni tali, da svalutare di contenuto 
il diritto di propriet�, incidendo sul godimento del bene tanto profondamente, 
da renderlo inut.ilizzabile in rap;porto alla destinazione iner�ente 
alla sua natura, o determinando il venir meno, o una penetrante incisione, 
del suo valore di scambio (1). 
Nessuna deile limitazioni contemplate nell'art. 2 l. 20 dicembre 1932, 

n. 184.9 rappresenta, isolatamente considerata, una ipotesi di espropTiazione; 
ma, considerate cumulativamente, esse potrebbero rappresentarla, 
semprech�, daUa imposizione di due o pi� limiti, risuitasse impedita la 
coltivazione e la raccolta dei frutti di un fondo agricolo, o la possibilit� 
di abitazione (soggiorno, preparazione e consumazione dei pasti, ecc.) in 
un edificio a ci� destinato, con ci� involgendo il diritto a congruo indennizzo 
(2). 
(Omissis). -Con i due mezzi di ricorso si censura la pronunzia della 
Corte di merito, per avere ritenuto non indennizzabile la imposizione 
delle servit� militari in base a principi errati di diritto ed a falsa inter




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 873 

pretazione sia della legge del 1865 sull'espropriazione, sia della legge 
del 1932 sulle servit� militari. 

Si sostiene, in particolare, che le servit� militari, al contrario di 
quanto opinato dal Tribunale e dalla Corte veneta, costituiscono delle 
vere e proprie espropriazioni parziali, soggette ad indennizzo, in base 
al principio san�ito dalla Costituzione, che, ogniqualvolta un privato 
subisce un esproprio per motivi di interesse generale deve essere indennizzato. 
A torto la Corte di appello ha qualificato come �limiti� delle 
vere e proprie servit�; non risponde ad esattezza che il limite consista 
soltanto in un non facere e la servit� in un pati; se quindi gli oneri 
P()Sti nelbando militar~ d'imposizione consistono prevalentemente in un 
non. face,re, essi possono, ciononostante, qualificarsi come servit� negative. 
Non � neppure esatto che nelle servit� vi sarebbe sempre un fondo 
dominante, mentre ci� non avverrebbe nell'ipotesi d'imposizione di 
limiti; sia le servit� di diritto pubblico che i limiti sono posti a vantaggio 
della collettivit� o a vantaggio di una serie di fondi appartenenti 
alla collettivit�. D'altra parte, se proprio si volesse ravvisare la necessit� 
del fondo dominante, esso � dato da quei terreni dell'Amministrazione 
della Difesa-Eserdto, in favore dei quali vengono imposte le servit� 
limitrofe (che sono ammiss:ibili, giusta l'art. 11 della legge n. 1849 

del 1932, solo in vicinanza delle opere militari). � errata, infine, la 
sentenza, quando afferma che le limitazioni imposte dall'autorit� militare 
costituiscono una � compressione � di talune facolt� comprese nel diritto 
di propriet�, considerate per� in astratto e non con riferimento al singolo 
diritto concreto, o a determinati, singoli beni. La compressione � in atto 
proprio a carico di alcuni specifici beni di propriet� dell'attore ed in 

(1) La nozione di atto espropriativo in senso materiale � avallata dall'autorit� 
della Corte Costituzionale, che l'ha delineata, per prima, organicamente, 
con la sentenza 20 gennaio 1966, n. 6, in questa Rassegna, 1966, 
I, 15, con nota di rilievi e riferimenti, nonch� in Giur. Cost., 1966, 72 e 
segg., sub 3-5, nella motivazione della quale si legge (ivi, 91) che non ha 
importanza � il fatto che il sacrificio sia imposto direttamente dalla legge 
o con atto amministrativo in base alla legge, perch� non � la forma dell'atto 
di imposizione quella che dd all'atto stesso la sua camtteristica come 
atto di espropriazione�. In dottrina v. LuBRANo, Alcune considerazioni ecc., 
in nota alla citata decisione n. 6 del 1966 della Corte Costituzionale, 
Giur. cost., 1966, 91. 
(2) Cfr. Corte Cost., 20 g.ennaio 1966, n. 6, cit. a nota 1, Giur. Cast., 
1966, 72, sub 6 (74), che, perci�, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo 
l'art. 3, comma 2, 1. 20 dicembre 1932, n. 1849, sulle servit� militari, 
in riferimento all'art. 42, comma 3, Cost., � in quanto non prevede indennizzo 
per limitazioni della propriet� privata di natura espropriativa �. 
Sulla portata di tale pronuncia, che avrebbe dichiarato la illegittimit� 
costituzionale �della lacuna della norma., v. LuBRANo, op. cit., a nota 1, 
76 e segg. 

874 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sostanza il fondo del Cornetti, per effetto delle servit�, pu� essere 
sfruttato assai meno che nell'ipotesi in cui le servit� non ci fossero. 

Conclude, pertanto, il ricorrente sostenendo che le servit� militari 
sono vere e proprie servit� negative e che quindi una indennit� va 
pagata ai sensi della legge sulle espropriazioni, che prevede appunto il 
pagamento d'indennizzi in caso d'imposizioni di servit�. 

Ritiene questo Supremo Collegio che il ricorso sia fondato, alla 
stregua della intervenuta sentenza della Corte Costituzionale, la quale 
ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 3, secondo comma, 
della legge 20 dicembre 1932, n. 1<849 sulle servit� militari, in riferimento 
all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sulla base dei seguenti 
principi ed osservazioni, che � opportuno riporta~e in questa 
sentenza: 

a) la nozione di espropriazione, enunciata nell'art. 42 terzo comma, 
della Costituzione, non pu� essere ristretta al concetto di trasferimento 
coattivo, n� l'obbligo dell'indennizzabilit� pu� essere ricondotto 
esclusivamente a tale concetto. La logica del sistema impone di considerare 
che la violazione della garanzia si ha non soltanto nei casi in 
cui � posta in essere una traslazione totale o parziale del diritto, ma 
anche, nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit�, il diritto di 
propriet� viene in concreto annullato o menomato senza indennizzo; 

b) la legge pu� non disporre indennizzi quando i modi ed i limiti 
che essa segna, nell'ambito della garanzia accordata dalla Costituzione, 
attengono al regime di appartenenza o ai modi di godimento dei beni 
in generale o d'intere categorie di beni, ovvero quando essa regola 
la situazione che i beni stessi abbiano rispetto a beni o a interessi della 
Pubblica Amministrazione; 

c) si ha espropriazione, quando il godimento del bene (nel senso 
di utilizzazione e di disposizione) sia in tutto o in parte sottratto al 
titolare del diritto, essendo senza decisiva importanza il fatto che titolare 
ne resti o no il proprietario; 

d) ha carattere espropriativo anche l'atto, che, pur non disponendo 
una traslazione totale o parziale del diritto, imponga limitazioni tali, da 
svuotare di contenuto il diritto di propriet�, incidendo sul godimento 
del bene tanto profondamente da renderlo inutilizzabile, in rapporto 
alla destinazione inerente alla natura del bene stesso, o determinando 
il venir meno, o una penetrante incisione, del suo valore di scambio. 

e) ha parimenti carattere espropriativo l'atto, che costituisce servit� 
o impone limiti a carico della propriet�, quando le une o gli altri 
siano di entit� apprezzabili, anche se non tali da svuotare di contenuto 
il diritto del proprietario; 

f) nessuna delle limitazioni contemplate nell'art. 2 della 1. 20 
dicembre 1932, n. 1849 rappresenta, isolatamente considerata, una ipo



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tesi di espropriazione; considerate, per�, cumulativamente, lo potrebbero 
rappresentare, sempre che, dalla imposizione di due o pi� limiti, 
risultasse impedita la coltivazione e la raccolta dei frutti di un fondo 
agricolo, o la possibilit� di abitazione (soggiorno, preparazione e consumazione 
dei pasti, ecc.) in un edificio a ci� destinato. 

Stanti gli esatti principi e rilievi di cui sopra, la sentenza della 
Corte di Appello deve cassarsi e rinviarsi la causa, per nuovo esame, ad 
altra Corte di merito, accogliendosi il ricorso. 

Lia sentenza denunziata, infatti, sull'erroneo presupposto che non 
si potesse addirittura porre, nel caso di specie, la questione di incostituzionalit� 
dell'art. 3, comma secondo, della legge n. 1849 del 1932, � 
pervenuta alla conclusione di respingere la domanda d'indennizzo proposta 
dal Cornetti. 

La sentenza della Corte di merito pu� ben dirsi che trova la sua 
ratio decidendi su di una serie di ragioni tutte in contrasto con i principi, 
che debbono caratterizzare come espropriativo, e quindi indennizzabile, 
l'atto dell'Amministrazione militare, che costituisca servit� o imponga 
limiti a carico della propriet� privata. 

Non appare superfluo aggiungere che il giudice di rinvio dovr� 
procedere ad una rielaborazione completa della materia, alla stregua 
dei criteri gi� visti; dovr� procedere, cio�, ad esaminare, se e quale 
sia stata e sia l'incidenza delle limitazioni, considerate singolarmente 
e nel loro insieme, imposte dall'Amministrazione militare sul godimento 
da parte del Cornetti della sua propriet�, tenuto conto della normale 
utilizzazione e destinazione della propriet� medesima, della durata delle 
limitazioni e di ogni altro elemento utile allo scopo. E solo .a seguito 
di detta indagine, condotta sulla scorta di corretti principi logico-giuridici, 
potr� stabilire, se nel caso concreto il Cornetti abbia diritto ad 
indennizzo ed in quale misura. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLJ:O DI STATO, Ad plen., 16 marzo 1966, n. 8 -Pres. Bozzi C. 
-Est. Granito -Accardo ed altri (avv. D'Atera) c. Ministero Sanit� 
e Medico Provinciale di Ferrara (avv. Stato Varvesi) e Comune di 
Ferrara (avv. Tamburrini). 

Farmacia -Farmacia comunale -Apertura -Autorizzazione del Medico 
Provinciale -Discrezionalit� -Farmacie private -Apertura Autorizzazione 
del Medico Provinciale -Discrezionalit� -Differenza. 


Farmacia -Farmacia comunale -Atti del Medico Provinciale -Defini.
tivit� -Esclusione. 

L'autorizzazione all'apertura di farmacie comunali, ai sensi dell'articolo 
27 della l. 9 giugno 1947, n. 530, costituisce l'esercizio di un potere 
discrezionale che � sostanzialmente diverso da quello attribuito allo 
stesso Medico Provinciale per l'apertura di farmacie private, essendo 
diverse le procedure per l'esercizio dell'uno e dell'altro potere, ed essendo 
diversi gli effetti e la durata dei provvedimenti che vengono emanati; 
in particolare l'autorizzazione all'apertura di farmacie comunali 
� fondata non su di un pubbiico concorso e sul mero accertamento della 
tempestiva esecuzione di determinate formalit�, ma su una discrezionale 
valutazione delle esigenze farmaceutiche locali, specie se l'autorizzazione 
sia richiesta in deroga al criterio (demografico o topografico) 
adottato daZZ,a pianta organica per la istituzione di nuove farmacie (1). 

1 provvedimenti adottati dal Medico Provinciale per l'apertura di 
farmacie sono, per principio generale, impugnabili, salva diversa espressa 
disposizione di legge, col ricorso gerarchico al Ministro della Sanit�; 

(1-2) Con questa decisione l'Adunanza plenaria, dopo aver esattamente 
individuato i diversi presupposti e il diverso contenuto del potere 
attribuito al Medico Provinciale in tema di farmacie comunali e di farmacie 
private, ha superato il conflitto esistente nella giurisprudenza della 
IV Sezione. Questa aveva ritenuto, in un primo momento, senza affrontare 
espressamente la questione, la definitivit� degli accennati provvedimenti 
(dee. 29 luglio 1955, n. 574, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 865); in 
un secondo momento aveva ritenuto invece fondata la tesi della non defi




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 877 

pertanto; i provvedimenti con i quali il Medico Provinciale, ai sensi del 
cit. art. 27, autorizza l'apertura di farmacie comunali, non sono definitivi 
(2). 

nitivit� (17 maggio 1957, n. 525, ivi, 1957, I, 621). Successivamente la 
Sezione si �. orientata per la definitivit� dei provvedimenti (dee. 28 luglio 
1960, n. 759, ivi, 19.60, I, 1187), applicando in via analogica la norma rac<:
hiusa nell'art. 105 t. u. 1265, del 1934 per le autorizzazioni all'apertura di 
:farmacie private. Di recente con decisione 22 gennaio 1964, n. 6, ivi, 1964, 
1, 15, la Sezi�one ha di nuovo negato il carattere della definitivit�. 

CONSIGLIO DI STATO, Ad plen. 5 aprile 1966, n. 10 -Pres. Bozzi C. 
-Est. Tozzi -Giovannini (avv. Danese), Bertozzi ed altri (avv.ti 
Biamonti E. e F. Sansone) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Albisinni). 


Atto amministrativo -Silenzio -Provvedimento interlocutorio, a carattere 
meramente dilatorio -Non impedisce la formazione del silenzio 
impugnabile. 

Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo ex 1. n. 968 
del 1953 a favore dei proprietari di navi requisite o noleggiate dallo 
Stato -Interesse legittimo -Giurisdizione del C.d.S. 

Danni di guerra -Beni mobili ed immobili -Indennizzo -Navi requisite 
o noleggiate dallo Stato -L. 986 del 1953 -Applicabilit�. 

Nel caso che i motivi addotti dall'Amministrazione nella risposta 
alla diffida a provvedere abbiano solo scopo dilatorio, essi sono inidonei 
ad impedire la for.mazione del silenzio-rifiuto impugnabile (1). 

La l. 27 dicembre 1953, n. 963 riconosce ai proprietari di navi requisite 
o noleggiate dallo Stato, o comunque obbligatoriamente assicurate 
�contro i rischi di gue1�ra, un interesse legittimo ad ottenere l'indennizzo 
per i danni riportati dalle navi a seguito degli eventi bellici; pertanto, 
la controversia rientra nella giurisdizione del Consiglio di 
Stato (2). 

(1) Sul punto, vedasi la decisione Ad. plen. 3 maggio 1960, n. 8, n 
Consiglio di Stato 1960, I, 822. Cfr. altresi, IV Sez. 15 novembre 1961, 
n. 574 e 22 gennaio 1964, n. 18, ivi, 1961, I, 1861; 1964, I, 32. 
(2) Nella stesso senso, in precedenza, par. III, Sez. 23 gennaio 1962, 
n. 4 e 12 febbraio 1963, n. 94, n Consiglio di Stato, 1962, I, 1723; 1964, I, 212. 
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__. 



878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le navi requisite o noleggiate dallo Stato, ai sensi del r. d. i. 28 
aprile 1937, n. 707 e della i. 13 luglio 1939, n. 1154, nonch� le navi 
di stazza lorda superiore a mine tonnellate, obbligatoriamente assicurate 
in base ai r. d. i. 23 novembre 1939, non possono essere escluse 
dall'ambito di applicazione della i. 17 dicembre 1953, n. 968 -che 
prevede un trattamento risarcitorio pi� favorevole -nell'ipotesi che 
esse siano andate perdute per fatti di guerra, quand'anche i proprietari 
abbiano percepito l'indennit� prevista dal r. d. i. n. 1939 cit. (3). 

(3) Nello stesso senso sia pure da un aspetto particolare (nel caso di 
concessione gi� determinata) cfr. Cass. Sez. Un., 27 gennaio 1966, n. 314, 
in questa Rassegna 1966, I, 554. 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen, 13 maggio 1966, n. 11 -Pres. Bozzi Est. 
Landi -Paganuzzi (avv. D'Abbiero) c. Convitto Nazionlae �Maria 
Luigia> di Parma (avv. Gragani). 

Competenza e giurisdizione -Insegnanti dei Convitti Nazionali -Rapporti 
di impiego -Controversie -Giurisdizione amministrativa Sussistenza. 


Impiego pubblco -Insegnanti dei Convitti Nazionali -Norme applicabili 
-Fattispecie. 

Impiego pubblico -Retribuzione -Integrazione ex art. 36 Costituzione -
Azionabilit� della pretesa -Condizioni. 

Impiego pubblico -Insegnanti incaricati presso i Convitti Nazionali Indennit� 
di anzianit� -Esclusione. 

Impiego pubblico -Rapporto a termine -Prosecuzione di fatto -Rinnovazione 
tacita del rapporto -Esclusione. 

Le vertenze in materia di rapporto di impiego degli insegnanti delle 
scuole gestite dai Convitti Nazionali rientrano nella giurisdizione del 
Consiglio di Stato (1). 

(1) In senso contrario si erano espresse le Sezioni Unite della Corte 
di Cassazione con la sentenza 11 aprile 1964, n. 847, in questa Rassegna, 
1964, I, 669, con nota di ZAGARI, La giurisdizione in tema di rapporto degli 
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-



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 879 

Nessuna norma deUa vigente legislazione impone ai Convitti Nazionali 
l'obbligo di estendere al. personale insegnante da essi dipendente 
le disposizioni in vigore per gli insegnanti delle corrispondenti scuole 
statali (2). 

La pretesa di integrazione -ex art. 36 Costituzione -della retribuzione 
percepita dal lavoratore non pu� essere esercitata nei confronti 
della p, a. e nel contesto di un rapporto di pubblico impiego, se 
non siano stati tempestivamente impugnati gli atti amministrativi autoritativi 
che abbiano determinato la retribuzione in contestazione (3). 

Il rapporto di lavoro risultante da un incarico di insegnamento � 
a tempo determinato: pertanto agli insegnanti incaricati dei Convitti 
Nazionali non spetta ind�nnit� di anzianit� (4). 

Poich� in materia di� pubblico imi>iego l'art. 2097, III comma, c. c., 
non � applicabile, la prosecuzione di fatto del rapporto di impiego oltre 
il termine non implica rinnovazione del rapporto stesso n� trasforma 
il rapporto a tempo determianto in rapporto a tempo indeterminato (5). 

insegnanti delle scuole dei Convitti Nazionali, la cui impostazione critica, 
sotto il profilo che l'attivit� scolastica rientrerebbe nelle finalit� istituzionali 
dei Convitti, � stata sostanzialmente accolta dalla decisione in rassegna. 
D'altra parte, in analogo ordine di idee, il Consiglio di Stato, Sez. V, 

gi� con la decisione 23 settembre 1961, n: 476, Il Consiglio di Stato, 1961, 

I, 1409, aveva ritenuto pubblico il rapporto di impiego del personale 

assunto da un Ente pubblico per l'amministrazione del patrimonio dal 

quale l'Ente stesso traeva le fonti di reddito necessarie per il persegui


mento delle sue finalit�. 

(2) Sulla normativa applicabile al rapporto di impiego degli insegnanti 
dei Convitti, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1960, n. 813, Il Consiglio 
di Stato, 1960, I, 2097; Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 1961, n. 209, ivi, 1961, 
I, 566. 
(3) Nello stesso senso v. Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1961, n. 245, Il 
Consiglio di Stato, 1961, I, 1444; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 1961, n. 128, 
ivi, 1961, I, 721; Cons. Stato, Sez. VI, 15 febbraio 1961, n. 169, ivi, 1961, 
I, 355. 
(4) Per qualche precedente cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 1964, 
n. 341, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 794. 
Sulla non spettanza del diritto alla indennit� di anzianit� quando il 
contratto di lavoro sia a termine o quando il termine risulti dalla specialit� 
del rapporto, v. Consiglio Stato, Sez. VI, 23 ottobre 1950, n. 372, Foro 
Amm., 1951, I, 3, 74. 

In particolare, per quanto concerne la natura a termine del rapporto 
di servizio dell'insegnante incaricato presso un Convitto nazionale, cfr. 
Cons. Stato, Sez. VI, 17 ottobre 1962, n. 669, Il Consiglio di Stato, 1962, 
I, 1608. 

(5) Giurisprudenza consolidata; cfr Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 1954, 
n. 641, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 1070; Cons. Stato, Sez. V, 14 marzo 1959, 
n. 166, ivi, 1959, I, 380; Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 1960, n. 853, ivi, 
1960, I, 2288; Cons. Stato, Sez. VI, 17 ottobre 1962, ivi, 1962, I, 1688. 

880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 126 -Pres. De Marco 
-Est. Tozzi -Santomauro (avv. Sciacca) c. Presidenza Consiglio 
Ministri (avv. Stato Del Greco). 

Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -: Attitudini al 
grado superiore -Punteggio -Proporzione con gli altri titoli -Non 
� necessaria. 

Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Qualit� del servizio 
prestato -Attribuzione -Criterio. 

Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Cultura generale 
-Attribuzione del punteggio -Criterio -Titolo di studio Valore. 


Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Punizioni di 
qualifica superiore -Non costituisce titolo a s� 

Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Incarichi Svolgimento 
delle funzioni normali di Ufficio -Valutazione Omissione 
-Legittimit�. 

In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo il punteggio 
da attribuire per attitudine alle funzioni della qualifica superiore, 
ai sensi dell'art. 169 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3, non deve essere 
rigorosamente proporzionale al punteggio ottenuto per gli altri titoli, 
e ci� sia perch� il fatto che alcuni scrutinati abbiano ottenuto il punteggio 
massimo in tutte le categorie dei titoli, non esclude che fra essi 
vi sia chi detti titoli possegga in misura maggiore, sia perch� il punteggio 
e l'attitudine alle funzioni della qualifica da conseguire deve 
essere attribuito non solo in base ai titoli considerati dal Consiglio di 
Amministrazione nella scheda personale, come avviene per la qualit� 
del servizio prestato o per la cultum e la preparazione professionale, 
ma in base a tutti gli altri elementi c0-munque risultanti dal fascicolo 
personale (1). 

In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo il punteggio 
massimo per ogni categoria di titoli viene attribuito non in base 
ad un raffronto fra i titoli di ciascun candidato ed i titoli di tutti gli 
altri, ma in base ad un giudizio diretto a stabilire se un dato scrutinando 
possegga quel titolo in misura sufficiente per ottenere il massimo 
punteggio previsto; pertanto, in sede di valutazione del �servizio 

(1) Cfr. Sez. IV, 3 febbraio 1965, n. 122, Il Consiglio di Stato, 1965, 
I, 167; Sez. V, 29 settembre 1965, n. 990, ivi, 1965, I, 1460. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 881 

prestato�� nessuna importanza pu� avere il numero delle mansioni 
svolte o la importanza delle stesse, venendo il punteggio attribuito per 
il modo col quale le mansioni sono state esercitate (2). 

In sede di scrutinio di promozione per me1'ito comparativo l'attribuzione 
del punteggio per � cultura generale � non va fatta solo in 
base ai titoli posseduti, perch� � evidente che il titolo di studio � solo 
uno degli elementi da valutare, non potendosi escludere che il funzionm
�io durante la carriera abbia migliorato la sua cultura generale rispetto 
a quella che si pu� desumere dal titolo di studio; pertanto, non 
pu� ravvisarsi illegittimitd nel fatto che per la cultura generale sia 
attribuito un punteggio superiore a chi abbia un titolo di studio uguale 

o. inferiore rispetto ad altri, a meno che questi altri non abbiano titoli 
di tale preminenza rispetto ai primi che rivelino immediatamente una 
illogicitd nella valutazione (3). 
Lo svolgimento delle mansioni della qualifica da conferire non 
attribuisce, in sede di promozione per merito comparativo, alcun titolo, 
potendo esso costituire anche un elemento negativo se le mansioni stesse 
siano state male esercitate (4). 

In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo, lo svolgimento 
del normale compito inerente alla qualifica rivestita non pu� 
essere valutato come incarico a s�, suscettibile di autonomo punteggio 
(5). 

(2) Cfr., per il criterio di valutazione del servizio prestato, Sez. IV, 
16 marzo 1966, 148, ivi, 1966, I, 459, con giuris. ivi cit. 
(3) Cfr. Sez. IV, 1 dicembre 1965, n. 749, ivi, 1965, I, 2071; v. anche 
Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 130, ivi, 1966, I, 434; 19 gennaio 1966, n. 3, retro 
I, 638. 
(4) Cfr. Sez. VI, 11 giugno 1965, n. 443, ivi, 1965, I, 1263, che conferma 
una giurisprudenza pacifica. 
(5) Cfr. Sez. IV, 17 marzo 1965, n. 285, ivi, 1965, I, 422. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 127 -Pres. De Marco 
-Est. Battara -Rubegni (avv. Lorenzoni) c. Prefetto Roma 
(avv. Stato Terranova) e Comune Roma (avv. Bozzi). 

Espropriazione per p. u. -Espropiazione -Elettrodotto -Termine inizio 
lavori -Decorrenza -Effetti sul decreto di asservimento. 

Espropriazione per p. u. -Espopriazione -Elettrodotto -Inefficacia per 
decorrenza dei termini della dichiarazione di p. u. -Emanazione 
del decreto di asservimento -Ille~ittimit�. 

Il mancato inizio dei lavori relativi alla imposizione di una servit� 
di elettrodotto, entro il termine stabilito dall'art. 13 u. c. l. 25 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giugno 1865, n. 2359, importa la inefficacia della dichiarazione di p. u., 
con la conseguente nullit� del decreto di asservimento, e non ha nessuna 
rilevanza il fatto che il ritardo nell'emanazione del decreto sia 
dovuto alla opposizione prodotta dall'espropriato (1). 

Venuta meno, per la decorrenza degli accennati termini, la efficacia 
della dichiarazione di p. u. dei lav01�i relativi alla imposizione 
della servit� di elettrodotto, � illegittimo il decreto di asservimento 
che risulti adottato dopO la predetta scadenza, a nulla rilevando che la 
relativa procedura sia stata iniziata prima della scadenza (2). 

(1-2) Sulla finalit� dei termini nella procedura esproriativa e sugli 
effetti della relativa inosservanza, cfr. Ad. plen. 20 dicembre 1965, n. 40, 
in questa Rassegna, 1966, I, 370, con nota. La inefficacia, per decorrenza 
dei termini della dichiarazione di p. u. produce, sul decreto di esproprio, 
gli stessi effetti della omessa indicazione dei termini: cfr. Sez. IV, 2 marzo 
1966, n. 141, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 447; 23 febbraio 1966, n. 106, 
Riv. giur. ed., 1966, I, 878 (relativa ad una dichiarazione di p. u. senza 
fissazione dei termini e al rinnovo della procedura espropriativ�a se i 
lavori non sono iniziati), con nota di G. PALMA. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 marzo 1966, n. 155 -Pres. De 
Marco -Est. Risi -Perrelli (avv. Stoppani) c. Ministero Interno 
(avv. Stato Albisinni). 

Giustizia amministrativa -Notificazioni e comunicazioni -Controinteressati 
-Nozione. 

Giustizia amministrativa -Notificazioni e comunicazioni -Controinteressati 
-Fattispecie. 

Sono controinteressati soltanto coloro che hanno un interesse giu


ridicamente qualificato alla conservazione dell'atto che � investito <ial 

ricorso, e non quelli che hanno un generico interesse ad opporsi all'an


nullamento (1). 

Sono controinteressati i dipendenti che hanno il grado nel quale 

il ricorrente chiede di essere inquadrato, essendo esposti ad. una lesione 

dei loro interessi per lo spostamento dell'ordine di ruolo conseguente 

all'eventuale accoglimento del ricorso; e pertanto il ricorso stesso, a 

pena di inammissibilit�, deve essere ad essi notificato (2). 

(1) Giurisprudenza pacifica sulla nozione di controinteressato: cfr. 
Sez. V, 30 aprile 1965, n. 479, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 740. 
(2) Giurisprudenza costante; cfr. Sez. VI, 17 giugno 1964, n. 474, Foro 
amm., 1964, I, 2, 771. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 883 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 aprile 1966, n. 219 ~ Pres. Potenza 
-Est. Daniele -Rega (avv.ti Soprano e Ciamarra) c. Prefetto di 
Avellino (avv. Stato Azzariti) e Istituto autonomo case popolari 
(n. c.). 

Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza 
-Irregolarit� -Illegittimit� dell'occupazione. 

Espropriazione perp. u. -Occupazione d'urgenza -Stato diconsistenza Avviso 
agli interessati -Forma -Irrilevanza -Limiti. 

E' iitegittimo il provvedimento di occupazione di urgenza adottato 
sulla base di uno stato di consistenza redatto senza che gli interessati 
fossero stati preventivamente avvertiti del giorno in cui si sarebbe proceduto 
alla ispezione e senza il loro intervento (1). 

In mancanza di nor.me che prescrivano una determinata forma di 
comunicazione deU'avviso concernente il giorno di ispezione dei luoghi 
da occupare in via di urgenza ai fini deUa redazione deUo stato di 
consistenza, non � necessario che il relativo invito ai proprietari sia 
notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, ma la forma di comunicazione 
.seguita (nella specie, raccomandata con avviso di ricevimento) deve pur 
.sempre essere idonea aUo scopo; pertanto, spetta aU'Amministrazione 
dimostrare che l'avviso � stato portato a conoscenza dei destinatariq 
tempestivamente (2). 

(1) Giurisprudenza costante; cfr. Sez. IV, 17 marzo 1965, n. 294, Il 
Consiglio di Stato, 1965, I, 433; 9 febbraio 1966, n. 80, retro, 650. 
(2) Cfr. sulla prima parte della massima, IV sez. 25 ottobre 1961, n. 458, 
Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1573. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1966, n. 245 -Pres. De 
Marco, Est. Granito -Nicotera (avv.ti Ferrari e Lessona C.) c. Presidenza 
Consiglio Ministri (avv. Stato Agr�), Corte dei Conti (n. c.) 
!annotta ed altri (n. c.). 

Competenza e giurisdizione -Principi generali -Regolamento di giurisdizione 
-Sentenza della Corte di Cassazione -Fa stato nel giudizio 
davanti al Consiglio di Stato. 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Dipendenti 
Corte dei Conti -Ammissione -Esclusione dalle prove d'esame Competenza 
del Consiglio di Stato. 

Competenza e giurisdizione -Principi generali -Regolamento di giurisdizione 
-Sentenza della Corte di Cassazione -Effetti -Decorrenza. 



884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giurisdizione -Principi generali -Regolamento di giurisdizione 
-Sentenza della Corte di Cassazione -Declaratoria di giurisdizione 
del Consiglio di Stato -Effetti -Obbligatoriet� della 
decisione del Consiglio di Stato. 

La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che dichiara la; 
giurisdizione del Consiglio di Stato a conoscere del ricorso .proposto 
da un candidato escluso dalle prove di esame, scritte ed orali, del concorso 
a referendario della Corte dei Conti, a seguito dell'esito negativo 
della valutazione dei titoli, anche se emessa in sede di regolamento 
preventivo di girisdizione (per avere l'interessato tuzioristicamente impugnato 
la detta esclusione sia davanti al Consiglio di Stato, sia davanti 
alla Corte dei Conti), fa stato nel giudizio pendente davanti al Consiglio 
di Stato (1). 

L'art. 65 t. u. 12 luglio 1934, n. 1214 -in virt� del quale spetta 
alla Corte dei Conti a Sezioni Unite la definizione in forma contenziosa 
di tutti i reclami relativi alla nomina, promozione e disciplina 
dei suoi impiegati ed agenti, o comunque attinenti al rapporto d'impiego 
-va interpretato in senso restrittivo, in quanto deroga alla giurisdizione 
amministrativa ordinaria del Consiglio di Stato, e non comprende 
perci� l'impugnazione di atti o provvedimenti anteriori all'espletamento 
del concorso di ammissione; pertanto, sfugge alla speciale competenza 
della Corte dei Conti, e rientra nella giurisdizione del Consiglio 
di Stato, la controversia relativa, oltre che alla vera e propria 

� esclusione dal concorso �, anche alla analoga ipotes di � esclu.sione 
dalle prove di esam� �, provvedimenti entrambi lesivi di un interesse 
legittimo, ben distinto da quello definitivo alla nomina; che sorge solo 
con l'espletamento del concorso (2). 
La pronuncia con la quale la Corte di Cassazione, nel decidere una 
questione di giurisdizione, determina il giudice competente spiega i 
suoi effetti in modo immediato e definitivo; pertanto se la Corte dei 
Conti a Sezioni riunite non. si � adeguata alla sentenza della Corte di. 
Cassazione ed ha dichiarato tale sentenza priva di effetti nel giudizio 
dinanzi ad essa promosso in ordine alla stess� controversia, tale circostanza 
non pu� autorizzare il Consiglio di Stato a sottrarsi, newure 
temporaneamente, all'obbligo di giudicare impostogli dalla legge ed. 
affermato nel' caso concreto da una tassativa pronuncia delle Sezioni 
unite della Cassazione con la quale � stata preventivamente e definitivamente 
risolto il conflitto di giurisdizione, allora soltanto virtuale, tra. 
Consiglio di Stato e Corte dei Conti (3). 

(1-3) Cfr. Cass. Sez. Un., 7 maggio 1865, n. 859, in questa Rassegna,. 
.1.965, I, 650, con nota di BACCARI. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 885 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1966, n. 266 -Pres. De Mar


co -Est. Figliolia -Bozzo (avv.ti Podest� e D'Audino V.) c. Mini


stero Lavori Pubblici (avv. Stato Carafa) e Comune di Genova 

(n. c.). 
Giustizia amministrativa -Perenzione -Interruzione del termine Compimento 
dell'atto di procedura necessario -Prova legale. 

La dimostrazione della produzione di un atto di procedura necessario 
per l'interruzione del termine di perenzione pu� essere fornita 
soltanto attraverso i mezzi di prova legale che la legge ed il regolamento 
all'uopo predispongono e che, per i giudizi dinanzi al Consiglio 
di Stato, a norma dell'art. 51 r. d. 17 agosto 1907, n. 642, pu� essere 
data dall'annotazione del documento nell'apposito registro di segreteria 

o dalla ricevuta che, a richiesta, abbia rilasciato l'Ufficio; pertanto, va 
dichiarato perento il ricorso ove l'atto di procedura che si pretende 
prodotto nei termini non risulti annotato nel detto registro (1). 
(1) Cfr. Sez. VI, 4 febbraio 1959, n. 76, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 
222; v. anche Sez. IV, 13 novembre 1963, n. 742, ivi, 1963, I, 1584. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 344 -Pres. De 
Marco -Est. De Marco -Accardo (avv. Gallo e Guarino) c. Ministero 
Grazia e Giustizia (avv. Stato Del Greco). 

Atto amministrativo -Estradizione -Provvedimento Ministeriale Natura. 


Competenza e giurisdizione -Estradizione -Giurisdizione ordinaria e 
amministrativa -Descriminazione -Criteri. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi dedotti in 
memoria -Inammissibilit�. 

L'atto con il quale vengono esercitati i poteri riguardanti l'offerta 
e la concessione dell'estradizione di cui all'art. 661, primo comma, in 
relazione all'art. 662, ultimo comma, c. p. c., non � atto politico ma 
amministrativo in senso stretto (1). 

(1-2) Non risultano precedenti in termini. In genere sulla distinzione 
fra atti politici ed amministrativi in senso stretto, cfr. Cons. Stato, Sez. 
IV, 20 febbraio 1954, n. 171, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 155; Cons. Stato, 
Sez. IV, 14 novembre 1962, n. 598, ivi, 1962, I, 1762; Cass. 20 marzo 1956, 

n. 896, Foro lt. Mass., 1956, 171. 

886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In materia di estradizione la giurisdizione del Consiglio di Stato 
� limitata alla fase amministrativa del procedimento, e, pi� precisamente, 
al sindacato di legittimit� dell'uso che, in concreto, il Ministro 
della Giustizia ha fatto dei poteri attribuitigli dal primo comma dell'art. 
661, in relazione all'art. 662, ult. comma, c. p. c., mentre, per 
quanto attiene alla fase giurisdizionale i poteri del giudice amministrativo 
sono limitati all'accertamento formale della esistenza della � deliberazione 
favorevole � quale presupposto necessario dell'attivit� amministrativa: 
sono, pertanto, inammissibili in sede di ricorso giurisdizionale 
tutte le questioni gi� esaminate e decise dal giudice ordinario o 
comunque attinenti alla fase giurisdizionale del procedimento (2). 

I motivi dedotti per la prima volta in memoria difensiva non notificata 
sono inammissibili (3). 

(3) Giurisprudenza costante. Cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1956-60, 
III, n. 357, e, pi� di recente, Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 1965, n. 1116, 
Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2177, nonch� Cons. Stato, Sez. V, 8 gennaio 
1966, n. 34, in questa Rassegna, 1966, I, 658. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 347 -Pres. Polistina 
-Est. Landi -S. p. A. Navigazione Alto Adriatico (avv.ti Volli, 
Comandini e De Luca) c. Presidente della Repubblica (n. c.), 
Presidente Consiglio Ministri, Ministeri Marina Mercantile e Tesoro, 
e Corte dei Conti (avv. Stato Casamassima). 

Corte dei Conti -Controllo sugli Enti pubblici -Limiti -Fattispecie in 
tema di societ� concessionarie di servizi postali marittimi. 

Il concetto di contribuzione ordinaria, di cui all'art. 2, l. 21 marzo 
1958, n. 259, non comprende le somme erogate dallo Stato in favore di 
concessionari ad integrazione di tariffe imposte e determinate con criteri 
politici anzich� economici: pertanto il decreto presidenziale che 
sottopone una societ� concessionaria di servizi postali e commerciali 
marittimi al controllo della Corte dei Conti deve ritenersi illegittimo (1). 

(1) Nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 24 febbraio 1965, n. 230, Foro 
It., 1965, III, 378. Per qualche riferimento cfr. anche Cass. 28 aprile 1964, 
n. lb16, in questa Rassegna, 1964, I, 472, con nota di ZAGARI, Osservazioni 
sul controllo della Corte dei Conti sugli Enti Pubblici. 
In dottrina, MoLTENI, Intorno alla nuova disciplina del controllo della 
Corte dei Conti sugli Enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, Foro 
it. 1958, IV, 93. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 'S87 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 353 -Pres. Poli


stina -Est. Daniele -Comune di Borgo Tossignano (avv.ti Gualan


di e !ossa) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Carbone). 

Competenza e giurisdizfone � Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
� Discriminazione � Criteri. 

Enti pubblici -Comune � Spese per opere pubbliche � Esonero -Atto di 
esclusione � Sindacato del giudice amministrativo. 

La mancanza di un potere di discrezionalit� amministrativa da 
parte della p. a. non conduce necessariamente e correlativamente a ravvisare 
l'esistenza di un diritto soggettivo del privato, in quanto il diritto 
sussiste quando il vincolo sia posto all'attivit� amministrativa a tutela 
diretta e specifica di un interesse privato e non di un interesse pubblico 
istituzionalmente perseguita dalla p. a.: sussiste quindi una posizione 
di interesse legittimo non solo quando l'attivit� amministrativa 
sia discrezionale e sia come tale diretta al perseguimento di pubblici 
interessi, caso per caso valutati dalla p. a., ma anche quando l'attivit� 
amministrativa sia vincolata dalla legge al perseguimento dei fini valutati 
e considerati pubblici, in via generale ed astratta, dalla legge 
stessa (1). 

Poich� l'art. 1 lett. f) e g) della Z. 10 gennaio 1952, n. 9, nel pre


vedere l'esonero degli Enti locali dissestati dal 'concorso alle spese di 

ripristino di opere pubbliche, non ha inteso accordare un diritto patri


moniale agli enti locali ma tutelare gli interessi pubblici locali ritenuti 

prevalenti nel quadro del pubblico e generale interesse, e poich� d'altra 

parte la valutazione dello stato di dissesto di tali enti implica un potere 

discrezionale di apprezzamento da parte della p. a., l'atto che nega 

l'esonero dal concorso nelle spese suddette � soggetto al sindacato del 

giudice amministrativo (2). 

(1) Concetti ripetutamente affermati dalla giurisprudenza. Cfr. Cons. 
Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1957, n. 799, Il Consiglio di Stato, 1957, I, 1191; 
Cons. Stato, Sez. IV, 23 ottobre 1957, n. 862, ivi, 1957, I, 1248; Cons. Stato, 
Sez. IV, 27 ottobre 1965, n. 648, ivi, 1965, I, 1650. 
(2) Non risultano precedenti in termini. Le decisioni 3 maggio 1960, 
n. 401, 29 maggio 1963, n. 383 e 30 ottobre 1963, n. 655 della IV Sezione 
in materia di riparto delle spese per opere portuali (decisioni di cui la 
pronuncia in rassegna ha negato l'applicazione analogica alla specie) si 
leggono in Il Consiglio di Stato, 1960, I, 866, e 1963, I, 716 e 1342. 

888 

RASSE'GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 371 -Pres. Polistina 
-Est. Pezzana -Garroni ed altri (avv. Musio -Sale) c. Ministero 
LL. PP. (avv. Stato Terranova) ed E. N. E. L. (avv. Conte). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Deposito atto impugnato 
-Copia non autentica -Inammissibilit�. 

Il rico1�so giurisdizionale deve ritenersi inammissibile quando in 
luogo del provvedimento impugnato venga depositata una copia sprovvista 
di autenticit�, a nulla rilevando che detta copia sia sottoscritta 
dall'avvocato difensore, il quale, fuori dell'ipotesi della firma della procum 
ad litem, non � munito di poteri di certificazione (1). 

(1) Cfr. nello stesso senso. Cons. Stato, Sez. VI, 3 novembre 1965, 
n. 724, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1936, e Cons. Stato, Sez. VI, 26 novembre 
1965, n. 859, ivi, 1965, I, 1991. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 maggio 1966, n. 409 -Pres. Poli


l 

stina -Est. Gasparrini -Coda ed altri (avv. Iaccarino) c. Prefetto 
di Napoli e Cassa .per il Mezzogiorno (avv. Stato Peronacci) e Comune 
di Napoli (avv. Perfetto). 

I 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Affittuario di im


-. 

mobile espropriato -Legittimazione -Esclusione. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi aggiunti 
non notificati -Inammissibilit�. 

Piano regolatore -Piano regolatore generale -Prescrizioni di zona immediatamente 
efficaci -Inosservanza -Conseguenze -Fattispecie 
in tema di mercati. 

L'affittuario di un immobile espropriato, essendo titolare di un mero 
interesse di fatto alla legittimit� del provvedimento di espropriazione, 
non � legittimato a chiederne l'annullamento in sede di ricorso 
giurisdizionale (1). 

(1) Nello stesso senso cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 gennaio 1963, n. 40, 
Il Consiglio di Stato, 1963, I, 11, e Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 1965, 
n. 639, ivi, 1965, I, 1646. 

PARTE I, SEZ~ IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 889 

I motivi aggiunti non notificati alle altre parti sono inammissibili"(
2). 

Le prescrizioni di zona contenute in un piano regolhre generale, 
che ai sensi dell'art. 11 legge urbanistica, sono immediatamente efficaci, 
determinano il sorgere di vincoli sia a carico dei privati che dalla 

p. a.; pertanto � da ritenere illegittimo il decreto di approvazione di un 
progetto per la costruzione di un mercato rionale in zona diversa da 
quella prevista nel p. r. g. (3). 
(2) Giurisprudenza costante. Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 
1965, n; 1116, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2117; Cons. Stato, Sez. V, 
8 gennaio 1966, n. 34, in questa Rassegna, 1966, I, 658; Cons. Stato, Sez. IV, 
11 maggio 1966, n. 344, ivi, retro, 885. 
(3) Per una analoga applicazione dello stesso principio in relazione 
ad impianti militari, v. Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile 1966, n. 358, Riv. Giur. 
edilizia, 1966, I, 836. . 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 maggio 1966, n. 432 -Pres. Polistina 
-Est. Tozzi -Norante (avv. D'Agostino) c. Ministero Tesoro 
(avv. Stato Ciardulli). 

Danni di guerra -Beni perduti all'estero per trattato di pace -Accerta� 
mento -Esigenza del contraddittorio -Limiti. 

In .mancanza di un preciso obbligo imposto dalla legge, la partecipazione 
dell'interessato alle indagini della Commissione per l'accertamento 
della consistenza di beni perduti all'estero in conseguenza del 
Trattato di pace non pu� ritenersi necessaria, tanto pi� quando i risultati 
delle indagini compiute sono stati comunicati all'interessato per 
metterlo in grado di proporre le sue deduzioni (1). 

(1) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 1962, 
n. 204, Il Consiglio di Stato, 1962, 97. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 2 aprile 1966, n. 564 -Pres. Barra 
Caracciolo -Est. Scarcella -Manfredi (avv. Fragola U.) c. Comune 
di Napoli (avv. Gleijeses) Astarita (avv. Ponzio) e Ciocia interv. 
(avv. Morvillo). 

Edilizia -Piano di lottizzazione -Natura -Atto preliminare alla licenza 
edilizia -Effetti. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Identificazione 
atto impugnato -Mediante formule di rito -Impossibilit� -Fattispecie. 




890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giustizia amministrativa -Intervento -Ad opponendum -Presuppo


sti -Interesse astratto e futuro indipendente dalla conservazione

..

dell'atto rmpugnato -Inammissibilit�. 

Il piano di lottizzazione di un'area edificatoria costituisce un atto 
prelimina1�e rispetto alla licenza edilizia e non implica ancora l'autorizzazione 
ad eseguire determinate costruzioni; esso tuttavia gi� esprime 
la determinazione dell'Autorit� comunale di destinare la zona all'edificazione; 
pe1�tanto, nel caso in cui vi sia stata l'approvazione di un 
piano di lottizzazione per una determinata area, l'ammissibilit� della 
impugnativa della licenza di costruzione � subordinata all'impugnativa 
dell'intervenuta autorizzazione lottizzativa (1). 

E'. esigenza fondamentale del processo amministrativo che sia esattamente 
individuato il provvedimento che si intende impugnare, e ci� 
anche quando trattasi di un atto presupposto, costituendo l'atto impugnato 
l'oggetto stesso del giudizio; pertanto la formula di stile, di per 
s� assolutamente generica, con la quale si impugnano, oltre l'atto specificamente 
individuato, quelli ad esso preordinati e con esso coordinati, 
rende inammissibile il ricorso contro la concessione di una licenza edilizia, 
ove non risulti espressamente impugnato il provvedimento di 
autorizzazione alla lottizzazione, che ne costituisce il presupposto (2). 

E' inammissibile l'intervento ad opponendum nel caso in cui l'interventore 
sia portatore, non gi� di un interesse concreto ed attuale 
alla conservazione del provvedimento impugnato, dal quale ricava, sia 
pure di fatto, una qualche utilit�, ma di un interesse astratto e futuro, 
di per s� indipendente dalla conservazione del provvedimento stesso (3). 

(1) Cfr. negli stessi termini, Sez. V, 13 marzo 1964, n. 343, Il Consiglio 
di Stato, 1964, I, 480. 
(2) Cfr., Sez. V, 15 aprile 1961, n. 127, ivi, 1961, I, 717; Sez. V, 13 marzo 
1964, n. 343, ivi, 1964, I, 480. 
(3) Giurisprudenza costante, Cfr. Sez. V, 10 novembre 1964, I, 794, 
9 aprile 1965, n. 408 e 16 ottobre 1965, n. 1016, ivi, 1964, I, 2042; 1965, I, 
706 e 1671. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 4 marzo 1966, n. 226 -Pres. Breglia 
-Est. Garofalo -Biondo (avv. Giagheddu) c. Ministeri pubblica 
istruzione e Tesoro (avv. Stato Varvesi). 

Pensioni -Cumulo con lo stipendio -Limite -Art.141. n. 149 del 1949 Pensione 
di riversibilit� -Applicabilit�. 

-



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 891 

Pensioni -Cumulo con lo stipendio -Limite -Art.141. n.149del1949 Eccezione 
di incostituzionalit� -Manifesta infondatezza. 

Il limite, previsto dall'art. 14, l. 12 aprile 1949, n. 149 modificato 
4all'art. 14, i. 8 aprile 1952, n. 212, oltre iZ quale il. trattamento ordinario 
di quiescenza.� non pu� cumularsi con il trattamento di attivit�, 
si riferisce non. solo alle pensioni dirette, ma anche a quelle di riversibilit� 
(1). 

L'art. 14 l. 12 aprile 1949, n. 149, modificato dall'art. 14 Z. 8 aprile 
1952,. n. 212, che limita il cumulo di un trattamento di attivit� con 
un trattamento ordinario, non privilegiato, di quiescenza, non viola il 
diritto. al zavoro in quanto incide non sulla retribuzione, bens� sulla 
pensione, n� viola il principio dell'eguaglianza perch� la misura del 
trattamento previdenziale non pu� essere uniforme per tutti i cittadini, 
variando in funzione dei sistemi contributivi posti a base del trattamento 
stesso (2). 

(1-2) Sulla prima massima cfr. Sez. IV, 15 novembre 1963, n. 802, 
Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1615; sull'argomento della seconda massima 
cfr. Corte Cost. 22 giugno 1963, n. 105, ivi, 1963, II, 983. 

IL CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 marzo 1966, n. 256 -Pres. Toro 
-Est. Paleologo -Cesario (avv. Azzariti e Bove) c. Ministero 
pubblica istruzione (avv. Stato Azzariti). 

Giustizia amministrativa -Perenzione -Art. 40 t. u. 26 giugno 1924 

n. 1054 -Istanza per la sospensione dell'atto -Irrilevanza. 
Giustizia amministrativa -Perenzione -Art. 40 t. u. 26 giugno 1924 

n. 1054 -Contrasto con le norme costituzionali che prevedono la 
tutela degli interessi legittimi -Manifesta infondatezza. 
La perenzione del ricorso giurisdizionale nei termini previsti dal


l'art. 40 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, non � impedita dal fatto che sia 

stata presentata e discussa la istanza di sospensione dell'atto ammini


strativo impugnato, qualora si siano verificate le condizioni e siano de


corsi i termini previsti per la perenzione stessa (1). 

I termini per la perenzione del ricorso giurisdizionale, previsti dallo 

art. 40 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, non compromettono la tutela giu


risdizionale degli interessi legittimi sancita dalle norme costituzionali 

(Cost. artt. 24, 103, 113); �, pertanto, manifestamente infondata l'ec


cezione di incostituzionalit� di tale norma per il contrasto con i citati 

articoli della Costituzione (2). 

(1-2) Massime esatte; non risultano precedenti specifici. 



892 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 29 aprile 1966, n. 417 -Pres. Toro Est. 
lmperatrice -Stefanelli (avv;ti Guicciardi e Lefevre D'Ovidio) 

c. Ministero Marina Mercantile (avv. Stato Peronaci). 
Demanio e patrimonio -Demanio marittimo -Concessioni -Prescrizioni 
di massima -Circolare 10 aprile 1961 n. 41 -Esclusione della 
discrezionalit� in ordine alla valutazione dei casi singoli -Non 
sussiste. 

Demanio e patrimonio -Demanio marittimo -Concessioni -Prescrizioni 
di massima -Circolare 10 aprile 1961 n. 41 -Divieto di costruzione 
di opere aventi carattere di abitazione -Legittimit�. 

La circolare 10 aprile 1961, n. 41, con cui il Ministero della Marina 

I 

Mercantile ha dettato prescrizioni di massima in materia di concessioni 
su beni del demanio marittimo, non ha escluso la discrezionalit� 

I 

I @

dell'Amministrazione nella scelta delle singole soluzioni in rapporto 
alla peculiarit� del caso, poich� le p1�escrizioni suddette sono in r~alt� 
intese a rendere unifor.me l'esercizio della discrezionalit� in tutti i casi 
identici sottoposti all'esame degli organi amministrativi, senza pregiudizio 
di una valutazione difforme in casi aventi proprie caratteristiche 
(1). 

L'art. 43 Cod. navig. disciplina le conseguenze giuridiche che derivano 
dall'avvenuta costruzione di opere stabili sui beni del demanio 
marittimo, ma non vieta che l'Amministrazione possa, con previsione 
uniforme -e salva la particolarit� di casi singoli -impedire o non 
consentire le costruzioni stesse; pertanto, � legittima, la--circolaTe 10 

I

aprile 1961, n. 41, con cui iL Ministero della Marina Mercantile ha vietato 
la costruzione sui beni del demanio marittimo di edifici aventi 

I 

carattere di abitazione (2). 

(1-2) Massime esatte; non risultano precedenti. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 17 maggio 1966, n. 452 -Pres. Toro 
-Est. Fanelli -S. p. A. �La Castellana� (avv. Conte e Volpe) c. 
Ministero P. I. (avv. Stato Peronaci). 


Atto amministrativo -�Fil ma per il Ministro � -Irregolarit� nella 
copia notificata -Rilevanza -Limiti. 

Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo -Motivazione 
-Necessit� ed estremi. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 893 

Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo -Motivazione 
come �parco annesso� .. Insufficienza. 

Quando un provvedimento amministrativo sia firmato da un Sottosegretario 
di Stato per il Ministro competente, la circostanza che nella 
copia del provvedimento notificata all'interessato sia stata omessa Za 
preposizione per � prima della dicitura � iZ Ministro pu� tutt'al pi� 
configurare una irregolarit� formale della copia, ma non costituisce 
motivo di iitegittimit� del provvedimento (1). 

L'apprezzamento della sussistenza dell'interesse artistico di particolare 
importanza ai fini della imposizione dei vincoli previsti dalla 

Z. 1� giugno 1939, n. 1089 costituisce un giudizio tecnico discrezionale, 
che� deve peraltro essere sorretto da una idonea motivazione che renda 
manifesto il tipo di interesse che giustifica iZ vincolo e che a tal fine 
indichi��gli elementi che caratterizzano l'importanza del bene vincolato 
nel campo dell'arte, de.ZZa storia, dell'archeologia e dell'etnografia (2). 
Ai fini dell'imposizione dei vincoli di cui alla l. 1� giugno 1939, 

n. 1089 non pu� ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento 
che si limiti a qualificare il terreno adiacente ad un immobile di riconosciuto 
interesse storico o artistico, come e annesso parco �, senza aggiungere 
alcuna indicazione sui pregi artistici ad esso propri ed in ogni 
caso sulle ragioni che dovrebbero indurre a comprenderlo nel vincolo, 
e senza neanche precisarne le caratteristiche (3). 
(1) Per l'esigenza che i requisiti di legittimit� di un atto amministrativo 
debbano valutarsi con riferimento all'originale e non alla copia del 
provvedimento, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 febbraio 1961, n. 50, Foro Amm., 
1961, I, 719. 
(2) Sul contenuto della motivazione necessaria per l'imposizione del 
vincolo, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 dicembre 1965, n. 747, in questa Rassegna, 
1966, I, 375; Cons. Stato, Sez. lV, 9 giugno 1965, n. 475, Il Consiglio 
di Stato, 1965, I, 1081; Cons. Stato, Sez. VI, 31 ottobre 1963, n. 798, in 
questa Rassegna, 1964, I, 1301. In dottrina, v. GARGIULO, Coordinamento di 
competenze in tema di piani regolatori, piani paesistici e provvedimenti 
di imposizione di prescrizioni ex art. 21 Z. n. 1089 del 1939, in questa Ras.
aegna, 1964, I, .920. 
(3) Questione di specie. Non risultano precedenti in termini. 
-



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 gennaio 1966, n. 238 -Pres. Favara 

-Est. Scanzano -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero Finanze (avv. 

Stato Carbone) c. Serena Monghini (avv.ti Manfredonia, Brocchi). 

Imposta di registro -Termine per la notifica dell'accertamento di valore 
-Natura -Decorrenza. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 34; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21~ 
d. 1. 21 gennaio 1947, n. 25, art. 1). 
Imposte e tasse in genere -Acquiescenza in ordine ad accertamento 
tributario e, in particolare, ad ingiunzione fiscale -Ammissibilit�. 

(c. p. c., art. 329; r. d. 30 dicembre� 1923, n. 3269, art. 144). 
n termine per la notifica deU'accertamento di valore in tema di 
imposta di registro (e di ogni altra imposta indiretta sui trasferimenti) 
� di decadenza, e decorre, in ogni caso, dal momento in cui si conclude 
l'iter del procedimento tipico che conduce al soddisfacimento dell'obbligazione 
tributaria, e cio� dalla data del pagamento dell'imposta principale 
(o dalla data dell'atto col quale sia stata concessa Za dilazione)~ 
restando cos� irrilevante, al fine, il successivo pagamento di una eventuale 
imposta suppletiva (1). 

(1, 3, 4) Pacifica, in prirncipio, � la distinzione tra imposte complementari 
ed imposte suppletive, di cui alla terza massima (Cfr., tra altre, 
Sez. Un. 10 ottobre 1956, n. 3491, in questa Rassegna, 1957, 10; id. 12 marzo 
1958, n. 831, ivi, 1958, 63). 

Pu� aggiungersi, per completezza, quanto alle imposte complementari, 
che tali sono, oltre quelle non liquidate in sede di registrazione per errore 
oggettivo (nel quale schema vanno pure inquadrate le liquidazioni operate 
a seguito di successivo accertamento della insussi,stenza, non rilevabile in 
sede di registrazione, di requisiti previsti per l'applicabilit� di benefici: 
cfr. Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 467 ss.), anche le imposte che, indipendentemente 
da ogni errore, non si sarebbero potute prima, per disposizione 
di legge, liquidare e riscuotere (secondo comma, ultima parte, dell'art. 7 
della legge di registro). 

Del tutto corrette, poi, sono da ritenere le conclusioni di cui alfa quarta 

massima, non sembrando potersi revocare in dubbio che, cosi per una 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 895 

L'acquiescenza � concetto tipico delle situazioni in cui un determinato 
risultato giuridico consegue ad una serie di atti coordinati, che 
integrano in senso ampio un procedimento giurisdizionale o amministrativo, 
caratterizzato da momenti che diventano irreversibili, se il 
provvedimento che vi d� vita non sia ritualmente impugnato dalt'interessato; 
conseguentemente, e poich� la volont� che sostanzia l'atteggiamento 
di acquiescenza non concorre aJl perfezionamento o all'efficacia 
del provvedimento, ma soltanto costituisce un fattore preclusivo di una 
consentita impugnazione, ben pu� ipotizzarsi una tale preclusione anche 
in materia tributaria, e ben pu� valutarsi sotto il profilo dell'acquiescenza 
il comportamento assunto dal contribuente a seguito dell'intimazione 
di una ingiunzione di pagamento di imposte (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 aprile 1966, n. 904 -Pres. Favara Est. 
Roperti -P. M. Pedote (diff.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Colletta) c. Battiato (avv. Vacirca). 

Imposta di registro -Imposta complementare ed imposta suppletiva Nozione. 


(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 7). 
Imposta di registro -Imposta liquidata in relazione ad un cespite per 
errore non considerato nella liquidazione dell'imposta principale � 
imposta suppletiva -Mancata liquidazione e richiesta di tale 
imposta entro il termine di cui all'art. 21 del d. 1. 7 agosto 1936, 

n. 1639 -Decadenza -Esclusione -Fattispecie. 
(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 7, 34; d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21; 
d. l. 25 gennaio 1947, n. 25, art. 1). 
La liquidazione in via complementare delle imposte di registro 
postula un errore oggettivo, e vale ad integrare una liquidazione non 
potuta effettuare, all'atto della registrazione, per difetto o insufficienza 

liquidazione suppletiva, e cio� volta a riparare ad una omissione occorsa 
in sede di registrazione, per errore soggettivo, come per una liquidazione 
complementare, ma operata per ragioni non attinenti alla v�alutazione dei 
beni (come nei casi innanzi accennati di accertata inapplicabilit� di benefici, 
o di imposte da tenere sospese per disposizione di legge), sono applicabili 
il.e norme in tema di prescrizione (termini e decorrenza da considerare 
secondo le varie ipotesi), ma non certamente quelle in tema di decadenza, 
di cui all'art. 34 della legge organica (ora art. 21 d. 1. 7 agosto 1936, 

n. 1639, modif. da 1. 25 gennaio 1947, n. 25, art. I): le quali, invero, sono 
dettate esclusivamente per il procedimento di accertamento del valore, e, 

896 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

degli elementi all'uopo necessari, mentre la liquidazione in via suppletiva 
postula un errore soggettivo dell'ufficio, e vale ad integrare una 
liquidazione che, per la presenza dei necessari elementi, si sarebbe potuta, 
in sede di registrazione, gi� operare in modo completo (3). 

Poich� l'imposta di registro liquidata successivamente, in relazione 
ad un cespite per errore non considerato nella prima liquidazione, � 
suppletiva, e comunque non attiene alla valutazione di un cespite gi� 
tassato, bens� � richiesta per la tassazione di un cespite omesso (e cos� 
nel caso di omessa tassazione deZZ'assegnazione ai soci del patrimonio 
sociale: assegnazione gi� risultante dall'atto di scioglimento deLZa societ�, 
tassato in via principale con l'applicazione dell'imposta suZZ'assegnazione 
del solo capitale), non � applicabile, per l'azione dell'Amministrazione, 
la decadenza di cui all'art. 34, e successive modificazioni, della 
legge organica 30 dicembre 1923, n. 3.269 (4). 

I 

(Omissis). -Con l'unico motivo del suo ricorso l'Amministrazione 
delle Finanze denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 34 

r. d. 1. 30 dicembre 1923, n. 3269 nonch� omessa od insufficiente motivazione 
su punto decisivo. Sostiene che la imposta il cui pagamento fa 
decorrere il termine di decadenza, fissato dalla citata norma per l'accertamento 
del maggior valore, � quella realmente dovuta, per cui, ove 
alla liquidazione dell'imposta principale di registro segua la liquidazione 
della imposta suppletiva, il termine predetto decorre dalla data 
del pagamento di quest'ultima. 
La censura � infondata, come quella che non trova alcun conforto 
n� nella lettera n� nello spirito della legge. 

quindi -ed in quanto presuppongono, tra l'altro, una gi� avvenuta liqui


dazione di imposte in relazione ai cespiti, per i quali il procedimento 

stesso sia da promuovere -possono venire in rilievo soltanto in una se


conda fase, per ila iutegrazione (con riferimento al vialore venale, appunto) 

di quelle liquidazioni operate in via complementare (ma per ragioni non 

attinenti all'estimazione), ovvero in via suppletiva. 

Quest'ultimo problema, che non rientrava nell'economia della ver


teruia definita con la seconda delle sentenze in .nota, � stato invece affron


tato nel!la prima di esse, ed ha ricevuto una soluzione (prima massima), 

che non appare accettabile, e che, tra l'altro, sembira non tener conto 

della diversa funzione -del tutto correttamente intesa, poi, come si � 

visto, dalla stessa Corte Suprema -della il.iquidazione suppletiva (o com


plementare non dipendente da accertamento di valore), rispetto a quella 

della liquidazione complementare in sede di valutazione. 

Ha ritenuto la Cassazione, esaminando quel problema, che il termine 

per il.'.accertamento di valore sia in ogni caso da computare dalla data 



PAR'rE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 897 

Premesso che l'art. 34 r. d. I. 1923, n. 3269 � stato sostituito dall'art. 
21 d�l r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, la Corte osserva che la lettera 
della norma � gi� chiara nel senso che il legislatore, parlando puramente 
e semplicemente del � pagamento dell'imposta �, ha avuto riguardo 
a quel pagamento che conclude l'iter del procedimento essenziale 
tipico che conduce al soddisfacimento dell'obbligazione tributaria, costituito 
(v. art. 91 r. d. I. 1923, n. 3269) dalla presentazione dell'atto, la 
registrazione, la liquidazione e la percezione dell'imposta, cio� al pagamento 
dell'imposta principale; E di ci� appare una conferma la equiparazione 
.....,..;. :fatta dalla citata norma -del pagamento all'atto di dilazione 
che, come ipotesi normale, � regolato con riferiment'o al predetto 
procedimento tipico (v. art. 92 r. d. I. 1923, n. 3269 in relazione al 
precedente art. 91). 

Concorre, con tali argomenti, altro fondato su ragioni di carattere 
ontologico. 

Non � contestato dall'Amministrazione ricorrente che la norma del 
citato art. 21 commini una decadenza, come la Corte del merito ha 
ritenuto. 

Cos� essendo, e trattandosi quindi di un istituto retto da norme 
caratteristicamente rigide, � evidente la esigenza che la decorrenza del 
termine relativo sia ancorata ad un elemento certo e costante. Tali caratteri 
possono ritenei;si presenti nel pagamento dell'imposta principale, 
mentre esulano nel pagamento di quella suppletiva, che � meramente 
eventuale e, d'altronde, pu�, dall'Amministrazione, essere accertata nei 
momenti pi� vari di un termine notevolmente lungo, dopo la registrazione 
dell'atto. Ora � evidente che non pu� l'inizio del termine di decadenza 
essere rimesso all'iniziativa della parte, contro cui la decadenza 
� comminata, come avverrebbe se fosse consentito all'Amministrazione 
di dilazionare detto inizio col liquidare, sotto un profilo diverso dall'aumento 
di valore, una qualunque imposta suppletiva. 

del pagamento dell'imposta principale, restando cosi precluso l'accertamento 
medesimo anche il'ispetto a beni non considerati ai fini della liquidazione 
di quell'imposta, se non operato entro il detto termine; ed ha 
rilevato che a tale conclusione dovrebbe indurre il rilievo della esigenza, 
per la caratteristica dgidit� dell'istituto della decadenza, che la decorrenza 
del termine sia ancorata ad un e elemento certo e costante � quale potrebbe 
essere, arppunto, il pagamento dell'imposta principale, che � conclude l'iter 
del procedimento essenziale tipico che conduce al soddisfaciment� dell'obbligazione 
tributaria�, e quale non sarebbe, invece, il pagamento di e'f'entuale 
imposta .suppletiva, accertabile � nei momenti pi� vari di un termine 
notevolmente lungo, dopo la registrazione dell'atto �. 

Senonch�, a prescindere da quanto sia da rilevare circa quella esigenza 

di certezza, nell'ambito dei principi sulla decadenza (e basti appena 

considerare che pure in tema di impugnazioni spetta alle parti una certa 

libert� di iniziativa, nel far determinare o meno la decorrenza del termine, 

-



898 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� ha pregio l'osservazione, fatta in sede di discussione dalla difesa 
dell'Amministrazione, secondo cui la interpretazione qui accolta verrebbe 
in pratica ad alterare, riducendolo, il termine triennale di prescrizione 
previsto dall'art. 136 del citato r. d. 1. del 1923. � evidente, 
infatti, che altro � la prescrizione, cio� l'estinzione del diritto di percepire 
l'imposta suppletiva per aumento di valore, ed altro � la decadenza, 
che consegue al fatto di non avere notificato nel termine di legge il 
valore attribuito dall'Amministrazione ai beni. 

Si sottrae quindi a censura la denunziata sentenza che, accertato 
che nel 1952 era stata pagata l'imposta proporzionale, ha ritenuto decorso 
(alla data del 27 marzo 1956 in cui fu notificato l'aumento di 
valore) il termine fissato dal citato art. 21, senza dare rilevanza al fatto 
che in data 12 aprile 1955 fosse stata pagata l'imposta suppletiva. 

I Serena-Monghini hanno a loro volta proposto ricorso incidentale 
articolato su due motivi, di cui uno condizionato ed altro autonomo. 

Con quest'ultimo essi denunziano violazione e falsa applicazione delle 
norme che concernono l'acquiescenza, e lamentano che la Corte del merito, 
col ritenere che il pagamento della somma, di cui all'ingiunzione 
fiscale del 17-21 marzo 1955, precludesse ogni contestazione sulla fondatezza 
della relativa pretesa dell'Amministrazione, abbia, a torto, ritenuto 
applicabile l'istituto della acquiescenza in una materia in cui 
-come � in materia tributaria -la sussistenza, e l'entit� delle obbligazioni 
del contribuente sono determinate esclusivamente dalla legge, 
senza che possa avere rilevanza la volont� delle parti. 

La censura appare frutto di confusione, fra la figura dell'acquiescenza 
con altre attinenti al campo negoziale, quali la convalida, l'esecuzione 
volontaria, la ratifica. 

Sono, codeste, ipotesi in cui la volont� di un soggetto interviene in 
un negozio rispettivamente invalido od in itinere e, quale fonte dell'au


procedendo oppur no a11a notifica della sentenza), sta di fatti che il problema 
andrebbe divm-samente posto, e cio� accertandosi, in primo luogo, 
con riferimento ai1 rapporto di imposta (cui quella esigenza, in definitiva, 
andrebbe collegata), quale sia la funzione assegnata, nel sistema, all'accertamento 
suppletivo, da una parte, ed all'accertamento di valore, daill'altra, 
per valutare se le norme che per l'uno o per il'altro dispongono non si 
integrino, per un risultato di certezza riferito, poi, al rapporto nella sua 
unit�, e non nei suoi vari momenti. 

In altri termini, se la funzione dell'accertamento suppletivo, come rilevato 
nella seconda delle sentenze in rassegna, � quella di consentire la 
rettifica di una liquidazione, manchevole per errore soggettivo dell'ufficio, 
per adeguarla alila giusta imposizione, avuto riguardo ai titoli tassabili, 
all'applicazione delle ailiquote, ed a tutto ci�, in genere, che sarebbe stato 
rilevabile gi� in sede di registrazione, e se, d'altro canto, l'accertamento 
di valore � previsto per adeguare sotto altro aspetto la tassazione ai 
criteri di legge, e cio� per quanto attiene alla determinazione dell'impo



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 

tonomia privata, si pone in funzione di elemento causale rispetto a quel 
determinato effetto che �, rispettivamente, la sanatoria od il perfezionamento 
(dell'aspetto soggettivo) del negozio. 

Se di tal genere fosse la essenza della acquiescenza, la censura 
potrebbe avere un suo fondamento, non potendo, in materia tributaria, 
la volont� del privato influire sull'esistenza della obbligazione tributaria 
in altro modo che col porre in essere il presupposto dell'imposta, atteso 
che si ritiene comunemente che anche nel cosiddetto concordato la volont� 
del contribuente non ha il ruolo di una volont� contrattuale. 

Senonch� l'acquiescenza � -ed appare essere stata rettamente intesa 
dalla Corte bolognese -un concetto tipico di quelle situazioni in 
cui un determinato risultato giuridico consegue a quella serie di atti 
coordinati che integrano, in senso ampio, un procedimento, giurisdizionale 
o amministrativo (v. Cass. 24 marzo 1955, n. 875), caratterizzato 
da momenti che diventano irreversibili se il provvedimento che vi d� 
vita non sia ritualmente impugnato dal soggetto interessato, e dove la 
volont� che sustanzia l'atteggiamento di acquiescenza, lungi dal concorrere 
al perfezionamento o all'efficacia del provvedimento, � soltanto 
un fattore preclusivo (dell'impugnazione). 

Cosi essendo, non � inesatto parlare di acquiescenza in relazione 
alla ingiunzione fiscale, che si inserisce nella serie degli atti ordinati 
al .fine della realizzazione del credito di imposta, e che esprime una 
pretesa contestabile attraverso gli opportuni mezzi di impugnazione 
predisposti dalla legge. 

N� contrasta con tutto ci� la possibilit� -sottolineata dai Serena 
Monghini in memoria -della restituzione dell'imposta di registro gi� 
riscossa. 

Tale possibilit� infatti � data in ipotesi tassative fondate su ragioni 

completamente diverse (v. artt. 11, 12, 14, 32, 123 r. d. 1. 1923, n. 3269). 

nibiJ.e, pu� da ci� desumersi che la certezza in tema di valore non � che 
strumentale �ai fini della certezza sul rapporto nel suo complesso, e quindi 
anche con riferimento a quel momento, dello svolgimento del rapporto 
medesimo, in funzione del quale la valutazione ha ragione di essere: con 
la conseguenza che soltanto in connessione con quella fase di svolgimento 
del rapporto, nella quale occorra conoscere il valore di dati cespiti, potrebbero 
rendersi operative le norme sul procedimento estimativo, e quindi 
anche quelle sul termine per ila notifica dell'accertamento, essendo peraltro 
evidente che, diversamente opinandosi, la rettifica in via suppletiva, pur 
specificamente prevista, risulterebbe tuttavia sempre manchevole, per l'impossibilit� 
di compierla con riferimento al valore venale dei beni, laddove 
una tale insoddisfacente conclusione non pu� ritenersi voluta dal legislatore, 
che, pi� semplicemente, ha collegato il termine per l'accertamento in 
questione alla data di � pagamento dell'imposta � (cit. art. 21 d. 1. n. 1639 
del 1936), e cio�, � da ritenere, di quell'imposta -principale, suppletiva 



900 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tanto basta perch� il mezzo in esame venga rigettato, non essendo 
censurate, neppure sotto il profilo della motivazione, la statuizione con 
cui la Corte del merito ha qualificato acquiescenza il pagamento senza 
riserve della somma di cui alla ingiunzione del 17-21 marzo 1955, e la 
conseguenza trattane. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con unico mezzo la ricorrente Amministr�azione, sotto 
il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 34 r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269 e successive modifiche, art. 7 legge di registro, 
art. 88 n. 3 tariffa all. A stessa legge di registro, in relazione all'art. 360 

n. 3 e 5 c. p. c., censura l'impugnata sentenza per avere, a torto, ritenuto 
che ricorresse, nella specie, una ipotesi di revisione di valore implicante 
la richiesta di una imposta complementare sul maggior valore imponibile, 
da effettuarsi mediante notificazione di accertamento entro l'anno 
dalla registrazione, laddove si trattava, invece, di imposta suppletiva 
chiesta dall'ufficio ad altro titolo ed erroneamente omessa all'atto della 
registrazione del rogito; ragione per la quale non si era verificata nessuna 
decadenza, avendo in un primo tempo l'ufficio tassato la divisione 
del capitale (lire 200.000), e successivamente la divisione del patrimonio 
sociale. 
Il mezzo � fondato. 

Ha considerato la Corte di merito: a) che -come riconosciuto 
dalla stessa Amministrazione ricorrente -l'ufficio del registro aveva 
applicato l'imposta graduale, ex art. 88 tariffa all. A legge di registro, 
sulla divisione del capitale sociale di lire 200.000; b) che, peraltro, dovendosi 
ritenere inammissibile ogni scissione di patrimonio e capitale 
ai fini dell'imposta sulla divisione dei beni della societ� disciolta, l'ap


o complementare -, per la cui liquidazione il valore dei beni assume rilievo. 
Ed in ci�, del resto, in un meno recente incontro (Cass. 14 maggio 
1928, soc. Unione Cereali-Finanze, Giur. It. 1928, I, 1, 942, confermativa 
di App. Milano 31 dicembre 1926, Dir. Prat. Trib., 1927, 76, ove nota 
adesiva di UBERTAZZI), ebbe a convenire la stessa Corte Suprema, sottolineando 
che e la tassa, il cui pagamento a termini dell'art. 34 ..... determina 
l'inizio del termine � (per l'accertamento di valore) e � quella di 
trasferimento �, e che, nel caso di omessa liquidazione deHa tassa medesima 
in sede di registrazione, e � assurdo ritenere che possa decorrere un termine, 
che � concesso all'ufficio finanziario appunto per poter procedere al controllo 
del valore in base al quale la tassa era stata liquidata � : il che, 
invero, evidenziando l'intimo e necessario rapporto tra l'attivit� volta 
all'accertamento del valore e quella inerente al:la stessa tassazione di un 
trasferimento, pone in luce l'esigenza di rapportare l'inizio del termine 
per l'accertamento estimativo, in ogni caso, al pagamento, quando che 
avvenga, de1l'imposta relativa al trasferimento medesimo (nel suo com


:r~.�:r""ffffAJ.'�-'�.:m=Y.::m.=wy.�#".,.-.w.-w=Ff."1.r.:::::.r.::m=:-.q--{Yf~~q;.w.:::::w.rr:rrg{~W-:r.g:rm.m,r:.f.f'ff�C.1?".efo/ef.':Wf"&:P'fifilf..Z.qJ.f.1filW 

-



PARTE I, SE.Z. V, GlURISPRUI!ENZA TRIBUTARIA 901 

plicazione dell'imposta graduale sull'imponibile di lire 200.000 poteva 
soltanto spiegarsi come attribuzione, all'intero patrimonio diviso, del 
valore pari al capitale conferito, intesa l'indicazione del capitale come 
dichiarazione sul valore del patrimonio; c) che, pertanto, la finanza aveva 
all'atto della registrazione con imposta graduale, operato una determinazione 
di valore suscettibile di revisione entro il termine di un anno 
dalla data del pagam�nto dell'imposta priincipale, termine �che nella 
specie era inutilmente decorso. 

Ora il vizio di codesto argomentare � manifesto. Ed infatti, mentre 
da una parte la denunciata sentenza ha ammesso -condividendo l'assunto 
della finanza _.. che sull~atto Polizzi � l'ufficio aveva tassato, con 
imposta graduale, soltanto la divisione del capitale sociale di lire 200.000, 
dall'altra ha affermato che l'imposizione comprendesse anche il patri 
monio sociale che non poteva andare disgiunto dal capitale. 

Tale illazione appare del tutto illogica e fondata su generiche ed 
astratte considerazioni perch�, nel caso concreto, accertato che la tassazione 
era stata limitata alla divisione del capitale, l'unica conseguenza 
da trarre da questa premessa di fatto era quella di ritenere la legittimit� 
della seconda tassazione, posto che questa si riferiva al valore del patrimonio 
sociale, e cio� ad un cespite che per errore non era stato compreso 
nella prima tassazione, sebbene fosse stato, al pari del capitale, 
oggetto di divisione. 

E ci� perch�, avendo la nuova imposta carattere suppletivo e non 
complementare, l'imposizione non era subordinata alla condizione che 
venisse eseguita entro l'anno previsto dall'art. 1 legge 21 gennaio 1947, 

n. 25. 
Giova rilevare, al riguardo, che la tassa od imposta complementare 
postula un errore oggettivo, cosicch� l'imposta viene richiesta ad integrazione 
di una liquidazione che non pot� essere integrata all'atto della 
registrazione per difetto ed insufficienza degli elementi necessari per la 

plesso, o con riguardo a dati cespiti): nei quali sensi, e con riferimento 
anche ai principi � dell'economia dei giudizi, o meglio, dell'economia dei 
proeedimeriti amministrativi., cfr. nota redazionale critica, alla sentenza 
in esame, in GiuJr; Imp., 1966, 74 ss. 

(2) Negli stessi sensi, per l'acquiescenza in relazione ad un procedimento 
ammini�strativo, Cass. 24 marzo 1955, n. 875, ricordata dalla sentenza 
in nota, che puntualizza come la volont� dell'interessato non si 
pone come elemento di efficacia del provvedimento, ma come fattore preclusivo 
dell'impugnazione. Ed in materia, per l'acquiescenza come atto ad 
effetto preclusivo, v. GIANNINI, M. S., Acquiescenza (dir. amm:vo), Enc. Dir., 
Milano, 1958, voi. I, 506. 
In riferimento ai principi sull'indisponibilit� dei crediti per tributi, 
cui H tema dell'acquiescenza si connette, in particolare per ci� che attiene 
ai comportamenti dell'Amministrazione, c:lir. Relaz. Avv. Stato, 196165,
II, 290. 



902 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

liquidazione; la tassa od imposta suppletiva di registro, invece, postula 
un errore soggettivo in cui sia incorso l'ufficio che, per�, fin dal principio 
era stato posto in possesso di tutti gli elementi necessari per 
l'accertamento. 

Ha, pertanto, valore di imposta suppletiva -dopo che l'ufficio 
aveva registrato, in primo tempo, l'atto di scioglimento anticipato di 
una societ� irn nome collettivo con tassa graduale, ai sensi dell'art. 88 
tariffa all. A alla legge di registro, sul valore del capitale sociale 
quella richiesta dall'ufficio medesimo a norma dell'art. 88 n. 3 all. A, 
in un secondo tempo, sul valore del patrimonio sociale e sui beni sociali 
che, in apposita pattuizione dello stesso istrumento di scioglimento della 
societ�, venivano dichiarati come gi� divisi tra i soci con dichiarazione 
di reciproca garanzia e quietanza quale effetto di tale divisione. 

Ci� perch� l'ufficio non ha, cosi, richiesto un maggior valore rispetto 
al valore del solo capitale sociale, rivalutandolo, ma ha, invece, chiesto 
la tassa sul distinto e separato valore dei beni del rimanente patrimonio 
sociale che, in base a separata clausola dello stesso istrumento di liquidazione, 
era pure stato dichiarato diviso tra i soci della collettiva, quale 
avrebbe potuto e dovuto essere tassato fin da principio, alla stregua 
dello stesso atto, e non era stato, invece, sottoposto a tassa per errore 
soggettivo in cui l'ufficio era incorso, potendo questo riscuotere la tassa 
oltre che nella misura fissa di cui all'art. 87 della tariffa all. A anche 

in misura graduale sull'intero patrimonio, e cio� tanto sul capitale 
sociale (come era stato fatto) quanto sui beni restanti del patrimonio 
sociale, invece per errore non tassati, che le parti avevano, in separata 
ma contestuale pattuizione dell'atto, dichiarato tra loro diviso come 
cosa -appunto -distinta e diversa dal capitale sociale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 marzo 1966, n. 752 -Pres. Flore 
-Est. Cesaroni -P. M. Di Majo (conf.). Ministero Finanze (avv. 
Stato Zagari) c. Spicacci (avv. Del Pozzo). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Violazioni di leggi 
finanziarie -Competenza e giurisdizione -Azione giudiziaria di 
accertamento negativo in pendenza del procedimento amministrativo 
di accertamento in tema di violazioni -Ammissibilit� Condizioni. 
(Cost., art. 113; c. p. c., art. 100; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2; 

1. 7 gennaio 1929, n. 4; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639). 
Mentre in materia di imposte dirette l'azione giudiziaria non � am


missibile se non dopo la pubblicazione dei ruoli e l'esaurimento, almeno 
in un grado, del procedimento dinanzi alle commissioni, in materia di 

I 
I
t' 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 903 

imposte indirette la giurisdizione del giudice ordinario, salvo limitazioni 
poste da disposizioni speciali, pu� esplicarsi indipendentemente dallo 
stato cui sia pervenuta l'attivit� amministrativa di accertamento del 
tributo; onde � ammissibile anche l'azione di accertamento negativo, e 
pure in tema di violazioni per il cui accertamento vige la disciiplina della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, purch� il dubbio sulla sussistenza dell'obbligazione 
tributaria sia attuale e non meramente potenziale (1). 

(1) La motivazione pu� leggersi in Riv. Leg. fisc., 1966, 1092. 
In ordine all'ammissibilit� di azioni di accertamento negativo, in materia 
di imposte indirette, ed anche con specifico riferimento a ci� che 
attiene all'accertamento di trasg.ressioni, per le quali � previsto lo speciale 
procedimento sanzionatorio disciplinato dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, 
le Sezioni Unite si riportano al loro precedente orientamento Gle sentenze 
richiamate in motivazione, 16 luglio 1957, n. 2901, e 7 novembre 1957, 

n. 4259, possono leggersi in Foro It., 1958, I, 1850), rispetto al quale, e per 
la indicazione delle ragioni di dissenso, che non sembrano superate dalla 
sentenza in nota, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 720; id. 1961-65, II, 
102, 357, 659. In argomento, si vedano anche le osservazioni di O. FIUMARA, 
Appunti sull'art. 52 della legge organica sull'l.G.E.: un caso di giurisdizione 
condizionata, in questa Rassegna, 1964, I, 560. 

Anche nella pronuncia odierna, peraltro, le Sezioni Unite ribadiscono 

che, in principio, l'azione di accertamento negativo deve ritenersi ammis


sibile, purch� non sussistano limitazioni poste da disposizioni speciali, e 

sempre che, inoltre, in ordine all'obbligazione di cui Si intenda chiedere il 

giudiziale disconoscimento, vi sia una incertezza attuale, e non semplice


mente potenziale. E tali precisazioni, tuttavia, non sembra siano state 

ulteriormente considerate in riferimento alla materia specifica in esame, in 

punto di accertamento di violazioni di leggi tributarie, per la quale � 

dunque da auspicare un approfondito riesame, non potendo non rilevarsi, 

tra l'altro: 

a) che l'espressa norma che condiziona l'azione giudiziaria, in tema 

di imposte dirette, non soltanto all'esaurimento almeno in un grado del 

giudizio dinanzi alle commissioni, ma anche alla pubblicazione dei ruoli, 

va ritenuta non di carattere eccezionale, bensl espressiva di un principio 

del tutto generale, quale quello che vuole assicurato il preventivo esercizio 

dei poteri �amministrativi in materia, con l'emissione dell'atto col quale 

la pretesa d'imposta � conclusivamente estrinsecata; 

b) che la mancanza di una disposizione specifica, comunque, non 

significa che dal sistema peculiare, in materia di accertamento di violazioni, 

non possa evincersi ugualmente il condizionamento dell'azione giudiziaria 

al previo espletamento del procedimento amministrativo, fino all'emana


zione dell'atto definitivo, che esprima la pretesa dell'Amministrazione: il 

quale condizionamento -(del resto normale in ogni caso in cui un pro


cedimento amministrativo �sia previsto: ed � costante, ad esempio, l'inse


gnamento della Suprema Corte circa finammissibilit� dell'azione giudizia


ria, in tema di indennit� per danni da occupazione o requisizione, ai sensi 

della legge 9 gennaio 1951, n. 10, prima della conclusione del procedimento 

amministrativo: cfr. da ultimo, Sez. Un. 6 aprile 1966, n. 900 retro, 566) 


deve nella specie ritenersi imposto dal rilievo che il legislatore, nel disci


plinare in una forma amministrativo-contenziosa il procedimento in que


-



904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stione (sul punto, cfr., in motivazione, Cass. 28 maggio 1966, n. 1396, retro~ 
693). ha precisato modalit� e termini anche per ci� che riguarda i successivi 
gravami nella stessa sede, cosi qualificando gli atti della serie procedimentale, 
in relazione ai quali va dunque rilevata, per gli effetti preclusivi 
che vi si connettono, la funzione di atti tipici di accertamento (cfr. FALZEA) 
Accertamento, Enc. Dir., Milano, 1958, vol. I, 205 ss.), che non pu� evidentemente 
!restare snaturata, fino al punto che ne ne debba addirittura ritenere 
la superfluit� (come dovrebbe dirsi, invero, ove si aderisse alla tesi 
dell'ammissibilit� dell'immediata azione giudiziaria da parte di colui al 
quale sia contestata una violazione tributa!ria); 

c) che fa predisposizione, nel sistema, di un procedimento volto 
all'accertamento, in via amministrativa, delle violazioni, non pu� non essere 
valutata anche ai fini del giudizio sulla sussistenza o meno di quell'incertezza 
attuale, che giustifichi, in principio, l'azione di accertamento negativo: 
la quale incertezza, inveTo, essendo dall'ordinamento previsto un procedimento 
prima della conclusione del quale la stessa Amministrazione non 
potrebbe far valere, e tanto meno in via giudizia!ria,. la propria pretesa 
(ed in argomento, cfr. le osservazioni di A.LLORIO, Dir. proc. trib., Torino, 
1953, 16), deve ritenersi che permanga allo stato potenziale, per entrambe 
le parti, fin quando quel procedimento non sia esaurito. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 798 -Pres. Pece Est. 
Onnis -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Banca Nazionale del Lavoro 
(avv. Milner) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). 

Cassazione -Obbligazioni e contratti -Interpretazione della volont� 
contrattuale -Pronuncia del giudice di merito -Incensurabilit�. 

(c. p. c., art. 360). 
Obbligazioni e contratti -Interpretazione -Regole finali di cui all'art. 
1371 c. c. -Applicabilit� in via sussidiaria. 

(c. c., artt. 1362-1.371). 
Imposte doganali -Fid~iussione -Diritti doganali su merci introdotte 
in temporanea importazione e garantiti con fideiussione -Scadenza 
del termine concesso per la riesportazione -Effetti in relazione 
all'obbligazione tributaria -Effetti in rapporto alla liberazione 
del fideiussore. 

(c. c., art. 1957; d. I. 18 dicembre 1913, n. 1453, artt. 14-17; r. d. 6 aprile 
1922, n. 547). 
Imposte doganali -Fideiussione a garanzia dei dir~tti dovuti su merci 
introdotte in temporanea importazione e non riesportate -Estinzione 
dell'obbligazione del fideiussore prima del definitivo discarico 
della bolletta di temporanea importazione -Esclusione. 

(d. I. 18 dicembre 1913, n. 1453, art. 6; r. d. 6 aprile 1922, n. 547, artt. 3, 4; 
r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, artt. 220, 221). 
-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 905 

Imposte dollanali � Fideiussione a garanzia dei diritti dovuti su merci 
introdotte in temporanea importazione e non riesportate -Inosservanza 
del termine per la liquidazione di tali diritti -Liberazione 
del fideiussore exart.�1955 c. c � .; Esclusione. 

(c. c., art. 1955; r. d. 6 april.e� 1922, n. 547, art. 26). 
Imposte doganali -Importazioni ed esportazioni temporanee -Diritti 
su merci temporaneamente importate e non riesportate -Interessi� 
Regola ~ Eccezione. 

(r. d; 18 dfoe:inbre 1913; n. 1453; artt. 14, 17). 
Uinterpretazione della volont� contrattuale si risolve in un apprezzamento 
di fatto che, costituendo estrinsecazione di un potere proprio 
del gfadice di merito, si sottr(Le al si'iidacato della Corte di Cassazione, 
se esente da vizi lqgici o da errori di diritto (1). 

Le regoJe ifl;terpretative di. cu~ aii'art.. 1371 del. codice civil.e hanno 
valore meramente sussidiario, ed � dato quindi di farvi ricorso soltanto 
quando, nonostante l'applicazione dei criteri ermeneutici in via pr�'l'tCipale 
stabititi dallo stesso codice, iZ contenuto della volont� negoziale 
permanga oscuro (2). 

Con l'inutile decorso del termine concesso per I.a riesportazione si 
avvera la condizione cui � subordinata l'obbligazione per i diritti doganaii 
su merci introdotte in temporanea importazione, ma non si verifica 
anche,. ipso iure, I.a scadenza dell'obbligazione stessa, che, invece, 
anche agli effetti delt'art. 1957 c. c., va riferita al successivo momento 
deWaccertamerr,to e deUa liquidazione dei diritti (3). 

Nella 'fideiussione a garenzia dei diritti doganali dovuti su merci 
introdOtte in.� temporanea importazione e non riesportate, il fideiussore 
resta in ogni caso obbligato fino al discarico definitivo dell.a bolletta (4). 

(1-2) Giurisprudenza pacifica. 

(3-4) In tema di obbligazione per imposte doganali su merci introdotte 

in temporanea importazione, e nello stesso senso di cui alla terza massima, 

ehe si tratti, cio�, di obbligazione sospensivamente condizionata, cfr. Cass., 

10 maggio 1966, n. 1193; ultra, 922. In dottrina, conformi: GIANNINI A. D., 

Ist. dir. trib., Milano, 1951, 457; ALESSI, Monopoli fiscali, Torino, 1956, 334; 

contra;: CuTRERA, PTineipi, Milano, 1950, 26). 

Esatta, in principio, � da ritenere anche l'ulteriore affermazione di cui 

alla stessa terza massima, essendo indubitabile che la scadenza di un'obbli


gazione, ed �ovviamente anche per gli effetti che vi si connettono ai sensi 

dell'art; .1957 del eodi'Ce eivile, in tema di fideiussione, non pu� verificarsi 

in un momento anteriore a quello in cui il credito diventa Uquido ed 

esigibile. 

�Peraltro, in tema di fideiussione a garanzia di diritti doganali, ed 

anche per le importazioni temporanee, il problema della scadenza dell'ob


bligazione principale non sembra possa assumere specH�:eo rilievo, poich�, 

-come la stessa Corte Suprema ha rilevato (quarta massima), vi � nel sistema 

un perfetto ,parallelismo tra cauzione e fideiussione, come emerge dal colle


gato disposto degli articoli 3 e 4 del r. d. n. 547 del 1922, sulle importazioni 

-


--, , , Y.. -, ;:;:; 


906 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il termine previsto dall'art. 26 del r. d. n. 547 del 1922, per la liquidazione 
dei diritti su merci temporaneamente importate e non riesportate, 
concerne i doveri dei funzionari verso l'Amministrazione, ma non 
ha alcuna rilevanza esterna, e tanto meno pu� la sua inosservanza determinare, 
ex art. 1955 c. c., la liberazione del fideiussore (5). 

Sono dovuti gZi interessi sulle somme liquidate per diritti doganali 
su merci temporaneamente importate e non riesportate, .tranne nel caso 
che i detti diritti si riferiscano a merci la cui lavorazione sia avvenuta in 
stabilimenti sottoposti alla speciale vigilanza dell'Amministrazione (6). 

temporanee, e 220 e 221 del regolamento generale n. 65 del 1896, e la :fideiussione, 
che pu� essere prestata in luogo della cauzione, non pu� avere effetti 
diversi, e tanto meno minori. Sicch� � da riconoscere che il :fideiussore non 
pu� restar liberato prima del verificarsi delle condizioni che, nell'ipotesi 

cli. garanzia costituita da cauzione, di questa giustificherebbero lo svincolo, 
come del resto il citato art. 221, nel testo modificato dal d. p. 2 agosto 1952, 
n. 1968, espressamente precisa. 
Ed in definitiva, � da ritenere che, nella speciale considerata materia, 
la :fideiussione, per la sottolineata sua funzione, sostitutiva di una garanzia 
reale ed intesa ad assicurare all'Amministrazione la realizzazione dei propri 
crediti d'imposta con la stessa immediatezza che si avrebbe col passaggio in 
riscossione della cauzione, e per la precisata persistenza dell'obbligazione 
del fideiussore fino al definitivo discarico della bolletta, resta svincolata da 
quelle, delle norme di diritto �comune in materia, che con l'indicato sistema 
si rivelino in contrasto; tra le quali norme incompatibili � senza dubbio da 
comprendere quella contenuta nell'art. 1957 c. c., di cui, del resto, ed in 
senso generale, � stata dalla Corte regolatrice esclusa in principio l'applicabilit� 
in tema di e :fideiussione solidale� -(e tale � da ritenere anche quella 
in materia doganale, che non si presenta, in alcun aspetto, come negozio 
accessorio, ma direttamente si innesta nell'unico rapporto tra il contribuente 
e il garante, da una parte, e l'Amministrazione dall'altra) -e ove l'intima 
essenza della solidariet� esclude che, nei confronti del creditore, il persistere 
della obbligazione :fideiussoria possa ritenersi condizionato dall'esercizio 
dell'azione diretta all'adempimento dell'obbligazione principale, obbligazione 
congiunta, appunto, alla prima, dal vincolo della solidariet� � (Cass. 
10 maggio 1965, n. 877, Foro It., 1965, I, 2131). 

(5) In relazione ai principi di cui alla quarta massima, e per le considerazioni 
accennate nella nota che precede, anche la disposizione dell'art. 
1955 c. c. dovrebbe ritenersi inapplicabile per le fideiussioni in materia 
doganale. � pacifico, ad ogni modo, che � la liberazione del :fideiussore per 
fatto del creditore, ai sensi dell'art. 1955 c. c., ha per presupposto indeclinabile 
che la mancata surrogazione del :fideiussore nei diritti del creditore 
sia collegata da un nesso di causalit� necessaria con un fatto colposo o 
comunque illecito del creditore, cosicch� la semplice inazione, quando il 
creditore non abbia, per legge o per contratto, un obbligo espresso di azione, 
non si identifica col fatto del creditore voluto dalla predetta norma � (Cass. 
28 luglio 1965, n. 1812). 
(6) In tali sensi � assolutamente inequivoco il disposto legislativo. Pu� 
qui aggiungersi, per completezza in argomento, che � ora dovuto, indipendentemente 
da quanto disposto dagli articoli 14 e ss. del d. 1. 18 dicembre 
1913, n. 1453, anche un interesse suppletivo di mora, del tre per cento per 
semestre (1. 4 giugno 1962, n. 659). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 907 

(Omissis). -Le censure che la ricorrente, con i quattro mezzi di 
annullamento, illustrati da una motivazione oltremodo diffusa, muove 
alla denunciata sentenza della Corte d'appello di Venezia, possono cosi 
compendiarsi: 

a) la Corte del merito ha errato nel ritenere che alla fideiussione 
in esame, data la particolare natura della obbligazione garantita, non 
fossero applicabili le norme del codice civile, ed in particolare quella 
dell'art. 1957 (lo motiivo); 

b) la Corte del merito ha interpretato erroneamente le lettere 
di fideiussione, invocando il principio di conservazione del contratto 
senza considerare che, ai sensi dell'art. 1371 c. c., le fideiussioni dovevano 
interpretarsi nel senso meno gravoso per l'obbligato (2� motivo); 

c) la Corte del merito � incorsa nella violazione degli artt. 1957 
e 1955 c. c. negando che: 1) il momento della scadenza della obbligazione 
principale si identificasse con quello della scadenza della validit� 
delle bollette di temporanea importazione; 2) si fosse verificata la liberazione 
della Banca cui era stato impedito, dalla negligenza della Dogana, 
l'esercizio della surrogazione nel privilegio doganale (3o motivo); 

d) la Corte dei merito ha erroneamente ritenuto che il fideiussore 
fosse obbligato al pagamento anche degli interessi (4� motivo). 

Tutte le censure sono infondate. 

Vero � che l'oggetto principale del contendere consisteva nella 
sopravvivenza o meno dell'obbligazione fideiussoria; ma la indagine al 
riguardo non poteva prescindere dalla disamina della particolare struttura 
della obbligazione garantita in base alle norme delle leggi e dei 
regolamenti doganali e dei necessari riflessi di questi ulltimi sul rapporto 
accessorio di fideiussione. 

La Corte del merito ha effettuato, per l'appunto, tale disamina, mediante 
una attenta esegesi delle norme sulla materia, e, se � pervenuta 
a conclusioni sfavorevoli all'assunto dell'appellante, non perci� la decisione 
� meritevole dell.e censure di superficialit� e di insufficienza di 
motivazione mossele dalla ricorrente. 

N� in questa sede � consentito riproporre l'indagine sulla pi� giusta 
interpretazione da darsi alle espressioni delle lettere fideiussorie, perch� 
la interpretazione della volont� dei contraenti si risolve in un apprezzamento 
di fatto che costituisce esplicazione di un potere proprio del 
giudice di merito e, come ta]e, � sottratto al sindacato di legittimit� 
della Corte Suprema ove la motivazione sia, come nella specie, esente 
da vizi logici od errori di diritto (Cass. 26 maggio 1965, n. 1067 e 
21 maggio 1965, n. 988). 

Talch�, ai fini del decidere sulle questioni prospettate, non � consentito 
disconoscere che la seguente testuale dizione delle lettere fideiussorie 
� La presente fideiussione deve intendersi vatida per un periodo 

IIErmmr1rmu1m1rmr��1W�E?trt1wirrfrr&wmr1111KwuZim&lfiff'8li#IJI 

~~____,._.,__,A 


908 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di sei mesi e cio� fino ai..... (segue la indicazione specifica del giorno di 
scadenza) > significhi che la Banca VQlle limitare la fideiussione alle 
operazioni di temporanea importazione compiute entro i sei mesi dalla 
prestazione della stessa e non gi�, come sostenuto dalla Banca, che la 
fideiussione avrebbe perduto ogni validit� dopo sei mesi dalla sua prestazione. 


In tal caso, secondo l'insindacabile giudizio della Corte del merito, 
condotto in base al raffronto delle date dt\Ile lettere e dei termini ivi 
indicati, con quelle delle bollette di temporanea importazione cui si 
riferivano, e dei termini per le riesportazioni ivi stabiliti, la fideiussione 
sarebbe venuta meno ancor prima della scadenza della obbligazione 
per cui era stata prestata, onde, per il principio di cui all'art. 1367 c. c., 
i~ contratto doveva interpretarsi nel senso in cui poteva avere qualche 
effetto anzi che in quello secondo cui non ne avrebbe avuto alcuno. 

N� sussiste che la Corte del merito abbia cosi violato la regola interpretativa 
stabilita dall'art. 1371 c. c. per cui il contratto, se � a titolo 
gratuito, deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, 
essendo principio pi� volte affermato da questo Collegio Supremo (da 
ultimo sent. 12 febbraio 1965, n. 217) che detta regola, �come le altre 
regole interpretative finali contemplate dal detto articolo, hanno carattere 
assolutamente sussidiario, nel senso che sono applicabili solo quando 
il contratto, nonostante l'applicazione dei precedenti criteri interpretativi 
stabiliti dal codice, permanga oscuro in modo da rendere impossibile 
la identificazione del reale vq11ere delle parti. 

La Corte del merito ha giustamente disatteso l'assunto della Banca 
secondo cui il momento della scadenza della obbligazione principale 
doveva identificarsi con quello d�lla scadenza de1iJia validit� delle bollette 
di temporanea importazione, ed ha quindi negato che sussistesse 
la lamentata violazione dell'art. 1957 c. c. 

Con corretta esegesi delle disposizioni del r. d. 18 dicembre 1913, 

n. 1453 sulle importazioni temporanee e del relativo regolamento n. 547 
del 1922, nonch� degli artt. 220 e 221 del Regolamento alla legge doganale 
(t. u. 26 gennaio 1896, n. 20) e mediante una lucida rappresentazione 
del complesso sistema della riscossione dei diritti di confine nel 
caso della mancata riesportazione delle merci temporaneamente importate, 
la Corte del merito ha dimostrato, con angomentazioni logiche e 
conseguenti, che l'assunto della Banca era incompatibile con il sistema. 
In questa sede, ,la ricorrente non porta alcun apprezzabile argomento 
nuovo, ma ripropone tutte le ragioni fatte valere nel giudizio 
di merito che, peraltro, trovano nella denunciata sentenza esauriente 
confutazione. 

La Corte del merito ha, innanzi tutto, rilevato che, secondo i principi 
che regolano il sistema delle temporanee importazioni, quale si 
evince dalle norme del r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453, le merci estere 



PARTE I,. SEZ.� V, GIURISPRUDENZA TRI:EfUTARIA 909 

che devono ricevere in Italia determinate lavorazioni, o essere impiegate 
nella fabbricazione di prodotti destinati alla esportazione, possono 
essere importate temporaneamente senza il pagamento dei diritti di 
confine, a condizione che il proprietario si obblighi, nei modi prescritti, 
a riesportarle entro un termine stabilito (art. 1). Per tali importazioni 
viene emessa una bolletta di temporanea importazione (art. 7), deve 
essere. pres~ata una garanzia per i diritti eventualmente dovuti . e per 
gli interessi di mora (art. 6), e le merci non sono ammesse alla riesportazione 
se non hanno subito la lavorazione alla quale sono destinate. 
(art. 9)'. Se aJ,la scadenza del termine fissato nella bolletta, le merci non 
sono state riesportate, sono dovuti i diritti di confine che si sarebbero 
dovuti �pagare nel giorno della importazione, oltre gli interessi di mora 
da liquidarsi nella ragione annua del 4 % per il tempo decorso dal detto 
giorno a quello della scadenza del termine (art. 17). 

Prima di qu�sta scadenza, � data facolt� al proprietario di chiedere 
la immissione a.J. consumo in Italia delle merci importate; nel qual caso 
sono. dovuti i diritti di confine, oltre gli interessi per il tempo frattanto 
decorso, interessi che non devono essere corrisposti ove si tratti di merci 
la cui lavorazione sia avvenuta in stabilimenti sottoposti alla speciale 
vigilanza dell'Amministrazione (art. 14). 

Salvo eccezioni stabilite dal Regolamento, le merci, dopo avere subito 
la lavorazione, possono essere introdotte nei depositi dogana.Li o nei 
depositi franchi o godere delle franchigie od altre concessioni doganali' 
consentite alle stesse merci quando si importano dall'estero (art. 15). 

In base all'art. 10 del Regolamento 6 aprile 1922, n. 547, la riesportazione 
pu� avvenire a mezzo di dogane diverse da quella presso cui 
avvenne l'importazione, ed in tal caso le prime devono subito avvisare: 
.quest'ultima o mediante apposito avviso di scarico, quando lo scaricio 
� parziale, o trasmettendole la stessa bolletta munita delle attestazioni 
di scarico, se questo � totale. 

Un altro caso in cui i documenti attestanti la uscita delle merci 
devono essere inviati alfa dogana, che emise le boUette di temporanee 
importazione, da altre diverse dogane, � previsto dall'art. 15 dello stesso 
Regolamento. 

L'art. 12 prevede, infine, il caso in cui l'attestazione di uscita della 
dogana italiana deve essere convalidata da quella corrispondente di 
entrata dell� dogana estera. 

Da ci� r1a Corte del merito ha giustamente inferito che il sistema 
regolato dalla legge in materia di temporanee importazioni � tale per 
cui, nel gforno di scadenza del termine concesso per la riesportazione,� 
la Dogana, nella quasi totalit� dei casi, non � e non .pu� essere in grado 
di conoscere se la merce sia uscita o non siauscita dal territorio dello 
Stato e, in quest'ultima ipotesi, se i diritti di confine siano o non siano 
ugualmente dovuti. 



910 RAS.';EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Dogana, pertanto, i,1 giorno di scadenza del termine concesso 
per la riesportazione non pu� essere assolutamente in .grado di pretendere 
il pagamento dei diritti di confine dei quali, comunque, dovrebbe 
essere sempre calcolato il preciso ammontare, unitamente agli interessi. 

A riprova, la Corte del merito ha fermato il suo esame sull'art. 26 
del Regolamento n. 547, alla stregua del quale entro quindici ~forni 
dalla scadenza del termine stabilito dalla bolletta di temporanea importazione, 
per la riesportazione delle merci, senza che la bolletta stessa 
abbia avuto scarico totale, la Dogana procede alla liquidazione dei diritti 
di confine e degli interessi di mora dovuti passando in riscossione la 
parte di cauzione corrispondente. Nei casi nei quali la riesportazione 
delle merci si pu� effettuare per altra Dogana, a~1a riscossione dei diritti 
di confine e degli interessi di mora sar� provveduto decorsi trenta .giorni 
dalla scadenza delle bolletta senza che sia pervenuto alla Dogana il 
certificato di scarico o la bolletta discaricata. 

Dal complesso de~le dette disposizioni la Corte del merito ha tratto� 
la esatta conseguenza che, secondo il sistema legislativo del 1913, la 
liquidazione dei dir.itti di confine costituisce, non gi� un atto meramente 

I

formale avente un semplice contenuto contabile, ma, invece, l'atto nel 

Iili 

quale si concreta l'accertamento compiuto dalla Dogana in ordine al,la 
effettiva sussistenza dell'obbUgo della corresponsione dei diritti di con


' 

fine, per quali partite ed in quale misura, e che tale accertamento non 
si esaurisce in una semplice operazione meccanica, ma richiede una. 
raccolta di elementi (che pu� anche essere particolarmente complessa). 
il loro controllo, e la valutazione. Solo dopo questi adempimenti la 
Dogana pu� pervenire alla decisione se i dir.itti di confine siano dovuti, 
ed in caso affermativo procedere alla liquidazione e, quindi, pretendere 
il pagamento di quanto dovuto, rivo1gendosi, a tal fine, al debitore 
principale ed al garante. Con la scadenza del termine per la riesporta


zione, si avvera la condizione cui era subordinata la sussistenza d~a 
obbligazione, ma ci� non rende ancora liquido ed esigibile il relativo. 
credito. 

In contrario, non rileva che le bollette di temporanea importazione� 
contengano il calcolo preventivo di quanto dovuto nel caso di mancata. 
riesportazione, perch�, come la Corte del merito ha esattamente rilevato, 
tale conteggio viene effettuato ai soli fini della determinazione� 
della cauzione da prestare, tanto � vero che, nelle bollette per cui �-
causa, l'importo preventivo in esse indicato non coincide con quello. 
risultante dalla liquidazione. 

P�ertanto, la Corte del merito ha giustamente concluso che la sca-denza 
della obbligazione si era verificata il 25 ottobre 1958 allorquando� 
il Ricevitore Oapo della circoscrizione doganale di Venezia, con lettera. 
diretta alla societ� Molini Conselvan e, per conoscenza, alla Banca_ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 911 

Nazionale del Lavoro, aveva notificato l'ammontare dei diritti di confine 
dovuti in lire 41.975.661 e ne aveva richiesto il pagamento. 

N� poteva essere accolta l'altra tesi della Banca secondo cui la 
scadenza della obbligazione si sarebbe, comunque, verificata, a norma 
dell'art. 55 della legge fallimentare, �Con la dichiarazione di fallimento 
della societ� Conselvan, avvenuta il 23 novembre 1956. 

Invero, come la Corte del merito ha giustamente rilevato, la disposizione 
invocata, per la quale i debiti pecuniari del fallito si considerano 
scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento, 
non poteva affatto valere a supplire a,ID.a mancanza di un atto, 
quale quello di liquidazione, con il quale soltanto l'obbligo di corrispondere 
i diritti di confine v.iene accertato, e la relativa misura � stabilita. 

Sulla base delle su esposte considerazioni, la Corte del merito ha 
giustamente negato che l'assunto della Banca, di essere ormai liberata 
dalla obbligazione fideiussoria, potesse trovare conforto nell'art. 1957 

c. c.; e di ci� ha trovato ulteriore conferma nelle disposizioni che regolano 
la restituzione della cauzione. 
In base al collegato disposto degli articoli 3 e 4 del Regolamento 

n. 547 del 1922, e 220 e 221 d~l Regolamento doganale, la cauzione di 
cui all'art. 6 della legge n. 1453 del 1913 deve essere prestata mediante 
deposito di denaro in contanti o di cartelle di rendita del debito pubblico 
italiano o in buoni del tesoro a lunga scadenza e, in determinati 
casi, mediante fideiussione da parte di Istituti di Credito; donde il perfetto 
parallelismo tra cauzione e fideiussione e l'applicabilit� anche a 
quest'ultima delle norme relative alla prima. 
Poich�, per il disposto dell'art. 21 del Regolamento n. 547 del 1922, 

la restituzione della cauzione avviene dopo ~l discarico della bolletta, 

consegue che anche la fideiussione conserva la sua efficacia fino a quel 

momento. 

N� l'assunto della Banca di essere rimasta liberata dalla obbliga


zione poteva trovare accoglimento sotto il profilo dell'art. 1955 c. c., per 

avere la Dogana, con il suo fatto -procedendo alla liquidazione oltre 

il termine di quindici giorni stabilito dall'art. 26 del Regolamento 


impedito che potesse avere effetto la surrogazione del fideiussore nei 

privilegi del creditore. 

Come la Corte del merito ha giustamente rilevato, il termine di 

quindici giorni, di cui al citato art. 26, � un termine interno che con


cerne unicamente i doveri disciplinari dei funzionari preposti alla liqui


dazione, onde la sua inosservanza si risolve nella violazione dei doveri 

medesimi, senza influire, peraltro, nei rapporti esterni con i terzi, posto 

che nessun obbligo di pagare incombe al debitore prima della liqui


dazione. 

Del tutto estraneo ai rapporti tra il funzionario e l'Amministrazione 
� il debitore, il quale, d'altra parte, nessun interesse potrebbe avere di 



912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dolersi della scarsa sollecitudine della Dogana nel pretendere il pagamento 
di quanto dovutole. 

Inoltre, affinch� la Banca, effettuando il pagamento, potesse far valere 
il privilegio spettante alla Dogana sulla merce importata era necessario 
che questa fosse ancora esistente e recuperabile; il che la Corte 
del merito ha escluso con insindacabile apprezzamento di fatto. 

N�, infine, la Banca ha ragione di dolersi che la Corte del merito, 
in accoglimento dell'appello incidentale, abbia ritenuto che, oLtre i 
diritti di confine, fossero dovuti anche gli interessi. 

Poich� l'art. 4 del Regolamento dispensa dalla corresponsione degli 
interessi quando la lavorazione delle merd importate avvenga in stabilimenti 
sottoposti alla speciale vigilanza della Amministrazione, in modo 
da essere impedito il passaggio al consumo delle merci stesse senza 
l'intervento della Dogana, ed in tal caso � data facolt� di prestare garanzia 
mediante fideiussione, il Tribunale ne desunse che anche nella 
specie la lavorazione del grano importato fosse avvenuta in detti stabilimenti, 
per il fatto che la .garanzia era stata prestata mediante fideiussione. 


Senonch�, l'art. 4 del regolamento non autorizza l'illazione che. la 
fideiussione possa essere prestata soltanto in quel caso e non in altri, e, 
d'altra parte, la Corte del merito ha escluso che gli stabilimenti di 
Padova della Conselvan, nei quali avvenne la lavorazione del grano, 
fossero sottoposti alla speciale vigilanza di �cui all'art. 4 del regolamento, 
tanto � vero che le merci ottenute dalla lavorazione erano state potute 
immettere al consumo senza l'intervento della Dogana. -(Omissis). 

I. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1966, n. 819 -Pres. Pece Est. 
Arienzo -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Tavassi La Greca) c. Porcile (avv. Vigotti). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Decisioni 
delle commissioni in tema di valutazione -Legittimit� Condizioni. 


(d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). 
Imposte e tasse in genere -Giudizio dinanzi ai tribunali ordinari, ex 
art. 29, terzo comma, d. 1. n. 1639 del 1936, sulla legittimit� delle 
decisioni delle commissioni tributarie in tema di valutazione -Pro


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-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 913 

nuncia del gi�dlce di merito sulla ricorrenza dei vizi di grave ed 
evidente errore di apprezzamento o mancanza o insufficienza di 
calcolo -Censurabilit� in Cassazione -Esclusione. 

(c. p. c., art. 360; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
Le decisioni delle commissioni tributarie in tema di determinazione 
del valore, ai fini dell'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti, 
debbono contenere una motivazione, sia pur sommaria, dalla 
quale emergano i dati in base ai quali si � proceduto al calcolo dei 
valori: dati che non possono essere desunti da semplici riferimenti o 
richiami ad elementi esterni, o generici, o astratti, ma debbono essere 
specifici, e tali perci� da consentire il controllo dell'iter seguito nella 
formazione del giudizio estimativo (1). 

Costituisce giudizio di merito, che si sottrae al controllo della Corte 
di Cassazione, se immune da vizi logici e. giuridici, quello relativo alla 
indagine sulla specificit� e congruit� della motivazione delle decisioni 
deUe commissioni tributarie, ai sensi degli artt. 29, terzo comma, d. l. 
7 agosto 1936, n. 1639, e 42 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, in tema di determinazione 
del valore per l'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti 
(2). 

II. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 28 marzo 1966, n. 821 -Pres. Fibbi Est. 
Gambogi -P. M. Toro (parz, diff.) -Albenzio-Viterbo (avv. 
Albenzio) c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Decisioni 
delle commissioni in tema di valutazione -Adozione di criteri 
non contrari a legge, ma non espressamente previsti -Illegittimit� 
per: grave ed evidente errore di apprezzamento -Esclusione -Fattispecie 
in t�ma di aree edificabili destinate, da piani regolatori, a 
strade p:ubt>liche. 

(d, I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. �29). 

Pure ammesso che il grave ed evidente errore di apprezzamento, 
ex Oirt. 29, terzo comma, d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, nelle decisioni 
delle commissioni tributarie in tema di valutazione, possa consistere 
nell'adozione di criteri non conformi a legge, la ricorrenza del vizio 
va tuttavia esclusa allorch� la non conformit� non si traduca in una 

=-=~

-


914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

violazione della legge stessa, la quale invero non impedisce la scelta 
di criteri di stima diversi da quelli indicativamente enunciati, che non 
contrastino con i precetti normativi e risultino giustificati ed idonei; 
e non contrario a legge, ed inoltre idoneo e giustificato, � il c1�iterio 
di riferimento al valore edificatorio di aree destinate, da un piano regolatore, 
a strade pubbliche, quando il valore medesimo sia da considerare 
nella determinazione delle indennit�, in caso di espropriazione per la 
attuazione del piano (3). 

I 

(Omissis). -La ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 111 Cost. 42 cit. 15, 16 e 29 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 
e sostiene che la sentenza impugnata abbia errato nell'escludere la 
nullit� della decisione della commissione �provinciale che, invece, sarebbe 
affetta da difetto di calcolo e da grave ed evidente errore di 
apprezzamento, cosicch�, sotto il primo profilo, la decisione si risolverebbe 
in una vaga formula di stile, priva di contenuto decisorio e adattabile 
a qualsiasi statuizione di valore. 

La censura � infondata. 

(1-3) In �generale, sulle questioni in tema di sindacato dell'autorit� 

giudiziaria, ai sensi dell'art. 29 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, sulle deci


sioni delle �commissioni tributarie in tema �di valutazione, ai fini dell'ap


plicazione delle imposte indirette, si veda Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 

352 ss., 470 ss. 

In ordine alla prima massima, che enuncia un principio ormai conso


lidato, cfr., tra altre: Cass. 27 maggio 1963, n. 1385, Riv. leg. fisc., 1963, 

1956, id. 8 luglio 1963, n. 1855, ivi, 2274, che riaffermano l'esigenza che la 

motivazione dc.Ile decisioni, sia pur sommaria, sia per� tale da consentire 

il controllo dell'iter logico .giuridico seguito nella determinazione dei 

valori: esigenza che va riconosciuta, invero, in relazione alla stessa natura 

del sindacato, di mera legittimit�, spettante nella soggetta materia alla 

autorit� giudiziaria (E, sul punto, ed anche per le implicazioni in ordine 

all'inammissibilit� di ricorso alla commissione centrale nelle controversie 

di valutazione in discorso, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, U, 317, con 

riferimenti giurisprudenziali). 

In relazione alla terza massima, poi, va segnalato che altra volta la 

Corte Suprema ha affermato doversi il ricorso all'a.g.o., ex cit. art. 29 d. 1. 

n. 1639 del 1936, ritenere consentito anche nell'ipotesi di adozione, da parte 
delle commissioni, di criteri di valutazione non conformi a legge, e ci� 
nel rilievo che sarebbe violato, in tal caso, il diritto soggettivo del contribuente 
ana giusta imposizione: cfr., oltre le sentenze ricordate nella motivazione, 
Cass. 6 dicembre 1963, n. 3111, in questa Rassegna, 1964, I, 168, 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUl)E~ZA TRIBUTARIA 915 

L'art. 42 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 prescrive che le decisioni 
delle commissioni distrettuali e provinciali in materia di imposte sui 
trasferimenti della ricchezza debbono contenere una sommaria m�tiva� 
:zione dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella 
determinazione dei valori imponibili. Tale disposizione � stata inter~ 
pretata dalla Corte del merito nel senso che non sia richiesta la mdicazione 
del calcolo o del metodo seguito per la determinazione dei 
valori n� la specificazione del criterio estimativo e che sia, invece, sufficiente 
che dalla sommaria motivazione risultino gli elementi di fatto 
posti a base del calcolo. La sentenza impugnata ha, quindi, precisato che 
tali elementi debbono essere indicati in modo specifico e non con formule 
generiche adattabili alla valutazione di qualsiasi trasferimento 
di ricchezza e, infine, ha ritenuto che, nel caso di specie, la decisione 
della commissione provinciale conteneva la specificazione degli elementi 
posti a base della valutazione e costituiti dalla vetust�, dal decadimento, 
per lo stato di abbandono, e dall'ubicazione degli immobili 
in zona periferica. 

Quanto ai presupposti giuridici, la sentenza impugnata, pur non 
espressamente richiamandoli, si � uniformata a principi enunciati dalla 
giurisprudenza di questo S.C. A norma dell'art. 42 del r. d. 8 luglio 
1937, n. 1516, le decisioni delle commissioni tributarie, distrettuali e 
provinciali, per la risoluzione delle controversie in materia di imposte 
sui trasferimenti di ricchezza in genere, e mortis causa in particolare, 
devono essere motivate, sia pure in modo sommario, in modo che possa 
controllarsi l'ite'I" seguito dai predetti organi per la formazione del loro 
giudizio, e, a tal fine, � sufficiente che dalla motivazione risultino con 
certezza gli elementi di fatto sui quali � stato impostato il calcolo ai 
fini della motivazione dei valori imponibili. L'obbligo della motivazione 
non pu� ritenersi adempiuto da parte delle commissioni tributarie se 
la decisione non contenga l'indicazione dei dati in base ai quali si � 
proceduto �al calcolo dei valori� imponibili, e tali dati non possono 
essere desunti da semplici riferimenti o richiami ad elementi esterni 

o ad elementi generici ed astratti, quali l'ubicazione, la estensione, la 
con nota critica di L. CoRREALE, che sottolineava come, nel sistema dei giu


dizi dinanzi alle commissioni, in materia di imposte indirette sui trasferi� 

menti, �sono tenute nettamente distinte le questioni di diritto da quelle di 

valutazione, sl che una questione sulla scelta dei criteri potrebbe ipotiz


zarsi, e ritenersi proponibile, nell'ambito dell'impugqativa giudiziaria ai 

sensi del xipetuto disposto del terzo comma dell'art. 29 del d. 1. n. 1639 del 

1936, soltanto nei limiti in cui la violazione denunciata possa risolversi, in 

concreto, in difetto di calcolo o in grave ed evidente errore di apprez


zamento. 

Nella sentenza n. 821 in rassegna, la questione non � stata affrontata 

ex professo, ma � di rilievo che sia stata prospettata soltanto dialettica




916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

natura e lo stato dei beni (Cass. 27 maggio 1963, n. 1397). A tali principi 
si � ispirata la sentenza impugnata nel formulare le premesse giuridiche 
della propria decisione ed ha, poi, con apprezzamento incensurabile 
in questa sede, ritenuto che la commissione avesse, nella proprio 
pronuncia, indicati specifici e non generici elementi di fatto, posti 
a base del calcolo nella determinazione del valore attribuito ai beni 
caduti nella successione, che diede luogo all'accertamento contestato, 
e costituiti dalla vetust�, dal decadimento per mancata manutenzione, 
dal tipo popolare ed economico degli immobili e dalla loro ubicazione 
in zona perifer.ica. La specifica indicazione dei suddetti elementi di 
fatto, tenuti a base del calcolo, soddisfa l'esigenza della sommaria motivazione, 
in quanto consente di poter controllare l'iter seguito per la 
formazione del giudizio sul valore dell'immobile. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Col secondo mezzo la ricorrente, denunziando la violazione 
dell'art. 16 dello stesso d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch� la 
erronea motivazione, lamenta: a) che la sentenza impugnata non abbia 
rilevato che la Commissione provinciale delle imposte, nel valutare il 
terreno � de quo ., non aveva seguito i criteri obbligatoriamente fissati 
da tale norma di legge, e cio� il raffronto con i prezzi di alienazione 
di immobili di analoghe ubicazione e condizioni, e la capitalizzazione 
del reddito; b) che a tali criteri si sia sostituito l'apprezzamento del 
valore in base ad una presunta indennit� di espropriazione del terreno 
come fabbricativo, senza tener conto del fatto che il terreno stesso 
trovasi in una zona destinata dal piano regolatore di Bari a strada ed 
a verde pubblico, e come tale non edificabile. 

Queste doglianze possono essere esaminate solamente sotto il profilo 
del vizio giuridico e logico della motivazione con la quale la Corte 

mente ( � pure ammesso, ecc. �) la eventualit� che l'adozione di criteri 
non conformi a legge possa giustificare l'impugnativa ex art. 29, e che 
ci� sia stato ipotizzato non con riferimento ad una autonoma ragione di 
illegittimit� delle decisioni, bens� in considerazione della possibilit� che 
la scelta di quei :contrari criteri concreti, invece, ed evidenzi, un grave 
errore di apprezzamento, e cio� uno degli specifici vizi denunciabili dinanzi 
all'a..g. o. con il rimedio in parola. 

Sulla non tassativit� dei criteri di valutazione, di cui all'art. 16 del 

d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, �cfr. Oass. 8 luglio 1963, innanzi citata, in particolare 
circa l'esigenza che non siano adottati criteri contrari a legge, 
nonch� Cass. 2 ottobre 1962, n. 2800, Riv. teg. fi,sc., 1963, 625, per la necessit� 
che dalle decisioni delle commissioni risultino le ragioni della scelta di 
altri idonei criteri di stima. 
-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 917 

di Appello ha escluso la esistenza del ~ grave ed evidente errore di 
apprezzamento� nella decisione della Commissione tributaria, dovendosi 
in questa sede riesaminare, sotto il profilo della legittimit�, non 
la decisione suddetta, bens� la sentenza impugnata. 

Ci�. posto, va allora osservato: a) che, pure ammesso che il � grave 
ed evidente errore di apprezzamento ., di cui si discute, possa consistere 
anche nella adozione di criteri non conformi a legge (sentenze 

n. 1626 del 1958 e n. 828 del 1956), � stato d'altronde ritenuto da questa 
Corte Suprema che i criteri di valutazione adottati dalle commissioni 
tributarie possono anche essere diversi da quelli indicativamente menzionati 
dalla legge (valore comparativo e capitalizzazione del reddito), 
purch�, in tal caso, si faccia risultare, almeno per implicito, la ragione 
della scelta di un diverso criterio che sia idoneo allo scopo e non 
contrario � legge (sent. n. 2800 del 2 ottobre 1962); b) che tale diverso 
criterio, indicato nella constatata edificabilit� del terreno, non � inidoneo 
n� contrario a legge per il fatto che il terreno stesso sia stato 
destinato dal piano regolatore di Bari a strada e verde pubblico. 
Giustamente ha, infatti, osservato la Corte del merito che il terreno 
al momento della espropriazione dovr� comunque essere valutato 
come terreno edificativo nel calcolo della indennit� relativa; tale rilievo 
della impugnata sentenza � pienamente �conforme a diritto. Questa Suprema 
Corte, invero, ha gi� affermato che, salvo che la legge speciale 
di approvazione di un piano regolatore, come quello concernente la 
citt� di Roma, approvato con r. d. 6 luglio 1931, n. 981, non abbia 
espressamente stabilito, con disposizione avente carattere eccezionale, 
la regola restrittiva secondo cui la indennit� di espropriazione delle 
aree destinate a piazze ed a strade va determinata considerando le aree 
stesse prive del requisito della edificabilit�, deve applicarsi la norma 
generale contenuta nell'art. 9 della legge sui piani di :ricostruzione, 
27 ottobre 1951, n. 1402, la quale dispone che l'indennit� di espropriazione 
deve corrispondere al giusto prezzo che l'immobile avrebbe 
avuto in libera contrattazione di vendita; e, pertanto, nella determinazione 
della indennit� di espropriazione non pu� tenersi conto della 
diminuzione di valore subita in conseguenza del provvedimento che 
ha imposto il vincolo (sentenza n. 119 del 22 .gennaio 1965). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 951 -Pres. Scarpello 
-Est. Saya -P. M. Pedote (conf.). -Ministero Finanze (avv. 
Stato Tavassi La Greca) c. Soc. It. Bunge (avv. Cutrera). 

Imposta ~enerale sull'entrata -Non imponibilit� dei corrispettivi relativi 
a� servizi internazionali� -Nozione di tali� servizi� -Attivit� 

-



918 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei commissionari in affari di importazioni ed esportazioni -Imponibilit� 
del corrispettivi -Limiti. 

(d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1, lett. h.). 
Rientrano nel concetto di � servizi internazionali �, i cui corrispettivi 
non sono soggetti all'imposta sull'entrata, ai sensi dell'art. 1, lett. h, 
della legge organica, soltanto quei servizi che comportano prestazioni 
da svolgere parte in Italia e parte all'estero, e che hanno funzione strumentale 
rispetto alle esportazioni dall'Italia all'estero: sicch�, mentre 
Testano non soggette all'imposta le provvigioni dei commissionari, che 
operano in Italia, ed intrattengono rapporti con gli operatori esteri, per 
affari di esportazione, devono ritenersi invece normalmente imponibili 
sia le entrate dei commissionari che operano in affari di importazione, 
sia quelle dei commissionari che, operando in Italia, svolgono la loro 
attivitd tra due imprese entrambe straniere (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente Amministrazione 
denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma terzo, 
lett. h) d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito nella I. 19 giugno 1940, 

n. 762, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., per avere la 
Corte di merito, considerato �servizio internazionale� l'attivit� di commissionario 
svolta dalla resistente societ� Bunge a. favore di imprese 
estere, e per avere conseguentemente ritenuto esenti dall'imposta generale 
sull'entrata le provvigioni dalla medesima percepite come corrispettivo 
di tale attivit�. 
In proposito rileva il Collegio che il d. I. citato ha istituito l'imposta 
generale sull'entrata per tutte le entrate in denaro e con mezzi 
di pagamento sostitutivi del denaro conseguite da qualsiasi soggetto in 
corrispondenza di cessioni di beni o di prestazioni di servizi, effettuate 
nel territorio dello Stato (art. 1, primo comma), stabilendo che non 
costituiscono, tra l'altro, entrata imponibile � le somme introitate per la 
esportazione delle materie, merci o prodotti e per noli ed altri corrispettivi 
relativi a servizi internazionali � (3� comma, lett. h, art. cit.). 

Questa Corte ha gi� avuto occasione di precisare che la previsione 
concernente i servizi internazionali si riferisce non gi� a prestazioni di 
servizi effettuate interamente all'estero, bens� a prestazioni di ser


(1) Le Sezioni Unite hanno cos� confermato l'indirizzo gi� segnato, 
nella soggetta materia, da Cass., Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1756, in questa 
Rassegna, 1965, I, 1237, con nota cui si rinvia. Cfr., altres�, Relaz. Avv. 
Stato, 1961-65, II, 638. La sentenza confermata, App. Milano, 13 marzo 
1964, � pubblicata in Giust. civ., 1964, I, 2095. Le sentenze Cass., 19 novembre 
1956, n. 4262 e 21 dicembre 1962, n. 1756, richiamate da quella 
odierna, possono leggersi in Riv. leg. fisc., 1957, 169 e 1963, 700. 

PARTE. I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

vizi eompiute parte in Italia e parte all'estero, sicch� rientra nel 
concetto di servizio internazionale, ed � conseguentemente esente da 
imposta sull'entrata, l'opera svolta dal commissionario che opera nei 
confronti di imprese straniere (Cass. I Sez., 19 novembre 1956, n. 4262; 
21 dicembre 1962, n. 3401); ed ha precisato altres� che nella prospettata 
ipotesi del commissionario, l'esenzione concerne soltanto l'attivit� correlativa 
alle esportazioni dall'Italia all'estero e non anche il caso inverso 
delle importazioni (cfr. Cass. I Sez., 24 luglio 1965, n. 1756). 

Tale orientamento va mantenuto, non ricorrendo ragione alcuna 
per discostarsene. Sul primo profilo � da rilevare che, con l'espressione 

� servizi internazionali �, la legge non poteva riferirsi alle prestazioni 
compiute interamente in Italia le quali indubbiamente sono soggette al 
tributo, e non poteva riferirsi neppure alle prestazioni svolte completamente 
all'estero, in conseguenza del carattere territoriale dell'imposta, 
sancito espressamente nel primo comma del cit. art. 1 d. I. 9 gennaio 1940, 
n. 2, ove � stabilito che l'imponibile � costituito soltanto dalle entrate 
per cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello 
Stato itaiiano. Non � possibile invero ritenere che il legislatore abbia 
predisposto un'apposita ed esplicita esenzione, relativamente ad una 
situazione la quale gi� restava fuori della previsione tributaria per effetto 
della natura del tributo istituito: sicch�, logicamente, non pu� 
pervenirsi ad una conclusione diversa di quella gi� enunciata da questa 
Corte Suprema, secondo cui per � servizio internazionale �, agli effetti 
della legge in esame, deve intendersi la prestazione di un'attivit� svolta 
parte in Italia e parte all'estero. In tale vasta nozione rientra perci� 
anche l'opera svolta dal commissionario (lato sensu), ossia di colui che 
svolga comunque e a qualsiasi titolo (commissionario in senso stretto, 
agente, ecc.) un'attivit� sostanziaimente diretta alla conclusione di affari 
tra imprese italiane e imprese straniere. Al riguardo � indifferente 
che l'operatore abbia la residenza o la sede in Italia, contrariamente a 
quanto ritiene l'Amministrazione ricorrente, giacch� l'elemento rilevante 
e nel contempo decisivo in proposito � dato dall'ambito in cui si 
svolge l'attivit� del commissionario, che non si limita al territorio italiano, 
ma si proietta anche all'estero per i rapporti che occorre tenere 
con le imprese straniere. N� sarebbe consentito da un corretto procedimento 
ermeneutico adottare un criterio di prevalenza quantitativo, come 
pure ritiene la ricorrente Amministrazione, risultando siffatto criterio 
del tutto estraneo alla previsione normativ�a, e peraltro concret�mente 
inapplicabile, per l'impossibilit� di distinguere in un servizlo, che ha 
all'evidenza carattere unitario; la parte svolta in Italia e quella svolta 
all'estero. 
Ci� posto, osserv�a la Corte che l'attivit� del commissionario, per 
rientrare nell'esenzione disposta dalla legge, deve avere una funzione 
strumentale rispetto alle esportazioni dall'Italia all'estero, mentre ne 


920 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

resta esclusa quella concernente le importazioni in Italia ovvero le 
esportazioni e importazioni tra altri Stati. 

Il che si evince chiaramente sia dalla formula legislativa, che accomuna 
i servizi internazionali alle esportazioni di materie, merci e prodotti, 
ma ancor pi� dalla ratio dell'esenzione in oggetto. Con essa, invero, 
come gi� questa Corte ha rilevato, il legislatore ha voluto favorire 
e proteggere le esportazioni nazionali le quali, altrimenti, potrebbero 
trovarsi in difficolt� sul mercato estero in dipendenza dell'incidenza 
dell'imposta sul prezzo delle merci esportate (cfr. le ,,sentenze gi� citate 

n. 4262 del 1956 e 1756 del 1965). Tale intento non pu� invece intuitivamente 
ricorrere per le importazioni, rispetto alle quali, anzi, salvi i 
casi di una disciplina particolare dipendente da singoli accordi internazionali, 
vigono generalmente delle misure direttamente o indirettamente 
limitative: del che si ha specifica conferma anche nella materia in questione, 
in quanto il legislatore, preoccupato che dall'istituzione della 
imposta potessero comunque avvantaggiarsi le importazioni, non soggette 
a tale tributo, stabili per esse un'imposta surrogatoria per il solo 
fatto obiettivo della importazione nella misura del 2 % (art. 17 e segg. 
d. I. cit.). 
N� si potrebbe ritenere che, anche quando si tratta di esportazione, 
si avrebbe pur sempre un ingresso di ricchezza dall'estero all'interno, 
rappresentata dalle provvigioni corrisposte dall'imprenditore straniero 
al commissionario, onde potrebbe pur sempre ritenersi sussistente la rilevata 
ratio Zegis. Ben diverso invero � il fatto dell'esportazione, la 
quale � oggetto di una particolare tutela, da quello di un'attivit� ausiliaria 
all'importazione, che non �pu� non essere considerata dal legislatore 
con lo stesso disfavore con cui � considerata l'importazione stessa; 
sicch� tale inidoneit� di equiparazione tra le due situazioni esclude sicuramente 
che possa ritenersi ricorrente il medesimo intento legislativo 
nella disciplina tributaria in esame. Peraltro � da osservare come l'ingresso 
di ricchezza sia meramente apparente, riflettendosi l'ammontare 
delle provvigioni corrisposte al commissionario sul prezzo delle merci 
straniere vendute in Italia, sicch�, in sostanza, quella ricchezza ritorna 
per altra via, cio� come parte del prezzo, all'esportatore straniero. 
Sebbene tale rilievo sia assorbente e decisivo, si pu� ancora rilevare 
che, se l'esenzione fosse applicabile, l'effettivo beneficiario sarebbe lo 
esportatore straniero, in conseguenza delle minori pretese del commissionario 
residente in Italia, non tenuto al pagamento dell'imposta sui 
corrispettivi ricevuti, il che consentirebbe all'esportatore suddetto di 
praticare prezzi pi� bassi in Italia, risultando cos� favorito nella competizione 
di mercato rispetto agli operatori economici nazionali. 
Giova infine aggiungere che, ritenendo soggette a tributo le provvigioni 
del commissionario che svolge la sua attivit� per le importazioni 
in Italia, non sussiste l'eventualit� di una duplicazione di tributo. � vero 



PARTE I, SEZ. V, dlURISPRUDENZA TRIBUTARIA 921 

che l'art. 96 del Regolamento 26 gennaio 1940, n. 10, per l'esecuzione 
del citato d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, istitutivo del tributo, integrando la 
previsione dell'art. 18 dello stesso d. l., in base alla deleg,a contenuta 
nell'art. 57 del medesimo d. 1.,� considera ai fini della determinazione 
del valore imponibile anche le spese di commissione, ma ci� dispone 
unicamente ai� fini dell'imposta surrogatoria di importazione; e pertanto 
concerne unicamente quelle spese relative a commissioni effettuate interamente 
all'estero; le quali non possono essere ritenute entrate imponibili.
rispetto all;imposta in oggetto in dipendenza del ricordato carattere 
territoriale del tributo, mentre non si riferisce ai servizi internazionali.>
Si deve. perci�. concludere che, se>tto ogni angolo visuale, l'esenzione 
non spetta nell'ipotesi prospettata. 

Analogamente �� da ritenere per le provvigioni del commissionario 
ch� sv�lg� la sua attivit� tra due imprese entrambe straniere, pur operand,
o in Italia, trovando fondamento e giustificazio~e .l'esenzione, secondo 
quanto gi� si � rilevato, soltanto per l'attivit� correlata alle 
esportazioni dall'Italia. 

Ci� chiarito in linea generale, rileva la Corte che l'impugnata sentenza, 
mentre si � esattamente attenuta al primo profilo del principio, 
richiamando in proposito l'indirizzo di questo Supremo Collegio, ha completamente 
omesso di prospettarsi il secondo, sicch� non ha compiuto 
l'indagine, che pure era necessaria, tendente ad accertare se le provvigioni 
percepite dalla resistente concernessero esportazioni di merci, 
materie e prodotti dall'Italia all'.estero, al fine di considerare esenti dal 
richiesto tributo soltanto tali provvigioni. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 9 maggio 1966, n. 1186 -Pres. Vallillo 
-Est. Aliotta -P. M. Gentile (conf.) -Soc. Viggi� (avv.ti 
Guerra, Tim�) c. Colombo (avv. Lanzavecchia) � Ministero Finanze 
(avv. Stato Santoro Passarelli). 

Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia 
sulla regolarit� formale del procedimento esecutivo ex t. u. 14 apri� 
le 1910, n. 639 -Competenza del foro dello Stato -Sussiste. 

(c. p. c., art. 25; r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 8; t. u. 14 aprile 1910, n. 639). 
Costituisce controversia tributaria -devoluta ana competenza 
funzionale inderogabile del tribunale del luogo dove ha sede l'ufficio 
delZ'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova l'ufficio finanziario 
che ha liquidato l'imposta o emesso l'ingiunzione di pagamento 
-ogni controversia che si svolga tra i soggetti del rapporto tributario, 
sia che attenga alla sussistenza ed all'ammontare dell'obbligazione 
d'imposta, sia che riguardi la regolarit�, anche soltanto dal punto 

-



922 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

��' 

di vista formale, del procedimento esecutivo promosso dall'Amministra


zione ai sensi del t. u. 14 aprile 1910, n. 639 (1). 

(1) Giurisprudenza consolidata. In argomento v. Relaz. Avv. Stato, 
~961-65, ,rr, 359, e cfr., tra le pi� recenti [pronunce, Cass. 28 aprile 1964, 
n. 1021, in questa Rassegna, 1964, I, 773, con specifico riferimento al tema 
della competenza territoriale-funzionale, nonch� Cass. 14 giugno 1965, 

n. 1207, e 18 giugno 1965, n. 1261, ivi, 1965, I, 561. 
Nella sentenza odierna � puntualizzato che la competenza territorialefunzionale 
del foro dello Stato, per le controversie attinenti alla regolarit� 
formale del processo di esecuzione, si collega a ci� che l'esecuzione sia attuata 
dall'Amministrazione in virt� del t. u. 14 aprile 1910, n. 639, osservandosi 
che ci� � appare !Pienamente giustificato, se si consideri che le 
norme che regolano il procedimento speciale per la esazione coattiva delle 
imposte formano parte integrante, sotto il profilo sanzionatorio, di quelle 
di carattere sostanziale che determinano il sorgere dell'obbligazione tributaria; 
per cui ogni controversia relativa alle norme di carattere formale 
costituisce, come quelle sorte in sede di interpretazione e applicazione 
delle norme sostanziali fiscali, una controversia tributaria �. 

Sulla legittimit� costituzionale delle norme sul foro dello Stato, in 
genere, cfr. Corte Cost., 22 dicembre 1964, n. 118, in questa Rassegna., 
1964, I, 1017, con nota. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 maggio 1966, n. 1193 -Pres. Rossano 
-Est. Straniero -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Soc. Magazzini 
Generali di Lombardia (avv.ti Regard, Quaglia, Rosai) c. Ministero 
Finanze (avv. Stato Coronas). 

Imposte doganali -Importazioni ed esportazioni temporanee -Inserimento 
nel sistema generale della legislazione doganale -Sussiste. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424; r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453). 
Imposte doganali -Importazioni ed esportazioni temporanee -Diritti 
per merci introdotte in temporanea importazione e non riesportate 
-Natura e momento della nascita dell'obbligazione d'imposta. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 4; r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453, artt. 14-17). 
Imposte doganali -Deposito di merci estere in magazzini generali Obbligazione 
dell'esercente i magazzini -Estrazione dai magazzini 
di merci estere in temporanea importazione -Mancata 
riesportazione -Obbligazione dell'esercente i magazzini per i 
diritti doganali dovuti -Sussiste. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424, d. l. lo luglio 1926, n. 2290, art. 12; r. d. 
16 gennaio 1927, n. 126, artt. 36, 37; d. 1. 18 dicembre 1913, n. 1453, artt. 5 ss.).. 
Il regime tributario delle impolf'tazioni ed esportazioni temporanee 
non � avulso da quello generale in tema di imposte doganali, bens�. 
in questo si inserisce, costituendo la impolf'tazione o la esportazione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 923 

temporanea non altro che � destinazioni doganali ., ai sensi deH'art. 6 
della legge organica 25 settembre 194-0, n. 1424 (1). 

L'obbligazione per le imposte doganali, nelle importazioni temporanee, 
sorge, come nelle importazioni definitive, al momento del passaggio 
delle merci attraverso la linea doganale, e soltanto � sospensivamente 
condizionata alla mancata riesportazione nei termini e modi 
p.revisti dalla legge (2). 

Gli esercenti i magazzini generali sono obbligati per i diritti doganali 
dovuti per le merci depositate ed in relazione alla destinazione 
doganale che alle stesse sia data, e perci� anche dei diritti dovuti per 
le merci estratte in temporanea importazione e non riesportate (3). 

(Omissis).. -La questione fondamentale che le parti propongono 
all'esame di questo Supremo Collegio� consiste nell'accertare se l'esercente 
un magazzino generale, che, per estrarre dal proprio stabilimento 
merci estere in temporanea importazione, abbia presentato esclusivamente 
in .proprio la dichiarazione doganale prevista dall'art. 36. 
del i;. d. 16 gennaio 1927, n. 126, debba o meno rispondere, verso l'Amministrazione 
delle Finanze, dei maggiori diritti di confine e dei tributi 
accessori, che siano divenuti esigibili a seguito della mancata lavorazione 
e riesportazione della merce importata, anche nella ipotesi in 
cui non gli si possa comunque imputare, in ordine all'evento ostativo,. 
alcuna responsabilit�. 

La societ� ricorrente, col primo motivo del ricorso (impostato sulla 
denuncia di violazione e falsa applicazione dell'art. 12 r. d. l. 10 luglio 
1926, n. 2290, e dell'art. 37 del citato r. d. 16 gennaio 1927, n. 126, 
in relazione con l'art. 6 del r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453), censura 
per l'appunto la sentenza della Corte di Milano, in quanto ha affermato� 
che la responsabilit� dell'esercente, depositario fiduciario della Dogana, 
sorge, verso quest'ultima, ope legis, in dipendenza della disciplina 
legislativa della materia, che non consente che l'Amministrazionefinanziaria 
possa comunque trovarsi scoperta nella percezione dei di


(1-3) Sulla natura dell'obbligazione tributaria per i diritti doganali 
dovuti su merci temporaneamente importate e non riesportate, e nel senso� 
che si tratti di obbligazione sospensivamente condizionata, cfr. C'ass. 25. 
marzo 1966, n. 798, retro, 904, con richiami in nota. 

Ineccepibile appare, poi, l'inquadramento delle disposizioni in tema di 
importazioni ed esportazioni temporanee nel pi� ampio e .generale sistema 
della legislazione doganale, non sembrando potersi revocare in dubbio, especialmente 
alla stregua del preciso disposto dell'art. 6 della legge n. 1424 
del 1940, come sottolineato nella sentenza in nota, che quelle operazioni. 
corrispondono a � destinazioni doganali > espressamente previste dalla 
menzionata legge organica, nel cui ambito vanno a collocarsi. 

Conseguenziale � la l:-iconosciuta sussistenza deli'obbligazione dell'ente 
esercente i magazzini, ptir i diritti dovuti in relazione alla destinazionedoganale 
data alle merci estratte dai magazzini medesimi, e ci� gi� illl. 



924 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritti che le competono, e, in particolare, che la stessa debba ritenersi 
sostituita all'esercente medesimo, quanto alla responsabilit� dell'ulteriore 
destinazione, nel periodo successivo alla estrazione della merce 
estera, con le formalit� e per i fini di legge. 

Ora, non si pu� contestare che la ratio decidendi della sentenza 
impugnata tragga alimento da un complesso di norme, di principi e di 
precedenti giurisprudenziali, che si ricollegano alla disposizione di cui 
all'art. 12 del r. d. l. 1<> luglio 1926, n. 2290, in quanto questa norma 
impone ai magazzini generali l'onere di rispondere verso l'erario pubblico 
dei diritti e dei dazi dovuti sopra le merci di cui assumono il 
deposito e di sottostare alle disposizioni delle leggi e dei regolamenti 
emanati o emanandi dall'Amministrazione finanziaria. 

Va ricordato, invero: che il diritto della Finanza alla riscossione 
delle imposte di confine per effetto del potere di imposizione sorge 
nel momento del passaggio legittimo della merce attraverso la linea 
d()ganale (Cass. 10 giugno 1964, n. 1436; 17 dicembre 1962, n. 3136) 
anche nella ipotesi di importazione temporanea, sia pure, in questo 
caso, con il correttivo dell'assoggettamento alla condizione sospensiva 
della conversione della importazione stessa in definitiva; che soggetti 
passivi dell'obbligazione tributaria sono, per la legge doganale 25 settembre 
1940, n. 1424, oltre il proprietario della merce, e tutti coloro 
per conto dei quali la merce stessa viene importata o esportata (art. 5), 
anche il presentatore in dogana e il detentore al momento del passaggio 
della linea doganale, in quanto considerati proprietari dall'art. 16, 
salvo, il diritto della Finanza di identificare, ove lo ritenga opportuno, 
il proprietario effettivo (Cass. 19 maggio 1962, n. 1151; 14 marzo 1951, 

n. 638); che la presentazione si effettua, nella ipotesi dell'esercente un 
magazzino ,generale che intenda estrarre la merce estera dal proprio 
magazzino, con la presentazione, all'ufficio di dogana, della dichiarazione 
di cui all'art. 16 della legge del 1940 (art. 36 r. d. 16 gennaio 
1927, n. 126). 
Sostiene, peraltro, la ricorrente che le norme contenute nella legge 
doganale e in quella sui Magazzini Generali sono, in ogni caso, inapplicabili 
alle importazioni temporanee, regolate, specificamente e inte


base al combinato disposto degli articoli 5 e 16 della legge, secondo cui 


con eventuali altri obbligati -� soggetto al tributo il proprietario della 

merce, quale � considerato colui che la presenta in dogana o la detiene 

al momento del passaggio della linea doganale e che, in relazione a ci�, 

� tenuto a presentare la dichiarazione e ad indicare la destinazione. 

Coerenti al sistema, del resto, sono poi le specifiche disposizioni che 

sanciscono la responsabilit� degli esercenti i magazzini, dichiarandoli ob


bligati per tutte '1e imposte dovute sulle merci di cui assumono il deposito 

(art. 12 d. 1. 1� luglio 1926, n. 2290), e precisando che gli esercenti medesimi 

sono tenuti a presentare �la dichiarazione scritta, redatta nelle forme pre


scritte daUa leg.ge doganale �, in ogni caso di estrazione delle merci, ed 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 925 

gralmente, da una legge speciale, il r. d. l. 18 dicembre 1913, n. 1453, 
in dipendenza del rinvio di cui all'art. 57, comma secondo, della legge 
doganale, e del principio generale di diritto per il quale la legge speciale 
prevale su quella di carattere generale. La struttura giuridica e 
lo specifico condizionamento delle importazioni temporanee sono, da 
altra parte, tali, per la societ� ricorrente, da escludere che la responsabilit� 
dei Magazzini Generali per il pagamento dei diritti doganali 
possa sopravvivere alla fine del deposito e alla estrazione della merce, 
e che i Magazzini medesimi debbano, per esonerarsi da detta responsabilit�, 
ricorrere necessariamente alla traslazione prevista nell'art. 37 
del r. d. del 1927. Ci�, dal momento che la struttura in questione � 
impostata ess.enzialm,ente sulla considerazione determinante della personalit� 
del proprietario della merce, che entra in rapporto diretto con 
la Dogana e, altrettanto direttamente, assume verso la stessa l'obbligo 
della riesportazione, e dal momento, altresl, che la disciplina della 
materia comporta, a sua . volta,. un sistema di garanzie tale da eliminare, 
per la Finanza, qualsiasi possibilit� di rischio 'Per mancata riesportazione, 
in quanto il principio di una garanzia reale, integrale ed 
autosufficiente, � derogabile soltanto limitatamente alle sovrimposte di 
confine e alle ditte che presentino particolari requisiti, e soltanto con 
il correttivo di un ampio privilegio assoluto, sostanziale garanzia virtuale, 
a favore della Dogana (art. (�, commi secondo e terzo r. d. I. 
18 dicembre 1913, n. 1453). Il carattere e l'ampiezza della garanzia dovuta 
dal proprietario e l'essere l'importazione temporanea in funzione 
di una preventiva concessione ad personam, cio� di un rapporto giuridico 
alla cui creazione e al cui svolgimento i Magazzini sono del tutto 
estranei, non giustificano, invero, la configurabilit�, a carico dei Magazzini 
medesimi, di una garanzia sussidiaria, che non � richiamata 
dalla legge speciale, e che pu� avere senso logico soltanto per le importazioni 
definitive, in ordine alle quali la Dogana entra in rapporto, 
per le merci estere presentate dai Magazzini, soltanto con questi ultimi. 

Le argomentazioni della ricorrente non sono fondate. 

anche quando intendano compiere l'operazione per altra persona (artt. 36-37 

r. d. 16 gennaio 1927, n. 126). 
Sulla o.uestione, ed anche sul punto che la responsabilit� dell'esercente 
i magazzini deve ritenersi anche nel caso che con la dichiarazione sia designata 
la persona per la quale � fatta l'operazione (cit. art. 37) -punto 
che non rientrava nell'economia della decisione della vertenza definita con 
la sentenza in rassegna, e che era stato, sia pur soltanto in via teorica, ne.gat!
vamente risolto dalla impugnata sentenza 26 giugno 1964 della Corte di 
Appello di Milano -v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 681, e cfr. le osservazioni 
di A. Ca1cco, in Foro Pad., 1965, I, 205, in nota alla detta sentenza 
della Corte milanese. La sentenza del Tribunale di Milano, 16 maggio 1963, 
nella stessa vertenza, � pubblicata in Mon. Trib., 1963, 1145, con nota di 

E. SALAFIA. 

926 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Premesso che, per il caso concreto, che ha riguardo ad una situazione 
verificatasi nel 1960, non ha comunque ragion d'essere il richiamo 
alla coslddetta � garanzia limitata e virtuale � (prevista, in commi aggiunti 
all'art. 6 del decreto del 1913, soltanto dall'articolo unico della 
posteriore legge 10 luglio 1961, n. 568), va rilevato, invero, in primo 
luogo, che il regime giuridico delle importazioni temporanee non � in 
realt� un � momento autonomo della legislazione doganale ., dal momento 
che il testo del capoverso dell'art. 57 della legge del 1940 non 
autorizza, per il carattere limitato del rinvio, a ritenere �che il legislatore 
abbia voluto � sganciare � la normativa particolare dai principi 
fondamentali dell'ordinamento specifico e da un sistema nel quale la 
importazione temporanea ha la posizione essenziale, di � destinazione � 
consentita in base alla dichiarazione prevista dall'art. 16 della legge 
medesima. 

Posto, d'altra parte, che l'operazione eseguita dai Magazzini Generali 
di Lombardia si identifica con la destinazione della merce, l'assunzione 
di responsabilit�, in ordine ai diritti che all'Erario derivano dalla 
mancata riesportazione, sorge per essi, in relazione alla esplicita norma 
di cui all'art. 12 del r. d. 1. 1� luglio 1926, n. 2290, dall'art. 6, lett. b) 
della legge doganale, in quanto la destinazione, che il dichiarante ha 
il dovere di indicare, si concreta in una operazione complessa, che si 
inizia con la dichiarazione, si protrae nel tempo fino alla riesportazione, 
ed ha una fisionomia unitaria malgrado nelle importazioni temporanee 
l'obbligazione tributaria assuma una particolare struttura. 

Quest'ultima struttura non consente, infatti, di considerare la mancata 
riesportazione e la conseguente conversione della natura della 
importazione, agli effetti fiscali, come due fatti giuridici autonomi, che 
derivino da altrettante obbligazioni diverse e distinte, e non toglie 
pertanto che esse rappresentino in realt� due successivi momenti di 
un'unica obbligazione, sorta, col vincolo della condizione sospensiva 
della mancata riesportazione, nel momento del passaggio della merce 
attraverso la linea doganale, e che spiega i suoi effetti, nel successivo 
momento del verificarsi della condizione, sotto un profilo di carattere 
oggettivo, indipendentemente dalle cause che abbiano determinato la 
nuova situazione. 

Ci� posto, il diritto dell'Amministrazione di esigere dall'importatore 
una garanzia idonea a coprire la totalit� dei diritti doganali e degli 
interessi di mora, non � infine incompatibile con la possibilit� della 
stessa di avvalersi, per le merci estratte dai magazzini generali, della 
responsabilit� particolare che, per l'esercente di questi ultimi, sorge 
direttamente dall'art. 12 del r. d. 1� luglio 1926, n. 2290 e dall'art. 36 
del regolamento relativo, indipendentemente dalla esistenza, dalla natura 
e dai limiti dei rapporti della Dogana con .gli altri soggetti passivi 
della obbligazione tributaria. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 927 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 maggio 1966, n. 1230 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P. M. Pedace (conf) -Banca Nazionale del 
Lavoro (avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). 

Imposta di registro -Natura ed effetti degli atti e dei trasferimenti Fideiussioni 
bancarie, in favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni 
-Fattispecie. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; tariffa A, art. 54, modif. da 1. 25 maggio 
1954, n. 306, art. 3). 
Imposta di registro -Imposta suppletiva -Prescrizione -Decorrenza. 

(r. d. 30 diceml>re 1923, n. 3269, artt. 7, 136). 
In virt� del principio, per cui Ze imposte di registro vanno applicate 
secondo la natura e� gli effetti degli atti e dei trasferimenti, pur se non 
vi corrispondano il titolo o Za forma apparente, va esclusa Z'appZicabiiit� 
delle aliquote ridotte previste per Ze fideiussioni di durata inferiore ad 
uno o a due anni, p1�estate da aziende ed enti di credito, in favore di 
terzi, verso pubbliche amministrazioni, aZZorch� risulti che le parti, neZZ'espZicazione 
della Zoro autonomia contrattuale, abbiano inteso sussumere 
in unico rapporto, risultante di durata ultrabiennale, vari rapporti 
fideiussori, ciascuno per durata non superiore all'anno o al biennio, 
posti in essere con precedenti separati atti (1). 

(1) La motivazione pu� leggersi in Riv. Leg. fisc. 1966, 1504. 
Nella specie, con giudizio insindacabile della corte del merito, era stato 
ritenuto che le parti, nello stipulare pi� fideiussioni, ciascuna per la durata 
di sei mesi, a garanzia dei diritti doganali relativi a meirci in temporanea 
importazione, avessero, con l'ultima di esse, sussunto in unico rapporto, 
risultante di durata ultrabiennale, anche quelli in precedenza posti in 
essere. E, con riferimento a tale unitario rapporto, ed in puntuale applicazione 
dei principi di cui all'art. 8 della legge OII'ganica del registro, � 
stata cosi riconosciuta l'applicabHit� delle ordinarie aliquote di imposta, 
ai sensi del primo comma dell'art. 54 della tariffa A, e non di quelle ;ridotte, 
di cui al successivo comma (aggiunto con l'art. 3 della legge 25 maggio 
1954, n. 306), previste per le fideiussioni di durata inferiore prestate da 
aziende o enti di credito, in favore di privati, veirso pubbliche amministrazioni. 


tn tema di fideiussioni a garanzia dei diritti doganali su merci introdotte 
in temporanea importazione, e con riguardo ana persistenza dell'obbligazione 
del fideiussore anche oltre la scadenza dell'obblig�azione garantita, 
cfr. Cass. 25 marzo 1966, n. 798, retro, 904. 

Nel senso che, con riferimento alla durata del vincolo del fideiussore, 
debbano le fideiussioni in materia doganale sempre ritenersi a tempo indeterminato, 
e perci� in ogni caso soggette all'imposta di registro con le 
aliquote ordinarie, cfr. Comm. Centr. 18 novembre 1963, n. 1964, Riv. Leg. 
Fisc., 1965, 2215. 

In argomento, pu� del resto rilevarsi che le fideiussioni prestate per 
temporanee importazioni sono ex lege destinate a garantire non soltanto 



928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La prescrizione del diritto dell'Amministrazione, per le imposte 
suppletive, decorre dalla registrazione dell'atto, in relazione al qiiale 
va accertata l'obbligazione tributaria (2). 

i diritti dovuti per il caso di mancata riesportazione, ma anche (art. 15, 

r. d. 6 aprile 1922, n. 547) i diritti per una eventuale successiva operazione, 
quale quella della spedizione con bolletta di cauzione dei prodotti ottenuti 
dalla lavorazione delle merci temporaneamente importate, e cio� per una 
operazione che ha una propria autonomia (art. 6, lett. c, 1. 25 settembre 
1940, n. 1424), e che pu� compiersi entro il termine, originario o prorogato, 
concesso per la Tiesportazione; e pu� quindi osservar.si che tali fideiussioni, 
indipendentemente dalla durata indicata dalle parti, sono in ogni caso 
idonee a garantire anche obbligazioni derivanti da operazioni espletabili 
in un tempo successivo, non precisabile, e sono perci� sempre da riguardare, 
ai sensi �e per gli effetti di cui all'art. 8 della legge del registro, come 
prestate per un tempo non determinabile, e che, comunque, pu� anche 
superare il biennio. 
� appena il caso di aggiungere, poi, che non pu� rilevare, in contrario, 
la previsione legislativa di un termine annuale per le fideiussioni in discorso 
(r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, art. 221, modif. da d. p. 2 agosto 1952, 

n. 1968), giacch� essa attiene al periodo durante il quale possono effettuarsi 
le temporanee importazioni, con la copertura della garanzia fideiussoria, 
mentre questa si estende, poi, come si � visto, ad una eventuale successiva 
e diversa operazione (la spedizione con bolletta di cauzione), che � fonte 
di una d~stinta obbligazione tributaria, e che pu� avvenire, come ben s'intende, 
anche oltre quel termine annuale, ed anche dopo un biennio, se 
dopo un anno, o dopo due anni, viene a scadere il termine concesso per 
la riesportazione. 
(2) Massima di ovvia esattezza. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1451, Pres. Pece Est. 
Giannattasio -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Soc. Italviscosa 
(avv.ti Tumedei, Cattaneo) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposte e tasse in genere -Accertamento -Avviso di accertamento Indicazione 
dei fatti obiettivi a base dell'accertamento e della loro 
qualificazione giuridica -Diversa qualificazione ad opera del giudice 
-Ammissibilit�. 

(c. p. c., art. 112; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645). 
Profitti di contingenza -Accertamento dei fatti produttivi dei profitti 
avocabili, con riguardo all'ipotesi impositiva di profitti leciti Inquadramento 
degli stessi fatti, ad opera del giudice, nell'ipotesi 
impositiva concernente i profitti illeciti -Legittimit�. 

(c. p. c., art. 112; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; 
d. I. 28 aprile 1947, n. 330, art. 1}. 
-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 929 

Profitti di contingenza -Profitti in dipendenza di operazioni legali o 
illegali in valute -Irrilevanza della distinzione. 

(d. I. 28 aprile 1947, n. 330, art. 1). 
Imposte e tasse in genere -Imposta di ricchezza mobile -Profitti di 
contingenza -Soggetto passivo -Mandatario dell'effettivo reddituario 
-� tale. 

(t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; d. I. 28 aprile 1947, n. 330, c. c., art. 1705). 
Profitti di contingenza -Detrazione della quota gi� soggetta all'imposta 
di ricchezza mobile -Condizioni. 

(d. 1. 28 aprile 1947, n. 330, art. 2). 
In applicazione del pi� generale principio, secondo cui il giudice 

nell'esercizio del potere-dovere di determinare quale sia l'esatto 
nomen juris dell'azione e quali siano le norme ed i principi di diritto 
applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame -� libero 
di dare al rapporto controverso una qualificazione giuridica diversa da 
quella prospettata dalle parti, e di sostituire, al titolo posto a fondamento 
della domanda, un altro titolo che valga a sorreggerla, incontrando 
in ci� l'unico limite del rispetto della situazione di fatto prospettata 
dalle parti, ben pu� il giudice medesimo, in materia tributaria, 
riesaminare il titolo giuridico posto a base dell'imposizione, e questa 
giustificare in base ad una diversa definizione legale dell'atto tassato 

o a una diversa classificazione dei fatti economici produttivi di redditi 
imponibili (1). 
Deve ritenersi legittimo un accertamento di profitti di contingenza 
operato con riguardo al conseguimento di profitti leciti, anche se, ferma 
la determinazione economica dei profitti medesimi, siano questi da 
qualificare illeciti, e perci� da classificare in altra delle ipotesi impositive 
previste dalla legge, rientrando tale qualificazione nel potere-dovere 
del giudice di riesaminare il titolo giuridico dell'imposizione (2). 

(1-2) Espressamente la Suprema Corte si � riferita, nel risolvere la 
questione, anche ai principi di diritto comune, secondo i quali spetta al 
giudice il potere-dovere di attribuire all'esperita azione, sulla base dei 
fatti prospettati, la appropriata qualificazione giuridica, sostituendola a 
quella, eventualmente erronea, indicata dalle parti: cfr., da ultimo, in argomento, 
Cass., 9 febbraio 1965, n. 198 e n. 205; id., 7 maggio 1965, n. 838. 

A fortiori ci� deve dirsi per la materia tributaria, in relazione alla 
quale, anche sulla base dei principi del tutto generali che si ricavano dall'art. 
8 della legge organica del registro, deve sempre ritenersi spettante 
al giudice il potere-dovere di qualificare la pretesa d'imposta, sulla base 
dei presupposti di fatto accertati, la cui ricorrenza determina ex lege l'insorgenza 
dell'obbligazione tributaria. In tali sensi, cfr., tra altre, Cass. 

-



930 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n profitto rappresentato dalla differenza tra il cambio libero e 
quello ufficiale delle valute, sia che derivi da un'operazione iUegale, 
sia che tragga origine da un'operazione soltanto socialmente riprovevole, 
costituisce, nella legge sui profitti di contingenza, profitto avocabile 
(3). 

Soggetto passivo nelle imposte sui redditi � colui che consegue 
redditi imponibili, indipendentemente dalla lo1�0 concreta destinazione 
ed erogazione; e soggetto passivo, quindi, va ritenuto anche il mandatario 
senza rappresentanza, alla cui sfera giuridica vanno riferiti gli 
effetti giuridici dell'attivit� posta in essere per il mandante (4). 

Ai sensi dell'art. 2 del d. l. 28 aprile 1947, n. 330, va detratta, dai 
profitti di contingenza avocabili, la parte di essi soggetta all'imposta 
sui profitti di guerra, e quindi con detrazione anche dell'imposta di 
ricchezzq, mobile sulla differenza tra i maggiori utili complessivi e quelli 
ordinari, a condizione, per�, che l'accertamento di tali detraibili tributi 
sia in concreto stato effettuato, nei confronti del soggetto passivo dell'imposta 
sui profitti di contingenza, e sia divenuto definitivo (5). 

(Omissis). -Con il primo motivo la societ� ricorrente censura la 'i 
sentenza impugnata, denunciando la violazione del principio dell'immutabilit� 
del titolo (causa petendi) dell'accertamento tributario, extrapetizione 
e violazione delle norme sulla prescrizione, in particolare 
denunciando la violazione: dell'artt. 94 reg. 11 luglio 1907, n. 560; del 

r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639; del d.1.1. 10 agosto 1944, n. 199, art. .+5; 
degli artt. 31 e 32 r. d. l. 8 luglio 1937, n. 1516; dell'art. 288 t. u. 29 gen16 
aprile 1953, n. 999, citata nella motivazione della sentenza in nota, e 

che pu� leggersi in Riv. leg. fisc., 1953, 658, e Cass., 13 febbraio 1951, n. 347, 
ivi, 1951, 279. 

(3) Si veda, in argomento, Relaz. Avv. Stato, 1951-55, II, 1009, ove 
richiamo a Sez. Un. 14 ottobre 1954, n. 3690 (Riv. leg. fisc., 1954, 1647), 
che ugualmente ribadiva l'indifferenza, ai fini dell'avocazione dei profitti 
di contingenza, della liceit� o illiceit� dei profitti medesimi. 
(4-5) Sull'irrilevanza della destinazione dei redditi, ai fini dell'imposizione 
nei confronti del soggetto che li realizza, cfr. Cass., 13 ottobre 1961, 

n. 2128, Riv. leg. fisc. 1962, 655. Devono ritenersi irrilevanti, a maggior 
ragione, e la Cassazione lo ha sottolineato nella sentenza in nota, i rapporti 
interni tra il mandatario senza rappresentanza ed il mandante, giacch� l'attivit� 
del mandatario � alla sua propria sfera giuridica riferibile (cfr. 
Cass., 14 settembre 1963, n. 2513, Foro It., 1963, I, 2095; id. 20 maggio 1959, 
n. 1512, Riv. leg. fisc., 1959, 1518; id., 13 febbraio 1958, n. 459), ed i redditi 
dell'attivit� di gestione posta in essere devono, conseguentemente, da lui 
medesimo ritenersi conseguiti. Del che � fatta corretta applicazione anche 
in relazione alle questioni di cui alla quinta massima, per la coerente non 
riferibilit� al mandatario, ed ai fini dell'imposizione che lo riguarda, di 
situazioni concernenti il mandante. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 931 

naio 1958, n. 645 (in relazione al secondo comma e alla lett. a del 
primo comma dell'art. 1 del .d. l. 28 aprile 1947, n. 330, erroneamente 
interpretati, e agU artt. 99 e 112 c. p. c.); dell'art. 2, 1. 23 dicembre 1948, 

n. 1451; degli artt. 4 e 47 1. 11 gennaio 1951, n. 25;. dell'art. 24 �t. u. 
5 luglio 1951, n. 573; dell'art. 32 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; il tutto 
in relazione all'art. 360, n . .4 e 3 c. p. c. Lamenta .la ricorrente che 
la Commissione Centrale delle Imposte, con la decisione 12 aprile 1955 
abbia ritenuto che il fatto economico da cui il reddito scaturisce rientri 
nelle previsioni della lettera a) del primo comma dell'art. 1 d. p. 28 
aprile 1947, n. 33Q, anzich� del secondo comma dello stesso articolo; 
che l'iniziale accertamento era basato sul preteso sfruttamento dei bisogni 
e penurie bellidhe e importava l'inquadramento nella ipotesi del 
secondo comma delrart. 1, e che non era mai stato notificato un atto 
di cambiamento � del titolo, onde la pretesa fiscale, basata sul nuovo 
titolo, era improponibile e prescritta. N� -si aggiunge -si tratta di 
sola qualificazione giuridica, perch� sono i fatti invocati che vengono 
c'ambiati, e le varie ipotesi del decreto del 1947 sono altrettanti distinti 
titoli di imposizione. La sentenza, cio�, si afferma, ha violato il principio 
dell'immutabilit� del titolo dell'accertamento, ed �, quindi, incorsa 
in extrapetizione di fronte alla conclusione di conferma dell'accertamento, 
ed una volta erroneamente esclusa la novit� della pretesa 
fiscale, ha erroneamente rigettato l'eccezione di prescrizione. 
La censura � infondata. La denunciata violazione o falsa applicazione 
di numerosi articoli di legge, e dei principi giuridici richiamati nel 
primo mezzo del ricorso, muove dall'errato presupposto di fatto della 
novit� della pretesa fiscale, e cio� dalla affermazione, non esatta, che 
la Commissione centrale, prima, e i giudici di merito, poi, abbiano 
posto a base dell'accertamento fatti radicalmente diversi da quelli 
oggetto dell'accertamento, pur se il reddito imponibile � rimasto invariato. 


In realt�, l'art. 1 del d. I. c. p. s. 28 aprile 1947, n. 330 prevede, nel 
primo comma, diverse ipotesi di avocazione allo Stato dei profitti eccezionali 
di contingenza e, in particolare, ai sensi della lett. a) di tale 
comma, sono avocati allo Stato i profitti di contingenza conseguiti dal 
10 gennaio 1939 in dipendenza e dell'esercizio di qualsiasi attivit� in 
contrasto con le disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio 

od il blocco delle merci e delle derrate, o la limitazione dei prezzi �. 
Nel secondo comma dello stesso articolo � prevdsta l'avocazione allo 
Stato dei e profitti eccezionali di contingenza che, pur non rientrando 
nei casi previsti nel comma precedente, prendano origine da ogni 
attivit� diretta a trarre particolare vantaggio dai bisogni e dalle privazioni 
determinate dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, 
o siano il frutto di un improvvisato affarismo, sorto in relazione 
agli eventi suddetti. 



932 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'accertamento dei profitti di contingenza fu originariamente motivato 
dall'ufficio come conseguenza della cessione, al cambio libero, di 
un certo quantitativo di sterline, in base alla differenza tra il cambio 
libero e quello ufficiale e ci� � a norma del d. I. 28 aprile 1947, n. 330 �. 
A seguito di reclamo della Soc. Italviscosa, e pendendo il procedimento 
dinanzi alla Commissione distrettuale, l'ufficio -come � stato accertato 
nelle fasi di merito -notificava alla Italviscosa in data 12 giugno 1948 
altro avviso, nel quale precisava che l'accertamento trovava la sua 
ragion d'essere nel secondo comma dell'art. 1, nel senso che la societ�, 
avvalendosi delle particolari situazioni che si erano venute a creare 
nel commercio dei filati, aveva tratto particolare vantaggio dai bisogni 
determinati dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, 
subordinando la vendita dei filati, sul mercato interno, alla condizione 
che gli acquirenti le riconoscessero, al cambio ufficiale, una certa aliquota 
del 50 % della valuta proveniente dalla esportazione dei prodotti 
fabbricati con i filati stessi � realizzando cos� a proprio profitto la differenza 
tra il cambio libero e quello ufficiale, per l'ammontare dell'accertamento 
notificato �. La Commissione Centrale delle Imposte, infine, 
con decisione non definitiva 21 giugno 1955 affermava l'applicabilit� 
della disposizione di cui all'art. 1, primo comma, lettera a) del decreto 

n. 330 del 1947. 
Cosi ritenendo, la Commissione Centrale ha, in concreto, lasciato 
del tutto immutato il fatto economico dal quale il reddito scaturisce, 
e che � costituito dal vantaggio che il privato ha tratto per effetto della 
negoziazione di valuta, ed ha unicamente inquadrato in una diversa 
disposizione di legge il fatto economico produttivo del reddito, il fatto 
generatore dell'obbligo tributario, che rimane immutato, salvo a rien-� 
trare nella previsione della lett. a) del primo comma dell'art. 1 del 
decreto n. 330 del 1947, anzich� in quella del secondo comma dello 
stesso articolo. Il che � perfettamente legittimo, e non urta contro 
alcuna delle disposizioni di legge indicate nel ricorso e dinanzi ricordate, 
n� contro alcuno dei principi dei quali si denuncia la violazione, 
perch� ben pu� il giudice riesaminare il titolo giuridico posto dall'ufficio 
a base della tassazione e questa giustificare in base ad una diversa 
definizione legale dell'atto tassato. Il giudice, cio�, come questo 
Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di affermare, fermo il fatto 
economico produttivo di reddito, pu� dare ad esso una diversa definizione 
legale, quale titolo giuridico dell'imposizione (Cass. 16 aprile 
1953, n. 999). 

Nel caso di specie l'ufficio ha sempre contestato alla Soc. Italviscosa 
che il profitto eccezionale di contingenza era costituito dalla cessione 
al cambio libero di lire sterline 1.166.994 e, per conseguenza, dalla 
realizzazione della differenza tra il cambio libero e quello ufficiale,. 
come si � sempre richiamato all'art. 1 del d. I. 28 aprile 1947, n. 330. 


PARTE I, SEZ. V, dIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 933 

Il particolare, poi, che le commissioni tributarie e l'autorit� giudiziaria 
hanno riportato la suesposta situazione di fatto nella previsione contemplata 
da un comma piuttosto che da un altro di tale articolo 1, costituisce 
legittimo esercizio della facolt� di identificare e qualificare il 
rapporto tributario anche in maniera diversa da quella affermata dal1'
Amministrazione finanziaria. Si tratta, in fondo, di una particolare 
applicazione del pi� generale principio, secondo il quale il giudice, nell'esercizio 
del potere-dovere di determinare quale sia l'esatto nomen 
iuris dell'azione, e quali siano le norme e i principi di diritto applicabili 
alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, � libero di dare 
al rapporto controverso una qualificazione giuridica diversa da quella 
prospettata dalle parti e di sostituire al titolo posto a fondamento della 
domanda un altro titolo, che valga a sorreggerla, incontrando in ci� 
l'unico limite del rispetto della situazione di fatto prospettata dalle 
parti. Che, poi, il fatto della realizzazione della differenza tra il cambio 
liber� e quello ufficiale sia da considerarsi un'operazione illegale, ove 
lo si riconduca nell'ambito di un comma dell'art. 1, mentre � operazione 
legale ma socialmente riprovevole se ricondotta sotto altro comma 
dello stesso articolo, � questione del tutto indifferente ai .fini tributari, 
per i quali quello che interessa � il fatto. economico produttivo di reddito; 
sicch�, quale che sia la valutazione sotto il profilo etico e anche 
sotto quello giuridico dei singoli fatti dai quali la legge fa derivare 
i profitti eccezionali di contingenza, quello che importa � che questi 
fatti, agli effetti dell'avocazione allo Stato, sono posti sullo stesso piano 
e soggiacciono alla medesima disciplina. 

Esclusa la configurabilit� di una pretesa fiscale nuova, cio� di una 
imposizione diversa da quella originaria, cade il presupposto della 
pretesa e dedotta violazione delle norme sulla prescrizione. Avuto riguardo 
all'originaria e tempestiva imposizione, di cui si � riconosciuta 
la persistenza, il corso della prescrizione � rimasto sospeso durante lo 
svolgimento del procedimento innanzi alle commissioni amministrative, 
conclusosi con la decisione definitiva della Commissione Centrale delle 
Imposte. 

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa e insufficiente 
o contraddittoria motivazione sul punto decisivo, relativo alla 
avvenuta esistenza di negoziazioni illegittime di valuta (art. 360 n. 5 

c. p. c.), violazione dell'obbligo del giudice di giudicare secondo le risultanze 
delle prove esistenti in atti (art. 115, 360 n. 4 e 5 c. p. c.), 
violazione dei principi sul trasferimento di propriet� delle cose determinate 
solo nel genere (art. 1378, 1178 cod. civ.; 360, n. 3 c. p. c.), 
violazione delle norme sull'ammissibilit� delle presunzioni (art. 2729 
c. c. ; 360 n. 3 c. p. c.), violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 
primo, lett. a), del d. I. 28 aprile 1947, n. 330, e degli artt. 1 e 3 d. I. 
26 marzo 1946, n. 139 e 360 n.3 c. p. c. La ricorrente assume di avere 

934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

opposto, al tardivo assunto della illegittima negoziazione di una parte 
della valuta cedutale, la tesi, fondata su documenti, che nessuna negoziazione 
di tal genere era avvenuta, in quanto era stata ceduta al 
cambio ufficiale la valuta che la Italviscosa poteva utilizzare ed aveva 
utilizzato per importazioni di materie prime dall'estero occorrenti alle 
sue committenti, mentre la parte di valuta non utilizzabile per le importazioni 
non era stata ceduta ad essa dagli esportatori del tessuto, 
che l'avevano direttamente ceduta a terzi importatori di altri prodotti 
esteri, ritenendo a proprio beneficio solo il controvalore in lire italiane, 
pari al cambio ufficiale, ed accreditando alla Italviscosa il maggior 
importo in lire italiane ,corrispondente al pi� alto cambio che era stato 
pagato dai suddetti importatori. Del tutto irrilevante, poi, ai fini della 
legalit�, era la circostanza che i cedenti trasferissero all'Italviscosa, 
in lire italiane, una parte del ricavo della cessione di valuta. La decisione 
impugnata, in sostanza, difetta di motivazione sul punto in cui 
ha riconosciuto che l'Italviscosa era cessionaria della valuta, laddove 
vi � stata un'unica cessione, nel pieno rispetto del decreto n. 139 

del 1946. 

Anche tale censura � priva di fondamento. La corte di merito, 
dopo aver compiuto un dettagliato esame del regime normativo delle 
negoziazioni valutarie stabilito, allo scopo di favorire il commercio 
di esportazione, dal d. 1. 26 marzo 1946, n. 139, e dopo aver ricordato 
che la valuta lasciata nella disponibilit� degli esportatori poteva, a 
norma dell'art. 1 di quel decreto, essere da essi utilizzata direttamente, 

o ceduta, ma non pi� di una volta, ha precisato che, mentre non era 
illegittima la prima parte dell'operazione valutaria posta in essere 
dalla � Italviscosa �, e consistente nell'acquisizione di una determinata 
aliquota della valuta estera ottenuta dagli esportatori, era invece illegittima 
la seconda fase, relativa alla successiva negoziazione della 
valuta cos� procuratasi, perch� la societ�, quale cessionaria di valuta, 
non poteva cederla ulteriormente a terzi, ma avrebbe dovuto, ai sensi 
dell'art. 1, comma secondo del detto decreto, utilizzarla solo per la 
importazione dall'estero di merci, o, in difetto di utilizzazione, cederla 
all'Istituto italiano per i cambi. La Corte del merito, con diffusa e 
logica motivazione, ha confutato, poi, la tesi dell'Italviscosa, secondo 
la quale la valuta da essa negoziata sarebbe stata di � primo giro �, 
rilevando che essa, nel vendere i propri filati alle ditte fabbricanti di 
tessuti, pose in essere un rapporto economico-giuridico diverso, per soggetti 
e per oggetto, da quello costituito dalla successiva vendita all'estero 
dei manufatti, sicch� le banche autorizzate a funzionare quali 
agenzie della Banca d'Italia avrebbero dovuto considerare le valute 
provenienti dalla esportazione dei tessuti, accreditate sui conti valutari 
delle ditte esportatrici, quale valuta � di primo giro � per queste ultime, 
salvo a trasferirle, poi, su richiesta delle predette ditte, sui conti della 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 935 

Italviscosa, quale mezzo di pagamento utilizzabile solo per le importazioni 
di merci dal'estero. Sottolineata, quindi, l'irrilevanza giuridica 
dell'errore di valutazione da parte di alcuni istituti di credito, circa 
la considerazione della valuta (da essi ritenuta � di primo giro � ), e 
l'irrilevanza dell'inerzia degli organi governativi di controllo valutario, 
la corte di merito ha posto bene in ris�ilto l'illecita negoziazione dell'Italviscosa, 
attuata con un abile espediente, consistente nel lasciare 
sui conti dei singoli esportatori le valute cui essa avrebbe avuto diritto 
in base ai contratti di vendita dei filati, finch�, per la parte che non 
le era possibile utilizzare direttamente, non avesse indicato il soggetto 
cui le .dette valute dovevano essere cedute al cambio libero, ottenendo, 
cosi, il risultato di far figurare un solo diretto trapasso tra le ditte 
esportatrici e quelle acquirenti della valuta, in luogo dei due trapassi 
avvenuti in concreto. 

Trattasi di una, .ricostruzione dei fatti, compiuta in base alla documentazione 
di causa, ampiamente motivata ed ispirata a rigore logico 
ed. esente da errori giuridici, per cui non si vede come essa possa 
formare oggetto di riesame in questa sede di legittimit�. 

Neppure � censurabile la sentenza per un preteso vizio di attivit�, 
concernente la valutazione delle prove, e, in particolare, della relazione 
della Banca d'Italia, perch� la corte di merito ha esaminato tale relazione 
e l'ha riscontrata conforme alla valutazione da essa compiuta, 
in quanto da quella relazione risulta -si legge nella sentenza -che 
la valuta estera non fu trasferita sui conti valutari dell'Italviscosa, ma 
fu riportata direttamente dai conti valutari degli esportatori sui conti 
di altri industriali in base alle disposizioni di volta in volta impartite 
dalla ltalviscosa, che ne era invece la vera proprietaria, facendosi cos� 
figurare quali cedenti della valuta gli industriali esportatori. Si ha, 
dunque, non solo fa considerazione, ma la piena utilizzazione del contenuto 
probatorio della relazione della Banca d'Italia, anche se la corte 
di merito �non ha creduto, nel suo sovrano apprezzamento, di fare 
proprio il giudizio conclusivo della stessa relazione. 

Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata 
denunciando la violazione del principio che soggetto passivo delle imposte 
� chi abbia effettivamente acquisito un reddito o un arricchimento 
(artt. 23 e 53 della Costituzione; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; 1 d. 1. 
28 aprile 1947, n. 330), la falsa applicazione analogica dell'istituto del 
sostituto d'imposta (art. 14 t. u. n. 645 del 1958), la violazione e falsa 
applicazione delle norme sul mandato senza rappresentanza (artt. 1705, 
1706, 1707, 1708, 1711, 1713, 1718 primo cpv., c. c.), la violazione delle 
norme sulla utilizzazione delle valute estere (artt. 1 e 3 d. I. I. 26 marzo 
1946, n. 139): il tutto in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c.; omessa 
e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia 
(art. 360 n. 5 c. p. c.). La Italviscosa -si afferma -quale mandataria 



936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


era stata assoggettata con imposizione per un reddito delle sue man


.

danti. La relativa eccezione, accolta dal Tribunale, � stata invece respinta 
dalla Corte con motivazione errata, pur essendosi ammesso, in , 

.

linea di fatto, che l'Italviscosa non si era avvantaggiata degli utili del~ 
l'operazione avendoli riversati alle due mandanti. La corte ha detto 
che, trattandosi di mandato senza rappresentanza, il profitto si era 
verificato esclusivamente nella sfera giuridica dell'Italviscosa. Ma la 
legge tributaria assoggetta a tributo i titolari effettivi e non i titolari ' annarenti o nominali di redditi, e specie la legge sui profitti di contingenza 
colpisce chi ha conseguito per s� un eccezionale arricchimento, 
altrimenti sarebbe alterato il principio della capacit� contributiva 
(art. 53 Cost.). Comunque, nella specie, la presunzione di appartenenza 
del profitto alla Italviscosa era stata vinta da prova contraria. Sempre 
secondo la ricorrente, non era dato parlare di sostituto d'imposta, che 
ricorre solo in casi determinati; per l'art. 1705, primo comma, c. c., 
tutto ci� che il mandatario acquista in nome proprio, per conto del 
mandante, appartiene di diritto a quest'ultimo fin dall'origine; non � 
vero che la negoziazione di valuta esorbitava dal mandato, e comunque 
vi sarebbe stata ratifica tacita; infine, la motivazione con la quale era 
stata respinta l'eccezione di improponibilit� dell'accertamento era insufficiente 
e contraddittoria. La corte ha ammesso che debitore di imposta 
non � colui il quale ha compiuto l'operazione, ma chi si � arricdhito 
attraverso la stessa; poi, contraddittoriamente, non ha tratto le 
conclusioni discendenti dalla constatazione che il cosiddetto � profitto �, 

~j~~ era stato versato alle societ� mandanti, n� ha tenuto conto della circo


i:1 
~ stanza che la tassazione del �profitto � stesso _per ricchezza mobile era

�. 

stato fatto in capo alle committenti.

1

@. Sgombrato il terreno da richiami che non riguardano la presente

:l'! 

::::: controversia -come quello all'art. 23 della Costituzione (secondo

ffi 

il quale nessuna prestazione personale o patrimoniale pu� essere impo


~ 

)li 

sta, se non in forza di legge), dal momento che il provvedimento di

~ 

m imposizione avente forza di legge esiste e precisa a chi in astratto 

2. 
va imposta la prestazione; o come quello all'art. 53 della Costituzione, 

ffi

m 

dovendosi accertare in concreto chi � il titolare del profitto straordina


~ 

] rio di contingenza e non discutere della progressivit� del sistema tribu] 
tario, intesa come direttiva al legislatore per attuare la giustizia sociale; 

I�

x< o come quello del sostituto d'imposta (art. 14 t. u. n. 645 del 1958), 
perch� la sentenza impugnata, che ha individuato nell'Italviscosa il 
@ soggetto che ha prodotto il reddito oggetto di imposizione, non ha ! 

,.... parlato n� aveva '8gione di P"'lare di tale iotituto -, con la cenmra 1

='.j=�,�_.='�:_,.1_.

:i in esame, attraverso la citazione di una serie di articoli di legge, si 

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?\ vuole in sostanza sostenere che i titolari apparenti di redditi non pos-I

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aono e"ere a"oggettati alla avoc.,ione in esame, peroh� la legge I 

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PARTE. I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

speciale sui profitti di contingenza colpisce soltanto chi ha effettivamente 
conseguito per s� un eccezionale arricchimento. 

La censura � infondata. Mancando nella legislazione sui profitti 
eccezionali di contingenza una norma che disciplini le ipotesi di dissociazione 
tra il soggetto passivo dell'avocazione ed il beneficiario dei 
profitti e, in particolare, che distingua da quest'ultimo il reddituario 
apparente, mandatario senza rappresentanza, devesi necessariamente 
far ricorso ai criteri vigenti per l'imposta di ricchezza mobile, e ritenersi 
che, una volta accertata l'esistenza di un profitto eccezionale, tale 
profitto � soggetto ad avocazione al nome del soggetto che lo ha acquisito, 
indipendentemente dalla concreta destinazione ed erogazione del 
profitto stesso dopo la sua acquisizione a quel soggetto (Cass. 13 ottobre 
1961, n. 2128). Ed � giusto che sia cosi, non solo perch� in caso 
contrario l'Amministrazione finanziaria dovrebbe affrontare difficili 
ricerche del soggetto che si � effettivamente arricchito, ma anche e 
soprattutto perch�, mentre nella rappresentanza c'� la contemplatio 
domini, nel mandato senza rappresentanza (o nella commissione) difetta 
la spendita del nome del mandante. Il negozio posto in essere 
dal rappresentante, che opera in nome e per conto del rappresentato, 
produce effetti giuridici direttamente in capo a quest'ultimo, laddove 
il negozio posto in essere dal commissionario, che opera in nome proprio 
bench� per conto del committente, produce effetti giuridici nel patrimonio 
dello stesso commissionario, anche se, poi, con un ulteriore atto 
giuridico, tali effetti sono riversati nel patrimonio dell'altro. In altri 
termini, di fronte all'amministrazione finanziaria, la commissione, tra 
l'Italviscosa da una parte e la Snia Viscosa, la Chatillon e la Snia Viscosa 
dall'altra, � res inter alios acta. Senza dire che il giudice di 
merito ha accertato, in linea di fatto, che il commissionario doveva 
provvedere le materie prime e vendere i filati, ma era escluso che 
potesse compiere negoziazione di valuta, per cui avrebbe addirittura 
agito fuori dei limiti del mandato e l'operazione compiuta non costituiva 
esecuzione del mandato, il quale restava collegato ad essa operazione 
attraverso un nesso meramente occasionale. 

N� infine ha fondamento l'ultima questione, relativa alla detrazione, 
dai profitti di contingenza del commissionario, di quanto gi� colpito 
per imposta di ricchezza mobile in capo alle committenti. 

� esatto che, a norma dell'art. 2 del d. I. C. P. S. 28 aprile 1947, 

n. 330, dall'importo dei profitti eccezionali di contingenza accertati 
a mente del precedente art. 1 � portata in detrazione la parte dei profitti 
medesimi che sia stata, eventualmente, compresa nell'accertamento 
ai fini dell'imposta straordinaria sui profitti di guerra, quando detto 
accertamento sia divenuto definitivo; ed � noto che la determinazione 
della quota avocabile agli effetti dell'imposta straordinaria sui maggiori 
utili di guerra (d. 1. 1. 27 maggio 1946, n. 436) si effettuava calco

938 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lando la detrazione per imposta di R. M. sul maggiore utile, costituito 
dalla differenza tra il reddito complessivo e quello ordinario. Per 
ottenere, per�, che dalla base imponibile del profitto di contingenza 
vengano detratti gli oneri di ricchezza mobile, occorre essere stati 
assoggettati al pagamento di questo tributo, mentre � pacifico che 
l'Italviscosa non vi � stata assoggettata ed anzi di tale esonero essa si 
avvale per dedurne che il tributo mobiliare deve essere stato corrisposto 
dalle committenti. 

Ammesso che ci� sia esatto, ed anche a ritenere che tale eventuale 
pagamento sia privo di causa, non per questo l'Italviscosa, che nulla 
ha versato, sarebbe legittimata a ripeterne l'importo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1822 -Pres. Favara 
-Est. Roperti -P. M. Colonnese (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Peronaci) c. Soc. S.T.E.T. (avv. Sequi). 

Imposta di registro -Societ� -Sovrapprezzo azioni di nuova emissione Imposta 
proporzionale -Esclusione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; tariffa all. A, artt. 81, 85). 
Imposte e tasse in genere -Restituzione di imposte -Interessi ex 1. 
26 gennaio 1961 n. 29 -Applicabilit� ai pagamenti indebiti effettuati 
prima della sua entrata in vigore -Decorrenza. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 5). 
L'imposta proporzionale prevista dall'art. 85 della tariffa all. A della 

legge di 1�egistro 30 dicembre 1923, n. 3269 non si applica al sovrap


prezzo che sia riscosso dalle societ� azionarie sulle azioni di nuova emis


sione, in dipendenza di una deliberazione di aumento di capitale, oltre 

il valore nominale delle azioni emesse: ci� in quanto il detto sovrap


prezzo azionario ha natura di conferimento al patrimonio sociale e non 

di aumento di capitale al quale esclusivamente si riferisce l'art. 85 

della ricordata tariffa (1). 

Ai sensi della legge 26 gennaio 1961, n. 29, gli interessi sulle somme 

da restituire per tasse ed imposte indirette sugli affari riconosciute, con 

provvedimento amministrativo o giudiziario, non dovute, spettano anche 

per i pagamenti indebiti effettuati prima della data dell'entrata in vigore 

(1) Nello stesso senso Cass. 15 gennaio 1965, n. 85, in questa Rassegna, 
1.965, I, 774, ove si rilevava, in nota, che la soluzione lascia perplessi, ma risponde 
ad un orientamento della Corte Suprema ormai consolidato (cfr., 
pure, la conforme Cass. 25 marzo 1965, n. 488, Foro It., 1965, I, 763). In argomento, 
si veda Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 485. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 939 

di detta legge, ma con decorrenza da tale data, ovvero, se a questa sia 
posterio1�e l'istanza di rimborso, dalla data dell'istanza medesima (2). 

(2) Giurisprudenza consolidata. Si veda, da ultimo, Cass. 22 ottobre 
1965, n. 2189, in questa Rassegna, 1965, I, 1268, e cfr. Relaz. Avv. Stato, 
1961-65, II, 374. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1826 -Pres. Fibbi Est. 
Malfitano -P. M. Colonnese (conf.) -Bartoli (avv. Capozzi) c. 
Ministero Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposta di registro -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte 
per decadenza del contribuente dai benefici -Termini prescrizionali 
previsti dalla legge organica del registro -Inapplicabilit� Prescrizione 
ordinaria decennale -Applicabilit�. 

(c. c., art. 2946; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 136, 137, 138; I. 2 febbraio 
1960, n. 35, art. 4; I. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 2). 
L'azione dell'Amministrazione per il recupero delle ordinarie irnposte, 
dovute per decadenza da benefici, non � inquadrabile in alcuna 
delle ipotesi per le quali gli artt. 136, 137 e 138 della legge organica 
del registro prevedono particolari termini di prescrizione, e pertanto 
-alla stregua della normativa anteriore all'entrata in vigore delle legg�i 

n. 35 del. 1960 e n. 1493 del 1962 -deve in materia ritenersi l'applicabilit� 
dell'ordinaria prescrizione decennale, ai sensi dell'art. 2946 c. c., 
con decorrenza dalla data dell'avveratasi decadenza (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, denunziandosi la violazione 
dell'art. 136 della legge di registro e il difetto di motivazione 
della sentenza impugnata, si censura la sentenza medesima per avere 

(1) La Corte Suprema, per la prima volta occupandosi della questione, 
ha dato a questa la lineare soluzione, di cui alla massima, ricordando che 
le norme ordinarie in tema di prescrizione sono applicabili anche in materia 
tributaria, quando le singole leggi d'imposta non dispongano diversamente 
(ed in tali sensi cfr., gi�, Cass. 13 febbraio 1951, n. 347, Riv. Leg. 
Fisc. 1951, 279, con riferimento alla disciplina delle cause interruttive della 
prescrizione), e sottolineando -avuto riguardo alla normativa vigente prima 
dell'entrata in vigore delle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 la 
non inquadrabilit� dell'ipotesi di recupero di imposte normali, a seguito 
di decadenza da benefici, in alcuna delle fattispecie contemplate, per una 
speciale disciplina della prescrizione, dalla legge organica del registro. 
In senso conforme, cfr. la sentenza confermata della Corte di Genova, 
29 novembre 1963, Dir. Prat. Trib. 1964, II, 507, con nota contraria del 
RAsTELLO, il cui rilievo -circa l'inquadrabilit� della ipotesi in esame nell'ambito 
della disciplina dell'art. 136 della legge del registro, e ci� nella 
considerazione che nel caso di recupero di imposte a seguito di decadenza 
da benefici, il diritto dell'Amministrazione � da ritenere gi� sussistente al 



940 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritenuto che il diritto della Finanza a percepire l'imposta proporzionale 
di registro sull'atto del 30 giugno 1951 non fosse prescritto per non 
essere decorso il termine previsto dall'art. 2946 del codice civile. In 
proposito si deduce che non poteva farsi ricorso ai termini di prescrizione 
previsti dal codice civile perch� essi sono fuori dal sistema tributario 
e che, nella specie, trattandosi di richiesta di imposta relativa 
a tin atto gi� registrato, era applicabile la prescrizione triennale di 
cui all'art. 136, secondo comma della legge di registro, con la conseguenza 
che il diritto della Finanza era prescritto per essere stato fatto 
valere dopo i tre anni dalla data di registrazione dell'atto di rivendita 
dell'immobile non ricostruito, la quale determinava la decadenza dal 
beneficio fiscale e la correlativa insorgenza del diritto a pretendere la 
imposta proporzionale di registro sul precedente atto registrato con il 
pagamento della tassa fissa. 

La censura � infondata. 

La Corte di merito ha esattamente ritenuto che l'azione della 
Finanza per il pagamento dell'imposta di registro, dovuta dal Bartoli 
nella misura ordinaria per essere decaduto dalle agevolazioni tributarie 
concernenti la ricostruzione edilizia, si prescriva con il decorso 
di dieci anni dalla data in cui si verific� la decadenza. 

Invero, questa azione non si identifica con nessuna di quelle per 
le quali la legge di registro ha stabilito un termine di prescrizione. 

L'art. 136 della legge di registro stabilisce che si prescrive con il 
decorso di tre anni l'azione della finanza per il pagamento di un � supplemento 
di tassa � . 

Ora, pur intendendosi questa espressione in senso lato, s� da comprendervi 
l'imposta suppletiva e quella complementare, non pu� farsi 
rientrare in essa anche l'imposta dovuta per effetto di decadenza da 
benefici fiscali, perch� il diritto della finanza a percepire l'imposta 
suppletiva e quella complementare, alla data della registrazione del-

momento della registrazione, sia pure condizionato al verificarsi della deca


denza medesima -trova puntuale ed incisiva confutazione nella sentenza 

in rassegna, che pone in luce come l'indicata disposizione pu� riferirsi, in 

ogni caso, soltanto �alle azioni che trovano fondamento nella situazione 

esistente al momento della registrazione ., e cio� a quelle relative al recu


pero di imposte non liquidate, per errore oggettivo o soggettivo, in sede 

di registrazione, e che in tale sede, altrimenti, sarebbero state normal


mente liquidabili; cosa che non pu� dirsi, ovviamente, per le imposte do


vute a seguito di decadenza del contribuente dalle agevolazioni. 

In senso contrario alla massima, cfr. App. Torino, 1 dicembre 1962, 

Foro Pad., 1963, I, 272, con argomentazioni che ugualmente trovano gi�

0 

confutazione nella sentenza in nota, i cui rilievi portano a ritenere altres� 
superato il diverso orientamento (applicabilit� del termine previsto dalle 
leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 anche ai rapporti anteriormente 
sorti), espresso da Trib. Firenze, 9 marzo 1964, Dir. Prat. Trib., 1964, 
II, 532. 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritenuto che il diritto della Finanza a percepire l'imposta proporziona 
di registro sull'atto del 30 giugno 1951 non fosse prescritto per m 
essere decorso il termine previsto dall'art. 2946 del codice civile. l 
proposito si deduce che non poteva farsi ricorso ai termini di prescr. 
zione previsti dal codice civile perch� essi sono fuori dal sistema tri 
butario e che, nella specie, trattandosi di richiesta di imposta relativi 
a rin atto gi� registrato, era applicabile la prescrizione triennale d. 
cui all'art. 136, secondo comma della legge di registro, con la conseguenza 
che il diritto della Finanza era prescritto per essere stato fatto 
valere dopo i tre anni dalla data di registrazione dell'atto di rivendita 
dell'immobile non ricostruito, la quale determinava la decadenza dal 

beneficio fiscale e la correlativa insorgenza del diritto a pretendere la 
imposta proporzionale di registro sul precedente atto registrato con il 

pagamento della tassa fissa. 

La censura � infondata. 

La Corte di merito ha esattamente ritenuto che l'azione della 
Finanza per il pagamento dell'imposta di registro, dovuta dal Bartoli 
nella misura ordinaria per essere decaduto dalle agevolazioni tributarie 
concernenti la ricostruzione edilizia, si prescriva con il decorso 
di dieci anni dalla data in cui si verific� la decadenza. 

Invero, questa azione non si identifica con nessuna di quelle per 
le quali la legge di registro ha stabilito un termine di prescrizione. 

L'art. 136 della legge di registro stabilisce che si prescrive con il 
decorso di tre anni l'azione della finanza per il pagamento di un � supplemento 
di tassa �. 

Ora, pur intendendosi questa espressione in senso lato, si da comprendervi 
l'imposta suppletiva e quella complementare, non pu� farsi 
rientrare in essa anche l'imposta dovuta per effetto di decadenza da 
benefici fiscali, perch� il diritto della finanza a percepire l'imposta 
suppletiva e quella complementare, alla data della registrazione del-

momento della registrazione, sia pure condizionato al verificarsi della deca


denza medesima -trova puntuale ed incisiva confutazione nella sentenza 

in rassegna, che pone in luce come l'indicata disposizione pu� riferirsi, in 

ogni caso, soltanto � alle azioni che trovano fondamento nella situazione 

esistente al momento della registrazione., e cio� a quelle relative al recu


pero di imposte non liquidate, per errore oggettivo o soggettivo, in sede 

d� registrazione, e che in tale sede, altrimenti, sarebbero state normal


mente liquidabili; cosa che non pu� dirsi, ovviamente, per le imposte do


vute a seguito di decadenza del contribuente dalle agevolazioni. 

In senso contrario alla massima, cfr. App. Torino, 1 dicembre 1962, 

Foro Pad., 1963, I, 272, .con argomentazioni che ugualmente trovano gi� 

confutazione nella sentenza in nota, i cui rilievi portano a ritenere altres� 

superato il diverso orientamento (applicabilit� del termine previsto dalle 

leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 anche ai rapporti anteriormente 

sorti), espresso da Trib. Firenze, 9 marzo 1964, Dir. Prat. Trib., 1964, 

II, 532. 


942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2181 -Pres. Pece 
-Est. Straniero -P. M. Pedace (conf.) -Druetti (avv. Manfredonia) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta di successione -Legge 20novembre1955, n.1123, per l'equiparazione 
del trattamento tributario delle successioni da adottante ad 
adottato a quello delle successioni tra genitori e figli legittimi Retroattivit� 
-Esclusione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270; d. I. 8 marzo 1945, n. 90; I. 20 novembre 
1955, n. 1123). 
Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Momento della 
nascita dell'obbli~azione tributaria. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270). 
Le disposizioni della legge 20 novembre 1955, n. 1123, per l'equiparazione 
del trattamento tributario delle successioni da adottante ad 
adottato a quello delle successioni tra genitori e figli legittimi, non 
sono retroattive (1). 

L'obbligazione tributaria sorge nel momento in cui si determina 
la situazione di fatto che la legge assume a presupposto dell'imposizione, 
e tale momento, per le imposte di successione, coincide con quello 
dell'apertura della successione (2). 

(1) In ar.gomento, si veda Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 590. L'attuale 
pronuncia della Corte Suprema conferma il chiaro indirizzo, nella soggetta 
materia, gi� segnato da Cass. 6 novembre 1964, n. 2693, in questa Rassegna, 
1965, I, 185. 
(2) In motivazione,al riguardo, la Corte Suprema, ricordando che la 
obbligazione tributaria sorge � sia quanto all'esistenza che alla misura, 
nel momento in cui si determina la situazione di fatto che la legge considera 
generatrice dell'imposta, e che ne costituisce, pertanto, il presupposto�, 
ha rilevato che, per l'imposta di successione, quel momento coincide 
con quello � in cui, con l'apertura della successione, sorge per l'erede il 
diritto alla surrogazione nei diritti e nelle obbligazioni del de cuius �; ha 
altres� sottolineato, con riferimento ai principi, che l'attivit�, dell'Amministrazione 
o del contribuente, da esplicarsi ai fini della liquidazione del 
tributo, va inquadrata nel momento dell'accertamento, che costituisce, � 
vero, � momento essenziale del rapporto giuridico d'imposta, sotto il profilo 
della necessit� della verifica del concorso in concreto dei presupposti per 
l'applicazione del tributo, della valutazione dei cespiti e della concreta 
determinazione della somma che il contribuente dovr� corrispondere �, 
ma � soltanto, ed appunto, � mezzo strumentale di ricerca, determ~nazione 
e liquidazione ., che non incide, quindi, sulla nascita dell'obbligazione 
d'imposta. 
Sul tema generale dell'accertamento, ed anche per ulteriori riferimenti 
giurisprudenziali, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961,65, II, 293 ss. 
Per la natura dichiarativa dell'accertamento, cf. GIANNINI, I concetti 
fondamentali, Torino, 1956, 174; CocIVERA, Accertamento tributario (in 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 94;3 

Enc. Dir., vol. I, Milano, 1958, 246, ss.). Contra: ALLORIO, Dir. proc. trib. 
Torino, 1953, 118, secondo cui, per�, come � noto, al concetto stesso di 
accertamento dovrebbe sostituirsi quello di imposizione; BERLIRI, Principi 
di diritto tributario -voi. III -L'accertamento, Milano, 1964, 277 ss., 
per la critica della cui opinione, sul punto che per i tributi e con imposizione� 
spetterebbe all'Amministrazione, prima che sia posta in essere 
l'atto di imposizione, soltanto un diritto potestativo, cfr. la recensione 
alla citata opera, in questa Rassegna, 1964, II, 193 ss. 

Con specifico riferimento alla materia dei tributi successori, per la 
coincidenza della nascita della relativa obbligazione con il momento della 
apertura della successione, cfr. SERRANO, Le imposte di successione, Torino, 
1953, 56. 

TRIBUNALE DI NAPOLI, 4 aprile 1966 -Pres. Capozzi -Est. Mattiello 
-Soc. Mobilchimica Italiana (avv. Berardinone) c. Ministero Finanze 
(avv. Stato Pagano). 

Imposta di registro -Agevolazioni previste dalla 1. 29 luglio 1957, n. 634 
per gli aumenti di capitale preordinati al potenziamento della 
attivit� industriale da parte di societ� aventi sede ed operanti nel 
Mezzogiorno -Aumenti di capitale da parte di societ� il cui statuto 
prevede lo svolgimento di attivit� anche commerciale e finanziaria 
e l'istituzione di succursali e stabilimenti anche fuori del Mezzogiorno 
-Inapplicabilit�. 

(1. 29 luglio 1957, n. 634, art. 38, lett. a). 
Ai fini dell'applicazione del beneficio fiscale della registrazione 
a tassa fissa, previsto dall'art. 38 lett. a) della l. 29 luglio 1957, n. 634 
per gli atti relativi ad aumenti di capitale preordinati al potenziamento 
dell'attivit� industriale da parte di societ� aventi sede ed operanti nel 
Mezzogiorno, � necessario che la societ�, il cui capitale viene aumentato, 
abbia ad oggetto unicamente l'esercizio di attivit� industriale, e 
che l'attivit� stessa venga esplicata soltanto nel territorio del Mezzogiorno 
e che tali condizioni si desumano con certezza dall'atto costitutivo 
e dallo statuto sociale; sicch� quando lo statuto sociale preveda 
lo svolgimento anche di attivit� commerciale e finanziaria, e l'istituzione 
di succursali e stabilimenti anche in territori diversi da quelli 
del Mezzogiorno, va esclusa l'applicabilit� del beneficio fiscale (1). 

(1) Con la sentenza in rassegna, che si segnala per la novit� della 
questione, il Tribunale di Napoli ha esattamente individuati i limiti entro 
cui deve essere mantenuta l'applicazione del beneficio fiscale, previsto 
dall'art. 38 lett. a) della legge 29 luglio 1957, n. 634 per gli aumenti di 

944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Secondo il disposto dell'art. 38 lett. a) della 1. 29 luglio 
1957, n. 634, � concesso il beneficio della registrazione a tassa 
fissa per gli aumenti di capitale preordinati al potenziamento dell'attivit� 
industriale da parte di societ� aventi sede ed operanti nel Mezzogiorno 
d'Italia. 

Pertanto condizioni indispensabili per l'ottenimento del beneficio 
sono da un lato che la societ� il cui capitale viene aumentato abbia 
ad oggetto l'esercizio di attivit� industriale dall'altro che l'attivit� stessa 
venga esplicata nell'Italia Meridionale. 

Ora, come esattamente rilevato dalla difesa dello Stato, � necessario 
che siffatte condizioni possano desumersi con certezza dall'atto costitutivo 
e dallo statuto che identificano e delimitano l'oggetto e gli 
scopi sociali nonch� l'ambito territoriale entro il quale gli stessi devono 
essere realizzati; senza che al riguardo possa riconoscersi valore 
decisivo al contenuto della deliberazione di aumento, che di per s� nessuna 
garanzia pu� offrire circa l'effettiva destinazione del capitale agli 
scopi avuti di mira dalla norma agevolativa. Il cui meccanismo di applicazione 
si risolve tutto e soltanto nell'accertamento, al momento della 
deliberazione di aumento, della sussistenza delle condizioni anzi cennate 
senza alcuna possibilit� per il fisco di controlli ulteriori circa l'effettivo 
impiego del capitale, non essendo al riguardo prevista la decadenza 
dal beneficio per il non corretto uso del capitale medesimo. 

Sicch� unica garanzia ai fini dell'esatto adempimento del precetto 

legislativo in relazione agli scopi dallo stesso perseguiti � quella na


scente dalla circostanza che, in base all'atto costitutivo ed allo statuto, 

la societ� non possa esercitare altra attivit� che quella industriale e 

non possa utilizzare l'aumento di capitale se non. per il potenziamento 

della stessa attivit� nei territori del Mezzogiorno d'Italia. 

Alla stregua di tali premesse non pu� dirsi che la societ�� oppo


nente abbia titolo per fruire della agevolazione fiscale in questione. 

capitale preordinati al potenziamento della attivit� industriale da parte di 

societ� aventi sede ed operanti nel Mezzogiorno. 

Il Tribunale ha acutamente avvertito come l'applicazione del beneficio 

fiscale, in considerazione che l'effettivo impiego del capitale non � soggetto 

a successivo controllo da parte della finanza e non sono previste decadenze 

dai benefici concessi, debba essere necessariamente ancorata alla certezza 

che l'aumento stesso sia destinato al potenziamento di attivit� industriale 

da esercitarsi nel Mezzogiorno, e come tale certezza, attesa la mera stru


mentalit� della delibera di aumento, possa acquisirsi solo facendo riferi


mento all'atto costitutivo ed allo statuto sociale, ed unicamente quando 

da tali atti, fondamentali per la costituzione ed il funzionamento della 

societ�, risulti che la stessa altra attivit� non possa esercitare se non 

quella industriale, ed in nessun altro territorio se non in quello del Mez


zogiorno. 

Quando, invece, la societ�, come nella specie esaminata dal Tribunale, 

-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 945 

Invero, come si ricava dall'art. 3 dello Statuto sociale (che a norma 
dell'art. 2328 c. c., anche se forma oggetto di atto separato, si considera 
parte integrante dell'atto costitutivo), la societ� �potr� istituire succursali, 
agenzie, rappresentanze, stabilimenti e depositi in Italia e all'estero 
., inoltre nell'art. 2 del medesimo atto, nel definire l'oggetto sociale, 
si precisa che in esso rientra una serie di attiv.it� commerciali e finanziarie 
da svolgersi in Italia ed all'estero ed implicanti operazioni di compravendita 
di mater.ie prime e prodotti finiti o semilavorati, di macchinari, 
motocicli, natanti e brevetti, di azioni, obbligazioni e titoli di altre 
societ�, nonch� l'assunzione della partecipazione ad imprese aventi oggetto 
analogo al proprio con la realizzazione di operazioni immobiliari, 
commerciali, industriali e finanziarie idonee a facilitare l'esplicazione 
dello scopo sociale. 

Ora, se la soc. Mobil Chimica ha in programma di istituire stabilimenti 
anche all'estero oltre che in altre regioni d'Italia e di esercitare 
attivit� commerciale e finanziaria accanto a quella industriale � fuor di 
dubbio che la stessa manca dei requisiti idonei a consentirle di fruire 
dell'agevolazione fiscale dopo che il suo capitale � istituzionalmente 
destinato anche alla realizzazione di finalit� estranee alla previsione 
normativa di favore volta ad agevolare l'aumento di capitale soltanto 
per le societ� il cui oggetto ed i cui scopi si adeguino alle condizioni 
in essa stabilite. 

Condizioni la cui sussistenza, come gi� detto, deve potersi desumere 
con certezza, al momento della deliberazione di aumento, dall'atto costitutivo 
e dallo statuto, che soli possono dare la garanzia dell'esatto 
adempimento del precetto legislativo; a nulla rilevando le finalit� dichiarate 
a giustificazione dell'aumento. Questo, infatti, avendo un valore 
meramente strumentale ai fini della realizzazione dell'oggetto e degli 
scopi sociali, non pu� spiegare alcuna efficacia qualificante in ordine 
agli stessi che restano pur sempre quelli identificati e definiti dall'atto 
costitutivo e dallo statuto. 

possa esercitare anche attivit� non industriale, o in territorio diverso da 
quello del Mezzogiorno, manca l'accennata certezza, nonostante qualsiasi 
contraria dichiarazione nella delibera di aumento del capitale, potendo 
quest'ultimo essere indifferentemente impiegato per la realizzazione di 
tutti i fini sociali. 

La sentenza, dunque, non pu� che condividersi. 

Si segnala che, con coeva sentenza e con analoga motivazione, il Tribunale 
di Napoli ha dichiarato inapplicabile il beneficio fiscale previsto 
dall'art. 36 della legge 29 luglio 1957, n. 634 ad atti costitutivi di societ�, 
il cui statuto preveda l'esercizio anche di attivit� commerciale e finanziaria, 
e l'istituzione di succursali e stabilimenti anche in territori diversi 
da quelli del Mezzogiorno. 

F. PAGANO 

946 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� pu� dirsi che cosi opinando si incorra in violazione dell'art. 8 
della legge di registro che impone l'applicazione delle tasse secondo la 
intrinseca natura e gli effetti degli atti. 

Invero negando l'applica2lione del beneficio fiscale e liquidando 
l'imposta nella misura normale, l'ufficio non ha mancato di tener conto 
dell'intrinseca natura dell'atto la cui identificazione, anche quanto agli 
effetti, ai fini della operativit� della norma di favore, non poteva farsi, 
giusta quanto fin qui detto, se non alla luce dell'atto costitutivo e dello 
statuto. Che poi le disposizioni statutarie innanzi richiamate abbiano 
valore meramente programmatico � circostanza che non rileva ai fini per 
i quali � stata dedotta, valendo esse pur sempre ad identificare e definire 
l'oggetto e gli scopi sociali. 

N� alcuna implicazione favorevole alla tesi dell'opponente pu� 
trarsi dal fatto, dalla medesima asserito, di aver utilizzato i suoi capitali 
per la istituzione in Barra di uno stabilimento industriale; ci� perch� 
le condi2lioni richieste per la concessione dell'agevolazione devono sussistere 
al momento della deliberazione di aumento a nulla rilevando 
l'effettiva destinazione del capitale aumentato, non soggetta ad alcun 
controllo da parte del fisco. -(Omissis). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1894 -Pres. Fibbi Est. 
D'Amico -P. M. Pedace -Sollima Morso (avv. Ture) c. Ministero 
Finanze (avv. Stato Albisinni). 

Acque pubbliche -Controversia sul se un terreno faccia pi� parte dell'alveo 
-Competenza del Tribunale delle Acque -Sussiste -Controversia 
sulla propriet� di un terreno che abbia cessato di far parte 
dell'alveo -Competenza del G. O. -Sussiste. 

La controversia sul se, ed entro quali limiti, un terreno abbia cessato 
di far parte dell'alveo di un fiume, rientra nella competenza del 
Tribunale delle Acque, mentre la controversia sulla appartenenza di 
un terreno che abbia gi� cessato in modo definitivo di far parte dell'alveo 
rientra nella competenza del giudice ordinario (1). 

(1) Massima esatta. 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 7 ottobre 1965, n. 17 -Pres. Reale 
-Est. Daniele -Club Nautico Bardolino (avv. De Sanutis Mangelli) 

c. Ministeri dei LL.PP. e delle Finanze (avv. Stato Del Greco). 
Demanio e patrimonio -Demanio naturale -Delimitazione ex lege -Inesistenza 
di un potere della P. A. di delimitazione in base a valutazioni 
discrezionali. 

.Competenza e ~iurisdizione -Atto amministrativo di delimitazione del 
demanio naturale -Lesione di diritto soggettivo perfetto del privato 
-Controversia -Competenza dell'A.G.O. 

La delimitazione dei beni del demanio naturale (nella specie lacuale) 
trae origine esclusivamente dalla legge e non da valutazioni 



948 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

discrezionali della P. A. che non ha alcun potere di sacrificare il diritto 
del privato, trasformando da patrimoniale in demaniale la natura di 
un bene e trasferendo questo dal patrimonio del privato a quello demaniale 
(1). 

La P. A~ che con un atto amministrativo di delimitazione del demanio 
naturale (nella specie lacuale) ricomprenda in questo un bene di 
proprietd privata, agendo al di fuori del potere conferitole dalla legge, 
viola un diritto soggettivo pe1�fetto del cittadino, la cui tutela � rimessa 
al giudice ordinario (2). 

(1-2) Cfr., in argomento, C'ass., 20 luglio 1965, n. 1652, in questa Rassegna, 
1965, I, 1134, con nota; Trib. Sup. Acque, 8 giugno 1965, n. 14, 
ibidem, 830, con nota di MARZANO, In tema di delimitazione dei laghi demaniali 
e delle spiagge; id., 8 novembre 1960, n. 29, Foro amm., 1964, I, 339 
con richiamo ad altri precedenti. Per l'affermazione di analoghi principi in 
materia di demanio marittimo, cfr. Cons. Stato, VI, 9 novembre 1965, n. 788, 
retro, 146. 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 14 ottobre 1965, n. 22 -Pres. Reale Est. 
Jannuzzi -Ministero Finanze e Ministero LL. PP. (avv. Stato 
Santoro Passarelli) c. Bora e Allgeyer (avv. Ungaro) e Allgeyer e 
Comune di Belgirate (n. c.). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Laghi -Condizione giuridica nel periodo 
anteriore alla legislazione vigente -Demanialit�. 

(c. c., art. 822; c. c. 1865, art. 427; r. d. 11 dicembre 19.33, n. 1775, art. 1). 
Demanio e patrimonio -Laghi pubblici -Spiaggia -Condizione giuridica 
-Demanialit�. 

(c. c., art. 822; r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 
Demanio e patrimonio -Dichiarazione legislativa di demanialit� Effetti. 


(c. c., art. 822). 
Demanio e patrimonio -Beni demaniali -Possesso immemorabile Effetti. 


(c. c., artt. 822, 1145 e 1158). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 949 

Demanio e patrimonio -Beni demaniali -Concessione con effetti retroattivi 
-Irrilevanza ai fini del possesso utile per la usucapione. 

(c. c., art. 822 e 1158)~ 
I laghi con attitudine ad usi di pubblico interesse, e le relative 
spiagge, erano beni demaniali anche nel periodo anteriore alla legislazione 
vigente (1). 

Il demanio lacuale comprende anche le spiagge (2). 

La dichiarazione di demanialit� di un determinato gruppo di beni 
comprende tutti queLZi per i quali sussistano i presupposti, e non ha 
rilevanza l'eventuale appartenenza o il modo di acquisto di alcuno di 
essi a fav01�e di privati in conf11onto alla dichiarazione legislativa che 
riconosce la destinazione naturale di quei beni a soddisfare in modo 
esclusivo un preminente interesse generale (3). 

Il possesso ab immemorabili di un bene demaniale, tale che per 
la sua vetustas si sia perduta la memoria deHe sue origini, se non � 
idoneo aU'acquisto del bene per usucapione, pu� costituire un valido 
mezzo di prova della legittimit� del possesso e dar luogo alla presunzione 
che esso sia stato legittimamente iniziato e mantenuto in virt� 
di un atto, espresso o tacito, di sdemanializzazione (4). 

La retroattivit� degli effetti di una concessione in sanatoria di 
un'occupazione ritenuta illegittima non importa riconoscimento di un 
possesso utile per l'usucapione in favo1�e dell'Amministrazione (5). 

(Omissis). -Il Tribunale Regionale ha ritenuto, in via di principio, 
che, secondo la legislazione previgente, i laghi non potevano annoverarsi 
fra i beni demaniali e, conseguentemente, che tale carattere 

(1-5) Ancora sulla demanialit� delle spiagge lacuali 

I. -La controversia decisa con la sentenza in rassegna aveva ad 
oggetto l'accertamento della propriet�, demaniale o privata, di un terreno 
ricavato, a tre metri circa sul livello delle acque, sopra un tratto di spiaggia 
del lago Maggiore, con la costruzione, eseguita in epoca remota e comunque 
anteriore al 1800, di un terrapieno con relativo muro di sostegno 
in pietrame. La questione, dopo due giudizi definiti senza pronunce nel 
merit�, era stata riS'Olta in senso favorevole alle parti private con sentenza 
12 gennaio 1960 (non definitiva) e 14 luglio 1962 del Tribunale regionale 
delle acque di Torino (quest'ultima in Foro Padano, 1962, I, 1222, con 
nota critica di BuscA, In tema di usucapione di spiaggia lacuale), sul presupposto, 
per�, che prima dell'entrata in vigore dell'attuale codice civile 
i laghi e le relative spiagge non appartenessero al demanio e fossero 
quindi suscettibili di possesso utile ai fini dell'usucapione: presupposto 
di cui invece il Tribunale Superiore, in applicazione di principi gi� altre 
volte affermati in dottrina ed in giurisprudenza, ha motivatamente escluso 
la validit�. 
-



950 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non poteva attribuirsi alle spiagge. Al riguardo ha osservato che l'articolo 
427 dell'abrogato codice civile non faceva menzione dei laghi, ma 
solo il r. d. 1� dicembre 1895, n. 726 dichiarava soggette ad uso pubblico 
le spiag.ge dei laghi pubblici; che neanche le leggi precedentemente in 
vigore nel territorio del Lago Maggiore consideravano i laghi e le spiag


ge fra le � pertinenze � del demanio regio o pubblico. Ci� posto, il 
Tribunale ha osservato che gi� prima della entrata in vigore delle nuove 
disposizioni che comprendono i laghi fra i beni demaniali, si era verificata 
a favore dei danti causa delle istanti l'usucapione del terreno in 
contesa -quand'esso non aveva carattere demaniale -, con la conseguenza 
che non � operante, �rispetto al terreno stesso, il principio, 
invocato dalla P. A., che la dichiarazione di demanialit� ha effetto immediato 
e retroattivo, non potendo esso applicarsi ad un bene legittimamente 
passato in propriet� di privati in virt� delle leggi previgenti. 
I Ministeri appellanti contestano tali argomentazioni e deducono 
che non si pu� dubitare della demanialit� delle acque e delle spiagge 
dei laghi idonei alla navigazione e ad altri usi di pubblico interesse, 
anche in relazione al periodo in cui mancava una norma del tenore 
di quella dell'art. 822 c. c. vigente. Rilevano che, nella specie, il carattere 
demaniale della spiaggia di cui si discute risulta dall'esistenza di 
uno � scivolo � per il passaggio delle barche dalla strada al lago nonch� 
II. -Fra le parti in causa non si faceva questione sulla demanialit�, 
in linea di principio, delle spiagge lacuali, discutendosi piuttosto della 
natura demaniale dei laghi (e, come pacifica conseguenza, delle spiagge) 
nel periodo anteriore all'entrata in vigore del codice civile del 1942; � 
proprio sotto questo profilo, peraltro, nella esplicita se pur conseguenziale 
affermazione, cio�, della demanialit� delle spiagge lacuali, che si ritiene 
di dover segnalare l'importanza della decisione in rassegna, per il contrasto 
in cui, con tale valutazione, si pone con la sentenza 8 giugno 1965, n. 14 
dello stesso Tribunale Superiore. In tale decisione, criticamente commentata 
in questa Rassegna, 1965, I, 830, il Tribunale Superiore delle acque 
aveva infatti ritenuto di poter escludere la demanialit� delle spiagge dei 
laghi pubblici (in base ad argomenti per la confutazione dei quali si rinvia 
alla ricordata nota di commento); nella decisione in rassegna, invece, non 
solo viene affermato l'opposto principio, ma risulta evidente, dal testo 
della motivazione, che anche per il Tribunale Superiore, come per le 
parti in causa, un'autonoma questione sulla demanialit� delle spiagge 
lacuali neppure si pone. N� potrebbe sminuirsi la rilevanza dell'affermazione 
di principio con la considerazione che la demanialit� delle spiagge 
lacuali viene riconosciuta senza un'autonoma e specifica valutazione del 
problema, in quanto tutta la impostazione della sentenza presuppone la ~ 
demanialit� delle spiagge lacuali, mentre � evidente, con riguardo alle w 
circostanze di fatto della controversia, che una ritenuta esclusione delle 
spiagge dal demanio lacuale avrebbe assunto rilevanza risolutiva, precludendo 
l'esame di questioni che il Tribunale Superiore ha ritenuto invece 
di dover affrontare. � del resto significativo, in argomento, che la decisione 
espressamente rilevi che � la questione sulla demanialit� delle ac-
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 951 

di un �approdo� costruito in parte sul terreno in contestazione; che, 
inoltre, la costruzione di opere di difesa delle acque non importa la 
cessazione della demanialit� della spiaggia sulla quale esse insistono; 
che peraltro tali opere dovevano essere eliminate, essendo le istanti 
concessionarie dell' � allea � per oltre trent'anni. 

Il Tribunale Superiore osserva che la questione della demanialit� 
delle acque e, quindi, delle spiagge dei grandi laghi non pu� essere 
risolta In senso negativo, relativamente al periodo anteriore alla legislazione 
vigente, solo in base alla osservazione che n� l'art. 427 dell'abrogato 
codice civile, n� le Costituzioni del Re di Sardegna comprendevano 
i laghi fra i beni demaniali. E' noto, infatti, che l'opinione 
prevalente della dottrina, condivisa _da alcune decisioni giurisprudenziali, 
anche di questo Tribunale Superiore, ha affermato il carattere 
demaniale dei laghi, anche in mancanza di un'espressa indicazione legislativa, 
quando essi siano destinati ad uso pubblico, qual'� indubbiamente 
quello d�lla navigazione. Ricorre, in tali casi, la stessa esigenza 
che ha indotto il legislatore a considerare pubbliche le acque e le 
spiagge del mare: la navigazione nei grandi laghi, al pari di quella 
che avviene per mare, costituisce un mezzo indispensabile di comunicazione 
nell'interesse generale, e specialmente delle popolazioni residenti 
sulle rive, onde le acque -e le spiagge che hanno funzione com


que e, quindi, delle spiagge dei grandi laghi non pu� essere risolta in senso 
negativo, relativamente al periodo anteriore alla legislazione vigente, solo 
in base alla osservazio_ne che n� l'art. 427 delL'abrogato codice civile, n� 
le Costituzioni del Re di Sardegna comprendevano i laghi fra i beni demaniali 
� : proprio il difetto di specifica previsione legislativa, infatti, era stato 
ritenuto � sufficiente ., nella sentenza n. 14 del1'8 giugno 1965, ad escludere, 
secondo una valutazione sostanzialmente antitetica a quella adottata nella 
decisione in rassegna, la demanialit� delle spiagge dei laghi pubblici. 

L'esattezza dei principi enunciati nelle prime due massime non �, 
dunque, suscettibile di contestazione; lo stesso va detto per la terza massima, 
che ribadisce principi pi� volte affermati. 

III. -Qualche perplessit�, e sotto diversi profili, suscitano invece le 
affermazioni di cui alla quarta e alla quinta massima, in applicazione 
delle quali la sentenza ha in effetti riconosciuto il diritto di propriet� delle 
parti private sul bene in questione. 
Il Tribunale Superiore delle acque, invero, nella premessa che alle 
spiagge dei laghi pubblici non possa disconoscersi natura di bene demaniale, 
e in base a tale valutazione escludendo l'ammissibilit� di un acquisto 
del bene per usucapione, appunto in quanto demaniale, ha ugualmente 
riconosciuto il diritto di propriet� privata in virt� dell'immemorabile, 
nel rilievo che per il terreno de quo non potessero pi� riscontrarsi 
i caratteri della demanialit� (in quanto privo dell'attitudine a svolgere la 
funzione di spiaggia) e che dovesse presumersi la esistenza di un atto 
espresso o tacito di sdemanializzazione, idoneo a legittimare l'acquisto 
del bene. Ma -sembra potersi osservare -se il bene non poteva pi� 



952 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

plementare di approdo -risultano naturalmente destinate a soddisfare 
un interesse generale. Ora non si potrebbe contestare che tali condizioni 
ricorrano per il Lago Maggiore. 

N� ha carattere decisivo l'altra osservazione della sentenza impugnata, 
intesa ad escludere, relativamente al terreno in contesa, l'applicazione 
delle leggi successive al codice del 1865 -che considerano 
demaniali o comunque soggetti ad uso pubblico i laghi e le spiagge solo 
perch� il terreno stesso sarebbe stato acquistato per usucapione 
sotto il vigore delle leggi anteriori, che, secondo il Tribunale Regionale, 
disconoscevano la demanialit�. Invero la dichiarazione di demanialit� 
di un determinato gruppo di beni comprende tutti quelli per i quali 
sussistano i presupposti, e non ha rilevanza l'eventuale appartenenza o 
il modo di acquisto di alcuno di essi a favore di privati in confronto 
della dichiarazione legislativa che riconosce la destinazione naturale 
di quei beni a soddisfare in modo esclusivo un preminente interesse 
generale. Pertanto, anche ammesso l'acquisto della propriet� dell'�allea 
� a favore degli appellati, esso, tuttavia, non avrebbe potuto importare 
l'esclusione del carattere demaniale in dipendenza delle leggi so-

essere considerato demaniale, in quanto sottratto alla sua naturale destinazione 
di spiaggia, nessun ostacolo si poneva all'ammissibilit� di un acquisto 
per usucapione (in tal senso BuscA, loc. cit.), e di conseguenza 
superfluo, anzi inammissibile, doveva considerarsi il ricorso all'istituto 
dell'immemorabile. 

Altri motivi del resto -e sotto questo profilo si evidenzia, nella diversit� 
delle soluzioni, la gravit� degli effetti conseguenti all'applicazione 
del principio dell'immemorabile -avrebbero comunque impedito il riconoscimento 
di un acquisto per usucapione. La difesa dell'Amministrazione 
aveva infatti osservato, in via preliminare, che il bene in contestazione, 
ove se ne fosse potuto escludere la demanialit�, si sarebbe dovuto comunque 
considerare acquistato dallo Stato per usucapione; ci� in quanto, nell'ottenere, 
nel 1933, la concessione in sanatoria dell'occupazione illegittima 

(accertata nel 1919), le parti private avevano espressamente riconosciuto, 

con effetto dal 1919 e da tale data obbligandosi a versare il canone della 

concessione, il diritto di propriet� dello Stato, che quindi avrebbe comun


que acquistato la propriet� del bene per possesso ultratrentennale ante


riore alla proposizione dell'azione di revindica (iniziata nel 1953). Il Tri


bunale Superiore non ha condiviso la tesi, osservando che, essendo � il pos


sesso un potere di fatto corrispondente all'esercizio di un diritto � � neces


saria, ai fini dell'usucapione, � l'esplicazione di una attivit� concreta avente 

i predetti requisiti e non pu� essere reputato idoneo il mero riconosci


mento di un possesso inesistente �; sotto lo stesso profilo il Tribunale 

Superiore ha negato rilevanza all'occupazione del bene, avvenuta nel 1919, 

da parte dell'Ufficio del Genio Civile, considerandone gli eventuali effetti 

favorevoli annullati dal successivo comportamento dell'Amministrazione, e 

alla stessa domanda di concessione presentata dagli interessati, nella quale 

ha escluso che potesse riscontrarsi � una chiara ammissione di essere 

detentore del ter1�eno � sopratutto per l'accenno, in essa contenuto, alle 

annose vertenze giudiziarie sostenute dall'istante per la rivendicazione 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 953 

pravvenute, qualora il terreno avesse conservato le caratteristiche di 
�spiaggia � al momento dell'entrata in vigore delle leggi stesse, che 
comprendono anche le spiagge dei laghi fra i beni demaniali. 

Ora ci� si deve sicuramente escludere nel caso in esame, poich� 
dagli atti del processo, e particolarmente dalla relazione del consulente 
tecnico, risulta che il terreno in contestazione � costituito da un 
�piazzaletto � di forma triangolare, formato da un terra.pieno sostenuto, 
verso il lago, da un muro in pietrame alto tre metri rispetto alla 
spiaggia; che, inoltre, l'attuale sistemazione � anteriore al 1800. Si 
deve, conseguentemente, ritenere che, fin da tale epoca, il terreno non 
potesse essere pi� raggiunto dalle acque del lago e che, quindi, non 
avesse l'attitudine ad essere adibito a spiaggia. Peraltro le amministrazioni 
appellanti non contestano la predetta situazione, ma chiedono che 
siano eventualmente disposte ulteriori indagini tecniche dirette ad accertare 
che sono ancora soggette a sommersioni, perch� situate a livello 
inferiore alla quota di piena del Lago Maggiore, la spiaggia e la sponda 
del lago sulle quali sono stati costruiti il terrapieno ed il muro, e non 

dell'immobile nei confronti del Comune di Belgirate (vertenze definite 
peraltro con decisioni che fecero sempre salvi i diritti del Demanio). 

La soluzione adottata dal Tribunale Superiore sembra suscettibile di 

critica, con riguard�o sia al fatto che il riconoscimento del dominio emi


nente dello Stato proveniva dalla stessa parte che aveva in seguito riven


dicato il bene, sia ai peculiari caratteri che, relativamente al demanio 

naturale, sembrano doversi riconoscere al possesso (quale relazione di 

fatto) da parte dello Stato, caratteri tali, cio�, da consentire una partico


lare concezfone, elastica e diversa da quella riferibile al privato, dell'ani


mus possidendi; e comunque ulteriori argomentazioni a favore della tesi 

sostenuta dall'Amministrazione potevano desumersi dalla domanda, pre


sentata nel 1949, diretta ad ottenere il rinnovo della concessione prossima 

a scadere. Ai fini in esame, per dimostrare, cio�, che pur nella ipotizzata 

non demanialit� del bene non si sarebbe comunque potuto ammettere un 

acquisto per usucapione in favore dei privati, � sufficiente peraltro osser


vare che, se inidoneo a determinare la decorrenza del possesso, utile per 

l'usucapione, da parte dell'Amministrazione, il riconoscimento eff.ettuato 

nel disciplinare di concessione in ordine al dominio eminente deUo Stato 

si sarebbe dovuto considerare produttivo di effetti ai sensi dell'art. 2937 

c. c., applicabile in virt� dell'art. 1165 c. c., con la conseguenza di escludere, 
per effetto della implicita rinuncia, l'acquisto dell'usucapione. 
IV. -La sentenza in rassegna ha invece ritenuto, come si � accennato, 
che Ticorressero nella specie i presupposti di fatto dell'immemorabile. 
Anche a tal proposito, peraltro, e a prescindere dai rilievi sopra formulati 
in ordine alla inammissibilit� del ricorso all'immemorabile per la 
ritenuta natura non demaniale del bene in contestazione, la decisione suscita 
perplessit�. La soluzione adottata involge, invero, delicate questioni 
di diritto pubblico, che, senza affrontare, presuppone risolte. A parte il 
dubbio sull'applicabilit�, in linea di principio, dell'istituto dell'immemorabile 
in tema di beni demaniali, ed in particolare per quelli del demanio 
naturale (problema ancora in discussione), sembra infatti superflua, ai fini 

954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche il terreno formato dal terrapieno stesso e sorretto dal muro alto 
tre metri. 

La sopradetta istanza dei Ministeri appellanti �, quindi, diretta a 
sostenere che la costruzione del terrapieno e del muro su una spiaggia, 
di cui non si disconosca la natura demaniale, non vale a trasformarla 

in un bene privato, come, in via generale, non vengono meno i caratteri 
della demanialit� in dipendenza della costruzione di opere di difesa 
dalle acque di un fiume o del mare. Ora tale affermazione �, di per 
se stessa, esatta; ma essa non risolve la questione, la quale verte sul 
punto se possano riscontrarsi ancora i caratteri della demanialit� relativamente 
ad un appezzamento di terreno, di circa 600 metri quadrati, 
sottratto all'azione delle acque del lago mediante la costruzione di un 
terrapieno e di un muro e che, di conseguenza, non pu� considerarsi 
pi� facente parte della spiaggia. Per tale ragione la proposta indagine 
tecnica si dimostra irrilevante, come � la circostanza che, al lato del 
terreno in contestazione, vi sia uno � scivolo > per il passaggio delle 
barche dalla strada ed un approdo costruito sulla sponda del lago. Infine 

dell'immemorabile, e discutibile, con riguardo alla natura di bene del 
demanio naturale, l'ipotizzata presunzione di esistenza di un atto, espresso 

o tacito, di sdemanializzazione: superflua, in quanto il possesso ab immemorabili 
assume autonoma rilevanza determinante in ordine alla presunzione 
di esistenza del titolo, per cui non � necessario individuare, neppure 
in via presuntiva, la fonte legittimante (ch� anzi, ove a tale individuazione 
si pervenga o sia possibile pervenire deve escludersi l'operativit� dello 
istituto); discutibile, sia perch� la sdemanializzazione precluderebbe il ricorso 
all'immemorabile, che si applica, se si applica, ai beni demaniali in 
quanto tali, sia per la difficolt� di ammettere una sdemanializzazione di 
un bene del demanio naturale disposta, come deve necessariamente desumersi 
dalle ipotesi prospettate in sentenza, quando ancora il bene pre


I 

senti i caratteri e gli attributi !richiesti :oer la sua destinazione a finalit� 
di interesse pubblico. Una sdemanializzazione espressa di un bene com


Ij

preso nel demanio naturale sembra doversi invece escludere a priori, trat


�:..

tandosi di beni che la legge ha riconosciuto idonei a svolgere funzioni di 
interesse pubblico e dei quali l'Amministrazione non pu� disporre, si che 
un provvedimento di sdemanializzazione non pu� ipotizzarsi, e anche in 
tal caso con efficacia solamente dichiarativa, se non con riguardo all'intervento 
di fattori naturali a seguito dei quali il bene risulti sottratto alla sua 
specifica destinazione, oppure in conseguenza, nella pi� sfavorevole delle ipotesi, 
di una valutazione comparativa di due aspetti dell'interesse pubblico che 
il bene pu� risultare utile a soddisfare: presupposti di fatto che non possono 
quindi ritenersi ricorrenti quando invece il mutamento nella destinazione 
naturale del bene sia determinato dal fatto dell'uomo e a fini esclusivamente 
privati. A maggior ragione, poi, sarebbe da escludere la possibilit� 
di ipotizzare, sia pure al solo fine di individuare una possibile origine della 
legittimit� del possesso ab immemorabili, una sdemanializzazione tacita 
del bene; ai motivi sopra invocati uer contestare, per quanto concerne i 
beni del demanio naturale, l'ammissibilit� di una cessazione della demanialit� 
che non sia disposta dalla legge o che non consegua allo snatura


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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 955 

non varrebbe a conferire il carattere di demanialit� al terreno in contestazione 
il riconoscimento delle appellate, implicito nella richiesta e 
nell'accettazione della concessione, poich� la demanialit� sussiste solo 
in virt� di circostanze obbiettive. 

Si pu�, quindi, concludere che non si pu� disconoscere la demanialit� 
delle acque e delle sponde del Lago Maggiore anche relativamente 
al periodo anteriore all'entrata in vigore della legislazione vigente: 
che si deve ammettere il carattere demaniale del tratto di spiaggia sottostante 
al terrapieno nei limiti in cui essa � raggiunta dalle acque del 
lago e risulta perci� idonea a soddisfare, anche in via complementare, 
un interesse generale; che, inversamente, non si pu� ritenere che abbia 
carattere demaniale, solo perch� insistente su una spiaggia, il terrapieno 
e l'�allea � che ne � risultata, atteso che, invece, essi non sono pi� 
soggetti all'azione delle acque. 

Ci� posto, il punto centrale della controversia sta nell'esaminare se 
le appellate possano vantare un diritto sul terreno in contestazione. 
La sentenza impugnata ha riconosciuto, a loro favore, il diritto di 
propriet�, che sarebbe stato acquistato per usucapione del tratto di 

mento del bene, si aggiunge infatti la considerazione che per la sdemanializzazione 
tacita si richiede il concorso di atti univoci e concludenti 
della pubblica Amministrazione, incompatibili con la vol<>nt� di conservare 
la originaria destinazione del bene: comportamento che, gi� di dubbia 
ammissibilit�, in linea di principio, per i beni del demanio naturale, non 
sembre possa essere oggetto di presunzione. 

La sentenza in rassegna, quindi, pur partendo da esatte premesse in 
ordine al fondamento dell'immemorabile, sembra viziata, per eccesso, nella 
precisazione relativa alla possibile origine del possesso, in cui finisce in 
effetti per evidenziarsi, per quanto osservato, la debolezza dell'impostazione. 

V. -Anche con riguardo alla ritenuta esclusione dei caratteri della 
demanialit� sembra possibile qualche rilievo, pur nell'ambito della imp<>stazione 
adottata nella sentenza. II Tribunale Superiore, infatti, riconosce 
espressamente la validit� del principio sostenuto dalla difesa delle Amministrazioni 
appellanti, che cio� �la costruzione del terrapieno e del muro 
su una spiaggia, di cui non si disconosca la natura demaniale, non vale a 
trasformarla in un bene privato, come, in via generale, non vengono meno 
i caratteri della demanialitd in dipendenza della costruzione di opere di 
difesa dalle acque di un fiume o del mare �; tale principio, per�, viene 
in definitiva ad essere violato, quando, con riguardo alle concrete circostanze 
di fatto e per la costruzione, cio�, del muro e del terrapieno, si 
esclude che il bene, in quanto sottratro all'azione delle acque, possa considerarsi 
ancora spiaggia e che possano quindi ad esso riconoscersi i caratteri 
della demanialit�. Non solo, ma se � vero che �la demanialitd sussiste 
solo in virt� di circostanze obiettive ., � vero pure che la ricorrenza dei 
necessari caratteri deve essere accertata anche in relazione all'attitudine 
potenziale del bene a soddisfare quell'interesse pubblic'O cui la dichiarazione 
legislativa di demanialit� ha inteso avere riguardo; n� sembra possa 
dubitarsi che tale potenzialit� debba riconoscersi nel caso di specie, con-



956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

spiaggia sul quale il terrapieno � stato costruito, nel presupposto che, 
durante tutto il tempo necessario per l'acquisto medesimo, la spiaggia 
non fosse un bene demaniale. Ma, una volta negato il presupposto, si 
deve coerentemente disattendere la predetta conclusione e negare il 
diritto in virt� dell'usucapione. Tuttavia, si pu� pervenire alla stessa 
conclusione in virt� del possesso immemorabile invocato dalle appellate, 
e ci� in base agli stessi elementi di prova emergenti dagli atti, che 
sono stati valutati dai giudici di primo grado al fine di ritenere perfezionato 
l'acquisto per usucapione. 

Il possesso prolungato per moltissimi anni di un bene demaniale, � 
tale che per la vetustas si sia perduta la memoria delle sue origini, se 
non � reputato idoneo all'acquisto del bene stesso per usucapione, pu� 
costituire, invece, secondo la comune opinione della dottrina e della 
giurisprudenza, un valido mezzo di prova della legittimit� del possesso 
stesso e dare luogo alla presunzione che esso sia stato legittimamente 
iniziato e mantenuto in virt� di un atto della P. A. idoneo a costituire 

siderato il carattere artificiale della costruzione che attualmente impedisce 
l'utilizzazione del bene in funzione di spiaggia. 

VI. -Non pu� non rilevarsi infine che, nella specie, doveva comunque 
escludersi la ricorrenza dei presupposti per il ricorso all'istituto dell'immemorabile. 
Ai fini di tale ricorrenza, infatti, perch�, cio�, possa affermarsi 
la presunzione di legittimit� dello stato attuale del possesso, si 
richiede, come si � pi� volte avuto occasione di precisare e in dottrina 
e in giurisprudenza, che l'ordinamento del tempo al quale si fa riferimento 
riconosca una simile presunzione, risultando privo di effetti, ai fini dell'immemorabile, 
il possesso che non risalga a quella determinata epoca 
in cui l'istituto era previsto: principio di cui risulta evidente la rilevanza 
preclusiva per la specie in esame ove si consideri che la prescrizione immemorabile, 
soppressa dall'art. 630 del codice civile del 1865, era contemplata 
nel Codice Albertino del 1837 (art. 649), nel codice Feliciano del 
1827 (art. 302) e nel codice Napol�on promulgato per il Regno d'Italia 
con decreto del 30 maggio 1805 (art. 691) limitatamente alle servit� continue 
e discontinue, mentre gi� nel diritto comune il possesso di beni demaniali 
era senza effetto giuridico ai fini dell'usucapione. 

VII. -In senzo sostanzialmente conforme alle prime quattro massime, 
in un caso di specie analogo, nei presupposti di fatto, a quello deciso 
con la sentenza in rassegna, cfr. Trib. Sup. Acque, 23 febbraio 1921 
(con una interessante distinzione fra beni demaniali suscettibili di possesso 
immemorabile e beni demaniali per i quali invece l'immemorabile 
risulta privo di effetti), Acque e Trasp., 1921, 146, con nota sostanzialmente 
adesiva di CONTE. 
Sulla demanialit� dei laghi, in decisioni emesse prima dell'entrata in 
vigore del codice civile del 1942, cfr. App. Venezia, 2 marzo 1932, Riv. 
Amm., _1932, 776; Trib. Sup. Acque, 18 marzo 1930, Acque e Trasp., 1930, 
332; Trib. Acque Milano, 22 settembre 1926, ivi, 1926, 400; id., 12 giugno 
1926, ibidem, 310; id., 8 maggio 19-26, ibidem, 308; Cass., 27 febbraio 1926, 

:~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 957 

diritti a favore di privati su una parte di un bene demaniale. II decorso 
del lunghissimo periodo di tempo e le vicende storiche rendono sommamente 
difficile a colui che invoca il diritto di reperire l'atto sul quale 
esso si fonda; ma il possesso pacifico e pubblico di una parte di un 
bene demaniale, specialmente quand'esso si concreti, come nella specie, 
nell'uso esclusivo a favore del privato con la conseguente sottrazione 
all'uso generale, ben pu� tener luogo dell'atto mancante e costituire 
una valida presunzione della esistenza del diritto corrispondente al 
;possesso. 

Ora, nella specie, la prova documentale, la consulenza tecnica e 
la prova testimoniale hanno fornito elementi certi e sufficienti a far 
ritenere che la sistemazione attuale del terrapieno e dell'�allea�, la 
quale importa l'impossibilit� che essi siano raggiunti dalle acque del 
lago, � stata sempre tale a memoria d'uomo e risale ad epoca molto 
antica, certamente anteriore al 1800, come risulta dall'et� delle piante, 
dalle caratteristiche del pietrame adibito per la costruzione del muro 
nonch� da una data impressa in una pietra del muro prospiciente lo 

� scivolo �; che, inoltre, a memoria d'uomo, l'� allea � � stata sempre 
n. 562, Sett. Cass., 1926, 216; Trib. Sup. Acque, 10 febbraio 1926, Acque 
e Trasp., 1926, 94; Cass., Sez. un., 3 luglio 1919, Riv. Amm., 1919, 544. 
Sulla condizione giuridica dei laghi, generalmente nel senso di riconoscerne 
la demanialit� solo quando abbiano attitudine ad usi di pubblico 
interesse, cfr.: Trib. Acque Napoli, 26 ottobre 1960, Acque, bonif., costruz., 
1960, 512; Trib. Acque Torino, 29 aprile 1960, ivi, 1961, 145; Trib. 
Sup. Acque, 14 luglio 1959, n. 22, Foro Amm., 1959, II, 3, 38; Cass., Sez. 
un., 20 giugno 1958, n. 2141, Giur. it., 1958, I, 1, 1126; Trib. Sup. Acque, 
14 giugno 1957, n. 21; Acque, bonif., costr., 1957, 518; id., 27 luglio 1956, 

n. 17, ibidem, 163; Cass., Sez. un., 31 ottobre 1955, n. 3571, ivi, 1956, 40; 
Cass., 21 maggi'Cl 1955, n. 1488, Giur. it., 1956, I, 521; Trib. Sup. Acque, 
9 gennaio 1954, n. 9, Acque, bonif., costr., 1954, 489; in dottrina, cfr.: BuscA, 
Le acque nella legislazione itatiana, 1962, 76; GIAVINA, Re<gime dette concessioni 
delle spiagge demaniali e lacuali: situazione attuale e proposte 
de jure condendo, Nuova Rassegna, 1962, 2898; CALANDRA, La natura dei 
laghi nella pi� recente giurisprudenza, Acque, bonif., costruz., 1959, 543; 
id., Osservazioni in tema di demanialit� dei laghi, Foro amm., 1959, II, 3, 
38; BuscA, La demanialit� dei laghi, Giur. it., 1958, I, 1, 1125; ZANOBINI, 
Corso di diritto amministrativo, 1958, IV, 72 e 80; GUGLIELMI, Sulla demanialit� 
dei laghi, Acque, bonif., costr., 1954, 489; CoLETTI, Rassegna di giurisprudenza 
in tema di demanialit� detle acque, Riv. dir. pubbl., 1954, 502 
(pag. 516). In particolare, per la demanialit� delle spiagge lacuali, cfr., da 
ultimo, SANDULLI, Beni pubblici, Enciclopedia del diritto, V, 282. Alle disposizioni 
di legge (segnalate nella nota di commento alla sentenza Trib. 
Sup. Acque, 8 giugno 1965, n. 14, in questa Rassegna, 1965, I, 830) dalle 
quali possono desumersi utili argomenti a riprova della demanialit� delle 
spiagge lacuali, adde: art. 2 del r. d. 18 maggio 1931, n. 544, sulla rompetenza 
a concedere l'occupazione di aree e spiagge lacuali, e l'art. 228 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, che ricomprende le spiagge lacuali o 
marittime fra i beni pubblici per i quali si esclude l'obbligo di compenso 



958 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posseduta nelle attuali condizioni dalle appellate e dai loro danti causa 
ed ha formato oggetto di contrattazione fra privati in vari atti notarili. 

Ci� induce a ritenere che i danti causa delle appellate abbiano legittimamente 
acquistato il diritto che ora � fatto valere sul terreno in 
contestazione: o in virt� di un atto espresso di sdemanializzazione del 

tratto di spiaggia sul quale insiste l'� allea�, con la successiva cessione 
della propriet� al privato o comunque con l'attribuzione della facolt� 
di costruirvi i1 muro ed il terrapieno; ovvero con un atto tacito di 
sdemanializzazione, consentendo che fosse eseguita sullo stesso tratto 
di spiaggia la sistemazione attuale del terreno, la quale, secondo quanto 
si � detto, importa l'impossibilit� che esso sia utilizzato come spiaggia, 
non essendo pi� raggiungibile dalle acque del lago. 

Sostengono ancora le Amministrazioni appellanti, con il primo motivo 
di gravame, che l'eventuale diritto delle appellate sull'� allea � 
sarebbe estinto in conseguenza del riconoscimento da parte di esse 
e dei loro danti causa, di esserne detentori nonch� dell'usucapione veri-

I 

o risarcimento in ipotesi di occupazione necessaria per la costruzione di 
strade ferrate. 
Sulla caducazione dei diritti costituiti sull'acqua classificata pubblica 
e sulla inefficacia degli atti di disposizione posti in essere dai precedenti 
titolari sul presupposto della natura privatistica delle acque, in senso conforme 
al principio enunciato nella terza massima, cfr.: Cass., 30 luglio 
1964, n. 2178, parte inedita; Trib. Sup. Acque, 22 febbraio 1961, n. 1, Acque, 
bonif., costruz., 1961, 22; Cass., 4 agosto 1960, n. 2289, Foro Padano, 1961, , 
I, 1261; id., 11 maggio 1955, n. 1345, Foro it., Mass., 1955, 289; id., 28 novem-fil 
bre 1953, n. 3622, ivi, 1953, 696; id., Sez. un., 8 luglio 1953, n. 2148, Giust. civ., ~ 
1953, I, 2388; Cass., 18 luglio 1951, n. 2022, Giur. compl. Cass. civ., 1951, ~ 
30, 621; id., Sez. un., 27 il.uglio 1948, n. 1244, Foro it., 1949, I, 702; Trib. ~' 
Sup. Acque, 12 maggio 1945, Giur. it., 1946, I, 2, 99; Cass., 7 agosto 1935, ~ 
Foro amm., 1935, II, 274; per altri precedenti, cfr. Relazione Avvocatura ~ 
Stato, 1930-1941, I, 603-609. � 

In tema di possesso ab immemorabili e in particolare sul diverso fon-& 
damento dell'istituto rispetto all'acquisto per usucapione, cfr.: Cass., 24 I 
luglio 1964, n. 2000, Foro it., Mass., 1964, 519; id., 19 luglio 1962, n. 1944, fil 

Giust. civ., 1963, I, 869 e Giur. it., 1963, I, 1, 878, con nota di richiami; 
id., 21 ottobre 1959, n. 3016, Foro it., Mass., 1959, 567; id., 20 marzo 1959, 
n. 860, Giust. civ., 1959, I, 1549, Foro amm., 1959, II, I, 104 e Mon. Trib., 
1960, 736; App. Torino, 20 gennaio 1957, Giust. civ., Mass., 1957, 14; Cass., 
31 luglio 1950, n. 2275, Sett. Cass., 1950, 376; id., 15 gennaio 1949, n. 33, 
Foro it., 1949, I, 579 e Giur. compl, Cass. civ., 1949, lo 47; in dottrina, cfr.: 
Gu1cc1ARDI, Il demanio, 1934, 245; ScHUPFER, Ab immemorabili, tempo immemorabile, 
prescrizione immemorabile, Nuovissimo Digesto Italiano, I, 
1, 50 ss.. Per l'applicabilit� dell'istituto ai beni demaniali, cfr. Cass., 19 
maggio 1947, n. 778, Foro it., Rep., 1948, 399, n. 4; GASPARRI, Sul concetto 
di � immemorabile., Giur. compl., Cass. civ., 1949, I, 53 (che limita anzi 
ai beni demaniali, in quanto soli beni non suscettibili di possesso utile per 
l'usucapione, l'applicazione dell'immemorabile, precisando, peraltro, che 
sono da ritenersi legittimi, in quanto ese~citati ab immemorabili solo i 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI -ACQUE, APPALTI ECC. 959 

ficatasi a favore delle Amministrazioni stesse in virt� del possesso ultratrentennale 
del bene. Ci� in base ad un'istanza di concessione dell'occupazione 
della spiaggia e, poi, della sottoscrizione, il 18 settembre 
1933, del disciplinare relativo, in virt� del quale la concessione stessa 
veniva fatta risalire alla data del 23 luglio 1919, con l'obbligo del pagamento 
del canone relativo. 

Al riguardo ha esattamente osservato il Tribunale Regionale che 
la retroattivit� degli effetti della concessione in sanatoria dell'occupazione 
che la P. A. riteneva illegittima non importa riconoscere un possesso 
utile per l'usucapione. Invero il possesso � potere di fatto corrispondente 
all'esercizio di un diritto; ai fini dell'usucapione, occorre, 
quindi, l'esplicazione concreta di un'attivit� avente i predetti requisiti 
e non pu� essere reputato Idoneo il mero riconoscimento di un possesso 
inesistente. Pertanto l'inizio del possesso a favore dell'Amministrazione 
potrebbe decorrere dalla data della sottoscrizione del discipli


diritti costituiti �per l'utilitd dei beni demaniali o comunque per il conseguimento 
di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono 
i beni demaniali �);GRIECO, Della proprietd, Commentario del c. c., 
UTET, III, 3�, 366; LOMBARDI, Enciclopedia Forense, III, 84 (limitatamente 
ai beni del demanio accidentale); BRUNETTI, Mon. Trib., 1960, 744; contra, 
sostanzialmente, SANDULLI, op. cit., 290, che esclude, in particolare, la possibilit� 
di invocare l'immemorabile per legittimare il possesso �del lido 
marino o di un lago.; INGRosso, Demanio (Diritto moderno), Nuovissimo 
Digesto Italiano, V, 1960, 433. Nel senso che la prova sull'origine del possesso 
esclude l'applicabilit� dell'immemorabile, cfr.: Cass., 19 luglio 1949, 

n. 1871, Giur. compl. Cass. civ., 1949, 3�, 96. Sulla necessit� che l'immemorabile 
sia contemplato nell'ordinamento dell'epoca alla quale si fa riferimento, 
cfr.: Cass., 21 ottobre 1959, n. 3016, citata; id., 27 febbraio 1926, 
n. 562, citata. Nel senso che l'abolizione della prescrizione immemorabile 
disposta con il codice napoleonico era operativa solo per i rapporti di diritto 
privato e non per quelli di diritto pubblico, cfr. Cass., 15 gennaio 1949, 
n. 33, citata; per l'ammissibilit�, in linea di principio, delil.a detenzione di 
beni demaniali, cfr.: BRANCA, Sulla detenzione rispetto a beni demaniali, 
Foro, it., 1958, I, 1147. 
Sulla portata dell'art. 2937 c. c., applicabile in tema di usucapione in 
virt� dell'art. i165 c. c., cfr. FERRUCCI, Della tutela dei diritti, Commentario 
UTET, cit., VI, 4o, 1964, 400 ss.; sull'applicabilit� dell'art. 2937 c. c. 
in tema di usucapione, cfr.: GRECO, Della proprietd, cit.; per un'ipotesi di 
rinuncia tacita all'usucapione, cfr., Cass., 31 maggio 1945, n. 404, Foro it., 
Rep., 1943-45, 1649, n. 36. 

Sugli estremi necessari per la cessazione della demanialit�, anche con 
riguardo alla sdemanializzazione tacita, cfr.: Cass., 19 gennaio 1963, n. 74, 
Foro it., Mass. 1963, 20 (che richiede per la cessazione della demanialit� 
uno dei modi previsti dalla legge); INGROSSO, op. Zoe. cit.; GUICCIARDI, op. 
cit., 226 ss.; NUNZIATA, In tema di cessazione della demanialitd, Giur. compl. 
Cass. civ., 1949, 3�, 1025 (sulla necessit�, in particolait"e, che il mutamento 
della destinazione, purch� sia idoneo a determinare la cessazione della 
demanial�t�, sia accertato e riconosciuto dalla pubblica Amministrazione); 



960 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
nare -cio� dal 18 settembre 1933 -, e non dal 23 luglio 1919, con la 

conseguenza che non sarebbe decorso il tempo utile per l'usucapione. 

N� pu� riconoscersi il valore di un atto utile di possesso alla constatazione 
dello stato dei luoghi e .dell'occupazione del terreno in contesa, 
effettuata dall'ufficio competente del Genio Civile nella predetta data 
del Hl settembre 1919. A parte che si tratta della constatazione unilaterale 
di una situazione di fatto, nella quale sarebbe difficile riscontrare 
l'animus di esercizio di un diritto, giova ancora considerare che 
quell'atto costituisce un unicum non seguito da altri fino alla data di 
sottoscrizione del disciplinare; gli effetti di quell'atto, anche se favorevoli 
alla P. A., dovrebbero ritenersi, quindi, annullati dal comportamento 
successivo della P. A. stessa, che ha consentito che il terreno 
fosse ancora occupato dai privati, nonch� dall'attivit� possessoria da 
essi esplicata in proprio favore con la prosecuzione di una pacifica e 
pubblica occupazione. 

CoLETTI, In tema di prova dell'inizio e della cessazione della demanialitd, 
ivi, 1948, 20, 657. In particolare, sulla sdemanializzazione tacita, cfr. Cass., 
2 maggio 1962, n. 849, Giust. civ., 1962, I, 1972; id., 20 marzo 1959, n. 860, 

citata; id., 6 ottobre 1954, n. 3317, Giust. civ., 1954, 2231 e Giur. it., 1956, 
I, 522; id., 5 maggio 1951, n. 1065, Giur. compl. Cass. civ., 1951, 20, 441; 
BRUNETTI, op. e loc. cit.; FALCONI, Osservazioni in tema di sdemanializzazione 
tacita, Foro amm., 1957, II, I, 7; CEVOLOTTO, Spunti giuriSPrudenziali 
in tema di sdemanializzazione tacita, Giur. compl. Cass. civ., 1956, 5o, 416; 
SANDULLI, Appunti in tema di inizio e di cessazione della demanialitd, Giur. 
it., 1956, I, I, 523. Nel senso che, in mancanza di un atto formale dell'Amministrazione 
o in difetto di un evento naturale che possa aver determinato 
la cessazione della demanialit�, non � sufficiente, per configurare 
l'ipotesi di una sdemanializzazione tacita, la semplice circostanza obiettiva 
della sospensione, anche per lunghissimo tempo, dell'uso pubblico, essendo 
invece richiesta la cessazione di qualsiasi reviviscenza dell'uso, in quanto 
non pu� escludersi, anche mancando un uso attuale e contingente, la persistenza 
della destinazione, anche solo potenziale, a soddisfare un interesse 

pubblico (a meno che con il mancato esercizio non ricorrano atti univoci 
e concludenti della pubblica Amministrazione, incompatibili con la volont� 
di conservare la destinazione demaniale del bene e tali da rendere manifesto 
il definitivo disinteresse dell'Amministrazione in ordine alla reintegrazione 
del bene nella sua originaria funzione), cfr., con riguardo per�, 
in linea di massima, a beni del demanio accidentale, Cass., 9 aprile 1964, 

n. 811, Foro it., Mass., 1964, 206; id., 20 marzo 1959, n. 860, citata; id., 
16 giugno 1958, n. 2024, Giur. it., 1959, I, 1, 221; id., 6 ottobre 1954, n. 3317, 
citata; id., 5 maggio 1951, n. 1065, citata; SANDULLI, Beni pubblici, cit., 297; 
id., Appunti, ecc., cit, 527. 
I principi ricordati non si applicano, per�, ai beni del demanio ma-.< 
rittimo, per i quali la sdemanializzazione tacita � preclusa a priori, com'� f 
noto, dall'art. 35 del Codice della navigazione, che richiede per la sdema-r: 

nlaliu.azlone un formale provvedimento dell'Ammlnistrazio:~�MARZANO ; 

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I 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 961 

Non si pu� riscontrare una chiara ammissione di essere detentore 
del terreno nell'istanza del dott. Vittorio Allgeyer diretta il 4 maggio 
1927 all'Ufficio del Genio Civile di Novara. Invero in tale istanza si 
premette che il terreno � fu riconquistato � dall' Allgeyer dopo annose 
vertenze giudiziarie; che �ora� il Demanio reclamava i suoi diritti; 
che l'esponente intendeva addivenire ad una sistemazione definitiva 
della � sua propriet� �; pertanto rinnovava la domanda di concessione 
definitiva dell'area di mq. 457, che� sarebbe� demaniale, o quanto meno 
di una concessione rinnovabile. Il tenore delle citate espressioni e tutto 
l'ulteriore contesto dell'istanza fanno intendere che l'Allgeyer, sempre 
insistendo nel proclamarsi proprietario dell'area in contestazione s'indusse 
a chiedere la concessione definitiva per sottrarsi ad ulteriori 
controversie con la P. A., fiducioso nella determinazione di un prezzo 
che tenesse conto � della faticosa e costosissima rivendicazione giudiziale 
esercitata sull'area in questione �. 

Infine, come si � osservato, il riconoscimento del dominio eminente 
dello Stato, che si vuole trarre dall'istanza predetta e dalla sottoscrizione 
del disciplinare, non varrebbe ad attribuire all'area il carattere 
demaniale, quando non vi ricorrono i presupposti. -(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1451 -Pres. Fini -
Rel. Petrone -P. M. Pace (conf.). Rie. Paolini ed altri. 

Monopoli � Monopolio e dogana -Contrabbando -Tabacchi esteri Detenzione 
abusiva -Norme applicabili. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 97, 107, 148; 1. 17 luglio 1942, n. 907, 
art. 66}. 
La detenzione abusiva di tabacco estero � prevista. come 1�eato di 
contrabbando sia dalla legge sul monopolio (art. 66, n. 5) sia da quella 
doganale (art. 107-109). La duplice trasgressione � per� repressa� con 
unica pena; con quella cio� pi� grave fissata dall'una delle due norme 
incriminatrici (art. 148 della legge doganale). Dalla unicitd della sanzione 
rispetto alla duplicitd dei reati e dal richiamo della legge sul monopolio 
solo quoad poenam si deve ritenere che, nell'incontro delle due 
disposizioni ciascuna delle quali configura distintamente fattispecie penali 
a tutela di un distinto bene giuridico (diritti di confine e diritti 
di monopolio, quella sul monopolio perde ogni efficienza normativa 
fondendosi nell'altra e sopravvivendo, eventualmente, per la determinazione 
della pena, e che � la legge doganale ad imprimere in ogni caso al 
fatto stesso l'unitd e l'assorbente qualificazione giuridica di reato doganale 
(1). 

(Omissis). -Il Finizio -condannato con la recidiva in contrabbando 
a mente dell'art. 111 della legge doganale, per contrabbando di 
Kg. 13,700 di �sigarette estere operato il 6 giugno 1959 -ricorre contro 
la sentenza menzionata in epigrafe deducendo con unico mezzo la erroneo 
applicazione degli art. 107, 111 e 148 della legge doganale e per la 
mancata contestazione dell'art. 66 n. 5 della legge nel monopolio dei 

(1) La C. S. ribadisce il nrincipio della prevalenza della legge cm1?anale 
nel caso in cui la fattispecie considerata (detenzione apusiva di tabacco 
estero) sia prevista come reato di contrabbando da entrambi le leggi, 
quella sul monopolio e quella doganale V. sentenza 10 ottobre 1964 citata 
in motivazione. 

PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 963 

sali e tabacchi, disposizione che invece sarebbe applicabile nel caso in 
esame, in luogo di quella prevista dall'art. 107 della legge doganale, in 
quanto la prima norma contempla il caso di chi trasporta, ha in deposito 
o detiene sigarette di origine estera, mentre quella doganale ha 
per oggetto la sottrazione delle sigarette estere al pagamento dei diritti 
di confine e si rivolge a chi introduce attraverso la linea doganale le 
sigarette estere senza il pagamento dei diritti di confine. Di conseguenza, 
dovendo esso ricorrente rispondere del contrabbando previsto dall'articolo 
66 n. 5 della legge sul monopolio, non sarebbe applicabile la pena 
stabilita dall'art. 111 della legge doganale. 

Con tale motivo si ripropone in sostanza una questione che questa 
Corte ha gi� risotlo con giurisprudenza costante nel senso contrario a 
quello esposto dal ricorrente. 

Com'� noto, la detenzione abusiva di tabacco estero � prevista come 
reato di contrabbando sia della legge sul monopolio (art. 66, n. 5 sia da 
quella doganale art. 107-97). La duplice trasgressione � per� repressa con 
unica pena; con quella cio� pi� grave fissata dall'una delle due norme 
incriminatrici (art. 148 della legge doganale). Dalla unicit� della sanzione 
rispetto alla duplicit� dei reati e dal richiamo della legge sul 
monopolio solo quoad poenam si deve ritenere che, nell'incontro delle 
due disposizioni ciascuna delle quali figura fattispecie penali a tutela 
di un distinto bene giuridico (diritti di confine � diritti di monopolio), 
quella �sul monopolio perde ogni efficienza normativa fondandosi nell'altra 
e sopravvivendo, eventualmente, per la determinazione della 
pena; e che � la legge doganale ad imprimere in ogni al fatto stesso 
l'unit� e l'assorbente qualificazione giuridica di reato doganale (sent. 
Cass. I sez. 28 ottobre 1954 rie. P. M. c. Canova). 

Del resto lo stesso art. 66, n. 5 della legge sul monopolio punisce 
chiunque trasporti, abbia in deposito o detiene tabacchi di origine 
estera senza la bolletta di pagamento dei diritti dovuti, che sono poi 
quelli di confine previsti dall'art. 7 della legge doganale. 

Poich� nel caso in esame il contrabbando ha per oggetto un quanti


tativo di sigarette estere inferiore ai quindici chilogrammi e il ricor


rente � recidivo in contrabbando (recidiva regolarmente contestata) 

trovava applicazione la norma dell'art. 111 della legge doganale, esatta


mente applicata dai giudici di merito, perch� pi� grave di quella sul 

monopolio, e cio� a mente dell'art. 148 della legge stessa. 

Non � esatto poi che non sia stata contestata al ricorrente la ipo


tesi di reato prevista dall'art. 66, n. 5 della legge sul monopolio, essendo 

stato invece contestato l'art.. 1, n. 1 e ult. capv. della legge 3 gennaio 

1951, n. 27, modificatrice della legge sul monopolio 17 luglio 1942, nu


mero 907, che comprende, con modificazione della pena, le norme con


tenute nell'art. 66 della legge 1942, n. 907, compresa quella del n. 5. 


(Omissis). 


RASSEGNA DELJ/AVVOCA'l!URA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1465 -Pres. Fumu 
-Rel. Rivero -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. Patrovita. f 


Monopoli -Monopolio e dogana -Carburante assegnato in esenzione 1~ 
fiscale per la pesca -Mutata destinazione -Reato configurabile -~ 

Contrabbando doganale per indebito uso. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 102; 1. 2 giugno 1939, n. 739, art. 23 bis; I. 
2 luglio 1957, n. 474, art. 10). 
La diversa destinazione del carburante assegnato in esenzione fiscale 
per la pesca non configura il reato di cui all'art. 23 bis della legge 
2 giugno 1939, n. 739 (in questa inserito dal d. l. 3 dicembre 1953, 

n. 878, art. 6 e modificato dalla legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 10), 
ma costituisce contrabbando doganale punito a norma della legge 24 
settembre 1940, n. 1424; ci� perch�, a seguito dell'emissione da parte 
della Dogana, a norma del d. m. 23 ottobre 1960, della regolare bolletta 
di esportazione, il carburante in parola deve aversi per snazionalizzato, 
ed assume quindi a tutti gli effetti il carattere di merce 
estera; di talch�, con l'uso diverso da quello consentito ai fini dell'esenzione 
fiscale, viene ad operarsi un'abusiva reintroduzione del gasolio 
1>1~ 

nel territorio nazionale, che costituisce appunto il reato di cui all'articolo 
102 della legge doganale (1). 

. 

(Omissis). -Si deduce nel ricorso del Patrovita violazione o errata 
applicazione degli artt. 94, 97 e 107 I. doganale nonch� dell'art. 42 c. p., 
perch�: 1) ritenendo che con il dare al carburante assegnatogli. per la 

I

pesca destinazione diversa, esso Patrovita avesse commesso reato di contrabbando, 
la Corte di appello avrebbe obliato il senso delle disposi


I

zioni di legge citate e l'insegnamento di questa Corte Suprema, per cui ~ 
tale reato sarebbe configurabile soltanto nell'ipotesi, non ricorrente nella 
specie, di commercio del gasolio stesso; 2) il mancato scarico negli appositi 
libretti (al quale si era limitata la constatazione dei verbalizzanti) 

di una quantit� di nafta assegnata per la pesca, non faceva sorgere a 
carico del Patrovita la presunzione di contrabbando. stabilita dall'art..94, 
2� comma, I. doganale, che presuppone la detenzione di merci estere, 
soggette a diritti di confine, delle quali il detentore non dimostri la legittima 
provenienza, bensl integrava la sola violazione dell'artico


(1) La sentenza si conforma agli indirizzi giurisprudenziali della 
Corte Suprema. V. per i riferimenti, le sentenze indicate in motivazione. 
---[ 


PARTE. I; .SEZ. vn,. GIURISl>l'l.UDENZA PENALE 965 

lo 23 bis l. n. 769 del 1939, modificato dalla 1. n. 476 del 1957 sugli 
olii minerali; 3) la Corte di merito non aveva tenuto conto, nell'indagine 
sull'elemento soggettivo del reato, che il Patrovita acquistava 
al mercato libero (nei distributori pubblici) la nafta occorrente per gli 
altri motori, da lui usati per l'azienda alberghiera e che, quindi, poteva 
essere avvenuto uno scambio involontario di destinazione tra questa 
nafta e quella agevolata. 

Tali censure non hanno pregio. Infatti questa Corte Suprema ha 
pi� volte affermato che la diversa destinazione del carburante assegnato 
in esenzione fiscale per la pesca non configura il reato di cui all'art. 23 
bis I. n. 769 del 1939, modificato dalla l. n. 474 del 1957, ma costituisce 
contrabbando doganale punito a norma della I. n. 1424 del 1940 (v., per 
tutte, sent. 16 giugno 1961 rie. Menale, e 30 giugno 1961 rie. Abate in 
Mass. Cass. Pen. 1962, p. 113 nn. 182/183). 

La massima trova fondamento -come ha ricordato la denunciata 
sentenza -nella considerazione che, a seguito dell'emissione da parte 
della Dogana, a norma del d. m. 23 ottobre 1960, della regolare bolletta 
di esportazione, il carburante in parola deve aversi per snazionalizzato, 
ed assume quindi a tutti gli effetti il carattere di merce estera; 
di talch�, con l'uso diverso da quello consentito ai fini dell'esenzi.one fiscale, 
viene ad operarsi un'abusiva reintroduzione del gasolio nel territorio 
nazionale, che costituisce appunto il reato di cui all'art. 102 l. doganale. 
(Sent. 2 aprile 1962, in Rep. Foro it., 1963, col 1862, n. 88, id 9 
febbraio 1961, in Giust Pen. 1961, II, 728, n. 914). 

Ci� stante, la Corte di Appello, avendo ritenuto, in base alle dichiarazioni 
dei verbalizzanti, alle risultanze delle indagini e alle ammissioni 
implicite dell'imputato, che lo stesso aveva consumato i Kg. 560 
di gasolio assegnatogli per la pesca e non scaricato sugli appositi libretti, 
per trasportare villeggianti e materiali occorrenti per il suo 
albergo e per nuova costruzione, bene ha sussunto il fatto nella norma� 
dell'art. 107 della legge doganale, anzich� nello schema della mera contravvenzione 
per irregolare tenuta di registri. 

Non si ravvisa, infine, la violazione dell'art. 42 c. p. dedotta dal 

ricorrente, perch�, avendo ritenuto, nell'esercizio del suo potere di apprezzamento 
dei fatti e delle prove, che i Kg. 560 di gasolio di cui si 
tratta, dopo essere entrati a far parte delle provviste di bordo delle due 
motobarche, erano stati consumati per trasporti eseguiti con le stesse, 
e .non per la pesca, la Corte di Appello ha escluso necessariamente la 
possibilit� che fosse avvenuto un involontario scambio di destinazione 
tra detto carburante e quello acquistato dal Patrovita al mercato libero 
per il gruppo elettrogeno installato nell'albergo, ossia che l'impiego del 
gasolio agevolato per scopo diverso da quello consentito fosse qualificato 
da colpa e non da dolo. -(Omissis). 


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966 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 gennaio 1966, n. 1 -Pres. Loschiavo 
-Rel. Stipo -P. M. Paternostro (conf.) -Rie. Soprano. 

Impugnazione -Motivi -Presentazione -Termini -Mancata annota' 
zione della data di presentazione da parte del cancelliere -Risolu


zione del dubbio sulla tempestivit� a favore dell'impugnante. 

(c. p. p., art. 201). 
I

La omissione da parte del Cancelliere �della annotazione circa la 
data dell'avvenuto deposito dei motivi di impugnazione non � elemento 
sufficinte per fare ritenere tale presentazione avvenuta fuori del termine 
di legge. Il dubbio sulla tempestivit� della presentazione dei motivi 
deve essere risolto in favore dell'impugnazione ed anche la semplice 
afjoliazione degli atti del procedimento, a cum del cancelUere, pu� dissipare 
il dubbio e sanare cos� la omissione verificatasi (1). 

(Omissis). -Come pi� volte affermato da questa Corte Suprema la 
omissione da parte del cancelliere della annotazione circa la data dell'avvenuto 
deposito dei motivi d'impugnazione non � el,emento che possa 
~ar .ritenere. tale presentazione avvenuta fuori dal termine legale e 
pregiudicare cos� la difesa dell'interessato; a ritenere ci� occorre invece 
che proprio la tardivit� risulti dall'annotazione che il cancelliere ha 
!.'obbligo di fare in calce all'atto contenente i motivi spediti o depositati 
in Cancelleria. 

Il dubbio sulla tempestivit� della presentazione dei motivi deve 
essere risolto in favore dell'impugnazione ed anche la semplice affoliazione 
degli atti del procedimento a cura del cancelliere pu�� dissipare 
il dubbio e sanare cosi la omissione verificatosi. 

Ora nel caso in esame, come bene osserva il P. M., i motivi d'appello 
si trovano a fogl. 24 e 25 del fascicolo processuale, mentre la -notifica 
dell'impugnazione a norma dell'art. 199 bis c. p. c. all'imputato in data 
10/14 agosto 1961 trovasi a fol. 26, il che sta a denotare che i motivi 
sono stati presentati del 18 agosto termine di scadenza per il deposito 
dei motivi stessi. ~ (Omissis). 

(1) Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale improntato al favor rei 
che �trova piena giustificazione nei principi che disciplinano il nostro processo 
penale. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 967 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 gennaio 1966, n. 1123 -Pres. Fumu 
-Rel. Cortese Riva Palazzi -P. M. (conf.) -Rie. Conti. 

Reato -Reato finanziario -Luogo di accertamento del reato finanziario Determinazione. 


(c. p. p., art. 54). 
Ai fini della determinazione del luogo di accertamento del reato finanziario 
si deve tenere conto solo del luogo ove si sono svolte le indagini 
e sono state raccolte le prove (1). 

(Omissis). -Si riporta la requisitoria del Procuratore gen~rale 
la cui motivazione e le -cui conclusioni sono state adottate dalla Corte 
Suprema: � Il conflitto deve essere risolto con l'affermazione della 
competenza del Tribunale di Como. 

� Invero_ la giqrisprudenza ormai costante di codesta Ecc.ma Corte 
ha affermato il principio che luogo dell'accertamento del reato finanz~
ario � quello in cui sono state svolte le indagini e sono state raccolte le 
prove e non quello in cui � avvenuta la redazione del processo verbale 
di denuncia (cfr. Cass. 6luglio 1962, Aldeghi; id. 27 aprile 1959, c. Asta). 
Orbene, nel caso di specie, risulta che le indagini e la raccolta delle 
prove da parte della guardia di finanza di Lecco sono avvenute a Lurago 
d'Erba ove si � proceduto anche al sequestro della mer�e contrabbandata, 
a bordo dell'autovettura targata � C0-136157 �. E poich� detta localit� 
appartiene al circodario di Como, va dichiarata la competenza di 
quel Tribunale-�. ~ (Omissis). 
(1) La sentenza trova riscontro nei precedenti giurisprudenziali citati 
in motivazione. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 febbraio 1966, n. 1902 -Pres. Foschini 
-Rel. Palumbo -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Damato. 

Notificazione -Dift'ormit� fra l'originale e la copia notificata -Prevalenza 
della seconda -Decreto di citazione -Data di comparizione Erronea 
indicazione -Nullit�. 

(c. p. p., artt. 176, 135, n. 3; 407, n. 2; 412). 
Nei confronti dell'interessato fanno fede, a norma dell'art. 176, 

c. p. c., le attestazioni della copia allo stesso notificato. Il decreto di 
citazione notificato all'imputato, non comparso, con l'indicazione nella 

968 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

copia di una data dell'udienza di comparizione diversa da quella stabi



lita, � nullo a norma degli artt. 185, n. 3 413 c. p. p., e la nullit� asso-~ 
iuta si estende al giudizio, per l'erronea dichiarazione di contumacia, g 
ed alla sentenza (1). 

~ 

(Omissis). -Damato Carmine ricorre per cassazione contro la sen-(a 
tenza 14 giugno 1965 del Tribunale di Trani, che ha confermato nei 
suoi confronti quella del Pretore di Barletta, che lo condannava alla 
pena, condizionalmente sospesa, di giorni cinque di arresto e lire 40.000 
di ammenda per contravvenzione all'art. 18 del t. u. delle leggi di P. S., 
per avere, in Barletta il 27 giugno 1964, organizzato un corteo ed 
un pubblico comizio, senza averne dato tempestivo avviso all'Autorit� 
di P. S. 

Il Damato, al quale il decreto di citazione del giudizio di appello 
risultava dall'originale ritualmente notificato in data 20 maggio 1965 
con citazione a comparire all'udienza del 14 giugno 1965, non essendosi 
presentato, venne dichiarato contumace. 

Con i motivi di ricorso il Damato preliminarmente deduce la nullit� 
del giudizio di appello e della sentenza nei suoi conftonti per la 

I

nullit� del decreto di citazione, in quanto per errore nella copia notificatagli 
e da lui esibita era indicata la data dell'udienza di compari


I

zione del 16 giugno 1965 invece di quella del giorno 14 dello stesso 
mese, fissata nell'originale e in cui il dibattimento di appello ebbe 

I@ 

luogo nella sua dichiarata contumacia. ~~ 
Osserva che i predetti motivi di carattere preliminare sono fondati, 
risultando dalla copia del decreto di citazione notificata al Da


II

mato e dallo stesso esibita l'erronea indicazione della udienza di comparizione 
per il giudizio di appello, per la quale venne indicata la 

data del giorno 16, anzich� quella stabilita del giorno 14 giugno 1965. 

~ 

Nei rapporti dell'interessato fanno fede, a norma dell'art. 176 del i 
codice di rito, le attestazioni della copia allo stesso notificata. Il decreto 

I

di citazione notificato all'imputato, non comparso, con l'indicazione 
nella copia di una data della udienza di comparizione diversa da quella 
stabilita � nullo a norma degli art. 185 n. 3 e 412 c. p., e la nullit� 
assoluta si estende al giudizio, per l'erronea dichiarazione di contumacia, 
e alla sentenza. -(Omissis). 

(1) La C.S. ribadisce con questa sentenza i principi costantemente seguiti 
e che trovano puntuale rispondenza nella interpretazione dell'art. 176 
c. p. c., v. Cass., 10 febbraio 1964, n. 464, in �questa Rassegna 1964, 980 e 
ivi Giurisprudenza citata. 
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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 969 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 marzo 1966, n. 133 -Pres. Rosso -
Rel. Conti -P. M. Oliva (conf.) -Rie. Cuva. 

Danni -Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a danneggiamento 
o sequestro -Obbiettivit� giuridica -Permanenza del vincolo 
sulla cosa -Sussistenza del reato -Cessazione del vincolo Cause. 


(c. p., art. 334). 
L'obbiettivit�, giuridica del reato di cui all'art. 334 c. p., non � costituita 
dall'interesse del singolo creditore, ma da quello della pubblica 
amministrazione al rispetto del vincolo cautelare; pertanto, tutti i fatti, 
che non escludono l'attualit�, di tale vincolo, sono irrilevanti ai fini penali, 
perdurando la tutela della norma incriminatrice fino a quando il 
vincolo stesso non diventi inefficace in virt� di una espressa disposizione 
di legge o di una formale pronunzia di revoca, di inefficacia o di nullit�, 
da parte del competente giudice dell'esecuzione (1). 

(Omissis). -Cuva Francesco, agente di custodia, gi� in serv1z10 
presso la Casa Penale di Fossano (Cuneo) fu tratto a giudizio di quel 
pretore per rispondere del delitto di cui all'art. 334 comma II c. p, per 
avere sottratto del mobilio sottoposto a pignoramento, a lui appartenente 
ed affidato alla sua custodia. In Fossano 1'8 febbraio 1964. 

Con sentenza 12 marzo 1965 detto Pretore dichiar� l'imputato colpevole 
del reato ascrittogli, in concorso delle recidiva contestatagli (articolo 
99 comma 2� n. 1 c. p.) e con le attenuanti generiche lo condann� 
a mesi 2 e giorni 10 di reclusione e a L. 30.000 di multa. 

Su appello dell'imputato che aveva sostenuto l'insussistenza dell'elemento 
oggettivo del reato sul riflesso che il mobilio non era stato 
sottratto, ma soltanto trasferito a Capraia, ove egli era stato, nel frattempo, 
tramutato per servizi~, per cui la semplice � amotio � senza 
la volont� di sottrarre la cosa pignorata non poteva integrare il contestato 
delitto di cui all'art. 334 c. p. e anche perch� difettava la volont� 
di frustrare il vincolo giuridico sulla cosa pignorata, il Tribunale 
di Cuneo, in data 2 luglio 1965, conferm� la decisione impugnata. 

Ha ricorso per cassazione il Cuva deducendo, a mezzo del proprio 
difensore, violazione della legge �penale sotto il profilo dell'errata applicazione 
dell'art. 334 c. p. rilevando che egli aveva concluso una transazione, 
tramite il proprio legale, con la Ditta Panero sua creditrice, 
su istanza della quale era stato eseguito il pignoramento del mobilio, e 

(1) Sulla questione risolta dalla S. C. v. Cassazione 3 marzo 1960, 
Giust. pen., II, 1960, Mass. 716, citata in motivazione. 

970 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essendo stata detta transazione conclusa prima dell'8 febbraio 1964, 
data in cui egli ebbe a trasferire H mobilio stesso da Fossano a Capraia, 
sua nuova residenza, doveva ritenersi che detta transazione era 
elemento sufficiente a caducare il pignoramento e, con esso, anche i .con-: 
seguenti vincoli e doveri inerenti alla custodia delle cose pignorate. Che 

anche sotto il profilo psicologico la sentenza era erronea ed ingiusta, perch� 
egli, al momento del trasferimento dei mobili non aveva coscienza di 
commettere un reato, tanto che aveva presentato istanza al Pretore di 
Fossano -in data 5 febbraio 1964 -per ottenere l'autorizzazione a 
detto trasferimento, ottenendone una risposta tranquillante. Il ricorso 
non merita accoglimento. 

La sentenza impugnata, premesso che giusta costante insegnamento 
di questa C.S. � l'amotio > non autorizzata della cosa sottoposta a pignoramento, 
o sequestro, realizza il delitto di cui all'art. 334 c. p. quando 
la cosa sia tolta dal luogo in cui deve essere custodita, in modo da rendere 
difficile, o impedire, il ritrovamento� e ostacolare la realizzazione 
delle finalit� del vincolo giudiziario su di essa gravante, ha osservato 

' 

che nella specie il reato era da considerarsi realizzato in tutti i suoi 
elementi oggettivi e soggettivi. Sotto il profilo oggettivo in quanto era 
rimasto provato che allorch� l'Ufficiale Giudiziario della Pretura di , 
Fossano in data 20 febraio 1964 si rec� in casa del Cuva per procedere 

I a ricognizione dei mobili pignorati accert� che questi aveva asportato f... 
i mobili di sua propriet�, e di cui era stato nominato custode, nonostante 
che su di essi gravassero tuttora due pignoramenti, uno eseguito '

I 
I
rJ 

il 4 gennaio 1964 ad istanza della Ditta Cananta e l'altro il successivo 

29 gennaio 1964 su richiesta della Ditta Panero. , 
Del resto il ricorrente sin dal suo primo interrogatorio al Magistrato 
ammise il fatto, spiegando di avere trasferito i mobili da Fossano a Cai


l

praia, ove era stato, quale agente di custodia, trasferito per servizio, in 

. 

data 8 febbraio 1964. 

.

l

Tenne tuttavia a precisare che avendo in precedenza estinto il suo ' 

debito verso uno dei creditori, (la Ditta Panero), e aveva raggiunto 
una transazione con l'altro creditore procedente -Ditta Cannata -tramite 
il suo legale, tuttoci�, a suo dire, caducava il pignoramento e conseguentemente 
i vincoli e i doveri inerenti alla sua custodia dei mobili 
pignorati. 

Al riguardo, per�, i giudici di merito hanno escluso, sulla base delle 
risultanze processuali, che esistesse in atti la prova di tale raggiunto 

Iaccordo, e della consegue.nte autorizzazione da parte della Ditta Cannata, 
che non era stata alla data dell'8 febbraio 1964 ancora pagata, al-. 
l'asporto dei mobili da Fassano a Capraia. Al riguardo giova ricordare, 
in conformit� dell'insegnamento di questa S.C. che �l'obbiettivit� giuri-1�= 
dica del reato in oggetto non � costituita dall'interesse del singolo ere-j 
ditore, ma da quello della Pubblica Amministrazione rispetto aJ vincolo . ' 

:: 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 971 

cautelare, e pertanto tutti i fatti che non escludono l'attualit� di tale 
vincolo sono irrilevanti ai fini penali, fino a quando il vincolo stesso non 
diventi inefficace in virt� d'una espressa disposizione di legge, o d'una 
formale pronuncia di revoca, d'inefficacia o di nullit� da parte del competente 
giudice dell'esecuzione (Cass. 3 marzo 1960 rie. Coda Giust. Pen. 
II 1960 mass. 716). Escluso, quindi, in punto di fatto, giusta gli accertamenti 
dei giudici di merito, che per effetto di una siffatta pronuncia 
il vincolo giudiziario fosse gi� venuto meno alla data in cui le cose 
pignorate vennero trasferite, esattamente il Tribunale ritenne perfezionato 
il reato contestato in tutti i suoi elementi,� anche sotto il profilo del 
dolo. Al riguardo la sentenza ha osservato che ai fini della sussistenza 
dell'elemento psicologico del reato � sufficiente che l'agente, nella commissione 
del fatto, abbia la coscienza e volont� di eludere il vincolo di 
indisponibiljt� esistente sulla cosa pignorata (o sequestrata) venendo in 
tal modo meno agli obblighi della custodia, il che � quanto ha ritenuto, 
nella specie, il giudice di merito. Il ricorso va quindi rigettato non sussistendo 
il denunziato vizio logico-giuridico nella sentenza impugnata. 


(Omissis). 



PARTE SECONDA 



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QUESTIONI 


GLI EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI ILLEGITTIMITA 
COSTITUZIONALE (NUOVI SPUNTI IN MARGINE "ALLA SENTENZA 
SUL PLUSVALORE DELLE AREE .FABBRICABILI) 


1. -Con la sent. costituzionale 4 maggio 1966 n. 44 � stata dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale dell'art. 25, comma 2�, nonch� degli artt. 27 
comma 2� e 43 comma 3� della I. 5 marzo 1963, n. 246. Tale pronuncia, che involge 
gravi problemi in ordine ai rapporti in precedenza intervenuti fra 
enti locali impositori e contribuenti, ha riproposto, con pi� vasta prospettiva, 
il tema controverso circa l'estensione degli effetti conseguenti alla 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale. 
2. -La questione presenta, allo stato della dottrina e della giurisprudenza, 
notevoli incognite; le quali non possono essere n� semplicisticamente 
superate, attraverso l'adozione di tesi, (bens�) conforme ad una 
parte (ma non prevalente) della giurisprudenza e controversa in dottrina; 
n� ritenersi irrilevanti al fine dell'indirizzo da seguirsi dalle parti, 
specie quando trattasi di organi della P. A., tenuti ad osservare l'intervenuta 
pronuncia, nell'ulteriore loro attivit� amministrativa; ma debbono 
essere risolte attraverso una rielaborazione, che involge necessariamente 
la costruzione di una teoria, per s� suscettibile di contrasti, e nondimeno 
valevole come contributo dottrinario, in vista della sempre pi� vasta casistica 
contenziosa. 
3. -Non pare che, alle esigenze della ricerca dogmatica, possa opporsi 
l'opportunit� di una battuta d'attesa, in vista dell'imminente pronuncia 
della Corte Costituzionale sull'art. 30 1. 11 marzo 1953, n. 87, 
indiziato di illegittimit� con ord. Trib. Ferrara {l luglio 1965 (in G. U. 
31 dicembre 1965) sotto il profilo di difformit� del precetto ivi contenuto, 
a quello dell'art. 136 Cost. Al CALAMANDREI, La illegittimit� costituzionale 
delle leggi nel processo civile, in 1950, 92, e all'EsPOSITO, Il controllo giurisdizionale 
sulla costituzionalit� delle leggi, in e La Costituzione italiana ., 
� Saggi �, 1954, 1269, risale forse, il torto di aver provocato l'art. 30 1. cit., 
con l'inconfigurabile spauracchio dell'applicabilit� della legge incostituzionale 
anche nel �caso in giudizio�, sotto il profilo -per s� opinabile della 
forza abrogante della sentenza, in prospettiva processualistica (sentenza 
di annullamento ex nunc secondo Calamandrei; sentenza di accertamento 
costitutivo, secondo Esposito). Laddove, come si vedr� il problema 
si poneva in modo diverso e, in ogni caso, anche dal punto di vista processuale, 
la natura stessa dell'incidente di legittimit� costituzionale implicava 
l'effetto diretto, immediato della pronunzia sul giudizio a quo 
(AzzARrrr, Problemi attuali di diritto costituzionale, 1951, p. 151; LIEBMANN, 
Contenuto eld efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in 
Riv. dir. proc., 1957, p. 512). 
Il problema era gi� stato rilevato, nonostante la dichiarata �portata 
interpretativa (v. Relaz. all'a Camera, Tesauro, in � Lex � 1953, II, 68 ss., 
85, 86), da una parte della dottrina, che vi ravvisava un'autentica evoluzione, 
in quanto l'art. 30 avrebbe operato una metam�:t'fosi, nel senso 
che la dichiarazione di inefficacia ex nunc (abrogazione) della norma ille


-



182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gittima, voluta dall'art. 136, Cost. si sarebbe trasformata per effetto della 
dichiarazione di inapplicabilit� di dette norme in nuilit� ex tunc (annullamento) 
(CoNso, La doppia pronuncia sulle garanzie della difesa nella 
istruzione sommaria: struttura ed efficacia, Giur. cost., 1965, 1147; CALAMANDREI, 
Corte Costituzionale e Autorit� Giudiziaria, Riv. dir. proc., 1956, 
7 ss., 26; ma gi� l'EsPOSITO, Il controllo giurisdizionale cit., 270, aveva 
rilevato che, nel caso, veniva in esame un problema di �esecutoriet�., 
e non di validit� della legge: dichiarazione, in astratto, di invalidit� ex 
tunc; in concreto, di cessazione di efficacia ex nunc. Successivamente anche 
il LIEBMAN, Contenuto ed eifficacia, cit., 512-513, aveva ricondotto nel 
presupposto che la sentenza costituzionale sia dichiarativa, o di mero 
accertamento -gli effetti di questa al concetto di � inapplicabilit� � come 
di �cessazione di efficacia�; (Sul punto v. rilievi di: CARNELUTTI, Una 
pezza all'art. 136 delta Costituzione, ivi, rn58, 239 ss.; Perpetuatio jurisdictionis 
nel processo penale, ivi, 1963, 450). 

Invero, a prescindere dalle possibilit� di accoglimento delle stragiudiziali 
di inammissibilit�, non significa, certo, voler precorrere la pronuncia 
della Corte Costituzionale, prospettare un ripensamento, afferente 
la natura intrinseca della sentenza costituzionale di accoglimento, in opposizione 
a quel criterio estrinseco che ha, finora, sorretto la variet� di soluzioni 
nella ampia casistica dei c.d. � rapporti esauriti �, e travolto lo 
stesso concetto di � esaurimento del rapporto � (cosi in tema di rapporti 
processuali esauriti, a proposito del procedimento sommario: CAVALLARI, 
La dichiarazione di illegittimit� costituzionale dell'art. 392, 1� comma c. 

p.p. ed i suoi effetti sulle �istruzioni sommarie gi� compiute, Riv. dir. proc. 
pen., 1965, 1103, 1105 e PxzzoRusso, Concidentia oppositorum, Foro it., 
1966, II, 66 ss.). 
Considerando la sentenza costituzionale, solo formalmente giurisdizionale 
e, sostanzialmente, di rilevanza legislativa, la ricerca della natura 
degli effetti della sentenza stessa, secondo gli schemi della dottrina processualistica 
(in particolare, per la tesi dell'� accertamento costitutivo� 

v. PIERANDREI, Corte Costituzionale, Encicl. dir.) si rivela inadeguata; sicch� 
mi � sembrato doversi concentrare le possibilit� di soluzione, nell'area 
delle � sanzioni di antigiuridicit� �. 
Orbene, sotto .qu�sto profilo, la tesi (corrente) della �retroattivit� � 
della sentenza costituzionale dichiarativa della illegittimit� di norma ordi


naria, non si sorregge, in quanto legata alla problematica dell'invalidit� 
(inesistenza, nullit� o annullabilit�), mentre quella della inefficacia (in 
senso proprio) che sembra tecnicamente pi� corretta, e in base ad essa soltanto, 
possono giustificarsi fatti giuridici di preservazione di situazioni 
giuridiche costituite anteriormente alla pronuncia di illegittimit�, di estensione 
maggiore o addirittura di specie diversa rispetto a quelli -di cui 
si ammette la resistenza alla retroattivit� -, come il �giudicato�, la 

� prescrizione�, la �decadenza�, nonch� �atti�, �negozi� o �fatti� rilevanti 
al di fuori della norma illegittima (Sez. Un. 16 giugno 1965, n. 125-1). 
Le pronuncie della S. C. di Cassazione, che fan capo al principio della 
retroattivit�, sono non univoche nella rat�o-decidendi circa gli effetti della 
sentenza rispetto alla norma illegittima: G. U. 22 giugno 1963 n. 1707 secondo 
cui la sentenza, � limitatamente retroattiva, di accertamento costitutivo 
di nullit� originaria; Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620; Cass. 9 ottobre 
1963, n. 2683 secondo cui si opera l'annullamento della norma; Sez. 
Un. 27 marzo 1963, n. 748 e 30 dicembre 1965, n. 2485 per le quali la 
sentenza � dichiaratoria di inefficacia ab origine; mentre altra opinione 
segue l'Ad. Pl. del Consiglio di Stato (dee. 8 aprile 1963, n. 8) nel senso 

~~4{f'f4.W4iliff.%.!W-"�$.f%?::'@7{ff#.f'W-'{::'t:'.f:W.1f.(&7f.WP'f7%~W.=wr:i.i.'.~::"iZf%.i:Y.:f.Wf'fif:%fW'i�.f?::f:@Hrf.f:%yX#l 

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PARTE II, QUESTIONI 

che la sentenza operi soltanto sugli atti posti in essere in virt� della norma 
illegittima determinandone l'imnullabilit�. 
Ora, non si potrebbe condividere una affermazione di � ine.sistenza � ed 

� inefficacia � ex tunc della norma dichiarata incostituzionale. 
Pren)esso che inesistenza ed inefficacia sono fenomeni -sanzioni 
dell'o.g., in ordine a situazioni di anti-giuridicit� che attengono, la prima 
alla invalidit�, la seconda all'ineseguibitit� .di un � atto �, (quest'ultima, di 
regola, dipendente dall'invalidit�, ma talor� sanzione a s� stante) l'inter-. 
preta:1;ione letterale degli artt. 136, Cost. e 30, comma 4<>, 5� della 1. 11 marzo 
1953, n. 87 -assolutamente privi di qualsiasi riferimento a ipotesi di 

� invalidit��, e per (!i� stesso carenti di sanzione invalidante (v. in arg. 
CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit� ecc. in Rassegna 
Avv. Stato, 1964, I, III, 87) -sembra pi� coerente con la previsione 
di inefficacia in senso stretto, (cessazione di efficacia, divieto di applicazione, 
cessazione deIJa �secuzione �e degli effetti penali). D'altra parte, pur nel 
presupposto che le sanzioni di invalidit� elaborate per l'atto processuale 
e per quello negoziale possano estendersi a quello legislativo (problema 
per s� assai delicato) non si ritiene che la previsiOne di declaratoria di 
illegittimit� costituzionale sia, necessariamente, da ricondurre ad una delle 
dette sanzioni (tipiche): inesistenza, nullit�, annullabilit�. 
Non a quella dell'� inesistenza� posto che non pare probabile (v. Ad. 
Plen. cit.) -pur non potendosi escludere, in tesi, il caso limite (CERVATI, 
Gli effetti, ecc. -in � Giur. Cost . ., 1963, 1214) -che una norma possa 
presentarsi priva del �minimo di requisiti od elementi di riconoscibilit�, 
prima facie, come tipici della fattispecie � minimo di Thatbestand) la cui 
mancanza secondo la dottrina pi� autorevole, (SANTORO PASSARELLI, CARIOTA 
FEl!RARA, ecc.) concreta, per l'appunto, l'ipotesi di � inesistenza �. Diverso � 
il problema, circa la qualificazione del vizio afferente il contrasto fra norma 
ordinaria e norma costituzionale, in quanto, in effetti, siffatta contrariet� verificandosi 
in ordine a norme che, in massimo grado, presentano natura 
pubblicistica, di tipo imperativo -potrebbe apparire idonea a determinare 
il fenomeno sanzionatorio della nullit�, cui non ripugnerebbe la coesistenza 
con la esecutoriet� (in arg. Sez. Un.: 22 giugno 1963, n. 1707). 
Senonch�, -a prescindere dalla difficolt� d� meccanica trasposizione della 
teoria della invalidit� del negozio giuridico, nell'area di invalidit� della 
legge -� la stessa norma costituzionale che si oppone a tale configurazione 
laddove non muove dal presupposto della invalidit� de jure della 
norma, prima della pronuncia della Corte. Ed � sotto questo profilo che 
assume rilievo il carattere dell'obbligatoriet� della norma -fino alla sentenza 
della Corte -rilevato dalle sent. Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1705 
e 1706, e Cass. Civ.; Sez. I, 9 ottobre 1963, n. 2683. 

Onde, devonsi far salvi, i r�pporti esauriti, sotto l'impero della norma 
ordinaria, indi, dichiarata illegittima, con ci� stesso escludendosi quella carenza 
effettuale che � tipica della nullit�. 

La giurisprudenza, peraltro, e non infrequentemente, ha fatto capo al 
tema dell'annullabitit�. (Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1707; Cass. Civ. III, 
30 ottobre l963, n. 2620; Cass. Civ. I, 9 ottobre 1963, n. 2683), evidentemente 
perch� evidenziata dal meccanismo della reazione dell'o.g. nel senso 
che -sul presupposto della validit� oppugnabile -si inserisca il procedimento 
di impugnativa (principaliter o incidenter) come impeditivo di 
efficacia erga omnes, restitutoria nel solo rapporto dedotto. (Sotto altro 
profilo, nel senso dell'annullabilit�, con effetti ex nunc, v. MoRTATI, Istituzioni 
di dir. pubblico 1962, 995). 


184 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si �, peraltro, rilevato che l'annullamento, nel caso, non cancella tutti 
gli effetti gi� prodottisi, e da esso non possa derivare responsabilit� per 
illecito, in quanto il comportamento conforme alla norma indi dichiarata 
illegittima era imposta dall'obbligo dell'osservanza della norma medesima 
(Cass. 9 ottobre 1963, n. 2683). 

E tuttavia, neppure con tali emendamenti questo tipo di reazioni si 
pu�, con sicurezza, accogliere ccme parametro della illegittimit� costituzionale, 
posto che il potere della Corte non sta al potere legislativo, come 
il potere del Giudice sta all'autonomia negoziale dei soggetti. A differenza 
dell'attivit� di giurisdizione, la sentenza costituzionale, non opera supra 
partes, n� con attivit� sostitutoria, e non apprende quindi direttamente il 
rapporto dedotto (come ha chiaramente ammesso la stessa S. C. con sent. 
Sez. Un. 30 dicembre 1965, n. 2485: � La dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale ha per oggetto la norma di legge ritenuta illegittima ma non 
gli atti amministrativi che si fondano su di essa, i quali, pertanto, devono 
considerarsi esistenti fino a quando non siano stati rimossi con uno degli 
strumenti a ci� idonei ., 

La sentenza opera dunque attraverso una attivit� che paralizza gli 
effetti della norma (con un sistema che potrebbe essere suscettibile di accostamenti 
a quello dello jus edicendi pretorio rispetto allo jus civile), senza 
abrogarla e senza, neppure, eliminarla dall'o.g. 

Trattasi, dunque, di una sanzione di inefficacia in senso stretto con 
le caratteristiche proprie della sanzione, in relazione alla natura dell'atto 
su cui viene a cadere, ossia la cessazione della � applicazione � della norma 
illegittima; cessazione di applicazione la quale ovviamente, non potrebbe 
apprendere i rapporti ricompresi nella previsione della norma illegittima. 

Sicch� la tematica della retroattivit�, ripetuta pi� tralaticiamente che 
tecnicamente non sembra avesse pi� contenuto, gi� nella stessa giurisprudenza 
civile della Corte attesa l'ambiguit� di una retr�attivit�, con salvezza 
di ultrattivit� di rapporti definiti in virt� della norma illegittima. 

Ma, con la nota pronunzia Sez. Un. Pen. 11 dicembre 1965, n. 5 (Pres. 
Tavolaro, ed. Duni) � stato ritenuto: Dato che, ai sensi dell'art. 30, 1. 11 
marzo 1953, n. 87, la norma dichiarata illegittima da una decisione della 
Corte Costituzionale perde la sua efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione 
della decisione, il giudice non pu� farne � diretta applicazione � 
nei gi.udizi in corso, rispetto ai rapporti giuridici non ancora definiti; pertanto, 
se per la pronuncia della decisione la norma non deve ricevere applicazione
� diretta, la retroattivit� della dichiarazione di illegittimit� � 
esclusa, con la conseguenza che la relativa indagine va compiuta, in via di 
interpretazione, caso per caso�. (Il discorso potrebbe, ovviamente, ripetersi, 
anche sulla base del solo art. 136 Cost.). 

Questa sentenza in relazione a due 'sentenze della Corte Clostituzionale, 
dalle quali la prima aveva ritenuto legittimo l'art. 392 c. p. che re,gola 
l'istruzione sommaria, ritenendo applicabili anche a tale forma di istruzione 
le garanzie defensionali previste per la istruttoria formale (sent. 19 
febbraio 1965, n. 11; e la seconda, dopo che la Corte di Cassazione aveva 
insistito sulla inapplicaibilit� di tali garanzie all'istruttoria sommairia, 
aveva dichiarato illegittima tale norma (sent. 26 giugno 1965, n. 52). 

Ha introdotto, quindi, il criterio distintivo fra applicazione diretta e 
applicazione indiretta con riguardo agli atti processuali (nel senso che la 
prima ha luogo nel momento in cui vengono compiuti; la seconda in sede 
di controllo della loro validit�) sostanzialmente coincidente con il suaccennato 
criterio dell'inefficacia. (Cfr. altresi, Cass. iPen., 1 luglio 1965, 
Giust. pen., 1965, III, 555; 6 luglio 1965, ivi, 554). 

I 


. .

I. 

PARTE II, QUESTIONI 185 

Non pare che questa massima~ e per il contesto che si incentra sugli 
effetti paralizzanti della declaratoria di illegittimit�, e per la stessa composiz\
one del collegio giudicante -possa restare priva di rilevanti conseguenze, 
sulla ulteriore giurisprudenza della Corte, anche al di fuori della 
materia del processo penale. Si che talune sentenze civili pubblicate immediatamente, 
dopo detta pronuncia possono non rispecchiare esattamente 
il definitivo orientamento della Corte Suprema (Cass. III, 5 gennaio 1966, 

n. 121; e 7 febbraio 1966, n. 399). 
4. -Si osserva, poi, che pur nell'ambito della retroattivit�, si controverte 
-come si � detto -se la resistenza degli effetti prodottisi in base 
alla uorma illegittima, siano da ricollegare alla norma stessa (Cass. 16 giugno 
1965, n. 1751, Giur. it. con nota di ONIDA) o al principio della consolidazione 
di situazioni antigiuridiche (Ad. pl. cit. e, in dottrina, PIERANDREI, 
Corte Costituzionale, � Enc. Dir.�; BALLADORE PALLIERI, Effetti e natura 
della sentenza della C. Cost., Riv. dir. proc. civ., 1965, 161; Diritto Costi� 
tuzionale, 1965, 342). 
Ora, pur sotto il primo profilo, la casistica ipotizzabile � di tale estensione 
(v. sent. Cass. 1965, n. 1251 cit.) da non prestarsi ad una previsione 
per l'indirizzo futuro della giurisprudenza. 

Per converso, nel presupposio che si restringano le ipotesi di resistenza 
dei raipporti esauriti a quelle di consolidazione e per effetto di giudicato, 
prescrizione e decadenza, � stato osservato che la regola sarebbe, tuttavia, 
di incerta e non assoluta applicazione, posto che � ciascuno degli eventi, a 
cui l'ordinamento ricollega il � consolidamento � del rapporto, non pi� 
suscettibile pertanto di un accertamento giudiziale basato sulla disapplicazione 
delle disposizioni dichiarate illegittime, opera nei limiti e secondo le 
regole ad esso proprie >. 

e Cosi la prescrizione, non essendo rilevabile d'ufficio, in tanto impedir� 
tale accertamento giudiziale, e quindi in tanto impedir� che la pronuncia 
di incostituzionalit� spieghi effetto nel giudizio, in quanto venga eccepita da 
chi vi ha interesse: in mancanza, ancorch� il termine prescritto sia decorso, 
il giudice non potr� omettere di dettare la disciplina concreta del rapporto, 
quale si desume dalla disapplicazione delle disposizioni illegittime: onde, 
in questo caso, l'effetto della pronuncia id incostituzionalit� viene ad operare 
pur nell'ambito di un rapporto che dovrebbe, per l'intervenuta prescrizione, 
considerarsi esaurito � � 

� Cosi, ancora, l'atto amministrativo, fondato su di una legge dichiarata 
incostituzionale, non potr� essere impugnato, se � decorso il termine di 
decadenza; ma ci� n�n precluder� un eventuale annullamento d'ufficio da 
parte della stessa Amministrazione, basato sull'accertata originaria illegittimit� 
dell'atto stesso, derivante dalla illegittimit� della legge applicata; 
e non impedir� la disapplicazione dell'atto da parte dei giudici, nella misura 
in cui tale disapplicazione si ritenga possibile nei confronti degli atti amminstrativi 
inoppugnabili � . (ONIDA, Conseguenze processuali della dichiarazione 
di illegittimitd costituzionale, ecc., Giur. it., 1966, I, I, 1026, n. 3). 
Ma vi � di pi� che, in tema di consolidazione di atti amministrativi, 
occorre ancora distinguere se alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
possano resistere consolidazioni di situazioni di interesse legittimo o 
di diritto soggettivo. 

Viene, a questo proposito, in esame la questione relativa al concetto 
di � inoppugnabilit� dell'atto�, in che la dottrina identifica il fenomeno 
della decadenza, distinguendola dal c.d. � atto inoppugnabile ., e dall'atto 

� irrevocabile �. 
fillp@?@f18ffi%-%.f.'@rnf:r.f~F:fyif7f.f.8Wffe'�.pf%fY-W.-%-W-":'o/..ff:f.':f::'.::::::fW::'".ff.W%@'f.ff41'tfilffef@'"':@=W".i.f"(.@r.ffffil 


186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
In effetti, l'� inoppugnabilit� dell'atto� non sta all'atto stesso, come 
la cosa giudicata formale alla sentenza (cfr. in ag. GIANNINI, Atto amministrativo, 
Enc. Dir.; CANNADA BARTOLI, L'inoppugnabilitd ecc., Riv. Trim. dir. 
pubblico, 1962, p. 24 e segg. (BRACCI, l'atto amministrativo inoppugnabile, ' 
' 
186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
In effetti, l'� inoppugnabilit� dell'atto� non sta all'atto stesso, come 
la cosa giudicata formale alla sentenza (cfr. in ag. GIANNINI, Atto amministrativo, 
Enc. Dir.; CANNADA BARTOLI, L'inoppugnabilitd ecc., Riv. Trim. dir. 
pubblico, 1962, p. 24 e segg. (BRACCI, l'atto amministrativo inoppugnabile, ' 
' 
�~ 

I. 
ecc. Studi Cammeo, 1933, I, 154). ... 

Essa rappresenta -per la sola ipotesi di decadenza -un minimo di 
inattaccabilit�, per decorso del termine; onde si ritiene che si determini 
la consolidazione dell'atto, ma non anche con efficacia preclusiva, e dichiarativa 
o costitutiva; di guisa che lo stesso giudice amministrativo potrebbe, 
in ogni altro processo, disapplicarlo e -a fortiori -dovrebbe essere disapplicato 
dal giudice civile, in caso di atto lesivo di diritti soggettivi, salvo 
espressa comminatoria (ad es.: art. 146 1. Reg.; art. 90 t. u. F. L.; ecc.). 

Diverso � il concetto pi� ampio di � atto amministrativo inoppugnabile � 
(che sta alla �inoppugnabilit�� come il genus alla species e rappresenta 
la fattispecie dell'atto non soggetto a ricorso gerarchico, n� ad impugnativa, 
(per ragioni diverse dalla decorrenza dal termine) e pur revocabile. Diverso, 
ancora, il concetto di atto dotato, anche, di irrevocabilit�; in ordine 
al quale non � pacifica la sottrazione alla disapplicazione, da parte del 
giudice civile e al c. d. annullamento d'ufficio. 

S� che non pare si possa, con sicurezza, affermare che queste ipotesi 
ricadano nella categoria dei rapporti esauriti, allorquando si fa questione 
di atto amministrativo lesivo di interessi legittimi. 

Ovviamente, il tema si atteggia diversamente, laddove la decadenza 
sia comminata in tema di atti amministrativi lesivi, di diritto soggettivo. 

5. -Infine, a vulnerare l'intangibilit� di situazioni precostituite si � 
profilata la breccia dell'azione di risarcimento contro la P. A., quale ammessa 
dalla sentenza della Corte di Cass. I, 16 giugno 1965, n. 1025 (in 
Giur. it. 1966, con nota adesiva di ONIDA n. 9), tesi peraltro resistita dalla 
sent. della stessa Corte di Cassazione, I, 9 ottobre 1963, n. 2683, con ineccepibili 
argomenti in ordine all'obbligatoriet� della norma fino al di della 
pubblicazione della sentenza di illegittimit� costituzionale. 
6. -Tutto quanto sopra premesso � palese, che l'effetto della 'dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale non possa concretarsi in misure di restitutio 
in integrum, o di riconoscimento di diritti, salvo che siano imposte, 
come necessaria e immediata conseguenza, dalla stessa sentenza costituzionale, 
dove;ndosi in ogni altra ipotesi far capo al presupposto dell'obbligatorietd 
della legge e della sua efficacia fino alla pronuncia di iUegittimitd; 
salvo che si tratti di situazioni giuridiche irretrattabili ricollegabili 
unitariamente al criterio dell'autonomia normativa delle parti (o a quella 
sostitutoria del Giudice). 
a) Misure1 restitutorie direttarnente dipendenti dalla sentenza costituzionale 
sono da ritenere gli adempimenti im:;>osti dalla stessa disapplicazione 
della norma: cos� la restituzione del fondo, in tema di illegittimit� 
dei decreti di scorporo; la cessazione della imposizione di vincoli alla propriet� 
privata, ritenuti illegittimi; in una parola, ogni esercizio di diritti 
che implichi una protrazione di effetti nel tempo; cos� in materia penale la 
cessazione della esecuzione della condanna (che viene in tal modo a rinquadrarsi 
nel sistema generale e non quale eccezione). 

b) Situazioni giuridiche frretrattabili sono certamente, quelle derivanti 
da adempimento totale, pacifico, e senza riserve, sulla base della norma 
indi dichiarata illegittima. 



PARTE II, QUESTIONI 

Questa sembra la tesi accolta dalla Corte Costituzionale con sent. 
29 marzo 1960, n. 6, in via di interpretazione della definizione legislativa 
contenuta nella I. 6 agosto 1958, n. 790. 

Ovviamente, diversi saranno gli effetti della decadenza in tema di 
interessi legittimi (per la gi� esaminata incertezza degli effetti dell'inoppugnabilit�) 
e in tema di diritti soggettivi (laddove l'adesione del destinatario 
sia inequivoca e non determinata da compulsione per la forza esecutoria 
dell'atto). 

(:&.: da rilevare la difficolt�, per la P. A., di far luogo al riconoscimento 
di siffatte situazioni, al di fuori di una pronuncia giurisdizionale). 

A tale riguardo va rilevato che l'A. G. ha considerato irripetibili, i 
contrbuti E.P,T. (Cass. 30 settembre 1961, n. 1271; 27 febbraio 1963, n. 476) 
da cui muovono i rilievi di BAFILE, Sull'efficacia delta dichiarazione di incostituzionalit� 
sui rapporti esauriti al di fuori det processo. in Rass. Avv. 
Stato 1965, I, III 140, nel senso della irripetibilit� anche delle tasse di 
occupazione di . suolo pubblico, affissioni ecc,, percette in base a norme 
�'Uchiarate illegittime con sent. cost. 30 gennaio 1962, n. 2. 

7, -In applicazione della suesposta tesi, gli effetti della Sentenza Costituzionale 
sul plusvalore delle are.e fabbricabili possono riepilogarsi nei 
seguenti termini, ritenendosi esauriti: 

I) -i rapporti definiti in forza, del giudicato o sulla base degli atti 
amministrativi di accertamento in ordine ai quali sia scaduto il termine 
perentorio di decadenza che condiziona e limita, in via normale, il diritto 
del contrbuente a tutelarsi contro gli atti illegittimi dell'Ente impositore; 

Il) -i rapporti definiti in base al � concordato � che, la giurisprudenza 
e la dottrina pi� recente, configurano come un atto amministrativo 
di accertamento unilateralmente compiuto dall'Ente impositore con l'adesione 
del contribuente. 

Ed invero, se non possono pi� essere posti in discussione gli atti ammi� 
nistrativi di. accertamento tributario concretatisi senza la collaborazione 
del contribuente o, addirittura, contro la sua stessa volont� per effetto 
del mancato esercizio di un diritto di impugnativa di costui entro un rigoroso 
termine di decadenza, a maggior ragione dovr� considerarsi esaurito 
ilrapporto tributario consolidato sulla base di un atto amministrativo compiuto 
con la collaborazione dello stesso contribuente e, quindi, senza riserva 
da parte del medesimo ad impugnativa; 

III) -i rapporti definiti mediante delibera di accettazione da parte 
dell'Ente impositore della dichiaraz�one resa dal contribuente oppure mediante 
accettazione tacita della stessa per non avere l'Ente, nei termini di 
cui all'art. 17 della l. 5 marzo 1963, n. 246, e successive modificazioni, provveduto 
alla rettifica della dichiarazione medesima. 

E ci� in quanto, sia la delibera di accettazione sia il silenzio dell'Ente 
-che in tal caso assume rilevanza giuridica -devono considerarsi atti amministrativi 
che fanno decadere non solo il Comune ma anche il contribuente 
dalla possibilit� di impugnare il rapporto tributario venutosi a 
determinare sulla base delle convergenti volont� di entrambi. 

IV) Per tutti questi casi, si ritiene che l'azione di rimborso sia 
inipotizzabile, in relazione a pagamenti effettuati in virt� di rapporti esauriti 
posto che l'istituto del � rimborso � ha carattere bens� di generalit�, 
ma sul presupposto di nullit� del rapporto giuridico di imposta che invece 
giusta la suesposta tesi, devesi escludere. 


188 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si ritiene, ancora, che la riscossione debba proseguire per le imposte 
dovute in virt� di giudicato o di irretrattabile atto di accertamento, concordato 
o dichiarazione di parte senza riserve. 

Infatti nel meccanismo della riscossione delle imposte in esame, sulle 
alienazioni anteatte, il pagamento era dovuto in due tempi e modi: 

a) in unica soluzione sul dichiarato, salvo ratizzo in 12 rate, e non attraverso 
iscrizione a ruolo, sibbene sotto forma di dilazione del debito 
(arg. da art. 27, 2� e 3� comma I. 246/63) onde devesi ritenere che l'intero 
carico sia dovu.to come riferentesi a rapporto esaurito; 

b) medi.ante iscrizione a 1�uolo, per gli importi definiti in seguito a 
rettifica (artt. 17 e 30 L. cit.), e neppure in tali ipotesi potrebbesi dubitare 
che il rapporto sia esaurito. Salvo che sia stato proposto ricorso tempestivo 
contro i ruoli. 

Ben vero potrebbesi, in contrario, osservare che mancherebbe quell'adempimento 
totale in cui si ravvisa l'estremo dell'esaurimento del rapporto; 
posto che l'adempimento in discorso va riferito non al �comando 
della norma ., ma all'adempimento dell'obbligazione che ne � sorta. (v. in 
arg. Sent. Cost. 29 marzo 1960, n. 16) nel senso che si intendano � non esauriti 
i rapporti di affitto, per i quali sia stato effettuato il pagamento parziale�. 


In subiecta materia, non varrebbe alligare un esonero per le scadenze 
successive, nel presupposto che le scadenze, in quanto previste dalla legge 
di riscossione, rappresentino altrettante ed autonome obbligazioni che 
ripetano loro causa della legge di imposta cui si riferiscono, e della cui 
obbligazione si potesse, quindi, ancor far questione. 

In effetti, l'iscrizione a ruolo costituisce il contribuente debitore dell'intero 
carico, e pertanto a detto adempimento ufficioso occorrerebbe far 
capo per discriminare ~ rapporti esauriti dai non esauriti, mentre potrebbesi 
ritenere consentito addirittura risalire all'atto di accertamento, o di 
concordato o allo stesso giudicato. 

In ogni caso, non sta all'Ente impositore -in re dubia -procedere 
alla eliminazione dei ruoli, n� procedere a rimborso per i ratei pagati, col 
mezzo di un annullamento di u~cio, inammissibile per il principio generale 
della inderogabilit� della pretesa tributaria. 

Per quanto concerne: a) le dichiarazioni per le quali non si sia ancora 
realizzata l'ipcte.si di cui al precedente punto III; b) le dichiarazioni per 
le quali sia ancora in corso il procedimento di rettifica di cui al richiamato 
art. 17 della legge del 1963, n. 246; e successive modificazioni; c) i giudizi 
ancora pendenti, quale che sia la fase o il grado in cui si trovano, non 
potr� essere fatta valere alcuna pretesa tributaria. 

D. FOLIGNO 

RASSEGNA DI DOTTRINA 



A. BozzI, Istituzioni di diritto pubblico. Giuffr�, Milano, 1965, pagg. 525. 
Il libro in rassegna raccoglie le lezioni di Istituzioni di diritto pubblico 
tenute dall'A. nella facolt� di scienze statistiche, demografiche ed attuariali 
dell'universit� di Roma. Il volume ha come suoi pregi essenziali una chiarezza 
d'esposizione veramente esemplare ed una notevole organicit� di 
trattazione. Le indubbie capacit� di sintesi dell'A. vengono in chiaro risalto 
nella parte relativa alla giustizia amministrativa, dove l'efficacia della trattazione 
non risente affatto della necessaria brevit� dello spazio. 

Spunti interessanti si rinvengono nella parte relativa ai partiti politici, 
al parlamento ed alle garanzie costituzi�nali previste dal nostro ordinamento. 


In appendice al volume sono riportati il testo della Costituzione della 
Repubblica Italiana, un elenco delle leggi costituzionali approvate successivamente 
all'entrata in vigore della Costituzione ed una bibliografia, veramente 
molto ricca, sia generale che per argomento. 

L. M. 
G. 
CANNELLA -S. FAZIO, Codice delle Leggi sulla Previdenza Sociale, CEDAM, 
Padova, 1965, Tomi due di compi. pagg 4575. 
Nell'intento di effettuare una raccolta, quanto pi� completa possibile, 

delle disposizioni normative vigenti nella materia, gli AA. hanno compilato 

il 1Codice in rassegna, che se non presenta il requisito della completezza 


come viene ammesso nella stessa presentazione dell'opera -costituisce un 

ausilio pratico di notevole utilit� per chi debba addentrarsi nell'intricata 

congerie di norme relative al vasto campo della previdenza sociale. 

I due Tomi del Codice risultano divisi in sette libri, nel primo dei quali 

sono state incluse, per comodit� di consultazione, le norme della C1ostitu


zione, quelle degli Statuti Regionali, le disposizioni dei Codici e le norme 

speciali di carattere generale relative alla materia presa in considerazione. 

La legislazione previdenziale vera e propria � stata raccolta tenendosi 

distinte le norme relative alla previdenza in favore dei lavoratori subordi


nati 
da quelle relative alla previdenza in favore dei lavoratori autonomi. 

Nell'ultimo libro sono stati raggruppati i pi� importanti testi interna


zionali sulla materia ed in particolare le convenzioni e gli accordi europei. 

Sull'opera in rassegna, che si presenta ben curata anche nella veste 

tipografica ed � corredata da tre utili indici -sommario, legislativo ed 

analitico -v'�, a nostro avviso, un solo rilievo da fare. Nell'indice analitico 

il rinvio alle norme � fatto per paragrafi e non per pagine (come negli altri 

due 
indici). Orbene, poich� il paragrafo non � riportato in testa ad ogni 



190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pagina (al fianco della intestazione del titolo) ci� costringe il lettore ad una 
ricerca piuttosto difficoltosa. 
Com'� ben chiaro, l'inconveniente � facilmente eliminabile e si pu� 
esser certi che sar� eliminato nelle prossime edizioni dell'opera. � 


L.M. 
CATALDI D., GIACCI D., L'indennitd di buonuscita e l'assegno vitalizio, Giuffr�, 
Milano, 1966. 

Indennit� di buona uscita ed assegno vitalizio appartengono a quelle 
zone del diritto amministrativo nelle quali si incontra difficolt� di orientamento, 
per la molteplicit� delle leggi e per la complessit� di taluni istituti. 

A superare tali difficolt� � di molto aiuto il recente volume di CATALDI 
e di G1Acc1 che si recensisce, nel quale la materia trova una lucida ed ordinata 
esposizione, con indicazione delle norme che disciplinano ogni singolo 
aspetto. 

Dopo aver accennato alle origini dei due istituti ed alla autorit� amministrativa 
preposta alla loro applicazione, vengono esposti i principi 
comuni agli stessi istituti. Segue una trattazione analitica dell'assegno 
vitalizio e dell'indennit� di buonuscita, fornendo in questo modo un quadro 

I

completo della materia. 
Gli Autori riportano, quindi, la giurisprudenza che si � formata sugli 
istituti in esame ed i pareri espressi dal Consiglio di Stato sulle pi� impor


~,~.,,

tanti questioni che si sono dibattute. , 

Chiude il volume un prontuario delle retribuzioni e delle corrispondenti ., 

quote annue dell'indennit� di buonuscita e dell'assegno vitalizio con una 

elencazione della relativa legislazione. 

�I 

Il volume ha intenti pratici e li raggiunge in maniera perspicua; onde 
esso si mostra assai utile per gli operatori del diritto. 


CARMELO CARBONE 

.< 

:� 

M. S. GIANNINI, Corso di Diritto Amministrativo (Dispense anno accademico 
1964-65), Giuffr�, Milano, 1965, pagg. 344. 
Il libro in rassegna � costituito da una prima parte dedicata alle pre


messe sociologiche e storiche, oltre che ai profili costituzionali, della materia 

trattata e da una seconda parte rE:lativa alla teoria della organizzazione 

amminist:rativa 

L'A., convinto, forse sulle orme del LEVY-BRUHL (di cui si cfr. gli 
Aspects sociologiques du Droit, Paris, 1955), della necessit� di un esprit sociologique 
per avvicinare il diritto alla vita, impernia la prima parte del 
suo discorso intorno alle amministrazioni pubbliche sul carattere sociologico, 
oltre che giuridico, della nozione di amministrazione, precisando a tal fine 
che mentre tutte le amministrazioni hanno rilevanza sociologica, perch� 
tutte le organizzazioni di gruppo interessano la sociologia, solo alcune di 
esse hanno un vero e proprio rilievo giuridico. 




J;'ARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

Altra esigenza prospettata nella prima parte del volume, e ripetutamente 
affermata nel corso dell'intera trattazione, �, per l'A., la necessit� 
di storicizzare il diritto in generale ed il diritto amministrativo in ispecie. 
Viene cos� sottolineato che le nozioni ed i concetti relativi aUe amministrazioni 
pubbliche degli Stati non hanno un valore universale ma solamente 
storico, per cui essi non sono validi in ogni tempo ed in ogni luogo ma 
rispondono unicamente ai bisogni ed alle istanze degli uomini componenti 
i gruppi, dalla cui realt� sono nati. A quest'affermazione segue un quadro, 
sintetico ma efficace, delle Amministrazioni pubbliche dall'evo antieo ai 
nostri giorni, tracciato seguendo contemporaneamente, come fili conduttori 
della vicenda, realt� sociologica, dati elaborati dalla scienza e realt� giuridica. 


Nel1a seconda parte del volume, il G. sviluppa la parte generale dello 
intero corso, la teoria dell'organizzazione amministrativa, da lui considerata 
vero e proprio fulcro del diritto amministrativo. 

La materia b;-attata in tale sede � troppo varia e complessa perch� se 
ne possa qui dare una rapida sintesi. 

L'esame delle figure soggettive operanti in campo amministrativo precede 
il tema dell'imputazione ad esse degli effetti giuridici e del rapporto 
organico. All'esplicazione dei vari significati del termine � ufficio � (soggettivo, 
� munus. od oggettivo) segue una dettagliata esposizione delle caratteristiche 
particolari degli organi dello Stato contemporaneo pluriclasse, 
un'indagine sugli enti di rilievo pubblico ed un esame dei complessi rapporti 
interorganici. 

Il� libro in rassegna si caratterizza, a nostro avviso, principalmente per 
la larghezza degli interessi sociologici e storici dell'A. e per la carica fortemente 
polemica in esso insita. 

Sulla prima caratteristica non occon-e dire molto: essa traspare ben 
chiara fin dalla parte introdutiva del volume ed � sempre presente anche 
nell'esame degli argomenti pi� strettamente tecnici. 

Sulla seconda, si deve, invece, osservare� che essa contribuisce indubbiamente 
a dare maggiore vivacit� all'esposizione e ad aumentare, conseguentemente, 
l'interesse alla lettura, ma molto spesso si rivela anche un 
limite dell'opera. 

E ci� perch� molte delle demitizzazioni ripetutamente tentate dall'A. 
appaiono non scevre da pregiudizi forse altrettanto pericolosi quanto quelli 
che contribuiscono a mantenere in vita i miti. La -reazione alla c. d~ retorica 
statalista nasconde, a nostro avviso, un inconfessata propensione per i grandi 
apparati tecnocratici dell'era moderna, che fa ricadere il G. in una nuova 
forma di � retorica � 

Sul piano pi� strettamente giuridico, v'�, poi, da dire che il tentativo 
di dissoluzione del mito dello Stuto 'lembra non tener conto del dettato della 
nostra Costituzione, che, luP.gi dall'operare una riduzione dello Stato ad 
uno dei tanti enti pubblici di amministrazione operanti nella comunit� 
-come vorrebbe l'A. -pone l'attivit� dell'Amministrazione pubblica 
dello Stato ad un livello pi� alto di quella svolta da altri enti operanti 
nella realt� gimidica amministrativa, riconoscendo al Governo una generale 
potest� di annullamento degli atti illegittimi di qualsiasi autorit� amministrativa. 


D'altro canto la tendenza a voler considerare inesistente nel nostro 
sistema amministrativo un potere esecutivo, oltre a trovarsi anch'essa in 
contrasto con i principi del nostro ordinamento, prescinde del tutto dalla 


192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

considerazione pratica che solo la presenza di un'unit� operativa, qual'� il 
potere esecutivo, pu� costituire un'alternativa valida al caos determinato 
dalla proliferazione indiscriminata di amministrazioni e di enti, cosl attuale 
nel nostro ordinamento. Occorre, infatti, una buona dose di ottimismo per 
ritenere che la composizione dei vari fini pubblici, spesso confliggenti, di 
enti diversi si possa ottenere, in assenza di un potere esecutivo, sulla semplice 
linea della programmazione. 

Particolarmente vivace e ricca di spunti interessanti � la polemica del 

G. contro la �dottrina pandettistica� (MAYEi!, LABANo, JELLINE.K jr., ORLANDO, 
S. ROMANO). 
Sull'assunto della � storicit� � del diritto, l'A. contesta l'esattezza dell'opposta 
te:1denza a dare un carattere universalizzante alle costruzioni 
dommatiche elaborate dalla scienza giuridica ed a concepire un diritto 
senza spazio e senza tempo, valido ovunque e sempre. Alla critica dell'indirizzo 
panc!ettistico si riannoda, nel testo, una chiara rivalutazione della 
concezione realistica del diritto (HA(Jluou, DUGUIT) e degli apporti ad essa 
dati dallo stor:.cismo. Altre dottrine favorevolmente accolte dal G. sono 
quella dell'indiTiz::o politico del GuE;.1. 

Tra gli errori di prospettiva che il G. contesta ai pandettisti, primo 
tra gli altri sarebbe quello di aver sempre considerato il principio della 
divisione dei poteri come necessaria base sistematica per la costruzione del 
diritto amministrativo, obliterando o mettendo, comunque, in scarso rilievo 
problematiche ben pi� importanti come quella relativa al rapporto: Autorit�-
Libert�; problematica, quest'ultima, evidenziata dall'A. gi� nelle� LEZIONI 
� pubblicate nel 1950, dove era sufficientemente lumeggiato il carattere 
bipolare del diritto amministrativo, inteso come tendenza della normazione 
da esso considerata a presidiare da un lato l'autorit� e da un altro la 
libert�. 

Per il G. la stessa costruzione del principio di divisione dei poteri pre


sterebbe il fianco alla critica per diversi motivi. Innanzitutto, perch� -se


condo l'A. -le funzioni dello Stato supererebbero certamente il numero 

di tre ed in secondo. luogo perch� la distinzione tra potere in senso sog


gettivo e potere in senso oggettivo (o funzione), escogitata dai �pandettisti � 

per giustificare l'esercizio da parte di ogni potere non solo delle funzioni 

ad esso demandate in via principale ma anche, sia pure in via secondaria, 

di altre demandate in via principale ad altri poteri, non riuscirebbe a celare 

la realt� dei fatti e cio� un'aperta violazione dello stesso principio. 

Altra caratteristica del libro -che sembra sottintendere un ulteriore 

spunto polemico -� la tendenza ad opporre a tutte le schematizzazioni e 

generalizzazioni dommatiche, proprie della dottrina dominante in campo 

pubblicistico, analisi, distinzioni e suddistinzioni sempre pi� approfondite 

e sottili. Solo per citare un esempio, nel campo degli enti pubblici il G. 

individua tante diverse categorie di enti da porre problemi interpretativi 

di non facile soluzione in caso di lacune legislative. Questa propensione 

dell'A. per l'analisi fa si, d'altra parte, che manchi alla sua teoria dell'orga


nizzazione quella caratteristica di ricostruzione unitaria dei vasti fenomeni 

amministrativi, che � riscontrabile nei testi c. d. tradizionali. 

� opportuno, forse, concludere queste brevi note, ricordando che dal 

j�::

libro in esame, traspare, oltre alla gi� sottolineata vastit� degli interessi 
culturali dell'A., un suo particolarissimo interesse per .gli ordinamenti giu


.

ridici dei paesi anglosassoni e dell'Inghilterra in ispecie. . 

. 

' 

~~ 

~, 

~ 

~ 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 193 

'l'alune distinzioni -come, ad esempio, quella tra Stati-Ente e Staticomplesso 
coordinato di enti, fatta in ragione degli elementi dell'organizzazione 
costituzionale e comportante la presenza di una sola persona giuridica 
costituzionalmente rilevante, nel primo tipo, e l'attribuzione della personalit� 
giuridica a pi� �officia� costituzionalmente rilevanti, ordinati, quanto 
alla loro attivit�, secondo un disegno unitario con conseguente presenza 
di tante distinte organizzazioni amministrative quanti sono gli enti costituenti 
nel loro complesso l'organizzazione dello Stato, nel secondo tipo; e 
l'altra tra Ordinamenti a diritto cornune ed Ordinamenti a diritto amministrativo, 
fondata sul contenuto delle norme che disciplinano l'amministrazione 
e l'attivit� amministrativa pubblica ed in base alla quale i fatti 
amministrativi sono regolati da norme che appartengono ad un settore di 
normazione unico, comune ad operatori pubblici e privati, nel primo tipo, 
e da una normazione pubblicistica speciale diretta a regolare l'attivit� della 
amministrazione pubblica, nel secondo tipo -lasciano intuire nell'A. una 
tendenza a scorgere nelle modificazioni verificatesi in questi ultimi anni 
nella nostra realt� amministrativistica il segno di un avvio verso la costruzione 
di un sistema diverso modellato in gran parte su quello c. d. di tipo 
inglese. 

L. MAzZELLA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 



I

DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

Disegno di legge n. 1663 (Camera dei Deputati), presentato dal Presidente 
del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dell'Interno e dal Ministro 
di Grazia e Giustizia, di concerto con il Ministro del Tesoro, concernente: 
Norme sui referenqum previsti dalla costituzione e sulla 
iniziativa legislativa del popolo. 

Il disegno di legge sopraindicato, presentato alla Camera dei Deputati 
nella seduta del 22 settembre 1964, fu assegnato fin dall'ottobre 
successivo alla la Commissione Permanente (Affari costituzionali, Organizzazione 
dello Stato, Regioni, Disciplina generale del rapporto di 
pubblico impiego), ma solo di recente, e pi� precisamente il 14 giugno 
1965, � avvenuta la presentazione alla Presidenza della Relazione della 
Commissione. 

Come � noto, il disegno in esame mira ad attuare, ad integrazione 
del sistema attualmente vigente di democrazia rappresentativa, gli 
istituti di democrazia diretta previsti dalla Carta costituzionale e consistenti 
nella produzione da parte del popolo di norme giuridiche (articoli 
138, 75 e 132 Cost.) e nella iniziativa legislativa popolare (art. 71 
Cost.). 

Esso consta di 53 articoli, suddivisi in cinque titoli, e di quattro 

tabelle allegate, relative alla schede di rotazione. 

Nel primo titolo (artt. 1-26) viene disciplinato l'istituto del refe


rendum previsto dall'art. 138 della Costituzione; nel secondo (artt. 27


40) l'istituto del referendum abrogativo previsto dall'art. 75 della Costi


tuzione; nel terzo (artt. 41-47) l'istituto del referendum per la modi


ficazione territoriale delle Regioni .previsto dall'art. 132 della Costitu


zione e nel quarto (artt. 48-49) l'iniziativa del popolo nella formazione 

I delle leggi di cui all'art. 71 della Costituzione. L'ultimo titolo, il quinto 

(artt. 50-53), contiene disposizioni finali concernenti rinvii ad altre 

leggi e la ripartizione delle spese necessarie per lo svolgimento dei 

referendum. 

Non ci si pu� in questa sede, per evidenti ragioni di spazio, sof


fermare su tutte le disposizioni contenute nel disegno. � necessario per� 
.sottolineare che talune, importanti modifiche sono state apportate dalla 
Commissione al testo predisposto dal Governo. Tali modifiche hanno riguardato 
principalmente i due istituti del referendum inserito nel procedimento 
di revisione costituzionale e del referendum abrogativo ed 

hanno avuto lo scopo di semplificare ulteriormente le forme di esercizio 
della richiesta di referendum e di ridurre, ove possibile, i termini. 

Gli articoli modificati sono il 7, 8, 9, 11, 12, 15, 27, 28, 31 e 49. 
Le principali modifiche risultano cosi sintetizzate nella relazione al 
disegno: 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 195 

1. -L'art. 7 del disegno di legge stabilisce che i promotori della 
raccolta delle 500.000 firme debbano presentarsi alla Cancelleria della 
Corte di Cassazione, portando i fogli sui quali si propongono di raccogliere 
le firme dei richiedenti il referendum di cui all'art. 138 della 
Costituzione. Sui fogli, che debbono contenere al loro inizio, a stampa 
o con stampigliatura, la dichiarazione della richiesta del referendum, 
con le indicazioni prescritte dall'art. 4, il cancelliere della Corte di Cassazione 
appone il timbro a data dell'ufficio e la propria firma, e li restituisce 
ai promotori entro tre giorni dalla presentazione. 
Si � rilevato nel Comitato ristretto e nella Commissione che porre 
a carico dei promotori l'onere di trasportare a Roma presso la Cancelleria 
della Corte di Cassazione decine di migliaia di fogli da distribuire 
poi nei comuni dove le firme dovrebbero essere raccolte, rende estremamente 
complicato e dispendioso l'esercizio del diritto costituzionale; 
e senza apprezzabile necessit�, per gli scopi che si intendono perseguire, 
con la verifica e la vidimazione preventiva dei fogli. 

Gli stessi scopi si possono raggiungere decentrando l'operazione 
di vidimazione dei fogli. La Commissione pertanto ha modificato l'articolo 
7 nel senso che i promotori debbono presentarsi alla Cancelleria 
della Corte di Cassazione per richiedere il referendum, ma i fogli possono 
essere presentati per la vidimazione, � alla Segreteria Comunale 

o alle cancellerie degli uffici giudiziari �. 
Le modifiche inoltre hanno ridotto da 3 a 2 giorni il termine per 
la restituzione dei fogli ai presentatori da parte degli uffici. 

2. -Anche l'art. 8 del disegno di legge pone a carico dei promotori 
(o almeno in tal senso � stato interpretato), un onere che appare 
eccessivamente gravoso, laddove dispone che accanto alle firme degli 
elettori, nei fogli di cui sopra, debbano essere indicati per esteso, � a 
cura del notaio o del cancelliere, il nome, cognome, luogo e data di 
nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi � 
iscritto �. Si � ritenuto cio�, in base a tale norma, che lo stesso pubblico 
ufficiale, notaio o cancelliere, debba apporre tali indicazioni, ci� che 
ritarderebbe enormemente, ed inutilmente, le operazioni di autentica 
delle firme degli elettori. Si � eliminata, pertanto, l'espressione �a cura 
del notaio o del cancelliere �, limitandosi in tal modo l'intervento del 
notaio o del cancelliere all'autentica delle firme (anche collettiva, cio� 
foglio per foglio). Allo scopo di accelerare e semplificare le operazioni 
di autentica, si � aggiunto al notaio ed al cancelliere della pretura o del 
tributale, il giudice conciliatore. Si � infine ridotto da 5 giorni a 48 ore 
il termine entro il quale i sindaci debbono rilasciare agli elettori i certificati 
d'iscrizione nelle liste elettorali. 
3. -L'art. 12 del disegno di legge, ropo avere stabilito l'Ufficio 
centrale per il referendum, costituito presso la Corte di Cassazione, 
decide sulla legittimit� della richiesta entro 30 giorni dalla presentazione; 
che nello stesso tempo contesta le eventuali irregolarit� ai presentatori, 
i quali entro 5 giorni debbono dichiarare se intendono sanarle; 
prescrive, poi, che a sanare tali irregolarit� i presentatori deb17 



196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bono provvedere �entro il termine massimo di tre mesi dalla pubbli-

I cazione della legge, previsto dall'art. 138 della Costituzione�. La Com--~ 
missione ha rilevato che se un termine vuole.con~edersdi ai present~-I~:~

11tori, non lo si deve far decorrere dalla pubb icaz10ne e11a egge, m 
quanto un termine siffatto pu� essere gi� del tutto consumato alla data � 
dell'ordinanza dell'ufficio centrale che rileva l'irregolarit�; per cui i 

I 

presentatori avrebbero disponibili 5 giorni per dichiarare di voler sanare 
le irregolarit� contestate, ma in effetti si troverebbero nell'impossibilit� 
di sanarle, essendo il relativo termine gi� scaduto. Infatti lo 
stesso termine di tre mesi dalla pubblicazione della legge, previsto 
dall'art. 138 della Costituzione, � dato per la presentazione della richiesta 
di referendum; altri 30 giorni sono dati all'ufficio centrale per la 
emanazione dell'ordinanza; per cui, ripetesi, alla data di questa, i 3 mesi 
dalla pubblicazione della legge possono gi� essere largamente scaduti. 
La Commissione propone pertanto che il termine per sanare le irregolarit� 
(che fissa in venti giorni) decorra dalla data dell'ordinanza 
dell'ufficio centrale. 

4. -Tra le altre modifiche o ritocchi di termini, appare di rilievo I' 
la riduzione, dall'anno ai sei mesi (successivi alla data di convocazione : 
dei �Comizi elettorali per la elezione di una delle Camere), durante i 
quali non pu� essere depositata richiesta di referendum abrogativo 
~
I 

(art. 31 del disegno di legge). -~ 

I 

LEGGI E DECRETI * il 

I 

d. P. R. 21 dicembre 1965, n. 1720. -Approva lo Statuto dell'Ente nazionale 
per l'energia elettrica (G. U. 18 luglio 1966, n. 176). ~ 
~ 

d. P. R. 1 O maggio 1966, n. 591. -Approva il regolamento per l'ammiI


nistrazione e l'erogazione del Fondo di previdenza per il personale provinciale 
dell'Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali 

(G. U. 10 agosto 1966, n. 190). 
legge 5 luglio 1966, n. 518. -Modifica le sanzioni stabilite agli articoli 
110, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 121 e 124 della 
legge sul lotto (G. U. 15 luglio 1966, n. 173). 

legge 13 luglio 1966, n. 559. -Disciplina l'organizza2iione e l'attivit� �,�::'� 

dell'Istituto Poligrafico dello Stato (G. U. 26 luglio 1966, n. 184). �i1 

:; 

(*) Si segnalano provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 197 

legge 13 luglio 1966, n. 610. -Modifica ed integra le vigenti disposizioni 
in tema di previdenze per la ricostruzione dei fabbricati danneggiati 
dalla guerra (G. U. 8 agosto 1966, n. 196). 

legge 13 luglio 1966, n. 653. -Ratifica i Protocolli n. 2 e n. 3, firmati 
a Strasburgo il 6 maggio 1963, addizionali alla Convenzione europea 
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, 
concernenti, il Protocollo n. 2, l'attribuzione alla Corte europea dei 
diritti dell'uomo della competenza ad esprimere pareri consultivi, ed il 
Protocollo n. 3 la modifica degli articoli 29, 30 e 34 della Convenzione 

(G. U. 25 agosto 1966, n. 210). 
legge 25 luglio 1966, n. 570. -Prevede una nuova disciplina per la nomina 
a magistrato di Corte di appello (G. U. 28 luglio 1966, n. 186). 

legge 25 luglio 1966, n. 571. -Eleva il limite di valore della competenza 
del conciliatore e del pretore, rispettivamente, a lire cinquanta


mila e a lire settecentocinquantamila, portando a lire trecentomila il 
limite stabilito per le cause relative a beni immobili nelle quali il valore 
si determina, ai sensi dell'articolo 15 del codice di procedura civile, in 
base a tributo diretto verso lo Stato, e a lire ventimila il limite di valore 
entro il quale il conciliatore decide le cause secondo equit� ed inappellabilmente, 
a norma degli articoli 113, secondo comma, e 339, ultimo 
comma, del codice di procedura civile (G. U. 28 luglio 1966, n. 186). 

legge 6 agosto 1966, n. 629. -Obbliga le Amministrazioni dello Stato, 
comprese quelle con ordinamento autonomo e le gestioni speciali dello 
Stato, a tenere le disponibilit� liquide in conti correnti con il Tesoro, 
per un tasso di interesse e secondo modalit� di cui rimette la determinazione 
al Ministro .per il tesoro (G. U. 19 agosto 1966, n. 205). 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE * 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Cod'h:e penale, art. 272 (Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale), 
secondo c:omma (1). 

Sentenza 6 luglio 1966, n. 87, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 20 gennaio 1965 della Corte di assise di 
Modena, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 46. 

(*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) r"a questione di legittimit� costituzionale del primo comma della disposizione 
� stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, con 
la stessa sentenza (infra). 
� ��� ;--..: �:::: .-X.X .-z.�.X �� .-� �� Y/. X � " .-� � � .-::::: 

... :-: .... ... .... ......-~ 


198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 117, modificato 
con l'art. 1 del r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313, nella parte in cui vieta ai 
funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare, prima che sia avvenuta 
la loro registrazione, copie o estratti di sentenze il cui deposito in 
giudizio sia condizione essenziale per la procedibilit� dell'impugnativa, 
ai sensi dell'art. 348 del Codice di procedura civile. 
-~ 

Sentenza 2 luglio 1966, n. 80, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 16 luglio 1965 della Corte di appello di 
Catania, G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 

142. 
r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313 (Modificazioni alla legge del registro), 
art. 1, nella parte in cui sostituisce l'art. 117 del r. d. 30 dicembre 1923, 
n. 3269, in quanto vieta ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di 
rilasciare, prima che sia avvenuta la loro registraZiione, copie o estratti 
di sentenze il cui deposito in giudizio sia condizione essenziale per la 
procedibilit� dell'impugnativa, ai sensi dell'art. 348 del Codice di proiCedura 
civile. 
Sentenza 2 luglio 1966, n. 80, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 16 luglio 1965 della Corte di appello di 
Catania, G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, 


I

II, 142. 

legge reg. sic:. 19 febbraio 1951, n. 20 (Espropriazione per pubblica 

utilit� dell'area per il costruendo palazzo della Regione). 
Sentenza 6 luglio 1966, n. 90, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 4 giugno 1965 del Tribunale di Palermo, 


G. U. 25 settembre 1965, n. 242. 
legge 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla legge 8 gennaio 1952, 

n. 6 sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli 
avvocati e dei procuratori), art. 17, limitatamente agli atti previsti dagli 
artt. 27 e 28 del r. d. 25 giugno 1940, n. 954. 
Sentenza 2 luglio 1966, n. 82, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 26 aprile 1965 del Pretore di Moncalieri, 

G. U. 13 novembre 1965, n. 284, e in questa Rassegna, 1965, II, 174. 
legge 18 aprile 1962, n. 208 (Modifiche alla tassa per l'occupazione di 

spazi ed aree pubbliche), art. 7. 
Sentenza 6 luglio 1966, n. 88, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 21 maggio 1965 del Tribunale di Torino, 


G. U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 175. 
I

legge reg. sic:. approv. 14 dicembre 1965 (Istituzione e coordinamento 

dell'Azienda speciale dell'Autoparco regionale), artt. 4, 5, 6, 8 (salvo 
ultimo comma), 1O, secondo comma, e tabella 8. 
Sentenza 11 luglio 1966, n. 96, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. 


II

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, depositato 
il 13 gennaio 1966, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12, e retro, II, 164. 


-~ 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 199 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codil:e penale, art. 272 (Propaganda ed apologia sovversiva o anti


nazionale), primo o:omma (art. 21 della Costituzione) (2). 
Sentenza 6 luglio 1966, n. 87, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 20 gennaio 1965 della Corte di assise di 

Modena, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 46. 

codice penale, art. 327 (Eccitamento al dispregio e vilipendio delle 
istituzioni, delle leggi o degli atti dell'Autorit�), per la parte relativa 
all'eccitamento al dispregio delle istituzioni (artt. 3 e 21, primo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 11 luglio 1966, n. 100, G. U. 16 lugHo 1966, n. 175. 
Ordinanza di rimessione 21 giugno 1965 del Tribunale di Rovigo, 

G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 107. 
r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di 
Stato), art. 34, secondo e terzo comma (art. 113 della Costituzione) (3). 
Sentenza 2 luglio 1966, n. 78, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 29 ottobre 1964 delle Sezioni unite civili 

della Co:vte di cassazione, G. U. 27 marzo 1965, n. 78, e in questa Rassegna, 
1964, I, 1059 e 1965, II, 47. 

legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle 
pensioni di guerra), artt. 62, terzo comma, e 64 (artt. 38, primo comma, 
30, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1966, n. 92, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 

Ordinanza di rimessione 23 marzo 1965 della Seconda sezione giurisdizionale 
della Corte dei conti, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in 
questa Rassegna, 1965, Il, 109. 

le99e reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104 (Riforma agraria in Sicilia), 
art. 15, primo, sec:�ondo, terzo e quarto comma (artt. 42, 113 e 117 della 
Costituzione e 14 dello Statuto speciale per la Sicilia). 

Sentenza 11 luglio 1966, n. 95, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. 

Ordinanze di rimessione 20 maggio 1965 (due) del Tribunale di 
Siracusa e 27 agosto 1965 della Corte di appello di Catania, G. U. 27 novembre 
1965, n. 297. 

(2) Il secondo comma della disposizione � stato dichiarato illegittimo con la 
stessa sentenza (supra). 
(3) Le disp05izioni sono state gi� dichiarate illegittime, � in quanto il procedimento 
per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario non assicura 
ai controinteressati la possibilit� della tutela giurisdizionale �, con sentenza lo febbraio 
1964, n. 1. La questione di legittimit� costituzionale sollevata dalle Sezioni 
unite della Corte di cassazione era relativa al principio dell'alternativit� del ricorso 
al Presidente della Repubblica con il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), artt. 202, 233, primo comma, lettere c, e, f, h, 235, 236, primo e 
secondo comma, e 237 (artt. 24 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 2 luglio 1966, n. 83, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 6 febbraio 1965 del Pretore di Santhi�, 

G. U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 80. 
legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per 
l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le 
industrie elettr~che), art. 6, quarto comma, nella parte in cui pone il 

divieto di distl'ibuzione di dividendi superiori al 5,50 per cento per 
l'esercizio 1962 delle societ� per azioni quotate in Borsa (artt. 42, 43, 
47 e 3 della Costituzione) (4). 

Sentenza 11 luglio 1966, n. 94, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. 
Ordinanze di rimessione 3 febbraio 1965 del Tribunale di Parma, 
e 8 febbraio 1965 (tre) del Tribunale di Genova, G. U. 19 giugno 1965, 

n. 151, e in questa Rassegna, 1965, II, 82. 
legge 29 dicembre 1962, n. 1745 (Istituzione di una ritenuta di acconto 

o di imposta sugli utm distribuiti dalle societ�), art�. 3, settimo comma, 
nella parte in cui dispone che la ritenuta sugli utili spettanti ai soggetti 
tassabili in base a bilancio esenti dalla imposta sulle societ� sia operata 
a titolo d'imposta. (artt. 3, 53, 31, 32, 33 e 34 della Costituzione). 
Sentenza 2 luglio 1966, n. 81, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 

Ordinanza di rimessione 24 novembre 1964 della Commissione distrettuale 
delle imposte di Milano, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in 
questa Rassegna, 1965, II, 51. 

legge 3 febbraio 1963, n. 126 (Disciplina della riproduzione bovina), 
artt. 2 e 3 (artt. 41, terzo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). 


Sentenza 6 luglio 1966, n. 91, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanze di rimessione 21 maggio 1965 del Pretore di Vicenza 

(G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 112) e 
16 giugno 1965 del Pretore di Padova (G. U. �4 settembre 1965, n. 223, e 
in questa Rassegna, 1965, II, 145). 
legge 15 novembre 1964, n. 1162 (Istituzione di un'addizionale all'imposta 
generale sull'entrata), art. 5, primo comma (artt. 23, 3 e 53 della 
Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1966, n. 89, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 

Ordinanza di rimessione 5 aprile 1965 del Giudice conciliatore di 
Genova-Voltri, G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, 
II, 82. 

(4) La questione di legittimit� costituzionale della legge 6 dicembre 1962, 
n. 1643, nel suo complesso, � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli 
artt. 81, quarto comma, 47, 25, 102, secondo comma, 113 e 76 della Costituzione, 
con sentenza 12 luglio 1965, n. 66. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 201 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 


Codio:e di procedura civile: art. 74 (Responsabilit� del pubblico ministero), 
e art. 55 (Responsabilit� civile del giudice), in quanto imputano 
soltanto al magistrato la responsabilit� dei danni provocati nell'esercizio 
delle sue funzioni e limitatamente alle ipotesi di dolo, frode e concussione 
(art. 28 della Costituzione) (5). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 23 novembre 1965, G. U. 9 luglio 
1966, n. 168. 

codice di procedura civile, comb. disp. art. 301 (Morte o impedimento 
del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in 
quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel 
termine perentorio di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di 
interruzione per morte, radiazione o sospensione del procuratore, in 
cui il termine decorre da una data che pu� senza colpa rimanere ignota 
alle parti (art. 24 della Costituzione) (6). 

Corte di cassazione, prima sezione civile, ordinanza 16 febbraio 
1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. 

c:-odice di �procedura �:ivile, art. 674 (Cauzione), in quanto prevede la 
possibilit� di imporre al sequestrante la prestazione di una cauzione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Ancona, ordinanza 15 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
codice penale, art. 204 (Accertamento di pericolosit�. Pericolosit� 
sociale presunta) e art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziale), nella 
parte in cui dispongono l'obbligatorio ricovero in manicomio giudiziario 
del prosciolto per totale infermit� di mente da reato punito con la reclusione 
per un tempo superiore a due anni, in quanto impongono al 
giudice di ordinare il ricovero in manicomio anche di persone attualmente 
sane di mente (artt. 13, 32, 27 e 24 della Costituzione) (7). 

(5) Nell'ordinanza di rimessione, pur non risultando espressamente proposta 
una questione di legittimit� costituzionale per l'art. 56 del codice di procedura civile 
(questione nella specie non rilevante), si osserva, inoltre, che gli artt. 56 e 57 del 
codice di procedura civile condizionano la proponibilit� dell'azione di responsabilit� 
all'autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia, mentre nessuna liJ:nitazione � 
in argomento contemplata dall'art. 28 della Costituzione. 

(6) Questione gi� proposta dal Tribunale di Catania, con ordinanza 17 gennaio 
1966 (G.U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, 11, 100). 
(7) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 204, secondo comma, del 
codice penale, sollevata dalla Corte di appello di Genova, in riferimento all'art. 13 
della Costituzione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 10 marzo 1966, n. 19. 

202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pretore di Pieve di Cadore, ordinanza 26 maggio 1966, G. U. 27 
agosto 1966, n. 213 (8). 

codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), primo comma, 

i

nella parte in cui indica come soggetto passivo del reato solo il genitore 
esercente la patria potest� (artt. 3, primo comma, e 29, secondo comma, 

I

della Costituzione) (9). 

Pretore di Cavalese, ordinanza 11 maggio 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

codice di procedura ,penale, art. 231 (Atti e informative del pretore) 
e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), 
limitatamente alle parti in cui, conferendo al Pretore la facolt� di scegliere 
tra il compimento di atti di polizia giudiziaria, di atti di istruzione 
sommaria e l'esclusione di qualsiasi indagine, non prevedono la 
contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato quando si debba 
procedere all'emissione del decreto di citazione in seguito ad atti diversi 
dall'istruzione sommaria (art. 3 e 24 della Costituzione) (10). 

Pretore di Venezia, ordinanza 13 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
codice d'i procedura penale, art, 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), terzo .;omma, in quanto consente al 
pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza che l'imputato 
sia stato interrogato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (11). 

Pretore di Pietrasanta, ordinanza 16 dicembre 1965, G. U. 16 luglio 
1966, n. 175. 

(8) Per altre ordinanze di rimessione (tutte di data anteriore alla sentenza 
10 marzo 1966, n. 19, ricocdata nella nota precedente), cfr. in questa Rassegna, 1965, 
11, 175 e retro, 11, 22. 

(9) L'art. 574 del codice penale, in quanto limita il diritto di querela al genitore 
esercente la patria potest�, � stato dichiarato illegittimo con sentenza 22 febbraio 
1964, n. 9. 
(10) L'art. 398, terzo comma, del codice di procedura penale, limitatamente 
alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del Preto�'e, non prevede la contestazione 
del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento 
di atti di istruzione, � stato dichiarato illegittimo con sentenza 28 aprile 1966, 
n. 33. Nell'ordinanza di rimessione sopra citata, una ulteriore questione di legittimit� 
costituzionale degli art. 231 e 398 del codice di procedura penale, in quanto non 
prevedono la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato per l'ipotesi 
in cui la citazione a giudizio sia disposta, senza alcune indagine, sulla sco.rta della 
generica e non qualificata notizia criminis (art. 24 della Costituzione), � stata ritenuta 
dal Pretore di Venezia manifestamente infondata. La questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 2.31, primo comma, del codice di procedura penale � stata gi� 
�I 

proposta, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di 

;~

Novara (ordinanza 12 febbraio 1966, G.U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, 11, 100). 

(11) La disposizione, sotto il denunciato profilo, � stata dichiarata illegittima 
con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 203 

Tribunale di Spoleto, ordinanza 21 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 
213. 
Tribunale di Melfi, ordinanza 27 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 
n. 182. 
codice di ,procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), 
ultimo comma, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione 
di un termine per preparare la difesa (art. 24 della Costituzione 
(12). 

Pretore di Milano, ordinanza 28 marzo 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
legge 23 dicembre 1865, n. 2700 (Ta1�iffa per gli atti giudiziari in 
materia civile), art. 436 (13). 

Tribunale di Varese, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 23 luglio 
1966, n. 182. 

r. d. I. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e 1�iforma della legislazione 
in materia di boschi e di terreni montani), artt. 10 e 11, se ed in 
quanto conferiscano ai Comitati provinciali forestali il potere di dettare 
norme per la previsione e la repressione di reati (art. 25, secondo comma, 
70 e 77 della Costituzione) (14). 
Pretore di Santo Stefano di Camastra, ordinanze 8 aprile 1966, 

G. U. 9 luglio 1966, n. 168, e 2 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, 
n. 213 (15). 
(12) Questione gi� proposta dal Pretore di Bari con ordinanza 16 marzo 1966 
(G.U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, Il, 154), dal Tribunale di Bari con ordinanza 
22 marzo 1966 (G.U. 28 maggio 1966, n. 131, e retro, II, 154) e, con riferimento 
anche all'art. .3 della Costituzione, dal Tribunale di Belluno con ordinanza 10 dicembre 
1965 (G.U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 23). 
(13) Questione proposta unitamente a quella relativa all'art. 11 del r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3282, infra. 
(14) L'art. 10 del r. d. I. 30 dicembre 1923, n. 3267 � stato dichiarato illegittimo, 
in riferimento agli artt. 3, 25 e 70 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 
1966, n. 26; con la stessa pronuncia la Corte costituzionale ha dichiarato non 
fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11, sollevata, in riferimento 
alle stesse disposizioni della Costituzione, dal Tribunale di Ascoli Piceno. 
(15) Dal testo delle due ordinanze di rimessione la questione di legittimit� 
costituzionale risulta proposta, con la prima, anche per gli artt. 28, primo comma, 
e 30, primo e secondo comma, delle prescrizioni di massima e polizia forestale 
per i boschi e i terreni sottoposti a vincolo nella provincia di Messina, e, con la 
seconda, anche per gli artt. 2 e 79 delle stesse prescrizioni di massima; per gli 
artt. 2, 27, primo comma, .30 e 79 la questione di legittimit� costituzionale � stata 
proposta dallo stesso Pretore con altre due ordinanze dell'8 aprile 1966 (G.U. 
25 giugno 1966, n. 156, e retro, Il, 156). Analoga questione risulta gi� sollevata, 
per gli artt. 27 e 30 delle prescrizioni di massima e polizia forestale per la provincia 
di Enna e in riferimento agli artt. 25 e 77 della Costituzione, con due ordinanze 
11 novembre 1965 del Pretore di Troina (G.U. 29 gennaio 1966, n. 25 e 12 marzo 
1966, n. 64, e retro, Il, 23 e 102). 

204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Legge sui gratuito patriconio), art. 11, 
n. 3, ~n quanto impone ai periti di prestare gratuitamente la propria . 
opera professionale nei giudizi civili nei quali il pubblico ministero 
I

ij

risulti soccombente (artt. 3 e 36 della Costituzione) (16). 

Tribunale di Varese, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 23 luglio 
1966, n. 182. 

i 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deHe leggi di pubblica sicurezza), 
art. 156, in quanto consente una diversa disciplina per la � materia 
ecclesiastica� (art. 3 della Costituzione) e preclude la possibilit� 
di promuovere raccolte, collette e questue per finalit� diverse da quelle 
tassativamente indicate (art. 2 della Costituzione) (17). 
Pretore� di Bari, ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
r. d. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per Za finanza locale), 
art. 48, se-:ondo comma (18), in quanto esclude la condanna dell'Amministrazione 
soccombente al pagamento delle spese giudiziali per l'ipotesi 
in cui l'opposizione in via giudiziaria sia proposta senza che siano stati 
esauriti tutti i gravami amministrativi (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Lucera, ordinanza 23 marzo 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Legge comunale e provinciale), artt. 106, 
107, 108, 109 e 110, in quanto, con surrogazione dell'autorit� amministrativa 
a quella giurisdizionale (art. 25 della Costituzione), pregiudizio 
per l'intervento e l'azione del giudice ordinario (art. 112 della Costituzione) 
e possibilit� di differenziata applicazione delle sanzioni (art. 3 
:~ 

(16) Dal testo dell'ordinanza la stessa questione risulta proposta anche per 
l'art. 34 del d. m. 28 giugno 1966 (Istruzioni per l'esecuzione della tariffa civile), 
sostituito dall'art. 11 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282. 
(17) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 
33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Sotto il profilo 
sopra indicato la questione � stata gi� proposta dal Tribunale di Reggio Emilia in 
riferimento agli artt. 2, 3 e 21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G.U. 
30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 48), dal Pretore di Avezzano 
in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G.U. 28 agosto 
1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108), dal Tribunale di Brescia in 
riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G.U. 30 ottobre 
1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143), dal Pretore di Gonzaga in riferimento 
agli artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione (ordinanza 19 novembre 1965, 
G.U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 103), dal Pretore di Mantova in riferimento 
agli artt. 3, 2, 18, 38 e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G.U. 
14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 158), dal Tribunale di Grossetto in riferimento 
agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G.U. 
21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 158) e dal Pretore di Lucera in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 aprile 1966, G.U. 11 giugno 1966, n. 143, 
e retro, II, 158). 

(18) Aggiunto con l'art. 1, lett. b) del r. d. 1. 25 febbraio 1939, n. 338. 
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.�: 


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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 205 

della Costituzione), rimettono l'accogHmento o il rigetto della domanda 
di oblazione e la determinazione della somma da pagare alla discrezionale 
valutazione del sindaco (19). 

Pretore di Fermo, ordinanza 27 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento 
della Corte dei conti), art. 7, come integrato dall'art. 2 del d. lg. lgt. 
14 luglio 1945, n. 430, primo, secondo e terzo comma, in quanto consente 
la immotivata, libera ed indiscriminata nomina di e estranei ., da parte 
del Governo, alla qualifica di consigliere della Corte dei conti (artt. 100, 
terzo comma, 106, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Corte dei conti, Sezioni unite, ordinanza 3 giugno 1966, G. U. 9 luglio 
1966, n. 168. 

r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale 
per i minorenni) (20), art. 11, in quanto, nell'imporre al giudice di 
svolgere accertamenti sulla persona dell'imputato minorenne, consente 
una ispezione personale senza atto motivato dall'autorit� giudiziaria 
(art. 13, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Napoli, ordinanza 4 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo 
deZla previdenza sociale) (21), artt. 11, nn. 1 e 2, 15, 18, 22, 24 e 29, 
nel testo sostituito con l'art. 1 del d. I. G. P. S. 13 maggio 1947, numero 
436 (22), in quanto disciplinano la composizione di organi pubblici 
secondo il criterio della maggiore rappresentativit� e della base nazionale 
delle organizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
(19) Analoghe questioni risultano gi� proposte dal Pretore di Narni per 
l'art. 77 del r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (ordinanza 18 gennaio 1966, G.U. 26 marzo 
1966, n. 76 e retro, II, 104) dal Pretore di Reggio Calabria per l'art. 9 del d. P. R. 
19 marzo 1955, n. 520 (ordinanza 25 gennaio 1966, G.U. 30 aprile 1966, n. 105, e 
retro, II, 105), dal Preto<re di Orvieto per l'art. 108, primo comma, del r. d. 3 marzo 
1934, n. 383 (ordinanze 5 febbraio 1966 (sei), G.U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, 
II, 104) e dallo stesso Pretore di Fermo per l'art. 13 della legge 30 settembre 1920, 
n. 1349, nel testo modificato con l'art. 5 del r. d. 1. 11 gennaio 1923, n. 138 
(ordinanza 23 febbraio 1966, G.U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 156). 
(20) Convertito, con modificazioni, in legge 27 maggio 1935, n. 835. 
(21) Convertito, con modificazioni, in legge 6 aprile 1936, n. 1155. 
(22) Delle disposizioni denunciate, l'art. 1 del d. 1. C. P. S. 13 maggio 1947, 
n. 436 sostituisce gli articoli 11, 15, 18, 22, 24 e 29; nel testo dell'ordinanza di rimessione 
il richiamo alle modificazioni introdotte con l'art. 1 del d. 1. C. P. S. 13 maggio 
1947, n. 436, risulta peraltro limitato all'art. 18. 

206 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l'esecuzione del T. U. 
18 giugno 1931, n. 773, sulle leggi di pubblica sicurezza), artt. 285 e 286, W 
in quanto consentono una diversa disciplina per la � materia ecclestia-fil 
stica � (art. 3 della Costituzione) e precludono la possibilit� di promuo-~ 
vere raccolte, collette e questue per finalit� diverse da quelle tassativa-~::. 
mente indicate dall'art. 156 del r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (art. 2 della !$ 
Costituzione) (23). 

Pretore di Bari, ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
r. d. 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice 
di procedura civile), art. 159, terzo comma, in quanto attribuisce una 
potest� regolamentare al Ministro di grazia e giustizi� (art. 87, quinto 
comma, della Costitu2lione, e � principi costituzionali che regolano le 
fonti di produzione normativa � ). 
Pretore di Ancona, ordinanze 30 marzo 1966 (due), G. U. 9 luglio 
1966, n. 168. 

leg9e 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), art. 7, secondo comma, 
nn. 2, 3 e 4, in quanto rimette alla insindacabile valutazione dei Comuni, 
senza indicazione di criteri idonei a delimitarne la discrezionalit� e 
senza limitazioni temporali, l'esercizio del potere di comprimere o ri


IIdurre, senza indennizzo, il diritto di propriet� privata (art. 42, secondo 
e terzo comma, della Costituzione) (24). 

I 
~ 

Pretore di Campobasso, ordinanza 2 maggio 1966, G. U. 23 luFa


i::

glio 1966, n. 182. 

legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), art. 41, ultimo comma, 
in quanto rende applicabili gli artt. 106, 107, 108, 109 e 110 del r. d. 
3 marzo 1934, n. 383 nella parte in cui rimettono l'accoglimento o il I 

~ 
i~ 

(23) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, fil 
33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. La questione � 
~ 

stata gi� riproposta dal Pretore di Avezzano in riferimento all'art. 3 della Costituzione 
(ordinanza 14 giugno 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rasseggna, 
1965, n. 108), dal Tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 della Costituzione 
(ordinanza 14 settembre 1965, G.U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 
1965, II, 143) e dal Tribunale di Grosseto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo 
comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G.U. 21 maggio 1966, n. 124, 

e retro, II, 160). 

(24) Le questioni di legittimit� costituzionale dell'intera legge 17 agosto 1942, 
n. 1150, in riferimento agli artt. 16 e 24 deIIa Cootituzione, e deII'art. 7, n. 2, in riferimento 
all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, sono state dichiarate non 
fondate, rispettivamente, con sentenze 10 maggio 1963, n. 64 e 14 maggio 1966, n. 38. 
Sulla questione di legittimit� costituzionale dell'art. 7, nn. 3 e 4, gi� sollevata dal 
I 

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con cinque ordinanze 

i::

del 14 gennaio 1964 (G. U. 2 maggio 1964, n. 108, 23 maggio 1964, n. 126, 25 luglio 
1964, n. 182 e 29 agosto 1964, n. 212 e in questa Rassegna, 1964, II, 95 e 133), la 
Corte costituzionale non si � ancora pronunciata, avendo disposto la restituzione 


i� 

degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza (ordinanza 14 maggio 1966, n. 39, 

I I.:

G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 166). 
"< 
:: 
., 
. ~ 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 207 

rigetto della domanda di obla2'iione e la determinazione della somma 
da pagare alla discrezionale valutazione del sindaco (artt. 25, 112 e 3 
della Costituzione (25). 

Pretore di Fermo, ordinanza 27 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
legge 11 gennaio 1943, n. 138 (Costituzione dell'ente �Mutualit� (26) Istituto 
per l'assistenza di malattia ai lavoratori � ), art+. 15, 24 e 27, sostituiti 
con l'art. 2 del d. I. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 435 e modificati con 
l'art. 1 del d. lg. 15 aprile 1948, n. 548 (27), in quanto disciplinano la 
composizione di organi pubb1ici secondo il criterio della maggiore rappresentativi 
e della base nazionale delle organizzazioni sindacali (articoli 
39 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
d. lg. lgt. 14 luglio 1945, n. 430 (Nuove disposizioni circa la nomina a 
consigliere della Corte dei conti) art. 2, integrativo dell'art. 7 del r. d. 
12 luglio 1934, n. 1214, in quanto consente la immotivata, libera ed 
indiscriminata nomina di � estranei ., da parte del Governo, alla qualifica 
di consigliere della Corte dei conti (artt. 100, terzo comma, 106, 
secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Corte dei conti, Sezioni unite, ordinanza 3 giugno 1966, G. U. 9 luglio 
1966, n. 168. 

d. lg. lgt. 9 novembre 1945, n. 788 (Istituzione della Cassa per l'integrazione 
dei guadagni degli operai dell'industria e disposizioni transitorie 
a favore dei lavoratori dell'industria dell'Alta Italia), art+. 7 e 1O, 
in quanto disciplinano la composizione di organi pubblici secondo il 
criterio della maggiore rappresentativit� e della base nazionale delle 
organizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
d. lg. lgt. 9 novembre 1945, n. 848 (Trattamento di pensione degli addetti 
ai pubblici servizi di trasporto in concessione, gi� licenziati per 
motivi politici), art. 6, in quanto, nel disporre l'annullamento della posizione 
assicurativa conseguita dagli agenti autoferrotramvieri in dipen(
25) La questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge 17 agosto 1942, 
n. 1150 � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 16 e 42 della Costituzione, 
con sentenza 10 maggio 1963, n. 64. 
(26) Caduta l'originaria qualificazione � fascista � per effetto del r. d. 2 agosto 
1943, n. 704, l'Ente ha assunto la denominazione di � Istituto nazionale per l'assicurazione 
contro le malattie� con l'art. 1 del d. 1. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 435. 
(27) Ratificato con legge 5 gennaio 1953, n. 35. 

208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denza di rapporti di lavoro svolti dopo l'esonero dal servizio per motivi 

.::

poLitici, contempla, con disparit� di trattamento anche rispetto agli 
agenti che dopo l'esonero non abbiano prestato lavoro subordinato, una 
disciplina diversa da quella stabilita con il r. d. 1. 6 gennaio 1944, n. 9 , 

. 

e con il d.1g. lgt. 19 ottobre 1944, n. 301 per le altre categorie di dipendenti 
pubblici ai quali � rdconosciuto, ai fini della ricostruzione della 
carriera e della liquidazione della pensione, il periodo di tempo successivo 
all'esonero dal servizio per motivi politici (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

d. I. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 435 (Composizione degli organi dell'Istituto 
nazionale per l'assicurazione contro le malattie), art. 2 nella parte 
in cui sostituisce gli artt. 15, 24 e 29 della legge 11 gennaio 1943, n. 138, 
in quanto disciplina la composizione di organi pubblici secondo n criterio 
della maggiore rappresentativit� e della base nazionale delle organizzazioni 
sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
d. I. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 436 (Modificazioni alle norme che regolano 
la composizione degli organi dell'Istituto nazionale della previdenza 
sociale), art. 1, nella parte in cui sostituisce gli artt. 11, n. 1, 15, 
18, 22, 24 e 29 del r. d. 1. 4 ottobre 1935, n. 1827 (28), in quanto disciplina 
la composizione di organi pubblici secondo il criterio della maggiore 
rappresentativit� e della base nazionale delle organizzazioni sindacali 
(artt. 39 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
d. I. C. P. S. 29 luglio 1947, n. 804 (Riconoscimento giuridico degli istituti 
di patronato e di assistenza sociale), ratificato dalla legge 17 aprile 
1956, n. 561, in quanto prevede impiegati pubblici, nominati anche 
senza concorso (art. 97, terzo comma, della Costituzione) e scelti fra i soli 
appartenenti ad una determinata categoria (art. 51, primo comma, della 
Costituzione), che sono alle dipendenze, e quindi al servizio, di associazioni 
private di lavoratori (artt. 98, primo comma, della Costituzione); 
in partic:olare, art. 1, primo, se�:ondo e quarto c:omma, in quanto impedisce 
agli esercenti le professioni legali di tutelare in sede amministrativa 
gli interessi previdenziali dei lavorato�'i (art. 41, primo e secondo c�>mma, 
della Costituzione), e art. 2, primo c:omma, in quanto contempla l'or.-},
ganizzazione privatistica di pubblici uffici, quali devono essere conside(
28) Nel testo dell'ordinanza di rimessione il richiamo alle modificazioni introdotte 
con l'art. 1 del d. 1. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 436, risulta limitato all'art. 18. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 209 

rati gli Istituti di patronato e di assistenza sociale (artt. 51, primo 
comma, 97, primo e terzo comma, e 98, primo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Ferrara, ordinanza 5 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
d. lg. 15 aprile 1948, n. 548 (Modificazione alla composizione degli 
organi dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie), 
art. 1, nella parte in cui modifica gli artt. 15 e 27 della legge 11 gennaio 
1943, n. 138 sostituiti con l'art. 2 del d. l. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 435, 
in quanto disciplina la composizione di organi pubblici secondo il criterio 
della maggiore rappresentativit� e della base nazionale delle organizzazioni 
sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
legge reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2 (Sgravi fiscali per le nuove costruzioni 
ediiizie), art. 1, in quanto in discordanza con i principi riformatori 
ai quali � ispirata la legislazione fiscale dello Stato in materia 
di agevolazioni tributarie concesse per l'incremento delle costruzioni 
edilizie, ed in particolare con le norme previste dalla legge 2 luglio 1949, 

n. 408, non condiziona la concessione del beneficio ad una determinata 
durata dei lavori di costruzione (art. 36 dello Statuto della Regione siciliana 
e art. 117 della Costituzione). 
Tribunale di Palermo, ordinanza 6 maggio 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

legge 27 maggio 1949, n. 260 (Disposizioni in materia di ricorrenze 
festive), art. 3, in quanto, nel prescrivere per i giorni considerati solennit� 
civili l'orario ridotto negli uffici pubblici, nulla dispone, contrariamente 
a quanto previsto per i giorni festivi dall'art. 155 del codice di 
procedura civile, in ordine alla scadenza dei termini processuali (artt. 24 
e 113 della Costituzione). 

Tribunale di Campobasso, ordinanza 20 marzo 1966, G. U. 16 luglio 
1966, n. 175. 

legge reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 (Sgravi fiscali per le nuove costruzioni 
edilizie), artt. 1 e 12, in quanto, in discordanza con i principi informatori 
ai quali � ispirata la legislazione fiscale dello Stato in materia 
di agevolazioni tributarie concesse per l'incremento delle costruzioni 
edilizie, ed in particolare con le norme previste dalla legge 2 luglio 1949, 

n. 408, non condizionano la concessione del beneficio ad una determinata 
durata dei lavori di costruzione (art. 36 dello Statuto della Regione 
siciliana e art. 117 della Costituzione). 
Tribunale di Palermo, ordinanza 6 maggio 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

-



210 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 30 maggio 1955, n. 797 (Testo unico delle norme concernenti 
gli assegni familiari), artt. 54 e 56 e successive modificazioni (29), in 
quanto disciplinano la composizione di organi pubblici secondo il criterio 
della maggiore rappresentativit� e della base nazionale delle organizzazioni 
sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). 
Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
legge 17 aprile 1956, n. 561 (Ratifica, ai sensi dell'art. 6 del d. lg. lgt. 
16 marzo 1946, n. 98, di decreti legislativi emanati dal Governo durante 
il periodo della Costituente), artic:olo unico, per la parte in cui ratifica il 

d. lg. C. P. S. 29 luglio 1947, n. 804, che prevede impiegati pubblici, nominati 
anche senza concorso (art. 97, terzo comma della Costituzione) 
e scelti fra i soli appartenenti ad una determinata categoria (art. 51, 
primo comma, della Costituzione), che sono alle dipendenze, e quindi 
al servizio, di associazioni private di lavoratori (art. 98, primo comma, 
della Costituzione), e in particolare l'art. 1, primo, secondo e quarto 
comma, che impedisce agli esercenti le professioni legali di tutelare in 
sede amministrativa .gli interessi previdenziali dei lavoratori (art. 41, 
primo e secondo comma, della Costituzione), e l'art. 2, primo comma, 
che contempla l'organizzazione privatistica di pubblici uffici, quali devono. 
essere considerati gli Istituti di patronato e di assistenza sociale 
(artt. 51, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 98, primo comma, 
della Costituzione). 
Tribunale di Ferrara, ordinanza 5 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
legge 26 �ottobre 1957, n. 1047 (Estensione dell'assicurazione pe1� invalidit� 
e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni), art. 7, in 
quanto disciplina la composizione di organi pubblici secondo il criterio 
della maggiore rappresentativit� e della base nazionale delle organizzazioni 
sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). 

Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 176, in quanto conferisce al fisco il diritto di pretendere 
una imposta relativa ad un presunto reddito futuro (art. 53 della Costituzione) 
(30). 
(29) Le disposizioni sono state, rispettivamente, sostituite e modificate dagli 
artt. 12 e 14 della legge 17 ottobre 1961, n. 1(}.38. 
(30) Nella stessa ordinanza la Commissione distrettuale delle imposte di Crotone 
ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimit� costituzionale 
sollevate, per la stessa disposizone, in riferimento agli artt. 70, 76, 77, 24, e 113 
della Costituzione. La questione rimessa all'esame della Corte costituzionale � stata 
gi� proposta, anche per eccesso dai limiti della delega conferita� con l'art. 63 della 
legge 5 gennaio 1956, n. 1 e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dalla 
Commissione distrettuale delle imposte di Milano con due ordinanze del 15 luglio 
1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e ret?�o, II, 161. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 211 

Commissione distrettuale delle imposte di Crotone, ordinanza 16 
aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 252, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'articolo 
63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in quanto ripristina la disposizione 
prevista dall'art. 21, ultimo comma, della legge 7 gennaio 1929, 
n. 4, la cui applicabilit� � esclusa dall'art. 35 della legge 5 gennaio 1956, 
n. 1 (art. 76 della Costituzione). 
Corte di appello di Milano, ordinanza 13 maggio 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione 
stradale), art. 141, quinto comma, limitatamente alle parole � ovvero 
riguardi persona che non 1�isiede in Italia ., in quanto esclude la 
necessit� della notificazione per le persone non residenti in Italia 
(art. 24, secondo comma, della Costituzione) (31). 
Pretore di Chiusa, ordinanza 4 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, 

n. 213. 
legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell'assicurazione obbligatoria 
per la invaliditd, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro 
familiari), art. 1O, in quanto disciplina la composizione di organi pubblici 
secondo il criterio della maggiore rappresentativit� e della base 
nazionale delle or.ganizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). 


Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, 

n. 182. 
legge 30 luglio 1959, n. 559 (Condono in materia tributaria per sanzioni 
non aventi natura penale), art. 2, terzo comma, ultima parte, in 
quanto esclude, con ingiustificata discriminazione, l'applicazione del 
condono per le sopratasse e le pene pecuniarie dovute per accertamenti 
gi� definiti alla data di entrata in vigore della legge (art. 3 della Costituzione) 
(32). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 4 marzo 1966, G. U. 9 luglio 1966, 

n. 168. 
(31) La questione di legittimit� costituzionale del d. P. R. 15 giugno 1959, 
n. 393, nel suo complesso, � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 dicembre 
1963, n. 163. 
(32) II terzo comma della disposizione, nella parte in cui esclude l'applicazione 
del condono se non interviene la definizione amministrativa dell'accertamento entro 
un anno dalla data di entrata in vigore della legge, � stato dichiarato illegittimo con 
sentenza 22 dicembre 1965, n. 85. 

212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 (Norme sul trattamento economico 
e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche e affini), 
artic:olo unic:o, in quanto rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto 
collettivo nazionale di lavoro 10 ottobre 1959 per la parte relativa 
alla disciplina dell'istruzione professionale da affidare ad un ente 
nazionale appositamente costituito, per eccesso dai limiti della delega 
conferita con la legge 14 luglio 1959, n. 741 (art. 76 della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 23 aprile 1966, G. U. 9 luglio 1966, 

n. 168. 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 779 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie 
di Matera e Potenza), artic:olo unic:o, in quanto rende obbligatorio 
erga omnes, nella parte relativa alle Casse edili, l'art. 10 del contratto 
collettivo integrativo per la provincia di Potenza del 10 settembre 1959 
(art. 76 della Costituzione). 
Pretore di Pescopagano, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

d. P. R. 16 maggio 1961, n. 636 (Regolamento di esecuzione della legge 
I4 marzo 1958, n. 261, concernente il riordinamento dei Patronati scolastici) 
per eccesso dai limiti temporali della delega conferita con l'articolo 
18 della legge 4 marzo 1958, n. 261 (art. 76 della Costituzione); 
in .partic:olare, artt. 19 e 12, per contraddittoriet� delle norme sulla composizione 
del Consiglio di patronato scolastico, oltre i limiti consentiti 
dalla legge delegante (art.. 76 della Costituzione). 

Corte di appello di Cagliari, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213. 

legge 15 settembre 1964, n. 755 (Regolamentazione delle vendite a 
rate), art. 14, prlm�o e terzo c:omma, in quanto, nel prorogare i contratti 
di mezzadria �fino a nuova disposizione �, pur essendo intervenuta una 
definitiva disciplina della materia dei patti agrari, protrae sine die, e 
per un tipo di contratto ormai superato e addirittura contrario all'ordine 
pubblico, un vincolo dichiaratamente temporaneo e giustificato in 
precedenza dal difetto di organica regolamentazione (art. 44, primo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, Sezione agraria, ordinanza 23 febbraio 1966, 

G. U. 27 agosto 1966, n. 213 (33). 
legge reg. sic:. approv. 7 luglio 1966 (Norme relative al personale direttivo 
di segreteria e di servizio della scuola magistrale ortofrenica 

(33) Nella stessa ordinanza il Tribunale di Firenze ha ritenuto manifestamente 
infondate le questioni di legittimit� costituzionale sollevate, per la stessa disposizione, 
in riferimento agli artt. 3, 4, 41, 42 e (sotto un profilo diverso da quello sopra 
indicato, per il pregiudizio arrecato, cio�, alla � piccola e media propriet� >) 44 della 
Costituzione. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

regionale di Catania, istituita con legge regionale 4 aprile 1955, n. 33 
e successivo decreto presidenziale 10 dicembre 1959, n. 10). 
Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 22 luglio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSIBILITA, 
DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), nella parte in cui, nei procedimenti 
di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e 
l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di 
atti di istruzione -manifesta infondatezza �per sopraggiunta ineffij�cacia 
della norma ai sensi della sentenza n. 33 del 20 aprile 1966 � 

(pubblicata il 28 aprile 1966). 
Ordinanza 2 luglio 1966, n. 85, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanze di rimessione 21 settembre 1965 del Tribunale di Ferrara 

(G. U. 11 dicembre 1965, n. 309, e in questa Rassegna, 1965, II, 173); 
12 ottobre 1965 del Pretore di Ronciglione (G. U. 11 dicembre 1965, 
n. 309, e in questa Rassegna, 1965, II, 173); 26 ottobre 1965 del Tribunale 
di Ferrara (G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e retro, II, 22); 9 novembre 
1965 (due) del Tribunale di Ferrara (G. U. 15 gennaio 1966, 
n. 12, e retro, II, 22); 12 novembre 1965 del Pretore di Caltagirone 
(G. U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 173); 
16 novembre 1965 (due) del Tribunale di Ferrara (G. U. 29 gennaio 
1966, n. 25 e 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 22); 20 novembre 1965 
del Pretore di Ferrara (G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 22); 
23 novembre 1965 (tre) del Tribunale di Ferrara (G. U. 12 febbraio 
1966, n. 38, e retro, II, 22); 7 dicembre 1965 del Tribunale di Ferrara 
(G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 101); 17 dicembre 1965 del 
Pretore di Castelfranco Veneto (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, 
II, 101); 21 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Ferrara (G. U. 
12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 101). 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali 
dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), arfi.colo unico, nella 
parte in cui rende obbligatoria erga omnes la clausola 10 dell'accordo 
interconfederale del 18 ottobre 1950 sui licenziamenti individuali manifesta 
infondatezza �per sopraggiunta inefficacia della norma ai 
sensi della sentenza n. 50 del 11 maggio 1966 � (pubblicata il 26 maggio 
1966). 
Ordinanza 2 luglio 1966, n. 86, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. 
Ordinanza di rimessione 10 novembre 1965 del Pretore di Catanzaro, 
G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 105). 


CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Requisizione fonte acqua minerale. 

Se la P.A. debba sopportare le conseguenze della svalutazione monetarla 
nel pagamento delle indennit� di requisizione solo quando sussista da 
parte sua un ritardo colpevole nella liquidazione (87). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Azienda di Stato pe1� le foreste demaniali. 

Se l'azienda di Stato per le foreste demaniali possa costituirsi parte 
civile in un procedimento penale per atti di bracconaggio (art. 38 r. d. 5 
giugno 1939, n. 1916; T.U. delle leggi sulla caccia) (314). 

!I

Intestazione dei titoli di spesa delle quietanze. 

Come si possa ovviare al caso che gli intestatari dei titoli di spesa, sulle 
,' 
cui quietanze, giusta le norme vigenti in materia, dovrebbero apporre tanto 

I il proprio nome e cognome, quanto la data ed il luogo di nascita, sappiano 
scrivere solamente la propria firma ma non gli altri dati richiesti (315). 

Titoli di spesa esigibili presso le tesorerie provinciali. 

I 

Se si possa consentire agli intestatari di titoli di spesa esigibili presso 
le Tesorerie provinciali di poter chiedere dopo l'apposizione della firma 
di quietanza sui titoli stessi, che le somme dovute siano loro corrisposte, 

I anzich� in contanti, con una delle forme previste dalle lettere a), b), e) ed e) 
dell'art. 1 d.P.R. 25 gennaio 1962, n. 71, oppure mediante altra operazione 
bancaria (316). 

Nell'affermativa, se sia necessario un apposito provvedimento legislativo 
per la normativa della nuova disciplina (316). 

APPALTO 

Servizio di manovalanza. 

Se, nei rimborsi disposti dall'Amm.ne Militare relativamente ai contratti 
di appalto del servizio di manovalanza in favore degli Enti militari, 
debba tenersi conto della quota giornaliera spettante agli operai per la 
14" mensilit� (294). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

ASSICURAZIONI 

Circolazione autoveicoli della P.A. 

Se possa ritenersi consentita alle Amministrazioni dello Stato la conclusione 
di contratti di assicurazione della responsabilit� civile (72). 

Se la garanzia assicurativa copra soltanto il rischio normale (72). 

Se la violazione delle norme di comportamento e lo svolgimento dell'attivit� 
in situazione di pericolo possano comportare l'esistenza del rischio 
normale (72). 
Se l'assicurazione delle auto della Polizia copra tutti i rischi connessi 
all'impiego di detti automezzi (72). 

COMMERCIO 

Commercio di riso avariato. 

Se il commercio di riso avariato integri il reato di cui all'art. 12 della 
legge 18 marzo 1958, n. 325 -modificato dalla legge 5 giugno 1962, n. 586 che 
disciplina appunto il commercio di riso, ovvero il reato di cui all'art. 5, 
comma d) della legge 30 apr�le 1962, n. 283 -modificata ed integrata dalla 
legge 26 febbraio 1963, n. 441 -che concerne la disciplina igienica della 
produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (25). 

Se la pena accessoria dell'interdizione dall'esercizio del commercio e 
dell'attivit� industriale porti alla chiusura dell'esercizio od alla sospensione 
dell'esercente dalla sua attivit� commerciale (25). 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

Foro dello Stato. 

Quali siano i presupposti ed i limiti per la propos1z1one della azione 
di arricchimento ex art. 2041 e.e. nei confronti dello Stato (23). 
Quale sia il foro competente per convenire in giudizio l'Amministrazione 
(23). 

CONTRABBANDO 

Merci su navi militari. 

Se configuri l'ipotesi del delitto di cui all'art. 107 della legge doganale 
il fatto di avere imbarcato su navi militari merci eccedenti i bisogni della 
nave, eludendo il controllu di congruit� devoluto alla dogana (38). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 


Se per ottenere la concessione del contributo nel pagamento degli interessi 
sull'importo delle anticipazioni ottenute dai produttori di zolfo sulle 
fedi di deposito per la produzione abbassata del 1� gennaio 1958 siano ne" 
cessarie e sufficienti al momento della richiesta del contributo la qualit� di 
produttore di zolfo, la titolarit� della fede di deposito e la ottenuta anticipazione 
bancaria (59). 

Contributo di miglioria specifica. 

Se il contributo di miglioria specifica (legge 5 marzo 1963, n. 246) debba 
essere applicato nei confronti dei proprietari dei beni al momento della 
delibera istitutiva del contributo, ovvero ai proprietari dei beni al momento 
del compimento dell'opera (60). 

Cumulabilit�. 

Se siano cumulabili contributi statali previsti da una legge con altri 
contributi previsti da altra legge (61). 


Provvidenze per l'eliminazione del naviglio vetusto. 

Se possano ritenersi oggetto di contributo le demolizioni di naviglio 
vetusto indicate successivamente alla iniziale presentazione della domanda 
di contributo ma prima dell'inizio della costruzione delle nuove unit� (62). 

CORTE DEI CONTI 

I 

Controllo. 

Se dopo il rifiuto di registrazione di un atto da parte della Delegazione 

I

della Corte dei Conti presso un Ministero e il deferimento della questione 
alla Sezione di controllo, sia ammissibile ai sensi dell'art. 24 T.U. 12 luglio 
1934, n. 1214 l'intervento in tale sede di un Avvocato dello Stato per l'illustrazione 
delle deduzioni dell'Amm.ne interessata (6). 

DAZI DOGANALI 

Spiriti: vini aromatizzati diluiti. 

Se sussista o meno l'obbligo di applicare il contrassegno di Stato sui 
recipienti contenenti vini aromatizzati diluiti con acqua gassata, la cui preparazione 
ed imbottigliamento in recipienti non superiori ad un decilitro, 
� stata consentita, sotto vigilanza fiscale permanente presso i produttori, 
dal penultimo comma dell'art. 13 d. 1. 11 gennaio 1956, n. 3 nel testo modificato 
dalla legge di conversione 16 marzo 1965, n. 108 (34). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 217 

DEMANIO 

Ente Autonomo del Porto di Palermo. 

Se ai sensi della le!{ge 14 novembre 1961, n. 1268, l'Amm.ne dei LL.PP. 
sia tenuta a corrispondere mediante apposita convenzione all'Ente Autonomo 
del Porto di Palermo, oltre il contributo annuale nella spesa per 
l'ordinaria manutenzione del porto e delle sue attrezzature, un contributo 
nelle spese straordinarie e nelle spese relative ai servizi di pulizia, illuminazione 
e consumo d'acqua delle aree dello scalo (209). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Disciplina di alloggi costruiti dalla UNRA-CASAS con fondi pro alluvionati. 

Se gli alloggi costruiti dalla UNRA-CASAS con fondi provenienti da 
raccolte � pro alluvionati � siano da considerare soggetti alla disciplina sul 
riscatto degli alloggi costruiti a totale carico o col concorso o contributo 
dello Stato di cui al d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 ed alla legge 27 aprile 1962, 

n. 231 (180). 
Divieto di alienazione degl-i alloggi trasferiti in immediata propriet�. 

Se gli alloggi realizzati anteriormente alla entrata in vigore della legge 
14 febbraio 1963, n. 60 trasferiti immediatamente in propriet� con garanzia 
della ipoteca legale possano essere alienati dagli assegnatari prima che siano 
trascorsi dieci anni dalla data di trascrizione del contratto di trasferimento 
in loro favore, qualora il debito venga estinto prima di tale termine per 
normale ammortamento o per anticipata estinzione (181). 

Espropriazione -Alloggi popolari: alienazione. 

Se l'intervenuta dichiarazione di p.u. dell'opera da realizzare su area 
di risulta da demolizione di un edificio F.S. composto di alloggi ceduti a 
riscatto sia idonea a far superare il divieto di alienazione degli alloggi imposto 
ai singoli cessionari ex art. 16 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (25). 

Se gli atti di alienazione degli alloggi posti in essere dai cessionari in 

sede di accordo .sull'identit� di espropriazione incorrano nella nullit� san


cita dall'art. 16 d.P.R. n. 2 del 1959 (182). 

ELETTRODOTTI 

Servit�. 

Se i danni derivanti dalla esecuzione delle opere per l'impianto di 

servit� di elettrodotto nonch� di quelle necessarie per la manutenzione or


dinaria dell'elettrodotto siano ricompresi nell'indennizzo di asservimento 

(25). 

Se i danni derivanti da opere ai manutenzione straordinaria dell'elet


trodotto che comportino l'occupazione temporanea dell'immobile asservito 

possano esorbitare dall'indennizzo di asservimento (25). 



218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Indennit� di esproprio. 

Se con l'art. 31 legge 26 giugno 1965, n. 717, il quale prevede per le 
espropriazioni a favore di consorzi per lo sviluppo industriale del Mezzo-*. 
giorno l'applicabilit� dell'art. 12 legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive 
modificazioni, si sia inteso anche attribuire una specifica competenza agli 
Uffici tecnici erariali nella determinazione dell'indennit� (223). 

Se sia applicabile l'art. 6 legge 4 novembre 1963, n. 1460 in relazione 
alle modifiche apportate all'art. 12 legge 18 aprile 1962, n. 167 (223). 

Occupazione d'urgenza. 

Se l'Amm.ne espropriante debba restituire al proprietario espropriata 
le imposte fondiarie versate dal momento dell'occupazione alla data dell'esproprio 
(224). 

Raccordi ferroviari. 

Se l'Azienda Autonoma FF.SS. possa far luogo direttamente all'espropriazione 
dei terreni occorrenti per la costruzione di binari di allacciamento 
che dalla ferrovia giungano in prossimit� degli ingressi degli stabilimenti 
industriali e commerciali (225). 

I 

,

. 

' 
. 
. 

GIURISDIZIONI SPECIALI 

Quale sia l'organo giurisdizionale competente a giudicare i presidi che 
abbiano compiuto delle irregolarit� nella gestione dei fondi della Cassa 


I

scolastica (3). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Benefici per i profughi. 

I

Se debba ritenersi estesa ai profughi dei Territori ceduti allo Stato 
Jugoslavo, ed alle altre categorie di profughi di cui alla legge 27 febbraio 
1958, n. 130, anche la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 9 della legge 
3 giugno 1950, n. 375 che prevede il beneficio della elevazione dei limiti di 
et� per l'ammissione agli impieghi presso le Amministrazioni pubbliche 
(626). 

Buoni C.I.P.S. 

Se l'impiegato, cui sia stato indirizzato con lettera assicurata un buono ili. 
del Comitato interministeriale Provvidenze agli Statali (C.I.P.S.), se ne lli 
debba considerare debitore, anche se il buono non gli sia mai stato con-t.~ 
segnato, essendo stato smarrito da parte dell'Amm.ne che doveva curarne: .:: 

la consegna. (627). . 

_.i.,l� 

Quali siano i rapporti conseguenti a11o smarrimento, fra l'Amm.ne ed . 
il C.I.P.S. (627). I

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PARTE II, CONSULTAZIONI 219 

Dipendenti delle imprese Municipalizzate. 

Se le norme del D.L.C.P.S. 3 dicembre 1947, n. 1222 sull'assunzione 
obbligatoria degli invalidi del lavoro trovino applicazione nei confronti 
delle Aziende Municipalizzate (628). 

Impiegato statale -Coll.ocamento a riposo. 

Se ai fini del collocamento a riposo, il servizio non di ruolo riscattato 
possa essere computato come servizio effettivo (629). 

Indennit� per mancata assegnazione di alloggio. 

Se i direttori degli Istituti di prevenzione e di pena abbiano un diritto 
perfetto all'assegnazione di un alloggio gratuito. 
Se i censori abbiano diritto all'assegnazione di un alloggio gratuito 
(630). 

U.I.C. -Trattamento di liquidazione ai superstiti di dipendenti in prova. 
Se ai superstiti di un dipendente in prova dell'Ufficio Italiano Cambi, 
competa il trattamento di liquidazione di cui all'art. 83 del vigente regolamento 
del personale (631). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni fiscali -Atti stragiudiziali. 

Se l'espressione � atti giudiziali e stragiudiziali � di cui all'art. 28 della 
Tab. all. C al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, che prevede la registrazione 
gratuita degli � atti giudiziali e stragiudiziali� compiuti all'Opera Nazionale 
Invalidi di Guerra, si debba interpretare in modo da far rientrare gli atti 
civili nella dizione di � atti stragiudiziali � (233). 

Cont-ratti di prestito agrario -Agevolazioni fiscali. 

Se la legge 6 dicembre 1965, n. 1381 sia effettivamente interpretativa, 
e non piuttsoto innovativa, dell'art. 21 del r.d.1. 29 luglio 1927, n. 1509 (234). 

Transazione riguardante i criteri di determinazione della base imponibile. 

Quale sorte debba avere la transazione fra la Amm.ne finanziaria ed 
il contribuente, avente ad oggetto la determinazione dei criteri per il calcolo 
della base imponibile di imposta, in mancanza di una chiara disciplina legislativa, 
nel caso venga a mancare la possibilit� di applicare la normativa 



220 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

convenzionale, per il. mutamento della situazione di fatto ivi presupposta, ,::: 
ed essendo altres� sopravvenuta una precisa disciplina legislativa in me


/

rito (235). 

. 

f�=� 

Trasferimento fondi rustici. i' 

Se l'art. 4 della legge 22 novembre 1962, n. 1706 sia in contrasto con 
gli artt. 3, 44, 53 della Costituzione (236). 

Vendite effettuate all'asta pubblica. 

Se sia possibile procedere all'accertamento del valore venale dei beni 
aggiudicati ai pubblici incanti (237). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Struttura del tributo; estensione del privilegio. 

I 

Se la tassazione dei redditi di natura mobiliare attualmente compresi 
nelle categorie A B C/1 C/2, sia strutturata in quattro distinti tributi 
invece che in un'unica imposta aderente alle varie classi di redditi (32). 

Se il privilegio speciale accordato dall'art. 2759 e.e. ai crediti per 
l'imposta di r.m. dovuta per l'esercizio di un commercio, industria, arte o 
professione possa estendersi anC'he all'imposta di r.m. categoria C/2 (32). 

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IMPOSTE E TASSE 

Agevolazioni trib?.itarie. 

Se i benefici fiscali previsti dall'art. 2 1. 939 del 1965 per i macchinari 
navali di costruzione nazionale si applichino anche agli apparati motori 
di limitata potenza (415). 

Se i materiali di propriet� del committente consegnati al cantiere e 
non valutati ai fini della restituzione IGE a quest'ultimo spettante possano 
essere ritenuti impiegati direttamente dal proprietario ed essere ammessi 
alla agevolazione in esame in base all'art. 3 1� comma (415). 

Se le prime vendite di navi siano soggette a regime fiscale dell'articolo 
6 ( 415). 

Se i benefici fiscali previsti dall'art. 2 lett. a) e b) e dall'art. 4, 1� comma, 
debbano essere concessi solo ai galleggianti, pontoni di sollevamento 
a struttura metallica e draghe (415). 

Tasse di sosta nei porti. 

Se ai fini della non applicazione delle tasse di sosta nei porti possano 

sempre considerarsi rasi fortuiti o di forza maggiore il ritardo delle navi 
e lo sciopero degli addetti allo scarico ( 416). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 221 

LOTTO E LOTTERIE 

Concorso pronostici Enalotto. 

Se la disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 18 del Regolamento 
ufficiale del concorso pronostici Enalotto (D.M. 7 maggio 1965 e successive 
modificazioni), che fa obbl�go ai vincitori di rich�edere la corresponsione 
dei premi entro il termine di decadenza di 90 giorni, abbia valore generale, 
ovver'J non si debba applicare nei casi in cui al 3� comma dello stesso 
articolo -in cui i giocatori abbiano chiaramente indicato nel tergo della 
scheda il proprio nome cognome e indirizzo (26). 

Denuncia di vincita. 

Se la �enuncia di vincita al lotto spedita entro il termine di cui all'art. 
26 della legge sul lotto (30 giorni), ma pervenuta dopo la sua scadenza, 
produca egualmente l'effetto di prorogare di 60 giorni il termine 
utile per la presentazione della bolletta relativa alla giocata (27). 

Se la denuncia di vincita al lotto spedita al Ministero delle Finanze 
anzich� all'Intendenza di Finanza, cos� come stabilito dalla legge sul lotto 
e dal relativo regolamento, valga egualmente a produrre l'effetto di prorogare 
di 60 giorni (art. 26 1. 19 ottobre 1938, n. 1933) il termine utile per 
la presentazione della bolletta relativa alla giocata (27). 

MEZZOGIORNO 

Cassa per il Mezzogiorno -Age'l.lolazioni fiscali. 

Se le quietanze da rilasciarsi a fronte dei versamenti eseguiti dalla 
Cassa per il Mezzogiorno, o per conto della stessa, alla contabilit� speciale 
degli ingegneri del Genio Civile, siano da assoggettare alla ritenuta del 
bollo di quietanza previsto dall'art. 334 delle istruzioni generali sui servizi 
del Tesoro (36). 

Cassa per il Mezzogiorno -Contributi industriali. 

Se sia ammissibile individuare il soggetto beneficiario delle agevo


lazioni di cui all'art. 18 della legge 29 luglio 1957, n. 634 in una singola 

unit� produttiva (stabilimento), anche se questa faccia parte di un organico 

complesso industriale (37). 

Se sia possibile applicare le r,0rme che regolavano la materia dei con


tributi industriali anteriormente alla nuova legge 26 giugno 1965, n. 717, 

alle iniziative industriali anteriori al 28 gennaio 1965 che non abbiano an


cora ottenuto i benefici previsti dalla precedente legislazione (37). 

NOTIFICAZIONE 

Avvocatura dello Stato. 

Se l'irregolare notifica ad ufficio dell'Avvocatura anzich� ad un altro 
costituisca una violazione di norma posta nell'interesse della parte conve




222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nuta, e quindi sanabile secondo il principio generale dell'art. 156 c. p. c., 
oppure la violazione di un principio di ordine pubblico relativo alla distribuzione 
della competenza fra pubblici uffici (24). 

PERSONA GIURIDICA 

INFIR. 

Quale sia il criterio discriminatore fra i poteri del Consiglio di Amm.ne 
dell'INFIR -art. 5 dello statuto -e Quelli del suo Presidente -art. 7 
dello Statuto ( 4). 

PIANI REGOLATORI 

Indennit� di esproprio. 

Se con l'art. 31 1. 26 giugno 1965 n. 717, il quale prevede per le espropriazioni 
a favore dei consorzi per lo sviluppo del Mezzogiorno l'applicabilit� 
dell'art. 12 1. 18 aprile 1962 n. 167 e successive modificazioni, si sia 
inteso anche attribuire una specifica competenza agli Uffici tecnici erariali 
nella determinazione� dell'indennit� (14). 

Se sia applicabile l'art. 6 1. 4 novembre 1963, n. 1460 in relazione alle 
modifiche apportate all'art. 12 1. 18 aprile 1962, n. 167 (14). 

Piani delle zone industriali del Mezzogiorno. 

Se i piani regolatori delle zone industriali, aventi la stessa natura dei 
piani territoriali di coordinamento, abbiano una efficacia maggiore di 
questi ultimi (15). 

REGIONI 

Regione Trentino-Alto Adige -Concessioni di costruzione di funivie. 

Se possa dar luogo a conflitto di attribuzione tra Stato e Regione l'atto 
di una Giunta regionale con il quale si esprime rifiuto a dare parere in 
ordine alla concessione da parte dello Stato di costruzioni di funivie (137). 

REQUISIZIONE 

Requisizione fonte acqua minerale. 

Se la p.a. debba sopportare le conseguenze della svalutazione monetaria 
nel pagamento delle indennit� di requisizione solo quando sussista 
da parte sua un ritardo colpevole nella liquidazione (199). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 223 

RESPONSABILITA CIVILE 

Azione di arricchimento. 

Quali siano i presupposti ed i limiti per la propos1z1one della azione 
di arricchimento ex art. 2041 e.e. nei confronti dello Stato '227). 
Quale sia il foro competente per convenire in giudizio l'Amministrazione 
(227). 

Circolazione stradale -Prescrizione. 

Se per il caso di danno provocato da veicolo muoventesi su area privata, 
circoscritta o sottratta alla circolazione, la prescrizione per il risarcimento 
dello stesso si compia con il decorso di 5 anni anzich� di 2 (228). 

Danni causati da esercitazioni militari -Attivit� di polizia -Indennit� e 
risarcimento. 

Se l'Amministrazione debba risarcire i Comuni per l'usura o il logorio 
delle loro strade dipendente da un particolare uso fattone da automezzi 
dell'esercito (229). 

Se i danni causati da un'esercitazione militare quale incolposa e normale 
esplic�zione dell'attivit� di addestramento delle truppe, possano essere 
inquadrati in un illecito civile (229). 

Se il danno dei pascoli conseguente al calpestio e al passaggio dei 
carri per la durata dell'esercitazione possa considerarsi danno permanente 
ai sensi dell'art. 46 1. 25 giugno 1865, n. 2359 (229). 

Se l'indennizzo vada commisurato al valore intrinseco e attuale del bene 
sacrificato con esclusione del valore soggettivo e potenziale e in particolare 
dei lucri sperati (229). 

Se gli ordini di sgombro dei poligoni di tiro e delle zone di esercitazione 
siano provvedimenti di polizia (art. 7 t.u. 18 giugno 1931, n. 773) (229). 
Se l'art. 7 t.u. 18 giugno 1931 n. 773 possa essere considerato costituzionalmente 
illegittimo ex art. 42 Costituzione (229). 

Responasbilit� precontrattuale dell'Amministrazione. 

Se possa riconoscersi la responsabilit� precontrattuale dell'Amministrazione 
(239). 

SERVITU' 

Elettrodotto. 

Se i danni derivanti dalla esecuzione delle opere per l'impianto di 

servit� di elettrodotto nonch� di quelle necessarie per la manutenzione 

ordinaria dell'elettrodotto siano ricompresi nell'indennizzo di asservimen


to (41). 

Se i danni derivanti da opere di manutenzione straordinaria dell'elet


trodotto che comportino l'occupazione temporanea dell'immobile asservito 

possano esorbitare dall'indennizzo di asservimento (41). 


224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
SUCCESSIONI 

Eredit� accettata con beneficio di inventario 

Se si possa procedere ad esecuzione esattoriale su beni pertinenti ad -~ 
eredit� accettata con beneficio di inventario, in deroga al divieto di cui 
all'art. 506 cod. civ. (76). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Trattato di Roma. 

Se la tassa di concessione governativa applicata sulle autorizzazioni ad 
esportare e ad importare verso e da Paesi CEE debba qualificarsi � di effetti 
equivalenti ad un dazio � ai sensi dell'art. 12 del Trattato di Roma (28). 

Trattato di Roma. 

Se le disposizioni degli artt. 92 e 93 del Trattato di Roma abbiano contenuto 
ed efficacia meramente programmatici ovvero abbiano natura precettiva 
(29). 



NOTIZIARIO 


CONVEGNI DI STUDI 

Nei giorni 21-22-23 ottobre 1966 si terr� a Roma, organizzato dalla 
Associazione per gli Scambi Culturali tra giuristi italiani e tedeschi il 
primo Congresso, nel quale saranno trattati i seguenti temi: La tutela d~lle 
minoranze nelle societ� di capitali; Libert� di stampa e tutela della personalit�. 


Dello svolgimento e delle conclusioni del Congresso si dar� notizia in 
questa Rassegna appena possibile. 



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